Cademon's fell.

di yoursincerely_ila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27. ***
Capitolo 28: *** Ringraziamenti. ***
Capitolo 29: *** SEQUEL IS HEREE ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


-Dai Simon, fammi questo favore!-.  Esclamai ormai in un ultimo tentativo di convincere il mio migliore amico ad andare ad una festa in un discopub. Ormai con lui non provavo più vergogna, neanche a ballare come una papera. Era più o meno da un quarto d’ora che insistevo, d’altronde né io né lui ne avevamo mai preso parte insieme.

-Okay, okay… ma massimo mezz’ora!-. Sbuffò, e dalla gioia lo abbracciai ringraziandolo più volte.

Simon era il tipo di ragazzo che aveva la testa sulle spalle e ormai la gente non si disturbava più a chiederci se stavamo insieme o meno perché in fondo ci vedevano sempre insieme. Era molto più alto di me, anche se ho sempre pensato che fossi io bassa. Portava gli occhiali che nascondevano degli occhi davvero scuri, quasi neri come i capelli che si erano un po’ allungati facendogli arrivare un ciuffo accanto alle stine degli occhiali. Mi accontentava quasi sempre (ok, cacciamo il quasi) e per me era, e sarà, il fratello che non ho mai avuto.

-Deve essere qui-. Affermai notando le tende formate da file verticali di conchiglie. –Carino il logo-. Aggiunsi notando sopra la porta un disegno alquanto bizzarro, somigliante alla testa di un ariete.

Il locale si chiamava “Hunters”, ed era davvero accogliente. La sala era di medie dimensioni e il soffitto era pitturato come una notte piena di stelle, in cui la luna era quella più luminosa. Un po’ come lo era mia madre per me: un esempio da seguire. Colei che mi aiuta quando ne ho bisogno e mi illumina la strada. Colei che mi protegge mettendosi sempre d’avanti così che se accadesse qualcosa, accadesse a lei. Ci ho sempre immaginato su un ponte di legno: lei che va per prima, io per seconda.

Questo locale veniva sempre usato per feste a tema, e ogni volta che ci entravo mi sembrava come se si rimpicciolisse, forse per lo strato di vernice aggiunto ogni volta. Simon si diresse nel tavolo alcolici e io mi addentrai tra la folla per osservare un po’. Donne mezze nude ballavano sul palco e una band suonava alla loro destra. Penso fosse una gara. Anche se indossavo dei jeans e una semplice maglietta a righe blu e bianche mi sentivo a mio agio.

Iniziai a muovere la testa a ritmo di musica, quando notai tre ragazzi che spiccavano sulla folla: una ragazza indossava uno splendido vestito lungo bianco che le fasciava il corpo perfetto e i capelli corvini le arrivavano a metà schiena, mentre gli altri due avevano un cappuccio nero, per cui non vidi i loro volti, ed altrettanto era il colore dei vestiti.

Mi stavo quasi divertendo, se non fosse stato per il fatto che qualcuno mi spinse a terra.

-Ehi, sta’ più attento!-. Dissi alzandomi, e uno dei ragazzi con il cappuccio ora abbassato si girò fissandomi sorpreso. Aveva i capelli color platino e al posto degli occhi due ottoni. Non riuscii a non continuare a fissarlo. Non immaginavo fosse stato lui.

-Non ti hanno insegnato a non fissare le persone? -. Chiese retoricamente con una voce bassa a cui le mie orecchie chiedevano in ginocchio di sentirla ancora.

-Non ti hanno insegnato a chiedere scusa? -. Dissi toccandomi il fianco che mi doleva. In effetti non mi faceva poi così male ma lo feci istintivamente.

-Se dovrei farlo ad una persona che non mi dovrebbe vedere, allora no. Non devo-. Affermò sicuro delle sue parole che io, sinceramente, non capii.

-Non sono mica ceca. E poi non ti hanno insegnato ad aiutare le persone che scaraventi a terra? -. Alludei al fatto che non mi aveva neanche offerto una mano per rialzarmi.Forse l’avevo offeso? Un attimo: Cosa doveva importarmi? Mi aveva pure buttata a terra!

-Lo sei, ma non lo sai -. Disse cupo. Non capii nemmeno questa volta e non ebbi modo di chiederlo perché arrivarono i suoi due amichetti che, con tutto il cuore, mi stavano già sulle scatole solo per l’aria che si davano.

-Che succede Jace? -. Chiese il ragazzo più alto. Aveva gli occhi di un azzurro meraviglioso e i capelli corvini come la ragazza, che non smetteva di fissarmi. E poi ero io la maleducata, certo.

-Lasciala stare. Prima concludiamo il lavoro, prima arriviamo a casa-. Disse la ragazza. Ah, bene. Probabilmente spacciavano droga o qualcosa del genere e vivevano pure nella stessa casa. Capisco. Lei però era bellissima e in confronto mi sentivo ridicola, soprattutto a pensare che mi passava almeno un 7cm.

-Ero solo curioso perché lei mi vede. Ci vede -. Affermò girando la testa di lato.

 –Andiamo ora-. Aggiunse, e gli altri due lo seguirono. Osservandolo, notai che quel Jace aveva qualcosa in mano, qualcosa che brillava grazie alla luce.

Un coltello.

Certo, che sbadata, avevo dimenticato di aggiungere alla lista il punto “omicida senza scrupoli”.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


 “Caro diario,

Ti è mai capitato di incrociare un paio di occhi stupendi e, anche se li hai visti solo una volta, ti sono rimasti impressi? È successo precisamente 3 giorni fa, all’Hunters. Il suo nome è Jace, e sai una cosa? Non lo sopporto. L’ho incontrato solo una volta e già non riesco proprio a tollerarlo. Si credo il dio della vita, con quel suo atteggiamento da “so tutto io”. Diceva cose che non avevano tanto senso, sicuramente solo per confondermi. Lo so, è un po’ affrettata come immagine, ma d’altronde, come un vecchio proverbio dice, non si riconosce una persona dal primo impatto? E per quello che ho potuto, l’ho conosciuto, ma solo una cosa non quadra: non se ne vuole proprio andare dalla mia testa.

Ed è proprio questo il problema. Si può ricordare sempre una persona anche se non la si tollera? Mi sento davvero stupida, e contraddittoria. Io sono sempre stata il tipo di ragazza che segue gli schemi e che non va mai fuori dalle righe. In questo momento mi sento come se stessi cambiando.

In questi 3 giorni mi sono cadute gli oggetti dalle mani, non riuscivo a seguire ciò che mi dicevano e spesso ero tra le nuvole. Dov’è finita la Clary che conosco? Quella che è sempre troppo timida, ma che sa quel che dice?

Sono giunta solo ad una soluzione, che sinceramente, non è tra le mie preferenze, come il mangiare o il dormire.

Io ... io penso che l’unico rimedio sia ricontrarlo, e sono certa solo di una cosa: vederlo placherà le mie paure. È una cosa che sento, e per quanto può sembrare stupida, ho deciso di seguire questo istinto.”

Chiusi il diario poggiando la penna nera sopra. Lo fissai per qualche secondo pensando a ciò che avevo scritto. Perché mi sento cosi?

Girai la testa verso la finestra e notai le foglie verdi tingersi di una nuova colorazione che andava dal rosso fuoco al giallo canarino. In quel momento volevo essere come le foglie; hanno sempre seguito il ciclo delle stagioni per formarsi, crescere, appassirsi e cadere a terra. Solo una era cosi stronza e trasgressiva da rimanere sempre verde e ridere delle altre foglie che cadevano: quella del pino. Ecco, io mi sentivo quell’eccezione. Mi sentivo una dannata eccezione solo che non riusciva a capire il motivo di quel cambiamento, a differenza di esaltarlo.

Stranamente Simon non si era fatto sentire, erano già le 4 del pomeriggio. Decisi di prepararmi una camomilla (cosa che pensavo non avrei mai fatto) e poi di fare un bagno, cosi scesi sotto mettendo l’acqua sul fuoco.

Bevendo quella sostanza calmante, i nervi si rilassarono. Aveva ragione mia madre a dire che esiste una cura al nervosismo. Credo che dovevo incominciare a crederle di più riguardo queste cose.

Finito di sciacquare la tazza, mi recai in bagno e, entrata nella vasca bollente, chiusi gli occhi.

Esistevo solo io in quel momento, neanche i miei pensieri potevano penetrare quello strato di acqua. Non pensare a niente mi venne spontaneo, e immersi anche la testa avendo la sensazione che tutti i miei dubbi scivolassero dalla mia mente. Sapevo che sarebbe stato solo per quel breve momento, ma me lo godetti a pieno.

                                                                           ***

Era passato un’ora e mezza e il mio telefono squillò. Simon.

-Dimmi Simon-. Affermai un po’ contenta che finalmente mi aveva chiamato.

-Clary, ti va di andare a mangiare qualcosa?-. Chiese con entusiasmo.

-Sono le 6, tra poco si mangia-. Dissi un po’ scocciata anche se volevo uscire, questo era sicuro.

-Eh quindi? Ci mangiamo una bella ciambella glassata, come piacciono a te-. Ridacchiò nel sapere quel futile ma piccolo particolare che per me non era né futile e né particolare. Insomma, come non cedere al meraviglioso profumo di glassa e al dolce sapore della ciambella?

-Va bene, ti aspetto-. Lo sentii sorride e staccai. Decisi di cambiarmi la maglia bianca in una rigorosamente nera. Si, ero un disastro con i dolci.

Dopo circa 10 minuti Simon arrivò. Mia madre era fuori per cui presi le chiavi e le attaccai ai lacci delle scarpe. Chiacchierammo tanto e durante la camminata uscirono fuori affermazioni alquanto stupide come “Mangiamoci questa ciambella per dimostrare al mondo che si può mangiare prima il dolce” o “Mi sento una glassa”.

Finalmente il piccolo locale era di fronte a noi. “Morfeo’s”. Un bel nome, eh? Già, quei dolci erano davvero buoni, come se fossi tra le braccia di Morfeo.

Dopo esserci seduti nelle panche attaccate al muro di vetro che ci permetteva di vedere fuori, ordinammo una ciambella glassata e un muffin ai frutti di bosco. Ridevamo e ridevamo, come se tutto fosse divertente, dal caffe buttato sulla camicia di una ragazza, ad una vecchietta intenda a mandare sms con il cellulare.

Simon si sparò diverse battute che erano di una freddezza assurda. E proprio per questo motivo scoppiai a ridere.Nel bel mezzo di un racconto su come era caduto da cavallo, presi la tazza di cioccolata calda e  l’occhio mi sfuggì fuori.

Il mio cuore perse un battito. Lo sentivo pulsare nelle mie orecchie, nessun’altro suono.  

Lui era lì e stava fissando proprio me.



 

Ciao ragazze! Ecco qui il secondo capitolo.. scusate per il finale un po' in sospeso,
ma penso abbiate capito chi sia hahahah comunque, cosa pensate delle reazioni
di Clary verso lo sconosciuto Jace? E del rapporto con Simon? Fatemi sapere!
Baci
Ila xx

P.S. Continuo a 5 recenzioni c:

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Mi sentivo una bambina. Una bambina un po’ cresciuta a cui gli avevano appena regalato il lecca-lecca che gli avevano promesso da giorni ma che sapeva che mangiarlo gli avrebbe fatto male.

Io era la bambina, e Jace il dolcetto.

Decisi che dovevo soffocare l’impulso di guardarlo.

Tolsi i capelli da dietro l’orecchio creando un muro di capelli rossi tra noi due. Poggiai la mano sulla guancia destra cosi da girare lo sguardo verso l’interno del locale. Uh, quella mattonella rotta era davvero interessante, quelle crepe erano davvero ... a forma di crepa. Okay, la curiosità di averlo fatto rimanere male si impadronì di me. D’altronde mi aveva risposto malissimo quella sera, e perché non rispondere con la stessa moneta?

Osservando il marciapiede non vidi più quella bellissima figura che mi faceva battere il cuore e mi… Clary, basta. Cosa stavo dicendo? La cioccolata calda mi manda allucinazioni. Per forza deve essere stata lei. Certo, ovvio. Non devo berla più.

Incominciai a muovere il polso facendo girare il liquido nella tazza che avevo in mano. Anche se mi ero rilassata, un senso di vuoto si disperse nella mia mente. Non ero quella che voleva incontrarlo per delle risposte? Dovevo ammetterlo. Mi incoraggiai e decisi di alzarmi per andare a cercarlo. Anche se non sapevo dove. Appena posai la tazza sul tavolo per andare a pagare, entrò facendomi segno con la testa di seguirlo.

Rimasi a bocca aperta e il mio cuore si riempii di...gioia? Che cosa dovevo fare?

-Clary, Clary? Sembra che hai visto un fantasma-. Affermò Simon voltandosi a guardare Jace anche se non poteva vederlo. Lo capii dal fatto che spostava lo sguarda da me a Jace in continuazione come se fossi pazza. Probabilmente aveva ragione.

-I-io… Devo andare-. Dissi. –Torno subito-. Aggiunsi, e, non preoccupandomi di quello che mi stava dicendo Simon, lo seguii.

Mi condusse sul retro senza aprir bocca e ad un certo punto mi fermai.

-Mi parli? Sto impazzendo! Non so chi sei e non so nemmeno il motivo per cui io ti vedo e gli altri no! Parlami!-. Scoppiai non sostenendo più il peso di quella faccenda.

-Vieni che ci facciamo una passeggiata-. Disse mettendosi le mani in tasca e iniziando a camminare.

-Al diavolo la passeggiata! Voglio delle risposte, Jace-. Si fermò girandosi di colpo sentendomi pronunciare il suo nome. –Ti prego-. Mentre parlavo la voce si affievoliva sempre di più e le lacrime erano lì, pronte a dare fuoco.

-Se sai come mi chiamo, non direi che tu non sappia chi sia-. Accennò un sorriso. Non era affatto divertente. Ma ero stanca. Stanca di giri di parole. Stanca di non sapere.

Notando che ero rimasta festa e imperturbabile, si avvicinò.

-Credevo fossi una mondana, Clary-. Affermò accarezzandomi il braccio con le nocche.

-Che cos’è una mondana?-. Chiesi lentamente, incapace di reprimere la sete di conoscere.

-Una del mondo umano-. Disse sorridendo un po’.

-Tu pure sei umano-. Cercai un consenso nel suo sguardo che non arrivò.Perché insisteva a non guardarmi?

-Non proprio. Io sono un po’ diverso. E tu non sei tanto diversa da me-. Affermò.

-Cosa sei?-. Chiesi con le sopracciglia aggrottate.

-Io sono uno shadowhunter, Clary. Un cacciatore di demoni-. Il suono della sua voce fu seguita da una breve pausa. Smise di accarezzarmi il braccio e finalmente mi guardò negli occhi. Non ero più sicura di voler sapere ancora.

-E tu sei come me-. Aggiunse con un sussurro.




Ecco la continuazione! Ragazze, siete state dolcissime con i vostri commenti!
Mi avete davvero reso la gionata migliore, e spero sarà sempre così,
perchè anche un piccolo commento mi fa venire la voglia di continuare
a scrivere all'infinito. Grazie mille.
Passando alla storia... eheh Clary scopre la realtà, povera.
Da ora in poi sarà tutto diverso per lei... che cosa pensate accada ?
Baci

Ila xx 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


 

Occhi stupendi occupavano la mia visuale, un qualcosa di sfocato. Delle nocche accarezzavano il mio avanbraccio provocandomi delle scosse in tutta la spina dorsale. Una voce soave rimbombava sfocata ripetendo sempre le stesse parole.

Sei come me.

Le stesse immagini si ripetevano soprapponendo la voce che si ripeteva ormai senza sosta.

 Un segno che sfumava i suoi lati comparve nell’aria, somigliante alla testa di un ariete.

La risata di una bambina che giocava con una bambola. Saltellava per il corridoio felice. La sua figura che apriva una porta. Una donna che si nascondeva dei segni sulla pelle con un qualche prodotto.

“Mamma cosa nascondi?” la madre non l’aveva proprio sentita arrivare. Chiuse la porta, nascose il tutto e le fece mettere il cappotto per poi uscire nel freddo inverno di Brooklyn, dove la neve era troppo alta.

Jace che non la guardava. “Son un cacciatore di demoni, Clary”. “E tu sei come me”.

                                                                        _

Mi alzai improvvisamente con la fronte tutta sudata. Pensai a gli avvenimenti di quella sera e… perché le finestre facevano entrare la luce? E perché ero seduta su un letto bianco che non era né il mio né quello di mia madre? I raggi del sole mi colpirono proprio gli occhi accecandomi. Caddi dal letto proprio come una patata lessa. Menomale che non c’era nessuno. Girare la testa di scatto non mi aiutò. Un forte giramento di testa mi fece portare le mani alle tempie, massaggiandole. Di fronte, un ragazzo mi guardava dall’uscio del bagno in una nuvola di umidità.

Okay, avevo parlato troppo presto.

-Ti conviene stare a letto, se non vuoi cadere di nuovo-. Jace si stava strofinando i capelli con una asciugamano bianca e rideva sotto i baffi. Indossava una camicia di flanella grigia, dei pantaloni neri e, ovviamente, era a piedi nudi. Risalii sul letto beandomi della sua morbidezza cercando di nascondere il rossore delle mie guance per la figuraccia.

-Ti sei fatto la doccia?-. Sviai il discorso, anche se sinceramente potevo scegliere un argomento migliore.

-No, ho invocato l’Angelo dell’umidità-. Rispose prendendomi in giro. Sembravo davvero così stupida?

-Uh, pensavo ti fossi deciso a darti una lavata, peccato-. Scherzai, stupendomi di me stessa. Davvero avevo fatto una battuta con la persona più insopportabile di questo mondo?

-Certo Clary che ho fatto una doccia-. Sbuffò. –Fai domande così prevedibili-. Aggiunse. Benvenuto egocentrismo.

-Ne sei proprio sicuro? La faccenda dell’Angelo mi convinceva di più-. Affermai non smettendo di fissarlo. Non stava fermo un secondo, passava da una parte della stanza all’altra.

-Ero dentro la doccia-. Finalmente si stabilì ai piedi del letto dove prese un baule prendendo ciò che vi conteneva e poggiandolo fuori. Dal suono sembravano… armi?

-Pure io mi posso mettere dentro la doccia e leggere un libro-. A questa affermazione si fermò a guardarmi. Un luccichio di divertimento gli attraversò e sembrava quasi che stesse accennando un sorriso.

-Certo, Clary. Come no… comunque, in caso te lo stessi chiedendo anche se vedo che non ti sta passando neanche per l’anticamera del cervello, ieri sera sei svenuta-. Il modo in cui lo disse lo fece sembrare come un avvenimento che accadeva tutti i giorni. D’altronde, cosa non diceva lui che non sembrava normale?

-Cosa? Sono svenuta? Ero con te. Simon, mia madre … oh no. No, no, no. Devo chiamarla-. Dissi cercando di non pensare al trapano che mi stava spaccando in due la testa e. Si mosse verso il comodino arrivando alla mia destra.

-Calma, tua madre sa tutto. E riguardo a Simon… beh, lui no-. Mi rispose indaffarato a cercare non so cosa guardandomi a tratti. Incominciò ad allacciarsi le scarpe.

-Calma? Hai detto a mia madre che ero con uno sconosciuto che uccide demoni per hobby e per puro divertimento influenza gli altri a questo stile di vita, se si può considerare tale, e mi chiedi se posso stare calma?!-. Incominciai a gesticolare dalla mia postazione a gambe incrociate sul letto, enfatizzando di più il significato delle mie parole. Jace si era allontanato e si dirigeva verso l’armadio accanto alla porta. Se non fosse per l’ospitalità barra sequestro di persona, gli avrei già lanciato una ciabatta. Quel suo essere strafottente era davvero irritante, non lo sopportavo!

Era indaffarato a cercare qualcosa, quando incominciò a fare un via vai, buttando sul letto diverse armi: coltelli, lance, frecce, pure una balestra, e chi più ne ha, più ne metta. Non mi aveva minimamente calcolato. Sbuffai.

-Almeno mi dici che stai facendo?-. Chiesi in uno scarso tentativo di sapere cosa stava combinando quel cretino.

-Nulla che ti possa interessare, Clarissa-. Affermò con quel suo tono scherzoso che mi faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi.

-Non mi chiamare Clarissa-. Incrociai le braccia al petto come fanno le bambine imbronciate. Ma in quel momento non mi interessava più di tanto. Era lui il bambino, non io.

-E se decidessi di non ascoltarti?-. Come se la cosa mi toccasse, davvero. Non mi ascoltava mai, e quando, anzi, se lo faceva, mi faceva svenire per la bassa pressione improvvisa.

-E se ti chiedessi perché avevi un coltello quella sera?-. Azzardai senza cambiare il mio tono, cercando di non far tremare la voce. Davvero volevo sapere se stavo a 75 centimetri da un assassino?

-Te l’ho detto, uccido demoni-. Certo, e il mio nome è Rapunzel. Decisi che ne avevo abbastanza di quelle cazzate ed era ora di andarsene da quel letto troppo comodo per i miei gusti. Già era troppo comodo che ci sprofondavi dentro e ti rilassavi e... era scomodo. Pff, ovvio che lo era.

Sbuffai, sbuffai e sbuffai. Mi alzai, misi le scarpe e indossai il giubbotto sotto il suo sguardo stupito.

Volevo andare a casa. Ed era quello che avrei fatto.




Ciao bellissime! Allora, Clary prende la sua decisione.. che ne pensate? Jace la fermerà o la lascerà semplicemente andare? Ditemi cosa pensate!
Baci

Ila xx 

P.S. continuo a 4 commenti c: 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


Capii che non riuscivo ad aprire la porta solo perché Jace mi stava tenendo il polso. Lo guardai, e poi spostai lo sguardo al contatto delle sue mani su di me. Un brivido mi percosse la schiena.

Strattonai il mio braccio, ma niente. La sua presa era ferma, facendomi capire che non mi voleva lasciare andare.

-Lasciami-. Dissi freddamente. Mi dispiaceva rispondergli in questo modo d’altronde mi aveva ospitato quando ero svenuta (anche se poteva portarmi a casa mia). Ma volevo tornare a casa e, anche se può sembrare una cosa stupida, volevo rintanarmi sotto il piumone e dormire non pensando a niente. E con niente intendo niente.

-Non puoi andartene-. Disse esasperato.

-Ah no? Beh, vuoi vedere invece come me ne vado?-. La rabbia incominciò ad uscir fuori e, perforandolo con lo sguardo, mi lasciò finalmente il polso.

-Clary…-. Sussurrò,

-Tu non capisci. Io non… -. Sbuffai. Perché mi riusciva cosi difficile?

-Non sono fatta per uccidere, neanche per sbaglio una colomba con la macchina. Non so se quello che mi hai detto sia vero o no, ma non diventerò mai una cacciatrice, semplicemente perché non sento di esserlo, come tu non senti di essere un mondano-.

- Io… non sento di appartenere a questo mondo, al tuo mondo-. Aggiunsi .Lo guardai negli occhi. Sapevo che lo stavo distruggendo, ma era la verità. Non so perché ma mi dispiaceva troppo lasciarlo. Anche se erano passati solo due giorni, ho conosciuto Jace per quello che era; un grandissimo strafottente che mi faceva incazzare abbastanza, ma dentro era fragile.

Un luccichio si era acceso nei suoi occhi. Stava forse per piangere? Non mi sembrava il tipo. Allora forse si era affezionato? Questo era più probabile, ma dai suo carattere non ci avrei mai messo la mano sul fuoco.

-Clary…-. Ripetè ma sapevo che qualsiasi cosa mi avesse detto, mi avrebbe fatto crollare.

-No Jace..-. Non ce la facevo più a guardarlo così indifeso, perché così era. I miei occhi stavo di allagarono e decisi di voltare le spalle e camminare dritto verso un ascensore color oro senza voltarmi indietro. Fu la cosa più difficile che avevo fatto in 17 anni.

Appena uscii da quella casa enorme, stranamente senza perdermi, scesi i gradini e mi fermai. Scoppiai di nuovo a piangere accasciandomi sui gradini.

Cosa avevo fatto?

Avevo rovinato in partenza un rapporto di amicizia nuovo per me. Un rapporto di amore-odio. Non c’era un motivo ben preciso o un perché, ma mi sarebbe mancato. Mi coprii il volto con le mani odiandomi. Almeno c’era un lato positivo: potevo tornare a casa.

Mi asciugai le lacrime con la manica della felpa e mi alzai. Dovevo andare avanti.

Camminare mi tranquillizzava e avere addosso il profumo di Jace non aiutava. Non aiutava per niente. Si, indossavo una sua sciarpa, l’inverno era alle porte d’altronde. Mi scontrai con qualcuno, non mi interessava e con un “scusa” procedetti senza alzare gli occhi dal marciapiede.

Qualcosa mi riportava da lui. Qualcosa che voleva stare con lui, con la sua strafottenza, con la sua irritante simpatia, con la sua persona, con il suo fisico fermo e ben impostato. Mi dava un senso di protezione. Non aveva senso tutto ciò, perché non si possono provare queste cose per una persona dopo solo due giorni.

Pensando, non mi ero accorta di essere arrivata a casa. Mia madre non c’era e mi rintanai in camera sotto le coperte chiudendo gli occhi.

Ma solo una figura compariva e si ostinava a non andarsene. Jace.




Ecco qui il quinto capitolo! Dovete solo riempire di complimenti EmilyHerondale,
la persona più assassina e dolce, minacciosa e amorevole di questo mondo!
è solo grazie a lei se ho pubblicato lo stesso giorno, perchè è un regalo barra sorpresa non più sorpesa per lei!
Sei un tesoro <3
Passando alla storia, Jace la ferma ma Clary si ostina ad andarsene.. cosa ha in mente?
Secondo voi quale altro personaggio comparirà nel prossimo capitolo?
Vi dico solo che si scoprirà il vero significato del titolo di questa storia e scusatemi se è corto! 
Fatemi sapere stupendissime! 
Baci

Ila xx

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Erano passati ben sette giorni da l’ultima volta che rividi Jace. Avevo ovviamente parlato con mia madre e mi ha raccontato un po’ tutto. Per motivi di sicurezza e della mia incolumità, ci trasferimmo in un paesino sperduto, Cademon’s fell. Fortunatamente Simon si era preso la patente e poteva venire a trovarmi quasi sempre. Il fatto di non poterlo chiamare quando mi pareva, mi aveva buttata giù: era la persona di cui mi fidavo di più, e quando avevo qualcosa da raccontargli, mi precipitavo a casa sua senza chiamare. Come avrei fatto?

Comunque, avevo scoperto un paio di cosette, tipo che mia madre era stata una shadowhunter, oppure che mio padre non era morto in guerra, bensì in un incendio autoindotto, che a causa sua si era nascosta da quel mondo perché Valentine (così si chiamava) voleva far diventare tutta la popolazione umana cacciatori, quindi soprattutto era scappata da lui, o che Jace aveva ragione.

Oh, Jace. In questa settimana tutti i ricordi sono venuti fuori: da quando mi ha buttato a terra senza che gliene importasse, a quando l'ho lasciato li inerme e dispiaciuto. A dire la verità, non mi mancava.

Forse solo un pochino ...

Okay, mi mancava da matti semplicemente per il fatto che Era l'unico che teneva testa ad un mio capriccio. Però mi ero ripromessa di lascarmi alle spalle tutto nel momento in cui ho lasciato qualla specie di Istituto.

-Clary, tesoro, devi accettarlo. Se non vuoi, puoi far finta di essere normale, ma devi accettarlo-. Rispose mia madre per l’ennesima volta. Fingere? È così che definiva la mia vita? La sua vita?

-Io non credo a queste cavolate! E non voglio essere neanche una deficiente che caccia i demoni!-. Ribattei esasperata. Non era ciò che volevo e non capivo il motivo di tanta insistenza.

-“Shadowunter” non è ciò che fai, è ciò che sei*-. Affermò con decisione e in modo solenne. Perché le importava così tanto che accettassi la cosa? Potevo pure “fingere”, come diceva. Ci fu un momento di silenzio.

-Beh, non è quello che voglio essere-. Dissi con tono basso e deciso senza smettere di guardarla. Non mi aveva mai costretto a fare niente, ma da quando la sua ferita si era aperta, era cambiata.

La osservai un’altra volta e mi diressi subito in camera salendo le scale due alla volta. La voce di mia madre mi richiamava ma non volevo parlarne più. Non riuscivo ancora ad assimilare tutto, e non ero del tutto certa di crederci profondamente.

Nessuno mi avrebbe costretta a diventare qualcosa che non ero mai stata. Avrei condotto una vita normale, se  avrebbe, o meno, voluto mia madre. D’altronde, mica lei la viveva.

Avevo deciso, da oggi, sarei ripartita da capo.

                                                                     ***

Mi era mancato. Ridere, scherzare, parlare con lui è stato stupendo. Questa cosa di vederci ogni tanto non mi andava a genio, ma sicuramente era meglio di niente. Eravamo usciti a prenderci un gelato e mi stava accompagnando a casa. Ridevamo perchè un ragazzo aveva buttato del succo alla fragola addosso alla cameriera e lo avevano buttato fuori subito.

-Hai visto la sua faccia?-. Dissi ridendo mentre salivamo i larghi e bassi gradini rossicci verso la porta di casa.

-Si, penso che per poco non mi sono buttato a terra per quanto mi faceva male la pancia-. Affermò Simon sorridendo. Era stata una bella serata, una bellissima serata.

Eravamo arrivati all'uscio e salutai Simon ringraziandolo della splendida serata. Lo abbracciai forte, perchè sapevo che lo avrei rivisto almeno fra un cinque giorni.

Entrata in casa, appoggiai il cappotto nell'appendi abiti e poi percorsi un piccolo corridoio per entrare, a destra, in cucina. Attraversai il tavolo rettangolare e mi diressi verso il caminetto. Era il 29 Novembre e la temperatura era calata improvvisamente, tipico del Connecticut.

Già, ci eravamo trasferiti in una frazione di Brookfield. Sperduti nel mondo. Però dovevo dire che questo paese mi piaceva, era semplice come le persone che lo abitavano e tutti erano gentili.

Salii sopra per sistemarmi nella mia camera. Vi erano un paio di scatololi vicinio alla scrivania e vicino al letto matrimoniale. Essendo figlia unica, potevo permettermi questo piccolo grande lusso. Dopo essermi fatta una doccia, misi il pigiama e legai i capelli in una coda. Mi diressi verso la camera di mia madre,due dopo la mia, dove la trovai in un sonno profondo. Sorrisi d'istinto: mia madre mi aveva protetto da quel mondo invisibile, ma devo ammettere che ci ero rimasta un po' male nel saperlo solo per "emergenza".

Tornando in stanza, sentii un rumore provenire da sotto.

Oddio.



*Shadowhunters-Il Codice 



Ciao bellissime, sono stata cattiva, lo so ahahahha Non ho avuto il computer e l'ho potuto mettere solo ora ..passando alla storia, questo capitolo non mi piace proprio per niente, se non per il fatto che si scopre il perchè del titolo. Che ne pensate? Riguardo la fine, cosa accadrà?
Vi lascio con queste domande senza risposta ahhaahah
Baci

Ila xx

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Si può avere l’impressione che il cuore ti stia per uscire dal petto? La paura mi stava divorando. Non sapevo chi potesse essere, d’altronde a Cademon’s fell si poteva tenere la porta aperta, nessuno avrebbe tentato di entrare. Guardai le scale. Una lieve luce le illuminava, quindi quel qualcuno era in cucina. Presi la prima cosa che mi capitò per le mani e incominciai a scendere le scale scalza, cercando di non fare rumore. Il respiro era diventato irregolare, e l’unica cosa che sentivo era il battito del mio cuore. Arrivata in cucina vidi ciò che non avrei mai pensato.

Lo fissai a bocca aperta. Vederlo dopo tanto è stato un’esplosione di gioia, felicità e sollievo che rischiava di farmi affogare.

-Buonasera, Clary-. Sul suo volto si formò un sorriso splendido. Era appoggiato al lavabo di fronte a me con le braccia incrociate e mi guardava, non potei che ricambiare. I suoi occhi color ottone erano cerchiati da qualche occhiaia, segno che non aveva dormito abbastanza. Potevo esserne forse io la causa? Decisi di cacciare quel pensiero subito.

-Davvero pensavi di colpirmi con un deodorante?-. Rise di gusto mandando la testa all’indietro e riducendo i suoi occhi a due fessure. Guardai l’oggetto che avevo in mano e lo poggiai sul tavolo tornando ai suoi occhi come fossero calamite. Incominciò ad avvicinarsi con una lentezza esasperante.

Era tremendamente bello. Ma non di una bellezza qualunque. Una di quelle che non ti stancherai mai di guardare semplicemente perché è pura bellezza.

-Andiamo Clary, ti sono mancato così tanto da non riuscire a parlarmi?-. Scherzò, e nella sua ingenuità disse ciò che era vero. Tornata finalmente in me, corsi ad abbracciarlo e mi strinse forte come se non ci fosse un domani. Mi sentivo finalmente al sicuro e tranquilla tra quelle braccia che aveva desiderato tanto.

-Oh, Jace. Mi sei mancato-. Furono le uniche parole che riuscii a pronunciare. Restammo in quella posizione per un tempo che sinceramente speravo non finisse mai. Mi accarezzava la testa e non potei che chiudere gli occhi godendomi quei piccoli gesti di affettuosità.

Riluttatamente mi staccai e misi le mani nelle tasche del pigiama.

-Carine le carotine-. Indicò i miei indumenti e diventai tutta rossa. Okay, un po’ mi era mancato essere presa in giro.

-Jace!-. Lo richiamai e non potei che ridere, e lui insieme a me. Mi era mancato pure il suono della sua voce.

-Eh allora, Clary. Come va qui?-. Chiese, e sedendoci parlammo di molte cose, come del trasferimento, di Simon, di mia madre e di cosa avesse fatto lui, piuttosto. Era ipnotizzante verderlo parlare e cercavo di fargli più domande possibili solo per vedergli muovere quelle splendide labbra.

-Quindi?- Alzai le sopracciglia in cerca di una risposta.

-Niente, ho ucciso demoni, robetta da niente. Solite cose-. Disse sorridendo mentre poggiava i gomiti sul tavolo.

-Certo. E qual buon vento ti ha portato qui, straniero?-. Chiesi scherzando, un po’ preoccupata se ci fosse stato qualche problema.

-Non riuscivo proprio ad evitare d insultarti, e sentivo ti avrei trovata qui-.  Ammise umilmente guardandomi. Potevo sciogliermi.

-Eh così ti mancava insultarmi, eh? -. Affermai scherzando. Di certo non avrei mai dimenticato che il nostro discorso più lungo era formato per il 90% da battute.

-Certo-. Rise, e fece uscire dalla tasca un pacchetto di sigarette. Ne stava per prendere una ma lo fermai immediatamente.

-Che cosa stai facendo?-. Gliela presi e, alzandomi, la buttai nella spazzatura.

-Ehi!-. protestò e riaprì il pacchetto prendendone un’altra. Presi anche quella e quando stavo per buttarla, sentii che mi prese il polso e mi fece girare. Sbattei i fianchi contro il lavabo e i nostri corpi erano attaccati. Teneva il mio polso con la sigaretta all’altezza delle nostre spalle.

-Hai intenzione di buttarle tutte?-. Chiese un po’ serio senza smettere di guardarmi.

-Se hai intenzione di fumartele tutte, allora si-. Affermai decisa. Simon si era sentito male l’anno scorso solo per questo motivo. Fumava. Dovevo ammetterlo, ci tenevo a Jace.

-Va bene-. E con questo mi lasciò delicatamente, aprendo la spazzatura al mio fianco e buttando tutto ciò che aveva in mano. Fece un passo indietro.

Mi schiarii la gola e chiesi: –Quanto ti fermerai qui?-.

-Parto sta notte-. Davvero? Era venuto per, quanto? Un quarto d’ora?

-Ma non puoi andartene con questo tempo! Perché..uhm.. non ti fermi qui per un po’?-. Okay, avevo detto la cosa più stupida che potevo dire. Era ovvio che non avrebbe accettato. Però l’idea mi allettava.

-Okay-. Rispose semplicemente. Finalmente una buona notizia che mi fece sorridere.

-Perfetto!-. Esclamai euforica. –Volevo dire, perfetto-. Aggiunsi un po’ più seria. Jace ridacchiò.

Lo accompagnai in una stanza come la mia, solo un po’ più spoglia, come la sua camera all'Istituto.

-Mi potrei pure abituare-. Constatò osservandola nei minimi dettagli. Avevo colto nel segno. Uno a zero per me.

Sistemammo le lenzuola e gli prestai una tuta troppo larga per me, ma non trovai alcuna maglietta adatta a lui.

-Jace, mi dispiace ma non trovo una maglietta adatta perché non..-. Mi interruppe.

-Va bene così, grazie-. Lo lasciai per fargli fare tutto con comodo e mi diressi nella mia stanza. Sarebbe stato inutile chiedergli se avrebbe avuto freddo. Se per lui andava bene, allora andava bene. Avevo davvero troppo sonno e mi misi sotto le coperte. Sentii la porta aprirsi e la sua testa uscì fuori. Ci furono attimi di silenzio. Non di quelli imbarazzanti, ma di quelli in cui si dicono mille parole, tra cui ‘grazie’ e ‘mi sei mancato’.

-Buonanotte Jace-.

-Buonanotte, Clary-.

E sorridendo fra le coperte, mi addormentai finalmente felice, sicura che niente potesse accadermi perché Jace era con me, a separarci solo una parete.




TADAAAA! Ecco, solo per voi un'altro capitolo della mia orribile storia! Eh così è Jace,
e non Valentine( come qualcuno pensava). Clary cede e lo abbraccia... cosa succederà il giorno dopo?
Si pentirà? Vorrà averlo più vicino? Vi lascio all'immaginazione ahahhaha
Baci

Ila xx

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Misi un braccio sul mio viso per coprire gli occhi dai fragili raggi del sole che, giustamente, mi arrivavano dritto in faccia. Mi lamentai e piano piano incominciai ad aprire gli occhi. Stranamente oggi il sole si faceva quasi vedere, ma comunque il freddo si sentiva un po'. E, appena realizzai quello che era successo ieri sera, sul mio sorriso spuntò un sorriso a 32 denti. Jace era qui e… ero ancora in pigiama. Corsi in bagno e, dopo essermi lavata e aver sistemato la stanza come un fulmine, mi vestii con un maglioncino rosso e leggings neri. Mi guardai allo specchio cercando di apparire meglio possibile.

-È ora di scendere-. Parlai al mio riflesso e detto questo, scesi le scale arrivando in cucina. Rimasi un po’ male nel non trovare Jace mia madre che stava stringendo la caffettiera con una tovaglietta per poi metterla sul fuoco.

-Buongiorno-. Mi sorrise ed io ricambiai dandogli un bacio sulla guancia. Mi ricordai che lei non sapeva nulla.

-Mamma-. Dissi prendendo del succo d’ananas per versarlo nel bicchiere. Lo sapevo che mi stava ascoltando perché si girò verso di me, strofinandosi le mani sul grembiule.

-Ieri sera è venuto Jace-. Azzardai guardandola sott’occhio.

-Ha dormito qui-. Dissi, e per non aggravare la cosa aggiunsi velocemente: - Nella camera degli ospiti, ovviamente-.

-Clary!-. Mi richiamò versando il caffè pronto nella tazzina per berlo.

-Non potevo lasciarlo tornare a Brooklyn di notte!-. Mi sbrigai a dire. Lo sapevo che avrebbe capito, ne ero sicura da metterci la mano sul fuoco.

-Va bene, ma potevi almeno dirmelo-. Ecco, non avevo perso la mano. Non l’avrei mai svegliata e infatti non l’avevo fatto. Lavorava un sacco e fortunatamente aveva degli orari prestabiliti. Era infermiera e la notte era l’unico momento in cui poteva riposare. Non glielo avrei mai cacciato.

-Okay-. La ringraziai con un sorriso. –Gli ho detto che può rimanere qui per un po’-. Aggiunsi, ormai dicendole tutta la verità.

-Clary!-. Contestò scuotendo la testa e, per fortuna, sorridendo, giusto in tempo per l’entrata trionfale di Jace senza maglietta.

-Ciao Jace-. Lo salutò timidamente. Mia madre timida? Era crollato il mondo.

-Salve signora, grazie mille dell’ospitalità-. Disse con voce roca. Potevo sciogliermi per la seconda volta. Mia madre gli sorrise e con un “Vado a stendere i panni” se ne uscì nel retro. Jace prese posto accanto a me mentre stavo bevendo il succo. Alzando lo sguardo lo vidi guardarmi così gli sorrisi, e lui ricambiò. Chiesi se volesse qualcosa, e mi rispose che un succo all’ananas andava più che bene. Avevamo una cosa in comune, e mi sorprese, anche se non glielo feci notare.

-E allora, cosa vuoi fare oggi?-. Chiesi senza soffermarmi troppo sulla sua figura.

-Davvero, Clary? Pensavo ti fossi abituata ad un ragazzo senza maglia-. Ridacchiò notando il mio rossore sulle guance. Sorrisi inconsciamente appoggiando le spalle allo schienale della sedia. Mi schiarii la voce.

-A te che ti va di fare?-. Disse con la tazza in mano e con un sorriso che stava per farmi esplodere in tanti piccoli pezzettini. Per fortuna aveva aperto un altro argomento perché, diciamo, che quello ‘ragazzi’ era poco conosciuto. Si, non sono mai stata fidanzata e Simon è stato l’unico ragazzo con cui ho avuto più di una conversazione che non includesse solo un “ciao”.

-Non so, Jace-. Affermai. Non mi veniva in mente proprio niente da fare, non che le mie giornate fossero entusiasmanti. Leggevo, scrivevo nel mio amato diario e, quando potevo, vedevo Simon. Mi osservava e dovevo dire che mi dava alquanto fastidio.

--Quindi?-. Chiesi un po' impaziente. Cosa m'era preso? Dovevo assolutamente calmarmi, così poggiai il mio sguardo sul suo. Già, era la mia camomilla.

-Non lo so, perché non mi fai conoscere questo bel paesino?-. Chiese sorridente. Come potevo dirgli di no? Annuii e, dopo aver lavato le tazze, presi il cappotto e uscii aspettandolo fuori. Davvero mi aveva chiesto di ‘uscire insieme’? Stava cercando di abbattere con me i muri della sua freddezza.

E per l’ennesima volta, ero felice grazie a lui.



*Suono di tamburi* Finalmente ecco l'ottavo capitolo! Che dire... è un capitolo 'tranquillo',
di passaggio perchè nel prossimo succederanno delle cose c:
Ditemi cosa pensate bellissime
Baci

Ila xx

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Devo dire che è stato davvero strano fare una passeggiata con Jace. Osservava tutto e non parlammo molto. Interpretai quel silenzio come un po’ imbarazzante. Avevo deciso di portarlo all’ Edward’s, una piccola ma accogliente caffetteria che avevo scoperto qualche giorno dopo il mio trasferimento. Ovviamente io optai per una ciambella glassata, la mia preferita, mentre Jace prese un gelato al limone. Quando la cameriera venne a prendere l’ordinazione lo squadrò da capo a piedi, ma fortunatamente Jace non gli aveva rivolto che un sorriso. Il mio stomaco incominciò a bruciare ed evitai il suo sguardo.

-Che ti prende?-. Chiese aspettando i nostri ordini mentre si appoggiava sullo schienale della sedia.

-Niente, che mi deve prendere? Sto benissimo-. Affermai un po’ troppo veloce. Forse avevo fatto notare qualcosa, ma in realtà cosa avevo? Forse… ero gelosa? Naah.  Arrivati i nostri ordini, incominciai a gustarmi quella prelibatezza.

-Come fai a mangiarlo?-. Indicai il gelato al limone, troppo amaro per i miei gusti.

-Potrei farti la stessa domanda-. Rispose. Restai a bocca aperta. Non gli piacevano le ciambelle? Mi dispiace caro, non possiamo andare d’accordo. Incominciò a ridere e sinceramente non capivo il perché.

-Mi dici perché ridi?-. Chiesi.

-Sei sporca di glassa-. Penso che il colore della mia pelle arrivò a quello del peperoncino. Presi subito un tovagliolo e incominciai a pulirmi la bocca.

-No, ma certo. Ridi pure-. Era bellissimo quando rideva. Cioè, senza fraintendere, lo era sempre. –Almeno mi dici dov’è?-. Aggiunsi prendendone un altro. Fece segno sul naso. Ora mi chiedo, come cavolo era arrivata la glassa sul naso se gli umani mangiano dalla bocca?

-Aspetta di aiuto io-. Disse alzandosi un po’. Mi prese il tovagliolo dalle mani e incominciò a strofinarmi il naso delicatamente. Era strano averlo così vicino. Strano e bello. Lo osservai in ogni minimo particolare. Aveva la bocca socchiusa come se fosse concentrato, gli zigomi altri si intravedevano di più e un accenno di barba chiara si faceva notare.

-Ecco fatto-. Disse sedendosi. Ritornai alla realtà e incominciai a pulirmi le mani con i fazzoletti.  -Prego-. Aggiunse alzandosi. Feci lo stesso.

-Tecnicamente non dovrei neanche dirti grazie, date che hai riso tutto il tempo-. Affermai cercando di trattenere il sorriso.

-Mi vuoi dire che non sarebbe stato divertente se, per esempio, io sarei stato sporco?-. Ridacchiò. Okay, aveva ragione, ma non gliela diedi per vinta. Arrivati alla cassa tirai fuori il portafoglio ma fu più veloce di me. Usciti fuori lo rimproverai. Mi rispose che era mio ospite e che fosse il minimo. Decidemmo di tornare a casa e parlammo della cameriera e di come gli sbavava dietro. Ridemmo tanto, e non era stato irritante perché sapevo che a lui non gliene importava un fico secco di lei.

Arrivati a casa salimmo sopra per dirigerci nelle nostre stanze. Di fronte la sua, mi fermai non sapendo cosa fare o dire. Fissò i suoi occhi nei miei, e rimanemmo così per non so quanto tempo. Non era imbarazzante quel silenzio, ma diceva un sacco di cose che non riuscivamo a dire a voce alta. Piano piano si avvicino, fino a che solo poco spazio ci separava. Appoggiò la sua fronte sulla mia e non potei non sentire il suo profumo alla cannella, era così inebriante. Finalmente le sue labbra sfiorarono le mie fino a poi baciarle. Una scossa mi percosse tutta la schiena. Alzò la testa guardandomi negli occhi: aveva provato la stessa cosa.

-Buonanotte Clary-. Disse facendo un passo indietro per poi entrare in camera sua. Avevo osservato ogni suo movimento.

-Buonanotte Jace-. Ovviamente non mi aveva sentito. Rimasi lì per qualche secondo, rivivendo le sue labbra sulle mie. Le sfiorai con le dita, pensando a Jace. Perché ormai il mio unico pensiero era lui.

 

 

 

 

Salve ragazze! :3 Ora che sono a casa e non sto molto bene ho trovato del tempo e l'ho pubblicato! Eh allora, passiamo ai fatti più importanti, cosa ne pensate? Finalmente sono usciti insieme, che bella cosa. Anche se non andrà tutto liscio come l'olio... non vi anticipo niente ahahhaah

Alla prossima

ila xx

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


“Caro diario,

ho deciso di darti un nome. Da oggi in poi per me sarai Jason, il mio fedele amico con cui sono sicura di potermi sfocare quasi sempre. Jace qualche giorno fa è venuto qui ed è stato strano. Era più aperto, ma è stato bello conoscerlo più a fondo. E se ti dicessi che... ieri sera mi ha baciato? Io ti giuro, non ci credo tutt’ora. È stato qualcosa di imprevedibile ma soprattutto bellissimo, anzi non bellissimo, stupendo, di più, qualcosa che non avevo mai provato. Non so per quale motivo ma non riuscivo a non riviverlo secondo dopo secondo. È stato come toccare la luna con un dito.

Shakespeare dice “Se per baciarti dovessi andare all’inferno, lo farei. Così potrò poi vantarmi con i diavoli di aver visto il paradiso senza mai entrarci”. Penso di essermi permessa il lusso di entrare in paradiso con un solo bacio, ricevuto dalla persona perfetta. Si, ecco, Jace era perfetto. Forse è quello che intendeva, un regalo dalla persona giusta. Ma se non ci sarà più nessuno bacio? Non penso sia una domanda legittima, o per lo meno con un risposta istantanea, in quanto io in mente ho solo una scena, e sarà permanente come un tatuaggio. E allora, mio caro Shakespeare, se la vita ti offre un bacio, accettalo come un dono.”

Chiusi il diario in pelle marrone ormai un po’ invecchiato. Qualcuno tossì e mi girai subito. Sull’uscio della mia camera un Jace appoggiato con la spalla allo stipite mi osservava. Mi alzai andandogli in contro.

-Chi ci fai qui?-. gli sorrisi. Ricambiò e mettendo le mani in tasca disse solamente “Vieni”. Lo seguii fino a che non arrivammo al portone. Capii che voleva uscire, così misi la giacca dirigendomi verso il vialetto di casa. Camminare per le strade di Cademon’s fell era molto confortante, l’aria non era né troppo fredda né troppo calda e guardare tutte le case piene di luci natalizie mi dava l’impressione di essere a casa. Probabilmente lo era. Già, a Natale mancavano pochi giorni e la gente si dava già da fare.

-Per te-. Disse guardando avanti. All’inizio continuammo a camminare pesando che stesse pensando ad alta voce.

-Sono venuto per te-. Concluse dopo. Mi fermai. Lui si era fatto due ore di strada… per me? Davvero?

-C-cosa?-. Balbettai. Era così irreale sentirlo dire, che motivo aveva? Cosa avevo io?

-La prima volta che ti ho vista mi sono incuriosito, così ti ho cercato e… non sono riuscito a smettere di cercarti sempre-. Stava dicendo più di quanto volesse, glielo leggevo negli occhi. Ero un po’ paralizzata da quella confessione.

-Nelle piccole cose, come negli sguardi o nei sorrisi, non ci riuscivo e.. non ci riesco tutt’ora-. Confermò guardandomi. Si era fermato pure lui con un aurea seria. La conversazione aveva preso una piega che non mi sarei mai aspettata, o che forse non vedevo l’ora che arrivasse.

-Io… non so che dire-. Ammisi abbassando lo sguardo. Sentii che si stava avvicinando. Mi prese delicatamente il mento con due dita alzandolo. Fissò i suoi occhi nei miei.

-Non devi dire niente-. Disse. Un’ondata di rabbia mi pervase tutto il corpo facendomi passare quel po’ di freddo che sentivo alle spalle.

-Non puoi farmi questo Jace! Finalmente che avevamo instaurato un rapporto di amicizia fai già due passi avanti!-. Dissi ragionandoci su.

-Come se fosse facile-. Ammise.

-Non lo è Jace, non lo è per entrambi-. Dissi  e cercai il suo sguardo.

-Io.. non so cosa c’è fra noi, ma credo sia meglio lasciar perdere e continuare ad uscire da amici per..-. Non mi fece finire che mi interruppe.

-Ma io non voglio, cazzo! Clary non capisci, io non voglio un’amicizia da te!-. Gridò infuriato. Il mondo mi cadde addosso.

-Che cosa?-. Sussurrai trattenendo quel familiare bruciore agli occhi.

-Ti sei costruita un castello di sabbia senza basi con le tue di regole! Pensavi davvero che avremmo giocato ad Hanzel e Gretel?-. Sfuriò contro di me. Davvero aveva pensato quelle cose? Su di me? Su di noi? Non ci sarebbe mai stato un ‘noi’.

-Hai rovinato tutto-. Ormai non c’era niente da fare, ero scoppiata a piangere silenziosamente. Girai i tacchi e mi incamminai di nuovo verso casa. Non mi importava se mi stesse seguendo oppure no, volevo solo chiudere gli occhi e non pensare a niente.

 Io.. non sapevo cosa dire. Mi aveva deluso. O forse avevo deluso me stessa.



Okay, avete tutto il diritto di insultarmi quanto volete, quindi... scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate! Il fatto è che non sto più scrivendo molto, quindi, scusate ancora! Metterò pure il prossimo per farmi perdonare ( lo spero ).
Baci

Ila xx

P.s.  scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate scusate <3

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


Jace

 

Avevo deciso di dirglielo. Avevo deciso che sarebbe stata la cosa giusta, la scelta giusta. Ma evidentemente ho fallito. Quando mai, io, Jace Wayland, ho fallito qualcosa? Con l’arrivo di Clary tutto era cambiato. Non dormivo la notte, ero distratto, mi capitava di pensarla e ora si era aggiunta alla lista anche il fallimento. Quella mattina all’Istituto mi aveva detto che non voleva fare parte del mio mondo.

È stata la cosa più brutta che una persona mi potesse dire. Che Clary mi potesse dire. Mi aveva colpito dritto al cuore. Ero così sicuro che si stesse convincendo che l’avevo persa per strada.  

Così sono partito alla cieca per cercarla, e sono arrivato a Cademon’s fell. Se lei non voleva far parte del mio mondo, allora io avrei provato a far parte del suo. Anche se i mondani non mi andavano a genio.

Ed era questo il problema, avrei fatto di tutto per Clary, ma non capivo il perché. La conoscevo da sì e no una settimana e mi ero legato così tanto come non mi era mai accaduto. Lei voleva un’amicizia, sorrisi per questo. Io per poco esplodevo dalla voglia di sbatterla al muro e baciarla, e lei voleva solo un’amicizia.

Stavo tornando a casa, era notte fonda. Avevo bevuto qualche birra dopo che Clary se n’era andata. Arrivata a casa sua, aprii la porta per cercarla. Volevo dirle che avevo deciso di andarmene. Non stavo scappando, stavo facendo la cosa giusta. Aperta la sua stanza, la trovai sul letto con un diario in mano.

–Clary..-. La chiamai ma capii che stava dormendo quando vidi i suoi bellissimi occhi chiusi. Sarei rimasto ore a guardarla dormire. Sarei rimasto ore a guardarla fare qualsiasi cosa.  Presi in mano quel diario girandomelo tra le dita e incominciai a sfogliarlo. La curiosità mi stava mangiando.

Raccontava di tutto: del trasferimento, di avermi ritrovato in cucina dal nulla, o che ero senza maglietta. Sorrisi, perché lei spruzzava innocenza da tutti i pori, perché scriveva tutto su un foglio di carta. Sfogliando le ultime pagine lessi… cosa aveva provato quando io l’avevo baciata. E devo dire che ero rimasto perplesso, pensavo volesse solo una stupida amicizia.

“Penso di essermi permessa il lusso di entrare in paradiso con un solo bacio, ricevuto dalla persona perfetta”.

Rilessi quella frase tante volte quanto bastava per imprimerle in mente. Non era tutto perso. Mi aveva fatto sorridere, mi aveva fatto sorridere dal cuore. Chiusi il diario e lo riposai tra le braccia di Clary. Mi avvicinai per baciarle dolcemente la fronte. Avevo deciso che non sarei più partito per poi ubriacarmi e piangermi addosso, ma sarei rimasto qui.

Sarei rimasto qui per far uscire allo scoperto i suoi sentimenti.

 

 

 

 

Ecco i due capitoli, come promesso.Non riesco a smettere di scusarmi,scusate :c
Lo so che è troppo corto, ma è un capitolo di passaggio per far capire alcuni comportamenti di Jace nel prossimo capitolo.
La domanda è sempre quella: Cosa pensate?
Un bacio e scusatemi ancora


Ila xx

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


“La paura è una persona che viene a rubarti tutte le possibilità. È la peggior nemica dei sogni e della razionalità e ..” suonarono al campanello. Chiusi il diario delicatamente nascondendolo sotto il cuscino. Mi alzai dal letto e corsi subito ad aprire la porta.

-Chi è?-. Urlai scendendo le scale. Non sentendo risposta, apri la porta lentamente lasciando che solo i miei occhi vedessero l’estraneo.

-SIMON!-. Gridai gettandogli le braccia al collo. Ero così felice che era arrivato, e sorpresa che fosse tornato dopo tre giorni. Avevamo stabilito una volta a settimana, perché (a) la benzina costava e (b) il tratto era troppo lungo per percorrerlo quasi ogni giorno.

-Ehi, mi fai cadere gli occhiali-. Disse cercando di far uscire un braccio dal mio abbraccio per sistemarseli e per spettinarsi i capelli neri. Non aveva mai amato le cose perfette, neanche i capelli.

-Che bella sorpresa! Che ci fai qui?-. Chiesi con il sorriso stampato in faccia. Notai che Simon guardava dentro casa, le labbra serrate.

-No, che ci fa lui qui?-. Sottolineò il ‘lui’. Oh, non sapeva nulla di Jace e .. tutto. Non sapevo se dirglielo oppure no, non l’avevo fatto una volta, non dovevo farlo una seconda?

-Oh, ehm… lui sta... qui-. Abbassai lo sguardo per poi puntarlo su Jace, posizionato vicino la cucina. Gli mimai un ‘aiutami’ ma tutto quello che fece fu un sorriso che mi fece paralizzare.

-Simon-. Gli fece un cenno con la mano in cui aveva il cartone del latte.- Entra dentro, fa freddo fuori-. Aggiunse ed io cercai di trattenere una risata. Aveva esagerato un po’ con la confidenza, inesistente nel suo vocabolario, ma gli mimai un ‘grazie’ lo stesso. Ricambiò con un occhiolino, per poi portare Simon in cucina.

-Vuoi?-. Chiese Jace indicandogli il latte. Simon fece cenno di ‘no’ con la testa per poi perforarmi con lo sguardo.

-Mh, allora, come mai da queste parti?-. Cercò di essere tanto agevole quanto Jace, ma con scarsi risultati che mi fecero trattenere una risata.

-Oh sai, dovevamo parlare con Clary riguardo una certa cosa e mi ha chiesto gentilmente di fermarmi qui, dato che non è conclusa-. La naturalezza con cui lo disse mi fece pensare che tutto fosse stato veramente così semplice. Speravo fosse così. Ma Jace non mi voleva come amica, perciò non sapevo nemmeno perché mi stesse aiutando. O aveva cambiato idea o si era svegliato con la luna dritta. Cercai di convincermi della prima opzione.

-Perché non ci facciamo un giro?-. Chiesi al moro per evitare qualche altra figuraccia. Cosa mi era preso? Perché cercavo di sviare la situazione al mio migliore amico? Devo ammetterlo, ma mi piacque molto il legame di complicità che si era formato con Jace in quei piccoli secondi, che non scorderò mai. Volevo fosse sempre così.

Simon annuì e uscimmo inalando l’aria fresca di dicembre. Speravo con tutto il cuore che sarebbe nevicato, perché non avevo mai visto la neve dal vivo. Doveva essere morbida e fresca e fare la guerra con qualcuno sarebbe stato il mio primo punto da attuare.

-Pensavo… pensavo fosse più scontroso quello lì-. Disse Simon un po’ confuso. L’aggettivo con cui l’aveva denominato mi aveva dato un po’ fastidio. Si chiamava Jace.

-Si, pure io lo pensavo-. Ammisi ricordando il nostro primo incontro in assoluto all’Hunters. Non ci sarei mai tornata lì, a meno che mia madre non avrebbe deciso di ritrasferirci a Brooklyn. Sarebbe stato il primo luogo in cui sarei andata, allora.

-Perché è qui,Clary?-. Chiese serio. Avevo deciso che la versione di Jace andasse bene. Meno cose sapeva meno pericolo rischiava di correre in eventuali situazioni.

-Te l’ha detto Jace-. Cercai di non mostrare nessun segno dubbitatorio.

-Perché non andiamo al Edward’s? Ho voglia di succo al mirtillo nero-. Aggiunsi. Sapevo che avevo gusti diversi dalla massa, ma era buonissimo il succo al mirtillo. Comunque il cibo non faceva parlare e stranamente non avevo voglia di parlare con Simon, con il mio migliore amico.

Appena entrati si stava per sedere in quel tavolino, ma lo fermai subito.

Si stava sedendo nell’ultimo tavolo a sinistra, quello vicino al bancone, quello dove le ordinazioni arrivano subito, quello dove dietro c’è il termosifone, quello dove io e Jace eravamo seduti qualche giorno fa. Non so per quale sconosciuto motivo, ma non mi andava bene che Simon si sedesse proprio lì, cosi ne scelsi un altro. Alla fine Simon si era aperto e mi ha raccontato come andava a Brooklyn o con la sua band, i Spreez. Già, un nome alquanto buffo. Sta di fatto che si fece l’una e mezza, così decidemmo di tornare a casa per pranzo.

Devo dire che avere a tavola sia Jace che Simon non mi allettava.

Mia madre stava lavorando così decisi di cucinare.

-Vuoi aiuto?-. Mi sussurrò Jace all’orecchio provocandomi una miriade di esplosioni.

-Se continui così mi dovrai fare da crocerossino-. Sussurrai a mia volta sul suo orecchio mentre tagliava le patate al mio fianco.

-Correrò il rischio-. Affermò guardandomi. Ci sorridemmo per poi continuare a fare il nostro lavoro.

Finalmente pronto il pranzo, misi a tavola patate al forno con pasta al sugo. Qualcosa di semplice.

Ci scambiammo sguardi per tutto il pranzo e mi dissero che era tutto davvero buono, anche se Jace mi aveva aiutato. Simon si offrì di sparecchiare e Jace insistette per lavare i piatti. Diceva che avevo fatto tutto e che voleva fare una piccola parte.

-Vai a riposarti-. Riaffermò dandomi un bacio sulla fronte, che fece rimanere basita sia me che Simon.

-Okay-. Risposi timidamente, per poi buttarmi sul divano e cadere in un sonno profondo. Volevo sperare che non si mangiassero a vicenda.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


-Ciao-. Sorrisi a Simon dopo averlo abbracciato. Mi appoggiai con il busto sull’angolo della porta mentre si girò per andare via. Un po’ mi dispiaceva, non l’avrei rivisto per almeno 4 giorni. La cosa positiva era che sarebbe tornato. Chiusi la porta senza far rumore e andai dritta in salotto per piegare la coperta del divano dove avevo riposato. Stranamente non avevo sentito alcun grido di disperazione o cose del genere. Si erano comportati bene. Mi ricordai che ero arrabbiata con Jace perché mi aveva detto che era venuto per me. In un certo senso preferivo che non me lo avesse detto perché ora sapevo che non era del tutto indifferente.

-Hai dormito bene?-. Mi chiese sull’uscio della cucina. Ero girata di spalle e non vedevo la sua espressione. Sapevo che dovevo rimanere ferma e sicura, almeno per quella frazione di secondo.

-Si, ho dormito bene-. Risposi indifferente.

-E… non si fanno i complimenti?-. Disse riferendosi al comportamento avuto con Simon. Sentivo che si stava avvicinando, immaginavo fosse con le mani in tasca.

-Certo, i complimenti-. Ripetei scuotendo la testa. Mi abbassai per posare la coperta vicino al divano. Non sentendo altri passi, capii che si era fermato. Appena mi alzai trovai le sue morbide mani togliermi i capelli dal collo. Il suo respiro era sulla mia pelle e io stavo per svenire.

-Si, i complimenti-. Affermò a bassa voce e chiusi gli occhi alla sua voce rauca. Mi lasciò un piccolo bacio sull’incavo del collo. La sensazione che provai fu unica e piacevole. Qualcosa di diverso dal bacio datomi di fronte camera sua. Qualcosa di più prezioso.

-Jace… -. Lo richiamai, sapevo che io di fronte a lui non mi sarei fermata perché era così travolgente. Non potevo baciarlo di nuovo, non volevo. Dovevo rimanere ferma e sicura, mi ripetevo.

-Mmh..-. Fu tutto quello che disse per mandarmi in tilt. Mi girai per guardarlo negli occhi e notai quel suo bel sorriso incorniciargli il volto. Mi attirò a se e premette le labbra morbide sulle mie. Gli circondai il collo con le braccia rispondendo al sensazionale bacio. Stavo sbagliando, ma in quel momento non mi importava nulla. Quando si staccò sentii un vuoto, tutto più freddo, che cercai di nuovo le sue labbra in un piccolo, casto bacio. Ero caduta nella sua trappola, di nuovo. Ero arrabbiata con lui e cosa avevo fatto? Lo avevo baciato. Non volevo immaginare se fossi stata felice e avessi avuto lui d’avanti, allora.

Poggiai due dita sulle sue labbra e la fronte sulla sua. Sapevo che lo avrei baciato una, due, tre, quattro e più volte, se fosse rimasto lì.

-No…-. Dissi allontandomi camminando all’indentro per poi scapparedi sopra. Salii le scale velocemente per poi arrivare di fronte camera mia. Il mio corpo fu tirato e misi le mani d’avanti andando a parare sul petto di Jace. Potevo sentirlo alzarsi e abbassarsi, potevo sentire la forma dei suoi muscoli ben scolpiti, potevo sentire il suo cuore.

-Guardami-. Ordinò, ed io lo feci. Erano così belli i suoi occhi. Volevo baciarlo ancora.

-Non puoi scapparmi-. Sorrise per poi baciarmi di nuovo e di nuovo e di nuovo. Ed io era la ragazza più felice di questo burbero mondo. La mia schiena toccò il muro freddo facendomi salire un brivido verso tutta la spina dorsale. Le mie mani vagavano sul suo petto mentre le sue mi stringevano a sè, come se non mi volesse perdere. E per me era così: non volevo perderlo perché era diventata una fetta molto importante della mia vita, soprattutto in quel momento. Aprii il pomello della porta freneticamente, al contrario del nostro contatto, passionale e dolce. Entrati in camera mi prese in braccio come una sposa e non potei che ridere.

-Jace!-. Lo richiamai ridendo, cosa che stava facendo pure lui. Mi posizionò sul letto e lui si stese accanto a me avvicinandomi a lui con un braccio sul mio fianco. Ero così piccola accanto a lui, ma questo mi bastava per sentirmi protetta ancora una volta. Guardarlo negli occhi era come guardare l’orizzonte chiedendosi dove avesse fine quella pura bellezza naturale.

-Ho rovinato tutto?-. Chiese serio e mi ricordai della nostra conversazione del giorno precedente.

-No-. Disse. –Non hai rovinato un bel niente-. Aggiunsi baciandolo ancora una volta, per poi cadere in un sonno profondo fra le sue braccia. Dovevo ammetterlo, ci avevo preso gusto a baciare quelle morbide labbra e non mi interessava affatto se quella sera non avrei mangiato, mi bastava sapere che sarei rimasta qui accanto a Jace.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


-Jace stai combinando un casino-. La voce di una ragazza risuonò al di fuori della stanza.

-Non lo so-. Rispose Jace. Sentii diversi sbuffi fino a che una voce maschile parlò.

-Devi decidere, non temporeggiare-. Era bassa e roca e mi fece venire la pelle d’oca.

-Si, avete ragione-. La rassegnazione apparve nella  voce di Jace. Le voci continuarono a parlare al piano di sotto ma si fecero più fitte che lasciai stare.

Decisi di uscire da quello stato di trans, e mi alzai dal letto. Andai in bagno e quando fui pronta scesi sotto.

Arrivata in cucina capii di chi erano quelle voci: Jace era seduto sulla sedia con i gomiti sui braccioli e una ragazza dal viso familiare era in piedi fra Jace e un altro ragazzo, appoggiando di schiena alla cucina con le braccia incrociate.

Appena arrivai smisero di parlare, come se non fossi all’altezza di sentire i loro discorsi. Mi provocò un grande fastidio, come se fossi indesiderata.

-Emh, loro sono Alec e Isabelle-. Disse Jace. La ragazza sembrava davvero emozionata mentre quell’Alec mi guardava neutrale. Manco avessi la malaria, Dio.

-Ciao, tu devi essere Clary,no? Sono emozionata di conoscerti!-. Era euforica, fosse era caratterialmente solare. Stranamente la cosa mi piacque che le rivolsi uno dei miei sorrisi più sinceri. Essendo che il ragazzo non si fece avanti, lo feci io.

-Tu devi essere Alec invece, piacere, Clary-. Dissi dandogli la mano che strinse con forza.

-È un immenso piacere conoscerti, Clarissa-. Okay, aveva perso dei punti in partenza quel cretino.

-Per gli amici Clary-. Sfoggiai uno dei sorrisi più falsi che ricambiò.

Passai lo sguardo su Jace che trovai ad aspettarmi. Gli rivolsi un sorriso diverso, uno di quelli che aveva la capacità di tirarmi fuori solo lui. Quando lo ricambiò arrossii notevolmente. Sentii Alec sogghiggiare.

-Allora, mh.. volete.. qualcosa da bere?-. Sperai che Jace non si fosse scordato le buone manirere. E poi, da quando questo vocabolo si trovava nel suo dizionario?

-Si grazie-. Rispose Alex osservandomi con quegli occhi così chiari e così profondi. Erano davvero belli. Non potei che ricambiare lo sguardo.

-Mh.. cosa vuoi? C'è succo all'ananas, alla pesca e uhm.. una birra-. Dissi aprendo il frigo con una mano.

-Dell'acqua andrà bene-. Acqua. Pura acqua. Complimenti Clary, la tua prima figura di merda con i suoi amici.

-Oh, certo-. Sussurai, arrossendo per non aver pensato ad una cosa così semplice mentre presi un bicchiere dallo stipetto e gli versai un po' d'acqua. Gliela porsi e ..no, ma prego caro, vedo che le buone maniere sono di famiglia.

Davvero raffinato.

Evidentemente avevo sul volto un ghigno irritato perchè Isabelle e Jace cercarono di trattenere una risata riuscendoci. Arrossii di nuovo. Maledissi mentalmente il mio imbarazzo del cavolo.

-Va bene ragazzi, ci vediamo dopo-. Asserì Jace alzandosi dalla sedia. Mi guardai le mani mentre si abbracciavano, evidentemente non si vedevano da molto e capii che non lo faranno presto.

Li accompagnò alla porta e li seguii senza proferire parola fin fuori la porta.

Notai che era davvero buio, potevano essere le 11 di sera. Un ragazzo era appostato là fuori oltre il marciapiede di casa mia e ci guardava. Anzi, ci fissava.

-Jace..-. Sussurrai mantendendomi ferma con le mani sulle sue spalle per nascondermi un po' ma vedere allo stesso tempo. Capii subito ma quell' Alec in un attimo gli fu addosso e prendendo qualcosa in mano, glielo conficcò nel petto. Un urlo strazziante si diffuse nell'aria fino a che si sentii solo l'eco di un pezzo di legno cadere a terra. Il corpo non c'era più, era... sparitoPuf.

Alec mi perforò con lo sguardo infuocato.

-Pappamolla-. Disse per poi trascinare Isabelle che mi mimò un 'scusa'.

-Che cosa ho fatto per meritarmi tutto quell'odio?-. Sbuffai cercando di non pensare alla scena precedente. Aveva ucciso una persona. Quello era malato.

-Ad Alec piace provocare... sopratutto a chi è principiante-. Asserì. Quasi la presi come un'offesa. Aprii la bocca per ribattere ma in effetti io ero un principiante se non di un livello ancora più basso.

-Jace, ma che cos'era?--. Mi sorse il dubbio. Un corpo non si poteva smaterializzare in quel modo

.-Vampiri-. Affermò Jace a denti stretti serrando la mascella spingendomi delicatamente verso la porta.

Oh cacchio, i vampiri esistevano davvero.




SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE SCUSATE
SCUSATE SCUSATE SCUSATE. AVETE TUTTO IL DIRITTO
DI ESSERE ARRABIATE CON ME. SCUSATEMI SERIAMENTE.

Sono stata davvero scorretta, scusatemi :c Il fatto è che
trovo sempre una scusa per non pubblicare,lo so che non è
una valida giustificazione,perchè non ci sono giustificazioni. Per
farmi 'perdonare' ho pubblicato tre capitoli, vi chiedo ancora scusa!
Spero che non mi odierete,sopratutto @EmilyHerondale
perchè ci tengo davvero a te, bellissima!

Baci

Ila xx

P.S. Non mi odiate :c

 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Non riuscivo a dormire. Sapere che degli strani esseri erano in questo paese. Erano vicino casa mia. Potevano fare del male a mia madre, anche... a Jace.

Mi sentivo male.

Mi alzai andando in bagno cercando di tenermi con le mani al lavandino. Mi veniva da vomitare.

Mi mancava l'aria. Mi mancava l'ossigeno. Caddi a terra cercando di tenermi vanamente dal lavandino.

Dovevo uscire, e in fretta.

Scesi le scale velocemente e misi il primo cappotto che vidi. Quando stavo per prendere le chiavi di casa notai un coltellino accanto ad esse.

Agii d'istinto e senza esitazione, uscii.

Il vento freddo mi sferzò il viso. Uscii di fretta dal vialetto arrivando nella strada principale. Arrivare al centro sembrava un'impresa, il tempo e la strada sempre dritta non finivano mai. Mi guadavo indietro, di lato, e scattavo ad ogni rumore. Il respiro non era regolare e ogni volta che i capelli liberi mi toccavano il viso li cacciavo subito.

Improvvisamente sentii qualcosa muoversi alla mia destra. Mi fermai subito girandomi verso quella direzione. Feci un giro su me stessa non avendo visto niente. Aumentai ancora di più il passo vedendo alla fine della strada le luci del centro. Un' altra ombra mi passò d'avanti facendomi arrestare il respiro.

- Ciao carina-. Una voce sussurrò al mio orecchio. La velocità con la quale si era avvicinato, si allontanò permettendomi di vederlo in viso.

Che dovevo fare? Jace non era con me, dovevo cavarmela da sola.

Umh, velocità sovraumana, corpo quasi trasparente.

Vampiro. Cazzo.

Perché doveva comparire ora? Mancava poco alle luci del centro.

- Vattene o io.. io grido-. Dissi senza la sicurezza che volevo mostrare. Una risata mi scatenò brividi per tutta la spina d'orsale.

-Davvero? Sei così simpatica, quasi quasi ci farei un pensierino-. Affermò ritrovandolo a un palmo dal mio viso. Mi accarezzò il mento.

-Forse non sai che con una semplice mossa posso spezzarti il collo-. Mi intimò avvicinando i miei fianchi ai suoi. Istintivamente portai le mani avanti toccanto il suo petto freddo. Era di una bellezza disarmante, occhi di un verde profondo e capelli biodo platino. Non dovevo sopraffarmi. E poi, Jace é più bello.

-Lasciami-. Affermai più decisa di quanto pensassi.

-Davvero pensi che lo faccia?-. L' istinto mi portò a far scendere il coltello dalla manica velocemente fino a conficcarglielo nel petto. Cadde a terra tenendosi la mano sul petto.

-Direi-. Affermai. Oh no, sarcasmo mentre stavo per uccidere una person... vampiro. Mi sto trasformando in Jace.

-Preparati a morire,carina-. Disse senza più ridere per poi togliersi il coltello dal petto. Come caa.. volo aveva fatto? Perché non era morto?

Mi ero preparata. Se dovevo morire volevo farlo in piedi, chiusi solamente gli occhi. Sentii la velocità di quell' essere far volare i miei capelli all'indietro.

Stava per arrivare,questioni di centesimi di sencondi. Dovevo fare ancora tante cose. Tipo capire cosa provavo per Jace... oh ma chi volevo imbrogliare. Mi piaceva, e tanto.

Capii che una figura era di fronte a me quando attraverso le palpebre vidi che la visuale si era rabbuiata.

-Magari in un universo parallelo-. Rispose una voce non sconosciuta difronte a me,seguita da un urlo.

-Non aprire gli occhi -. Sussurrò quella voce così familiare. Semplicemente obbedii.

-Clary-. Mi chiamò dopo che l'aria si riempii di silenzio. Scuotei la testa in segno di protesta.

-Clary sono io-. Era davvero lui?

-È tutto finito-. Disse ancora. Lo abbracciai aprendo gli occhi e vedendo per terra solanto il mio e un puguale di legno. Ormai la scarica di adrenalina era passata e quando mi staccai con imbarazzo le mie gambe stavo per cedere,se non fosse stato per lui che mi prese al volo dai fianchi. Non sapevo mi facessero male fino a quel momento.

-Ooh, qui abbiamo perso le energie-. Non era una risposta comica,piuttosto preoccupata.

-Ho quasi ucciso un vampiro- . Dissi un po' titubante. Mi fissò in risposta, aspettando cosa avessi da chiedere.

-E senza aver saputo come-. Annuì in risposta.

-Penso che dovremmo incominciare l'allenamento. Dobbiamo comunicarlo a Jace. Ma non è momento di parlarne-. Affermò. Se pensava che avrei rupetuto quest'esperienza più di una volta al giorno, si sbagliava di grosso.

-Perché sei uscita?-. Chiese di punto in bianco per la via di casa.

-Ero preoccupata-. E stavo per vomitare e cadere a terra. Mi mancava l'ossigeno e così ho fatto un giretto.

-Per cosa?-. Proprio ora doveva incominciare ad interessarsi? Non che mi dispiacesse, ma era un po'imbarazzante da dire. Insomma, l'ultima volta che l'avevo visto era stato alquanto imbarazzante.

-Sai, la storia del vampiro...per mia mamma-. Dissi convinta delle mie parole.

-E per Jace-. Aggiunsi. Si fermò di colpo cercando il mio sguardo e feci lo stesso. Cercava qualcosa nei miei occhi, qualcosa che non capiva. Lo vidi incamminarsi con le mani nel tasche dei jeans neri e la testa in giù, senza curarsi che lo seguissi o meno. La maglietta nera a maniche corte non era il massimo a Dicembre, ma gli fasciava i muscoli della schiena in modo che si vedessero muovere insieme alle larghe spalle.

Rimasi lì, a pensare per quale motivo proprio lui si trovava al momento giusto nel posto giusto, perchè mi aveva rivolto la parola senza nessun problema, perchè si era fatto abbracciare.

Perchè proprio Alec era venuto, colui che mi reputa una "pappamolla"?




Ragazze scusate il ritardo ma sto studiando come non so cosa,
la notte mi sogno anche che le interrogazioni vanno male!
Per farmi perdorare( lo spero) pubblicherò tre capitoli!
Spero vi piacciano!
Baci 

ila xx

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


Correre consuma tutte le tue energie, a me anche i miei poveri piedi. Correvo. Correvo via da quel cavolo di vampiro che mi stava raggiungendo, correvo dalle sue zanne di fuori, dagli occhi rossi. Jace era lì, fuori dalla porta con la mano tesa pronto a prendermi. Mancava poco al vialetto di casa quando d'avanti apparve Alec.

"Perchè sei scappata?" Gridò bloccandomi il passaggio, ma non mi importava di ciò che diceva; Jace si stava allontandano o forse ero io, mi stava portando via quel lurido vampiro.

"No!" Cercai in tutti i modi di passare ma Alec non me lo permetteva.

"Non mi abbandonare!" Riprovai, ma ormai la figura di Jace era così lontana che pensai l'avrei perso per sempre. Le lacrime continuarono a scendere fino a che tutto divenne buio e sentii soffocarmi dall'assenza di aria.

***

-Clary, CLARY!-. Una voce mi svegliò da quell'orribile incubo. Mi alzai a sedere velocemente respirando con affanno. Jace era seduto su un lato del mio letto e le sue mani erano poggiate sulle mie spalle. Sicuramente avrà cercato di scuotermi per svegliarmi.

-Sto.. bene-. Affermai. Non volevo si preoccupasse per uno stupido, orrendo sogno.

-Non dire cazzate. Che hai sognato?-. Chiese duramente avvicinandosi un po'.

-Io.. cioè... tu-. Non riuscivo a dirgli la verità, d'altronde era tutto collegato con ieri sera, quindi prima dovevo iniziare da lì. Ci furono attimi di silenzio in cui capii che stava perdendo la pazienza. Quando stava per aprir bocca, lo precedetti.

-Ieri sera sono scappata-. Buttai lì. Non volevo guardarlo neglio occhi, si sarebbe infuriato.

-Cosa?!-. Chiese alzandosi in piedi facendo qualche passo indietro. -Guardami negli occhi!-. Aggiunse capendo che non ne avevo il coraggio. Incatenati i nostri sguardi, vidi nel suo preoccupazione, rabbia e .. ancora rabbia.

-Che cosa ti passa per quel cervello che ti ritrovi? Poteva capitare il peggio! Potevi incontrare qualche vampiro o lupo mannaro o non so cosa, Clary! Non c'ero neanche io con te,cazzo. Ora che ne sei a conoscenza, è più pericoloso, non lo capisci?-. Gridò insultandomi. Fece qualche passo in avanti.

Abbassai lo sguardo sentendomi subito toccata.

-No... hai incontrato qualcuno-. Rispose in un sussurro.

-Che cosa? Un licantropo? Un vampiro? Cosa Clary? Parla cazzo!-. Gridò e quando raggiunse la parola esatta annuii.

-Bene! Suppongo che quei lividi sui fianchi te li abbia fatti quello stronzo! Clary sei stata una stupida!-. Non potei più reggere che la rabbia scoppiò in me perchè io mi ero preoccupata per lui ieri sera. Per quella testa bacata.

-Non preoccuparti, c'è stato Alec ad aiutarmi-. RIsposi alzandomi a bugni stretti con una freddezza tale da lasciare anche me stessa basita. Mi aveva ferito, e tanto. Stavo per attraversare la porta quando mi prese il polso per girarmi versi di lui.

-...cosa?-. Sussurò spiazziato.

-Hai capito bene. Ora,se permetti, o mi devi accompagnare pure in bagno?-. Sputai per poi uscire. Oh no, non l'avrebbe passata liscia.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


Sono stata una stupida. Tutti quei baci,quelle carezze, non dovevano esserci stati, eppure ne ero stata accondiscendente.

Non aveva capito che ero scappata dalui, perché io avevo paura per lui.

Okay, si era preoccupato per me, ma mi aveva gridato contro urlando parole orribili.

Non aveva capito che ci ero rimasta malissimo.

Non aveva capito che, da oggi, le cose sarebbero cambiate.

                                  ***

Sentii bussare alla porta e sperai con tutta me stessa che non fosse stato Jace. Non avrei retto un altro litigio.

<< Avanti >> Asserii continuando a muovere la matita fra l'indice e il medio. Questo disegno non voleva proprio uscire come volevo io.

<< Clary, potresti scendere? >> Chiese mia madre con solo la testa affacciata sulla porta. Finalmente decisi di lasciar stare il disegno e buttai la matita sulla scrivania. Facendo mezzo giro sulla sedia girevole puntai il mio sguardo sul suo.

<< Devo proprio? Entra e dimmi tutto qui >> Non ne volevo di che sapere; scendere avrebbe significato incontrare Jace, e incontrare Jace avrebbe significato discussioni, e proprio non ne avevo la forza.

Entrò e si sedette sul letto, portando dietro l'orecchio qualche ciocca ribelle uscita fuori dallo chignon improvvisato, segno che era nervosa. Mi alzai e cercai di chiudere la porta il più piano possibile, fino a ritornare sulla mia amata sedia.

<< Ecco, ti volevo parlare di Jace >> Sentire pronunciare il suo nome ad alta voce mi fece irrigidire. Mi fissò con compassione negli occhi per qualche secondo.

<< Quanto intende fermarsi?  Non che mi dispiaccia perché non mi causa problemi, ma devo partire subito dopo Natale e magari.. gli faccio pure un regalo >>  Incominciò a parlare con sicurezza, perdendola nelle ultime parole. In effetti, non ci avevo pensato, né a quanto sarebbe rimasto, né ad alcun genere di regalo.

<< Vuoi che glielo chieda, in pratica? >> Quest'idea mi faceva girare la testa, ma prima o poi dovevo affrontare Jace. In un modo o nell'altro,  non potevo non rivolgergli la parola per sempre, e forse questo poteva essere un aiuto. Annuì in risposta e così non potei che risponderle con un << Lo farò >> .

Quando mia madre uscì, decisi di prepararmi, ero ancora in pigiama. Dopo essermi fatta una bella doccia, misi un maglioncino color crema e un paio di skinny neri. Capendo che dal quel groviglio rosso che insistevo a chiamare capelli,non ne potevo fare niente, feci uno chignon disordinato. Mi parai di fronte il grande specchio osservandomi attentamente.

<< Ce la puoi fare Clary >> Ripetei al mio riflesso. Girai la testa di lato e stirai il maglioncino con le mani.

Ero pronta.

In cucina non c'era nessuno, così risalii sopra e mi avvicinai alla stanza di Jace. La porta era socchiusa, e quando bussai si aprì un po' di più. Era seduto sul letto con un paletto e un coltello nelle mani, cercando di rendere il pezzo di legno più affilato.

<< Entra, ormai >> Disse senza guardarmi. Titubante feci qualche passo fino ad arrivare di fronte alla sua figura.

<< Che... emh, fai? >> La domanda più stupida che potessi fare. Era così ovvio.

<< Che mi devi dire? >> Andò al sodo continuando ad ignorare i miei tentativi di legare i nostri sguardi.

<< Volevo chiederti semplicemente quando..ecco, quando hai intenzione di tornare a Brooklyn >> Risposi abbassando lo sguardo sulle maniche del maglione, portandole sopra le dite. Jace finalmente posò le armi a terra e si alzò mettendo le mani nelle tasche posteriori dei jeans.

<< Vuoi sapere quando mi puoi cacciare di casa? Beh, se ti sto dando fastidio ti chiedo scusa e tolgo subito il disturbo >> Era proprio di fronte a me e mi sentivo estremamente piccola. Da qualche parte trovai del coraggio e lo guardai dritto negli occhi.

<< Fino a prova contraria ti ho chiesto io di rimanere e non ti direi di andartene perché ,a, non voglio e ,b, non sono incoerente come te.  Secondo, mia madre voleva saperlo, perché parte e ti voleva fare il regalo di Natale >> Non mi mossi dalla mia posizione e lui fece lo stesso. Ero così arrabbiata. Perché doveva farmi salire i nervi e non poteva rispondere semplicemente? La cosa che mi sorpese fu il fatto che mi accarezzò la guancia con il pollice e io strinsi forte la sua per paura di cadere. E non a terra, ma moralmente.  In quella manciata di giorni era diventato così importante. Non potevo fare a meno di lui, stava diventando come una droga. La mia droga. Ma mi aveva trattata male. Non riuscivo a dimenticarlo.

<< Parto il 29 >> Sentii soffiare all'orecchio con una voce sensuale. Mi spostai, anche se riluttatamente, non sapendo dove guardare. Dovevo trattenermi.

<< Okay >> Risposi semplicemente per poi uscire dalla stanza. Il mio autocontrollo si stava per spezzare e non doveva succedere. Più gli stavo lontano, meglio lo avrei gestito. Era l'unico modo per non farmi condizionare.

<< Aspetta, vuoi.. farti un giro con me? >> Chiese un po' esitante uscendo dalla porta dato che ormai ero in corridoio.

<< Si >> Risposi d'impulso trattenendo un sorriso. Ecco cosa succedeva quando non mi ascoltavo.

<< Perfetto, vai a prendere il cappotto >> Sorrise dolcemente e entrò di nuovo in stanza per poi uscire.

Ora avrei dovuto mantenere le distanze, e so che con lui così vicino mi sarebbe stato troppo difficile.



Eccoli qui! Spero vi siano piaciuti! Vi devo dire che la storia l'ho finita.. sono indecisa se aggiungere altri
due capitoli o no, ma comunque non importa ora. Ditemi che pensate, continuo a quattro recensioni c:
Baci 

ila xx

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


-Manca ancora tanto ?- Chiesi fingendomi stufa. In realtà morivo dalla voglia di scoprire cosa aveva progettato. Voleva farmi una sorpresa e mi avevo ordinato di mettere il costume. A Dicembre. Il 5 Dicembre. Mi aveva bendato gli occhi e portata in macchina senza riuscire a fargli scappare qualcosa. Erano 5 buoni minuti che la vettura camminava per l'isola di Jace la suddetta destinazione.

-Quanto sei impaziente-. Ridacchiò e lo sentii guardarmi.

-Darei oro per sapere cosa ti passa per quella testa bacata che ti ritrovi-. Dissi ad alta voce. Troppo ad alta voce. Doveva essere un semplice pensiero. Arrossii violentemente e lui rise.

Un semplice gesto che mi provocò tanti brividi, volevo sentirla ancora.

-Siamo arrivati-. Annunciò quasi subito. Esalai un sospiro di sollievo e aprii la porta. Jace mi raggiunse e incominciammo a camminare. Sentendo le foglie frantumarsi sotto i miei piedi, capii che eravamo in un bosco.

-Attenta-. Mi disse troppo tardi che battei la fronte contro un ramo.

-Più tardi-. Scherzai con la testa un po' dolorante mentre quello se la rideva. Sbuffai. Camminammo per altri dieci minuti e non riuscivo a non dire frasi come "Te lo sei scelto il posto" o "Potevamo andare anche più lontano". Nel frattempo Jace rideva e mi aiutava a non inciampare siccome non mi cacciò la benda. Come se conoscessi questo posto come le mie tasche.

Almeno qualcuno si divertiva.

-Siamo arrivati-. Affermò e sentii che finalmente stava sciogliendo il nodo. Quando la luce mi accecò gli occhi dovetti focalizzare un po' il panorama.

-È... bellissimo-. Sussurrai. Davanti a noi si presentava una piccola radura dentro il bosco dove si notava che era stata 'ripulita'. Vi era a terra una tovaglia da picnic e un cestino che stava per scoppiare di prelibatezze. Una cascata cadeva su un piccolo lago dove ai lati vi erano degli scogli. Quest'ultimo andava a formare un'altra cascata di cui non vedevo la fine.

- Esplorando la zona mi sono ritrovato qui e ho pensato di portarti. Alec e Isabelle mi hanno aiutato a pulire un po' per terra-. Disse mettendosi le mani in tasca. Fissava un punto non definito.

-Alec ti ha aiutato ?-. Chiesi incredula. Isabelle era una ragazza solare e sociale. L'altezzoso che mi aveva definito 'pappamolla' aveva aiutato Jace a mettere a posto?

-Non è come vuole far sembrare-. Alzò le spalle e si diresse verso la tovaglia a quadretti. Si sdraiò su un fianco tenendosi con il gomito e io mi sedetti a gambe incrociate sovrapponendo il cestino fra di noi. Incominciammo a mangiare e tutto era squisito. Dalla focaccia alla torta al cioccolato.

-Hai cucinato tu ?-. Chiesi pulendomi le mani con un fazzoletto.

-Può darsi-. Affermò con noncuranza.

-Non sapevo che tu sapessi cucinare-. Ammisi guardandolo negli occhi. Ed era vero; non avevamo mai parlato di cose personali, e notai nelle sue pupille una luce di divertimento.

-Invece tu sapevi che avresti dovuto metterti il costume-. Detto ciò, mi ritrovai con la pancia sulla sua spalla, diretta verso il lago.

-Mettimi giù !-. Gridai più e più volte ridendo e dandogli qualche pugno sulla schiena. Si fermò proprio alla riva e mi fece scendere trovandomi di fronte a lui, solo che non aveva mollato la presa sui miei fianchi.

-Davvero volevi scendere ?-. Chiese con malizia. -Io dico che per questa bella bugia ci voglia una secchiata d'acqua-. Aggiunse, e mi buttò in acqua. Stranamente non era fredda, ma tiepida. Decisi di andarlo a prendere perché me la doveva pagare.

-Jace-. Lo chiamai uscendo tutta inzuppata. Si girò per poi squadrarmi da cima a fondo e non potei che abbassare lo sguardo. Si avvicinò e io ne approfittai.

-Vieni qui che ti do un bell'abbraccio !-. Gridai per poi saltargli addosso. Sfortunatamente riuscì a tenermi stretta a sé per poi entrare anch'egli nel lago portandomi sott'acqua.

-Non si fanno queste cose, piccola Clary-. I suoi capelli erano bagnati e alcune gocce gli ricoprivano il viso. Qualcuna era sul naso e non potei far a meno di continuare ad adorarlo. Era dannatamente bello.

-Di certo non ho cominciato io-. Uscii dalla mia fase di trans notando solo ora che le mie mani erano poggiate sulle sue spalle, e le mie gambe attorno al suo bacino. Dovevo sbrigarmi e mettere un po' di distanza, o sarebbe successo qualcosa. Feci una nuotata arrivando sugli scogli. Salii e mi misi con le gambe penzoloni, i piedi che sfioravano l'acqua tiepida. Era una sensazione strana; il freddo che provocava alla mia pelle dei brividi e l'acqua che li alleviava.

Jace mi raggiunse, non prima di aver preso un asciugamano per tutti e due. Mi cacciai i vestiti per rimanere in costume e mi avvicinai quel tanto che bastava per coprirmi anche io con la coperta. Notai che fece lo stesso, anche se poi la nostra pelle si sfiorava. Era una sensazione profonda, una sensazione di sicurezza.

Ammiravo la cascata e l'alone che creava nell'aria, era qualcosa di meraviglioso.

-Hai preso la tua decisione ?-. Chiese dopo un lungo silenzio. All'inizio non capii a cosa si riferisse, poi arrivai alla conclusione che Alec aveva dovuto parlare con lui.

-Si, è l'unico modo ormai-. Affermai. Se avrei incontrato un altro di quei... cosi, come mi sarei comportata? Dovevo essere pronta.

- Non devi sentirti costretta-. Eppure era come mi sentivo interiormente. E anche da un bel po'.

-A volte non devi fare ciò che ti piace, a volte devi fare ciò che è giusto-. Sussurrai. Ed era la verità; era la cosa giusta da fare.

-Vorrei che tu fossi il mio allenatore, di certo non sceglierei Alec-. Aggiunsi. Anche se dovevo stargli lontana fisicamente, era l'unica persona a cui avrei dato seriamente ascolto.

-Con piacere-. Mi soffiò sull'orecchio lasciandoci un piccolo bacio. Si alzò e dopo aver sistemato tutto, ritornammo alla macchina.

A casa arrivammo ancora fradici, e sperai che dopo la doccia riuscissi a non farmi venire un raffreddore. Ma uno starnuto cambiò le mie aspettative.

Lo sapevo, mi sarei ammalata.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


Come avevo previsto, mi ero presa il raffreddore, e quando mia madre se ne accorse decise che non dovevo uscire fino a che non mi sarebbe passato. Il problema era quando mi sarebbe passato. Jace ne era uscito incolume al solito e lo invidiavo per questo; non si prendeva mai niente, neanche un innocente raffreddore.

-Per caso esiste una runa contro il raffreddore?- Gli chiesi soffiandomi il naso. Ero seduta sul mio letto contornata da fazzoletti e Jace si era stravaccato sull'amaca accanto la mia scrivania.

-Forse-. Ammmise con un sorrisetto divertito.

-E perchè non l'hai detto prima, mi sarei risparimiata queste orribili occhiaie-. Affermai. Erano già passati tre giorni da quel fatidico e fantastico pic-nic. La mia voce non era più la stessa, ormai la 'm' la pronunciavo come 'b'. E Jace cercava di trattenere una risata.

-No, ma prego. Ridi pure, non mi offendo-. Dissi prendendo un altro fazzoletto.

-No dai, prometto che la smetto-. Affermò nascondendo un sorriso. Si, a me vuoi prendere in giro.

-Sono un disastro-. Ammisi più a me stessa che a lui, e mi coprii la faccia con le coperte. Sentii i passi di Jace avvicinarsi e poi un peso sul letto.

-No Clary, stai tranquilla-. Disse togliendomi la coperta dal viso.

-Di questo passo arrivo a Natale che manco posso uscire di casa-. Misi il broncio guardando non più il mio letto, ma un ammasso di fazzoletti accartocciati. Mi guardò intensamente e non riuscivo più a staccare il mio sguardo dal suo.

-Aspettami qui-. Disse per poi uscire dalla mia camera.

-Come se mi potessi muovere-. Bisbigliai tra me e me. Non avevo le forze di alzarmi dal letto e la cosa peggiore era che non potevo fare niente e quindi chiedere aiuto a Jocelyn o a Jace. La porta si aprì e Jace si risedette sul letto, accanto al mio fianco. Aveva in mano un libro e lo stava sfogliando concentrato.

-Trovato!-. Esclamò facendomi sussultare. Posò il libro sulle coperte e dallo stivale cacciò un ageggio blu.

-Con quello si fanno le rune?--. Chiesi puntando il dito su quell'affare. Era un po' più lungo di una matita e la punta era molto simile a quella di una penna. Appena lo avvicinò alla mia pelle, la punta incominciò ad emanare luce. Istintivamente cacciai via la mano, perchè mi aveva procurato una scossa.

-Si, si chiama stilo, ognuno ha il proprio. Solo gli shadowhunters possono sopportarne l'efficacia, i mondani morirebbero-. Disse facendolo girare in aria fino al suo mento per poi riprenderlo. -Si vede che la mano non è il punto giusto, dovrebbe essere la spalla-. Affermò con noncuranza.

-Tu pensi che io mi tolga la maglia, a Dicembre, solo per una stupidissima runa?-. Dissi alzando la testa e mantenendomi sui gomiti. Alzai un sopracciglio guardandolo confusa ed estremamente irritata.

-Beh, io ti avrei chiesto solo di abbassarla da un lato, ma se poi vuoi toglierla tutta, fai pure; non mi offendo mica-. Ammise sorridendo con un ghigno che non mi piaceva proprio.

-Ora muoviti, o guarirai veramente per Natale-. Aggiunse, e io mi arresi. Abbassai un po' la manica per scoprire la spalla e mi sdraiai molto tesa. Chi sa se avrebbe fatto male. Jace si avvicinò poggiando una mano sul mio braccio per tenerlo fermo e con un altra mi spostò i capelli accarezzandomi la guancia. Appena lo stilo sfirò la mia pelle sentii un leggero bruciore che continuò per tutta la durata della runa. Tenevo gli occhi troppo chiusi, che Jace lo notò.

-Rilassati Clary, dopotutto non fa poi così male-. Quando parlò mi sorprese: me lo aveva sussurrato sull'orecchio. Era così vicino. Cercai di definire quel momento, e l'aggettivo giusto era sicuramente intimo. Era un momento in cui mi sentivo spogliata da tutto, libera e leggera. C'eravamo solo io e Jace.

Aprii gli occhi e trovai i suoi ad aspettami, così annuii e cercai di concentrarmi solo sul tocco di Jace sulla mia pelle. Era un sensazione indescrivibile, mi tranquillizzava. Finita la runa incominciai già a sentirmi molto meglio.

-Come si chiamava?-. Chiesi abbassandomi la manica per cercare di vederla. Era proprio bella. Sentivo che ora un altro legame si era creato con Jace; mi aveva tatuato la mia prima runa, era una sensazione profonda, non identificabile.

-Iratze, è la runa della guarigione. Per essere è molto comune, però pensavo fosse stato meglio riguardarla invece che sbagliare-. Disse indicando il libro per poi andare a sedersi sull'amaca. -L'ho fatto per te, perchè io non sbaglio mai-. Disse riposando lo stilo nella tasca.

-Viva la modestia-. Ammisi e appoggiai il busto alla spalliera del letto. Finalmente non sentivo più alcun mal di testa. Uno starnuto riempì l'aria.

-Jace, non ha funzionato-. Ed io che pensavo che sarebbe servito a qualcosa.

-Senti, non è una magia che con un colpo di bacchetta ti guarisce. Per quella servirebbe Magnus. Dalle il tempo di entrare in circolazione, ma sopratutto rilassati-. Disse poggiando il viso su due dita per poi fare dei movimenti semicircolari con l'amaca. Lo guardai incancata. Era così bello e io avevo sempre bisogno di lui, sentivo che avrei avuto sempre bisogno di lui. Ma non come futuro allenatore o riguardo questa specie di lavoro,no. Come amico, e forse qualcosa di più, come roccia per questa mia 'nuova' vita, sentivo il bisogno che mi stesse accanto. Non avrei sopportato la sua lontananza, o che mi avrebbe lasciato. Sarei crollata.

-Non mi lasciare-. Sussurai senza rendermene conto. Tre parole che emanavano verità, non sarei riuscita a vivere senza Jace. Non sarei riuscita ad andare avanti. Si avvicinò senza spezzare quel forte legame tra i nostri sguardi. Si sedette accanto a me e mi prese la mano. Era un momento così intimo, nella sua semplicità. Il secondo nel giro di due minuti.

-Non lo farei mai-. Ammise senza smettere di osservarmi. Era un modo per farmi capire che non l'avrebbe fatto sul serio, un modo per capire che mi potevo fidare. Il mio sguardo passò alle sue labbra, socchiuse e così carnose. Mi sussurravano 'mordimi,mordimi,mordimi' e feci per avvicinarmi di più. Era sbagliato, mi aveva fatto soffrire,mi aveva ferita con quelle parole. Ma erano solo parole dettate dalla rabbia: non aveva dimostrato che ci teneva a me? Dovevamo lavorare solo sul suo modo di porsi quando era veramente preoccupato. Perchè quel giorno era solo quello; preoccupato.

  Jace si avvicinò quel che bastava per far sfiorare le nostre labbra. Non potevo resistere ancora per molto. Le sfiorò senza baciarmi veramente, fin quando decisi di farlo io, beandomi di quella sensazione così piacevole. Jace continuò a baciarmi con passione, prendendomi il viso tra le mani. Era troppo tempo che non vi era stato alcun contatto fisico così lungo, ogni volta che ci sfioravamo c'era una scossa che alimentava un fuoco desideratore.

Ora quel fuoco rischiava di scoppiare, era sempre più avido. Jace si piegò in avanti facendomi stendere sul letto. Mi accarezzava la guancia e io poggiai la mano sulla sua fermandomi per cercare i suoi occhi. Erano così particolari che mi stupii di come una persona così bella possa essersi infatuata proprio di me.

-Clary io...-. Si fermò come se qualcosa lo bloccasse evitando il mio sguardo. Gli presi delicatamente il mento costringendolo a guardarmi. Non smettevo di sorridere. D'un tratto sul suo viso si formò un sorriso troppo furbo.

-Io ti piaccio-. Buttò quest'affermazione con grande soddisfazione. Sbiancai di colpo.

-No-. Dissi troppo in fretta tradendomi. Ero diventata color porpora.

-No? Beh se non ti piacessi non avresti risposto al bacio con così tanta passione-. Un sorriso si era formato sul suo viso.

-Beh, ecco..-. Iniziai a cercare le parole giuste per aggirare la sistuazione, passando lo sguardo altrove.

-Io ti piaccio, tu mi piaci. Ci piacciamo. Qual è il problema?-. Ammise andando dritto al nocciolo della questione.

-Cioè, mi stai chiedendo cosa?-. Chiesi, perchè non avevo capito seriamente. Voleva che ammettessi i miei sentimenti? Un ghigno si formò sul suo viso.

-Sei così stordita dalla mia bellezza che non capisci che ti sto chiedendo di essere la mia ragazza-. Disse con quello stupido sorrisetto.

-Si certo.. e poi Jace, non andiamo nemmeno d'accordo..-. Cercai un punto di fuga. Non capivo perchè lo stavo facendo, avevo sempre sperato che provasse qualcosa per me, ma ora non ne ero più tanto sicura.

-Facciamo così: mi devi dare 25 motivi per cui non vorresti stare con me. Se non riesci ad arrivarci vuol dire che ho ragione io e che quindi ti piaccio. Se ci arrivi vuol dire che hai ragione tu-. Un sorrisetto furbo e divertito gli si era stampato sul volto e ormai nessuno glielo avrebbe tolto.

-Ma sono tanti venticinque! E poi cosa ci guadagno?-. Protestai subito. Sarebbe stato un'impresa trovare venticinque difetti.

-Sei una Shadowhunter, non ti puoi tirare indietro, la sfida è parte di te, a meno che me la vuoi dare vinta...-. Disse mentre il suo sorriso si allargava sempre di più.

-Non possiamo contrattare?-. Cercai di dissuaderlo in un ultimo, stupido, scarso tentativo.

-Prendere o lasciare-. Incrociò le braccia al petto.

In tutta risposta gli diedi la mia mano dopo aver alzato gli occhi al cielo e la strinse soddisfatto. Quando feci per sciogliere la stretta lui mi attirò a se dandomi un dolce bacio. Fissò il suo sguardo nel mio.

-Preparati a perdere, Clary-.

-Non ne sarei  così sicura, Wayland-.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***


"Caro James,

scusami se non ti ho calcolato per niente. Vedi,il fatto è che non riesco a togliermi dalla testa Jace. Mi ha proposto di stare insieme, come ho sempre voluto, come ho sempre sognato, ma qualcosa mi blocca. Ho deciso che accetterò la sua scommessa, perché non ho più niente da perdere, se non il mio orgoglio,  e forse sarebbe buono per me. È inutile nascondere l'evidente, porterà a discussioni a cui ora non voglio proprio pensare. D'altronde Shakespeare scrive 'Ama,ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente'.Non è forse vero? O forse meglio da interpretare?  Io so nel profondo che sono attrata da quell'arrogante ragazzo a cui mi sono affezionata, ma non lo ammetterò mai, sopratutto davanti ad egli stesso. L'amore porta in un altro mondo dove i sogni, le passioni e i desideri sono gli elementi che formano la tua anima. Perché, sì, non ci sarà più quel conflitto all'ultimo sangue tra testa e cuore. Ci saranno solo l'anima del tuo corpo e del soggetto che sceglierai di amare e che a sua volta sceglierà di amarti, formeranno un unico spirito. E non esiste che uno stia senza l'altro, saranno sempre legati da un filo invisibile che mano a mano cresce e si rafforza. E quindi, mio caro Shakespeare, non ti devo dare forse ragione? ".

Chiusi il diario delicatamente sul tavolo e mi accasciai contro lo schienale della sedia della cucina. Ero confusa, frustata e non sapevo cosa fare. Ormai dovevo rispettare la scommessa, non sarebbe stato corretto ritirarmi dopo aver promesso. Perché io ho sempre mantenuto le mie promesse.

Portai le gambe al petto bevendo un po' di camomilla dalla mia tazza verde. Mi ero convinta che quella sostanza era tranquillizzante. Ma non quanto le braccia di Jace, aggiunse la vocina della mia testa. Ogni cosa mi riportava a lui, come era possibile?

Mi rannicchiai dentro il cardigan di lana bianco dato che avevo solo una cannottiera. Decisi di alzarmi per riempire la tazza.

Le dita dei miei piedi nudi andarono a contatto con il pavimento gelato se non fosse stato per i pantaloni extra-large del pigiama, che mi coprivano quasi tutta la pianta del piede.

Accesi il fuoco, mescolando la tisana, per farla riscaldare bene.

Non mi preoccupavo che qualcuno potesse scendere a quell'ora: erano le cinque di mattina ed il sole stava per sorgere. Non ero riuscita a dormire; più mi giravo tra le coperte, più quella piccola briciola di sonno spariva.

Improvvisamente sentii il cellulare vibrare poggiato accanto ai fornelli. Lo presi e schiacciai sul tasto 'accetta'.

-Clary-. Affermò la voce dall'altra parte del telefono, una voce che conoscevo tanto da saperla riconoscere ovunque.

-Simon-. Imitai un po' confusa da quella chiamata così inaspettata.

-Stavo pensando che domani sarebbe un giorno perfetto per venire-. Ammise, e potei sentire che sul suo volto era spuntato un sorriso, come nel mio.

-Davvero? Vuoi dire che tra qualche ora ci rivedremo? -. Ridacchiai contenta perché finalmente l'avrei rivisto.

-Calcolando che questo momento è già domani, ti direi... apri la porta o rischio di svegliare tua mamma-. E Jace, aggiunsi mentalmente. Rimasi scioccata e a bocca aperta da quelle parole. Abbassai un po' il telefono fissando fuori dalla cucina. Mi avvicinai fino ad arrivare alla porta per poi aprirla lentamente. Simon era lì.

- Chiudi la bocca che entrano le mosche- . Mi derise Simon abbracciandomi. Rimasi per qualche secondo immobile, poi realizzai che il mio Simon era difronte a me, e l'abbracciai forte con ancora il telefono in mano.

-Simon-. Sussurrai sul suo collo. -Mi sei mancato-. Aggiusi staccandomi.

-Anche tu-. Disse guardandomi negli occhi. Lo feci entrare e gli chiesi se voleva qualcosa da bere.

- Un bicchiere d'acqua, per favore-. Ammise buttandosi sulla sedia. Si notava che era stanco. Gli occhiali gli erano un po' scesi alla fine del naso, e anche se non lo voleva dar a vedere, aveva delle lievi occhiaie. Mi sentii in colpa, se non fosse stato per me ora poteva essere nel meglio del sonno a casa sua.

-A che ora ti sei svegliato, Simon?-. Chiesi seduta su una gamba nella mia sedia, girando il liquido nella tazza.

- Non importa, Clary-. Affermò  evitando il mio sguardo.

-Cosa succede?-. Chiesi in fine. Volevo sapere perché il mio Simon era cosi. Lui non si era mai comportato così con me.

-Niente, sono solo stanco-. Ammise massaggiandosi il ponte del naso. Quella risposta poteva anche essere in parte vera, ma non era tutta la verità. Un po' ero rimasta delusa. Io e Simon ci siamo detti sempre tutto. Forse non sarei la persona più indicata a parlare, perché da quando ho incontrato Jace le cose fra noi sono cambiate. Ed era anche colpa mia.  

-Okay-. Fu l'unica cosa che potei dire. Mi alzai e uscii dalla cucina per andare di sopra.

-Dove vai?-. Chiese esasperato alzandosi lentamente.

-Vado a prenderti delle coperte-. Detto ciò, salii le scale affiancate al muro e, arrivata di sopra, aprii l'armadio nel corridoio prendendo due coperte. Scesi subito in salotto, poggiandole su un comò.

-Simon vieni qui-. Dissi alzando un po' la voce per far si che mi sentisse. Arrivò subito con una faccia confusa. Alzai gli occhi al cielo e gli indicai il divano.

-Aiutami ad aprirlo, così ti sistemo le coperte per dormire-. Alla fine fece tutto lui; aprì il divano-letto in un batter d'occhio. Se l'avessi fatto io a quest'ora mi sarei già arresa e avrei dormito per terra. Gli sistemai per bene le coperte e aprii la lampada bedge vicino al divano. Simon di conseguenza spense la luce grande della stanza.

-Dai,siamo stati bravi-. Ammise mettendo le mani ai fianchi. La luce fioca dava proprio l'effetto di tranquillità.

-Si-. Ammisi con un piccolo sorriso. Mi avvicinai e lo abbracciai, ancora contenta della sua presenza.

-Buonanotte-. Dissi staccandomi. Il sonno era finalmente tornato, così incominciai a salire le scale.

-Buonanotte-. Affermò Simon. E rivolgendogli un piccolo e stanco sorriso, finii di salire le scale. Arrivata in camera costatai che in quel momento avevo ciò di cui avevo bisogno . Mi rannicchiai sotto le coperte sentendomi protetta.



Buona Pasqua in ritardo di due giorni!
Questi tre capitoli sono il mio uovo kinder per voi!
Anche se il kinder non lo supera nessuno ahahahah
Che ne pensate? Ve piasano? Continuo a 5 recensioni!
Baci

ila xx

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Capitolo 21
*** Capitolo 21. ***


"Ti sto odiando" affermai togliendomi le coperte dalla faccia. Jace era venuto in camera e mi aveva messo vicino alle orecchie la musica a tutto volume. Di conseguenza ero caduta dal divano con un urlo in un ammasso aggrovigliato di coperte.
"Odio quando fai 'ste bambinate" Ammisi alzandomi. Mi misi davanti allo specchio per cacciare e rifare la mia coda dato che sembrava tutto tranne che quella. Jace mi raggiunse con le mani in tasca abbracciandomi da dietro. Il suo sguardo catturò il mio attraverso lo specchio.
"Mh, meno ventiquattro". Affermò riferendosi alla scommessa. Da una parte volevo perderla, dall'altra volevo dimostrargli che anche io potevo prendere e rispettare le mie decisioni. Gli feci la linguaccia portando finalmente le mani lungo i fianchi e ammirando la mia bella coda rossa.
"Guarda come siamo belli insieme; non capirò mai le scelte di una ragazza". Disse per poi darmi un bacio sul collo scoperto provocando una serie di brividi.
"Infatti, non capirò mai gli atteggiamenti di un ragazzo". Ribattei spostandomi per andare a prendere i vestiti. Jace era rimasto lì, le braccia nelle tasche, un sorriso beffardo mascherato.
"Ora,se permetti, mi dovrei fare una doccia". Affermai in modo tale da farlo uscire dalla mia stanza.
"Si,anche io". Disse, e incominciò a sbottonarsi la camicia.
"Cosa? No!" Diventai tutta rossa e feci per avvicinarmi. "Io faccio la doccia, tu esci". Aggiunsi.
"E va bene". Disse finto dispiaciuto "Chi capirà mai le ragazze..". Aggiunse scuotendo la testa e attraversando l'arco della porta. I muscoli della sua schiena si flettevano insieme a lui, e la vocina della mia testa mi rimproverava per averlo cacciato via. Si girò per guardarmi con la faccia da cucciolo bastonato.
"Ne sei proprio sicura? Ti potevo insaponare le spalle" Ammise avvicinandosi un po'. Feci cenno di si per poi chiudere la porta con un "grazie" e un piccolo sorriso.
Il getto di acqua calda mi rilassò le spalle. Per un momento riuscii a non pensare a niente, e fu la sensazione più rilassante e orribile di sempre. Rilassante perché le mille domande scompaiono; orribile perché alla fine quei pensieri che tanto rifiuti ti mancano.
Dopo aver indossato una camicia a quadri neri e rossi e un paio di leggins, fui pronta per scendere in salotto. Arrivata, trovai Simon ancora in uno stato di sonno profondo. Provai a scuoterlo ma l'unica risposta, o meglio gesto,fu la sua schiena rivolta verso me. Abbandonai l'idea di uscire e incominciai a bere un succo all'ananas.
Mentre stavo lavando le stoviglie,  entrò Jace con il suo cappotto di pelle.
"Metti il giubotto" Affermò solamente per poi uscire dalla cucina. Ormai sapevo sarebbe stato inutile chiedere; se non me lo avesse detto di sua spontanea volontà potevo farne a meno. Feci come richiesto e indossai anche un  cappello e una sciarpa di lana nera.
L'aria fredda mi colpì le guance, e misi subito le mani in tasca per trattenere un po' di calore. Jace mi guardo come 'te lo avevo detto'.
Camminammo per almeno cinque minuti senza alcun tipo di conversazione. Quando un imponente palazzo grigio catturò la mia attenzione, ci fermammo.
"Riesci a vederlo per quello che sei. E se te lo stai chiedendo,questo sarà il tuo centro di allenamento".
Al centro della struttura c'era un enorme segno somigliante alla testa di un ariete. Le cornici di ogni finestre erano marchiate con diverse rune di cui non capii bene il significato. I vetri delle finestre erano marchiati con lettere. Erano divisi in due piani.
"S...h....w" incominciai a leggere le vocali fino a quando non mi fermai sorpresa.
"Shadowhunter" . Affermai stupita dalla bellezza e imponenza di quella perfezione così sminuziosa. A quell'affermazione le porte si sbloccarono. Jace si avvicinò e le spinse mostrando un lungo e grande corridoio in parché. Si sentiva solo il rumore dei nostri passi. Guardavo estasiata fuori dalle finestre contorniate da tende vellutate in rosso legate ai bordi attraverso fili d'oro. Si intravedeva un enorme giardino ben curato con diverse palme.  Jace aprì una porta e attraversiamo questo enorme giardino dove notai vi erano alcuni shadowhunters che si allenavano chi senza armi, chi con oggetti mai visti.
"Non pensavo ci fossero altre persone". Ammissi entrando in una palestra enorme. Il giardino era alle nostre spalle,  e non vedevo l'ora di ritornarci. Era così pacifico.
"Beh, se volevi che rimanessi soli potevi pure chiedermelo che saremmo rimasti in camera mia". Affermò con un piccolo sorriso. Effettivamente in quel momento eravamo soli in palestra. Non riuscì a non ridacchiare e gli diedi un piccolo pugno sulla spalla.
Neanche il tempo di allontanare il pugno dal suo braccio che mi prese il polso facendomi fare un giro su me stessa, fino a quando non andai a trovarmi schiacciata tra il muro e Jace, che mi aveva bloccato tutti e due i polsi contro il mio barra suo petto. Il respiro si era mozzato, era successo tutto così velocemente. Il suo respiro lo sentivo sulla guancia e i suoi occhi erano concentrati sui miei. Quel fuoco si stava accendendo, e non era una buona cosa, né per me e né per lui,sorpatutto per quella vicinanza troppo stretta.
"Lezione numero uno". Disse con voce roca. "Mai scherzare durante un allenamento". Aggiuse. Improvvisamente trovai il giusto coraggio per avere l'ultima parola.
Misi una gamba attorno al suo ginocchio e la piegai. Jace cadde a terra con ancora i miei polsi racchiusi nelle sue mani, ed io caddi sopra di lui.
"Lezione numero due". Scherzai. "Mai distrarsi durante un allenamento".

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Capitolo 22
*** Capitolo 22. ***


-Okay,basta-. Dissi col fiato corto. Mi appoggiai al muro asciugandomi con una mano la fronte dal sudore. Era da giorni che ci allenavamo tre ore la mattina e altrettante nel pomeriggio.
Simon se n'era andato quasi subito, scoraggiato dal fatto che Jace mi portava sempre via molto tempo e affermando che non avessi più tempo per lui.
Effettivamente non aveva tutti i torti.
Mi aveva promesso che sarebbe tornato dopo Natale perché la ragazza con cui si sentiva momentaneamente gli aveva chiesto di uscire insieme.
Non ero gelosa, non volevo solo che si dimenticasse di me e che lei gli portasse via tutto il tempo. D'altronde, non avevo fatto involontariamente la stessa cosa?
Jace, al contrario, sosteneva che la sua venuta non doveva cambiare i piani e quando glielo chiesi si arrabbiò .
-La sua venuta, non era prevista. Ti devi allenare Clary-. Affermò la seconda giornata in quell'enorme palestra.
-Pensavo solo l'avesti fatto apposta-. Ribattei prendendo la mia felpa posata sulla lunga panchina di legno.
-Senti, se si fosse davvero curato della tua incolumità, non penso questo allenamento gli avrebbe causato problemi-. Disse, per poi andarsene nello spogliatoio per farsi probabilmente una doccia. Il discorso era chiuso.
Ora invece sembrava aver dimenticato la rabbia nei suoi confronti, aveva tenuto il broncio per giorni.
-va bene,ti do una tregua-. Disse prendendo l'asciugamano dalle spalliere per metterselo intorno al collo.
-Dieci minuti e si ricomincia, carina-. Da una settimana a questa parte non la smetteva di chiamarmi con quell"orrendo soprannome.
-Odio quando mi chiami così-. Affermai.
-Mh, siamo ancora a sette motivi, e la scadenza è quasi al termine-. Giá, i famosi 'motivi'. Diciamo che in questi giorni mi ero inventata di tutto. Gli avevo detto che odiavo più o meno qualsiasi cosa facesse durante l'allenamento,ed ero arrivata a sette.
-Scusa? Quale scadenza?-. Mi stava prendendo in giro? Avevamo detto solo venticinque motivi.
-Natale. A mezzanotte del 25 scade la scommessa-. Sbarrai gli occhi facendo cadere le braccia lungo i fianchi.
-Cosa?! Non abbiamo stabilito nulla del genere -. Affermai gesticolando. Mancava solo una settimana a Natale! Se ne avevo trovati sette in otto giorni, come ne avrei potuti trovare diciotto in sei?!
-Infatti non l'abbiamo stabilito, l'ho stabilito-. Disse tranquillo come se da questo non dipendesse una scelta.
-Ti odio-.
-L'hai già detto-.
-Ti prenderei a schiaffi-. Dissi rossa dalla rabbia.
-Mi hanno detto di peggio-. Ribattè alzando le spalle. -Pausa finita. Si ricomincia-. Aggiunse posando la tovaglietta per poi posizionarsi al centro della palestra.
Lo seguii scocciata e furente. Due combinazioni esplosive.
-Sei pronta?-. Chiese guardandomi con una piccola scintilla negli occhi.
-No, ma hai fatto incazzare una ragazza-. Affermai per poi buttare la felpa verso i bordi della palestra.
-Sto morendo di paura-.Ridacchiò.
Mossa sbagliata.
Incominciammo a girare in torno ad un cerchio immaginario. Non molto vicino a me c'era una spada Angelica. Continuai a camminare in tondo cercando di non buttare troppo l'occhio su quell'arma. Quando fui abbastanza vicina cercai di agire più rapidamente possibile.
Allungai il piede e la feci rotolare in modo che si trovasse sopra le mie scarpe,dopodiché diedi una piccola spinta facendola finire dritta sul mio palmo disteso.
Ora io ero armata e lui no.
1-0 per Clary.
Un sorriso furbo si era formato sul mio viso. Feci passare la spada da una mano all'altra per poi affondare un colpo, ma Jace fece una capovolta in avanti trovandosi affianco un'altra spada. La prese e si alzò continuando a girare.
1-1.
Fu lui stavolta a cercare di colpirmi, ma parai più volte tenendo la spada con due mani nelle sue estremità. Io indietreggiavo e lui avanzava. Mi colpì la mano provocandomi dolore. Tra qualche minuto si sarebbe formato un livido. Ora si che ero incazzata.
Feci qualche passo in avanti e inchiodai la spada per terra tenendo l'estremità con le mani. Grazie a quella piccola corsa alzai i piedi per poi girare in aria staccando la spada da terra, atterrando di spalle a Jace. Girai velocemente e con una mano passai la spada davanti al suo collo per bloccarla poi con l'altra.
Strinsi un po' e il mio respiro era sul suo collo. Il mio ginocchio colpì il suo da dietro facendolo inginocchiare. Era bloccato.
- 3-2,Wayland. Ho vinto-. Gli sussurrai all'orecchio. Mi staccai indietreggiando con ancora la spada nella mano. Respiravo faticosamente. Si alzò anche lui affannato e mi guardò intensamente. Buttai la spada a terra e lui fece lo stesso.
-Come dicevi,scusa?-. Chiesi tra un respiro e l'altro.
-Come allenatore ti devo dire brava. Come Jace ti devo dire che mi hai fatto male-. Disse massaggiandosi il collo con un sorriso che spuntò anche nelle mie labbra.
Fu la più grande soddisfazione della mia vita.
Tornammo a casa mezzi morti per la stanchezza. Mia mamma era in cucina e prima che dicesse qualcosa le chiesi un bicchiere d'acqua.
-Cosa ti è successo,Jace?-. Chiese notando il collo rosso. Jace accennò un piccolo sorriso.
-Ho solo capito che non bisogna mai fare incazzare una ragazza -.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23. ***


-Clary, ci sono visite!-. Gridò mia madre dalla cucina.
-Arrivo!-. Le urlai di rimando. Ero in camera mia e stavo studiando le rune, cercando di riprodurle il più simile possibile. Ci riuscii solo perché amavo disegnare. Erano complesse,per non parlare della runa del Vero Nord. Ma la parte più difficile non era saperle riprodurle, ma sopratutto ricordarle.
Roteai sulla mia sedia girevole e corsi subito giù scendendo le scale due alla volta. Rischiai di cadere nell'ultimo gradino, e senti mia madre e una voce familiare ridere. Arrivata in cucina vidi una chioma nera nascondere una risata in tutta la sua bellezza.
-..Isabelle?-. Chiesi stupita. Si alzò vendendomi ad abbracciare. Ricambiai un po' titubante. Nonostante l'abbia vista complessivamente solo due volte, sono felice che si sia affezionata a me così velocemente.
-Come stai?-. Chiesi nascondendo un po' d'imbarazzo.
-Io bene, tu piuttosto?Ho saputo che finalmente Jace si è deciso a mettere la testa al posto!-. La mia bocca si spalancò e il mio sguardo cercò subito mia madre che in imbarazzo se la cacciò con un'alzata di spalle. Riportai lo sguardo su Isabelle.
-No, Isabelle. Io e Jace non stiamo insieme, sei stata informata male-. Affermai con un lieve rossore sulle guance. Ovviamente non potevo dire 'Ehi! Hai ragione, infatti abbiamo scommesso e a breve termine si saprà come andrà a finire!'.
-Ah,peccato-. Disse alzando le spalle -E ti prego, chiamami Izzy-. Aggiunse con un piccolo sorriso che ricambiai subito. Ci sedemmo sulle sedie del tavolo rettangolare e,dopo aver fulminato mia madre con lo sguardo, incominciai a raccontare a Isabelle del nuovo addestramento e mi raccontò la prima volta che aveva preso un'arma in mano. Aveva cinque anni e aveva tirato il pugnale dritto sopra la testa di Alec. Per poco non l'avrebbe ucciso. Jocelyn le chiese novità sul Conclave e sull' Istituto di Brooklyn, e su altre cose riguardanti affari che non capii quasi per niente.
-E allora, qual buon vento ti ha portato qui?-. Chiesi stupidamente. Sicuramente per Jace,pensai.
-Beh, Alec voleva venire e stare un po' con Jace,così ne ho approfittato per tornare a salutarti-. Sorrise dolcemente. Non pensavo avessi trasmesso tutto questo affetto ad una persona così poco conosciuta.
-Grazie Isab.. Izzy-.Dissi timidamente ma profondamente colpita da come una persona come lei potesse spruzzare felicità da tutti i pori, e volerti bene così semplicemente.
-Isabelle e Alec rimarranno a cena con noi stasera,il viaggio è stato lungo e sarebbe una sfacchinata ripartire subito-. Affermò Jocelyn rivolgendole un sorriso. Le aveva fatto più che un buona impressione. Già la adorava.
-Si certo, perché non ti fermi pure a dormire?-. Chiesi entusiasta guardando mia madre che annuì in consenso.
-Grazie mille per l'invito, ma devo chiedere ad Alec... -. Disse un po' incerta su cosa fare o dire. Sembrava vivere delle sue scelte. Mi venne un'idea.
-Tranquilla, lo convinco io ad Alec-. Affermai sicura del mio nuovo piano. Isabelle mi guardò stranita ma con un "Okay", alzò le spalle contenta.
-Approposito, dove sono Alec e Jace?-. Chiesi guardando oltre la cucina, in salotto, non trovando nessuno.
-Sono nel retro-. Affermò mia madre poggiando il mento sul palmo della mano.
-Probabilmente in qualche scontro-. Aggiunse Izzy ridacchiando. Evidentemente quando viveva con loro queste cose erano all'ordine del giorno.
-Arrivo subito-. Asserii sorridendo per poi dirigermi in salotto.
Dalle finestre completamente in vetro vidi solamente Alec intento ad affilare un pezzo di legno con un coltello. Uscii fuori stringendomi le braccia al petto. Si gelava, d'altronde era il 18 di Dicembre.
-Ciao-. Lo salutai con un piccolo sorriso.
-Ciao-. Ricambiò allo stesso modo.-Come stai?-. Chiese guardando la sua nuova lancia. La girò di fronte ai suoi occhi per trovare qualche imperfezione.
-Mh, bene, grazie. Tu?-. Dissi semplicemente, e lui continuò a limare il legno.
-Nom c'è male. Cosa ti serve?-. Arrivò subito al dunque mettendomi in imbarazzo.
-Ugh... Sai per caso dov'è Jace?-. Chiesi tutta rossa. Mi aveva stupito come aveva capito subito le mie intenzioni.
-Strano che lo chieda a me, d'altronde è casa tua. Comunque penso sia nella sua stanza-. Disse continuando ad affilare. Sussurrai un "Grazie" e corsi subito di sopra.
Entrai dentro la camera di Jace dopo aver bussato. Era sdraiato sul letto a leggere sul libro. Supino e con i piedi incrociati, era concentrato e nemmeno notò la mia presenza.
-Jace mi devi fare un favore-. Dissi sicura e mi avvicinai al letto.
-Devi convincere Alec a restare per la notte,così Isabelle potrà rimanere-. Continuai dato che non ricevetti risposta. Mi morsi il labbro sperando che mi aiutasse.
-Mmh... Va bene-. Disse sedendosi. Rimasi stupita dal suo consenso istantaneo. Mi guardò nel modo che solo lui sapeva fare, uno sguardo intenso. -Ma voglio qualcosa in cambio-. Aggiunse. Lo sapevo che non avrebbe accettato tanto semplicemente.
-E dai Jace, per forza?-. Chiesi un po' scocciata.
-No,ma Alec può pure tornarsene a casa-. Disse con un sorriso furbo.
-Eh va bene, tutto quello che vuoi, basta che mi dici di si!-. Affermai esasperata. Il suo sorriso si allargò. Troppo, per i miei gusti.
-D'accordo-. Disse assecondandomi. Sospirai di sollievo e feci per andarmene. Jace mi prese il polso tirandomi a sè, le mie mani erano contro il suo petto.
-Dove credi di andare?-. Chiese retoricamente abbracciandomi i fianchi.
-Mi devi tanti di quei baci-. Disse attuando la sua affermazione. Mi staccai subito.
-Cosa?! Non intendevo tutto quello che.. Ah, fanculo la mia boccaccia!-. Constatai cercando di allontanarmi. In risposta mi fece sdraiare sopra di lui, poi cambiando le posizioni. Ora ero proprio bloccata.
-No, è tanto morbida e invitante-. Sussurrò con voce rauca. Incominciò a posare tanti piccoli baci sulle mie labbra e non potei che sciogliermi di felicità. Volevo sempre di più ma sarei sembrata incoerente alla scommessa. Da tanti piccoli baci passò a uno molto più approfondito e passionale. Gli cinsi il collo con le braccia.
-Sei dannatamente bravo a baciare-. Sussurrai provocandogli una piccola risata.
-Ancora non hai visto niente-. Sussurrò di rimanda sul mio orecchio. Mi baciò il collo fino ad arrivare alla clavicola.
-Jace..-. Lo richiamai cercando di mantenere il controllo. Mi baciò per non farmi continuare.
-Non capisco perché ti ostini tanto a respingermi-. Mi sussurrò a fior di labbra.
Improvvisamente la porta si aprì e Jace si mise quasi sopra di me, sdraiato di lato, per nascondere la mia figura alla porta. Se ci avrebbero visto in questo stato ci sarebbero state delle questioni.
-Jace caro, è pronto-. Disse mia madre. Sentii che non si mosse, rimase sulla porta.
-Si,arrivo subito Jocelyn. Grazie-. Le sorrise senza muoversi. La porta si stava per chiudere quando mia madre riparlò.
-Hai per caso visto Clary? Non l'ho trovata da nessuna parte-. Soffocai una risata.
-Tranquilla, ora la vado a chiamare io. Probabilmente sarà in bagno-. Disse Jace tranquillamente. Jocelyn gli rispose con un semplice "okay" e sicuramente un sorriso, per poi chiudere la porta. Aspettammo due minuti e poi scoppiammo a ridere. Ci guardammo negli occhi quasi lacrimanti e capii una cosa fondamentale.
Ero sicura che avrei voluto tanti di questi momenti con lui.
Ero sicura che avrei voluto Jace, nonostante quella stupida scommessa.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24. ***


Ed sheeran-Thinking out loud
-Mmh! Odio quando mi fai cadere! Odio quando mi faccio male per colpa tua! Odio quando mi prendi in giro e odio il fatto che finisco a terra la maggior parte delle volte!-. Mi ero stufata di questo allenamento del cavolo. Ero pur sempre un essere umano, non dovevo spaccarmi tutte le ossa tutti i giorni.
Mi pulii i leggins un po' sporchi e mi alzai. Sentii una piccola risata, ma non ebbi bisogno di girarmi. Sapevo chi era, e ovviamente non proveniva da Isabelle.
Senza proferire parola presi la mia felpa e mi avvicinai a Jace in tutta la calma che riuscii a trovare. Mi fermai di fronte alla sua figura.
-Odio sembrare ridicola-. Gli sussurrai ormai con le lacrime agli occhi. Jace non capii subito e gli indicai Alec con un cenno, che aveva un sorrisino da prendere a schiaffi. Non mi interessava la sua risposta, così camminai a testa alta fino ad uscire dalla palestra.
Nessuno sapeva cosa provavo realmente.
Dentro avevo un uragano di emozioni e il mio unico obiettivo era quello di non far trasparire nulla. Ma non ci potevo riuscire per sempre.
Cercai un panchina e mi sedetti subito con le gambe al petto e le abbracciai.
Chiusi gli occhi e cercai di ricordare la mia vecchia vita, Simon, la signora Smith che di nascosto da mamma ci dava a me e al mio migliore amico delle fette di torta al cioccolato, alle giornate passate ad ascoltare la band di Simon, alla mamma e a Luke. Non mi ero accorta che una calda lacrima era scesa senza permesso. Mi mancava Brooklyn e la mia vecchia vita.
Stavano arrivando,non potevo trattenerle ancora. Mi morsi il labbro e guardai il cielo azzurro. Non piangere, non piangere, mi ripetevo. Ma ormai era troppo tardi. Incominciarono a scendere tutte insieme, calde e pesanti. Ognuna di essere mi solcava il viso e ebbi l'impressione che me lo stessero scavando. Non c'era il bisogno di asciugarle, bisogna affrontarle e basta.
Qualcuno si sedette affianco a me. Era Jace, che guardava davanti a sè, come se stesse pensando a qualcosa di importante. Non avevo voglia di parlare.
-vai via-. Dissi nascondendo la testa tra le mie braccia. Non si mosse,rimase lì in silenzio.
-Sai, Jozsef Eotvos diceva che se sappiamo che un ostacolo è insormontabile,non è più un ostacolo, ma un punto di partenza-. Disse infine. Lo sapevo cosa voleva comunicarmi senza troppo giri di parole.
Nuova vita,nuova città, nuove regole.
Ma io non volevo nulla di tutto questo. Non ero all'altezza.
-non c'è la faccio-. Dissi chiudendo gli occhi con forza per poi ricominciare a piangere. Jace mi circondò le spalle facendomi appoggiare la testa sulla sua spalla. Non volevo che nessuno mi vedesse piangere, ma con Jace era diverso. Jace era diverso.
Mi diede un bacio sulla nuca stringendomi a sè. Mi sentivo protetta,capita. Forse era quello che volevo?
-Ti porto a casa-. Disse rivolgendomi un piccolo sorriso. Mi porse la mano e la guardai.
Jace aveva ascoltato il mio silenzio.
La strinsi e uscimmo fuori da quella struttura. Non mi vergognavo a tenergli la mano, anzi. Arrivammo a casa ma mi fermò prima di entrare. Eravamo uno di fronte l'altra. Il suo sguardo era così profondo che non riuscii a muovere nessun muscolo quando mi accarezzò la guancia. Si avvicinò e mi diede un piccolo bacio sul punto che avevo toccato.
-odio essere presa alla sprovvista-. Dissi con un piccolo sorriso. Ed era vero; Jace non era il tipo da bacio sulla guancia. Si avvicinò sorridendo senza smettere di guardare le mie labbra.
-Accontentata-. Detto ciò, appoggiò la mano sulla stessa guancia baciandomi. Poggiai anche io la mano sulla sua.
In quel momento sentivo che era parte della mia vita.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25. ***


PREMESSA:
Ragazze, dato che gli ultimi due capitoli li ho scritti sentendo canzoni che hanno coinvolto abbastanza il testo, pensavo di coinvolgerle mettendo i titoli a inizio capitolo, così se vi va potrete anche ascoltarle durante la lettura.
I titoli ovviamente saranno attinenti al contenuto del proprio capitolo. Lo aggiungerò anche al capitolo precedente. Ora vi lascio se no mi dilago c':
Buon lettura!
 
Paramore-the only exeption
 
I raggi del sole mi colpirono il viso. Mi sembrava di essermi appena addormentata, invece erano passate ben dodici ore. Gli occhi mi facevano male e mi sembrava di essere stata investita da un carro armato. Mi stropicciai gli occhi e mi avvicinai alla finestra spostando la tenda di lato.
Jace era in cortile con Isabelle, stavano scherzando insieme e sentii una fitta allo stomaco.
Non potevo essere gelosa,no. Jace era diventato un elemento importante della mia vita,si, ma niente di più. O almeno l'ho sempre sperato. Affezionarmi a lui avrebbe significato accettare quel che sono e io non ero pronta. Ma Jace era l'eccezione che confermava la regola. Io per lui avrei fatto di tutto.
E se quel tutto significava allenarmi tutti i giorni, io l'avrei fatto.
Se avesse significato dargli la vita, io l'avrei fatto.
Se avesse significato accettare quel che sono, probabilmente l'avrei fatto.
Io ho sempre sperato di non mostrarmi pronta per far cambiare idea a Jocelyn e a Jace,in modo tale che avrebbero abbandonato l'idea di trasformarmi in quello che non pensavo di essere.
All'inizio ero convinta che sarei riuscita a mentire a Jace, ma mi sbagliavo. Io ero come un libro aperto di fronte ai suoi occhi. E questo non mi turbava,stranamente. Però avrebbe portato ad un'unica e sola conseguenza: farmi trasportare dalle emozioni. Ed era la cosa giusta? Non trovavo la risposta.
Sospirai e mi diressi in bagno per farmi una bella doccia calda. Oggi era il 20 di Dicembre, e dovevo assolutamente andare a comprare alcune cose per il pranzo di Natale, ma sopratutto regali. Io ho sempre amato quel momento in cui ci si scambiano i regali, è come scambiarsi una promessa.
Decisi di fare colazione fuori, così presi le chiavi di casa e mi incamminai verso il cancelletto. Una voce profonda che seppi riconoscere subito gridò il mio nome, così mi girai ammirando Jace in tutta la sua bellezza e straordinarietà, mentre si incamminava verso di me. Le mie guance si tinsero di porpora e abbassai lo sguardo, non so per quale strano motivo.
-Clary! Dove vai?-. Chiese sorridendo. Ogni volta che lo faceva non smettevo di contemplare quello splendido sorriso.
-I-io.. Sto andando a comprare delle cose-. Sussurrai portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio . Cosa mi era preso quella mattina? Forse aver ammesso la verità aveva portato alla consapevolezza.
-Ti accompagno-. Disse portando un braccio sulle mie spalle. Perché cavolo non ho voluto accettare la proposta di stare insieme sin dall'inizio ?!
Annuii e ci incamminammo per le strade di Cademon's fell.
***
-Guarda che bello questo!-. Dissi tenendo il maglioncino badge dalle spalle per regolarmi della grandezza.
-Si, penso che piacerà a Simon-. Disse continuando a girare tra i tipi di vestiari. Effettivamente era stata una buona idea far venire Jace per avere un'altra opinione. Avevo comprato un medaglione portafortuna ad Isabelle da attaccare al suo bracciale pieno di ricordi-del quale non sapevo l'esistenza,grazie Jace-, una collana per mia madre con una nostra foto dentro il ciondolo a forma di cuore e un pugnale lavorato con su scritto 'A.L.' sul dorso ramato per Alec. Anche se non avevamo un buon rapporto, avevo deciso di cercare di conquistare un po' di fiducia anche attraverso le piccole cose.
Mancava il pranzo di Natale e il regalo per Jace.
Ci dirigemmo per prendere il suo regalo senza che lo sapesse.
-Perché ci hanno venduto il pugnale senza chiedere carta di identità o qualcosa del genere?-. Chiesi durante il tragitto. Per tutto il tempo cercai di darmi una risposta, ma non la trovai.
-Seriamente Clary?-. Rise e mi guardò come se avessi fatto la domanda più stupida che potessi fare. Ricambiai lo sguardo di conseguenza e capì che non stavo scherzando.
-Cademon's fell è anche chiamata la Città Caduta. Un tempo era il centro di tutti gli essere viventi: shandowhunters, nascosti e demoni. Tutti e tre collaboravano insieme, anche se con molta diffidenza verso i demoni. Come avresti dovuto studiare nel libro che ti ho dato,-Disse lanciandomi un'occhiata-I demoni tendono al potere, e non hanno una grande intelligenza. Ci fu così una guerra che portò ad unire noi e i Nascosti. Anche se vincemmo, la città non era più la stessa, le barriere erano state infrante e la sicurezza era diminuita. Così fu abbandonata dal punto di vista politico e tutti si trasferirono ad Alicante. Tutte le persone, o la stragrande maggioranza, sono o shandowhunters o nascosti. Per questo motivo ti hanno dato il pugnale, perché gli shandowhunters usano i pugnali-. Disse infine sorridendo.
Rimasi un po' stordita e scioccata. Davvero questa era la storia del paesino in cui vivevo? Forse per questo motivo mia madre ha deciso di trasferirsi proprio qui. Per il resto del tragitto non proferimmo parola. Solo quando arrivammo alla Bottega dello Squarcio incominciamo a dirci le nostre opinioni.
Un bracciale catturò la mia attenzione. Era di cuoio marrone e la sua struttura era divisa in tre strisce che andavano a formare una treccia. -Questo-. Dissi indicandolo. Jace lo scrutò senza staccare lo sguardo. Lo comprai facendo incidere nella parte interna, che toccherà la pelle quindi non si vedrà, la scritta "J+C". Supposi che il giorno di Natale dovevamo stare insieme,già deciso in partenza, quindi la scritta ci stava. Jace fortunatamente stava facendo un giro per gli scaffali mentre comprai il bracciale.
-Per chi è? -. Chiese mentre misi il concentrato di pomodoro nel carrello della spesa.
-Il bracciale? Per... un amico-. Dissi facendo finta di osservare le varie marche di mascarpone.
-E chi sarebbe questo amico?-. Continuò mettendo dentro l'agnello. Ancora non ci eravamo guardati negli occhi. Uno affianco all'altro, a mettere dentro lo stretto necessario; chi prendeva a sinistra, chi a destra.
-si chiama...beh il suo nome è..Jake. Si,Jake- . Affermai arrivando di fronte la cassa. Fortunatamente non aveva fatto altre domande. Cercai di prendere l'agnello ma era troppo pesante. Provai più volte, ma niente. Jace sorridendo lo prese con disonvultura lanciandomi uno sguardo del tipo 'avevi bisogno di me'. Alzai gli occhi al cielo.
-Odio il fatto che tu mi faccia sentire fragile-.
-Non è vero-.
-Si che è vero-.
-No-.
-Si-.
-No-. Sbuffai alla sua testardaggine e pagai. Cercai di prendere tutte le buste ma non avevo abbastanza forza. Arrivò Jace, ovviamente.
-Sei a 14 motivi e mancano solo cinque giorni a Natale. Stai cercando di perdere in partenza?-. Ridacchiò guardandomi. Stavamo oltrepassando il piccolo vialetto di casa.
-Forse-. Ammisi posando le buste a terra. Cercai le chiavi nel cappotto e aprii la porta. Così ripresi le buste e Jace mi seguì in cucina poggiando tutto nel tavolo.
Incominciammo a smistare e posare tutto per mettere ordine.
-Non vedo l'ora che sia Natale-. Ammise cingendomi i fianchi. Incominciò a lasciare piccoli baci sul mio collo.
-Perché? -. Chiesi ridendo,mi faceva il solletico.
-Perché potrò urlare al mondo che sei mia-. Mi baciò delicatamente. Improvvisamente risi perché incominciò a farmi il solletico seriamente. Anche Jace rideva, ed in quel momento ero felice.
-E tu?-. Chiese fermandosi per potermi guardare negli occhi. Eravamo vicinissimi.
-Io cosa?-.
-Aspetti anche tu Natale?-. Ci misi un po' a rispondere, ma avvicinai le mie labbra alle sue.
-Si-.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26. ***


Jonathan Clay-Heart on fire
-Un attimo...ecco! Penso che così tu sia perfetta-. Disse Isabelle poggiando le mani sulla sedia dove ero seduta. Mi ammirai allo specchio.
Ero io quella ragazza riflessa allo specchio?
Sembravo tutt'altra persona rispetto alla vecchia Clary.
La vecchia Clary non usava l' eye-liner, nè il fard.
La vecchia Clary sarebbe andata a ballare con jeans e maglietta, proprio come quando incontrai Jace, Izzy e Alec per la prima volta. Chi poteva immaginare che ora saremmo stati tutti qui, insieme?
Capelli tirati in uno chignon alto con qualche ciocca ai lati del viso, mi stavo preparando per andare in discoteca. Già, io a ballare... Quando mai.
Isabelle era pronta, ed era bellissima come sempre. Con i capelli corvini sciolti e un festino mono-spalla giallo canarino, sembrava la dea della bellezza.
-Ora puoi metterti il vestito-. Disse, ma io non la stavo ascoltando. In quel momento mi ero sentita carina, per la prima volta. Volevo godermi quel mio momento di soddisfazione e gioia. Capii che se n'era andata perché il ticchettio delle sue scarpe alte mi rimbalzò nelle orecchie.
Decisi di alzarmi e mi misi il vestito. Era molto bello,ovviamente apparteneva ad Izzy. Nè troppo corto, nè troppo aderente, era bianco confetto. Le maniche arrivavano un po' prima del gomito. Il vestito vero e proprio però si poteva considerare che iniziava dal corpetto a forma di cuore, dato che mezza schiena, le spalle e le braccia erano di pizzo. Ci abbinai delle scarpe con tacco color bordeaux, quasi nero, per via dei miei capelli dello stesso colore.
Ero pronta.
O almeno lo speravo.
                                             
***
La musica era troppo forte, le orecchie mi facevano già male appena varcammo la soglia. Jace non aveva detto niente, e da una parte ne ero rimasta delusa. Appena vide tutta quella coltre di gente misi una mano sul mio fianco stringendomi a sè.
-Qualunque cosa ti dicono, non andare da nessuna parte. Resta sempre con me-. Sussurrò nell'orecchio. Semplicemente annuii. Sentivo lo sguardo di più ragazzi addosso, che quasi mi diede fastidio. Ma pensavo che quello a cui diede più fastidio fu Jace, che mi tenne stretta a sè senza mollarmi.
-Penso sia arrivato il momento per le coppiette! Su, tutti in pista, e non fate troppo i romantici!-. Annunciò dopo il Dj facendo partire una canzone che conoscevo benissimo. Heart on fire di Jonathan Clay. Avevo visto e rivisto Lol-Pazza del mio migliore amico, è quella canzone mi era rimasta nel cuore.
Jace mi rivolse un piccolo sorriso e mi portò al centro della sala. Voleva ballare con me?
Prese i miei polsi e li poggiò sulle sue spalle. Gli abbracciai il collo, mentre lui mi abbracciò i fianchi. Incominciamo a muoverci a ritmo di musica, un ritmo lento e romantico.
-Tutti ti stanno mangiando con gli occhi-. Ammise sotto un sorriso, guardandomi intensamente.
-Davvero? Quasi quasi chiedo a qualche gentiluomo di concedermi questo ballo-. Dissi ridacchiando. Mi strinse di più a sè, segno che non l'avrebbe mai permesso.
-Mmh.. non credo proprio-. Affermò avvicinando il viso, la sua fronte a contatto con la mia. Continuammo a ballare e mi sentii.. bene.
Bene nel senso che mi sentivo protetta.
Bene nel senso che mi sentivo che stare a fianco a lui era il mio posto.
-'Cos when i'm with you, i'm grinning.
Once I was through, but now I'm winning
(Perché quando sono con te, sorrido.
Una volta no, ma ora sto vincendo) -.Canticchiò strizzandomi l'occhio.
-Stupido-. Risi per il doppio senso riferito alla scommessa e gli diedi uno schiaffetto sulla spalla, allontanandomi un po'. Mi strinse subito continuando a canticchiare, a volte ridacchiando, ma il suo sguardo non lasciava il mio.
- No I won't let you go, now you know
I've been crazy for you all this time
I've kept it close, always hoping
With a heart on fire
A heart on fire
(No,non ti lascerò andare, ora lo sai
Sono stato pazzo di te per tutto questo tempo
L'ho mantenuto segreto, sperando sempre
Con un cuore in fiamme
Un cuore in fiamme) -. Cantò l'ultima frase con un sorriso furbo, facendomi ridere.
-Sei bellissima-. Disse. -Ma non ti azzardare a metterti più un vestito del genere quando ci sono più apparati riproduttori maschili in giro-. Aggiunse serio.
-Jace!-. Scossi la testa sorridendo. Sentii il sangue fluire alle guance.
- Let me walk through life with you
(Lasciamo camminare attraverso la vita con te) -. Si fermò, non continuò a cantare. Ora divenne serio e il suo sguardo si alternava fra occhi e labbra. Si avvicinò sempre di più fino a quando i nostri nasi non si sfiorarono.
-A heart on fire -. Sussurrò come la fine della canzone. Poggiò le labbra sulle mie e mi strinse forte. Partì un applauso da parte di tutte le coppie, ma a me non importò.
Lo strinsi forte a me continuando ad assaporare le sue morbide labbra.

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Capitolo 27
*** Capitolo 27. ***


5 Seconds of Summer - Amnesia

 
-Mi mancherai-. Affermai abbracciando Isabelle sull'uscio della porta. Mi sarebbe mancato avere una ragazza come amica, mi sarebbe mancato parlare di tutto con qualcuno che mi poteva un po' capire. Ricambiò l'abbraccio e sentii calore alla spalla.
-Ehi, non piangere. Ci rivedremo-. Le dissi sorridendo per poi riabbracciarla.
-Si, hai ragione-. Disse tirando su con il naso. Era bellissima anche con il trucco sbavato. Poi si avvicinò Alec. Era un po' giù di morale, cosa di ogni giorno per uno come lui. Sembrava avercela sempre col mondo,non sapevo mai come comportarmi. Dovevo mostrarmi gentile, solo così forse potevamo instaurare un qualcosa.
-Questo è per te. Lo so che porta male darlo prima di Natale, ma meglio prima che dopo-. Gli consegnai una bustina blu di cartone con un piccolo sorriso e ne rimase stupito.
-Questa invece è per te-. Diedi invece ad Isabelle un'altra piccola bustina violetta. Alec mi fissava davvero preso di sorpresa, e improvvisamente mi abbracciò. Rimasi di sasso, ma poi anch'io ricambiai.
-Grazie,e ... scusa-. Mi sussurrò prima di staccarsi. Gli sorrisi.
-Tranquillo-. Stavolta fu lui a sorridermi. Avevo conquistato finalmente la sua fiducia.
Presero i loro borsoni e mentre uscivano notai che a terra ce n'era un altro. Com'era possibile?
-Isabelle, hai dimenticato quest'altro borsone-. Dissi raggiungendola. In questi giorni eravamo uscite a fare un po' di spese, dato che si era portata quasi niente. Si girò, sorridendomi tristemente.
-Oh no, non è mio. È di Jace-. Affermò guardandomi con compassione. Abbassò lo sguardo e continuò a camminare verso il taxi.
... Cosa?
Stava per partire con loro? Forse doveva solamente andare a cambiare i suoi vestiti per prenderne altri e io mi stavo complessando l'esistenza. Salutai il taxi finché non girò l'angolo, e mi incamminai verso l'entrata di casa. Mentre stavo aprendo la porta, vidi Jace prendere il borsone rimasto. Mi guardò indifferente e rigido. Ci fissammo, o almeno io lo fissai sconcertata, fin quando non prese parola.
-Dovevi essere a pranzo con tua madre-. Disse soppesando il peso da un piede all'altro. Se ne stava davvero andando.
Mi cadde il mondo addosso.
Non potevo credere che non mi avesse detto nulla. Non era uno scherzo, era la cruda realtà. Stava per partire.. E non aveva avuto l'intenzione di dirmelo.
-... come hai potuto?-. Sussurrai sapendo che ormai avevo le guance tutte bagnate.
-No Clary, non rendere tutto più difficile..-. Disse avvicinandosi per asciugarmi le lacrime con il dorso della mano.
-Non ti avvicinare-. Ringhiai ferita allontanandomi. Davvero aveva pensato di cavarsela con un 'non rendere tutto più difficile'? Abbassò la mano sospesa. Si incamminò verso la porta e la aprì. Prima di uscire si girò baciandomi improvvisamente per poi scappare via senza voltarsi. Assomigliava tanto ad un bacio d'addio.
Tirai un calcio alla porta chiudendola.
Non pensavo che si poteva provare tutto questo dolore per una persona. Una persona di cui ero irremovibilmente innamorata. Quando si dice "si capisce di tenere ad una cosa quando la si perde" è la fottuta verità. Mi guardai intorno notando poi sopra il tavolo della cucina una lettera con un fiore sopra.
Mi avvicinai prendendo il bocciolo di rosa verde, il mio colore preferito, per poi annusare quel dolce profumo. Apparteneva a Jace, e sarebbe stata l'unica cosa materiale che avevo di lui. Presi la lettera e lessi :"per Clary". Era la scrittura elegante di Jace, e questo mi fece solamente piangere ancora di più. Stropicciai la lettera buttandola a terra.
Mi appoggiai al lavello di schiena, per poi scivolare lentamente a terra. Mi abbracciai le gambe e piansi singhiozzando.
Perché ? Perché a me?
Perché mi ero innamorata proprio di Jace?
Jace... Guardai in alto, cercando di smettere di piangere. Ci vollero minuti, forse ore, per riacquistare un respiro regolare. Volevo sapere perché era scappato, forse c'era scritto in quel pezzo di carta. Troppi forse.
Allungai la mano e aprii la lettera con mani tremanti.
"Ciao tesoro,
Già mi manchi e..Non è proprio da me scrivere 'tesoro', quindi ricominciamo.
 
Cara Clary,
Immagino in questo momento tu sia arrabbiata a morte con me. Lo so che ci vorrà un po', ma ti prego di perdonarmi. A Brooklyn ci sono state delle anomalie e si pensa che uno shandowhunter stia reclutando un esercito. Non mi sembrava il caso di farti preoccupare, ma ho l'impressione che tu lo sia ancora di più in questo momento. Spero di tornare per Natale, così potrò finalmente dirti che hai perso la scommessa.
Mi manchi, vorrei abbracciarti e baciarti e fare altre cose che non posso scrivere". Le mie guance si tinsero di rosso, e nelle lacrime, sorrisi.
"Lo so che sei diventata tutta rossa, adoro quando lo fai. È stato un sacrificio enorme andarmene senza salutarti, ma avrei, avremmo, sofferto di più. Mi manchi, mi manchi e farei di tutti per averti qui.
Non riesco a tenerlo più dentro, te lo devo dire. Non è  il massimo tramite una lettera, ma ti amo, Clary. Ti amo come si ama una giornata di primavera o come il canto di un uccello. Ti amo come se non ci fosse un domani, perché per me, sei l'unica cosa che conta. Non importa ora la tua risposta, ma dovevi saperlo.
Tuo sinceramente
Jace".
Presi un lungo respiro e strinsi la lettera al petto. Poggiai la testa allo sportello e sorrisi.
Anche io, Jace. Anche io.
 
 
 
Fine


 
 
Allora, avete tutti i diritti di uccidermi seduta stante
perchè non aggiornavo da non so quanto.
Scusatemi,davvero.. è che in questo ultimo periodo
mi sto impegnando molto a scuola per le ultime verifiche,
ma non è una valida giustificazione.
Comunque, vi devo dire tre cose:

a) ho pubblicato tutti i capitoli fino all'ultimo,
perchè dovevo farmi perdonare in qualche modo.
Sarebbe stato davvero cattivo assentarmi più di un mese
e spuntare con un solo capitolo.

b) all'inizio avevo intenzione di farlo finire in un altro modo,
quindi di continuarlo, ma quando ho scritto questo capitolo
mi è balenata in testa "perchè non finirlo direttamente così?".
Alla fine ho deciso questo perchè lo ritenevo più coerente e meno dispersivo come eventi.

c) Forse un modo per non farmi uccidere definitivamente dopo il punto b,
è dirvi che ho intenzione di scrivere una trilogia! Ve piase come idea?
A me moltissimo! Si incentrerà su un animale fantastico, la fenice.
Si, i personaggi principali ci sono, insieme a nuovi, ma ci sarà anche lei.
Vi chiedere, cosa c'entra ora? Beh, si scoprirà nel sequel!

Ah, dimenticavo! Ho pronti i primi 9 capitoli del sequel,
e lo pubblicherò quando raggiungerò le 6 recensioni.
6, non vi chiedo niente, e non pubblicherò prima.
Spero ce la farete in minor tempo possibile!
Vi amo alla follia siete la mia vita

 
Baci


 
Ila xx

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Capitolo 28
*** Ringraziamenti. ***


Sono arrivata alla fine, non riesco a credere che sia già finito la prima parte di questa mia grande ma pazza idea.
 
Un ringraziamento va ai miei compagni e amici che, pochi ma cari, mi hanno sopportato per quasi cinque mesi senza lamentarsi (forse un pochino si, ma vabby) , siete grandi, e vi voglio un bene dell'anima! 
 
Un altro ringraziamento devo farlo alla mia prof, che ha avuto una pazienza enorme nei miei confronti,negli errori grammaticali e in quelli di Cademon's fell: grazie prof!
 
Ma un enorme GRAZIE va a voi, popolo di efp! A tutte quelle persone che hanno recensito, messo nei preferiti, ricordati questa storia. Senza di voi, senza il vostro supporto non sarei arrivata da nessuna parte, perchè ogni singolo gesto che avete compiuto nei confronti di questa storia, l'avete compiuto nei miei confronti e questo mi ha dato la forza enorme di andare avanti sia nello scrivere che nella vita quotidiana, GRAZIE! Non finirò mai di ringraziarvi,davvero!
 
Anche qui voglio aggiungere una canzone, degli Avicii, perché
THIS ARE THE DAYS WE WILL NEVER FORGET!

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Capitolo 29
*** SEQUEL IS HEREE ***


SONO TORNATAAAAA!
Vi amo come sempre, forse voi mi amate di meno perchè sono mancata un po' troppo, scusatemi :c
Ho pubblicato il sequel, si chiama Cademon's fell - Phoenix's cinders, oppure potete andare qui:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3258887&i=1

Spero che mi seguirete anche con la nuova storia, e stavolta prometto che vi seguirò sempre!

Baci


Ila xx

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