Primula della sera di kiara_star (/viewuser.php?uid=58219)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - Prologo ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***
Capitolo 4: *** Atto IV; Atto V ***
Capitolo 1 *** Atto I - Prologo ***
cap1
Ciao fandom! È passato un po' dalla mia ultima
pubblicazione.
Avevo deciso di prendermi una pausa, poi la vita sadicamente beffarda
ha fatto in modo che fossi obbligata a mettere da parte fandom e fanfic
^^
A ogni modo questa storia l'avevo già scritta parecchi
mesi fa ed era poi rimasta silente nella sua cartella. Ho deciso di
riprendere pian piano con le pubblicazioni perché in
verità scrivere mi rilassa e mi aiuta molto. È un
ottimo antistress, così rieccomi qui ❤
Come di consueto sarà una fic sperimentale perciò
partiamo con gli avvisi: sottolineo in particolare il crossdressing,
invitando chiunque non gradisca genere e sottogeneri a saltare
tranquillamente questa storia; è una Thorki in toni incest che
però non avrà alcun elemento che vada contro il
regolamento e, per finire, è una rivisitazione di un mito
norreno [quest'ultimo avviso è per i puristi,
così non solleverò le ire di nessuno].
La storia si basa nella fattispecie sul mito di Thrymr e quindi sul
furto di Mjolnir. Vi lascio il link di Wikipedia dove viene riportata
per sommi capi la sinossi della Thrymskviða.
-> CLICCAMI
Ho rielaborato tutta la faccenda secondo una mia personale fantasia,
perché mi affascinava l'idea di vestire Thor da donna. Per
necessità di trama ho anche rielaborato il mito stesso
di Mjolnir.
La storia si sviluppa in quattro atti, come già detto,
scritti e finiti, quindi niente attese lungherrime.
Un grazie in anticipo a chiunque vorrà leggere e seguire
questa blasfema rivisitazione mitologica in chiave Thorki ;)
Kiss kiss Chiara
Disclaimer:
la storia
che segue è frutto della fantasia ed è scritta
senza
scopo di lucro. I personaggi protagonisti appartengono ai legittimi
proprietari e non vanto su essi alcun diritto.
[ Atto I ]
Era stata una giornata davvero pesante. Si era svegliato di buonora per
poter presenziare alla lezione che Mastro Ísarr avrebbe
tenuto
nei giardini ai nuovi studenti.
Loki era
stato uno dei suoi alunni migliori, il principe in verità
asseriva di essere stato il
migliore e quindi il vecchio maestro spesse volte gli chiedeva di
essere presente per mostrare ai giovani a quale tipo di livello
culturale avrebbero dovuto mirare. Non era raro che fosse Loki stesso a
portar avanti alcune lezioni, ma lui accettava solo per
non indispettire il padre Odino: il Re non avrebbe visto di
buon
occhio una dimostrazione di mancanza di rispetto verso il suo
precettore quale sarebbe stata il rifiutare la sua richiesta.
Terminato
quindi quel piccolo
obbligo, Loki aveva creduto di potersi dedicare ai propri piaceri ma
aveva poi dovuto ricevere Bergfinnr; l'incontro gli aveva portato via
buona parte della mattinata e aveva dovuto rimandare ogni suo impegno
al pomeriggio.
Il pranzo
si era invece
rivelato rilassante: suo fratello Thor non era presente, e
così
lui e i due sovrani avevano potuto pranzare piacevolmente orfani delle
sue mille chiacchiere.
Quel
dì sia il palazzo
sia i giardini erano poco affollati. Tutti erano all'arena, dove si
stavano svolgendo giochi di lotta e duelli di spade con cavalieri e
guerrieri venuti da ogni regno.
Thor era
ovviamente sceso
all'arena già di prima mattina e Loki lo aveva scontrato nei
corridoi con un'espressione eccitata sul viso. Si erano scambiati solo
un fugace “Buon giorno, fratello!” prima che il
maggiore
sparisse in compagnia dei suoi compagni, indossando sulle spalle un
insolito lungo mantello grigio.
Odino aveva
chiesto a Loki il
perché anche lui non fosse andato con Thor e il principe
aveva
risposto che era impegnato con Ísarr, solleticando
l'orgoglio
del padre e potendo così evitare di dire la
verità: non trovava alcun tipo di divertimento in
quelle
esibizioni da barbari.
Nel
pomeriggio si era
potuto dedicare ai suoi maggiori diletti e aveva anche trascorso
qualche ora nella compagnia di sua madre, con cui il principe cadetto
amava conversare di qualsiasi argomento.
Era ormai
il tramonto quando si era recato nelle proprie stanze per
potersi
concedere un lungo bagno prima di cena.
Mentre
rientrava, buttò
un occhio alla sua scrivania dove sostava la lettera che gli era stata
consegnata da Bergfinnr. Il sigillo in ceralacca era stato rotto ma
Loki non aveva trovato per nulla interessante il suo contenuto.
Le
dedicò quindi solo
un rapido sguardo prima di raggiungere le sale da bagno dove una vasca
colma di calda acqua profumata lo attendeva. Si denudò e
scese
lentamente i gradini di marmo finché il tepore del bagno lo
avvolse.
Affondò
con il capo e
poi riemerse poggiando le spalle contro la parete marmorea.
Reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi beandosi
dell'abbraccio dell'acqua calda.
Vi era solo
silenzio, infranto dai suoi profondi respiri appagati.
Sentiva il
suo corpo
rilassarsi e i nervi sciogliersi, persino i pensieri parevano
alleggerirsi. Loki amava ritagliarsi momenti così, in
solitudine, con la sola compagnia del suo lento battito cardiaco e-
Il rumore
che udì infranse ogni quiete e calma.
Qualcuno
aveva aperto con violenza la porta della sua camera e con passi
altrettanto esagitati si stava recando nei bagni.
Aprì
gli occhi all'istante guardando malamente la figura chiassosa che era
appena apparsa.
«Dannazione,
Thor! Ma
non potevi bussare?!» lo rimproverò stirando i
capelli con
le dita. Quel testone di suo fratello sembrava ignorare il significato
dell'espressione “Spazi personali”.
«Loki,
devi aiutarmi!»
«Ma
cosa stai-»
La frase
rimase monca quando Thor si gettò letteralmente in ginocchio
portando il viso a un palmo dal suo.
«Ho
fatto un casino e
non so come uscirne!» Gli poggiò poi le mani sulle
spalle
nude e lo guardò con un'espressione che Loki avrebbe
definito
spaventata se non avesse conosciuto l'animo di suo fratello.
«Non
mi sembra una
novità che tu abbia combinato un casino...»
mormorò
scostando infastidito le sue mani.
Thor si
sedette sui talloni e
solo allora Loki poté guardare lo smarrimento nei suoi occhi
azzurri e una smorfia disperata che non si addiceva al suo viso di
guerriero impavido e avventato.
Stavolta
doveva averla combinata grossa.
«Allora?
Cosa
succede?» gli chiese abbandonando ormai l'idea di continuare
il
suo bagno. Thor non lo avrebbe mollato finché non lo avesse
ascoltato; sapeva essere tremendamente insistente.
«Io...»
iniziò il fratello facendo imporporare inspiegabilmente le
guance. «L'ho perduto.»
Loki
aggrottò la fronte senza comprendere.
«Chi?...
Si può
sapere che stai farneticando, Thor?» Già lo aveva
disturbato in un suo personale momento di piacere, adesso non aveva
neanche la decenza di spiegarsi in maniera chiara.
Thor prima
abbassò lo
sguardo stringendo i pugni che teneva poggiati sulle cosce, poi
tornò a guardare il suo viso e Loki vide la sua
gola
sussultare.
«Mjolnir»
disse. «L'ho perduto.»
Ci fu
silenzio, un silenzio in
cui Loki soppesò quella dichiarazione e varò
l'ipotesi
che Thor lo stesse prendendo in giro perché neanche un
tontolone
come lui poteva davvero farla così grave ma...
Il suo
sguardo, le sue guance,
le labbra che si stava torturando fra i denti, quel senso di colpa che
gli aleggiava intorno come l'odore pestilenziale di una carcassa.
Sospirò
accarezzandosi gli occhi.
«Ma
cosa diamine hai fatto, Thor?» bisbigliò incredulo.
*
Si erano
spostati in camera e Loki si era coperto con una lunga vestaglia e
aveva preso ad asciugarsi i capelli con un telo.
Thor sedeva
sul suo letto, con le gambe inelegantemente aperte e le braccia
poggiate molli sulle ginocchia.
Guardava il
pavimento mentre i capelli gli ricadevano sul viso quasi celandolo. L'espressione contrita
però era visibile nonostante il sipario dorato.
Gli aveva
raccontato che aveva sottratto di nascosto Mjolnir dalla Sala delle
Reliquie per portarlo con sé all'arena.
Il motivo era stato dei più sciocchi: far colpo su una
ragazza.
Hilja, la fanciulla in questione, era fra le poche a non essere stata
conquistata dal fascino selvaggio del principe. Il suo atteggiamento
distaccato e a tratti arrogante aveva spinto Thor a inseguire ancora
più intensamente la ragazza, perché sarebbe stata
una
delle sue più grandi conquiste.
Morale: era andato in bianco anche quel giorno.
Loki era
rimasto sorpreso
quindi fino a un certo punto, ciò che lo aveva stupito fu,
infatti, solo l'ascoltare che Thor aveva furtivamente trafugato l'arma
riuscendo perfino a farla sotto il naso dei soldati.
«È
stata
un'azione insolita per te, Thor... così
clandestina.»
Aveva sorriso e suo fratello aveva lasciato andare un lungo sospiro.
«Era
lì, accanto
a me, non l'ho mai perso d'occhio» affermò Thor
come
parlasse in solitudine e poi schiantò un pugno sul letto.
«Come ho potuto smarrirlo?!»
«Non
dire sciocchezze,
Thor, qui non si tratta di uno smarrimento ma di un semplice
furto» asserì Loki gettando sulla sedia il telo
umido con
cui aveva tamponato i capelli e scegliendo dall'armadio le vesti da
indossare.
«Furto?»
Dal tono di Thor si capiva che non aveva per nulla vagliato
quell'ipotesi e Loki scosse il capo.
«Ragiona:
come si
può perdere qualcosa di così grosso e soprattutto
pesante?» chiese retorico afferrando un paio di indumenti e
chiudendo l'anta. «E poi lo hai detto tu: hai cercato
dappertutto
senza risultati. Non credo che gli siano sbucate le zampe e se ne sia
andato via di sua volontà.»
Vide Thor
saltare in piedi.
«E
chi può essere stato, fratello?» chiese ansioso.
«Beh,
hai portato quel
martello in un luogo dove si erano radunati tutti i più
grandi
guerrieri dei regni... diciamo pure che i sospettati sono il 90% dei
presenti all'arena, senza contare quei fanatici degli spettatori. In
parole povere, Thor, sei davvero nei guai.»
Detto
ciò sollevò le spalle e prese a vestirsi sentendo
suo fratello ricadere nuovamente sul suo letto.
«Per
le Norne, Loki... e
adesso cosa faccio?» brontolò prendendosi la testa
fra le
mani. «Mi sarebbe bastato aspettare un mese, un misero mese e
Padre mi avrebbe affidato ufficialmente Mjolnir e lo avrebbe vincolato
a me. E nessuno più avrebbe potuto brandirlo... e invece...
quanto posso essere stupido?!»
Loki non
aveva mai visto suo
fratello così desolato. Aveva agito con
superficialità,
come suo solito, e forse con fin troppo azzardo, eppure sembrava
sinceramente pentito, soprattutto, sembrava terrorizzato dalla reazione
che avrebbe avuto Odino.
Ne aveva
ben donde.
Mjolnir era
fra i tesori
più preziosi che il Grande Padre possedesse: forgiato nel
cuore
di una stella morente era un'arma unica e letale, che già
dalla
sua creazione era stata destinata a Thor. Ma Odino avrebbe atteso che
suo figlio compisse diciotto anni per consegnarglielo e legarlo a lui
tramite un potente incantesimo che avrebbe reso chiunque altro
impossibilitato perfino a sollevarlo da terra. Già allo
stato
attuale era necessaria un'ingente forza per maneggiarlo. Loki, ad
esempio, non aveva neanche tentato di farlo perché non ne
aveva
la semplice forza fisica. Thor invece lo brandiva con
facilità,
quasi come la sua mano fosse fatta per stringere la possente
impugnatura.
La superbia
e l'egocentrismo
però lo avevano tradito e adesso il principe rischiava
davvero
di perdere la fiducia e il rispetto di suo padre.
Ormai
vestito, Loki raggiunse il proprio letto e si sedette accanto al
fratello.
«Devi
parlarne con
nostro padre» disse, poggiandogli una mano sulla spalla.
«Non vi è altra scelta.»
«Oh,
no, no!» Thor
scosse il capo guardandolo negli occhi. «Mi
ucciderà,
Loki! E poi mi esilierà!»
Il giovane
fratello sorrise. «Esiliare un cadavere non ha molta
utilità.»
«Non
scherzare,
fratello... Lo conosci. La sua ira si abbatterà con violenza
su
di me e non potrò evitarlo.» Thor tornò
a
nascondere il viso nei palmi e Loki gli accarezzò la schiena
con
la mano.
Era
insolito per lui un gesto così affettuoso, ma vedere Thor in
quelle condizioni era altrettanto insolito.
«Devi
rifletterci, Thor.
Mjolnir potrebbe essere stato preso da chiunque abbastanza forte da
sollevarlo, ma se fosse egli un nemico di Asgard?» Thor
ascoltò in silenzio le sue parole e Loki
continuò.
«Non si tratta solo della punizione che ti spetterebbe, ma di
mettere in pericolo l'intero regno. Padre non ha ancora vincolato il
martello e qualcun altro potrebbe farlo al suo posto e a quel punto
un'arma tanto micidiale si ritorcerebbe contro il regno che avrebbe
dovuto invece difendere.»
«Hai
ragione...»
sospirò infine Thor con occhi bui che però presto
si
tinsero di una nuova luce. «Ma se riuscissi a recuperarlo?
Padre
non lo scoprirebbe mai e Asgard non correrebbe pericoli.»
Loki non
condivideva la sua idea.
«E
in quale modo pensi di farlo? Non sai chi lo abbia preso. Sarebbe come
cercare un ago in un pagliaio e-»
«Un
incantesimo!»
propose il maggiore afferrandolo per le spalle. «Puoi fare un
incantesimo per trovarlo e poi andremo a riprenderlo.»
«Ah,
ho capito. Allora
questa è stata la tua idea fin dall'inizio... È
per
questo che ti sei fiondato nel mio bagno senza decenza?!»
sibilò Loki assottigliando lo sguardo e Thor
abbassò il
proprio confermando la sua intuizione.
Era la
regola: Thor non
ascoltava mai nessun consiglio, faceva sempre di testa propria, finiva
così nei guai e a chi toccava salvarlo dalla melma con cui
si
era invischiato?
Loki amava
suo fratello,
però non sopportava questa sua strafottenza, più
di
tutto, non tollerava che desse sempre per scontato il suo aiuto.
A volte non lo
incrociava per giorni, mentre se ne andava in giro con Sif e il resto
della banda, e poi se lo ritrovava davanti con gli occhi da cucciolo a
supplicare per il suo aiuto.
Il giovane
figlio di Odino si
definiva una persona molto intelligente e scaltra, eppure ricadeva in
quel piccolo tranello ogni volta. Avevano dato a lui il titolo di
Ingannatore, ma spesso si diceva che anche Thor ne avrebbe meritato uno
simile.
«Allora
mi aiuterai, fratello?» Ecco la richiesta, ecco lo sguardo,
ecco la trappola.
Loki
restò in silenzio qualche attimo, guardandolo con occhi
freddi ma poi sospirò con un mezzo sorriso.
«Potrei
fare altrimenti?!»
Thor lo
abbracciò stringendolo forte e ringraziandolo.
Loki ci era
ricaduto ancora una volta.
*
«Cosa
fai?»
«Un
rito di localizzazione.»
«E
funzionerà?»
«Certamente.»
«Ne
sei sicuro?»
Gli
lanciò un'occhiataccia che lo fece tacere.
Prima lo
pregava di fare un incantesimo per trovare quel dannato martello e poi
metteva in dubbio la sua efficacia!
Loki prese
una
brocca con
dell'acqua limpida e la versò nella tinozza di bianca
ceramica
che aveva sistemato sul tavolo della sua stanza.
Attorno
alla tinozza aveva posizionato cinque candele, tutte alla medesima
distanza, e le aveva poi accese.
Aprì
un cassetto e afferrò un piccolo stiletto d'argento.
Thor
seguì ogni suo
gesto senza proferire parola e quando Loki gli chiese di porgergli la
mano, lo fece senza fare domande.
Il giovane
mago passò
quindi la fredda lama nel palmo del fratello tracciando un taglio non
troppo profondo che arrivava fino alla punta dell'indice.
Thor non
emise un suono e si lasciò guidare fino alla tinozza dove
Loki fece cadere svariate gocce nell'acqua.
«Anche
se Mjolnir non
è ancora vincolato a te, esso è stato comunque
forgiato
affinché ti appartenesse. Il tuo sangue ci
guiderà da
lui» spiegò anche se non erano giunte domande, ma
gli
occhi di Thor avevano parlato.
«Ho
capito»
sospirò quindi il maggiore e lasciò che la mano
sanguinasse nel tino finché Loki non gli disse che poteva
ritrarla. Avvolse un fazzoletto attorno al palmo e guardò
intensamente l'acqua.
Loki
pronunziò
l'incantesimo e il sangue che si era sciolto nell'acqua si
coagulò in una sola piccola macchia rossa che sembrava
tremare
sulla superficie limpida.
La macchia
si allungò e
divenne un sottile serpente che si avvolse a spirale. Poi il serpente
cambiò forma e si disegnò in un simbolo che
entrambi
conoscevano bene.
«È
Mjolnir!» disse Thor guardando le tre punte dello stemma.
Loki
continuò il suo incantesimo. Adesso che era riuscito a
richiamare l'essenza dell'arma, doveva capire dove fosse.
Il sangue
cambiò ancora
forma tornando a uniformarsi in una macchia tondeggiante; rimase sul
pelo dell'acqua per diversi minuti.
«Cosa
succede?» chiese Thor dopo quel lasso di tempo.
Loki
guardò l'acqua che ribolliva.
«Come
temevo»
sospirò. «Mjolnir è tenuto in un luogo
avvolto da
una spessa barriera mistica.» Riusciva a percepirne la forza
sotto la sua stessa pelle che iniziò a sudare.
«Ma
così
sarà più difficile trovarlo!»
affermò Thor e lui sorrise. Era palese che non fosse per
nulla avvezzo all'uso dei
seiðr.
«Al
contrario»
ribatté. «Non
tutti sono così abili da creare una barriera di questo tipo.
Se
riesco a scoprire che tipo di seiðr la sorregge,
scoprirò
anche l'ubicazione esatta del suo possessore.»
Thor lo
guardò sorpreso e chiaramente impressionato.
«Davvero
puoi farlo?» gli chiese e Loki lasciò salire una
risata mentre teneva i palmi aperti sulla tinozza.
«Tuo
fratello è il più grande Maestro di magia di
tutta Asgard, Thor. Non dimenticarlo.»
«Oh,
e io ti amo per
questo!» E gli stampò un bacio sulla guancia per
poi
avvolgergli un braccio attorno alle spalle.
Thor era
sempre così eccessivo in tutto.
«Però
adesso lasciami lavorare» lo ammonì lui e
tornò a concentrarsi sul suo incantesimo.
Sulla
superficie dell'acqua,
il sangue stava mutando ancora forma. All'iniziò non fu
comprensibile carpirne il significato, ma più i contorni
divenivano nitidi, più Loki sentiva caldo. Era il
seiðr del
ladro che si faceva più vicino al suo.
Doveva fare
attenzione a non
essere scoperto, altrimenti il ladro avrebbe potuto spostare nuovamente
il martello o, peggio, celarlo con un altro sigillo stavolta ancora
più ostico da trovare.
Una cosa
era però
chiara: chiunque avesse preso Mjolnir, aveva un grande potere, il che
voleva dire che i suoi timori che si trattasse di un nemico del regno
erano più che fondati.
La sua
fronte era ormai madida di sudore e così sentiva il resto
del corpo.
Un fuoco
bruciava nella sua carne e il sangue nell'acqua stava ormai ultimando
la sua forma.
Ci voleva
un ultimo sforzo.
L'acqua
ribollì ancora,
fumando a propria volta come fosse lava; il sangue divenne
più
scuro, quasi rasentò il color ebano, e Thor al suo fianco
sciolse l'abbraccio per guardare a labbra schiuse ciò che
accadeva.
La forma
era più che nitida adesso.
«Ma
cos'è?» chiese Thor avvicinandosi con gli occhi.
«Sembrano...»
«Due
lupi» rispose
Loki con un leggero fiatone guardando le due teste di lupo che si
diramavano speculari l'una all'altra.
«Teste
di
lupo...?» mormorò Thor e sgranò gli
occhi. Loki
ebbe la stessa reazione e abbassò le mani terminando
l'incantesimo e poggiandosi stanco alla scrivania.
Non poteva
essere proprio lui, eppure...
Che
sciocco, avrebbe dovuto essere uno dei primi sospettati!
«Thrymr!»
urlò Thor dando voce ai suoi pensieri. «Le due
teste di
lupo! È lo stemma della sua casata! Figlio di buona donna,
stavolta lo ammazzo con le mie mani!»
«Ehi,
calmati» lo
richiamò passandosi il dorso della mano sulla
fronte
sudata. Thor stava già per raggiungere la porta ma si
fermò. I suoi occhi bruciavano come aveva fatto pocanzi la
sua
stessa pelle.
«Se
il tuo incantesimo
ha detto il vero, allora stasera Thor Odinson metterà fine
alla
vita di quello sporco ladro!»
«Non
dire stupidaggini. Non puoi andare da Thrymr a dichiarare
guerra.»
«E
perché? Lui ha
rubato Mjolnir. Ha arrecato una grave offesa ad Asgard e a Odino
stesso! C'è bisogno di giustizia, fratello.»
«Sai,
Thor, a volte mi
chiedo se tu sia nato così stupido o lo sia divenuto con il
tempo» brontolò Loki, sedendosi sulla sedia e
guardando con
biasimo il fratello per nulla offeso dalle sue parole.
«È
ciò che si merita!» si difese Thor mostrando il
pugno.
«Sì,
ma se andrai
lì a volto scoperto ad accusarlo di aver rubato Mjolnir, si
scoprirà che tu l'hai trafugato in segreto e condotto fuori
dal
palazzo. A conti fatti non è stato Thrymr a rubarlo, ma sei
stato tu a porgerglielo su un piatto d'argento. Se fosse rimasto nella
Sala delle Reliquie, quell'avido arrogante non si sarebbe mai sognato
di prenderlo e avrebbe continuato a bramarlo in maniera più
o
meno palese come ha sempre fatto.» Stavolta le sue parole
tagliarono un po' l'orgoglio di suo fratello che tacque serrando
però la mascella con furia repressa. «Tanto valeva
andare
da Padre e raccontargli tutto. Non pensi?»
«E
allora cosa proponi di fare?»
Loki
rifletté a lungo.
Andare da
Thrymr con un'accusa
come quella era una pessima idea. Già i rapporti con Odino
erano
dei meno stabili e i due si tolleravano solo per doveri di alleanze
sigillate da vecchi trattati. Era anche vero che il suo incantesimo non
poteva sbagliarsi e che quindi era stato proprio il Signore delle Terre
dei Lupi a sottrarre Mjolnir dalla custodia di Thor, forse
approfittando di una sua distrazione, o molto più
probabilmente,
distraendolo di proposito con qualche piccolo sortilegio.
«Qualsiasi
cosa va fatta con prudenza ed evitando decisioni poco
ponderate» considerò a voce alta.
«Le
guardie!»
urlò d'improvviso Thor spezzando il corso dei suoi pensieri.
«Fra poco ci sarà il cambio e si accorgeranno
della
sparizione!»
Già,
anche quello era un problema, ma Loki poteva risolverlo con qualche
piccolo trucchetto.
«Creerò
un'illusione di Mjolnir sul piedistallo» propose.
«Finché non viene toccata nessuno
capirà che
è un falso.»
Thor
annuì e si grattò la testa poggiando l'altra mano
sul fianco.
«Così
guadagniamo tempo» disse.
«Sì,
ma non ne
abbiamo molto» lo avvertì ancora Loki.
«Come dicevo
prima, se Thrymr sigilla il martello per sé, nessuno
potrà più portarglielo via.» Anche se
il rito per
legarlo era lungo e difficile, Thrymr non avrebbe atteso molto prima di
far sua per sempre l'arma.
Se dovevano
agire, dovevano farlo subito.
«Una
cosa non la comprendo»
disse poi Thor osservando un punto lontano del pavimento.
«Cosa
ci faceva Thrymr qui oggi? Non è un tipo da duelli o lotte.
Perché era ad Asgard?»
Alla sua
domanda Loki si ritrovò a guardare la scrivania su cui
sostava la lettera ricevuta la mattina.
«Deve
aver accompagnato suo figlio Bergfinnr» disse recuperando il
messaggio e rigirandolo fra le mani.
Thor nel
frattempo lo aveva raggiunto e gli aveva sfilato la lettera dalle dita.
«Cos'è?»
chiese aprendola.
«Un
invito a un ballo di
questa sera, per il suo compleanno» rispose mentre
suo
fratello leggeva con fronte corrugata il contenuto.
«Bergfinnr
è venuto a consegnarmelo di persona proprio questa
mattina...
Suo padre sarà venuto con lui e non si sarà
lasciato
scappare l'occasione quando ha scoperto che Mjolnir non era
più
protetto nella Sala.»
Thor
intanto aveva finito di leggere l'invito e scuoteva il capo confuso.
«Perché
quel
babbeo di Bergfinnr sarebbe venuto a invitarti al suo
compleanno?» chiese ancora e Loki gli strappò
dalle mani
la lettera gettandola nuovamente sulla scrivania.
«Forse
perché crede che siamo amici.»
«E
lo siete?»
Sorrise
alla domanda d Thor.
«Secondo
te?»
No, non lo
erano. Si erano
incrociati solo un paio di volte e avevano scambiato qualche parole ma
Bergfinnr, che era un ragazzotto timido e anche alquanto ottuso,
sembrava aver apprezzato fin troppo quei brevi dialoghi
e aveva
iniziato a considerare Loki un amico. Gli aveva perfino inviato lettere
e gli faceva visita spesso e volentieri. Quando poteva, Loki si faceva
negare e lo guardava andare via sconsolato dalla sua finestra. Non
poteva fare a meno di sorridere sadicamente divertito.
In
verità lui non aveva
fatto mai nulla per assecondare quell'amicizia unilaterale, ma
Bergfinnr era più ottuso di quello che aveva creduto.
Guardò
ancora l'invito con un ghigno quando un pensiero attraversò
la sua mente.
«Ma
certo»
sibilò sottovoce. «Potrei andare al ballo di
questa sera e
cercare Mjolnir senza che nessuno sospetti nulla.»
Thor
ascoltò quella proposta a voce bassa e si
illuminò.
«È
un'idea
magnifica, Loki!» disse. «Con tutta quella gente ci
sarà un gran casino e potremmo trovare Mjolnir e portarlo
via
senza problemi! Oh, fratello, sei un genio!» Loki si
ritrovò ancora una volta stretto in uno dei suoi abbracci e
ancora una volta ricoperto di baci sulle guance. E ancora una volta
Thor aveva compreso male.
«Non
ti agitare troppo,
non è così semplice» affermò
mentre si
puliva il viso con il dorso della mano.
«E
perché?» chiese Thor fin troppo entusiasta per il
suo piano.
«Come
perché?
Perché tu non puoi venire» chiarì
infine facendo
nascere sul viso del fratello un'espressione sconcertata.
«Cosa?!
Ma tu non riuscirai mai a portare via Mjolnir senza di me!»
«Pensi
che non lo
sappia!?» gracchiò Loki irritato dal modo poco
gentile con
cui Thor gli aveva dato del debole. «Ma non possiamo
presentarci
insieme. Se Thrymr ti vedesse lì si insospettirebbe mentre
io
passerei più in osservato, anche perché
è stato
suo figlio in persona a invitarmi, quindi sarebbe mio diritto essere
lì. E poi...» Raccolse nuovamente l'invito,
spiegò
il foglio e glielo mostrò indicando una riga in basso.
«“Invito
strettamente personale per Vostra Signoria e rispettiva accompagnatrice.”»
lesse a voce alta mentre Thor riprendeva la lettera.
«E
questo cosa significa?»
«Che
anche se volessi
non potrei portarti con me. L'invito parla di un'accompagnatrice, e tu
non sei per niente una donna» spiegò facendolo
demoralizzare di nuovo.
Thor
ringhiò come una bestia in gabbia e Loki cercò di
pensare a una maniera per uscire da quella situazione.
Poteva
andare al ballo per
fare un sopralluogo e trovare poi successivamente un modo
affinché Thor lo raggiungesse quando avrebbe rintracciato il
martello. Ma Thrymr era un abile seiðmaðr e se Loki
avesse
fatto un incantesimo per occultare la presenza di Thor, se ne sarebbe
probabilmente accorto.
Non
potevano però
tirarla ancora per le lunghe. Tutto andava risolto quanto prima,
soprattutto nel più assoluto dei segreti.
«Dannazione!
Se solo fossi una donna...» borbottava Thor digrignando i
denti.
Loki lo
scrutò con un
ghigno divertito. Se Thor fosse stato una donna sarebbe di certo stata
una donna orribile: con la barba e quel grugno minaccioso, per non
parlare di quel vocione che si ritrovava.
Certo aveva
un punto vita
così stretto da fare invidia a una qualsiasi fanciulla, e
morbidi
capelli che sembravano onde d'oro, e i suoi occhi azzurri con quelle
lunghe ciglia castane e...
Fu un
pensiero veloce come una saetta, e come una saetta squarciò
la sua mente.
«Thor?»
lo
chiamò e il fratello si volse a guardarlo. Loki
osservò
il suo viso e si convinse che sarebbe stata una soluzione fattibile.
Sorrise e disse: «Forse ho un'idea.»
***
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Capitolo 2 *** Atto II ***
cap2
“Primula
della sera”
[ Atto II ]
Non aveva parole, anzi, le
aveva ma non avevano senso: erano solo un susseguirsi di suoni
più o meno striduli e alquanto rabbiosi.
«Ma come ti
viene in mente un'idea simile?!» urlò Thor e si
accorse di avere le guance accaldate.
Per la rabbia, per
l'offesa, mica per l'imbarazzo!
Loki lo guardava con
espressione impassibile, quasi la sua fosse la più normale
delle proposte.
Vestirsi da donna? Ma
era ridicolo!
Thor non avrebbe mai
accettato una simile soluzione.
«Nessuno
saprà che sei
tu, ovviamente, e potrai intrufolarti nel palazzo di Thrymr con me, e
insieme riusciremo a riprendere Mjolnir» spiegava suo
fratello
con naturalezza, mentre Thor cercava di mandar via il porpora dal suo
viso.
«No, Loki.
Fatti venire
un'altra idea perché questa è semplicemente
stupida!» abbaiò stringendo i pugni.
«Stammi a
sentire: sei tu ad
esserti cacciato in questo guaio e adesso devi fare ogni sacrificio
possibile per rimediare.» Loki gli puntò
contro
l'indice e i suoi occhi severi, e Thor si sentì sempre
più a disagio.
Aveva ragione. Era
stato sciocco e
superficiale, e adesso doveva fare quanto in suo potere per risolvere
il casino che aveva causato.
E pensare che, alla
fine, Hilja neanche gli aveva prestato attenzione all'arena... Se ne
fosse ameno valsa la pena!
«Io non
voglio vestirmi da
donna» ribadì, trovando quasi difficile
pronunziare
l'ultima parola. «Per favore, fratello, non vi è
altro modo?»
Nella sua mente stava
varando ogni
possibile alternativa, ma ognuna di esse includeva come finale un
massacro o una tremenda punizione da parte di Odino.
Guardò Loki
avvicinarsi con passi lenti finché non gli fu di fronte.
«Sarà
solo per un paio
di ore. Appena scopriamo dove Thrymr nasconde Mjolnir, lo prendiamo e
andiamo via. Nulla di più facile.» Loki
parlò con
pacatezza e pazienza, e Thor sapeva che non avrebbe dovuto
approfittarne troppo perché, se indispettiva anche lui, si
sarebbe ritrovato solo a vedersela con i suoi problemi.
Anzi, avrebbe dovuto
ringraziare le Norne per quel fratello astuto e intelligente che si
ritrovava.
Quante volte lo aveva
aiutato?
Neanche riusciva a
contarle.
Quante volte i suoi
consigli si erano rivelati saggi? E quante di quelle volte Thor non li
aveva ascoltati per poi pentirsene?
Se aveva imparato
qualcosa da tutti
i pasticci che aveva combinato da bambino e da ragazzo era che Loki, il
più delle volte, aveva ragione.
Sospirò e
abbassò il capo.
«Se pensi
che sia l'unica soluzione, allora...»
Fu costretto a cedere.
Loki gli
poggiò la mano sulla spalla e la scosse. Sorrideva.
«Vedrai che
non sarà
così male» mormorò strizzandogli
l'occhio, e
Thor non capì perché fosse finito con l'arrossire
ancora.
*
Teneva il rasoio nella
mano. La
mano era ferma e stabile come quella di un guaritore, eppure non si
avvicinava di un soffio alla pelle.
Loki sbuffò.
«Andiamo,
Thor. Questa
è la parte semplice» borbottò,
guardando il
fratello di fronte allo specchio con la faccia insaponata.
«Non
mettermi fretta!»
ribatté acido Thor. «Sono affezionato alla mia
barba e per
me non è per nulla “semplice”.»
Decise di non
insistere e dargli
ancora qualche attimo. Non ne avevano molti: fra poco qualche paggio
sarebbe giunto per accompagnarli a cena, poi avrebbe dovuto trovare un
abito che stesse bene a quel combina guai, e poi avrebbe dovuto pregare
che durante il ballo il suddetto combina guai non facesse saltare la
copertura.
Altro che semplice, la
strada era tutta in salita.
Thor tentennava
ancora, tirando la pelle del collo con le dita e appoggiando il rasoio
alla guancia per poi allontanarlo ancora.
Loki non ricordava
più il
viso di suo fratello privo di barba. Da quando era iniziata a
spuntargli, Thor non l'aveva mai tagliata. La teneva corta, a
volte un po' più lunga, ma ormai il viso glabro non gli
apparteneva più.
Loki credeva fosse
perché
con la barba si sentiva più uomo, forse perché
credeva di
assomigliare a loro padre, forse perché a Sif piaceva.
Mah, chi poteva dirlo.
Thor era un sempliciotto per alcuni aspetti e un completo enigma per
altri.
Alla fine lo
udì sospirare e abbassare il capo.
«Non ci
riesco» affermò per poi allungare la lama verso di
lui. «Fallo tu.»
Loki guardo il viso
bianco di schiuma e poi il rasoio.
Non ci
pensò due volte. Lo
afferrò e si avvicinò a Thor che
indietreggiò fino
a toccare con le spalle lo specchio.
Almeno non poteva
più andare da nessuna parte.
Lo vide chiudere gli
occhi mentre
passava la lama sottile sulla sua pelle. Respirava profondamente, quasi
si stesse sforzando di non andare in iperventilazione.
Loki sorrise scuotendo
il capo.
Un coraggioso
guerriero che tremava perché lo stavano radendo. Ah, se
Asgard avesse saputo.
Cercò di
essere rapido e a ogni passata di rasoio sciacquava la lama nella
tinozza di acqua.
Afferrò con
le dita il mento
di Thor e lo voltò a seconda del bisogno. Piano piano la
pelle
ambrata prendeva il posto della schiuma e a Loki sembrava di guardare
suo fratello dopo tanto tempo.
Fece attenzione quando
passò
il rasoio sulla parte superiore delle labbra, chiedendo a Thor di
mantenerle strette fra i denti.
«Adesso puoi
lasciarle andare» disse, quando ebbe raso anche quella zona.
Thor teneva ancora gli
occhi serrati e schiuse le labbra bagnandole poi con la lingua.
Loki non le ricordava
così rosee e carnose. Erano quasi... quasi invitanti.
Scosse la testa a quel
pensiero.
Che cosa sciocca!
Di certo con un po' di
colore
sarebbero state ancora più simili a quelle di una ragazza,
anche
se nessuna di quelle che Loki aveva incontrato poteva vantare una bocca
così.
Si ritrovò
a bagnarsi le
labbra a sua volta, sentendo la voglia di finire quel lavoro quanto
prima per allontanarsi dal viso del fratello.
Quando ebbe finito,
poggiò
il rasoio sul mobiletto alla sua destra, accanto alla tinozza, e
raccolse un piccolo telo di cotone bianco.
Lo passò
sul viso di Thor per togliere le ultime tracce di schiuma sentendo la
pelle ora morbida sotto le dita.
Quando Thor
riaprì gli
occhi, Loki li vide quasi luccicare, forse per la luce, forse per quel
ridicolo sentimento di dispiacere.
Non seppe capirlo, si
disse solo che non voleva altro che vederli dipinti di nero.
*
Continuava a passarsi
le dita sul viso, si guardava allo specchio e semplicemente non si
riconosceva.
«Sembro un
moccioso» bofonchiò lanciando un'occhiataccia al
suo stesso riflesso.
«Fra una
settimana avrai di
nuovo il tuo campo di grano sulla faccia» lo
rassicurò
poco carinamente Loki alle sue spalle.
Thor si
accarezzò ancora la guancia, troppo liscia per i suoi gusti,
e il mento glabro.
In effetti adesso la
sua faccia era
morbida come quella di una fanciulla. Perfino la sua bocca sembrava
diversa. Che strana sensazione...
Si avvicinò
alla lastra
riflettente e tracciò con il dito il contorno delle sue
labbra
picchiando poi con l'unghia su quello inferiore, così da
discostarlo da quello superiore. Si accorse che Loki lo guardava
attraverso il riflesso e si sentì in imbarazzo.
Diede subito le spalle
allo
specchio e si grattò la testa. Loki lo avrebbe preso in giro
a
vita per quella sera, ne era più che certo, anche se adesso
sembrava affrontare tutto con la solita freddezza, tipica del suo
carattere. Infatti non disse nulla, continuò a sistemare la
sala
da bagno svuotando la tinozza e poggiando il rasoio prima su un ripiano
e poi su un altro.
Sembrava parecchio
pensieroso.
Chissà,
forse si stava chiedendo se tutto sarebbe andato per il meglio, ed era
quello che Thor sperava.
*
Più ci
pensava più quella storia non gli piaceva.
Thor era stato uno
sciocco a farsi
soffiare Mjolnir da sotto al naso e adesso anche lui si era infilato
nella faccenda. Se qualcosa fosse andato storto, Odino avrebbe avuto
due figli da punire.
Ma se Loki fosse stato
sincero
almeno con se stesso, avrebbe ammesso che quello strano malessere non
derivava dal furto e dalla loro più o meno azzardata
avventura
di recupero, quanto dalle strane sensazioni che gli stavano nuotando
nello stomaco.
Thor si sarebbe
vestito da donna
per entrare al palazzo di Thrymr. Thor non sarebbe stato davvero una
donna. Thor sarebbe rimasto suo fratello.
Ma in fondo era quello
che lo destabilizzava.
Prima era stata
un'idea,
folle forse, ma che sembrava essere la risposta ai loro problemi. Poi
l'idea era mutata, mentre stringeva fra le dita il rasoio e
guardava quel volto nuovo eppure ben impresso nei suoi ricordi.
E ora, osservando Thor
mangiare a
tavola, nel posto fronte al suo, l'idea era ancora più di
altra natura. Mentre quelle labbra abbracciavano la forchetta e la
lingua le inumidiva, l'idea era divenuta fantasia, una fantasia
tutt'altro che innocente.
Loki si
versò del vino e
mandò giù un sorso generoso, intanto che suo
padre e sua
madre parlavano di svariati argomenti.
Odino chiese a Thor
com'era
andata la giornata all'arena e Thor mostrò un certo
disagio nel rispondergli, ma riuscì a recuperare il
controllo
rispondendo più o meno sinceramente. Cercava gli occhi di
Loki
che lo invitavano a stare tranquillo.
Ma Thor non aveva il
suo sangue freddo, era avventato e istintivo, non uno stratega.
«Thor,
è bello rivedere il tuo volto» disse poi Frigga
con un sorriso, alludendo alla sua rasatura.
Un certo rossore
bruciò sulle gote di Thor che ridacchiò
imbarazzato.
«Avevo
voglia di
cambiare» rispose, e si infilò in bocca un grosso
pezzo di
carne per non dover aggiungere altro.
«Hai un
così bel viso,
non capisco perché ti ostini a nasconderlo sotto quella
barba» asserì ancora la regina con sguardo dolce.
Loki si
ritrovò a guardare
il viso di Thor e si disse che sua madre aveva ragione. Thor aveva dei
lineamenti molto belli, virili, eppure al contempo delicati. Degli
occhi luminosi con lunghe ciglia, zigomi alti, un naso dritto, qualche
piccola lentiggine sopravvissuta alla sua adolescenza e poi... quella
bocca da cui Loki iniziava a far fatica a staccare lo sguardo.
«La barba
dà a un uomo
la sua importanza, tesoro» si intromise Odino nel discorso.
«Lo rende maturo. Guarda adesso Thor: sembra perfino
più
giovane di suo fratello.»
Thor per poco non si
strozzò
con il suo boccone e Loki non riuscì a trattenere un sorriso
divertito. Benché differissero in età solo di una
decina
di mesi, Thor ribadiva sempre il suo essere il maggiore, spesse volte
trattandolo come se vi fosse un secolo a dividerli. Udire quel commento
da suo padre, perciò, solleticò non poco il suo
orgoglio.
«Sai, padre,
hai ragione» disse. «Potrebbe perfino passare per
una fanciulla. Non credi?»
Odino rise e
così Frigga,
mentre Thor lo guardò con cocente livore, provando a mandare
giù dell'acqua.
*
Per tutta la durata
della cena,
Thor non aveva desiderato altro che finisse quanto prima.
Già
l'idea di ciò che lo aspettava dopo era traumatica, per di
più i suoi genitori avevano passato tutto il tempo a
prendersi
gioco di lui.
Tutto per colpa di
Loki.
Se non fosse che lo
stava aiutando, Thor gliel'avrebbe fatta pagare.
Lo seguì
quindi in silenzio fino alle sue stanze, senza però celargli
uno sguardo per nulla amichevole.
«Adesso
fatti un bagno. Io tornerò a breve» gli disse Loki
aprendo la porta e facendogli cenno di entrare.
«Dove
vai?» chiese diffidente e ancora incollerito per le sue poco
simpatiche frecciatine della cena.
Ma Loki gli sorrise in
quel suo modo enigmatico e disse: «Non vorrai andare al ballo
con quei cenci, vero, milady?»
Thor grugnì
malamente ed entrò chiudendosi la porta dietro. Neanche si
curò di non farla sbattere.
Perché suo
fratello doveva rendere le cose ancora più difficili?
Sembrava quasi si
divertisse sempre
più in tutta quella situazione. Durante la cena lo aveva
beccato
più volte a guardarlo in uno strano modo. Forse cercava di
trattenersi per non scoppiargli a ridere in faccia.
In un moto di rabbia e
vergogna, colpì il muro con un pugno e sbuffò.
Se solo fosse stato
più attento, nulla di tutto questo sarebbe stato necessario.
Si sfilò la
maglia e la
gettò a terra. Lasciò una scia di vestiti per
strada,
mentre raggiungeva il bagno di Loki che un paggio doveva aver riempito
nuovamente, e sentì subito qualcosa di insolito.
Attese un po' prima di
immergersi ma non riusciva a capire cosa fosse.
Decise così
di ignorare la
cosa e affondò nel bagno fino ai capelli. Fu allora che la
stranezza ebbe un nome: profumo.
L'acqua profumava in
maniera
diversa dal solito. Le essenze che erano state versate erano dolci,
molto dolci, speziate e quasi stordenti.
Si annusò
le mani e poi una ciocca bagnata di capelli: profumavano come quelli
delle ancelle di sua madre.
«Oh,
Loki...» brontolò in solitudine, guardando
disgustato l'acqua che lo circondava.
Perché
arrivare a tanto? Allora davvero voleva prenderlo in giro a vita?!
Non aveva tempo di
svuotare la
grande vasca e riempirla nuovamente, perciò fu costretto a
fare
il bagno nonostante quelle note profumate decisamente per nulla
maschili.
Quando quella serata
sarebbe terminata ne avrebbe dovuti fare dieci per togliersi di dosso
quell'odore.
Stette quindi nella
vasca giusto il
minimo necessario per darsi una pulita, poi uscì
avvolgendosi un
telo attorno ai fianchi e recuperandone un altro con cui asciugare i
capelli.
Loki fece proprio
allora il suo
rientro. Aveva entrambe le braccia occupate da diverse scatole, di
fatti chiuse la porta con il tacco dello stivale prima di poggiarle sul
letto.
«Cos'è
tutta questa roba?» chiese Thor, sgocciolando per la stanza
con i suoi capelli.
Provò ad
avvicinarsi al letto ma Loki lo obbligò a stare indietro,
spingendolo sul petto con una mano.
«Li
rovinerai!» lo
ammonì aprendo la scatola più grande e tirando
fuori
quello che era palesemente un vestito da donna.
Thor si
ritrovò a guardarlo
con una certa inquietudine mentre Loki lo poggiava su di una gruccia di
legno e lo appendeva poi all'anta dell'armadio.
Era di un colore
indefinibile,
sembrava bianco eppure aveva riflessi verdi, che si disegnavano sulla
stoffa solo quando la si muoveva. La gonna era lunga e ampia mentre la
parte superiore era costituita da un bustino fin troppo rigido; era
senza spalline, ma con dei veli che avrebbero avvolto le braccia fino
ai polsi. Aveva solo dei lievi ricami e poche gemme; soltanto una,
più vistosa e a forma di serpente, sostituiva la spallina
sinistra dell'abito.
Era indubbiamente un
bel vestito
che avrebbe abbracciato deliziosamente il corpo di qualsiasi fanciulla,
ma Thor non dimenticava che quel vestito lo avrebbe indossato lui, per
cui ai suoi occhi non c'era nulla di veramente bello in quel
coso.
Mentre se ne stava
ancora lì
impalato a maledirsi per la sua stupidità, Loki
aprì
anche le altre scatole, molto più piccole, che contenevano
dei
sandali di cuoio da legare alla caviglia, un lungo e sottile foulard
del medesimo colore dell'abito, e le altre, piccoli fermagli,
nastri, e qualcosa che per poco non fece urlare Thor dall'orrore.
«Non ci
pensare
neanche!» ringhiò indicando sconcertato i
cosmetici da
donna che Loki stava sistemando sulla sua scrivania. C'erano
polveri per il viso, creme per tingere labbra e palpebre, e perfino una
boccetta di profumo dall'inquietante color rosa.
Loki non pareva
ascoltare
minimamente le sue minacce, intento com'era a ordinare
maniacalmente il più piccolo diabolico oggetto che aveva
tirato
fuori da quelle scatole. Poi si voltò a guardarlo, poggiando
le
mani sui fianchi, e gli sorrise in maniera sinistra.
«Sei pronto,
fratello?» gli chiese con una strana nota nella voce che lo
fece rabbrividire.
No, non era pronto.
Nessuno poteva essere pronto per una cosa simile.
In quel momento, Thor
scoprì
di trovare un'eventuale punizione di suo padre molto più
piacevole di quello che lo stava aspettando.
Ma, purtroppo per lui,
non si poteva tornare indietro.
*
Soltanto convincerlo a
indossare il
vestito era stata un'impresa ardua, farglielo letteralmente
indossare sembrava anche più ostico.
«Vuoi stare
un po'
fermo?!» lo richiamò Loki mentre cercava di
sistemargli
l'abito attorno alle braccia. Ma Thor continuava a grattarsi da
tutte le parti e a borbottare sommessamente.
«Non mi
starà mai! Non
vedi che è troppo piccolo? Non si
chiuderà!»
brontolò ancora facendolo ricadere.
Loki lo
tirò di nuovo su, trattenendo la voglia di tirargli una
testata.
«Non
è piccolo»
affermò. «Devi solo stare fermo e lasciarmi
lavorare!» Lo disse con tono così acido che Thor
non
osò neanche ribattere. Sbuffò soltanto, guardando
alla
sua sinistra con espressione imbronciata.
Mentre gli sistemava
la stoffa
attorno al corpo, Loki percepì sempre più forte
l'odore delle essenze che aveva fatto disciogliere
nell'acqua. La pelle di Thor ne era pregna, e i suoi capelli
lasciavano folate di profumo ogni volta che scuoteva la testa. Il
contrasto fra il suo aspetto virile e quella dolce fragranza era
ipnotico.
Loki non si
stupì neanche più dei sui stessi pensieri, ormai.
«Adesso
voltati» gli intimò quando sembrava essere
riuscito a tenere su il vestito.
Thor lo
guardò riluttante ma poi si volse.
I nastri del corsetto
pendevano
sciolti e malamente intrecciati, e guardando l'ampia schiena di
suo fratello, Loki ebbe timore che avesse ragione: forse davvero aveva
preso una taglia troppo piccola. Ma qualcosa nella sua testa lo aveva
spinto a scegliere quel vestito, qualcosa lo spingeva a voler vedere il
corpo di Thor completamente stretto in quella stoffa.
Sistemò i
vari nastri in
modo che si intrecciassero perfettamente e poi prese a tirarli,
dapprima debolmente, poi sempre più forte finché
Thor non
lasciò andare un gemito.
«Accidenti,
Loki. Non riesco
neanche a respirare» si lamentò, ma Loki
continuò a
stringere attorno alla vita e all'addome. «Mi manca il
respiro, Loki!» ringhiò Thor.
«Quante
storie...» lo
sgridò lui dando ancora una stretta prima di fermare i
nastri
quando si ritenne soddisfatto dalla vista. «Avanti,
girati.»
Ma quando suo fratello
si
girò lamentando ancora la difficoltà di
respirazione,
anche il respiro di Loki sembrò mancare.
Thor aveva il viso
arrossato e si
teneva una mano all'addome. Il suo punto vita già stretto
sembrava ancora più ridotto, e la gonna scendeva dolcemente
dai
fianchi ampliandosi con eleganza fino alle caviglie.
Ma ciò che
colpì
davvero Loki fu scoprire come la scollatura del vestito fosse
effettivamente riempita. I pettorali di Thor, sempre definiti e
allenati, erano ora costretti così rigidamente nel corsetto
da
dare l'impressione di essere davvero due seni acerbi.
L'effetto ottico era
assolutamente perfetto.
«Non riesco
a muovermi»
mormorò Thor ma Loki non lo udì.
Allungò una mano
e tastò il suo petto gonfio.
«È
sorprendente...» sospirò come un pensiero a voce
alta.
Suo fratello gli
scacciò malamente la mano, arrossendo ancora più
vistosamente.
«Piantala!
È già abbastanza umiliante!»
Solo a quel punto Loki
sembrò ridestarsi, sebbene ormai la sua mente fosse
completamente rapita da quella visione.
*
Non riusciva a
respirare, non
riusciva a muoversi, anche camminare sembrava
impossibile. Quello non era un vestito da donna ma uno scafandro da
palombaro![1]
Lasciò
andare un gemito sofferente quando fu costretto a sedersi su ordine di
Loki.
Riusciva a prendere
solo piccoli e
brevi respiri. I polmoni erano così costretti che non
potevano
tenere davvero l'aria.
«Ma non puoi
allentarlo un po'?» chiese dolorante, mentre Loki afferrava
minacciosamente una spazzola.
«Devi solo
farci
l'abitudine» gli rispose iniziando a spazzolare i suoi
capelli. «La stoffa cederà leggermente e il tuo
corpo si
adatterà alle nuove condizioni.» Poi sorrise.
«Non
morirai per così poco. Tranquillo, fratello.»
Forse aveva ragione,
forse non
sarebbe morto per colpa di quel vestito, ma probabilmente sarebbe morto
di vergogna nell'attimo esatto in cui suo fratello avrebbe
intrecciato i suoi capelli con quei fermagli.
Non era capace di
parlare con
facilità e preferì evitare di farlo,
concentrandosi
più sulla respirazione. In effetti dopo un po'
sembrò più facile, anche se continuava a sentirsi
soffocare in quella stoffa.
Loki faceva scorrere
gentilmente la
spazzola, districando ogni nodo e modellando le chiome in piccole
leggere onde. Thor non aveva voluto avere di fronte uno specchio quindi
riusciva solo a scorgere i capelli che cadevano delicati sulle sue
spalle. Loki poi ne raccolse una piccola parte in alto e li strinse in
una morbida coda. Iniziò anche a intrecciare sottili ciocche
in
altrettanto sottili trecce, che Thor preferiva mille volte a quei
fermagli pieni di gemme che sostavano ancora sul canterano.
L'occhio gli cadde
anche sulle terre e sui prodotti con cui suo fratello gli avrebbe poi
dipinto il viso.
Chiuse gli occhi con
un senso di
nausea a salirgli dallo stomaco. La spiacevole sensazione era ampliata
da quel corsetto strettissimo che aveva trasformato i suoi tanto virili
pettorali in due... due...
Che vergogna!
Loki le aveva perfino
toccate e
Thor aveva sentito di voler morire in quel istante. Le dita di suo
fratello che scorrevano dolcemente fra i suoi capelli, avevano
accarezzato il suo petto con altrettanta dolcezza. Erano calde e
gentili. Quando voleva, Loki sapeva essere caldo e gentile.
Qualcosa si contorse
nel suo stomaco e prese un respiro più profondo.
«Ho quasi
fatto» lo
assicurò Loki e Thor annuì senza dire nulla. Lo
vide poi
recuperare un solo fermaglio, grande come un pollice, che
fermò
nella parte destra dei suoi capelli.
Qualsiasi cosa avesse
fatto, doveva aver finito.
Suo fratello poi lo
fronteggiò e lo studiò; aveva una strana
espressione
mentre gli sistemava ancora qualche ciocca attorno al viso e sulle
spalle.
Era difficile
decifrare i suoi
pensieri. Loki era uno scrigno senza chiave che si apriva solo se lo
voleva lui. Thor quindi guardò il suo viso e i suoi occhi,
aspettando che si posassero a propria volta nei suoi.
Il modo in cui Loki lo
stava guardando era così intenso, così forte che
no, non riusciva a capire.
«Sono
abbastanza ridicolo?» chiese con un filo di voce e suo
fratello sorrise.
«Non
ancora.» E indicò i prodotti che tanto
terrorizzavano Thor.
«A questo
punto...»
borbottò il principe maggiore mentre suo fratello dipingeva
il
suo viso con attenzione e precisione.
Ancora quelle dita
gentili, ancora quella sensazione al ventre.
«Chiudi gli
occhi» gli
disse poi Loki e Thor obbedì, sentendo qualcosa di freddo
scivolare lungo le sue palpebre e sfiorare le sue ciglia. «Ho
finito.»
A quelle parole ebbe
timore di riaprire gli occhi. Fu costretto a farlo.
Quando
incrociò quelli di Loki stavolta riuscì a leggere
qualcosa: sorpresa, stupore.
E poi c'era ancora una
luce
in quelle iridi verdi, una luce diversa, più prepotente,
tanto
da abbagliare tutte le altre e che gli fece all'istante fermare
il battito.
Desiderio.
*
Nessuna fantasia,
neanche la più sfrenata, avrebbe mai potuto competere con la
realtà.
Fu quello che Loki
pensò
quando Thor lo guardò con quegli occhi azzurri sottolineati
di
nero, con le ciglia ancora più lunghe e le guance color
pesca.
I capelli gli
ricadevano dolcemente
sulle spalle, con piccole trecce sparse, e una morbida coda che
scopriva il viso, un viso che definire bello sarebbe stata
solo
un'offesa.
Thor era assolutamente
divino. La
sua bellezza, che nessuno avrebbe mai potuto negare, era adesso
qualcosa che andava oltre; era magnetica, affascinante, deviante,
destabilizzante.
«Dammi uno
specchio» gli chiese poi suo fratello con una certa
apprensione.
Loki raccolse quindi
un piccolo specchio da tenere con due mani e glielo porse.
Quando gli occhi di
Thor
incrociarono quelli del proprio riflesso, vide la sua gola sussultare,
la bocca schiudersi e una strana agitazione sollevargli le spalle.
«Sono...
io... sono...» mormorò scostando la vista e
abbassando lo specchio con il viso arrossato.
Sei bellissimo...
avrebbe voluto dirgli ma tacque, perché la sua voce avrebbe
detto più delle parole.
«Ho
dimenticato questo»
disse invece, stringendo nella mano la tinta rosso amaranto che avrebbe
dovuto tingergli le labbra, ma che non era riuscito a usare
perché neanche il suo autocontrollo avrebbe più
retto se
avesse sfiorato quella bocca. «Non credo sia
necessario»
affermò, deciso a riporla, quando Thor lo fermò.
«No»
disse con un fiato, e Loki guardò i suoi meravigliosi occhi
scrutarlo incerti eppure audaci.
C'era qualcosa che in
una
qualche maniera stava specchiando i suoi stessi pensieri. Anche Thor
aveva trovato della bellezza in quel riflesso, ne era stato spaventato,
ne era stato rapito.
«Vuoi...?»
chiese quindi Loki mostrandogli la tinta. Thor la guardò e
annuì senza dire niente.
Il cuore di Loki
aumentò di un battito mentre intingeva il polpastrello del
suo dito sulla superficie cremosa.
Si avvicinò
quindi al viso di Thor, afferrandogli delicatamente il mento, e le sue
labbra si schiusero.
I loro occhi si
intrecciarono
mentre Loki passava la punta del dito sulla sua bocca, lasciando una
scia rosso sangue dietro sé.
Picchiettò
ancora, tingendola sempre più. Era così morbida e
calda.
Sentì il
respiro scuotergli
le spalle mentre, occhi negli occhi, continuava ad accarezzare quelle
labbra con le dita. Anche le spalle di Thor parvero abbassarsi e
sollevarsi con sempre maggiore frequenza finché i suoi occhi
azzurri non gli furono celati e Loki avvertì la punta umida
della lingua di Thor sfiorare appena il suo dito.
Non seppe dire se
fosse volontario
o meno, seppe solo che in quell'istante avrebbe voluto commettere
il più grave dei peccati, chinarsi su quella bocca, e
baciarla
fino a che ne avesse avuto la forza.
***
Note
[1]. “Quello
non era un vestito... palombaro!”
La battuta, da me leggermente modificata, è presente nel
film Un turco napoletano.
A pronunziarla è il grande Totò, il quale
utilizza il medesimo paragone riferendosi però al costume da
bagno, atrocemente casto, di una delle protagoniste.
NdA.
Eccoci al secondo atto. La metamorfosi è quasi completa e i
nostri fratellini ne stanno già affrontando gli effetti.
*UST power*
Come sempre, spero sia stata una lettura gradita.
Vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Mettete il vostro vestito migliore: si va tutti al ballo ^-*
Kiss kiss Chiara
|
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Capitolo 3 *** Atto III ***
cap3
“Primula
della sera”
[ Atto III ]
Loki
gli legò il foulard attorno al collo, cosicché
nascondesse la sua prominenza laringea. Mentre suo fratello lo
sistemava con attenzione, Thor cercava di non pensare a ciò
che
era accaduto qualche attimo prima. Era stato un momento, breve come un
sospiro, in cui un insolito istinto lo aveva colto ed era riuscito a
rientrare in sé solo quando Loki aveva terminato di toccare
le
sue labbra.
Era stato
poi silenzio
scomodo, in cui aveva temuto che suo fratello si fosse accorto di
quello che aveva provato nel sentirsi sfiorare da lui. Ma Loki era
riuscito a spezzare quell'imbarazzo spronandolo a sbrigarsi per non
giungere in ritardo da Thrymr.
Era suo
fratello, dannazione! Perché doveva sentire quei brividi?!
Tutta colpa
di quel vestito, di quella situazione.
Il riflesso
che aveva visto lo
aveva sconvolto, e Thor sapeva che era quello che avrebbe dovuto
aspettarsi, ma ciò che era stato totalmente imprevisto era
che
non si era sentito sconvolto per il ribrezzo, anzi. C'era qualcosa nel
modo in cui i suoi occhi guardavano con quella linea nera nel contorno,
c'era qualcosa nei suoi zigomi messi in risalto dalla polvere, e le sue
labbra nude... aveva desiderato fossero rosse come una bacca.
Nella sua
testa qualcosa non
stava funzionando. Quei pensieri non dovevano esistere. E poi Loki lo
aveva guardato in quella maniera e Thor si era sentito così
dannatamente bene.
Si
accarezzò la stoffa
attorno al collo e osservò ancora lo specchio alla parete
non
riuscendo a distogliere lo sguardo.
«Possiamo
andare?»
La domanda
di Loki fu come una spinta: a Thor parve di perdere l'equilibrio.
Guardò
il suo viso e annuì.
Pensò
che quel giorno non aveva perduto solo il suo martello, ma anche parte
della sua salute mentale.
*
Attraversarono
con passo
silente i corridoi. Loki aveva informato i suoi genitori che quella
sera si sarebbe recato a Thrymr, per celebrare il compleanno di suo
figlio.
Odino non
si era mostrato
molto entusiasta ma non aveva obiettato nulla. Frigga gli aveva
augurato una buona serata chiedendogli se avesse intenzione di portare
qualche fanciulla con lui. Loki, sorridendo, le aveva risposto che lo
avrebbe deciso all'ultimo.
Thor non
aveva dovuto dare
spiegazioni sul dove e con chi avrebbe trascorso la sera: per lui era
quotidiano uscire e tornare poco prima dell'alba.
Con un
piccolo incantesimo di
occultamento, Loki aveva fatto in modo che a palazzo nessuno vedesse
Thor uscire al suo fianco e lasciò mostrare la sua presenza
solo
quando giunsero dinnanzi a una carrozza, guidata da due cavalli neri e
un cocchiere seduto in attesa.
«Perché
una carrozza?» chiese Thor con un bisbiglio. Loki lo
invitò a salire senza dire altro.
Una volta
seduti sui sedili in
velluto rosso, colpì la parete tre volte e il cocchiere
prese la
via per raggiungere i cancelli e poi la strada che li avrebbe condotti
da Thrymr.
«Adesso
posso parlare o
devo stare zitto tutta la sera?» brontolò Thor e
Loki
continuò a guardare dalla piccola finestra sulla sinistra.
«Per
la sopravvivenza
della nostra copertura sarebbe bene che stessi muto ma so di chiederti
l'impossibile» rispose sarcastico e lo udì
borbottare. Non
ebbe abbastanza risolutezza per non guardarlo.
I suoi
occhi incontrarono di
nuovo quell'immagine tanto sbagliata quanto perfetta e
riprovò
ancora quell'inspiegabile calore al petto.
Thor
continuava a toccarsi
l'addome, forse provando adesso ancora più fatica nel
respirare
in quel vestito. Una smorfia infastidita piegava il suo viso rendendolo
ancora più affascinante.
«Prova
a tenere un tono
di voce alto e parla solo se necessario» gli
suggerì, e
anche Thor lo guardò con quelle insolite ciglia nere.
«Così?»
gli chiese, facendo una prova decisamente pessima.
Loki
sorrise divertito. «Più o meno...»
«Non
puoi fare un
incantesimo per cambiarmi il timbro? Non so, qualcosa del
genere.» Thor sembrò imbarazzato nel porre una
simile
richiesta ma Loki non aveva intenzione di esaudirla.
«No,
mi spiace» mentì.
Se avesse
cambiato la sua voce
avrebbe frantumato quella fantasia. Loki voleva riconoscere in Thor
quella visione, voleva sentire ed essere consapevole che di fronte a
lui, vestito con un lungo abito di seta, c'era suo fratello, con le sue
labbra tinte di rosso e i capelli d'oro intrecciati con eleganza.
Voleva
ancora sentire fra le dita quei capelli, sfiorare quelle labbra.
Prese un
lungo respiro sistemandosi il colletto della giacca nera.
Chi avrebbe
mai immaginato che
qualcosa di così importante come il recupero di Mjolnir
potesse
portare con sé degli strascichi emozionali simili.
«Dovrei
avere un nome.
Non credi?» chiese Thor, guardando a sua volta verso il
finestrino della carrozza alla sua sinistra. «Non voglio
assolutamente che qualcuno possa riconoscermi. Se dovesse accadere
arriverei a uccidere tutti i presenti senza pensarci due
volte.»
«Mi
sembra una soluzione
un po' estrema» sostenne Loki sperando di incrociare ancora
quegli occhi, ma Thor non si voltò né
ribatté.
Sembrava perso in pensieri che Loki avrebbe tanto voluto conoscere.
«Primrose»
disse poi e recuperò la sua attenzione. Thor
sbatté le palpebre scuotendo il capo.
«Scusa?»
chiese.
«Sarà
il tuo nome» rispose con un sorriso e pensò che
sì, sarebbe stato perfetto.
*
«Primrose...?»
Non è un
granché.
Loki era
sempre stato il
più fantasioso fra i due, questo Thor lo aveva sempre
saputo.
Già da bambini era Loki quello che inventava i giochi
più
divertenti e i racconti più emozionanti, nonché
le bugie
più credibili quando venivano beccati a combinare marachelle.
Quando
aveva proposto un nome così banale, Thor ne era
semplicemente rimasto deluso.
Il motivo
non sapeva
spiegarlo, in fondo era solo un nome fittizio che avrebbero dovuto
usare per qualche ora, eppure aveva quasi sperato che Loki instillasse
un po' della sua sconfinata fantasia per scegliere un nome appropriato
al viso che stava indossando.
Un altro
pensiero assurdo che andava ad aggiungersi a tutti quelli che aveva
fatto fino a quel momento.
Spostò
ancora lo
sguardo alla piccola finestra, guardando il buio che inghiottiva il
sentiero e gli alberi. Lo sollevò poi al cielo: sembrava
orfano
di stelle, ma forse era solo colpa della troppa luce che le lumiere
infondevano all'interno della carrozza. Thor non amava usarne,
preferiva cavalcare con il vento fra i capelli e le cosce premute ai
fianchi di un cavallo, ma forse Loki aveva prediletto quella scelta
perché cavalcando avrebbero potuto sciupare il vestito che
indossava.
Avrebbe
sorriso se non avesse trovato quella riflessione quasi più
imbarazzante di ogni altra.
«Esiste
un fiore molto
raro che si differenzia da ogni altro per una piccola, grande
peculiarità: sboccia solo di notte.»
Le parole
di Loki lo spinsero
a guardare ancora verso il fratello. Un sorriso dolce piegava le sue
labbra mentre teneva gli occhi a sua volta verso il buio della
vegetazione. «Ha petali gialli, simili a gocce d'oro, e
foglie di
un verde con sfumature così singolari che neanche un abile
pittore potrebbe mai riprodurre. Nasce sul finire della primavera,
così come molti altri fiori ma, nella sua
unicità, esso
sboccia soltanto sotto la luce della luna, e quando sorgono i primi
raggi del mattino appassisce e muore.» Loki
abbassò lo
sguardo e poi lo volse a lui. «Per questo suo insolito
comportamento si è guadagnato il nome di “Primula
della
sera”... Primrose.»
Thor non
seppe cosa dire,
sentiva solo il cuore stretto in quel vestito, constatando quanto suo
fratello potesse ogni volta sorprenderlo, confonderlo, affascinarlo.
«Primrose»
ripeté, stavolta con una nota calda nella voce.
«Adesso
ti piace?» gli chiese Loki con un nuovo sorriso che Thor
ricambiò.
«Mh...
può andare.»
*
Giunsero
presto dinnanzi alla dimora di Thrymr, illuminata da infinite luci.
Loki diede
uno sguardo veloce
alle altre carrozze fermate lungo lo spiazzale: dal numero, buona parte
degli ospiti doveva già essere arrivata.
Era un
bene, almeno avrebbero destato meno attenzioni.
Scese per
primo e attese che
Thor scendesse a sua volta. Diede poi ordine al cocchiere di attendere
lì poiché non si sarebbero intrattenuti molto.
L'uomo
annuì e restò seduto a governare i cavalli che
poterono
riposare.
«Quanta
gente ci sarà?» chiese Thor e dalla sua voce
trapelò la sua agitazione.
«Molta,
per nostra fortuna» rispose porgendogli il braccio che suo
fratello strinse senza riluttanze.
Il passo
era lento,
perché Thor non aveva avuto modo di familiarizzare molto con
l'abito, ma Loki non poté lamentarsi.
Gli piaceva
quella presenza
calda contro il fianco, il profumo che emanavano la pelle e i suoi
capelli, le luci che si riflettevano sulle gemme del vestito e sulla
tinta lucida delle sue labbra.
Gli piaceva
percepire la sua incertezza, il suo bisogno di averlo lì.
Loki
sentiva le dita di Thor stringere con forza il suo braccio e avrebbe
solo voluto che non lo lasciasse andare più.
Si
avvicinarono sempre più all'entrata quando il passo si
arrestò su volere di suo fratello.
«Loki»
sospirò. «Se venissimo scoperti...»
«Non
accadrà.» Provò a tranquillizzarlo ma
quando Thor
lo guardò capì che non erano parole di incertezza
ma
altro.
«Se
verremo scoperti, ucciderò ogni uomo e donna presente in
quella sala e tu non dovrai fermarmi. Chiaro?»
Era un
monito, una minaccia, un gelido giuramento.
Loki
conosceva l'indole e la
foga di suo fratello e altresì conosceva la sua
caparbietà nel mantenere la parola data.
Se Thor
avesse mai deciso di fare una carneficina, sapeva che non avrebbe
potuto fermarlo.
Vedere gli
occhi decisi e irremovibili brillare su quel viso portò Loki
a tacere ogni parola.
Annuì
soltanto in un muto accordo e sperò che davvero nessuno
scoprisse nulla.
*
La sala era
affollata, i
musici intonavano melodie che molti ballavano. I banchetti erano colmi
di ogni cibaria e vino. C'erano ancelle vestite in modo elegante e
giovini di bell'aspetto, altrettanto abbigliati, che si aggiravano fra
gli ospiti con vassoi e brocche.
Thor si
guardò intorno,
riconoscendo molti di loro, e sentendo dentro sé la vergogna
per
come si mostrava adesso il suo aspetto che pareva per qualche attimo
aver dimenticato.
Cercò
subito Thrymr ma
non riusciva a scorgerlo. Serrò i pugni con rabbia,
dimentico
che il destro teneva l'avambraccio di Loki.
«Vuoi
forse stritolarmi?» Si sentì ammonire da
quest'ultimo e allentò la presa con un sospiro.
«Come
facciamo a trovarlo?» chiese continuando a cercare.
«Lascia
fare a me, tu fa' silenzio e sorridi.»
Thor
però non aveva molti motivi per farlo e quindi
preferì limitarsi a tacere.
«Loki!»
urlò qualcuno, e Thor vide una figura svincolarsi fra la
folla e
raggiungerli: era Bergfinnr, figlio di Thrymr nonché
festeggiato.
In mano
teneva una coppa
d'oro, e il viso arrossato dimostrava che non era la prima che beveva.
Portava come sempre i capelli castani appena sulle spalle e gli occhi
bruni erano lucidi.
«Amico
mio! Ho atteso tanto di vederti arrivare.»
Bergfinnr
letteralmente si
gettò addosso a Loki, e Thor riuscì a spostarsi
giusto
prima che rovesciasse il vino sul suo vestito che andò
invece a
fluire sul pavimento.
Era il
solito imbranato!
Bergfinnr
era un ragazzone
alto e robusto, molto più di Thor, che all'apparenza poteva
incutere timore ma con cui bastava scambiare una sola parola per
accorgersi di quanto diverso fosse in realtà. Era un
ingenuo;
Thor non sapeva dire se fosse anche un codardo.
Lui e
Bergfinnr non si erano
mai frequentati molto, un po' per via del suo retaggio, un po' per
semplice incompatibilità di caratteri, e Thor era abbastanza
sicuro che non avrebbe mai potuto riconoscerlo con quell'aspetto.
«Auguri
di un buon
compleanno, Berg» lo salutò Loki, mostrando un
sorriso che
Thor si chiese quanto fosse sincero. Gli mise poi una mano sulla spalla
con fare gentile e Bergfinnr lo ringraziò. «Volevo
presentarti Lady Primrose, che mi ha gentilmente
accompagnato.»
Non
comprese il perché
di quella decisione e si ritrovò a indispettirsi nei
confronti
del fratello. Nel frattempo Bergfinnr aveva spostato l'attenzione su di
lui e sembrava essersi accorto della sua presenza solo in quel momento.
Da come lo stava guardando non era un bene.
«L-lady
Primrose, è un onore conoscervi.»
Thor si
limitò a un cenno del capo e guardò malamente
Loki che continuava a sorridere come nulla fosse.
«Lady
Prim è
molto timida, Berg» giustificò Loki il suo mutismo
e Thor
cercò di non guardarlo troppo sgarbatamente.
«Oh,
lo comprendo. Anche
io sono timido.» Sorrise ancora Berg con un rossore sulle
guance
che a Thor non piacque per nulla. Poi si udì qualcuno
chiamare
il nome dell'erede d Thrymr e il ragazzo si scusò per poi
allontanarsi. Thor non poté esserne più grato.
«Mi
spieghi a cosa serviva tutta quella pantomima?»
borbottò contro l'orecchio di Loki.
«Era
per dare
solidità alla nostra recita» gli rispose.
«Stai
tranquillo, tutto sta andando bene.»
Ma Thor non
riuscì a
farsi contagiare dalla sua sicurezza. Scorse un banchetto poco
affollato e vi si diresse, bisognoso di qualcosa da bere. Si fece
colmare un calice di birra e lo buttò giù tutto
d'un
fiato per poi chiederne un altro.
«Datti
un contegno. Non vorrai mangiarti anche un bue intero?!» Suo
fratello subito lo raggiunse per riprenderlo.
«Se
avrò fame, lo
farò!» ribatté lui, cercando di tenere
la voce
bassa. Per sua fortuna la musica risuonava alta nella sala, il che
rendeva difficile udire perfino le parole del vicino. Infatti Loki
poggiò quasi le labbra contro il suo orecchio per dirgli di
non
esagerare troppo con birra e vino. Le
fanciulle non bevono così tanto.
Thor
sbuffò e lasciò il calice sul bancone.
«Non
credi sia tempo di cercarlo?» chiese poi al fratello, ma Loki
sorrise porgendogli il palmo.
«Prima
balliamo.»
Si
sentì arrossire; quella proposta e il vino non erano stati
una buona combinazione.
«Ma
cosa ti salta in
testa?!» chiese con voce forse troppo acuta sebbene nessuno
parve
farvi caso, tanto intenti erano ad ascoltare i liuti e le arpe.
«Dobbiamo
dimostrarci
degli ospiti allegri che non hanno secondi fini»
spiegò
Loki afferrandogli la mano e trascinandolo letteralmente verso la pista
da ballo in cui danzavano elegantemente altre coppie.
«Più
si ostenta, più si cela» disse ancora,
avvolgendogli
l'altro braccio attorno alla vita.
Thor rimase
indeciso sul da
farsi perché proprio non gli andava di mettersi sotto gli
occhi
di tutti, soprattutto non gli andava di essere così vicino a
suo
fratello, non dopo ciò che stava per accadere nella sua
camera.
Loki gli
diede allora uno
strattone facendo aderire i loro ventri e Thor si ritrovò a
deglutire e poggiare la mano sulla sua spalla.
«Ti
guido io» sussurrò Loki contro il suo orecchio
facendolo quasi rabbrividire.
«Ti
odio»
brontolò Thor e chiuse gli occhi qualche attimo, per
controllare
cuore e respiro. Quel vestito stretto e tutti quegli sguardi erano come
un cappio.
Per sua
fortuna era una melodia molto soave che non obbligava un grande sforzo
nel danzarla.
L’ascoltò
intensamente, lasciandosi tranquillizzare dalle leggiadre note e dal
calore di Loki. Riaprì le palpebre guardando il viso di suo
fratello a un palmo dal proprio: Loki lo stava guardando ancora con
quella luce.
*
Loki
osservò la sala, ogni singolo ospite, e finalmente scorse
Thrymr, intento a parlare con un uomo panciuto.
Mostrava
un'espressione calma
ma al contempo estasiata, e lui sapeva bene che il motivo era ben
diverso dal compleanno di suo figlio.
Thor gli
pestò un piede ed era più che sicuro non lo
avesse fatto per sbaglio.
Tornò
a guardarlo e ancora una volta si chiese perché si sentisse
così.
«Quando
andremo a cercare Mjolnir?» brontolò suo fratello
imbronciando le belle labbra.
«Tempo
al tempo» gli rispose, inebriandosi della sua vicinanza.
Stava
barando, stava
volutamente rubando quel momento solo per suo personale godimento. Non
vi erano motivi di altra natura, solo il desiderio di tenere quel corpo
premuto contro il suo.
Come poteva
la mente di un uomo scivolare in così oscuri meandri nel
giro di pochi respiri?
Quel
mattino Thor era il suo
fratello amato, testardo e chiassoso che non ascoltava mai e che doveva
tirare fuori dai guai ogni tre per due, e adesso era una creatura che
portava il nome di un fiore raro, stretto in un abito da donna,
pettinato come una donna, dipinto come una donna ma che conservava la
tempra e l'ardore di quell'amato fratello.
Oh, Norne,
nessun sortilegio avrebbe potuto fare di più.
Avvicinò
il viso al suo e gli sfiorò la guancia con la propria,
quella guancia calda e morbida.
«Thrymr
è qui» gli sospirò contro i capelli.
«Dove?»
Sentì
anche il fiato di Thor scaldargli la pelle.
«Alla
tua sinistra ma non voltarti.»
«Cosa
facciamo?»
chiese Thor con tono basso e roco, e Loki per un frangente chiuse gli
occhi, incapace di combattere quella sensazione.
Non ne
aveva la forza, non ne aveva l'intento.
Fu
così che gli accarezzò la schiena con la mano.
«Fratello»
sospirò poi contro il suo orecchio, fra le dolci note.
«Hai mai sentito il bisogno di perderti?» gli
chiese,
sfiorandogli una guancia con le labbra e sentendolo respirare con
sempre più difficoltà fra le sue braccia.
«Hai mai
sentito il desiderio di cadere nel più nero degli abissi...
e
goderne?»
«Loki...»
La voce
di Thor tradì quella stessa emozione e fu allora che Loki
gli
poggiò un bacio all'angolo della bocca, proprio mentre la
melodia giungeva al termine con un gran fragore di applausi.
*
L'arrivo di
Bergfinnr sembrò quasi una manna.
Dopo
ciò che Loki aveva
detto, dopo ciò che aveva fatto, il modo con cui lo aveva
stretto, Thor salutò l'intrusione del giovane come una
benedizione. Riuscì così ad allontanarsi dal suo
abbraccio ustionante ed evitò di guardarlo in viso.
«Berg!»
Anche Loki sembrò paradossalmente riflettere quel sollievo.
«Loki,
io... volevo fare
un brindisi con te» disse Bergfinnr, e Thor notò
solo
allora le sue mani che stringevano due calici. «Ma forse sono
stato scortese. Non volevo disturbare e – oh, buon cielo, non
ho
preso da bere per voi, Lady Primrose! Perdonatemi, ve ne
prego.»
Il ragazzo si chinò più volte, umilmente, come
non fosse
stato il figlio erede di una grande dinastia ma l'ultimo dei servi.
Se avesse
avuto meno trambusto nel suo animo, Thor avrebbe trovato la cosa quasi
tenera.
«Non
crucciarti,
Berg» lo tranquillizzò Loki.
«Andrò io a
prendere da bere. Tu tieni pure compagnia alla mia signora.»
Thor fu
obbligato a guardare
in viso suo fratello ma non vi trovò altro che un sorriso
dei
più studiati, una maschera di abile controllo che non
avrebbe
mai potuto eguagliare.
Poi Loki si
allontanò, sparendo fra la folla, e Thor si sentì
tutto d'un tratto in equilibrio.
Loki non
avrebbe dovuto lasciarlo da solo! Non poteva lasciarlo solo!
Si sentiva
monco senza di lui al suo fianco, si sentiva scoperto, nudo.
«Vi
state divertendo,
Lady Prim? Posso chiamarvi Lady Prim?» gli chiese poi
Bergfinnr,
volgendo però lo sguardo altrove, imbarazzato per la sua
stessa
domanda.
Thor non
sapeva cosa
rispondere, non sapeva neanche se poteva farlo. La sua voce lo avrebbe
potuto tradire e, una volta saltata la copertura, ci sarebbe stata solo
una cosa da fare.
Così
annuì
soltanto, rispondendo al sorriso del giovane con qualche incertezza.
Non gli piaceva trovarsi in quella situazione, soprattutto non gli
piaceva il modo in cui il figlio di Thrymr lo guardava. Era quasi lo
stesso di Loki, solo più pudico, più timido.
Gli
tornarono in mente le
parole che suo fratello gli aveva sospirato all'orecchio, il calore
delle sue labbra, il desiderio che aveva percepito nella sua voce.
Immediatamente
si sentì
accaldare il viso e si umettò le labbra sentendo sulla
lingua il
sapore dolce della tinta che le copriva.
«Lady
Prim?» Si ricordò solo allora della presenza di
Bergfinnr. «Volete concedermi un ballo?»
Se avesse
avuto il suo
martello gli avrebbe fracassato il cranio per quella richiesta! Ma
Mjolnir non era nella sua mano, era altrove, in quella casa e...
Riuscì
a capire solo
allora il perché dell'allontanamento di Loki. Lo
cercò
nella folla senza scorgerlo. Era di certo sulle tracce dell'arma.
Con gli
occhi vide Thrymr che
beveva in compagnia di qualche donna. Se restava nella sala avrebbe
avuto modo di tenerlo sotto controllo e Loki avrebbe potuto cercare
indisturbato Mjolnir.
Non c'era
altra alternativa; doveva usare anche lui un po' di ingegno.
Guardò
Bergfinnr e, sebbene riluttante, annuì alla sua richiesta e
gli porse la mano.
Il giovane
poggiò i
calici su un tavolo e la raccolse con un sorriso impacciato. Gli
avvolse l'altra in vita e prese a muovere i primi passi seguendo la
musica.
Era
più alto di Thor e
la cosa non gli piaceva, ma nonostante la sua imponenza fisica, lo
teneva fra le braccia con un'insospettata delicatezza, lasciando una
certa distanza fra i loro ventri. Non sapeva se fosse per via della sua
timidezza o per rispetto verso Loki, credendolo di fatti la sua
compagna.
Mentre
danzavano in silenzio,
Thor si guardava in giro per verificare che Thrymr fosse ancora nella
sala. Per fortuna era ancora lì.
«Sapete,
Lady Prim, non
ho mai veduto una fanciulla come voi» disse poi Bergfinnr.
«Siete forse una delle famose Valchirie del Re
Odino?»
Preso alla sprovvista da quella domanda, Thor annuì e il
ragazzo
sorrise soddisfatto. «Oh, lo sapevo! Un giovane come Loki non
avrebbe potuto amare una fanciulla comune.»
Non
comprese quella frase ma si sentì ugualmente in imbarazzo.
Scostò
lo sguardo e tornò a concentrarsi su Thrymr, ancora occupato
a far conversazione.
La musica
sembrava non voler
più cessare e lui non sopportava più di dover
stare
lì, a fare la bambola di pezza fra le braccia di quel
colosso di
Bergfinnr.
«Spero
che Loki non si
indispettisca per la mia sfacciataggine nell'avervi invitato a
ballare» mormorò il giovane, seriamente
impensierito.
Berg doveva
considerare suo
fratello davvero un amico, mentre era chiaro che per Loki quel ragazzo
non aveva poi troppa importanza.
Thor si
sentì triste. Loki sapeva essere crudele e gelido se voleva,
sapeva ferire e far male.
Suo
fratello aveva un'anima
con mille facce, di alcune delle quali forse perfino lui ignorava
l'esistenza, alcune che potevano far paura.
Risentì
le sue mani, le sue labbra, il suo respiro.
Il desiderio di cadere nel
più nero degli abissi... e goderne.
Dovette
scostarsi bruscamente da Bergfinnr non riuscendo più a
sopportare il suo abbraccio.
«Lady
Prim, va tutto
bene?» Thor non perse neanche tempo a rispondergli che si
avventò prima su un calice di vino e poi sull'altro.
«Oh... siete alquanto assetata, milady.»
«Un
vizio che non sono riuscito a farle togliere.»
La voce di
Loki saltò fuori dal nulla e Thor si sentì
inghiottire dai suoi occhi.
*
Aveva
approfittato
dell'intervento di Bergfinnr per poter indagare in pace, ma anche per
allontanarsi da Thor, la cui vicinanza stava mettendo a dura prova ogni
sua razionalità.
Lontano
dalla sala era
riuscito a raccogliere una piccola quantità di seiðr
così da poter rintracciare Mjolnir. Non era stato semplice
perché aveva dovuto centellinare ogni goccia di energia per
impedire che Thrymr lo avvertisse.
Era
riuscito però a
percepire l'essenza dell'arma in un luogo fuori dal palazzo e, seguendo
la scia emanata dalla sua forza mistica, era giunto nei pressi delle
stalle. Si era guardato intorno: la zona era priva di guardie, tutte
impegnate a controllare ciò che accadeva al ballo.
Era quindi
entrato nella
stalla e Mjolnir era lì, coperto da un cumulo di paglia, fra
il
nitrire dei cavalli e l'olezzo del loro letame.
Aveva
dovuto dare atto a
Thrymr di aver scelto un luogo perfetto per celarlo, così in
bella vista che nessuno avrebbe mai pensato di cercarvi.
Aveva anche
allungato la mano e provato a sollevarlo ma niente, non si era mosso di
un pollice.
Non che si
fosse mai aspettato il contrario.
Coperta di
nuovo l'arma, era
quindi tornato al ballo dove aveva scorto da lontano Berg ballare con
Thor. Se dapprima la cosa lo aveva divertito, successivamente aveva
provato un senso di fastidio.
La mano di
Berg sulla schiena
di Thor, l'altra stretta attorno alle sue dita, la vicinanza,
l'imbarazzo sul viso di suo fratello, le sue guance arrossate.
Aveva
stretto forte i pugni ed
era scivolato fra la folla come una serpe scivola fra l'erba. Era
giunto quando Thor stava tracannando del vino senza troppa grazia.
«Loki!»
Berg
sembrò allarmato dal suo arrivo ma Loki dedicò
tutta la
sua attenzione a suo fratello. «Ho invitato Lady Primrose a
un
ballo, spero non ti dispiaccia.»
«Se
non è
spiaciuto a lei, non vedo come possa dispiacere me» rispose
con
un sorriso velenoso, a voler intendere bel oltre le parole. Berg ne
approfittò per allontanarsi e lasciarli soli e Thor ne
approfittò invece per bere ancora.
«Si
può sapere
dove ti eri cacciato?» lo interrogò con occhi di
fiamme.
«Mi sono dovuto subire il tuo “amico” e
le sue
lusinghe indigeste.»
«L'ho
trovato» affermò sintetico, vedendo poi la sua
gola sussultare.
«Dov'è?»
gli domandò Thor, avvicinandosi al suo viso con ansia.
«Nelle
stalle» rispose. «Adesso possiamo prenderlo e
andarcene.»
Guardò
il suo viso ancora una volta prima di voltarsi e prendere l'uscita,
sapeva che Thor lo avrebbe seguito.
Sapeva
anche che non avrebbe più potuto resistere.
***
NdA.
In primis, la spiegazione di Loki sul fiore che dà il titolo
alla fic è più o meno veritiera, ho aggiunto solo
qualche
piccolo dettaglio romanzato.
Per Thor ho preferito scegliere il nome Primrose (dall'inglese
“Evening Primrose”) invece di Primula
perché in
italiano mi faceva semplicemente defecare.
Btw la serata sta per finire, Mjolnir è stato ritrovato e
intanto i nostri due fratellini sono sempre più confusi da
ciò che sentono.
Cosa accadrà adesso?
Tutte le risposte nel prossimo audace capitolo con il quale si
concluderà la nostra piccola avventura in cipria e rossetto.
Ringrazio ancora tutti coloro che la stanno seguendo. Sono conscia del
suo essere una storia un pochino particolare, per questo vi ringrazio
sinceramente di cuore per averle dato una chance ❤
P.S. Ho in programma un seguito, una semplice OS, che con ogni
probabilità dovrò pubblicare altrove per ovvie
questioni
incestuose. Nel caso, vi terrò informati ^-*
P.P.S Durante tutta la sequenza della festa, c'è stata una
canzone meravigliosa che mi ha accompagnato e che volevo ascoltaste
anche voi. La trovate QUI.
Vi consiglio di ascoltare l'intero album in quanto è
assolutamente incantevole.
Kiss kiss Chiara
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Capitolo 4 *** Atto IV; Atto V ***
cap4
“Primula
della sera”
[ Atto IV ]
L'aria
fresca dei giardini fu una carezza più che piacevole sul
viso
accaldato. Thor camminò lesto, dietro i passi di suo
fratello,
mentre si allontanavano dalla caotica sala. C'era qualche altro ospite
che passeggiava sorseggiando del vino o cercando di abbordare una
giovane ancella.
La lunga
veste iniziava a
essere d'intralcio ed ebbe l'istinto di tirarla su, anche se in quel
caso avrebbe messo in mostra due gambe davvero poco femminili, ma era
abbastanza buio e forse-
«Aspetta!»
disse
poi Loki, arrestando il passo mentre guardava alla sua sinistra. Thor
non ebbe il tempo di chiedere nulla ché si sentì
afferrare un polso e trascinare verso l'ombra di un grande albero.
«Cosa
succede?» riuscì finalmente a domandare quando si
ritrovò spalle alla corteccia.
Loki
continuava a tenere lo
sguardo altrove e la fronte corrugata in chissà quali
pensieri.
Thor, i suoi cercava di tenerli ben chiusi nel luogo più
remoto
della testa. Non poteva dar loro ascolto altrimenti avrebbe combinato
un casino ben più grave della perdita di Mjolnir.
«C'è
Thrymr» sospirò poi Loki, e lui si spinse con il
capo
oltre il tronco per accertarsi delle sue parole.
«Ma
dove? Non lo vedo.»
«È
sulla terrazza ma smettila di guardare altrimenti si
insospettirà.»
Riuscì
a scorgere il
viso dell'uomo solo un attimo, prima che Loki gli afferrasse poco
gentilmente il mento per fargli riportare lo sguardo su di lui.
Thor
scacciò subito quelle dita per non abituarsi al loro tocco.
«E
adesso? Cosa
facciamo: restiamo qui e aspettiamo che vada via?»
brontolò cercando di leggere sul volto di suo fratello. Loki
prese un lungo respiro e si morse le labbra con avvilimento.
«È
l'unica
alternativa» gli rispose guardandolo, e Thor non
capì
perché provasse quel disagio nel trovarsi sotto i suoi
occhi.
Oh, menzogne... Lo capiva bene, ma non voleva accettarlo. «Se
anche facessi un incantesimo per celarci, Thrymr potrebbe accorgersene
e allora tutto questo sarebbe stato inutile.» Nel dirlo
sfiorò il foulard che stringeva la sua gola e Thor
deglutì, sentendolo quasi troppo stretto. «Appena
rientra
andremo nelle stalle.» Ancora le sue dita sulla stoffa,
ancora i
suoi occhi di fiamme verdi.
Thor non ne
poté più e gli bloccò un polso con
presa decisa.
«Smettila»
ordinò serio e lo vide sorridere con finta innocenza.
«Di
fare cosa, fiorellino?»
«Di
giocare.» Gli lasciò andare il polso e
poggiò
la nuca contro il tronco con un sospiro stanco. «Smettila di
giocare con me, Loki.»
Smettila di confondermi.
Smettila di stordirmi.
Smettila di tentarmi...
Thor non
era riuscito
più a tenere quell'inquietudine nel petto. Conosceva bene il
piacere che suo fratello provava nello stuzzicare e provocare le
persone, qualsiasi ne fosse il motivo, e spesso Thor stesso ne era
divertito, ma non adesso. Adesso voleva solo che Loki non lo guardasse
in quel modo, che non gli facesse sorgere domande e istinti che
sarebbero stati soltanto raccapriccianti e immorali.
Il sorriso
di Loki
sfumò ma quello sguardo restò incatenato nel
fondo dei
suoi occhi e, allo stesso modo, Thor si sentiva incatenato contro quel
tronco umido.
«Credi
che sia un gioco?» gli chiese poi, con tono fin troppo serio.
«E
cos'altro,
allora?!» ribatté lui per non udire, per non
vedere oltre.
«Cosa volevi dire prima, con quella frase stupida?... Ti
diverte
tanto che sia conciato così, vero?» C'era rabbia
nella sua
voce, imbarazzo, vergogna, paura. Ringhiò una domanda dietro
l'altra eppure non era in grado di accettare le risposte.
Sperò
che Loki non
rispondesse ma lo fece, e rispose nel peggior modo possibile. Quella
risposta semplicemente lo paralizzò, perché Loki
spinse
il viso contro il suo, lo schiacciò con il suo corpo e con
tutto
il suo desiderio, e Thor sentì il respiro smorzarsi
nell'avvertire l'eccitazione di suo fratello premere contro di
sé.
«È
un gioco, Thor?» sospirò poi sulle sue labbra.
«Credi che sia ancora un gioco?»
«Loki...»
I
respiri gli scossero le spalle, bloccati da quella gabbia di stoffa.
«Questo è sbagliato. Tutto!
Noi–»
«Pensi
che non lo
sappia, fratello?» Thor sentì le sue dita
sfioragli i
capelli e la guancia, sentì la fronte posarsi sulla sua, il
respiro caldo bruciare la sua bocca. «Ma lo vuoi anche
tu.»
Il cuore
martellava selvaggio, conscio del baratro da cui si sentiva attratto.
«No,
ti sbagli»
mentì, non potendo però allontanarsi da lui che
sorrise
sfiorandogli la bocca rossa con le dita.
«Ti
piace»
affermò Loki. «Te l'ho letto negli
occhi» disse
ancora, incastrandolo con forza contro quel tronco. E a Thor sarebbe
bastata una semplice spinta per allontanarlo eppure restò
lì, sotto il suo peso, sotto i suoi occhi, sotto quelle
verità che lo stavano facendo bruciare di vergogna come non
mai.
«Io
non sono uno sporco ergi»
ringhiò con rabbia, percependo il corpo rispondere con
propria
volontà a tutta quella situazione, senza che potesse
impedirlo.
«Oh,
non è quello
che ho detto» sospirò ancora Loki, stavolta
sfiorando la
bocca con la sua. E gli occhi di Thor automaticamente si chiusero.
«Perché
mi stai
facendo questo?» chiese inerme, vinto da quelle assurde
pulsioni,
mentre afferrava i fianchi di suo fratello per tenerli contro i suoi.
Nel buio delle sue palpebre sentì le labbra di Loki
baciargli
una guancia e scendere lentamente fino al mento, sentì la
sua
lingua inumidirlo e non trattenne un gemito.
«Perché lo stai facendo tu a me, Thor?»
A quella
calda accusa schiuse la bocca finché non trovò
quella di Loki. E si lasciò cadere.
*
Ciò
che aveva
desiderato, quella brama assurda che lo aveva soffocato, era adesso
esplosa come un incendio, e Loki baciò quella bocca come se
ne
andasse della sua stessa vita.
Affondò
le dita fra i
capelli biondi mentre avvertiva le mani di suo fratello stringere i
suoi fianchi con forza tale da lasciargli neri lividi.
Gemette
contro quelle labbra
morbide e calde, godendo di un bacio ruvido e virile come non ne aveva
mai dati o ricevuti. Perché Thor era tempesta in tutto e,
per
Hel, avrebbe voluto essere flagellato da quell'impeto.
Avrebbe
voluto alzare quella
gonna e portare una mano fra le sue cosce per sentirlo ansimare
disperato nella sua bocca; avrebbe voluto spingerlo in ginocchio e
sentire quelle labbra rosse che lo stavano divorando, strappargli via
ogni decenza e pudore.
Si
ritrovò a riprendere fiato, vittima di quelle fantasie e di
quel forte desiderio.
Anche Thor
respirò con
affanno contro di lui. «Cosa stiamo facendo, Loki?»
gli
chiese con occhi così lucidi e neri che Loki non seppe non
baciarlo ancora e poi ancora.
«Non
lo so» rispose, e di nuovo un bacio. «Non lo so,
Thor.»
«È
sbagliato...»
«Sì,
lo è.»
Ma nessuno
dei due riuscì a tirarsi indietro.
In quel
momento aveva
dimenticato il dove fossero, il perché fossero
lì; Loki
aveva dimenticato che la persona che stava baciando con passione era il
suo stesso fratello, con il quale era nato e cresciuto, con il quale
aveva condiviso giochi e rimproveri, sbagli e conquiste.
È Thor...
è mio fratello. Cosa sto facendo?
Fu una
frustata dritta alla schiena.
Si
allontanò dalle sue
labbra e cercò di recuperare il respiro mentre Thor lo
guardava
con il riflesso della sua stessa paura e inquietudine, con il rosso che
ormai si era sciolto in un tiepido rosa e che aveva macchiato anche il
contorno della sua bocca. Loki sapeva di essere nella stessa condizione
e si pulì le labbra con le dita.
«Dobbiamo
recuperare Mjolnir» affermò, provando a mettere da
parte ogni altra emozione.
Thor lo
guardò incerto
qualche attimo e poi annuì. «Hai
ragione» rispose
con un sospiro, lasciando andare i suoi fianchi e pulendosi a propria
volta le labbra con il dorso della mano, senza però riuscire
a
mandare totalmente via la tinta, la quale lasciò un debole
alone
rossastro sul contorno della sua bocca.
E Loki la
rivoleva, voleva sentirla ancora ma...
No, era
sbagliato.
È sbagliato!
...
Thrymr
intanto non era più sulla terrazza.
Era il
momento.
Non c'era
più tempo per altro, non doveva esserci altro.
«Andiamo»
ordinò senza voltarsi, prendendo la via per le stalle e
sentendo
i passi di Thor dietro di sé.
*
Mjolnir era
lì, sepolto
dalla paglia, e Thor lo afferrò senza esitare. Lo
sollevò
come sempre, privo di sforzi, e guardò la testa ferrata non
sentendo il sollievo che avrebbe dovuto.
Lo avevano
recuperato, la missione era andata a buon fine. Non restava che tornare
a palazzo e rimetterlo sul suo piedistallo.
Nessuno
avrebbe saputo, né Odino né alcun altro, e Thrymr
avrebbe dovuto tacere per sempre la sua colpa.
Potevano
far finta che quel giorno non fosse mai esistito.
Ma come
poteva?
Come poteva
Thor dimenticare
ciò che era accaduto? Come poteva dimenticare di aver
desiderato
e baciato il proprio fratello senza decenza?
Come poteva
dimenticare quella passione?
Sarebbe
anch'essa sopravvissuta all'alba o sarebbe sfiorita come quel raro
fiore?
«La
carrozza ci aspetta.»
Loki
attendeva all'entrata della stalla, con una maschera di controllo sul
viso che Thor invidiava.
Annuì
e lo seguì stringendo l'elsa della sua arma, chiedendosi se
era ancora degno di poterla impugnare.
*
Durante il
viaggio in carrozza nessuno parlò.
Loki
guardò la piccola
finestra, Thor tenne gli occhi fissi sul suo martello, ma di tanto in
tanto li percepiva su di sè.
Non si
voltò mai.
Tacque,
represse. Inghiottì.
Arrivati a
palazzo si
diressero alla Sala delle Reliquie e bastò un piccolo
incantesimo per distrarre le guardie e permettere a Thor di rimettere
al proprio posto Mjolnir.
Quando lo
vide risalire le scale a mani vuote, seppe che erano riusciti nel loro
intento.
Adesso si
doveva solo dimenticare.
*
Camminarono
nel corridoio.
Passi pesanti ma lenti. Camminarono ognuno diretto alla propria stanza
che distanziava dall'altra di pochi metri.
Loki fu il
primo a stringere la maniglia e Thor sentì la voglia di
chiamarlo salire in gola.
«Loki?»
sospirò, e suo fratello impiegò qualche attimo
prima di
voltarsi. I suoi occhi non parevano guardarlo davvero.
«Grazie» disse Thor per dovere. In
realtà voleva
chiedergli altro, voleva chiedergli come avrebbe dovuto sentirsi
l'indomani, se avrebbero dovuto riparlare di quanto successo, se
sarebbe mai accaduto ancora, se...
Se...
Se...
«Buona
notte,
fratello.» E con quel freddo saluto Loki lo
congedò ed
entrò nelle sue stanze chiudendo la porta.
Thor
guardò il legno intarsiato, la maniglia d'oro.
Voleva
bussare. Voleva chiamarlo ancora.
Invece
prese il passo verso la sua camera, vi entrò e
lasciò andare un sospiro.
Nei suoi
occhi rivedeva le
lumiere della carrozza, risentiva la musica del ballo, e poi le mani di
Loki, i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo, il suo desiderio.
Si
sentì soffocare.
Tossì
più volte e tirò via quel foulard.
Afferrò
il fermaglio che teneva fra i capelli e lo lanciò lontano,
senza badare a dove cadesse.
Voleva
levarsi quella roba di
dosso e dalla faccia. Voleva fare un bagno per togliersi quel profumo,
voleva raschiare via dalla pelle quei brividi, quelle sensazioni.
Voleva strapparsi quella stessa pelle calda che lo faceva vergognare di
se stesso.
Afferrò
con
difficoltà i nastri del vestito e letteralmente
lì
strappò con forza, sentendo i polmoni gonfiarsi quando
l'abito
cadde a terra.
Si
accarezzò l'addome e poi il petto, rabbrividendo per quelle
memorie ancora vivide.
Calciò
via i sandali e la stoffa e sciolse i capelli.
Camminò
verso il bagno, pronto a riempiere la grande vasca, quando i suoi occhi
incrociarono quelli del suo riflesso.
Un conato
gli salì dallo stomaco.
Si
avvicinò al canterano poggiandovi una mano mentre l'altra
sfiorava il viso.
Era nudo,
con i capelli
scompigliati, gli occhi sbavati di nero. Le labbra ancora macchiate di
rosso, pallido e sporco, come la bocca di una volgare cortigiana.
Si
toccò quella bocca e gli occhi si inumidirono di rabbia.
Chi era il
ragazzo che stava
guardando? Chi era quel ragazzo che stava tremando spaventato, che si
stava trattenendo per non far scivolare lacrime nere sulle guance, che
si toccava le labbra desiderando che fossero le dita di qualcun altro a
farlo?
Dov'era il
guerriero feroce? Dov'era lo scapestrato figlio di Odino sempre troppo
avventato?
Dov'era il
principe che
avrebbe dovuto proteggere e guidare il proprio fratello invece di
lasciarsi vincere da squallidi istinti?
Dov'era
Thor adesso?
Non
riusciva a trovarlo in quel riflesso, non sapeva se sarebbe mai
più riuscito a trovarlo.
*
Il letto
era freddo eppure Loki sentiva caldo.
Calciò
via il lenzuolo
ma non servì. Sfilò la maglia e la
gettò lontano
ma neanche questo fu di aiuto.
Aprì
le palpebre nelle ombre della stanza. Non era riuscito a prendere
sonno, chissà se vi sarebbe riuscito.
Si
passò una mano sul viso e prese un profondo respiro.
Lui era sempre
lì, nel fondo dei suoi occhi, dentro le sue orecchie, sulla
sua pelle.
Thor era
lì, con il suo calore e i suoi gemiti, con il suo profumo e
la sua irruenza.
Loki non
sapeva mandarlo via.
Si
girò su un fianco serrando le palpebre.
Le labbra
rosse, l'azzurro sciolto dei suoi occhi, l'oro dei capelli... quelle
mani sui fianchi.
Quando si
era spogliato li aveva visti: piccoli lividi violacei, proprio dove le
sue dita lo avevano tenuto stretto.
E Loki si
era chiesto se anche
le sue cosce avrebbero lasciato gli stessi segni, se Thor le avesse
legate con forza attorno al suo bacino.
Sentì
una spinta al ventre e trattenne a stento un gemito.
“Non sono uno sporco ergi.”
Risentì
la sua voce ma risentì anche il suo ansimare contro la bocca.
Oh, era una
melodia quel suono
rauco e caldo. Loki avrebbe potuto trascorrere la vita a udirlo, a
udire Thor gemere contro di lui, sotto di lui.
Si
tirò a sedere,
respirando a fatica, e si asciugò il sudore sulla fronte,
sul
collo. Il suo petto era madido e così le braccia e la
schiena.
Scese dal
letto e si diresse alla balconata. L'aprì e si
lasciò schiaffeggiare dal fresco della notte.
Asgard
dormiva, ignara dello scandalo con cui avrebbero potuto coprirla i suoi
principi.
Se Asgard
avesse saputo. Se Odino, loro padre, avesse saputo. Se Frigga avesse
mai saputo...
“Ti piace, te l'ho letto negli
occhi.”
Si
appoggiò alla balaustra e nascose il viso fra le braccia.
“Perché mi stai
facendo questo?”
...
“È sbagliato.”
“Sì, lo è.”
«Allora
perché lo
voglio così tanto?» si chiese in solitudine,
appesantito
da colpa e desiderio. «Perché ti voglio
così tanto,
fratello?»
Ma la notte
non ebbe per lui alcuna risposta.
*
Il sonno lo
aveva colto solo alle prime luci dell'alba.
Thor si era
risvegliato e per
un solo istante si era chiesto se il tutto non fosse stato solo un
sogno. Poi aveva sentito il viso liscio sotto le dita, poi aveva
ritrovato quel vestito gettato a terra.
Si era
lavato e aveva
indossato i suoi abiti da allenamento. Aveva anche legato tutti i
capelli in una coda, sebbene qualcuno fosse sfuggito via.
Non voleva
sentirli sulle spalle, non voleva sentire niente che gli ricordasse
quella notte precedente.
Si
lavò il viso ancora
una volta, prima di lasciare le sue stanze, e si guardò allo
specchio per cercare qualche residuo di quella maschera.
Non vedeva
nulla. Era lui, era il ragazzo che aveva sempre visto in quello
specchio.
Bugiardo,
pensò, non
sei più lo stesso.
Ignorò
la voce dei suoi
pensieri e si diresse verso la sala dove i suoi genitori lo stavano
attendendo per la colazione, dove forse anche Loki era già
seduto.
Sperò
che non fosse
così, che per una volta suo fratello scendesse in ritardo
così da non doverlo incrociare, ma quando entrò
nella
sala scorse i suoi capelli neri e il suo viso impassibile, quasi
rilassato. Ma non incrociò i suoi occhi.
Il cuore
batté un po' più forte.
«Figliolo,
se tardavi
ancora avremmo potuto direttamente pranzare.» Suo padre lo
riprese per il ritardo e Thor si scusò prendendo posto.
«Odino,
non essere il
solito pedante» disse sua madre. «Sono giovani.
È
normale che amino dormire fino a tardi.» Frigga li difendeva
sempre, quanto poteva. Frigga li amava come nessun'altra madre avrebbe
potuto.
Thor aveva
sempre dato per
scontato questo suo aspetto ma adesso, incapace di tenere lo sguardo
sul viso di sua madre, si chiese se, alla luce della verità,
avrebbero ancora potuto ricevere la sua comprensione. Frigga avrebbe
mai perdonato ciò che avevano fatto? Li avrebbe ancora
giustificati e protetti?
Li avrebbe
ancora amati?
La risposta
era così assordante che non serviva neanche che qualcuno la
pronunciasse.
«Mia
cara, vorrei
ricordarti che Loki si è unito a noi in un orario
consono.» Su quella frase di Odino, Thor d'istinto
sollevò
gli occhi su suo fratello che sedeva fronte a lui, ma Loki
continuò a sorseggiare il suo infuso senza battere ciglio.
«Non
vorrai farne una questione di Stato adesso?»
«Ti
sto solo facendo notare che non tutti i nostri figli sono dei
dormiglioni.»
«E
per mia fortuna nessuno di loro è un pignolo come il
padre.»
«Pignolo?
Da quando sarei pignolo?»
E mentre
Odino e Frigga
battibeccavano con un'antica e solida complicità, Thor
restò a guardare il viso pallido di suo fratello, aspettando
che
sollevasse lo sguardo nel suo, per vedere cosa vi avrebbe trovato.
Loki non lo
fece; terminato di
bere, si alzò e chiese cortesemente di poter lasciare il
tavolo.
Odino gli diede il permesso e il giovane principe prese l'uscita senza
voltarsi indietro.
Come ci
riusciva? Come poteva avere un simile autocontrollo?
Davvero per
lui era tutto dimenticato?
Se era
così, allora perché non lo aveva guardato neanche
una volta?
Mandò
giù un po' di pane e un sorso di infuso, ormai tiepido, e
lasciò anche lui la sala.
Voleva solo
andare all'arena e
scaricare ogni inquietudine, voleva stressare e piegare quel corpo
finché non fosse tornato quello di un tempo; un corpo che
non
avrebbe tremato sotto una carezza di suo fratello.
*
Loki ne era
stato convinto: quando avrebbe rivisto Thor l'indomani, non avrebbe
più ritrovato quell'emozione.
Era stata
solo una fantasia
che la sua mente aveva corteggiato e infine conquistato. Come quella
primula sarebbe morta alla luce del sole, così Thor sarebbe
tornato a essere solo il suo semplice fratello.
Era stato
quel vestito, quel trucco, quel segreto... sì, era stata
quella cornice a guidare le sue azioni, non altro.
Quando
avrebbe rivisto Thor tornare a essere Thor, niente di quella notte
sarebbe sopravvissuto.
Ma poi
l'aveva visto entrare nella sala e quella convinzione si era frantumata
come ghiaccio stretto nella mano.
Il vestito
non c'era
più, quel profumo femminile neanche. Il suo viso pulito e
nudo
aveva preso il posto della maschera che lui stesso aveva dipinto. I
suoi capelli, completamente tirati indietro, non avevano più
sottili trecce o fermagli di smeraldo, eppure il desiderio che aveva
provato quando si era seduto di fronte a lui era stato senza eguali.
Si era
violentato per non
guardarlo, si era imposto di soffocare quell'istinto perché
era
un'offesa che i suoi genitori non avrebbero meritato.
Era poi
letteralmente fuggito, trovando rifugio nella sua amata biblioteca.
Ma il
silenzio che all'inizio
era sembrato un caldo asilo, si era invece rivelato il peggiore delle
compagnie perché aveva fatto risuonare sempre più
forte
nella sua testa ognuna di quelle voci che aveva creduto di aver sepolto
nella notte.
Aveva
chiuso il libro con un gesto di stizza, facendo voltare qualche paggio
intento a riordinare gli scaffali.
Passandosi
una mano fra i
capelli, aveva compreso che non avrebbe mai trovato pace da nessuna
parte se prima non avesse fatto ordine fra i suoi pensieri e fra le sue
emozioni.
Abbandonata
la biblioteca
aveva passeggiato senza meta, facendosi guidare prima dalle ali di
qualche libellula, poi dal profumo dei fiori, finché non
aveva
udito una voce che lo aveva attratto come una falena veniva attratta
dalla fiamma.
Da dietro
piccoli arbusti che
però potevano celare la sua presenza, Loki aveva visto Thor
a
qualche decina di metri, in compagnia dei suoi fedeli compagni.
«Coraggio,
Fandral!» incitava Volstagg. «Non vorrai farti
battere anche stavolta?!»
E Thor
sorrideva, con il sole a luccicare sul suo corpo, mentre fronteggiava
l'amico avversario.
Fandral
aveva attaccato a mani
nude fra le esortazioni dei compagni, ma tutto ciò che Loki
riusciva a recepire erano i movimenti di Thor.
Quante
volte lo aveva veduto
lottare? Anche troppe, ma adesso era come se un velo fosse caduto dai
suoi occhi e solo ora Loki vedeva ciò che Asgard aveva
sempre
visto: la bellezza e la magnificenza di Thor, la sua insospettata
grazia, la sua eleganza, quasi fosse più una danza che un
combattimento.
Vedeva le
gocce di sudore
scivolare sulla sua schiena nuda, i capelli liberarsi dal nastro a ogni
movimento e sferzare l'aria come lame d'oro, vedeva il sorriso di sfida
dipinto fra quelle labbra.
Le sue labbra...
nessun altro avrebbe mai dovuto rivendicarle.
Strinse un
piccolo ramo fino a spezzarlo di netto nel palmo.
Nessuno
avrebbe più
potuto rivendicare Thor, non adesso che Loki aveva finalmente udito le
risposte che aveva invocato in quella lunga notte, non adesso che aveva
compreso e accettato la loro follia.
La primula
sarebbe sbocciata ancora e non ci sarebbe stato alcun raggio di sole a
troncarne la vita.
*
Thor
rientrò a sera. Aveva pranzato e cenato in compagnia di
Fandral e degli altri compagni.
Si era
divertito, avevano lottato e riso, avevano scherzato e bevuto, e tutto
sembrava essere tornato alla sua normalità.
Si sentiva
quasi più leggero mentre rientrava nelle sue camere, pronto
per un bagno e una bella dormita.
Non aveva
incrociato Loki per
tutto il giorno ma forse era un bene. Un po' di distanza poteva essere
la giusta cura, qualche giorno di distacco forse sarebbe bastato a
rimettere le cose al giusto posto. Thor voleva crederci, doveva
crederci, perché l'alternativa era inaccettabile.
Non avrebbe
mai accettato di
perdere suo fratello se anche questo avesse voluto dire soffocare nel
fondo dell'anima quei nuovi sentimenti. Se doveva fingere di aver
dimenticato, se doveva mentire e indossare una maschera, lo avrebbe
fatto senza esitazioni.
Una vita
mendace al suo fianco era preferibile a qualsiasi onesta solitudine.
Si
liberò degli
indumenti logori e si lasciò cadere nella grande vasca che
il
paggio gli aveva fatto trovare riempita e profumata, stavolta con
essenze che lo aggradavano.
Guardò
la mano umida e
la portò al naso, ispirò a fondo il profumo
cercando di
ricordare quello che aveva indossato la sera prima.
Era una
cosa così sciocca, così patetica.
Un pensiero
dopo l'altro, un
ricordo dopo l'altro si accavallò, e quel bagno non fu
così rilassante come aveva creduto.
La
spensieratezza, che si era
illuso di trovare, era sfumata quando era sfumata la compagnia e Thor,
solo con se stesso, sentì pesare sulle spalle il suo stesso
cuore.
Uscì
dalla vasca
avvilito e rattristato per quella consapevolezza. Si avvolse in un telo
morbido e tornò nelle sue camere a capo chino quando
qualcosa
attirò la sua attenzione. No, non qualcosa ma qualcuno.
«Loki?»
La sua
voce tremò nella gola e poi sulla lingua mentre guardava suo
fratello poggiato contro il muro con le braccia incrociate.
«Come
sei entrato? Non ti ho udito varcare la porta.»
«Come
vedi io ti ho
aspettato fuori dal tuo bagno» disse poi Loki, ignorando le
sue
domande. Un sorriso sulle labbra. «Questa, Thor, si chiama
decenza.»
Frastornato
com'era dalla sua
presenza, Thor non riuscì neanche a percepire l'ironia della
frase, in ovvio riferimento a ciò che era accaduto quel
pomeriggio nel bagno di Loki, perché altre memorie presero a
sorgere una dietro l'altra.
«Cosa
ci fai qui?» chiese cercando stavolta di tenere la voce
ferma. Parve riuscirci.
Loki prima
lo guardò in silenzio, ancora poggiato contro la parete, poi
sciolse le braccia e gli si avvicinò.
«Vuoi
che me ne
vada?» gli chiese a sua volta con un tono di voce che Thor
aveva
già udito e che all'istante gli fece salire il cuore in gola.
«No,
certo che
no.» Tentò di sorridere. «È
solo che mi
sorprende vederti qui dal momento che mi era parso di capire che
preferivi evitarmi dopo...» Era difficile anche solo dirlo ma
dagli occhi di Loki capì che voleva che continuasse.
«Beh,
dopo quello che è successo ieri.»
Il viso
arse e Thor fu grato di avere ancora il corpo bagnato d'acqua fresca.
Loki
annuì e
abbassò lo sguardo quasi a cercare le parole, ma quando lo
risollevò la luce che brillava nei suoi occhi disse
più
di qualunque discorso.
«Ti
ho portato un
regalo» affermò poi con un sorriso obliquo, e solo
allora
Thor si accorse che stringeva qualcosa nella mano.
Aggrottò
la fronte
senza capire ma, quando Loki aprì le dita e gli
mostrò il
palmo, quasi ebbe l'istinto di fare un passo indietro.
«Cosa
significa?»
chiese adesso più indispettito che altro, guardando la tinta
rossa racchiusa nel piccolo cofanetto.
Loki fece
ancora qualche passo, avvicinando la mano al suo viso.
«Voglio
che tu la metta sulle labbra.»
La sua
richiesta era
sconcertante e Thor per un attimo pensò che fosse solo un
modo
per sdrammatizzare su quanto accaduto ma sul viso di suo fratello non
vi era gioco o scherzo, ma una serietà che quasi incuteva
timore.
«Stai
scherzando, vero?» ringhiò a quel punto.
«Come ti salta in mente di–»
«Mettila.»
Stavolta era un ordine, e stavolta Thor davvero si infuriò.
Gli
afferrò quel polso e Loki chiuse la mano per non far cadere
la
tinta.
«Te
lo dirò una
volta soltanto, Loki: non mettermi alla prova» lo
minacciò
ma Loki non accusò assolutamente l'intimidazione. Anzi,
sorrise
e gli si avvicinò di più.
«È
quello che vuoi, Thor» affermò con un fiato.
«Taci!»
ringhiò ancora lui, stringendo più forte le dita
attorno
al suo polso. «Cosa ti prende? Pensavo fosse chiaro che
quello
che è successo non deve ripetersi. Niente deve
ripetersi.»
Ma neanche
stavolta la sua fermezza lo piegò.
«E
perché non
dovrebbe?» gli chiese allora Loki, senza più
sorrisi, con
una determinazione che faceva impallidire la sua. «Lo vuoi
tu, lo
voglio io... cosa c'è di sbagliato?»
«E
lo chiedi
anche?» Gli lasciò andare il braccio e lo spinse
via. Non
credeva a ciò che stava udendo, non voleva crederci, non
voleva
che quella pazzia durasse ancora una notte, avrebbe finito con il
cederle e questo Thor non poteva permetterlo. «Noi siamo due
uomini, Loki, e per di più siamo fratelli! È
tutto
sbagliato!» ribadì con la voce sempre
più malferma
per l'impeto e l'agitazione.
«Nessuno
verrà mai a saperlo» insistette Loki.
«Ma
lo sapremo noi
e...» Lottò per non far crollare la sua
dignità
mentre guardava il viso di suo fratello supplicandolo di smetterla.
«Come potremmo anche solo guardarci in faccia? Come
potremmo...»
Le parole
si persero per
strada e Thor gli diede le spalle per passarsi una mano sul viso, per
cancellare ogni riflesso di codardia e paura che quasi lo disgustava
più di qualsiasi altro sentimento.
Poi
avvertì le braccia
di Loki avvolgerlo, il suo mento posarsi sulla sua spalla, i capelli
solleticargli la guancia. La sua mano nuovamente sotto i suoi occhi e
così il rosso sangue della tinta.
Thor
deglutì,
sentendosi cadere sulle proprie gambe, e quasi inconsciamente si
poggiò con le spalle contro il petto di suo fratello.
«Ieri
mi hai chiesto cosa stessimo facendo ma sai, Thor, ho capito che
ciò che importa non è il cosa, ma il chi»
sospirò Loki, con una dolcezza che semplicemente lo
annientava.
«Siamo io e te, sempre e comunque... solo io e te,
fratello.»
Thor teneva
lo sguardo su
quella tinta rossa, rossa come il peggiore dei peccati e altrettanto
affascinante. Ogni istinto che gli urlava di stare in guardia, di non
cadere in quella perversione, diveniva sempre più lontano,
più labile, mentre quella fame cresceva cieca e sorda a ogni
morale.
«Tu
non tradirai mai me,
Thor, io non tradirò mai te. Sarà un segreto, il
nostro
segreto.» Loki gli baciò la spalla e Thor
respirò
profondamente nel sentire le sue labbra contro la pelle.
«Il
nostro
segreto...» ripeté, come fosse privato di un
libero
arbitrio, sempre più attratto da quel rosso che splendeva
nel
palmo pallido di Loki.
«Il
nostro segreto, fratello.»
Non seppe
cosa guidò la
sua mano, se la rassicurazione che sorreggeva le parole di Loki, se la
sua vicinanza, se la semplice brama del suo corpo. Thor non seppe cosa
lo spinse ad allungare le dita e raccogliere quel piccolo cofanetto,
cosa lo spinse a poggiare l'indice sulla superficie cremosa, cosa lo
spinse a portarlo alla bocca e tingerla con lentezza.
Il profumo
dolce e la
morbidezza della tinta si posarono sulle sue labbra prima che si
voltasse verso suo fratello con il cuore in subbuglio.
Loki gli
sorrideva, intensamente, con una sensualità che sapeva di
possedere solo lui.
E fu
così che lo
baciò, sentendo le dita sottili infilarsi fra i suoi capelli
bagnati, sentendo quella bocca fondersi con la propria mentre Loki lo
faceva crollare come quella sera prima contro l'umido tronco di un
albero.
Lo fece
crollare anche la notte seguente e quello dopo ancora, in modi che Thor
non credeva possibili.
Una notte
dopo l'altra, e non poté più farne a meno.
[ Atto V ]
Giacevano nel letto, stanchi e
appagati. Thor riposava, con la guancia premuta contro il cuscino e una
mano sul suo petto.
Loki gli
accarezzava le dita e le portava alle labbra per baciarne una per volta.
Amava
ognuna di quelle dita,
amava ogni singolo lembo di pelle, amava quel corpo che si contorceva
disperato sotto di lui e che sapeva possederlo con eguale passione.
Ogni notte
Thor si perdeva fra
le sue braccia, in quel loro segreto, e ogni mattina fingeva che nulla
fosse successo e tornava alla sua apparente vita perfetta.
E poi la
notte scendeva ancora.
Loki amava
quella sua
ingenuità, quella sua capacità di sdoppiarsi e
donare
solo a lui quella metà indecente e perversa.
Dalla
balconata filtravano i raggi rossastri dell'aurora.
Sempre troppo presto...
Ma se anche
il sole fosse
sorto ogni mattina, allo stesso sarebbe calata la notte, e la sua
primula sarebbe sbocciata meravigliosa solo per appagarlo.
Per adesso
Loki si faceva
bastare quella metà ma quando un dì avrebbe
desiderato
possederlo tutto, per bisogno o capriccio, allora lo avrebbe fatto.
Avrebbe ucciso il giorno e fatto calare una notte eterna su Asgard, una
notte eterna su ogni altro regno.
Guardò
quel sole
invidioso divenire più forte. Sibilò fra i denti
un
piccolo incantesimo e le tende si chiusero, coprendo ogni raggio.
Sorrise.
Come se la
luce potesse mai vincere.
***
“ I took the
stars from my eyes and then I made a map
And knew that somehow I
could find my way back
Then I heard your
heartbeating, you were in the darkness too
So I stayed in the
darkness with you”
[Florence
& the Machine - Cosmic
Love]
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