Rocket queen.

di slashsriffs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to the jungle. ***
Capitolo 2: *** Rebus. ***
Capitolo 3: *** Hate and sex. ***
Capitolo 4: *** Butterflies. ***
Capitolo 5: *** Roxy. ***
Capitolo 6: *** Sweet Child O'Mine. ***
Capitolo 7: *** Tell me something about you. ***
Capitolo 8: *** Jealous? ***
Capitolo 9: *** Meredith. ***
Capitolo 10: *** The Ritz. ***
Capitolo 11: *** Rocket queen. ***
Capitolo 12: *** Dead flowers. ***
Capitolo 13: *** I thought I lost you. ***
Capitolo 14: *** Stay? ***
Capitolo 15: *** Knockin' on heaven's door. ***
Capitolo 16: *** I'll wait for you. ***
Capitolo 17: *** Happy birthday. ***
Capitolo 18: *** Bad obsession. ***
Capitolo 19: *** Heart-shaped box. ***
Capitolo 20: *** Appetite for destruction. ***
Capitolo 21: *** Don't cry. ***
Capitolo 22: *** Save me. ***
Capitolo 23: *** Patience. ***
Capitolo 24: *** Surprise? ***
Capitolo 25: *** You have the power. ***
Capitolo 26: *** Malibu. ***



Capitolo 1
*** Welcome to the jungle. ***


Rainbow bar & grill, Los Angeles, maggio 1987.




L’ennesima serata afosa di fine maggio raggruppava persone provenienti da ogni parte degli Stati Uniti, e non solo, intorno al piccolo bar dall’insegna colorata. Su uno sfondo arcobaleno la scritta nera RAINBOW attirava da lontano gli occhi curiosi dei passanti che a quell’ora della notte avevano ancora voglia di fare baldoria.
La luna splendeva alta nel cielo, se non fosse stato per le luci della città si sarebbero potute osservare le stelle in lontananza.
La musica all’interno del locale era udibile anche dall’altra parte della Sunset Boulevard, nella West Hollywood di Los Angeles, così come quella del Roxy che lo affiancava. 
I fari delle auto accecavano di tanto in tanto i gruppi che aspettavano di entrare ansiosi di voler trascorrere anche soltanto un’ora nel famoso bar, le auto illuminavano i colori sgargianti degli abiti delle ragazze che ridevano e urlavano senza neanche aver bevuto un solo drink.
Fortunatamente la strada era liscia, l’asfalto perfetto, non c’era la preoccupazione di poter inciampare e cadere con le scarpe dal tacco alto e dal rumore assordante.
I clacson spaventavano Lisa ogni volta, quando in lontananza scorgevano le tre ragazze che se ne stavano ferme, alla luce dell’insegna del locale, ad aspettare che qualcuno prima o poi avesse voglia di una buona e sana scopata, pur sempre pagata.
I suoi occhi castani, che se osservati attentamente, avrebbero svelato un filo di tristezza e sofferenza per quello che faceva, scrutavano curiosi i ragazzi che lasciavano troppe banconote ai buttafuori per poter entrare. Conosceva Bill, sapeva che quel denaro sarebbe passato nelle mani del primo spacciatore che l’uomo avrebbe incontrato sulla via di casa, sempre se una casa ce l’avesse.
Ma lei non lo giudicava, non poteva considerando la sua situazione.
Scostò i capelli biondi e un po' mossi che le arrivavano quasi sino ai fianchi e sbuffò, battendo un piede a terra.
Le altre due ragazze, con cui parlava poco e che conosceva soltanto da poche sere, avevano già trovato qualcuno che avrebbe pagato la loro notte.
Abbassò lo sguardo, osservando la punta dei tacchi neri che le lasciavano scoperte le dita dei piedi dallo smalto dello stesso colore.
La sua ombra era l’unica a camminare al suo fianco, il suo cuore debole era l’unica cosa a battere in quel momento, se ne stava da sola, finchè qualcuno non sarebbe passato a prenderla.
I pantaloncini le lasciavano scoperte le gambe lisce e poco abbronzate, i fianchi ondeggiavano ad ogni passo e fischi seguivano il suo andamento, accompagnati da parole di apprezzamento. Scuoteva la testa, sembrava quasi che quei ragazzi forse troppo giovani avessero paura di avvicinarla, o si vergognassero di lei.
Osservava le loro guance arrossate a causa del caldo e della sbronza, i suoi occhi grandi scrutavano ogni minimo dettaglio.
Da lontano un’auto sfrecciò, rischiando di prendere in pieno qualcuno. Lisa si alzò in punta di piedi, cercando di catturare la scena con lo sguardo e si mosse a piccoli passi, per poter uscire dalla folla che spingeva verso l’entrata.
Il top dalla scollatura profonda si abbassò, così come le maniche del giubinetto di pelle che stava indossando. Decise di liberarsi di quell’indumento una volta esser riuscita ad allontanarsi da quel gruppo di persone eccitate e ansiose.
In lontananza scorse cinque figure scendere dall’auto priva di tettuccio che qualche minuto prima aveva rischiato di investire qualcuno, risate fragorose seguite da silenzi improvvisi e la vista di sigarette accese al buio.
Camminavano fieri, i loro corpi ancora avvolti nella penombra del parcheggio.
Riconobbe un cappello, un cilindro precisamente, sovrastare una massa di capelli voluminosi,  così come un paio di occhiali da sole tenute in una mano dalla figura di un uomo dai capelli lunghi che venivano scostati dal leggero vento di maggio.
Uno di questi superava nettamente in altezza gli altri, affiancato da un ragazzo abbastanza basso e dai capelli lunghi.
Lisa restò ferma, dando poco le spalle ai cinque e mostrando il sedere fasciato da quel po’ della stoffa ruvida dei pantaloncini di jeans.
Si muoveva sul posto sembrando incerta, ma sapeva che in questo modo i suoi fianchi avrebbero ondeggiato ancora di più.
Tentò di recuperare il suo pacchetto di sigarette, le solite Lucky Strike, e volontariamente lo fece cadere dalla tasca del suo giubbino, chinandosi per raccoglierlo.
Si rialzò lentamente, molto lentamente, voltandosi e sfilando con le sue piccole mani una sigaretta, che si sarebbe affrettata ad accendere, chiedendo a qualcuno un accendino, quando una fiamma fu posta dinanzi al suo naso.
Alzò lo sguardo, sorridendo e portando la sigaretta tra le labbra rosee, incontrando un paio di occhi azzurri che la fissavano curiosi, mentre voltando il capo scorse al suo fianco una massa di capelli ricci che nascondevano il volto del proprietario.
Quando sentì un braccio cingere le sue spalle, sorrise soddisfatta e pensò che anche quella serata si sarebbe conclusa con un paio di banconote nelle sue mutande.
 







 
 

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Capitolo 2
*** Rebus. ***


Il Rainbow, come ogni sera, contava centinaia di clienti, sparsi per il locale, seduti sugli sgabelli o ai tavoli.
Addirittura c’era chi se ne stava in piedi tutta la serata, gli occhi lucidi e le guance arrossate a causa delle troppe bottiglie di birra o dei bicchierini di Jack Daniel’s, era impossibile fermarsi al primo dopo aver provato il gusto duro del whisky.
Luci soffuse illuminavano i tavoli circolari sui quali diversi bicchieri vuoti erano lasciati all’arrivo dei camerieri dalle persone che se ne stavano stravaccati sui divanetti in pelle rossa. Neon infiammati incorniciavano una serie di fotografie raffiguranti tutte le celebrità che si erano esibite o avevano frequentato quel bar.
Lisa si muoveva sicura tra le persone mentre il ragazzo alto e dai capelli biondi le cingeva ancora le spalle con un braccio.
Lo guardò, fissando la pelle chiara del suo collo in contrasto con il viso rosso, gli occhi chiari, quasi verdi avrebbe detto. I capelli biondi disordinati terminavano all’interno di una camicia blu totalmente sbottonata, che lasciava intravedere le pesanti collane che scendevano lungo il suo petto già sudato.
Lui si voltò, forse sentendosi osservato da quei grandi occhi chiari che non erano poi tanto diversi dai suoi, e sorrise alla ragazza che li stava trascinando in quell’inferno alla ricerca di un tavolo dove sedersi.

Duff, Axl e Steven si sono fermati al bancone “ un ragazzo dai capelli neri, le punte nascoste in una sciarpa scura che cingeva morbida il suo collo, svogliatamente si liberò del giubbino di jeans chiaro che stava indossando, la sigaretta ancora tra le labbra, attento a non farla cadere.

“ C’è un tavolo libero là, raggiungeteci quando avrete finito “ disse Duff, scrollando le spalle e continuando a camminare, affiancato dal ragazzo dai capelli ricci e il volto nascosto che Lisa aveva visto prima.


Il moro annuì e tornò indietro, raggiungendo il resto dei suoi amici. Quando finalmente riuscirono a sedersi, Lisa accavallò le gambe e iniziò ad osservare curiosa ogni minimo movimento della sua nuova compagnia.
Seduta tra Duff e il ragazzo misterioso, appoggiò la schiena mezza nuda alla pelle fredda della poltrona, ispirando a pieni polmoni.
Sentì una mano ruvida sfiorare il suo braccio, esattamente dove un piccolo tatuaggio riportava la scritta “ God, save me!”.


“ Come ti chiami tesoro?” Duff sorrise ancora una volta e Lisa non potè non pensare di essere stata fortunata quella sera.

“ Lisa” rispose ricambiando il sorriso, le labbra piene si incurvarono lentamente mentre gli occhi scrutavano ancora una volta il viso del ragazzo.

“ Io sono Duff e lui è Slash“ indicò con il capo il suo amico che Lisa poteva giurare stesse assistendo alla scena anche se i capelli sembravano impedirgli la vista.

“ E’ di poche parole “ si azzardò a dire, suscitando una piccola risata ai due.

“ Preferisco i fatti “ finalmente Slash si liberò del cilindro, che appoggiò al centro del tavolo, e scostò la massa indomabile dal suo volto, rivelando un paio di occhi scuri e profondi.

Lisa non potè fare a meno di osservare i suoi movimenti, le braccia sudate e decorate da due tatuaggi che si alzavano per rimuovere i capelli dalla fronte, i bracciali che circondavano i suoi polsi e gli anelli alla mano, nonché un orecchino al naso e le labbra piene che lentamente si erano mosse per lasciare che la sua voce roca pronunciasse quelle tre parole.
Anche Slash la stava fissando, mentre California Sun dei Ramones accompagnava il movimento dei camerieri che veloci prendevano le ordinazioni e pulivano i pochi tavoli della sala.
I suoi occhi neri scrutarono ogni particolare del suo viso, dai grandi occhi al naso perfetto, alla piccola cicatrice sulla sopracciglia destra.
Era ancora sobrio e pensava che non avrebbe mai dimenticato la lunghezza dei capelli biondi di Lisa. Forse avrebbe dovuto tagliarli, sarebbero risultati scomodi durante un rapporto, ma Slash non nascose a se stesso il desiderio di passare una mano tra quelle onde dorate per poi stringerli e domare il suo corpo.
Sorrise guardando la profonda scollatura del suo top e le gambe scoperte, forse completamente lisce al tatto e morbide.

“ Se vuoi ti lascio una foto” ammiccò la ragazza rendendosi conto dello sguardo indagatore e malizioso di Slash.

Lui scosse la testa, evidentemente divertito ma anche ammaliato da quella creatura che poi realizzò tristemente dovesse fare quello per vivere.
Era così bella e giovane, aveva forse una ventina d’anni, così sfacciata e forse un po’oscena,  sicuramente non ingenua come voleva far credere il suo dolce viso.
Lisa sapeva ciò che Slash stava pensando, poteva dedurlo da come la stava guardando.
Cercava di capire il perché, la sua storia, cercava di decifrarla senza riuscirci. Era un rebus, uno di quelli complicati, uno di quelli che ti avrebbero tenuto impegnato per molto se non ti fossi lasciato andar d’animo al primo tentativo.
Nessuno sapeva che Lisa sognava una vita calma, dove non sarebbe stata costretta a scappare la notte dalla camera disordinata di uno sconosciuto e non avrebbe dovuto conoscere il modo di dimenticare anche solo per poche ore i segni di chi conosceva le maniere forti.
Avrebbe voluto prendere tutto e scappare, inseguire quei sogni ormai infranti già da quand’era bambina e fregarsene di quel che non aveva.





 





Spazio autrice:
la mia prima fanfiction sui Guns N'Roses ed ho una paura tremenda di sbagliare qualcosa.
Prima di tutto ci tenevo a ringraziare Angie Mars Halen per aver lasciato una recensione alla storia quand'eravano soltanto al primo capitolo.
Se stai continuando a leggere, spero di non averti deluso con questo.
In realtà non ho molto da dire, gli spazi autrice sono la maggior parte delle volte un momento imbarazzante per me.
Spero solo che la storia possa piacere a qualcuno, cercherò di aggiornarla tutte le volte che ne avrò la possobilità! x

 

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Capitolo 3
*** Hate and sex. ***


Era tardi, molto tardi, ma la vista annebbiata dall’alcol di Lisa non riusciva a leggere l’orario esatto al grande orologio bianco posto al di sopra del bancone. Faceva caldo, sentiva le goccioline di sudore scendere lente lungo il retro del suo collo, coperto dalla massa dei capelli e appoggiato al braccio di Duff che continuava a parlare facendo discorsi senza senso.
La superficie del tavolo non era più visibile, Lisa stava cercando di ricordarne il colore, per un motivo a lei sconosciuto. Diede la colpa al troppo alcol che aveva bevuto anche quella sera, il suo fegato ne avrebbe risentito, ma era l’unico modo per intontirsi e continuare la serata.
Non erano più soltanto loro tre ormai, quelli che conobbe come Izzy, Steven ed Axl erano ubriachi marci, al fianco di ognuno una ragazza.
Lisa si domandò perché Slash non ne avesse una in quel momento, dato che  le sembrava che la serata sarebbe terminata con Duff e lei in una camera d’albergo.
Si voltò, gli occhi vispi e curiosi, trovando Slash che reggeva tra le mani quella che sperava sarebbe stata l’ultima delle bottiglie vuote di Jack Daniel’s. La testa del ragazzo era china, il viso completamente nascosto dai capelli ricci ribelli.
Non seppe spiegarsi il perché, ma una sua mano scostò quel groviglio scuro, facendo voltare lentamente quello che per tutta la serata aveva continuato a blaterare di riff di chitarra e di canzoni ancora incomplete.
Slash la guardò, ubriaco anche lui, e in quel momento l’unica cosa che avrebbe voluto fare era avvicinarsi a quelle guance piene e prenderle a morsi, per poi lasciarci tanti piccoli baci. Le labbra di Lisa erano troppo rosse, Slash immaginò ancora il forte gusto dell’alcol su quei due grandi petali di rosa.
Pensò che la ragazza avesse letto nel suo pensiero quando lasciò un delicato bacio all’angolo della bocca di Slash, spostando il suo braccio dal ginocchio di Duff per finire sul suo. I suoi occhi si scontrarono con il chiaro di quelli di Lisa, odiava guardarci dentro e vederci quel po’ di dolore che lasciavano trasparire.
Duff si voltò e sbuffò sonoramente, pensando che quella non era la prima volta che il suo amico gli rubava la scopata.
Girò pigramente il capo, quella sera non sarebbe andato in bianco, non voleva ripiegare nella droga di nuovo.
Pizzicò leggermente il fianco di Lisa, che si voltò, mentre Slash continuava a fissarla anche quando lei gli dava le spalle.

“ Non hai qualche amica da presentarci? “ chiese, le palpebre degli occhi leggermente abbassate e la voce incrinata.

“ Io non ti basto? “ domandò lei, scostando i lunghi capelli biondi oltre le spalle.

“ Due puttane sono meglio di una “ il biondo le fece l’occhiolino, curvando le labbra sottili in un sorriso beffardo.

Lisa scosse il capo, dentro di lei un po’ dispiaciuta, ma infondo era la realtà. Era una prostituta, doveva aspettarselo sempre.
Quando sentì una mano calda sulla spalla scoperta si voltò e due labbra incastrarono le sue in un bacio violento e passionale, quasi bisognoso. Slash portò l’altra mano dietro il collo di Lisa, avvicinandola ancora di più a sé,  il petto della ragazza sfiorò il suo più volte, entrambi sentirono ancora più caldo quando il bacio sembrava non finire mai, denti che mordevano, lingue che alleviavano il dolore temporaneo dei morsi, sorrisi che per qualche secondo fermavano quello scambio di saliva.

“ Slash, non voglio vederti fare sesso di nuovo “ qualcuno brontolò, la voce bassa e stanca.

“ Sta zitto Steven “ rispose e continuò con quello che aveva interrotto.

“ Prendetevi una stanza “ sbuffò il biondo, una ragazza dai capelli lisci e rossi ridacchiava al suo fianco, coprendo la bocca dal rossetto sbavato con una mano dalle unghie smaltate di blu.

“ Non vi siete mai fatti questo tipo di problemi “ si intromise Duff, alquanto divertito dalla situazione.

“ Dove andiamo piccola?” sussurrò Slash al suo orecchio ornato da un grande orecchino a forma di cerchio, l’odore di fumo e di alcol era forte ogni volta che parlava.

A Lisa piaceva, era abituata ad avere quel gusto sulle labbra, soprattutto se quelle labbra erano le sue. Così carnose, e chiare, screpolate in qualche punto, ma ammorbidite dal whisky.

“ Dove vuoi “ scrollò le spalle, strusciando le sue mani sulle gambe nude e accaldate, rosse a causa delle carezze del ragazzo.

Slash si alzò, cercando di non cadere, e tese una mano a Lisa, la quale lasciò un piccolo bacio sulla guancia di Duff che le sorrise per poi salutarla con un cenno della mano. Non si sarebbe neanche ricordato di lei forse il giorno dopo, nessuno lo faceva. 
Accettò volentieri l’aiuto del chitarrista, ricordandosi delle scarpe alte che stava indossando. I capelli ondeggiarono fieri dietro la sua schiena, il resto del gruppo salutò Slash, mentre ignorarono del tutto la ragazza che se ne stava andando con lui.

Il Rainbow non era più così affollato, all’uscita le persone erano diminuite così come le auto nel parcheggio.
Il braccio di Slash non lasciava andare la vita di Lisa mentre camminavano, in lontananza altre ragazze, come lei qualche ora prima, aspettavano qualcuno che sarebbe passato a prenderle.

“ Non saluti le tue amiche?” chiese Slash, Lisa sapeva che era l’alcol a parlare, ma non potè fare a meno di distaccarsi dal corpo del ragazzo.

“ Non sono mie amiche “ sussurrò, passando una mano tra i capelli disordinati.

Tutti ti odiano?” domandò sarcastico, il suo passo era lento, mentre la ragazza impaziente.

“ Si, tutti mi odiano “ allargò le braccia, il giubbotto nero si aprì lasciando intravedere il top, il capo chino e un triste sorriso sulle labbra.

Slash preferì il silenzio e iniziò ad osservarla come aveva fatto non appena l’aveva vista; aveva sentito la sua risposta, ma aveva fatto finta di niente, continuando a camminare nella direzione della loro auto.  
Aveva le chiavi ma pensò che non avrebbe potuto lasciare i ragazzi a piedi o costretti a chiamare un taxi nelle loro condizioni.
Tuttavia, una volta aperto lo sportello, non potè fare a meno di sedersi per ritrovare Lisa sul sedile anteriore del passeggero, con gli occhi chiusi e la testa rivolta all’indietro. Si avvicinò, lasciando un caldo bacio sul collo della ragazza che gemette non appena sentì la lingua di Slash creare una scia sino al suo mento, dove poi le sue labbra si unirono ancora una volta a quelle di Lisa.
La sua mano risalì possessiva e impaziente, tirando il top per la scollatura, rivelando uno dei seni sodi dal capezzolo giù turgido. Sembrava porcellana, così fragile sotto le sue grandi mani esperte.
Lisa si lasciò sfuggire un gemito e sentì le sue guance tingersi di rosso, si vergognava da morire ma aveva bisogno di quei soldi.
Era sfacciata, scopava ma non amava, si spogliava soltanto per chi pagava, si fidava solo del denaro.
Quando Slash liberò anche l’altro seno dal top che ormai era diventato troppo stretto, lei lentamente infilò le mani sotto le leggera canotta, per entrare in contatto con la sua pelle bollente; Slash sentì un brivido percorrere la sua schiena quando le dita tremanti disegnarono piccoli cerchi immaginari sulle sue scapole mentre la maglia che stava indossando risaliva i suoi addominali.
Si ricordò del cilindro, gettandolo sui sedili posteriori, per poi tirare giù la zip dei suoi pantaloni mentre Lisa sbottonava i pantaloncini di jeans. Questi scivolarono lungo le gambe della ragazza, che poi Slash fece alzare e posizionare sopra le sue.
Se ne fregavano del volante e del clacson che ogni tanto accennava a qualche rumore a causa dei loro movimenti, se ne fregavano se qualcuno avrebbe potuto vederli in quel momento.
Entrambi lo volevano, entrambi avevano fame, lui di sesso, lei di soldi.
Lisa guardò in basso, il ragazzo non indossava alcun tipo di mutanda, mentre si divertiva a tirare il filo sottile del perizoma nero che lei invece non vedeva l’ora di togliere.
Mentre con una mano continuava a tirare il tessuto degli slip che lasciavano scoperto il suo sedere, Slash con l’altra avvicinò al suo viso i seni di Lisa, che prese a baciare lentamente per poi lasciare qualche morso, causando qualche gemito non controllato.
Lisa strusciò il suo petto contro la bocca del ragazzo che adesso lasciava scivolare le sue dita oltre il tessuto del perizoma trasparente, provocandole un movimento del bacino involontario.
Lisa portò una mano tra i folti capelli di Slash, tirandoli e trattenendo le urla, mentre sentiva un dito stuzzicare la sua parte più sensibile.
La mano libera invece vagava adesso sul suo petto, graffiando con le unghie per lasciare qualche segno.
Quando sentì Slash muoversi sotto di lei, divaricò ancora di più le gambe, appoggiandosi alle sue spalle e mentre con una spinta decisa entrava in lei, la afferrò per i capelli, portando le sue labbra nell’incavo del suo collo. I loro respiri si unirono in un unico canto mentre Lisa si abbassava per accogliere tutta l’erezione di Slash.
Aveva le unghie conficcate nella pelle alla base del collo del chitarrista, mentre lui la teneva ben salda per i glutei.
Gli occhi chiusi, la testa gettata all’indietro, le labbra rosse e le guance rosee in contrasto con la pelle chiara del resto del suo corpo, non potè fare a meno di guardarla mentre godeva.

Sei bellissima “ le sussurrò e si stupì lui stesso di ciò che aveva appena pronunciato.

Al suono di quelle parole, Lisa aprì gli occhi di scatto, continuando a muoversi. Nessuno le aveva mai detto una cosa del genere. Non con quella voce dolce, non in quel momento.
I suoi occhi chiari si persero nelle pupille nere che non smettevano un attimo di guardarla, mentre due mani stringevano la sua vita snella.
Slash la baciò, lentamente mentre sentiva che stava per giungere al culmine del piacere. Aumentò la velocità delle sue spinte, mentre le sue labbra erano ancora attaccate a quelle di lei. Quando venne, incurante di non aver utilizzato un preservativo, strinse la ragazza in un abbraccio.
Lei si irrigidì, chiudendo gli occhi e venendo subito dopo di lui, inarcando la schiena e poi lasciandosi andare tra quelle due braccia forti.
Quando la presa aumentò, Lisa sentì il battito accelerato del cuore di Slash e pensò che da domani entrambi sarebbero ritornati ad essere due estranei.
Non sapeva spiegarsi il motivo, ma lo stomaco iniziò a farle male e un pizzico di malinconia si impossessò del suo umore, mentre Slash stava cercando di capire cosa Lisa aveva di diverso dalle altre.

 











 
Spazio autrice:
sono riuscita ad aggiornare anche oggi, tra lo studio e gli impegni riesco a trovare un po' di tempo per aggiornare questa storia.
Ringrazio le persone che stanno continuando a seguire la storia, e ad aggiungerla tra ricordate/preferite/seguite e coloro che lasciano una recensione.
L'immagine che ho lasciato a fine capitolo, sempre che Efp la lasci vedere, è tratta dal film Poison Ivy, dove la protagonista è Drew Barrymore.
Ecco, in realtà Lisa io la immagino un po' così, dai capelli più lunghi e gli occhi castani.
Capitolo rosso, se non vi piace che scene del genere siano descritte, cambiate fanfiction, perchè il bollino rosso indica proprio questo.
Momento imbarazzante in cui non so cos'altro dire, vi lascio e vi aspetto in un prossimo capitolo, sempre se volete continuare a seguire la storia.x

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Capitolo 4
*** Butterflies. ***


Lisa si ricompose, velocemente, non aspettando neanche che Slash mettesse mano al portafoglio.
Non gli andava di prendere i suoi soldi, voleva soltanto scendere da quell’auto e tornare a casa da sua madre.
Il ragazzo notò la sua fretta, iniziando lentamente a tirare su i pantaloni mentre non smetteva un attimo di guardare la donna al suo fianco che scostava i lunghi capelli biondi su una spalla. Stava cercando di prendere tempo, pensando ad una qualsiasi scusa per trattenerla, magari per un altro po’ di sesso.
Ma quando Lisa si voltò, i suoi grandi occhi che gli leggevano persino l’anima, il sorriso triste sulle labbra rosse dei suoi baci, capì.
Doveva andare, e lui l’avrebbe lasciata scappare. E' così che funziona, quando sei una prostituta scompari un attimo dopo aver avuto la paga.
Slash scostò per un attimo i ricci dal viso, abbassando lo sguardo per cercare il suo portafoglio, ma una mano gli afferrò il polso, bloccando ogni suo movimento.

“ No “ aveva detto Lisa e Slash non riusciva a capire.

Non voleva dei soldi, eppure quelli erano il suo obiettivo. Il nero delle pupille del ragazzo si posò ancora una volta su quel viso tanto angelico quanto tentatore, alzando una mano per accarezzarle una gote arrossita.
Lisa sorrise ancora, non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere, ne da lui ne da nessun’altro.
Slash pensava che lei fosse una puttana, una di quelle che lasciava andare uno solo per fuggire alla ricerca di un altro.
Non sapeva che Lisa non era una vera prostituta, che quella era la terza volta che faceva una cosa del genere. E non poteva neanche immaginare che dopo quella sera lei si era ripromessa di non fare mai più una cosa del genere.

“ Devo andare “ sussurrò, lasciandogli un ultimo bacio sulla guancia e aprendo lo sportello dell’auto.

Non si voltò una seconda volta, continuò a camminare dritta, nella fioca luce dell’alba che lentamente stava illuminando Los Angeles.
Sentiva male allo stomaco, una morsa fastidiosa e in certi versi dolorosa che la stava tormentando da quando Slash le aveva detto che era bellissima.
Ignorò quelle che non sapeva essere farfalle allo stomaco, accusando l’alcol e la fame che si trascinava dietro da qualche ora.

Ci rivedremo “ aveva detto lui, sicuro di sè, pensando forse di trovarla la sera successiva fuori al Rainbow con l’ennesima sigaretta tra le labbra e l’attesa che qualcuno la portasse via da quell’inferno. 

Non so come “ aveva risposto Lisa, lasciando Slash senza parole e andandosene con l’ultima sensazione della sua pelle ruvida sulle sue labbra sporche per un bacio d’addio.
 
 









Slash tornò dai suoi amici, ancora accaldato e scosso dagli avvenimenti accaduti poco fa, un ultimo sguardo alla figura snella di Lisa che attraversava la strada e lentamente se ne andava, il capo chino e una sigaretta tra le labbra a forma di cuore che sapeva avrebbe sognato non appena i suoi occhi si fossero chiusi per il sonno.
Un peso sullo stomaco, un misto di ansia e nausea , le famose farfalle che Slash non aveva mai sentito, si maledisse mentalmente per aver bevuto troppo e per aver dormito poco quella mattina.
Il Rainbow ormai quasi vuoto, in lontananza sentì le grida di Axl e Steven mentre il proprietario e i camerieri cercavano di convincere i ragazzi ubriachi a lasciare il bar in vista della chiusura.
Sorrise, Duff si era addormentato con la testa sulla spalla di una ragazza a malapena vestita, Izzy aveva ancora un boccale di birra da finire e Steven and Axl erano rossi in viso mentre blateravano scuse senza senso per poter restare ancora un po’.
Quando arrivò al loro tavolo, alzò lo sguardo scorgendo l’orario esatto. Erano quasi le sei e mezza del mattino, avevano esagerato come sempre.
Ma ne era valsa la pena, pensò, ricordando gli occhi serrati di Lisa quando le sue mani la stringevano forte.
Scosse il capo, colpendo Duff su un braccio per svegliarlo e facendo un cenno col capo ad Izzy per convincerlo a lasciare quel posto.

“ Ma che cazzo sta succedendo?” il biondo si risvegliò, saltando quasi a causa delle continue urla di Axl.

“ Cristo Axl! Andiamocene da qui!” sbottò Slash, il suo corpo aveva quasi smaltito la sbronza, stava ricominciando a riacquistare un po’ di lucidità, ma non vedeva l’ora di tornare a casa e bere ancora un po’ in compagnia degli altri che sicuramente non avrebbero rifiutato quella proposta.

“ Steven, merda! Smettetela!” i due appena nominati si voltarono furiosi, le guance rosse e le fronti sudate.

Borbottarono qualcosa di incomprensibile, dopo aver però lasciato cadere le loro bottiglie vuote sul pavimento, causando un suono assordante.
Nessuno di loro si scusò, sapevano che il bar doveva la sua notorietà anche alle loro esibizioni.

“ Avrei potuto portare Sasha con me “ brontolò un Duff ancora assonnato, mentre con gli altri lentamente raggiungeva la sua auto.

“ Non si chiamava Susan?” domandò Izzy, fissando divertito il suo amico.

“ Io credevo che si chiamasse Zoe!” esclamò Steven, scoppiando poi a ridere, causando una risata generale.

“ Myranda era fantastica!” affermò Axl, scostando i suoi lunghi capelli rossi dal volto.

“ Sicuro si chiamasse Myranda, man?” chiese Slash, cingendo con un braccio le spalle larghe e muscolose del rosso.

“ Non dimenticherò Lisa di certo” sorrise malizioso, Slash restò fermo per un secondo, prima di aprire bocca.

“ Una gran bella scopata” commentò, forzando un po’ il sorriso sulle labbra screpolate.

“ Sai se domani sarà qui?” Axl si sedette sul sedile del passeggero anteriore, mentre gli altri si trascinavano stanchi su quelli posteriori.

“ No” rispose il riccio, prendendo il posto di guida e mettendo in moto l’auto.

Avrebbe voluto non pensarci, dimenticare al più presto quell’assurda anche se fantastica serata, affogando i sentimenti strani che si erano impossessati della sua mente e del suo corpo in una bottiglia di Jack Daniel’s.
Avrebbe voluto dormire e lasciarsi come sempre alle spalle tutti gli avvenimenti della sera precedente.
Ma quando tornò a casa, tra le lenzuola stropicciate del suo letto sfatto, non potè non pensare ad un paio di occhi castani e ad una massa informe di capelli biondi lunghissimi.
 








Lisa era tornata finalmente a casa, i piedi le facevano male e in tasca aveva pochi soldi.
Sospirò; una volta chiusa la porta alle sue spalle, si affretò a liberarsi delle scarpe alte e camminò in punta di piedi sino alla camera della madre, avvolta nel buio.
Alcuni fiori impedivano la vista dell’alba rosea dalla finestra, sentì le coperte spostarsi e un mugolio rompere il silenzio della stanza.

“ Mamma “ si affrettò subito al suo fianco, toccandole la fronte.

“ Lisa, sei tu?” la donna aveva gli occhi spalancati, forse dalla paura, forse perché stava cercando di abituarsi al buio che presto l’avrebbe portata via, ma questo Lisa non lo sapeva.

“ Dov’è Tyler?” chiese, mentre prendeva posto al suo fianco, ignorando che la madre avrebbe potuto rimproverarla per il suo abbigliamento.

“ E’ già andato a lavoro, penso. Che ore sono?” Lisa strinse il corpo della madre tra le sue braccia giovani, mentre la donna le accarezzava i capelli.

“ Quasi le sette e mezza. Pensi che dovrei tagliarli?” le chiese, riferendosi alla lunghezza della sua chioma.

“ Hai fatto così tardi al Roxy? No, non devi. Dovresti dormire “ sussurrò sua madre, mentre sentiva le sue palpebre pesanti.

“ Va bene” Lisa affondò il viso sul petto della madre, uno dei due seni mancava, la pelle era ruvida a causa della cicatrice, ma lasciò ugualmente che la sua guancia aderisse perfettamente a quella parte del corpo.

Si addormentò, sognando il sorriso di sua madre e un paio di occhi neri che non smettevano di seguirla.








 

 
Spazio autrice:
finalmente, un altro capitolo.
Sono riuscita ad aggiornare, posso postare i nuovi capitoli soltanto di sera, quando trovo un po' di tempo libero.
Spero che la storia vi stia piacendo, le cose di stanno rendendo complicate anche se siamo soltanto al quarto capitolo.
Lisa e i ragazzi, Slash in particolare, si incontreranno di nuovo ovviamente, altrimenti non potrei continuare la fanfiction.
Lasciate una recensione se volete, un vostro commento non fa che accrescere la mia idea di come poter continuare questa storia anche secondo i vostri gusti.
Per qualsiasi cosa, potete contattarmi qui su Efp con un messaggio, o magari su Twitter ( sono @luivsa anche lì ).x

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Capitolo 5
*** Roxy. ***


 
Tyler non sarebbe tornato prima che Lisa uscisse per iniziare il suo turno delle otto al Roxy.
Sperava soltanto che Meredith potesse aspettare qualche minuto in più in compagnia di sua madre.

“ Tranquilla, resto io qui “ l’aveva assicurata, prendendo posto sul divano e continuando a sorseggiare la bevanda calda che si era preparata mentre Lisa si affrettava ad uscire.

“ Non so come ringraziarti, Meredith! Tyler sarà qui a momenti” abbracciò la sua vicina di casa, nonché l’unica persona di cui si fidava ciecamente e a cui voleva davvero molto bene.

“ Stai attenta, piuttosto” osservò il suo abbigliamento, storcendo le labbra alla vista dei pantaloncini di pelle corti.

“ Smettila! E poi c’è Jack, lui riesce a tenerli a bada” Lisa rivolse un sorriso rassicurante alla sua migliore amica, strizzandole l’occhio e afferrando di corsa il mazzo di chiavi e il giubbino di jeans.

Si voltò un’ultima volta, Meredith con lo sguardo fisso sul piccolo televisore, le gambe allungate sul vecchio divano di stoffa e una tazza fumante sotto il naso. Spostò gli occhi sulla porta della camera di sua madre, Tyler l’aveva verniciata di bianco qualche mese fa, ma l’umidità stava comunque divorando il legno.
Si voltò, trattenne per un attimo il respiro e poi si avviò, a passo svelto, verso il Roxy, non molto lontano da casa sua.







“ Izzy! Brutto stronzo! E’ domenica, non vorrai mica startene sdraiato su questo fottuto letto a marcire!” Steven era entrato come una furia nella stanza del moro, alzando le mani al cielo e pregando mentalmente che il suo amico fosse vestito.

“ Dove dovremmo andare questa volta?” sbottò, lasciando andare la chitarra acustica al suo fianco, una vecchia Guild che non ricordava neanche chi gliel’avesse regalata e per quale occasione.

“ Non lo so, al Rainbow, al Roxy, che importa?” sorrise, due grandi guance a contornare il viso di Adler.

“ L’importante è ubriacarsi, vero?” ai due si unì un Duff divertito alla vista del viso annoiato di Izzy e di quello troppo eccitato di Steven.

“ Esatto! Andiamo al Roxy? Al Rainbow siamo stati ieri sera e la scorsa sera ancora!” sembrava un bambino, il broncio e le mani incrociate al petto, quando un attimo prima aveva affermato che non aveva importanza il luogo.

“ Va bene, va bene! Smettila di piagnucolare!” sbottò Izzy, non molto felice di essersi arreso.

Avrebbe preferito restarsene a casa, in compagnia della sua chitarra e di un paio di bottiglie di Jack Daniel’s. Forse più di due.
Si alzò lentamente dal letto, mentre Steven correva praticamente verso la sua camera per indossare qualcosa che non comprendesse soltanto un paio di orrende mutande sporche. Duff lo seguì, trattenendo ogni tanto una risata.
Izzy si grattò il capo, davvero non sapeva se assecondare il volere di Adler e uscire con loro o poltrire in casa.
Restò con lo sguardo fisso sul pavimento, cercando di prendere una decisione in fretta, quando la sua porta si spalancò per l’ennesima volta in quella giornata.

“ Dannazione! Mai una volta che possa starmene da solo!” alzò gli occhi castani al cielo, maledicendo mentalmente la persona che era appena entrata.

“ Hey, calmati Jeffrey! Sono solo io!” disse Slash, alzando le mani.

“ E chi altro, Saul! Oggi manca soltanto William all’appello!” continuò a borbottare, mentre recuperava dal pavimento una camicia nera con delle stampe fiorate.

“ Non vorrai davvero indossare di nuovo questa schifezza, vero? A proposito, dove andiamo?” domandò il riccio, tirando su i suoi pantaloni di pelle nera attillati.

“ Steven vuole tornare al Roxy” Izzy scrollò le spalle, osservandosi per un secondo allo specchio, tirando i capelli neri.

“ Perfetto! Finisco di prepararmi e andiamo allora” Slash battè le mani soddisfatto, era sicuro di poter incontrare di nuovo la ragazza di ieri sera fuori al Rainbow e sperava in un fine serata migliore di quello precedente.

“ Dov’è Axl?” prima che Saul chiudesse la porta della camera di Jeffrey alle sue spalle, urlò un “ Non lo so!” e lo lasciò solo con i suoi mille pensieri.





Quando arrivarono finalmente al Roxy erano le dieci passate e una folla bloccava l’entrata.
Sean, il buttafuori, notò i ragazzi da lontano e non ci pensò due volte a lasciarli passare. Ormai erano noti da quelle parti, ogni tanto i loro volti erano stampati su volantini che venivano offerti ai passanti in centro per attirare l’attenzione sulle esibizioni che si tenevano nei bar della Sunset Strip.
Tutti e cinque lo salutarono con un veloce abbraccio, prima di entrare a far parte di quell’inferno che era il Roxy.
Slash aveva di proposito parcheggiato l’auto molto più vicino al Rainbow, per controllare se Lisa fosse lì quella sera, se fosse arrivata o se forse se ne fosse già andata.
Ma non notò una particolare chioma ribelle bionda, che era rimasta impressa nella sua mente dalla scorsa sera, ne l’angelico volto dal sorriso malizioso che l’aveva tormentato quella mattina.
Cercò di ignorare la delusione nel non trovarla, aveva riposto ogni speranza in quel bar quella sera ma la fortuna non sembrava essere dalla sua parte.
Mentre Steven e Axl si erano fermati poco lontani dall’entrata per parlare con un gruppo di ragazze che aveva attirato la loro attenzione, Slash decise di dirigersi al bancone, per iniziare al meglio ( o al peggio, non lo sapeva ) la serata.
Jack, il proprietario del Roxy, notò da lontano la band che quella sera aveva scelto il suo bar per ubriacarsi e fare follie. Quando scorse la figura del famoso chitarrista farsi spazio tra la gente per raggiungere il bancone, gridò il nome della prima ragazza che lavorava per lui addetta alla preparazione dei drink.
Lisa riconobbe la voce squillante del suo capo e si voltò subito, capendo che qualcuno andava servito e anche in fretta, a giudicare dal tono di Jack.
Un cilindro nero e dei riccioli scuri non definiti si piazzarono dinanzi ai suoi occhi. La testa come sempre era china, i gomiti appoggiati al legno del bancone mentre le dita battevano impazienti.
Lisa sentì il suo battito cardiaco accelerare molto velocemente, le sue mani avevano iniziato a sudare e si sentiva oppressa dal caldo che circondava il suo corpo.
Ma decise di essere coraggiosa, era soltanto Slash. Non si sarebbe neanche ricordata di lei forse.

“ Benvenuto al Roxy! Cosa ti porto?” sorrise, le labbra screpolate coperte da un filo di rossetto rosso, i capelli legati che lasciavano scoperto il suo lungo collo nudo, così come il solco dei seni visibile dal top bianco che lasciava trasparire il reggiseno scuro.

“ Qualcosa di forte “ non aveva ancora alzato il capo, si era limitato a borbottare quelle tre parole a voce alta, per sovrastare il caos del locale.

Lisa mischiò i vari tipi di alcol come suo solito, dando al drink un aspetto poco invitante ma un odore buonissimo. Mentre con una mano reggeva il bicchiere di vetro trasparente, con l’altra afferrò il cilindro di Slash, che subito alzò lo sguardo per puntarlo meravigliato sul suo viso.

“ Tu!” esclamò, un sorriso si fece spazio sulle sue labbra carnose, quelle che Lisa aveva sognato tutta la notte.

“ Ciao” Lisa non potè fare a meno che ricambiare, curvando le labbra, mentre però si muoveva frenetica dietro quel banco di legno che li separava.

“ Cosa ci fai qui?” il ragazzo si voltò un attimo indietro, dando un’occhiata ai tavolini rotondi occupati da fin troppe persone e al palco illuminato che reggeva una batteria e alcuni strumenti illuminati dalle luci colorate.

“ Ci lavoro” Lisa scrollò le spalle e Slash sentendo di nuovo la sua voce si girò a guardarla.

“ Che coincidenza!” urlò felice, mentre pensava che in realtà quell’incontro era più che voluto.

“ Già!” Lisa reggeva un vassoio con tanti di quei drink che Slash non fece in tempo a contare che furono portati via da un’altra cameriera.

“ Da quando lavori qui?” portò ancora alla bocca il delizioso miscuglio di alcolici che Lisa aveva preparato per lui.

“ Da molto, ma non ho giorni fissi. Quando Jack ha bisogno di una mano in più, chiama me” affermò sicura, ricordando che per Slash il suo lavoro era tutt’altro.

“ Non ti ho mai vista” scosse il capo rammaricato, mordendo il suo labbro inferiore.

“ Oh, spesso lavoro di mattina” si era limitata a dire, troppo impegnata con le continue ordinazioni.

“ Non è un buon momento per parlare, vero?” chiese il ragazzo, alzandosi e pagando la sua bevanda.

“ Direi” Lisa fece pressione con le dita alla base del suo collo, desiderando al più presto un semplice bicchiere d’acqua.

“ Quando hai finito, ci raggiungi! Sono con il resto del gruppo, ad uno di questi tavoli” la informò, avvicinandosi al bancone, prendendo la mano che Lisa aveva lasciato cadere lungo il suo fianco e stringendola debolmente.

“ Va bene, a dopo” e lo seguì con lo sguardo, mentre si allontanava, reggendo sulla testa il suo grande cilindro nero.








Erano le due, Lisa era stanca e ansiosa di raggiungere la band conosciuta ieri sera. Chiese ad una delle ragazze di occuparsi delle ultime cose, mentre lei si affrettava a lasciare il bancone per dirigersi verso uno dei pochi tavoli ancora occupati.
La situazione non era diversa da quella di ieri sera. Ognuno di loro aveva una ragazza al suo fianco e le loro bocche erano troppo impegnate a far altro per parlare. Persino Slash, che l’aveva invitata a raggiugerli a fine serata, non smetteva di baciare la ragazza che lasciava scorrere la mano sulla t-shirt stropicciata del chitarrista.
Le sembrava inutile, quasi sconveniente, presentarsi lì ed intromettersi in quelli che non erano discorsi. Era di troppo, e per questo si limitò a rientrare nei suoi panni di dipendente stipendiata del Roxy.
Si avvicinò, la gomma delle scarpe provocava un suono fastidioso sul parquet che come sempre ignorò. Non proferì parola, ne salutò nessuno dei conoscenti. Semplicemente si chinò sul tavolo e inziò a prendere tutti i bicchieri e le bottiglie vuote.
Quando tentò di afferrare un boccale mezzo pieno ( o mezzo vuoto, dipende dai punti di vista) , una voce la fermò, facendola tremare.

“ Non ci provare nemmeno, bambola” brontolò quello che ricordò chiamarsi Duff.

“ Il bar chiude fra mezz’ora” rispose atona, ritornando a liberare il tavolo sporco.

“ Ma tu sei…” Duff la osservò ancora, sforzandosi di ricordare il nome della ragazza, molto più attratto dalla scollatura del top che stava indossando, piuttosto che dal suo viso.

“ Lisa!” Axl, che qualche secondo prima si stava intrattenendo con quella che Lisa pensò essere una modella, si voltò gridando il suo nome e sorprendendola.

“ Ciao” si limitò a rispondere, sentendo ora gli sguardi di tutti gli altri su di lei, che non si trovava in una posizione davvero comoda.

Subito si raddrizzò, facendo un passo indietro e reggendo il vassoio stracolmo di boccali di birra da lavare.
Sentì un brivido percorrere la sua schiena sudata quando Slash distolse lo sguardo dalla sua attuale compagnia per puntarlo su di lei.

“ Che ci fai qui, amore?” domandò un Axl curioso, gli occhi azzurri vispi e brillanti alla vista di tanta bellezza.

“ Lavoro” continuò lei con tono freddo, le mani erano veloci ad afferrare tappi di bottiglie e fazzoletti impregnati di alcol.

“ Pensavo fossi una puttana!” esclamò ubriaco, facendo scoppiare Steven in una risata fragorosa.

“ Evidentemente non lo sono” si voltò per ritornare al bancone e chiedere a Jack di tornare a casa qualche minuto prima, quando Axl la richiamò.

“ Andiamo, unisciti a noi!” il braccio di Axl che circondava le spalle di una ragazza mora dalle labbra sporche di rossetto sbavato ora era teso verso di lei, mentre con l’altro spingeva la ragazza di Izzy in modo da recuperare un po’ di spazio per farla sedere sul comodo divano in pelle.

“ Non credo che sia una buona idea” quando Slash si accorse che il vassoio che stava reggendo con entrambe le mani sembrava stesse per cadere da un momento all’altro, si alzò e lo prese, lasciando Lisa confusa e sorpresa da quel gesto.

“ Ieri sera eri di tutt’altra idea” ribadì Axl che si alzò, facendo il broncio e porgendo ancora una mano nella sua direzione.

“ E va bene” disse, sospirando e prendendo posto al fianco di Duff, sentendo lo sguardo di Axl seguire ogni suo minimo movimento.

“ Quindi, abbiamo capito male?” continuò il rosso, mentre le mani esili della sua compagna stringevano forti il suo braccio, conficcando le unghie nella pelle marchiata dai suoi tatuaggi colorati.

“ Si” Lisa era in imbarazzo, sfregava le mani sulle sue gambe nude.

“ Peccato, avrei pagato milioni per una notte con te “ a questo punto la ragazza al suo fianco cercò di attirare di nuovo l’attenzione di Axl, ma ciò che ottenne fu soltanto uno sguardo freddo e annoiato, le disse di andarsene con parole davvero poco carine.

“ Puoi avermi gratis “ Slash, che era stato attento al discorso, puntò le sue pupille nere sul volto di Lisa, cercando di attirare la sua attenzione e riuscendoci, quando la ragazza, appena pronunciate quelle parole, si voltò anche lei a guardarlo.

Axl non se lo fece ripetere due volte, alzandosi e decidendo che era ora di andare via per tutti.
Mentre Izzy e Steven lasciarono il tavolo trascinando la loro scopata giornaliera, Slash sussurrava parole che Duff aveva difficoltà a comprendere, mentre Lisa affiancava Axl.

“ Diglielo allora!” aveva urlato Mckagan, alzando le mani al cielo e sorridendo come un perfetto idiota.

“ Come se fosse la cosa più ovvia del mondo” ribbattè Slash, annoiato da quella situazione.

“ Sono sicuro che ti inventerai qualcosa allora, man” disse il biondo, strizzando un occhio e raggiungendo il resto del gruppo.
 






Spazio autrice:
forse pubblico i capitoli un po' velocemente, ma approfitto del tempo libero che  mi ritrovo in questi giorni.
Ed ecco che Lisa incontra di nuovo la nostra band, lasciando un po' tutti sorpresi, in particolare Slash.
Ma d'altronde, ve l'aspettavate.
Spero che la storia vi stia piacendo e rignrazio le persone che stanno continuando a lasciare una recensione e ad aggiungerla tra le rpeferite/seguite/ricordate! x

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Capitolo 6
*** Sweet Child O'Mine. ***


Quell’appartamento puzzava di fumo e di alcol nonostante i ragazzi avessero lasciato le finestre delle stanze spalancate, non preoccupandosi della possibile entrata di ladri o barboni che sarebbero stati capaci di arrampicarsi per dormire anche solo una notte su un letto comodo.
Erano entrati urlando, Steven prese in braccio la ragazza che lo stava affiancando, caricandosela su una spalla e camminando in direzione di una camera buia alla fine dello stretto corridoio illuminato soltanto da un paio di lampadine.
Lisa sorrise osservando la scena, e non potè fare a meno di ridere quando Adler quasi non fece cadere la sua bella, prendendola in tempo prima che il suo bel viso truccato sfiorasse il pavimento sporco.
Axl la stringeva forte, abbracciandola e trascinandola su di sè quando si accomodarono sul divanetto malandato. Sentiva i seni di Lisa schiacciati contro il suo petto sudato e quel semplice contatto lo mandava in tilt, lasciando che la sua mente immaginasse tutte le cose possibili e non che avrebbe potuto fare con quella ragazza.
A Lisa non dispiacevano quelle attenzioni, anzi. Si divertiva ad osservare Slash che dall’altra parte della stanza, seduto in malo modo su una poltrona in pelle, si mostrava indifferente nei confronti della ragazza che al bar invece non si faceva problemi a baciare e toccare.
Ricordava ancora le sue labbra sulla sua pelle, ed era frustrante non riuscire a dimenticarle. C’era qualcosa in lui. Non sapeva cosa. Quelle labbra.
Ne ricordava ancora il sapore, fumo e whisky. La labbra di Axl avrebbero avuto il medesimo gusto, ma non sarebbero state quelle di Slash.
Erano una massa di caos, non riusciva a togliersi dalla testa quel sorriso, che avrebbe potuto guarire le anime spezzate e forse era per quello che la faceva sentire diversa.
Si tormentava, abbracciata al rosso che ubriaco le passava una mano tra i capelli, scendendo poi a sfiorare la sua schiena nuda, lasciando che i suoi polpastrelli giungessero al tessuto dei suoi pantaloncini corti.
Colpita da un brivido di freddo in piena estate, alzò il capo improvvisamente, distaccandosi lentamente da Axl che la guardava ammaliato e confuso.

“ Scusami, puoi dirmi dov’è il bagno?” i lunghi capelli ricaddero mossi sulle sue spalle, nascondendo i seni visibili attraverso quel top striminzito.

Per Axl era una visione, ma era troppo stanco e ubriaco persino per rispondere. Si limitò ad indicarle la direzione alzando un braccio e puntandolo verso il corridoio.
Lisa si alzò, la gambe poco abbronzate sembravano non avere una fine, non solo gli occhi di Rose stavano ammirando quello spettacolo.
Dall’altra parte della stanza Slash stava cercando di convincere Sarah, Selene o come diavolo si chiamava a lasciarlo in pace e a pensare a distrarre il suo amico sdraiato sul divano.
Mentre parlava i suoi occhi scuri, nascosti dai ricci, non avevano lasciato andare neanche per un secondo da quando erano partiti dal Roxy la figura di Lisa che ora si dirigeva verso il corridoio poco illuminato. Gli abiti che stava indossando le mettevano in risalto le curve perfette del suo magnifico corpo, poteva essere paragonata ad una dea, la Venere di Botticelli, quei capelli biondi che Slash ricordava profumare di fragola o cannella, non lo ricordava, ma doveva saperlo. Aveva bisogno di stringerla ancora una volta, mordere quella pelle tanto soffice e liscia, quelle labbra troppo bianche e alla vista pudiche.
Quando sentì Duff colpirlo con un leggero pugno su una spalla e osservare che la ragazza che era venuto con lui si era ora seduta al fianco di Axl e lo stava facilmente seducendo, decise di alzarsi e di raggiungere Lisa.
Gemiti e urla trattenuti provenivano dalla stanza di Steven, che aveva lasciato anche la porta socchiusa. Slash si voltò di scatto sentendo una porta chiudersi con un tonfo, ma la chiave non fu girata e quindi era ancora in tempo per entrare. Con pochi e veloci passi si ritrovò con la testa china sulla vecchia porta del bagno, il respiro pesante, l’alito che puzzava di alcol e Marlboro rosse, le mani sudate e i capelli schiacciati sulla fronte.
Si insultò mentalmente, pensando che forse sarebbe stato il caso di lasciar perdere e tornare in salotto, convincendo Sarah a scopare anche con lui.
Ma la porta si aprì di scatto e sarebbe caduto se Lisa non l’avesse afferrato il tempo per le spalle e lui non si fosse aggrappato prontamente alla sua vita sottile. Slash restò qualche secondo con il viso schiacciato al petto di Lisa, aumentando la presa, sentendo la sua pelle calda sotto le mani callose. Si distaccò quando sentì che la ragazza si stava allontanando, poi puntò il suo sguardo sul suo viso e subito si rese conto di aver sbagliato.
Non avrebbe mai dovuto incontrare quegli occhi grandi e luminosi, anche loro un po’ brilli e tristi, proprio come i suoi.

“ Tutto okay?” domandò, la voce bassa e timida, non sembrava la Lisa di ieri sera ne quella del Roxy e questo Slash lo notò.

“ Io.. Si, scusami” fece per andarsene, ma poi si voltò di nuovo a guardarla, avrebbe voluto baciarla fino a dimenticare la realtà.

Sarebbero morti desiderandosi o avrebbero consumato la loro passione famelica quella sera, e Slash quello lo sapeva.
Per questo non ci pensò due volte e la baciò. La voleva dalla prima volta che l’aveva vista, l’aveva avuta ma non poteva farne a meno, non  quella sera.
Le sue labbra erano fredde, ruvide e immobili mentre quelle di lui erano frenetiche e bollenti. Fu soltanto quando Slash morse il suo labbro inferiore che lei si riprese da quell’iniziale shock e iniziò a ricambiare il bacio, dimenticandosi di Axl, del Roxy, dell’appartamento lurido in cui si trovava e persino di sua madre e Tyler che la stavano aspettando a casa.
Non poteva permettersi di fare tardi anche quella sera, ma la loro passione bruciava come le sigarette a basso costo.
Sapeva che avrebbe dovuto andarsene il più in fretta possibile, ma al tempo stesso voleva restare lì, divertirsi, sentirsi per una volta la ragazza di vent’anni qual era, senza dover correre a casa preoccupata, rischiando un infarto ogni volta che chiamando il nome di sua madre o di suo fratello non sentiva alcuna risposta. Si distaccò, ancora scossa e confusa, le labbra umide al contatto con quelle di Slash, il respiro pesante.
Lo guardò, si sentiva nuda sotto quelle pupille scure che la scrutavano intensamente, come se tutte le sue paure facessero capolino e si mostrassero allo sconosciuto che aveva davanti agli occhi e che l’aveva baciata un attimo prima.
Lisa aveva paura delle altezze, del buio e della morte, i suoi occhi lo stavano dicendo a Slash, che aveva paura di perdere le persone a lei più care, di perdersi. Che cosa le stava succedendo?
Non aveva mai provato niente del genere per un ragazzo prima, un misto di piacere, paura, ansia e gioia? Era felice di essere lì con lui?
Provate voi, Lisa avrebbe voluto dirlo se avesse potuto, a sentirlo, tutto quel dolore: costante, perenne, in ogni forma.
Slash la guardava, quegli occhi chiari parlavano più delle sue labbra. Sembrava un cucciolo indifeso, impaurita, lo vedeva, lo sentiva.
Ed era forse per questo che la baciò ancora, ed ancora, ed ancora.
Le loro lingue si intrecciavano, Slash sentiva la pelle d’oca ogni volta che la toccava, la sfiorava. Le mani di Lisa erano intorno al suo collo, carezze e graffi, gemiti strozzati e prese aumentate, un morso, un sospiro e poi si staccarono, si guardarono e ripresero a baciarsi.
La mente annebbiata, l’alcol e il fumo sulle labbra carnose di Slash, i capelli di Lisa intrecciati alle sue mani, profumavano di fragola, il petto nudo e sudato di Slash, i vestiti di lei sul pavimento freddo. I loro bacini si avvicinavano e si allontanavano, mani stringevano per lasciare segni visibili fino al giorno dopo.
Slash la trascinò dietro con se, con la schiena chiuse la porta alle sue spalle mentre Lisa faceva girare la chiave con un giro secco.
Lasciò un bacio sulla sua spalla, sul suo collo, la guancia e poi di nuovo le labbra, fameliche, arrossate e gonfie. Con le mani ancora tra i capelli, prese a baciarle il petto, i seni e scendeva sempre più giù, velocemente, sentiva i respiri affannati di Lisa, le mani che tiravano i suoi ricci disordinati.
Fu un attimo: si ritrovarono sdraiati sul pavimento, si sentivano soltanto le urla provenienti dalle altre stanze e il frusciare dei vestiti sotto le mani frenetiche.  Erano nudi, avvinghiati uno al corpo dell’altra. Ancora una volta Slash la fece sua, marchiò il suo collo, la sua spalla, un bacio e un morso, eccitandosi alla vista del viso contratto di Lisa, ai suoi occhi serrati e al labbro inferiore imprigionato dai denti. Raggiunsero l’orgasmo soffocando le loro grida nell’ennesimo bacio.




“ Devo andare via” sussurrò Lisa, ancora affannata tra le braccia tatuate di Slash.

“ Piccola, non voglio che tu vada via adesso” il chitarrista incolpò l’alcol che scorreva nelle sue vene, ma la verità è che era consapevole delle sue parole.

“ Devo” di colpo Lisa si alzò, i lunghi capelli le nascondevano la schiena.

Si chinò per raccogliere i suoi abiti e indossarli velocemente mentre Slash era ancora sdraiato sul pavimento, incapace di muoversi, ammaliato da tanta bellezza. Non si alzò neanche quando lei aprì la porta e si voltò, rivolgendogli un ultimo sguardo e sussurrando un saluto.
Sentendo il tonfo della porta chiusa, Slash serrò le palpebre, maledicendosi mentalmente per aver trascorso ancora una volta troppo poco tempo con lei.





Intanto Lisa era tornata in salotto, trovando però soltanto il ragazzo moro a fumare una sigaretta alla luce della luna che quella sera illuminava Los Angeles. Affrettò il passo, pensando di non essere notata, ma si bloccò al suono della voce tranquilla di Izzy.

“ Vai già via?” la stava guardando, non sapeva il perché ma ogni volta che i suoi occhi si posavano su Lisa, nella sua mente si ripeteva la strofa di una delle loro canzoni.
I suoi capelli mi ricordano un posto caldo e sicuro,
dove mi nascondevo da bambino
e pregavo affinchè il tuono e la pioggia
se ne andassero da me con calma...

“Si” sussurrò allora lei.

Izzy la osservò ancora, era immobile al centro della stanza, la pelle chiara e gli occhi spalancati per la sorpresa. Con un cenno del capo la salutò silenzioso, continuando a fumare la sua Marlboro, voltando il capo per poi sentire la porta chiudersi per l’ennesima volta quella giornata.
L’aveva guardata anche quando lei guardava altrove, dolce bambina.
Aveva un cuore, era buono. Avrebbe dovuto donarlo a qualcuno a cui importasse davvero, non ad un chitarrista squattrinato.
E forse dentro di se sapeva che non era Slash il musicista a cui si stava riferendo.
Se avesse potuto essere invisibile, state tranquilli che Izzy l’avrebbe rincorsa sino a casa, le avrebbe sfiorato i capelli e avrebbe ascoltato il suo respiro, dandole poi un bacio, uno solo.
Ma questo Lisa non l’avrebbe mai saputo, non l’avrebbe mai saputo nessuno.








 

 
Spazio autrice:
finalmente, scusate il ritardo! 
Sono super impagnata in questi giorni e approfittando del sabato e della pioggia che crea l'atmosfera, sono riuscita a scrivere questo nuovo capitolo.
Non sapete quanto ho trascorso soltanto per l'ultima parte dedicata ad Izzy.
Per non parlare dell'immagine! C'ho messo anni a recuperarla.
Spero di non avervi deluso e che la storia stia continuando a piacere.
Ringrazio le persone che stanno continuando a leggerla, e anche i nuovi lettori ovviamente :)
Sapete che apprezzerei una recensione, ma se siete troppo timidi, non fa nulla.
xx

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Capitolo 7
*** Tell me something about you. ***


Lisa aveva gli stessi occhi di sua madre, grandi e castani, intensi, vivaci e contemporaneamente tristi.
Era cresciuta nei sobborghi di Los Angeles, a Compton, a South Central, per strada ed occasionalmente lei e Tyler frequentavano qualche istituto.
Aveva lasciato la scuola all’età di sedici anni, quando si era trasferita nel WestSide insieme a sua madre e suo fratello, dopo che suo padre li aveva abbandonati, non credendo di poter continuare a vivere con una moglie malata e due figli a carico. Non l’aveva mai amata, questo si diceva Lisa.
Non aveva mai amato neanche i suoi figli, li odiava tanto da lasciarli una notte d’inverno in cerca di un motel in cui dormire, sua madre tremava per il freddo e perché ormai il suo corpo risentiva già della malattia, Tyler aveva un braccio rotto e lei aveva gli occhi blu dalle botte.
Si era ubriacato quella sera, forse per non avere ripensamenti e li aveva feriti, in tutti i modi in cui una persona possa essere ferita.
Aveva un tatuaggio sul suo braccio, le parole “ God, save me!” marchiavano la sua pelle chiara. Coprivano una piccola cicatrice, così come la croce rossa che le decorava la coscia destra, intrecciata da piccole rose rosse.
Quel particolare non sfuggì ad Izzy, e tanto meno a Slash che ora si ritrovava alle tre di notte per strada, ubriaco e stanco, e continuava a camminare senza una meta precisa. L’aveva seguita tenendosi a debita distanza. Non sapeva perché lo stesse facendo ma era abbastanza lucido da poter ricordare il percorso che aveva fatto camminando.
Quella ragazza si trascinava dietro troppo mistero, troppi segreti e Slash era curioso.
Così come Izzy, che invece si era limitato ad osservarla camminare dalla finestra del salotto che dava sulla strada illuminata dalla luce opaca del lampione. L’aveva seguita con lo sguardo, quell’angelo che sembrava ballare col diavolo ad ogni passo, il vento soffiava tra  i suoi capelli lunghi mentre il silenzio la avvolgeva.
Izzy sapeva che se avesse continuato di questo passo sarebbe impazzito. Quel tipo di pazzia l’avrebbe reso schiavo, l’avrebbe mandato direttamente nella tomba, stava uscendo di senno, ne era consapevole ma sapeva anche che non sarebbe stato più lo stesso.







Erano le undici, il sole splendeva alto a Los Angeles, una fantastica giornata che Lisa avrebbe trascorso al mare, magari con Meredith, sdraiata sulla spiaggia a poltrire, affiancata dal suo uomo, da Slash… Ma cosa stava pensando? Non poteva permettersi di fantasticare, non su quel chitarrista almeno!
Si era ripromessa che non l’avrebbe mai più rivisto, quella storia sarebbe finita al più presto.
Si sentiva strana quando quelle pupille scure la osservano attentamente, cercando di indovinare i pensieri oscuri che tormentavano la sua testolina bionda. Avrebbe voluto, non immaginate neanche quanto, trascorrere almeno un’altra ora in compagnia di Slash, ma non poteva.
Quella mattina Jack le aveva chiesto di lavorare, avrebbe iniziato a mezzogiorno per restare al bar sei ore. Sarebbe ritornata poi alle undici.
Lisa era costretta ad andare, aveva bisogno di quei soldi. Ma Tyler non sarebbe tornato prima delle otto di sera e si vedeva costretta a chiedere l’ennesimo favore a Meredith.
Quella ragazza non rifiutava mai, l’aiutava sempre, pronta a qualsiasi cosa.
Sua madre trascorreva più tempo con gli occhi azzurri di Meredith che con quelli di Lisa. Non sapeva sua figlia dove andava, a che ora precisamente tornava. Meredith mentiva, fin troppo bene, e alla fine la donna credeva alle sue parole, si fidava e ringraziava Dio tutti i giorni per aver incontrato una ragazza del genere.
Sapeva che da parte di Tyler c’era un interesse nei confronti della loro vicina di casa, ma Meredith non sembrava notarlo e forse per questo la donna non faceva che esaltare le qualità di suo figlio quando restavano un po’ da sole e il silenzio riempiva le orecchie di entrambe.



Mentre si vestiva per raggiungere il Roxy, indossando una gonna nera e rossa, una maglia bianca annodata e un paio di stivali neri da cowboy, Lisa pensava a quando era una bambina e credeva che una volta diventata una teenager e poi un’adulta  avrebbe potuto partecipare alle feste fino alle quattro del mattino. Sorrise allo specchio, era iconico, perché alle quattro del mattino da quando aveva diciotto anni Lisa piangeva istericamente, discutendo con se stessa se continuare a vivere o meno.
Poi le tornava in mente il sorriso di sua madre, quello di suo fratello e Meredith. La conclusione era sempre la stessa: non avrebbe potuto abbandonarli.
Prima di chiudere la porta del piccolo appartamento alle sue spalle, dopo aver salutato sua madre con un bacio sulla guancia, bussò due volte alla porta accanto alla sua.
Sentiva la radio diffondere nell’aria puro rock mattutino, quello che ti da la carica per il resto della giornata.
Meredith, occhi celesti, capelli lunghi e mori, labbra carnose e sorridenti, la accolse con un abbraccio. La guardò bene, capì che anche quella mattina sarebbe dovuta andare al Roxy e senza dir nulla spense la radio, afferrò le chiavi e la guardò, incurvando le labbra e lasciandole un dolce bacio sulla guancia liscia.

“ Non ti ringrazierò mai abbastanza” Lisa scosse la testa, dispiaciuta di dover costringere la sua amica a restare un’altra mattina chiusa in casa.

“ So che lo fai per lei, le voglio bene come se fosse mia madre” avevano la stessa età, ma Meredith era molto più alta di lei e con un gesto veloce la strinse ancora una volta alle sue braccia.

Si avviò velocemente verso il bar, scendendo le scale che l’avrebbero condotta alla piccola entrata di quel vecchio edificio grigio. Gli stivali provocavano un rumore sordo sul pavimento sporco, scalciava cicche di sigarette, pensando che c’erano anche le sue Lucky Strike tra quelle.
Sarebbe dovuta essere al Roxy tra un’ora pensandoci bene, e per questo ne approfittò, rallentando il passo e raggiungendo il muretto dove si sedette allungando le gambe.
Lasciò che il sole colpisse la pelle liscia, gettando i capelli all’indietro e recuperando il pacchetto di sigarette dalla piccola borsa che aveva portato con sé. Si rilassò non appena la nicotina si impossessò dei suoi polmoni malandati. Un mugolio e un colpo di tosse attirarono la sua attenzione,  scostò la sigaretta dalle labbra, portandosi una mano sul mento mentre assottigliava la vista e voltava lentamente il capo.
Appoggiato al muro, con un paio di pantaloni di pelle e una maglietta dalla quale Lisa poteva leggere soltanto “ Teenage un away!” e in rosso “ Live fast die young “, il cilindro nero e i capelli ricci nascondevano il viso di Slash che si rigirava tra le mani un accendino scuro.

“ Hai una sigaretta?” domandò,  la voce rauca e forse un po’ assonnata, non accennava ad avvicinarsi.

“ Tu? Cosa diavolo ci fai qui?” Lisa era stupita, confusa, felice e allo stesso tempo arrabbiata.

Con se stessa, perché si era ripromessa di cancellare quel musicista dalla sua vita e invece ora se lo ritrovava davanti, sotto casa tua e per giunta le chiedeva col fare sexy una sigaretta.

“ Mi hai seguito?” notò che non indossava gli abiti della scorsa sera.

“ Ieri” si limitò a dire, scrollando le spalle ed avvicinandosi, lasciando scorrere lo sguardo sulle sue gambe nude.

“ Perché l’hai fatto?” Dio, se era bello.

“ Perché volevo rivederti, perché pensi che l’avrei fatto piccola?” si avvicinò ancora, la sigaretta che Lisa aveva tra le dita si stava consumando lentamente senza che nessuno aspirasse.

“ Beh, io non ti voglio qui” mentì più a se stessa che a lui.

“ Non ci credo tesoro, lo vuoi tanto quanto lo voglio io” e si avvicinò ancora, costringendola ad alzarsi.

“ Potrei denunciarti, mi hai seguita” cercò di sembrare spavalda e sicura di se per nascondere il disagio che stava provando in quel momento.

“ Credimi se ti dico che dovresti denunciarmi per altro” la mano di Slash arrivò a stringerle un fianco magro, attirandola al suo corpo caldo.

“ Devo andare” lasciò cadere quel poco che restava della sua sigaretta, dando le spalle al ragazzo ed iniziando a camminare.

“ Vai al Roxy?” il suo tono di voce era alto, lo immaginò allungare il collo mentre sforzava per urlare quelle parole.

“ Si!” Lisa non si voltò, gridò all’aria quell’affermazione continuando a camminare con passo incerto.

“ Ti accompagno allora!” sentì i suoi stivali correre sul pavimento grigio che immetteva sulla strada.

“ Cosa? No!” si bloccò, stringendo i pugni e scuotendo la testa.

“ Vado anch’io lì, devo incontrarmi con gli altri” Slash l’aveva ormai raggiunta, a due passi di distanza la guardava attraverso i capelli.

“ Sei un bastardo fortunato, lo sai?” sorrise, iniziando a camminare al suo fianco, scostando i lunghi capelli da un lato.

Slash ricambiò il sorriso e la affiancò, muovendosi con lo sguardo basso per non guardarla ancora una volta negli occhi. Pensò che quello sarebbe stato il momento adatto per parlarle, per scoprire qualcosa di lei, della sua vita. E fu per questo che senza pensarci due volte..

“ Allora, raccontami un po’ di te” disse alzando il capo e guardandola per un secondo, per poi puntare lo sguardo sulla strada dinanzi a se.

E in quel momento Lisa non sapeva cosa fare. 








 
 
Spazio autrice:
sono riuscità ad aggiornare finalmente!
Ringrazio le persone che stanno continuando a leggere la storia, a recensirla e ad aggiungerla tra le preferite/ricordate/seguite.
Sapete che apprezzo quando lasciate poi una recensione, per capire se la storia sta piacendo o meno.
Slash parte alla ricerca di Lisa e le chiede di raccontarle qualcosa di lei.
Spero siate abbastanza curiosi da aspettare il prossimo capitolo per scoprire come si comporterà la protagonista.
Ma poi, quant'è bella Drew in questa foto? Dio! Qui interpreta Ivy in Poison Ivy, un film stupendo che vi consiglio!
Ho cambiato nick, sarò slashsriffs (così come tu Twitter).
Per qualsiasi cosa, lasciate una recensione o un messaggio!
xx
 

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Capitolo 8
*** Jealous? ***



“ Mi hai chiesto una sigaretta?” Lisa frettolosamente portò le mani al pacchetto di Lucky Strike che portava sempre con sè, l’unico vizio che poteva permettersi era il fumo.

“ Si, una sigaretta” Slash percepì il disagio della ragazza, forse aveva sbagliato a chiederle subito di raccontargli qualcosa di lei.

“ Ecco, tieni” le dita delicate della ragazza sfiorarono quelle callose del chitarrista, una scarica di brividi colpì entrambi, un buco allo stomaco, come se qualcuno li avesse colpiti forte alla pancia.

Lisa tentò di ignorare tutte quelle sensazioni che insieme la confondevano, continuando a camminare in silenzio, guardando dinanzi a sè e tormentando la sua mente con una serie di domande a cui non riusciva a trovare una risposta.
Slash sorrise invece, era piacevole il contatto con la sua pelle, sentire tutte quelle emozioni. Quando la guardò e notò che invece lei continuava dritta per la sua strada, senza accennare una parola o un’espressione che gli facesse capire cosa cosa stesse pensando, chinò di nuovo il capo.

“ Come stai?” mormorò, portandosi la sigaretta alle labbra e aspirando velocemente, quasi impaziente di finirla.

Lisa sembrò pensarci un po’, una miriade di risposte erano pronte nella sua mente, risposte sincere, che le avrebbero dato l’opportunità di parlare finalmente con qualcuno che non fosse suo fratello o la sua migliore amica.
Ma le scartò tutte, ricordando che in fin dei conti stava parlando con un perfetto sconosciuto.

“ Bene, grazie” mentì e riformulò la stessa domanda a Slash.

“ Bene tesoro” le sorrise, Lisa pensò ancora una volta ai baci che quelle labbra avevano lasciato lungo il suo corpo e sentì improvvisamente caldo, più di prima.

“ Quanti anni hai, Lisa?” le domandò, continuando a fissarla mentre continuavano a camminare, il sole batteva sulle loro teste, quella bionda della ragazza e quella nascosta sotto un cilindro nero di Slash.

“ Venti” si limitò a rispondere, pacata, tentando di nascondere la sua agitazione.

“ Se vuoi la smetto subito” Slash gettò la cicca della Lucky Strike, scalciando una lattina di CocaCola vuota che era stata abbandonata sul marciapiede logoro della strada.

“ Cosa intendi?” Lisa aggrottò le sopracciglia, portandosi una mano alla fronte e socchiudendo gli occhi a causa della luce del sole.

Lo sento, lo vedo che ti infastidisce il fatto che io sia qui, a farti delle domande. Mi dispiace, non volevo essere inopportuno, è solo… Il tuo ricordo, quella stramaledetta sera, mi tormentano.. Non riesco a non pensare al sesso, a te” sembrò quasi essersi liberato di un peso che lo stava opprimendo da chissà quanto tempo, quando invece conosceva Lisa da soltanto tre giorni.

“ Slash…” sorrise, ironica, sorpresa, non sapeva cosa dire, come comportarsi.

“ So che per te è stata soltanto una bella scopata” borbottò, scostando i ricci dagli occhi neri.

Lisa aveva vent’anni ma sentiva il suo cuore vecchio, era troppo giovane per pensare all’amore, per lasciare che questo le frantumasse il cuore, già malandato.
Cos’altro le avrebbe chiesto? Le aveva detto di non essere una puttana, lo aveva rinfacciato ad Axl l’altra sera, le aveva dato fastidio. Non lo era e tanto meno l’avrebbe voluto essere, ma era una questione di soldi, sapeva che prima o poi la situazione di sua madre si sarebbe aggravata e lei sarebbe stata costretta ad arrotondare lo stipendio che le davano al Roxy.
Si odiava per questo, ma non era riuscita a trovare un’alternativa, qualcosa che non la allontanasse troppo da casa, il bar non distava poi molto dall’appartamento dove viveva.

“ Cosa vuoi sapere?” le chiese, cercando di non sembrare fredda ed intimorita dalle domande che il musicista le avrebbe rivolto.

“Perché quella sera ti abbiamo trovato fuori al Rainbow con delle puttane e il giorno dopo ci hai detto di essere una semplice cameriera del Roxy?” era curioso, Lisa poteva vederlo dalla scintilla che aveva ritrovato all’interno di quelle pupille scure.

“ Ti ho già detto che non sono una prostituta, ero lì perché avevo bisogno di soldi, ma alla fine sai che la serata si è conclusa con le mie tasche completamente vuote” scrollò le spalle, come se quelle parole sarebbero volate via col vento, pensando che per Slash contassero poco.

“ Perché non hai voluto il mio denaro?” la guardò intensamente, pensò a quanto era bella e complicata, dannatamente sexy e misteriosa.

“ Non lo so, non so spiegarlo neanche a me stessa. Forse ero troppo ubriaca” incolpò come sempre l’alcol.

Da lontano l’insegna rossa del Roxy, dalle luci spente di mattina, si stagliava nascondendo in parte quella del Rainbow.
Lisa pensò che finalmente avrebbe terminato quella conversazione imbarazzante con Slash, trascorrendo il resto della serata a lavorare e a tentar di tener lontane le mani dei clienti dal suo fondoschiena.

“ Domani sera suoniamo al Roxy” la avvertì, carico di emozione e fiero di annunciarle quella notizia.

“ Non ne sapevo niente” gli disse la ragazza, spostando i capelli sulla spalla e rivelando il suo lungo collo accaldato, Slash seguì la linea dei suoi esili fianchi nascosti dalla gonna corta, per poi spostare lo sguardo sul suo sedere, indietreggiando senza farsi notare.

“ Ci vedremo anche domani sera” un sorriso sghembo sul suo volto, allungò la sua mano e cinse la vita di Lisa, avvicinandola a sè per guardarla meglio negli occhi chiari.

“ Slash” sussurrò, le labbra a forma di cuore erano una tentazione troppo forte da poter sopprimere.

Lui aveva bisogno di qualcuno a cui non poteva resistere, non le solite ragazze che si concedevano per una notte di sesso e poi cercavano in tutti i modi di restare il giorno seguente, scoprendo spesso la loro falsa personalità e soprattutto le loro voci stridule e fastidiose.
Lisa era diversa, misteriosa, una caratteristica a cui Slash non riusciva davvero a rinunciare. Le sue piccole mani premevano sul suo torace tonico, sembrava combattere contro la sua volontà.

“ Lo so, so che lo vuoi anche tu. Non respingermi, piccola” le aveva sussurrato, avvicinandosi ancora di più.

“ Non sai” sembrava ostinata a voler avere sempre l’ultima parola.

“ Dimmelo tu, allora” ma questa volta il discorso fu terminato da lui, che imprigionò la sua bocca in un bacio passionale, veloce, rubato, vorace.

Nessuno dei due sembrava potesse e volesse staccarsi dall’altro, una gara di resistenza, chi riusciva a lasciare prima un segno, un ricordo nella mente dell’altro.
Slash sapeva che quella battaglia era stata vinta facilmente da Lisa, non riusciva a non pensarla dalla prima volta che l’aveva rivista. Ma, per il suo dispiacere, questa si staccò scusandosi, ricordando che avrebbe fatto tardi se non l’avesse lasciata andare.

“ Ci rivedremo?” le domandò, quando la vide iniziare a correre verso la porta del locale, all’interno del quale sapeva che i suoi amici lo stavano aspettando.

“ Domani sera” urlò e scomparì dietro l’entrata, sorvegliata come sempre dai buttafuori che ormai conosceva fin troppo bene.

Si avviò con passo lento, era pur sempre in ritardo, quindi gli sembrava inutile affrettarsi adesso.
Con le pupille nere nascoste dai suoi capelli, infilò una mano nella tasca posteriore dei suoi pantaloni di pelle e ne estrasse un pacchetto di Marlboro. Sorrise divertito, quello della sigaretta era stata soltanto una scusa per attaccare bottone.
Ma Slash non sapeva che Lisa l’aveva visto, nella tasca destra dei suoi pantaloni, il pacchetto rosso di Marlboro non ancora aperto.
 
 
 
 


“ Scusa il ritardo, Jack!” lasciò cadere la sua borsa sulla sedia lasciata nella piccola stanza riservata al personale e si affrettò a lagare i suoi capelli lunghi, per combattere il caldo di quel posto.

“ Vai al bancone piuttosto! Ci sono dei clienti che vanno serviti subito” borbottò l’uomo, passandosi una mano sul capo privo di capelli.

Lisa era abituata al suo tono brusco, era abituata a ben altro e per questo ormai non faceva più caso a quello che le dicevano e al modo che utilizzavano per esprimersi, che fossero state mani o parole.
Si affrettò a raggiungere il banco di legno dalle mensole rosse che reggevano una cinquantina, forse, di bottiglie contenenti alcolici di tutti i colori. Si voltò per chiedere le ordinazioni, sentiva che qualcuno la stava osservando.

“ Ma guarda qui chi si rivede!” erano di nuovo loro, la band di Slash.

Quest’ultimo non era ancora arrivato, nonostante l’avesse lasciato a pochi metri di distanza dal locale.
Duff la guardò, un sorriso sincero e un paio di occhi blu che la guardavano consapevoli dell’effetto che la ragazza aveva avuto sul suo amico e non solo.
Anche Axl sembrava esserne affascinato, nonostante la relazione che quest’ultimo portasse avanti con Erin.
Piaceva anche a lui e a Steven, solo che anche Popcorn era ormai impegnato e tranne qualche commento sulle altre ragazze, era fedele ad Adriana. Ravvivandosi i lunghi capelli biondi, la salutò con un cenno del capo.
Al suo fianco Izzy non sembrava voler toglierle gli occhi di dosso. Oggi sembrava ancora più bella, la prima sera che l’avevano incontrata pensarono che fosse un po’ oscena, nonostante la sua bellezza mozzafiato.
Non parlò neanche per rivolgerle un saluto, si limitò a calare il cappello di stoffa nero che stava indossando per nascondere i suoi occhi indagatori.

“ Salve ragazzi, cosa vi servo?” passò uno straccio rovinato sul bancone fin troppo pulito.

Te, su un piatto d’argento possibilmente” ammiccò il rosso, liberandosi degli occhiali da sole che stava ancora indossando.

“ No, non è possibile” ribbattè lei piccata, spostando lo sguardo sugli altri.

“ Non avete piatti d’argento? Va bene anche la porcellana” continuò, strappando una risata al batterista che era rimasto in silenzio fino a quel momento.

“ Axl” la voce tranquilla di Izzy fermò la risata di Adler, che lo guardò contrariato.

“ Cosa c’è Jeff? Mi sto soltanto divertendo” portò una delle stanghette delle lenti alla bocca, mangiucchiando con i denti la parte finale di quest’ultima, mentre continuava a fissare Lisa.

“ Lasciala in pace” sbottò infastidito, guardando poi la ragazza.

“ So difendermi da sola, grazie” Izzy rimase colpito dalla risposta fredda che ricevette in cambio, pensando invece che quelle sue parole le avrebbero fatto in un certo senso piacere.

“ Uh, calma tesoro! Non c’è bisogno che tu ti difenda da me, sarebbe inutile comunque” continuò Axl, fin quando la voce di Slash non interruppe quel discorso.

“ Hey, banda di cretini! Potevate anche aspettarmi” borbottò, sedendosi accanto a Steven che sembrava un bambino al cinema, curioso di scoprire come le cose sarebbero cambiate dal un momento all’altro.

“ Stamattina sei scomparso” gli ricordò Duff, il suo viso assunse una strana ed indecifrabile espressione.

“ Avevo di meglio da fare” scrollò le spalle, dando un’occhiata alla ragazza che annoiata li guardava da dietro il bancone del bar.

“ Allora non lamentarti” sbuffò Izzy, liberandosi del cappello e guardandosi intorno, rendendosi conto che loro erano gli unici a quell’ora in quel locale.

Intanto Lisa li stava osservando, facendo un passo indietro per non sentire di cosa stessero parlando. Era annoiata, avrebbe soltanto voluto preparare loro dei drink e poi continuare a lavorare, aiutando l’altra cameriera a pulire i tavoli.
Ma Jack le aveva espressamente ordinato di non muoversi dal bar fin quando i Guns n’Roses non avrebbero finito di bere e avrebbero pagato per poi andarsene.
Controllò che tutte le bottiglie fossero piene o che comunque l’alcol fosse sufficiente per almeno il resto della giornata.

“ Allora piccola, mi porti una birra?” Duff si sporse, poggiando entrambi i gomiti sul legno freddo del banco.

“ Voi altri?” domandò, attirando subito l’attenzione del resto della band.

“ Tre Jack Daniel’s e qualcosa di forte per me” Lisa dovette quasi chiedere di ripetere, a causa del tono basso di voce del moro che aveva pensato di ordinare anche per gli altri tre che stavano animatamente discutendo per quanto riguardava la scaletta che avrebbero dovuto eseguire il giorno successivo.

Si voltò, afferrando una bottiglia di Heineken per Duff, stappandola velocemente e porgendola al ragazzo che non le aveva tolto gli occhi verdi di dosso.
Poi si affrettò a prendere tre bicchierini e a versare il whisky scuro, per poi lasciarli in fila dinanzi agli occhi stupiti e divertiti di Axl, Slash e Steven.

“ Bellezza, forse hai capito male” Steven rideva sotto i baffi, mentre Slash muoveva le labbra e lasciava andare quelle parole.

“ Qualcosa non va? Avete chiesto tre Jack” Lisa li osservava confusa, era convinta di non aver frainteso le parole di Izzy.

“ Per tre Jack Daniel’s intendevo tre bottiglie di Jack Daniel’s” spiegò Izzy, passandosi una mano tra i capelli lisci.

“ Oh” fu quello che riuscì a dire, e mentre stava prendendo i tre bicchieri per sostituirli con delle bottiglie, due mani le afferrarono le braccia.

“ Questi lasciali lo stesso” Axl le fece un occhiolino, sorridendo beffardo e sfiorando con le sue lunghe dita la pelle chiara della ragazza.

Slash sentì ancora una volta quella strana sensazione, quel pugno allo stomaco ogni volta che qualcuno che non fosse lui guardava Lisa nello stesso modo in cui la guardava lui, le parlava come faceva lui.
Li aveva visti, gli sguardi di Axl, Duff e persino di Izzy, i loro occhi squadravano quel corpo perfetto che soltanto le sue mani avevano toccato, la sua bocca aveva baciato e nessun altro avrebbe più ammirato nudo.
Era geloso.
Scosse il capo quando se ne rese conto, era impossibile, lui non era mai geloso, non delle sue scopate, delle ragazze che conosceva appena e dalle quale avrebbe voluto soltanto una sola cosa: sesso.
Era questo che voleva da Lisa, un’altra indimenticabile notte di sesso. Vero?








 

 
Spazio autrice:
ho aggiornato il prima possibile, so come ci si sente ad aspettare il continuo di una storia.
Ho sempre odiato attendere l'aggiornamento di un capitolo, ecco perchè appena posso corro a scriverne uno nuovo e a pubblicarlo subito dopo.
Spero che la storia stia continuando a piacere, ringrazio le persone che l'hanno aggiunta alle preferite/seguite/ricordate e accolgo ben volentieri i nuovi lettori.
Ringrazio coloro che hanno lasciato una recensione ai capitoli precedenti, e come semore vi invito a lasciare un commento.
Non che senza di quello io non continui ad aggiornare, solo che fa piacere capire se la storia stia piacendo sul serio e magari ricevere qualche consiglio su come poter migliorare i capitoli.
Che altro dirvi? Come sempre sono a vostra disposizione, sia qui su Efp che su Twitter (ho lo stesso nickname).
xx

 

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Capitolo 9
*** Meredith. ***


Non sapeva il perché, non riusciva a trovare una giusta risposta a tutte le domande che continuavano a tormentarlo e annegava nel whisky che, scorrendo nella sua gola, gli lasciava un sapore amaro sulle labbra.
Avrebbe voluto soltanto conoscerla meglio, sapere qualcosa di quella vita che sembrava pesarle sulle spalle, così come per Atlante che, incepace di guardare dinanzi a sè, concentrava tutte le sue forze a reggere il globo.
Era una ragazza straordinaria in un mondo ordinario, fatto di sbagli ed incertezze, menzogne e cattiveria.
Lisa non era cattiva, non poteva esserlo. Trascinava troppo dolore in quegli occhi castani per essere una persona malvagia, di questo Slash ne era convinto.
Era come se alla sua mente mancasse il coraggio per dimenticarla, per andare avanti e scoparsi la prossima che si fosse buttata letteralmente ai suoi piedi, come avveniva sempre alla fine di ogni concerto. Ma gli sembrava quasi una cosa misera, quella di portarsi a letto l’ennesima sconosciuta.
Gli sembrava invece di conoscere Lisa da fin troppo tempo, eppure non era passata neanche una settimana dal loro primo incontro. La immaginava tutta sola, mentre si asciugava le lacrime, mentre ne aveva abbastanza di piangere, quando si guardava allo specchio e avrebbe voluto vendere quel corpo perfetto al primo che avrebbe avanzato anche la più povera delle offerte.
Non sapeva perché ci tenesse così tanto, perché pensasse continuamente a lei, ma quella chioma bionda non riusciva ad uscire dalla sua testa, neanche e soprattutto quelle due notti di sesso veloce.
Troppo veloce, avrebbe voluto restare con lei, dentro di lei, per sempre. Avrebbe voluto proteggerla, da qualunque cosa e da chiunque, farla sua ed essere suo.
Si diede mentalmente del “finocchio”, di solito era Duff che diceva queste cose quando una ragazza l’aveva particolarmente colpito la sera prima, o quella prima ancora, ritrovandosi una serie di cuori infranti.
Sarebbe potuto restare sveglio solo per sentirla respirare, per guardarla dormire mentre lei sognava tranquilla, finalmente al sicuro da quel mondo che sembrava volesse ucciderla ad ogni costo.
Aveva paura che da un momento all’altro anche Lisa l’avrebbe in un certo senso abbandonato. Ma lei non era sua, forse non lo sarebbe mai stata.
Si stava abbattendo, era una cosa più grande di lui. L’aveva capito che lei era diversa, che non aveva mai provato una cosa del genere per nessuna delle ragazze con cui era stato prima. Non erano state soltanto delle scopate, per lui non era sesso.
Pensò che l’unico modo che Lisa avesse per comunicare con gli altri fosse appunto il suo corpo, la pelle d’oca quando le sue dita la sfioravano, nell’attesa fervida di un semplice bacio, o gli occhi lucidi quando l’alcol scorreva nelle sue vene per dimenticare forse l’ennesima giornata storta, o il labbro inferiore intrappolato tra i denti quando non voleva parlare di un determinato argomento.
Lui era bravo in quelle cose, sapeva riconoscere i segnali che una persona comunicava col proprio corpo. 






Il suo corpo in quel momento mostrava ansia da tutti i pori: era sempre così prima di un’esibizione.
E quella sera non poteva sbagliare, non dinanzi ai suoi occhi, non dinanzi a Lisa.
I suoi movimenti le avrebbero comunicato che quella sera lui avrebbe voluto stare solo con lei, lontano da quella folla di persone che si stava radunando intorno al piccolo palco del Roxy.
Gli occhi coperti dal cilindro nero e una sigaretta che penzolava dalle sue labbra, non aveva tolto gli occhi dal bancone che si trovava al centro del locale, scorgendo sempre la piccola figura di Lisa che lavorava velocemente e senza accennare ad un minimo di fatica. La sua espressione era sempre la stessa, fredda e distaccata, un sorriso accennato quando chiedeva l’ordinazione al cliente e poi il silenzio.
Qualcuno come sempre cercava di instaurare una conversazione nella speranza di ritrovarsi quelle labbra carnose sul proprio cazzo nei bagno di quel lurido posto, ma i suoi occhi grandi mettevano a tacere quelle lingue perverse.
Notò che rivolgeva la parola soltanto ad una ragazza, che dava le spalle a tutti e che sembrava essere attenta soltanto alle parole che Lisa le confessava tra un drink servito e l’altro. Una chioma di lunghi capelli castani nascondevano quella che Slash pensò essere la sua migliore amica, o comunque qualcuno che conosceva Lisa meglio di lui sicuramente.
Si ripromise di conoscere quella persona che sembrava essere in intimità con la ragazza che si intrufolava ogni notte nelle sue fantasie, per scoprire magari qualcosa di lei.

Il proprietario del locale, Jack, Jake o come diavolo si chiamava, aveva appena finito di urlare il nome della band al microfono, ricevendo come risposta un urlo generale dei fans già scatenati. La loro musica non avrebbe fatto altro che accentuare il loro stato di ebrezza.
Presentandosi sul palco senza indossare neanche uno straccio di maglietta, Slash posizionò la sua chitarra e iniziò a suonare le prime note di Sweet Child O’ Mine. Le sue spalle si muovevano al ritmo dei suoni provocati dalle sue mani che scorrevano agili sul suo strumento. Non distoglieva lo sguardo dalla sua chitarra, si limitava a camminare avanti e indietro per il palco, saltando ogni volta che l’adrenalina si impossessava delle sue agili gambe, mormorando le parole delle loro canzoni, e scuotendo energicamente il capo quando Duff o Izzy lo invitavano a cantare con loro.
Axl ballava una danza frenetica sul palco, lasciando che la sua voce raggiungesse l’altro lato della Sunset Boulevard, tirando i capelli indietro, schiacciati contro la sua fronte sudata.

You know where you are?” chiese cantando al pubblico, che urlò in tutta risposta, causando un lieve sorriso sulle sue labbra.

You’re in the jungle babe!” le sue braccia si aprirono, quasi ad indicare il posto in cui si trovavano quella sera.

You’re gonna die!” allungò le ultime due vocali del verbo finale e riprese a cantare seguendo il ritmo degli strumenti.

Una volta terminata l’esibizione, dopo aver evitato un paio di fans scatenate in cerca di autografo e una serie di puttane che riuscirono a convincere Izzy e Duff per la serata, Slash si affrettò a raggiungere il bancone per poter favorire di un drink offerto dalla casa e per poter incontrare Lisa e la ragazza che non l’aveva lasciata neanche un momento durante il corso della serata.
Scoprì un paio di occhi azzurri che lo stavano già osservando, seguito da due labbra carnose che reggevano una sigaretta fumante. Quella che si presentò come Meredith senza troppe cerimonie era una ragazza alta, molto.
La prima cosa che Slash pensò è che sarebbe piaciuta a Duff se anche quella sera il biondo non si fosse limitato all’ennesima prostituta.
Non riusciva a capire perché Meredith sembrava essere così gentile con lui, immaginava che Lisa le avesse detto qualcosa.

“ Conosci Lisa?” le chiese senza peli sulla lingua, non era lei che gli interessava quella sera, anche se gli sarebbe piaciuto scoprire la pelle che si celava dietro quel semplice top grigio.

“ Si, anche tu?” domandò ingenuamente, sbattendo le sue lunghe ciglia.

“ Non da molto. Siete amiche?” era curioso, il Jack Daniel’s che gli aveva servito poco fa l’altra cameriera di certo non lo aiutava.

“ Ti interessa?” Meredith scostò una lunga ciocca di capelli bruni dietro l’orecchio, sorridendo e continuando a sbattere quelle cavolo di ciglia.

“ Vorrei sapere qualcosa su di lei” scrollò le spalle, come se fosse il desiderio più comune di questo mondo.

“ E’ allarmante quanto sia affascinante, vero?” Meredith sapeva delle poche volte che Lisa aveva incontrato Slash, inclusa il giorno precedente, quando si era presentato sotto casa sua.

“ L’unica cosa che so di lei è il suo indirizzo e la sua età, non contando il nome. Vorrei vedere le cose che ha visto lei, capire se abbiamo qualcosa in comune. E’ disarmante” l’alcol lo stava rendendo coraggioso, mettendosi a nudo dinanzi alla migliore amica di Lisa.

“ Io non vorrei vedere tutte le cose che ha visto lei” e quella semplice frase bastò a far scattare la scintilla negli occhi scuri del chitarrista, ora più interessato che mai a quel discorso.

“ Sembra piacere a tutti” borbottò, scostando i ricci dai suoi occhi per fissare meglio il suo sguardo sul viso di Meredith che compiaciuta di aver attirato l’attenzione del ragazzo, pensò che il suo piano stava riuscendo.

“ Perché tutti sanno il suo nome ma nessuno la conosce. Sta in piedi sino al mattino da quando aveva diciotto anni, le strade di Los Angeles come il palmo della sua mano”  Meredith sorseggiò il drink che Lisa le aveva offerto, l’aveva invitata ad assistere all’esibizione dei Guns n’Roses per ripagare l’aiuto che lei le dava con sua madre.

“ Perché?” gli sfiorò l’idea che Lisa avesse mentito, che in realtà fosse una prostituta, quale si era mostrata la prima sera.

“ La sua storia sarà lei a raccontartela. Non confida nella gentilezza degli sconosciuti, la vita le ha insegnato questo. Abbi pazienza. Non comprarla, anche se ti dirà che avrà bisogno di quello” e detto questo, lasciando Slash in confusione e in balia dei suoi mille pensieri, Meredith si alzò e se ne andò, lasciando una scia del suo dolce profumo.

Slash non la guardò neanche, stringendo il bicchierino vuoto che reggeva tra le mani, mentre la sigaretta era quasi finita. Se ne fregava se in quel posto era vietato fumare, ora era soltanto arrabbiato e frustrato.

“ Barista!” urlò attirando l’attenzione di un paio di ragazze più sbronze di lui che lo stavano già guardando da qualche minuto.

“ Cosa posso servirti, Slash?” la sua voce, una dolce melodia che si ripeteva nella sua mente, musica per le sue orecchie.

“ Ciao Lisa” sorrise, le sue labbra sapevano di tabacco e alcol, così come il suo alito.

“ Ciao Slash. Scusami, sono di fretta. Hai bisogno di qualcosa?” aveva i capelli raccolti in una coda alta, la solita maglietta bianca sotto la quale tutti potevano vedere il suo reggiseno rosso.

“ Un Jack Daniel’s, e che sia una bottiglia questa volta” rispose acido, smettendo di guardarla per voltarsi alla ricerca del resto della sua band.
 



Lisa lo guardò, non sapeva se la causa del fastidio di Slash fosse la sua presenza o semplicemente l’ennesima sbronza della giornata. Si affrettò ad afferrare la bottiglia di whisky che era sul ripiano più alto, salendo sulle punte dei piedi, rischiando di cadere e trascinare con sè il resto delle bevande.
Quando lasciò andare la bottiglia dinanzi alla figura di Slash che invece adesso la guardava senza sbattere un momento le palpebre per nascondere quelle due pozze nere che si ritrovava al posto delle pupille, si voltò e finalmente concentrò la sua attenzione su un paio di uomini che la attendevano per un’ordinazione, nella speranza di ricevere altro dalla cameriera.

“ Hey tesoro! Ti stai divertendo?” chiesero, dopo aver pagato per due bicchieri di liquore.

“ Si ” ingannava tutti raccontando di quanto fosse felice tutte le sere.

“ Sei una stella dentro questo buco oscuro di locale” un ragazzo dai lunghi capelli castani e gli occhi troppo lucidi per i gusti di Lisa si avvicinò a lei, sporgendosi oltre il bancone grazie soltanto alla forza delle sue braccia.

“ Quello che Mike vuole dire è che saresti la miglior scopata della sua vita” l’altro che le rivolse la parola invece era robusto, il ventre gonfio e la maglia macchiata di chissà quale schifezza.

“ Non mi interessa” continuò a lavorare, come se intorno a lei non esistesse nessuno.

La sua vita era un continuo inverno, gli uomini che aveva incontrato erano le sue uniche ore di estate.
La notte si addormentava col pensiero di lei che piangeva, rideva, ballava con uno di loro, con colui che finalmente l’avrebbe amata. Mesi totalmente bloccata in un inferno che sembrava non volesse lasciarla scappare via, i suoi ricordi, quelli belli, erano le uniche cose che la sostenevano.
I suoi sogni si distruggevano e si dividevano ogni giorno, sfavillanti e infranti come un milione di stelle nel cielo blu della notte, in cui riponeva tutti i suoi desideri. Anche se sapeva che bisognava realizzare tutto ciò che si era desiderato per poi perderlo e capire finalmente cos’era davvero la libertà.
Quando le persone che conosceva scoprivano quello che faceva e come viveva, le chiedevano il perché.
Ma era inutile parlare con coloro che avevano un tetto sicuro sulla testa, non avevano idea di cosa significasse andare alla ricerca della sicurezza e considerare casa qualsiasi posto in cui riuscivi ad addormentarti senza troppi problemi.
Era sempre stata una bambina strana, sua madre le diceva di avere un’anima camaleontica, senza una bussola morale, senza un carattere definito.
Aveva soltanto un’indecisione interna, selvaggia e vacillante come l’oceano.
Era nata per appartenere a tutti e a nessuno, mai a se stessa, voleva tutto e niente, mai il suo bene.
Un’ossessione per la libertà tale che non riusciva a parlarne, che la spingeva alla follia che la abbagliava e la stordiva.
Ogni notte pregava affinchè riuscisse a tornare a casa, e alla fine accadeva sempre.
Non aveva nulla da perdere o da guadagnare, poco ormai da desiderare.

“ Oh andiamo, zuccherino, non rovinarci la serata” con un balzo il ragazzo che le aveva parlato prima era riuscito ad arrivare al suo fianco, Lisa sbarrò gli occhi alla ricerca di Jack.

Ma del suo capo neanche l’ombra, tra le centinaia di persone che affollavano il Roxy, Jack sembrava scomparso.
Indietreggiò, stringendo tra le mani il panno bagnato con cui stava pulendo il legno lucido del bancone.
Un sorriso aleggiava sulle labbra del ragazzo,ma quando questo allungò una mano per afferrarla, Lisa sentì il rumore forte di una bottiglia di vetro frantumata sul suo capo.
Il corpo dell’uomo cadde a terra privo di sensi mentre una massa di capelli ricci le si parò davanti, stringendo in una salda presa il suo braccio e trascinandola altrove.

“ Slash” sussurrò, seguendolo senza la minima opposizione.

L’aria afosa di maggio la accolse all’uscita del locale, le macchine sfrecciavano veloci sulla Sunset Boulevard, ignorando i limiti di velocità segnalati dai cartelli stradali.

“ Stai bene?” chiese il chitarrista, estraendo una sigaretta dal pacchetto rosso di Marlboro, per poi offrirne una a Lisa.

“ Non c’era bisogno che intervenissi, me la sarai cavata da sola” si diede coraggio, in realtà non sapeva come sarebbe uscita da quella situazione se non fosse stato per lui.

I ragazzi la importunavano spesso e non sempre Jack riusciva ad arrivare in tempo.

“ Si, come no” un sorriso beffardo decorò il volto dalla pelle olivastra di Slash che non la guardava.

“ Ho visto che stavi parlando con Meredith” la nicotina si fece spazio tra i suoi polmoni bucati mentre avidamente aspirava e puntava lo sguardo su una zona indefinita della strada illuminata dalla fioca luce dei lampioni e dalle insegne dai colori sgargianti dei locali.

“ Parlavamo di te” Slash era intenzionato a dirle tutto, la sbronza lo rendeva coraggioso, da sobrio forse non sarebbe neanche riuscito a parlarle.

“ Di me?” gli occhi castani di Lisa si ingrandirono maggiormente, spalancandosi per la sorpresa.

“ Si, Lisa” accompagnò un cenno del capo alla sua voce sottomessa.

“ Nessuno ti da il diritto di chiedere di me, non avvicinarti mai più a Meredith” sputò infastidita, continuando ad aspirare velocemente per poter rientrare subito.

“ E’ una bella ragazza” la sigaretta di Slash invece sembrava non finire mai.

“ Scopatela allora” scrollò le spalle, mentre sembrava che qualcuno l’avesse colpita forte allo stomaco.

“ Non è lei che voglio, dannazione” finalmente si voltò nella sua direzione, avvicinandosi e cingendo con un braccio le sue spalle, per avvicinarla e racchiuderla in un abbraccio, come se le sue braccia avrebbero potuto in qualche modo donarle la forza di cui sembrava aver bisogno.

Lisa restò immobile tra le braccia di Slash, le mani lontane dal suo corpo, temeva di bruciarlo con la sigaretta ancora accesa.
Le labbra carnose del chitarrista finirono per sfiorare il suo collo sudato, una scia di piccoli morsi lasciarono la sua pelle arrossata e ancora più accaldata di prima.

“ A che ora finisci di lavorare?” le domandò, ancora con la bocca attaccata al suo corpo.

“ Non finirò nel tuo letto anche questa volta” ribadì lei, contrariata.

“ E quando abbiamo scopato nel mio letto? Se ricordo bene la prima volta è stato nella nostra auto e la seconda sul pavimento del cesso” rispose divertito, di nuovo quel profumo si fragola di impossessò delle sue narici.

“ Devo rientrare” si scostò, lasciando scorrere una mano sul petto completamente nudo di Slash, anche lei ricordava fin troppo bene il tempo trascorso insieme a lui.

“ Ti aspetterò, non scapperai ancora” le disse e fu lui per primo a varcare la soglia del Roxy, portandosi dietro un’intensa nuvola di fumo.







 

 
Spazio autrice:
ma quanto è bella Liv Tyler? La perfezione proprio.
E' così che ho disegnato Meredith nella mia mente, più o meno le caratteristiche rispecchiano la figlia di Steven Tyler.
Tornando al capitolo, finalmente sono riuscita a pubblicarlo, un po' più lungo rispetto agli altri forse.
Non so se avete notato nel corso della lettura, ma ho ripreso molte delle parole di Extraordinary girl dei Green Day, I don't want to miss a thing degli Aerosmith e Ride di Lana del Rey.
Sono nella riproduzione casuale della mia playlist e non ho potuto farne a meno, adoro quelle canzoni.
Spero che non vi sia dispiaciuto troppo.
Ringrazio le persone che stanno continuando a leggere la storia, non sapete quanto mi stiate rendendo felice.
Non so mai cosa scrivere nello spazio autrice, è un momento un po' imbarazzante.
Per questo vi lascio, mi auguro che siate ancora abbastanza curiosi da aspettare un aggiornamento nei prossimi giorni, appena mi sarà possibile.x

 

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Capitolo 10
*** The Ritz. ***


The Ritz, New York City, febbraio 1988.

Quella sera di maggio Lisa era scappata, lasciando uno Slash speranzoso e ansioso di vederla all’uscita del Roxy.
Aveva oltrepassato la porta antincendio e aveva corso a perdi fiato, allontanandosi dal locale senza alcun tipo di ripensamento.
Non voleva parlare con Slash, aveva paura delle parole che il ragazzo avrebbe potuto dirle, delle domande che le avrebbe sicuramente posto. Non era quello di cui aveva bisogno, non quella sera, non in quel periodo.
Meredith il giorno dopo le aveva raccontato tutto e sperò con tutta se stessa che la mattina seguente il chitarrista non si presentasse di nuovo sotto casa sua, con l’ennesima scusa.

Invece Saul non lo fece, in realtà Saul non si ricordò neanche della promessa che aveva fatto a Lisa quella sera di maggio, quando l’aria afosa gli rendeva impossibile respirare e il sudore colava sul suo petto nudo, mentre la cocaina saliva veloce per il suo setto nasale.
Quando si risvegliò il mattino seguente, sdraiato sul suo lurido letto con al fianco una ragazza di cui non sapeva neanche il nome e di cui non riusciva ad identificare il volto a causa del trucco sciolto dalle lacrime nel momento in cui la cacciò dalla sua stanza infuriato, ripensò alla sera precedente, alla ragazza dai grandi occhi castani che aveva forse abbandonato a tarda notte all’uscita del Roxy, speranzosa di rivederlo e ansiosa di venire a conoscenza di ciò che Slash voleva dirle.
Si era sentito un vigliacco, si vergognava ed era per quel motivo che fece promettere ai suoi amici che non sarebbero più tornati in quel locale, non spiegando però il vero motivo.
Si odiava, quella mattina si maledisse mentalmente nel momento in cui capì che non era Lisa la donna al suo fianco, che non le aveva detto neanche una delle parole che aveva intenzione di dirle ne aveva trovato una risposta a tutte le mille domande che aleggiavano nella sua mente drogata.
Non l’aveva più cercata, l’istinto di raggiungerla di nuovo, di presentarsi sotto casa sua con delle misere scuse fu placato dalle tre o quattro bottiglie di Jack Daniel’s che aveva bevuto in compagnia di Duff e di una delle due puttane che avevano portato con sé.
Da quella notte i grandi occhi tristi di Lisa non avevano più incontrato le pupille scure di Slash.
 





L’album, Appetite for destruction, fu pubblicato il 21 luglio del 1987 e riscosse subito un grande successo.
I Guns n’Roses erano ormai noti, intrapesero un tour con i Cult, spostandosi in varie città europee.
Il gruppo era fiero del suo lavoro e il successo continuava ad accrescere, così come la droga e l’alcol che circolavano nel loro corpo. Ma sembra che se ne fregassero, l’importante era stare insieme e divertirsi.
Quella sera di febbraio, quando il freddo impediva agli abitanti di New York di poter camminare tranquillamente per gli stretti viali di Central Park, i Guns n’Roses si esibivano al Ritz, uno dei rock club più famosi al mondo.
Gli U2, i Duran Duran, i Depeche Mode, Ozzy Osbourne e molte altri importanti figure della musica si erano esibiti in quel locale e adesso toccava al suo gruppo.
Slash era più che emozionato, non riusciva a stare un attimo fermo, le sue dita erano veloci sulla chitarra che non lasciava andare neanche un secondo.
Quella sera il Ritz era pieno, più di cento persone forse si spingevano tra di loro per avere una visuale migliore, per poter raggiungere il palco tra le urla e le gomitate. Dopo il concerto all’hotel li aspettava una sorta di festino organizzato da Duff e Axl e l’attesa per quello si sommava a quella di salire sul palco e dare il meglio, come sempre.
C’erano diverse telecamere, ogni loro movimento sarebbe stato ripreso e non potevano permettersi di sbagliare.
Steven lo affiancò, colpendolo con le bacchette sul capo, convinto che la massa di capelli ricci di Slash avesse attenuato i colpi.

“ Smettila Popcorn, sei già fatto o cosa?” sbottò nervoso, fermando i polsi frenetici del batterista che come lui era ansioso.

“ No Slash, non sono fatto” borbottò, mettendo il broncio e cercando di fare gli occhi da cane bastonato, ottenendo come risposta una fragorosa risata.

“ Siete pronti?” Izzy, seguito da Duff, afferrò la sua chitarra, stringendola al petto per poi alzare gli occhi al cielo, invocando la fortuna e sperando che tutto andasse nel verso giusto.

“ Cazzo, no che non sono pronto” sbottò Adler, passandosi una mano tra i capelli, mentre dall’altra parte della porta il pubblico si faceva sentire applaudendo e gridando a sguarciagola i loro nomi.

“ Andiamo Popcorn, smettila di fare la femminuccia del cazzo!” Duff scoppò a ridere alla vista di Steven che saltava sul posto, mormorando a se stesso parole di incoraggiamento.

“ E’ solo un concerto” anche Axl si unì al resto della band, fumando una sigaretta e rilasciando il fumo sul volto di Slash che non si mosse di un millimetro.

“ Siamo al Ritz e ci saranno una cinquantina di fottute telecamere” Steven non accennava a calmarsi, camminando adesso avanti e indietro e stringendo le bacchette che poi portò al petto.

“ Oh, calmati Adler! Pensa a quello che ci aspetta quando torneremo in hotel” Duff cinse le sue spalle con un braccio, spettinandogli i capelli biondi e ossigenati.

“ Oh, cazzo” borbottò quest’ultimo ancora una volta prima di essere trascinato sul palco da Izzy che intanto se la rideva sotto i baffi.

Steven si mostrò al pubblico con un sorriso a trentadue denti, dietro al quale nascondeva ansia e preoccupazione.
Si posizionò al suo posto, sullo sfondo il logo della band che Saul aveva disegnato qualche anno fa.
Axl presentò la band per poi introdurre con un breve discorso la prima canzone della lista, It’s so easy.
Questa canzone era stata scritta da Duff in collaborazione con West prima di entrare nei Guns e il bassista era particolarmente felice di iniziare quell’importante esibizione con uno dei suoi componimenti. 
Dopo aver suonato ininterrottamente quattro brani, la band si ritirò per qualche minuto nel backstage, dove trovò un tavolo con i più svariati tipi di bevande, dalle bottiglie d’acqua naturale a quelle di whisky. Ne approfittarono tutti, chi più e chi meno, ricordandosi comunque di non poter ritornare sul palco completamente ubriachi.
Quando un uomo del Ritz disse loro che avrebbero dovuto ricomonciare a suonare, la band lasciò andare i drink e si diresse più contenta di prima al suo posto di partenza, con Slash che suonava le prime note di Welcome to the jungle.
Il concerto terminò con Rocket queen, interrotta da Axl che aveva smesso di cantare per iniziare a fumare.
Nel retro del locale, tra vari festeggiamenti e fans scatenati che erano riusciti ad entrare nel backstage, il gruppo cercava invano di migliorare la situazione, ma furono costretti a lasciare il Ritz e a raggiungere l’hotel in meno di un’ora.
 
 



Emily quella sera l’aveva trascinata con lei a New York, l’amica aveva bisogno di vedersi con i suoi genitori e di staccare la spina, di abbandonare per qualche giorno la vita caotica che insieme a Lisa condivideva a Los Angeles, lavorando ad orari assurdi al Roxy per un misero stipendio. 
Inizialmente aveva rifiutato la proposta, ma dopo averne parlato con suo fratello Tyler, che l’aveva incoraggiata a distrarsi per qualche giorno, aveva richiamato la cameriera e insieme avevano deciso gli orari e i giorni in cui avrebbero raggiunto la Grande Mela.
In quei mesi erano cambiate diverse cose, a partire dal suo aspetto fisico.
Era ingrassata di qualche chilo, ma il suo corpo era ancora paragonabile a quello di una dea. Aveva piastrato i capelli ricci e li aveva tinti, dal biondo luminoso al castano che quasi tendeva al rosso.
Era egualmente stupenda, adesso però passava inosservata o almeno era quello a cui voleva credere.
Da quella sera di maggio non aveva più rivisto Slash ne il suo gruppo, ne aveva soltanto sentito parlare e aveva trovato anche i soldi per acquistare il loro album.
La situazione a casa era peggiorata, sino ad arrivare alla morte della madre a settembre.
L’estate era stata caratterizzata da continue corse all’ospedale più vicino, senza contare tutte le volte in cui era stata costretta ad abbandonare il lavoro per raggiungere suo fratello che cercava in tutti i modi di rintracciare il medico.
Mesi di dolore e tristezza l’avevano accompagnata in ogni suo minimo movimento, ma aveva preferito appunto la morte di sua madre piuttosto che vederla ancora soffrire ed essere impotente dinanzi al suo tumore.
Lei e Tyler non si erano parlati per settimane, nessuno aveva nulla da dire all’altro e le loro vite monotone si intrecciavano soltanto all’alba, quando Lisa tornava a casa e il fratello invece lasciava il piccolo appartamento per iniziare la sua giornata di lavoro.




Quella sera qualcuno aveva informato Emily di una festa in un hotel poco lontano da quello dove alloggiavano loro, avrebbero dovuto camminare soltanto per poco, al massimo un taxi le avrebbe accompagnate. 
Lisa non ne sembrava molto entusiasta, ma l’energia che la sua amica metteva in ogni cosa che faceva era contagiosa e alla fine decise che una festa non avrebbe ucciso nessuno.
Indossò un vestito nero aderente, prendendo in prestito la collana di perle di Emily e tirando indietro i ciuffi ribelli con un cerchietto scuro. Le calze nere fasciavano perfettamente le sue gambe dalla carnagione chiara, nascondendo sotto la stoffa dell’abito il taguaggio sulla sua coscia.

“ Ci saranno i soliti quattro stupidi in cerca di figa” sbottò, guardandosi allo specchio per poi distogliere velocemente lo sguardo dal suo riflesso.
 
“ Come se ti dispiacesse, tesoro” la bionda alzò gli occhi al cielo mentre un sorriso descriveva il suo esile volto.

“ Non sono qui per rimorchiare” ribadì, scostando i lunghi capelli dalle spalle e afferrando le scarpe dal tacco alto che avrebbe indossato.

“ Neanche io, ma del buon sesso non guasterebbe di certo la serata” Lisa trascinò Emily in una fragorosa risata, trattenendo le lacrime che avrebbero rovinato il trucco.

“ Ninfomane” le sussurrò, prima di essere trascinata fuori da quella stanza, con addosso un intenso profumo troppo costoso per il suo portafoglio.
 




La grande stanza che avavano affittato per la serata pullulava di uomini e donne già ubriachi a quell’ora di sera.
Un applauso generale li accolse, mandando in visibilio le poche fans che avevano saputo della festa e si erano infiltrite chissà come. Non che fosse un festa privata, ma spesso Axl si aspettava di incontrare determinate persone, di certo non una folla impazzita di ragazzine dagli ormoni sballati.
Si guardò intorno, avevano almeno avuto il tempo di cambiare gli abiti impregnati di sudore e fumo.
Non sapeva se era per la cocaina che si era fatto qualche ora prima o perché ne aveva realmente voglia, ma iniziò a ballare, mentre il resto del gruppo si fiondava sugli alcolici preparati dai camerieri che quella notte di sarebbero sicuramente divertiti trascorrendo una serata decisamente diversa.
Si buttò al centro della pista, subito accerchiato da una serie di donne che tutto sembravano tranne che sobrie e disposte ad una semplice conversazione.
Erin non aveva potuto raggiungerlo e si sentiva solo, sconfortato e abbandonato, in mezzo a quel gruppo di persone che credevano di conoscerlo fin troppo bene, ma che in realtà non sapevano forse neanche il suo vero nome.
Si muoveva veloce, i suoi fianchi seguivano il ritmo incalzante della musica, non erano loro quella volta a suonare e si rilassò, guardandosi intorno. Cercava una persona con cui avrebbe potuto trascorrere il resto della serata, senza preoccuparsi del mattino successivo.
Una massa di lunghi e lisci capelli castani si parò dinanzi ai suoi occhi, una ragazza gli dava le spalle, non interessata al cantante che aveva raggiunto il resto degli invitati a ballare. Si muoveva lenta, quel culo favoloso fasciato in un corto vestitino nero si alzava quando i suoi fianchi ondeggiavano sensualmente, le mani rivolte verso il cielo e la testa che si voltava appena.
Si avvicinò continuando a seguire il ritmo, ritrovandosi esattamente dietro di lei, poggiando le sue grandi mani sul suo ventre, notando il sussulto che la ragazza sorpresa ebbe.
Si voltò, un paio di grandi occhi castani lo scutravano curiosi e spaventati, sulle labbra carnose era stato applicato un rossetto scuro e la sua pelle emanava un ottimo profumo.
La guardò attentamente, quelle pupille avevano qualcosa di familiare, così come quei capelli troppo lunghi.

“ Axl?” domandò storcendo le labbra e allontanandosi di poco dal corpo del cantante.

“ Sono io, tesoro” sorrise malizioso, rivolgendole un occhiolino sfacciato.

“ Non mi hai riconosciuta?” chiese ancora, le sue piccole mani spingevano sui suoi addominali scolpiti.

“ Dovrei?.. In effetti hai qualcosa di familiare, ma ne ho visti di bei faccini piccola” continuò, stringendola a sé.

“ No, non dovresti” disse, continuando a sfuggire alle sue mani.

Axl sentì che i suoi amici lo stavano chiamando e continuando a sorridere, si voltò, trasciando la ragazza al suo fianco, che faceva di tutto per opporsi ma il rosso era troppo forte e le sue mani non lasciavano la presa sulla sua vita.
Abbassò il capo, coprendo il viso con i suoi lunghi capelli quando intravide la figura alta di Duff.
I capelli erano la cosa più importante per lei, dietro ci nascondeva la faccia e pensava più volte che se le avessero tagliato i capelli, avrebbero potuto ucciderla.
Sentì delle risate e non riusciva a capire le parole che si stavano scambiando, avrebbe voluto soltanto trascinarsi fuori da quel grande guaio in cui si era cacciata.
In un attimo i suoi pensieri finirono a Slash, al chitarrista che non vedeva da sette mesi o più, e un brivido sembrò percorrerle la schiena quando udì qualcuno chiedere ad Axl:

“ E lei chi è?” Axl la costrinse a fare qualche passo avanti, scostando con una mano i lunghi capelli che coprivano le sue spalle nude.

“ Come ti chiami piccola?” le sussurrò all’orecchio, per poi morderle sensualmente il lobo.

“ Lisa?” qualcuno domandò, il tono di voce che sovrastava la musica assordante della suite, e in quel momento avrebbe preferito morire.







 

 
Spazio autrice:
e siamo al decimo capitolo, ho impiegato giorni per scriverlo.
Ho catapultato i personaggi dal Roxy di Los Angeles del maggio 1987 al Ritz di New York del 1988.
I due quella sera non si sono più incontrati, Lisa preferisce scappare che affrontare Slash e il chitarrista si era totalmente dimenticato di lei a causa dell'alcol e della droga.
Non volevo che i due si confessassero già tutto per poi vivere una vita insieme per sempre felici e contenti.
Non è decisamente il genere di storia che avevo in mente, in realtà non ho ancora capito come concludere questa fanfiction.
Parlando di cose serie... Drew Barrymore bruna? Non è stupenda? Magnifica direi.
L'immagine è tratta dal film Doppelganger, che sinceramente non ho ancora visto a differenza di Poison Ivy.
Come sempre ringrazio le persone che continuano a recensire la storia, ad aggiungerla tra le preferite/seguite/ricordate e anche i lettori silenziosi che appunto si limitano soltanto alla lettura.
Per qualsiasi cosa, contattatemi in privato:)
Spero di non aver deluso le vostre aspettative e che continuate a seguire gli aggiornamenti.xx
 

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Capitolo 11
*** Rocket queen. ***


“ Da quanto Stradlin conosci ragazze così carine?” domandò Duff, spostando dalla sua fronte il lungo ciuffo e portando ciocche di capelli dietro le sue orecchie, mostrando un paio di orecchini tondi.

Lisa, hai detto? Il tuo nome mi è familiare, dolcezza” Axl davvero non riusciva a ricordare dove avesse incontrato quel paio di occhi grandi che sembravano leggergli dentro.

Roxy, qualche mese fa.. Era bionda, capelli ricci, la barista” continuò Izzy, continuando a fissarla e a rinfrescare la memoria del rosso.

“ Cazzo, si! La figa del Roxy! Ti odio ancora, quella sera mi hai lasciato in bianco” Axl mise il broncio e aumentò la presa sui fianchi di Lisa.

“ Se credi che questa sera potremmo concludere quello che abbiamo lasciato in sospeso mesi fa, beh allora sbrigati a trovare qualcun’altra” Rose tacque, le labbra strette in una linea sottile, odiava essere rifiutato.

“ E comunque, ciao Izzy. Ti trovo bene” il moro alla vista delle labbra di Lisa che si incurvavano in un sorriso non seppe come reagire.

Quella ragazza l’aveva colpito sette mesi fa e adesso continuava a fargli provare una strana sensazione.
Era schietta, misteriosa, taciturna e per alcuni aspetti antipatica. Non riusciva a capire come si fosse ricordato di lei, di una delle tante ragazze che aveva incontrato nel corso della sua vita.
Ma il suo nome, il modo in cui quella sera aveva lasciato l’appartamento in cui vivevano, lo sguardo triste e il dolore che si trascinava dietro mentre i lampioni di Los Angeles illuminavano i suoi capelli dorati, non avevano abbandonato la sua mente, erano stati soltanto accattonati dal continuo succedersi di novità e successi.
Le sorrise a sua volta, mostrandosi tranquillo, nascondendo l’agitazione che quel paio di occhi gli procuravano.
Era un diavolo tentatore, quella sera Izzy aveva visto satana: aveva un paio di grandi occhi castani.

“ Tu, come stai?” Axl intanto aveva raggiunto il bancone dove offrivano quantità esagerate di alcol mentre Duff non si faceva scrupoli a baciare una ragazza, della quale poi non avrebbe ricordato neanche il nome, seduto su una delle poltroncine rosse di pelle della stanza.

“ Bene, si. E’ davvero una bella festa, non sapevo ci sareste stati anche voi” spiegò, mentre insieme al ragazzo raggiungeva la porta che dava su una piccola terrazza dalla quale si poteva osservare una parte di New York.

“ Se l’avessi saputo, forse non saresti venuta?” domandò, una sua mano si infilò nella tasca dei suoi jeans chiari per estrarne un pacchetto di Marlboro.

“ Cosa te lo fa credere?” Lisa accettò volentieri la sigaretta che Izzy le stava offrendo, scansandosi in tempo per evitare di essere spintonata da un ragazzo ubriaco che continuava a saltellare come un forsennato.

Il modo in cui sei scappata l’ultima volta che ci siamo visti” disse, accendendo la paglia e sedendosi su una delle sdraio, allargando le gambe in modo che ci fosse abbastanza spazio anche per lei.

“ E’ tutto diverso” rispose, ancora colpita dalle parole che Izzy le aveva rivolto con una tranquillità disarmante.

Si sedette al suo fianco, mantenendo una debita distanza dal ragazzo misterioso che sembrava aver capito più degli altri qualcosa di lei.
La guardava, quel paio di occhi che quella sera alla poca luce sembravano verdi.
Il vestito continuava a non volersi abbassare e le gambe erano più esposte di prima, ma Izzy sembrava non aver notato quello che sicuramente sarebbe stata una tentazione, mentre Lisa ormai aveva rinunciato e lasciava che il freddo si facesse sentire di più sulla pelle delle sue cosce, coperte dal sottile strato di calze nere.
Fortunatamente aveva bevuto davvero molto poco, se fosse stata ubriaca non ci avrebbe pensato due volte all’invito di Axl, pentendosi sicuramente il mattino seguente.

“ E’ cambiato qualcosa in questi mesi? Oltre ai tuoi capelli” Izzy sorrise, sbuffando il fumo che aveva trattenuto nella sua bocca amara a causa del whisky.

“ Tante cose” rispose, una morsa allo stomaco la costrinse ad alzarsi e ad incamminarsi verso il muro che la separava dal vuoto.

La suite era al penultimo piano dell’hotel, il buio inghiottiva ogni cosa per un breve tratto, poi erano visibili i lampioni e le macchine che anche a quell’ora della notte restavano intrappolate nel traffico. Ah, New York!

“ Dimenticavo che sei una di poche parole” la vide voltarsi lentamente, la sigaretta ancora accesa fu lanciata giù, una scia di fumo la seguì, visibile fin quando la miccia non fu poi troppo lontana.

“ Io invece non ricordavo che tu parlassi così tanto” si avvicinò, il rumore assordante di quelle maledette scarpe dal tacco alto rompevano il silenzio che avrebbe annullato le loro parole.

“ Sono cambiate tante cose” ripetè le parole di Lisa, ghignango quando questa oltrepassò la sua figura ancora seduta e con un cenno del capo lo invitò a rientrare.

“ Che cosa hai in mente, ragazzina?” la raggiunse a passo svelto, la musica ritornò a perforare i loro timpani, abituati a peggio, ma pur sempre sensibili.

Lisa non rispose alla sua domanda, semplicemente continuò a farsi spazio tra la folla ed Izzy non potè non pensare a quanto fosse sexy in quel momento, il suo corpo fasciato in quell’abito nero striminzito e i capelli che seguivano l’ondeggiare dei suoi fianchi. Quelle ciocche scure, quasi rosse, le donavano un’aria più matura, nonostante Lisa avesse appena ventun’anni.
Quando il chitarrista si accorse che la sua compagna di avventure non aveva intenzione di fermarsi, si guardò intorno e ciò che vide fu soltanto Slash che si divertiva alla scena di due ragazze che continuavano a strusciarsi e a baciarsi tra di loro.
Una fitta allo stomaco. Di cosa? Gelosia? Lo colpì forte, doveva allontanare la ragazza dal suo amico, sapeva quanto Slash ci avesse perso la testa mesi fa, quanto fosse disperato, disposto a fare qualsiasi cosa per la puttanella che avevano incontrato quella sera al Rainbow.
Era l’unico ad aver capito quale fu il vero motivo per il quale il Roxy divenne un locale abbandonato dalla popolarità dai Guns n’Roses, o almeno quando decidevano di andare, Slash si asteneva o cercava di evitare tutti e tutto.
Tornò a guardare dinanzi a sé, ma di Lisa neanche l’ombra.
I suoi occhi furono veloci a scannerizzare la stanza, fin quando non notò l’ascensore che immetteva direttamente nella suite aprirsi e accogliere una Lisa rossa in viso che si specchiava rapidamente.
La raggiunse a furia di gomitate e bestemmie rivolte a coloro che continuavano a pestargli i piedi.
Fu un attimo: con un salto balzò all’interno dell’ascensore e subito dopo le porte di quest’ultima si chiusero alle sue spalle.
Rischiò di perdere di vista ancora una volta tanta bellezza.
Lisa lo guardava, era eccentrica, divertita, diversa. Izzy notò una strana luce nei suoi occhi, che fosse felicità?
Cos’è cambiato in questi mesi, mia dolce musa?
Era una regina delle stelle.
Poteva essere un po’ giovane, ma non era ingenua. Forse era troppo anche per lui, un’illusione, un’allusione sessuale.
La immaginava ancora sull’asfalto della Sunset Boulevard, in piedi, mentre faceva impazzire i passanti. 
Izzy non ricordava neanche se fosse martedì o mercoledì, quegli occhi erano come una calamita, il silenzio imbarazzante che si era creato nell’ascensore, che continuava a scendere lentamente, lo distrasse e proprio mentre stava per avvicinarsi a lei, per avverare quel desiderio tanto grande da sembrargli impossibile, le porte si aprirono e un brivido di freddo fece tramare la sua schiena.

All’esterno il vento soffiava forte, nessuno dei due aveva pensato a procurarsi un cappotto e adesso sembrava che i loro piani stessero per andare in fumo.
Non sapeva perché Lisa stesse scappando e perché lui la stesse seguendo, ma quel sorriso che gli aveva rivolto lo aveva quasi istigato, intrigato e non poteva far a meno dell’ennesima pazzia.

“ Si gela fuori” fu lui a spezzare il silenzio con queste tre semplici parole.

“ Io ho bisogno di una dose” quelle parole sorpresero Izzy, che si voltò di scatto nel momento in cui Lisa alzò lo sguardo sul suo viso, per osservare quale fosse stata la reazione del suo nuovo compagno di avventure.

“ Eroina?” a quella domanda la mora quasi scoppiò a ridere.

“ Dio, no. Non sono ancora arrivata a quello. Sniffo, quando capita, quando ne ho voglia” scosse il capo e il viso di Izzy sembrò tranquillizzarsi, forse.

Lui sapeva ormai quanto il mondo della droga facesse schifo.
Ne aveva visto di ragazzine come lei morire per uno schifoso trip, diciottenni costrette a vendere cocaina all’uscita dei locali per poi correre veloci a nascondersi quando la polizia arrivava sul posto, e la maggior parte delle volte non riusciva ad arrestare neanche uno di quei singoli figli di puttana che continuavano con quella merda.
Con se in quel momento non aveva altro che delle sigarette e di uscire, almeno per lui, non se ne parlava.
Si guardò intorno, era altamente improbabile che in quell’hotel avrebbe trovato uno spacciatore o comunque qualcuno che vendesse della cocaina.
Lui era pronto per rivivere ancora quegli attimi di euforia, che sarebbero durati pochi minuti o qualche ora, alle pupille che si dilatavano, all’aumento della temperatura del suo corpo, al respiro irregolare, al rumore del battito accelerato del suo cuore.
Ma Lisa? Lui lo faceva per divertirsi, per dimenticare per qualche istante quello che lo circondava, spaventato dal successo che li stava travolgendo e portando alla deriva.
Qual era invece il suo motivo?

“ Da quando ti droghi?” le domandò, come se fosse una semplice domanda curiosa alla quale non sapeva se voleva rispondere.

“ Non da molto, te l’ho detto. E’ solo per dimenticare” con queste poche parole, voltò il suo capo, lasciando che i capelli nascondessero il suo volto allo sguardo indagatore di Izzy.

“ Beh, io non ho la più fottuta idea di dove prendere una dose” spiegò amareggiato.

“ Oh, pensavo ne avessi qualcuna con te” Lisa non si voltò, sussurrò quelle parole scrollando le spalle.

“ Non abbiamo bisogno di quelle per divertirci” e non sapeva se quelle parole le aveva dette più a se stesso o a Lisa.




Intanto l’ascensore era stata richiamata ed ora scendeva di nuovo molto lentamente, all’interno gemiti e mugolii rompevano il silenzio.
Una volta arrivati al piano terra, non si erano accorti delle porte ormai spalancate e di due paia di occhi che guardavano curiosi la scena che gli si parava dinanzi.
Izzy socchiuse le palpebre, ancora una volta la fortuna non sembrava essere dalla sua parte.
Lisa invece indietreggiò di un passo alla vista di una massa di capelli ricci che si muoveva veloce sul seno nudo di una ragazza che intrecciava le dita nei capelli di Slash.
Quando questa, in preda agli urli, si rese conto delle persone che li stavano osservando, staccò il viso del chitarrista dal suo corpo, sorridendo maliziosamente e accennandogli il fatto che ormai non erano più da soli.
Il riccio sbuffò, senza voltarsi e nel momento in cui le sue dita stavano per premere a caso uno dei pulsanti che li avrebbe condotti ad uno dei piani superiori entro le mura dei quali avrebbero potuto finalmente scopare in santa pace, una voce lo bloccò.

“ Slash?” era una donna, indubbiamente.

Quasi un sussurro che sovrastò i continui mugolii della ragazza che si stava lasciando toccare senza alcun tipo di problema dalle sue mani esperte.
Non sapeva se voltarsi, ma poi l’idea perversa di una cosa a tre lo convinse a girare il capo.
Con le braccia muscolose appoggiate alla parete liscia dell’ascensore e gli occhi liberi dai suoi capelli ribelli, Slash si bloccò, notando prima un volto familiare e poi la figura di Izzy che impassibile, e quasi arrabbiato avrebbe osato dire, lo stavano fissando.
Era troppo ubriaco, troppo fatto per ricordare ancora una volta.
Sapeva soltanto di aver già incontrato quel paio di occhi così grandi e chiari.
Sembrava una bambola, la pelle chiara, le labbra a forma di cuore e quei capelli che ricadevano perfettamente lisci sulle sue spalle.

“ Ci conosciamo splendore?” domandò, continuando a strusciare intanto il suo corpo su quello della ragazza di turno.

“ Ti sei dimenticato di Lisa, Hudson?” fu Izzy a parlare e in un momento fu tutto più chiaro.

I capelli ricci e biondi sostituiti da un castano scuro, il corpo fasciato da un abito corto e non più da un paio di miseri pantaloncini di jeans che lo facevano eccitare da morire.
Quella era Lisa. Non più oscena, non più spaventata e fuggitiva.
Era una regina. Una regina delle stelle.







 



 
Spazio autrice:
ed ecco il continuo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, il primo a riconoscere Lisa è stato Izzy.
Non so se vi aspettavate un primo incontro con Slash, ma il riccio ha comunque rovinato, anche se involonratiamente, i piani di Stradlin.
Beh, lo spazio autrice, come dico sempre, è un momento imbarazzante.
Spero che siate abbastanza curiosi da continuare a seguire la storia, ringrazio i lettori che anche silenziosamente continuano a seguire gli aggiornamenti.
Ovviamente non mi offendo mica se lasciaste un commento :')
xx
 

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Capitolo 12
*** Dead flowers. ***


Slash si bloccò a guardarla ancora per qualche secondo, sembrava agitata, lo capiva dalle mani che si muovevano veloci sul vestito, nel tentativo di abbassarlo.
Nonostante la sbronza e la cocaina di qualche minuto prima, che avrebbero dovuto annullare ogni cosa, i suoi sentimenti ed il dolore, non capiva come fosse possibile che lo stomaco stesse iniziando a fargli male e perché pensasse che quello che stava facendo con quella puttana in ascensore gli sembrava sbagliato da quando aveva rivisto quel paio di occhi grandi.
Si staccò lentamente, la ragazza che lo stava intrattenendo sbuffò contrariata quando il corpo caldo di Slash si scostò, lasciandola al freddo della hall di quell’hotel.
Cercò di sistemarsi come meglio poteva, ma non riusciva neanche a reggersi in piedi.
Una volta fuori dall’ascensore si appoggiò con la schiena nuda sulla parete perfettamente imbiancata, le mani incrociate sul petto e i capelli ricci a coprirgli la vista. La guardò ancora, spostando poi lo sguardo su Izzy, che rimase impassibile e strinse leggermente i pugni, quasi a volersi difendere da qualcosa.
Anche se il suo amico non potè vederle, le sopracciglie scure di Slash si aggrottarono confuse, non riusciva davvero a focalizzare fino in fondo la situazione che si proiettava dinanzi ai suoi occhi.

“ E’ da molto che non ti vedo. Cosa hai fatto ai capelli?” davvero Slash? La incontri dopo mesi e la prima cosa che le chiedi è perché fottutamente si è tinta i capelli?

Il riccio si maledì mentalmente, si rese conto che dentro di sé il suo animo sembrava essersi diviso in due: lo Slash sobrio e quello completamente fatto e ubriaco che sembrava addormentato.

“ Li ho tinti” sussurrò, gli occhi bassi puntati sulla punta delle scarpe che stava indossando.

“ Come vanno le cose?” si sentiva anche lui tremendamente in imbarazzo, non aveva osato alzare lo sguardo dal colore del vestito che Lisa stava indossando in quel momento, limitandosi a fissare il seno compresso nello stretto tessuto.

“ Bene, si” sospirò, portandosi una mano ai capelli per spostarli dietro le spalle, rivolgendosi ora ad Izzy, guardandolo e sperando che quel paio di occhi chiari capissero quello che gli stava silenziosamente chiedendo.

“ Slash, c’è qualcuno che ti aspetta” borbottò, riferendosi alla ragazza dai lunghi capelli biondi che lo stava aspettando, guardandosi intorno senza un obiettivo preciso da memorizzare.

“ Può aspettare… Fa sempre piacere rivedere le vecchie amicizie” sorrise amareggiato, in realtà aveva aspettato quel momento non sapeva neanche lui da quando, solo che solo adesso se ne stava rendendo conto.

Lisa era stata la sua ossessione; dopo che quella sera l’aveva dimenticata all’uscita del Roxy, aveva continuato a pensare a lei per forse mesi.
Ogni volta che durante un’esibizione intonava le note di Rocket queen, i suoi pensieri andavano a lei, ricordandosi della prima notte in cui l’avevano incontrata, bella più che mai.

“ E’ un piacere anche per me, Slash” disse, la voce bassa e timida, il chitarrista potè giurare che le sue guance si fossero tinte di rosso nel pronunciare quelle parole.

“ Non ne dubito, tesoro” le rivolse un occhiolino, spostandosi di poco dalla parete per avvicinarsi di un passo ai due che erano rimasti immobili durante la breve conversazione.

“ Dovresti trovarti una camera se non vuoi che ti caccino a calci in culo da quest’hotel.. Non credo sia permesso scopare sulle poltrone della hall” incalzò Izzy, stringendo le labbra secche in un sorriso divertito.

“ Penso che tornerò di sopra e scaricherò questo zuccherino a qualcun altro. Piuttosto, Lisa, sei dei nostri?” allargò le braccia, ricambiando il sorriso che la ragazza in quel momento gli dedicò annuendo lentamente.

“ Perfetto... Izzy, prima le donne! Non ti hanno educato per niente, brutto cazzone!” urlò contro Stradlin che non aveva perso un momento e si era catapultato deluso nell’ascensore accanto alla ragazza che confusa si guardava ancora intorno.

“ Zitto, paragonato a te sono un signore” borbottò, scostando i capelli scuri ai lati del viso.

“ Dopo di te” mentre una la invitava ad entrare entro quelle quattro pareti, l’altra mano di Slash sfiorò volontariamente la schiena di Lisa.

Un brivido la percorse, strinse l’orlo del tessuto nel momento in cui si accorse che il battito del suo cuore era impercettibilmente accelerato, così come il suo respiro ora irregolare.
Slash invece sentì quasi formicolare le sue dita, ma pensò che la cocaina avrebbe fatto effetto tra qualche minuto e in quel momento era l’ultima cosa che voleva.
Avrebbe preferito trascorrere del tempo con lei, magari parlare, sperando che questa volta le cose fossero andate diversamente. Non solo una semplice scopata, anche se quella sera non sarebbe andato sicuramente in bianco.
Sognava, mentre l’ascensore raggiungeva lentamente il penultimo piano, di avvicinarsi a Lisa e sbottonarle lentamente il vestito, non dopo averle stracciato le calze nere che stava indossando in preda ai graffi e alle carezze che avrebbe dedicato alle sue gambe lisce. Poi avrebbe intrecciato le sue mani ai suoi capelli non più ricci e le sue labbra avrebbero indugiato sul suo lungo collo, riempiendola di baci e morsi, per poi arrivare alla sua bocca peccaminosa.
L’avrebbe fatto, avrebbe seguito il suo istinto e i suoi desideri, se solo fossero stati da soli.
Avrebbe bloccato l’ascensore tra due piani, costringendola contro la parete dotata di specchio, il suo corpo su quello di Lisa come una seconda pelle, la vista della sua nudità, i seni e il culo riflesso nel vetro.
Iniziava a sentire caldo, incolpò di nuovo la cocaina.
La guardò, soffermandosi sui dolci lineamenti del suo viso.
Sembrava diversa, più donna e molto più aperta forse, non aveva dimenticato il carattere solitario e scontroso con cui si rivolgeva praticamente a tutti.
Sperava con tutto il cuore di aver interrotto qualcosa quando era arrivato e aveva trovato Lisa in compagnia di Izzy.
Sapeva che i due si conoscevano già, tutto il gruppo aveva incontrato Lisa all’entrata del Rainbow e ricordò quando Duff ci aveva provato con lei, ma poi le cose cambiarono in suo favore.

“ Andiamo a divertirci!” la ragazza alzò le mani al cielo ed urlò, ritornando nella suite e correndo letteralmente per raggiungere il centro dell’appartamento che era diventato una pista da ballo.

La musica era alta e Lisa era ormai convinta che non avrebbe dimenticato quel martedì di febbraio.
Entrando in compagnia di Izzy e Slash si guardò intorno, nella speranza di trovare Emily, che l’aveva lasciata per raggiungere un posto tranquillo con un ragazzo che aveva incontrato prima che la festa iniziasse e che aveva senza ombra di dubbio tutt’altra voglia di intrattenere una conversazione con la sua amica.
Sperava soltanto di non dover tornare al piccolo hotel in cui alloggiavano da sola.
Sentiva che le gambe sarebbero cedute da un momento all’altro, ad ogni passo che faceva il suo cuore iniziava a battere più veloce, mentre Slash alla sua destra camminava tranquillo, un sorriso stampato in faccia.
Dall’altra parte Izzy portò una sigaretta alle labbra, Lisa aveva notato come il capo del moro si fosse voltato quando aveva girato il viso per osservarlo.
Incrociò le braccia al petto, non sapeva cosa Slash avesse in mente e perché adesso Izzy si limitava al silenzio.

“ Ti va di ballare?” una voce roca la raggiunse, Slash le sorrideva tentendo una mano nella sua direzione.

“ Oh, io.. Si” Izzy ormai si era allontanato, una mano nella tasca dei jeans e l’altra a reggere la sigaretta fumante.

Il riccio la afferrò, trascinandola nella mischia sudata ed urlante, tutti si divertivano ubriachi, nessuno si rendeva conto dei ragazzi che collassavano sui divani; la musica copriva i rumori provenienti dalle stanze che non erano neanche state chiuse a chiave.
Poteva sentire di nuovo quell’attrazione fisica che l’aveva legata a Slash sin dall’inizio, anche se per poco tempo.
Se lui aveva pensato a Lisa per qualche settimana dopo l’ultima volta che l’aveva vista, la ragazza non era riuscita a dimenticare le due folli notti che avevano trascorso insieme.
Iniziò a seguire la musica assordante, muovendosi velocemente mentre Slash si limitava ad avvicinarsi e a stringere la vita di Lisa con le sue forti e callose mani, che avrebbero voluto in quel momento oltrepassare il morbido tessuto del vestito che stava indossando.
Lei lo guardò negli occhi quando lui si decise finalmente a scostare quei maledetti ricci.
Le pupille a spillo, illuminate dalla fioca luce della suite, la misero in guardia.
Ma poi sorrise, quello che non era riuscito a darle Izzy lo avrebbe avuto da Slash. 
Incurvò le labbra, portando entrambe le braccia ad intrecciarsi intorno al collo sudato del chitarrista, che rispose ai movimenti della ragazza avvicinando la bocca carnosa  alla sua guancia.
Lentamente, molto lentamente Lisa avvicinò il suo viso a quello di Slash e gli chiese sussurrando se avesse una dose.
Il riccio si riscosse, allontanandosi e guardando Lisa negli occhi, uno sguardo triste ma un sorriso malizioso.
Slash ignorò la ragione per la quale Lisa si drogasse e ignorò anche quella che sembrava malinconia e che albergava nei suoi grandi occhi chiari, e le afferrò una mano, incurvando le labbra e raggiungendo la terrazza dove prima lei ed Izzy si erano scambiate quelle poche parole, cariche di significati.
Dalla tasca posteriore del pantalone a vita bassa che stava indossando estrasse un portafoglio in pelle, mentre Lisa si accomodava sulla stessa sedia su cui prima aveva affiancato Izzy.
Le mani di Slash furono veloci a trovare il pezzo di carta argentata che conteneva la cocaina.
La porse a Lisa insieme ad una banconota che l’avrebbe aiutata a tirare su per il naso la polverina bianca.
Slash sapeva del potere che aveva quella droga, l’euforia e l’adrenalina che si impossessava di ogni parte del corpo, la voglia di fare sesso per ore seguita da un’indifferenza talvolta dolorosa.
La guardò mentre si portava la banconota arrotolata ad una delle narici e avvicinava a questa la cocaina contenuta in quella striscia di carta.
Le palpebre si abbassarono lentamente mentre la polvere bianca raggiungeva le sue vie respiratorie e poi il sangue.
Di lì a qualche ora avrebbe raggiunto ogni parte del suo corpo.
A quel punto, quando la vide distendersi lentamente sulla sdraio su cui era seduta, Slash non potè non soffermare il suo sguardo sul suo fisico.
Ricordava che Lisa fosse bellissima ma aveva dimenticato cosa si provasse nell’averla dinanzi agli occhi.
Rimpiangeva da una parte i capelli ricci che selvaggi si muovevano al vento.
Le si avvicinò e notò che anche lei lo stava osservando attentamente, mentre chiedeva silenziosamente di potersi stendere con lei, nonostante lo spazio a disposizione fosse quasi nullo.
Lisa lo guardò confusa, la poca luce proveniente dall’interno della suite illuminava parzialmente il suo viso tondo.
Ma anche Slash era sotto l’effetto della cocaina e senza alcuna scusa poggiò le mani ai lati del volto di Lisa e si distese su di lei, facendo aderire perfettamente i loro corpi.
La ragazza tentò di scansarsi, le mani premevano sul torace del riccio il quale restava immobile e si godeva il suono dello strusciare dei loro abiti dal diverso tessuto.

“ Cosa stai facendo?” domandò Lisa, le sue gambe si muovevano frenetiche mentre quelle di Slash cercavano un po’ di spazio sulle sedia.

“ Sto cercando di sedermi” borbottò e Lisa scoppiò a ridere, continuando a muoversi sotto il corpo di uno Slash imbranato.

“ Ma ci sono altre sedie libere!” un braccio riuscì a scappare dalla presa del riccio per indicare un paio di posti un po’ più distanti da loro.

Lisa tornò a guardare il pazzo ragazzo che si muoveva sopra di lei senza riuscire a trovare la giusta posizione.
Aveva freddo e sperava soltanto che il corpo di Slash emanasse abbastanza calore per entrambi.
Lo abbracciò quando i suoi denti iniziarono a battere per il vento che soffiava sul suo corpo poco coperto, l’idea di rientrare non aveva sfiorato la mente di nessuno dei due.
D’altro canto il chitarrista ne approfittò, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, lasciando un caldo bacio alla base di quest’ultimo, causando una lieve risata cristallina a causa del suoi capelli che le solleticavano la pelle chiara.
A quel suono Slash si sentì pervadere da una strana sensazione che lo fece agire di scatto, strusciando le sue labbra carnose sulle sua guancia per indugiare qualche momento all’angolo della bocca di Lisa.
Con gli occhi chiusi e il respiro pesante non aspettava altro, desiderava quel contatto, desiderava quelle farfalle nello stomaco che aveva provato soltanto con lui in quei sette mesi.
Repentino, impaziente, Slash chiese l’accesso alla bocca che Lisa, che gli fu concesso senza troppi giri di parole.
Quello che avrebbe voluto farle in ascensore stava accadendo su una misera sedia a sdraio dell’hotel in cui alloggiavano, mentre all’interno tutti si divertivano ubriachi e gli unici a tenerli compagnia erano il freddo di New York e un vaso di vecchi fiori appassiti. Quante volte aveva sognato di rivederla? Di toccarla ancora una volta come stava facendo adesso?
Immagini annebiate di un ago e un cucchiaio si impossessarono della sua mente, quella sera al Roxy l’aveva trascorsa così, con un’altra ragazza per consolarsi dal dolore.






 

 
Spazio autrice:
aggiornato ancora, ne approfitto in questi giorni in cui lo studio non richiede molto tempo.
Questa volta lo spazio autrice mi serve per fare alcuni chiarimenti.
Il capitolo è intitolato " Dead flowers " in onore, diciamo così, della canzone dei Rolling Stones.
Il testo di questo brano è qualcosa che amo, infatti nella parte finale del capitolo sono ripresi alcuni versi.
Poi... Lisa e Slash, finalmente insieme. 
Il nostro bel chitarrista non riesce ancora a capire quello che in realtà sente nei confronti di Lisa, incolpando come sempre la cocaina e l'alcol.
So che forse potranno apparire complicati come personaggi, ma non mi limito alla storiella che tutti sanno scrivere.
La descrizione dei sentimenti dei protagonisti e anche dell'ambiente che mi circonda è una cosa a cui bado molto.
Forse non sono neanche brava in questo, ma è una cosa che penso mi derivi dai troppi classici della letteratura inglese letti durante il corso della mia breve vita.
Detto questo, vi lascio.
Come sempre ringrazio coloro che continuano a seguire la storia, anche quelli che si limitano a leggere i capitoli. xx

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Capitolo 13
*** I thought I lost you. ***


Si stavano baciando, si toccavano famelici e veloci, nessuno dei due voleva che segni fossero lasciati dall’una o dall’altro durante quel gioco di graffi e carezze.
Le urla degli invitati che alle due di mattina continuavano a fare baldoria arrivavano ovattate alle loro orecchie, concentrate sul rumore del battito dei loro cuori e sui loro respiri irregolari.
La lingua di Slash sfiorava il collo lungo di Lisa, che chiuse gli occhi alla sensazione della scia bagnata che fredda creava un percorso trasparente sulla sua pelle.
Le sue mani tiravano i capelli ricci e scuri, senza preoccuparsi di poter far male al ragazzo che aveva infilato le mani calde sotto l’orlo del suo vestito, risalendo la coscia per poi arrivare alle sua natica soda. Avvicinò instintivamente il suo corpo a quello di Slash che la sovrastava, gli occhi coperti dai capelli e annebbiati dalla cocaina, così come i suoi, le labbra carnose delicatamente lasciavano piccoli baci tra i suoi seni ormai scoperti sotto il cielo nuvoloso di New York.
Quasi come se fosse fatto di porcellana, le dita di Slash accarezzarono lentamente uno dei suoi capezzoli e a quel contatto Lisa si lasciò scappare un gemito.

“ Oh cazzo, ci sono due che scopano in terrazza!” sentirono urlare dall’interno, il suono dello spalancarsi della porta fece voltare entrambi.

Nonostante non fossero del tutto lucidi, sia Slash che Lisa si resero conto dell’assurda situazione in cui si trovarono.
Maledicendo ogni persona in quell’appartamento Slash si alzò riluttante dal corpo della ragazza, che intanto si era affrettata a ricomporsi, nascondendo agli sguardi curiosi le sue nudità.
Se non fosse stata per la dose, in quel momento si sarebbe sentita sicuramente in imbarazzo e sarebbe scappata di corsa, cercando di non ricordare neanche uno dei volti che l’avrebbero osservata divertiti.
Si riscosse quando notò che Slash afferrò saldamente la sua mano e la trascinò con lui all’interno, sotto gli occhi attenti degli altri che li seguirono, colpiti dal freddo glaciale del febbraio newyorkese del 1988.
La folla era diminuita, il numero delle persone era minore rispetto a quello presente al suo arrivo.
Improvvisamente tornò a domandarsi come avrebbe fatto a ritornare al suo hotel e dove fosse finita Emily.
Non la vedeva praticamente da quando avevano messo piede in quel posto.
Slash sembrava davvero non voler lasciarla andare e a Lisa andava bene, non pensò di allontanarsi da lui ne di evitare ciò che sarebbe successo in seguito nella stanza in cui erano appena entrati.
Mentre il riccio si preoccupò di chiudere a chiave con un colpo secco la porta che li divideva dal resto delle persone, Lisa si trascinò sul letto, dopo essersi finalmente sbarazzata di quelle fastidiose scarpe dal tacco alto.
Le calze ormai stracciate scendevano lentamente lungo le sue gambe, afferrate alla fine da Slash che le gettò in un punto impreciso della stanza buia. Anche se l'oscurità la avvolgeva, sapeva, sentiva che Slash le era vicino e potè confermarlo a se stessa quando sentì le sue mani ruvide poggiarsi sulle sue ginocchia per aprire velocemente le sue gambe e sdraiarsi tra di esse.
Farfugliava qualcosa che in quel momento Lisa non riusciva a capire, le parole restavano incastrate tra le sue labbra quando queste raggiungevano la sua pelle tremante e vogliosa di maggior contatto.

Questa sera sarai mia” aveva ascoltato in silenzio quella frase sussurrata, sforzandosi per capire ciò che Slash continuava a dire, sperando di ricordare una volta terminato l’effetto della droga.

Sedendosi sul letto al suo fianco, aprì la cerneria del vestito, lasciando scivolare dolcemente il tessuto soffice sulla sua pelle.
Non aveva indossato il reggiseno, l’unica cosa a coprirla erano gli slip che Slash non tardò a rimuovere.
In poco tempo anche le coperte diventarono di troppo, fu come lottare contro il piacere, la passione che si trasmetteva ad ogni contatto. Le labbra di Slash erano lente, esploravano sensualmente la sua bocca, mordendo di tanto il labbro inferiore.
Lisa si aggrappava alle sue spalle, conficcando le unghie nella sua pelle scura paragonata al candore della sua.
Una mano di Slash accarezzava lentamente il tatuaggio che aveva sulla coscia e che non aveva dimenticato, così come non aveva dimenticato le tre parole che marchiavano il suo braccio.
I capelli sparsi tra le lenzuola, alcuni intrappolati sotto la sua morbida schiena, si persero l’uno dentro l’altra, dapprima dolcemente e poi sempre più velocemente, Slash spingeva in lei seguendo il piacere che in lui accresceva. 
Dopo aver raggiunto l’ orgasmo, si addormentarono, collassando abbracciati senza neanche preoccuparsi di coprirsi per il freddo, i loro corpi bastavano a riscardarli.
 
 
 
 


Erano le undici quando il mattino seguente Lisa si alzò lentamente, cercando di non svegliare Slash che dormiva tranquillo.
Lasciò che le persiane nascondessero la luce del sole ancora per un po’, aprendo soltanto le finestre e iniziando a fumare una sigaretta, il pacchetto di Lucky Strike vuoto gettato sul pavimento accanto al suo vestito.
Un lenzuolo a difenderla dal freddo mattutino, nel buio spiccava soltanto la miccia della sigaretta fumante. Sperando che non ci fosse alcun ostacolo dinanzi a lei, si incamminò verso la porta che pensò essere il bagno.
Serrò gli occhi alla luce, a tentoni raggiunse il lavandino per poi poggiarci le mani fredde sopra.
Sbirciò il suo riflesso allo specchio, poi lentamente aprì gli occhi ancora infastiditi. Cercò di domare i capelli gonfi aiutandosi con uno dei pettini messi a disposizione dall’hotel per poi sciaquare il suo viso con abbondante acqua.
Avrebbe dovuto affrontare uno Slash appena sveglio che la cacciava in malo modo dalla stanza, come succedeva con ogni ragazza che finisse a letto con loro, pensò.
Sbuffò, portò i capelli dietro le orecchie e senza preoccuparsi di coprire il seno nudo, ritornò nella stanza ancora buia.
Sperava che Slash le avrebbe lasciato almeno una delle sue Marlboro, dato che gliene doveva una da sette mesi.
Sapeva di essere un disastro con quei capelli e con la pelle così chiara da far schifo, il vestito corto e i piedi nudi che non avrebbero sopportato ulteriolmente le scarpe scomode.
Sentì il ragazzo tossire, il rumore delle coperte mosse dal suo corpo, immaginava che la stesse cercando frenetico tra le lenzuola e che si sarebbe spaventato nel non trovarla al suo fianco, per poco non scoppiò a ridere per le assurdità che stava pensando.

Lisa?” sussurrò Slash ma lei riuscì a sentirlo, bloccandosi in piedi dinanzi al letto, sentiva il materasso sfiorare le sue gambe tremanti.

“ Sono qui” si limitò a rispondere con la voce bassa e il buio ad impedirle la vista.

Pensavo di averti perso di nuovo” anche se lei non potè vederlo, Slash si alzò di scatto, la testa gli faceva male  e i capelli ricadevano fastidiosi dinanzi al suo viso a causa della velocità con cui si era alzato, ma bestemmiò mentalmente per essersi mostrato ancora una volta così debole.

“ Cosa?” Lisa indietreggiò di un passo, sentiva il cuore arrivarle in gola e le mani iniziare a sudare impercettibilmente.

“ Ti prego, apri questa fottuta finestra o accendi la luce” sbottò lui, ritornando a sdraiarsi tra i cuscini, coprendo il volto con un braccio, nascondendo le sopracciglie aggrottate e le labbra increspate in un sorriso.

Lisa fece quello che le aveva chiesto, raggiungendo a passi lenti le persiane e aprendole velocemente, in modo che la lieve luce che filtrava dalle nuvole che regnavano il cielo di New York potesse illuminare quella che per una notte era stata la loro stanza.
Si voltò notando il nascondiglio che Slash si era creato coprendo gli occhi con il suo braccio tatuato.
Timidamente si avvicinò, sedendosi a debita distanza, cercando di ricordare i momenti della sera precedente ma con scarsi risultati. Si sorprese nel non aver sentito ancora urlare Slash e mandarla via e rimase ancora più scossa dalle parole che il riccio si era lasciato sfuggire.

“ Forse è meglio che vada, devo raggiungere Emily” disse, notanto il suo silenzio, mentre afferrava le scarpe poste ai lati del letto e si apprestava a controllare che non avesse dimenticato niente.

“ Cosa? No.. Cioè, io.. Senti, la band resta a New York fino a stasera, poi partiremo per Sacramento” borbottò, alzando di poco la testa per poterla guardare.

Le avrebbe voluto baciare le labbra splendenti alla luce del sole, chiare e non più nascoste dall’amaro rossetto, sorprendendosi poi di sentire quanto fresche sarebbero state in confronto alle sue secche ed ancora assonnate.
Avrebbe voluto chiudere di nuovo quelle fottute persiane e ricominciare ad accarezzarla al buio, sentendo il calore anche quando il sole sarebbe calato.
Sarebbe potuta essere sua anche quella notte, non poteva lasciarsela scappare ora che l’aveva catturata.

“ Io sarò a New York fino a domattina” Lisa scrollò le spalle, era confusa, le stava chiedendo di restare ancora un po’ con lui?

“ Potremmo, ecco, non so.. Vederci oggi pomeriggio? O potresti restare qui? Si! Resta” si era seduto, non preoccupandosi di essere completamente nudo dinanzi agli occhi di Lisa che cercavano di guardare altrove.

“ Io, non lo so.. Non penso sia una buona idea. Insomma, sei con la band, forse vorreste stare tutti insieme” sarei di troppo, avrebbe aggiunto ma poi si rese conto che sarebbe risultata patetica.

“ Cazzate, resta” liquidò le sue parole agitando la mano all’aria.

“ Dovrei avvertire Emily” spiegò al riccio, che non aveva smesso di guardarla neanche per un momento, i suoi capelli erano un disastro, come ieri sera il suo vestito non voleva saperne di abbassarsi e il fatto che non indossasse le scarpe gli sembrava una cosa così intima.

“ Lei non si è fatta scrupoli a non avvertirti, no?” incalzò allora, cercando di convincerla a restare con lui.

“ Già “ Lisa si morse il labbro frustrata, desiderava con tutta se stessa trascorrere lì altro tempo in sua compagnia, ma non sapeva cosa sarebbe potuto succedere e questa cosa la spaventata, soprattutto se si trattava di Slash.

“ Andiamo! Potremmo, non lo so, fare un giro.. O limitarci a raggiungere gli altri nelle loro camere” continuò a farneticare fin quando non notò la ragazza annuire, anche se poco convinta.

“ Va bene” accennò ad un sorriso e Slash in quel momento pensò che fosse davvero bellissima.

Va bene?” le chiese allora lui, credendo di aver capito male, sperando di aver inteso bene.

“ Si, ma.. Avrei bisogno di vestiti” abbassò lo sguardo, osservando il vestito che stava indossando e che odiava con tutta se stessa.

“ Non adesso, tesoro” si alzò, fiero della sua nudità, con passo lento raggiunse la ragazza, posizionandosi dietro le sue spalle.

Le sfilò ancora una volta il fastidioso vestito, lasciando che i suoi polpastrelli tracciassero linee immaginare sulla sua pelle liscia.
Lisa sentì la pelle d’oca formarsi sulle braccia che adesso Slash stringeva, avvicinando il bacino al suo sedere, facendole sentire quanto fosse eccitato, qual era l’effetto che il suo splendido corpo gli provocava.

So don’t chastise me or think I, I mean you harm, of those that take you, leave you strung out much too far” le sussurrò ad un orecchio, per poi morderle il lobo privo di orecchini.

Don’t leave me, say you’ll always be there. All I ever wanted was for you to know that I care” Lisa continuò con l’ultima strofa di Rocket queen, sentendo il sorriso di Slash allargarsi mentre le sue labbra lasciavano dei soffici baci sulle sue spalle.

Le piacque pensare di esser riuscita in qualche modo a dire al riccio quello che voleva, quello che sentiva quando gli stava vicino, quando lui le parlava o la baciava.
Non era un sogno quello, no.
Era un incubo. Il migliore che lei avesse mai fatto.
 
 





Era l’ora di pranzo e Lisa aveva deciso di uscire una buona volta dalla stanza per darsi un’occhiata intorno, non prima di aver fatto una doccia rilassante.
I muscoli intorpiditi a causa del sonno e dei momenti a letto passati con Slash l’avevano indebolita, sicuramente aveva bisogno di mangiare qualcosa o non sarebbe riuscita a stare in piedi fino a sera.
Lasciò il letto mentre Slash al suo fianco si fumava l’ennesima sigaretta della giornata, sentiva il suo sguardo accarezzarle lentamente la pelle, le pupille nere bruciavano sul suo corpo quasi fino a consumarlo.
Si voltò, i capelli le ricoprivano i seni tondi e arrossati a causa delle mani del riccio che non li aveva lasciati andare tanto facilmente. La sua bocca più volte si era posata su quella parte sensibile del corpo, provocando piacere ogni qual volta che le sue labbra stringevano i suoi capezzoli turgidi.

“ Io.. Non so dove potrei prendere dei vestiti puliti” ammise in imbarazzo, incrociando le braccia e abbassando lo sguardo.

“ Potrei prestarti qualcosa, aspetta qui” le disse alzandosi lentamente, il mozzicone della Marlboro gettato sul pavimento con non curanza.

Lisa annuì in silenzio, sedendosi sulla poltrona e rivolgendo lo sguardo al cielo pumbleo.
Sentiva il suo stomaco brontolare, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che avrebbe temporaneamente assopito la sua fame. Una bottiglina d’acqua affiancata da una bottiglia di vetro contenente del Jack Daniel’s erano appoggiate sul basso tavolino dinanzi alla poltrona sulla quale si era raggomitolata a causa del freddo.
Afferrò il whisky e iniziò a bere avidamente, chiudendo gli occhi mentre il liquido scuro scendeva caldo lungo la sua gola, riscaldandola e intontendola leggermente.
Quando lasciò andare la bottiglia, sentì la porta aprirsi e rivelare uno Slash che reggeva tra le mani una maglia e un paio di pantaloncini e che finalmente aveva deciso di indossare qualcosa che coprisse la sua nudità.
Non che a Lisa dispiacesse.

“ Potresti indossare questi, so che non terranno molto caldo, ma sono le uniche cose pulite che sono riuscito a trovare in valigia” ammise grattandosi il collo con la mano libera.

“ Andranno benissimo, grazie Slash” gli sorrise, alzandosi dalla poltrona che si era leggermente riscaldata a contatto con il suo corpo e raggiunse il ragazzo che ammaliato da tanta bellezza la accolse tra le sue braccia.

“ Potremmo tornare a letto” disse, stringendo saldamente la presa sulla sua vita.

“ O potremmo finalmente mangiare qualcosa” rispose, lasciando un lieve bacio sulla sua spalle scoperta.

“ Potrei mangiare te” a quelle parole Lisa si voltò e divertita osservò il sorriso malizioso che si era formato sulle labbra di Slash.

“ Sei insaziabile!” scoppiò a ridere quando una mano scese lungo il suo fianco scoperto e raggiunse il suo sedere.

“ Sei un bel bocconcino tesoro” le fece un occhiolino per poi baciare quelle labbra tentatrici sulle quali aleggiava adesso l’ombra di un sorriso.

“ Il mio stomaco brontola” ammise alla fine, staccandosi per infilare la scura maglia a maniche lunghe che il riccio le aveva procurato.

“ Allora vestiti piccola, spero che questo cavolo di hotel abbia un ottimo chef” borbottò, sistemandosi meglio i jeans neri che aveva indossato.

Lisa intanto fece un risvolto all’elastico dei pantaloncini rossi che le arrivavano sino alla metà della coscia, scendendo larghi a nascondere la pelle fredda.
Slash la guardava mentre si rivestiva, con quegli abiti sembrava la ragazza di vent’anni che in realtà era.
Non la sexy barista del Roxy ne la donna matura che sembrava essere ieri sera con la collana di perle che si nascondeva sotto il vestito ancora sul pavimento.
Pensò a quanto sembrasse dolce, tenera avrebbe osato dire, mentre tirava su i pantaloncini e le maniche troppo lunghe della maglia che le aveva prestato.
Le mani raccolsero i capelli spostandoli su una sola spalla, il viso presentava ancora della matita nera sotto gli occhi e un filo di mascara da ieri sera, ma non ricordava di aver mai visto tanta semplicità in un volto, in un paio di occhi che adesso lo stavano osservando curiosi.

“ Andiamo?” chiese Lisa, notando lo sguardo di Slash puntato nella sua direzione.

“ Certo” si limitò a dire, aprendo la porta alle sue spalle per poi lasciarla passare ed affiancarla, mentre i suoi piedi nudi scansavano saggiamente i cocci di bottiglia della sera precedente e qualche siringa utilizzata e lasciata sulla moquette.

Un paio di ragazzi non avevano ancora lasciato la suite, Slash sembrava non conoscerli dal modo in cui li guardava.
In realtà era infastidito non dalla loro presenza, ma da come avevano smesso di parlare e avevano iniziato a guardare la ragazza che passava dinanzi ai loro occhi, mentre le loro sigarette si consumavano senza che nessuno aspirasse.

“ Hey, Slasher! Ti sei deciso finalmente ad uscire da quella stanza!” Steven li raggiunse, sorridendo a Lisa che lo salutò con un lieve cenno del capo.

“ Non rompere il cazzo, Popcorn, faccio quello che voglio” sbottò alzando gli occhi al cielo.

“ Sei stato occupato, eh? Ma che bella ragazza! Io sono Steven, dolcezza” le porse una mano che timidamente fu stretta in silenzio da Lisa che lo guardava divertito.

“ Lisa” si limitò a dire, era ovvio che Adler non si ricordasse di lei, poche erano state le volte in cui si erano incontrati e forse non era stato neanche lucido in quei momenti.

“ Hai finito con le presentazioni? Stavamo andando a mangiare qualcosa” sorpassò i due che stavano continuando a guardarsi, Steven non lasciava andare con lo sguardo il viso dolce di Lisa e lei sembrava divertita sentendo quegli occhi che veloci catturavano ogni minimo particolare.

Stavate andando a mangiare?” il biondo ripetè le parole di Slash che sbuffò contrariato e leggermente infastidito.

“ Cos’è, sei diventato anche sordo? Si Steven, stavamo andando a mangiare” il riccio afferrò la mano di Lisa, che ricambiò la stretta e incominciò a camminare al suo fianco.

“ Hey, calmati Hudson! Alla prossima Lisa, è stato un piacere conoscerti!” urlò alzandosi in punta di piedi quando da lontano li vide raggiungere l’ascensore.

La prima cosa che colpì la ragazza quando le porte si chiusero automatiche alle loro spalle fu il suo aspetto e la presenza di Slash al suo fianco riflessi nello specchio.
Non potè non notare la differenza tra le loro carnagioni, quella di Slash così scura in confronto alla sua pallida.
Per non parlare dell’ammasso di ricci che nascondevano il viso del ragazzo in contrasto con i suoi, lisci e gonfi, ma non come quelli di Slash.

Hudson?” chiese poi, spezzando il silenzio imbarazzante che si era creato mentre entrambi fissavano lo specchio.

“ E’ il mio cognome” spiegò, capendo che Lisa si stesse riferendo al modo in cui l’aveva chiamato Steven.

“ Qual è il tuo nome?” domandò, voltandosi per osservare le sue labbra da vicino mentre le rivelavano come in realtà si chiamasse.

“ Saul” spiegò, sorridendo subito dopo quando la ragazza annuì, fissando nella mente queste nuove informazioni.

Finalmente raggiunsero la hall, un paio di persone di aggiravano tra i due corridoi laterali mentre c’era qualcuno intento a leggere un giornale, sorseggiando magari un thè o un caffè seduto su una della poltrone.
Slash si allontanò per qualche secondo, chiedendo alla donna quasi nascosta dietro un banco di legno, a causa della sua bassa statura, quale fosse la via per raggiungere il ristorante dell’hotel.
Dopo aver squadrato il chitarrista dall'alto verso il basso, liberandosi dei tondi occhiali da lettura che si poggiavano sul nado grosso e arrossato forse a causa del raffreddore, rispose con tono pacato che sarebbe bastato raggiungere la fine del corridoio alla loro sinistra.
Saul la ringranziò, augurandole poi un buon proseguimento di giornata.
Era una rockstar ma doveva pur sempre essere educato, quando poteva.
La grande stanza occupata da diversi tavoli era calda ed accogliente, un sollievo per le gambe scoperte di Lisa.
Quando Slash notò Izzy e Duff che parlavano tranquillamente tra loro mangiando intanto quello che era rimasto nei loro piatti, accelerò il passo per raggiungerli e prendere posto con loro.

“ Hey, ragazzi!” afferrò una sedia che era stata destinata al tavolo vicino al loro e la posizionò a lato, facendo la stessa cosa con una seconda per Lisa, che se ne stava in piedi in silenzio.

“ Buongiorno stronzo, ti sei degnato di alzarti da quel fottuto letto prima del solito questa mattina” disse divertito Duff che addentava qualcosa.

“ Ma perché non posso dormire fino a tardi? Axl non lo fa? Eppure non glielo ricordate ogni santa volta” continuò alzando gli occhi al cielo e rubando una patatina fritta dal piatto del biondo.

“ Piuttosto, buongiorno anche a te splendore” Mckagan si voltò, rivolgendo un sorriso alla ragazza che li stava guardando.

“ Buongiorno” rispose, spostando lo sguardo da Izzy a Slash alla sedia libera.

“ Che aspetti? Siediti” le disse allora Duff, che per un momento soffermò lo sguardo sulle gambe nude della ragazza.

“ Starai congelando ragazza” continuò, le labbra incurvate in uno strano sorriso.

“ No, sto bene” rispose, guardando ora Izzy che in silenzio le rivolse un cenno del capo, continuando a mangiare.

“ Bene, un fottuto cameriere che venga a prendere le ordinazioni?” a quel puntò Slash parlò, alzando il tono della voce affinchè qualcuno lo sentisse e arrivasse per realizzare ogni suoi desiderio.





 
Spazio autrice:
ah, che bella l'immagine alla fine del capitolo! Non trovate che sia bellissimo?
Direi che la seconda è quella che più c'entra con il capitolo, con il capo basso dopo essersi lasciato sfuggire quelle parole alla presenza di Lisa.
Questo capitolo è abbastanza dolce, ho amato descrivere il momento in cui Slash le presta dei vestiti e Steven che si sorprende a vedere Slash con una ragazza, la stessa della sera precedente, che non ha cacciato via come succedeva ogni mattina.
Spero di non aver deluso le vostre aspettative, finalmente riescono a trascorrere del tempo insieme e il nostro chitarrista sembra non voler sprecare tempo.
Ringrazio le persone che stanno continuando a leggere la storia, a recensirla e ad aggiungerla tra le preferite/ricordate/seguite.
Vi adoro! xx






 

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Capitolo 14
*** Stay? ***


Erano sdraiati sul letto, nessuno dei due si era preoccupato di spogliarsi del tutto dopo esser tornati in camera dal pranzo e aver smaltito le calorie con del buon e sano sesso.
Anche perché sentivano Duff e Steven dall’altra parte della porta che battevano i pugni contro il legno chiedendo di entrare senza preoccuparsi di farsi male o forse sfondare la stessa porta.

“ Cristo, entrate coglioni” a quelle parole, Lisa cercò di darsi una sistemata, sedendosi ed incrociando le gambe, cercando di capire se qualcosa fosse fuori posto.

“ Smettetela di scopare e pensiamo a come divertirci” il batterista entrò reggendo due bottiglie di vodka tra le mani, mentre Mckagan si guardava intorno fumando tranquillamente una sigaretta.

“ Izzy ed Axl?” domandò Slash, restandosene sdraiato con gli occhi rivolti verso il soffitto bianco.

“ Axl è al telefono” affermò Steven, alludendo con gli occhi al cielo che dall’altro capo c’era la solita Erin, preoccupata ed arrabbiata.

“ Izzy… Merda, ha lui la roba! Dove cazzo è finito?” sbottò Popcorn, lasciando andare la vodka e dirigendosi con passo spedito verso la camera del moro.

Duff si sedette su una delle sedie che occupavano lo spazio della grande camera, lasciando che le sue gambe si allungassero sul pavimento, i piedi nudi e il petto scoperto, Lisa si chiedeva come quei ragazzi riuscissero a non avere freddo, mentre lei stava attenta a far si che le sue gambe fossero ben coperte sotto le lenzuola celesti.  
Spostò lo sguardo sulla figura silenziosa di Slash quando questo iniziò a districare i suoi lunghi capelli che immaginava fossero un disastro.
Le sue dita erano lente, i polpastrelli volontariamente sfioravano la sua pelle fredda, scoprendola come sempre incredibilmente morbida. Nonostante avesse passato la maggior parte della giornata chiusa in una camera che puzzava di sesso e fumo, i suoi capelli profumavano di fragola.
Slash sembrò tranquillizzarsi, pensava che le desse fastidio la sua mano tra i capelli, ma poi notò il lieve sorriso che aleggiava sulle sue labbra e capì che non le dispiaceva affatto.
Fuori pioveva, la pioggia batteva rumorosa contro il vetro della finestra chiusa che lasciava trapassare qualche spiffero.
Duff li osservava, ancora sobrio per intuire quello che stava succedendo intorno a lui.
Il modo con cui la guardava sorridendo, come sembrava non voler farle del male quando la toccava, scusandosi con una carezza se credeva di aver esagerato.
Erano avvolti dalle coperte, Duff poteva vedere il corpo di Slash che lentamente si avvicinava a quello di Lisa, quasi come se fosse attirato da una calamita. Non l’aveva mai visto comportarsi in quel modo con una ragazza, di solito era sfacciato, rude, lasciava intendere quali fossero le sue intenzioni e quanto fosse frettoloso.
Scostò il ciuffo biondo dalla fronte, portando la bottiglia contenente della vodka alle labbra, sentendo poi la sua gola bruciare.
Si riscosse quando sentì una risata femminile interrompere il silenzio e contagiare il suo animo facendolo sorridere, alla vista di Slash che muoveva veloci le sue mani ruvide sul corpo di Lisa causandole del solletico.

“ Ti prego, basta!” urlò lei in preda alle lacrime, le mani spingevano inutilmente sul torace nudo di Slash mentre i piedi calciavano l’aria impazziti.

Il chitarrista la sovrastava, le gambe ai lati del suo bacino, cercava di contenersi quando sentiva Lisa muoversi sotto di lui.
Si ricordò di Duff e degli altri che sarebbero rientrati da un momento all’altro e una sensazione di gelosia si insinuò nella sua mente, scacciando l’idea di poterla fare di nuovo sua in quel preciso instante.
Sentì qualcuno iniziare a ridere alle loro spalle e non ebbe il tempo di voltarsi del tutto che vide arrivare Steven.
Il biondo saltò sul letto con un balzo e cominciò a farle il solletico così come stava facendo Slash.
Ma il riccio si fermò, osservando curioso ed infastidito la scena. Lisa continuava a ridere e a chiedere di finirla con quella tortura, gli occhi serrati e sulle labbra carnose un grande sorriso, le guance arrossate e i capelli più arruffati di prima.

“ Lasciatela stare, povera ragazza” sbottò Duff, anche lui divertito, mentre continuava a sorseggiare tranquillo la sua vodka.

“ Si, smettila Popcorn, ha già sofferto abbastanza” con un movimento veloce Slash ritornò alla sua precedente posizione, la schiena contro la parete e le gambe allungate a sfiorare quelle incrociate di Lisa che si era prontamente rialzata dopo aver spinto scherzosamente Steven dall’altra parte del letto.

“ Stronzi” passò velocemente una mano sugli occhi lucidi a causa delle risate, mettendo il broncio mentre cercava di sistemare quell’ammsso di capelli gonfi che a Slash piacevano tanto.

Intanto Izzy aveva fatto il suo ingresso, silenzioso come sempre, fumava una canna mentre si accasciava sul pavimento, il cappello chino sulla fronte e i jeans chiari larghi, l’unico in quella stanza ad indossare un maglioncino; Steven girava per le stanze con una semplice canotta bianca.

“ Hey, Stradlin, che ne dici di condividere magari?” domandò Slash, scostanto i ricci dalla vista e aspettando una risposta da parte di Izzy che non si era neanche voltato al suono della voce dell’amico.

“ Perché non vi comprate la vostra fottuta roba?” sbottò, strappandosi il cappello scuro dalla testa per lasciarlo andare al suo fianco, la canna ancora tra le labbra mentre pronunciava quelle aspre parole.

“ Ieri sera ho finito la coca, sai anche tu che ho dovuto darla a quasi la metà delle persone che erano in questo schifo di suite” ribattè Steven, guardando poi il chitarrista ed il bassista che ne sapevano qualcosa.

“ Ho dell’erba qui, la coca è in camera.. Se volete altro, cercatevi uno spacciatore” li informò, subito un sorriso si fece spazio sul volto del batterista che si affrettò a raggiungere la stanza che Izzy condivideva con Axl.

“ Hey piccola, prendi dell’erba da Izzy per me?” Duff si rivolse a Lisa con voce sensuale, mettendo alla prova Slash che a quelle parole si voltò di scatto, osservando il biondo che ricambiava il suo sguardo di sfida.

“ Andiamo Mckagan, muovi quel culo che ti ritrovi e fatti la tua fottuta canna” sbottò Slash, infastidito dal suo comportamento.

Lisa se ne stava in silenzio, non sapendo cosa fare: avrebbe voluto prendere l’erba da Izzy ma aveva anche troppo freddo per abbandonare il caldo delle coperte.
Il moro la imitava, la bocca chiusa, seguiva le loro conversazioni con lo sguardo basso e le gambe incrociate, sentiva che c’era qualcosa che non andava nelle parole di Slash, troppo cariche di emozioni negative per esser dette con tono scherzoso.
Un paio di occhi castani dall’altra parte della stanza lo osservavano curiosi, cercando di stampare nella mente la figura del chitarrista che sembrava meditare con se stesso, fregandosene di tutto quello che stava accadendo intorno a lui.
Lisa si chiedeva come Izzy riuscisse a rimanere tranquillo la maggior parte del tempo, considerando che la loro era una band di pazzi squilibrati e squattrinati rockettari che avevano problemi con la droga, dei quali non riuscivano neanche a rendersi conto.
A lei piacevano, adorava la loro musica, adorava loro.
Slash era come un’ossessione, anche se avesse voluto con tutta se stessa, non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo del tutto.
Era arrivato e aveva stravolto la sua vita quando ormai questa sembrava finire da un momento all’altro.
Il tumore della madre era diventato il suo tumore, era sola, Tyler si limitava a procurare i soldi affinchè sopravvivessero senza dover ricorrere a mezzi estremi, ignaro del fatto che Lisa l’aveva fatto più di una volta, che si trattasse di prostituzione o di spaccio. Improvvisamente si ricordò del Roxy, della vita che la stava aspettando a Los Angeles e che avrebbe ripreso dalla mattina successiva, abbandonando quella felicità illusoria che era ritornata nel momento in cui aveva ritrovato Slash.
Si maledisse mentalmente, dandosi della stupida: la sua felicità non poteva dipendere da un uomo.

“ Allora tesoro?” Duff intanto stava ancora invogliando Lisa a raggiungere Izzy per un po’ di erba, stanco di alzarsi dalla sua comoda posizione.

“ Cristo Mckagan” annoiato, Izzy si alzò riluttante, le gambe tremavano mentre lentamente raggiungeva Duff per letteralmente buttagli addosso una bustina contenente il necessario per una canna.

“ Grazie brutto coglione” aveva abbandonato la bottiglia vuota di vodka al triste pavimento ricoperto di moquette blu e si era dedicato a rollare l’ennesima canna della giornata, qualcosa che l’avrebbe fatto rilassare del tutto almeno per un po’.

Tra qualche ora Lisa avrebbe dovuto abbandonare quel mondo, la figura di Emily tornò ad occupare la sua mente, si chiedeva che fine avesse fatto la cameriera del Roxy che l’aveva invitata a New York nonostante la conoscesse da poche settimane.
Pensò a Meredith, la sua migliore amica, che le aveva promesso un’uscita in grande stile, magari riuscendo finalmente a portar con loro anche Tyler, che in quell’ultimo periodo sembrava concentrato soltanto sul lavoro.
Tormentata dai sensi di colpa e dall’angoscia, si alzò lentamente, abbandonando il suo piccolo e caldo eden, sotto gli occhi vigili di Slash e del resto dei ragazzi che sapeva la stessero osservando.
Steven era beatamente sdraiato sul letto al fianco di Slash, gli occhi chiusi e il respiro regolare, forse si era finalmente addormentato: aveva raccontato di non esser riuscito a chiudere occhio quella sera.
Sapeva che in ognuna di quelle camere ci fosse un telefono a disposizione, ma davvero non sapeva chi chiamare.
Non aveva con se il numero del loro hotel, ne si ricordava quale fosse il numero della stanza che avevano prenotato. Iniziò ad entrare nel panico, abbandonò la camera per entrare nel grande salone ancora disordinato, guardandosi intorno e pensando a cosa fare.
Sarebbe dovuta tornare, la strada per arrivare all’hotel poco distante la ricordava fin troppo bene, fortunatamente non avevano deciso di prendere un taxi, non sapeva quale fosse il nome del piccolo viale ne sarebbe stata in grado di dare delle indicazioni.

Debolmente illuminato dalla luce dei raggi solari che riuscivano a filtrare dalle finestre socchiuse, Axl camminava lentamente nella sua direzione, la testa alta e i piedi che silenziosamente lo avvicinavano a lei.
Il torace nudo, i tatuaggi ben visibili ai suoi occhi, Lisa restò immobile mentre Rose le sorrideva, sfacciato ma contemporameamente timido, leggeva nei suoi occhi che qualcosa non andava.
L'aveva spaventata, aveva fatto un passo indietro alla vista della chioma rossiccia del ragazzo che era spuntato dal nulla.

“ Buongiorno dolcezza” era vicino, troppo pensò, ma non si scansò neanche quando sentì il respiro caldo di Axl accarezzarle la pelle del volto.

“ Ciao Axl” sussurrò a sua volta, non riusciva ad allontanarsi, sembrava ipnotizzata dalla sua figura, dai suoi occhi che brillavano anche al buio, totalmente diversi da quelli di Slash.

Il sorriso di Axl le sembrò sincero in quel momento, così come le sembrò un gesto innocente quello che lui fece, quando portò una mano sulla sua guancia e la baciò delicatamente, posando le sue soffici labbra che sapevano di birra sulle sue screpolate e portatrici ancora dei morsi del chitarrista.
Non fu in grado di fermarsi, non riuscì a distaccarsi del tutto.
Lo voleva, con tutto se stessa, si ripeteva che era sbagliato, ma poi si chiedeva il perché.
L’immagine di Slash si fece spazio nella sua mente e le sue mani si mossero instintivamente dai lati del suo corpo al petto di Axl, scansandolo per poi indietreggiare.
Il rosso la guardava sorpreso, gli occhi spalancati e le mani ancora nella stessa posizione, come se lei fosse ancora tra le sue braccia. Lisa portò una mano alle labbra, quasi non credeva a quello che era successo, e senza dire una parola si incamminò verso l’ascensore, scalza ed infreddolita, ancora scioccata e confusa.
Perché aveva baciato Axl? Era successo tutto all'improvviso, non pensava fossero reali le sue labbra premute su quelle di Axl.
Non si guardò allo specchio, si sentiva sporca, come se avesse tradito Slash.
Quello che sentiva per lui era diverso, ma sembrava esser passato in secondo piano quando Axl le si era avvicinato.
Un senso di nausa e paura si impossessarono del suo stomaco, doveva dirlo a Slash? Come avrebbe reagito il chitarrista?
Sarebbe stata giudicata come la solita prostituta pronta a fare di tutto per raggiungere la band che stava sfondando nel mondo della musica in quegli anni.
E lei si sentiva così, le sembrava di esser ritornata al Rainbow, con le gambe scoperte e il vento che le rendeva le mani violacee, aspettando che qualcuno la portasse via con se per una singola notte.

Nel momento in cui le porte stavano per chiudersi e l’avrebbero allontanata da quel luogo dimenticato da Dio, Slash le bloccò, il suo corpo incastrato tra queste ultime, un sorriso stampato sul volto seguito da una risata alla vista del suo riflesso allo specchio. 
La ragazza non potè non ricambiare, incurvando le labbra e guardando divertita la figura del riccio, dimenticandosi temporaneamente di quello che era appena successo con Axl.

“ Dove vai di bello senza di me?” domandò, filamente libero e vicino a lei che immediatamente abbassò lo sguardo.

“ Io… Non lo so, penso di andare a fare un giro” scrollò le spalle, ma poi si rese conto che quella bugia non avrebbe retto.

“ Vestita così quando fuori ci sono zero gradi?”  le sorrise ancora, questa volta le sopracciglia aggrottate, cercava di capire se veramente quella fosse una scusa.

“ In hotel… Un giro in hotel” spiegò, si stava arrampicando sugli specchi, stava scivolando lentamente.

Resta”  Slash disse semplicemente, senza ma o forse.

“ Non me ne stavo andando, volevo soltanto fare un giro” continuò, alzando lo sguardo per poi sentirsi spaesata, persa quando incontrò quelle pozze nere che lui si ritrovava al posto delle pupille.

“ A me sembrava che tu stessi andando via” ammise, la guardava come se dipendesse da lei e questa era una cosa che non gli piaceva, ma sembrava averne bisogno, qualcuno su cui poter contare.

“ Dovrò andare via tra un po’” finalmente si convinse a dire, portandosi dentro ancora il peso di  quel bacio con Axl.

Abbassò lo sguardo, se una persona avrebbe voluto sapere come si sentisse in quel momento, quello che provava e che si portava dentro, sarebbe bastato guardarla negli occhi, dove si nascondevano i suoi demoni.
Fu come un campanello d’allarme, Lisa si nascondeva ancora una volta, chiudendosi in un guscio, tra un paio di mura indistruttibili. Si avvicinò ancora a lei fino ad abbracciarla, stringerla mentre l’ascensore scendeva lentamente e a nessuno dei due sembrava importare.

Resta “ ripetè, ma quella volta non stava parlando soltanto di quella sera.

Sarebbe stata con lui se gliel’avesse permesso, in quel momento gli sembrava l’unica persona vera in mezzo alla folla che lo circondava. Sentiva di doverla proteggere, di non poterla abbandonare, indifesa e bisognosa.
Gli piacque pensare che anche lei volesse stare con lui, in quel presente tormentato e misterioso, proprio come il cieco futuro che si nascondeva alla loro immaginazione.
Ancora tra le braccia di Slash, Lisa non si mosse di un centimetro, quella richiesta rimbombava nella sua mente.
Non sarebbe potuta restare, anche se in realtà lo voleva con tutta se stessa.
Lasciarsi tutto alle spalle, rincorrere la pazza idea di non tornare a Los Angeles, almeno non in quel momento; dimenticarsi di Tyler e della disastrosa situazione che si era creata tra i due dopo la morte della madre, del Roxy e di Jack che le urlava di servire i clienti più velocemente, della strada umida anche d’estate che costeggiava il Rainbow.
Sospirò, abbandonando la testa sulla spalla nuda del riccio che continuava a stringerla tra le braccia senza nessuna intenzione di lasciarla andare.

“ Non posso” ammise, gli occhi serrati e le labbra premute sulla pelle calda di Slash.

“ Perché? Verresti con noi… Ci sono ragazze che si seguono ovunque, potresti venire con noi” iniziò ad accarezzarle i capelli, lentamente, non importava se l’ascensore ora era ferma e tutti li stavano osservando curiosi, nessuno voleva entrare ed interrompere quello che sembrava essere un addio.

“ Non sarò una groupie” sbottò, distaccandosi ma lasciando che le mani di Slash scivolassero sui suoi fianchi ancora coperti dai pantaloncini larghi.

Le aveva viste le ragazze che vendevano l'anima per amore della musica, per poter inseguire quelli che consideravano idoli e veneravano come dei. 
Non era il suo mondo quello, non avrebbe mai che qualcosa prendesse il sopravvento su quella che considerava già una vita misera.

“ Non lo sarai” spiegò, sperava che lei accettasse, lo voleva, non desiderava altro.

“ E’ complicato.. Non posso lasciare tutto, così” era davvero difficile per lei rifiutare quello che sapeva le avrebbe fatto soltanto bene.

“ Ma..” proprio quando stava per parlare e cercare di persuadere Lisa, Slash fu interrotto dal suono assordante di una volante della polizia che si era fermata all’ingresso e dalla quale fuoriuscirono poliziotti armati, chiedendo a tutti di restare immobili nella loro posizione.

I volti spaventati del resto delle persone presenti nella hall preoccuparono entrambi che velocemente uscirono dall’ascensore e si avvicinarono ad una delle poltrone libere, Lisa seduta sulle sue gambe che preoccupata e tesa seguiva la scena con gli occhi spalancati.
Un’autoambulanza arrivò qualche secondo dopo, quattro uomini, due dei quali reggevano una barella, entrarono frettolosamente nell’ascensore libera, insieme alla polizia che li stava aspettando.
Un paio di agenti restarono nel grande ingresso, le pistole in mano e gli sguardi seri, le mascelle contratte e nessun’intenzione di parlare.
Che cosa diavolo stava succedendo?







 

 
Spazio autrice:
è da tanto che avevo iniziato con la stesura di questo capitolo, ma non sono riuscita a postarlo prima a causa dello studio e di altri impegni che non mi hanno lasciato del tempo libero a disposizione.
Infatti sono quasi le undici di sera ed io sono qui ad aggiornare questa fanfiction.
Spero che la storia stia continuando a piacere, adoro la foto che ho postato, i Guns after party o post concert.
Non sapete quanto mi ci è voluto soltanto per scrivere la prima parte del capitolo, per non parlare della conclusione.
Volevo che succedesse qualcosa e credo di aver trovato un modo per rendere la storia più movimentata, anche se ciò la renderà ancora un po' più triste e malinconica?
Ma d'altronde da un personaggio come Lisa cosa ci possiamo aspettare? La sua vita non è mai stata rose e fiori, non potrebbe cambiare da un momento all'altro questa situazione, neanche con quello che le sembrerà essere amore.
O forse si?
Ringrazio le persone che stanno continuando a seguire la storia e mi scuso in anticipo se ci sono degli errori, non ho avuto il tempo di rivedere l'ultima parte per bene.
xx

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Capitolo 15
*** Knockin' on heaven's door. ***


Nel giro di pochi minuti tutta la band si ritrovò nella hall di quell’hotel che sembrava uno dei tanti posti dimenticati da Dio.
Le persone si guardavano intorno silenziose e sospettose, nessuno sapeva quello che stava succedendo se non i poliziotti e la signora che quella mattina aveva indicato a Slash e a Lisa come arrivare alla sala ristorante.
Erano ancora nella stessa posizione, solo che il chitarrista, dopo aver finalmente indossato una maglia, aveva aumentato la presa sui fianchi della ragazza che preoccupata mangiucchiava le unghie prive di smalto e tremava dal freddo, la grande porta dell’ingresso era aperta affinchè potessero intervenire altri agenti se fosse successo qualcosa.
Erano le tre del pomeriggio, o forse le quattro, nessuno di loro sapeva con certezza che momento della giornata fosse quello, se non fosse stato per le nuvole che lo nascondevano, avrebbero capito se il sole stesse tramontando o se continuava ad illuminare ancora fiero le strade di New York, filtrando i raggi tra le dense nubi cariche di pioggia.
La portinaia, che avevano scoperto chiamarsi Mary, era agitata e non riusciva a stare un attimo ferma e zitta.
Le mani erano veloci mentre parlava all’agente che ascoltava con attenzione ciò che la donna gli stava riferendo.
Nessuno dei Guns si era preoccupato più di tanto, sapevano che la polizia non era lì per loro.
Soltanto Lisa sentiva un peso sullo stomaco, un brutto presentimento la stava tormentando da quando aveva visto la pattuglia arrivare con velocità ed entrare in ascensore catapultando lei e Slash sulla prima poltrona libera.
Il chitarrista premeva le dita sui fianchi di Lisa coperti ancora dal suo maglioncino scuro e appoggiava la testa alla schiena della ragazza, sentendo il suo respiro irregolare ma non preoccupandosi più di tanto.
La questione non lo turbava minimanente, non era la prima volta che vedeva in azione la polizia in uno dei loro hotel, a volte erano stati proprio loro a causare dei guai e più volte i loro manager avevano tentato di persuadere gli agenti a non rinchiuderli in un carcere.

“ Voglio tornare in camera” sbottò Axl, passandosi una mano tra i capelli lunghi e iniziando a camminare in tondo con le mani nascoste nelle tasche dei jeans che cadevano morbidi sui suoi fianchi snelli.

“ Che qualcuno almeno ci dica cosa diavolo è successo” Steven, seduto al fianco di Slash e Lisa, reggeva in mano un paio di bacchette, alzando gli occhi al cielo quando Lisa alzò le spalle alle sue parole.

“ Sembra che una cameriera abbia trovato una ragazza priva di sensi in una delle camere” disse infine Izzy, mantenendo lo sguardo basso e continuando a preparare un drummino con il tabacco che cadeva sui suoi pantaloni chiari.

“ Cazzo “ a quelle parole Lisa non potè fare a meno che alzarsi ed iniziare a fissare Izzy, sperando che il moro le dicesse qualche altro particolare, curiosa e allo stesso tempo spaventata da quella situazione tanto più grande di lei.

“ Credo che fosse alla nostra festa” si limitò soltanto a dire, alludendo al fatto che prima del loro arrivo l’hotel era praticamente vuoto, e questo lo sapevano perché avevano bussato a tutte le camere dell’edificio la notte prima del concerto, soltanto per puro divertimento, non ricevendo nella maggior parte dei casi neanche una risposta.

“ Alan ci tirerà fuori anche da questo casino” Slash cercò di tranquillizzarli, di tranquillizzare Steven che aveva iniziano a battere nervosamente il piede e Lisa che si era passata una mano tra i capelli.

Nel momento in cui le porte dell’ascensore si erano nuovamente riaperte e gli infermieri stavano trasportando una barella con un corpo completamente coperto da un lenzuolo tranne per dei lunghi capelli biondi, il silenziò calò nella grande stanza e Lisa si paralizzò sul posto.
Fece qualche passo in avanti alla vista di quella chioma che le ricordava Emily e le si fermò il respiro in gola quando sentì il nome dell’amica essere riferito ad uno degli agenti che appuntava tutti i particolari su un blocchetto, con il volto stanco e triste.
Tra le mani un sacchetto trasparente contenente una piccola borsa e un paio di documenti. La sua borsa.
Della stoffa colorata, azzurra come il vestito che Emily indossava la sera precedente, in un’altra busta le scarpe dorate dal tacco alto che aveva indossato e delle quali Lisa ricordava ancora il rumore assordante che provocavano sull’asfalto della strada, attirando l’udito e lo sguardo degli altri passanti. Con queste un fazzoletto impregnato di sangue, una siringa dall’ago spezzato e due cucchiai.
Tutto intorno a lei iniziò a girare, il lenzuolo nascondeva il corpo della giovane ragazza di Los Angeles che era morta per un’overdose di eroina.
Lisa sospettava che l’amica ormai dipendesse da droghe, ma non aveva mai pensato alle conseguenze che queste potevano apportare al corpo di Emily.
Sapeva dell’eroina, degli acici, della cocaina che la ragazza assumeva a volte dopo una lunga giornata di lavoro al Roxy, ma non pensava che ne abusasse.
Emily era una delle ragazze più belle che lei conoscesse, forte e determinata, non l’aveva mai vista piegarsi sotto un insulto o quando Jack cercava di rimproverarla minacciando di licenziarla o di ridurre il suo stipendio.
Le tornò in mente il sorriso che le aveva rivolto prima di sparire nella folla la sera precedente, il modo in cui i suoi capelli ondeggiavano dietro le sue spalle, l’andatura provocante e decisa di una donna che sapeva cosa voleva dalla vita.
Emily non voleva morire.
La droga era puro svago, qualcosa che le facesse dimenticare i problemi che continuava ad avere con i suoi genitori, la sua famiglia, lo squallido appartamento in cui viveva ma che le piaceva, con i gatti che potevano entrare da un momento all’altro a causa dei vetri rotti delle due finestre, che illuminavano quella che era la sua casa, e le perdite di acqua quando anche a Los Angeles la pioggia allagava le strade.
Le piaceva la sua vita e la droga era parte di essa.
Trascinava via quel po’ di tristezza che ogni tanto si presentava nella sua breve vita.
Aveva un fidanzato, si chiamava Bob, non voleva lasciarla andare quando gli aveva detto di quel viaggio di pochi giorni a New York. La loro era una relazione turbolenta, ma Emily aveva sempre detto che non si drogava, non si ubriacava per dimenticare lui, per dimenticare gli errori che aveva commesso e che la facevano stare male: lo faceva per dimenticare se stessa, quello che era e che era stata.
Ripeteva che la droga un giorno l’avrebbe uccisa, ma almeno non le avrebbe spezzato il cuore come faceva Bon ogni volta che la tradiva con la prima prostituta che si avvicinava alla sua macchina.
Lo amava troppo, lo amava più di se stessa e questo Lisa lo odiava.
La sera precedente aveva detto che quello di cui aveva bisogno era del sesso.
Anche quello era come una droga, lui la tradiva e lei ricambiava con la stessa moneta.
Era quello che le piaceva di Emily, non si lasciava abbattere da nessuno.

“ Com’è morta?” aveva sentito che qualcuno l’aveva chiesto e si era voltata lentamente, lo sguardo basso e il volto nascosto dai capelli, tentava di trattenere le lacrime.

“ Una dose di eroina di troppo” aveva risposto qualcun altro.

Alla fine la droga le aveva stroncato la vita. Le amava la sua eroina, ora sarebbe stata sottoterra.






Mentre Lisa dava loro le spalle, le braccia lasciate lungo i fianchi e le gambe che tremavano, ma non per il freddo adesso, Slash ed Izzy la guardavano attenti.
Il primo era sul punto di alzarsi e avvicinarsi a lei, ma poi vide che lentamente, molto lentamente, trascinava i piedi nudi sulla moquette ruvida dell’hotel, gli occhi castani nascosti dai lunghi e lisci capelli bruni.
Ritornò a sedersi sulle sue gambe, senza degnare di uno sguardo nessuno dei presenti, il capo chino e le mani incrociate al petto. Slash non sapeva cosa fare e perché Lisa stava reagendo in quel modo, sentiva che qualcosa non andava, ma non sapeva cosa dire per farla stare meglio, per far si che spiegasse la sua strana reazione.
Ma qualcuno sembrò anticiparlo.
Izzy si voltò nella loro direzione, osservò minuzioso Lisa, gli sembrò che da un momento all’altro sarebbe svenuta o sarebbe scoppiata a piangere.
Ma da quel poco che aveva capito della ragazza, sapeva che la seconda cosa sarebbe stata altamente improbabile.

“ Che succede?” le chiese allora, smettendo di prepararsi l’ennesima sigaretta della giornata.

Fu in quel momento che li vide, gli occhi grandi e spaventati che uscirono dal loro nascondiglio per scontrarsi con le sue pupille chiare, un sospiro e una lacrima pronta a solcare la sua guancia.
Fu un sussurro, ma loro, Izzy e Slash riuscirono a sentirlo…

Emily “ un nome che ad Izzy non diceva niente, ma che fece paralizzare il riccio.

Emily era la sua amica, la ragazza che l’aveva lasciata da sola la sera prima e che voleva chiamare quella mattina.
La tipa che era scomparsa e per la quale Lisa si era preoccupata fin troppo stando ai suoi pareri.
L’aveva distolta dal cercarla, dicendole che a differenza sua Emily non si era preoccupata per lei. Ed ora era morta.
Slash si riscosse, afferrando Lisa per le spalle in modo da voltarla nella sua direzione, per poi stringerla forte tra le sue braccia.
Lei restò immobile, anche quando Slash aveva iniziato a sussurrarle parole rassicuranti.

Vieni con me, lascia che cambi la tua vita” le disse ad un tratto, riottenendo l’attenzione della ragazza e la possibilità di persuaderla da quella triste situazione in cui la vita l’aveva catapultata.

“ Slash” scosse lentamente il capo, non riusciva neanche a capire perché sembrava tenerci così tanto.

“ Pensaci “ considerava se stesso un patetico, ma avrebbe fatto di tutto per lei in quel momento.

Provò a pensare davvero alla proposta di Slash ma venne nuovamente catapultata nella realtà quando un agente di polizia disse che avrebbe indagato tutti i presenti.
La tensione era percepibile, ma tutti sembravano abbastanza tranquilli, tranne Axl che come al solito ebbe da ridire.

“ Io non la conoscevo neanche quella puttana” sbottò, alzando le mani al cielo e attirando l’attenzione dei pochi presenti.

Lisa sembrò sul punto di scattare per colpire il rosso, ma si limitò a stringere i pugni e a fulminarlo con uno sguardo truce, prima che Axl fosse invitato da uno degli agenti per un breve interrogatorio.
L’avevano sentito tutti, quindi affrettarono i tempi ed iniziarono proprio da quel gruppo di rockettari che sarebbero stati sicuramente soltanto d’intralcio.
Sapevano di non essere loro i colpevoli della morte di Emily, era stata trovata in un’altra camera dell’hotel e non nella suite che avevano affittato e dove avevano tenuto il party.
Alan li aveva raggiunti, lui ed il resto della troupe erano ritornati all’hotel proprio qualche minuto prima che Lisa si rendesse conto che la ragazza morta di overdose era Emily.



Quando tutti i Guns intrattennero una breve conversazione con gli agenti, compresi il manager ed il resto delle persone che accompagnavano la band, toccò a Lisa.
La piccola stanza che era stata improvvisata per l’interrogatorio era dotata di una finestra che dava direttamente sulla strada, diverse piante decoravano il davanzale rendendo l’ambiente accogliente.
Lisa si sedette, ritrovandosi di fronte un uomo sulla quarantina che la guardava attentamente, i baffi folti e una piccola cicatriche sotto l’occhio sinistro, il cappello che era d’obbligo indossare durante le ore di servizio era stato appoggiato sul tavolo in legno lucido, accanto al posacenere bianco che conteneva una sigaretta ancora accesa.
L’uomo le sorrise, cercando di rassicurarla, aveva notato lo sguardo spaventato di Lisa e il modo in cui le sue mani tremavano, mentre i capelli proteggevano parte del suo viso.

“ Come si chiama, signorina?” domandò l’agente del quale Lisa non riusciva a leggere il nome sul cartellino bianco che pendeva dalla camicia nera.

“ Lisa Barnes” disse con tono calmo, anche se il nervosismo traspariva dal modo in cui cercava di riscaldare le gambe nude strofinando le piccole mani sulla pelle fredda.

“ Ha dei documenti con sé?” chiese il poliziotto, continuando a fissarla.

“ Si, la borsa, sa, nella suite..” si limitò a dire, ricevendo come risposta un cenno del capo.

“ E’ con la band?” un sorriso strafottente si formò al di sotto dei baffi scuri.

“ Si “ aveva deciso di mentire, anche se sapeva che una volta uscita da quella stanza non avrebbe mai più rivisto i Guns n’ Roses.

“ Immagino che fosse alla festa, ieri sera… Conosce Emily Diaz?” sentendo pronunciare il nome dell’amica, un brivido percorse la sua schiena.

No “ affermò, restando immobile e ricambiando lo sguardo che le era stato rivolto.

“ Non l’ha vista ieri sera alla festa? Ne l’ha mai conosciuta?” continuò a chiedere, il tono freddo, non si era mosso di un centimetro dalla sua posizione.

No, mi dispiace… Non so come potrei aiutarvi” sospirò, non credeva che mentire potesse farle così male.

Era come se i bei momenti trascorsi con Emily stessero facendo capolino nella sua mente, iniziando a tormentarla.
Sapeva che i sensi di colpa le avrebbero reso l'esistenza impossibile, ma non poteva lasciare che la sua vita le scivolasse di nuovo dalle mani e la trascinasse verso il fondo.

“ Ne è sicura?” si avvicinò, descrivendole Emily nei minimi particolari, spiegandole di averla trovata collassata sul pavimento, con gli occhi chiari a spillo, le labbra aperte e un rivolo di sangue secco che era fuoriuscito dalla narice sinistra.

Si, mi dispiace “ nessuno, tranne Izzy e Slash, sapeva che lei era arrivata alla festa con Emily, che era una sua amica, che condividevano una stanza in un hotel poco lontano da quello, dove la camera era stata prenotata a nome dei genitori della cameriera del Roxy che adesso stava forse bussando alle porte del paradiso.







 

 
Spazio autrice:
finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Questo capitolo, neanche molto lungo, ha richiesto tempo a causa dei particolari che mi hanno tormentata per quanto riguarda la morte di Emily.
Lo stato in cui hanno trovato il corpo di questo personaggio corrisponde a quello in cui sono stati ritrovati altri cadaveri morti di overdose, messi anche peggio: sangue dalla bocca, vomito, macchie violacee sul corpo.
Inizialmente la descrizione del corpo di Emily era molto più lunga e dettagliata, ma vi ho risparmiato questa scena e l'ho risparmiata anche a me stessa.
Non credo sarei stata in grado di trattare bene tale aspetto.
Capitolo un po' triste ma fondamentale, solo che lo capirete con il successivo.
Spero di non avervi deluso e ringrazio le persone che continuano a seguire la storia! xx

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Capitolo 16
*** I'll wait for you. ***


Una volta uscita dalla stanza che sembrava esser diventata più cupa da quando era entrata, Lisa si voltò lentamente per ritrovare Slash che da lontano intratteneva Izzy e alcuni dei tecnici mentre fumava tranquillo la solita Marlboro.
Un groppo in gola, la paura che lui o Izzy avessero detto qualcosa, svelato, inconsapevoli della sua menzogna, che in realtà Emily era una sua amica, che non l’avevano vista ma avevano sentito più volte pronunciare quel nome.
Si avvicinò esitante, con passo lento, i piedi scalzi sulla moquette fredda e a tratti umida, dinanzi agli occhi ancora le immagini del corpo inerte di Emily che veniva trascinato, i sacchetti contenenti l’occorrente per una o più dosi di eroina.
Un senso di colpa la pervase, forse non avrebbe dovuto lasciarla andare, sarebbe dovuta restare con lei nonostante quel ragazzo le sembrasse poco raccomandabile e forse avrebbe dovuto fidarsi di quello che le suggeriva l’istinto.
Scosse il capo infreddolita non soltanto dall’aria gelida di New York, un bridivo di freddo le percorse la schiena quando si ritrovò un paio di occhi scuri ad osservarla, confusi, curiosi, ammaliati, indagatori. Era lo stesso Slash che aveva conosciuto mesi fa.
Nel momento in cui i suoi occhi chiari si scontrarono con le sue due pozze nere, Lisa non avrebbe saputo riconoscere l’inferno dal paradiso, il cielo azzurro dal dolore che pian piano si faceva sentire, un campo verde da una fredda e grigia rotaia d’acciaio, un sorriso da un pretesto.
Il ricordo di quello che era accaduto quella mattina con Axl, quel bacio, il modo in cui il rosso continuava a guardarla ancora nascosto nel grigiore dovuto agli scarsi raggi solari che riuscivano a colpire il suo corpo dalla pelle pallida per illuminarlo.
Era arrabbiata, con Axl che era riuscito nel suo intento, se era soltanto quello il suo obiettivo, con Slash che le aveva chiesto di seguirlo e abbandonare tutto e tutti per vivere una vita ad inseguire la musica e qualcosa che era più grande di loro, con se stessa, che in quel momento non sapeva cosa fare.  
Desiderava che Meredith in quel momento fosse lì con lei, due anime sperdute in una boccia di pesci rossi, lei avrebbe saputo cosa consigliarle, come avrebbe dovuto agire per il suo bene.
Lisa non avrebbe saputo distinguere il bene ed il male quel giorno, sapeva soltanto che Slash continuava a guardarla senza lasciar andare il suo corpo neanche un attimo.
Contiunò a camminare pensierosa nella sua direzione, gli occhi rivolti alle spalle del chitarrista che aveva smesso improvvisamente di parlare con gli altri e si era voltato nella sua direzione, avanzando di qualche passo per esserle prima più vicino.
Non parlò, così come fece lei, e semplicemente spalancò le braccia e Lisa paragonò il calore che il corpo di Slash emanava alle fiamme dell’inferno, e nell’attimo in cui lui la sollevò da terra per stringerla maggiormente, si sentì tra le nuvole ed al sicuro.

“ Tutto bene?” domandò, l’alito che ancora puzzava di fumo e di vodka, quella che Duff aveva condiviso alla fine.

“ Torno in hotel” disse soltanto quando i suoi piedi toccarono di nuovo terra, lo sguardo basso mentre una sensazione di sporco mista ad eccitazione iniziarono a farsi sentire sulla sua pelle.

“ Va.. Va bene, ti accompagno se ci lasciano uscire da questo dannato posto” udendo quelle parole, Axl, che si trovava poco lontano dai due a fumare una canna accanto ad una delle grandi finestre della sala che davano sulla strada, si voltò.

“ Se si tratta di uscire di qui, sta tranquillo che non me lo farò ripetere due volte” con passo svelto e deciso affiancò Slash che intanto si stava incamminando verso l’ascensore seguendo una Lisa silenziosa e pensierosa.

Arrivare sino al penultimo piano immersi nel silenzio fu strano per Slash, poiché di solito Axl avrebbe iniziato a lamentarsi sulla lentezza con cui l’ascensore saliva, e fu imbarazzante per Lisa che si trovava al fianco del cantante che continuava a guardarla attraverso lo specchio che li rifletteva, ognuno immerso nei propri  pensieri.
Quando finalmente raggiunsero la suite, Lisa si affrettò verso la stanza che per una singola notte aveva condiviso con il chitarrista e raccolse velocemente dal pavimento il fastidioso vestito che avrebbe abbandonato in un angolo remoto del suo guardaroba, le scarpe dal tacco alto che le avevano torturato i piedi e la piccola borsa di cui aveva dimenticato anche l’esistenza se non fosse stato per la richiesta dei documenti da parte dell’agente di polizia che l’aveva interrogata.
Lasciò le calze stracciate dall’impazienza delle mani di Slash che spuntavano da sotto la sedia su cui il riccio aveva lasciato alcuni dei suoi abiti. Si guardò intorno ed iniziò a pensare a come sarebbe potuta arrivare all’hotel in cui alloggiava ancora per poco completamente scalza e indossando soltanto un paio di pantaloncini larghi che a stento si tenevano sui suoi esili fianchi.

“ Chiameremo un taxi” spiegò allora Slash che capì il problema che in quel momento la stava preoccupando.

“ Non saprei indicare la strada” si morse il labbro, cercando di trovare una soluzione.

“ Il nome dell’hotel?” domandò mentre cercava di sistemare la ciocca ribelle di capelli che continuava a cadere sulla sua fronte.

“ Travelinn” corrugò le sopracciglia, sperando di ricordare se almeno quello fosse il nome esatto.

Slash le sorrise, tendendole una mano che Lisa accettò,  trascinandola tra le sue braccia, stringendola e iniziando a lasciare una scia di piccoli baci lungo il collo che i capelli lunghi avevano scoperto, mentre gli occhi della ragazza si chiudevano lentamente e il suo corpo si godeva le sensazioni che quel paio di labbra carnose suscitavano sulla sua pelle.

“ Non c’è niente che io possa fare per farti cambiare idea?” sussurrò, il respiro le riscaldava la guancia fredda mentre i capelli ricci le solleticavano il collo.

“ Cosa?” chiese esterrefatta, il contatto con il suo corpo la stava confondendo, sembrava aver dimenticato tutto quello che era successo.

“ Resta” disse semplicemente Slash, allontanandosi per osservare la sua reazione.

Lisa tacque, le mani che stringevano ancora le sue cose, il rumore del vento che si faceva sentire anche attraverso le finestre chiuse. Si incamminò verso l’uscita della camera, mentre alle sue spalle Slash lasciava andare un sospiro e chinava il capo, una mano alla ricerca del pacchetto di sigarette nelle tasche dei pantaloni.
Axl li aspettava con la schiena appoggiata alla parete chiara, era riuscito a trovare un paio di lenti da sole dalla valigia di Steven, per poi indossarli anche se la stella, a quella camera e a tutta New York, restava nascosta dietro le nuvole grigie.
Vedendo la ragazza arrivare seguito da Slash che si lasciava dietro una scia di fumo, entrò in ascensore e l’imbarazzo tornò, così come la tensione che era percepibile tra Axl e Lisa e tra Slash e la ragazza che aveva preferito mantenere lo sguardo rivolto verso il basso.
Fortunatamente, dato che loro erano già stati ascoltati da uno degli agenti della polizia, potevano uscire e per poco Axl non iniziò a fare i salti di gioia. Non vedeva l’ora di lasciare quell’hotel, si erano divertiti ma ciò che era successo, quella ragazza morta per overdose, lo avevano scosso anche se non lo dava a vedere, e l’unica cosa che desiderava in quel momento era ricominciare a viaggiare e a fare quello che amava di più: cantare.
Con un fischio ed un’alzata di mano vide Slash che riuscì ad attirare l’attenzione di un tassista che velocemente affiancò il marciapiede sul quale il chitarrista aveva gettato nervosamente la cicca della Marlboro che stava fumando.
Sorrise, per colpa sua l’ascensore era diventata una sorta di camera gas, una cappa di fumo rendeva quasi impossibile il respiro. Lisa entrò velocemente nell’auto bianca, lo sguardo rivolto esclusivamente verso l’esterno del finestrino dopo che aveva riferito il nome dell’hotel all’uomo che incuriosito da quel paio di gambe snelle e nude nel freddo della Grande Mela aveva deciso di accompagnare quei tre ragazzi.








Il Travelinn non era lontano dal loro hotel, infatti trascorse soltanto un quarto d’ora prima che il tassista si fermasse dinanzi ad un edificio dalle mura bianche e dall’insegna piccola affiancata da due bandiere americane che sventolavano.
Slash pagò l’uomo che sorrise nel momento in cui vide che il chitarrista gli aveva lasciato una bella mancia e i due ragazzi uscirono senza troppi problemi, le mani incrociate al petto mentre gli occhi osservavano il luogo che dall’esterno non sembrava tanto male. Prima che i piedi nudi di Lisa toccassero  l’asfalto ruvido della strada, le mani di Slash arrivarono ad afferrare il retro delle sue gambe in modo che la ragazza si ritrovasse stretta al suo petto, i piedi che penzolavano e i vestiti che teneva stretti tra le mani per far si che non cadessero.
Axl li osservò per poi chiudere silenzioso la portiera dell’auto che sfrecciò veloce e fu inghiottita dal traffico della città.
Quando il chitarrista la lasciò finalmente andare, indugiando ancora sulla sua pelle scoperta pizzicandola, Lisa raggiunse velocemente il portinaio che la guardava con uno sguardo divertito e sicuramente sorpreso, nonché felice di osservare un bel paio di gambe.
La ragazza gli riferì che la sua camera era stata prenotata a nome Diaz, a nome di Emily, e riuscì ad ottenere la chiave.
Si voltò indietro, Slash ed Axl parlavano tra di loro e non si accorsero di Lisa che si era incamminata, salendo la prima rampa di scale per raggiungere la camera che aveva affittato insieme alla sua amica.
Fortunatamente l’uomo si era ricordato di lei, che più volte in una giornata aveva avuto problemi con la porta del bagno della camera che non riusciva ad aprire. Si ritrovò dinanzi agli occhi due valigie, non si avvicinò neanche a quella di Emily che era stracolma di vestiti, ricordando che l’amica non aveva smesso di lamentarsi quando aveva iniziato a trascinarla in aeroporto. 
Si cambiò, indossando un paio di pantaloni neri che strinse in vita con una cintura dello stesso colore, una maglia lilla che si apriva e lasciava vedere un top scuro. Ai piedi i suoi amati scarponcini neri, quelli che le aveva regalato Meredith qualche mese prima per il suo compleanno.
Trascinò la valigia con sé, guardandosi intorno per controllare che non avesse lasciato nulla, ma tra le due era Emily quella disordinata.
Chiuse la porta alle sue spalle con un colpo secco e si avvicò verso la piccola hall, dove Axl e Slash stavano continuando a parlare. Si voltarono quando videro la ragazza che con fatica trascinava la sua valigia sulla moquette, aveva indossato finalmente qualcosa di suo, Axl tremava con lei quando nel taxi avrebbe potuto giurare di aver sentito i suoi denti battere.
Slash le si avvicinò subito, prendendole la valiga per farsene carico mentre Lisa silenziosamente lo ringraziava con un sorriso, al quale il chitarrista ricambiò.
Restituì la chiave della camera al portinaio che la salutò con un semplice e vivace “Arrivederci!”.

“ Allora bambina, hai intenzione di tornare a Los Angeles?” le aveva domandando il rosso una volta fuori dal Travelinn hotel.

“ Non saprei , credo di si” in quel momento, mentre Axl si guardava intorno alla ricerca di un altro taxi, Slash si voltò verso Lisa che lo stava già guardando.

Si avvicinò a lei, nei suoi abiti sembrava la Lisa che continuava a volersi tenere tutto dentro.
Quella notte era stata una delle migliori, sapeva che non avrebbe dimenticato molto presto quella ragazza, non di nuovo.
Quando le accarezzò una guancia questa volta non si ritrasse, semplicemente appoggiò il viso al palmo ruvido.

“ E’ inutile che ti preghi” sorrise amareggiato, l’idea di vedersela di nuovo scappare lo faceva infuriare, avrebbe voluto rapirla e magari nasconderla all’universo intero se solo avesse potuto.

“ Non c’è bisogno che tu mi preghi” ricambiò, incurvando le labbra rosee e puntando i grandi occhi castani sul volto del riccio.

“ Ci rivedremo?” le sue braccia la strinsero sentendo la voce di Axl che lo informava di aver finalmente trovato un taxi che avrebbe accompagnato Lisa ovunque lei volesse andare e loro, ovunque avessero voluto scappare.

“ Lascia che parli con Tyler” quel nome lo mise in guardia, chi diavolo era Tyler?

“ Tyler?” si allontanò di scatto, pensieri di Lisa con un altro uomo sembrarono catapultarlo in quell’amara realtà.

“ Mio fratello” spiegò subito la ragazza che si era resa conto della confusione che si era fatta largo negli occhi luminosi di Slash.

“ Mi stai dicendo che..” le labbra di Lisa raggiunsero frettolose quelle di Slash per un bacio che non riuscì a tranquillizzare del tutto il ragazzo.

“ Cercherò di tornare questa notte, mi hai detto che la band ha il volo domattina alle nove” spiegò mentre afferrava la valigia dalle mani immobili di Slash che non riusciva ancora a credere a quello che gli stava dicendo.

“ Ti aspetterò allora” erano le cinque del pomeriggio, avrebbe affrontato due viaggi rispettivamente di cinque ore soltanto per inseguire quella pazza idea di lasciare tutto e godersi la vita, ora che sembrava esser arrivato il momento di farlo.

“ Nel caso non riuscissi a venire in tempo, sai dove trovarmi” si avvicinò alla portiera, guardandolo ancora una volta, prima di salutare Axl e di farsi promettere di salutare tutti gli altri, che avrebbe rivisto la mattina successiva se il tempo fosse stato in suo favore.




 



 
Spazio autrice:
finalmente sono riuscita ad aggiornare, yuppi!
Scusate il ritardo ma sono stata molto impegnata con lo studio e questa settimana sarà lo stesso se non peggio.
Spero che marzo passi in fretta, così come aprile.
La foto che ho postato alla fine del capitolo è una delle mie preferite, Slash è a dir poco stupendo.
Ho scritto questo capitolo ascoltando Wish you were here dei Pink Floyd quindi scusatemi se troverete alcune parti della canzone, che io considero pura poesia.
Come sempre ringrazio coloro che continuano a seguire la storia e a lasciare una recensione.
Voi non immaginate neanche quanto mi rendiate felice e di quanto io necessiti di una vostra opinione!
xx

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Capitolo 17
*** Happy birthday. ***


Alle fine ce l’aveva fatta, era riuscita a raggiungere Slash, giusto in tempo per partire per Sacramento e da lì viaggiare insieme alla band per l’Appetite for destruction tour.
Lisa non dimenticherà mai il sorriso che le aveva rivolto quando l’aveva vista arrivare, con due pesanti borsoni sulle spalle e il permesso non solo di suo fratello Tyler ma anche di Meredith, che ormai considerava una sorella e alla quale aveva fatto promettere di partecipare ad uno dei concerti in zona quando ce ne fosse stata la possibilità.
Alla band non dispiaceva più tanto, in fondo più volte le fidanzate degli altri li avevano seguiti per diversi concerti e nessuno si era mai lamentato.
Axl si era nettamente distaccato da lei, assumendo un atteggiamento freddo nei confronti di Lisa che adesso vedeva come la prossima puttana approfittatrice, che non avrebbe fatto altro che usare Slash per i suoi soldi. Credeva che avesse rubato l’anima del chitarrista pugnalandolo alle spalle, era sicuro che una volta che Slash si fosse stancato di lei, Lisa sarebbe ritornata sulla Sunset Boulevard per guadagnare, ancora una volta per imparare a vivere.
Faceva finta di credere a quella che sapeva essere una menzogna, non riusciva a fidarsi di lei, nonostante ammettesse di provare ancora dell’attrazione fisica nei suoi confronti, ma come poteva frenare i suoi istinti?
Era una delle ragazze più belle che avesse mai visto in tutta la sua vita, il viso genuino e due occhi all’apparenza dolci, ma che sapevano essere maliziosi e portatori di segreti quando volevano.
Non avrebbe potuto riconquistare la sua innocenza neanche se ci avesse provato con tutta se stessa, non era una delle sue mosse migliori, le sarebbe parso più semplice ritornare a battere le strade di Los Angeles, il denaro lasciato tra le lenzuola del letto, nella fogna in cui viveva, in quel buco dove sarebbe sicuramente morta, in una gabbia della cui chiave era stata gettata.
Oltre Slash, che sembrava, almeno sino a quel momento, totalmente preso dalla ragazza, e Duff e Steven che semplicemente erano dell’opinione che sarebbe stata un’ottima scopata nonché una persona gradevole con cui trascorrere del tempo quando non avesse iniziato a chiudersi in se stessa come un riccio, Izzy, che quando aveva abbastanza eroina nelle vene vedeva il cielo viola e lo voleva ancora più viola, era convinto che semmai un giorno Lisa avesse scelto lui, che in quella situazione appariva agli occhi degli altri e a quelli della ragazza come una spalla su cui piangere, un amico con cui confidarsi, il migliore, sarebbero durati un giorno.
Ma il suo di giorno durava per sempre.
Non riusciva ancora a capire, nonostante i sei mesi che aveva trascorso in sua compagnia, che cosa avesse quella ragazzina di Los Angeles che gliela faceva amare tanto.
Amare, decisamente il verbo sbagliato.
Lisa sapeva di non essere amata, la storia con Slash si basava sul sesso e sulla fiducia reciproca scaturita dal fatto che lui sembrava davvero tenerci a lei.
Lisa che era la ragazza complicata che Slash conosceva e che non poteva guardare negli occhi, così malata che non poteva neanche provarci, non riusciva a contemplare quelle pupille scure e che sapeva che da un momento all’altro le droghe l’avrebbero uccisa.
E gli altri sembravano limitarsi ad osservarla mentre continuava a bruciare, in un letto diverso ogni giorno, in uno di quelli ci sarebbe rimasta, immobile e con gli occhi spalancati, magari come Emily, con il vestito migliore che aveva addosso, macchiato di sangue e di vomito.
 








Era il ventidue luglio del 1988, il concerto a Cape Girardeu era finito da poco, mezz’ora alla mezzanotte e tutti sarebbero stati pronti ad augurare un buon ventitreesimo compleanno a Slash.
Il caldo afoso del Missouri si appiccicava alla pelle, goccioline di sudore impregnavano i pettorali dei cinque ragazzi che non smettevano un attimo di muoversi, felice ed agitati.
Non avrebbero festeggiato in grande, una torta era pronta per essere gettata letteralmente sulle cosce nude di Slash per poi essere divisa, se il chitarrista avrebbe voluto condividere. Senza contare le quantità di cocaina ed eroina che gli sarebbero state regalate dai componenti della band e non solo.
Con un paio di pantaloncini di jeans chiari e una maglietta scura che le lasciava la pancia piatta scoperta, Lisa si aggirava tra le sedie della piccola stanza in cui in fretta e furia lei e Duff avevano cercato di organizzare qualcosa di carino per i festeggiamenti.
Niente palloncini o luci colorate, semplicemente una torta abbastanza grande su un tavolo ricoperto da una tovaglietta di un rosso intenso, decorata con delle candeline, non sapevano neanche se fossero davvero ventitrè, si erano affrettati ad accenderle prima che Slash entrasse insieme a tutti gli altri che non erano a conoscenza di quella piccola festa, se così poteva essere chiamata.

“ Mi dispiace solo che non abbiamo potuto fare di più” si morse il labbro inferiore ancora scuro a causa dei residui del rossetto, la quale presenza era stata eliminata dalle labbra del chitarrista non appena l’aveva rivista dopo il concerto.

“ Vedrai che non gli dispiacerà, piuttosto.. Spero tu abbia qualcosa di abbastanza carino sotto quei vestiti” le disse Duff, scoppiando a ridere quando notò le guance di Lisa tingersi leggermente di rosso.

“ Tranquillo Duff, so cosa piace a Slash” si era ripresa subito dal momentaneo imbarazzo, ormai c’era una certa confidenza anche con gli altri.

“ Oh tesoro, lo credo bene” le aveva circondato le spalle con un braccio, stringendola al suo petto e ricambiando il sorriso che la ragazza gli stava rivolgendo.

Non si erano accorti che in realtà la mezzanotte stava per scoccare da un momento all’altro e non fecero in tempo a staccarsi che Slash, seguito dagli altri, fece il suo ingresso nella piccola stanza addobbata alla meglio, per guardare sorpreso e confuso i due che si stavano abbracciando per un motivo a lui sconosciuto, e la solita gelosia, che cercava in tutti i modi di nascondere, fece capolino quando si avvicinò a Duff puntandogli un dito contro.

“ Che succede, Mckagan? Lontano dalla mia donna” aveva ringhiato e mentre Lisa scoppiava a ridere, Duff lo guardava divertito, allontanandosi dalla ragazza e alzando le mani al cielo.

“ Tranquillo Slasher, roba tua.. Ah, buon compleanno cazzone!” aveva urlato e con le sue braccia lunghe aveva attirato entrambi in un caloroso abbraccio.

“ Bel regalo amico” sentirono il chitarrista borbottare e non riuscirono a trattenere le risate.

“ Coglione, ventitrè anni!” Steven e gli altri si affrettarono a fare gli auguri a Slash, che da lontano aveva visto la torta che già pregustava.

“ Okay, okay.. Smettetela di fare le femminucce ed abbracciarmi, lasciatemi mangiare” disse, mentre Izzy lo stringeva velocemente.

Una volta soffiate le candeline, che finirono sul pavimento, Slash si catapultò sul divano sgangherato con la torta sulle gambe nude, Duff lo raggiunse poco dopo servendogli in un bicchiere di plastica del whisky, molto probabilmente del Jack Daniel’s.
Mentre il resto dei Guns prendeva posto sul divano o sulle sedie libere, Lisa, la schiena appoggiata alla parete chiara e i capelli che le ricadevano a solleticare le pelle della pancia scoperta, osservava la reazione di Slash, che in quel momento era felice e spensierato, sarebbe potuto sembrare un bambino eccitato per una festa a sorpresa se non fosse stato per la sigaretta che penzolava dalle labbra carnose e per il bicchiere di alcol mai vuoto.
Al suo fianco Duff si affrettava a riempirlo una volta che se l’era scolato tutto per bene. 
Sentiva il suo cuore saltare ogni volta che lo sguardo del chitarrista si soffermava anche solo per poco nella sua direzione, la testa le sarebbe esplosa da un momento all’altro.
Nel momento in cui i suoi piedi avevano iniziato a muoversi lenti sul pavimento già sporco e appiccicoso a causa del whisky che si era rovesciato più volte durante il brindisi, Slash, che aveva appena finito di dividere la torta in parti più o meno uguali, la guardò avvicinarsi, pronto al gioco, una montagna russa che non avrebbe mai avuto fine.
Bellissima e pericolosa, l’angelo pagano, il diavolo tentatore, sembrava essere lei il motivo di quella festa, non i suoi ventitrè anni.

“ Piccola “ le aveva detto, prendendole una mano quando ormai tutti gli altri avevano una fetta di torta.

“ Piaciuta la sorpresa?” Lisa gli sorrise, prendendo posto sulle sue gambe accaldate, la sigaretta ancora tra le labbra screpolate.

“ E’ stato carino, una tua idea?” portò le mani sulle cosce lisce della ragazza, mentre lei gli scostava i ricci dal viso.

“ E di Duff “ annuì sorridendo, le sue dita sfioravano il collo sudato, scivolando veloci.

“ Grazie” scostò la Marlboro e le sfiorò delicatamente la guancia con un bacio.

“ Divertiti” gli strizzò l’occhio per poi alzarsi e raggiungere Izzy che tranquillo si era avvicinato alla finestra affinchè il suo fumare non contaminasse ancora di più quel piccolo ambiente.

Le sorrise vedendola affiancarlo, il pacchetto di Lucky Strike estratto dalla tasca anteriore dei pantaloncini corti, nell’attesa che il moro le porgesse un accendino.
Izzy non se lo fece ripetere due volte e una fiamma fu posta dinanzi al suo naso, ricordandole la prima volta che aveva incontrato i ragazzi all’entrata dei Rainbow, quando credeva che la sua vita sarebbe terminata da un momento all’altro insieme a quella di sua madre, rinchiusa in quelle quattro mura della sua stanza che non riusciva a ricordare neanche con chiarezza quella sera.
In quel periodo si sentiva sempre intorpidita, come se la fine sarebbe arrivata da un momento all’altro.
Non riusciva a mangiare e non aveva ancora dimenticato Emily, l’orgoglio sotto i piedi e la pazza fuga con Slash le erano sembrate le uniche alternative.
Quella notte voleva dare tutto a Slash, nel buio c’era tanto che avrebbe voluto fare, stare ai suoi piedi perché in quel periodo come non mai sembrava essere stata fatta per lui.
E il riccio pensava le stesse cose mentre da lontano non le toglieva gli occhi di dosso, guardandola parlare e fumare in compagnia di Izzy che l’aveva sempre trattata diversamente dagli altri.
Non poteva mai averne abbastanza di Lisa, c’era qualcosa in lei che lo faceva impazzire, sentiva una magia e quella notte avrebbe fatto avverare tutto.
Non appena Duff dichiarò che la seconda bottiglia di whisky era finita, Slash si alzò riluttante dal divano e raggiunse Izzy e Lisa che smisero di parlare vedendo arrivare il festeggiato.

“ Andiamo in camera?” domandò alla ragazza, mentre Izzy distolse lo sguardo per un momento, dandosi un’occhiata intorno, sotto lo sguardo attento del chitarrista.

“ E’ la tua festa, Saul, non puoi andartene” gli aveva detto, il suono di una risata cristallina aveva ravvivato quell’ambiente troppo triste anche per un party a sorpresa.

“ Sono il festeggiato e faccio quel che voglio. E poi, ho un paio di desideri da realizzare” le sorrise malizioso, una mano raggiunse il suo fondoschiena, stringendolo leggermente.

“ Sono al vostro completo servizio, sua maestà “ chinò il capo col fare teatrale, sorridendogli ancora, Slash avrebbe soltanto voluto mordere quelle labbra a forma di cuore fino a farle sanguinare.

“ Era quello che volevo sentirti dire” le confessò per poi scoppiare a ridere, seguito da lei.

“ Stronzo” gli aveva detto, mentre una mano di Slash stringeva delicatamente la sua, iniziando a camminare verso la porta che li avrebbe portati fuori da quella stanza che era diventata troppo piccola.

“ Finirò all’inferno, baby” continuava a sorridere, quel sorriso che la faceva morire e contemporaneamente le dava vita, com’era possibile che una semplice risata riuscisse a migliorarle la giornata non sapeva spiegarselo, sperava soltanto che per lui fosse lo stesso.

“ Ci rivedremo lì allora” aveva risposto a bassa voce, in modo che potesse sentirla solo lui, che si voltò brevemente a guardarla, le labbra incurvate e gli occhi luminosi, totalmente diversa dalla ragazza che aveva conosciuto mesi fa.







Le persone che incontravano lungo lo stretto corridoio di quel piccolo hotel e che conoscevano il chitarrista si affrettavano a fargli gli auguri, chi con un semplice cenno del capo, chi urlandolo anche a due passi di distanza, chi dandogli una pacca sulla spalla.
Si muoveva veloce, il suo scopo in quel momento era raggiungere il più in fretta possibile la stanza che gli era stata assegnata, e se non ricordava quale fosse stata, avrebbe preso in prestito quella di Izzy o di Duff o di qualsiasi altra persona ancora rinchiusa a festeggiare nonostante lui ormai se ne fosse andato.
Con la cocaina nelle tasche dei pantaloncini e le dosi di eroina che lo attendevano nella valigia, ben nascoste nella piccola scatola di metallo sotto le magliette ancora impregnate di sudore post-concerti che nessuno avrebbe osato toccare per l’odore, non voleva far altro che trascorrere l’intera nottata con Lisa al suo fianco, tra sesso e droghe.
Lei lo seguiva silenziosa, le loro dita incrociate le trasmettevano sicurezza e felicità, sentimenti con cui ultimamente aveva imparato a convivere.
Quando finalmente la sua guida riuscì a trovare la sua camera, un letto diverso ogni sera, che fosse stato un materasso o il seggiolino scomodo di un autobus, Lisa si ritrovò al buio, il silenzio regnava in quel luogo sconosciuto, una piccola luce soffusa fu accesa da Slash che ruotò subito il capo verso il suo corpo, non vedeva l’ora di toccarla e di perdersi dentro di lei, con lei, ancora una volta e per sempre se avesse potuto.
Era la sua ancora, una delle poche persone di cui poteva e voleva fidarsi, si aggrappava a lei quando neanche la musica riusciva a consolarlo, quando i suoi demoni ricominciavano a tormentarlo e allora una, due o tre dosi non bastavano per dimenticare, per smettere di ricordare.
Si avvicinò con passo lento, pregustava il sapore di quelle labbra calde e la pelle liscia che le sue mani ruvide e sudate avrebbero accarezzato, graffiato nell’impeto. Lentamente unì le loro bocche, fameliche ma tranquille, avevano tutta la notte, quello era il suo regalo.
Le mani di Lisa accarezzarono le spalle nude di Slash, calde e toniche, sfioravano la sua pelle abbronzata, le braccia, il torace, l’elastico dei pantaloncini che non aveva ancora deciso di rimuovere, sapeva che il riccio non indossava la biancheria.
Intanto si faceva toccare, le dita del chitarrista premevano lasciando segni sulla sua pelle leggermente colorita, ultimamente era riuscita a rilassarsi alla luce del sole.
Fu lei a farlo stendere sul letto, indugiando con le labbra ancora premute alla base del suo collo che baciavano e mordevano.
Si alzò, gli occhi socchiusi di Slash, ammaliati e vogliosi, osservarono minuziosi ogni movimento della ragazza: le scarpe furono subito tolte mentre le dita giocavano con i bottoni dei pantaloncini corti di jeans, sbottonavano ed abbottonavano, lentamente scendevano verso il basso rivelando l’elastico sottilissimo scuro di un perizoma che indossato da lei sembrava tutt’altro che volgare agli occhi di Slash, che adesso aspettava impaziente che anche la maglia finisse sul pavimento seguendo gli shorts.
Ma ciò non accadde, fu lui che impaziente dovette liberarla da quell’ultimo pezzo di stoffa che nascondeva un reggiseno dello stesso colore degli slip.
Era bellissima, sembrava una bambola con gli occhi grandi e chiari, le gambe e le braccia sottili, fragile porcellana era la sua pelle, le vene visibili a occhio nudo, vene bucate così come i suoi polmoni, tutto nascosto dalla dolce apparenza e da quel paio di labbra a forma di cuore che si incurvavano a formare il più bel sorriso.
Continuava a baciarla, incolpava la passione, il desiderio, la voglia di sesso ma non quella parola che faticava a dire e a capire: l’amore.
Non era amore quello, né per lei né per lui.
Un gemito, un grugnito, i bacini che si scontravano e il piacere che scoppiava, non c’era un centimetro del suo corpo che non fosse stato baciato o morso dalle labbra di Lisa che quella sera era più bella del solito e il cuore di Slash batteva veloce e non per la fatica dei movimenti.
Soltanto che questo lui non lo sapeva ancora.







 

 
Spazio autrice:
sono riuscita a pubblicare questo capitolo che ho partorito, letteralmente, qualche giorno fa soltanto adesso che sono le undici di sera e sono stremata dallo studio.
Partorito perchè ho impiegato tantissimo tempo per dettagli e soprattutto per la narrazione, ovvero le parti che non includono i dialoghi.
Inoltre mi sono ricordata che il rating della fanfiction è arancione e quindi non dovevo spingermi oltre nella descrizione della scena di sesso.
La foto non sono sicura risalga a quel periodo, anzi credo proprio di no, ma mi sono ispirata in parte allo Slash che è stato fotografato in questa immagine, in cui possiamo notare anche un bellissimo Duff.
Ringrazio le persone che continuano a seguire la storia e spero che questo capitolo vi sia piaciuto abbastanza :)
xx

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Capitolo 18
*** Bad obsession. ***


Attenzione: tematiche delicate.




Erano sdraiati sul letto, le lenzuola sul pavimento e il materasso caldo sul quale non riuscivano a stare fermi a causa dell’aria afosa che si appiccicava alla pelle e rendeva difficile la respirazione, affannati per quello che avevano fatto e rifatto per chissà quanta volte quella sera.
Sembrava del semplice e sano sesso, ma in realtà era amore, incondizionato, nascosto ai loro occhi ma non a quello degli altri. L’aveva capito Duff, che anche ubriaco marcio non poteva fare a meno di sorridere quando li vedeva insieme.
Se n'era reso conto Steven, che non si era azzardato più a provarci con Lisa dal compleanno di Axl, la notte in cui dopo l’ennesima striscia di cocaina si era praticamente fiondato sulle sue labbra e fu Slash a salvare la situazione, mentre Lisa cercava di scansarsi in ogni modo.
Ed Izzy, che però non poteva fare a meno di continuare a sognare quel paio di occhi grandi e le labbra che si incurvavano timidamente ogni volta che la guardava, la fissava, cercava di capire cosa si nascondeva nella sua mente, passava ogni notte con una ragazza diversa al suo fianco, nel suo letto, ma l’immagine di Lisa non scompariva quando chiudeva gli occhi.
Anche Axl, che per non rovinare il loro rapporto, aveva deciso di tacere e non rivelare a tutti che tra loro due in realtà c’era stato un bacio.




La porta era ancora chiusa a chiave, riluttante Slash si alzò dal letto per raggiungere la valigia che teneva sul pavimento sotto una delle sedia rivestite di stoffa rossa.
Completamente nudo iniziò a cercare tra i suoi abiti la scatola contenente un cucchiaio, una siringa, un accendino, il migliore che avesse e che aveva rubato in un negozio qualche tempo fa a Los Angeles, e un laccio, che avrebbe stretto al braccio.
Si voltò, raggiungendo il letto e sedendosi al fianco di Lisa che lo guardava, la testa tra i due cuscini e il corpo nudo che era ancora una tentazione. Reggendosi sulle braccia, sbirciò il contenuto della scatola di metallo adesso aperta.
Sapeva cosa Slash stava per fare, l’aveva visto altre volte ma era sempre riuscita ad evitare il momento in cui un ago perforava la pelle olivastra del chitarrista, serrando gli occhi o guardando altrove.
L’eroina l’aveva tagliato fuori dal mondo, ma a Slash non importava. Avrebbero potuto cacciarlo dalla band, i suoi amici avrebbero potuto abbandonarlo ma in quel momento, in quel periodo, non avrebbe mai rinunciato alla droga.
La chiamavano mamma ero o brown sugar, ma era sempre la stessa infernale resina di papavero che ti uccideva lentamente. Slash ricordava che dal primo giorno che l’aveva usata, poi non aveva più smesso.
Nell’arco di una settimana passò da sniffarla ad iniettarsela. Nel giro di un mese ne era dipendente, aveva dato fondo a tutto il suo denaro per quella roba. Sapeva che nessuno avrebbe sopportato a lungo quel tipo di vita, nemmeno lui.
Diceva che poteva uscirne quando voleva, affrontando l’astinenza e resistendo alla tentazione, al bisogno, ma sapeva che la morte era dietro l’angolo. Diceva che la morte sarebbe stata meglio di una vita da drogato.
Trascorreva l’intera giornata a prendere droga o a cercarne. Era su di giri per tutto il pomeriggio e la maggior parte delle sere di addormentava “ fatto “ di eroina. E viveva solo per quello.
Era in una prigione, poteva sbattere la testa contro il muro, senza fermarsi, ma non sarebbe andato da nessuna parte.
Alla fine quella prigione sarebbe diventata la sua tomba, lo sapeva, ne era consapevole.
Ma ti dava sempre qualcosa, o almeno così sembrava, prima di riprendersi tutto, con gli interessi. 

“ Hai una sigaretta?” finalmente si decise a parlare, dopo aver controllato che tutto fosse al posto giusto.

Lisa annuì silenziosamente, indicando i pantaloncini di jeans che nascondevano in una delle tasche il suo pacchetto di Lucky Strike. Non se lo fece ripetere due volte, il riccio si alzò, lasciando la scatola sul letto accanto alla ragazza, che sfiorò con la punta dell’indice il metallo freddo.
Lei non ci aveva mai provato, non si era mai bucata.
L’eroina la terrorizzava ma al tempo stesso era curiosa di scoprirne gli effetti.
Slash la guardava, in piedi dinanzi al letto, ripetendosi nella mente che sarebbe stato fantastico se Lisa lo avesse fatto con lui.
Forse vederla in quello stato, vedere quella creatura, la sua creatura, quella che amava, nello stato in cui si ritrovava praticamente sempre dopo una dose gli avrebbe dato lo stimolo per smettere.
Ritornò al suo fianco, un paio di pantaloncini a coprirgli le nudità, estrasse dalla tasca di questi ultimi due piccole dosi.

“ Ti bastano cinquanta, sessanta milligrammi per avere un flash memorabile “ parlò a voce bassa, ma Lisa riuscì a sentirlo comunque, curiosa e spaventata da quello che stava per fare ma che voleva fare.

“ Fumi prima di una dose?” domandò, riferendosi alla sigaretta che Slash teneva fra due dita.

“ Serve per il filtro “ spiegò, accennando ad un sorriso.

“ Come ci si sente?” sedendosi e restando ancora completamente nuda, non vergognandosi poiché Slash l’aveva vista fin troppe volte senza vestiti, si permise di chiedere.

“ Non bisogna esagerare, per avere un flash memorabile. Avrai la migliore delle buone morti. Ti senti.. Bene. In pace con te stesso e con il mondo” aveva poi svelato, scostando i capelli dal viso per osservare gli occhi vigili di Lisa che seguivano i suoi movimenti, mentre riscaldava una dose.

“ Dovresti..” le parole di Lisa furono interrotte dalla voce di Slash.

“ Smettere? Non posso. Ho provato, ma le crisi di astinenza diventavano sempre più feroci, il mio corpo non reggeva, sembrava che stessi cadendo a pezzi” sentiva le labbra secche mentre parlava, di solito non svelava mai quello che provava rendendosi conto della sua impotenza dinanzi ad una cosa che era tanto più grande di lui.

“ Potresti morire, un’overdose” continuava e sentendo quelle parole, la fiamma dell’accendino che riscaldava il ferro del cucchiaio per sciogliere la dose si spense.

“ Non crederci quando dicono che qualcuno è morto per overdose. Neanche la tua Emily è morta per quello. L’overdose non esiste. Esiste il suicidio o la roba troppo buona.  Ma l’eroina non serve a questo, non serve a morire. A morire davvero, intendo, una volta per tutte. La roba cattiva, quei trip schifosi che vendono, non ti uccide. Al massimo ti fa gonfiare il braccio, ti avvelena il fegato. La roba buona ti ammazza” lo sguardo serio, due occhi neri puntati sul suo viso, non ti lasciavano via di scampo.

E sembrava un discorso mirato a convincerla, fu lo stimolo di cui aveva bisogno, o la goccia che fece traboccare il vaso.
Non ci pensò, non volle farlo. Le parole che Slash le aveva appena detto l’avevano colpita.
Dimenticò tutto quello che dicevano in televisione sulla droga, sull’eroina. Era una cosa seria, come la vita, come la morte.
Non sapeva se ne sarebbe stata dipendente, se il brown sugar l’avrebbe catturata.
Osservava Slash, l’acqua e il fuoco lentamente scioglievano la dose, il pezzetto del filtro della sigaretta nel cucchiaio, la punta dell’ago che mescolava il tutto, mentre la fiamma dell’accendino riscaldava il ferro.
Nell’altra mano una siringa, l’ago tirava su la dose disciolta. Con la punta delle dita battè l’estremità dell’ago rivolta verso l’alto, in modo che il liquido andasse tutto sul fondo.
Spinse lo stantuffo della siringa fin quando non uscì una piccola goccia dalla punta, eliminando l’aria dalla siringa. Con un dito raccolse quel po’ di liquido che era caduto bagnando l’ago, portandoselo poi alle labbra e gustando l’amaro dell’eroina che si sarebbe sparato in vena.
Quello era il sapore del paradiso, non l’avrebbe mai dimenticato.
Nel momento in cui stringeva il laccio di plastica, Lisa, senza pensare alle conseguenze, porse il braccio a Slash, ponendolo dinanzi ai suoi occhi, la pelle candita e le vene ben visibili.
Il chitarrista alzò la testa di scatto, per osservare il viso della ragazza che non mostrava alcun sentimento, mentre gli occhi fissi puntati sulla siringa lasciavano intendere ogni cosa.
In silenzio, senza chiedere il perché, senza cercare di fermarla, Slash slacciò il laccio dal suo braccio per stringerlo a quello di Lisa, che osservava attenta tutti i suoi movimenti, per imprimerli nella mente e ricordarli se ce ne fosse stato bisogno.
Continuava a guardarla fin quando le loro pupille non si scontrarono: Lisa lesse curiosità, stupore, amarezza negli occhi scuri di Slash; Slash scorse tristezza, desiderio e qualcosa che non riuscì a decifrare, come sempre, in quelle pupille castane.
Avvicinò l’ago al suo braccio, la luce permetteva la vista della venatura mentre le sue dita ruvide sfioravano, testavano la sua pelle. Era la prima volta che lo faceva per qualcun altro e temeva di sbagliare.
In realtà non stava sbagliando la procedura, stava sbagliando poiché la stava trascinando sul fondo con lui, egoista che la voleva tutta per sé.
Quando l’ago perforò la pelle candida di Lisa, Slash aspirò di poco con lo stantuffo, raccogliendo un po’ del suo sangue scuro, per accertarsi di aver davvero preso la vena.
Un dolore fresco le invase il braccio, ma poi l’ago le perforò la pelle un po’ più in profondità, squarciandola con un piccolo taglio netto, e da lì un dolore caldo le invase l’arto.
Un’ondata di piacere la pervase, sentiva la mente leggera e aveva caldo, il calore la stava soffocando ma l’estasi la dissuadeva dall’alzarsi e abbandonare quel letto e quel posto che la stava facendo sudare.
Il respiro lento, sentiva nelle orecchie il battito del suo cuore, il corpo rilassato e la vista annebbiata, riconobbe una massa di ricci scuri e un paio di occhi profondi che la fissavano tristi prima di abbassare le palpebre pesanti.
Sentiva un po’ di nausea allo stomaco ma il flash iniziale l’aveva confusa e sdraiata sul letto con le labbra incurvate in un sorriso, in silenzio si godeva quella fetta di paradiso. 
Slash la guardava, gli occhi rattristati ed un sorriso amaro sulle labbra, anche in quello stato Lisa le apparve bellissima.
Liberò il braccio della ragazza dal laccio emostatico, stringendolo al suo mentre velocemente cominciò a preparare la seconda dose, quella per lui.
Portò lo sguardo sul suo braccio, le vene collassate, corde rovinate di una vecchia chitarra, secche, una serie di piccole croste, le chiamavano valvole, ne stava scegliendo una, in quella poi avrebbe infilato l’ago, dove si era intrufolato decine di volte.
Era l’unico modo per continuare ad usare alcune vene.
Terminate quelle sarebbe passato ad usare quelle delle gambe, quelle delle mani, della gola.
Prese la siringa, mettendola quasi parallela al braccio, spingendo l’ago nella pelle, lentamente ma con decisione, tirando su per vedere quel po’ di sangue che gli dava la certezza di aver centrato la vena ancora una volta.
Osservando un’ultima volta Lisa al suo fianco, che immobile sorrideva nascondendogli gli occhi chiari, mentre la pelle iniziava a bruciare fastidiosa, iniettò tutta la dose disciolta.
Ma non tolse la siringa dal braccio, non ancora. Aspirò dell’altro sangue nella siringa e lo iniettò di nuovo, risciacquando, assicurandosi che neanche una molecola di quella roba fosse andata persa.
Al dolore del buco si sostituì presto il calore del piacere, tolse la siringa e una goccia di sangue iniziò a discendere lentamente verso la sua mano, così come il braccio di Lisa era macchiato del liquido rosso che aveva terminato il breve viaggio sul lenzuolo bianco del letto. 
Lentamente si alzò, lui era abituato a quello, e strisciando con i piedi sul pavimento raggiunse il pacchetto di Lucky Strike che nella fretta aveva lasciato a terra e si accese una sigaretta, tornando poi ad affiancare Lisa che in quel momento si sentiva vuota.
Era nulla nel nulla, non sentiva più suoni, odori, non esistevano le temperature, le ombre, la luce, la fame, la sete, la fatica, il dolore, il pentimento, la colpa, la tristezza.
Una sensazione di disgusto però piano piano si insinuò nella sua mente e nel suo stomaco, si piegò in due per poi scendere lentamente dal letto ed iniziare a vomitare.
Slash non si voltò neanche a controllare, sapeva cosa accadeva alla prima dose, presto sarebbe stata meglio e ci avrebbe riprovato. L’eroina ti si appiccicava addosso come una fan ossessiva, di cui però non riuscivi a liberarti, non bastavano le guardie di sicurezza. Era una cattiva ossessione, non potevi smettere di pensarci mentre sprofondava in quel letto che non era neanche il suo, sussurrando il nome di sua madre quando la sua figura gli apparve nel buio, urlando che suo figlio non era altro che una testa bacata, niente di speciale, un eterno ragazzino che si divertiva a prendere in gioco le persone che in realtà gli volevano bene. Pensava, pensava alla prossima volta che si sarebbe bucato e che forse avrebbe dovuto chiamare un altro medico, l’ennesimo, che lo avrebbe aiutato a tirare l’ago fuori dalla vena ancora una volta; se lo immaginava lì, ai piedi del letto mentre scuoteva la testa contrariato, dicendo che ormai era rovinato.
Spaventato, si voltò lentamente serrando gli occhi e stringendo tra le braccia il corpo nudo di Lisa che sembrava essersi addormentata. Se non avesse sentito il suo petto contrarsi per la respirazione, avrebbe creduto che fosse morta.
Iniziava a sentire le labbra secche, voleva dell’acqua ma non aveva sete, desiderava un’altra fetta enorme della sua torta di compleanno ma non aveva realmente fame.
Sentì la ragazza muoversi tra le sue braccia, iniziò a grattarsi le gambe e le braccia nervosamente, piano e poi sempre più velocemente, graffiando la pelle e lasciando segni che sarebbero stati visibili anche il giorno dopo.
Slash la strinse ancora di più a sé e quello sembrò tranquillizzarla, le labbra di Lisa a pochi centimetri dalle sue, il respiro calmo e gli occhi chiusi, un sorriso splendido a decorarle il volto.
Si chiese come avesse fatto tutti quei mesi senza di lei, ma prima che riuscisse a darsi una risposta, ecco che un altro flash seguiva il precedente, ma il suo nome pronunciato da quel paio di labbra, delle quali l’assenza l’aveva tormentato giorno e notte, lo riportò per un momento alla realtà ed un bacio lento e stancante per entrambi fu il colpo di grazia.








 
Spazio autrice:
capitolo molto particolare, sia per me che ho impiegato tantissimo a scriverlo sia per voi.
Vi ho avvisato prima ancora che iniziaste la lettura perchè appunto ho trattato tematiche delicate quali l'eroina e il momento in cui ci si " buca ".
Ho trascorso giorni, leggendo su diversi siti storie di persone che assumevano questo tipo di droga e gli effetti che reca l'assunzione, ma in realtà non ho trattato neanche un quarto della questione.
Tutto quello che è raccontato in questo capitolo, soprattutto i pensieri di Slash, non sono riconducibili in alcun modo alla realtà.
Niente di tutto quello che ho scritto inerente al ruolo che assume in questo capitolo è stato realmente detto o fatto dal nostro chitarrista.
Si, la presenza della droga è stata forte nella sua vita, ma così come il personaggio di Lisa, tutto quello che ho scritto, in particolare le parole che Slash rivolge a Lisa e le visioni dopo la dose, sono frutto della mia malata immaginazione.
Ringrazio coloro che continuano a seguire la storia e a lasciare una recensione, e spero come sempre di non avervi deluso con questo nuovo capitolo!
xx
 

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Capitolo 19
*** Heart-shaped box. ***


Slash si era svegliato al fianco di Lisa, come ogni mattina da cinque mesi si ritrovava con il petto coperto dai lunghi capelli scuri della ragazza che sembrava sempre preferire il sonno alla realtà che l’aspettava una volta che le palpebre avessero finalmente rivelato al mondo i suoi occhi chiari.
La pelle accaldata strusciava contro quella di Lisa che era magnificamente nuda, le lenzuola avevano raggiunto i loro abiti sul pavimento, sporche di qualche goccia di sangue.
Ricordò velocemente quello che era successo la sera precedente, era ancora il suo compleanno e non avrebbe sprecato il tempo rinchiuso nella stanza dell’hotel. Anche se Cape Girardeau sembrava non offrire nulla di eccitante se non il Missouri, in cui avrebbe potuto nuotare, non vedeva l’ora di trascinare con sé il resto della band per l’ennesima bravata.
Si voltò di nuovo verso Lisa, il respiro tranquillo ed un buco sul braccio esile, si chiedeva se come lui ne avrebbe collezionati altri. Immediatamente il dubbio che aveva soppresso qualche ora prima nel buio con l’eroina tornò a tormentare la sua mente malata: perché Lisa l’aveva fatto? Cosa l’aveva spinta a bucarsi?
L’immagine di lei chiusa in una stanza, rannicchiata sola in uno degli angoli oscurati con i capelli a ricoprirle il volto, gli si parò dinanzi e un brivido percorse la sua schiena nuda.
Lui ne aveva viste tante di ragazze che si drogavano ed erano sole, proprio perché non avevano uno spiraglio, un rimedio alla solitudine. Persone che si credevano pazze, e finivano per diventarlo davvero, pregando Dio di aiutarle ad uscire da quel mondo sconfinato e grigio che era il sentirsi soli.
Tutti sentivano la solita donnetta che si permetteva di giudicare ciò che i ragazzi di quegli anni si spingevano a fare, oltrepassando il limite.
Quel “ oh, è terribile quel che i ragazzi fanno a se stessi, la droga è una cosa tremenda!” l’aveva ascoltato così tante volte.
Ma poi li osservavi bene, quelle donne e quegli uomini che si credevano superiori, e ti accorgevi che in realtà non avevano naso, occhi, bocca, denti, cervello, anima, spirito, calore, niente. Solo un bastone. E ti chiedevi come poteva essere possibile che il loro thè con i pasticcini li avesse ridotti a quello.
Guardò ancora una volta la ragazza al suo fianco, accarezzando con lo sguardo le curve del suo magnifico corpo.
Ricordò il suo viso rilassato nel momento in cui la droga era entrata nelle sue vene, spinta dallo stantuffo della siringa, il suo primo flash, veloce come un lampo e intenso come uno spasimo.
Era partita, via, lontano da quella camera, ma così vicino a lui, viaggiava il mondo restando aggrovigliata tra le lenzuola di un letto non suo.
Era questo l’effetto della droga, poteva renderti un Dio o uno straccio. A te la scelta.
La gente pensava che si trattasse di miseria, morte, disperazione, merdate del genere che , si, non andavano ignorate.
Ma dimenticava quanto fosse piacevole, il momento in cui l’astinenza veniva placata dal calore del piacere.
Quanti ragazzini aveva sentito dire che volevano provare, che avevano ascoltato i loro amici che dicevano che era il massimo, meglio del sesso, e che ci credevano.
Dicevano di essere ormai adulti, avevano i soldi e gli spacciatori se ne fregavano dell’età e delle conseguenze, afferravano le banconote e li lasciavano affondare nel limbo dei tossici: sarebbero stati troppo a pezzi per dormire, troppo stanchi per stare svegli. Sudori, nausea, brividi e un bisogno diverso da tutti gli altri che li avrebbe abbracciati fino a soffocarli: la voglia di droga. 
Slash si ripeteva di non pensarci, che non era un problema per lui, che non doveva preoccuparsi perché ne sarebbe uscito.
Era facile a dirsi e ad esserne convinti quando quella merda circolava ancora nel suo sangue.

Si riscosse sentendo il corpo di Lisa muoversi pigramente, allungando le braccia e distorcendo le labbra, lentamente gli occhi si aprirono incontrando il sorriso di Slash che la stava aspettando da qualche minuto. 
Lo aveva guardato con desiderio, ricordandosi che era ancora il suo compleanno e che doveva dargli il suo regalo.
Lui credeva che quella notte Lisa gli avesse regalato se stessa, ma questo la ragazza l’aveva fatto nel momento in cui aveva deciso di partire con lui cinque mesi fa, seguendolo in giro per il mondo.
Ormai Lisa era sua, rinchiusa nella scatola di metallo insieme alle siringhe, all’accendino, al cucchiaio e alle dosi di eroina.
Lei, se avesse potuto, l’avrebbe rinchiuso in quella scatola a forma di cuore che le aveva regalato per San Valentino e che custodiva gelosamente, nascosta tra le sue cose all’interno della valigia.
E mentre lui sarebbe soffocato tra i ricordi che Lisa collezionava all’interno di quella scatola, lei sarebbe sprofondata tra le pasticche e i lacci emostatici.
Distese le lunghe gambe e appoggiò la schiena alla parete di cui non riusciva ad identificare bene il colore, chiedendosi se fosse un giallo o un bianco ricoperto di muffa.
Passò una mano tra i capelli, mentre chiedeva a Slash di passarle una sigaretta che fu presto tra il suo indice e il suo medio.
Nel momento in cui portò la Lucky Strike alla bocca, iniziò a ricordare gli avvenimenti della sera precedente, grazie ai quali aveva perso il sonno, aveva perso Slash e anche il mondo.
Sorrise, non si era mai sentita così bene in vita sua, il chitarrista aveva ragione, ti sentivi in pace con te stesso e con il mondo.
Le era piaciuto, si era dimenticata di tutto e tutti, della tristezza che pian piano si stava facendo risentire.
Sperava che un giorno non avrebbe più veduto lacrime e l’amore non le avrebbe più spezzato il cuore, ma l’avrebbe aiutata a scacciare tutte le sue paure più grandi, a superare gli ostacoli.
E accecata da chissà quale sentimento, chissà quale pensiero l’aveva spinta a credere che quell’amore che avrebbe distrutto tutti i timori, risolto i problemi e svelato i misteri fosse Slash.
Si voltò nella sua direzione, in silenzio osservava il suo profilo, le labbra carnose che reggevano pigre la sigaretta, non sapeva neanche lei con quale coraggio, ma iniziò a parlare, a scoprirsi strato per strato…

“ Sono nata a Los Angeles ma ho vissuto in tante di quelle case che alle fine credevo di non averne una” rivelò e in quel preciso istante Slash si voltò, gli occhi spalancati e curiosi, scostò la sigaretta dalle labbra per lasciar andare il fumo, avvicinandosi per ascoltare ogni singola parola.

“ Tyler è sempre stato il mio unico amico, non solo mio fratello, e mi dispiace che le cose siano cambiate” ammise, aspirando lentamente la nicotina che avrebbe ulteriormente rovinato i suoi polmoni malandati.

“ Quando avevo quindici o sedici anni, mi sono trasferita nel Westside con mia madre e mio fratello. Mio padre se n’era andato con la scusa che non avrebbe sopportato vedere mia madre morire lentamente. In realtà credo che quel figlio di puttana non l’abbia mai amata” le sue mani tremavano e il tono sarcastico della sua voce divenne più basso, ma Slash preferì starsene in silenzio ad ascoltare, pensando che se avesse fatto qualcosa in quel momento, Lisa avrebbe cambiato idea e lui non sarebbe riuscito a scoprire ciò che si trascinava da quando l’aveva incontrata.

“ Non potrò mai dimenticare il volto di mia madre quando si azzardò a dirle che non riusciva ad accettare la sua malattia. Era inverno, lo ricordo perché sento ancora il vento freddo sulla pelle quando tutti e tre ci mettemmo alla ricerca di un motel in cui poter dormire. Avevamo lasciato la nostra casa a South Central a causa dell’affitto, non avevamo abbastanza soldi per quello e per le medicine necessarie per curare mia madre” prima di lasciar andare sul pavimento il mozzicone della sigaretta fumata nervosamente in poco tempo, Lisa tirò sul suo corpo il lenzuolo che era ai piedi del letto.

“ Mia madre era troppo stanca, Tyler aveva un braccio rotto e ricordo ancora i lividi sul mio volto quando osservai il riflesso del mio corpo allo specchio della piccola camera del motel che riuscimmo ad affittare per qualche notte” abbassò lo sguardo sulle mani che continuavano ad intrecciarsi.

“ Un braccio rotto?” domandò a quel punto Slash, divorato dall’ansia di sapere.

“ Mio padre era ubriaco quella sera. Ci ha ferito in tutti i modi in cui una persona può essere ferita” bastarono quelle parole, dette con odio e disgusto.

“ Merda” fu tutto quello che riuscì a dire dopo quella scioccante rivelazione, cercava di rimuovere dalla mente la scena che si ripeteva veloce, Lisa picchiata da un uomo, che sarebbe dovuto essere suo padre e che avrebbe dovuto amare, e un ragazzo, suo fratello, che per difenderla si era rotto un braccio, penzolante dopo la caduta.

“ Sono riuscita a coprire i segni, le cicatrici” la sua piccola mano sfiorò il tatuaggio sul suo braccio per poi raggiungere la croce rossa che le decorava la coscia.

“ Ma non riuscirò mai a dimenticare” un sorriso amaro lentamente si fece spazio sul suo volto, che poco dopo tornò serio.

“ Passò qualche mese e grazie al lavoro di mio fratello riuscimmo ad affittare un piccolo appartamento nei dintorni del Sunset Boulevard, ma le condizioni di mia madre iniziarono a peggiorare e avevamo bisogno di soldi. Così andai alla ricerca di un lavoro, ma nessuno sembrava voler assumere una minorenne” sbuffò, scostando una ciocca di capelli che era scesa a ricoprirle la fronte accaldata.

“ Tranne gli spacciatori, ovvio. Non pensai alle conseguenze, sapevo soltanto che quei soldi mi servivano. E poi, a diciotto anni, quando le cose continuavano a peggiorare, persi la verginità con un perfetto sconosciuto che mi cacciò fuori con soltanto un paio di banconote in mano. Lo feci per altre due, tre volte.. Poi, il lavoro al Roxy e le cose sembravano davvero andare bene. Fino a quella sera, fin quando i medici non ci informarono del peggioramento di mia madre” si alzò dal letto, lo stomaco le faceva male e gli occhi le pizzicavano, era sul punto di piangere ma non avrebbe permesso che lui la vedesse in quelle condizioni.

Lentamente si diresse verso il bagno, chiuse la porta alle sue spalle lasciando Slash nel completo silenzio, ancora attento ad assorbire ogni minima parola e ad imprimerla nella mente.
Mentre lui si accendeva un’altra sigaretta, Lisa si affrettò a ripararsi dietro la tendina bianca della doccia, l’acqua calda a riscaldarle il corpo freddo in piena estate.
Sentendo il rumore del getto di acqua, Slash lasciò andare la sigaretta, spegnendola ancora intera sul metallo della scatola contenente le dosi e gli attrezzi, e si diresse verso il bagno, facendo attenzione a chiudere in silenzio la porta alle sue spalle, raggiungendo la doccia e scostando di poco la tenda per ritrovare Lisa con la testa contro le mattonelle e le braccia a circondarle la vita.
Si soffermò ad osservare la sua spina dorsale, in quei mesi con lui era dimagrita e fino a quel momento gli occhi di Slash non se n’erano resi conto. Ma restava ugualmente bellissima, i capelli che le arrivavano quasi a ricoprire il sedere in mostra e le spalle rilassate.
Tutto quello che voleva in quel momento era far sparire quel peso che sembrava esser caduto sul suo stomaco, le faceva sempre così male ricordare il suo passato ed era per quel motivo che si limitava a tenersi dentro tutto quello che la faceva soffrire. 
Una lacrima fugace si mischiò alle gocce d’acqua che ricoprivano il suo viso adesso del tutto privo di trucco, sfiorò con l’indice la zona del braccio dove la notte precedente un ago si era intrufolato facendola sentire così bene.
Un brivido le percorse la schiena e si voltò affinchè tutto il suo corpo beneficiasse del caldo dell’acqua, ma si spaventò alla vista della figura di Slash che attento studiava ogni suo movimento.
Aveva soffocato un urlo per la paura, ma doveva aspettarselo, in fondo erano soli in quella stanza e difficilmente il chitarrista avrebbe permesso a qualcuno di entrare.
Lisa puntò i suoi occhi in quelli di Slash e si guardarono per diversi secondi, sembrava che il tempo si fosse fermato e che avesse ricominciato a scorrere colpevole nel momento in cui il ragazzo la raggiunse, liberandosi dei pantaloncini che indossava, e facendo subito scontrare le loro labbra.
Il contatto della pelle di Lisa contro la sua gli provocò un formicolio che si estese in tutto il corpo accendendo il suo desiderio.
La mano di Slash si muoveva sicura tra i suoi capelli attirandola a lui, facendole sfuggire un gemito. I palmi delle mani di Lisa finirono sul suo petto, per poi salire sulle spalle e accarezzargli il collo con i pollici.
Si lasciò cadere tra le sue braccia, che la strinsero forte, Lisa sentì il cuore di Slash battere all’impazzata all’unisono con il suo.
Lisa era in balia delle sue labbra, non aveva mai provato tanta eccitazione, paura, felicità, terrore e sgomento tutti insieme.
Ormai non riusciva a controllare più se stessa, era come se la sua mente ed il suo corpo si fossero bruscamente distaccati.
Mentre le loro labbra giocavano armoniosamente l’una con l’altra, nella mente di Lisa una domanda iniziò a farsi spazio tra gli altri mille dubbi: era forse quello l’amore?
Ma né il suo cuore né quel bacio seppero darle una risposta.
Fu solo quando la mano di Slash le accarezzò dolcemente il viso, che tutti i dubbi svanirono, come se quel tocco vellutato fosse bastato a trasformare qualcosa in lei, un brivido freddo e poi caldo le percorse la schiena e si strinse ancora di più a Slash che sembrava non voler andare oltre quel bacio.
Lisa lo ringraziò silenziosamente quando un’altra lacrima solcò il viso pallido mischiandosi alle gocce d’acqua che scorrevano lente, capendo di amare Slash, di esserne perdutamente innamorata.
Allontanò di poco le sue labbra, quel tanto che bastava per riprendere fiato, portando il suo indice a toccare il bordo della sua bocca, cominciando a disegnarla come se uscisse dalla sua mano.
Slash la guardava, la guardava da vicino, sempre più vicino, sorridendole, i loro occhi si allargavano, si attaccavano tra di loro. Respiravano confusi dai sentimenti che provavano l’una per l’altro, le loro bocche si incontrarono e si assaggiarono con tepore, Slash le mordeva di tanto le labbra, appoggiando appena la lingua tra i denti.
Allora le mani di Lisa si intrufolarono tra i suoi capelli, iniziando ad intorcigliare i ricci tra le sue dita e sospirando per avergli finalmente raccontato parte della sua vita, per esser riuscita a fidarsi di lui.






 

 
Spazio autrice:
e finalmente sono riuscita a pubblicare anche questo capitolo!
Ringrazio le persone che continuano a seguire la storia, come sempre, siete importanti per me, mi date la carica per continuare questa storia che si sta rivelando più triste del solito, forse?
Non lo so, sono solo convinta che sia abbastanza diversa da quelle che ho letto sui Guns, e per il momento non posso che esserne spaventata.
Ma, ahimè, quando scrivo non sono più me stessa, ma divento Lisa o Slash o qualunque altro personaggio di questa fanfiction.
Tornando al capitolo, spero come sempre di non avervi deluso.
Momento importante perchè Lisa si confida con Slash, riesce a raccontargli parte della sua storia, se non tutta con poche parole, ma bastano quelle a racchiudere la sua esperienza con il mondo che la circonda.
Inoltre capisce finalmente di essere innamorata del nostro bel chitarrista, che per il momento sembra non capire quello che sia il cuore che la sua mente gli stanno suggerendo, accecato dalle sensazioni della droga.
Riuscirà ad ammettere a se stesso di amare Lisa? Beh, chi lo sa. Non lo so neanche io, se per questo.
Se siete curiosi abbastanza, seguirete la storia per scoprirlo ;)
Per quanto riguarda l'immagine alla fine del capitolo, vi informo che quella scatola apparteneva a Kurt Cobain, leader dei Nirvana per chi non lo sapesse, ritrovata sul luogo della sua morte.
E sia questa scatola che le sue canzoni mi hanno ispirato molto per quanto riguarda questi ultimi due capitoli.
Infatti il titolo di questo è proprio una delle loro canzoni.
Come sempre vi invito a lasciare una recensione, soprattutto a voi lettori silenziosi ;)x

 

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Capitolo 20
*** Appetite for destruction. ***


Pensava al suo futuro e si diceva che la sua storia un giorno non sarebbe stata degna di essere raccontata.
Cosa c’era di bello in quello che faceva? Seguire una band, spostarsi da una città all’altra con la sola priorità di aggrapparsi ad un chitarrista tossico, dipendente da droghe e squattrinato perché forse ne era innamorata o perché le sembrava l’unica alternativa all’inferno che era stata la sua vita fino al giorno in cui incontrò di nuovo Slash a New York.
Le sarebbe piaciuto iniziare a scrivere un diario, rileggere quello che le si presentava davanti giorno per giorno.
Ma poi si rese conto che nessuno l’avrebbe letto, neanche lei.
A chi sarebbe piaciuto leggere di una ragazza che per continuare a vivere era stata costretta a vendere il proprio corpo?
Che per aiutare sua madre mentiva dicendole che il suo turno al Roxy durava sino alle cinque del mattino?
Che aveva abbandonato Los Angeles, la sua migliore amica Meredith e suo fratello Tyler perché spaventata da quanto terribile sarebbe stata la sua vita senza il ragazzo che aveva conosciuto mesi prima, un perfetto sconosciuto, che credeva di amare?
Di un’eroinomane? Perché era quello che era diventata.
Era dimagrita, non mangiava dicendo agli altri che stava seguendo una dieta, mentre alle loro spalle si chiudeva nella camera per iniettarsi l’ennesima dose che scorreva veloce mischiata al suo sangue. Poteva fare a meno di mangiare, ma non dell’eroina.
Ci aveva provato i primi giorni, iniziando ad ingerire delle pasticche che non credeva fossero pericolose, prendendone sempre di più, alternando a quelle la cocaina sniffata di nascosto, aspettando che Slash si addormentasse per rubargliene un po’.
La droga ormai non era più uno sfizio, ma un modo di vivere.
Era come un sogno e i sogni non puoi fermarli, si frantumano in modo folle come vogliono loro.
Le aveva insegnato una sola cosa: che al di fuori del dolore, non c’era nulla.
E quando si ritrovava abbracciata a Slash, mentre nelle loro vene scorreva veloce l’ennesima dose e il piacere invadeva i corpi di entrambi, troppo stanchi e distrutti per poter parlare o fare altro, il dolore svaniva e ciò che li circondava, ciò che diventavano era il nulla.
Era come se la sua mente, affollata dai mille dubbi, problemi, timori, decidesse che per qualche ora c’era bisogno di silenzio.
E per far tacere i tormenti bastavano soltanto una siringa, un laccio emostatico, un cucchiaio, un accendino e un po’ di eroina.
La droga è la speranza di chi speranza non ne ha più, diceva Jim Morrison prima della dose fatale che gli stroncò la vita.
Ed era vero, perché Lisa di speranze non ne aveva più.
Tutti i suoi sogni si erano frantumati nel giro di pochi mesi, tutto si era annullato intorno a lei, tranne quella sorta di sentimento nei confronti di Slash.
Non era sicura fosse amore, o almeno non se ne rendeva ancora conto, se ne stava in silenzio a dirgli con il corpo ciò che avrebbe voluto svelare con le parole, ma neanche lei riusciva a trovare quelle giuste.
Insieme prendevano morfina, diacetylmorfina, ciclozina, codeina, temazepam, nitrazepam, fenobarbitale, amobarbitale, propoxyphene, metadone, nalbufina, petedina, pentazocina, buprenorfina, destromoramide, chlormetiazolo*.
Le strade schiumavano di droghe contro il dolore e l’infelicità, contro i limiti, gli ordini, i vincoli temporali, e loro sapevano dove trovarla. Le prendevano tutte.
Sembrava che il momento di bucarsi fosse diventata una cosa intima per entrambi, si distaccavano dal resto del gruppo per il sesso o appunto per la droga.
Ognuno di loro era riuscito a costruire qualcosa, malgrado le sue dipendenze: Slash, nonostante tutto, era un ottimo chitarrista, e il successo della band continuava a crescere; Axl aveva Erin, anche se la loro relazione risultava abbastanza strana e turbolenta agli occhi di tutti; Duff si era sposato con Mandy e le cose sembravano andare bene tra i due, nonostante la distanza lei riusciva a raggiungerlo a qualche concerto; anche Steven e Cheryl si erano sposati mentre Izzy, dopo Angela, aveva deciso di trascorrere il resto della sua vita in balia delle puttane che avrebbe incontrato sulle vie di ritorno dai concerti.
Lisa si drogava.








E c’era ancora un po’ di resina di papavero* disciolta nelle sue vene quando si ritrovò seduta mezza nuda al fianco di Izzy, che se ne stava silenzioso in mezzo al corridoio al caldo, sempre più solo e vecchio in una giornata di fine agosto, con le gambe addormentate e la faccia triste.
Lisa si aggrappava al suo collo, ridendo mentre Steven correva nudo urlando, inseguito da uno Slash furioso, e da una delle camere si sentiva la voce contrariata di Axl che cercava di parlare al telefono.
Izzy le sfiorò una gamba sorridendole appena, beandosi per qualche secondo della sua risata cristallina.
Dalla stanza di Duff udirono il vetro frantumarsi contro le pareti sottili, entrambi appoggiarono le orecchie al muro per sentire meglio, chi curiosa e chi preoccupato.
Con le sopracciglia aggrottate e la mente corrosa dai vermi, Izzy osservava Lisa invece di cercare di capire cosa Duff stesse urlando e soprattutto perché fosse arrabbiato.
Si soffermò sulle labbra piene leggermente aperte e sulla delicata presa che le mani di lei esercitavano ancora alla base del suo collo, mentre la sua di mano stringeva leggermente un ginocchio scoperto dalla gonna che indossava.
Lisa ricambiò lo sguardo di fuoco che Izzy le stava rivolgendo, i loro occhi si incatenarono ma questa volta le pupille indagatrici di Lisa non riuscirono a decifrare ciò che lui stava pensando.
Izzy sorrise dentro di sé, non le avrebbe dato il permesso di entrare nella sua mente, non di nuovo. Non sapeva come facesse, ma ogni volta riusciva a spiegare il suo stato d’animo, nonostante lui non le rivelasse nulla.
Quella volta no, anche se i suoi occhi le comunicavano le lamentele, i capricci, i brontolii e i pianti che aveva dovuto sopportare fino a quel momento e che tentavano di trascinarlo giù, nella pioggia, nel silenzio, nel dolore.
Si era annoiato delle solite ragazze che si portava a letto, stupide e supercifiali più delle puttane che pagava per del sano sesso. Erano dei rottami, roba di scarto, che sembrava si divertissero a dire fesserie e a commerciare i pettegolezzi, senza sapere quale fosse la verità.
Ma non importava alla fine.
Se ci ripensava, alla notte in cui aveva incontrato Lisa per la prima volta… Sembrava una prostituta, lo era quella sera, gli aveva detto che niente era gratis e lui voleva accontentarla, gli sarebbe piaciuto farlo, e magari adesso al posto di Slash ci sarebbe stato lui.

Spesso Izzy appariva agli occhi di Lisa come un bambino dal cuore rotto, frantumato, che preferiva starsene da solo sul bordo della strada con una canna e un paio di dosi piuttosto che correre a divertirsi con gli altri.
Certe notti o al calar del mattino si ritrovava al fianco del chitarrista dagli occhi chiari soltanto per sentirlo più vicino, per dirgli a gesti, piuttosto che a parole, che lei era lì per lui. 
Tutti avevano bisogno di qualcuno su cui fare affidamento, e sia Slash che Izzy si fidavano di Lisa.
Il suo petto sarebbe sempre stato libero per far riposare le loro teste stanche su di sé e ci sarebbe sempre stato un posto disponibile al suo fianco.

“ Parla con Mandy?” domandò a quel punto la ragazza, l’orecchio, privo dei grandi orecchini a forma di cerchio che spesso indossava, ancora accostato alla parete sottile.

“ Penso di si” Izzy scrollò le spalle, abbandonando il capo sulla spalla della ragazza che iniziò ad accarezzargli il collo gentilmente, le dita scorrevano delicate tracciando delle linee immaginarie.

Izzy chiuse gli occhi, gli faceva sempre un certo effetto quando lo toccava, quando gli era così vicina e il profumo della sua pelle si mescolava alla sua colonia.
Era sempre stato così tra di loro, si volevano bene e se Izzy provava qualcosa di più per Lisa, lei non poteva far altro che vederlo come un buon amico.
Le persone che li osservavano pensavano che fossero due vecchi innamorati, accoccolati vicini, sostenendosi e condividendo gioie ma soprattutto dolori.
Dopo i concerti i suoi occhi erano sempre in cerca di Lisa, che se ne stava in piedi, per i fatti suoi, in posti così desolati per lei, circondata da groupies e fans che erano riusciti a raggiungere la band nel backstage.
Lui ci sarebbe stato fino all’amara fine e anche lei non lo avrebbe mai lasciato se avesse potuto, l’unica cosa che voleva dimostrare ad Izzy, così come a Slash, era che tutto quello che aveva sempre voluto era per loro, ci teneva, era inevitabile che si affezionasse, addirittura ad Axl che continuava con una visione distorta di lei.
Ma Izzy sapeva che se le avesse mostrato il suo lato oscuro, Lisa avrebbe continuato a stringerlo nella notte, l’unica cosa alla quale non riusciva ad immaginare la sua reazione era se lui avesse aperto il suo cuore a lei e le avrebbe mostrato il suo lato debole, quando urlava e nessuno sembrava sentirlo.
Non riusciva a spiegarlo neanche a se stesso, figuriamoci se gli altri avessero capito. 
Si limitava a stare lì a guardarla, fisso in attesa di chissà quale eternità.
Non sapeva se era amore o soltanto l’idea di essere innamorato, sapeva soltanto che la sua vicinanza, quando lei non si allontanava il dolore spariva, così come quando suonava. La musica alleviava il suo dolore.
E odiava scorgere ancora quella tristezza negli occhi di Lisa quando diceva di essere ormai libera, ma Izzy le sussurrava che sarebbe tornata correndo da loro, da lui.
Lisa seguiva quello che il suo cuore le suggeriva e si, dentro di sé era consapevole del fatto che Stradlin avesse ragione, lei si sarebbe sempre guardata indietro e sarebbe sempre tornata da Slash.

Ed Izzy sera dopo sera non era soddisfatto, non voleva sforzarsi a cercare la ragazza giusta, non tra quelle che si davano da fare per compiacerlo. Era sempre così facile, non bisognava neanche che ci provassero a farsi piacere da lui, ma alla fine si annoiava con al fianco la solita puttana lì soltanto per fare una cosa, credendo di essere la regina dell’underground solo per essersi portata a letto il chitarrista dei Guns n’Roses.

“ Ho una voglia matta di bere” disse, allontanandosi di poco da Lisa che lo guardò sorridendo, una ciocca di capelli dinanzi al viso e gli occhi che brillavano di una felicità innata.

“ Sono solo le otto di sera” gli aveva ricordato, seguendo lo sguardo di Stradlin che si perdeva nella scollatura della maglietta che stava indossando e che le si era appiccicata al corpo come una seconda pelle.

“ E allora?” le aveva risposto, alzandosi riluttante e porgendole una mano per aiutarla.

Una volta in piedi, Lisa si guardò intorno, di Steven e Slash non c’era traccia, Duff aveva smesso di urlare da un bel po’ e per quanto riguardava Axl nessuno dei due aveva idea di come la famosa telefonata fosse terminata.
Non molto bene, pensarono, notando la camera del rosso ancora chiusa.
Lisa camminava al suo fianco, la gonna lunga si apriva soltanto su un lato lasciandole una gamba completamente scoperta mentre il misero top di cotone lasciava intravedere il petto privo di reggiseno.
Se qualcuno le avesse chiesto perché aveva bisogno di sentirsi così libera, Lisa gli avrebbe risposto che era l’unico modo di essere, di vivere.

Era come se avesse fatto un patto con le sue emozioni: lei le lasciava vivere libere e loro non l’avrebbero uccisa.
Un’altra cosa le avrebbe stroncato la vita ed Izzy lo sapeva, era a conoscenza delle sue dipendenze ma non poteva cercare di dissuaderla, non lui che era il primo ad averne bisogno, non Slash che la guardava in balia degli stupefacenti ripetendosi che per lei avrebbe smesso con la droga. Quando e come non lo sapeva neanche lui.  
Era come se in quel mondo fossero costretti a farsi male per poi perdonarsi dolcemente e continuare.
Senza amore nelle loro anime, senza soldi nelle loro tasche, potevano almeno dire di averci provato.

Si incamminarono lentamente verso il bar dell’hotel dove un uomo alto di colore, sulla quarantina ipotizzarono entrambi, sembrava li stesse aspettando con uno shaker tra le mani e un grande sorriso stampato sul volto simpatico.
Si sedettero uno al fianco dell’altra sugli alti sgabelli, le luci bianche soffuse illuminavano il piccolo bancone di legno laccato che divideva in due l’ambiente dotato di un palco sul quale erano stati lasciati gli strumenti di una piccola orchestra, spartiti caduti sul pavimento tra violoncelli e flauti.
Lasciarono che il barman preparasse qualcosa di abbastanza forte per entrambi, fidandosi dell’esperienza che l’uomo dimostrava shakerando i diversi ingredienti con una velocità assurda.

“ La sua fidanzata è davvero bellissima, complimenti” si azzardò a dire l’uomo, guardando attentamente prima Lisa, che sembrò arrossire a quel gentile complimento, e poi Izzy che sbarrò gli occhi sorpreso.

“ Oh no, in realtà..” boccheggiò, ma non riusciva a trovare un filo logico per collegare tutte le parole che avrebbe voluto dire in quel momento e che si ripetevano nella sua mente.

“ Grazie “ disse semplicemente Lisa alla fine, sorridendo cordialmente per poi voltare lo sguardo nella direzione del moro che stava ancora cercando la cosa giusta da dire.

“ Non è la mia fidanzata “ alla fine riuscì a borbottare, iniziando a guardarsi intorno imbarazzato.

“ Beh, non cambia il fatto che sia una ragazza stupenda” a quelle parole, che Lisa interpretò ancora una volta come una cordialità, Izzy strinse i pugni sulle gambe, mettendosi sulla difensiva.

“ Si, è vero “ le labbra sottili serrate e gli occhi infuocati, si, era gelosia quella e non avrebbe sopportato un altro commento su quanto quella ragazza fosse magnifica, perché lo sapeva già e non c’era bisogno di ricordarlo a tutti.

L’uomo annuì con il capo, porgendo loro sul bancone due grandi bicchieri colmi del drink che aveva preparato, voltandosi poi e iniziando a riporre le diverse bottiglie di alcolici che aveva utilizzato sugli appositi scaffali.
Izzy iniziò a sorseggiare la bevanda placando la sete di alcol, mantenendo lo sguardo fisso su Lisa che beveva a piccoli sorsi, leccandosi le labbra quando lasciavano andare una goccia dello squisito drink che l’uomo aveva preparato.
Quanto gli sarebbe piaciuto assaporarle, passare la lingua su quei due petali di rosa appassiti, intrisi di droga ed alcol, secche eppure le immaginava morbide e delicate, a volte fameliche e divoratrici.
La mano di Lisa si affrettò a liberare le spalle dai capelli lunghi, mettendo ancora di più in mostra il seno coperto soltanto da una misera canotta.
Pensò a tutte quelle prostitute che avevano cercato di fare colpo su di lui mettendo in mostra le loro doti fisiche e ricordò che Lisa era una di quelle, o almeno lo era stata, sapendo la sua storia.
Si era inizialmente confidata soltanto con Izzy, si fidava di lui molto più che di Slash poiché temeva che il bel chitarrista dai capelli ricci un giorno le avrebbe spezzato il cuore.
Ma loro erano un po’ come Sid e Nancy, autodistruttivi, folli amanti disposti a tutto, una sorta di Romeo e Giulietta tossicodipendenti.
Lisa ricambiò lo sguardo di Izzy, chiedendogli se avesse una sigaretta.
Il moro non se lo fece ripetere due volte e le offrì una Marlboro che riuscì dopo poco ad accendere.

“ Credo di non piacere ad Axl” aveva ammesso più a se stessa che ad Izzy, dicendolo ad alta voce per rendersene conto.

“ Ad Axl non piace nessuno. E’ un idiota” rispose lasciando andare lentamente il fumo dalle narici del naso perfettamente dritto.

“ Io ti piaccio, vero?” domandò timorosa, spostando lo sguardo dalle bottiglie di alcolici al viso di Izzy, sorpreso dopo aver ascoltato quella domanda.

“ Si, mi piaci” e se solo avesse potuto dire di più in quel momento, l’avrebbe fatto, ma qualcosa lo frenava, forse l’amicizia con Slash o forse proprio il drink che aveva appena finito.

“ Faresti qualunque cosa per me?” il modo in cui Lisa gli pose quella domanda fece intendere ad Izzy che molto probabilmente quella a parlare era la ragazza che qualche minuto fa si era iniettata qualcosa di non abbastanza forte in vena insieme a Slash.

“ Certo” rispose tranquillo, portandosi nuovamente la sigaretta alle labbra, entrambi noncuranti del fatto che si trovassero in un luogo chiuso dove non avrebbero potuto fumare, ma nessuno sembrava lamentarsi.

Se ti chiedessi di uccidermi, lo faresti?” il viso serio, le mani che tramavano e la sigaretta che continuava a bruciare, il tempo sembrava essersi fermato, così come il respiro di Izzy sentendo quelle parole.

“ Cosa?” sbattè più volte le palpebre aggrottando le sopracciglia, scuotendo leggermente il capo e sperando di aver capito male.

“ Se ti chiedessi di uccidermi, lo faresti?” ripetè e sembrò essere più sicura di sé.

“ Non lo so. Come potrei farlo? Io..” si bloccò, le parole gli morirono in gola.

“ Io non potrei vivere senza di te” avrebbe voluto dirle, rivelarle i sentimenti che aveva sempre provato nei suoi confronti.

“ Tu?” incalzò Lisa, scostando una ciocca di capelli dalla fronte per portarla dietro un orecchio.

“ Slash non potrebbe vivere senza di te” ammise alla fine, scostando lo sguardo e riportandolo sul barista che era intento a pulire il bancone di legno lucido qualche metro lontano da loro.

“ Credo che un giorno Slash si annoierà e mi dimenticherà molto facilmente” una lacrima era sul punto di scendere e rigare la sua guancia rosea, Izzy se ne accorse e prontamente le prese una mano, stringendola leggermente.

“ Lisa, sei bellissima, non è questo il momento di dirci addio” le sussurrò, avvicinando il suo viso a quello della ragazza per guardarla meglio negli occhi e scorgere ancora una volta un’amara tristezza.

“ Non so dove mi condurrà il destino. Ho paura, Izzy” aveva ammesso, sussurrando a sua volta, avvicinando le labbra all’orecchio di lui che era rimasto immobile, mai così vicino alla sua bocca.

Le avrebbe voluto ricordare tutte le notti che avevano trascorso insieme a parlare dei loro sogni che sembravano essere andati in fumo e dirle che lui avrebbe sempre continuato ad amarla, anche se un giorno se ne fosse andata via.
Ma non poteva. 
Lo desiderava con tutto se stesso ma in quel momento rivelarle il suo amore gli sembrava la cosa più sbagliata di quell’orribile mondo. 

“ Ti porterà dalle persone che ti amano” le disse alla fine, stringendo maggiormente la presa sulle sue mani.

“ Non penso” sbuffò, il fumo della sua Marlboro si mischiò a quello che lentamente fuoriusciva dalle narici di Izzy.

“ Io ne sono convinto. Per esempio, mi piacerebbe tornare a Lafayette” sorrise, ricordando qualche breve momento della sua infanzia.

“ Perché?” una morsa allo stomaco la fece piegare in avanti, verso il chitarrista, agitazione mista a spavento iniziarono ad insinuarsi nella sua mente.

“ Per tornare dai miei amici, dalle persone che ci tengono davvero” spiegò, lo sguardo perso a ricordare le strade poco affollate della piccola cittadina dell’Indiana.

“ Lasceresti tutto? Lasceresti me?” il tono della sua voce divenne leggermente più alto, non era lei a parlare o forse quella parte di Lisa era sempre stata ben nascosta agli occhi degli altri ma soprattutto a se stessa.

“ Non mettermi in bocca parole che non ho mai detto, donna! Ho detto che avrei lasciato tutto? Che avrei lasciato te? No, non l’ho fatto” la testa di Izzy si era voltata bruscamente nella direzione della ragazza che aveva dato un piccolo pugno al bancone cercando di calmare i nervi soggiogati dall’eroina.

Penso di contare qualcosa nella tua vita” delirava, i grandi occhi castani spalancati, il labbro inferiore tra i denti dopo essersi fatta scappare quelle parole.

“ Certo che si, smettila di dirlo, sai che è così” sbottò Izzy, si mosse nervoso sullo sgabello sentendo gli occhi dei presenti, ma soprattutto del barista, puntati su di loro.

“ Non credo di averlo mai detto! Sii onesto, Izzy! Dici che ogni fottuto giorno è sempre lo stesso, perché stancarti di tutto questo da un momento all’altro se hai la certezza che sarà sempre così già da adesso?” le mani rivolte verso l’alto, i piedi che penzolavano dalla sedia alta e la sigaretta gettata nel bicchiere contenente ancora un po di quel delizioso drink.

“ Cosa?” era confuso, non aveva la più pallida idea di come comportarsi in quelle situazioni, assecondarla o tentare di farla ragionare?

“ Vaffanculo Stradlin, sei un coglione!” Lisa si alzò improvvisamente, iniziando a camminare a grandi passi verso l’uscita del bar che avevano raggiunto insieme.





I capelli di Lisa ondulavano selvaggi lungo la sua schiena, Izzy li osservò ipnotizzato mentre la seguiva, si dirigeva verso l’uscita di quel grande hotel che la band aveva apprezzato sin dall'inizio.
Neanche un soffio di vento caldo ad attenderli nel piccolo parcheggio che precedeva l’edificio, soltanto il cielo che lentamente si faceva scuro, accogliendo la luna e le stelle che quella sera sarebbero state visibili in assenza di nuvole.
Lisa continuava a camminare e sembrava non volersi fermare, allora Izzy accelerò il passo e riuscì ad afferrarla per un braccio, strattonandola e facendola indietreggiare di qualche passo.

“ Lasciami andare!” urlò contrariata, un’espressione di disgusto piantata sul viso che Izzy non aveva mai visto.

“ Torniamo dentro” le aveva sussurrato cercando di tranquillizzarla ma Lisa si dimenava e non ascoltava le deboli parole che le stava dicendo.

“ No!” strepitava, se qualcuno li avesse visti avrebbe pensato che Izzy le stesse facendo del male poiché continuava a stringerla a sé.

“ Lisa, ti prego” non sapeva fin quando avrebbe resistito a quei capricci e al brutto modo in cui il corpo della ragazza stava reagendo all’eroina che scorreva nelle sue vene, sembrava che avesse accumulato tutta l’adrenalina.

“ Izzy, brutto stronzo, lasciami!” urlava, scalciando e schiaffeggiando l’aria con le mani, Izzy evitava i colpi che sicuramente gli avrebbero provocato un bel paio di lividi.

“ Lisa..” non cela faceva più, la vena del suo collo sembrava voler scoppiare da un momento all’altro, la rabbia mista alla perdita di pazienza iniziavano a farsi sentire, mentre stringeva i denti.

“ Vaffanculo, lasciami, lasciami!” forse avrebbe iniziato a piangere, e se l’avesse fatto il cuore di Izzy in quel momento si sarebbe addolcito; ma ciò non accadde.

“ Vuoi fottutamente morire?” gridò, tutte lo sentirono quando lui voleva che l’unica ad ascoltare quelle parole che uscirono spontanee dalle sue labbra fosse Lisa.

“ Si!” 











* una serie di droghe illegali, l'elenco è tratto da una scena del film Trainspotting, non sarei mai stata a conoscenza dell'esistenza di tutti quegli stupefacenti.

* l'eroina è ricavata dalla resina del papavero.
Spazio autrice:
non avevo la più pallida idea di come far lentamente rientrare Izzy all'interno della storia e alla fine, ispirata da chissà cosa, ci sono riuscita.
In questo capitolo ci sono i Pink Floyd, i Rolling Stones, i Guns n' Roses e anche Sid Vicious e Nancy Spungen ( credo che voi sappiate chi siano, in caso contrario documentatevi sulla triste storia che li ha legati per sempre ).
E come sempre spero che vi sia piaciuto e ringrazio le persone che stanno continuando a seguire la storia e a recensirla.
Non sapete quanto sia felice nel leggere i vostri commenti, sono importantissimi per me, spesso senza di quelli mi chiedo se valga davvero la pena continuare.
Ma ormai, sfortunatamente, la fine è quasi vicina, mancano pochi capitoli all'epilogo, ma sono abbastanza per stravolgere un paio di cose.
Amo il personaggio di Izzy, il ruolo di confessore che assume in tutta la storia e in particolar modo il modo in cui si comporta in questo capitolo.
Tutti sappiamo quanto i Guns fossero autodistruttivi e non potevo non rendere Lisa simile a loro, per quanto gli autori delle altre fanfictions siano riusciti a non farlo.
Non so se sia più semplice rendere un personaggio simile alla band e al loro appetite for destruction, o creare una figura che si distingua da quel mondo.
So soltanto che penso di essermi complicata un po' la vita con Lisa.
Come sempre vi invito a lasciare un commento, sarete sempre i benvenuti.
xx

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Capitolo 21
*** Don't cry. ***


Izzy lentamente lasciò andare il braccio di Lisa che aveva smesso di divincolarsi e aveva gridato con quanto fiato le era rimasto in petto quello che voleva in quel momento.
Il ragazzo non sapeva se fosse la vera Lisa a parlare, quella che sembrava desiderare la morte e che gli aveva chiesto di ucciderla.  Gli occhi del chitarrista lasciarono andare la figura esile e malandata di Lisa che fece un passo indietro portando la mano a stringere quel lembo di pelle dove si erano posate le dita forti di Izzy, rivolgendo lo sguardo al cielo, tentando di trattenere le poche lacrime che si sarebbero riversate sul suo viso pallido.
Uno sguardo inquieto in un luogo esausto, uno sguardo annebbiato rivolto all’asfalto, erano entrambi sulla strada della rovina.
Nella mente di Izzy la musica iniziava a farsi spazio lentamente tra le parole di Lisa che rimbombavano lontane, mentre nessun suono, nessun cenno a difenderla, a difenderli.
La sentì sospirare, alzò di poco gli occhi per vedere le sue piccole mani ravvivare i capelli lunghi e opachi, mentre la sua fermezza veniva messa a dura prova. Stava lentamente annegando nel desiderio, sentiva la sua anima andare in fiamme, arrendendosi alla disfatta senza porre alcun pensiero alle conseguenze.
Izzy avanzò di un passo, Lisa indietreggiò sentendo ancora la sua mano premere con forza nella sua carne.
Gli occhi chiari nel crepuscolo riuscirono a rendersi conto di quanto la ragazza avesse perso peso.
Qual era stato il momento in cui tutto era cominciato? Perché nessuno aveva dato peso a quel suo dimagrimento?
Perché lei, quando si trattava di lui si accorgeva sempre di tutto, ed Izzy, che l’amava, non aveva pensato a niente?
Se ami qualcuno dovresti prendertene cura, si disse più volte mentalmente.
Forse non l’amava abbastanza se il suo amore era così irresponsabile?
Sapeva che di quel momento avrebbe ricordato chiara ogni cosa. Ascoltando ciò che Lisa, in balia della droga o meno, aveva detto, Izzy aveva pensato che d’ora in poi la paura l’avrebbe collegata a quello.
Il suo cuore cominciò a battere forte, un rumore assordante che dal petto gli arrivava alle orecchie e non sarebbe riuscito a sentire più neanche le sue stesse parole. Tutto all’improvviso era così reale da non sembrare vero.
Scosse lentamente il capo, un sorriso amaro a descrivergli il volto fine, stava cercando di controllare la rabbia che l’aveva costretto ad urlare contro quella ragazza che sembrava possedere appetito per l’autodistruzione più di loro.
Non riusciva a spiegarsi quel comportamento, perché morire? Cosa non le andava bene? La droga?
Era una sua scelta e comunque, se avesse voluto, sarebbe potuta uscirne, magari con il suo aiuto, magari facendolo insieme.
Era disposto a tutto pur di non vederla in quello stato, gli occhi pronti a versare lacrime, il labbro inferiore gonfio a causa dei morsi nervosi e le mani che tramavano, esili, fredde in piena estate.

Lisa guardava Izzy che tentava di avvicinarsi a lei, chiedendosi silenziosamente il perché di quella richiesta.
Sentiva le rotelle del suo cervello girare, i diversi meccanismi incastrarsi alla ricerca della risposta giusta che sembrava non riuscire a trovare.
Era così semplice, bastava conoscerla, sapere almeno una piccola parte della sua storia per capire. Ed Izzy la conosceva meglio di chiunque altro in quel momento, anche meglio di Slash.
Sembrò perdere anche lei per un momento la soluzione alla domanda che tormentava la mente di Izzy, ma poi rieccola, fulminante. Perché voleva morire?
Sarcasticamente lo chiese anche a se stessa, sperando che la droga non avesse portato via quel minimo di ragione che le restava. Era un idiota chi diceva che la vita andava avanti. No, la vita si fermava. Il tempo andava avanti, ma la vita si fermava un sacco di volte dentro se stessa e diventava una cosa che non sapevi più riconoscere.
L’avrebbe paragonata ad un immenso buco nero che risucchiava qualsiasi cosa gli era abbastanza vicino da esser trascinato via con forza.
Poi ci pensò su, inclinando il capo, con lo sguardo perso nel vuoto, ad Izzy quella visione quasi fece paura.
Lei era già morta.
Era morta imprigionando il passato affinchè questo non la raggiungesse con il peso dei ricordi, soffocati da quella moltitudine di alcol e droga che scorreva all’interno delle sue vene.
Ne era consapevole, sapeva di essere sul filo del rasoio, si bucava molto più di Slash e ancora si chiedeva come fosse possibile che riuscisse a respirare, ad esser viva e non rannicchiata nell’angolo di una stanza con il volto violaceo e le braccia rigonfie a causa di un’overdose.
Poi ricordò quello che le disse quella sera, la prima volta che provò l’eroina e dalla quale poi non riuscì più a distaccarsi.
Non crederci quando dicono che qualcuno è morto per overdose. L’overdose non esiste.
Ma loro, loro che li guardavano da lontano, loro che sapevano che la morte era vicina e li consideravano non più normali, ma immortali, quelli con tutta la vita davanti, a cosa pensavano?
Ogni giorno era sempre lo stesso orrore, quando si svegliavano e l’erba era finita, le dosi di eroina circolavano già tutte nelle loro vene, Steven nascondeva avaramente un po’ di cocaina che nessuno riusciva mai a fregargli e Duff difficilmente condivideva la scorta di alcolici che avrebbero almeno placato la loro fame.
Lisa si guardava allo specchio, era forte, quando si trattava dei problemi degli altri.
Odiava il suo corpo, sarebbe stata contenta se l’avesse abbandonata da un momentoo all’altro.

Izzy la guardava a pensava al modo in cui ucciderla, se di baci o di carezze.
Ma poi trasse la conclusione che ognuno si uccideva a modo proprio.
Chi beveva, chi fumava, chi si drogava, chi si innamorava. E poi c’era lui che faceva tutto insieme.
Quando eri in grado di capire che quello che facevi poteva soltanto farti del male, eri già un passo avanti, ce l’avresti fatta.
Ma quando si trattava dell’amore, Izzy non riusciva a venirne a capo.
Gli era già successo e si era ripromesso che non sarebbe mai più accaduto e invece aveva incontrato Lisa, la amava ma era costretto a celare quel piacevole sentimento perché lei amava un altro, un altro che non era lì il quel momento.
Lisa lo colpiva, facendolo male. Ma non era un male fisico, no. Era peggio della droga, del fumo, dell’alcol perché lei gli faceva male perché gli faceva bene.

Si avvicinò ancora e questa volta Lisa non si allontanò, continuava a fissare il vuoto fin quando il viso di Izzy non le si parò dinanzi agli occhi chiari e allora capì.
Dal sorriso timido che le stava rivolgendo e dallo sguardo serio che non la lasciava andare, non l’aveva mai fatto durante tutti quei mesi, occhi vigili che la seguivano ad ogni suo minimo movimento.
Anche adesso, anche in quel momento Lisa aveva capito quello che Izzy stava pensando, l’aveva intuito dal modo in cui le sue mani si erano appoggiate delicatamente sulle sue spalle ricurve e il suo viso lentamente si stava avvicinando, sempre di più, sempre di più al suo.
Una mano aveva risalito il suo collo accaldato, sentiva ancora la tensione che irrigidiva ogni muscolo del corpo, ed era arrivata ad accarezzarle i capelli. Lentamente le sue dita tracciavano delle linee immaginarie sulla sua cute, mentre Lisa cercava di rilassarsi a quel tocco, dimenticando per un momento la pelle del suo braccio che ancora pulsava, sapeva che si sarebbero formati dei lividi che nessuno avrebbe notato.
La fronte di Izzy accostò la sua, a causa della loro differenza di altezza dovette chinarsi per ben osservare gli occhi di lei che confusa spostava lo sguardo dalle labbra al petto di Izzy che sfiorava il suo. 
I loro respiri si scontravano, affannati e pesanti, forse quello che sarebbe accaduto dopo avrebbe rovinato per sempre il loro rapporto, si sarebbero allontanati e niente sarebbe stato più come prima.
Ma era inevitabile, era cosa se Izzy dovesse togliersi un peso dal cuore, troppo grosso per essere sostenuto da quell’organo grande quando un pugno che batteva veloce racchiuso nel suo petto.
Le loro labbra si sfiorarono soltanto, una singola volta, lei immobile e lui non chiese di più, non andò oltre, si fermò per chiudere gli occhi ed ispirare a pieni polmoni per ricordare quel profumo così dolce che emanava la sua pelle chiara.

“ Non potrei mai ucciderti” disse a due centimetri dalle sue labbra, due petali di rosa, calpestati più e più volte.

“ Hai detto che avresti fatto qualsiasi cosa per me, era una promessa” a denti stretti, catapultata nella realtà dalle parole di Izzy che le sembrarono in quel momento un tradimento, Lisa fece un passo indietro, distanziando i loro corpi a contatto.

“ Non posso “ ammise ancora una volta, chianando il capo, sentiva il suo respiro accelerare e diventare irregolare.

“ Traditore! L’hai detto, l’hai detto!” Lisa gli puntò un dito contro, incolpandolo, accusando Izzy che non avrebbe mantenuto la parola data, ferendola a tal punto che sentì una lacrima scendere lentamente e rigare la guancia accaldata.

Non posso perché sono innamorato di te!” Izzy la gente la ingannava per evitare di dire quello che sentiva e l’idea di lasciare che qualcuno si avvicinasse a lui lo terrorizzava.

Ma era successo, si era innamorato.
L’amava ed era riuscito a dirle la verità, quello che sentiva da mesi e che cercava di reprimere con tutto se stesso ma poi bastava guardarla per un secondo in più e quel sentimento così forte si riaccendeva ed invadeva ogni parte del suo corpo.
Quando erano insieme Izzy prestava attenzione soltanto a lei, tutto il resto, tutto quello che lo circondava restava su uno sfondo annebbiato, non riusciva neanche a distinguerne i colori.
Aveva paura di alzare lo sguardo, aveva paura di incontrare quegli occhi che lo facevano stare così bene anche quando le pupille diventavano spilli. Ma con coraggio si azzardò a spostare gli occhi dall’asfalto caldo e a riportarlo nella direzione di Lisa.
Non c’era.
Si voltò e la vide correre in lontananza, le braccia strette al petto e i capelli che caotici si alzavano e la circondavano.
Aveva perso. Aveva perso per davvero.
Izzy si guardò intorno e cominciò a camminare nella direzione opposta.
Se ne andò. Se ne andò con gli occhi gonfi e le braccia stanche.
Silenziosamente scusandosi con lei per averle fatto una promessa che sapeva non avrebbe potuto mantenere.
 
 







Correva, correva per la prima volta lontano da Izzy.
Le sue parole le rimbombavano nella mente, sembravamo assurde, prive di una verità ma poi il ricordo vivo dei suoi occhi che la guardavano sinceri le fecero accelerare il battito del cuore così come la paura di aver sbagliato di nuovo, di aver ferito una persona. Lo amava? Era innamorata di Izzy? No, lei amava Slash.
Lo aveva amato dal primo momento che l’aveva visto, sapeva che era quello giusto e contemporaneamente quello sbagliato.
Ma non aveva dato importanza alle conseguenze, la vita in quel momento aveva bisogno di allontanarsi da quell'inferno che era diventata la sua vita per non essere risucchiata e trascinata via da quel mondo stupendo che aveva conosciuto viaggiando con i Guns.
Lo amava, si, con tutta se stessa.
E spinta dalla voglia di vederlo, sentendo la mancanza della sua voce, i suoi occhi bramavano quel corpo che tutte le sere si ritrovava al suo fianco, inseguita dalla paura di aver perso per sempre Izzy, che si intrufolava nelle sue ossa oltrepassando la pelle e la carne bucata, infilandosi nelle valvole del piacere, corse verso la sua stanza, la loro stanza, spalancando la porta e ritrovandosi dinanzi la figura di Slash che se ne stava seduto al bordo del letto privo di coperte con una chitarra acustica tra le mani e una sigaretta che penzolava dalle sue labbra.
Non c’era bisogno di parole in quel momento, quando Lisa velocemente eliminò la distanza che la separava dall’uomo che amava per ritrovarsi stretta alle sue braccia, la chitarra lasciata sul pavimento, la moquette evitò il rumore che il legno avrebbe provocato e che avrebbe disturbato ed intralciato quello che Lisa stava comunicando silenziosamente a Slash.

“ Che succede, piccola?” domandò a quel punto, stringendo maggiormente la presa per sentirla più vicina e per infonderle il coraggio che l’avrebbe aiutata a confidarsi.

Ma non poteva, Lisa non poteva rivelargli ciò che Izzy le aveva detto, il modo in cui aveva ammesso di amarla, le parole che si erano scambiati e la promessa che era già stata infranta, così come il suo cuore.

“ Portami lontano da qui “ aveva semplicemente sussurrato, nascondendo il viso nell’incavo del collo accaldato di Slash che confuso continuava ad abbracciarla.

“ Lisa, hey.. Guardami negli occhi, piccola, per favore” le mani ruvide risalirono sino alle sue spalle, allontanandola di poco dal suo corpo per permettere ai loro occhi di scontrarsi.

“ Cos’hai? Cosa succede? Ti prego, guardami. Sono qui, Lisa, sono qui” le mani di Slash si poggiarono su quelle guance che un tempo erano piene e sulle quali aveva lasciato più volte segni evidenti a causa dei morsi e dei baci troppo famelici che era solito riservarle.

Quanto avrebbe voluto dirgli come si sentiva, come aveva reagito quando aveva scoperto di aver perso un amico.
Ma non poteva, altrimenti lo avrebbe perso anche lui, pensò.
Lisa stava combattendo una battaglia, contro la droga, contro se stessa, un nemico così forte, e le piaceva l’idea di avere un amico su cui poter contare, la faceva stare bene.
Desiderava soltanto che Slash in quel momento le proponesse, come aveva fatto mesi fa, di scappare via con lui, dissuadendola dalla convinzione che non ci fosse niente per lei al di fuori, perché era lei a volere che non ci fosse.
Non pensava di trovare una persona neanche lontanamente simile a Slash, qualcuno come Izzy. Non pensava di trovare qualcuno e basta.
E invece, nascosti sempre da una folta massa di capelli ricci e neri come la pece, due occhi scuri la stavano guardando, preoccupati e confusi, cercavano di capire, indagare, scoprire il perché di tutto quello.
Ma loro non erano bravi quanto lei a comprendere le persone.
Ed era per questo che Lisa, cercando di tranquillizzare più Slash che se stessa, appoggiò delicatamente le labbra sulle sue, amare e al gusto di whisky, non poteva farne a meno, ci aveva lasciato il cuore tra i sui denti e lui lo stava masticando lentamente.
Lisa gli appoggiò una mano sul petto, le dita sfiorarono i ciondoli delle collane che gli adornavano la base del collo, scendendo lungo lo stomaco tonico, e la spinse ancora di più contro i suoi pettorali alla ricerca del battito cardiaco. 
Trovò finalmente il cuore, batteva veloce, quasi quanto il suo. Slash la assecondava, baciandola forte, donandole la forza necessaria per continuare… Ad essere felice o a vivere?
Una sorta di malinconia si impossessò del suo stomaco, perché quel bacio gli sapeva di addii?
Un gusto salato, sgradevole quando le labbra screpolate di Lisa entrarono in collisione con le sue.
Erano lacrime, tante lacrime calde e tanti piccoli singhiozzi imprigionati tra le loro labbra, le palpebre serrate, le lingue che spingevano l’una nella bocca dell’altro, alla ricerca di conforto, di sicurezza, le mani di Lisa stringevano le spalle di Slash che lentamente si ritrovò sdraiato sul letto, la presa salda sui fianchi di lei che continuava a baciarlo ad occhi chiusi.
Le lacrime continuavano a scendere e ad intrufolarsi tra i solchi, le crepe delle loro labbra, aveva smesso di chiedere, le stava dicendo che lui c’era, ci sarebbe stato anche quando i suoi occhi sarebbero stati annebbiati dall’alcol.
Una mano risalì la sua schiena, i vestiti erano diventati ormai un ostacolo al bisogno fisico di sentirsi.
Fu un attimo, un secondo e Slash la stava abbracciando. Un semplice abbraccio, le sue braccia circondavano le sue spalle, stringevano forte la pelle chiara mentre il suo respiro moriva alla base del collo di Lisa che aveva smesso di singhiozzare e si era avvicinato ancora di più al suo viso nascosto.

“ Ti prego… Ti prego, non dire a nessuno che ho pianto “ era una sorta di promessa che era riuscita a mantenere sino a quel giorno, quella di non piangere dinanzi alle persone.

Non aveva pianto al funerale di sua madre, si era lasciata andare al dolore la sera prima, mentre Tyler dormiva e lei, tornata dal suo turno al Roxy, aveva trovato la casa avvolta nel buio e nel silenzio, neanche il respiro di sua madre ad attenderla.

“ Non lo farò, ma non piangere ancora “ avrebbe voluto dire che ci era già passato e sapeva come ci si sentiva,  ma non sapeva quello che era successo e si sentiva inutile.

Tornarono a baciarsi, lentamente ma poi sempre con più passione, si lasciarono trasportare dalle sensazioni che emanavano i loro corpi a contatto. Se quello non era amore, allora cos’era?
Cercò di sopprimere l’immagine di Izzy che si era impressa nella sua mente da quando aveva ammesso di amarla. Ci riuscì quando l’amarezza delle sue labbra fu sostituita dal Jack Daniel’s e dalle Marlboro, quella che Slash stava fumando e che aveva prontamente spento alla vista di Lisa.
Erano nudi, ansimavano toccandosi, sfiorando le parti più delicate, conoscendo i punti in cui il loro corpo avrebbe risposto al meglio. Con le unghie conficcate nella sua carne, Lisa leggeva negli occhi di Slash lo stesso desiderio che aveva scorto la prima sera che si erano incontrati, un desiderio che fece bruciare le sua pelle accaldata.

La mente di Slash si vuotò, c’era solo lei, il suo buon profumo, il suo corpo stretto al suo, il rumore dei suoi gemiti quando lentamente profondava al suo interno, l’eccitazione che scoppiava al suo interno come un fuoco d’artificio, nella stanza buia i vestiti erano stati gettati sul pavimento e le coperte spinte alla fine del letto.
Arsi dallo stesso fuoco, Lisa iniziò a tremare vicina a raggiungere l’apice del piacere, era sua mentre le sfiorava il seno e assaporava la sua pelle chiara, sentendo le sue gambe strette intorno al suo bacino.
Le sua mani indugiarono sui suoi fianchi, i lunghi capelli nascondevano la loro danza al mondo esterno, Slash la attirò a sé e fu sopra di lei, ancora dentro di lei che gemeva di piacere insieme a lui. L’ultimo ansimo trattenuto, Slash si abbandonò al suo petto, schiacciando il viso tra i suoi seni, i corpi intrecciati, abbandonati tra le lenzuola, sfiniti.
Lisa iniziò ad accarezzargli i capelli, le sue dita si intrecciavano ai ricci ribelli mentre due braccia forti le circondavano la vita.
Si voltò quanto bastava per cominciare ad osservarle il viso, gli occhi gonfi dal pianto e dal fumo, un po’ di sangue macchiava le labbra, senza pensarci Slash passò la lingua sulle sue per capire se quel liquido rosso era ricaduto anche su di lui.
La guardava mentre le sue palpebre stanche si abbassavano e si allontanava dalla realtà per qualche ora.








 


Spazio autrice:
E dovete perdonarmi, ma non potete immaginare quello che ho passato per revisionare questo capitolo.
Era totalmente diverso da questo, mi scuso ancora per questo enorme ritardo!
Ringrazio le persone che continuano a seguire la fanfiction e coloro che lasciano una recensione ai capitoli.
Non voglio dilungarmi in queste note, anche perchè è abbastanza tardi, quasi le undici di sera :')
So che se iniziassi a scrivere di quello che succede in questo capitolo, impiegherei una buona mezz'ora per soffermarmi su ogni particolare.
Essenzialmente Izzy rivela quello che prova nei confronti di Lisa, la quale non reagisce bene e scappa, sentendosi tradita non soltanto dal fatto che Izzy non manterrà la promessa ma anche perchè crede che le abbia in un certo senso sempre mentito.
Si rifugia in Slash quindi, il quale è all'oscuro di tutto e cerca di confortarla infondendole coraggio e trasmettendole la forza necessaria non sa neanche lui per cosa.
Izzy invece si allontana, amareggiato ma già consapevole del fatto che non sarebbe stato facile per entrambi.
Non dico altro, spero che la storia stia piacendo e che continuerete a seguire gli aggiornamenti! 
Mi scuso in anticipo per l'eventuale presenza di errori, non ho davvero il tempo di controllare!! 

xx
 

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Capitolo 22
*** Save me. ***


Nessuno ne parlava, nessuno si chiedeva chi fosse la ragazza che si lasciava schiacciare dai corpi sudati di cinque musicisti all’interno di un tour bus, nessun giornale aveva mai fatto riferimento a lei, non avevano dubitato di una possibile relazione con uno dei componenti della band.
Bastava guardarla per rendersi conto del ruolo che ricopriva in quel gruppo sgangherato: c’erano ragazze che preferivano stare alla larga da lei, alcune la consideravano una groupie che era riuscita ad entrare nelle grazie di Slash, dato che prestava attenzione soltanto a lui; per altri invece era una spacciatrice che i Guns si portavano dietro in modo da essere sicuri di avere della buona droga quando ne avessero avuto bisogno.
Gli uomini la vedevano come una prostituta, chi la paragonava alla puttana che si era portata a letto la scorsa notte, chi alla spogliarellista a cui aveva lasciato una bella mancia per una scopata nei bagni del locale.
Slash sapeva che in realtà non l’aveva allontanata molto dallo stile di vita che le sarebbe toccato se fosse rimasta a Los Angeles.
Anzi, la sua situazione era peggiorata a causa dell’eroina e delle decine di droghe che decidevano di provare ogni sera.
Ai manager della band poco importava chi si portassero dietro, a loro bastava che non creassero abbastanza casini da metterli in guai seri.






Il mese di agosto sembrava non finire mai, tra qualche giorno ci sarebbero state le riprese del video musicale della band, al Giants Stadium dell’East Rutherford. Lisa odiava Paradise city, quella canzone le ricordava troppo le condizioni in cui viveva a Los Angeles.
Era come se fosse lei la ragazza di strada di cui parlava, il caso difficile da risolvere, caritatevole, che avrebbe pagato per un po’ di felicità.
Ne amava il ritmo, le piaceva ballare su quelle note, quando Slash compieva la magia con le corde della sua chitarra.
Ma una sera, seduta al suo fianco, prima di immergersi nel mondo parallelo in cui la trascinava l’eroina, ascoltò Slash che lentamente, con la sua chitarra acustica, suonava quella canzone e la cantava con la sua voce bassa e roca. E fu come se non l’avesse mai sentita.
Si estraniò dal resto del mondo, non era più in quel letto, dinanzi a lei non c’erano delle lenzuola impregnate di sesso, era sola ascoltando quelle parole cantate dolcemente.
Si sentiva la ragazzina di diciassette anni in cerca di guai, per tutta la sua vita era sempre stata assente, un fantasma, che correva via, spaventata dai problemi, i sogni infranti ma la persona giusta al suo fianco: Slash.
Ormai ne era convinta, l’amava con tutta se stessa, li immaginava già a Los Angeles,  sulle colline baciate dal sole di Hollywood, tra le acque del lago d’argento che rifletteva la luna ogni sera o nei bar più luridi con una sigaretta tra le dita di una mano e una birra nell’altra.
Ma poi lentamente si intrufolava nella sua mente l’immagine di Izzy, i suoi occhi chiari e quel sorriso che riusciva sempre in qualche modo a rasserenarla, il suo essere silenzioso che si rivelava essere una maschera quando erano insieme.
Il ricordo della sera precedente si insinuò tra i suoi pensieri confusi, le parole di Izzy l’avevano sconvolta, era arrabbiata, frustrata, si sentiva ingannata, mesi e mesi trascorsi con lui che nascondeva i suoi sentimenti, faceva finta di esserle amico magari per conquistarla. Perché?
Sapeva che era innamorata di Slash e sapeva che il suo amico non l’avrebbe lasciata andare tanto facilmente.
Slash le aveva sempre ripetuto che non l’avrebbe mai abbandonata, non le avrebbe mai chiesto di andare via se non fosse stata lei a deciderlo.
Quando glielo confidò, Lisa scoppiò a ridere. Come poteva soltanto minimamente pensare che lei un giorno se ne sarebbe andata?
Non voleva tornare a Los Angeles, anche se sentiva la mancanza di Tyler e Meredith.
Ormai la sua vita era lì, con Slash e il resto della band.


Aveva un buon rapporto con tutti ormai, anche Axl aveva pian piano accettato la sua presenza, Duff era sempre stato dalla sua parte e da quella di Slash, notando delle tensioni tra i due e l’ego del cantante. Steven ultimamente era sempre troppo fatto per prestare attenzione a quello che succedeva intorno a lui, ma aveva più volte ammesso a Duff che Lisa le era sempre piaciuta e se un giorno Slash si fosse annoiato di lei, come succedeva spesso con le ragazze che si portava a letto, lui non ci avrebbe pensato due volte ad averla un po’ tutta per sé.
Slash non le aveva mai svelato i suoi sentimenti, Izzy ne aveva avuto il coraggio ed era stato respinto, ferito. 
Alla vista di Lisa che si allontanava da lui correndo non era riuscito a trattenersi e quelle poche e calde lacrime avevano solcato le sue guance, rosse per aver trattenuto la rabbia. Era arrabbiato con se stesso e con il mondo intero, aveva preferito starsene da solo piuttosto che ritornare in hotel e cominciare a fare baldoria con il resto del gruppo.
Aveva evitato Lisa, si era rinchiuso in un piccolo bar alle spalle dell’edificio in cui alloggiavano, l’alcol e l’erba erano riusciti momentaneamente ad eliminare quel dolore al petto che Izzy aveva ricondotto al malore fisico dovuto al suo cuore in frantumi.
Era come se Lisa fosse stata una chirurga: gli aveva aperto il cuore e poi aveva abbandonato l’operazione.
Lei era forte, lei avrebbe superato anche quella, Izzy ne era convinto. Non aveva mai conosciuto una ragazza come lei, le potevano strappare il cuore e lei sorridendo avrebbe risposto che credeva facesse più male.
Di storie Izzy ne aveva avute tante, credeva che quella con Angela sarebbe stata l’ultima e invece no, c’era Lisa.
Poteva considerare la loro una storia? Forse si.
In fondo il tempo trascorso insieme non se l’era immaginato, le notti l’uno nelle braccia dell’altra, credeva di essere quello giusto per lei.
Gli sembrava di essere quello perfetto per una ragazza che aveva bisogno soltanto di un laccio emostatico, ma poteva salvarla?
Sarebbe stato in grado di salvarla dalle schiere di stolti che credevano che l’amore non esistesse?








Il concerto di Clarkston era appena terminato, i Guns avevano lasciato la folla del Pine Knob Music Theatre letteralmente il delirio.
Migliaia di persone avevano atteso per ore l’arrivo della band e nel preciso momento in cui Axl aveva dato inizio al concerto con It’s so easy, come sempre , un boato e il teatro all’aperto aveva iniziato a tremare.
Le persone avevano viaggiato forse per giorni, avevano intravisto la moltitudine di auto parcheggiate all’esterno quando erano arrivati.
Quando la musica aveva iniziato a placare gli animi impazienti dei fans, Lisa portò una mano al cuore per controllare il battito, che andava al ritmo delle note emesse dagli amplificatori, mentre urlava a squarciagola, non riuscendo a raggiungere le tonalità di Axl.
Dai lati del palco li vedeva sempre gli innamorati che si baciavano, distinguendosi dalla massa, o quelli che litigavano e si spingevano a vicenda, gomitate e pugni per raggiungere il palco.
Le ragazze indossavano t-shirts dai loghi della band disegnati alla meglio, una sigaretta tra le mani e le gambe scoperte, attiravano l’attenzione ma erano troppo distanti per raggiungere l’obiettivo che si erano prefissate.
Con ancora il respiro accelerato e i capelli disordinati a causa della pioggia leggera che li aveva bagnati, i Guns se ne stavano stravaccati su un divano fin troppo scomodo per i loro gusti, la pelle sudata delle loro schiene nude scivolava contro la stoffa, lasciando una scia ben visibile alla luce.
Steven non la smetteva di ridere, Duff si era lentamente lasciato andare a quella posizione, finendo con la testa tra le gambe di Lisa che sentendo Adler era scoppiata anche lei in una risata fragorosa. 
Duff voltò il viso, il naso a sfiorare la pancia scoperta di Lisa che lo lasciava fare, abituata alle attenzioni che ogni tanto anche Mckagan le concedeva.

“ Hai da fare stasera, piccola?” un sorriso sghembo sul viso, complice la birra e la stanchezza che aveva accumulato in quei giorni.

“ Si Duff. Continua a sognare! E poi sei sposato, dannazione! “ rispose, con quasi le lacrime agli occhi per aver riso troppo con Steven che adesso guardava la scena divertito.

“ Oh andiamo, Lisa! Non ho rimediato neanche una ragazza e Mandy non è qui ” le mani di Duff le avevano circondato la vita, portando il suo addome ancora più vicino al viso del bassista che aveva inspirato forte con un sorriso sulle labbra.

“ Non è un mio problema, Mckagan ” lo aveva rimproverato ma non poteva smettere di guardarlo e sorridere.

“ Oh, andiamo Lisa! Tu e Slash non state insieme, soddisfa anche Duff” Axl si era introdotto nella conversazione, sedendosi al fianco di Steven che si guardava intorno in cerca di Izzy e Slash.

Anche Lisa sembrò non far caso a quello che aveva detto Axl, pensando che fosse successo qualcosa tra i due chitarristi della band, ma poi da lontano scorse la folta chioma scura di Slash dalla quale poteva esser visto un ampio sorriso e al suo fianco Stradlin che gli offriva una sigaretta.
Erano bellissimi, due vecchi amici che non si accorgevano di quello che accadeva intorno a loro, camminavano lentamente parlando del concerto e delle idee che avrebbero voluto realizzare al prossimo spettacolo, offrendosi sigarette a vicenda.
Poi, come una pugnalata al cuore, la parole di Axl si erano intrufolate tra i suoi pensieri e la testa di Lisa si era lentamente voltata nella sua direzione, con ancora il naso di Duff a sfiorarle la pancia nuda.
Tu e Slash non state insieme.
No, ma erano come una coppia. Vero?
Non era l’unica a pensarlo, sapeva che anche gli altri le stavano alla larga perché si sarebbero sorbiti poi i lamenti di Slash, che non sopportava vederla tra le braccia di un altro.
E infatti, non appena i suoi occhi scuri si posarono sul corpo di Lisa, la cui vita era stretta tra le mani sudate di Duff che nascondeva il volto schiacciandolo contro la sua pancia piatta, con pochi passi raggiunse il divano all’apparenza comodo su cui erano seduti i due e puntò lo sguardo su Duff che non si mosse di un centimetro, gli occhi chiusi ed un sorriso a descrivergli il volto.

“ Mckagan, di grazia, potresti togliere le tue sudici mani dal suo corpo?” la voce bassa e i ricci a nascondergli il viso, Axl voltò lo sguardo nella sua direzione mentre Duff alzò di poco il capo.

“ Oh, andiamo Saul! Mi sto semplicemente riposando ” borbottò, voltandosi nella sua direzione per guardarlo meglio.

“ Beh, riposati senza toccarle il culo “ diede un piccolo schiaffo sulla testa di Duff che riluttante cambiò posizione, ritornando con la schiena dritta e gli occhi assonnati.

“ Dai Slash, non siete mica sposati!” disse Steven, facendogli il verso, imitando l’espressione che il suo viso aveva assunto nel pronunciare quelle parole.

“ Smettila, Popcorn “ si voltò, lasciando la sua schiena nuda alla vista di Lisa che analizzava ogni suoi minimo movimento.

“ E tu smettila di fare il coglione, abbiamo sempre condiviso le ragazze “ disse Axl, del quale la mente aveva iniziato un viaggio indietro nel tempo, ritornando nel giorno in cui aveva  baciato Lisa, come un ladro che rubava la cosa più bella e preziosa del più lurido degli appartamenti.

A quel punto le venne istintivo alzarsi e poggiare entrambe le mani sui muscoli tesi delle spalle di Slash che sembrò tranquillizzarsi a quel lieve tocco.
Si voltò, incontrando i suoi occhi e spostando lo sguardo sulle ciocche di capelli che le ricadevano sulla fronte, per poi rivolgerlo nella direzione di Axl che, ancora seduto al fianco di Steven, fumava una sigaretta.

“ Allora non ti dispiace se mi sbatto Erin “ non era una domanda, era un’affermazione, pungente e stuzzicante che fece accendere la rabbia negli occhi chiari di Axl.

“ Chiudi quella cazzo di bocca “ si era limitato a dire, nel momento in cui Steven lo aveva fermato, intenzionato a scagliarsi contro Slash che sembrava lo stesse aspettando.

“ Andiamo via, dai “ Lisa gli sussurrò, attirando subito la sua attenzione.

Slash le sorrise, un sorriso un po’ forzato ma sincero, intrecciando le sue dita a quelle di Lisa, con una sigaretta in una mano e due dosi di cocaina nella tasca posteriore dei jeans stracciati, si incamminò a passo lento verso l’uscita della sala che sembrava troppo grande per contenere soltanto una band.











Lisa non aveva più un futuro. Non riusciva a concepire come poter sfuggire alla sua dipendenza.
Si sentiva smarrita. Stava scoppiando e non riusciva a fermarsi dal continuare ad abusare gravemente di droga.
Aveva allucinazioni di animali che strisciavano sotto la sua pelle, quando assumeva eroina. Li sentiva ogni volta che si iniettava la droga ed per farli andare via raschiava con l’ago della siringa fino a sanguinare.
Spesso uno dei ragazzi o qualcuno che la conosceva cercava di fermarla, di impedire che il suo corpo fosse deturpato da tali segni. Una volta sanguinò così tanto che credevano di dover raggiungere un ospedale.
Era come se non se ne rendesse conto, quanto velocemente si stava distruggendo, era più grave e degradante di quanto credesse.
Era come se il suo scopo nella vita non fosse più vivere, ma continuare con le dipendenze, con la falsa speranza che l’avrebbero aiutata a fuggire dai problemi.
In realtà stavano solo peggiorando le cose.
Si ripeteva che avrebbe smesso, ma non era ancora mai successo veramente.
Ci aveva provato per tre giorni di fila a non assumere alcun tipo di droga, ma aveva iniziato a sentire voci nella sua testa, aveva dei tremiti e pensava che tutti la guardassero, non riusciva a camminare, non riusciva a stare in piedi.
Ma Lisa era convinta di avere il controllo sulla sua vita, una vita che girava intorno alle sniffate di cocaina dalle bustine prima di un concerto, alla marijuana che l’aiutava a dormire, all’eroina che sembrava riuscisse a tenerla in vita.
Non si sarebbe fermata dinanzi alla sua dose, la sua tossicodipendenza stava vincendo, e ogni volta che provava ad allontanarsene, il suo corpo ne richiedeva di più, sempre di più.


Erano sdraiati sull’ennesimo letto sconosciuto, le lenzuola ancora intatte e tutte le luci della stanza accese, anche quelle del bagno, alle tre di notte.
Era diventata ormai una routine, si incontravano nella loro camera per trascorrere quelle poche ore della giornata in tranquillità.
Mentre Slash era concentrato sul cucchiaio che reggeva saldamente e sulla fiamma che lo riscaldava, lasciando che la polvere bianca si sciogliesse, Lisa reggeva tra le mani la sua scatola di metallo e lasciava dei piccoli baci lungo il suo collo accaldato, la testa poggiata sul suo petto mentre le loro gambe si intrecciavano. Aspettava che la cocaina si disciogliesse del tutto per inserirla in una delle siringhe introvenose ed iniettarla nel braccio di Slash, già dotato di un laccio emostatico.
Era ansiosa, sapeva che la cocaina ti rendeva simile a loro, ti sentivi una rock star, invincibile, intoccabile. Felice, anche solo per mezz’ora.
Ne prendevano di più per sentirsi normali, ma con la droga alla fine non ti sentivi normale. Più cercavi di uscirne, più cadevi giù.

“ Dai, piccola, la siringa “ la sua voce era talmente bassa che Lisa pensò di aver immaginato le labbra di Slash che dolcemente si erano mosse per pronunciare quelle poche parole.

Con un movimento veloce, rimosse il cappuccio dall’ago della siringa e tirò su il liquido trasparente che ancora un po’ caldo avrebbe iniettato nelle vene bucate di Slash.
Il giorno prima avevano preso tanta di quella roba che avevano iniziato a parlare da soli, Slash sdraiato sul letto e Lisa seduta di fronte ad uno specchio, spaventati dalla loro stessa ombra, chiudevano le tende per impedire che la luce entrasse.
Nel momento in cui la cocaina disciolta si era lentamente mescolata con il sangue scuro di Slash, Lisa si era affrettata a disciogliere la seconda dose mentre lo osservava sorridere, una mano a tirare i capelli ricci e l’altra che stringeva debolmente le coperte azzurre.
Qualcuno bussò alla porta, Lisa distorse le labbra e non rispose, facendo finta che non ci fosse nessuno al di là del legno perfettamente laccato di bianco.
Non voleva che qualcuno assistesse a tutto quello, era la bolla in cui vivevano e non poteva permettere che scoppiasse.
Anche Slash aveva sentito quel rumore, alle sue orecchie assordante, amplificato dalla droga, e aveva serrato gli occhi infastidito.
Lisa si lasciò andare contro lo schienale del letto quando tutta la dose disciolta era entrata a far parte del suo corpo malandato e udendo di nuovo bussare, lasciò che la porta fosse sorpassata da chiunque avesse voluto la loro compagnia a quell’ora.
Chiuse gli occhi e si rilassò, un sorriso aleggiava sul suo viso candito e magro.
Izzy, che era stato costretto a condividere la camera con loro dato che Lisa non faceva parte delle prenotazioni a nome della band, lentamente aprì la porta spaventato da quello che i suoi occhi avrebbero potuto vedere.
Ma non si meravigliò più di tanto quando, facendo il suo ingresso silenzioso e senza spiegare la sua presenza in quella stanza, si avvicinò al letto vuoto e si sedette, sospirando pesantemente e non riuscendo a distogliere lo sguardo da Lisa.
Le si avvicinò, le labbra chiare da far paura, aveva la testa appoggiata sulla pancia di Slash che sembrava dormire con il capo reclinato in una posizione innaturale. La guardò e si accorse dell’ago della siringa ancora ben piantato nel suo braccio, un rivolo di sangue si era trascinato sino all’esile polso.
Delle macchie violacee costellate di puntini rossi le decoravano il braccio e alcune parti delle gambe, dal top trasparente le si intravedevano i seni , il collo levriero, le spalle larghe.
Le tolse lentamente l’ago dal braccio, mentre la osservava muoversi con un’espressione di dolore in viso, sembrava stesse dormendo distesa su un tappeto di cocci.
Prese la coperta dal letto su cui avrebbe dovuto dormire, e gliela mise addosso, coprendole le gambe nude e bianche.
Poi notò una scatola di metallo arrugginita in alcuni punti, intrappolata sotto la sua schiena.
La prese e al suo interno c’erano un vecchio portafoglio, un’agenda piena di fogli, un cucchiaio, un paio di accendini, lacci emostatici.
L’occorrente, quello di cui aveva bisogno per un’altra dose di eroina.





 

 
Spazio autrice:
ed eccoci! Finalmente sono riuscita a continuare!
Scusate l'immenso ritardo, ma passo la maggior parte delle giornate studianto e ho poco tempo per collegarmi ad Efp ed aggiornare!
Beh, capitolo di passaggio, non si accenna a nulla di eclatante in questa parte della storia, si ricorda soltanto la condizione in cui Lisa si trova in compagnia della band e si fa riferimento alla registrazione del video ufficiale di Paradise city.
E' dal prossimo capitolo in poi che le cose inizieranno a cambiare, quindi vi chiedo solo un altro po' di pasienza :')
Capitolo che ha comunque un finale triste, si chiude con la scena di Izzy che è pronto per l'ennesima dose di eroina.
Il rapporto tra Slash e Lisa non è ancora del tutto definito, ma ahimè, vi ho detto di aspettare e continuare a leggere.
La foto che ho postato alla fine è diciamo quella che mi ha ispirato per quanto riguarda Slash, anche se nella descrizione non indossa gli occhiali da sole.
Spero di non avervi deluso, ringrazio le persone che continuano a seguire e a recensire la storia, non sapete quanto io sia felice!
Al prossimo capitolo.xx

 

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Capitolo 23
*** Patience. ***


Il caldo torrido della California aveva accolto i Guns in pieno agosto, l’odore forte del mare e il rumore delle onde che si stagliavano fiere contro gli scogli  facevano da sfondo alla voce di Axl che all’interno del tour-bus cantava accompagnato dal resto della band, che dotato di chitarre acustiche e classiche intonava le prime note di una nuova canzone.

Shed a tear  ‘cause I’m missing you, I’m still alright to smile, girl I think about you everyday now..” Lisa era seduta al fianco di Slash, tra le sue mani una Guild mentre le sue labbra reggevano una sigaretta.

Ogni tanto le chiedeva di scostarla, le sue dita si soffermavano sulla sua bocca, rubava qualche tiro mentre gli occhi di Slash erano fissi sulle corde della chitarra che accompagnava la voce dolce di Axl che a sua volta osservava Izzy al suo fianco.
Concentrato sulla melodia che le sue dita creavano, ogni tanto rivolgeva lo sguardo alla ragazza che sembrava far finta di nulla, ma era consapevole del fatto che alcune delle parole del testo erano frutto del genio di Izzy.

Was a time when I wasn’t sure but you set my mind at ease, there is no doubt you’re in my heart now…” Axl sorrideva, scuotendo la testa, quello che stava avvenendo in quel bus, Lisa sapeva che non avrebbe assistito mai più ad una cosa del genere.

Ed Axl sapeva quello che era successo tra i due.
Izzy era il suo migliore amico, o meglio Jeffrey lo era, e quando gli si era presentato davanti con il volto stravolto, segnato dalla stanchezza e dall’alcol, i quali lineamenti però erano marcati da un amaro sorriso, non aveva potuto far a meno di chiedere e Izzy di parlare.
E quando l’aveva vista, la mattina al fianco di Slash che dormiva ancora, gli era sembrato così bello rivedere il suo volto.
Si chiedeva quanto tempo fosse passato, quanto lei era stata lì, a qualche metro distante da lui, ma poi si ricordò che era trascorsa soltanto una notte.
Al risveglio di Lisa, che lentamente aveva riaperto le palpebre, ghiacciata dalla paura, Izzy la osservò, gli sembrava diversa ma era ancora la persona che amava. Era senza parole, credeva che tanta bellezza gli avrebbe fatto male, più della droga.
Era privo d’amore, ma scavando nei ricordi lo avrebbe recuperato dal passato, almeno una minima parte per continuare a sopravvivere.
Avrebbe voluto salvarla, sacrificare se stesso per non guardarla morire senza poter agire, senza che potesse aiutarla perché era lui il primo ad aver bisogno di qualcuno che lo allontanasse da quel mondo che li stava travolgendo.
Ogni tanto ricordava i bei momenti passati insieme a lei e si malediceva quando la sua mente tornava indietro a quella maledette sera, Lisa scappò via da lui, via dal mondo che la circondava, per rinchiudersi in una stanza a lei sconosciuta tra le braccia di Slash, o meglio in balia dell’eroina. 
Non poteva salvarla se non glielo lasciava fare.

… I sit here on the stairs ‘cause I’d rather be alone. If I can’t have you right now, I’ll wait dear…” quelle parole che era riuscito ad intrecciare al resto del testo, Izzy era fiero di ciò che era nato da quella collaborazione.

I suoi occhi chiari fissavano Lisa che quella volta ricambiò lo sguardo, senza voltarsi e guardare altrove.
Un brivido percorse la sua schiena, forse era un vento amaro, o forse era la brezza del mare.
Quando Lisa rivolse per un breve momento gli occhi al suo fianco, sentendo il braccio caldo di Slash sfiorare il suo, Izzy pregò silenziosamente affinchè non gli lasciasse pensare a lui, al modo in cui toccava la sua pelle fragile. Quell’immagine lo perseguitava ogni giorno, chiedendosi se quella tortura sarebbe mai finita, senza che però Lisa svanisse.
Aveva bisogno di sentirla, di toccare la sua pelle, di parlare con lei, di cantare per lei e magari anche di ballare con lei.
Sognava, cosa che forse neanche Slash pensava quando aveva la fortuna di dormire al suo fianco.
Sarebbero sempre stati troppo fatti per accorgersi di quello che stava succedendo.




Ma all’improvviso Duff sorprese tutti, smettendo di suonare e lasciando andare la chitarra sulla moquette che ricopriva il pavimento dell’autobus, alzandosi e portando le mani a coprire il viso.

“ McKagan?” domandò Steven, che si era riscosso e aveva alzato la testa dal cumulo di maglie che facevano da cuscino.

“ Mi manca Mandy “ si limitò a borbottare, le mani ancora sul viso, le spalle ricurve, sembrava come se da un momento all’altro si gettasse sul pavimento a piangere.

“ Non verrà al prossimo concerto?” chiese Slash, le dita ferme sulle corde della chitarra, ma pronte a ricominciare da un momento all’altro.

“ Secondo te perché mi sento una merda? No che non ci sarà!” urlò ancora, le mani rivolte questa volta al soffitto e lo sguardo infuriato.

“ Sei una checca, Duff “ Axl scosse la testa, i capelli lisci ricaddero dinanzi ai suoi occhi, ma prontamente li scostò, mostrando il suo viso fin troppo angelico.

“ Sta zitto, Axl! Io a differenza tua sono fedele a mia moglie! E tu, Slash! Inutile che te la ridi sotto i baffi! Lisa è sempre con te, nonostante la sua vita non sia cambiata per niente! Sappiamo tutti la sua storia! Anzi, è diventata anche un’eroinomane di prima categoria!” a quelle parole sia Axl che Slash scattarono in piedi.

Il primo restò al suo posto, le mani chiuse in due pugni e le labbra serrate, lentamente Lisa osservò la sua mascella contrarsi, un ghigno a descrivergli il volto. Slash invece era stato trattenuto dalla ragazza, non aveva fatto caso alle parole di Duff, che gli afferrò un braccio con entrambe le mani, ma ciò non gli aveva impedito di alzarsi.

“ Hai soltanto bisogno di scopare, chiudi quella cazzo di bocca “ sbottò Axl, puntando un dito nella direzione di Duff nel momento in cui pronunciò le ultime parole.

“ Sta zitto! Mandy non è qui, non peggiorare le cose!” rispose a quel punto Duff, che si avvicinò ancora di più alla figura del cantante impassibile.

“ Dai Duff, siamo in California! Il prossimo concerto non è molto lontano da Los Angeles! “ intervenne Steven che, portando una mano ai capelli per renderli più gonfi, parlò tranquillamente.

“ Si, magari la chiami “ si azzardò a dire Slash, tornando a sedersi al fianco di Lisa della quale mente aveva iniziato a viaggiare.

Erano in California, il prossimo concerto si sarebbe tenuto in Costa Mesa, nell’Orange.
Nel Pacific Amphitheatre i Guns N’Roses avrebbero suonato per l’ultimo concerto di apertura degli Aerosmith.  
Le dispiaceva allontanarsi da Steven, Joe, Tommy , Joey e Brad, amava la loro musica e le loro personalità.
Non avrebbe mai dimenticato la sera in cui per uno stupido gioco Steven le rubò un bacio, o come Tom le avesse fatto la corte nonostante sapesse quanto Slash ci tenesse a lei.
Ma lui si fidava, sapeva che Lisa non sarebbe andata con nessun altro e che Joe, con il quale si era più volte confidato parlando di quella specie di relazione, controllava che nessuno dei componenti della sua band esagerasse più di tanto.
Non era loro che Slash temeva. Ciò che lo avrebbe ferito di più sarebbe stato scoprire che uno dei suoi migliori amici gli portasse via l’unica persona alla quale si aggrappava quando neanche la musica riusciva a portarlo via dal caos che stava diventando la sua vita.
 
 
 
 






“ Potrei chiamare Meredith “ proruppe mentre era sdraiata al suo fianco in una posizione scomoda, ma dalla quale riusciva ad osservare gli occhi scuri si Slash.

“ L’hai sentita qualche giorno fa, no? Prima che partissimo da St. Louis “ domandò, accarezzandole lentamente i capelli.

“ Le dissi che avrebbe potuto assistere ad uno dei vostri concerti quando tornavamo a Los Angeles...? “ si morse il labbro inferiore, come se gli stesse chiedendo la luna.

“ Ma certo che può, piccola! Magari le presentiamo Duff e lui finirà di fare l’isterico “ sbottò, portando il dorso della mano sui suoi occhi stanchi.

“ Finirà per innamorarsi di lei “ disse ironicamente Lisa, le sue dita accarezzavano distrattamente il petto nudo di Slash.

“ Io Mandy non la sopporto “ ammise, le sue labbra erano una tentazione, quel loro incurvarsi e schiudersi leggermente per permettere a quelle poche parole di fuoriuscire.

“ Ma perché?” Lisa si lasciò andare da una breve risata, lasciando che un piccolo sorriso descrivesse il suo viso asciutto.

“ Non lo so, è sempre troppo strana, troppo allegra “ scosse il capo, stava per dire qualcos’altro ma Lisa lo anticipò.

“ Troppo fatta “disse a bassa voce, sperando che Duff non fosse nelle vicinanze.

“ Duff le dedica canzoni e le manda centinaia di fiori alla settimana “ con un espressione di disgusto si alzò lentamente, la sua schiena ora poggiava sul tessuto morbido del piccolo letto che stavano condividendo, incuranti del caldo e dei loro corpi sudati a contatto.

“ Perché quella faccia?” domandò divertita, i suoi occhi si soffermarono sulla strana piegatura che avevano assunto le sue labbra.

“ Non sono un tipo romantico “ scrollò le spalle, con le braccia intorno al suo corpo esile, Slash scivolò su un fianco trascinandola con sé.

“ Una checca, vorrai dire “ Lisa alzò un sopracciglio, Slash amava quando il suo viso assumeva quell’espressione e fu per quello che le diede un piccolo bacio sulle labbra.

“ Si, ma per te lo farei. Ti riempirei di rose e cioccolatini” ammise, prima di chiudere gli occhi e sprofondare nel sonno, nonostante mancasse poco all’arrivo.

I girasoli, pensò.
I girasoli erano i suoi fiori preferiti, odiava le rose.
Ed era allergica al cioccolato.
 
 










Costa Mesa era davvero bellissima, forse uno dei posti migliori in cui i Guns avrebbero potuto esibirsi.
Non per la popolarità dal luogo, ma per la bellezza del paesaggio che ti mozzava il fiato.
L’hotel in cui alloggiavano affacciava sulla spiaggia, le loro camere erano invase dal rumore del mare e dal profumo della sabbia, per non parlare del colore azzurro del cielo, accecante.
Non appena varcò la porta della stanza, Lisa si fiondò verso il telefono, pronta per chiamare suo fratello e Meredith ed invitarli al prossimo concerto di settembre.
Una volta composto il numero, dopo il secondo squillo, la voce serena di Meredith la accolse, migliorandole la giornata.

“ Meredith, sono io, Lisa “ disse, il sorriso stampato sul viso dalle guance arrossate.

“ Hey! Come stai?” sentiva in sottofondo Hey Joe di Jimi Hendrix, le mancava quasi quella quotidianità che aveva abbandonato.

“ Bene, bene. Senti, i ragazzi suonano in Costa Mesa, al Pacific Amphitheatre domani, o anche dopodomani. Potresti venire? Magari anche Tyler, se vuole! I tuoi genitori sono di qui, giusto?” domandò, la sua voce era piena di speranza.

“ Beh, non credo di farcela per domani, ma riuscirei a venire giovedì “ Lisa immaginò l’amica mentre intrecciava i suoi lunghi capelli bruni e pensava a come organizzarsi.

“ Sicura? Come la metti con il turno al Roxy?” voleva che tutto fosse perfetto, che Meredith la raggiungesse e vedesse quanto fosse felice.

“ E’ il mio giorno libero, e poi potrei chiedere a Jack se posso lavorare la sera il venerdì “ spiegò, anche lei voleva raggiungerla e starle accanto seppur solo per una giornata, poiché sapeva che poi la band sarebbe partita per l’Asia e l’Australia.

“ Fra quanto ti chiamo? “ si sedette sul letto, le gambe le tremavano per la felicità.

“ Verso le tre del pomeriggio, magari. Stacco al Roxy alle due “ spiegò.

Lisa le assicurò che l’avrebbe fatto e riagganciò, ansiosa di conoscere il responso al suo invito.
Le mancavano da morire. Erano la cosa più vicina ad una famiglia che avesse. In tutti quei mesi di distanza aveva sentito spesso Meredith e qualche volta Tyler, era sempre impegnato con il lavoro e chiedeva a Meredith di riferirle qualche messaggio.
L’ultima notizia che ebbe su di lui, e che le rivelò l’amica, era quella che aveva finalmente trovato qualcuno che lo capisse, una donna che lo amava e che forse amava anche lui.
Si chiamava Anne, sperava soltanto che fosse quella giusta per suo fratello.
 
 






Dopo aver lasciato le valigie ai piedi del letto, Slash si guardò velocemente intorno, scorgendo Lisa che nel bagno aveva appena indossato un costume ed era pronta per tuffarsi in acqua.
La parte di sopra, più chiara rispetto agli slip, aderiva al suo seno come una seconda pelle, i capelli lunghi e mossi erano stati raccolti in una coda alta, i tatuaggi messi in risalto. Il suo corpo era piccolo, gracile, ma forte abbastanza da reggere entrambi.
Quando si accorse che Slash era appoggiato allo stipite della porta e la stava osservando, gli sorrise apertamente e si incamminò verso di lui, sorpassandolo per raggiungere la porta della camera e scendere in spiaggia.

“ Io preferisco la piscina “ le disse, raggiungendola con pochi passi e sussurrandole queste parole all’orecchio.

“ Allora divertiti con Steven “ rispose ironicamente, scoppiando in una risata cristallina, musica per le orecchie di Slash, per poi correre inseguita da un riccio che sembrava non potesse far a meno di lei.







 



Spazio autrice:
enorme ritardo, se volete uccidermi, ve lo lascio fare.
Mi dispiace tantissimo, ma ho davvero pochissimo tempo, maggio è sempre un mese stressante, impegni tutti i giorni e poco tempo libero.
Credo che le mie scuse siano inutili, quindi mi limito soltanto a scrivere qualcosa su questo breve ma importante capitolo.
Prima di tutto, COSTA MESA.
Io la adoro, e poi il concerto dei Guns è stato stupendo. Axl e Steven che insieme cantano Mama Kin, Guns N' Roses e Aerosmith... Quanto avrei voluto esserci!
Ma ahimè, sono costretta a vivere in questa generazione e in un paese che non sento mio.
Fa niente, meglio non soffermarci sulle opinioni personali altrimenti non la finiamo più.
Importante in questo capitolo non è soltanto la telefonata tra Lisa e Meredith, ma anche la parte precedente..
Non voglio svelarvi niente, quindi basta, la smetto con questo spazio autrice imbarazzante.
Ringrazio sempre coloro che stanno continuando a seguire la storia e mi scuso per eventuali errori, non ho avuto il tempo materiale per rileggerlo per bene!
xx

 

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Capitolo 24
*** Surprise? ***


Il sole bruciava sulla sua pelle candita, sembrava brillare, tanti microscopici cristalli luccicavano confondendosi con i piccoli puntini rossi che sembravano morsi di zanzare o morbillo, tutti a decorarle le braccia esili.
Pensava, le labbra accennavano ad un lieve sorriso e i capelli ricadevano disordinati sulla sabbia calda, alcune ciocche erano ancora bagnate, sentiva alcune gocce percorrerle ancora la fronte, non avrebbe saputo dire se fosse stato sudore o i resti dell’oceano sul suo corpo.
Il costume che aveva indossato le metteva in risalto le forme, si godeva quei momenti di pace lontano dal caos delle città e dai concerti.
Le venne in mente quando lei e Slash avevano trascorso insieme i primi giorni di vacanza tra un viaggio e l’altro, quando avevano bisogno soltanto di un gelato ed un film, una bottiglia di vodka o Jack Daniel’s e i soliti amici, una festa intima e un paio di canne, poi il buio, una torcia per guardargli gli occhi e per baciargli le labbra e abbraccialo sino al mattino dopo.
Voltò lentamente il capo, portando una mano poco sopra i suoi occhi per coprirli dai raggi del sole e osservò con piacere che anche il resto della band era lì.
Axl era disteso supino, proprio come lei, i capelli legati con la bandana che stamattina gli liberava la vista dal ciuffo rosso ribelle, i boxer erano l’unico indumento che lo coprivano dal sole, il petto completamente sudato e quel sorriso malizioso, sembrava che quell’espressione gliel’avessero impressa sul viso.
Duff e Slash stavano parlando di riff e nuove melodie, il primo al riparo sotto un ombrellone rosso, se avesse potuto avrebbe evitato il caldo torrido e asfissiante. Slash invece, dotato di un paio di Carrera scure, sembrava non accusare il calore che lo faceva sudare ed ogni tanto si voltava nella sua direzione, lo aveva visto qualche volta, sentiva i suoi occhi su di lei anche se c’erano un paio di vetri scuri a nasconderli.
Izzy e Steven invece erano in riva al mare, riusciva a scorgerne soltanto le figure. Il primo era seduto e le dava le spalle, la pelle chiara quasi quanto la sua, era stato l’unico a non tuffarsi in acqua, forse ne era spaventato. Steven invece non stava fermo un attimo, continuava a parlare anche se Lisa sapeva che Izzy non lo stava realmente ascoltando.
Anche lui pensava e forse i suoi pensieri erano gli stessi che tormentavano Lisa.
Due come loro, che si amavano e lo negavano, che si volevano e lo nascondevano.
Una come Lisa, una confusionaria assurda, una che non nascondeva niente ma che quando era innamorata lo sopprimeva.
Uno come Izzy, abituato a vincere facile, che prendeva le decisioni anche per gli altri, che non sapeva capire i sentimenti, che arrossendo dava la colpa alla birra. Due come loro, uno innamorato e l’altra che non lo sa.
Due come loro, una che da sola non sa stare e l’altro che con se stesso passa gran parte del tempo.
Due come loro, che non litigavano mai e se lo facevano si riappacificavano il minuto dopo perché in colpa, che dividevano lo stesso letto perché troppo stanchi per raggiungere la propria stanza, stringendosi ma mai troppo forte.
Due come loro non sarebbero stati mai niente ma non sarebbero riusciti neanche mai ad essere qualcosa.
Due come loro che si evitavano ma si cercavano con gli sguardi e le parole sussurrate.
Izzy l’amava, dio se l’amava! Avrebbe fatto di tutto per lei.
Ma anche se Lisa lo sapeva, fingeva di non accorgersene, ma lui l’amava e lo faceva segretamente, senza dir nulla.
Eppure, pur non ricevendo nulla in cambio, Izzy avrebbe continuato ad amarla, anche se da lontano.
 
 








Si ricordò di dover chiamare Meredith e lentamente si alzò, sentiva la sabbia su ogni centimetro della sua schiena che già le bruciava, nonostante Slash le avesse spalmato la crema protettiva.
L’estate sarebbe a breve terminata, dinanzi a lei un inverno freddo da trascorrere con una sigaretta tra le labbra e una tazza di caffè tra le gelide mani.
Per questo si lasciava riscaldare dal sole.
Scosse leggermente le spalle per liberarsi dalla fastidiosa sensazione dei granelli alla base del suo collo e si affrettò a raggiungere Duff al riparo dai raggi solari, per dare un po’ di sollievo ai suoi piedi scalzi che non ne potevano più della sabbia bollente.
Slash la guardava, e più la guardava più se ne innamorava, come se quel sentimento che non riusciva ad esprimere gli scorresse nelle vene e gli aprisse la mente e il cuore.

“ Vado in camera a chiamare Meredith “ disse, voltando il viso nella sua direzione per scovarvi gli occhi scuri di Slash che la stavano osservando dal preciso momento in cui l’aveva seguita sulla spiaggia.

Si erano rincorsi sulla riva tra la schiuma bianca del mare e ne avevano approfittato per un bagno rilassante, il corpo di una attorcigliato a quello dell’altro, si erano lasciati cullare dalle onde che li avevano riportati lentamente a riva, dove Steven li attendeva per una gara di castelli di sabbia, alla quale Lisa non aveva voluto partecipare, preferendo andare a riposarsi distesa sulla sabbia.

“ Va bene “ le aveva semplicemente risposto Slash, perdendo lo sguardo tra i suoi lunghi capelli scuri che le arrivavano a coprire il fondoschiena , alcune ciocche si erano arricciate e gli avevano riportato alla mente la ragazza dalla selvaggia chioma bionda all’uscita del Rainbow.

Era più forte di lui, non riusciva a non pensare al giorno in cui l’aveva vista per la prima volta, a quanto era bella seppur oscena.
Prima di lasciare il suo posto all’ombra, Lisa portò una mano tra i capelli arruffati di Duff, che la rimproverò scherzosamente, per poi guardarsi intorno e notare che Steven si stava avvicinando ad Axl, poiché di Izzy non ce n’era più traccia.
Forse aveva deciso di camminare un po’ da solo in riva al mare come successe a Boston, dove nessuno riusciva a trovarlo.
Non ci pensò molto, si apprestò a raggiungere il piccolo ingresso decorato con fiori dai colori sgargianti in modo da sfuggire ai raggi solari.
Si sentì quasi sollevata nel notare che la hall era un piccolo e fresco ambiente, quell’hotel andava sicuramente inserito tra i suoi preferiti.
Quello che Lisa pensò essere il portantino la salutò cordialmente, non si accorse della languida occhiata che le rivolse, era troppo ansiosa di sapere se Meredith l’avrebbe raggiunta.
Evitò l’ascensore, sarebbe stata più veloce a raggiungere il primo piano salendo due gradini alla volta, anche se la moquette rendeva il tutto sempre più difficile. Non appena s’immise nel piccolo corridoio, si guardò intorno, cercando di ricordare il numero esatto della sua camera e di non invadere la privacy di qualche altro cliente, anche se erano quasi tutte occupate dalla band e dal gruppo di persone che lavoravano per loro.
Finalmente ricordò che la sua camera era proprio l’ultima a destra, il numero diciassette era stato intagliato nel legno a caratteri cubitali e colorato con dell’oro, impossibile non vederlo.
Sentì degli strani rumori provenire dall’interno della stanza, corrugò le sopracciglia e cercò di ascoltare meglio, forse qualcuno stava rovistando tra le loro cose e magari avrebbero portato via un po’ di roba o soldi.
Non ci pensò due volte, si lasciò alle spalle quel briciolo di paura che si era impossessata di lei inizialmente e con uno scatto improvviso e veloce spalancò la porta.
Restò immobile scorgendo la figura di Izzy sistemare la sua valigia sopra il secondo letto della camera, come sempre qualcuno avrebbe dovuto condividerla e toccava sempre ad Izzy, dato che Axl preferiva dormire da solo e Steven e Duff erano diventati inseparabili nell’ultimo periodo.

“ Hey, mi hai spaventata “ disse, la voce flebile accompagnò i suoi passi sordi sulla moquette.

“ Mi dispiace, non volevo “ le dava le spalle, nascondendo il nervosismo e tutto quel miscuglio di emozioni che si erano impossessati di lui dal momento in cui aveva sentito la sua voce.

“ Condividi di nuovo la camera con noi?” le labbra di Lisa accennarono ad un sorriso che però Izzy non ebbe la fortuna di vedere.

“ Già, Axl rompe il cazzo dicendo di volere una camera singola “ sbottò, restando però impassibile all’udire i suoi passi avvicinarsi.

“ Situazione imbarazzante “ si azzardò allora a dire la ragazza, mordendosi poi il labbro inferiore.

“ Direi di si “  rovistava disordinatamente tra i vestiti che si era portato dietro, in cerca di cosa? Non lo ricordava neanche lui.

“ Credo che la cosa migliore per entrambi sia dimenticare “ disse a quel punto Lisa, con chissà quale coraggio.

Izzy si voltò lentamente, una bandana scura si confondeva con i suoi capelli, una maglietta bordeaux troppo lunga e larga per lui e un paio di pantaloncini chiari entrarono subito nella visuale di Lisa, la quale non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua espressione sorpresa e ferita.

“ Non puoi chiedermi di dimenticarti, Lisa. Davvero, non puoi. Sarebbe la domanda più crudele che potresti farmi “ scosse leggermente il capo, i suoi occhi chiari le perforavano la pelle sino a giungere all’anima.

“ Ma.. “ avrebbe voluto parlare ma la verità era che non sapeva cosa dire.

“Perché ci ho provato, giuro. Fidati, ci ho provato tante di quelle volte da non riuscire piú a tenere il conto. Faccio finta di niente, vado a letto con decine di ragazze, mi faccio fino a star male! Ma la sera.. La sera scoppia il dramma, mi vieni in mente tu e non riesco a dormire . Rido, ma non perché ci sia qualcosa che mi diverta davvero. Non mi viene da piangere. Non sento nessun vuoto” con una mano si toccò il petto circa all’altezza del cuore mentre l’altra fendeva l’aria nervosa.

“ Ma autoconvincersi non serve a niente “ restò fermo, quasi come se gli occhi di Lisa lo stessero paralizzando.


“ Izzy.. “ si avvicinò di mezzo passo, indecisa su cosa fare o cosa dire.

“ Non serve a niente perché io ti amo, Lisa, e in un certo senso me ne vergogno. Dannazione, mi sono innamorato della donna di uno dei miei migliori amici! Slash è come un fratello per me, non potrei mai ferirlo a tal punto “ con il capo chino, raggiunse il bordo di quello che sarebbe stato il suo letto in quei due giorni  e si sedette nascondendo il viso con le grandi e ruvide mani.

Le venne spontaneo raggiungerlo velocemente e stringerlo in un abbraccio, uno di quelli che non si scambiavano da troppo tempo, uno di quelli che sapeva l’avrebbe legato a lui per sempre anche se inconsciamente.
Mentre le sue mani accarezzavano la sua schiena, le dita potevano rincorrere la spina dorsale, cercando di infondergli quel coraggio che mancava anche a lei, sussurrò al suo orecchio che avrebbe dovuto fare una telefonata.
Una scusa banale per non vedere Izzy in quello stato e per evitare che le lacrime scendessero a bagnare anche il suo viso.

“ Ti lascio sola “ disse, alzandosi per raggiungere la porta ed uscire da quella stanza il più in fretta possibile.

“ Izzy?” lo fermò prima ancora che lui avesse fatto più di due passi, non aspettando che si voltasse per parlargli.

“ Non sparire “ gli intimò soltanto, e vide le spalle rilassarsi lentamente mentre le sue braccia cadevano lungo i fianchi.

Lo osservò andare via, come se quello fosse stato il loro addio, nascosto al mondo, all’interno di quattro mura.










Si sentiva intorpidita, il sole l’aveva forse stordita e la testa iniziava a farle male, pensò ad accendersi una sigaretta subito dopo l’attesa telefonata.
Ricompose velocemente il numero di Meredith, ansiosa di sentire ancora la sua dolce voce.
Aspettò, uno squillo, due squilli, tre squilli ma Meredith sembrava non essere in casa. Strano, pensò, erano le tre e mezza del pomeriggio, aveva anche tardato a chiamarla.
Si arrese dopo diversi tentativi, non ricevendo alcuna risposta.
Ma subito la voce di Duff che proveniva dall’altra stanza e che chiamava il suo nome la distolse dai suoi pensieri.
Prima di lasciare definitivamente la sua camera, prese una delle sue Lucky Strike, la portò alle labbra e aspirò profondamente dopo averla accesa.
Si guardò intorno e abituata al disordine si incamminò lentamente nella stanza affianco.
Duff era appoggiato alla parete opposta alla porta di legno laccato, le braccia incrociate sul petto nudo e sudato e gli occhi fissi e divertiti, un sorriso malizioso a descrivergli il volto fine. Con la testa gli indicò l’entrata della sua camera e una volta varcata la soglia tutto quello che Lisa avrebbe voluto fare era urlare. Meredith, più bella che mai, la stava aspettando a braccia aperte, un sorriso a trentadue denti e tanta voglia di parlare.
Lisa osservò attentamente quella che considerava una sorella, le era mancata così tanto e quello era il più bel regalo che avesse mai potuto farle.
Si voltò verso Duff, cercando di capire se tutto quello era reale e quando vide l'amico sorriderle ed avvicinarsi annuendo lentamente, non potè far altro che incurcare le labbra mentre sentiva i suoi occhi diventare lucidi.
Si voltò diverse volte ma di suo fratello Tyler neanche l'ombra. Forse era troppo impegnato tra Anne e il suo lavoro. 
Ma poi, tornando a rivolgere lo sguardo su Meredith, Lisa scorse i suoi occhi luminosi scurirsi subito dopo, rattristandosi dinanzi alla sua vista.
Le braccia si abbassarono lentamente, il sorriso scomparve e lo sguardo di Meredith era fisso sul corpo della migliore amica, sulle gambe e sulle braccia fin troppo esili, sulle occhiaie e soprattutto su quelle decine di puntini rossi che le segnavano le braccia all’altezza dei gomiti.
Le labbra strette in una linea, i capelli che le ricadevano dinanzi al viso, Duff che era alle spalle di Lisa si accorse del cambiamento di Meredith e potè leggere il disgusto e la paura all’interno dei suoi occhi azzurri, che gli ricordavano quelli di Mandy.
Lisa restò in silenzio, la sigaretta a mezz’aria tra le due dita fu violentemente presa dall’amica la quale le diede le spalle, raggiungendo il piccolo divano che adornava la semplice stanza illuminata dalla sola luce del sole.
Non la guardò neanche una seconda volta, si stese per quanto la sua statura le permise di farlo, lo sguardo perso nel vuoto e la sigaretta portata nervosamente alle labbra, Lisa aveva capito così come Duff.
Lentamente il bassista indietreggiò, uscendo dalla camera e così fece Lisa che, non appena la porta fu chiusa alle sua spalle, si lasciò andare prorompendo in un lungo pianto.








 

 
Spazio autrice:
ed eccoci, finalmente! Ventiquattresimo capitolo, e chi l'avrebbe mai detto!!
Mi scuso ulteriolmente per questo enorme ritardo, ma credo che non accadrà più dato che stanno iniziando le vacanze estive e avrò molto più tempo per rivedere e pubblicare i capitoli.
Per la fine ne mancano pochi poi, esattamente due. Inizialmente erano venticinque ma poi ho separato una parte da questo capitolo che era molto più lungo di così.
Beh, che ve ne pare? Izzy ancora una volta rivela i suoi sentimenti a Lisa, la quale non riesce ancora a credere alla sue parole nè a quello che sente e che omette nei confronti di Stradlin. D'altronde, è sopraffatta dall'amore che prova per Slash.
Meredith, dalla quale stava attendendo con ansia sue notizie, piomba invece al loro albergo in Costa Mesa, magari con l'aiuto di qualcuno? 
Chi lo sa, questa sarà svelato nel prossimo capitolo, ma non soffermatevi molto su questo dettaglio, non è fondamentale per il proseguimento della storia.
Da Los Angeles arriva in Costa Mesa, il viaggio in auto ( ho controllato aahah ) dura soltanto un'ora e partendo dal presupposto che Lisa ha chiamato Meredith la mattina stessa dell'arrivo dei Guns nell'Orange, la cosa non è affatto impossibile, ecco. Poi Meredith ci spiegherà tutto nel prossimo capitolo ;)
Ringrazio coloro che stanno continuando a seguire la storia, ve ne sono immensamente grata!
Al prossimo capitolo.xx

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Capitolo 25
*** You have the power. ***


Meredith era così, Lisa lo sapeva. Quando c’era qualcosa che la turbava si chiudeva in se stessa ed iniziava a fumare come una turca, accendendo e spegnendo le Lucky Strike che tante volte avevano condiviso sdraiate sul divano del suo piccolo ma accogliente appartamento.
Le mancava Los Angeles, ora che era ritornata in California non vedeva l’ora di assistere al prossimo concerto nella città degli angeli per tornare qualche giorno a casa e magari conoscere la fidanzata di suo fratello Tyler.
Quanto gli mancava anche lui. Erano rimasti soltanto in due, loro contro il mondo.
Una morsa allo stomaco quando si rese conto che se le cose fossero andate davvero bene tra Tyler e la sconosciuta Anne, una terza persona sarebbe entrata a far parte della piccola bolla in cui lei e suo fratello continuavano a vivere. Una bolla trasparente che sarebbe stata pronta a scoppiare da un momento all’altro al minimo urto.
Meredith era colei che riusciva a farla uscire da quell’ambiente stretto e scomodo senza che il resto svanisse.
Era ancora sdraiata sul piccolo divano della camera di Duff, le sue gambe erano troppo lunghe, i piedi penzolavano strusciando ripetutamente contro la stoffa mentre la cenere della quarta o quinta sigaretta nel giro di un’ora cadeva indisturbata e lenta sulla moquette, i suoi occhi ogni tanto controllavano che non fosse lei la causa di un prossimo incendio.
L’immagine di Lisa e di tutte quelle valvole che le ricoprivano il braccio, segni di aghi che hanno ripetutamente perforato la sua pelle perfetta ed ora marchiata, non riusciva a svanire dalla sua mente fin troppo lucida.
Sapeva quello a cui Lisa stava andando incontro, aveva sentito di Emily, la cameriera del Roxy con cui Lisa era partita per New York, morta per overdose, e ricordava ancora il giorno in cui la polizia di Los Angeles aveva ritrovato il corpo di sua cugina, quasi come una sorella per lei, privo di vita su un marciapiede lurido di Compton. Brividi percorsero la sua schiena quando le tornarono in mente le figure dei suoi genitori disperati, che adesso la aspettavano ansiosi e felici per una visita, nel momento della notizia, mentre le lacrime bagnavano i loro volti non ancora segnati del tutto dalla vecchiaia e il cuore reggeva un peso troppo grande per non gridare al mondo il dolore straziante di quel momento.
I suoi occhi avevano vagato per la stanza di Duff in cerca di chissà cosa, frenando il suo istinto dal frugare tra le sue cose.
Era stato gentile a chiamarla, non riusciva a capire come fosse riuscito ad avere il suo numero, ma quando aveva sentito che aveva intenzione di fare una sorpresa a Lisa non si era tirata indietro. Le aveva dato l’indirizzo dell’albergo in cui alloggiavano, le aveva detto che se avesse avuto qualche problema nel raggiungerli ci avrebbe pensato lui, voleva addirittura pagarle il biglietto del treno.
Ma perché tutto quello?
Infondo ricordava che Duff e Lisa non erano poi così grandi amici.
Alzò lentamente il capo, i suoi lunghi capelli bruni le caddero dinanzi al viso come una cascata, e sbuffando si ricompose, assumendo una giusta posizione, cercando di sedersi senza incenerire il divano sul quale aveva passato circa un’ora e mezza a pensare e ripensare su cosa fare e dire, come comportarsi nei confronti di Lisa.
Le venne in mente il caldo e dolce sorriso che Duff le rivolse non appena la vide arrivare, aveva sentito le sue guance arrossire e i muscoli del suo viso contrarsi per incurvare le labbra e accogliere il bassista come meglio poteva. Ritornò a sorridere quando si ricordò di tutti quei particolari.
Terminò di fumare anche l’ultima sigaretta e si alzò velocemente con l’intenzione di andare alla ricerca di Duff Mckagan.
Con i piedi scalzi, fregandosi di quello che avrebbero potuto dire vedendola e sentendo la puzza di fumo che le si era attaccata addosso e che non l’avrebbe lasciata andare fino alla prossima doccia, si ritrovò dinanzi alla porta che spalancò mentre il numero 18 le saltò dinanzi agli occhi.
Si fermò per qualche secondo, chiedendosi perché in quel momento avesse bisogno di vedere Duff Mckagan, il bassista che aveva incontrato mesi fa al Roxy, dopo la conversazione avuta con uno Slash curioso e assetato di notizie riguardanti la vita di Lisa, e con il quale si era trattunta reputando il discorso interessante, ma alla fine la serata si era conclusa con lui che lasciava il locale in compagnia di una ragazza che lavorava al ristorante giapponese dietro l’angolo e della quale non ricordava neanche il nome.
Ricordava perfettamente quando Duff la guardava e la ascoltava parlare e il suo sorriso non scompariva mai, l’aveva fatta sentire bene, desiderata, quasi amata.
Non succedeva spesso che un ragazzo riuscisse davvero a capirla o sprecasse del tempo a sentire quello che aveva da dire.







Si sbalordì quando si rese conto che Duff le piaceva, molto probabilmente dalla prima volta che l’aveva visto, ma si stupì ancora di più quando se lo ritrovò di fronte, pronto per entrare in camera sua ma insicuro su quello che avrebbe potuto trovarci.
Le parole sembrarono morirle in gola, Meredith lo guardava e non riusciva a trovare neanche un difetto in lui.
Forse una cosa, forse fu proprio quella a bloccare i dolci pensieri che fluttuavano nella sua mente: la fede dorata che circondava il suo anulare.
Lisa le aveva detto che si era sposato e le aveva raccontato anche quanto fosse stata stupenda la cerimonia.
Pian piano un senso di tristezza e un pizzico di gelosia iniziarono a percuoterle il corpo, ma il tutto sembrò fermarsi all’udire la voce di Duff.

“ Hey, come stai? Mi stavo chiedendo se avessi avuto bisogno di qualcosa “ la mano del bassista raggiunse la sua testa bionda per poi scendere a grattare il collo, Meredith sentiva il disagio e forse anche la timidezza di Duff in quel momento.

“ Ti chiedo di perdonarmi, non avrei dovuto rinchiudermi nella tua camera per circa due ore… Magari hai bisogno di riposarti e io ti ho negato un letto comodo, mi dispiace così tanto, non so cosa mi sia preso “ era nervosa anche lei, quelle parole fuoriuscirono dalle sue labbra velocemente e Duff a stento riuscì a starle dietro.

“ Tranquilla, Mer. Sono supercarico e nonostante siano soltanto le due, sono pronto per il concerto di stasera!” Duff le rivolse un occhiolino e le sorrise ma poi notò la strana espressione che assunse il suo viso.

“ Non chiamarmi così, non lo sopporto “ borbottò, le labbra imbronciate e quegli occhi grandi e azzurri, improvvisamente nella mente di Duff si materializzò l’idea di loro due insieme.

Sbattè velocemente le palpebre abbassando poi lo sguardo, vergognandosi per i pensieri inopportuni che stava facendo sulla migliore amica di Lisa, che lui aveva chiamato con uno scopo ben preciso.
Duff odiava le droghe, l’unica che assumeva, soltanto quando ne sentiva il bisogno, era la cocaina.
Sniffare lo faceva star male ma l’aiutava anche a dimenticare quello che non avrebbe voluto ricordare o a sballarsi per qualche ora. Preferiva l’alcol, una bella bottiglia di birra o di whisky, forse più di una.
Lisa ci aveva preso la mano con le droghe, lei e Slash non facevano altro che andare alla ricerca di posti sicuri in cui farsi una pera.
Temeva per la salute della ragazza ma ancor più per quella del suo migliore amico: sperava che Lisa lo avesse in qualche modo aiutato ad uscire da quell’orribile mondo, ma entrambi ci erano cascati e adesso nessuno dei due sapeva come venirne fuori.
Duff sperava che Meredith riportasse Lisa sulla dritta via, anche se da quel che ricordava sembrava non esserci mai stata.

“ Non mi avevi detto che Lisa stava.. Stava così male. E’ dimagrita tantissimo, il colore della sua pelle è ancora più pallido di quanto ricordassi, per non parlare del suo volto..”  ammise la ragazza, abbassando il capo, fregandosi delle ciocche di capelli che le impedivano la vista.

“ Mi dispiace, non mi sarei mai immaginato una reazione del genere da parte tua “ Meredith si fece da parte e lasciò entrare finalmente Duff nella sua camera.

“ Io so cosa fare “ non appena la porta si chiuse alle sue spalle, Duff potè finalmente rilassarsi, sedendosi sul letto, guardandosi intorno per capire se qualcosa fosse cambiato, ma aveva notato soltanto un po’ di cenere sulla moquette.

“ Voglio solo che entrambi stiano bene “  si lasciò andare, emettendo un pesante sospiro e sdraiandosi sul grande letto e rivolgendo gli occhi chiari al soffitto.

“ Staranno bene “ sentì Meredith avvicinarsi, i suoi piedi nudi strusciavano sulla soffice moquette azzurra.

“ Slash starà bene, tu starai bene “ a quelle parole, Duff ritornò a sedersi e a guardare la ragazza bellissima che cercava di infondergli coraggio quando in realtà era lei che ne aveva bisogno.

Si alzò, quella ragazza sembrava così giovane ed innocente, non aveva la sua età, il suo viso era troppo delicato e le sue labbra immacolate.
Iniziò a chiedersi se fosse vergine, se la sua pelle candida non fosse stata davvero mai toccata da nessun’altro.
Ma poi ricordo che infondo Meredith era la migliore amica di Lisa e che quest’ultima era pur sempre stata una puttana.

“ Quanti anni hai, Meredith?” le domandò, osservandola mentre lasciava andare sul divano la maglia a lunghe maniche azzurra che stava indossando nonostante lui stesse morendo per il caldo.

“ Venti “ rispose con voce flebile, i suoi occhi guardavano ovunque tranne che quelli di Duff.

“ Starai bene anche tu “ le disse, sorridendole ed allungando una mano a sfiorarle il volto.

“ Duff..” dalla mente di Meredith scomparve la fede che Duff stava indossando alla mano sinistra, scomparvero Lisa e Slash, sembrò annullarsi anche la delusione e il dolore causati nel vedere la sua migliore amica in quelle condizioni: c’era solo Duff.

“ Grazie “ sussurrò quando ormai le labbra di lui erano già premute contro quelle di Meredith che si lasciò andare al tocco della sua mano che si intrufolò tra la folta chioma, accarezzandole lentamente il collo.

Era bella, bella da impazzire.
Non c’era Mandy, Duff non soffriva più per la lontananza ora che si ritrovò sdraiato sul corpo di Meredith che lentamente e sinuosamente si muoveva sotto di lui, abbracciandolo, rassicurandolo, come se sapesse che il motivo della sua tristezza e preoccupazione non fossero soltanto Slash e Lisa.
Si abbandonarono all’istinto, si amarono per quella che sembrò un’eternità ma alla fine fu soltanto del sesso, che aiutò entrambi a continuare la giornata.
 
 






Mancava circa un’ora al concerto , ben presto il Pacific Amphitheatre avrebbe accolto migliaia di fans scatenati pronti per il rock.
I Guns N’ Roses erano pronti per suonare al fianco degli Aerosmith per la penultima volta. Dopo il loro arrivo in Costa Mesa e dopo aver trascorso un giorno a rilassarsi tra mare e piscina nel piccolo hotel in cui avevano alloggiato, erano ora pronti più che mai.
Lisa e Meredith si erano evitate il giorno precedente, Duff e la sua migliore amica avevano trascorso il resto della giornata insieme, a discutere su come poterli aiutare.
Mentre provavano gli strumenti e si accertavano che tutto fosse al posto giusto, Lisa fumava indisturbata in un angolo del palco, preoccupata per Meredith che se ne stava in silenzio all’angolo opposto, eccitata di parlare con Steven Tyler in persona e intorno alla quale gironzolava Joe Perry.
Quella situazione la irritava, sembrava che Meredith avesse già dimenticato quello che era successo il giorno precedente, quando l’aveva vista e quasi disgustava si era allontanata da lei.
Sbuffò ma subito riprese a sorridere quando sentì le mani di Slash circondarle le spalle per un abbraccio veloce.

“ Temo che tu debba raggiungere il retro, stiamo per iniziare “ disse quando si accorse del gruppo di persone che lentamente si espandeva.

“ Ti aspetterò dietro le quinte, come sempre “ alzò il capo per rivolgere le labbra al suo mento ispido a causa del lieve accenno di barba.

“ A dopo piccola “ Slash le sorrise e strinse ancora di più la presa per poi lasciarla andare del tutto e raggiungere i tecnici che reggevano la chitarra che avrebbe dovuto suonare.

Si alzò lentamente e raggiunse Meredith in silenzio, osservò quanto fosse bella con quella semplice gonna bianca che le lasciava scoperta la pancia piatta.
Quella che considerava ancora la sua migliore amica la guardò, uno sguardo triste ed amaro, si limitò a camminare al suo fianco.
Non si sarebbe persa quel concerto per nulla al mondo ma era consapevole del fatto che proprio durante quel concerto avrebbe dovuto parlarle, se non prima.
Si sedette al suo fianco, a differenza dei piedi di Lisa i suoi toccavano perfettamente il pavimento scuro. Ma poi ci pensò su e decise che avrebbe aspettato la fine di tutto quello per parlarle e convincerla a cambiare vita, con o senza Slash.
Temeva quale sarebbe potuta essere la reazione di Lisa ma sapeva di farlo per il suo bene e questo era quello che la determinava.
 
 








Dopo aver vissuto le tre ore più intense e felici della sua vita, durante le quali aveva anche messo da parte la delusione ed aveva cominciato a ballare con la sua migliore amica, Meredith aspettò che i ragazzi, insieme agli Aerosmith, lasciassero il palco e raggiungessero i camerini per parlare con Lisa.
Quest’ultima capì le intenzioni dell’amica e riprese a sedersi nell’esatta posizione iniziale.

“ Dai, fallo. Parla e dimmi quanto io faccia schifo! Quanto io sia felice e quanto io stia davvero bene!” scrollò le spalle, non rendendosi conto delle assurdità che aveva appena detto.

“ Quanto tu stia bene? Stai scherzando spero! Sembra che tu e Slash vogliate ammazzarvi a tutti i costi!” finalmente si lasciò andare e anche se si rese conto del tono alto di voce non si fermò imbarazzata per quello che le avrebbe detto.

“ Sto bene, Meredith! Amo Slash, non sono mai stata così felice in vita mia!” la gola piena di lacrime, lo stomaco chiuso, gli occhi spalancati, Lisa aveva paura.

“ Ami Slash? Dio mio, certo che lo ami! Ma siete dei fottuti tossici, santo cielo! Ti sei vista almeno una volta allo specchio in questi mesi? Mi sto chiedendo quale sia il miracolo che ti lascia vivere ancora!” coloro che lavoravano per le band passavano ma sembravano non curarsi di quello che stava accadendo.

“ Se sono immorale, sono immorale. Non è una tua fottuta preoccupazione se sono immorale o no “ le puntò un dito contro rivolgendole uno sguardo minaccioso.

“ Certo che lo è! Dannazione, sei tu! Sei come una sorella per me! Non voglio venire a sapere da un fottuto squillo di telefono o da un piccolo articolo di fondo pagina del più stupido dei giornali che sei morta per un’overdose! L’eroina, la cocaina e tutte quella merda che ti scorre dentro… Tu non sei questo, Lisa! E se Slash ti ha trascinato in questo buco nero, beh allora non dovresti stare con lui “ l’aveva detto, aveva avuto il coraggio di sbatterle in faccia quella che non era altro che la verità.

“ Non mi costringe a drogarmi, piccola Meredith. Non mi punta una siringa contro e mi obbliga ad iniettarmi l’eroina nelle vene! Mi piace, amo drogarmi! Mi da pace, non penso a nulla, sto bene quando mi intossico! Dipendo da tutto questo, come fai a non capirlo? ” si era alzata e furiosa non sapeva neanche per cosa aveva iniziato ad urlarle contro.

“ Dov’è finita la Lisa che lotta? Quella che non avrebbe mai permesso a qualcuno di diventare la sua abitudine? La ragazza che ha sofferto fin troppo ma che è in grado di fare di meglio per essere felice e non dipendere da un veleno. Pensaci, lo sai anche tu che sei cambiata dall’esatto momento in cui hai incontrato Slash. Non sto dicendo che sia una brutta persona, ma ti ha trascinato in qualcosa che è più grande di entrambi. Le sue dipendenze sono diventate le tue. Lui dipende dalla droga e tu dipendi da lui” la guardò indietreggiare e sedersi di nuovo.

“ Ti sbagli, Meredith. E’ esattamente il contrario. Sono io che dipendo da quella merda e lui che dipende da me. Lo so, me l’ha detto. Non capisci che ho paura? Paura di perderlo per un’overdose, paura di allontanarmi da lui, di sapere che sta male perché io non sono qui a consolarlo” ammise, stringendo la lunga gonna nera che stava indossando tra le mani sudati e tremanti.

“ Ma ti sei mai chiesta se lui ha gli stessi timori? Ti ha mai detto che ha paura di perderti? E non quando la mattina non ti trova al suo fianco nel letto caldo e si preoccupa perché aveva bisogno di sesso o perché dovevi preparargli un’altra dose” osservò gli occhi grandi di Lisa spalancarsi e la sua bocca stringersi in una linea stretta: stava per scoppiare a piangere.

“ Io lo amo” lacrime calde lasciarono andare i suoi occhi castani bagnando il suo viso sudato e scavato, non mangiava da giorni, si limitava alla solita dose con la quale riusciva a sopravvivere.

“ Oh, Lisa “ Meredith le fu subito vicina per un abbraccio, cullandola e passando le sue mani tra i capelli lisci e crespi; “ so che lo ami, lo so. Ma è arrivato il momento di capire e scegliere: o lui o tu “ e detto ciò, si lasciò andare ad un pianto silenzioso anche lei mentre Lisa era in preda ai singhiozzi.






 
Spazio autrice:
lo so, lo so, lo so! Sono in un ritardo imperdonabile, scusatemi, scusatemi, scusatemi!!
E mi dispiace anche dirvi che questo è il penultimo capitolo di Rocket queen.
Malinconia... Davvero, non riesco ancora a credere che il prossimo sarà l'ultimo capitolo, che ci sarà per l'ultima volta uno Slash ed una Lisa.
Ma vi prego, non permettete che ora inizi a scrivere delle lunghissime note, perchè non ne sarei capace.
Non ce la faccio, se solo ripenso a tutto quello che ha passato Lisa..
Vi lascio subito, dopotutto le note saranno belle lunghe nel prossimo ed ultimo capitolo.
Ringrazio ancora le persone che continuano a seguire la storia e coloro che lasciano una recensione, vi amo, sappiatelo!
xx









 

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Capitolo 26
*** Malibu. ***


Malibu Lagoon State Beach, Malibu (CA) 1989
 
 
 

Il sole era alto e l’afa illudeva gli occhi lasciando che il paesaggio dinanzi ad essi ondeggiasse quasi al ritmo della canzone che il giradischi suonava da qualche minuto. Il rumore delle onde che si stagliavano contro gli scogli in lontananza si confondeva con il suono della chitarra di Don Felder che intonava le prime note di Hotel California.
La roulotte bianca faceva da ombra al sonnellino di alcuni ragazzi, chi sdraiato su un’amaca improvvisata, chi leggeva un vecchio giornale seduto sul terreno freddo al quale si univa la sabbia trasportata dal vento, chi semplicemente guardava il cielo e cercava di addormentarsi.
Un tavolino di legno e una piccola poltroncina bianca abbandonati da chissà quanto tempo erano stati posizionati sull’unico tratto di asfalto che collegava la zona riservata alle roulotte a quella che conduceva alla spiaggia. Su quest’ultimo un pacchetto di Lucky Strike ormai quasi vuoto ed un posacenere che conteneva una sigaretta ancora fumante erano esposti al sole mentre totalmente coperta dai raggi solari grazie alla copertura di cui era dotata la roulotte era la ragazza seduta sulla poltrona che guardava l’oceano ed ascoltava attenta come sempre le parole di quella canzone.
La pelle chiara, per niente sfiorata dai raggi solari, era decorata con dei tatuaggi, uno sulla gamba, l’altro sulla caviglia e tanti altri, alcuni ben nascosti altri invece ben visibili. Il colorito sembrava ancora più chiaro di quanto in realtà non lo fosse a causa della copertura azzurra che la proteggeva dal sole mattutino. Vestita con un semplice pantaloncino bianco e con una camicia dello stesso colore che era stata lasciata appositamente aperta per lasciare intravedere il reggiseno, scostava di tanto in tanto i capelli corti e ricci mentre ogni tanto dava uno sguardo al suo viso per accettarsi che il trucco non si fosse sciolto a causa del caldo. Il biondo dei suoi capelli era così chiaro che quasi si confondeva con il colore della camicia che stava indossando, in contrasto con il rossetto rosso che le adornava le labbra.
Da lontano qualcuno la stava chiamando ma se ne infischiava, preferiva qualche altro minuto da sola per aspettare che la canzone terminasse e per godersi ancora quei pochi minuti all’ombra. I suoi occhi lentamente si chiudevano, sarebbe stata pronta per addormentarsi e magari svegliarsi il mattino seguente per ritrovare ancora la dolce sensazione dell’ombra sulla sua pelle fredda.
Erano lì da pochi giorni ma non aveva ancora osato metter piede sulla spiaggia o catapultarsi in acqua con lo scopo di colorire la sua pallida pelle.
Aveva accettato di fare quella piccola vacanza e trascorrere quel mese libero a Malibu solo per cercare di smettere di pensare.
Di pensare al passato, a quello che era stato e a quello che aveva avuto ed aveva fatto soltanto per amore. Ma l’avrebbe fatto di nuovo, altre mille volte per riavere quel rapporto con un altro uomo, per sentire ancora quei sentimenti che la conducevano all’apice del piacere. 
Era diventata così disperata, si chiedeva come fosse riuscita a sopravvivere nonostante il dolore che continuava a perseguitarla ma che riusciva a nascondere in presenza di altri. Si sarebbe messa in ginocchio e avrebbe iniziato a pregare gli angeli per anche solo un’ora di riposo assoluto, senza che i ricordi le tornassero alla mente e la tormentassero.
Il  vento fresco soffiava tra i suoi capelli, nell’aria si diffondeva un odore che ricordava la colitas mentre in lontananza, nonostante la vista annebbiata dalla stanchezza, scorgeva una figura. Stava forse avendo le allucinazioni?
Il sole colpiva il piccolo specchietto posizionato sul tavolino dinanzi alle sue gambe, la luce brillante avrebbe accecato anche di vista non era dotato.
Sentiva la testa diventarle pesante e la sua vista pian piano si indeboliva mentre si chiedeva se quello fosse stato il paradiso o magari l’inferno.
Sentiva lontane le voci di coloro che continuavano a discutere sul vecchio divano malandato che era stato posizionato qualche passo più in là, gli sconosciuti che si sforzava a chiamare amici e che la notte si divertivano a ballare spensierati nel piccolo cortile che faceva da parcheggio, sudati per la dolce estate.
Prima che le sue palpebre si chiudessero del tutto scorse una delle ragazze passare una bottiglia di vino rosso al suo vicino che aveva ammesso di non bere quel tipo di spirito da tanto tempo, abituato alle birre e ai cocktail, non agli champagne rosati.
Malibu era un posto amabile, i ragazzi si divertivano e vivevano le loro storie d’amore estive.
Era fuggita lì con la speranza di poter rimettere in sesto quello che restava della sua anima, sdraiandosi la notte sulla sabbia per lasciarsi morire osservando le stelle che sembravano esplodere nel blu del cielo, camminando tra le onde del freddo oceano, per affogare le sue cicatrici.
Sapeva che l’amore l’avrebbe distrutta.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
Costa Mesa, CA, la notte tra il 14 e il 15 settembre 1988
 
 
 
 


“ Oh, Lisa “ Meredith le fu subito vicina per un abbraccio, cullandola e passando le sue mani tra i capelli lisci e crespi; “ so che lo ami, lo so. Ma è arrivato il momento di capire e scegliere: o lui o tu “ e detto ciò, si lasciò andare ad un pianto silenzioso anche lei mentre Lisa era in preda ai singhiozzi.

Nella sua mente scorrevano immagini di lei e Slash felici, un futuro che pian piano si rese conto non sarebbe stato reale per quanto lo avesse desiderato con tutta se stessa. La vita on the road non poteva essere per sempre, Lisa sognava una casa, anche la  più piccola di tutta la California, ma voleva un posto sicuro, un rifugio dove sarebbe potuta tornare, dove avrebbe potuto vivere e chissà, forse anche morire.
E lentamente si rese conto che Slash non poteva offrirle quella vita.
Il successo dei Guns N’ Roses cresceva a dismisura, per non parlare dell’ammonto di soldi che si ritrovavano tra le mani e che i ragazzi non avevano la più pallida idea di come spendere.
Il suo amore nei confronti di Slash era incondizionato, sapeva che ne avrebbe sofferto se se ne fosse distaccata, ma in preda ai singhiozzi e alle urla, che sembravano farle bene in quel momento, iniziò a capire anche che continuando di quel passo non avrebbe mai realizzato il desiderio di vedere lei e Slash seduti in un piccolo giardino magari a bere del thè, non sapeva neanche se a Slash piacesse il thè, e non ad iniettarsi dell’eroina o qualsiasi altro tipo di droga in una sconosciuta camera dell’ennesimo hotel che avrebbe ospitato quella che stava diventando la rock band più famosa dell’intero mondo.
Meredith l’aveva posta dinanzi ad una scelta, o meglio aveva deciso lei stessa di scegliere.
Sembrava semplice, o lei o Slash. Lo amava, in modo veramente incredibile, ma sapeva che un giorno l’avrebbe delusa, e quel giorno sarebbe potuto essere quello successivo o magari tra anni. Avrebbe aggiunto gelo a quel freddo che aveva dentro e l’avrebbe ferita, come solo gli insensibili avrebbero saputo fare.
Se ne sarebbe andato, ma lei l’avrebbe aspettato, ma a che scopo? Aspettare un amore che non sarebbe mai più tornato.
Sapeva che Slash l’amava, non le aveva mai rivelato i suoi sentimenti ma ne era certa.
Solo che Slash sembrava amare di più quella polverina bianca, le sue amanti erano un paio di siringhe e qualche laccio emostatico che sicuramente l’avrebbero accompagnato per la vita.
Slash l’avrebbe dovuta vedere appena sveglia, durante tutti quei mesi che avevano trascorso insieme, prima ancora di ricordare esattamente il suo nome cancellato momentaneamente dall’oblio della sera precedente, quando Lisa aveva i magoni allo stomaco e si chiedeva quando tutto quello sarebbe giunto ad una fine.
Ma la cosa che più la spaventava, la cosa strana era che dopo tutto quello che avevano passato, nonostante tutto quello che avevano condiviso, sapeva che un giorno sarebbero tornati ad essere due estranei e ciò che li avrebbe accomunati sarebbero stati soltanto i ricordi.
Ricordi che l’avrebbero fatta piangere quindi perché definirli  “ bei ricordi “?
Non avrebbe mai dimenticato loro due insieme, avrebbe ricordato ogni singolo momento perché non avrebbe importato quanto tempo sarebbe passato, tutto le sarebbe rimasto nella mente, dotata di una forza solo per reggere il peso delle memorie.

Non si era accorta di nulla e per questo si sentì confusa quando si ritrovò in uno dei camerini dei ragazzi, completamente vuoto perché ormai il tutto era già stato trasportato sul pullman che li avrebbe condotti all’hotel.
Il giorno dopo ci sarebbe stato il secondo concerto per gli Aerosmith, l’ultimo per i Guns come band di apertura per Steven Tyler e la sua band.
Che cosa fare? Lasciare Slash e tornare a Los Angeles con Meredith o continuare con una vita che ormai Lisa aveva capito, non accecata più dalla droga, non l’avrebbe condotta da nessuna parte se non nell’ozio e nell’avarizia totale?
Si domandò come avrebbe fatto a dimenticare Slash, a liberarsi di qualcosa che ormai le apparteneva, smettere di amare qualcuno amato così tanto e così ardentemente, accettare di perderlo e di lasciarlo uscire dalla propria vita, creando un vuoto che l’avrebbe fatta sentire totalmente sola.
Chi l’avrebbe rassicurata durante la notte quando non sarebbe riuscita a dormire? Slash la tranquillizzava con un semplice tocco, sfiorando con la sua calda e ruvida mano il suo viso tondo.
Non avrebbe mai potuto dimenticarlo perché lui era stata la sua felicità.
Ma non avrebbe potuto esserlo in futuro.
Sarebbe morta di nostalgia, questo lo sapeva. Ma la consapevolezza della presenza di Meredith che continuava a ripetere che non l’avrebbe mai lasciata sola le donava forza, la faceva sentire un po’ più sicura nei confronti della grande decisione che ormai aveva preso.
Non avrebbe mai smesso di amarlo, Slash era stato il suo primo e più grande amore e tale sarebbe rimasto.
Sapeva che anche se fossero passati giorni, settimane, mesi o anni, e se l’avesse incontrato per puro caso, si sarebbe ricordata tutto.
Ogni singola parola, ogni singolo momento che avevano trascorso insieme in quello che sembrava essere il più bel tempo trascorso in vita.
E in quel momento, quando un giorno avrebbe incontrato di nuovo quella riccia e folta chioma e quel paio di occhi scuri come la pece, sapeva che sarebbe crollata, inevitabilmente.
 
 
 
 


 
Malibu Lagoon State Beach, Malibu (CA) 1989
 
 


Perché sentiva ancora qualcuno sussurrare il suo nome? Non stava dormendo ma i suoi occhi erano chiusi e si godeva quella pace che sapeva sarebbe durata poco.
Voltò lentamente la testa in direzione della voce, tenendo ancora le palpebre abbassate, e corrugando la fronte cercava di capire chi fosse colui che richiamava la sua attenzione.

“ Lisa!” sentì ancora e capì al volo a chi appartenesse quella voce: era Tyler.

Contorse le labbra in una strana smorfia causando una piccola risata a suo fratello che si avvicinò a lei e la colpì leggermente sulla spalla dicendole di aver capito che in realtà non stava dormendo.

“ Era quello che cercavo di fare “ rispose acida, lasciando andare le braccia sui braccioli della calda poltrona.

“ Ma stiamo andando tutti in spiaggia, dai! C’è molta gente! So che siamo venuti a Malibu per aiutarti dopo la riabilitazione ma ciò non significa che tu non possa divertirti, anzi!” quando riaprì gli occhi Lisa si ritrovò dinanzi il sorriso smagliante di suo fratello che emozionato le indicava la spiaggia con una mano mentre alle sue spalle intravedeva la figura di sua moglie, Anne.

Lei e suo fratello si erano sposati pochi mesi prima, non appena Lisa era uscita dal suo periodo di disintossicazione.
Era stato un bel matrimonio tutto sommato, ricordava ancora l’orrendo colore del suo abito che era stato però scelto da Anne e alla quale non avrebbe potuto disobbedire, d’altronde anche Meredith la pensava allo stesso modo ma aveva preferito il silenzio per volere di Tyler.
Quest’ultimo le stava ancora sorridendo e il bagliore dei suoi occhi e la fiducia che Lisa aveva nei suoi confronti le diedero il coraggio di alzarsi finalmente da quella poltroncina e di raggiungere la spiaggia, quel giorno più affollata che mai.
C’erano i ragazzi che reggevano tavole da surf ed altri che erano pronti a sdraiarsi per prendere un po’ di sole, alcuni giocavano schizzandosi in acqua, altri sulla sabbia che correvano dietro ad un pallone, ragazze affiancate dai fedeli amici che erano i cani e in vicinanza un campo adatto per dell’ottimo skateboarding. Tyler non lo faceva più da tempo ma non avrebbe mai potuto dimenticare i tempi in cui si divertiva a guardarlo mentre percorreva intere strade al bordo di quella piccola tavola dotata di ruote.
Si decise a dirigersi da quella parte, sotto lo sguardo vigile di Anne e Tyler che la seguivano silenziosi ma felici di scovare un minimo di tranquillità in quello spirito tormentato.
L’asfalto era caldo quando Lisa si sedette sul bordo della pista ad osservare decine di ragazzi che si divertivano.
Qualcosa attirò il suo sguardo, una folta chioma riccia raggruppata in una bassa coda ed un paio di tondi grandi orecchini.
Cercò di ignorare quella visione, facendo finta che la persona che si stava di nuovo facendo spazio tra i suoi pensieri non  fosse realmente esistita.
Ma come si faceva ad annullare tutte le emozioni provate, le parole dette e il calore degli abbracci ricevuti?
L’immagine di quel sorriso delicato, gentile, rivolto soltanto a lei? Come si faceva ad essere indifferente, far finta che non facesse male? Come si faceva?
Come calmare quel dolore? Come calmare le mancanze? Come si ignora qualcuno che si aveva solo voglia di abbracciare e non lasciar più andare?
Sentì ancora una volta il suo stomaco sottosopra, l’ansia impossessarsi di ogni suo muscolo e la tensione intrufolarsi pian piano nei suoi nervi, al punto tale da farla alzare con una velocità impressionante.
Tyler ed Anne furono rapidi ma mai quanto Lisa che inevitabilmente si scontrò con qualcuno, ma era abbastanza salda e tesa da non lasciarsi cadere.
I suoi occhi grandi e chiari si spostarono verso la persona che aveva urtato, pronti a scusarsi per quel banale malinteso, ma il mondo sembrò caderle addosso. Fu come se tutti quei mesi fossero stati buttati all’aria, trasportati lontani dal vento e che tutti insieme i ricordi fossero ritornati a tormentarla ma quella volta non sapeva se avrebbe retto il peso.
Di fronte a lei, immobile quasi come se l’avessero investito, c’era Izzy.
Izzy Stradlin la stava osservando, sentiva i suoi occhi chiari attraversare i vetri scuri delle lenti da sole e raggiungere il suo viso così cambiato, forse più sereno. Le sue labbra involontariamente si spalancarono, non avrebbe mai pensato di ritrovarsi uno dei ragazzi in quel posto. Forse a Los Angeles sarebbe capitato, se un giorno ad esempio fossero tornati per un drink al Roxy.
Ma la California era così grande, non si sarebbe mai aspettata di ritrovare Izzy a Malibu.
Lo guardò, si guardarono e i secondi che trascorrevano sembravano ore, le ore che non avevano passato insieme.
Izzy si liberò degli occhiali per poterla guardare meglio, scorgendo la sua chiara carnagione e quel rossetto rosso quanto il fuoco che le adornava le labbra sorprese.
Lisa non aveva il coraggio, la forza di parlare, era semplicemente scossa, travolta da un treno in pieno, rinchiusa in una gabbia di ricordi.

“ Lisa, ciao “ fu la sola cosa che Izzy fu in grado di dire, anche lui sorpreso di averla incontrata.

Erano passati mesi da quell’orribile notte, ore buie che non avrebbe mai dimenticato.
 
 
 





 
Costa Mesa, CA, la notte tra il 14 e il 15 settembre 1988
 
 
 
 


“ Dannazione Duff, passami quella cavolo di birra!” Izzy sentì Axl urlare mentre faceva il suo ingresso nella stanza che accoglieva la band e non solo.

Aveva riconosciuto un paio di cameriere che aveva visto quella stessa mattina gironzolare tra i corridoi delle loro camere e tra di loro c’erano anche delle perfette sconosciute che aveva già dimenticato di aver invitato lui stesso nei pochi minuti dopo il concerto, quando erano stati circondati all’uscita, prima di raggiungere il pullman che li avrebbe riportati in hotel, dove però la notte andava ancora vissuta.
Axl ne aveva ben due sulle gambe, se si fosse mosso di un solo centimetro sarebbero molto probabilmente cadute entrambe contando il loro stato di ebrezza, mentre Duff sembrava star aspettando qualcuno.
Si guardò intorno e notò Slash che silenziosamente, più del solito, si fumava una sigaretta, era nervoso e ciò lo capiva dal movimento incessante del suo piede sul pavimento di legno. La Marlboro era quasi finita ma tra le mani ne aveva già un’altra pronta per essere accesa, come se fumando attendesse che tutto quello che lo stava turbando passasse.
Steven era sdraiato sul divano, la cocaina era già stata tirata su per il naso, stava considerando l’idea di unirsi a lui.
Ma poi un brutto presentimento, come se fosse consapevole della tempesta che si sarebbe abbattuta su Costa Mesa quella sera, si voltò e notò che né Lisa né la sua amica erano lì con loro.  
Forse Duff stava aspettando proprio quella Meredith, lo sapeva lui quello che era successo, il biondo si era confidato prima del concerto.
Aveva tradito Mandy, si sentiva così in colpa, ma non poteva far a meno di continuare a dire quanto fosse stato bello.

Quasi come un fulmine nel più buio dei cieli, Meredith entrò nella piccola stanza dalle pareti chiare, il suo sguardo si posò dolcemente su Duff, magari i pensieri della scorsa notte si insinuarono nella sua mente facendola momentaneamente distrarre dal suo obiettivo che era Slash.
Gli chiese se non gli dispiaceva che Lisa quella notte dormisse in camera con lei, come ai vecchi tempi, quando Meredith restava a dormire nel letto di Tyler che sarebbe tornato da lavoro soltanto il mattino seguente.
Slash scrollò le spalle, sembrava che non gliene importasse più di tanto, ma poi si alzò e velocemente si incamminò verso la sua stanza.
Meredith lo avvertì che Lisa era nella sua e con un cenno della mano il riccio gli disse di aver capito.
Izzy notò il nervosismo della ragazza quando precisò a Slash il luogo in cui si trovasse Lisa, il suo tono di voce era molto alto, poco credibile per una ragazza che aveva si e no parlato una volta con tutti i componenti della band, fatta eccezione per Duff.
Quei due sembravano attirarsi come le calamite, andavano d’accordo ed inoltre Duff sembrava aver cambiato umore, non più isterico come il mattino precedente.
Finse di non aver sentito nulla, ignorò quel brivido di freddo che gli aveva percorso la schiena e si avvicinò al divano sul quale Steven era ancora sdraiato, approfittandone per rilassarsi un po’.
 
 







Erano le tre del mattino, Slash era tornato da circa un’ora e la band era ancora tutta lì.
Le cameriere che lavoravano in quell’hotel avevano più volte consigliato ai ragazzi di ritornare nelle loro camere ma questi ultimi sembravano non averle ascoltate neanche mezza volta. Steven era collassato sul divano, occupando tutto lo spazio possibile; Duff era tornato da poco, aveva trascorso del tempo con Meredith chissà dove, dato che la stanza era stata occupata da Slash e Lisa; Axl invece non la smetteva un attimo di parlare, nessuno però sembrava dargli retta e questo lo faceva arrabbiare, ma era abbastanza ubriaco da non prendersela troppo.
Izzy aveva un urgente bisogno di andare in bagno, la birra d’altronde faceva quell’effetto, e così ne approfittò per andare in camera e magari cambiare anche la maglia che stava indossando e che puzzava di sudore.

Una volta aperta la porta della stanza notò sul letto una grande valigia e al fianco di questa Lisa era seduta, le mani tra i capelli che le ricoprivano il volto, il respiro affannoso e le gambe che penzolavano tremanti.
Aveva sentito la porta aprirsi ma era convinta fosse Meredith pronta a riportarla a Los Angeles.
Fu quando non sentì la voce della sua migliore amica che si voltò e il cuore sembrò fermarsi per qualche secondo.
Immobile, con la mano ancora sulla maniglia della porta, bello e mezzo fatto, Izzy la guardava, sorpreso e ferito, confuso ed innamorato.
I suoi occhi vagavano vigili in ogni angolo mentre le sue labbra erano strette in una linea sottile.
Non parlò, non le chiese nulla, non c’era bisogno di fare domande, aveva capito: se ne stava andando.
Scappava come la peggiore delle ladre, portandosi via il suo cuore e quello di Slash.
Perché nascondersi? Slash non l’avrebbe lasciata andare via, neanche lui. Perché andare via allora?
Tante, troppe domande iniziarono a farsi spazio nella sua mente che non ne reggeva il peso, sapeva soltanto che da un momento all’altro avrebbe iniziato a piangere. Fu per quel motivo che semplicemente fece un passo indietro e chiuse la porta, gli occhi a fissare il numero diciassette intagliato nel legno.
Lo stava lasciando.
Indietreggiò ancora, sino a raggiungere il muro alle sue spalle, portandosi una mano tra i capelli, tra i quali poteva ancora sentire il dolce profumo di quelli di Lisa e le mani che accarezzavano lentamente la sua cute.
Se ne stava andando. 
Ricominciò a camminare, con piccoli passi riuscì a raggiungere di nuovo i ragazzi, ma nessuno si accorse del suo aspetto, soltanto Slash che casualmente guardava nella sua direzione.
Corrugò la fronte e scostò i suoi capelli ricci dal viso mentre Izzy si appoggiava con la schiena allo stipite della porta bianca e si accendeva velocemente una sigaretta. Slash continuava a guardarlo ma non voleva parlare, gli sembrava di dover interrompere un momento così intimo, Izzy era tra i suoi pensieri, troppo complicati per uno come lui, ma che avrebbe ascoltato se ce ne fosse stato il bisogno.
Quando tutta la Lucky Strike si dissolse come cenere, Izzy si avvicinò al tavolino e lasciò cadere la cicca ancora fumante nel posacenere di vetro ed improvvisamente, come un lampo, si voltò ed iniziò a camminare velocemente verso l’uscita.
Doveva fermarla, che razza di uomo sarebbe stato se l’avesse lasciata andare!
Ma costringerla a restare?
Si fermò un attimo, pensando a cosa fare, ma l’istinto quella volta prevalse sulla ragione.
Era lì, pronto a spalancare quella maledetta porta e a prenderla con forza e stringerla tra le braccia.
Lo fece, con un suono tonfo il legno sbattè quasi contro il muro ma quello a crollare fu Izzy: la stanza era vuota.
Sul letto, una lettera d’addio.
Era per Slash.
 
 
 






 
Malibu Lagoon State Beach, Malibu (CA) 1989
 


“ Izzy, sei.. Sei davvero tu?” Lisa si avvicinò di poco, allungando una mano per toccarlo ma ritraendola subito.

“ Non sono cambiato molto, sai. Sono passati soltanto pochi mesi infondo “ dieci mesi, pensò nella sua mente, ricordando l’inferno che era riuscita ad attraversare.

“ Che cosa ci fai a Malibu? “ il suo tono di voce era basso ed alquanto preoccupato, non sapeva davvero cosa dire.

“ Piuttosto tu cosa ci fai qui! Sei con qualcuno?” le labbra di Izzy accennarono ad un sorriso, un sorriso amaro, i più belli Lisa li aveva visti e li ricordava ancora.

“ Sono con Meredith, e mio fratello. Tu?” sentì il battito del suo cuore impercettibilmente accelerare al pensiero di Izzy qui con il resto della band.

“ Sono qui con Duff e Slash “ il ragazzo portò una mano al collo, massaggiandolo velocemente e chinando il capo al pronunciare quel nome.

Ed eccolo, l’aveva visto sin da subito ma aveva preferito ignorarlo, il chitarrista a cui aveva dedicato pensieri, film mentali, parole, canzoni, tempo ed energie. Trascorso giorni e notti insonni a guardare le stelle e pensare al suo sorriso.
Si materializzò come attratto da una luce, alle spalle di Izzy la guardava in silenzio, seduto su di una bicicletta nera, più bello che mai.
Lisa osservò la moltitudine di collane che adornavano il suo collo sudato, non sprecò tempo a contare quante fossero, fu piuttosto distratta dal suo viso scoperto grazie alla coda.
Gli occhiali da sole furono rimossi per dar spazio a qualcosa di ancora più scuro: i suoi occhi.
Le labbra sussurrarono di non credere a quello che quelle pozze nere stavano vedendo.

“ Lisa “ un sospiro fuoriuscì dalle sue labbra mentre il suo sguardo si spostava dalla ragazza al ragazzo che fu prontamente al suo fianco.

“ Ciao “ i ricordi erano pronti così come le lacrime che avrebbero bagnato il suo viso se qualcuno, per fortuna o forse no, non li avesse interrotti.

“ Hey, Slash, allora andiamo?” una ragazza con dei lunghi capelli scuri ed un costume rosso si affiancò a Slash che restò comunque con lo sguardo fisso negli occhi di Lisa disturbati dal sole.

“ Andiamo anche noi, Lisa?” Tyler le accarezzò la schiena e si avvicinò al suo viso per lasciare un dolce bacio sulla guancia rosea della sorella che sembrava voler morire da un momento all’altro.

“ E’ stato bello rivederti “ disse Izzy, sforzandosi ancora una volta per sorridere ed osservando Lisa andare via senza voltarsi una seconda volta, lasciando che Tyler la stringesse a sé.

Mentre Izzy si voltò per guardarsi intorno e cercare Duff, o magari per evitare di soffermarsi ancora su Lisa che stava andando via, Slash non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua figura.
Non avrebbe mai dimenticato i suoi occhi in quelli di Lisa, persi ed innamorati ma sempre pronti a celare quel sentimento.
Quella notte, l’ultima notte in cui erano stati insieme, l’avevano trascorsa facendo l’amore, l’uno nelle braccia dell’altro.
Lisa gli aveva ripetuto di amarlo più e più volte ma lui aveva sempre continuato a rispondere riempiendola di baci, sperando che lei capisse.
E Lisa l’aveva intuito ciò che Slash sentiva per lei, era Slash che non avrebbe mai capito la sua assenza una volta tornato in camera la mattina seguente.
 
 
 
 


 
Costa Mesa, CA, 15 settembre 1988
 
 

 
“So che non ne vorrai sapere più niente di me. So che è finito tutto, so che ci siamo fatti tanto male e che adesso è arrivato il momento dell’addio.
Non c’è bisogno che tu lo dica, lo so già. È un addio non detto ma comunque esplicito, non ho bisogno di un ultimo abbraccio o di un ultimo bacio, che mi farebbero solo più male.
So che andrai avanti senza di me e te la caverai benissimo. Ma una cosa voglio chiedertela, posso? Ricordati di me.
Non dimenticarti dei nostri ricordi. Non buttare via niente di noi, di ciò che siamo stati e chissà, forse un giorno saremo ancora.
Ricordati di quando il mio cuore era tuo e il tuo era mio e di come le nostre mani si cercavano sempre.
Di quando le persone di noi dicevano che eravamo troppo fatti per poterci amare, per poterci rendere conto di quello che stavamo sentendo, e noi non li ascoltavamo e anche se ci facevamo male, andavamo sempre avanti, in due.
Ci siamo amati davvero, non è così?
Un giorno stringerai altre mani e bacerai altre labbra. Un giorno il mio nome non ti passerà neanche per la testa, e nel cuore avrai solo il suo.
Ma per favore, ricordati di quello che siamo stati e di quanto abbiamo riso, di quanto abbiamo pianto, di quante volte ci siamo persi e di quante ci siamo ritrovati e stretti.
Io adesso dovrei odiarti ed  andare via, ma non posso perché sono innamorata di te.
Forse mi odierai tu.
Ti dico addio ma non ti dimentico. Non dimenticarmi neanche tu, non dimenticarti mai del mio amore.
Ti prego, ricordami. Ti amo Slash, ma ho dovuto scegliere e se non l’avessi fatto ti avrei perso e non l’avrai sopportato.
Tua per sempre, Lisa.”




Slash leggeva e rileggeva quelle parole in preda al dolore, alla disperazione, alla delusione e alla rabbia.
Lisa era andava via, l’aveva lasciato.
Un vuoto incolmabile si stava pian piano aprendo, lo stomaco iniziava a fargli male e le lacrime bagnavano il pezzo di carta che era stato marchiato velocemente dall’inchiostro scuro, la calligrafia era quasi illeggibile.
Aveva scelto e tra se stessa e lui aveva deciso di continuare a vivere.
Perché se n’era reso conto anche lui che quella vita, fatta soltanto di droghe ed illusioni che un giorno sarebbero svanite, li stava conducendo a qualcosa più grande di loro. Era forse la morte o forse qualcosa di più doloroso.
Smise di pensare al futuro, smise di pensare anche al passato, o almeno tentò.
Ma non poteva farci niente, in quel momento più che mai, ne aveva bisogno.
Dalla valigia che aveva riposto al di sotto del letto estrasse la scatola contenente il materiale necessario per ciò che sapeva essere sbagliato ma del quale non poteva fare a meno.
Si sdraiò sul letto, consapevole di quello che stava per fare, ma era l’unico modo per poter dimenticare.
Non lei, Slash avrebbe ricordato Lisa per sempre, avrebbe voluto poter essere capace di smettere un giorno di ricordarla, di sognarla, di pensarla, di cercarla tra la gente.
Chiuse gli occhi, lasciandosi andare e stringendo la lettera tra le mani mentre una lacrima scorreva lentamente lungo il suo viso e l'immagine di Lisa si materializzava nella sua mente. 
Iniziò a sentire la sua voce che gli implorava di ricordarla.
Sorrise e si abbandonò a quella che era l’eroina.












 


Fine.






 
Spazio autrice:
niente foto per questo che è l'ultimo capitolo e contemporaneamente l'epilogo di Rocket queen.
Potrei anche aggiungerla, ma vorrei che per una volta ciò che avete letto sia come voi stessi l'avete immaginato, senza che riportiate le vicende ad un'immagine.
La storia tra Slash e Lisa termina qui. Passionale, tormentata, assurda, banale, patetica, scontata, troppo triste, drammatica, malinconica, non mi interessa.
Il finale è sempre stato questo, sin dall'inizio. Slash e Lisa, per quanto si amassero, per quanto si desiderassero, non sono destinati a stare insieme.
E anche per Izzy è lo stessp, stato innamorato di Lisa, forse anche più di Slash, e chissà, magari entrambi lo sono ancora.
Ma nelle scene che vedono i tre a Malibu nessuno accenna a ciò che sta provando in quel momento se non allo stupore di incontrarla di nuovo.
Ciò che ricordano e l'ultima notte, della quale ho parlato attraverso quella sorta di flashback che li riporta indietro nel tempo con la mente.
Per favore, ringraziamo gli Eagles che sono stati fondamentali per la stesura di questo capitolo ma ancor di più gli Hole con la canzone " Malibu ".
La musica è un qualcosa che mi accompagnerà sempre, spero per voi che sia lo stesso.
Io non so mai cosa scrivere nelle note, non riesco ancora a credere che anche Rocket queen sia terminata.
Dopo ben 26 capitoli ce l'abbiamo fatta e mi dispiace se il finale non era quello che vi aspettavate.
Mi butto sui ringraziamenti, su quella son sicura ahahah
Ringrazio Angie Mars Halen per avermi accompagnato sempre lasciando una recensione ad ogni capitolo. Ho sempre apprezzato le sue parole, mi hanno incoraggiato sin dall'inizio e soprattutto quando era dell'idea che Rocket queen sarebbe potuta restare incompleta. Ma poi leggevo e rileggevo i suoi commenti e non potevo far altro che essere felice e riprendere a scrivere e correggere i capitoli! Mi dispiace se questo finale non è quello che in realtà ti aspettavi, spero solo che questa fanficion ti sia piaciuta abbastanza! Ti ringraziò, lo farei mille e mille volte se potessi! Sei stata fondamentale per questa storia!
Poi vorrei ringraziare breath, e qui i ringraziamenti non avrebbero mai una fine! Sempre prudente ed attenta, senza di lei non so come avrei fatto! Non potrò mai ringraziarla abbastanza per i suoi consigli e le sue recensioni mozzafiato, sempre accurate e che a volte temevo. Qui su Efp è stata una figura importante per me, non solo per il contributo che ha lasciato a questa storia che è ormai giunta ad una fine. Non dimenticherò mai il ruolo che ha assunto per me in questi mesi, è stata prima di tutto un'amica! Mi ha accompagnato in ogni passo ed era sempre pronta a scrivere qualcosa che mi avrebbe lasciato senza parole. Ci siamo confrontate più volte, trovando punti in comune o qualche divergenza, ma è questa la cosa più bella.
Spero di non perdere i contatti con nessuno di voi!
Per qualsiasi cosa sarò sempre qui, o potete cercarmi su Twitter ( coffeenrock ) o Tumblr ( sempre coffeenrock ) per qualsiasi cosa, anche la più stupida!
Dio, solo al pensiero che ormai questa storia è completa mi sale la malinconia, ricordo ancora quando pubblicai il primo capitolo temendo che nessuno l'avrebbe letta. Ed invece siamo arrivati a ben 26 capitoli, dannazione!
Spero di aver creato una storia diversa dalle altre, trattando forse tematiche non molto piacevoli, ma cercando di attenermi la maggior parte delle volte alla realtà di quel tempo.
Vi starò annoiando, quindi la smetto di scrivere e me ne vado a piangere da qualche parte al buio.
Vorrei dire " alla prossima!" ma nonostante abbia già pubblicato il capitolo di una nuova storia incentrata questa volta su Duff non so se riuscirò a continuarla.
Quindi, mi attengo ad un più formale arrivederci.
Arrivederci cari lettori/lettrici! Spero di avervi trasmesso almeno un po' di quel che io ho provato narrando dei Guns N' Roses e di Lisa.
Tanti baci e tanti abbracci,
la vostra slashsriffs.xx

 

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