風物詩 ― Fuubutsushi

di yingsu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 「P R O L O G O」― una stagione racchiuda tutte le altre. ***
Capitolo 2: *** 「春 – H A R U」― quello che la primavera fa con i ciliegi. ***
Capitolo 3: *** 「夏 – N A T S U」― il grido instancabile delle cicale. ***
Capitolo 4: *** 「秋 – A K I」― sembra solo acqua ed invece è ricordo. ***
Capitolo 5: *** 「冬 – F U Y U」― voci così belle come quelle di una sera d’inverno. ***



Capitolo 1
*** 「P R O L O G O」― una stagione racchiuda tutte le altre. ***


N O T E • I N I Z I A L I

 

Sarò breve perché so che le note iniziali sono pallose.

Volevo solo suggerirvi che questo prologo è strettamente collegato al titolo e al suo significato, che ora vi spiego, perché anche se è scritto in inglese ci tenevo che il messaggio arrivasse, altrimenti non si capisce un fico secco.

Fuubutsushi: le cose (emozioni, profumi, immagini) che evocano ricordi o anticipano una particolare stagione.

 

Ecco qui. Buona lettura. ~

Il banner appartiene a radioactive che ringrazio per la grafica e per tutto quello che fa per me.

                       

            ~yingsu                                           

 

 

 

A radioactive,

perché lei è il Saske della mia Sakura

e l’Hinata del mio Naruto.

 

 

風物詩

• the thingsfeelings, scents, imagesthat evoke

memories or anticipation of a particular season

 

 

 

 

 

P R O L O G O

Fate allora che ciascuna stagione racchiuda tutte le altre,

e il presente abbracci il passato con il ricordo ed il futuro con l'attesa.

 

 

 

 

L’odore fresco dell’erba del giardino appena tagliata gli impregnò le narici, rievocando nella sua mente l’immagini della primavera imminente. I fiori del mandorlo stavano appassendo, lasciando il posto ad alcune gemme rosa, premature rispetto alle loro sorelle. Ma per quanto quei fiori di ciliegio avessero fretta di sbocciare, oramai si era arreso all’evidenza che non sarebbero mai germogliati assieme al mandorlo.

Sasuke chiuse gli occhi seduto sull’engawa, lasciandosi coccolare da quella dolce brezza tiepida che gli accarezzava il viso, scompigliandogli i capelli.

Presto l’erba sarebbe stata coperta da un fitto tappeto rosa, le erbe mediche di Sakura sarebbero state colte, assieme ai pomodori e al resto delle verdure.

La primavera sarebbe arrivata presto.

 

 

Sakura si sfilò il camice verdastro con un sospiro.

Aveva appena concluso il suo turno in ospedale appena in tempo per l’ora di cena, le restava solo da sperare che nessuno la chiamasse per qualche caso particolarmente urgente.

Sciolse i capelli recuperando la borsa e uscì. La luce del sole illuminava ancora parte delle case, tingendo tutto di un tenue arancione. Poteva sentirne ancora il calore sulla pelle, quel tepore piacevole che annunciava l’arrivo della stagione calda, e delle vacanze.

Sorrise accelerando il passo, affrettandosi a tornare verso casa.

Da lì a qualche giorno Naruto avrebbe incominciato a pregare Sasuke, cercando di convincerlo ad andare al lago dello Smeraldo Rosso per fare un bagno. Sarebbe arrivato il periodo delle assurde gite del dobe, come le definiva Sasuke, e con lui le sue meritatissime ferie.

L’estate era alle porte, non le restava altro se non aspettarla.

 

 

Una folata di vento improvvisa lo costrinse a stringersi di più nella felpa, incassando la testa fra le spalle e infilando le mani in tasca. Le prime foglie giallognole incominciavano a cadere dagli alberi, colpite dalle raffiche fredde che gli sferzavano il viso.

L’estate era finita, suo malgrado.

Trovò la forza di sollevare il naso e puntare gli occhi sulle fronde degli alberi che sembravano danzare sulla musica che l’aria produceva infiltrandosi fra i rami, scuotendo il fogliame che incominciava a morire, a tingere le strade di Konoha di giallo e marrone.

L’autunno stava arrivando, e da lì a qualche giorno sarebbe ritornata anche Hinata.

 

 

I fili di lana si intrecciavano lentamente mentre lei muoveva i ferri. La maglia incominciava a prendere una forma sotto lo stretto controllo dei suoi occhi vigili, attenti a non commettere nemmeno uno sbaglio.

Poteva sentire l’aria fresca filtrare dall’imposta socchiusa, una delle tante prime avvisaglie dell’arrivo della stagione fredda, la stagione in cui Naruto le aveva confessato il suo amore.

Arrossì al ricordo delle sue parole, della neve soffice, dei pupazzi di neve e della sua mano calda stretta in quella di lei, più fredda. Doveva finire in tempo quella sciarpa.

Doveva farlo prima che l’inverno arrivasse.

 

 

 

 

 

N O T E • F I N A L I

 

Cosa dire?

Niente, direte. E invece no! Sono logorroica e devo spiegare, sì.

Insomma, l’idea è di fare quattro appuntamenti a quattro, con questa ripetizione del quattro che mi piace tanto(?).

L’idea non so da dove mi sia venuta, ma penso che in parte sia perché con tutti gli spoiler di The Last mi sono depressa, quindi volevo dare a me, e a radioactive, mia beta e compagna di ship, quello che volevamo, indipendentemente dal fatto che il film sia canon o meno.

Gli appuntamenti sono quattro, uno per ogni stagione, promptatimi(… ma esiste?) ancora da lei, che ho già citato qua sopra. Non vi anticipo nient’altro, solo l’ordine delle stagioni che è quello del prologo: Primavera, Estate, Autunno, Inverno. Detto questo posso anche sparire nel nulla e dissolvermi in una nuvola di glitter viola(?).

Grazie per essere giunti fin qui, o coraggiosi cavalieri(?).

Al prossimo capitolo, che già vi dico, non uscirà prima del diciotto, perché ho un esame il sedici (la vita dell’universitaria è una cacca, sì).

Adios.         

                       

            ~yingsu

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Capitolo 2
*** 「春 – H A R U」― quello che la primavera fa con i ciliegi. ***


 

風物詩

• the thingsfeelings, scents, imagesthat evoke

memories or anticipation of a particular season

 

 

 

 

 

 P R O M P T  UNO hanami + picnic link immagine

«Quando siamo soli mi parla della sua vita. Io voglio raccattarla

e proteggerla e amarla per tutto il male e le delusioni che ha sofferto».

| tolleranza zero – irvine welsh |

 

 

 

「春 H A R U

Voglio fare con te, quello che la primavera fa con i ciliegi.

 

 

L’arrivo della primavera portava con sé odori e colori che Sasuke aveva dimenticato, o semplicemente rimosso dai suoi ricordi.

I ciliegi del giardino avevano cosparso l’erba di un tenue rosa, come una dolce neve che splendeva sotto il sole di quelle prime giornate tiepide, tutto sommato piacevoli. E forse era proprio perché la natura si risvegliava e tutto quanto si cristallizzava in quella giornata dedicata interamente a quegli alberi, a quei petali che avevano lo stesso profumo della pelle di Sakura, che lui aveva accettato la folle ed insopportabile idea di un appuntamento a quattro con Naruto e la sua fidanzata.

Si sarebbe pentito, ne era certo già dal primo istante, quando le sue labbra avevano pronunciato quel fatidico “Va bene, dobe. Basta che ti levi dai piedi”, ma oramai era troppo tardi per cambiare idea.

Sospirò accompagnato dallo starnazzare di una delle galline che razzolavano in cortile, e poi rientrò in casa sedendosi sul divano, aspettando che la porta si aprisse seguita dallo scricchiolare del vecchio parquet sotto i passi di Sakura nel corridoio.

Quando lei non c’era la casa gli sembrava infinitamente vuota e silenziosa, come il vento che s’infiltrava dalla finestra durante la notte, passando fra i quei capelli rosa, accarezzandoli, rimpiazzando la sua mano mancante.

«Saske-kun, sono a casa!», e poi la porta si chiuse, seguita da qualche attimo di silenzio interrotto poi dal suono dei suoi piedi nudi sul pavimento.

Si vedeva che era stanca, dopotutto aveva lavorato in ospedale tutta il giorno, ma Sasuke sapeva che non lo era poi così tanto da aver preso la decisione di non andare a fare quel maledetto picnic.

La ragazza sorrise avvicinandosi a lui, stampandogli un piccolo bacio sulla fronte prima di rimproverarlo, «Dobbiamo trovarci con Hinata e Naruto fra meno di un’ora, e tu non sei ancora pronto», la mano destra poggiata sul fianco le conferiva un’aria minacciosa, addolcita soltanto dal capo inclinato sul lato.

«Nemmeno tu sei pronta» le fece notare cercando di non irritarla.

Se c’era una cosa che aveva imparato a sue spese era che Sakura arrabbiata aveva la potenza devastante di un uragano, e che i cardini delle porte e le pareti della casa si accartocciavano sotto i suoi pugni come se fossero fatte di carta.

La vide rilassare il braccio lungo il fianco destro e poi raddrizzare le spalle prima di arricciare le labbra in un impercettibile sorriso, «Io sono appena tornata, però» ribatté avviandosi verso la camera da letto. «Sei stato tu a dire a Naruto che andavamo con loro, se non volevi avresti potuto semplicemente dire di no» aggiunse, e Sasuke avrebbe voluto risponderle che sarebbe stato impossibile, perché quando quel dobe si metteva in testa qualcosa nessuno era capace di fargli cambiare idea.

Lo aveva letteralmente portato all’esasperazione, per questo aveva accettato. E in più aveva anche giocato la carta “Fallo per Sakura-chan!”, la solita con cui cercava di fare leva su di lui.

Neanche i temibili occhi della morte – come li chiamava Naruto – avevano funzionato.

Quel dannato idiota, pensò sospirando, alzandosi dal divano.

 

 

Naruto si stese sul telo fissando le lanterne rosa sopra la sua testa intrecciarsi ai rami e ondeggiare nel vento.

«Sono in ritardo…» borbottò mentre Hinata gli accarezzava i capelli, seduta accanto a lui. Il sole iniziava a tramontare, e presto o tardi la notte avrebbe coperto tutto quanto con il suo manto scuro.

«Sakura-chan lavorava, vedrai che arriveranno!» lo rassicurò lei con un sorriso, girandosi a recuperare il cesto in vimini che aveva preparato. Lo aprì estraendo un pacchettino con dei biscotti, e poi gliene porse uno, invitandolo a tornare seduto. «Naruto-kun, assaggia questo» mormorò cercando di sollevargli il morale e tenerlo occupato.

Era facile distrarlo, ma non altrettanto semplice impedirgli di lamentarsi per la fame.

Hinata lo guardò mentre si rigirava fra le dita il dolcetto, «Li hai fatti tu?» le chiese, e lei annuì. Aveva passato la mattinata a cucinare, non avrebbe impiegato così tanto tempo se si fosse limitata a preparare qualcosa per lei e Naruto, ma aveva pensato che Sakura non avrebbe di certo avuto il tempo di farlo, e così aveva portato abbastanza cibo per tutti e quattro.

«Sono buonissimi!» esordì il ragazzo, e poi l’abbracciò poggiando le labbra sulla sua guancia, pensando a quanto fosse fortunato ad avere lei. Lei che lo amava e lo aveva sempre fatto, e che era anche un’ottima cuoca – al contrario di Sakura che prima o poi avrebbe di certo avvelenato Sasuke con uno dei suoi strani intrugli.

Le guance di Hinata si colorarono di un leggero porpora, «Grazie, Naruto-kun!» sorrise, il sorriso più bello che lui avesse mai visto fare a qualcuno.

Si sporse un po’ di più verso di lei, poggiando le dita su quel rossore che dava un po’ di colore alla sua pelle pallida, lo sfiorò come se stesse provando a cancellarlo, e alla fine la baciò piano, lasciando che ogni cosa attorno a loro si azzerasse e annullasse. Un colpo di tosse gli arrivò ovattato alle orecchie, lontano, ma lo stesso non successe ad Hinata che sobbalzò poggiandogli la mano sulla spalla, allontanandolo.

«Ciao, scusate il ritardo» li salutò Sakura in un vestitino verde, la sua espressione sembrava voler dire “Scusate l’interruzione”, mentre quella di Sasuke era semplicemente disinteressata, come al solito. «Ci ho messo un po’ a prepararmi» si giustificò, ma il sorriso tirato che si stava sforzando di fare non era molto convincente.

In qualsiasi caso era più che sicuro di non voler sapere perché ci avevano messo così tanto, l’ultima volta che aveva indagato era venuto a sapere cose sul loro conto che non avrebbe neanche voluto immaginare.

«Non importa, vi abbiamo aspettato per mangiare, vero Naruto-kun?» lo precedette di Hinata, che per fortuna si era ripresa abbastanza in fretta e stava già salutando Sakura, seduta accanto a lei.

«Sì, ma se non mangiamo adesso potrei morire di fame!» scherzò, poggiando una mano sulla spalla di Sasuke, ricevendo in cambio un gelido «Togli la mano, dobe» che lo congelò sul posto.

Mangiarono chiacchierando del più e del meno, di Naruto che, da quando Kakashi era diventato Hokage, non faceva altro che stressarlo per farsi dare qualcosa da fare, del lavoro di Sakura, degli allenamenti di Hinata con Kiba e Shino che, sebbene soffrissero la mancanza di Hinata, era contenti di vederla finalmente felice.

Parlarono di loro, degli altri, e nonostante ridessero Sasuke si sentiva comunque a disagio, e gli succedeva ogni volta che Naruto li invitava a fare un’uscita a quattro. Vederlo parlare di continuo, tenere la mano di Hinata, accarezzarla e abbracciarla, imboccarle un pezzo di polpetta di riso lo faceva sentire non abbastanza.

Non abbastanza per Sakura, perché lui non era così, perché la cosa più carina che era riuscito a fare per lei era piantare dei ciliegi in giardino. Aveva bisogno di qualcuno che l’amasse come Naruto amava Hinata, che la facesse ridere e sorridere, e invece lui riusciva solo a farla piangere. Sempre. Non era capace di amarla come avrebbe dovuto, e per quanto si sforzasse non riusciva a capire che cosa la trattenesse con lui, lì. Fra le sue braccia, sotto il tocco delle sue dita macchiate del sangue della gente che aveva uscito. Sulle labbra di un assassino.

«Saske-kun, ti ricordi quando Naruto ha voluto portare al guinzaglio quel cane più grosso di lui?» ridacchiò Sakura, e lui la guardò per qualche secondo prima di annuire sforzandosi di sorridere.

Non gli piaceva parlare del passato, nemmeno ricordare quei momenti che il Team 7 aveva trascorso assieme. Erano cose vecchie, andate, e lui non era più quello di una volta, e non sarebbe mai tornato ad esserlo, nemmeno se si fosse sforzato.

Nessuno di loro era più quello di un tempo.

La sera se ne andò in fretta lasciando il passo alla notte, e fra il sakè e le stupide barzellette di Naruto le stelle presero il loro posto nel cielo, oscurate soltanto da una luna di miele che regnava alta nel buio.

Naruto accarezzava i capelli di Hinata, arricciandosi alcune ciocche scure attorno alle dita, e intanto le sussurrava le sue solite frasi romantiche. «Sei bellissima…» gli sentì dire prima che si chinasse a baciarla, mentre le loro dita si abbracciavano, intrecciandosi. Spostò lo sguardo su Sakura, seduta accanto a lui con il naso all’insù, puntato verso il bellissimo vestito della notte. Un petalo rosa disegnò strani arabeschi nell’aria prima di posarsi su quel vestito verde, semplice, lo stesso che lui aveva sfilato invece di allacciare qualche ora prima. Tese la mano per raccoglierlo, sicuro che avesse lo stesso odore di quel collo pallido che aveva baciato e accarezzato, e poi lo lasciò libero di scivolare a terra.

«Mi dispiace…» fu l’unica cosa che riuscì a dire mentre Sakura gli sorrideva, abbracciandolo e poggiando la fronte contro la sua tempia. Mi dispiace di non poterti dare quello che ti meriti.

«Per essermi saltato addosso quando ti ho chiesto di tirarmi su la zip del vestito?» ridacchiò lei, passando la mano lungo la fasciatura di quello che restava del suo braccio.

«No, per quello non mi dispiace» e non gli sarebbe mai dispiaciuto.

«Allora di cosa?».

Non le rispose, si limitò a puntarle le dita contro la piccola gemma che portava sulla fronte, e facendole scivolare lentamente lungo il profilo del naso, fino al mento, e poi la baciò con una dolcezza disarmante, la stessa con cui la luce della luna accarezzava quei piccoli fiori appena sbocciati.

Una volta che il bacio si sciolse Sakura gli sorrise sulle labbra, aspettando qualche secondo prima di allontanarsi da lui. Non le aveva risposto, ma la cosa non la sorprendeva affatto: Sasuke non le parlava quasi mai della sua vita, dei suoi sentimenti, o di quello che aveva fatto durante la giornata. Sasuke non parlava quasi mai in generale, ma non lo aveva mai fatto, e lei non gliene faceva una colpa. Erano rare le volte in cui lui le raccontava del suo passato, di Itachi, di quella madre affettuosa che avrebbe voluto poter conoscere, e del padre che per quanto severo, ne era certa, gli aveva voluto bene. Si lasciava andare poche volte, e ogni volta che lo faceva lei sentiva che un po’ di quel dolore che si portava dentro diventava anche suo.

«Mio fratello adorava i dango…» lo sentì mormorare, e lei non poté fare altro se non stringerlo mentre lui si stendeva, posando il capo sulle sue gambe. Non disse niente lei, sapeva di essere una maestra nel dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, e anche se il momento era giusto, qualsiasi cosa dicesse non era comunque sufficiente, non avrebbe lenito o cancellato il fantasma di quel ricordo che ululava nelle testa di Sasuke.

Doveva essere stato un grande shinobi, Itachi. Un grande fratello, un grande figlio, e spesso Sakura si fermava a chiedersi che cosa avrebbe detto se fosse stato ancora vivo, se la famiglia di Sasuke avesse lasciato che suo figlio frequentasse lei e non una ragazza del loro stesso Clan. Se fosse andata d’accordo con Mikoto, e se Sasuke l’avesse mai amata se una larga e immensa parte del suo passato fosse stata riscritta.

Forse no.

«Hinabunny, ci sono ancora biscotti?» esordì Naruto, interrompendo la pace che li circondava con il tono alto della sua voce.

A Sakura venne da ridere, «Hinabunny?!».

«Hinabunny» ripeté Naruto, ed Hinata arrossì mettendosi seduta. «È così che la chiamo quando–».

«Dobe, risparmiaci certe cose!» lo bloccò Sasuke, mentre la poveretta rovistava nel cesto di vimini con l’espressione di una che stava per sentirsi male.

«Saske!» sibilò Sakura pizzicandogli il fianco, rimproverandolo. Se qualcuno non avrebbe cambiato argomento la cosa sarebbe velocemente degenerata in discorsi senza un senso in cui Naruto e Sasuke avrebbero iniziato a sputarsi addosso insulti.

«E-ecco i biscotti, Naruto-kun» sussurrò Hinata, porgendo il pacchetto al ragazzo che, miracolosamente, sembrò lasciar perdere il commento del suo amico.

Ma la speranza che avesse lasciato perdere durò poco.

«Comunque non sono come te, teme, che mi fai sedere sul divano dove tu e Sakura avete fatto…», si bloccò cercando il termine giusto, «Lo sai benissimo che cosa avete fatto!» concluse, quando lo sguardo di Sakura lo affetto a metà come una lama.

«Avete finito di fare i bambini?!» domandò retorica, ed entrambi sapevano che una parola in più gli avrebbe procurato alla meno peggio qualche frattura.

Naruto si zittì, tornando con lo sguardo su Hinata, seduta accanto a lui con la mano posata sulla sua spalla. Le sorrise mettendole un biscotto davanti alle labbra, invitandola a dare un morso.

«No, grazie. Ho mangiato abbastanza…» gli rispose, e poi si lasciò andare, poggiandosi alla sua spalla.

Naruto mangiò il biscotto lasciandola fare, passandole il braccio libero attorno alle spalle. «Non mi ero mai fermato a guardare la fioritura dei ciliegi, lo sai?» le confessò accarezzandole quella parte di pelle che restava scoperta dalla stoffa della maglietta. «Mi sono perso tutto questo per anni» aggiunse, parlando del picnic, dei fiori, delle stelle e delle lanterne che illuminavano gli alberi sopra le loro teste. Parlava dell’Hanami, ma parlava anche di lei.

Se l’era persa per tutti quegli anni.

«Io e Neji-niisan lo facevamo sempre in giardino» la sua voce era come il vento, talmente tanto flebile che gli parve di aver quasi immaginato di averla sentita parlare, «solo per qualche ora, però, poi tornavamo ad allenarci».

Era così raro sentirla parlare di Neji. Sentirla parlare di lui, di suo padre, dei suoi allenamenti. Ogni tanto accennava qualcosa alla sua sorellina, a quella peste di Hanabi, ma non succedeva quasi mai che raccontasse qualcosa del suo passato al di fuori degli amici.

Osservò quel sorriso triste su quelle labbra bellissime, e desiderò di poterlo cancellare.

«Ora lo farai con me, allora!» le disse, cercando di risollevarle il morale, lasciandole un bacio sulla guancia.

Non poteva cancellare il passato, non poteva ridarle Neji. Ma poteva renderla felice, essere la ragione per cui sorrideva ogni giorno, ed era quello che voleva essere.

Le scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, girandosi a guardare i suoi due migliori amici.

Il modo in cui Sakura sorrideva era così naturale, così bello: non la vedeva così da tanto tempo.

Voleva essere per Hinata quello che Sasuke era per Sakura.

Voleva fare per lei quello che la primavera faceva per i ciliegi.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E • F I N A L I

 

Bene, non ho molto da dire a parte che tutto ciò mi fa schifo, quindi non so nemmeno come possa piacere a voi se non piace a me, ma ho riscritto e cancellato tutto due volte, quindi mi sono arresa: questa è.

I prompt su cui si basa la shot mi sono stati dati radioactive, sempre lei.

Spero che le sia piaciuta, e che sia piaciuta anche a voi, e… nulla.

L’idea era di applicarla ad una coppia sola, ma poi mi è uscita su entrambe, quindi tanto meglio.

Io ho una visione così di Sasuke, sono dell’idea che la sua innocenza non esista più, e che per quanto ami Sakura non riuscirà da subito ad ingranare con questa cosa del fare il carino. Quindi sì.

Basta. Hinabunny arriva dal fandom delle sfollate(?) su tumblr, non l’ho inventato io.

Detto questo al prossimo capitolo, e sappiate che sto studiando per un altro esame e non aggiornerò tutti i giorni, forse riesco a fare una volta a settimana – spero.

Grazie di aver letto e nulla.

Svanisco.     

                       

            ~yingsu

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Capitolo 3
*** 「夏 – N A T S U」― il grido instancabile delle cicale. ***


 

風物詩

• the thingsfeelings, scents, imagesthat evoke

memories or anticipation of a particular season

 

 

 

 

 

 P R O M P T  DUE estate + gita in montagna link immagine

«Ho tanto, e il sentimento di lei divora tutto; ho tanto e senza di lei di tanto non mi resta niente».

| i dolori del giovane wertherj.w. goethe |

 

 

 

「夏 N A T S U

Ancora e ancora, il grido instancabile delle cicale trafigge l’aria

afosa dell’estate come un ago al lavoro su uno spesso panno di cotone.

 

 

I sandali di Sakura affondarono nella fanghiglia del sentiero, mentre Naruto – come una pessima guida – blaterava qualcosa sul fatto che nel giro di mezz’ora sarebbero arrivati a destinazione.

La gita in montagna non era stata una brillante idea, avrebbe preferito rilassarsi sotto il sole sulla spiaggia, bere del tè freddo e chiacchierare con Hinata di cose da donne, e invece era lì: con i piedi sporchi di fango e le assordanti canzoncine di Naruto che le rimbombavano nella orecchie.

Sospirò alzando la testa verso il cielo, solcato qua e là da cumoli cinerei che non presagivano nulla di buono.

Avrebbe piovuto. E se non avessero raggiunto il tempio in fretta si sarebbero fatti di certo un bel bagno.

«Dobe!» la voce di Sasuke le giunse da dietro le spalle, interrompendo l’insopportabile nenia che Naruto stava canticchiando, «Sta arrivando un temporale, risparmia il fiato ed usalo per camminare» gli disse, e l’altro borbottò qualcosa di poco chiaro, aumentando il passo e controllando che Hinata lo stesso seguendo.

Avrebbe potuto essere una gita tranquilla e riposante, avrebbero potuto stare semplicemente in silenzio e godersi il canto delle cicale mischiarsi al gracidare delle rane, ma per Naruto era troppo difficile tenere la bocca chiusa.

Camminarono per dei minuti che parvero interminabili, ma il tempio ancora non si vedeva e le prime goccioline di pioggia incominciavano a cadere sulle loro teste.

«Forse abbiamo sbagliato strada, Naruto-kun» ammise Hinata mentre lui cercava di scorgere un qualche riparo.

«È impossibile!» affermò lui, «Forse il tempio è dietro quel passo, probabilmente saliamo e poi scendiamo di nuovo e ce lo troviamo lì» continuò, sicuro di sé, mentre Sasuke roteava gli occhi, esasperato.

«Dobe, ammetti che ti sei perso e che a quel bivio dovevamo andare a destra» disse, cercando di farlo ragionare, ma lui non ne voleva assolutamente sapere.

«MAI» strillò additando l’irto sentiero fra le rocce, «Non ci siamo persi, teme, se vuoi tornare indietro fallo pure, ma io proseguo!».

Sakura sospirò togliendosi lo zaino dalle spalle, poggiandolo su un sasso. Avrebbe voluto tirargli un pugno, dritto su quella testa bacata che si ritrovava, ma per rispetto di Hinata non lo fece e si limitò ad immaginare la scena in cui lei lo prendeva ripetutamente a sberle. «Non possiamo dividerci, non fate gli idioti» tentò di fare la voce della verità, ma era ovvio che nessuno dei due l’aveva minimamente calcolata.

«Va bene, teme, allora io continuo con Hina-chan e tu torni al bivio con Sakura-chan, così vediamo chi aveva ragione!» proclamò Naruto in tono di sfida, e Sasuke sorrise recuperando lo zaino di Sakura e porgendoglielo.

«Va bene, dobe».

Non andava bene.

«Perché dovete fare sempre i bambini?!» li rimproverò Sakura, ma Sasuke si era già incamminato, e così anche Naruto.

Lei e Hinata si guardarono per qualche secondo, fino a quando la ragazza non le sorrise, «Tranquilla, Sakura-chan» mormorò rassicurandola, facendole intendere che sarebbe andata con Naruto e che si sarebbe presa cura di lui.

Magari riusciva anche a farlo ragionare!

Annuì mettendosi lo zaino sulle spalle, e poi corse a raggiungere Sasuke, fermo qualche metro più in là che l’aspettava.

Gli uomini… si disse, sollevando il cappuccio del mantello per ripararsi dalla pioggia.

 

Sasuke beveva da una fiaschetta seduto sulla pietra, la schiena poggiata ad una delle colonne.

«Forse dovremmo andare a cercarli» propose Sakura, preoccupata, in piedi accanto a lui.

«A quest’ora si saranno già accorti di aver sbagliato strada e staranno tornando indietro…» le rispose tirandola per il mantello umido, invitandola a sedersi. Ma lei non riusciva a non pensare che se gli fosse successo qualcosa sarebbe stata anche colpa loro.

Sasuke alzò lo sguardo su di lei, guardandola mentre tremava per il freddo, con i capelli fradici.

Sospirò mettendosi in piedi, togliendosi la mantella e posandogliela sulle spalle, cercando di scaldarla.

La guardò mente il mento le vibrava piano, le gocce di pioggia incastrate fra le sue ciglia chiare facevano sì che sembrava che stesse piangendo. Era così bella, ed era tutto quello che aveva. Che gli restava.

Posò la mano destra sul suo cappuccio, sfregando leggermente per cercare di asciugarle i capelli.

«Hinata ha il byakugan, Sakura» le ricordò, cercando di rassicurarla, di cancellare dal suo viso quello sguardo preoccupato del quale era quasi geloso. Era per lui che lei piangeva, per lui che si preoccupava, e nel profondo del suo egoismo pretendeva che fosse così solo ed unicamente per lui. Non per Naruto.

La vide annuire piano mentre increspava le labbra umide in un leggero sorriso, «Lo so…» mormorò stringendosi al suo petto, poggiando la fronte contro la sua scapola.

Non aveva niente al di fuori di lei, non aveva più la sua famiglia, Itachi, il suo clan. Non aveva più nulla per cui combattere. Solo lei, e non era nemmeno in grado di abbracciarla e renderla felice.

Le fece scivolare il cappuccio sulle spalle, sentendola tremare come un fiore investito dal freddo invernale, come la prima volta in cui avevano fatto l’amore.

Erano quelli i momenti in cui vedeva l’ombra di quella ragazzina che piangeva mentre lo stringeva, la stessa che lui si ostinava a proteggere. Non c’era più oramai, aveva lasciato il posto a quella magnifica donna forte che li aveva aiutati a vincere la guerra, la stessa che aveva provato ad ucciderlo. Eppure, ogni tanto, gli sembrava di vedere ancora il suo riflesso in quegli occhi verdi che trattenevano le lacrime e il dolore. La delusione di un amore che forse non era come se lo aspettava.

 

«Naruto-kun, dobbiamo tornare indietro!» cercò di convincerlo Hinata mentre lui si ostinava ancora a camminare.

Avevano attraversato il passo, ma al di là non c’era nulla, solo una vecchia abitazione in legno, doveva arrendersi.

La ragazza gli poggiò una mano sul braccio sotto la pioggia scrosciante che batteva sui loro mantelli, «Ho usato il byakugan, il tempio è per di là» gli disse, e Naruto si bloccò di colpo.

«Quindi aveva ragione il teme?!» chiese retorico, lasciandosi andare poi in uno strano verso che strappò un sorriso ad Hinata, che annuì. Si vedeva che ammetterlo gli rodeva, ma alla fine era la verità, e passando ancora un altro po’ di tempo sotto il diluvio ci avrebbero guadagnato soltanto un bel raffreddore.

«Va bene…» le rispose lui, «ma fermiamoci in quella casa, per il momento, così aspettiamo che smetta di piovere» suggerì facendo marcia indietro, lasciando Hinata davanti, in modo da afferrarla nel caso scivolasse.

Tornarono indietro fino a quella vecchia casupola, e poi ci s’infilarono dentro, togliendo le mantelle bagnate.

Non c’era nulla in quel posto, solo un mucchio di polvere e sporcizia.

«Almeno siamo al riparo…» commentò Naruto, cercando di guardare al lato positivo della cosa. Un po’ si sentiva in colpa, dopotutto era stato lui a trascinarla sotto un acquazzone per più di un’ora.

Era stato uno stupido.

«Riposati un po’, quando passa il temporale li raggiungiamo» suggerì poi sedendosi sul pavimento, seguito dalla ragazza che si strinse nelle spalle, facendosi piccola accanto a lui. La cinse leggermente a sé aprendo lo zaino con il braccio libero, estraendo qualcosa da mangiare, giusto per recuperare le forze.

«So che non sono il massimo, ma è pur sempre qualcosa» ridacchiò passandole del cibo in scatola. Non era in programma che dovessero mangiare fuori, ma non era sorpresa dal fatto che Naruto avesse comunque portato qualcosa da mangiare.

«Grazie, Naruto-kun», Hinata sorrise e lo assaggiò – più per gentilezza ché per fame – e poi gli passò il contenitore di latta, poggiando la tempia sulla sua spalla.

Naruto mangiò in silenzio, svuotando in fretta la lattina, e quando ebbe finito si poggiò una mano sulla pancia, cercando di controllare se fuori pioveva ancora. A quanto pareva sì.

Sbuffò, «Di questo passo li raggiungeremo domani mattina» brontolò, ma dal suo fianco non venne nessuna risposta. Riusciva solo a sentire il respiro regolare di Hinata sfiorargli appena il collo.

Dormiva.

Sorrise stringendosela meglio, facendo attenzione a non svegliarla mentre le accarezzava i capelli umidi di pioggia.

Cosa avrebbe fatto senza di lei? Probabilmente a quest’ora starebbe ancora girando a vuoto per le montagne, aspettando che Sasuke e Sakura venissero in suo soccorso.

Girò appena il capo sfregando la punta del naso contro i suoi capelli, respirando quel profumo di shampoo e lavanda.

Aveva tutto, Naruto. Era diventato l’eroe del villaggio della foglia, le ragazze impazzivano per lui, lo invitavano a cena, gli facevano regali e gli  chiedevano di fare delle foto. Aveva tutto, a dire di molti, aveva più amici di quanti avesse mai potuto immaginare, eppure se non avesse avuto lei tutto quello che si era guadagnato gli sarebbe sembrato comunque niente.

Ora, grazie a lei, sapeva che cosa voleva dire essere amato per quello che si era, e non per quello che si aveva fatto.

 

Sakura finì di intrecciare una coroncina di fiori di dente di leone, come le aveva insegnato Ino quando erano bambine. Era tentata di riporla sulla testa di Sasuke, ma di sicuro lui l’avrebbe guardata in cagnesco, quindi evitò di renderlo ridicolo facendolo irritare e se la pose fra i capelli, continuando poi a raccogliere altri fiori sotto lo sguardo attento di Sasuke.

Il sole si era fatto largo fra le nuvole da almeno un’ora, ma non avevano ancora avuto notizie di Naruto ed Hinata.

Avrebbero dovuto andare al lago, lei lo aveva detto, ma nessuno l’aveva ascoltata – fatta eccezione per Hinata, che l’aveva definita un’alternativa carina.

Strappò piano i petali del fiore seduta accanto a Sasuke, e quando ebbe spogliato il gambo dalla sua splendida corolla gialla si alzò di scatto, pulendosi i vestiti dalla polvere.

«Dove vai?» le chiese il ragazzo, senza però accennare a muoversi.

«Su quel sasso, a vedere se riesco a vederli» in teoria avrebbe dovuto scorgerli sul sentiero in salita. In teoria. Altrimenti sarebbe andata a cercarli, con o senza Sasuke.

«Sono quasi qui» le rispose Sasuke, fermandola prima che si arrampicasse.

«TEMEEEE» l’urlo arrivò dalla boscaglia, seguito da Hinata che si faceva largo fra i rami, e Naruto che la seguiva, additando Sasuke, seduto contro la colonna. «Potevi dirlo se sapevi che il tempio era per di qua!» lo apostrofò lasciando cadere lo zaino sull’erba.

«Io l’ho detto, sei tu che non mi hai ascoltato, usuratonkachi».

«E quando l’avresti detto, sentiamo?» continuò Naruto, mentre Sakura sorrideva a Hinata, posandole la corona di fiori sul capo.

Uomini… e poi dicono che siamo noi le insopportabili.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E • F I N A L I

 

Eccomi di nuovo qui, in tempo prima di Natale.

Ho già provato ad aggiornare durante il 25 dicembre, ed è la morte, quindi ho anticipato.

Insomma, non ho molto da dire, solo che ho voluto sottolineare – con il prompt – l’antitesi che c’è fra Sasuke e Naruto. Come uno aveva e ha perso tutto, e come l’altro non aveva ma si è conquistato.

So benissimo che se Hinata avesse usato il byakugan da subito non ci sarebbero stati casini, ma è molto più divertente così, e mi sono lasciata trascinare ancora una volta dalla mia imbecillità.

Scusatemi.

Il cibo in scatola è preso da una nuova catena di ristoranti giapponesi che vende tutto come cibo in scatola: hamburger, pastasciutta, cozze, maiale, coniglio, mia zia-NO, mia zia no. Comunque sì, Naruto mangia un sacco di roba, e mi piaceva l’idea che – siccome non sa cucinare, siamo obbiettivi – mangiasse codesti cibi inscatolati.

FINALMENTE MI SONO RICORDATA. Grazie SellyLuna che me lo hai ricordato, ti meriti un biscottino, cara. La mia fan fiction segue gli avvenimenti di una SasuSaku di radioactive che potete trovare sul suo magico profilo che vi ho linkato. Ogni riferimento ai ciliegi piantati nel giardino di casa non è puramente casuale e nemmeno plagio, è ispirato a lei. La mia musa.

Non mi piace nemmeno questo capitolo, a questo punto spero che su quattro almeno uno mi renda orgogliosa di me stessa, altrimenti mi ritirerò nel deserto con Sauce a bere succo di Cactus.

Nulla, vi ringrazio immensamente, chi ha recensito, ma anche i lettori silenziosi che non dicono nulla e restano nell’ombra: grazie di cuore.

Vi lascio questo piccolo… regalo(?) di Natale(... è un regalo? Davvero?). Io e radioactive stiamo scrivendo a quattro mani una AU in Naruto, se volete farci un giretto la trovate qui: Colla.

E adesso ultimo grande ringraziamento a radioactive, che si sbatte un sacco per aiutarmi nel betaggio e nella grafica. Grazie. Ricordati che è dedicata a te. ~

Detto questo, alla prossima miei prodi.

Mi ritiro a morire(?).  

                       

            ~yingsu

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Capitolo 4
*** 「秋 – A K I」― sembra solo acqua ed invece è ricordo. ***


 

風物詩

• the things — feelings, scents, images — that evoke

memories or anticipation of a particular season •

 

 

 

 

 

 P R O M P T  TRE autunno + lanterne link immagine

«La apprezzi perché sei arrivato vicino a provare come sarebbe perderla».

| le lacrime di nietszchei.d. yalom |

 

 

 

「秋 A K I

La pioggia nelle sere di autunno inganna,

sembra solo acqua ed invece è ricordo.

 

 

Il sole scendeva lento dietro le piante, tingendo il cielo di un arancione tenue che si rifletteva nell’acqua del piccolo stagno. Le foglie ingiallite morivano, staccandosi dalle fronde degli alberi per posarsi sullo specchio del lago, galleggiando come le lanterne nell’Obon.

Sakura si lasciò andare ad una risata che riempì l’aria, echeggiando nella boscaglia, «Vent’anni e sei sempre uguale» commentò stringendo il braccio libero di Naruto – quello che non era impegnato ad abbracciare Hinata – , poggiandosi a lui per qualche secondo, prima di lasciarlo andare.

«Che cosa vorresti insinuare?» domandò l’altro, palesemente offeso, mentre rallentava il passo fino a fermarsi sul pontile in legno.

«Che gli anni passano mai sempre il solito dobe» gli rispose Sasuke con la mano in tasca, continuando a camminare con Sakura al fianco, stretta al suo braccio.

Hinata soffocò una risata nel palmo della mano, chinando il capo, «Per me va bene così» mormorò arrossendo leggermente, poggiando le mani al parapetto in legno che dava sull’acqua.

Il cielo cominciava a scurirsi, e le fiamme delle lanterne attorno al lago danzavano nel vento, minacciando a tratti di spegnersi.

Si fermarono tutti e quattro, Sasuke e Sakura a qualche metro da loro, cercando di lasciargli quell’intimità che gli avevano offerto una volta finita la festa di compleanno per Naruto, ma che lui aveva rifiutato, convincendoli ad andare con lui e quella che oramai era la sua futura moglie.

«Grazie…» le rispose Naruto con un sorriso, lasciandole un piccolo bacio sulle labbra, «Almeno qualcuno mi apprezza!» strillò poi, cercando di catturare l’attenzione dei suoi migliori amici, troppo impegnati a guardare la superficie dell’acqua per prestargli attenzione.

Ci teneva che venissero anche loro, ci teneva che le tre persone più importanti della sua vita fossero con lui il giorno del suo compleanno.

Sorrise lasciandoli perdere, dedicandosi completamente ad Hinata. Ultimamente li vedeva più felici, più rilassati, erano diventati così tanto una coppia da farlo sentire quasi a disagio durante le missioni.

Strinse Hinata per la vita, facendo aderire il petto alla sua schiena, posando la guancia contro i suoi capelli. «Che ne dici di usare i buoni per Ichiraku che mi hai regalato?» sussurrò chinandosi vicino al suo orecchio, «Domani sera, magari…».

Non riusciva a vedere la sua espressione, se quelle gote pallide avevano assunto di nuovo quel colore rosato oppure no, e la cosa un po’ gli dispiaceva.

Era bellissima quando arrossiva, e ancora di più quando era lui a farla arrossire.

«Ma sono per te, Naruto-kun» gli rispose lei, stringendosi un po’ di più al legno.

«Ed io voglio che tu venga con me» ovunque e sempre.

Non riusciva più ad immaginare la vita senza di lei, e ogni volta che pensava alle volte in cui aveva rischiato di perderla veniva assalito da un’ansia irrazionale che lo terrorizzava.

Non poteva andare in missione con lei, non poteva proteggerla sempre, e quando la vedeva partire non faceva altro se non pregare Kiba e Shino di riportargliela indietro intera.

Era triste pensare a quante volte aveva provato che cosa significasse perderla per sempre, a quante volte aveva dato di matto senza capirne fino in fondo il perché.

Ed ora lo sapeva, sapeva di amarla, di capirla e volerla proteggere così come lei aveva protetto lui con il suo corpo, con tutta sé stessa.

Le sfiorò una guancia con l’indice, accarezzandola delicatamente, come se lei fosse una bambola di porcellana fine e lui troppo irruento e maldestro per riuscire a non romperla.

«Fra due mesi ci sposiamo» le ricordò con un sorriso, prendendole le mani e stringendole fra le sue.

L’amava così tanto, come si amano le cose belle e semplici della vita.

L’amava perché non poteva farne altrimenti, perché quando era stato sul punto di perderla aveva capito che se lei non ci fosse stata avrebbe perso tutto.

Il sole sparì dietro gli alberi, ed infine si nascose dietro il cielo stellato, illuminato a stento da una flebile luna di cera.

Sasuke lanciò un sassolino, facendolo rimbalzare tre volte sul pelo dell’acqua prima di osservarlo andare a fondo.

«Non ho ancora capito perché siamo dovuti venire anche noi» borbottò sedendosi sulla panchina, accanto a Sakura.

«Perché Naruto è convinto che tu non mi porti mai da nessuna parte, e quindi si è auto-proclamato l’organizzatore di tutte le nostre uscite» gli spiegò Sakura con un sorriso, ma la cosa non era poi così infondata: lui non le chiedeva mai di uscire, e il fatto che condividevano la stessa casa e che lei tornava spesso tardi dall’ospedale, diventava il pretesto per non uscire e cenare assieme ad orari strani.

Non rispose, si limitò a fare un verso gutturale e a lasciare che Sakura si stringesse a lui, poggiando il capo contro la sua spalla.

Avevano imparato a capirsi anche loro, esattamente come si capivano Naruto ed Hinata, o come Sai aveva imparato a capire Ino. Si comprendevano nei silenzi, nelle frasi lasciate a metà, nelle espressioni del viso e nei gesti.

Iniziava a capire Sakura, a capire che ogni sua parola e ogni suo gesto avevano una ripercussione su di lei, un principio di causa ed effetto che all’inizio ignorava.

Ora sapeva come e dove toccarla, che chiederle com’era andata la sua giornata la faceva sorridere, e che ogni sorriso che faceva lo faceva sentire un po’ più completo, meno a pezzi e distrutto.

Le baciò la tempia passandole le dita fra i capelli corti, gli stessi che non aveva più fatto ricrescere dall’esame dei chūnin. A lui non importava, però. Corti o lunghi non faceva differenza, non l’amava per la lunghezza dei suoi capelli, e lei lo sapeva.

Ricordava quel giorno, il giorno in cui vedendola ferita aveva perso la testa, lo stesso in cui lei lo aveva fatto rinsavire piangendo. E poi quando partiva senza di lui, con Naruto e Sai, e lui se ne restava a casa ad aspettarla, sperando di non perderla, di non perdere di nuovo le persone che amava.

«Devo dare una cosa a Naruto, prima di andare» la voce di Sakura era sempre un sussurro nella sua testa – fatta eccezione di quando gridava come una pazza isterica distruggendo la casa.

Non lo aveva mai picchiato, però. E lui non l’aveva mai fermata mentre caricava il pugno contro di lui, deviando all’ultimo secondo verso una parete.

«Non glielo abbiamo già fatto, il regalo?» le rispose, confuso. Quando si trattava del dobe Sakura diventava improvvisamente una madre apprensiva e al contempo rabbiosa. Ma era sempre stato così, lei si era sempre presa cura di entrambi, e alla fine voleva solo renderli felici. Solo questo.

Aveva pianto quando Naruto ed Hinata le avevano detto che si sarebbero sposati, a lui era parsa una reazione tanto eccessiva, ma lei era sempre stata emotiva, e quelle lacrime di gioia erano il segno della sua felicità, di quanto fosse orgogliosa di Naruto, di quell’orfano irresponsabile che ora si stava costruendo una famiglia al di fuori di loro due.

«Ma dargli il bis della zuppa mentre eravamo in missione non è un regalo, Saske-kun» rise Sakura sfiorandogli il dorso della mano, alzandosi dalla panchina con la borsa a tracolla, cercando di convincere Sasuke a seguirla.

«Lascialo da solo con la Hyūga» le disse, guardandola negli occhi, specchiandosi in quelle iridi verdi illuminate dalle lanterne.

«Lo facevo per te, così poi torniamo a casa» gli confessò tirandolo per il braccio, sollevandolo contro la sua volontà.

Borbottò qualcosa, Sasuke, qualcosa che lei non riuscì a capire mentre attraversavano il pontile, raggiungendo gli altri due. Sakura sorrideva mentre apriva la borsa, «Naruto-kun!» lo chiamò estraendo un piccolo pacchetto rettangolare dalla borsa, «Io e Saske-kun dobbiamo ancora darti il nostro regalo» gli disse, porgendogli la confezione regalo.

Naruto la guardò confuso, «Ma me lo avete già fatto…».

«Due piatti di zuppa non è un regalo, razza di imbecille!» c’erano le fiamme dell’inferno nei suoi occhi, e l’ultima cosa che Naruto voleva era ricevere un treno di schiaffi per il suo compleanno.

Prese il pacchetto lasciando momentaneamente la mano di Hinata, scartandolo con la foga di un bambino, e poi sorrise guardando la foto incorniciata.

«Sakura-chan!» affermò soffocandola in un abbraccio, cercando di coinvolgere anche Sasuke che, però, se ne tirò immediatamente fuori.

«Ha fatto tutto Sakura, dobe» gli disse, ma Naruto non sembrò ascoltarlo e gli tirò una pacca sulla spalla.

«Non importa, tu mi hai regalato la zuppa» rispose, stringendo la cornice in una mano, mostrandola poi ad Hinata che sorrise. «La metterò accanto a quella vecchia!» affermò, mentre Hinata gli sfiorava la mano libera, stringendogliela.

«Te la tengo io, Naruto-kun» propose Hinata, e Sasuke si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.

«Forse è meglio, altrimenti non arriverà a casa» commentò stringendosi Sakura per la vita, quando delle gocce di pioggia incominciarono a tingere di scuro il pontile, spegnendo alcune delle lanterne che illuminavano l’acqua dello stagno, turbata da quelle piccole stille.

Sasuke sollevò il cappuccio a Sakura mentre Naruto si lamentava del fatto che dovesse piovere proprio il giorno del suo compleanno, coprendo la testa di Hinata con la sua casacca.

Corsero fino a casa salutandosi davanti alla porta di Naruto, dove lui ed Hinata entrarono nel caos del piccolo appartamento in disordine, togliendosi i sandali inzuppati.

«Vorrà dire che finiremo qua la serata» sorrise Naruto, mentre Hinata toglieva dalla borsa il quadretto che Sakura aveva regalato a Naruto, poggiandolo accanto alla vecchia foto del Team 7.

Non erano cambiati poi molto, fisicamente, ma c’erano alcune cose che rendevano completamente diverse le due fotografie.

Naruto abbracciò Hinata osservando l’immagine: il maestro Kakashi in piedi dietro di loro sorrideva sotto la maschera mentre Sakura si stringeva a Sasuke, e mentre lui abbracciava Hinata.

Era quella la sua famiglia, e anche se ora se ne stava costruendo una sua con Hinata, ci sarebbe sempre stato posto anche per loro.

Sarebbe stata una famiglia allargata, e niente al mondo avrebbe mai potuto portargliela via.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E • F I N A L I

 

Eccomi qui, anche se l’ultimo capitolo non ha avuto molto successo.

Devo ammettere che questo è in assoluto il mio preferito, e che sono quasi orgogliosa di alcuni pezzi.

Perdonatemi il momento BROTP fra il Team 7, ma io amo il loro legame, e non posso sopportare di pensare che una volta che si siano sposati abbiano smesso di vedersi e amarsi come hanno sempre fatto.

Scusate, insomma, ma mi è uscito così.

Il Team 7 è la famiglia di tutti e quattro – perché c’è anche Kakashi –, e lo è sempre stata, quindi non penso  che Naruto una volta messosi con Hinata si scordi di loro.

Eeeh, boh. Che altro devo dire? Non lo so.

Quindi facciamo che vi lascio, e che ci vediamo settimana prossima con l’Inverno, ecco.

Spero che vi sia piaciuta, altrimenti… boh, mi darò all’ippica, che devo fare.

Sparisco.

Bye.~ 

                       

            ~yingsu

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Capitolo 5
*** 「冬 – F U Y U」― voci così belle come quelle di una sera d’inverno. ***


 

風物詩

• the things — feelings, scents, images — that evoke

memories or anticipation of a particular season •

 

 

 

 

 

 P R O M P T  QUATTRO inverno + barbeQ link immagine

«L’aveva tirato a sé, guidandogli la testa nell’incavo tra il collo e la spalla.

Una volta, quando ancora non erano sposati, lui le aveva detto che quello era l’incastro perfetto,

che la sua testa era fatta per starsene infilata lì».

| la solitudine dei numeri primi – p. giordano |

 

 

 

「冬 F U Y U

Mai si danno voci così belle come quelle di una sera d’inverno,

quando il tramonto quasi nasconde il corpo, e le parole sembrano provenire da una assenza

con una nota di intimità raramente ascoltata durante giorno.

 

 

Nevicava.

Erano arrivati in quel periodo dell’anno in cui le strade di Konoha si tingevano di un pallido candore che sembrava rasserenare gli animi dei più piccoli, ma anche quelli dei grandi.

I bambini giocavano per le strade, sfidandosi in battaglie di palle di neve, oppure costruendo pupazzi. Era piacevole poterli vedere liberi di divertirsi ora che la guerra era finita.

Sakura rise prendendo un pezzo di carne dalla griglia, «Così poi finiamo ubriachi come l’ultima volta?!» domandò retorica, portandosi poi il boccone alle labbra.

Hinata sorrideva, la mano che non utilizzava per mangiare stringeva quella di Naruto, seduto accanto a lei, «Ti sei ubriacato?» chiese in tono dolce, ma scherzoso, e Naruto ridacchiò agitando le bacchette.

«Eravamo ubriachi tutti e tre, in realtà, il teme ha passato tutta la serata con la faccia nel piatto!» confessò mentre Sasuke borbottava qualcosa, continuando a mangiare.

«Tentavamo di capire che cosa ci fosse sotto la maschera del maestro Kakashi provando a farlo bere, ma abbiamo bevuto solo noi tre» spiegò Sakura, spostando lo sguardo su Sasuke.

Anche lei avrebbe voluto stringergli la mano mentre cenavano, ma dal momento che ne aveva una sola non poteva farlo, altrimenti avrebbe dovuto imboccarlo, e lui non glielo avrebbe mai lasciato fare in pubblico.

Naruto lasciò un bacio sulla guancia di Hinata, tornando poi mangiare, cercando di non scomporsi troppo quando il piede della sua fidanzata gli sfiorò il polpaccio. La guardò con un sorriso, deciso a rispondere a quel gioco di carezze che erano soliti fare quando cenavano soli, a casa sua, e così fece, allungando il piede a sfiorare la sua gamba.

Sasuke si strozzò con l’acqua, incominciando a tossire, «Dobe!» brontolò fra i colpo di tosse, mentre Hinata e Sakura li guardavano confusi.

Ci mise un po’ a realizzare di aver toccato la gamba sbagliata, ma quando lo capì arrossì di colpo, lasciando cadere le bacchette sul tavolo. «Sei tu che hai le gambe lunghe, teme!» ribatté mentre Sakura scoppiava a ridere realizzando quello che era successo.

«Beh, sempre meglio di quando vi siete baciati» disse con un certo tono di risentimento, come se ancora le pesasse di non essere stata il primo bacio di Sasuke.

«Possiamo parlare di altro?» borbottò Naruto, cambiando poi argomento.

La serata passò in fretta fra una chiacchiera e l’altra, Naruto raccontava dei preparativi per il matrimonio, del padre di Hinata che incominciava a metabolizzare e ad accettare la cosa, e al fatto che aveva visto Shikamaru e Temari baciarsi fuori dall’ufficio dell’Hokage.

«E voi due quando vi sposate?» domandò ad un tratto, facendo di nuovo strozzare il suo migliore amico, ma questa volta con il sakè.

Vide i suoi compagni di squadra arrossire all’unisono mentre Sakura ridacchiava isterica e Sasuke cercava di non morire soffocato.

«Non sono affari tuoi, dobe».

Sakura avrebbe voluto dirgli che si sarebbero sposati appena Sasuke glielo avrebbe chiesto, ma le sembrava piuttosto palese che fosse così, quindi cercò di sorridere e di passare oltre. Era già abbastanza difficile per lei pensare che sia Ino ché Hinata si sarebbero sposate l’anno dopo, e che lei le avrebbe guardate immaginando il momento in cui sarebbe toccato a lei.

Se mai le sarebbe toccato.

Fortunatamente il discorso morì lì, e lo sguardo truce di Sasuke bastò a zittire Naruto, almeno sull’argomento matrimonio.

Sakura si rilassò sulla panca, piena come un uovo, osservando la sua amica ridere mentre Naruto le poggiava il capo sulla spalla, sorridendo e dicendole qualcosa di stupido. Erano così belli assieme, sembravano fatti uno per l’altra, come se fossero stati creati apposta per incastrarsi perfettamente uno all’altro. Due metà della stessa medaglia.

Erano legati dal filo rosso, Sakura ne era certa. Poteva immaginarlo lì, stretto ai loro mignoli, ed ora che Naruto aveva riavvolto la matassa erano tornati assieme, dopo non si sa quante vite vissute.

La mano di Sasuke le sfiorò la coscia con la punta delle dita, catturando la sua attenzione. Lo capiva dall’espressione del suo viso che non aveva voglia di restare lì, e che lo aveva fatto solo per far contenta lei e non sentire le lamentele insopportabili di Naruto.

Gli sorrise poggiando la mano sulla sua, sfiorando ogni singolo dito, cercando quel filo che avrebbe dovuto unire anche loro, che lui aveva cercato di tagliare e recidere in ogni modo mentre lei si ostinava a rammendarlo, a creare nodi su nodi, a riattaccare i due capi spezzati, per non perderlo, per non perdere la sua metà, il suo incastro perfetto. Ma adesso che non aveva più la mano sinistra, non aveva senso sforzarsi di cercarlo. Se c’era un filo che li univa, se quello spago era davvero legato al mignolo sinistro di Sasuke, ora era di sicuro andato perduto. Si erano separati, e lui non sarebbe mai riuscito a ritrovarla nella sua prossima vita.

Cercava quello che non c’era più, lo cercava nel posto sbagliato.

«Grazie...» mormorò lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra, passandogli le dita della mano libera fra i capelli. Probabilmente non avrebbe capito per cosa, ma non era importante.

Non aveva il coraggio di dirgli che quella era l’ultima vita che avrebbero trascorso assieme, dopotutto era solo una vecchia leggenda.

«Andiamo?», la voce di Naruto fu come uno shuriken lanciato contro un vetro.

Crack. E la magia del momento si frantumò in migliaia di pezzi.

Sakura annuì mentre la sua mano lasciava le ciocche morbide di Sasuke, già pronto ad alzarsi per tornarsene a casa. Pagarono ed uscirono, i sandali nella neve fredda sprofondavano troppo mentre si reggeva al braccio di Sasuke, tremando per il freddo.

«Dovremmo fare più spesso queste uscite a quattro» commentò Naruto, la mano stretta sul fianco di Hinata mentre cercava di scaldarla e ripararla dall’aria gelida.

«Magari quando non ci sono cinquanta centimetri di neve» gli suggerì Sakura con un sorriso, continuando a camminare, facendo attenzione a dove metteva i piedi.

Accompagnarono Hinata e Naruto fino a casa di quest’ultimo, e poi li salutarono, fermandosi ad osservarli mentre lui la prendeva in braccio, facendola ridere.

La testa di lei incastrata nell’incavo del suo collo sembrava essere fatta per stare lì, come se quello fosse sempre stato il suo posto, e nulla al mondo avrebbe potuto cambiarlo.

«Facciamo due passi?», la voce di Sasuke era acqua calda sulla neve, balsamo sulle sue vecchie ferite.

Annuì mentre lui le prendeva la mano, stringendola alla sua e infilandola nella tasca della sua giacca. Camminarono in silenzio fino al molo, fino al luogo in cui si erano baciati per la prima volta.

Ai tempi non sapeva che cosa significava per Sasuke quel posto, ma adesso era diverso, adesso sapeva cose di lui che nessun altro conosceva, e non poteva fare altro se non conservarle con gelosia ed egoismo, sentendosi un po’ speciale. Solo lei sapeva che lì suo padre gli aveva insegnato il suo primo jutsu, che dormiva sul lato sinistro del letto, che quando facevano l’amore sospirava piano, cercando di non farsi sentire, e che ogni tanto piangeva in silenzio accanto a lei, dandole le spalle, nel letto.

Si lasciò stringere da quell’unico braccio, sul legno innevato, pensando a quella mano mancante, a quel mignolo sinistro che non c’era più, quel dito di cui la sua anima aveva un disperato bisogno.

Si lasciò abbracciare mentre il suo viso affondava nella stoffa del cappotto di Sasuke, e le sue dita gli stringevano le spalle, cercando di dargli una forma tale che solo lei, avrebbe potuto incastrarsi a lui.

Così l’avrebbe trovata sempre, anche senza quel filo rosso.

 

 

 

 

 

 

 

N O T E • F I N A L I

 

Eccoci qui. Di nuovo.

Devo dire che non era quello che volevo fare, ma che ha preso una piega strana e non ne sono molto soddisfatta, ecco. Ma pace, insomma. È saltato fuori un delirio introspettivo che non ho assolutamente cercato, scusatemi.

Ho basato tutto sulla famosissima e ultra-utilizzata leggenda del filo rosso del destino, legato appunto al mignolo della mano sinistra delle anime gemelle.

E nulla, è uscita più angst di quel che volevo, scusate.

Vi dico che si narra che chi dorma sul lato sinistro del letto matrimoniale faccia sogni più tranquilli, ed è una mia scelta, perché Sasuke fa molti incubi secondo me, e volevo metterlo nel lato del letto che – almeno in teoria – potesse attenuare questi avvenimenti.

E nulla, il mio lavoro è finito, cliccare su conclusa (anche se non sono molto soddisfatta) mi da un senso di completezza – non sono brava a portare a termine le cose, sono fatta così, lascio sempre tutto a metà.

Quindi alla prossima, vi lascio ancora la AU a quattro mani con radioactive, Colla.

Se volete farci un giro. (´`)

E poi, visto che in tanti shippate la NaruHina, vi consiglio questa stupenda storia: Le parole della Notte.

Fateci un salto, perché è bellissima, davvero.

Detto questo devo – assolutamente – ringraziare radioactive per il betaggio e per la grafica. Senza di lei non so se avrei concluso questa raccolta, dato che lei mi scandisce i tempi per scrivere sgridandomi se non lo faccio.

Quindi grazie, grazie mille. Per i prompt, per tutto, davvero tutto. È tutta dedicata a te, anche se non sono brava a fare Naruto ed Hinata come li vorresti tu, lo so.

E poi grazie a tutti voi che leggete, che l’avete messa fra le seguite/preferite/ricordate, grazie a chi ha recensito e chi recensisce. Grazie di cuore.

Alla prossima – forse. In qualsiasi caso mi trovate su papavero radioattivo. Lì sono super attiva!

Sparisco.      

                       

            ~yingsu

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