Amnesia.

di TeenAngelita_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amnesia - 1 ***
Capitolo 2: *** Amnesia - 2 ***
Capitolo 3: *** Amnesia - 3 ***



Capitolo 1
*** Amnesia - 1 ***


 
Amnesia
 
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Puedo escribir los versos más tristes esta noche.
Escribir, por ejemplo : 'La noche está estrellada,
y tiritan, azules, los astros, a lo lejos'.
El viento de la noche gira en el cielo y canta.
Puedo escribir los versos más tristes esta noche.
Yo la quise, y a veces ella también me quiso.
En las noches como ésta la tuve entre mis brazos.
La besé tantas veces bajo el cielo infinito.
Ella me quiso, a veces yo también la quería.
Cómo no haber amado sus grandes ojos fijos.
Puedo escribir los versos más tristes esta noche.
Pensar que no la tengo. Sentir que la he perdido.
Oir la noche immensa, más inmensa sin ella.
Y el verso cae al alma como al pasto el rocío.
Qué importa que mi amor no pudiera guardarla.
La noche está estrellada y ella no está conmigo.
Eso es todo. A lo lejos alguien canta. A lo lejos.
Mi alma no se contenta con haberla perdido.
Como para acercarla mi mirada la busca.
Mi corazón la busca, y ella no está conmigo.
La misma noche que hace blanquear los mismos arboles.
Nosotros, los de entonces, ya no somos los mismos.
Ya no la quiero, es cierto pero cuánto la quise.
Mi voz buscaba el viento para tocar su oído.
De otro. Será de otro. Como antes de mis besos.
Su voz, su cuerpo claro. Sus ojos infinitos.
Ya no la quiero, es cierto, pero tal vez la quiero.
Es tan corto al amor, y es tan largo el olvido.
Porque en noches como ésta la tuve entre mis brazos,
mi alma no se contenta con haberla perdido.
Aunque ésta sea el último dolor que ella me causa,
y éstos sean los últimos versos que yo le escribo.

- Pablo Neruda
 
"Don Raimundo."
E' Mariana ad aprirmi la porta della Casona, con fare alquanto sorpreso mentre con un pizzico di agitazione negli occhi si guarda velocemente attorno.
"Salve Mariana." la saluto e lei sembra ancora essere sorpresa. Ora ricordo, capisco perchè: non sono più il benvenuto qui da quando... Da quando ti ho ingannato, da quando hai iniziato a credere che tutto l'amore che dicevo di provare per te aveva un solo ed unico scopo: i tuoi soldi.
E' passata solo una settimana o poco più da quando non mi hai più permesso di baciarti, di accarezzare la tua pelle, di stringerti tra le mie braccia o semplicemente di avvicinarmi a te e... Dio, la tua assenza inizia a farsi sentire e a me sembra un'eternità.
Stringo lievemente gli occhi per cacciar via tutti questi pensieri che altro non fanno che distruggermi dentro.
"Cosa vi porta qui, Don Raimundo?" mi chiede Mariana facendomi gentilmente strada per entrare. Pare essersi tranquillizzata.
"Sono venuto a trovare mia nipote Maria. E' qui?"
"Si, solo un secondo, vado a chiamarla."
"Si, certo." annuisco leggermente.
"Ah, date pure a me il cappotto e..." la interrompo.
"No, non preoccuparti. Non resterò molto, si tratta solo di un saluto."
"Va bene, arrivo subito."
Mariana si avvia per le scale che portano a Maria, ed il mio sguardo inizia a posarsi su ogni cosa presente in questa stanza cosi grande e impregnata di troppi ricordi, impregnata del tuo odore.
Ecco: quel piccolo divanetto, si quello li al centro...

"Ti vedo cosi poco che la tua compagnia mi emoziona."
"E' vero, ultimamente ho avuto molte faccende di cui occuparmi."
"E ne hai trascurate altre."
"Mio caro Raimundo, ti senti ancora abbandonato?"
"Ho nostalgia della tua compagnia, mi manchi."
"Troverò il tempo per rimediare e andare a fare una passeggiata con te."
"Non credo sarà sufficiente."
"Cosa pretendi allora?"
"Francisca ciò che voglio è svegliarmi con te. Condividere il tuo tempo, le tue pene e la tua allegria."
"Ti stai facendo trasportare, ora sei sentimentale."
"No Francisca, non ci resta molto tempo e quello che rimane voglio passarlo con te se anche tu lo vuoi."
"E cosa vorresti?"
"Lasciamo stare i legami simbolici e rendiamo la nostra unione definitiva. Francisca, mi concedi l'onore di sposarti?"


I tuoi occhi e il tuo viso e... La tua espressione che ne allora, ne ora saprei definire. Mi guardasti e per un attimo temetti di perderti, di perdere l'unica speranza rimasta di averti accanto per il resto della vita. Per un attimo dimenticai di quei tuoi maledetti soldi e di Sebastian, di mio figlio.

"Non so cosa dire."
"Dimmi che mi ami come io amo te e che accetti con gioia la proposta che ti ho fatto."
"Credo siamo troppo grandi per fare questo tipo di follia."
"Non posso continuare cosi, o ti prendo come moglie o me ne vado in America per non tornare."


Ti voltasti e Dio solo sa cosa pensasti, quale espressione giaceva sul tuo volto che mi sembrò troppo strano, cosi come le tue mani torturate da un continuo ed inspiegabile tremolio.
Non avrei dovuto, non avrei dovuto costringerti in questo modo, non avrei dovuto ingannarti ma... Io in realtà non ti ho mai ingannato, tutto ciò che dicevo di provare per te era vero, vero più di qualunque altra cosa nella mia intera vita.

"Ed io accetto Raimundo, ci sposiamo."
"Sei sicura?"
"Non mi hai sentita?"
"Mi rendi l'uomo più felice del mondo."


Ti baciai, le mie mani ancora incredule quanto me di ciò che stava accadendo si protesero desiderose verso la tua guancia e l'accarezzai, l'accarezzai con estrema delicatezza e...
"Nonno." la voce di Maria mi fa sobbalzare distogliendomi dall'illusione di riuscire ancora a sentire il sapore delle tue labbra sulle mie.
"Maria." le vado incontro fingendo un sorriso e regalandole un semplice abbraccio che spero le faccia piacere.
"Come state? Mia madre mi ha informato del vostro malore solo stamattina e sarei venuta oggi stesso a trovarvi."
Già, il mio "malore".
Il solo sentir pronunciare dalla bocca di Maria quella piccola e semplice parola, mi porta a nascondere l'improvviso tremolio alle mani e a fingere che nel mio petto non si sia appena formato un peso che mi opprime il cuore e non mi lascia respirare.
E' paura? Mi chiedo. Si, probabilmente si. Quella stessa paura che mi ha avvolto qualche giorno fa, nel preciso istante in cui le mie gambe hanno deciso che il mio corpo era troppo pesante da poter sostenere, istante nel quale il mio cuore, d'accordo con i polmoni, ha deciso di battere troppo forte ed impedirmi di respirare e gli occhi... Gli occhi miei si sono appannati per poi oscurarsi del tutto e lasciarmi nel vuoto, nel buio più totale.
Paura, si. Ho avuto paura e non mi provoca nessuna vergogna ammetterlo, perchè la mia non era paura di morire, era il terrore di non poter mai più tornare a contemplare il tuo volto, il tuo dolce volto. Terrore di non poter mai più accarezzare la tua pelle, ascoltare il suono della tua voce o sentire semplicemente il tuo profumo.
Le mie gambe, il mio cuore, i miei occhi, il mio intero corpo aveva deciso di cedere e l'unica mia più grande paura era non vederti li, li accanto a me, sapere che tu non c'eri e non ci saresti stata.
"Non è qui, ora. Lei non c'è." ricordo di aver pensato, poi più niente, vuoto.
"Sto bene piccola mia, sto bene." sospiro pesantemente, cercando di non farlo notare.  Sto ancora fingendo? Non ne ho idea, ormai non riesco più a distinguere quando recito e quando no.
"Perchè siete venuto? Avreste dovuto restare ancora un po' a letto a riposare, potreste..."
"Maria." la interrompo dolcemente, mi intenerisce cosi tanto la sua continua preoccupazione per me. "Sto bene, credimi piccola mia, sto bene. Non avrei mai potuto perdermi una giornata cosi bella standomene a letto e poi come ti ho già detto, ora sto bene."
"Sapete, a volte penso che mia madre sia una santa con tutta la pazienza che ha per starvi dietro." mi dice ridendo, la sua risata contagia anche me ed iniziamo a ridere di gusto.
"Nonno.."
"Si?" vedo il suo sorriso indebolirsi man mano, c'è forse qualcosa che le da troppi pensieri? Mi chiedo. "Cosa succede Maria? Quale terribile pensiero è stato cosi forte da spegnere la tua cosi bella risata?" le chiedo, preoccupato.
"Niente... Niente di grave, solo mi chiedevo..." si ferma, come per trovare le parole giuste.
"Ti chiedevi cosa, Maria?"
"Voi e mia... Beh mia..."
"Io e Francisca?" le chiedo senza neanche pensare, quasi come ad aver un disperato bisogno di pronunciare il tuo nome, ma non sono sicuro che lei si riferisse a questo.
"Si nonno." confessa abbassando lo sguardo "Quale avvenimento o discussione tanto forte ha potuto dividervi cosi? Non vi degnate di uno solo sguardo o di una sola parola quando fino ad una settimana fa vi guardavate cosi desiderosi di abbracciarvi, di stringervi forte e non facevate altro che cercarvi l'un l'altro." continua, liberando il suo cuore da questo peso che fino a qualche attimo fa sembrava opprimerla. Se solo potesse sapere... Se solo potesse sapere cosa ti ho fatto, quanto dolore ti ho causato per la seconda volta.
"Maria, noi semplicemente..." mi interrompe.
"No nonno, non stancatevi ad inventare scuse perchè so bene che questa volta non è stata semplicemente una divergenza, un disguido a farvi separare, ne qualcosa di poca importanza. Riesco a sentirlo, riesco a percepirlo dal modo in cui lei parla, in cui si comporta cosi come voi, nonno."
E' cosi intelligente e sensibile che solo ora mi rendo conto di non aver capito proprio niente se insisto a volerle nascondere la verità. Solo... Non voglio dirle cosa ti ho fatto, non voglio ricordare i tuoi occhi vuoti di qualunque emozione, se non di rabbia e profonda pena mentre mi spiegavi tutti ciò di cui era stato capace mio figlio... Mio figlio e... Basta, devo fermarmi.
"Sei cosi intelligente piccola mia, dovrei abituarmi ormai al fatto che non sei più una bambina e che non posso sempre nasconderti tutto. Ma vedi, stavolta sono stato io a farle del male e ricordarlo peggiorerebbe solamente i miei già insistenti sensi di colpa." cerco di giustificarmi, ma in realtà è cosi.
"Non preoccupatevi, non sentitevi obbligato a raccontarmi niente nonno. Solo, non lasciatela andare via, non abbandonatela, lei non... Non lo merita e neanche voi meritate di perdere lei. Qualunque cosa abbiate potuto farle, non potrà mai essere più forte dell'amore che per anni avete continuato a provare l'uno per l'altro."
Se solo potesse essere cosi, piccola mia, se solo le sue parole potessero risultare realtà ora...
"L'unica cosa di cui sono certo ora è l'amore che provo per lei e di certo non la lascerò andare senza prima aver combattuto. Voglio però che tu non ti appesantisca il cuore con problemi che riguardano noi, sii serena e sorridi piccola mia, sorridi." le dico, accarezzandole delicatamente la guancia. "Forse ora è meglio che vada se non voglio che tua madre si arrabbi quando torno." le sorrido, intenzionato a salutarla ed uscire.
Sto per voltarmi, per camminare verso la porta e lasciare che il tempo passi, passi e che io non torni ma prima che io possa muovere qualsiasi muscolo sento dei passi, i tuoi passi... Io so riconoscerli.
Questo stupido cuore ha ripreso a battere regolare e tranquillo solo ora, finalmente, solo dopo una settimana dal momento in cui varcai la soglia di questa casa convinto che non avrei mai più potuto vederti. Hai appena finito di scendere le scale ed io ora riesco a vederti e...
"Dio..." sussurro tra me e me quando i miei occhi possono vedere con più chiarezza le ferite che torturano il tuo volto. Le avevo già viste, si, ma io non credevo... Stringo la mia mano in un pugno che se solo avessi la possibilità scaglierei contro il mostro che ti ha fatto tutto questo, ma in realtà non posso perchè chi ti ha fatto tutto questo è mio figlio e... Mio figlio è morto.
I miei occhi si inumidiscono, sto davvero per piangere?
Sei di spalle ora, ti stai dirigendo al tuo ufficio e resti in silenzio, neanche riesco a capire se ti sei accorta della mia presenza, non ho potuto incrociare il mio sguardo con il tuo.
"Madrina..." è Maria a chiamarti con voce apparentemente flebile, forse con l'unico scopo di fermarti. "Come vi sentite oggi?"
Noto con estremo stupore che ci è riuscita, ti sei voltata e per un solo, interminabile attimo i tuoi occhi hanno incontrato i miei.
"Mi sento meglio, Maria." rispondi lentamente, come se la tua voce improvvisamente non avesse più forza, ne alcuna emozione. Il tuo sguardo, seppur apparentemente pieno di rabbia e rancore, è spento, tu sembri spenta, fragile, allo stremo delle forze. Francisca Montenegro non si è mai permessa di essere debole.
"E... Avete bisogno di qualcosa? Magari una coperta o..." la interrompi.
"No Maria, non preoccuparti. Ho solo bisogno di restare un po' da sola, ma ti ringrazio tanto." le sorridi lievemente, il sorriso più finto che abbia mai visto.
"Va bene madrina." è l'ultima cosa che Maria riesce a dirti prima che tu ti chiuda nel tuo ufficio, in quel tuo rifugio che dopo cosi tanto tempo non riesco ancora ad apprezzare.
"Avete visto le sue ferite, nonno?" mi chiede lei, fissando le porte ormai chiuse del tuo ufficio.
"Si Maria... Si." dico e solo ora mi accorgo che la mia voce trema.
"Non sono ancora riuscita a farmi dire come o chi gliele abbia procurate. Provo a chiederglielo ogni volta che sono io a disinfettarle e a controllarle."
Le parole di Maria rimbombano nella mia testa come un eco intenzionato a non finire, sto pensando a tutt'altro: devo vederti, devo parlarti e provare a spiegarti. Io non voglio perderti.
"Devo parlarle." dico, mentre con velocità e sicurezza a me totalmente sconosciute mi dirigo verso le porte del tuo ufficio.
"Nonno" Maria mi afferra un braccio impedendomi di fare un altro passo. "Forse ora non è..."
"Quando sarà il momento giusto? Domani? Dopo domani? Tra mesi, anni? Il momento giusto sarà quando l'avrò persa per sempre?" dico, il Raimundo combattivo e testardo sembra essere tornato dopo un terribile periodo di abbattimento. Afferro delicatamente la mano di Maria per allontanarla dal mio braccio e voltandomi, torno a camminare verso il tuo ufficio.
Arrivato, appoggio la mia fronte ad una delle porte e lascio ancora un po' di tempo ai miei polmoni per fare scorta d'aria, perchè so che quando entrerò e ti vedrò questo non sarà più possibile. Afferro con sicurezza le maniglie e in corrispondenza del mio ultimo respiro, permetto l'accesso a me stesso a questo tuo tanto amato rifugio.
Sei seduta alla tua scrivania mentre le tue dita stanno tormentando uno dei tanti fogli che ci sono poggiati. Entro completamente mentre chiudo la porta alle mie spalle.
Resto in silenzio, contemplandoti.
Sono già preparato ad una delle tue grida quando entro senza permesso nel tuo ufficio, ma sorprendentemente tu non dici niente, niente.
"Francisca." pronuncio il tuo nome con tale insicurezza e paura della tua reazione che non so se riuscirò più a parlare da ora in poi.
Già, pronunciare il tuo nome davanti a te... Mi è mancato cosi tanto.
Mi avvicino, voglio stringerti la mano che continua a tremare da quando ho varcato la soglia di questa stanza. Voglio stringertela e calmarla con il calore della mia.
"Credevo di essere stata abbastanza chiara quando ti ho detto di non volerti più vedere." mi dici e come immaginavo la ritrai. Sembra tanto che tu voglia sembrare arrabbiata, terribilmente infastidita dalla mia presenza ma la tua voce trema e dimostra l'esatto contrario. "Ma evidentemente no, o forse sei tu a non aver capito."
"Cosa c'è da capire?" ti chiedo. Credi che sia io a non capire quando in realtà sei tu.
"C'è davvero bisogno che io te lo spieghi, Ulloa?" continui, il tuo sguardo basso, apparentemente distratto.
"Sei tu a non capire, Francisca."
"Già... Francisca, non capisci." dici in tono ironico a te stessa, un sorriso disperato e triste si disegna sulle tue labbra. "Vattene Raimundo, vattene." continui.
"Non me ne andrò." ti rispondo. Stavolta no, non lo farò cosi facilmente.
"Non te lo ripeterò ancora Ulloa, esci da questa stanza e fa in modo di non tornarci mai più." c'è rabbia nelle tue parole, guardi fisso un punto qualsiasi della tua scrivania. Perchè non guardi me?
"I tuoi occhi stanno continuando ad evitare i miei. Dimmi, allora è davvero questo ciò che hai iniziato a fare da quando ho varcato la soglia di questa stanza l'ultima volta? Far finta che io non esista ora, Francisca? Che non sia mai esistito?"
"Per quanto mi piacerebbe poter credere che tu non esista e non sia mai esistito, non aspiro a tanto. Voglio solo saperti il più lontano possibile da qui, da me." stringi in un pugno qualcosa che non riesco a riconoscere, gli occhi miei sembrano essersi appannati da un sottile strato di lacrime che non lascerò cadere per queste tue menzogne, perchè di menzogne si tratta. Tu vuoi solo vendicarti del male che ti ho fatto, vuoi solo fare a me ciò che io ho fatto a te. Io lo so, sono certo che ciò che è appena uscito dalle tue labbra non corrisponde al vero, lo so perchè mentre lo confessi non mi guardi, tu non mi guardi e tremi.
"Allora guardami Francisca. Rinnega ciò che davvero provi e confessa che preferiresti non avermi mai incontrato, ma guardandomi negli occhi." ti chiedo, ma tu resti immobile, in silenzio. Non ci riesci, vero? Tu non potresti mai farmi questo piccola mia, e ti prego, non farlo ne ora ne mai.
"Cos'è che vuoi ancora da me, maledetto locandiere? Perchè sei ancora qui?" alzi lo sguardo, finalmente, ed i tuoi occhi mi guadano, mi guardano e sembrano volermi supplicare di andar via e contemporaneamente di restare.
"Voglio spiegarti..." mi interrompi senza lasciarmi alcuna possibilità di farlo.
Ti alzi dalla tua sedia e ti avvicini con fare minaccioso, ma so che stai solo sentendo il bisogno di difenderti da me, ancora.
"Spiegarmi cosa? Del tuo cosi profondo amore per me? Del tuo voler condividere le mie pene e le mie allegrie? Del tuo voler passare ciò che ti resta della vita al mio fianco? Del tuo incontrollabile desiderio di svegliarti con la mia testa poggiata su.." la tua voce trema per un attimo, impedendoti di continuare. "Sul tuo petto?" finisci.
Le tue parole si sono trasformate in grida mentre citi con rabbia e con perfetta memoria ognuna di quelle mie frasi che ancora credi siano state frutto di un bugia, una grande bugia. Vorresti piangere, piccola mia? Vorresti prendermi a pugni probabilmente e non ti biasimo, hai accumulato troppa rabbia per poter pretendere da te che tu possa ascoltarmi in silenzio, comprendermi, che tu possa comprendere i motivi e le cause delle mie azioni.
"Se solo tu..." ci riprovo ma tu mi interrompi ancora.
"Se solo io cosa? Se solo io avessi continuato davvero a credere a quelle menzogne? A quella montagna di bugie che giorno dopo giorno ti divertivi a costruirmi addosso?"
"E' questo che preferisci credere! Che siano state menzogne solamente perchè mentre ti confessavo il mio amore io..." mi fermo. Io cosa? Mi chiedo, ma io so qual è la risposta, io lo so molto bene: io ero diventato ciò che mai avrei potuto immaginare, ciò che non avrei mai voluto essere.
"Solamente perchè tu eri diventato un truffatore." sei tu a finire, aiutandomi a trovare le parole giuste. "Un truffatore insieme allo stesso figlio che alla fine del gioco, sarebbe stato capace di tradire anche te..." continui, la tua voce sembra essere cosi tanto impregnata di pena e rabbia.
"Dio no, no..." stringo forte la mia testa tra le mani ed inizio inevitabilmente a tormentarmi, come se non l'avessi già fatto per cosi tanto tempo. "Io stavo solo, disperatamente cercando un modo per salvare mio figlio!”
“Un modo che avrebbe danneggiato me per salvare colui che…” ti fermo, non voglio sentirtelo ripetere ancora, non voglio.
“Come potevo saperlo? Come potevo sapere che ti avrebbe fatto del male?" grido, il mio petto si svuota.
Ci risiamo, l'ennesima volta.
Siamo di nuovo uno di fronte all'altro in questo tuo buio ufficio, o per meglio dire, in questo tuo buio "rifugio segreto" a urlarci contro tutto il rancore non solo del presente, ma degli anni passati, accumulatosi man mano in un angolino della nostra anima.
Qui, in questa stanza testimone delle nostre innumerevoli discussioni, del dolore che con tanto impegno abbiamo voluto infliggerci a vicenda senza smettere un solo attimo, degli aggettivi di poco gusto che ti è sempre piaciuto attribuirmi e... Testimone di quei nostri sguardi colmi di passione, quasi potrei azzardarmi a dire che siano stati colmi d'amore. Questo luogo, testimone dei miei battiti troppo veloci, del mio respiro troppo accelerato, di tutte quelle volte che ho disperatamente desiderato di stringerti tra le mie braccia, di riscaldare quel freddo, gelido vuoto dentro di te con le mie mani calde e di accarezzare le tue labbra con le mie.
E quella scrivania, quella scrivania alla quale ti stai disperatamente aggrappando ora, se solo potesse parlare mi racconterebbe di tutte le volte che l'hai presa a pugni dalla rabbia, che hai tramato contro di me e di tutte quelle volte che hai pianificato uno di quei tuoi perfetti progetti con il tuo fedelissimo Mauricio.
Ti ho urlato contro piccola mia, ma è l'unico modo che ho per poterti fermare. In realtà non voglio, non voglio farti credere che io sia arrabbiato con te, semplicemente non so come fare, non so come fare per spiegarti che non era una menzogna quando ti dicevo che ti amavo e che desideravo passare il resto della mia vita al tuo fianco.
"Io come... Come potevo sapere che un altro uomo ti avrebbe sfiorata provocandoti dolore?" deglutisco duramente, disgustato al solo pensiero di ciò che ti hanno fatto. Sento i miei occhi inumidirsi ancora mentre mi avvicino pericolosamente a te e con stupore e felicità noto che tu non sembri volerti allontanare o evitare la mia vicinanza.
Ora riesco a sentire il tuo respiro irregolare ed il tuo corpo tremare, tremare terribilmente.
"Hai... Tu hai dovuto fingere di amarmi per tuo figlio, hai dovuto baciarmi e promettermi di restare con me mentre lui altro non faceva che tramare alle tue spalle. Come ci si sente locandiere?" stai cercando di allontanarmi con queste tue brutte parole, vuoi farmi del male come io ne ho fatto a te ma la tua voce trema ancora, che ti succede piccola mia?
"Shh..." sussurro avvicinando lentamente il mio viso al tuo. "Sai che non è cosi, tu lo sai.." continuo.
"Come ci sente ad essere traditi dalla persona che più amiamo? Di cui ci fidavamo ciecamente? Eh locandiere?" continui perchè forse sai di non poter riuscire ad allontanarmi con una semplice spinta, dunque lo fai con la tua voce, le tue parole, forse l'unica cosa che il tuo corpo bloccato tra il mio e la scrivania è ancora capace di fare. Non ho alcuna intenzione di lasciarti andare, non ora.
"Perchè tremi?" ti chiedo mentre lascio una mia mano dirigersi il più cautamente possibile verso il tuo volto.
"Non... Non toccarmi. " dici mentre cerchi di allontanarti, ma non te lo permetto.
"Francisca, stai tremando..." le mie dita hanno lentamente raggiunto una delle tue ferite, quella sul sopracciglio. L'accarezzo il più delicatamente possibile ma tu stringi le palpebre in segno di dolore.
Non volevo procurarti dolore piccola mia.
"Ti fa male?" ti chiedo e tu annuisci lievemente solo dopo qualche secondo, i tuoi occhi ancora chiusi. "Mi... Mi pequeña..." sussurro ancora mentre lascio che ora la mia mano si sposti su un'altra delle tue ferite, quella sul labbro inferiore: il mio pollice percorre il più lentamente possibile la sua perfetta forma e quando arrivo a sfiorare quel cosi profondo taglio… Tu mi afferri la mano stringendola.
Potrei dire che il contatto con la tua pelle torna a farmi vivere, che è stata esattamente questa la causa per la quale un brivido mi ha appena percorso la schiena, ma tu me la stringi forte ed un dubbio comincia a tormentarmi: Perché? Perché mi stringi cosi forte la mano e non mi permetti di sfiorare il tuo volto? Hai… Tu hai paura di me?
"Ra...Raimundo." pronunci insicura il mio nome ma le mie dita fermano le tue labbra prima che tu possa dire qualunque altra cosa.
"Va tutto bene Francisca, va tutto bene, io..." mi fermo, e per un attimo anche il mio respiro si ferma quando riesco a sentire il tuo ancora irregolare sul mio viso e le tue labbra che tremano sotto il tocco delle mie dita. Hai paura, paura che possa farti del male come te ne hanno fatto loro.
“Ti prego, non toccarmi… Non…” mi supplichi ed il tuo corpo tanto sembra fatto di vetro, pronto a crollare in mille pezzi tra le mie braccia.
“Io non permetterò a nessun altro di farti del male." Continuo. Lascio ora che siano le mie labbra, tremanti e timorose di un tuo rifiuto, a percorrere lo stesso viaggio delle mie mani sul tuo volto, sulle tue ferite. La prima ad essere baciata è quella sul sopracciglio, poi la guancia e poi... Poi ci sono le tue labbra.
"Sei tu." inizi a dire con respiro tremendamente corto "Sei tu che continui a farmi del male Raimundo."

Spazio Autrice:
Avrei tanto voluto mettere questo "spazio autrice" all'inizio, solo per avvertirvi che probabilmente questo mio piccolo "sclero di fantasia" (termine con il quale amo chiamare tutto ciò che scrivo) su questa meravigliosa coppia che solo da qualche mese ho iniziato a seguire, sarebbe potuto sembrare poco piacevole da leggere, visto che è da molto che non scrivo qualcosa ed avevo il cosi grande desiderio di immaginarmi una piccola scena dedicata solo a loro due, che l'ho fatto con tanta velocità. Ho provato ad immaginarmi qualcosa di diverso da ciò che è accaduto realmente nella serie, cambiando alcuni particolari dell'originale, per esempio Maria che non conosce la vera motivazione della loro separazione, o il malore di Raimundo ecc... Insomma, avevo davvero bisogno di un dolce momento tra questi due che tra odiarsi/amarsi non hanno mai pace. Ho voluto inoltre dividere il mio testo in 2 parti (o capitoli, più o meno) quindi è una cosa molto corta, ma non si sa mai mi venga in mente qualche altra idea, le parti potrebbero diventare tre. Per ora ho solo voluto fare un piccolo tentativo, e spero di cuore vi sia piaciuto e non vi abbia annoiato, e continuerò non appena avrò ricevuto qualche vostra opinione (o critica, in caso ce ne fosse bisogno, mi servono molto ahahah). Vi ringrazio tanto per aver letto e per la vostra attenzione.
Un abbraccio.
TeenAngelita_92

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Capitolo 2
*** Amnesia - 2 ***


 
Amnesia
 
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2.
 
“Sei tu, sei tu che continui a farmi del male Raimundo.”
Sono passati solo alcuni interminabili secondi da quando le tue labbra hanno pronunciato queste parole, secondi che uno ad uno mi hanno colpito il petto provocandomi un dolore simile a quello che potrebbe provocare un pugnale.
Non mi sono allontanato dal tuo corpo e neanche tu hai provato a farlo.
Sono fermo, inerme mentre il mio viso dista dal tuo troppi pochi centimetri per… Si, per non baciarti, per non lasciare che questo mio incontrollabile desiderio di tenerti tra le braccia prenda il controllo su di me. Ed io lo farei, lo farei all’istante, senza chiedermi nient’altro se solo quelle parole non fossero davvero uscite dalla tua bocca, se solo sapessi che questo tremolio che tortura il tuo corpo non sia causato da paura, paura di me, paura delle mie carezze che altro non sono che disperati bisogni delle mie mani che necessitano la tua pelle.
“Io non…” provo a farfugliare qualcosa che neanche io so. Non trovo le parole, io non le trovo e sento il disperato bisogno di spiegarti che non ti farei mai del male e che mai avrei voluto fartene con questo maledetto inganno.
Vorrei dirti tante di quelle cose che la forza mi manca, la mia forza mi manca perchè quella tua affermazione l’ha zittita in un attimo ed io non so se crederai ancora a ciò che dico o che vorrei dirti.
Poggi una mano sul mio petto, hai notato che da qualche secondo esso ha iniziato a riempirsi e a svuotarsi con estrema velocità mentre io fatico a respirare.
No, non di nuovo, non ora…” inizio a pensare tra me e me mentre la paura mi assale. Cerco di non pensarci mentre porto le mie dita ad accarezzare ancora una volta le tue labbra. Potrei baciarti ma non voglio farlo, non voglio costringerti a fare qualcosa che evidentemente tu non desideri.
Mi basta questo, mi basta accarezzare la superficie delle tue labbra, mi sento tranquillo ora.
“Hai… Hai ragione.” sussurro nell’ennesimo respiro che esce a fatica dalle mie labbra. “Ti ho fatto del male e forse…” mi fermo, devo pur trovare questo mio coraggio nascostosi improvvisamente in qualche piccolo angolino dentro di me. “Forse continuerei a fartene standoti vicino… Come in tutti questi anni.” Continuo, sto davvero dicendo quello che le mie orecchie sentono?
“Io non… Non voglio farti del male piccola mia.” accarezzo delicatamente la tua guancia mentre riesco a sentire che la tua pelle rabbrividisce al sentire il meraviglioso nomignolo con il quale amo chiamarti.
“Non… Non voglio.” dico infine. Vorrei avvicinare un ultima volta il mio viso al tuo cosi da poter sentire ancora la tua pelle, ma mi fermo subito, rendendomi conto del fatto che poi non riuscirei più ad allontanarmi, a lasciarti, perché io è questo quello che devo fare.
Mi allontano, e purtroppo non posso farlo velocemente come vorrei. Le mie gambe esitano ancora, ed il mio cuore non vuole saperne di smettere di battere cosi forte.
Tu resti immobile, come se non sapessi cosa fare ora. Mi guardi, mi guardi come non hai mai fatto e dai tuoi occhi una lacrima inizia il suo percorso verso il basso. Vorrei poterla fermare io, quella lacrima. Vorrei poterla asciugare con un bacio o con una carezza ma so che ora non posso, non posso essere incoerente con ciò che dico, non posso farti altro male.
Sono arrivato alla porta, presumo che ora dovrei stringere tra le mani il freddo metallo di quelle maniglie e aprirla, e andare via per non tornare. Si, dovrei e sono sul punto di farlo ma una fitta al petto mi ferma, impedendomi di fare qualunque altra cosa se non stringermi una mano sulla camicia, con la disperata e vana speranza che il lancinante dolore possa passare.
No, non passa.” penso, quando un’altra fitta mi percorre il petto portandomi ad aggrottare la fronte e ad appoggiarla contro la porta con forza. Una smorfia di dolore prende il controllo del mio viso e l’unica cosa a cui riesco a pensare ora, sei ancora tu.
“Raimundo…” ti sento pronunciare il mio nome e per un attimo mi sento più tranquillo. E’ davvero preoccupazione quella che credo di aver sentito nella tua voce? Sto cercando di darmi una risposta ma un’altra fitta me lo impedisce. Stavolta gemo ed il suono della mia voce esce quasi strozzato dalle mie labbra.
“Raimundo!” stavolta si, lo sento. Ti avvicini velocemente a me mentre ancora stringo tra le mani le maniglie della porta, devo trovare un modo per alleviare questo dolore.
“Che hai? Che succede?” mi chiedi con voce tremante. Afferri il mio viso tra le mani e mi guardi, tu mi guardi ed i tuoi occhi stanno disperatamente cercando di capire cosa sta succedendo, e perché i miei li guardano con cosi tanta tristezza e rassegnazione.
“Perché tremi Raimundo? Perché?” mi chiedi. E’ cosi ironico pensare che solo qualche attimo prima ero io a chiedertelo ed ora… Ora è il mio corpo che ha deciso di cedere.
Sta succedendo ancora, le gambe sembrano volermi fare di nuovo questo stupido scherzo nel quale io cascherò inevitabilmente. “No… no, ti prego.” penso. Non riesco a respirare, io non ci riesco e tutto quello che vorrei ora è solo questo, poter respirare, poter ricordare per un ultima volta il tuo profumo.
Stringi la tua mano alla mia, sul mio petto.
“Sei… Sei qui.” ti dico sorridendo mentre ti vedo agitata, cercando di capire. “Ora tu… tu sei qui.” continuo. Si, tu sei qui ed io posso vederti, sto bene ora, sono tranquillo.
“Rai…Raimundo cosa…” provi a chiedermi ma io ti fermo.
“Resta, non… Non andartene.” anche le parole ora faticano ad uscire dalla mia bocca. Stringo la tua mano e quasi ti supplico ancora. “R..Resta con me…” è l’ultima cosa che dico prima di seguire la decisione che ormai da tempo sembra aver preso il mio corpo: cedo.
Mi lascio cadere al suolo, cosi freddo e piatto sotto la mia schiena. Tu mi segui e sento le tue mani circondarmi, raccogliere tutti i pezzi di me che ho oramai perso.
“Raimundo! Raimundo!” gridi il mio nome. Sento una tua mano inserirsi dietro le mie spalle e cercare di tenermi su mentre l’altra mi tiene il viso. Anche i miei occhi hanno ceduto ed io non posso vederti, ma posso sentire la tua voce chiamarmi e le tue dita accarezzarmi.
“Guardami, ti prego! Guardami!” circondi il mio corpo in una specie di abbraccio che ho sempre desiderato. “Guardami… Ti prego non lasciarmi…” la tua voce pare essersi abbassata, arresa e riesco a sentire che stai piangendo. Tu piangi. Ti sto facendo del male ora, te ne sto facendo ancora e credimi, vorrei potermi alzare ed andare via, lontano abbastanza per lasciarti stare bene.
“Io sono qui.” continui. “Sono qui, resto qui con te amore mio… Resto qui con te.”
Le tue parole ora si trasformano in un eco, sempre più basso, sempre più lontano fino a scomparire.
Mi hai chiamato “amore mio” e se solo avessi potuto avrei sorriso e ti avrei stretta a me, ma non posso… Non posso.
E’ buio ora.
Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Scrivere, per esempio: “La notte è stellata,
e tremano, azzurri, gli astri, in lontananza”.
Il vento della notte gira nel cielo e canta.

Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Io l’ho amata e a volte anche lei mi amava.
In notti come questa io l’ho tenuta tra le braccia.
L’ho baciata tante volte sotto il cielo infinito.
Lei mi ha amato e a volte anch’io l’amavo.
Come non amare i suoi grandi occhi fissi.
Posso scrivere i versi più tristi stanotte.
Pensare che non l’ho più. Sentire che l’ho persa.
Sentire la notte immensa, ancora più immensa senza lei.
E il verso scende sull’anima come la rugiada sul prato.
Poco importa che il mio amore non abbia saputo fermarla.
La notte è stellata e lei non è con me.
Questo è tutto. Lontano, qualcuno canta. Lontano.
La mia anima non si rassegna di averla persa.
Come per avvicinarla, il mio sguardo la cerca.
Il mio cuore la cerca, e lei non è con me.
La stessa notte che sbianca gli stessi alberi.
Noi, quelli d’allora, già non siamo gli stessi.
Io non l’amo più, è vero, ma quanto l’ho amata.
La mia voce cercava il vento per arrivare alle sue orecchie.
D’un altro. Sarà d’un altro. Come prima dei miei baci.
La sua voce, il suo corpo chiaro. I suoi occhi infiniti.
Ormai non l’ho più, è vero, ma forse l’amo ancora.
E’ così breve l’amore e così lungo l’oblio.
E siccome in notti come questa l’ho tenuta tra le braccia,
la mia anima non si rassegna d’averla persa.
Benché questo sia l’ultimo dolore che lei mi causa,

e questi gli ultimi versi che io le scrivo.

 
Spazio Autrice:
Eccomi tornataaa (okay, tralascio il mio entusiasmo). Beh, per iniziare vorrei ringraziare infinitamente le persone che hanno recensito, grazie davvero, mi ha fatto tanto piacere sapere che vi sia piaciuta la storia, o almeno l'inizio.
Scrivendo questa "seconda parte", sicuramente un po' più corta della prima e vi chiedo scusa, ho pensato di fare una terza parte (come ultima parte), quindi beh allungarla un po'. 
Spero vi piaccia l'idea e soprattutto che vi piaccia questa seconda parte, per la quale ho preso spunto dalla 65sima puntata della serie. 
Grazie ancora.
Un abbraccio.
TeenAngelita_92

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Capitolo 3
*** Amnesia - 3 ***


 
Amnesia
 
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Ya eres mía. Reposa con tu sueño en mi sueño.
Amor, dolor, trabajos, deben dormir ahora.
Gira la noche sobre sus invisibles ruedas
y junto a mí eres pura como el ámbar dormido.
Ninguna más, amor, dormirá con mis sueños.
Irás, iremos juntos por las aguas del tiempo.
Ninguna viajará por la sombra conmigo,
sólo tú, siempre viva, siempre sol, siempre luna.
Ya tus manos abrieron sus puños delicados
y dejaron caer suaves signos sin rumbo,
tus ojos se cerraron como dos alas grises,
mientras yo sigo el agua que llevas y me lleva:
la noche, el mundo, el viento devanan su destino,
y ya no soy sin ti sino sólo tu sueño.
- Pablo Neruda
3.
“Mille grazie Don Pablo, mille grazie per essere arrivato subito.”
“Non ringraziatemi Emilia, è mio dovere. Chi davvero dovreste ringraziare è Donna Francisca… Non ha esitato un solo attimo a chiamarmi.”
“Già, Donna Francisca…”


Solo un mucchio confuso di parole, a me inizialmente familiari, arrivano lentamente al mio udito ovattato da quando questo mio debole ed intorpidito corpo si è risvegliato. Parole che non mi sembrano avere alcun senso fin quando non distinguo in esse il suono del tuo nome.

“Bene, il mio lavoro qui è finito. Emilia…”
“Si dottore?”


Lo sento ancora, ma adesso è più chiaro e riesco a capire di chi si tratta.
Dove sei? Perché non sei qui con me? Perché non posso più sentire le tue braccia stringermi forte, le tue dita accarezzarmi delicatamente e la tua voce chiamarmi? Mi hai detto che ci saresti stata, saresti rimasta con me ma tu ora non ci sei. Perché?

“E’ necessario che convinciate vostro padre a restare a letto, e stavolta sul serio. Il malore che lo ha appena colpito non può ancora essere ritenuto grave, ma solo per ora. Un’altra imprudenza da parte sua come quella di oggi potrebbe peggiorare tutto.”
“Si dottore, capisco. Farò l’impossibile per non farlo muovere da li, a costo di legarlo al letto se necessario.”
“Bene, allora lo lascio in ottime mani. A presto Emilia.”
“A presto.”


Solo ora mi accorgo di aver riposto tutta la forza rimastami, a sperare invano che quella voce, quelle parole confuse che ho iniziato a sentire al mio risveglio fossero tue, che tu fossi qui e che se avessi aperto gli occhi ti avrei vista.
No, non sei tu e non sei qui. E’ la voce della mia bambina questa, e quelle sono le tipiche frasi da “Emilia arrabbiata” che usa sempre quando ho fatto qualcosa di sbagliato.
Ormai non so più se sia io suo padre o sia lei mia madre.
Apro gli occhi e noto con fastidio che questi mi bruciano, la mia vista è leggermente appannata ma solo inizialmente. Mi sforzo nel disperato intento di sollevarmi e sistemare la mia schiena, ormai a pezzi, in un modo che risulti decisamente migliore, ma sembra che io abbia fatto troppo rumore per non avvertire Emilia del mio risveglio.
“Padre!” quasi grida, preoccupata e sollevata allo stesso tempo. “Padre, non sforzatevi.” mi consiglia avvicinandosi e stringendomi la mano. Si siede in una sedia poco distante dal mio letto ed inizio a chiedermi da quanto tempo essa sia li e quali persone ci si siano sedute.
“Devo… Devo alzarmi, Emilia…” provo a dire, sperando che capisca che sono in una posizione tremendamente scomoda.
“No padre, neanche per sogno. Stavolta mi darete ascolto e non vi muoverete per nessun motivo al mondo da questo letto, a costo di…”
“Emilia, la schiena!” la interrompo e spero che la mia espressione sia abbastanza per farle capire che non ho la minima intenzione di alzarmi da qui ora e che se anche io volessi farlo, non avrei la minima forza.
“Oh…” esclama, aiutandomi con alcuni cuscini dietro la schiena. “Va meglio?” mi chiede ed io annuisco semplicemente.
Senza neanche rendermene conto, il mio sguardo inizia a girare contemplando la stanza in cui mi trovo. I miei occhi si posano su ogni più piccolo particolare presente e mi accorgo che ognuno di questi ha qualcosa di familiare. Io conosco questa stanza, so dove mi trovo. Sono ancora alla Casona.
“Non potete immaginare quanta paura abbiamo avuto, padre.” è Emilia ad interrompere l’imbarazzante silenzio che si è appena creato. Ha appena parlato al plurale ed io non sono sicuro di sapere a chi si riferisca.
“Di chi stai parlando, Emilia?” le chiedo e noto nei suoi occhi un leggero pizzico di agitazione. E’ solo questione di alcuni secondi prima che mi risponda: “Sto parlando di me e Donna Francisca, padre.”
Resto a guardarla senza sapere in realtà che fare. Avevo promesso che sarei andato via, andato lontano, lontano abbastanza per lasciarti stare bene ed invece… Invece sono ancora qui che spero disperatamente di vederti. Sono ancora qui che sento il disperato bisogno di stringerti a me e non lasciarti mai più. Io non posso restare qui.
“Devo tornare a casa, riposerò li il tempo necessario per…” cerco di proporre ma Emilia mi interrompe.
“E’ stata qui a vegliarvi per tutto il tempo, seduta qui, su questa sedia dove ora sono io.” mi confessa, come se non mi avesse minimamente ascoltato e Dio, se solo lei, Don Pablo e queste mie maledette gambe me lo permettessero, verrei da te e… No, non posso, continuerei a farti del male.
“Emilia, avanti dammi una mano a…” ci riprovo, non voglio sentire altro.
“Padre, l’ho vista stringervi la mano e tenervela stretta per un tempo quasi infinito.” continua lei ed io altro non posso fare che arrendermi ed ascoltarla “L’ho vista accarezzarvi il viso sussurrandovi parole d’amore, l’ho vista versare lacrime che mai prima d’ora avevo visto scendere dai suoi occhi.” si ferma per un attimo, giusto per darmi il tempo di continuare ad assimilare parole e solo parole, quando in realtà l’unica cosa che vorrei adesso è tenerti stretta a me.
“Ha insistito cosi tanto affinché Don Pablo vi visitasse qui e mi hanno fatto cosi tanta tenerezza le sue parole che quasi potrei definire “di supplica” quando mi ha chiesto di restare qui, di non portarvi via che alla fine ho accettato.” conclude e posso notare nei suoi occhi cosi tanta dolcezza ed emozione che mi rendo conto che anche lei ne è sorpresa, anche lei è estremamente sorpresa della Francisca Montenegro che un tempo irradiava qualunque luogo buio con il suo solo sorriso, quella mia piccola e dolce Francisca che mai avrebbe desiderato procurare del male ad altri, la Francisca che solo ora credo che possa tornare.
“E voi siete stato un incosciente.” Dice in tono serio, interrompendo i miei dolci ricordi.
Quasi mi era sembrato troppo bello e strano che non mi fosse subito arrivato un suo richiamo su ciò che devo o non devo fare.
“Vi avevo chiesto di restare a letto, di riposare almeno finché il dolore non fosse passato. E voi? Naturalmente vi alzate come se niente fosse ed uscite.” Continua.
“Emilia, io semplicemente volevo salutare Maria e…” provo a giustificarmi, ma subito mi rendo conto che non servirà assolutamente a niente: la mia bambina non è cosi stupida da accettare una scusa come questa e so che in realtà sa il vero motivo della mia visita alla Casona.
“Avanti padre, credete davvero che io sia cosi stupida? Voi avevate solo bisogno di vedere lei.”
“E dunque? Vorresti rimproverarmi per aver sentito il bisogno di vederla?” le chiedo, leggermente soddisfatto io.
“No certo che no. Vi rimprovero solo il modo in cui lo avete fatto. Cosa contavate di fare nelle condizioni estremamente deboli in cui eravate? Svenirgli davanti? Beh mi congratulo, è quello che avete fatto.” mi risponde con fare ironico.
“Io non…” inizio, intenzionato a difendermi ma poi mi fermo, mi fermo perché so che ha ragione. A cosa è servita la mia tanta insistenza nel volerti parlare? Nel volerti spiegare? A niente, assolutamente a niente. In realtà io non posso dirle che avevo paura, non posso dirle che avevo paura di non poter più tornare a vedere il tuo viso, a sentire il tuo profumo o semplicemente accarezzare la tua pelle.
“Avevo bisogno di vederla.” ripeto, perché la verità è solo questa. “Non mi importava di nient’altro.” Restiamo entrambi in silenzio per alcuni secondi, secondi che quasi mi sembrano interminabili.
“Padre, mi promettete che per oggi ve ne starete tranquillo a riposare?” mi chiede Emilia, quasi supplicando.
“Va bene bambina mia, te lo prometto.” sorrido leggermente mentre la sento tirare un sospiro di sollievo. Mi lascia un delicato bacio sulla guancia e continua:
“Bene, ora vado. Tornerò a trovarvi più tardi e mi raccomando…” si interrompe prima di lanciarmi una delle sue tipiche occhiate “Non combinate altri guai per oggi.” conclude ridendo, ed anch’io rido mentre la vedo sparire dietro la porta.
Sono solo ora, solo con questi miei cosi numerosi pensieri, solo con questo meraviglioso profumo che aleggia nella stanza e che tanto mi ricorda te, solo con queste mie gambe ancora intorpidite e queste mie mani che… Queste mie mani che tanto vorrebbero stringere le tue, ancora.
Semplicemente sono solo abbastanza ora per lasciare che i miei dubbi, le mie incertezze ed i miei rimorsi tornino a tormentarmi.

"Cos'è che vuoi ancora da me, maledetto locandiere? Perchè sei ancora qui?"
"Voglio spiegarti..."
"Spiegarmi cosa? Del tuo cosi profondo amore per me? Del tuo voler condividere le mie pene e le mie allegrie? Del tuo voler passare ciò che ti resta della vita al mio fianco? Del tuo incontrollabile desiderio di svegliarti con la mia testa poggiata su… Sul tuo petto?”


“Se solo io avessi continuato davvero a credere a quelle menzogne? A quella montagna di bugie che giorno dopo giorno ti divertivi a costruirmi addosso?"

"Solamente perchè tu eri diventato un truffatore."
Un truffatore insieme allo stesso figlio che alla fine del gioco, sarebbe stato capace di tradire anche te..."


"Hai... Tu hai dovuto fingere di amarmi per tuo figlio, hai dovuto baciarmi e promettermi di restare con me mentre lui altro non faceva che tramare alle tue spalle. Come ci si sente locandiere?"

"Come ci sente ad essere traditi dalla persona che più amiamo? Di cui ci fidavamo ciecamente? Eh locandiere?"

"Sei tu.
Sei tu che continui a farmi del male Raimundo."


Senza neanche rendermene conto, la mia mente inizia a ripercorrere tutti quei cosi intensi e sofferenti attimi del nostro incontro, portando alle mie orecchie un eco cosi confuso e disordinato delle tue dolorose parole, della tua sofferente voce mentre ancora una volta lasci vincere il tuo orgoglio, il nostro orgoglio.
Si, ora lo riconosco: ti ho fatto del male, mi hai fatto del male e ci siamo fatti del male per cosi tanto tempo, per cosi tanti anni quando in realtà sapevamo di amarci, sapevamo che l’uno senza l’altro non sarebbe stato niente, se non solo un’ombra che, persa, avrebbe vagato tra i resti dei nostri più lontani ricordi.
Il tuo orgoglio, il mio orgoglio, il nostro orgoglio.
Abbiamo stupidamente lasciato che esso facesse da padrone alle nostre vite, ad ogni nostra azione volta a farci del male vicendevolmente. Abbiamo lasciato che ci impedisse di accarezzarci senza graffiarci, di sorriderci senza versare lacrime, di abbracciarci senza ucciderci. Come abbiamo potuto, piccola mia? Come abbiamo potuto non pensare ad altro che all’orgoglio? Alla nostra sete di vendetta? Al male che io avevo fatto a te quando in realtà… In realtà se solo tu avessi ascoltato le mie ragioni, i motivi che mi avevano spinto a fare quello che ho fatto, avresti capito che ti amavo, che ti amo più di ogni altra cosa al mondo.
A volte vorrei semplicemente credere di soffrire di amnesia, una forte e semplice amnesia che mi faccia dimenticare, che ti faccia dimenticare e che ci faccia dimenticare di tutto il male che ci siamo fatti, ma poi rifletto e capisco che in realtà non voglio, non voglio dimenticare assolutamente niente di tutto ciò che insieme abbiamo vissuto perché anche quando ci urlavamo contro tutto l’odio ed il rancore del mondo, io ti amavo, tu mi amavi, noi ci amavamo.
E allora come potremmo, piccola mia? Come potremmo vivere l’uno accanto all’altro senza che uno di quei brutti e dolorosi ricordi ci colpisca ancora? Come potrei tenerti stretta a me senza che le mie mani ti ricordino di ciò che ho fatto? Del mio inganno? Come?
E se solo ci fosse un modo, qualunque esso sia, io lo userei.
Mariana è appena entrata per portarmi la cena, interrompendo, fortunatamente, i miei troppi pensieri. Ha un leggero sorriso sicuramente più tranquillo e sereno di quello che aveva quando mi ha aperto la porta, ed io ricambio ringraziandola.
E’ già sera.” mi dico, quando vedendola sparire dietro la porta, rivolgo il mio sguardo alla finestra poco distante. Il sole è già tramontato, lasciando spazio al buio della sera che incombe sull’intero paesaggio con estrema lentezza, in un colore meravigliosamente scuro e confortante, almeno per me.
So che non dovrei alzarmi, almeno per ora. So che Emilia mi ha severamente proibito di farlo e so che anche il mio corpo mi consiglia di fare lo stesso, ma non posso restare rilegato in questo letto neanche per un altro minuto ancora. Sollevo lentamente le coperte mentre un leggero soffio di vento colpisce le mie gambe, ma non me ne pento. Cerco di alzarmi poggiando con estrema attenzione i miei piedi sul freddo pavimento sottostante.
Tutto sommato mi fanno ancora un po’ male, ma sarà peggio se non provo ad usarle.
Mi dirigo lentamente e quasi faticosamente alla finestra che alcuni attimi prima mi ha permesso di vedere quel meraviglioso paesaggio. Mi appoggio al vetro leggermente freddo che si appanna al solo contatto del calore che emanano mie mani, delineandone la perfetta impronta.
E’ cosi bello, cosi bello vedere ciò che c’è là fuori e contemplare quel cielo che poco a poco si riempie di stelle. Se solo fossi qui anche tu, ti porterei a guardarle, ad indicarle con un dito una per una mentre io guardo te.
Lo scricchiolio della porta si fa risentire, interrompendomi ancora, e temo che stavolta non sia Mariana ma mia figlia Emilia, che dopo avermi visto in piedi si arrabbierà sicuramente e mi ricorderà ciò che è bene che io faccia e ciò che è male. Si, ne sono sicuro. Resto voltato verso la finestra ed inizio quella che sarà l’ennesima scusa che spero possa evitare tutto questo:
“Si Emilia, mi sono alzato ma io semplicemente…”
“Come stai?”
Una voce completamente diversa da quella di mia figlia, mi interrompe prima che io possa dire qualunque altra cosa.
E’ una voce soave e tranquilla quella che sento. Calma, si mi infonde calma ma allo stesso tempo agitazione. So di averla già sentita e so a chi appartiene.
“Francisca…” pronuncio il tuo nome in un bassissimo sussurro, quasi come a voler convincere solo me stesso del fatto che tu sia qui, ora. Il mio corpo si ferma, gelato.
“Francisca…” ripeto, ma stavolta in un tono più alto e voltandomi per poter contemplare la tua figura distante solo pochi metri dalla mia.
Restiamo in silenzio. Tu ed io restiamo in silenzio, un silenzio che non c’è mai stato tra di noi, un silenzio cosi intenso e profondo che solo mi ricorda… Si, mi ricorda di tutte le volte in cui non avevamo bisogno di urlarci contro qualcosa per poterlo riempire, che non avevamo bisogno di sfogliare e risfogliare vecchi e lontani, lontani rancori.
Noi solo ci guardavamo, mentre le mie dita correvano delicatamente lungo i tuoi dolci lineamenti e a noi questo bastava. A me, questo bastava.
E vorrei poterlo fare ora, piccola mia. Vorrei, ora, potermi avvicinare e strofinare una delle mie mani contro una delle tue guance e sapere che tu non mi rifiuterai, che non ti allontanerai da me tremante.
“Sto.. Sto bene.”dico improvvisamente, quasi in un sussurro, ricordandomi della tua domanda alla quale non avevo ancora dato una risposta.
Ti vedo annuire semplicemente, mentre il tuo sguardo tutto nota tranne che me.
“Dovresti mangiare.” mi consigli e quasi mi sembri preoccupata quando il tuoi occhi si posano sul piatto ancora pieno ed intatto sul piccolo comodino accanto al letto, quello che probabilmente hai tu stessa ordinato di farmi portare da Mariana.
“La fame è l’ultimo dei miei pensieri ora.” ti dico, in realtà è cosi.
“Dovrebbe essere uno trai tuoi primi, invece, tutto ciò che riguarda la tua salute.”
“Io…” inizio, cerco di pensare ad altro, altro che non siano le tue braccia intorno a me. Sento ancora preoccupazione nelle tue parole, preoccupazione per me forse? Lo spero tanto. Devo pur ringraziarti di ciò che hai fatto, che stai facendo per me. “Francisca, ti ringrazio per… Beh per avermi permesso di riposare qui e… Per aver chiamato Don Pablo, ma…”
“Perché non me ne hai parlato prima?” mi interrompi, ancora un’altra domanda.
Resto in silenzio solo per pochi secondi, giusto il tempo di riordinare le idee e andare a caccia delle parole giuste che ora sembrano improvvisamente mancarmi. Tuttavia, nella mia disperata ricerca, non mi accorgo che i tuoi occhi mi stanno guardando, tu mi guardi finalmente.
“Parlarti di cosa?” opto, infine, per un'altra domanda ma stavolta da parte mia.
“Di cosa?” ripeti, incredula “Già, di cosa.” ripeti ancora, stavolta ridendo, una risata triste e spenta. “Forse parlarmi del fatto che questa non è la prima volta che cadi a terra inerme, che gemi di dolore per delle maledette fitte che ti attraversano il petto.” è rabbia quella che sento nella tua voce, rabbia unita a qualcosa che sa tanto di preoccupazione o paura.
“Per quale motivo avrei dovuto farlo?” la mia fronte si corruga in un’espressione del tutto confusa mentre faccio un passo in avanti, un passo verso di te. “Perché avrei dovuto se di me ormai più niente ti importava? Perché avrei dovuto se non potevo neanche più avvicinarmi a te? Cosa ti importava se un traditore come me avesse sofferto o no? “ non so perché ho appena lasciato che la mia bocca dicesse queste parole, e ancora non ci credo. Che mi succede tutto ad un tratto?
“Avevo il diritto di saperlo, Ulloa!”
“Il diritto? Di cosa stai parlando Francisca?” ti chiedo, ancora più confuso. “Tu semplicemente non volevi più vedermi, non volevi più saperne di me!”
“E cosa avrei dovuto fare? Avanti locandiere, illuminami!” dici con fare ironico. In qualche altra occasione avrei apprezzato questa tua ironia e l’avrei tollerata sapendo che sia comunque parte di te, ma ora no, questa non è una “qualche altra occasione.”.
“Avrei dovuto accoglierti a braccia aperte? Sorriderti come se niente fosse e dimenticare completamente che ti avevo dato tutto l’amore che ancora possedevo, quell’unica briciola rimastami mentre tu solo mi stavi ingannando?” continui.
“Tu sai perfettamente che non ti ingannavo, tu sai che non ti ingannavo quando dicevo di amarti!”
Ancora una volta la nostra rabbia ed il nostro maledetto orgoglio. No, stavolta no. Io non lascerò che ti porti via da me, non lo permetterò.
“Avresti potuto dimostrarmelo se solo avessi voluto. Avresti potuto parlarmi di cosa stava succedendo prima che io lo scoprissi in quel modo cosi brutale e..”
“Io dovevo salvare mio figlio! Era mio figlio!” grido. Mi aspetto che tu rimanga in silenzio ora, che io rimanga in silenzio ma cosi non è.
“Avremmo potuto salvarlo insieme, maledizione!” gridi più forte di me, quasi zittendomi.
Di nuovo silenzio tra noi due, ora.
Abbiamo dato abbastanza spazio alla nostra rabbia? Possiamo affermare di aver svuotato il nostro petto ora? Possiamo smetterla? Mi chiedo.  
“Avrei potuto aiutarti se solo tu avessi voluto.” dici, ma stavolta in un soave e tranquillo sussurro. “Avrei potuto starti vicino se solo tu me ne avessi parlato, se solo tu mi avessi detto del tuo dolore.” continui, il tuo sguardo di nuovo apparentemente distratto, lontano metri e metri dal mio.
So cosa devo fare ora, so cosa devo fare per fermare tutto questo, per non permettere a nessuno di portarti via da me, neanche a degli stupidi ricordi o a delle stupide emozioni contrastanti.
“Francisca…” sussurro il tuo nome mentre mi avvicino velocemente a te nel disperato intento di abbracciarti. Non mi importa nient’altro ora, non voglio più urlarti contro come ho appena fatto. Io devo abbracciarti e so che anche tu lo vuoi, so che ne hai bisogno, piccola mia.
“Come puoi dire che non mi importa di te? Come puoi solo pensare che la tua sofferenza mi sia indifferente?” continui a parlare, ma quasi sembra che tu voglia farlo con te stessa più che con me.
“Tu… Tu sei caduto tra le mie braccia…” continui e ti allontani, evitando le mie braccia.
No, io non mi arrendo.
“Solo poche ora fa tu sei caduto tra le mie braccia!” alzi nuovamente il tuo volume di voce e con dolore noto che i tuoi occhi si sono velati di un leggero strato di lacrime. “Hai… Hai chiuso gli occhi, il tuo respiro… Tu non respiravi e le tue mani sono diventate fredde e… non tenevano più le mie!” continui, tu continui e gesticoli mentre dalla tua bocca solo riescono ad uscire frasi e parole sconnesse, come nel disperato intento di liberartene.
“Francisca, basta…” alzo ancora le mie braccia, provo ancora ad abbracciarti. Devo impedirti di tormentarti in questo modo, io devo impedirlo.
“Io non potevo permetterti di tradirmi ancora! Io non potevo permetterlo!” continui ancora ed ancora. Sono riuscito a circondare il tuo corpo con il mio, devo stringerti a me ora ma i tuoi pugni sul mio petto me lo impediscono.
“Basta, io sono qui ora! Basta!”
Non mi fanno male, le tue mani chiuse in stretti pugni e scagliate contro il mio petto non mi fanno male, perché io so che tutto questo fa molto più male a te che a me.
“Io ti parlavo ma le tue labbra non sembravano volermi rispondere, tu non volevi rispondere!” il precedente e sottile strato di lacrime sui tuoi occhi si è appena rotto, e queste scendono veloci giù, verso il basso, rigando il tuo viso.
“Francisca…”
“Maledizione, ho avuto paura di perderti e…” nient’altro esce dalla tua bocca, se non leggeri gemiti, perché io lo impedisco.
Non so spiegare il perché di questa mia reazione, ma le parole che hai appena pronunciato e le tue lacrime che scendono veloci mi fanno capire che non posso fare altro: afferro i tuoi polsi ancora occupati a prendere a pugni il mio petto, riesco a bloccarli e li porto giù, dietro la tua schiena, lasciando che le mie braccia ti stringano in un forte e forse brusco abbraccio, ma è tutto ciò che tu mi permetti di fare.
Ti tengo stretta a me, sento le tue labbra bagnate sfiorare il mio collo e le tue lacrime bagnarmelo lievemente. Ancora cerchi di ribellarti, ma hai affondato il tuo volto nell'incavo tra il mio collo e la spalla e mi accorgo che piano, ti arrendi. Tu ti arrendi contro il mio corpo.
“Shh… Basta, basta…” sussurro, stringendoti ancora più forte.
Solo ora mi accorgo che… Dio, non è possibile spiegare la sensazione che sto provando, non è possibile spiegarla con semplici e sintetiche parole che rischierebbero di rovinarla.
E no, non è possibile neanche sentire cosi tanto, cosi disperatamente il bisogno di abbracciare qualcuno come l’ho sentito io fino a pochi secondi fa.
Sento il tuo respiro regolarizzarsi solo dopo alcuni minuti che tanto mi sembrano un’eternità. I tuoi muscoli si rilassano e solo ora, decido di lasciare la presa sui tuoi polsi e sperare che tu non te ne vada.
“Non… Non andartene.” ti chiedo, è semplice paura quella che mi lascia parlare ora. Le tue mani si liberano dalle mie e contro ogni mia più grande aspettativa, non ti allontani ma mi stringi, forte, ricambiando il mio abbraccio.
“Non farlo mai più, locandiere.” mi sussurri “Non spaventarmi mai più in quel modo.” continui ed io lascio scappare un piccolo sorriso che veloce si disegna sulle mie labbra.
Continuo a stringerti il più forte che posso e vorrei non doverti lasciare mai più, ma le mie gambe mi avvertono di essere stanche ormai, costringendomi a trovare un modo per lasciarle riposare senza però allontanarmi da te.
“Raimundo…” ti allontani lievemente per potermi guardare, probabilmente lo hai notato anche tu.
“Dovrei dare più ascolto ad Emilia.” dico sorridendo. Vedo il tuo volto completamente bagnato e l’unica cosa che vorrei ora è non averlo mai permesso. “Io…” le mie dita strofinano delicatamente contro una delle tue guance bagnate, asciugandola. Credo di voler dire qualcosa, ma i tuoi occhi rossi e lucidi me ne hanno appena fatto dimenticare.
“Siediti.” mi consigli aiutandomi a farlo sopra quel letto che tanto sembra bramare il mio corpo, intenzionato a farmelo intorpidire di nuovo.
“No, Francisa…” dico, afferrando la tua mano quando vedo allontanarti “Resta, siediti con me.” i miei occhi quasi ti supplicano e sembrano cosi tanto convincenti che alla fine tu ti siedi accanto a me.
“Dovresti riposare, il medico ha…” non ti lascio finire, non voglio sentire altro: con coraggio e forza a me totalmente sconosciuti, poggio le mie labbra sulle tue in un bacio che dovrebbe sembrare almeno dolce e pieno di paura, forse, e all'inizio lo è ma il solo fatto che tu lo stia ricambiando con la mia stessa passione e che le tue mani stiano accarezzando il mio viso, riesce solo e semplicemente a mandare all’aria il mio auto-controllo. Le mie labbra, ora, cercano disperatamente le tue.
Il sapore della sua bocca, penso subito. Mi è mancato cosi tanto che non so se riuscirò ad allontanarmi.
Senza poterlo neanche controllare, la mia mano arriva a sfiorarti il collo, lasciando che il pollice si fermi subito sotto il tuo mento e premi delicatamente per lasciarmi schiudere le tue labbra.
“Rai… Raimundo…” chiami insicura il mio nome mentre le tue dita si fermano sulla mia bocca per fermarmi.
Lo sapevo, avrei dovuto frenarmi, avrei dovuto impedire a questo mio disperato bisogno di baciarti, di prendere il completo controllo del mio corpo ma non l’ho fatto.
“Sc…Scusa, io…” provo a scusarmi, cercando di controllare il mio respiro ma tu mi fermi ancora e sorridi.
Stai davvero sorridendo, piccola mia? Mi chiedo tra me e me e noto l’evidente rossore sul tuo volto.
“Ed ora?” mi chiedi “Ed ora cosa, Raimundo?”  ripeti, ma ora neanche io so cosa dovremmo fare e non mi importa. Prendo il tuo viso tra le mie mani per poterlo riavvicinare al mio, facendo combaciare perfettamente la nostra fronte. In un delicato sussurro dico:
“Ed ora non lo so, piccola mia. Ed ora facciamo che io soffro di amnesia, tu soffri di amnesia e semplicemente ti stringo a me, forte.”

 
Ormai sei mia. Riposa col tuo sonno nel mio sonno.
Amore, dolore, affanni, ora devono dormire.
Gira la notte sulle sue ruote invisibili presso me sei pura come l'ambra addormentata.
Nessuna più, amore, dormirà con i miei sogni.
Andrai, andremo insieme per le acque del tempo.
Nessuna viaggerà per l'ombra con me, solo tu, sempre viva, sempre sole, sempre luna.
Ormai le tue mani aprirono i pugni delicati e lasciarono cadere dolci segni senza rotta,
i tuoi occhi si chiusero come due ali grige,
mentr'io seguo l'acqua che porti e che mi porta: la notte, il mondo, il vento dipanano il loro destino,
e senza te ormai non sono che il tuo sogno solo.

 
Spazio Autrice:
Rieeeccomiii quiii (dopo un'infinità di tempo, aggiungerei). Chiedo davvero perdono per il clamoroso ritardo, ma con la fine delle vacanze, è finito anche il mio tranquillo e meraviglioso tempo libero.Quindi, ecco la terza parte di questo mio "esperimento". Devo ammettere che mi è piaciuto in particolar modo scrivere questa ultima parte, non saprei perchè. Inoltre ci tengo a ringraziarvi  ancora infinitamente per le magnifiche recensioni e per aver seguito questa mia brevissima storia. Spero tanto che anche questa parte vi piaccia tanto quanto quelle precedenti e che ne sia valsa la pena di aspettare tutto questo tempo. Alla prossima.
Un abbraccio.
TeenAngelita_92

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