In tutti i luoghi, in tutti i modi.

di Little Redbird
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vasca da bagno ***
Capitolo 2: *** Camera da letto ***
Capitolo 3: *** Pavimento ***
Capitolo 4: *** Cucina ***



Capitolo 1
*** Vasca da bagno ***


#1 Vasca da bagno
 
Damon non era solito fare lunghi bagni caldi, non quando non poteva farli in dolce compagnia, ma gli piaceva osservare gli altri farli. Gli piaceva osservare Bonnie fare il bagno.
Il corpicino adagiato nell’acqua, protetto alla sua vista soltanto dalle bianche trasparenze della schiuma del sapone profumato al cioccolato; i lunghi capelli rossi erano legati in una crocchia disordinata sulla nuca per non bagnarli. Aveva poggiato la testa sul bordo della vasca e mormorava una melodia ad occhi chiusi. Damon cercò di cogliere il testo della canzone, ma sembrava che nemmeno Bonnie conoscesse bene le parole. Damon sorrise.
Era tentato di intrufolarsi all’interno del bagno annebbiato dal vapore per osservare le guance lentigginose della ragazza assumere quella nota di rossore indignato ed imbarazzato che tanto gli piaceva, ma si decise che, in fondo, non era male la vista dalla finestra.
 
 



 

Dunque, questa è la prima delle dieci flashfic che faranno parte di questa raccolta che partecipa alla challenge su EFP “Think Angst”.
Valerio Scanu mi ha salvata all’ultimo secondo per trovare il titolo alla raccolta.
A presto con la prossima,
Red.

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Capitolo 2
*** Camera da letto ***


#2 Camera da letto
 


I capelli biondo rame di Alaric erano sparsi disordinatamente sul cuscino bianco, provocando nelle dita di Meredith uno strano pizzicore dovuto alla voglia di toccarli ancora. Ma doveva trattenersi, doveva rivestirsi e tornare a casa prima che sorgesse il sole. Fortunatamente, l’essere una cacciatrice le conferiva un’alta capacità di autocontrollo, perché era sicura che, se non lo fosse stata, non sarebbe riuscita ad impedirsi di baciarlo ancora. Invece si rivestì in silenzio, sentendo la morsa del senso di colpa attanagliarle lo stomaco. Era una pazzia, lo sapeva bene, ma la vera pazzia sarebbe stata rifiutare la sicurezza che quelle braccia forti, umane, lontane da quello che le era successo negli ultimi tempi, sapevano trasmetterle.
“Meredith?”
La voce assonnata di Alaric pronunciò il suo nome con una dolcezza che quasi la convinse a restare ancora.
“Devo andare” disse invece, infilando il giubbotto in tutta fretta. “Ci vediamo a lezione, professor Saltzman.”
Corse giù per le scale e si ritrovò a casa senza neanche accorgersene. Si lasciò andare contro la porta della propria camera, respirando affannosamente per la corsa a perdi fiato. Se qualcuno li avesse scoperti, Alaric avrebbe perso il lavoro e lei il rispetto delle sue amiche, ma anche solo il ricordo del suo profumo le faceva scordare il buon senso e desiderare di essere ancora tra le sue lenzuola.
 
 



 

Ad Huntress Allison, che ama Meredith forse quanto me.

Questa flash potrei davvero prenderla in considerazione per qualcosa di più, perché questo è uno dei rapporti più interessanti del DDV, ma l’unico che non viene mai approfondito. Immagino Meredith innamorarsi lentamente di Rick e della sua normalità mentre lei combatte vampiri e demoni.
Meredith è la più matura delle tre, lo sappiamo, quindi una relazione clandestina con il proprio prof era forse la cosa più azzeccata che la Smith potesse darle.

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Capitolo 3
*** Pavimento ***


#3 Pavimento


 
Stefan sfiorò il pavimento sotto di sé con i palmi delle mani, sentendo il legno liscio del parquet del pensionato riportarlo indietro nel tempo, ai momenti in cui credeva ancora che la sua vita sarebbe stata la normalissima vita di un ragazzo fiorentino. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal ricordo delle grida di gioia che rimbombavano in soffitta, l’eco dei passi frettolosi di due bambini che giocavano ad acchiapparella trai bauli pieni di polvere, le risa delle cameriere che li tenevano d’occhio per impedirgli di farsi male o bisticciare. Sorrise, un pallido riflesso dell’enorme sorriso sulla sua faccia da bambino. Poteva quasi percepire le vibrazioni del legno provocate da quella corsa, e si accorse troppo tardi che il pavimento era scosso da passi reali, presenti.
Damon lo scrutò dall’alto per qualche secondo, incombendo minaccioso sulla sua figura distesa e rilassata. Scosse la testa, roteando gli occhi in un gesto di divertita esasperazione. Si lasciò cadere con grazia sul parquet al fianco del suo fratello minore, accavallando le caviglie ed appoggiando le mani al petto. Non chiuse gli occhi, fissò il soffitto pallido, lasciandosi trasportare dai propri ricordi. Un prato appena tagliato, una giornata nuvolosa ed una coperta su cui stendersi a farsi scompigliare i capelli dal vento. Stefan, ancora ragazzino, che correva spensierato dietro gli scoiattoli, mentre lui aveva i primi grattacapi amorosi.
Stafan, il vampiro di cinquecento anni, sospirò e si rassegnò al fatto di dover condividere il pavimento con suo fratello.
“Come abbiamo fatto?” chiese, più a se stesso che a Damon. “Eravamo innocenti una volta. Come abbiamo fatto a diventare così?”
Damon non aveva una risposta, così restò in silenzio, ascoltando il suono rassicurante del respiro di suo fratello, il suono che gli ricordava che, dopo tutto, non era completamente solo.
 
 
 



 

A Setsuna, perché come scrive lei dei fratelli Salvatore, non ci riesce nessuno.
Queste drabble mi stanno velocemente sfuggendo di mano, me ne rendo conto. È che mi mancano tutti questi personaggi.

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Capitolo 4
*** Cucina ***


#4 Cucina

L’odore di frittelle appena fatte che proveniva dalla cucina fu la prima cosa che Bonnie percepì al suo risveglio. Sbatté le palpebre più di una volta, per assicurarsi di non essere ancora nel mondo dei sogni. In casa sua non c’era nessuno a parte lei – o almeno così avrebbe dovuto essere. E allora chi stava cucinando al piano di sotto?
Dalla porta aperta della sua camera poteva sentire il rumore di mestoli e padelle maltrattati da mani inesperte. Si sedette sul letto, infilò velocemente le ciabatte ai piedi ed afferrò la prima cosa solida che le sue mani incontrarono sulla scrivania. Con la sua spazzola preferita ben stretta tra le mani, si diresse silenziosamente al piano di sotto. Si affacciò di nascosto sulla soglia della cucina, ma l’intruso era abbassato dietro il bancone ed armeggiava ancora con le sue stoviglie. Bonnie si nascose, appiattita contro il muro, e considerò le sue opzioni. Poteva: a) scappare a gambe levate e gridare aiuto come una forsennata, in ciabatte e con il pigiama con i coniglietti; b) chiamare telepaticamente Damon per pregarlo di liberarla di chiunque stesse cucinando in casa sua; c) tentare di combat–
Le sue riflessioni furono interrotte dall’inaspettato gorgoglio del suo stomaco affamato. Il rumore di stoviglie cessò e Bonnie trattenne il respiro, in preda al panico.
Dei passi risuonarono sul pavimento nella sua direzione e chiuse gli occhi, pronta a picchiare alla cieca l’invasore.
“Streghetta?”
Bonnie cacciò un urlo e sventolò la sua spazzola nell’aria di fronte a sé. Poi riaprì gli occhi e scoprì Damon, appoggiato con nonchalance allo stipite al suo fianco, le braccia incrociate sul petto ed il suo sorriso affettato che gli incurvava le labbra.
“Damon?” domandò, incerta sull’identità del ragazzo.
“In tutto il mio splendore” confermò il vampiro sorridendole.
“Ma-“ cominciò Bonnie, incapace di formulare una frase sensata. “Ma che ci fai qui?”
Il moro si scostò dallo stipite e si diresse verso i fornelli, da cui si alzava un fumo scuro poco invitante.
“Vengo a farmi perdonare per ieri sera” rispose, impiattando ciò che aveva cucinato.
Bonnie gli si avvicinò, sorridendogli lusingata. “Mi hai preparato la colazione?”
Damon si portò le mani sui fianchi ed osservò le frittelle scure nel piatto. “Ci ho provato” ammise imbarazzato.
“Credevo fossi un ladro” lo rimproverò Bonnie, ricordandosi della paura che aveva provato.
Il vampiro la guardò confuso. “E da quando i ladri cucinano nelle case in cui rubano?” domandò. “E comunque” aggiunse subito, “cosa credevi di fare, in caso fossi davvero stato un ladro? Pettinarmi?” Indicò la spazzola che ancora stringeva tra le mani e Bonnie la nascose dietro la schiena.
“È la prima cosa che ho preso” si difese.
Damon scosse la testa, in un misto di divertimento e rassegnazione.
“Siediti, dimmi cosa ne pensi delle mie doti culinarie.”
Bonnie ubbidì, accomodandosi al bancone ed assaggiando la poltiglia dura nel suo piatto. Mandò giù a fatica il boccone e fece una faccia disgustata. “Ottimo” mentì.
Damon la guardò spazientito e le si avvicinò. “Non sono mai stato un bravo cuoco” ammise.
Bonnie annuì.
“Dovrò trovare un altro modo per farmi perdonare” le mormorò scostando il piatto e rigirandola sullo sgabello. Le posò un leggero bacio sulle labbra rosa e poi su una guancia arrossata.
“Ti perdono” sussurrò Bonnie.
Damon le sorrise e si avvicinò di nuovo alle sue labbra. “Per una volta” sussurrò, “gradirei che ci mettessi un po’ di più a perdonare le mie cattive maniere.”
Bonnie arrossì fino alle punte dei piedi ed ingoiò il groppo che le si era formato in gola. “Ora dovresti farti perdonare per questa terribile colazione” propose.
Damon la baciò di nuovo, un po’ più a lungo.
“E per avermi spaventata a morte di prima mattina.”
Lui la baciò ancora, lasciando un piccolo morso sul suo labbro inferiore.
“E scommetto che nella tua testa hai disprezzato parecchio il mio pigiama.”
Damon sorrise e la baciò, schiudendo le labbra contro le sue ed invitandola a fare altrettanto, poi si ritrasse e, con voce rauca, confessò: “Odio anche quelle ciabatte.” La baciò ancora e fu l’ultima volta: non la lasciò più andare, se non parecchi minuti più tardi.
 
 


 

Un piccolo tributo ai Bamon telefilmici. Purtroppo, il vampiro cartaceo non è un bravo cuoco come il suo omonimo televisivo.

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