Save me, Percy Jackson.

di LauraPalmerBastille
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gattino arrabbiato. ***
Capitolo 2: *** Faccia da pesce. ***
Capitolo 3: *** Caffè. ***
Capitolo 4: *** Rialzarsi. ***
Capitolo 5: *** Cosa ti ha ridotto così? ***
Capitolo 6: *** Difenditi. ***
Capitolo 7: *** Non affezionarti a me. ***
Capitolo 8: *** Minacce e litigi. ***
Capitolo 9: *** Amico. ***
Capitolo 10: *** Di Angelo. ***
Capitolo 11: *** Troppo per un bambino. ***
Capitolo 12: *** Dammi la spinta. ***
Capitolo 13: *** Traumi. ***
Capitolo 14: *** L'ultimo respiro. ***
Capitolo 15: *** Adesso andrà tutto bene. ***
Capitolo 16: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Gattino arrabbiato. ***


Save me, Percy Jackson.

Nico kisses Percy

 

Nico” lo chiama una voce calda, bassa, confortevole. Ma lui la sente così lontana, così inafferrabile.
Nico..” ripete. Qualcuno lo sta chiamando, di questo ne è sicuro. Nico è lui. Nico di Angelo, 17 anni, statura media, 46 kg, secondogenito di una bella famiglia.
O almeno lo era.
Nico.. rispondimi, ti prego..” lo prega la voce. Sente una presa forte afferrarlo per le spalle, e scuoterlo piano. La sua vista si spanna per qualche attimo, e dei ciuffi biondi e ribelli entrano nella sua visuale insieme ad un paio di occhi azzurri.
Nico, sono Jason. Mi riconosci?” dice, mostrando la sua palese preoccupazione con quell'espressione corrucciata.
E Nico vorrebbe rispondergli che, no, non va tutto bene. Vorrebbe urlare di smetterla di scuoterlo, perchè il mondo gira già troppo anche da fermo. Ma sembra tutto così scuro, non sente le gambe, le tempie gli pulsano in maniera quasi dolorosa e.. da quando la sua testa pesa così tanto?
Socchiude gli occhi, e il viso del suo amico scompare alla sua vista, come tutto il resto.
Oh Dei. Nico, ti prego, non fare così. Rispondimi! Un dottore, ho bisogno di un dottore!” lo sente urlare, prima di cadere nelle tenebre. Lì dove il dolore sembra attenuarsi.

*

“Mpfrzc” è la prima parola che esce dalle labbra di Nico, mentre si stropiccia gli occhi con una mano e con l'altra prova inutilmente a dare un minimo di forma a quell'ammasso di capelli neri che si ritrova in testa.
“Sono assolutamente d'accordo con te” dice calmo un riposato Jason sul letto affianco, per poi sbadigliare e allungare una mano per spegnere la sveglia “Trovo il tuo vocabolario mattutino decisamente più vasto di quello che usi in tutto il resto della giornata”.
Nico, ancora con gli occhi chiusi, riesce ad afferrare il suo cuscino e a lanciarlo sulla faccia soddisfatta dell'amico che, impreparato all'attacco, viene colpito in pieno viso.
“Non mi serve un vocabolario vasto per fare roba di questo genere” borbotta il più piccolo, abbozzando un sorriso, per poi chiudersi dentro al loro bagno.
Anche Jason si ritrova a sorridere, sollevato dal 'buon umore' dell'amico per quella mattina.
Lui e Nico condividono ormai da quasi un anno la stessa stanza, nella stessa Università di filosofia e scienze umane. Avevano deciso un anno prima di intraprendere gli stessi corsi Universitari, e l'idea era uscita così spontanea e totalmente inaspettata dalle labbra di Nico, che Jason non aveva potuto fare altro che accettare.
Il più piccolo aveva semplicemente scrollato le spalle e aveva detto “Bhe, visto che non ho voglia di spendere un capitale per uno stupido appartamento direi che potremmo benissimo condividerne uno.”
E per quanto il più piccolo lo negasse, Jason sapeva che non erano solo i soldi a spingerlo a dividere l'appartamento con lui, ma la paura della solitudine. Lo aveva capito, ovvio, ma aveva deciso di non insistere su quell'argomento.
E ora si ritrovano in questa piccola stanza, in cui i due letti occupano tre quarti del pavimento, e il restante è occupato da calzini sporchi di Jason, vestiti sporchi di Jason, residui della cena di Jason, roba di Jason e a volte da Jason stesso.
E per quando Nico si lamenti ogni giorno del disordine che regna in quella stanza, la discussione finisce sempre con un Jason frustrato che nasconde la sua sporcizia sotto al letto, e un Nico esausto che ripete che 'nascondere' non è la stessa cosa di 'pulire'.
Ma loro stanno bene così e, come ogni mattina, Nico si lava con estrema lentezza, mentre Jason gli urla di sbrigarsi da fuori il bagno.

*

Nico ha sempre amato leggere, sempre. Ritiene infatti che la lettura riesca ad alleviare le pene di ogni persona, e a trasportarle in un'altra dimensione. La lettura può darci emozioni che il mondo esterno molte volte ci priva.
Ed è per questo che, ovunque vada, Nico ha sempre a portata di mano un libro. Non importa di che genere, ma lui è lì.
Ed è per questo che, adesso, mentre tutti approfittano della pausa pranzo per raccontare i loro fatti personali, lui è seduto in silenzio a leggere il suo fedele libro, mentre la sua 'cerchia' di amici discute su argomenti decisamente poco interessanti.
“Ragazzi” dice Drew, portandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie “Piper è in ritardo. Qualcosa mi dice che anche questo esame le è andato male!” continua, scuotendo la testa con fare saccente.
Jason, dal canto suo, alza gli occhi al cielo esasperato. Non ha mai capito il motivo della rivalità che c'è tra quelle due ragazze, e sicuramente rimarrà sempre un mistero irrisolto.
“Piper ha studiato tanto per questo esame, ed è già stata bocciata quattro volte. Ormai le cose se le sarà imparate a memoria” le risponde Hazel, scoccandole un'occhiataccia “E non capisco proprio perchè tu debba pensare così presto al peggio!”
Drew scocca la lingua sul palato e alza gli occhi al cielo. “Non sto pensando al peggio, okay? Sono semplicemente realistica..”
Frank, al fianco di Hazel, sbuffa irritato, per poi stringersi di più vicino alla sua ragazza.
“Allora è sicuramente un caso che ogni volta che pensi 'realisticamente' tu stia dicendo qualcosa di male su Piper?” dice, portando un braccio sulle spalle di Hazel.
“Coincidenze. Pure coincidenze.”risponde, liquidando quel commento con un gesto della mano “Non è così, mio piccolo Jason?” chiede subito dopo, avvicinandosi con un balzo al biondo, arpionandogli il braccio con le sue unghie laccate e sbattendo i suoi occhi ben truccati.
“Io.. penso che, cioè.. eh?” balbetta, provando a staccarsi la ragazza con gentilezza dal braccio “Drew.. il mio braccio ha bisogno di sangue. La circolazione, sai..”
Nico alza per un secondo lo sguardo, e alla vista di una Drew attaccata al braccio di Jason, che prova ad allontanarla scuotendo l'arto imprigionato, gli fa nascere un sorriso spontaneo sulle labbra.
Nico li fissa tutti per qualche attimo. C'è Hazel, con quella chioma scura e ribelle che sembra assomigliargli così tanto. È la prima ragazza con cui riesce a parlare senza problemi, una delle poche a cui dice i suoi pensieri. Un po' perchè lei lo obbliga ad aprirsi, un po' perchè in fondo a lui piace parlare con lei. Poi c'è Frank, il suo fidanzato. Nico sofferma il suo sguardo su di lui per qualche attimo in più, e quando questo se ne accorge gli rivolge un sorriso caldo.
Il più piccolo si ritrova ad abbassare lo sguardo imbarazzato, mentre si chiede perchè quel ragazzo lo metta a disagio così tanto. Forse è la sua perenne gentilezza, quell'essere così calmo che lo fa sentire fuori luogo. Ma Frank è un bravo ragazzo, e questo Nico lo sa.
Drew invece è l'opposto di una brava ragazza. Fissata con l'aspetto esteriore ed i ragazzi, da il tormento a Jason dalla prima volta che lo ha visto senza maglietta, durante una partita amichevole di basket. Più volte Nico l'ha sentita dire esplicitamente che le mancava poco per riuscire a portare Jason nel suo letto, e più volte Nico ha dovuto trattenersi dallo scoppiare a ridere di fronte a tutti.
Non che Drew sia una brutta ragazza, ma se solo sapesse quante volte in camera Jason si lamenta della sua presenza, perderebbe tutte le speranze.
Sta per riabbassare lo sguardo sul suo libro, quando una voce squillante lo fa sobbalzare sulla sedia.
“Signore e signori!” urla qualcuno, dalla porta della mensa “Date il benvenuto alla nuova regina di filosofia antica!” continua, battendo forte le mani.
Come ci si aspettava, nessuno lo segue in questo applauso solitario, e il ragazzo si ritrova a battere le mani da solo. Jason scuote la testa rassegnato “Riusciremo mai a domare quell'euforico spagnolo?” chiede quindi, scuotendo più forte il braccio dove è attaccata Drew.
Nico si volta, ed incontra lo sguardo di un ragazzo dai capelli indomabili, lo sguardo scaltro e un sorriso divertito sulle labbra: Leo.
“Non ne ho idea, ma qualcosa mi dice che a Piper è andato bene l'esame..” risponde Hazel, mentre sorride alla vista di una gioiosa Piper che entra saltellando nella mensa, stringendo la mano a Reyna “E qualcosa mi dice anche che finalmente ha concluso qualcosa con Rey”.
Hazel si alza di istinto in piedi, quando la ragazza sorride felice. “Come è andato?” chiede quindi, facendo trapelare l'emozione dalla sua voce.
“Non ti è bastata la mia introduzione quando sono entrato?” dice Leo, mostrando il suo solito sorriso sghembo “La ragazza ha--”
“Ho preso 30 e lode!” urla quindi Piper, facendo zittire tutti. Il silenzio regna per qualche attimo, inghiottendoli tutti. Poi, tutto insieme, si innalzano urla e esclamazioni di gioia.
Hazel salta addosso alla ragazza, abbracciandola forte, seguita a ruota da Frank, Jason e Leo. Nico viene quasi investito da tutti loro, e riesce a rimanere seduto sulla sedia per miracolo. Scocca un'occhiata a Drew, e la sua faccia scocciata gli fa abbozzare un sorriso divertito.
“Nico, dai!” urla Piper, incrociando il suo sguardo “Vieni anche te nella mischia!”
E prima che possa nemmeno provare a negare, una forte mano di Jason lo afferra per il colletto e lo butta in mezzo a quel grande abbraccio di gruppo.
E in mezzo a quel calore di corpi e risate soppresse, riecheggia l'esclamazione di Leo “Stasera si festeggia!”

*

“No, no e poi no!”- esclama Nico, buttandosi di peso sul letto e incrociando le braccia al petto - “Non verrò mai!”
Jason sospira esasperato, alzando gli occhi al cielo. Scrolla le spalle e si siede sul letto di Nico, lanciandogli uno sguardo carico di tenerezza.
Senza dire nulla, poggia la sua mano tra i capelli del più piccolo e glieli accarezza lentamente, facendolo immediatamente rilassare. Nico si abbandona per qualche secondo a quelle carezze, per poi irrigidirsi e scostarsi bruscamente-”No, non mi convincerai mai! Non sono un cane che puoi convincermi con due carezze sulla testa!”- esclama irritato, dandogli le spalle.
“Nico, dai. E' per il bel voto di Piper, non puoi non esserci!”-cerca di convincerlo il biondo, spostando le sue piccole carezze dai capelli del ragazzo alla sua schiena.
“Non mi interessa. Non ho intenzione di andare in un locale assurdo!”
Jason sbuffa nuovamente, portandosi una mano in mezzo ai capelli.
”Non è un locale assurdo Nico, è solo un pub che--”
“Chi lo ha scelto il locale?”-lo interrompe il più piccolo, scoccandogli un'occhiataccia.
“Ehm.. Leo, mi pare, ma--”
“Non voglio più venire a nulla che organizza Leo!” risponde quindi, dandogli nuovamente le spalle.
Un sorriso divertito appare sulle labbra di Jason che, impossibilitato dal ribattere, ripensa all'ultimo locale in cui Leo li aveva portati. In una piena sera d'estate, loro si erano ritrovati in un Ice Club, un locale fatto completamente di ghiaccio, in maniche corte e pantaloncini.
Quella sera Nico si era preso un raffreddore così forte che era dovuto rimanere chiuso in appartamento per un'intera settimana, e Jason con lui per aiutarlo a rimettersi in sesto.
Rimesso, aveva detto pubblicamente che mai più avrebbe partecipato a qualcosa organizzato da Leo.
“Nico, dai, questa volta mi accerto prima che sia qualcosa di normale e poi--”
“No!” quasi urla, nascondendo la testa sotto al cuscino. A quel gesto così bambinesco ed infantile, un moto di protezione scoppia dentro il petto di Jason, che sorride sincero e avvolge le sue braccia toniche intorno al corpo del più piccolo, abbracciandolo.
Nico si ritrova seduto tra le braccia del più grande, e per qualche secondo non capisce cosa stia accadendo, sentendosi quasi a disagio. Ma poi il respiro cadenzato dell'altro lo tranquillizza, e si lascia riscaldare e tranquillizzare da quel goffo contatto.
“Nico..” sussurra il biondo, sfoggiando la faccia più tenera che questo abbia. “Fallo per me, dai..”
Il moro guarda l'espressione dell'amico per qualche secondo. La scruta, la osserva, per poi sospirare e scuotere la testa rassegnato.
“Jason... Senti, non so come dirtelo ma.. Io non verrò mai a questa dannata uscita” è la sua risposta, per poi ributtarsi con la faccia sul cuscino.
Jason sopprime un ringhio frustrato. “Non sarei voluto arrivare alle maniere forti, ma non me ne dai altra scelta” dice, prima di afferrare il corpo magro di Nico con le sue braccia e caricarlo sulle sue spalle.
“J- Jason.. dannato! Lasciami! Questo è un cavolo di sequestro di persona!” urla il più piccolo, dimenandosi come un pazzo.
“Ti denuncio, giuro che ti denuncio! Ti farò mangiare tutta la roba che lasci per la stanza! Lasciami, idiota! Non voglio venire!” sbraita, dando pugni e schiaffi sulla schiena dell'amico..
Ma prima che i suoi colpi possano anche solo sorbire un minimo effetto sul biondo, Nico si ritrova seduto e legato con la cintura di sicurezza sul sedile dell'auto.
Reprime un urlo di rabbia quando Jason si catapulta sul posto di guida e accende la macchina.
“Mi ringrazierai, Nico.”
“Taci, idiota” ringhia, prima di mollargli l'ultimo pugno sulla spalla.

*

Durante il tragitto in auto, la fantasia di Nico su quella serata aveva viaggiato molto. Aveva rabbrividito quando si era immaginato un locale fatto soltanto di fuoco e cose incandescenti, e aveva provato a buttarsi fuori dalla macchina in corsa e fuggire quando la sua mente aveva immaginato Leo che giocava con il fuoco del locale, bruciando ogni cosa lo circondasse.. lui compreso.
Jason era però riuscito a riprenderlo in tempo, chiudendo a chiave le portiere dall'interno.
Quindi, Nico tutto si sarebbe aspettato tranne che di ritrovarsi di fronte ad un tranquillo pub in cui non vi fosse presenza del ghiaccio o del fuoco.
Strippub” recita l'insegna sopra la porta, illuminandosi ogni tanto.
“Cosa hai in mente, Leo?” chiede subito Nico, buttando l'ennesima occhiata scettica al locale.
L'ispanico scrolla le spalle, per poi circondare la vita dell'amico con le braccia e scuoterlo “Questa volta ho scelto una cosa abbordabile, amico! Qualcosa per festeggiare tranquilli con Piper!”
Il moro lancia un'occhiata scettica anche a lui, per poi scostarsi dalla stretta e fissare insistentemente il locale.
“Entriamo!” cinguetta Piper, prendendo a braccetto Reyna. Drew, pochi passi dietro di loro, alza gli occhi al cielo e sbuffa. “Entriamo” dice, arpionandosi sul braccio di Jason e seguendo le due ragazze dentro il locale.
Nico rimane per qualche secondo fermo, insicuro sul da farsi. Da fuori il locale sembra innocuo, ma come può sapere cosa lo aspetta dentro?
“Nico?” lo chiama Hazel, notando la sua espressione perplessa “A cosa pensi?”
E il più piccolo sa che a quella domanda non c'è via di scampo. E tra l'entrare dentro il locale e lo stare a verbalizzare tutto quello che gli passa per la testa, Nico sceglie decisamente il locale.
Si allontana quindi dalla ragazza a passi pesanti, varcando la soglia e, quando butta uno sguardo allo spazio che lo circonda, non sa se piangere dalla gioia o rimanere totalmente sorpreso.
Nell'incertezza rimane impassibile quando nota che il locale è un semplicissimo pub.
Tavolini in legno, sedie in plastica, quadri di cantanti vecchi ma famosi attaccati alle pareti e un piccolo palco con passerella in mezzo alla sala, dove sicuramente nei fine settimana le band cantano.
Nota il suo gruppo di amici che si è andato a piazzare proprio al tavolo alla fine della passerella dove, se Nico nota bene, vi è una lunga asta metallica che parte dal pavimento fino a sparire nel soffitto.
Quando incontra lo sguardo di Jason, questo alza le sopracciglia come a voler dire 'io che ti avevo detto?', per poi invitarlo a sedersi vicino a lui con un gesto della mano.
Nico si trascina fino alla sedia vicino al biondo, e quando l'amico gli da una pacca sulla schiena ridacchiando Nico non può che alzare gli occhi al cielo e sbuffare.
“Sbrighiamoci per favore. Questo troglodita non mi ha nemmeno dato il tempo di prendere il libro che stavo leggendo” sbuffa il moro, incrociando le braccia al petto.
“Su, Nico! Ti divertirai.. posso assicurartelo!” si intromette Leo, facendogli poi un occhiolino decisamente sospetto.
“C- cosa.. cosa era quella cosa che hai fatto con l'occhio--” prova a dire, ma il braccio di Jason si ancora intorno alle sue spalle, strattonandolo e impedendogli di finire la frase.
“Pensa a divertirti e basta. È solo un semplicissimo pub” gli dice, per poi lasciargli un'ultima carezza sui capelli arruffati.
Il cameriere arriva quasi subito con dei bicchieri pieni di una bevanda strana che, Nico lo sa, Jason gli farà bere a forza.
“Buonasera ragazzi” dice il cameriere, poggiando un bicchiere di fronte ad ogni persona “Io sono Will, lo spettacolo dovrebbe iniziare tra pochi attimi.. Spero sarà di vostro gradimento! Per qualsiasi cosa sono sul palco. Buona serata” continua, per poi rivolgere un sorriso affabile a tutti e fare l'occhiolino. Drew emette un gridolino di gioia, mentre Piper le lancia un'occhiata scocciata e scrolla le spalle.
“C-che.. aspetta, Leo che show? E perchè anche quel cameriere ha fatto quella cosa con l'occh--” ma prima che Nico possa finire la frase, le luci si spengono nel locale.
Se fosse stato un black out, Nico si sarebbe aspettato dei versi di disapprovazione da parte degli altri clienti.. ma perchè stanno tutti applaudendo?
Artiglia la sua mano sulla gamba di Jason, e gli stritola l'arto fino a sentir dolere la mano. Poi fissa insistentemente la passerella di fronte a lui, e quell'asta gli sembra sempre più sospetta.
“Jason..” riesce a sibilare, prima che un tizio su una sedia a rotelle salga sul palco, con un microfono in mano e faccia calare il silenzio.
“Pronti?” dice soltanto, con sguardo pieno di malizia.
Perchè le persone hanno iniziato a spostarsi sui tavoli vicino alla passerella? Perchè loro ci sono proprio di fronte?
Ma i pensieri di Nico vengono interrotti dalla musica a volume spropositato che si diffonde nel locale. Il moro è costretto a coprirsi le orecchie con le mani, cercando un attimo di pace per le sue orecchie.
Cerca lo sguardo di Jason, che però fissa sorpreso il palco.
E quando Nico si volta vede ciò che pensava non avrebbe mai visto, e che forse non avrebbe mai voluto vedere: il ragazzo di prima che, con mutande decisamente molto succinte che non lasciano spazio all'immaginazione e una maglietta bagnata, balla (o forse il termine strusciarsi sarebbe più appropriato) su quell'asta metallica.
Il più piccolo non ne è sicuro, ma sicuramente il suo viso sta andando a fuoco. Di rabbia, di stupore, di imbarazzo, non si sa.. ma sta andando a fuoco.
“Ci hai portato in uno strip club!?” urla, senza però riuscire a sovrastare il rumore della musica.
Strippub, come ha fatto a non arrivarci prima!?
Nico guarda furioso Jason, che gli rivolge un'occhiata colpevole e scuote la testa rassegnato.
“Sei uno stronzo!” urla Piper nell'orecchio di Leo, ridendo forte. “Lo sai che mi piacciono le ragazze!”
L'ispanico si volta e fa una finta espressione sorpresa “Ma non mi dire!”
La ragazza scoppia a ridere di nuovo, e la sua mano va a finire sopra quella di Reyna, che le rivolge un sorriso dolce.
Nico, dal canto suo, sta fumando di rabbia. Non voleva venire, Jason lo aveva portato con la forza, e ora si ritrova letteralmente di fronte ad un ragazzo che si sta strappando la maglia bagnata con le mani, mentre ragazze eccitate (tra cui Drew) gli infilano soldi dentro le mutande.
Nico spalanca gli occhi e arrossisce ancora di più quando il ragazzo gli rivolge un'occhiata sensuale, circonda l'asta con una gamba e ci si struscia in maniera provocante, per poi lanciargli l'ennesimo occhiolino della serata.
“Diamine, Nico! Hai fatto conquiste!” è il commento di Leo. Ed è la goccia che fa traboccare il vaso.
“Io me ne torno a casa” dice, senza accertarsi che gli altri lo abbiano sentito. Si alza in malo modo dalla sedia e in fretta esce dalla prima porta che gli si para di fronte, sbattendola forte, lasciandosi dietro la musica incessante e quel diavolo di ragazzo.
Si appoggia al muro e prende una grande boccata d'aria fresca, per poi ributtarla fuori in uno sbuffo pesante. Prende la testa fra le mani, e cerca di rimettere la rabbia dentro quella piccola scatola che tiene dentro di sé.
'Controlla le emozioni' si ripete dentro, cercando di riprendere il controllo 'Loro non ti comandano, lo sai... respira, inspira.'
Sente il suo corpo raggiungere il pavimento troppo velocemente, mentre i pensieri iniziano ad annebbiarsi.
'Resisti, sei più forte delle tue emozioni' pensa.
Quando il panico sta per assalirlo, una voce calda e tranquilla lo riporta alla realtà.
“Va tutto bene?” chiede semplicemente. Nico apre gli occhi, ritrovandosene un altro paio verde acqua di fronte. Due occhi grandi, con un colore indefinibile. Potrebbe dire che sono due bellissimi occhi verdi prato, ma non sarebbe la verità, visto che in quei occhi per qualche attimo ci vede anche una distesa d'acqua.
“Ei, ti senti bene?” chiede di nuovo la voce, e questa volta Nico esce ufficialmente dalla trance. Il proprietario di quei occhi è un ragazzo dai capelli neri che, inginocchiato di fronte a lui gli sta sventolando una mano di fronte agli occhi.
“Credo di dover chiamare un'ambulanza..”
“N-no” farfuglia finalmente Nico, dando segni di vita. Il ragazzo lo guarda sorpreso, come se ormai lo avesse già dato per morto, e poi gli rivolge un sorriso caldo.
“Accidenti, che colpo che mi hai fatto prendere!” ride, con quella risata bassa “Sei uscito di corsa e sei tipo svenuto sul muro! Come ti senti?”
“Bene, penso” risponde, toccandosi la fronte ormai dolorante.
Il ragazzo osserva il suo gesto e aggrotta la fronte “E' la musica, eh? Sono dovuto uscire anche io per lo stesso motivo, quella roba ti distrugge i timpani!”
Il più piccolo annuisce in risposta, cercando di levare la nebbia che ogni tanto gli appanna la vista.
“Sei stato trascinato qui, vero?” gli chiede con tono dolce, poggiandogli una mano sulla spalla. Nico annuisce di nuovo.
“Andiamo, ti aiuto a rialzarti. Non puoi stare seduto per terra. Pensi di farcela?”
“Si, ce la faccio” risponde brusco, levando la mano del ragazzo dalla sua spalla “Da solo.”
L'altro, dal canto suo, lo guarda sorpreso per qualche secondo, per poi ridere piano “Sei un gattino arrabbiato, eh?”
Nico gli rivolge un'occhiataccia mentre prova ad alzarsi “Non chiamarmi mai più gatt.. Ah” geme, per una fitta alla testa più dolorosa delle altre.
Il braccio del ragazzo raggiunge immediatamente la vita di Nico per sorreggerlo, la sua mano calda si ancora sul suo fianco e il più piccolo può sentire i muscoli tonici che il ragazzo nasconde sotto quella maglietta.
“Sarai pure arrabbiato, ma se fai da solo cadrai di nuovo. Vieni, lì c'è una sedia.”
Nico non può nemmeno provare a lamentarsi che il ragazzo ha già iniziato a trascinarlo. Perchè hanno tutti questa brutta abitudine di decidere per lui, o a farlo muovere con la forza?
Quando si siede sulla sedia, l'altro si inginocchia di nuovo per guardarlo negli occhi. Nico gli lancia un'occhiataccia ed ha come risposta un sorriso intenerito.
“Mi piacciono i gattini arrabbiati” ammette il più grande, facendo andare a fuoco il volto dell'altro.
“Ho detto di non chiamar--”
“Io sono Percy” dice, allungando la sua mano verso il più piccolo che, ancora infastidito dal commento precedente, si limita ad una scrollata di spalle.
“Peccato che io non te lo abbia chiesto.”
“Mh..” mugola Percy, ritirando dietro la mano con un sorriso furbo sulle labbra. “Sai che se non mi dici il tuo nome potrei continuare a chiamarti gattino arrabbiato per tutta la serata, vero?”
“Nico” ammette immediatamente, deglutendo forte “Sono Nico.”
“Nico, eh? Bel nome. Hai anche un cognome?”
Il più piccolo alza gli occhi al cielo, infastidito.
“Vuoi anche la via di casa mia e il mio codice fiscale?”
“Col codice fiscale non penso di farci molto, ma se vuoi dirmi la via--”
“Di Angelo. Sono Nico Di Angelo” sbuffa, per dare un punto a quella situazione.
“Bene, Nico Di Angelo” esclama il più grande, arruffandogli i capelli con una mano, per poi controllare l'orario sul suo orologio “Io sono Percy Jackson, sono in colossale ritardo e mi ha fatto molto piacere conoscerti. Sono qui anche domani alla stessa ora, se ti va di venire..”
Le guance di Nico si tingono immediatamente di un rosso acceso “Cosa?”.
Ma il ragazzo, dopo avergli rivolto l'ultimo sorriso caldo, si volta e corre di nuovo dentro il locale. Quando apre la porta la musica esce fuori per qualche secondo, facendogli pulsare la testa.
Nico rimane solo in mezzo alla brezza serale, ripensando a cosa è appena successo e, soprattutto, se quello che il ragazzo gli ha appena proposto è un nuovo incontro tra di loro.
“Nico!”
Il ragazzo si volta, incontrando lo sguardo preoccupato di Jason. Il biondo sbatte la porta dietro di sé, rivolgendogli uno sguardo quasi esasperato.
“Nico, Dei del cielo, sei qui, stai bene!” quasi urla, prima di stringere il gracile corpo del più piccolo tra le sue braccia.
“Cosa hai? Sei tutto rosso in volto! Stai male?”
Il commento dell'amico non fa che aumentare l'imbarazzo di Nico, il cui volto si accende ancora di più.
“I-Io.. sono solo un po' frastornato.”
Jason gli rivolge uno sguardo incerto, prima di sorridere intenerito.
“Quel rossore non mi sa molto di malattia, sai? Sicuro che non sia successo nulla?”
Nico si alza in piedi di scatto, come scottato.
“C-cosa? Certo che non è successo nulla, idiota! Cosa sarebbe potuto accadere in questo spiazzo abbandonato?” esclama inacidito, sentendo il rossore espandersi su tutte le guance.
Il biondo ridacchia, per poi prendere il più piccolo sotto braccio. “Io ipotizzavo solo! Non si può mai sapere..”
“Un idiota, sei un completo idiota” afferma, prima di dargli un pugno sulla spalla “ed ora torniamocene a casa. Ho bisogno di dormire.”

*

Gli occhi gli pesano, ma prova ad aprirli lo stesso. Sente la bocca impastata e il torpore dello svegliarsi dopo un lungo sonno gli ricade immediatamente addosso, come la realtà.
Nota una piccola flebo attaccata al suo braccio magro, e istintivamente rivolge lo sguardo alla stanza che lo circonda.
È normale che le pareti siano così chiare? E perchè ci sono così tanti fiori di fronte a lui? È forse morto?
Cerca di fare un riepilogo mentale sulla situazione.
'Io sono Nico di Angelo, 17 anni, statura media, 46 kg, secondogenito di una bella famiglia.'
Famiglia. Perchè sente un dolore lancinante al petto quando pensa a questa parola?
Mamma?” chiama, voltando piano la testa verso la porta “Mamma? Papà? Bianca?”.
Nessuna risposta.
Mamma!” urla con voce quasi disperata. Quel luogo gli mette paura, e perchè il petto gli fa così male? C'è qualcosa che la sua mente non vuole ricordare.
Bianca! Papà! Dove siete!”.
La porta cigola, e Nico quasi non cade dallo spavento. “Mamma?”
Jason si affaccia dalla porta, per poi entrare e richiudersela dietro. Ha uno strano sguardo, che non rassicura per niente Nico. Uno sguardo distrutto, carico di dolore, rosso per il pianto.
Jason...” pigola “Cosa sta succedendo? Cosa ci faccio qui?”.
Il biondo si siede vicino a lui, sul letto, e passa la sua mano sulla guancia del più piccolo, accarezzandogliela. Un singhiozzo esce dalle labbra del più grande, che cerca di reprimerlo prendendosi la testa fra le mani.
Jason..” lo chiama, e dal suo tono trapela la preoccupazione.
Jason alza il viso ed incontra lo sguardo perso di Nico. Non può dirglielo, non può. Ma deve. Deve farlo.
Nico..” dice, mentre i suoi occhi diventano di nuovo lucidi “Io.. mi dispiace”.
Per cosa?” 
Jason rimane per qualche attimo sorpreso dalla sua risposta, poi si sistema meglio sul letto e si schiarisce la gola.
Ricordi che eri a casa mia stamattina, vero?” chiede, lasciandogli un'altra carezza sulla guancia.
Come in un puzzle, dei piccoli pezzi ritornano al posto giusto, e Nico inizia a ricordare.
Si” risponde, e sente l'ansia salire.
Ricordi della telefonata che hai ricevuto?”
La polizia. Lo aveva chiamato la polizia, ora ricorda.
Si.”
Ricordi cosa ti ha detto?”
No” risponde. Ricorda solo il dolore che lo ha pervaso, Jason che diceva di aver bisogno di un dottore e poi il buio.
Jason boccheggia, e prende una grande quantità d'aria.
Qualcuno è entrato in casa tua, mentre eri da me” comincia. La sua voce trema, e Nico con essa. “Questo qualcuno era armato e..”
No” sussura Nico così piano da non farsi sentire da Jason, quando qualcosa dentro di lui esplode. “Non dirlo, ti prego.”
Tuo padre ha provato a fermarlo ma...”
No, ti prego..”
Ha sparato, come un pazzo..”
Smettila..”
Sono morti, Nico..”
NO!” urla. E poi il silenzio. Le lacrime iniziano a scendere silenziose sulle sue guance, e il dolore è così forte da non riuscire quasi a sentirlo.
Gli formicola tutto il corpo, e sente gli occhi bruciare.
Non sa se sta ancora respirando, non sa dove si trova, non sa chi è lui.

Lui era Nico, il fratello di Bianca, la sorella pazza e iperprotettiva che lo accompagnava fino alla classe della sua lezione. Era lei che il pomeriggio si metteva vicino a lui per aiutarlo con i compiti, ed era con lei che la sera Nico giocava a Resident Evil, sfidandosi a vicenda.

Lui era Nico, il figlio di Maria, la mamma tanto paziente quanto divertente. Era lei che lo accompagnava a scuola e gli scoccava un bacio sulla fronte prima di salutarlo. Era con lei che Nico preparava la torta ogni pomeriggio, per poi mangiarla durante i compiti.

Lui era Nico, il figlio di Ade, il padre duro ma giusto. Era a lui che si era rivolto quando a scuola veniva preso in giro per il suo corpo troppo magro. Era lui che, all'uscita da scuola, aveva messo paura a quei tre ragazzini dicendogli che era la guardia del corpo di Nico. Era grazie a lui se ora poteva andare ogni giorno a scuola senza preoccupazioni.

Lui era Nico, ma chi è ora?

Morti, sono tutti morti. Solo, sei rimasto solo. Vivo, sei l'unico vivo. Da loro, ritorna da loro.
Voglio andare a casa..” sussurra, fissando un punto della parete di fronte a sé.
Cosa? Nico, io non penso che..”
Ti prego” dice, spostando il suo sguardo vuoto negli occhi del biondo “Voglio andare a casa. Riaccompagnami a casa...”
Jason lo fissa, e un'altra lacrima silenziosa solca gli occhi del più piccolo, per poi bagnargli la guancia. Il biondo si affretta ad aciugargliela con la sua mano.
Okay, andiamo a casa.”

E mentre Nico si alza in piedi, sa già quali sono i suoi programmi per il futuro.
*


ANGOLO MIIIIO!:D

Ma ciao! Eh già, sono tornata! Cavolo, da quando ho finito l'altra storia Pernico ho avuto un serio blocco dello scrittore.
Stavo tipo ogni giorno a chiedermi "e adesso? cosa scrivo?"
E questo blocco dello scrittore mi è rimasto per.. tre mesi?
Poi l'altro giorno ero sotto la doccia e BAM! Colpo di genio!
Gente, ve lo straconsiglio. Se avete un blocco fatevi una doccia. Funziona sicuro!
Ed è uscita questa cosa, così, di botto u.u
Come al solito torturo il nostro caro Nico.. ma cosa ci si vuole fare? Quel ragazzo ha un passato così tormentato ed è così bisognoso d'amore che non farlo soffrire nelle ff è quasi impossibile!
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento! Lasciate una recensione se volete! Mi farebbe piacere sapere se è di vostro gradimento, o se devo fermarla al primo capitolo u.u
Un bacione, LauraPalmerBastille! <3

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Capitolo 2
*** Faccia da pesce. ***


Save me, Percy Jackson.

Nico kisses Percy

 

Jason lo aveva aiutato a vestirsi in silenzio. Ogni tanto le lacrime di Nico colavano per il suo mento, e finivano per bagnare la testa del biondo che gli stava mettendo le scarpe.
Ma il più piccolo non se ne accorgeva. Continuava a guardare un punto fisso di fronte a sé, e le lacrime uscivano senza che lui le comandasse.
I sentimenti che gli perforavano il corpo non rientravano nella tristezza.
Era stato triste quando i suoi compagni lo prendevano in giro per il suo fisico di fronte agli altri compagni, facendolo sentire deriso. Era stato triste quando aveva litigato con Jason perchè gli aveva detto che sarebbe venuto a casa sua un pomeriggio e alla fine si era addormentato lasciandolo solo. Era stato triste quando aveva preso un'insufficienza al tema di lettere, anche essendo la sua materia preferita.
Quella che stava provando in quel momento non era tristezza. Era vuoto. Vuoto mischiato al fuoco che gli bruciava gli organi e l'anima.
Ed ora, seduto nella macchina di Jason, quel fuoco non ci pensa nemmeno ad affievolirsi.
Ed ogni volta che chiude gli occhi i visi sorridenti della sua famiglia vengono sostituiti da cadaveri sanguinolenti, e lui reprime le urla. Perchè Bianca ora ha i bei capelli neri macchiati di sangue. Perchè il bel volto di sua madre ora è deturpato dalle ferite. Perchè il volto quasi sempre accigliato di suo padre ora è distorto in un'espressione di terrore, macchiato di rosso.
Nico ha gli occhi spalancati. Non vuole chiuderli, non vuole vederli di nuovo.
E le lacrime scendono, e i singhiozzi gli risalgono su per la gola senza che lui possa controllarli, e il suo corpo trema forte.
Nico” lo chiama l'amico, poggiando una mano sulla sua gamba. Il moro sussulta a quel contatto, ma non smette di guardare fuori dal finestrino.
Nico, te lo giuro, passerà tutto. Io sono qui, vicino a te, per sempre.”
E lui vorrebbe urlare che il per sempre non esiste, perchè se non è rimasta la sua famiglia per sempre, come potrebbe rimanere lui?
Vorrebbe urlare, vorrebbe graffiarsi il petto e tirare fuori quel fuoco che lo sta bruciando dentro. Ma rimane fermo. Rimane fermo e singhiozza. Ed è costretto a chiudere gli occhi, e le immagini gli balenano di nuovo davanti.
Ma non urla. Sa che non lo farà. Non lo farà mai.
Si terrà tutto dentro, e mostrerà il suo lato impassibile al mondo, mentre tutto dentro di lui crolla.
Chi è stato.” Nico tira fuori le tre parole più difficili che abbia mai pronunciato.
Jason gli rivolge uno sguardo carico di tristezza, per poi scuotere la testa.
Non si sa...” ammette alla fine, riportando il suo sguardo sulla strada “Hanno trovato un uomo sospetto vicino casa tua poco dopo aver sentito gli spari, per ora è sotto interrogatorio.”
Nico non risponde. Si limita ad arricciare le labbra. Sente il corpo scosso da spasmi, e la testa gli gira così forte.
Da quando il tratto dall'ospedale a casa sua è così lungo?
Te lo giuro Nico, ucciderò quel bastardo con le mie stesse mani, te lo giuro.”
E se Jason si aspettava una reazione dall'amico, ne rimane deluso. Nico continua a fissare il paesaggio con gli occhi spalancati e pieni di lacrime. Il suo corpo trema, e Jason vorrebbe fermare quella dannata macchina e abbracciarlo, farlo sfogare.
Ma Nico vuole andare a casa, e lui vuole accontentarlo.
Quando la macchina si ferma, il più piccolo compie movimenti lenti e goffi. Scende dalla macchina quasi inciampando, cammina fino alla porta di casa sua strascicando i piedi e con la testa rivolta verso il basso, entra dentro casa senza alzare lo sguardo, prende qualcosa che Jason non nota da sopra un comodino e si chiude in bagno.
Il rumore della doccia che viene accesa si espande per la stanza, ma il biondo sa che qualcosa non va.
NICO!” urla Jason, quando sente la chiave girare tre volte nella serratura della porta “Nico, aprimi! Non puoi stare solo in questo momento!”
Nessuna risposta.
NICO!” urla ancora, picchiando il pugno sulla spessa porta in legno “GIURO CHE SFONDO LA PORTA SE NON MI APRI!”
Silenzio. Acqua che scroscia.
NICO, TI PREGO, NON SEI SOLO! CI SONO IO!”
Stanco, il biondo da una forte spallata alla porta. I primi cardini iniziano a cedere.
E poi, inaspettatamente, sente un rumore decisamente troppo metallico di qualcosa che cade per terra, proveniente da dentro il bagno.

*

“Piccolo Jason!” cinguetta Drew, appena il biondo e Nico al suo fianco arrivano al solito tavolo della mensa. Il più grande infila immediatamente il braccio dentro la felpa, non appena la ragazza si alza dalla sedia per saltargli addosso.
“Drew, ti prego, no, il mio pranz-” prova a dire, prima che la ragazza gli si butta letteralmente addosso, facendogli volare per aria il suo vassoio col cibo.
Nico alza gli occhi al cielo e appoggia il suo pranzo sul tavolo. Si era categoricamente rifiutato di mangiare allo stesso tavolo di quell'irritante spagnolo, ma Jason lo aveva trascinato di nuovo. Ed ora lui si sente gli sguardi di tutti addosso, mentre prende il suo fidato libro e si immerge nella lettura.
“Non capisco perchè dopo un anno di università Drew non abbia ancora perso le speranze” borbotta Reyna, dando un morso al suo panino.
“E' sicuramente una ragazza tenace” risponde Piper da vicino a lei distogliendo lo sguardo da Nico e sorridendole, per poi spostare di nuovo la sua attenzione su Drew e Jason.
Sono entrambi scivolati a terra, e Jason si contorce per impedire alla ragazza di raggiungergli la faccia con le labbra.
“Qualcosa mi dice che non si arrenderà mai” afferma Hazel, poggiando la sua mano su quella di Frank.
Nico alza un attimo gli occhi dal suo libro per prendere il succo che ha sul vassoio. Mette la cannuccia all'interno della piccola scatola di cartone ed inizia a bere.
“Già” si intromette Leo, con la sua solita voce alta “e poi ancora non si è accorta che al nostro caro e vecchio Jason piace il tenebroso ed enigmatico Nico?”
Nico, per la sorpresa di quella affermazione, sputa tutto il succo che ha in bocca sull'esuberante castano, finendo quasi per strozzarsi.
“Cosa hai detto!?” quasi urla, tossendo.
“Nico ma... ma che schifo! Ti ringrazio, ma ho già bevuto il succo!” Leo, che il suo tono di voce è già più alto del normale, finisce per farsi sentire per tutta la sala.
“Tu dici assurdità! E non dovresti nemmeno pronunciare il mio nome dopo avermi portato in quella roba ieri sera!” risponde inacidito il moro, chiudendo con forza il libro.
“Oh, certo! Se Jason non è innamorato di te allora io mi chiamo Maria e ho un bel paio di tet--”
“LEO!” lo interrompe Hazel, quando gli sguardi della mensa hanno iniziato a rivolgersi verso il loro tavolo.
“Smettila-di-dire-idiozie-testa-di-idiota” sibila Nico, stringendo i pugni sul tavolo. Leo sta per rispondergli con una battuta acida, quando una voce li interrompe tutti.
“Cosa succede qui?” la voce di Jason li fa ammutolire. Nico scocca un'occhiata inviperita allo spagnolo, intimandogli di fare silenzio. Il castano gli fa l'occhiolino, per poi mandargli un bacetto silenzioso con le labbra.
“Jason” inizia Leo, con un sorriso furbo sulle labbra. Nico boccheggia per qualche secondo, mandando mentalmente tutte le maledizioni possibili verso quel ragazzo.
“Volevo farti una domanda” continua il castano “ecco volevo chiederti se--”
“Ti è piaciuto il locale di ieri sera!” lo interrompe Nico, sentendo lo sguardo di tutti addosso e arrossendo. Si da dell'idiota mentalmente. Voleva impedire all'altro di fare domande compromettenti, e alla fine si è scavato la fossa da solo.
“Cosa?” chiede il biondo, scoccando un'occhiata dubbiosa ad entrambi.
“Si Jason, ti è piaciuto il locale di ieri sera?” Leo appoggia la schiena alla sedia, e incrocia le braccia al petto. Ha un'aria soddisfatta, come se il suo piano stia prendendo lentamente forma.
“Starai scherzando spero. Quel locale era qualcosa di orribile.”
“A me è piaciuto!” cinguetta Drew, attaccandosi al braccio del biondo. Leo le fa l'occhiolino, rivolgendole un sorriso “non avevo dubbi che avresti apprezzato i miei gusti!”
“Possiamo cambiare argomento ora?” sbuffa Jason, sentendo il braccio indolenzito dalla stretta della ragazza.
“Ma ti pare? Ho appena iniziato! Dimmi, come mai non lo hai apprezzato?”
Il biondo alza gli occhi al cielo “Non so.. forse perchè c'erano dei tizi che si spogliavano per soldi?”
“Stai forse dicendo che quei tizi non ti piacevano?”
“Cos.. Leo, cosa vorresti insinuare?”
Leo sorride furbo, portandosi una patatina fritta alle labbra e masticando con calma. Nico, capita la brutta piega della situazione, inizia a riunire le sue cose e fa per alzarsi.
“Sto insinuando che - Di Angelo non provare a muovere il tuo fondo schiena da quella sedia- se il tuo cuore non appartenesse ad un'altra persona, tu, da bisessuale dichiarato che sei, saresti stato attirato da quei ragazzi” spiega, afferrando un'altra patatina e scoccando un'occhiata al moro che è di nuovo seduto.
“Cosa!? Leo, sei forse impazzito?”
“Ma certo! Il mio Jason ha occhi solo per me!” si intromette Drew, stringendo la presa sul braccio del biondo e strappandogli un gemito di dolore “A cosa gli serviva sbavare su quei bei ragazzi, quando c'ero io lì?”
“Drew, tu eri SU quei bei ragazzi. Ti hanno dovuta portare via perchè stavi importunando uno spogliarellista” precisa Nico, sbuffando.
“Dettagli, Dettagli.”
“Il punto è” dice Leo “che il cuore del nostro caro Jason è nelle piccole e fredde mani del nostro qui presente Nico.”
“EH!?” esclamano insieme Nico e Jason, scambiandosi prima un'occhiata sorpresa tra di loro, per poi rivolgerne una più furiosa a Leo.
“Tu sei completamente impazzito!” sbuffa Nico.
“E' come un fratello per me!” quasi urla Jason.
“Mi spieghi da dove ti escono queste cose? Sei un tale idiota!”
“Leo, perchè non pensi fino a dieci prima di parlare?”
“A volte mi chiedo come hai fatto ad arrivare fino all'università!”
“Ma ti ascolti quando parli? O hai il cervello completamente scollegato?”
Il castano sorride furbo, afferra l'ultima patatina e la osserva bene.
“Non importa quanto blaterate, c'è solo un modo per convincermi del contrario” dice, appoggiando i gomiti sul tavolo e guardandoli entrambi. Nico e Jason si scambiano un'occhiata preoccupata, per poi scrollare le spalle.
“Quale?” chiede infine Nico, scuotendo la testa.
Eccolo di nuovo, quel sorriso furbo sulle labbra di Leo.
“Dovrete riandare al pub, e assistere ad uno spogliarello completo. Ed io filmerò tutto.”
Poggia la schiena alla sedia, mostra il suo solito sorriso sghembo e mangia la sua ultima patatina.
Scacco matto.

*

“Io lo strozzo!” urla Nico, buttando la cartella sul suo letto. Stringe i pugni con forza, mentre cerca di placare la rabbia che gli annebbia il cervello “Giuro che quel video sarà l'ultima cosa che quel dannato spagnolo farà!”
Jason scuote la testa e si siede sul letto, per poi iniziare a slacciarsi le scarpe con molta calma.
“Leo non cambierà mai” ammette, stendendosi sul letto e chiudendo finalmente gli occhi dopo una mattinata di lezioni universitarie.
“E a te va bene così!?” quasi urla l'altro, con tono acido, voltandosi verso il biondo.
Il più grande apre un occhio e lo osserva, per poi scrollare le spalle “Diciamo che non mi da così fastidio. Leo è un bravo ragazzo alla fine.”
Nico gli scocca un'occhiataccia “Mi stai dicendo che ti va bene che quell'idiota ci faccia un video mentre dobbiamo assistere ad un tizio che si struscia su un palo!?”
Jason ridacchia, per poi mettersi seduto. Scocca un'occhiata al più piccolo e sorride intenerito. Da due colpetti sul materasso affianco a lui per invitare Nico a sedercisi.
Il più piccolo alza le sopracciglia, per poi sospirare e sedersi affianco all'altro.
“Devi sapere” comincia il biondo, portando una mano sulla sua testa e iniziando a carezzargli i capelli “che Leo è un ragazzo molto attivo, e l'unico modo per farlo stare buono è assecondarlo!”
Nico geme frustrato, mentre la mano di Jason lo tranquillizza.
“Io non voglio assecondarlo” si lamenta il più piccolo, chiudendo gli occhi.
E Jason prova di nuovo quel moto di tenerezza dentro di lui, mentre guarda il moro rilassarsi sotto il suo tocco e abbandonare le difese.
“Su, non sarà tutta questa tragedia. Giuro che appena usciamo dal locale gli faccio cadere accidentalmente il telefono dentro una pozzanghera!”
Nico abbozza un sorriso, sedendosi più comodo sul letto. “Devo continuare le mie ricerche” borbotta piano, ancora ad occhi chiusi.
“No, non devi” gli risponde il biondo, disegnando piccoli cerchi sulla sua cute e sentendo il corpo del più piccolo fremere “abbiamo un'ora di riposo prima di ricominciare le lezioni. Dai, stenditi e riposati, ne hai bisogno.”
Nico apre di scatto gli occhi, rivolgendo il suo sguardo verso la piccola scrivania che ha al lato della stanza “No, io devo--”
“Nico” lo richiama Jason, allontanando la mano dai suoi capelli “So quanto siano importanti queste ricerche, lo sono anche per me. Ma sei stanco. Vai a dormire tardi per rileggere tutti i documenti, ti svegli prima per continuare a cercare, e la nostra unica ora libera la passi sopra quei fogli.”
Il più piccolo gli scocca un'occhiataccia, per poi scuotere la testa “Non mi importa quanto tempo ci passo, io devo completarle” dice con tono acido.
“Si, lo so!” si affretta a rispondere Jason “Ma anche tu hai bisogno di dormire, sei un essere umano. E se non ti riposerai non sarai abbastanza in forze per continuare le ricerche...”
Il più piccolo ci riflette su per qualche secondo rivolgendo lo sguardo di nuovo verso quei fogli accatastati.
“Nico, solo una mezz'oretta, dai” lo esorta Jason, posandogli una mano sul braccio e distendendosi di nuovo sul letto “Dai, vieni qui.”
Il più piccolo alza un sopracciglio, per poi scuotere la testa “E va bene, penso che pochi minuti di sonno posso anche prendermeli.” 
Jason sorride felice, mentre l'altro si stende vicino a lui.
“Non farti strane idee, Grace. Lo faccio solo perchè ho bisogno di dormire, non perchè me lo hai consigliato tu!”
“Non ci avevo nemmeno minimamente pensato” risponde Jason, avvicinando il suo volto ai capelli scuri dell'altro.
Raramente Nico da ascolto a ciò che lui gli dice o consiglia, e quando lo fa il ragazzo si sente davvero felice e preso in considerazione.
E quella sensazione che sente nel petto è così strana. È la stessa sensazione che lo spinge ad avvolgere un braccio intorno al corpo del più piccolo e a continuare ad accarezzargli i capelli con l'altra.
È una strana sensazione, ma a lui piace, quindi non si fa domande.

*

Quella sera l'umore di Nico è più nero e scontroso del solito. Quando Leo lo aveva salutato con quel solito sorriso furbo, Jason lo aveva dovuto bloccare dal prenderlo a librate in testa.
Erano tutti lì: Leo, Frank, Hazel, Piper, Reyna e Drew. Tutti per vedere quella stupida prova che avrebbero dovuto sostenere per convincere Leo. Poi, la risata aspra dello spagnolo non aveva migliorato la situazione.
“Andiamo, Nico! Sono sicuro che fai così, ma quello che vivrai non lo disprezzerai così tanto!” aveva detto Leo, con troppa naturalezza e troppa complicità nella voce, per poi fare l'occhiolino a Piper.
Nico era arrossito. Di rabbia, o forse di imbarazzo, ma aveva cercato di reprimere tutti i sentimenti di odio e voglia di fare del male fisico all'altro respirando forte.
“Entriamo e finiamo questa cosa” aveva detto, per poi entrare nel locale a grandi falcate.
Ed ora si ritrova seduto allo stesso tavolo della sera prima, e cerca di non alzare il suo sguardo dal pavimento.
Chissà, forse avrebbe rincontrato il ragazzo della sera prima, ma che idea si sarebbe fatto di lui? Un ragazzo che per due sere di fila va ad uno strip club. Anche se, in realtà, Percy non è da meno. Come lui la sera precedente era fuori al cortile, ma nulla toglieva il fatto che anche lui era nel locale e magari con intenzioni più perverse delle sue, che era solo stato trascinato.
Il cameriere della sera prima si avvicina al loro tavolo, e quando riconosce le facce spalanca le labbra in un enorme sorriso.
“Oh” dice, poggiando i bicchieri sul tavolo “siete tornati! Mi fa piacere!”
“Questo giovane qui” dice Leo, indicando Nico “ha apprezzato così tanto il tuo spettacolo di ieri sera che ha deciso di ritornare!”
“COSA!?” urla Nico, sgranando gli occhi, ma non ha il tempo di continuare ad urlare insulti verso lo spagnolo che il bel cameriere biondo gli poggia una mano sulla spalla, facendolo arrossire.
“Come ti chiami?” gli chiede con tono caldo, e il moro spalanca ancora di più gli occhi.
“Nico, si chiama Nico!” urla Leo, ridendo come un pazzo.
“Bhe, Nico” dice Will, mostrandogli un sorriso decisamente carico di troppi significati “non vedo l'ora di vederti in prima fila stasera, allora” finisce, facendogli l'occhiolino.
E Nico vorrebbe alzarsi ed andarsene. Si, fare del male fisico a quell'insopportabile spagnolo e poi ritornare nella sua stanza a leggere o a continuare le sue ricerche.
E invece la mano di Jason si ancora sulla sua gamba, facendolo rimanere seduto.
“Leo, fosse l'ultima cosa che faccio, te la farò pagare” sibila, socchiudendo gli occhi per reprimere gli istinti omicidi.
“Ah! Amo questo ragazzo e il suo lato gioioso!” esclama Leo, dando una pacca sulla spalla al moro “Senza rancore eh, Jason. È tutto tuo!”
“LEO!” riesce solo a lamentarsi il biondo, con la voce più alta del normale, prima che le luci si spengano come la sera prima.
Le 21.00 precise, nota il biondo scoccando un'occhiata al suo orologio.
Di nuovo il signore sulla sedia a rotelle sale sul palco, ma questa volta il suo discorso è decisamente più lungo.
“Sapete tutti che per noi i primi a venire sono sempre i clienti” inizia, scoccando un'occhiata a Leo, che gli risponde con un sorriso complice “ed è per questo che stasera abbiamo deciso di accontentare un nostro cliente molto simpatico in una richiesta decisamente inusuale, ma che ha insistito tanto per riuscire a fare..”
Nico sente il suo cuore fermarsi, per poi ricominciare a battere troppo velocemente per il cuore di un ragazzo normale.
“Vorrei portare due sedie qui sul palco, per favore... mettetele lì vicino alla sbarra!”
“Leo” scatta Jason, e stavolta dal suo tono di voce trapela l'irritazione “Cosa hai fatto!?”
Leo si limita ad alzare le spalle col suo solito sorriso, per poi voltarsi di nuovo verso il palco. Il biondo sbuffa esasperato, buttando indietro la testa.
“Vorrei chiedere ai due invitati speciali di stasera di salire qui sul palco! Nico e.. Jason?”
“COSA!?” urla Nico, spalancando gli occhi ancora di più “Ve lo scordate! Mai e poi mai io salirò su quel--”
“Finiamo questa cosa, Nico!” lo interrompe Jason, avvolgendo le sue braccia intorno al petto del più piccolo e trascinandolo di peso sul palco.
“Jason, no! NO! Non puoi obbligarmi a fare questo! E' già la seconda volta! Idiota, sei solo un idiota, lasciami!” urla il più piccolo dimenandosi, ma si ritrova improvvisamente seduto sulla sedia posizionata sul palco, e sente gli occhi di tutto il locale su di lui.
Le guance gli si arrossano immediatamente, ma quando prova a scappare Jason lo afferra per la manica della felpa “stai zitto e buono, e questa pazzia finirà subito. Prova a scappare o a fare stupidaggini, e ci metteremo il triplo del tempo” sibila, lasciandogli poi la manica.
Intorno a loro il pubblico fischia, ride e applaude, mentre Nico vorrebbe strangolarli tutti dal primo all'ultimo.
“Lo giuro” sibila il moro, chiudendo gli occhi “Quando tutto sarà finito ve la farò pagare.”
La musica parte incessante nelle orecchie, e di nuovo quel Will sale sul palco. È un bel ragazzo, non c'è che dire, ma Nico vorrebbe scappare.
Magari fuori da quel luogo lo avrebbe anche trovato carino: capelli biondi, fisico non troppo muscoloso, un bel sorriso... ma vederlo in mutande e maglietta succinte, bagnato da un liquido profumato e appiccicoso gli fa venire il voltastomaco.
Quando la musica si fa ancora più alta, Will si morde in modo seducente il labbro, scocca un'occhiata sensuale prima a Nico e poi a Jason, avvolge la gamba intorno all'asta e ci “balla” intorno in maniera provocante.
Il moro sente le risate di Leo e Piper di fronte a sé, ma sta provando a concentrare la sua mente su un punto della sbarra posizionato troppo in alto per essere raggiunto dallo spogliarellista, così da non dover assistere a quello spettacolo.
Quando Will si strappa (letteralmente) la maglia da dosso, iniziano i fischi e gli applausi. Jason poggia una mano sulla gamba di Nico che, sorpreso dal gesto, si volta verso l'amico. Jason sta ridacchiando, nascondendo il sorriso dietro la sua mano.
“Non uscirei mai con un tizio del genere. Penso che Leo abbia fallito!” urla, cercando di sovrastare il rumore della musica.
Nico rivolge un'occhiata scandalizzata allo spogliarellista, che nel frattempo sta giocando con l'elastico delle mutande. “Ugh. Immagina se iniziasse a fare così al primo appuntamento!” risponde il più piccolo, abbozzando un sorriso.
Jason ride più forte, stringendo la presa sulla sua gamba. “Già, magari al ristorante!”
“Jason, quanto dura ancora questa tortura? Sembrano essere passati secoli!”
Il biondo scuote la testa “Non lo so! Ma spero sul serio che quelle mutande rimangano lì dove sono!”
Nico non ha il coraggio di voltarsi, quindi si ritrova a maledire in tutti i modo Leo che, di fronte a lui, sta ridendo come un pazzo.
Solo quando la musica si blocca Nico guarda di nuovo di fronte a lui. Con suo grande sollievo il ragazzo ha ancora le mutande addosso, ma quando prova a scendere dal palco una mano gli afferra il polso trattenendolo. Il primo istinto di Nico sarebbe quello di strattonare l'arto e scappare, ma troppo frustrato dalla situazione decide di voltarsi, incontrando due grandi occhi azzurri e caldi che lo stanno fissando: Will.
“Hei” gli dice, sorridendo di nuovo.
“Ehm... Ciao” borbotta Nico, buttando un'occhiata alle scale bramando di scendere da quel luogo infernale e scappare via.
“Volevo dirti che se ti va di tornare io sono qui ogni sera, sono il primo ad esibirmi.”
“Che.. eh?!”
“Sei molto carino, non mi dispiacerebbe passare un po' di tempo con te!” afferma, facendogli un occhiolino.
“Ehm, si. Ci penso su e ti faccio sapere, ciao.”
Nico si catapulta giù dalle scale, e le urla di Leo gli perforano le orecchie. Il ragazzo è dall'altra parte della stanza, e sta correndo verso di lui urlando qualcosa sulle sue conquiste.
Deve scappare. Leo non deve raggiungerlo. Lo ucciderebbe sul serio.
Si volta velocemente e nota di fronte a sé il bagno degli uomini. Le sue gambe si muovono in automatico, e quando entra finalmente nel bagno il suo primo pensiero è quello di chiudere la porta a chiave.
“Idiota...” borbotta inacidito ed esausto, poggiando la fronte sulla porta.
“Owh, a quanto pare non fai il gattino arrabbiato solo con me” dice con fare scherzoso una voce dietro di lui. Nico sussulta, per poi voltarsi e trovarsi di nuovo quel paio di occhi verdi di fronte.
“Bhè, è solo il nostro secondo incontro, ma già ci chiudi a chiave nella stessa stanza. Non credevo volessi andare così velocemente al punto!” ride Percy, con quella risata calda e bassa.
Nico alza gli occhi al cielo, per poi scrollare le spalle “Sono circondato da idioti.”
“Già” conferma il più grande, senza togliere quel sorriso dalle sue labbra “Ho visto tutta la scenetta sul palco. Sei carino quando sei in imbarazzo.”
Come a farlo apposta, le guance di Nico si tingono di rosso, dando un colore scarlatto al suo viso solitamente pallido.
Percy sorride ancora di più, scrollando le spalle “Vedi? Anche i gattini arrabbiati si imbarazzano!”
“Ti ho già detto che mi chiamo Nico!” risponde inacidito, scoccandogli un'occhiataccia.
“Non pensi sia più intimo e carino darci dei soprannomi?”
“Solo a patto che il tuo sia faccia da pesce” risponde il più piccolo, incrociando le braccia al petto.
Percy alza un sopracciglio sorpreso, per poi scoppiare in una fragorosa risata.
“Te lo giuro, me le hanno dette di tutti i tipi, ma è la prima volta che ricevo un faccia da pesce!”
Nico sbuffa “a quanto pare le persone ti prendono in giro più spesso di quanto immaginassi.”
Percy smette di ridere, si asciuga una lacrima dagli occhi, e continua a sorridere come un bimbo. “Si, diciamo che le persone hanno questa brutta abitudine di non portarmi molto rispetto!”
“Mai provato a procurartelo?”
Il più grande assume una faccia perplessa, perdendo il sorriso “Cosa intendi?”
“Intendo che se vai in giro a chiamare gattini arrabbiati tutte le persone che incontri, facendo tanto l'amicone e il ragazzo affidabile le persone ti metteranno sempre i piedi in testa” afferma, sorprendendosi quasi delle sue stesse parole. Da quando Nico mette in fila così tante parole, intavolando un discorso?
“Quindi... mi stai dicendo che per farmi portare rispetto dovrei essere più scontroso?” chiede Percy, e sul suo volto c'è puro interesse. Nico alza le spalle.
“Non per forza scontroso, ma non devi farti mettere i piedi in testa, tutto qui.”
Percy si porta due dita alle labbra, afferrandosi il labbro inferiore tra queste e stuzzicandoselo in maniera quasi provocante, ma sembra non farlo intenzionalmente. Nico osserva quel gesto, e si ritrova a seguire il movimento di quelle dita con lo sguardo.
“Quindi... in teoria tu hai fatto tutto il contrario facendoti trascinare su quel palco!” afferma Percy, riprendendo il suo sorriso e facendo uscire l'altro dallo stato di trance in cui era entrato.
Nico geme frustrato, ricordandosi che lì fuori ci sono persone con video decisamente compromettenti tra le mani “posso assicurarti che la pagheranno tutti. Prima o poi avranno la mia vendetta” sbuffa, alzando gli occhi al cielo.
“Devi mettere davvero paura quando diventi un gattino ancora più arrabbiato” dice quindi il più grande, facendo un passo in avanti.
Nico incontra il suo sguardo, e sente i battiti del cuore rallentare fino a cessare.
“Devi mettere davvero paura” ripete, facendo un altro passo “Ma devi essere uno spettacolo adorabile.” Un altro passo.
Nico indietreggia, incontrando solo la porta, e sgrana gli occhi “No, io non sono... cosa?”
Percy sorride affabile. Ora sono uno di fronte all'altro, e Nico non capisce proprio come loro possano essersi trovati in questa situazione.
Come può un bel ragazzo come Percy essere attratto da lui? Scheletrico, pallido, scontroso.
Il più grande poggia una mano vicino alla testa di Nico, bloccandolo nella sua trappola.
“Si, devi essere uno spettacolo adorabile” ripete, con voce seducente.
I loro sguardi si incrociano per qualche secondo, e il moro sente le gambe quasi cedergli. Tutta questa cosa, tutta questa situazione, sembra quasi... costruita. Finta.
Quando il viso di Percy si avvicina al suo, nella fretta di tirare la testa indietro, dimenticandosi di avere la porta alle spalle, la sbatte forte contro la superficie dura.
“Ah, cazzo” geme, tastandosi la testa “ma... Ma che diamine stai facendo!?” esplode quindi, togliendo il braccio di Percy da vicino la sua testa e spostandosi da quella posizione.
“Sei forse impazzito!? Non ricordo nemmeno il tuo cognome, e tu già tenti di combinare qualcosa!?” dice inacidito, massaggiandosi la testa.
'Bugia' pensa nello stesso momento, il suo cognome se lo ricorda eccome. E ricorda anche il suo nome, e tutte le parole che gli ha detto la sera precedente.
Percy, dal canto suo, mostra la sua espressione più sorpresa.
“Cosa?” chiede, spalancando i suoi occhi verde mare.
“Senti, non so te, ma a casa mia non si fanno certe cose con persone che si conoscono da nemmeno 24 ore!” sbuffa inacidito.
Percy, superato il primo shock, sorride sorpreso.
“Oh, ehm, okay!” dice, grattandosi la testa confuso “Bhe, allora, se queste sono le prerogative... Ti va di prendere un... cosa si prende di solito ad un appuntamento?”
Eccolo, l'ultimo battito del cuore di Nico. Il più piccolo avvampa, sgranando gli occhi.
“Un appuntamento?”
“Un caffè, giusto? Oppure un thè? Non sono pratico in queste cose.”
“Un... appuntamento hai detto?”
“Senti, facciamo così, io e te usciamo e poi ci prendiamo quello che ci va!”
“Per un appuntamento?” ripete di nuovo il più piccolo, mordendosi nervoso il labbro.
Percy si gratta di nuovo la testa, annuendo “Insomma, se per te va bene, ovvio.”
Nico si chiede dove sia finito il ragazzo sicuro di sé di prima, e chi sia il ragazzo impacciato e timido che ha preso il suo posto adesso.
“Oh, ehm, io penso.. si, per me è okay!” annaspa, chiedendosi come sia potuto finire in questa situazione.
Percy gli sorride incerto “Bhè, allora ci vediamo domani alle sette in centro, okay?”
“Okay..” risponde Nico, osservando l'altro uscire in fretta dal bagno.
Poggia la schiena al muro, e per uno strano motivo si ritrova a sorridere. Quel ragazzo ha provato a baciarlo, anche con il suo brutto carattere, anche con il suo corpo magro. Quel ragazzo ha provato a baciarlo e quando lui si è rifiutato gli ha chiesto di uscire.
Lo sa, non dovrebbe essere felice. Non dovrebbe attaccarsi alle persone in questo modo, perchè tutti se ne vanno, ma per questo momento è felice, e non gli interessa.

*

Leo fissa la porta del bagno in cui è entrato Nico con un sorriso furbo sulle labbra, controllando più volte l'orario sul telefono.
“Va tutto come previsto?” gli chiede Piper, avvicinandosi a lui con Reyna al suo fianco.
Il castano scuote le spalle “Dovrebbe! Aspettiamo che esca!”
“Di cosa state parlando voi due?” la voce di Jason rieccheggia forte, sorprendendo i due.
Piper arrossisce immediatamente, spalancando gli occhi “Che... eh?”
“Nico è chiuso in bagno da un po'!” si intromette Leo, scansando Piper con un gomito “Penso dovresti andare a controllare cosa gli sta succedendo!”
Jason si volta verso la porta del bagno, dove proprio in quel momento sta uscendo un ragazzo dai capelli neri, con in viso un'espressione imbarazzata ma quasi tranquillizzata.
“Leo?” sussurra Piper, osservando sconcertata il ragazzo moro appena uscito dal bagno “Cosa...?”
“Non lo so!” risponde lo spagnolo, sgranando gli occhi.
“Ecco Nico!” dice Jason, notando il ragazzo uscire dal bagno con un'andatura quasi instabile e dirigersi verso di loro con un mezzo sorrisetto sulle labbra.
“Ma dove eri finito?”
“In bagno, non mi hai visto uscire?” risponde al biondo, per poi assumere un'espressione più scura e rivolgersi verso Leo.
“Ce ne stiamo già andando?” chiede quindi il moro, senza distogliere lo sguardo dallo spagnolo “Perchè ho voglia di bere.”
E come previsto, a quel commento Leo si accende “Nico che chiede Alcool!? Subito!”
E Nico non sa come, ma pochi minuti dopo si ritrova in mano un enorme bicchiere di un liquido strano. Avvicina il naso per sentire l'odore, e questo si rivela così forte da fargli quasi risalire la sua piccola cena.
Con un sorriso cattivo sulle labbra, Nico assume l'espressione più sorpresa che abbia in viso, guarda un punto dietro la spalla di Leo e esclama “Ma quello sta giocando col fuoco!?”
E le cose avvengono decisamente troppo velocemente per permettere a Leo di impedirle.
Quando lo spagnolo si volta, con una mossa veloce Nico riesce a sfilargli da mano il suo telefono e, di conseguenza, quel compromettente video.
Leo fa solo in tempo a voltarsi e a guardare il più piccolo che, con un espressione soddisfatta, lascia affondare il suo amato telefono dentro l'enorme bicchiere pieno di Alcool.
“La prima parte della mia vendetta, idiota” conclude Nico, per poi dare il bicchiere a Leo.
“Andiamo, Jason, usciamo da qui. Inizio a sentire caldo.”
E mentre Leo guarda il suo povero telefono galleggiare e agonizzare dentro quel drink, Nico sente un moto di soddisfazione crescergli dentro.

In fondo non è stata proprio una brutta serata.

*

Un forte rumore gli si diffonde nel cervello, e il freddo gli entra fino a dentro le ossa.
NICO!” urla qualcuno da fuori la porta che lui ha accuratamente chiuso a chiave. È Jason.
Quel ragazzo gli è stato al suo fianco dalla nascita, ed ora vedrà la sua fine. Un altro carico di dolore gli esplode nel petto, e l'immagine della sua famiglia in una pozza di sangue gli annebbia il cervello.
Nico aprimi! Non puoi stare da solo in questo momento!” urla di nuovo il biondo.
Apre di scatto gli occhi, e reprime l'urlo che risale su dalla sua gola. È dentro la vasca, seduto, e l'acqua esce dal bocchettone sopra di lui bagnandogli i capelli.
Sente il rumore dello scrosciare dell'acqua intorno a lui, e questo lo rassicura per un attimo. Non può vedere le sue lacrime, perchè si confondono tra le altre gocce. Non può sentire le urla dei suoi familiari che lo pregano di salvarlo, perchè il rumore della doccia è troppo forte. Non deve soffrire ancora per molto, perchè lui, in quella vasca, sta per togliersi la vita.
NICO! GIURO CHE SFONDO LA PORTA SE NON MI APRI!”
E il più piccolo si ritrova per un secondo a sorridere. Perchè Jason vuole mantenerlo in vita? Forse solo perchè l'idea di perderlo lo renderebbe troppo triste. Ma a lui non interessa. Lui ha perso tutto.
Guarda l'arma che ha tra le mani, l'arma con cui ha deciso di togliersi la vita. Quel taglierino affilato con cui morirà dissanguato. E chiude gli occhi, e di nuovo quelle immagini gli affollano la testa.
NICO, TI PREGO. NON SEI SOLO, CI SONO IO” urla, per poi dare la prima potente spallata alla porta.
Il suo corpo trema forte ed il taglierino gli cade dalle mani, sbattendo forte sul fondo della vasca.
Un singhiozzo più forte degli altri esce dalle labbra del più piccolo, che riprende piano in mano l'arma della sua fine. Lui è solo. Lui non ha perso una sola persona, lui ne ha perse tre. Lui non ha perso solo tre persone, lui ha perso la sua famiglia. Lui non ha perso solo la sua famiglia, lui ha perso la sua ragione di vita.

E senza ragione di vita non si va avanti.

Si può provare a stare a galla per qualche momento, ma si affonda.. inevitabilmente.
Posa il suo sguardo su quella lama affilata, e poi sui suoi polsi. Tutto sta per finire, e per un piccolo attimo si sente quasi sollevato.
NICO!” la voce di Jason è rotta, disperata, mentre da l'ennesima spinta alla porta per sfondarla.
Deve fare in fretta, Jason non può fermarlo. Jason non può obbligarlo a vivere una vita vuota, triste, sola.
Quindi, stringe la lametta tra le sue dita, le sente tremare così forte. Avvicina il ferro al suo polso... deve solo fare un piccolo gesto. Un piccolissimo gesto.
'Fallo' si ripete in testa.
'Sbrigati, prima che entri Jason' si dice.
'Fallo, cosa aspetti!' si urla.

NICO!”

Spallata, l'ultima.
Jason entra dentro la stanza, col respiro affannoso, e quando il suo sguardo si incrocia con quello di Nico il silenzio cala per un secondo, attutito solo dallo scrosciare d'acqua.
Poi, come un fulmine, il biondo si catapulta sul più piccolo, afferrandogli i polsi in una morsa quasi dolorosa.
Tu non lo farai!” urla, stringendogli così forte il polso da fargli cadere la lama di mano “Non te ne andrai anche tu. Non te lo lascerò fare, stupido!”
E dalla voce di Jason si sente la disperazione. Il biondo ha una gamba dentro la vasca, il suo sguardo puntato sul viso di Nico, e le sue mani a bloccargli i polsi.
Non te lo lascerò fare...” ripete, quando le prime lacrime iniziano a scendere giù dai suoi occhi “se lo fai tu, giuro che lo faccio anche io!”
Nico apre gli occhi, ed incrocia lo sguardo disperato ma risoluto di Jason. E non è possibile che lui si senta a casa vicino al biondo, perchè la sua casa gli è stata portata via e la sua famiglia assassinata. E non può voler bene a quel ragazzo anche mentre tutto dentro di lui cade, perchè lui vuole finirla, e Jason non deve riuscire a legarlo alla vita.
Eppure è così, e Nico lo sa, Jason è l'unica cosa che lo ha fatto dubitare con quella lama in mano.
Jason è l'unico motivo per cui Nico non lo ha fatto.
E il grido che ha represso per tutto il tempo gli risale su per la gola, uscendo forte fuori.
Nico urla, come non ha mai fatto. Urla forte, come disperato. Urla come urlerebbe un condannato a morte, pervaso dal dolore e dall'angoscia.
Le gambe non lo reggono più, e cade in ginocchio nella vasca. Jason lo segue, entrando con entrambi i piedi dentro e mettendosi di fronte a lui. L'acqua, che ancora esce dalla doccia, li bagna entrambi, ma a loro non importa.
Jason, perchè!” urla il moro, singhiozzando forte “Perchè loro! Perchè così! Perchè ora! Perchè a me!”
E l'unica cosa che il più grande può fare, è quella di inginocchiarsi anche lui e stringere tra le braccia l'altro. Nico affonda il viso nel suo petto, e continua ad urlare. Sbatte forte i pugni sull'amico, e piange.
Non possono reggerlo, Jason!” urla “Non posso reggere tutto questo insieme! Non ce la faccio! Voglio mamma! Voglio papà! Voglio Bianca! Li voglio qui!”
Singhiozzo.
Voglio un loro abbraccio! Voglio che mi sgridino, e che mi mettano in punizione!”
Urlo.
Non... non riesco a reggerlo...” dice, per poi lasciare spazio solo alle lacrime.
E piange finchè le forze non lo abbandonano e si ritrova stretto tra le braccia di Jason, scosso da piccoli singhiozzi.
Nico...” sussurra il biondo, accarezzandogli i capelli bagnati con una mano “Non uccidere te stesso...”
Un singhiozzo più forte degli altri fa tremare il corpo di Nico, e Jason lo stringe più forte.

No, non uccidere te stesso” ripete “Uccidi lui.”

*
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Angolo Miiiiio :DD
Okay, non so perchè mi mette tutto in corsivo, ma fa niente!
Finalmente sono riuscita a pubblicare! La scuola mi sta mettendo un sacco di fretta, ed anche ora sto scrivendo alla velocità dela luce perchè devo tornare a studiare per l'interrogazione di chimica.
ARGH.
Per il capitolo, bhe.. non so mai commentarli! Diciamo che il capitolo mi è uscito IMMENSAMENTE lungo! Sono tipo 13 pagine di Word, ma fa niente dai u.u
Eeeeeh oddei, sto in ritardissimo!
Niente, ringrazio davvero davvero tanto chi ha letto|recensito|messo tra le seguite preferite ricordate ecc ecc ecc il capitolo precedente!
Grazie a tutti.
Se vi va, lasciate una recensione anche qui, che fa sempre piacere!
Un bacione, LauraPalmerBastille.



 

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Capitolo 3
*** Caffè. ***


Save me, Percy Jackson.

Nico kisses Percy
 

Nico si era addormentato esausto sulla sua spalla. Jason aveva sentito i singhiozzi rallentare sempre di più, finchè non erano cessati definitivamente ed avevano lasciato spazio ad un leggero respirare.
Il più grande lo aveva avvolto in un asciugamano, gli aveva asciugato piano il corpo ed i capelli in modo da non svegliarlo, e poi lo aveva messo sotto le coperte del suo letto. Ma non si era avvicinato a lui, no.
E ora è qui, con una spalla poggiata al muro e le braccia conserte, che lo osserva. Osserva quel suo volto prima distorto dal dolore e della tristezza ora avere un attimo pace, e riposare tranquillo.
E un'altra volta quel moto di protezione e rabbia gli esplode dentro.
Jason è sempre stato un ragazzo razionale, tranquillo, ha sempre analizzato le situazioni per poi agire nel modo migliore, ma tutte queste qualità si azzerano quando viene toccata una persona a lui cara.
Ed ora vorrebbe prendere l'uomo che ha causato tutto questo dolore a Nico, e provocargli tanto dolore quanto lui ne ha provocato al quel povero ragazzo. Non gli interessa se è sbagliato, se è immorale, ma quell'uomo la pagherà.
E Jason non ha avuto il coraggio di dire a Nico che l'unico uomo che è stato trovato vicino a casa sua subito dopo la sparatoria non può essere arrestato, perchè non è stata trovata l'arma del delitto.
Non ne ha avuto il coraggio ma lui troverà quell'arma. A costo di cercarla giorno e notte, troverà quell'arma e la farà pagare a quell'uomo.
Poggia di nuovo il suo sguardo su Nico e si morde forte il labbro. Quel ragazzo ha perso tutta la sua famiglia insieme, e in fondo l'ha persa anche lui. Conosceva la famiglia Di Angelo dalla nascita. Per quanto i loro padri fossero sempre in competizione tra di loro, le loro madri erano grandi amiche da tempo, così Jason e Nico si erano ritrovati a crescere insieme.
E Jason era felice quando la domenica mangiavano tutti insieme, o quando Maria gli intimava di smetterla di chiamarla per nome e di iniziare a chiamarla 'zia'. Era felice quando suo padre e quello di Nico battibeccavano sempre a tavola, per ogni motivazione valida. Era felice quando lui, Bianca e Nico giocavano tutti insieme a quello strano gioco di carte di cui Nico era appassionato, e che poi aveva appassionato anche loro.
Jason amava quella famiglia, ed ora gli è stata portata via.
E se il dolore e la rabbia che prova lui in questo momento sono incontrollabili, può solo immaginare i sentimenti devastanti che stanno prendendo possesso del corpo di Nico.
L'unico sopravvissuto della famiglia Di Angelo, il superstite. Il prescelto per vivere una vita di traumi e tristezza.
Perchè, lui lo sa, in tutta la famiglia Di Angelo quello che ha fatto la fine peggiore è proprio Nico.
Jason si passa una mano in mezzo ai capelli biondi, per poi sospirare.
Nico inizia ad agitarsi sotto le coperte, e la sua espressione rilassata si trasforma in una maschera di tensione e paura. Stringe forte gli occhi, e una piccola goccia di sudore scende giù per la sua fronte.
Mugola qualcosa, per poi scuotere forte la testa: sta sognando. Un incubo, per la precisione.
Jason gli si avvicina velocemente, inginocchiandosi vicino al letto dove sta dormendo l'altro.
N-No” si lamenta Nico nel sonno, stringendo forte gli occhi. E il biondo non sa se svegliarlo da quell'incubo o se lasciarlo dormire lo stesso, perchè la realtà gli metterebbe decisamente più paura.
Lo osserva ancora per qualche secondo, maledicendosi per il fatto di non riuscire a prendere una decisione.
L-Lasciali stare!” esclama Nico nel sonno “N-No!”
E Jason ormai è sicuro, deve svegliarlo. Allunga una mano e la sta per poggiare sulla testa di Nico per svegliarlo, quando l'altro apre di scatto gli occhi puntando quelle iridi scure e spaventate nelle sue.
Jason...” sussurra, e i suoi occhi si scuriscono ancora di più.
Stavi sognando” risponde il biondo “stavo per svegliarti.”
Nico annuisce, abbassando lo sguardo. “Non era un bel sogno.”
E il più grande vorrebbe poter scacciare tutto il dolore che lo affligge, perchè sa che se il moro non avesse finito tutte le lacrime, ora starebbe ancora piangendo.
Jason afferra un lembo della coperta e la sposta da sopra il corpo di Nico.
Cosa stai facendo?” chiede il più piccolo, rabbrividendo per il freddo che subito lo assale.
Dai, fammi spazio.” Jason rivolge un'occhiata calda a Nico, prima di stendersi nel letto vicino a lui e coprirli entrambi con le coperte.
Jason, ma ch--”
Sh” lo zittisce il biondo, mettendo una mano dietro alla testa del moro, l'altra alla base della sua schiena e attirandolo in un caldo abbraccio.
Nico ritrova il viso affondato nel petto del più grande, le gambe intrecciate alle sue e il suo corpo tra le sue braccia. Sente di nuovo le lacrime risalirgli su fino agli occhi. Una strana sensazione di protezione gli pervade il corpo e, prima che possa anche solo ringraziare il più grande, il sonno ha il sopravvento facendolo cadere addormentato in quell'abbraccio caldo.
Jason lo osserva, mentre riposa tranquillo sul suo petto e, lo sa, proteggerà quel ragazzo da tutto il male del mondo, anche a costo di doverselo prendere tutto lui.

*

Nico sbuffa esasperato, abbassando la testa su quei fogli per l'ennesima volta. Quel rumore assordante non gli permette di concentrarsi, ma lui deve farlo per forza. Lui deve andare avanti con quelle ricerche, perchè dopo così tanto tempo ancora non ha perso le speranze.
Li osserva, spostando velocemente gli occhi da una parte all'altra, per poi buttare la testa indietro esasperato.
“Leo!” esclama, nascondendo il viso tra le mani “Mi spieghi chi diavolo ti ha fatto entrare in camera nostra!?”
Lo spagnolo smette di saltare sul letto, facendo cessare per un attimo quel cigolio assordante, per poi voltarsi verso il moro. “E' stato Jason!” urla, indicando il biondo seduto sul letto opposto.
“Non sapevo fosse lui quando ho aperto” ribatte l'altro, alzando le mani in segno di difesa “Ho provato a chiudere la porta appena l'ho visto, ma lui è stato più veloce.”
Leo abbozza un sorriso, per poi ricominciare a saltare sul letto facendo cigolare le molle in maniera assordante.
“LEO!” urla Nico, portandosi le mani alle orecchie “Possibile che non riesca a renderti conto quando passi il limite!?”
Il castano si ferma di nuovo, quasi ferito da quelle parole. Poi però riprende il suo solito sorriso furbo, scrolla le spalle e si mette seduto sul materasso.
Nico tira un sospiro di sollievo, fa per girarsi di nuovo verso la scrivania, quando sente una mano calda poggiarglisi sulla spalla.
Leo lo ha raggiunto silenziosamente, ed ora lo osserva con quello sguardo scaltro.
“Allora” comincia, puntando poi lo sguardo verso Jason “Novità?”
Jason alza un sopracciglio, quasi sorpreso da quella domanda. “Novità di che tipo?”
Leo scrolla le spalle, girando la sedia di Nico verso il biondo e andando a sedersi sul suo letto. “Voi che tipo di novità avreste?”
Jason e Nico si scambiano un'occhiata tra il sorpreso e l'esasperato, per poi riguardare di nuovo lo spagnolo.
“Quando fai così punti a qualcosa” afferma il moro, incrociando le gambe chiuse nei suoi pantaloni neri sulla sedia.
“Già” conferma il biondo, passandosi una mano in mezzo ai capelli “Cosa vuoi?”
“Novità!”
“Leo, ci vediamo praticamente tutti i giorni all'università” dice Jason “se ci fosse qualche novità non pensi l'avresti già saputa insieme a noi?”
“Bhe, io non sono con voi in questa stanza...”
Nico sussulta sulla sedia, e le sue guance si dipingono di un rosso acceso. “LEO!” urla per l'ennesima volta, capendo dove il ragazzo vuole andare a parare “Tra me e Jason non c'è stato nulla!”
Il biondo, che sembra arrivare alle allusioni del castano solo grazie al commento di Nico, butta indietro la testa. “Ancora con questa storia?” si lamenta “Leo, inizi a diventare importuno.”
“Inizi...!?” quasi urla Nico, la cui voce si è alzata di un'ottava.
“Quindi” li interrompe Leo “Non c'è stato nulla tra di voi?”
Il più piccolo spalanca gli occhi, e sta per dare sfogo a tutti i sentimenti che ha represso nei confronti di quel ragazzo in questi giorni, quando viene interrotto da Jason.
“No, Leo, non c'è stato nulla. Perchè ora ti sei fissato con questa cosa?”
Lo spagnolo mostra la sua espressione più corrucciata, per poi alzarsi dal letto senza dare risposta e raggiungere velocemente la porta.
“Te ne vai?” chiede il biondo, alzandosi anche lui.
“Si!” esclama il castano, mettendo il labbro inferiore all'infuori in una faccia decisamente delusa “E sappiate che verrò qui ogni giorno finchè le cose tra voi due non cambieranno!” Detto questo esce fuori dall'appartamento, sbattendo la porta dietro.
Nico alza un sopracciglio, scoccando la lingua sul palato. “La nostra porta può essere chiusa a chiave, vero?” chiede.
Jason scrolla le spalle, abbozzando un sorriso. “Penso di si” dice “Ma non capisco proprio perchè si sia fissato con questa storia.”
“Non lo so, ma inizia a diventare pesante!”
“Leo quando si fissa su una cosa diventa esasperante” si lamenta il biondo, sdraiandosi di nuovo sul letto.
Nico butta un'occhiata all'orologio sul suo comodino. Le 18:15.
Il cuore di Nico fa una capriola dentro il suo petto al solo pensiero che tra poco dovrà rivedere Percy. Cosa dirà? Di cosa parleranno? E se dovesse calare un silenzio imbarazzante?
Nico reprime un urlo frustrato, per poi alzarsi velocemente e chiudersi in bagno.
Deve solo prendere un grande respiro, e stare tranquillo. E, se qualcuno nei piani alti vorrà, tutto andrà bene.

*

Nico arriva volontariamente con dieci minuti di ritardo all'appuntamento, giusto per non far sembrare che questa cosa gli interessi troppo.
In realtà gli interessa eccome. Per tutto il tragitto, dopo aver convinto Jason che stava solo uscendo a fare la spesa e che, si, poteva benissimo andare da solo, aveva pensato a cosa dire appena avrebbe visto il ragazzo.
Eppure appena vede il sorriso caldo dell'amico, seminascosto dietro quella sciarpa azzurra, la mente di Nico si spegne del tutto.
“Nico” lo saluta, e i suoi occhi sembrano accendersi. Il più piccolo sente le guance avvampare, per poi abbozzare un sorriso e muovere la mano in una specie di saluto.
“Percy.” Dieci minuti di metropolitana e quindici a piedi, e tutti gli argomenti di conversazione a cui aveva pensato sono diventati immediatamente sciocchi e privi di senso.
Fortunatamente è il più grande a prendere in mano la conversazione.
“Come stai?” chiede, iniziando a camminare. Nico alza le spalle in una muta risposta, per poi affiancarsi a lui.
“Bene, diciamo che mi sono informato” continua il più grande “ed ho scoperto che agli appuntamenti si è soliti a prendere una bevanda calda!”
Nico gli cammina a fianco, ed ogni volta che le loro mani si sfiorano il suo stomaco sembra rivoltarsi. Alla fine opta per metterle in tasca, lontano da ogni pericolo.
“Non dirmi che hai fatto una ricerca...”
Percy ride con la sua risata roca e calda. “Forse” risponde, portandosi una mano in mezzo ai capelli scuri.
“Non ci posso credere” dice Nico sbuffando, per poi fissare il ragazzo. “Hai sul serio fatto una ricerca su internet sugli appuntamenti?”
“Bhe, volevo arrivare preparato!” si giustifica l'altro “Ma almeno ho scoperto molte cose interessanti!”
“Non so se voglio saperle.”
“Nel dubbio te le dirò lo stesso. Inanzitutto, ora so gli argomenti di cui non devo assolutamente parlare al primo appuntamento!”
Nico alza un sopracciglio, senza però porre la domanda che l'altro si aspetta.
“Bhe” inizia lo stesso Percy “per oggi non ti potrò assillare sul rapporto che ho con mia mamma, non potrò parlarti delle mie storie precedenti, né chiederti se hai intenzione di sposarti in futuro!”
Nico deglutisce improvvisamente, scoccandogli un'occhiataccia. “Penso che non vorrò sentirti parlare delle tue storie o di matrimonio nemmeno al secondo appuntamento.”
Percy gli lancia un'occhiata penetrante, per poi sorridere. “Questo significa che avremo un secondo appuntamento?”
Il più piccolo avvampa, sentendo il suo stomaco fare l'ennesima capriola.
“Io... Uhm, ecco penso che--”
“Oh accidenti, questa era una delle dieci domande che non dovevo assolutamente fare al primo appuntamento!” dice il più grande, buttando indietro la testa “Fai finta che non abbia detto nulla!”
Nico tira un sospiro di sollievo, cercando di riprendere il controllo sul proprio corpo.
“Che dici, allora? Ti va questa famosa bevanda calda?” chiede il più grande, indicando un piccolo e accogliente Bar di fronte a loro.
E prima che Nico possa anche solo rispondere, Percy lo ha già preso sotto braccio e lo ha fatto accomodare ad un tavolino in legno dentro al locale.
“Tu rilassati, faccio io!” esclama, mostrando il suo ennesimo sorriso, per poi incamminarsi verso il bancone.
Nico si fissa le mani, mordendosi forte il labbro. Non è mai stato ad un appuntamento, quindi non ha modo di paragonare questo con altri. Sta andando tutto bene? Oppure fino ad adesso è stato un completo disastro?
Sente il corpo scosso da brividi, e per un secondo la sua intenzione è quella di alzarsi e scappare mentre il ragazzo è ancora girato. Il secondo dopo, invece, vorrebbe solo riavere Percy di nuovo vicino a sé.
Prima di urlare frustrato per la confusione che ha in testa, gli viene poggiata una tazza di una bevanda scura e calda di fronte.
Percy gli si siede accanto, con un'altra tazza in mano.
“Dalle mie ricerche ho scoperto che in Italia si beve soprattutto caffè” dice, mostrando un sorriso furbo “e dal tuo nome ho dedotto che hai origini lì, no?”
Nico scocca un'occhiata incerta alla tazza, storcendo le labbra, per poi annuire. Non ha mai assaggiato il caffè, non lo ha mai attirato. Ma c'è sempre una prima volta, no?
“Bhe” continua il più grande “Nico è un nome decisamente Italiano, lo avevo intuito. I tuoi genitori erano di lì?”
Il più piccolo si irrigidisce immediatamente. Punta il suo sguardo nel caffè scuro, e stringe forte i pugni sotto il tavolo. Una strana sensazione di gelo gli si diffonde nel corpo, rallentando il battito normale del cuore.

I suoi genitori.

Percy perde per un secondo il suo sorriso, notando come il più piccolo si sia rabbuiato in pochi attimi. “Io... ho detto qualcosa di sbagliato?”
'Controlla le tue emozioni' è il mantra che si ripete nella testa 'loro non ti controllano.'
Afferra la tazzina e si porta quello strana bevanda alle labbra, bevendone un gran sorso. Il liquido amaro gli scende giù per la gola, e lui si ritrova a storcere le labbra per il saporaccio.
“Si” riesce a dire alla fine, senza staccare lo sguardo dalla bevanda, con un filo di voce. “Mia... mia madre era Italiana. Venezia di preciso.”
Nico reprime un gemito che prova a risalirgli su per la gola. Perchè proprio quell'argomento? Perchè tra tutto, proprio della sua famiglia si doveva finire a parlare?
Il silenzio cala tra di loro. Nico si ritrova all'improvviso a disagio, e la voglia di scappare lo avvolge di nuovo.
Quando sta per alzarsi ed andarsene con una scusa, la mano di Percy si poggia sul suo braccio facendolo sussultare. Nico alza lo sguardo, incontrando quello profondo e dolce del più grande.
“Mi dispiace” dice, stringendo appena la presa sul suo braccio “Non volevo crearti brutti pensieri. Quando e se sarai pronto a parlarmene, sarà solo perchè tu lo vorrai.” E gli rivolge di nuovo quel sorriso caldo. Quell'unico sorriso con cui riesce a sciogliere di nuovo la situazione, facendo scivolare via dal corpo del più piccolo il disagio.
“Detto questo” continua, lasciando la sua mano calda sul braccio del più piccolo “Il caffè ti fa schifo, vero?”

*

Nico si era ritrovato a parlare con Percy come due amici di vecchia data. Il più grande gli aveva offerto la sua cioccolata calda, e Nico si era fortunatamente liberato di quella bevanda dal sapore amaro.
E avevano parlato, molto. Più che altro, Percy aveva parlato.
Nico si limitava a commentare ogni tanto, o a sorridere. A volte parlava anche lui, si, ma raramente. In fondo non è un ragazzo di molte parole.
Eppure questo a Percy non interessava. Continuava a parlare del più e del meno, rivolgendo al più piccolo quel suo sorriso caldo, e sfiorando la sua mano ogni tanto.
Una volta le loro mani si erano toccate per così tanto tempo che Nico aveva creduto che Percy avrebbe intrecciato le dita alle sue. Ma non era successo. E Nico non sapeva se essere sollevato o no.
Ed ora si ritrovano di fronte l'alloggio di Nico, dove Percy lo ha gentilmente accompagnato.
“E' stata una bella uscita” ammette il più grande, alzando le spalle.
Nico abbassa lo sguardo, mentre sente le guance scottare. “Si” ammette alla fine, senza alzare lo sguardo.
Percy scocca un'occhiata all'orologio, sgranando poi gli occhi. “Diamine, sono in ritardo pazzesco!”
Nico alza la testa, per incontrare il viso del più grande decisamente più vicino di quanto si aspettasse.
“Ci rivedremo mai?” sussurra quindi Percy, inchiodando i suoi occhi verde mare in quelli scuri dell'altro. Il più piccolo deglutisce, avvampando. “Uhm... ma non era una domanda da non fare al primo appuntamento?”
Percy lo fissa negli occhi per ancora qualche attimo, per poi allontanarsi e scoppiare a ridere. “Hai ragione, ma così non so quando ci potremo rivedere!”
“E se io non volessi rivederti?” risponde acido il moro, alzando gli occhi al cielo.
“Non vuoi?” chiede, allungando il braccio e carezzando la guancia di Nico delicatamente.
Il più piccolo avvampa di nuovo, sentendo i brividi scorrergli per tutta la schiena. La mano calda del più grande scorre sulla sua pelle, e lui sente il corpo andare a fuoco.
Sta per balbettare qualcosa senza un minimo di senso, quando la mano di Percy si allontana dal suo viso, facendolo ammutolire.
“Okay, ora sono davvero in ritardo! Aspettami per il secondo appuntamento, gattino arrabbiato!”
Nico gli scocca un'occhiataccia. “Ti ho detto di non chiamarmi gattino arrabbiato!”
Percy ride piano e gli scompiglia i capelli. “Penso mi sarà difficile” afferma, facendogli l'occhiolino, per poi iniziare a correre lungo la via scomparendo alla vista dell'altro.

E Nico, per la prima volta dopo molto tempo, si ritrova a sorridere sincero.

*

Quando Nico si sveglia ha gli occhi gonfi e doloranti. Si porta una mano al viso, e sente le sue guance bagnate; questo significa che ha pianto anche mentre dormiva.
Hai urlato un paio di volte, ma in fondo hai dormito tranquillo” gli dice una voce vicina, facendolo sussultare. Quando si volta si ritrova di fronte una massa indomabile di capelli biondi, e due occhi blu che lo fissano.
Jason” dice, poggiando di nuovo la testa sul cuscino. “Non ricordo cosa ho sognato.”
Il ragazzo è sul fianco, con un braccio poggiato sul letto e il viso sorretto dalla mano. La mano libera del biondo va subito ad accarezzare i capelli del moro, facendolo rilassare.
E' strano” inizia il più piccolo “Quando mi sveglio per un secondo sembra tutto normale. È come se fosse tutto come al solito. Per un secondo sono ancora nella mia vecchia vita.”
Un singhiozzo esce dalle sue labbra, e Nico stringe forte gli occhi per reprimere le nuove lacrime che stanno risalendo.
Poi tutto mi ricade addosso, e fa tremendamente male.”
Jason lo fissa, sorpreso dal fatto che Nico gli stia parlando dei suoi sentimenti così facilmente. Continua ad accarezzargli i capelli dolcemente, cercando di alleviare almeno un po' questo risveglio traumatico.
Jason” pigola il più piccolo “Fa davvero tanto male.”
E una lacrima solitaria solca la guancia di Nico che, ancora ad occhi chiusi, sta provando con tutte le sue forze a reprimere il terrore che lo sta assalendo.
La mano del più grande scende dai suoi capelli fino alla sua guancia, asciugandogli la lacrima.
Nico”sussurra Jason, facendosi più vicino e riprendendo ad accarezzargli i capelli. “E' passato solo un giorno, è ovvio tu stia così.”
Le sue dita tornano tra i suoi capelli, carezzandoli.
Ma ti giuro che con il tempo tutto questo dolore passerà, davvero. Ed io ti starò vicino.”
Nico stringe ancora di più gli occhi, affondando il viso nel cuscino.
Piangere non fa male, sai?” sussurra il biondo, poggiando la testa sul cuscino.
E quel commento fa sciogliere Nico, che scoppia in lacrime di nuovo. Jason si avvicina a lui, e il più piccolo affonda il viso nel suo petto istintivamente.
E mentre il più grande lo stringe in un caldo abbraccio, sussurrandogli parole confortanti all'orecchio, Nico si sente protetto. Piange, ma si sente al sicuro tra quelle braccia.
Jason è l'unico della sua vecchia vita che gli è rimasto, e sapere che lui gli rimarrà vicino lo rassicura.
Jason” dice, con voce tremante “Voglio vederlo.”
Chi?”

“L'uomo che ha ucciso la mia famiglia. Voglio vederlo.”

**

Angolo Mio :D
EEEEEEEEH GIà; Sono assolutamente in ritardo, ma capitemi, la scuola ammazza ;-;
Come al solito i professori si ricordano nell'ultima settimana che gli servono i voti per fare le pagelle .---.
Well, detto questo... Ecco il nuovo capitolo!:D
Si, è un capitolo decisamente di mezzo. Insomma, non accade nulla di così importante nè così passionale, ma serve a dare una nuova piega alla storia. Insomma, un capitolo di passaggio, ma iniziamo a vedere il rapporto che sta nascendo tra Percy e Nico u.u
Ringrazio di cuore tutto coloro che leggono e recensiscono:3 Mi date sempre la voglia e la spinta per andare avanti!
Well, come al solito, se mi dite cosa ne pensate del capitolo fa sempre piacere!^^
Un bacione, LauraPalmerBastille.
 

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Capitolo 4
*** Rialzarsi. ***


Save me, Percy Jackson.

Nico kisses Percy

Prima di iniziare, vi avverto che questo è un capitolo decisamente triste!
Non so perchè lo sto dicendo, ma volevo avvertirvi! (La storia è rossa non solo per le scene kwjqjòlwka, *che arriveranno, promesso*, ma anche perchè tratta di argomenti delicati.)
Buona Lettura!

 

Nico si alza molto lentamente dal letto. Le gambe lo sorreggono a malapena, e il suo corpo sembra decisamente più debole.
Jason si ricorda immediatamente che da quando hanno ricevuto la notizia, tra lo svenimento, il ricovero in ospedale e la sceneggiata della sera prima, sono passati ben due giorni. Due lunghi giorni in cui il più piccolo non ha nemmeno sfiorato il cibo.
E, infatti, appena Nico prova a muovere il primo passo le ultime forze abbandonano il suo corpo, facendolo ricadere con un tonfo sul letto.
Nico!” esclama il biondo, avvicinandoglisi. “Hai bisogno di mangiare...”
Il moro scuote la testa, sfregandosi gli occhi con le mani. “Non ho bisogno di niente. Ce la faccio.”
Jason si morde forte il labbro, mentre il più piccolo, sorreggendosi al materasso, si alza barcollando. Poggia una mano al muro e inizia a camminare lentamente verso la sala.
Nico” lo richiama il più grande, mentre reprime l'istinto di stringere di nuovo fra le sue braccia quel ragazzo distrutto.
Il più piccolo si volta, e punta i suoi occhi neri e profondi in quelli di Jason. E in quegli occhi Jason ci vede la disperazione, la solitudine, il dolore. Jason in quegli occhi ha paura di sprofondarci, e come delle lunghe mani tutti i sentimenti che quelli trasmettono arrivano a lui, infiltrandosi nel suo corpo.
Sente le gambe quasi cedere, e qualcosa dentro di lui muore. È come se per un secondo l'anima di quel ragazzo si fosse appropriata del suo corpo, trasmettendogli tutto l'uragano interiore che ha al suo interno.
E solo ora capisce effettivamente quanto dolore quel piccolo corpo può contenere. Di quante lacrime avrebbe bisogno di piangere per eliminare tutto il disastro che c'è dentro di lui. Di quanto amore avrebbe bisogno di ricevere per riuscire a ricostruirsi.
'Smettila di rimanere così imbambolato' pensa 'devi farti forza. Per lui. Per Nico.'
Sei debole, devi mangiare” dice allora, guardandolo negli occhi. E per quanto quello sguardo possa fargli male, possa distruggerlo, lui non si tira indietro.
Non ho fame” risponde il moro. Ed è vero, lui non ha fame. Anche se non mangia da due giorni, il suo stomaco non ha bisogno di cibo, e sa che se proverà ad inghiottire qualcosa la rivomiterà prima ancora di digerirla.
Nico, tu devi mangiare.”
Il più piccolo punta di nuovo il suo sguardo di fronte a lui, e ricomincia a camminare lentamente.
Non ho fame” sussurra di nuovo, più a sé stesso che a Jason.
Quando entra nella sala qualcosa dentro di lui crolla. Il vuoto lo pervade, lasciando più spazio a quel liquido nero che gli sta infettando gli organi.
Quando la sera prima era entrato in quella casa era così fuori di sé da non capire nemmeno dove si trovasse. Ma ora... ora è tutta un'altra storia.
Ora rivede Bianca seduta sul tappeto, con il joy-stick in mano a urlare contro quei maledetti zombie. La vede mentre preme forte le dita su quei pulsanti, per poi buttare la testa indietro e sbuffare quando il gioco cade in game over. Poi però scoppia in una sonora risata, riprende in mano l'oggetto e ricomincia, ridendo forte.
Ora vede sua madre sul divano intenta a lavorare a maglia, per poi buttare un'occhiata alla ragazza a terra e abbozzare un sorriso. La vede mentre sorride felice, mostrando quelle due dolci fossette, per poi appoggiare di nuovo il suo sguardo caldo sul suo lavoro. E Nico sa a cosa sta pensando. Sta pensando a quanto sia fortunata ad avere una famiglia come quella. Ora vede suo padre aprire la porta di ingresso, richiudersela dietro e prendere una grande boccata d'aria di casa. Lo vede mentre, prima di fare qualsiasi altra cosa, si dirige per dare un bacio sulle labbra di sua moglie, per poi poggiare la sua giacca sull'appendiabiti vicino la porta.
La giacca.
Quella vecchia giacca da aviatore nera.
Nico si avvicina a tentoni a quell'oggetto ora tanto fragile e delicato. Quando poggia le sua dita sull'oggetto, e quelle lo toccano sul serio eliminando l'ipotesi che quell'oggetto sia solo un'allucinazione, il nero dentro di lui esplode.
Boccheggia, mentre prende la giacca di suo padre tra le sue mani. Portarla al viso e sentirne l'odore è quasi istintivo. E quando il profumo duro ma anche dolce di suo padre lo pervade, le lacrime riempiono subito i suoi occhi.
Papà” è il lamento strozzato che gli esce dalle labbra. “Papà, non puoi avermi lasciato da solo sul serio.”
Ed ora la giacca è intorno al suo corpo. Come ci è finita? Non ricorda nemmeno di averla indossata.
Eppure questa sensazione gli ricorda tanto quella di quando suo padre lo abbracciava. Quelle rare volte in cui gli mostrava il suo affetto.
E sapere che tutto questo calore è finto, che suo padre non lo abbraccerà mai più, che sua madre non lo bacerà mai più, che sua
sorella non sorriderà mai più, lo uccide.
E nella sua testa rimbombano solo due parole.
Mai più.
Mai più.
Mai più.
Mai più.
Un forte rumore lo fa girare di colpo, facendogli perdere un battito. Le lacrime continuano ad uscire copiose dai suoi occhi, bagnando il pavimento.
Al posto dei corpi felici dei suoi genitori, ora non c'è nessuno. Nico fissa sorpreso il divano dove prima erano seduti i suoi genitori, e il tappeto dove sua sorella stava giocando.
Vuoto, tutto vuoto. Anche Jason sembra non esserci più.
Se ne è andato anche lui? È rimasto completamente solo?
Osserva le scale che sono proprio di fronte a lui. Dove è avvenuto l'omicidio? Al piano di sopra? Dove sono i corpi adesso?
E Nico non può credere di starsi chiedendo dove sono i cadaveri della sua famiglia.
Poi, inaspettatamente, uno strano liquido denso cola da uno scalino. Nico rimane pietrificato, guardando quella strana cosa scivolare giù lungo le scale.
Quando questa scivola infine dall'ultimo scalino al pavimento, Nico può notare il suo colore: rosso.
E non fa nemmeno in tempo a connettere il suo cervello, che altro liquido inizia a colare. Dalla cima, fino al pavimento.
Del sangue sta colando giù dalle sue scale.
E il terrore cresce dentro al corpo del moro, che fissa quel liquido ad occhi spalancati.
Poi un urlo rieccheggia per tutta la casa. Dal piano superiore, una ragazza urla come se la stessero torturando. Un urlo glaciale, pieno di terrore. E Nico lo riconosce: quello è l'urlo di Bianca.
BIANCA!” urla Nico, mentre le lacrime si trasformano in singhiozzi sonori. “BIANCA STO ARRIVANDO!”
Prova a muoversi, ma lui rimane fermo lì. È come se qualcosa lo stesse fermando, bloccandolo dalle spalle. Sente qualcosa stringerlo forte in quei due punti, e gli impedisce di muoversi.
Ma lui vorrebbe solo correre da sua sorella, salvarla. Quel sangue era suo?
Inizia a dimenarsi, urlando il nome di Bianca come un forsennato.
BIANCA RESISTI!” urla, provando a muoversi, ma rimanendo comunque fermo.
Poi, all'urlo di Bianca se ne aggiunge un altro: quello di sua madre. E gli urli gli perforano le orecchie, facendolo urlare a sua volta.
MAMMA!” E il sangue continua a colare dalle scale. Ha formato una grande pozza sul pavimento.
NON RIESCO A MUOVERMI!” gli urla, per poi urlare terrorizzato anche lui. E quei gridi glaciali e disperati sembrano rimbombare dentro la sua testa, portandolo alla pazzia.
E poi arriva. Arriva l'ultimo urlo. L'urlo di suo padre.
Ade non urla semplicemente. Ade urla il suo nome. Urla il nome di Nico.
E il moro lo fa a sua volta. Urla il nome di tutti loro, singhiozzando forte.
Poi un dolore acuto gli scoppia sulla guancia, come se mille spilli gli si fossero conficcati nella pelle. Il sangue e le urla, spariscono.
La visione delle scale lascia piano piano spazio ad un viso familiare: Jason.
Il ragazzo lo sta fissando, con gli occhi spalancati ed il fiatone. Ha una mano sulla sua spalla e l'altra alzata al cielo, e il moro capisce che il ragazzo deve avergli dato uno schiaffo sulla guancia.
Nico non riesce a connettere ciò che sta succedendo, ma prima che possa anche solo parlare Jason lo ha preso di peso e caricato sulla sua spalla.
Nico è così stordito che non riesce nemmeno a protestare.
Usciamo di qui” è l'unico commento che esce dalle labbra di Jason. “Restare dentro questa casa ti farà impazzire.”
E, in pochi secondi, sono lontani dai cadaveri della sua famiglia.

*

Nico si era maledetto per non aver chiesto una data precisa per il secondo appuntamento con Percy.
In tal modo non avrebbe dovuto rimanere chiuso in casa con la perenne paura che, uscendo, il ragazzo non avrebbe potuto trovarlo a casa.
Così ora, dopo tre giorni dall'ultimo appuntamento, Nico si ritrova chino su quella piccola scrivania, rileggendo per l'ennesima volta i dati di quel giorno, la vita del sospettato, i suoi orari, l'arma del delitto, le mappe di casa sua e del suo quartiere.
Nico, ormai quasi diciannovenne, dopo due anni ancora non ha perso la speranza.
“Nico” lo chiama Jason, raddrizzandosi con un dito gli occhiali che indossa solo per studiare. Il più piccolo lo trova buffo con quegli affari addosso, e per questo ogni volta che lo guarda sopprime un sorriso.
Il moro si volta, reprimendo una risata per la faccia da idiota che quegli occhiali danno all'amico. “Dimmi.”
Jason alza gli occhi al cielo, sfogliando il libro che ha poggiato di fronte a sé, sul letto. “Smettila con questa storia degli occhiali!”
“Ma io non ho detto nulla!” si giustifica Nico, alzando le sopracciglia.
“La tua faccia ti tradisce allora. Lo vedo come sorridi” dice, sorridendo a sua volta. Perchè in fondo non gli da tanto fastidio che Nico sorrida.
“E va bene, cercherò di non ridere. Cosa vuoi?”
Jason alza gli occhi al cielo, per poi levarsi gli occhiali e sbuffare. “Tu lo hai già dato l'esame di psicologia sociale, vero?”
“Si, l'ho dato più o meno una settimana fa, perchè?”
Il biondo si lascia cadere indietro, affondando la testa nel cuscino.
“Dicono che quel professore bocci tutti, indipendentemente da quanto studi!”
Nico mangiucchia la penna nera che ha in mano, per poi abbassare il suo sguardo sulle sue gambe magre.
“Il professor Dioniso, vero?”
Jason emette un lamento soffocato nel cuscino, che il più piccolo prende per un 'sì'.
“Oh, non capisco perchè tutti lo trovino così cattivo. Io l'ho superato alla prima botta con il massimo dei voti!”
Il più grande si rimette a sedere, lanciando un'occhiataccia al più piccolo. “Ci credo, quel professore ti ama!”
“Sempre il solito esagerato” dice il moro, poggiando la testa allo schienale.
“Okay, forse non ti ama, ma gli stai decisamente simpatico.”
Nico scrolla le spalle, afferrando un foglio dalla sua scrivania e ricominciando a leggere.
“Non lo so. So solo che avevo studiato, e che sono stato ricompensato. Punto.”
Jason sbuffa di nuovo, passandosi una mano tra i capelli.
“Quanto ci scommetti che il mio studio non verrà ricompensato?” si lamenta, rimettendosi gli occhiali.
“Pensa a studiare, invece di lamentarti” conclude la conversazione Nico, ricominciando a mangiucchiare la penna.
Sta per afferrare un nuovo foglio, quando il campanello suona, facendoli sussultare entrambi.
“Dei, dovremmo mettere un dannato silenziatore a quel campanello!” quasi urla Nico, tastandosi il petto.
Jason si alza pigramente dal letto, avvicinandosi alla porta.
“Chiedi prima chi è!” urla Nico, senza staccare lo sguardo dai fogli. “E se è Leo non aprirgli!”
Jason gli risponde con un verso d'assenso, prima di aprire la porta d'ingresso.
“Si?” chiede, con un pizzico di sorpresa nella voce.
“Oh, ehm, salve... C'è Nico?”
Il cuore del più piccolo fa un salto, ed anche il suo corpo. Nico infatti sussulta letteralmente sulla sedia, per poi irrigidirsi immediatamente.
Quella voce. La riconoscerebbe tra mille.
Percy è lì, a casa sua. È lì sul serio. È tornato davvero.
“Scusami, ma chi sei?” chiede la voce dura di Jason, e Nico se lo immagina mentre aggrotta le sopracciglia e arriccia le labbra, dando a quella cicatrice un aspetto ancora più minaccioso.
“Oh, io sono Percy, piacere!” risponde il ragazzo, e la sua voce è gentile e calda.
“E cosa vorresti da Ni--”
“Percy!” esclama quindi il più piccolo, alzandosi con uno scatto dalla sedia.
Jason si volta a guardarlo confuso, mentre il moro si avvicina ai due.
“Non pensavo saresti venuto davvero” dice arrossendo, quando gli occhi verde mare di quel ragazzo si piantano nei suoi.
“Bhè, non ci eravamo scambiati nemmeno i numeri di telefono, non riuscivo a contattarti in altro modo.”
“Nico?” si intromette Jason, guardando prima l'uno e poi l'altro. “Mi spieghi chi è questo Adone?”
Percy scocca un'occhiata curiosa al biondo, per poi abbozzare un sorriso.
“Oh, lui?” bofonchia Nico. “Un amico di corso! Dobbiamo dare lo stesso esame, quindi studiamo insieme!”
Jason gli scocca un'occhiata indagatrice, per poi alzare il sopracciglio. “Dove sono i tuoi libri?”
Percy sgrana gli occhi, si fissa le mani vuote, per poi rivolgere un'occhiata impanicata al moro. “Bhe” farfuglia “In realtà io e Nico vorremmo andare a studiare in biblioteca, e visto che ci stavo già da prima ho lasciato i miei libri lì!”
Nico tira un sospiro di sollievo, e vorrebbe abbracciare Percy per la sua bugia ben costruita.
Si sente male a dover mentire a Jason, ma non può spiegargli questo, non adesso.
Jason ora fissa Nico, chiedendogli spiegazioni con lo sguardo.
“Andiamo solo a studiare, Jason. Non devi preoccuparti” gli dice, per poi dirigersi verso la sua scrivania e prendere un libro a caso.
Quando torna dai due trova il biondo che squadra Percy con uno sguardo duro, e l'altro che sembra far finta di niente puntando il suo sguardo imbarazzato altrove.
“Jason” sibila Nico inacidito “Smettila.”
Il più grande gli scocca un'occhiata strana, per poi addolcirsi quando incontra quella inacidita di Nico.
“Per qualsiasi cosa hai il mio numero, okay?” gli dice, abbozzando un sorriso.
Nico annuisce, per poi uscire dalla porta, richiudersela dietro, e ritrovarsi di nuovo solo con Percy.
Secondo appuntamento.
Le gambe di Nico iniziano a muoversi veloci, facendolo uscire fuori da quella casa a passo lungo ed affrettato, lasciandosi dietro un perplesso Percy.
Sente le guance scottargli e stringe compulsamente il libro che ha tra le mani.
“Nico?” lo chiama il più grande, sfiorandogli i capelli. Diamine, lo ha raggiunto.
Il più piccolo blocca le sue gambe di colpo, per poi mordersi forte il labbro. Dei, perchè sente uno strano formicolio alla pancia?
“Percy” dice, voltandosi verso il maggiore. “Grazie per la bugia di prima, io--”
“Hei, va tutto bene!” lo rassicura l'altro, abbozzando un sorriso e scompigliandogli i capelli. “E' un ragazzo protettivo, vero?”
Nico scocca un'occhiata alla sua casa, per poi annuire. “Jason... abbiamo affrontato tante cose, e lui ora mi vede come qualcuno da proteggere.”
Percy punta i suoi occhi verde mare in quelli scuri del più piccolo, per poi stringere le labbra ed annuire.
Il più piccolo punta gli occhi a terra, sospirando forte.
“Allora” interrompe il silenzio Percy. “Non hai davvero voglia di andare in biblioteca, vero?”
Nico alza di nuovo lo sguardo, ritrovandosi di fronte quello sveglio e caldo dell'altro. Scrolla le spalle, infilando le mani in tasca. “Non so, non mi ero preparato nulla.”
“Già, sono arrivato a casa tua senza preavviso!” ammette, abbozzando un sorriso. “A proposito. Non te l'ho nemmeno chiesto!”
“Uh?” il più piccolo gli scocca un'occhiata confusa, inarcando un sopracciglio. “Chiedermi cosa?”
Percy porta la sua mano sulla guancia del moro, carezzandogliela piano e facendogli perdere un battito.
“Nico Di Angelo” dice, con la sua voce calda e bassa. “Ti andrebbe di uscire con me per il nostro secondo appuntamento?”
Il più piccolo avvampa immediatamente, al contatto della sua pelle con la mano dell'altro.
“Ma quanto sei idiota!” esclama inacidito con le guance che gli scottano, spostandosi da quel contatto, per poi maledirsi mentalmente. “Stiamo già uscendo. Non pensi sia un po' troppo tardi per invitarmi?”
Percy scoppia a ridere, riavvicinandosi di nuovo alla guancia del più piccolo e lasciandogli un ultima carezza. “Hai ragione. Lascia fare a me, allora!”
E Nico vorrebbe rispondere qualcosa, ma il solo fatto che quel ragazzo abbia avvicinato la mano per la seconda volta al suo volto,
dopo che lui l'abbia scacciata, gli crea una strana sensazione nella pancia.
Non è scappato, non lo ha abbandonato. Si è avvicinato di nuovo.
E ha paura. Ha paura di affezionarsi a lui.

*

Nico si era ritrovato a parlare delle sue passioni a ruota libera con Percy. In quel tratto di strada che li aveva condotti fino al parco della loro città, Nico aveva raccontato di quasi tutti i libri che lui avesse letto.
Trama, autore, riflessioni. E Percy era rimasto ad ascoltare come estasiato, ponendo a volte delle domande per sentire Nico parlare ancora.
E il più piccolo aveva parlato con lui come lo avrebbe fatto con Jason.
Solo quando varcano i cancelli del parco, Nico si rende conto di quanto tempo sia effettivamente passato. Guarda l'orario, e si accorge di star parlando da quasi un'ora.
Il rossore si diffonde sul suo viso, e le parole gli muoiono in gola. Da quando è così loquace e disinvolto?
Butta un'occhiata a Percy, e lo trova sorridente e raggiante, come al solito. Non lo ha annoiato?
Quando il più grande si accorge che l'altro ha smesso di parlare, si volta verso di lui e piega un po' la testa incuriosito.
“E... quindi?” chiede, sorridendo.
Nico esce dalla trance in cui è entrato, scuotendo la testa.
“Quindi, cosa?”
“Patrick, del libro* di cui mi stavi raccontando, che fine fa?”
Nico cerca di ricollegare mentalmente il discorso che stava facendo, e si ritrova a chiedersi come abbia fatto a parlare di un tale argomento così facilmente. Possibile che per la prima volta avesse davvero scollegato il cervello?
“Bhè, uhm... Patrick non ha mai avuto problemi a dichiarare la sua omosessualità” farfuglia, puntando gli occhi verso il basso. “Quindi il suo unico problema in teoria è stato quella delusione amorosa che il solito ragazzo sono-gay-ma-devo-nasconderlo-perchè-ho-paura gli ha procurato.”
Percy annuisce, mordendosi un labbro. “Perchè è il tuo personaggio preferito?”
Nico sussulta a quella domanda, e si ritrova a stringere le mani. Quelle di Percy sono così vicine alle sue, e la sensazione che prova nello stomaco è così forte che vorrebbe scappare via.
“Solitamente tendo ad affezionarmi a personaggi che rispecchiano il mio stato interiore” ammette, mordendosi il labbro. “Oppure a quelli che rappresentano le cose che io vorrei diventare.”
“E Patrick cosa rappresenta per te?”
Nico scrolla le spalle, rivolgendo un'occhiata incerta al compagno.
“Patrick è stato tradito, abbandonato da chi amava di più, e lui si è sentito solo, fragile. In questo mi ci rispecchio molto.”
“Ma...?” continua il più grande, abbozzando un sorriso.
Il più piccolo alza gli occhi al cielo. “Chi ha detto che c'è un ma?”
Percy si volta a fissarlo, per poi indicare con un cenno della testa una panchina su cui sedersi.
“C'è sempre un ma” ammette, accomodandosi. Nico si siede vicino a lui, poggia i piedi sul legno della panchina e si rannicchia su sé stesso.
“Ma Patrick è sempre stato sincero con sé stesso. Patrick non ha mai avuto problemi ad esporsi, a far sapere chi lui fosse agli altri, e in questo lo ammiro.”
Il più grande fissa il parco di fronte a sé, per poi poggiare il suo sguardo sul più piccolo, e sorridere intenerito.
“Quando hai scoperto di essere gay, Nico?”
Il più piccolo quasi non si strozza con la sua stessa salita. Tossisce forte, sgranando gli occhi.
“C-Cosa!?” esclama, puntando il suo sguardo in basso, con il viso che gli scotta per l'imbarazzo.
“Quando hai capito che non ti piacciono le ragazze!” specifica il più grande, prendendosi il labbro tra le dita e iniziando a giocarci.
Dei, Nico vorrebbe toccare quel labbro. E questo pensiero lo fa avvampare ancora di più.
“Io... Io non--”
“Io l'ho scoperto quando avevo 16 anni” dice, continuando a toccarsi il labbro. E Nico lo ringrazia mentalmente per averlo sottratto a quell'argomento imbarazzante.
“Nella mia classe c'era un ragazzo... speciale? Era bello, molto. Ma a lui sembrava non importasse. Era biondo, occhi glaciali, una lunga cicatrice vicino l'occhio. Si chiamava Luke. Luke Castellan.”
Nico continua a fissare quelle labbra, per poi annuire. Non che gli faccia piacere sentir parlare delle storie precedenti di Percy, ma qualcosa in questa storia lo attira. O forse sono semplicemente le sue labbra che si muovono a voler che lui continui.
“Ricordo di aver provato un sentimento strano dentro al mio stomaco sin dalla prima volta in cui l'ho visto. Era seduto al suo banco, e stava leggendo un libro. Erano tutti in gruppo, tranne lui. Quei suoi occhi glaciali mi attiravano. Sembravano così duri, eppure io sapevo che dietro quella maschera c'era solo una richiesta d'aiuto.
Non stavo passando un bel periodo in famiglia e, se vogliamo dirla tutta, non lo sto passando nemmeno adesso. Ricordo che il suo sguardo mi faceva pensare a me, alla mia situazione. Mi faceva pensare alla situazione complicata che quel ragazzo doveva vivere, per avere quello sguardo.”
Nico si ritrova a fissare la mascella di Percy che si irrigidisce, per poi spostare lo sguardo sui suoi occhi di un colore solitamente acceso, ora quasi spenti.
Capisce che Percy non gli sta raccontando una bella storia. Sta condividendo con lui una parte del suo passato, e Nico la sta mutamente accettando.
“Ricordo che ci feci amicizia. Non fu facile. Ci misi molto tempo, ma alla fine ce la feci. Il mio scopo, da semplice adolescente che ero, era diventato quello di scalfire quella barriera che quel ragazzo si era creato. E, diamine, ce l'ho fatta.”
Il più grande si ferma, fissa le sue mani, per poi passarsi una mano nei capelli. “Ma non voglio deprimerti con questa storia io--”
“No” afferma Nico, stringendo di più le gambe al suo petto. “Continua.”
Qualcosa guizza nello sguardo di Percy, che scopre uno dei suoi soliti sorrisi.
“Non è una storia felice...” lo avverte, passandosi di nuovo una mano tra i capelli.
“Non mi importa, voglio che tu me ne parli.”
Percy sorride, scuotendo la testa. “Un gattino arrabbiato e anche premuroso!”
Nico alza gli occhi al cielo, per poi ripuntarli verso il più grande aspettando il continuo della storia.
“Luke non aveva una bella situazione a casa. Riuscii a scoprirlo dopo mesi in cui io vivevo per lui. Ero diventato la sua ombra, l'unica persona di cui lui si fidasse. Ricordo mi invitò a casa sua, perchè io dovevo vedere con i miei occhi ciò che lui stava passando. Mi disse che dovevo capire da solo cosa lui doveva vivere ogni giorno. E quello che vidi mi fece raccapricciare. Suo padre non era mai a casa, sua madre era molto malata. Nessuno dei due si interessava di lui. Una perchè non ne aveva le forze, l'altro perchè non voleva. Doveva riuscire a cavarsela da solo.”
Nico boccheggia per un secondo, per poi affondare il viso nel tessuto del suo giubbotto nero.
“Quella sera Luke mi baciò, ed io baciai lui. In quella piccola stanza, con la madre che tossiva nella stanza affianco, noi due ci baciammo. E gli promisi che l'avremmo superata insieme. Io la mia situazione, e lui la sua. Lui mi fece promettere di essere forte, e a me sembrava di essere caduto in un sogno. Ero riuscito ad entrare dentro le mura che quel ragazzo aveva innalzato.”
La voce di Percy si incrina, e si prende la testa tra le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
“Glielo promisi. Gli promisi che sarei rimasto forte.”
Il silenzio cala, e Nico non si sente pronto a romperlo. Aspetta che l'altro sia pronto ad andare avanti. E in questi pochi attimi, delle immagini balenano nella sua mente. L'immagine dei suoi traumi, di ciò che ha perso.
E capisce che non è l'unico ad aver affrontato situazioni difficili come le sue. Ci sono persone che contengono nel cuore un dolore pari al suo.
Eppure, questo non lo consola.
“Il giorno dopo non venne a scuola. E nemmeno quello dopo. Per quanto io lo aspettassi lì, la sua sedia rimase vuota.”
Percy si blocca, sospira.
“Luke si tolse la vita quella sera. Non so come. Non me lo dissero mai. Ma lui decise che quel dolore era troppo invadente, per essere sopportato.”
Nico sente qualcosa contrarsi dentro il suo petto, e per un secondo al posto di Percy ci vede Jason.
“Ma io l'ho fatto, sai?” dice il più grande, sorridendo quasi.
“Cosa hai fatto, Percy?”
“Sono rimasto forte. Gliel'ho promesso, e l'ho fatto.”
Nico sorride amaro, per poi scuotere la testa. “Abbandonarsi al dolore non è sbagliato, sai?”
“No” si affretta a dire l'altro. “Non ho detto questo. In quel periodo io non sono uscito di casa, non mangiavo, volevo seguire lui. Pensavo la mia vita fosse morta insieme a Luke, ma mi sbagliavo. La mia vita non era finita, e in realtà nemmeno la sua. E per quanto avrei voluto, non ho mai rovinato mè stesso per gli altri. Perchè il coraggio è proprio qui: rialzarsi.
Il più piccolo butta un'occhiata veloce alle sue mani, mordendosi il labbro.
Percy ha creduto in sé stesso, ha creduto in una vita migliore, anche dopo tutto quello che ha passato.
E anche se la sensazione che questa non sia l'unica cosa terribile che affligge la vita di questo ragazzo, Nico non fa domande. Percy gli ha rivelato una parte importante della sua vita, e lui deve assolutamente rispondere qualcosa.
Dovrebbe consolarlo? O forse abbracciarlo? La confusione gli annebbia la mente.
Così si limita a sfregarsi le mani sui pantaloni, e affondare il viso nel suo giubbotto.
“Sei forte, Percy” dice, sentendo le guance avvampare. E si sente immediatamente stupido.
'Sei forte, Percy', davvero? Tra tutte le cose da dire, proprio 'sei forte, Percy'?
Eppure il più grande sembra apprezzare. Alza lo sguardo e lo punta in quello scuro del più piccolo, sorridendo sollevato.
Poi fa una cosa decisamente inaspettata. Poggia una mano sulle gambe di Nico, un braccio sullo schienale della panchina e si avvicina al viso del più piccolo.
Lo scruta negli occhi. Il nero e il verde si scontrano, e sembrano quasi fare scintille.
Nico sente il viso avvampare, mentre gli occhi di Percy sembrano volergli leggere l'anima.
“Non so cosa tu abbia passato, Di Angelo, né quale sia la tua storia, ma ti dirò la verità...”
Nico guarda quelle due iridi verdi, e quasi ci sprofonda.
“... Nei tuoi occhi rivedo lo stesso sguardo che vedevo in quelli di Luke Castellan.”

*

Nico era rimasto così sorpreso da quell'affermazione che le parole gli erano morte in gola. Anche quando Percy gli aveva offerto lo zucchero filato, lui aveva negato dicendo di sentirsi stanco e di voler tornare a casa.
Perchè quel commento lo aveva spossato così tanto?
Percy rivedeva in lui un ragazzo di cui si era precedentemente innamorato. Percy rivedeva in lui un ragazzo che si era tolto la vita, sopraffatto dal dolore.
E, ora che ci pensa, quanto è differente la sua storia da quella di quel ragazzo? E soprattutto, i suoi occhi riescono davvero a mostrare tutta questa tristezza?
Nico ha sempre tenuto lontano dalla sua vita le persone. Per quanto in fondo al cuore lui volesse un contatto con loro, il suo istinto gli ha sempre detto di non fidarsi, di non legarsi a qualcuno.
E questa storia è solo l'ennesima prova che va ad alimentare il suo pensiero.
Ma Percy è qui, con lui. Percy è vivo, spensierato, forse non felice, ma quasi. Percy è con lui, anche avendo perso una persona a lui cara.
E le emozioni dentro di lui sono così tante e confuse, che Nico non riesce a capire cosa stia provando seriamente.
Così rimane in silenzio. Le mani in tasca, la testa bassa e lo sguardo spento, mentre il ragazzo vicino a lui continua a parlare di cose futili.
Ma come fa?
Come fa a sorridere, come fa ad aprirsi, come fa a parlare di tutto questo?
Quando arrivando di fronte a casa di Nico, un silenzio imbarazzante li avvolge.
“Sai” dice Percy, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Domani in centro canta una cover band che io amo. Ti andrebbe di venire?”
Terzo appuntamento. Percy lo sta invitando per il terzo appuntamento.
Eppure un muro invisibile si è innalzato tra di loro, dopo quel commento. Nico punta il suo sguardo per terra, per poi scrollare le spalle.
“Non lo so, Percy... Io... Io ti faccio sapere.”
Il più grande aggrotta le sopracciglia, e fissa sorpreso l'altro. “Oh” dice, infilando le mani in tasca. Poi però riprende il suo sorriso, e mette una mano tra i capelli del più piccolo, accarezzandoglieli. “Tanto hai il mio numero ormai, no? Ed io ho il tuo. Poi dimmi se ti va di venire!”
Nico annuisce, ed il suo corpo reagisce immediatamente a quel tocco. Dei brividi freddi gli percorrono tutta la schiena, e lui sembra quasi rilassarsi.
Ma poi quel commento gli rimbomba in testa, e si ritrova ad allontanarsi da quella mano calda.
“Io... io devo andare” farfuglia, girandosi in fretta e camminando veloce dentro casa sua.
Non ha visto la faccia di Percy, e si da dello stupido mentalmente perchè, come ogni volta, deve rovinare ogni cosa bella che la vita gli offre.
E quando rientra a casa non si interessa dei commenti di Jason, non si interessa di essersi dimenticato il libro sulla panchina del parco, non si interessa di nulla.
Si mette seduto alla scrivania, riprende quei documenti in mano e, anche essendo tardi, ricomincia a leggerli per l'ennesima volta.

*

I piedi di Nico avevano toccato terra dopo minuti. Jason lo aveva portato fuori da quella casa in fretta e, a poco a poco, lui aveva ripreso coscienza di sè. Aveva capito che tutto quello che aveva visto dentro quella casa era frutto della sua mente, ma il terrore, quello che lo aveva sopraffatto, quello era vero.
Jason lo poggia a terra, e le gambe di Nico quasi non lo sorreggono.
Il biondo sbuffa, passandosi una mano in mezzo ai capelli. Ha le guance rosse ed il fiatone, e per qualche attimo deve dare le spalle al più piccolo per riprendersi e non fargli vedere la sua espressione terrorizzata.
Perchè vedere Nico in preda ad una crisi non è stata una bella scena. Doverlo schiaffeggiare per farlo tornare alla realtà non è stato piacevole. Sentire i suoi urli e i suoi singhiozzi, senza sapere cosa fare, è stato estenuante.
Prende un grande respiro, per poi girarsi verso il più piccolo.
Tu adesso seguirai i miei ordini” dice, con voce calma. Nico sposta il suo sguardo spento dal terreno fino agli occhi di Jason, ma non risponde.
Adesso verrai a casa mia. I miei non ci sono, sono partiti, lo sai. Eri a casa mia proprio per questo. Tu mangerai.” E a questo commento Nico deglutisce, strofinandosi una mano sugli occhi.
Ti laverai, ti cambierai con altri vestiti e poi faremo quello che vuoi te. Ma solo a patto che tu faccia tutto ciò che ho appena detto io.”
Nico non distoglie il suo sguardo scuro dagli occhi chiari dell'amico. “Mi porterai a vedere quell'uomo?”
Jason stringe le labbra, arricciando anche quella piccola cicatrice che si è procurato da bambino.
Si, te lo prometto. Ma appena la tua mente cede, ti porterò via. Ti avverto.”
Il più piccolo annuisce, per poi salire silenziosamente in macchina.

-

Di tutti gli ordini che Jason gli aveva imposto, mangiare è stato quello decisamente più difficile. Per quanto mantenersi in piedi mentre si lavava fosse stato difficile, mandare giù il latte ed i biscotti che Jason gli ha messo di fronte risulta quasi impossibile.
Sono i tuoi biscotti preferiti. Su, mangia” lo esorta il biondo, seduto vicino a lui.
Nico deglutisce forte, per poi buttare un'occhiata al cibo sotto di sé. “Jason, io--”
Nico” lo interrompe l'altro. “Possiamo rimanere qui anche tutto il giorno, sai che lo farei. Ma se non mangi, non andremo alla caserma di polizia.”
Nico geme frustrato. “Ti odio quando fai così” dice, per poi afferrare un biscotto e addentarlo con cattiveria.
Il sapore al cioccolato per cui prima impazziva, ora risulta essergli indifferente. Ma continua a mangiare. Un po' per sé stesso, un po' per lo sguardo di Jason, un po' perchè vuole vedere quell'uomo.
E, prima che possa anche accorgersene, è già in macchina, con un soddisfatto Jason al suo fianco.

-

Nico ritrova la mano di Jason sulla sua spalla, mentre entra dentro la caserma. Il cuore ha ricominciato a battere nel suo petto, ma questa volta troppo velocemente.
È Jason a fare tutto. È Jason a dire chi sono loro e le loro intenzioni. Lui si sposta solo come un automa per quell'edificio, guidato dalla mano del più grande.
E' ancora sotto interrogatorio” dice una donna dai lunghi capelli castani. “Lo stanno mantenendo qui. Abbiamo ritrovato nel suo corpo un alto tasso di alcool, ma purtroppo senza l'arma del delitto o prove che ci dicano che lui era effettivamente dentro quella casa non possiamo fare nulla.”
Eccolo, il cuore di Nico ha smesso di nuovo di battere. Sprofonda ancora di più dentro il suo petto, affogando dentro quel nero che lo sta pervadendo.
Questo significa che l'uomo che ha ucciso la sua famiglia non può essere arrestato? Significa che ha ucciso tutte le sue persone care, ma non può essere punito?
Per ora è in stato di fermo” dice quindi la donna, scoccando un'occhiata preoccupata verso il moro.
La mano di Jason stringe una spalla di Nico, avvicinandolo al suo corpo.
Vuoi ancora vederlo?” gli sussurra dritto nell'orecchio.
L'unica cosa che Nico riesce a fare è quella di annuire.
Si, vuole vederlo.
Perchè anche se non può essere messo in prigione, quell'uomo riceverà la sua vendetta.

Vendetta per mano sua.

*

*libro= Ragazzo da parete. Angolo miiiiio!:D
Heilà! Sono tornata eeee... si, il capitolo è triste! O almeno, a me ha intristito molto!
Ma visto che io amo la malinconia *perchè ora mi scrive tutto in corsivo? Ah, non ci so proprio fare con questi siti* e amo anche riversare tutta la mia tristezza sui miei scritti... SI, E' USCITO QUESTO!
E non so voi, ma anche io mentre scrivevo avevo voglia di entrare nella storia e abbracciare Percy lol.
Well, come ho detto anche sopra, hodeciso di inserire una scena rossa rossa in questa storia! Un pò perchè non ne ho mai scritta una slash prima d'ora, un pò perchè.... boh, voglio dilettarmi in slash rosso lol.
Vi avvertirò con una nota sopra il capitolo quando posterò quello con la scena così potrete prepararvi mentalmente.. ee, non aspettatevi nulla di così speciale, che sarà la mia prima volta xD
Naturalmente non dico tra chi, nè tra quanto u.u (Anche perchè non lo so hahaha)
Bhè, finalmente mi è finito il trimestre, quindi penso riuscirò a dedicarmi con decisamente più calma alla storia!**
Come al solito lasciate una recensione, che fa sempre moooooolto piacere u.u
Si, molto molto!
Un bacione, LauraPalmerBastille.
Grazie davvero tanto a chi legge/ ha messo tra seguite ecc ecc/ e chi recensisce (<3)
Grazieeeh!
Ariunbacione, LauraPalmerBastille.





 

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Capitolo 5
*** Cosa ti ha ridotto così? ***


Save me, Percy Jackson.

Nico kisses Percy
 

Nico è posizionato di fronte ad una vetrata scura. Fissa la stanza che ha di fronte: una stanza spoglia, bianca, con solo un tavolino ed una sedia al suo interno.
Era stato condotto fino a lì dalla mano di Jason, e lui non aveva obiettato. Si era lasciato guidare da lui, perchè era l'unica persona rimasta viva di cui si fidasse.
Le sue gambe si erano mosse da sole, e i suoi sensi erano come attutiti.
Sentiva nelle orecchie un battito lontano, che ipotizzò essere il suo cuore. Vista sfocata, orecchie tappate, possibile che il dolore lo stesse distruggendo in tal modo?
Si, si disse, poteva farlo a quanto pare.
Ora la mano di Jason è sulla sua schiena, e lo accarezza partendo dalle sue spalle per poi scendere fino alla base della schiena. E poi di nuovo, in un movimento cadenzato che quasi lo rilassa.
Nico poggia la mano sul vetro, ed osserva la stanza.
Cosa stiamo facendo?” chiede, con un filo di voce.
Vedrai il sospettato” gli risponde Jason, continuando sulla sua schiena il movimento con la mano. “E' un vetro oscurato, questo. Tu potrai vedere lui, ma lui non potrà vedere te.”
Non potrò parlargli?”
Jason scuote la testa, abbassando lo sguardo. “Non potrai nemmeno sapere il suo nome, né le sue informazioni private.”
Il più piccolo gli scocca un'occhiata con i suoi occhi scuri, per poi socchiuderli. “Cosa? Perchè?”
Jason sospira, per poi passarsi la mano libera tra i capelli. “Dicono che non è sicuro per lui. Dicono che potresti fare pazzie contro questo uomo, e non avendo abbastanza prove per incolparlo, devono proteggere anche la sua di incolumità.”
Per un momento il nero dentro Nico si dissolve, per lasciare spazio ad una rabbia irrefrenabile. Si accende dentro il suo stomaco, pervadendogli il corpo.
Cosa significa!?” dice inacidito, scostandosi dalla mano dell'amico con uno scatto brusco.
Jason aggrotta le sopracciglia, per poi portarsi la mano in tasca. “Nico, io non posso farci nul--”
Non mi interessa!” quasi urla. “Quell'uomo ha ucciso tre persone, è riuscito a disfarsi dell'arma e poi la sua incolumità deve essere protetta!?”
Nico alza la voce come non ha mai fatto, e la rabbia dentro di lui sembra solo aumentare. Vorrebbe prendere qualcosa e romperla, solo per mostrare a tutti come si è frantumato dentro lui.
Quell'uomo mi ha rovinato la vita, e loro hanno paura che io gli faccia del male!?”
Nico...” sussurra Jason, arricciando le labbra. Ma lo lascia fare, perchè sa che l'altro ne ha bisogno.
Sai cosa c'è Jason, che io lo ammazzerò quel bastardo!” urla. “Non mi interessa se non saprò il nome o la sua vita! Farà la stessa fine che ha fatto fare a mia madre, a mio padre, e a mia sorella!”
Le lacrime iniziano a fuoriuscire dai suoi occhi. Lacrime di rabbia, dolore, frustrazione. Perchè è successo questo? Perchè tra tutte le case del suo quartiere, proprio la sua? Perchè tra tutte le famiglie della città, proprio la famiglia Di Angelo?
Bastardo!” urla, sbattendo forte il pugno contro il vetro scuro. Una fitta di dolore gli pervade la mano, ma lui non la sente. Sbatte di nuovo il pugno sul vetro, urlando.
E Jason lo fissa, aspettando che anche questa crisi scivoli via dal suo corpo.
Nico sta per sbattere per la terza volta sul vetro il pugno, quando la porta della stanza di fronte a loro si apre.
Due guardie entrano dentro, e il moro come un bimbo schiaccia il viso contro il vetro.
Sta arrivando” sussurra, sgranando gli occhi ancora pieni di lacrime.
Jason si avvicina al vetro, e istintivamente la sua mano ritorna sulla schiena del più piccolo.
Gli scocca un'occhiata, e si sofferma a guardare i suoi capelli neri disordinati, i suoi occhi scuri sgranati puntati nella stanza, la sua bocca semi aperta.
Sta per dirgli qualcosa, quando l'uomo entra dentro la stanza.
E l'unica cosa che Jason mette a fuoco, è una lunga cicatrice sul suo viso.

*

-Da: Percy
Ore: 1.30
So che è tardi, forse non mi risponderai nemmeno, ma cosa è successo prima? Te ne sei andato via in maniera strana.-

-Da:Percy
Ore: 4.57
Okay, deduco che tu o stia dormendo, o non voglia rispondermi.-

-Da: Jason
Ore: 7.01
Nico, tutte le mattine così. Esci da quel bagno??-

-Da: Percy
Ore: 13.45
Okay, penso di star parlando da solo. Oggi il concerto è alle 18.00, vuoi venire?-

-Da: Leo
Ore: 14.00
Hei, ragazzo tenebra, ma tu e Jason fate pranzo con noi?
Dai, oggi per pranzo c'è il polpettonenonsisaconcosasiafatto!-

-Da:Percy
Ore 16.5
Questo è il... quarto messaggio che ti scrivo? Penso di star iniziando a diventare oppressivo. Comunque io alle 18.00 sono lì. Se ti va di venire, io ti aspetto.-

 

Nico legge per l'ennesima volta il messaggio, mordendosi forte il labbro. Sente le tempie pulsargli, e l'indecisione lo sta quasi soffocando. È seduto a gambe incrociate sul letto, il giacchetto nero da aviatore intorno al corpo e un paio di pantaloni scuri a stringergli le gambe.
I capelli neri gli ricadono di fronte gli occhi, mentre legge i messaggi.
Cosa sta facendo? Perchè non risponde ai messaggi che Percy gli ha inviato? Perchè quel commento gli ha dato così fastidio?
Cosa lo turba davvero? Che Percy forse si è avvicinato a lui solo perchè gli ricorda il suo primo amore, o il fatto che i suoi occhi riescano davvero a tradirlo?
Li chiude, coprendoli poi con la sua mano.
Nico è un ragazzo forte. Nico non condivide i suoi stati d'animo con le persone, no. E le persone non possono avere il permesso di scavare dentro di lui mediante i suoi occhi. No.
E adesso ha paura, perchè se prima riusciva a tenere tutti fuori dalla sua vita, adesso anche questa certezza è crollata.
E si da dello sciocco, perchè forse sta pensando troppo. Forse dovrebbe solo alzarsi e andare da Percy. Eppure quel commento rimbomba dentro la sua testa, inchiodandolo al letto.
Spegne il telefono, e lo butta di fronte a sé. Geme frustrato, stropicciandosi gli occhi con una mano.
Perchè ha dovuto dirlo? Stava andando tutto così bene tra di loro.
Guarda l'orologio. Le 17:20.
Qualcosa dentro di lui esplode. No, non può rovinare tutto. Non questa volta.
Così, si alza dal letto, si sgranchisce le gambe ed infila le scarpe velocemente, prima di uscire dalla porta.
E, già lo sa, si pentirà di questa decisione.

*

Nico si era maledetto di questa decisione appena aveva messo piede nella metropolitana. Cosa avrebbe detto? Come si sarebbe giustificato per i messaggi? Lo avrebbe trovato, in mezzo alla folla?
E quelle domande gli risultano tutte sciocche quando, scendendo dalla metro, due grandi occhi verdi accompagnati da un sorriso lo accolgono.
Percy è seduto su una panchina e lo fissa felice, con gli occhi che quasi brillano. Le guance di Nico cambiano il loro solito colore pallido in un rosso acceso, che prova a nascondere sotto il suo giacchetto.
Il più grande si alza dalla panchina, raggiungendolo a grandi falcate. E tutto dentro la testa di Nico si scollega, lasciando spazio solo a quel sorriso.
“Sei venuto...” dice Percy, quasi come fosse una rassicurazione per sé stesso. “Stavo per perdere le speranze.”
Nico abbassa lo sguardo, alzando le spalle. “Per i messaggi, ecco io--” ma non fa in tempo a finire la frase, che due forti braccia gli avvolgono il corpo. Il più piccolo sgrana gli occhi, abbassa lo sguardo e incontra il corpo di Percy avvinghiato al suo. Percy lo sta abbracciando, e le sue gambe stanno seriamente tremando.
Respira il suo profumo di brezza marina, ma le sue braccia rimangono stese lungo i fianchi. Le guance scottano, e dei brividi caldi gli pervadono il corpo.
Percy lo sta abbracciando.
E vorrebbe alzare le mani ed affondarle tra quei capelli scuri, perchè per la prima volta sente di nuovo quella strana sensazione di protezione scorrergli dentro. Vorrebbe stringergli le braccia al collo, e chiedergli di non andarsene mai, perchè lui ha paura di stare male di nuovo.
Ma quel commento gli rimbomba in testa, così rimane fermo.
E quando si stacca da lui vorrebbe urlargli di rifarlo. Dei, oltre a Jason qualcuno lo aveva mai abbracciato in questo modo? Ma non lo fa. Rimane in silenzio, ed arrossisce.
Nico nasconde il viso dentro il suo giacchetto, e sente le guance scottargli più del normale.
“Non mi interessa dei messaggi. Sei qui, mi basta” esclama quindi il più grande, e quando Nico alza lo sguardo rimane sorpreso. Il viso dell'altro è felice, ha quel solito sorriso che gli incornicia il volto. E Nico capisce che a lui non interessa davvero dei messaggi. A lui importa solo che lui ora è qui, e questo gli basta.
Dei, quanto vorrebbe essere come lui.
Quanto vorrebbe riuscire ad essere felice per le piccole cose. Ma lui è stato privato di queste. Nico è stato privato di tutto, e si è convinto di non poter essere felice.
“Impazzirai per questa cover band, ne sono sicuro!” e quando parla, Percy sembra quasi un bimbo. Con la sua perenne gioia e spensieratezza.
Nico alza le spalle, nascondendo le mani in tasca. “Non so nemmeno chi sono...”
Le labbra del più grande assumono una strana forma ad 'o', per poi poggiarsi una mano sulla fronte. “Hai ragione! Non ti ho nemmeno parlato della band!”
“Già, sono del tutto all'oscuro.”
“Hm” mugola, prendendosi il labbro tra le dita nel solito gesto. “E' che te ne sei andato frettolosamente ieri sera, quindi non ho fatto in tempo!”
'Dei', si ritrova a pensare Nico, 'perchè deve essere così dannatamente provocante?'. Fissa le sue labbra, per poi ripuntare lo sguardo a terra, intimandosi di smetterla.
“Bhe” continua Percy, “non so se li hai mai sentiti. Sono una nuova band britannica, i Bastille. Non sono molto conosciuti, ma sono sicuro ti piaceranno.”
Nico alza le spalle, per poi mordersi il labbro. “Si, ho sentito qualche loro canzone. Mi piacciono.”
Percy sorride come un bimbo, portando la sua mano alla schiena del più piccolo in una fugace carezza. “Già il fatto che tu li conosca mi va bene!”
E Nico, come ogni volta, si perde nel suo sorriso.

*

Nico non si è mai trovato bene in mezzo alla folla, ma questa volta, con la mano di Percy sulla sua schiena a condurlo fuori da quella massa di persone, non si sente poi così a disagio.
Si, ogni volta che qualcuno che lui non conosce lo urta con un gomito o con una mano vorrebbe urlargli di allontanarsi e di non toccarlo, perchè a lui non piace essere toccato. Eppure la mano di Percy sulla schiena lo tranquillizza, e reprime il disagio dentro di sé.
Si erano ritrovati in mezzo a quella folla di gente senza riuscire a capire come. Era successo e basta, e Nico si era quasi fatto prendere dal panico. Percy aveva notato il suo pallore e il suo improvviso cambio d'espressione; così, senza farlo pesare al più piccolo, aveva deciso di allontanarsi da quelle persone.
“Non respiro qui” aveva detto. “Ti va se lo guardiamo da un altro luogo meno affollato?”
E Nico gli era stato davvero riconoscente. Avrebbe voluto abbracciarlo lì, davanti a tutti. Aveva capito il suo disagio senza che lui lo esponesse, e non solo non glielo aveva fatto pesare, ma non aveva nemmeno fatto domande.
Così ora si ritrovano fuori da quella folla, ed il più piccolo tira un sospiro di sollievo.
Gli sarebbe presa una crisi lì in mezzo, e Percy lo ha salvato.
Gli scocca un'occhiata, e per la prima volta si ritrova a fissarlo per il ragazzo che è: generoso, attento, impulsivo. Un ragazzo che per gli altri darebbe la sua stessa vita.
Un eroe, pensa, perdendosi in quel sorriso.
“Da qui non vedremo nulla” dice il più grande, mordendosi il labbro.
Nico si guarda intorno, cercando un luogo più alto dove poter riuscire a guardare il palco.
“Sai” continua Percy, abbozzando un sorriso. “Qui vicino c'è casa mia...”
Il più piccolo aggrotta le sopracciglia, per poi avvampare. “E allora?” risponde, scoccandogli un'occhiataccia.
“Oh, no! Non intendo quello!” si difende subito l'altro, alzando le mani. “Intendevo che dal tetto di casa mia forse riusciremmo a vedere qualcosa!”
Nico lo guarda stranito, per poi alzare le spalle. “Si, possiamo provarci.”
E Percy sorride di nuovo, prima di afferrare le sua mano ed iniziare a correre.

*

Le dita di Percy avevano toccato la sua mano, ne era quasi certo. Percy lo aveva preso per mano.
Si, lo aveva fatto per condurlo verso casa sua, ma lo aveva fatto. Ed ora, che le loro mani si sono allontanate, uno strano sorriso aleggia sulle labbra del più piccolo.
Eppure, più quel sorriso si apre, più quel commento gli rimbomba nel cervello.
Si ritrovano di fronte ad un palazzo. Le persiane sono quasi tutte chiuse, e Nico si chiede chi vive lì dentro insieme a Percy.
“E' qui che abiti te?” chiede, alzando lo sguardo fino al tetto. Il più grande annuisce, arricciando le labbra.
“Si” risponde “Ma non possiamo passare da dentro.”
“Hm? E perchè?”
Percy abbassa lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli. “Non voglio svegliare nessuno” dice quindi, in fretta. “Passiamo dalla scala sul retro, tanto porta pure quella al tetto.”
Nico inarca un sopracciglio, e per la prima volta si chiede che storia porti sulle spalle Percy. Gli aveva già donato una parte del suo passato, raccontandogli di quel ragazzo, e la cosa era andata catastroficamente. Se Nico si era sentito felice che Percy avesse condiviso con lui una parte di sé, col commento finale aveva distrutto ogni cosa, spingendo Nico a non voler più sapere nulla del suo passato.
Eppure ora, camminando verso la scala anteriore, Nico si chiede davvero cosa Percy Jackson abbia vissuto. Che rapporto ha con la sua famiglia? Ha superato il trauma di Luke? Come ha smaltito tutta quella tristezza?
I pensieri di Nico vengono interrotti dalla voce del più grande. “Sali” dice semplicemente, e Nico mette a fuoco l'immagine che ha davanti agli occhi.
Una piccola e stretta scala è attaccata al muro, e parte dall'alto per poi scendere verso terra. La fissa confuso, per poi sgranare gli occhi.
“Salgo qui sopra!? Tu sei pazzo!” esclama, facendo un passo indietro.
Percy sorride, per poi poggiare una mano sul suo braccio, facendolo arrossire.
“Soffri di vertigini?” chiede, addolcendo lo sguardo.
“No!” quasi urla Nico, continuando a fissare la scala. “Ma è da pazzi suicidi salire su quella roba!”
Percy scrolla le spalle, per poi allontanare la mano dal braccio del più piccolo.
“Io ci salgo tutti i giorni, e sono ancora qui” ammette, abbozzando un sorriso. “Forse un po' pazzo suicida lo sono.”
Nico gli rivolge un'occhiata, per poi storcere le labbra. E non sa perchè, ma quelle parole lo hanno colpito dentro.
“Oh, ti sto odiando!” sbuffa, prima di raggiungere la scala velocemente. “Giuro che se cado mi avrai sulla coscienza.”
Percy scoppia a ridere, fissandolo salire. “Ci sono io sotto di te. Se cadi ti prendo al volo.”
“Ah, taci idiota” risponde inacidito, iniziando a salire la piccola scala.
Percy abbozza un sorriso, per poi mettere piede sulla scala. “Ah, ti adoro versione gattino arrabbiato.”

-

Nico mette piede sul tetto tirando un sospiro di sollievo. Poggia le mani sulle ginocchia, e prende un profondo respiro.
Una mano calda si poggia sulla sua schiena, facendolo rabbrividire. “Tutto apposto?” chiede Percy, abbassandosi per incontrare il suo sguardo.
Nico annuisce, prendendo un ultimo respiro.
“Non la scenderò mai. Rimarrò qui sopra per sempre” dice, rialzandosi.
Percy sorride, facendo dei piccoli cerchietti sulla schiena del più piccolo con la mano. “Non è stato così tragico, dai.”
Nico gli scocca un'occhiataccia, aggrottando le sopracciglia. “Stai scherzando, Percy?”
Il più grande scoppia a ridere, con quella risata calda e bassa, per poi portare la sua mano di nuovo in quella di Nico. Le sue dita sfiorano quelle del più piccolo, per poi afferrarle.
Percy lo ha preso per mano.
“Dai” dice con tono dolce. “Vieni, da qui il palco si vede bene.”
Nico avvampa, e le gambe minacciano di non sorreggerlo. Non sa come riesca a muoversi senza cadere, ma in pochi secondi si ritrova dal lato opposto del tetto, con la sua mano in quella di Percy.
Lunghi brividi gli scorrono lungo la schiena, e per qualche secondo si dimentica come si faccia a respirare.
Percy lo sta tenendo per mano.
L'oscurità li avvolge, e Nico pensa a come non abbia fatto a notare che fosse sceso il buio. E loro due, in mezzo a quell'oscurità, si tengono per mano.
Poi le dita di Percy si allontanano dalle sue, e il freddo quasi gli entra dentro le ossa.
“Vieni, siediti. Il concerto ancora non è iniziato” gli dice, mettendosi seduto su uno strano tappeto dietro di loro.
“Vieni spesso qui?” chiede il più piccolo, sedendosi. Le loro mani sono di nuovo vicine, e il cuore di Nico sembra battere troppo velocemente.
Percy guarda in alto, soffermandosi ad osservare le stelle, per poi sorridere.
“Questo è il mio luogo segreto” ammette, senza abbassare lo sguardo. “Non faccio salire tutti qui sopra. Mi piace, mi rilassa.”
Nico avvampa, per poi ritrovarsi a sorridere. Non porta tutti qui sopra. Lui è uno dei pochi.
“A volte ho bisogno di un luogo dove pensare. Non trovi anche te che stare sempre in mezzo alle persone dopo un po' diventi faticoso?”
Nico alza lo sguardo anche lui verso il cielo, per poi scrollare le spalle.
“Non so, non sono un tipo che ama stare in compagnia. Non so cosa si prova a stare con le persone.”
Percy abbassa per un attimo lo sguardo, rivolgendolo verso il più piccolo.
“Cosa ti è successo, Nico?” chiede quindi, inclinando con fare curioso la testa. “Cosa ti ha ridotto così?”
Il più piccolo sussulta a quella domanda, e i polmoni sembrano svuotarsi improvvisamente. Spalanca gli occhi, e fissa le centinaia di stelle che ha sopra la testa.
La musica parte da sotto di loro, facendolo sussultare nuovamente.
Il concerto è iniziato, ma Nico non ha voglia di abbassare lo sguardo. Delle note lente si diffondono per l'aria, e il cuore di Nico sembra appesantirsi ancora di più.
“Io... A me non piace parlarne” ammette alla fine, con tono piatto.
Percy continua a fissarlo, per poi annuire piano. Abbassa lo sguardo, e per qualche secondo rimane fermo, come se stesse pensando. Poi punta di nuovo il suo sguardo verso il cielo, e la sua espressione si acciglia.
“Mi dispiace” dice, stringendo i pugni.
Nico inarca un sopracciglio, ma non sposta lo sguardo dalle stelle.
“Per cosa?”
“Non avrei dovuto chiedertelo. Mi dispiace.”
Il più piccolo abbassa finalmente lo sguardo, soffermandosi a guardare l'espressione corrucciata dell'altro.
Per un momento la sua mente si scollega, e Nico poggia la sua mano su quella di Percy. I suoi occhi scuri incontrano quelli verde mare dell'altro, che sembra quasi sorpreso.
“Percy” sospira, senza distogliere lo sguardo dal suo. “Io... Io non ne ho mai parlato con nessuno. E ho paura che facendolo ricadrei di nuovo in quel baratro da cui sono uscito con molta fatica.”
Il più grande continua a puntare il suo sguardo in quegli occhi neri, per poi stringere la mano del più piccolo tra la sua.
“Te lo giuro” continua quindi. “Quando mi sentirò pronto, io lo farò. Ma non adesso, non ce la faccio.”
“Nico...” sussurra il più grande, spostando finalmente il suo sguardo da quegli occhi scuri alle sue labbra.
Da quanto i loro volti sono così vicini?
Il più piccolo ringrazia mentalmente il buio, oppure il suo viso rosso sarebbe stato imbarazzante.
“Io... Io devo dirti una cosa” dice quindi Percy, senza distogliere il suo sguardo da quelle labbra.
Nico inarca un sopracciglio, inclinando un po' la testa. “Cosa?”
E Percy sta per parlare, quando un'altra musica, oltre a quella del concerto, si diffonde nell'aria. Il più grande sussulta, per poi allontanarsi. È il suo telefono che squilla.
“Diamine” sbuffa, per poi andare a ripescare il telefono dentro la sua tasca. “Ma chi è... pronto?” risponde con tono seccato.
Il suo volto assume un'aria più scura, per poi scuotere la testa. “Si è fatto male di nuovo!?” esclama a voce alta, esasperato. “Ma... dai, oggi è il mio giorno libero! Non posso sempre prendere il suo posto! N-no... si, mi farebbero comodo, ma sono impegnato ora!”
Percy butta un'occhiata a Nico, per poi storcere gli occhi in una buffa espressione esasperata.
“Okay, a che ora? Come il primo turno? Ora?” il suo tono di voce fa fuoriuscire la sua esasperazione, e Nico lo osserva mentre storce la bocca a socchiude gli occhi.
“Okay, va bene, ma ne dobbiamo riparlare di questa cosa” finisce, per poi richiudere velocemente la telefonata.
Sospira forte, per poi passarsi una mano tra i capelli mori. La musica continua ad andare avanti, di sottofondo, e Nico punta il suo sguardo verso il basso.
“Nico, ecco, io dovrei--”
“Vai, non c'è problema per me.”
Percy alza il viso, per poi incontrare lo sguardo del più piccolo. “Davvero, vorrei tanto rimanere, ma--”
“Percy, ho detto che non fa niente. È lavoro, no?”
Il più grande annuisce, per poi alzarsi dalla coperta che li copriva dal freddo del pavimento. E Nico vorrebbe sapere cosa Percy doveva dirgli, ma rimane in silenzio, mentre si dirige verso la scala.
“Ti aiuto io” si offre quindi il più grande, posando una mano sul suo braccio. Nico gli scocca un'occhiata, per poi storcere le labbra.
“Devo farlo per forza?” dice, sospirando.
Percy sorride, annuendo. “Forza, in discesa è molto più semplice che in salita. Vado prima io!”
E prima che Nico possa anche solo provare a controbattere, l'altro ha già iniziato a scendere la scala.

-

Quando Nico poggia i piedi a terra ringrazia gli Dei di essere ancora vivo. Tira un secondo sospiro di sollievo, per poi scuotere la testa.
“Sono sul serio felice che tu mi abbia portato nel tuo luogo, ma non verrò qui sopra mai più” annuncia, infilando le mani in tasca.
Percy sorride, per poi passargli una mano in mezzo ai capelli.
“Sono felice anche solo che tu lo abbia visto.”
Eccolo di nuovo, quel calore insopportabile che pervade il corpo del più piccolo quando la sua pelle entra in contatto con quella di Percy.
“S-Si” balbetta, per poi abbassare lo sguardo. “Ora vai, o farai tardi.”
Percy annuisce, per poi mostrargli il suo solito sorriso. “E' stata una bella serata, anche se corta.”
E Nico fa solo in tempo ad annuire, prima che Percy faccia una cosa del tutto inaspettata. Avvicina il suo volto a quello del più piccolo, e poggia le sue labbra sulla sua fronte. Il corpo di Nico si blocca, e il respiro gli si mozza in gola.
Le labbra di Percy stanno toccando la sua pelle, e lui sta per svenire, se lo sente.
“Ci vediamo, gattino arrabbiato” dice, prima di lasciargli un'ultima fugace carezza sulla guancia, ed iniziare a correre fuori dalla sua visuale.
E Nico non può fare altro che rimanere lì fermo, con il punto dove Percy lo ha toccato con le labbra che brucia, e il cuore nel petto che ha iniziato a battere più velocemente del solito.

*

Quando rientra nell'alloggio, le gambe di Nico ancora tremano. Ha un sorriso ebete sul volto che non ha intenzione di sparire.
Dannato ragazzo, lo farà impazzire.
“NICO!” urla qualcuno appena apre la porta dell'alloggio, per poi saltargli addosso.
“L-Leo!” geme frustrato il moro, cercando di spostare il corpo dello spagnolo dal suo. “S-Spostati!”
Il castano si sposta, per poi mettere su il suo solito sorriso furbo. “Jason è decisamente arrabbiato” dice quindi, alzando le sopracciglia.
“Cosa? Perch--”
“Nico!” la voce bassa dell'amico lo fa sussultare, e poi due forti braccia avvolgono il suo corpo.
“J-Jason?”
Quando il biondo si sposta dall'abbraccio, e Nico incontra i suoi occhi chiari, vede in questi chiaro segno di angoscia.
“Ma cosa è successo?” chiede, aggrottando le sopracciglia. Entra dentro la stanza, e si siede sul letto.
“Cosa è successo!?” esclama esasperato Jason, entrando anche lui con al seguito un euforico Leo. “Nico, sei scomparso per due ore e mezza! Non riuscivamo a contattarti, mi hai fatto prendere uno spavento!”
Il più piccolo si maledice mentalmente, mentre ricorda di non aver nemmeno inviato un messaggio a Jason per avvertirlo della sua uscita.
“Mi spieghi dove sei stato!? Stavo per chiamare la polizia!” il biondo quasi urla, e mentre parla gesticola come un pazzo. Nico sa che l'altro sta contenendo la rabbia, anche essendo di carattere tranquillo.
“Ti rendi conto di quanto mi hai fatto preoccupare, Nico? Tu... tu non puoi prendere e uscire così! Devi farmi sapere dove sei! Poi il mio telefono Leo lo ha fatto cadere nel gabinetto, non sapevo come rintracciarti e--”
“Jason” lo interrompe il più piccolo. “Io... mi dispiace” dice quindi, abbassando lo sguardo.
E quel moto di protezione che di solito prende possesso del corpo del biondo, esplode di nuovo nel suo petto.
“Oh, Nico...” sussurra, avvicinandosi e riprendendo il corpo del più piccolo tra le sue braccia. Quel corpo così piccolo e così fragile, vorrebbe proteggerlo da tutti i mali del mondo.
“E' che mi sono preoccupato, tutto qui...” gli dice, direttamente nell'orecchio.
Nico sospira, abbandonandosi a quell'abbraccio caldo. Poggia la fronte sulla spalla del biondo, per poi socchiudere gli occhi.
“Lo sapevo!” esclama una voce dietro di loro, con decisamente troppo entusiasmo. “La Jasico esiste!”
Nico geme frustrato, per poi tirarsi indietro da quell'abbraccio.
“La... cosa?” esclama il moro, per poi stropicciarsi gli occhi. Quanto vorrebbe quel fastidioso spagnolo fuori dalla sua stanza.
“La Jasico! Jason e Nico!”
Jason alza gli occhi al cielo, per poi incrociare le braccia al petto. Nico invece gli lancia un'occhiataccia, socchiudendo gli occhi.
“Hai rotto il telefono di Jason?” chiede inacidito, incrociando le gambe sul letto.
Leo alza le mani, in segno di difesa. “Non l'ho fatto apposta, giuro!”
“Non voglio sapere come è andata, sinceramente” dice, scuotendo la testa. “Ma più che altro, non potevi provare a chiamarmi col tuo cellulare? Hai detto di averne comprato uno nuovo dopo la fine dell'altro!”
“Si!” risponde quindi il castano, poggiando la schiena al muro. “Ma avevo perso il tuo numero!”
“Non dire sciocchezze, Valdez. Quando lo hai comprato ti sei vantato con noi per tre ore di come fossi riuscito a ritrasferire tutto quello che avevi sull'altro telefono a questo, compreso quel video” dice, alzando gli occhi al cielo. “E poi mi hai inviato un messaggio stamattina!”
Leo sgrana gli occhi, per poi voltarsi a fissare Jason. “Io... uhm. Non ricordo di aver mandato nessun messaggio!”
“Bugiardo!” urla Nico, puntandogli un dito contro. “Prendi il tuo telefono e vedremo!”
“C-cosa? Mai!” urla in risposta lo spagnolo, prendendo il telefono dalla tasca e stringendoselo al petto come fosse un tesoro.
“Jason, prendi quel telefono! Questo spagnolo non ha voluto aiutarti!” esclama quindi il moro, scoccando un'occhiata al biondo.
E, come previsto, Nico si ritrova tra le mani il telefono del castano pochi attimi dopo.
“Ah! Traditore! Traditore del tuo stesso sangue! Doppiogiochista” urla Leo contro il biondo, portandosi una mano nei suoi capelli indomabili.
“Mi stavi affianco mentre mi preoccupavo, e invece che aiutarmi ti sei inventato una scusa per non farmi chiamare!” risponde piccato Jason, scoccandogli un'occhiata offesa.
“Jason, puoi ancora schierarti! Il ragazzo tenebra sta mentendo! Riprendi quel telefono per me! Ti pagherò bene! In lingotti d'oro! Ti piacciono i lingotti d'oro, no?”
Nico, nel frattempo, scorre veloce tra i messaggi del castano, ricercando il messaggio che quella mattina il ragazzo gli ha inviato.
“E' arrivata la tua ora, Valdez” dice il moro, maneggiando col telefono.
I suoi occhi si puntano sul messaggio della mattina, per poi sorridere furbo. “Bingo!” dice, pregustando già la figuraccia dello spagnolo.
“Ecco il messaggio!” esclama, mostrandolo a Jason. Il biondo scocca un'occhiata irritata a Leo, incrociando le braccia al petto.
“Leo? Hai qualcosa da dire in tua difesa?”
Nico riprende il telefono tra le mani, e lo sta per chiudere, quando un nome familiare lo attira.
“E va bene” risponde Leo, sospirando. “Pensavo fosse un altro piano per distruggermi anche questo telefono e perdere il video, e non volevo darvela vinta, okay?”
Nico scorre su quella conversazione, e il suo cuore quasi non si blocca. Perchè c'è un contatto nel telefono di Leo col nome 'Percy Jackson'?
“LEO!” urla quindi il biondo, alzando le mani al cielo. “Non solo mi hai rotto il telefono, ma non mi hai nemmeno aiutato per paura che io rompessi il tuo!?”
Le dita di Nico scorrono veloci sulla conversazione che ha con quel contatto, e per un secondo il suo respiro si ferma.
Il battibecco tra quei due è come se scomparisse alle sue orecchie, mentre i suoi occhi scorrono veloci sulla conversazione.

Leo: Il piano è semplice. Devi solo sedurlo, per il resto faremo tutto noi.

Percy: Nico, no? Il ragazzo moro?

Leo: Si, quello perennemente incazzato. Seguilo, e provaci con lui. Te l'ho detto, il resto lo facciamo noi. Pensi di potercela fare?

Percy: Ovvio, è il mio lavoro alla fine, no? E poi penso di averci già parlato con questo Nico. Sarà un gioco da ragazzi.

Leo: Perfetto. A stasera.

 

E, in pochi attimi, il nero dentro di Nico esplode di nuovo.

*

Nico non aveva mai visto un uomo tanto brutto. O almeno, ai suoi occhi, quello era l'uomo più brutto che avesse mai visto in vita sua.
Avrà avuto quarantacinque anni, ma Nico gliene avrebbe dati almeno sessanta.
Capelli neri e sporchi, che a ciuffi si attaccavano sulla sua pelle butterata e sudata. Gli occhi piccoli, i denti sporchi e, soprattutto, una lunga cicatrice a spezzargli il viso.
Una cicatrice sopra l'occhio. Una cicatrice brutta, che finiva sopra l'occhio e poi ripartiva sotto, percorrendo tutta la guancia.
Il segno dei punti era ancora visibile, e quel profondo taglio era così rosso da sembrare ancora aperto e fresco. Eppure era richiuso, e deturpava il volto di quell'uomo.
E Nico lo odiò, sopra ogni cosa.
Ora, dopo qualche minuto dall'entrata di quell'uomo, il moro è ancora poggiato alla finestra a fissarlo.
I suoi occhi sono spalancati, e il suo corpo non si muove. È lui? È lui che ha ucciso la sua famiglia?
Il suo sguardo si sposta sulle sue mani grandi e callose. Con quelle mani? Con quelle mani ha ucciso Maria, Ade e Bianca?
La cicatrice. È quella? E' quella schifosa e stramaledetta cicatrice che la sua famiglia ha visto come ultima cosa?
Nico...” sussurra Jason, posandogli una mano sulla guancia. Sta piangendo. Sta piangendo e non se ne era nemmeno accorto.
E' lui, lui li ha uccisi...” sussurra il più piccolo, sgranando gli occhi.
Il biondo lancia un'occhiata all'uomo dietro la vetrata, e sospira. Non può dirgli di si, anche se sa che quell'uomo centra sicuramente qualcosa con la morte della sua famiglia.
Q-Quell'uomo... lui ha preso la vita della mia famiglia?”
E il nero dentro di lui si espande. Si mischia con la rabbia, creando disperazione.
Tu” dice Nico, puntando il dito contro il vetro. “Tu li hai uccisi.”
Nico, dobbiamo and--”
Tu!” urla, sbattendo il pugno contro il vetro. “Tu li hai uccisi!”
Nico!” esclama Jason, sgranando gli occhi.
TU!” e Nico sbatte il pugno più forte che può sul vetro. Questo fa un rumore strano, per poi vibrare. “TU MI HAI PORTATO VIA TUTTO!” urla come un forsennato, dando un altro pugno contro il vetro.
Questo vibra ancora di più, e il movimento sembra passare anche nell'altra stanza. Il poliziotto e l'uomo alzano in contemporanea lo sguardo, e per un secondo Nico lo fissa negli occhi.
Nico fissa negli occhi l'uomo che ha ucciso i suoi genitori e sua sorella. Lo fissa, e darebbe di tutto per poter stringere le mani intorno al suo collo.
BASTARDO!” urla, sbattendo entrambi i pugni. “BASTARDO! BASTARDO! BASTARDO!”
Nico, ora basta!” esclama Jason, allontanando via il più piccolo dal vetro con uno strattone. Afferra la vita di Nico con un braccio, e lo trascina fuori dalla stanza, mentre l'altro continua a sbraitare.
Riportami dentro, Jason! Riportami dentro!” urla, e le lacrime escono spontanee.
No” afferma il biondo, stringendo la presa. “Lo avevo detto. Appena la tua mente avrebbe dato segni di cedimento, ti avrei portato via.”
E Nico piange, mentre viene trascinato fuori dalla caserma. Piange, mentre Bianca ride nella sua mente. Piange, mentre sua madre gli augura la buonanotte. Piange, mentre suo padre gli ripete di essere forte.
E piange. Ed è solo.
E l'unica cosa che lo manderà avanti, adesso, è riuscire a ritrovare quell'uomo e fargliela pagare.
Perchè, lo sa, quel viso e quella cicatrice non se le scorderà mai.
*


Angolo miiiio!:D
Maaaaaciao! Oookay, per questo capitolo non so assolutamente cosa dire, visto che sono di corsissima, e ho postato perchè ho deciso che ormai di Venerdì aggiorno u.u
Yep, ogni Venerdì aggiornerò la storia! u.u
Eeee, niente... su questo capitolo non so davvero cosa dire lol. Solo, l'ho scritto davvero davvero di corsa. I miei rompono con questi regali di Natale, pulizie, cene a casa e roba varia, quindi ho dovuto scriverlo con una mano, mentre con l'altra stiravo i panni e con i piedi facevo i compiti di matematica. (MATEMATICA SEMPRE IN MEZZO!)
Well, il succo è: se ci sono degli errori, fatemelo notare, che li cambio subito:3
Detto questo, risponderò alle recensioni del capitolo precedente il prima possibile! Se riesco anche dopo cena!
E... sul serio, non riesco nemmeno a descrivervi quanto cavolo mi faccia piacere sapere che la storia sta piacendo...
Non lo so, sono davvero davvero tanto felice. Quando leggo le recensioni, o guardo in quanti la seguite mi emoziono moltissimo. Davvero, sono felicissima.

Quindi GRAZIE, DI CUORE.

Eeee, ero partita con il 'non so che scrivere' e ci ho scritto una pergamena.
Vi saluto qui, e visto che la prossima volta aggiorno il 26, AUGURI DI NATALE IN ANTICIPO A TUTTI! <3
Un bacione, LauraPalmerBastille.

 

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Capitolo 6
*** Difenditi. ***


Save me, Percy Jackson.



Prima di iniziare a leggere il capitolo voglio avvertirvi che in questo capitolo non avremo Flash-Back dal punto di vista di Nico, ma da quello di Leo.
Perchè non è così cattivo come si era pensato!:3
Ah, e la prima scena è FemSlash. Non la inserisco nelle caratteristiche della storia perchè è davvero piccola come parte:)
Buona Lettura! <3

 

Piper sorride affabile al professore, mentre lui scrive il voto più alto della classe sul foglio.
Complimenti, signorina McLean, questa volta se l'è cavata davvero bene! Ed era pure ora, dopo tutte le volte che l'ho bocciata!” ride il professore, portandosi una mano in mezzo ai capelli biondi e indossando un paio di occhiali scuri.
Si, grazie professor Apollo!” risponde la ragazza, riprendendo i libri e fogli che aveva precedentemente poggiato sulla scrivania.
Non ringraziarmi! Ringraziami più che altro di averti illuminata con le mie fantastiche lezioni sulla filosofia antica!” dice, mostrando il suo sorriso più furbo.
'Ma se le sue lezioni sono così illuminanti, perchè ne boccia così tanti?' vorrebbe dire la castana, ma si morde il labbro ed annuisce, prima di uscire di corsa dalla stanza.
Fuori dalla porta, con le braccia conserte e la schiena poggiata al muro, Reyna la aspetta impaziente. I lunghi capelli castani sono raccolti in una coda, e il suo sguardo continua a finire sul suo orologio.
Reyna...” la chiama una voce, facendola sussultare. La ragazza si volta, ed incontra gli occhi scuri e caldi dell'altra.
Come è andata?” chiede, senza lasciar trapelare la sua emozione.
Piper si avvicina, e le poggia una mano sul braccio. L'altra lo osserva, per poi mordersi il labbro. Perchè ogni volta che Mclean la tocca, il suo corpo le manda strane vibrazioni?
Io...” balbetta Piper, abbassando lo sguardo. “Ecco, diciamo che--”
Ah, no!” la interrompe l'altra, aggrottando le sopracciglia. “Bocciata per la quinta volta no! Quell' Apollo se la vedrà con me! Hai studiato come una forsennata per questo esame e--”
Reyna, aspetta!” ride, poggiandole le mani sulle spalle. “Io... HO PRESO 30 E LODE!”
Il silenzio cala tra le due, riempito solo dal respiro accelerato di Reyna.
Piper la osserva, e non capisce perchè quel viso la attiri così tanto. Cosa c'è in Reyna che la fa diventare così dipendente da lei?
Poi il silenzio che fino a prima le avvolgeva si scioglie. Reyna scoppia a ridere, una risata bella, cristallina, calda.
Poi, inaspettatamente, prende il viso dell'altra tra le sue mani.
Sei una tale stupida! Sapevo che ce l'avresti fatta!” ride, prima di poggiare le sue labbra su quelle di Piper. Ed il suo cuore esplode, quando le labbra calde di Reyna si poggiano sulle sue.
Dei, da quanto lo aspettava? Sgrana gli occhi, per poi richiuderli ed avvolgere le sue braccia intorno al collo dell'altra.
Sorride in quel bacio, per poi avvicinarsi di più al corpo di Reyna. La sta baciando, dopo mesi di attesa. Le loro labbra si stanno finalmente toccando.
Reyna si allontana, e alla vista delle guance rosse di Piper sorride, per poi accarezzarle.
Okay, questo è un bellissimo regalo...” sussurra l'altra, arrossendo ancora di più.
Era ora che una di noi due lo facesse.”
Sono d'accordo” risponde Piper, riavvicinando le sue labbra a quelle di Reyna.
ODDEI CE L'AVETE FATTA ALLA FINE!” urla una voce, per poi sbattere una mano sulla schiena di Piper.
Leo!” esclama la ragazza, allontanandosi dall'altra. “Ma cosa ci fai qui?”
Cosa ci faccio qui?” chiede, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Voglio sapere come è andato il tuo esame!”
E non potevi aspettare che finissimo?” commenta inacidita Reyna, alzando gli occhi al cielo.
Leo si volta a guardarla, per poi sorridere furbo e farle un occhiolino. “Avrete tutto il tempo che volete in camera.”
Reyna alza un sopracciglio, per poi schioccare la lingua sul palato. “Mi piacerebbe poter dire la stessa cosa di te e un'altra
ipotetica persona, prima o poi.”

Piper sopprime una risata, prendendo per mano la ragazza. Quei due si sono sempre stati antipatici, e lei non ne ha mai capito il motivo.
Ma Reyna non è una ragazza che intavola uno scontro senza nessun motivo, quindi la maggior parte del tempo lo ignora semplicemente.
Perchè, io da solo non ti basto?” risponde lo spagnolo, alzando le sopracciglia in modo provocante.
Ho paura che tu da solo dovrai bastarti per un bel po', se continui così.”
Hey, vorresti dire che--”
HO PRESO IL MASSIMO DEI VOTI!” urla quindi Piper, cercando di porre fine a quella litigata inutile.
Leo sorride, per poi abbracciare l'amica. “Sapevo che il non avere vita sociale per tutto questo tempo ti avrebbe ricompensata!”
Leo” ride Piper, alzando gli occhi al cielo. “Ho più vita sociale di te!”
E io più di quel tenebroso di Nico! Siamo pari, no? Adesso diffondiamo la notizia a tutti!”
Leo...” lo richiama la ragazza, arricciando le labbra. “Smettila di punzecchiare Nico.”
Lo spagnolo si volta, e assume un'espressione alla 'e da quando tu difendi Nico Di Angelo?'.
Piper scuote la testa, sospirando. “Ricordi che ieri sera siamo andati tutti in quel locale in città?”
Si, ma non eravamo tutti. Nico non è venuto” precisa Reyna, stringendo le sue dita intorno a quelle dell'altra ragazza.
Ecco, poi voi siete andati tutti via prima, e siamo rimasti solo io e Jason... bhe, lui mi ha raccontato un po' di cose sulla vita di
Nico.”

Per un momento Leo perde il solito sorriso, ed aggrotta le sopracciglia. Reyna si volta a fissarla, arricciando le labbra.
Non dovrei raccontarle, me ne ha parlato solo perchè era più disperato del solito. Ma di Reyna mi fido” dice, scoccandole un bacio sulla guancia. “E tu” continua, indicando Leo, “voglio raccontartelo perchè così tu smetta di torturare quel povero ragazzo!”
Io? Torturare? Ma io scherzo solo!” si difende il castano, alzando le mani.
Senti, Jason e Nico sono amici dalla nascita, e tutti noi ci conosciamo da un anno. Ed in un anno Nico non ci ha mai raccontato del suo passato e...”
Piper, cosa gli è successo?” chiede Reyna, aggrottando le sopracciglia.
Piper sospira, per poi socchiudere gli occhi. “Quando aveva 17 anni, i genitori e la sorella maggiore di Nico sono stati uccisi brutalmente. Qualcuno è entrato in casa loro e gli ha sparato, mentre Nico era da Jason.”
Oh Dei...” sussurra Reyna, assottigliando gli occhi.
Leo strabuzza per un attimo gli occhi, per poi abbassare lo sguardo ed accigliarsi, come se stesse pensando. Per la prima volta, non sa cosa dire.
Quel ragazzo è sempre stato molto chiuso e solo, e dopo la morte della sua famiglia...bhè, si è chiuso del tutto in sé stesso. Si apre solo con Jason, e raramente.”
Siamo stati un anno con Nico, e non ha mai nemmeno accennato a questa storia” borbotta Reyna, mordendosi un labbro.
Jason è preoccupato, non sa cosa fare con lui... dice che vorrebbe aiutarlo in qualsiasi modo, ma non sa come.”
Ma certo!” esclama quindi Leo, alzando lo sguardo. “Nico ha bisogno di un fidanzato!”
Piper e Reyna aggrottano le sopracciglia, scuotendo la testa.
Nico è gay?” chiede quindi la castana, alzando un sopracciglio.
Te lo immagini Nico con una ragazza?”
Okay, Nico è decisamente gay. Ma non credo che--”
Oh andiamo!” la interrompe, sorridendo. “A Nico serve una persona che gli stia vicino, qualche bacetto e carezza e sarà come nuovo!”
Leo, io non penso che--”
Jason! Andiamo, lui è sicuramente attratto da Nico! Già ne ero convinto, ma da quando ci ha dichiarato di essere bisessuale ne sono ancora più sicuro!”
Forse, ma--”
Dobbiamo trovare un modo per fargli capire che sono fatti l'uno per l'altro!”
E come?” questa volta è Reyna a parlare, incuriosita dal piano.
Questo lasciatelo a me. Aiuterò Nico ad uscire da questo periodo” dice, abbozzando un sorriso scaltro.
Poi apre con forza le porte della mensa, assume l'espressione più furba che abbia e sorride.
Signore e signori!” urla. “Date il benvenuto alla nuova regina di filosofia antica!”

*

Nico sente qualcosa esplodere dentro di lui. Qualcosa di nero, viscido, qualcosa che era riuscito a togliere dal suo organismo dopo una lunga lotta.
E le lacrime gli salgono agli occhi. Da quanto tempo è che non piange? Da quanto tempo non ne sentiva il bisogno di farlo?
Eppure ora vorrebbe solo alzarsi, prendere a pugni Leo, rannicchiarsi per terra e piangere.
Ma non può. Jason è lì, e lui non sa nulla. Non deve sapere nulla. E poi gli manca il respiro. Perchè tutto ha iniziato a girare?
Non ricordava la sensazione di quando il dolore ti prende di botto. Non la ricordava, ma ora la riconosce.
Il telefono dello spagnolo gli cade dalle mani, ed i suoi occhi si abbassano sul pavimento.
I due vicino a lui si zittiscono. Jason aggrotta le sopracciglia, e si avvicina al più piccolo. “Nico, va tutto bene?”
'no, No, NO! NON VA TUTTO BENE. AIUTAMI, JASON, AIUTAMI! STA RIACCADENDO, DI NUOVO!' vorrebbe urlare, ma rimane per un secondo in silenzio.
“S-si, va tutto bene, solo un giramento di testa...” farfuglia, senza alzare lo sguardo. “Io esco un pochino a prendere un po' d'aria...”
Si alza in piedi, e barcollante si dirige verso la porta. Jason insiste nel volerlo seguire, ma lui con un gesto della mano gli ordina di restare dove è.
'Fa male', è il suo unico pensiero. 'Fa troppo male.'
Si chiude la porta dietro, e le sue gambe iniziano a correre, verso una meta che nemmeno lui conosce.
Nico corre per minuti interi. Dieci, venti, trenta, non gli importa. Corre, e tutto dentro di lui brucia, insieme al suo cuore.
Nico, no? Il ragazzo moro?
Il fiato gli si mozza in gola, ma le sue gambe continuano a muoversi veloci.
Seguilo, e provaci con lui.
Il cuore batte troppo velocemente, la testa gli pulsa, il cuore gli fa maledettamente male.
Ovvio, è il mio lavoro alla fine, no?
Le gambe, ormai stanche, cedono. Nico cade per terra con un tonfo. Riesce ad attutire la caduta con le mani, ma la testa sbatte lo stesso per terra.
E poi penso di averci già parlato con questo Nico.
La testa gli pulsa, dovrebbe rialzarsi, ma non ne ha voglia. Si rannicchia su se stesso, nascondendo la testa tra le gambe.
Sarà un gioco da ragazzi.
E le lacrime scendono sul suo viso. Calde, roventi. È come se si imprimessero a fuoco sulle sue guance.
Si era ripromesso di non affezionarsi a nessuno, ma ci è ricascato. Ed è stato abbandonato di nuovo.
Abbandonato, preso in giro, umiliato. Percy lo ha solo usato, era tutto un gioco. Tutto un gioco.
Percy non lo ama davvero. Percy non lo ha mai amato. Era tutta una presa in giro da parte di Leo. Percy non è mai stato attratto da lui. Lui è sempre stato un errore. Percy lo aveva quasi convinto del contrario. Invece è tutto vero.
Nico è sbagliato. Lui non merita di stare qui.
Si era ripromesso di non affezionarsi a nessuno, perchè invece ci è ricaduto? E il dolore sembra squarciarlo dentro. Perchè la vita non ha ancora smesso di offrirgli sofferenze?
Si fissa le mani, sono rosse e delle piccole gocce di sangue imperlano la sua pelle pallida. Deve averle strusciate durante la caduta.
Ma non deve farlo. Non deve ricadere dentro il nero. Si morde forte il labbro, ed affonda la testa tra le ginocchia.
E poi piange, tanto. Singhiozza forte, come se il dolore potesse uscire fuori insieme alle sue lacrime. Perchè fa così male? Non può resistere. Non di nuovo.
“Nico...” una voce calda lo fa sussultare, ma non alza il viso. Vuole restare da solo, assorbire tutto il dolore dentro il suo organismo.
“Vai via, ti prego” è la sua risposta, con la voce impastata e scossa dai singhiozzi.
“No, non vado via.”
“Vai via ho detto!” quasi urla, stringendo le braccia più forte intorno alle sue gambe.
“No, non me ne andrò mai” risponde la voce. E poi due braccia si avvolgono intorno al suo corpo, e lo stringono forte. Un odore dolce di cannella e zucchero gli pervade le vie respiratorie, mentre quelle due magre braccia lo stringono.
“Hazel...” singhiozza, poggiando la fronte sul suo braccio. La ragazza si infila tra le sue gambe, avvolge le braccia intorno al suo collo e lo scalda in questo dolce abbraccio.
“Sfogati, Nico. Non tenerti sempre tutto dentro” e quelle parole distruggono il più piccolo. Le lacrime escono di nuovo spontanee, e continua a singhiozzare con la testa sulla spalla della ragazza.
E, per un secondo, il nero dentro di lui si allevia.

-

Nico aveva raccontato quasi tutto. Dopo minuti infiniti di silenzio, aveva aperto la bocca e raccontato a grandi linee cosa gli stava provocando tutto quel dolore.
Parlare dei suoi sentimenti non era mai stato il suo forte, eppure con Hazel le parole gli uscivano fuori tranquillamente. È come una sorella per lui, una dei pochi disposti a cercare di capirlo.
I suoi occhi color cioccolato non si erano mai spostati da lui, e la sua mano era sempre rimasta su quella di Nico.
E lui aveva parlato. Non di tutto, non di quanto Percy gli piacesse, non di quando le loro labbra erano state così vicine, poco prima sul tetto, non di quando le braccia di Percy lo avevano avvolto. Non gli ha raccontato di quando Percy ha provato a baciarlo nel bagno, per poi invitarlo ad uscire al suo rifiuto. Non gli ha raccontato di come lo avesse fatto sentire giusto, e di come lui si fosse ritrovato a parlare del più e del meno come un ragazzo della sua età normale.
Ma aveva raccontato la situazione a grandi linee, e il viso di Hazel ora ha uno strano cipiglio.
“Che stronzo” esclama alla fine, inarcando le sopracciglia. “Dei, Leo lo prendo a botte io per te!”
Nico abbozza un sorriso, all'inattesa rabbia della ragazza. Hazel è sempre stata una persona posata, tranquilla, e vederla così lo diverte.
“Mi fa piacere vedere che sorridi” dice la ragazza, accarezzandogli piano una guancia. “Da questi occhietti non dovrebbero uscire lacrime di tristezza, ma solo di felicità.”
Nico abbassa lo sguardo, scuotendo la testa. “Io...”
“Tu” lo interrompe la ragazza, mettendogli una mano sotto il mento e alzandogli il viso. “Devi andare da quel ragazzo, e fargli capire che non si gioca con i tuoi sentimenti. Non sparire come se nulla fosse. Inizia a proteggerti.”
Nico strabuzza gli occhi, per poi mordersi il labbro.
“N-No... Hazel, io non voglio--”
“Nico” lo richiama lei, abbozzando un sorriso dolce. “Non distruggere te per ciò che fanno gli altri. Non abbatterti, abbattili.
Il più piccolo la guarda per qualche secondo, sorpreso. Il nero dentro di lui si affievolisce, e stringe la mano di Hazel nella sua.
“Se tu non fossi arrivata, ho paura che io... io sarei ricaduto in--”
“Ma non lo hai fatto” lo interrompe la ragazza, poggiando l'altra mano su le loro già unite. “Hai resistito, e poi sono arrivata io ad aiutarti. Ma tu ti sei fatto forza.”
Nico annuisce, mordendosi forte il labbro.
“Ho paura che quando lo vedrò io non avrò la forza di... di affrontarlo.”
“Nico” lo chiama Hazel, con tono dolce. “Hai affrontato di peggio di un ragazzetto che si prende gioco dei tuoi sentimenti. Diamine, hai affrontato il dolore puro, tu. Sei già marchiato dentro abbastanza... non permettere agli altri di farti altro male. Difenditi.”
Il più piccolo sgrana gli occhi, sorpreso da quel discorso.

Difenditi.

Lo ha mai fatto? Ha mai difeso sé stesso dagli altri? Ha mai provato a non richiudersi in sé stesso, ma a difendere i propri sentimenti?
“Voglio vederlo” dice quindi, e trema a quelle parole. “Non voglio scappare.”
Hazel sorride felice, alzandosi in piedi. “Bene! Così ti voglio, grintoso!”
Nico abbozza un sorriso, per poi stringere i pugni quando il contenuto dei messaggi gli ritorna in mente. Una rabbia irrefrenabile gli scoppia dentro, e la voglia di riversare su Percy tutto il suo dolore aumenta dentro di lui.
Afferra il telefono dalla tasca, e le sue dita si muovono veloci.
“Pronto?” risponde subito una voce dell'altro capo. Nico si irrigidisce. Un brivido freddo gli scorre lungo tutta la schiena, e sgrana gli occhi. È una voce femminile.
No, Percy non può avergli mentito anche sulla sua sessualità, no. Non può averlo fatto.
“Pronto? Chi parla?” chiede la voce.
E la rabbia dentro Nico scoppietta.

*

Sei uno stronzo!” gli urla Piper nell'orecchio, ridendo forte. “Lo sai che mi piacciono le ragazze!”
Leo si rivolge verso di lei, per poi buttare un'occhiata anche alla ragazza che ha affianco. 'A te non piacciono le ragazze, a te piace Reyna' vorrebbe dire, ma “Ma non mi dire!” si limita a rispondere, ridendo.
Piper lo segue in questa risata, poggiando poi la mano su quella della sua ragazza.
Leo poggia di nuovo lo sguardo sul ragazzo che si sta strusciando sul palo. Come aveva detto di chiamarsi? Warm? Woll? Will?
Non gli interessa. La cosa che lo interessa è che, il suddetto ragazzo, sta esplicitamente facendo l'occhiolino a Nico strusciandosi sul palo.
Diamine, Nico! Hai fatto conquiste!” urla, per poi voltarsi a studiare la sua reazione.
Un sorriso furbo appare sul suo viso, mentre lo fissa alzarsi arrabbiato dalla sedia e scappare via dal tavolo. Il ragazzo di fronte a loro sta ancora ballando intorno al palo, e il suo piano sembra quasi essersi completato.
Jason gli lancia un'occhiata arrabbiata, prima di aggrottare le sopracciglia. “Leo, quando fai così vorrei prenderti a pugni, te lo giuro!” urla, gesticolando.
Poi, ancora furioso, si alza ed inizia a cercare il moro tra la folla.
Lo spagnolo continua a sorridere, appoggia la schiena sulla sedia e si passa una mano in mezzo ai capelli.
Leo?” lo chiama Piper, aggrottando le sopracciglia.
Il castano si volta, col suo solito sorriso furbo sulle labbra. “Dimmi tutto, bellezza.”
Non capisco, quale sarebbe il tuo piano?”
Leo si passa nuovamente la mano in mezzo ai capelli, per poi alzare le sopracciglia. “Semplice, punto sulla gelosia!”
Gelosia?” chiede quindi Reyna, incuriosita.
Lo spagnolo annuisce, per poi buttare un'occhiata al ragazzo sul palco che, giocando con le mutande, si sta strusciando decisamente in modo troppo spinto sul palo.
Pensi che Nico non abbia paura che a Jason piacciano queste cose? Secondo te perchè se ne è andato via così arrabbiato?”
Piper scocca un'occhiata a Reyna, per poi poggiare la testa sulla sua spalla e sospirare. “Leo, penso tu ti stia sbagliando. Nico era infastidito per la situazione, non stava di certo pensando che a Jason potesse piacere... questo.”
Leo arriccia le labbra, inarcando un sopracciglio. “Nico non era geloso, quindi?”
Reyna sbuffa esasperata, per poi alzare gli occhi al cielo. “Dei, eppure un minimo di cervello dovresti averlo nel cervello. Nico non mostra i suoi sentimenti, non farà mai il primo passo. Devi puntare su Jason.”
Eh?” risponde Leo, piacevolmente sorpreso. “Che intendi?”
Non puntare sulla gelosia di Nico, ma su quella di Jason. Fa in modo che sia Jason quello ad essere geloso e, quindi, a fare il primo passo.”
Leo ci riflette per qualche secondo, per poi sgranare gli occhi. “Accidenti! Hai ragione!”
Reyna annuisce, mostrando un sorrisetto soddisfatto. “Ma fai finta che io non ti abbia detto nulla. Non voglio entrare in questa storia.”
Il castano annuisce, per poi puntare il suo sguardo verso la porta dove il più piccolo è uscito. In quel momento si apre, ed un ragazzo moro entra nel locale di corsa, per poi sparire in mezzo alla folla.
Poi nella sua visuale entra Jason, che esce dalla medesima porta.
Un altro piano inizia a costruirsi nella mente del castano che, ne è sicuro, riuscirà ad aiutare Nico.

*

“Pronto? Chi parla?” chiede la voce, e Nico socchiude gli occhi, scosso dalla rabbia.
“C'è Percy?” chiede quindi, con tono assente ed annoiato; cercando di non lasciar trapelare la rabbia.
“Guarda, Percy sta lavorando in questo momento. Quell'idiota di Will si è sentito male anche stasera, ed ha dovuto sostituirlo.”
Nico sgrana gli occhi, e il respiro gli si mozza in gola. Quel nome lo ha già sentito, e nello stesso locale dove lui e Percy si sono conosciuti.
“Comunque se hai un messaggio da lasciargli puoi dirmelo a me, io--” ma non fa in tempo a finire la frase, che il più piccolo ha riattaccato la chiamata, riponendo il telefono in tasca.
“Hazel” dice, e il suo tono deciso la fa sorridere. “Devi farmi un piacere, avverti Jason che non rientrerò per qualche ora. Ho del lavoro da sbrigare.”
E per un secondo la castana vede negli occhi dell'altro la stessa determinazione che si accende quando legge i documenti sull'omicidio della sua famiglia.
Perchè Nico è così: viene sopraffatto dal dolore, ma poi questo si trasforma in grinta e determinazione.
“Jason già sa che hai da fare, e che sono con te! Chi pensi che mi abbia chiamato per venire ad aiutarti?”
Nico alza un sopracciglio, sorpreso. “E' stato Jason a dirti di seguirmi?”
Hazel annuisce, abbozzando un sorriso. “Non penserai davvero che ti abbia trovato per caso! Mi ha detto che sicuramente era successo qualcosa e che con lui non potevi parlarne, ma che non potevi rimanere solo. Quel ragazzo ti vuole davvero un mondo di bene.”
Il più piccolo arriccia le labbra, per poi stringere i pugni. “Si, me ne vuole.”

-

Il viaggio fino allo Strippub era stato decisamente corto. I minuti erano scivolati su Nico come acqua fredda, e nella sua testa continuavano a formularsi discorsi che, ripensandoci poco dopo, smontava e ricomponeva.
Ed ora si ritrova davanti la porta di quel locale con la rabbia che gli scoppietta dentro. Si passa una mano tra i capelli neri, e poi entra dentro il locale.
La puzza di alcool e sudore lo invade immediatamente, e l'istinto di scappare gli pervade il corpo. Ma rimane lì, inchiodato dove è, con gli occhi puntati verso la scena che si era preparato mentalmente a vedere ma che, adesso in prima persona, non è pronto ad assimilare.
Conosceva Percy da un po', e per lui era diventato un eroe, un esempio da imitare. Ma ora, attaccato a quel palo senza maglia, tutta la stima che provava nei suoi confronti si azzera.
Percy è in mutande, ricoperto di uno strano liquido appiccicoso per tutto il corpo. Sorride alle ragazze ed ai ragazzi che, sotto di lui, lo acclamano quando le sue mosse si fanno più provocanti.
E, pensa Nico, non è questo il modo in cui avrebbe voluto scoprire la forma del suo corpo sotto quei vestiti.
E non sa come ma, ad un certo punto, gli occhi verde mare di Percy si puntano nei suoi, cupi e scuri.
Nico lo fissa, mentre Percy smette di ballare, esitando un momento al contatto dei loro sguardi. La musica continua ad andare, mentre Percy perde il sorriso e si allontana dall'asta.
Nico non può vedere la sua espressione, ma sa di aver messo la solita priva di emozione ed apatica. Continua semplicemente a fissarlo, privo di sentimento. E sa che, quella espressione, sul suo viso scarno e pallido deve inquietare molto.
Ma è così che va. Come è successo dopo la morte della sua famiglia. Il dolore lo fa diventare una macchina apatica e pronta ad uccidere per ottenere ciò che vuole.
Le persone iniziano a fischiare, mentre Percy socchiude la bocca, sorpreso, per poi indietreggiare e scendere dal palco velocemente.
“Ma cosa sta succedendo!?” urla sopra la musica una voce familiare. Nico le butta un'occhiata quasi incuriosito, incontrando lo sguardo inacidito di Drew.
In fondo non ne è così sorpreso. Chi altro avrebbe potuto incontrare in un locale del genere, se non lei?
La musica continua ad andare avanti imperterrita, mentre gli spettatori si guardano intorno incuriositi e fischiano.
E il cuore di Nico non è pronto a guardare Percy che, coperto con un asciugamano, esce fuori dalla folla per camminare verso di lui.
“Nico...” sussurra quando gli è di fronte, sgranando gli occhi verdi. E il più piccolo in quegli occhi ci sprofonda ancora, ma decide di farsi forza. Il cuore gli fa dolorosamente male. Quel ragazzo lo ha preso in giro, ma il suo cuore continua a battere così forte quando lo vede.
Poi la mano del più grande va a finire sul suo polso, afferrandolo. Una scossa dolorosa parte da quel punto, diffondendosi in tutto il suo corpo. “Non toccarmi!” esclama, tirandosi indietro e rompendo, per un attimo, la sua maschera di impassibilità. “Non mi piace essere toccato” conclude, incrociando le braccia al petto.
Percy assume un'espressione ferita, ed aggrotta le sopracciglia. “Non ti dava così fastidio le altre volte” dice, con tono ferito.
“Le cose cambiano. O forse semplicemente si scoprono, Jackson.”
Il più grande alza un sopracciglio, confuso dal modo in cui il ragazzo lo ha chiamato. “Nico, noi... noi non possiamo parlare qui davanti a tutti. Andiamo da un'altra parte, prima che Annabeth mi trovi e--”
“Annabeth!?” sputa, stringendo i pugni. “Tu, brutto idio--” ma prima che possa finire la frase Percy, con un sbuffo esasperato, lo ha afferrato nuovamente per il polso ed ha iniziato a trascinarlo con sé.
Nico non fa nemmeno in tempo a ribellarsi che si ritrova chiuso in una stanzetta rosa, piena di cosmetici e lozioni profumate.
“Ma cosa...?” farfuglia, osservando il luogo dove Percy lo ha spinto.
“Dovrebbe essere un camerino, lascia stare” gli risponde il più grande, coprendosi con un accappatoio bianco.
Nico si avvicina alla porta a passi veloci, il viso rosso dalla rabbia, o forse dall'imbarazzo di vedere finalmente Percy mezzo-nudo alla luce. “Io me ne vado” dice, poggiando la mano sulla maniglia.
Sta per aprire, quando un'altra mano si posa sulla maniglia, bloccando la sua fuga.
Nico alza lo sguardo, incontrando quello stanco e confuso dell'altro.
“No, tu non te ne andrai” gli risponde, girando la manopola che si trova sotto la maniglia, chiudendo a chiave la porta.
Nico gli scocca un'occhiata inacidita. “Sai che questo non bloccherà la mia fuga, vero?”
Percy scrolla le spalle, aggrottando le labbra. “La rallenterà, mi basta. Mettiti seduto.”
“Non darmi ordini, Jackson.”
“Non voglio darti ordini” sospira il più grande, passandosi una mano sul viso. “E smettila di chiamarmi in quel modo. Per te sono Percy.”
Nico gli lancia un'occhiataccia, per poi lasciare la presa sulla maniglia.
“Parla” gli intima quindi, alzando un sopracciglio e rimettendo sul suo viso la sua maschera di impassibilità.
Percy sospira, per poi abbassare lo sguardo. “Io... io ho bisogno di soldi, e questo è l'unico lavoro che mi paga abbastanza, dandomi anche del tempo libero.”
Nico alza un sopracciglio sorpreso, arricciando le labbra.
“Non ne vado fiero, Nico, ma questo è l'unico modo per... per risolvere dei casini che ho nella mia vita.”
“Ah si?” ride il più piccolo. Nico ride. Una risata sprezzante, accusatoria, che ferisce il più grande. Percy lo fissa, e dalla sua espressione fuoriesce tutto il dolore che quella risata gli ha provocato.
“Immagino quindi anche che provarci con i tuoi clienti sia lavoro, no?” sputa, abbozzando un sorriso cattivo.
Percy socchiude le labbra, confuso. Poi, però, sgrana gli occhi e lascia scivolare la mano giù dalla maniglia.
“Nico, io--”
“Ho letto tutti i messaggi, Jackson” dice il più piccolo, in tono apatico. “E non sai quanto darei per non averlo fatto.”
“Io posso spiegare tutto...” risponde quindi, avvicinandosi all'altro.
“Non ti avvicinare!” quasi urla Nico, indietreggiando di un passo. La schiena sbatte contro il muro e, come la prima volta, si sente in trappola.
L'apatia lascia spazio al terrore, il dolore lo assale. Non deve essere toccato, non più, non da lui. Fa troppo male. Una parte di lui gli dice di lasciarsi tutto alle spalle e lasciarsi fare ciò che Percy vuole, l'altra gli dice di proteggersi.

Difenditi.

“Non... non mi toccare, Percy. Per favore” pigola, schiacciandosi di più verso il muro.
E a quel tono quasi supplichevole, il cuore di Percy sprofonda. “Nico, te lo giuro, non è come pensi” dice, portando le mani in avanti, come con gli animali spaventati.
“Ti sei preso gioco di me” dice, abbassando lo sguardo. “Era tutto... lavoro. Era solo questo. Ed io ci ho creduto.”
“No, Nico non era solo lavoro!”
“Stai zitto, idiota!” urla quindi il più piccolo, alzando lo sguardo. E quando gli occhi di Percy incontrano quelli pieni di lacrime del più piccolo, vorrebbe solamente avvicinarsi ed abbracciarlo. Stringerlo tra le sue braccia.
“Non capisco, Percy. Perchè lo hai fatto? Perchè a me?” singhiozza. E la maschera di impassibilità si è ormai dissolta, lasciando spazio ai veri sentimenti che scuotono il corpo del più piccolo.
“Non sono in grado di reggere altro dolore” dice, abbassando di nuovo lo sguardo. Le lacrime gli bagnano le scarpe, e si da dell'idiota. Non dovrebbe piangere di fronte alla fonte del suo dolore. Dovrebbe farsi forza. Ma le lacrime escono fuori spontanee.
E Percy non risponde più delle sue azioni. Le gambe si muovono veloci, ed avvicina il suo corpo a quello del più piccolo.
Quando Nico alza lo sguardo, incontra il viso dell'altro troppo vicino al suo. Le sue labbra sono così vicine, i suoi occhi puntati nei suoi.
“Percy” si lamenta, poggiando le mani sul suo petto e provando ad allontanarlo. Dei brividi caldi gli scorrono su tutto il corpo quando le sue mani entrano in contatto con la sua pelle calda, e vorrebbe solo scappare.
Le mani del più grande si muovono velocemente, bloccando i polsi del più piccolo al muro.
“Nico” sussurra, e le loro labbra sono decisamente troppo vicine. “Ti prego, ascoltami.”
E il più piccolo, come ogni volta, si perde in quegli occhi verde mare.

*

Già ve ne andate?” chiede lo spagnolo, buttando un'occhiata alla faccia arrossata di Nico. Un sorriso gli nasce spontaneo sulle labbra. Tutto sta andando per il verso giusto. Sicuramente tra quei due è successo qualcosa.
Si” borbotta Nico. “Questo locale è uno schifo, domani facciamo i conti.”
Leo scoppia a ridere, per poi annuire.
Ci vediamo in università” li saluta Piper, con un sorriso dolce sulle labbra.
E appena i due sono usciti dal locale, lo sguardo di Leo si accende. Si alza in piedi, e scruta la folla.
Cosa stai facendo?” chiede Reyna, aggrottando le sopracciglia.
Metto in atto il tuo piano” risponde semplicemente, sorridendo.
Cosa? Il mio!? Ho detto che non volevo entrare in questa storia!”
Già” esclama, spostando la sedia dietro di lui. “Ma se non fosse stato per te, questo piano non esisterebbe!”
Reyna sbuffa esasperata, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “E quale sarebbe questo piano?”
Leo sorride furbo, per poi farle l'occhiolino. “Lo scoprirai. Ora devo solo trovare una persona!” dice, per poi disperdersi in mezzo alla folla.

-

Tu sei Will?” chiede lo spagnolo, entrando in una stanza con un profumo decisamente forte. “Mi hanno detto di venire qui, amico.”
Il ragazzo si volta, e gli sorride affabile. “In persona. Cosa ti serve?”
Leo sta per parlare, quando la porta dietro di lui si apre con forza, facendo entrare un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verdi molto accesi, con un'espressione decisamente arrabbiata.
Will!” tuona, incrociando le braccia al petto. “Cosa è questa storia!?”
Il biondo gli scocca un'occhiata inacidita, per poi aggrottare le labbra. “Che cosa vuoi, Jackson?”
Che cosa voglio!?” quasi urla. “Voglio che tu rispetti i tuoi turni! Perchè adesso non riusciresti a venire Lunedì?”
Will alza gli occhi al cielo scocciato. “Non mi sento molto bene.”
Solace” ringhia il ragazzo, sbuffando. “Sappiamo entrambi che stai benissimo. Non penserai davvero che io ci creda.”
Jackson, qui tutti abbiamo i nostri problemi, sai!? Non ci sei solo te e la tua piccola famiglia disastrata!”
Che cosa!?” ringhia il moro, facendo un altro passo avanti e stringendo i pugni. “Prova a ripeterlo, e--”
Hey” si intromette Leo, col suo solito sorrisetto furbo. “Mi spiegate quale è il problema?”
Percy gli rivolge un'occhiata confusa, per poi aggrottare le sopracciglia. “E tu chi saresti?”
Sono venuto a proporvi un lavoro!” esclama lo spagnolo, passandosi una mano in mezzo ai capelli.
Ah, qui quello che ha bisogno di soldi è lui. Io sto bene dove sto!” dice Will, liquidando la situazione con un gesto della mano. “Risolvetela tra di voi” è l'ultima cosa che dice, prima di uscire dalla stanza.
Solace!” urla il moro, per poi ringhiare frustrato. “Quel... quel... Ah! Si comporta come se fosse un figlio del Sole!” si lamenta, socchiudendo gli occhi.
Lascia stare quel tipo, mi serve il tuo aiuto!” si intromette Leo.
Percy sbuffa, per poi rivolgere la sua attenzione al castano. “Cosa ti serve?”
Devo far ingelosire un mio amico.”
Mh?” mugola Percy, confuso.
Voglio che tu diventi la fonte della sua gelosia.”
Cosa? Neanche per sogno. Sono uno spogliarellista, non un gigolò” si difende Percy, quasi offeso.
Oh, no!” risponde in fretta il castano, alzando le mani. “Non dovrai fare nulla di compromettente!”
Cosa intendi?”
“Semplice. Domani sera riporterò i miei due amici qui al locale, in un modo o nell'altro. Semplicemente, farò in modo di chiudere te ed uno dei due in un luogo, tu farai le tue mossette speciali, e quando l'altro ragazzo vi vedrà insieme scoppierà di gelosia e capirà i suoi sentimenti!”
Percy aggrotta le sopracciglia, per poi scuotere la testa. “Tu sei pazzo” afferma, prima di incamminarsi verso la porta.
Io... io ti pagherò molto!” esclama quindi, come ultima risorsa. “Ti prego, mi serve!”
Percy si volta, lo fissa per lunghi attimi, per poi sospirare. “Solo perchè ho bisogno di soldi...” afferma, per poi passarsi una mano in mezzo ai capelli. “Spiegami cosa devo fare e con chi.”
Si chiama Nico. Domani sera troverò un modo per fartelo vedere. Non so dove, ma spingerò te e Nico in un luogo chiuso.”
Il bagno si chiude a chiave” dice quindi il più grande, indicando la porta.
Perfetto, allora in qualche modo lo spingerò a chiudercisi. Tu fatti trovare lì dentro!”
E poi?”
E poi... non so, usa le tue doti da spogliarellista! Seducilo, fino a quando Jason non entrerà nel bagno e vi vedrà!”
Jason?”
Leo alza gli occhi al cielo, per poi sorridere. “Jason è il secondo tizio della coppia. Uno scimmione alto e biondo, lo riconoscerai di sicuro.”
E io dovrei semplicemente far finta di provarci con questo Nico, finchè non arriva Jason?”
Leo annuisce, assumendo un'espressione soddisfatta. “Il tuo lavoro è semplice! E stai aiutando un povero ragazzo traumatizzato!”
Percy alza un sopracciglio, ma decide di non fare domande.
Va bene, ma questa buffonata deve durare poco.”
Pochissimo!” esclama il castano. “Giusto il tempo di portare Jason nel bagno!”
Il più grande annuisce, mordendosi il labbro.
Scambiamoci i numeri di telefono per qualsiasi cosa. Tu ti chiami?” chiede Leo, afferrando il telefono dalla tasca.

“Percy” risponde l'altro, con tono stanco. “Percy Jackson.”
*

ANGOLO MIIIIO:D

Macciao a tutti! Aaallora, per prima cosa, Buon Natale in ritardo!
E visto che oggi è Santo Stefano(?) BUON SANTO STEFANOH.
Per quanto riguarda la storia... BHE, ECCO IL CAPITOLO! Accidenti, devo dire la verità, non ne sono per niente soddisfatta, ma vabbè, sensazioni u.u
Ho notato che nell'ultimo capitolo avete praticamente odiato in massa Percy e Leo. Effettivamente da quei messaggi sembravano davvero dei cattivoni looool
Manno, loro sono dei tenerelli cucciolosi!
Eeeh boh, mentre leggevo tutte le recensioni dello scorso capitolo mi sono emozionata. Non scherzo.
E' bello vedere il proprio 'lavoro' ripagato:3
Non ho mai ottenuto molti risultati dalle cose che faccio, a partire dalla scuola e in tutte le cose extra che provo a fare... Ma vedere che almeno in questo qualcosa mi viene riconosciuta.. boh, mi emoziona tanto.
Quindi davvero, grazie, grazie, grazie.
Non smetterò mai di ripetervelo hahaha <3
Un bacione, LauraPalmerBastille. <3


 

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Capitolo 7
*** Non affezionarti a me. ***


Save me, Percy Jackson.



.... Io ci ho provato. Lalalalala.
Buona lettura:D

 

Jason!” urla, dimenandosi come un pazzo. “Jason lasciami! Bastardo! Sei un bastardo!”
E l'aria sembra abbandonargli i polmoni quando, con un tonfo, il biondo lo ha fatto cadere sul sedile della macchina; per poi chiudere con forza la portiera dietro.
Jason!” urla di nuovo, provando ad aprire la portiera. “Tu, brutto idio--” ma non fa in tempo a finire che due forti mani gli hanno spinto le spalle contro il finestrino della macchina.
Nico si ritrova con le spalle addosso alla portiera, ed il viso dell'amico di fronte al proprio.
Nico” ansima Jason, ancora stanco per aver trasportato l'altro fino alla macchina. “Devi calmarti!”
Il più piccolo spalanca gli occhi, per poi scuotere la testa. “Io calmarmi!? Non dovevi portarmi via! Sei uno stupido, uno stupido!”
Inizia a dimenarsi, cercando di levare le mani del compagno dalle sue spalle. “Fammi rientrare lì dentro! Lo uccido! Lo uccido come ha fatto lui con la mia famiglia! Lo ammazzo!”
Jason stringe con più forza le spalle del più piccolo, scuotendolo. “Nico!” quasi urla con voce dura e forte. “Guardami negli occhi.”
Il moro punta le sue iridi scure in quelle chiare dell'amico, ed è come se tutto quello che fino a quel momento gli ha bruciato lo stomaco, ora scorra via dal suo corpo.
Jason” sussurra, mordendosi il labbro.
Guardami” dice, spostando la mano dalla spalla alla sua guancia. “Non sono io il tuo nemico.”
Nico annuisce piano, mentre abbassa lo sguardo. “Io..."
Tu” lo interrompe l'altro, prendendogli il mento tra le mani ed alzandogli lo sguardo. “Sei sconvolto, e ne hai tutte le ragioni. Quell'uomo è un pezzo di merda, e ti giuro su tutto quello che vuoi che ti aiuterò ad incolparlo” dice, stringendo appena il mento tra le sue dita.“Ma adesso devi controllare le tue emozioni. Loro non ti comandano, Nico.”
La rabbia del moro si scioglie dentro di lui e, di nuovo, si ritrasforma in nero. Quel nero che non sa come fa uscire dal suo corpo.
E singhiozza. Di nuovo. Per l'ennesima volta. E solo gli dei sanno quanto vorrebbe riuscire a trattenere quelle maledette lacrime dentro di sé, e non farsi vedere così debole.
Eppure il dolore è così tanto da sopraffarlo completamente, senza che lui possa nemmeno provare ad opporsi.
E così le lacrime continuano a scendere sul suo viso. Calde, roventi. Fanno male. Male fisico.
E nessuno può capire il dolore che lui sta provando, si dice. Nessuno saprà mai cosa significa perdere tutta la famiglia. Nessuno saprà mai cosa significa rimanere completamente soli da un momento all'altro. Nessuno sa cosa significa perdere tutto. Non avere più nessuno vicino. Non poter più vedere le uniche persone che ti erano vicine. No, nessuno lo sa.
E fa male. Questo è il suo unico pensiero. Fa male.
Non ci riesco, Jason...” singhiozza. E porta la sua mano su quella del biondo, stringendola.
Jason fissa la piccola mano di Nico ricercare la sua, per poi stringerla. Un moto di protezione scoppietta dentro di lui, per poi esplodere più violentemente del solito.
Sgrana gli occhi, e l'unica visione che ha davanti è quella mano che lo cerca.
Di impeto prende il corpo del più piccolo tra le sue braccia, e lo stringe forte. Poggia le sue labbra sulla sua tempia, per poi sussurrargli parole confortanti all'orecchio.
Ripetilo nella tua mente” dice, incrociando le sue dita con quelle del più piccolo. “Ripetiti che loro non ti comandano. Tu sei più forte.”
E poi fa qualcosa di decisamente inaspettato. Avvicina il suo volto a quello del più piccolo, e poggia le sue labbra sulla guancia bagnata. Come se volesse raccogliere una lacrima, asciugarla.
Nico sussulta sorpreso, ma non parla. Il senso di colpa lo assale, e le lacrime continuano a scendere imperterrite.
Non farlo, Jason” singhiozza quindi, poggiando la testa sulla sua spalla. “Non affezionarti a me. Io sono perso ormai, non voglio trascinarti con me.”
Non sei perso, Nico” gli dice il biondo, stringendo la mano del più piccolo con più forza. “Finchè ci sono io non sei perso.”
Non voglio trascinarti giù con me, Jason!” singhiozza di nuovo Nico, scosso dai tremiti.
Nico” lo richiama, allontanandosi piano ed incrociando i suoi occhi scuri pieni di lacrime. “Non sei tu a trascinarmi giù con te, ma sarò io a riportarti su con me.”

*

Nico fissa gli occhi verdi dell'altro, e ci sprofonda. Le mani strette intorno ai suoi polsi fanno male. Quel contatto gli fa maledettamente piacere. E il solo pensiero che è tutto per finta lo uccide.
Percy non è interessato a lui, ed anche se fa male lo deve accettare. Le lacrime scendono giù dai suoi occhi, anche se vorrebbe ritirarle tutte dentro.
“Nico” sussurra il più grande, con la sua voce bassa e quasi roca. “Ti prego, ascoltami.”
“Allontanati Percy” risponde il più piccolo, senza spostare il suo sguardo da quello ferito ma determinato dell'altro.
“Non è come pensi.”
“Quei messaggi non lasciavano molto spazio all'immaginazione.”
“Avevo bisogno di soldi!” esclama quindi, stringendo la presa sui suoi polsi. “Che alla fine non ho nemmeno ricevuto, visto che non ho portato a termine il mio lavoro!”
Nico aggrotta le sopracciglia, e la presa sui suoi polsi inizia a fargli ancora più male. Il suo cuore si blocca per un secondo, e le gambe gli tremano. “Cosa intendi?”
“Avrei dovuto sedurti fino a quando Jason non sarebbe entrato nel bagno ma io... io non l'ho fatto.”
Eccolo, l'ultimo battito del cuore di Nico. “Tu...”
“Io non ho fatto tutto per lavoro. Nico, io te lo giuro, non vado fiero di nulla. Se potessi scegliere cambierei mille cose della mia vita, ma non quel giorno. Quello lo lascerei così.”
Le guance del più piccolo vanno a fuoco, e il fatto che Percy lo tenga per i polsi inizia a diventare positivo, visto che le sue gambe non hanno più intenzione di sorreggerlo.
“Tu... mi hai invitato ad uscire perchè eri attratto da me?”
Percy lo fissa negli occhi pieni di lacrime per qualche secondo, per poi staccare una mano dal suo polso e posarla sulla sua guancia. Asciuga una lacrima, per poi sospirare ed annuire.
“Ti ho invitato ad uscire perchè i tuoi occhi mi hanno attratto. Eri distrutto, ma anche forte. Eri fragile, ma ricostruito. Mi hai incuriosito, attratto, si. Era da tanto che non invitavo qualcuno ad uscire.”
“Da... lui?” chiede, abbassando lo sguardo.
“Lui? Lui... Oh.
Percy abbassa lo sguardo per un secondo, per poi annuire. “Si, da lui.”
“Io... Io non sono Luke, Percy” dice tutto d'un fiato, mordendosi a sangue il labbro.
Il più grande aggrotta le sopracciglia, per poi iniziare a descrivere dei piccoli cerchi sulla guancia dell'altro. “No, non lo sei. Cosa significa?”
Nico si morde ancora più forte il labbro, facendosi quasi male. “Non sono lui, Percy. Non ti affezionare a me solo perchè te lo ricordo...”
Il più grande apre la bocca per rispondere, per poi richiuderla ammutolito. Rimane in silenzio per qualche attimo, per poi prendere Nico da sotto il mento e fargli alzare lo sguardo.
“Se avessi voluto... Luke” dice, e un tono amaro dipinge la sua voce. “Avrei scelto qualcuno di biondo, occhi azzurri ghiaccio. Avrei ricercato in te quella... quella maledetta cicatrice vicino il suo occhio” ammette, sfiorando la tempia di Nico con un dito.
“Se avessi voluto Luke, avrei cercato qualcuno che al mio primo passo per avvicinarmi a lui, mi avrebbe preso per la maglia e sbattuto al muro; intimandomi di non avvicinarmi più. Se avessi voluto Luke, avrei dovuto cercare qualcuno che per i primi mesi mi avrebbe semplicemente guardato impassibile, qualsiasi cosa dicessi.”
Il più piccolo sente il suo stomaco comprimersi, e per un secondo sembra tutto così perfetto. Percy non è più uno spogliarellista che lo ha attirato per lavoro. Percy sembra di nuovo il suo eroe.
“Non volevo di nuovo Luke. Volevo te, Nico.”
Nico sgrana gli occhi a quelle parole, per poi boccheggiare alla ricerca d'aria. “Percy” dice quindi, abbassando lo sguardo. “Lasciami il polso.”
Il più grande alza un sopracciglio, deluso dalla risposta. “C-cosa? Ma Ni--”
“Percy” ripete, con tono quasi inacidito. “Ho detto di lasciarmi.”
“Ma così te ne andrai” esclama il più grande, confuso.
“Lasciami! Ho bisogno di fare una cosa.”
Percy alza un sopracciglio, per poi sospirare deluso e lasciare il polso del più piccolo. “Qualsiasi cosa tu debba fare, ti prego Nico, te lo giuro, non ti ho invitato solo per la--”
“Oh dei, Percy!” sbotta, massaggiandosi i polsi indolenziti. “Taci per una buona volta!” esclama, per poi prendere il viso del più grande tra le sue mani.
“Per una buona volta” sussurra “Parla di meno ed agisci di più.”
E poi le labbra di Nico sono su quelle di Percy. Le labbra salate dalle lacrime, ma calde e morbide sono su quelle carnose e dolci dell'altro.
Il più grande sgrana gli occhi, sorpreso, per poi sorridere su quelle labbra. Poggia le sue mani sui fianchi del più piccolo, spingendolo verso il muro.
“Mmh” mugola Percy, poggiando con più intensità le labbra su quelle di Nico. “Mi piace come modo per zittirmi.”
Nico arrossisce immediatamente, mentre il suo cuore minaccia violentemente di uscire dalla cassa toracica. “Stai zitto e baciami” esclama quindi, arrossendo ancora di più.
“Ai suoi ordini, gattino arrabbiato” dice, per poi portare le sue mani sotto le cosce di Nico e sollevarlo.
Il più piccolo si ritrova con la schiena al muro, e le gambe intorno alla vita del più grande.
E le labbra di Percy sono così calde sulle sue. Il più grande prende il labbro inferiore di Nico tra i denti, per poi stringerlo appena, facendolo gemere.
Stuzzica le labbra del più piccolo con la lingua, come una muta richiesta ad entrare. In risposta, Nico socchiude le labbra, ed i loro sapori si incontrano.
Ed è bello, è l'unico pensiero di Nico. È bello, è l'unica cosa a cui Nico riesce a pensare mentre le mani di Percy scorrono sulla sua schiena facendolo rabbrividire, e mentre le sue di mani hanno la possibilità di affondare tra i capelli mori dell'altro.
È bello, pensa, mentre la lingua del più grande gli lecca avidamente il contorno delle labbra, facendolo sospirare estasiato.
“P- Percy” mugola, quando le mani dell'altro hanno iniziato a scendere, arrivando alla base della sua schiena. E i loro bacini sono così vicini. Ad ogni minimo movimento si scontrano, facendoli sospirare entrambi.
“Nico” geme Percy, quando il più piccolo spinge volontariamente col sedere contro la sua intimità. Il più piccolo arrossisce per il movimento appena fatto e, per nascondere l'imbarazzo, affonda nuovamente le sue labbra su quelle di Percy.
“Mi fai impazzire” sospira il più grande, facendo scendere ancora di più le mani sul corpo del più piccolo. Quando le sue dita calde entrano in contatto con la pelle nuda di Nico, il più piccolo sussulta sorpreso, per poi reprimere un gemito decisamente alto nell'ennesimo bacio.
Le mani calde di Percy iniziano a scorrere sotto la maglia del più piccolo, facendolo sospirare rumorosamente sulle labbra dell'altro.
Nico fa scendere le sue mani dai capelli di Percy fino al suo collo, accarezzandolo. Muove il bacino con un sorrisetto sulle labbra, per poi nascondere il rossore delle sue guance poggiando il viso sulla spalla dell'altro.
“Oh” sospira Percy, a quel movimento improvviso.
Tira fuori una mano da sotto la maglia di Nico, e prende il suo mento tra le mani. Gli fa alzare il viso, e di nuovo il nero ed il verde si incontrano. La luce ed il buio. Si mischiano, si uniscono, si intrecciano.
“N-Nico” quasi ansima, poggiando le labbra su quelle dell'altro per l'ennesimo bacio veloce. Si scosta di poco, facendo rimanere le loro labbra quasi unite.
“Devi dirmi che hai capito che non sono con te solo per lavoro...” dice, ripuntando gli occhi in quelli scuri del più piccolo.
“Percy...” sospira Nico, facendo scendere le mani sulle sue spalle, esplorandole. Sono così forti, e c'è solo un misero accappatoio a coprirle.
Poggia nuovamente le sue labbra su quelle del più grande, saggiandole. Poi scivolano giù, verso il mento. Con la lingua traccia dei piccoli cerchi, che fanno rabbrividire il più grande.
Le sue labbra arrivano al collo, dove Nico, con le gote infiammate, lascia caldi baci.
“Nico..” sospira, socchiudendo le labbra. “Dimmelo, ti prego.”
Nico abbozza un sorriso, per poi strusciare delicatamente la punta del naso sulla pelle dell'altro.
“Ti prego” lo richiama il più grande, riprendendogli il mento tra le mani. Nico lo fissa, e nota le sue guance rosse, la sua bocca semi aperta, i suoi occhi quasi liquidi.
“Io... si, penso di averlo capi--” ma non fa in tempo a finire la frase, che le labbra di Percy sono di nuovo sulle sue. Entrambe le mani ritornano sotto la sua maglietta che, in pochi attimi, finisce a terra. Nico rimane a torso nudo, e l'imbarazzo lo assale.
Quando la lingua di Percy scende dalle sue labbra fino alla sua mascella geme, alzando il viso in modo tale da esporre più pelle alla bocca del più grande. Percy prende una porzione di pelle tra i denti, succhiandola avidamente. Passa la lingua su quel punto più volte, per poi baciarlo delicatamente.
Nico chiude gli occhi estasiato, mentre il suo stomaco si rigira. Il cuore batte, e se le sue gambe non fossero intorno alla vita di Percy, sarebbe già crollato a terra.
La lingua di Percy scorre sul suo collo, facendolo mugolare di piacere. Gli lascerà un segno che dovrà coprire, se lo sente.
Le mani di Nico finiscono, istintivamente, al piccolo nodo che tiene chiuso l'accappatoio di Percy. Questo gesto è tanto istintivo e imprevisto che sussulta lui stesso, per poi allontanare immediatamente le mani da quel punto. Incrocia le mani intorno al collo del più grande, e stringe di più le gambe intorno alla sua vita, facendolo sospirare.
“N-Nico” geme Percy, e i pantaloni si fanno dolorosamente stretti.
“Percy” risponde Nico, mentre le sue dita toccano quella parte di pelle che l'accappatoio non copre, facendolo rabbrividire.
“Io... Io lo faccio solo se tu lo vuoi.”
Nico deglutisce, per poi emettere un gemito più potente degli altri quando una mano di Percy è scesa decisamente troppo in basso per accettare un no come risposta.
Annuisce lentamente, e le labbra di Percy sono di nuovo sulla sua gola. Le mani scorrono bollenti sulla sua schiena, per poi finire sui bottoni dei suoi pantaloni, slacciandoli.
Dei, sverrà, Nico ne è sicuro. E quando Percy sposta le labbra dal suo collo al lobo dell'orecchio, succhiandolo avidamente, Nico sente il suo corpo posseduto da spasmi violenti.
È così seducente, provocante. Deve averlo aiutato il suo lavoro, pensa il più piccolo, mentre ancora le mani sulle sue spalle.
“Percy” sospira, mentre sente i pantaloni sempre più stretti. “Io... Io ho bisogno di--”
“PERCY!” tuona una voce da fuori la stanza, facendoli sussultare entrambi. Il più grande rimane con le labbra poggiate sul collo del più piccolo e le mani sulle sue cosce.
“Non dire nulla. Forse se non ci sente se ne andrà” sussurra, per poi poggiare un altro bacio su quella pelle morbida.
Nico deve mordersi il labbro per non sospirare rumorosamente, visto che le mani dell'altro continuano a scorrere sul suo corpo.
“Percy!” urla di nuovo, con un tono di voce più arrabbiato. “So che sei lì dentro! Sto per aprire la porta, preparati!”
“Diamine” impreca Percy, a denti stretti. Afferra la maglia di Nico da terra e gliela porge. “Sbrigati, rimettila!”
Il mondo intorno al più piccolo è attutito. Lui e Percy si sono baciati. Lui e Percy stavano per andare oltre e... perchè tutto gira?
“Nico!” lo chiama il più grande, afferrandogli la maglia dalle mani. “Lascia perdere, faccio io!”
Prende i lembi della maglia e la infila al più piccolo, per poi abbassarsi e fissarlo negli occhi. La ragazza da fuori continua ad imprecare, mentre un rumore metallico di chiavi si diffonde nella stanza.
“Sei adorabile” dice quindi, per poi avvicinarsi e poggiargli un ultimo bacio sulle labbra. Nico chiude gli occhi, e le gambe sembrano non volerlo più reggere.
Poi però la ragazza entra dentro la stanza, e lui è costretto a ridestarsi.
La ragazza che entra con sguardo arrabbiato e le guance rosse è una ragazza alta, bionda e magra. Decisamente bella, ma il suo sguardo irato inquieta il più piccolo.
“Percy!” quasi urla, mettendosi le mani tra i capelli. “Spiegami cosa diamine stai facendo!”
Percy alza gli occhi al cielo, per poi mordersi il labbro. “Ecco, io--”
“Tu niente! Hai abbandonato il palco senza un motivo valido! Molti se ne sono andati! Ti rendi conto di ciò che hai fatto!?”
“Annabeth, io--”
“Smettila! Ti verrà retratto del denaro dalla paga se lo rifai. Lo sai, vero?” dice, ed ora il suo sguardo sembra quasi preoccupato.
Percy abbassa lo sguardo, per poi sospirare. “Lo so... Ma era importante.”
“Percy” dice lei, avvicinandosi. Ora non ha più quello sguardo da pazza, ma più che altro uno sguardo stanco e preoccupato. “Tu hai bisogno di quei soldi. So quanto ne hai bisogno. Non devi rovinare questa piccola opportunità.”
Il ragazzo annuisce, e si morde il labbro, quasi in colpa. Nico si sente per un momento di troppo. Quei due sembrano conoscersi dalla nascita. Lo sguardo complice che si scambiano senza nemmeno accorgersene mette per un secondo a disagio il più piccolo.
Si mordicchia il labbro, per poi muovere qualche passo verso la porta.
“Nico!” lo chiama, afferrandogli il braccio per riportarlo indietro.
Annabeth alza un sopracciglio confusa, per poi aprire le labbra sorpresa. “Oh” dice semplicemente, rivolgendo un'occhiata al più piccolo. “Quindi lui è Nico?”
Percy sgrana gli occhi, e per un momento sembra quasi arrossire. “Si, lui è Nico.”
Quel Nico?” chiede, alzando un sopracciglio.
“Quale Nico?” si intromette il più piccolo, quasi inacidito.
“Un bel Nico” ammette la bionda, abbozzando un sorriso. “Io sono Annabeth Chase, migliore amica e soprattutto superiore di questo Testa D'alghe. Piacere” dice, porgendogli la mano.
Nico la osserva per qualche secondo, per poi alzare un sopracciglio e sbuffare. La stringe velocemente, per poi rimetterla in tasca. “Nico Di Angelo.”
“E' proprio come lo hai descritto” ridacchia la ragazza, nascondendo il sorriso dietro una mano.
“Come mi hai descritto!?” sputa Nico, buttando un'occhiataccia a Percy. Il più grande arrossisce imbarazzato dalla situazione, per poi passarsi una mano in mezzo ai capelli.
“Io... ecco--”
“Ci sarà tempo per i chiarimenti!” si intromette la bionda, afferrando Percy per il braccio. “Saluta velocemente il tuo cavaliere e ritorna sul palco, sbrigati.”
Lui la fissa, per poi sospirare. “Annie, non potresti lasciarci un secondo da so--”
“Non se ne parla! Hai dieci secondi a partire da adesso, Testa d'Alghe!”
“Cos--”
“Nove!”
“Okay, allora...” farfuglia il più grande, voltandosi verso Nico.
“Otto!”
Percy sorride imbarazzato, per poi scuotere la testa. “Fa sempre così, tranquillo.”
“Sette!”
Nico annuisce, mordendosi il labbro. Sente ancora le mani dell'altro sul suo corpo, e non può credere che quella ragazza li abbia interrotti sul più bello. A quel pensiero le sue gote si infiammano, facendo passare il suo solito colorito dal pallido al rosso accedo.
“Sei!”
“Non abbiamo molto tempo!” ridacchia il più grande, poggiando una mano sulla guancia di Nico.
“Cinque secondi, ragazzo mio! Quattro!”
Percy alza gli occhi al cielo, per poi sorridere felice. Quel sorriso. Nico ci si perde dentro.
“Tre!”
“Ti chiamo io” afferma quindi il più grande. E poi avvicina le sue labbra a quelle del più piccolo, baciandole. Le loro labbra si toccano di nuovo, e qualcosa nello stomaco di Nico esplode, facendolo quasi sorridere.
“Due!” dice Annabeth, a voce più alta.
E Percy fa solo in tempo a tirarsi indietro e sorridere al più piccolo, che la bionda lo scaraventa letteralmente fuori dalla porta.
E Nico rimane solo in quella strana stanza profumata. Il calore del corpo di Percy è ancora sul suo corpo, e sulle sue labbra c'è ancora il suo sapore.
Se le tocca e si accorge che, già da un po', sta sorridendo.

*

“Hazel?” la chiama Jason, aggrottando le sopracciglia. “Perchè Nico non è con te?”
“Rilassati, Jason. Nico sta bene” dice, entrando dentro la stanza. “Ha avuto del... Hm, lavoro da sbrigare, diciamo.”
“E' solo Hazel?” dice una voce da dentro il bagno, facendo sussultare la ragazza.
Jason sospira, per poi alzare gli occhi al cielo. “Si, è solo Hazel. Mi spieghi perchè hai così paura di Nico?”
“E' Leo quello dentro la stanza!?” sputa inacidita la castana, socchiudendo gli occhi.
“Si” annuisce Jason, incrociando le braccia al petto. “Appena hai suonato si è rinchiuso in bagno pensando fossi Nico. Non capisco cosa lo spaventa tanto.”
Hazel ridacchia, per poi avvicinarsi al bagno. “Leo, tesoro, sono solo io. Puoi uscire dal bagno” dice, con la voce più dolce e candida che abbia.
Si sente un sospiro rilassato provenire dall'altra parte della stanza, e poi la porta si schiude. Leo esce fuori con le labbra aggrottate. “Siete sicuri non ci sia?”
Hazel continua a sorridere, annuendo. “Oh si. È tutto sicuro, puoi uscire!”
Lo spagnolo quindi mette il suo solito sorriso scaltro, ed esce completamente dalla stanza. “Accidenti, quel ragazzo appena mi vede mi uccide ed io de--” ma non fa in tempo a finire la frase che la mano di Hazel si schianta così forte sulla sua guancia da farlo barcollare.
Leo mugola di dolore, poggiandosi al muro. “H-Hazel... ma cosa!?”
“Tu” dice, puntandogli il dito contro. “Come hai potuto! Sei... sei uno stronzo!”
Jason inarca un sopracciglio, per poi ridacchiare. “Non so cosa stia succedendo... Ma Hazel, hai tutta la mia stima!”
La ragazza abbozza un sorriso, per poi riprendere la sua espressione arrabbiata e rivolgersi al castano. “Ti rendi conto di quello che hai fatto!?”
“Era in buona fede, te lo giuro!” si lamenta, massaggiandosi la guancia ormai rossa.
Hazel aggrotta le sopracciglia, per poi abbassare la mano ancora in aria. “Spiegati ma... non ora. A Jason deve raccontarlo Nico, non spetta a te.”
“Raccontarmi cosa?” chiede il biondo, avvicinandosi.
La ragazza sospira, per poi incrociare le braccia al petto. “Te l'ho detto. Te lo dirà Nico quando ci riuscirà. Ma posso solo dirti che questo ragazzo qui non si è comportato bene!”
“Leo” ringhia, voltandosi a fissarlo. “Cosa hai fatto a Nico?”
“Io... Io lo giuro! Era per aiutarlo!”
“Gli hai fatto del male!?” e la voce del biondo è dura ed arrabbiata. Poche volte il ragazzo utilizza quel tono, e Leo per un secondo ha quasi paura. “Stava devastato prima!”
“No, no! Io... io volevo che voi due vi avvicinaste di più così che il vostro rapporto avrebbe fatto superare questo brutto periodo di Nico!” si giustifica, cercando una via di fuga con lo sguardo.
“Cosa!? Che hai fatto!?”
“Leo, rimani comunque stronzo” ammette Hazel, alzando gli occhi al cielo.
“Non è colpa mia se poi il ragazzo che doveva farti ingelosire lo ha invitato ad uscire!”
Jason si blocca immediatamente. Perde l'espressione arrabbiata, e si raddrizza. Aggrotta le sopracciglia, e le sue labbra si schiudono istintivamente.
“C-Cosa?”

*

Cosa vuoi fare appena arrivi a casa?” chiede il biondo, stringendo il volante tra le mani.
Nico fissa fuori dal finestrino con aria assente, per poi scrollare le spalle. “Non ne ho idea.”
Jason sospira, per poi accostare. “La prima cosa che devi fare è pranzo. Lo sai, vero?”
Jason, smettila con questa storia io--”
No” lo interrompe l'altro, scoccandogli un'occhiata severa. “Mi prenderò cura di te, e la prima cosa che devi fare è ricominciare a mangiare e bene.”
Il più piccolo esce sbuffando dalla macchina, per poi mettere in tasca le mani ed incamminarsi verso la casa di Jason a testa bassa. Gli fa male tutto il corpo, gli occhi ancora gli bruciano per le troppe lacrime che hanno versato, e tutto sembra girare decisamente troppo velocemente.
Quando passerà questo dolore? Quando finirà di ucciderlo da dentro, senza che lui possa fare nulla?
Fa male. Fa dannatamente male.
Perchè quando la ferita è fisica puoi curarla. Cerotti, medicine, operazioni. Il male può sparire. Quando è interno sembra non finire mai. Lo senti che ti scorre nelle vene, ma non puoi fare nulla per tirarlo fuori. E vorresti aprirti il petto e tirarti fuori quell'organo pulsante da cui sembra scaturire tutto quel dolore.
Ma non puoi. Puoi solo conviverci, anche se fa male.
E forse da fuori sembra quasi semplice ma, in realtà, uccide.
-
Lo so che ti piace la pizza. Hai origini Italiane, non può non piacerti. E poi quando venivi da me chiedevi sempre questa, quindi mangia” gli dice Jason, porgendogli un pezzo di pizza.
Nico, seduto sul divano, lo guarda quasi schifato, per poi sospirare e prenderlo in mano. “Jason, ti prego...” sussurra, osservando l'alimento.
Non sa nemmeno mangiare come un ragazzo normale. Non c'è assolutamente nulla di normale in lui.
Nico...” dice il più grande, e nella sua voce c'è dolcezza. “So quanto è difficile. Non quanto te, ovvio, ma lo so. Ma devi farlo, okay? Ti aiuto io.”
Il più piccolo alza un sopracciglio, per poi scuotere la testa. “Come puoi aiutarmi? Nessuno può farlo...”
Jason abbozza un sorriso. Si siede affianco al più piccolo e prende tra le mani un'altra fetta. “Lo facciamo insieme, okay?”
Nico storce la bocca, per poi sospirare. “Per te non è un sacrificio. Tu ami la pizza!”
Il biondo lo fissa un momento, per poi sorridere. “Aspettami qui” dice, prima di sparire in cucina.
Nico osserva quel pezzo di pizza. Perchè non lo attrae come attrarrebbe tutti i ragazzi normali?
Perchè, se fosse per lui, non mangerebbe per giorni interi?
Eccomi!” esclama Jason, rientrando nella sala. Ha una grossa bacinella in mano, e per un secondo gli lancia un'occhiata schifata.
Cosa hai preso?” gli chiede il più piccolo, inarcando un sopracciglio.
Insalata!”
Eh? Ma tu odi l'insala... Oh.”
Jason sorride, per poi prendere la forchetta ed infilzare la prima foglia. “Lo facciamo insieme, okay?”
E per la prima volta, Nico sorride. Un sorriso decisamente vuoto, si, ma gli viene da sorridere. E quando Jason lo vede qualcosa esplode dentro di lui.
Stupore, gioia, felicità. Non lo sa, ma si sente sollevato.
Sei pronto?” gli chiede quindi, avvicinando la forchetta alle labbra. Nico annuisce, per poi aprire le labbra ed addentare la pizza.
Gli viene quasi da vomitare non appena il cibo entra nella sua bocca, ma decide di non lamentarsi. Anche perchè la faccia di Jason è decisamente più schifata della sua.
Così mastica, e butta giù quell'alimento privo di sapore per lui.
Fa tanto schifo?” gli chiede, indicando l'insalata. Jason chiude gli occhi, prende un grande respiro e poi ingoia il boccone. “Si, tanto.”
Perchè lo stai facendo?”
Il più grande abbassa lo sguardo, per poi posare la forchetta nel vassoio e fissare l'altro. Perchè ti voglio bene, Nico” risponde semplicemente, abbozzando un sorriso. “Perchè non te lo meritavi, ed io ti sarò vicino, qualsiasi cosa accada.”
Jason...” sussurra, mordendosi il labbro. Abbassa lo sguardo, e vorrebbe scappare. Non sa perchè. Ma vorrebbe essere semplicemente da un'altra parte. Perchè il bene per quel ragazzo non può superare il dolore che incombe dentro di lui.
Grazie” sussurra quindi, prima di riprendere il pezzo di pizza in mano e dargli un grande morso. Lo mastica lentamente, chiudendo gli occhi per lo schifo. Poi ingoia e prende un grande respiro.
Sente la mano di Jason sulla sua schiena, e la sua risata bassa rieccheggiare per la stanza. “Così ti voglio, Nico!” gli dice, stringendogli la spalla.
Combattente.”

*

 

Aaaaangolo mioo:D
*si imbarazza*
*
si nasconde sotto le coperte*
*
cerca di non incrociare lo sguardo di nessuno*
Okay, okay, si, ho scritto quel pezzo e shalalala. Okay, è il mio primo pezzo rosso slash che scrivo e... mh. Non so se essere soddisfatta o no hahahaha:')
Lascio a voi il giudizio u.u
Eeeh boh, ah, si! BUON 2015!**
Non so cosa altro dire! Come al solito -e so che siete stanchi di leggerli- vi ringrazio! Tanto! Si, vi beccate i ringraziamenti pure oggi u.u
Quiindi niente! Al prossimo lunedì**
P.s. Risponderò alle recensioni lentamente e il prima possibile! Sorratemi ;-;
Un bacione, LauraPalmerBastille. <3


 

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Capitolo 8
*** Minacce e litigi. ***


Save me, Percy Jackson.



 

Jason fissa Nico infilarsi sotto le coperte, per poi socchiudere gli occhi e prendere respiri profondi.
Jason” dice dopo qualche attimo, riaprendoli. “Cosa vuoi?”
Il biondo quasi sussulta, per poi distogliere lo sguardo. Si mordicchia un labbro e incrocia le braccia al petto.
Niente” dice quindi, sospirando. “Tu invece cosa stai facendo?”
Il più piccolo gli lancia un'occhiata stranita, per poi spostare la sua attenzione sul computer vicino al letto. “Delle ricerche.”
Che genere di ricerche?” Le gambe del più grande si muovono istintivamente verso il letto, per poi sedersi vicino al moro.
Nico, dal canto suo, prende il computer e lo appoggia sulle gambe.
Jason lo fissa attentamente. E' passata ormai una settimana da quando sono tornati dalla caserma della polizia, e Nico sembra compiere ogni movimento con estrema lentezza e apatia. I suoi occhi sono neri e spenti. Sembra non ci sia vita dentro di lui.
Più Jason prova a tirarlo su di morale, più lui si richiude in sé stesso, eliminando qualsiasi cosa lo circonda.
Si, sta migliorando, ovvio. Non ha più versato lacrime e, soprattutto, non ha più avuto crisi violente. Eppure questa fase di stabile depressione gli fa venire voglia di stringerlo forte tra le braccia tutto il giorno, finchè la tristezza non abbandona il suo corpo.
E invece rimane lì a fissarlo, mentre sprofonda nel materasso. Mentre mangia con faccia schifata i piatti che gli serve. Mentre guarda immobile fuori dalla finestra.
Ed ora invece lo ritrova sotto le coperte, con la voglia di fare delle ricerche di sua iniziativa.
Allora?” chiede, quando la risposta del moro non arriva. “Che tipo di ricerche?”
Nico alza gli occhi al cielo, per poi accendere il pc. “Secondo te?”
Non ne ho idea” ammette, alzando le spalle. “Parlamene.”
Il più piccolo si volta a fissarla, per poi scuotere la testa. “Io...” annaspa, mordendosi un labbro. “Io voglio fare delle ricerche su quell'uomo...”
Jason alza un sopracciglio sorpreso, per poi abbozzare un sorriso. Reazione. Finalmente una reazione positiva.
Un peso che stringeva lo stomaco del biondo sembra sciogliersi dentro di lui, e si ritrova a sospirare felice. “Bene, mi piace come idea” dice, mettendosi seduto più comodo.
Nico gli rivolge un'occhiata, per poi annuire. Si morde il labbro, ed assottiglia gli occhi per riuscire a leggere sul computer.
L'unica cosa è che non so da dove iniziare...”
Jason abbozza un sorriso, per poi prendere un lembo della coperta e spostarla, scoprendo quasi il gracile corpo del più piccolo.
Cosa stai facendo?” chiede infatti l'altro, aggrottando le sopracciglia.
Fammi spazio” dice, infilandosi sotto le coperte.
Nico alza gli occhi al cielo, per poi sbuffare. Jason sorride a quella reazione. Gli ricorda così tanto il vecchio Nico. Quello irritabile ma scherzoso. Silenzioso ma premuroso. Quel Nico che ti lanciava gli sguardi inaciditi, per poi però abbassare lo sguardo sorridendo.
Così il più grande si mette sotto le coperte, con un sorriso ebete sulle labbra. Un sorriso sollevato, felice.
Grace, sai che stai passando più tempo nel letto di tua sorella -in cui mi fai dormire- che nel tuo?” dice inacidito, per poi aprire il motore di ricerca.
Il biondo scrolla le spalle, per poi circondare le spalle del più piccolo col suo forte braccio. “E' perchè voglio starti vicino” ride, strofinando una guancia sui suoi capelli scompigliati.
Nico alza di nuovo gli occhi al cielo, per poi sospirare. “Non so da dove iniziare...” sussurra, abbassando lo sguardo. Nel suo sguardo ritorna quella tristezza che lo ha posseduto per tutto questo tempo.
Ti aiuto io!” esclama quindi il più grande, cercando di togliere quel velo di tristezza che è caduto sopra al più giovane. “Per prima cosa” dice, abbozzando un sorriso. “Dovremo ricercare tutte le notizie dell'accaduto. Pensi di essere pronto?”
Nico si morde forte il labbro. Stringe gli occhi, come a voler reprimere le lacrime. Poi però riapre gli occhi, e in questi Jason per un secondo ci vede della determinazione; della forza.
Si” dice quindi, raddrizzandosi. “Sono pronto.”

*

Jason socchiude la bocca, e qualcosa sembra avergli trapassato il petto.
“C-cosa?” dice, facendo un passo indietro.
Hazel spalanca gli occhi, per poi voltarsi inviperita verso lo spagnolo. “Idiota” quasi urla, con tono aggressivo. “Sei un totale idiota!”
“Hazel, ma io--”
“Possibile che tu non ne faccia mai una giusta!?” ringhia, passandosi una mano in mezzo alla folta chioma scura.
E Jason non riesce ad ascoltare la conversazione tra quei due. Perchè fa così male? Ma soprattutto, COSA gli fa così male?
Perchè immaginare Nico tra le braccia di qualcun altro lo fa soffrire in questo modo?
Indietreggia ancora un poco, per poi sbattere la gamba contro il bordo del letto e caderci sopra con un tonfo. La testa ricade pesantemente verso il basso, e si ritrova accovacciato su sé stesso.
Cosa sta succedendo?
Leo e Hazel intanto, affianco a lui, continuano a battibeccare. Perchè non si unisce alla conversazione? Perchè fa così stramaledettamente male?
“Jason...” lo richiama dopo poco la ragazza, posandogli una mano sui capelli biondi. “Tutto bene?”
E il più grande si ritrova per un secondo spaesato. Lui è sempre stato la roccia, il leader, il ragazzo su cui si fa affidamento. È sempre stato quel tipo di persona che protegge e non viene protetto. Non ha mai avuto così tanti problemi, e questo gli ha consentito di aiutare gli altri.
Di aiutare Nico.
Ma ora... ora che è lui a soffrire. Chi lo può aiutare? Lui non può essere aiutato, lui deve aiutare.
E si sente solo. Si sente tremendamente solo.
Il ragazzo per cui ha dato una vita, adesso è felice tra le braccia di qualcun altro. E questo qualcuno vorrebbe ucciderlo. Non sa perchè, ma lo odia.
E per un secondo odia anche Nico.
“No” risponde quindi, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Ho bisogno di stare solo, per favore.”
Hazel gli lancia un'occhiata preoccupata, per poi annuire. Non ha mai capito bene il carattere di Jason, e questo non le permettere di capire come comportarsi in questa situazione.
“Tu vieni con me” sibila la ragazza, prima di afferrare lo spagnolo per un orecchio. “Hai già fatto abbastanza casini per oggi!”
-
Jason si ritrova steso sul letto di camera sua. Continua a fissare il soffitto, ed i suoi occhi glaciali si spostano da una parte all'altra, senza mai osservare davvero qualcosa.
La cicatrice sul labbro gli fa male, ed il suo petto sembra essere stretto in una morsa quasi dolorosa.
L'unica cosa che la sua mente riesce a pensare, adesso, è l'immagine di un sorridente Nico che si struscia sul corpo di un altro ragazzo.
Nico che sorride con qualcun altro. Qualcuno che non è lui. Questa è l'unica immagine che ha ora nella mente.
Perchè fa così male?
E poi qualcuno bussa. E Jason sente il suo cuore fare una capriola, per poi mettersi seduto di scatto sul letto.
Forse è Nico. Forse è lui. Cosa deve fare?
Una rabbia assurda gli cresce nello stomaco, per poi inondargli il corpo. Ha voglia di urlare, sbattere i piedi a terra. Ed è strano. Non è da lui.
“E' aperta” dice, passandosi una mano in mezzo ai capelli.
Quando da dietro la porta si affaccia una chioma castana, Jason non sa se essere sollevato o triste. Piper lo osserva dalla porta, con una espressione dispiaciuta sul viso. “Posso entrare?” dice, mordendosi il labbro inferiore.
Il biondo la fissa per qualche attimo, per poi scrollare le spalle ed annuire. “Entra...” dice, per poi ripassarsi di nuovo una mano tra i capelli.
La ragazza entra dentro la stanza, andandosi a sedere di fronte al biondo.
È così bella, pensa il ragazzo. Piper ha sempre avuto questa bellezza naturale, senza uso di trucchi o cose varie. Il suo sorriso illumina le persone e la sua dolcezza le tranquillizza.
Sembra quasi la figlia della Dea dell'amore e bellezza, pensa Jason. Così aggraziata e femminile. Anche con i suoi jeans sfatti e le sue magliette larghe, Piper rimanere di una bellezza indescrivibile.
E, Dei, Jason si sarebbe voluto tanto innamorare di lei. Insomma, se non fosse stata omosessuale, una relazione con lei sarebbe stata così semplice.
Ma invece no. Lui non ha mai provato quel tipo di sentimenti nei suoi confronti e mai li proverà, e per un momento gli dispiace quasi.
“Jason...” sussurra, poggiandogli una mano sulla guancia. “Dei, non ti ho mai visto così giù. Cosa è successo?”
E qualcosa dentro al petto di Jason si sbriciola. Non è mai stato così giù, in realtà. Non si è mai sentito così abbandonato e solo.
Forse perchè per tutto questo tempo ha avuto il motivo della sua felicità affianco, e non se ne era reso conto. Forse perchè Nico per lui era decisamente di più che un amico da salvare.
“Nico” sussurra quindi, e un groppo alla gola lo fa fermare. Appena quel nome è uscito dalle sue labbra, il suo stomaco si è rivoltato e la nausea lo ha assalito.
“Jason” esclama quindi la castana, rizzandosi. Gli poggia una mano sulla schiena facendo dei piccoli cerchietti.
“Respira” gli sussurra, mordendosi un labbro. “Respira, piccolo... Andrà tutto bene.”
E quella frase scatena dentro Jason il dolore puro. Abbassa la testa, e chiude gli occhi.
“No, non andrà bene nulla” sussurra, scuotendo la testa.
Piper gli poggia una mano sul capo, accarezzandogli dolcemente i capelli. “Raccontami tutto.”
-
Jason aveva raccontato tutta la storia alla ragazza. Di come lui e Nico si conoscessero sin da bimbi, del loro rapporto, della tragedia. Gli aveva raccontato di come insieme si erano ricostruiti, di quello che avevano vissuto e, poi, della notizia che gli era arrivata per bocca di Leo.
E quel pensiero lo aveva fatto stare così male che lo aveva raccontato a sguardo basso. Si era passato più volte la mano tra i capelli, per poi sospirare affranto.
“Ti sei preso una bella cotta, eh?” dice Piper, abbozzando un sorriso rassicurante.
“Cosa!?” esclama Jason, sgranando gli occhi. “Io... Io non--”
“Tu” lo interrompe lei, socchiudendo gli occhi. “Continui a mentirti.”
“Cosa intendi?”
“Pensi davvero che se Nico fosse per te solo un semplice amico staresti così, alla notizia che ha trovato un altro?”
Jason geme frustrato, chiudendo gli occhi.
Un altro.
Perchè fa così male?
“Non pensi che se Nico fosse per te un semplice amico tu saresti semplicemente felice per lui? Insomma, dopo tanto tempo finalmente ha trovato la felicità e--”
“Ero io la sua felicità!” esclama, rizzandosi. “Ero io!”
Piper lo fissa sorpresa, per poi sorridere. “Jason, io penso che la situazione sia chiara anche a te... devi solo ammetterlo.”
Il biondo la fissa, e i suoi occhi azzurri diventano ancora più glaciali. Aggrotta le sopracciglia, ed affonda la testa tra le mani.
“No...” sussurra, scuotendo la testa. “Non può...”
“Si” lo precede Piper, poggiandogli una mano sulla spalla. “Devi solo ammetterlo.”
E Jason alza lo sguardo. E sente dentro di sé un peso che vorrebbe far uscire fuori, ma che sembra essere radicato dentro il suo organismo.
“Io non ti giudicherò” lo rassicura la ragazza, guardandolo dolcemente.
E Jason fissa sorpreso di fronte a sé, come se la verità a cui è appena arrivato fosse una sorpresa anche per lui.
“Mi piace Nico” dice quindi, spalancando poi le labbra. “Accidenti, mi piace...”
E Piper sorride, stringendogli la spalla con le sue sottili dita. “Direi proprio di si Jason... Ed ora la situazione si fa decisamente difficile.”
“Cosa devo fare!?” esclama, prendendosi la testa tra le mani.
“Proteggerti” dice semplicemente la ragazza. “Devi proteggerti.”
“Come?”
Piper scrolla le spalle, per poi mordersi il labbro. “Nico non è più il ragazzo distrutto di un tempo, Jason...”
Il biondo la fissa, confuso. “Cosa intendi?”
“Nico non ha più bisogno che tu gli stia perennemente vicino, per cotrollarlo. È cresciuto, è maturato e, soprattutto, guarito. E a volte, per guarire, bisogna proprio allontanarsi da quello che ci fa stare male...”
Il cuore di Jason si blocca, e i suoi occhi si spalancano. “Ma... Ma Nico, lui--”
“Non ti sto obbligando a fare nulla” lo interrompe, sorridendogli dolcemente. “Il mio è solo un consiglio. Perchè non riesco a vederti così.”
E, per la prima volta, Jason vorrebbe scappare via.

*

Nico si siede fuori dal locale, con le gambe che gli tremano e la mente affollata di pensieri. Percy lo ha baciato. Lo ha toccato.
Le labbra di Percy erano sulle sue, e le sue mani sul suo corpo. Sente dei caldi brividi percorrergli tutto il corpo, e per un secondo cerca di rivivere tutto quello che è accaduto mediante i ricordi.
E al ricordo delle labbra di Percy sulla sua pelle le guance gli si infiammano, e istintivamente si morde il labbro inferiore per risentire il suo sapore.
Il desiderio di riaffondare le mani tra quei capelli scuri riaffiora, e per un secondo prende in considerazione l'idea di aspettare che finisca quella sua 'esibizione' in quella stanzetta.
Ma poi una mano salda sulla sua spalla lo fa sussultare, facendogli spalancare gli occhi.
“Nico” lo chiama la voce. Lui si volta, e si ritrova di fronte a due occhi grigi che lo osservano attentamente.
“Annabeth” risponde, alzando un sopracciglio. “Cosa vuoi?”
La ragazza alza gli occhi al cielo, per poi infilarsi una mano in tasca. “Con me i tuoi giochetti da bambino arrabbiato non funzionano, ragazzo.”
Nico aggrotta le sopracciglia, per poi scoccargli un'occhiata inacidita. “Cosa?”
“Puoi lanciarmi tutte le occhiatacce e risposte acide che vuoi, ma sono più testarda di te” dice, socchiudendo gli occhi.
Nico alza gli occhi al cielo, per poi sbuffare. “Io ancora non ho capito cosa vuoi.”
“Quello che voglio è molto semplice!”
“Ossia?”
Lei gli scocca un'occhiata diffidente, per poi prendere una ciocca bionda tra le dita e giocarci. “Mi pare ovvio, la felicità di Percy.”
Nico a quelle parole sussulta, per poi arrossire imbarazzato. “E... E io cosa dovrei fare!?” risponde imbarazzato, abbassando lo sguardo.
Annabeth ridacchia, per poi cambiare la ciocca con cui giocare. “A quanto pare sembra che in questo periodo quel ragazzo non abbia altri occhi che per te!” afferma, alzando gli occhi al cielo.
“C-cosa?!”
“Pf, ora non sei più così scorbutico” commenta, storcendo le labbra. “Bhè, lasciati dire una cosa... ho opinioni discordanti sul tuo conto.”
“Cos--”
“Ma” lo interrompe, zittendolo con il suo sguardo duro. “Non sono io a dover avere una relazione con te, bensì Percy. Ma lascia che ti dica una cosa, Di Angelo” e carica così tanto sul suo cognome, da far rabbrividire il più piccolo. “Percy vive una situazione delicata, e ha dovuto affrontare tanto. Il suo passato non è decisamente rosa e fiori, e nemmeno il suo presente.”
“Dove vuoi andare a parare?” sputa Nico, alzando un sopracciglio.
“Semplice: fallo soffrire, e sarai tu a soffrire. Per mano mia.”
Nico quasi indietreggia a quella affermazione. Sgrana per un secondo gli occhi, e poi aggrotta le sopracciglia.
Lo sta minacciando. Lo sta esplicitamente minacciando.
Annabeth gli rivolge un'occhiata fredda, che mette a disagio il più piccolo. Poi però abbozza un sorriso ed, infine, scoppia a ridere felice. Una risata cristallina e quasi... vera.
Stende la mano verso Nico e sorride. “Però per adesso siamo amici, vero?”
Il moro fissa la mano con un'espressione sbalordita. Quella ragazza sembra calcolare ogni minima mossa, ogni minima parola che dice. E lui ne ha quasi paura. Sembra quasi una macchina da guerra.
Non è decisamente una ragazza da inimicarsi.
Allunga la mano incerto, per poi stringere quella della bionda. “Ehm... okay...”
Annabeth inclina un po' la testa, strizzando un occhio.
“Cosa state facendo voi due?” chiede una voce dietro di loro, facendo sussultare solo il più piccolo. La bionda rimane impassibile, con quel sorrisetto sulle labbra.
“Percy!” esclama poi la ragazza, stringendo la mano del più piccolo nella sua. “Stavamo facendo amicizia!”
Nico scocca un'occhiata sorpresa a quella presa, per poi provare a scostarsi. Nulla, la mano di Annabeth è stretta alla sua.
“Hai già finito la tua esibizione?” chiede allora la bionda, per poi lasciare andare la mano del moro.
Percy annuisce, per poi avvicinarsi ai due. “Travis ha preso il mio posto... Nico, cosa ci fai ancora qui?”
Il più piccolo gli rivolge un'occhiata confusa, per poi passarsi la mano in mezzo ai capelli. “Ecco, io...”
“Ti stava aspettando” finisce la frase Annabeth, con tono decisamente troppo dolce. “Vi lascio un pochino soli, okay?”
Percy le rivolge un sorriso grato, per poi lasciarle un tenero bacio sulla guancia.
E, Nico ne è sicuro, prima di rientrare dentro al locale Annabeth gli ha lanciato un'occhiata d'avvertimento. Come se avesse voluto dirgli 'ricordati, se lo fai soffrire io faccio soffrire te' con lo sguardo.
E non sa se scoppiare a ridere per tutto quello che è appena successo, oppure prendere sul serio la velata minaccia che la ragazza gli ha fatto.
“Simpatica la tua amica” dice quindi, indicando la porta da cui è appena entrata.
Percy ridacchia, per poi passarsi una mano in mezzo ai capelli. “Diciamo che è un carattere forte. Mi ha aiutato molto.”
Nico annuisce, e per un secondo associa la figura di Annabeth a quella di Jason. Anche lui, col suo carattere forte, molte volte lo ha preso ed aiutato ad andare avanti. Chissà se anche lui avrebbe minacciato Percy se gli avesse detto di questa relazione...
Ma soprattutto, quando glielo dirà? Come? Che parole dovrà usare?
Ma poi, tutti questi pensieri vengono interrotti dalle labbra di Percy sulle sue. Quelle labbra calde sono di nuove poggiate su di lui, ed il suo cuore sembra quasi uscirgli fuori dal petto.
Batte così velocemente che per un secondo ha paura che l'altro possa sentirlo.
“Nico” sussurra, accarezzandogli una guancia. “Mi piace così tanto baciarti.”
E le gambe del più piccolo minacciano di non sorreggerlo. Così appende le sue braccia intorno al collo del più grande, e riavvicina le loro labbra.
E non sa quanto tempo passano in quel bacio. Forse secondi, minuti o anche ore.
Nico sa solo che tutto intorno a lui sparisce. Intorno a lui, e dentro.
C'è solo Percy. Percy davanti a lui. Percy sulle sue labbra. Percy nel suo cuore.
Percy.
E si sente felice. Più felice che mai.
La mano del più grande si intreccia in quella di Nico, facendolo sorridere.
“Mi piaci quando sorridi” sussurra, accarezzandogli di nuovo la guancia.
Nico arrossisce, per poi mordersi il labbro. Sta per riappoggiare le labbra su quelle di Percy, quando la porta dietro di loro si apre.
Annabeth li fissa con un sorriso dolce in volto, per poi incrociare le braccia al petto e sospirare. “Siete davvero carinissimi! Ma, Percy, tra poco tocca di nuovo a te.”
Il più grande sospira, per poi annuire. “Arrivo, Annie.”
La ragazza rientra dentro il locale, accostando la porta.
“Penso di dover andare...” sussurra Percy, passandosi una mano in mezzo ai capelli. Nico si morde il labbro, per poi annuire.
“Penso proprio di si...”
“Ma voglio rivederti” dice il più grande, sorridendo. “Stasera.”
“Cosa? E come?”
Percy sorride felice, poggiando una mano sulla testa del più piccolo ed accarezzandogli i capelli. “Non mi interessa come, tu aspettami e basta.”
E, Nico non sa come, ma poi le sue labbra sono di nuovo su quelle di Percy, baciandole.

*

Nico rientra dentro la stanza con le guance ancora rosse ed il sorriso sulle sue labbra. Richiude la porta dietro di sé, ed appoggia la schiena su questa.
Sta sorridendo sul serio, ed è davvero felice. Non è un sorriso di circostanza. Lui sorride perchè vuole farlo.
Sta per sospirare, quando un colpo di tosse lo fa sussultare.
Jason è seduto sul letto a gambe incrociate, e lo fissa.
I suoi occhi così glaciali lo sorprendono, e lo fanno quasi rabbrividire. Gli sono sempre piaciuti gli occhi del biondo. Così chiari, eppure così caldi.
Si sentiva a casa in quegli occhi.
Eppure adesso sono affilati, e sembrano starlo squadrano con... cattiveria?
“Jason?” chiede, staccandosi dalla porta. Raggiunge l'amico, e quando prova a toccargli la spalla con la mano, il biondo scatta indietro evitando quel contatto.
Nico rimane pietrificato, e Jason con lui.
Il più piccolo osserva il biondo, e per un secondo le parole non gli escono di bocca.
“Sei impazzito?” dice poi, lasciando ricadere il braccio lungo il fianco.
Jason si guarda le mani sorpreso. Cosa ha fatto?
Si, è arrabbiato, confuso, triste. Ma non può fare questo a Nico. Non al ragazzo che ha protetto fino a quel momento.
Devi proteggerti.
E per la prima volta quelle parole assumono un vero significato. Jason ha sempre protetto tutti col suo carattere forte. Si è messo a disposizione degli altri, li ha protetti. Ma lo ha mai fatto con sé stesso?
Ha mai protetto i suoi di sentimenti? Ha mai lasciato un po' di spazio per capire cosa lui provasse?
“Non sono impazzito” dice, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Sono... arrabbiato? Deluso? Sinceramente non so descrivere tutte le emozioni che sto provando adesso...”
Nico gli lancia un'occhiata confusa. “Ma di cosa stai parlando?”
“Da quanto ti vedi con quel ragazzo?” dice quindi tutto d'un fiato il biondo, senza spostare il suo sguardo da quello del più piccolo.
Il moro spalanca gli occhi, per poi balbettare qualcosa senza un minimo di senso.
“Jason, io--”
“Nico” soffia, stringendo i pugni. “Direi una bugia, se dicessi che questa cosa non mi ha fatto male... tu--”
“Io non ho voluto dirtelo, è vero!” ammette il più piccolo, e nei suoi occhi c'è la paura. Non ha mai litigato davvero con Jason, e per un secondo ha davvero paura di perderlo. “Ma era solo perchè non volevo che tu ti preoccupassi troppo per me!”
Jason aggrotta le sopracciglia, e il suo cuore si comprime sempre di più. “Ti da fastidio che io mi preoccupi per te?”
“No, no... Io...”
“Tu non mi volevi tra i piedi.”
Nico sgrana gli occhi, e l'aria sembra uscire fuori dai suoi polmoni. E' davvero così? Non glielo ha voluto dire perchè sennò tutte le sue preoccupazioni sarebbero state troppo soffocanti. Non lo ha voluto in mezzo?
“Jason, io...”
“Mi hai fatto male, Nico” dice, abbassando lo sguardo. “E la cosa da schifo è che avrei voglia di dirti quanto male mi fa, ma ho fottutamente paura di ferirti. Anche se tu hai ferito me.”
“Jason...” sussurra il più piccolo, indietreggiando. “Io non volevo ferirti” e il suo tono è basso, terrorizzato. “E' l'ultima cosa che avrei voluto.”
“Lo so!” quasi urla il più grande, prendendosi la testa tra le mani. “E te lo giuro, Nico! Per quanto io mi stia sforzando di avercela con te, non ce la faccio!”
“C-cosa...?”
“Non è … non è colpa tua!” dice frustrato, stringendosi i capelli tra le mani.
Nico lo fissa sorpreso. Non ha mai visto Jason in queste condizioni. E sapere che è per colpa sua, gli fa male. Si avvicina, e poggia una mano sulla sua spalla.
“Jason...” sussurra di nuovo, mordendosi il labbro. “Cosa intendi?”
“Dovrei essere felice per te. Hai finalmente trovato qualcuno che ti renda davvero felice ma...”
Nico lo osserva, e il suo cuore si stringe.
“Ma?”
“Ma non lo sono.”
Jason spalanca gli occhi alla sua stessa affermazione, e si guarda le mani. “Non riesco ad essere felice per te, Nico...”
Il più piccolo lo guarda, ed il terrore lo assale per un momento. “Perchè?”
“Perchè...” prende un grande respiro, e la mano di Nico sulla sua spalla ora ha un effetto del tutto diverso. Lo destabilizza. “Perchè penso tu non sia solo un amico per me. Forse non lo sei mai stato.”
E Nico non ha nemmeno il tempo di spalancare gli occhi ed assimilare quelle parole, che qualcuno bussa alla porta.
Percy è qui, è il suo unico pensiero.

*

Jason” lo chiama Nico, scuotendolo piano per la spalla. Il biondo apre gli occhi e sbadiglia piano.
Mmmh?” mugola, cercando di capire dove si trova. Sposta il suo sguardo per la stanza, ma l'unica cosa che vede è il buio.
Ti sei addormentato” constata il moro, scoccandogli un'occhiata inacidita.
Cosa? Ma che ore sono?”
Nico guarda l'orario che il computer segna. “Le quattro e mezzo del mattino” dice, per poi sbadigliare.
Le quattro e mezza!? E sei stato a ricercare fino ad adesso?” esclama, spalancando gli occhi.
Forse” risponde il più piccolo, strofinandosi un occhio. “Ma ora ho sonno.”
E ci credo! Nico non fare più questi orari.”
Nico alza gli occhi al cielo, per poi chiudere il pc. “Taci. Tu ti sei addormentato alle dieci, e mi hai lasciato da solo quando avevi promesso di aiutarmi.”
Jason ridacchia, per poi afferrare il più piccolo dalla spalla e farlo distendere. “Ho il sonno facile” ammette, avvolgendo il corpo magro dell'altro tra le sue
braccia.

Io invece non riesco a dormire.”
Il biondo apre gli occhi, e osserva il volto del più piccolo nell'oscurità. Non riesci?”
Ho degli incubi orrendi, quando provo a dormire...”
Jason arriccia le labbra, per poi stringerlo di più tra le sue braccia. “Passeranno, te lo giuro...”
Lo so che passeranno” dice, poggiando la fronte sul petto del più grande. “Ma questo non li rende meno terrificanti.”
Non devi preoccuparti” soffia, affondando il viso tra i suoi capelli scuri. “Perchè io sono sempre qui, vicino a te. E ti tirerò fuori da quegli incubi. Fosse l'ultima cosa che faccio.”

*

ANGOLO MIIIO:D
MACCIAO! Okay, anche oggi mi scrive tutto in corsivo e non so perchè... MA OGGI NON HO PRATICAMENTE NULLA DA DIRE!
Avevo promesso che avrei aggiornato ogni Venerdì, e contro ogni aspettativa ce l'ho fatta! Ho scritto questo capitolo in DUE ORE OMMIODDIO NON SO COME HO FATTO!
Ed ora eccolo qui! Si, si, non è uscito assolutamente come lo avrei voluto... ma purtroppo ho fatto tutto di fretta!
Ed anche ora sono di fretta hahaha! Quiindi, vi ringrazio ancora per le recensioni, chi segue e anche solo chi legge in silenzio!:)
Risponderò alle recensioni del capitolo precedente appena posso! Anche perchè sono stupende! 
Io ve lo giuro, mi ammazzo dal ridere ogni volta che le leggo HAHAHAHAHAHA! (siete tipo dei geni! Penso di amarvi :'D)
E poi mi emoziono taanto! Aww!
Grazie ancora <3
Un bacione, LauraPalmerBastille.

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Capitolo 9
*** Amico. ***


Save me, Percy Jackson.



Per prima cosa: scusatemi per il ritardo, davvero. Scuuuuuuusatemi.
Come seconda cosa: questa canzone mi è stata ispirata da una melodia che, a parer mio, è qualcosa di stupendo. La melodia si chiama "Autumn- Giovanni Bomoll" e vi consiglio di ascoltarla durante la lettura!:)

Link---> https://www.youtube.com/watch?v=D3gzO85ytes
Terza cosa: capitolo decisamente Jasico. Preparatevi u.u
Quarta cosa: basta, mi sto dilungando troppo. Buona lettura!

Sei sicuro di farcela?” gli chiede il biondo, mordicchiandosi un labbro.
Nico gli scocca un'occhiata quasi preoccupata, per poi stringersi nel vecchio giubbotto scuro di suo padre. Socchiude gli occhi, e prende un grande respiro.

Lo spero” sussurra, prima di alzare lo sguardo.
La sua vecchia casa gli si staglia imponente di fronte, e per un secondo il respiro gli manca.
L'ultima volta in quella casa erano successe cose decisamente poco simpatiche. Aveva vissuto una delle crisi più violente, e Jason lo aveva salvato; come ogni volta.
Ma adesso sono passati dei mesi dall'accaduto. Ha ancora una radicata tristezza dentro di sé, ma sta imparando a gestirla.

Entriamo” dice quindi. Jason annuisce piano, per poi circondargli le spalle con un braccio. Il più piccolo si sente immediatamente più protetto sotto il contatto del biondo.
Come farebbe senza di lui? Non glielo ha mai detto, ma Nico è vivo solo grazie a Jason. Ed ha paura di stargli facendo del male. Perchè quel ragazzo sta impiegando tutto il suo tempo per stare dietro a lui.
Ed il senso di colpa lo pervade.

Apro la porta” dice piano il più grande, poggiando la mano sulla maniglia.
Nico annuisce, per dargli il via libera. E quando la porta si apre, il suo cuore per un secondo si blocca. Sente l'aria uscire velocemente fuori dai polmoni, e il terreno sotto i piedi mancare.
Ha paura di star ricadendo di nuovo nel nero, quando la presa di Jason sulla sua spalla lo stringe, e lui riesce ad uscire per un secondo da quello stato.
Incontra gli occhi di Jason di fronte a sé, che lo scrutano. “Sei sicuro di volerlo fare?” gli chiede, tenendolo stretto per le spalle.
Nico sposta il suo sguardo dai suoi occhi alle sue braccia forti che lo mantengono. Si, Jason lo mantiene in piedi. E non solo fisicamente.
Quindi annuisce, e la stessa determinazione con cui era arrivato fino a lì lo pervade di nuovo. “Entriamo.”
Jason abbozza un sorriso, per poi raddrizzarsi e portare di nuovo la mano intorno alle spalle del moro.
Quando Nico entra dentro la casa, uno strano odore lo avvolge. Non è l'odore che sentiva tutte le volte quando rientrava dopo scuola, né quello di quando sua madre metteva a preparare la merenda per lui e Bianca.  Adesso la casa ha un odore di chiuso, muffa... morte. E Nico questo odore lo odia. Si porta una mano al volto, coprendosi le labbra ed il naso.

Qualcosa non va?” gli chiede Jason, voltandosi a fissarlo.
Questo odore mi fa schifo” ammette, aggrottando le sopracciglia.
Jason alza il viso in aria, per poi prendere un grande respiro. “E' odore di chiuso. È più di qualche mese che nessuno entra dentro questa casa.”
Il moro annuisce, per poi storcere le labbra. “Apriamo tutte le finestra, o finirò per vomitare sul pavimento.”

-

Jason ritrova Nico in cucina, seduto su uno sgabello a fissare il frigo che ha di fronte. Si ferma per un secondo sulla porta, e lo osserva. Sta migliorando molto. Non è più magro come qualche mese prima, ma ha ripreso chili e colore. Nel suo sguardo non c'è più tutta la tristezza che c'era tempo prima, e più volte lo ha visto sorridere veramente.
Anche se, Jason lo sa, la tristezza non lo ha del tutto abbandonato. Negli ultimi mesi Nico ha fatto ricerche su ricerche, e questo ha fatto in modo che il suo cervello potesse concentrarsi su qualcosa e non pensare al dolore.
Anche quando la sua famiglia era tornata, Nico non era stranamente ricrollato.
Jason si era aspettato una vertiginosa ricaduta da parte del più piccolo alla vista delle lacrime di sua madre, o la faccia disperata e triste di Talia.
Invece no. Nico si era lasciato abbracciare da tutti, persino da suo padre. Poi aveva abbozzato un sorriso finto, aveva detto di star 'così e così' e si era richiuso di nuovo nella stanza, alla ricerca di quell'uomo.
Jason lo aveva naturalmente seguito, e quello che aveva ritrovato lo aveva quasi sconvolto.
Nico era chino sul computer, i capelli folti a coprirgli il volto e le dita che si muovevano veloci sui tasti.

Nico...” aveva sussurrato il biondo, quando aveva visto che la sua mano si muoveva sui tasti senza una logica.
Sto bene, Jason” aveva risposto, senza muoversi. “Ma non ho fame. Per stasera passo per la cena, per favore. Non insistere.”
Il biondo si era fermato a fissarlo, per poi socchiudere le labbra. “Nico” aveva ripetuto, avvicinandosi. E non appena la sua mano gli aveva toccato la spalla, il corpo del più piccolo era come scattato. Aveva allontanato quel tocco alzandosi in piedi all'improvviso. “Non toccarmi!” aveva quasi urlato, per poi ammutolirsi.
E Jason li aveva visti. Aveva visto i suoi occhi pieni di lacrime, dopo settimane in cui non ne aveva versata nemmeno una.

Scusami, puoi... tu puoi toccarmi” si era affrettato a dire il moro, senza alzare lo sguardo. “Non sono riuscito a controllarle... tua madre, ecco lei...”
Si” gli aveva risposto il biondo, avvicinandosi. “Mia madre ti è praticamente scoppiata a piangere addosso, ci credo che stai così.”
E poi Nico si era ritrovato tra le braccia del più grande, e aveva poggiato la sua testa sul suo petto.

Sfogati...” gli aveva sussurrato Jason, poggiando la guancia sui suoi capelli morbidi. “Piangere fa bene.”
E Nico aveva pianto, di nuovo. “Ti giuro che mi passa” aveva detto, strofinando il viso sulla maglia del più grande. “Ti giuro che domani sto meglio.”
E Jason lo aveva fissato quasi sbalordito. Era come se Nico stesse cercando di superare la sua tristezza per lui, per renderlo felice. Era come se Nico
stesse cercando di superare il trauma non solo per sé stesso, ma anche per Jason.
E il più grande lo aveva stretto più forte. Lo aveva sollevato da terra, ridacchiando. “Jason, dai! Lo sai che lo odio quando mi prendi così!” si era lamentato il più piccolo, con voce quasi divertita.

Oh, si che lo so!” aveva quindi riso il biondo, prima di buttarsi sul letto con il ragazzo tra le braccia.
E poi, sdraiati scompostamente sul letto, si erano fissati. E Nico aveva fatto una cosa che aveva sorpreso Jason.
Nico era scoppiato a ridere. Rideva forte, con la sua risata squillante e cristallina che Jason amava. E Il più grande gli era andato dietro.
Aveva ristretto il suo corpo tra le braccia, ed aveva riso. E, ne era sicuro, della risata di Nico ne era quasi dipendente.
Nico non aveva più riso da quel giorno. Aveva abbozzato un sorriso qua e la ogni tanto, ma non aveva mai davvero riso. E Jason aspettava quella risata ogni volta, ma non era più arrivata.
Ed adesso è fermo sulla porta della cucina, ad osservarlo. Osservo il suo fisico asciutto, il suo corpo gracilino chiuso dentro quel giubotto grande circa tre taglie più di lui, quei pantaloni scuri e rovinati, quei capelli tanto folti quanto morbidi.

Smettila di fissarmi” borbotta il moro, strofinandosi una mano sul volto. “Lo stai facendo troppo spesso in questo periodo.”
Jason aggrotta le labbra, per poi entrare nella stanza. “Cosa stai facendo?”
Il più piccolo sbuffa, ma non si volta verso l'altro. Alza il viso e posa il suo sguardo sul soffitto.

Ricordavo” ammette quindi, alzando le spalle. “Cerco di non dimenticare la figura di mia madre che cucina e aiuta me e Bianca a fare i compiti. E cerco di non dimenticare la figura di mio padre che mangia lì” dice, indicando il tavolo in fondo alla stanza. “Proprio a capotavola.”
Il biondo si siede vicino a lui, poggia il mento su una mano ed osserva la cucina. Non è la prima volta che la vede. È stato in casa Di Angelo per molto tempo, tanto quanto Nico è stato in casa Grace.
Eppure adesso questa casa ha tutta un'altra atmosfera. Non c'è più Maria ad invitarlo ad entrare con quel sorriso tenero, e non c'è l'odore dei suoi dolci nell'aria. Non ci sono più gli schiamazzi di Bianca per tutta casa, riguardanti cose decisamente inutili. Non c'è più il vecchio Ade, che pur sforzandosi gli rivolgeva un'espressione -quasi terrorizzante- di benvenuto.
E si chiede cosa può star passando Nico, se lui ne sente la mancanza, pur non essendo la sua famiglia.

Non penso lo dimenticherai mai” gli dice quindi, fissando il tavolo che il ragazzo ha indicato.
Nico fissa il tavolo. Chiude gli occhi e si prende la testa tra le mani. Jason lo sente respirare forte, ed aggrotta le labbra.
Sta per alzare una mano e poggiarla sui suoi capelli morbidi, quando Nico si tira su.
Guarda il frigo che ha di fronte, ed annuisce. “Sinceramente” dice, con tono quasi impassibile. “Non so se apprezzare o avere paura del fatto che non riuscirò mai a dimenticarli.”

-

Nico si allontana impercettibilmente da Jason, e lo fissa sorpreso. Il suo sguardo vaga dal biondo alla porta, e per un secondo vorrebbe scappare via da tutta questa situazione.
Sgrana gli occhi non appena assimila le parole dell'altro, e la sua bocca si schiude istintivamente.
“Cosa?” dice, e il suo tono è sorpreso, confuso, frustrato. “Tu...”
“Hai sentito bene” gli risponde il biondo, abbassando lo sguardo. “Sono stato uno stupido tutti questi anni. Non... non avevo mai preso coscienza dei miei sentimenti nei tuoi confronti.”
“Sentimenti?” sussurra Nico così piano da non farsi sentire dall'altro. Abbassa lo sguardo, e si prende la testa tra le mani.
Gli manca il terreno sotto i piedi, e vorrebbe solo urlare. Non è mai stato bravo a gestire queste situazioni perchè:
1) Non gliene sono mai presentate; insomma, chi si innamorerebbe di un ragazzo psicologicamente martoriato, scontroso ed introverso come lui?
2)Come già detto nel punto precedente, Nico è un ragazzo introverso. Non sa affrontare le situazioni. Lui scappa.

3)Non pensava nemmeno avrebbe mai vissuto questa situazione.
E così rimane lì, fermo. Jason è sempre stato per lui un punto di riferimento, il suo pilastro. Jason è sempre stato lì per lui, ma non ha mai provato quel sentimento passionale che ha vissuto con Percy.
Jason è sempre stato essenziale nella sua vita, si. Sarebbe perso senza di lui. Anche adesso che Nico è parzialmente guarito, non immagina una vita senza il biondo.
Ma perchè? Perchè lui non riesce a vederlo in quel modo?
“Sono un idiota, scusami” dice Jason, scoccando un'occhiata irata alla porta quando sente di nuovo bussare.
Nico si copre gli occhi con una mano, per poi scuotere la testa. “Non sei un idiota, Jason...” sussurra, senza alzare lo sguardo.
Il biondo sospira, per poi avvicinarsi al più piccolo. Stringe forte i pugni sui fianchi, per non sollevare le mani e toccare il corpo del più piccolo.
Perchè il loro rapporto era fatto di piccoli tocchi, abbracci, sfioramento. E Jason lo amava. Lo amava, e non se ne era mai accorto.
“No, Nico, sono un idiota. Sin da quando tu hai avuto quell'incidente, io ti sono stato vicino. Ma non vicino come ti starebbe un amico, no. Io ho rinunciato alla mia vita per te.”
Nico alza gli occhi a quell'affermazione, ed il suo cuore inizia ad accelerare.
“E, diamine, l'ho fatto con piacere. So che sembrerà stupido, ma questi sono stati gli anni più belli della mia vita. E sono stato uno sciocco, perchè non mi ero reso conto che eri semplicemente tu a rendermi felice.”
Nico spalanca gli occhi, e quasi smette di respirare.
“Jason ti prego, io...”
“No” lo interrompe l'altro, abbozzando quasi un sorriso. “Questa situazione non è colpa tua. Non puoi far nulla per i miei sentimenti, Nico” dice, e la voglia di toccarlo è troppa.
Allunga una mano fino al mento del più piccolo, per poi afferrarlo. Nico sussulta a quel tocco, ma non si tira indietro.
Quando Jason gli alza il viso si accorge che gli occhi del moro sono liquidi, ed il suo respiro è accelerato.
“Non sei stato tu a decidere i miei sentimenti e, a dir la verità, nemmeno io” sospira, fissando quegli occhi scuri. “E sarei un bugiardo a dirti che le cose rimarranno uguali.”
A quelle parole un piccolo singhiozzo esce dalle labbra del più piccolo, che scuote con forza la testa. “Jason, no ti prego. Non voglio che tra noi cambi niente” dice, e una piccola lacrima scivola giù sulla sua guancia. Se la asciuga immediatamente, maledicendosi mentalmente.
Non deve essere debole, deve mostrarsi forte.
“Tra di noi non cambia nulla” gli risponde il biondo, abbozzando quasi un sorriso. “Sono sempre stato innamorato di te, e non sono mai stato ricambiato. Non cambierà nulla. Ma ho deciso di proteggermi.”
Nico lo fissa perplesso, confuso, e la paura gli scorre dentro le vene. “Jason...” sussurra, senza staccare gli occhi da quelli glaciali e tristi dell'altro.
“Ho bisogno di allontanarmi un po', Nico.”
E a quelle parole il battito cardiaco del più piccolo cessa. Non reagisce. Continua a fissare il biondo con quello sguardo apatico e confuso, mentre tutto dentro di lui si sgretola.
“Non so per quanto, ma ho bisogno di allontanarmi un po' da questa situazione” dice, e rivolge un'occhiata a dei borsoni pieni e chiusi vicino all'armadio.
Nico quasi si sorprende di non averli notati prima. Eppure ora il mondo intorno a lui è così ovattato, come se stesse per perdere i sensi.
Jason sospira, e poggia entrambe le mani sulle guance di Nico. Le sente gelate, ed il senso di colpa gli pervade il corpo.
Per un secondo è tentato di disfare quei bagagli, e rimanere vicino a quel ragazzo. Ma poi le parole di Piper gli rimbombano in testa. Jason c'è sempre stato per Nico, lo ha aiutato a rimettersi. Lo ha protetto per tutto il tempo che gli serviva per guarire.
Ed ora è il suo turno. Adesso che Nico sta bene, è il momento di Jason di rimettersi. Disinfettare le proprie ferite, e guarire.
Eppure il senso di colpa lo pervade. Quella lacrima che il più piccolo ha versato lo ha ucciso. Questa sua espressione torta dal dolore lo tortura.
“Non ti sto abbandonando Nico” precisa, stringendo il viso tra la sua presa. “Io devo... devo solo proteggermi.”
L'aria rientra per un secondo nei polmoni del più piccolo, che scuote la testa. Le lacrime premono impellenti sui suoi occhi, ma riesce ancora a trattenerle. “Jason” sussurra, boccheggiando. “Non fare l'idiota, ti prego.”
“Io sono un idiot--”
“Smettila di ripeterlo!” urla quindi, tirandosi di scatto indietro. Gli rivolge uno sguardo shockato, per poi prendersi la testa tra le mani. “Tu non capisci” inizia, affondando le mani tra i capelli. “Tu ci sei sempre stato per me, c'eri solo te quando nessun altro c'era, ed anche adesso ci sei solo te!” urla, indietreggiando. “Percy... Percy si, mi piace, ma... ma non è te!”
“Nico...” sussurra il più grande, mordendosi il labbro.
“Non capisci!” urla di nuovo, spostandosi verso la porta. “Tu sei sempre stato... l'unico. L'unica persona che mi è vicina. Non andartene, Jason!”
E le lacrime iniziano ad uscire dai suoi occhi, e fanno male. Fanno maledettamente male.
“Non andartene anche tu, Jason! Ti prego! Non lasciarmi solo! Non voglio rimanere solo di nuovo!” urla singhiozzando, scuotendo con forza la testa.
E a quella scena il cuore del biondo si stringe. Si avvicina a grandi falcate al più piccolo, e lo stringe con forza tra le sue braccia.
“Non sei solo” sussurra, mentre lo stringe con forza al petto. “Io non ti abbandono, Nico. Non lo farò mai.”
“Non andartene...” singhiozza il più piccolo sul suo petto. “Non farlo...”
“Nico” lo richiama, prendendogli il mento tra le mani. “Starò a casa dei miei per un po'. Sono lì. Non me ne vado. Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, vieni da me.”
“Non sarà la stessa cosa.”
“No” acconsente il biondo, affondando la mano tra i suoi capelli scuri. “Ma ne ho bisogno. Ho bisogno di allontanarmi. Ma non ti sto abbandonando. Non potrei mai farlo.”
E il più piccolo si ritrova ad annuire. Annuisce, e piange. Anche se si era ripromesso di non farlo. Anche se si era ripromesso di essere forte.
“Mi dispiace, Jason” singhiozza. “Mi dispiace così tanto...”
E prima che possa anche solo accorgersene, Jason è di nuovo di fronte a lui con la borsa in mano.
“Nico...” sussurra, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Ti prego, devo uscire.”
“Jason, non farlo” tenta per l'ultima volta il più piccolo, alzando lo sguardo verso quello del biondo.
E quello sguardo scuro e triste uccide completamente Jason. Abbassa lo sguardo, e stringe i pugni. Poi, inaspettatamente, si avvicina al più piccolo. Gli prende il mento tra le mani, e lo fissa negli occhi.
“Nico...” sussurra, accarezzandogli col l'indice una guancia. “Qualsiasi cosa accada, io sono sempre vicino a te.”
E poi poggia le sue labbra su quelle del più piccolo. È un contatto veloce. Nico non fa nemmeno in tempo a spostarsi, ma gli da prova concreta dei sentimenti del biondo.
E capisce quanto la sua situazione possa essere difficile da gestire e, quindi, anche la sua voglia di allontanarsi.
Nico non protesta per quel contatto. Non si lamenta. Semplicemente si sposta dalla porta, e abbraccia goffamente l'amico. Gli stringe le esili braccia intorno al corpo, e rimane così. “Preparati a vedermi ogni giorno a casa tua” dice, strofinando il viso sul suo petto.
Jason ridacchia, e gli scompiglia i capelli. “Sei il benvenuto, lo sai.”
E Nico sta per rispondere, quando bussano di nuovo alla porta. “Nico?” dice una voce familiare da fuori. “Va tutto bene lì dentro?”
E il viso del più piccolo impallidisce immediatamente. Sposta il suo sguardo verso Jason, che ha gli occhi chiusi e la mascella contratta.
Poi, senza avere il tempo di fermarlo, Jason apre la porta. I suoi occhi azzurri incontrano un paio verde mare, e Nico vorrebbe sprofondare.
“Tu sei Percy, vero?” dice il biondo, e nella sua voce c'è risentimento. Nico nota il suo sforzo di mantenere la calma, e vorrebbe solo che tutto questo non fosse mai accaduto.
“In persona. Tu sei Jason, vero? L'amico di Nico?” dice il moro. E a quella parola la mascella del biondo si irrigidisce ancora di più.

Amico.

Amico.

Amico.

“Si” dice, a denti stretti. “Sono io.”
Percy allunga una mano, col suo solito sguardo vivace. “Sono felice di conoscerti, Jason. Nico mi ha parlato molto di te.”
Il biondo abbozza un sorriso, per poi afferrare la mano dell'altro.
“Percy” dice, e il suo tono ora è duro. Nico può capire dall'espressione sorpresa del moro che Jason sta stringendo più del dovuto la sua mano.
“Prova a fargli del male, e te la vedrai con me” sibila minaccioso, aggrottando le labbra e rendendo ancora più inquietante la sua cicatrice.
“Cosa?” esclama sorpreso Percy, e Nico spalanca gli occhi.
“Hai sentito bene” risponde, sorpassandolo ed incamminandosi verso il corridoio.
“Percy” lo richiama poi, fermandosi in mezzo al corridoio. Il moro si volta a fissarlo, confuso da tutta la situazione.
“Si?”
E Jason sospira, per poi voltarsi. E quando lo fa, Nico quasi non perde tutto il respiro. Gli occhi di Jason sono pieni di lacrime.
Non aveva mai visto Jason piangere. Mai.
E, Dei, quanto fa male.
Jason fissa il ragazzo dagli occhi verdi, per poi mordersi un labbro. “Prenditi... Prenditi cura di lui” finisce quindi, prima di ricominciare a camminare.
E prima che il cuore di Nico ricominci a battere, Jason è già sparito.

*

Nico sale le scale lentamente. Jason è dietro di lui, ed il rumore del suo respiro cadenzato lo aiuta ad andare avanti.
Da queste scale qualche tempo prima aveva visto colare sangue. Ed ora, infatti, non ha il coraggio di guardare in basso.
Al piano di sopra è dove è stata sterminata la sua famiglia.
È davvero pronto a vederla? E se dovesse riavere un crollo? Jason lo salverebbe per l'ennesima volta. Lo sa.
E questo gli infonde coraggio. Sapere che Jason è con lui lo spinge ad andare avanti.
E quando arriva al piano di sopra il suo corpo si fa decisamente più pesante. Il suo sguardo si punta sul pavimento ed il respiro si mozza. La testa gli sta per ricadere di lato, e il corpo non ha più le forze di mantenerlo in piedi.
Sa di star perdendo i sensi mentre cade.
E, l'ultima cosa che vede, è una grande macchia rossa di sangue che ricopre la moquette del corridoio.

-
Quando Nico riprende i sensi sente freddo. La sua fronte è bagnata, e non può credere di aver sudato così tanto.
Quando la tocca, si ritrova qualcosa di ruvido sopra. E' uno strofinaccio bagnato.

Nico” sussurra qualcuno da vicino a lui, toccandogli delicatamente una guancia. Gli occhi caldi e azzurri di Jason entrano dentro la sua visuale. “Come stai?”
Il più piccolo storce le labbra, per poi stropicciarsi un occhio. “Sicuramente non al meglio. Non capisco, cosa è successo?”
Jason sospira, passandosi una mano in mezzo ai capelli biondi. “Diciamo semplicemente che forse era meglio aspettare un pochino prima di salire qui sopra. Non immaginavo avremmo potuto trovare … quello.”
Nico ricorda immediatamente, ed affonda la testa nel cuscino. Si guarda intorno, e capisce di stare dentro la sua stanza.
La sua vecchia e scura stanza.
Le sue pareti sono ancor dipinte di nero, la libreria piena di tutti i suoi libri, la console ha ancora tutte le scatole dei videogiochi intorno.
Abbozza un sorriso alla vista della sua camera, per poi massaggiarsi le tempie. “Spero per te che mi abbia preso in tempo, e non non mi abbia fatto sbattere la testa” dice, voltandosi a fissarlo.
Jason abbozza un sorriso, per poi stendersi vicino al moro.

La tua bella testa non ha toccato il pavimento, ti ho preso prima.”
Bravo, Grace” lo prende in giro, socchiudendo gli occhi.
Anche se penso che la tua massa di capelli ti avrebbe protetto lo stesso.”
Nico alza gli occhi al cielo, per poi portarsi una mano tra i capelli. “Taci e pensa ai tuoi ridicoli capelli a spazzola.”
Jason ridacchia, per poi circondare la vita dell'altro con un braccio.

Ti senti meglio?” gli chiede, alzandosi su un gomito. Punta i suoi occhi azzurri in quelli spenti e scuri dell'altro.
Nico si limita ad alzare le spalle. “Penso di si. Ero svenuto, non so come stavo prima.”
Jason scuote la testa, abbozzando un sorriso. Gli piace riavere questo Nico.
Pur avendo visto quella macchia lì fuori, non ha avuto una ricaduta. Nico sta guarendo, Jason ne è sicuro.

Andiamo?” chiede quindi il più piccolo, facendo per alzarsi.
Jason alza un sopracciglio, per poi aggrottare le labbra. “Andare dove?”

Non lo so, torniamo a casa? Devo continuare le mie ricerche.”
Jason riappoggia la testa sul cuscino, e sospira. Afferra la spalla di Nico e lo fa rimettere sdraiato, riportando il suo braccio sulla sua vita.

Perchè questa fretta? Abbiamo tanto tempo.”
Tanto tempo?” chiede il più piccolo, quasi sorpreso.
Ovvio” gli risponde il biondo, abbozzando un sorriso. Si volta a fissarlo, e sorride. Nico lo rilassa, lo fa sentire bene. E il pensiero di avere ancora del tempo davanti lo rende felice, senza un motivo concreto.

Io e te abbiamo una vita da passare insieme. Ne abbiamo di tempo davanti.”


*
Angolo autricee!:D
Hola chikos (?) (non so parlare spagnolo lol.)
SON TORNATA COL CAPITOLO!:D
Già, putroppo l'ultima volta non sono riuscita a caricarlo, e vi chiedo ancora perdono per questa cosa!
Spero di riuscire ad essere sempre puntuale d'ora in poi..
Ma nel caso non dovessi riuscirci.. bhè, vi avverto come ho fatto l'ultima volta u.u
EEEE NADAH. COME AL SOLITO VI RINGRAZIO TAAAAANTO *W*
So già che mi state odiando per questo capitolo. Io lo so.
Ma voi dovete sapere che io in realtà vi amo, e non lo faccio apposta ad uccidere i vostri feels:')
LOL.
E grazie per le recensioni, davvero! Continuo a ripeterlo, voi siete dei geni. Mi fate morire dal ridere. Sul serio, ogni volta rotolo sul letto per le risate, e mi fate anche emozionare con tutti quei complimenti **
V.V.B. (Vi vendo bisteccheh.)
Vabbè dai basta:')
Un bacione, LauraPalmerBastille.

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Capitolo 10
*** Di Angelo. ***


Save me, Percy Jackson.



E' passato un bordello di tempo, ma di cose in queste due settimane me ne sono successe...
Well, It is what it is! Mi spiace se è uscito un aborto di capitolo ;-;


-

 

Nico si alza dal letto, e si guarda intorno. Non sa come, ma Jason si è addormentato. Lui era riuscito a sonnecchiare per qualche minuto, ma poi la testa di Jason sulla sua spalla aveva iniziato a dolergli, e si era tolto da quella posizione.
Ora la sua stanza lo avvolge. Quelle quattro pareti lo circondano, e non si sente soffocare.

Per un secondo è tutto come era prima. Lui nella sua stanza, con i suoi vestiti larghi e scuri e Jason che gli dorme nel letto. L'unica che manca è Bianca che gioca ai videogiochi lì di fronte, facendo più rumore possibile per svegliare il biondo.
Nico prende un grande respiro, per poi abbozzare un sorriso. Si avvicina alla vecchia console, e le poggia un dito sopra.
La polvere si alza improvvisamente, e per un attimo la nostalgia lo coglie impreparato. L'immagine di sua sorella che sbraita contro
quegli stupidi videogiochi è troppo forte, ed un sonoro singhiozzo gli risale su per la gola. Non riesce a bloccarlo.

Si volta immediatamente verso Jason, nel caso lo avesse svegliato. Lui è ancora lì, con la faccia affondata nel cuscino ed una espressione beata sul volto.
Non vuole farsi vedere debole da lui. Il fatto che Jason gli stia perennemente vicino lo fa sentire bene. Stramaledettamente bene.
Eppure nello stesso momento si sente male per lui.

Jason è un bel ragazzo. È alto, bel viso, corpo tonico, simpatico ed amichevole. Insomma, è quasi perfetto. Eppure sta sprecando tutto questo tempo per rimanergli affianco. Non c'è un minuto che lo lasci solo, quando in realtà un ragazzo del suo aspetto e della sua età dovrebbe uscire e divertirsi. Uscire con persone vivaci, che hanno negli occhi la voglia di vivere.
Non con ragazzi come lui, a cui è stata massacrata la famiglia e la cui voglia di vivere è stata messa decisamente a repentaglio.
Sospira piano, per poi prendere il joystick in mano, osservandolo. Uno strato di polvere lo ricopre, e la prima cosa che fa è quella di soffiarci sopra per toglierlo.
Immagina le mani di Bianca su quell'oggetto, e di nuovo il suo sorriso torna ad occupargli la mente. Bianca che gioca. Bianca che lo osserva. Bianca che scoppia a ridere. Bianca che gli dice che è un musone. Bianca che gli lancia l'altro joystick, e lo invita a giocare
con lei. Bianca che gli fa il solletico per farlo perdere.

Bianca.
Bianca.
Bianca.
Nico...” il sussurro che gli arriva all'orecchio lo sorprende così tanto, che il joystick gli cade dalle mani.
Si volta verso Jason con gli occhi sgranati, e quelle pozze azzurre per un secondo lo rassicurano. Il biondo lo fissa confuso, per poi abbassare lo sguardo sull'oggetto caduto e piegarsi per riprenderlo.
Perchè stai piangendo?” chiede, senza staccare lo sguardo dal joystick.
Nico sussulta visibilmente, per poi portarsi una mano agli occhi. Non si era accorto di star piangendo. I ricordi lo avevano colto così impreparato da averlo trasportato in un altro mondo.
Cosa?” borbotta, tastandosi le guance con le dite. “Cazzo...” sbuffa, quando le sente bagnate. Si tira giù una manica della giacca, e se le asciuga velocemente.
Scusami, non piango perchè sono triste. Sono uscite da sole, non me ne ero nemmeno reso cont--”
Nico” lo interrompe l'altro, alzando lo sguardo su di lui. “Smettila di nasconderlo.”
Nascondere cosa?”
Jason sbuffa, per poi passarsi la mano libera in mezzo ai capelli. “Smetti di fingere di stare bene. Non capisco perchè persisti in
questa recita.”

Il moro abbassa istintivamente lo sguardo, borbottando a bassa voce. Si asciuga con più forza le lacrime, maledicendosi mentalmente.
Non sto fingendo proprio nulla, Grace” dice, socchiudendo gli occhi.
E allora perchè stai piangendo?”
Io... sto piangendo perchè...”
Perchè anche l'altro giorno sei scoppiato a piangere?”
Perchè tua madre--”
Perchè fai finta di sorridere?”
Jason, io--”
Li riconosco i tuoi sorrisi veri, ma non sono quelli, tu--”
Jason!” urla, sgranando gli occhi. “Fingo perchè voglio farti vedere che tutto il diamine di tempo che stai sprecando per gironzolarmi intorno non è sprecato!”
Nico fissa sbalordito il biondo, sorpreso dalle sue stesse parole. Si passa una mano in mezzo ai capelli, per poi abbassare lo sguardo.
Oddei, Jason, scusami io...” ma non fa in tempo a finire la frase, che le braccia del più grande sono intorno al suo corpo, stringendolo.
Nico” sussurra, stringendo più forte la presa. “Non pensare mai che il tempo che passo con te sia sprecato.”
Il più piccolo affonda la testa sul petto dell'altro, sospirando. “Lo è. Stai lottando per una causa persa.”
Il biondo alza un sopracciglio sorpreso, per poi allontanarsi di poco e abbassarsi per riuscire a guardare Nico dritto negli occhi.
Nico” dice, dandogli un buffetto sulla guancia. “Hai presente come stavi qualche mese fa?”
Il moro alza gli occhi al cielo, per poi scrollare le spalle. “Non lo so, male?”
Eri chiuso in un bagno, con l'intenzione di voler morire, Nico” e quelle parole sorprendono il più piccolo, che sbarra gli occhi al ricordo.
Eri steso sul letto a piangere ed urlare. Eri in questa casa, in preda a crisi visive e psicologiche. Eri, ma non eri, Nico.”
Il più piccolo chiude con forza gli occhi a quei ricordi. Lui ha veramente fatto tutte quelle cose. Il dolore lo ha portato a compiere tutte quelle azioni.
E invece guardati adesso” continua il biondo, abbozzando un sorriso. “Hai ripreso peso e colore. I tuoi occhi hanno di nuovo quella strana luce che li rende brillanti. Sorridi. Poche volte, ma lo fai. Hai ripreso a prendermi in giro come facevi una volta, e stai mettendo tutto te stesso per trovare quel tipo che ti ha provocato questo dolore.”
Jason...”
Come puoi dire che è una causa persa?”
Nico si morde un labbro, per poi stropicciarsi gli occhi con una mano. “Non lo sono?” chiede, con un filo di voce.
Jason abbozza un sorriso. Scuote la testa, quasi divertito. Prende il mento del moro tra le dita, e lo fissa negli occhi.
Non lo sei, Nico. Perchè non stai salvando solo te, ma anche me.”
Il moro osserva quegli occhi azzurri che lo hanno rassicurato così tante volte. Tira su col naso, per poi scuotere la testa.
Sei un tale idiota, Grace” dice, abbassando lo sguardo. “Un tale idiota...”

*

La lingua di Piper scorre lentamente sulle labbra di Reyna, facendola sorridere. Le posa una mano dietro la testa, e la avvicina ancora di più a sé.
“Mh” mugola la più grande, ampliando il sorriso. “Mi piace questa Piper intraprendente.”
L'altra arrossisce immediatamente, tirandosi indietro. Si rimette comoda sul sedile del passeggero della macchina di Reyna, e sposta lo sguardo fuori dal finestrino. “Cosa? No, io non sono, uhm, ecco io--”
“Oh, andiamo” la interrompe Reyna, alzando gli occhi al cielo. “Adesso non richiudere il tuo bel lato felino ed intraprendente.”
Piper, di conseguenza, arrossisce ancora di più. Assume un tenero broncio, per poi tirare fuori la lingua in una smorfia buffa. “Ci credo che il mio lato felino si richiude, se me lo ammosci così.”
La più grande la fissa per un secondo confusa, per poi scoppiare a ridere sonoramente. Piper alza gli occhi al cielo, imbronciandosi ancora di più. “Sei odiosa quando mi prendi in giro” borbotta, sbuffando.
Reyna si asciuga una piccola lacrima e, ancora col sorriso sulle labbra, si volta verso l'altra ragazza. “Davvero?” chiede, avvicinandosi. “Pensa un po', io ti amo quando fai così.”
Piper sobbalza a quell'affermazione, per poi voltarsi verso la più grande con gli occhi spalancati. “Tu... cosa?”
La più grande alza gli occhi al cielo e annulla la distanza che le divide poggiando nuovamente le sue labbra su quelle di Piper. “Hai sentito bene” sussurra sulle sue labbra, per poi continuare a baciarle.
Piper sorride, avvolgendole le braccia al collo. Sono in una posizione decisamente scomoda. Piper è sul sedile del passeggero, mentre Reyna è su quello del guidatore. Le cinture di sicurezza gli impediscono movimenti ampli, ed il volante non permette a Reyna di voltarsi di molto. Eppure eccole lì, a baciarsi. Le braccia in una posizione decisamente scomoda, il cinturino che gli preme sul busto.
Eppure le loro labbra sono unite, ed il resto non conta.
“Dovrei fare quello per cui siamo venute” sussurra Piper, baciandola di nuovo.
“Andare nell'appartamento di Jason per prendere il tuo telefono? Non puoi aspettare ancora qualche minuto?”
La ragazza finge di rifletterci un momento, per poi sorridere e poggiare di nuovo le sue labbra su quelle dell'altra. “Mh, penso di si.”
Sta per riavvolgere le sue braccia intorno al collo dell'altra, quando Reyna sospira rumorosamente.
“No, penso tu debba scendere adesso. Guarda, Jason sta uscendo, rischi di non trovare nessuno in casa e... ma perchè ha quel borsone?”
Piper si volta immediatamente verso il finestrino, e non appena i suoi occhi si posano su quell'enorme borsone che il biondo tiene in spalla il suo corpo si muove istintivamente. Scende dalla macchina velocemente, per poi pararsi di fronte al ragazzo.
“Jason!” urla, fissandolo. “Che cosa stai facendo!?”
Il ragazzo non alza lo sguardo. Piper lo sente sospirare forte, e quando si sofferma di più ad osservare il suo viso nota le lacrime che escono copiose dai suoi occhi.
“Jason...” sussurra, sgranando gli occhi. “Tu stai... piangendo?”
Il biondo non si muove. La borsa gli scivola dalle mani, cadendo a terra con un gran tonfo. E prima che le forze possano abbandonarlo del tutto, Piper lo stringe forte tra le sue esili braccia, sorreggendolo un poco.
“Piper!” urla Reyna, avvicinandosi di corsa. “Ma cosa sta succedendo?” chiede, aiutando la ragazza a sorreggere Jason.
“Non lo so! Io... Io non sono riuscita a parlargli! Lui stava piangendo e...”
“Okay, ho capito” tronca il discorso Reyna, assumendo la sua solita espressione determinata. “Facciamolo sdraiare da qualche parte.”

-

Jason sente la testa pesante quando riprende coscienza. Non ricorda cosa è successo. Stava semplicemente uscendo da quella casa, lasciandosi dietro Nico tra le braccia di un'altra persona. Tra altre braccia che non fossero le sue.
Le lacrime avevano iniziato a bagnargli le guance senza che lui potesse controllarle, e le emozioni avevano preso il sopravvento.
Per un secondo aveva creduto di provare quello che aveva provato anche Nico alla notizia della perdita della sua famiglia. Dolore. Dolore puro.
Ma doveva aspettarselo, no? Dopo una discesa vi è sempre una salita. E, visto che la sua discesa vicino a Nico era stata decisamente
lunga e serena, adesso lo aspettava una salita proporzionalmente più faticosa e dolorosa.

Eppure non è pronto. Non senza di lui. Non senza Nico.
Poi una voce familiare gli si era posta di fronte, ma quel nero che gli era esploso dentro lo aveva risucchiato, facendolo cadere nell'oblio.
Ora apre gli occhi piano, per poi ritrovarsene di fronte due grandi color nocciola che lo scrutano preoccupati.
“Ma... Cosa succede?” borbotta, passandosi una mano tra i capelli biondi.
Piper spalanca le labbra in un grande sorriso, per poi buttare le braccia al collo del ragazzo.
“Sei vivo!” gli urla nell'orecchio, per poi scoppiare in una risata nervosa.
“Se mi stringi in questo modo, non lo sarò per molto.”
“Piper” la ammonisce Reyna con tono deciso ma tranquillo, squadrando la scena da lì affianco. “Fallo respirare.”
La castana si stacca immediatamente, rialzandosi. “Oh, hai ragione. Scusami. Come ti senti?”
Jason prende un grande respiro, per poi abbassare lo sguardo. “Io... penso bene. Cioè, scusate, non volevo crearvi problemi.”
Piper incrocia le braccia al petto, alzando gli occhi al cielo. “Ecco che ritorna la sindrome da eroe. Jason, tutti crollano, non fingere di stare bene.”
Reyna abbozza un sorrisetto, per poi circondare le spalle della ragazza con un braccio. “Dei, quando se ne esce con queste cose filosofiche è adorabile” dice, prima di scoccargli un bacio sulla guancia.
Piper arrossisce visibilmente, ma prova a non darlo a vedere. Si mordicchia il labbro, per poi continuare il discorso. “Ipotizzo dalla borsa che tu tu stia allontanando dal problema principale. Bravo, sei coraggioso. Non tutti ci sarebbero riusciti.”
Jason si passa un'altra volta la mano tra i capelli, per poi annuire. “No, non tutti ce l'avrebbero fatta.”
Piper si inginocchia vicino al biondo, posando una mano sulla sua. “Jason” dice, ed il suo tono è dolce. “So che fa male. So quanto si abbia voglia che tutto il dolore dentro sparisca... ma posso assicurarti che hai preso la decisione giusta. Molte volte staccarsi dal problema aiuta a rimettersi in sesto.”
Il biondo la fissa, per poi annuire. Piper ha ragione.
Fa male, maledettamente male. Vorrebbe staccarsi il cuore dal petto e lasciarlo lì. Diventare una macchina apatica e priva di sentimento. Ma sa anche che tutto questo dolore sparirà. Sa che allontanarsi da Nico è la cosa migliore, perchè vederlo con un altro ragazzo gli farebbe il doppio del male.
“Devo ringraziarti, Piper” ammette, provando a rimettersi in piedi. Reyna lo affianca subito, afferrandogli il braccio.
“Ti do una mano io” dice la ragazza, aiutandolo a rialzarsi. Jason le sorride, ringraziandola con lo sguardo.
“Devi ringraziarmi?” chiede la castana, alzando un sopracciglio. Il biondo annuisce, abbozzando un sorriso triste. Uno di quei sorrisi falsi che per mesi ha visto sulle labbra di Nico. Adesso è sulle sue di labbra.
“Se ho avuto la forza di prendere questa decisione è solo grazie a te. Sul serio, grazie” ammette, prendendo le chiavi di tasca.
Piper apre le labbra, sorpresa, per poi sorridere felice. “Ci sono sempre per te Jason, di qualsiasi cosa tu abbia bisogno.”
“Oh si” si intromette Reyna, prendendo la borsa del ragazzo da terra. “Ti vuole così tanto bene che ti aiuterebbe perfino a seppellire un cadavere, se solo ne avessi bisogno.”
Jason alza un sopracciglio sorpreso, per poi abbozzare un sorriso. “Quindi se uccido qualcuno so a chi rivolgermi?”
Piper scoppia a ridere, scuotendo la testa. “Certo! Ma attento a non farmi arrabbiare. Ricordati che so seppellire un cadavere.”
Jason sorride di nuovo, e questa volta sinceramente divertito. Stringe la ragazza tra le braccia, sussurrandole un ultimo ringraziamento nell'orecchio.
Poi stringe la spalla a Reyna, e le sorride. “Sono felice che sia tu a prenderti cura di lei” ammette.
La ragazza butta un'occhiata a Piper. La osserva per un secondo, e si perde in quegli occhi color nocciola. Così caldi ed accoglienti. Si ferma per un secondo a fissare quei capelli castani tanto ribelli quanto perfetti, quelle belle curve che nasconde dietro quelle maglie larghe. Osserva le sue labbra, che non si stancherebbe mai di baciare. Osserva lei, e sorride, per poi abbassare lo sguardo. “Si” risponde, tornando a fissare Jason. “Lo sono anche io.”
E Jason sorride di nuovo. Sorride, prende la borsa che la ragazza le porge e sale in macchina.
Accende il motore e, con tutta la forza di volontà che ha, si allontana da quella via. Il suo appartamento sfugge alla sua vita, e Jason è già lontano.

*

“Non ho capito cosa è successo...” ammette Percy, abbassando lo sguardo confuso su Nico. Quando nota le sue lacrime, quasi non gli prende un colpo.

Si abbassa immediatamente per incontrare i suoi occhi. Gli prende il mento tra le mani, e poggia istintivamente le sue labbra su quelle del più piccolo.
Non sa perchè lo ha fatto e, sinceramente, non gli interessa. Nico a quel contatto sembra rilassarsi subito. Si lascia trasportare nel bacio, per poi avvolgere le braccia intorno al collo del più grande.
“Percy” sussurra dopo poco, staccandosi. “Io... Io ho bisogno di sedermi. Mi gira la testa.”
Il moro annuisce, conducendolo fino al letto. Poggia la schiena contro il muro e lascia distendere il più piccolo tra le sue gambe.
Nico si ritrova con la testa poggiata sul petto di Percy, e le sue cosce intorno alle sue gambe. Eppure è così frastornato che quasi non ci fa caso.
E la sensazione di solitudine lo pervade. Le lacrime riemergono di nuovo, e scendono calde sulle sue guance.
“No, non piangere” sussurra il più grande, asciugandogli le guance. Sospira, per poi accarezzargli i capelli con tocco delicato.
“Nico” sussurra, fissandolo con sguardo preoccupato. “Ma cosa è successo?”
Dalle labbra del più piccolo esce un rumoroso singhiozzo che lo fa sussultare. “Sono stato un idiota...” sussurra, così piano da non farsi sentire da Percy.
“Cosa?” chiede infatti, avvicinandosi al volto dell'altro.
Nico, in risposta, si porta le mani al viso nascondendosi. Le lacrime scendono imperterrite, ed odia farsi vedere così debole.
“Nico” lo chiama l'altro, sospirando. “Cosa--”
“Sono stato un idiota!” quasi urla, sbattendo le magre gambe sul letto. “Lui... lui mi è sempre stato così vicino, dovevo capirlo! E invece non ho fatto nulla, anzi! L'ho illuso. Tutte... tutte quelle volte in cui l'ho abbracciato, o in cui lui.. DEI! COME HO FATTO A NON CAPIRLO!” urla, per poi ringhiare frustrato.
Percy lo fissa preoccupato, continuando ad accarezzargli i capelli nel vano tentativo di calmarlo.
“Ed ora se ne è andato! Anche lui! Perchè! Perchè tutti mi abbandonano!”
E le lacrime continuano a scendere giù, imperterrite. Per la prima volta, dopo tanto tempo, ritorna il dolore della morte della sua famiglia. Come se quell'ennesimo abbandono avesse rivangato tutto.
Sente il cuore comprimersi in maniera dolorosa, e per un secondo vorrebbe smettere di esistere. Vorrebbe smettere di soffrire.
'Fermatelo' è il suo unico pensiero. 'Fermate questo dolore.'
“Nico” lo richiama di nuovo il più grande, con tono tranquillo. “Non sto capendo nulla di quello che dici. Chi ti ha abbandonato?”
E quella domanda fa scattare il nero dentro di lui. “Bianca” singhiozza, senza togliere le mani dai suoi occhi. E per un secondo il petto gli fa dolorosamente male.
“Mamma.” Singhiozzo. Fitta al cuore. “Papà.” Singhiozzo. Fitta al cuore. “...Jason.” Singhiozzo. Spaccatura nel cuore.
E Percy lo fissa. Non sa cosa è successo, ma può solo immaginare. Prende Nico da sotto le braccia, e lo tira su.
La schiena del più piccolo ora è a contatto con il petto di Percy, ed il più grande avvolge le braccia intorno al suo petto. Lo stringe e lo culla, posando ogni tanto dei piccoli baci sulle sue spalle.
“Mi è stato vicino in questi anni infernali” singhiozza il più piccolo, senza levare le mani dal viso. “Ed io non me ne ero mai accorto.”
Percy posa un altro bacio sulla sua spalla, per poi strusciargli affettuosamente la guancia sopra. “Di cosa non te ne eri mai accorto?”
“Dei suoi sentimenti. Lui... lui era innamorato di me, ed io non lo avevo mai sospettato.”
Percy storce le labbra, aggrottando le sopracciglia. Sta per fare un commento inappropriato e decisamente geloso, quando il suo cervello lo blocca in tempo, convincendolo che questo non è decisamente il momento per delle scenate di gelosia.
“Lui... ti ama?” chiede, anche se dalla sua voce trapela un minimo di fastidio.
“Sono un idiota. Un completo idiota. Cazzo.”
“Nico” lo richiama il più grande, posando le sue labbra sul suo collo in un bacio caldo. “Non puoi comandare i sentimenti degli altri. Non puoi farlo con i tuoi, immagina con quelli delle altre persone.”
Il moro scuote la testa, rannicchiando le gambe e nascondendo la testa tra le ginocchia. “Lo so, ma--”
“No, tu non lo sai” lo interrompe l'altro, stringendolo con più forze. “Non darti la colpa di quello che succede intorno a te. Non farlo. Non potevi far nulla, devi solo andare avanti. Tutti dobbiamo fare così, dobbiamo solo puntare a vivere il futuro.”
E quelle parole colpiscono il più piccolo. Sposta le mani dal viso, e fissa l'armadio vuoto che ha di fronte.
Deve andare avanti, anche senza Jason. Deve andare avanti, pure se insieme a lui non si è portato via solo la sua roba, ma anche una parte del suo cuore. Deve andare avanti, e continuare a vivere.
“Ma come fai?” borbotta, asciugandosi le lacrime e voltandosi verso Percy.
Il più grande alza un sopracciglio confuso, per poi abbozzare un sorriso. “Fare cosa?”
“Essere sempre così... schifosamente positivo e vivace. Come fai?”
Percy sorride. Gli posa un bacio sulle labbra, e si sofferma per qualche secondo ad osservare i suoi occhi neri. Gli piacciono. Gli piacciono davvero tanto. Starebbe ad osservarli per ore, senza mai stancarsi.

“Perchè la vita è bella, Nico. E da quando ci sei tu, lo è ancora di più.”

*

Jason prende in mano il Joystick, lo osserva per qualche secondo e poi sospira. “Credi che abbiano tolto la corrente?”
Nico gli scocca un'occhiata confusa, per poi scrollare le spalle. “No, non credo. Perchè?”
Jason sorride. “Lo scoprirai presto.”
Nico sta per controbattere, quando il biondo gli lancia l'oggetto in mano, per poi abbassarsi ed iniziare a macchinare con i fili.
Il più piccolo lo osserva per qualche minuto, e proprio quando sta per aprire bocca e chiedere cosa diamine stia facendo, la tv di fronte a sé si accende. La schermata che appariva sempre quando Bianca giocava ai suoi videogiochi adesso è di nuovo di fronte a lui.
Cosa... cosa hai fatto?” chiede, fissando sorpreso lo schermo.
Jason si alza in piedi. Prende in mano il joystick, per poi porlo a Nico con un sorrisetto sulle labbra. “Ti va una partita?”

-

Nico impreca ad alta voce quando il personaggio di Jason gli spara addosso uccidendolo, per l'ennesima volta. “Oh, andiamo, tu bari!” quasi urla, alzando gli occhi al cielo.
Non baro, Nico” ribatte il biondo, dandogli una gomitata. “Sono semplicemente più bravo di te.”

Impossibile! Io... io ero un portento a questo gioco!”
Il più grande alza gli occhi al cielo, per poi scuotere la testa divertito. “Si, quando giocavi in modalità extrafacile contro il un giocatore elettronico.”
Fanculo, Grace. Ti batterò” sbuffa, riavviando la partita.
Jason storce le labbra ed alza gli occhi al cielo. Si volta per un secondo a fissare Nico, e vederlo così concentrato, con la lingua che spunta quasi fuori dalle sue labbra sottili per lo sforzo, lo intenerisce.
Ah, ti ho colpito!” esulta, assottigliando gli occhi. “Ti batterò.”
Jason sorride, senza rispondere. Inizia a premere i tasti senza convinzione, buttando ogni tanto un'occhiata a Nico e al suo sorrisetto soddisfatto. Gli piace vederlo convinto in quello che fa. E se per farlo sorridere basta farlo vincere, inizierà a perdere più spesso.
Si!” urla, quando riesce a vincere la partita. “Ti ho ucciso! Ce l'ho fatta!”
Il biondo alza gli occhi al cielo, aggrottando le labbra. “Ma come hai fatto? Mi hai battuto!”
Nico abbozza un sorrisetto, per poi alzare gli occhi al cielo. “E' perchè sono un genio, Grace. E tu sei un idiota.”
Jason scoppia a ridere, posando il joystick sul comodino. “Hai pienamente ragione. Non raggiungerò mai il suo livello.”
Già. Ma non crucciarti, potrai provare ad imitarmi. Ora è tardi, voglio tornare a casa.”
Il più grande annuisce, voltandosi verso la tv. “Dammi solo il tempo di scollegare questa roba.”
Va bene, Grace. Ma fai in fretta. Io ti aspetto in macchina” dice, prima di incamminarsi verso la porta.
Poggia la mano sulla maniglia, e la apre. Fissa il corridoio, mentre Jason si china a scollegare i cavi della tv.
Ah, Grace” dice, evitando di guardare il pavimento. “La prossima volta che giocheremo ti batterò sul serio, senza aver bisogno che tu mi lasci vincere” finisce, per poi uscire dalla stanza, senza richiudere la porta.
Jason fissa sorpreso i cavi che ha in mano. Come ha fatto ad accorgersene? Eppure era stato molto cauto nel non farsi notare.
Scoppia a ridere, scuotendo la testa. Quel ragazzo lo stupisce ogni giorno di più, e si sente sempre più fortunato ad averlo affianco.
Forse il suo cognome, non è poi tanto casuale.

*

Angolo autriceee! :D

Macciao! Okay, ogni volta scrivo questo angolo in un font differente, ma vabèèè.
Detto questo... uff. ritardo.
FACCIAMO COSì. SE VEDETE CHE VENERDì PROSSIMO NON AGGIORNO, SIGNIFICA CHE HO AVUTO PROBLEMI TEMPISTICI, E IL PROSSIMO CAPITOLO SARà PUBBLICATO IL VENERDì SUCCESSIVO!
Purtroppo la scuola mi sta uccidendo, ed anche fisicamente ultimamente non sto molto bene, il che mi comporta visite su visite ;-;
MY GAAAAADS!
Well. Risponderò al più presto a tutte le vostre geniali recensioni.
Anche subito, se riesco.
E non mi stancherò mai di ripeterlo. Siete dei geni.
Un bacione, LauraPalmerBastille. <3

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Capitolo 11
*** Troppo per un bambino. ***


Save me, Percy Jackson.



In teoria avrei dovuto rimandare di ancora un'altra settimana per un imprevisto imprevistoso di ieri sera che mi ha fatto passare la voglia di scrivere. Ma poi mi sono detta "Gambe in spalla, non fare la mammoletta (?) e scrivi quel capitolo, su!"
Ed eccolo qui!
Vi avverto che i flashback per questo e forse un altro paio di capitoli non saranno i soliti u.u
Buona lettura! <3

I capelli arruffati gli ricadono teneramente sulla fronte. Se li tira su sbuffando, per poi mostrare uno dei suoi soliti sorrisi sdentati.
Saltella ancora un poco sul letto, per poi buttarsi a sedere e sbuffare di nuovo. Poggia la testa sul letto, e chiude gli occhi.

In quella casa è tutto così noioso. Non può uscire fuori né conoscere altri bambini e, non avendo fratelli o sorelle, i pomeriggi passano nell'apatia e nel silenzio più totale.
Tutto questo finchè non torna lui. Lì il silenzio lascia spazio ad urla e pianti.
Si mette di fronte allo specchio della madre, per poi aprire la bocca e contare quanti denti devono ancora cadergli. Sta per provare a staccare quello frontale che si muove da un bel po', quando il suo sguardo si posa su uno strano arnese buttato lì vicino.
Lo prende, e lo osserva. È un piccolo tubicino nero con la punta colorata; rosa. Tocca con il piccolo dito la parte colorata, e quando scopre che questa può dipingere un sorriso divertito gli compare sul volto.
Si riaccosta quindi davanti allo specchio ed osserva il suo piccolo faccino da bambino di otto anni che è. Sorride di nuovo, e appoggia l'arnese colorato sulla sua fronte, disegnando un piccolo cuore.
Poi, preso dalla voglia di imbrattare le cose, inizia a scriversi su tutto il viso. Un fiore sulla guancia, un teschio sull'altra, una saetta sul mento.
A lavoro completato ripone l'oggetto ed osserva soddisfatto il risultato allo specchio. Gli piace, eccome. La sua pelle è passata dal solito rosa ad un fucsia acceso.
Sta per scrivere anche sullo specchio, quando due forti mani lo afferrano per la vita.
Il suo cuore si blocca di colpo. Più volte è stato afferrato da dietro, e non è mai stato presagio di un qualcosa di buono. Il panico gli pervade il corpo, e le lacrime escono dai suoi occhioni senza poterle controllare. Inizia a sbattere i piccoli piedi per riuscire a liberarsi, ma cosa può fare un bambino di otto anni?
Quando sente di non poter scappare e di essere in trappola, un urlo gli esce dalla gola rimbombando per tutta la casa.
Hei” lo richiama una voce femminile dietro di lui. “Ma cosa urli?”
Il bambino cessa immediatamente di urlare, per poi voltarsi. Le mani che lo tengono stretto non appartengono che a sua madre, che lo sta guardando confusa e quasi spaventata.
Mamma” pigola il bimbo, per poi scoppiare a piangere più forte. “Ho avuto paura.”
La donna lo fissa per un secondo, per poi sospirare e stringerlo tra le sue magre braccia. “No, amore mio, non devi avere paura. Non di me. Mai.”
Il piccolo affonda il faccino nel suo petto, continuando a piangere. Soffoca singhiozzi rumorosi nel tessuto della maglia di sua madre, per poi asciugarsi gli occhi sulla manica del suo giacchetto.
Questa situazione ti sta uccidendo” sussurra la donna, con voce rotta. “Ti sta uccidendo ed io non posso fare nulla per cambiarla.”
Il bambino smette di piangere quando sente i singhiozzi della madre. Sposta il viso dalla sua maglia, e la osserva negli occhi.
Mamma” dice, inclinando di poco la testa. “Perchè stai piangendo?”
La donna si accascia a terra, per poi emettere un singhiozzo più forte degli altri. E di nuovo il bambino si trova solo e spaurito.
Di fronte a lui sua madre si contorce e piange, mentre lui non sa cosa fare.
M-Mamma...” pigola, poggiandole una mano sulla schiena. E non capisce. Perchè sua mamma ha così tanta tristezza nel corpo? Perchè sua mamma non esce quasi mai dal letto? Perchè la sente piangere così spesso?
Perchè la mamma ha tutti quei tagli per le braccia? Eppure lui non la tocca lì. Perchè la mamma non gli parla quasi mai? Perchè?
Tu stai soffrendo, ed è tutta colpa mia” singhiozza, battendo un pugno a terra.
M-Mamma... per favore...”
Merito solo di morire!” quasi urla la donna, facendo sobbalzare il bimbo.
Non dire così mamma...” e le lacrime riescono fuori. La paura lo assale di nuovo. È tutto troppo per un bambino di otto anni.
E le lacrime scivolano giù per il suo mento, fino al pavimento. Quando abbassa lo sguardo nota che queste sono sfumate di rosa. Si volta verso lo specchio, e lo spettacolo che vede gli mette quasi paura.
Tutto il colore si è sbiadito ed è colato giù per il suo viso. Il fiore, il cuore, il tuono, adesso hanno una forma strana, mostruosa. Gli dipingono il volto e sembra quasi lui stia piangendo sangue.
Troppo.
Troppo per un bambino di otto anni.
Troppo.
M-Mamma” singhiozza, voltandosi di nuovo verso la donna. “Ho paura.”
Ma la donna non da segno di averlo sentito. I suoi lunghi capelli le coprono il volto, mentre il suo gracile corpo è scosso da singhiozzi.
Mamma” ripete, con la voce rotta dal pianto. “Ho tanta paura mamma.”
Ma lei non da segno di volerlo sentire.
E prima che possa ripeterlo di nuovo, la porta della sala si apre con un botto, facendoli sussultare entrambi.
Nasconditi” è il solo sussurro della madre, prima di ricominciare a piangere più rumorosamente di prima.

*

Nico fissa l'orologio della sua stanza, per poi riaffondare il viso tra quei fogli. Non si era mai accorto di quanto il silenzio fosse pesante. Prima c'era sempre Jason a riempirlo con le sue chiacchierate inutili ed i suoi film mentali sui prossimi esami da sostenere.
E per quanto Nico gli rispondesse male, facendogli notare quanto lui fosse snervante, in realtà gli piaceva. Gli piaceva avere qualcuno vicino che gli facesse compagnia. Qualcuno a cui non facesse schifo averlo accanto e che non scappasse per le sue risposte acide.
Gli piaceva Jason. Ma non nel modo in cui lui piaceva a Jason.
Ed adesso, ripensando a tutto ciò che hanno passato, si da dello sciocco mentalmente. Come ha fatto a non notarlo? Quanti gesti ha compiuto il biondo che avrebbero dovuto far capire a Nico che tra di loro di amicizia ce ne era ben poca?
Ed invece lui non aveva intuito niente, ed adesso è tutto così silenzioso. Il letto di Jason è sistemato da giorni, come il suo lato di armadio.
Butta un'occhiata al calendario, e non può credere che siano passate già due settimane da quel giorno.
Percy più volte è venuto a fargli visita ma, tra il lavoro e tutto, è più il tempo in cui rimane da solo a studiare che il tempo che riescono a vedersi.
E Nico raramente è uscito da quella stanza. In fondo, tra i due, era Jason quello che mandava avanti le relazioni sociali. Lui si limitava a seguirlo silenziosamente e stare in mezzo alle persone solo sotto suo obbligo.
Eppure gli piaceva anche quello. Ed adesso non c'è più.
Sospira, per poi stropicciarsi gli occhi. Sta per riaffondare il viso tra quei fogli, quando qualcuno bussa alla sua porta. Alza lo sguardo e inarca un sopracciglio. Chi può volerlo vedere?
Con fatica si trascina fino alla porta dove accosta l'orecchio. Da quando Jason se ne è andato è diventato molto più paranoico. Le persone hanno iniziato a mettergli più paura del solito e, a parte Percy, cerca di evitarle il più possibile.
Quando non sente nulla dall'altra parte, decide finalmente di aprire. La visione che gli si para di fronte lo sorprende.
Con un cesto pieno di biscotti e dolci vari, Hazel, Leo, Frank, Piper e Reyna gli sorridono felici. Nico li fissa tutti sorpreso, per poi inarcare un sopracciglio e balbettare qualcosa.
Ma non fa in tempo a mettere insieme una frase di senso compiuto, che Hazel gli salta al collo stringendolo forte.
“E' da più di una settimana che non abbiamo tue notizie” dice, stringendolo. “Ci hai fatto preoccupare.”
Nico boccheggia un secondo, per poi fissarli tutti.
“Voi... Voi vi siete preoccupati per me?” sussurra, abbassando lo sguardo.
“Ovvio, Nico” si intromette Reyna, sorridendogli. “Piper mi ha rotto le palle una settimana perchè era indecisa se venire a trovarti o no.”
“Reyna” la riprende la ragazza, mordendosi un labbro. “Io... si, ero preoccupata per te.”
“Eravamo tutti preoccupati per te, Nico” dice Frank, dandogli una pacca sulle spalle. “E sappiamo quello che è successo. Abbiamo già picchiato Leo per te, non ti preoccupare” finisce, per poi fare l'occhiolino ad Hazel.
-
Nico si ritrova seduto sul letto di Jason a mangiare biscotti al cioccolato. Hazel lo fissa felice, ed ogni tanto stringe la mano a Frank, indica il moro con un cenno della testa e sorride intenerita.
Nico, ovviamente, ha notato il suo comportamento da mamma chioccia iper protettiva, ma non dice nulla. In fondo gli fa piacere sapere che a qualcuno interessa di lui.
“Lo so quale è la domanda che ti ronza in testa e che non hai il coraggio di dire” gli dice Piper, sedendosi sulle ginocchia di Reyna con l'ennesimo biscotto in mano. “Dove è Drew?”
“Ma in realtà, io--”
“Per questo” lo interrompe Reyna, prendendo il biscotto dalle mani di Piper e mangiandolo in un sol morso. “Dobbiamo ringraziare Valdez. Da quando l'abbiamo portata in quel pub di spogliarellisti non esce più.”
Nico quasi non si strozza col biscotto che stava mangiando. Il solo pensiero che quella ragazza possa sbavare sul corpo del suo fidanzato, gli da il voltastomaco.
Una forte manata sulla schiena lo fa sussultare, facendolo voltare di scatto.
Ritrova di fronte a sé gli occhi castani di quell'invadente ed irritante spagnolo che, con un sorriso scaltro sulle labbra, sposta il suo sguardo dalla schiena di Nico alla sua mano.
“Ma sei stupido o cosa?” sibila inacidito il moro tastandosi la schiena. “Adesso mi picchi pure?”
“N-No” balbetta Leo quasi intimorito, perdendo il sorriso. “Io volevo solo aiutarti col biscotto e...”
“No, tu sei un idiota!” lo interrompe Nico, tossendo piano.
“Nico” lo richiama Hazel, assumendo un'espressione apprensiva. “Ascolta cosa ha da dirti Leo.”
Il più piccolo le rivolge un'occhiata sorpresa, per poi alzare gli occhi al cielo e voltarsi verso il castano. “Sentiamo cosa hai da dirmi.”
“Io... Io ecco” balbetta, grattandosi la testa. “Accidenti, non sono bravo in queste cose, ma... mi dispiace di averti praticamente rovinato la vita e il rapporto che avevi con Jason.”
Nico scuote la testa, sbuffando. “La mia vendetta ti arriverà comunque, non credere.”
“Qualsiasi sia il tuo piano, io ti seguo” lo supporta Reyna, afferrando un altro biscotto.
Piper le da una gomitata e le fa cadere il biscotto, per poi sorridere a Nico. “Se si parla di scherzi a Leo conta su di me!”
Lo spagnolo la fissa sorpreso, per poi passarsi una mano in mezzo ai capelli. “Voi vi state mettendo contro il re degli scherzi!”
Hazel scoppia a ridere, poggiando la testa sulla spalla di Frank. “Pur avendolo già picchiato, uno scherzo al caro vecchio Leo non ci starebbe per nulla male!”
“E quello che fa Hazel lo faccio anche io, quindi ci sto!” si intromette Frank, sorridendo.
Leo li fissa tutti, per poi sospirare. “Sapete che dicendomi questo io smetterò di muovermi dalla mia stanza per paura di un vostro scherzo, vero?”
Piper fissa gli altri, e poi di nuovo Leo. “E chi lo dice che lo scherzo non sia proprio nella tua stanza?”
-
Quando Percy entra nella camera, un sorriso gli nasce spontaneo sulle labbra al vedere un Nico dolcemente addormentato sui libri.
Posa le chiavi di riserva che il ragazzo gli ha dato, e si inginocchia vicino a lui.
Mentre dorme Nico ha quell'espressione docile ed indifesa che poche volte ha da sveglio. Solitamente è sempre sulla difensiva, come se dovesse costantemente proteggersi dal mondo esterno. Particolarmente da quando se ne è andato il suo coinquilino, Percy ha notato
che Nico tollera molte meno cose.

Non ha più molta voglia di uscire all'esterno né di parlare con altre persone fuorché lui. Non che questo non gli faccia piacere.
Rimanere la sera abbracciato a Nico a parlare è come una doccia rilassante per lui. Poterlo baciare quando vuole è qualcosa di magnifico, ed anche se il ragazzo non ha voglia di uscire a Percy basta anche solo la sua presenza.
Lo trova tanto misterioso quanto intrigante. Nico non è un libro aperto. Non è uno di quei ragazzi che ti raccontano tutta la loro storia non appena gliene dai la possibilità.
Nico è un ragazzo chiuso, introverso, bisognoso di qualcuno che lo salvi.
Nico è un libro chiuso, e per molto tempo ha solo aspettato qualcuno che avesse le forze di riuscire ad aprirlo e leggerlo.
E quel momento è arrivato. Dopo 19 anni della sua vita, Percy è lì con lui, e a poco a poco sta leggendo tutta quella storia.
Non che Nico gli abbia detto nulla del suo passato, ma Percy è convinto di sapere più lui in un mese che le persone con cui ha passato gli ultimi due anni della sua vita.
“Nico” sussurra, passandogli una mano in mezzo ai capelli. “Nico, amore” ripete, posandogli un caldo bacio sulla guancia.
Il più piccolo apre poco gli occhi, per poi mettere a fuoco il luogo in cui si trova. Quando nota due occhi verde acqua che lo fissano, il suo cuore perde un battito. E si chiede come sia possibile che ogni volta che rivede Percy, sia sempre come la prima.
“Ben svegliato” gli sussurra il più grande, posandogli un altro bacio ma sulle labbra.
Nico arrossisce poco, per poi tirarsi su a sedere. E, senza sapere perchè, Percy scoppia a ridere fragorosamente, svegliandolo del tutto.
Il più piccolo alza un sopracciglio confuso, per poi sbadigliare disinteressato. “Cosa ti diverte così tanto?”
Percy si asciuga una piccola lacrima al lato dell'occhio, per poi indicare il viso dell'altro. “Ma quanto hai dormito su quei fogli?” chiede, continuando a ridere.
Nico si tasta il viso, per poi alzarsi e correre fino al bagno dove, con grande orrore, nota come l'inchiostro di alcune delle parole dei fogli su cui si è addormentato si siano scolorite e si siano dipinte sul suo viso.
“Oh, Dei” esclama, aprendo il rubinetto. “L'inchiostro di stampa se ne va dalla pelle? E smettila di ridere, idiota! Aiutami!”
Percy si butta sul letto, continuando a ridere fragorosamente. “Ecco che ritorna il gattino arrabbiato che adoro!”
Nico alza gli occhi al cielo, per poi asciugarsi le mani sull'asciugamano e tornare nell'altra stanza.
“Continua così e domani al posto dello shampoo ti ritrovi la tinta verde.”
Percy alza gli occhi al cielo, per poi incrociare le braccia sulla vita di Nico e trascinarlo fino al letto.
Nico si ritrova con le gambe ai lati dei fianchi di Percy, le mani vicino al suo viso e le loro labbra incredibilmente vicine.
“Non chiamarmi gattino arrabbiato” sussurra Nico, spostando il suo sguardo fino alle labbra del più grande. E Percy sorride, alzando gli occhi al cielo.
“Ma lo sei...”
“Percy” lo richiama, aggrottando le sopracciglia.
“E va bene, e va bene. Sarai solamente il mio... amore?”
Nico si morde il labbro, cercando di placare il rossore che gli sta imporporando le guance.
“Si, mi piace” ammette, chiudendo gli occhi e facendo scontrare le sue labbra con quelle del più grande.
Percy rimane sorpreso da questa intraprendenza, e sorride nel bacio. Posa una mano dietro la tesa di Nico, avvicinandolo a sé. Gli piacciono le labbra di Nico. Sono così calde e dolci. Si, le labbra di Nico sono dolci, e Percy le ama.
Ama passarci la lingua sopra, per sentirne il loro sapore. Ama osservarle mentre si muovono per parlare. Le ama mentre le bacia.
Sono così belle. Se solo Nico riuscisse a vedersi con gli occhi con cui si guarda lui.
E queste si muovono veloci sulle sue, facendogli battere il cuore più velocemente del previsto. Quando Nico si stacca da lui, uno strano brivido caldo gli scuote il corpo, facendolo sorridere.
“Dei, se solo sapessi l'effetto che mi fai” gli sussurra all'orecchio, mordendosi poi il labbro. Nico, al sentire quelle parole, arrossisce violentemente. Affonda il viso nel petto del più grande, e sorride.
E non è sicuro delle parole che dirà subito dopo. Non ricorderà di averle veramente dette, né se Percy le avrà veramente sentite.
Struscia il naso sul collo del più grande, per poi chiudere gli occhi di nuovo assonnato.
“Lo sai che ti amo, vero?” sussurra, per poi chiudere gli occhi, ed addormentarsi col viso sul petto di Percy.

*

Il bambino sgattaiola silenziosamente sotto il suo letto.
Le coperte sono tirate su” è il suo unico pensiero, mentre il suo respiro si fa sempre più affannoso. “Lui mi vedrà. Lui mi troverà.”
E dalla sala provengono dei rumori decisamente molesti. Rumore di urla, singhiozzi e oggetti lanciati con violenza per terra.
Troppo.
Troppo per un bambino di otto anni.
Il respiro è sempre più affannoso. Rumore di vetro rotto. La porta della cameretta è ancora chiusa. Un urlo. Sua madre che singhiozza davanti a lui. Respiro affannoso. Un altro urlo. Lo sta chiamando. Vuole lui. Altro rumore di vetri rotti. Altro singhiozzo di sua madre. Il pavimento cigola. Rumore del suo cuore che batte. Un altro urlo. Il suo nome. Singhiozzo di sua madre. Urlo. Singhiozzo. Urlo. Singhiozzo. Urlo. Singhiozzo. Urlo. Singhiozzo.

Klock.

La maniglia della porta della sua cameretta si abbassa. Il tempo si ferma, insieme al suo respiro.
Anche sua madre smette di singhiozzare, irrigidendosi. E l'ultima cosa che il bambino vede, è lo sguardo preoccupato di sua madre che lo fissa. Poi la porta si apre, ed una puzza di alcool si diffonde dentro la stanza, facendogli venire voglia di piangere di nuovo.
Ma lui non deve fare rumore, non deve.
Tutto troppo.
Troppo per un bambino di otto anni.
Un uomo grande e grosso entra dentro la stanza. Lui non può vederlo, nascosto sotto il letto. Ma vede le sue scarpe vecchie e malridotte, può vedere la sua ombra grande e minacciosa. Può sentire il suo odore di alcool che si porta dietro. Non vede, ma può immaginare.
Invece vede sua madre che viene tirata su dai capelli, facendola urlare di dolore. Può sentire la risata dell'uomo ubriaco che, fuori di sé, la butta contro il muro.
Può sentire il gemito della madre quando la sua schiena va a sbattere contro la superficie dura. Può sentire gli insulti che lui le rivolge.
Il bimbo non ha mai capito cosa significassero quelle parole, eppure dal modo in cui le dice sembrano così brutte. Così offensive.
Il bambino non può vedere la scena, ma può sentire le preghiere della madre di non farle di nuovo del male. E può dedurre che queste non siano state ascoltate, quando urla di dolore di nuovo.
E dalle ombre che si proiettano sul pavimento, il bimbo può solo immaginare che l'uomo la stia prendendo a calci.
Perchè? Perchè lo fa? Perchè li tratta così? Forse succede questo in tutte le famiglie?
Non ha mai visto altre famiglie, quindi non può saperlo. Forse è una cosa normale, ed è stupido mettersi paura. Ma quando quell'uomo gli fa quelle cose gli fa così tanto male. È normale avere paura, no?
E' tutto troppo.
Decisamente troppo per un bambino di otto anni.
Si tappa le orecchie, per non sentire il tonfo della scarpa dell'uomo affondare nel corpo della madre, e soprattutto per non sentire le sue urla. Quelle urla di dolore che ormai riempiono l'aria di quella casa.
E quando le urla della madre cessano, la paura torna.
Dove è il mostriciattolo?” ride l'uomo, indietreggiando. Il bimbo reprime un singhiozzo, e si fa più indietro sotto il letto. Vede l'ombra di quel signore avvicinarsi sempre di più al suo nascondiglio. E ha paura.
Passo. L'ombra è più vicina. Risata. Paura. Passo. Paura. Odore di alcool. Passo. Pavimento che cigola. Paura. Passo. È davanti al letto. Paura. Paura. Terrore. Terrore.
Vuoi giocare a nascondino, eh?” urla, avvicinandosi ancora di più al letto. “Ma con me non c'è gioco da fare, stronzetto.”
E poi succede. L'uomo si abbassa, e gli occhi del bambino incontrano i suoi. Piccoli, scuri, iniettati di sangue. La puzza di alcool gli arriva fino a dentro le vene, ed iniziare a piangere gli viene istintivo.
Non provare a nasconderti da me” ride, infilando la mano sotto il letto e afferrando la sua gamba.
No!” urla il bambino, iniziandosi a dimenare. “Lasciami andare! Non toccarmi!”
E l'uomo ride. Ride, e stringe quella gambetta con troppa forza per un bambino di otto anni.
Troppo.
Troppo per un bambino di otto anni.
Ti stai forse ribellando?” chiede, sorridendogli. Quei denti. Quei denti gialli, cariati, gli fanno venire da vomitare. Ma il dolore alla piccola gamba gli pervade il corpo.
P-Papà” ansima il bambino, con voce rotta dal pianto. “Ti prego non farmi del male...”
E l'uomo lo fissa per un secondo, per poi scoppiare a ridere. Una risata cattiva, una risata che terrorizza il bimbo.
Mi stai forse pregando?” chiede, stringendo la presa sulla gamba e facendolo urlare di dolore.
Verrai punito per questo” e senza delicatezza lo trascina fuori dal letto, facendolo urlare.
Verrai punito eccome” e la presa sulla sua gamba si stringe ancora di più.
“Percy.”

*

Angolo autriceee!:D
Okay, okay, okay. Capitolo merdoso lo so. Scusatemi. Scusatemi davvero davvero davvero tanto.
Ogni volta qui mi lamento che mi succedono cose orribili/robe da fare/ studio/ cose varie, ma il punto è che è davvero così hahahaha
Maaaaannaggia! Well, risponderò domani a tutte le vostre recensioni, giuro u.u
Ma questa volta faccio i ringraziamenti speciali, gente u.u
Voglio ringraziare Animalia1Dfan; Nadline; EleNina226; Alaska64; Fantasy25; Menma1; SunnyDaysForever; Athena22; SlashMania; AinselNico1973; StJimmy__; BlackWendy; che mi state supportando conle vostre recensioni!
Voi siete.... vweojnwegovwnmaòl. Grazie, grazie davvero. <3

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Capitolo 12
*** Dammi la spinta. ***


Save me, Percy Jackson.



Bene, visto che ormai siete tutti convinti che io sia una sadica pazza senza cuore che si diverte a far soffrire i nostri poveri protagonisti... BAM! CAPITOLO FLUFFLOSO PER TUTTI!
Sono imbarazzatissima, e so di aver fatto una roba assurda, ma capitemi, è la mia prima volta e mezza (?)
Buona Lettura! >//////<

Percy si allaccia la scarpa blu, per poi osservare quelle piccole macchie rosse che non riesce a togliere dalla punta. Il cuore rallenta il suo battito. Si stropiccia gli occhi per non pensare, passandosi una mano in mezzo ai capelli.
Si alza dal letto, e non appena si muove sente dolori su tutta la schiena. Lo specchio gli si para subito di fronte. Quello specchio, lo odia. Ogni mattina gli ricorda quale è la sua vita, cosa deve passare.

Questa mattina glielo ricorda col riflesso di un grande livido viola sul suo occhio destro. È orrendo. Decisamente non copribile, ed orribile.
E lo odia.
Lo odia perchè oggi è il suo primo giorno nella nuova scuola, e deve andarci conciato così. Nei suoi pochi 12 anni, Percy ha già sofferto più dolore di qualsiasi altro adolescente della sua età. E non parla solo di quello fisico.
E il tempo ha iniziato a scorrere velocemente, come se la sua stessa vita gli stesse scivolando via velocemente dalle mani. Chiude gli occhi. È da una parte. Apre gli occhi. È da un'altra.
La sua mente si sta allontanando dal suo corpo.
Una volta ha sentito che è una cosa normale. Quando il dolore è troppo, la mente si distacca dal corpo.
Non ricorda dove lo ha sentito. Forse se lo è perfino solo immaginato. Forse è uno dei tanti pensieri in cui la sua mente vaga quando la sera quell'uomo torna ubriaco.
Chiude gli occhi. La visione della sua faccia contusa sparisce.
Ed è orribile.
Ogni volta che chiude gli occhi, le immagini di quell'uomo che lo picchia gli si parano di fronte. Ogni volta che chiude gli occhi, sente le urla di dolore di sua madre. Ogni volta che chiude gli occhi ha paura di avere qualcuno dietro che possa afferrarlo.
Apre gli occhi.
È a scuola.
Come ci è arrivato? Non ricorda nemmeno di aver fatto tutto quel percorso di strada. È successo di nuovo, la sua mente si è distaccata.
Non parla con nessuno, non ne ha voglia. Ha vissuto dodici anni da solo. In realtà, non sa nemmeno come si parla con le persone. Sa urlare, si. Sa pregarle, sa avere paura. Ma ad avere amici proprio non è capace.
E le persone non sembrano interessate a parlargli. Quindi si mette seduto all'ultimo banco all'angolo, da solo. Le ore passano così, velocemente.
I professori parlano, lui li ascolta. Raramente alza gli occhi dal libro.
A volte fissa gli altri ragazzi. Li guarda parlare tra di loro, ridere e scherzare. Nei dieci minuti di pausa, molti si alzano e si mettono in gruppo. Tutte quelle risate gli danno quasi fastidio.
Lui invece è da solo, lì. Non sa se ci sta bene o no. È abituato, quindi non sa cosa si prova ad avere degli amici.
L'ennesima campanella suona. Tira un sospiro di sollievo. Mancano solo due ore alla fine. È sollevato e preoccupato nello stesso momento. Non ha voglia di tornare a casa, in quell'inferno. Preferirebbe stare da qualsiasi altra parte invece che lì. Eppure anche rimanere rinchiuso tra queste quattro mura da solo, ad ascoltare delle lezioni inutili e noiose non lo fa sentire molto bene.
Sta per alzarsi ed andare in bagno, quando un'ombra si proietta sul suo banco facendogli alzare lo sguardo.
Due grandi occhi grigi ed un sorriso scaltro gli si parano di fronte, imbarazzandolo quasi.
Una ragazza decisamente di bell'aspetto, con un fisico quasi perfetto e chiari capelli biondi lo scruta, per poi scuotere la testa.
Okay, così non va” dice, sospirando. “Pensavo che alla timidezza ci fosse un limite, ma tu, ragazzo mio, superi ogni soglia immaginabile.”
Percy alza un sopracciglio, per poi prendere il libro dalla cartella e posarlo sul banco.
Nella sua mente una voce gli urla di parlare con quella ragazza, provare a fare amicizia. Ma non sa come si faccia. Quindi si limita ad abbozzare un sorriso ed annuire.
La ragazza alza un sopracciglio sorpresa. “Oh accidenti, la situazione è anche peggio del previsto.”
Sbuffa, per poi allontanarsi e tornare al suo posto.
Percy la fissa un secondo. Vorrebbe urlare e scappare. È di nuovo solo, anche se qualcuno aveva provato ad avvicinarsi.
Una morsa al petto gli fa mancare il respiro per un secondo. Non è sicuro sia dolore, ma molto probabilmente lo è.
L'idea di scappare lo riprende di nuovo, e proprio quando si sta per alzare un rumore forte dalla sedia vicino a lui lo fa sussultare.
Si volta e, forse con gioia, ma decisamente stupore, nota la ragazza di prima che sta spostando tutto il suo materiale nel banco vicino al suo.
Lei alza un momento lo sguardo dalla sua roba, fissa negli occhi Percy per poi abbozzare un sorriso. “Che scortese, ancora non mi sono presentata! Io sono Annabeth. Annabeth Chase, per la precisione. Ma tu puoi chiamarmi anche solo Annie. Hai una faccia da idiota, sembri simpatico. Tu saresti invece?”
Percy viene inondato da quella raffica di parole, e per un secondo non sa se sorridere o riprendere in considerazione l'idea di scappare. Prende un grande respiro, e decide di parlare. Decide di cambiare quella situazione. “Sono Percy” dice, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Percy Jackson, e non penso ci sia un altro modo in cui tu possa chiamarmi.”
Annabeth lo fissa per un secondo, per poi scuotere la testa sorridendo. “Va bene, sarai solo Percy. E sai una cosa?”
Cosa?”
Ti aiuterò a passare questi anni infernali. Non ti libererai facilmente di me” ammette, mettendosi seduta con fare elegante.
Percy abbozza un sorriso. Sorriso. Dei, Percy sorride! Da quanto non lo faceva? O meglio: lo ha mai fatto?
E' una minaccia?”
Annabeth si volta a fissarlo sorpresa dalla sua risposta. Forse quel ragazzo ha anche del senso dell'umorismo dietro quel muro di timidezza che lo divide dal resto del mondo.
In realtà” precisa “dovrebbe essere un privilegio” dice, socchiudendo gli occhi.
E adesso vieni con me in bagno. Dovrei avere della cipria. Vediamo di far sparire quell'occhio nero, su.”

*

“Sai” dice Hazel, passandosi una mano in mezzo ai capelli indomabili. “Sono felice che tu abbia portato anche il tuo ragazzo oggi.”
Nico avvampa, per poi abbassare lo sguardo. “R-Ragazzo?”
La castana gli scocca un'occhiata, per poi sorridere. “Si, Percy. Hai fatto bene a portarlo. Ha anche lui le sue ragioni per vendicarsi su di Leo.”
“Chiunque ha una ragione per vendicarsi su Leo, anche se non fa parte di questo gruppo.”
Hazel ridacchia, annuendo. Scocca un'occhiata al gruppetto di quattro persone che sta borbottando qualcosa dall'altro lato della stanza, per poi fare cenno a Nico in direzione di Percy.
“Guardalo come si diverte a pianificare con gli altri. Penso lo trovino simpatico.”
Nico lo osserva. Percy guarda fisso negli occhi Frank, annuendo, per poi voltarsi verso Piper, sentire quello che ha da dire, e scoppiare a ridere. Reyna gli tocca la spalla per richiamare la sua attenzione, ed esporgli qualcosa. Sembra il leader. Eppure lo conoscono tutti a malapena da un'ora. Ma gli fa così tanto piacere. È strano. È bello vederlo andare d'accordo con le uniche persone a cui vuole un minimo di bene. A parte Jason, ovvio. Ma quello è un discorso a parte. Nico prova a non pensarci.
“Okay!” esclama Piper, dopo qualche minuto di silenzio. “E tutto pronto!”
Hazel sorride felice, sistemandosi meglio a sedere sul letto di Nico. Frank la raggiunge subito, sedendosi affianco a lei.
Nico, seduto sul letto di Jason, li osserva tutti. Sta per domandare quale sia l'esito, quando due forti braccia lo stringono da dietro. Prima che possa voltarsi, le labbra di Percy si posano sulla sua guancia, scoccandogli un bacio.
Non ne è sicuro, ma il suo volto deve essersi subito infiammato per l'imbarazzo. Nico ha qualche problema con le dimostrazioni di affetto in pubblico, lo riconosce.
Piper e Hazel li osservano con fare innamorato, mentre Reyna alza gli occhi al cielo esasperata. “Dobbiamo sbrigarci” dice, con fare scocciato. “Continuerete a shipparli non appena avremo finito.”
Nico sta risponderle male, ma le braccia di Percy si stringono ancora più forte intorno alla sua vita, mozzandogli il respiro.
“Non far partire una lite, su” gli sussurra nell'orecchio, per poi baciarlo. E quelle mosse sorbiscono l'effetto desiderato. Nico- se possibile- diventa ancora più rosso ed ammutolisce, abbassando lo sguardo.
Reyna li fissa tutti, con un sorriso scaltro sulle labbra.
“Bene” dice, alzando le sopracciglia. “Questo è il piano.”

-

“Cosa!?” esclama Leo, sgranando gli occhi. “Cosa ha fatto Hazel!?”
Piper scoppia a ridere, fissando Reyna e pregandola con lo sguardo di aiutarla. “Te lo giuro!” quasi urla, prendendolo per il braccio. “Stanotte si è ubriacata in un pub dall'altra parte della città ed adesso sta girando mezza nuda per la piazza!”
Leo si passa una mano in mezzo ai capelli. “Non... non ci crederò mai! Dai, è uno scherzo!”
Piper si volta a fissare Reyna, che si schiarisce la voce ed alza gli occhi al cielo. “Leo, per tutti i fenicotteri rosa, è davvero così! E ci serve il tuo aiuto! Anzi, ecco...” dice, prendendo in mano il telefono “Mi sta proprio chiamando Frank!”
Piper gli strappa il telefono dalle mani, per poi rispondere. “Frank! Si, sono Piper! Stiamo arrivando! Lo s... Si! Ma Leo non vuole venire! Cosa? Te lo passo? Okay!”
Leo si ritrova col telefono di Reyna tra le mani, e la voce di un irritato Frank che lo intima a venire ad aiutarlo.
“Cavolo” borbotta Leo alla fine della telefonata, ridando il telefono alla castana. “Non l'ho mai sentito così arrabbiato... penso sia vero
sul serio. Questa non me la perdo per niente al mondo!”

E, prima di accorgersene, Leo si ritrova nella macchina di Piper e Reyna, totalmente all'oscuro di quello che sta per succedergli.

-

“Non posso crederci che lo abbia detto sul serio” ride Hazel, con la schiena poggiata al muro del corridoio di fronte alla stanza di Leo. “Avevo capito che Piper avesse insistito perchè la parola di riconoscimento per la chiamata di Frank fosse fenicotteri rosa, ma non avevo capito ce l'avesse fatta!”
Il ragazzo abbozza un sorriso, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Lascia perdere, stavo per scoppiare a ridere e mandare tutto all'aria!” dice, per poi fissare Nico e Percy poggiati sul muro opposto.
“Okay” dice Percy, schiarendosi la voce. “Siamo alla fase successiva del piano. Reyna e Piper sono riuscite ad allontanarlo. Adesso sta a me e Nico sistemare per bene la sua stanza durante la sua assenza. Voi avete capito cosa dovete fare?”
Hazel annuisce, sorridendo. “Io e Frank andremo lì alla piazza. Appena Leo e le ragazze arriveranno io mi farò trovare addormentata nella sua macchina, stremata dall'alcool. Ma sarò vestita.”
Nico alza gli occhi al cielo. “Mi pare ovvio. Non devi andare in giro scoperta. Diremo che Frank ti ha rivestita appena ti ha presa.”
Hazel gli scocca un'occhiata sorpresa, per poi sorridere. “Ti stai forse preoccupando per me?”
Il più piccolo alza un sopracciglio, incrociando le braccia al petto. “Fate il vostro dovere” sbuffa. “Noi quanto tempo abbiamo?”
Frank guarda il suo orologio. “Circa un'ora. Decisamente molto. Questa è la chiave di riserva della sua stanza” dice, dando a Percy la chiave. “Pronti?”
Nico e Percy si fissano, abbozzando un sorriso.
“Pronti.”

-

La stanza di Leo è strana per... essere di Leo. È in ordine, ha un buon odore e non sembra esserci nulla di male al suo interno se non il fatto che su ogni mensola e sulla scrivania ci sono pezzi di ricambio metallici di qualsiasi cosa esista al mondo.
Nico la fissa sorpreso, per poi sospirare. “E chi credeva che Leo sapesse cosa significa la parola 'pulizia'?”
Percy sorride, poggiando la borsa sulla sedia e prendendo una boccetta verde dall'interno. “Okay, sei pronto?”
“Per tingere a tradimento i capelli di Leo? Ovvio che sono pronto.”
-

Nico e Percy si ritrovano a piedi scalzi, dentro la doccia del bagno di Leo, cercando di capire quale sia lo shampoo che lui usa.
“Questo è per capelli ricci e crespi” borbotta il più grande, leggendo l'etichetta che c'è attaccata sopra.
“L'altro invece?” chiede Nico, iniziando a stappare il colorante verde.
“Mmmh.. Ricci ed indomabili.”
“Quale è la differenza?”
Percy alza le spalle, fissandoli entrambi. “Non riesco a credere che un tizio come Leo sia così attento ai suoi capelli. Comunque opto di mettere metà boccetta in uno shampoo e metà nell'altro.”
Nico sorride scaltro, per poi annuire. “Ci sto. Aprile.”
Percy le apre, per poi passarle all'altro. Il più piccolo le prende e, con molta precisione, inizia a versare al loro interno la tinta verde.
“Sai” gli sussurra Percy nell'orecchio, facendolo rabbrividire. “Sei eccitante con quello sguardo vendicativo negli occhi.”
Nico si infiamma immediatamente, facendo però finta di nulla. Adesso è con il viso rivolto verso le mattonelle e il lavabo della doccia, mentre Percy è dietro di lui, con il petto appoggiato alla sua schiena.
Il cuore gli batte decisamente troppo forte, ma deve rimanere concentrato e non far cadere nemmeno una goccia di colorante a terra.
“Spera di non vederlo mai rivolto verso di te.”
Percy ride piano nel suo orecchio, per poi circondargli la vita con le braccia. Lo osserva mentre richiude accuratamente i due flaconi di shampoo, e li ripone nel luogo da dove li hanno presi.
“In realtà, tu che mi fissi con quello sguardo è una visione decisamente eccitan--”
“Perseus Jackson!” esclama, provando a voltarsi nella stretta. Senza accorgersene, però, con il gomito sbatte sul lavabo della doccia, accendendola improvvisamente.
Un urlo decisamente poco mascolino esce dalle labbra di Percy, quando l'acqua fredda gli cade sulla testa, bagnandolo.
“Oh Dei” esclama Nico, chiudendo l'acqua. Fissa la maglia bagnata, per poi abbozzare un sorrisetto. “Ti giuro che non l'ho fatto apposta.”
Percy alza gli occhi al cielo, quasi divertito. “Se non ti fossi bagnato anche tu adesso mi sarei quasi arrabbiato.”
Nico scuote la testa, dandogli una piccola spinta. “Ti avrei tenuto testa. Adesso come facciamo?”
“Leo torna tra un'ora, vero?”
“Dovrebbe” risponde il più piccolo, aprendo le ante della doccia ed uscendo fuori.
Sta cercando un phon nei cassetti, quando due forti braccia, più calde delle precedenti, lo avvolgono.
Quando si volta a fissare Percy lo scopre a petto nudo, ed il suo cuore perde immancabilmente un colpo. Non è la prima volta che lo vede, ma questa volta gli fa un effetto differente. È bello. Percy è davvero bello.
“C-cosa fai?” balbetta, arrossendo.
Il più grande sorride scaltro, per poi poggiare le sue labbra su quelle ancora bagnate dell'altro. “Mi asciugo.”
“In... in che modo?”
Le ripoggia di nuovo. Bacia nuovamente Nico, questa volta più a lungo. “Non lo so, idee?”
“Stavo cercando un phon e--”
“No” lo interrompe l'altro, facendo scendere le sue labbra fino al collo.”Niente phon.” Nico geme, sorpreso. Ancora le sue braccia intorno al collo di Percy, chiudendo gli occhi.
E non sa come, ma si ritrova sdraiato sul letto di Leo, con Percy sopra di lui.
Le sue gambe sono intorno alla sua vita, e le sue mani ai lati della sua testa. Nico arrossisce immediatamente, per poi sorridere, imbarazzato.
Porta una mano fino al petto nudo del più grande, e lo tocca dolcemente. Da quanto tempo desiderava accarezzare quella pelle? Ed anche se è bagnata, sotto il suo tocco sembra comunque bollente.
“L'altra sera ti ho sentito, sai?” gli sussurra nell'orecchio Percy, per poi succhiargli avidamente il lobo. Nico sospira, per poi socchiudere gli occhi.
“Sentito cosa?” chiede, con le labbra dischiuse.
“Hai detto di amarmi. Io l'ho sentito” dice, per poi scendere con le labbra fino al suo collo, baciandolo.
Nico avvampa, inclinando però la testa per dargli più porzione di pelle disponibile. Percy sorride a quel gesto, e prende tra i denti un lembo di pelle, mordendolo appena.
“Nico” sussurra, leccandogli la parte lesa con i denti. “Sei bagnato anche tu, devi levarti questa maglia” dice , e le sue mani ora sono sulla sua maglietta.
Il più piccolo annuisce e, in pochi attimi, si ritrova senza maglia. Il freddo gli si attacca sulla pelle, ma non appena Percy riavvicina il suo corpo al suo, brividi di caldo gli percorrono il corpo.
Riporta le sue mani sul corpo del più grande, accarezzandolo, e facendolo sospirare.
“E' così?” chiede l'altro, scendendo con la scia di baci fino al suo ombelico, dove si sofferma a giocare con la lingua.
Nico geme di piacere, rivoltando la testa e serrando gli occhi. Prova cose che non aveva mai provato, ed il calore di Percy lo manda in estasi.
“Mi ami davvero?” chiede ancora il più grande, scendendo ancora di più piano piano con le labbra.
Nico emette un suono di piacere più forte degli altri, per poi stringere le coperte tra le mani. Senza che se ne sia nemmeno accorto, i pantaloni non sono più sulle sue gambe, ma abbandonati a terra.
“Dimmelo” sussurra Percy, fermando la sua scia di baci. “Dimmi di nuovo quello che mi hai detto l'altra sera.”
Le dita del moro scivolano sull'elastico dei boxer di Nico, facendolo sussultare. Inizia a giocarci, poggiandoci ripetutamente le labbra sopra, ma senza scendere più in basso.
E poi via. Anche quell'ultimo indumento è tolto dal corpo di Nico, facendolo rimanere completamente nudo.
Il più piccolo mugola di piacere quando sente il freddo attaccarsi alla sua pelle, unito ai caldi baci che Percy gli lascia vicino all'ombelico.
“Nico” sussurra, succhiando avidamente una porzione di pelle. “Dimmelo.”
“Percy” geme, stanco dell'attesa. “Io... ti amo” sospira, coprendosi gli occhi con l'avambraccio per l'imbarazzo.
Il più grande sorride, ed il suo corpo è scosso da brividi. Poi mette fine alla distanza tra le sue labbra ed il membro del più piccolo.
Nico sussulta quando sente il calore delle labbra di Percy intorno alla sua intimità, e non gemere gli viene impossibile.
“P-Percy” sospira, rivoltando la testa indietro e stringendo le coperte tra le sue esili dita. “Oh, Dei.”
Sente un calore piacevole diffonderglisi in tutto il corpo, specialmente nel basso ventre. Non ha il coraggio di alzare gli occhi, ma le mani di Percy che gli percorrono tutto il corpo, mentre le sue labbra gli danno piacere lo fanno impazzire.
“Percy” mugola di nuovo, con voce più alta del solito. “Le tue labbra... Ah.”
E quel sospiro fa sorridere il più grande, che si scosta dal suo membro per raggiungere le sue labbra. Quelle labbra che hanno chiamato il suo nome quasi pregandolo.
Sente i pantaloni farsi decisamente stretti, e vorrebbe continuare a baciare Nico fino ad addormentarsi sfinito. Vorrebbe baciare ogni parte del suo corpo. Come fa a non piacersi? È così bello.
“Nico...” sussurra sulle sue labbra, fissandolo negli occhi. “Io--”
“Voglio farlo” lo interrompe il più piccolo, portando le mani ai bottoni dei suoi pantaloni. “Io... voglio provarci. Ma vacci piano” pigola, slacciandogli i pantaloni e diventando rosso per l'imbarazzo. “Ti prego.”
Percy abbozza un sorriso intenerito, per poi baciargli di nuovo le labbra. Per l'ennesima volta. Non si stancherà mai di baciarlo, di questo ne è sicuro.
I pantaloni ed i boxer di Percy raggiungono quelli di Nico, per terra, e quando le loro intimità si sfiorano un sospiro estasiato esce dalle labbra di entrambi.
Il più piccolo ancora le sue gambe intorno alla vita del più grande, facendolo gemere sorpreso.
“N-Nico” mugola, sulle sue labbra, dischiudendo le labbra. “R-Rifallo...”
Il più piccolo sorride imbarazzato, quasi soddisfatto dell'effetto che ha sul compagno. Così spinge nuovamente il suo bacino verso quello di Percy, facendoli sospirare entrambi.
E continua nel movimento, mentre il calore continua a diffondersi sempre più intensamente nel suo corpo.
Quando Nico mugola più forte del previsto, Percy blocca il movimento, fiondandosi sul collo del più piccolo.
La voce non gli esce dalle labbra, e l'unica cosa che Nico riesce a fare è quella di socchiudere gli occhi, dischiudere le labbra ed accarezzare la schiena di Percy con movimenti lenti e dolci.
“Sei sicuro?” gli sussurra il più grande, leccando una porzione di pelle sul suo collo. Nico annuisce, sospirando estasiato.
“Dovrò prepararti prima, o potrebbe farti male” gli dice, poggiando le labbra sulle sue. Nico annuisce di nuovo, stringendo gli occhi.
Le labbra di Percy lo rilassano, lo fanno sentire protetto.
“Devi rilassarti” gli intima il più grande, scoccandogli un altro bacio. E prima che Nico possa rispondere, qualcosa entra dentro di lui, facendolo guaire dal dolore e dalla sorpresa.
“Shh” lo rassicura Percy, posando le sue labbra sulla sua guancia. “Va tutto bene, adesso passa.”
Nico si sente come spezzato a metà, mentre Percy aggiunge un altro dito dentro di lui. Si morde forte il labbro per non lamentarsi, ma quando la portata aumenta ancora di più, un lamento gli esce fuori dalle labbra spontaneamente.
Percy lo fissa, preoccupato. “Vuoi che mi fermi?”
Nico scuote la testa con forza, schiudendo le labbra. “V-Vai avanti” balbetta, con gli occhi serrati.
“Dimmi se ti vuoi fermare” gli sussurra sulle labbra il più grande, sfilando delicatamente le dita dal corpo del più piccolo.
Nico ancora le mani intorno al collo del più grande, aspettando il momento. E Percy lo fissa, e sorride. Sorride alla sua espressione sofferente ma nello stesso momento impaziente. Sorride a quelle labbra sottili ma carnose e calde. Sorride a quegli occhi tanto scuri quanto belli ed accoglienti. Sorride a Nico, per poi farsi spazio dentro di lui.
Gemono insieme, l'uno sulle labbra dell'altro, per poi chiamarsi.
Il dolore di prima lascia spazio ad un piacere che gli si diffonde in tutto il corpo, e Nico si ritrova a gemere di piacere dopo pochi attimi.
I loro movimenti sono lenti e cadenzati, e più volte le loro labbra si sono ricercate in un contatto fugace, interrotto dai loro gemiti.
Quando Percy raggiunge un punto più in profondità di Nico, quest'ultimo schiude le labbra e mugola di piacere più forte di prima.
“P-Percy” sospira, stringendogli le spalle. “D-Di nuovo.”
“Nico” geme il più grande, affondando ancora di più nel suo corpo.
E le loro mani si ricercano, stringendosi, e si chiamano, mentre arrivano all'apice del piacere insieme.
Labbra su labbra, mano nella mano, l'uno nell'altro.
“Nico” sospira Percy, socchiudendo gli occhi, ancora sopraffatto dal piacere.
Il più piccolo non apre gli occhi, ma sorride. Sorride, e fa scorrere le sue esili mani sul corpo del più grande.
“Dimmi, Percy” gli risponde, con voce affannata, ma felice.

“Ti amo anche io, Nico. Tanto.”

-

“E voi cosa ci facevate qui fuori?” chiede Leo, fissando male Percy e Nico che, con fare innocente, sono con la schiena poggiata sulla porta dell'appartamento di Leo.
Nico lo fissa un secondo senza sapere cosa dire, per poi balbettare parole senza senso.

“Noi” lo interrompe Percy, sorridendo. “Abbiamo saputo di Hazel, e visto che non riuscivamo a contattare nessuno abbiamo aspettato qui davanti che ritornaste.”
Detto questo, il più grande scocca un'occhiata all'altro, intimandogli di fare qualcosa. Nico alza gli occhi al cielo, per poi andare verso Hazel con falsa sorpresa ed esclamare: “Hazel! Ma cosa hai fatto? Mi sono preoccupato così tanto!”
Percy scoppia a ridere, per poi scuotere la testa.
“Sono davvero felice che stiate tutti bene. Nico si era preoccupato tanto. Vero Nico? Non facevi altro che piagnucolare!”
Il più piccolo avvampa immediatamente, sgranando gli occhi. Si volta imbarazzato verso l'altro, scuotendo la testa. “Oh si, fortuna che tu mi hai dato la spinta per venire qui, eh Percy?”
Il più grande scoppia a ridere, per poi avvolgere le sue braccia intorno al corpo del più piccolo.
“Nico” lo richiama, alzandogli il volto con l'indice.
“Dimmi, faccia di pesce.”
“Ti amo, lo sai?” dice, abbozzando un sorriso. Nico avvampa di nuovo, mordendosi il labbro.
“Si, lo so, idiota” sussurra, prima di poggiare le labbra sulle sue.

*

Percy si era sentito per la prima volta felice in vita sua. Annabeth era una tipa forte. Aveva l'aspetto della solita barbie frivola e superficiale che giravano troppo spesso in quella scuola. Invece era una persona intelligente e forte.
Lo aveva portato in giro per la scuola, parlando di tutto ciò che gli fosse venuto in mente. In un momento Percy aveva anche smesso di seguirla.
Ad ogni passo gli faceva male la schiena, e cercava di chiudere gli occhi il meno possibile. Eppure con lei il tempo scorreva normale.
Percy rideva, scherzava, a volte faceva persino delle battute. E Annabeth lo fissava male, per poi scuotere la testa e ridere.
Secondo lui era molto bella. Eppure non lo attirava in quel modo. Gli sembrò strano per un ragazzo della sua età non essere attratto da una bellezza del genere, eppure Annabeth, pur avendo tutto, non aveva nulla di quello che lui cercava.
Ma cosa cercava lui? Non se lo era mai nemmeno chiesto.
E poi gli aveva coperto quell'orribile macchia nera con una polverina chiara con un nome strano.
E le era stato riconoscente. Tanto.
Adesso si trova nella sua stanza da solo, di nuovo. E dopo aver scoperto quanto sia bello avere un amico, quanto sia bello avere Annabeth, desidera averla vicina a lui anche in questo momento.
Ma sa che non può. Questa sua prima amicizia non può trasformarla in qualcosa di malsano ed insano.
Butta un'occhiata all'orologio. Le 15.00 del pomeriggio. La giornata non è ancora finita.
Fissa la porta della stanza di sua madre. Non proviene nessuno rumore; deve star dormendo. Lo sguardo passa di nuovo alle sue scarpe. Quelle macchie rosse lo infastidiscono.
È costretto ad andare in giro col sangue sulle proprie scarpe, e questa cosa lo fa impazzire.
Chiude gli occhi. Non vuole vederle.
Una strana sensazione lo assale. La schiena inizia a fargli male, troppo male. Sente una presa forte afferrarlo per il collo, ed il respiro gli si mozza in gola.
Geme di dolore, mentre delle fitte gli pervadono la schiena, facendogli salire le lacrime agli occhi. Ormai non urla nemmeno più. Non ha senso. Nessuno lo sentirebbe, nessuno verrebbe ad aiutarlo.
Sta per scoppiare a piangere e chiedere di smettere, di avere pietà di lui, quando un rumore forte gli fa riaprire gli occhi.
La stessa stanza lo circonda, ma fuori il sole è già quasi tramontato. Guarda l'orologio. Le 17.00.
E' successo di nuovo. Percy è di nuovo sprofondato nel suo dolore. Dolore fisico, emotivo. È di nuovo caduto nel buio.
Affonda la testa nelle mani, ed un singhiozzo più forte degli altri gli esce dalla gola. Non può sopportare ancora per molto questa situazione.
12 anni.
Ha solo 12 anni.
I suoi amici giocano ancora a carte, con la play station, a calcio, lui invece deve pensare a come togliere il suo sangue dalle scarpe.
Sta per mettersi sotto le coperte, quando un altro rumore lo fa voltare. Qualcuno sta bussando alla porta.
Fissa di nuovo l'orologio. Cosa ci fa così presto a casa? Solitamente rientra a tarda sera, se non la mattina successiva, completamente sbronzo e con voglia di fare del male a qualcuno.
Il panico lo assale per un secondo. Ma poi qualcosa lo tranquillizza.
Forse il fatto che sua madre non stia piangendo, o che fuori dalla porta non si sentano, come al solito, urla e minacce.
Qualcosa lo spinge ad alzarsi. Qualcosa lo spinge a dirigersi verso la porta, accostare l'orecchio per sentire eventuali suoni e, imprudentemente, abbassare la maniglia ed aprirla.
Ed è tranquillo. È tranquillo quando non vede un uomo grande e sporco provare ad afferrarlo, ma una ragazza minuta e con dei bei occhi grigi che gli sorride.
Annabeth...” sussurra, sollevato. “Come...”
Come so dove abiti? Come ho fatto ad arrivare? Come ho fatto ad entrare nel palazzo?”
Percy la fissa disorientato, per poi annuire.
Lei alza le spalle, per poi portarsi una ciocca di capelli biondi dietro la spalla. “Uno: ti ho seguito per vedere dove abitassi. Due: autobus. Tre: non sottovalutare mai le mie abilità da scassinatrice. Ed un giorno mi spiegherai perchè solo tu e la tua famiglia vivete in questo vecchio condominio.”
Il ragazzo abbassa lo sguardo, mordendosi un labbro. Famiglia. È così che si chiamano le persone con cui vive?
No, non ne è del tutto certo.
Non dovresti essere qui...” sussurra, buttando un'occhiata alla stanza di sua madre.
Annabeth punta i suoi occhi grigi in quelli verdi di Percy, per poi aggrottare poco le sopracciglia. “No, tu non dovresti essere qui” risponde, con tono serio.
Eh?”
Devi sapere che sono una ragazza con più intelligenza delle solite ochette che riempiono quella scuola. Ho intuito, e posso facilmente
arrivare al fatto che quell'occhio nero non è dato da una casuale botta, come non sono casuali le macchie rosse che hai sulle tue scarpe.”

Percy sussulta a quel commento, abbassando lo sguardo. Si sente nudo, vulnerabile. Si richiude di nuovo in sé stesso.
Poi però la mano della ragazza si posa sul suo avambraccio, e qualcosa dentro di lui si scalda.
Percy” gli dice, con tono calmo. “Non sei più da solo. Io sono tua amica.”
Davvero?” chiede. Ed il suo tono è fragile, distrutto.
Annabeth annuisce convinta, per poi sorridere. “Vieni, voglio portarti in un posto.”

-

Percy era stato trascinato sul tetto di casa sua. La ragazza aveva preso un telo e ci si erano stesi sopra. Non aveva mai visto quel luogo, ma era molto bello.
Le stelle sopra di loro sembravano infinite, e lui non si era sentito più solo. Era come se il peso che aveva sulle sue spalle si fosse alleggerito, lasciandolo finalmente respirare.
Ed ora sorride. Sorride mentre Annabeth indica quei piccoli puntini luminosi, illustrandogli tutte le costellazioni di cui è a conoscenza- per la precisione, sono tante-. Sorride mentre gli racconta come il suo vecchio professore di matematica si arrabbiò con lei quando iniziò a correggerlo troppo spesso. Sorride mentre gli parla di quando suo padre scivolò su un modellino di aereoplano fatto da lui, sbattendo il sedere per terra.
Sorride. Sorride davvero.
Percy” lo chiama, senza distogliere lo sguardo dalle stelle.
Lui si volta, ed osserva il suo profilo. Annabeth è davvero una bella ragazza, eppure lui non è davvero attratto da lei. È normale come cosa?
Si?”
Perchè non scappi?”
Il moro la fissa per qualche secondo, sorpreso dalla domanda. Poi sospira, socchiude gli occhi e torna a fissare le stelle.
Perchè non posso.”
Tu puoi fare tutto quello che vuoi.”
Non è così. Non così facile. Non quando hai una madre a cui tieni, che devi proteggere e--”
Dovrebbe essere lei a proteggere te, non il contrario” lo interrompe, aggrottando le sopracciglia.
Lei... Lei non ne ha le forze.”
Il punto è, se tu proteggi lei... chi protegge te?”
Percy rimane per un attimo senza parole. Già. Chi protegge lui? A chi è mai interessato di lui?
Sua madre non ha mai fatto nulla per proteggerlo. Suo … padre? Gli fa così male.
Si. Chi è che lo protegge a lui? E' solo. Completamente solo.
Fissa le stelle, e poi succede. Chiude gli occhi. Ma questa volta la dinamica è diversa. Non sente dolore per tutto il corpo, od il suo cuore comprimersi.
Sente qualcosa di caldo circondargli la mano. Capisce che è quella di Annabeth a stringerla.
E le lacrime escono fuori dai suoi occhi. Senza che lui possa controllarle. I singhiozzi rieccheggiano per tutto il tetto, facendolo
tremare.

Le lacrime calde scendono giù per il suo volto, e quasi bruciano.
Annabeth non smette di fissare le stelle. Stringe la mano del ragazzo con più forza, digrignando i denti.
Ti proteggo io, Percy” dice, ed il suo tono è duro, quasi arrabbiato.

“Qualsiasi cosa succeda, giuro che ti proteggerò.”



Angolo Autrice:D
Uellà! Bella gente! Macciao u.u
Ebbene si, sono tornata! E TADAAAN! Questa volta tanto fluff e poca soffereeenza!
Naturalmente, come avrete notato, c'è anche DECISAMENTE poca Jasico. MA NON DISPERATE! La Jasico ritornerà, ed anche molto presto!
Per quanto riguarda Annabeth e Percy... Io li amo come amici. Mi dispiace, dovevo inserirli. Anche se c'è stato mezzo-fluff (?) anche tra di loro. Ma come amici, davvero, sono la cosa più bella al mondo.
Quindi vi beccherete anche un pò di Percabethfriend (?)

Come al solito vi ringrazio tanto tanto! Se la storia va avanti è solo grazie a voi *^^^*
Questa volta vi dico per certo che aggiorner tra due settimana, anche se ormai lo sto facendo ogni volta. Ma Domenica parto, e rientrerò il Sabato! Quindi non potrò aggiornare!
E grazie ancora!**
Un bacione, LauraPalmerBastille.

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Capitolo 13
*** Traumi. ***


Save me, Percy Jackson.



Gente, vi avverto, il capitolo è decisamente pesante. Mi scuso in aticipo per il mio masochismo c:
Vi voglio beneee <3

 

Percy alza lo sguardo, per poi guardarsi allo specchio. Si passa una mano in mezzo ai capelli, per poi sospirare. Sono già passati quattro anni da quella volta. La volta in cui Annabeth entrò nella sua vita. È proprio vero che la vita gli sta scivolando sulla pelle troppo velocemente.
È quasi notte, le tenebre lo spaventano. Quell'uomo potrebbe rientrare da un momento all'altro. Deve trovare un modo per chiudere la porta. La sera prima era riuscito ad aprirla, anche col letto messo davanti.
Riporta la sua attenzione al suo riflesso. Si fissa l'accenno di barba che gli incorona il viso, per poi sorridere appena. Mossa sbagliata.
Una fitta di dolore gli parte dal labbro per poi diffondersi su tutto il viso, appena prova a muoverlo. Chiude gli occhi, non ha più paura di farlo. Non da quando Annabeth gli è vicino. Però il ricordo della scarpa di quell'uomo che lo colpisce forte in faccia gli ritorna in mente, e fa dolorosamente male.
Smettila di essere così passivo” gli aveva detto Annabeth qualche ora dopo, mentre gli medicava il labbro sanguinante. Erano sul tetto, il loro luogo segreto. L'oscurità a circondarli, un tetto di stelle a sovrastarli, un leggero vento a farli rimanere svegli.
L'aveva chiamata in piena crisi, e lei, come ogni volta, si era precipitata da lui con tanta forza di volontà, un buon kit medico e qualcosa di caldo per tranquillizzarlo.
Cosa dovrei fare?” aveva chiesto, prima di gemere di dolore. Il labbro gli faceva un male assurdo, e solo gli Dei
sapevano quanto avrebbe voluto che tutta quella pena finisse.

Si, scusami, questo brucia un po'. Avrei dovuto dirtelo.” Aveva posato il medicinale e sospirato, per poi riprendere il lavoro sul labbro. “Dovresti reagire, tutto qui” gli aveva detto, fissando la parte contusa senza spostare lo sguardo.
Percy aveva alzato gli occhi al cielo. Quante volte avevamo già affrontato quell'argomento? A quanto pare non abbastanza, se si erano ritrovati di nuovo al punto di partenza.
Reagire, eh?” aveva ridacchiato, con tono quasi cattivo. Annabeth si era fermata immediatamente, alzando i suoi occhi grigi su quelli verdi dell'altro, quella sera più scuri ed opachi del solito.
Cosa dovrei fare? Da fuori sembra tutto così semplice. Quell'uomo è ubriaco fradicio, è grande il doppio di me. Se... se io provassi a reagire, finirebbe ad ammazzarmi. Me, o peggio... mia madre.” Ed il sospiro che gli era uscito dalle labbra aveva una nota malinconica, rassegnata. Si era scompigliato i capelli già ribelli, per poi passarsi delicatamente la lingua sulla parte del labbro ferita. L'aveva ritratta immediatamente. Bruciava ancora più di prima.
Scappa.” Annabeth gli si era avvicinata ancora di più. Con quella garza in mano era quasi ridicola, eppure i suoi occhi avevano ancora la voglia di lottare al loro interno. “Scappa, non ti troverà mai. Non ti cercherà.”
Annabeth” aveva sospirato il ragazzo, incontrando i suoi occhi da guerriera. “Lo sai, te l'ho già detto. L'ho proposto a mia madre più volte, lei è solo scoppiata in lacrime dicendomi che non può farlo. Lui... lui deve averla minacciata. Deve averla spaventata e, sinceramente, non so fino a dove potrebbe spingersi. È l'unica spiegazione possibile. Ed io non la abbandono.”
Il verso che la ragazza aveva emesso era un misto tra fastidio e ribrezzo. Percy gli aveva scoccato un'occhiataccia, ringhiando quasi. “So che mia madre non ti è molto simpatica, ma questo non ti permette di--”
Percy, Dei!” lo aveva interrotto lei, afferrandogli le spalle e scuotendolo. “Non è tua madre che mi preoccupa, non capisci?”
Percy l'aveva fissata negli occhi sorpreso dal suo scatto. Nel suo sguardo era scomparsa improvvisamente la voglia di lottare, ed aveva lasciato spazio ad un velo scuro, triste. Percy non era riuscito a decifrare i suoi occhi, per la prima volta da quando si erano conosciuti.
Annabeth...”
Io ci provo, Percy” aveva detto, con voce rotta. “Ci provo a starti vicino, ma non ce la faccio. Non posso continuare a vederti ridotto così, non posso! Dei, Percy! Non puoi continuare a vivere in questo modo! Tutto questo dolore, non riesco a vederti soffrire in questo modo!”
Il ragazzo l'aveva fissata sorpresa. Le labbra socchiuse, gli occhi sgranati. Sentiva il fresco serale appiccicarglisi sulla pelle, entrargli nel naso e rinfrescargli i polmoni.
Eppure quegli occhi grigi così tremendamente tristi gli avevano creato qualcosa di strano dentro.
Annie...” aveva sussurrato, senza muoversi. Ed Annabeth lo aveva fissato intensamente. Il suo volto era la rappresentazione della tristezza. Possibile che stesse così male per lui? Non aveva mai visto questa espressione sul suo viso nemmeno quando aveva dovuto affrontare i suoi problemi. Possibile che quelli di Percy la coinvolgessero più dei propri?
Tua madre” aveva continuato, stringendo la presa sulle sue spalle. “E' debole. Fottutamente debole. Non ti ha mai protetto, e mai lo farà! È inutile rimanere attaccato ad un carattere debole, è ovvio che lei non se ne vorrà mai andare! Scappa con lei! Prendila di forza, se serve! Ma esci da quella casa! Non puoi continuare così! Non ci sarà mai una via di fuga, non capisci?”
Percy era rimasto immobile. I capelli scossi dal vento, i suoi occhi verdi affondavano in quelli grigi. Poi aveva alzato una mano, aveva sfiorato quella della bionda sulla sua spalla, ed aveva sorriso.
Non posso farlo” era stata la sua unica risposta, con quel sorriso finto sulle labbra. Sorriso disperato. Annabeth era rimasta quasi inquietata da questo. Un sorriso che, su quell'espressione di terrore e disperazione, stonava decisamente. “Non posso farlo, e lo sai.”
Percy non si era riuscito a spiegare cosa era successo dopo. Sapeva solo che Annabeth lo aveva fissato per qualche attimo, e poi era scappata via. Silenziosamente, come un'ombra. Percy era rimasto da solo sul tetto, il vento che gli scompigliava i capelli, le lacrime involontarie a bagnargli le guance, il terrore che gli scorreva nelle vene.
Ora è quasi un giorno che non sente Annabeth. Gli manca, questo è ovvio. Tra di loro è successa una cosa che mai prima d'ora si era presentata: Annabeth aveva mostrato il suo lato debole. Non era stato Percy ad aver bisogno d'aiuto, o ad essere consolato, ma lei.
E la cosa era anche lievemente strana, visto che il suo malessere era provocato dai problemi del ragazzo.
Percy è confuso, decisamente confuso. Cosa dovrebbe fare? Pensava che, la mattina dopo, Annabeth sarebbe passata da lui, come ogni giorno. Invece non era successo, e lui era rimasto da solo a casa.
Riporta la sua attenzione al suo riflesso. Il labbro gli si è sgonfiato, ma la parte contusa è ancora orribilmente rossa. E poi il suo sguardo si abbassa ancora di più, finendo su quella polverina strana che ogni settimana Annabeth gli regala, per coprirsi gli ematomi.
È così stupido. Lei è sempre stata male per lui, ma non lo ha mai dato a vedere. Quattro anni.
Quattro anni fatti di sorrisi, rassicurazioni, battute, e dietro nascondeva tutto quel dolore causato dalla sua situazione.
Sta per richiudere gli occhi, farsi riprendere dallo sconforto, quando un rumore forte proveniente dalla porta lo fa sussultare.
È arrivato.

-

La prima cosa che fa è quella di correre in camera di sua madre. La trova sotto le coperte. Sta dormendo, è ovvio. Non può abbandonarla questa sera. Chiude la porta della stanza con calma, non vuole svegliarla. Anche se tra qualche minuto sarà inevitabile. Per adesso vuole lasciarla riposare.
Si spinge con le spalle contro la porta, in un inutile tentativo di resistenza. Eppure fuori non c'è nessuno che, urlando e minacciandoli, prova ad entrare. Ferma il respiro, chiude gli occhi, ascolta.
No, nessun urlo. Che si sia solo immaginato quel rumore?
Esce barcollando dalla camera di sua madre, ed osserva il piccolo e malandato salotto. Nessuno. Nessun rumore.
Non se lo è immaginato, lui lo ha sentito davvero. L'orologio appeso alla parete segna le undici di sera. È questo l'orario a cui, solitamente, rientra. Ultimamente viene più raramente. Forse, pensa Percy, per questa sera gli è andata bene.
Ma poi un altro rumore, più debole dell'altro lo fa sussultare. Proviene dalla porta anche questo. Cosa sta succedendo?
Si avvicina tremante, il respiro mozzato, gli occhi sgranati. E se se lo dovesse ritrovare di fronte? Non sarebbe una gran bella prospettiva.
Accosta l'orecchio alla porta e, quando non sente rumori molesti provenire dall'esterno, la apre piano, guardando nella fessura.
Dei capelli biondi, più in basso di quanto dovrebbero stare, lo rassicurano. Sente il sangue ricominciare a scorrergli nelle vene e l'aria riempirgli i polmoni.
Non è l'uomo.
Annabeth?” sospira, fissando la sua chioma. La ragazza è piegata a quattro zampe di fronte la sua porta, e quando sente Percy alza immediatamente la testa.
Cazzo, Percy” esclama, con un broncio sul viso. “Sono inciampata su quel tappetino! Ho dato una craniata assurda alla tua porta!”
Il ragazzo, sorpreso, la fissa sbalordito. Non era quell'uomo ad aver colpito la porta, era solo Annabeth con la sua testa. L'ansia sembra abbandonarlo, i nervi si rilassano, ed una risata spontanea gli esce dalle labbra.
Percy ride, così tanto da doversi mettere una mano di fronte alla bocca per non svegliare sua madre con le sue risate. Ed Annabeth è contagiata da quella risata. Da terra ridacchia nervosamente, per poi finire a ridere fragorosamente insieme al suo migliore amico.
Dovevi vedere che testata che ho dato!” quasi urla, mentre le prime lacrime gli escono dagli occhi. “Ti giuro, non puoi capire la mia faccia in quel momento!”
Mi è bastato vedere la tua testa appena ho aperto la porta!” esclama, tra una risata e l'altra.
E Percy ride così tanto da doversi sedere. Da fuori sembrano una coppia di pazzi. Ma il loro rapporto è così. Litigano, e poi gli basta uno sguardo per riappacificarsi.
Sono come fratello e sorella, uniti in qualsiasi situazione.
E, Percy lo sa, vorrebbe rimanere lì a ridere con lei per tutta la sera. Vorrebbe rimanere lì, spensierato, come un adolescente normale. Come un ragazzo di sedici anni come gli altri.
Parlare, giocare a qualcosa, mangiare schifezze.
Ed invece non può. La vita di Percy non è fatta di questo. Non è fatta di gioia, o spensieratezza.
Perchè se ogni ragazzo si sarebbe alzato in piedi, avrebbe sorriso ed invitato la ragazza ad entrare in casa, Percy si alza in piedi di scatto per un forte rumore che ha sentito al piano di sotto, rivolge un'occhiata preoccupata alla ragazza, e le urla di scappare.
Annabeth sgrana gli occhi per un secondo, per poi riprendere il suo sguardo determinato. “No. La affrontiamo insieme” dice, aggrottando le sopracciglia.
Entra dentro la casa con passo determinato, per poi sbattersi la porta dietro. “Percy, dobbiamo trovare qualcosa per bloccare questa porta!”
Il ragazzo la fissa sbalordito, per poi riprendere il pieno controllo del suo corpo. Con Annabeth tutto questo gli fa meno paura. “Ha le chiavi, non servirebbe a nulla.”
La bionda annuisce, per poi osservare la casa per un momento. “Okay, ho un altro piano.”
Il ragazzo sorride, sul suo viso un'espressione quasi cattiva. “Non ne avevo dubbi.”
Per prima cosa prendi tua madre, poi raggiungimi in camera tua.”
Percy annuisce di nuovo. Rumori di passi ed urla rimbombano fuori dalla porta ma, per la prima volta, non ha paura.
Gira la chiave nella serratura, e si incammina verso la stanza della madre. Forse non lo bloccherà, ma riuscirà a rallentare la sua corsa.

*

Nico affonda il viso nel cuscino, per poi riprendere in mano i soliti fogli con le solite ricerche. Per un secondo è tentato di chiamare Jason e chiedergli come va. È passato così tanto tempo da quando non si sono più parlati. Non può credere che il loro rapporto sia finito così.
Eppure deve lasciargli qualche momento per riprendere finalmente la sua vita in mano.
Fissa i fogli. Le foto di casa sua e delle stanze in cui è avvenuto il tutto risplendono sulla carta bianca.
Sospira, per poi passarsi una mano in mezzo ai capelli. Da quanto tempo è che cerca?
Sta per chiudere gli occhi, assonnato, quando qualcuno bussa alla sua porta.
Prima che possa anche solo alzarsi dal letto, un assonnato Percy entra nella stanza, per poi poggiare le chiavi di riserva
sul comodino.

“Nico” rantola, buttandosi a peso morto sulla sua sedia da studio. “Sono stanchissimo.”
Il più piccolo sorride immediatamente alla visione del ragazzo. Si sente improvvisamente meno solo, i brutti pensieri sembrano essere volati via. Posa le carte, soffermandosi a guardare la maglietta più aderente del solito di Percy.
I ricordi del pomeriggio prima lo assalgono immediatamente, e le guance gli si tingono di rosso senza che lui possa controllarle.
“Serata più stancante del solito?”
“Lasciamo stare” sibila, massaggiandosi il ponte del naso. “Will si è dato per malato un'altra volta, quindi ho dovuto fare anche il suo spettacolo.”
Nico alza gli occhi al cielo. “Che regina del dramma, quel tipo.”
“Assolutamente. E chi è che ogni volta deve riparare ai suoi danni? Il sottoscritto” dice, indicandosi svogliatamente.
Il più piccolo riprende in mano i suoi testi, tracciando l'ennesima linea sulla stanza della casa in cui è avvenuto l'omicidio.
“Cosa stai facendo?” gli chiede il ragazzo, avvicinandosi e sedendosi sul letto. Nico gli butta un'occhiata veloce, per poi poggiare i fogli sul comodino. “Nulla.”
Percy lo fissa stranito, per poi spostare lo sguardo ai fogli. “Nulla, eh?”
E forse è la stanchezza, o il mal di testa, ma non riesce a trattenere il suo stato d'animo. “Non conto proprio nulla per te, vero?”
Il più piccolo alza un sopracciglio, sorpreso. “Cosa stai dicendo?”
Percy sospira, massaggiandosi la fronte e chiudendo gli occhi. Dei, la testa gli fa veramente male. Non dovrebbe parlare quando è così stanco. Non riesce a riflettere. “Pensavo che ormai ti fidassi di me, ma non vuoi raccontarmi nulla di te. Non ti fidi proprio, eh?”
Il più piccolo raddrizza le spalle ed inclina la testa. “Sei impazzito? Come fai a dire che non mi fido?”
“E allora dimmi cosa diamine sono quelle carte! Perchè stai sempre a leggerle, ed ogni volta che ti domando cosa sono
le nascondi! Perchè quando accenno alla tua famiglia ti chiudi in te stesso, perchè Jason è così protettivo con te, perchè… perchè!” esclama, gesticolando nervosamente. “Non riesco a capire! Non parli, non ti apri e--”

“E se ti facessi la stessa domanda?” risponde freddo il più piccolo, incatenando i suoi occhi scuri in quelli caldi e stanchi dell'altro. “Se ti chiedessi perchè non mi racconti nulla del tuo passato?”
“Cosa?” chiede, scuotendo la testa. “Io ti ho raccontato del--”
“Perchè, quella volta del concerto, non mi hai voluto far entrare in casa tua?”
Percy rimane spiazzato da quella affermazione. Fissa l'altro sbalordito, la bocca dischiusa, il respiro affannoso.
“Non capisco perchè dovrei raccontare, se non sei tu il primo a farlo.”
Nico, nell'oscurità della sua stanza, abbassa lo sguardo. “Io... non ce la faccio.”
“Perchè?”
E gli occhi del più piccolo diventano immediatamente lucidi. “Non lo so” dice, con voce tremante. “Non riesco a parlarne io... Non obbligarmi, non so farlo...”

Mio padre mi picchiava.”

L'affermazione di Percy rimbomba forte e chiara nella stanza. Il tempo sembra fermarsi, il respiro insieme a questo. Nico fissa la coperta sotto di sé, e poi alza lo sguardo, molto lentamente.
Incontra quello di Percy stanco, confuso, arrabbiato, triste. Le occhiaie rendono la sua espressione ancora più stanca, il petto gli si alza e abbassa velocemente, le guance rosse.
“Me, e mia madre. Quasi ogni giorno. A sangue.”
Lo sguardo di Nico vaga sul suo corpo ben allenato. Non può pensare che quella pelle prima poteva essere piena di ferite o lividi. Non può credere che quella pelle, che lui brama di toccare ogni secondo della giornata, prima veniva torturata.
“Tornava la sera ubriaco, mia madre era debole e depressa. È accaduto sin da quando ero bambino, se ricordo. Per tanti, troppi anni.”
“Percy...” sussurra, socchiudendo gli occhi.
“Ero costretto a sentire le urla di mia madre, e poi era il mio turno. Non ci andava piano con me, nemmeno quando avevo solo pochi anni.”
Le mani di Nico finiscono immediatamente su quelle di Percy. Non sa nemmeno come si è avvicinato. Ma le loro mani si stringono, come se si dovessero salvare a vicenda.
“E per anni ho pensato di impazzire. Più volte ho pensato che sarei morto, che mi avrebbe ucciso, ma lui...” la voce gli trema. Il suo sguardo è fisso su quelle mani unite. “Lui non lo ha mai fatto. Ci ha sempre lasciati lì a terra, sanguinanti. E lui rideva. E beveva. E non sapevamo come fermarlo. Io non sapevo come fermarlo.”
Nico stringe la presa. Vorrebbe abbracciarlo, ma perchè non lo fa? Perchè le sue paure lo bloccano pure in situazioni come queste?
“Percy...” è l'unica cosa che riesce a ripetere. Si inclina in avanti, e le sue labbra entrano in contatto con quelle dell'altro. Un bacio casto, veloce, rassicurante.
Percy dischiude di poco le labbra, assaporando il sapore dell'altro. Ed è sempre così buono, così dolce.
Leva le mani dalla presa di Nico, e le avvolge intorno al suo piccolo corpo. Si ritrovano sdraiati sul letto. Le braccia di Percy che stringono l'altro, le loro labbra unite in questo bacio disperato.
Nico dischiude poco la bocca, approfondendo il bacio. Le sue mani accarezzano dolcemente i capelli del più grande, in un vano tentativo di tranquillizzarlo. Ma non ci riesce.
Perchè Percy, mentre bacio Nico, piange. Le lacrime gli scendono calde sulle guance, per poi scivolare giù fino al suo collo. E non riesce a bloccarle. È difficile. È così difficile tirare fuori i demoni che hai dentro.
Finchè rimangono nelle gabbie che, con gli anni, gli hai appositamente creato dentro di te, è facile. Ma quando apri quelle gabbie è la fine. Ti investono, ti uccidono dentro, ti riportano nel passato. E rivivi tutto quello che hai provato a sotterrare col tempo.
“No” sussurra il più piccolo, allontanandosi di poco. “Non piangere.” Poggia la mano sulla sua guancia, e le asciuga. Per un momento si sente un attimo Jason.
Anche lui aveva quella faccia, dopo il suo trauma?
Il più piccolo prende un grande respiro, chiude gli occhi e sente le lacrime già premere violente sui suoi occhi.
'Non farlo' gli urla una voce. 'Non ricadere nel passato. Non dissotterrare i tuoi scheletri. Nico, non farlo. Se ci rientri, non ne uscirai mai più!'.

La mia famiglia è stata assassinata.”

Il silenzio cala per la seconda volta nella stanza. Li avvolge. L'unico rumore che Nico sente, è quello delle lacrime di Percy che scivolano giù sulla sua pelle morbida.
Gli occhi del più grande sono incatenati nei suoi. Sono così distrutti, così... tristi. Come fa una persona a contenere così tanto dolore? Come si fa a tirarlo fuori? Come si fa ad uccidere i propri demoni interiori?
“Jason, il ragazzo dell'altra volta. Ero da lui quando... è successo.”
Le lacrime escono prima del previsto. Un singhiozzo rumoroso fuoriesce dalle sue labbra, che iniziano a tremare. Le braccia di Percy si stringono istintivamente di più intorno a lui, riscaldandolo.
“Non ricordo nulla di quei giorni. Ricordo solo che mia... madre, mio padre... Bianca. Uccisi. Un ubriaco, me li ha portati via tutti. Come se fossero di sua proprietà, come se fossero suoi.”
Le mani di Percy sulla sua schiena non riescono a tranquillizzarlo. I singhiozzi sono sempre più forti, finchè il suo corpo non inizia a tremare. Singhiozza, piange, trema. I demoni che ha seppellito con tanta cura stanno riprendendo il controllo su di lui.
“Mi sono ritrovato solo tutto d'un tratto. La mia famiglia, Percy... tutta la mia famiglia, tutta. Mi è stata portata via. Mia mamma, mio papà, mia sorella. Ed io ho voluto morire. Volevo andarmene.”
“No, Nico” sussurra Percy, affondando il viso nel suo collo. “Non dirlo nemmeno.”
E un urlo gutturale esce dalle labbra del più piccolo, che singhiozza ancora più forte. Porta le braccia intorno al corpo di Percy, e piange sulla sua spalla.
“Mi manca così tanto mamma, Percy, così tanto! Papà! Bianca! Non sai quanto avrei voluto dargli un ultimo abbraccio, non sai quanto...”
E Percy ripensa ai suoi di genitori. Una madre depressa, un padre violento. Chi li ha, li ha sbagliati, chi li ha giusti li perde.
E la malinconia prende il sopravvento. Poggia le sue labbra su quelle di Nico, in un ultimo disperato bacio.
Le labbra del più piccolo non sono più dolci. Adesso sanno di lacrime, e di tanti sogni distrutti. Sente il sapore del dolore, del terrore, della solitudine. Sente i suoi singhiozzi, in quel bacio, sente le sue urla, sente le sue preghiere.
Ed in tutte quelle, sente anche le sue. Sente i singhiozzi alla vista di sua madre. Sente le urla di terrore al ritorno di quell'uomo. Sente le preghiere che gli rivolgeva quando il dolore era troppo.
Nel sapore delle labbra di Nico, rivede lui. E continua a baciarlo, perchè quel sapore sa di vita. Sa di passato che hanno affrontato, e di futuro che affronteranno.
Nelle labbra di Nico sente il mondo. Ed anche se con le lacrime agli occhi, il cuore distrutto, ed il corpo tremante, non c'è altro posto in cui vorrebbe stare.

*

BUM!
Colpo alla porta.

Quando entra nella sua camera, il cuore di Percy gli è arrivato in gola. Sua madre tra le braccia, colpi forti sulla porta, le urla di quell'uomo fuori dall'appartamento.
Stupidi!” sta sbraitando, per poi dare un'altra spallata alla porta. “Pensate che riuscirete a scappare da me!? Sfonderò questa cazzo di porta se serve!”
Sua madre rabbrividisce tra le sue braccia, e Percy butta un'occhiata preoccupata ad Annabeth, appostata vicino alla sua finestra aperta.
Quale sarebbe questo piano!?” esclama, con occhi sgranati. La ragazza fa segno di avvicinarsi alla finestra. Le labbra aggrottate e l'espressione tesa fanno di Annabeth una vera guerriera.
BUM!
Colpo alla porta.

Abbiamo io e te le chiavi del tetto, non può raggiungerci lì sopra. A meno che non salga da quella piccola scala dall'esterno ma, ubriaco come è, cadrebbe e magari riuscirebbe ad ammazzarsi senza che noi dobbiamo far nulla.”
Vuoi salire sul tetto dalla finestra!?”
La bionda butta un'occhiata preoccupata alla porta. L'uomo ha dato l'ennesima spallata, e i primi cardini hanno iniziato a cedere.
Si, ma dobbiamo sbrigarci! Non è difficile arrivarci, c'è la scala di emergenza qui dietro alla tua finestra! Siamo avvantaggiati dal fatto che è ubriaco e lento! Percy, sali! ”
Il ragazzo alza un sopracciglio, per poi scuotere la testa. “No, io andrò per ultimo! Non ti lascio indietro!”
Annabeth apre la bocca per ribattere ma, con un'ultima occhiata alla porta- ormai quasi sfondata- capisce che non c'è tempo per discutere. “Porterò tua madre.”
Il moro le passa la madre, come si farebbe con un peluche. In fondo, il peso non è tanto differente.

BUM!
Colpo alla porta.

Annabeth sale sulla finestra, percorre il piccolo tratto barcollando fino alla scala, dove atterra con un tonfo.

BUM!
Colpo alla porta.
L'ultimo.

La ragazza si volta appena arriva alla scala, con un sorriso trionfante sulle labbra. Percy la fissa, mentre inizia ad arrampicarsi sulla finestra. Vorrebbe sorriderle a sua volta, dirle che ce l'hanno fatta. Che lo ha capito, non può continuare in questa situazione.
Che i suoi occhi, la sera prima, gli hanno fatto capire più di quanto lei abbia fatto in quattro anni.
Ma non può farlo.
Il sorriso di Annabeth si trasforma in una espressione di terrore. “Percy!” è l'urlo che gli esce dalle labbra, prima che qualcosa lo afferri per la gamba e lo faccia cadere malamente a terra. Sbatte la testa sullo spigolo del letto, e tutto diventa offuscato intorno a lui.
Stupido moccioso!” urla l'uomo, afferrandogli il volto e stringendolo nella sua presa. “Cagasotto che non sei altro, pensavi di scapparmi!?”
E Percy sente qualcosa di bagnato colargli sul volto. Deve avergli sputato. I brividi gli salgono per tutto il corpo. Per la prima volta sente lo schifo circondargli il corpo. Lo schifo, e la voglia di vendetta. Quando la vista ritorna, la faccia di quel mostro gli si para di fronte.
E' tutta colpa tua!” gli urla, prima di schiantare la sua grossa mano sulla faccia già contusa di Percy. “Non dovete scappare da me!” altro schiaffo.
La risata di quell'essere gli arriva chiara alle orecchie. Gli urli di Annabeth fuori dalla finestra lo fanno rinsavire.
E non sa come, ma adesso è in piedi. Si tocca la mascella, rossa per lo schiaffo.
Adesso basta” sibila, con lo sguardo puntato a terra. L'uomo scoppia a ridere, per poi afferrare lo specchio attaccato al muro e schiantarlo a terra, frantumandolo in mille pezzi. “Cosa vuoi fare, moccioso? Sfidarmi?”
Altro schiaffo. Più forte. Sull'altra guancia.
La rabbia gli monta dentro come non è mai successo. “ADESSO BASTA!” urla Percy, con lo sguardo più cattivo che abbia.
Mai nella sua vita gli è capitato di provare una rabbia del genere. Lui è sempre stato un ragazzo moderatamente tranquillo. Eppure, non sa cosa è a spingerlo avanti, ma riesce ad assestare un pugno ben piazzato sulla guancia grassoccia di quel mostro.
L'altro barcolla un attimo, sorpreso da quella reazione. Si tasta la guancia, per poi scoppiare a ridere. “Questo non avresti dovuto farlo” dice, e la puzza di alcool si diffonde nella stanza. “Non avresti dovuto.”
A Percy il dolore arriva più forte ed improvviso del previsto allo stomaco, dove gli è stato assestato un calcio decisamente potente che non è riuscito a schivare.
Cade a terra, ed il sapore ferroso del sangue gli si diffonde in bocca. Deve avergli rotto qualche costola questa volta. Non lo aveva mai colpito così forte.
Si fissa intorno disorientato, mentre la scarpa affonda di nuovo nel suo stomaco, facendolo urlare dal dolore.
Vuole ucciderlo. Sta provando ad ucciderlo.
E poi, come un segno, qualcosa brilluccica vicino a lui. Allunga la mano, e quando si ritrova un pezzo dello specchio rotto in mano, un sorriso gli nasce spontaneo sulle labbra. Ha vinto.
Un calcio in pieno viso gli toglie il sorriso dalle labbra. Scoppia a piangere per il dolore, stringendo così forte il vetro da fargli sanguinare la mano.
Fa male, eh?” sussurra l'essere, più vicino del previsto. Percy apre gli occhi. La sua faccia è così vicina che i loro nasi quasi si toccano. Quando si è avvicinato?
La puzza di alcool gli entra nell'organismo, facendogli venire da vomitare.
Fa male, stupido stronzetto? Finisco con te, e poi vado fuori da tua madre e dalla tua amichetta, e le ammazzo. Tutte e due.”
Percy non lo saprà mai. Non saprà mai cosa gli diede la forza di fare quello che fece. Forse il sapere sua madre in pericolo.
Forse il sapere Annabeth in pericolo. Si, forse questo.
Ma, in realtà, non gli interessa.
Non sa cosa, ma qualcosa lo spinge a stringere il vetro ancora più forte in mano, per poi piantarlo nella fronte di quell'uomo. L'urlo che emette è così forte da farlo sussultare. E quando il mostro prova a tirarsi su, inevitabilmente il vetro gli scivola per quasi tutto il viso, mancandogli per poco l'occhio.
Una grande ferita sanguina affianco al suo occhio, facendo colare sangue per terra. Si porta entrambe le mani al viso, per coprire il taglio e provare a bloccare il sangue.
Percy lo fissa. Il sangue gli bagna le scarpe, e per un secondo è tentato di continuare il suo lavoro con quel vetro. Ma poi un urlo lo fa risvegliare.
Percy, scappa!” E' Annabeth che, ancora sulla scala, lo chiama. E quella voce gli da le forze di alzarsi in piedi e arrampicarsi sulle finestre. Anche con tutto il sangue che perde, anche con tutto il corpo che gli duole.
Butta un'ultima occhiata all'uomo. Il sangue gli sta macchiando anche la maglia. Non gli interessa. Non gli interessa per niente. E, prima di riuscire a scappare fuori dalla finestra, l'ultimo pensiero di Percy è che, sicuramente, gli rimarrà una brutta cicatrice vicino l'occhio.


Angolo autrice:D
Prima di iniziare, vorrei avvertirvi che visto che sono una brava persona spasimante della Pernico, domani inizierò un'altra Fic su loro due! Niente paura, questa non è triste, anzi!
Ed adesso...
SIII! FUCILATEMI!
Okay, voi non capite, ho pianto anche io per questo capitolo! Mentre lo scrivevo, ho pianto come una fontana! Sarà che anche io, come Percy, sono stanca morta... ma boh, questo mi ha fatto male anche a me hahaha
Well, a parte il panico che non ritrovo più il profilo di Ainsel e le sue storie (ommaigad), forse questa settimana riesco a pubblicare regolarmente, senza far passare 43098 anni!
Adesso devo andare a preparare tutto per la festa di mia sorella, quindi risponderò alle vostre recensioni domani!
E, ripeto di nuovo, siete amabilih. E geniali. In queste settimane, ho riletto le vostre recensioni 232308 volte, ridendo come una stupida ogni volta!
Adesso, visto che mi sto dilungando troppo ... CIà :D
.... Sottomarino, prosciutto, iceberg e portafogli.
(Lo scrivo perchè sono convinta che in realtà nessuno legge il mio angolino, lool)
Un bacione, LauraPalmerBastille che vi vuole tanto tanto bene. <3

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Capitolo 14
*** L'ultimo respiro. ***


Save me, Percy Jackson.



Vorrei dedicare questo capitolo ad Ainsel. Non so che fine abbia fatto il suo profilo, nè tutte le bellissime storie che stava scrivendo e che, da fan sfegatata che ero (lol) leggevo. Seguiva questa storia (e la apprezzava pure), il che mi rendeva più che felice. Boh, penso che il fandom di Percy Jackson su questo sito non sia lo stesso senza di lei.

Ed inoltre, vorrei ringraziare irispaper29 che è l'autrice di quella magnifica fanart postata sopra, ispirata a questa storia! Grazie, la adoro *w*
Inoltre vorrei scusarmi per eventuali errori. Ho fatto tutto molto di di corsa, e non ho avuto il tempo di rileggerlo. Ma volevo postarvelo comunque, quindi lo revisionerò il prima possibile! Detto questo, buona lettura! <3

 

Jason sospira rumorosamente, per poi socchiudere gli occhi. Nico gli scocca un'occhiataccia dall'altra parte del tavolo, scuotendo la testa.
Si erano messi insieme a “studiare”, ma a quanto pareva solo uno dei due era veramente intenzionato a farlo. Il moro aveva trovato un uomo che assomigliasse al tizio da lui ricercato, ed immediatamente si era precipitato nel fare ricerche sul suo conto.
Jason incece si era messo in testa di voler frequentare un'università, ed immediatamente sua sorella maggiore gli aveva prestato un libro con su elencate tutte le facoltà possibili.
Jason” lo richiama il più giovane, senza staccare gli occhi dal computer. “Sbrigati a trovare quella facoltà.”
Il biondo alza gli occhi al cielo, sbuffando. “Non è una cosa che si sceglie facilmente!”
Ma se non leggi nemmeno le pagine che sfogli, penso sarà ancora più difficile.”
Il più grande si alza dalla sedia col libro in mano, per poi raggiungere l'altro e fissarlo dall'alto in basso.
Nico lo osserva, per poi alzare un sopracciglio confuso. “Cosa ti serve?”
Jason gli mette il libro sopra i documenti, appoggia i gomiti sul tavolo e lo osserva, con un sorrisetto scaltro sulle labbra. “Voglio che tu scelga la nostra università!”
Il moro spalanca gli occhi, voltandosi a fissare sorpreso l'altro. Cosa? Università? “Non ho tempo per queste cose” afferma, spostando il libro da sopra i suoi documenti e ricominciando a far scorrere i suoi occhi veloci su questi ultimi.
Si che ne hai” risponde l'altro, rimettendogli il libro sotto il suo sguardo. Fissa il più piccolo per qualche secondo, per poi sospirare e passarsi una mano in mezzo ai capelli.“So che è brutto da dire” inizia, mordicchiandosi un labbro. “Ma è finita la vita della tua famiglia, non la tua, Nico. Tu devi continuare ad andare avanti.”
Nico si volta sorpreso a fissarlo, spalancando gli occhi. Non sa perchè, ma quella frase gli fa più male del previsto. La parola “famiglia” vicino alla parola “fine” gli stringe lo stomaco, ed una sensazione di rabbia e tristezza gli si accumula dentro.
Non nominare la mia famiglia per provare a convincermi” sibila, digrignando i denti. “Non farlo mai.”
Jason aggrotta le sopracciglia, alzando le mani in segno di resa. “Nico, lo sai che io non intendevo--”
Cosa!?” lo interrompe l'altro, chiudendo con forza il libro che il più grande gli ha messo sotto. “Non intendevi offendermi? Tirare fuori un argomento così delicato? Puntare sui miei punti deboli? Cosa, Jason?” E lo sguardo che il più piccolo ha, trasuda così tanta cattiveria e rabbia, da metterlo quasi a disagio, facendogli accapponare la pelle.
Possibile che il solo nominare la sua famiglia, gli crei una tale reazione? Abbassa lo sguardo, sospirando.
Hai ragione, scusami” ammette quindi, provando a tranquillizzare l'altro. “Non avrei dovuto dirlo. Non intendevo ferirti.”
Le spalle di Nico si abbassano e si alzano velocemente, a causa del suo respiro accelerato. Le narici quasi dilatate, la bocca socchiusa.
Lo so.” Ed il tono di Nico è quasi acido, come se fosse una presa in giro nei confronti di Jason. “Tu non hai mai intenzione di ferirmi.”
E prima che Jason possa anche solo rispondere, il ragazzo è già uscito velocemente dalla stanza, chiudendosi con forza la porta dietro.

*

“Sei davvero sicuro di volerlo fare?”gli chiede Hazel, prendendo un ciuffo di capelli tra le dita ed iniziando a giocarci.
Nico si mordicchia un labbro, per poi sospirare. “Pensi non sia una buona idea?”
“Penso solo che assistere al tuo ragazzo che si struscia su un palo non è un'idea meravigliosa.”
Il moro alza gli occhi al cielo, sbuffando. “Se non eri d'accordo allora perchè mi hai accompagnato!?”
Hazel tossicchia, per poi socchiudere gli occhi. “Ero di strada...”
“Hazel” sbuffa, passandosi una mano in mezzo ai capelli. “Casa tua è dall'altra parte della città.”
La riccia alza le braccia al cielo, roteando gli occhi. “Scusa se volevo accompagnarti! E' un reato?”
“Se mi hai accompagnato fin qui non puoi farmi venire i dubbi all'ultimo secondo!”
“Non ti sto facendo venire i dubbi!”
Penso solo che assistere al tuo ragazzo che si struscia su un palo non è un'idea meravigliosa” la imita, cercando di eliminare il suo accento italiano. “E poi non è la prima volta che vengo a trovarlo qui.”
La ragazza alza gli occhi al cielo, per poi fargli la linguaccia. “Non sei affatto carino!”
“Hazel, entri con me o no!?”
“Si, si, entro!” esclama, alzando le mani in segno di resa. Il locale puzza di alcool e sudore, e ci sono decisamente troppe persone per i suoi gusti del ragazzo. “Troviamo un posto appartato e aspettiamo che tutto questo finisca.”
Hazel gli scocca un'occhiata confusa. “Appartato? Ma non volevi fargli vedere che ci sei?”
“Si, quando finirà lo spettacolo, mi pare ovvio.”
“COSA!?” quasi urla la ragazza, facendo voltare le persone. “Potevamo benissimo venire dopo, allora!”
Nico alza gli occhi al cielo, sospirando esasperato. “Hazel, ma cosa hai stasera? Sei più impaziente ed acida del solito.”
Lei sta per controbattere, ma poi decide di non rispondere e si incupisce. Si mette seduta ad un tavolo, seguita dall'amico, per poi rabbuiarsi.
“Hai intenzione di dirmelo, o no?” chiede Nico, mentre con lo sguardo cerca qualcuno in mezzo alla folla.
La riccia lo fissa. “Dirti cosa?”
“Cosa è successo con Frank.”
“Con.. cosa? Come fai a--” balbetta, sorpresa.
Il ragazzo si volta, le lancia un'occhiata veloce, per poi scrollare le spalle. “Riconosco i tuoi stati d'animo. L'ho capito da quando mi hai salutato con un buffetto sulla guancia, invece di saltarmi addosso come ogni volta.”
Hazel sospira, nascondendo il viso dietro le mani. “Frank deve partire.”
Nico aggrotta le sopracciglia, incrocia le braccia al petto e fissa la ragazza. “Partire? Perchè?” chiede, e dalla sua voce trapela fastidio. Non che quel ragazzo gli stia antipatico, ma odierebbe chiunque facesse soffrire Hazel.
La ragazza si copre il volto con una mano, e dal movimento veloce delle sue spalle Nico può solo immaginare lei stia piangendo. Si morde un labbro, per poi avvolgerle un braccio intorno alle spalle.
“Quel tipo è un idiota” commenta, dandole delle piccole pacche, che dovrebbero essere rassicuranti, sulle spalle.
“Si, lo è” singhiozza, afferrando un fazzoletto posato sul tavolo e soffiandosi il naso. Nico guarda la scena con espressione disgustata, -chissà chi potrebbe aver usato quel fazzoletto prima di lei- per poi riportare la sua attenzione sulla castana.
“Non capisco, dove dovrebbe andare?”
Hazel abbassa lo sguardo e si toglie la mano da davanti al viso. “N-non l'ho capito bene. Lui vuole entrare in esercito, o una cosa del genere. Vuole onorare le orme di sua madre, dice.”
“Cosa?”
La ragazza tira su col naso, per poi stropicciarsi gli occhi. Intanto, sul palco, le esibizioni hanno cominciato ad andare e, come al solito, il ragazzo biondo si struscia sul palo in maniera provocante.
“L-Lui me lo ha detto per telefono, ed io sono immediatamente scoppiata a piangere. Non ci ho capito più nulla, ero in panico.”
“Hazel” Nico prende le mani della ragazza tra le sue, stringendole. “Frank ti ama. Lo so per certo, pur non sapendo veramente cosa è l'amore. E se vuole entrare in esercito per rendere onore a sua madre, che lo faccia. Non sarà questo a mettere a repentaglio la vostra relazione. Siete troppo uniti ormai, per separarvi.”
La ragazza lo fissa sorpresa, fissando quegli occhi tanto scuri quanto determinati. Poi, all'improvviso, scoppia a piangere di nuovo, avvolgendo le braccia intorno al collo del più piccolo in un goffo abbraccio.
“Grazie” gli sussurra all'orecchio, con la voce rotta dai singhiozzi. “Grazie, davvero.”

-

Nico osserva il palco annoiato, mentre Hazel dietro di sé beve l'ennesimo bicchiere di coca-cola producendo un rumore snervante con la cannuccia. Da quando la loro conversazione su Frank è finita, è passata più di un'ora. Un'ora in cui Hazel non ha fatto che parlare, parlare, parlare e bere coca-cola... e parlare.
Nico si limita ad osservare il palco dove, uno dopo l'altro, i ragazzi si esibiscono. Eppure c'è qualcosa di strano, Percy si sarebbe dovuto esibire circa mezz'ora fa.
Sta per alzarsi e andare a fare domande, quando nella sua visuale entra una Annabeth che, con uno sguardo preoccupato sul viso, urla qualcosa al ragazzo dietro il bancone, per poi correre velocemente fuori dal locale col suo giubetto in mano.
E non sa perchè, ma il suo cervello collega immediatamente quell'azione a Percy. Gli sta succedendo qualcosa.
“Hazel!” esclama, alzandosi in piedi di scatto. “Devo andare immediatamente, mi dispiace. Torna a casa da sola.” Le poggia dei soldi sul tavolo, in modo da poterle pagare almeno le bevande ed il taxi, mentre il cuore inizia a battere sempre più freneticamente.
La ragazza sussulta a quella azione inaspettata, fissandolo sorpresa. “Nico, ma cosa succede?”
“Dopo ti spiego, adesso non ho tempo” si limita a dire, prima di uscire fuori dal locale il più velocemente possibile.
Intercettare la bionda che corre verso la sua auto non è difficile. Quei capelli biondi spiccherebbero ovunque. In pochi secondi, con le sue falcate veloci, riesce a raggiungerla.
Il cuore gli è arrivato in gola, mentre osserva la ragazza cercare tremante le chiavi dell'auto.
Forse non è per Percy.
Forse si è sentito male un suo familiare.
Forse quell'espressione terrorizzata non è per qualcosa di brutto.
Forse Percy sta bene.
“Annabeth!” urla, afferrandola per un braccio. E l'espressione che il suo viso assume, quando incontra gli occhi scuri di Nico, gli leva ogni minimo dubbio. Quell'espressione fragile ma nello stesso momento forte, quello sguardo distrutto e determinato, quelle mani tremanti. Gli sembra per un secondo di rivedere Jason durante una delle sue crisi.
E la paura lo assale, per poi trasformarsi in determinazione. Come succede ogni volta, come è caratteristico di lui.
“Ti accompagno” è l'unica frase che gli esce dalle labbra. “E non mi bloccherai.”

-

Annabeth corre veloce per le strade, fregandosene dei semafori o dei cartelli di stop. Continua a correre, mentre farnetica a Nico della chiamata di Percy.
Il più giovane si tiene stretto alla cintura di sicurezza, mentre la ragazza prende una curva più stretta del dovuto, mancando il marciapiede per pochi centimetri.
“Erano mesi che non si faceva vivo” dice, con la voce rotta dalle emozioni che non riesce a contenere. “Dopo l'incidente che gli ha quasi costato un occhio, non si era quasi più fatto vedere, ed ora invece...”
“Ora cosa?” la incalza il più piccolo, voltandosi a fissarla col suo sguardo determinato.
“Prima mi ha telefonato, mi ha detto che lui è fuori dalla porta, la stava per sfondare.”
Nico sente l'aria nei polmoni mancargli per un secondo. Volge lo sguardo fuori dal finestrino, stringendo forte i pugni.
Non gli interessa il fatto che Percy abbia chiamato Annabeth, invece che lui. È una situazione che affrontano insieme da anni, lei sa meglio di lui come gestirla.
Ma il fatto che Percy possa avere paura, possa star gridando, o peggio, piangendo, gli fa saltare i nervi.
E l'unica cosa che vuole, adesso, è vedere quell'uomo morto.
“Dobbiamo trovare un modo per tirarli fuori da quella casa” dice, cercando di rilassarsi e pensare lucidamente.
Annabeth non sposta lo sguardo dalla strada, mentre fa schioccare la lingua sul palato e stringe forte il volante. Nico vede in lei il cambiamento. Più si avvicinano alla casa di Percy, più il suo sguardo è diventato determinato, lasciando indietro quello spaurito e terrorizzato di prima.
“Ho un piano” afferma, passandosi la lingua sul labbro. “Ma dovrai starmi vicino, e chiamare la polizia non appena te lo dirò.”
Nico le scocca un'occhiata confusa. “La polizia?”
La ragazza annuisce, per poi respirare forte. “Questa situazione è andata anche fin troppo oltre.”

-

Nico rivede per la seconda volta il luogo dove Percy abita. Quel condominio tanto grande, eppure dall'aspetto così malandato.
“Ci abita solo la sua famiglia qui?” chiede, incamminandosi verso il portone. Con orrore nota la vecchia porta in legno abbandonata per terra, sfondata. I cardini ancora pendono dai lati, deve essere successo da poco.
“Merda” è il sussurro che esce dalle labbra della ragazza, alla vista di quella scena. “Non chiamarla mai famiglia, Nico. Percy non ha una famiglia.”
Il ragazzo osserva la sua espressione determinata, mentre entra dentro il condominio.
La prima cosa che Nico sente, sono delle urla proveniente da alcuni piani sopra di loro. Dei brividi freddi gli scuotono il corpo mentre, lentamente, salgono le scale.
BUM. Rumore forte, come un colpo ben assestato.
Annabeth alza lo sguardo. “Più veloce.”
BUM. Urlo feroce, l'uomo deve essere mediamente grosso.
Cosa ha intenzione di fare Annabeth?
BUM. Altro rumore forte.
Il solo pensiero che Percy possa essere dietro la porta che sta per sfondare, gli da la forza di salire gli ultimi gradini più velocemente. E la scena che si ritrova davanti, è diversa da quella che si sarebbe aspettato.
L'uomo ha una spalla contro la porta semi aperta, urla come una bestia che sta per essere uccisa, e quando Nico abbassa lo sguardo nota che, tra la porta stessa ed il muro, vi è incastrata la sua mano.
Annabeth sorride a quella vista, e le urla di dolore di quell'uomo sembrano quasi estati per lei. “Sapevo che Percy non sarebbe stato con le mani in mano questa volta” sussurra, per poi scoccare un'occhiata determinata al ragazzo. Socchiude gli occhi, come se gli stesse chiedendo indirettamente “sei pronto?”, e Nico annuisce.
Si, è pronto.
È pronto a salvare il suo ragazzo da quell'uomo che gli ha rovinato la vita.
“Gabe!” è l'urlo gutturale che esce dalle labbra della ragazza, le cui mani tremano leggermente, ma dal cui viso non traspare un minimo di insicurezza.
È il nome di quell'uomo, si dice Nico. E non capisce perchè, ma odia terribilmente quel nome. Come se gli infondesse delle radiazioni negative.
E Nico non distoglie lo sguardo da quel mostro. Non lo fa. E se avesse saputo come sarebbero andate le cose dopo, forse lo avrebbe fatto.
Forse si sarebbe voltato in tempo, avrebbe sceso velocemente le scale, sarebbe scappato via da quella situazione, da quella vita. Forse lo avrebbe fatto.
O forse no.
Forse sarebbe rimasto lì, come sta succedendo. Forse avrebbe stretto forte il telefono in mano mentre quell'essere si voltava.
Perchè è così che sta andando.
Gabe si volta piano, lasciando a Nico il tempo di prendere l'ultimo respiro.
L'ultimo respiro prima di vederlo in faccia.
L'ultimo respiro prima di posare gli occhi su quella cicatrice.
L'ultimo respiro prima di rivedere quegli occhi.
L'ultimo respiro prima di sentire il cuore fermarsi.
L'ultimo respiro prima che il pavimento gli si sgretoli sotto i piedi.
L'ultimo respiro prima che il vuoto prenda il controllo in lui.
L'ultimo respiro prima che Bianca urli il suo nome.
L'ultimo respiro prima che suo padre gli scompigli affettuosamente i capelli.
L'ultimo respiro prima che sua madre gli sorrida.

È lui.
Lo ha trovato.

Dopo anni di ricerche, lui adesso è qui davanti a lui. L'uomo che gli ha portato via tutta la sua ragione di vivere, adesso è qui, con una mano incastrata nella porta, mentre prova a far del male al suo ragazzo, nonché suo figlio.
E quando lo sguardo di quell'uomo si posa sul moro, anche lui sembra riconoscerlo. Assottiglia gli occhi, spalancando di poco la bocca.
Ed è strano. È come se alla vista di Nico, una barriera invisibile gli sia crollata di fronte. Smette si muoversi ed urlare. Boccheggia qualcosa che Nico non capisce, e sembra stia per parlare, quando qualcuno dietro la porta la spinge più forte, facendolo ululare dal dolore alla mano.
“G-Gabe” urla di nuovo Annabeth, sorpresa dalla reazione dell'uomo alla vista di Nico.
E alle orecchie del ragazzo è tutto così attutito. È come se il mondo intorno a lui si stesse sbriciolando, lasciandolo solo. Per lui, adesso, c'è solo quell'essere.
Sente distrattamente Annabeth urlare che fuori c'è la polizia, e non gli conviene fare pazzie. Ora forse capisce il suo piano. Peccato che non serva a nulla. Ormai i danni che doveva fare, li ha già fatti.
Gli ha già rovinato la vita.
Chiude gli occhi. Il buio lo circonda, lasciandolo solo con i ricordi.
Sua madre gli accarezza dolcemente i capelli, per poi prendere un libro dal bancone della cucina. “Stasera ti va la lasagna, Nico?” gli chiede. “So che ti piace tanto.” E il più piccolo non sa la risposta. Sta sorridendo, e non riesce a fare nient'altro.
Una mano gli si posa sulla testa, dandogli una parvenza di carezza. Ade entra nella sua visuale, rivolgendogli qualcosa che dovrebbe assomigliare ad un sorriso. “Hai fatto il bravo, oggi?” gli chiede, per poi dare un bacio sulla guancia a sua moglie.
Nico vorrebbe rispondere, ma sente le labbra distorte in quel sorriso che non riesce a modificare.
Due braccia si avvolgono intorno al suo collo, ed una risata alta gli rieccheggia nelle orecchie. “Nico, Nico!” urla sua sorella Bianca, con quel sorriso sempre stampato sulle labbra. “Dopo vieni a giocare con me? Sono riuscita a superare il livello!” Ed il ragazzo riesce solo ad annuire, mentre le prime lacrime iniziano a scivolare giù dai suoi occhi.
“Papà, sei tornato!” è poi l'urlo che le esce dalle labbra. Slaccia le braccia dal collo del fratello,e le avvolge intorno a quello del padre. E Nico fissa la sua intera famiglia. Come se fosse uno spettatore esterno, come se fosse irraggiungibile.
Allunga una mano per afferrarla, ma più si avvicina, più loro si allontanano. E il sorriso di sua madre, i lunghi capelli neri di sua sorella e l'espressione rilassata di suo padre, lasciano spazio all'espressione cattiva di quell'uomo che, con la mano ormai fuori dalla porta, lo fissa con uno sguardo da pazzo.
“Nico!” è l'urlo che gli arriva immediatamente alle orecchie. Annabeth deve starlo chiamando. “Nico chiama la polizia!”
Ma è tutto così attutito. Le lacrime gli impediscono di vedere cosa ha davanti, ed il suo corpo trema come non ha mai tremato.
Anni a cercarlo, ed ora che lo ha davanti non riesce a muoversi. È la sua risata sprezzante a riportarlo alla realtà.
Quell'uomo lo fissa dritto negli occhi, e ride come se lo stesse prendendo in giro. La puzza di Alcool intasa le narici di Nico, che sente brividi freddi scuotergli il corpo, per poi lasciare spazio al caldo afoso.
“Sei tu” è l'unico sussurro che gli esce dalle labbra, abbastanza alto però da farsi sentire.
“Nico” urla la bionda, scoccando un'occhiata ad entrambi. “Cosa stai dicendo? Chiama la polizia!”
“Annabeth” sussurra, senza staccare gli occhi da quelli di Gabe. “Non capisci? È stato lui!” E dalle sue labbra esce una risatina nervosa, mentre dai suoi occhi continuano a scendere copiose lacrime.
La ragazza spalanca gli occhi, confusa, per poi prendere in mano il suo cellulare.
“Hei, ragazzino” la voce roca e derisoria con cui quell'essere lo richiama, gli fa accapponare la pelle.
“Non provare a rivolgerti a me” gli risponde il moro, con voce impassibile.
L'uomo scoppia di nuovo a ridere, questa volta a voce più alta di prima. Nico osserva le sue labbra muoversi in quella risata sprezzante, e stringe i pugni forte mentre la voglia di ucciderlo monta dentro di lui.
“Nico.” Questa volta è la voce calma di Annabeth a parlargli. “Di cosa stai parlando?”
Il ragazzo sente la voce morirgli in gola, ed il vuoto impossessarsi ancora di più del suo corpo. Come se gli venissero risucchiati gli organi interni, ed il cuore sbriciolato lentamente.
“La mia famiglia” inizia, con voce rotta dai singhiozzi. “La mia intera famiglia è stata uccisa da questo bastardo.”
Ed il silenzio che cala nella stanza, li circonda. Viene interrotto unicamente dalla risata dell'uomo. Continua a ridere, tenendosi la mano lesa in mano. Poi singhiozza, chiude gli occhi, e ricomincia a ridere.
“Sai, ragazzino” dice, con voce più calma del previsto. “Non c'è stato giorno a cui non ho pensato a quello che ho fatto.”
La ragazza spalanca gli occhi, fissando Gabe abbassare lo sguardo e continuare a sghignazzare. “Sei stato tu?”
Poi, come un pazzo, alza di nuovo lo sguardo. Questa volta è diverso. È annebbiato dall'alcool, psicotico, omicida.
Raccoglie la bottiglia di alcool che si trova vicino alla porta, e ne beve un sorso. Nico non l'aveva nemmeno notata.
“Sono stato io!” urla, per poi scoppiare a ridere. Ed in quella risata Nico sente della disperazione, sente la voglia di scappare. “Si, sono stato io. Contenti, stronzetti?”
Ed in lui sale solo la voglia di ucciderlo, di fargli del male.
“Come?” La voce di Annabeth urta quasi il più piccolo. Vorrebbe urlarle di smetterla di fargli tutte quelle domande, di aiutarlo ad ucciderlo, di strappargli il cuore dal petto, perchè fa tutto troppo male.
L'uomo abbassa lo sguardo, continuando con quella risatina bassa. “Ero ubriaco” risponde, mostrando i suoi denti sporchi in un sorriso inquietante. “Non ricordo nulla, stronzetti. Ricordo solo... sangue e... morti io--” ma il singhiozzo più alto degli altri di Nico lo interrompe, facendolo quasi rabbrividire.
“L'arma” sussurra il moro, tremando forte. “Non sei stato arrestato perchè non abbiamo trovato l'arma. Lei.. dove, tu, dove--”
“Ho un negozio di elettrodomestici. O meglio: avevo.” E in quella voce quasi distrutta, distorta dall'alcool, Nico riesce a sentire le urla dei propri familiari. “L'ho nascosta lì, in una botola segreta. Non avrebbero cercato così in fondo, loro--”
“Li hai uccisi” è l'ultimo sussurro che esce dalle labbra di Nico, prima che le sue mani circondino il collo grassoccio di quell'uomo.
E questa volta non c'è Jason a bloccarlo. Questa volta il buon senso non riuscirà a farlo riflettere. Questa volta nulla può fermarlo.
Cadono entrambi a terra, e l'unica cosa che Nico sente è l'urlo di Annabeth dietro di lui. Tutta la sua forza si concentra nella presa che ha su quel collo, ed il suo sguardo sull'espressione stupefatta ed addolorata di quell'essere viscido.
Stringe ancora di più, cercando di spingere più a fondo, quando un calcio ben assestato gli arriva dritto nello stomaco. Mugola di dolore, senza però lasciare la presa sul suo collo.
“Muori” è l'unico sussurro che gli esce dalle labbra, mentre le lacrime continuano a scendere copiose dai suoi occhi, bagnando il viso di quell'essere.
E lui lo fissa con gli occhi fuori dalle orbite, per poi socchiudere le labbra in cerca d'aria. Un altro calcio in pieno stomaco riesce a farlo barcollare, ed un altro ancora più forte lo fa cadere all'indietro, sbattendo forte la schiena.
Le mani dell'uomo si stringono intorno al suo collo immediatamente. La sua presa è decisamente più forte sul suo piccolo collo, e l'aria gli si blocca in gola.
Porta le mani fino al suo viso, graffiandolo, in un inutile tentativo di fargli del male. Ma l'aria inizia a mancargli nei polmoni. Le lacrime calde gli bagnano il viso.
Forse riuscirà a rivedere la sua famiglia. Forse ce la farà, per mano dello stesso uomo che li ha portati via.
L'ultima cosa che vede, è una strana ombra proiettarglisi addosso. Devono essere loro, lo stanno venendo a prendere.
Sorride felice, chiudendo gli occhi. Un ultimo singhiozzo gli esce dalla gola, mentre la presa si fa ancora più forte.
“Sto arrivando” è l'ultimo sussurro che riesce a tirar fuori, prima che l'ultima lacrima gli righi la guancia, ed il buio lo avvolga.

*

Jason bussa piano alla porta della stanza, e quando non gli arriva una risposta dall'altra parte la apre, lentamente.
Nico” dice, a voce alta per farsi sentire. “Sto entrando.”
La visione che gli si para davanti gli fa più male del previsto. Nico è nascosto sotto le coperte, e dal movimento del suo corpo Jason può intuire lui stia piangendo in silenzio. Sospira, per poi mordersi un labbro.
Che idiota. Eppure sa che questo è un argomento tanto delicato per lui. Come ha potuto tirarlo fuori in un discorso così futile?
Nico” lo chiama di nuovo, posando una mano sulle coperte che lo coprono. Sente il corpo del più piccolo tremare, e qualcosa dentro di lui si stringe. Non può credere che sia stato proprio lui a scatenare tutta questa reazione.
Jason” lo richiama il più piccolo, con la voce spezzata dai singhiozzi. “Esci fuori, non voglio vederti.”
No” è la risposta del più biondo a quell'affermazione. Aggrotta le labbra e afferra la coperta, per poi tirarla fuori.
Il corpo di Nico sembra ancora più piccolo, privato di tutte quegli strati di coperte, e raggomitolato in quella posizione. Jason lo osserva sussultare per il freddo improvviso, e voltarsi con gli occhi pieni di rabbia.
Idiota!” urla, tirandosi su. Fa per riprendere le coperte dalle mani dell'amico, ma il biondo gli afferra prontamente un polso e lo strattona sul letto, facendolo distendere di nuovo.
Jason ritrova parte del suo corpo su quello del più piccolo. Un suo polso stretto in mano, l'altra al lato della sua testa, i loro visi abbastanza vicini da sentire l'uno il respiro dell'altro.
Nico” è il sussurro che gli esce dalle labbra, disperato, stanco, triste. “Se stai facendo tutto questo per quello che ti ho detto, io--”
Non lo troverò mai, Jason” dice quindi il più piccolo, con la voce rotta dal pianto ed il corpo scosso dai singhiozzi. Le lacrime gli scendono copiose sulle guance, bagnando il cuscino. “Non lo troverò mai, non riuscirò mai a fare giustizia ai miei genitori, a mia sorella.”
Jason lo fissa sorpreso. Sale con entrambe le ginocchia sul letto, in modo da poter poggiare una mano sul viso di Nico, accarezzandolo piano.
Nico” lo chiama, con voce dolce. Il ragazzo si copre il volto con l'avambraccio, mordendosi forte il labbro.
Lo troverai” lo rassicura il più grande, lasciandogli scorrere la mano sulla sua pelle delicata. “Lo troverai perchè ti conosco. Non bloccherai le ricerche fino a quando non sarai arrivato al tuo obiettivo.”
Il più piccolo viene scosso da un singhiozzo più delicato degli altri, per poi respirare forte.
E se un giorno decidessi di bloccare le ricerche, per qualsiasi motivazione, io non potrei che essere d'accordo con te” il biondo prende un grande sospiro, per poi poggiare le sue labbra sulla fronte del più piccolo.
Nico sussulta a quel contatto inaspettato. Smette per un secondo di respirare, mentre la sensazione di protezione che Jason riesce ad infondergli gli si diffonde nel corpo.
Ovunque sia” dice quindi il moro, con voce roca e rotta dai singhiozzi. “Ovunque sia io lo troverò.”
Si, lo farai.”
Nico prende aria, per poi ributtarla fuori dalle labbra con un sospiro. “E gliela farò pagare, Jason. Le sconterà tutte.”
Toglie il braccio da di fronte ai suoi occhi, ritrovandosi il viso dell'amico più vicino di quanto si aspettasse. Eppure questa vicinanza non gli da fastidio, per niente.
Lo fissa negli occhi.
La sicurezza ricomincia a scorrergli nelle vene.
Questa è una promessa.”


Angolo autriiiiice!:D
Salto il pezzo in cui vi prometto di rispondere il prima possibile alle recenioni super fabulose, e passo direttamente al resto....
Resto? Oddei, non so che dire, in realtà.
Diciamo che ormai è già Sabato, ma io avevo intenzione di pubblicare alle 23.59 di Venerdì per poter dire "A-HA NON SONO IN RITARDO!"
Ma tanto sono cronicamente in ritardo, ed infatti A-HA SONO IN RITARDO!
Well, pur essendo passate due settimane sono ancora in lutto per il profilo di Ainsel. Sul serio, la mia anima è logorata.
Quindi non mi dilungo...
Vi voglio bbbbbine!
Un bacione, LauraPalmerBastille. <3

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Capitolo 15
*** Adesso andrà tutto bene. ***


Save me, Percy Jackson.

Nico kisses Percy
ATTENZIONE! LEGGETE QUI!
Salve, qui è LauraPalmerBastille che vi parla, e deve darvi un paio di avvisi importanti.

1- Mi dispiace dirlo, ma questo è l'ultimo capitolo della storia. Purtroppo si, siamo arrivati alla fine anche si questa piccola avventura, e voi non potete capire quanto io stia piangendo mentre scrivo questa cosa. Perchè in fondo mi ci ero affezionata anche io tanto, alla storia e soprattutto a voi.
MA NON DISPERIAMOCI!
Dopo questo capitolo ci sarà un epilogo finale, che finirà la storia davvero.

2- Vorrei tanto che mentre leggete, ascoltiate "Autumn- Giovanni Bomoll".
Voglio crearvi l'atmosfera mentre leggete, per riuscire a fare più vostro questo capitolo. Vi ringrazio se lo farete:3

Buona lettura.
LauraPalmerBastille.

"Grace e Di Angelo?" li chiama una ragazza giovane, capelli lunghi e neri con dei grandi occhi color ghiaccio. Jason alza la mano, sorridendo.
"Arriviamo" dice, prima di voltarsi verso il più piccolo. Nico è schiacciato sulla sua sedia, si mordicchia il labbro quasi compulsivamente e continua a spostare lo sguardo sulle persone che sono nella stanza con lui.
"Jason, possiamo ancora tornare indietro" pigola, affondando ancora di più nella sedia e socchiudendo gli occhi. Sente il panico avvolgergli il corpo, e la voglia di scappare preme impellente in lui.
Già odia questo edificio, già odia tutte le persone che ci sono dentro, e già odia Jason per averlo trascinato fino a qui e, soprattutto, per averlo convinto.
"Nico" lo richiama il più grande, circondandogli un polso con la sua grande mano e facendolo alzare contro la sua volontà. "Ormai ci siamo, l'abbiamo deciso. Facciamolo!"
"Ma non voglio!"
Jason alza gli occhi al cielo, abbozzando un sorriso. Quel ragazzo lo sorprende ogni volta; aveva alla fine accettato la sua proposta con uno sbuffo, ed adesso è già pronto a tirarsi indietro. Si chiede se abbia accettato per voglia, o semplicemente per farlo contento. Nico tende a fare troppe cose solo per farlo contento, ultimamente.
"Nico, fino a venti minuti fa ti andava bene. È da ormai una settimana che lo abbiamo deciso. Questa potrebbe essere..." si passa una mano in mezzo ai capelli riflettendo bene sulla parola da utilizzare, per poi incontrare quegli occhi scuri e preoccupati. "...una svolta."
Nico si ritrova a fissare quegli occhi chiari e glaciali, che ogni volta riescono a rassicurarlo e farlo sentire protetto. Adesso hanno una nota di speranza al loro interno, come se fossero accesi, propositivi.
"Pensi davvero che iscriverci in università possa rendere migliori le nostre vite?" Jason abbozza un sorriso, per poi far scorrere le mano dal suo braccio fino alla sua guancia. La accarezza lentamente, sentendo scorrere sotto i suoi polpastrelli quella pelle morbida e chiara.
"Penso proprio di si, Nico."
Il moro si ritrova a sbuffare per l'ennesima volta. Odia tutta quella positività.
Non è così.
L'Università non cambierà proprio niente.
L'Università non gli ridarà la sua famiglia, nè la sua voglia di svagarsi, o di sorridere spensierato.
L'Università non lo aiuterà con le ricerche di quel mostro.
L'Università no farà proprio niente.
Lo allontanerà poco da quei pensieri, forse, ma non ci sará nulla che riuscirà davvero a farlo rilassare.
Eppure Jason sembra così speranzoso, e voglioso di fare nuove esperienze. Come se credesse che, ormai all'università, potrà succedere di tutto, donandogli quella vita spensierata ed avventurosa che ha sempre desiderato.
Ma esistono due tipi di persone al mondo: quelle fortunate, quelle la cui vita sembra remare a proprio favore, le cui cose accadono inaspettate ogni giorno; storie d'amore, nuove amicizie, sorprese inaspettate. E poi ci sono le persone come Nico, i cui giorni gli scorrono sulla pelle come acqua, tutti uguali. Non ci sono quasi mai svolte inaspettate che possano farlo sorridere sorpreso, e colorare la sua vita. Niente svolte, niente incroci, solo una grande, retta ed abbandonata via spoglia.
Ma gli occhi di Jason lo rassicurano, gli danno speranza, forza. Gli occhi di Jason riescono ad iniettargli direttamente nelle vene la voglia di fare nuove esperienze, vivere la vita.
Perchè sa che, qualsiasi cosa succeda, lui sarà sempre lì vicino a lui; come ha sempre fatto. E questo lo rassicura, gli da la forza e la voglia di fare tutto quello che ha sempre fatto.
"E allora andiamo" sbuffa, prima di infilare svogliatamente le mani in tasca ed incamminarsi dietro il biondo. Jason sorride felice, per poi circondargli le spalle con un braccio.
Sarà una bella esperienza. Te lo prometto Nico.”
Il più piccolo alza gli occhi verso il più grande, scoccandogli un'occhiataccia. “Non fare promesse che non puoi rispettare, idiota.”
-
Direi che tutti i vostri documenti sono compilati” cinguetta una ragazza da dietro una strana cassa, passandogli tutti i documenti. “Adesso siete a pieno effetto studenti della facoltà!”
Un verso disgustato esce dalle labbra di Nico, succeduto da una gomitata nel fianco da parte del biondo.
Ahi!” esclama il moro, scoccandogli un'occhiataccia. “Mi hai trascinato qui, accetta i miei versi di disgusto.”
Cerca di essere meno polemico, Di Angelo. Non abbiamo nemmeno iniziato.” Sorride alla ragazza dietro il bancone, prendendo i fogli. “Manca altro?”
Lei annuisce, mostrando il suo sorriso bianco e perfetto. Sembra quasi ci stia provando con Jason e, a quella constatazione, Nico sbuffa ed alza gli occhi al cielo. Ah, già, non aveva messo in conto le svariate ragazze che avrebbero catturato il biondo, isolandolo.
Bene, si prospetta proprio una bella esperienza.
State dimenticando la cosa più importante!” esclama con quella voce quasi ridicola la ragazza, frugando dentro un cassetto dietro il bancone.
Ho quasi paura di sapere cosa sia questa immensa cosa che st--” ma non riesce a finire la frase, che un'altra gomitata di Jason gli ammacca il fianco.
Le vostre chiavi della stanza!”
Ennesimo sbuffo. Ennesima gomitata.
Jason!” quasi urla il più piccolo, trattenendosi dal saltargli addosso. “Prendi quelle dannate chiavi e smettila di fracassarmi il fianco!”
Tu smettila di--”
Jason” lo interrompe Nico, fissandolo con lo sguardo più truce che abbia. “Un'altra parola, e sei ufficialmente morto.”
Il più grande lo fissa, e quello sguardo lo inquieta tanto da farlo ammutolire. Alza le mani al cielo in segno di resa, e prende le chiavi velocemente.
Come desidera, capitano” borbotta, prima di prenderlo sotto braccio ed incamminarsi verso la loro camera.

-

Quando Nico apre gli occhi, una strana sensazione lo avvolge. Una sensazione di calore, una sensazione piacevole. Il suo primo pensiero è 'Oh Dei, sono morto'. Poi però abbassa lo sguardo fino alla sua mano, la muove piano, e capisce che di morto non ha nulla.
Sbatte ripetutamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco lo spazio che lo circonda, e per un secondo tutto gli sembra decisamente troppo bianco.
È una stanza strana, le pareti sono bianche, la porta anche, c'è solo un armadietto grigio scuro davanti a lui ad interrompere quel bianco quasi fastidioso.
Quando prova ad alzarsi una fitta alla testa lo fa gemere di dolore, facendolo ricadere malamente sdraiato. Sta per chiedere aiuto, quando una folta chioma scura entra nella sua visuale, accompagnata da un sorriso bello, splendente, familiare.
“P-Percy” mugola Nico, con la bocca impastata.
Percy.
Percy è qui.
E tutti i ricordi gli rivengono in mente, facendolo sussultare. Lui. Il padre di Percy, l'assassino dei suoi genitori. Lo aveva ammesso davanti a lui.
Lo aveva attaccato, ma qualcosa non era andato nel verso giusto.
Quell'uomo lo stava strangolando, come... come ha fatto a sopravvivere?
Incontra gli occhi di Percy, pieni di gioia e lacrime. Lacrime di felicità, pensa Nico, mentre alza una mano per asciugargliene una che
sta scivolando giù dalla sua guancia.

E non capisce cosa sta succedendo, ma Percy ride. Una risatina nervosa, veloce, quasi ridicola, prima di buttarsi sul corpo del più piccolo, abbracciandolo.
Nico sente i capelli del più grande solleticargli il collo, le braccia avvolgergli forte il corpo, e le mani stringere quella strana camicia che indossa.
Sente le lacrime scivolare dagli occhi del più grande, fino a bagnare il collo; i suoi singhiozzi delicati che, si sente, sta provando a trattenere con tutte le sue forze.
“Percy” sussurra, posandogli una mano sui capelli scuri e socchiudendo gli occhi. Dei, rimarrebbe in questa posizione per sempre. Percy accovacciato su di lui, quelle braccia forti che lo stringono, il suo respiro sul suo collo.
E per un secondo è come se non fosse accaduto nulla. Non c'è nessuno; ci sono solo loro due, i loro corpo in contatto, il loro respiro affannato, due cuori che battono all'unisono.
“Nico” ripete il più grande, allontanando di poco il viso dal suo collo, per riuscire ad osservarlo negli occhi. “Stai bene, tu stai bene. Dei, quanto mi sono preoccupato, io... io, tu---” ma decide di non finire la frase. Troppe parole da dire, troppe cose da chiarire, troppi argomenti inutili da trattare.
Appoggia semplicemente le labbra su quelle di Nico, in una disperata ricerca del suo sapore. Un bacio quasi disperato, un bacio con cui si scambiano più di mille parole.
E si chiedono scusa, e si dicono ti amo, e piangono per tutto ciò che hanno dovuto vivere, ma che finalmente è finito. Si baciano come se fosse l'ultima volta, e come se fosse la prima. Come se si fossero appena incontrati, e come se dovessero dirsi addio.
La mano di Percy va a finire dietro la sua testa, passando le dita in mezzo ai capelli scuri del più piccolo, ed avvicinando il viso del più piccolo al suo. Non smette di baciarlo, no.
E non sa quanto dura quel bacio. Forse secondi, forse minuti, forse ore. Si baciano, e tutto intorno a loro sparisce.
Niente violenza, né morte. Niente tristezza, né lacrime.
Solo loro due. Solo le loro labbra unite, come le loro anime.
E, se fosse per loro due, rimarrebbero in quella posizione per sempre.

-

“Sei in ospedale, Nico” gli sussurra Percy, passandogli la mano in mezzo ai capelli. Ha ripreso la sua solita aria gioiosa, e quello splendido sorriso troneggia di nuovo sul suo viso. Adesso è seduto affianco a Nico, su quello strano letto d'ospedale. La mano del più giovane stretta nella sua, mentre l'altra gli accarezza dolcemente i capelli. “Niente di grave, per fortuna, ma sei rimasto privo di coscienza per molto tempo.”
Un nodo alla gola impedisce a Nico di dire quello che vorrebbe dire. Fissa quegli occhi verde mare in cui, come ogni volta, ci si perde. Quegli occhi riescono ad infondergli tranquillità, sicurezza, positività.
“Come... Come è...”
“L'ho colpito” ammette il più grande, facendo scendere la mano che ha nei suoi capelli fino alla sua guancia. La accarezza lentamente, senza distogliere lo sguardo. “Ha perso conoscenza, prima che arrivasse la polizia.”
Nico strabuzza gli occhi, ed il respiro nei suoi polmoni si ferma. Non hanno nessuna prova. Sono di nuovo al punto di partenza.
Quell'uomo ha confessato, ma nessuno crederà mai alla sua confessione. Lui, il figlio e fratello delle vittime, troppo coinvolto sentimentalmente per accusare qualcuno senza prove concrete.
“Percy...” prova a dire, mentre sente il panico salirgli dentro. “Quell'uomo, lui ha... lui ha ucciso--”
“Lo so” lo interrompe il più grande, abbassando lo sguardo. “Lo so, Nico. E me ne dispiace.”
Nico lo osserva. Osserva il suo sguardo pieno di tristezza, risentimento, rabbia. E si chiede quanto si stia incolpando, quanta percentuale di quel delitto si stia portando sulle spalle.
“Non è stata colpa tua, lo sai vero?” dice quindi, incontrando i suoi occhi stranamente spenti. “Tutto quello che ha fatto quel mostro, non dipende da te. Tu non ne hai colpe, Perc--”
“Si, le ho” lo interrompe, stringendo i pugni. Nico vede in lui una rabbia spropositata, delusione, tristezza. E si chiede quanto possa stare male in questo momento.
Quindi poggia una mano sul pugno stretto del più grande, facendolo rilassare e prendendo la mano con la sua, intrecciando le loro dita.
“No, non le hai” sussurra, fissandolo negli occhi. Quegli occhi prima tanto accesi, adesso sembrano spenti, senza speranza. “Non potevi controllarlo. Faceva del male a te, tua madre, come potevi impedire che facesse del male agli altri? Non darti colpe che non sono tue, Percy.”
Il più grande lo fissa sorpreso, gli occhi spaesati, vagano su ogni punto del suo viso, senza mai soffermarsi su un punto preciso. Si morde con forza il labbro, per poi abbassare lo sguardo. “Nico, io...”
“Tu cosa, Percy?”
Il più grande stringe con forza l'esile mano del più piccolo con la sua, per poi sospirare. Alza lo sguardo, incontrando quello del più piccolo.
Quegli occhi scuri, quasi inquietanti, gli sono sempre piaciuti. La prima volta che li ha visti, ha provato una sensazione strana; come se ci fosse sprofondato dentro, come se ci fosse rimasto prigioniero.
“Ti amo, Nico.”
E qualcosa si ferma dentro al petto di entrambi, per poi ricominciare a battere più velocemente di prima. Il più piccolo sorride, sorpreso, felice, intenerito.
“Ti amo anche io, idiota.”
E le braccia del più grande si avvolgono intorno al corpo del più piccolo istintivamente, stringendolo a sé, come se non volesse lasciarlo andare, non più.
“Interrompo qualcosa?” Una voce cristallina dietro di loro li fa sussultare e staccare immediatamente.
Una sorridente Annabeth li fissa dallo stipite della porta, per poi portarsi una mano in mezzo ai capelli biondi e spostarseli dietro una
spalla. “No perchè se avete bisogno di, uhm, come posso dire... “privacy”? Ritorno dopo!”

“Annabeth!” esclama il più piccolo, arrossendo e nascondendo il volto dietro una mano. “Puoi entrare!”
La ragazza ride piano, per poi avvicinarsi ai due e sedersi all'angolo del letto.
“Allora” inizia, sospirando. “Come state?”
Percy scrolla le spalle, per poi voltarsi a guardare il più piccolo. “Tutto bene, penso.”
La ragazza annuisce, per poi soffermarsi anche lei a guardare Nico, intento a giocare con le proprie dita e mordicchiarsi il labbro.
“E tu, Nico? Come stai?” gli chiede la ragazza, mettendogli un dito sotto il mento e facendogli alzare il viso verso di sé.
Quegli occhi grigi e scrutatori lo fanno sentire quasi a disagio. Come se andassero a sgretolare ogni sua barriera che ha provato a creare.
“Lui è... è ancora libero?”
E la reazione di Annabeth lo sorprende. Sorride spensierata, per poi alzare gli occhi al cielo. “Pensi davvero che possa essere libero dopo averci praticamente confessato che è stato lui l'assassino?”
Nico la osserva, sorpreso. “Ma... Ma noi non abbiamo prove. Non mi crederanno mai, l'arma chissà da quanto tempo se ne sarà sbarazzato e--”
“Nico” lo richiama la bionda, con quel sorriso soddisfatto sulle labbra. Gli fa cenno di aspettare, per poi prendere il suo telefono dalla tasca ed iniziare a smanettare.
“Cosa stai facendo?” le chiede il più piccolo, incuriosito. Ma lei non risponde. Continua semplicemente a premere pulsanti, con fare concentrato.
E quando una voce esce dal telefono, una voce familiare, il moro quasi sussulta. In primo luogo non capisce. Cosa vuole fare Annabeth? Cosa è quella registrazione?
Ma poi ascolta le parole, e tutto gli è chiaro.
“Oh” riesce solo a dire, mentre per tutta la stanza si diffonde la registrazione della confessione di quel pazzo. Annabeth lo ha
registrato.

Ecco perchè stava smanettando con quel dannato telefono mentre il tutto accadeva; non stava chiamando la polizia, lo stava mettendo in trappola.
“Il processo ci sarà tra una settimana, ma mi hanno detto che è puramente formale, viste le prove che abbiamo” conclude la bionda, per poi posare il telefono in tasca.
E senza che se ne accorga, delle lacrime di gioia escono dagli occhi di Nico, insieme ad una risata.
Una risata vera.
Una risata spensierata.
Una risata felice, come non è mai successo
Dopo tutto questo tempo, Nico ride davvero. Ed è da così tanto tempo che non lo faceva, che adesso quasi non riesce a smettere più. Ride forte, con quella risata cristallina, e tutto intorno a lui è confuso.
Percepisce Percy abbracciare Annabeth, farle i complimenti per quel colpo di genio, e lei ridere felice.
Percepisce il suo cuore ricominciare a battere come non ha mai fatto. Sente quello stramaledetto nero che lo ha accompagnato per tutti questi anni, scivolargli via.
Niente più oscurità, niente più oblio, solo quella risata che lo porta fino alle lacrime. Risata che viene sostituita dai singhiozzi, forti, che rimbombano per tutta la stanza.
“Oh, Nico” esclamano all'unisono Percy ed Annabeth, sporgendosi per abbracciarlo.
E quel gesto lo fa solo che piangere di più.
Perchè finalmente è felice. Perchè finalmente non ha più quel dannato peso sullo stomaco, che aveva paura gli sarebbe rimasto per tutta la vita.
Perchè finalmente suo padre, Ade, ha avuto giustizia.
Perchè finalmente sua madre, Maria, ha avuto giustizia.
Perchè finalmente sua sorella, Bianca, ha avuto giustizia.
E la visione dei loro volti pieni di terrore, lascia spazio ai loro sorrisi, ai loro ricordi felici, alla loro spensieratezza. E Nico sorride con loro.

Nico sorride a loro.

Sente le labbra di Percy poggiarsi sulla sua guancia bagnata, ed i suoi sussurri che cercano di calmarlo.
E lo ama, lo sa. Finalmente è veramente l'unica cosa di cui è sicuro.

-

“E' permesso?” Piper si affaccia alla porta, buttando un'occhiata a Nico, per poi sorridergli. “Nico, allora ti sei svegliat--” ma non fa in tempo a finire la frase, che viene letteralmente travolta dall'uragano Hazel che, con le lacrime agli occhi, si butta sul lettino di Nico, travolgendolo, senza badare a Percy ed Annabeth che sono seduti proprio affianco a lui e vengono travolti allo stesso modo.
“Nico!” esclama, stringendogli le braccia al collo. “Dei, Nico, non sai quanto mi sono preoccupata... Avrei dovuto fermarti, dirti di non andare ovunque volessi andare, è tutta colpa mia! Scusami, scusami!”
E Nico sorride, portando una mano tra i suoi capelli ed accarezzandoli piano. Quella ragazza è una forza della natura; ama il modo in cui si preoccupa per lui, come farebbe una vera sorella maggiore.
“Non è stata colpa tua” dice, con un sorrisetto sulle labbra. “E' meglio che sia andata così...”
“Ogni male alla fine ha il suo bene, no?” chiede una voce dietro Hazel, facendolo sussultare. Sposta lo sguardo, notando che tutti i suoi amici sono di fronte a lui: Hazel, Frank, Reyna, Piper, perfino quell'insopportabile di Drew.
È stata Reyna a parlare, e Nico non può non notare l'enorme cesto di biscotti che gli posa sul letto, con un sorriso intenerito.
Il più piccolo le sorride di rimando, per poi annuire. È esattamente quello che intende; ogni male, alla fine, ha una sua parte di bene.
“Ma Leo dov'è?” chiede Piper, guardandosi per un momento intorno. “Non ditemi che non è entrato per davvero.”
“Quello stupido ragazzino è rimasto fuori” cinguetta Drew, guardandosi le unghie.
Frank sghignazza, per poi passarsi una mano in mezzo ai capelli. “Si starà strappando i capelli per lo stress” dice, nascondendo un sorriso dietro una mano.
“Frank!” lo rimprovera la castana, sorridendo però anche lei di rimando. “Non essere cattivo e vai a cercarlo.”
Ma prima che il moro possa anche solo muoversi, una voce da dietro la porta li fa sussultare tutti. “SONO QUI E NON HO INTENZIONE DI ENTRARE!” dice, e Nico riconosce palesemente Leo.
Reyna alza gli occhi al cielo, per poi dirigersi verso la porta ed iniziare a parlottare col ragazzo che vi si nasconde dietro.
Nico non riesce a sentire tutta la conversazione, ma capta degli spezzoni come “No, dai, non voglio” o “Ma mi vergogno! Guarda come sono conciato!” oppure “Se entro mi devi un graaande favore.”
E l'entrata di Leo è preceduta da una sonora risata di Percy che, ormai capito il motivo del suo imbarazzo, scocca un'occhiata complice a Nico.
E Nico adesso ricorda perchè Leo non vuole entrare.
Tutti i ricordi felici di quel pomeriggio lo avvolgono, facendolo sentire ancora meglio.
E quando un imbarazzato Leo, con i capelli completamente verdi entra dentro la stanza, una risata spontanea esce dalle labbra di Nico e Percy.
“Ve lo avevo detto che si sarebbero messi a ridere!” esclama l'ispanico, mettendo il broncio. “Siete degli idioti, sapete che i capelli sono il mio punto forte!”
“Hai un punto forte?” lo incalza Piper, alzando un sopracciglio.
“Stai zitta, Mc Lean! Tu almeno la ragazza ce l'hai, la vorrei anche io!”
“Io forse ho la soluzione.” A parlare è Annabeth che, con un sorriso accennato sulle labbra, fissa il “castano”. “Percy mi ha raccontato quanto tu sia fastidioso ed abbia creato solo casini...”
“Ehi!” quasi urla l'altro, sgranando gli occhi. “Io non sono fastidi--”
“E” lo interrompe quindi la bionda, alzando gli occhi al cielo. “Penso proprio di avere la soluzione per te.”
“Vuoi ucciderlo?” Reyna prende per mano Piper, ridacchiando. “No perchè se vuoi posso darti una mano.”
Leo le scocca un'occhiata inviperita, per poi passarsi la mano in mezzo ai capelli e sbuffare.
“Ci sono anche io, se devi ucciderlo” si unisce Frank, alzando la mano. “E penso Hazel sia della stessa opinione.”
“Conta anche su di me” si si ntromette Drew, senza staccare lo sguardo dalle sue unghie.
“Oh, è bello sentirsi amati!” dice Leo, alzando gli occhi al cielo. “Davvero, siete proprio come una seconda famiglia!”
E Nico sorride. Sorride come non ha mai fatto. Ride spensierato, finalmente senza pensieri troppo pesanti in testa.
“Ho un'idea migliore” propone la bionda, prendendo il cellulare dalla tasca. “Ho un'amica a cui potresti piacere, penso. Le scrivo adesso, se vuoi.”
Percy le scocca un'occhiata confuso, per poi alzare un sopracciglio. “Non sarà...”
“Si, è lei.”
“Annabeth, dai, no. Lei no.”
“Lei chi!?” si intromette Leo, sbirciando sul cellulare il nome a cui sta scrivendo. “Chi sarebbe Calypso!?”
Annabeth e Percy ridacchiano, per poi scambiarsi un'occhiata complice. “E' una nostra vecchia amica d'infanzia, ti piacerà. A volte tende ad essere un po', mh, come posso dire, Percy?”
Il ragazzo si passa una mano in mezzo ai capelli, per poi poggiarla su quelli di Nico, prendendo ad accarezzarli. “Non so, fastidiosa?”
“E allora è perfetta per Leo” ridacchia Nico, rilassandosi sotto il tocco delicato del compagno.
Ed ama questo quadretto. Ama la mano di Percy sui suoi capelli.
Ama sentire Leo lamentarsi.
Ama vedere Annabeth con il suo carattere forte prenderlo in giro.
Ama la mani di Piper e Reyna unite in una stretta delicata.
Ama le occhiate innamorate che Frank lancia ad Hazel; come gli era venuto in mente di voler partire?
Ama persino le risposte acide di Drew.
Per la prima volta ama tutto quello che lo circonda.
E si sente bene.
Dannatamente bene.

-

Nico è seduto sulle gambe di Percy, e le labbra del più grande si poggiano ripetutamente sul suo collo, facendolo rilassare.
Forse stare in ospedale non è una cosa così brutta, alla fine. Hanno tutto il tempo che vogliono per stare insieme, soli. Anche se tutte quelle visite glielo impediscono.
Nico poggia la fronte sulla sua, godendosi il profumo di acqua marina che il corpo di quel ragazzo emana.
Le labbra di Percy si poggiano sulle sue, distraendolo da tutti i suoi pensieri. Tutto intorno a lui diventa offuscato, mentre quelle labbra morbide toccano le sue in maniera delicata.
E non desidera altro, se non quel piccolo contatto, che però è in grado di mandargli il cuore a mille.
Un colpo di tosse dietro di loro li fa sussultare, per l'ennesima volta. Nico si volta improvvisamente, e quello che si ritrova davanti gli fa spalancare gli occhi.
Dei ciuffi biondi e ribelli, accompagnati da dei grandi occhi azzurri, ed un sorriso smagliante rivolto a lui.
Jason è qui. Con un mazzo di fiori in mano, e la spensieratezza nei suoi occhi. Come prima, come non lo aveva mai visto.
“Hei Nico” dice, senza perdere quel sorriso smagliante. “Allora, come stai?”
“Jason...” sussurra, prima di voltarsi a guardare Percy, aspettandosi una reazione. Il ragazzo si limita a sorridere, ed annuire con la
testa.

E niente blocca più Nico.
Scende dal letto, e corre verso il più grande, per poi buttargli le braccia al collo come non ha mai fatto prima. Jason lascia cadere i fiori a terra, per riuscire ad abbracciare quel gracile corpo che gli ha cambiato la vita.
Lo stringe forte, sollevandolo quasi da terra. E Nico nasconde il viso nell'incavo del suo collo, mentre le ennesime lacrime escono dai suoi occhi.
Troppe emozioni.
Troppe emozioni in un solo giorno per riuscire a controllarle.
“Jason” dice, ed un singhiozzo gli esce rumorosamente dalle labbra. “Ce l'abbiamo fatta, lo abbiamo trovato. Insieme, io e te. Ce l'abbiamo fatta.”
Ed i singhiozzi gli impediscono di parlare. Perchè questa è una storia che hanno iniziato insieme, era il loro legame; trovare quell'uomo insieme, fargliela pagare, ricostruirsi, uniti.
Ed adesso anche questa storia si è completata. Adesso è arrivata al capolinea.
Eppure questo non significa che il loro rapporto finirà, anzi. Nico lo sa, rinascerà. Più forte, più duraturo, senza malintesi, senza sofferenze.
Niente più lacrime, se non di gioia.
Niente più nero.
Niente più gelosia.
Niente di niente.
Solo Jason e Nico, Nico e Jason.
E stringere ancora di più le braccia intorno al collo del ragazzo gli viene istintivo. Stingerlo come se non si vedessero da anni. Stringerlo per riuscire a non farlo scappare mai più.
“Mi sei mancato, Jason” singhiozza, stringendo la maglietta tra le esili dita. Il biondo ridacchia, con gli occhi lucidi. Aumenta la presa sul corpo del più piccolo, chiudendo forte gli occhi per reprimere le lacrime.
“Non me ne andrò più Nico, questa è una promessa.”
E senza accorgersene, Percy è vicino a loro, con un sorriso idiota sulle labbra e le braccia conserte.
Jason si stacca dall'abbraccio col più piccolo, e lo fissa. In fondo non è una cattiva persona, forse lo ha sempre saputo.
Ha vegliato su Nico, lo ha protetto, non lo ha lasciato solo; come ha sempre fatto lui. In fondo, pensa, Perseus Jackson è veramente
la persona adatta a Nico Di Angelo.

“Hai mantenuto la promessa” dice quindi, porgendogli la mano, come per stringerla. Percy la fissa, confuso. “Che promessa?”
Ed il biondo scuote la testa, ridacchiando quasi. “Ti sei preso cura di lui, lo hai fatto.”
E Percy ricorda. Ricorda le parole che Jason gli aveva rivolto prima di andarsene. E sorride. Sorride come un bimbo.
“Non smetterò mai di farlo” dice, prima di avvolgergli le braccia intorno al collo abbracciandolo.
Al diavolo strette di mano, sorrisi, gesti formali. Jason è sorpreso da quel contatto così amichevole, così sincero, e l'unica cosa che riesce a fare è quello di ricambiare l'abbraccio e sorridere.
“Hei” si lamenta Nico, alzando gli occhi al cielo. “Ci sarei anche io!”
Percy gli lancia un'occhiata divertita, per poi sbuffare. “Stai zitto tu” dice, prima di prenderlo per la manica e trascinarlo
nell'abbraccio.

Nico si ritrova tra il corpo del suo migliore amico e quello del suo ragazzo, stretto in questo abbraccio caldo e rassicurante.
E si sente bene. Dannatamente bene.
“Andrà tutto bene adesso, vero?” chiede, alzando lo sguardo verso gli altri due ragazzi.
Jason e Percy lo fissano, per poi sorridergli spensierati. Sorrisi. Dopo tanto tempo, sorridono.
“Si, Nico” gli risponde Percy, abbassandosi e posandogli un leggero bacio sulle labbra.

Adesso andrà tutto bene.

-

Nico entra dentro la loro nuova stanza con la scatola contenente la sua roba in mano, ed una espressione decisamente contrariata.
Oh, andiamo, Nico” lo richiama il biondo, posando la sua scatola su un letto. “Sono sicuro che ci divertiremo!”
Il più piccolo alza gli occhi al cielo, per poi posare il suo di scatolone sul letto che gli è rimasto. “E se io avessi voluto quel letto?” dice, scoccandogli un'occhiata infastidita.
Jason fa spallucce, mettendosi a sedere. “Mi dispiace, non riesco a dormire vicino alla porta.”
Nico alza gli occhi al cielo, sbuffando. “Non voglio restare qui.”
Sarà bello, Nico.”
Come fai a saperlo?” chiede, alzando lo sguardo sul ragazzo. Perchè è così propositivo? Cosa ne sa lui di cosa potrebbe accadere? Cosa ne sa lui di quello che succederà?
Jason si alza dal suo letto, per poi sedersi affianco al più piccolo. “Semplice, non lo so.”
E Nico lo fissa sorpreso dalla sua risposta. Alza un sopracciglio confuso, senza però fare domande.
Non so cosa accadrà, Nico. Ma so che sono con te, che passeremo del tempo insieme, che sarà divertente.
Non so chi incontreremo, nuove amicizie, nuovi incontri, non so se piangeremo, rideremo, magari litigheremo pure.
Non so cosa accadrà in questa stanza, o forse fuori. Non so nulla.”
Nico lo fissa, catturato dalle sue parole. E gli danno per un secondo la voglia di andare avanti. La voglia di scoprire davvero cosa gli riserva il destino, in quella strana stanzetta d'università.
Non so cosa ci accadrà. Ma andrà tutto bene, okay?”
E Nico lo fissa. Fissa quegli occhi chiari ed accoglienti, ed abbozza un sorriso.
Si, si andrà tutto bene.
Questa volta, se lo sente davvero.

Okay.”

 



Angolo autrice:D
Voi non lo sentite, ma io sto davvero singhiozzando. Ma forte. E' un trauma il fatto che sia finita.
In fondo mi ci ero davvero affezionata tanto anche io, e mettermici durante la settimana a scriverla era ormai diventata un'abtudine. Una bella abitudine.
I ringraziamenti li lascio nell'epilogo, l'ultimissimo capitolo.
E boh... Sono così triste che non riesco a scrivere nient'altro xD
Boh, vi voglio bene. Tutto qui:')
Un bacione, LauraPalmerBastille.

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Capitolo 16
*** Epilogo. ***


Save me, Percy Jackson.


Nico kisses Percy
 
E così siamo arrivati anche alla fine di questa storia... che nostalgia, eh?
Buona lettura.
Un bacione, LauraPalmerBastille.

 
“Mamma!” urla una voce alta ma delicata. “Nico parla con la bocca piena!”
“Gnon è vefo” prova a dire il moro, ingoiando con un solo boccone tutto quello che ha in bocca. “Guarda!” sclama quindi trionfante, aprendo la bocca per far notare a tutti l’assenza di cibo.
“Nico! Ma che schifo!” urla Bianca, coprendosi il volto con le mani. “Almeno ingoialo tutto, Dei!”
In casa Di Angelo questi battibecchi sono pane quotidiano. Ed è per questo che Maria, con le mani infilate nel lavabo intenta a pulire i piatti, si limita a sorridere felice. Li guarda da dietro la spalla, con un sorriso buffo sulle labbra.
Sono adorabili anche mentre bisticciano come due bambini. Anche essendo ormai degli adolescenti ben piazzati, a volte gli sembra di  rivedere quei due piccoli ragazzini che si picchiavano con i peluche e si lanciavano i cuscini addosso.
“Nico” lo richiama una voce bassa e calda: la voce di suo padre. Ade ha il potere di fermare anche la lite più grande con una sola parola. Il suo tono calmo ma autoritario gli permette di farsi rispettare anche senza alzare la voce.
“Sai che queste cose a tavola non mi piacciono.”
“Ma papà--”
“Niente ‘ma’, Nico. Finisci di mangiare il tuo pasto, o se vuoi parlare lo mangerai dopo.”
Bianca lo fissa soddisfatto, facendogli la linguaccia. Nico le scocca una delle sue occhiate inquietanti, ma con lei non hanno effetto, lo sa.
Bianca è troppo simile a lui per essere intimorita  dal suo essere così tremendamente inquietante.
“Allora non ho fame!” esclama, mettendo il broncio.
Maria si asciuga le mani sull’asciugamano vicino al lavabo, per poi sorridere intenerita. “Non hai fame, eh?”
“No” si impunta il moro, incrociando le braccia al petto. Ma quando Maria estrae dal forno un dolce al cioccolato appena cotto, il suo stomaco emette un brontolio così forte da far sputare a Bianca tutto il cibo che aveva in bocca per le risate.
Ade alza gli occhi al cielo, ormai rassegnato. Quelle pesti sono la sua salvezza, ma anche la sua rovina.
Sta per riprendere la figlia, quando viene catturato dall’improvvisa ilarità della situazione.
Bianca ride.
Maria ride.
Perfino Nico ha abbandonato il suo broncio e ride.
Si abbandona ad un sorrisetto felice. Quella famiglia è davvero la sua salvezza.
“Dobbiamo sbrigarci a mangiarla, prima che arrivi Jason! O se la finirà tutta!” esclama il moro, prendendo le posate per tutti.
“Perché viene Jason?” domanda Maria, iniziando a tagliare con precisione il dolce.
“Viene a prendermi, dopo andiamo a casa sua.”
La donna annuisce, posando la prima fetta nel piatto del marito, seguita da un delicato bacio sulla sua guancia.
“Cosa vai a fare da Jason?” chiede furba la sorella, mentre osserva famelica la fetta che la madre le sta mettendo nel piatto.
“Non sono affari tuoi, Bianca!”
“Certo” sbuffa, mentre addenta la torta e mugola estasiata. “Secondo me fate cose sconce quando siete soli.”
“COSA!?” quasi urla il più piccolo, strozzandosi con la torta. Tossisce, per poi lanciare uno sguardo di fuoco alla sorella. “Allora vogliamo parlare di te e della tua ‘amica’ Zoe?”
“Tra me e Zoe non c’è assolutamente nulla!”
“Oh, certo, come se non notassi che a scuola vi tenete per mano!”
“Tu ha notato cosa!?” La voce della ragazza si fa più acuta, mentre addenta di nuovo la torta.
“Potete parlarne dopo?” sbuffa Ade, alzando gli occhi al cielo. “Decidete bene su chi presentarmi come vostro compagno o compagna che sia, e poi ne riparleremo.”
“Ma papà—”
“Bianca, finisci di mangiare” la riprende, con un sorrisetto furbo sulle labbra. “E poi riparleremo di questa Zoe.”
Gli occhi della ragazza si sgranano, mentre Nico esplode in una fragorosa risata. “Ti sta bene!”
“E con te riparleremo di Jason, signorino.”
“C-Cosa!?” Ma non fa in tempo a protestare, che il campanello suona.
“Parli del diavolo…” sbuffa Ade.
“E spuntano le corna!” finisce Maria con una risata, incamminandosi verso la porta.
Nico sente la voce allegra di Jason salutare sua madre dalla porta, e sbuffa irritato. Odia l’essere così attivo e positivo di Jason; non sa quanto darebbe per vederlo triste e sconsolato per una sola volta.
“Buongiorno signor Di Angelo!” esclama, quando entra in cucina. Gli lascia una pacca amichevole sulla spalla e Ade, in risposta, sbuffa e gli lancia uno sguardo irritato. Da questo punto di vista i pensieri di Nico e suo padre sono sulla stessa lunghezza d’onda.
“Vuoi una fetta di torta, tesoro?” gli chiede Maria, che ormai ha già messo la fetta in un piatto e glielo sta passando. Nico si chiede il motivo per cui abbia posto la domanda, se poi aveva già deciso per lui.
Non gli interessa. Sua madre è troppo gentile e buona; lo avrebbe costretto a mangiarla anche se la sua risposta fosse stata negativa.
“Signori Di Angelo” farfuglia il biondo, mentre mette in bocca l’ultimo pezzo della fetta.
“Chiamami Maria, per favore. Non sono di certo una sconosciuta.” Il sorriso di Maria riesce a mette a proprio agio chiunque.
“A me continua a chiamarmi Signor Di Angelo, signorino.” Lo sguardo severo di Ade, invece, sorbisce l’effetto contrario.
“Okay.” Tossicchia, e si pulisce goffamente le dita sporche di briciole sulla maglia.  “Allora Maria e Signor Di Angelo posso rubarvi Nico per qualche ora? Ho un nuovo gioco fantastico e lui deve per forza—”
“Come se alla fine giocaste davvero a quei giochi” osserva Bianca, con tono malizioso. Jason alza un sopracciglio confuso, mentre Nico arrossisce e  gli molla una gomitata nel fianco, facendola gemere.
“Ritorni per cena, vero?” chiede Maria al figlio, accarezzandogli delicatamente i capelli. Nico si abbandona a quel contatto, sporgendosi di più verso la mano di sua madre. Riesce a farlo sentire così bene ed apprezzato; ama sua madre, sopra ogni cosa.
“Sì, mamma. Rientro presto.”
“Nico” lo richiama il padre, e il suo sguardo adesso è stranamente più dolce. “Fai attenzione per queste strade. Ho sentito che inizia a girare gente poco tranquilla.”
“Non preoccuparti papà, non mi succederà nulla.”
Maria sorride felice, mentre mette un pezzo del dolce dentro un contenitore e lo porge a Jason. “Vi verrà fame a metà pomeriggio, quindi prendete questo.”
“Grazie Signora Di An—”
“Signora cosa?”
“Maria” si corregge, tossicchiando piano. “Stavo per dire Maria.”
Nico si alza dal tavolo, e prende sotto braccio l’amico. “Andiamo? Se non ci muoviamo non facciamo nemmeno in tempo ad arrivare a casa tua!”
“Hai ragione, andiamo.”
Nico si volta, e sorride alla sua famiglia.
Alla famiglia che lo ha cresciuto, sostenuto, aiutato.
E’ strano. Quando abbiamo qualcosa non riusciamo ad apprezzarla, notiamo solo i suoi difetti, a volte la odiamo addirittura; ma poi quando la perdiamo capiamo la sua effettiva importanza.
E Nico non aveva ancora capito l’importanza delle carezze di sua madre.
L’importanza dei rimproveri seguiti dalle occhiate addolcite di suo padre.
L’importanza del sorriso di Bianca.
Ed è per questo che semplicemente gli rivolge un sorrisetto, e li saluta con un cenno della mano; come ha sempre fatto, come fa ogni volta, come non potrà più rifare.
E gli rimane impresso il sorrisetto malizioso che Bianca gli rivolge.
E gli rimane impresso lo sguardo dolce con cui Maria lo guarda.
E gli rimane impresso l’occhiata protettiva che suo padre gli manda.
E, lo sa, gli rimarranno impresse per tutta la vita.
“Ci vediamo stasera.”
Ma non sarà così.

*


La prima volta che si sveglia, Nico sente una mano accarezzargli delicatamente un fianco. Sente quelle dita sfiorare la sua pelle nuda, e rabbrividisce di conseguenza.
E’ buio intorno a lui, deve essere ancora notte. Odia essere svegliato, eppure questi risvegli non lo infastidiscono poi così tanto.
“Hey” gli viene sussurrato all’orecchio. Una voce calda, premurosa. Sente quella mano scorrere su tutto il suo fianco, ed arrivare poi fino al suo petto; la mano viene poi sostituita dal braccio, che lo stringe forte.
Nico si volta in quella sottospecie di abbraccio, incontrando un paio di occhi verde acqua emozionati ma anche assonnati.
“Percy” lo chiama, sbadigliando. “Cosa succede?”
“Non riesco a dormire.”
Nico lo fissa. Osserva i suoi occhi accesi e  pieni di vitalità, uguali a quando era un adolescente. Osserva i suoi bei capelli neri- adesso con qualche ciuffo tendente al grigio- ricadergli ribelli sugli occhi. Osserva quelle fossette tenere sulle guance, che gli illuminano il viso ogni volta che sorride.
E lo ama. Dopo così tanti anni che stanno insieme, lo ama come la prima volta. E si sente dannatamente fortunato.
“Sei agitato?” chiede il moro, portando il palmo della mano alla sua guancia ed accarezzandola piano. Fa scorrere le punta delle dita sulla sua pelle, per poi scendere fino al suo collo; lo sente sudato e caldo, ed un sorrisetto scaltro gli compare sulle labbra.
“Non sarà che il nostro caro Perseus Jackson inizia ad avere paura?”
“Cosa?” esclama l’altro, sgranando gli occhi. “Io non ho paura! Solo…E’ una cosa nuova, ecco.”
Nico lo fissa intenerito; si alza su un gomito, ed avvicina il volto a quello del suo compagno. In tutti questi anni avrà baciato Percy centinaia di volte, ma ogni bacio riesce ad infondergli le stesse emozioni: sicurezza, tranquillità, tenerezza, amore. E le ama.
Poggia le labbra sulle sue, unendole in un bacio delicato. Non sa quanto dura; forse secondi, minuti, ore. Sa solo che il braccio di Percy stringe la presa su di lui, ed i loro corpi ora si toccano, facendolo tremare.
“E’ una cosa nuova per tutti e due” sussurra Nico, staccando di poco le labbra dalle sue. “Ma la affronteremo e la gestiremo al meglio insieme.”
La mano del più grande va a finire in mezzo ai capelli di Nico, accarezzandoli. Prende una ciocca tra le dita ed inizia a giocarci con le dita, come se fosse un antistress che può placare tutte le emozioni che gli scuotono il corpo.
“E se non ce la facessimo? Se fosse una cosa troppo grande per noi?”
Nico lo fissa intenerito. Ama questo lato di Percy, lo rende così umano. Non è perfetto, non è forte come tutti credono, o perfetto come sembra.
Dietro la facciata di sarcasmo e tranquillità di questo ragazzo, risiedono tante paure, perplessità ed incertezze che mai a nessuno ha manifestato.
Nico col passare degli anni, invece, ha imparato a conoscerle, gestirle, ed allontanarle. Ed ama questa parte di lui, sopra ogni cosa.
Lo rende più reale e più perfetto, anche se per molti verrebbero considerati come difetti.
Ed è proprio questo lato insicuro di Percy che fa uscire la sua parte più docile e protettiva. Stringe il collo del ragazzo tra le dita, per infondergli la poca sicurezza che momentaneamente ha.
“Io so che andrà tutto bene, Percy” sussurra, guardandolo negli occhi. Quegli occhi che per così tanto tempo gli hanno dato la voglia di andare avanti; quegli occhi che gli hanno dato la speranza di vivere, di lottare per qualcosa, per qualcuno.
“Come fai a saperlo?” La mano del più grande scivola sul suo fianco, per poi avvolgersi intorno alla sua piccola vita. Lo stringe a sé come se fosse un bene prezioso, come se fosse un’ancora di salvataggio.
Ed anche se è il più grosso ed il più grande, nasconde il viso nell’incavo del suo collo. Nico si ritrova ad accarezzargli dolcemente i capelli e a rassicurarlo come farebbe con un bambino.
Sente il suo respiro caldo sulla propria pelle nuda ed il suo unico pensiero è che potrebbe rimanere in questa posizione per tutta a vita. Il fiato di Percy su di se,  le sue mani affondate tra quella chioma scura e ribelle, i loro occhi chiusi e riposati.
“Lo so perché ti conosco, Percy. E non c’è cosa in cui tu non possa riuscire.”
Il respiro del più grande inizia ad accelerare sulla sua pelle, e Nico sa che quelle parole non lo hanno rilassato, anzi.
“Come puoi saperlo? E se dovessi diventare come…lui? Non voglio farle passare ciò che—
“Percy.” Il richiamo da parte di Nico è brusco. Un tono che poche volte ha usato in tutta la sua vita; per un secondo risente lo stesso tono determinato e severo di suo padre. Ma non fa male, anzi.
“Non provare nemmeno a dire una cosa del genere. Tutto quello che hai vissuto, tutto quel dolore, ti hanno fatto diventare la persona che sei adesso.”
Percy alza il volto dalla sua pelle, ed osserva la sua espressione seria e determinata.
“E la persona che sei adesso è una persona splendida. Una di quelle che metterebbe la sua vita di fronte a quella dei suoi amici, che vive per aiutare, quella persona che è riuscita a salvarmi dall’oblio. Una persona decisamente diversa da tuo padre. Tutto l’opposto, direi.”
“Nico…”
“Ti rendi conto di che persona stupenda sei, Percy?”
Il più grande lo osserva per qualche secondo in silenzio, colpito da quelle parole.
Ma in fondo la loro relazione è fatta così. Non c’è un debole ed un forte, non c’è un dominatore ed un sottomesso, nulla di tutto ciò.
Solo come due colonne portanti, essenziali l’una per l’altra; senza una delle due, l’interno edificio crollerebbe, insieme alle colonne stesse. E così è per loro.
Si fanno forza a vicenda, si sostengono, aiutano, come farebbero due fratelli, come farebbero due amici, come farebbero due amanti.
Ed è per questo che Percy annuisce, perché crede davvero alle parole di Nico.
Crederebbe a qualsiasi cosa lui gli dicesse, perché è la persona che lo conosce meglio, l’unica che può davvero giudicarlo.
“Io ti amo, lo sai?” sussurra, avvicinandosi al suo volto.
“Lo so, perché anche io ti amo.”
E le loro labbra sono di nuovo unite in un bacio senza spazio e senza tempo. E si baciano di nuovo. Si baciano a lungo.
Si baciano fino a quando il sonno non li avvolge, facendoli ricadere addormentati ed abbracciati.

-

La seconda volta che Nico si sveglia è a causa delle urla di Percy. Apre gli occhi di scatto quando qualcosa gli ricade con un tonfo sordo sullo stomaco, e la prima cosa che vede è il ragazzo infilarsi velocemente dei pantaloni eleganti.
“Nico!” urla, con voce stridula. “E’ fottutamente tardi, la sveglia non ha suonato! Non possiamo arrivare tardi proprio oggi!”
Abbassa lo sguardo e nota che Percy gli ha lanciato dei vestiti dritti sul suo stomaco. Riaffonda la testa nel cuscino ancora addormentato, mugolando esasperato.

“Percy, devi calmarti però, okay?”
“Calmarmi!?” esclama l’altro, infilando la camicia nei pantaloni. “Se io mi devo calmare tu devi darti una mossa! Vestiti, dei!”
Nico alza gli occhi al cielo, divertito dal panico che ormai ha preso possesso del suo compagno.

“Ho capito, mi vesto” lo rassicura, sorridendo.
Non c’è nessun’altra persona con cui vorrebbe passare mattinate come queste.

-

La terza volta che Nico si sveglia, è in macchina. Si era addormentato malamente sul finestrino durante il tragitto, e le lebbra calde di Percy sulle sue lo risvegliano dolcemente.
Nico si volta a fissarlo, e nota immediatamente il suo aspetto più rilassato; ormai il panico lo ha abbandonato, ed è stato sostituito da un’emozione crescente.
“Lo stiamo per fare davvero?” dice, con un sorriso felice sulle labbra.
“Sì” gli risponde il moro. “Lo stiamo facendo davvero.” Bacia quel sorriso, come per incatenare la felicità che li avvolge.
E lo ama.
Lo ama davvero.
-
“I signori Di Angelo?” chiede una signora anziana, con un sorriso dolce sulle labbra. A quella affermazione Percy assume un’espressione contrariata.
“Uhm, i signori Di Angelo Jackson, diciamo.”
“Qualcuno qui non ha accettato la perdita del proprio cognome, eh?” scherza la donna, incamminandosi verso una stanza vicina.
“Direi proprio di no” risponde Nico, accomodandosi su una poltrona con Percy al proprio fianco. “Ancora non ha accettato che il mio cognome ha avuto la meglio.”
“Non ha avuto la meglio” sbuffa il ragazzo, alzando gli occhi al cielo. “Semplicemente… abbiamo deciso che se io fossi diventato il ‘Signor Di Angelo’ lei avrebbe avuto il mio cognome.”
L’anziana annuisce, ancora con quel sorriso dolce sulle labbra. “Bhè, lei  dovrà avere anche un nome da accompagnare al cognome, lo sapete?”
“Abbiamo già scelto il suo nome” si inserisce Nico nella conversazione, con un sorriso emozionato sulle labbra.
“Posso saperlo, se volete naturalmente?”
La mano di Percy va a finire su quella di Nico, stringendola. Le loro mani sono così diverse; quella di Nico è piccola e fredda, mentre quella di Percy è così grande e calda. Eppure è come se fossero state fatte per essere unite: combaciano come due pezzi di puzzle creati apposta per essere assemblati.
“Bianca.” Gli occhi di Nico si chiudono e le sue labbra si spalancano in un sorriso, mentre pronuncia quella parola. “Bianca Jackson.”
E la signora sorride. Quel tipo di sorriso che si rivolge solo quando hai davanti agli occhi qualcosa di meraviglioso: un bel paesaggio, un film emozionante, due persone che sembrano fatte solo per stare insieme.
“Sapete, ho visto centinaia di coppie sedere qui di fronte a me aspettando solo che da quella porta arrivasse il bambino che gli è stato promesso” dice, osservandoli. “Ma se devo dirvi la verità, solo in poche di questo ho visto la luce che c’è adesso nei vostri occhi. So che quella bambina… vostra figlia, crescerà al meglio con due genitori come voi.”
E se Nico pensava che la sua felicità potesse arrivare al massimo, adesso si deve ricredere. È una sensazione che ha provato poche volte, quella della felicità pura.
Quell’emozione che ti fa batterei il cuore senza riuscire a frenarlo, che ti stampa un sorriso idiota sulle labbra, che ti fa venir voglia di uscire all’aperto ed urlare al mondo che per quanto le cose possano andare male, dopo la pioggia viene sempre l’arcobaleno.
E Nico lo sta vivendo.
Sta finalmente vivendo il suo arcobaleno.
“Bene” dice quindi la donna, senza perdere quel sorriso emozionato sulle labbra. “Credo proprio che sia arrivato il momento di affidarvi Bianca Jackson, allora.”
A quelle parole Percy si alza di scatto dalla poltrona e si volta verso la porta ormai aperta. Nico, ancora seduto, semplicemente si gira.
“Dei” è l’unico sussurro che gli esce dalle labbra. Un sussurro che contiene tutta la tristezza che ha provato nella sua vita, ma anche tutta la gioia.
La bimba che hanno di fronte è bellissima.
Capelli biondi e ricci che le avvolgono il volto, degli occhioni neri pece, come quelli di Nico, un sorriso sdentato e due belle fossette sulle guance.
“Hey” la saluta Percy, camminando lentamente verso di lei. Nico si alza piano, e la guarda come si guarderebbe qualcosa di meraviglioso, la cui bellezza per un secondo ti intimorisce.
Ma poi tutto scorre via dal suo corpo, lasciando spazio alla felicità.
Corre verso la bimba, e le sue braccia si avvolgono intorno a quel corpicino piccolo. La stringe forte, e pochi attimi dopo sente il respiro di Percy sul suo collo.
Anche lui la sta abbracciando, e la bimba si ritrova tra i loro corpi.
E lei ride. Ride.
Una risata che Nico ha già sentito, fin troppe volte.
“Ha la risata di Bianca” sussurra, mentre le lacrime escono copiose dai suoi occhi. Si copre la bocca con una mano, e la fissa sorpreso mentre la bimba continua a ridere divertita. “Percy, lei… lei ha la risata di Bianca.”
Ed anche Percy piange. Piange emozionato, di fronte a tutto questo.
Di fronte ad un Nico in lacrime, che stringe sua figlia tra le braccia, baciandole teneramente la fronte.
Di fronte ad una bambina bellissima che sarà sua figlia, che crescerà insieme a suo marito.
Ed è tutto perfetto.
E’ tutto dannatamente perfetto.
“Vi amo” è l’unica cosa che riesce a dire, prima di prendere il volto di Nico tra le sue mani e baciarlo. Lo bacia, e lo farà per il resto della sua vita.
Lo bacerà come se fosse ogni volta l’ultima volta, perché Nico è un dono della natura, e gli ha salvato la vita.
“Vi amo” ripete, prime di posare un bacio delicato anche sulla fronte della bimba.
Lei inclina di poco la testa, divertita, e si butta tra le braccia di Percy. Con quelle piccole manine stringe la camicia del padre ed affonda la testa nel suo petto.
Nico li osserva, mentre le lacrime continuano a scendere sulla sua guancia, senza che riesca a controllarle.
“Andiamo a casa” dice, prendendo per mano Percy e scoccando un altro bacio sui capelli biondi della bimba.
“Andiamo a casa, la nostra casa.”

*

“Li odio quando sono così protettivi” sbuffa Nico, buttandosi sul letto del biondo. Affonda la testa nel cuscino e reprime uno sospiro esasperato.
“Si preoccupano per te. E’ una bella cosa, no?”
“Non lo so” si lamenta, strofinando la guancia sul cuscino. “Credo di sì.”
“Già” asserisce il biondo, mentre collega la console alla propria televisione. “Tua sorella fa delle uscite infelici, ma la accettiamo anche così.”
“Lascia stare!” esclama quindi, alzando gli occhi al cielo. “Prima si è inventata un flirt tra me e te.”
Jason ridacchia, inserendo il disco dentro la console. “Quella ragazza ha sempre avuto una fervida immaginazione.”
“Fin troppa” si lamenta il moro, mettendosi seduto a gambe incrociate e pendendo un joystick posato sul letto. “A volte vorrei davvero strangolarla per farla stare zitta.”
Il biondo gli lancia un’occhiata, per poi mettersi seduto vicino a lui con l’altro joystick in mano. “Ma senza di lei non sapresti come andare avanti, ammettilo.”
Il più piccolo non risponde. Jason lo trova strano; solitamente avrebbe risposto in maniera acida, o semplicemente gli avrebbe detto di stare zitto, ma questa volta non è così.
Si volta a guardarlo, e nota un sorrisetto tenero sue labbra. Sorriso tenero sulle labbra di Nico? Cosa sta succedendo?
“Tutto bene?” gli chiede, toccandogli il ginocchio con le dita ed indugiando qualche istante di più sulla sua pelle.
Il più piccolo annuisce, per poi mordicchiarsi il labbro. “Credo che tra mia sorella e quella Zoe ci sia davvero qualcosa.”
“Sì, ormai lo credono tutti a scuola. Non capisco perché non vogliano ammetterlo.”
Il moro scrolla le spalle, mordicchiandosi il labbro. “Forse hanno paura.”
“O forse non gli interessa farlo sapere agli altri.”
“Anche” asserisce il più piccolo, stringendo il joystick in mano. “Sai, l’altra sera Bianca voleva parlarmi di una cosa importante, ma alla fine non l’ha più fatto. Credo che volesse parlarmi di lei.”
“Molto probabilmente è così. Sai che Bianca ti dice ogni cosa.”
Jason preme il pulsante sul suo joystick, facendo partire il gioco. Nico si concentra immediatamente sull’obiettivo di battere l’altro.
Si muove velocemente, premendo i tasti con agilità e velocità. “Sai, credo proprio che stasera le farò qualche domanda su quella Zoe.”
“Dovresti farlo” gli risponde il biondo, concentrato sullo schermo della tv. “Poi fammi sapere cosa ti racconta.”
“Prima fatti fare il culo dal sottoscritto” ride, premendo l’ultimo tasto e uccidendo ufficialmente il personaggio di Jason. “Dei, quasi non c’è divertimento a giocare con te.”
“Cosa!?” esclama l’altro, offeso. “I comandi non andavano più! Sicuramente il joystick doveva essersi scollegato e—”
“Certo Jason, è sicuramente così” lo prende in giro Nico, sorridendo. “O forse è il fatto che sei un perdente.”
Jason si volta a fissarlo sorpreso ed offeso nello stesso momento. “Cosa hai detto!?”
Il più piccolo si schiarisce la voce, abbozza un sorriso e ripete la parola. “Per-den-te.”
“Tu, piccola canaglia.” E prima che Nico possa anche solo provare a scappare, Jason gli è addosso. Lo sovrasta con il suo corpo, mentre le sue mani calde si infilano sotto la maglia del più giovane, andandolo a stuzzicare.
“Jason no!” urla Nico, dimenandosi. “Non  farlo!”
“Impari  a non chiamarmi perdente, piccoletto!”
Le dita di Jason si ancorano sui suoi fianchi, iniziando a fargli il solletico. E la risata di Nico rimbomba per tutta la stanza.
Quella risata cristallina, sincera. Jason la ama, è quasi una droga.
Vorrebbe sentirla più spesso, ma è raro che Nico rida in questo modo. È raro che Nico doni la sua risata a qualcuno.
Ma con Jason lo fa. Con Jason Nico ride, e lui ama questa cosa.
“Jason” lo richiama, tra una risata e l’altra. “Fermati, fermati, il mio telefono sta squillando!”
Il più grande si ferma ad ascoltare i suoi della stanza, e la suoneria del cellulare di Nico gli arriva forte e chiaro alle orecchie.
“Non pensare sia finita qui” dice, spostandosi dal suo corpo e ricadendo seduto sul materasso.
“Non pensare io ti permetta di rifare una cosa del genere” risponde l’altro, prendendo il telefono dalla tasca.
Jason nota un’espressione strana comparire sul suo volto alla lettura del numero. “Chi  è?” chiede quindi, incuriosito.
“Non lo so, non conosco questo numero.”
“Bhe, rispondi no?”
Nico gli lancia un’occhiataccia. “Se mi da il tempo.”
Il biondo alza gli occhi al cielo, divertito, e lo fissa mentre preme il tasto verde e posa il cellulare all’orecchio.
“Pronto?” risponde Nico, curioso di sentire la voce dall’altra parte.
“Il signor Nico Di Angelo?” parla qualcuno. Non riconosce quella voce.
“Sì, chi parla?”
“La chiamo dalla centrale della polizia.”
Polizia?
“Nico, che succede?” chiede Jason, preoccupato dalla sua espressione. Nico non gli risponde. Secondi di silenzio calano nella stanza.
La tensione sale.
Il cuore inizia a battere troppo velocemente.
“Cosa le serve?” parla quindi il moro al telefono, cercando di capire cosa stia succedendo.
“Si tratta della sua famiglia.”
Bum.
Colpo al petto.
Ansia.
Preoccupazione.
Il cuore che smette di battere.
Un calore quasi doloroso che percorre tutto il suo corpo.
“Pronto? Mi sente?” lo richiama la voce dall’altra parte. “Posso parlarle?”
Nico si risveglia per un secondo da quelle sensazioni.
Guarda Jason di fronte a sé che lo osserva con una espressione preoccupata.
Sente il cuore dentro il suo petto battere più velocemente del previsto.
Per un secondo rivede Bianca che gli sorride.
Rivede lo sguardo dolce che sua madre gli ha rivolto.
Rivede l’occhiata protettiva con cui suo padre lo ha guardato.
“Sì, mi dica tutto” risponde quindi, col tono più calmo che possa avere.
“Sono pronto.”



AngoloMe!

Ma ciao... E quindi siamo arrivati davvero alla fine di questa storia.

Ci ho messo davvero troppo tempo a scrivere questo epilogo, quindi vorrei scusarmi per l'enorme ritardo!
MA NON DISPERIAMOCI, CHE LA MIA PAZZA TESTA HA DETTO "MA SI DAI, INIZIA UN'ALTRA LONG DRAMMATICA E A RATING ROSSO!"
Quindi si, per chi non lo sapesse, c'è un'altra long Pernico rossa e drammatica in corso u.u

Bhè, vorrei ringraziarvi tutti. 
Chi ha recensito, chi ha messo questa storia tra le preferite, seguite, ricordate ecc.. Anche chi ha solo letto senza commentare.
Grazie a tutti.
E' grazie a voi se sono riuscita a completarla, ed ho avuto la voglia di continuare a scrivere
Quindi grazie davvero.

Un bacione, LauraPalmerBastille.

 
 
 
 

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