Non ti disturberò più

di Laix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quello che Sera riesce a far provare ***
Capitolo 2: *** Le situazioni che sfuggono di mano ***
Capitolo 3: *** Rimandare sempre troppo ***



Capitolo 1
*** Quello che Sera riesce a far provare ***


Salve a tutti! ^___^ Come si sarà capito dall'intro, questa FF è piuttosto incentrata su un pairing un po' particolare (così particolare che non era presente nel menù a tendina, lol! XD) che credo balzi all'occhio molto spesso, e che personalmente trovo incuriosirebbe non poco se ci fossero le condizioni adatte; tuttavia non si parla solo di loro, al contrario ogni evento rimane rapportato al pairing principale che tutti conoscono, e che viene percosso (malamente XD) dagli sbagli commessi dal protagonista. Poi ognuno giudicherà se si possono davvero definire “sbagli” o meno... ^__^
La FF sarà piuttosto corta, 3 capitoli al massimo, e gli aggiornamenti saranno rapidi! Quindi non vi terrò inchiodati qui per altri 6 mesi (solo per stavolta! :P)
Buona lettura a todos, lasciate dei commenti ragazziiiii! ^___^
Laix

Legendina:
- - parlato
" " pensato





CAPITOLO 1: Quello che Sera riesce a far provare


- Perciò è deciso... non ti disturberò più -
- No, Sera, non è questo, è che... insomma, lo sai... -
- Lo so, lo so. Certo che lo so. -
Il rumore confuso di un “click” a denotare il termine della chiamata. Il detective sospirò, abbassando lentamente il cellulare e guardandone lo schermo, il nome di Sera Masumi che ancora lampeggiava prima di spegnersi totalmente.
Si portò stancamente una mano sul viso, in silenzio, pensando al disastro che aveva generato.


-QUALCHE GIORNO PRIMA-

Mattina, ore 10. E come tutte le mattine, ormai da almeno una decina di giorni, a quell'ora esatta, la consueta telefonata non tardava ad arrivare. Aveva notato che Sera Masumi gli telefonava spesso per diversi motivi, futili o meno che fossero, anche solo per chiedergli come stava, dov'era o cosa stava facendo di bello. Aveva adottato quell'atteggiamento con lui fin dall'inizio, appena conosciuto, e a dirla tutta non aveva neanche mai capito bene il perché. Ma ultimamente era addirittura diventata una routine di ogni giorno. Conan non si faceva comunque grosse paranoie, riteneva solo che fosse una persona molto estroversa, altamente socievole e con una voglia inesauribile di avere un qualunque tipo di contatto con la gente. E di strillare al telefono.
- YOOOOO CONAN-KUN!!! Come stai?! Che fai?? Eh? -
- Ahia... il mio povero orecchio... beh, c'è la ricreazione e sono rimasto in classe a leggere un po' -
- Cos'è, un romanzo giallo che non sei riuscito a finire stanotte? Che orario hai tirato? -
- Le 4 del mattino... -
- AHAHAHAH! Non ti smentisci mai! Diventerai un dannato zombie! Io invece ho saltato scuola oggi, mi sono svegliata tardissimo e mi è proprio scappata la voglia di prepararmi e uscire. Videogiochi tutto il giorno, yeeeeah -
Conan rise, a volte Sera sapeva essere l'espressione vivente della libertà e del buon umore. Quel suo aspetto gli piaceva molto, così come gli piaceva la sua perenne vitalità che ben poche volte aveva visto scalfirsi.
- Anzi, sai che ti dico? Magari passo a prenderti a scuola, così ho il pretesto per uscire a prendere un po' d'aria e ci facciamo due chiacchiere! Ti va? -
- Non so, ci saranno anche gli altri e... -
- Oh, benissimo! Mi piace un sacco stare in compagnia! Poi salgo in agenzia e prendo un po' in giro Kogoro. Ci divertiremo, quindi ci vediamo più tardi, CIAOOOOOOO -
- AHIA, l'orecchio... sì, eheh... ciao -
Chiuse la chiamata, sorridendo e scuotendo la testa. Dire di no a Sera Masumi era un'impresa più che impossibile, visto quel carattere prorompente che tendeva a metterlo a tacere in pochi secondi. Anche questo aspetto di lei gli piaceva abbastanza, nonostante al contempo rischiasse di irritare. C'erano un po' di cose che gli piacevano, a dire il vero, come anche il fatto che quelle chiamate fossero diventate un'abitudine: gli veniva quasi automatico controllare il cellulare al mattino, per accertarsi di non essersi perso la chiamata.
“Bah, probabilmente ogni fonte di distrazione è per me qualcosa di ben accetto...”

Dopo pranzo Sera gli mandò un SMS, ricordandogli che sarebbe venuta a prenderlo e quindi di non andarsene a casa senza di lei.
“Dannazione, sì, ho capito che torniamo a casa insieme... ma perché ci tiene così tanto, perché insiste così? Uff... e poi basta dirmele una volta sola, le cose...”
Allo squillo della campana di fine lezioni i piccoli scolari si riversarono all'uscita della scuola. Quando anche lui uscì, con estrema calma, focalizzò l'attenzione sul cancello d'uscita, ma non vi trovò traccia di Sera. Magari sarebbe arrivata con qualche minuto di ritardo. Chiese ai DB se fossero disposti ad aspettare ancora 5 minuti prima di andare, che sarebbe arrivata anche Sera, ma forse ne aspettarono addirittura 10, e di lei neanche l'ombra. Al che lui le telefonò, un po' spazientito, trovando soltanto la segreteria telefonica. E non poté evitare di sbuffare sonoramente.

Che si fosse dimenticata? Probabile, stando a giocare sul serio ai videogiochi per ore magari la testa le era partita.
Si avviò quindi verso casa con i DB, sentendosi però un po' indispettito. Tante smancerie per cosa, per spegnere il cellulare, farsi i propri comodi e far aspettare gli altri inutilmente? Ma certo, proprio divertente...
Non appena mise piede in agenzia mezz'ora più tardi, gli squillò il cellulare. Era lei. Dovette frenare l'impulso di bloccarle bruscamente la chiamata e con fredda pazienza rispose. - Sì. Dimmi. -
- Oh, nonono, sei arrabbiato, lo sento... -
- No, perché mai dovrei esserlo? Spiegamelo pure tu -
- Aaaah, accidenti... perdonami, ti prego, ma mi sono indecorosamente addormentata. Un sasso proprio. Ho chiuso un attimino gli occhi e... ehm, ecco... ho visto l'orario solo ora, e... -
Era imbarazzata a dir poco.
- Avete aspettato tanto?! AAAAAAH non mettermi il broncio! Mi dispiace! -
- Sì, sì, ho capito... -
- Ma sei comunque imbronciato! Non l'ho fatto apposta! -
- Lo so, Sera! Fa lo stesso, non è successo niente di grave -
- E allora perché hai la voce così tesa? -
- Cos'è che avrei, io? -
- Hai il tipico tono da persona arrabbiata e risentita -
- Oh, è quindi un tono che sei abituata a sentire? Strano -
- ECCO, lo vedi?! Non trattarmi male... ti preeeegooooo... -
Fece finta di piagnucolare, scatenando in lui un inevitabile sorriso. Era spesso una ragazza un po' distratta, ma non avrebbe fatto intenzionalmente male a nessuno.
- Ti perdono, certo... magari ci vediamo domani? -
Appena dopo averle pronunciate, Conan rimase perplesso dalle sue stesse parole. Non si sarebbe aspettato di rivolgergliele in modo così naturale e privo di controllo, e di solito era sempre lei a prendere iniziative di quel genere. Beh, ormai era fatta.
- Assolutamente no! Vediamoci prima, devo rimediare... Stasera vi porto il gelato! A te, Ran, Kogoro... OLE'! -
- Aggiudicato. E scegli dei gusti come si deve, per favore... -
- Pistacchio, cocco e vaniglia. Dico bene? -
- Come fai a...? -
Erano esattamente i suoi gusti preferiti.
- Ci sto attenta alle cose, io! Perfetto, a stasera allora, avvisali tu per me! -
Riagganciò, lasciando Conan di sasso. Sì, ok, un paio di volte era stata presente anche Sera in gelateria assieme a lui e ad altri, ma non di più, e poi comunque... come diavolo aveva fatto a registrare subito quei gusti?
Scosse la testa, arrivando ad un'unica risposta plausibile: era una detective, e come lui prestava attenzione ad ogni minimo dettaglio ricordandoselo anche per lunghi periodi. Perfetto, capito il trucco.
Si rilassò un poco, sentendo però un altro tipo di inquietudine. In quella conversazione il più strano era stato lui stesso. Perché si era sentito così offeso da lei? Come aveva fatto Sera a farlo arrabbiare così? E quel che era peggio, lei se n'era accorta. Insomma, si era trattata di una cavolata che poteva accadere a chiunque... addormentarsi, saltare un incontro... e chi se ne frega? E poi lei era soltanto un'amica, un po' pedante per giunta, non era tenuta a rispettare ogni singolo accordo. E come tale non aveva neanche il potere di farlo agitare così, in teoria.
Sbuffò ed evitò di pensarci, posando lo zaino di scuola a terra e avviandosi in cucina per prepararsi qualcosa. Ran non era ancora arrivata a casa, ipotizzò che si fosse fermata in un bar con l'adorabile Sonoko. E con loro ci sarebbe stata anche Sera, se quel giorno fosse andata a scuola... o forse no, forse sarebbe venuta comunque a prendere lui a scuola, avrebbe preferito così. Chissà?
Dopo circa mezz'ora Ran rientrò, tenendo una scatola bianca in mano. Quando Conan venne ad accoglierla, lei sorrise allegra mostrandogli il contenuto.
- TA-DAAAN! Ecco qui un dolcetto oltraggioso per stasera! -
- O... OH, gelato...! -
Dannazione. Proprio lo stesso giorno che avrebbe dovuto portarlo anche Sera. E chi poteva sapere che anche Ran sarebbe andato a prenderlo?
- Già, inizia a fare caldo e il gelato è l'ideale! Indovina un po'? Nocciola, cocco e fiordilatte! I tuoi preferiti, e poi non dire che non ti penso! -
Conan sbatté le palpebre un paio di volte, socchiudendo la bocca per dire qualcosa. Era stata carina, ma ci aveva azzeccato solo col cocco.
- E, ehm... sì, grazie! Fantastico -
- Gli stessi gusti che ama Shinichi, per giunta. Due gocce d'acqua, eheh! -
- Eh, già... -
Conan le sorrise, anche se con poca convinzione: sperava che Ran si ricordasse certe cose, sebbene piccole e stupide. Anzi, soprattutto perché piccole e stupide. Non poté evitare di restarci un po' male, ma... beh, pazienza. Era solo gelato.

In due modi diversi venne sorpreso da quell'abbraccio da dietro. Uno: spaventato a morte, visto che camminava da solo in una stradina completamente deserta e non l'aveva per nulla sentita avvicinarsi. Due: piacevolmente contento, quel mattino presto era più freddo e uggioso del solito e un gran calore improvviso non poteva che regalare qualche secondo di rilassante scioglimento. Tuttavia la prima reazione fu quella dominante, e Sera se ne accorse, ma ciò la divertì ancor di più e la portò a stringere l'abbraccio a sorpresa fatto alle spalle.
- Sono una temibile serial killer e ti ho preso -
- Sera, levami le mani di dosso! Mi hai fatto prendere un colpo! -
- Obiettivo raggiunto! -
Rise sguaiatamente, stampandogli un bacio sulla guancia prima di rilasciarlo e rimettersi in piedi. Il detective arrossì piuttosto violentemente per quel gesto inaspettato, fatto da una persona che di cose inaspettate era abbastanza esperta. Nascose il viso il più possibile, mentre lei sbadigliava in un modo che rievocava gli ippopotami, dopodiché la guardò di nuovo imbronciato.
- Che ci fai in giro a quest'ora del mattino, Sera? -
- Ed io non potrei chiederti la stessa cosa? -
- No, perché io posso -
- Aaah, certo, ok. Sto andando a scuola, vado un po' prima per studiare, visto che a casa non lo faccio... -
- “Casa”? Vorrai dire l'hotel in cui vivi? -
- Sì, grazie per la precisazione -
Lei gli fece la linguaccia, facendolo sorridere.
- Beh, sto facendo anch'io la stessa cosa. Mi sono svegliato prestissimo e ho deciso di venire un po' prima -
Lei annuì, alzando poi lo sguardo al cielo ancora pallido, di un terso e pulito grigio-rosa, in attesa di essere illuminato e riscaldato totalmente dal sole. Conan rimase a fissarla mentre lei fissava invece qualcosa di non molto chiaro, là in alto, con quello sguardo da sognatrice che spesso gli capitava di scorgere in lei.
- Il cielo è enorme, il mondo è enorme. E noi siamo bloccati qui, costretti ad andare a scuola -
- Così pare -
- E se per una volta decidessimo noi? Combattendo questa noia micidiale? -
- Che vuoi dire? -
Lei riabbassò lo sguardo su di lui, raggiante. Sembrava avesse già preso una decisione definitiva, quegli occhi fermi e sicuri non ammettevano dubbi.
- Saltiamo la scuola, sia io che te! Andiamo a farci un bel giro, magari anche fuori Tokyo!! Vediamoci un po' di cose belle! -
- Ma Sera, io non credo che... -
- C'è sempre tempo per ammuffire in un aula piena di libri... per te poi, figurati, hai ancora un bel po' di anni scolastici davanti che ti garantiranno uno status d'impagliatura -
Lui sbuffò, pensando che in realtà mancava poco anche a lui. E che in fondo lei aveva ragione.
- Non hai tutti i torti, ma non è che sia una scelta molto responsab... -
- Andiamo, non lo dirò a Ran! Promesso... -
Si inginocchiò alla sua altezza per fargli un'adorabile occhiolino, seguito poi subito da uno sguardo speranzoso e tutto occhioni degno di un cerbiatto in cerca di coccole e avventura. Dannata ragazza.
- Sarà il nostro piccolo segreto, Conan-kun... lo giuro -
- Lo so, non è per quello, però... -
- E' chiaro che ti ho convinto! Andiamo!! -
Lei si rialzò ridendo, afferrandogli poi la mano e trascinandolo dalla parte opposta alla scuola. In men che non si dica lui si ritrovò a correre dietro di lei, con la mano agganciata alla sua, ancora gemendo e lamentandosi per farla desistere da quell'idea. Inutile puntualizzare che non riuscì nell'impresa neanche per mezzo secondo, anzi, ottenne l'effetto opposto, lei rise più forte e corse più velocemente.
“Ma perché mi faccio trascinare in tutto questo... perché...?”

In realtà la proposta da lei azzardata nel suo impeto di prodezze avventurose - uscire da Tokyo alla scoperta della nazione - non venne realizzata, però fu comunque carino e producente rimanere entro i confini della città ed esplorare luoghi che comunemente non verrebbero considerati mete. Tram, metro, suburbani... parchi, bar all'aperto, fontane, luna park improvvisati... negozi bizzarri, negozi seri, acquisti stupidi, acquisti ancora più stupidi... di tutto e di più, in quella giornata. E Conan ignorava ancora il perché fosse successo tutto ciò.
- Non è giusto che abbia offerto tutto tu, Sera! Quando torniamo nel nostro quartiere ti ripago qualcosa -
- Non ci pensare nemmeno! L'ho fatto con piacere... e sono sfondata di soldi, io! -
- Ma se non riesci neanche a pagarti l'affitto di una casa... -
Lei arrossì un po' guardando in alto, in modo schivo, poi riprese a sorridere raggiante come aveva fatto per tutta la giornata, in ogni singolo momento. La positività era una qualità appiccicata addosso a quella ragazza e per fortuna era anche in grado di infonderla a chi le stava vicino. Il detective si rese conto di averne assorbita in gran dosi e in modo del tutto naturale, motivo per cui era stato felice della giornata: ancora un po' confuso, su di giri, ma soddisfatto.
Ci voleva qualcosa del genere, ogni tanto. E ci volevano persone del genere.
- Che ne dici, torniamo a casa? Non vorrei mi chiudessero l'hotel, e a quel punto dove diavolo vado a dormire?! Gnahahah! -
Lui si ritrovò a sbuffare per via dell'orario tardo che era arrivato. Dannazione, c'era già da tornare indietro? Gli piaceva stare lì a oziare e a divertirsi con lei.
- D'accordo... il viaggio di ritorno lo offro io -
- Spiacente, avevo già comprato i biglietti all'andata, fregato! -
E prima che se ne rendesse conto, lei gli buttò nuovamente le braccia al collo, sempre da dietro. Le piaceva proprio sorprenderlo alle spalle?
- Però ti ringrazio del pensiero... - gli sussurrò all'orecchio, per poi stampargli un bacio sulla guancia come aveva fatto quella mattina stessa. Diamine, quella sua spasmodica ricerca di affetto...
Lui sentì un moto di tenerezza, ma fissò per terra per non mostrarlo a lei. Se glielo avesse letto sul volto ne avrebbe approfittato, tipo spupazzandolo in ogni modo possibile per tutto il viaggio di ritorno, e non era una prospettiva troppo allettante.

Quando quella sera, stanco morto, si mise finalmente sotto le coperte, il suo cellulare squillò nel momento in cui stava per spegnerlo. Era Sera. Curioso, stava proprio pensando a lei... beh, una cosa normale, no? Tutto il giorno insieme.
- Pronto? -
- Ho dimenticato di chiederti una cosa -
- Spara -
- Ti sei divertito oggi? -
Lui assunse un'espressione tra il perplesso e il divertito, dopodiché si lasciò sfuggire un risolino.
- Sì, certo che mi sono divertito! E penso che dovremmo rifarlo, sai? -
- Davvero?! Non sai come sono contenta di sentirtelo dire! A volte ho solo l'impressione di disturbarti, di farti fare cose a cui non sei interessato... -
- Beh, a volte ci azzecchi -
- Piccolo bastardo! -
Risero entrambi, fino a che non tornò il silenzio. Allora lui parlò, lasciandosi sfuggire una domanda che gli venne spontanea.
- Ma perché ti preoccupi così tanto di quello che potrei pensare? Insomma, se proprio fossi stato disinteressato o svogliato non ti avrei seguita, stanne certa. Credevo che questo l'avessi capito -
- L'ho capito, certo... con tutte le volte che mi hai detto “NO” seccamente! Ma voglio comunque esserne sicura, io... cioè... -
Al telefono la sentì prendere un leggero respiro.
- Io voglio che tu stia bene, con me -
Conan fece per rispondere, ma si ammutolì. Anche lei evitò di proseguire: silenzio, da entrambe le parti.
Qualcosa di strano gli si mosse nello stomaco. Ohi ohi... che piega singolare stava prendendo quella conversazione? Doveva deviare, subito.

- Mh... oh, beh... sì, tranquilla, sono stato bene. Davvero. Non farti alcuna paranoia, te lo dico chiaro e tondo se qualcosa non va -
- Ne sono certa, è anche per questo che sono tranquilla con te. Beh, ora vado a dormire che crollo! Ci siamo stancati oggi! -
- Sì, concordo... e poi faceva un gran caldo... -
Ancora qualche secondo di silenzio, da dover colmare in qualche modo. Conan boccheggiò nel buio alla ricerca di qualcosa da dire ma, visto che non arrivava, ci pensò lei.
- Conan-kun...? -
- ...Sì? -
- Buonanotte... sogni d'oro -
- A... anche a te... -
Lei riattaccò. Conan riprese a respirare piano, rendendosi quindi conto di averlo smesso di fare per svariati secondi. Era un pochino agitato per quel paio di uscite che Sera aveva avuto.
Scosse la testa, spegnendo il telefono e portandosi le coperte fin sopra le spalle. In quel momento la porta della stanza si aprì, e il viso di Ran fece capolino all'interno attraverso la fessura aperta della porta.
- Ehi, ma chi era a quest'ora...? Ti ho sentito al telefono -
- Ehm, era... era Sera -
Ran sgranò gli occhi, sorpresa. Passò qualche secondo prima che riprendesse a parlare con voce un po' roca.
- Ah... wow, ti chiama anche a questi orari? -
- E' la prima volta che lo fa -
Non seppe perché, ma si sentiva un tantino imbarazzato. Si sentiva come fosse nei panni di Shinichi. Colei che in teoria doveva essere la sua ragazza gli stava chiedendo, giustamente, chi diavolo lo stesse chiamando a quell'ora, e lui si trovava a confessare che si trattava di un'altra ragazza... agli occhi di Ran non era così, ma a lui fece comunque quell'effetto.
- Beh, e meno male... spero non prenda troppo questa piega -
- Come mai? Ti ho svegliata? Se avessi saputo che eri già a letto, non... -
- No, no, stasera no, ma altre volte potrei effettivamente essere già a letto. Comunque non lo dico per me, ma per te, che magari volevi riposare e invece lei ti ha chiamato -
- Ah, no, non preoccuparti, tanto non riuscivo a prendere sonno... -
Lei annuì, mantenendo comunque un velo di perplessità.
- Beh, ma aveva qualche problema? O voleva solo parlarti un po'? -
- Nessun problema. Mi ha solo augurato la buonanotte... -
Gli sembrava realmente di essere nei panni di Shinichi. Specie perché le stava volutamente nascondendo quelle determinate frasi di Sera che l'avevano un po' confuso.
- Va bene... allora ci vediamo domani. Buonanotte, cerca di dormire, ok? -
- Certo. Buonanotte, Ran -
Lei richiuse la porta e lui tirò un piccolo sospiro di sollievo. Non seppe neanche bene il perché, era strano.
E di tutte le stranezze la più forte fu data dal fatto che, una volta chiusi gli occhi per tentare di dormire, l'immagine di Sera col suo irrefrenabile sorriso non fece altro che bombardare la sua mente, accompagnandolo poi nel sonno.

Non fece in tempo a sedersi al suo banco di scuola che Ai lo bloccò per un braccio. Lui la fissò, stordito.
- Fermo restando che non ho capito perché ieri non ti sei presentato, né a scuola né da Agasa... -
Conan deglutì, senza avere la minima idea di ciò a cui stesse andando incontro e senza nemmeno l'intenzione di rivelare il motivo per cui non si era presentato.
- …ho una notizia da darti -
- O... Ok, dimmi pure -
- Credo di essere riuscita ad allungare significativamente la durata dell'antidoto. Mi serve una cavia -
Il detective sbarrò gli occhi, raggiante e speranzoso.
- Oh, santo cielo. Eccomi!! Sono la cavia più felice del globo! -
- Molto bene, il test può iniziare subito dopo la scuola -
- Ma te lo sogni, inizia ora! -
Le afferrò la mano e la trascinò fuori dall'aula ancora vuota. Nessuno li avrebbe visti, anche i corridoi non pullulavano particolarmente di persone.
- MA...! Kudo, che diavolo stai facendo?! Mollami! -
- Haibara, la scuola può aspettare! Avrai tutto il tempo per ammuffire in un'aula piena di libri! -
Conan sussultò, mentre correvano verso l'uscita. Oddio. Iniziava a dire le stesse frasi di Sera, se non addirittura a comportarsi come lei. E Ai si stava invece comportando come lui il giorno prima. Era contagiosa fino a quel punto?
In ogni caso riuscì a convincerla e arrivarono da Agasa in meno di mezz'ora. Ai gli tenne un broncio pauroso per tutto il tempo, facendogli anche temere che gli consegnasse un veleno potente spacciandolo per l'antidoto.
- Forza Haibara, sganciamo questa bomba invece di perder tempo a tenere il muso. Lavoro lavoro, su su! -
- Idiota maledetto... -
Lui rise, aprendo il palmo della mano su cui ricadde una grossa compressa. Eccolo lì, il prezioso antidoto che forse l'avrebbe mantenuto adulto per un po' più di tempo.
- A proposito, il linea teorica quanto dovrebbe tenere di più? -
- Quasi due giorni -
- Bene... -
Sorrise soddisfatto, richiudendo la mano e avviandosi verso il bagno.
- Ma... lo prendi subito, senza organizzarti?! -
- Subito! E se per caso chiama Ran... in questi due giorni Conan sarà in campeggio con voi, okay? Quindi non fatevi trovare qui! -
- Oh, santo cielo... quanto dobbiamo starti dietro, ogni volta! -
Lui sorrise a 32 denti, scomparendo poi in bagno.

Wow.
Camminando verso l'agenzia, finalmente di nuovo sulle sue gambe e con la sua altezza naturale, prese il cellulare col numero telefonico di Shinichi e compose il numero di Ran. Le avrebbe fatto una sorpresa.
- Pronto... Shinichi?! Sei tu? -
- Ran! Sì, sono io! Sono tornato... però starò pochissimo, quindi possiamo vederci in questi due giorni? -
Silenzio tombale dall'altra parte. Non volava una dannata mosca. Shinichi ne rimase perplesso, perciò parlò.
- Ran...? Qualche problema? Non hai gradito la sorpresa? -
- Sì che l'ho gradita, però... accidenti, perché non mi hai avvertito?! Fino a domani sono fuori città per la gara annuale di karate... quest'anno sono molto lontana, ho dovuto prendere l'aereo... -
Lui credette di sentire le proprie viscere attorcigliarsi, seccarsi e sfracellarsi. Gli cadde il telefono di mano, tanto fu lo stupore. Lo stupore per essere stato così deficiente. Riafferrò subito il cellulare, boccheggiando alla ricerca di qualcosa da dire.
- Credevo ti ricordassi che quella gara è in questo periodo... -
- Ah, ehm... sì, cioè, insomma, è che potevo venire solo in questi giorni... -
“Merda. Ho totalmente sbagliato il periodo in cui prendere l'antidoto... una dose a dir poco sprecata...”
- Shinichi, tutto ciò è un po' triste, ma... possiamo sempre vederci domani, no? Vero? Ci sarai ancora? Dimmi di sì! Io tornerò nel pomeriggio, spero presto -
- Sì, credo che ci sarò ancora -
“Se l'antidoto avrà davvero quell'effetto prolungato. Altrimenti...”
- Benissimo! Non importa se ci vedremo poco, l'importante è che succeda! Sei d'accordo? -
- D'accordissimo... -
Lei rise, anche se con un pizzico di evidente amarezza.
- Sono contenta! Ora scusami, devo davvero salutarti che iniziano gli allenamenti... fai il tifo per me!! A domani, e vedi di non scappare! -
Lui la salutò e riattaccò, fissando il terreno sotto i suoi piedi e sentendo la delusione pervaderlo come un'ombra.
Non restava che sperare sarebbe durata abbastanza.

Passò la giornata a fare ricerche online, a comprare accessori che potessero aiutarlo a nascondere il viso, a farsi prendere in giro da Haibara. Un gran bel pomeriggio.
Quando si fece un po' più tardi, prima del tramonto, uscì di nuovo all'aria aperta per fare un giro, anche soltanto per godersi il mondo con una prospettiva finalmente diversa e nel suo vero aspetto. Nuove e favolose sensazioni, anche se in realtà ben conosciute.
Mentre camminava con un sorriso spontaneo sulle labbra, udì dei passi molti veloci al di là di un angolo oltre cui la strada svoltava. Avanzò verso quell'angolo senza preoccuparsi, ma appena prima di svoltarlo si scontrò violentemente con qualcuno, probabilmente la stessa persona che aveva sentito correre. Cadde a terra, sentendo che anche quell'altro cadeva, e ben gli stava.
- Ehi, imbecille, ti costa tanto guardare dove metti i piedi?! -
Riaprì gli occhi dopo aver picchiato la testa, aveva fatto un volo a terra non indifferente, considerando poi la caduta da un'altezza superiore rispetto a quella a cui si era abituato nel corpo di Conan. Ma quando li riaprì per vedere chi era la persona contro cui si era scontrato, si ritrovò a sgranarli allibito.
Sera. Che lo guardò con due occhi smarriti e lo sguardo dolorante, massaggiandosi la testa. Dopodiché si trasformò, ricordandogli l'immagine di un gatto che soffia tirando fuori le unghie.
- Senti un po', bellino, sei rincoglionito almeno quanto me e potevi stare attento anche tu! -
Dopodiché si fermò e si zittì, guardandolo un po' meglio. Lo fissò per uno, due secondi. Forse qualcuno in più. Sembrò diventare un essere di pietra, come lo era lui, d'altronde. E iniziò a fissarlo completamente sbigottita, occhi e bocca spalancati, senza emettere un fiato.
Ma perché si stava comportando così? Lui ne aveva motivo, dato che per la prima volta incontrava Sera – che per giunta non si aspettava di trovare sulla sua strada - nei panni del suo vero aspetto. Ma lei, che in teoria non lo conosceva così com'era... che diavolo aveva da stupirsi tanto? Tentò di rimediare subito, cercando di sfuggire a quello sguardo alienante.
- E-ehm, è vero, mi scuso, signorina... s-si è fatta male? La aiuto a rialzarsi? -
- OH, CAVOLO! OH, PORCA VACCA! Non ci credo!! Conan-kun! -
Si portò le mani alla bocca in modo così brusco che praticamente si schiaffeggiò da sola, mentre lo fissava quasi impazzita emettendo gemiti stupidissimi.
Shinichi, invece, voleva solo morire lì ed essere seppellito subito.
- E... EH?!? S... Signorina, si sente bene?! N-non sono la persona che cerca, io non la conosco e... -
- Ma smettila, cretino! Oddio, SEI PROPRIO TU! -
Lei scoppiò a ridere e gli si lanciò addosso, abbracciandolo e facendolo di nuovo piombare a terra.
- AHIA! La mia povera testa, dannazione, giù le mani! -
- Sììì, sei tu, non ho più alcun dubbio! -
Mentre la sentiva ridere priva di controllo, Shinichi comprese che non avrebbe potuto in alcun modo distoglierla da quell'idea. Ma come diavolo l'aveva capito?

Poco dopo si trovavano in un locale a bere una bibita fresca, per mettere in chiaro la situazione.
- OH, per favore... l'avevo capito sin dall'inizio che c'era qualcosa di strano in te -
- Fin dall'inizio? -
- Dalla prima volta. Qualche ricerca accurata e ho ipotizzato che il tuo alter ego e Kudo fossero la stessa persona... ed ora che ti vedo dal vivo, beh, capisco di averci azzeccato -
- Wow... -
- Sì, sono troppo intelligente! Lo so -
Lei bevve allegramente il suo tè alla pesca, gustandosi con un certo divertimento lo sbigottimento di lui.
- Sì... lo sei... e come mai non me l'hai detto subito? -
- E se mi fossi sbagliata?? Che razza di figuraccia avrei fatto? -
- Ah, beh, hai i tuoi motivi -
Rise anche lui, ancora senza parole: aveva sempre pensato che Sera fosse una ragazza acuta, ma capì di averla comunque sottovalutata troppo. Davvero troppo.
Con due sorsate abnormi tirate su con la cannuccia lei finì il suo tè freddo, mentre i cubetti di ghiaccio ricadevano e si scontravano nel bicchiere per l'assenza di liquido. Lei rimase comunque ricurva sul bicchiere e con la cannuccia ancora in bocca, alzando soltanto gli occhi verso di lui. Aveva uno sguardo paurosamente vispo.
- Sai che è stranissimo vederti così? -
- Ti metto inquietudine? -
- Un po' -
- Sono più alto e grosso di te, posso mangiarti in qualche boccone -
- Interessante. Ma poi mi vendico quando torni ad essere un nanerottolo -
Lui sbuffò fingendo di essersela presa, suscitando in lei un sorrisetto perfido coi denti che stringevano la cannuccia. Poi si rimise a sedere con una parvenza di compostezza, nei limiti di quanto una ragazza un po' maschiaccio potesse fare, iniziando a fissarlo per svariati secondi senza dire assolutamente nulla. Shinichi pensò che non sarebbe durata molto, ma più la lancetta dei secondi ticchettava e più si irrigidiva, leggermente in soggezione sotto lo sguardo vigile di lei. Vedeva sul viso di Sera un continuo alternarsi di sensazioni, leggendo abbastanza chiaramente tutti i suoi pensieri.
- Ancora fatico a crederci... -
- Non sei obbligata a farlo... anzi, meno gente ci crede e più mi fa comodo -
- Ma no, perché? E' carina come cosa! -
- “Carina”?! -
- Per me sì! Voglio proprio vedere che differenze si trovano nel frequentare una stessa persona in due formati diversi -
- Non c'è nessuna differenza, io rimango io -
- Non è detto... ora che hai le redini del tuo vero corpo, ti sentirai diverso agli occhi di tutti e questo ti porterà ad un comportamento altrettanto differente e sicuramente più autoritario -
- Va beh, pensala come vuoi... -
- Certo, ma vorrei confermare le mie ipotesi. Perciò tra un'oretta andiamo fuori a cena, okay?! -
- Sì, sì... -
- Wah, accetti davvero? -
- E perché mai non dovr...? -
No, un attimo.
ALT.
Quando riaprì la bocca per rimangiarsi tutto, Sera si era già alzata dal tavolino con espressione vittoriosa per avviarsi verso l'uscita.
Oh, NO.
Non era più un bimbo innocente che usciva con una ragazza innocente dalle intenzioni innocenti. Ora era un ragazzo adulto e responsabile che usciva con una ragazza altrettanto adulta (e forse non troppo responsabile...) ed entrambi erano consapevoli della situazione. Preso dall'abitudine di fare chiacchierate e giretti con lei in formato bambino, non aveva pensato alle conseguenze differenti che ora potevano generarsi dato il suo naturale aspetto - e per impulso non aveva avuto dubbi nel dirle di sì. Insomma, così sembrava quasi un appuntamento...
Come se lei gli stesse leggendo nella testa, si affrettò ad aggiungere:
- Ehi, non fare quella faccia! Ci tengo a precisare che non voglio far passare tutto questo per un'uscita ambigua, non sono interessata, più che altro curiosa... per me rimarrai sempre il marmocchio antipatico che ho conosciuto qualche mese fa! -
- Oh, ehm... okay -
- Okay... -
Lei ridacchiò, raggiungendo la soglia dell'uscita e attendendolo lì.
Quando furono in strada, lui diede un'occhiata all'orologio.
- Sera, guarda che sono già le sette e mezzo... non possiamo andare direttamente in un fast-food in zona? Io ho già una fame da animale -
Lei sbuffò e alzò gli occhi al cielo, abbastanza seccata.
- Uno: io non vado in un fast-food stasera, ma in un ristorante. Due: mi devo cambiare, accidenti!! Non vado a mangiare fuori vestita ancora in divisa da liceale, che cosa triste! Non fare il guastafeste e accompagnami fino all'hotel, non ci metterò molto -
- D'accordo... che strazio -
- Ti ci abituerai -

Nella mezz'ora seguente arrivarono al delizioso hotel in cui alloggiava la ragazza, salendo ai piani abbastanza alti con un rapido ascensore ed entrando nella sua stanza privata. Che in generale era ordinata, fatta eccezione per alcuni vestiti lasciati morenti e stropicciati in giro, corredati molto spesso da calzini e da cartacce di patatine o merendine.
Lei arrossì di colpo.
- Oh, ah, ecco. Dunque. Non far caso a questo disordine, ok? -
- Ricevuto... che tenera camionista -
Lei gli mollò una pacca forte e poco amichevole sul braccio, mettendogli un broncio fin troppo esagerato. Lui rise e si allontanò, dirigendosi verso il bagno.
- Mi chiudo in bagno così ti puoi cambiare tranquillamente, va bene? Non sbircio -
- Oh, fai pure invece, non mi importa -
Lui sgranò gli occhi, voltandosi nuovamente verso di lei in modo quasi meccanico.
- …come dici? -
- Nel senso che in realtà non c'è molto da guardare, quindi rilassati -
- Ah, ok, giusto... beh, per rispetto comunque non lo farò -
Shinichi sospirò con un poco di fatica, aprendo la porta del bagno e infilandocisi dentro. Sentì poi la voce alta di Sera arrivare dal salottino.
- Ma che uomo leale! Peccato, sai... è da un bel po' che un ragazzo bellino non mi sbircia mentre mi spoglio! Un po' mi manca la sensazione, ah ah ah! -
“Oh, porc...”
Nello specchio di fronte, Shinichi fissò la propria faccia diventare tesa e ruvida come la pietra. C'era giusto qualcosina che non gli quadrava, in quella situazione.
- AAAH accidenti, lo sapevo! Il reggiseno che strizza un po' mi sta decisamente meglio... guarda qua che roba... -
Vide la sua espressione divenire ancora più scolpita, mentre rimaneva immobile dov'era come se anche il resto del corpo si fosse trasformato in una statua.
- Mmm... no. Il perizoma no. Il sedere mi diventerà anche perfetto, ma tutto questo pizzo nero ovunque è scomodo, non ci siamo... -
Era certo che Sera, dall'altra parte, si stesse divertendo un mondo. Maledetta.

Dopo un quarto d'ora buono in cui il bagno iniziava a divenire angusto e soffocante e in cui lo stomaco si stava mangiando da solo per la fame, Shinichi diede due lievi bussate alla porta.
- Signorina, ha finito col trucco e parrucco o le manca ancora mezzo secolo? -
- Ancora mezzo secolo -
- Eddai, ho fame e mi sto stancando! -
- Che palle! Esci pure, sto solo rifinendo il trucco... -
Lui uscì dal bagno sospirando di sollievo, alzò la testa verso di lei per dirle malamente di sbrigarsi ma si bloccò prima di parlare, rimanendo completamente allibito.
Chi diavolo aveva davanti?
Quella non era Sera. Cioè, era lei, ma anche no. Indossava un vestito nero attillato che le evidenziava le curve e lasciava scoperte metà delle gambe, le quali erano rese più sottili ed esili dai sandali con tacco, anch'essi neri. La vide solo di profilo, in quanto ancora ricurva e fissa sullo specchietto da trucco.
- Un attimo, eh... questa righetta qui, e... okay, fatto! Possiamo andare -
Si voltò del tutto verso di lui, con un lieve e maturo sorriso assolutamente sexy. Non sapeva se era un'impressione dovuta a quel trucco delicato e allo stesso tempo così risaltante che si era applicata, ma avrebbe scommesso che era solo un semplice aiutino da nulla. Il vestito era inoltre un po' scollato e non poté frenare lo sguardo che gli piombò proprio in quel punto, contro la sua volontà, facendogli notare che il “reggiseno che strizza un po'” aveva fatto il suo degno lavoro anche su una tavola da surf quale era Sera.
Doveva ammettere che era un vero schianto.
- Che dici? Come sto? -
- Non ti avevo mai visto così, lo sai. Non so che dire, sono senza parole... -
- Lo prendo per un complimento? -
- Fidati, lo è -
- Perfetto, meglio così! -
Fece un solo passo e inciampò, probabilmente perché poco abituata ai tacchi, che tuttavia erano piuttosto bassi e comuni. Lui allungò un braccio in tempo per afferrarla ed impedirle di cadere, al che lei scoppiò in una risata alquanto imbarazzata.
- Iniziamo bene... -
- Per quel che mi riguarda puoi anche indossare delle scarpe da ginnastica, non mi offendo mica -
- Figurati! Tu sei tutto infighettato, volevo cercare di pareggiare un po' -
- Cosa sarei, io? -
- Lascia stare. Andiamo? In un ristorante qui vicino, magari, così non devo camminare troppo... -
Lui tentò di nascondere le risate con scarso successo guadagnandosi le occhiatacce di lei, e uscirono nella sera ormai quasi del tutto buia ma illuminata dalle strade. Shinichi permise al proprio sguardo di perdersi in quello sfondo cittadino, ma ciò che non si perse fu la sua mente, che si azionò nel momento in cui il contatto con Sera si fece più presente, visto che lei gli sfiorava più volte il braccio per non perdere l'equilibrio.
Stavano facendo la cosa giusta? In fondo era un atto innocente. Generato da pura amicizia. Poco importava se la meta era un bel ristorante e se lei indossava un vestito... un po' particolare, e se aveva deciso di tirare fuori quel suo aspetto che gli stava ancora mozzando i respiri. Poco importava. Era solo una serata come tante altre, sarebbe finita presto. 

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Capitolo 2
*** Le situazioni che sfuggono di mano ***


Hello guys!! Eccoci al secondo capitolo, e quindi che dire: fate largo ai Casini... :P 
Ho ripreso l'ultima parte del primo capitolo, prima di iniziare col secondo. 
Vorrei ringraziare tanto sharon4869x e shinichi e ran amore per aver recensito! Thank you, thank youuu!! ^-^
Buona lettura! Aspetto altri commentini ^.^ 



CAPITOLO 2: Le situazioni che sfuggono di mano

- Che dici? Come sto? -

- Non ti avevo mai visto così, lo sai. Non so che dire, sono senza parole... -
- Lo prendo per un complimento? -
- Fidati, lo è -
- Perfetto, meglio così! -
Fece un solo passo e inciampò, probabilmente perché poco abituata ai tacchi, che tuttavia erano piuttosto bassi e comuni. Lui allungò un braccio in tempo per afferrarla ed impedirle di cadere, al che lei scoppiò in una risata alquanto imbarazzata.
- Iniziamo bene... -
- Per quel che mi riguarda puoi anche indossare delle scarpe da ginnastica, non mi offendo mica -
- Figurati! Tu sei tutto infighettato, volevo cercare di pareggiare un po' -
- Cosa sarei, io? -
- Lascia stare. Andiamo? In un ristorante qui vicino, magari, così non devo camminare troppo... -
Lui tentò di nascondere le risate con scarso successo guadagnandosi le occhiatacce di lei, e uscirono nella sera ormai quasi del tutto buia ma illuminata dalle strade. Shinichi permise al proprio sguardo di perdersi in quello sfondo cittadino, ma ciò che non si perse fu la sua mente, che si azionò nel momento in cui il contatto con Sera si fece più presente, visto che lei gli sfiorava più volte il braccio per non perdere l'equilibrio.
Stavano facendo la cosa giusta? In fondo era un atto innocente. Generato da pura amicizia. Poco importava se la meta era un bel ristorante e se lei indossava un vestito... un po' particolare, e se aveva deciso di tirare fuori quel suo aspetto che gli stava ancora mozzando i respiri. Poco importava. Era solo una serata come tante altre, sarebbe finita presto. 

Entrarono in un ristorante non troppo lontano dall'hotel, la cui distanza era stata però allungata dall'incapacità di Sera di stare sulle scarpe, e mezz'ora più tardi il cibo ordinato non era ancora arrivato. In compenso il vino bianco era stato messo in tavola quasi subito, e quasi subito se ne stava andando.
- Aaah, com'è fresco e buono! -
- Ti rendi conto che abbiamo quasi finito una bottiglia di vino a stomaco vuoto, vero? -
- Sììì... ed è fantastico... -
Lei sorrise già rossa in volto, sorseggiando l'ultimo bicchiere di vino vuotato.
- Hai scelto il ristorante più lento della città, complimenti -
- Vedrai come verrai ripagato bene dell'attesa -
Poco dopo arrivarono i loro piatti, che in effetti meritavano parecchio. Mettevano però molta sete, perciò ordinarono una seconda bottiglia di vino, stavolta rosso.
- Cavoli, Sera cara... non scherzi quando bevi -
- Al vino non si nega nulla. E poi senti chi parla! -
- Beh, io sono giustificato... ho sempre amato il vino, ma per mesi e mesi non ho potuto berne nemmeno un goccio a causa della mia condizione. Non sai che significa poterlo finalmente mandare giù come si deve. Sono intenzionato a finire anche questa bottiglia -
- A chi lo dici! -
Riempirono nuovamente i bicchieri e fecero un brindisi, a non si sa bene cosa, ma lo fecero. Durante la cena chiacchierarono di diversi argomenti, senza mai perdersi in notizie inutili e di circostanza e senza incepparsi in silenzi ambigui. Si sentivano a proprio agio l'uno con l'altra, si divertivano senza sforzo.
- Allora, ti sembra poi tanto diverso frequentarmi “da grande”? -
- Mmm, solo un po'... intanto devo alzare lo sguardo per parlarti, e non abbassarlo -
- Ah-ha, divertente -
- Vorrei farti un sacco di domande, ma sono già un po' brilla e perciò eviterò -
Lui sghignazzò di gusto e come risposta le vuotò nuovamente il bicchiere col vino rimasto.
- Eddai, almeno una di queste domande puoi anche azzardarla -
- Il fatto è che non le ricordo già più -
- Ah, notevole. Allora ti incoraggerò io... altre cose che ritieni di dover modificare nei miei confronti, a parte l'altezza? -
- Beh, devo stare attenta a come ti parlo, se ti faccio arrabbiare adesso sei in grado di darmi qualche brutto ceffone -
- Cosa? Non ti sfiorerei neanche con un dito, scema... -
- E poi devo stare pure attenta a non guardarti troppo, specie da vicino, sennò mi vengono strane idee in testa -
Lui rimase a guardarla, perplesso, smettendo di masticare un pezzo di carne.
- Strane idee? Che tipo di idee? -
- Beh... mmm... idee. Insomma. Tu sei carino, molto carino, forse un po' di più di quel che mi aspettavo, anzi, un bel po' di più, e quindi io... -
Un po' imbarazzata gli sorrise come un'ebete, rossa in volto per via del vino e chiaramente alticcia, afferrando con una certa fretta il bicchiere e bevendo altri sorsi.
- Ok ok, Sera, ho capito... -
- Davvero hai capito? -
- Credo di sì... -
Anche lui afferrò il proprio bicchiere e buttò giù ampie sorsate.
Lei tornò a concentrarsi sul suo piatto, assumendo a poco a poco un'espressione insolitamente seria e mantenendo gli occhi sul piatto per svariati secondi. Lui ne approfittò per sbirciarla, constatando che quell'espressione matura le conferiva una certa bellezza inespressa. Vedeva bene i suoi capelli neri e disordinati, perfetti per la sua personalità...
- E poi... sono solo idee che mi tengo in testa, ovvio. Tu hai già Ran. Che è peraltro amica mia, quindi non c'è nulla di cui preoccuparsi -
- Sì, già... -
- Lei sa cosa stiamo facendo ora? -
- No -
- Ah. E... non intendi dirglielo? -
- Ma perché, stiamo facendo qualcosa di male? -
- Ah, no... cioè, mi auguro di no -
- Beh, per me non c'è niente di male. E come dici tu, nemmeno nulla di cui preoccuparsi. Siamo due amici fuori a cena, niente di meno e... niente di più -
Sottolineò l'ultima frase in modo leggermente più accentuato, quasi senza farlo apposta.
- Già... è vero -
Sera afferrò il suo bicchiere e buttò giù una grossa sorsata di vino, con uno sguardo stranamente teso, poco partecipe. Shinichi ebbe l'impressione di aver detto qualcosa di sbagliato, di averle scosso l'umore in peggio, che era proprio l'ultima delle sue intenzioni. Senza indagare oltre e con la sola voglia di rivedere il suo sorriso, pensò a qualcosa di bello da dirle mentre svuotava il suo ultimo bicchiere di vino. A quel punto sentì il sangue vibrare nel cervello e iniziò a girargli davvero la testa, anche se in modo ancora piacevolmente volteggiante. Già, si sentiva leggero, sereno, esaltato. Sorrise a Sera, che un po' ondeggiava e un po' stava ferma, ma nulla la contaminava.
- Voglio dirti che stasera sei bellissima, Sera -
Sera alzò di scatto gli occhi ben aperti su di lui, socchiudendo la bocca per la sorpresa. Lui la vide rimuginare alla ricerca di una risposta e portarsi una mano sulla guancia, le sue reazioni un po' rallentate dal tasso alcolico.
- Oh, ehm... g-grazie -
- Adesso ti va di farmi ancora un sorriso? -
- Sì... c-certo... -
Il sorriso effettivamente le nacque spontaneo sulle labbra, mentre nascondeva lo sguardo imbarazzato sul piatto e finiva di mangiare. Arrivò il momento dei dessert, accompagnati doverosamente dal sake finale.
- Cavolo... ancora alcool? Era da troppo tempo che non bevevo, mi rendo conto solo ora che dovrei frenare un po'... -
- Ma quale frenare! Chissà quando potrai bere di nuovo una cosa fenomenale come il sake, ci hai pensato? -
- In effetti... ci sarebbe da aspettare un po' -
- E allora dacci dentro! -
Sera si finse nei panni della classica brilla da tavola e versò in modo grottesco ed esibizionista il sake a entrambi, facendo ridere Shinichi in maniera incontrollata e indecorosa e attirando quindi l'attenzione di mezzo ristorante.
Fecero di nuovo un brindisi, bevvero un sorso del liquido bollente e ingurgitarono i dessert. Infine si dovettero concentrare per finire il sake rimasto, un'impresa non scontata.
- Uuuuh, difficoltà da livello finale... lascio a te la prima trangugiata, sempre prima le donne -
- Mi gira la testa a duecento all'ora... -
La disorientata Sera si appoggiò la fronte sul palmo della mano, chiudendo e riaprendo gli occhi lentamente e tentando di focalizzare l'ambiente.
- Aaah... non smette di vorticare... -
- E va bene, lo finisco io -
- NO! -
Entrambi fecero fatica, ma riuscirono nell'impresa. La conseguenza fu che Sera ebbe bisogno di un gran supporto per alzarsi da quel tavolo e che Shinichi dovette invece pensare a qualcosa di orribile per smettere di ridere. Ma in ogni caso non c'era nulla da fare, tutte le cose negative diventavano tragi-comiche nella sua mente, il tutto accompagnato da un clamoroso giramento di testa e da una strana euforia del tipo evvai-sono-grande-e-posso-fare-quel-che-diavolo-mi-pare. Si sentiva levitare, quasi.
Aiutò quella bellezza quasi abbagliante ad alzarsi dal tavolo, probabilmente più ubriaca di lui, e le chiese di aspettarlo mentre andava a pagare il conto. Una volta fuori, all'aria fresca della sera, lei si tolse quei maledetti tacchi decisa a camminare fino all'hotel a piedi nudi. Già non stava in piedi normalmente, figurarsi in quello stato, fatto che naturalmente aumentò le già preoccupanti risa di Shinichi.
- Ma che diavolo avrai mai da ridere, razza di deficiente... -
- Non lo so e non ho intenzione di smettere -
Ridacchiò anche lei seppur stancamente, ciondolando leggermente a destra e a sinistra. Lui le mise un braccio attorno alle spalle per tenerla saldamente, senza preavviso, al che lei iniziò a dondolare volutamente verso di lui.
- Sei così gracilina -
- E tu così mastodontico -
- Ti potrei schiacciare e sgranocchiare -
- Oggi dichiaravi di potermi mangiare, ora di sgranocchiarmi... ti sembro così appetitosa? -
- Beh... forse un po' -
Sulle labbra di lei spuntò un lieve sorriso compiaciuto, mentre lui tentava di ripensare un attimo a ciò che aveva appena detto. Qualcosa che forse sforava un po' oltre il loro limite. Beh, pazienza, era ubriaca e se ne sarebbe scordata. E anche lui era brillo e molto incline a dire ciò che pensava, senza freni. Alzò spallucce e buttò fuori una nuova risata insensata.
Pochi minuti dopo furono davanti all'hotel, anche se Sera non se ne accorse subito.
- Ehi, Sera, ti accompagno di sopra... non vorrei che ti perdessi per l'hotel e ti addormentassi in qualche corridoio -
- Mmm... sarebbe divertente però... -
- Può darsi, ma magari un'altra volta... forza, ancora uno sforzo e sei arrivata - Entrarono nell'atrio d'ingresso e poi nell'ascensore, luogo angusto in cui lei, apparentemente senza forze, si lasciò andare contro di lui e parve quasi addormentarsi. Lui la strinse tra le braccia per non farla cadere, sentendo immediatamente il suo calore e il suo respiro. Quella sensazione lo fece rilassare e lo portò a chiudere gli occhi, quasi ad assopirsi, mentre l'ascensore proseguiva la salita e arrivava alla meta. Lei riaprì gli occhi di scatto non appena sentì il suono acuto dell'ascensore arrivato a destinazione, rimettendosi dritta ma rimanendo ancorata a lui per sicurezza. E anche lui, dal canto suo, non dava l'impressione di volerla lasciare andare.
Mentre camminavano nel lungo corridoio verso la sua stanza, Shinichi riuscì a sussurrare qualcosa in mezzo a quella nuvola di stanco tepore.
- Adesso ti lascio in camera tua e scappo... che sennò mi addormento qui... -
- …potresti farlo -
- Fare cosa? -
- Addormentarti qui -
- M-ma... -
Abbassò lo sguardo verso di lei, la quale lo cinse lentamente tra le sue esili braccia e alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Lei aveva un'espressione seria e al contempo dolce che riuscì a mantenere per tutto il tempo, seppur a tratti offuscata dalle palpebre che volevano chiudersi.
- Entra in camera con me e fermati qui a dormire... -
- Sera, io non credo che... -
- Per favore... sono sempre sola... sempre -
- … -
Shinichi la fissò qualche secondo, per poi spostare lo sguardo sul pavimento. Si mise a considerare la distanza che c'era tra quel luogo e casa sua, che era considerevole, e la stanchezza che avrebbe dovuto sopportare per tutto il tempo della camminata di ritorno. Il taxi non poteva chiamarlo, aveva finito i pochi soldi che si era portato appresso e non voleva chiederne in prestito a Sera, anche se sapeva che glieli avrebbe dati volentieri senza nemmeno richiederli indietro. Lei era troppo gentile e buona.
E gli dispiaceva che fosse sempre sola, di sicuro qualche volta ne soffriva. Non se lo meritava.
Mentre pensava a tutto questo, la porta della sua stanza si spalancò e lui intravide il letto, quel letto morbido e caldo e proprio di fronte a lui, pronto a placare la sua stanchezza, a risparmiargli una lunga camminata ubriaca e a donargli un lieto sonno.
Non sarebbe successo nulla, lui era solo molto stanco e ne avrebbe approfittato, facendo anche un piacere personale a lei.
- D'accordo. Mi fermo -
- Ti ringrazio... davvero... -
- A patto però che andiamo subito a letto... -
- Subito -
Si staccò delicatamente dalla ragazza e, avviandosi da solo verso il letto, si sfilò golf e camicia blu in malomodo, li gettò da qualche parte e si buttò a peso morto sul letto, a torso nudo. La testa gli girava anche ad occhi chiusi, maledizione. Quando li riaprì a fatica, realizzò che di altri letti non ce n'erano nella camera: c'era soltanto quello, matrimoniale. Ah.
- Shinichi, questa mi pare un'ottima idea... -
- Eh...? -
Incuriosito, si rotolò sul materasso per voltarsi a pancia in su, trovandosi Sera a pochi passi da lui. Lei aveva lo sguardo un po' smarrito, sembrava un po' indecisa sul da farsi e quel suo atteggiamento fece sorridere il detective, che rimase fermo a guardarla. Fino a che non si rese conto che lei stava per replicare esattamente ciò che aveva fatto lui: la vide portarsi le mani sulle spalline sottili del vestito per abbassarle, sospingendo poi verso il basso la parte superiore dell'abito e portando a piena visibilità il famoso reggiseno nero. Shinichi spalancò gli occhi, si tirò su a sedere e fu sul punto di dirle di fermarsi, ma decise di non farlo quando lei si voltò dall'altra parte dandogli le spalle. Rimase completamente imbambolato a fissarle il fondoschiena a pochi metri da lui, reso così curvilineo da quel vestito che entro pochi secondi sarebbe scivolato ancora più in basso. Scivolò di poco, molto poco, perché lei pareva in difficoltà, ma quel tanto che bastò a fargli intravedere del pizzo nero disegnato sulla sua pelle bianca. Iniziò a sudare visibilmente e a faticare nel controllare il respiro. Momenti del genere, quand'era bambino, se li poteva sognare.
- Ah, che palle... non riesco a farlo andare giù... -
Sbuffò e si stufò, buttandosi perciò anche lei a capofitto sul letto, di fianco a lui. Lui sentì improvvisamente il suo profumo, sfiorò per sbaglio la sua pelle col braccio, fissò il suo petto e la sua pancia distesa. Lei, a occhi chiusi, voltò la testa verso di lui e li riaprì lentamente. Shinichi si scontrò con uno sguardo indecifrabile, eppure così chiaro. Le piaceva, non c'era ombra di dubbio... e in quel viso lesse il desiderio. Lei allungò un braccio e gli posò una mano sul ventre, senza fare nient'altro, e anche lui allungò un braccio verso di lei, posando però la mano sul vestito che ancora non scendeva. E con quella mano lo fece scendere del tutto, lungo le gambe, approfittando per sfiorargliele. Mentre sentiva quanto fossero morbide, la vide chiudere gli occhi e sorridere appena. Non sapeva perché lo stesse facendo, ma era come se non potesse farne a meno, guidato peraltro da quello stato alterato e febbrile che lo faceva sentire stanco ed energico nello stesso momento. La cosa più insolita e più piacevole era che non stava pensando a niente, gli sembrava di avere la mente sgombra e di poterla riempire solo con ciò che gli pareva e piaceva. Si concesse di constatare che lei era... indescrivibile, in quel momento. La vide sussultare un paio di volte mentre tornava su con la mano sfiorandole il corpo, fino al petto, dove si fermò con più decisione.
A quel punto lei riaprì gli occhi e con un'energia inaspettata rotolò dalla sua parte fino a sovrastarlo, guardandolo poi dritto in viso. Nel fare questo lei passò il ginocchio sopra una zona per lui alquanto sensibile, cosa che lo aizzò ancor di più e che lo portò a stringerla dalla schiena per tenerla attirata a sé, per poi afferrarle il viso e portarselo vicino al proprio. Le spostò quei capelli ribelli all'indietro, dopodiché entrambi scattarono in avanti per un primo bacio. Nel frattempo lei registrò quel dettaglio del ginocchio passato laggiù e rifece lo stesso gesto intenzionalmente, suscitando una maggiore forza in lui, che parve infatti intensificare tutti i suoi movimenti e respiri. Anche lei, al pari di lui, non capiva bene cosa stesse facendo, ma voleva farlo, stava succedendo. E nel giro di pochi secondi le luci si spensero e alcune coperte, assieme ai vestiti, volarono a terra alla rinfusa.

Che ore potevano essere? Il buio era sia nella stanza che fuori dalla finestra. La città dormiva, e anche lei dormiva.
Non ricordava benissimo cosa fosse successo. Ricordava il fulcro centrale, ma non tanto i procedimenti attorno.
Quella era la camera di Sera.
La camera in cui erano andati per dormire.
Solo che erano piuttosto ubriachi.
E non avevano dormito da subito, ma...
Sera, che dormiva beata lì a fianco.
Sera...
Si rese conto di essere sdraiato su un fianco, verso di lei, e di cingerle le spalle con un braccio. Si erano addormentati così?
Si girò lentamente per tornare in posizione supina, facendo attenzione a non svegliarla, sentendosi ancora molto stanco ma rilassato. La testa gli girava ancora e il mondo rimaneva considerevolmente offuscato, ma era verso la via del dissiparsi della nebbia. Pian piano la lucidità sarebbe tornata, avrebbe ripreso a ragionare con razionalità e, a quel punto, il peggio sarebbe probabilmente giunto. Ma era proprio il caso di rimandarlo, era notte fonda e ancora non si sentiva troppo bene.
Sfiorò un braccio della ragazza, come se quel gesto potesse donargli nuovamente il sonno. E avrebbe anche funzionato, se lei non si fosse svegliata aprendo lentamente le palpebre. La sentì mugugnare all'inizio lievemente e poco dopo più forte, come in un capriccio; lui sorrise appena e cercò di abituare la vista al buio, incrociando il suo sguardo confuso e appannato.
- Mmm... Shin...? - sussurrò appena.
- Rimettiti a dormire, è ancora presto... -
Lei fece esattamente il contrario, aprendo quindi bene gli occhi, che un po' le brillavano. O almeno così gli sembrava e la cosa gli fece alquanto tenerezza, sostituita però quasi subito da una strana angoscia.
Sapeva che stava sbagliando. Che la strada presa era molto azzardata e che qualcosa l'avrebbe fatto tornare inesorabilmente indietro. Quello che non sapeva, invece, era come Sera stesse affrontando (o avrebbe affrontato) quella situazione.
Proprio mentre pensava al fatto che, dato il suo carattere libero e spensierato, magari Sera stesse prendendo tutto alla leggera e con scioltezza, ecco che la vide alzare testa e spalle dal cuscino per avvicinarsi e accoccolarsi contro il petto di lui, permettendogli di percepire all'istante il calore della sua pelle. Che invece di sciogliergli i muscoli, come gli sarebbe dovuto accadere, glieli irrigidì in modo evidente. Dopo qualche secondo lei socchiuse gli occhi, perplessa, staccandosi di qualche centimetro e guardandolo.
- Qualcosa non va...? -
Lui ridacchiò a bassa voce, anche se non molto convinto.
- Eh? No, no... però ho ancora sonno... -
- Ah, peccato... un secondo round poteva starci ancora – sussurrò con un vispo sorrisetto.
E quel che era peggio, era che lui si trovava d'accordo con lei. Quell'inaspettato rapporto che avevano avuto qualche ora prima si sarebbe impresso e l'idea di una seconda volta così gli azionò migliaia di lucine elettrizzanti nel cervello, e non solo lì. Sera era lì di fianco, a guardarlo con quello sguardo assonnato ma al contempo attraente, con le lenzuola leggere che minacciavano di scivolarle via di dosso da un momento all'altro. Gli era piaciuto tutto, dall'inizio alla fine... gli era piaciuta lei.
Deglutì e fece molta fatica a ritirarsi da quell'offerta, lo fece soltanto perché l'immagine di Ran prese improvvisamente a pulsargli nella testa con una singolare insistenza. Un martello pneumatico. Lei era lontana e non poteva sapere che...
Dannazione, ma che aveva combinato?
Lui sbarrò gli occhi nel buio, disorientato. Ran era scappata per un solo giorno fuori città e lui guarda dove si trovava... a parte il fatto che lo avrebbe ammazzato, era la cosa più sbagliata che potesse fare nei suoi confronti.
L'angoscia di poco prima iniziò a diventare più densa e a diffondersi in corpo come un virus.
Nel frattempo Sera assunse un'espressione seria, abbassando gli occhi verso il materasso e parlando senza guardarlo.
- Shinichi, tu... ti saresti aspettato questo risvolto nella serata? -
In mezzo alla sua difficoltà nel rispondere, ci provò.
- No... no, a dire il vero non ci avevo neanche pensato -
- Neanche per un secondo? -
- Beh, forse per un secondo... -
- E sei stato contento che sia successo? O te ne pentirai? -
Lei rialzò gli occhi su di lui, limpidi e attenti. La fissò anche lui nell'oscurità e rimase qualche secondo in silenzio, pensando bene ad una risposta non superficiale. Che quella domanda dipendesse dal suo cambio repentino di espressione? Probabile. Se avesse visto una tarantola sulle lenzuola dirigersi verso di lui, non sarebbe stato così terrorizzato. Si lasciò infine sfuggire quella che sentiva essere la verità.
- No, non me ne pentirò -
Come se avesse formulato un incantesimo magico e armonioso, le labbra di Sera si stirarono all'istante in un ampio e dolce sorriso e le sue spalle si rilassarono visibilmente.
Non le stava mentendo, ma non le stava nemmeno chiarendo tutto quanto. Per niente.
Il mattino seguente arrivò sotto forma di raggi luminosi e taglienti. Strizzò gli occhi infastidito da tutta quella luce, per poi aprirli con fatica borbottando qualche lamento; la testa era di nuovo tornata fissa al suo posto, ma gli doleva come se ci fosse caduto sopra un cumulo di sassi durante la notte.
Di fianco a lui Sera pareva avere le sue stesse reazioni e i suoi stessi dolori. La vide massaggiarsi la testa con espressione contorta e dolorante, mentre tentava di tirarsi su coi gomiti.
- Ehi, come stai? -
Si stupì della strana tensione di cui il suo tono risultò impregnato. Non voleva avere quel tono, voleva parlarle normalmente, ma qualcosa stava uscendo dal suo controllo: non si trovava nella situazione in cui avrebbe dovuto essere. L'effetto dell'antidoto non sarebbe durato ancora molte ore e lui avrebbe dannatamente dovuto trovarsi da qualche parte con Ran, a parlare con lei, a passeggiare con lei, a fare qualsiasi cosa con lei. E non in un letto con Sera ancora svestita, mezzo intontito dalla notte prima.
Qualcosa era proprio sfuggito di mano.
Prese un sonoro e faticosissimo respiro, prima di continuare.
- Forse è meglio se ci vestiamo -
- Sì, lo so. E non mi hai lasciato rispondere: non sto troppo bene, ma mi riprenderò, grazie -
- Ottimo... -
Rispose veloce e schivo, alzandosi piuttosto in fretta dal letto e cercando i suoi vestiti appollaiati malamente da qualche parte. Quell'insolito scatto ansioso attirò l'attenzione di Sera, che alquanto perplessa lo guardò di sottecchi e in silenzio.
Lui riuscì a raccogliere tutte le sue cose e nel frattempo si organizzò anche lei, alzandosi e vestendosi con una canotta leggera e degli shirts, il tutto in mezzo ad un silenzio accigliante. Quando lei capì che lui evitava accuratamente di voltarsi nella sua direzione, non si impegnò a frenare le parole.
- Sei più scattante del solito o sbaglio? -
- Ehm... è che... -
Deglutì, voltando la testa da un lato senza arrivare a guardarla. Come affrontare quel casino? Da dove iniziare, almeno? Nessuna idea, qualcuno ha dei suggerimenti?
Quando lei parlò, il suo tono era indurito e poco incoraggiante.
- Mi vuoi dire cosa c'è che non va? Mi fai innervosire con quell'atteggiamento sfuggente -
- Sera, io... -
- Sì? -
- Forse, io... ecco... -
- Evita di girarci attorno, di qualunque cosa si tratti -
Lui riprese fiato, accettando di buon grado di seguire il suo consiglio.
- Io forse non dovrei essere qui. E noi due... forse non... -
Si aspettò che lei rispondesse, ma non lo fece. Con una certa preoccupazione si voltò totalmente dalla sua parte, senza sapere con cosa avrebbe avuto a che fare.
Lei restava immobile a fissarlo con due occhi altrettanto immobili, attenti, su cui si iniziava a intravedere una sgradevole ombra di natura ancora sconosciuta.
Lui continuò.
- Io credo che... dovrei tornare alla mia solita vita, e anche abbastanza in fretta. Ma non vorrei che questa storia avvenuta tra noi creasse... qualche disguido. Sei... sei d'accordo? -
- “Disguido”? -
- Sì, ehm... come spiegare... -
- Non spiegare nulla, ho capito benissimo -
- Okay, bene. E' stata... una bella cosa... quella successa tra me e te, però... -
- Però non deve continuare. -
Lei usò un tono definitivo, senza possibilità di replica. Lui alzò lo sguardo su di lei, senza fiatare, vedendo quella triste ombra di poco prima addensarsi nei suoi occhi. Lei lo fissava a labbra strette e respirando a malapena, fino a che non ricominciò a parlare con voce bassa e sommessa.
- Non con me, almeno -
- Sera, ascolta... -
- Devi tornare alla tua vita, giusto. Dalle tue persone. Da Ran. Non badare ai disguidi che hai con me, sono ostacoli da nulla... -
- Sera, fermati, alt, fammi parlare -
- Tu... tu credevi che io la stessi prendendo alla leggera, vero? Esattamente come la stavi prendendo tu, giusto? -
- Non lo so, io... sì, in realtà pensavo fosse così, pensavo che tu... -
- Ma come diavolo hai fatto a pensare una cosa del genere? COME?! -
La sua voce, alzandosi, iniziò anche a segnalare le prime incrinature.
- Ci mancava poco che mi piacessi anche da bambino, figurati così!! Ti sono sempre appiccicata, e qualcuno lo aveva pure sospettato! Possibile che tu abbia sempre ignorato certi miei atteggiamenti?! -
- Non li ignoravo, semplicemente non li capivo... -
- Balle, sono tutte balle -
- Sera... -
- Se osi chiedermi di calmarmi ti spacco la faccia in mezzo secondo -
Lei respirò forte, cercando comunque di calmarsi solo perché se l'era autoimposto, non certo per fare un piacere a lui. Shinichi invece non fece volare una mosca, si limitò a mordersi il labbro iniziando a capire il tipo di danno che era stato compiuto.
- Ma tranquillo, è colpa mia, che mi sono messa in testa chissà che cosa -
- Eravamo entrambi in uno stato alterato, ci siamo lanciati in una situazione che... -
- Che è stata una notte da sballo e stop, almeno per come l'hai interpretata tu -
- Non l'ho interpretata così e non ho intenzione di farlo -
- E allora come la vuoi chiamare? -
- Non voglio darle un nome, sei pazza?! -
- Mi hai semplicemente usata, stanotte -
- Cosa?! Sera, non dirlo più... stai straparlando... -
- Non te ne frega assolutamente nulla di me, l'importante era sfogarsi finalmente un po' e l'hai fatto. Peccato che io sia la persona sbagliata, ops, quella giusta era da un'altra parte e quindi poco abbordabile -
- Eviterò di dare peso alle cose che stai dicendo... e poi parli come se tu non avessi una parte in tutto questo. Lei... lei è anche una tua amica, cosa avevi intenzione di raccontarle? -
Sera si ammutolì, scuotendo la testa e fissando il pavimento.
- Quello... è un mio errore, è un'altra questione di cui mi sarei occupata -
- Può darsi, ma resta il fatto che... -
- Avevi detto che non te ne saresti pentito -
Lui la fissò intensamente dall'altra parte del letto, mentre lei rialzava gli occhi inondati di lacrime su di lui. La voce le tremava e i pugni le si stringevano impercettibilmente.
- Avevi detto questo... -
- So cosa ho detto. E non me lo rimangio. E' stato qualcosa di cui non potrò mai pentirmi, te lo assicuro... ma non avrà seguito -
L'ultima frase gli costò uno sforzo titanico. E un gran dolore al petto, causato specialmente dalla reazione della ragazza, la quale iniziò a singhiozzare nascondendo il viso in una mano mentre l'altra giaceva abbandonata lungo il fianco. Così, senza dire una parola.
Sapeva che era un errore, ma Shinichi non poté fare a meno di camminare velocemente attorno al letto per raggiungerla e avvolgerla tra le braccia. La sentì sussultare come un fragile animale, ogni suo gemito trattenuto era una lama nella carne. Perché lui le voleva bene e non voleva farla stare in quel modo, non voleva questo per lei, ma tutt'altro, ciò che in realtà si sarebbe meritata. E la cosa forse peggiore... più dolorosa, più paradossale... era che lei, in realtà, gli piaceva. Gli piaceva tanto, specie dopo quella notte. Probabilmente era normale una conseguenza simile, ma sarebbe stato più semplice se lei gli fosse stata indifferente e se non si fosse trovato a soffrire anche lui. Non poteva ritenerlo un sentimento ingestibile poiché non era completo, mancava qualcosa, una componente che invece era presente con un'altra persona; ma gli piaceva, rimaneva un complesso di emozioni positive e forse passionali che andava oltre l'amicizia, era inutile negarlo.
Ma questo Sera non doveva saperlo e riteneva fosse meglio così, prima che quel caos venisse amplificato ancora fino ai suoi estremi. Lei si sarebbe appigliata ad un'informazione del genere e non avrebbe potuto biasimarla.
Le accarezzò con decisione i capelli, probabilmente ferendola ulteriormente rispetto a quanto già aveva fatto: difatti lei lo allontanò con forza da sé, sospingendolo via con entrambe le braccia.
- Vattene... – gli disse con un filo di voce.
- Sera, perdonami, volevo solo chiarire... -
- Vattene, per favore. Esci da qui -
Si asciugò freneticamente alcune lacrime con una mano e gli diede una leggera spinta in direzione della porta, sperando che lui cogliesse più chiaramente il messaggio. L'angoscia lo acchiappò all'improvviso come una morsa: non aveva mica intenzione di escluderlo, di tagliarlo fuori? No, giusto?
- Per favore, non pensare che per me non abbia significato nulla... -
- Io non amo ripetermi... -
- Sera, ascoltami! Che hai intenzione di fare? -
Lei si lasciò sfuggire un gemito e lo guardò con rabbia dritto in faccia, coi suoi occhi ormai rossi e umidi.
- Fuori da qui, ora, VATTENE! -
Non c'era più spazio per null'altro. Lui lo capì al volo e si diresse verso la porta, tenendo però la testa voltata e gli occhi fissi su di lei per alcuni secondi.
Come aveva fatto la situazione a degenerare in quel modo nel giro di pochi minuti?
Aprì la porta e uscì senza fiatare, dopodiché ci pensò lei a richiuderla, sbattendola.
Sera si diresse verso il letto e vi si sedette sopra, molto lentamente, fissando il panorama fuori dalla finestra e sentendo una piccola voragine cominciare ad aprirsi.

- Sì, cavolo, ho perso il volo... ah, allora... il prossimo partirà tra non molto, arriverò quindi verso sera. Ci sarai ancora, vero? -
- Sì, credo. Mal che vada tenterò di farti sapere per tempo. -
E quasi quasi sperava di tornare piccolo prima di quanto annunciato, per non dover affrontare la presenza e lo sguardo di Ran con quell'agglomerato di roba che gli stava vorticando malignamente in testa.
- Mi raccomando, non scappare come tuo solito per... -
“E' stato un errore? Non volevo che lo diventasse... non con Sera...”
- Va bene? Shinichi, ehi, mi stai ascoltando? -
“E a Ran cosa diavolo racconto? Lei capirà che c'è qualcosa di strano sotto, che...”
- Shinichi! Sei d'accordo sì o no?! -
- Come? Sì, certo. Ti faccio sapere -
- E comunque c'è chiaramente qualcosa che non va, si sente dall'inizio della telefonata. Beh, mi racconterai tutto, che ne dici? -
- D... d'accordo... -
“Proprio l'ultimissima cosa che vorrei fare...”
- Non sarà ancora per via del fatto che non siamo riusciti a vederci...? -
- No, assolutamente -
- Ah... beh, perché io un po' male ci sono stata -
Nel suo tono captò un pizzico di perplessità e delusione. Era probabile che lei un po' ci sperasse, e ci sarebbe anche potuto arrivare. Ma perché lui ad ogni frase che diceva sembrava sempre più idiota?
- V-voglio dire... certo, certo, è dispiaciuto molto anche a me, ricordi quanto mi fossi rattristato ieri. Ma non preoccuparti, non intendo rimanere col muso lungo e mogio tutto il tempo per questo motivo -
- Beh, lo capisco. E allora cosa ti turba? -
Prese una boccata di ossigeno tale che quasi si lesionò la gola.
- T... te lo dirò a voce... -
- Okay, sono curiosa! -
Lui chiuse gli occhi lentamente, massaggiandoseli con una mano e sentendosi un verme. Oh, no, no, che casino.
- Ci vediamo dopo, Ran -
Lei assentì e terminarono la chiamata.
Okay. Dirle la verità o sfruttare quelle due ore che lo separavano dal suo arrivo per inventarsi qualche storia plausibile...?
La sua mente di azionò in automatico e a gran velocità come un meccanismo psichedelico per raggiungere la seconda opzione, senza quasi che lui potesse metterci becco. La sua volontà (e abitudine) di mentire era diventata più scattante di lui stesso.
Nel frattempo passò le ore restanti a pensare a Sera in modo quasi continuativo. Si sentiva male e in colpa, voleva riprendersi la sua amica e si sfiniva nel tentativo. Provò a contattarla svariate volte, approfittando dei momenti in cui le ondate improvvise di coraggio glielo consentivano, ma lei bloccava sempre le chiamate e non rispondeva ai messaggi. Ma in ogni caso che diavolo avrebbe potuto dirle? Non aveva delle scuse convincenti né un discorso organizzato: già immaginava che, se lei avesse risposto, lui avrebbe balbettato qualche inutile frasetta inconcludente, lei si sarebbe scocciata e arrabbiata e gli avrebbe piantato giù il telefono, con tutte le ragioni del mondo peraltro. Ma poco importava, voleva sentirla comunque e non lasciarla in balia di se stessa.
Soltanto un suo messaggio gli arrivò a metà pomeriggio, dai toni tutt'altro che soavi: “Mi faresti un vero favore a smetterla. Sto cercando di sopprimere mentalmente quello che è successo tra noi, sto cercando di sostituire la tua brutta faccia da bastardo che mi martirizza il cervello con qualche altra immagine più piacevole. Già non ce la faccio da sola, se poi tu continui a farmi squillare il telefono costringendomi a pensarti non arrivo da nessuna parte. Ti prego. Ti chiedo di lasciarmi stare, non mi chiamare. Ci risentiremo quando sarà il momento... buona giornata”.
Accidenti, voleva sotterrarsi nella prima, squallida e putrida zolla di terra che avesse trovato sulla strada. Continuando così non stava affatto migliorando le cose, ma quanto avrebbe voluto risentire la sua voce squillante e la sua vitalità. Maledizione.

Neanche un'ora più tardi, ormai in una limpida serata, svoltando un angolo in direzione di casa sua – casa Kudo, stavolta – si dovette bloccare di colpo per non scontrarsi con Sera, che giungeva dalla parte opposta.
Qualcosa di misterioso aveva tracciato per loro un percorso pre-impostato? E dire che mancava così poco a casa sua, giusto qualche centinaio di metri, riusciva già a vederla da lì! Che lei fosse passata da quelle parti apposta...? Rimasero immobili sul posto. Si fissarono negli occhi, allibiti e in silenzio tombale.
Ma perché, perché?!
Lei emise un rapidissimo e teso sospiro e tentò di fare dietro-front per sfuggirgli, ma lui le afferrò delicatamente il braccio inducendola a voltarsi.
- M... mi dispiace – gli uscì non più di un soffio di voce. Aveva il cuore a mille.
Lei non rispose, limitandosi a fissarlo con un misto di collera e tristezza. Shinichi non riuscì a non notare che aveva gli occhi rossi e il viso più tirato del solito. Quanto era riuscito a farla stare in quel modo?
Lei si sottrasse alla presa in modo lento e non brusco, sospirando appena. Sembrava aver perso la lingua e per sua scelta. Rimasero in silenzio ancora per qualche secondo, spostando spesso lo sguardo altrove o stropicciandosi una qualsiasi parte del corpo come anti-stress.
- Sera... perdonami anche per l'insistenza di oggi. Ma ti volevo sentire... -
- Devo dirti una cosa -
- Cosa? -
- Continuo a pensare a ieri notte -
Lui sospirò, guardandola negli occhi.
- Anche io -
Lei socchiuse un poco la bocca per la sorpresa, senza staccargli gli occhi di dosso nemmeno per sbattere le palpebre. Beh, lui aveva dovuto dirle la verità: ci pensava spesso. Pensava a lei distesa contro di lui, a lei che si aggrappava al suo collo, alla sua pelle bianca...
- E questo... questo non ti suggerisce nulla? -
Lui continuò a sostenere lo sguardo intenso di Sera, vedendo i suoi occhi iniziare ad inumidirsi. A quella vista gli si incrinò con dolore qualcosa nel petto, e la afferrò per le spalle in modo delicato.
- Non stare male per me, Sera... non è nel tuo stile... -
- Cosa diavolo ne sai...? -
- Hai ragione, non so proprio nulla... ma non voglio questo, non te lo meriti -
- Come ti senti a vedermi così...? Stai male? -
- Sì, soffro come un cane -
- E perché? -
- Perché ti voglio bene, perché... tu, per me... -
Dannazione, e adesso? Tutte domande in contropiede. Lei gli si avvicinò un poco, silenziosamente. Gli posò una mano sul petto con una leggerezza irreale, riportando di nuovo la sua mente a quel tipo di contatto della sera prima che li aveva resi così vicini. Quando lei riparlò, era poco più di un sussurro.
- Il mio errore... è che mi interessano troppo poco le parole, e troppo i fatti. Ma tu sei bravo con le parole, riusciresti a chiarire tutto convincendomi e perciò io dovrei ascoltarti di più. Dovrei proprio... però poi arriva il momento dei fatti, e... -
- Ma esattamente cosa stai...? -
Lei gli posò le labbra sulle sue. Immediatamente un sapore e un profumo di fiori primaverili gli inondò il viso, con la stessa delicatezza con cui era arrivato quel tocco. Lei mosse appena le labbra e portò lentamente entrambe le mani sul suo viso, provocandogli un brivido talmente lieve da sembrare un soffio d'aria.
Doveva allontanarla. Smetterla di essere assorbito in quel piccolo oblio che lo induceva a muovere le mani per posarle sui fianchi di lei e a restare incollato a quelle labbra tentatrici e lente. E a pensare alla camera da letto che si trovava nella sua casa a poche centinaia di metri. La cosa durò di certo per svariati secondi. Forse mezzo minuto. Di fatto ci fu che, mentre quell'atto si svolgeva, lui socchiuse gli occhi abbastanza in tempo per scorgere una figura esile aggirarsi davanti casa Kudo, poco più in là sulla strada: Ran.
Sbarrò gli occhi, di colpo il cuore in gola. Strinse le labbra e Sera parve accorgersene subito, le afferrò le spalle e la allontanò con un piccolo scatto il meno brusco possibile. Lei, stupita come non mai, lo fissò inebetita; notando che lui osservava sconcertato qualcosa oltre le sue spalle, si voltò con circospezione su se stessa fino a che non focalizzò la fonte del suo improvviso panico. A quel punto assottigliò gli occhi, rigirandosi a guardarlo in tralice.
- OH. Ma certo. -
Senza dire una parola lui la afferrò per un braccio e la condusse dietro un angolo, ancora mezzo intontito da quell'imprevisto. E dall'imprevisto di poco prima, pure.
- E adesso che facciamo di bello, ci nascondiamo? -
- Sera, è meglio se... se... -
Lei, appoggiata con la schiena al muro di cemento, lo guardò con un'amarezza consapevole che pareva aver già messo in conto da prima. Lui riprese un piccolo grande fiato prima di concludere in modo definitivo la frase.
- ...se la smettiamo. Del tutto. -
Sera si staccò dal muro e si avvicinò a lui chiudendo con forza il pugno destro, forse per poterlo caricare. Lui strinse gli occhi e abbassò lo sguardo, convinto più che mai che, con tutte le ragioni possibili e immaginabili, stesse per ricevere in pieno viso un fottuto cazzotto.
Quando questo non accennò ad arrivare riaprì indeciso gli occhi per sbirciarla, scorgendo solo un'ombra scura intrecciata allo sguardo di Sera. Avrebbe preferito di gran lunga il pugno e il naso sanguinante, piuttosto che quella visione. La vide poi annuire lievemente, come se fosse rimasta con poche forze, rassegnata.
- D'accordo. Me ne vado. Buona serata... -
Lui non fece in tempo neanche a formulare mentalmente qualcosa con cui ribattere, che lei si era già voltata per correre via. Tre, due, uno... sparita.

L'ora seguente la passò con Ran, sforzandosi più che altro di mantenere un comportamento naturale e disinvolto nonostante il frastuono che aveva in testa. Lei si accorse delle sue difficoltà e tentò di farlo parlare, ma lui non poteva davvero confidarsi con lei, non in quel caso e non in quel momento. No. I nervi tesi, si inventò qualche scusa campata in aria e Ran fece finta di accontentarsi, dal momento che a lei interessava maggiormente passare un po' di tempo con lui senza tante chiacchiere inutili. Ce la fecero anche, fino a che quel maledetto antidoto non iniziò a dare i primi segni di esaurimento efficacia. Le disse che doveva andare via di corsa ma che l'avrebbe contattata, si scusò in ogni modo e tante altre cose, sgattaiolò da Agasa come un ladruncolo in fuga e, una volta lì, si chiuse in camera per sopportare nuovamente la trasformazione.
Per l'ennesima volta Ran impose a se stessa la pazienza e la comprensione per quel ragazzo sempre così occupato e frettoloso. Ma questa volta percepì di star commettendo un errore a lasciar correre tutto come al solito: avrebbe dovuto insistere riguardo all'atteggiamento scuro e scostante che Shinichi aveva mantenuto durante il loro incontro. Qualcosa non andava, quella tensione era nuova. Per molti secondi fissò la porta dal quale lui era uscito, in silenzio, realizzando con certezza che qualcosa le era sfuggito.

 

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Capitolo 3
*** Rimandare sempre troppo ***


Ciao ragazzi! Last chap ^___^ Ancora un GRAZIE cubitale a sharon4869x! :D
Ci vediamo sotto dopo il testo! 



CAPITOLO 3: Rimandare sempre troppo



Riprendendo dal secondo capitolo...
L'ora seguente la passò con Ran, sforzandosi più che altro di mantenere un comportamento naturale e disinvolto nonostante il frastuono che aveva in testa. Lei si accorse delle sue difficoltà e tentò di farlo parlare, ma lui non poteva davvero confidarsi con lei, non in quel caso. No. Si inventò qualche scusa campata in aria e Ran fece finta di accontentarsi, dal momento che a lei interessava maggiormente passare un po' di tempo con lui senza tante chiacchiere inutili. Ce la fecero anche, fino a che quel maledetto antidoto non iniziò a dare i primi segni di esaurimento efficacia. Le disse che doveva andare via di corsa ma che l'avrebbe contattata, si scusò in ogni modo e tante altre cose, sgattaiolò da Agasa come un ladruncolo in fuga e, una volta lì, si chiuse in camera per sopportare nuovamente la trasformazione.

Per l'ennesima volta Ran impose a se stessa la pazienza e la comprensione per quel ragazzo sempre così occupato e frettoloso. Ma questa volta percepì di star commettendo un errore a lasciar correre tutto come al solito: avrebbe dovuto insistere riguardo all'atteggiamento scuro e scostante che Shinichi aveva mantenuto durante il loro incontro. Qualcosa non andava, quella tensione era nuova. Per molti secondi fissò la porta dal quale lui era uscito, in silenzio, realizzando con certezza che qualcosa le era sfuggito.

Il giorno seguente non bastò la delusione dell'essere tornato in un corpo non suo. Ma ci fu anche la frustrazione data dall'essere stato poco con Ran e dall'aver scatenato determinate reazioni negative in Sera.
Molte di quelle reazioni potevano riassumersi nei suoi continui sms. Mentre era a scuola, sbirciò lo schermo del cellulare per leggere gli ultimi due: “Per favore, richiamami non appena puoi”, “Ho davvero bisogno di parlarti, al più presto”.
Sospirò e bloccò la tastiera del telefono, fingendo poi di fare gli esercizi scolastici ma pensando intanto a come poter gestire quella situazione. Doveva aver assunto un'espressione a dir poco tesa, visto che riuscì ad attirare la preoccupazione della sua compagna di banco Ai.
- Che ti succede? -
- Niente... non succede niente... -
- Prima o poi l'antidoto durerà più a lungo, Kudo... lo spero, almeno -
- Sì, ne sono certo. Non ti preoccupare. Non è per quello... -
- E allora per cosa? -
Guardò la ragazzina al suo fianco e fu assalito da una gran voglia di raccontare tutto. La difficoltà di non poter condividere con qualcuno i fatti accaduti stava iniziando a crescere.
- Beh, ecco... -
Poi ricordò la passione di Ai per gli scherzi macabri. Forse era eccessivo pensare che lei avrebbe potuto usare quelle confessioni come materiale per qualche suo giochetto, ma meglio non rischiare. Le fece un sorrisetto nervoso e scosse la testa, tornando sui compiti e lasciandole fare spallucce.
Durante la ricreazione, si chiuse in un bagno per poter chiamare la detective.
- Sera, ehm... ho trovato qualche chiamata e parecchi messaggi... -
- Sei tornato moccioso, a quanto sento -
- Sì... e, dicevo... sono d'accordo con te. Prima o poi dovremo parlare, solo che io fatico molto a gestire questo casino -
- Ma non mi dire... -
- Specialmente adesso che, insomma, sono conciato diversamente -
- Non ti nascondere dietro le spoglie da bimbetto, le cose le hai in testa -
- Hai ragione, ma ti assicuro che già avere la tua stessa altezza e parlarti faccia a faccia sarebbe un vantaggio. Comunque. Vorrei prima di tutto avere in chiaro una cosa... -
- Hai paura che lo dica a Ran? -
Lui sussultò, mantenendo il silenzio forse per qualche secondo di troppo.
- Onestamente sì, è una delle cose che mi preoccupano... -
- C'è poi qualcos'altro che vorresti aver chiaro? Tipo, che so, il mio stato d'animo attuale? -
- Ho apposta detto che era solo una delle cose che mi preoccupavano. E' ovvio che sono anche molto in pensiero per te. E che voglio ancora chiarire -
- E quando potremo...? -
- Ascolta, io oggi non riesco... fammi un attimo superare l'ennesimo trauma di essere tornato piccolo, che non è così facile come sembra... fammi capire e realizzare quello che ho fatto nei tuoi confronti... -
- Ma soprattutto, tienimi lontana da Ran. Essenzialmente questo, no? -
- Non credo che le dirai qualcosa davvero -
- Non si può mai sapere nella vita -
Dannazione. Lo faceva apposta o era davvero intenzionata a...?
- Sono arrabbiata con te, penso tu l'abbia capito -
- Fin troppo bene, e hai ragione. Io... -
- Vorrei solo sapere cosa provi per me -
Lui rimase in silenzio, ascoltando gli schiamazzi attutiti dei bambini nei corridoi. - Ieri non ti sei sottratto quando mi sono avvicinata... -
- Lo so, Sera... ma anche se ho reagito in quel modo ambiguo... è meglio che non ti fai venire delle idee in testa. Io ho deciso da tempo la mia strada in quel frangente. E così rimarrà... me lo sono confermato ieri nell'ora seguente che ho passato con Ran -
- Oh, con lei ti è bastata solo un'ora per capire tutto? -
- Con Ran c'è qualcosa da molto tempo, Sera... ed è qualcosa di diverso. Di profondo. -
- Beh, ho visto con quanta profondità qualche bicchiere di vino ti abbia fatto cambiare temporaneamente idea. Gran bel legame speciale -
Lui sospirò alzando gli occhi al cielo.
- Per favore, cerca di capirmi! Era da un sacco di tempo che non vivevo la mia vita da adulto, finalmente potevo fare cose diverse e TU... dannazione, Sera, tu eri sexy all'inverosimile! E poi eri vivace, mi coinvolgevi, eravamo molto su di giri... proprio non ce l'ho fatta a farla finire diversamente, okay? E tu hai contribuito parecchio, okay?! -
All'altro capo Sera rimase in silenzio, mentre un sorriso vispo – e forse un tantino subdolo – le spuntava spontaneamente sulle labbra.
- Okay, eccome... ora ci siamo... -
- No, non ci siamo proprio per niente. Ho il sospetto che tu voglia qualcosa di più da me, ma credimi, non sono quello adatto. Non posso esserlo. -
- Va bene... non riesco a sentire oltre. Felice solo di averti soddisfatto durante il tuo breve soggiorno -
- Ancora con questa storia?! -
- E che altro dovrei dire? Eh?! Tornatene tranquillo alla tua vita, come se niente fosse. Baci e abbracci! -
Riattaccò all'improvviso, lasciandolo abbastanza interdetto e sfinito.

Al termine delle lezioni si avviò verso casa con i detective boys, sentendo il cellulare in tasca che riprendeva a vibrare. Altri sms di Sera: alcuni di scuse, altri bruschi e duri e risentiti, poi di nuovo di scuse, alternativamente.
Il detective sospirò pesantemente. Lei aveva ragione, ragione su tutto, ma lui in quel momento non riusciva ad inquadrare né tanto meno a sistemare tutto quel caos di fatti, pensieri, sensazioni. Era già qualcosa di molto fuori dalla sua portata per via della sua natura, in più quel giorno non era in vena e gli sarebbe di certo scoppiata la testa.
Per quel motivo preferì non rispondere neanche ad un messaggio, rinviando il tutto ad un momento più quieto e lucido. Sera avrebbe dovuto pazientare ancora un po', non era il suo forte ma ce l'avrebbe fatta, e lui avrebbe riposato i nervi per quel giorno ancora.

Poco dopo essere rientrato in casa, nel tardo pomeriggio, Ran invitò lui e i DB a scendere al Cafe Poirot per bere un tè freddo con lei e Sonoko.
Sera non c'era. Lo notò subito quando varcarono la soglia del bar per andare a sedersi a un tavolo, e gli sembrava troppo strano che le ragazze non l'avessero invitata. Che lei avesse rifiutato di venire per non dare ambigue impressioni a Ran...? Lui non poté evitare qualche silenzioso sospiro di sollievo, di certo la situazione sarebbe stata più insostenibile con entrambe le ragazze allo stesso tavolo, calcolando poi gli sguardi di fuoco che Sera gli avrebbe riservato probabilmente per tutta la durata del tè. Prima o poi quella situazione andava sbloccata...
Attorno ad una sobria merenda fatta di tè e stuzzichini, passò una mezz'oretta pacifica nella quale Ran raccontò a Sonoko del suo incontro fortuito con Shinichi che, nonostante la brevità, era stato comunque bellissimo, emozionante e tanto altro; il detective sorrise di nascosto mentre sorseggiava il tè, pensando che lo stesso era valso per lui. Seppur con i vari scompensi che ben ricordava, poiché da lui stesso causati...
…e che Ran pareva avere intercettato.
- E' stato però molto strano... -
- In che senso strano? - la incalzò Sonoko, curiosa.
Conan tese bene le orecchie fissando solo il suo bicchiere, per non dare nell'occhio.
- Nel senso che lui aveva qualcosa che gli frullava in testa, durante il nostro incontro. E credimi, Sonoko, qualsiasi cosa fosse, era debilitante -
- Beh... magari quei casi lunghi e intensi in cui lui disgraziatamente ama cimentarsi, nascondono il peggio del peggio? Ne avrà viste e sentite di tutti i colori... forse qualcosa l'ha colpito in particolare... -
Ran sospirò ansiosa, ascoltando fiduciosa le ipotesi di Sonoko ma senza riuscire a crederci realmente.
- Non so. Forse hai ragione, ma non... non sembrava che la natura dei suoi pensieri cupi fosse quella. Perché la tensione non era tra lui e lui, era tra lui... e me. -
“Per favore, portatemi fuori da qui e incastratemi in un tombino...”
Il detective prese una manciata di noccioline e se la ficcò in bocca, come se l'ardua impresa seguente di inghiottirle tutte potesse in qualche modo distrarlo.
- Ed era una tensione che non c'entrava nulla con il brivido a cui è abituato... credo di non averlo mai visto così. Forse lui... in questo periodo che è stato via, lui ha... -
Negli occhi di Ran parvero accendersi delle fiammelle color sangue. Sonoko volle darci un taglio, convinta che in fondo l'amica fosse semplicemente preda delle solite paranoie.
- Suvvia, Ran, stop! Sono solo preoccupazioni insensate da pulzella! -
- Tu dici? -
Ran rise grazie alle pacche amichevoli di Sonoko e alla sua sicurezza. E, seppur per nulla persuasa e ancora pensierosa, decise che avrebbe passato il resto del pomeriggio in tranquillità. Quando capì che il discorso era per il momento terminato, Conan si accasciò sullo schienale della sedia come se fosse appena tornato da una maratona.
Quella mezz'ora pacifica per cui proseguì. Una mezz'ora in cui i piccoli DB fecero sentire il loro divertimento mentre mangiavano, chiacchieravano e si prendevano in giro amichevolmente; in cui Ai, giunta in quel bar per un qualche inaspettato miracolo, alternava di continuo cibo e sbadigli, ma anche sorrisi genuini nei confronti dei bambini. In quel tavolo lei era l'unica ad essersi accorta della sua preoccupazione e dei suoi sguardi un po' troppo persi, nonché delle parole ambigue di Ran, ma dopo averlo visto tagliare corto a scuola aveva deciso di non chiedergli altro, per il momento, anche se la curiosità era notevole. Non avrebbe mai potuto immaginarlo, per fortuna.
Fatto sta che quella rilassante mezz'ora perse di colpo la sua componente di tranquillità nel momento in cui Sera fece il suo ingresso – neanche troppo silenzioso – nel bar Poirot. A Conan andò di traverso all'istante un salatino, che si affrettò a sbloccare dalla gola con una sorsata titanica di tè. Fece ben attenzione a focalizzare il proprio sguardo sullo splendido tavolo di legno e a non alzarlo su di lei neanche con mezzo occhio. Naturalmente, nel tentativo disperato di mantenere quell'intenzione, gli venne da fare esattamente il contrario: guardò Sera soltanto con un occhio, titubante, notando subito la maschera di freddezza e rancore che stava indossando.
Aiuto. Allarme rosso.
Iniziò ad avvicinarsi al loro tavolo con passo piuttosto deciso. Col cuore impazzito lui guardò Ran, che pareva piacevolmente sorpresa dall'entrata di Sera e che, insieme a Sonoko, la salutò con gioia.
- Ehi, Sera! Ciao! Credevo non saresti venuta, almeno così mi avevi risposto al messaggio... -
- C'è sempre un posticino per te, maschiaccio! Vieni a sederti qui accanto a me! - la incentivò Sonoko a gran voce. Il “qui accanto a me” corrispondeva al capo tavola, cioè il posto di fianco a lui. Si sentì congelare.
Lei raggiunse il tavolo, mantenendo quello sguardo glaciale solo di poco affievolito dai toni amichevoli di Ran e Sonoko. Sembrava non volesse mostrarlo a loro, ma che al contempo non potesse farne a meno.
- Mi dispiace, ragazze... non potevo venire per via di un impegno a cui in effetti sto andando ora, ma ero sulla strada e sono passata dentro lo stesso per salutarvi. -
- Oh, bene, ci fa piacere! Sicura di non voler ordinare qualcosa di veloce? - continuò Sonoko con la sua caratteristica vivacità.
Ran, invece, smise di chiederle qualsiasi cosa non appena poté vedere la sua espressione più da vicino: che diavolo...?
Sera parve non sentire la domanda che le era stata rivolta e perciò non rispose, si limitò solo a puntare immediatamente lo sguardo su Conan per inchiodarlo lì dov'era. E a non lasciarlo andare neanche per un millesimo di secondo.
“No, no, Sera, ti prego, no... smettila di fissarmi in quel modo, sennò penseranno che...”
Con una buona dose di perplessità, Ai notò subito quello scambio di espressioni alquanto bizzarro tra i due, e in realtà forse lo notarono un po' tutti, visto il silenzio imbarazzato che discese su quel tavolo. Anzi, no, lui riusciva a udire il proprio battito rimbombare come un tamburello incontrollato.
Con tono asciutto e discretamente divertito, Sonoko si mise in mezzo e per la prima volta nella vita il detective le fu riconoscente.
- Eeeehm... prontooooo? Siamo finiti tutti in modalità stand-by? -
Anche Ran intervenne, con tono gentile ma con un'improvvisa punta di apprensione.
- C'è... qualcosa che non va, Sera? -
La diretta interessata distolse finalmente lo sguardo da lui per guardare lei, cosa che comunque a Conan piacque molto poco. Continuava a immaginarsi una scena tremenda: Sera che l'avrebbe fissata perfidamente ancora un po', prima di aprire bocca rivelandole tutto il rivelabile. E facendolo sprofondare in un oblio mentale da film horror.
Ma tutto ciò che Sera fece fu sorriderle appena, silenziosamente e con un accenno di tristezza. Ran sbarrò gli occhi, senza capire quel tipo di gesto ma captando comunque il peso che quell'espressione aveva in carico. Non fece in tempo a chiederle nulla poiché Sera puntò di nuovo lo sguardo su di lui, cancellando nell'immediato quel lieve sorriso e pronunciando molto chiaramente una semplice frase.
- Ti posso parlare un momento? Da sola? -
Merda. Merdaccia secca. Più secca che mai.
Il respirò gli si congelò in una stalattite, mentre sentiva il sudore fuoriuscire dalla fronte. Non qui, Sera. Non qui, non ora...
Lui voltò lentamente lo sguardo verso gli altri, probabilmente un po' impallidito. Erano tutti silenziosi, attenti alla situazione e molto, molto perplessi. I bimbi sbattevano le palpebre senza capire, mentre Ai alzava un sopracciglio con fare piuttosto eloquente: intuitiva com'era, era probabile iniziasse a capire qualcosina. Oddio...
Sonoko era accigliata e stranita e Ran, invece, stava assumendo uno sguardo di reale incomprensione. Assomigliava a quello di Sonoko ma c'era qualcosa che andava più a fondo, un aspetto maggiormente inquisitore.
Conan trasse un lieve respiro e la riguardò, deglutendo.
- S... sì. Spostiamoci pure, magari fuori dal loc... -
- Decido io dove -
Lui sussultò e si sentì prendere il braccio da lei, che lo trascinò dall'altra parte del locale, in un punto abbastanza distante e sicuro da non poter essere sentiti.
“Dannazione, chissà a che diavolo stanno pensando gli altri in questo momento... a cosa sta pensando Ran...”
A quel pensiero Conan sbottò, seppur a bassa voce.
- MA CHE... che diavolo ti viene in mente?! Venire qui e trascinarmi via in modo così incazzoso, davanti a tutti! Hai idea di quanto mi costi mantenere questo segreto sulla mia identità? Devi proprio... devi proprio comportarti così, Sera?! -
- Sappi che tutto quello che faccio è una semplice reazione. Sì, hai capito bene: è tutta colpa tua. E non ho intenzione di cambiare idea su questo fatto -
Il tono di quella discussione era iniziato male e sarebbe finito altrettanto male, se lo sentiva. E gli dispiaceva molto. Sera era un'amica, era importante, stava soffrendo a causa sua e non voleva... ma in quel momento stava esagerando, c'erano troppe cose in ballo e improvvisamente in bilico.
- Sera, ti ho già detto una marea di volte che in torto ci sono io... lo ammetto e non lo negherò mai... ma non so che altro fare...! -
- Non mi hai più risposto per ore. Neanche un messaggio per assicurarmi che prima o poi mi avresti degnato di una misera attenzione, per... insomma... prima fai tutto questo, poi ignori e fai finta di niente, smetti di considerarmi... ma io che cosa diamine sono, per te? Un peluche da strapazzare per poi dimenticare in qualche angolo della casa? -
- Non potrei mai pensare di te in questo modo... ma io non sono in grado di starti dietro, più mi bombardi in quel modo e più io non riesco ad organizzare le idee, nulla -
- Non mi pare di averti chiesto l'impossibile! -
Iniziò a sperare vivamente che non si oltrepassasse alcun limite, mentre si sentiva a dir poco osservato dai membri del suo tavolo.
- Lo so, ma io mi rincretinisco con poco in casi simili! E adesso Sera, mi dispiace reagire ancora in modo così schivo e frettoloso, ma è proprio il momento sbagliato. Gli altri ci stanno guardando e noi siamo costretti a sussurrare, io non voglio che sospettino... -
- Cosa diavolo vuoi che sospettino? -
- Temo che lei possa farlo anche solo lontanamente e l'idea mi urta. Perché tutto verrebbe rovinato inutilmente per via di un nostro “intermezzo” capitato per caso... -
Di nuovo. Sera strinse i pugni e le labbra, senza riuscire proprio a sopportare quel suo modo distaccato di definire il loro rapporto. “Disguido”, “intermezzo”. Ma non capiva quanto fosse inopportuno? Soffocò comunque la rabbia sospirando, decisa a terminare il discorso.
- Io avevo solo bisogno di parlarti e te l'avevo detto, ma pensavo fossi impegnato in qualcosa che non ti consentiva nemmeno di farmi uno squillo. Avrei capito, in quel caso. Invece poi passo di qui, senza sapere più cosa fare, e... ti vedo fare una graziosa merendina in compagnia di preziosi amici... e amiche... -
Lui guardò a terra e si morse il labbro, ansioso.
- Non ci ho più visto. Non ho deciso io di entrare qui per parlarti, hanno fatto tutto le mie gambe, e le ringrazio -
- Mi... mi sono comportato male, lo so... -
- E' tutto qui, quello che puoi dirmi? Repertorio esaurito? -
- Ti scongiuro, non è il momento adatto... finiamola qui -
- Per te non è mai il momento adatto, chissà quante volte me lo ripeterai ancora -
- Ma adesso non lo è davvero, almeno fino a che non mi verrà in mente qualcosa di sensato -
- Sicuro di essere così privo di idee o te la stai solo facendo sotto? -
Gli pulsava la testa. Quell'insistenza di lei, per quanto giustificata, gli portò il sangue al cervello e gli creò un improvviso moto di esasperazione e rabbia. Lui chiuse gli occhi, trasse un lungo respiro e poi sospirò sonoramente, rialzando lo sguardo su di lei in modo così risoluto e con uno sguardo così diretto da farla lievemente sussultare. Sentiva che era il momento di delineare le cose sul serio. Sera voleva il responso nell'immediato? Eccola accontentata.
- No, ho qualcos'altro da dirti. Ho da dirti che è ora che tu ti tolga dalla testa ciò che è successo, assieme alle idee assurde che probabilmente ti sei costruita. Ho da dirti che per me è stato solo un momento destinato a non avere alcun seguito e a cui ripenserò con qualche sorriso, forse, ma nulla di più. Che dobbiamo lasciarci tutto alle spalle, e alla svelta. E siccome io lo sto già facendo, sei invitata a fare altrettanto... dimenticati tutto, Sera. Dimenticati di quella serata, dimenticati di come sono stato e dimentica ciò che è accaduto nella tua stanza! Tu starai meglio ed io finalmente non ne sentirò più parlare, okay? E' stato uno sbaglio, e quando mai ho deciso di farne parte... fuori dalla testa, cancellalo! Ho qualcun altro a cui pensare, e non sei tu. E lasciami in pace, dannazione -
Il suo breve, intenso discorso fu completato dal sonoro e schiacciante suono provocato dallo schiaffo che gli arrivò in piena guancia.
Ci mise qualche secondo a realizzare i fatti, mentre si trovava a fissare il pavimento del locale con la testa spostata bruscamente di lato dallo schiaffo. Iniziò il dolore bruciante, il pulsare, e con esso l'immediato rimorso per aver agito in quel modo.
Si portò lentamente la mano al viso rialzando con cautela lo sguardo verso Sera, la quale aveva ancora il braccio abbassato dopo il suo impulsivo atto e gli occhi colmi di ira e sofferenza, in cui le lacrime iniziarono ad addensarsi in modo quasi rabbioso. La sua mascella era serrata e la bocca socchiusa per via del respiro accelerato che tentava di dominare. Si guardarono intensamente per qualche secondo comunicandosi molto più di quanto fossero riusciti ad esprimere a parole fino a quel momento, prima di essere interrotti dalle reazioni degli altri che non tardarono ad arrivare.
Si alzarono tutti dal tavolo, chi più velocemente e chi più goffamente, dirigendosi poi a grandi passi verso di loro e pronunciando frasi continue dal tono assolutamente sbigottito. Con la coda dell'occhio, Conan vide Ran inginocchiarsi con prontezza di fronte a lui per afferrargli delicatamente il viso e controllargli la guancia con espressione sgomenta e confusa. La stessa con cui poi si voltò verso Sera, anche se in quel caso subentrò una notevole dose di rabbia e rimprovero, ma prima che potesse intervenire con lei fu interrotta sul nascere da Sonoko che volle dire subito la sua per dar sfogo ai suoi dubbi.
- Sera, ma che è successo?! Ti è andato di volta il cervello? Ora ti metti a picchiare i marmocchi?! -
Sera non la guardò né le rispose, ma prese a fissare per terra come se dovesse riorganizzare un attimo le idee.
Ran posò una mano sulla spalla del detective in segno di protezione, guardando Sera con sguardo fermo e serio.
- Sera, non so cosa ti sia preso ma temo che tu abbia esagerato. Non fare mai più una cosa del genere... conosco la tua reale forza e non credo proprio che Conan abbia fatto qualcosa per meritarsi un assaggio simile! -
Sera rimase immobile e alzò gli occhi su di lei in modo rapido e arrogante, uno sguardo che Ran sostenne senza oscillare ma che comunque la colpì profondamente. Che motivi aveva Sera di comportarsi così...?
- Non lo credi, eh? -
Ran rimase impietrita di fronte a lei assumendo uno sguardo interrogativo e Conan sussultò, sperando che non le venisse voglia di indagare e richiedere spiegazioni aggiuntive riguardo a quella frase. E per fortuna non accadde, anche se Ran gli diede la strana impressione di volersi tenere domande e considerazioni per sé, almeno per quel momento.
- N-no... non lo credo -
Sera si astenne dallo sbuffare e annuì lievemente, tentando poi di ricomporsi sotto lo sguardo allibito delle due ragazze, mentre i DB preoccupati circondavano il loro amichetto per chiedergli se andasse tutto bene.
Infine, ancora piuttosto alterata e priva dell'intenzione di chiarire qualcosa, Sera balbettò qualcosa per congedarsi. A Ran però non sfuggì la piccola e veloce lacrima che le percorse la guancia, prima di essere disintegrata prontamente dalla sua mano e dal suo atteggiamento schivo.
- Ehi, Sera, ti prego... se c'è qualcosa che non va, io vorrei aiutarti e... -
“Ran, non trattarmi così bene. Se ti decidessi a vedere oltre, beh... mi manderesti fuori di qui a calci nel sedere, e subito. Perciò non trattarmi così bene. Se anche tentassi di farmi insultare da te probabilmente non riuscirei, quindi... non mi resta che levare le tende.”
- Per favore, scusatemi tutti... adesso... adesso devo proprio andare. -
Riguardò il detective per due secondi al massimo, poi indietreggiò di qualche passo e si voltò, camminando poi velocemente verso l'uscita senza voltarsi nemmeno una volta.
Scomparsa dalla vista, Conan rimase a fissare la porta-vetri da cui la ragazza era uscita per un periodo che gli parve interminabile. Ne fu quasi ipnotizzato, così tanto da non rendersi conto di ciò che gli accadeva intorno.
- Sonoko, chiedi ai camerieri un impacco di acqua fredda... accidenti, che bel rossore. Ehi, tu, dammi retta un secondo... -
Il detective distolse lo sguardo dall'uscita e lo puntò su quello attento di Ran.
- Mi dovrai dire perché Sera ce l'ha tanto con te... okay? -
Lui aprì bocca per ribattere ma gli uscì solo una manciata d'aria, mentre Ai passava di fianco a lui con sguardo ancora un po' perplesso ma pericolosamente saccente.
- Accidenti, ti ha lasciato proprio una bella cinquina... davvero, cinque dita -
Lui le rivolse uno sguardo affilato e sarcastico, lo stesso che rifilò un secondo più tardi a una Sonoko sdrammatizzante.
- Non so cosa tu abbia combinato ma l'hai fatta scatenare come un rapace! Aaah, ho già capito che tipo di ragazzo diventerai... -
Ran si astenne dall'aggiungere qualcosa e si comportò diversamente, cioè guardandolo in modo stranamente eloquente e facendogli almeno venti domande soltanto con gli occhi mentre gli tamponava la guancia con l'acqua fredda, in silenzio. Lei non aveva visto in Sera solo la collera, ma ben altro. Se lui in quel momento avesse avuto le sembianze di Shinichi, lei avrebbe capito all'istante e gli avrebbe lasciato la cinquina sull'altra guancia.
Ma essendo piccolo, in lei stava captando anche molta confusione dovuta forse all'incoerenza di una ragazza grande e matura che mostrava quel tipo di reazioni nei confronti di qualcuno di età molto inferiore.
Lui tentò di rispondere a quelle tacite domande scoprendo un principio di raucedine nella propria voce.
- Io... mi sono comportato male con lei, e... devo trovare il modo di... -
Scosse la testa. Al diavolo. Doveva rimediare subito, non poteva pensare a quella ragazza angosciata, impulsiva e da sola là fuori.
- Scusa, torno subito... -
Ran non lo fermò e annuì, capendo le sue intenzioni, e ancora molto perplessa lo vide sgattaiolare fuori dal locale sotto gli occhi di tutti. Sperava solo non si facesse menare ancora, motivo per cui si diresse alla porta d'uscita per sbirciare all'esterno.

- Sera, fermati! -
Corse per diversi metri lungo il marciapiede prima di poter pensare di raggiungerla. Quando urlò il suo nome, lei si bloccò lentamente e si voltò malvolentieri a guardarlo. La vide dominare con scarso successo un paio di singhiozzi e passarsi il braccio sul viso per eliminare quante più tracce possibile. Lui riuscì a raggiungerla correndo, con un po' di fiatone che non dovette regolare subito in quanto iniziò lei a parlare con tono sostenuto.
- Pensi che non ci abbia provato? Pensi che sia così facile? Che non sarei contenta anche io se potessi fare questo subito?! Non mi hai suggerito niente di nuovo! -
Si riferiva all'ultima pappardella di indicazioni sgarbate che lui le aveva propinato, appena prima di sentire la guancia lievitare come una pagnotta.
- Se può farti stare meglio, prima o poi ce la farò, così finalmente mi leverò dai piedi... anche perché tutte le frasi che mi hai detto sono vere, dalla prima all'ultima -
- Sbagliato, è il contrario. Delle cose che ti ho detto a mitraglia... non ce n'è stata una sola a cui credessi veramente -
Lei tacque e abbassò la testa per fissarlo con occhi ben aperti.
- Cos'hai detto? -
- Hai sentito -
- Io... non capisco... -
- La mia unica difesa è stata essere duro con te. Mi attaccavi e non sapevo più che pesci pigliare... ma... -
- Ecco... lo vedi? Non fai altro che capovolgere di continuo le situazioni... -
- Già, un disastro... spero solo tu possa perdonarmi -
- No, neanche per idea -
- Perfetto... -
- E anche tu non sei costretto a perdonarmi per lo schiaffo che ti ho dato -
- Ma io ti perdono, hai fatto bene -
Lei scosse la testa ironicamente, guardò a terra e sospirò. Rimase in silenzio per svariati secondi, inespressiva, fissata dal ragazzino di fronte a lei che pareva dispiaciuto oltre ogni dire per ciò che si era creato. Quando lei rialzò lo sguardo altrove, senza guardarlo, i suoi occhi erano di nuovo umidi e le labbra le tremavano appena. Si infilò le mani in tasca continuando a guardare alla sua destra, verso la strada, arricciando le labbra.
- Sera, voglio solo dirti che... -
Il detective, ancora atterrito dagli avvenimenti, prese fiato e poi proseguì.
- ...che per il tipo di persona che sei, ti meriti molto di più. Credimi -
- Ma io non voglio meritare di più. Non mi interessa. Mi andava bene così... mi andava bene tutto, di te... anche il tuo atteggiamento più odioso -
Lui si ammutolì e la fissò con la stessa amarezza che lei gli stava trasmettendo. - Ma prima o poi ne uscirò, e fino ad allora... non so come mi comporterò, anche se spero di... di riuscire ad essere sempre un'amica scema con cui fare due risate -
Lei mostrò un sorriso genuino mentre un'altra ombra di dolore partiva per solcarle il viso. Tentò di ridere per mascherare la situazione, ma ottenne l'effetto contrario.
Lui esitò qualche istante, prima di avvicinarsi e afferrarle lentamente una mano dopo avergliela estratta dalla tasca. In realtà non poté farne a meno, e se mai c'era una cosa buona che avesse fatto in quella giornata, era quel gesto. Ne era certo. Lei strinse forte la mano attorno alla sua, senza dare peso al fatto che fosse più piccola; mantennero quella presa per almeno mezzo minuto, fino a quando lei all'improvviso non ritrasse la mano di colpo e bruscamente, col viso attraversato da una smorfia di forte disappunto, per poi voltarsi e andarsene velocemente seguita dallo sguardo atterrito del detective.

- Allora? Sera sta meglio? -
Il detective si voltò allarmato verso Ran, la quale stava seduta sul divano facendo zapping dei canali alla tv. Non lo stava guardando e in più, stranamente, gli parve che il suo tono di voce fosse un po' scocciato.
- Sì, spero di sì -
- E tu? Quel ghiaccio ti basta per il rossore? -
In effetti lui si stava ancora passando una piccola sacca di ghiaccio sulla guancia, visto che aveva ripreso a bruciare un po'.
- Assolutamente sì, non è nulla... -
- Non mi pare che “non sia nulla”. Devo dirti la verità... non mi piace come si è comportata -
- Ran, lei... lei aveva le sue ragioni -
- Avanti... sono curiosa -
Lui trattenne il fiato senza farsi notare, sentendo il proprio stomaco capitombolare malamente.
“Come faccio a dirtelo... come diavolo faccio...”
- Beh... ecco, allora... mi aveva chiesto un favore importante, le ho promesso che l'avrei fatto presto e invece... me ne sono fregato per mancanza di voglia. E lei si è un po' arrabbiata, è giusto... -
Ran sospirò ed emise una risatina, guardandolo con un misto di rimprovero e tenerezza.
- E' una bugia piuttosto ingenua e prevedibile, ma te la concedo. Evidentemente non ti va di parlarne e ti va bene così. D'accordo. Ma sappi solo una cosa... -
Lui, allibito da tali affermazioni, continuò a fissarla attendendo il responso.
- ...qualsiasi cosa sia, prima o poi la scoprirò. -
“Oh, maledizione...”
- M... ma è la verità... -
- Due persone non si tengono per mano perché una delle due non ha fatto un favore all'altra -
Lui ammutolì, spostando lo sguardo a terra. Si accorse di faticare a guardarla. Per un attimo lo sfiorò il pensiero che, una volta tornato nei panni di Shinichi, avrebbe avuto voglia di confessarle tutto. Per quanto rischioso e poco utile.
- C-comunque non avercela con lei, Ran... suvvia, non mi ha mica messo sotto con un taxi... posso sopravvivere -
- Ne sono certa, ma il punto è un altro. -
- Che intendi? -
- E' come se tra voi due ci fosse qualcosa -
Lui sentì le proprie mani irrigidirsi in due pezzi di pietra fredda. Deglutì e fissò a terra, pensando in fretta a qualcosa con cui ribattere, che naturalmente, qualunque cosa fosse, era nascosta dietro una patina nera e densa, il nulla.
- E non so cosa sia. E' però un sentimento che... che lei forse dovrebbe riservare a qualcuno di più maturo, e da cui tu non dovresti farti coinvolgere -
All'improvviso, la voglia di proseguire quel discorso si fece più forte della paura di destare sospetti.
- Credi che io sia coinvolto? -
- Sì, molto -
“Oh, no...”
- Ma è normale. Lei è più grande di te, perciò ha la competenza per trainarti nelle situazioni -
- Io so benissimo stare per conto mio senza farmi trainare da un bel niente... -
- Da Shinichi hai imparato anche i modi altezzosi e boriosi di rispondere? -
“...Non è proprio il momento di farmi paragonare a Shinichi in un momento del genere. Devo stare attento, attento ad ogni parola, che strazio!”
- Comunque, può darsi tu abbia ragione. Ma mi spiace informarti che non è questo il caso -
- Ma perché dici così? Mi sono comportato stranamente? -
- Sei stato tu a prenderle la mano per primo. L'ho visto -
- Era per consolarla! Piangeva, era arrabbiata... -
- Sei stato tu a provocarle quelle reazioni? -
- Ran, io... temo di sì. E questa idea mi straziava... Non potevo più vederla così. Tutto ciò che desideravo era rivederla tornare come prima, come la conosco... -
- Provi qualcosa per lei? -
Si stava lasciando troppo andare. Una domanda inattesa e accompagnata da uno sguardo che, ahimé, sembrava non essere rivolto a “Conan”. Era come se Ran, soltanto in quell'istante, stesse scrutando più a fondo scoprendo la sua vera persona, la persona che lei conosceva bene fin dall'infanzia, quasi fosse un'intuizione inconscia.
Non diede modo a quello status controproducente di proseguire, e in tempo zero tirò fuori l'espressione più ingenua e bambinesca che conservava nel repertorio, rivolgendola alla ragazza.
- Senti, a me non piace molto parlare di queste cose da adulti... non le capisco, ho fatto solo ciò che mi veniva spontaneo. Il resto, boh! -
- Ti ho solo chiesto se ti sembra di sentire qualcosa di diverso, quando sei con lei. Questo sarai in grado di capirlo, adulti o non adulti -
- Ran... p-perché insisti così? -
- E perché non dovrei, eh? Cosa c'è di così eclatante da dovermelo nascondere? -
Proprio nel momento in cui la sua voce di alzava di qualche decibel di troppo, la ragazza fu interrotta dagli squilli del cellulare di Conan, il quale lo afferrò leggendovi il nome del chiamante sopra. Sussultò appena ed esitò, guardando poi Ran d'istinto, la quale si voltò verso di lui con sguardo saccente.
- E' lei? -
- Ah, ehm... può darsi -
- Salutamela -
- Sicuro... -
Il tono di Ran fu piuttosto eloquente. Ma una cosa per volta.

Si avviò al piano di sopra con fare frettoloso, portandosi il peso di quell'angosciosa conversazione. Sera aveva senza dubbio beccato il momento più giusto che mai per chiamare.
- Ehi, ciao. Dimmi... -
- Volevo scusarmi per oggi. Ci ho pensato molto, ho sbagliato. -
- Non hai tutto il torto che credi... -
- Infatti ho sbagliato il modo. Aggredirti così mentre sei in questo stato, suscitando sospetti e incomprensioni in un momento in cui cerchi di mantenere il tuo segreto... mi dispiace. Avrei dovuto agire privatamente, con te -
- Ah, quindi lo schiaffo andava bene? Bastava che fosse dato privatamente? -
Il suo tono era chiaramente ironico, infatti Sera sbuffò divertita.
- Esatto -
- Buono a sapersi... -
- Mi dispiace anche per quello. Forse ho esagerato -
- Stai tranquilla... -
Silenzio dall'altra parte, silenzio nella telefonata. Conan tentò di immaginare cosa passasse nella testa della ragazza, senza però desiderare davvero saperlo. La verità era che non sarebbe stata tranquilla, non poteva restare tranquilla...
La sentì prendere un lieve respiro, prima di concludere la chiamata.
- Per il resto, ti auguro la buonanotte -
- Sera, ascolta... come ci comporteremo, d'ora in poi? -
- Non lo so, sono stanca... ma ti prometto che tenterò di raggiungere una neutralità, e... -
Udì un lieve fruscio di coperte, segno che Sera si stava per mettere a letto. Da sola, al buio...
Perché quell'idea lo faceva stare tanto in pensiero?
- E sono davvero a pezzi, stasera ho pure fatto una corsa di due ore. Perciò ti saluto -
- Non... non ti senti sola, vero? -
Forse lei non se l'era aspettato, motivo per cui lo stesso silenzio di poco prima era tornato a dominare la scena. Lui strinse la mano attorno alla cornetta, pentendosi della domanda che aveva appena posto e del risultato che stava producendo. Poi lei rispose a voce bassa, come se temesse di svegliare qualcuno.
- Un po'. E non ti nasconderò il fatto che vorrei che tu fossi qui con me, adesso -
Lui spostò lo sguardo al pavimento senza risponderle, rassegnato al fatto stesso di non avere nulla con cui ribattere.
- Ma tu invece, di certo, stai bene dove sei. Quindi anche in questo caso ho sbagliato a parlare così, oggi sbaglio un po' tutto. E non riesco mai a starmene zitta -
Di nuovo non la interruppe, lasciando che il suo flusso di parole scorresse incondizionato fino ad arrivare ad una conclusione, la quale fu piuttosto repentina.
- Perciò, è deciso... non ti disturberò più -
- No, Sera, non è questo, è che... insomma, lo sai... -
- Lo so, lo so. Certo che lo so. -
Il rumore confuso di un “click” a denotare il termine della chiamata. Il detective sospirò, abbassando lentamente il cellulare e guardandone lo schermo, il nome di Sera Masumi che ancora lampeggiava prima di spegnersi totalmente.
Si portò stancamente una mano sul viso, in silenzio, pensando al disastro che aveva generato.

La mattina seguente uscì di casa molto presto non solo perché si era svegliato praticamente all'alba senza volerlo, ma anche perché era l'unico modo per evitare di incrociare Ran. Temeva le sue domande scomode, e temeva le risposte incerte che avrebbe rischiato di dare.
Il problema era che non aveva previsto il freddo assurdo e inusuale che quel mattino stava portando. Si riscaldò stringendosi nelle braccia, maledicendosi per non essersi portato dietro almeno un golf. E pensando a quella parola, una domanda lo attraversò: dove diavolo aveva infilato il golf blu che aveva indossato quand'era tornato nei panni di Shinichi...?

- Certo che questa storia è una beffa continua... -
Sera sospirò mentre piegava il leggero golf blu a strisce dorate trovato raggomitolato dietro una sedia della sua stanza; lo mise nella cartella di scuola, incastrato tra i libri, annotandosi a mente che era da restituire al proprietario in tempi possibilmente brevi.
- … trovo delle tracce ovunque mi giri, nonostante io non voglia. Beh, pazienza... -
Chiuse bruscamente i lacci della cartella, che in realtà faticava a chiudersi completamente a causa del volume del golf. Maledetto indumento. La ragazza ci rinunciò e chiuse gli occhi, voltandosi poi verso la porta e uscendo di malumore per andare a scuola, con una cartella che non si chiudeva bene.

Il detective la vide durante la pausa pranzo, insieme a dei suoi compagni di classe che non aveva mai visto. Tra il gruppo dei detective boys e Sera ci fu un incontro fugace, fatto solo di saluti veloci e battutine simpatiche. E Conan notò che, per quanto portasse ancora una velata espressione amareggiata, non rinunciava a divertirsi o a fare boccacce o a sbraitare un po'. Lo fece persino coi DB, e con lui. Non nel solito modo, c'era anzi un certo e visibile sforzo, ma era comunque qualcosa. Quando i loro sguardi si incrociarono, lui le sorrise amabilmente; lei lo guardò a lungo e poi annuì leggermente, con un sorriso altrettanto leggero sul volto.

La campana di fine ricreazione squillò per tutto l'edificio scolastico del liceo, intimando agli allievi di ricomporsi e di rientrare nelle aule. Preceduta dal gruppetto di amici che aveva pranzato con lei, Sera si alzò con un balzo da terra e urtò la cartella, che cadde aprendosi. Già, l'apertura era scattata a causa di...
- Oh, no, ma cavolo. Ho dimenticato di dargli il golf, eppure era qui fino a cinque minuti fa...dovrò portarmelo dietro tutto il pomeriggio. Che rottura -
Sospirando si chinò per raddrizzare la cartella e raccogliere il golf da terra, che si era un po' impolverato. Con una mano lo spolverò delicatamente, stando attenta a rimuovere quanti più granelli possibile. In automatico rallentò un poco quel movimento perché era piacevole farlo, il tessuto era morbidissimo e caldo. Proprio il tipo di sensazione che in realtà non voleva più provare per un po', specie se relazionata a quel golf e a quel coso che l'aveva portato. Ma era un gesto ipnotico che le stava avviluppando la testa in un lieve manto di ricordi ancora vividi.
Non voleva farlo, ma sorrise appena. Sentì le proprie guance riscaldarsi e i propri occhi assottigliarsi dolcemente. E senza avere modo di controllare i propri arti, si portò quel golf vicino al viso e lo strinse forte tra le mani, affondandoci naso e bocca e tenendo gli occhi chiusi per inspirare quel contatto. Rimase così svariati secondi, senza badare ai richiami e agli schiamazzi ironici dei suoi amici, ignara persino della ragazza che la stava fissando stordita a poche decine di metri di distanza, nello stesso cortile.

Ran non toglieva più gli occhi da Sera. L'aveva attratta quel suo atteggiamento strano, in quanto troppo romantico per una tipa come lei, almeno per come la conosceva.
L'altro aspetto che invece le aveva inchiodato lo sguardo su quella scena era il golf che la ragazza stava stringendo a sé. Le coincidenze ogni tanto esistono, e Ran ci credeva, o molto spesso riteneva fosse meglio e meno problematico crederci. Ma in quel caso, nel caso di quel golf blu a strisce d'oro che avrebbe riconosciuto ovunque sulla superficie terrestre, no. Non era una coincidenza, quando è troppo è troppo. E quando è palese è palese.
Quello era il golf di Shinichi. Uno dei suoi preferiti, per la precisione.
E Sera se lo stringeva addosso. Ci si stava affondando dentro.
E il fatto accaduto il giorno prima, quella violenta reazione avuta col ragazzino, il quale poi si era comportato in modo schivo... che avesse una connessione? Già in passato Ran aveva sospettato che Conan coprisse le azioni meschine di Shinichi, e l'aveva tenuto d'occhio costantemente, anche se poi si era rivelata essere una cantonata. Ma se in questo caso... se in questo caso, invece...?
Sentì le labbra tremare e il respiro farsi pesante di colpo. Guardò il terreno con sguardo spaesato, poi lo rialzò su Sera. Con gli occhi che iniziavano a inumidirsi fuori dal suo controllo, le voltò le spalle per non farsi notare e afferrò il proprio cellulare componendo all'istante il numero di Shinichi. Al diavolo, l'avrebbe saputo subito. Al diavolo la scuola e le lezioni, al diavolo quella giornata che, già sapeva, aveva buone possibilità di diventare una delle peggiori della sua vita.
Ma come l'aveva conosciuta...? Anche Sera era detective... forse ad un convegno a tema, a un evento per gli aspiranti?
Shinichi rispose al quarto o quinto squillo.
- Ah, uh... uff... pronto? -
Sempre quella risposta affannosa come se ogni volta, prima di risponderle, stesse facendo una corsa. E il tono un po' basso, circospetto, come se si stesse nascondendo.
Ah, ma adesso hai ben poco da nascondere. Sarà meglio che la tua scusa, questa volta, sia qualcosa di vagamente plausibile.
- Ehi, Ran... che sorpresa! Che c'è? Hai bisogno di qualcosa? -
Le venne in mente quanto le fosse sembrato strano e assente Shinichi due giorni prima, quando si erano incontrati a casa sua. E quanto insistesse a tenersi tutto dentro nonostante le pressioni, a non spifferarle neanche una parola di troppo.
Perché stava pensando ad altro, in quel momento. Stava pensando ad un'altra. E non indossava già più il golf.
Ran strinse i pugni così forte da farli tremare. Lo avrebbe voluto lì davanti, in quel momento. Senza esitare un solo secondo di più, sputò fuori la frase.
- Il nome “Sera Masumi” ti dice nulla? -
Dall'altra parte, l'interlocutore vacillò fin troppo chiaramente.
- SE...! Ah... M-Masumi, eh... non so... perché dovrebbe dirmi qualcosa...? -
- Perché in questo momento si sta coccolando il tuo golf blu a strisce d'oro. -
Il detective divenne livido all'istante, ammutolito da quelle parole inconfutabili.
Quando riaprì faticosamente bocca per farsi uscire giusto un rantolo, Ran lo precedette, gelida.
- Spiegami pure il perché, e anche velocemente -
- A... avanti, Ran, che idiozia... quanti altri golf ci saranno così, in giro...? -
- Nessuno, e non qui. Perché quel golf l'avevi acquistato alle Hawaii, me lo ricordo -
- Eh... beh, a-allora vorrà dire che... -
Che? Che cosa?
Conan si spalmò la mano sul viso, sentendosi in trappola come una formica di fronte a una vespa molto più grande e aggressiva. E dal momento che non seppe assolutamente che dire, Ran ascoltò per qualche secondo quell'eloquente silenzio e proseguì.
- Ora basta prendermi in giro. Mi dici... perché ce l'ha Sera? E perché lo tiene in quel modo? -
Ran si voltò di nuovo verso il punto in cui prima si trovava la ragazza, ma che ora era vuoto.
- Mi dici perché, quando hai avuto l'occasione di dirmelo di persona... non l'hai fatto...? -
- …non ci riuscivo, mi era impossibile. -
La ragazza sbarrò gli occhi, il silenzio attorno a lei si fece totale. Non si sentivano nemmeno più le auto, il fruscio degli alberi. Allora era vero. Era come pensava.
Senza controllarsi, Ran sorrise nervosamente. L'avrebbe fatto fuori nel peggiore dei modi, sì. Anzi, avrebbe passato il resto della giornata a inventarsi un modo creativo e terribile per farlo.
No, stop, era il metodo sbagliato di approcciarsi alla questione, sebbene invitante, ed era invece necessario mantenere un velo di calma. Perciò ignorando il mostruoso moto di rabbia e gelo che iniziava a farsi strada dentro di lei, simile a una vera e propria entità indipendente avente l'unico scopo di infliggere dolore, e decisa a controllare le emozioni ancora per qualche minuto, solo per qualche minuto, si ricompose. Guardò la propria mano rimasta libera, in preda ai tremiti, e la usò per appoggiarsi al tronco di un albero. Ignorò bellamente le urla di una sua compagna di classe che le intimava di rientrare nell'edificio scolastico se non voleva beccarsi una sospensione, e non lo fece per cattiveria, è che proprio non la udiva. Il braccio che la teneva appoggiata al tronco era diventato molle, come se i muscoli al suo interno si fossero assopiti tutti insieme, e le dita che stringevano il cellulare erano gelide, le sentiva a contatto col proprio viso. Più tantissime altre cose, cose che non riuscì subito ad archiviare a causa di una nebbiolina mentale offuscante che, paradossalmente, lasciava al contempo intravedere la vicenda molto chiaramente. Avrebbe preferito sedersi, credeva di poter gestire meglio la conversazione da seduta, però non essendoci il modo si inginocchiò lentamente chiudendo gli occhi. Per fortuna c'era quel tronco a reggerla. Stava forse per sentirsi male, ma avrebbe sopportato ogni cosa per i minuti seguenti, poco ma sicuro. Perciò glielo chiese, non poco esitante, riaprendo gli occhi.
- Cosa... che cosa è successo con lei? -
Il detective sospirò lievemente, convinto ormai che a poco servisse mantenere ancora quel segreto. Almeno di uno, era il caso di liberarsi.












E la fanfiction termina qui :) Per me questo è il finale, ma chiunque è libero di immaginarsi qualsiasi cosa, se e come potrebbe proseguire secondo la propria soggettività :D
Vi ringrazio taaantissimo di essere giunti fin qui a leggere! E grazie dei commenti e ai commentatori, anzi, come al solito sarò contenta di qualsiasi parere anche ora ^___^ Byeee, HUGS A TUTTI!!! *.*
Laix 

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