Primula della sera

di kiara_star
(/viewuser.php?uid=58219)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - Prologo ***
Capitolo 2: *** Atto II ***
Capitolo 3: *** Atto III ***
Capitolo 4: *** Atto IV; Atto V ***



Capitolo 1
*** Atto I - Prologo ***


cap1 Ciao fandom! È passato un po' dalla mia ultima pubblicazione. Avevo deciso di prendermi una pausa, poi la vita sadicamente beffarda ha fatto in modo che fossi obbligata a mettere da parte fandom e fanfic ^^
A ogni modo questa storia l'avevo già scritta parecchi mesi fa ed era poi rimasta silente nella sua cartella. Ho deciso di riprendere pian piano con le pubblicazioni perché in verità scrivere mi rilassa e mi aiuta molto. È un ottimo antistress, così rieccomi qui ❤
Come di consueto sarà una fic sperimentale perciò partiamo con gli avvisi: sottolineo in particolare il crossdressing, invitando chiunque non gradisca genere e sottogeneri a saltare tranquillamente questa storia; è una Thorki in toni incest che però non avrà alcun elemento che vada contro il regolamento e, per finire, è una rivisitazione di un mito norreno [quest'ultimo avviso è per i puristi, così non solleverò le ire di nessuno].
La storia si basa nella fattispecie sul mito di Thrymr e quindi sul furto di Mjolnir. Vi lascio il link di Wikipedia dove viene riportata per sommi capi la sinossi della Thrymskviða. -> CLICCAMI 
Ho rielaborato tutta la faccenda secondo una mia personale fantasia, perché mi affascinava l'idea di vestire Thor da donna. Per necessità di trama ho anche rielaborato il mito stesso di Mjolnir.
La storia si sviluppa in quattro atti, come già detto, scritti e finiti, quindi niente attese lungherrime.

Un grazie in anticipo a chiunque vorrà leggere e seguire questa blasfema rivisitazione mitologica in chiave Thorki ;)
Kiss kiss Chiara



Disclaimer:  la storia che segue è frutto della fantasia ed è scritta senza scopo di lucro. I personaggi protagonisti appartengono ai legittimi proprietari e non vanto su essi alcun diritto.








[ Atto I ]







Era stata una giornata davvero pesante. Si era svegliato di buonora per poter presenziare alla lezione che Mastro Ísarr avrebbe tenuto nei giardini ai nuovi studenti.

Loki era stato uno dei suoi alunni migliori, il principe in verità asseriva di essere stato il migliore e quindi il vecchio maestro spesse volte gli chiedeva di essere presente per mostrare ai giovani a quale tipo di livello culturale avrebbero dovuto mirare. Non era raro che fosse Loki stesso a portar avanti alcune lezioni, ma lui accettava solo per non indispettire il padre Odino: il Re non avrebbe visto di buon occhio una dimostrazione di mancanza di rispetto verso il suo precettore quale sarebbe stata il rifiutare la sua richiesta.
Terminato quindi quel piccolo obbligo, Loki aveva creduto di potersi dedicare ai propri piaceri ma aveva poi dovuto ricevere Bergfinnr; l'incontro gli aveva portato via buona parte della mattinata e aveva dovuto rimandare ogni suo impegno al pomeriggio.
Il pranzo si era invece rivelato rilassante: suo fratello Thor non era presente, e così lui e i due sovrani avevano potuto pranzare piacevolmente orfani delle sue mille chiacchiere.
Quel dì sia il palazzo sia i giardini erano poco affollati. Tutti erano all'arena, dove si stavano svolgendo giochi di lotta e duelli di spade con cavalieri e guerrieri venuti da ogni regno.
Thor era ovviamente sceso all'arena già di prima mattina e Loki lo aveva scontrato nei corridoi con un'espressione eccitata sul viso. Si erano scambiati solo un fugace “Buon giorno, fratello!” prima che il maggiore sparisse in compagnia dei suoi compagni, indossando sulle spalle un insolito lungo mantello grigio.
Odino aveva chiesto a Loki il perché anche lui non fosse andato con Thor e il principe aveva risposto che era impegnato con Ísarr, solleticando l'orgoglio del padre e potendo così evitare di dire la verità: non trovava alcun tipo di divertimento in quelle esibizioni da barbari.
Nel pomeriggio si era potuto dedicare ai suoi maggiori diletti e aveva anche trascorso qualche ora nella compagnia di sua madre, con cui il principe cadetto amava conversare di qualsiasi argomento.
Era ormai il tramonto quando si era recato nelle proprie stanze per potersi concedere un lungo bagno prima di cena.
Mentre rientrava, buttò un occhio alla sua scrivania dove sostava la lettera che gli era stata consegnata da Bergfinnr. Il sigillo in ceralacca era stato rotto ma Loki non aveva trovato per nulla interessante il suo contenuto.
Le dedicò quindi solo un rapido sguardo prima di raggiungere le sale da bagno dove una vasca colma di calda acqua profumata lo attendeva. Si denudò e scese lentamente i gradini di marmo finché il tepore del bagno lo avvolse.
Affondò con il capo e poi riemerse poggiando le spalle contro la parete marmorea. Reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi beandosi dell'abbraccio dell'acqua calda.
Vi era solo silenzio, infranto dai suoi profondi respiri appagati.
Sentiva il suo corpo rilassarsi e i nervi sciogliersi, persino i pensieri parevano alleggerirsi. Loki amava ritagliarsi momenti così, in solitudine, con la sola compagnia del suo lento battito cardiaco e-
Il rumore che udì infranse ogni quiete e calma.
Qualcuno aveva aperto con violenza la porta della sua camera e con passi altrettanto esagitati si stava recando nei bagni.
Aprì gli occhi all'istante guardando malamente la figura chiassosa che era appena apparsa.
«Dannazione, Thor! Ma non potevi bussare?!» lo rimproverò stirando i capelli con le dita. Quel testone di suo fratello sembrava ignorare il significato dell'espressione “Spazi personali”.
«Loki, devi aiutarmi!»
«Ma cosa stai-»
La frase rimase monca quando Thor si gettò letteralmente in ginocchio portando il viso a un palmo dal suo.
«Ho fatto un casino e non so come uscirne!» Gli poggiò poi le mani sulle spalle nude e lo guardò con un'espressione che Loki avrebbe definito spaventata se non avesse conosciuto l'animo di suo fratello.
«Non mi sembra una novità che tu abbia combinato un casino...» mormorò scostando infastidito le sue mani.
Thor si sedette sui talloni e solo allora Loki poté guardare lo smarrimento nei suoi occhi azzurri e una smorfia disperata che non si addiceva al suo viso di guerriero impavido e avventato.
Stavolta doveva averla combinata grossa.
«Allora? Cosa succede?» gli chiese abbandonando ormai l'idea di continuare il suo bagno. Thor non lo avrebbe mollato finché non lo avesse ascoltato; sapeva essere tremendamente insistente.
«Io...» iniziò il fratello facendo imporporare inspiegabilmente le guance. «L'ho perduto.»
Loki aggrottò la fronte senza comprendere.
«Chi?... Si può sapere che stai farneticando, Thor?» Già lo aveva disturbato in un suo personale momento di piacere, adesso non aveva neanche la decenza di spiegarsi in maniera chiara.
Thor prima abbassò lo sguardo stringendo i pugni che teneva poggiati sulle cosce, poi tornò a guardare il suo viso e Loki vide la sua gola sussultare.
«Mjolnir» disse. «L'ho perduto.»
Ci fu silenzio, un silenzio in cui Loki soppesò quella dichiarazione e varò l'ipotesi che Thor lo stesse prendendo in giro perché neanche un tontolone come lui poteva davvero farla così grave ma...
Il suo sguardo, le sue guance, le labbra che si stava torturando fra i denti, quel senso di colpa che gli aleggiava intorno come l'odore pestilenziale di una carcassa.
Sospirò accarezzandosi gli occhi.
«Ma cosa diamine hai fatto, Thor?» bisbigliò incredulo.



*



Si erano spostati in camera e Loki si era coperto con una lunga vestaglia e aveva preso ad asciugarsi i capelli con un telo.
Thor sedeva sul suo letto, con le gambe inelegantemente aperte e le braccia poggiate molli sulle ginocchia.
Guardava il pavimento mentre i capelli gli ricadevano sul viso quasi celandolo. L'espressione contrita però era visibile nonostante il sipario dorato.
Gli aveva raccontato che aveva sottratto di nascosto Mjolnir dalla Sala delle Reliquie per portarlo con sé all'arena. Il motivo era stato dei più sciocchi: far colpo su una ragazza. Hilja, la fanciulla in questione, era fra le poche a non essere stata conquistata dal fascino selvaggio del principe. Il suo atteggiamento distaccato e a tratti arrogante aveva spinto Thor a inseguire ancora più intensamente la ragazza, perché sarebbe stata una delle sue più grandi conquiste.
Morale: era andato in bianco anche quel giorno.

Loki era rimasto sorpreso quindi fino a un certo punto, ciò che lo aveva stupito fu, infatti, solo l'ascoltare che Thor aveva furtivamente trafugato l'arma riuscendo perfino a farla sotto il naso dei soldati.
«È stata un'azione insolita per te, Thor... così clandestina.» Aveva sorriso e suo fratello aveva lasciato andare un lungo sospiro.
«Era lì, accanto a me, non l'ho mai perso d'occhio» affermò Thor come parlasse in solitudine e poi schiantò un pugno sul letto. «Come ho potuto smarrirlo?!»
«Non dire sciocchezze, Thor, qui non si tratta di uno smarrimento ma di un semplice furto» asserì Loki gettando sulla sedia il telo umido con cui aveva tamponato i capelli e scegliendo dall'armadio le vesti da indossare.
«Furto?» Dal tono di Thor si capiva che non aveva per nulla vagliato quell'ipotesi e Loki scosse il capo.
«Ragiona: come si può perdere qualcosa di così grosso e soprattutto pesante?» chiese retorico afferrando un paio di indumenti e chiudendo l'anta. «E poi lo hai detto tu: hai cercato dappertutto senza risultati. Non credo che gli siano sbucate le zampe e se ne sia andato via di sua volontà.»
Vide Thor saltare in piedi.
«E chi può essere stato, fratello?» chiese ansioso.
«Beh, hai portato quel martello in un luogo dove si erano radunati tutti i più grandi guerrieri dei regni... diciamo pure che i sospettati sono il 90% dei presenti all'arena, senza contare quei fanatici degli spettatori. In parole povere, Thor, sei davvero nei guai.»
Detto ciò sollevò le spalle e prese a vestirsi sentendo suo fratello ricadere nuovamente sul suo letto.
«Per le Norne, Loki... e adesso cosa faccio?» brontolò prendendosi la testa fra le mani. «Mi sarebbe bastato aspettare un mese, un misero mese e Padre mi avrebbe affidato ufficialmente Mjolnir e lo avrebbe vincolato a me. E nessuno più avrebbe potuto brandirlo... e invece... quanto posso essere stupido?!»
Loki non aveva mai visto suo fratello così desolato. Aveva agito con superficialità, come suo solito, e forse con fin troppo azzardo, eppure sembrava sinceramente pentito, soprattutto, sembrava terrorizzato dalla reazione che avrebbe avuto Odino.
Ne aveva ben donde.
Mjolnir era fra i tesori più preziosi che il Grande Padre possedesse: forgiato nel cuore di una stella morente era un'arma unica e letale, che già dalla sua creazione era stata destinata a Thor. Ma Odino avrebbe atteso che suo figlio compisse diciotto anni per consegnarglielo e legarlo a lui tramite un potente incantesimo che avrebbe reso chiunque altro impossibilitato perfino a sollevarlo da terra. Già allo stato attuale era necessaria un'ingente forza per maneggiarlo. Loki, ad esempio, non aveva neanche tentato di farlo perché non ne aveva la semplice forza fisica. Thor invece lo brandiva con facilità, quasi come la sua mano fosse fatta per stringere la possente impugnatura.
La superbia e l'egocentrismo però lo avevano tradito e adesso il principe rischiava davvero di perdere la fiducia e il rispetto di suo padre.
Ormai vestito, Loki raggiunse il proprio letto e si sedette accanto al fratello.
«Devi parlarne con nostro padre» disse, poggiandogli una mano sulla spalla. «Non vi è altra scelta.»
«Oh, no, no!» Thor scosse il capo guardandolo negli occhi. «Mi ucciderà, Loki! E poi mi esilierà!»
Il giovane fratello sorrise. «Esiliare un cadavere non ha molta utilità.»
«Non scherzare, fratello... Lo conosci. La sua ira si abbatterà con violenza su di me e non potrò evitarlo.» Thor tornò a nascondere il viso nei palmi e Loki gli accarezzò la schiena con la mano.
Era insolito per lui un gesto così affettuoso, ma vedere Thor in quelle condizioni era altrettanto insolito.
«Devi rifletterci, Thor. Mjolnir potrebbe essere stato preso da chiunque abbastanza forte da sollevarlo, ma se fosse egli un nemico di Asgard?» Thor ascoltò in silenzio le sue parole e Loki continuò. «Non si tratta solo della punizione che ti spetterebbe, ma di mettere in pericolo l'intero regno. Padre non ha ancora vincolato il martello e qualcun altro potrebbe farlo al suo posto e a quel punto un'arma tanto micidiale si ritorcerebbe contro il regno che avrebbe dovuto invece difendere.»
«Hai ragione...» sospirò infine Thor con occhi bui che però presto si tinsero di una nuova luce. «Ma se riuscissi a recuperarlo? Padre non lo scoprirebbe mai e Asgard non correrebbe pericoli.»
Loki non condivideva la sua idea.
«E in quale modo pensi di farlo? Non sai chi lo abbia preso. Sarebbe come cercare un ago in un pagliaio e-»
«Un incantesimo!» propose il maggiore afferrandolo per le spalle. «Puoi fare un incantesimo per trovarlo e poi andremo a riprenderlo.»
«Ah, ho capito. Allora questa è stata la tua idea fin dall'inizio... È per questo che ti sei fiondato nel mio bagno senza decenza?!» sibilò Loki assottigliando lo sguardo e Thor abbassò il proprio confermando la sua intuizione.
Era la regola: Thor non ascoltava mai nessun consiglio, faceva sempre di testa propria, finiva così nei guai e a chi toccava salvarlo dalla melma con cui si era invischiato?
Loki amava suo fratello, però non sopportava questa sua strafottenza, più di tutto, non tollerava che desse sempre per scontato il suo aiuto.
A volte non lo incrociava per giorni, mentre se ne andava in giro con Sif e il resto della banda, e poi se lo ritrovava davanti con gli occhi da cucciolo a supplicare per il suo aiuto.
Il giovane figlio di Odino si definiva una persona molto intelligente e scaltra, eppure ricadeva in quel piccolo tranello ogni volta. Avevano dato a lui il titolo di Ingannatore, ma spesso si diceva che anche Thor ne avrebbe meritato uno simile.
«Allora mi aiuterai, fratello?» Ecco la richiesta, ecco lo sguardo, ecco la trappola.
Loki restò in silenzio qualche attimo, guardandolo con occhi freddi ma poi sospirò con un mezzo sorriso.
«Potrei fare altrimenti?!»
Thor lo abbracciò stringendolo forte e ringraziandolo.
Loki ci era ricaduto ancora una volta.



*



«Cosa fai?»
«Un rito di localizzazione.»
«E funzionerà?»
«Certamente.»
«Ne sei sicuro?»
Gli lanciò un'occhiataccia che lo fece tacere.
Prima lo pregava di fare un incantesimo per trovare quel dannato martello e poi metteva in dubbio la sua efficacia!
Loki prese una brocca con dell'acqua limpida e la versò nella tinozza di bianca ceramica che aveva sistemato sul tavolo della sua stanza.
Attorno alla tinozza aveva posizionato cinque candele, tutte alla medesima distanza, e le aveva poi accese.
Aprì un cassetto e afferrò un piccolo stiletto d'argento.
Thor seguì ogni suo gesto senza proferire parola e quando Loki gli chiese di porgergli la mano, lo fece senza fare domande.
Il giovane mago passò quindi la fredda lama nel palmo del fratello tracciando un taglio non troppo profondo che arrivava fino alla punta dell'indice.
Thor non emise un suono e si lasciò guidare fino alla tinozza dove Loki fece cadere svariate gocce nell'acqua.
«Anche se Mjolnir non è ancora vincolato a te, esso è stato comunque forgiato affinché ti appartenesse. Il tuo sangue ci guiderà da lui» spiegò anche se non erano giunte domande, ma gli occhi di Thor avevano parlato.
«Ho capito» sospirò quindi il maggiore e lasciò che la mano sanguinasse nel tino finché Loki non gli disse che poteva ritrarla. Avvolse un fazzoletto attorno al palmo e guardò intensamente l'acqua.
Loki pronunziò l'incantesimo e il sangue che si era sciolto nell'acqua si coagulò in una sola piccola macchia rossa che sembrava tremare sulla superficie limpida.
La macchia si allungò e divenne un sottile serpente che si avvolse a spirale. Poi il serpente cambiò forma e si disegnò in un simbolo che entrambi conoscevano bene.
«È Mjolnir!» disse Thor guardando le tre punte dello stemma.
Loki continuò il suo incantesimo. Adesso che era riuscito a richiamare l'essenza dell'arma, doveva capire dove fosse.
Il sangue cambiò ancora forma tornando a uniformarsi in una macchia tondeggiante; rimase sul pelo dell'acqua per diversi minuti.
«Cosa succede?» chiese Thor dopo quel lasso di tempo.
Loki guardò l'acqua che ribolliva.
«Come temevo» sospirò. «Mjolnir è tenuto in un luogo avvolto da una spessa barriera mistica.» Riusciva a percepirne la forza sotto la sua stessa pelle che iniziò a sudare.
«Ma così sarà più difficile trovarlo!» affermò Thor e lui sorrise. Era palese che non fosse per nulla avvezzo all'uso dei seiðr.
«Al contrario» ribatté. «Non tutti sono così abili da creare una barriera di questo tipo. Se riesco a scoprire che tipo di seiðr la sorregge, scoprirò anche l'ubicazione esatta del suo possessore.»
Thor lo guardò sorpreso e chiaramente impressionato.
«Davvero puoi farlo?» gli chiese e Loki lasciò salire una risata mentre teneva i palmi aperti sulla tinozza.
«Tuo fratello è il più grande Maestro di magia di tutta Asgard, Thor. Non dimenticarlo.»
«Oh, e io ti amo per questo!» E gli stampò un bacio sulla guancia per poi avvolgergli un braccio attorno alle spalle.
Thor era sempre così eccessivo in tutto.
«Però adesso lasciami lavorare» lo ammonì lui e tornò a concentrarsi sul suo incantesimo.
Sulla superficie dell'acqua, il sangue stava mutando ancora forma. All'iniziò non fu comprensibile carpirne il significato, ma più i contorni divenivano nitidi, più Loki sentiva caldo. Era il seiðr del ladro che si faceva più vicino al suo.
Doveva fare attenzione a non essere scoperto, altrimenti il ladro avrebbe potuto spostare nuovamente il martello o, peggio, celarlo con un altro sigillo stavolta ancora più ostico da trovare.
Una cosa era però chiara: chiunque avesse preso Mjolnir, aveva un grande potere, il che voleva dire che i suoi timori che si trattasse di un nemico del regno erano più che fondati.
La sua fronte era ormai madida di sudore e così sentiva il resto del corpo.
Un fuoco bruciava nella sua carne e il sangue nell'acqua stava ormai ultimando la sua forma.
Ci voleva un ultimo sforzo.
L'acqua ribollì ancora, fumando a propria volta come fosse lava; il sangue divenne più scuro, quasi rasentò il color ebano, e Thor al suo fianco sciolse l'abbraccio per guardare a labbra schiuse ciò che accadeva.
La forma era più che nitida adesso.
«Ma cos'è?» chiese Thor avvicinandosi con gli occhi. «Sembrano...»
«Due lupi» rispose Loki con un leggero fiatone guardando le due teste di lupo che si diramavano speculari l'una all'altra.
«Teste di lupo...?» mormorò Thor e sgranò gli occhi. Loki ebbe la stessa reazione e abbassò le mani terminando l'incantesimo e poggiandosi stanco alla scrivania.
Non poteva essere proprio lui, eppure...
Che sciocco, avrebbe dovuto essere uno dei primi sospettati!
«Thrymr!» urlò Thor dando voce ai suoi pensieri. «Le due teste di lupo! È lo stemma della sua casata! Figlio di buona donna, stavolta lo ammazzo con le mie mani!»
«Ehi, calmati» lo richiamò passandosi il dorso della mano sulla fronte sudata. Thor stava già per raggiungere la porta ma si fermò. I suoi occhi bruciavano come aveva fatto pocanzi la sua stessa pelle.
«Se il tuo incantesimo ha detto il vero, allora stasera Thor Odinson metterà fine alla vita di quello sporco ladro!»
«Non dire stupidaggini. Non puoi andare da Thrymr a dichiarare guerra.»
«E perché? Lui ha rubato Mjolnir. Ha arrecato una grave offesa ad Asgard e a Odino stesso! C'è bisogno di giustizia, fratello.»
«Sai, Thor, a volte mi chiedo se tu sia nato così stupido o lo sia divenuto con il tempo» brontolò Loki, sedendosi sulla sedia e guardando con biasimo il fratello per nulla offeso dalle sue parole.
«È ciò che si merita!» si difese Thor mostrando il pugno.
«Sì, ma se andrai lì a volto scoperto ad accusarlo di aver rubato Mjolnir, si scoprirà che tu l'hai trafugato in segreto e condotto fuori dal palazzo. A conti fatti non è stato Thrymr a rubarlo, ma sei stato tu a porgerglielo su un piatto d'argento. Se fosse rimasto nella Sala delle Reliquie, quell'avido arrogante non si sarebbe mai sognato di prenderlo e avrebbe continuato a bramarlo in maniera più o meno palese come ha sempre fatto.» Stavolta le sue parole tagliarono un po' l'orgoglio di suo fratello che tacque serrando però la mascella con furia repressa. «Tanto valeva andare da Padre e raccontargli tutto. Non pensi?»
«E allora cosa proponi di fare?»
Loki rifletté a lungo.
Andare da Thrymr con un'accusa come quella era una pessima idea. Già i rapporti con Odino erano dei meno stabili e i due si tolleravano solo per doveri di alleanze sigillate da vecchi trattati. Era anche vero che il suo incantesimo non poteva sbagliarsi e che quindi era stato proprio il Signore delle Terre dei Lupi a sottrarre Mjolnir dalla custodia di Thor, forse approfittando di una sua distrazione, o molto più probabilmente, distraendolo di proposito con qualche piccolo sortilegio.
«Qualsiasi cosa va fatta con prudenza ed evitando decisioni poco ponderate» considerò a voce alta.
«Le guardie!» urlò d'improvviso Thor spezzando il corso dei suoi pensieri. «Fra poco ci sarà il cambio e si accorgeranno della sparizione!»
Già, anche quello era un problema, ma Loki poteva risolverlo con qualche piccolo trucchetto.
«Creerò un'illusione di Mjolnir sul piedistallo» propose. «Finché non viene toccata nessuno capirà che è un falso.»
Thor annuì e si grattò la testa poggiando l'altra mano sul fianco.
«Così guadagniamo tempo» disse.
«Sì, ma non ne abbiamo molto» lo avvertì ancora Loki. «Come dicevo prima, se Thrymr sigilla il martello per sé, nessuno potrà più portarglielo via.» Anche se il rito per legarlo era lungo e difficile, Thrymr non avrebbe atteso molto prima di far sua per sempre l'arma.
Se dovevano agire, dovevano farlo subito.
«Una cosa non la comprendo» disse poi Thor osservando un punto lontano del pavimento. «Cosa ci faceva Thrymr qui oggi? Non è un tipo da duelli o lotte. Perché era ad Asgard?»
Alla sua domanda Loki si ritrovò a guardare la scrivania su cui sostava la lettera ricevuta la mattina.
«Deve aver accompagnato suo figlio Bergfinnr» disse recuperando il messaggio e rigirandolo fra le mani.
Thor nel frattempo lo aveva raggiunto e gli aveva sfilato la lettera dalle dita.
«Cos'è?» chiese aprendola.
«Un invito a un ballo di questa sera, per il suo compleanno» rispose mentre suo fratello leggeva con fronte corrugata il contenuto. «Bergfinnr è venuto a consegnarmelo di persona proprio questa mattina... Suo padre sarà venuto con lui e non si sarà lasciato scappare l'occasione quando ha scoperto che Mjolnir non era più protetto nella Sala.»
Thor intanto aveva finito di leggere l'invito e scuoteva il capo confuso.
«Perché quel babbeo di Bergfinnr sarebbe venuto a invitarti al suo compleanno?» chiese ancora e Loki gli strappò dalle mani la lettera gettandola nuovamente sulla scrivania.
«Forse perché crede che siamo amici.»
«E lo siete?»
Sorrise alla domanda d Thor.
«Secondo te?»
No, non lo erano. Si erano incrociati solo un paio di volte e avevano scambiato qualche parole ma Bergfinnr, che era un ragazzotto timido e anche alquanto ottuso, sembrava aver apprezzato fin troppo quei brevi dialoghi e aveva iniziato a considerare Loki un amico. Gli aveva perfino inviato lettere e gli faceva visita spesso e volentieri. Quando poteva, Loki si faceva negare e lo guardava andare via sconsolato dalla sua finestra. Non poteva fare a meno di sorridere sadicamente divertito.
In verità lui non aveva fatto mai nulla per assecondare quell'amicizia unilaterale, ma Bergfinnr era più ottuso di quello che aveva creduto.
Guardò ancora l'invito con un ghigno quando un pensiero attraversò la sua mente.
«Ma certo» sibilò sottovoce. «Potrei andare al ballo di questa sera e cercare Mjolnir senza che nessuno sospetti nulla.»
Thor ascoltò quella proposta a voce bassa e si illuminò.
«È un'idea magnifica, Loki!» disse. «Con tutta quella gente ci sarà un gran casino e potremmo trovare Mjolnir e portarlo via senza problemi! Oh, fratello, sei un genio!» Loki si ritrovò ancora una volta stretto in uno dei suoi abbracci e ancora una volta ricoperto di baci sulle guance. E ancora una volta Thor aveva compreso male.
«Non ti agitare troppo, non è così semplice» affermò mentre si puliva il viso con il dorso della mano.
«E perché?» chiese Thor fin troppo entusiasta per il suo piano.
«Come perché? Perché tu non puoi venire» chiarì infine facendo nascere sul viso del fratello un'espressione sconcertata.
«Cosa?! Ma tu non riuscirai mai a portare via Mjolnir senza di me!»
«Pensi che non lo sappia!?» gracchiò Loki irritato dal modo poco gentile con cui Thor gli aveva dato del debole. «Ma non possiamo presentarci insieme. Se Thrymr ti vedesse lì si insospettirebbe mentre io passerei più in osservato, anche perché è stato suo figlio in persona a invitarmi, quindi sarebbe mio diritto essere lì. E poi...» Raccolse nuovamente l'invito, spiegò il foglio e glielo mostrò indicando una riga in basso. «“Invito strettamente personale per Vostra Signoria e rispettiva accompagnatrice.”» lesse a voce alta mentre Thor riprendeva la lettera.
«E questo cosa significa?»
«Che anche se volessi non potrei portarti con me. L'invito parla di un'accompagnatrice, e tu non sei per niente una donna» spiegò facendolo demoralizzare di nuovo.
Thor ringhiò come una bestia in gabbia e Loki cercò di pensare a una maniera per uscire da quella situazione.
Poteva andare al ballo per fare un sopralluogo e trovare poi successivamente un modo affinché Thor lo raggiungesse quando avrebbe rintracciato il martello. Ma Thrymr era un abile seiðmaðr e se Loki avesse fatto un incantesimo per occultare la presenza di Thor, se ne sarebbe probabilmente accorto.
Non potevano però tirarla ancora per le lunghe. Tutto andava risolto quanto prima, soprattutto nel più assoluto dei segreti.
«Dannazione! Se solo fossi una donna...» borbottava Thor digrignando i denti.
Loki lo scrutò con un ghigno divertito. Se Thor fosse stato una donna sarebbe di certo stata una donna orribile: con la barba e quel grugno minaccioso, per non parlare di quel vocione che si ritrovava.
Certo aveva un punto vita così stretto da fare invidia a una qualsiasi fanciulla, e morbidi capelli che sembravano onde d'oro, e i suoi occhi azzurri con quelle lunghe ciglia castane e...
Fu un pensiero veloce come una saetta, e come una saetta squarciò la sua mente.
«Thor?» lo chiamò e il fratello si volse a guardarlo. Loki osservò il suo viso e si convinse che sarebbe stata una soluzione fattibile. Sorrise e disse: «Forse ho un'idea.»











***





Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Atto II ***


cap2
“Primula della sera”

[ Atto II ]







Non aveva parole, anzi, le aveva ma non avevano senso: erano solo un susseguirsi di suoni più o meno striduli e alquanto rabbiosi.
«Ma come ti viene in mente un'idea simile?!» urlò Thor e si accorse di avere le guance accaldate.
Per la rabbia, per l'offesa, mica per l'imbarazzo!
Loki lo guardava con espressione impassibile, quasi la sua fosse la più normale delle proposte.
Vestirsi da donna? Ma era ridicolo!
Thor non avrebbe mai accettato una simile soluzione.
«Nessuno saprà che sei tu, ovviamente, e potrai intrufolarti nel palazzo di Thrymr con me, e insieme riusciremo a riprendere Mjolnir» spiegava suo fratello con naturalezza, mentre Thor cercava di mandar via il porpora dal suo viso.
«No, Loki. Fatti venire un'altra idea perché questa è semplicemente stupida!» abbaiò stringendo i pugni.
«Stammi a sentire: sei tu ad esserti cacciato in questo guaio e adesso devi fare ogni sacrificio possibile per rimediare.»  Loki gli puntò contro l'indice e i suoi occhi severi, e Thor si sentì sempre più a disagio.
Aveva ragione. Era stato sciocco e superficiale, e adesso doveva fare quanto in suo potere per risolvere il casino che aveva causato.
E pensare che, alla fine, Hilja neanche gli aveva prestato attenzione all'arena... Se ne fosse ameno valsa la pena!
«Io non voglio vestirmi da donna» ribadì, trovando quasi difficile pronunziare l'ultima parola. «Per favore, fratello, non vi è altro modo?»
Nella sua mente stava varando ogni possibile alternativa, ma ognuna di esse includeva come finale un massacro o una tremenda punizione da parte di Odino.
Guardò Loki avvicinarsi con passi lenti finché non gli fu di fronte.
«Sarà solo per un paio di ore. Appena scopriamo dove Thrymr nasconde Mjolnir, lo prendiamo e andiamo via. Nulla di più facile.» Loki parlò con pacatezza e pazienza, e Thor sapeva che non avrebbe dovuto approfittarne troppo perché, se indispettiva anche lui, si sarebbe ritrovato solo a vedersela con i suoi problemi.
Anzi, avrebbe dovuto ringraziare le Norne per quel fratello astuto e intelligente che si ritrovava.
Quante volte lo aveva aiutato?
Neanche riusciva a contarle.
Quante volte i suoi consigli si erano rivelati saggi? E quante di quelle volte Thor non li aveva ascoltati per poi pentirsene?
Se aveva imparato qualcosa da tutti i pasticci che aveva combinato da bambino e da ragazzo era che Loki, il più delle volte, aveva ragione.
Sospirò e abbassò il capo.
«Se pensi che sia l'unica soluzione, allora...»
Fu costretto a cedere.
Loki gli poggiò la mano sulla spalla e la scosse. Sorrideva.
«Vedrai che non sarà così male» mormorò strizzandogli l'occhio, e Thor non capì perché fosse finito con l'arrossire ancora.



*



Teneva il rasoio nella mano. La mano era ferma e stabile come quella di un guaritore, eppure non si avvicinava di un soffio alla pelle.
Loki sbuffò.
«Andiamo, Thor. Questa è la parte semplice» borbottò, guardando il fratello di fronte allo specchio con la faccia insaponata.
«Non mettermi fretta!» ribatté acido Thor. «Sono affezionato alla mia barba e per me non è per nulla “semplice”.»
Decise di non insistere e dargli ancora qualche attimo. Non ne avevano molti: fra poco qualche paggio sarebbe giunto per accompagnarli a cena, poi avrebbe dovuto trovare un abito che stesse bene a quel combina guai, e poi avrebbe dovuto pregare che durante il ballo il suddetto combina guai non facesse saltare la copertura.
Altro che semplice, la strada era tutta in salita.
Thor tentennava ancora, tirando la pelle del collo con le dita e appoggiando il rasoio alla guancia per poi allontanarlo ancora.
Loki non ricordava più il viso di suo fratello privo di barba. Da quando era iniziata a spuntargli, Thor non l'aveva mai tagliata. La teneva corta, a volte un po' più lunga, ma ormai il viso glabro non gli apparteneva più.
Loki credeva fosse perché con la barba si sentiva più uomo, forse perché credeva di assomigliare a loro padre, forse perché a Sif piaceva.
Mah, chi poteva dirlo. Thor era un sempliciotto per alcuni aspetti e un completo enigma per altri.
Alla fine lo udì sospirare e abbassare il capo.
«Non ci riesco» affermò per poi allungare la lama verso di lui. «Fallo tu.»
Loki guardo il viso bianco di schiuma e poi il rasoio.
Non ci pensò due volte. Lo afferrò e si avvicinò a Thor che indietreggiò fino a toccare con le spalle lo specchio.
Almeno non poteva più andare da nessuna parte.
Lo vide chiudere gli occhi mentre passava la lama sottile sulla sua pelle. Respirava profondamente, quasi si stesse sforzando di non andare in iperventilazione.
Loki sorrise scuotendo il capo.
Un coraggioso guerriero che tremava perché lo stavano radendo. Ah, se Asgard avesse saputo.
Cercò di essere rapido e a ogni passata di rasoio sciacquava la lama nella tinozza di acqua.
Afferrò con le dita il mento di Thor e lo voltò a seconda del bisogno. Piano piano la pelle ambrata prendeva il posto della schiuma e a Loki sembrava di guardare suo fratello dopo tanto tempo.
Fece attenzione quando passò il rasoio sulla parte superiore delle labbra, chiedendo a Thor di mantenerle strette fra i denti.
«Adesso puoi lasciarle andare» disse, quando ebbe raso anche quella zona.
Thor teneva ancora gli occhi serrati e schiuse le labbra bagnandole poi con la lingua.
Loki non le ricordava così rosee e carnose. Erano quasi... quasi invitanti.
Scosse la testa a quel pensiero.
Che cosa sciocca!
Di certo con un po' di colore sarebbero state ancora più simili a quelle di una ragazza, anche se nessuna di quelle che Loki aveva incontrato poteva vantare una bocca così.
Si ritrovò a bagnarsi le labbra a sua volta, sentendo la voglia di finire quel lavoro quanto prima per allontanarsi dal viso del fratello.
Quando ebbe finito, poggiò il rasoio sul mobiletto alla sua destra, accanto alla tinozza, e raccolse un piccolo telo di cotone bianco.
Lo passò sul viso di Thor per togliere le ultime tracce di schiuma sentendo la pelle ora morbida sotto le dita.
Quando Thor riaprì gli occhi, Loki li vide quasi luccicare, forse per la luce, forse per quel ridicolo sentimento di dispiacere.
Non seppe capirlo, si disse solo che non voleva altro che vederli dipinti di nero.



*



Continuava a passarsi le dita sul viso, si guardava allo specchio e semplicemente non si riconosceva.
«Sembro un moccioso» bofonchiò lanciando un'occhiataccia al suo stesso riflesso.
«Fra una settimana avrai di nuovo il tuo campo di grano sulla faccia» lo rassicurò poco carinamente Loki alle sue spalle.
Thor si accarezzò ancora la guancia, troppo liscia per i suoi gusti, e il mento glabro.
In effetti adesso la sua faccia era morbida come quella di una fanciulla. Perfino la sua bocca sembrava diversa. Che strana sensazione...
Si avvicinò alla lastra riflettente e tracciò con il dito il contorno delle sue labbra picchiando poi con l'unghia su quello inferiore, così da discostarlo da quello superiore. Si accorse che Loki lo guardava attraverso il riflesso e si sentì in imbarazzo.
Diede subito le spalle allo specchio e si grattò la testa. Loki lo avrebbe preso in giro a vita per quella sera, ne era più che certo, anche se adesso sembrava affrontare tutto con la solita freddezza, tipica del suo carattere. Infatti non disse nulla, continuò a sistemare la sala da bagno svuotando la tinozza e poggiando il rasoio prima su un ripiano e poi su un altro.
Sembrava parecchio pensieroso.
Chissà, forse si stava chiedendo se tutto sarebbe andato per il meglio, ed era quello che Thor sperava.



*



Più ci pensava più quella storia non gli piaceva.
Thor era stato uno sciocco a farsi soffiare Mjolnir da sotto al naso e adesso anche lui si era infilato nella faccenda. Se qualcosa fosse andato storto, Odino avrebbe avuto due figli da punire.
Ma se Loki fosse stato sincero almeno con se stesso, avrebbe ammesso che quello strano malessere non derivava dal furto e dalla loro più o meno azzardata avventura di recupero, quanto dalle strane sensazioni che gli stavano nuotando nello stomaco.
Thor si sarebbe vestito da donna per entrare al palazzo di Thrymr. Thor non sarebbe stato davvero una donna. Thor sarebbe rimasto suo fratello.
Ma in fondo era quello che lo destabilizzava.
Prima era stata un'idea, folle forse, ma che sembrava essere la risposta ai loro problemi. Poi l'idea era mutata, mentre stringeva fra le dita il rasoio e guardava quel volto nuovo eppure ben impresso nei suoi ricordi.
E ora, osservando Thor mangiare a tavola, nel posto fronte al suo, l'idea era ancora più di altra natura. Mentre quelle labbra abbracciavano la forchetta e la lingua le inumidiva, l'idea era divenuta fantasia, una fantasia tutt'altro che innocente.
Loki si versò del vino e mandò giù un sorso generoso, intanto che suo padre e sua madre parlavano di svariati argomenti.
Odino chiese a Thor com'era andata la giornata all'arena e Thor mostrò un certo disagio nel rispondergli, ma riuscì a recuperare il controllo rispondendo più o meno sinceramente. Cercava gli occhi di Loki che lo invitavano a stare tranquillo.
Ma Thor non aveva il suo sangue freddo, era avventato e istintivo, non uno stratega.
«Thor, è bello rivedere il tuo volto» disse poi Frigga con un sorriso, alludendo alla sua rasatura.
Un certo rossore bruciò sulle gote di Thor che ridacchiò imbarazzato.
«Avevo voglia di cambiare» rispose, e si infilò in bocca un grosso pezzo di carne per non dover aggiungere altro.
«Hai un così bel viso, non capisco perché ti ostini a nasconderlo sotto quella barba» asserì ancora la regina con sguardo dolce.
Loki si ritrovò a guardare il viso di Thor e si disse che sua madre aveva ragione. Thor aveva dei lineamenti molto belli, virili, eppure al contempo delicati. Degli occhi luminosi con lunghe ciglia, zigomi alti, un naso dritto, qualche piccola lentiggine sopravvissuta alla sua adolescenza e poi... quella bocca da cui Loki iniziava a far fatica a staccare lo sguardo.
«La barba dà a un uomo la sua importanza, tesoro» si intromise Odino nel discorso. «Lo rende maturo. Guarda adesso Thor: sembra perfino più giovane di suo fratello.»
Thor per poco non si strozzò con il suo boccone e Loki non riuscì a trattenere un sorriso divertito. Benché differissero in età solo di una decina di mesi, Thor ribadiva sempre il suo essere il maggiore, spesse volte trattandolo come se vi fosse un secolo a dividerli. Udire quel commento da suo padre, perciò, solleticò non poco il suo orgoglio.
«Sai, padre, hai ragione» disse. «Potrebbe perfino passare per una fanciulla. Non credi?»
Odino rise e così Frigga, mentre Thor lo guardò con cocente livore, provando a mandare giù dell'acqua.



*



Per tutta la durata della cena, Thor non aveva desiderato altro che finisse quanto prima. Già l'idea di ciò che lo aspettava dopo era traumatica, per di più i suoi genitori avevano passato tutto il tempo a prendersi gioco di lui.
Tutto per colpa di Loki.
Se non fosse che lo stava aiutando, Thor gliel'avrebbe fatta pagare.
Lo seguì quindi in silenzio fino alle sue stanze, senza però celargli uno sguardo per nulla amichevole.
«Adesso fatti un bagno. Io tornerò a breve» gli disse Loki aprendo la porta e facendogli cenno di entrare.
«Dove vai?» chiese diffidente e ancora incollerito per le sue poco simpatiche frecciatine della cena.
Ma Loki gli sorrise in quel suo modo enigmatico e disse: «Non vorrai andare al ballo con quei cenci, vero, milady?»
Thor grugnì malamente ed entrò chiudendosi la porta dietro. Neanche si curò di non farla sbattere.
Perché suo fratello doveva rendere le cose ancora più difficili?
Sembrava quasi si divertisse sempre più in tutta quella situazione. Durante la cena lo aveva beccato più volte a guardarlo in uno strano modo. Forse cercava di trattenersi per non scoppiargli a ridere in faccia.
In un moto di rabbia e vergogna, colpì il muro con un pugno e sbuffò.
Se solo fosse stato più attento, nulla di tutto questo sarebbe stato necessario.
Si sfilò la maglia e la gettò a terra. Lasciò una scia di vestiti per strada, mentre raggiungeva il bagno di Loki che un paggio doveva aver riempito nuovamente, e sentì subito qualcosa di insolito.
Attese un po' prima di immergersi ma non riusciva a capire cosa fosse.
Decise così di ignorare la cosa e affondò nel bagno fino ai capelli. Fu allora che la stranezza ebbe un nome: profumo.
L'acqua profumava in maniera diversa dal solito. Le essenze che erano state versate erano dolci, molto dolci, speziate e quasi stordenti.
Si annusò le mani e poi una ciocca bagnata di capelli: profumavano come quelli delle ancelle di sua madre.
«Oh, Loki...» brontolò in solitudine, guardando disgustato l'acqua che lo circondava.
Perché arrivare a tanto? Allora davvero voleva prenderlo in giro a vita?!
Non aveva tempo di svuotare la grande vasca e riempirla nuovamente, perciò fu costretto a fare il bagno nonostante quelle note profumate decisamente per nulla maschili.
Quando quella serata sarebbe terminata ne avrebbe dovuti fare dieci per togliersi di dosso quell'odore.
Stette quindi nella vasca giusto il minimo necessario per darsi una pulita, poi uscì avvolgendosi un telo attorno ai fianchi e recuperandone un altro con cui asciugare i capelli.
Loki fece proprio allora il suo rientro. Aveva entrambe le braccia occupate da diverse scatole, di fatti chiuse la porta con il tacco dello stivale prima di poggiarle sul letto.
«Cos'è tutta questa roba?» chiese Thor, sgocciolando per la stanza con i suoi capelli.
Provò ad avvicinarsi al letto ma Loki lo obbligò a stare indietro, spingendolo sul petto con una mano.
«Li rovinerai!» lo ammonì aprendo la scatola più grande e tirando fuori quello che era palesemente un vestito da donna.
Thor si ritrovò a guardarlo con una certa inquietudine mentre Loki lo poggiava su di una gruccia di legno e lo appendeva poi all'anta dell'armadio.
Era di un colore indefinibile, sembrava bianco eppure aveva riflessi verdi, che si disegnavano sulla stoffa solo quando la si muoveva. La gonna era lunga e ampia mentre la parte superiore era costituita da un bustino fin troppo rigido; era senza spalline, ma con dei veli che avrebbero avvolto le braccia fino ai polsi. Aveva solo dei lievi ricami e poche gemme; soltanto una, più vistosa e a forma di serpente, sostituiva la spallina sinistra dell'abito.
Era indubbiamente un bel vestito che avrebbe abbracciato deliziosamente il corpo di qualsiasi fanciulla, ma Thor non dimenticava che quel vestito lo avrebbe indossato lui, per cui ai suoi occhi non c'era nulla di veramente bello in quel coso.
Mentre se ne stava ancora lì impalato a maledirsi per la sua stupidità, Loki aprì anche le altre scatole, molto più piccole, che contenevano dei sandali di cuoio da legare alla caviglia, un lungo e sottile foulard del medesimo colore dell'abito, e le altre, piccoli fermagli, nastri, e qualcosa che per poco non fece urlare Thor dall'orrore.
«Non ci pensare neanche!» ringhiò indicando sconcertato i cosmetici da donna che Loki stava sistemando sulla sua scrivania. C'erano polveri per il viso, creme per tingere labbra e palpebre, e perfino una boccetta di profumo dall'inquietante color rosa.
Loki non pareva ascoltare minimamente le sue minacce, intento com'era a ordinare maniacalmente il più piccolo diabolico oggetto che aveva tirato fuori da quelle scatole. Poi si voltò a guardarlo, poggiando le mani sui fianchi, e gli sorrise in maniera sinistra.
«Sei pronto, fratello?» gli chiese con una strana nota nella voce che lo fece rabbrividire.
No, non era pronto. Nessuno poteva essere pronto per una cosa simile.
In quel momento, Thor scoprì di trovare un'eventuale punizione di suo padre molto più piacevole di quello che lo stava aspettando.
Ma, purtroppo per lui, non si poteva tornare indietro.



*



Soltanto convincerlo a indossare il vestito era stata un'impresa ardua, farglielo letteralmente indossare sembrava anche più ostico.
«Vuoi stare un po' fermo?!» lo richiamò Loki mentre cercava di sistemargli l'abito attorno alle braccia. Ma Thor continuava a grattarsi da tutte le parti e a borbottare sommessamente.
«Non mi starà mai! Non vedi che è troppo piccolo? Non si chiuderà!» brontolò ancora facendolo ricadere.
Loki lo tirò di nuovo su, trattenendo la voglia di tirargli una testata.
«Non è piccolo» affermò. «Devi solo stare fermo e lasciarmi lavorare!» Lo disse con tono così acido che Thor non osò neanche ribattere. Sbuffò soltanto, guardando alla sua sinistra con espressione imbronciata.
Mentre gli sistemava la stoffa attorno al corpo, Loki percepì sempre più forte l'odore delle essenze che aveva fatto disciogliere nell'acqua. La pelle di Thor ne era pregna, e i suoi capelli lasciavano folate di profumo ogni volta che scuoteva la testa. Il contrasto fra il suo aspetto virile e quella dolce fragranza era ipnotico.
Loki non si stupì neanche più dei sui stessi pensieri, ormai.
«Adesso voltati» gli intimò quando sembrava essere riuscito a tenere su il vestito.
Thor lo guardò riluttante ma poi si volse.
I nastri del corsetto pendevano sciolti e malamente intrecciati, e guardando l'ampia schiena di suo fratello, Loki ebbe timore che avesse ragione: forse davvero aveva preso una taglia troppo piccola. Ma qualcosa nella sua testa lo aveva spinto a scegliere quel vestito, qualcosa lo spingeva a voler vedere il corpo di Thor completamente stretto in quella stoffa.
Sistemò i vari nastri in modo che si intrecciassero perfettamente e poi prese a tirarli, dapprima debolmente, poi sempre più forte finché Thor non lasciò andare un gemito.
«Accidenti, Loki. Non riesco neanche a respirare» si lamentò, ma Loki continuò a stringere attorno alla vita e all'addome. «Mi manca il respiro, Loki!» ringhiò Thor.
«Quante storie...» lo sgridò lui dando ancora una stretta prima di fermare i nastri quando si ritenne soddisfatto dalla vista. «Avanti, girati.»
Ma quando suo fratello si girò lamentando ancora la difficoltà di respirazione, anche il respiro di Loki sembrò mancare.
Thor aveva il viso arrossato e si teneva una mano all'addome. Il suo punto vita già stretto sembrava ancora più ridotto, e la gonna scendeva dolcemente dai fianchi ampliandosi con eleganza fino alle caviglie.
Ma ciò che colpì davvero Loki fu scoprire come la scollatura del vestito fosse effettivamente riempita. I pettorali di Thor, sempre definiti e allenati, erano ora costretti così rigidamente nel corsetto da dare l'impressione di essere davvero due seni acerbi.
L'effetto ottico era assolutamente perfetto.
«Non riesco a muovermi» mormorò Thor ma Loki non lo udì. Allungò una mano e tastò il suo petto gonfio.
«È sorprendente...» sospirò come un pensiero a voce alta.
Suo fratello gli scacciò malamente la mano, arrossendo ancora più vistosamente.
«Piantala! È già abbastanza umiliante!»
Solo a quel punto Loki sembrò ridestarsi, sebbene ormai la sua mente fosse completamente rapita da quella visione.



*



Non riusciva a respirare, non riusciva a muoversi, anche camminare sembrava impossibile. Quello non era un vestito da donna ma uno scafandro da palombaro![1]
Lasciò andare un gemito sofferente quando fu costretto a sedersi su ordine di Loki.
Riusciva a prendere solo piccoli e brevi respiri. I polmoni erano così costretti che non potevano tenere davvero l'aria.
«Ma non puoi allentarlo un po'?» chiese dolorante, mentre Loki afferrava minacciosamente una spazzola.
«Devi solo farci l'abitudine» gli rispose iniziando a spazzolare i suoi capelli. «La stoffa cederà leggermente e il tuo corpo si adatterà alle nuove condizioni.» Poi sorrise. «Non morirai per così poco. Tranquillo, fratello.»
Forse aveva ragione, forse non sarebbe morto per colpa di quel vestito, ma probabilmente sarebbe morto di vergogna nell'attimo esatto in cui suo fratello avrebbe intrecciato i suoi capelli con quei fermagli.
Non era capace di parlare con facilità e preferì evitare di farlo, concentrandosi più sulla respirazione. In effetti dopo un po' sembrò più facile, anche se continuava a sentirsi soffocare in quella stoffa.
Loki faceva scorrere gentilmente la spazzola, districando ogni nodo e modellando le chiome in piccole leggere onde. Thor non aveva voluto avere di fronte uno specchio quindi riusciva solo a scorgere i capelli che cadevano delicati sulle sue spalle. Loki poi ne raccolse una piccola parte in alto e li strinse in una morbida coda. Iniziò anche a intrecciare sottili ciocche in altrettanto sottili trecce, che Thor preferiva mille volte a quei fermagli pieni di gemme che sostavano ancora sul canterano.
L'occhio gli cadde anche sulle terre e sui prodotti con cui suo fratello gli avrebbe poi dipinto il viso.
Chiuse gli occhi con un senso di nausea a salirgli dallo stomaco. La spiacevole sensazione era ampliata da quel corsetto strettissimo che aveva trasformato i suoi tanto virili pettorali in due... due...
Che vergogna!
Loki le aveva perfino toccate e Thor aveva sentito di voler morire in quel istante. Le dita di suo fratello che scorrevano dolcemente fra i suoi capelli, avevano accarezzato il suo petto con altrettanta dolcezza. Erano calde e gentili. Quando voleva, Loki sapeva essere caldo e gentile.
Qualcosa si contorse nel suo stomaco e prese un respiro più profondo.
«Ho quasi fatto» lo assicurò Loki e Thor annuì senza dire nulla. Lo vide poi recuperare un solo fermaglio, grande come un pollice, che fermò nella parte destra dei suoi capelli.
Qualsiasi cosa avesse fatto, doveva aver finito.
Suo fratello poi lo fronteggiò e lo studiò; aveva una strana espressione mentre gli sistemava ancora qualche ciocca attorno al viso e sulle spalle.
Era difficile decifrare i suoi pensieri. Loki era uno scrigno senza chiave che si apriva solo se lo voleva lui. Thor quindi guardò il suo viso e i suoi occhi, aspettando che si posassero a propria volta nei suoi.
Il modo in cui Loki lo stava guardando era così intenso, così forte che no, non riusciva a capire.
«Sono abbastanza ridicolo?» chiese con un filo di voce e suo fratello sorrise.
«Non ancora.» E indicò i prodotti che tanto terrorizzavano Thor.
«A questo punto...» borbottò il principe maggiore mentre suo fratello dipingeva il suo viso con attenzione e precisione.
Ancora quelle dita gentili, ancora quella sensazione al ventre.
«Chiudi gli occhi» gli disse poi Loki e Thor obbedì, sentendo qualcosa di freddo scivolare lungo le sue palpebre e sfiorare le sue ciglia. «Ho finito.»
A quelle parole ebbe timore di riaprire gli occhi. Fu costretto a farlo.
Quando incrociò quelli di Loki stavolta riuscì a leggere qualcosa: sorpresa, stupore.
E poi c'era ancora una luce in quelle iridi verdi, una luce diversa, più prepotente, tanto da abbagliare tutte le altre e che gli fece all'istante fermare il battito.
Desiderio.



*



Nessuna fantasia, neanche la più sfrenata, avrebbe mai potuto competere con la realtà.
Fu quello che Loki pensò quando Thor lo guardò con quegli occhi azzurri sottolineati di nero, con le ciglia ancora più lunghe e le guance color pesca.
I capelli gli ricadevano dolcemente sulle spalle, con piccole trecce sparse, e una morbida coda che scopriva il viso, un viso che definire bello sarebbe stata solo un'offesa.
Thor era assolutamente divino. La sua bellezza, che nessuno avrebbe mai potuto negare, era adesso qualcosa che andava oltre; era magnetica, affascinante, deviante, destabilizzante.
«Dammi uno specchio» gli chiese poi suo fratello con una certa apprensione.
Loki raccolse quindi un piccolo specchio da tenere con due mani e glielo porse.
Quando gli occhi di Thor incrociarono quelli del proprio riflesso, vide la sua gola sussultare, la bocca schiudersi e una strana agitazione sollevargli le spalle.
«Sono... io... sono...» mormorò scostando la vista e abbassando lo specchio con il viso arrossato.
Sei bellissimo... avrebbe voluto dirgli ma tacque, perché la sua voce avrebbe detto più delle parole.
«Ho dimenticato questo» disse invece, stringendo nella mano la tinta rosso amaranto che avrebbe dovuto tingergli le labbra, ma che non era riuscito a usare perché neanche il suo autocontrollo avrebbe più retto se avesse sfiorato quella bocca. «Non credo sia necessario» affermò, deciso a riporla, quando Thor lo fermò.
«No» disse con un fiato, e Loki guardò i suoi meravigliosi occhi scrutarlo incerti eppure audaci.
C'era qualcosa che in una qualche maniera stava specchiando i suoi stessi pensieri. Anche Thor aveva trovato della bellezza in quel riflesso, ne era stato spaventato, ne era stato rapito.
«Vuoi...?» chiese quindi Loki mostrandogli la tinta. Thor la guardò e annuì senza dire niente.
Il cuore di Loki aumentò di un battito mentre intingeva il polpastrello del suo dito sulla superficie cremosa.
Si avvicinò quindi al viso di Thor, afferrandogli delicatamente il mento, e le sue labbra si schiusero.
I loro occhi si intrecciarono mentre Loki passava la punta del dito sulla sua bocca, lasciando una scia rosso sangue dietro sé.
Picchiettò ancora, tingendola sempre più. Era così morbida e calda.
Sentì il respiro scuotergli le spalle mentre, occhi negli occhi, continuava ad accarezzare quelle labbra con le dita. Anche le spalle di Thor parvero abbassarsi e sollevarsi con sempre maggiore frequenza finché i suoi occhi azzurri non gli furono celati e Loki avvertì la punta umida della lingua di Thor sfiorare appena il suo dito.
Non seppe dire se fosse volontario o meno, seppe solo che in quell'istante avrebbe voluto commettere il più grave dei peccati, chinarsi su quella bocca, e baciarla fino a che ne avesse avuto la forza.











***







Note
[1]. “Quello non era un vestito... palombaro!”   La battuta, da me leggermente modificata, è presente nel film Un turco napoletano. A pronunziarla è il grande Totò, il quale utilizza il medesimo paragone riferendosi però al costume da bagno, atrocemente casto, di una delle protagoniste.


NdA.
Eccoci al secondo atto. La metamorfosi è quasi completa e i nostri fratellini ne stanno già affrontando gli effetti.
*UST power*
Come sempre, spero sia stata una lettura gradita.
Vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Mettete il vostro vestito migliore: si va tutti al ballo ^-*
Kiss kiss Chiara  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Atto III ***


cap3
“Primula della sera”

[ Atto III ]







Loki gli legò il foulard attorno al collo, cosicché nascondesse la sua prominenza laringea. Mentre suo fratello lo sistemava con attenzione, Thor cercava di non pensare a ciò che era accaduto qualche attimo prima. Era stato un momento, breve come un sospiro, in cui un insolito istinto lo aveva colto ed era riuscito a rientrare in sé solo quando Loki aveva terminato di toccare le sue labbra.
Era stato poi silenzio scomodo, in cui aveva temuto che suo fratello si fosse accorto di quello che aveva provato nel sentirsi sfiorare da lui. Ma Loki era riuscito a spezzare quell'imbarazzo spronandolo a sbrigarsi per non giungere in ritardo da Thrymr.
Era suo fratello, dannazione! Perché doveva sentire quei brividi?!
Tutta colpa di quel vestito, di quella situazione.
Il riflesso che aveva visto lo aveva sconvolto, e Thor sapeva che era quello che avrebbe dovuto aspettarsi, ma ciò che era stato totalmente imprevisto era che non si era sentito sconvolto per il ribrezzo, anzi. C'era qualcosa nel modo in cui i suoi occhi guardavano con quella linea nera nel contorno, c'era qualcosa nei suoi zigomi messi in risalto dalla polvere, e le sue labbra nude... aveva desiderato fossero rosse come una bacca.
Nella sua testa qualcosa non stava funzionando. Quei pensieri non dovevano esistere. E poi Loki lo aveva guardato in quella maniera e Thor si era sentito così dannatamente bene.
Si accarezzò la stoffa attorno al collo e osservò ancora lo specchio alla parete non riuscendo a distogliere lo sguardo.
«Possiamo andare?»
La domanda di Loki fu come una spinta: a Thor parve di perdere l'equilibrio.
Guardò il suo viso e annuì.
Pensò che quel giorno non aveva perduto solo il suo martello, ma anche parte della sua salute mentale.



*



Attraversarono con passo silente i corridoi. Loki aveva informato i suoi genitori che quella sera si sarebbe recato a Thrymr, per celebrare il compleanno di suo figlio.
Odino non si era mostrato molto entusiasta ma non aveva obiettato nulla. Frigga gli aveva augurato una buona serata chiedendogli se avesse intenzione di portare qualche fanciulla con lui. Loki, sorridendo, le aveva risposto che lo avrebbe deciso all'ultimo.
Thor non aveva dovuto dare spiegazioni sul dove e con chi avrebbe trascorso la sera: per lui era quotidiano uscire e tornare poco prima dell'alba.
Con un piccolo incantesimo di occultamento, Loki aveva fatto in modo che a palazzo nessuno vedesse Thor uscire al suo fianco e lasciò mostrare la sua presenza solo quando giunsero dinnanzi a una carrozza, guidata da due cavalli neri e un cocchiere seduto in attesa.
«Perché una carrozza?» chiese Thor con un bisbiglio. Loki lo invitò a salire senza dire altro.
Una volta seduti sui sedili in velluto rosso, colpì la parete tre volte e il cocchiere prese la via per raggiungere i cancelli e poi la strada che li avrebbe condotti da Thrymr.
«Adesso posso parlare o devo stare zitto tutta la sera?» brontolò Thor e Loki continuò a guardare dalla piccola finestra sulla sinistra.
«Per la sopravvivenza della nostra copertura sarebbe bene che stessi muto ma so di chiederti l'impossibile» rispose sarcastico e lo udì borbottare. Non ebbe abbastanza risolutezza per non guardarlo.
I suoi occhi incontrarono di nuovo quell'immagine tanto sbagliata quanto perfetta e riprovò ancora quell'inspiegabile calore al petto.
Thor continuava a toccarsi l'addome, forse provando adesso ancora più fatica nel respirare in quel vestito. Una smorfia infastidita piegava il suo viso rendendolo ancora più affascinante.
«Prova a tenere un tono di voce alto e parla solo se necessario» gli suggerì, e anche Thor lo guardò con quelle insolite ciglia nere.
«Così?» gli chiese, facendo una prova decisamente pessima.
Loki sorrise divertito. «Più o meno...»
«Non puoi fare un incantesimo per cambiarmi il timbro? Non so, qualcosa del genere.» Thor sembrò imbarazzato nel porre una simile richiesta ma Loki non aveva intenzione di esaudirla.
«No, mi spiace» mentì.
Se avesse cambiato la sua voce avrebbe frantumato quella fantasia. Loki voleva riconoscere in Thor quella visione, voleva sentire ed essere consapevole che di fronte a lui, vestito con un lungo abito di seta, c'era suo fratello, con le sue labbra tinte di rosso e i capelli d'oro intrecciati con eleganza.
Voleva ancora sentire fra le dita quei capelli, sfiorare quelle labbra.
Prese un lungo respiro sistemandosi il colletto della giacca nera.
Chi avrebbe mai immaginato che qualcosa di così importante come il recupero di Mjolnir potesse portare con sé degli strascichi emozionali simili.
«Dovrei avere un nome. Non credi?» chiese Thor, guardando a sua volta verso il finestrino della carrozza alla sua sinistra. «Non voglio assolutamente che qualcuno possa riconoscermi. Se dovesse accadere arriverei a uccidere tutti i presenti senza pensarci due volte.»
«Mi sembra una soluzione un po' estrema» sostenne Loki sperando di incrociare ancora quegli occhi, ma Thor non si voltò né ribatté. Sembrava perso in pensieri che Loki avrebbe tanto voluto conoscere.
«Primrose» disse poi e recuperò la sua attenzione. Thor sbatté le palpebre scuotendo il capo.
«Scusa?» chiese.
«Sarà il tuo nome» rispose con un sorriso e pensò che sì, sarebbe stato perfetto.


 
*



«Primrose...?» Non è un granché.
Loki era sempre stato il più fantasioso fra i due, questo Thor lo aveva sempre saputo. Già da bambini era Loki quello che inventava i giochi più divertenti e i racconti più emozionanti, nonché le bugie più credibili quando venivano beccati a combinare marachelle.
Quando aveva proposto un nome così banale, Thor ne era semplicemente rimasto deluso.
Il motivo non sapeva spiegarlo, in fondo era solo un nome fittizio che avrebbero dovuto usare per qualche ora, eppure aveva quasi sperato che Loki instillasse un po' della sua sconfinata fantasia per scegliere un nome appropriato al viso che stava indossando.
Un altro pensiero assurdo che andava ad aggiungersi a tutti quelli che aveva fatto fino a quel momento.
Spostò ancora lo sguardo alla piccola finestra, guardando il buio che inghiottiva il sentiero e gli alberi. Lo sollevò poi al cielo: sembrava orfano di stelle, ma forse era solo colpa della troppa luce che le lumiere infondevano all'interno della carrozza. Thor non amava usarne, preferiva cavalcare con il vento fra i capelli e le cosce premute ai fianchi di un cavallo, ma forse Loki aveva prediletto quella scelta perché cavalcando avrebbero potuto sciupare il vestito che indossava.
Avrebbe sorriso se non avesse trovato quella riflessione quasi più imbarazzante di ogni altra.
«Esiste un fiore molto raro che si differenzia da ogni altro per una piccola, grande peculiarità: sboccia solo di notte.»
Le parole di Loki lo spinsero a guardare ancora verso il fratello. Un sorriso dolce piegava le sue labbra mentre teneva gli occhi a sua volta verso il buio della vegetazione. «Ha petali gialli, simili a gocce d'oro, e foglie di un verde con sfumature così singolari che neanche un abile pittore potrebbe mai riprodurre. Nasce sul finire della primavera, così come molti altri fiori ma, nella sua unicità, esso sboccia soltanto sotto la luce della luna, e quando sorgono i primi raggi del mattino appassisce e muore.» Loki abbassò lo sguardo e poi lo volse a lui. «Per questo suo insolito comportamento si è guadagnato il nome di “Primula della sera”... Primrose
Thor non seppe cosa dire, sentiva solo il cuore stretto in quel vestito, constatando quanto suo fratello potesse ogni volta sorprenderlo, confonderlo, affascinarlo.
«Primrose» ripeté, stavolta con una nota calda nella voce.
«Adesso ti piace?» gli chiese Loki con un nuovo sorriso che Thor ricambiò.
«Mh... può andare.»



*



Giunsero presto dinnanzi alla dimora di Thrymr, illuminata da infinite luci.
Loki diede uno sguardo veloce alle altre carrozze fermate lungo lo spiazzale: dal numero, buona parte degli ospiti doveva già essere arrivata.
Era un bene, almeno avrebbero destato meno attenzioni.
Scese per primo e attese che Thor scendesse a sua volta. Diede poi ordine al cocchiere di attendere lì poiché non si sarebbero intrattenuti molto. L'uomo annuì e restò seduto a governare i cavalli che poterono riposare.
«Quanta gente ci sarà?» chiese Thor e dalla sua voce trapelò la sua agitazione.
«Molta, per nostra fortuna» rispose porgendogli il braccio che suo fratello strinse senza riluttanze.
Il passo era lento, perché Thor non aveva avuto modo di familiarizzare molto con l'abito, ma Loki non poté lamentarsi.
Gli piaceva quella presenza calda contro il fianco, il profumo che emanavano la pelle e i suoi capelli, le luci che si riflettevano sulle gemme del vestito e sulla tinta lucida delle sue labbra.
Gli piaceva percepire la sua incertezza, il suo bisogno di averlo lì.
Loki sentiva le dita di Thor stringere con forza il suo braccio e avrebbe solo voluto che non lo lasciasse andare più.
Si avvicinarono sempre più all'entrata quando il passo si arrestò su volere di suo fratello.
«Loki» sospirò. «Se venissimo scoperti...»
«Non accadrà.» Provò a tranquillizzarlo ma quando Thor lo guardò capì che non erano parole di incertezza ma altro.
«Se verremo scoperti, ucciderò ogni uomo e donna presente in quella sala e tu non dovrai fermarmi. Chiaro?»
Era un monito, una minaccia, un gelido giuramento.
Loki conosceva l'indole e la foga di suo fratello e altresì conosceva la sua caparbietà nel mantenere la parola data.
Se Thor avesse mai deciso di fare una carneficina, sapeva che non avrebbe potuto fermarlo.
Vedere gli occhi decisi e irremovibili brillare su quel viso portò Loki a tacere ogni parola.
Annuì soltanto in un muto accordo e sperò che davvero nessuno scoprisse nulla.



*



La sala era affollata, i musici intonavano melodie che molti ballavano. I banchetti erano colmi di ogni cibaria e vino. C'erano ancelle vestite in modo elegante e giovini di bell'aspetto, altrettanto abbigliati, che si aggiravano fra gli ospiti con vassoi e brocche.
Thor si guardò intorno, riconoscendo molti di loro, e sentendo dentro sé la vergogna per come si mostrava adesso il suo aspetto che pareva per qualche attimo aver dimenticato.
Cercò subito Thrymr ma non riusciva a scorgerlo. Serrò i pugni con rabbia, dimentico che il destro teneva l'avambraccio di Loki.
«Vuoi forse stritolarmi?» Si sentì ammonire da quest'ultimo e allentò la presa con un sospiro.
«Come facciamo a trovarlo?» chiese continuando a cercare.
«Lascia fare a me, tu fa' silenzio e sorridi.»
Thor però non aveva molti motivi per farlo e quindi preferì limitarsi a tacere.
«Loki!» urlò qualcuno, e Thor vide una figura svincolarsi fra la folla e raggiungerli: era Bergfinnr, figlio di Thrymr nonché festeggiato.
In mano teneva una coppa d'oro, e il viso arrossato dimostrava che non era la prima che beveva. Portava come sempre i capelli castani appena sulle spalle e gli occhi bruni erano lucidi.
«Amico mio! Ho atteso tanto di vederti arrivare.»
Bergfinnr letteralmente si gettò addosso a Loki, e Thor riuscì a spostarsi giusto prima che rovesciasse il vino sul suo vestito che andò invece a fluire sul pavimento.
Era il solito imbranato!
Bergfinnr era un ragazzone alto e robusto, molto più di Thor, che all'apparenza poteva incutere timore ma con cui bastava scambiare una sola parola per accorgersi di quanto diverso fosse in realtà. Era un ingenuo; Thor non sapeva dire se fosse anche un codardo.
Lui e Bergfinnr non si erano mai frequentati molto, un po' per via del suo retaggio, un po' per semplice incompatibilità di caratteri, e Thor era abbastanza sicuro che non avrebbe mai potuto riconoscerlo con quell'aspetto.
«Auguri di un buon compleanno, Berg» lo salutò Loki, mostrando un sorriso che Thor si chiese quanto fosse sincero. Gli mise poi una mano sulla spalla con fare gentile e Bergfinnr lo ringraziò. «Volevo presentarti Lady Primrose, che mi ha gentilmente accompagnato.»
Non comprese il perché di quella decisione e si ritrovò a indispettirsi nei confronti del fratello. Nel frattempo Bergfinnr aveva spostato l'attenzione su di lui e sembrava essersi accorto della sua presenza solo in quel momento. Da come lo stava guardando non era un bene.
«L-lady Primrose, è un onore conoscervi.»
Thor si limitò a un cenno del capo e guardò malamente Loki che continuava a sorridere come nulla fosse.
«Lady Prim è molto timida, Berg» giustificò Loki il suo mutismo e Thor cercò di non guardarlo troppo sgarbatamente.
«Oh, lo comprendo. Anche io sono timido.» Sorrise ancora Berg con un rossore sulle guance che a Thor non piacque per nulla. Poi si udì qualcuno chiamare il nome dell'erede d Thrymr e il ragazzo si scusò per poi allontanarsi. Thor non poté esserne più grato.
«Mi spieghi a cosa serviva tutta quella pantomima?» borbottò contro l'orecchio di Loki.
«Era per dare solidità alla nostra recita» gli rispose. «Stai tranquillo, tutto sta andando bene.»
Ma Thor non riuscì a farsi contagiare dalla sua sicurezza. Scorse un banchetto poco affollato e vi si diresse, bisognoso di qualcosa da bere. Si fece colmare un calice di birra e lo buttò giù tutto d'un fiato per poi chiederne un altro.
«Datti un contegno. Non vorrai mangiarti anche un bue intero?!» Suo fratello subito lo raggiunse per riprenderlo.
«Se avrò fame, lo farò!» ribatté lui, cercando di tenere la voce bassa. Per sua fortuna la musica risuonava alta nella sala, il che rendeva difficile udire perfino le parole del vicino. Infatti Loki poggiò quasi le labbra contro il suo orecchio per dirgli di non esagerare troppo con birra e vino. Le fanciulle non bevono così tanto.
Thor sbuffò e lasciò il calice sul bancone.
«Non credi sia tempo di cercarlo?» chiese poi al fratello, ma Loki sorrise porgendogli il palmo.
«Prima balliamo.»
Si sentì arrossire; quella proposta e il vino non erano stati una buona combinazione.
«Ma cosa ti salta in testa?!» chiese con voce forse troppo acuta sebbene nessuno parve farvi caso, tanto intenti erano ad ascoltare i liuti e le arpe.
«Dobbiamo dimostrarci degli ospiti allegri che non hanno secondi fini» spiegò Loki afferrandogli la mano e trascinandolo letteralmente verso la pista da ballo in cui danzavano elegantemente altre coppie. «Più si ostenta, più si cela» disse ancora, avvolgendogli l'altro braccio attorno alla vita.
Thor rimase indeciso sul da farsi perché proprio non gli andava di mettersi sotto gli occhi di tutti, soprattutto non gli andava di essere così vicino a suo fratello, non dopo ciò che stava per accadere nella sua camera.
Loki gli diede allora uno strattone facendo aderire i loro ventri e Thor si ritrovò a deglutire e poggiare la mano sulla sua spalla.
«Ti guido io» sussurrò Loki contro il suo orecchio facendolo quasi rabbrividire.
«Ti odio» brontolò Thor e chiuse gli occhi qualche attimo, per controllare cuore e respiro. Quel vestito stretto e tutti quegli sguardi erano come un cappio.
Per sua fortuna era una melodia molto soave che non obbligava un grande sforzo nel danzarla.
L’ascoltò intensamente, lasciandosi tranquillizzare dalle leggiadre note e dal calore di Loki. Riaprì le palpebre guardando il viso di suo fratello a un palmo dal proprio: Loki lo stava guardando ancora con quella luce.



*



Loki osservò la sala, ogni singolo ospite, e finalmente scorse Thrymr, intento a parlare con un uomo panciuto.
Mostrava un'espressione calma ma al contempo estasiata, e lui sapeva bene che il motivo era ben diverso dal compleanno di suo figlio.
Thor gli pestò un piede ed era più che sicuro non lo avesse fatto per sbaglio.
Tornò a guardarlo e ancora una volta si chiese perché si sentisse così.
«Quando andremo a cercare Mjolnir?» brontolò suo fratello imbronciando le belle labbra.
«Tempo al tempo» gli rispose, inebriandosi della sua vicinanza.
Stava barando, stava volutamente rubando quel momento solo per suo personale godimento. Non vi erano motivi di altra natura, solo il desiderio di tenere quel corpo premuto contro il suo.
Come poteva la mente di un uomo scivolare in così oscuri meandri nel giro di pochi respiri?
Quel mattino Thor era il suo fratello amato, testardo e chiassoso che non ascoltava mai e che doveva tirare fuori dai guai ogni tre per due, e adesso era una creatura che portava il nome di un fiore raro, stretto in un abito da donna, pettinato come una donna, dipinto come una donna ma che conservava la tempra e l'ardore di quell'amato fratello.
Oh, Norne, nessun sortilegio avrebbe potuto fare di più.
Avvicinò il viso al suo e gli sfiorò la guancia con la propria, quella guancia calda e morbida.
«Thrymr è qui» gli sospirò contro i capelli.
«Dove?»
Sentì anche il fiato di Thor scaldargli la pelle.
«Alla tua sinistra ma non voltarti.»
«Cosa facciamo?» chiese Thor con tono basso e roco, e Loki per un frangente chiuse gli occhi, incapace di combattere quella sensazione.
Non ne aveva la forza, non ne aveva l'intento.
Fu così che gli accarezzò la schiena con la mano.
«Fratello» sospirò poi contro il suo orecchio, fra le dolci note. «Hai mai sentito il bisogno di perderti?» gli chiese, sfiorandogli una guancia con le labbra e sentendolo respirare con sempre più difficoltà fra le sue braccia. «Hai mai sentito il desiderio di cadere nel più nero degli abissi... e goderne?»
«Loki...» La voce di Thor tradì quella stessa emozione e fu allora che Loki gli poggiò un bacio all'angolo della bocca, proprio mentre la melodia giungeva al termine con un gran fragore di applausi.



*



L'arrivo di Bergfinnr sembrò quasi una manna.
Dopo ciò che Loki aveva detto, dopo ciò che aveva fatto, il modo con cui lo aveva stretto, Thor salutò l'intrusione del giovane come una benedizione. Riuscì così ad allontanarsi dal suo abbraccio ustionante ed evitò di guardarlo in viso.
«Berg!» Anche Loki sembrò paradossalmente riflettere quel sollievo.
«Loki, io... volevo fare un brindisi con te» disse Bergfinnr, e Thor notò solo allora le sue mani che stringevano due calici. «Ma forse sono stato scortese. Non volevo disturbare e – oh, buon cielo, non ho preso da bere per voi, Lady Primrose! Perdonatemi, ve ne prego.» Il ragazzo si chinò più volte, umilmente, come non fosse stato il figlio erede di una grande dinastia ma l'ultimo dei servi.
Se avesse avuto meno trambusto nel suo animo, Thor avrebbe trovato la cosa quasi tenera.
«Non crucciarti, Berg» lo tranquillizzò Loki. «Andrò io a prendere da bere. Tu tieni pure compagnia alla mia signora.»
Thor fu obbligato a guardare in viso suo fratello ma non vi trovò altro che un sorriso dei più studiati, una maschera di abile controllo che non avrebbe mai potuto eguagliare.
Poi Loki si allontanò, sparendo fra la folla, e Thor si sentì tutto d'un tratto in equilibrio.
Loki non avrebbe dovuto lasciarlo da solo! Non poteva lasciarlo solo!
Si sentiva monco senza di lui al suo fianco, si sentiva scoperto, nudo.
«Vi state divertendo, Lady Prim? Posso chiamarvi Lady Prim?» gli chiese poi Bergfinnr, volgendo però lo sguardo altrove, imbarazzato per la sua stessa domanda.
Thor non sapeva cosa rispondere, non sapeva neanche se poteva farlo. La sua voce lo avrebbe potuto tradire e, una volta saltata la copertura, ci sarebbe stata solo una cosa da fare.
Così annuì soltanto, rispondendo al sorriso del giovane con qualche incertezza. Non gli piaceva trovarsi in quella situazione, soprattutto non gli piaceva il modo in cui il figlio di Thrymr lo guardava. Era quasi lo stesso di Loki, solo più pudico, più timido.
Gli tornarono in mente le parole che suo fratello gli aveva sospirato all'orecchio, il calore delle sue labbra, il desiderio che aveva percepito nella sua voce.
Immediatamente si sentì accaldare il viso e si umettò le labbra sentendo sulla lingua il sapore dolce della tinta che le copriva.
«Lady Prim?» Si ricordò solo allora della presenza di Bergfinnr. «Volete concedermi un ballo?»
Se avesse avuto il suo martello gli avrebbe fracassato il cranio per quella richiesta! Ma Mjolnir non era nella sua mano, era altrove, in quella casa e...
Riuscì a capire solo allora il perché dell'allontanamento di Loki. Lo cercò nella folla senza scorgerlo. Era di certo sulle tracce dell'arma.
Con gli occhi vide Thrymr che beveva in compagnia di qualche donna. Se restava nella sala avrebbe avuto modo di tenerlo sotto controllo e Loki avrebbe potuto cercare indisturbato Mjolnir.
Non c'era altra alternativa; doveva usare anche lui un po' di ingegno.
Guardò Bergfinnr e, sebbene riluttante, annuì alla sua richiesta e gli porse la mano.
Il giovane poggiò i calici su un tavolo e la raccolse con un sorriso impacciato. Gli avvolse l'altra in vita e prese a muovere i primi passi seguendo la musica.
Era più alto di Thor e la cosa non gli piaceva, ma nonostante la sua imponenza fisica, lo teneva fra le braccia con un'insospettata delicatezza, lasciando una certa distanza fra i loro ventri. Non sapeva se fosse per via della sua timidezza o per rispetto verso Loki, credendolo di fatti la sua compagna.
Mentre danzavano in silenzio, Thor si guardava in giro per verificare che Thrymr fosse ancora nella sala. Per fortuna era ancora lì.
«Sapete, Lady Prim, non ho mai veduto una fanciulla come voi» disse poi Bergfinnr. «Siete forse una delle famose Valchirie del Re Odino?» Preso alla sprovvista da quella domanda, Thor annuì e il ragazzo sorrise soddisfatto. «Oh, lo sapevo! Un giovane come Loki non avrebbe potuto amare una fanciulla comune.»
Non comprese quella frase ma si sentì ugualmente in imbarazzo.
Scostò lo sguardo e tornò a concentrarsi su Thrymr, ancora occupato a far conversazione.
La musica sembrava non voler più cessare e lui non sopportava più di dover stare lì, a fare la bambola di pezza fra le braccia di quel colosso di Bergfinnr.
«Spero che Loki non si indispettisca per la mia sfacciataggine nell'avervi invitato a ballare» mormorò il giovane, seriamente impensierito.
Berg doveva considerare suo fratello davvero un amico, mentre era chiaro che per Loki quel ragazzo non aveva poi troppa importanza.
Thor si sentì triste. Loki sapeva essere crudele e gelido se voleva, sapeva ferire e far male.
Suo fratello aveva un'anima con mille facce, di alcune delle quali forse perfino lui ignorava l'esistenza, alcune che potevano far paura.
Risentì le sue mani, le sue labbra, il suo respiro.
Il desiderio di cadere nel più nero degli abissi... e goderne.
Dovette scostarsi bruscamente da Bergfinnr non riuscendo più a sopportare il suo abbraccio.
«Lady Prim, va tutto bene?» Thor non perse neanche tempo a rispondergli che si avventò prima su un calice di vino e poi sull'altro. «Oh... siete alquanto assetata, milady.»
«Un vizio che non sono riuscito a farle togliere.»
La voce di Loki saltò fuori dal nulla e Thor si sentì inghiottire dai suoi occhi.



*



Aveva approfittato dell'intervento di Bergfinnr per poter indagare in pace, ma anche per allontanarsi da Thor, la cui vicinanza stava mettendo a dura prova ogni sua razionalità.
Lontano dalla sala era riuscito a raccogliere una piccola quantità di seiðr così da poter rintracciare Mjolnir. Non era stato semplice perché aveva dovuto centellinare ogni goccia di energia per impedire che Thrymr lo avvertisse.
Era riuscito però a percepire l'essenza dell'arma in un luogo fuori dal palazzo e, seguendo la scia emanata dalla sua forza mistica, era giunto nei pressi delle stalle. Si era guardato intorno: la zona era priva di guardie, tutte impegnate a controllare ciò che accadeva al ballo.
Era quindi entrato nella stalla e Mjolnir era lì, coperto da un cumulo di paglia, fra il nitrire dei cavalli e l'olezzo del loro letame.
Aveva dovuto dare atto a Thrymr di aver scelto un luogo perfetto per celarlo, così in bella vista che nessuno avrebbe mai pensato di cercarvi.
Aveva anche allungato la mano e provato a sollevarlo ma niente, non si era mosso di un pollice.
Non che si fosse mai aspettato il contrario.
Coperta di nuovo l'arma, era quindi tornato al ballo dove aveva scorto da lontano Berg ballare con Thor. Se dapprima la cosa lo aveva divertito, successivamente aveva provato un senso di fastidio.
La mano di Berg sulla schiena di Thor, l'altra stretta attorno alle sue dita, la vicinanza, l'imbarazzo sul viso di suo fratello, le sue guance arrossate.
Aveva stretto forte i pugni ed era scivolato fra la folla come una serpe scivola fra l'erba. Era giunto quando Thor stava tracannando del vino senza troppa grazia.
«Loki!» Berg sembrò allarmato dal suo arrivo ma Loki dedicò tutta la sua attenzione a suo fratello. «Ho invitato Lady Primrose a un ballo, spero non ti dispiaccia.»
«Se non è spiaciuto a lei, non vedo come possa dispiacere me» rispose con un sorriso velenoso, a voler intendere bel oltre le parole. Berg ne approfittò per allontanarsi e lasciarli soli e Thor ne approfittò invece per bere ancora.
«Si può sapere dove ti eri cacciato?» lo interrogò con occhi di fiamme. «Mi sono dovuto subire il tuo “amico” e le sue lusinghe indigeste.»
«L'ho trovato» affermò sintetico, vedendo poi la sua gola sussultare.
«Dov'è?» gli domandò Thor, avvicinandosi al suo viso con ansia.
«Nelle stalle» rispose. «Adesso possiamo prenderlo e andarcene.»
Guardò il suo viso ancora una volta prima di voltarsi e prendere l'uscita, sapeva che Thor lo avrebbe seguito.
Sapeva anche che non avrebbe più potuto resistere.











***










NdA.
In primis, la spiegazione di Loki sul fiore che dà il titolo alla fic è più o meno veritiera, ho aggiunto solo qualche piccolo dettaglio romanzato.
Per Thor ho preferito scegliere il nome Primrose (dall'inglese “Evening Primrose”) invece di Primula perché in italiano mi faceva semplicemente defecare.
Btw la serata sta per finire, Mjolnir è stato ritrovato e intanto i nostri due fratellini sono sempre più confusi da ciò che sentono.
Cosa accadrà adesso?
Tutte le risposte nel prossimo audace capitolo con il quale si concluderà la nostra piccola avventura in cipria e rossetto.
Ringrazio ancora tutti coloro che la stanno seguendo. Sono conscia del suo essere una storia un pochino particolare, per questo vi ringrazio sinceramente di cuore per averle dato una chance 

P.S. Ho in programma un seguito, una semplice OS, che con ogni probabilità dovrò pubblicare altrove per ovvie questioni incestuose. Nel caso, vi terrò informati ^-*

P.P.S Durante tutta la sequenza della festa, c'è stata una canzone meravigliosa che mi ha accompagnato e che volevo ascoltaste anche voi. La trovate QUI.
Vi consiglio di ascoltare l'intero album in quanto è assolutamente incantevole.
Kiss kiss Chiara

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Atto IV; Atto V ***


cap4
“Primula della sera”

[ Atto IV ]







L'aria fresca dei giardini fu una carezza più che piacevole sul viso accaldato. Thor camminò lesto, dietro i passi di suo fratello, mentre si allontanavano dalla caotica sala. C'era qualche altro ospite che passeggiava sorseggiando del vino o cercando di abbordare una giovane ancella.
La lunga veste iniziava a essere d'intralcio ed ebbe l'istinto di tirarla su, anche se in quel caso avrebbe messo in mostra due gambe davvero poco femminili, ma era abbastanza buio e forse-
«Aspetta!» disse poi Loki, arrestando il passo mentre guardava alla sua sinistra. Thor non ebbe il tempo di chiedere nulla ché si sentì afferrare un polso e trascinare verso l'ombra di un grande albero.
«Cosa succede?» riuscì finalmente a domandare quando si ritrovò spalle alla corteccia.
Loki continuava a tenere lo sguardo altrove e la fronte corrugata in chissà quali pensieri. Thor, i suoi cercava di tenerli ben chiusi nel luogo più remoto della testa. Non poteva dar loro ascolto altrimenti avrebbe combinato un casino ben più grave della perdita di Mjolnir.
«C'è Thrymr» sospirò poi Loki, e lui si spinse con il capo oltre il tronco per accertarsi delle sue parole.
«Ma dove? Non lo vedo.»
«È sulla terrazza ma smettila di guardare altrimenti si insospettirà.»
Riuscì a scorgere il viso dell'uomo solo un attimo, prima che Loki gli afferrasse poco gentilmente il mento per fargli riportare lo sguardo su di lui.
Thor scacciò subito quelle dita per non abituarsi al loro tocco.
«E adesso? Cosa facciamo: restiamo qui e aspettiamo che vada via?» brontolò cercando di leggere sul volto di suo fratello. Loki prese un lungo respiro e si morse le labbra con avvilimento.
«È l'unica alternativa» gli rispose guardandolo, e Thor non capì perché provasse quel disagio nel trovarsi sotto i suoi occhi. Oh, menzogne... Lo capiva bene, ma non voleva accettarlo. «Se anche facessi un incantesimo per celarci, Thrymr potrebbe accorgersene e allora tutto questo sarebbe stato inutile.» Nel dirlo sfiorò il foulard che stringeva la sua gola e Thor deglutì, sentendolo quasi troppo stretto. «Appena rientra andremo nelle stalle.» Ancora le sue dita sulla stoffa, ancora i suoi occhi di fiamme verdi.
Thor non ne poté più e gli bloccò un polso con presa decisa.
«Smettila» ordinò serio e lo vide sorridere con finta innocenza.
«Di fare cosa, fiorellino?»
«Di giocare.»  Gli lasciò andare il polso e poggiò la nuca contro il tronco con un sospiro stanco. «Smettila di giocare con me, Loki.»
Smettila di confondermi.
Smettila di stordirmi.
Smettila di tentarmi...
Thor non era riuscito più a tenere quell'inquietudine nel petto. Conosceva bene il piacere che suo fratello provava nello stuzzicare e provocare le persone, qualsiasi ne fosse il motivo, e spesso Thor stesso ne era divertito, ma non adesso. Adesso voleva solo che Loki non lo guardasse in quel modo, che non gli facesse sorgere domande e istinti che sarebbero stati soltanto raccapriccianti e immorali.
Il sorriso di Loki sfumò ma quello sguardo restò incatenato nel fondo dei suoi occhi e, allo stesso modo, Thor si sentiva incatenato contro quel tronco umido.
«Credi che sia un gioco?» gli chiese poi, con tono fin troppo serio.
«E cos'altro, allora?!» ribatté lui per non udire, per non vedere oltre. «Cosa volevi dire prima, con quella frase stupida?... Ti diverte tanto che sia conciato così, vero?» C'era rabbia nella sua voce, imbarazzo, vergogna, paura. Ringhiò una domanda dietro l'altra eppure non era in grado di accettare le risposte.
Sperò che Loki non rispondesse ma lo fece, e rispose nel peggior modo possibile. Quella risposta semplicemente lo paralizzò, perché Loki spinse il viso contro il suo, lo schiacciò con il suo corpo e con tutto il suo desiderio, e Thor sentì il respiro smorzarsi nell'avvertire l'eccitazione di suo fratello premere contro di sé.
«È un gioco, Thor?» sospirò poi sulle sue labbra. «Credi che sia ancora un gioco?»
«Loki...» I respiri gli scossero le spalle, bloccati da quella gabbia di stoffa. «Questo è sbagliato. Tutto! Noi–»
«Pensi che non lo sappia, fratello?» Thor sentì le sue dita sfioragli i capelli e la guancia, sentì la fronte posarsi sulla sua, il respiro caldo bruciare la sua bocca. «Ma lo vuoi anche tu.»
Il cuore martellava selvaggio, conscio del baratro da cui si sentiva attratto.
«No, ti sbagli» mentì, non potendo però allontanarsi da lui che sorrise sfiorandogli la bocca rossa con le dita.
«Ti piace» affermò Loki. «Te l'ho letto negli occhi» disse ancora, incastrandolo con forza contro quel tronco. E a Thor sarebbe bastata una semplice spinta per allontanarlo eppure restò lì, sotto il suo peso, sotto i suoi occhi, sotto quelle verità che lo stavano facendo bruciare di vergogna come non mai.
«Io non sono uno sporco ergi» ringhiò con rabbia, percependo il corpo rispondere con propria volontà a tutta quella situazione, senza che potesse impedirlo.
«Oh, non è quello che ho detto» sospirò ancora Loki, stavolta sfiorando la bocca con la sua. E gli occhi di Thor automaticamente si chiusero.
«Perché mi stai facendo questo?» chiese inerme, vinto da quelle assurde pulsioni, mentre afferrava i fianchi di suo fratello per tenerli contro i suoi. Nel buio delle sue palpebre sentì le labbra di Loki baciargli una guancia e scendere lentamente fino al mento, sentì la sua lingua inumidirlo e non trattenne un gemito.
«Perché lo stai facendo tu a me, Thor?»

A quella calda accusa schiuse la bocca finché non trovò quella di Loki. E si lasciò cadere.



*



Ciò che aveva desiderato, quella brama assurda che lo aveva soffocato, era adesso esplosa come un incendio, e Loki baciò quella bocca come se ne andasse della sua stessa vita.
Affondò le dita fra i capelli biondi mentre avvertiva le mani di suo fratello stringere i suoi fianchi con forza tale da lasciargli neri lividi.
Gemette contro quelle labbra morbide e calde, godendo di un bacio ruvido e virile come non ne aveva mai dati o ricevuti. Perché Thor era tempesta in tutto e, per Hel, avrebbe voluto essere flagellato da quell'impeto.
Avrebbe voluto alzare quella gonna e portare una mano fra le sue cosce per sentirlo ansimare disperato nella sua bocca; avrebbe voluto spingerlo in ginocchio e sentire quelle labbra rosse che lo stavano divorando, strappargli via ogni decenza e pudore.
Si ritrovò a riprendere fiato, vittima di quelle fantasie e di quel forte desiderio.
Anche Thor respirò con affanno contro di lui. «Cosa stiamo facendo, Loki?» gli chiese con occhi così lucidi e neri che Loki non seppe non baciarlo ancora e poi ancora.
«Non lo so» rispose, e di nuovo un bacio. «Non lo so, Thor.»
«È sbagliato...»
«Sì, lo è.»
Ma nessuno dei due riuscì a tirarsi indietro.
In quel momento aveva dimenticato il dove fossero, il perché fossero lì; Loki aveva dimenticato che la persona che stava baciando con passione era il suo stesso fratello, con il quale era nato e cresciuto, con il quale aveva condiviso giochi e rimproveri, sbagli e conquiste.
È Thor... è mio fratello. Cosa sto facendo?
Fu una frustata dritta alla schiena.
Si allontanò dalle sue labbra e cercò di recuperare il respiro mentre Thor lo guardava con il riflesso della sua stessa paura e inquietudine, con il rosso che ormai si era sciolto in un tiepido rosa e che aveva macchiato anche il contorno della sua bocca. Loki sapeva di essere nella stessa condizione e si pulì le labbra con le dita.
«Dobbiamo recuperare Mjolnir» affermò, provando a mettere da parte ogni altra emozione.
Thor lo guardò incerto qualche attimo e poi annuì. «Hai ragione» rispose con un sospiro, lasciando andare i suoi fianchi e pulendosi a propria volta le labbra con il dorso della mano, senza però riuscire a mandare totalmente via la tinta, la quale lasciò un debole alone rossastro sul contorno della sua bocca.
E Loki la rivoleva, voleva sentirla ancora ma...
No, era sbagliato.
È sbagliato!
...
Thrymr intanto non era più sulla terrazza.
Era il momento.
Non c'era più tempo per altro, non doveva esserci altro.
«Andiamo» ordinò senza voltarsi, prendendo la via per le stalle e sentendo i passi di Thor dietro di sé.



*



Mjolnir era lì, sepolto dalla paglia, e Thor lo afferrò senza esitare. Lo sollevò come sempre, privo di sforzi, e guardò la testa ferrata non sentendo il sollievo che avrebbe dovuto.
Lo avevano recuperato, la missione era andata a buon fine. Non restava che tornare a palazzo e rimetterlo sul suo piedistallo.
Nessuno avrebbe saputo, né Odino né alcun altro, e Thrymr avrebbe dovuto tacere per sempre la sua colpa.
Potevano far finta che quel giorno non fosse mai esistito.
Ma come poteva?
Come poteva Thor dimenticare ciò che era accaduto? Come poteva dimenticare di aver desiderato e baciato il proprio fratello senza decenza?
Come poteva dimenticare quella passione?
Sarebbe anch'essa sopravvissuta all'alba o sarebbe sfiorita come quel raro fiore?
«La carrozza ci aspetta.»
Loki attendeva all'entrata della stalla, con una maschera di controllo sul viso che Thor invidiava.
Annuì e lo seguì stringendo l'elsa della sua arma, chiedendosi se era ancora degno di poterla impugnare.



*



Durante il viaggio in carrozza nessuno parlò.
Loki guardò la piccola finestra, Thor tenne gli occhi fissi sul suo martello, ma di tanto in tanto li percepiva su di sè.
Non si voltò mai.
Tacque, represse. Inghiottì.

Arrivati a palazzo si diressero alla Sala delle Reliquie e bastò un piccolo incantesimo per distrarre le guardie e permettere a Thor di rimettere al proprio posto Mjolnir.
Quando lo vide risalire le scale a mani vuote, seppe che erano riusciti nel loro intento.
Adesso si doveva solo dimenticare.



*



Camminarono nel corridoio. Passi pesanti ma lenti. Camminarono ognuno diretto alla propria stanza che distanziava dall'altra di pochi metri.
Loki fu il primo a stringere la maniglia e Thor sentì la voglia di chiamarlo salire in gola.
«Loki?» sospirò, e suo fratello impiegò qualche attimo prima di voltarsi. I suoi occhi non parevano guardarlo davvero. «Grazie» disse Thor per dovere. In realtà voleva chiedergli altro, voleva chiedergli come avrebbe dovuto sentirsi l'indomani, se avrebbero dovuto riparlare di quanto successo, se sarebbe mai accaduto ancora, se...
Se...
Se...
«Buona notte, fratello.» E con quel freddo saluto Loki lo congedò ed entrò nelle sue stanze chiudendo la porta.
Thor guardò il legno intarsiato, la maniglia d'oro.
Voleva bussare. Voleva chiamarlo ancora.
Invece prese il passo verso la sua camera, vi entrò e lasciò andare un sospiro.
Nei suoi occhi rivedeva le lumiere della carrozza, risentiva la musica del ballo, e poi le mani di Loki, i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo, il suo desiderio.
Si sentì soffocare.
Tossì più volte e tirò via quel foulard.
Afferrò il fermaglio che teneva fra i capelli e lo lanciò lontano, senza badare a dove cadesse.
Voleva levarsi quella roba di dosso e dalla faccia. Voleva fare un bagno per togliersi quel profumo, voleva raschiare via dalla pelle quei brividi, quelle sensazioni. Voleva strapparsi quella stessa pelle calda che lo faceva vergognare di se stesso.
Afferrò con difficoltà i nastri del vestito e letteralmente lì strappò con forza, sentendo i polmoni gonfiarsi quando l'abito cadde a terra.
Si accarezzò l'addome e poi il petto, rabbrividendo per quelle memorie ancora vivide.
Calciò via i sandali e la stoffa e sciolse i capelli.
Camminò verso il bagno, pronto a riempiere la grande vasca, quando i suoi occhi incrociarono quelli del suo riflesso.
Un conato gli salì dallo stomaco.
Si avvicinò al canterano poggiandovi una mano mentre l'altra sfiorava il viso.
Era nudo, con i capelli scompigliati, gli occhi sbavati di nero. Le labbra ancora macchiate di rosso, pallido e sporco, come la bocca di una volgare cortigiana.
Si toccò quella bocca e gli occhi si inumidirono di rabbia.
Chi era il ragazzo che stava guardando? Chi era quel ragazzo che stava tremando spaventato, che si stava trattenendo per non far scivolare lacrime nere sulle guance, che si toccava le labbra desiderando che fossero le dita di qualcun altro a farlo?
Dov'era il guerriero feroce? Dov'era lo scapestrato figlio di Odino sempre troppo avventato?
Dov'era il principe che avrebbe dovuto proteggere e guidare il proprio fratello invece di lasciarsi vincere da squallidi istinti?
Dov'era Thor adesso?
Non riusciva a trovarlo in quel riflesso, non sapeva se sarebbe mai più riuscito a trovarlo.



*



Il letto era freddo eppure Loki sentiva caldo.
Calciò via il lenzuolo ma non servì. Sfilò la maglia e la gettò lontano ma neanche questo fu di aiuto.
Aprì le palpebre nelle ombre della stanza. Non era riuscito a prendere sonno, chissà se vi sarebbe riuscito.
Si passò una mano sul viso e prese un profondo respiro.
Lui era sempre lì, nel fondo dei suoi occhi, dentro le sue orecchie, sulla sua pelle.
Thor era lì, con il suo calore e i suoi gemiti, con il suo profumo e la sua irruenza.
Loki non sapeva mandarlo via.
Si girò su un fianco serrando le palpebre.
Le labbra rosse, l'azzurro sciolto dei suoi occhi, l'oro dei capelli... quelle mani sui fianchi.
Quando si era spogliato li aveva visti: piccoli lividi violacei, proprio dove le sue dita lo avevano tenuto stretto.
E Loki si era chiesto se anche le sue cosce avrebbero lasciato gli stessi segni, se Thor le avesse legate con forza attorno al suo bacino.
Sentì una spinta al ventre e trattenne a stento un gemito.
Non sono uno sporco ergi.
Risentì la sua voce ma risentì anche il suo ansimare contro la bocca.
Oh, era una melodia quel suono rauco e caldo. Loki avrebbe potuto trascorrere la vita a udirlo, a udire Thor gemere contro di lui, sotto di lui.
Si tirò a sedere, respirando a fatica, e si asciugò il sudore sulla fronte, sul collo. Il suo petto era madido e così le braccia e la schiena.
Scese dal letto e si diresse alla balconata. L'aprì e si lasciò schiaffeggiare dal fresco della notte.
Asgard dormiva, ignara dello scandalo con cui avrebbero potuto coprirla i suoi principi.
Se Asgard avesse saputo. Se Odino, loro padre, avesse saputo. Se Frigga avesse mai saputo...
Ti piace, te l'ho letto negli occhi.
Si appoggiò alla balaustra e nascose il viso fra le braccia.
Perché mi stai facendo questo?
...
È sbagliato.
Sì, lo è.”
«Allora perché lo voglio così tanto?» si chiese in solitudine, appesantito da colpa e desiderio. «Perché ti voglio così tanto, fratello?»
Ma la notte non ebbe per lui alcuna risposta.



*



Il sonno lo aveva colto solo alle prime luci dell'alba.
Thor si era risvegliato e per un solo istante si era chiesto se il tutto non fosse stato solo un sogno. Poi aveva sentito il viso liscio sotto le dita, poi aveva ritrovato quel vestito gettato a terra.
Si era lavato e aveva indossato i suoi abiti da allenamento. Aveva anche legato tutti i capelli in una coda, sebbene qualcuno fosse sfuggito via.
Non voleva sentirli sulle spalle, non voleva sentire niente che gli ricordasse quella notte precedente.
Si lavò il viso ancora una volta, prima di lasciare le sue stanze, e si guardò allo specchio per cercare qualche residuo di quella maschera.
Non vedeva nulla. Era lui, era il ragazzo che aveva sempre visto in quello specchio.
Bugiardo, pensò, non sei più lo stesso.
Ignorò la voce dei suoi pensieri e si diresse verso la sala dove i suoi genitori lo stavano attendendo per la colazione, dove forse anche Loki era già seduto.
Sperò che non fosse così, che per una volta suo fratello scendesse in ritardo così da non doverlo incrociare, ma quando entrò nella sala scorse i suoi capelli neri e il suo viso impassibile, quasi rilassato. Ma non incrociò i suoi occhi.
Il cuore batté un po' più forte.
«Figliolo, se tardavi ancora avremmo potuto direttamente pranzare.» Suo padre lo riprese per il ritardo e Thor si scusò prendendo posto.
«Odino, non essere il solito pedante» disse sua madre. «Sono giovani. È normale che amino dormire fino a tardi.» Frigga li difendeva sempre, quanto poteva. Frigga li amava come nessun'altra madre avrebbe potuto.
Thor aveva sempre dato per scontato questo suo aspetto ma adesso, incapace di tenere lo sguardo sul viso di sua madre, si chiese se, alla luce della verità, avrebbero ancora potuto ricevere la sua comprensione. Frigga avrebbe mai perdonato ciò che avevano fatto? Li avrebbe ancora giustificati e protetti?
Li avrebbe ancora amati?
La risposta era così assordante che non serviva neanche che qualcuno la pronunciasse.
«Mia cara, vorrei ricordarti che Loki si è unito a noi in un orario consono.» Su quella frase di Odino, Thor d'istinto sollevò gli occhi su suo fratello che sedeva fronte a lui, ma Loki continuò a sorseggiare il suo infuso senza battere ciglio.
«Non vorrai farne una questione di Stato adesso?»
«Ti sto solo facendo notare che non tutti i nostri figli sono dei dormiglioni.»
«E per mia fortuna nessuno di loro è un pignolo come il padre.»
«Pignolo? Da quando sarei pignolo?»
E mentre Odino e Frigga battibeccavano con un'antica e solida complicità, Thor restò a guardare il viso pallido di suo fratello, aspettando che sollevasse lo sguardo nel suo, per vedere cosa vi avrebbe trovato.
Loki non lo fece; terminato di bere, si alzò e chiese cortesemente di poter lasciare il tavolo. Odino gli diede il permesso e il giovane principe prese l'uscita senza voltarsi indietro.
Come ci riusciva? Come poteva avere un simile autocontrollo?
Davvero per lui era tutto dimenticato?
Se era così, allora perché non lo aveva guardato neanche una volta?
Mandò giù un po' di pane e un sorso di infuso, ormai tiepido, e lasciò anche lui la sala.
Voleva solo andare all'arena e scaricare ogni inquietudine, voleva stressare e piegare quel corpo finché non fosse tornato quello di un tempo; un corpo che non avrebbe tremato sotto una carezza di suo fratello.



*



Loki ne era stato convinto: quando avrebbe rivisto Thor l'indomani, non avrebbe più ritrovato quell'emozione.
Era stata solo una fantasia che la sua mente aveva corteggiato e infine conquistato. Come quella primula sarebbe morta alla luce del sole, così Thor sarebbe tornato a essere solo il suo semplice fratello.
Era stato quel vestito, quel trucco, quel segreto... sì, era stata quella cornice a guidare le sue azioni, non altro.
Quando avrebbe rivisto Thor tornare a essere Thor, niente di quella notte sarebbe sopravvissuto.
Ma poi l'aveva visto entrare nella sala e quella convinzione si era frantumata come ghiaccio stretto nella mano.
Il vestito non c'era più, quel profumo femminile neanche. Il suo viso pulito e nudo aveva preso il posto della maschera che lui stesso aveva dipinto. I suoi capelli, completamente tirati indietro, non avevano più sottili trecce o fermagli di smeraldo, eppure il desiderio che aveva provato quando si era seduto di fronte a lui era stato senza eguali.
Si era violentato per non guardarlo, si era imposto di soffocare quell'istinto perché era un'offesa che i suoi genitori non avrebbero meritato.
Era poi letteralmente fuggito, trovando rifugio nella sua amata biblioteca.
Ma il silenzio che all'inizio era sembrato un caldo asilo, si era invece rivelato il peggiore delle compagnie perché aveva fatto risuonare sempre più forte nella sua testa ognuna di quelle voci che aveva creduto di aver sepolto nella notte.
Aveva chiuso il libro con un gesto di stizza, facendo voltare qualche paggio intento a riordinare gli scaffali.
Passandosi una mano fra i capelli, aveva compreso che non avrebbe mai trovato pace da nessuna parte se prima non avesse fatto ordine fra i suoi pensieri e fra le sue emozioni.
Abbandonata la biblioteca aveva passeggiato senza meta, facendosi guidare prima dalle ali di qualche libellula, poi dal profumo dei fiori, finché non aveva udito una voce che lo aveva attratto come una falena veniva attratta dalla fiamma.
Da dietro piccoli arbusti che però potevano celare la sua presenza, Loki aveva visto Thor a qualche decina di metri, in compagnia dei suoi fedeli compagni.
«Coraggio, Fandral!» incitava Volstagg. «Non vorrai farti battere anche stavolta?!»
E Thor sorrideva, con il sole a luccicare sul suo corpo, mentre fronteggiava l'amico avversario.
Fandral aveva attaccato a mani nude fra le esortazioni dei compagni, ma tutto ciò che Loki riusciva a recepire erano i movimenti di Thor.
Quante volte lo aveva veduto lottare? Anche troppe, ma adesso era come se un velo fosse caduto dai suoi occhi e solo ora Loki vedeva ciò che Asgard aveva sempre visto: la bellezza e la magnificenza di Thor, la sua insospettata grazia, la sua eleganza, quasi fosse più una danza che un combattimento.
Vedeva le gocce di sudore scivolare sulla sua schiena nuda, i capelli liberarsi dal nastro a ogni movimento e sferzare l'aria come lame d'oro, vedeva il sorriso di sfida dipinto fra quelle labbra.
Le sue labbra... nessun altro avrebbe mai dovuto rivendicarle.
Strinse un piccolo ramo fino a spezzarlo di netto nel palmo.
Nessuno avrebbe più potuto rivendicare Thor, non adesso che Loki aveva finalmente udito le risposte che aveva invocato in quella lunga notte, non adesso che aveva compreso e accettato la loro follia.
La primula sarebbe sbocciata ancora e non ci sarebbe stato alcun raggio di sole a troncarne la vita.



*



Thor rientrò a sera. Aveva pranzato e cenato in compagnia di Fandral e degli altri compagni.
Si era divertito, avevano lottato e riso, avevano scherzato e bevuto, e tutto sembrava essere tornato alla sua normalità.
Si sentiva quasi più leggero mentre rientrava nelle sue camere, pronto per un bagno e una bella dormita.
Non aveva incrociato Loki per tutto il giorno ma forse era un bene. Un po' di distanza poteva essere la giusta cura, qualche giorno di distacco forse sarebbe bastato a rimettere le cose al giusto posto. Thor voleva crederci, doveva crederci, perché l'alternativa era inaccettabile.
Non avrebbe mai accettato di perdere suo fratello se anche questo avesse voluto dire soffocare nel fondo dell'anima quei nuovi sentimenti. Se doveva fingere di aver dimenticato, se doveva mentire e indossare una maschera, lo avrebbe fatto senza esitazioni.
Una vita mendace al suo fianco era preferibile a qualsiasi onesta solitudine.
Si liberò degli indumenti logori e si lasciò cadere nella grande vasca che il paggio gli aveva fatto trovare riempita e profumata, stavolta con essenze che lo aggradavano.
Guardò la mano umida e la portò al naso, ispirò a fondo il profumo cercando di ricordare quello che aveva indossato la sera prima.
Era una cosa così sciocca, così patetica.
Un pensiero dopo l'altro, un ricordo dopo l'altro si accavallò, e quel bagno non fu così rilassante come aveva creduto.
La spensieratezza, che si era illuso di trovare, era sfumata quando era sfumata la compagnia e Thor, solo con se stesso, sentì pesare sulle spalle il suo stesso cuore.
Uscì dalla vasca avvilito e rattristato per quella consapevolezza. Si avvolse in un telo morbido e tornò nelle sue camere a capo chino quando qualcosa attirò la sua attenzione. No, non qualcosa ma qualcuno.
«Loki?» La sua voce tremò nella gola e poi sulla lingua mentre guardava suo fratello poggiato contro il muro con le braccia incrociate. «Come sei entrato? Non ti ho udito varcare la porta.»
«Come vedi io ti ho aspettato fuori dal tuo bagno» disse poi Loki, ignorando le sue domande. Un sorriso sulle labbra. «Questa, Thor, si chiama decenza.»
Frastornato com'era dalla sua presenza, Thor non riuscì neanche a percepire l'ironia della frase, in ovvio riferimento a ciò che era accaduto quel pomeriggio nel bagno di Loki, perché altre memorie presero a sorgere una dietro l'altra.
«Cosa ci fai qui?» chiese cercando stavolta di tenere la voce ferma. Parve riuscirci.
Loki prima lo guardò in silenzio, ancora poggiato contro la parete, poi sciolse le braccia e gli si avvicinò.
«Vuoi che me ne vada?» gli chiese a sua volta con un tono di voce che Thor aveva già udito e che all'istante gli fece salire il cuore in gola.
«No, certo che no.» Tentò di sorridere. «È solo che mi sorprende vederti qui dal momento che mi era parso di capire che preferivi evitarmi dopo...» Era difficile anche solo dirlo ma dagli occhi di Loki capì che voleva che continuasse. «Beh, dopo quello che è successo ieri.»
Il viso arse e Thor fu grato di avere ancora il corpo bagnato d'acqua fresca.
Loki annuì e abbassò lo sguardo quasi a cercare le parole, ma quando lo risollevò la luce che brillava nei suoi occhi disse più di qualunque discorso.
«Ti ho portato un regalo» affermò poi con un sorriso obliquo, e solo allora Thor si accorse che stringeva qualcosa nella mano.
Aggrottò la fronte senza capire ma, quando Loki aprì le dita e gli mostrò il palmo, quasi ebbe l'istinto di fare un passo indietro.
«Cosa significa?» chiese adesso più indispettito che altro, guardando la tinta rossa racchiusa nel piccolo cofanetto.
Loki fece ancora qualche passo, avvicinando la mano al suo viso.
«Voglio che tu la metta sulle labbra.»
La sua richiesta era sconcertante e Thor per un attimo pensò che fosse solo un modo per sdrammatizzare su quanto accaduto ma sul viso di suo fratello non vi era gioco o scherzo, ma una serietà che quasi incuteva timore.
«Stai scherzando, vero?» ringhiò a quel punto. «Come ti salta in mente di»
«Mettila.» Stavolta era un ordine, e stavolta Thor davvero si infuriò. Gli afferrò quel polso e Loki chiuse la mano per non far cadere la tinta.
«Te lo dirò una volta soltanto, Loki: non mettermi alla prova» lo minacciò ma Loki non accusò assolutamente l'intimidazione. Anzi, sorrise e gli si avvicinò di più.
«È quello che vuoi, Thor» affermò con un fiato.
«Taci!» ringhiò ancora lui, stringendo più forte le dita attorno al suo polso. «Cosa ti prende? Pensavo fosse chiaro che quello che è successo non deve ripetersi. Niente deve ripetersi.»
Ma neanche stavolta la sua fermezza lo piegò.
«E perché non dovrebbe?» gli chiese allora Loki, senza più sorrisi, con una determinazione che faceva impallidire la sua. «Lo vuoi tu, lo voglio io... cosa c'è di sbagliato?»
«E lo chiedi anche?» Gli lasciò andare il braccio e lo spinse via. Non credeva a ciò che stava udendo, non voleva crederci, non voleva che quella pazzia durasse ancora una notte, avrebbe finito con il cederle e questo Thor non poteva permetterlo. «Noi siamo due uomini, Loki, e per di più siamo fratelli! È tutto sbagliato!» ribadì con la voce sempre più malferma per l'impeto e l'agitazione.
«Nessuno verrà mai a saperlo» insistette Loki.
«Ma lo sapremo noi e...» Lottò per non far crollare la sua dignità mentre guardava il viso di suo fratello supplicandolo di smetterla. «Come potremmo anche solo guardarci in faccia? Come potremmo...»
Le parole si persero per strada e Thor gli diede le spalle per passarsi una mano sul viso, per cancellare ogni riflesso di codardia e paura che quasi lo disgustava più di qualsiasi altro sentimento.
Poi avvertì le braccia di Loki avvolgerlo, il suo mento posarsi sulla sua spalla, i capelli solleticargli la guancia. La sua mano nuovamente sotto i suoi occhi e così il rosso sangue della tinta.
Thor deglutì, sentendosi cadere sulle proprie gambe, e quasi inconsciamente si poggiò con le spalle contro il petto di suo fratello.
«Ieri mi hai chiesto cosa stessimo facendo ma sai, Thor, ho capito che ciò che importa non è il cosa, ma il chi» sospirò Loki, con una dolcezza che semplicemente lo annientava. «Siamo io e te, sempre e comunque... solo io e te, fratello.»
Thor teneva lo sguardo su quella tinta rossa, rossa come il peggiore dei peccati e altrettanto affascinante. Ogni istinto che gli urlava di stare in guardia, di non cadere in quella perversione, diveniva sempre più lontano, più labile, mentre quella fame cresceva cieca e sorda a ogni morale.
«Tu non tradirai mai me, Thor, io non tradirò mai te. Sarà un segreto, il nostro segreto.» Loki gli baciò la spalla e Thor respirò profondamente nel sentire le sue labbra contro la pelle.
«Il nostro segreto...» ripeté, come fosse privato di un libero arbitrio, sempre più attratto da quel rosso che splendeva nel palmo pallido di Loki.
«Il nostro segreto, fratello.»
Non seppe cosa guidò la sua mano, se la rassicurazione che sorreggeva le parole di Loki, se la sua vicinanza, se la semplice brama del suo corpo. Thor non seppe cosa lo spinse ad allungare le dita e raccogliere quel piccolo cofanetto, cosa lo spinse a poggiare l'indice sulla superficie cremosa, cosa lo spinse a portarlo alla bocca e tingerla con lentezza.
Il profumo dolce e la morbidezza della tinta si posarono sulle sue labbra prima che si voltasse verso suo fratello con il cuore in subbuglio.
Loki gli sorrideva, intensamente, con una sensualità che sapeva di possedere solo lui.
E fu così che lo baciò, sentendo le dita sottili infilarsi fra i suoi capelli bagnati, sentendo quella bocca fondersi con la propria mentre Loki lo faceva crollare come quella sera prima contro l'umido tronco di un albero.
Lo fece crollare anche la notte seguente e quello dopo ancora, in modi che Thor non credeva possibili.
Una notte dopo l'altra, e non poté più farne a meno.





[ Atto V ]



Giacevano nel letto, stanchi e appagati. Thor riposava, con la guancia premuta contro il cuscino e una mano sul suo petto.
Loki gli accarezzava le dita e le portava alle labbra per baciarne una per volta.
Amava ognuna di quelle dita, amava ogni singolo lembo di pelle, amava quel corpo che si contorceva disperato sotto di lui e che sapeva possederlo con eguale passione.
Ogni notte Thor si perdeva fra le sue braccia, in quel loro segreto, e ogni mattina fingeva che nulla fosse successo e tornava alla sua apparente vita perfetta.
E poi la notte scendeva ancora.
Loki amava quella sua ingenuità, quella sua capacità di sdoppiarsi e donare solo a lui quella metà indecente e perversa.
Dalla balconata filtravano i raggi rossastri dell'aurora.
Sempre troppo presto...
Ma se anche il sole fosse sorto ogni mattina, allo stesso sarebbe calata la notte, e la sua primula sarebbe sbocciata meravigliosa solo per appagarlo.
Per adesso Loki si faceva bastare quella metà ma quando un dì avrebbe desiderato possederlo tutto, per bisogno o capriccio, allora lo avrebbe fatto. Avrebbe ucciso il giorno e fatto calare una notte eterna su Asgard, una notte eterna su ogni altro regno.
Guardò quel sole invidioso divenire più forte. Sibilò fra i denti un piccolo incantesimo e le tende si chiusero, coprendo ogni raggio.
Sorrise.
Come se la luce potesse mai vincere.











***




I took the stars from my eyes and then I made a map
And knew that somehow I could find my way back
Then I heard your heartbeating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you

[Florence & the Machine - Cosmic Love]




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2983258