Deserving di _ayachan_ (/viewuser.php?uid=32975)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Deserving-1
Note
dell’autrice.
- L’ambientazione
di questa storia è l’Oltrepò pavese.
Nonostante i
nomi chiaramente giapponesi dei personaggi, volevo farli muovere in
Italia, visto che le fanfic di solito snobbano il Bel Paese, e anche
se all’inizio avevo optato per la classica Toscana, alla fine
ho
deciso di spostare il tutto in una zona a me familiare, così
da descrivere i paesaggi con più semplicità.
Ovviamente
sfrutto soltanto i nomi dei luoghi, e lascio totalmente perdere la
storia che li riguarda. Anzi, mi riservo il diritto di aumentare e
diminuire l’importanza dei singoli paesi.
Per ovvi
motivi, inoltre, fingerò che tutti parlino un italiano
corretto e probabilmente fin troppo moderno, ignorando il dialetto.
- La gerarchia
nobiliare prevede, in ordine di importanza decrescente: Duca, Conte,
Marchese.
- Ammetto
pubblicamente di aver tratto ispirazione da «Mistakes are
gonna
fade over time» per l’atmosfera.
- Sasuke mi è sfuggito pesantemente di mano.
Per questo c'è l'indicazione OOC.
Deserving
Gli zoccoli
dei cavalli al trotto lasciavano segni curvi sulla polvere della
strada.
Il sentiero,
largo poco più di due metri, si snodava dritto attraverso la
campagna coperta dal grano maturo, e in lontananza si alzavano le
prime propaggini dell’Appennino, morbide colline solcate dai
vigneti.
Nella calura
inclemente del primo agosto, sei cavalieri procedevano attraverso i
campi, schierati su due file parallele. I loro cavalli erano sudati,
ma ancora in forze: marroni e bianchi, digrignavano i denti sui morsi
nelle loro bocche e sbuffavano di tanto in tanto.
«Manca
ancora molto?»
Uno sbuffo
umano andò a sovrapporsi a quello del cavallo, con
incredibile
precisione.
Il ragazzo
biondo che cavalcava nella coppia centrale si issò sulle
staffe per sbirciare il percorso più avanti, asciugandosi il
sudore dalla fronte.
«Dobbiamo
arrivare ai piedi delle colline» rispose il compagno, i cui
capelli erano tanto scuri quanto chiari erano quelli
dell’altro.
«Ti conviene stare giù e non sprecare energie, ne
avremo
ancora per un paio d’ore»
«Avete
sete, mio signore?» chiese il cavaliere davanti al biondo,
voltandosi a guardarlo. La pelle chiara del suo viso, liscio e bello
tanto da farlo sembrare una ragazza, sembrava soffrire per il
solleone. «Nella bisaccia c’è ancora
dell’acqua»
disse, portando una mano alla sacchetta in cuoio che ondeggiava dai
finimenti del suo cavallo.
«No
Haku, lascia perdere» il ragazzo alle sue spalle sorrise,
rivelando un sorriso aperto e abbronzato. «Te la richiedo tra
un’ora, magari»
«Eccolo,
vuole di nuovo fare l’eroe!» sbuffò il
cavaliere alle
sue spalle, il più giovane di tutti. «Prendete
quell’acqua prima di svenire e cadere da cavallo! Sarebbe una
macchia sull’onore della vostra famiglia!»
«Non
sono così
stanco!» si indignò il biondo.
«E
io non capisco perché concedi ai tuoi servitori tante
libertà»
commentò il suo compagno, con un’occhiata severa
al
ragazzino che aveva parlato.
«Come
tratto chi mi accompagna sono affari miei...»
borbottò
lui incassando la testa tra le spalle. «E poi viaggiare con
Inari è molto più divertente che viaggiare con le
mummie che ti porti appresso»
Sia
il cavaliere davanti al moro che quello dietro lo fulminarono con lo
sguardo, nonostante il rango nettamente inferiore. Il loro signore
invece non si scompose più di tanto, ma fece affiorare un
ghigno all’angolo delle labbra.
«Mizuki,
Tazuna. Possiamo tollerare un simile affronto alla nobile casata
Uchiha?»
«No,
signore» rispose il vecchio alle sue spalle, con un sorriso
sghembo.
«E
allora mostriamogli che vale più l’esperienza
dell’umorismo»
Senza
preavviso l’uomo davanti a lui lanciò il cavallo
al galoppo,
subito imitato dai due che lo seguivano.
«Ehi!»
esclamò il biondo, trattenendo il cavallo che cercava di
scartare bruscamente. «Haku, accelera! Non possiamo farci
lasciare indietro!»
«Agli
ordini!»
Sotto
un cielo blu cobalto, sei cavalieri sollevavano la polvere
chiamandosi a gran voce.
Guardandoli,
nessuno avrebbe mai detto che il loro arrivo avrebbe portato tanto
scompiglio.
*
Erano
passati già tre giorni dall’arrivo del nuovo
signore a
Montebello.
Nonostante
il cognome del duca padrone di quelle terre fosse rimasto immutato,
tutto il resto stava cambiando rapidamente: mobilio, menù,
candelabri, persino il materasso e i cani da guardia venivano
sostituiti, e il personale sudava le proverbiali sette camicie per
eseguire ognuno degli ordini del nuovo signore.
Nella
fatica, tuttavia, cameriere e garzoni trovavano sempre il tempo per
commentare e spettegolare alle spalle degli Uchiha.
«Dicono
che abbia lasciato la sua proprietà nel piacentino in
amministrazione a un conte suo amico...»
«Non
ha aspettato niente per trasferirsi qui, nemmeno i funerali!»
«E’
l’ultimo erede di tutta la famiglia, vero?»
«Ha
ucciso il fratello con l’arsenico...»
«Allora
il nobile Itachi è davvero morto?»
«Se
fosse stato in vita, non avrebbe mai permesso a nessuno di entrare
nel suo palazzo con quell’aria da conquistatore!»
Sussurri
e bisbigli si rincorrevano lungo le stanze del palazzo, insieme ai
manovali che sudavano per far salire dagli scaloni guardaroba e
specchiere. Il vecchio attendente zittiva tutte le voci che gli
capitava di intercettare, ma le ali dell’edificio erano
troppe per
essere controllate in ogni istante.
E
così capitava che il giovane e avvenente padrone captasse
qualche sussurro inopportuno.
«Ma
quale arsenico?» ringhiò attraversando
l’ampio
terrazzo ad ovest, le code della giacca che sventolavano
nell’aria
calda. «Naruto!» chiamò
all’improvviso, cercando
con gli occhi assottigliati il compagno che si era portato dietro.
Alla
balaustra, appoggiato con aria noncurante e un bicchiere di moscato
tra le mani, un ragazzo biondo girò lo sguardo e
sogghignò.
Senza dire una parola, gli fece segno di stare zitto e raggiungerlo.
Come
se fosse dell’umore adatto per i suoi stupidi scherzi.
Tuttavia
obbedì, il perché non lo sapeva nemmeno lui, e
andò
ad affiancarlo con aria stizzita.
«Che
c’è?» sbottò piantando i
gomiti sulla ringhiera
in ferro battuto.
«Guarda,
Sasuke» ridacchiò il compagno, additando
l’ampio viale
che dava accesso alla villa e scendeva per un pendio dolce e ben
curato.
All’inizio
della strada, ancora nella piazzetta antistante il palazzo,
c’erano
due giovani e un cavallo. Uno dei due, il ragazzo, carezzava i
fianchi dell’animale con aria da uomo di mondo; la cameriera
davanti a lui invece rideva per qualcosa che aveva sentito,
sistemando ogni due minuti un ciuffo di capelli sfuggente.
«Inari
si sta dando da fare» commentò Naruto,
sorseggiando il
suo moscato con aria compiaciuta.
Sasuke
gli scoccò un’occhiata irritata.
«Sì,
molto interessante» sibilò asciutto.
«Mh?
C’è qualcosa che non va? Sei più acido
del solito, il
che è tutto dire» Naruto inarcò un
sopracciglio,
e Sasuke sbuffò.
«Dovrei
cambiare anche tutta la servitù»
bofonchiò
passandosi una mano tra i capelli sudati.
«Ahh...
spettegolano!» comprese Naruto, voltandosi e appoggiando la
schiena alla ringhiera. «Beh, dopotutto è normale.
Non
credo che i dettagli sulla morte di tuo fratello siano già
arrivati fin qui»
«Mi
danno dell’avvelenatore!» biascicò
Sasuke indignato.
«Come se avessi strisciato nella sua camera per mettergli
l’arsenico nel vino!»
Naruto
ridacchiò, e lui lo fulminò con lo sguardo.
«Scusa»
si affrettò a dire, tossicchiando. «E’
che cercavo di
immaginarti mentre strisciavi,
tutto impomatato e profumato come sei»
«Idiota»
ringhiò Sasuke.
Naruto
si strinse nelle spalle con noncuranza, e sbadigliando lo
rassicurò:
«Smetteranno di parlare, se hanno caro il loro
stipendio»
«Che
smettano in fretta, allora»
«Sì,
va beh, lasciali divertire nell’unico modo che possono! E a
proposito di divertimento... Come siamo messi con il
ricevimento?»
Sasuke
si strinse nelle spalle, improvvisamente apatico. «Non ne ho
idea, chiedi all’attendente»
«L’idea
di una festa non ti solletica affatto, vero?»
ridacchiò
Naruto, svuotando il suo bicchiere.
«Per
niente» confermò Sasuke, cupo.
«Ma
è tradizione! Ad ogni nuovo insediamento il padrone deve
dare
un ricevimento per conoscere i suoi nuovi vicini!»
«Li
conosco già tutti»
«Davvero?»
Gli
occhi di Sasuke si fecero sfuggenti, come ogni volta che
inavvertitamente parlava del passato.
«Sì»
troncò, scarno, e Naruto avvertì la chiara
sensazione
di un muro eretto in fretta e furia tra di loro.
«Mh...
Almeno sono simpatici?» buttò lì per
cambiare
discorso.
Il
grugnito di Sasuke fu abbastanza eloquente da farlo scoppiare a
ridere.
«Devono
essere fenomenali!» commentò con una pesante pacca
sulla
spalla dell’altro. «In fondo anche se ti
chiedessero di me
storceresti il naso»
«Veramente
mi domando ancora perché mi sono lasciato convincere a
portarti qui»
«Perché
ti ho assillato quasi un mese per una villeggiatura in campagna, mi
sembra ovvio!»
Sasuke
sbuffò, crollando il capo.
«E
sempre grazie a me darai la festa migliore degli ultimi cento
anni»
aggiunse Naruto gioviale. «Vedrai Sasuke, vedrai! Non
lascerò
che tu abbia nulla di che pentirti, finché sarò
con
te!»
E
Naruto mantenne la promessa, per lo meno la prima.
Il
ricevimento che si premurò di organizzare ebbe una risonanza
vastissima, fece nascere discussioni e commenti anche a distanza di
chilometri, arrivando fino alle Alpi e oltrepassando gli Appennini.
Dal
momento che Sasuke gli aveva lasciato carta bianca, rifiutandosi di
mettere anche solo un’unghia in quella che definiva la
formalità
più seccante della sua vita, Naruto si ritenne autorizzato a
dar fondo ad ogni riserva del ducato, procurandosi cibo e vivande a
non finire, mobilitando l’intera campagna e visitando
personalmente
metà delle cantine e delle fattorie da cui prelevava le
vettovaglie.
Tutti,
dalla massaia in carne al ragazzetto delle consegne, lo videro
caracollare sul suo cavallo chiaro, insieme ai due giovani che lo
accompagnavano e a una guida del palazzo, e tutti, chi più e
chi meno, finirono per scambiare due parole con lui.
Il
risultato fu che prima della festa metà pianura riteneva che
Sasuke avesse inclinazioni da pederasta.
«Tu,
brutto imbecille di un idiota!» gridò Sasuke
quando la
prima voce raggiunse il suo delicato e nobile orecchio. «Che
diamine vai a dire per il ducato?!»
«Eh?
Io?» fece Naruto con aria ingenua, in quel momento a torso
nudo
nelle sue stanze. Un catino di acqua tiepida era posato sul tavolino
pregiato, illuminato dai raggi del primo sole, e un asciugamano
morbido era lì accanto.
«Le
voci Naruto, le
voci!»
ringhiò Sasuke, attraversando la stanza a grandi passi.
«Ahh,
quello!» si illuminò lui, immergendo la testa nel
catino. Quando si tirò su i capelli bagnati gli si
appiccicarono alla fronte, e da sotto le ciocche grondanti rivolse
all’altro un sorrisino sghembo. «Non è
colpa mia se
quaggiù sono tutti un po’ ingenui. Dal loro punto
di vista
stare in compagnia dopo le dieci di sera è pura
perversione»
Sasuke
lo incenerì con gli occhi, passandosi le mani tra i capelli.
«Tu
sei un imbecille!» inveì, furibondo.
«Già
la mia reputazione prevede l’aggettivo assassino, se
aggiungiamo
anche pederasta non durerò un solo istante come signore di
queste terre!»
«Oh,
quante storie» sbuffò Naruto, afferrando
l’asciugamano
e frizionandosi energicamente il viso. «Tanto entro la fine
della settimana succederà qualcos’altro, e tu
verrai
dimenticato»
«Qui
le cose non funzionano come in città! A Bologna gli scandali
erano all’ordine del giorno, ma in campagna sono la fonte di
intrattenimento dei contadini per anni!»
«Se
vuoi te lo creo io uno scandalo. Vado a rubare un paio di
mucche?»
propose Naruto generosamente.
«Lascia
stare, idiota!» sbottò Sasuke esasperato.
«Ehi,
la mia era una proposta seria»
«E’
proprio questo il pericolo... Ora vestiti, hai ancora gli ultimi
dettagli da controllare, alle cinque inizieranno ad arrivare gli
invitati!»
E
prima che Naruto potesse insinuare che Sasuke si interessasse alla
festa, lui sparì fuori dalla stanza, ancora con un diavolo
per
capello.
Se
i primi ospiti arrivarono alle cinque di pomeriggio, gli ultimi
fecero il loro ingresso mentre il sole moriva incendiando i campi, e
portando nella tomba un po’ dell’arsura che aveva
sparso
abbondantemente durante la giornata.
Quando
i domestici al cancello videro fermarsi la carrozza scura, furono
sorpresi nel riconoscere lo stemma che ne decorava un intero fianco.
Furono sorpresi e spaventati, per la precisione.
D’altronde,
il serpente grigio avvolto attorno a una corona era un simbolo sin
troppo noto, da Torino a Napoli.
Lo
sportello si aprì silenziosamente al tocco del valletto, e
una
mano bianca e scarna si posò sull’ebano nero,
stringendo le
dita affusolate con grazia quasi ferina.
Un
uomo alto e nodoso si issò sul predellino, facendo vagare
tutt’attorno gli occhi dorati, innaturalmente chiari, e
lentamente
scese fino a terra, lasciando che la carrozza ondeggiasse debolmente.
Aveva capelli lunghi e neri, raccolti in una coda bassa, e la pelle
candida e fin troppo liscia.
«Ebbene?»
sibilò con un sorriso rigido, quando vide i domestici che lo
fissavano impalati. «Non raccogliete il mio
cappotto?»
Quelli
si riscossero all’improvviso, e uno si affrettò a
raggiungere il nuovo arrivato e a prendere con mano tremante la
giacca di daino che gli veniva porta, giacca impensabile per
chiunque, considerato il caldo, ma non per l’uomo dagli occhi
dorati.
«Grazie»
sussurrò quest’ultimo, in tono di scherno, e
rivolse uno
sguardo alla carrozza. «Kabuto» chiamò
freddo, e
dall’interno ombroso si fece avanti un ragazzo dai capelli
precocemente ingrigiti, con un paio di curiosi occhiali di vetro in
bilico sul naso.
«Mio
signore Orochimaru, avete dimenticato il vostro orologio»
disse
premuroso, scendendo dalla carrozza e porgendo all’uomo che
accompagnava un orologio in oro massiccio, con catena.
«Oh,
hai ragione» commentò quello, prendendolo dalle
sue mani
e sistemandolo con noncuranza. «Forza, ora andiamo. Siamo
notevolmente in ritardo»
I
domestici si fecero bruscamente da parte mentre lui passava, senza
più degnarli della sua attenzione. I suoi occhi felini erano
fissi sulle torce che illuminavano il viale principale e,
più
oltre, sulla villa da cui veniva il suono leggero di un valzer.
«Credo
che ci siano tutti» commentò Sasuke giocherellando
nervoso con un polsino.
«E
come fai a dirlo? Sei arrivato solo ora» ribatté
Naruto,
sollevando verso di lui il calice di spumante che teneva in mano.
«E
il mio salone è pieno. Ed è tardi. E i cuochi in
cucina
sono pronti. Quindi ci sono tutti» sintetizzò
Sasuke,
palesemente a disagio.
«Uh,
non fa una piega!» ridacchiò Naruto sarcastico.
Fermi
in cima allo scalone in marmo rosa, i due guardavano gli invitati che
bevevano spumante al di sotto, avvolti nei loro abiti migliori e
circondati da nubi di profumo.
«Trovati
una donna e smetti di bere» fu il commento disgustato
dell’Uchiha.
«Nh,
una l’ho intravista, forse, biondina... ma non ne sono tanto
sicuro, sembrava un po’ troppo dispotica»
«Bionda?»
Sasuke fece mente locale. «Ah, potrebbe essere la figlia dei
conti Yamanaka: dicono sia diventata una ragazza piacente»
«Piacente?
Diamine, con quello che ha addosso quella figliola ci starei bene una
vita intera!»
«Non
se il suo carattere è rimasto invariato...»
«Conosci
anche lei?»
Sasuke si strinse nelle
spalle, quasi
ingobbendosi su sé stesso.
«Faccio
annunciare la cena» svicolò rapido, dando le
spalle a
Naruto.
Ma
prima che potesse allontanarsi fu bloccato dalla sua mano sulla
spalla.
«Aspetta
un attimo. Io non ho invitato lui!»
esclamò sorpreso.
Sasuke
si accigliò, voltandosi, e oltre la balaustra chiara vide il
piano inferiore e il salone, fino all’ingresso. Davanti alla
soglia, un uomo dall’incarnato cereo si guardava attorno
lentamente, accompagnato da un ragazzo con i capelli grigi.
«Ma
che diavolo ci fa qui?» sussurrò Sasuke,
irrigidendosi
all’improvviso.
«E’
Orochimaru, vero?» chiese conferma Naruto, incupendosi, e
scoccò un’occhiata indagatrice al compagno.
«Perché
uno come lui è nel ducato? Quando l’hai
incontrato, a
Torino? E cosa ha a che fare con te?»
L’Uchiha
si fece improvvisamente di marmo, serrando le labbra.
«Niente»
sibilò stringato, e con uno scossone si liberò
della
mano di Naruto sulla sua spalla.
Sentì
il suo richiamo dietro la schiena, ma lo ignorò e scese i
gradini in fretta, facendo risuonare i tacchi sul marmo levigato.
Arrivò al pianterreno, nervoso, e avanzò senza
curarsi
dei cenni degli invitati e dei loro tentativi di attaccar bottone,
gli occhi neri fissi sull’ingresso.
“Perché
è qui?” si chiese, furente. “Come ha
saputo del
ricevimento? Le voci non possono essere arrivate fino alla corte dei
Savoia, a meno che Naruto non sia stato tanto idiota da...!”
Si
divincolò dal semi-accerchiamento di un nutrito gruppo di
madri in cerca di genero facoltoso, e finalmente incrociò lo
sguardo di Orochimaru.
Bastò
un solo istante perché le labbra sottili dell’uomo
si
incurvassero in un sorriso.
E
Sasuke seppe che era una minaccia.
«Splendido
ricevimento, duca»
salutò Orochimaru quando Sasuke lo ebbe raggiunto.
«Che
fate qui?» sibilò lui, chiaramente teso.
«Ho
sentito del vostro insediamento, duca»
commentò l’altro, velenoso e mielato insieme.
«Mi è
sembrato doveroso passare a rivolgervi i miei rispetti... dopotutto
abbiamo avuto un rapporto piuttosto stretto, di recente»
Sasuke
si guardò intorno rapido, constatando che nessuno era
abbastanza vicino per origliare. Ma quando spinse lo sguardo fino
alla balaustra della scalinata, vide Naruto che lo fissava con
insistenza, e un brivido d’allarme gli corse lungo la schiena.
«Non
qui» disse in fretta, contrito.
«Seguitemi»
Orochimaru
non si oppose, freddo e pacato com’era. Gettò
un’occhiata
rapida nel punto in cui aveva guardato Sasuke, e per un attimo, alla
vista del ragazzo biondo che lo fissava dall’alto, nei suoi
occhi
passò un brillio di sorpresa, che fu subito soffocato dal
solito gelo.
E
quindi seguì Sasuke, che camminava rapido verso le stanze
della servitù.
“In
che pasticcio si è andato a cacciare?”
pensò Naruto
nervosamente, svuotando il suo calice.
Fece
scorrere uno sguardo distratto sulla folla al di sotto, e per un
attimo si soffermò sulla porta quasi invisibile,
nell’atrio,
che conduceva alle cucine e ai locali dei domestici. Sentiva le mani
formicolare, e aveva una mezza idea di andare a spiare... Ma Sasuke
lo avrebbe ucciso. E non metaforicamente.
Inspirò
a fondo, cercando di darsi una calmata.
“Sasuke
non è un bambino né uno sprovveduto” si
disse.
“Probabilmente mi preoccupo per nulla, non è tipo
da
infilarsi in guai troppo grossi”
Eppure
non smetteva di essere inquieto.
Sapeva
fin troppo di Orochimaru e del genere di affari di cui si occupava:
era uno di quei personaggi poco raccomandabili che bazzicavano la
corte e risolvevano i pasticci degli altri, e la maggior parte delle
volte le sue soluzioni prevedevano qualche morto. Di solito a lui si
rivolgeva chi aveva già toccato il fondo e non sapeva
più
come uscire da qualche guaio.
E
allora perché Sasuke...?
Non
riuscì a concludere il pensiero, che il rumore di un
bicchiere
in frantumi lo fece trasalire.
«Oh,
m-mi dispiace... I-Io non volevo, non intendevo...»
balbettò
una voce spaventata, in un angolo del salone.
Accanto
al quartetto d’archi che per un attimo aveva smesso di
suonare, una
ragazza dai capelli nerissimi era chinata a terra e tendeva le mani
verso i cocci di vetro, con il viso arrossato.
«No!
Ti graffierai!» esclamò un’altra,
fermandola un attimo
prima che raggiungesse il pavimento.
E
quando Naruto la vide alzare il viso, decise che quegli occhi verdi
meritavano una maggior considerazione.
Gettò
un ultimo sguardo alla porta dietro la quale erano scomparsi Sasuke e
Orochimaru, e poi di nuovo alla ragazza dai capelli rossi, quasi rosa
sotto le luci soffuse, che aveva fermato l’altra. Un leggero
sorriso gli incurvò le labbra, furbo.
Adocchiò
un cameriere che si aggirava con il vassoio dello spumante, e decise
che se ne sarebbe procurato altri due calici.
In
quello stesso momento Sasuke camminava veloce attraverso le cucine,
cercando invano un luogo appartato.
Sentiva
la presenza di Orochimaru alle sue spalle come una sanguisuga gelida
attaccata alla schiena, e il sudore correva sulla sua pelle per la
tensione.
Alla
fine, esasperato dagli infiniti domestici che incontravano e che li
fissavano sbalorditi e preoccupati, decise di prendere la via
dell’orto, e uscì nel buio della sera.
«Luogo
ameno, nevvero?» commentò Orochimaru quando
finalmente
si fermarono lungo un sentiero, tra le zucchine e i pomodori. Da
qualche parte i grilli frinivano, e lucciole vaghe si posavano sulle
foglie e riprendevano il volo.
«Perché
siete qui?» scattò subito Sasuke, allentando il
colletto
della camicia con un dito. «Mi sembrava di essere stato
abbastanza chiaro con voi!»
Anche
nel buio, il sorriso di Orochimaru brillò sinistramente.
«Chiaro,
dite?» ripeté freddo. «I miei ricordi
sono
diversi, se permettete. I miei ricordi vedono voi che chiedete un
servigio a me, ma non voi che pagate per tale servigio»
«Alla
fine avevamo abbandonato il progetto!» inveì
Sasuke.
«Ma
io avevo fatto ogni preparativo» rispose Orochimaru pacato.
Più
l’Uchiha si alterava, più lui sembrava sereno e a
suo agio.
«Non
avevate parlato di nulla di simile!» sibilò
furente.
«La
morte di vostro fratello è avvenuta prima di quanto
prevedessi» Orochimaru fece un cenno vago, annoiato.
«Avevamo
stabilito che cadesse da cavallo, se ben ricordo, ma il giorno prima
della data designata voi avete avuto la brillante idea di sfidarlo a
duello e uscirne vincitore. Nonostante le vostre intenzioni di
sciogliere il nostro contratto, pensavo che mantenerlo integro
sarebbe stata cosa a voi gradita. Ma ahimé,
all’ultimo
istante sono venute a mancare le condizioni di base, e la vostra fuga
precipitosa dal piacentino mi ha impedito di ricordarvi che i nostri
accordi erano ancora validi»
«L’avevo
sciolto!» lo interruppe Sasuke, stringendo i pugni.
«Ero
venuto da voi e vi avevo detto di scioglierlo! Vi avevo anche pagato
per il disturbo!»
Orochimaru
sorrise gentilmente.
«Per
quel
disturbo, per ciò che avevo preparato fino a quel
momento»
spiegò con voce vellutata. «Non per gli oneri
successivi, che sono stati assai più ingenti»
Sasuke
aprì la bocca, e la richiuse. Si passò una mano
sulla
fronte, sfregando le dita sulla ruga che la solcava, e poi
fissò
Orochimaru, trattenendo a stento la rabbia. Intravide alle sue spalle
il valletto che lo accompagnava sempre, e si rese conto che anche se
avesse voluto tentare, non sarebbe mai uscito vincitore da
un’eventuale colluttazione.
«Non
avrete un soldo di più, da me» ringhiò
allora,
frustrato.
Come
per ogni nobile del circondario, l’ammontare delle sue
finanze era
soltanto una montatura: sia la proprietà nel piacentino che
quella nel pavese erano gravate da debiti più o meno
pesanti,
e le prospettive non erano certo delle migliori.
Ma
Orochimaru gli rivolse una risatina bassa e stranamente pacata.
«Non
temete, non voglio certo del denaro» sussurrò, nel
buio.
Sasuke
rimase interdetto.
«E
allora cosa volete?» domandò confuso.
«Il
vostro matrimonio»
«Prego?»
«Ho
un piccolo debito nei confronti degli Hyuuga, immagino li
conosciate»
spiegò Orochimaru. «Questa sera sono tra gli
invitati, e
si dà il caso che abbiano una figlia in età da
marito.
Per quanto i loro possedimenti siano estesi, il loro titolo
è
soltanto quello di conti, e sarebbero molto lieti di unire le sorti
della loro famiglia alla nobile casata dei duca Uchiha»
Sasuke
sbatté le palpebre, a bocca aperta.
«Dovrei
sposare l’erede degli Hyuuga?» allibì.
«Quella
scialba ragazzina incapace di mettere insieme due parole?»
«Dicono
che il dono migliore sia quello del silenzio» sorrise
Orochimaru.
«Ma...
Ma che razza di proposta è?» chiese Sasuke
sconcertato e
furioso.
«Non
è una proposta» il sorriso scemò sul
volto
pallido. «E’ un consiglio. Un consiglio che terrei
particolarmente in considerazione, se fossi in voi»
Sasuke
aprì e chiuse i pugni, in fermento.
Un
matrimonio di convenienza con la figlia degli Hyuuga,
l’insipida
ragazzina della quale conosceva a malapena il nome, oppure...
«Se
mi rifiutassi?» osò chiedere, rigido.
«Non
è contemplato un rifiuto» rispose Orochimaru,
immobile.
Il
che era sinonimo di arsenico, prima causa di mortalità tra i
nobili della corte a Torino.
Sasuke
si tormentò i palmi delle mani con le unghie, respirando
pesantemente.
Ora
che aveva finalmente vendicato la scomparsa dei suoi famigliari ad
opera di Itachi, ora che gli aveva impedito di mettere le mani
sull’intero patrimonio e si era trovato a capo dei resti del
casato, ora che iniziava a pensare di guardare avanti e ricostruirsi
una vita, ecco che l’ennesimo ostacolo gli si parava sul
cammino.
E
ancora una volta non era un ostacolo aggirabile.
“Sposarsi...”
si trovò a pensare, con una punta di rammarico.
Ma
prima che i suoi pensieri prendessero una piega nostalgica, la voce
di Orochimaru lo riportò bruscamente alla realtà.
«Naturalmente
non pretendo una risposta immediata» disse riprendendo a
sorridere. «Ma mi auguro che ci penserete abbastanza
intensamente da darmi la vostra risposta entro tre giorni. Oh, e
spero che sia positiva. Lo spero intensamente»
Sasuke
dovette mordersi la lingua per non sputargli ai piedi.
Ma
aveva le mani legate. Con Orochimaru, chiunque aveva le mani legate.
«Mi
dispiace, non credo di potermi trattenere per il ricevimento»
riprese lui in tono discorsivo, ora molto più asciutto.
«Vi
faccio le mie congratulazioni e i migliori auguri per il futuro,
duca. Ora mi perdonerete se vi chiedo di congedarmi: ho una tenuta
oltre il Po, e conto di raggiungerla entro la mezzanotte»
«Prego»
sibilò Sasuke, velenoso.
«Ah,
un’ultima cosa» aggiunse Orochimaru, giocherellando
con
l’anello nero che gli circondava l’indice.
«Ho notato tra i
vostri ospiti il nipote del Re» Sasuke si
irrigidì.
«Conoscendo la sua spiccata attitudine
all’impulsività,
vi consiglio di ricordare che il nostro piccolo accordo potrebbe
estendersi anche a lui, con onori e soprattutto oneri, se dovesse
cercare di aprir bocca su questa faccenda. Naturalmente confido che
certe conversazioni restino segrete, ma ci tengo a mettervi in
guardia da subito... Non vorremmo mai che gli capitasse qualcosa di
spiacevole, nevvero?»
Sasuke
fremette.
«Via»
sibilò, pericolosamente vicino a perdere il controllo.
«Andate
via!» gridò alla fine, sovrastando il frinire dei
grilli
e tagliando l’aria spessa di agosto.
Orochimaru
sorrise, sornione.
«Vi
auguro una buona serata, duca»
Quando
rientrò nel salone, Sasuke non vide nemmeno gli sguardi
degli
invitati che si posavano sul suo viso arrossato e sul colletto
scomposto della camicia. Con il cuore in subbuglio,
attraversò
il pavimento di marmo e cercò Naruto, colto da
un’ansia
immotivata.
Guardò
in cima allo scalone, ma lo trovò deserto. Allora
girò
su se stesso, tentando di individuare la sua testa bionda tra quelle
degli invitati, ma all’improvviso sembrava che
l’intero vicinato
fosse composto di tedeschi in villeggiatura.
Poi,
tutt’a un tratto, sentì la sua risata levarsi al
di sopra
del quartetto d’archi. E lo vide, accanto alla piattaforma su
cui
suonavano, circondato da un piccolo gruppo di ragazze in abiti color
pastello, con un calice di moscato che seguiva il gesticolare della
mano.
La
sua prima reazione fu il sollievo. Un sollievo sconfinato, profondo
e, ora che ci pensava, immotivato.
Dopotutto
non è che gli stesse poi tanto simpatico quel Naruto.
Insomma,
non si può dire di no all’amicizia del nipote del
Re, ma la
sua era più che altro una sopportazione obbligata. Era
troppo
chiassoso, troppo impulsivo, troppo esuberante, troppo... troppo
biondo, persino.
E
nonostante ciò, se Orochimaru gli avesse fatto del male
Sasuke
non se lo sarebbe perdonato.
Naruto
era troppo bianco
per
restare coinvolto nei suoi problemi.
Con
un sospiro profondo, risistemò il colletto della camicia e
cercò di darsi un tono.
«Sasuke!»
chiamò in quel momento Naruto, incrociando il suo sguardo.
«Unisciti a noi!»
Lui
si accigliò, restio di fronte alla compagnia tutta
femminile.
Intravide Hinata Hyuuga dietro le spalle di Naruto, e la sua ansia di
raggiungerli scemò visibilmente.
Finché
non gli cadde l’occhio sulla ragazza alla destra di Hinata. E
allora si irrigidì di colpo.
«Dai,
vieni!» insisté Naruto, scusandosi con la
compagnia e
raggiungendolo. «Che figure mi fai fare?» gli
sibilò
impaziente. «Ho detto a tutte che eravamo praticamente
fratelli, non puoi piantarmi in asso ora!»
«L’idea
della festa è stata tua» ribatté Sasuke
asciutto,
fissando ostinatamente uno dei candelabri alla parete. «Io ho
fornito solo i locali»
«Ma
la festa è in tuo
onore!» esasperato, Naruto gli piazzò in mano il
suo
calice di moscato. «Non fare il solito scorbutico! Un
po’ di
aura di mistero va anche bene, ma a tutto c’è un
limite!»
«Smettila!»
sbottò lui, irritato. «Io non posso venire
lì!»
«Non
puoi?» chiese Naruto, perplesso. «E cosa te lo
impedirebbe, di grazia?» aggiunse sarcastico.
Gli
occhi di Sasuke sfrecciarono rapidi alla ragazza dai capelli rossi
ancora accanto a Hinata. Per un attimo incrociarono quelli verdi di
lei, ma li videro ritrarsi subito, fingendo di prestare attenzione a
ciò che diceva la bionda che sussurrava guardandoli.
«Non
posso, e basta» disse stringato, serrando le dita attorno al
vetro fragile del calice.
Con
un gesto brusco lo rimise in mano a Naruto, e poi gli voltò
le
spalle e si allontanò prima che potesse ribattere.
Continua
Allora, questo doveva essere
un regalo di compleanno.
Per
ieri.
Doveva essere una one-shot.
E'
diventata una long-fic di media lunghezza.
Doveva essere una SasuSaku.
In
teoria la è ancora, ma mi
sa che ci saranno triangoli strambi, e comunque Sakura a malapena si
vede in questo capitolo! (è inutile, non posso
scrivere di loro e basta!)
Ma che
diavolo ho combinato?
Persino
il layout fa davvero schifo!
Ad ogni modo, auguri sammy1987! Con
un giorno di ritardo, lo so, con un regalo imperfetto, so anche questo,
ma ti faccio i miei più sentiti auguri! >_<
L'intera fic
è dedicata a te!
Ayachan
PS: gli aggiornamenti
saranno più lenti di quelli cui siete
abituati! Diciamo che il prossimo capitolo è tra una
settimana,
eh? XD
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Deserving-2
Deserving
Dopo
il rifiuto ad unirsi al gruppo di Naruto, il resto della serata
Sasuke lo passò in posizione decisamente defilata, rivolgendo
la parola solo agli audaci che avevano il coraggio di sfidare la sua
espressione cupa.
Con
la schiena appoggiata alla parete fredda, fissava gli invitati che si
servivano dal buffet in fondo alla stanza, e continuava
masochisticamente a far girare gli stessi pensieri nella testa.
“Perché
è qui?”
Buttò
giù il terzo bicchiere di spumante, sentendo la testa leggera,
e si maledisse per aver lasciato tutto nelle mani di Naruto.
“Conoscendolo,
avrà aperto le porte anche ai villani” pensò
irritato.
Ma
l’abito che aveva visto non era quello di una paesanotta qualunque.
Era alta sartoria, forse non eccelsa ma comunque buona.
E
le stava bene.
“Idiota”
si disse, adocchiando un cameriere che portava nuovi bicchieri.
Si
allontanò dalla parete per lasciargli il calice vuoto,
infastidito dalla folla e dal ronzio che sentiva nelle orecchie, e
per sbagliò urtò la spalla di qualcuno.
«Scusate...»
mormorò, dandosi immediatamente dello stupido, dato che era il
padrone di casa.
Ma
quando incrociò gli occhi neri dell’uomo che aveva urtato,
dovette fermarsi.
Vecchie
conoscenze, impossibili da ignorare. Purtroppo.
«Duca,
buona serata» lo salutò l’erede dei marchesi Nara,
sollevando il suo spumante in un cenno di benvenuto.
«Buonasera»
rispose lui ricomponendosi in fretta.
Gli
bastò una sola occhiata per capire che la fortuna dei Nara non
era aumentata negli ultimi anni, a giudicare dall’abito fuori moda,
eppure quel ragazzo riusciva a indossare qualunque vestito facendolo
sembrare perfetto. Con una mano mollemente abbandonata in tasca e un
velo di profumo, anche il codino molle che gli solleticava il collo
sembrava un’acconciatura meticolosa.
«Duca,
ossequi» salutò il giovane che gli stava accanto,
rivolgendogli un lungo sguardo attraverso gli occhi chiarissimi.
Sasuke
lo riconobbe subito per uno Hyuuga, e facendo mente locale ricordò
il parente di rango inferiore della casata, il ragazzino di cui si
era parlato a lungo anni addietro, quando il conte lo aveva
formalmente adottato. Gli rivolse un cenno con il capo, e individuò
al suo fianco il marchese Akimichi e il marchese Lee, insieme al
conte Inuzuka.
Altri
convenevoli anche con loro, e il solito, vecchio disagio che lo
coglieva sempre.
«Non
vi abbiamo visto molto partecipe questa sera, duca» iniziò
Neji Hyuuga, con voce pacata e profonda.
«Non
mi sento particolarmente bene» mentì lui, e guardandolo
si chiese se sapeva dei piani di Orochimaru.
«La
mia domestica fa un decotto che è la fine del mondo in questi
casi!» esclamò Rock Lee, solerte. «Ogni disturbo
di intestino sparisce immediatamente, e...»
«Lee»
lo fermò Shikamaru, sospirando. «Immagino che il duca
abbia mal di testa, non il genere di problema di cui parli tu»
«Oh»
il marchese arrossì, sbattendo gli occhi dalle ciglia lunghe e
rade. «In questo caso, allora, vi consiglio l’essenza di...»
«Grazie,
non è necessario» troncò Sasuke prima che
iniziasse con la solita filippica.
Aveva
sempre detestato stare in mezzo ai nobili. Per quanto il loro rango
fosse inferiore, per quanto cercasse di ricordarsi che loro gli
dovevano timore e rispetto, non riusciva mai a liberarsi del senso di
inadeguatezza che lo perseguitava da una vita, e che aveva origine e
fine nel suo troppo perfetto fratello.
«Scusatemi,
volevo controllare che ogni cosa fosse...» iniziò,
cercando di svicolare, ma ancora una volta fu Rock Lee a prendere la
parola, fermandolo.
«Un
solo istante, duca» sorrise, raggiante. «Prima che ci
lasciate voglio presentarvi una persona!»
Sasuke
fece una smorfia impercettibile, trattenendo uno sbuffo.
«Siete
stato lontano a lungo, e probabilmente non ne avete avuto notizia»
spiegò con gli occhi accesi. «Ma mi sono fidanzato
ufficialmente!»
«Me
ne rallegro» fu il commento atono di Sasuke, già lontano
con la testa.
«Oh,
ecco! Che fortuna, la mia fidanzata si sta avvicinando!»
esclamò Lee, guardandosi attorno.
E
quando Sasuke la vide camminare verso di loro, esitante, sentì
distintamente il gelo avvolgere la sua spina dorsale.
«Sakura,
vieni!»
Ecco
perché era lì.
Non
appena fu abbastanza vicina, Rock Lee prese la mano della ragazza dai
capelli rossi, baciandone il dorso con devozione.
«Duca,
vi presento Sakura, la mia fidanzata»
Nelle
parole e nei modi del marchese c’era soltanto un orgoglio
sconfinato, orgoglio che irraggiava dagli occhi come la luce di una
candela. Sasuke se ne sentì urtato, e i pensieri peggiori gli
balzarono alla mente, minacciando di uscire dalla sua bocca.
Non
è nobile!
Sposi
una villana!
Non
ha un soldo!
Non
è degna!
Una
vampata di calore gli salì alle guance, aiutata dal moscato
nelle sue vene, e le nocche sbiancarono attorno al bicchiere.
Intravide
negli occhi di lei, schivi, un barlume di sorpresa, e capì di
essere troppo esposto; allora evitò il suo sguardo.
«Felicitazioni»
mormorò schiarendosi la voce, fissando il marchese Lee con
insistenza. «A quando le nozze?»
«Quest’autunno,
in settembre» sorrise l’altro, stringendo la mano della
fidanzata. «Mi auguro che vogliate partecipare, duca, sarebbe
davvero un gran...»
«Non
posso» scattò Sasuke, asciutto.
Lee
si interruppe bruscamente, smarrito, e chi gli stava intorno si
immobilizzò allibito. Sakura arrossì, accigliandosi, e
questa volta, quando incrociò lo sguardo di Sasuke, non lo
distolse per prima.
«Credo
che in settembre sarò a Torino» spiegò lui, più
secco di quanto fosse nelle sue intenzioni. «Mi dispiace»
«Oh,
beh... capisco» tossicchiò il marchese, imbarazzato.
«Perdonatemi, non volevo... certo, l’invito è sempre
valido, doveste liberarvi...»
«Grazie»
troncò Sasuke. «Ora scusatemi, vi lascio ai vostri
discorsi»
Rivolse
un cenno agli uomini che lo circondavano, i quali risposero
rigidamente, e senza degnare della minima attenzione l’unica donna,
voltò le spalle al gruppo e si allontanò, perdendosi
tra gli invitati.
Mentre
si faceva largo tra pizzi e crinoline, serrò la mandibola,
assalito dai ricordi.
“Non
è degna!”
Avevano
cinque anni, forse sei.
Lui
vestiva di raso e seta, lei di lana se andava bene.
Lui
ancora sorrideva – sorrideva davvero – lei non piangeva.
Lui
non pensava all’etichetta, lei non la conosceva neppure.
Erano
soltanto due bambini, nella campagna riarsa dal sole.
Erano
soltanto due bambini, che parlavano e parlavano, ma non sapevano
davvero nulla...
Afferrò
il quarto – sesto? decimo? - calice e quasi lo svuotò in un
sol colpo.
Piegò
leggermente il capo, sentendo i capelli frusciare sulle guance
accaldate, e comprese di essere pericolosamente vicino
all’ubriacatura.
Che
diavolo stava facendo?
Gettava
alle ortiche onore, fama e immagine dopo neanche una settimana di
permanenza?
Si
disse che era per colpa di Orochimaru e delle sue minacce. Che era
preoccupato per Naruto, che non voleva che gli capitasse qualcosa. Si
disse che si era buttato sullo spumante perché non voleva
sposarsi, meno che mai sotto ricatto.
Ma
non ci credeva nemmeno da ubriaco.
Sapeva
fin troppo bene che il problema era lei.
Lei,
che era ricomparsa nella sua vita, dopo che si erano separati
pensando di non rivedersi mai più.
Lei,
che lo faceva sentire più che inadeguato... che lo faceva
sentire in colpa.
Lei,
che sposava un altro.
“Avevamo
cinque anni” si disse, rabbioso. “Eravamo bambini, solo bambini”
E
allora perché ti arrabbi tanto?
Mentre
cercava di riacquistare una parvenza di dignità e di capire
dove trovare altro spumante, un’ombra indistinta ebbe l’ardire di
fermarsi davanti a lui.
Sasuke
alzò lo sguardo, irritato, assolutamente incapace di mostrare
la solita maschera di facciata, e quando si trovò davanti agli
occhi verdi di Sakura – di nuovo così vicini, dopo quasi
quindici anni, e per la prima volta così in basso rispetto ai
suoi – sentì l’alcol che minacciava vendetta dallo
stomaco.
«Duca...»
disse lei per prima, con un inchino un po’ goffo.
Lui
rimase rigido a guardarla, senza sapere come rispondere.
Cosa
insegnava l’etichetta riguardo alle fidanzate dei vassalli
raccattate tra il popolino?
«Chiedo
scusa, non volevo disturbarvi» riprese lei di fronte a suo
silenzio, fissandolo di sottecchi. «E’ solo che...»
«Cosa
vuoi?» la interruppe lui.
Sakura
si irrigidì per un istante. Poi, a sorpresa, un sorriso amaro
le solcò il viso.
«Allora
ti ricordi?» chiese sottovoce, con discrezione.
Sasuke
strinse le labbra e si diede dello sciocco.
Avrebbe
potuto fingere, e allontanarla mostrandosi freddo; se solo non avesse
bevuto tutto quello spumante, probabilmente, lo avrebbe fatto
davvero. Invece era stupidamente incagliato nell’errore di darle
del tu, e ora ne avrebbe pagato le conseguenze.
«Cosa
vuoi, Sakura?» ripeté, e per assurdo gli piacque
pronunciare il suo nome, dopo tutti quegli anni.
«Non
sono qui per me» replicò lei, rabbuiandosi di fronte
alla sua freddezza. «Né per te, se stai per pensarlo.
Sono qui per Lee»
Sasuke
avvertì un moto d’irritazione.
Bambini,
solo bambini.
«So
che la cortesia non ti è mai stata congeniale» continuò
Sakura tesa, schivando i suoi occhi. «E probabilmente provi
disgusto per un matrimonio che non sarà nemmeno lontanamente
paragonabile a quelli cui sei abituato... ma per lui, per noi,
sarebbe un grande onore averti alla cerimonia»
«Ah,
davvero?» chiese Sasuke, guizzando con lo sguardo alla ricerca
di altro spumante.
Che
idiozia. Erano solo bambini, all’epoca. Sakura poteva sposare chi
voleva... e comunque restava una villana nullatenente. Peggio per il
marchese.
«Perché
non dovrebbe essere un onore?» Sakura corrugò la fronte.
«Cosa?»
fece Sasuke, distratto. E solo allora si rese conto delle parole che
gli erano sfuggite, e di quanto poco senso avessero, insieme al tono
acido.
Per
caso incrociò lo sguardo di Sakura, di nuovo, e questa volta
nessuno dei due lo abbassò.
Ci
fu un istante di silenzio prolungato, durante il quale il mormorio
degli invitati saturò l’aria troppo calda, insinuandosi tra
i pizzi e sotto le stoffe. Fu un istante troppo lungo, forse, perché
le concesse ciò che non poteva – ciò che non avrebbe
dovuto
– permettersi.
E
Sakura parlò ancora una volta.
«Prima
di andartene, tanti anni fa, dicevi che un nobile e una contadina non
potevano sposarsi» mormorò con voce bassa. «Ma Lee
non la pensa così. Lui mi vuole bene, e ha chiesto la mia
mano. Ha detto che non gli importa della dote, che per avere me è
disposto a rinunciare al denaro che gli avrebbe dato un’altra»
sorrise a malapena, amara. «E’ più sognatore di un
bambino, a quanto pare. Ma mi vuole bene, e non gli importa di
nient’altro. Quindi, per favore... non rovinare la sua festa.
Partecipa al suo, al nostro matrimonio, e fingi di essere contento,
invece di disprezzarlo per avermi scelta»
Sasuke
irrigidì la mandibola, immobile.
Disprezzare
Lee per averla scelta? No, non era esattamente il sentimento che
provava.
«Lo
ami?» chiese di scatto, senza nemmeno sapere il perché –
ma sospettando che avesse a che fare con lo spumante.
Sakura
sussultò involontariamente, arrossendo.
«Non
vi sembra una domanda esageratamente personale, duca?» sussurrò
con occhi accusatori, ripristinando le distanze originarie.
«Immagino
di sì» rispose Sasuke, facendo precipitosamente
retro-front. «Perdonatemi, non intendevo arrecarvi offesa»
«Ne
sono certa» lei annuì, deglutendo. «Ma, perché
stiate tranquillo, vi assicuro che non sposo il marchese soltanto per
il suo denaro. Non nego che sia una grande comodità, e che sia
persino allettante, anche per la mia famiglia... ma io lo sposo
perché gli voglio bene, e gli sono grata...»
«Un
matrimonio non si regge sulla gratitudine» bofonchiò il
duca, all’improvviso.
«Scusate?»
fece Sakura senza capire.
«Niente»
troncò lui, irritato. «Bene, sono lieto che i vostri
sentimenti siano puri. Vi auguro ogni felicità e ogni bene
insieme all’uomo che diventerà vostro marito»
«Vi
ringrazio, duca»
Sakura
si inchinò, di nuovo con quella leggera rudezza che era il
segno indelebile della sua inesistente educazione, e quando tornò
con la schiena dritta guardò Sasuke, in attesa.
Lui
ricambiò lo sguardo, senza sapere cosa dire o fare,
controllando la condizione dello spumante nello stomaco e i pensieri
confusi nella sua testa, che sembravano mescolarsi e influenzarsi a
vicenda.
Che
cosa voleva da lei?
«Allora
buona serata...» sussurrò Sakura, quasi delusa. «E
bentornato, duca»
Sasuke
si limitò a rispondere con un cenno brusco.
E
lei capì che non c’era altro da dire.
*
«Che
delusione!»
Naruto crollò
su una poltrona, riversando la testa all’indietro.
«Non ci credo!
Già promessa!» esclamò, in tono forzatamente
melodrammatico. «Sakura già promessa! Al marchese, poi,
che esteticamente lascia parecchio a desiderare!»
Il ricevimento si
era concluso da poco più di un’ora, e l’ultimo invitato
aveva lasciato la villa barcollando fino alla propria carrozza,
scortato da un Sasuke funereo e un Naruto che alternava battutine e
commenti finto-comprensivi.
Ora i due erano
rientrati, mentre i domestici iniziavano a sistemare il salone tra
sbadigli e schiene sudate, e Naruto aveva seguito Sasuke fino alle
sue stanze, lasciandosi cadere su una poltrona.
Rialzò la
testa, non sentendo commenti dal compagno.
«Beh? Non dici
nulla?» chiese, moderatamente offeso.
«Mh?»
fece l’altro, distrattamente.
«Sakura!»
sbuffò Naruto, e con sua grande sorpresa si vide fulminare
dagli occhi scuri del duca.
«Che c’entra?»
scattò brusco, sciogliendo i lacci della camicia con gesti
affrettati.
Naruto sbatté
le palpebre e inclinò la testa di lato, perplesso.
«Ehi, la
puntavi anche tu, per caso?» domandò incuriosito.
Sasuke sfilò
la camicia, sbattendola sul divanetto con irritazione.
Di
che parlava Naruto? Puntare? Puntare Sakura? E che voleva dire anche
lui?
Aveva il terribile
sospetto di aver perso parte della conversazione.
E, così
facendo, di essersi tradito.
«Non capisco
di cosa tu stia parlando» ruminò tra i denti, nervoso.
«Oho... allora
ho visto giusto!» esclamò Naruto pieno di entusiasmo.
«Smettila»
ringhiò Sasuke. «Ed esci dalle mie stanze, voglio
dormire!»
«Macché,
questo non è affatto il momento di lasciarti!»
Naruto balzò
in piedi, energico come se non avesse ballato per ore e tirato quasi
l’alba, e si avvicinò a Sasuke con più entusiasmo di
quanto fosse saggio.
«E’ la prima
volta che ti vedo interessato a una donna, sai?» commentò
allegro, girandogli attorno. «Forse dovresti lottare per lei!»
Lottare?
Ma se
era stato invitato al suo matrimonio... e probabilmente ci sarebbe
pure andato, era difficile trovare una scusa plausibile per evitarlo.
Lo spumante ancora
lo rendeva impulsivo, tanto da costringerlo a serrare i pugni per non
scaraventare Naruto fuori dalla stanza.
«Per una
contadina?» sibilò acido, senza volerlo.
«Che c’entra
la contadina adesso?» chiese Naruto confuso.
«Non ho i
pessimi gusti del marchese» continuò Sasuke, spinto da
un impulso che non sapeva bene identificare. «Le donne che
puzzano di stalla può tenersele tutte, io non me ne faccio
nulla!»
«Aspetta,
aspetta!» lo bloccò Naruto, spalancando gli occhi.
«Sakura non è la figlia di qualche nobile? Viene dal
paese?»
«E che si
sposino anche domani, se ci tengono tanto!» inveì
Sasuke, ormai del tutto disinteressato ai commenti di Naruto.
«Inviteranno anche le capre!»
«Perché
ne sai così tanto, tu?» lo interruppe l’altro,
stupito.
«Cosa?»
il duca si bloccò all’improvviso, fissandolo.
«Sì,
perché sei così bene informato? Per quel che ne so,
erano quasi quindici anni che non tornavi qui a Montebello, come mai
sai tante cose su quella ragazza? E perché la cosa ti urta
tanto?»
Sasuke sentì
il viso accaldato, suo malgrado.
Per molti versi
Naruto era terribilmente ingenuo, ma quando intuiva qualcosa poi
tendeva a sviscerarla fino all’ultima goccia, insoddisfatto finché
non raschiava il fondo. E Sasuke capì di avergli fornito fin
troppi appigli per potersi tirare indietro.
Sbuffò
sonoramente, passandosi una mano tra i capelli.
«La conoscevo»
sibilò stringato. «Da bambino, giocavo con lei nei
campi»
«Il nobile
figlio degli Uchiha giocava nella polvere?» chiese Naruto, con
un sorrisino allibito.
«Anche tu lo
facevi, razza d’idiota!» insorse Sasuke, arrossendo.
«No. Io
giocavo nei prati perfettamente curati attorno alla villa di
famiglia, caro il mio duca» lo corresse lui, divertito. «Non
arrivavo al fango, per tubare con le contadinelle»
«Non tubavamo!
Avevamo cinque anni, al massimo sei! E non sono mai andato a
cercarla, ci siamo incontrati per caso!»
«Va bene, va
bene... chiedo venia. Ad ogni modo, poi che è successo?»
«Poi ci siamo
trasferiti del piacentino, tutto qui»
Naruto scrutò
Sasuke, assottigliando gli occhi.
«Tutto qui?»
ripeté in tono inquisitorio.
Sasuke sbuffò.
«Abbiamo litigato, prima che partissi. Uno sciocco litigio tra
bambini, nient’altro. Una cosa molto stupida, oltretutto...»
«Cioè?»
Sasuke evitò
lo sguardo di Naruto, a disagio.
«Eravamo
giovani e ingenui...» masticò vago.
«Cioè?»
ripeté Naruto, inflessibile.
«Matrimonio»
bofonchiò l’Uchiha. «Volevamo sposarci»
Com’era
prevedibile, Naruto scoppiò a ridere, piegato in due.
«Sono le
promesse che si fanno tutti a quell’età!» scattò
Sasuke, indignato.
«Anche
tu?»
ansimò Naruto, incredulo.
«Comunque era
più lei di me!» sbottò Sasuke. «Io le ho
detto subito che era impossibile, perché ero duca e lei
contadina!»
«A cinque anni
facevi già questi pensieri?»
«Hai
intenzione di trovare da ridire su ogni
cosa che uscirà dalla mia bocca?»
«No, certo che
no. Scusa. E’ solo che...» si interruppe, e una risatina gli
sfuggì alle labbra. «Cercavo di immaginarti, a cinque
anni, mentre spieghi a una bambina che sei cento volte più
importante di lei, anche se siete infangati fino ai capelli tutti e
due»
Sasuke sbuffò,
irritato.
«Avrei dovuto
tenere la bocca chiusa» si rimproverò, sperando che
l’alcol che aveva in corpo fosse sufficiente a fargli scordare
tutto l’indomani.
«E perché,
scusa?» chiese Naruto asciugandosi una lacrimuccia. «Ora
dobbiamo fare un piano»
«Un cosa?»
replicò Sasuke perplesso.
«Un piano per
mandare all’aria il matrimonio tra Sakura e il marchese»
Suo malgrado,
nonostante l’incredibile sconvenienza del gesto, il duca spalancò
la bocca.
«No»
disse poi, riprendendosi. «Non vedo nemmeno perché
dovrei contemplare
l’idea!»
Naruto sbuffò
e roteò gli occhi, piantandosi le mani sui fianchi.
«Mi
sembra evidente!» ribatté. «Tu e Sakura a cinque
anni giocavate nel fango come due allegri maialini, il che, in
teoria, ora non dovrebbe avere la minima ripercussione sulle vostre
attuali azioni. Ma,
e qui sta il punto, il suo matrimonio con il marchese ti turba. Ora,
non so fino a che punto foste legati da piccoli, ma se perdi le
staffe solo per averla rivista tre ore e aver scoperto che si sposa,
direi che devi almeno provare a impedire l’irreparabile. Certo, se
lei insiste nel voler restare con il marchese, è tutta
un’altra faccenda, ma comunque vale la pena fare un tentativo!»
Sasuke sbatté
le palpebre, vagamente stordito.
Perché
ciò che diceva Naruto gli sembrava sensato?
Forse era più
ubriaco di quel che pensava.
«Non...
Insomma...» balbettò, spiazzato. «Non posso
spuntare a un mese dalle nozze e... e rapire
la sposa!»
protestò. «Soltanto un folle, o un idiota, lo farebbe!»
«L’amore
rende spesso folli e idioti» fu il pratico commento di Naruto.
«Amore? Io non
la amo!»
«Prova a
trovartela di nuovo davanti, e riprendiamo il discorso, che ne dici?»
«No. No, ciò
che stai proponendo è... è assurdo, e folle. No»
Naruto sbuffò
esasperato.
«Vediamo di
esporre la situazione in poche, semplici parole» sillabò,
come si parla a un bambino. «Sakura, la stessa Sakura che ti fa
sembrare un ragazzino idiota e indeciso, sta per sposare un altro
uomo. Tu dici che non la ami, ma il suo matrimonio ti ha spinto a
bere qualcosa come quindici bicchieri di spumante – non negare, ti
ho visto. Ora, sapendo che il divorzio è ancora prerogativa
dell’Inghilterra, e sapendo che probabilmente avrai soltanto
un’occasione per impedire le nozze, perché siamo ancora
fermi a parlarne?»
«Cosa?»
fece Sasuke, spiazzato.
«Prendiamo i
cavalli e andiamo a rapirla!» esclamò Naruto, con gli
occhi brillanti di entusiasmo.
«Cosa?»
ripeté Sasuke, spalancando di nuovo la bocca. «Tu sei
completamente folle!»
«Forse»
ammise Naruto sbuffando. «Ma ho già detto che non avrai
nulla di che pentirti finché sarò con te, e Sakura è
precisamente una delle cose per cui ti pentirai, in futuro»
Sasuke sbatté
le palpebre senza sapere cosa rispondere.
Nella
sua testa la voce di Orochimaru gli ripeteva ossessivamente che
avrebbe dovuto sposare Hinata Hyuga, e che se non l’avesse fatto
sarebbe successo qualcosa a Naruto. Dall’altra parte, però,
Naruto gli diceva praticamente che se non si fosse mosso sarebbe
successo qualcosa a
lui,
per mano di chi non era precisato. E in mezzo, il nobile erede degli
Uchiha pensava che aveva bevuto decisamente troppo.
Si passò una
mano tra i capelli, confuso.
Ora che Naruto gli
aveva messo la pulce nell’orecchio, l’idea di Sakura sposata con
il marchese Lee lo faceva infuriare. Ma non poteva impazzire per una
ragione del genere, non poteva gettare al vento anni e anni di
preparazione, la sua maschera perfettamente costruita, edificata sul
modello di Itachi con cura e attenzione.
Di
lui si diceva che fosse una persona fredda e calcolatrice, lucida,
intelligente, cauta. Non poteva dimostrarsi improvvisamente
impulsivo, irascibile, e soprattutto stupido.
Strinse i denti,
maledicendo Naruto e la sua parlantina.
«Non posso»
ripeté. «Orochimaru... ho un debito con lui. Vuole che
sposi l’erede degli Hyuga, e non posso rifiutare!»
Il sorriso sulla
bocca di Naruto scomparve bruscamente.
«Orochimaru?»
ripeté asciutto. «Cosa hai a che fare con lui, Sasuke?
Perché gli hai chiesto aiuto?»
«Lascia
perdere, è una vecchia questione» lo liquidò
l’Uchiha, con un cenno.
«No,
tu
lascia perdere!» inveì Naruto. «Ignora Orochimaru,
io posso difenderti benissimo da lui!»
Sasuke sbuffò
piano. «Ha previsto che avresti messo bocca nella faccenda»
mormorò. «E ha minacciato di occuparsi anche di te, se
oserai immischiarti»
A sorpresa, Naruto
scoppiò a ridere.
«Per favore!»
esclamò quando si fu un po’ calmato, con un ghigno ampio.
«Orochimaru non può sfiorarmi nemmeno con l’unghia del
dito mignolo. Io sono il nipote del Re, diamine! Se osasse solo
guardarmi in maniera poco gentile, avrebbe tutta la nobiltà
contro. E senza appoggi i suoi traffici sarebbero finiti»
Sasuke lo fissò,
dubbioso.
Conosceva Naruto
abbastanza da dubitare della sua eccessiva sicurezza, ma allo stesso
tempo sapeva che la famiglia reale era la protezione migliore da
Orochimaru – forse l’unica protezione.
Non voleva che
Naruto restasse coinvolto in qualcosa di pericoloso, ma sull’altro
piatto della bilancia Sakura pesava ogni minuto di più.
Chinò la
testa, frustrato.
Aveva sfidato a
duello Itachi per non fare la stessa fine dei suoi famigliari. Nel
corso degli anni, più o meno subdolamente, suo fratello aveva
eliminato ogni possibile concorrente o erede trasversale, fino ad
avere la sicurezza di avere ogni cosa. Sasuke aveva scoperto i suoi
piani, si era infuriato, si era sentito tradito, e aveva deciso di
troncare bruscamente ogni sua aspirazione al potere.
Ma ora tutto poteva
diventare vano.
Aveva ucciso Itachi
per sopravvivere, ma a causa della sua morte rischiava di soccombere
ora.
E dire che alla fine
Orochimaru non lo aveva nemmeno aiutato davvero.
E Sakura...
Sakura sposava Lee.
Per
gratitudine, realizzò
ricordando la loro breve conversazione.
Sasuke rialzò
la testa, cupo.
Se avesse agito, lui
e Naruto sarebbero stati in pericolo.
Se non avesse agito,
Sakura si sarebbe rinchiusa in un matrimonio obbligato e lui lo
avrebbe probabilmente rimpianto per sempre.
La prima opzione, se
non altro, prevedeva conseguenze meno certe della seconda.
«Oh, al
diavolo!» ringhiò, afferrando la camicia che aveva
gettato sul divanetto. «Naruto, vai a dire di sellare i
cavalli! E trova qualcuno che sappia dove vive Sakura!»
Naruto si illuminò,
entusiasta come un bambino di fronte a un nuovo gioco.
«Agli ordini!»
gongolò, partendo in quarta, e raggiunse la porta della stanza
totalmente dimentico del fatto che non dormiva da almeno diciotto
ore.
«E non
metterti a raccontare ogni cosa al primo che passa!» gli gridò
Sasuke, mentre già era con un piede fuori.
«Ehi, non ti
fidi di me?» ribatté Naruto fingendo indignazione.
Rise, uscendo del
tutto, e percorse il corridoio canticchiando una marcetta trionfale,
accompagnato dall’ombra che la luce delle candele gli disegnava
attorno.
Aveva leggermente
esagerato riguardo alla questione di Orochimaru: non era del tutto
vero che godeva di un’immunità assoluta, ma un po’ di
rischio rendeva la vita più interessante.
Quando raggiunse lo
scalone di marmo, scese i gradini a saltelli, sotto gli sguardi
irritati dei domestici che ripulivano. Sorrise a tutti, in tono
leggero, e ripensò a Sakura e a come si erano parlati lei e
Sasuke, quella sera, quando credevano che nessuno li guardasse.
Oh, se il giovane
duca avesse dato un’occhiata attorno, si sarebbe accorto che ogni
singolo invitato aveva visto qualcosa di strano nel loro incontro.
Naruto sospirò,
scuotendo la testa.
“Bisogna
sempre far notare tutto a quell’ingenuotto!”
Continua
E questa doveva essere la fine della fiction. Un bel finale aperto, punti interrogativi, intenzioni, e bla bla bla.
Ovviamente, la mia incapacità cronica di abbandonare i
personaggi al loro destino mi ha portata ad allungare le cose.
ç_ç
Che qualcuno mi scampi e liberi da questa maledizione!
(Tra parentesi, il seguito è ancora tutto da scrivere! XD)
Hipatya: Sasuke
è ingestibile già nel mondo di Naruto, figuriamoci nelle
AU... -.-' E la cosa orribile è che, nonostante io lo odi e non
sappia gestirlo, finisco sempre per dargli ruoli complicati e che
prevedono introspezione! Argh! Sono masochista! Comunque, confesso che
la tentazione di ambientarla in Toscana c'è stata... Poi
però ho realizzato che, ogni volta che si parla di Italia,
tutti, dai fanwriter agli scrittori di professione, parlano della
Toscana. E, da fiera e orgogliosa abitante dell'Oltrepò, mi sono
rotta le scatole! XD Senza contare che per me è davvero molto
più semplice descrivere luoghi che conosco. U_U Oh, questa volta
non è tanto difficile prevedere cosa combinerò con i
pairing (beh, l'ho annunciato! XD) Ci saranno solo alcuni dettagli che
saranno un po' una sorpresa... e una cosa che spero vi spiazzerà
proprio! XD Ma va beh, non ho a disposizione 'sto gran numero di
capitoli, quindi rilassati: saprai tutto relativamente in fretta.
bambi88: paura
delle ShikaIno, eh? Dai, dai. Inspira a fondo e mettiti comoda, che per
questa volta quasi non sono comparsi insieme! XD Solo che Temari non si
è ancora vista... e in che ruolo comparirà?
arwen5786: e
così il SasuHina è fascinoso? Sai, potrei anche prenderlo
come un consiglio... <3 Ma che parlo a fare, visto la risoluzione
che ha preso Sasuke in questo capitolo? XD E poi, beh, lo confesso: per
me Sasuke è sempre OOC, anche con Kishi. ò.ò
Sì, è un personaggio che non dovrebbe esistere! XD E fidati... mi sono davvero ispirata a voi, mentre scrivevo. D'altronde Mistacchi è avvolgente, come si fa a non restarne contagiati? (patetica scusa per la mia scarsa inventiva ç_ç)
sammy1987: non
è che sia difficile scrivere SasuSaku... E' proprio Sasuke a
crearmi problemi! XD E' il più problematico di tutti, per quel
che mi riguarda! Sono contenta che ti sia piaciuto il primo capitolo, e
mi scuso ancora se alla fine questo regalo mi è sfuggito di
mano... ç_ç Cercherò di rimediare tirando fuori
qualcosa di sensato, lo prometto! (oh, sento odore di nuova fanwriter
nell'aria o è soltanto una mia impressione...?)
lale16: sì,
ora che ci ripenso il primo capitolo diceva poco o niente! XD Ma nel
secondo si capisce in che direzione andranno le cose, quindi spero si
sia rivelato un po' più interessante!
Talpina pensierosa: Maria, sai che io ti ammiro un sacco? XD Sei quasi peggio di arwen, recensisci anche ciò che nessuno vede! XD Sei ubiqua (o onnipresente), ma quanto leggi? Comunque mi fa tanto piacere vederti anche qui! ^_^ Un abbraccio forte!
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Deserving-3
Deserving
La
polvere si sollevava leggera nell’aria tiepida, sbiancata
dalla
luce di una luna insolitamente intensa. La campagna era piatta e
deserta fin dove giungeva lo sguardo, e in lontananza si
distinguevano i contorni dei primi terreni boschivi, riserve di
caccia gelosamente custodite dalla nobiltà e terreno
prediletto del bracconaggio contadino.
Due
cavalli percorrevano solitari una strada sterrata, e i loro zoccoli
lasciavano segni volubili nel terriccio polveroso. Sulla loro groppa,
due uomini cavalcavano avvolti in abiti leggeri e decisamente troppo
eleganti per la situazione.
«Potevamo
almeno cambiarci!» gridò uno di loro, dal suo
cavallo
bianco. «Questa è seta! No, dico, seta!»
L’altro
gli scoccò uno sguardo rovente, e la
luna, complice e scenografa, contribuì ad aumentare il
brillio
irritato dei suoi occhi scuri.
«Mi
hai trascinato fuori di casa a quest’ora
barbara, e ti lamenti per l’abbigliamento?»
esclamò
quasi ringhiando, voltandosi sulla sella e rischiando di procurarsi
uno strappo muscolare.
«Non
è che mi lamento proprio...»
tergiversò l’altro, i capelli biondi scomposti nel
movimento
sussultorio del cavallo. «E’ solo che mi
è venuto in
mente che potevamo cambiarci. Almeno io potevo farlo! Cioè,
tu
magari vuoi essere tutto elegante, ma io potevo cercare qualcosa di
più comodo e meno cost...»
«Chiudi
quella bocca!» lo interruppe il
compagno, irritato. «O giuro che ti ci ficco dentro una
rapa!»
Attraverso
due domestici più o meno fidati Sasuke
aveva scoperto che Sakura viveva ancora nella vecchia casa dei suoi
genitori, a Codevilla.
Il
paese non era distante, e a cavallo avrebbero
impiegato meno di un’ora, ma con il buio rischiavano di
perdere la
strada nei tratti in cui costeggiava le colline e la luce della luna
veniva oscurata dagli alberi.
Quando
Sasuke glielo aveva fatto notare, Naruto aveva
scansato il problema con un cenno distratto e una risata vaga.
“Che
vuoi che sia? In qualche modo ce la faremo!” aveva esclamato
pieno
di entusiasmo, e il duca aveva dovuto far leva su tutto il suo
autocontrollo per non strangolarlo con il fazzoletto buono.
Ma
alla fine, trascinato suo malgrado dall’entusiasmo del
compagno,
era balzato in sella al suo stallone bruno e lo aveva seguito in
quella folle avventura, mentre una parte di lui ancora protestava
vivacemente e gli ricordava concetti quali decoro,
etichetta
e
immagine.
Quando
le sagome
delle case del paese si profilarono oltre i campi più
vicini,
quella stessa parte del suo animo era in piena dissertazione
sull’incommensurabile sconvenienza del presentarsi alla porta
di
una paesana nel cuore della notte; sfortunatamente per lei, la
restante parte di Sasuke, insieme a una generosa dose di spumante,
stava gridando selvaggiamente di spronare il cavallo ad andare
più
veloce.
«E’
quello,
vero?» chiese Naruto, leggermente più avanti.
«Accidenti, mi stai dicendo che la piccola Sakura si faceva
tutti i giorni questa strada a piedi, sotto il sole, solo per
incontrare te?»
«Certo
che
no!» ribatté Sasuke indispettito.
«Accompagnava i
genitori, e loro erano nostri braccianti»
«Ah.
Però
è pur sempre un tratto lunghissimo per una
bambina!»
Naruto si strinse nelle spalle, gettandosi un’occhiata dietro
la
schiena. «Doveva essere bella robusta, eh?»
ridacchiò.
Sasuke
ripensò
alla Sakura della sua infanzia, e rivide una bambinetta dalla fronte
immensa e con le spalle magre e bruciate dal sole.
No,
non era affatto
robusta, ma aveva una fibra indubbiamente resistente.
«E’
una
contadina» borbottò a mezze labbra. «Le
allevano
così»
«Ma
poi, in
certi casi, crescono proprio bene» commentò Naruto
con
un sorrisino.
Sasuke
alzò
lo sguardo e lo studiò per un attimo, accigliato.
«Per
quale
motivo siamo qui, puoi ricordarmelo?» chiese cauto.
«Per
permetterti di rapire la promessa sposa del marchese a un mese dalle
nozze» rispose pronto Naruto, con un’occhiata
perplessa.
«Perché?»
«Mh...
niente»
mormorò Sasuke, distogliendo lo sguardo.
Probabilmente
era lo
spumante a renderlo sospettoso, e gli faceva credere cose che non
esistevano: Naruto aveva insistito tanto perché si
imbarcassero in quell’impresa, e inoltre conosceva Sakura da
pochissime ore... sicuramente aveva già smesso di pensare a
lei in termini ambigui.
«E
ora?»
La
voce del compagno
lo riportò bruscamente alla realtà, facendogli
sollevare gli occhi dal collo del suo cavallo. All’improvviso
si
erano fermati, a poche braccia dalla prima casa, e Naruto lo fissava
con uno sguardo curioso e leggermente emozionato.
«Da
qui in poi
sei tu che devi guidare» gli disse facendosi leggermente da
parte.
Sasuke
esitò
per un istante, ma alla fine strinse le dita sulle briglie di cuoio,
e diede uno strattone brusco.
«Seguimi»
*
In una stanza troppo
piccola e troppo buia, rannicchiata in un letto troppo stretto e
sotto coperte troppo sottili, Sakura fissava la parete nera a pochi
centimetri dal suo viso.
Non riusciva a
chiudere occhio. Era rientrata da almeno un’ora, si era
rassettata,
aveva accuratamente sistemato il vestito che le aveva regalato Lee
–
uno dei tanti – aveva indossato la solita vecchia camicia
ruvida, e
si era infilata sotto le coperte di sempre. Ma il sonno, no, quello
non era arrivato.
Con uno sbuffo
esasperato si girò sulla schiena, piantando gli occhi sul
soffitto grigio, e scostò i capelli dalla fronte umida di
sudore. Sentiva il sangue scorrere nelle sue vene, ancora impetuoso,
e diede la colpa all’emozione della festa e allo spumante che
aveva
assaggiato troppo liberamente. Ma sapeva che non era soltanto quello.
Perché non appena chiudeva gli occhi, il volto di Sasuke era
pronto a coglierla di sorpresa, perfetto e gelido.
Nonostante
sapesse perfettamente che le avrebbe fatto male, finì per
soffermarsi con il pensiero su di lui, e su di loro.
Presente e passato si alternarono nella sua mente confusa,
mescolandosi e cancellandosi a vicenda, e alla fine non avrebbe
saputo dire se aveva giocato nel fango con un giovane rampollo di
cinque anni o con l’ultimo grande erede di una nobile ed
altera
famiglia.
Tutto ciò che
restava, dopo tutto, era il suo viso. Più spigoloso,
più
acuto, meno dolce... ma sempre maledettamente bello.
Da
bambina pensava che Sasuke fosse carino.
Le piacevano i suoi occhi scuri, e le mani delicate con cui si
arrampicava insieme a lei, su per le rive dei fossi. Non si curava
molto dei suoi vestiti o dei nastri che gli legavano i capelli, ma
quelle mani lisce e prive di calli l’avevano sempre
affascinata,
tanto che aveva passato interi pomeriggi a paragonarle alle sue, tra
gli sbuffi leggermente supponenti del loro proprietario. Le dita e i
palmi di Sakura già allora erano ruvidi e scuri. Crescendo
si
erano fatti ancora più resistenti, ancora meno femminili,
finché Lee non era entrato nella sua vita, e sua madre le
aveva proibito di prendere il sole e di fare qualunque tipo di lavoro
pesante.
“I
nobili vogliono giovani con la pelle chiara e mani delicate! Prendi
questo unguento, e lascia stare quei piatti!”
Ma, nonostante
tutto, le mani di Sakura erano rimaste ruvide. Non erano bastati gli
impiastri di sua madre e il dolce far niente, una contadina resta una
contadina anche quando si agghinda e vuol sembrare una duchessa.
Per
fortuna Lee non sembrava farci caso, così come non teneva
conto della sua pelle abbronzata, così diversa da quella
lattea delle altre nobildonne del circondario. A dire il vero, quando
erano soli, Lee non faceva altro che dire tante e tante cose su un
non meglio precisato fuoco
della giovinezza,
su quanto fosse felice di averla incontrata, e sulla gioia profonda
che avrebbero provato una volta sposati. Diceva di essere rimasto
colpito immediatamente dalla sua bellezza e dal suo modo di fare, e
per quanto Sakura si mostrasse scettica, lui persisteva nelle sue
convinzioni, ogni tanto con insistenza quasi fastidiosa.
Sakura gli era
grata. Davvero grata. Sposandolo, avrebbe permesso ai suoi genitori
di vivere dignitosamente per il resto della loro vita, senza
spezzarsi la schiena nei campi; senza contare che anche lei avrebbe
avuto un’esistenza agiata, e avrebbe messo al mondo figli ben
nutriti e istruiti.
Non
aveva avuto alcun dubbio sulla scelta da fare. Era semplice, era un
sì
scontato e obbligato.
Finché il
duca non aveva rimesso piede in quelle terre.
Da quando aveva
saputo del ritorno di Sasuke, Sakura aveva iniziato a sentirsi
nervosa. Dapprima era stata una vaga sensazione di malessere, un
fastidio generale e incerto; poi, con il passare dei giorni, si era
fatto sempre più intenso, fino a culminare quella sera, alla
festa, quando lo aveva rivisto.
Se da piccola
pensava che Sasuke fosse carino, ora era convinta che fosse di quanto
più simile alla perfezione Dio fosse disposto a creare.
Richiuse gli occhi,
e richiamò alla mente la sua immagine impettita.
Il duca Uchiha era
alto, era forte, era naturalmente elegante. I suoi capelli erano
morbidi e lucenti, e i suoi occhi neri come Sakura li ricordava, anzi
di più. Quando aveva incrociato il suo sguardo, le occhiate
ingenue che si scambiavano da bambini erano impallidite
improvvisamente, schiacciate dalla nuova profondità di
quelle
iridi pur tuttavia ancora riconoscibili.
E poi, poi c’era
il naso dalla linea dritta, le labbra rosate, il mento delicatamente
incurvato. Era bello come una donna, Sasuke, ma per qualche ragione
non c’era e non poteva esserci alcun dubbio sulla sua
virilità.
Sakura riaprì
gli occhi, turbata, e spinse le coperte in fondo al letto, con una
vampata improvvisa di calore.
Era vergognoso che
una ragazza a un mese dalle nozze pensasse a un altro uomo; era
vergognoso e indecente.
«Smettila,
smettila, smettila...» mormorò tra i denti,
coprendosi
gli occhi con le mani.
E, stupidamente, più
teneva le palpebre abbassate e più Sasuke Uchiha la
tormentava, con la sua voce e con il suo aspetto, con il suo ricordo
e la sua maledizione.
Alla fine dovette
desistere, esasperata, e lasciò ricadere le braccia nude
lungo
i fianchi, restando a fissare il soffitto. Quella notte non sarebbe
riuscita a dormire, pensò.
Ma quando sentì
che bussavano bruscamente alla porta, accantonò stupidamente
quella rapida riflessione, senza sapere che si sarebbe rivelata molto
più vera di ogni sua previsione.
Si alzò a
sedere, inquieta. Che ore erano? Chi poteva cercarli nel cuore della
notte? Forse era successo qualcosa?
Si alzò dal
letto, mentre i colpi riprendevano con più forza, e
aprì
la porta della stanza per affacciarsi sul corridoio. Vide suo padre
avanzare con occhi sospettosi, e quando la incrociò le fece
segno di tornare nella camera. Naturalmente lei non obbedì,
e
invece rimase a spiarlo mentre si avvicinava alla porta e chiedeva
chi fosse.
«Uzumaki
Naruto, per servirla!» rispose una voce squillante
dall’altra
parte. «Potrebbe gentilmente aprire? Non vorrei svegliare
l’intero vicinato»
Sakura si accigliò,
contro lo stipite.
Naruto Uzumaki era
l’ospite del duca, e le aveva fatto una corte spudorata prima
di
sapere che era già promessa... Ma come sapeva dove abitava?
E
cosa voleva?
«Chi?»
insisté il padre di Sakura, stringendo nelle mani callose
l’attizzatoio del camino.
Dall’altra parte
ci fu un mormorio indistinto, mentre Sakura deglutiva ansiosamente.
Possibile che...?
No, non era assolutamente...
«Sono Sasuke
Uchiha. Per favore, apra la porta»
Il cuore di Sakura
si cristallizzò sotto lo sterno, congelato in un istante di
puro stupore. Poi, senza preavviso, riprese a battere furiosamente e
la spinse a rintanarsi nella stanza, richiudendo la porta
bruscamente.
Appoggiò la
schiena al legno ruvido, ad occhi sbarrati, e la voce bassa e roca
che aveva sentito dall’ingresso le risuonò nelle
orecchie
come una cantilena spaventosa.
Sasuke era lì.
Nella sua casa. Nel cuore della notte. Il nobile, elegante, leggiadro
duca, si abbassava a posare il piede su un misero pavimento
contadino.
“Perchè?”
si chiese agitata, premendo una mano sul cuore per cercare di
contenerne il battito furioso. “Ho fatto qualcosa?
L’ho offeso in
qualche modo?”
Forse era stata
troppo rozza quando gli aveva parlato, forse se l’era
presa... Ma
spingersi fin lì? E cosa c’entrava Naruto Uzumaki?
Tra tutte quelle
domande, c’era un’unica, banale certezza, che lei
nemmeno
considerava più: di sicuro quella notte
non avrebbe
dormito.
«Uzumaki
Naruto, per servirla!»
Sasuke fece una
smorfia di fronte al tono esageratamente allegro di Naruto,
passandosi una mano sul viso tirato.
Avevano raggiunto la
casa di Sakura pochi minuti prima, ma sul più bello lui si
era
fatto prendere dal rimorso e aveva iniziato a sostenere che era tutta
una follia e che dovevano tornare indietro. Dopo una mezza
colluttazione, Naruto aveva avuto la brillante idea di sistemare la
faccenda bussando direttamente alla porta.
“Così
non scappi più” era stato il suo perfido commento,
mentre
Sasuke sbarrava gli occhi.
E ora il padre di
Sakura si era svegliato, Naruto starnazzava come un’oca, e se
lui
si fosse rintanato in una buca avrebbe sminuzzato definitivamente la
sua già stracciata dignità.
«Potrebbe
gentilmente aprire? Non vorrei svegliare l’intero
vicinato»
continuò Naruto in tono discorsivo.
«Chi?»
esclamò la voce oltre la porta, sospettosa.
Sasuke vide Naruto
che apriva la bocca per rispondere, e prima che facesse altri danni
lo afferrò per la collottola e lo tirò indietro
bruscamente.
«Lascia stare!
Faccio io, ho capito!» sibilò irritato, mentre
l’altro
sorrideva. Si schiarì leggermente la voce, e Naruto
mormorò
qualche incoraggiamento stupido, poi si avvicinò
all’ingresso
e cercò di usare la voce delle grandi occasioni.
«Sono Sasuke
Uchiha. Per favore, apra la porta»
Dall’altra parte
ci fu un attimo di prolungato silenzio.
Sasuke e Naruto
sentirono delle imprecazioni sorde, un rumore metallico, come di un
pezzo di ferro che venga posato bruscamente, e infine una chiave che
raschiava nella serratura. Quando il volto teso del signor Haruno
comparve da una minuscola fessura, si trovarono ad essere fissati con
una generosa dose di diffidenza.
«Duca...?»
mormorò l’uomo che li squadrava, dagli occhi verdi
e scuri.
«Chiedo scusa
per l’ora tarda» replicò Sasuke,
palesemente a
disagio.
«E’ successo
qualcosa? Avete bisogno del nostro aiuto?» domandò
ansiosamente il contadino. «Un incendio?»
«No no, nulla
di simile» si affrettò a negare il duca, iniziando
a
trovare la situazione assurdamente ridicola.
«C’è una
cosa di cui vorrei discutere con voi. Adesso»
«Bravo
così!»
sibilò Naruto alle sue spalle, con un sorriso soddisfatto.
Il signor Haruno
fissò Sasuke stralunato, a disagio. Le dita che stringeva
sul
legno della porta avevano le nocche bianche per la tensione.
«Volete...
volete entrare?» chiese titubante, scansandosi per fare
strada.
«La mia casa è piccola, non ho nulla da
offrirvi... Ma
ho un tavolo e delle sedie, di là»
«Basteranno»
Naruto e Sasuke
entrarono insieme, uno dopo l’altro, chinando appena la testa
in
segno di rispetto. Il corridoio in cui si trovarono era buio e
stretto, e vi aleggiava l’odore della campagna e dei
contadini.
Naruto storse appena il naso, ma non commentò, e invece si
avvicinò a Sasuke e gli sussurrò qualcosa
all’orecchio.
«Fin qui sei
andato benissimo... Ma, in concreto, cosa diamine hai intenzione di
fare adesso?» domandò piano.
Sasuke lo liquidò
con un cenno nervoso, mentre entravano nella cucina angusta e buia.
Il signor Haruno
cercò una candela e un cerino, e all’improvviso
una luce
fioca e aranciata si diffuse nella stanza, illuminando un tavolo
scuro e sedie in tinta, tutto artigianale. In un angolo
c’erano una
stufa e un piano da lavoro, e alle finestre tende di stoffa grezza
leggermente macchiata di fumo.
«Sedetevi,
sedetevi» disse nervosamente il padrone di casa, accennando
alle sedie.
Attese che i due si
accomodassero, e solo allora si mise all’altro capo del
tavolo e
intrecciò le dita sul piano ruvido, la candela nel mezzo a
illuminare i visi tirati di tutti.
«Allora?»
chiese subito, tormentandosi le unghie. «Ho fatto qualcosa
che... che vi ha offeso, vossia?»
«No, nulla del
genere» rispose Sasuke, più rigido di lui.
Gli avevano
insegnato a mettere a proprio agio le persone, a renderle rilassate,
a intavolare conversazioni brillanti e intelligenti; gli avevano
anche insegnato a rispettare i contadini, per guadagnare la loro
fiducia; ma francamente, in quel momento, faticava già
abbastanza a tenere il sedere sulla sedia, senza doversi preoccupare
del comfort altrui.
«Sono qui
per... un’altra cosa» aggiunse dopo una breve
pausa, fissando
con insistenza una venatura del legno.
Era lì per
una cosa che, a ripensarci, aveva dell’assurdo. Forse avrebbe
fatto
meglio a fermarsi sotto la finestra di Sakura e rapirla dalla sua
stanza, senza dire niente a nessuno; e in parte era la sua idea,
effettivamente. Ma poi Naruto si era messo a bussare come un idiota,
la casa si era svegliata, erano stati invitati a entrare... Non
poteva scusarsi, prelevare di peso Sakura e andarsene con un cenno.
Ormai doveva
ufficialmente chiederla in moglie.
(E
cercò con tutto sé stesso di non
pensare a quanto fosse seria la faccenda)
Mentre Sasuke
rifletteva, la fronte aggrottata, Naruto lo fissava incuriosito, in
attesa.
“Vuole
fare la
proposta?”
si chiese, suo malgrado emozionato. Adorava quel genere di cose: atti
impulsivi, complicazioni, decisioni dell’ultimo minuto... A
corte
era tutto molto astratto, si parlava tanto, si spettegolava anche di
più, ma alla fine tutti avevano paura di agire davvero. Poi
era comparso Sasuke, che aveva sfidato a duello Itachi, e Naruto lo
aveva visto come un’interessante ventata di
novità, e aveva
deciso che sarebbe diventato suo amico. Gli era andata bene: oltre
che impulsivo e passionale – nonostante si sforzasse di
sembrare
freddo e calcolatore – Sasuke si era rivelato anche
insperatamente
divertente, come compagnia. Naruto adorava punzecchiarlo e vederlo
irritarsi, e sotto sotto sospettava che Sasuke si divertisse quanto
lui.
Il padre di Sakura
tossicchiò, quando il silenzio si protrasse eccessivamente.
Riscosso dal rumore improvviso, Sasuke alzò la testa e si
bagnò le labbra, la fronte imperlata di sudore.
Inspirò,
espirò, intrecciò le mani, rigido.
Naruto trattenne il
fiato.
E alla fine il duca
parlò.
La porta della
stanza si spalancò così bruscamente che Sakura fu
spinta fin quasi in mezzo al pavimento, con un’imprecazione
sorda e
un lamento soffocato.
«Ahia,
che...?» iniziò a dire, ma fu interrotta dalla
voce
concitata della madre.
«Sei sveglia!
Cara grazia!» esclamò quella, soffocando la voce
in un
sibilo. Era una donna rotondetta dai capelli rossi, a malapena
brizzolati, ed era avvolta in una vestaglia troppo corta.
«Muoviti,
vestiti! L’abito migliore che hai!»
sussurrò
ansiosamente, aprendo l’armadio in cui conservava i regali
del
marchese.
«Cosa? Che
succede? Mamma, ma che...?» balbettò Sakura,
spiazzata,
e si vide gettare addosso un vestito ancor prima di riuscire a tirare
il fiato.
«Mamma!»
sbottò irritata, liberando la testa dalle falde della
sottogonna. «Che cosa succede?!»
«Oh, bambina
mia!» sussurrò la donna, fermandosi di botto e
guardandola, francamente piuttosto perplessa. «Quando io e
tuo
padre ti abbiamo messa al mondo eri poco più di un topo
spelacchiato, e pensavamo che servivi a poco, sempre che
sopravvivevi. E invece sei cresciuta un minimo graziosa, e fai strage
di cuori nobili. La Provvidenza non ha limiti!»
«No, aspetta,
ferma» la bloccò Sakura, confusa.
«Strage di cuori
nobili? Che vuoi dire?»
«Voglio dire
che il duca ha appena chiesto la tua mano»
Sakura sgranò
occhi e bocca, impallidendo bruscamente.
«Il... Il
duca...?» mormorò incredula, e il suo cuore
accelerò
immediatamente.
«Ed è
davvero incredibile!» annuì la madre, rimettendosi
a
frugare nell’armadio con impegno. «Sai, il marchese
è
un bravo ragazzo, ma è tanto bruttino... Pensavamo fosse il
meglio che poteva capitarti, e invece no! Non so ancora come, ma
sembra che hai conquistato anche il bell’Uchiha!»
si sollevò
dalla pila di stoffe e la fissò, pensierosa. «Non
era
mica il bambino con cui giocavi nella riva? O era il
fratello?»
domandò curiosa.
Sakura strinse le
mani sul vestito, premendoselo contro il petto frenetico.
Sasuke
l’aveva chiesta in moglie. Sasuke. Quel
Sasuke. Lo
stesso Sasuke che l’aveva trattata con gelida freddezza
soltanto
poche ore prima, che le aveva mostrato tutto il suo disprezzo e
l’aveva congedata con asprezza.
Ora, nel cuore della
notte, veniva per sposarla.
«No» si
trovò a sussurrare, sgomenta. «No, non
è
possibile, devi aver capito male...»
«Figliola, di
me tutto si può dire, ma non che non ci sento»
sbottò
la madre, prendendo un altro abito di un giallo pallido. «Ero
nel corridoio, ho capito parola per parola. Posso anche ripetertele
se vuoi»
«Ma non è
possibile... E, aspetta, che stai facendo?»
«Devi essere
presentabile!» la donna sbuffò esasperata.
«Devi
andare da lui con un minimo di dignità, o vuoi vederlo con
quello straccio addosso?»
Sakura sentì
la stoffa della camicia pungerle le gambe, e arrossì di
colpo.
«Ma
io non ho alcuna intenzione di incontrarlo!»
esclamò
all’improvviso, indignata. «Io sono la fidanzata
del
marchese, lo sposerò in settembre, e diventerò sua
moglie!»
La madre si
immobilizzò e la fissò, con un lampo
d’ira nello
sguardo.
«Signorinella,
non si rifiuta un duca!» sibilò agguerrita.
«Cara
grazia che ti ha notata, figurarsi se possiamo giocare con la
fortuna!»
«Ma il
marchese...!»
«Il marchese
se ne farà una ragione!»
Sakura gettò
a terra il vestito che aveva in mano, furiosa.
«Non voglio
sposare quell’uomo!» esclamò, senza
curarsi del volume
della voce. «Sono già promessa a un
altro!»
«Zitta, per
carità!» sibilò sua madre afferrandola
per un
braccio. «Sakura, ma che ti prende all’improvviso?
Dovevi
avere questi scrupoli a sposare il marchese, che è
così
brutto e neanche tanto ricco, piuttosto che il duca!»
«Ma io non
voglio! Non voglio!» sussurrò lei, sentendo le
lacrime
che premevano dietro gli occhi. «Voglio sposare il
marchese!»
«E che è
questa storia?» chiese la madre, confusa. «Fino a
ieri lo
sposavi solo perché non c’era niente di
meglio!»
«E ora no!»
ribatté Sakura tra i denti, lo sguardo offuscato.
Sua madre crollò
le spalle, smarrita.
«Bambina, il
duca ti ha fatto qualcosa?» chiese titubante, allentando la
stretta sul suo braccio.
«No,
non mi ha fatto niente!» rispose lei asciugandosi le lacrime.
«Però... però non voglio! Quell’uomo
mi spaventa»
«Allora ti ha
fatto qualcosa!»
«No!»
Non qualcosa di
definito, perlomeno. Era più il suo intero comportamento: la
freddezza, l’alterigia, la proposta improvvisa... Sakura non
riusciva a capire il duca, e i suoi sbalzi d’umore la
spiazzavano
totalmente. Per quanto fosse affascinante, per quanto fosse ricco,
per quanto fosse lo stesso bambino con cui aveva passato
l’infanzia,
ora era anche uno sconosciuto, un uomo che non aveva mai visto. E che
la spaventava.
«Sakura...»
sua madre abbassò la voce, tornando ad aumentare la stretta
sul suo braccio. «Il duca è un uomo potente. Se
vuole
sposarti, ti sposerà, lo sai. Non irritarlo, per
l’amor del
cielo! Se alla fine sarai comunque sua moglie, ti conviene accettare
di buon grado!»
«Io
non sarò sua moglie!» inveì Sakura,
riacquistando
la verve
perduta. «Non romperò il mio fidanzamento con il
marchese, non diventerò la poco di buono del paese per
compiacere il signorino!»
Mentre ancora la sua
voce si alzava di tono, Sakura e sua madre sentirono bussare alla
porta della stanza, e si irrigidirono di colpo.
«Sakura,
aprimi. Sono tuo padre» disse la voce ruvida
dall’altra
parte.
Sakura tirò
un sospiro di sollievo, aprendo la porta e lasciandolo entrare. Non
appena fu all’interno della stanza, gli gettò le
braccia al
collo, e lo supplicò di rifiutare la proposta del duca.
«Ti prego, se
mi vuoi un po’ di bene... Per favore, per
favore...» sussurrò
ad occhi chiusi, stringendosi a lui.
«Sakura, mi
dispiace...» mormorò il padre, addolorato.
Sakura sentì
le sue mani che la allontanavano delicate ma con forza, e sconcertata
vide il suo sguardo afflitto.
«Ha promesso
che si prenderà cura di te» spiegò il
padre
sottovoce. «Dice che penserà lui a chiarire le
cose con
il marchese, e che provvederà anche a me e a tua madre. Ho
provato a dire qualcosa, ma francamente non vedo motivi per
rifiutare...»
«Perché
mi spaventa!» sibilò Sakura, allarmata.
«Perché
è un pazzo, perché è un assassino! Ha
ucciso il
fratello, avete sentito anche voi le voci! E volete darmi a un uomo
del genere?»
«Sakura!»
il padre la afferrò per le braccia, con forza.
«Abbassa
la voce, cristo santo!» la madre si fece il segno della
croce,
levando gli occhi al soffitto. «Anche a me fa paura! Ricordo
suo padre, e anche suo nonno. Ricordo tutta la sua maledetta
famiglia, e sono uno peggio dell’altro! Ed è
proprio per
questo che non possiamo rifiutarci, lo capisci? Non si dice di no a
un uomo del genere!»
«Mi state
consegnando nelle sue mani!» alitò Sakura, e
questa
volta le lacrime debordarono e le bagnarono le guance. «Mi
state vendendo!»
«No, Sakura,
no. Non dire una cosa simile, per carità...» suo
padre
l’abbracciò d’impulso, stringendola
forte. «Volevo
che fossi felice, dico davvero. Anche se vedevo che il marchese non
ti piaceva, mi sembrava che comunque fosse il meglio per te, ed ero
contento di come andavano le cose... Ma ora non posso fare niente,
non lo capisci? E’ il duca! E’ amico delle persone
che contano,
gli basterebbe alzare un dito per rovinarci! Sakura, come faccio a
dirgli di no?» la allontanò, asciugandole le
guance con
un dito. «E poi... mi sembrava che ti piacesse, un tempo. Da
bambini giocavate insieme, no?»
«Sono passati
così tanti anni...!» gemette lei, scuotendo la
testa.
«Le persone cambiano, papà... e io non voglio...
ora
non...»
«Sakura, ormai
è troppo tardi» sussurrò il padre
interrompendola, con voce arrochita.
Sakura alzò
gli occhi, e impallidì.
«Gli ho già
concesso la tua mano»
*
La strada del
ritorno fu percorsa a un’andatura decisamente meno sostenuta.
Naruto e Sasuke
procedevano in silenzio, lasciando che fossero i cavalli a decidere
il passo, e tutti e due restavano meditabondi.
«Insomma...»
mormorò a un tratto Naruto, scrutando vago l’ombra
disegnata
sul sentiero dal suo stallone. «Siamo partiti come guerrieri
pronti alla pugna, e torniamo con un armistizio, in
definitiva»
«Sta’
zitto»
replicò Sasuke, acido.
Non riusciva ancora
a crederci: la minaccia di Orochimaru pendeva sul suo capo,
imminente, e lui andava a fare proposte di matrimonio a destra e a
manca. A Sakura, poi: una contadinotta indegna e senza un soldo di
dote. Doveva essere davvero folle.
“Che
diavolo mi è preso?” si chiese furioso.
“Cosa sto
facendo?”
Eppure, nonostante
l’insofferenza e l’irritazione, non
pensò nemmeno una
volta di girare sui tacchi e annullare la sua proposta.
Folle o non folle,
Sakura non avrebbe sposato il marchese.
Continua
Bene,
volete la verità?
Non ho la più pallida idea di come andranno avanti le cose!
ò.ò
Al momento mi si agitano in testa un po' di possibilità, ma
visto che non mi sono ancora decisa su quale adotterò,
beh... Mi
sa che sarà una sorpresa per tutti quanti, me inclusa.
Talpina Pensierosa: sì,
hai recensito anche quelle in cui non lo avevi fatto! XD E' inutile, mi
fai paura!
Hipatya: anche
io ho nostalgia del mio mondo, ma di quello mentale! Quello che metto
per iscritto è soltanto una pallida imitazione di tutto
ciò che viaggia nella mia testa, il che significa che
lì dentro c'è un grande affollamento...
ò.ò A proposito dei Sasuke OOC, purtroppo li
conosco. Purtroppo li
conosco. E in effetti rileggendo certe
mostruosità mi convinco di essere un genio, ma poi per
fortuna torno con i piedi per terra e ridimensiono l'altrui
ridicolaggine e la mia mediocrità, con gran conforto (o
sconforto?) del mio ego. <3 Oh, su Naruto non ho intenzione di
dire nulla di nulla! Ormai quando Kishi non lo fa abbastanza figo -
abbastanza figo secondo
me - mi incazzo come se fosse un mio personaggio.
ò.ò Ah, che egocentrica! Oh, per i pairings...
Sai che in realtà con Shika sono ancora indecisa? Solo che
ho bambi88 che mi alita sul collo minacciando di piangere se diffondo
biancume, quindi mi trovo un po' strangolata! ^^' Ah, il Re
è il re vero. Nel senso, modifico uno sconosciuto suo nipote
affibbiandogli l'identità di Naruto, ma il Re resta il re!
XD Jiraya è imparentato con Naruto, ma non so nemmeno bene
come o perché! ò.ò E non so che ruolo
abbia!
sammy1987: ma
perché tutti si sconvolgono quando dico Sakura e Lee?
Insomma, lui è innamorato perso di lei anche nel manga! E
senza Sasuke e Naruto nei paraggi, ci sta anche che si trovino,
soprattutto nelle condizioni in cui li ho messi io. Comunque, in questo
capitolo hai letto un po' meglio come è strutturato il loro
rapporto, e forse avrai anche capito un po' di cose... Spero che ti
abbia soddisfatto quel che han combinato Naruto e Sasuke! (?) Alla
prossima! ^^
bambi88: tu
in questa fic avrai una sola certezza: Shika è un gran figo.
U_U Comunque, mi sa che dal prossimo capitolo comparirà
anche Temari... tanto per incasinare un po' le cose!
<3 Preparati!
arwen5786: che
voglio fare di Hinata? Beh, se resta un personaggio marginale ne saprai
poco, se dovesse rientrare nella cerchia dei principali ne saprai di
più... Comunque non devono accadere poi troppe cose, quindi
verrai a conoscenza di tutto in tempi relativamente brevi! Su, su, le
tue speranze Hyuugacestose non vanno gettate al vento! Ma non
azzardarti mai più a criticare Sakura e Lee, o metto lui con
Hinata! O peggio, con Neji.
Kairi84: eccola,
lo sapevo. Se non mette in una recensione "Naruto e Sasuke" non
è felice! Tsk, questa donnina yaoista... Cooomunque, sempre
lieta di allungare la tua lista delle cose da leggere e commentare! XD
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Deserving-4
Deserving
Ogni
leggenda parla del sole come della magica
panacea.
Mostri, vampiri, fantasmi e incubi scompaiono all’alba, bruciati
dalla luce rosata che attraversa nubi e finestre, e le malattie più
brutte si curano stando in giardino.
Quando
aprì gli occhi, destato da un raggio caldo sul suo viso, per
prima cosa Sasuke Uchiha odiò la magica panacea che lo aveva
svegliato; e per seconda cosa odiò il mal di testa tremendo
che lo ghermì non appena sbatté le palpebre.
«Che
ore sono...?» mormorò intontito, con la bocca impastata
e i muscoli pesanti.
Si
rigirò sulla pancia, sentendo le lenzuola di lino frusciare
sulla pelle nuda dell’addome, e si tese alla ricerca dell’orologio
da taschino, abbandonato sul comò insieme al fazzoletto e al
nastro con cui legava i capelli, ora sciolti sul collo e umidi di
sudore. Le lancette ticchettavano precise, e segnavano le sei e
venti.
Sasuke
mugolò, crollando il capo sulla spalla, e si lasciò
ricadere prono tra le lenzuola. Non aveva dormito più di due,
forse tre ore. E non aveva decisamente digerito lo spumante. E doveva
andare in bagno.
Facendo
leva sulla volontà più che sulle sue forze, si issò
sulle braccia, e buttò un piede giù dal letto. Riuscì
a fare lo stesso anche con l’altro, mentre la stanza vorticava
davanti ai suoi occhi, e scostò confusamente le lenzuola. Si
alzò, passandosi una mano tra i capelli, sbadigliò
sonnolento, e fece vagare lo sguardo per la stanza.
Fu
allora che vide la giovane domestica che lo fissava ad occhi
sbarrati.
Fu
allora che lei lanciò un grido, e lasciò cadere la
bacinella d’argento che aveva portato perché si sciacquasse
il viso.
Fu
allora che lui si accorse di essere completamente nudo.
Piegato
sul suo piatto di fagiano arrosto, Naruto rischiava di soffocare per
il gran ridere. Tossì, si asciugò una lacrimuccia, e
afferrò il bicchiere di vino per svuotarlo in un’unica
sorsata. Solo allora riprese fiato, e gettò un’occhiata
piena di compatimento al suo unico commensale, un truce e cupo
Sasuke.
«Fammi
capire» celiò trattenendo le risatine. «Questa
notte hai chiesto la mano di una ragazza, e questa mattina ti sei
presentato nudo come Iddio ti ha fatto davanti a un’altra. Non
male. Non male davvero»
«Piantala»
sibilò l’Uchiha arrossendo, e si passò una mano tra i
capelli, frustrato. «La prossima volta che i camerieri aprono
bocca mozzo la lingua a tutti, lo giuro»
Naruto
scosse la testa, strappando un pezzo di pane e masticandolo sornione.
Erano
seduti sul terrazzo, all’ombra del grande timpano della villa.
Sulla tovaglia bianca c’erano il piatto della carne, il vino, un
cestino di pane e un vaso di cristallo, con un inutile quanto
coreografico papavero all’interno.
«Beh,
e lei?» chiese all’improvviso Naruto, mentre Sasuke
giocherellava nervosamente con un’ala del fagiano.
«E
lei chi?» replicò lui, stizzito.
«La
cameriera! Non ti è saltata addosso?»
La
forchetta stridé sul prezioso piatto in porcellana, facendo
arricciare il naso di Naruto.
«Ma
che razza di servitù avete a palazzo?» chiese Sasuke
asciutto, scrutando acidamente il compagno.
Quello
si strinse nelle spalle con nonchalance. «Beh, io me le scelgo
bene le cameriere» commentò leggero, facendo ondeggiare
il coltello per aria, e addentò un pezzo di carne. «Mh,
giufto» aggiunse dopo un attimo, a bocca piena. «Devi
paflave col mafchee pella faccea di Shakua!»
Sasuke
non ebbe bisogno del traduttore per capire a cosa alludesse Naruto.
D’altronde, il pensiero della sua proposta di matrimonio aveva
iniziato a ossessionarlo subito dopo l’umiliazione per la scena di
nudo mattutino.
Sbuffò,
a sguardo basso, e si passò una mano nel colletto per
allentarlo leggermente.
Da
sobrio la faccenda assumeva tutta un’altra prospettiva. Una
prospettiva poco accattivante, per l’esattezza. Ora che l’alcol
aveva smesso di rendere tutto semplice e fattibile, si rendeva conto
di essere un completo, irrimediabile idiota.
Come
aveva potuto fare quel che aveva fatto? E sicuramente i camerieri
avevano sparso la notizia prima dell’alba, perché – Gesù!
–
aveva chiesto a
loro
dove abitava Sakura.
Ma
il vero dramma non erano i pettegolezzi della plebe. Il vero dramma
era che lui non poteva sposare Sakura, e basta. Per Orochimaru, per
le sue origini, per le convenzioni, per tutta una serie di motivi sui
quali non poteva soprassedere. Ma allo stesso tempo non poteva
nemmeno tornare a Codevilla e dire ‘è
stato tutto uno spiacevole equivoco, scusate per l’improvvisata
notturna e dimentichiamo tutto. Buona giornata’.
Il che lo metteva in una posizione molto più che scomoda.
Naruto
lo studiò, masticando il boccone con aria pensierosa.
«Sapevo
che saresti stato in crisi» commentò dopo aver
deglutito, additandolo con la forchetta. «Per questo mi sono
preso la libertà di far chiamare il marchese»
«Cosa
hai fatto?»
Sasuke scattò in piedi, facendo strusciare rumorosamente la
sedia. «Come ti sei permesso?» tuonò, il viso
arrossato dall’ira, mentre Naruto lo fissava sbattendo le palpebre,
la forchetta ancora alzata e immobile. «Hai osato dare ordini
in casa mia, ai miei camerieri! Per una faccenda di tale importanza!
Come hai osato?!»
L’altro
abbassò il braccio e gli gettò un’occhiataccia.
«Sembra proprio che tu abbia molta paura di quel che hai fatto
stanotte» commentò asciutto.
Sasuke
gli voltò la schiena bruscamente, passandosi una mano tra i
capelli sudati.
Oh,
Naruto aveva l’indubbio merito di aver risolto l’impasse in cui
erano caduti, ma lo aveva fatto decisamente nel modo peggiore. Tornò
a guardarlo, iroso, e slacciò definitivamente il colletto, con
uno sgradevole senso di soffocamento.
«Che
razza di idiota!» sibilò tra i denti, ricevendo in
cambio un’occhiata offesa.
«Ehi,
l’ho fatto per te» si giustificò Naruto. «Tu
devi sposare quella ragazza, o sarai per sempre un idiota
come me, ma frustrato»
«Tu
non sai cosa voglio io» ribatté Sasuke, piantando le
mani sul tavolo. «Non intrometterti nella mia vita!»
«Parole
al vento» commentò Naruto, laconico, portandosi alle
labbra una generosa sorsata di Bonarda. «E, fidati, un giorno
mi ringrazierai»
«Un
giorno pregherò Orochimaru di liberarmi di te!» sbottò
il duca, voltandosi di scatto.
Il
cotone della sua camicia frusciò leggero mentre si allontanava
a passi pesanti, e nella sua furia urtò il valletto che usciva
sul terrazzo senza nemmeno scusarsi.
«Ti
costerebbe troppo!» gridò Naruto senza alzarsi, passando
una mano a scompigliare i capelli chiari. Sbuffò, mentre il
valletto si avvicinava timoroso, portando una lettera, e lasciò
perdere le posate. «Ahh, che uomo impossibile!»
*
Quando
il marchese mise piede sulla ghiaia del palazzo degli Uchiha, trovò
Sasuke in persona ad attenderlo in cima alle scale che portavano
all’ingresso. Nervosamente, allora, piegò il capo come si
conveniva e asciugò furtivo il sudore che gli imperlava la
fronte, sotto la frangia folta e regolare.
«Marchese»
rispose il duca con un cenno rigido, e scese le scale per tendergli
la mano. «Sono lieto di ospitarvi nella mia dimora»
«Oh,
figuratevi» ribatté quello, frettoloso. «E’ un
dovere... cioè, un onore per me... Mi avete convocato, e
io...»
Sasuke
si guardò intorno rapidamente, individuando il cocchiere del
marchese e il suo stalliere a pochi passi di distanza.
«Non
qui» disse allora, asciutto. «Venite dentro, l’aria è
più fresca. Vi offro una limonata»
«V-Vi
ringrazio...» balbettò il marchese, confuso.
Sasuke
lo afferrò per un braccio, in una stretta che da lontano
poteva anche sembrare amichevole, e con il solito passo marziale lo
trascinò su per le scale e oltre le colonne dell’ingresso,
fin nell’atrio luminoso e decorato dagli affreschi.
«Signore!»
lo chiamò a quel punto un domestico, cercando di attirare la
sua attenzione.
«Non
ora!» lo liquidò lui, proseguendo lungo il corridoio ad
ovest, e fino al salotto buono.
«Signore,
vi cercava...» tentò un’altra cameriera, incrociandolo
in quella stanza, ma di nuovo lui la congedò bruscamente.
«Esci.
E porta della limonata» disse sbrigativo, lasciando finalmente
il braccio del marchese Lee.
La
cameriera tentennò, incerta. Ma poi il buonsenso le consigliò
di chinare il capo e obbedire, se voleva evitare fastidi, e lei seguì
il consiglio e se ne andò rapida.
Nel
salotto scese un silenzio teso, acuito dal velluto delle tende e
dalla generale opulenza di infissi e affreschi. Il marchese si
massaggiava lentamente il braccio che Sasuke aveva stretto troppo
forte, e lui, d’altro canto, fissava il tappeto con la fronte
corrugata, rigido.
«Ebbene»
esordì a un tratto, più bruscamente di quanto fosse sua
intenzione. «Immagino che non sappiate perché vi ho
convocato»
«No,
effettivamente no...» ammise il marchese, sbattendo le palpebre
dalle ciglia insolitamente lunghe e rade.
«Bene»
ripeté il duca, muovendo passi nervosi fino alla credenza su
un lato della stanza. «Bene» insisté, aprendo la
vetrinetta e tirando fuori due bicchieri di cristallo e una bottiglia
scura.
«Ehm,
duca, avete chiamato per la limonata» gli ricordò il
marchese, confuso, e lui si fece ancora più rigido.
«Quando
arriverà berrò anche quella» commentò
secco, stappando la bottiglia.
Versò
il vino, rosso e corposo, in entrambi i calici, e poi li sollevò
tenendoli per lo stelo sottile.
«Prendete»
disse al marchese, facendogli cenno di avvicinarsi, e mentalmente
aggiunse: ne
avrete bisogno, almeno quanto me.
«Vi
ringrazio, duca...» mormorò quello, obbedendo con una
certa titubanza. «Ma, perdonate la franchezza, ancora non
comprendo il motivo per cui mi avete fatto chiamare»
Sasuke
strinse le dita sul cristallo, serrando la mandibola.
Sì, neanche lui comprendeva il motivo, forse perché non
lo aveva fatto chiamare.
Ora
che se lo trovava davanti, aveva due sole possibilità,
entrambe precedute da una lunga tergiversazione: poteva dirgli che
voleva solo stringere un legame più saldo con lui,
naturalmente all’unico scopo di migliorare le rispettive posizioni,
o poteva intimargli di rompere il fidanzamento con Sakura e non osare
protestare.
Chissà
perché, nessuna delle due lo allettava.
Se
solo Naruto gli avesse lasciato più tempo, avrebbe potuto far
chiarezza nella sua mente e prendere la decisione giusta... Ma come
sempre, Naruto si era rivelato troppo impulsivo.
«La
fretta è cattiva consigliera» se ne uscì allora,
prendendo tempo. «Perché non vi sedete, prima?»
il
marchese si guardò attorno incerto, e vide il divano foderato
di velluto blu che lo attendeva accanto al tavolino di mogano.
«Con
permesso...» si scusò, raggiungendolo e accomodandosi
rigidamente sui cuscini.
«Prego,
prego» mormorò Sasuke frettolosamente, bevendo altro
vino dal bicchiere. «Allora... la campagna produce,
quest’anno?» esordì, maledicendosi mentalmente.
Non
riusciva a fare altro che girarci attorno!
Fu
allora che le porte decorate della stanza si aprirono bruscamente, e
Naruto fece il suo chiassoso ingresso, per una volta con tempismo
perfetto.
«Sasuke!»
chiamò con voce leggermente isterica, dimenticando ogni più
elementare forma di cortesia. «Sono ore che cerco di
incontrarti!»
Il
duca gli scoccò un’occhiata allibita e stizzita, vedendolo
fare irruzione a quel modo, ma quando vide il suo colorito una ruga
d’apprensione si disegnò tra le sue sopracciglia.
«E’
un’emergenza!» continuò Naruto, raggiungendolo a
grandi falcate e sventolandogli davanti al naso un foglio
spiegazzato. «Lascia perdere qualunque cosa tu stia facendo:
lei
sta
venendo qui!»
«Lei?»
trasalì Sasuke, pensando immediatamente a Sakura.
«Lei?»
domandò Rock Lee, smarrito, con il calice ancora pieno e
sollevato davanti al petto.
Neruto
si scompigliò nervosamente i capelli.
«Sì,
lei!» esclamò, facendo avanti e indietro di fronte a
Sasuke. «La cugina del ministro della giustizia spagnolo, la
donna più terribile che io abbia avuto occasione di
incontrare! In una parola, la mia fidanzata»
E
questa volta, Sasuke dovette lasciar da parte il suo proverbiale
contegno e strabuzzare gli occhi quasi quanto quelli del confuso Rock
Lee, ancora seduto sul divano di velluto blu, e sempre più
convinto di essere vittima di un tragico errore.
*
«Marchese!»
esclamò Sakura impallidendo, quando si trovò la
carrozza di Rock Lee sulla porta. «Che cosa fate qui? Non vi
aspettavamo...»
«Lo
so, mia cara, lo so» cinguettò lui, entrando con grazia
nella cucina che ormai considerava un distaccamento della sua villa.
«Ma ero di strada, e non ho resistito alla tentazione di
un’improvvisata. Spero di non aver commesso un errore!»
Si
girò preoccupato a guardarla, e lei sbatté le palpebre,
confusa.
Era
ancora agitata per la visita notturna di Sasuke, non aveva chiuso
occhio, probabilmente si vedeva lontano un miglio, ed era sola in
casa. Perché Lee aveva deciso di comparire all’improvviso, e
ammirarla mentre dava il peggio di sé?
«No...
Nessun errore, marchese» mormorò, richiudendo in fretta
la porta. «Prego, accomodatevi. Vi preparo un caffè?»
«Volentieri,
mia cara»
Di
umore insolitamente allegro, Rock Lee si accomodò su una delle
sedie e appoggiò i gomiti al tavolo.
«Vengo
dalla villa del duca» esordì, pieno di brio.
La
tazzina nelle mani di Sakura cadde a terra e si frantumò sul
pavimento, per fortuna ancora vuota.
«Cosa?»
alitò lei, sbiancando, e si voltò tremante verso il
marchese.
Cielo.
Sapeva. Sasuke lo aveva convocato e gli aveva detto... No. Non poteva
essere. Lee non sarebbe stato tanto di buon umore se gli avessero
detto che il loro fidanzamento doveva essere rotto. Lee l’amava.
Lee voleva sposarla.
«Sakura,
va tutto bene?» chiese lui preoccupato, alzandosi e
raggiungendola, per chinarsi a raccogliere i cocci.
«Io...
non... ho dormito poco...» sussurrò sgomenta.
«Devi
fare più attenzione alla tua salute, cara» le sorrise
lui, posando i pezzi di coccio sul ripiano e prendendole una mano.
«La prossima volta rientreremo prima dal ricevimento, va bene?»
Lei
annuì automaticamente, trattenendo il respiro. «Che...
Che vi ha detto il duca?» si azzardò a chiedere,
guardando spaventata Lee.
«Oh,
grandi novità!» esclamò lui, con gli occhi
illuminati da una gioia intensa. «Darà un altra festa!»
Sakura
rimase interdetta. Accigliata, fissò il marchese come se non
fosse sicura di aver capito bene.
«Una
festa?» ripeté confusa.
«Sì,
entro una settimana» confermò lui.
«E
vi ha... convocato per dirvelo?»
«Oh
no, certo che no! In effetti, ora che mi sovviene, non ho ben capito
per quale ragione mi abbia invitato...» rifletté per un
istante, meditabondo, e Sakura si sentì gelare. Lei
sapeva perché. «Ad ogni modo!» riprese il
marchese, scrollando le spalle con noncuranza. «E’ in arrivo
la fidanzata dell’amico del duca, il giovane biondo che era con
lui, e naturalmente è doveroso presentarla con un altro
ricevimento! E, sempre naturalmente, la nobiltà è
nuovamente invitata a prendervi parte. Ho pensato che fosse una
notizia sufficientemente buona per passare a riferirvela
immediatamente... Od ho fatto male?»
Sakura
si guardò attorno smarrita, e poi raggiunse una sedia,
lasciandocisi cadere. «No... certo che no» mormorò
stordita, con un curioso ronzio nelle orecchie.
«Cara,
ma ho l’impressione che voi non stiate per niente bene...» si
preoccupò lui, raggiungendola e inginocchiandosi accanto alla
sedia. «Forse fareste bene a stendervi e riposare qualche ora»
«Sì,
forse sì» approvò lei automaticamente,
rialzandosi. «Marchese, vi chiedo perdono se sono costretta a
farvi uscire così...»
«Nessun
perdono, nessun perdono» fu in piedi in un istante. «Non
c’è nulla da perdonare. Riposate, cara, vi voglio in forma
per il prossimo ricevimento»
All’idea
di rimettere piede in casa di Sasuke, lo stomaco di Sakura si
contrasse – spiacevolmente
o no? -
ma Rock Lee non sembrò avvedersene.
Prima
di arrivare alla porta, la fermò e le prese le mani,
baciandone i palmi con devozione.
«Sakura...
tra meno di un mese saremo marito e moglie» sussurrò
sorridente. «Voi sarete marchesa, e sarete la più bella
tra le nobildonne... E tra qualche anno saremo noi a dare ricevimenti
in giardino, e i nostri figli correranno lungo il prato e si
sporcheranno di fango. Non aspetto altro che questo momento»
Alle
parole del marchese, Sakura impallidì. Lui la fissò, in
attesa di una risposta, e lei deglutì e si costrinse ad
annuire.
«Sì,
certo...» mormorò con un filo di voce.
«Bene,
mia cara» sorrise lui, confortato. «Ora vi lascio
riposare come si conviene, e lascio la vostra casa prima che i vicini
diano fiato alle malelingue. Domani tornerò ad accertarmi
delle vostre condizioni, se non vi spiace. Per oggi, buona giornata»
Mentre
Sakura lo guardava salire sulla carrozza, ferma dietro la finestra,
il senso di colpa le strinse lo stomaco, insieme alla paura.
Voi
sarete marchesa.
Voi
sarete duchessa.
*
Tra
le Alpi e la pianura padana una carrozza correva veloce, trascinata
da stalloni bianchi e fulvi. Il cocchiere frustava gli animali con
indolenza, sbadigliando nella notte, e si stringeva nel tabarro
accertandosi che la provvidenziale fiaschetta di grappa fosse ancora
al suo posto.
Dietro
le tende di velluto rosso, che ondeggiavano pigramente al trotto dei
cavalli, una mano scostò la stoffa e gettò un’occhiata
all’esterno. Constatando che il paesaggio era ancora quello
montuoso cui erano abituati da ore, un paio di occhi verdi si
ritrassero insoddisfatti.
Lasciare
le assolate terre di Spagna in cambio di picchi aguzzi e gelidi; per
un uomo che stimava quanto l’unghia del suo dito mignolo, e che,
sfortunatamente, era anche il suo promesso sposo.
Rintanata
sul divanetto finemente decorato, la giovane duchessa Sabaku Temari
pensò che era tutta una grande seccatura.
*
«Hai
sentito la novità?»
Con
movenze finemente calcolate, la giovane marchesa si accomodò
sul divanetto accanto al marchese, tenendo tra le mani un piattino
pieno di torta alle nocciole.
«Hn?»
fece lui, riemergendo dal semi-sonno in cui era quasi caduto, e le
gettò un’occhiata pigra.
Al
suo fianco la marchesina sorrise maliziosa, con un brillio negli
occhi azzurri.
«I
servitori non parlano d’altro» sussurrò, portando alle
labbra rosee un boccone del dolce. «Sembra che il nobile duca
abbia fatto una visita notturna alla fidanzata del marchese Lee.
Sicuramente era ubriaco, considerati i bicchieri di spumante che gli
abbiamo visto vuotare, ma credo si possa parlare di colpo
di fulmine,
come lo chiamano i francesi»
«Mh...»
fu il laconico commento del marchese, che soffocò uno
sbadiglio dietro la mano.
«Certo,
ancora non mi spiego come quei
capelli
possano attirare così tanti uomini...» borbottò
la giovane, accarezzando distrattamente le ciocche bionde che le
ricadevano sulle spalle. «...Ma forse è il suo essere
selvatica
a parlare per lei»
«Ino,
si sente odore d’invidia da qui ai cancelli della proprietà»
sospirò il marchese, atono.
Le
guance della ragazza accanto a lui si imporporarono di indignazione.
«Come
osi?» scattò, posando bruscamente il piattino sul tavolo
di fronte al divano. «Io
non sono affatto invidiosa di una contadina! Per quanto possa essere
attraente, è evidente che gli uomini non la desiderano per la
sua cultura o la sua istruzione... Da lei vogliono unicamente figli
robusti,
e sicuramente li avranno anche!»
«Ino,
abbassa la voce...!» si lamentò il marchese, con una
smorfia. «Non hai alcun bisogno di demolire Sakura Haruno ai
miei occhi, dal momento che non mi interessa minimamente»
Le
spalle della marchesina si rilassarono visibilmente, e prese a
tormentare una ciocca della lunga chioma.
«Shikamaru»
disse sottovoce, incapace di nascondere l’ansia nel tono. «Tu
sai quali sono le intenzioni dei nostri genitori, vero?»
Il
ragazzo sbuffò, lasciando ricadere indietro la testa.
«Ino,
non ho la forza né la voglia di discutere con mio padre o,
peggio ancora, con mia madre... Non hai nulla da temere, chinerò
la testa e accetterò, se me lo comanderanno»
«Ma
non devi sentirti obbligato» borbottò lei, chinando lo
sguardo e arrossendo, a disagio.
«Non
mi sento obbligato» la rassicurò lui, laconico. «Meglio
te di una sconosciuta»
Negli
occhi di Ino brillò un lampo di indignazione.
«Prego?»
scattò, raddrizzando la schiena.
«Arriva
Choji» replicò lui, tendendo l’orecchio alle voci
lungo il corridoio. «Forse hanno finito la battuta di caccia»
«Non
ho intenzione di lasciar cadere il discorso» mormorò
Ino, minacciosa.
Ma
un attimo dopo fecero il loro ingresso i marchesi Nara, Yamanaka e
Akimichi, accompagnati dal figlio di quest’ultimo, e riempirono il
salottino di risate corpose, eliminando anche l’ultimo alito di
intimità che era venuto a crearsi.
«Allora?
Buona caccia?» chiese Shikamaru, facendo lo sforzo di alzarsi e
andare a tendere loro la mano.
«Nulla»
sorrise bonario il giovane Akimichi. «E’ stata soltanto una
cavalcata, alla fine»
«E
allora questa sera cosa mangeremo?» chiese Ino, raggiungendoli
e rivolgendo al nuovo arrivato un sorriso condiscendente.
«Con
quello che mangi tu, figlia mia, potremmo anche finire per avanzare
una quaglia» intervenne il marchese Yamanaka, in tono di vago
rimprovero. «La pelle che si tende sulle ossa non ha mai
attratto nessun uomo!»
«Ma
nemmeno le curve troppo
abbondanti, padre» rispose lei, in tono vagamente sostenuto. «E
in ogni caso, dubito che dobbiate preoccuparvi dell’eventualità
che io
resti nubile...» aggiunse dopo un istante, con un sorriso
d’intesa.
Il
marchese la guardò a lungo, meditabondo. E poi, evitando di
incrociare lo sguardo dei compagni, si avvicinò al tavolino su
cui erano posati una bottiglia di vino e cinque bicchieri.
«Ino...
ho sentito che ieri sera il ricevimento del duca si è svolto
senza problemi» iniziò, versandosi due dita di Sangue di
Giuda. «Sei riuscita a rivolgergli la parola?»
«No,
è rimasto in disparte per quasi tutto il tempo» rispose
lei, perplessa. «Ma ho avuto occasione di conoscere il nipote
del re»
«Oh,
bene. E cosa te ne è parso?» domandò,
centellinando il rosso nel bicchiere.
«Sembra
un bravo ragazzo. I suoi modi forse sono leggermente affettati, ma
credo sia l’influenza della corte, e sicuramente è molto
affabile. Probabilmente i suoi gusti in fatto di donne sono
discutibili, ma sembra che ultimamente sia una malattia
molto diffusa, e in ogni caso mi sembra più incline a
divertirsi che non a sistemarsi a breve»
«Dici?»
il marchese la guardò, preoccupato. «E il duca? Come ti
è parso, a distanza?»
«Padre,
perché mi fate queste domande?»
Per
un attimo nella stanza aleggiò un silenzio nebuloso. Poi il
marchese Yamanaka prese la bottiglia e riempì gli altri
bicchieri, voltando le spalle a tutti.
«Non
è nulla. Pensavo soltanto che, forse, è giunto il
momento di pensare a sistemarti»
E
quelle parole, collegate al duca e al nipote del re, fecero correre
un brivido di fredda incredulità lungo la schiena della
marchesina.
Continua
E'
un capitolo che apre molte questioni e non ne chiude nessuna. Ma, in
compenso, so più o meno come andranno avanti le cose.
Cioè, Mr Yamanaka ha stupito pure me, ma non credo che mi
scombinerà molto... spero. Ad ogni modo, non essendo questa fic
progettata per essere lunga, taglierò e cucirò di qui e
di là, quindi rilassatevi e non temete! U_U
Nel prossimo capitolo, gli Hyuuga e Temari... credo. Essendo che ho
finito questo capitolo tipo un'ora fa, potrebbe succedere di tutto nel
prossimo, per quel che ne so! XD
Oh, esiste una seconda, fittizia versione di questo capitolo, con una piccola differenza; dedicata a Cami (arwen5786):
Facendo
leva sulla volontà più che sulle sue forze, si issò
sulle braccia, e buttò un piede giù dal letto. Riuscì
a fare lo stesso anche con l’altro, mentre la stanza vorticava
davanti ai suoi occhi, e scostò confusamente le lenzuola. Si
alzò, passandosi una mano tra i capelli, sbadigliò
sonnolento, e fece vagare lo sguardo per la stanza.
Fu
allora che vide la giovane domestica che lo fissava ad occhi
sbarrati.
Fu
allora che lei lanciò un grido, e lasciò cadere la
bacinella d’argento che aveva portato perché si sciacquasse
il viso.
Fu
allora che lui si accorse di essere completamente nudo.
E Camilla, la domestica, lo stuprò.
Amen, Sasuke.
Naturalmente, mi scuso per l'ingiustificabile ritardo con cui si
presenta questo capitolo! Perdonatemi, l'università è una
brutta bestia... ç_ç E sono ispirata per questa fic solo
a casa, praticamente. Anche Bologna è una brutta bestia! T_T
(naturalmente, non appena il capitolo è stato pronto, la linea ha deciso di morire. Dammit!)
arwen5786: partiamo subito
dalle tue noticine della volta scorsa! Carattere ingrandito, e... ok ok
ok, niente SasuLee! °_° Lo giuro! Anche perché... Mi ci
vedi a scrivere del SasuLee IC? ò.ò O meglio: ci vedi
qualcuno - uno chiunque - a
riuscirci?! Ad ogni modo, sono contenta che per ora i personaggi siano
IC. Cioè, essendo un'AU così stramba, mi aspettavo che mi
uscissero proprio dagli schemi, e invece più o meno riesco a
tenerceli. Forse Shika è il più facile da trattare, ecco.
E Ino, che si infila nella parte della cacciatrice di mariti - di Shika
- con una facilità disarmante! Ah, tra parentesi, mi hanno
chiesto far diventare la fic NaruSaku... Che faccio, accetto? <3
sammy1987: sìììì!
Tifate per Rock Lee, l'unico e inimitabile! *_* Io come lettrice terrei
per lui, giuro! XD Peccato che Sakura sia una coglioncella... E
d'altronde, con quel bel figliolo del duca, chi non le darebbe ragione?
Per quanto possa aver tentennato, e per quanto esiti tuttora, non
può restare insensibile troppo a lungo...
sasukkias94: chiedo perdono per
il ritardo, ma questo è un periodaccio all'uni e la mia vita si
è fatta difficile! @_@ Comunque ora il nuovo chap è qui!
^_^
Hipatya: uhm, penso che Sakura abbia paura di Sasuke come una
qualunque contadina dell'epoca può avere paura del duca che le
chiede di sposarla all'improvviso! La domanda che sorge spontanea
è: oddio, cosa vuole questo, è un maniaco?
Che da piccoli abbiano giocato insieme conta poco, quando lui torna ed
è straordinariamente figo, freddo e pericoloso - o così
si dice... Comunque, non capisco perché sentiate tutti fetore di
NaruSaku. ò.ò Ok che mi piace la coppia, ma mica la
infilo in ogni angolo, no? Dopo un po' stufa. Per quanto riguarda Shika
e Ino, invece, ancora sono un po' perplessa... Devo definire qualche
dettaglio, e capire che fare di un certo personaggio! XD
Angel23: eh, chissà se
Naruto e Hinata avranno a che fare in questa storia? Non ho ancora
fatto comparire per bene gli Hyuuga, vedrò che fare! XD
yuna92: ognuno di voi ha una
richiesta sui pairing! XD Se dovessi ascoltare tutti, sarebbe una
SasuSakuNaruHinaNejiInoShikaTemaKiba! XD Alla faccia del triangolo!
Comunque scoprirai come andranno avanti le cose solo leggendo! ^_^
Saku_piccina93: in effetti
anche io pensavo che Sasuke avrebbe rapito Sakura... E così era
nei progetti iniziali. Poi però la storia ha preso il
sopravvento, e io sono diventata solo un'inutile scribacchina!
ç_ç
bambi88: e finalmente...
Shika e Tem! In posti diversi, e in situazioni decisamente diverse! Ma
che sto combinando? Un quadrato InoShikaTemaNaru? Anzi,
ChoInoShikaTemaNaruSakuSasuHinaNeji? XD Per la serie: intrecci letali!
Talpina Pensierosa: come ho
già detto a qualcuno, il piano originale prevedeva un rapimento!
XD Che poi si è trasformato in una molto più tranquilla
richiesta di nozze... Ehh, non tutto è come vorremmo che fosse!
Kairi84: eccappunto, se tu dici "Naruto si sta divertendo un po' troppo" e "voglio vedere cosa ti inventi", è praticamente logico
che o imbastisca qualche grosso casino per Naruto! E infatti gli ho
trovato persino una fidanzata! E far interagire lui e lei, te lo
assicuro, è un vero spasso! <3 Con Sasuke che non sa
più da che parte scappare! XD E povero Lee! Che qualcuno
parteggi per lui!
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Deserving - 5
Deserving
Quando
la carrozza si fermò davanti a villa Uchiha, nel raggio di
dieci chilometri già otto paesi sapevano chi la occupava.
I
servitori del duca si fecero trovare composti e in
bell’ordine
sulla scalinata d’ingresso, e il padrone di casa, accanto a
un
ospite visibilmente teso, sfoggiava impeccabile tutta la sua grazia e
l’abito migliore, ignorando le gocce di sudore che gli
scorrevano
lungo la schiena accaldata.
«Oddio,
è arrivata!» bisbigliò Naruto, incapace
di stare
fermo sui piedi. «Sasuke, stammi vicino, per l’amor
del
cielo!»
Il
cocchiere scese dalla sua pensilina e andò ad aprire lo
sportello, subito raggiunto dal maggiordomo degli Uchiha.
«Ora
capisco perché ci danno dei pederasti!»
mormorò
Sasuke infastidito, scrollandoselo di dosso. «Ma non eri tu
l’uomo di mondo? Non stavi cercando di prender confidenza con
metà
delle donne del circondario, la settimana scorsa?»
Un
piedino calzato di rosso si posò sul primo gradino, e la
carrozza ondeggiò leggermente, mentre un cavallo sbuffava in
sottofondo.
«Tu
non capisci... non la conosci!» gemette Naruto, con un sibilo
quasi patetico.
Ecco
l’orlo della gonna, rosso come la scarpetta, e guanti di
pizzo
bianco che la tenevano sollevata, mostrando qualche centimetro della
caviglia abbronzata.
Sasuke
si accigliò impercettibilmente, immaginando
chissà
quale mostro repellente... E invece, con sua grande sorpresa, dalla
carrozza uscì una ragazza come tante atre. Capelli chiari e
ribelli, occhi verdi, carnagione brunita, forme più che
accattivanti. Scese dal predellino e si guardò attorno con
un
pizzico di arroganza, per poi fermare gli occhi su loro due, ancora
fermi in cima alla scala.
Sasuke
si scrollò di dosso Naruto, che si aggrappava al retro della
sua giacca, e scese i gradini i fretta, andando ad accoglierla.
«Benvenuta
nella mia residenza» la salutò, prendendole una
mano
appena liberata dal guanto e sfiorandone il dorso con le labbra.
«Mi
auguro che il vostro soggiorno sia gradevole»
La
contessa inarcò leggermente le sopracciglia di fronte ai
modi
di Sasuke, a metà tra il galante e il distaccato, e si
soffermò per un lungo istante a considerare che aveva
lineamenti molto attraenti, per quanto poco italiani. Ma non appena
sentì lo scalpiccio dei passi di Naruto lungo le scale,
alzò
la testa e assottigliò gli occhi verdi in una smorfia
lievemente sprezzante.
«Lieta
di vedervi, Naruto» salutò, con un inchino rigido
e una
vaga ombra di accento.
«Piacere
mio» brontolò lui schivando il suo sguardo.
«Volete...
ehm, volete entrare?»
«Sì.
Il sole è troppo caldo, ho bisogno di
rinfrescarmi»
approvò lei, con una certa stizza.
Sasuke
studiò per un breve istante Naruto, perplesso e sorpreso:
mai
lo aveva visto tanto remissivo e cedevole, e mai lo aveva visto
chinare la testa di fronte a una donna.
“E
pensare che è anche attraente...”
commentò tra sé,
stranito, mentre guardava la contessa che lo prendeva per il braccio
e si faceva accompagnare in casa.
Si
affrettò a seguirli, intravedendo l’occhiata di
puro panico
che gli lanciò Naruto, e trattenendo uno sbuffo
entrò
con loro, congedando i domestici. Loro si affrettarono a ritirarsi in
buon ordine, consapevoli che prima fossero riusciti ad accaparrarsi
un vassoio, prima avrebbero avuto pettegolezzi succulenti da
raccontare agli altri, e con il cocchiere rimase soltanto un ragazzo
delle stalle, in serissime difficoltà con una lingua mai
sentita prima.
All’interno,
Sasuke fece accomodare l’ospite nel salottino in cui
già
aveva accolto Rock Lee, intanto che la sua domestica familiarizzava
con la servitù. Fu portata della limonata fresca, qualche
pasticcino e molta frutta, e la duchessa si accomodò sul
divano di velluto e prese a sventolarsi con un ventaglio dai colori
accesi. Naruto, nervosamente seduto all’altra
estremità dei
cuscini, continuava a tormentarsi le dita e a gettarle occhiate
inquiete.
«Avete
fatto buon viaggio?» esordì Sasuke, per rompere lo
spesso silenzio che era venuto a crearsi.
«Pessimo»
fu la secca risposta di Temari. «Troppo lungo e decisamente
troppo noioso. Una perdita di tempo»
«Gentile,
da parte vostra» si lasciò sfuggire Naruto.
«Prego?»
«No,
niente!» ritrattò in tutta fretta. «Un
pasticcino,
mia cara?»
Al
‘mia cara’ Temari gli scoccò
un’occhiata gelida, e si
irrigidì bruscamente. Naruto trattenne un gemito afflitto,
mentre le porgeva il piattino con i dolci, e lei se ne servì
tutta impettita.
Sasuke
li guardò nascondendo la perplessità.
Non
aveva mai visto due fidanzati più rigidi e a disagio. E non
sembravano avere la minima intenzione di rendere le cose semplici.
Anzi.
«Il
clima è sempre così afoso?» si
informò la
duchessa all’improvviso, passandosi un fazzoletto umido
attorno al
collo, lasciato scoperto dall’acconciatura.
«Temo
di sì» ammise Sasuke, versandole
dell’altra limonata.
«Ma ho fatto in modo di riservarvi le stanze più
fresche
della villa, non temete»
«Mh,
mi conforta sapere che qualcuno
almeno si preoccupa del mio interesse» frecciò
lei, con
un’occhiataccia a Naruto, e lui distolse lo sguardo per non
inveire.
«Quando
prevedete di tornare in Spagna?» chiese tra i denti,
scandalizzando Sasuke.
«Il
prima possibile, spero» rispose lei, asciutta.
E
poi entrambi si diedero le spalle e di nuovo piombò il
silenzio.
«Mi
spieghi cosa non va in lei?» domandò Sasuke, non
appena
lui e Naruto furono soli.
Quest’ultimo
si torse nervosamente le mani, facendo avanti e indietro lungo il
salotto, e dovette passare una manica sulla fronte per liberarla da
un freddo sudore nervoso.
«Non
è qualcosa di preciso...» bofonchiò, a
disagio.
«E’ una sensazione, ecco. Non ci piacciamo. Ci
detestiamo,
praticamente. La prima volta che l’ho incontrata ho pensato
che
fosse piacente, ma poi, dopo poche parole, ci siamo resi conto
entrambi che non riusciamo a sopportare la reciproca presenza.
Capisci, Sasuke? Non può assolutamente funzionare, ma
nessuno
di noi ha il coraggio di rompere il fidanzamento, perché
scoppierebbe un incidente diplomatico!» frustrato, si
passò
le mani tra i capelli.
«Stai
dicendo che la vostra è stata un’antipatia
improvvisa?»
«Sì!
Oddio, Sasuke... Se la sposo, dovrò anche... Oddio... Quella
mi sodomizzerà!» piagnucolò Naruto,
disperato.
«Questa
sarebbe la tua preoccupazione principale?» si
accigliò
Sasuke.
«No,
certo che no! Però è importante, credo!
Maledizione,
perché non scioglie il fidanzamento?!»
«Per
le stesse ragioni per cui non lo fai tu, suppongo»
replicò
Sasuke, laconico. «Ora calmati. Dovrete convivere
pacificamente, tutto qui. L’indifferenza è una
gran virtù,
e quando non nasce naturalmente nell’uomo, può
essere
coltivata con cura e pazienza»
«Pazienza?
Pazienza?»
Naruto rivolse a Sasuke uno sguardo stralunato. «Con quella
donna la pazienza si estingue!»
«E
tu vedi di mantenerla viva» ordinò Sasuke,
spiccio.
«Ora, ci sono ancora alcuni dettagli per il ricevimento di
domani...»
«Oddio,
dovrò ballare con lei!» gemette Naruto,
interrompendolo.
«L’ultima volta che l’abbiamo fatto mi ha
pestato i piedi
di proposito, ne sono sicuro. E ovviamente ha sempre qualcosa da
criticare sul mio stile di danza! E dovrà succedere davanti
a
Sakura!»
«Con
questo?» lo interruppe Sasuke, irrigidendosi
all’improvviso.
Naruto
si bloccò, e per un attimo sembrò imbarazzato.
«Ah,
no, niente. Ho detto Sakura per dire tutte le fanciulle dei
dintorni... Non crederai mica che io abbia messo gli occhi sulla tua
futura sposa, vero?» rise. «Anche se, forse,
dovresti
informare il suo attuale fidanzato del fatto che la sua mano
è
stata ceduta» aggiunse dopo un attimo, pensoso.
Sasuke
si incupì, e gli voltò bruscamente le spalle.
«Adesso
non voglio parlarne» troncò. «Abbiamo
altro cui
pensare, i preparativi languono...»
«E
con Orochimaru?»
Sasuke
serrò la mandibola.
L’ultimatum
di Orochimaru era scaduto quattro giorni prima, e il duca gli aveva
fatto recapitare un messaggio strettamente confidenziale attraverso
un canale protetto: adducendo come scusa l’arrivo improvviso
della
duchessa spagnola, aveva chiesto altro tempo per fargli sapere se
avrebbe sposato Hinata Hyuuga, ma non aveva ancora ricevuto risposta.
Sperava soltanto che significasse che Orochimaru sarebbe intervenuto
al ricevimento dell’indomani, e non che preparasse
l’arsenico.
«Per
ora non abbiamo di che preoccuparci» mentì, senza
guardare Naruto. «Ci sono cose più immediate che
richiedono la nostra attenzione»
«Purtroppo»
sospirò Naruto, afflitto. «Sasuke, tu non hai
cugini
facoltosi e in cerca di moglie?» tentò, speranzoso.
«Io
sono l’ultimo membro della mia famiglia, ricordi?»
«Ah,
già. Un vero peccato»
*
Un
tocco di cipria per coprire l’abbronzatura, e poi polvere
nera di
kajal, per sottolineare gli occhi chiari. Davanti all’unico
specchio della sua casa, Sakura si osservò, con lo stomaco
stretto in una morsa.
Era
carina. Non una bellezza, non avrebbe mai potuto rivaleggiare con
Ino, ma aveva begli occhi e i lineamenti regolari. I capelli rossi
erano raccolti semplicemente sulla sommità del capo, ma
presto
sarebbero stati sistemati a dovere dalle mani di una ragazzina che
Lee mandava sempre per aiutarla a prepararsi, e il vestito verde
dall’ampia scollatura era sottolineato da una collana con un
grosso
pendente di giada.
«Schiudete
le labbra, signora» chiese la ragazza che
l’aiutava, una
domestica dei Lee dai capelli castani e gli occhi grandi. Sakura
obbedì, e lei passò uno strato di rossetto
chiaro, con
cura e meticolosa attenzione.
«Ecco,
ora chiudetele» disse poi, e Sakura le sfregò per
distribuire la crema. La ragazzina sorrise. «Siete molto
bella,
questa sera»
«Davvero?»
mormorò lei, incredula.
Si
fissò allo specchio e vide soltanto un volto anonimo e due
grandi e pesanti occhiaie.
Non
era stata una settimana facile. Aveva vissuto giorno dopo giorno
nell’angosciosa attesa di un Lee infuriato e tradito, ma
nulla era
successo. Anche i suoi genitori, che aspettavano la venuta del duca
da un momento all’altro, erano rimasti inaspettatamente
delusi, e
il signor Haruno iniziava a nutrire un certo disprezzo per Sasuke.
Ma
quella sera lo avrebbe rivisto.
Si
sarebbero parlati? Lui le avrebbe spiegato qualcosa? Forse avrebbe
detto che la sua proposta era tutto uno scherzo, o forse non
l’avrebbe nemmeno ricordata: la sera dell’ultimo
ricevimento
aveva bevuto una generosa quantità di moscato, forse era
ubriaco. O, forse, avrebbe ripetuto la sua richiesta guardandola
negli occhi.
Il
pensiero, involontariamente, la fece fremere.
«Avete
freddo?» domandò la domestica, sentendola
rabbrividire.
«No,
Matsuri» rispose lei, deglutendo. «Continua, ti
prego»
E
si impose di non pensare più a simili sciocchezze. In ogni
caso, non sarebbe mai accaduto.
Un’ora
dopo, finalmente, il cocchiere della carrozza del marchese
poté
gettare a terra il tabacco che stava fumando nella vecchia pipa di
suo padre, e salire a cassetta.
«Siete
splendida, mia cara» cinguettò Rock Lee, tendendo
una
mano per aiutare Sakura a salire. «Il verde vi dona
moltissimo,
ma temo che il merito più grande sia da attribuire ai vostri
occhi, e non ai miei miseri doni!»
Sakura
si sforzò di sorridere, ormai abituata ai commenti esagerati
del marchese, e gettò uno sguardo imbarazzato ai ragazzini
che
si affacciavano dalle porte per vedere la carrozza che partiva. Era
una scena consueta, ma ogni volta la faceva sentire in qualche modo
fuori posto.
«Sarete
la più bella, questa sera» sussurrò
lui, salendo
insieme a lei e richiudendo lo sportellino. A quel punto si
affacciò
per salutare gli Haruno, che da una settimana a quella parte erano
sempre molto a disagio, in sua presenza. «Vi auguro un buon
riposo, signori. Prometto che la riporterò a casa prima
dell’alba, e che la sua reputazione non sarà
minimamente
intaccata dal comportamento che terrà al mio
fianco»
I
genitori di Sakura risposero come sempre, ma con una leggera ansia, e
poi il cocchiere frustò i cavalli e la carrozza
partì
sobbalzando, seguita dai bambini più esuberanti che volevano
correre dietro alle ruote. Sakura si sporse dal finestrino e
scrutò
il paesaggio ad est, ancora illuminato dal sole al tramonto.
Sentì
la mano di Lee cercare la sua e stringerla, ma non riuscì a
guardarlo, per timore di tradire l’angoscia che provava.
Raggiunsero
la villa degli Uchiha un’ora più tardi, quando i
primi
candelabri erano già stati accesi e gli insetti ronzavano
mesti. Il marchese aiutò Sakura a scendere dalla carrozza e
poi la accompagnò oltre i cancelli del giardino,
perché
si presentassero all’attendente.
Non
appena misero piede nel salone della festa, Sakura si trovò
istintivamente a cercare Sasuke con gli occhi. Com’era
prevedibile,
non riuscì a scorgerlo, ma non poté impedirsi di
provare un moto di delusione. Lee la distrasse baciandole la mano, e
poi si scusò e si allontanò, diretto verso il
gruppetto
degli amici che bevevano poco più in là. Lei,
incapace
di togliersi l’ansia di dosso, andò a raggiungere
le
nobildonne che mormoravano in un angolo della sala, e non appena mise
piede nel cerchio ristretto in cui confabulavano, si accorse di avere
tutti gli occhi puntanti addosso.
Ma
bene. La scorreria notturna di Sasuke era di domino pubblico.
Si
fece avanti con un certo nervosismo, e capì che il suo
arrivo
aveva interrotto bruscamente un discorso certo interessante. Ma se
c’era un vantaggio nell’essere contadina, era che
ci voleva più
di qualche mala parola per abbatterla, e così
alzò il
mento e si costrinse a sorridere.
«Buona
serata. Come state?» chiese, fingendo che fosse tutto nella
norma.
Borbottii
vaghi in risposta, occhi sfuggenti e tentennamenti.
«Qualcuno
ha già visto l’ospite?»
continuò lei, cortese,
e questa volta sembrò che l’argomento fosse
sufficientemente
interessante da destare l’interesse collettivo.
«E’
laggiù» Ino stese il ventaglio in direzione della
sala,
e Sakura seguì il suo sguardo fino a individuare
l’unica
sconosciuta della serata, una donna appariscente avvolta in un abito
viola e nero. A quella distanza sembrava avere un piglio molto
deciso, ma anche una notevole avvenenza.
«E
il fidanzato?» indagò ancora, suo malgrado
coinvolta in
ogni faccenda sentimentale della zona, come ogni dama o aspirante
tale.
«Si
è presentato insieme a lei, ma poi è scomparso
con il
duca» rispose Hinata, arrossendo leggermente.
«Sembra
che la dolce coppia non sia poi così dolce»
sussurrò
Ino maliziosa, dietro il ventaglio di raso giallo. «Pare che
non si tollerino. Li hanno sentiti scambiare sì e no mezza
parola cortese, e poi guardate: lei non fa che passare il suo tempo
tra gli uomini»
All’altro
capo della sala, Temari sorrideva di una battuta del conte Yamanaka.
«Però
è attraente» la difese Sakura. «Non
potete
biasimarla se incontra il favore maschile»
«Oh,
no no! Chi la biasima?» rise Ino, civettuola, per nascondere
l’irritazione che più volte aveva manifestato
privatamente
nei confronti della contadinotta.
«Piuttosto, pare che abbia due fratelli, entrambi in
età
da marito. Forse bisognerebbe che chi non è certo
del proprio avvenire cercasse di catturare la sua
benevolenza...»
sussurrò, con occhiate eloquenti.
Nonostante
Sakura fosse l’unica del gruppo ad essere ufficialmente
fidanzata,
le sembrò che l’insinuazione fosse rivolta a lei.
Poteva
darsi che, dopo la mossa di Sasuke, la ritenessero in pericolo? Se il
marchese Lee l’avesse abbandonata e il duca non
l’avesse
raccolta, sarebbe dovuta tornare tra i campi, e non avrebbe
più
visto balli, buon cibo o conversazioni eleganti. Ne era perfettamente
consapevole, e tuttavia, se all’inizio aveva accettato di
sposare
Lee senza quasi conoscerlo, non lo aveva fatto per la bella vita, ma
per i suoi genitori. Se fosse tornata nella sua vecchia casa, il suo
unico rimpianto sarebbe stato per loro, e non per le insinuazioni e i
sussurri dell’alta società.
Così
sorrise, senza bisogno di dover fingere, e mentre sorrideva vide una
sciarpa turchese ondeggiare tra gli invitati, nella loro direzione.
«Buonasera,
mie splendide dame!» sorrise Naruto, piombando tra loro con
due
calici di moscato tra le dita della sinistra e almeno tre braccia di
seta turchese, intonata ai suoi occhi attorno al collo. «Il
ricevimento è di vostro gradimento?» si
informò,
rivolgendo a tutte quante il suo miglior sorriso.
«Meraviglioso!»
rispose Ino, tendendogli la mano perché la baciasse, e lui
non
si fece attendere. «Musica incantevole, devo assolutamente
dire
a mio padre di richiedere i vostri violini»
«Non
mancheremo di fornirgli ogni indicazione» la
rassicurò
Naruto, e poi i suoi occhi cercarono Sakura. «Mademoiselle»
la salutò, con un inchino particolare, e prontamente le tese
uno dei due calici che teneva in mano. «Richiedo
l’onore
della vostra compagnia, se non vi è di troppo
disturbo»
Per
un attimo Ino non riuscì a mantenere la sua maschera di
delicatezza, e sembrò sconcertata. Ma lo
sconcertò
lasciò subito il posto all’indignazione, e,
infine, a un
malcelato disprezzo, pronto a sibilare alle spalle del suo oggetto.
«Non
so...» sussurrò Sakura, arrossendo sotto la
cipria, e
rimase immobile con il moscato in mano e gli occhi spalancati.
«Nessuna
di voi si offende, nevvero?» sorrise Naruto, girando lo
sguardo
sulle dame tutt’attorno. Hinata Hyuga si fece di brace, ma
annuì
con tanta foga che rovesciò il suo vino.
«Non
è un problema, contessa, date a me» Naruto prese
il
bicchiere vuoto e le tese immediatamente il suo ancora pieno,
corredato di fazzoletto di seta per asciugarsi le dita. Ino
roteò
gli occhi, prevedendo l’immancabile collasso che Hinata si
riservava dopo le attenzioni di qualsiasi gentiluomo, ma lei la
stupì
e rimase salda. Confusa, ma salda.
Naruto
sfruttò la distrazione momentanea e prese delicatamente
Sakura
per un gomito, scusandosi con le sue compagne, tutto sorrisi, intanto
che già si allontanava.
«Venite,
venite» le diceva intanto senza guardarla, concentrandosi a
salutare gli invitati.
Sakura
provò a chiedergli quale fosse la loro meta, ma lui non la
sentì o non volle sentirla, e così, impotente, fu
trascinata attraverso stanze mai viste della residenza fin sul
giardino posteriore, che altro non era se non un orto.
«Naruto...
Per favore...» sibilò a quel punto, spaventata dal
buio,
dal silenzio, e dall’improvvisa intimità con il
suo
accompagnatore. «Io sono lusingata, dico davvero,
tuttavia...»
«Non
una parola di più» la fermò lui,
sorridendole
alla luce distante della casa. «Non fraintendete, non ho
alcuna
intenzione di turbarvi. Vorrei solo che aspettaste cortesemente
qui»
«Aspettare?»
Sakura lo guardò stupita, aggrappandosi al calice di moscato
come all’unica certezza concreta rimastale.
«Aspettare cosa?»
«Chi»
la corresse Naruto, con sguardo malizioso, e poi le prese la mano, e
ne baciò il dorso privo di guanti. Se si soffermò
più
del dovuto, Sakura non se ne accorse; e l’istante successivo
già
veleggiava indietro, verso il ricevimento.
Sasuke
scrutava cupamente il salone affollato. Dallo scalone poteva
intravedere diverse teste scure e lucide, ma al di sotto
c’erano le
guance colorite della campagna, e nessun volto innaturalmente pallido
e lungo. Nessuna traccia di Orochimaru, ancora. E lui non toccava
alcool, per precauzione contro qualunque veleno.
In
compenso gli ospiti sembravano divertirsi. C’era il solito
gruppo
di giovani donne in un angolo della sala, tutte vicine ai violini per
essere invitate a danzare, e gli uomini circolavano da un muro
all’altro, ridendo e scambiandosi le ultime
novità. La
contessa spagnola protagonista dei festeggiamenti al momento
sovvertiva ogni regola, ridendo tra quattro o cinque giovanotti, e se
solo Sasuke avesse prestato più attenzione, si sarebbe
accorta
degli sguardi che correvano tra lei e il giovane Shikamaru Nara.
Ma,
oltre alla preoccupazione, intervenne altro a distrarlo. E proprio
mentre i suoi occhi si posavano sul marchese Lee, che discorreva
serenamente con i suoi pari, Naruto lo raggiunse e lo
afferrò
per un braccio, lui e la sua vistosa sciarpa turchese.
«Vieni
con me» gli disse senza preamboli, con un sorriso di
difficile
decifrazione.
«Dove?»
chiese Sasuke, iniziando a seguirlo meccanicamente, e si accorse che
stavano scendendo le scale.
Naruto
non rispose alla sua prima domanda, né a quelle successive.
Salutando ospiti e volti vagamente noti, continuò a
trascinarlo portandosi appresso un misterioso calice vuoto, e senza
preavviso scomparve oltre una porta degli appartamenti privati.
«Naruto!
Esigo che tu mi dica cosa stai macchinando!»
scattò
Sasuke all’altezza dell’ultimo corridoio,
scaldandosi.
«Niente»
rispose lui, il ritratto dell’ingenuità nella luce
incerta
che proveniva dai muri. E mentre lo diceva aprì la porta che
dava sul retro, e anche a quella distanza Sakura vide Sasuke, e
Sasuke vide Sakura.
Entrambi
si irrigidirono.
«Naruto...»
sibilò lui, improvvisamente nervoso.
«Le
hai chiesto la mano e poi non ti sei più
presentato»
sussurrò Naruto in risposta, in tono di rimprovero.
«E
ciò è accaduto la settimana scorsa, amico mio.
Ritengo
che sia giunto il momento che voi due parliate»
«Giuro
su quanto ho di più caro che questa non la
dimenticherò»
mormorò Sasuke tra i denti, fulminando Naruto con gli occhi.
«Ci
conto» sorrise quest’ultimo, sorpreso.
«Dovrai pur
ringraziarmi, prima o poi!» e dopo quella frase, senza
voltarsi
a cercar Sakura, si drappeggiò meglio la sciarpa attorno al
collo e se ne andò, leggiadro come seta.
Sasuke
rimase immobile sulla soglia a guardare l’ombra che si
disegnava
davanti ai suoi piedi. Oltre il punto in cui si interrompeva, ma
prima che iniziasse la coltivazione di zucchine, Sakura faceva lo
stesso.
All’interno
il ricevimento si dimostrava un successo sempre maggiore.
Le
donne avevano una gran quantità di argomenti di cui
sussurrare
– primo fra tutti la scomparsa di Sakura con relativa
ricomparsa di
Naruto, ma nessuna apparizione di Sasuke – gli uomini
trovavano il
vino di loro gusto, apprezzandolo non solo a parole, e la
festeggiata, al centro delle attenzioni dei giovani della
nobiltà
locale, scambiava sguardi sempre più intensi con il giovane
e
solitamente apatico rampollo dei Nara.
Sasuke
non se ne era accorto, perché cercava Orochimaru o Rock Lee.
Se fosse stato sullo scalone in quel momento, avrebbe finalmente
visto il marchese, che vagava per la sala con sguardo preoccupato
alla ricerca della sua fidanzata; ma Sasuke non era lì, e
Naruto non era interessato al marchese.
Il
nipote del re, con la seta al collo e un calice vuoto tra le mani,
ignorava qualunque marchese, conte o duca, e si faceva largo tra gli
invitati per dirigersi verso l’unica persona che catturasse
la sua
attenzione, la quale aveva varcato i cancelli della
proprietà
da nemmeno un minuto; oltrepassò i violini,
oltrepassò
le fanciulle e la balbettante Hyuuga, oltrepassò gli uomini
e
oltrepassò anche alcuni servitori, per arrivare
nell’atrio e
fermarsi, con un sorriso perfettamente circostanziale disegnato sulle
labbra.
A
un metro da lui, Orochimaru rispondeva all’accoglienza,
affiancato
dal fedele Kabuto.
E
se il suo sembrava il sorriso del vampiro che sta per affondare i
canini, gli occhi di Naruto erano ben lungi dall’intonarsi
con
l’azzurro limpido della sciarpa. Attorno al calice vuoto, le
nocche
delle dita erano bianche, ma ferme.
«Benvenuto»,
salutò, falso.
Continua
E
dopo tutta l'estate e pure parte dell'autunno, ecco che Deserving torna
sui vostri schermi, per la gioia (?) dei SasuSaku fan che la seguivano!
Allora, cosa posso dire a mia discolpa? Che l'estate è stata
intensa, che l'ispirazione languiva, che io e Sasuke non collimiamo
molto, e mille altre cose. Ma la verità è che
sono pigra, pigrissima, e che se la mia vita procede sul giusto binario
non ho la forza di mettermi a scrivere.
Tuttavia negli scorsi giorni sono stata colta da una botta di
ispirazione assoluta, e allora - ebbene sì - ho finito
questa fanfiction! In sette capitoli, per giunta.
Personalmente ritengo che la fine del sesto vi lascerà un
tantinello annichiliti
(lo spero, se non altro), ma per oggi parliamo di questo capitolo.
Le cose si sono mosse inaspettatamente rapide, nevvero? Sasuke e Sakura
soli, Orochimaru con Naruto, e Temari... ah, Temari! Che si mette a
squadrare il marchese Nara, come se non avesse nient'altro da fare! Nel
prossimo capitolo succederà di tutto e di più, ve
lo anticipo, ma voglio anche anticiparvi che, contrariamente a quanto
sono solita fare, questa volta la storia non può e non vuole
prendere in esame analiticamente le vicende di tutti i personaggi.
Questa volta mi concentro sui protagonisti, e solo e soltanto loro,
lasciando al lettore l'arduo compito di decifrare le altrui azioni e
stati d'animo. In parte lo faccio perché ho letto Seta, di Baricco, e
sono rimasta incantata dalla sua essenzialità, e in parte
perché di loro non è necessario sapere poi molto.
Questa storia è nata per ruotare attorno a Sasuke e Sakura,
persino Naruto fa la sua comparsa unicamente nel ruolo di mediatore.
Okay, dopo aver sproloquiato per dieci lunghe righe su me stessa e il
mio egocentrismo, vi lascio alle risposte ai commenti, per quanto
probabilmente non ricorderete nemmeno cosa mi avete scritto all'epoca!
XD
Talpina Pensierosa: ormai
la NaruTema non è più una novità, per
quel che mi riguarda! Giusto? XD Invece tutto il resto... beh, le cose
si sistemeranno alla svelta. U_U Spero.
Saku_piccina93: beh,
direi che la famosa scintilla tra Sasuke e Sakura è
scoccata, o comunque sta per scoccare! Peccato che non abbiano proprio
un sentiero facile davanti a loro... Ma dai! Hinata non rompe affatto,
povera stella! L'hanno messa in mezzo!
sammy1987: non
dovresti maledire la serva di Sasuke per essere scappata dopo averlo
visto nudo; a meno che la serva non fossi tu, naturalmente. XD Ah, non
dovreste preoccuparvi troppo di Inoichi. Non è detto che
abbia il tempo di concretizzare i suoi piani... E Temari è
arrivata, in pompa magna e con tanto di puzza sotto al naso! Si aprano
le danze, gente!
arwen5786: cough cough cough... Temo
che gli Hyuga non rientrino nei miei piani immediati, non in questa
storia! ^^' Mi spiace, è che, come avevo già
anticipato, non avevo pronto niente, e alla fine le cose si sono
evolute da sole, indipendentemente dalla mia misera
volontà... Però non perdere le speranze, su di
loro! Davvero, non perderle!
bambi88: il
nero è sempre nel cuore di chi è
stato/è/sarà nero. Non si può farci
niente. Poi, tutto sta a vedere se si concretizza... Però
qui ci sono buoni segnali, no?
Topy: io
non definirei Temari e Naruto adorabili,
ma alla fine sono opinioni... XD Però sono divertenti,
diciamocelo!
kairi84: Susi, questo Naruto io lo adoro
un po' troppo *____* Ehm. Ehm. (e
ciò mi sembra decisamente esaustivo)
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Deserving-6
Deserving
Sasuke
ricordò a che famiglia apparteneva un attimo prima di
esagerare con i tentennamenti. Sentendo il nobile sangue degli Uchiha
ribollire in corpo, si fece coraggio e avanzò con passo
sicuro, sino a fermarsi a una falcata da Sakura.
«Buona
sera» la salutò, con un inchino nervoso.
«Duca...»
rispose lei, ricambiando.
Scese
il silenzio.
«Un
ricevimento meraviglioso» bisbigliò Sakura dopo un
istante, sorseggiando il suo moscato. «Musica
incantevole...»
Si
rese conto di aver iniziato a parlare come Ino, e la cosa la
turbò
tanto da ammutolirla.
«Grazie»
rispose Sasuke brusco, con un cenno del capo. «Sono lieto che
vi divertiate»
Darsi
del voi era orribile, realizzarono entrambi.
«Come
stan...»
«Il
soggiorno...»
Entrambi
si bloccarono, dopo aver iniziato a parlare contemporaneamente, e per
un attimo si scambiarono uno sguardo rigido.
«Prego,
parlate voi» disse Sakura, abbassando gli occhi.
«Mi
chiedevo se i vostri genitori godano di buona salute»
mormorò
lui, giocherellando con i polsini della camicia.
«Ottima,
vi ringrazio» rispose lei in fretta. Poi si morse le labbra,
e
alla fine non resisté. «Per quanto in
quest’ultima
settimana abbiano sofferto di notevoli angosce...»
insinuò,
scrutando Sasuke con attenzione.
Lui
si irrigidì, ma incrociando i suoi occhi si
affrettò a
distogliere i propri.
«Me
ne dispiaccio» commentò atono. «Mi
auguro che non
sia un problema di salute»
«No,
non lo è...» sussurrò Sakura, abbattuta.
Una
parte di lei aveva sperato che incontrando Sasuke sarebbe cambiato
qualcosa. Ma avrebbe dovuto immaginare che la proverbiale freddezza
degli Uchiha avrebbe controllato ogni suo gesto: tendeva a sognare
troppo, l’avevano sempre rimproverata per questo. E poi, non
doveva
dimenticare che per Sasuke lei non era degna di nulla.
«Bene»
commentò il duca, schiarendosi la voce.
«Ciò è
bene» ripeté, in cerca di sinonimi.
«E
voi?» tentò Sakura.
«Com’è la vostra
salute?»
«Oh,
ottima» assicurò Sasuke. «Davvero
ottima»
Quella
sera non faceva che ripetere le stesse parole. E il pensiero di
Orochimaru ormai era scomparso dalla sua mente.
Sakura
lo sentì parlare, e scosse la testa. Per un attimo
abbandonò
i panni della nobildonna e si lasciò andare a una smorfia da
contadina.
«Lo
facevi anche da bambino» mormorò, asciutta.
«Quando
non sapevi cosa dire ripetevi le stesse, vuote parole,
finché
non perdevano anche quel poco di significato che avevano»
Sasuke
tacque, riconoscendosi colpevole.
«Non
è semplice» mormorò, tormentando la
stoffa dei
polsini.
«Immagino»
replicò lei, sollevando il mento. «Eri ubriaco,
vero?
Non ti rendevi nemmeno conto di quello che facevi, chissà
come
sei riuscito a restare in sella...»
Lui
sollevò gli occhi, giusto per scoccarle
un’occhiata di
fuoco. «Non ero ubriaco. Non ero totalmente in me,
è
vero, ma ancora ero in grado di ragionare»
«E
allora perché non sei più tornato?»
chiese
Sakura, angosciata. «Perché quelle parole, quelle
minacce... e poi più nulla?»
«Quali
minacce?»
«A
mio padre! Lui non voleva darti la mia mano, lo ha fatto
perché
ha paura di te!»
«Non
ho fatto alcuna minaccia!» si indignò Sasuke,
scandalizzato. «Non so come abbia interpretato le mie parole,
ma io ho solo manifestato
la mia intenzione a prenderti in moglie, e lui ha accettato. Non ci
sono stati altri discorsi tra noi! Ho dovuto introdurre io stesso la
questione del mantenimento dei tuoi genitori, altrimenti non mi
avrebbero nemmeno chiesto niente!»
Sakura
lo fissò confusa.
Era
appurato che suo padre fosse spaventato dalla figura di Sasuke in
sé,
dall’emblema del duca. E in effetti, ora che ricordava, non
aveva
sentito nulla riguardo a minacce esplicite o ricatti. Forse aveva
frainteso?
Ma,
in ogni caso, non era quello il punto.
«Perché
non sei tornato?» bisbigliò incontrando il suo
sguardo,
delusa. «Perché dopo quella notte non ti abbiamo
più
visto, e perché il marchese è ancora il mio
fidanzato?
Ci hai presi in giro? Non mi riteni degna
della tua attenzione, da sobrio?»
«No!»
esclamò Sasuke, passandosi una mano tra i capelli.
«No,
ero solo... E’ più complesso di quanto sembra. Ci
sono cose,
dettagli, che tu non conosci. Se io...» deglutì.
«Se
io ti sposassi, la vita di qualcuno sarebbe in pericolo, forse anche
la tua»
Sakura
si accigliò, con un tuffo al cuore.
«Cosa
significa?» domandò, pallida.
«Non
sono cose in cui voglio coinvolgerti» troncò lui,
brusco. «Per questo non sono tornato, per questo non ho dato
retta a quello sciocco di Naruto»
Sakura
scosse la testa confusa.
«Io
non voglio sposarti» sussurrò, e Sasuke la
fissò
ad occhi sbarrati, sorpreso. «Tu sei diverso, da allora...
Sei
un uomo che non conosco. E che mi spaventa. Sei un uomo che fa
proposte di matrimonio, e che ha a che fare con la morte; sei un uomo
che frequenta la corte e non si ricorda nemmeno più il
sapore
della terra. Il marchese non ha mai toccato il fango, forse, ma sa
cosa vuol dire pensare come la gente comune. Tu, che sei stato tanti
anni a Torino, lo ricordi ancora come si pensa qui?»
Sasuke
fece un cenno rabbioso. «Che c’entra?»
chiese stizzito.
«Tutte le persone cambiano. Non possiamo restare bambini per
sempre»
«Ma
qui le persone restano uguali» lo contraddisse lei.
«In
campagna il tempo scorre più lentamente, le generazioni sono
sempre le stesse. E tu, ormai, non fai più parte di questa
realtà»
«Posso
imparare» si lasciò sfuggire Sasuke, come se, per
mantenere l’equilibrio, ora che lei si mostrava ritrosa lui
dovesse
farsi avanti. «Posso riadattarmi, abituarmi al...»
Sakura
gli rivolse un mezzo sorriso. «Credevo che il matrimonio
fosse
escluso, ormai»
Lui
ammutolì, livido.
Il
matrimonio non doveva nemmeno essere considerato, o Orochimaru
avrebbe agito, lo sapeva. Per quanto Naruto cercasse di convincerlo
che non c’erano pericoli, non appena lui si allontanava
Sasuke
ritrovava la lucidità, e capiva che avrebbe dovuto sposare
Hinata Hyuga, in un modo o nell’altro.
«Mi
va bene così, sai?» sussurrò Sakura,
con un
sorriso tenue. «Da contadina a marchesa è
già un
gran balzo, non so se riuscirei ad affrontare il passaggio fino a
duchessa»
Sasuke
la fissò, e gli apparve così bella nella luce
tenue e
distante della casa; sembrava che fosse la persona più degna
di stare al suo fianco, anzi l’unica
degna, nonostante le
sue origini, nonostante la sua pelle abbronzata, e desiderò
che la sua ombra la coprisse sempre, come ora.
«Saresti
una duchessa perfetta» si trovò a mormorare,
perché
ormai, nell’aria, qualcosa diceva a entrambi che quella era
l’ultima scena.
Sakura
rise, e la voce le si ruppe a metà, costringendola a cercare
il fazzoletto tra le pieghe della gonna.
«Mi
dispiace... Non so cosa...» tentò di scusarsi con
voce
incrinata.
E,
dal momento che non avrebbero più parlato soli e che non
sarebbe mai stata sua, Sasuke la avvicinò, la prese per le
spalle e la baciò, come l’ultimo bacio di un
soldato prima
della guerra.
Sakura
si riprese presto dalla sorpresa, così come avrebbe fatto
per
l’amato chiamato alle armi, e fu come se quella fosse
l’ultima
volta, la prima e l’ultima, per sempre, e poi mai
più; lo
abbracciò, si strinse a lui, consapevole
dell’eccezionalità
di quel momento, senza più cercare di trattenere le lacrime,
nonostante il kajal
colasse sulle sue guance. Perché lui la spaventava, lui era
un
altro, ma era sempre
lui.
L’unico. E anche se il loro bacio non era un bacio da
aristocrazia,
sarebbe sempre rimasto dentro di loro, fino alla morte.
Quando
le loro labbra si staccarono, Sakura piangeva, e nascose il viso
contro il petto di Sasuke.
«Mi
dispiace, mi dispiace...» gemette. «Mentivo. Ti
avrei
sposato, anche se non ti conosco, perché non potrei mai non
amare qualunque cosa tu sia diventato»
Sasuke
la strinse con più forza, maledicendo Orochimaru e giurando
vendetta, su ogni singolo battito del suo cuore, ma poi dovettero
sciogliere l’abbraccio, e lui offrì a Sakura il
suo
fazzoletto, dicendole di tenerlo.
Lei cercò di rimediare al danno apportato al trucco, ma
senza
risultati, e pensò confusamente di tornare a casa senza
avvisare Lee, con la scusa di un malore improvviso. E pensò
che dover tornare a parlare a Sasuke usando il voi
avrebbe fatto molto male.
Sasuke
le tenne la mano, stringendola fin quasi a farle male, e poi,
angosciato, le prese anche l’altra.
«Se
fosse diverso...» sussurrò, perché
voleva almeno
che lei capisse perché non era possibile. Che lo capisse
alla
perfezione e comprendesse che era inevitabile. «Se fosse
diverso, saresti già mia moglie. Se tu non fossi stata
promessa a Lee, sarei stato io il primo a farmi avanti, non appena
tornato. E se mai ho amato qualcuna, quella donna sei tu, e puoi
essere solo tu»
Sakura
annuì, sforzandosi con tutta sé stessa di
trattenere le
lacrime che minacciavano di cadere di nuovo.
«Non
dimenticarlo mai» ripeté Sasuke, baciandole le
mani per
non tornare sulla sua bocca. «Se fosse diverso, ti sposerei
in
questo istante»
«E
allora abbiamo un intero matrimonio da organizzare»
commentò
una voce ironica e beffarda, a breve distanza.
Naruto
aveva portato Orochimaru nel giardino principale, invitandolo a una
passeggiata insieme a Kabuto. Orochimaru aveva chiesto di vedere
Sasuke, ma il suo gentile ospite gli aveva detto che in quel momento
era impegnato, e che sicuramente lo avrebbe visto più tardi;
tanto valeva, dunque, attardarsi qualche istante con lui.
Il
sorriso di Orochimaru era scemato visibilmente, mentre Naruto gli
indicava la strada agitando un calice vuoto e ancora umido.
All’esterno, i tre si erano inoltrati lungo un dedalo di
sentieri
accuratamente disegnati e bordati di erba secca. Avevano camminato
tra i cespugli di Ortensie e Bella di Notte, senza parlare,
finché
Naruto non era stato certo di essere abbastanza distante.
«Quanto
vi deve?» chiese allora, secco, abbandonando ogni traccia di
affettazione. «Cento? Mille? Diecimila lire?»
Orochimaru
stese le labbra con finta innocenza. «Non capisco di cosa
parliate»
«Non
fate il tonto con me» sibilò Naruto.
«Per quanto
ai vostri occhi io sembri solo un ragazzino sciocco, il mio sangue e
le mie amicizie mi rendono pericoloso, per uno come voi. Dunque
evitiamo ogni gioco, e ditemi a quanto ammonta il debito di
Sasuke»
«Temo
che ormai non sia più questione di denaro...»
mormorò
Orochimaru, con delicatezza. «Vedete, mio caro ragazzo, il
giovane Uchiha si è impegnato con me in un altro genere di
accordo. Incapace di risolvere il suo debito economicamente, ha
deciso di vertere su un altro genere di patto...»
«Sposare
Hinata Hyuga, sì?» troncò Naruto,
assottigliando
gli occhi.
«Esatto.
Dunque, vedete, voi siete fidanzato con la contessa Sabaku,
altrimenti l’affare sarebbe stato risolto davvero in
fretta...»
«Scioglierò
il fidanzamento»
«Come
prego?» Orochimaru inarcò le sopracciglia,
stupito, e
Kabuto, al suo fianco, ebbe un guizzo di sorpresa.
«Ho
detto che scioglierò il fidanzamento con la contessa
spagnola»
sillabò Naruto, parlando molto lentamente. «E
annuncerò
ufficialmente il mio nuovo fidanzamento con la contessa Hinata
Hyuga»
Orochimaru
gli regalò una lunga e cauta occhiata. «Credete di
poterlo fare? Provocherà un incidente diplomatico, lo
sapete?»
chiese, mentre un sorriso compiaciuto si allargava sulla sua bocca.
«Non
venitemi a dar lezioni di politica» sibilò lui.
«Ditemi
se lo scambio vi aggrada, e concludiamo un accordo»
Orochimaru
finse di pensarci su, e alla fine chinò il capo con una
cortesia che aveva del ridicolo.
«Penso
che abbiamo raggiunto un punto d’incontro» sorrise.
«Naturalmente... Per il disturbo...»
«Cinquemila
lire. Non una di più» troncò Naruto,
lapidario.
«Cinquemila e il mio fidanzamento, e Sasuke sarà
libero
per sempre»
«Ottimo
scambio» approvò Orochimaru, con un sorriso ampio
e
soddisfatto. «Tuttavia, se mi è permesso, potrei
chiedervi come mai tanto affanno per un amico che... oh, diciamo le
cose come stanno, per un amico che conoscete così poco da
non
aver diviso più di una cinquantina di pasti
insieme?»
Lo
sguardo di Naruto si indurì, nell’ombra.
«Avete
chiesto se vi è permesso. Ebbene, non lo è. E ora
mi
vedo costretto ad invitarvi a lasciare il ricevimento. Entro una
settimana avrete tutto ciò che avete richiesto»
Orochimaru
sorrise, si inchinò, e girò sui tacchi, diretto
verso i
cancelli che si intravedevano dietro un gruppo di arbusti. Kabuto, il
fedele servitore, imitò il suo inchino e si
affrettò a
seguirlo, ed entrambi scomparvero nel buio della notte
d’agosto,
circondati dal frinire intenso dei grilli.
Naruto,
rimasto solo, inspirò profondamente. Dopotutto la contessa
Sabaku non gli era mai piaciuta, e la contessa Hinata era... no, non
era ciò che avrebbe volentieri sposato, doveva ammettere. Ma
con quel matrimonio avrebbe potuto vedere Sakura, avrebbero vissuto a
breve distanza e avrebbe avuto ogni scusa per incontrare gli Uchiha.
E
forse, rendendosi conto di cosa implicasse quel ragionamento, era
proprio meglio se non ci pensava, e andava a riferire la lieta
novella prima di trovare la casa chiusa più vicina.
Quando
raggiunse Sasuke e Sakura, li trovò immersi nel loro intenso
e
drammatico addio; e sentire Sasuke parlare tanto coraggiosamente di
matrimonio gli fece sorgere un sorriso derisorio sulle labbra. Tanto
che volle provocarlo dandogli la notizia senza mezzi termini.
«Allora
abbiamo un intero matrimonio da organizzare»
esordì,
avanzando con passo sicuro verso entrambi.
Loro,
d’istinto, si allontanarono e gli rivolsero occhiate
spaventate,
trattenendo il fiato.
«Vengo
in pace, Romeo e Giuseppina» rise, sollevando il calice vuoto
e
facendo ondeggiare la sciarpa nella notte. «O forse alla
situazione si addice di più Giovanna? Ad ogni modo, nobile
amante disperato, se fossi in te presterei più attenzione
alle
promesse che decido di fare! Potrei doverle mantenere» e si
inchinò, beffardo.
«Naruto»
sibilò Sasuke, irritato dall’interruzione.
«Che stai
dicendo?»
«Sto
dicendo» sorrise lui, sornione. «che i tuoi
‘insormontabili impegni’ si sono dissolti come neve
al sole.
Svaniti. E che ora sei libero di dedicarti anima e corpo al solo,
unico e quali altri aggettivi? Beh, all’amore della tua
vita»
concluse.
Sasuke
lo fissò accigliato. «Che stai dicendo?»
ripeté,
più lentamente, questa volta per accertarsi di aver capito
male.
«Quella
persona
non è più un problema»
spiegò Naruto,
agitando un lembo di sciarpa davanti al suo naso. «Me ne sono
occupato io mentre tu cantavi, oh allodola. Indi, sei libero di
imbrigliarti nella più machiavellica costrizione che mente
umana mai progettò: il matrimonio»
«Cos’hai
fatto?» Sasuke sentì il sudore impregnargli la
schiena,
gelido nonostante l’afa.
Naruto
aveva incontrato Orochimaru. Lì. In quei pochi minuti che
lui
aveva passato con Sakura – mai coincidenza fu più
opportuna,
nevvero? Cosa gli aveva promesso? Fino a che punto si era spinto per
lui?
«Oh,
bazzecole di poco conto...» minimizzò Naruto,
allontanando un tafano con la mano. «Cose di cui potremo
discutere ampiamente in separata sede. Ora, se fossi in te, mi
concentrerei sulla fortunata fanciulla alla quale hai appena promesso
mari e monti, e permettimi di ricordarti che il fidanzato di suddetta
fanciulla è ancora all’oscuro di tutto»
Sasuke
si voltò a guardare Sakura, che, smarrita, lo fissava senza
sapere cosa fare.
Se
solo il pensiero di Naruto non fosse stato tanto pressante nella sua
mente, l’avrebbe stretta di nuovo a sé, e avrebbe
ripetuto
le promesse, magari con meno enfasi – perché
finché
si tratta di impossibilità
è un conto, ma quando si tratta di impegnarsi è
un
altro.
Però
il pensiero di Naruto era lì, a roderlo, e non riusciva a
ignorarlo per lei.
Naruto
lo vide esitare, e allora sbuffò, avvicinandosi a Sakura per
primo.
«Madame,
le mie felicitazioni» commentò pomposo, piegandosi
in un
inchino profondo e posando le labbra sul dorso della sua mano.
«Vi
auguro ogni bene e figli maschi e sani»
Sakura
arrossì, e guardò Sasuke in cerca
d’aiuto.
Ma
Naruto non gliene diede il tempo, e, ridendo e scherzando, si
lasciò
scappare qualche altra battuta e se ne andò, seguito dalla
sua
buffa sciarpa, con quell’inutile calice ancora in mano e
l’espressione vuota di sempre. Se ne andò, e la
sua, più
che una delicata accortezza in favore dei due amanti, sembrò
tanto una fuga.
Non
appena furono soli, Sakura si strinse di nuovo a Sasuke, realizzando
all’improvviso cosa stava per accadere, e lui le
passò le
braccia sulle spalle, convinto di doversi sentire felice, ma incapace
di allontanare lo sguardo dalla porta per cui era passato Naruto. E
mentre lei rideva, e iniziava a parlare, e piangeva di nuovo, lui
faticò a ricambiare il sorriso.
Un
cattivo presagio gli opprimeva lo stomaco.
*
La
notizia volò di bocca in bocca, e stazionò sulle
pagine
dei giornali per diverse settimane. Fu uno scandalo su cui il
popolino si accanì con violenza, entusiasmato
dall’avventura,
dalla storia d’amore e dal mistero dei paesi esotici. Qualche
scrittore si decise a farne un romanzo a puntate, in appendice ai
giornali, e riscosse un buon successo.
Ma
la verità è che nessuno seppe mai precisamente
come e
perché la contessa Sabaku Temari fosse scappata con il
marchese Shikamaru Nara, eppure tutti – per una volta tutti
tranne
Ino Yamanaka – giurarono di aver intuito ogni cosa al
ricevimento
del duca Uchiha.
Nella
confusione seguita alla sparizione della contessa –
confusione
dovuta al mancato ritrovamento della sua lettera di addio, oltretutto
in spagnolo, e nascosta sotto un divano – lo scioglimento del
fidanzamento tra il marchese Lee e Sakura Haruno passò
pressoché inosservato, e il marchese si ritirò in
buon
ordine, non tanto perché riconoscesse la
superiorità
del duca, quanto perché sapeva di non volere una moglie
infelice.
Il
successivo fidanzamento di Sakura con il duca Uchiha, poi, cadde in
concomitanza con il molto più sontuoso fidanzamento tra
Naruto
Uzumaki, nipote del re, e Hinata Hyuga, ricca contessa in
un’infima
posizione. Naruto organizzò ogni cosa in fretta, senza
lasciare il tempo a nessuno di fermarlo, e nel giro di un mese
stabilì le nozze e la residenza coniugale, catalizzando
l’attenzione dei pettegolezzi e dei giornali, tutti convinti
che ci
fosse una gravidanza di mezzo.
Sasuke
lo interrogò a fondo, il giorno successivo al ricevimento.
Prima di scoprire che la contessa era scomparsa, costrinse Naruto a
raccontargli del suo incontro con Orochimaru, e insisté per
restituirgli le cinquemila lire che aveva impegnato. Naruto rise,
battendogli una pacca sulla spalla, e disse che ci avrebbero pensato
in futuro.
Poi
Sasuke gli chiese perché lo avesse fatto.
E
lui, ancora una volta, non rispose.
Il
mese successivo ci furono le nozze del nipote del Re.
Fu
una cerimonia sfarzosa, elegante e molto dispendiosa. Naruto
insisté
per celebrarla a Montebello, dove avrebbe vissuto con sua moglie, ed
ebbe occasione di invitare Sasuke e Sakura.
Hinata,
splendente nell’abito bianco di sua madre, si sarebbe
rivelata una
moglie più amorevole e attenta di quanto chiunque avrebbe
mai
sospettato.
«Io
vi amo» era solita dire a Naruto, ed era sincera. Una persona
come lei non poteva non amare una persona come lui, così
viva
e accecante, e priva di macchie.
Ma
Naruto non rispondeva; ringraziava per il suo amore e non rispondeva,
e Sasuke temeva di conoscerne la ragione.
Gli
Hyuga acquisirono il titolo di duchi, come desiderato e come si
confaceva alle loro ricchezze. Il capofamiglia, Hiashi, fu
così
soddisfatto dalla piega che avevano preso le cose, che, gonfio di
orgoglio e potere, arrivò a pensare di poter esercitare
qualche tipo di autorità su Orochimaru, che ancora
pretendeva
il suo corrispettivo per i servigi resi.
E
Orochimaru pensò che ciò che aveva davanti fosse
solo
uno sciocco conte di campagna, e non si lasciò toccare dalla
sua alterigia.
Probabilmente
fu un errore di entrambi, in fin dei conti.
Dopo
un altro mese, in ottobre, prima dell’inverno, fu la volta di
Sasuke e Sakura.
E,
nonostante il loro matrimonio impallidisse al confronto con quello
tra Hinata e Naruto, i giornali ci si soffermarono molto più
a
lungo, e le poche ragazze di campagna che sapevano leggere lo
diffusero tra le analfabete, fino a consumare i fogli e la carta che
avevano in mano. Sakura realizzava il sogno di tutte loro, dimostrava
che sperare non era vano. Era molto meglio delle storie di spiriti
che si raccontavano attorno al fuoco la sera, e la pagina della
cronaca rosa divenne un vero talismano per le adolescenti romantiche
delle campagne.
In
occasione del ricevimento di nozze, Sasuke cercò di godersi
la
felicità e sorridere sinceramente agli invitati, nonostante
i
loro sussurri maligni. Tuttavia, ogni volta che incrociava Naruto,
non riusciva a nascondere un’ombra di inquietudine. Aveva
sempre la
sgradevole sensazione di averlo messo in trappola, di essere stato la
sola e unica causa della sua rovina. E giorno dopo giorno, guardando
i suoi occhi distanti, quell’idea non faceva che aumentare.
«Sai
a cosa stavo pensando?» chiese Naruto verso il tramonto,
mentre
con Sasuke centellinava del Bonarda sulla terrazza che tante volte li
aveva visti pranzare, con un clima più favorevole.
«Riesci
ancora a pensare?» replicò Sasuke, con
un’occhiata
eloquente al decimo bicchiere che gli vedeva in mano.
«Oh,
certo che riesco. Questo non è niente» rise
Naruto. «Ma
stavo pensando di prendere in affitto una delle tue stanze»
«Cosa?»
Sasuke si accigliò, con una punta di sospetto.
«Sì,
per le visite prolungate. So che abitiamo a nemmeno mezzora di
cavalcata, ma se una notte volessi fermarmi da te, vorrei avere una
stanza... E, a dire il vero, prevedo di passare a villa Uchiha molto
tempo, quindi gradirei avere una stanza riservata, sempre pronta. Un
piccolo studio e camera da letto, diciamo»
Prima
di ribattere, Sasuke fissò per alcuni lunghi istanti la
campagna che si stendeva davanti alla terrazza. Il grano era stato
raccolto, e ora i campi riposavano, grigi e arati, sotto gli occhi di
un sole che già era solo tiepido. Si strinse nella giacca,
posando i gomiti alla ringhiera.
«Naruto,
perché hai sposato Hinata?»
Naruto
inspirò a fondo, osservando a sua volta
l’orizzonte. «Perché
sono stato sedotto e abbandonato dalla bella spagnola»
mormorò.
«Non
voglio sapere l’opinione dei giornali»
«Perché
ti interessa, Sasuke? Perché vuoi sentirmelo dire?»
Silenzio.
«Ciò
che hai fatto non rende felice me, né te»
mormorò
il duca Uchiha, sottovoce. «Avresti dovuto fermarmi. Avresti
dovuto lottare. Avresti dovuto...»
«Taci»
Il
tono di Naruto fu insolitamente pacato. Sasuke cercò i suoi
occhi, e quando li trovò si stupì nel vederli
tinti
d’arancio, infuocati dal tramonto.
«Ho
fatto ciò che ritenevo migliore» disse, e, come
faceva
già da qualche tempo, non si scaldò.
«L’ho
fatto per le mie ragioni, e per un amico. L’ho fatto e basta.
E
recriminare non salverà nessuno, né
cambierà
qualcosa. Mi aspetto che ti comporti come la tua intelligenza
richiede, Sasuke»
Sasuke
distolse lo sguardo.
Non
gli piaceva quel Naruto martire e ragionevole. Si accompagnava troppo
bene al suo rimorso, e lo amplificava infinitamente.
«Allora
mi farai la cortesia di concedermi quella stanza?» chiese
Naruto, con un sorriso mesto.
Sasuke
avrebbe potuto dirgli che la concedeva a lui e a sua moglie. O che
non accettava. O che non voleva vederlo mai più.
E
invece, ciò che disse nel giorno del suo matrimonio,
all’amico
che era innamorato di sua moglie, fu: «avrai la tua stanza.
All’unica condizione di accettarla come un segno di
ospitalità.
Non voglio aumentare il debito che ho con te»
Il
duca Uchiha e il nipote del re trascorsero l’inverno
praticamente
assieme.
Le
malelingue parlarono di aborto per quanto riguardava Hinata,
iniziando a bisbigliare della curiosa usanza degli inglesi di
divorziare, ma nessuno insinuò nulla sulla moglie del duca,
ancora eroina nazionale e moglie felice.
In
primavera la marchesina Yamanaka, di ritorno da una villeggiatura al
mare per cercare di riacquistare la salute perduta in seguito allo
choc
della fuga del giovane Shikamaru, andò in sposa al conte
Inuzuka, realizzando un matrimonio tutto sommato buono, nonostante i
piani del padre di vederla duchessa fossero bruscamente sfumati.
Passò i suoi giorni a conservare gelosamente
l’unica lettera
spedita dal marchese Nara, in cui diceva di trovarsi nelle Americhe e
di aver trovato un cielo totalmente sgombro di nubi, e per il resto
della vita lo maledisse, e gli augurò ogni bene.
Poi
l’estate tornò ad occhieggiare su quel tratto di
pianura
padana che accarezzava le pendici dell’appennino, senza che
cicogne
volassero nei cieli sgombri della penisola.
Accadde
poco prima che la giovane duchessa Uchiha annunciasse la sua
gravidanza.
Il
corpo senza vita di Naruto Uzumaki fu ritrovato in un fosso lungo la
strada per Retorbido.
Continua
Penultimo, sconvolgente
capitolo! Vi sareste mai aspettati un finale così? E la
prossima volta si chiudono i giochi!
Oh, come
farò mai a sistemare tutto in un capitolo? Semplicemente
così come ho sistemato tre quarti della faccenda in mezzo.
XD Tra l'altro, il rating sarà arancio solo in quel prossimo
capitolo!
Argh! Questo
è stato disgustosamente melenso! Giuro, rileggendo vomitavo!
l'unica "scusa" che sono riuscita a trovare per questo colossale
svarione è che ho cercato di farli sembrare personaggi
dell'Ottocento. Insomma, le facevano 'ste sviolinate amorose, no?
Così dicono i libri, perlomeno... Bleah. -.-
Talpina Pensierosa: ma
no! Se tu non ti aspetti niente poi non c'è gusto a fare
quello che faccio sul finale di capitolo! XD
Hipatya:
arriveranno.
Piccola e viscida ricattatrice, sappi che arriveranno! Le recensioni,
intendo... Dammi solo tempo! un giorno mi sveglierò e, come
ho fatto con Clà, mi metterò in pari! *_* Beh, il
colpo di scena è stato decisamente insolito, direi. U_U Oh,
a dire il vero mi sbizzarrisco con la SasuSaku già in
Penne... ò.ò Quindi credo che questo
sarà l'ultimo esperimento! Tutto ciò che hai
detto riguardo alla storia, a come è trattato l'argomento,
eccetera eccetera, mi ha fatta sciogliere! Sapevo che non mi stavo
imbarcando in nulla di "grande" come Sinners e seguiti, però
sapere che nel suo piccolo non ha fatto schifo, è
già qualcosa. U_U Ammesso che io non crolli sul finale,
ovviamente. Quindi, grazie per tutto quanto, e per essere arrivata fin
qui con il tuo entusiasmo! Mi hai resa felice!
bambi88:
bingo! La
star è Naruto! E nel prossimo capitolo ti sarà
ancora più chiaro! E poi... gradita la sorpresa di oggi? XD
Oh, giusto. Mi spiace per Lee, ma era inevitabile! U_U
sammy1987:
ed ecco
che esattamente quando sembra che la parte interessante sia passata e
ci sia la famosa calma, in realtà si scopre che la tempesta
deve ancora venire! Muahahah, sono maligna! E nel prossimo capitolo
riuscirò persino a sistemare le cose. Wow!
ò.ò
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Deserving-7
Deserving
Aveva
conosciuto il duca Jiraya al matrimonio di Naruto.
Aveva
visto lui e il festeggiato comportarsi come padre e figlio, con
affetto, rispetto e stima. Forse perché i veri genitori di
Naruto erano morti molti anni prima, quando ancora si trovavano in
Francia.
Aveva
visto lo sguardo di Naruto che si posava su Jiraya, e quello di
Jiraya che lo abbracciava come un consanguineo, nonostante fossero
solo lontani parenti.
Aveva
visto che si volevano bene.
Jiraya
abitava a Torino, assiduo frequentatore della corte e delle dame.
Aveva frequenti rapporti con il re, era ospite fisso ai suoi
banchetti, e conosceva l’intera Italia e mezza Europa.
Il
16 giugno 1836, la mattina in cui trovarono il corpo di Naruto ancora
imperlato dalla rugiada della notte, Jiraya era a Venezia.
Non
appena Sasuke seppe, gli scrisse una lunghissima missiva.
*
Il
funerale fu sontuoso, nonostante l’assenza del re. Sasuke premette
al di là delle sue possibilità perché Naruto
fosse seppellito a Montebello, ma riuscì a spuntarla solo con
l’aiuto di Jiraya, accorso non appena possibile.
Sakura
pianse, mentre la cassa veniva calata nel terreno, e Hinata aveva
perso i sensi già in chiesa, senza sapere che suo padre
pensava al prossimo genero.
La
lapide sulla sua tomba fu di marmo bianco di Carrara, perfetta e
abbacinante. Il sole splendeva alto nel cielo il giorno del funerale,
e la pietra brillò con tutta la sua intensità.
Jiraya,
Sasuke, Sakura e Hinata rimasero soli davanti al cumulo di terra,
senza parlare, oppressi dai ricordi come se loro per primi fossero
nella cassa. Quando Naruto era vivo, era impossibile pensare a lui e
commuoversi; ma ora sembrava così facile che faceva male.
«Che
ne sarà della sua stanza?» sussurrò Sakura,
stretta nello scialle di seta turchese che lui le aveva regalato per
il matrimonio. «Tutte le sue cose, il suo scrittoio...»
Nessuno
le rispose. Hinata singhiozzava piano, ripiegata su sé stessa.
Poi
Hiashi venne a prenderla, e Sasuke e Jiraya gli lanciarono
un’occhiata lunga e intensa.
«Sono
stanca» sussurrò Sakura, senza accorgersi di nulla.
«Possiamo rientrare?»
«C’è
la firma di Orochimaru»
Jiraya
passeggiava lungo lo studio di Sasuke con un misto di ferocia e
avvilimento.
«Le
unghie. Cianuro. Deve essere riuscito a farglielo arrivare, in
qualche modo»
Sasuke
era seduto alla scrivania, le dita intrecciate davanti al viso e la
fronte premuta contro il dorso.
«Cosa
faceva su quella strada, in piena notte?»
Sasuke
lo ascoltò parlare, senza sentirlo davvero.
I
paesani sussurravano che Naruto fosse assiduo frequentatore della
casa chiusa di Retorbido, e della signorina Margherita, che gestiva
le sue tre ragazze con l’efficienza di un contabile. Ma nessuno lo
diceva a voce alta, e, anche se fosse stato, Sasuke non ne avrebbe
fatto un dramma.
Si
passò le mani sul viso, stanco.
Aveva
scritto tutti i suoi sospetti a Jiraya nella missiva che gli aveva
mandato quando era ancora a Venezia, e non aveva nessuna necessità
di sentirli ripetere a voce alta. Si sentiva nauseato, e angosciato,
e in colpa. Naruto non avrebbe mai avuto a che fare con Orochimaru se
non avesse conosciuto lui.
Com’era
accaduto? Al primo ricevimento a corte. Naruto conosceva tutti, e
vedendo un viso nuovo si era avvicinato, con quel suo sorriso aperto
e sciocco.
Avrebbe
dovuto allontanarlo, quel giorno. Sarebbe stato ancora vivo, ora.
«Cosa
facciamo?»
Alzò
lo sguardo, e vide Jiraya che lo fissava con occhi perfettamente
sani. Non era impazzito per la rabbia o il dolore, aveva mantenuto
l’autocontrollo. Forse perché non poteva ancora lasciarsi
andare; non prima di fare quanto doveva.
«Voglio
sapere perché» disse Sasuke, cupo. «Voglio sapere
ogni più piccolo dettaglio, e poi agiremo»
Jiraya
annuì. «So come fare»
Tra
le conoscenze di Jiraya non c’era solo la nobiltà, ma anche
le fasce più basse del popolo. Attraverso una serie di canali
segreti e ben protetti, una rete sotterranea e impercettibile aveva
iniziato a muoversi e serrare le maglie.
Fu
più semplice del previsto.
Nell’arco
di una settimana Sasuke seppe tutto.
E
allora fu preso dallo sconforto.
«Non
ho abbastanza denaro» mormorò, di nuovo nel suo studio,
i lineamenti resi duri dalla luce incerta delle candele. «Per
colpire uno come Orochimaru, io sono troppo debole»
Jiraya,
seduto sulla poltrona di velluto dall’altra parte della scrivania,
lo scrutò torvo.
«Mi
pare che lo scorso inverno i vostri boschi abbiano prodotto una forte
quantità di castagne» disse, asciutto.
Sasuke
scosse la testa. «Non solo i miei boschi. Le castagne hanno
invaso il mercato, e il prezzo è calato vertiginosamente. I
miei forzieri non sono mai stati molto ricchi, riesco a malapena a
mandare avanti questa villa senza sfigurare in un ricevimento...»
«Sfigurare!»
ripeté Jiraya, con una smorfia sprezzante. «E’ in
questione l’onore dell’amico migliore che abbiate mai avuto, e
voi mi parlate di sfigurare?»
Sasuke
lo fulminò con lo sguardo. «Sto per avere un figlio!
Voglio che questo bambino abbia tutto ciò che gli spetta, e
muoversi per distruggere Orochimaru è uno sforzo che
oltrepassa abbondantemente le mie capacità economiche! Finirei
sul lastrico, solo per pagare le informazioni sui suoi spostamenti! E
questo, Naruto non lo vorrebbe»
«Ma
il vostro debito verso Naruto è notevolmente superiore a
quanto credete, duca» sussurrò Jiraya, minaccioso.
«So
tutto» Sasuke fece un cenno brusco. «So che amava Sakura,
so che l’amava al punto da permetterle di sposarmi, e prendere
Hinata al mio posto. Non è passata una sola notte, da allora,
senza che io mi svegliassi e fossi oppresso dal senso di colpa. Non
venitemi a fare lezione su ciò che devo a Naruto!»
«No»
Jiraya si alzò, attraversò il tappeto e si fermò
davanti alla scrivania, posando le mani sul ripiano di ebano lucido.
«Voi non avete nemmeno la più piccola idea di quanto
dovete a Naruto. Voi non sapete nulla. Voi siete sempre stato, in
qualche modo, la cagione della sua rovina. E lui lo sapeva. Lo
sapeva, e nonostante ciò vi è stato amico molto al di
là di quanto io possa comprendere»
Sasuke
fissò Jiraya con confusione e irritazione. «Che diamine
state dicendo?»
«Sto
dicendo che se Naruto è rimasto coinvolto in un matrimonio che
non meritava, è per causa vostra. E che se è rimasto
orfano, quando ancora non sapeva nemmeno chiamare il nome di suo
padre, è sempre per causa vostra e della vostra famiglia»
Jiraya
fissò Sasuke, e lo vide vacillare.
«Come?»
balbettò, senza comprendere.
«Minato
Uzumaki, il padre di Naruto, era più di un figlio per me. Sono
stato suo amico fin dall’adolescenza, gli ho insegnato metà
delle cose che sapeva, e come ringraziamento lui mi aveva nominato
padrino di Naruto. Poi, poco dopo il battesimo, lui e sua moglie
Kushina sono stati avvelenati, alla corte del re di Francia. Volete
sapere per quale ragione?» si sporse verso Sasuke, senza
distogliere gli occhi dai suoi. «Sono stati avvelenati perché
circolava la voce che il re avesse stretto un accordo con i Savoia,
in modo da donare il ducato di Montebello agli Uzumaki. Gli Uchiha,
storici proprietari del ducato, erano praticamente in rovina, e il re
voleva privarli dei loro terreni in favore di un accordo pacifico con
la Francia. Voi eravate appena nato, credo»
Il
volto di Sasuke si accese improvvisamente d’ira. «State
insinuando che la mia famiglia ha fatto assassinare quella di
Naruto?» inveì, scattando in piedi.
«Io
non insinuo nulla» sibilò Jiraya. «Ci sono tutte
le prove. Il capro espiatorio della famiglia fu Madara Uchiha, il
fratello di vostro nonno. Le accuse caddero su di lui, e lui confessò
di aver agito spontaneamente, senza il consenso dei suoi
consanguinei. Fu decapitato a Parigi, due mesi dopo la morte degli
Uzumaki. Nel frattempo, non so come, gli Uchiha riuscirono a
risollevare le proprie sorti economiche, e così i Savoia
decisero di ripiegare sulla cessione di un altro ducato... Ma Naruto
rimase orfano. A nemmeno un anno di vita, rimase solo con me, e
questo a causa della vostra famiglia»
Sasuke
si risedette lentamente, con un curioso ronzio nelle orecchie.
Sapeva
che un certo Madara era stato cancellato dall’albero genealogico
della famiglia. Qualche volta aveva sentito suo padre sussurrare
qualcosa riguardo al suo nome, ma mai era stato pronunciato a voce
alta. E ora gli dicevano che Madara Uchiha aveva agito per conto
degli Uchiha, per salvare la propria famiglia... in cambio della
distruzione di quella di Naruto.
«Non
è possibile» mormorò, scuotendo la testa.
«Oh,
sì che lo è» insisté Jiraya. «Posso
fornirvi tutte le prove. E sapete qual è il dettaglio più
interessante,
che ancora non vi ho raccontato? Il dettaglio è che Naruto
sapeva tutto, fino all’ultimo particolare. Ho cercato di
nasconderglielo, e per questo l’ho portato via dalla Francia quando
aveva solo dieci anni, ma in un modo o nell’altro i sussurri sono
arrivati fino a lui. Il giorno del suo matrimonio l’ho rimproverato
aspramente, perché non capivo cosa lo spingesse a fare tanto
per un Uchiha; ma lui non mi ha risposto. Era un suo vizio, tacere
nei momenti importanti... e non mi ha risposto. Per ragioni che mi
sfuggono totalmente, Sasuke, Naruto vi adorava. Credo che voi e
Sakura foste le persone che più amava sulla faccia della
terra, e la cosa mi urta profondamente. E mi addolora, perché
ora capisco che aveva riposto la sua fiducia nel luogo più
sbagliato»
Sasuke
rimase in silenzio, sopraffatto.
Al
loro primo incontro, aveva pensato che Naruto fosse un giovane
sciocco e irritante, vuoto come un guscio di noce, e aveva cercato di
evitare la sua compagnia. Ma poi, chissà come, se lo era
sempre trovato attorno, finché, piano piano, avevano finito
per diventare amici. Non si era mai reso conto che aveva fatto tutto
Naruto. Lui non aveva mai mosso un passo nella sua direzione, eppure,
per qualche strano motivo, Naruto aveva desiderato il suo affetto. E
mai, mai una volta lo aveva ingannato, tradito, o sfruttato. Mai.
Era
la persona più incomprensibile che avesse mai incontrato.
La
migliore.
«Il
giorno in cui vi conobbe, Naruto mi scrisse» bisbigliò
Jiraya. «Disse di aver incontrato l’ultimo degli Uchiha, e di
essersi sorpreso profondamente nello scoprire di non odiarvi. Disse
che vi aveva visto scostante e antipatico, ma che in fondo si sentiva
simile a voi. E’
un reduce. L’ultimo della sua dinastia, come me.
Ecco cosa disse»
Sasuke
si passò le mani sul volto, pallido.
Naruto.
Naruto lo aveva amato, e ora Naruto era morto, probabilmente a causa
sua.
Suo
figlio. Suo figlio attendeva solo di nascere, di crescere come un
Uchiha, di crescere nel modo migliore. Naruto avrebbe voluto che
fosse così, perché voleva che lui e Sakura fossero
felici.
Vendicarlo
era suo preciso dovere. Distruggere Orochimaru era l’unica cosa che
davvero contasse.
Ma
la memoria di Naruto, così, sarebbe davvero stata onorata?
Crescere
il figlio di Sakura nelle difficoltà era davvero la cosa
migliore?
Naruto
probabilmente avrebbe detto di no. Senza spiegarlo, naturalmente.
Ma
Sasuke era egoista. Un orgoglioso Uchiha egoista...
E
decise che avrebbe fatto a modo suo.
«Jiraya»
disse sottovoce, in tono vibrante. «Ho bisogno ancora dei
vostri favori. Voglio che Orochimaru venga privato di ogni potere,
economico o fattuale. Voglio che mendichi per le strade, che i cani
gli rubino il cibo, che anche il più umile ciabattino lo
disprezzi. Voglio distruggerlo»
Jiraya
sorrise, con un lampo di trionfo negli occhi.
«Non
è sufficiente» replicò, allontanando le mani
dalla scrivania ed eliminando l’aura minacciosa che lo ricopriva.
«Orochimaru è un uomo che si rialza, qualunque cosa gli
succeda. Lo conosco fin dall’infanzia, e se vi dico che
probabilmente non era nemmeno figlio di suo padre, ma dello
stalliere, vi sarà chiaro come l’ambizione riesca a portarlo
dovunque. Per fermarlo, dovremo ucciderlo»
Sasuke
scosse la testa, stringendo i denti. «Non posso. Per fare
questo non basterebbe attingere alle mie casse, dovrei seriamente
indebitarmi, e non credo nemmeno che troverei qualcuno disposto a...»
«Non
ce ne sarà bisogno» lo interruppe Jiraya. «Dove
voi non arriverete, sopperirò io. In fondo questa era la mia
intenzione fin dall’inizio, ma volevo verificare che tipo di
persona foste. Il Re e i suoi cortigiani hanno sempre guardato a
Naruto come un inconveniente imbarazzante, un orfano che non sapevano
come sistemare. Ora che è morto se ne sono sentiti persino
sollevati, e io ho deciso che lo avrei vendicato, anche da solo. Ma
volevo che voi foste al mio fianco, per Naruto. Se mi aveste deluso,
credetemi, avrei fatto in modo di distruggervi»
Sasuke
fissò Jiraya, e lesse nei suoi occhi che non mentiva, né
si gloriava a vuoto.
Se
avesse deciso di non occuparsi della vendetta di Naruto, sarebbe
stato rovinato.
Sospirò,
posando la fronte sul palmo. Non provava rancore. Solo una
grandissima desolazione.
Naruto
doveva essere stato amato davvero molto da quell’uomo.
«Un
ultima cosa» riprese Jiraya, assottigliando gli occhi con aria
pensosa. «Gli Hyuga. Anche loro devono pagare»
«Non
Hinata» intervenne Sasuke. «Hinata amava sinceramente
Naruto, non merita di soffrire per l’idiozia di suo padre. Se
Hiashi avesse saldato il suo debito con Orochimaru, lui non avrebbe
fatto uccidere suo genero. Ci vuole qualcosa che che colpisca
unicamente Hiashi»
Jiraya
annuì. «Forse so cosa potremmo fare, e per questo non
servirà nemmeno del denaro»
*
Alla
fine dell’estate Sakura già si mostrava raramente in
pubblico, costretta nelle fresche stanze della villa da una
gravidanza leggermente problematica. Per questo fu la seconda celebre
assente al matrimonio tra Hinata Hyuga e Neji Hyuga, che si svolse
nella chiesa di Montebello agli inizi di settembre.
Jiraya
si era impegnato a fondo per trovare la persona che più di
tutte odiasse Hiashi, e quando aveva scoperto che tale persona era
Neji, da lui formalmente adottato, si era trovato davanti a un
dilemma.
Aveva
scavato nel passato del giovane, fino a scoprire che probabilmente
era il frutto di una relazione illecita del fratello di Hiashi,
Hizashi, con una dama di compagnia. Era venuto a sapere che Hizashi
era misteriosamente morto prima di sposarsi ed ereditare il casato, e
che la linea di successione si era così spostata da lui a
Hiashi. Poi Neji era cresciuto come la copia esatta di suo padre, e
Hiashi aveva subodorato il pericolo che qualcuno lo proponesse come
legittimo successore; prima che chiunque potesse prenderlo sotto la
sua protezione, dunque, lo aveva adottato e ridotto al silenzio.
Giunto
al termine delle sue ricerche Jiraya aveva realizzato che la cosa
peggiore che potesse capitare a Hiashi era perdere l’influenza
della figlia, unica erede del titolo nobiliare di Naruto, in favore
del suo peggior nemico. E così si fece strenuo promotore
dell’unione tra Neji e Hinata.
Dovette
faticare non poco per contattare Neji, per sondare il terreno con
Hinata e, infine, aggirare la sorveglianza di Hiashi. Decise di
chiudergli ogni possibilità per quello che riguardava l’alta
nobiltà, e di fatto lo rese inviso alla maggior parte dei
nobili che frequentavano la corte. Dopo cinque mesi di inutile
ricerca, Hiashi aveva perso le speranze di maritare di nuovo la sua
primogenita, e allora Jiraya si era presentato come garante per Neji.
C’erano
state molte liti, minacce e intimidazioni. Se Neji fosse stato solo,
probabilmente sarebbe uscito sconfitto dalla diatriba; ma al suo
fianco c’era Jiraya. E, dopo l’esperienza di Orochimaru, Hiashi
sapeva che non poteva scherzare con i potenti.
Così
aveva dovuto cedere. Masticando fiele, era stato costretto ad
abbandonare i suoi piani su Hinata, per riversare ogni speranza sulla
secondogenita, Hanabi. Aveva visto il titolo più importante
del suo casato finire nelle mani del figlio di una dama di compagnia,
e, livido, aveva rifiutato di partecipare al matrimonio a causa di
una forte indisposizione.
Con
profonda soddisfazione, dopo aver concluso quella faccenda, Jiraya si
era allora volto verso Orochimaru.
Il
salone principale era immenso.
Le
grandi vetrate sul lato sud e ovest erano schermate da pesanti
tendoni color vinaccia, e a est e nord le pareti erano coperte da
alte librerie ricolme di volumi classici e moderni, in almeno cinque
lingue diverse. La notte, per illuminare l’intero ambiente, i sei
grandi lampadari di cristallo che pendevano dal soffitto venivano
accesi, e la luce si frammentava in milioni di prismi, adagiandosi
sulle coste dei libri in immobile attesa.
Al
centro del pavimento si stendeva un ampio tappeto d’angora rossa,
circondato da sofà francesi ricoperti di broccato, e sui
raffinati mobiletti d’angolo ardevano tre candele armoniosamente
posate su un candelabro in ferro battuto.
La
luce era perfettamente controllata, e cadeva precisa sulle pagine
ingiallite di un Macchiavelli dal valore inestimabile. Una mano
bianca e sottile, solcata da piccole vene azzurrine, si muoveva lenta
seguendo i ghirigori dell’inchiostro.
Orochimaru
amava leggere almeno una decina di pagine prima di andare a dormire.
Le selezionava con cura, prendendole dai libri che preferiva, e se le
godeva come il piacere più grande, immergendosi in fitti brani
di strategia, storia o politica. Non amava le letture ludiche, le
trovava noiose e inutili.
Di
solito, quando era ora di coricarsi, Kabuto bussava a uno degli
ingressi del salone e gli comunicava che erano le undici. A quel
punto Orochimaru richiudeva il libro, lo riponeva nella sua esatta
posizione, e poi seguiva il fido servitore fino alle proprie stanze,
dove trovava la camicia pronta e un catino di acqua tiepida per
sciacquarsi.
Aveva
abitudini molto metodiche; per questo, quando sentì bussare
leggermente alla porta nord, guardò l’orologio posato sul
tavolo, constatò che erano solo le dieci e un quarto, e si
accigliò.
«Kabuto?»
chiamò, posando il libro sul divano. «Sei tu?»
Non
ottenne alcuna risposta, ma non si allarmò. Ciò che
fece, invece, fu tendersi verso il mobiletto accanto al divano,
aprire il primo cassetto ed estrarre un minuscolo coltellino in
argento, affilato come un rasoio. Con la vita che conduceva, era
sempre pronto a doversi difendere.
Ma
la porta si aprì normalmente, senza la lentezza tipica della
cautela, e sulla soglia non c’era altri che Kabuto, avvolto nella
solita livrea grigia. Orochimaru lo scrutò, teso.
E
dopo neanche un secondo, il corpo senza vita del servitore si ripiegò
su sé stesso e cadde faccia a terra, andando a cozzare sul
marmo con un tonfo raccapricciante.
Orochimaru
balzò in piedi, sollevando la mano armata. Nello stesso
istante la luce dei lampadari si spense bruscamente, privata
dell’energia elettrica, e l’ombra asciutta del padrone di casa si
allungò sul tappeto d’angora, disegnata dalle fiammelle
delle candele.
Orochimaru
trattenne il fiato, in ascolto. Sentiva il cuore battere rapido nel
petto, e il sudore formarsi sulla fronte e sulla schiena, ma tutto
ciò che fece fu far guizzare gli occhi da un capo all’altro
della stanza.
Sentiva
di non essere solo. Avvertiva il respiro sottile di un altro essere
umano, oltre a lui, ma non capiva dove potesse nascondersi. Dietro le
tende, forse? La mano sul coltello iniziò a farsi umida,
scivolosa; riprese a respirare, sforzandosi di farlo lentamente, ma
capì presto che l’angoscia glielo avrebbe impedito.
«Mostrati»
sibilò allora; non per spavalderia, ma perché l’azione
era infinitamente meglio di quella sospensione eterna.
E,
obbediente, l’assassino si mostrò.
Le
tende frusciarono, ondeggiarono con il loro rosso così cupo,
nere dove le candele non le illuminavano. Le fiammelle del candelabro
tremarono, scosse dalla corrente improvvisa, e Orochimaru si voltò
di scatto, brandendo il coltello dritto avanti a sé.
Non
vide la sagoma scura che lo raggiungeva alle spalle, ma sentì
la sua mano serrarsi sul polso, troppo sottile e troppo fragile, e
serrarlo fino a farlo crocchiare sinistramente.
Ebbe
a malapena il tempo di inspirare, brusco, e chiedersi come mai le
guardie non avessero fermato l’intruso; poi, semplicemente, avvertì
un’ondata di dolore assoluto all’altezza dei reni. Sentì
la lama penetrare nella carne, incidere la stoffa e i tessuti
interni, e poi la sentì torcersi leggermente, e gemette,
dolorante e furibondo.
Cadde
in ginocchio, con il pugnale conficcato nella schiena, e si piegò
sulle mani, sentendo lo stomaco contrarsi; sputò sangue sul
tappeto già rosso, e i capelli stretti in una coda gli
ricaddero sulla spalla, immergendo le punte nella pozza nera.
«Questo
è per Naruto Uzumaki» sibilò una voce su di lui,
una voce sconosciuta e distorta dal ronzio che gli invadeva le
orecchie.
Poi
sentì dei passi leggeri che si allontanavano, e la vista gli
si annebbiò.
Provava
nausea. Una nausea irriducibile, e il freddo più intenso della
sua vita.
«Kabuto!»
chiamò, dimenticando che il servo era già cadavere,
incurante delle parole biascicate che si mescolavano con il sangue
nella sua bocca. «Kabuto!»
Cadde
sui gomiti, il suo stomaco tentò di liberarsi, inzaccherando
mani e vestiti, e il pavimento ondeggiò sotto di lui.
Gli
sembrò di sentire un crepitio lontano, mentre ricadeva su un
fianco e tentava di girarsi sulla schiena. Il coltello nelle sue reni
si piegò, incise altra carne, gli strappò un urlo di
dolore e lo spinse a rannicchiarsi in posizione fetale.
Non
aveva la forza di raggiungerlo con una mano. Non riusciva a estrarlo.
«Kabuto...»
ansimò, senza fiato.
E
quando alzò gli occhi verso i tendoni, vide soltanto una
grande, calda vampata di fuoco.
E
pensò che fosse l’inferno che si schiudeva al suo ultimo
sguardo.
Continua
Non era l'ultimo, chiedo perdono!
Non so contare, avevo creato due capitoli 6! ç_ç Me scema!
Comunque, rating arancione non per l'arf, ma per la violenza. Relativa, si intende.
All'inizio avevo previsto qualche scena succosa tra Sasuke e Sakura,
poi mi sono ricordata che siamo nel 1836 in un paesino padano, quelli
se si sfiorano le mani svengono per l'eccitazione, figuriamoci il
resto... Quindi mi sono limitata ad ammazzare qualcuno trucemente, e
tanti saluti. Per la cronaca, l'assassino è Kakashi! Che
però non conosce direttamente Naruto.
Ciò detto, sembra che tutto si sia risolto, vero...? Ebbene,
c'è un ultimo capitolo, un po' agrodolce, che vi attende. Un
capitolo del quale vado misteriosamente orgogliosa! XD Questa storia
era nata un po' come una sciocchezza, e invece mi sono trovata a vagare
su Wikipedia alla ricerca delle date delle battaglie di Montebello!
ò.ò
Comunque, la prossima sarà l'ultima volta che ci troviamo su queste pagine, quindi...
Arrivederci!
(perdonatemi se non rispondo alle vostre recensioni, ma casco di sonno!)
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Deserving-8
Deserving
Le
macerie riarse della villa di Orochimaru furono abbattute per fare
posto a un nuovo edificio, più moderno e funzionale.
I
suoi terreni furono venduti all’asta, numerosi estimatori piansero
sulla biblioteca perduta per sempre, però molti, i più,
tirarono un sospiro di sollievo. Presto qualcun altro avrebbe
raccolto l’eredità di Orochimaru, ma per ora potevano
dormire sonni tranquilli, pregando per la salute e non per svegliarsi
vivi l’indomani.
Alla
fine dell’anno Sakura diede alla luce il suo primogenito, un
bambino pallido e magro, che destò non poche preoccupazioni.
Sasuke chiese l’appoggio economico di Jiraya, che sbuffando glielo
concesse, e si chiamarono i migliori medici, si fecero le migliori
villeggiature.
Il
bambino crebbe, acquistò la salute che gli mancava, e diventò
degno erede di un casato in ricostruzione. A distanza di pochi anni
la famiglia si ingrandì nuovamente, prima con una bambina, e
poi un’altra ancora.
Il
1859, nel corso dei conflitti tra Francia e Austria, portò la
guerra a Montebello, e costrinse gli Uchiha a fuggire a Milano.
Prima
di andarsene, un Sasuke reso più solido e al contempo più
fragile dal tempo, volle visitare per l’ultima volta il parco della
villa e le stanze interne.
Era
una giornata nuvolosa, e la luce si posava sugli oggetti con una
morbidezza particolarmente vellutata, ammantandoli del telo della
nostalgia.
Probabilmente
non avrebbe più rivisto quelle mura, quegli alberi, quei
divani. Non sarebbe più tornato a Montebello, prima di
raggiungere i suoi antenati, e ogni fibra del suo corpo ne era più
che consapevole.
Attraversò
ogni camera con il passo lento che aveva acquisito negli anni, e si
soffermò su ognuno dei mobili, sfiorandolo con affetto.
Lo
scrittoio di sua madre, della quale ricordava così poco.
Il
divano su cui Lee si era seduto, il giorno in cui doveva dirgli che
non avrebbe sposato Sakura.
Il
letto che aveva diviso con l’unica donna che avesse mai amato, e su
cui i suoi figli si erano accalcati, nelle notti di tempesta,
terrorizzati da tuoni e fulmini.
La
carta da lettere con cui aveva scritto a Jiraya, il giorno della
morte di Naruto.
Tutte
cose a cui, vivendo in quella casa, non aveva mai prestato eccessiva
attenzione. Ma ora che se ne andava, ora che era costretto ad
abbandonarle, gli sembravano più care che mai.
L’ultima
tappa fu la ‘stanza di Naruto’, come non avevano mai smesso di
chiamarla. Era rimasta chiusa tanto a lungo da conservare ancora il
suo odore, nonostante le domestiche fossero incaricate di pulirla
ogni mese.
Sasuke
vi entrò con una sorta di timore reverenziale, la mente e gli
occhi pieni dell’immagine del Naruto ventenne, della sua voce
squillante, della sua sciarpa turchese e del suo sorriso. Con gli
anni il senso di colpa si era stemperato in una morbida accettazione,
ma il ricordo, no. Quello si era ampliato e intensificato.
Attraversò
il pavimento coperto di legno sentendo i tacchi risuonare piano.
Passò lo sguardo sul letto, e quasi gli sembrò di
vedere Naruto che si svegliava, i giorni in cui andavano a caccia, e
lo fissava vacuo, chiedendogli perché diavolo era lì
prima dell’alba. Scorse dal letto fino allo scrittoio, lo stesso
scrittoio che Naruto aveva fatto portare con tanta cura fin dalla
Francia, e che raccoglieva tutti i suoi segreti e i suoi pensieri, e
lì si soffermò.
Non
aveva mai letto i suoi diari, per pudore e per rispetto.
Li
aveva chiusi nel primo cassetto, aveva dato due giri di chiave, e poi
era scappato lontano dal suo senso di colpa.
Ora,
in una fredda giornata di aprile, fermo nella sua stanza, un’antica
domanda gli tornò alla memoria.
Perché
Naruto era sulla strada di Retorbido, quel giorno?
Forse
le malelingue avevano ragione a insinuare che visitasse la casa
chiusa. Sasuke lo avrebbe anche capito, intrappolato in un matrimonio
che non desiderava e costretto a vedere la donna amata tra le braccia
di un altro.
Eppure
no, era convinto che Naruto non fosse un tale disperato. Naruto
voleva altro, la soddisfazione fisica dei piaceri non era
fondamentale, né sufficiente, per lui.
Ma,
se davvero esisteva una risposta a quella domanda, era morta la notte
tra il quindici e il sedici giugno di quel lontano 1836.
E
probabilmente, anche se Sasuke avesse potuto chiederglielo, Naruto si
sarebbe limitato a tacere, come faceva sempre.
Forse
nessuno era davvero degno di penetrare i segreti della sua mente.
*
* *
Il
giardino era cresciuto spontaneo ed incolto, conquistando sentieri e
viali anno dopo anno.
Gli
olmi e le querce si erano ingranditi a dismisura, assediati da edera
e sterpaglie, e le loro radici nodose spuntavano dal terreno, per
avvolgersi attorno a sassi e pavimentazione.
Era
il regno incontrastato della natura, lasciata nella libertà
più completa e riadattatasi alla vita prima dell’uomo. Solo
la strada principale si era salvata, abbastanza larga da contrastare
l’avanzata dell’erba, coperta di pietrisco aguzzo e chiusa al
limitare da un cancello elaborato.
Quando
lo aprirono, i cardini cigolarono penosamente, e l’intera struttura
traballò, erosa dalla ruggine.
Il
rombo dell’automobile fu assordante e terrificante per la piccola
fauna che si era impossessata del parco. Scoiattoli e fringuelli si
allontanarono spaventati a morte, correndo negli angoli più
bui e sfidando l’egemonia dei gatti selvatici, e le ruote della
Fiat lucente scricchiolarono, trasportando il peso di quintali di
ferro e vetro sui ciottoli taglienti.
L’automobile
si fermò nel grande cortile antistante l’ingresso, e la
portiera davanti si aprì per lasciar uscire una donna avvolta
in un severo completo di lana. Teneva i capelli raccolti in una
crocchia rigida, grigia come i suoi abiti, e una minuscola borsetta
nera tra le mani guantate. Attraverso le labbra sottili chiamò
qualcuno all’interno dell’automobile, e mentre l’autista
scendeva dall’altro lato, lei andò ad aprire la portiera
posteriore.
A
mostrarsi sul predellino lucente fu una bambina di una dozzina
d’anni, avvolta in un vestitino giallo che le scendeva morbido fino
alle ginocchia, forse un po’ troppo ossute. Non appena le sue
scarpette di raso toccarono il pietrisco, fece una piccola smorfia e
si calcò sulla testa il cappellino bianco, disposto su capelli
di una bizzarra sfumatura di rosso, molto simile al rosa. Sia sul
cappello che sugli abiti era ricamata una S elaborata.
«Avete
freddo?» domandò la donna vestita di grigio, solerte.
«No
tata, sto bene» rispose la bambina, stringendo la
borsetta di pizzo al petto.
«Ottimo.
Aspettate qui, devo scambiare qualche parola con vostra madre»
La
donna si allontanò di buon passo, diretta verso la signora dai
capelli scuri che parlava sorridendo con l’autista, e la bambina
rimase sola. Si guardò attorno.
Schermandosi
dal sole con la tesa del cappellino, scrutò il parco buio che
si stendeva minaccioso attorno al viale principale. Sentì la
madre parlare di giardinieri, oltre l’automobile, ma a dire il vero
lei era molto più interessata alla gradinata giallastra che
saliva verso il grande portone d’ingresso.
La
villa era grande quasi quanto quella di Milano. Era rovinata,
l’intonaco era scrostato e le persiane sfasciate, ma aveva un’aura
di mistero che per una ragazzina di dodici anni era impossibile
ignorare. Era come le case infestate di cui aveva letto tante volte
nei libri, come quelle dei racconti di Poe, che tanto la spaventavano
e intrigavano al contempo.
Quando
sentì sua madre chiamarla, chiedendole di entrare con lei, si
affrettò a seguirla senza nemmeno nascondere l’emozione.
Eppure
l’interno, a dire il vero, fu deludente.
Un
salone buio e mobili coperti da teli bianchi, polvere ovunque.
Nessuna traccia di creature misteriose, folletti o mostri che
fossero, nessuna botola, nessun passaggio segreto, nessun mistero,
almeno a prima vista.
Sua
madre e la bambinaia iniziarono subito a discorrere fittamente delle
modifiche necessarie, delle pulizie, delle opere di falegnameria,
della tinteggiatura, del restauro. La ragazzina le ascoltò per
meno di due secondi, poi sbirciò sotto un telo, e scoprì
soltanto un divano roso dalle tarme.
Sbuffando,
si guardò attorno con evidente abbattimento.
Fu
allora che vide ciò che le donò nuova speranza, e che
fece fare un balzo al cuore nel suo petto: le scale che si
inerpicavano nel buio fino ai piani superiori.
Si
fece immediatamente circospetta. Mentre gli adulti erano distratti,
la bambina percorse la sala fino a raggiungere le scale. L’autista
stava ancora cercando di aprire il secondo tendone, per fare luce, e
nessuno prestava attenzione a lei. Fu così che riuscì a
sgattaiolare, inosservata, fino al piano superiore.
Da
subito si trovò in una stanza molto più buia del
previsto, tanto che impiegò quasi due minuti per abituarsi
alla penombra. Procedette con le mani tese in avanti, cercando di non
urtare i vecchi mobili troppo bassi, e poi incontrò la
tappezzeria di una parete, con suo gran sollievo. Costeggiandola
coscienziosamente, si fece avanti nella penombra fino a raggiungere
una porta. Provò la maniglia, ma la scoprì chiusa.
Di
nuovo sentì la delusione montare nel suo cuore avventuroso:
possibile che quella casa fosse solo un ammasso di mattoni e intonaco
scrostato? E la fiaba? I segreti? I misteri del luogo, dove si
nascondevano?
Procedette
ancora oltre, fino a incontrare un’altra porta. Questa volta, con
sua grande sorpresa, si rese conto che non solo non era chiusa, ma
nemmeno accostata troppo bene. Un sottilissimo raggio di luce
sfuggiva dall’incontro tra legno e telaio, e andava a illuminare la
polvere che danzava nell’aria, spegnendosi quasi subito.
La
ragazzina sentì il cuore accelerare nel petto. Forse era
arrivata a qualcosa.
Con
trepidazione, dunque, sospinse la porta, e si trovò davanti a
una stanza con un letto, uno scrittoio... E un bambino.
I
loro sguardi si incontrarono per la frazione di un secondo. Lei era
in piedi sulla soglia, lui davanti allo scrittoio, entrambi immobili
e senza respiro.
«Chi
sei tu?» scattò la ragazzina per prima, gettando
sull’altro uno sguardo sprezzante. «Questa è la mia
casa, potrei denunciarti ai carabinieri!»
Il
bambino balzò giù dalla sedia e nascose qualcosa dietro
la schiena, fissandola torvo.
«Non
ho fatto nulla di male» borbottò, in dialetto.
«Eh?»
fece la ragazzina, confusa.
Lui
sembrò riflettere per qualche istante, e poi, in un italiano
un po’ stentato, provò a ripetere la frase.
«Non
sto fand’nient’ad
mal»
La
ragazzina impiegò qualche istante per tradurre quanto aveva
sentito, e poi scosse la testa con forza.
«Questa
è proprietà privata! Non puoi restare qui! Non puoi...
Non puoi rubare i miei misteri, ecco!»
Il
bambino la fissò sbattendo le palpebre, su occhi di un azzurro
insolitamente intenso, in quella parte del mondo.
«Che
misteri?» chiese perplesso.
La
ragazzina arrossì violentemente, e si strinse alla sua
borsetta. «I miei misteri. I segreti della casa, insomma. Non
puoi scoprirli prima di me, è casa mia»
«Questa
casa non è di nessuno» sbruffone, il bambino sollevò
il mento con aria di sfida. «Mio padre e mio nonno sono sempre
venuti qui a nascondersi, e non c’era mai nessuno»
«Perché
viviamo a Milano» soffiò la ragazzina, stizzita.
«Veniamo in campagna solo quest’estate, e solo da quest’anno,
va bene? Ma tu che vuoi saperne? Con quei vestiti sarai sicuramente
uno straccione»
«A
dire il vero mio padre è il fabbro!» si indignò
il bambino. «Ferra tutti i cavalli della zona, vengono fin da
Varzi per rivolgersi a lui!»
La
ragazzina fece una smorfia di disgusto. «Mio
padre
è il duca Uchiha» commentò tronfia. «E
presto i cavalli non li vorrà più nessuno, perché
tutti viaggeranno sulle Fiat, e mio
padre
possiede una parte della fabbrica»
Il
bambino la fissò con astio. Aveva capito solo metà di
quello che la ragazzina aveva detto, ma gli bastava sentire la sua
vocina irritante e constatare che era più alta di lui, per
farlo arrabbiare.
«Comunque
sono arrivato prima mi»
sibilò.
«Ma
in casa mia»
replicò la ragazzina.
«Chissene
importa. Io ho già scoperto i segreti che c’erano da
scoprire»
Negli
occhi della ragazzina passò un lampo di rabbia. «Come
sarebbe a dire? Non ci sono segreti! E’ una casa normale, banale
e... e... stupida!»
Sembrò
faticare per lasciarsi uscire l’ultima parola, abituata com’era a
ingoiare sempre le imprecazioni, ma alla fine allungò verso il
bambino un’occhiata profondamente soddisfatta per la propria
audacia.
«Non
è vero» ribatté lui, rabbioso. «Io li ho
scoperti! E poi anche tu poco fa hai detto che li cercavi!»
La
ragazzina arrossì. Nella stanzetta in penombra calò un
silenzio denso di imbarazzo e tensione.
Il
bambino si morse l’interno di una guancia, passandosi una mano tra
i capelli biondi e scompigliati, e la ragazzina rimase immobile,
abbracciata alla sua borsetta.
Che
umiliazione. Ridotta al silenzio da un popolano, che per giunta
sembrava più piccolo di lei.
Poi
il bambino la guardò, improvvisamente incerto, e riaprì
bocca.
«Senti...
possiamo scoprirli insieme» borbottò, di malumore. «Se
ci tieni tanto, possiamo scoprirli insieme i segreti»
La
bambina alzò lo sguardo, indignata. Perché doveva
scendere a patti nella sua stessa casa? Stava per fare una sfuriata
degna della tata, con tanto di strepiti e imprecazioni, quando una
vocina interiore la fermò.
Se
questo bambino sa qualcosa, allontanandolo potresti perdere degli
indizi. D’altronde c’è sempre un aiutante di infimo rango,
nelle storie di avventura.
Sbuffò,
sollevando il mento impettita, e, nonostante l’arrossamento del suo
viso, annuì.
«Va
bene. Te lo concedo» bofonchiò.
Il
bambino le rivolse un mezzo sorriso, chiedendosi che diavolo volesse
dire concedo,
e all’improvviso le mostrò le mani che fino a quel momento
aveva nascosto dietro la schiena.
«Guarda»
sussurrò, mentre la ragazzina si avvicinava. Sui palmi sporchi
era adagiato un piccolo mazzo di chiavi leggermente arrugginite.
«Dove
le hai prese?» indagò lei, ormai avvolta nell’atmosfera
delle imprese epiche, pronta a sussurrare con aria cospiratoria e a
scordarsi di rimproverare il piccolo ladro.
«Le
ho trovate nella stanza da letto, sul comodino» spiegò
lui, senza nascondere la soddisfazione. «C’era una scatolina,
e c’erano dentro queste. Ci ho messo una settimana a capire che
aprivano quella porta» accennò con il capo la porta per
cui erano entrati.
«E
le altre?» mormorò la ragazzina, studiandole
affascinata.
«Cercavo
di capirlo. Secondo me c’entrano con lo scrittoio»
Insieme,
i due bambini fissarono lo scrittoio di legno impolverato.
All’improvviso aveva acquistato la consistenza di un baule del
tesoro, davanti ai loro occhi.
Si
scambiarono uno sguardo e si avvicinarono cauti.
«Penso
che va qui» spiegò il bambino, additando il primo
cassetto. «Perché gli altri sono tutti aperti. Però
non riesco a farla girare»
La
ragazzina gli chiese le chiavi, e le infilò nella toppa. La
ruggine doveva aver intaccato la serratura, perché grattarono
paurosamente, ma dopo un po’ di sforzi congiunti scattò.
Emozionati,
i bambini si guardarono. E poi scoprirono che il cassetto era ancora
chiuso, e che ci voleva un altro giro.
Allora,
imprecando abbondantemente, si impegnarono di nuovo e riuscirono
ancora una volta nell’impresa. Ma la chiave si spezzò
all’interno della serratura mentre cercavano di tirarla fuori.
«Meno
male che non è successo prima» commentò la
ragazzina, mentre il bambino tirava il cassetto verso di sé.
All’interno
trovarono un sacco di carta. La ragazzina inspirò a fondo
l’odore della cellulosa ingiallita, riconoscendolo come l’odore
del mistero, e con mani leggermente tremanti prese il primo pacchetto
di lettere. L’indirizzo era scomparso, sbiadito dal tempo, o forse
non c’era mai stato.
Il
bambino che era con lei tirò fuori dalla tasca un coltellino a
serramanico, e recise lo spago che le teneva insieme. La ragazzina
prese allora la prima lettera, ed entrambi videro che sulla seconda
il destinatario era ancora leggibile, in una calligrafia leggermente
stentata ma comprensibile.
A
Naruto.
Il
bambino si accigliò.
«Io
mi chiamo Naruto» sussurrò perplesso, e la ragazzina lo
fissò stupita.
«Che
nome strano» commentò. «E che coincidenza...»
Il
bambino sbatté le palpebre, completamente smarrito di fronte
all’incomprensibile termine coincidenza.
Non sapendo come comportarsi, decise bene di scrollare le spalle e
riportare l’attenzione sulla lettera.
«Aprila»
Senza
crucciarsi troppo per la privacy e altre inezie simili, la ragazzina
aprì la busta e sfilò il foglio che vi era chiuso
dentro. Fece un po’ di fatica a decifrare le righe, tremanti e in
uno stile troppo lontano nel tempo, ma alla fine ci riuscì, e
lo lesse a voce alta, a beneficio del suo accompagnatore.
“Mio
amato Naruto,
spero
che il profumo che mi avete donato si senta su questa carta
dozzinale.
So
che il denaro che mi concede non andrebbe sprecato in questa maniera,
ma non posso fare a meno di lasciarvi ogni volta un messaggio.
Mi
impegno molto per compilare queste poche righe, saval
«Saval?»
ripeté la ragazzina, interrompendosi.
«E’
come sapere» spiegò il bambino, con una certa
difficoltà. «Come se ti dico: guarda che ti faccio un
favore, eh. Guarda che ti faccio un favore, saval»
Mi
impegno molto per compilare queste poche righe, saval, ma ci tengo
con tutto il mio cuore, perché quando se ne va io mi sento
morire. Vi sono grata per la casetta che mi avete dato, e anche per
avermi ins
imparato a scrivere e un poco a leggere, ma quello che voglio davvero
è lei, non i suoi insegnamenti.
So
che è sposato, e la sua donna è la duchessa più
a modo della pianura, mi creda. E so che me lo ha detto tante e tante
volte, ma io non vivo se non vi ripeto quanto vi amo. Mi dispiace. Ai
suoi occhi sarò ridicola, una cuntadinei prosuntuosa, ma sono
sincera, mi creda, con tutto il cuore sincera.
Ogni
volta che lei se ne va, io muoio. Il mio cuore fa male, davvero, e
pesa nel petto.
Ora,
poi, ci sono anche altre preoccuapazioni,
ma non voglio annoiarla. Gliele dico quando ci vediamo, magari si
sistema tutto.
A,
voglio che è
sia già venerdì, lo sapete?
Mi
mancate, Naruto.
Vi
amo con tutto il mio cuore.
10
giunio 1836”
«E
finisce?» il bambino fece una smorfia di disappunto,
contrariato.
«Oh,
è così romantico!» sospirò la ragazzina,
stringendosi la lettera al petto. «Non capici?Naruto e questa
donna si amavano! Ma lui era sposato con un’altra, no? E quindi non
potevano amarsi davvero»
Il
bambino la fissò stranito. «Voi femmine siete proprio
luc»
mormorò scuotendo la testa.
«Ma
come si chiamava questa donna?» sospirò la ragazzina,
con gli occhi brillanti. «Quanto mi piacerebbe saperlo! E poi
guarda la data: è di cento anni e sei giorni fa! Non è
una grande coincidenza?»
«Oh,
se lo dici tu...» borbottò il bambino, chiedendosi se
sarebbe stato in grado di ripetere coincidenza.
«Aspetta,
la lettera prima deve essere l’ultima. Quella senza indirizzo»
Entusiasmata, la bambina afferrò la prima busta e la aprì
febbrile.
All’interno,
un foglio ingiallito con pochissime parole.
“Devo
vedervi urgentemente.
Vi
prego.”
«E
questo cos’è?» il bambino sbuffò, annoiato.
«Non ci dice niente»
«Chissà
cosa sarà successo...» mormorò invece la
ragazzina, sognante. «Forse i loro genitori li hanno scoperti?
Oh, sogno un amore proibito da sempre!»
«Sì,
proprio strane» borbottò il bambino, considerando
nuovamente le femmine, e frugò ancora nel cassetto. Le sue
mani si posarono su una copertina di pelle morbida e impolverata, e
con una certa fatica recuperò un quaderno chiuso da un laccio
consumato. «Guarda cos’ho trovato» disse entusiasta,
cercando di distrarre la ragazzina, rapita dalla corrispondenza.
«Lì
forse risponde!» squittì lei, entusiasta, e quasi glielo
strappò di mano.
Con
impazienza sfogliò le prime pagine, e, ora che la scrittura
era più comprensibile, lesse spedita.
“25
Ottobre 1835
Ho
una stanza, in casa di Sasuke e Sakura.
E’
incredibile pensare di essere qui, sereno, quando in realtà
dovrei soffrire come un cane. Qualche celebre scrittore ha detto che
il tempo guarisce ogni ferita, e forse ha ragione.
Spero
che sarà così anche per Hinata.
Povera
Hinata. Non posso dire di amarla, ma per lei provo solo un grande
affetto, e molta compassione. Coinvolta nei piani del padre, avrebbe
dovuto sposare anche Orochimaru, se glielo avessero ordinato.
Vorrei
essere un marito migliore, per lei.
Vorrei
non farla soffrire, e amarla come un uomo. Invece la amo come un
fratello.
Ieri
sono stato ancora a Retorbido, da lei. Non ricordavo quanto le
somigliasse, come i suoi occhi fossero verdi... non lo ricordo mai.
E’ sempre una sorpresa.
Temo
che lei si stia innamorando di me, ma io non potrò mai
renderla felice.
Sono
il marito di Hinata, sarò per sempre il marito di Hinata, e
nulla potrà mai accadere perché io cambi idea.
L’ho
fatto per Sasuke e Sakura.
Continuerò
a farlo per loro, e per Hinata stessa.”
«Risale
a un anno prima della lettera...» mormorò la ragazzina,
scorrendo le pagine più avanti. «Significa che per tutto
quel tempo lui e lei si sono visti di nascosto. Giusto?» cercò
l’approvazione del bambino, ma lui all’improvviso sembrava
pensieroso, quasi a disagio.
«Che
c’è?» chiese lei, accigliandosi.
«Mm...
niente, vai avanti»
La
ragazzina riprese a sfogliare il quaderno senza seguire alcun ordine.
In alcuni punti lo scrittore esultava per una partita di caccia, o
per un motto di spirito, in altri era sintetico e triste, altrove si
dilungava in lunghe e appassionate disquisizioni sulla natura del
dolore.
Tutte
cose troppo noiose per due ragazzini come loro.
Così
corsero fino alle ultime pagine, e allo scritto finale.
“15
giugno 1836
Lei
mi ha scritto.
Dice
di volermi vedere con urgenza, e ho il fondato sospetto di sapere
quale sia la cagion del suo malessere.
Non
avrei mai voluto che accadesse.
Ora
come dovrei comportarmi? Cosa dovrei fare come marito, come amante,
come uomo? Qual è il mio compito in una situazione simile?
La
donna con cui tradisco mia moglie aspetta un figlio da me. Un
bastardo, che crescerà male in qualunque ambiente. Non avrà
un padre, non potrà mai averlo, e se vorrò stare al suo
fianco potrò farlo solo economicamente, e solo di nascosto.
Maledizione!
Proprio
ora che anche Sakura sembra nello stesso stato...
Lei
crede di nasconderlo a tutti, Sasuke forse non se ne è davvero
accorto. Ma io non posso fare a meno di notare quanto le sue
condizioni di salute siano simili a quelle di lei.
Doppia
coltellata.
Certe
volte mi chiedo perché Dio ami accanirsi così duramente
su di me. Prima mi ha sottratto i genitori, poi mi ha sottratto la
donna che amo, ora mi tortura, costringendomi a vedere la felicità
di tutti, tranne la mia.
Cosa
devo fare?
Dove
ho sbagliato?
Me
lo chiedo sempre più spesso, ultimamente...
Ma
poi ricordo che la mia vita è stata piena anche di tante cose
belle. Ho conosciuto Jiraya, Sasuke, anche Sakura, Hinata, e lei.
Persone che a modo loro mi amano, pur facendomi soffrire, persone
che, ne sono certo, non mi lasceranno mai solo.
Amo
la mia natura ottimista, in questi momenti. E ringrazio Dio per
avermela donata.
Ora
devo andare. Lei mi aspetta, e credo che finirò per fare tutto
quello che posso, in suo onore e per nostro figlio.
Ma
non mi ritengo affatto uno sciocco.”
E
lì il diario si concludeva, con una calligrafia nervosa eppure
ancora elegante, di un uomo turbato ma profondamente coerente.
«Come
sarebbe a dire?» sbottò la ragazzina, indignata. «Non
posso sapere nient’altro? Ho per le mani la storia più
tormentata dell’ultimo secolo, e si interrompe così?
Insomma, lui la ama o no? E il bambino? Che ne è stato? E la
moglie?»
Il
bambino accanto a lei si mosse nervoso.
«Di’
qualcosa anche tu!» lo esortò la ragazzina, infuriata.
«Cerca nel cassetto, magari c’è altro! Oh, se avessimo
le sue lettere...»
«Io
forse so dove sono» mormorò il bambino, accucciato sui
talloni.
«Cosa?
Le hai trovate?»
«No...
Mi sa che sono a casa mia»
La
ragazzina lo fissò per un lungo istante.
«Mi
stai prendendo in giro» disse poi, secca.
«No.
Sono tra le cose di mia nonna»
«Non
è possibile! Sono le lettere di un nobiluomo! Perché
dovrebbero essere nella casa di un fabbro?»
Il
bambino scrollò le spalle, grattandosi un braccio.
«E’
che... boh, non lo so, magari mi sbaglio. Però, ecco, io non
mi chiamo Naruto per caso. Il mio nome è il nome di tutti i
primi figli maschi della famiglia. E’ una tradizione, ecco»
La
ragazzina lo fissò stranita. «E quindi?» chiese,
irritata. Detestava saperne meno del contadino.
«E
quindi, mia nonna racconta una storia» bofonchiò il
bambino, a disagio. «Dice che sua madre era figlia di un
gentile.
Cioè, che mia nonna era sposata con un gentile. Credo. Boh,
non lo so bene, ma lei si vanta sempre di avere radici alte.
Dice che sua nonna ha avuto una grande storia d’amore con un nobile
che era sposato... Ah, quindi forse non si erano sposati. Va beh,
comunque dice che aveva questo grande amore, e che poi è
morto. E allora quando è nato suo figlio lo ha chiamato come
lui. E poi il figlio di suo figlio lo ha chiamato come lui. Ma il
figlio è morto giovane, e allora sua sorella, cioè mia
nonna, ha avuto un figlio e lo ha chiamato Naruto. Che è mio
papà. E poi sono nato io. E ci chiamiamo tutti Naruto. E
diceva...» si interruppe, per raccogliere le idee. «Nonna
diceva che suo nonno era un amico del duca che poi è andato a
Milano. Quindi, non lo so, io poi pensavo che magari quel Naruto è
quello che scrive qui... e le lettere sono della nonna di mia nonna»
La
ragazzina sbatté le palpebre per un attimo, cercando di
mettere in ordine le informazioni ricevute.
«Aspetta...
Quindi tu potresti essere il discendente di questo Naruto?»
chiese poi, sbalordita.
Il
ragazzino scrollò le spalle per l’ennesima volta. «Boh.
Non lo so, che ne capisco io? Dico solo che magari può
essere... ma non lo so, non è che mi importa poi molto»
«E
invece dovrebbe!» esclamò la ragazzina, entusiasta. «Hai
sangue nobile delle vene! Magari un’eredità! Potresti avere
tu dei cavalli da far ferrare!»
«Davvero?»
il ragazzino la fissò, dubbioso. «Ma è passato
tanto tempo... magari ci sono altri discendenti... e poi può
essere che mi sbaglio»
«Oh.
Hai ragione...» mormorò la ragazzina, demoralizzandosi.
«Però sarebbe bello!» riprese dopo un attimo, con
un sorriso. «Magari sei l’ultimo discendente, magari sei una
specie di miracolo!»
Lo
fissò, e lui fissò lei, rosso in faccia.
«Beh,
non lo so... Sarebbe bello magari, sì... Ma anche se non lo è
mi va bene lo stesso!» balbettò, imbarazzato. «Io
non sono poi... cioè, non sono abituato ad essere speciale»
La
ragazzina tacque, rendendosi conto di essersi lasciate prendere
dall’entusiasmo.
«Scusa»
mormorò, arrossendo a sua volta.
Immersi
in un silenzio imbarazzato entrambi si fissarono le scarpe, finché
non sentirono una voce allarmata dal piano di sotto.
«Signorina!
Signorina Sofia!»
La
ragazzina trasalì, e infilò precipitosamente il diario
nel suo cassetto.
«Devo
andare!» esclamò agitata. «Oh, quanto mi
sgrideranno...»
«Ma
torni?» la interruppe il bambino, fissandola intensamente.
Lei
si sentì scaldare sotto quegli occhi azzurri, così
strani e così belli. E poi fece un cenno che poteva essere sia
sì che no.
«Per
dove scappi?» si affrettò a chiedere preoccupata,
guardandosi intorno.
Il
bambino sorrise, furbo. «Questo è il mio segreto. Non
sei degna di saperlo»
Quattro
anni dopo l’Italia entrò in guerra al fianco della Germania.
Gli
Uchiha, blandissimi sostenitori del regime, furono caldamente
invitati a lasciare Milano e ritirarsi in provincia.
Laggiù,
una ragazza ormai sedicenne, dai capelli di una sfumatura di rosso
così insolita da sembrare rosa, si trovò a passare
molto tempo e molte estati con un contadino dai capelli biondi come
il grano, di qualche anno più giovane.
Un
giorno, lui le svelò il passaggio segreto per il quale si era
intrufolato nella villa di lei tutti gli anni, giorno dopo giorno.
Sorridendo, le disse che finalmente ne era degna.
E
poi le chiese di sposarlo, nonostante tutto e tutti, non appena
avesse raggiunto la maggiore età.
La
loro storia, come quella dei loro antenati, fu raccolta tra diari e
lettere segrete.
Ma
non ebbero bisogno di lasciare delle carte ai loro figli.
Insieme,
finché il tempo glielo concesse, raccontarono parola dopo
parola tutto quello che c’era da sapere.
Fine
E per chiudere in bellezza, un capitolo malinconico di vago retrogusto
NaruSaku. Ma non fraintendete: questi due non sono Naruto e Sakura,
né ci assomigliano! Questi sono un altro Naruto, e una certa Sofia, tutto qui.
Alla fine, questa fanfiction si è fatta quasi originale.
Cooomunque, spero vivamente che il dialetto non sia stato un gran
problema per voi. Ho cercato di riprodurre il linguaggio semplice di un
bambino che non è stato a scuola, e di renderlo comprensibile
anche per chi non è delle mie parti (o, più
genericamente, non è del nord). La misteriosa donna della casa
chiusa (le case chiuse erano praticamente bordelli, ma immagino lo
sappiate) è volutamente rimasta nell'anonimato, perché
nella mia testa, ve l'ho detto, questa storia si è fatta
originale, e non volevo inserire altri personaggi di Naruto.
Per tutto il resto... uhm, nella mia testa so esattamente com'è
la storia di Naruto e Sofia, dettaglio per dettaglio. Ma, salvo
eccezionali avvenimenti come terremoti, carestie o amnistie
universitarie (trenta politico a tutti!), non credo ragionevole pensare
che riuscirò mai a scriverla (e anche se dovessi, sarebbe
un'originale).
In ogni caso, sappiate che questi due mi stanno molto a cuore, davvero.
Ora, finalmente, le risposte alle vostre recensioni...
Ma prima, un attimo di pazienza.
Avendo concluso questa longfic, e dal momento che Mala_Mela ha
finalmente deciso di mettere la parola FINE (ma anche INIZIO) allo
spinoff che mi doveva, credo che la prossima tappa sarà Hope,
famigerato sequel di Redenzione! Avrei anche voluto metter mano alla
longfic AU che ho sul pc, ma, davvero, quella non so se seriamente
proseguirà...
In ogni caso, Hope arriverà. Che lo vogliate o no.
sammy1987: io l'ho detto che
preferivo Sasuke nel finale, piuttosto che Naruto. Mi sembra
decisamente più triste lui! Comunque ecco, fiction finita,
regalo concluso, e ancora buon compleanno! (ormai è come dire
"buongiorno")
Talpina pensierosa: un commento
misteriosamente lungo e lusinghiero! Grazie Maria, uccidere Naruto
è un hobby per me, ma a quanto dite mi riesce bene! E' bello
quando le cose che amiamo sono anche quelle che facciamo meglio! <3
bambi88: non abbandonare il
nero sentiero! Lascia perdere Kakashi che si allontana verso il
tramonto, e concentrati su papà! A proposito di genitori e
figli... visto? Sono riuscita a incasinare ancora di più!
Beh.
C'è da dire che rispondere a tre recensioni è quanto mai semplice! XD
Aya
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