Partecipante
al contest "Let's Sport" indetto da Mad_Fool_ Hatter
-
Autore:
shanir7511
- Titolo:
Coordinazione
-
Fandom:
Haikyu!!
-
Eventuale
paring: Kuroo-Kenma
- Avvisi:
Missing moments
- Note:
/
- Prompt
scelto: Kuroo deve prendere parte ad un omiai
N.D.A
Eccomi
con una nuova storia!!! ^.^
Partiamo
dal presupposto che Haikyu!! non mi piace…
Lo ADORO alla FOLLIA!! *.*
Non
solo è uno degli anime più precisi ed esaurienti
dal punto di vista "pallavolistico" (da giocatrice non potevo non
apprezzarlo *.*) ma la trama risulta sempre
divertente, coinvolgente e capace di
creare un senso di suspense da fare invidia a un thriller!!
Non
parliamo poi dei
personaggi: c’è il geniale desposta che capisce
come essere un RE, lo spaurito
novellino che, superate mille peripezie, impara non solo a reggersi
sulle
proprie gambe ma persino a volare.
Aggiungiamoci poi un adorabile libero, uno
stoico capitano e altri indimenticabili figure e... Il gioco
è fatto!
È
per questa
sua caratteristica che ho scelto di scrivere qualcosina su Haikyu!! e
spero veramente
di essere riuscita a rendere la stessa atmosfera, spassosa e
travolgente, ma
soprattutto di aver “convinto” tutti quelli che,
come me, stravedono per la
coppia KurooXKenma:
Dai
come si pùò non amarli!!!! Kemna è
cucciolosissimo mentre Kuroo… Beh è Kuroo ;D
(Fan dell Yaoi MODALITà ON *.*)
Ringrazio
perciò Mad_Fool_Hatter e il suo bellissimo contest per
avermi ispirato e tutti
coloro che spenderanno anche solo un paio di minuti per lasciarmi un
commento
^.^
Lo dico ogni volta ma davvero apprezzerò qualsiasi appunto
vorrete muovermi
(ci tengo molto a produrre qualcosa di decente perché
Haikyuu! è veramente una
serie fantastica!)
Direi
che vi ho tediati a sufficienza ;D quindi…
Buona
Lettura a tutti!!!!!!!!!
Coordinazione:
- Quello che non
c’è -
Per
vincere una partita è indispensabile avere una cosa:
coordinazione.
Non
solo nel singolo fondamentale, ma soprattutto nel
costruire un’efficace azione di gioco.
Tutto
parte infatti dal libero quando compie una difesa
all’apparenza impossibile e riesce a passare perfettamente la
palla
all’alzatore; questi ha ora a disposizione tutto il campo per
compiere la sua
magia, sorprendendo l’avversario come il migliore tra gli
illusionisti.
Infine l’attaccante, opposto, centrale o
schiacciatore
che sia, non deve fare altro che brillare per il gran finale,
schiacciando il
pallone senza neanche guardarlo, fiducioso della precisione con cui gli
arriverà.
Cosa
accade però se un giorno questa istintiva
coordinazione si dovesse improvvisamente spezzare?!
-I
miei genitori mi hanno proposto di prendere parte ad
un omiai- esordì Kuroo di punto in bianco, durante quello
che sembrava un
normalissimo pomeriggio d’estate.
Appoggiai
il joystick.
La
voce del mio amico d’infanzia giungeva ovattata alle
mie orecchie, mentre chiari ed assordanti furono gli scricchiolii che
iniziai a
sentire, come di una crepa che si dipana nel vetro.
Crack...
-Si
terra tra quattro settimane, qualche giorno dopo la nostra
prossima partita. I miei hanno concordato che aspettare oltre sarebbe
stato un inutile
spreco di tempo, ma mi hanno comunque chiesto cosa ne pensassi...-
Quei
fastidiosi suoni persistevano.
Ero
certo che fossero solo nella mia testa, ma allora perché mi
sembravano così
dannatamente reali?!
Crack…
Crack...
-…e
io ho accettato-.
È
questo il rumore che fa un oggetto quando si frantuma?!
Ed
il segnale di un
cuore quando si
spezza?!
Crack...
Crack... Crack
-Kenma
cosa ti succede?! Ti senti male? -
E
poi il buio...
***
-Kenma
andiamo, e la chiami un’alzata quella?! Non puoi
anticipare così l’attaccante su una 4 spinta! Va
bene tentare di eludere il
muro avversario ma devi comunque mettere in condizione i tuoi compagni
di poter
attaccare come si deve!-.
Le
grida dell’allenatore Nekomata saturavano l’aria,
risuonando
da una parete all’altra dell’enorme palestra della
Nekoma High School come
tuoni in una tempesta.
-Kenma
sicuro di sentirti bene?- lo sguardo di Taketora
mi fissava preoccupato, mentre ansimava tentando di recuperare fiato
dopo l’ennesimo
tentativo di realizzare quel nuovo schema.
Dopo
l’ennesimo maledettissimo fallimento, sarebbe meglio
dire.
-Non
è da te essere così silenzioso e distratto
durante
un allenamento… No aspetta, silenzioso magari sì
però non così… Come dire... Assente!
Ecco assente, come se il tuo corpo fosse qui ma la tua mente fosse
altrove! - balbettò
lo schiacciatore.
-Cos’è,
oltre che con le ragazze adesso hai persino problemi
a parlare con il nostro Kenma?! Sono 5 minuti che ti sento balbettare
in
continuazione- si
intromise Kuroo, con
fare canzonatorio, -Ok, il nostro caro alzatore potrà anche
essere adorabile come
un gattino arruffato ma…-.
-Basta
Kuroo! Non dire così… Non...- ringhiai di rimando
io.
Era
dall’asilo, o forse persino prima, che conoscevo la
lingua pungente di Kuroo e pensavo di essermi ormai abituato a questi
suoi
giochetti; nell’ultimo periodo però non potevo
evitare di trovarli
terribilmente irritanti, come se la sua stessa voce mi fosse diventata
insopportabile.
-Scusa
Kenma, lo dicevo per scherzare. Non pensavo che ti
avrebbe dato così fastidio- articolò Kuroo
evidentemente a disagio.
E
non era il solo: l’intera squadra della Nekoma High
School mi osservava con evidente stupore.
Erano ormai anni che giocavamo
insieme e mai una volta mi avevano sentito alzare la voce in questo
modo.
-Anche
il nostro piccolo Neko-kun sa come si ruggisce
allora- si inserì Kai, cercando di stemperare la tensione.
-Non
sarà l’agitazione per la partita vero?!-
continuò Inuoka
sulla stessa scia, -Qua l’unico che può
permettersi un minimo di ansia è il
nostro carissimo capitano! Dicci hai già conosciuto la tua
bella?-.
-Certo.
È un’amica d’infanzia- rispose acido il
numero 1
della Nekoma High School, visibilmente infastidito dal nuovo andamento
di
discorso.
-
E potremmo sapere il suo nome o si tratta di un segreto
di stato?!- continuò Taketora, anche se era chiaro che
l’intera squadra
fremesse per sapere qualche altra succulente informazione sulla nuova
fiamma di
Kuroo.
Guardai
il volto del mio compagno arrossarsi leggermente
mentre tirava fuori dallo zaino il suo cellullare.
-Eccola-
ci disse, allungandoci il telefono con una certa
riluttanza.
Fissai
la ragazza che troneggiava al centro dello schermo:
era a dir poco splendida!
Aveva un sorriso luminoso e i
capelli
color ebano scendevano con sinuosi ricci sino alla vita, creando un
armonioso
contrasto con la pelle di alabastro.
-Si
chiama Yuki ed è la figlia di una carissima amica di
mia madre- farfuglio imbarazzato il centrale, abbassando lo sguardo
come se
stesse cercando di nascondersi.
“Yuki”,
come neve. Le
calza veramente a pennello.
-È
il capitano della squadra di basket...- seguitò Kuroo,
titubante.
Una
sportiva: di bene in
meglio!
-
... e anche capo del club di chimica e biologia
dell’istituto-
sbuffò infine, evidentemente provato da questa imbarazzante
confessione.
“Ma
ce l’ha un difetto
questa?!”
pensai sconsolato
No
aspetta: perché mi importava così tanto se la
futura
fidanzata di Kuroo fosse chiaramente una bellezza, nonché
una tipa atletica e
persino dotata di un gran cervello?!
Perché provavo questo bizzarro senso di
bruciore osservando quella che, a tutti gli effetti, sembrava essere la
ragazza
ideale per il mio amico?!
Una
ragazza perfetta per stargli accanto, un qualcuno con
cui condividere passioni ed interessi e che lo avrebbe sicuramente reso
felice...
Un qualcuno che però non ero io.
-L’allenamento
non è finito! Tornate subito al lavoro
pigroni o potete anche scordarvelo di vincere la prossima partita-
urlò
l’allenatore Nekomata.
Troppi
pensieri, troppe domande mi ronzavano ancora per
la testa azzerando qualsiasi altra cosa.
Vedevo
Kuroo e questa, Yuki, mano nella mano mentre
passeggiavano per la via principale della città, come in una
patinata fotografia
da catalogo pubblicitario.
L’atmosfera
giustamente
romantica, lui, atletico e carismatico, lei, elegante e bellissima ed
un bacio
appassionato come coronamento di questo idilliaco quadretto.
Una
fitta improvvisa paralizzò il mio cuore.
C’era
qualcosa di sbagliato in tutto questo.
Trascorsi
il resto dell’allenamento in una sorta di limbo,
concentrandomi più sullo scoprire la causa di questo mio
nuovo turbamento che
sulle direttive dell’allenatore.
Gravissimo
errore!
-Kenma
considerayo il tuo insostituibile contributo
all’allenamento di oggi non ti dispiacerà
concludere il tutto sistemando anche
la rete e i palloni vero?!- berciò il mister con un tono che
non ammetteva
repliche.
Come
previsto ci misi un’eternità; solitamente erano 4
o
5 membri scelti tra le nuove reclute a riordinare la palestra e
assolvere a
questo tutto da solo si era rivelato una vera faticaccia
“Non
posso lasciarmi
distrarre così facilmente o mi sarà impossibile
rivedere Hinata e la Karusano
in finale”
meditavo, dirigendomi stancamente verso gli spogliatoi.
-Finalmente
sei qui!- mi accolse una voce non appena ebbi
varcato la soglia.
Sobbalzai
sorpreso.
Una sola persona era rimasta
nello spogliatoio e, sfortunatamente per me, era anche
l’ultima che avrei
voluto vedere in questo momento.
-Finisco
di raccogliere le mie cose e poi possiamo andare;
è da un po’ che non torniamo a casa insieme-
continuò Kuroo, riponendo un paio
di consunte scarpe da ginnastica dentro al borsone.
-No
mi dispiace io... Io devo andare: mi stanno
aspettando e stasera ho un impegno con i miei... Dobbiamo,
dobbiamo…- balbettai
confusamente.
Non
era una proposta eccezionale, ma allora perché
sentivo un’irrefrenabile desiderio di fuggire, come di un
animale alla mercé del
suo predatore?!
Mi
voltai, pronto ad assecondare questo inspiegabile impulso,
quando fui trattenuto dalla voce del mio compagno.
-E
così stavi pensando di andartene senza di me, ancora
una volta. Kemna veramente non ti capisco: mi vuoi dire che cosa ti
prende?
Sono giorni che mi eviti! Ho forse fatto qualcosa che non va?- chiese
il
giovane centrale.
C’era
della sincera preoccupazione nella sua voce e
osservando il suo sguardo triste notai quanto il mio comportamento
doveva
averlo effettivamente ferito.
E
come dargli torto?!
Mi
stavo comportando da vero codardo: le occasioni in cui
gli rivolgevo la parola potevano essere contate sulle dita di una mano
e anche
quando accadeva mi mostravo sempre gelido e scostante.
Non era un atteggiamento
razionale,
ma davvero come potevo descrivergli quell’assurda sensazione
di abbandono che
mi coglieva ogni volta che udivo la parola “omiai”
se nemmeno io riuscivo a
dargli un nome?! In che modo avrei potuto definire quel misto di
irritazione e
amarezza che sentivo crescere in me quando pronunciava il nome
“Yuki”
accompagnandolo con quel suo magnifico sorriso?!
Dovevo
prendere tempo: sarei tornato a casa, avrei fatto
una lunga doccia fredda e qualche partita ai videogames; avrei poi
cenato con
qualcosa di leggero, ordinato nel nuovo take away di fronte casa, e
infine mi
sarei addormentato con il televisore ancora accesso come accadeva ogni
sera.
L’indomani mi sarei quindi svegliato
ritrovando la mia mente nuovamente libera e leggera.
Già,
domani.
Avevo
perso ormai il conto di tutti i “domani” che si
erano susseguiti senza che cambiasse oggettivamente nulla: erano
già trascorse due
settimane e quel malessere che aveva contagiato la mia mente non
accennava
proprio a voler scomparire.
-Kenma
ci sei?- la voce di Kuroo fu come una secchiata
d’acqua gelata, - Sei strano ultimamente, più
strano del solito, ad essere
sincero. Se ne sono accorti tutti, persino Taketora! Ok, non sei mai
stato un
gran chiaccherone ma almeno durante le partite e gli allenamenti, a
modo tuo, ti
sei sempre dimostrato reattivo e pronto a lottare. Invece adesso ti
aggiri
sperduto da una zona all’altra, come un’ombra persa
in chissà quali riflessioni
e persino il tuo gioco sembra, come dire, senza vita. Vedi, so di non
essere
stato molto presente nell’ultimo periodo, ma... -
-Non
importa- sibilai io senza lasciarlo concludere.
Volevo
andarmene, il più in fretta possibile.
Il
bisogno di fare chiarezza mi stava letteralmente
sommergendo e il rimanere lì, pericolosamente vicino
all’origine di tutti i
miei dubbi, di certo non migliorava la situazione.
Kuroo,
appariva proprio intenzionato a non demordere.
-
Si invece che importa! Sarò anche il tuo migliore amico
ma non riesco ancora a leggerti nel pensiero: se non mi parli come
faccio a
capire quello che ti sta succedendo!? -
-
Non pensarci, dico sul serio. Hai altre preoccupazioni
al momento: concentrati pure sulla tua Yuki e sul tuo omiai- sbottai
scocciato.
Le
parole mi uscirono più taglienti e acide del previsto.
Non era mia
intenzione
essere così crudele, ma avevo seriamente paura di fare
qualcosa di cui mi sarei
in seguito pentito.
-L’omiai l’omiai,
perché ce l’avete tutti con questo
dannato omiai?! E perché ti dovrebbe importare
così tanto?!- sbraitò il
capitano.
-Beh
perchè io ti...-
Non
lo sapevo.
Non ci capivo
più niente.
Cosa
provavo per lui?
Cos’era
quella massacrante sensazione che mi tormentava
ormai da giorni?
Ma
soprattutto, cos’era Kuroo per me?
Era
forse il ragazzo solare e acuto che nonostante la mia
timidezza cronica era sempre riuscito a farmi sentire parte del gruppo?!
Era lo sportivo che avrebbe
preferito farsi una corsetta all’aria aperta ma che, pur di
non lasciarmi solo,
finiva col rintanarsi in camera mia per giocare ai videogames?!
Era il capitano forte e
carismatico che aveva costretto me, privo di una qualsiasi
abilità atletica, ad
iniziare uno sport in cui era negato ma che, alla fine, era diventato
parte
integrante della sua vita?!
Kuroo
era mio amico. Il mio più caro amico.
Aspetta.
Mi
soffermai su quest’ultimo pensiero: un
“amico” avevo
detto?!
-Tu
cosa?! Ti prego Kenma spiegamelo! - chiedeva
imperterrito il centrale.
Un’illuminazione.
Avevo capito.
Ora
finalmente sapevo cosa c’era di sbagliato nel quadretto che
avevo immaginato.
O meglio, cosa non c’era.
Mi
voltai ed iniziai a correre.
Corsi, corsi finché le gambe
non incominciarono a tremare.
Che
illuso!
Potevo anche scappare da quello
spogliatoio e da Kuroo, ma non potevo di certo fuggire dalla
consapevolezza che
ormai mi aveva appena colpito.
Non
ho mai brillato per qualità atletiche perciò non
so
dire dove trovai la forza per raggiungere casa senza riprendere fiato
neanche
una volta. Solo quando giunsi di fronte al cancelletto infatti mi
concessi una
sosta e di Kuroo, fortunatamente, non c’era la minima traccia.
Piccole
gocce di sudore imperlavano la mia fronte, avevo
il fiatone e il mio battito era pericolosamente accelerato.
Ripensai a quell’immagine.
C’era Yuki, c’era Kuroo…
Ma dov’ero io?!
Che
fosse circondato dai
suoi compagni di classe o dal resto della squadra fino ad ora ero
sempre
riuscito a ritagliarmi un posto al suo fianco. Nell’ombra
certo, ma pur sempre
vicino a lui.
Ma
non sarebbe stato così questa volta: quello che stava
per nascere difatti era un gruppo che non ammetteva terzi membri.
“Un intruso” ecco quello che sarei diventato.
Amarezza, egoismo, gelosia si erano propagate per tutto
il mio essere come un veleno portandomi a realizzare l’unica
e inevitabile
conseguenza:
-Sono
innamorato di Kuroo- sussurrai, come se il semplice
pensarlo non fosse sufficiente.
Fu
come un incantesimo che di colpo annullò tutto il
resto.
Il risentimento che
aveva ottenebrato la mia mente si dissolse, sostituito da una nuova ed
inequivocabile emozione: amore, puro e semplice.
Non un affetto fraterno,
nè amicizia ma quella sensazione che ti riempie il petto per
poi farti volare.
Quasi
mi misi a saltare per l’eccitazione: allora non ero
diventato completamente matto!
li sbalzi di personalità,
il cattivo umore e tutto il resto, ogni cosa aveva una spiegazione
logica ora!
Non
ci volle molto però perché la realtà
tornasse a farsi
sentire e con essa arrivasse anche, duro e implacabile, il cosiddetto
“rovescio
della medaglia”.
Mi colpì all’improvviso come un pugno nello
stomaco.
Amavo
Kuroo.
Kuroo però amava Yuki,
altrimenti non avrebbe acconsentito all’omiai.
La conclusione perciò poteva
essere una soltanto: Kuroo non sarebbe mai potuto essere mio.
Una
lacrima solitaria spuntò allora dal nulla.
In men che non si dica altre
la seguirono, intersecandosi sulle mie guance come piccoli arabeschi.
“Non
era giusto” strillava una voce lontana nella mia
testa.
Non erano passati che pochi
secondi da quando avevo scoperto cosa fosse l’amore
è già ero destinato a
vedermelo strappare via da sotto gli occhi.
Provavo
l’irrefrenabile impulso di urlare, di gridare al
mondo intero la mia frustrazione: stavo per perdere la persona a cui
tenevo di
più e non potevo fare niente per impedirlo.
Non
so quanto tempo rimasi lì, aggrappato a quel cancello
scolorito come se ne andasse della mia stessa vita.
Il
silenzio regnava sovrano, interrotto solamente dai
singulti a mala pena trattenuti che scuotevano il mio petto.
“Passerà
e tornerai a
rivederlo solo come l’amico di un tempo”
mi dicevo stringendomi in un solitario
abbraccio.
“Tutto
passerà, anche
questo dolore che attanaglia il mio spirito”
cercavo di convincermi.
“Passerà,
sì, ma quando?”
|