My Lost Innocence

di Rory_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Parte ***
Capitolo 2: *** II Parte ***
Capitolo 3: *** III Parte ***



Capitolo 1
*** I Parte ***


Caro Sasuke, come va

Caro Sasuke, come va?

Sai, è da un po’ di tempo che nella testa mi frulla l’idea di scriverti una lettera.

So che probabilmen…

 

Ehi, Sasuke, cosa succede d’interessante nella tana di Orochimaru?

Gli allenamenti progrediscono bene? Sono soddisfacenti?

E tuo fratello, lo hai visto? Ti bombardo di domande e mi disp

 

Sasuke,

finalmente trovo il coraggio di buttare giù ciò che penso su questo foglio; bianco, vuoto ed insignificante… un po’ come tu consideravi (o consideri, tuttora) i miei sentimenti per te.

Suppongo che a te non interessi minimamente ciò che ho da dirti, ma voglio provarci lo stesso, perciò ti scongiuro di continuare a leggere e di non buttare via questo pezzo di carta.

Qualche giorno fa, rovistavo fra i libri contenuti nella libreria personale dell’ hokage – in caso tu non lo sappia (dopotutto come potresti?) sono divenuta l’allieva di Tsunade in persona – mi è capitato fra le mani uno strano libro.

Sai, quei libri antichi ed impolverati, che trattano di argomenti ormai già discussi infinite volte e che la gente ritiene quindi privi di valore.

Questo libro parla di sole e luna.

Dice che la Luna è un satellite, e questo si sa, ma non brilla di luce propria, bensì di luce riflessa.

 Forse lo riterrai stupido e privo di significato, se non addirittura infantile, ma il mio pensiero è volato subito a te.

Tu che sei stato (e probabilmente sei ancora, non lo so più) la mia Luna personale, bella, attraente e misteriosa. Ho pensato che la luce di cui brilli, quella riflessa, è data dalla popolarità del tuo clan. O dalla popolarità della sua storia. Fin da quando eravamo piccoli si parlava di te come il discendente degli Uchiha, la prestigiosa casata possedente lo sharingan, ma di fatto non si conoscevano le tue abilità… eri solo una stella appena nata, e come tutte, destinata a brillare.

Invece, leggendo meglio, il libro parla della luna, illuminata di luce riflessa dal sole.

Il sole… strano come, pochi giorni prima del ritrovamento di questo libro, Naruto mi avesse paragonata al sole; brillante, allegra, spigliata, senza troppi pensieri per la testa (a detta di Naruto, sempre… se sapesse a cosa penso io tutti i giorni credo non mi sopporterebbe più. Ed avrebbe anche ragione, purtroppo) ma comunque responsabile… illumino la giornata degli altri.

Oh, questo è vero: rendo quotidianamente felice Naruto, facendo finta di essere felice e lo sono davvero ogni qualvolta che lui ottiene dei miglioramenti, accompagnandolo all’Ichiraku Ramen, come al solito…oppure inorgoglisco Tsunade con i progressi in ogni tecnica da lei insegnatami (e, te lo dico francamente, qualche volta mi sfugge il nome del  posto in cui Shizune nasconde la chiave del mobiletto degli alcolici), e soddisfo pure lei, Shizune, quando è troppo stanca per rimanere all’ospedale e mi offro di sostituirla tranquillamente.

Io il sole, un po’ indispensabile per tutti…

Ed il sole, io, dovrebbe far brillare la luna, tu.

È vero? Ti ho mai fatto brillare?

Che razza di sole sono se non riesco nemmeno a stare con te, Sasuke?

No, sole e luna non possono stare insieme, non ne hanno l’opportunità.

Quando c’è il sole la luna si nasconde e viceversa.

Per questo, con la presente, ho deciso di lasciare perdere, Sasuke. Non ti disturberò più, non verrò più a cercarti e tenterò di far ragionare Naruto.

Deve farsene una ragione, come me la sono fatta io.

Ti amo

Ti amavo Sasuke, ma ormai, non conta più nulla.

 

Sakura.

 

My Lost Innocence

I parte.

 

Il sole estivo batteva insistentemente sulla scrivania in legno bianco pressoché disordinata. Libri, quaderni, fogli e penne erano sparsi senza logica sulla superficie liscia e laccata, anche se era ben distinguibile quel piccolo spazio fra le carte. Il tipico spazio che si forma quando, nel disordine, qualcuno divide di netto le cose per farsi largo.

Peccato che in quel piccolo fazzoletto di scrivania vigesse il nulla.

Sakura Haruno alzò le braccia in alto, stiracchiandole pigramente e trattenendo a stento un mugugno insoddisfatto. Troppo sole, troppo caldo.

Lanciò un’occhiata esasperata alla finestra spalancata, imbronciando le labbra nel vedere il villaggio della foglia continuare tranquillamente le proprie attività.

Fortunatamente Tsunade si era risparmiata l’allenamento quotidiano – con un pugno secco sul muro e poi un’occhiata impietosita alla vista dell’allieva stremata dalle missioni e dal caldo – e l’aveva esclusa dalle missioni del giorno, come dal faticoso turno all’ospedale.

Senza pensare troppo all’espressione frustrata di Shizune, Sakura abbassò lentamente le braccia, poggiando i pugni chiusi sul tavolo ligneo e cominciò a cercare febbrilmente quel foglio nascosto chissà dove. Alzò una pila di libri, spostò quaderni e penne e raccolse alla bell’e meglio tutti i fogli presenti sulla scrivania, tentando di trovare alla svelta ciò che aveva scritto la sera prima.

Corrucciò le sopracciglia, perplessa, sentendo il battito cardiaco aumentare notevolmente.

“Se lo ha preso mamma, la uccido. È una cosa personale, personale, cazzo!” pensò stralunata, aumentando la veemenza delle sue ricerche, prestando poca attenzione a quel che cadeva dal ripiano troppo pieno per poter sopportare tale ricerca forsennata.

Trasse un sospiro di sollievo quando, spiegazzato e sgualcito, quel piccolo foglio di carta comparse fra le pagine del suo diario personale. Diario regalatole per i suoi otto anni, e cestinato nell’angolo meno usato della sua camera all’età di nove.  

Prese fra le dita il piccolo foglio di carta bianca, stirandolo alla meno peggio con le mani forse fin troppo sudate e tremanti, e lo poggiò su quel piccolo spazio vuoto della scrivania.

Deglutì, trovando improvvisamente difficile quel gesto involontario e spontaneo, e batté ciglio un paio di volte, prima di posare lo sguardo verde foglia sulla calligrafia un po’ storta un po’ disordinata che ricopriva il candore della carta.

Una lettera personale, per una persona da dimenticare. Ecco perché, mentre cercava senza trovare, le risultava difficile persino respirare.

Cominciò a leggere; le labbra corrucciate in un quasi broncio pensieroso, le sopracciglia piegate e una piccola ruga sulla fronte ampia, segno di compunta concentrazione.

“Sasuke, finalmente trovo il coraggio di buttare giù ciò che penso su questo foglio…”

Sakura cominciò a battere nervosamente un piede a terra, trattenendo fra le labbra un sorriso irrisorio. Un sorriso per se stessa; più leggeva quelle righe, più si rendeva conto di essere patetica.

Si era imposta di dimenticare, nonostante i pressanti incitamenti di Naruto, di non sperare più e di lasciar correre: quel che sarebbe stato, sarebbe stato. Cosa poteva farci lei?

Assolutamente nulla, se n’era resa conto. L’aveva scritto anche in quella lettera.

“Per questo, con la presente, ho deciso di lasciare perdere, Sasuke. Non ti disturberò più, non verrò più a cercarti e tenterò di far ragionare Naruto”.

Tossicchiò, quasi imbarazzata dalla sua ingenuità, e strinse convulsamente il foglio, piegandolo maggiormente. Aveva capito che era inutile continuare a provare. Se non c’erano riusciti per tre volte, perché la quarta sarebbe dovuta andare bene?

Aveva capito, Sakura. Aveva capito.

Ma malefico nella sua semplicità e potenza, l’amore le ordinava di scrivere quelle lettere: per dimenticare [ricordando], per abbandonare ogni ricerca [e piangere ogni notte], per convincersi che ormai quello che poteva fare, l’aveva fatto [ma non era mai abbastanza].

Sakura aveva dimenticato solo gli sforzi che aveva fatto per piacere, convincere, trovare e battere Sasuke, le delusioni ed il dolore, ma non lui.

Come poteva dimenticare colui per il quale aveva buttato via una vita, allontanato le amicizie e tentato di tradire i suoi credo ed i buoni propositi?

Era impossibile, e per questo lei, Sakura, era patetica.

Tentava di dimenticare – sai che non ci riuscirai, stupida –, di lasciare perdere – e continui ad allenarti per lui, vero? – ma era terribilmente inutile.

Patetiche le sue convinzioni, le sue speranze, patetica lei perché lo amava ancora, ancora ed ancora.

“Ti amavo Sasuke, ma ormai, non conta più nulla”.

Accartocciò con ben poca eleganza la lettera e, tranquillamente, la lanciò nel cestino affianco la scrivania, facendo canestro. Fosse stata una persona maggiormente dedita alla poesia ed ai sentimenti (che ormai aveva perso, ma non dimenticato) avrebbe pensato di paragonare quel foglio al suo cuore; stracciato e buttato via. Il cestino al baratro di indifferenza e atonia in cui era irrimediabilmente caduta dopo la sua partenza (e dopo tutti i suoi rifiuti di tornare indietro) e lei… lei a Sasuke. Così fredda, così noncurante di trattenere fra le mani ciò che pensava e che provava.

“Ed il sole, io, dovrebbe far brillare la luna, tu”.

«stronzate» sibilò incattivita, gli occhi di un innaturale verde posati sul cestino, le mani penzolanti lungo i fianchi. Scosse lievemente la testa, scotendo distrattamente i corti capelli schifosamente rosa e permettendo loro di poggiarsi leggeri sulle spalle coperte dalla maglia rossa.

«stronzate» ripeté ostinata, il tono vocale pressoché assente e quasi etereo. Si guardò, scrutando le curve troppo piccole, la pelle rovinata dall’eccessivo utilizzo di chakra, le ginocchia completamente sbucciate e le caviglie gonfie.

«stronzate. Non sono mai stata nulla per te, se non una schifosa, terribile, seccatura. Altro che sole e luna. Stronzate!» esclamò, questa volta alzando la voce e colta da uno strano impeto di vergogna.

Sospirò, tentando di calmarsi con quel semplice gesto, e socchiuse gli occhi.

“stai calma, Sakura. È inutile arrabbiarsi, lui non c’è mai stato, non c’è ora e non ci sarà mai. Arrenditi. E non piangerti addosso come sempre, stupida bambina piagnucolona” sospirò nuovamente, malinconicamente rassicurata da quei pensieri provenienti dal suo Io.

Si alzò dalla sedia sulla quale s’era abbandonata qualche minuto prima e raccolse frettolosamente le cose lasciate cadere a terra nel furore di trovare la lettera.

Lasciando un po’ in ordine, sua madre, probabilmente, avrebbe fatto meno rogne del solito.

Afferrò la tracolla che utilizzava solitamente per portarsi dietro il ricambio dopo l’allenamento con Tsunade ed uscì senza troppa fretta dalla camera, chiudendo la porta con un lieve tonfo secco.

“Più mi comporto come sempre… meglio è”.

 

***

 

«signorina Tsunade! Signorina Tsunade!» una giovane donna sulla trentina dribblò con facilità i due ninja Genma e Raido, sorpassandoli velocemente ed evitando di rispondere accuratamente alle loro proteste. Non accennò a fermarsi nemmeno quando Iruka le chiese gentilmente di fermarsi ad aiutarlo con la lezione del giorno per i ragazzi dell’accademia; parlare del quinto hokage.

«signorina Tsunade!» strillò con maggior veemenza Shizune, spalancando senza bussare la porta dell’ufficio della donna. Tsunade si alzò di scatto, sussultando a quell’improvviso movimento da parte dell’allieva e tentando di nascondere ogni traccia di briciole sulla scrivania.

«ma che modi! Hai dimenticato l’educazione, Shizune?» domandò seriamente preoccupata la bionda, alzandosi dalla poltrona dietro il tavolo e raggiungendo la giovane.

«signorina Tsunade, abbiamo un problema. Un problema piuttosto grave, anche» spiegò senza riprendere fiato, avvicinandosi con una piccola corsa all’ hokage. Porse il foglio che stringeva fra le mani a Tsunade, e rimase ad attendere, dopo aver spiegato con un numero più elevato di particolari.

«Il gruppo guidato da Hyuga Neji è stato completamente decimato. Erano diretti verso Kumo, la città più fiorente del villaggio del fulmine, ma sembra abbiano perso la strada giusta. Hyuga mi ha dato il fascicolo della missione che gli avete consegnato prima della partenza, e le coordinate per Kumo sono totalmente inesatte: le coordinate che hanno seguito li ha portati diretti della foresta proibita del luogo. Se la sono cavata per miracolo, oserei aggiungere» espose senza trattenere l’ansia Shizune, guardando insistentemente negli occhi dell’ hokage, tentando di cogliere un minimo movimento per provare a dedurne la reazione.

Tsunade studiò attentamente il foglio contenete l’esito della missione, le sopracciglia dorate corrucciate: Neji Hyuga se l’era cavata con poco; aveva perso molto sangue a causa di una ferita piuttosto profonda sul ventre, ma non era in pericolo di vita. Peggio stavano i suoi subordinati, di livello sicuramente inferiore. Alcuni persino in fin di vita.

Batté ciglio, per la prima volta perplessa, e strinse il foglio fra le mani.

«qualcuno deve aver omesso le coordinate per il viaggio. Per arrivare a Kumo bisogna passare per il villaggio del suono. Ovviamente io avevo predisposto un tragitto che avrebbe permesso al team di passare tranquillamente per un’area pacifica di quella terra. Il compito di Hyuga era anche quello di trarre qualche informazione soddisfacente da questo viaggio su Orochimaru. Evidentemente, qui c’è il suo zampino» concluse con aria mesta, ridando il foglio a Shizune e voltandole le spalle, ritornando alla scrivania.

In quel momento qualcuno bussò lievemente alla porta, e la giovane donna sussultò. Tsunade si sedette con pesantezza sulla poltrona e incrociò le braccia al petto, masticando un “avanti”.

La porta si aprì, rivelando la figura smilza di Sakura Haruno. 

I capelli rosa erano legati disordinatamente in una coda bassa ed alcuni ciuffi sfuggivano da questa, andando ad adombrale il viso relativamente smunto, gli occhi color delle foglie erano opachi e toccati dalla stanchezza, come del resto il fisco magro consumato dal caldo e dagli allenamenti.

«cos’è successo, Sakura? Avevamo rimandato gli allenamenti, mi pare» sbottò Tsunade osservando con una vena di preoccupazione la ragazza. Sakura accennò un sorriso stanco.

«sì lo so, Tsunade-hime. Ma non avevo voglia di restarmene a casa a far nulla. Piuttosto, è successo qualcosa d’interessante qui?» domandò con leggerezza, avanzando verso Shizune ed osservando con espressione curiosa il piccolo plico che questa teneva fra le mani.

«a quanto pare sì. La squadra capitanata da Neji Hyuga, diretta verso Kumo, è stata completamente mandata da tutt’altra parte, in un posto molto pericoloso persino per un jonin» spiegò cauta Tsunade, scrutando in ogni minimo dettaglio la smorfia di stupore che comparve sul viso della giovane. L’ hokage si schiarì la voce, innervosita da quel rumoroso silenzio.

«diretta a Kumo. Questo vuol dire che sarebbe dovuta passare attraverso il villaggio del suono. È probabile che questa missione sia stata presa di mira da Orochimaru. Chi lo sa» aggiunse a bassa voce, abbassando lo sguardo sulle scartoffie presenti sul ripiano in mogano della scrivania.

Sakura annuì lentamente, come a voler provare a dare un’ipotesi dell’accaduto. Ma non sfuggì all’occhio esperto di Tsunade, quel brillio nelle iridi dell’alunna.

«è tutto Sakura. Puoi andare» determinò infine con voce quasi imperiosa, facendo sussultare nuovamente Shizune complice di quegli sguardi profondi fra maestra e allieva. Era rimasta per tutto il tempo in silenzio, notando qualcosa di diverso in Sakura.

Quasi una felicità cattiva, che non l’era mai appartenuta.

Ma accecata dal buon viso della ragazza, non pensò oltre e, senza indugi, le aprì la porta quando l’Haruno, aspettando qualche secondo, capì di essere stata congedata.   

Quando Sakura uscì, Tsunade trasse un sospiro di sollievo.

«sono preoccupata per Sakura, Shizune – cominciò, soprappensiero – è da qualche giorno che la vedo così… assente, ma allegra in un modo che non le ho mai visto. Sakura è una ragazza fin troppo emotiva; forte, certo, ma pur sempre una ragazza dall’animo sensibile. Ho paura per lei, perché tenta di negarlo a me, a te, a Naruto e a se stessa, ma è ancora una ragazza innamorata»

Shizune annuì mestamente, abbassando il capo.

Tsunade non aveva mai avuto così ragione.

 

***

 

Sakura camminava a passo lento, portando prima il piede sinistro in avanti e poi indietro, alternandolo con quello destro. Chi la guardava da lontano sussurrava maldicenze sulla trasandatezza improvvisa dell’allieva dell’ hokage.

In lei non c’era più l’allegria che l’accomunava al suo compagno di squadra [quella che aveva era un’allegria morta], non c’era più né disponibilità né interesse per gli altri.

La vecchia Sakura Haruno era morta da un po’ di giorni, o almeno, così vociferavano le anziane del villaggio. Brutto il modo in cui la gente che hai aiutato si ritrovi a ritorcersi contro di te.

Sakura non ci fece caso, come al solito.

Continuò a camminare per la sua strada, ignorando le strane occhiate che le arrivavano dagli abitanti del villaggio, ed i sussurri che captava perfettamente.

Si ritirò verso casa sua, salutando sua madre impegnata in cucina con un vago “ciao” ed un gesto della mano, salendo immediatamente in camera. Probabilmente, aveva bisogno di stare da sola.

“tutto ciò che ho progettato è andato secondo i piani. Neji non è arrivato a Kumo e non ha nemmeno sfiorato Oto” pensò fra sé e sé, abbandonandosi con poca eleganza sul letto.

Non stese le gambe, ma preferì lasciarle ciondolare per terra mentre sistemava la testa in una posizione più comoda sul cuscino latteo. In mancanza d’altro d’eccitante da fare, si concesse di rimanere stesa a guardare il soffitto tinto di un lieve colore rosa pastello che richiamava vagamente la tonalità dei suoi capelli.

Assottigliò lo sguardo, riducendo gli occhi in due piccole fessure brillanti nella poca ombra all’interno della stanza. Il sole giocava a stanare le ombre con i suoi raggi solari e le venne da pensare a poco prima, quando teneva quella lettera fra le mani.

«che cazzate» sibilò ancora, portando una mano a districare il ciuffo di capelli che le ricadeva sulla guancia. Quella lettera denudava i suoi pensieri e questo era ciò che più la infastidiva.

Sebbene ormai avesse capito che Sasuke occupava buona parte dei suoi pensieri (male, per un ninja, lasciarsi offuscare dai sentimenti) l’innervosiva sapere che, nonostante tutto il tempo passato e tutte le lacrime (e parole, e fogli) sprecate, lui dominava sovrano su di lei. Anche d’assente.

«Sasuke…» sibilò Sakura in un’unica emissione di fiato, corta e concisa, piena di tristezza e rammarico. Lasciò cadere come se fosse morta la mano che aveva alzato poco prima, sentendo un qualcosa pizzicarle gli occhi.

«Sasuke-kun… –  continuò, mettendoci quasi più enfasi per esaltarlo maggiormente con quel suffisso – cosa mi hai fatto diventare? Un mostro, forse? Cosa sono io, ora? Sasuke…» quel gemito disperato venne spezzato da un singhiozzo represso per troppo tempo: mentre leggeva la lettera, mentre parlava con Tsunade, mentre la gente spettegolava su di lei che prima non aveva mai fatto nulla di male.

Le stille salate scivolarono dai suoi occhi di smeraldo, incavandosi fra gli zigomi e rilucendo lungo le guance scarne e pallide. La mano tremante strinse con vigore le lenzuola lattee, torturandole con la forza delle dita ed il cuscino si macchiò di lacrime. (se solo lo avessero stretto, quel cuscino, sicuramente sarebbe trapelata dai fori della stoffa tutta la disperazione che aveva sempre assorbito).

«sono arrivata davvero a questo punto? Mi sono venduta realmente ad Orochimaru a discapito dei miei compagni… del mio villaggio…?» rimase zitta per qualche secondo, aspettandosi una risposta che ovviamente non arrivò.

In un impeto d’ira afferrò a due mani il cuscino e lo scaraventò contro la porta sigillata dalla chiave, strozzando un urlo di frustrazione. Rimase stesa, tentando poi di rilassarsi minimamente, cadenzando il respiro affannato. Restò in ascolto dei suoi sospiri, osservando ancora una volta il soffitto schifosamente bianco.

“Tsunade, dubiti di me, vero? E Shizune, sei d’accordo con la senpai? Naruto? Cosa penserai di me? E Ino, Shikamaru, Kiba, Hinata? Ho tradi– sto tradendo tutti”.

Sakura non riuscì a trovare uno straccio di risposta a quelle domande che si susseguivano infide nella sua testa. Poteva trovare un solo pregio in tutto quello che stava facendo?

“Rivedrò Sasuke-kun. Ma sarà fiero di me?”

Non riuscendo a trovare risposta a quel quesito che la tormentava da più di una notte, chiuse gli occhi, lasciando scivolare via nuove lacrime rimaste incastrate fra la sua pelle, e, anche se di malavoglia, tentò di ricordare quella notte di circa un mese prima, quando tutto ebbe inizio.

 

Camminava, lentamente, ritmando il passo cadenzato dai battiti del suo cuore.

Poneva il piede sinistro davanti a quello destro, e poi quello destro davanti al piede sinistro, e così via, per interminabili volte.

Sakura [non] sapeva bene dove stava andando, e fu forse questo a rallentare maggiormente la sua camminata e azzardare una fugace occhiata alle sue spalle.

Il vuoto ed il vento dietro di lei la fecero rabbrividire e si costrinse a sospirare, giusto per emettere un suono e tenersi macabramente compagnia.

Nella testa erano nitide le immagini ed i dati di quelle schede su Oto, che parlavano della posizione del villaggio, dei membri pericolosi (fra di loro era compreso pure Sasuke Uchiha) e delle potenzialità di chi vi abitava. Guardando distrattamente quei fogli, nella testa le fu automatico stamparsi bene le coordinate per arrivarvi e partorire l’idea di andarci seriamente.

Un rumore secco la destò dai suoi pensieri, mettendola sull’attenti e obbligandola in un gesto spontaneo ad afferrare un kunai.

Si diede mentalmente della stupida quando si accorse che era stata lei stessa a calpestare un ramoscello sul terreno e provocare rumore. Sospirò nuovamente, senza fare caso alla piccola nube di vapore fuoriuscita dalle sue labbra livide dal freddo presente nella foresta nella quale s’era addentrata, e continuò a camminare.

L’atmosfera tetra del bosco la rendeva suscettibile ad ogni minimo movimento, spaventandola non poco anche con una folata di vento. Le ombre macabre degli alberi si riflettevano sul vischio per terra, illuminato dai flebili raggi lunari.

Il respiro fu più difficile da ritmare coi battiti cardiaci, e Sakura si ritrovò ad annaspare alla ricerca di aria; disperatamente e convulsamente, stringendo fra le dita il kunai e trattenendo le lacrime negli occhi.

«ah. Sakura»

Ed il respiro le si bloccò completamente, annegando in un getto d’acqua gelata inesistente nella sua gola. L’ombra scura che le si stava avvicinando con cautela si fermò a qualche metro da lei, e le fu possibile annotare nella mente un luccichio sinistro all’altezza degli occhi.

Occhiali.

«Kabuto… s-sei tu?» domandò Sakura gonfiando il petto in un misero tentativo di riacquisire il controllo delle sue emozioni. La figura sorrise, facendosi avanti sotto la luce fioca della luna.

«Indovinato, Sakura. E tu cosa ci fai in questo posto, Oto, a quest’ora della notte?» chiese il giovane con una tonalità vocale appositamente bassa, in poco più che un sussurro.

Sakura tremò impercettibilmente e diede la colpa al lieve vento che s’aggirava fra le foglie.

«dov’è Sasuke-kun? Voglio parlare con lui. Ho bisogno di lui» sottolineò l’ultima frase con veemenza, facendosi involontariamente avanti. Kabuto rise di una risata tetra, senza divertimento.

«vuoi vedere il nostro Sasuke, eh? Mi dispiace – e dal tono era intuibile quanto stesse mentendo – ma qui con me non c’è Sasuke-kun. Ma se vuoi, c’è un’altra persona…» lasciò cadere la frase con una nota d’impazienza e d’ansia, facendosi leggermente indietro al cipiglio curioso di Sakura.

Gli occhi di smeraldo liquido si spalancarono spaventati non appena a Kabuto s’affiancò un’alta slanciata figura. Nella notte brillarono due occhi dorati e sottili.

«Sakura Haruno. Nuova allieva del quinto hokage Tsunade. Sedici anni compiuti a marzo. Esatto?» Sakura si stupì di non aver dimenticato affatto la voce sibillina di Orochimaru e, cautamente, annuì sgomenta. Osservò sia Kabuto che Orochimaru, le gambe impossibilitate ad ogni movimento.

Orochimaru sorrise del suo sorriso serpentino e storto, mettendo in mostra la fila di denti bianchissimi che rilucevano sotto la luna. Ed un innaturale silenzio (fatto d’ironico terrore) calò.

«Sakura, Sakura… - cominciò l’uomo in un sospiro quasi stanco, quasi fosse un padre alle prese con una spiegazione relativamente difficile da esporre alla figlia piccola e cocciuta – non ti voglio fare del male. Una volta Jiraiya mi ha detto che non c’è gusto ad addestrare un ragazzo già pieno di potenzialità come io sto facendo con Sasuke-kun. Per questo lui si sta dando da fare con quell’idiota della volpe a nove code…» cominciò tranquillo Orochimaru, avanzando lentamente verso Sakura. I passi pacati e lenti dell’uomo insospettirono la ragazza che tentò di muoversi, ma il terrore la teneva ferma impalata sul piccolo grumo di terra sul quale aveva trovato appoggio.

«… ma ci voglio provare anche io. Era da un bel po’ di tempo che desideravo scambiare due chiacchiere con te, cara Sakura. Quindi, ti propongo un’offerta che sono sicuro accetterai»

«cosa ti dice che accetterò?!» ringhiò l’Haruno nascondendo lo spavento, riuscendo ad indietreggiare di poco, sebbene Orochimaru si stesse facendo sempre più vicino.

Kabuto, dalla sua postazione, rinunciò al ghigno malvagio che gl’incurvava le labbra, lasciando trapelare un’espressione frustrata e sconcertata.

«semplice. Ascolta bene ciò che ti sto per dire: Sakura, tu sei molto vicina a Tsunade, quindi puoi tranquillamente venire a conoscenza delle missioni che lei affida ai tuoi compagni. Puoi venire a conoscenza anche delle missioni che implicano Oto, me, Kabuto e… Sasuke-kun. So quanto tieni a Sasuke-kun quindi… se davvero lo vuoi rivedere, dovrai fare quello che ti ordino. E quello che ti ordino è di tenere il più lontano da Oto i ninja di Konoha. In cambio, ti farò rivedere Sasuke-kun. Tu e lui. Da soli» concluse Orochimaru, negli occhi dorati un guizzo di divertimento. 

Sakura rimase senza parole, boccheggiando per più di qualche secondo.

La mano pallida e sottile di Orochimaru si posò sulla sua guancia e sussultò, captandone la freddezza e la ruvidezza sicuramente data da chissà quale esperimento.

«puoi fidarti di me. Se dico una cosa la mantengo. E tu lo sai perfettamente» sottolineò il sennin sorridendo mellifluo.

Sakura deglutì, le palpebre incapaci di lubrificare gli occhi che, lentamente, annegavano nelle lacrime poco prima trattenute.

«q-quando potrò r-rivedere Sasuke-kun?» domandò con voce atona, rimanendo quasi perplessa delle sue stesse parole. Orochimaru scrollò le spalle, lasciando cadere la mano che prima le carezzava la guancia.

«non appena avrai compiuto il tuo dovere. Ti basterà tornare qui, il mio rifugio non è lontano. Kabuto ti troverà e ti porterà illesa nella mia reggia. Allora, accetti?» questa volta l’uomo sembrò più impaziente di ricevere una risposta quanto Kabuto di non sentirne una.

Una folata di vento separò Sakura da Orochimaru e con quella folata, volarono via tutti i buoni propositi della giovane ninja; aiutare Naruto a riportare Sasuke-kun indietro, aiutare Ino, aiutare Tsunade, non scendere a patti con il male, dimenticare Sasuke…

Sasuke.

«accetto. Io… accetto, farò tutto ciò che posso. Tutto»

dimenticò tutti i suoi tentativi di cambiare, di non risultare quella debole, di essere sempre d’aiuto. Di non intralciare. Ma Sakura non era ingenua perché civettuola. Sakura era ingenua perché pensava di poter dimenticare Sasuke. E solo il suo nome era bastato per farle cedere alla tentazione del serpente. Adesso lo era anche lei?

«benissimo. Ci rivedremo, Sakura Haruno… noto con piacere che non sei cambiata affatto» sussurrò Orochimaru prima di voltarle le spalle e, com’era comparso, sparì nella notte, lasciandola sola a [pentirsi?] meditare sulle sue scelte.

Dov’era finita la dignità di Sakura Haruno? Dov’era finito il desiderio di non essere una mela da mordere e buttare via? 

Sasuke.

Al diavolo la dignità.

Sasuke.

Al diavolo l’essere usata.

Sasuke.

Non se ne sarebbe mai pentita.

Sasuke.

 

Si alzò dal letto, sentendo la testa girare un poco. Non si premurò di appoggiarsi al muro, ma di cercare la sacca degli allenamenti che aveva lanciato poco dopo essere entrata in camera sua.

Soffocò un singhiozzo dettato dalla tristezza e dallo sconforto morale e si asciugò le scie delle lacrime rimaste sulle sue guance con una mano.

Preparò tutto ciò che c’era da preparare con lentezza esasperante, quasi stesse pensando su un motivo valido per non fare quello che stava per fare.

Ma ormai non le importava più niente.

Tsunade sapeva. Shizune anche. Questione di tempo e anche gli altri avrebbero saputo e dubitato di lei. Tanto valeva andarsene subito.

Pensò se era il caso di andare a salutare Naruto o di andare a fare un ultimo litigio con Ino.

No. Li avrebbe insospettiti troppo.

Sakura sospirò mestamente, uscendo dalla sua stanza con passo felpato.

“Tradire il villaggio è stato così difficile anche per te, Sasuke-kun?”.

 

Princess of lust

Dignity put to dust

A virginal sight

Their apple to bite.

 

Principessa del desiderio

Dignità ridotta in cenere

Una visione virginea

La loro mela da mordere.

 

 

 (ultime strofe: Passion and the Opera © Nightwish – che novità J)

 

Uhm… dopo mesi di ritardo, ecco qui che pubblico la mia fanfic vincitrice del concorso “scontro fra pairing” indetto da Nagaina. Al contrario di ciò che credevo, si è piazzata prima nella classifica generale e ha battuto per un punto, se non erro, la NaruSaku di Ayachan.

Quindi la differenza non è molta, dico io, stiamo parlando di Ayachan nèH.

Beh, comunque sono felicissima di aver vinto questo concorso, ci tenevo davvero tanto.

Spero che possa piacere anche a voi, ci ho messo davvero tutto il talento che ho (?) per far uscire qualcosa di decente XD

 

 

Dedicata a: Luly (Sakurina), perché senza di lei non morirei dal ridere, e non avrei potuto cosplayare una Ino così figa. Grazie Lulla! *////* e poi Luly Lulleggia XD.

Santra (Azusa92), perché era LA Nico Robin. Una Nico Robin così la si sogna, lei è reale *///* ed inoltre, è colei che mi aiuta a diffondere il Verbo. SasuSaku is Metal! XD

Muzza… perché insieme al suo ragazzo ha soddisfatto tutti i desideri delle SasuSaku fan in cosplay. Due Sasuke e Sakura perfetti, uguali, spiccicati e identici *-*

Ayachan (…sempre lei XD) perché solo sapendo che avrei dovuto “gareggiare” contro di lei mi sono messa veramente d’impegno. E poi perché con le sue fic mi fa partire a mille l’immaginazione (quando avrò letto tutto “Piume nella Cenere” riuscirò a recensire e a fare parte dell’HitoHaru fanclub ò.ò …ma mi va bene anche solo Hitoshi =ç=).

Ed un grazie a Nagaina, e ad i suoi commenti azzeccati.

Adesso scappo U_U

Saluti, Rory.

 

 

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Capitolo 2
*** II Parte ***


My Lost Innocence

My Lost Innocence

II Parte.

 

 

La temperatura ad Oto non era mai stata particolarmente calda.

Al contrario, molto spesso la gente ricorreva a drastici panni pesanti da indossare.

Strano come la realtà di quel villaggio così miseramente povero, scarno di un qualsivoglia monumento, rispecchiasse così evidentemente il proprio clima.

La routine quotidiana dei villici del suono era sempre monotona, ma capitava a volte di intravedere qualche ninja sospetto aggirarsi per le foreste confinanti.

I cittadini sapevano, ma stavano zitti. Tutti avevano una fottuta paura di colui che potevano tranquillamente soprannominare come dittatore del villaggio. Non spettavano a loro le ricchezze, ma a quel castello sotterraneo incavato fra le rocce e la terra, nascosto ad ogni occhio esperto o inesperto che fosse se non a chi conosceva alla perfezione ciò che si trovava al di sotto.

Il fosso relativamente grande scavato fra i grumi di terra nascondeva una maestosa entrata per quella che era la reggia di Orochimaru.

«Sasuke-kun, ti conviene prepararti per l’allenamento di oggi. Sai bene che Orochimaru-sama non tollera ritardi alle sue lezioni» borbottò fiaccamente una voce flebile, tenuta appositamente bassa.

«sta’ zitto» rispose laconico colui che doveva essere Sasuke, allacciandosi con un gesto brusco un lungo cordone viola attorno alla vita e annodandolo distrattamente.

Lo sguardo antracite si soffermò sull’uomo appoggiato allo stipite della porta, il riflesso degli occhiali facilmente distinguibile nella penombra della stanza.

«dì a Orochimaru che sto arrivando» aggiunse Sasuke Uchiha voltando le spalle a Kabuto, cercando con compostezza l’arma rilucente che solitamente utilizzava durante gli allenamenti col sennin.

Kabuto sospirò, rivolgendo all’Uchiha un’occhiata frettolosa e mordendosi il labbro per non ribattere – come al solito – e per correggere quell’ “Orochimaru” con il dovuto “Orochimaru-sama”.

«La foglia attacca» disse solo prima di uscire, socchiudendo con un gesto lento e misurato la porta della camera e lasciare in solitudine il ragazzo. 

Sasuke batté distrattamente ciglio, afferrando ponderosamente la katana riposta nel fodero all’angolo ed issandola fra le fibbie del cordone legatosi precedentemente sui fianchi, dietro la schiena. Si guardò attorno, come per trovare un qualsiasi pretesto per ritardare ulteriormente.

Accertatosi che nella stanza non c’era nulla che lo potesse trattenere ancora per molto, sospirò malamente, poggiando la mano dalla pelle nivea sulla maniglia della porta, abbassandola.

La luce del corridoio sul quale s’affacciava il suo rifugio gl’inondò entrambi gli occhi, illuminandoli di riflessi dorati sulle iridi ebano. Si costrinse a sbattere un paio di volte le palpebre per abituarsi a qui fiotti chiari e pacatamente, s’incamminò verso la stanza degli allenamenti.

I gocciolii tenui che cadevano delle giunture delle tubazioni sul soffitto rimbombavano atoni sulle piastrelle in mattone del pavimento, facendo scivolare sul ragazzo una strana sensazione d’inquietudine.

«la foglia attacca» ripeté sommessamente Sasuke, trattenendo fra le labbra quel sibilo. Crucciò entrambe le sopracciglia scure in un segno di compunta concentrazione.

Kabuto parlava sempre per enigmi, era inutile tentare di venirne a capo.

Quando l’eco angosciante dell’acqua che s’infrangeva al suolo sfumò nel nulla, Sasuke capì di essere arrivato dinanzi alla porta della sala ove si nascondeva Orochimaru e tirò un sospiro che voleva essere di sollievo, ma che in realtà risuonò come un sospiro frustrato.  

Prima di poter aprire quella porta, ricompose sul suo viso dai lineamenti perfetti l’espressione vuota e scocciata che solitamente lo caratterizzava, in modo da non dovere spiegazioni sulla sua irritazione che, stranamente, quel giorno sembrava farsi sentire più del solito.

Kabuto attendeva come al solito in piedi affianco ad un’alta e possente statua di un serpente, le braccia conserte al petto, lo sguardo abbassato intravedibile attraverso il solito luccichio degli occhiali. Non appena pose piede nella camera, Kabuto alzò il capo per assicurarsi della presenza dell’Uchiha e tirò sulle labbra sottili un sorriso di circostanza.

«Orochimaru-sama sta sistemando alcuni affari. Sarà da te molto presto» annunciò con voce roca, distogliendo immediatamente la concentrazione puntata sugli occhi di tenebra di Sasuke e trovando particolarmente interessante la statua del serpente.

Sasuke deglutì silenziosamente, muovendo qualche passo verso la recinzione murata e sedendovi con poca grazia, facendo sbattere il fodero della katana contro la pietra.

Avrebbe voluto chiedere cosa stesse succedendo, ma tenne a freno la curiosità e non s’incespicò in discorsi troppo difficili da poter tenere con Kabuto che sicuramente, se ne sarebbe stato zitto.

Leggeri come le piume, i passi felpati di Orochimaru si fecero sentire lievemente annunciando il suo arrivo. Ma ad accompagnare quei passi pacati c’erano altrettanti passi, ma più frettolosi e, da come riecheggiavano veloci, sembravano appartenere ad una persona dalla camminata nervosa.

«scusate l’attesa, dovevo andare ad accogliere il nostro nuovo ospite» disse tranquillamente Orochimaru, sbucando con eleganza dall’angolo nascosto dalle numerose statue.

Sasuke alzò lo sguardo, vagamente incuriosito da quell’affermazione così bizzarra per quella situazione, e strinse con maggior vigore la katana precedentemente afferrata.

Capelli rosa invasero le sue iridi antracite, occhi verdi catturarono i suoi e labbra fini si stringevano, come in procinto di sillabare il suo nome.

Sasuke-kun…

Fu per istinto riflesso o forse per sola questione d’abitudine, che Sasuke riuscì a nascondere pacatamente lo stupore e l’incredulità di trovare lei in quel posto dietro la sua solita maschera di freddezza e impassibilità.

Sakura Haruno non era affatto a suo agio in quel posto; lo si notava dall’espressione sicuramente terrorizzata – sebbene sembrasse decisa, povera piccola stupida – e dalle mani congiunte tremanti dietro la schiena, in un vano tentativo di nasconderle alla vista degli altri.

Orochimaru rimaneva in piedi, oscillando lo sguardo dorato da Sasuke a Sakura e viceversa, come se fosse spettatore di una telenovela che aveva atteso per anni e che ora aveva a portata di mano.

Kabuto non ostentò né ghigni enigmatici né occhiate seccate, piuttosto, sembrava soltanto molto scocciato da una nuova presenza (totalmente inutile, pensava) nel rifugio di Orochimaru-sama.

Ed il silenzio cadde come una lunga spada affilata sulle loro schiene, trapassando la pelle e il cuore.

Probabilmente nessun silenzio era mai stato così rumoroso e snervante, mai così tante parole erano in procinto di essere dette ma poi taciute all’ultimo secondo, mai così tanti pensieri si somigliarono prendendo però sfumature del tutto differenti.

«Sakura» con un’esile emissione di fiato comunque ponderosa, Sasuke dovette trattenersi per non lasciare cadere la katana di mano e, al contrario, la strinse con maggior vigore, sperando che ciò che aveva davanti fosse solo un sogno (non era poi così difficile che lo fosse davvero) e non la realtà.

La ragazza deglutì vistosamente, slacciando in un gesto brusco le dita intrecciate dietro e lasciando ricadere le braccia inermi lungo i fianchi.

Gli occhi di quel vivido verde s’inoltrarono nello studio di quei gemelli troppo scuri e troppo vuoti, e non fu difficile per l’Uchiha capire che in quel preciso istante, a Sakura non importava né di Orochimaru, né di Kabuto. Ma solo di lui… che si ricordava il suo nome.

Che pensiero stupido.

«Sasuke-kun!» squittì nervosamente l’Haruno, muovendo qualche passo verso il ragazzo. Si fermò istantaneamente, quando vide Sasuke alzarsi con l’ira incisa in ogni piccolo movimento e muoversi rapido verso Orochimaru, in piedi lì accanto a quella che, tanto tempo prima, era stata la sua compagna di squadra. (e l’unica persona per la quale…?)

«vuoi che ci scoprano? Cosa diavolo ti salta per la testa a fare venire lei qui?!» sbottò in un ringhio Sasuke, ebbro d’improvviso astio nei confronti di tutti i presenti in quel maledetto rifugio. Il sennin scrollò le spalle, quasi la questione non lo riguardasse minimamente e non sembrò nemmeno turbato dalla totale mancanza di rispetto da parte dell’allievo.

Al contrario, Kabuto scattò in difesa dell’uomo, ma venne fermato da una semplice alzata di mano.

«lascia stare, Kabuto, te ne pentiresti – sibilò il ninja leggendario, spostando poi l’attenzione sul germoglio che stava coltivando con tanta cura – Sasuke. Questa ragazza mi ha aiutato in una specie di missione che ci permette ancora di lavorare indisturbati nel mio rifugio… perché non l’accogli come si deve? Dopotutto è una vecchia conoscenza, no?» domandò retorico, un sorriso mellifluo gli piegava le labbra innaturalmente pallide.

Lo sguardo traboccante d’astio di Sasuke si perse fra Orochimaru e Sakura, soffermandosi su di questa. Piccola di statura in confronto all’uomo, l’osservava come una preda studia il cacciatore per scovarne il punto debole e per illudersi di poter avere via di scampo. In una muta supplica, gli occhi lo pregavano di guardarla davvero, senza rabbia né rimorso, ma guardarla e basta.

«suppongo quindi che gli allenamenti di oggi salteranno» bisbigliò l’Uchiha, la katana ancora stretta nella mano destra, le nocche completamente sbiancate per lo sforzo di quella presa.

«credo proprio di sì. Recupereremo domani, Sasuke-kun» disse tranquillamente Orochimaru, gli occhi dorati puntati insistentemente sull’allievo. Il moro socchiuse gli occhi, placando momentaneamente gli zampilli di fuoco che v’impestavano all’interno e rivolgendo le spalle sia al suo maestro che a Sakura Haruno.

S’incamminò malamente verso la porta dalla quale era entrato qualche minuto prima, riponendo con uno scatto morboso la katana nel fodero di cuoio. Prima di scomparire dietro l’uscio, udì un solo lamento straziante, dettato da una disperazione repressa e da una voce troppo tremolante.

«Sasuke-kun…»

Che cosa gli importava di Sakura? Che cosa gli importava di voltarle la schiena nuovamente?

Dopotutto Sakura, la sua schiena, l’aveva sempre vista.

[E sempre la vedrà] 

 

Sakura sarebbe rimasta lì in piedi ad attendere per forse un’intera giornata.

Avrebbe continuato ad osservare con aria assente le spalle di Sasuke muoversi aritmicamente, allontanarsi da lei – quasi a volerle fare un dispetto – e sparire oltre l’enorme porta in mogano.

Avrebbe fatto finta di non capire, se la dura realtà non le fosse piombata addosso con la forza di un’incudine che cade da trecento metri d’altezza. 

Quella situazione sembrava essersi ritorta contro di lei; lei che aveva tradito (per lui) e lei che adesso ne pagava le conseguenze (per lui).

Orochimaru tossicchiò appena, il solito ghigno che non abbandonava le labbra pallide.

«non ti preoccupare, Sakura. Sasuke è sempre stato molto scontroso a maggior ragione quando vengono annullati gli allenamenti. Gli passerà» concluse con semplicità, ampliando lievemente quel ghigno in un sorrisetto mellifluo che sapeva di presa in giro.

Sakura annuì,  più per riflesso che per convinzione, e si schiarì rudemente la voce, muovendo qualche passo verso la direzione dov’era scomparso Sasuke.

«Kabuto, accompagna Sakura nella sua stanza e magari mostrale velocemente la mia umile dimora» ordinò pacatamente il sennin, spostando lo sguardo dorato sulla figura del ragazzo con gli occhiali.

«n-no. Lasciate stare, troverò io… la mia stanza, grazie» mormorò sconnessamente l’Haruno, quasi dimenticandosi della presenza di Kabuto, e dando ascolto all’istinto che le urlava di seguire colui che infestava notte e giorno i suoi pensieri.

Forse le parve un po’ strano che nessuno dei due tentò di fermarla, di proibirle di girovagare in solitudine nel rifugio della serpe. Ma non se ne curò più del dovuto, e continuò la sua camminata verso quella porta che segnava la fine del terrore (Orochimaru era lì, che l’osservava) e l’inizio del timore (Sasuke-kun era lì, che non l’aspettava).

Il posto la metteva in soggezione.

Camminava stando attenta a dove mettere i piedi, a dove guardare e a dove poter appoggiarsi. Nessun corridoio le era mai sembrato più tetro e pieno di porte di quello. Ovunque guardasse c’era una porta ad attenderla, dove magari si nascondeva Sasuke-kun.

Si lasciava guidare da quel poco senso d’orientamento che era riuscita a requisire in quegli attimi di solitudine, giudicando quale porta aprire e quale no. Francamente, ne aprì a dozzine di porte dove però non si scovava nemmeno l’ombra dell’Uchiha.

Probabilmente si ritrovò a ringraziare quel tempo passato con Naruto e l’influenza che questo aveva su di lei, visto che non s’era lasciata intimorire dai numerosi fallimenti in quella ricerca disperata e continuava a provare, la speranza ancora vivida del petto.

Si diede della stupida mentalmente mentre con stranezza, le ritornava alla memoria quella lettera destinata a Sasuke che adesso giaceva nel cestino di casa sua.

“Che razza di sole è uno che non riesce a scovare la luna? O forse è per questo? Sole e luna non sono destinati ad incontrarsi. Mai. Se c’è il sole, non c’è la luna. Se c’è la luna, non c’è il sole. Ed ora che sole e luna si trovano nello stesso posto? Che cosa accadrà?”

Rimase ferma impalata, la mano nivea scossa da un lieve tremore scivolava sudata sulla maniglia perlata di quella porta scura. Gli occhi verdi, finalmente, incontrarono il bianco di uno yukata.

«Sasuke-kun. Ti cercavo» sibilò sottovoce, quasi avesse paura di farsi sentire. Deglutì, piantando sul viso un’espressione del tutto neutra e naturale alla situazione, mascherando quel che in realtà provava. L’Uchiha non diede segno di averla sentita, se non per quella fugace occhiata che le aveva dedicato non appena la porta era stata spalancata.

Sakura deglutì a vuoto, facendo qualche passo all’interno della stanza e curandosi di richiudere delicatamente la porta alle sue spalle. Il silenzio che urlava attraverso quelle quattro mura sembrava stordirla, ma non si lasciò intimorire, continuando a camminare verso il letto dall’aria dura e parecchio scomoda sul quale stava seduto il ragazzo.

«sai… non credevo ci saremmo rincontrati davvero. Così, ecco. Pensavo che ci saremmo rivisti a Konoha. Con Naruto… Kakashi-sensei e... gli altri. Però va bene lo stesso, né, Sasuke-kun? Alla fine siamo insieme. Come la prima volta in cui abbiamo incontrato Orochimaru, ricordi?» il tono vagamente speranzoso di quell’ultima domanda s’affievolì notevolmente quando il cervello capì cosa la lingua stesse dicendo. Si ritrovò a tossicchiare, nervosa, concedendosi qualche occhiata veloce a Sasuke, giusto per vedere se quelle parole avessero avuto un qualsivoglia effetto.

Giusto per vedere se la sua presenza fosse un poco gradita o meno.  

«va beh, se non ricordi non fa nulla. È passato… molto tempo» la sgradevole sensazione di déjà-vu si impossessò del petto (e del cuore) della giovane ninja che, come ormai ci aveva preso l’abitudine, lasciò correre, senza pretendere una risposta dal suo interlocutore.

«Sasuke-kun… - questa volta una vena d’impazienza rese più forte la sua voce, facendo voltare l’Uchiha con un cipiglio seccato - … sono qui per te, lo sai. Io… ho tradito per te. Lo sai. Lo sapevi» concluse Sakura, questa volta colta da un impeto d’accusa nei confronti del giovane.

Impeto che non sfuggì a Sasuke il quale assottigliò lo sguardo, penetrando con quelle sue iridi nere quelle altrettanto scure ma di un colore diverso di Sakura.

«… no, non lo sapevo. Pensavo tu fossi la più intelligente nel nostro team. Adesso chi lo è? Naruto, forse. È l’unico rimasto, dopotutto» non si stupì Sakura di sentire quelle parole [le sue prime parole a lei rivolte] che sapevano di presa in giro, di una superiorità forzata sempre e comunque.

Questa volta però, con quelle affermazioni, fu Sasuke ad assumere un tono d’accusa. Probabilmente lui non si era sentito minimamente in colpa delle accuse di lei, ma lei, lei la debole come sempre, non poté fare a meno che trattenere rumorosamente il respiro.

«quanto sei sciocca, Sakura. Non sei cambiata affatto. Sei ancora ostinata a riportarmi a Konoha oppure ti sei arresa a rimanere qui con me?» domandò falsamente interessato Sasuke, il torso leggermente scoperto dall’apertura dello yukata contratto in quella scomoda posizione girata.

Sakura attese qualche secondo, quasi stesse soppesando le parole da dare in risposta.

«Io sono il sole. Tu sei la mia luna. Voglio rimanere qui con te e lo sai. Sebbene sole e luna siano i completi opposti devono stare pur sempre insie-» le labbra finirono di masticare parole non appena lo sguardo seccato del moro raggiunse il suo.

«sole e luna. Credi davvero che me ne importi qualcosa, Sakura? Credi davvero che m’interessi la tua presenza qui? Credi che tu basti per farmi dimenticare Itachi e la mia vendetta? Te lo ho ripetuto milioni di volte. Io sono un vendicatore. E tu non intralcerai la mia strada. Che tu lo voglia o no»

[forse le parole più adatte sarebbero state altre, con un diverso significato magari sottinteso: che tu mi ami o no].

Sakura rimase ferma, i piedi non tremavano, ma erano ben piantati per terra.

Avrebbe dovuto preoccuparsene? No, quelle parole le aveva sentite fino allo sfinimento.

Avrebbe dovuto piangere? No, se lo aspettava, dopotutto.

Avrebbe dovuto reagire? No, lui era Sasuke-kun, colui che amava ma che non ricambiava.

Avrebbe dovuto uscire da quella stanza? Sì, e lo fece. 

Probabilmente in vita sua si era sentita solo una volta così tramortita e avrebbe voluto stupirsene quando si accorse che anche quella volta era stato merito di Sasuke (della sua maledettissima voce che la faceva piangere, sempre), ma non ci riuscì.

Sembrava troppo complementare soffrire per lui.              

Richiuse ancora una volta la porta alle sue spalle, abbandonando quell’aria satura di delusione presente nella stanza di Sasuke e, tremante, si diresse nella sala dove poco prima stava con Orochimaru.

Batté ciglio, Sakura, chiuse le palpebre e non le riaprì più veramente. 

Si perse fra quei corridoi, si perse fra le parole di Sasuke, si perse nel sorriso di Orochimaru e si perse nell’oblio di quei giorni che non passavano mai, di quegli allenamenti dei quali non s’interessava minimamente…

«perché non mi ami, Sasuke? Perché…?»

…nell’oblio di quegli occhi neri che non la guardavano, mai.

 

I know my dreams are made of you

Of you, and only for you

Your oceans pulls me under

Your voice tears me usunder

Love me before the last petal falls.

 

Io so che i miei sogni sono fatti di te

Di te e solo per te

Il tuo oceano mi trascina

La tua voce mi fa piangere

Amami prima che l’ultimo petalo cada.

 

 

Beauty and the Beast © Nightwish.

 

Ed ecco qui la seconda parte, eheh.

Com’è che qui nessuno vedrebbe Sakura tradire il villaggio?! Ma scusate, ricordate quella puntata 109, in cui un bastardo di cognome Uchiha lascia il villaggio ed una ragazzina gli promette di abbandonare tutto per stare con lui? O.O okay, questa è ambientata in shippuuden, ma Sakura è sempre la stessa, suvvia. Non ditemi che è OOC che mi deprimo ç_ç!

Nonostante ciò, devo dire che io di questa fic sono proprio soddisfatta. È la prima di cui sono orgogliosa di dire “Sì, l’ ho scritta io” XD e poi ho utilizzato tutte le mie canzoni preferite. Uhm, sì.

Spero che questa seconda parte vi piaccia. Ci ho messo tutta me stessa.

 

Grazie a:

Delia-san: Oh mio dio, sai che mi ero dimenticata delle tue recensioni così dettagliate e ben fatte su questa fanfic? Rileggerla è stato un piacere ed un aumento vertiginoso al mio orgoglio XD. Ah, e grazie per avermi detto che sono migliorata: ci sono delle mie fic vecchissime che sputtanano la mia carriera (???) di fanwriter XD Grazie mille Delia, lei è il mio genio <3.

Celiane4ever: perché non vedresti Sakura tradire il villaggio per Sasuke? .-. che strano, io la davo come scontato e mi dici che lo hai preso come un colpo di scena XD beh, ne sono comunque felice. Sono riuscita a stupirti, allora <3. Grazie mille della recensione!

Bambi88: Robbè-sama! Sa che sono veramente felice di ricevere un suo commento ç_ç? Mi ricordo quando gliel’avevo fatta leggere, quelle bellissime venti pagine piene zeppe di SasuSaku senza il minimo accenno di ShikaTema XD. Grazie per averla letta, grazie per aver recensito <3.

Talpina Pensierosa: oh beh, grazie mille *-*

Hika_chan: voilà l’aggiornamento! È stato di suo gradimento, esimia? U.U spero vivamente di sì. Comunque sia sono felice che la prima parte le abbia fatto venire il magone. Cioè, era il risultato che speravo, erano le emozioni che volevo trasmettere XD. Grazie mille per la recensione!

Kry333: ma sì che Sakura è rimasta la ragazza innamorata, suvvia. Siamo ottimisti noi XD. O almeno, in questa fic è ancora molto innamorata, come si può notare. Quindi perché non dovrebbe voler raggiungere Sasuke ç_ç? Grazie per aver recensito!

Azusa92: Io lo dico sempre che l’amore è una brutta cosa. Ma non per questioni sul SasuSaku. No, aspetta. Anche per questioni SasuSaku, ecco =.= non so perché ma io la vedo tantissimo Sakura, di nascosto, consumata ancora per l’amore che prova per Sasuke. Magari non le interessa più nulla (in tal caso Kishimoto può aspettarsi di tutto dalla sottoscritta -.-) però… bah, ci spero ancora. Perché dopotutto noi lo sappiamo che le pantere sono NERE e che il SasuSaku è METAL! XD grazie per aver recensito, Santra-chan. Grande donna! <3

Terrastoria: mia adorata, mia suprema, o somma! Sasuke, come si nota, è comparso. Adesso che succederà? Si ameranno? (certo che sì) o si odieranno? (anche questo è probabile XD) e Sakura sopporterà la freddezza dell’Uchiha? Lo scoprirete nella prossima puntata! *parte sigla di beautiful* alla prossima Terra-chan! <3 xD  

 

Grazie anche a coloro che hanno messo questa fic nei preferiti. Sappiate che mi rendete davvero tanto felice ç_ç e recensite, mi raccomando u.u Ja ne!

Rory.

 

 

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Capitolo 3
*** III Parte ***


My Lost Innocence

My Lost Innocence

III Parte.

 

Durante le missioni Sakura Haruno era solita tenere diligentemente conto dei giorni che passava fuori casa (e quindi in compagnia di Sasuke).

L’innervosiva sapere che per un numero elevato di ore non avrebbe più rivisto né sua madre né suo padre, però la sollevava il fatto che avrebbe passato quei momenti insieme a Sasuke-kun.

In quella determinata missione – poteva definirla tale? Non lo sapeva, davvero – aveva perso completamente la cognizione del tempo, dei suoi sentimenti verso la famiglia e dei suoi amici.

Non la rincuorava neanche il fatto di essere in compagnia di Sasuke, visto che Sasuke di compagnia non lo era proprio. In tutto il tempo passato lì insieme a lui, aveva avuto solo l’onore di osservarlo ad allenarsi, di scambiare due parole (i suoi complimenti e i suoi mugugni) e di aiutarlo con qualche ferita difficile da medicare, sostituendo così Kabuto.

«… infine prepara questo e portamelo entro due giorni. Fallo bollire bene, mi raccomando, e pensa a girare l’infuso il numero esatto di volte. Se non fai come ti dico perde la fragranza e l’effetto» Kabuto concluse con aria austera il suo discorso sul determinato medicinale che Sakura avrebbe dovuto preparare da lì a due giorni.

Annuì stancamente, raccogliendo le sue cose dalla scrivania e afferrando gli ingredienti che Kabuto le porgeva, osservandolo allontanarsi con camminata lenta e strascicata verso la porta della sua camera. Sakura abbassò lo sguardo, lievemente assonnata, rivolgendo la sua attenzione a ciò che avrebbe impegnato le sue future giornate e sentì stranamente lo sguardo di Kabuto addosso.

Alzò il suo, facendo incontrare verde e nero, ma un nero diverso, non come quello di Sasuke-kun.

«non sbagliare, Sakura» sibilò semplicemente il ninja traditore, sparendo velocemente dalla sua vista dietro la porta scura. L’Haruno osservò stranita l’uscio, per poi riabbassare lo sguardo.

Avrebbe voluto farsi una doccia, prima, sentendosi in qualche modo sporca.

Forse lo stare nel covo di Orochimaru le macchiava l’animo, come Sasuke se lo stava consumando lentamente con i suoi silenzi ed il suo orgoglio sempre in primo piano.

Ebbe compassione di se stessa mentre con quel sorriso di circostanza si alzava dal letto per dirigersi verso il bagno.

Ma una cosa attirò la sua attenzione.

Un qualcosa che brillava, sotto le coperte del letto ripiegate malamente dopo una (altra) notte insonne. Si avvicinò con circospezione, stando ben attenta a non dare troppa fiducia a quella qualsiasi cosa brillasse sul suo posto di riposo. Scostò lentamente le lenzuola, rivelando un kunai dal metallo luccicante e pulito.

Batté ciglio indispettita, prendendo fra le mani l’arma e rigirandosela fra le dita sottili e pallide.

La riconobbe; era l’arma che Sasuke aveva lasciato la sera prima quand’era venuto per farsi curare una ferita relativamente superficiale. La studiò con interesse, con sguardo quasi maniacale, fino a quando la punta affilata del kunai non le graffiò il dito. Vide una sottile goccia del suo stesso sangue scivolare lungo la pelle cadaverica e trovò esilarante quel macabro contrasto.

Bianca come un cadavere, macchiata di rosso sangue.

“Strana la vita” pensò divertita, i ciuffi rosei che le adombravano la fronte ampia [prima di qualsivoglia copri fronte] e lo sguardo tetro.

In quel solo attimo le passarono davanti agli occhi tutte le scene della sua routine a Konoha: svegliarsi coi richiami di sua madre, trovare Naruto ad attenderla sotto casa, litigare con Sai, litigare con Ino, sgridare il maestro Kakashi, allenarsi ed obbedire a Tsunade-hime, salvare vite…

…tutto aveva senso se non poteva salvare la sua di vita? Quella di Sasuke. E la sua.

«cosa stai facendo?» assorta com’era nei suoi pensieri, non si era accorta della porta aperta e di Sasuke Uchiha appoggiato allo stipite di questa. Assorta e tentata com’era, non si era accorta della lama del kunai pericolosamente vicina al suo polso.

Sussultò improvvisamente, sentendosi nuda e lasciando cadere con un tonfo secco l’arma sul materasso, rivolgendo completamente l’attenzione al ragazzo.

«Sa… Sasuke-kun. Non… ti avevo sentito entrare, già. Hai… b-bisogno di qualcosa?» sibilò attentamente, assumendo una posizione più comoda sul letto, portando le ginocchia ad incrociarsi davanti a lei. 

Sasuke inarcò un sopracciglio scuro, indeciso se entrare o meno. Optò per chiudere la porta come aveva fatto Kabuto qualche minuto prima, con la sola differenza d’intrattenersi con Sakura.

«no, non ho bisogno di niente. Voglio solo sapere cosa stavi tentando di fare con quel kunai, Sakura» il tono basso ma imperioso riecheggiò nella mente debole della ragazza che scrollò le spalle, tranquillamente. Tirò un sorriso falso sulle labbra sottili, scendendo con un movimento goffo dal letto e mettendosi in fretta in piedi.

«nulla, lo stavo solo guardando, Sasuke-kun. È tuo, no?» domandò a bassa voce, muovendo qualche passo incerto verso l’Uchiha. Sasuke la seguì con lo sguardo, gli occhi neri antracite puntati su di lei. Studiò ogni particolare del viso di Sakura, quasi a volerne cogliere ogni emozione.

«volevi ucciderti, Sakura? Sei davvero così debole?» chiese in un sussurro roco, stanco, facendo impietrire la ragazza davanti a lui.

Non cedere Sakura, sei cambiata.

«ti sbagli Sasuke-kun. Io… non volevo farci nulla»

Non cedere Sakura. Tu. Sei. Cambiata.

«se non volevi farci nulla lo avresti lasciato perdere. Ed invece era lì che lo guardavi come se stessi pensando di suicidarti. Che cosa stupida»

No, Sakura. Sei cambiata, non piangere.

«non avrei motivo di suicidarmi, Sasuke – senza “–kun”, questa volta – davvero. Davvero»

… perché sei cambiata. Non ti arrendi più, ora, sei lì con lui, no?

«sì, di motivi ne avresti. Pensare di poter risolvere tutto con la morte è da vili. E da deboli»

Parla proprio lui di viltà, eh? Lo senti, Sakura? Sei cambiata.

«perché ti preoccupi così tanto, Sasuke-kun?!»

Adesso lo nota anche lui che sei cambiata. Non piangere, Sakura. 

Sasuke si tirò lievemente indietro, colto da tale affermazione inaspettata. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma il cervello non recepì nessuna battuta che potesse giustificarlo a dovere.

Sakura abbassò la testa, chinandola in avanti, chiudendo gli occhi. Sentì le lacrime risalite lungo il suo animo per sgorgare dalle orbite cadere nel vuoto, abbandonando silenziosamente le sue ciglia.

Strinse i pugni lungo i fianchi, sentendosi ridicola ad aver trattenuto così a lungo quelle lacrime di rabbia, frustrazione e quant’altro quando con Sasuke era solita dimostrarsi per quello che era in realtà: debole. Che senso aveva nascondere il pianto quando con lui non aveva fatto altro che piangere? Nessuno.

Sentì una mano risollevarle il mento, cautamente, come se quel contatto potesse scottarlo, ed aprì gli occhi, veramente, incontrando le iridi d’ebano di Sasuke. Il ragazzo tolse prontamente la mano dalla mandibola leggermente appuntita di lei, stringendo le labbra seccato.

«non hai perso l’abitudine di piangere. Me lo aspettavo» confessò tranquillamente, facendo ricadere inerme il braccio lungo il fianco destro.

Sakura tirò sulle labbra un sorriso per nulla sincero, scotendo la testa sconsolata.

«Sasuke-kun… cosa sono io? Sono un ninja della foglia? Oppure una del suono? Sono una semplice traditrice del proprio villaggio? Non lo so. Cerco risposte, ma non ne trovo. Sono inutile persino a me stessa. Non riesco a dimenticare Naruto, né Konoha… spiegami come hai fatto, cazzo, come sei riuscito a lasciarti tutto alle spalle?!» la frase, partita con tono quasi lagnoso e docile, si trasformò rapidamente in un’affermazione rabbiosa, carica d’ansia e delusione.

L’Uchiha osservò l’ormai ex compagna afferrare saldamente un lembo del suo yukata e tirarlo con prepotenza contro di sé, quasi a volerlo attaccare in un qualche modo.   

«chi ti dice che lo ho fatto?» enigmatico come al solito, Sasuke non si premurò di spostare quella morsa dal suo kimono, né di spostare il viso pericolosamente vicino a quello della kunoichi.

Fu Sakura a lasciare la presa, quassi si fosse scottata, e fissarlo stralunata attraverso gli occhi verde foglia spalancati. Sembrava tutto così irreale; pensava ormai che Sasuke avesse superato tutto, senza il minimo rimorso.

«tu pensi ancora a Konoha? A Naruto…? Pensavi ancora… a me?» chiese in un’unica emissione di fiato, debole ma speranzosa. Il ragazzo non evitò lo sguardo e sembrò volerle comunicare la risposta tramite quello scambio di pensieri. Di tutta risposta chiuse le palpebre, trovando stranamente stancante tutta la situazione. E Sakura capì. 

«Sasuke-kun – la voce di Sakura sembrava essere ritornata a tre anni prima, quand’era ancora fresca e solare – non importa. Io lo ho detto. Siamo come sole e luna, tu non mi vuoi credere!» la tensione venne smorzata da una flebile risatina da parte dell’Haruno che, sinceramente divertita, portò la mano che prima stringeva la stoffa bianca della casacca di Sasuke alle labbra.

«Sakura – la voce di Sasuke era sempre stata uguale, se non per quell’inflessione dura concepita nel tempo passato con Orochimaru – sole e luna. Stanno in cielo, Sakura, noi siamo sulla terra. Cosa vuoi che ce ne importi?».

Per un attimo, si rividero bambini.

Fu forse per istinto riflesso a quelle parole che Sakura non si trattenne nell’alzare le braccia e buttarle al collo del ragazzo e stringerle dietro la nuca, abbandonando la testa nell’incavo del collo di questi e sorridere, infischiandosene di poter essere rifiutata, di non essere cambiata e di risultare infantile. Infischiandosene di tutto.

C’erano solo lui e lei, due corpi ancora non totalmente maturati di uomo e donna, petto scolpito dagli allenamenti che preme contro il seno acerbo di un’adolescente (sempre) innamorata, mani che titubanti si stringono dietro la schiena dell’altro, solo per quel momento.

«Sasuke-kun… dico che siamo sole e luna e che se c’è uno non può esserci l’altro» cominciò Sakura premendo le labbra sul collo tiepido dell’Uchiha che, di malavoglia, l’allontanò da quell’abbraccio improvviso stampando sul viso un’espressione scocciata e turbata.

Fissò le iridi della ragazza, notandole per la prima volta in uno stato vagamente somigliante alla felicità. Lei lasciò cadere le braccia dalle sue spalle, volendosi riprendere da quell’impeto.

«… non ho mai tenuto conto dell’eccezione: l’eclissi. Siamo noi, l’eccezione, Sasuke-kun?» domandò sincera Sakura, cercando con il suo lo sguardo di lui. Sasuke scrollò le spalle, stanco di tutte quelle parole, stanco dell’essere lì, stanco di quelle inutili parole che per lei sembravano vitali.

«pensala come vuoi, Sakura. Io sono un vendicatore…»

Tutto ciò di cui erano entrati a fare parte era solo un misero circolo vizioso: non si usciva più, una volta entrati. Lui, era il vendicatore freddo e spietato che riusciva ad addolcirsi quel che bastava solo in presenza di lei, la ragazza debole fuori ma forte dentro. Non cambiava mai nulla.

«… ed io ti amo»

Nemmeno a distanza di anni.

 


Come out, come out wherever you are
So lost in your sea
Give in, give in for my touch
For my taste, for my lust!

 

Vieni fuori, vieni fuori ovunque tu sia
Così perso nel tuo mare
Arrenditi, arrenditi per il mio tocco
Per il mio sapore, per la mia sensualità!


 

 

Caro Sasuke, come va?

Beh, potrei chiedertelo a voce, visto che sei qui accanto a me però

 

Sasuke,

alla fine, ce l’abbiamo fatta.

Si, noi, ce l’abbiamo fatta. Insieme.

Ormai quanto tempo è passato dal nostro primo abbraccio qui al covo di Orochimaru? Non lo saprei proprio dire.

La realtà è che ormai non posso più fare a meno di te, di pensarti, di scriverti, sebbene tu sia qui a pochi metri da me.

La realtà è che non sono mai riuscita a fare a meno di te, lo sai.

Avevo detto che avrei tradito per te, e lo ho fatto.

Adesso sono tua, Sasuke, sempre. 

Avevo detto che io sono come il sole e tu come la luna, due elementi naturali così complementari ma così diversi. Ed è così che siamo: uguali, ma diversi.

Io il sole: brillante, allegra, spigliata, senza troppi pensieri per la testa ma comunque responsabile… illumino la giornata degli altri.

E finalmente, sono riuscita ad illuminare anche la tua di giornata.

Tu che sei la luna; bella, attraente e misteriosa che brilla di luce riflessa, la mia.

Pensavo davvero che Sole e Luna non avessero possibilità di stare insieme. Ma noi siamo la prova che non è vero, esiste l’eclissi.

È inutile continuare a mentire, Sasuke-kun, ti amo. E ti amerò sempre.

E ti prometto che riuscirò a farmi amare anche da te perché per il tuo amore ho pianto, distrutto e tradito. Sarei pronta a farlo mille altre volte, se necessario.

 

Sakura.

 

 

Rilesse con calma quelle poche righe, sulle labbra un lieve sorriso.

«“ti amo”… che sciocca – si lasciò sfuggire Sasuke Uchiha, ghigno perfetto sulla bocca sottile – potrei amarti anche io. Ma questo non me lo sentirai mai dire, Sakura»

Sasuke richiuse quella lettera che avrebbe dovuto essere segreta e le voltò le spalle noncurante.

Orochimaru (Sakura) lo stava aspettando.  

 

Fine.

 

 

Everdream © Nightwish.

 

E così si conclude la mia fanfic che partecipò mesi or sono (tipo luglio, toH) al concorso “scontro fra pairing” indetto da Nagaina, che si classificò prima nella classifica generale e batté la coppia NaruSaku. Spero vi sia piaciuta, ci tengo particolarmente a questa fic.

Vorrei rispondere a tutti coloro che sono stati così gentili da lasciarmi una recensione, ma non sono dell’umore adatto. Però dovevo aggiornare, altrimenti questo capitolo sarebbe rimasto lì ad ammuffire per altri mesi. Ci risentiamo ad un’altra fic, mia o vostra che sia <3.

 

Grazie a:

Bambi88.

Deliaiason88.

Nomiemi.

Talpina Pensierosa.

Kry333.

StAkuro. (adorabilmente straziante? XD Beh, diciamo che l’intento era quello! Grazie per aver recensito! <3).

 

Ed un grazie anche a coloro che hanno messo questa fic nei preferiti. Un commentino, visto che questo è l’ultimo capitolo, me lo lasciate? Eh? *-* XD.

Concludo qui. Ricordate che il SasuSaku è metal ed hentai allo stato puro u.u

Dedicata ad ogni Black Panthers, perché noi non ci estingueremo mai!

*cala il sipario con l’inno nazionale*

Rory.

 

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