Slices of life

di ToscaSam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'oculista ***
Capitolo 2: *** La gallina dalle uova d'oro ***
Capitolo 3: *** I Non Grifondoro ***
Capitolo 4: *** il Sangue non è acqua ***
Capitolo 5: *** bignè al cioccolato ***
Capitolo 6: *** Il cellulare ***
Capitolo 7: *** Sedano rapa ***



Capitolo 1
*** l'oculista ***


Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 
- Harry e Ginny Potter
- George e Angelina Weasley
- Ron e Hermione Weasley
- Draco e Astoria Malfoy
- Percy e Audrey Wealsey
- Bill e Fleur Weasley
- Rolf e Luna Scamander
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Harry e Ginny Potter 
L'Oculista
 
Era tutta la settimana che Lily strillava che doveva andare dall’oculista. Lo diceva come se fosse una parola talmente aulica da doversene vantare. Non passava momento in cui ricordasse a un qualunque membro della famiglia che era a conoscenza di quella così meravigliosa espressione:
« James, te l’ha detto la mamma che devo andare dall’oculista?»
James, a colazione, aveva sbuffato, addentando il suo cornetto fumante.
« No, non lo sapevo. Perché non me l’hai detto prima?». Lily era saltata dalla sedia, gioiosa, senza cogliere il sarcasmo del fratello maggiore, ed era corsa in cerca di qualcun altro a cui raccontare la stessa storia.
« Al! Al! Lo sai che cosa si fa oggi?»
« Che cosa?» per quanto la domanda fosse evasiva, di certo Albus non era caduto nel tranello.
« si va dall’oculista!» aveva ripetuto Lily , scandendo l’ultima parola con una certa premura.
Albus si era allontanato in fretta, temendo che la sorellina continuasse a ricordarglielo.
 
Questa storia si era ripetuta per tutta la settimana ma quando giunse il giorno previsto per la suddetta visita, l’umore della piccola era alle stelle.
« Ma lo sapete che l’oculista è un Guaritore Babbano?»
Disse infine Lily in macchina, rivolta ai fratelli, guardandoli dal sedile del passeggero, dove era seduta in braccio a sua madre.
Ginny ridacchiò e Harry sorrise sbuffando impercettibilmente.
Per quanto fosse un lento modo di giungere a destinazione, avere la patente Babbana era davvero comodo e non poteva permettersi distrazioni: sulla strada non ci si poteva salvare con la bacchetta.
Harry si limitò quindi a sentire, senza davvero ascoltare, le ciarle infinite di Lily sul fascino degli oculisti, percependo il disappunto dei ragazzi seduti dietro e la divertita esasperazione di Ginny.
Non poteva comunque dare tutta la colpa di quell’emozione solo a sua figlia: Arthur Weasley aveva assillato la nipotina con storie avvincenti sui modi in cui i Guaritori Babbani degli occhi assistevano i loro pazienti. Lily era rimasta affascinata dall’aneddoto di “fantastici specchietti che, a guardarci dentro, fanno sembrare gli oggetti molto più grandi. E tutto questo senza un briciolo di magia”.
Le parole del signor Weasley erano state gonfiate con così tanta fantasia che, Harry era certo, Lily si aspettasse di venir visitata non con l’ausilio di lenti di ingrandimento ma con giganteschi apparecchi-specchio che potevano sparare fiamme (senza magia) se uno non possedeva una vista perfetta.
Harry, sempre concentrato sulla guida, si ricordò di come Arthur aveva spaventato involontariamente suo nipote Hugo, quando Hermione gli aveva detto che avrebbe dovuto mettersi l’apparecchio per i denti. Hugo era andato in paranoia e non sapeva se dar retta alle tranquillizzanti coccole dei nonni materni (che gli assicuravano che non avrebbe sentito alcun male) o alle fantasticherie del nonno paterno (che aveva raccontato cose che suonavano molto come “pezzi quadrati di ferro agganciati ai denti per farli star fermi”).
Riemergendo dai suoi pensieri, Harry trovò parcheggio proprio davanti la sede dell’oculista da cui avevano l’appuntamento.
Lily era definitivamente su di giri e sia Harry che Ginny temettero che si dimenticasse di non fare accenni alla vita magica.
« Non posso crederci che mi visiterà con tutte quelle cose senza fare nessuna magia!»
« Quando usciremo di qui la smetterà, vero mamma?» implorò James, tappandosi un orecchio con l’indice per non udire gli strilli della sorellina sovreccitata.
« È quello che speriamo!»  Rispose Ginny sorridendo.
Albus si era abbandonato ad una taciturna sopportazione, mentre Lily gli saltava attorno.
Una volta dentro, la piccola fu accompagnata nello studio solo dalla madre e gli altri si godettero il ritrovato silenzio nella sala d’attesa. James sfogliava distrattamente un giornalino di moto da corsa, Albus osservava tutti i quadri appesi, forse chiedendosi perché rimanessero così immobili.
Dopo una buona mezz’ora Lily e Ginny uscirono e la bambina aveva un ampio sorriso da orecchio a orecchio.
« Deve portare gli occhiali» disse Ginny al marito, sospirando: « e ovviamente la cosa le piace».
Harry e i ragazzi dovettero quindi sorbirsi un’altra vagonata di fantasticherie sugli occhiali finché non giunsero al negozio con le montature.
Scesero tutti insieme e perlomeno Harry fu contento che James e Albus avessero trovato un divertimento nel provarsi i più strambi occhiali da sole.
« Allora, come li vuoi tesoro?» chiese Ginny alla figlia.
Harry la guidò verso uno scaffale pieno di montature colorate e carine: « Guarda», le disse: « questi sono rossi proprio come i tuoi capelli!».
Ma a Lily non interessavano: « Li voglio come quelli di papà», dichiarò tronfia.
Harry non se l’aspettava e tantomeno Ginny.
« Sei sicura, Lily? Magari guarda una montatura un po’ più carina …»
Ma stavolta Harry si sentì avvampare dall’orgoglio: « Come sarebbe “più carina”? Sono occhiali bellissimi, vero piccola?»
« Si, li voglio come quelli di papà!» ripeté Lily e Harry non poté più trattenersi dal pensare che se sua figlia desiderava i suoi occhiali rotondi, lui gliene avrebbe comprati anche mille. Lei era Lily Luna Potter, figlia del famoso Harry Potter, il mago allampanato dagli occhiali rotondi. Così come li aveva portati suo padre James, Harry sentiva che c’era un che di ereditario e genetico nel trasmettere a sua figlia il dono della montatura rotonda.
Quella giornata dall’oculista non era stata poi così male …

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Capitolo 2
*** La gallina dalle uova d'oro ***


Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 

- Harry e Ginny Potter
- George e Angelina Weasley
- Ron e Hermione Weasley
- Draco e Astoria Malfoy
- Percy e Audrey Wealsey
- Bill e Fleur Weasley
- Rolf e Luna Scamander

*momentomomento* lo so che, secondo la zia Row, Fred jr è il primogenito e Roxanne la più piccola ... solo che quando ho scritto questa storia l'avevo dimenticato ed ero convinta del contrario D: Mi piace molto così, questo pezzo e mi spiacerebbe cambiarlo. Quindi per favore potreste fare uno sforzo di fantasia e perdonarmi lo strafalcione? ^^"
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George e Angelina Weasley
La Gallina dalle Uova d'Oro

 
George era turbato.
Qualcosa era entrato nella sua mente e non riusciva a toglierlo.
Quel pensiero aveva sconvolto la sua mattinata e il suo pomeriggio, tanto che suo fratello Ron quando erano vicini all’orario di chiusura dei ‘Tiri Vispi Weasley’, gli chiese:
« C’è qualcosa che non va?».
George parve quasi destarsi da un sogno nebuloso che lo aveva assorto fino a quel momento. Rispose: « Tutto bene. Sono solo stanco» .
Aveva aggiunto anche un bel sorrisone, che per quanto lo avesse sentito fasullo sulle sue labbra, pareva aver convinto Ron.
Il sole stava calando a Diagon Alley e le sfumature rossastre del cielo raggiunsero le finestre del negozio, facendo capire agli ultimi clienti che si aggiravano fra gli scaffali che era ora di andarsene a casa.
George sentì la voce forzatamente scherzosa di Ron salutare un paio di ragazzini che avevano comprato una gran scorta di Merendine Marinare:
« … e mi raccomando! Saltate molte lezioni!»
George soffocò una risatina: “saltate molte lezioni”, ma che scemenza era da dire? Ron non aveva il senso dell’umorismo adatto per quel mestiere, ma sempre meglio che avere Percy come assistente …
Il sorrisetto gli morì sulle labbra e si trasformò in una smorfia apatica. Stava ricominciando a pensarci e sapeva che quella cosa lo avrebbe attanagliato per molto tempo ancora.
 
« Senti George, ho chiuso le imposte. Potresti sistemare tu? Io dovrei scappare, ho promesso a Hermione che stasera li portavo tutti a mangiare la pizza …»
Ron tramestava con le finestre a bovindo, oscurando il locale.
George annuì appena, sforzandosi di nascondere l’aria affranta dalla sua faccia.
Ron se ne andò borbottando un “grazie” e si richiuse la porta alle spalle con uno scampanellio. Non si accorse di quanto fosse mesto suo fratello, aveva troppi pensieri per la testa.
George fu felice che Ron si fosse dimostrato il solito insensibile, perché in quel momento aveva bisogno di stare solo. E soprattutto di non sorridere, né ai clienti né a suo fratello.
Come mosso dalla maledizione Imperius, avvolto da una nebbiolina interiore, iniziò a sistemare i Frisbee Zannuti caduti per terra, le Mou Mollelingua mischiate alle Api Frizzole e i Cappelli Decapitati riposti in disordine.
Sospirò.
Scese nel magazzino da una piccola botola sul retro: sapeva che doveva farlo e sapeva che sarebbe stato peggio …. Eppure era necessario.
 
Quella mattina Ron aveva annunciato di aver perso un catalogo di ordinazione ed era un vero guaio perché la merce che conteneva era attualmente esaurita in negozio, e in più era richiestissima.
Dopo averlo cercato invano nel retrobottega, avevano litigato per ancora un bel po’, guardandosi in cagnesco mentre tornavano a servire gli innumerevoli avventori del locale.
Un’oretta più tardi a Ron, impegnato alla cassa, era venuto in mente che forse il catalogo gli era rimasto nel magazzino, visto che era sceso lì la sera prima a controllare se magari c’erano vecchie scatole di bacchette finte e Orecchie Oblunghe (parte delle merci così tanto richieste e da mandare in ordine).
George era sceso sbuffando e gli aveva detto di occuparsi di tutti i clienti. Una volta giunto nel magazzino si era messo a cercare il catalogo perso da Ron, ma poi invece si era ritrovato ad aprire vecchi scatoloni ammuffiti, spinto dalla curiosità.
Una particolarmente vecchia e nascosta da altre scatole, aveva attirato la sua attenzione. l’aveva aperta strappando il Magiscothc che la sigillava ed era rimasto come folgorato: era piena di fogli scarabocchiati che gli erano ritornati alla memoria dall’istante in cui li ebbe sott’occhio.
Lasciandosi trascinare dalla nostalgia, aveva rovistato fra tutte quelle carte e ne aveva pescato una pergamena giallognola: originariamente doveva essere una di quelle inutili pagine bianche infondo ai libri di testo scolastici, perché era strappata e vi era stampato a lettere microscopiche “Mille Erbe e Funghi Magici © Stamperie Slipkins -Hogsmeade”. Eppure non gli era importato parecchio di quel dettaglio, quanto semmai di quello che c’era scarabocchiato sopra da un’apparente sola grafia (ma che George sapeva benissimo appartenere a due persone distinte).
 Erano progetti che lui e Fred (George aveva avuto un tuffo al cuore solo pensando quel nome) si erano scarabocchiati durante una qualche lezione a Hogwarts, per non parlare ad alta voce, magari fingendo di prendere appunti sullo stesso foglio. Erano frasi scritte tutte storte, senza un apparente filo logico, ma che ce l’aveva di sicuro, bastava solo leggere gli spezzoni nell’ordine giusto. George lo trovò con qualche difficoltà:

“E se la facciamo con un uovo di gallina? Così quando uno prova a cancellare gli si spappola in mano e macchia tutto il foglio”
 
“Figo! E come lo chiamiamo? Gomma Esplosiva?”
 
“No perché non esplode davvero. Si spappola”
 
“Si, ma non è che possiamo chiamarla Gomma Spappolosa. Fa schifo”
 
“Gomma Schifosa!”
 
“Cacca”
 
“Però con l’uovo ci si potrebbe fare qualcosa di più figo”
 
“tipo?”
 
“Boh. Che invece di un pulcino esce una cosa schifosa”
 
“ Uova Fresche. Uno spera di farci la frittata buona e invece se le apri escono ghiaccioli”
 
“Uova dalle Galline d’Oro: che dentro contiene oro di Lepricani”
 
“Cretino. È la Gallina che fa le uova d’oro! Non l’uovo!”
 
“  È nato prima l’uovo o la gallina?”
 
“ Mi sono perso”
 
“Lascia perdere”
 
“ Senti questa: l’uovo che se lo dai a tua moglie, quando si schiude ti dice come si chiamerà tuo figlio!”
 
“ Che sentimentale!”
 
“Sai quante streghe lo comprerebbero!”
 
“Si ma basta che spari nomi a caso, no?”
 
“ È questo il punto: la gente è stupida e sai quanto pagherebbe per una scemenza del genere!”
 
"T'immagini se a mia moglie gli si apre dicendo 'Percy'?!"

"In quel caso cestini l'uovo e chiami tuo figlio in un altro modo"

“Vorrà dire che in quel caso lo chiamerò‘George’”
 
“ Basta, mi sto commuovendo. Se la McGranitt mi vede piangere penserà che mi sono ficcato la bacchetta nell’occhio”
 
“ Bell’idea! Bacchette Punzecchianti! Ti si ficcano negli occhi finché non piangi a dirotto. Può far parte della linea per saltare le lezioni!”
 
Gli scarabocchi si interrompevano lì.
Probabilmente da qualche parte c’era il continuo di quella conversazione, ma non aveva avuto voglia di cercarlo fra le migliaia di carte e poi qualcosa gli si era come conficcato nel cuore.
 
Adesso che il negozio era chiuso e non c’erano felici schiamazzi e rumori dal piano di sopra, George si sedette di nuovo accanto allo scatolone ammuffito.
Sentiva come un’entità rinchiusa in quelle traballanti mura di cartone. Come se qualcuno fosse seduto lì vicino a lui.
Il pensiero che dalla mattina lo assillava si fece sempre più forte.
George si tastò la veste in cerca di una tasca e ne estrasse il portafoglio. Lo aprì: c’era una foto dagli orli ammaccati di lui e Fred (avranno avuto quindici anni), che sorridevano e facevano linguacce. Sopra era appoggiata quella di Angelina, radiosa,  il cui abito bianco da sposa spiccava sulla sua meravigliosa carnagione scura. E infine c’era la piccola Roxanne, che agitava la manina in direzione di chi la osservava.
Un sorriso finalmente sincero sfuggì dalle labbra di George.
Rimase lì ancora per un po’, ma aveva preso una decisione.
 
*
 
Era tardi, ma Angelina non si sarebbe preoccupata: certe volte gli era capitato di passare l’orario di chiusura, visto che le vendite andavano così bene.
George notò che le luci in casa erano già spente, così si richiuse la porta alle spalle e salì in punta di piedi verso camera sua.
Dopo una sbirciatina dietro la porta di Roxanne, che dormiva beata nel box abbracciata ad una Bambola Balbettante (una bambola di pezza che aiutava i bambini ad imparare a parlare), George entrò silenzioso nella stanza da letto e vide il profilo flessuoso e morbido di Angelina sotto le coperte.
« Ehi. Andata bene a lavoro oggi?» sussurrò quando si accorse che suo marito era entrato.
« Si » cantilenò lui sentendosi di nuovo quel tono fasullo di prima. Aggiunse: « Come mai siete andate a letto così presto?»
Anche se George non la vide, dal suo tono di voce seppe che Angelina stava sorridendo:
« Quella matta di tua figlia ha giocato tutto il giorno inseguendo un Frisbee. Si è stancata da morire. È crollata subito dopo cena. Ero stanca pure io, quindi mi sono messa giù … »
George la raggiunse e le passò una mano attorno a un fianco, in silenzio.
« George, sei sicuro che vada tutto bene?» Angelina parve preoccupata.
« Mi domandavo … » disse lui all’improvviso, spaventandosi di essere così spavaldo. Sospirò. Rinunciò al primo tentativo di parlare.
Posò un lieve bacio sulla spalla di Angelina, poi sulla sua scapola, scoperta dalla camicia da notte leggera.
Lei si voltò per guardarlo meglio; alzò un sopracciglio e gli passò una mano sulla fronte: « Non avrai la febbre, vero?»
George sorrise a metà. Afferrò la mano di Angelina e la posò sul suo petto.
« George, che cosa c’è?».
Lui non resistette più e le si avvicinò. Dall’altra sua mano estrasse un oggetto piccolo e rotondo e lo posò sul palmo di Angelina.
« Mi domandavo … so che c’è già Roxanne … e che la amiamo. Ma … Ecco … mi chiedevo … ti va di aprire quell’uovo?»
Angelina aveva l’aria ancora preoccupata, anche se una parte di sé aveva cominciato a capire.
Strinse l’uovo estremamente leggero – come se fosse stato svuotato -, poi afferrò la bacchetta dal comodino e gli diede un lieve colpetto.
Metà guscio sparì rivelando l’interno dell’uovo. Era vero, non c’erano albume e tuorlo, ma un piccolo pulcino di stoffa, su cui era stata cucita una toppa bianca.
Recitava: “Fred”.

 

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Capitolo 3
*** I Non Grifondoro ***


Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 

- Harry e Ginny Potter
- George e Angelina Weasley
- Ron e Hermione Weasley
- Draco e Astoria Malfoy
- Percy e Audrey Wealsey
- Bill e Fleur Weasley
- Rolf e Luna Scamander
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Ron e Hermione Weasley
I "Non Grifondoro"


Avevano atteso quella sera per molto tempo e anche se fingevano di essere a loro agio, Ron e Hermione erano piuttosto nervosetti. Si aspettavano un resoconto completo di tutto quello che era avvenuto a Hogwarts da settembre fino al giorno prima. Hermione era stata in agitazione tutta la mattina e quando Ron aveva annunciato che si sarebbe diretto a King’s Cross per prendere Rose, era entrata in uno stato di paranoia che le aveva impedito per un pezzo di mettersi ai fornelli per preparare la cena.
Anche Hugo era felice di rivedere sua sorella, che durante la sua assenza gli aveva spedito centinaia di affettuosi gufi.
Adesso erano tutti finalmente seduti a tavola, a consumare la prima cena insieme da dopo che Rose se n’era partita per Hogwarts.
« E insomma stai molto con Albus?» Chiedeva Ron, quasi interrogandola:  « … e con James?»
« Si, papà». Rose rispondeva con aria un poco scocciata e si riempiva il piatto di zuppa.
« Ti piace, tesoro?» Domandò Hermione, notando l’appetito della figlia.
« Si, molto. Anche se a Hogwarts ci sono tutti i giorni centinaia di cose nuove e saporite!» rispose con aria sognante.
« Mi auguro che tu non abusi troppo di tutta quella roba» riprese Hermione con una lieve increspatura fra le sopracciglia: « … voglio che tu sappia che è opera di ore e ore di lavoro di Elfi Domestici!»
Rose sapeva che, quando sua madre assumeva quel cipiglio e parlava di quegli argomenti, era meglio non lamentarsi e soprattutto non dare cenni di disinteresse, così evitò di sbuffare e da un’occhiata furtiva a suo padre, le parve che anche lui facesse altrettanto.
 Padre e figlia si riempirono la bocca di pane e zuppa e lasciarono che Hermione facesse un soliloquio nel quale ricorsero parole come “lavoro da schiavi” e “ne ho liberati un po’ quando ero studentessa”.
Anche Hugo pareva annoiato di quei discorsi, così, per aggiungere un po’ di pepe alla serata o solo per punzecchiare la sorella, disse:
« E hai trovato un fidanzato, Rose?».
A Rose si arrossarono di punto in bianco le orecchie, tanto che nessuno si sarebbe stupito di vederne uscire fumo. Ron si strozzò con il boccone e iniziò a tossire con foga.
Hermione parve un po’ seccata di essere stata interrotta nella sua campagna sui diritti delle Creature Magiche, ma riversò il disappunto verso il bimbo seduto vicino a lei:
« Hugo, questi sono affari di Rose!»  disse convinta.
« Come sarebbe?» sbottò Ron, paonazzo, riprendendosi dalla tosse.
Rose riemerse dal proprio rossore e biascicò: « In ogni caso, non ho nessun fidanzato»
« E vorrei anche vedere!» concluse suo padre, tamponandosi le labbra con un tovagliolo. Rose parve sinceramente offesa e assunse una dignitosa aria di sdegno. Continuò a mangiare la sua zuppa lanciando occhiatacce a Hugo, che se la ridacchiava sotto i baffi, lieto per essersi inventato una storiella che aveva sortito così grande successo.
Hermione tentò di cambiare discorso:
« Hai qualche nuova amica, nella Casa?»
Sua figlia parve sollevarsi un po’ dal malumore e rispose tranquillamente: « Beh si, c’è Theresa Bunby e anche Cornelia Leann che è al secondo anno e fa la Cacciatrice nella squadra».
Hermione fece qualche domanda per capire chi fossero i genitori delle amiche di Rose, quando Ron (che pareva immerso in nebulosi pensieri) sbottò:
« E hai anche qualche amico? Oltre Albus e James, intendo»
« Santo cielo, Ron! » Hermione alzò gli occhi al cielo.
« Rispondimi, Rose!»
« Oh, papà, è ovvio che ho anche amici maschi! Non è che sono in un college femminile!» la ragazzina con ispidi capelli rossi mandò giù il boccone con una sorsata d’acqua, con aria infastidita.
« Tutti di Grifondoro, spero!» ruggì Ron, deciso a non mollare l’argomento. Subì un’occhiataccia identica sia da Rose che da Hermione.
« Dovrei parlare solo con quelli della mia Casa?» replicò la figlia, esasperata.
« Fammi qualche nome … dei tuoi amici non in Grifondoro. Di quelli mi fido, e poi sai com’è, ci sono Albus e James che li tengono d’occhio …»
« Per la barba di Merlino, Ron!» Hermione tentò di fargli cambiare discorso ma Ron fu irremovibile.
« Rispondi a tuo padre, Rose» disse lui rivolto alla figlia.
Rose sospirò e iniziò a fare mente locale di tutti i maschi non di Grifondoro con cui era in rapporti amichevoli:
« Vediamo … c’è Alexander Finnegan, di Tassorosso, poi Francis Rucundus anche lui di Tassorosso. Poi sono un po’ amica anche di Gilbert Morrison e suo cugino, di Corvonero. Abraham Dallas, di Tassorosso pure lui. Scorpius Malfoy, di Serpeverde e …»
Ron si soffocò di nuovo, stavolta con l’acqua.
« Scorpius Malfoy?! Rose stai scherzando?»
Rose parve stupita: « Perché?» disse sgranando i suoi grandi occhi color nocciola.
« Ti proibisco di frequentarlo! Non ci si può fidare di lui, è un infido!»
« Oh, ma papà, è così carino».
Ron sbiancò e anche le sue orecchie si infiammarono. Aprì e richiuse la bocca diverse volte, incapace di parlare. Hermione nascondeva un sorrisetto isterico. Hugo era silenziosamente soddisfatto.
« Cosa diavolo vuol dire che è carino?» abbaiò Ron, infine.
Rose non concepiva tutta quell’aggressività ed era sempre incredula quando rispose:
« Vuol dire che è un ragazzo simpatico e gentile, papà»
« Ci scommetto proprio!»
« Ma perché dici …? »
« E tu quando lo frequenti, èh, Scorpius Malfoy?» le disse come se la stesse accusando.
Rose tenne gli occhi ancora ben sgranati, ma in un gesto molto simile a sua madre, si ricompose in fretta e parlò con disinvoltura: « Direi tutti i martedì e tutti i giovedì» concluse, fiera.
Ron pareva aver perso il senno: «Cosa … come … cosa … ma … perché … come …»
« Sono i giorni in cui ho Pozioni, papà. E Grifondoro frequenta Pozioni insieme a Serpeverde» rispose Rose ora sprezzante.
« Si, ma … ma … questo non ti dà il diritto di avvicinarlo. Cosa … cosa vuole generalmente da te?»
Rose fece un risolino isterico: « Generalmente mi chiede se gli passo un ingrediente dalla dispensa» parve soddisfatta della sua risposta, poi aggiunse: « una volta mi ha passato il compito, perché mi aveva vista impreparata (oh, mamma, avevo studiato Trasfigurazione tutta la sera e mi ero dimenticata di Pozioni!). Mi ha praticamente salvata da una D assicurata. E visto che ho risposto bene, quel giorno, il professore mi ha pure dato cinque punti per la Casa! Se non mi avesse aiutata Scorpius …»
« Avresti preso quel che ti meritavi! Grifondoro significa coraggio! Devi essere responsabile di quello che fai! Non devi farti aiutare dal primo che capita, men che meno da uno di Serpeverde, men che meno se ha il cognome Malfoy!».
Ron aveva il tono di uno che non accetta repliche e chiuse l’argomento con teatrale importanza. Hermione sospirò e decise che lo avrebbe raddolcito più tardi. Rose, dal canto suo, era sempre irritata, decisa più che mai a diventare amica di Scorpius Malfoy.

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Capitolo 4
*** il Sangue non è acqua ***


--Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 

- Harry e Ginny Potter
- George e Angelina Weasley
- Ron e Hermione Weasley
- Draco e Astoria Malfoy
- Percy e Audrey Wealsey
- Bill e Fleur Weasley
- Rolf e Luna Scamander
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Draco e Astoria Malfoy
Il Sangue non è acqua
------ nota dell’autrice ---------------
Già, questo capitolo necessita di un mio intervento >_>” scusate!!
Avevo scritto questo capitolo come l’inizio per un sequel di “Non avevo mai conosciuto Draco Malfoy, che sarei io”.
Attualmente però mi trovo impossibilitata a continuarlo e l’idea che mi era balenata in testa, purtroppo, m’è sfuggita.
Perdonate quindi lo stile un po’ “descrittivo”, che lascia trapelare un “di più”.
In ogni caso l’ispirazione per questo brano nasce da una dichiarazione della Rowling su Pottermore, per la precisione riguardo alla biografia di Draco. La nostra autrice dice che in futuro, Astoria si rifiuterà di insegnare a Scorpius che i Babbani sono esseri inferiori e questo provocherà dei tesi pranzi di famiglia.
Sono proprio contenta che la Astoria descritta dalla Rowling assomigli molto alla mia *commossa*. (eh già che ci sono mi tocca fare autospam: se volete conoscere la mia Astoria, vi tocca leggervi la storia che ho appena citato. Non è lunghissima … sono 20 capitoletti ^_^” ok, ho già perso la vostra stima. Addio. D:).
Grazie per essere arrivati fin qui!
Nerina <3

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« Desideri che ti cerchi un tutore adeguato per il bambino, Astoria?»
Lucius Malfoy, con aria altera, evitava lo sguardo diretto della nuora, concentrandosi sul servito d’argento riccamente decorato.
Si trovavano in un’elegante sala dall’aspetto immacolato: le pareti erano ricoperte di alti scaffali colmi di libri dalle sontuose copertine in pelle, senza lasciare neanche un buco vuoto; il pavimento era tappezzato da mattonelle di marmo verde chiaro e una brillante luce si propagava dalla superba vetrata della finestra che occupava tutto un lato della stanza. Il tavolo attorno al quale era riunita l’esigua compagnia era stato coperto da una tovaglia bianca rifinita in trine di pizzo. Sembrava quasi  la sala di lettura di una prestigiosa biblioteca, allestita inaspettatamente per un banchetto.
« Non ce ne sarà bisogno, Lucius ma ti ringrazio».
Una giovane donna molto bella, eppure particolare, dai tratti molto fini e con lunghi capelli neri, rispondeva al portamento fiero e statuario del suocero.
Astoria Greengrass, proveniente da una nobile stirpe di maghi purosangue, era da un anno la moglie di Draco Malfoy.
« Ne avete già trovato uno?»
Il tono quasi gentile, ma lieve, come spaventato, con cui era stata rivolta questa domanda, fece alzare gli occhi di Astoria verso la fonte di tale suono: Narcissa curvò le sue esili labbra in un sorriso pacato. La signora con biondi capelli accuratamente acconciati e l’aria di essere costantemente soffocata, non riuscì tuttavia a ricambiare lo sguardo di Astoria, pur avendo le migliori intenzioni per instaurare un rapporto pacifico.
« No. In effetti andrà all’asilo babbano» rivelò Astoria con calma piatta
 Draco strizzò gli occhi e trattenne per un secondo il respiro. Astoria aveva appena acceso la miccia della prima bomba di quella che si sarebbe rivelata una estenuante guerra.
Cercò di non badare al rumore sordo delle posate che lui stesso appoggiava con cautela dinnanzi agli ospiti. Per una buona manciata di minuti fu l’unico rumore che ritmò il freddo e teso silenzio nella sala da pranzo.
 Astoria mantenne un’aria fredda e distaccata, come se non sapesse che quanto aveva appena detto equivaleva ad una dichiarazione di guerra molto esplicita. Ovviamente lo sapeva eccome, ma si sentiva abbastanza in potere di decidere quello che voleva per il futuro della piccola creatura che in quel momento ospitava nel suo ventre.
Draco, da parte sua, sapeva che sua moglie era tanto testarda quanto orgogliosa e quindi non avrebbe potuto né farle cambiare alcuna  idea, né tantomeno darle manforte in un momento come quello. Sentiva come se dovesse sparire e lasciare che i vessilli di belligeranza venissero tirati fuori e da sua moglie e da suo padre.
Sistemò con estrema cura il coltello al posto di sua madre, curandosi di posizionarlo perfettamente in asse con la forchetta, posponendo il più possibile il dover avvicinarsi al padre. Percepiva nella madre una sorta di tacita alleanza o di silenzioso desiderio di pace, mentre vibrava forte e chiaro, dalle parti di Lucius, un tremendo sentore di discordia e tensione.
Draco pensò quasi di volgersi indietro, ma così facendo si sarebbe ritrovato dritto dritto nella zona di influenza di Astoria e per quel che la riguardava, il suo caratterino stava emanando scintille invisibili ma ben percepibili.
Uno dei suoi neri e fini sopraccigli si inarcò e la giovane donna assunse una fiera e incondizionata espressione di fastidio. Si guardava le unghie di una mano, flessuosa e pallida, mentre l’altra faceva da scudo assieme a tutto il braccio al pancione rigonfio dentro il quale si cullava il piccolo Scorpius.
 
« Spero tu non voglia permettere a tua moglie di prendere certe decisioni, Draco. E spero che entrambi riflettiate bene sulle vostre scelte»
Fu Lucius a rompere il silenzio. Prima che Draco potesse ribattere (aveva in mente di chiudere con un “si certo” molto evasivo, per troncare lì l’argomento), Astoria si infiammò:
« E io spero bene che Draco sia adeguatamente maturo da prendere le sue decisioni» disse, asciutta ma con una spinta eccessiva di tonalità.
Lucius non si aspettava certo tanto apertamente una ribellione ai suoi standard. Stava anche lui per rispondere, quando Narcissa intervenne:
« Lucius, perché non ne riparliamo un’altra volta? Astoria aspetta un bambino, non deve essere così emotivamente turbata. Siamo qui perché siamo una famiglia, dopotutto».
Draco ebbe due veloci pensieri che gli fecero quasi spuntare l’ombra di un sorriso: il primo fu che evidentemente le mogli esistevano per intercettare i discorsi dei mariti e parlare per prime; il secondo fu semplicemente un: “Brava mammina! Cento punti a Narcissa Malfoy”. La adorava quando placava lo spirito inquieto di suo padre.
Questi rispose tossicchiando: « Lo spero bene. Ma non dimentichiamoci di essere della stirpe di purosangue …». Bofonchiò ancora qualche mezza parola, poi si ritrasse e afferrò il coltello che suo figlio gli porgeva con delicatezza.
Draco fu più che felice di aver terminato quell’onere e di potersi ritirare, anche se per poco, in cucina per prelevare la prima portata per quel pranzo di famiglia.
Astoria aveva la dignità di una pantera offesa che concede la vittoria alla sua preda, meglio aspettare che le fosse sbollita  la rabbia, molto lontano da lei.

   

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Capitolo 5
*** bignè al cioccolato ***


--Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 

- Harry e Ginny Potter
- George e Angelina Weasley
- Ron e Hermione Weasley
Draco e Astoria Malfoy
- Percy e Audrey Wealsey
- Bill e Fleur Weasley
- Rolf e Luna Scamander
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Percy e Audrey Weasley
Bignè al cioccolato


 
Quella mattina, insieme all’ordinaria posta ministeriale, era arrivato anche un altro gufo: un bell’allocco grigio posava fra le mani del destinatario una busta sigillata con ceralacca bordeaux.
Percy Weasley, nella sua dignitosa disinvoltura con cui stava facendo colazione, dovette mostrarsi sorpreso e abbandonare l’aura di perfezione che finora percepiva. Posò il Profeta del mattino con un gesto annoiato e con l’altra mano sistemò la tazzina di caffellatte sul piattino abbinato, che faceva la sua elegante figura sul bordo del tavolo.
Prese la lettera che l’allocco gli consegnava e una volta che quello se ne fu andato – lasciando una scia di penne brune – si mise a leggerla.
La fronte di Percy si corrucciò appena durante la lettura, ma una lieve ruga rimase costantemente increspata sopra le sue sopracciglia.
« Audrey, Audrey cara, potresti venir qui in momento, per cortesia?»
La sua voce era solenne, ma a quanto pareva dall’ampio sorriso della donna che giunse poco dopo, lei lo trovava comico.
Audrey era comparsa sulla soglia della sala da pranzo: era ancora un po’ spettinata e teneva i folti capelli biondi stretti da una pinza. Qualche ciuffo le cadeva sul viso, ordinario eppure piacevole, che tutto insieme faceva venire il buonumore. Era uno di quei visi simpatici che nell’immaginario Babbano si sarebbe sposato a meraviglia con un paio di codini alti, un cappellino rosa, chewingum e rollerblade.
Teneva in mano un vassoio fumante sopra il quale torreggiava una montagna di bignè, alcuni già ripieni, altri ancora aperti.
Si avvicinò lesta al marito e si sedette sul bracciolo della poltrona che lui occupava.
« Ho ricevuto una lettera » si spiegò Percy con fare sempre più importante.
« Davvero?» ridacchiò Audrey, infilando nella bocca di Percy un bignè pieno di cioccolata, che gli mandò gli occhiali di traverso e che lui si affrettò a trangugiare.
« Mia cara, per cortesia, ascoltami! È … è importante» aggiunse, sistemandosi gli occhiali, completamente rosso in volto.
Audrey gli porse un tovagliolino candido e gli comunicò in silenzio la sua decisione di ascoltare.
« Mi è appena giunta da Hogwarts questa lettera» riprese Percy alzando la pergamena che aveva finito di leggere: « Ed è di nuovo della Preside». Scoccò alla moglie un’occhiata eloquente. Audrey sbuffò lievemente e porse un altro bignè – alla crema- nelle mani del marito.
« Sempre per Lucy immagino» disse con voce tranquilla, mentre con la mano libera si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
« Quella bambina deve smetterla di fare la teppista!» ruggì Percy addentando il dolcetto che si stava rigirando fra le dita, poi però aggiunse: « non ne hai un altro alla cioccolata, mia cara, per favore?».
Audrey cambiò il bignè e rispose: « Via, Percy, “teppista” … non esagerare!», poi si alzò e andò in cucina, tornando con una caraffa di vetro.
« Lo è! Non posso continuare a ricevere gufi dalla McGranitt che mi dice di averla messa in punizione per la decima volta!»
« Diciamo che si diverte un po’ troppo. Le scriverò» aggiunse Audrey, ora porgendo al marito un bicchiere ricolmo di succo di zucca.
Lui bevve, poi sospirò: « Dovrei raccomandargli di frequentare meno James e la sua banda!»
« Ma come puoi dire così? Sono cugini, sono la banda più affiatata e numerosa di Hogwarts» e sorrise immaginandosi tutta quella ciurma di ragazzini che ogni tanto si riuniva da loro per le vacanze natalizie o estive.
« E io che speravo che finendo in Tassorosso si sarebbe data una calmata. Dovrebbe prendere esempio da Molly, che è una ragazzina coi fiocchi».
Percy rimarcò con una certa puntualità le ultime parole. Mentre gesticolava, Audrey gli afferrò con dolcezza un braccio e gli abbottonò il polsino della camicia, poi fece lo stesso con l’altro. Sorrideva come se stesse trattando con un bambino piccolo.
« Solo perché è la Grifondoro cocca di papà» gli disse, una volta sistemata la camicia. Si alzò per riportare in cucina la caraffa e il vassoio di bignè, donandone un ultimo ripieno di cioccolata al marito.
« Tu scherzi, cara mia, ma fra un paio d’anni la faranno prefetto di sicuro!» rispose quest’ultimo con pomposo orgoglio, addentando il dolce regalato.
Audrey tornò poco dopo, munita di un piattino contenente una mela a fette, accuratamente sbucciata. La porse a Percy, poi ne prese uno spicchio e cominciò ad abbottonare il proprio golfino, rosa pastello.
« Audrey cara, non è che mi ci potresti mettere un filino di miele sopra?»
« Signor Weasley!» lo rimproverò lei, avvicinandosi con così tanta velocità da mandargli di nuovo gli occhiali di traverso: « abbiamo appena mangiato bignè al cioccolato, non le pare che con gli zuccheri siamo a posto? Mangi la mela e poi fili a lavasi i denti!».
Percy sapeva che quando gli dava del lei e lo appellava “signor Weasley” era consigliabile non ribattere, indi per cui si avviò stizzito e col naso all’aria verso il bagno.
Quando ebbe finito, trovò la moglie sempre di sotto: aveva infilato sopra il golf la lunga veste da ufficio del Ministero. Nel suo cartellino, appuntato con cura sul petto, si leggeva: “Sottosegretaria A. Primm, ufficio P. Weasley”.
Aveva preparato le borse a entrambi e stava sistemando un contenitore di vetro con dentro una generosa porzione di lasagna in quella di Percy.
Appena lo vide scendere lo raggiunse, porgendogli la borsa, poi afferrò un pettine dai denti stretti e iniziò a sistemargli i rossi capelli, seguendo la divisa naturale.
« Allora, siamo pronti, Segretario?»
« Dopo di te, mia cara» rispose Percy stringendo la moglie per la vita e smaterializzandosi con lei. 

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Capitolo 6
*** Il cellulare ***


--Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 

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Draco e Astoria Malfoy
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- Bill e Fleur Weasley
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Bill e Fleur Weasley
Il cellulare

Erano tutti e cinque sul Nottetempo, seduti sulle poco comode – ma più che altro poco stabili- sedie di legno. Felur, di una bellezza statuaria, giovanile, che nessun’altra donna avrebbe avuto alla sua età, era appoggiata con le gambe accavallate e l’aria tremendamente scocciata.
« Mon dieu, ma quest’affare non potrebbe frenar più lentamonte? Uno jorno o l’altro qualcuno sci si farà davvero del male!» Aveva esordito dopo l’ultima, tremenda fermata.
La strega seduta accanto a lei l’aveva guardata malissimo, come se avesse detto una parolaccia, anche se a dirla tutta era stata l’unica passeggera a cadere a terra in modo ridicolo.
Probabilmente la sua autostima aveva ricevuto duri colpi a causa dell’aspetto immacolato di Fleur, che pareva uscita dal set fotografico per un catalogo di intimo.
La dama francese, però, non si fece scalfire dagli sguardi serpentini con cui la sua vicina la squadrava; issò una mano sul bracciolo di un’altra sedia vicina, su cui c’era una ragazzina dai fluenti capelli rossi.
« Dominique, reggiti a quelque chose. Hai visto che per poco non finivi a panscia in giù comme quella povera signora?»
« Oh maman, ti dico che non cado!» rispose la ragazzina incrociando le braccia, ed emettendo uno sbuffo stizzito.
Fleur ignorò il tono ribelle della figlia e si voltò verso Bill, poco dietro di lei.
« Bill, ma quanto manca ancora?» il suo tono era supplichevole.
Bill Weasley non si era seduto, ma si reggeva ad una parete, anche se la sua stabilità pareva piuttosto precaria. Aveva una lunga coda di cavallo che gli teneva insieme i capelli rossi, un po’ sbiaditi. Il suo volto nascondeva un’antica bellezza, sfregiata da lucide e asimmetriche cicatrici.
« Ho chiesto a Ernie di fermarsi al San Mungo alla prossima. Non agitarti» aggiunse sorridendo « resisti altri cinque minuti». Fleur parve ammansita e tornò a guardare davanti, cambiando la posizione delle gambe e tenendosi sempre saldamente attaccata alla sedia della figlia.
Come aveva promesso a Bill, l’autista del Nottetempo li fece scendere davanti al San Mungo poco dopo.
L’ingresso era camuffato sempre allo stesso modo, così che nonostante la gran folla di Babbani, la famiglia poté scivolare dietro la vetrina del negozio apparentemente in disuso.
 
« Victoire finiscila! Non volio più vederti appiscicata a quell’affare» disse Fleur rivolta all’altra figlia, la maggiore, che in quel momento pareva assorta dietro un telefonino cellulare che aveva in mano.
Al rimprovero della madre, non distolse lo sguardo dallo schermo, né cessò di digitare freneticamente sul touch screen, ma rispose con voce decisa: « Non c’è niente di male. È più veloce dei gufi!»
« Bill, parla a tua filia!» concluse Fleur brusca, mettendosi in coda per parlare con la strega dietro la scrivania. Louis, il figlio più piccolo, le teneva la mano e lanciava occhiate avide verso il cellulare della sorella, a cui adesso si era aggiunta anche Dominique.
Bill seguì Fleur e Louis in fila, ma prima minacciò le due ragazzine che se non la piantavano di stare appiccicate al telefono gliel’avrebbe sequestrato.
Mestamente le sorelle si sedettero su una panchina, in attesa dei genitori.
« Pensi che Ted ti abbia già risposto?»
Disse Dominique, quando i genitori furono ad adeguata distanza, immersi nella fila.
« No, non ho ancora sentito la vibrazione»
« Ma ti vedrai di nuovo con lui, durante le vacanze?»
« È quello che stiamo provando a organizzare, Dominique! La mamma non vuole, lo sai. Ted ha detto che zio Harry e zia Ginny l’avevano invitato ad andare con loro in vacanza. Lui ha rifiutato, perché così resta a Londra e potremmo vederci … devo convincere maman  a mandarmi da sola in giro, un pomeriggio».
Victoire si passò una mano fra i biondissimi capelli, lisci e splendenti. Il suo sguardo assunse un che di preoccupato.
« Ha vibrato!» bisbigliò.
Gli occhi celesti di Dominique si spalancarono: « Non puoi guardare adesso! Maman non fa che girarsi verso di noi …». Con un gesto identico, le sorelle drizzarono la schiena sulla panchina, fingendo indifferenza.
« Potremmo dire a maman che vorremmo fare shopping da sole» concluse la giovane con i capelli rossi.
« E poi dove ti infilo, Dominique? Non voglio lasciarti da sola … ma nemmeno vorrei che tu stessi con me e Ted. Insomma, non per cattiveria, hai capito!».
In quel mentre Fleur e Louis erano usciti dalla fila. La madre teneva un gran pacco in mano.
Si andò a sedere assieme alle figlie e aprì la busta, che conteneva una serie di fogli spillati scritti con grafia fitta.
« Alors …Victoire … le tue analisi dicono che … » raggiunse l’ultima pagina del primo plico di fogli « … Nionte! Non sc’è nionte que non va. Disce di continuare a fare il controllo annuale, ma non sc’è nulla di cui preoccuparsi».
Sorrise soddisfatta senza guardare Victorie, che pareva tremendamente annoiata.
« Donc, Dominique … » acciuffò il secondo fascicolo e lo scorse con particolare attenzione. Si fermò a metà. « … In effetti sc’è scritto che nel tuo caso è probabile che duronte i pleniluni tu riscontri un scerto appetito puor la carne cruda. Ah, tesoro, per caso hai notato una smisurata crescita dei capelli?».
Dominique sospirò: « Un po’ si. Ma non troppo … diventano solo più crespi e più lunghi».
Fleur fece schioccare le labbra e le sue belle sopracciglia si curvarono in un’espressione preoccupata: « Comunque non sci sono altri sintomi. Non sei né contajiosa, né malata! E troveremo uno shampoo per i tuoi capelli, ça va?»
« Oui maman, ti ricordi che nodi che avevano l’ultima volta?» rispose la figlia rossa, lisciandosi la chioma che ora era lucente e perfettamente liscia.
Fleur cercò l’ultimo malloppo e lo lesse: « E ora mon petit Louis. Oh, si, come sempre scrivono di tener sotto controllo questa compononte Veela nel tuo songue. Ma dov’è il problema, buon scielo? Questi qui non sci capiscono nionte! Sarai solo molto attrayant verso le fansciulle, quando diventerai più gronde …  e … oh! Bien, se non hai riscontrato dei sintomi durante i pleniluni parrebbe che tu non abbia parti di lupo. Ora aspettiamo papa, che è andato a farsi visitare. Voliamo andare a prendersci un the? E Victoire, per l’ultima volta, spegni quel maledetto marchinjenio Babbano!» .

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Capitolo 7
*** Sedano rapa ***


--Slices of life è una raccolta di momenti di vita quotidiana che hanno come protagonisti le famiglie di questa meravigliosa saga. Tutte ambientate nel gioioso domani che Harry e i suoi amici sono riusciti a donare a sé stessi e al mondo magico.
 

- Harry e Ginny Potter
- George e Angelina Weasley
- Ron e Hermione Weasley
Draco e Astoria Malfoy
- Percy e Audrey Wealsey

- Bill e Fleur Weasley
- Rolf e Luna Scamander
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Rolf e Luna Scamander
Sedano rapa

Luna indossava una vestaglia fiorita molto colorata, eppure non la si notava così tanto come si sarebbe potuto credere, poiché la cucina in cui tramestava era parimenti sgargiante.
C’erano delle pentole dall’aria un po’ ammaccata che sbuffavano sotto la pressione del vapore, strani e variegati contenuti di padelle sfrigolanti e qualcosa di lungo e sottile che pendeva dal soffitto – a prima vista si sarebbero detti salami, ma se si guardava bene sembrava che fossero fatti con la verdura-.
Quando la porta d’ingresso sbatté, un piccolo campanellino collegato a strani e intricati fili suonò proprio sopra la testa di Luna.
Con un colpo di bacchetta fece continuare il coltello a sminuzzare un grande sedano rapa senza il suo aiuto e con passi quasi di danza, la giovane donna raggiunse l’ingresso.
« Mio Astro, che profumino » disse l’uomo che era entrato.
Era alto e magro, ma indossava abiti larghi che gli ricadevano sui polsi e sulle caviglie. Tutto il suo abbigliamento ruotava intorno a tonalità di marrone, alcuni pezzi proprio dello stesso castano dei suoi capelli, altri più giallognoli, altri ancora quasi verdi.
Aveva una faccia buona e sorridente, quello che dal primo sguardo si sarebbe potuto definire uno “pacifico”. Anche la voce era calda e rassicurante, morbida e dolce come una caramella mou.
« Rolf! Avevi detto che saresti tornato fra una settimana, ma credevo proprio che ti avrei rivisto oggi»
« Ah si? » commentò con un sorriso Rolf, posando il cappello di feltro su un appendiabiti a forma di albero « E come lo hai indovinato?».
« Oh non so. Solo che questa mattina mi sono svegliata molto presto e quando sono scesa ho trovato nella dispensa del sedano rapa. Non ricordavo di averne. Se doveva essere un giorno di sorprese, beh, sicuramente avrei potuto aspettarmi il tuo arrivo, no?».
« Mi sembra logico» scherzò Rolf, togliendosi il cappotto e posando un piccolo bacio sulle labbra della moglie, distratta.
« Il tuo cappotto è macchiato di rigurgito di Schizzastippo?» chiese Luna, indicando delle grandi chiazze verdi.
« Oh, no, credo che sia solo erba, in realtà. Sono caduto mentre inseguivo un Billywig … era un animaletto molto carino. Troppo veloce, però. Mi ha anche punto.»
« Sei sicuro che non sia rigurgito di Schizzastippo? Mi pare proprio che quel colore sia …»
« Sicurissimo. Solo erba, mio Astro. E ora dimmi un po’, che combinano quelle due pesti?»
Luna cambiò docilmente argomento, sicuramente senza smettere di credere nemmeno per un istante che le macchie d’erba fossero in realtà vomito di creature inesistenti.
« Mi hanno mandato qualche gufo, si. È stato piacevole. Credo che se la cavino.» disse con aria sognante mentre insieme a Rolf faceva ritorno in cucina. Lui si fermò un attimo ad osservarla, mentre riprendeva il controllo del coltello e affettava il sedano rapa.
« Perché lo tagli a mano, tesoro?»
« Le qualità benefiche escono fuori solo se lo tagli senza magia. Aiuta la digestione, mi pare».
Rolf ridacchiò silenziosamente e andò a prendere piatti e posate in una madia di legno dipinta con vernice azzurra, tutta incrostata.
« E a lavoro com’è andata?»
« Oh, molto bene. Il figlio del Signor Ollivander mi ha mandato un gran carico di bacchette nuove. Sono molto belle, è un bravo artigiano. Mi piacerebbe conoscerlo, ma per ora non s’è fatto vivo».
Rolf tornò vicino a Luna e le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Lei parve non farci caso e continuò imperterrita a tagliare manualmente il suo sedano rapa.
« Rolf non credi che sia ridicolo?»
 
« In effetti un pochino si, mio Astro»
« Non il sedano rapa, Rolf. L’insegna del negozio. Sai, a lavoro. Ho l’impressione che la gente rida per quello. La trovano buffa».
Rolf guardò ogni centimetro del viso di Luna per scorgerne, forse, da qualche parte, un traduttore. I suoi occhi però erano dolci e amavano quella tenera stravaganza.
« Perché mai la gente dovrebbe ridere dell’insegna di un negozio, Luna?»
« Per la rima, no? “ Ollivander Scamander”. Forse dovrei togliere il mio cognome»
« Ma Luna, il signor Ollivander, nel testamento, l’ha lasciato esplicitamente a te; tu devi scrivere il tuo cognome. E non preoccuparti per la rima. È carina » disse infine, inspirando nuovamente gli odori di quella cucina strvagante.

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