Abram contro gli idoli

di Ciuffettina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** «Perché non posso fare a modo mio?» ***
Capitolo 2: *** «Giù le ali dal mio protetto!» ***



Capitolo 1
*** «Perché non posso fare a modo mio?» ***


Durante i successivi 10 anni Gabriel aveva sempre tenuto d’occhio il suo protetto (il suo primo protetto!), comparendogli ogni tanto e dandogli dei consigli. («Abram, quando ti ho detto che se avevi bisogno di aiuto, potevi chiamarmi, non intendevo aiuto nel fare i compiti!» e «No, Abram, non so come potresti far colpo sulle ragazze, io, di solito, spalanco le ali…»)
Per fortuna Nimrod non aveva più tentato di uccidere Abram, mentre Terach, che aveva perso il suo posto a corte (avere un figlio iconoclasta non aiuta certo a far carriera), lavorava come intagliatore d’idoli per venderli al mercato.
Desiderava che anche suo figlio guadagnasse da quel commercio e l’arcangelo trovava divertentissimo osservare come Abram cercasse di venderli: legava loro una corda intorno al collo, li trascinava al mercato e declamava: «Chi ha bisogno di comprare dei simulacri che non servono a nessuno?»
La maggior parte della gente lo evitava, ma alcuni si fermavano, chiedendogli perché agisse così e si convertivano.
Nimrod, saputo ciò che combinava Abram, organizzò una festa e lo invitò, per impressionarlo.
Il ragazzo si rifiutò di comparire davanti al sovrano ma chiese di andare nella stanza degli idoli, per far loro un’offerta. Siccome aveva in mano un piatto contenente del tenero agnello che mandava un profumo delizioso, glielo lasciarono fare. Abram mise loro il piatto davanti ma quelli non si muovevano. «Forse il piatto è troppo piccolo o l’agnello manca di sapore?»
«Questi non si muoveranno mai» disse Gabriel, comparendogli davanti e porgendogli un’accetta «Un vero peccato, questo cibo ha un profumo davvero invitante e ora all’opera!» Indicò i simulacri.
Abram la prese e iniziò a farli a pezzi, urlando contro di loro: «Perché non mangiate, perché non vi difendete? Siete solo marci pezzi di legno!» Il più grande degli idoli raffigurava il re, Abram gli mise l’accetta in mano e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé, mentre Gabriel si piegava in due dalle risate.
Sentendo quel baccano gli ospiti corsero nella stanza, videro quello scempio e, intuendo che cosa fosse successo, le guardie trascinarono Abram dal re. «Non sono stato io. Ho offerto del cibo ai tuoi idoli ma appena l’hanno avuto davanti si sono precipitati per arraffarlo. Il più grande, furioso perché volevano servirsi prima di lui, ha afferrato l’accetta e li ha fatti a pezzi, vedi che l’ha ancora in mano? Se non mi credi, domandaglielo, te lo confermerà.»
Nimrod urlò: «Tu menti! Gli idoli non parlano, non mangiano e non si muovono!»
«Vedi allora che è da stupidi adorare divinità che non servono neanche a se stesse?»
Oltraggiato, Nimrod fece sbattere Abram in prigione senza cibo e acqua ma a ciò pensava Gabriel che tutti i giorni gli portava qualcosa di buono, cercava di tenerlo allegro, gli inviava dei bei sogni e l’avrebbe anche fatto uscire ma, come gli aveva spiegato seccamente Metatron, il carceriere sarebbe potuto entrare in qualunque momento e se avesse trovato la cella vuota, avrebbe pensato che Abram fosse scappato, mentre trovarlo ancora vivo, dopo giorni d’inedia, l’avrebbe fatto riflettere.


Passato un anno, senza che nessuno fosse andato a controllare se il prigioniero fosse ancora vivo (“Accidenti, se l’avessi saputo, l’avrei portato in giro per il mondo, che Metatron fosse stato d’accordo o no.”) Nimrod ordinò che fosse gettato nel fuoco, il carceriere obbiettò che ormai doveva essere morto ma quando si decise ad aprire la cella, vedendo Abram ancora vivo, gli chiese sorpreso: «Chi ti ha portato da mangiare e da bere in tutto questo tempo?»
«Colui che domina su ogni cosa mi ha nutrito e dissetato, il Dio di tutto il mondo, Egli vede ma non appare, dimora lassù nei cieli ed è presente in ogni luogo, a tutto sovrintende e a tutto provvede» rispose Abram.
Appena rimasero soli, Gabriel gli chiese: «Abram, lo sai che non sono Dio, vero?»
«Certo che lo so» sbuffò Abram. «Sei solo il Suo messaggero.»
«Te l’ho chiesto perché hai detto che è stato il Signore a nutrirti per un anno, invece sono stato io.»
«Ti ha mandato Lui, quindi è lo stesso, no?» obbiettò il ragazzo.
E allora perché sono io a sentirmi le ali indolenzite per tutti i viaggi?” Forse non avrebbe dovuto dirgli che era stato insignito del titolo “Amico di Dio”…

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Capitolo 2
*** «Giù le ali dal mio protetto!» ***


Nimrod aveva ordinato alla popolazione di portare legna in abbondanza per accendere una fornace e uccidere così Abram, però ora si trovarono ad affrontare il problema di come gettarvelo dentro, poiché nessuno osava avvicinarsi abbastanza alla vampa.
A quel punto arrivò Lucifer, fingendo di essere un umano, e insegnò loro a costruire una catapulta.
«Lucifer, che stai facendo?» gli chiese Gabriel tirandolo in disparte.
«Ti credevo più intuitivo. Sto aiutando questi scarafaggi, come vuole nostro Padre.»
«Ma che dici?! Nostro Padre non vuole certo questo!» replicò Gabriel.
«Correggimi se sbaglio: l’ultima volta che l’ho visto mi ha detto, anzi ordinato, che dovevo inchinarmi e servire questi aborti. Ora gli abitanti di un’intera città vogliono bruciare quel tizio ma non ci riescono perché sono stati talmente idioti da accendere prima il fuoco e poi tentare di mandarlo nella fornace, mentre avrebbero dovuto fare il contrario… e pensare che Lui è convinto che siano intelligenti…» Lucifer scrollò la testa con un ghigno sarcastico, mise le mani davanti a sé con i palmi verso l’altro e le fece oscillare come se fossero state gli immaginari piatti di una bilancia. «Da una parte abbiamo un’intera città, dall’altra un solo umano.» Uno dei “piatti” scese, mentre l’altro schizzò verso l’alto «Mi dispiace, la maggioranza vince, il tuo protetto finirà arrosto!»
«Dimentichi una cosa…» Gabriel gli si avvicinò, gli afferrò il braccio per aria e glielo riabbassò con forza, fissandolo negli occhi. «Un arcangelo determinato a eseguire gli ordini divini, pertanto il mio protetto non finirà arrosto!»
«Fa’ come vuoi, sta’ attento a non bruciarti le ali» rispose l’angelo caduto girandosi per andarsene.
«Lucy, aspetta» disse Gabriel trattenendolo per un braccio. «Tutti noi speriamo sempre che tu torni...»
L’altro lo interruppe: «Se è così, tutti voi dovreste sbarazzarvi di quella feccia.» Ovviamente si riferiva agli umani.
«Sai bene che non possiamo e neanche vogliamo farlo» rispose Gabriel scuotendo la testa.
«Allora non abbiamo più niente da dirci!» replicò Lucifer e se ne andò.
Nel frattempo avevano messo Abram seduto sul braccio della catapulta, con le mani e i piedi legati ed erano pronti a lanciarlo nel fuoco.
Gabriel gli comparve davanti e gli disse: «Non temere, sono qui per liberarti!»
Abram rispose: «Ho bisogno dell’aiuto del mio Signore, non del tuo, è il Signore in cui confido, il Dio dei cieli e della terra che mi salverà.»
Per un attimo gli si afflosciarono le ali. “Ma è impazzito? Non c’è tempo!” pensò sbalordito.
Chiedere l’intervento diretto di suo Padre significava volare in Paradiso, precipitarsi nell’ufficio di Metatron sperando che non fosse occupato con un altro arcangelo, spiegargli perché non aveva svolto il suo dovere, motivare le ragioni di Abram e a quel punto, già lo sapeva, Metatron l’avrebbe sbattuto fuori urlandogli che “quell’umano poteva già ritenersi fortunato se avevano mandato qualcuno a salvarlo” e nel frattempo il suo protetto era già finito alla brace.
Gabriel rispose irritato: «Allora comincia a chiedere aiuto al Signore!»
«Non è necessario chiedere, perché Lui mi vede, sa dove mi trovo e ciò di cui ho bisogno, perciò vai pure a occuparti dei tuoi compiti.»
«Come desideri.» “Tenerti in vita è uno dei miei compiti ma niente mi vieta di farti provare prima un po’ di strizza” pensò fra sé seccato.
In effetti, man mano che passavano i secondi, l’espressione di Abram era passata da “Adesso il Signore mi salva” a “E se poi non mi salva?” specialmente quando lo lanciarono con la catapulta.
Gabriel aspettò quasi all’ultimo istante, poi lo afferrò al volo «Felice di vedermi?»
«Ma… ma io volevo essere salvato dal Signore in persona!»
«E invece sei stato salvato dalla Sua forza(1). Mi ha mandato Lui, quindi è lo stesso, no? Adesso che hai dimostrato quanto sono fallaci i simulacri in cui crede Nimrod e che lui stesso non è un dio, puoi uscire dalla tua terra e andare dove ti verrà indicato.»
«Me lo ordina il Signore?»
«Proprio Lui in persona» rispose Gabriel e con uno schiocco di dita trasformò la fornace in un giardino.

*****

1) Il nome “Gabriel” significa, appunto, “Forza di Dio”
Nella storia originale, compare davvero Lucifer che insegna a costruire una catapulta.
In alcune versioni Abram viene salvato da Dio in altre da Gabriel.
Ringrazio Jerkester, lapoetastra e samara89 per averla recensita.

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