風物詩
• the things — feelings, scents, images — that evoke
memories or anticipation of a particular season •
P R O M P T UNO ♦ hanami + picnic ♦ link
immagine
«Quando
siamo soli mi parla della sua vita. Io voglio raccattarla
e proteggerla e amarla per tutto il male e le delusioni che ha
sofferto».
| tolleranza zero – irvine welsh |
「春 – H A R U」
Voglio fare con
te, quello
che la primavera fa con i ciliegi.
L’arrivo della primavera
portava con sé odori e colori che Sasuke aveva
dimenticato, o semplicemente rimosso dai suoi ricordi.
I ciliegi del
giardino avevano cosparso l’erba di un tenue rosa, come una dolce neve che
splendeva sotto il sole di quelle prime giornate tiepide, tutto sommato
piacevoli. E forse era proprio perché la natura si risvegliava e tutto quanto
si cristallizzava in quella giornata dedicata interamente a quegli alberi, a
quei petali che avevano lo stesso profumo della pelle di Sakura, che lui aveva
accettato la folle ed insopportabile idea di un appuntamento a quattro con Naruto e la sua fidanzata.
Si sarebbe
pentito, ne era certo già dal primo istante, quando le sue labbra avevano
pronunciato quel fatidico “Va bene, dobe. Basta che ti levi dai piedi”, ma oramai era
troppo tardi per cambiare idea.
Sospirò
accompagnato dallo starnazzare di una delle galline che razzolavano in cortile,
e poi rientrò in casa sedendosi sul divano, aspettando che la porta si aprisse
seguita dallo scricchiolare del vecchio parquet sotto i passi di Sakura nel
corridoio.
Quando lei non
c’era la casa gli sembrava infinitamente vuota e silenziosa, come il vento che
s’infiltrava dalla finestra durante la notte, passando fra i quei capelli rosa,
accarezzandoli, rimpiazzando la sua mano mancante.
«Sas’ke-kun, sono a casa!», e poi
la porta si chiuse, seguita da qualche attimo di silenzio interrotto poi dal
suono dei suoi piedi nudi sul pavimento.
Si vedeva che
era stanca, dopotutto aveva lavorato in ospedale tutta il giorno, ma Sasuke sapeva che non lo era poi così tanto da aver preso
la decisione di non andare a fare quel maledetto picnic.
La ragazza
sorrise avvicinandosi a lui, stampandogli un piccolo bacio sulla fronte prima
di rimproverarlo, «Dobbiamo trovarci con Hinata e Naruto fra meno di un’ora, e tu non sei ancora pronto», la
mano destra poggiata sul fianco le conferiva un’aria minacciosa, addolcita
soltanto dal capo inclinato sul lato.
«Nemmeno tu sei
pronta» le fece notare cercando di non irritarla.
Se c’era una
cosa che aveva imparato a sue spese era che Sakura arrabbiata aveva la potenza
devastante di un uragano, e che i cardini delle porte e le pareti della casa si
accartocciavano sotto i suoi pugni come se fossero fatte di carta.
La vide
rilassare il braccio lungo il fianco destro e poi raddrizzare le spalle prima
di arricciare le labbra in un impercettibile sorriso, «Io sono appena tornata,
però» ribatté avviandosi verso la camera da letto. «Sei stato tu a dire a Naruto che andavamo con loro, se non volevi avresti potuto
semplicemente dire di no» aggiunse, e Sasuke avrebbe
voluto risponderle che sarebbe stato impossibile, perché quando quel dobe si metteva in testa qualcosa nessuno era capace di
fargli cambiare idea.
Lo aveva
letteralmente portato all’esasperazione, per questo aveva accettato. E in più
aveva anche giocato la carta “Fallo per Sakura-chan!”, la solita con cui cercava di fare leva
su di lui.
Neanche i
temibili occhi della morte – come li
chiamava Naruto – avevano funzionato.
Quel dannato idiota, pensò
sospirando, alzandosi dal divano.
Naruto si stese sul
telo fissando le lanterne rosa sopra la sua testa intrecciarsi ai rami e
ondeggiare nel vento.
«Sono in ritardo…» borbottò mentre Hinata
gli accarezzava i capelli, seduta accanto a lui. Il sole iniziava a tramontare,
e presto o tardi la notte avrebbe coperto tutto quanto con il suo manto scuro.
«Sakura-chan lavorava, vedrai che arriveranno!» lo rassicurò
lei con un sorriso, girandosi a recuperare il cesto in vimini che aveva
preparato. Lo aprì estraendo un pacchettino con dei biscotti, e poi gliene
porse uno, invitandolo a tornare seduto. «Naruto-kun,
assaggia questo» mormorò cercando di sollevargli il morale e tenerlo occupato.
Era facile
distrarlo, ma non altrettanto semplice impedirgli di lamentarsi per la fame.
Hinata lo guardò
mentre si rigirava fra le dita il dolcetto, «Li hai fatti tu?» le chiese, e lei
annuì. Aveva passato la mattinata a cucinare, non avrebbe impiegato così tanto
tempo se si fosse limitata a preparare qualcosa per lei e Naruto,
ma aveva pensato che Sakura non avrebbe di certo avuto il tempo di farlo, e
così aveva portato abbastanza cibo per tutti e quattro.
«Sono
buonissimi!» esordì il ragazzo, e poi l’abbracciò poggiando le labbra sulla sua
guancia, pensando a quanto fosse fortunato ad avere lei. Lei che lo amava e lo aveva sempre fatto, e che era anche un’ottima
cuoca – al contrario di Sakura che prima o poi avrebbe di certo avvelenato Sasuke con uno dei suoi strani intrugli.
Le guance di Hinata si colorarono di un leggero porpora, «Grazie, Naruto-kun!» sorrise, il sorriso più bello che lui avesse
mai visto fare a qualcuno.
Si sporse un po’
di più verso di lei, poggiando le dita su quel rossore che dava un po’ di
colore alla sua pelle pallida, lo sfiorò come se stesse provando a cancellarlo,
e alla fine la baciò piano, lasciando che ogni cosa attorno a loro si azzerasse
e annullasse. Un colpo di tosse gli arrivò ovattato alle orecchie, lontano, ma
lo stesso non successe ad Hinata che sobbalzò
poggiandogli la mano sulla spalla, allontanandolo.
«Ciao, scusate
il ritardo» li salutò Sakura in un vestitino verde, la sua espressione sembrava
voler dire “Scusate l’interruzione”,
mentre quella di Sasuke era semplicemente
disinteressata, come al solito. «Ci ho messo un po’ a prepararmi» si giustificò,
ma il sorriso tirato che si stava sforzando di fare non era molto convincente.
In qualsiasi
caso era più che sicuro di non voler sapere perché ci avevano messo così tanto,
l’ultima volta che aveva indagato era venuto a sapere cose sul loro conto che
non avrebbe neanche voluto immaginare.
«Non importa, vi
abbiamo aspettato per mangiare, vero Naruto-kun?» lo
precedette di Hinata, che per fortuna si era ripresa
abbastanza in fretta e stava già salutando Sakura, seduta accanto a lei.
«Sì, ma se non
mangiamo adesso potrei morire di fame!» scherzò, poggiando una mano sulla
spalla di Sasuke, ricevendo in cambio un gelido
«Togli la mano, dobe» che lo congelò sul posto.
Mangiarono
chiacchierando del più e del meno, di Naruto che, da
quando Kakashi era diventato Hokage,
non faceva altro che stressarlo per farsi dare qualcosa da fare, del lavoro di
Sakura, degli allenamenti di Hinata con Kiba e Shino che, sebbene
soffrissero la mancanza di Hinata, era contenti di
vederla finalmente felice.
Parlarono di
loro, degli altri, e nonostante ridessero Sasuke si
sentiva comunque a disagio, e gli succedeva ogni volta che Naruto
li invitava a fare un’uscita a quattro. Vederlo parlare di continuo, tenere la
mano di Hinata, accarezzarla e abbracciarla,
imboccarle un pezzo di polpetta di riso lo faceva sentire non abbastanza.
Non abbastanza
per Sakura, perché lui non era così, perché la cosa più carina che era riuscito
a fare per lei era piantare dei ciliegi in giardino. Aveva bisogno di qualcuno
che l’amasse come Naruto amava Hinata,
che la facesse ridere e sorridere, e invece lui riusciva solo a farla piangere.
Sempre. Non era capace di amarla come
avrebbe dovuto, e per quanto si sforzasse non riusciva a capire che cosa la
trattenesse con lui, lì. Fra le sue braccia, sotto il tocco delle sue dita
macchiate del sangue della gente che aveva uscito. Sulle labbra di un
assassino.
«Sas’ke-kun, ti ricordi quando Naruto ha voluto portare al guinzaglio quel cane più grosso
di lui?» ridacchiò Sakura, e lui la guardò per qualche secondo prima di annuire
sforzandosi di sorridere.
Non gli piaceva
parlare del passato, nemmeno ricordare quei momenti che il Team 7 aveva trascorso assieme. Erano cose vecchie, andate, e lui
non era più quello di una volta, e non sarebbe mai tornato ad esserlo, nemmeno
se si fosse sforzato.
Nessuno di loro era più quello di un tempo.
La sera se ne
andò in fretta lasciando il passo alla notte, e fra il sakè e le stupide
barzellette di Naruto le stelle presero il loro posto
nel cielo, oscurate soltanto da una luna di miele che regnava alta nel buio.
Naruto accarezzava i
capelli di Hinata, arricciandosi alcune ciocche scure
attorno alle dita, e intanto le sussurrava le sue solite frasi romantiche. «Sei
bellissima…» gli sentì dire prima che si chinasse a
baciarla, mentre le loro dita si abbracciavano, intrecciandosi. Spostò lo
sguardo su Sakura, seduta accanto a lui con il naso all’insù, puntato verso il
bellissimo vestito della notte. Un petalo rosa disegnò strani arabeschi nell’aria
prima di posarsi su quel vestito verde, semplice, lo stesso che lui aveva
sfilato invece di allacciare qualche ora prima. Tese la mano per raccoglierlo,
sicuro che avesse lo stesso odore di quel collo pallido che aveva baciato e
accarezzato, e poi lo lasciò libero di scivolare a terra.
«Mi dispiace…» fu l’unica cosa che riuscì a dire mentre Sakura
gli sorrideva, abbracciandolo e poggiando la fronte contro la sua tempia. Mi dispiace di non poterti dare quello che
ti meriti.
«Per essermi
saltato addosso quando ti ho chiesto di tirarmi su la zip del vestito?»
ridacchiò lei, passando la mano lungo la fasciatura di quello che restava del
suo braccio.
«No, per quello
non mi dispiace» e non gli sarebbe mai dispiaciuto.
«Allora di
cosa?».
Non le rispose,
si limitò a puntarle le dita contro la piccola gemma che portava sulla fronte,
e facendole scivolare lentamente lungo il profilo del naso, fino al mento, e
poi la baciò con una dolcezza disarmante, la stessa con cui la luce della luna
accarezzava quei piccoli fiori appena sbocciati.
Una volta che il
bacio si sciolse Sakura gli sorrise sulle labbra, aspettando qualche secondo
prima di allontanarsi da lui. Non le aveva risposto, ma la cosa non la
sorprendeva affatto: Sasuke non le parlava quasi mai
della sua vita, dei suoi sentimenti, o di quello che aveva fatto durante la
giornata. Sasuke non parlava quasi mai in generale,
ma non lo aveva mai fatto, e lei non gliene faceva una colpa. Erano rare le
volte in cui lui le raccontava del suo passato, di Itachi,
di quella madre affettuosa che avrebbe voluto poter conoscere, e del padre che
per quanto severo, ne era certa, gli aveva voluto bene. Si lasciava andare
poche volte, e ogni volta che lo faceva lei sentiva che un po’ di quel dolore
che si portava dentro diventava anche suo.
«Mio fratello
adorava i dango…» lo sentì mormorare, e lei non poté
fare altro se non stringerlo mentre lui si stendeva, posando il capo sulle sue
gambe. Non disse niente lei, sapeva di essere una maestra nel dire la cosa
sbagliata al momento sbagliato, e anche se il momento era giusto, qualsiasi
cosa dicesse non era comunque sufficiente, non avrebbe lenito o cancellato il
fantasma di quel ricordo che ululava nelle testa di Sasuke.
Doveva essere
stato un grande shinobi,
Itachi. Un grande fratello,
un grande figlio, e spesso Sakura si
fermava a chiedersi che cosa avrebbe detto se fosse stato ancora vivo, se la
famiglia di Sasuke avesse lasciato che suo figlio
frequentasse lei e non una ragazza del loro stesso Clan. Se fosse andata
d’accordo con Mikoto, e se Sasuke
l’avesse mai amata se una larga e immensa parte del suo passato fosse stata
riscritta.
Forse no.
«Hinabunny, ci
sono ancora biscotti?» esordì Naruto, interrompendo
la pace che li circondava con il tono alto della sua voce.
A Sakura venne da
ridere, «Hinabunny?!».
«Hinabunny» ripeté Naruto, ed Hinata arrossì mettendosi seduta. «È così che la chiamo
quando–».
«Dobe, risparmiaci certe cose!» lo bloccò Sasuke, mentre la poveretta rovistava nel cesto di vimini
con l’espressione di una che stava per sentirsi male.
«Sas’ke!» sibilò Sakura
pizzicandogli il fianco, rimproverandolo. Se qualcuno non avrebbe cambiato
argomento la cosa sarebbe velocemente degenerata in discorsi senza un senso in
cui Naruto e Sasuke
avrebbero iniziato a sputarsi addosso insulti.
«E-ecco i biscotti, Naruto-kun»
sussurrò Hinata, porgendo il pacchetto al ragazzo
che, miracolosamente, sembrò lasciar perdere il commento del suo amico.
Ma la speranza
che avesse lasciato perdere durò poco.
«Comunque non
sono come te, teme, che mi fai sedere sul divano dove tu e Sakura avete fatto…», si bloccò cercando il termine giusto, «Lo sai
benissimo che cosa avete fatto!» concluse, quando lo sguardo di Sakura lo
affetto a metà come una lama.
«Avete finito di
fare i bambini?!» domandò retorica, ed entrambi sapevano che una parola in più
gli avrebbe procurato alla meno peggio qualche frattura.
Naruto si zittì,
tornando con lo sguardo su Hinata, seduta accanto a
lui con la mano posata sulla sua spalla. Le sorrise mettendole un biscotto
davanti alle labbra, invitandola a dare un morso.
«No, grazie. Ho
mangiato abbastanza…» gli rispose, e poi si lasciò
andare, poggiandosi alla sua spalla.
Naruto mangiò il
biscotto lasciandola fare, passandole il braccio libero attorno alle spalle.
«Non mi ero mai fermato a guardare la fioritura dei ciliegi, lo sai?» le
confessò accarezzandole quella parte di pelle che restava scoperta dalla stoffa
della maglietta. «Mi sono perso tutto questo per anni» aggiunse, parlando del
picnic, dei fiori, delle stelle e delle lanterne che illuminavano gli alberi
sopra le loro teste. Parlava dell’Hanami, ma parlava anche di lei.
Se l’era persa per tutti quegli anni.
«Io e Neji-niisan lo facevamo sempre in giardino» la sua voce era
come il vento, talmente tanto flebile che gli parve di aver quasi immaginato di
averla sentita parlare, «solo per qualche ora, però, poi tornavamo ad
allenarci».
Era così raro
sentirla parlare di Neji. Sentirla parlare di lui, di
suo padre, dei suoi allenamenti. Ogni tanto accennava qualcosa alla sua sorellina,
a quella peste di Hanabi, ma non succedeva quasi mai
che raccontasse qualcosa del suo passato al di fuori degli amici.
Osservò quel
sorriso triste su quelle labbra bellissime, e desiderò di poterlo cancellare.
«Ora lo farai con
me, allora!» le disse, cercando di risollevarle il morale, lasciandole un bacio
sulla guancia.
Non poteva
cancellare il passato, non poteva ridarle Neji. Ma
poteva renderla felice, essere la ragione per cui sorrideva ogni giorno, ed era
quello che voleva essere.
Le scostò una
ciocca di capelli dietro l’orecchio, girandosi a guardare i suoi due migliori
amici.
Il modo in cui
Sakura sorrideva era così naturale, così bello: non la vedeva così da tanto
tempo.
Voleva essere
per Hinata quello che Sasuke
era per Sakura.
Voleva fare per
lei quello che la primavera faceva per i ciliegi.
N O T E • F I N
A L I
Bene, non ho
molto da dire a parte che tutto ciò mi fa schifo, quindi non so nemmeno come
possa piacere a voi se non piace a me, ma ho riscritto e cancellato tutto due
volte, quindi mi sono arresa: questa è.
I prompt su cui si
basa la shot mi sono stati dati radioactive, sempre
lei.
Spero che le sia
piaciuta, e che sia piaciuta anche a voi, e… nulla.
L’idea era di
applicarla ad una coppia sola, ma poi mi è uscita su entrambe, quindi tanto
meglio.
Io ho una
visione così di Sasuke, sono dell’idea che la sua
innocenza non esista più, e che per quanto ami Sakura non riuscirà da subito ad
ingranare con questa cosa del fare il carino. Quindi sì.
Basta. Hinabunny arriva
dal fandom delle sfollate(?) su tumblr,
non l’ho inventato io.
Detto questo al
prossimo capitolo, e sappiate che sto studiando per un altro esame e non
aggiornerò tutti i giorni, forse riesco a fare una volta a settimana – spero.
Grazie di aver
letto e nulla.
Svanisco. ♥
~yingsu