Ricordati di guardare il tramonto. di misslittlesun95 (/viewuser.php?uid=133210)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
Ricordati
di guardare il tramonto
Capitolo
I
Roma,
2004.
Esiste
un momento, nella vita di ogni essere umano, in cui bisogna
scegliere.
Ma
non una scelta come quella del liceo, dell'università, del
matrimonio o dell'avere figli, scelte importanti ma quasi banali e
scontate in una società che fa il possibile per omologare
tutti gli
individui.
No, la scelta che tutti prima o poi fanno è quella che
spacca il mondo in due strade; da una parte il proprio passato,
dall'altra un futuro troppo diverso per essere la sua naturale
conseguenza.
Molti il momento di questa scelta neanche lo vivono
ufficialmente, perché quando si scontrano con la
possibilità di
scambiare il passato per il futuro fanno finta di non vederla,
convinti che sia un errore del destino o, se sono più
cattolici, una
trappola del Diavolo.
Si vanteranno poi per tutta la vita di non
esserci caduti, sicuri che il loro percorso si stato l'unico
moralmente ed umanamente possibile.
Altri, invece, sono
affascinati e spaventato insieme da questa opportunità e
provano in
ogni modo possibile a far conciliare passato e futuro per la durata
di tutta la loro esistenza. Fallisce nell'impresa oltre il novanta
percento della popolazione, e il restante dieci non andrà
mai a
letto felice per due sere consecutive.
In fine c'è chi ha il
coraggio di fare questa scelta sapendo che o la va o la spacca, che
indietro non si potrà mai tornare e che non esisteranno mai
più le
mezze misure.
Sono poche le persone così coraggiose da affrontare
il futuro o così codarde da volersi scordare completamente
del loro
passato, ma sono anche le uniche che non avranno mai rimorsi o
rimpianti. Perché quando prendi in mano la tua vita, quando
decidi
per te a costo di andare contro tutti, allora sai che la scelta
è
giusta a prescindere dal dopo.
Claudia Petrolini aveva ventuno
anni appena compiuti quando aveva deciso di fare parte di
quest'ultima categoria.
Era estate e Roma assomigliava a una
bambina, piena di colori, rumori, luci e cose da scoprire.
O
almeno questa era la situazione nel centro, in quelle vie sempre
affollate di cittadini romani e turisti.
Nel quartiere di Claudia
la storia era diversa. Quando era bambina passava le estati nel
cortile che congiungeva il suo palazzo e gli altri dello stesso
isolato, un posto ombroso e fresco dove non c'erano pericoli ma solo
altri ragazzini con cui passare il tempo.
La maggior parte dei
genitori, lì, faceva il possibile perché i loro
figli non si
muovessero mai da quel cortile.
I piccoli che giovavano in quella
zona venivano spesso da situazioni familiari complesse, erano bambini
difficili e irrequieti, ed era facile venissero alle mani per
questioni da poco, facendo presagire un futuro lontano da un
qualsiasi tipo di scalata sociale o miglioramento delle condizioni di
vita rispetto a quella delle famiglie di origine.
Certo,
c'erano anche ragazzini che malgrado le disagiate condizioni
socioeconomiche da cui venivano volevano riscattarsi, magari
studiando, ma erano considerabili mosche bianche.
A quattordici
anni, nell'estate tra la terza media e la prima superiore, iniziava
l'esodo.
Dal cortile al mondo lì fuori, pochi passi che cambiano
per sempre le vite di quei ragazzini.
Nascevano,
lontano dal cortile, nuovi gruppi, nuove compagnie, e spesso bastava
scambiarsi uno o due anni di età, lasciarsi giusto il tempo
di
qualche stagione, per ritrovarsi in strada troppo diversi da prima,
separati per sempre pur continuando a vedersi ogni giorno nelle vie
del quartiere o addirittura nell'androne di casa.
Lì di licei non
ce ne erano, solo un paio di istituti tecnici e, ovviamente, le
scuole elementari e medie che tutti quei ragazzini si erano trovati a
frequentare.
Il fratello maggiore di Claudia, Gianluca, aveva
passato gli anni delle superiori proprio come tutti i suoi coetanei
della zona, studiando in uno di quei due istituti e girando a vuoto
nei pomeriggi – forse troppi – in cui non c'era
nulla da
fare.
Solo dopo la maturità, vedendo la fine poco auspicabile che
stavano rischiando i suoi amici, aveva deciso che no, quella vita non
gli sarebbe piaciuta.
Si era iscritto ad ingegneria e sognava di
fare un lavoro qualsiasi ma appagante.
I due ragazzi erano stati
cresciuti dal padre, Oreste Petrolini, dopo che la madre era scappata
da quel modo di vivere e da quel quartiere con un facoltoso avvocato
quando Gianluca aveva otto anni e Claudia solo quattro.
La
bambina era stata iscritta a scuola con un anno di anticipo nella
speranza del padre che, stando più vicina al fratello
durante gli
studi, il rapporto tra i due figli potesse crescere con
loro.
Fortunatamente era successo, anche se forse il merito non
era stato della scelta del padre, ma per Claudia era stato meglio
così.
Il signor Oreste aveva una piccola libreria, una bella
sfida in un posto come quello.
Eppure con ciò che portava a casa
era riuscito a tirare su i due figli, a farli studiare e a regalare
loro una vita dignitosa.
Nell'estate del 1996, a tredici anni,
anche Claudia – naturalmente un anno prima rispetto agli
altri –
aveva superato gli esami di terza media e aveva avuto la
libertà di
uscire dal cortile.
Ma non ne aveva poi approfittato così tanto,
almeno non quanto facevano gli altri ragazzi di solito.
Stupendo,
ma neanche troppo, tutti quelli che la conoscevano si era iscritta
per l'anno scolastico seguente al liceo classico, malgrado non fosse
comodissimo rispetto a casa sua, e così aveva deciso di
passare i
mesi estivi a riposare e preparasi, anche iniziando a studiare,
all'avventura che avrebbe intrapreso dal settembre successivo.
Non
erano mancate certo giornate al mare con parenti e amici, ma per il
resto della stagione Claudia si era chiusa in casa o nella libreria
del padre a preparare se stessa per la quarta ginnasio.
Gli
anni delle superiori erano volati in un lampo, portandole via tempo
ma regalandole parecchie soddisfazioni.
Ultima tra tutte il voto
di maturità, un cento tondo, l'unico del suo anno.
Aveva
mancato per un soffio la lode, a causa dei continui sette in
educazione fisica, ma era stata felice del suo percorso scolastico.
E lo stesso era valso per suo padre, che nei cinque anni di
superiori aveva ammirato gli impegni e gli sforzi della figlia.
Era
particolare il loro rapporto, forte come se più che parenti
fossero
amici.
Non erano certamente mai mancati i litigi e le discussioni
tipici della difficile età di Claudia, le incomprensioni
classiche
che prima o poi tutti i rapporti genitori-figli attraversano, ma le
avevano affrontate sempre al meglio, forse perché abituati
ad essere
soli. Oreste aveva cresciuto senza aiuto la sua bambina e lei non
voleva distruggere tutto quello che avevano costruito insieme.
Anche
l'estate della maturità, quella che ad esame finito veniva
considerata da tutti i ragazzi libera e spensierata, forse
perché
era vista come l'ultima prima dell'età adulta, Claudia
l'aveva
passata sui libri, preparando con dedizione il test di ammissione
alla facoltà di Medicina.
Fosse stato per lei avrebbe iniziato
lo studio per quella maledetta prova di ingresso che a malincuore
temeva di non superare già molti mesi prima, durante l'anno
scolastico, ma alla fine lo studio per la maturità le aveva
prosciugato tutto il tempo e le energie a sua disposizione.
A
differenza di cinque anni prima, quando pur passando i mesi estivi
sui libri qualche giornata di mare e divertimento se l'era concessa,
quella volta non aveva tolto una sola ora allo studio, cercando con
tutta se stessa di realizzare il suo sogno.
Aveva deciso di
diventare medico tanto tempo prima, da bambina, ma mentre cresceva
più volte aveva cambiato idea sulla specializzazione da
prendere
dopo la laurea; prima pediatria, poi chirurgia, poi alle scuole medie
aveva cambiato completamente pensando di curare gli animali e non gli
esseri umani diventando veterinaria e ancora, al ginnasio, era stata
a lungo indecisa tra cardiologia e ostetricia.
Fino a che,
durante le vacanze di Natale del terzo anno di superiori, parlando
con un'amica di famiglia uscita da poco da un brutto periodo a causa
di un figlio con problemi di salute, non aveva avuto l'ispirazione e
deciso a cosa avrebbe dedicato la sua vita da medico.
Neuropsichiatria infantile, sarebbe stata quella la
specializzazione che avrebbe cercato di prendere una volta laureata.
Ma
con calma, c'era tempo.
Prima si sarebbe dovuta laureare,
ovviamente, e prima ancora c'era quel test di ammissione che tanto la
spaventava.
E che invece, come tutti tranne lei si aspettavano,
aveva superato al meglio.
Il signor Oreste aveva capito subito che
mantenere agli studi universitari non uno ma due figli sarebbe stato
economicamente pesante ma pazienza, per aiutarli ad avere un futuro
degno dei loro sogni avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Gli
ottimi voti scolastici avevano inoltre fruttato a Claudia una borsa
di studio, e lei avrebbe fatto tutto il possibile per non perdere
quel piccolo aiuto.
Verso la fine del primo anno di studi aveva
conosciuto Davide, studente di giurisprudenza di due anni
più grande
che in breve era diventato il centro dei suoi pensieri.
Non
era passato molto tempo e la cosa si era dimostrata reciproca, tanto
che quell'estate, finalmente libera davvero perché era
riuscita a
terminare in luglio l'anno accademico, l'aveva passata con lui come
fidanzata ufficiale.
Aveva smesso di frequentare i ragazzi del
suo quartiere parecchi anni prima, all'inizio delle superiori, e non
era stato strano per lei conoscere e fare amicizia con persone che
venivano da realtà completamente diverse rispetto alla sua.
Con
i compagni di università, ad esempio, era facile che ci
fossero
differenze sociali anche marcate, ma a vent'anni, se ci si trova bene
insieme, non si fa troppo caso a certi argomenti che paiono passati
da secoli.
Non ci faceva caso Davide, di famiglia borghese, non
ci facevano caso neanche i suoi genitori, che avevano anzi preso
subito in simpatia quella ragazza di borgata, e nemmeno il signor
Oreste pensava troppo a chi fosse e da dove venisse il ragazzo con
cui si frequentava sua figlia, a lui bastava che la giovane fosse
amata e rispettata come meritava.
In fine Claudia, dal canto suo,
aveva smesso da parecchi anni di pensare alle differenze sociali, e
le sarebbe piaciuto poter distruggere le classi economiche e in
generale le disparità e le disuguaglianze che secondo il
suio modo
di vedere le cose stavano alla base di tutti o quasi i problemi del
mondo.
Era comunista, Claudia Petrolini.
Senza vergogna, senza
la necessità di volerlo nascondere ma anche senza il bisogno
di
ostentarlo troppo.
Viveva bene in compagnia dei suoi ideali non
pensando a ciò che poteva dire la gente ma, piuttosto,
pensando a
cosa lei e i suoi valori avrebbero potuto fare per gli altri.
Era
diventata comunista, o forse sarebbe stato più giusto dire
che aveva
capito di esserlo, come se fosse stato qualcosa che aveva sempre
avuto dentro, a quindici anni, nell'estate tra la quinta ginnasio e
la prima liceo.
Era un agosto particolarmente caldo, a Roma, e
quell'anno gli affari in libreria non erano andati troppo bene.
Ma
Gianluca si era diplomato un mese prima e il padre non aveva voluto
togliergli la gioia del viaggio di maturità, anche a costo
di
rinunciare alle sue ferie e tenere aperto il negozio tutta
l'estate.
Claudia non aveva avuto problemi, le bastava fare
qualche giornata di mare a Ostia con le sue amiche e per quelle non
c'era bisogno che di qualche spicciolo per i biglietti.
Nella
città di mare, in realtà, la famiglia Petrolini
aveva una casa
proprio a pochi metri dalla spiaggia. Era stata acquistata parecchi
anni prima dai nonni paterni dei due ragazzi e, dopo che erano venuti
a mancare, era passata al signor Oreste.
L'uomo sapeva che se
l'avesse venduta avrebbe ricavato abbastanza soldi da poter almeno
fingere per qualche mese di vivere una situazione economica normale,
ma era troppo legato a quella villetta, troppi ricordi.
Avrebbe
fatto una scelta del genere solo in completa assenza di
alternative.
E poi, tolto quell'anno, era sempre riuscito a
sfruttarla almeno un paio di settimane ogni estate per staccare dalla
vita di città e fare un po' di mare insieme ai figli,
un'opportunità
che diversamente non avrebbero potuto avere.
Quindi pazienza, i
sacrifici nella vita toccano a tutti e per quella volta Oreste
Petrolini ne avrebbe fatto uno in più.
Tanto, nella maggior parte
di quei cocenti giorni estivi, aveva avuto al suo fianco in libreria
l'adorata figlia, e in fondo non poteva chiedere di meglio.
Claudia
aveva finito presto i compiti delle vacanze estive per essere libera
e, come faceva sempre, aveva cercato qualcosa da leggere tra i libri
in vendita.
Per caso era finita tra quelli che parlavano di
economia e politica e, sempre per caso, le era capitato tra le mani
“Il manifesto del partito Comunista” di Karl Marx e
Friedrich
Engels, il libro capostipite e vangelo dei movimenti di estrema
sinistra dell'intero pianeta.
Fino a quel momento la ragazzina e
la politica erano stati due mondi totalmente separati, lontani anni
luce l'uno dall'altra.
Certo, sapeva un minimo quello che
succedeva nel suo paese, era logico, ma per il resto non si era mai
interessata troppo alla gestione dello stato democratico e alle varie
idee ed opinioni che concorrevano in questa.
Non c'era neanche
troppo da fargliene una colpa, ad essere sinceri, lì dove
era
cresciuta non esistevano sezioni di partito, circoli giovanili o
altro che potesse far avvicinare i ragazzi alla politica.
La
sera, quando era l'ora dei telegiornali, i televisori del quartiere
dove viveva Claudia erano accesi su telenovele o programmi che
avevano a che fare con tutto meno che con l'informazione.
Soltanto
a casa Petrolini il signor Oreste non perdeva mai un'edizione del
notiziario delle venti. Lo seguiva in cucina mentre preparava la
cena, più ascoltandolo che dando peso alle immagini, a suo
dire
sempre troppo cruente.
Finito anche il meteo Oreste Petrolini
spegneva l'apparecchio, chiamava i figli a tavola e cenava con loro
chiacchierando e facendosi raccontare dai ragazzi la giornata appena
trascorsa, come pensava fosse giusto fare in una famiglia normale.
Claudia, che di solito mentre il padre cucinava si trovava a
fargli compagnia finendo di ripassare o fare i compiti per il giorno
seguente, ogni tanto buttava l'orecchio per ascoltare ciò
che il
giornalista di turno diceva, e a questo doveva le poche cose che
sapeva sulla situazione politica o economica dell'Italia e in
generale del mondo.
Per tale motivo lei per prima si era stupita
quando aveva capito in quale reparto stesse cercando la sua lettura
successiva, ma alla fine aveva deciso di farsi guidare dal destino
che l'aveva portata lì e aveva scelto di leggere Marx.
Non era
stata una lettura semplice, non era riuscita a divorare quel libro
rapidamente come era solita fare con tutti gli altri, anzi, c'erano
state parti che aveva dovuto leggere più volte per
comprendere
totalmente, ma alla fine della lettura la ragazzina aveva provato un
piacevole bisogno di continuare a fare ricerche su Marx e sul
comunismo in generale.
Niente di più semplice; dal crollo del
muro di Berlino erano passati meno di dieci anni e commenti sul
comunismo e su tutto il male che aveva fatto in parecchi decenni
nell'Est Europa si trovavano continuamente senza bisogno di cercare
troppo.
Ma quelle parole – spesso esageratamente di parte –
non bastavano a saziare la curiosità di Claudia che, poco
per volta,
aveva cominciato a cercare le sue risposte da sola, nei libri
più
moderni e nei classici del comunismo anche Italiano.
Pian piano
aveva iniziato a farsi una sua idea politica e storica, capendo che
quell'ideologia fosse la sua strada e che era vero, quello che era
successo per un lungo periodo in Unione Sovietica poteva considerarsi
terribile, ma allo stesso tempo doveva esserci per forza un modo per
far combaciare il comunismo e la democrazia.
La storia del
Partito Comunista Italiano, scioltosi da pochi anni, in fondo lo
confermava.
Qualche mese dopo la prima lettura di Marx, una sera
che Gianluca non era in casa, la giovane aveva detto al padre di
essere comunista.
Il signor Oreste, che a differenza della
maggior parte dei suoi connazionali non aveva mai nutrito particolare
odio verso i rossi quanto un generale disappunto verso tutte le idee
politiche non aperte al confronto democratico, era rimasto stranito
da quella dichiarazione.
Non
tanto per l'orientamento politico che la figlia gli aveva detto di
avere, quando per l'idea stessa che Claudia fosse già
così
cresciuta da poter avere idee in quel frangente.
Non si era
accorto, come spesso accade ai genitori, di quanto rapidamente la sua
bambina stesse diventando una giovane donna, cambiando nel corpo e
maturando nei pensieri.
Anche quello politico.
Quella sera
avevano parlato a lungo. Il signor Petrolini si era ricordato di
averla vista leggere “Il Manifesto” di Marx durante
le calde
giornate estive in libreria, ma non ci aveva fatto troppo caso e dei
libri sul comunismo che la figlia aveva letto successivamente non si
era neanche accorto.
Claudia, durante quella chiacchierata, aveva
raccontato al padre delle sue opinioni e delle ricerche che
continuava a fare.
Lui l'aveva ascoltata con passioni e affetto,
capendo i suoi pensieri e scoprendo qualcosa in più sulla
sua
piccola.
Dopo quella sera nulla era cambiato tra padre e figlia,
se non che si conoscevano ancora meglio.
In
Claudia, però, erano col tempo mutate molte cose; dopo aver
chiarito
con se stessa le sue posizioni e avere studiato il possibile a
riguardo aveva iniziato a cercare di fare qualcosa di concreto per
portare avanti le sue idee.
Così, tanto al liceo quanto poi
all'università, aveva partecipato a collettivi e guidato
manifestazioni di protesta andate più o meno bene.
A vent'anni
aveva seguito un programma Europeo e frequentato sei mesi di
università in Spagna, a Madrid.
Avrebbe voluto fare di più,
inizialmente, ma poi si era ricreduta pensando a quanto le sarebbero
mancati suo padre, Gianluca e Davide.
Soprattutto Davide.
La
loro relazione era il meglio che Claudia potesse desiderare, e non
avrebbe mai avuto il coraggio di porre fine al loro amore solo per
via della lontananza.
Davide aveva scoperto praticamente subito
il pensiero politico della sua amata, e non era mai stato un
problema.
Benché molto più moderato anche lui era solito
definirsi di sinistra, o comunque non gli era mai passato per la
testa di votare destra, né tanto meno i centrismi di
ispirazione
cattolica.
Nell'estate in cui Claudia aveva compiuto ventuno anni
avevano deciso di mettere via un po' di soldi e fare un paio di
settimane negli Stati Uniti solo loro due.
Prima di atterrare
nella Grande Mela, tappa iniziale del loro viaggio, avevano compilato
un questionario necessario all'ingresso negli Usa e, tra le altre,
avevano dovuto rispondere a una domanda che gli chiedeva se fossero
mai stati iscritti al Partito Comunista.
Entrambi avevano
ovviamente risposto di no e Davide, per scherzare, aveva anche preso
in giro la fidanzata.
Ma a lei quella domanda aveva dato da
pensare.
A oltre dieci anni dallo scioglimento del PCI in Italia
si stava facendo strada una nuova forza di estrema sinistra che
pareva volerne prendere il posto: Il Partito Comunista degli
Italiani, in breve PCdI.
Il nome non era poi così diverso da
quello originale e il cambiarlo era stata semplice necessità
dettata
da noiosi fatti di diritti, copyright e cose del genere.
Si
trattava di una forza nuova e giovane proprio perché giovani
erano i
suoi membri.
Certo, c'erano anche quelli che un tempo si
sarebbero chiamati grigi burocrati, era naturale ed era proprio da
loro che qualche anno prima era partito il progetto, ma per il resto,
quando era capitato che il partito riuscisse ad eleggere qualche
consigliere comunale, regionale, o, alle ultime elezioni politiche
era miracolosamente accaduto, qualche parlamentare, erano sempre
stati uomini e donne sotto i cinquant'anni – fatta eccezione
per
qualche Senatore – e, spesso, sotto i quaranta.
Quando sarebbe
tornata dall'America Claudia si sarebbe iscritta a quel partito, ne
era certa.
Lo aveva deciso alla fine della vacanza e aveva
pensato di comunicarlo a Davide l'ultima sera del loro soggiorno,
durante la cena di nuova New York, città da cui sarebbero
ripartiti
per l'Europa.
Ma non ne aveva avuto il tempo, perché proprio in
quella serata, passata in un ristorantino di Little Italy scelto per
abituarsi all'idea di tornare a casa, Davide aveva chiesto alla sua
amata di passare tutta la vita insieme, di sposarsi presto, il prima
possibile.
E Claudia era scoppiata in un pianto pieno di gioia,
perché domanda più bella non avrebbero potuto
fargliela.
Aveva
preso l'aereo il giorno dopo con gli occhi ancora lucidi di
felicità,
e appena arrivata a casa aveva buttato le braccia intorno al collo
del padre e gli aveva comunicato la felice novità.
Il signor
Oreste, che aveva visto Gianluca sposarsi un paio di anni prima e da
poco sapeva che la moglie del primogenito aspettava un bambino, era
stato contentissimo di quella notizia, anche se gli si stringeva il
cuore a pensare che entro poco sarebbe rimasto solo nella casa in cui
aveva sempre vissuto fin dal 1975, anno del matrimonio con la madre
dei ragazzi.
I due giovani avevano deciso di iniziare i
preparativi per le nozze in autunno, così da dire il loro
sì,
ovviamente in modo civile, la primavera successiva.
Ma dopo la
gioia immensa della proposta, una volta tornata a Roma, Claudia aveva
dovuto dire al padre e al fidanzato di volersi iscrivere al PcdI.
Ed
era stata questa la scelta che lei aveva avuto il coraggio di fare e
che molti non avrebbero mai fatto.
Oltre a non essere argomento
di discussione solito la politica era, nel suo quartiere, considerata
come un male, un qualcosa che andava allontanato il più
possibile.
Secondo tutti, infatti, gli uomini grigi sempre ben
vestiti erano solo maledette sanguisughe alle quali del popolo
interessava poco o niente.
E sì che quella zona poteva essere
stata scordata dallo Stato prima ancora che da Dio e dagli uomini, ma
per la ragazza questo non era di certo un buon motivo per disprezzare
la politica in ogni sua sfumatura.
Anzi,
secondo lei doveva casomai essere l'esatto contrario; tutta
quell'assenza di Stato, tutti quei ragazzini che parevano abbandonati
a loro stessi avrebbero dovuto, per Claudia, spronare tutti a fare
qualcosa per migliorare la situazione ed evitare che cose simili
capitassero ancora.
Ma invece nulla, nessuno si era mai
interessato alla cosa.
Forse era successo, in realtà, una o due
volte, e quella gente era stata subito vista male e considerata come
fosse appestata.
Anche Claudia avrebbe fatto quella fine, lo
sapeva. Appena la voce della sua decisione fosse arrivata alle
orecchie degli abitanti del quartiere lei sarebbe stata come mai
esistita, mai conosciuta.
Probabilmente sarebbe stato anche
peggio, perché era comunista e i pochi che in zona votavano
lo
facevano a destra, ma pazienza.
Qualcuno avrebbe detto che dalla
figlia di Oreste Petrolini bisognava aspettarselo, era sempre stata
così strana, così diversa dagli altri, chiusa in
casa o in libreria
a studiare senza quasi mai uscire con gli altri ragazzi.
A lei di
cosa avrebbe detto la gente importava poco, anche perché una
volta
sposata con Davide sarebbe andata a vivere ben lontano da
lì, e
l'unica cosa che si augurava era che la sua scelta non avesse
ripercussioni su suo padre e sull'attività commerciale con
cui
tirava avanti da praticamente sempre, perché se fosse
accaduto
qualcosa del genere non se lo sarebbe mai perdonata.
Prima di
andare via però doveva fare una cosa, doveva salutare quello
che da
parecchi anni era considerabile il suo unico amico in quel pezzo di
città, Oscar.
Oscar aveva tre anni più di Claudia ma in prima
media era stato bocciato due volte.
Lei frequentava la scuola un
anno avanti e al terzo tentativo del ragazzino di arrivare in seconda
si erano ritrovati nella stessa classe.
Non era stato un male, per
quanto la differenza tra una bambina di dieci anni e un
preadolescente di tredici fosse forte si erano subito trovati bene
insieme e già dopo poche settimane erano diventati amici
stretti.
Anche lui era assiduo frequentatore del cortile, ma giocava con
tutt'altra gente rispetto a Claudia, motivo per cui lì non
si erano
mai incontrati.
L'amicizia tra i due era stata positiva per Oscar,
perché grazie alla ragazzina era riuscito a superare bene
tutti i
tre anni di scuola media senza più fermarsi, e alla fine del
percorso aveva discusso a lungo con i genitori pregandoli di
lasciarlo iscrivere al liceo scientifico, ma non c'era stato verso di
convincerli.
Liceo significava università, e loro non avevano
né
i soldi né la voglia di farlo studiare e diventare dottore
in chissà
cosa.
La madre di Oscar faceva le pulizie, il padre aveva un banco
di frutta e verdura al mercato del rione, lui era il primo di quattro
fratelli e gli altri tre erano tutti molto più piccoli.
In casa,
quindi, c'era un costante bisogno di soldi e il necessario per fargli
frequentare l'università era utopico potessero averlo.
Così il
ragazzo si era iscritto all'istituto tecnico di zona per prendere un
diploma che gli consentisse di iniziare a lavorare subito per dare
una mano ai genitori.
I primi due anni erano stati molto
positivi, ma con l'inizio del triennio i suoi voti erano calati
parecchio ed era stato bocciato.
A quel punto, tre anni indietro
rispetto al dovuto, aveva deciso di lasciare definitivamente gli
studi e cercare qualcosa da fare, iniziando con l'aiutare suo padre
al mercato.
Per Claudia era stata come una sconfitta personale,
perché in quei sei anni aveva fatto il possibile per
spronare
l'amico ad andare avanti e studiare, cercando anche i modi
più
assurdi per fargli frequentare un giorno l'università.
Ma le cose
erano andate diversamente e pazienza, loro sarebbero rimasti amici
comunque, anche se da quel momento si sarebbero sicuramente visti di
meno.
Oscar aveva saputo fin da subito dell'interessamento della
ragazza per Marx e l'ideologia comunista.
Non ne era stato
entusiasta ma neanche troppo contrario, dopo tutto sapeva che Claudia
era diversa dagli altri ragazzi del quartiere. E poi, comunque,
quando stavano insieme avevano bene altro di cui parlare.
Crescevano
troppo in fretta e si vedevano troppo poco per non passar quel tempo
a raccontarsi tutta la loro vita, altro che parlare di politica o
simili.
Ma quel giorno Claudia doveva assolutamente dirlo, ad
Oscar, dirgli che si era iscritta al partito, che aveva deciso di
mettersi al servizio dello Stato e dedicare alla politica la sua
intera vita.
E sperava che il suo migliore amico fosse contento
per lei, lui che era stato il primo che aveva chiamato quando aveva
scoperto di essere passata al test di medicina, ancora prima di suo
padre.
Si era però tragicamente sbagliata, purtroppo,
perché la
reazione del ragazzo era stata totalmente opposta.
- Vuoi andare a
fare la serva?- Le aveva chiesto. - Vuoi fare quella che distrugge la
vita degli altri? Vuoi fare lo stesso lavoro di chi parla parla ma
poi non fa nulla, è questo che vuoi fare della tua vita?-
Claudia
era rimasta a dir poco sconvolta da quella risposta, ma era una
ragazza abbastanza forte ed intelligente da poter rispondere
all'amico facendo valere le sue ragioni senza urlargli addosso.
-
In realtà io voglio fare l'esatto contrario, Oscar. Io
voglio
cambiare le cose, o almeno iniziare a fare qualcosa del genere. Te lo
ricordi? Ne parlavamo anche insieme quando mi chiedevi
perché fossi
tanto fissata con Marx e con il comunismo. Adesso ho soltanto deciso
di dedicare la mia vita a questo, per quanto possibile, di non
lasciare che le mie rimangano solo parole.-
Gli aveva parlato con
tutta la sincerità possibile, quella che usava sempre e solo
con
lui, perché erano migliori amici e si faceva
così.
Ma l'altro
pareva non volersi muovere di un solo passo dalle sue posizioni.
-
È bello, Clà. Sarebbe bello ma non funziona
così, e forse lo sai
anche meglio di me. Prima che tu cambi il sistema o qualsiasi altra
cosa è lui che cambia te. E poi scusa, la laurea che stai
prendendo
in medicina? Tutti gli sforzi che hai fatto in questi anni e che
ancora stai facendo non servono a nulla? Vuoi buttare tutto
all'aria?-
Claudia sospirò. - Non voglio buttare all'aria proprio
un bel niente, io mi laureerò e realizzerò il mio
sogno come
medico, ma questo non significa che non possa cercare di fare
qualcosa per il mio paese, anzi.-
- È colpa di Davide, vero? Ti
ha convinta negli Stati Uniti che il modello di vita americano era
sbagliato e tu quindi hai deciso di iscriverti al partito comunista.-
Oscar parlava con una sintassi elementare,con frasi degne di un
bambino di dieci anni e cercando di ripetere a pappagallo concetti
che nella sua mente erano vaghi e confusi.
Ripescava frasi
anticomuniste sentite da piccolo, quando ancora c'era la
Guerra
Fredda, e le mischiava a quelle sentite più avanti, incapace
di
scindere le situazioni in cui le aveva udite per il semplice fatto
che non aveva la più pallida idea di quali potessero essere
i
contesti storici, sociali e politici in cui qualcuno aveva detto
questa o quell'altra cosa.
E a Claudia tutto quel voto pneumatico
che l'amico aveva in testa, quella mancanza totale di interessi,
curiosità e ideali di ogni genere, faceva male,
perché aveva
provato a lungo a convincerlo del fatto che vivere non fossero solo
alzarsi e lavorare per guadagnare il necessario ad andare avanti.
Ma
evidentemente, non c'era riuscita.
Nonostante tutto però provò a
sorridere, perché quando aveva sentito il nome di Davide il
suo
sguardo, proprio come quello di ogni ragazza innamorata, si era
illuminato facendole ricordare che doveva dire ad Oscar un'altra cosa
importantissima.
- No, Davide non è neanche comunista, figurati.
Ma c'è una cosa che devo dirti a riguardo. Io e Davide ci
sposiamo,
Oscar. Abbiamo deciso di passare la vita insieme.-
Lo sguardo del
giovane si fece strano.
Non aveva nulla contro Davide, lo vedeva
felice con Claudia. Soprattutto vedeva felice lei e questo gli
bastava, ma non era stupido, sapeva che se si fosse sposata sarebbe
andata via, iscritta al partito o meno.
- Sei venuta a dirmi
addio, Clà?-
Anche il suo tono di voce si era fatto cupo, triste,
completamente diverso da quello che aveva avuto fino a poco
prima.
Erano seduti uno di fronte all'altra, sulla loro solita
panchina,quella dei loro pomeriggi insieme in quegli anni.
Claudia
tentò di prendergli le mani, lo faceva sempre quando i loro
discorsi
diventavano più tristi, ma Oscar le tirò
indietro, quasi a dirle,
silenziosamente, che era il caso di allontanarsi perché
secondo lui
sarebbe stato meglio così.
La ragazza provò a parlargli, allora,
a dirgli che non sarebbe andata in quel modo e che il loro rapporto
sarebbe stato sempre più forte di ogni sua decisione, ma era
stato
tutto inutile.
Oscar si era alzato dopo poco e l'aveva guardata
con gli occhi pieni di lacrime che mai e poi mai avrebbe pianto.
-
È finita, quindi, e non lo negare. Sono felice del fatto che
tu sia
venuta a dirmelo.-
- Oscar non è così, e lo sai anche tu.-
Provò
a dirgli un'ultima volta.
- Sta' zitta! Lo sai anche tu cosa? Tu
lo sai, Claudia, tu sai che per me non c'è più
posto nella tua
vita, smettila di mentirti da sola!-
La ragazza avrebbe voluto
abbracciarlo e dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma non
riuscì a
farlo.
Tra loro si era formato come un muro invisibile, lo stesso
che lei aveva visto per tutti quegli anni tra la sua vita e quella
dei suoi coetanei nel quartiere.
Claudia sospirò guardandolo il
silenzio, scendendo dolorosamente a patti con l'idea che lui avesse
ragione; non ci sarebbe stato più spazio per il loro
rapporto nella
vita che lei presto avrebbe intrapreso.
Rimasero senza parlare
per alcuni minuti che parvero piccole eternità.
Il sole iniziava
a calare, la sua intensità si riduceva rapida in quella
serata di
settembre, così rapida che in poco tempo il ragazzo fu in
grado di
guardarlo fisso senza avere problemi.
E fu proprio mentre
osservava la palla infuocata illuminare Roma di uno splendido
arancione come se fosse una canzone di Antonello Venditti che
parlò
di nuovo.
- Io spero solo che tu sappia a cosa vai in contro,
Claudia.- Disse tornando a guardare la ragazza. - Mi auguro che tu
possa realizzare qualcosa, anche se la vedo difficile. Mi mancherai,
ma non cercarmi. Non apparteniamo più alla stessa vita o
allo stesso
mondo.
Però
una cosa te la chiedo; ricordati di guardare il tramonto. Sempre,
anche se diventerai qualcuno di importante, che tanto i palazzi del
potere stanno sui colli e da lì si vede bene.
Te guardalo,
sempre, così magari ti ricorderai di me e di questi anni che
ti
apparterranno fino alla fine della tua vita. Buona fortuna, Claudia.-
Oscar si girò, le diede le spalle e iniziò a
camminare rapido,
svoltando al primo incrocio per tornare verso casa.
La ragazza
rimase ferma, impietrita dalle sue parole e dalla freddezza con cui
era andata via.
Tentò di chiamarlo urlando ma fu tutto inutile,
lui era già lontano, troppo.
In quel momento si rese contro di
come, forse, non erano così lontani poi solo da pochi attimi.
E
pianse.
_________________________________________________________________
Dopo lunghi ripensamenti ho deciso di postarla
No, non è un racconto politico e la situazione dell'Italia -
descritta nel prossimo capitolo - è completamente mutata da
quella reale.
Per il resto niente, è una storia triste e felice come
sempre accade, e spero di poter rendere al meglio ogni sua parte.
Ringrazio da ora chiunque la leggerà <3
|
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
Lascio
le note qui a inizio capitolo!
Prima
di tutto ringrazio chi legge/recensisce/segue la storia, siete davvero
carinissimi! Grazie mille!
A
questo punto dire che la pubblicazione diviene settimanale ogni
martedì, di notte come ora o di giorno, vedremo! :)
Capisco
che la prima parte di questo capitolo potrà essere
lievemente indigesta per i riferimenti politici, ma avendo cambiato
l'intera storia politica degli ultimi dieci anni almeno un breve
riepilogo di come l'ho impostata dovevo farlo.
Subito
dopo si entra nel vivo, state tranquilli!
E...
niente, io vi ringrazio ancora e vi abbraccio forte <3
Buona
lettura!
Capitolo
II
Roma,
2014
Si
dice che solo gli sciocchi non cambino mai idea e, se questo fosse
vero, gli italiani potrebbero essere considerati tra gli esseri umani
meno stupidi dell'intero globo terracqueo, soliti come sono a non
restare mai più di pochi mesi sulle stesse posizioni.
Da quando
Claudia aveva lasciato Oscar, il quartiere e tutto il resto non erano
passati neanche dieci anni pieni ma già erano cambiati
cinque
governi.
Il primo, andato a scadenza naturale, era stato un
governo di centro sinistra salito come secondo durante la sua
legislatura; aveva la stessa maggioranza dell'altro, ma alla lunga i
diversi equilibri interni ai partiti che la formavano avevano
obbligato il primo esecutivo ad andare a casa.
Dopo le elezioni,
fallimentari per tutti i partiti che avevano governato fino a quel
momento, la maggioranza aveva racchiuso l'intero campo delle forze
che si definivano di destra, dagli estremisti più duri e
puri a quei
centristi forse meno idealisti e più poltronari che in
passato
avevano governato anche con il centrosinistra.
I pochi che avevano
sperato che una tale formazione avrebbe garantito stabilità
politica
per l'intero quinquennio si erano dovuti ricredere non una ma ben due
volte, tanti erano stati i cambi di esecutivo.
E la causa era
sempre la stessa, differenti rapporti di potere che per questo o quel
motivo si creavano e disfacevano tra i partiti.
Si era trattato
sempre di governi guidate da uomini e con una scarsa presenza
femminile tanto a livello numerico quanto a livello produttivo, come
se le poche donne presenti fossero più messe lì a
mo' di trofei
invece che in quanto personalità capaci di svolgere il loro
mestiere.
Malgrado la poca pace interna la maggioranza di destra
era riuscita, lasciando tutti sorpresi, a giungere fino alla fine
della legislatura senza la necessità di andare
prematuramente ad
elezioni.
Non
erano però stati in grado di soddisfare l'elettorato
abbastanza da
far ripetere l'esperienza, tanto che, per quanto apparisse
incredibile, dalle urne era uscito come primo partito non in
coalizione il PcdI, proprio quei comunisti che un tempo facevano
tanta paura ma mai troppi voti.
Era stata una sorpresa per tutti,
compresi i diretti interessati che mai si sarebbero immaginati di
raggiungere tali risultati.
Ovviamente
ciò non era bastato a dare all'estrema sinistra la
maggioranza in
parlamento, ma era nata rapidamente una coalizione con il Psu,
Partito Socialista Unitario, e la Usd, Unione Socialdemocratica.
Il
governo aveva giurato davanti a un Presidente della Repubblica appena
eletto, il conservatore laico Maurizio Gabriele Rigaretti, il giusto
ed unico compromesso tra tutte le forze presenti in parlamento.
L'esecutivo era guidato da un socialdemocratico, l'ex professore
di Sociologia dell'Università di Bologna Federico
Passalacqua, e a
fargli da vice erano stati scelti, ovviamente, un rappresentate per
ognuno degli altri due partiti di governo; il socialista Lorenzo
Cavalleri e il comunista fino al midollo, come amava definirsi,
Vincenzo Astori.
I due detenevano inoltre rispettivamente il
dicastero della Giustizia e degli Interni.
I restanti Ministeri
erano stati spartiti con un minimo di logica, secondo le percentuali
elettorali e cercando personalità capaci.
Il Ministero della
Salute era andato al PCdI, che era stato l'unico a mettere al
governo, proprio in questo dicastero e in quello per le politiche
giovanili e familiari, una componente femminile.
Più rara ancora
di quella presente nei precedenti governi, insomma, e pensare che i
rivoluzionari sarebbero dovuti essere loro, avevano commentato in
molti.
Ma certamente si era preferito far leva sulla preparazione
delle donne nell'esecutivo più che sul loro numero.
Il Presidente
del Consiglio aveva ben scelto le due giovani ministre del suo
governo, sicuro che sarebbero state ottime risorse.
Entrambi
ancora lontane dal compiere trent'anni si erano dimostrate
intelligenti e capaci.
In quel governo così di sinistra e
interessato alle politiche sociali era andato a Lucia Menghella, di
origine piemontese, il dicastero per i giovani e la famiglia,
studiato ad hoc all'inizio della legislatura, mentre per quello della
salute si era scelto una neuropsichiatria infantile romana, Claudia
Petrolini.
La giovane figlia del libraio aveva fatto carriera in
fretta da quando si era iscritta al partito, ed in soli sei anni,
ancora ventisettenne, si era trovata a giurare come Ministro al
Quirinale, anche lei incredula di come la sua vita sembrasse
finalmente appagante.
Benché l'elezione alla Camera e la
successiva nomina come membro del governo non le avessero permesso di
praticare a lungo come dottoressa si era, nel poco tempo in cui era
stata medico all'ospedale infantile della capitale, distinta per la
capacità nel mestiere e la rara umanità con si
rapportava con
tutti; i piccoli pazienti, i loro genitori e i colleghi.
E lo
sesso modo di fare l'aveva conservato tra i banchi del parlamento e
del governo, dove spesso gli atteggiamenti erano molto più
animaleschi.
Era diventata una donna forte e carismatica,
indipendente sul lavoro quanto nella vita privata, malgrado tentasse
di tenere su questa il più assoluto riserbo.
Aveva sposato
davvero Davide nella primavera dei suoi ventidue anni, a un paio di
settimane dal giorno in cui, senza neanche poterlo immaginare, cinque
anni dopo avrebbe prestato giuramento come Ministro.
A
venticinque anni, nel 2008, dopo una gravidanza tranquilla e felice
aveva messo al mondo Guido.
Era un giorno di inizio ottobre in
cui Roma era ancora immersa in un calore estivo tutto suo, un sabato
mattina in cui i parchi brulicavano di bambini e famiglie felici.
Era
già autunno, la stagione triste in cui gli alberi perdono le
foglie
e tutto sembra avere meno vita del solito, eppure alla giovane coppia
era piaciuto vedere per la prima volta il loro bambino in una
giornata simile.
Guido era nato con parto naturale e senza troppi
problemi, anche se mentre le infermiere lo portavano via un brusco
calo di pressione aveva, per pochi attimi, fatto temere per la salute
della madre. Ma tutto si era poi rapidamente risolto semplicemente
con un brutto spavento, per fortuna, e Claudia si era subito ripresa
con negli occhi la gioia di tutte le neo-mamme.
Il
bambino somigliava molto al padre nei tratti del viso, ma i colori di
occhi, pelle e capelli erano quelli chiari e delicati della mamma e
del nonno.
Per il signor Oreste si era trattato del terzo dei
quattro nipotini che i figli gli avevano dato dopo Tommaso, nato nel
2004, Leonardo, del 2007, e prima della piccola Alice, arrivata nel
2010 e quasi certamente destinata ad essere la più piccola e
l'unica
femmina di quel gruppo di cuginetti.
Arrivati
al terzo figlio, infatti, Gianluca e la moglie avevano deciso che la
loro famiglia poteva definirsi completa e Claudia, che pure avrebbe
voluto almeno un altro bambino, con l'elezione e il lavoro aveva
preferito non tentare l'impossibile ma far semplicemente conciliare
gli impegni con la voglia di crescere suo figlio.
Ci riusciva
abbastanza bene, nonostante essere ministro non fosse
semplice.
Soprattutto perché, pochi mesi prima, dopo tre anni di
legislatura, lei e gli altri ministri del suo partito avevano dato in
massa le dimissioni togliendo l'appoggio al governo e obbligando il
Presidente della Repubblica a sciogliere le camere e indire nuove
elezioni.
Non era stata una decisione presa alla leggera, come
qualcuno pensava, ma secondo i comunisti erano venuti meno i punti
fondamentali dell'alleanza che aveva dato vita al governo guidato da
Passalacqua e, dopo alcuni giorni di discussioni interne tra i
ministri e i dirigenti del partito la scelta era stata fatta senza
possibilità di tornare indietro.
Claudia aveva così passato le
ultime settimane dividendosi tra la Camera, dove ancora era deputata,
e la campagna elettorale, iniziata almeno ufficiosamente subito dopo
la perdita della fiducia del governo e le dimissioni del primo
ministro. L'Onorevole Petrolini, vicina al suo trentunesimo
compleanno, era una donna in forma fisica eccellente, non
esageratamente alta ma con un fisico perfetto che vestiva sempre
elegantemente in abiti mai troppo costosi, perché la
sobrietà era
per lei un punto imprescindibile del suo modo di vivere, a
prescindere dal legarla o meno alla sua ideologia politica.
Era,
inoltre, una persona molto attiva e tutti i giorni faceva il
possibile per fare un poco di sport, a casa o fuori, anche se il
minimo di scorta a cui era spesso sottoposta per via del suo ruolo
risultava, il più delle volte, un grosso impedimento.
Nonostante
questo l'ultimo periodo prima delle elezioni, quel periodo che stava
vivendo, era stato per lei esageratamente faticoso, tanto da farle
seriamente domandare se valesse davvero la pena di continuare con
quella vita o non fosse meglio lasciar prendere e cercare il modo di
tornare a fare il medico, occupazione che aveva abbandonato –
e non
solamente messo in pausa come i più erano soliti fare
– quando era
stata eletta tre anni prima.
Ma si trattava di pensieri che
lasciavano il tempo che trovavano, la politica era la sua vita e
finché avrebbe potuto avrebbe continuato in quella
direzione.
Solo
che la stanchezza si faceva sentire prepotente, durante quelle
settimane, tanto che più di una volta si era vista costretta
ad
abbandonare l'aula di Montecitorio ben prima della fine della seduta,
perché non si reggeva in piedi o iniziava a non comprendere
più
nulla di quello di cui si stava discutendo.
Per lei quella era
una situazione scomoda; un po' perché amava quello che
faceva e
detestava lasciare le cose a metà, ma anche
perché stavano
iniziando a girare su di lei voci ed affermazioni poco carine che la
dipingevano come una donna assetata di potere e legata ala poltrona
soprattutto quando questa era di una certa importanza, in quanto
rarissime erano state le sue assenze ai tempi del governo –
qualcuna dal tutto fisiologica essendo le madre di un bambino piccolo
– ma dal momento in cui era tornata una semplice deputata il
suo
scranno era vuoto non poi così saltuariamente.
Non si considerava
un'assenteista, Claudia Petrolini.
Anzi, faceva il possibile per
sfruttare le sue forze fino all'ultima in quei momenti tanto
convulsi, ma il problema era proprio che le sue forze, quelle su cui
aveva da sempre fatto affidamento a ragione, stavano venendo meno.
Il peggio, poi, era accaduto circa una settimana prima, ad un
mese esatto dalle elezioni.
Mancavano poco alle dieci di sera e
in aula si stava protraendo una discussione che durava dall'inizio
del pomeriggio ed era più sterile di un ibrido.
Non
si facevano mai profonde e fondamentali discussioni a così
poco
dalle e elezioni e con il parlamento sciolto, era logico, era di
prassi e forse era pure scritto in modo ufficiale da qualche parte.
Ma dire una parola in più o in meno, in campagna elettorale,
poteva
essere importante per spostare qualche migliaio di voti che si
sarebbero potuti dimostrare vitali.
Claudia ascoltava annoiata
quella discussione che rimbalzava dal centro destro dell'emiciclo a
quella sua stessa estremità per far capire ancora una volta
che la
mega coalizione che aveva governato per cinque dei dieci anni
precedenti non sarebbe risorta dalle sue ceneri come l'araba fenice.
Non quella volta, almeno.
La deputata, ogni tanto, lanciava
occhiate compassionevoli al presidente di turno che, probabilmente,
seguiva la faccenda con meno interesse di lei.
Per il resto del
tempo faceva di tutto per tenersi sveglia.
Dalle otto, ora in cui
aveva preso qualcosa per cenare, aveva già bevuto due
caffè e
tentanto di non addormentarsi giochicciando col suo tablet, leggendo
le mail e addirittura provando a dare un senso alle parole dei
contendenti del dibattito, ma era stato tutto inutile, stava
banalmente morendo di sonno.
Si alzò per andare in bagno a
guardarsi allo specchio quando per la seconda volta in pochi minuti
fu scossa da un brivido di freddo, un brivido troppo fuori luogo
essendo inizio maggio.
Alla toilette delle signore vide nel pezzo
di vetro riflettente un volto – il suo – di un
bianco cadaverico
molto lontano dal potersi definire in salute.
In automatico si
portò la mano destra alla fronte mentre con la sinistra si
reggeva
al lavabo, improvvisamente spaventata dall'idea di poter cadere
svenuta lì, nei bagni di Montecitorio.
Era bollente.
Almeno
per quella sera tutta la stanchezza che era solita attribuire allo
stress del periodo o alla primavera poteva essere semplicemente
spiegata dal febbrone da cavallo che era quasi del tutto certa di
avere.
Sospirò e tornò in aula per raccogliere le sue
cose e
andarsene a casa prima di trovarsi in condizioni tali da non reggersi
neanche in piedi.
Un
paio di colleghi a lei vicini la notarono mentre sistemava la borsa e
rimasero stupiti da questo, perché a differenza di molti
altri
conoscevano il vero amore della donna per il suo lavoro e sapevano
che solitamente era tra gli ultimi a lasciare la seduta anche quando
questa andava avanti fino a parecchio dopo il tramonto.
- Già te
ne vai, Claudia? Guarda che questi secondo me tra un po' iniziano a
picchiarsi e la cosa diventa divertente.- Aveva scherzato il primo.
La giovane donna aveva accennato un sorriso debole come era lei
in quel momento. - Lo immagino, ma temo che vi toccherà
raccontarmi
di questo imperdibile finale domani. Sono distrutta, se non vado a
casa adesso finirà che qualcuno dovrà
raccogliermi con un
cucchiaino.-
Sorrise di nuovo.
Ma l'altro collega, quello che
ancora non aveva parlato, aveva capito che qualcosa nella donna non
andava. - In effetti sei pallidissima, sicura di stare bene?
Avvicinati un po'.- Disse facendo il gesto di allungare la sua mano
verso la fronte di Claudia.
La
ritrasse subito dopo averla sfiorata, con i sensi quasi sconvolti da
quell'incontro col fuoco.
- Ma tu scotti! Vuoi un passaggio fino
a casa?- Claudia fece segno di no con la testa. - No, mi appoggio in
un appartamento qui vicino, dovrei riuscire ad arrivarci benissimo da
sola, voi continuate pure a godervi lo spettacolo, ci vediamo
domani.- Li salutò mentre un ennesimo brivido le correva
lungo il
corpo.
- Facciamo anche dopodomani, lascia perdere le dicerie che
si sentono in giro e vedi di riposare.- Le rispose il secondo che,
conoscendola un poco anche a livello umano oltre che professionale,
sapeva benissimo quanto fossero fastidiose per lei le accuse di
assenteismo.
La donna annuì e li salutò nuovamente per poi
abbandonare l'aula e il palazzo il più rapidamente
possibile.
Fuori
la notte romana era tiepida, l'estate pareva non volersi far
attendere troppo, ma lei, ovviamente, continuava ad avere sempre
più
freddo.
Solitamente viveva in un bell'appartamento a Viale
Marconi insieme al marito ed il figlio.
Davide Margiotta, il suo
grande amore, era magistrato e avrebbe preferito trasferirsi in zona
Prati, più vicino alla procura, ma sapeva che la moglie era
molto
legata a quella casa dove erano arrivati appena prima della nascita
di Guido.
Quando era stata eletta aveva comprato un piccolissimo
monolocale, una soffitta, vicino a Montecitorio, ed era lì
che
andava a riposare quando finiva di lavorare troppo tardi.
Non era
stato economico come acquisto, ma pazienza, si era sempre rivelato
utile e i soldi non erano per loro un così grande problema.
Claudia, come altri colleghi, aveva rinunciato allo stipendio da
ministro e percepiva solo quello da deputata – ovviamente
privo di
ogni indennità visto che viveva a Roma – mentre il
marito aveva il
suo da procuratore ed era logico che se la cavassero bene anche con
un bambino da crescere.
Erano poi una famiglia molto sobria, che
non amava ostentare il suo denaro ma anzi preferiva vivere con il
giusto e mettere via il resto per non avere paura del futuro o
levarsi qualche sfizio più o meno necessario.
Come
quell'appartamento vicino alla Camera dei Deputati in cui, quella
sera, Claudia arrivò con appena la forza di tirare fuori
dall'armadietto dei medicinali il termometro e la Tachipirina che
teneva lì per ogni evenienza assieme ad altri farmaci
generici.
La
febbre era alta, l'apparecchio segnava un 39,7 che non lasciava
spazio a dubbi.
Assunse una pastiglia di paracetamolo e cercò un
ultimo briciolo di energie per chiamare il marito.
- Da'...-
Sussurrò al telefono.
- Claudia! Ti senti male?- Rispose l'uomo
preoccupato dal tono di voce della moglie.
- Sì... sono a casa
qui in centro... ascolta, ho la febbre e anche abbastanza alta...
domattina dopo aver portato Guido all'asilo, prima di...-
Respirò
affannosamente e capì di essere stremata. - Di andare a
lavoro...
puoi passare?-
- Certo, ma sicura che tu non abbia bisogno di
qualcosa stanotte?-
- No.. no stai tranquillo, ho preso la
Tachipirina e ora dormo. Non dire niente né a Guido
né a mio padre
se per caso ti chiama... buonanotte amore... ti amo...-
Davide
rimase stupito dalla rapidità con cui lei aveva posto fine
alla
conversazione, ma capì benissimo che doveva essere molto
debole.
Così si limitò a rassicurarla e ricambiare il suo
ti amo, anche
se poi ci mise parecchio a prendere sonno, preoccupato dall'idea che
durante la notte potesse accaderle qualcosa.
Claudia, invece, si
era rapidamente addormentata in biancheria e coperta appena da un
lenzuolo, perché malgrado il freddo che continuava a sentire
sapeva
che presto avrebbe iniziato a sudare.
E non solo a causa della
febbre, visto che erano parecchie notti che si svegliava
completamente zuppa.
La mattina seguente, ovviamente, Davide la
trovò in un bagno di sudore e ancora con la temperatura
elevata,
anche se meno alta della sera prima.
Non avendo grossi impegni di
lavoro si prese un giorno di ferie per farle compagnia.
Claudia
non era stata affatto bene per quasi tutto il giorno; malgrado i
farmaci la febbre era scesa poco o niente e la donna non aveva fatto
altro che dormire, ma al marito tenerla stretta mentre riposava era
bastato.
Verso sera, quando finalmente lei aveva dato i primi
segni di miglioramento, lui l'aveva convinta ad avvisare il padre.
Il
signor Oreste non sapeva ancora nulla.
Come al solito aveva
passato la giornata in libreria, anche se con l'avanzare degli anni
vi stava sempre meno, e poi era andato a prendere Guido all'asilo per
portarlo a casa della figlia.
A differenza dei nipoti avuti da
Gianluca, che come la moglie faceva orari lavorativi che gli
consentivano di andare a prendere i ragazzini a scuola tutti i
pomeriggi, il bambino di Claudia era affidato al nonno materno fino
al rientro serale dei genitori.
E spesso i due, per un motivo o
per un altro, tardavano.
Per questo motivo neanche le otto di sera
l'uomo si era stupito vedendo la casa vuota, immaginando che fossero
impegnati uno in un'aula di tribunale e l'altra in quella di
Montecitorio.
Anche Guido non aveva fatto particolarmente caso
all'assenza dei genitori. Durante la settimana era abituato a vederli
poco, ma aveva capito che quando erano a casa, nei weekend o nei
giorni di vacanza, erano tutti per lui.
Rispose al telefono fisso
controvoglia, Oreste Petrolini, perché non gli andava di
rischiare
di dover fare le veci della figlia scoprendo dall'altra parte della
cornetta qualche suo collega, ma qualcosa, forse l'istinto di padre,
gli disse che quello squillare non aveva a che fare né con
le
istituzioni né con il lavoro di Claudia in generale.
E in fatti
si ritrovò a parlare proprio con la sua bambina, come
affettuosamente ancora la chiamava.
- Claudia! Che succede?
Ancora a lavoro sia te che Davide?- Le domandò subito.
La donna,
che aveva ancora la voce indebolita, rispose cercando di rassicurare
il padre.
- No papà, ieri sera sono venuta via da lavoro prima
perché non stavo bene e sono venuta a stare qui,
nell'appartamento
che abbiamo in centro. Stai tranquillo, si tratta solo di una brutta
influenza fuori stagione, ma ho avuto la febbre alta e tutto oggi
Davide è rimasto qui con me. Volevamo chiederti se te la
senti di
stare con Guido per questa notte, così io non sto sola ma
neanche il
mio piccolo, e questo mi pare molto più importante.-
Il signor
Oreste deglutì. Anche se la figlia gli aveva detto di stare
tranquillo, che non le era accaduto nulla di grave, a lui l'idea che
potesse non stare bene terrorizzava.
Ma decise di non riempirla
di domande ed ansie inutili e di accettare la sua richiesta di buon
grado.
Si inventarono una storia per il bambino, che rimase
felicemente assieme al nonno dopo aver salutato al telefono i
genitori, e si diedero la buonanotte.
Claudia e il marito
tornarono a casa il pomeriggio successivo, e la donna si
ristabilì
completamente in una paio di giorni, riuscendo a tornare a lavoro
entro la fine della settimana.
Il sabato sera successivo tutto era
ormai un ricordo lontano, tranne per il piccolo Guido che avrebbe
passato nuovamente la notte col nonno materno ma, questa volta, a
casa di quest'ultimo.
Il motivo però era molto più felice,
perché i genitori erano andati a passare una bella serata in
compagnia di alcuni colleghi della donna.
Niente
di politico, una semplice cena tra amica alla quale Claudia aveva
partecipato vestita e truccata con la sua solita eleganza, quella che
la contraddistingueva anche nelle occasioni ufficiali.
Erano
tornati a casa molto tardi ma ancora con la voglia di chiacchierare,
soprattutto perché la maggior parte dei presenti a quella
cena non
era mai stata conosciuta prima da Davide se non tramite la
televisione o i giornali.
Si stavano preparando per andare a
riposare e Claudia era in bagno a struccarsi, sciogliendosi
finalmente i lunghi capelli castani che, come sempre, aveva raccolto
per bene in uno chignon abbellito per l'occasione serale da qualche
forcina e molletta luccicante.
- Dovresti smetterla di tenere i
capelli legati, ti invecchiano.- Rise il marito guardandola nello
specchio.
- Mi invecchiano di quanto, scusa? E poi meglio, no?
Qualcuno potrebbe pensare male se si sapesse quanto sono giovane e
quante cose ho già fatto. Aveva riso lei, che spesso
scherzava su
quanto davvero fosse stata assurda la rapidità con cui aveva
fatto
carriera.
Davide entrò nel bagno e la strinse alla vita
baciandole il collo.
Si guardarono nello specchio così,
abbracciati.
Malgrado i dieci anni di matrimonio, il bambino
sempre più vicino all'iniziare le elementari e i loro ruoli
si
vedevano sempre giovani ed innamorati come a vent'anni.
Era vero
che Claudia con i capelli legati sembrava più vecchia, ma
era anche
vero che quando erano sciolti le incorniciavano un viso dolce con dei
lineamenti ancora infantili, quel viso che solo Davide poteva
ammirare e che agli altri era vietato comprendere nel profondo
proprio perché la donna faceva il possibile per eliminare
quella
cornice naturale raccogliendo la sua chioma in code e chignon per
mostrare al mondo sempre e solo il suo volto, truccato ed elegante
proprio com'era lei.
Rimasero abbracciati a lungo guardando il
riflesso del loro amore.
Poi, in modo totalmente naturale, si
staccarono e tornarono a cambiarsi per la notte.
Avrebbero
voluto fare l'amore ma erano stanchi, troppo anche per amarsi.
Si
sarebbero addormentati abbracciati come sempre accadeva in quelle
serate fisicamente devastanti, magari scherzando ancora una volta su
questo o quell'altro collega della donna.
In fondo erano così
giovani, ce ne sarebbe stato ancora parecchio di tempo per stare
insieme.
Appena prima di coricarsi, passando distrattamente una
mano dietro al collo Claudia sentì una sporgenza e si
affrettò a
lasciar cadere sulle spalle la chioma castana per evitare che il
marito se ne accorgesse.
Non
era la prima volta che la sentiva e non fu neanche la prima volta che
la ignorò.
Era giovane, dopo tutto, giovane e oltremodo
impegnata.
Ci sarebbe stato anche tempo per capire cosa fosse
quello, malgrado già sorridesse pensando che potesse essere
un
difetto fisico venuto a dirle che Davide aveva ragione.
Glielo
sussurrò appena mentre lui già dormiva.
- Forse non ti sbagli,
dovrei sciogliere più spesso i capelli...-
Non cercò neanche di
capire se l'avesse sentita o meno.
Sprofondò
tra le braccia di Morfeo dimenticandosi anche di quel bozzo
all'inizio della schiena che, in qualche angolo remoto del cervello,
per qualche assurda ragione, le faceva anche paura.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
Con
un po' di ritardo posto il terzo capiolo e comunico che, purtroppo,
sarò meno regolare negli aggiornamenti a causa della scuola
e del fatto che, per vari motivi, sto scrivendo questa storia prima a
mano e poi al computer.
In ogni caso spero davvero di non tardare troppo tra un capitolo e
l'altro.
Vi chiedo inoltre un poco di pazienza e sopportazione per l'argomento
politico che, ancora per qualche capitolo, sarà fortemente
presente, andando poi via via diminuendo d'importanza per i motivi
già presenti nella trama,.
Niente, detto questo io vi saluto e a presto.
Un grazie infinito a chi segue, legge e recensisce la storia. davvero,
siete gentilissimi <3
Capitolo
III
La mattina li aveva trovati ancora
abbracciai ma più forti e innamorati.
Avevano fatto l'amore
rimediando alla stanchezza della sera prima.
Non avevano molto
tempo, erano attesi a casa del signor Oreste per il pranzo, ma si
erano presi quegli attimi per loro che ogni coppia così
affiatata si
dedica quando può.
Era stato dolce, come sempre era tra loro, e
alla fine erano rimasti abbracciati, in silenzio, spogli di vestiti e
di pensieri.
Si erano ascoltati respirare e avevano sentito i loro
cuori battere insieme, come se tutte le parole ascoltate da bambini
sull'amore e le favole trovassero concretezza in quel rapporto nato
in pochi mesi tanti anni prima e destinato a rinnovarsi ogni giorno
fino al tramonto dei tempi.
Soltanto quando Davide notò che
l'orologio sul suo comodino segnava le undici accettarono l'idea di
dover interrompere quel loro personale incantesimo per tuffarsi
nuovamente nella vita reale.
E fu davvero come spezzare una magia
quando sciolsero l'abbraccio in cui erano stretti e si alzarono dal
letto, perché d'improvviso ricominciarono a sentire il
traffico e i
rumori provenienti da Viale Marconi e si accorsero di non avere udito
assolutamente nulla nei momenti in cui si erano vissuti, malgrado il
mondo fuori non si fosse certamente fermato.
Fu l'uomo il primo ad
andare verso il bagno per prepararsi, mentre lei ancora temporeggiava
tra le lenzuola madide di sudore.
Si convinse che fosse il loro,
in fondo faceva caldo e non poco, ma i pigiami in terra raccontavano
una storia diversa, con quello di Davide asciutto e il suo di nuovo
molto umido.
Cambiò il letto e la biancheria, sempre sperando che
lui non notasse nulla e facendo il possibile per eliminare i brutti
pensieri che ancora le si annodavano negli angolo più
nascosti della
mente.
Si scambiarono i ruoli tra bagno e camera poche decine di
minuti dopo e l'uomo, ancora in accappatoio, decise di prendersi
tutto il tempo del mondo per scegliere come vestirsi, perché
tra i
tanti pregi Claudia aveva il difetto tipicamente femminile di
impiegare parecchio tempo a prepararsi.
Troppo, pensava lui.
Ma
pazienza, amarsi era anche questo, lo aveva capito da ventenne e non
l'avrebbe dimenticato in quel momento, divenuto ormai uomo adulto,
marito e padre di una famiglia che migliore non poteva desiderare.
Tra una cosa e l'altra si misero in macchina che era da poco
passata l'una.
Il signor Oreste li aspettava per le due, abituato
a mangiare tardi per via della libreria e dell'orario in cui
tornavano a casa i figli quando ancora erano studenti.
Malgrado
fosse domenica, però, Roma era impraticabile come al suo
solito, e
anche partire di casa con parecchio anticipo come avevano fatto loro
poteva non essere sufficiente.
Fortunatamente avevano di che
parlare durante il viaggio, anche perché vedendosi poco
durante la
settimana quelli erano gli unici momenti in cui potevano discutere
come due coniugi normali.
E, di fatti, il discorso intavolato
dalla donna riguardava il figlio che, nel settembre successivo,
avrebbe iniziato le scuole elementari.
- Ieri poi ero troppo
stanca e mi sono scordata di raccontartelo.- Disse Claudia
– Ma
l'altro giorno ho incontrato la Mugnari. Sai, no? Quella del secondo
piano con il marito veterinario e i quattro figli con cui a volte
gioca anche Guido.-
- Ah sì!- Rispose Davide, che per quanto
stesse poco a casa aveva una vaga idea della composizione del
vicinato, soprattutto per quanto riguardava coppie con bambini
dell'età di suo figlio.
- Ecco. Il ragazzino più grande, Fabio,
finirà adesso le elementari e probabilmente le insegnanti
che ha
avuto in questi cinque anni saranno le maestre di Guido ed Erica, la
terza figlia della Mugnari, visto che nella succursale dove sono
stati iscritti c'è una sezione sola.-
Il magistrato ascoltava le
parole della moglie sorridendo. Era una caratteristica che Claudia
aveva da quando era al mondo quella di ricordare e riferire ogni
minimo dettaglio. Nomi, luoghi, date, nella sua memoria c'era spazio
per tutto.
- Beh, e che tipi sono?- Chiese mentre svoltava sul
controviale di una delle arterie principali della città per
imboccare un'altra via che, in breve, li avrebbe portati a casa del
suocero.
- Tipe, casomai.- Rise lei. - Comunque non male, sono
due donne. Quella che insegna Italiano ha qualche anno più
di noi,
mentre l'insegnane di Matematica, da quello che ho capito, deve
essere più vicina ai cinquanta che ai quaranta. Ma la
signora mi ha
detto che si tratta di una donna ancora attiva e capace di stare con
i bambini sia per quanto riguarda le lezioni sia per, che ne so, gli
intervalli o le uscite. Quando c'è da stargli un po'
più dietro,
insomma.-
Senza mai distogliere lo sguardo dalla strada l'uomo
ascoltava e seguiva con attenzione le parole della moglie.
E fu
proprio per questo che pochi attimi dopo ebbe come un'illuminazione.
- Ma certo! Ora che mi dici così ho presente chi potrebbero
essere, credo anche di averle conosciute e di averci parlato quando
sono andato a vedere la scuola con tuo padre questo inverno.-
Finì
la frase con un tono di voce più basso, cupo.
La giornata aperta
alla scuola elementare per le iscrizioni alla classe prima era stata
argomento di discussioni anche forti tra Claudia e il marito.
Era
successo verso la fine di Gennaio, quando ancora la crisi di governo
non pareva essere neanche all'orizzonte ma nelle sedi dei comunisti
già si ventilava qualcosa.
Lei era per questo doppiamente
impegnata e stressata, soprattutto perché logicamente
costretta a
non poter dire niente a nessuno.
Di trovare il tempo per andare a
vedere la scuola non se ne parlava, e per quanto avesse sempre messo
davanti la famiglia rispetto al lavoro il momento era così
delicato
da obbligarla, per una volta solamente, ad invertire l'ordine delle
sue priorità.
Inutile dire cosa non era successo in casa per
quel fatto; Davide e la donna se ne erano dette di ogni e anche il
signor Oreste, se pur con meno foga, aveva avuto qualche screzio con
la figlia sulla questione e, in generale, su quanto trascurasse non
tanto la famiglia ma proprio se stessa.
Alla fine, però, ogni
litigio aveva trovato la sua positiva conclusione in un abbraccio di
pace, pazienza se era andata così, per quella volta
sarebbero stati
padre e nonno ad andare a vedere la scuola per il piccolo di casa.
Si
trattava di una scuola elementare pubblica vicino casa, una scelta
normalissima come normale avevano sempre voluto fosse la vita di
Guido.
Il bambino non aveva ancora ben chiaro che lavoro facesse
la madre, anche se spesso passando davanti a Montecitorio i genitori
gli dicevano che lei lavorasse lì e lo stesso accadeva
quando le
immagini del paese dove aveva sede la Camera dei Deputati passavano
alla televisione.
Ed era proprio con l'apparecchio televisivo che
il piccolo aveva i problemi maggiori, perché ancora non
riusciva a
capire come sua madre potesse essere sia lì dentro, ad
esempio
quando veniva intervistata da qualche telegiornale, sia in casa con
lui e il padre, magari a cena.
Oppure, ancora, quando la donna
era presente nello studio di questo o quell'altro programma di
dibattito e lui, vedendola da dietro lo schermo, provava a chiamarla
anche urlando, fino ad arrabbiarsi nel notare che non lo degnava di
uno sguardo.
Il padre gli spiegava ogni volta con pazienza come
funzionasse la cosa, ma nella sua mente di bambino era davvero
difficile capire perché la madre si potesse sdoppiare o
perché si
facesse vedere senza però guardarlo o ascoltarlo.
Soltanto in
quel periodo, a pochi mesi dal suo sesto compleanno, Guido iniziava a
comprendere qualcosa in più, anche se parole come ministro,
esecutivo o governo gli erano quasi del tutto estranee per quanto le
sentisse da quando era al mondo.
Ma in fondo cosa gli
interessava? Per lui Claudia era solo la sua mamma, quella che gli
leggeva le favole e lo coccolava.
Il resto non era poi così
importante, anche se, doveva ammetterlo, qualche volta sentiva molto
la sua mancanza, specialmente quando quella rincasava tardi.
Per
questo, quella domenica mattina, aspettava con ansia l'arrivo dei
genitori stando seduto per terra sul balcone della cucina di casa del
nonno, quello che dava sulla strada, e guardava attraverso la
ringhiera ogni macchina che passava o si fermava sulla via.
Fu
proprio lui a vederli andare verso il portone del palazzo.
Camminavano
mano nella mano ma il bambino non lo notò neanche, troppo
impegnato
a correre verso il citofono per rispondere subito, appena avessero
suonato.
Il signor Oreste l'aveva visto volare da una parte
all'altra della casa e aveva capito immediatamente cosa fosse
accaduto.
Davide e Claudia erano saliti a pieni per i tre piani
che separavano l'appartamento dal livello della strada.
Lo
facevano sempre, ma quel giorno alla donna erano parsi almeno il
doppio.
Si promise che dopo le elezioni si sarebbe presa davvero
una pausa, anche solo qualche giorno per staccare e riprendere le
forze.
Guido li attendeva come sempre nascosto dietro la porta
del bagno, dalla parte opposta del corridoio, pronto a correre verso
la mamma e il papà subito dopo il loro ingresso.
Si buttò
immediatamente tra le braccia di Claudia che lo tirò su da
terra e
se lo portò stretto al petto, sfregando il nasino del
piccolo con il
suo in un modo di salutarsi che era solo loro.
Fu nel farlo
scendere che accusò un dolore allucinante alla schiena.
Un
attimo, durò un attimo solo che però
bastò a farle contrarre il
volto in una smorfia di dolore proprio davanti al padre.
- Claudia
stai bene?- Le chiese subito l'uomo, preoccupato dallo sguardo
sofferente che aveva appena fatto la figlia.
-
Sì, sì.- Rispose quella accennando un sorriso che
si ritrovò a
dover sforzare. -È solo che questo signorino inizia a
diventare
sempre più grande e a pesare non poco.- Continuò
accarezzando i
capelli del bambino che, forse per fortuna, non aveva capito cosa
fosse appena accaduto.
- Lui cresce ma tu fai l'esatto contrario,
figlia mia. Ogni volta che ti vedo sei più magra!-
Sospirò l'uomo.
Erano settimane, forse anche un mesetto buono, che voleva
dirglielo, ma non sapeva mai come iniziare il discorso, preoccupato
dall'idea di poterla in qualche modo ferire od offendere.
Così,
appena gli si era presentata l'occasione giusta – appena
pochi
attimi prima- l'aveva colta al volo.
La donna, però, aveva
risposto col suo solito modo scherzoso, sorridendo di nuovo
lievemente perché il dolore si era irradiato dalla schiena
al fianco
e non voleva certamente farlo capire.
- Spero che tu abbia
cucinato qualcosa di buono e ipercalorico, allora, perché
sto
morendo di fame.- Disse al padre abbracciandolo e baciandogli la
guancia proprio come faceva da ragazzina.
Si diressero verso la
cucina parlando di tutt'altro e pregustando il pranzo domenicale del
signor Oreste, un appuntamento fisso e mai deludente.
La casa dove
Claudia era cresciuta era rimasta uguale a quando era piccola, il
padre non aveva voluto cambiare nulla neanche nelle stanzette dove un
tempo dormivano i figli.
Anche il quartiere dove la ragazza aveva
passato i primi ventuno anni della sua vita non era poi così
diverso
da quando l'aveva lasciato, né dal punto di vista
architettonico né,
tanto meno, da quello sociale.
Fortunatamente, a differenza di
quello che aveva temuto un decennio prima, la libreria del nonno di
Guido non aveva avuto problemi dopo la sua decisione di entrare nel
partito e abbandonare la zona; i pochi clienti abituali erano rimasti
tali, e gli sporadici turisti di certo non potevano conoscere la
storia che si celava dietro al librario e alla sua famiglia.
Soltanto quando era stata nominata ministro erano comparse, sotto
casa e vicino al negozio, scritte poco carine riguardanti la donna,
ma per il resto non era accaduto niente di rilevante.
Neanche i
pochi amici che la deputata aveva avuto in quel quartiere da
giovanissima erano più saltati fuori, nessuno di loro.
Compreso
Oscar, il migliore amico di un tempo.
L'unico, tolta la famiglia,
che aveva mostrato almeno per un attimo gioia per la sua scelta,
anche se alla fine aveva preferito lasciare che le loro strade si
separassero.
Claudia pensò a lui mentre si sedeva al tavolo dove
a lungo avevano studiato, mangiato e giocato insieme.
Chissà
dov'era, lui.
Come stava, cosa faceva, se si era sposato, se era
andato via da lì o vi viveva ancora, se aveva sentito come
lei era
riuscita almeno in parte a realizzare tutti i suoi sogni.
La
donna ricordava con precisione tutti i dettagli della loro amicizia,
ma in particolare non aveva mai scordato le sue ultime parole, quella
richiesta di ricordarlo guardando il sole che calava e illuminava
Roma proprio come in quel loro ultimo pomeriggio.
Lo faceva
sempre, ogni volta che per caso o per volontà si trovava ad
ammirare
il tramonto pensava ad Oscar.
Ma chissà se lui ancora ricordava
e faceva lo stesso.
Fu
il signor Oreste a distrarre la figlia dai suoi pensieri, portando la
discussione su qualcosa di banale come i capelli che –
stranamente
– quel giorno lei portava sciolti.
- Li tengo sempre raccolti
per lavoro, papà, per essere in ordine. Almeno quando sono
in
famiglia lascia che li tenga liberi.- Si era giustificata.
- Sì,
sì, certo, non devi mica darmi una spiegazione. Pensa,
Davide, anche
da piccola era così fissata con i capelli legati. Tu non sai
quanto
mi vergognai la volta in cui, era in seconda elementare, mi avvicinai
alla madre di una sua amichetta per chiederle di insegnarmi come si
facesse una treccia.-
Il procuratore rise.
Suo suocero aveva
sempre da raccontare qualche aneddoto divertente riguardante
l'infanzia di Claudia o di suo fratello Gianluca.
- Immagino che
crescere da sola una figlia femmina non sia stata una cosa semplice.-
Commentò sospirando.
- Oh, i figli sono difficili da tirare su
anche se si è una coppia. Certo, come padre solo mi era
più facile
capire il maschietto, anche perché era più
grande, ma sono certo
che pure voi due abbiate problemi a crescere Guido ogni tanto, o no?
Qualche screzio tra di voi, qualche suo capriccio di troppo.-
I
genitori si guardarono.
L'uomo aveva perfettamente ragione; tra
tutti i loro impegni, di lavoro e non, essere madre e padre era di
certo il più complicato.
Ed il più bello, ovviamente.
Passarono
il resto del pranzo a parlare di tutto un po'.
Discussero anche
di politica, delle elezioni ormai alle porte e della partenza di
Claudia per Torino la mattina seguente, dove sarebbe stata impegnata
due o tre giorni sempre per la campagna elettorale.
- Ma sei
sicura amore mio?- Domandò il padre guardandola con occhi
che erano
un misto tra triste e preoccupato. - Non sei stata affatto bene
questa settimana, forse sarebbe il caso che ti riposassi, no?-
-
Papà tu ti preoccupi sempre troppo, non ho avuto altro che
una
brutta influenza fuori stagione, te l'avrò detto mille
volte. La
febbre è stata alta, è vero, ma non è
durata che due giorni. E poi
già ho deciso che subito dopo le elezioni mi prendo qualche
giorno
di riposo, se ci tieni vengo a passarli qui così sei sicuro
di ciò
che faccio. - Provò a tranquillizzarlo e farlo sorridere
insieme.
Mangiarono bene; come sempre, quando si avvicinava la
bella stagione, il signor Petrolini si allontanava dai fornelli e
preparava insalate di ogni genere, da quella di riso a quella di
mare.
Al momento del caffè la donna spiegò che sarebbe
presto
dovuta scappare alla sede del partito per prendere alcuni documenti
che le servivano per il giorno successivo, e il marito
acconsentì a
lasciarle la macchina proponendo al figlio di fare un giro in centro
per gustarsi un gelato prima di tornare a casa.
Proposta che,
neanche a dirlo, Guido accettò con grande gioia.
Rimasero ancora
un poco a fare compagnia al signor Oreste, il quale per quanto fosse
ormai abituato alla solitudine gradiva sempre avere attorno i suoi
cari, genero e nuora compresi.
Poco dopo le quattro, quando si
salutarono, Claudia promise che sarebbe andata a trovare il padre in
settimana, appena tornata dal capoluogo piemontese, mentre Davide
avrebbe rivisto il suocero solo la domenica successiva, quando al
nuovo pranzo ci sarebbero stati, evento raro ma piacevole, anche
Gianluca con la moglie e i figli.
Guido e il padre attesero che
la donna partisse prima di andare verso la metropolitana che li
avrebbe portati in centro.
La deputata sapeva bene che sarebbe
stato più il tempo impiegato per arrivare in sede e poi
tornare a
casa che quello realmente utilizzato lì dentro per fare
ciò che
doveva, ma non aveva alternative e quindi pace, avrebbe passato una
domenica diversa dalle altre.
Salì fino al secondo piano, quello
dove si trovavano gli uffici che le interessavano, e cercò
con calma
ed ordine i documenti di cui aveva bisogno.
Ci mise parecchi
minuti a trovarli, colpa di tutto il materiale che si era accumulato
negli armadi, nei cassetti e sulle scrivanie tra il governo, la sua
caduta e il pre-elezioni.
Finalmente con in mano ciò che le
sarebbe servito a Torino, dopo aver tentato di sistemare qualcosa
almeno sui tavoli del salone principale, si avviò verso lo
scalone
che l'avrebbe portata all'uscita.
Fu costretta a fermarsi
d'improvviso pochi attimi dopo; lo strano dolore che aveva accusato a
casa del padre – quella fitta a schiena e fianco che aveva
imputato
al crescere di Guido – si era ripresentato sempre negli
stessi
punti ma ancora più acuto, tanto da crearle
difficoltà di
respirazione.
Arrivò il più rapidamente possibile a una panca
simile ad un divanetto posta sempre nel corridoio, a pochi metri da
lei, e vi si sedette in modo disordinato, cercando almeno di
recuperare una frequenza respiratoria normale.
Il dolore rimase
forte per poco proprio come era successo quella mattina, ma poi ci
mise parecchio a svanire del tutto, sfumando lentamente e lasciando a
Claudia troppo tempo per rimuginare su quello che le era appena
accaduto.
Forse suo padre aveva ragione, lei non era affatto in
forma e quel viaggio a Torino, rapido e dai tempi molto ristretti,
non avrebbe di certo giovato alla sua salute.
Ma non poteva né
voleva disdirlo.
Mentre il dolore si era ormai ridotto ad un
semplice fastidio e il respiro tornava il solito la donna sorrise da
sola pensato a come le paresse di essere tornata indietro di quindici
anni, quando ai tempi del liceo arrivava a fine maggio stremata, se
ne interessava poco e tirava dritto fino a giugno senza perdere un
colpo, convincendo anche la sua stanchezza ad attendere l'arrivo
dell'estate e de momento in cui si sarebbe potuta
riposare.
Evidentemente, avendo smesso, ormai da parecchio quel
tipo di discussioni con il suo corpo, aveva perso l'abilità
necessaria a lottare contro la stanchezza, perché poco dopo
si
ritrovò, senza neanche accorgersene, addormentata su quel
divanetto
che alcuni minuti prima l'aveva accolta dolorante e leggermente
preoccupata.
Fu svegliata diverso tempo dopo, non aveva chiaro
quanto, da una mano sicuramente amica che le scosse dolcemente la
spalla chiamandola per nome.
- Claudia? Sei sveglia? Che ci fai
qui a dormire a quest'ora della domenica pomeriggio?-
La donna
impiegò alcuni istanti a trovare le risposte, anche
perché aveva
altrettante domande da fare al collega che l'aveva distolta dal suo
sonno.
- Eh?! No, è che ero venuta a prendere dei documenti che
mi servono per domani, a Torino, e poi mi sono sentita poco bene
e... ma tu piuttosto? Come mai da queste parti?-
L'uomo davanti a
lei era Ettore de Giovanni, lo stesso deputato che alcune sere prima,
quando le era presa quella brutta influenza, le aveva sfiorato la
fronte bollente e le aveva proposto di accompagnarla a casa.
Ettore
aveva qualche anno più di Claudia e i due si conoscevano da
ben
prima dell'elezione alla Camera.
Militavano insieme praticamente
da quando la donna si era iscritta al partito e lo aveva sempre
considerato come un mentore, anche se con il passare degli anni
avevano stretto un buon rapporto di amicizia.
Non vivano neanche
troppo lontano e, alla lunga, lo stesso era accaduto tra le loro due
famiglie.
L'uomo era padre di quattro figli e con un quinto in
arrivo, motivo per cui Claudia lo invidiava molto.
Lo aveva visto
spesso con i bambini e sapeva che era un ottimo papà proprio
com'era
un ottimo deputato.
Anche lei avrebbe voluto essere capace di
avere una famiglia più numerosa e allo stesso tempo riuscire
a
lavorare dignitosamente.
Ma, in fondo, per lui, essendo un uomo,
doveva essere sicuramente più semplice, anche per il solo
fatto che
nell'avere un bambino non era di certo lui a dover portare avanti la
gravidanza.
- Passavo per caso in zona e ho visto le luci accese,
cosa che mi ha fatto strano, quindi sono salito. Ma stai di nuovo
male?- Le chiese con un po' di ansia nel tono di voce, come se fosse
anche lui preoccupato per la sua salute.
- No, no tranquillo. Ho
mal di schiena e sai come funziona, a volte se è forte
arriva a
farti mancare il fiato. Così mi sono seduta un attimo e devo
poi
essermi addormentata. A proposito, che ore sono?- Domandò un
po' per
cambiare argomento e un po' per reale interesse.
- Sono quasi le
sette.-
Claudia sospirò e si mise in piedi aiutata da Ettore. -
Maledizione, ma è tardissimo! - Tirò
istintivamente fuori dalla
tasca dei pantaloni il cellulare e lo controllò.
Come immaginava
aveva ben più di una chiamata persa da parte del marito.
Fece
segno al collega di scusarla un attimo e telefonò a Davide
per
spiegargli cosa fossa accaduto e dirgli di non stare in pensiero
perché entro poco sarebbe rincasata.
I due onorevoli uscirono
dalla sede del partito insieme, continuando a parlare di lavoro. Si
salutarono davanti alle rispettive macchine, per puro caso
parcheggiate vicine, e si diedero appuntamento per la seconda
metà
della settimana, quando Claudia sarebbe rientrata da Torino e tornata
a Montecitorio.
Pur su due veicoli differenti fecero un pezzo di
strada insieme, fino a quando lei non svoltò per entrare
nella zona
in cui viveva.
Arrivò a casa per le otto, Davide aveva già
preparato la cena e la famiglia si mise subito a tavola.
Il
magistrato non fece domande alla moglie sul perché fosse
crollata
addormentata in quel modo nel pomeriggio – che potesse
avergli
mentito non lo pensava neanche, la donna non ne era capace –
ma
rimase per tutta la serata dubbioso sulle sue condizioni, proprio
come quello stesso giorno erano stati dubbiosi il signor Oreste e
l'onorevole De Giovanni.
Non lo diede troppo a vedere e lei non
se ne rese neanche conto, anche perché il piccolo aveva
monopolizzato le attenzioni della madre raccontandole cosa avessero
fatto nel pomeriggio.
Se c'era una cosa che Guido aveva preso
dalla sua mamma era la passione per i dettagli.
Malgrado
fosse ancora un bambino aveva – per la sua età
– un ottimo
vocabolario ed era in grado di esprimere concetti di diverso tipo in
modo preciso e dettagliato, a volte lasciando anche stupiti gli
adulti attorno a lui.
Dopo cena Claudia mise a letto il figlio
spiegandogli che nei tre giorni successivi non ci sarebbe stata per
via del lavoro.
Guido aveva leggermente sbuffato, era stufo di
vedere la mamma andare e venire; anche quando se lui aveva bisogno
lei c'era senza problemi gli dispiaceva quando partiva,
perché
spesso temeva che una volta o l'altra non sarebbe tornata.
- Tra
qualche settimana la mamma potrà stare di più con
te perché avrà
finito il lavoro importante che sta facendo adesso.- Gli promise
cercando di convincerlo a farsi passare il broncio.
Rimase
accanto al letto del suo bambino finché lui non si
addormentò,
continuando a coccolarlo dolcemente come solo una mamma sa fare.
Anche lei sentiva terribilmente il dolore della separazione
quando la sera non tornava a casa da Guido.
Per fino la sera che
era rimasta a dormire in centro perché ammalata il suo
ultimo
pensiero era andato al piccolo e alla nostalgia che provava per non
essere tornata da lui.
Spenta la luce nella cameretta la deputata
era andata nella sua stanza a preparare la borsa che le sarebbe
servita a Torino.
Era una piccola valigia trolley rosa con cui
viaggiava sempre quando doveva fare brevi e rapidi spostamenti per
motivi di lavoro.
Insieme a questa portava con sé la sua borsetta
per tutti i giorni e quella che conteneva il portatile e i documenti
vari ed eventuali di cui aveva bisogno.
Anche quest'ultima, dove
già aveva ordinatamente riposto il computer e i fogli
recuperati nel
pomeriggio, era rigorosamente rosa, e Davide spesso la prendeva in
giro dicendole che comunista com'era avrebbe dovuto puntare
più sul
rosso che sul rosa.
Glielo ricordava praticamente ogni volta che
la vedeva partire con le due valigette, ma quella volta non lo
fece.
Il procuratore era rimasto per tutta la serata in cucina,
aveva lavato i piatti e rigovernato la stanza tenendo in sottofondo
la televisione accesa su un programma di satira politica.
Quando
andò in camera per coricarsi la moglie stava finendo gli
ultimi
preparativi e lui non la degnò neanche di uno sguardo.
Claudia
era però una donna attenta, e aveva notato lo strano
comportamento
dell'uomo, quel marito che solitamente era così premuroso e
così
interessato allo stare con lei il più possibile, soprattutto
prima
di una sua partenza.
-
Cosa c'è?- Gli domandò guardandolo prepararsi per
la notte.
-
Niente, cosa deve esserci?-
-
Ah non lo so, dimmelo tu. Stamattina eri così dolce, mentre
adesso... tutta la cena non mi hai degnata di uno sguardo e dopo te
ne sei stato in cucina come se io non esistessi.-
-
Dato che domani parti e stavi mettendo a letto Guido e finendo i
bagagli ho pensato che qualcuno dovesse lavare i piatti e sistemare
la cucina, o no?-
Claudia
sbuffò. - Ma smettila, Davide, ti prego!-
- Vuoi sapere cos'ho?
Ho che non voglio che tu parta.- Sospirò l'uomo. - Ho paura
che tu
non stia bene e temo che questo viaggio a Torino sia solo
un'ammazzata, per te. Un'ammazzata inutile. -
La donna sorrise
lievemente e si andò a sedere sulle sue gambe baciandolo
dolcemente
- Te l'ha messa in testa mio padre questa paura,
vero?-
- Un po' sì, ma anche l'influenza dell'altra settimana non
mi ha tranquillizzato, anzi. Ho semplicemente paura che tu ti stia
massacrando e che, prima o poi, il tuo corpo ne possa
risentire.-
Claudia accarezzò i capelli del marito. Ne aveva
sempre avuti tanti e molto morbidi, così che per lei era
sempre
stato rilassante passarci una mano in mezzo.
- Te l'ho già
detto.- Gli sorrise di nuovo. - Va tutto bene, davvero.
E poi l'ho già detto a Guido; dopo le elezioni mi prendo
qualche
giorno. Magariu stacchiamo un po' tutti e tre, ce ne andiamo al mare.
O tutti e quattro.- Rise. - Visto che ho promesso a mio padre di
farmi controllare per evitare che mi riposi solo per
finta.-
Finalmente sorrise anche il magistrato e la strinse forte
a sé, quasi da farle mancare il respiro.
Ma tanto meglio così,
aveva pensato Claudia.
Se il respiro doveva mancarle tanto meglio
lo facesse tra quelle braccia piuttosto che nella sede vuota del
partito.
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
Eccomi di nuovo, finalmente.
Mi scuso per il ritardo ma la scuola è pesante e non poco,
purtroppo.
Allora, anticipo che questo (e il prossimo che sarà solo un
mezzo capitolo) saranno con buone probabilità gli ultimi - o
quasi - in cui si fa forte riferimento al fattore politico, che
però ho tentato di smorzare parlando sempre a lungo della
nostra caaaara protagonista!
Sempre riguardo a lei - anche se non voglio anticipare nulla - posso
dire che la confusione che, ho l'impressione, trasparirà dal
capitolo è voluta e serve a far intendere i suoi tormenti.
Niente, io non anticipo altro e ringrazio con un enorme abbraccio tutte
le persone che seguono - recensiscono - leggono - mi piacciano la
storia, per me è davvero importantissimo!
Vi abbraccio davvero fortissimo e alla prossima! :D
Capitolo
IV
La
stazione di Roma Termini alle sette meno un quarto del mattino era
quasi considerabile vivibile.
Claudia vi si era avviata da sola
con un taxi da casa sua dopo aver salutato Davide e dato un bacio al
piccolo Guido che ancora dormiva.
Non avendo più grosse cariche
se non quella di parlamentare aveva potuto fare tutto in completa
solitudine, portando comunque un paio di occhiali scuri anche a
quell'ora per evitare incontri spiacevoli e non desiderati.
Si
fermò dal giornalaio per comprare “Il
Manifesto”, il quotidiano
che per ovvi motivi preferiva, e si mise al bar per aspettare la
partenza e fare una seconda colazione di certo più
abbondante
rispetto al caffè preso di corsa e con gli occhi ancora
pieni di
sonno nella cucina di casa.
Il treno sarebbe partito, se
puntuale, alle otto precise, per arrivare poi alla stazione di Torino
Porta Nuova poco dopo le undici e trenta.
Lì ci sarebbero stati
due compagni ad attenderla. Sarebbe stata portata in albergo per
darsi una sciacquata dopo il viaggio e poi avrebbe pranzato con
alcuni dirigenti locali.
Nel pomeriggio avrebbe visitato la sede
provinciale del partito e si sarebbe trovata nuovamente a cena con
dei colleghi.
Il giorno seguente, invece, la mattinata sarebbe
stata libera per avere così il tempo di riposare e preparare
l'intervento al comizio del pomeriggio prima del quale, sempre in
compagnia, avrebbe fatto un pranzo leggero.
Per l'ultima serata
aveva educatamente declinato l'invito a cena e aveva proposto di
salutare tutti con un aperitivo, sicura che si sarebbero rivisti o
comunque sentiti dopo le elezioni, a prescindere dal loro risultato.
Il mercoledì mattina sarebbe partita di nuovo presto, nella
speranza di riuscire a tornare a Montecitorio nel pomeriggio.
Sì,
sarebbero stati tre giorni molto pieni.
Si accomodò nella prima
classe del treno dieci minuti precisi prima della partenza, con in
mano una bottiglietta d'acqua e il giornale che non aveva ancora
terminato di leggere.
In viaggio non dormiva mai, forse per
l'assurda paura di essere derubata o, forse più
razionalmente,
perché non ci riusciva, come in fondo capitava a molti.
Aveva con
sé praticamente tutti i suoi dispositivi elettronici,
durante quel
viaggio; il computer, il tablet, lo smarphone e il lettore musicale,
l'unico che non aveva attinenza alcuna con il suo lavoro ma di certo
quello che, come donna e non come deputata, considerava il
più
importante.
Se qualcuno avesse guardato dentro a quello non
avrebbe mai immaginato che potesse appartenerle, tra le canzoni
vecchie di anni – talvolta decenni – e quelle
più moderne che
molti dei suoi colleghi più anziani avrebbero potuto
considerare
solo rumore.
Inoltre, ben nascosta, teneva una playlist di
canzoni per bambini. Le faceva ascoltare a suo figlio quando dovevano
affrontare un lungo viaggio e ogni tanto, benché se ne
vergognasse e
non lo avesse mai detto a nessuno, quando stava lontano da casa per
parecchi giorni le ascoltava anche lei, per sentire in qualche modo
il suo piccolo più vicino.
Passò il viaggio con le cuffie nelle
orecchie, tentando comunque di riposare un minimo e dando talvolta
uno sguardo al tablet per i soliti motivi, controllare la mai e
sistemare qualche appunto.
Stava leggendo, in quel periodo, un
libro di antropologia molto interessante sulle conquiste operate tra
i vari popoli nei secoli – invasioni, guerre e
così via -, volume
consigliatole da un'amica.
Lo aveva con sé anche in
quell'occasione, ma durante il viaggio di andata non lo
aprì.
Verso
Milano, quando ormai all'arrivo mancava poco più di un'ora,
sentì
di nuovo quello strano e violento dolore al fianco che tanto l'aveva
stranita il giorno precedente, anche se questa volta le fu
risparmiato il mal di schiena.
Tentò di mettersi più comoda sul
sedile ma tutti i suoi gesti furono rallentati da una improvvisa
assenza di respiro.
Aveva letteralmente fame d'aria, le pareva di
annaspare in mare dopo essersi trattenuta troppo a lungo sotto
l'acqua.
E se la situazione fosse stata quella non ci sarebbe
stato nulla di strano.
Ma era su un vagone di un Frecciarossa
Roma-Torino e tutta quella mancanza di fiao non era facilmente
spiegabile, come non lo era stato il pomeriggio della domenica,
quando per la prima volta aveva fatto i conti con quella che le
pareva l'inizio di una crisi respiratoria.
Nuovamente dovette
attendere diversi minuti prima che la situazione tornasse alla
normalità, provando a fare respiri lunghi e profondi come
quando
dopo aver corso molto a lungo le doleva la milza.
Appena si
riprese del tutto fu proprio pensare a quell'organo che le mise quasi
una pulce nell'orecchio, facendole aprire in fretta il tablet per
andare a fare una ricerca su internet.
Arrivó su Google e iniziò
a digitare ciò che desiderava trovare, ma si
fermò dopo poche
lettere.
Cosa stava facendo? Formulava diagnosi sulla base di ciò
che si sentiva e controllava su internet i sintomi per non far altro
che accrescere un'ansia che tutto le faceva meno che bene?
Quello
lo facevano gli ipocondriaci o comunque quelli che di medicina non
sapevano molto. Lo avrebbero potuto fare suo marito o suo padre,
arrivando alla drammatica conclusione che avesse chissà che
terribile malattia.
Ma lei no, lei era un medico e di stupidi
siti in rete non aveva bisogno.
Era semplicemente stanca, e
presto avrebbe avuto tempo per riposare e tornare in forze.
Quando
il treno arrivò a Torino Porta Nuova, naturalmente con
cinque minuti
di ritardo, Claudia stava meglio e aveva anche scacciato tutti i
pensieri che l'avevano portata, poco prima, ad accendere
così
repentinamente il tablet.
Riconobbe subito le due persone che
erano andate a prenderla, perché facevano parte di quel
gruppo di
colleghi che nel corso del tempo erano diventati anche qualcosa di
simile a degli amici.
Li salutò calorosamente e poi rispose in
modo positivo alle canoniche domande sul viaggio, omettendo
ovviamente ciò che le era accaduto.
Andarono subito in albergo,
una bella struttura del centro città, e la donna fu lasciata
sola
per sistemarsi e riposarsi un attimo prima del pranzo.
Ne
approfittò per inviare un messaggio a Davide chiedendogli se
fosse
impegnato o potessero parlare.
Per risposta ricevette una
telefonata dal marito.
- Amore! Come è andato il viaggio?-
-
Bene, tutto a meraviglia. Tu come stai?-
-Io bene, ma non è per
me che sono preoccupato ultimamente. - Dall'altro capo del telefono
Claudia sorrise, con Davide era inutile tentare di non farlo
impuntare, se pensava una cosa quella era.
- Sto bene, te l'ho
detto. E poi lo sai; sono un medico, se qualcosa non andasse bene lo
saprei.-
Il tono di Davide si fece più serio e preoccupato. - Il
problema è proprio questo, Cla'; sei un medico, se qualcosa
non
andasse bene saresti perfettamente in grado di nasconderlo.-
La
donna lasciò perdere, tanto non l'avrebbe avuta vinta contro
i
pensieri negativi del suo amato.
Cambiò discorso, chiese del
figlio, raccontò del viaggio e parlò degli
impegni che aveva in
quei due giorni, senza però far capire quanto fossero
pesanti per
non farlo tornare alla discussione di partenza.
- È ora di
andare, amore, devo salutarti.- Disse una decina di minuti dopo
Claudia accorgendosi di essere quasi in ritardo.
- Sì, anche io
tra poco ho un'udienza. Ci sentiamo questa sera? -
- Sì. Ti
chiamo dopo cena così saluto anche Guido.-
- Va bene, amore. Ti
amo.
- Ti amo anche io.-
Si salutarono e a Claudia venne
subito voglia di buttarsi sul letto, distrutta dal viaggio e da
quella stanchezza cronica che da settimane la perseguitava.
Ma
ovviamente non ebbe che il tempo di riposare qualche attimo,
perché
l'orologio non perdonava e in breve si sarebbe dovuta trovare nella
hall dell'albergo per andare a pranzo.
Si dette una sistemata
cercando di apparire al meglio e abbandonò la stanza.
Il pranzo
fu piacevole, conosceva di vista o nome tutti i dirigenti regionali,
era vero, ma trovarsi a tavola con loro fu tutt'altra cosa.
Benché
l'occasione fosse abbastanza formale per Claudia condividere un pasto
significava, da sempre, abbattere un poco il muro di serietà
che
tipicamente esisteva tra gli uomini in giacca e cravatta.
Uomini
metaforicamente parlando, ovviamente, perché per fortuna era
sempre
maggiore il numero di donne come lei.
Non parlò molto, l'ex
ministro, ma ascoltò tutto ciò che si discuteva
tra i commensali,
rispondendo solo quando veniva interpellata o si sentiva in dovere di
dire la sua su qualche argomento.
Poteva non sembrare, a leggere
la sua biografia, ma in realtà era una donna molto timida,
sempre
attenta a non dire una parola di troppo o rischiare di offendere
qualcuno.
Aveva un buon carisma, a dire il vero, e spesso in
quegli anni si era trovata a fronteggiare colleghi anche più
anziani
tendendogli sempre testa con fermezza, educazione e anche un pizzico
di eleganza tipicamente femminile, dimostrando costantemente come non
ci fosse bisogno di volgarità e insulti per avere la meglio
in una
discussione.
Malgrado quello, però, preferiva sempre ascoltare
ed intervenire raramente, solo a proposito e con poche parole
corrette.
Mangiarono fresco anche quel giorno, nulla di troppo
cucinato o elaborato visto che il caldo si faceva sentire anche
lì,
e si trattò di piatti appartenenti alla tradizione
piemontese che
lei non aveva mai sentito nominare. Fu però felice di
poterli
assaggiare, questo era uno dei lati positivi del suo lavoro.
Appagata dal pranzo ebbe la possibilità di tornare per un
paio
d'ore in albergo e finalmente riposare davvero.
Non dormì per
paura di non svegliarsi poi in tempo, ma rimase sdraiata sul letto
appoggiando comodamente la schiena sul materasso nella speranza di
dare un po' di conforto ai dolori che da giorni la colpivano sempre
meno sporadicamente.
Si mise in piedi poco prima delle
diciassette per prepararsi nuovamente ad uscire.
Non era mai stata
una di quelle donne così fissate con l'aspetto fisico da
passare ore
davanti allo specchio, né tanto meno capace di fare trucchi
esagerati e vistosi così da essere sempre al centro
dell'attenzione.
No, lei ci teneva ad essere curata il giusto e solo per se
stessa, per non vedersi mai come appena sveglia.
Uno spettacolo,
quello, che aveva sempre considerato poco gratificante, malgrado
Davide le ripetesse da anni quanto considerasse dolce l'aria da
bambina che aveva nel momento in cui apriva gli occhi alla mattina.
Fu rapidamente pronta e si trovò, ancora una volta, nella
hall
con un leggero anticipo.
“Sempre meglio essere in anticipo che
in ritardo”, pensò accomodandosi su una delle
poltroncine rosse
che si trovavano lì nell'atrio.
Poco meno di due minuti dopo fu
raggiunta da un collega piemontese che conosceva da parecchio tempo,
Martino Ozzano.
- I sondaggi non sono positivi.- Le disse
sbattendo la copia di un giornale, che Claudia non riconobbe, sul
piano formato dall'unione dei braccioli delle due poltroncine.
-
I sondaggi non sono mai generosi con chi ha appena governato,
figuriamoci se lo sono con chi il governo l'ha fatto pure cadere.-
Sospirò la donna.
Sì, non si prospettava un buon risultato per
le elezioni in vista, era già tanto se si fosse arrivati a
percentuali definibili decenti senza risprofondare nel buio di alcuni
anni prima.
- Tu pensi di tornare in Parlamento, immagino.-
-
Sì, se si entra dovrei farcela. E tu? So che ti hanno
proposto la
candidatura qui nelle liste del Piemonte ma hai rifiutato,
perché?-
L'uomo sorrise. - Qui abbiamo un ottimo bacino
elettorale, è vero, e mi era stato proposto di essere
capolista,
praticamente sarei stato certo di entrare. Ma non ho trent'anni, e
anche in Senato c'è gente molto più capace di me.
No, io è tutta
la vita che mi occupo del piccolo, del locale, e non voglio cambiare
adesso.
E poi Roma è così caotica-
Risero entrambi.
In
effetti aveva ragione, anche se Claudia era troppo affezionata alla
sua città per ammettere tutti gli svantaggi che poteva avere
vivere
nella Capitale.
Mentre
parlavano non si accorsero dell'arrivo delle ultime persone che
aspettavano per uscire, ma ci misero poco a recuperare il gruppo.
La
sede provinciale del Partito non era molto distante dal punto del
centro di Torino dove era sito l'albergo, e ci arrivarono a piedi in
pochi minuti.
Ad aspettarli vi erano altri colleghi e parecchi
ragazzi iscritti alla giovanile del partito.
Claudia era sempre
affascinata dai giovanissimi che si avvicinavano alla politica, a
prescindere dal loro orientamento.
Vedeva in loro una speranza e,
malgrado non fosse poi così grande di molti di quelli, li
guardava
con fare quasi materno, senza però mai sentirsi in qualche
modo
superiore o migliore solo per la rapida carriera che aveva fatto.
Per
quei ragazzi, inoltre, lei rappresentava un esempio, soprattutto per
quelli che smanettando un po' con internet erano riusciti a scoprire
qualcosa in più sulla vita della donna.
Fu
un bel pomeriggio; ci furono discussioni sul futuro del partito e del
paese, molte domande su cosa sarebbe accaduto nel momento in cui
sarebbero andati all'opposizione e qualche uccello del malaugurio che
chiedeva quale comportamento avrebbero dovuto tenere se non avessero
superato la soglia di sbarramento.
I più anziani, memori degli
scarsi risultati dei decenni passati, consideravano quello che era
accaduto tre anni prima un miracolo che non sarebbe mai più
ricapitato.
Qualche ragazzo, invece, era molto più positivo e
diceva che, non quella volta ma di certo quella successiva, sarebbero
tornati al governo.
- E chissà, forse proprio qui c'è qualche
futuro ministro.- Aveva scherzato Martino Ozzano.
Claudia si era
messa a ridere e in breve si era trovata di nuovo a combattere contro
il dolore al fianco e la mancanza di fiato, facendo come al solito il
possibile per non mostrare nulla.
Solo l'uomo si accorse della
strana smorfia comparsa sul volto della donna, e la guardò
cercando
di capire cosa le stesse accadendo.
Ma ottenne come risposta un
normale sorriso, sincero ed educato, che lo spinse a non fare altre
occhiate o domande.
Salutarono tutti quando mancavano pochi minuti
alle sette, e tornarono verso l'albergo per prepararsi alla
cena.
Sarebbe stato un pasto molto meno formale di quello
precedente; avrebbero mangiato sushi in un noto ristorante giapponese
del centro e sarebbero state davvero poche persone, forse neanche una
decina.
La donna si diede una rapida sistemata e telefonò a casa,
dove con sua grande sorpresa trovò anche il padre.
Se era
riuscita a calmare il marito quella mattina, quando ancora una volta
lui si era preoccupato per la sua salute, con il signor Oreste non
era stato facile porre fine alla discussione che andava avanti dalla
mattina precedente.
Lo capiva, era vero, anche lei era sempre
attenta alle condizioni di Guido, e non avrebbe di certo smesso il
giorno in cui – già sapeva che sarebbe successo
troppo presto –
il suo bambino sarebbe diventato un uomo, ma trovava eccessivo quel
suo continuare a pressarla.
Anche perché non le faceva bene, la
portava a porsi domande che non voleva farsi e ad agitarsi, senza
contare che non le piaceva discutere con quella che era una delle
persone più importanti della sua vita.
Fortunatamente riuscì a
non alzare troppo la voce e a dargli la buonanotte senza nuovi
screzi, per poi passare a salutare il bambino, che le
domandò se ci
sarebbe stata a fine mese per la festa del suo diplomino alla scuola
materna.
Lei disse che sì, a prescindere dai suoi impegni ci
sarebbe stata quella sera, e fu contenta di sentirlo felice, almeno
lui che non nutriva nessun tipo di preoccupazione per lei se non
quella che non ci fosse nei momenti dei suoi piccoli ma importanti
traguardi.
Chiuse la telefonata col sorriso sulle labbra.
Aveva
una famiglia splendida, dopo tutto, e anche quel loro continuo
preoccuparsi per lei eri un modo per manifestare affetto.
Guardò
l'orologio e si accorse di avere ancora diversi minuti liberi,
così
sospirò e decise di accendere il tablet e fare la ricerca
che aveva
iniziato quella mattina sentendosi sciocca.
Più il tempo passava
più iniziava, segretamente e facendo il possibile per
ostentare il
contrario, a pensare che forse stava davvero male, forse non era solo
stanca e, sempre forse, avrebbe dovuto fare qualcosa.
Ma era
davvero impegnata, in quel periodo, e per quanto la salute potesse
essere importante non aveva proprio il tempo di preoccuparsene.
Né
tanto meno avrebbe avuto il tempo di mettere in pausa tutta la sua
vita per una cosa simile.
Lasciò perdere quei pensieri assurdi,
stava decisamente fantasticando.
Sì, poteva essere che fosse
malata se lo stress fosse stato classificato come una vera e propria
malattia organica, altrimenti non vi potevano essere altre
spiegazioni logiche.
Quando quella mattina aveva di colpo spento
il tablet considerandosi una stupida aveva sentito uno strano brivido
freddo, come se avesse davvero paura di qualcosa.
In quel
momento, invece, i sentimenti che provava erano totalmente opposti;
la ricerca che stava per fare le serviva per stare tranquilla,
confermare che le sue farneticazioni non fossero altro che tali.
Mentre si caricava il sito che cercava accese la televisione per
guardare il telegiornale e aggiornarsi su ciò che era
accaduto nel
paese durante il giorno, compito oltretutto necessario dato il suo
lavoro.
Pochi attimi dopo sentì bussare alla porta della sua
stanza e, aprendola, si trovò davanti Ozzano.
- Scusa, è che
non ti vedevo scendere e ho pensato che ti fossi scordata di guardare
l'orologio.- Sorrise alla donna.
Claudia ricambiò il sorriso e
ammise il suo essere in ritardo.
Si scusò un attimo e finì
rapidamente di prepararsi.
Prima
di uscire dalla stanza spense il televisore e guardò il
tablet sul
letto.
Ancora una volta non era riuscita a fare quella ricerca, e
si convinse che fosse un segno di qualcosa che le diceva di stare
tranquilla.
Scese chiacchierando assieme al collega pensando a
tutt'altro, e allo stesso modo fecero la strada verso il ristorante.
Claudia aveva raramente mangiato Giapponese, benché non
fosse
mai stata restia ad assaggiare cibi di tradizioni diverse dalla
sua.
Non le dispiacque, tanto che si promise di trovare un
ristorante simile a Roma e portarci una volta Davide e il piccolo
Guido.
Come aveva immaginato erano pochi, sette persone totali di
cui tre donne, e questo aveva facilitato il nascere di una
discussione unica e non di tanti piccoli discorsi tra due o tre
commensali.
Inoltre erano stati fatti accomodare in un tavolo di
forma circolare che di certo aiutava a parlare con poco ordine, ma
almeno tutti assieme.
Forse anche grazie a quello Claudia aveva
parlato più che a pranzo, talvolta iniziando anche lei
qualche
discussione.
Verso le dieci, quando ormai avevano tutti finito di
cenare e molti non avevano ancora voglia di tornare a casa, uscirono
dal locale e fecero quattro passi per il centro, in direzione Piazza
Vittorio Veneto.
Si sentirono lievemente a disagio nel mischiarsi
alla folla dei giovani che, benché fosse lunedì
sera, giravano
senza meta per le vie della movida torinese.
Quando però
superarono il ponte sul Po e si trovarono davanti al piazzale della
Gran Madre si sentirono come se fossero in pace col mondo, lontani da
ogni preoccupazione.
Martino Ozzano indicò a Claudia la Basilica
di Superga, che lei già di nome conosceva per la tragedia
dei
giocatori del Torino accaduta diversi anni prima, e le disse che, a
parer suo, sarebbe dovuta tornare a visitare la città con
più
calma, una volta o l'altra.
- È bella davvero, potresti venire
su con tuo marito e tuo figlio, prima o poi. Se non ricordo male hai
un bambino piccolo, vero?-
- Sì, ha quasi sei anni.- Rispose
pensando a Guido e a come ne sentisse la mancanza.
- In
effetti Torino è una bella città, elegante.
Chissà, forse quando
il bimbo sarà più grande e io avrò un
po' più di tempo potremmo
tornare davvero.- Commentò.
Le piaceva viaggiare, e se avesse
potuto scegliere un'altra vita avrebbe fatto la viaggiatrice o
qualcosa del genere.
Tra una cosa e l'altra si era ormai fatta
quasi mezzanotte quando Claudia salì sul taxi che l'avrebbe
riaccompagnata in albergo.
Ozzano le aveva proposto di
accompagnarla ma lei aveva cortesemente rifiutato; l'uomo viveva
dall'altra parte della città e sarebbe rincasato troppo
tardi. Il
giorno seguente si prospettava impegnativo e non sera il caso ci
arrivassero stanchi.
Inoltre
la Deputata aveva preferito rimanere sola per fare un'ultima
telefonata al marito e augurargli la buonanotte.
In camera rivide
il tablet ancora pronto a chiarire i suoi dubbi ma lasciò
perdere,
era troppo stanca.
E vista la giornata appena trascorsa fu felice,
per una volta, di poter giustificare tutta quella stanchezza.
Ripensò, prima di dormire, a quegli ultimi giorni; il
dolore, il
sudore notturno, la stanchezza, la febbre, le discussioni in casa e
le sue strane ricerche incompiute.
Rifletté a lungo su ciò che
le stava succedendo e su cosa dovesse pensare a riguardo, fino a che
il sonno non ebbe il sopravvento su ogni pensiero.
Sognò poco,
quella notte, e furono sogni agitati che non ricordò
mai.
Quando era più piccola, all'università o ancora
prima, al
liceo, le capitava spesso di avere periodi di notti convulse,
soprattutto in momenti della sua vita molto pieni.
Crescendo,
forse anche grazie alla vicinanza costante di Davide, erano man mano
sfumate, e quando alle sei del martedì mattina si
svegliò ancora
con il cuore in gola sentì dentro di sé la voglia
di piangere e
maledirsi per le sue scelte di vita.
Avrebbe voluto buttare tutto
all'aria, lasciar perdere ogni cosa, dal suo lavoro a quella laurea
in medicina tanto sudata.
Sudata come quelle lezioni in cui si
rigirava desiderosa di riaddormentarsi il prima possibile e
risvegliarsi in un'altra vita.
Andò in bagno e si buttò sotto
la doccia fredda, cercando di ragionare e scindere i suoi incubi e le
sue paure dai suoi reali pensieri.
Si sentì confusa, persa,
sola.
Come se tutto quello fosse un oscuro presagio di qualcosa
che non capiva e non voleva capire.
Stava forse impazzendo?
Magari la ragione era davvero in chi le diceva di prendersi una
pausa?
Ma da cosa? In quella notte terribile avrebbe voluto
prendersi una pausa dal vivere, non dal lavoro o dalle sue
occupazioni di moglie e madre.
Dalle persiane chiuse si
intravedeva l'alba pronta a risvegliare Torino.
La luce soffusa
le parve la speranza di riprendere in mano il suo essere, annientato
dalle quelle ore buie molto più della notte appena passata.
Ma
ricadde addormentata in accappatoio poco dopo, stringendo il cuscino
come da bambina stringeva il pupazzo senza il quale non dormiva.
Erano passate da poco le nove quando aveva riaperto
definitivamente gli occhi.
Si
era sentita immediatamente più tranquilla, come se quello
che era
successo fino a poche ore prima fosse stato un incubo anche nei
momenti in cui era sveglia.
Fece una seconda doccia e si preparò
con calma, fortunatamente aveva la mattinata libera.
Uscì verso
le dieci, fece colazione fuori e si concesse un giro per i negozi di
via Roma, una tra le vie più commerciali di Torino.
Non acquistò
quasi nulla ma si rilassò molto, e dopo una nottata simile
ne aveva
davvero bisogno.
Tornata in albergo sentì Davide, omettendo
ovviamente quello che era accaduto, e poi sai concentrò sul
discorso
del pomeriggio.
Si mise ad abbozzarlo sul suo tablet stando
sdraiata sul letto, cercando quindi di riposare ancora un poco senza
però togliere tempo al lavoro.
Nel corso degli anni era
diventata bravissima a fare più cose contemporaneamente o a
dividersi le ore del giorno così meticolosamente da riuscire
a
svolgere tutti i suoi compiti per bene e senza tralasciare nulla.
Era stato solo grazie a quei metodi che non aveva smesso di fare
la mamma per fare il ministro o viceversa, e anche in quelle ultime
settimane, mentre le forze le venivano meno, la sua organizzazione
era stata il punto forte della sua vita, ciò che le aveva
permesso
sempre di quadrare il cerchio.
Non avrebbe parlato che pochi
minuti, e doveva essere precisa, andare dritta al punto.
Iniziò
facendo una scala dei contenuti, buttando giù un testo come
bozza,
correggendone la forma e ripetendolo davanti allo specchio calcolando
i tempi.
Per sua fortuna non era poi così fuori dalla tempistica
prevista, e ci mise meno di mezzora a mettere tutto a posto.
Nel
ripeterlo per perfezionarlo si trovò nuovamente a doversi
fermare a
causa della mancanza di fiato e per un attimo riprovò la
sensazione
della notte e della giornata appena passati, la paura di qualcosa che
non capiva.
Lasciò che il momento passasse provando a pensare ad
altro e poi andò a farsi l'ennesima doccia per prepararsi
per il
pomeriggio.
Come la sera precedente decise di accendere il
televisore sul notiziario mentre sistemava le ultime cose, ma quella
volta stette ben attenta all'ora, perché non voleva ripetere
l'imbarazzante incontro con Martino Ozzano avuto prima della cena
Giapponese, quando l'uomo aveva bussato alla porta della sua
camera.
Si
guardò allo specchio subito dopo essersi truccata e sorrise.
Si
trovò bella, riposata, non di certo ammalata.
Spense
la televisione ascoltando distrattamente la notizia di un suicidio
avvenuto a Roma.
Uscì
dalla stanza pensando a quanto fosse fortunata ad avere una famiglia
e un lavoro così soddisfacenti da non farle mai credere che
valesse
la pena smettere di vivere.
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Capitolo 5 *** Capitolo V ***
Capitolo
V
La
piazza era gremita già da ben prima che arrivassero le
personalità
che sarebbero salite sul palco.
Claudia e gli altri avevano
mangiato in un self-service del centro cercando di tenersi leggeri e
discutendo del comizio.
Faceva caldo, era il primo pomeriggio di
un giorno di Maggio, e la donna, mentre arrivava, osservava un poco
dispiaciuta la folla ammassata, perché, per quanto le
facesse
piacere vedere come le idee del partito fossero ancora vive tra la
gente, vedere quelle persone sotto il sole cocente le dava da
pensare, in qualche modo scuoteva la parte più umana del suo
essere.
Dietro il palco, dove si preparava per l'inizio del
pomeriggio, si accorse anche stando all'ombra di quanto facesse
caldo, e per un attimo credette che sarebbe svenuta nel bel mezzo del
suo intervento, facendo una figuraccia che sarebbe di certo stata
più
memorabile di ogni sua azione politica passata e futura.
Fortunatamente non accadde nulla di simile, riuscì a parlare
per
i suoi pochi minuti senza mai perdere il filo del discorso e ala fine
si complimentò con se stessa per come si era preparata.
Fu un
lungo pomeriggio di parole e applausi, tanto che il calore emotivo
dei presenti parve di gran lunga maggiore rispetto a quello
atmosferico.
Il tutto terminò tardi, poco prima che il cielo di
Torino iniziasse a riempirsi dei colori del tramonto.
Man mano
che la platea si allontanava dalla piazza i politici presenti
abbandonavano in fretta il palco per ritornare da dove erano arrivati
senza problemi di alcun genere.
Prima
però si scambiarono qualche rapido commento sul comizio,
tutti
abbastanza contenti di come era andato e dell'ampiezza del pubblico,
tra il quale si erano visti moltissimi giovani e qualche bambino
portato dai genitori.
Probabilmente non sarebbero stati nella
maggioranza, ma di certo il consenso popolare su cui potevano contare
non era ancora così basso.
Claudia e alcuni colleghi non
tornarono immediatamente a casa o in albergo, ma, come avevano
già
deciso in precedenza, si avviarono verso Piazza Vittorio, la stessa
dove erano stati la sera prima, per concludere quei due giorni con un
aperitivo e salutarsi.
A differenza della prima volta che vi
erano stati, però, era pomeriggio e non c'era molta
confusione,
fatta eccezione per un gruppo di studenti seduti in terra nella parte
perdonale della piazza, fermi a scherzare o prendere l'ultimo sole
della giornata.
Era ormai il tramonto, e diverse sfumature di
arancio e rosa arrivavano dal fondo
della
lunga Via Po, che da dove erano loro si vedeva finire – o
iniziare
– in Piazza Castello.
Si accomodarono nei tavolini esterni del
locale, una sorta di quello che, scoprì allora Claudia, i
Torinesi
chiamavano dehor, appena fuori dal porticato che circondava la piazza
squadrata su tre lati.
La situazione tra i presenti aveva perso
ogni tipo di formalità, e la mezza dozzina di presenti, tra
uomini e
donne, non faceva altro che chiacchierare e ridere.
- In ogni caso
mi auguro un gran numero di donne in questa legislatura.- Aveva
commentato Eleonora Carlisi, una donna ben più grande di
Claudia
candidata per la seconda, o addirittura terza, volta al Senato.
-
Anche se fossero tutte di estrema destra?- L'aveva presa in giro un
altro collega, Cristiano Simeoni.
- Hai capito perfettamente cosa
intendo, Simeoni, non fare il simpatico.- L'ultima affermazione della
Carlisi aveva scatenato l'ilarità generale e portato, come
spesso
accade in occasioni simili, a un brindisi, forse di buon auspicio per
le elezioni ormai prossime.
Rimasero al bar ancora diverso tempo,
poi Claudia si scusò e salutò tutti; per lei era
ormai ora di
ritornare verso l'albergo e prepararsi per ripartire il giorno
successivo.
Le ci vollero quasi dieci minuti per allontanarsi dal
tavolino dove ancora sedevano i suoi colleghi, tra baci, abbracci e
promesse di sentirsi prima, dopo e durante le elezioni
indipendentemente dal loro risultato, e andando via, senza farsi
vedere da nessuno, pagò per tutti come ultimo segno di
saluto.
Poi
imboccò a piedi proprio Via Po ancora illuminata dai colori
della
fine del giorno che tanto amava.
Poco prima di arrivare
nell'altra piazza, quasi al fondo della lunga via, si fermò
in un
negozio di souvenirs e comprò una calamita e una piccola
riproduzione della Mole Antonelliana che le fece venir voglia di
tornare presto nella città per visitare il museo del cinema.
Su
una bancarella, infine, trovò un libro per bambini su Torino
da
portare al figlio.
Fece tappa in un supermercato a poche decine
di metri dall'albergo per prendere qualcosa con cui cenare,
considerandosi troppo stanca anche per scendere al ristorante
dell'albergo.
Arrivata per l'ultima volta nella stanza sistemò
le sue cose nella valigetta con cui era partita e si fece un'ennesima
doccia calda.
Già in pigiama e con i capelli ancora bagnati
chiamò a casa e fu contenta quando sentì subito
dall'altra parte
Guido che le disse. - Mamma ho risposto io perché sapevo che
eri
tu!-
Sentire la voce del suo bambino la faceva stare bene,
l'essere madre le dava la fortuna di avere sempre un motivo per
sorridere, anche nei momenti più complessi della sua vita.
Salutò
il bambino e il marito e poi, stranamente affamata, cenò con
quello
che aveva acquistato.
Non si trattava di una cena definibile sana,
lo sapeva, ma aveva scelto di lasciarsi un po' andare, quella sera,
senza stare attenta ai dettagli della dieta o di ciò che
qualcuno si
sarebbe potuto aspettare da lei.
Le
piaceva, ogni tanto, dismettere totalmente i panni della seria e
formale donna in politica per fare ciò che le piaceva
sentendosi una
ragazzina, lontana dalla vita pubblica.
Spazzò le briciole e
tutto quello che aveva utilizzato per mangiare e, come se fosse un
automatismo, accese di nuovo sul telegiornale.
Quello che accadde
nei momenti successivi fu troppo confusionario perché
riuscisse a
ricordarlo davvero per bene.
Il conduttore stava lanciando il
servizio che lei quella mattina aveva sentito appena mentre usciva
dalla camera, quello su un suicidio avvenuto a Roma, dove un uomo si
era tolto la vita gettandosi da un palazzo in costruzione.
Solo
che quella sera ebbe modo di sentire la notizia in maniera completa,
udendo il nome del suicida e potendone vedere la fotografia.
Il
resto fu solo un urlo e un pianto, una disperazione che mai Claudia
aveva pensato di poter provare.
L'uomo che si era ucciso, la
persona che aveva deciso di porre fine alla sua vita, era Oscar.
Note
Eccomi,
dopo oltre un mese sono finalmente riuscita ad aggiornare.
Sto
scrivendo davvero moltissimo, a mano, ma purtroppo per cause di forza
maggiore (scuola e salute) non riesco a copiare al computer con
regolarità e quindi ad aggiornare.
Inoltre mi scuso per il
capitolo piccolino, d'ora in poi si alterneranno, senza un vero e
proprio schema, capitoli molto lunghi e molto brevi, a seconda di
quanta suspance voglia lasciare in voi lettori :D E ancora per un poco narrerò quasi giorno per giorno la vita di Claudia, motivo per cui mi scuso se appariranno noiosi o ripetitivi i prossimi capitoli, ma voglio lasciare ancora sprazzi di felicità raccontati nei dettagli prima che... *ghigno malefico*
Me l'hanno detto
in molti e sì, ammetto che Claudia abbia avuto una vita
“super”
e impossibile, fuori dal normale, disumana (mi sono concessa un po'
di inventiva e irrealismo), ma l'umanità e il realismo
arriveranno e
lo faranno, purtroppo, insieme al dramma.
Questo capitoletto, lo
si legge alla fine, dà una scossa alla protagonista, e
questa scossa
andrà a farle ricalcolare tutto ciò che ha
pensato fino ad adesso.
Ma tempo al tempo...
Io ringrazio davvero tutti; lettori
silenziosi, lettori recensitori, gente che ha messo la storia tra le
seguite, preferite e ricordate.
Scusate davvero, ma sono molto
distante dal pc in queste settimane!
Un abbraccio e a presto!
|
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Capitolo 6 *** Capitolo VI ***
Capitolo
VI
Era
svenuta, forse, o entrata in uno stato di trance da cui si era
ripresa molto lentamente.
Intorno a lei non era cambiato nulla, se
non le immagini alla televisione che ora mandava in onda un talent
show i cui concorrenti, conduttori e spettatori erano felici, lontani
dal dramma di cui di certo avano sentito al notiziario, pensando
magari si trattasse dell'ennesimo suicidio dovuto alla crisi
economica e del lavoro.
E pazienza, forse avevano speso qualche
parola contro i politici ma poi erano tornati subito alle loro gioie
personali, a ciò che li portava a non voler fare la stessa
fine di
quell'uomo.
Claudia, invece, si sentiva strana, in un certo senso
non aveva neanche realizzato quello che era successo, non poteva
credere che Oscar, il suo migliore amico per tanti, tantissimi anni,
se ne fosse andato in quel modo.
Era vero, lo aveva fatto già
una volta, durante il loro ultimo incontro, quando l'aveva lasciata
su quella panchina, sola e persa come si sentiva in quel momento. Ma
era diverso, e non solo per via della ineluttabilità della
morte.
Spense la tv e il cellulare, così come le luci della
camera e del bagno.
Si mise a letto, gli occhi sbarrati fissavano
il buio e la mente vagava e lavorava per concetti semplici, parole
banali ma dolorose come coltelli.
Oscar. Morte.
Suicidio.
Iniziarono a scendere lente e calde, le lacrime sul suo
volto, alternate ai singhiozzi, ai ricordi, alle domande senza
risposta.
Si addormentò piangendo e passò una seconda notte
difficile, svegliandosi spesso.
Sempre sudata, sempre tormentata
da quello che era successo, dall'assurdità di come poco
prima era
stata felice di sentire la voce di suo figlio e poco dopo tutto il
suo mondo era crollato.
Sentì il bisogno di qualcosa, di
qualcuno che la calmasse, qualcuno a cui aggrapparsi in quelle ore,
ma era totalmente sola.
Quando suonò la sveglia, che aveva
impostato ben prima di tutto quello, si trovò ben lontana
dall'essere riposata e pronta a partire, svolgendo così
tutte le sue
azioni in modo meccanico e con la testa da un'altra parte.
In
stazione comprò “Il Messaggero” nella
speranza di avere qualche
notizia in più sulla morte di Oscar, ma non ebbe subito il
coraggio
di aprire il quotidiano.
Prese svogliatamente un secondo caffè e
si avviò verso il binario per prendere posto e cercare di
riposare
ancora, perché la stanchezza, tanto fisica quanto mentale,
sembrava
impedirle di stare in piedi.
Guardava con ansia l'orologio, erano
appena le otto e lei desiderava fossero già le nove, ora in
cui
avrebbe potuto telefonare a Davide.
Aveva bisogno di lui, di
abbracciarlo, di parlarci.
Aveva bisogno di suo marito, del suo
amore.
Non sapeva se l'uomo avesse sentito la notizia o meno, ma
in ogni caso l'unica persona che voleva al suo fianco era lui.
Avrebbe dovuto inoltre parlare con suo padre, dopotutto Oscar era
stato, per un periodo, come un terzo figlio per lui, ma non erano di
certo discorsi da fare al telefono.
Provò a distrarsi ascoltando
un po' di musica, guardando fuori dal finestrino e pensando ad altro,
ma non era semplice allontanare tutti i ricordi che le saltavano alla
mente in quel momento.
Ricordi che erano rimasti nascosti per
dieci anni, tornati raramente prima di quella terribile notizia ma
ancora vivi e nitidi nella sua memoria.
Dalla sera prima non
aveva avuto nessun contatto con il mondo esterno a lei, eccezione
fatta per l'uomo alla reception dell'albergo, un paio di commesse in
stazione e il controllore sul treno.
Così, quando lo riaccese,
dovette mettere il telefonino subito in modalità silenziosa
per
colpa dei numerosi squilli.
Diverse mail, un paio di sms dai
parte di colleghi romani, uno da uno di Torino, tre chiamate perse da
suo padre e ben cinque da parte di Davide.
Capì subito che non ci
sarebbero state molte parole da dire; quelle telefonate spiegavano,
con buone probabilità, che anche loro sapevano.
Telefonò al
marito mentre il treno lasciava Porta Garibaldi e gli ultimi
passeggeri saliti a Milano prendevano posto.
Il magistrato
rispose dopo soli due squilli, e il tono della sua voce non nascose
l'ansia con cui aspettava quella chiamata.
Ma Claudia fu di poche
parole, avrebbero di certo parlato meglio di persona.
- Hai
impegni di lavoro questo pomeriggio?- Gli chiese semplicemente.
-
No, non importanti.- Rispose Davide.
Aveva capito, dai suoi
silenzi, dalle sue pause e dal suo tono basso e cupo, che la moglie
volesse chiedergli una cosa sola.
- Puoi venire a prendermi in
stazione?-
- Sì, amore, stai tranquilla.-
Nessuno parlò di
Oscar, nessuno dei due fece riferimenti espliciti, ma capivano
entrambi il motivo di quella telefonata.
Si salutarono dopo
qualche altro attimo di silenzio e Claudia ne approfittò per
chiamare suo padre.
Anche con lui scambiò poche parole, tra cui
l'assurda domanda “come sta?”.
- Hai bisogno di qualcosa,
tesoro? Vuoi che venga da te quando arrivi?-
- No, papà, stai
tranquillo. Mi viene a prendere Davide e andiamo a casa. Avrei voluto
tornare a lavoro, questo pomeriggio, ma francamente non me la sento.-
- Fai bene, devi riposare.- Sospirò il signor Oreste.
Poi
aggiunse la frase che tutti pensavano ma che nessuno aveva ancora
esplicitato – Io non riesco ancora a crederci.-
Questa volta fu
Claudia a sospirare e commentare con un semplice –
già.-,
lasciando cadere il discorso e, dopo poco, salutando anche lui.
Spense di nuovo il cellulare e appoggiò la testa al
finestrino.
Non aveva più pianto, dalla sera prima, e anche se
le sarebbe piaciuto sfogarsi in quel momento non fu in grado di
farlo.
Non era solo la vergogna di piange in pubblico, era
proprio che il dolore che teneva dentro sembrava non voler uscire in
nessun modo.
Rimase così a lungo, ferma a guardare il mondo che
le scorreva intorno.
Fu scossa da una delle hostess del treno
diverso tempo dopo, quando già avevano superato Bologna.
-
Signora si sente bene?- Le chiese cortesemente.
- Sì, la
ringrazio.- Rispose Claudia rimettendosi a sedere con ordine e
ringraziando la donna.
Accese il tablet e controllò la posta
elettronica cercando di riprendere i contatti con la parte del mondo
non interessata da quello che era successo.
Rispose alle mai del
lavoro e scrisse a un collega dicendo che aveva avuto un impegno per
il pomeriggio e che sarebbe tornata solo il giorno successivo.
In
fine si mise a sfogliare le foto che teneva sul dispositivo
elettronico.
Erano foto di famiglia, alcune ancora lì
dall'estate precedente.
Avrebbe dovuto sistemarle e sceglierne
qualcuna da fare stampare.
Col passare degli anni, in un mondo
sempre più informatizzato e digitalizzato, anche lei e
Davide si
erano convertiti alle macchine fotografiche digitali con le loro
memorie enormi e gli scatti quasi illimitati, ma per Claudia era
ancora molto importante far uscire alcune di quelle immagini,
certamente le più belle, dall'hard disk o dalla memory card.
Le
piaceva riempire casa di fotografie, poter girare nelle stanze e nel
corridoio guardando le immagini di suo figlio che cresceva o
dell'amore sempre forte che scorreva tra lei e il marito.
Vedere
la sua vita felice in quelle foto la tirò un po' su, l'idea
che il
mondo non si fermasse neanche in momenti così drammatici
l'aiutò a
tentare di ragionare a mente più lucida su quello che
sarebbe stata
la sua vita da quel momento in poi.
L'assenza fisica di Oscar era
tale da parecchio tempo, ma la consapevolezza della sua morte sarebbe
stata un difficile fardello con cui vivere, una ferita che non si
sarebbe mai chiusa.
Ma doveva continuare a vivere, forse anche
per lui che aveva rinunciato a farlo.
Quando arrivò a Roma trovò
il marito sulla banchina del binario ad attenderla.
Non
disse nulla, si limitò a sprofondare tra le sue braccia.
Non
pianse, non singhiozzò, non fece null'altro, semplicemente
ribadì
il suo desiderio di andare a casa.
Anche il viaggio di ritorno fu
silenzioso, ma ad ogni semaforo rosso l'uomo staccava la mano dal
cambio e cercava quella della moglie come a dire che lui c'era, era
lì e le sarebbe rimasto accanto in ogni caso.
Claudia non parlò
neanche una volta tornata tra le mura domestiche, andò sul
letto a
riposare senza riuscire a ricordare da quanto non dormiva davvero.
Si addormentò in fretta, e Davide la accarezzò e
baciò
dolcemente sulla fronte prima di andare a finire di scrivere un
documento per il lavoro.
Lui Oscar lo aveva conosciuto poco, ci
era uscito qualche volta, naturalmente assieme a Claudia, ma non
erano mai stati considerabili amici.
Di certo però sapeva quale
fosse stato il rapporto tra l'uomo, ai tempi solo un ragazzo, e sua
moglie, potendo così solo immaginare cosa provasse in quel
momento
la sua amata.
Si concentrò sul suo lavoro e si accese un
sigaro.
Non fumava spesso, anche perché Claudia era molto
contraria, ma ogni tanto gli piaceva gustare in bocca il sapore di un
buon sigaro o di un buon tabacco da pipa.
Lo calmava, lo
rilassava, e in quel momento ne aveva bisogno.
All'ora di pranzo
si chiese se non fosse il caso di svegliare la donna, ma quando la
vide con in volto un'espressione tranquilla, ben lontana da
ciò che
provava da sveglia in quella giornata, decise di lasciarla riposare.
Accese
la radio mentre preparava e pranzava, mettendosi ad ascoltare musica
sinfonica, un altro modo utile a rilassare i nervi.
Dopo ave
mangiato si mise anche lui a riposare, stringendo dolcemente la vita
della moglie per averla più vicina, quasi a volerla
proteggere da
qualcosa.
La donna si svegliò verso le quattro, e la prima cosa
che fece fu accarezzare il marito addormentato proprio come aveva
fatto lui con lei qualche ora prima.
Ovviamente Claudia non
poteva saperlo, ma le venne in mente il pensiero fatto il giorno
prima, quando all'ora di pranzo aveva sentito alla televisione del
suicidio senza poter immaginare quanto la riguardasse da vicino e la
mente era corsa alla sua più grande fortuna, la sua
meravigliosa
famiglia.
Restò qualche minuto accoccolata al suo amore, dopo
che anche lui si fu risvegliato, e lo fece ancora in silenzio, fino a
che non le venne un'idea.
- Andiamo a prendere Guido a scuola?-
Domandò a voce bassa.
- Sei sicura? Te la senti, amore.-
-
Sì, stare con mio figlio mi farà bene. Vedere
lui, gli altri
bambini, la vita che in ogni caso continua... tutto questo adesso non
può farmi che bene.-
Sospirò stirandosi e alzandosi dal
letto
Ci sperava davvero di sentirsi meno triste tenendo tra le
braccia suo figlio, proprio come era successo quella mattina sul
treno quando si era messa a guardare le fotografie sul tablet.
-
Dovresti dirlo a tuo padre, in ogni caso, oggi sarebbe dovuto andare
a prendere lui Guido all'asilo.- Stava per aggiungere un
“come al
solito” ma lo omise appena in tempo.
Non voleva essere una
cattiveria, sarebbe stata una semplice constatazione, ma in quel
momento Claudia gli pareva così fragile che ogni parola
poteva
essere di troppo.
- Non gli diciamo nulla, gli farà piacere
vederci. E poi magari possiamo fare un giro, portare Guido al
parco... non so, non ho voglia di stare chiusa in casa.-
-
Tranquilla, va bene.- Le sorrise.
Poi la donna andò a farsi una
doccia e prepararsi.
Alle cinque, come tutti gli altri genitori,
erano davanti all'asilo.
Trovarono il signor Oreste già lì, e
l'uomo appena li vide abbracciò la figlia, la quale
però non disse
nulla, rimandando ogni discorso, certamente triste, ad un altro
momento.
Il sorriso che comparve sulla faccia di Guido quando
vide la mamma, il papà e il nonno tutti insieme fu pari solo
a
quello che aveva la mattina di Natale quando apriva i regali posti
sotto l'albero.
Saltò in braccio al padre correndo, e subito
dopo Davide passò il bambino tra le braccia della moglie,
che se lo
strinse al petto per qualche minuto prima di sistemarlo
sull'armadietto per cambiarlo.
- Lo sai che ho fatto un disegno
di te a Torino? Solo che l'ho fatto ieri e adesso è a casa-
Disse il
piccolo mentre la madre gli metteva un giacchettino di jeans.
- Va
bene, amore, a casa me lo farai vedere. Adesso pensavamo di andare a
prendere un gelato al laghetto, ti va?-
- Sì, sì! Viene anche il
nonno?-
- Certamente.- Sorrise la donna, e vide sulle labbra del
suo bambino la sua più grande vittoria, una
felicità che sperò lui
potesse conservare ogni giorno della sua vita.
Uscirono dalla
scuola materna ancora ridendo e si avviarono in macchina verso il
laghetto dell'Eur, dove passarono tutti insieme un bel pomeriggio
alla fine del quale, mentre tornavano a casa, presero delle pizze da
asporto per evitare a Claudia di doversi mettere a cucinare.
Soltanto dopo cena, quando Davide andò a mettere a letto il
figlio, il signor Oreste ebbe la possibilità di parlare con
sua
figlia iniziando dalla dolorosa domanda già fattale quella
mattina
al telefono.
- Come stai?-
La donna stava sistemando gli
ultimi piatti appena lavati e il padre sedeva al tavolo già
sparecchiato con davanti a sé ancora la tazzina del
caffè.
Claudia
si sedette a pochi centimetri da lui, si sistemò i capelli
dietro le
orecchie e, forse per temporeggiare, si versò un bicchiere
d'acqua.
Solo dopo aver bevuto rispose alla domanda del padre.
- Sono
confusa, papà. Più che triste, più che
arrabbiata o non so che
altro mi sento confusa. Saranno ventiquattro ore che ho saputo di
Oscar e guarda quante cose ho già fatto; sono tornata da
Torino,
quattro ore e settecento chilometri di viaggio, sono andata a
prendere mio figlio all'asilo, l'ho portato al parco, siamo tornati a
casa, abbiamo cenato. Lo vedi che vita faccio, come siano anni che il
mio tempo libero si è ridotto al minimo indispensabile
necessario
alla mia sopravvivenza nervosa.
Eppure, in tutto questo, oggi non
ho tolto neanche un attimo il pensiero da Oscar e dal suo gesto.
Per
anni è stato il mio migliore amico, una delle poche persone
di cui
mi fidassi oltre te e Gianluca.
Poi, d'improvviso, a causa della
mia scelta ci siamo persi, e i credevo che sarebbe stato
così per
sempre
Eppure ieri, da ieri, è come se questi dieci anni non
siano mai esistiti, mi pare quasi di aver ricevuto la notizia della
sua morte poche ore dopo averlo salutato per l'ultima volta.
Sono
confusa. Per via di quello che è successo o per via della
mia vita
intera, non lo so, ma sono confusa.-
Respirò e tossì come per
liberarsi il petto da qualche peso, poi bevve di nuovo. Aveva parlato
in modo concitato, e alla fine era rimasta senza fiato.
Così le
ci volle qualche secondo prima di poter replicare la domanda e
chiedere al padre come stesse a sua volta.
Lui alzò le spalle e
fece un cenno di incapacità a rispondere, Claudia non
riuscì ad
interpretarlo in maniera differente, e non fece un discorso molto
diverso da quello della figlia.
- Sono abbastanza scosso anche io.
Ieri sera, dopo aver visto il telegiornale, sono stato a lungo
indeciso sul telefonarti o meno, ma poi ho capito che alla fine le
possibilità erano due; o già lo sapevi, e di
certo via telefono non
sarei riuscito a darti conforto, o ancora non sapevi nulla e non sono
notizie che si possono dare in quel modo, anche se forse pure saperlo
dalla televisione non è il massimo.-
Commentò.
- Certe
notizie sarebbe meglio non riceverle e basta, certe cose sarebbe
meglio non accadessero, punto, ma che importanza ha? Non possiamo
nulla su questi eventi.- Aveva risposto la donna.
- Già... in
ogni caso, quando mi sono poi ritrovato a televisione spenta, prima
di andare a letto, o provato la tua stessa sensazione di
confusione.
Anche se sicuramente non sono mai stato legato ad
Oscar quanto lo eri tu, e sarebbe stato strano il contrario,
è
inconcepibile pensare che un ragazzo che ho praticamente visto
crescere tra le mura di casa mia se ne sia andato in questo modo. Se
quindici anni fa mi avessero detto una cosa simile non ci avrei mai
creduto.-
- D'altra parte immagino non avresti neanche creduto a
qualcuno che ti avesse detto come sarebbe andata la mia, di vita.
Vedi, papà, è come dicevo prima, non abbiamo
possibilità di
decidere praticamente nulla, nel bene e nel male.-
Dopo che
Claudia finì di parlare rimasero in silenzio per qualche
minuto,
fino a che Davide non rientrò in cucina.
A quel punto la donna
si alzò e disse che sarebbe andata a dormire.
- Sono stanca, e
domani volevo portare mio figlio all'asilo prima di andare a
lavoro.-
- Torni già a lavorare?- Le domandò il marito
stupito.
Il signor Oreste non disse nulla, ma fece una faccia abbastanza
esplicita, come a dire che forse non sarebbe stato il caso.
- Sì,
mancano poco più di due settimane alle elezioni e non posso
fermarmi
proprio adesso, lo sapete. Poi Guido non sa e non deve sapere nulla
di quello che è successo, e non mi va di farmi vedere triste
da lui.
Nessuno replicò alla sue parole, e in breve il padre
salutò la
coppia per tornare a casa sua.
Claudia si mise subito a letto,
mentre il marito rimase ancora alzato diverso tempo.
La donna si
accorse di non sentirsi di nuovo bene, la schiena le doleva molto
così come il fianco sinistro, e anche la respirazione era
fiacca.
Durante la giornata non si era sentita bene, più a
livello mentale che fisico, ma in quel momento le sembrava che la
situazione fosse improvvisamente peggiorata.
Si addormentò con
difficoltà, e svegliandosi per caso a metà della
notte le venne
spontaneo cercare l'abbraccio del marito marito ancora addormentato,
stringendosi a lui come avrebbe voluto fare nelle due dolorose notti
torinesi.
Il giorno seguente trovò di nuovo la forza di andare
avanti grazie al sorriso di Guido e alla sua gioia nell'essere
accompagnato a scuola dalla madre.
Le aveva consegnato il disegno
fatto un paio di giorni prima e Claudia, dopo avergli dato il libro
comprato per lui a Torino, lo aveva messo in una cartellina dove
teneva diversi fogli di lavoro, nella speranza di ritrovarlo ogni
tanto per caso e sorridere proprio come quando stava con lui.
Amava
suo figlio, era ciò che di più bello aveva al
mondo, il motivo per
andare avanti in ogni situazione.
A lavoro passò una giornata
tranquilla, in quel periodo lo stress maggiore glielo dava la
campagna elettorale.
Verso l'ora di pranzo sentì due deputati
socialdemocratici, uno dei quali suo amico, parlare del suicidio di
qualche giorno prima, e stette ben attenta a non farsi mettere in
mezzo alla discussione, soprattutto per non mostrare l'espressione
addolorata che le si era dipinta sul volto.
Nel pomeriggio, con
una rapida ricerca su internet, aveva scoperto che i funerali si
sarebbero svolti il giorno seguente, e senza pensarci due volte aveva
deciso che vi sarebbe andata.
Da sola, senza nessuno, senza farsi
vedere.
Lo stesso articolo, preso da un quotidiano on-line, diceva
che l'uomo era solo, si era sposato qualche anno prima ma il
matrimonio era durato poco e di figli non ce ne era stata neanche
l'ombra.
Inoltre aveva lavorato a lungo come operaio in una
fabbrica che da poco aveva chiuso e il giornalista, improvvisatosi
psicologo e sociologo, imputava più o meno velatamente a
questo la
decisione di Oscar di togliersi la vita..
Claudia aveva lasciato
perdere quelle affermazioni, da tempo aveva capito e interiorizzato
come i motivi di un sucida non si potessero comprendere né
tanto
meno raccontare, ma sapere che lui non aveva era riuscito a
realizzare nessun sogno, forse perché di sogni non ne aveva
mai
avuti, le metteva ancora più tristezza.
Anche quel giorno riuscì
ad andare a prendere suo figlio, ma tornarono poi direttamente a casa
perché lei era stanca Guido lo aveva capito.
In serata aveva
parlato con il marito spiegandogli che il giorno successivo sarebbe
andata al funerale, per poi passare da casa a cambiarsi e recarsi a
lavoro nel pomeriggio.
- Ma non mi aspettate per cena, farò
tardi, questa settimana ho fatto davvero poco.-
Non era del tutto
vero, non aveva poi così tanto da fare da dovesi fermare
fino a
tardi fuori casa, ma sapeva che tenersi impegnata in quel modo
l'avrebbe aiutata a stare meglio.
Era andata a letto presto anche
quel giovedì, e quando si era svegliata il
venerdì mattina erano da
poco passate le otto e in casa non c'era già più
nessuno.
Aveva
fatto colazione con la televisione spenta e un silenzio tombale
intorno, un vuoto che le riempiva la testa di pensieri.
Si era
preparata come al solito, con la differenza che i vestiti che aveva
scelto non erano quelli che usava quotidianamente, di colori neutri
ma pur sempre chiari.
Era vestita di nero, eccezione fatta per la
camicetta bianca, e, benché sapesse che quello fosse il
colore del
lutto oltre che del suo stato d'animo, non si sentiva a suo agio.
Più che il nero, forse, il problema erano proprio quegli
abiti
così seri e formali, e sì che erano anni che che
Claudia vestiva in
quel modo, per lavoro ma anche nel tempo libero.
Eppure erano due
giorni che gli ultimi dieci anni della sua vita erano stati spazzati
via come da un tornado.
In quel momento le sembrava di avere di
nuovo vent'anni e si vedeva imbranata e fuori luogo in quegli abiti
da donna in carriera.
Se Oscar l'avesse vista non l'avrebbe di
certo riconosciuta.
Ma lui non c'era più, e in fondo aveva smesso
di riconoscerla fin troppo tempo prima, altrimenti le cose non
sarebbero andate in quel modo.
Dopo essersi truccata si era
guardata allo specchio e aveva accettato l'idea che anche in quel
momento la routine era prevalsa sui suoi sentimenti; stava andando a
salutare per sempre una delle persone più importanti della
sua vita
ma si preparava facendo attenzione ai dettagli come se fosse un
qualsiasi giorno, preoccupandosi di essere in ordine almeno fuori,
nascondendo anche a se stessa la confusione che provava dentro.
Si
avviò verso la chiesa, una chiesetta piccola vicino al
quartiere
dove erano cresciuti, con la sua macchina, questa volta facendosi
compagnia con la radio.
Era una bella giornata di sole, faceva
caldo e Roma era come al solito caotica e troppo rumorosa.
La
chiesa era piena ma davvero piccola, e Claudia riuscì a
vedere ai
primi banchi i fratelli e i genitori di Oscar.
Rifletté qualche
minuto, poi decise di non andar da solo a salutarli e porgergli le
sue condoglianze.
Non li vedeva da troppi anni, e di certo in quel
momento il disprezzo di quelle persone per l'apparato statale era a
livelli inimmaginabili.
Ne
era sicura, con ogni probabilità loro sapevano cosa avesse
fatto
lei, in quegli anni, e di certo a quel punto l'avrebbero vista
semplicemente come una personalità politica e non come la
vecchia
migliore amica del loro caro.
Era meglio rimanere nell'angolo in
fondo alla chiesa dove si era messa.
In piedi, appoggiata al muro,
come fosse un fantasma.
Aveva
riconosciuto anche altre persone, gente del quartiere, ed era stata
ben attenta a non farsi scorgere neanche da quelli.
Seguì
l'intera funzione in piedi, e verso la metà sentì
un forte dolore
alla schiena, di nuovo, ma, non potendo far nulla per porgli fine, si
limitò a contorcere il viso in quella smorfia di dolore che
sempre
più spesso la rappresentava.
Riuscì invece a tener nascosti
diversi colpi di tosse che imputò al fresco del luogo sacro,
e si
sentì sciocca nel non essersi portata nulla per coprirsi.
Non
entrava in chiesa da moltissimo tempo, aveva smesso di credere in un
Dio ancora prima della fine delle superiori, ma aveva sempre avuto un
gran rispetto dei Fedeli, soprattutto di quelli che in occasioni di
una drammaticità simile si affidavano alla Religione in
cerca di un
minimo di conforto.
Soltanto mentre la bara si avvicinava
all'uscita Claudia si sporse leggermente verso la navata centrale per
accarezzare dolcemente il legno scuro.
E lo fece con indosso già
gli occhiali da sole, per non farsi notare ma, soprattutto, per non
mostrare gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle.
Poi si ritrasse indietro e attese che la folla uscisse prima di
allontanarsi anche lei dalla chiesa.
Tornata alla macchina rimase
diversi minuti ferma con il motore spento, rilassando la schiena
appoggiata al sedile e continuando a piangere.
Non voleva farlo,
anche perché doveva guidare, tornare a casa e sistemarsi per
il
lavoro, ma almeno un poco voleva sfogarsi in quel modo.
Le pareva
tutto così assurdo.
Mise in moto dopo poco e si ributtò nel
traffico.
Arrivò a casa che era ormai ora di pranzo, si fece
un'insalata veloce e si cambiò.
Indossò un paio di pantaloni e
una camicetta entrambi chiari, sperando di modificare il suo umore
assieme ai suoi abiti.
Poco prima delle quattro era di nuovo al
suo scranno, impegnata a finire dei lavori per il partito.
Nessuno
notò il suo arrivo e nessuno le fece quindi domande, cosa
che non le
dispiacque affatto.
Rimase
a Montecitorio fino alle nove, ora in cui si accorse che stava
continuando a temporeggiare senza concludere nulla, e si mosse per
tonare verso la sua dimora.
Non aveva fame, in quel periodo le
capitava spesso, ma si prese ugualmente un gelato prima di
riprendere, ancora una volta in quella giornata, la macchina.
Guidò
piano nella notte romana, e allungò lungo le vie del centro,
faceva
giri che neanche era certa di conoscere senza però
preoccuparsi
della possibilità di perdersi, come se neanche quello la
spaventasse.
Continuava a figurarsi nella mentre il corpo del suo
migliore amico nella bara, immaginandolo, perché aveva avuto
la
fortuna di non vederlo, e in testa aveva le solite parole che le
rimbombavano da tre giorni.
Impossibile. Assurdo.
Quando
finalmente entrò nel suo appartamento si tolse le scarpe,
salutò
con un gesto rapido suo marito e corse nella cameretta del bambino
che già dormiva.
Senza fare rumore si sdraiò al suo fianco e
iniziò a coccolarlo.
Quanto le era mancato in quella giornata
così difficile.
Per la prima volta dopo anni Claudia quasi
rimpianse di non avere fede in nessun Dio.
Più di quando quella
mattina aveva pensato a chi dopo quel lutto poteva rifugiarsi nella
Religione, cosa che alla fine non era certo poco, in quel momento
aveva davvero sentito il peso del suo ateismo, perché le
sarebbe
piaciuto chiedere a qualche entità sovrannaturale di
proteggere il
suo bambino e di non fargli provare mai ciò che stava
provando lei.
Ma
la sua parte più razionale, quella che le aveva impedito di
impazzire fino a quella sera, sapeva benissimo che non ci fosse
nessuna divinità ultraterrena capace di salvare chi amava
dai drammi
della vita.
Rimase accanto a suo figlio ancora per qualche minuto,
poi gli diede qualche bacio sulla fronte e, stando sempre attenta a
non svegliarlo, lasciò la cameretta per andare nella sua
stanza e
mettersi a letto.
Si cambiò rapida e, benché mancasse davvero
poco all'estate, si mise sotto le coperte.
Era dolorante, le
pareva di aver male anche a parti del corpo che non credeva potessero
mai dar fastidio.
Cercò a lungo una posizione per riposare
comoda ma quando, parecchio tempo dopo, Davide entrò in
camera non
era ancora riuscita a prendere sonno.
Alla fine si mise su un
fianco e provò a dormire.
Bastarono pochi istanti; nel momento in
cui sentì il marito sdraiarsi nel lato del letto opposto al
suo
grosse lacrime iniziarono a scenderle e in breve cominciò a
singhiozzare.
Lui non disse nulla e la strinse a sé.
Fu lei a
parlare con la voce roca.
- Mi manca Oscar, mi manca da morire.-
______________________________________________________________
Buonasera
e buon 2015 a tutt* :)
Spero l'anno sia cominciato bene anche a
voi :D
Allooora, cosa possiamo dire su Claudia? Siamo quasi al
primo giro di boa, questo difficile lutto modificherà
ciò che la
protagonista pensa della sua situazione, ma questo basterà
ad
aiutarla? O è troppo tardi? *risata malefica*
Scherzi a parte
nulla, io sono ben avanti nella scrittura quindi potrò
aggiornare
con più frequenza :)
Io ringrazio ancora una volta chi segue, in
qualunque modo, la storia, e se vi va di lasciare una recensione con
commenti/pareri/consigli/correzioni siete ben accett* <3
Buon
inizio settimana,
;Sun
|
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Capitolo 7 *** Capitolo VII ***
Capitolo
VII
La
mattina del sabato, il penultimo sabato di Maggio, a quindici giorni
esatti dalle elezioni, Guido aveva fatto quello che faceva tutti i
fine settimana quando era certo che entrambi i genitori fossero a
casa.
Si era svegliato presto, felice di non dover andare
all'asilo, era sceso dal lettino ed era corso nella camera dei
genitori noncurante del freddo che provava zampettando a piedi scalzi
per il corridoio di marmo.
Claudia e Davide avevano a lungo
cercato di far capire al figlio che loro, sempre stanchi dopo una
settimana di lavoro, avrebbero preferito riposare fino a tardi, ma
alla fine si erano arresi all'iperattività del bambino,
iperattività
che fortunatamente si limitava allo svegliarsi presto nei giorni di
vacanza e disturbare, per modo di dire, i genitori.
Saltò sul
lettone e il padre lo prese al volo, si era svegliando sentendolo
arrivare, iniziando a fargli il solletico facendolo ridere per dieci
minuti buoni.
A quel punto si accorsero che la donna ancora
dormiva, e così il bambino, su suggerimento del padre,
cominciò a
riempirla di baci per svegliarla, cosa che faceva spesso.
Claudia
aprì gli occhi dopo diversi minuti, ma non capì
subito quello che
stava accadendo e si limitò a mugugnare un “ho
freddo”con una
voce così bassa da spaventare il marito.
Davide, allora, prese
Guido spostandolo dalla parte opposta del letto e si
avvicinò alla
moglie.
Le accarezzò dolcemente i capelli e il volto,
scoprendole molto calda la fronte.
- Amore?- Provò a chiamarla.
-
Mh?-
- Ti senti bene?-
- Ho freddo...- Ripeté lei.
. Sì,
probabilmente hai un po' di febbre, ti prendo il termometro e la
Tachipirina.-
- E una coperta...- Sibilò lei.
L'uomo le
diede un ultimo bacio sulla fronte e portò il bambino a fare
colazione.
- Guido ascoltami,- gli disse mentre gli preparava il
latte. - la mamma non sta tanto bene, quindi oggi fai poca confusione
così si riposa.-
-
Okkey.- Rispose il bambino. - Ma oggi viene il nonno Oreste a
pranzo?-
Davide ci pensò un attimo. Era vero, quel giorno si
erano organizzati affinché il suocero mangiasse con loro, ma
se
Claudia non stava bene le cose cambiavano.
Il magistrato tornò
da lei portandole la medicina, il termometro e la coperta che tanto
aveva richiesto.
La donna, nel frattempo, si era svegliata meglio
e messo seduta, stando sempre però nel letto.
Per prima cosa
prese velocemente la coperta, poi si misurò la temperatura.
-
Trentotto e due.- Sospirò il marito. - Almeno non
è alta come la
scorsa volta. Bevi.- Le ordinò passandole il bicchiere.
Claudia
eseguì e sorrise. Non si sentiva neanche troppo male, se non
era
proprio altissima aveva sempre sopportato abbastanza bene la febbre.
- Poco fa, mentre eravamo a fare colazione, Guido mi ha ricordato
che oggi doveva venire a pranzo tuo padre. Che faccio? Lo chiamo e
gli dico di non venire?-
- No, non voglio che si preoccupi. Non
dirgli nulla, quando arriva vediamo come sto; se va avanti
così
riesco anche a venire a mangiare, magari dopo prendo un'altra
Tachipirina.-
- Sì, ma adesso stai tranquilla e riposati. Tanto
avevamo deciso che oggi cucinavo io, no?- Aveva riso l'uomo.
La
coccolò ancora un poco e poi andò in cucina.
La mattinata passò
in fretta; Claudia dormì a lungo, e questo la
aiutò a ristabilirsi
un minimo, mentre il marito, dopo aver aiutato il piccolo Guido a
lavarsi e vestirsi, si era messo con il figlio a cucinare, riuscendo
a distrarlo e impegnarlo fino al mezzogiorno.
A quell'ora la
donna si risvegliò sentendosi meglio, anche la febbre era
leggermente scesa e, dopo aver preso nuovamente la medicina, si
andò
a preparare per il pranzo.
Verso l'una arrivò il signor Oreste,
e ci mise poco, guardandola in faccia, a capire che la figlia non
fosse in forma.
- Sì papà,- ammise Claudia. - Mi sono svegliata
con un po' di febbre.-
- Di nuovo bambina mia? Ma l'hai sentito il
medico?-
La donna sorrise. - Sono un medico, papà, stai
tranquillo. Lo sai bene che questa è stata una settimana
pesante, il
mio sistema immunitario ne avrà risentito. E poi se mi
scende con la
Tachipirina vuol dire che non è nulla di grave.-
L'uomo lasciò
perdere e si concentrò sul nipotino che gli stava
raccontando di
aver cucinato per tutta la mattinata.
Si misero a tavola come gli
altri giorni, anche se Claudia si sentiva quasi spaesata, come se
qualcosa dentro di lei, ancora scosso dal dolore, avesse trovato
un'altra spiegazione a quel nuovo malore.
- Mamma ti piace?- Le
chiese il bambino alla fine del pasto.
- È tutto buonissimo,
amore mio, quasi quasi adesso la sera io mi riposo e tu cucini.- Rise
la madre.
-
No, io gioco e tu cucini.- Fu la risposa di Guido, e Claudia si mise
a fargli il solletico, voglio che erano seduti vicini e riusciva a
sfrugugliargli il pancino.
Dopo aver mangiato il piccolo si era
messo a dormire nel lettone dei genitori, mentre i tre adulti erano
rimasti, come di consueto, seduti in cucina a chiacchierare.
Claudia
aveva raccontato del funerale di Oscar, pur però omettendo i
suoi
sentimenti, e anche Davide e il signo Oreste erano rimasti abbastanza
basiti dal fatto che l'uomo non si fosse realizzato in alcun modo, ma
alla fine conclusero la discussione con le parole tipiche che si
utilizzavano in quelle circostanze.
In fine l'anziano se ne era
andato e Claudia si era rimessa a letto accanto a suo figlio.
Il
pomeriggio era passato in fretta mentre lei e il piccolo si
riposavano e Davide finiva alcuni affari di lavoro, e in serata la
famiglia, dopo cena, si era messa tranquilla sul divano a guardare un
film, lasciando passare felicemente le ultime ore del sabato.
Il
giorno seguente la donna stava bene e così, non andando a
pranzo dal
padre, lei, il marito e il figlio si erano concessi un giro per Roma.
Quando nel pomeriggio erano tornati a casa Guido era andato
subito nella sua cameretta, così la madre ne aveva
approfittato per
informare il marito di una decisione che aveva preso appena
ventiquattrore prima mentre riposava.
- Davide dobbiamo parlare.-
Disse sedendosi su una delle due poltrone del salotto mentre l'altro
stava sul divano a leggere.
- È successo qualcosa?- Le chiese
allarmato.
Non l'aveva mai sentita una frase simile, da lei, e non
riusciva a capire cosa volesse dire.
Il suo tono, poi, era così
grave che gli avrebbe messo ansia anche se Claudia gli avesse
semplicemente detto “ti amo”.
- No, nulla di che, ma... è
stata una settimana pesante, manca poco alle elezioni e io sento il
bisogno di staccare almeno un minimo. Voglio andare qualche giorno a
Ostia, nella casa al mare della mia famiglia, e voglio farlo da
sola.-
Dopo aver parlato, la donna, cercando inutilmente di non
farsi vedere dal marito, fu costretta a respirare profondamente
cercando di soffocare il fuoco che pareva bruciarle in petto.
Non
stava bene, non più, e poco per volta se ne stava accorgendo
davvero, ma era ancora troppo presa dalla sua vita per voler passare
dalla semplice consapevolezza al fare concretamente qualcosa.
L'uomo, fortunatamente, notò ma non si accorse realmente di
quello che era appena successo alla moglie, scosso com'era da
ciò
che aveva sentito.
- Non lo so, Claudia. Cioè, io non posso
impedirti di andare, ma è la stessa discussione che abbiamo
avuto la
scorsa domenica, sei appena stata male.-
In quel momento strani
pensieri riempirono la mente dei due coniugi; Davide ripensò
alle
sue ultime parole e si rese conto che era stranissimo quel continuo
ammalarsi della sua amata, lei che aveva sempre goduto di una salute
di ferro, mentre Claudia, per un attimo, ebbe il desiderio di
rispondere che s¡, stava male, e stava male anche quando non
aveva la febbre.
Distolsero lo sguardo l'uno dall'altra.
Poi lei, con la capacità
decisionale che la contraddistingueva, prese la parola e
tranquillizzò il marito.
- Non finirò mai di ripetermi, con te
e con mio padre, ma pazienza. Non ho avuto altro che un calo
immunitario dovuto allo stress, è stato un periodo
difficile.
L'ultima settimana, poi, è stata tremenda, ma sto bene.-
Disse
accorgendosi, per la prima volta in modo totalmente consapevole, di
star mentendo soprattutto a se stessa. - Ho solo bisogno di stare
qualche giorno in tranquillità e solitudine.-
L'uomo sospirò e
si convinse che lei stesse dicendo la verità, ma ancora non
era del
tutto favorevole a quella sua nuova improvvisa partenza.
-
E Guido? Gli avevi detto che non ti saresti più mossa da
Roma per un
po', e lui non sa di Oscar e tutto il resto. Come pensi di fare?-
-
Cercherò di fargli capire cosa mi sta succedendo,
è un bambino
intelligente.-
- Pensi di parlarci ora?-
Claudia
annuì.
Rimasero in silenzio nuovamente, poi la donna lasciò la
cucina e andò dal figlio.
Il
piccolo Guido era un bambino tranquillo, a volte anche troppo, e
forse una delle causa era proprio la continua assenza della
madre.
Anche quella sera, come spesso accadeva, era seduto alla
piccola scrivania della sua cameretta a disegnare.
Lei si andò a
sedere su un'altra sediolina e si mise a guardare il bambino
giocare.
- Amore puoi ascoltarmi un minuto?-
Lui interruppe il
disegno e rimise il tappo al pennarello che stava utilizzando.
-
La mamma deve di nuovo partire, mi dispiace.- Disse abbassando la
testa e prendendo tra le sue le manine del figlio.
- Lo sapevo,
era strano vederti due giorni all'asilo, di solito non vieni mai.-
Claudia si sentì ferita dalle parole e dagli sguardi di
Guido,
ma non poteva dargli torto.
Sapeva che lui soffriva per quel suo
continuo andare e venire, e vederlo così le faceva male.
A volte
si domandava se per caso non avesse sbagliato tutto, forse una volta
messo al mondo il bambino avrebbe dovuto lasciar perdere la passione
politica, continuare sulla carriera medica e dedicare la sua vita a
fare la madre.
-
Tanto non sono arrabbiato, lo so che è il tuo lavoro, ma
sono
triste.-
La donna si alzò e andò vicino a lui.
Non era vero,
quella volta non andava via per lavoro, e non se la sentiva neanche
di dirgli che sarebbe stata la sua ultima partenza, perché
sentiva
che qualcosa dentro di lei minacciava di non poterle far mantenere
quella promessa, così si limitò ad abbracciarlo.
- Almeno
quando sei a Roma sei sempre con me.- Osservò
intelligentemente il
bambino. - Era peggio se a casa c'eri sempre ma non stavamo mai
insieme.-
Claudia sorrise e diede un bacino al figlio, poi insieme
tornarono in cucina e prepararono la cena.
Il resto della serata
passò esattamente come la domenica precedente, il magistrato
lavò i
piatti e sistemò la cucina mentre la deputata mise a letto
il
piccolo e fece la valigia.
A differenza di una settimana prima,
però, non litigarono, ma anzi, stando attenti al figlio che
dormiva
nell'altra stanza, si presero del tempo per loro, addormentandosi poi
abbracciati senza pensare al caldo che stava diventando
soffocante.
Il lunedì padre e figlio uscirono di casa dopo aver
dato un bacio alla donna che si stava svegliando, salutandola
così
per non sapevano neanche quanto.
Claudia si alzò dopo qualche
minuto, si fece una doccia e si preparò qualcosa per la
colazione.
Prima di parlare con Davide il sabato, dopo pranzo, aveva detto
al padre che sarebbe andata via, e per quanto preoccupato l'uomo
aveva acconsentito a lasciarla partire.
In fondo non considerava
quella casa solo sua, più volte l'aveva prestata ai figli e
alle
loro famiglie, tanto che forse Claudia non avrebbe dovuto neanche
chiedergli il permesso, ma il signor Oreste non riusciva a fare a
meno di chiedersi cosa stesse accadendo alla sua bambina, sapeva che
non era solo la storia di Oscar a renderla così strana,
visto
soprattutto che erano settimane che non la vedeva in forma.
Quella
mattina, dopo aver mangiato qualcosa, la donna aveva telefonato al
padre per salutarlo e tranquillizzare anche lui.
Non era una
sciocca, sapeva benissimo di come fosse preoccupato per lei e per la
sua salute, ma in quel momento, da quando aveva iniziato anche lei a
porsi delle domande sulle sue condizioni, non aveva bisogno di
persone che, seppur in buona fede, le potevano alimentare dubbi e
paure.
Chiusa la chiamata era tornata nella sua camera a vestirsi.
Si era passata una mano su quel bozzo a cui per giorni aveva
finto di non pensare, poi si era sfiorata la schiena e il fianco che
spesso le aveva fatto male in quelle settimane e, in fine, aveva
provato a respirare a fondo sentendo ancora un forte bruciore al
petto.
Era tutto così assurdo.
Buttò uno sguardo verso il
letto; la parte che occupava lei era come sempre più scura,
segno
che anche quella notte il suo corpo aveva riempito d'acqua tutto
intorno a sé.
Quelle sudate notturne non si erano interrotte, e
le pareva strano che Davide non si fosse accorto di nulla.
Forse,
conoscendola, aveva evitato di farglielo presente, e tanto meglio
così.
Cambiò la biancheria ancora una volta, rifece il letto e
sistemò la stanza.
Fece lo stesso nella cameretta di Guido, poi
smise di temporeggiare, chiuse tutto, prese la valigia e scese in
strada per raggiungere la macchina e partire.
Sperò che nessuno
si potesse accorgere della sua assenza a lavoro, ma anche se fosse
accaduto non le interessava, aveva altro per la testa.
Persa nel
traffico di Roma e dintorni ci mise parecchio ad arrivare ad Ostia, e
ancora di più a giungere alla piccola casa della sua
famiglia, sita
leggermente fuori il centro cittadino, proprio sul lungomare.
Un
tempo, non ne aveva la certezza ma lo immaginava senza troppe
difficoltà, doveva essere stata un'abitazione abusiva
salvata da
qualche condono edilizio, la sua vicinanza alla spiaggia era
sospetta, ma doveva essere accaduto tutto molto prima della sua
nascita.
L'odore di chiuso e polvere rischiarono di soffocarla,
quando entrò, e aprì velocemente tutte le
finestre possibili in
modo da far cambiare l'aria.
Il colore predominante della casa
era l'azzurro, in certi punti il blu, ed era stata una decisione
presa da Claudia quando era adolescente.
Non solo le pareti, ma
tutto virava su quella tonalità; le tende, le lenzuola, le
stoviglie
della cucina.
Era una casetta molto luminosa, su due piani, con
due bagni e due camere da letto, ma non era poi così
grande.
Disfatti i bagagli si era messa per qualche minuto sulla
veranda che dava sulla spiaggia, la parte dell'abitazione che
preferiva fin da quando era bambina.
Aveva molti ricordi legati a
quel posto, alcuni anche legati a sua madre, la donna che l'aveva
messa al mondo e lasciata pochissimi anni dopo.
Da ragazzina
aveva a lungo sperato che tornasse, e quando aveva capito che
ciò
non sarebbe mai accaduto aveva detestato quella persona, convinta che
non avesse avuto nessun diritto di prendere e andarsene in quel modo.
Soltanto dopo la nascita di Guido aveva iniziato a provare
indifferenza per quella che sarebbe dovuta essere sua madre. Con suo
figlio tra le braccia si sentiva una donna felice, realizzata, poco
interessata a chi aveva rinunciato a quella gioia per i soldi, il
prestigio sociale e chissà cos'altro.
Immersa nei ricordi,
cullata dal rumore del mare e disturbata da quello delle rare
macchine che passavano, Claudia fece caso all'orologio solo quando
era passata da un pezzo l'una e mezza, e senza troppa fretta riprese
la macchina e si avviò a un vicino ristorante di pesce che
frequentava da molti anni.
Il proprietario era amico di suo padre
fin da quando i due erano ragazzi e il suo unico figlio, poco
più
grande di lei e Gianluca, era stato loro compagno di giochi quando
erano bambini.
Ora anche lui lavorava al ristorante, e quando vide
Claudia entrare rimase non poco stupito.
Conoscendola bene
immaginava come volesse stare sola e in pace, così la fece
accomodare in un tavolo abbastanza appartato rispetto agli altri,
anche se il locale non era poi così pieno, e le disse che,
non era
troppo di fretta, poteva poi fermarsi a fare quattro chiacchiere.
Infatti,
dopo un ottimo pranzo, il pesce
del ristorante di Roberto, questo il
nome dell'amico di gioventù di suo padre, era tra i migliori
di Roma
e provincia, si ritrovò al tavolo a parlare con lui e il
figlio,
Andrea.
- Non era buono? Di solito mangi molto di più quando sei
qui.- Aveva commentato il più anziano dei due uomini.
- No, no,
era ottimo come al solito, ma è un periodo che non ho molta
fame.-
-
Si nota, sei più magra di come ti ricordavo.- Aveva
osservato
l'altro.
Claudia non aveva più risposto. Quella frase avrebbe di
certo fatto piacere a qualsiasi altra donna, ma non a lei, non in
quel periodo.
Roberto aveva cambiato allora argomento, accennando
al fatto di Oscar.
Tanti anni prima anche lui, ogni tanto, era
andato al mare con l'amica, e così anche padre e figlio lo
avevano
ben conosciuto.
- Sì, è stato un fatto imprevisto e assurdo. Ero
fuori Roma, figurati, e l'ho sentito dalla televisione.
Venerdì
sono andata al funerale ma mi sono comportata come se fossi un
fantasma, non ho neanche avuto il coraggio di fare le condoglianze
alla famiglia.-
- Capisco. Sì, anche io quando ho sentito e
capito che era lui sono rimasto molto colpito. Non lo sentivo da
anni, non eravamo neanche poi così amici, ma in ogni caso si
rimane
scossi da eventi del genere.-
- A chi lo dici.- Sospirò la
donna.
- È per questo che sei qui tutta sola?- Le
domandò
Roberto che sapeva come lei non fosse il tipo da abbandonare la
famiglia, neanche temporaneamente, senza motivazione.
- Sì, avevo
bisogno di stare un poco tranquilla per qualche giorno.-
- Quindi
ti vedremo spesso questa settimana?- Domandò Andrea, e
Claudia
sorrise. - Sì, probabilmente sì.-
Rimasero ancora a
chiacchierare a lungo. Roberto e il figlio non erano mai stati troppo
interessati alla politica, ma da quando Claudia era parte integrante
di quel sistema la situazione era cambiata e ascoltavano sempre con
piacere quello che lei aveva da dire o raccontare.
Andrea era
sposato con Sonia, una professoressa di lettere alle scuole medie, e
padre di due ragazzini, entrambi maschi, che frequentavano l'istituto
dove quella insegnava, ragione per cui dopo la scuola andavano a
pranzo con la madre a casa e non passavano quasi mai dal
ristorante.
- Uno di questi giorni, se non c'è troppo lavoro qui,
Andrea può anche lasciarmi solo e tu potresti mangiare da
loro, così
saluti anche Sonia e i ragazzi.- Aveva proposto il proprietario.
-
Perché no? Magari mercoledì che il locale
è chiuso.- Aveva
risposto il figlio con voce più bassa.
Quel mercoledì, infatti,
sarebbe stato l'anniversario della morte di Angela, sua madre e
moglie di Roberto.
- Già, allora vengo anche io, almeno mi
distraggo un po'. Dodici anni, sono già passati dodici anni
da
quando mi ha lasciato l'amore mio, dodici anni... maledetto linfoma.-
Dopo quelle parole Roberto si asciugò le lacrime di cui i
suoi
occhi si stavano riempendo, mentre Claudia provò qualcosa di
strano
nel sentire il nome del male che aveva ucciso la donna.
Non che
non lo sapesse, l'aveva conosciuta quando stava bene, quando si era
ammalata ed era naturalmente anche andata, assieme a suo padre,
Gianluca e anche Oscar, al suo funerale, ma quel giorno sentendo il
nome “linfoma” aveva provato la strana sensazione
della prima
notte a Torino, come se dentro di lei si fosse mosso
qualcosa.
Rimasero un poco in silenzio e poi Claudia li salutò,
si era ormai fatto pomeriggio inoltrato e prima di tornare alla
casetta sulla spiaggia voleva passare a comprare qualcosa al
supermercato.
Si ostinò a pagare e alla fine l'ebbe vinta,
promettendo però in cambio che la sera successiva avrebbe
cenato di
nuovo lì e sarebbe stata loro ospite.
Non impiegò molto a fare
la spesa, e quando tornò a casa, dopo averla sistemata,
telefonò al
marito.
Le faceva sempre bene sentire la sua voce, come del resto
accadeva con quella di Guido o di suo padre, e anche se era partita
così all'improvviso non aveva tolto neanche un momento il
pensiero a
loro.
Spenta la chiamata si riposò di nuovo sulla verandina e
poi decise di fare quattro passi sulla spiaggia.
Le piaceva
camminare a piedi scalzi nell'acqua fresca con le cuffie del lettore
musicale nelle orecchie, soprattutto quando, come in quel momento,
era completamente sola lungo tutta la banchina.
Quando il cielo
iniziò a rosseggiare e il sole si fece più basso
trovò uno scoglio
e si sedette a guardare verso l'orizzonte.
Sentiva il rumore del
mare, dei gabbiani e delle onde che si infrangevano sulla scogliera
facendo sì che di continuo le arrivassero addosso schizzi
d'acqua e
schiuma.
Ma soprattutto guardava il tramonto.
Si sentiva
invasa dal una profonda tristezza, e ancora più che nei
giorni
precedenti cercava in ogni modo a scacciare il suo dolore, quella
sera affidandolo al mare.
Provò
a ripensare a tutti i ricordi felici che aveva del suo migliore
amico, e le venne da sorridere nel realizzare che ricordava con
precisione anche la sua voce.
Chiuse gli occhi e lo immaginò al
suo fianco, per avere almeno l'illusione di potergli chiedere scusa
per quei dieci anni in cui si era totalmente allontanata da
lui.
Quando li riaprì e riprese contatto con la realtà
si sentì
leggera, come se avesse la certezza che, in fondo, lui l'aveva
perdonata, e, soprattutto, la certezza che non l'avrebbe mai
abbandonata.
Non c'era bisogno di credere in un Paradiso o in un
Dio per sapere che certi legami sarebbero stati sempre più
forti
della lontananza e della morte.
Tornò a casa che iniziava a fare
buio, cenò ascoltando la radio e chiamò ancora
una volta i suoi
cari per dare la buonanotte a quel figlio che tanto amava.
Fu dopo
cena che prese il coraggio a due mani, e lo fece seduta sul
divano.
Tremava, forse più nell'anima che nel corpo, ma
cercò di
tranquillizzarsi mentre digitava sulla tastiera touch del suo
smartphone il numero di telefono di Francesco Riganese, un suo
carissimo amico medico.
Non si sentivano da un po', ma fu una
telefonata rapida e difficile.
Claudia aveva deciso di smettere di
mentire a se stessa.
Era malata, e l'appuntamento con la verità
era per le nove della mattina seguente.
;Sunny's space.
Dunque, alla fine il dramma di Oscar ha portato Claudia a prendere
coscienza delle sue condizioni, ma cosa ha di preciso? Cosa
comporterà questo accettare la sua vita e, soprattutto,
è arrivata ancora in tempo o la visita medica
decreterà un destino più crudele?
Alla fine ho deciso di aggiornare anche se la storia è
"poco" seguita :) Scrivo soprattutto per me, ma se mi metto in gioco
devo farlo in toto, dunque, con buone probabilità visto che
sto finendo di scrivere il quindicesimo capitolo, potrò
aggiornare una volta a settimana, e pazienza se i numerini di visite e
recensioni non cresceranno in modo esponenziale come quelle di altre
storie, vorrà dire che la mia strada non è la
letteratura :).
Ringrazio tutti i lettori silenziosi e i recensori, tutti quelli che
credono in me e le persone che leggono anche solo per caso.
Alla prossima settimana :)
|
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
Capitolo
VIII
Trovarsi nel
traffico dei pendolari che la
mattina raggiungevano Roma dalla periferia non era certo uno degli
obiettivi della vita di Claudia.
Per questo anche se ci aveva
spesso pensato non aveva mai provato a trasferirsi al mare o
più in
generale fuori dal Raccordo, per quanto amasse le località
piccole
non era fatta per svegliarsi all'alba e affrontare tutta quella
confusione ogni mattina.
Non che la situazione nella capitale
fosse migliore, soprattutto per chi come lei non viveva proprio
in centro e impiegava molto a raggiungere il posto di lavoro, ma
Claudia considerava il traffico cittadino quasi più
sopportabile di
quello periferico, forse per la varietà di persone e
situazioni che
si osservavano anche stando fermi tra le macchine con addosso il
classico nervosismo da automobilisti.
Quella mattina, oltretutto,
era tesa per la visita, e tutta quella confusione non faceva altro
che distrarla dal ricordare tutto ciò che avrebbe dovuto
dire a
Francesco.
Sapeva di essere in una situazione diversa da quella
in cui si trovavano altri pazienti, e non solo per il fatto di
conoscere il medico con cui stava andando a parlare da molto prima
che diventasse dottore.
Da quando la sera precedente aveva spento
la telefonata era stata a lungo a meditare su se stessa, ed era
giunta alla conclusione di sapere ormai da settimane cosa stesse
accadendo al suo organismo; semplicemente, fino a quel momento, non
aveva avuto il coraggio di ammetterlo.
Era stata la morte di Oscar
a cambiare le cose, inutile negarlo.
Parcheggiò vicino
all'ospedale quando mancava un quarto d'ora alle nove, giusto il
tempo di arrivare allo studio.
Non aveva fatto colazione, e anche
se la fame cominciava a farsi sentire decise di continuare su quella
strada, sapendo che essere digiuna poteva farle comodo quella
mattina.
Conosceva Francesco Riganase da quando era entrata a
medicina.
Lui era al secondo anno e lei lo aveva contattato per
comperare alcuni appunti per un esame.
Il commercio di appunti per
certi appelli andava alla grande, tanto che più volte lei si
era
rivolta a lui fino a che non si erano conosciuti così bene
da
diventare amici.
A quel punto Francesco aveva smesso di farglieli
pagare, le passava gli appunti gratuitamente, aveva di certo
guadagnato qualcosa di più importante con quella amicizia.
Erano
rimasti in stretto contatto fino a che Claudia non era stata eletta,
poi la loro amicizia era rimasta forte ma si erano sentiti sempre
meno.
Quando la sera prima la donna gli aveva telefonato lui era
rimasto non poco stupito, anche perché aveva capito quasi
subito che
quella non era una chiamata di cortesia ma una richiesta di aiuto
fatta da una donna ammalata a un medico.
E aveva avuto un
terribile presentimento, perché era oncologo.
Leggere il nome
della specializzazione dell'amico sulla porta d'ingresso del reparto
la fece tremare.
Non
poteva essere, continuava a ripetersi, ma sapeva benissimo che no,
non era lì solo per semplice scrupolo.
La ricevette quasi
subito, ed entrambi preferirono perdere qualche minuto a
chiacchierare. Non sarebbero di certo stati quelli a modificare la
situazione di Claudia.
- Non ho mai votato sinistra e non credo
lo farò mai.- Aveva detto Francesco mentre parlavano. - Ma
devo
ammettere che mi faceva sentire orgoglioso essere amico tuo.-
La
donna aveva riso, perché non era la prima volta che glielo
sentiva
dire.
- Sì, ma è stato un periodo molto stancante,
forse
troppo.- Era stato il commento di Claudia.
E non l'aveva di certo
fatto a caso; voleva introdurre lentamente il discorso legato alla
sua salute, ma non era ancora pronta del tutto ad ascoltare la
verità.
L'uomo, che aveva tutta la sensibilità richiesta a chi
faceva il suo lavoro, capì subito le intenzioni dell'amica e
la
aiutò a gestire la conversazione rispettando i suoi tempi.
- Me
lo dicevi ieri sera al telefono. Si vede che sei stanca, non hai il
viso riposato di tempo fa.-
- Figurarsi. Oltre al lavoro c'è poi
anche la famiglia, e non voglio togliere tempo a mio figlio. Posso
immaginare bene come soffra nel vedermi poco, e non credo sia il caso
di stare con lui ancora meno solo per riposarmi.-
Dopo quella
affermazione le si formò un groppo in gola,
perché sapeva che, se i
suoi cattivi presentimenti si fossero dimostrati corretti, si sarebbe
dovuta allontanare dal suo bambino ancora più a lungo.
- Già,
tuo figlio. Guido, vero? Quanti anni ha adesso?-
- Cinque e mezzo,
quasi sei, a settembre inizierà la prima elementare.-
Francesco
sorrise. - Mamma mia come passa il tempo, credo ne avesse due o tre
l'ultima volta che l'ho visto.-
Un lieve sorriso comparve anche
sulle labbra di Claudia.
Fu quando non ebbero più nulla di bello
da raccontarsi che l'uomo le fece capire che era arrivato il momento
di andare al punto.
- Non sto bene, da mesi, forse da prima che
cadesse il governo.-
- Ed è la prima visita che fai? Non hai
sentito neanche il medico di base?-
- No, non ho fatto nulla. Ma
magari ho fatto bene, sarà solo stress.-
Il dottor Riganese
scosse la testa.
La conosceva troppo bene per credere a quelle
parole, sapeva che se era lì era perché aveva
smesso di credere che
la causa dei suoi malori fosse lo stress.
- Va beh... non ti dico
nulla perché credo dovresti sapere ciò che stai
facendo, ma dimmi
più nel dettaglio qual è la sintomatologia.-
Claudia si sistemò
sulla sedia e si sfregò le mani sudate una contro l'altra.
Era
agitata, agitatissima.
- Ho perso peso, appetito, forza. Sudo
molto la notte e in due settimane ho avuto due volte la febbre, cosa
alquanto strana per me.-
- Claudia...- Se fino a quel momento il
medico aveva ancora sperato che la situazione fosse diversa ora i
sintomi lasciavano davvero pochi dubbi.
- Aspetta, non è tutto.-
Aggiunse la donna raccogliendosi i capelli con le mani.
Si alzò
e andò oltre la scrivania, vicino all'amico.
- Circa un mese fa
ho scoperto questo.- Disse indicando il bozzo che aveva sul collo
Riganese lo sfiorò con due dita e sospirò.
- Se un medico,
dannazione. Una persona qualsiasi sarebbe addirittura corsa in pronto
soccorso con sintomi simili, e tu stai male da mesi fingendo che non
sia nulla di importante?-
La deputata si irrigidì.
- Forse una
qualsiasi altra persona non sarebbe stata impegnata con la fine di un
governo e la successiva campagna elettorale, forse.-
Il suo tono
era tra l'infastidito e l'ironico, e il medico sospirò
ancora.
Non
voleva offenderla, ma non poteva credere al modo in cui aveva
lasciato perdere la sua salute per stare dietro al lavoro.
-
Immagino che la tua famiglia si sia accorta della situazione e tu
abbia fatto il possibile per tranquillizzarli.-
- Sì, anche se
dubito abbiano smesso di preoccuparsi davvero. In ogni caso ora sono
qui e questo è l'importante, no?---
Il medico lasciò
perdere.
No, non era quello l'importante.
Aveva detto
chiaramente che le sue condizioni si stavano aggravando da molto
tempo, e non era positivo.
Francesco Riganese ebbe improvvisamente
voglia di affidare l'amica ad un collega, non voleva essere lui a
sapere cosa le stesse accadendo.
Si riprese dopo un attimo, però,
e lasciò perdere quei pensieri perché sapeva che
lei, in quel
momento, ancora più che di un medico aveva bisogno di un
amico.
-
C'è altro?-
Claudia annuì. - Dolori al fianco, alla schiena e
difficoltà a respirare, talvolta forti.-
- Quale fianco?-
-
Il sinistro.- Rispose a voce bassa.
Francesco le si avvicinò e le
alzò la maglia per tastarglielo.
- Splenomegalia, la milza si
tocca fin troppo bene, spero solo non ci sia bisogno di asportarla in
futuro. Per quanto riguarda la schiena e le difficoltà
respiratorie,
invece, iniziamo con delle lastre e se necessario procederemo poi con
altri accertamenti più specifici. Ora faccio un paio di
telefonate e
cerco di capire se abbiamo possibilità di iniziare subito le
analisi.
Ci sarebbero inoltre da fare emocromo completo e biopsia
del linfonodo.-
- Sarebbe meglio un agoaspirato.- Commentò la
donna. - In questi giorni non sono a casa e forse dopo una biopsia
guidare fino ad Ostia è più complesso.-
Il medico annuì, poi
rimasero in silenzio mentre lui chiamava in giro per l'ospedale alla
ricerca di un posto dove poter fare questo o quell'altro esame.
Sapevano entrambi che ciò che stavano facendo era molto
discutibile da un punto di vista legale, senza contare il poco
rispetto verso chi per fare quegli esami aspettava settimane o mesi,
ma non gli importava molto.
Non importava a Claudia, che pur
dispiaciuta per quel “privilegio” ottenuto sapeva
di non poter
attendere oltre, e non importava a Francesco, che prima ancora delle
regole rispettava la missione che aveva come medico, ovvero fare
tutto il possibile per salvare vite umane.
Fu una mattinata lunga
e pensante.
Claudia da anni non era più abituata a fare la
paziente, e pur conoscendo bene nella teoria le analisi a cui si
stava sottoponendo si sentiva in soggezione, quasi più
spaventata da
quelle che dai possibili risultati.
Chiese esplicitamente
all'amico di non fare commenti né espressioni di nessun
genere
mentre le eseguivano le lastre, perché desiderava sapere poi
tutto
insieme, anche se immaginava già che, almeno in parte,
l'esito di
quegli esami sarebbe stato il bisogno di nuovi
approfondimenti.
Quando fu pomeriggio i due si fermarono a
mangiare qualcosa alla caffetteria dell'ospedale.
Per Claudia era
il primo pasto della giornata, e fu contenta di frenare in qualche
modo il brontolio del suo stomaco e i giramenti di testa.
-
Inutile dire che se si fosse trattato di un'altra persona avrei
ordinato il ricovero immediato.- Aveva detto Francesco mentre si
accomodavano.
- Sì, sì lo so, infatti ti ringrazio. E ti chiedo
di fare il possibile affinché non escano notizie di alcun
genere.-
- Neanche a dirlo, stai tranquilla. Piuttosto mi lascia perplesso
il tuo essere sola ad Ostia e l'aver deciso solo adesso di farti
visitare.-
La donna fece un leggero sbuffo e tamburellò con le
dita sul tavolo gettando lo sguardo altrove, alla ricerca di qualcosa
di meglio della sua via, ma era difficile trovare felicità
nel bar
di un ospedale.
- Li segui i telegiornali? Non dico le notizie di
politica o di economia, paro della cronaca.-
- Sì, non tutto ma
abbastanza, perché?-
- E hai sentito di quell'uomo che si è
tolto la vita la scorsa settimana buttandosi da un palazzo in
costruzione?-
- Sì, qualcosa la ricordo. L'ennesimo suicidio di
un disoccupato che ha perso le speranze di una vita migliore,
così
mi pare abbiano detto.-
- La versione ufficiale è sempre quella,
e pazienza se le cose stavano davvero così o meno. In ogni
caso non
è questo il punto... il fatto è che quell'uomo
era il mio migliore
amico, o almeno lo è stato fino a che non mi sono iscritta
al
partito dieci anni fa.
Non lo sentivo da così tanto tempo...
eppure la notizia mi ha lasciata completamente sconvolta.-
Francesco
la guardò con occhi quasi compassionevoli e le prese le
mani.
-
Oh, Claudia... sono terribilmente dispiaciuto...-
La donna si
asciugò gli occhi umidi di lacrime e riprese a parlare. -
Dopo il
funerale ho pensato di aver bisogno di stare qualche giorno da sola,
e ieri sono partita per Ostia. La solitudine mi ha portato a
riflettere, e unita al fatto che domani sarà il decimo
anniversario
della scomparsa di una donna malata di linfoma lascio a te le
conclusioni.-
Il medico annuì, lei abbassò di nuovo lo sguardo.
Era tragico pensare che per accettare quello che stava accadendo
al suo corpo era dovuta passare per la morte del suo migliore amico,
anche se una parte di lei le diceva che quello era stato il suo
particolarissimo modo di salutarla ed aiutarla.
- Per giovedì
dovremmo avere i primi risultati, riesci a tornare?-
-
Naturalmente.-
- Allora ci vediamo dopodomani, hai bisogno di
qualcosa?-
- No... no, sto bene, nessun problema.-
- Mh, ok...-
Rispose l'uomo poco convinto. - Mi raccomando però, se ti
senti male
corri in ospedale. So che vuoi evitare che la notizia si sappia in
giro, ma non puoi rischiare. Anche se non abbiamo ancora i risultati
delle analisi è ormai innegabile il fato che tu sia
ammalata, e non
puoi fingere ancora.-
La donna annuì.
Parlavano sempre in modo
ipotetico, ma ormai era certa che di lì a poco la sua vita
sarebbe
cambiata.
Si salutarono che erano le cinque del pomeriggio.
Il
dottor Riganese aveva perso l'intero martedì, giorno che
quella
settimana aveva libero, ma non pensava si trattasse di uno spreco.
Provava solo una grande tristezza nel sapere del grosso ostacolo
che si era posto sulla strada della vita dell'amica.
Una vita
così bella, la sua, da non poter ammettere un dramma
simile.
Claudia, invece, cercò di pensare ad altro, dopotutto
erano settimane che sapeva.
Tornò a casa e chiamò il
marito.
Sentì lui e il figlio per telefono, poi chiamò il
padre
ed in fine si fece una doccia.
Si comportò esattamente come
quando era via da casa per lavoro, e quando mancava poco alle otto
uscì di casa per andare a cena al ristorante di Andrea e
Roberto.
Come d'accordo non pagò, ma vista la stanchezza non
riuscì a
fermarsi a chiacchierare con i due.
Il giorno seguente lo passò
con la loro famiglia a casa dell'uomo più giovane.
Durante la
mattinata vi erano solo lui e il padre, e quando Claudia
arrivò
stavano iniziando a cucinare.
Senza neanche farlo apposta il
discorso, per ovvie ragioni, cadde su Angela, la moglie di Roberto, e
soprattutto sulla malattia che l'aveva strappata alla vita e
all'amore dei suoi cari.
- Spesso sogno ancora che sia vicino a
me, ma negli ultimi momenti, quando ormai la situazione era
precipitata.- Aveva gli occhi lucidi, l'uomo, e il figlio lo
abbracciò leggermente.
Claudia fece un mezzo sorriso molto
dolce.
- Scusa,non dovrei metterti tristezza con questi discorsi.-
Aveva sospirato guardandola, e la donna aveva risposto di non farsi
problemi, di stare tranquillo e contare su di lei se avessero avuto
bisogno di parlare, era lì anche per quello.
Nessuno dei due
sapeva o poteva immaginare cosa Claudia stesse attendendo, e dal
canto suo lei non aveva intenzione di parlarne.
Senza neanche
volerlo fu però proprio la donna a spostare la discussione
sulla
malattia e le condizioni di Angela in quel periodo.
Solo quando
erano rincasati Sonia e i figli, all'ora di pranzo, gli animi si
erano un po' distesi, spostando le chiacchiere su argomenti
più
leggeri.
Nel pomeriggio avevano fatto quattro passi sulla
spiaggia, e poi Claudia li aveva salutati poiché si erano
mossi per
andare al cimitero e non voleva intromettersi in un momento
così
privato.
Aveva passato la serata come quella precedente,
rispondendo con poca voglia a un messaggio di Francesco che le
chiedeva come stesse.
Non aveva cenato, la fame quel giorno le era
passata subito dopo pranzo, ed era agitata, benché non fosse
quella
la causa della sua assenza di appetito.
Si era coricata presto,
non erano neanche le dieci e mezza, ma aveva ugualmente impiegato
molto tempo ad addormentarsi.
La mattina del giovedì aveva però
avuto comunque difficoltà ad alzarsi, anche se era stupita
di come
fosse riuscita a riposare tranquilla.
Lasciò perdere le
lenzuola, era ormai abituata a tutto quel bagnato, e scrisse un sms
di buon giorno al marito come se andasse tutto bene.
Si era poi
messa in macchina esattamente come due giorni prima, pronta ad
affrontare il viaggio verso Roma.
Era partita con un leggero
anticipo, così una volta parcheggiato si era potuta fermare
a fare
una buona colazione.
Qualcosa l'aveva già presa a casa appena
sveglia, perché non mangiava da diverse ore e dubitava di
poter
guidare ancora una volta a stomaco completamente vuoto, ma si volle
concedere qualche minuto di completo relax al tavolino di un bar in
compagnia di cappuccino e cornetto.
Solo dopo aver pagato si sentì
pronta per prendere il coraggio a due mani e andare dritta verso
l'ingresso dell'ospedale senza voltarsi indietro.
Salì fino al
piano del reparto di Oncologia e rimase alcuni istanti ferma a
fissare quella parola, sentendo dentro gli stessi brividi di due
giorni prima.
Dicevano sempre tutti, là fuori nel mondo, che non
si pensa mai a come certe cose potessero accadere loro in prima
persona.
Perché i drammi della vita si raccontavano,
commentavano, giudicavano e compativano, ma non si vivevano mai.
Solo qualcuno ammetteva che non era sempre così e che se mai
gli
fosse capitato qualcosa lo avrebbe accettato e affrontato.
Accettare,
affrontare, non avere paura e sperare.
Ma soprattutto vivere e
respirare, prima, durante e dopo il dramma.
Perché per lei era
ormai scontata l'idea di esserci in mezzo, ma non dubitava in nessun
modo del fatto che ci sarebbe stato un dopo felice.
Respirò, fece
il suo ultimo respiro del prima, e bussò.
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Capitolo 9 *** Capitolo IX ***
Capitolo
IX
- Linfoma di
Hodgkin, quarto stadio, probabili
metastasi alla colonna vertebrale e i polmoni.
In una situazione
normale saresti ricoverata subito e al massimo dopodomani inizieresti
la chemioterapia.-
Francesco aveva parlato con davanti a sé i
fogli dei referti delle analisi.
-
Ma non si può fare, e in ogni caso non hai la certezza
né della
diagnosi né della stadiazione, visto che non ci sono ancora
i
risultati dell'agoaspirato.-
- Ma per favore, Claudia.- Sbottò
l'uomo. - Smettila di nasconderti dietro a un dito.-
La donna
sospirò.
- Non è facile accettare una cosa simile, soprattutto
non è facile pensare a quello che accadrà a me e
alla mia
famiglia.-
Francesco le prese le mani. - Stai tranquilla, andrà
tutto bene. Scusami se sono stato burbero, sia prima che l'altro
giorno, ma mi sono preoccupato sia per le tue condizione che per il
poco peso che gli hai attribuito.-
- Lo so, non preoccuparti,
posso capire quello che provi.- Rispose lei con un leggero sorriso. -
Però adesso non so davvero cosa fare, non posso iniziare le
cure in
questo momento, è fuori discussione.-
Riganese cercò di
comprendere ancora una volta le ragioni dell'amica, anche se come
medico gli pareva una follia non cominciare immediatamente le
terapie, vista soprattutto la gravità della situazione.
- Dopo le
elezioni, nella speranza che queste due settimane non ti portino
peggioramenti. Ti ripeto però che qualsiasi cosa accada, se
ti senti
male o altro, devi correre in ospedale; non pensare a come possa
venire fuori la notizia o cosa si possa dire in giro. È
difficile,
lo so, ma qui c'è in gioco la tua vita, Claudia, e credo tu
lo
sappia anche meglio di me.-
La deputata annuì e, come sempre
faceva quando il discorso prendeva pieghe che non le piacevano,
distolse lo sguardo dall'interlocutore rimanendo zitta.
Aveva
quasi voglia di piangere.
Come malata di cancro non ci si vedeva,
non si era mai vista ammalata gravemente di nulla, e anche quando
pochi anni prima aveva cominciato i periodici controlli ginecologici
che ogni donna doveva fare non si era poi mai preoccupata
più di
tanto.
Era uno scrupolo, una routine, nulla più.
Come
Ministro si era anche occupata delle campagne di prevenzione, ma come
donna era sempre stata certa che i suoi esami sarebbero stati
perfetti ogni volta.
E di fatti gli esami ginecologici,
probabilmente, sarebbero stati buoni anche in quel periodo, ma il
male aveva deciso di colpirla ugualmente, in un altro modo, facendo
crollare tutte le sue certezze.
Proprio come aveva fatto il
suicidio di Oscar.
Le si gonfiarono gli occhi di lacrime ma ancora
una volta non volle piangere, decisa a mostrarsi forte come suo
solito. -
- Sarà lungo?- Domandò.
- Dipende da quanto effetto
farà la chemioterapia. Dobbiamo fare analisi più
approfondite alla
schiena e ai polmoni, ma credo che in ogni caso ci sarà
bisogno di
operare, e dunque è possibile anche vi sia la
necessità di qualche
ciclo di radioterapia.-
- Il pacchetto completo, quindi, non mi
faccio mancare nulla.- Commentò sarcastica. - Sarebbe
cambiato
qualcosa se mi fossi fatta visitare prima?-
Il medico deglutì.
Si aspettava quella domanda e sapeva che l'amica avrebbe di certo
preferito la verità a una qualche rassicurante bugia.
- Sì, se
appena accusati i primi sintomi ti fossi fatta visitare è
probabile
che ora saresti sotto terapia ma con una prognosi migliore, per
quanto anche adesso le possibilità di guarigione siano alte,
è
chiaro.
- Oh sì, so bene che sono stata fortunata, vi sono
malattie molto meno curabili.- Replicò al suo solito modo.
Rimasero
ancora in silenzio, e Francesco si stupì di come l'amica
riuscisse
quasi a scherza su quella situazione, benché vedeva i suoi
occhi
mostrare i sentimenti che realmente provava.
- Se non hai altre
domande vorrei fartene una io, Claudia.-
- Dimmi pure.-
- Posso
capire la stanchezza e la mancanza di appetito, in un periodo
stressante può capitare, e se mangi poco si potrebbe
definire
normale anche la perdita di peso.
Il sudore notturno e quelle
continue influenze anche ti avrebbero dovuto allarmare, soprattutto
viste le tue conoscenze in campo medico, ma se proprio anche queste
vogliamo dire fossero comprensibili io non capisco come tu abbia
fatto a non preoccuparti quando ti si è gonfiato quel
linfonodo sul
collo, fatto che, già mi sembra di avertelo detto, instaura
dubbi in
tutti, anche in chi di linfonodi e linfomi non ha mai sentito
parlare.-
La donna scrollò le spalle e giocò un po' con una
ciocca di capelli prima di rispondere.
- Inizialmente mi sono
convinta che si trattasse di un lipoma, ma è chiaro che le
somiglianze in italiano non siano ugualmente tali in medicina.- Aveva
sorriso ancora, lasciando l'amico senza parole.
Improvvisamente il
medico lasciò perdere l'umano desiderio di consolarla,
comprendendo
da quel suo modo di fare che non voleva soffrire lì ma dopo,
quando
sarebbe stata circondata dalla famiglia o addirittura in completa
solitudine.
- Hai detto “inizialmente”, mi viene il dubbio
che...-
- Sì, sospetto da diverse settimane che un qualcosa di
grave si sia impossessato del mio corpo, e avevo quasi la certezza di
cosa potesse essere. È per questo che sono molto meno
sconvolta di
come sarebbe qualcun altro.
Io più che una diagnosi ho ricevuto
una conferma, il difficile sarà il resto... parlarne a casa,
essere
ricoverata, allontanarmi ancora da mio figlio, spiegare a un bambino
così piccolo una situazione così complessa... ma
ora non ci voglio
pensare, domani farò ritorno a casa e si vedrà.-
Concluse.
- Se
hai bisogno di aiuto anche per questo sai che non devi esitare non
dirmelo.-
- Sì, sì lo so, grazie, ma credo si tratti di una
cosa che devo fare da sola.-
Poco dopo Claudia disse che era
giunta per lei l'ora di tornare ad Ostia, e Francesco si propose per
accompagnarla fino alla macchina.
- In settimana ti chiamo per i
risultati dell'agoaspirato e le altre analisi di cui c'è
bisogno.-
Le disse mentre la guardava legarsi la cintura e mettere in moto.
-
Sì, ma stai tranquillo. Sembri quasi più
preoccupato tu di me.-
-
Ti voglio bene, è normale.-
- Lo so... Ti voglio bene anche
io.-
- Guida piano e fammi sapere come stai, ricordati di quello
che ti ho detto.-
La donna non rispose più, si limitò a fare un
cenno con la mano, sorridere e partire.
Non pensò a nulla fino
all'arrivo a Ostia, e la prima cosa che fece quando vi giunse fu
andare al ristorante a salutare Roberto e Andrea.
Com'era ovvio
non disse loro nulla di ciò che aveva scoperto,
semplicemente si
limitò a ringraziarli per quei giorni, e quando, prima di
andare
via, Roberto le disse che si aspettava di rivederla spesso con marito
e figlio durante l'estate che stava per cominciare non poté
fare
altro che rispondere “sì” a voce bassa
cercando di non far
notare il dolore che le portava quella frase.
A casa riaprì, per
la prima volta dopo un anno, l'armadio dove tenevano i costumi da
bagno e i teli da mare, decisa a fare il primo e probabilmente ultimo
bagno di quella stagione.
Fissandosi riflessa allo specchio in
costume si accorse di quanto fosse magra, le pareva di avere il corpo
di un'anoressica.
Si
chiese quante persone sarebbero andate al mare dopo una diagnosi del
genere e si rispose nessuna, ma era convinta che la sua situazione
fosse molto particolare.
Si lasciò cullare dall'acqua fresca di
fine maggio che poco a poco si fece tiepida.
Mentre
tornava da Roma le era presa un'immensa tristezza nel vedere le mamme
con i loro bambini, momenti
di
ordinaria felicità che a breve le sarebbero stati negati.
C'era
una gioia in tutto quello, la certezza di star male lei e non suo
figlio.
Era cresciuta senza una
madre e se fosse morta era sicura che anche Guido se la sarebbe
potata cavare, proprio come avevano fatto lei e Gianluca.
Ma
se per qualche disgrazia avesse mai perso suo figlio sapeva che non
si sarebbe ripresa.
Si accarezzò dolcemente il ventre.
Anni
prima aveva desiderato ben più di un bambino solo, ma poi il
lavoro
l'aveva portata a rinunciarci.
Durante l'inverno precedente aveva
però avuto un ritardo di diversi giorni, e per un attimo
aveva
sperato che una svista o un errore le avessero concesso la
possibilità di essere nuovamente madre.
Non aveva neanche fatto
in tempo a fare un test di gravidanza che il suo corpo le aveva fatto
capire come stessero realmente le cose; era stato un falso allarme,
dovuto allo stress o, chissà, alla malattia che
già si stava
impadronendo di lei.
Sapeva che se fosse guarita sarebbe stato
molto difficile rimanere di nuovo incinta, e si malediva per avere
dedicato tutto quel tempo alla realizzazione professionale senza
pensare al fatto che non avesse tutto il tempo del mondo a
disposizione per il resto.
Pensò
a suo padre, al dolore che avrebbe provato nel ricevere una notizia
simile, alla paura di perderla che di certo avrebbe avuto.
Tornò
a casa, si fece una doccia calda e, indossata una tuta,
preparò la
borsa per fare ritorno a Roma nella giornata seguente.
Poi si
buttò sul letto e pianse, pianse fino a quando non si
addormentò
sfinita e con gli occhi rossi.
La mattina seguente fece fatica ad
alzarsi, e rimase a lungo sotto le coperte mentre cercava le forze
per iniziare un'altra giornata, addolorata dall'idea che la malattia
le togliesse anche la possibilità di un sonno ristoratore.
Chiamò
il padre e il marito, non aveva sentito nessuno dei due la sera
prima, e in particolare chiese a Davide di tornare a casa presto quel
giorno e al signor Oreste di andare a prendere suo figlio all'asilo e
di portarlo poi a casa.
Entrambi rimasero stupiti da quelle
richieste, ma la donna non diede nessun tipo di spiegazione.
Si
mise in macchina verso le undici e si lasciò scorrere nel
traffico
diretto a Roma.
Fece una fermata in un centro commerciale alle
porte della città eterna; si godette un giro per i negozi,
fece un
po' di shopping e la spesa.
Non dubitava di come Davide avesse
trattato la casa in quella settimana, ma le piaceva avere tutto sotto
controllo, compreso quello che aveva nel frigo e nella dispensa.
Tornando verso le scale mobili che portavano al parcheggio
interrato si trovò davanti alla vetrina di un negozio che
vendeva
foulard.
Rimase a fissarlo alcuni istanti, poi decise di
entrare.
Non aveva bisogno di coprire il collo, ma era inutile
negare che molto presto avrebbe dovuto coprire il capo completamente
calvo.
Ebbe la fortuna di non essere riconosciuta e acquistò due
foulard dai motivi astratti e chiari, estivi, e quando uscì
dal
negozio, vista l'ora, decise di fermarsi a pranzo in uno dei tanti
ristoranti del centro commerciale.
Quando finalmente rincasò
sistemò la spesa e si mise calma ad attendere il marito.
Non
sapeva con quali parole gli avrebbe detto di essere ammalata,
perché
per lei sarebbe stato perfettamente normale dirgli semplicemente
“Davide ho il cancro”, ma sapeva che non era quello
il modo, e
ciò che più la preoccupava era la possibile
reazione dell'uomo, la
paura e il dolore che quella notizia gli avrebbero procurato.
Si
disse che era di certo molto più facile star male che veder
star
male, e lei per prima preferiva soffrire al posto di chi amava.
Il
procuratore aprì la porta di casa alle cinque e la
trovò seduta in
cucina ad aspettarlo.
Ripensò alla telefonata con cui gli aveva
chiesto di tornare presto e capì che qualcosa non andava.
Si mise
vicino a lei, seduto al tavolo dove erano soli cenare e scherzare
assieme al bambino.
- Cos'hai fatto in questi giorni?- Le domandò
per iniziare il discorso.
Lui sorrideva, ma il volto di Claudia
era serio.
- È proprio di questo che dobbiamo parlare, Davide.-
L'uomo trasalì.
- Hai deciso di lasciarmi? Di andare via da
me e tuo figlio?-
Lei abbozzò un sorriso. - Ma no, cosa vai a
pensare? Morirei senza di voi!-
- E allora che succede?- Il tono
del magistrato si fece preoccupato davvero, perché, se un
attimo
prima aveva quasi ancora scherzato chiedendole s volesse andare via,
man mano che i lunghi e silenziosi secondi passavano capiva che forse
era accaduto davvero qualcosa di grave.
- Sono ammalata, amore
mio. Tu, mio padre... credo che ormai tutti ve ne siate accorti,
malgrado io abbia fatto il possibile per non mostrarlo. In questa
settimana ho finalmente accettato quello che mi sta accadendo, ho
sentito Francesco, il dottor Riganese e...-
Davide non sentì
altro, conosceva quel medico e sapeva che specializzazione avesse.
E
questo bastò a fargli capire che la loro vita stava per
cambiare.
Forse per sempre.
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Capitolo 10 *** Capitolo X ***
Capitolo
X
La
osservava dormire.
Le accarezzava dolcemente il viso e sperava che
dietro i suoi occhi chiusi vi fossero sogni molto più belli
di
quella realtà maledetta che stava vivendo.
Sua moglie ammalata
di tumore, una situazione così terribile che mai avrebbe
immaginato
di vivere, una dramma che, fino a quel momento, era sempre
appartenuto agli altri, chiunque quegli altri fossero.
Aveva
pianto lui e non lei, la sera prima, mentre calma e con fare
consolatorio sentiva il resoconto preciso di cosa avesse e
ciò che
sarebbe accaduto da quel momento in poi.
Gli aveva chiesto per
quel giorno, sabato, di andare da Gianluca nel pomeriggio,
così che
potesse parlare col fratello e, dopo avergli raccontato del fatto,
domandargli di andare insieme dal padre, perché non se la
sentiva di
dirgli delle sue condizioni da sola.
In fine, durante la
settimana, avrebbero provato a parlare con Guido, cercando di far
capire anche al bambino quello che stava accadendo alla sua mamma.
Allo stesso modo Claudia avrebbe parlato con un collega di
partito di cui si fidava, perché dopo le elezioni, se fosse
stata
rieletta, avrebbe rinunciato al seggio e fatto intendere,
più o meno
esplicitamente, che si ritirava per un periodo dalla vita politica a
causa di gravi problemi di salute.
Non se la sentiva di lavorare
e curarsi insieme, sempre ammesso che le due cose fossero
compatibili, e così a quel punto, lontana dal mondo che
l'aveva
ospitata per quegli ultimi tre anni, sarebbe stata ricoverata e
avrebbe cominciato le terapie.
Ma ancora non ci voleva pensare;
in quel momento il suo pensiero principale era la famiglia, dare la
notizia e farsi forza.
Come la settimana precedente anche quel
sabato il bambino, ignaro di tutto, entrò nella stanza dei
genitori
e saltò addosso alla madre che si stava svegliando, ridendo
e
facendola ridere.
Davide li guardava con ansia, spaventato
dall'idea che la donna stesse già troppo male per sforzi di
quel
tipo, ma lei era testarda e glielo aveva detto chiaro e tondo; quei
giorni sarebbero dovuti scorrere normalmente, non voleva che la
situazione compromettesse la gioia di suo figlio.
Sarebbe
successo comunque, di lì a poco, e voleva ritardare quel
momento il
più possibile, godendosi ogni attimo di felicità
che gli
rimaneva.
Fu una giornata tranquilla, rimasero in casa fino a
quando, nel pomeriggio, andarono a trovare Gianluca ed Eleonora, sua
moglie.
Appena arrivato dagli zii Guido corse a giocare con i
cuginetti, mentre gli adulti si ritrovarono in cucina a
chiacchierare.
Della coppia di padroni di casa nessuno poteva
immaginare cosa avrebbe di lì a poco detto loro Claudia, e
quando il
discorso superò i convenevoli ed entrò nel vivo
rimasero
decisamente sconvolti.
- Io non posso crederci....- Aveva detto
visibilmente provato l'uomo. - Tu, un tumore... non è
possibile!-
Gianluca voleva molto bene a sua sorella, e davvero non poteva
credere all'idea che fosse così ammalata, né
tanto meno poteva
pensare alla possibilità che non superasse la malattia.
-
Purtroppo non posso dire che si sia trattato di un fulmine a ciel
sereno, sono parecchie settimane che non sto bene e sono stata
stupida a mettere davanti a tutto il lavoro. Ma pazienza, la cosa
importante adesso è cominciare le cure, il resto si
vedrà.-
Davide
aveva tenuto stretta la mano della sua amata mentre le parlava, e le
lo aveva ringraziato sorridendo con gli occhi leggermente lucidi.
-
Dovrai fare la chemio?- Le aveva domandato la cognata.
Era una
domanda forte, molto diretta, ma non c'erano modi, almeno in
apparenza, per girare intorno alla questione delle terapie che la
donna avrebbe dovuto affrontare di lì a poco.
Claudia annuì. -
Sì, ma non voglio pensarci, almeno non per il momento.
Benché
pericoloso abbiamo deciso, con il medico che mi prenderà in
cura e
che è anche mio amico, di attendere fino a elezioni avvenute
prima
di cominciare ogni cosa.-
- Perché pericoloso?-
- Beh, la
malattia non si fermerà in questi quindici giorni, anzi, e
ad essere
sinceri la situazione è già abbastanza grave. Ma
mi fido di
Francesco, il medico, appunto, e so che se non ci fosse stata davvero
nessuna possibilità di attendere sarei già stata
ricoverata.-
Eleonora si scusò un attimo, preparò il
caffè e poi andò a
controllare i bambini che giocavano nel salotto.
Tornando in
cucina, dopo averli visti così tranquilli,
domandò a Claudia cosa
pensasse di fare con il figlio.
- In settimana ci parleremo, e
credo sia giusto che anche voi accenniate qualcosa ai vostri bimbi.
Soprattutto perché, e mi scuso fin da ora per il disturbo,
penso
avremo bisogno di chiedervi una mano per guardare Guido ogni tanto o
cose simili, temo non riusciremo a fare tutto da soli.-
- Ma non
lo dire neanche, stai tranquilla.- Le rispose il fratello. - Siamo
una famiglia e come tale non c'è nessun disturbo nel darci
una mano
a vicenda.
Anche
noi a breve spiegheremo ai bambini cosa sta succedendo e quanto
sarà
importante che anche loro stiano vicino a tuo figlio.
Piuttosto,
papà? Con lui hai già parlato?-
- No, ancora no. E volevo
domandarti se avessi voglia, domani, di venire con me a pranzo da
lui. Stasera lo chiamo, ma sinceramente non penso che ci saranno
problemi, solamente non me la sento di essere sola quando gli
parlerò.-
- Non preoccuparti, va bene, volevo proprio chiederti
se avessi bisogno di qualcuno per parlargli.-
Claudia si sentì
terribilmente fortunata ad essere circondata da una famiglia
così
cara ed affettuosa e cara. Vista la difficile prova che avrebbe
iniziato ad affrontare da lì a poco era importante che
intorno a lei
ci fosse gente pronta ad aiutarla e starle accanto.
Vista l'ora
che si era fatta rimasero a cena da Gianluca, il quale a quel punto
voleva passare assieme alla sorella tutto il tempo possibile, e fu da
quella casa che chiamarono il signor Oreste per autoinvitarsi a
pranzo da lui il giorno seguente.
I due figli furono bravi a non
fare capire all'uomo che ci fosse qualche problema, e il padre si
finse solo leggermente offeso perché non era stato invitato
a quella
riunione di famiglia pomeridiana.
Più tardi, mentre rincasavano,
Claudia si domandò se non sarebbe stato meglio fargli
intendere
qualcosa, prepararlo al fatto che fosse accaduto qualcosa di grave,
ma a quel punto erano pensieri inutili.
Durante la notte Guido si
svegliò e decise di andare a dormire con i genitori. La
madre, che
da poco aveva iniziato a cercare di spiegarli che era ormai grande e
doveva cominciare a dormire il più possibile nella sua
stanza, fu
invece felice del suo arrivo, e se lo tenne stretto al petto come se
fosse l'ultima volta che le era permesso farlo.
Prima di ricadere
nel mondo dei sogni il bambino aveva detto che era felice di averla a
casa e di poter dormire con lei, e quando la donna fu certa di
vederlo dormire lo iniziò a coccolare con gli occhi lucidi e
gonfi
di lacrime.
Era tutto così ingiusto.
Avrebbe voluto rimanere
davvero accanto a lui, ma sapeva che il ricovero e le pesanti cure
l'avrebbero obbligata ad allontanarsene a lungo nella speranza, che
certezza non sarebbe mai stata, di sopravvivere.
Chissà cosa
avrebbe capito il piccolo di quella situazione, chissà se
sarebbe
stato in grado di continuare la sua vita di bambino mentre il mondo
attorno a lui cambiava.
Più lo guardava, più ne ammirava i
lineamenti dolci e le espressioni innocenti, più smetteva di
temere
per se stessa e cominciava ad avere paura per lui, per quello che
sarebbe stato.
- La mamma ti ama, ricordatelo sempre.- Gli
sussurrò.
E Davide, che era sveglio e aveva sentito quelle parole
comprendendo il dolore della moglie, aveva avvicinato la sua mano
alla sua, stringendogliela forte senza dire niente.
Quando
uscì di casa per andare dal padre quella domenica mattina,
Claudia
vide i due uomini della sua vita giocare insieme sul pavimento del
salone e pensò che qualsiasi cosa fosse accaduta loro
sarebbero
stati in grado di andare avanti.
Questo le bastava, le era sempre
bastato.
Se davvero la parte peggiore del morire era lasciare un
vuoto nelle persone amate era allora fondamentale vivere in modo da
non dare motivi di tristezza, organizzarsi per bene
affinché, nel
momento dell'ultimo addio, coloro che rimanevano potessero guardarsi
intorno e pensare che erano stati così felici da non poter
permettere alla morte di distruggere tutto ciò che la vita
aveva
costruito.
Arrivò sotto la casa in cui era cresciuta quando era
ormai quasi l'una, suo fratello era già arrivato e
pranzarono
tranquilli parlando praticamente solo di Oscar, argomento di cui
certamente si sarebbe discusso ancora a lungo.
Quando il discorso
si spostò su argomenti più leggeri cominciarono
però a ridere e
scherzare, facendo proprio come quando i due erano ragazzi e i pasti
erano sempre un gioioso momento di condivisione.
Al signor Oreste,
ormai avanti con gli anni, piaceva parlare del passato e raccontare
ai figli di quando erano piccoli, riportando anche alle loro menti
fatti che avevano dimenticato.
Come il giorno precedente, quasi
fosse una tradizione, fu al momento del caffè che Claudia
decise di
confessare della malattia, e senza neanche poterlo immaginare fu
proprio il padre ad intavolare il discorso.
- Ormai ci siamo, la
prossima domenica, a quest'ora, avremo tutto già votato. Sei
agitata, Claudia? O ormai è un'abitudine?-
La donna avrebbe
voluto ridere, ma capendo che da quella frase poteva partire la
discussione seria decise di non interrompere il momento.
- È
proprio per questo che io e Gianluca siamo qui,- sospirò la
figlia.
- perché purtroppo, questa volta, anche se venissi eletta
credo
rinuncerei al seggio.- Spiegò.
- Come mai? Hai deciso di tornare
a lavorare come medico?-
Claudia scosse la testa e si avvicinò
al padre.
- Ascoltami, papà, ascoltami perché non
è facile
quello che ho da dirti, ma allo stesso tempo non ti preoccupare
perché tutto si risolverà.-
- Claudia, bambina mia, non riesco
a capirti.-
La donna fece un respiro profondo e guardò negli
occhi il fratello.
Poi parlò, e lo fece diretta, senza giri di
parole.
- Ho un tumore, papà. Anzi, ad essere corretti si tratta
di un cancro, essendo maligno.-
nel sentire quelle parole il
signor Oreste si sentì morire, credette di non avere
più vita, di
non sentir mai più l'ossigeno entrare nel suo corpo e il
cuore
battergli in petto.
Invece continuò a vivere e respirare, e lo
fece singhiozzando.
-
Papà stai calmo, se è calma Claudia on capisco
perché dovremmo
agitarci noi.- Provò a tranquillizzarlo Gianluca.
Ed era vero,
la calma che ostentava la donna nel raccontare un dramma simile era
disarmante.
- Non... non so cosa dire... la mia bambina...-
Claudia gli sorrise dolcemente. - Sarà un periodo difficile,
papà,
non posso negarlo, ma ho ottime speranze di guarigione. Ho
però
bisogno di voi, del vostro affetto, non è una battaglia che
posso
combattere da sola.-
l'uomo cercò di calmarsi davvero, anche se
la paura, già lo sapeva, non se ne sarebbe andata mai, forse
neanche
dopo un'eventuale guarigione di sua figlia.
Non aveva molta
voglia di farlo, ma alla fine la donna si vide quasi costretta a
raccontare con precisione al padre ciò a cui sarebbe stata
sottoposta di lì a poco: le cure, gli interventi chirurgici
e i
pesanti effetti collaterali – fisici ed estetici –
della
chemioterapia.
Ogni parola sull'argomento era per l'uomo una
pugnalata per l'uomo, ma non voleva rimanere all'oscuro di
ciò che
sarebbe presto accaduto alla sua amata bambina.
- Potrò stare
con te quando sarai in ospedale?- Le domandò.
- Francamente non
lo so, papà, dipenderà da molte cose. Ma
ciò che per me è
importante è che tu stia spesso con Guido, è lui
che non deve
rimanere mai solo. Ho paura che rimanga segnato da questo fatto e non
voglio...- Claudia iniziò a piangere, e parve quasi assurdo
vederla
piangere nel parlare di suo figlio e non della gravità delle
sue
condizioni.
- L'ho già lasciato solo così tante volte a causa
del lavoro che...- E lasciò che le lacrime le corressero
lungo il
volto senza vergogna. - Che non so neanche come spiegargli non della
malattia, ma del dovermi allontanare ancora da lui.
Gli avevo
promesso che dopo le elezioni ci saremmo presi un periodo di pausa
per stare insieme, andare in vacanza, magari, visto che ormai
è
estate.
Quando erano a Torino, la prima sera, mi ha telefonato
chiedendomi se ci sarei stata il giorno del suo diplomino alla scuola
materna e gli ho risposto di sì, ma ora mi rendo conto di
non saper
neanche in che condizioni sarò quel giorno...-
Il signor Oreste,
con gli occhi ancora lucidi, strinse forte le mani della figlia e
rimase a lungo in silenzio.
Fu Gianluca a rassicurare la sorella,
ristabilendo così l'ordine delle cose.
Anche se non voleva farsi
vedere triste e sofferente vicino alle persone che l'amavano, la
donna riuscì a sfogarsi e furono gli altri a consolarla ed
asciugare
le sue lacrime.
Il padre le promise che nessuno avrebbe lasciato
solo il suo bambino e che in tutti i modi a loro possibili avrebbero
impedito che la malattia minasse la gioia e la spensieratezza di
Guido.
Poi lei andò a riposare un poco nella stanza dove viveva
da ragazza, lasciando il padre e il fratello soli a parlare.
- Io
glielo dicevo.- Sospirava in lacrime il signor Oreste. - Glielo
dicevo che lavorava troppo, che prima o poi tutto questo le avrebbe
fatto male. E le dicevo anche che la trovavo dimagrita, stanca... ma
perché non mi ha mai ascoltato, la mia bambina,
perché?-
-
Glielo abbiamo detto tutti, papà, anche io e Davide, e non
ha mai
ascoltato nessuno. È testarda, lo è sempre stata
e questa volta,
purtroppo, le ha fatto male questo suo modo di fare.
Ma
non possiamo tornare indietro, adesso dobbiamo fidarci di quello che
ci ha detto e dei medici che la cureranno.
Anche io sono scosso,
non riesco ad accettare l'idea che possa essere ammalata... ma cosa
possiamo fare?-
Il signor Oreste continuò a tacere, il solo
pensiero della figlia in pericolo di vita lo straziava.
Si alzò
dopo poco e andò nella cameretta dove la figlia dormiva per
guardarla riposare, proprio come se fosse ancora una bambina.
Svegliandosi e trovando il padre al suo fianco Claudia sorrise e
gli strinse la mano.
- Sto bene, dico davvero.-
- Sei
ammalata, amore mio, dovresti stare a riposo e curarti.- Le
sussurrò
con gli occhi di nuovo lucidi.
- Il prima possibile. Te l'ho
detto, vedrai che andrà tutto bene.-
le accarezzò dolcemente il
viso e poi lasciò che si riprendesse prima di
riaccompagnarla a
casa.
Claudia non avrebbe voluto che suo padre salisse da loro,
era ancora molto stanca e voleva riposare, ma alla fine decise di far
stare un po' insieme nonno e nipote, sistemandosi lei seduta in
poltrona.
Capì benissimo, al momento dei saluti, che il signor
Oreste non aveva voglia di lasciarla e guardò con tristezza
Guido
pensando a cosa avrebbe provato lei nel sapere suo figlio
così
malato.
- Ti chiamo domattina quando ho un attimo, papà, stai
tranquillo.-
- Non vai alla parata?-
La donna si sbatté una
mano sulla fronte.
Se ne era completamente scordata ma quel
giorno era iniziato Giugno, dunque nella giornata successiva si
sarebbe festeggiata la Festa della Repubblica.
- Me ne ero
dimenticata.- Sorrise. - Comunque non credo. Ci sarà molta
gente,
troppa, e non voglio rischiare di star male. Però potreste
andare
tu, Davide e Guido, tornando qui per pranzo, così io
avrò la
mattinata libera per cucinare.-
- Non ti affaticare, Claudia.-
-
Devi diventare meno ansioso papà, dico sul serio.-
Commentò la
donna.
Alla fine quel due Giugno passò proprio così, i
tre
uomini andarono a vedere la parata, che aveva sempre emozionato
tantissimo il piccolo di casa, mentre la donna si era riposata e
aveva preparato due teglie di lasagne e una torta.
Voleva godersi
al meglio quegli ultimi giorni prima del ricovero, delle cure e di
tutto il resto.
Senza discuterne a casa, tanto sapeva cosa sarebbe
successo, il martedì era tornata a lavoro e, nel pomeriggio,
aveva
raccontato a Ettore de Giovanni, il collega di più cui si
fidava e a
cui più era legata, quale fosse la situazione.
- Mi dispiace
davvero molto, non me lo aspettavo. Ultimamente non ti vedevo
così
in forma, Claudia, ma non ho mai pensato potesse essere una cosa
tanto grave.-
- Non se lo aspettava nessuno.- Mentì. - Ma
pazienza, adesso l'importante è saperlo e curarsi.-
- Certo,
sicuramente. Anzi, mi raccomando, non sparire, dammi tue notizie e
fammi sapere come stai.-
- Naturale. Vorrei continuare a lavorare
almeno per il partito, ma dubito di farcela.-
- Cerca di stare
tranquilla e riposare, lascia perdere il resto e concentrati su te
stessa, Claudia, non fare cavolate.-
La donna sorrise e spiegò
che aveva bisogno che nessuno ancora sapesse della faccenda, avrebbe
detto poi tutto lei quando ve ne sarebbe stato bisogno, e lui la
rassicurò.
Non fecero in tempo a salutarsi che Claudia ricevette
una telefonata da Francesco, il quale la avvisava che due giorni
dopo, il giovedì, sarebbero arrivati i risultati delle
ultime
analisi e il venerdì si sarebbe dovuta presentare in
ospedale per
gli accertamenti radiologici.
Claudia capì che quegli ultimi tre
giorni avrebbe vissuto il lavoro solo a metà, ma decise di
non
salutare ancora nessuno e fare come se niente fosse, cercando di non
destare sospetti in nessuno.
Di ritorno a casa le venne in mente
l'unica persona a cui ancora non aveva detto nulla e che invece si
meritava di sapere quello che le stava accadendo.
Isabella
Ramazzotti, la sua migliore amica.
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Capitolo 11 *** Capitolo XI ***
Capitolo
XI
Di
amiche femmine, da bambina, Claudia ne aveva avute diverse.
Poi,
con l'inizio delle scuole medie e del rapporto quasi esclusivo con
Oscar, aveva smesso di frequentare le ragazzine della sua
età, e
quella scelta, volente o nolente, era andata avanti fino all'inizio
del ginnasio, quando tra tante conoscenti aveva finalmente trovato
qualche amica.
Era ancora in
contatto con quasi tutte, tempo
permettendo, ma quella che alla lunga era rimasta la sua vera
migliore amica si chiamava Isabella.
Era stata la sua
prima
vicina di banco alle superiori e non solo, visto che come lei aveva
preso medicina e poi la specializzazione in neuropsichiatria
infantile.
Quella di Isabella,
in realtà, era stata una scelta
dovuta più ad un accordo che a una vocazione.
Il padre, il nonno
e i due fratelli maggiori erano tutti medici del cervello, tra un
neurologo, due neurochirurghi e uno psichiatra, e lei, a cui la
medicina era sempre piaciuta, sarebbe voluta diventare pediatra.
Nessuno l'avrebbe
mai ostacolata, non lo avrebbero fatto neanche
se avesse scelto un'altra facoltà, ma lei si era sentita
quasi in
soggezione e alla fine, forte anche del fatto che avrebbe avuto la
sua migliore amica con sé, aveva optato per quella scelta.
Un
accordo, appunto, un compromesso tra ciò che lei amava, i
bambini, e
ciò che sembrava scorrere davvero nei geni di famiglia.
Quando
Claudia le aveva telefonato la sera di martedì tre Giugno,
Isabella,
madre di un bambino di un paio di anni, era intenta a mettere a letto
il figlio e aveva così richiamato l'amica alcuni minuti
dopo.
Avevano avuto una
lunga conversazione in cui avevano parlato
un po' di tutto, politica compresa, vista la vicinanza delle
elezioni, e solo alla fine la Deputata le aveva detto di aver bisogno
di vederla e parlare di persona il prima possibile.
Si erano date
appuntamento per un caffè nel pomeriggio seguente in un bar
dello
stesso centro commerciale dove era stata Claudia alcuni giorni prima
di ritorno da Ostia, e non era stata una scelta casuale.
Avevano
potuto infatti passeggiare a lungo tra le vetrine distraendosi un
poco prima di sedersi al tavolo di un bar per il caffè e la
pesante
confessione che la comunista aveva da fare.
Parlarne con la
migliore amica era stato difficile proprio come farlo con suo padre,
suo fratello e suo marito, e Isabella, che era una donna e poteva
permettersi di farlo anche in pubblico, si era messa a
piangere.
Leggera, senza dare
nell'occhio né singhiozzare troppo
forte, ma aveva pianto.
- Scusa.- Aveva poi
detto a Claudia
asciugandosi gli occhi. - Scusa, dovrei sostenerti e farti sfogare se
ne hai bisogno, non piangere io. Ma è così
assurdo.-
Come suo
solito l'altra donna sorrise e si finse forte, perché il
dolore e la
debolezza li trovava privati, così privati da doverli
mostrare il
meno possibile anche alle persone che le volevano bene.
- Quando
comincerai le terapie?-
- Entro una decina
di giorni, appena
possibile ma dopo le elezioni.
- Sei preoccupata?-
Claudia
tacque un attimo.
- Sono stranita,
più che altro. Non ci pensi
mai al fatto che possa capitare a te. Non voglio che chi amo mi veda
stare male e oltretutto non ho ancora detto nulla a mio figlio.-
-
Coraggio, tesoro. Guido è un bambino intelligente,
capirà la
situazione e saprà anche aiutarti a modo suo, vedrai.-
Isabella
riuscì a strappare un sorriso all'amica, anche se per
Claudia non
era semplice togliere il pensiero dal suo piccolo.
- A Settembre
inizierà la scuola elementare e continuo a chiedermi se
andrà tutto
bene e sarà come gli altri o se scopriremo che qualcosa non
va,
magari perché ha un disturbo dell'attenzione, una dislessia
o non so
cos'altro, e ho paura di non essere in grado di accorgermene
né di
saperlo aiutare. Senza contare la paura degli effetti che la mia
malattia potrà avere su di lui...- Isabella strinse forte le
mani
sudate d'ansia dell'amica.
- Anche se hai
smesso da più di tre
anni di lavorare sul campo credo tu abbia ancora gli strumenti per
scacciare queste paure, lo sai. Chi di te può capire meglio
se tuo
figlio ha di queste problematiche? E poi se ci fosse bisogno non
pensare due volte a chiamarmi, per lui, per te e per qualsiasi altra
ragione, lo sai. Io ci sono sempre, e ti voglio bene.-
- Lo so
Isa, lo so. E ti voglio bene anche io, grazie davvero.-
Si
alzarono per lasciare il bar, e Claudia pagò dicendo che era
il
minimo che potesse fare.
Ancora scossa dalla
notizia, Isabella
decise di fare un altro giro per negozi assieme all'amica.
Per
caso passarono di nuovo davanti al negozio dove la donna ammalata
aveva acquistato i due foulard qualche giorno dopo, e decise di
prenderne un terzo facendosi consigliare dall'altra.
In quel modo
erano riuscite a sorridere entrambe, in quel momento, ridendo anche
della malattia. Si trattava, forse, di un piccolo traguardo,
soprattutto per la parlamentare.
Prima di scendere
verso il
parcheggio sotterraneo a riprendere le macchine e salutarsi Claudia
decise di fare un'ultima tappa in un negozio di giocattoli dove aveva
acquistato uno di quei kit per far giocare i bambini al dottore.
Voleva regalarlo a
suo figlio nella speranza di poter rendere un
gioco anche quel periodo, facendo il possibile per adattare tutto al
suo modo di vedere le cose.
- Ci credi che non
ha mai avuto nulla
di simile?-
- Tuo figlio? Tuo
figlio non hai mai giocato al
dottore? No, direi che non ci credo!-
Claudia rise. - Non
ha
neanche sei anni, è piccolo per giochi simili. Ma visto che
la
situazione lo richiede preferisco cercare di non farglielo pesare,
cercando di rendere adeguata alla sua età anche la malattia.-
-
Sei una donna coraggiosa, amica mia, e quando Guido sarà
più grande
e potrà capirlo sarà orgoglioso di essere tuo
figlio.- Le disse
Isabella abbracciandola forte.
Mentre si trovava
tra le braccia
della migliore amica la donna assunse un'espressione triste,
domandandosi se ci sarebbe ancora stata quando suo figlio sarebbe
diventato grande.
Non voleva la
compassione di Isabella, la quale
con gli occhi magari lucidi le avrebbe detto di non fare quei
pensieri perché, lo sapeva benissimo, aveva molte speranze
di
guarire e continuare la sua vita felice, non voleva rassicurazioni
piene di parole di speranza e buoni sentimenti, preferiva tenere per
se stessa le riflessioni sul futuro che, forse, non avrebbe mai
avuto.
In fondo Claudia
aveva accettato la sua situazione e
avrebbe fatto il possibile per comportarsi sempre in modo razionale,
e se un giorno Francesco le avesse detto o fatto capire che non vi
erano più speranze lei avrebbe accettato quella prognosi,
cercando
di essere forte sempre, tenendo fino alla fine in mente il fatto che
ciò di cui solo le importava erano i suoi cari, primo fra
tutti
Guido.
Non sapeva se ci
sarebbe riuscita, la consapevolezza di una
morte imminente era difficile per tutti, ma ci avrebbe
provato.
Salutò
Isabella con un altro lungo abbraccio,
promettendole di dirle tutto quello che le sarebbe accaduto da
lì in
poi, e si diresse verso casa.
Nascose il regalo
per il figlio e
andò a parlare col marito per decidere come spiegare al
bambino
della situazione.
Ignaro di tutto, il
piccolo giocava nella sua
cameretta, e quando vide i genitori entrare insieme gli venne il
dubbio che ci fosse qualcosa di strano.
Ma era solo un
bambino, e
non poteva capire tutte le cose dette silenziosamente dagli adulti.
-
Amore vieni un attimo di là con noi?- Gli disse con dolcezza
la
madre.
- Va bene.- Rispose
lasciando i suoi giocattoli.
Claudia
prese il figlio in braccio e si andò a sedere sulla poltrona
della
sala. - Amore mio ti dobbiamo dire una cosa brutta ma molto
importante.- Iniziò la donna, e il bambino fece una faccia
strana.
-
È successo qualcosa al nonno?-
- No, il nonno sta
bene. È della
mamma che dobbiamo parlare.- Spiegò il padre.
Guido
girò la
testa verso la madre e la guardò con gli occhi tristi.
- Devi
partire ancora?- Le chiese. Ma la donna scosse la testa.
- No,
amore mio. Io sono molto malata, e purtroppo per me adesso inizia un
periodo molto difficile.-
- Hai ancora la
febbre? Devi prendere
l'antibiotico?-
nel sentire
l'infantile ingenuità del figlio
Claudia sorrise e si chiese se non sarebbe stato meglio non dire
niente a un bambino così piccolo.
Ma visto che oramai
aveva
iniziato decise di andare fino in fondo.
Non gli disse
propriamente di avere il cancro e di dover fare la chemioterapia, lui
non avrebbe capito e sarebbe stato difficile spiegare, ma gli
raccontò di come avrebbe dovuto fare delle cure molto
pesanti per
cui sarebbe dovuta andare in ospedale e lì sarebbe rimasta a
lungo.
Decise
di omettere il fatto che avrebbe perso i capelli; anche se il suo
aspetto fisico sarebbe potuto cambiare non voleva affrontare subito
l'argomento.
Con calma, quando e
se durante il ricovero avrebbe
potuto vedere il bambino, Davide gli avrebbe prima parlato.
Alla
fine Guido pianse, aveva capito che la sua mamma stava molto male e
non voleva, aveva paura.
Nessuno glielo
aveva detto, ma lui
dentro di sé sentiva che lei non sarebbe rimasta sempre con
lui, e
così glielo chiese. - Mamma ma tu non morirai, vero?-
Claudia gli
diede un bacio sulla fronte. - No, non che non morirò. Ma
per
qualche mese non starò bene.-
- Mh... allora sono
triste ma poi
passa. Ma non lavori più?-
- Per un po' non
potrò lavorare,
no.-
- E se non sei in
ospedale allora sei a casa con me? - La
donna rise.
- Sì, se
non sarò in ospedale sarò a casa con te. E
quando starò abbastanza bene potremo giocare insieme.-
Cercò di
farlo sorridere, ma il bambino rimase dubbioso.
- Però
quest'estate non vieni in vacanza con noi, è vero?- Le
domandò
tristemente.
- No, probabilmente
non potrò partire con te e papà
o con te e il nonno, ma ti chiamerò sempre e voglio che tu
faccia
tante foto.-
- Va bene. Ma
sarò triste senza di te.-
Claudia
non disse nulla e strinse il bambino al petto.
- Se ti do tanti
bacini guarisci prima, mamma?-
- Non lo so, ma
possiamo provare.-
Rispose lei, e Guido la riempì di coccole come solo un
figlio sa
fare.
Fu allora che la
donna decise di dargli ciò che aveva
acquistato per lui poche ore prima, e finalmente, dopo tante brutte
notizie, il bambino sorrise felice e si mise a giocare.
Vista
l'ora, il magistrato, che non aveva parlato per tutto il tempo
limitandosi solo a fare qualche carezza al figlio, decise di andare a
cucinare qualcosa, mentre la moglie e il piccolo rimasero nel salone
a giocare.
Durante la cena, un
po' triste come sempre in quei
giorni, Claudia raccontò di cosa avevano fatto lei e il
bambino in
quei minuti.
- Allora, il dottor
Guido ha detto che sto male, ma
se riposerò e starò con mio figlio
guarirò presto.-
Davide
rise. - Oh, beh,- Commentò – Allora non possiamo
che attenerci a
ciò che lui dice, mi hanno raccontato che sia un bravissimo
medico.-
E poi si rivolse al diretto interessato. - Anche stare con il marito
le farà bene?-
Guido ci
pensò un po' su. - Mh... sì, però
è
meglio se sta con il figlio.- Sentenziò.
Anche quella notte
il
bambino rimase a dormire con i genitori nel lettone, senza staccarsi
un attimo dall'abbraccio della madre, e quando lei si
svegliò la
mattina dopo, cercando di fare poco rumore per non svegliarlo, il
piccolo aprì gli occhi prima che lei si alzasse e le sorrise.
Poi
le passò una mano sulla fronte come se volesse sentire se
avesse la
febbre.
- Dici che posso
andare a lavoro?- Chiese Claudia.
- Sì
ma aspetta.- Rispose il bambino stringendosi a lei.
La donna
coccolò il bambino ancora e ancora, finché
l'orario non la
costrinse ad alzarsi.
Per tutta la
mattinata si sentì come
osservata dal collega a cui aveva raccontato della malattia.
Sapeva
che tutto dipendeva dalla sua paura di essere scoperta, come se la
notizia potesse rimanere segreta per sempre o come se si dovesse
vergognare della sua situazione, ma capiva anche come il suo
inconscio stesse reagendo a quel periodo, e accettava, oltre tutto il
resto, la paranoia di cui talvolta era vittima e che di certo non se
ne sarebbe andata di lì a poco.
Pranzò
in centro e poi, prima
dell'appuntamento fissato col medico nel tardo pomeriggio, decise di
andare un'oretta in piscina, consapevole del fatto che avrebbe dovuto
rinunciare molto presto pure a quella attività che adorava e
che
spesso la rilassava.
Era uscita di casa
già con il borsone,
quella mattina, e si era così goduta qualche vasca in pace,
allontanando tutti i pensieri negativi.
Appena era entrata
nello
studio, però, Francesco non aveva potuto fare a meno di
notare i
capelli umidi della donna, facendole presente che
“nelle-sue-condizioni” non le faceva bene rischiare
di
raffreddarsi in un modo tanto sciocco.
Ma Claudia, con la
sua
solita leggerezza, gli aveva detto che trovava fondamentale vivere
quei giorni in modo normale fino all'ultimo.
- E poi.- Aveva
aggiunto in maniera totalmente autoironica. - Non credo avrò
ancora
a lungo capelli che potranno bagnarsi e rischiare di farmi
ammalare.-
L'uomo non
commentò.
Anche
se la forza e l'umorismo della sua amica erano ottime armi per la
battaglia che stava per cominciare a combattere aveva paura che
prendesse tutto troppo sottogamba, e anche sapere che lei per prima
era un medico non lo rincuorava affatto, visto soprattutto il modo in
cui aveva sottovalutato i sintomi. Forse, anzi, avrebbe dovuto starle
dietro come a qualsiasi altro paziente.
L'agoaspirato non aveva
fatto altro che confermare ciò che già sapevano,
una diagnosi grave
e per cui bisognava correre ai ripari il prima possibile.
Poi,
anche se abbastanza contro la volontà di Claudia, Francesco
l'aveva
visitata, scuotendo più volte la testa.
- Sei debole, molto. Stai
ancora lavorando?-
La donna annuì.
- Fino a domani, ma tra una
cosa e l'altra sto andando solo la mattina. Però devo
ammettere di
non sentirmi spossata come dici te...- Confessò.
- No, forse
ancora no, ma che sei più stanca me lo avevi detto tu e si
vede.
Inoltre devo dirti che quando verrai ricoverata ti farò
utilizzare
la bombola di ossigeno costantemente e continuamente, sia in ospedale
che a casa almeno fino a quando i tuoi polmoni non riprenderanno una
funzionalità normale, e questa potrebbe non essere l'unica
limitazione medica alla tua libertà nei prossimi mesi.-
Claudia
respirò sentendosi bruciare dentro e lasciò che
qualche lacrima le
scendesse lungo i lineamenti stanchi.
Francesco, come facevano
tutti in quei giorni, cercò la sua mano. - Coraggio, vedrai
che
tutto questo un giorno sarò solo un brutto ricordo.-
Lui lo
sapeva, sapeva che dietro la forza e l'ironia di Claudia c'erano le
debolezze di una donna qualsiasi, una giocane moglie e madre che
avrebbe solamente voluto essere in salute.-
- Domani, per le
ultime analisi, vorrei venire con mio padre. Non lo so, sento di aver
bisogno di lui e sinceramente se ti vedesse e potesse farti qualche
domanda penso starebbe più tranquillo.- Fece lei per
cambiare
argomento.
- Va bene. Anzi, è
sempre ottimo che i parenti dei
pazienti siano informarti con precisione di ciò che hanno i
loro
cari e delle cure che dovranno affrontare.- Rispose. - MA credo che
queste cose tu le sappia già.- Aggiunse notando
l'espressione
inequivocabile che aveva assunto l'amica.
- Quando sei un medico
è difficile ricevere le brutte notizie. Sei abituato a
darle, a
confortare gli altri, non immagini mai che la situazione si possa
capovolgere, che tu possa trovarti dall'altro lato della scrivania.
O magari ci pensi pure, e ti
convinci che se capitasse saresti
avvantaggiato perché già sai. Ma cosa sai? La
verità è che
davanti a fatti del genere siamo semplicemente esseri umani. Non
impotenti come molti dicono, semplicemente umani.
Così umani da
privarci di ogni razionalità e di ogni nozione appresa.
Viviamo
di istinti, passioni e dolori da molto prima che nascesse lo
università, ed eventi improvvisi come la malattia non
possono che
farci tornare essere primitivi, esseri umani.-
Francesco sorrise
all'amica seduta davanti a lui.
Si era sentito umano, nel senso
di più sentimentale che razionale, quando aveva scoperto
cosa stesse
accadendo al corpo della donna, e sapeva dunque a cosa si riferisse.
- Sei forte, coraggiosa,
combattiva e amata. Te l'ho già detto
più di una volta, ben presto sarà tutto passato.
Perciò adesso
stai tranquilla, Claudia. Vai a casa, stai con le persone che ami,
riposati, non fare pensieri negativi. Se hai bisogno di qualcosa non
scordarti mai che io ci sono come amico prima ancora che come
medico.-
Lei rispose al sorriso che
l'oncologo le aveva fatto
iniziando a parlare.
Poco dopo i due si salutarono,
e a casa
Claudia rimase tutta la serata vicino al suo bambino.
Il
pomeriggio di venerdì Claudia si presentò sotto
casa del padre che
mancavano pochi minuti alle quattro.
Appena in macchina il signor
Oreste le chiese come fosse andato l'ultimo giorno di lavoro.
-
Normale, anche se è stato strano. Sono tutti convinti che ci
rivedremo presto, e invece non sarà così.
Sembrava l'ultimo giorno
di scuola.-
- Coraggio, bambina mia, vedrai
che tempo che guarirai
sarà già ora di prepararsi a nuove elezioni.-
Claudia rise. - Mi
vuoi condannare a cinque anni di terapie, papà?-
- No, non volevo
dire questo, scusami.- Rispose l'uomo con fare triste. - Mi riferivo
alla solita poca durata delle legislature in Italia.-
- Ma sì
papà, ho capito, stai tranquillo.- Sorrise ancora lei.
- Ti ho
fatto davvero troppo intelligente, figlia mia. Ma dimmi, nessuno dei
tuoi colleghi, neanche quelli a cui sei, per così dire,
più legata,
sa di ciò che ti sta succedendo?-
- L'ho detto a una persona, de
Giovanni, non so se lo hai presente. Con lui sono praticamente amica,
ed è la persona di cui lì dentro mi fido di
più. Più che per
motivi di conforto o altro glielo ho detto perché anche il
partito
deve sapere, visto che dovrò rinunciare al seggio. Sono
anche in
contattato con chi di dovere per questo motivo, e probabilmente nella
tarda mattinata di domani dovrò andare alla sede del partito
per
chiarire. È strano, non potevo mai pensare mi sarebbe
accaduto
qualcosa di simile.-
Rimasero in silenzio per il
resto del
viaggio, ricominciando a parlare solo dopo aver parcheggiato la
macchina appena fuori dall'ospedale.
Parlavano d'altro provando a
non pensare a dove stavano andando e tutto il resto, ma quando si
trovarono davanti al reparto di radiologia, nel seminterrato del
nosocomio dove già Francesco li stava aspettando, fu
impossibile per
entrambi fingere che andasse tutto bene.
Claudia avrebbe dovuto
fare due tac e fu mandata a prepararsi, lasciando i due uomini liberi
di parlare fra di loro.
- Ci sarebbe da fare anche
un'altra
analisi che si chiama Pet, ma preferisco la faccia poi quando
sarà
ricoverata.- Spiegò il medico.
- Sarà un ricovero
lungo?-
-
Ancora non posso dirlo, ma temo di sì. Queste ultime analisi
daranno
qualche risposta in più, ma quello che mi preoccupa sono le
metastasi alla colonna vertebrale.- Raccontò l'oncologo. -
Temo che
possano compromettere le sue funzioni locomotorie, e già
vedo che
cammina peggio di prima.-
Claudia sentì quelle
parole da dietro
la porta del camerino dove era andata a cambiarsi.
Era vero ciò
che Francesco aveva detto a suo padre. Lei a suo tempo non lo aveva
detto all'amico perché sapeva benissimo che fosse una
naturale
conseguenza delle masse, ma aveva iniziato a farci attenzione
utilizzando scarpe basse e camminando spesso vicino ai muri, pronta a
tenersi se si fosse sentita insicura sulle sue gambe.
Uscì dallo
stanzino e seguì il medico fino alla stanza dove avrebbe
fatto le
analisi, mentre il signor Oreste attese fuori.
Il rumore
assordante della macchina per la Tac fu assorbito in parte dalle
cuffie che le furono fornite, ma l'ora che passò
lì dentro si
rivelò lunghissima.
Ebbe il tempo per ripensare a
quegli ultimi
mesi e a quel suo corpo così fragile.
La sera prima aveva
raccontato a Davide di come il dottore l'avesse trovata debole, a
quel punto le pareva inutile nascondergli qualcosa, ed aveva pianto
tra le sue braccia perché non ce la faceva più
né fisicamente né
moralmente e tutto quello era solo all'inizio.
La cosa che più
sperava era però non mostrarsi triste agli occhi di suo
padre.
Sapeva che l'uomo soffriva già moltissimo ed era per lei
impensabile
aumentare il suo dolore.
Quando l'analisi
finì andò nello studio
di Francesco assieme a lui e al padre, il quale trasalì nel
leggere
la scritta “Oncologia” proprio come aveva fatto lei
a suo
tempo.
Si accomodarono nella stanza
come amici, senza la formalità
tipica di momenti come quello.
Era vero che il loro rapporto
poteva definirsi amichevole da tutti i punti di vista, ma quando
anche il signor Oreste parlò con Riganese si
sentì trattato con
molto più calore di quello che si aspettava da un medico,
benché
conoscesse l'importanza del fattore umano in quella professione.
Fu
un colloquio molto lungo; il padre di Claudia desiderava conoscere
nei minimi dettagli la malattia della figlia e le cure che avrebbe
affrontato, e il medico fu preciso nel dare spiegazioni.
Lo
salutarono ringraziandolo infinitamente quando erano le sette, e
Claudia propose di andare a cena fuori, telefonando anche a Gianluca
per sapere se lui, la moglie e i figli potessero unirsi a loro.
Si
trovarono così verso le nove in un ristorante vicino al
centro di
Roma, una terrazza sul Tevere, la famiglia al completo.
I bambini
parlavano e giocavano tra di loro, gli adulti ridevano discutendo ora
di politica e ora di altro, sempre evitando argomenti infelici.
Claudia
aveva esplicitamente chiesto che non si parlasse in nessun modo della
malattia.
Era il suo ultimo
venerdì di vita tranquilla, e voleva
viverlo felice.
Due giorni dopo ci
sarebbero state le tanto attese
elezioni, e poi tutto il resto.
Ma prima voleva
essere felice,
ancora una volta.
E la sua famiglia,
la cena fuori in una calda
sera di inizio Giugno, circondati dalla magia della Città
Eterna,
non poteva che essere felicità.
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Capitolo 12 *** Capitolo XII ***
Capitolo XII
Guido
aveva accompagnato i genitori a votare la domenica mattina verso le
dieci, ed era rimasto attaccato alla mamma fino a che quella non era
entrata nella cabina elettorale.
Tornando a casa aveva cominciato
a chiederle quando avrebbe potuto votare anche lui.
- Quando avrai
diciotto anni, amore.-
- E quando avrò diciotto anni?-
-
Dunque, vediamo un po'... sai contare?-
- Sì!- Rise il bambino.
Sapeva contare fino a cento da qualche mese, e, anche se faceva
ancora fatica con i numeri più grandi, riuscì
senza problemi
a calcolare quanti anni mancassero alla sua maggiore età.
- Dodici,
tra dodici anni potrò votare. Ma posso votare te?-
- Se farò
ancora questo lavoro sì.- Gli rispose la mamma.
Passarono il
pranzo dal signor Oreste, ogni momento era per lui buono per stare
assieme alla figlia, e anche il resto della domenica lo passarono in
famiglia.
Il lunedì, spinta dal desiderio di vivere ameno uno
giorno di estate, Claudia e il marito portarono il figlio al
mare.
Lei rimase sempre lontana dall'acqua e abbastanza coperta,
aveva paura di ammalarsi e ritardare ulteriormente l'inizio delle
terapie, ma questo non le
impedì di conservare quelle ore di
vacanze, per lei ufficialmente le ultime e per gli altri
ufficialmente le prime, come un bellissimo ricordo.
Rientrarono
poco dopo la chiusura dei seggi, perché per quella sera
Claudia era
stata invitata ad un programma di dibattito politico sulle elezioni
appena
avvenute.
- Sei sicura di andare, amore?- Le chiese Davide
con il suo solito fare ansioso.
- Devi stare tranquillo, quante
volte te l'ho detto?-
- E se ti sentissi male?-
- Mi auguro
davvero che non succeda, non tanto per me quanto per tutto il
resto.-
- Non dirai nulla, immagino.-
- Assolutamente, non è
il momento. Quando rinuncerò al seggio spiegherò
le motivazioni
brevemente, mi sembra corretto nei confronti di tutti, sia del
partito che degli elettori. - Gli spiegò mentre si truccava.
Era
sempre stata molto riservata e quella volta non avrebbe fatto
eccezione. Anzi, un fatto così personale come la malattia
meritava
di rimanere privato,
ma anche sparire dalla scena politica
all'improvviso sarebbe stato difficile.
- Tu non sei neanche certa
di venir rieletta, vero?-
La donna annuì.
Non era certa di
entrare, come non lo era stata la prima volta e come non lo era stata
ai tempi del test di medicina, anche se ovviamente non era la stess
cosa.
-
Io no, ma a quanto pare sono l'unica a pensarla in questo modo.-
Era
vero.
Quando il sabato mattina si era recata alla sede del
partito per dire ai “piani altri” cosa stesse
accadendo si era
sentita dire, oltre alle classiche frasi di
circostanza, che doveva
pensare a come dare la notizia, perché la sua rielezione era
quasi
certa.
Alla fine aveva deciso che si sarebbe trattato di un breve
comunicato stampa, ma ci avrebbe pensato nei giorni successivi.
Si
finì di preparare e poi si presentò davanti al
marito e il
figlio.
- Come sto?- Gli chiese facendosi guardare.
- Sei
bellissima, mamma.- Commentò il piccolo correndole in
contro.
Claudia lo prese in braccio e lui le stampò un bacio sulla
guancia.
Davide li guardava sorridendo. - Ti aspetto sveglio?- Le
domandò.
- Come vuoi, anche se non penso farò troppo tardi.-
-
Mamma io posso stare sveglio finché non torni?- Le chiese
Guido.
-
No signorino, tu sei troppo piccolo. Ma ti prometto che quando torno
passo a farti qualche coccola.-
- Okay.- Rispose lui un po'
tristemente, e fu allora, mentre la madre lo rimetteva in terra, che
tutti, compreso il bambino, si ricordarono di come quel
gesto
affettuoso di tenere in braccio il proprio figlio, normale per tutte
le mamme, le fosse temporaneamente vietato perché doloroso e
pericoloso.
L'uomo stava per dire qualcosa ma la moglie fece segno
di tacere e li salutò sulla porta di casa sorridendo.
Era così
assurdo, un attimo prima ridevano e scherzavano come una famiglia
normale e un attimo dopo era tornato alle oro menti il dramma che li
stava
avvolgendo.
Cercò di pensare ad altro, mentre si avviava
verso gli studi televisivi, ascoltando la radio per seguire, minuto
per minuto, gli aggiornamenti sui risultati
elettorali.
Lo studio
era quello di un noto programma di dibattito condotto da Giacomo
Silvestri, un giornalista che ormai da vent'anni raccontava con
precisione
tutto quello che accadeva nel paese.
Era il
giornalista che portava in casa Petrolini le notizie la sera quando
Claudia era ragazzina e il signor Oreste guardava il telegiornale.
Lei aveva sempre visto Silvestri come un uomo che faceva il suo
lavoro con passione, e quando, per motivi lavorativi, lo aveva
conosciuto di persona non
aveva potuto che confermare l'idea che si
era fatta di lui.
Oltre a lei erano presenti in studio altre tre
personalità politiche, due uomini e una donna.
Gli uomini erano
un deputato socialdemocratico, Diego Abbà, e un senatore del
partito
della destra più estrema, Mauro Giuliano, del quale sapeva a
malapena il nome, mentre la donna, Giada Varello, poco più
grande
di lei, era una centrista fortemente cattolica con la quale le era
capitato di avere
accese discussioni in materia di diritti civili e
delle donne.
Si salutarono con freddezza, ma in modo rispettoso,
e Claudia per un attimo provò una terribile invidia per la
donna che
aveva davanti.
Giada Varello non aveva quarant'anni ed era una
bella donna, non lo poteva negare, ma sopratutto, glielo si leggeva
sul volto, era in salute, e fu questo a
generare l'invidia di
Claudia.
Anche se nessuno sapeva e il trucco faceva la sua parte
chiunque, confrontando le due deputate, avrebbe potuto immaginare
quale delle due era
ammalata.
La donna provò a concentrarsi
ancora una volta sul quello che era il suo ruolo sociale per quella
sera.
La sua ultima uscita pubblica come personaggio politico
sicuramente per molto tempo, forse per sempre.
La serata fu lunga
e complessa, perché i risultati continuavano ad arrivare
imprecisi e
oscillando sempre, specialmente per quanto riguardava i partiti
maggiori, che parevano inseguirsi e superarsi a vicenda ogni pochi
minuti.
Abbà
e Giuliano ebbero una lunga discussione anche abbastanza accesa su
quello che proprio i due principali partiti avrebbero fatto con
l'inizio della nuova legislatura.
Secondo l'estremista si sarebbe
avuto un accordo tra il centro-destra e il centro-sinistra dovuto
alla semplice voglia di poltrone, mentre l'altro sosteneva che una
cosa simile sarebbe accaduta solo in caso di estrema
necessità e
sempre nell'interesse del paese.
A quel punto Silvestre aveva
chiesto a Claudia cosa pensasse lei di quella prospettiva. - Lei
crede possibile una eventualità di questo genere, onorevole
Petrolini? Vedere al governo, e quindi magari contro di voi, gli ex
alleati di un tempo assieme agli ex nemici, una sorta di
rimescolamento delle carte, le fa strano o era una
possibilità che,
in qualche modo, si conosceva da prima di questa sera?-
Domandò
sorridendo, forse per mantenere l'aria in studio meno pesante di
quanto potesse diventare.
- Mah, se fosse qualcosa di già deciso
o comunque discusso non lo so. Di certo un epilogo simile per queste
elezioni darebbe come unica certezza il fatto che i nostri unici
reali nemici siano a destra, cosa che mi pare logica, mettendo
però
in discussione tutto il rapporto con il centro-sinistra.- Rispose.
Quando parlava in pubblico Claudia era sempre così, precisa,
quanto possibile sintetica e attenta al lessico che utilizzava.
-
Quindi lei non crede possibile in futuro, se la paura, definiamola
così, dell'onorevole Giuliano si avverasse, una replica di
una
esperienza simile a quella del governo Passalacqua?- La
incalzò il
giornalista.
- Sinceramente se queste elezioni porteranno, è
ancora tutto molto ipotetico, a un governo di unione tra
centro-destra e centro-sinistra una possibile alleanza con noi in
futuro sarà difficile, almeno a livello nazionale.-
- Quindi a
livello regionale o amministrativo lei crede che la vostra ex
coalizione, si potrebbe ora definire così, sarebbe in grado
di
reggere nuovamente?-
- Io credo che prima di ogni giudizio
bisogni attendere, ma se mi chiede se sarebbe possibile per il mio
partito fare accordi e eventuali con partiti come l'Usd per le
elezioni amministrative mentre questi sono al governo con il
centro-destra le posso dire che la risposta non la ho io e,
soprattutto, non la ho or.- Spiegò molto pacatamente, e
prima che il
conduttore potesse riprendere la parola la donna fu attaccata, con
toni calmi ma parole decise, dall'onorevole Abbà. - In ogni
caso
un'eventuale nuova alleanza tra i nostri partiti sarebbe da accettare
anche dalla mia parte, e non so quanti miei colleghi sarebbero di
questo avviso dopo l'esperienza del governo Passalacqua.-
Era una
frecciatina non da poco, considerando anche che per tutta la campagna
elettorale i socialdemocratici e i socialisti non avevano fatto altro
che attribuire ai comunisti e alla loro uscita dal governo la colpa
delle forti perdite di consensi che si erano trovati ad affrontare.
-
Naturalmente, anche se non condivido né trovo proficuo
questo vostro
continuare a rimuginare sulla fine del governo.-
-
Ma, obiettivamente, se non fosse caduto il governo per colpa vostra,
e se non vogliamo dire colpa diciamo a causa della vostra scelta, non
saremmo neanche qui a commentare nuove elezioni, visto che la scorsa
legislatura è finita a poco più di
metà. Non capisco dunque come
possa tu pensare- E usò quella forma poco formale di
proposito.- che
ciò che è successo non abbia peso sul momento
attuale.-
A quel
punto Silvestri prese possesso della parola quasi con forza,
anticipando con un esplicito gesto delle braccia quel che voleva dire
e frenando in questo modo la discussione sempre più accesa
tra i due
onorevoli di sinistra.
- Sì, bene, ma fermatevi un attimo, non
vogliamo vittime, soprattutto adesso che non ci sono ancora risultati
definitivi. Insomma, attendiamo prima che si scaldino troppo gli
animi. Invece, spostandoci un po' più al centro, per
così dire;
onorevole Varello lei cosa crede accadrà adesso? E inoltre
dove
pensa che si posizionerà il suo partito che, lo ricordiamo
anche
agli ascoltatori a casa, è la forza più centrista
e legata alla
tradizione ma anche quella che nelle sue settimane ha visto
modificarsi più in positivo le proprie percentuali. Cosa...
a cosa
credere che porterà questo, ammesso che i sondaggi vengano
confermati dai risultati delle urne? Sareste fondamentali per la
formazione del nuovo esecutivo, specialmente se i venti di guerra
interni alla sinistra, e forse anche alla destra, saranno quelli che
abbiamo appena sentito.- Rise il conduttore, facendo spuntare un
sorriso anche sulle labbra di Claudia e del socialdemocratico. -
È
possibile che la vostra ideologia, quella in qualche modo
più
classica, in Italia, legata anche al sentimento religioso, possa
tornare importante come lo è stata in quella che si
definisce “Prima
Repubblica”?-
Quella domanda spostò davvero la discussione al
centro, rendendo la Varello protagonista assieme a Giuliano ed
Abbà
e lasciando quindi Claudia libera di ascoltare e basta, senza dover
intervenire se non per brevi e sporadici commenti od appunti.
Alla
fine la donna lasciò lo studio che era mezzanotte passata, e
prima
di mandarla a casa il giornalista le fece un'ultima domanda che, per
un attimo, la lasciò muta, incapace di rispondere senza
rischiare di
tradirsi.
- Se i risultati dovessero rimanere questi, o comunque
non essere totalmente sconvolti, lei vedrebbe confermata la sua
rielezione alla Camera dei Deputati. Come si è discusso
prima è
probabile, lo dicono le percentuali, io non voglio gufare contro
nessuno, che vi troverete all'opposizione; crede che questo
cambierà
il suo modo di lavorare o rivedremo la stessa persona di questa
legislatura? E pensa che lo stare all'opposizione potrà
rendere per
voi difficile continuare l'azione riformista che avevate proposto
alle scorse elezioni, iniziato con il governo Passalacqua e che
è
stata ancora vostro punto fondamentale durante questa campagna
elettorale?-
Claudia rimase un attimo titubante, spaventata dal
fatto che qualsiasi risposa potesse dimostrarsi poi fasulla e far
instaurare, nei presenti e negli spettatori, dubbi che preferiva non
venissero fuori almeno per quella notte.
Solo dopo qualche
lunghissimo secondo riuscì a trovare qualcosa di non troppo
rischioso da dire. - Il mio modo di lavorare è uno, anche se
è
ovvio che i compiti e le responsabilità di un semplice
parlamentare
sono diverse da quelle di un ministro, ma questo non lo
modificherà,
o almeno è ciò che mi auguro. Per quanto riguarda
il mio partito la
penso allo stesso modo; abbiamo un programma, e se venivamo votati
è
perché i cittadini, una parte dei cittadini italiani, vuole
che le
nostre proposte vengano attuate. Quindi le posso assicurare che
porteremo avanti i nostri obiettivi a prescindere dai risultati.-
-
Grazie Onorevole Petrolini, io la saluto e le auguro una
buonanotte.-
- Grazie a lei e buon proseguimento di serata.-
Rispose la donna.
Poi Silvestre andò in pubblicità e Claudia
lasciò lo studio definitivamente.
Si mise in macchina e inserì
nella radio uno dei vari cd che teneva nell'auto. Era stanca della
politica, almeno per quella sera, e si fece compagnia con la sua
adorata musica.
Davide l'aveva aspettata sveglio, in cucina, con
la televisione ancora accesa sul programma a cui era appena stata
ospite la moglie.
- Posso dirti che si notava che non stai bene?-
Le disse mentre lei si cambiava.
- Grazie, sei proprio
rincuorante.- Sospirò. - Anche se non ti credo. Tu sai come
stanno
le cose, è per questo che hai notato qualcosa di strano, e
so che la
pensi come me.-
- In ogni caso sei stata brava a non tradirti
quando ti ha fatto l'ultima domanda, quella su cosa farai adesso. Ma
per quanto continuerai a non dire nulla a nessuno?-
- Qualche
giorno, già te l'ho detto. So benissimo da me che ritardare
è
pericoloso, ma tu devi stare tranquillo.-
Davide
fece un'espressione triste. - Sarà difficile stare
tranquillo con te
in ospedale e io a casa con Guido da solo. Ho paura di non riuscire a
fare tutto, di tralasciare qualcosa di importante, di non essere
né
un buon marito né un buon padre in questo momento...-
Claudia
non disse nulla ed andò ad abbracciarlo.
Lo sapeva come medico,
prima ancora che come donna; sapeva che quando ad ammalarsi era una
donna, magari giovane e madre di famiglia, molti di quegli equilibri
che prima erano dati quasi per scontati venivano a mancare, e per i
compagni non era sempre semplice gestire quelle situazioni, proprio
come le aveva detto il marito.
Claudia aveva bisogno di lui, in
quel momento, ancora di più ne avrebbe avuto
bisogno nei mesi successivi, ma doveva essere realista e accettare
tutto quello che sarebbe potuto accadere.
- Vado a dare qualche
bacino a Guido, glielo avevo promesso.- Disse poi.
- Va bene, ma
io mi corico, sono decisamente stanco. Buonanotte, amore.- La
baciò
dolcemente e la guardò con tanta tristezza nello sguardo.
Mentre
lei temeva che quella situazione li avrebbe portati a separarsi lui
non passava attimo senza maledirsi per l'impotenza che gli
provocavano quei giorni, senza riuscire neanche a concepire l'idea
che lei potesse non essere abbastanza forte da battere la malattia.
Alla fine Claudia si addormentò sul letto del figlio,
abbracciata come sempre a lui, e Davide lo capì quando la
mattina si
svegliò trovando il lato del letto accanto al suo vuoto.
Andò
nella cameretta e la vide dormire beata mentre il piccolo,
già
sveglio le accarezzava la testa.
- Dalle un bacino per farla
svegliare.- Suggerì l'uomo, e qualche minuto dopo lei aveva
aperto
gli occhi, trovando vicino le persone che più amava.
Andò in
cucina e accese la televisione mentre il marito aiutava il piccolo a
prepararsi.
Le elezioni avevano dato i risultati già immaginati,
con il partito del centro-destra di pochi punti in vantaggio rispetto
a quello del centro-sinistra.
Il partito di Claudia aveva ottenuto
un rispettabile dodici percento che dunque confermava la sua
rielezione. Accolse la notizia con un po' di paura nel pensare che
ormai i giochi erano fatti e doveva dichiararsi, ma fu anche
sollevata nel pensare che quello sarebbe stato il suo ultimo impegno
politico almeno per un bel pezzo.
Non che il ricovero e le cure
sarebbero state più piacevoli, anzi, ma era stanco della
parte
politica della sua vita. Forse era a causa della malattia, forse una
volta guarita e tornata in forze sarebbe stata pronta anche a
ricominciare quel lavoro che aveva tanto amato, ma in quel momento
staccarsi dalla vita pubblica e rintanarsi nel privato della sua
famiglia era il suo unico desiderio.
-Mamma mi fai la colazione?-
Le chiese Guido entrando in cucina già pronto.
Lei lo guardò un
attimo intontita, e solo dopo capì la domanda.
Sorrise mentre il
marito li raggiungeva e propose di fare colazione insieme al bar
sotto casa che, non era un mistero, era oltretutto gestito da un uomo
molto di sinistra.
Infatti, appena la vide entrare, le corse
incontro abbracciandola.
- È andata bene, alla fine. Mi aspettavo
molto peggio.-
- Immagina quanto possano fare felice me questi
risultati. Anche io non mi aspettavo di superare il dieci percento.-
- E adesso cosa farai? Tornerai in Parlamento, no?-
Claudia
sospirò. Quanto ancora avrebbe dovuto sentirsi fare quella
domanda
senza poter dare una risposta precisa?
- Hai fatto una domanda
molto complicata.- Abbozzò mentre marito e figlio
sceglievano già
con l'acquolina in bocca la brioches con cui fare il primo pasto
della giornata. - Non sto bene, ultimamente, e credo che questo
pregiudicherà molto le scelte che farò in questi
giorni.-
Il
barista rimase colpito e dispiaciuto d quelle parole, ma notando il
disagio con cui la donna aveva parlato decise di non fare altre
domande e si limitò a servire la famiglia.
Quando finirono di
mangiare la madre salutò tutti, come al solito sarebbe stato
Davide
a portare il bambino all'asilo, e si diresse in macchina verso la
sede del partito.
Anche lì tutti erano felicemente sorpresi dei
risultati, eccezione fatta per due o tre persone che speravano
andasse meglio, e già si discuteva su ciò che si
sarebbe fatto dal
quel momento in poi.
Claudia
salutò tutti con baci e abbracci, facendo commenti felici e
complimenti a destra e a manca.
Dopo pochi minuti capì che la
notizia di ciò che avrebbe fatto lei di lì a
breve era cominciata a
girare, e si trovò a dover spiegare quel che le era successo
con
conseguenti auguri di pronta guarigione e quant'altro dai vari
colleghi.
Alla fine si convinse che fosse stato meglio così,
perché era sicuramente giusto che i colleghi a lei
più vicini
sapessero le cose di persona e non dai giornali o da qualsiasi altro
mezzo di informazione.
Rimasero tutti molto stupiti dalla
malattia, era logico, ma fu proprio Claudia a cambiare argomento di
discussione, e per, non smentirsi mai, lo fece con una battuta. - Io
non torno a lavoro ma voi sì, direi che ci sono cose
più importanti
a cui pensare.- Rise, e continuò quindi a seguire con
attenzione la
discussione, soprattutto perché continuava a sperare di
poter far
qualcosa per il bene del partito anche durante la malattia.
A
fine mattinata, mentre i colleghi uscivano per il pranzo, Claudia
rimase a chiacchierare con il segretario del partito, Massimiliano
Razzaroni.
Era un uomo di mezza età giunto a metà del suo
mandato, eletto segretario diversi mesi dopo l'inizio del governo
Passalacqua, esecutivo di cui era stato promotore ma non membro
perché aveva preferito dedicarsi alla corsa verso la guida
del
partito.
Claudia aveva imparato a conoscerlo bene solo da quando
era iniziata la crisi di governo, perché prima,
benché ci fossero
state svariate riunioni privata a cui era stata presente l'intera
dirigenza del partito, dunque anche loro due, la donna era sempre
stata attenta a mantenere un forte distacco formale.
Era una sua
caratteristica quella di non riuscire a distaccarsi dalle
formalità
se non dopo tanto tempo, anche con i colleghi del governo aveva
impiegato diverse settimane a sciogliere la serietà che le
era
solita.
Allo stesso modo era stato quindi con Razzaroni e gli
altri, ma in quel momento si poteva dire contenta delle relazioni
sorte con i colleghi, e lo capì soprattutto quando l'uomo la
fermò
per parlare un attimo.
- Mi dispiace che la notizia sia girata
senza il tuo consenso, davvero. Tu mi hai chiesto solo sabato di non
dire nulla a nessuno ma ieri, mentre commentavamo i primi exit-poll,
mi sono lasciato sfuggire il fatto che probabilmente avresti
rinunciato al seggio e da lì tutto il resto.- Si
scusò l'uomo, ma
Claudia non aveva motivo di essere risentita nei suoi confronti.
-
Non preoccuparti, prima o poi sarebbe uscito fuori, e forse
è meglio
che sia andata così.- Spiegò.
- Come stai?-
- Come si sta in
queste situazione, Massimiliano. Fisicamente sono molto provata,
debole, non sto affatto bene, e chi mi conosce da vicino, ad esempio
la mia famiglia, lo nota molto.-
- Non solo loro, purtroppo, si
vede che non sei in salute. E moralmente come stai?-
- Sono
triste, spaventata. So quello che mi attende e vorrei che non fosse
la verità, ma dopotutto sono fortunata, ho accanto persone
meravigliose che mi amano e mi staranno vicino qualsiasi cosa
accada.
Certo è che una situazione del genere ti pone un sacco di
dubbi, di domande senza risposte. Non solo sul futuro, su quello che
sarà da adesso in poi, ma anche su quello che è
già stato.
Mi
domando se sono stata una brava madre, una buona moglie, una figlia
come quella che mio padre poteva desiderare, mi chiedo cosa
lascerò
loro se mi dovesse accadere qualcosa.- Sospirò.
- Non devi
essere così negativa. So che te lo avranno detto tutti e
sono solo
parole banali, ma non devi pensare necessariamente al peggio.-
Lei
sorrise. - Non sono parole banali, e fa sempre piacere sentirsi
rincuorare. Il mio non è essere negativa, quanto piuttosto
realista;
ho buone possibilità di guarire, ma il rischio di non
farcela è
presente e non voglio andarmene da questo mondo senza aver fatto il
possibile per lasciare felice chi amo.-
- Sei una donna forte,
coraggiosa, vedrai che non ci saranno problemi.- Le disse ancora
l'uomo, ma dopo poco si pentì delle sue parole, visto che
alla fine
non aveva fatto altro che rigirare la frase detta poco prima, un
insieme di affermazioni consolatrici e piene di sentimenti, ma
totalmente inutili a livello pratico.
Come se poi lui a livello
pratico potesse davvero fare qualcosa.
Claudia cambiò nuovamente
argomento di discussione. - Non so in che condizioni sarò,
né
quanto spesso mi sarà possibile, ma vorrei continuare a
lavorare in
qualche modo per il partito.- Spiegò.
- Preoccupati di curarti,
Claudia, e di riposare. Sei una lavoratrice instancabile e lo
sappiamo tutti, ma adesso hai cose più importanti di cui
occuparti,
la tua salute non può passare in secondo piano.- Le disse
tranquillamente il segretario. - Noi ti aspettiamo per quando starai
meglio, e penso sarà molto prima di quanto immagini, ma per
adesso
stai tranquilla. Piuttosto dovrai fare i documenti per la rinuncia al
seggio e anche una dichiarazione, no? Sei stata impegnatissima per
tutta la campagna elettorale e credo che tutti si aspettino di
vederti tornare a Montecitorio. Non devi spiegazioni a nessuno,
è
ovvio, ma forse è il caso... non lo so, se preferisci tenere
la
notizia totalmente privata ti capisco, è una faccenda molto
personale, ma io penserei anche a questa eventualità.-
- Sì, ci
ho pensato anche io e ho deciso di aspettare un paio di giorni per
poi fare questa benedetta dichiarazione, anche se ancora non so in
che modo.-
- Se hai bisogno di una mano puoi contare su di me, lo
sai.-
Claudia lo ringraziò, poi gli propose di andare a pranzo
perché non avevano poi così tanto da fare ancora
lì.
Quando
tornò a casa la sera le venne una strana tristezza, la
stessa che
l'aveva colta l'ultima volta che aveva lasciato la Camera dei
Deputati il venerdì precedente.
Era, in fondo, un pezzo di vita
che stava mettendo da parte.
Ma forse, pensò accarezzandosi quel
maledetto bozzo dietro al collo, era meglio così.
;Sun's
space.
Non c'è molto da dire, Claudia si stacca sempre
più dalla vita politica per iniziare il percorso di cure.
Mi piacerebbe solo sapere se qualcuno indovina a chi si ispira la
figura del giornalista :P
Per il resto alla prossima <3
|
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Capitolo 13 *** Capitolo XIII ***
Capitolo
XIII
Il
venerdì di quella convulsa settimana elettorale Claudia
aveva fatto
la dichiarazione di rinuncia al seggio con relativa spiegazione,
appena accennata, dei gravi motivi di salute che l'avevano portata a
quella decisione.
Lo aveva fatto tramite poche righe scritte a
margine di un'intervista ad un importante quotidiano nazionale, nella
speranza che la notizia passasse quasi inosservata, ma com'era
prevedibile le cose andarono diversamente e, in breve, tutta l'Italia
aveva saputo di ciò che le stava accadendo.
Numerosi erano stati
i messaggi di solidarietà da parte di esponenti di forze
politiche
anche lontana dalla sua e lo stesso calore umano era arrivato dagli
elettori.
Solo
alcuni cittadini pieni di risentimenti verso il governo precedente e
troppo sfrontati nell'uso dei social network avevano approfittato
della situazione per insultare e augurare del male alla donna.
Erano
stati casi isolati e lei non ci aveva dato peso, ringraziando invece,
tramite un portavoce, colore che le avevano espresso
vicinanza.
Qualche collega a lei più vicino le aveva anche
scritto privatamente, tramite mail o telefonino, per sapere qualcosa
in più, ma Claudia, seppur grata di quell'interessamento,
aveva
lasciato intendere che preferiva vivere la malattia nel privato della
famiglia, volendosi staccare del tutto dalla politica e da chi ne
faceva parte, anche quando queste erano persone a cui era legata.
Da
quando si era scoperta ammalata voleva intorno solo i suoi cari e
qualche amico, ad esempio Isabella.
Oppure Roberto e Andrea, il
padre e figlio gestori del ristorante in cui era andata spesso quando
si trovava ad Ostia.
I
due le avevano telefonato la sera stessa della sua dichiarazione, e,
anche se dubbiosa perché il suo male era lo stesso che aveva
portato
via la loro moglie e madre, gli aveva detto con precisione quello che
le stava capitando.
Per i due era stato ovviamente un doppio
colpo, ma subito le avevano detto che poteva contare assolutamente su
di loro, in un certo senso anche vista l'esperienza che purtroppo
avevano già avuto con la malattia.
- E fatti coraggio, Claudia.-
Gli aveva detto Andrea mentre la salutava a fine chiamata. - Mamma
era molto più grande di te e aveva altri problemi di salute,
senza
contare che la medicina, in questi anni, ha fatto numerosi passi in
avanti, ma credo che questo tu lo sappia meglio di me.-
Aveva
provato anche lui a rassicurarla, benché sapesse che lei,
forte di
carattere come si era sempre mostrata, non aveva di certo bisogno di
quelle parole.
Ma la dolcezza con cui Claudia lo aveva ringraziato
era riuscita a farlo sentire almeno un poco utile in quella
situazione assurda che rendeva tutti spettatori impotenti del dramma
di una donna e della sua famiglia.
Chiudendo la telefonata, seduta
sul divano del salone, era stata presa da uno strano sconforto, e
Davide non aveva potuto fare a meno di notarlo.
- Stai bene,
amore?- Le aveva chiesto allarmato.
Per lui ogni attimo era un
possibile momento in cui la malattia poteva avere il sopravvento
sulla vita della sua amata, e non si sarebbe perdonato altre
disattenzioni nei suoi confronti, non dopo tutte quelle settimane
preziose perse a credere ai suoi falsi “sto bene, stai
tranquillo”.
- Sì, sto solo pensando ad Andrea. Sua mamma è
morta a causa della mia stessa malattia e...- Fece una pausa. Quel
“mia malattia” rendeva tutto più reale,
più di quanto non lo
facessero i risultati delle analisi o i sintomi stessi.
Fu il
marito a riprendere le fila del discorso. - Sì, purtroppo lo
so. Ma
non sarà il tuo caso; sei giovane, a parte questo in salute.
Tu per
prima hai parlato di prognosi favorevole, e non credo che mi
mentiresti su una cosa del genere.-
La donna rise. - Dire che
tolto il cancro godo di buona salute è una bella metafora di
come
siamo tutti convinti che la malattia sarà solo una
parentesi, e me
lo auguro davvero. Pure Andrea ha fatto i tuoi stessi commenti sul
fatto che io sia giovane e tutto il resto, è solo che, non
lo so, è
come se già so che mi sentirei in colpa nei suoi confronti
se mi
salvassi, e lo stesso sentimento credo lo proverei nei confronti di
tutti quelli che non ce l'hanno fatta. Lo so, è un pensiero
assurdo,
ma non riesco a togliermelo dalla testa.-
Davide si sedette al suo
fianco e la strinse a sé.
- Non dico di saperlo con certezza,
perché non è il mio mestiere e non ci sono mai
passato, anche se
Dio solo sa quanto vorrei stare male al posto tuo, ma forse
è
normale una sensazione simile. Però non devi pensarla
così, tu non
hai colpe se guarisci, e sono sicuro che Andrea la pensi allo stesso
modo. È sicuramente vero che lui avrebbe preferito che sua
madre
guarisse, quando si è ammalata, ma credo anche che il suo
desiderio
ora sia vedere te in salute.-
Claudia si accoccolò tra le braccia
del marito. - Come farei se non avessi te al mio fianco?- Gli
sussurrò.
L'uomo le accarezzò dolcemente i capelli, e nel farlo
gli venne tristezza pensando che ben presto lei li avrebbe
perduti.
Sarebbero caduti come foglie d'autunno lasciando il suo
capo nudo, scoperto, vulnerabile proprio com'era il suo fragile corpo
in quel periodo.
Era sabato sera, il ricovero era previsto per la
mattina seguente e le terapie, in linea di massima, le avrebbe
iniziate al più tardi il martedì.
Non c'era più tempo da
perdere, e a dimostrarlo vi erano la debolezza con cui si muoveva,
parlava e sorrideva, debolezza che spaventava ogni minuto di
più le
persone che aveva attorno.
Il signor Oreste, quel pomeriggio,
aveva portato il nipotino ai giardinetti per lasciare i due coniugi
da soli prima della ospedalizzazione di Claudia.
Sarebbe stato lui
ad accompagnarla poi in ospedale, lasciando il piccolo Guido col
padre, nella speranza che egli potesse stargli accanto se ve ne fosse
stato bisogno.
Il nonno e il bambino erano tornati a casa sul
tardi, verso l'ora di cena, portando con loro delle pizze e un
piccolo dolce nella speranza di distrarre almeno un poco la famiglia
in quella sera così triste.
Ancora una volta Guido fu fatto
dormire coi genitori, sempre attaccato a sua madre.
Quando lei si
era risvegliata la domenica era rimasta a lungo a guardare riposare
il figlio e il marito, come se volesse fissarsi con forza
quell'immagine nella mente, in modo tale da aver quell'ultimo loro
ricordo qualsiasi cosa fosse accaduta.
Poi si preparò, e lo fece
col bambino che le trotterellava intorno senza stancarsi né
allontanarsi mai.
Andò avanti così dal momento in cui si erano
svegliati fino all'ultimo abbraccio che lei gli diede sulla porta di
casa mentre il nonno già attendeva sul pianerottolo con la
valigia
in mano.
- Quando torni, mamma?- Le chiese con gli occhi lucidi
il bambino.
- Appena sto meglio, amore mio, appena sto meglio.-
-
Ma perché non puoi prendere le medicine a casa?-
- Perché sono
delle medicine particolari che mi devono dare in ospedale, altrimenti
rimarrei davvero a casa insieme a te.-
I dolori alla schiena,
esattamente come tutti gli altri sintomi, non si erano affievoliti in
quei giorni, se possibile avevano addirittura fatto il contrario, e
la donna dovette lasciare che fosse Davide a prendere in braccio il
figlio per metterlo alla sua altezza.
- Lo so che sei triste,
tesoro, lo sono tanto anche io. Ma sei un bravo bambino, e sono certa
che te la saprai cavare anche senza di me.-
Gli diede un bacio
sulla guancia e l'uomo lo fece scendere, salutando poi la moglie con
un lungo e doloroso abbraccio.
Per arrivare alla macchina, un
poco distante dal portone del suo stabile, Claudia ebbe più
volte
bisogno dell'aiuto del padre per superare pezzi di marciapiede
sconnessi, e quando furono nell'auto, mentre lui metteva in moto, si
lasciò andare ad un'amara constatazione. - Fino a qualche
giorno fa
camminavo ancora abbastanza bene, addirittura guidavo. Non so
perché,
ma da venerdì ad oggi è come se la situazione
fosse precipitata.-
il signor Oreste cercò di concentrarsi sulla strada che
aveva
davanti per non pensare al dramma che poteva celarsi dietro le parole
della figlia, ma, visto che stare in silenzio non era il modo giusto
per affrontare quel viaggio, tentò almeno un poco di farla
sorridere. - Non essere negativa, è meglio adesso che una
settimana
fa, non trovi?-
- Hai ragione papà, come al solito.-
- Credo
di non averti mai sentito dire una cosa simile da quando sei al
mondo, lo sai?-
- Si vede che sto proprio male, allora.- Rise la
donna, e lui si convinse che forse solo quello era il modo per
affrontare una malattia tanto grave; riderci sopra, mostrare che la
voglia di vivere era più forte di tutto il resto.
Arrivarono
all'ospedale verso le undici, puntuali per l'ora in cui Francesco
aveva chiesto all'amica di presentarsi per l'accettazione.
Era
insolito che un ricovero programmato avvenisse di domenica, ma il
medico aveva scelto quel giorno proprio affinché ci fosse
meno
confusione.
Inoltre, per un puro caso, la suddivisione dei turni
nei vari reparti faceva sì che fossero presenti anche un
paio di
colleghi a cui l'oncologo voleva chiedere un consulto, in particolare
un ortopedico di cui si fidava molto e a cui voleva mostrare le
radiografie della colonna vertebrale di Claudia, preoccupato dai
rischi che ella poteva correre.
Fu una giornata lunga e faticosa
sia per la figlia che per il padre.
Nel limite del possibile,
dopotutto era un giorno festivo, lei fu sottoposta a nuove analisi, e
per il signor Oreste attendere fuori dagli ambulatori fu pesante,
soprattutto quando dovette rispondere alle diverse telefonate del
genere che domandava informazioni sulle condizioni della moglie.
Soltanto verso le sei di sera, ora in cui nell'ospedale veniva
servita la cena, la donna fu portata in quella che sarebbe diventata
la sua stanza.
Era una camera con due letti, ma quello di Claudia
era l'unico occupato.
Subito le venne da sperare che quella
situazione si protraesse il più a lungo possibile. Non tanto
per una
questione di privacy, essere in ospedale nelle sue condizioni e
chiedere riservatezza le pareva quasi paradossale, ma soprattutto
perché il letto accanto al suo occupato significava un altro
malato
di tumore, un'altra famiglia toccata, provata e forse anche distrutta
da quel dramma.
Suo padre raggiunse il reparto diversi minuti
dopo e rimase nuovamente impietrito davanti all'ingresso, capendo che
con buone probabilità avrebbe avuto quel sussulto tutti i
giorni
fino alla guarigione di sua figlia.
Nella
stanze lei stava cenando a letto, come se già si fosse
abituata a
quella che sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi, ma
quello che colpì più di tutto il signor Oreste fu
vederle entrare
nel naso due tubicini di plastica che, lo sapeva pur non essendo
medico, servivano a farla respirare meglio.
- Claudia...- Riuscì
solo a dire avvicinando una sedia al letto e mettendosi al suo
fianco.
- Tranquillo, papà, l'ossigeno mi fa bene, aiuta i miei
polmoni a lavorare malgrado siano ridotti male a causa delle
metastasi.- Spiegò lei cercando la mano del padre sopra le
lenzuola.
- Lo so, ma...- L'uomo non si sentiva in grado di dire frasi di
senso compiuto, in quel momento, era troppo preso dal dolore.
Finito
di mangiare Claudia si sistemò per bene nel letto, e l'uomo
l'aiutò
a mettersi comoda.
- Saranno almeno vent'anni che non mi rimbocchi
le coperte, sai papà?- Rise lei mentre il signor Oreste
finiva di
sistemare con ordine il risvolto del lenzuolo.
- Ogni tanto la
vita ci porta a riscoprire abitudini che pensavamo perdute per
sempre.- Commentò lui baciandole la fronte.
Quello di rimboccarle
le coperte era stato un gesto improvviso e spontaneo rinato davvero
per caso dopo tanto tempo, forse perché in quel letto la
figlia gli
appariva piccola, di nuovo bambina.
Dietro di lui fece rumore
l'anta in metallo dell'armadietto dove Claudia aveva riposto i suoi
effetti personali, e questo gli fece tornare in mente una domanda che
aveva da quella mattina.
- Ma cosa ti sei portata dietro? Stamane
la tua valigia pesava parecchio, figlia mia.-
- Nulla di
particolare, ma ho dovuto fare scorta di pigiami. Domattina mi
sveglierò fradicia del mio sudore, e così
sarà tutte le mattine
ancora a lungo. Inutile dire che non posso passare le giornate con
addosso il pigiama bagnato, e dunque la valigia è piena
praticamente
solo di quelli. -
L'uomo annuì e rimase per qualche secondo in
silenzio prima di chiederle se avesse sentito il marito e il figlio
in quella lunga giornata.
- Sì, prima di cena. Davide voleva
passare in ospedale domattina, ma ho preferito dirgli di non cambiare
la routine di Guido e quindi di vivere la giornata in modo normale
per poi passare in serata.-
- Quindi domani sera porto Guido da me
o passo a guardarlo a casa vostra, giusto?-
Claudia sospirò.
Aveva
capito benissimo il senso di quella domanda, e fece il possibile per
rispondere senza ferire il padre. - Oppure può andare da
Gianluca,
se tu non te la senti di allontanarti da qui. Sempre ammesso che ti
facciano restare. Ma cerca di capire fin da ora che non puoi vivere
sempre in ospedale al mio fianco, papà. Non è
solo un fatto di
regolamenti, io lo dico soprattutto per te. Hai bisogno di stare
tranquillo se vuoi aiutarmi, e la tranquillità la vivi anche
tornando a casa, almeno tu che puoi.-
- Già...-
Sapeva che le
cose sarebbero andate in quel mondo, ma da quando la figlia gli aveva
detto di essere ammalata lui a malapena riusciva a chiudere gli occhi
la notte per la paura di svegliarsi la mattina dopo e scoprire che
lei non c'era più.
Un attimo dopo sentirono bussare alla porta
già aperta della camera.
- Si può?- Domandò Francesco
sorridendo.
- Vieni, entra. Sei ancora qui? Credevo fossi già
andato a casa.- Rispose Claudia.
L'uomo si avvicinò al letto
dell'amica e, ottenuto il tacito consenso del signor Oreste, si
sedette sulle coperte accanto a lei.
- Non andavo via senza
salutarti e sapere come stavi. Non è un fatto di
favoritismi, sei
una mia carissima amica e credo che interessarmi alle tue condizioni
sia il minimo.- Poi volse lo sguardo verso il vassoio della cena
vuoto. - Il cibo degli ospedali lascia molto a desiderare, lo so, ma
sono contenta che tu sia riuscita a mangiare tutto almeno stasera.
Sei sottopeso di diversi chili e recuperare qualcosa, visto anche il
difficile percorso di cure che dovrai affrontare, non può
farti che
bene.-
- Ne sono consapevole.- Sorrise lei. - E ti prometto che
farò il possibile per mangiare tutto almeno quando
sarò in
condizioni di farlo.- Rispose facendo riferimento agli effetti della
terapia.
Poi indicò, con un gesto del capo, suo padre.
- Io
non sono una bambina e questo non è un reparto pediatrico,
dunque...- Lasciò cadere la frase come sempre faceva quando
il
discorso le pesava.
- Per stasera può restare, ma da domani temo
che dovrai stare da sola almeno la notte, Claudia. Non è per
me,
figurati, ma ci sono infermire che credo siano state addestrate da
ex-SS.- Spiegò il medico.
Fu allora che il signor Oreste
parlò.
- E se peggiorasse? Se ci fossero giornate in cui sta
tanto male e ci fosse il rischio che di notte peggiori ancora...?-
Parlò in preda all'ansia, riflettendo solo dopo sul fatto
che quelle
parole potessero ferire le figlia.
Lei, difatti, lo guardò
stranita e poi commentò con un pizzico di ironia.
- Me la tiri,
papà?- Sorrise stanca. - Però ha ragione,
Francesco.- Aggiunse
cercando di nuovo lo sguardo del medico. - È innegabile che
ci
saranno momenti difficili, e se di notte stessi male io per prima
vorrei qualcuno di caro vicino. Nel limite del possibile, è
chiaro.-
- State tranquilli, vi capisco e farò il possibile
perché lei
possa stare con sua figlia ogni volta che vuole e ce n'è
bisogno.-
Claudia ringraziò l'amico con lo sguardo e si rivolse
nuovamente a suo padre. - Vedi? Ti conviene sperare di non stare con
me la notte, perché significa che sto bene.-
Spiegò.
Il medico
li lasciò soli poco dopo, e Claudia, che ancora conosceva il
suo
lavoro, si accorse dell'occhio con cui la guardava, una sorta di
visita fatta solo tramite lo sguardo.
Non disse nulla, in fondo
quella era la situazione; Francesco era un oncologo e lei una malata
di cancro, lui era il suo medico e quello era il suo mestiere.
Rimase
sola con suo padre affianco, silenzioso come sempre lo avrebbe visto
in quei giorni.
Continuò lei a tenergli e accarezzargli la mano,
al contrario di quello che sarebbe dovuto essere, e l'uomo se ne
accorse.
- Sembra che tu stia consolando me, bambina mia, eppure
credo che dovrebbe essere il contrario, scusami.-
- Non sei il
primo a dirmelo, ma non è così. È un
momento difficile per tutti,
ed è giusto che chiunque ne abbia bisogno venga consolato,
rincuorato.-
Lui rimase ancora in silenzio, mentre la donna fece
un leggero sorriso quando, guardando il cellulare, vide il messaggio
della buonanotte di Davide e Guido, una foto del piccolo che le
mandava un bacino.
Gliela avevano inviata a quell'ora perché il
magistrato immaginava che la moglie si sarebbe addormentata presto e
infatti, malgrado fossero appena passate le sette, la donna accusava
già una fortissima stanchezza.
L'ossigeno che respirava tramite
quei tubicini le dava un minimo di conforto, ma questo non faceva che
aumentare la certezza di come la malattia la stesse massacrando.
Se
si fosse lasciata visitare prima forse non sarebbe arrivata a quel
punto, nessuno lo diceva più benché tutti lo
pensassero ancora, ma
a lei non importava, quei pensieri lasciavano il tempo che trovavano,
la cosa fondamentale era iniziare le cure e lottare.
Lo faceva più
per i suoi cari che per se stessa, non lo avrebbe mai detto a nessuno
ma se fosse stata sola avrebbe riflettuto a lungo sul curarsi o meno,
non sarebbe stata immediatamente decisa a subire le torture delle
terapie se non avesse avuto nessuno per cui vivere.
Ma
non era sola, e dunque doveva combattere contro il male nel modo in
cui tutti si aspettavano da lei, perché nessuna sofferenza
avrebbe
giustificato l'abbandonare i suoi cari.
Suo padre, suo marito, suo
figlio, tutti si aspettavano che lei guarisse, che non smentisse la
forza d'animo che tutti erano soliti attribuirle.
Il pensiero
corse al suo bambino.
- L'unica cosa di cui posso essere felice è
che sia io a stare male e mio figlio, non saprei che fare se al posto
mio ci fosse lui...- Sospirò, ma subito dopo si accorse
della
terribile gaffe.
Fece per dire qualcosa e venne anticipata dal
signor Oreste. - Già... mi sarebbe piaciuto avere la tua
stessa
fortuna, quella di stare male al posto di uno dei mie
figli...-
Claudia si sentì avvampare per la vergogna.
- Scusa
papà, è che...-
- È che ora sei una donna, più madre che
figlia, ed è normale che il tuo primo pensiero sia lui. Ma
vorrei
davvero essere al posto tuo.-
La donna lo guardò negli occhi con
uno sguardo terribilmente dolce.
- Sono ancora una figlia, papà,
e se tu stessi male io soffrire tanto, tantissimo. Non possiamo
scegliere ciò che ci accade, ma possiamo scegliere come
reagire. Tu
cerca di essere in felice perché sei in salute, io lo sono
perché
chi amo sta bene e vedrai che a breve saremo feliciti tutti
perché
starò bene anche io.- Gli sorrise leggera.
L'uomo strinse forte
la mano di quella figlia che aveva cresciuto da solo e non disse
più
nulla.
Solo quando fu certa che ella si fosse addormentata lasciò
scivolare qualche lacrima sui suoi lineamenti provati dal tempo e dai
dolori di una vita intera.
E sperò che davvero, il primo
possibile, il suo pianto diventasse di gioia.
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Capitolo 14 *** Capitolo XIV ***
Capitolo
XIV
Guido si svegliò
a metà della notte piangendo e urlando dopo un brutto sogno.
Era
un bambino ed era normale, a volte capitava e sua madre si alzava
sempre subito per correre da lui, come se avesse un radar capace di
captare ogni minimo disagio del suo bambino.
Correva da lui e lo
coccolava calmandolo fino a che lui non si addormentava tra le sue
braccia ma sempre nel lettino della cameretta, perché
conosceva i
pareri di psicologi e pedagoghi riguardo il cosa fare con i bambini
durante i loro incubi e pensava che, arrivato ai cinque anni, Guido
dovesse cominciare a scindere tra realtà e sogno.
Quando però il
pianto di suo figlio le pareva inconsolabile lasciava perdere ogni
teoria e lo portava con sé nel lettone dove, in mezzo ai
genitori,
il piccolo riprendeva a dormire tranquillo.
Quella notte, quando
sentì chiamare, Davide ci mise qualche minuto a capire che
sarebbe
dovuto andare lui dal bambino in lacrime.
Il lato del letto
accanto al suo, quello in cui di solito dormiva Claudia, era
perfettamente rifatto, e il cuore gli si strinse per la nostalgia.
Sua
moglie non era ricoverata da neanche ventiquattr'ore e lui
già
sentiva un vuoto dentro prima ancora che al suo fianco.
Fu solo
un attimo però, perché poi corse dal figlio,
trovandolo seduto sul
letto in preda a un attacco molto forte di pianto.
- Ho fatto un
brutto sogno, voglio la mamma.- Singhiozzò.
Davide si sedette
vicino a lui e lo abbracciò.
- La mamma non c'è, lo sai, va bene
se qui ci sto io con te?- Guido annuì e tirò su
con il naso mentre
il padre faceva il possibile per tranquillizzarlo.
- Cos'hai
sognato?-
- Non... non me lo ricordo, ma era brutto.- Farfugliò
il piccolo, ma il modo in cui lo disse fece credere al magistrato che
le cose stessero diversamente, come se il sogno fosse ancora vivo
nella mente del figlio e lui non volesse, chissà per quale
motivo,
raccontarlo.
- Papà posso dormire con te? Solo stanotte, per
favore.-
Davide guardò gli occhi tristi del bambino e si chiese
cosa avrebbe fatto Claudia al suo posto.
Sapeva che non era la
domanda giusta da farsi, perché lui era un uomo adulto
capace di
scegliere da solo il meglio per sé e suo figlio, ma pensare
alle
innate doti materne di sua moglie, in quel momento in cui lei era
così lontana, sembrava aiutarlo.
- Va bene.- Sospirò alla fine.
- Ma solo per oggi.- Rispose, non credendo però neanche lui
per
primo alle sue parole.
Nel lettone, come sempre, il bambino si
addormentò in fretta, e al padre quasi dispiacque quando la
mattina
dopo dovette svegliarlo.
Guido si presentò in cucina per la
colazione mentre Davide stava finendo di prendere il secondo
caffè
della mattinata.
- La mamma mi ha mandato un messaggio di
buongiorno, dice che sta bene ma non poteva telefonare, però
stasera
ti chiama.-
Il volto del bambino si illuminò.
- Le ho detto
che hai fatto un brutto sogno e mi ha risposto chiedendomi cosa
avessi sognato, ma non lo so neanche io perché tu non te lo
ricordi.-
Guido abbassò la testa.
- Che succede?- Gli domandò
il padre.
- Non è vero che non me lo ricordo, ma se te lo dico tu
non lo dici alla mamma, è vero?-
Davide incrociò gli indici
davanti alle labbra baciandone prima uno e poi l'altro in segno di
giuramento. - Sarà il nostro segreto.-
- Ho sognato che la mamma
moriva, e avevo paura che se te lo dicevo succedeva davvero. Ma ora
che so che sta bene sono tranquillo e te lo posso dire.-
Spiegò
Guido continuando a tenere lo sguardo basso.
Il padre gli si
avvicinò e si piegò sulle gambe per riuscire a
guardarlo negli
occhi.
- Piccolo...- Gli accarezzò il volto.
-A me manca e ho
paura, quando torna a casa?- Rispose il bambino iniziando a piangere
proprio come la notte precedente.
Davide lo tranquillizzò ancora
e ancora, non poteva dargli una data ma riuscì a calmarlo
abbastanza
da potergli fare un'altra foto sorridente da inviare alla
moglie.
Anche se aveva fatto una promessa a suo figlio Davide
pensava che avrebbe raccontato a Claudia dell'accaduto, soprattutto
perché credeva che la donna sarebbe stata capace di
consigliarlo sul
da farsi col piccolo che, probabilmente, non avrebbe smesso di fare
incubi semplicemente grazie alle sue rassicurazioni.
Mentre lo
accompagnava all'asilo gli raccontò della credenza popolare
per cui
sognare la morte di qualcuno significasse allungargli la vita, e
appreso quello Guido decise di ritrattare le sue posizioni su cosa la
madre dovesse o non dovesse sapere del suo sogno.
Il magistrato
lo lasciò andare a giocare con gli altri bambini nel salone
della
scuola materna dopo avergli messo il grembiulino e cambiato le
scarpe, ma rimase un poco a guardarlo per capire se fosse davvero
tranquillo e felice.
Mentre vegliava sul figlio, convinto che per
fortuna almeno lui pareva star bene, si sentì chiamare da
dietro.
-
Dottor Margiotta, come sta?-
La maestra di Guido gli si mise
accanto.
- Sto bene, la ringrazio. Lei?- Finse di non comprendere
che la domanda fosse quasi sicuramente riferita alla moglie.
- Io
bene, grazie. Ho saputo, come credo ormai tutti, di sua moglie. Lei
come sta?-
Davide fece un mezzo sorriso chiedendosi se quella non
sarebbe stata solo la prima di chissà quante domande sulle
condizioni di Claudia che avrebbe ricevuto da lì in avanti.
- È
stata ricoverata ieri e a breve comincerà le cure. Si tratta
di un
momento decisamente difficile per tutti noi, ma lei è forte
e i
medici sono ottimisti.-
- Ne sono certa. Se ha bisogno di aiuto
con il bambino non si preoccupi e domandi pure. È
un'età delicata e
un evento del genere può essere fortemente traumatico.-
L'uomo
ringraziò l'insegnante e, subito dopo, sempre cordialmente,
la
salutò.
- Sono di fretta, mi perdoni ma devo andare da mia
moglie.-
- Si figuri, procuratore. Le porti i miei saluti, la
prego.-
- Certamente, e grazie ancora.- Si voltò un attimo a
cercare con lo sguardo il figlio e, vedendolo giocare spensierato
come tutti gli altri bambini, lasciò l'asilo sollevato.
Il
reparto di oncologia dell'ospedale in cui era ricoverata Claudia
aveva da poco iniziato ad aprire alle visite dei parenti a tutte le
ore del giorno, un tentativo di confortare gli ammalati e i loro cari
in momenti così complicati, a patto che non vi fossero in
contemporanea più di due visitatori per ogni degente.
Ipotizzando
che vicino alla sua adorata vi fosse solo il suocero, Davide si era
preso la mattinata libera e aveva deciso di andare a trovarla per
farle una sorpresa.
Si erano accordati perché passasse in serata,
ma sentiva troppo la sua mancanza per convincersi a trascorrere la
giornata come se nulla fosse.
Sorprendentemente, però, non la
trovò nel letto in cui sarebbe dovuta essere e si
allarmò.
Cercò
la prima infermiera disponibile e sperò che sapesse qualcosa.
-
Scusi, sto cercando mia moglie, Claudia Petrolini. È stata
ricoverata ieri ma non è nella stanca in cui mi avevano
detto
fosse.-
L'infermiera, una giovanissima donna di origini
certamente slave, lo guardò per un attimo prima di riuscire
a capire
di chi si parlasse.
- Ah sì, la dottorresa.- Disse con un accento
ancora forte e una grammatica decisamente debole.
- Aspeti, ora
vedo.- Rispose andando a cercare qualcosa in sala infermiere.
- È
via, le devono mettere il cattettere. Po' aspettare qui. L'omo che
è
con lei è sceso anche, ma lei ora no può.-
Davide la ringrazio e
si mise ad attendere in camera, seduto sulla sedia sopra cui aveva
probabilmente dormito il suocere la notte precedente.
Claudia fu
riportata in camera meno di mezzora dopo.
Il piccolo intervento
per inserire il Catetere Venoso Centrare, o CVC, un dispositivo che
l'avrebbe aiutate nell'assunzione dei farmaci, era stato eseguito in
anestesia locare, ma la donna ne era rimasta molto provata e si
notava.
Riconobbe il marito e gli sorrise, voleva parlargli ma era
troppo stanca.
Si addormentò pochi minuti dopo mentre il padre le
teneva la mano e la accarezzava con gli occhi gonfi di lacrime e la
paura che quello fosse solo l'inizio.
Dopo poco, forse per
lasciare la figlia riposare in pace, il signor Oreste chiese al
genere se gli andasse un caffè al bar dell'ospedale.
- È la
prima volta che la lascio sola da quando ieri l'ho portata qui, tolto
ovviamente quando deve stare con i medici. Non lo so, forse la vedo
così bambina in quel letto... ho paura di perderla,
è mia figlia e
non sopravviverei se lei non ce la facesse.-
Si contenne nel
lacrimare, ma sapeva che appena fosse rimasto solo, magari quando si
sarebbe finalmente deciso a tornare a casa, si sarebbe sfogato.
In
questo lui e Claudia si somigliavano molto, entrambi preferivano
mostrarsi forti davanti agli altri per poi crollare in silenzio e
solitudine.
- I medici cosa dicono?- Domandò Davide. - Io sono
arrivato mentre eravate sotto, dunque non ho avuto modo di parlarci,
ma ci sono novità di qualche tipo?-
- Hai visto che le danno
l'ossigeno?- Chiese il signor Oreste.
- Sì, ma pensavo fosse
dovuto all'intervento per l'inserimento del catetere, lei ieri sera
non mi ha detto nulla.-
- Può essere che non abbia voluto
palartene al telefono per non farti preoccupare, anche se per come
parla lei pare che non ci sia mai nulla di cui preoccuparsi. Comunque
no, non è per quello che ha fatto stamattina ma
sarà una cosa
stabile almeno fino alla guarigione... mi ha spiegato che serve per
aiutarla a respirare adesso che i suoi polmoni sono compromessi dalle
metastasi, o almeno questo è ciò che ho capito.-
Il magistrato
annuì sospirando. In effetti poteva aspettarselo, anche se
una parte
di lui continuava a sperare che la situazioni fosse meno grave di
quanto apparisse.
- Mi stavi però domandando se ci fossero novità
da parte dei medici e la risposta è no, nessuna
novità per adesso.
Oggi pomeriggio farà una visita ortopedica per via delle
altre
metastasi, quelle alla schiena, ma per il resto è tutto come
l'hai
lasciata ieri quando l'hai salutata. In questi giorni dovrebbe
iniziare la chemioterapia.- Sussurrò a voce più
bassa, come se ci
fosse qualcosa di cui vergognarsi. - E ho tanta paura delle
condizioni in cui questa la farà stare, ho sentito delle
cose
terribili, così brutte da farmi pensare che la perdita dei
capelli
sarà l'effetto collaterale meno pesante, almeno a livello
fisico.-
Davide, sentendolo così provato, si obbligò a
fare il possibile
per rincuorare il suocero, tenendo bene a mentre la richiesta che
Claudia gli aveva fatto dal momento della diagnosi in poi, quella di
non demoralizzarsi e lottare con lei.
- Lo so, la chemioterapia è
devastante e credo che i medici non faranno altro che ricordarcelo.
Ma Claudia è forte, soprattutto di carattere.-
- Solo di
carattere.- Commentò tristemente l'uomo più
anziano. - Il suo corpo
in questo momento è così fragile che non so se
possa farle più
male la cura o la malattia stessa... se solo si fosse fatta visitare
prima...-
- Magari non sarebbe cambiato nulla.- Lo interruppe il
genero. - Purtroppo al massimo si sarebbero evitate le metastasi e
una stadiazione così elevata del tumore, ma per il resto
sempre
questo è il suo male, e anche lo avessimo scoperto subito,
appena
comparsi i primi sintomi, i metodi di cura non sarebbero stati molto
diversi. Ho scoperto facendo una ricerca che questa forma di cancro,
ahimé, non ha possibilità di essere benigna e
l'unica diagnosi
differenziale è la leucemia, che forse è anche
peggio. È inutile
riempirsi di sensi di colpa, lo sai.-
Davide aveva sempre dato
del tu al padre di Claudia, e lo stesso faceva la moglie di
Gianluca.
Era sempre stato un desiderio dell'uomo sentir usare
quella forma amichevole da parte dei compagni di vita dei figli, in
fondo per lui erano una parte della famiglia.
- Non avrò mai il
coraggio di dirglielo, ma spero che questa esperienza le insegni
qualcosa.- Disse in fine il signor Oreste. - Spero capisca che per
quanto ami il suo lavoro ci sono molte come che vengono prima; la
famiglia, la salute...-
Il marito dell'ammalata non disse nulla,
ma pagò per entrambi e, sempre in silenzio, si
avviò assieme al
suocero verso la stanza di degenza della donna. Claudia era sveglia e
vigile nel letto, più in forma, per quanto possibile, di
come
l'avevano lasciata circa un'ora prima.
- E tu? Non dovevi passare
questa sera?- Riuscì finalmente a fargli la domanda che si
teneva
dentro da quando lo aveva visto per la prima volta quella mattina.
-
Mattinata libera, non avevo impegni di lavoro e anche se li avessi
avuti avrei fatto in modo di sposarli, non riesco a stare
così tanto
tempo lontano da te.- Si avvicinò e fece per baciarla, ma si
fermò
a pochi centimetri dalle sue labbra.
- Posso?- Le chiese
timidamente, sapendo che nelle sue condizioni anche quello poteva
essere pericoloso.
- Ancora sì. Quando inizierò la chemio temo
che dovrò utilizzare una mascherina, visto che non
avrò più alcun
tipo di difese immunitarie, ma per adesso va tutto bene.- Gli
spiegò.
Poi si sforzò tirandosi su con le braccia e baciò
dolcemente il marito.
Il padre, ancora appoggiato allo stipite
della porta, li guardava sorridendo.
- Come ti senti?- Le domandò
Davide sedendosi sul letto accanto a lei.
- Sono molto stanca, e
anche riposare continuamente non mi aiuta molto.-
- La notte com'è
andata? Sei riuscita dormire?-
- Benissimo. I letti di ospedale
non saranno comodissimi, ma se uno è stanco come mi sento io
ultimamente si addormenterebbe anche sula pietra.- Rise Claudia.
-
Questa notte ha sudato come se fosse nel deserto.- Raccontò
il
signor Oreste. - Inoltre spesso tossisce, e quando si è
svegliata in
quel bagno di sudore mi sono preoccupato molto per paura che avesse
la febbre.-
Il magistrato rimase in silenzio, ma la sua
espressione, molto eloquente, trasmetteva ansia e preoccupazione.
-
Papà è sempre troppo esagerato; il sudore e la
tosse sono sempre i
soliti, ed ero calda per via dell'essere stata a lungo sotto le
coperte nel letto.- Spiegò Claudia. Poi tossì di
nuovo un paio di
volte, e il padre la guardò con l'ormai solito terrore negli
occhi.
Ma
lei non ci diede troppo peso, e anzi sorrise ancora nella speranza
che vederla tranquilla lo aiutasse a stare calmo.
- E la notte a
casa come è andata?- Chiese al marito.
- Non benissimo ma ce la
caviamo. Guido ha urlato, questa notte, e alla fine l'ho fatto
dormire con me.
- Ah, sì, l'incubo di cui mi hai
scritto stamane.- Ricordò la donna.
- Già, e fino all'ora di
colazione ha detto di non ricordarselo, non me lo voleva raccontare,
ma poi ha ceduto.-
- E si può sapere cos'abbia sognato? In fondo
sono sempre sua madre.- Commentò lei.
L'uomo ripensò a quello
che era successo tra la notte e la mattina e, alla fine, decise di
raccontarle tutto.
-
Ha sognato la tua morte. Non voleva raccontarmelo per la paura che
accadesse davvero, ha atteso che tu mi scrivessi questa mattina prima
di farlo, e tanto meno voleva che lo venissi a sapere tu, ha cambiato
idea solo quando gli ho detto che, solitamente, sognare la morte di
qualcuno significa allungargli la vita.- Spiegò l'uomo.
Gli occhi
di Claudia si riempirono di lacrime. - Il mio bambino...-
Sospirò
iniziando a piangere.
Sia il marito che il padre, che essendo lì
con loro non aveva potuto fare a meno di ascoltare, si avvicinarono a
lei cercando in qualche modo di confortarla.
- Non voglio che la
mia malattia faccia del male anche a lui, non voglio...-
Davide
le prese la testa tra le mani e se l'appoggiò al petto,
accarezzandola e baciandole dolcemente il capo.
- Va tutto bene,
amore mio, va tutto bene. Guido è un bambino intelligente e
forte
proprio come te, è tuo figlio in tutti i sensi.-
Provò a consolarla
il marito, mentre l'altro uomo non riusciva a far altro che non fosse
tenerle una mano e guardarla, morendo dentro ad ogni suo singhiozzo.
Sembrava
una matriosca, quel dolore, proprio come ne avevano parlato la sera
prima; Claudia lottava contro la malattia e si portava addosso il
peso del dolore e della paura per i danni che quella situazione
poteva provocare al suo piccolo, mentre lui, il signor Oreste, pur
godendo di buona salute sentiva continuamente la sua vita fuggire
nello stare accanto a sua figlia in quelle condizioni.
Riuscirono
a farla smettere di piangere e dopo poco si addormentò di
nuovo,
lasciando spazio alle lacrime di suo padre.
L'uomo non cercò il
supporto del genero, ma si limitò ad andare in bagno a
sciacquarsi
il volto e lì rimase diversi minuti, perché
appena provava ad
uscirne ricominciava a lacrimare e doveva fermarsi.
Quando si
calmò abbastanza da poter tornare nella stanza rimase
assieme a
Davide in silenzio a guardarla riposare.
La svegliarono per l'ora
di pranzo e, mentre iniziava a mangiare, il marito la salutò
lasciandola sola col padre e promettendo che l'avrebbe chiamata in
serata, poiché quel pomeriggio, sul tardi, sarebbe andato a
trovarla
Gianluca.
Verso le tre fu portata a fare la visita ortopedica che
attendeva dal giorno del ricovero, e i risultati non furono buoni.
Essendo Claudia un'adulta i medici, ovvero Francesco e
l'ortopedico, il dottor Marelli, decisero di parlare solo con lei, e
la donna gliene fu grata, perché qualsiasi cosa dovessero
dirle
preferiva poi riferire in prima persona a suo padre, dosando le
parole e facendo il possibile per non farlo preoccupare.
- Le
metastasi sono agguerrite.- Spiegò Francesco. - E rischiano
di
penetrare fino al midollo spinale...-
- C'è il rischio che
intacchino le mie facoltà locomotorie?- Chiese lei facendo
attenzione ad utilizzare un linguaggio serio e professionale, nella
speranza di fingere almeno di potersi distaccare dalla reale
gravità
delle sue condizioni.
- Se le metastasi bloccassero il canale
spinale è probabile, Claudia, mi dispiace.-
La donna non disse
nulla.
Era sdraiata su una barella, la stessa con cui era stata
portata a fare le visite, e che le cose fossero serie lo aveva
compreso quando nessuno le aveva chiesto di alzarsi e mettersi a
sedere dal lato sbagliato, per così dire, della scrivania.
A
quel punto intervenne l'ortopedico.
- Non è ancora detto,
dottoressa; se la chemioterapia facesse effetto da subito si
poterebbe verificare una riduzione delle metastasi e quindi
diminuirebbe anche il rischio di effetti collaterali, senza contare
che il nostro obiettivo sarebbe combinare anche della radioterapia
per provvedere poi a un eventuale intervento chirurgico, e mi sembra
che il dottor Riganese gliene avesse già parlato
precedentemente.-
Claudia annuì e accennò un leggero sorriso.
- Ammetto che
sia buffo sentirmi chiamare dottoressa mentre sono in queste
condizioni.- Commentò. - In ogni caso spero che lei abbia
ragione.-
Disse poi rivolta verso il dottor Marelli. - Ma non c'è
nulla che si
possa fare nel frattempo? Devo solo sperare che la situazione non
degeneri?-
- Non possiamo fare molto, ma ciò a cui avevo pensato
è un bustino che le tenga il più possibile la
schiena ferma, per
cercare di evitare eventuali danni derivati da movimenti sbagliati,
visto che le masse possono aver anche reso le ossa più
fragili. E
inoltre...-
Il medico tacque cercando lo sguardo di Francesco.
Probabilmente sapeva che la donna era, oltre che paziente, amica
dell'oncologo, e forse ciò che doveva dirle era
così delicato che
un amico era meglio di un medico per parlare.
- Lo so che ti ho
appena detto che rischi di non camminare più, e posso
immaginare
cosa tu stia pensando, ma devo dirti che la che la cosa più
utile
per te adesso sarebbe pesare il meno possibile sulla colonna
vertebrale...- Non aggiunse altro, in fondo stava parlando con una
laureata in medicina che avrebbe di certo capito da sola il
significato di quella frase.
- Sono costretta a letto?- Domandò
Claudia.
- Non solo, purtroppo. Non starai in ospedale da oggi a
quando sarai guarita, lo sai. Appena sarei in condizioni, quando
sapremo che effetto farà su di te la terapia, ti manderemo a
casa e
lì credo tu non vorrai stare solo a letto, anzi, magari
vorrai anche
uscire...- Sospirò al fondo di quello che pareva essere un
lungo
prologo.
- Ti devo chiedere di non camminare, Claudia. Sia in
ospedale che fuori, soprattutto fuori.-
La donna voltò il viso
verso il soffitto e lasciò scendere qualche lacrima senza
dire
nulla.
I due medici rispettarono il suo silenzio e attesero che
stesse meglio.
- Non potrò camminare, non potrò prendere in
braccio mio figlio, dovrò stare allettata... che razza di
vita
avrò?- Commentò la donna parlando più
con se stessa che con
qualcuno dei presenti.
- È una situazione momentanea, Claudia, te
l'ho detto, e quando sarà finito tutto riprenderai in mano
la tua
vita, ricomincerai quello che adesso hai dovuto mettere da parte,
tornerai a camminare e a stare col tuo bambino, vedrai.- La
rassicurò
Francesco avvicinandosi alla barella per accarezzarla.
- C'è
altro? Vorrei tornare in camera a riposare.- Chiese poco dopo.
-
No, tranquilla, ora ti riporto di là.- Le rispose il medico.
-
Vuoi che chiami un'infermiera?- Domandò l'ortopedico
all'oncologo.
-
No, la riaccompagno io. Hai bisogno di qualche misurazione per il
busto o simili?-
- Non preoccupatevi, ho tutto. Nei prossimi
giorni sarà pronto e verrò a farglielo indossare,
dottoressa. Per
adesso si riposi ed eviti il più possibile di muoversi.- La
salutò.
Quando fu di nuovo nel letto, dopo che fu andato via anche
Francesco, la donna raccontò a suo padre quello che le era
stato
detto, e si maledì per il dolore che gli provocava ogni
volta che
arrivavano nuove notizie dai medici.
Un giorno, ne era certa,
sarebbero arrivate anche novità positive, ma in quel
momento, quando
non si era ancora del tutto certi di quali fossero le sue condizioni
generali, non ci si poteva aspettare nulla di bello.
- Il
problema sarà quando tornerò a casa. Pensavo che
malgrado tutto
potessi uscire e cercare di avere un minimo di vita normale, ma a
quanto pare questa malattia vuole togliermi ogni parvenza di
normalità...-
- Troveremo il modo di farti uscire e vivere una
vita come quella di tutti, bambina mia, se il problema è che
non
puoi camminare allora...-
-
Userò una sedia a rotelle.- Sospirò. - A poco
più di trent'anni...
se solo un anni fa mi avessero detto che sarebbe successo tutto
questo non ci avrei creduto.- Disse con aria scoraggiata.
Il padre
non replicò e preferì cambiare argomento
dicendole che aveva
sentito Gianluca.
- Passa in serata, voleva sapere come stai e non
gli basta ciò che gli dico.-
- A me non può che fare piacere,
papà, vi ho sempre detto che per me è
fondamentale a vostra
vicinanza, mentale ma anche fisica.- Rispose con un leggero
sorriso.
Era così stanca malgrado fosse solo metà
pomeriggio,
tanto da stare col busto alzato solo perché così
era impostato il
letto in quel momento.
- C'è qualcosa che posso fare per farti
stare meglio, Claudia? Vederti così mi distrugge.-
- Già te l'ho
detto, papà, ciò che puoi fare è stare
tranquillo, saperti stare
male a causa mia mi agita e mi fa soffrire.- Rispose lei con voce
pacata. Poi si irrigidì leggermente e lo fissò. -
Stare tranquillo
significa anche che stasera vai a casa con Gianluca e domani vai in
libreria, anche perché quel posto non può andare
avanti da solo.-
L'uomo non replicò, sapeva che prima o poi la figlia gli
avrebbe
fatto quella richiesta.
Aveva lasciato la serranda abbassata con
un messaggio attaccato “chiuso per motivi di
famiglia”, senza
date né altro, pensando che probabilmente molti di quelli
che lo
conoscevano meglio avrebbero capito la ragione della sua
assenza.
Però era anche vero che la libreria rimaneva il suo
unico mezzo di guadagno, e da quando i figli erano andati via di casa
non poteva negare che il poco ricavato che aveva gli bastava per
vivere discretamente bene.
- Perché non cerchi qualcuno che ti
dia una mano? È vero che forse non riusciresti a tenere un
collaboratore stabile, ma sono cerca che esistano ragazzi volenterosi
pronti a dare una mano anche per pochi spiccioli.- Propose la figlia.
- Un po' come facevi tu quando andavi al liceo, solo che dovrei
trovare il modo di retribuirlo...- Pensò ad alta voce il
signor
Oreste. - Ci posso ragionare, anche se dubito di trovare qualcuno che
accetti la proposta. Poi figurati, in quel quartiere è
difficile il
doppio, la situazione la conosci bene anche tu.-
Claudia sorrise.
- Hai ragione, papà, ma io da ragazzina ero fatta
così, e sono
certa che anche ora ci sia qualcuno come me. Se pensi di potercela
fare un tentativo non ti costa nulla, al massimo sarà un
tentativo a
vuoto.- Lo incoraggiò la figlia.
Già prima di ammalarsi aveva
cominciato a pensare che presto o tardi suo padre avrebbe avuto
bisogno di una mano con il negozio, ma in quel momento la faccenda
diventava più urgente, perché non poteva
permettersi che l'uomo si
struggesse al suo capezzale.
Un'altra spinta verso quella scelta
gliela diede Francesco quella sera, quando andò a a trovarla
e le
comunicò che la mattina seguente avrebbe cominciato la
chemioterapia.
- C'è bisogno che vi sia qualcuno con me mentre
faccio la terapia?- Domandò la donna.
- Sarebbe il caso, anche
perché, come ti avevo anticipato, sarà necessario
procedere con una
terapia pesante, ed è inutile che ti dica quali saranno gli
effetti,
soprattutto quelli immediati.-
Lei rimase in silenzio.
Sapeva
che suo padre avrebbe voluto essere al suo fianco, ancora di
più
dopo aver scoperto che la figlia avrebbe sofferto parecchio, ma non
voleva stare male davanti a lui, perché era certa che l'uomo
non
avesse ben chiare quali sarebbero state le sue condizioni il giorno
seguente.
- Grazie, Francesco. C'è altro?- Chiese, riuscendo a
far capire all'amico di non voler essere brusca o scortese, ma di
aver semplicemente bisogno di rimanere sola con suo padre.
-
Null'altro, passo domattina a visitarti prima che cominci. Mi
raccomando, immagino che tu sia agitata o preoccupata, ma questa
notte devi ugualmente cercare di riposare il più possibile,
hai
bisogno di essere in forze.- Si premurò di ricordarle il
medico.
-
Non preoccuparti, dubito di avere problemi a dormire, te l'ho detto
anche ieri. Purtroppo l'ansia non può nulla contro i sintomi
del
cancro.- Commentò.
Malgrado ormai avessero fatto tutti
l'abitudine al modo in cui la donna parlava della sua malattia era
sempre strano sentire la leggerezza con cui pronunciava la parola
“Cancro”, un termine che solitamente spaventava
anche le persone
in salute.
Ma per lei era normale, il primo modo che aveva per
battere un nemico tanto agguerrito era non averne paura.
Francesco
li salutò quando arrivò la cena, e il signor
Oreste ne approfittò
per parlare con la figlia.
- Non vuoi che io stia con te domani,
vero?- Le domandò con voce triste.
- Oh, papà... non prenderla a
male, ti prego... io lo faccio per te, perché domani
starò
malissimo e non voglio che tu mi veda in quelle condizioni, sarebbe
terribile...- Cercò di spiegargli.
L'uomo annuì
debolmente.
Aveva cercato, tra i tanti libri che aveva in vendita
visto che era poco pratico di computer e non si fidava poi
così
tanto di internet, qualche narrazione che parlasse anche della
terapia che di lì a poche ore avrebbe cominciato Claudia, e
aveva
letto quanto terribili fossero quelle cure, comprendendo quindi che
il desiderio di sua figlia di tenerlo lontano da tutto ciò
era
decisamente legittimo.
Ma era ugualmente possibile stare da
un'altra parte sapendola sofferente in ospedale.
- In ogni caso
hai sentito il medico, sarebbe meglio tu non stessi da sola. A chi
pensi di chiedere?-
- A Gianluca. Temo che Davide ne rimarrà
risentito, ma si è già preso un giorno di ferie
oggi e non voglio
che tolga tempo al lavoro per stare accanto a me.-
- Lui lo
farebbe con piacere, lo sai. Ti ama come pochi uomini sanno fare
ancora.-
- Lo so papà, ma io purtroppo non guarirò domani,
e
temo lui avrà tutto il tempo del mondo per starmi vicino
mentre sono
in queste condizioni.- Spiegò la donna cercando di evitare
il più
possibile giri di parole.
- E se Gianluca non potesse chiederesti
a tuo marito, vero? Non faresti la follia di non ascoltare neanche il
medico e stare da sola, mi auguro.-
- Se io non potessi cosa?- Si
intromise la voce di un altro uomo proveniente dalla porta della
stanza.
- Ehi! Sei arrivato proprio mentre si parlava di te.- Lo
accolse sua sorella facendogli segno di avvicinarsi e sedersi su una
sedia vicina al letto.
- Ciao papà.-
Salutò il genitore. Poi si rivolse verso Claudia. - Me ne
sono
accorto del fatto che steste parlando di me, ma posso chiedere quale
fosse l'argomento di discussione? A meno che non si trattasse di una
delle
mie innumerevoli qualità; bellezza, intelligenza, carisma,
simpatia...-
- Modestia!- Scoppiò a ridere la donna. - Quanto sei
scemo, Gianluca! Ma sei certo di essere mio fratello?-
Commentò
ancora. - Comunque no, ahimè il discorso era un po'
più triste e
serio.- Spiegò.
- Già, lo immaginavo, purtroppo. Ma almeno sono
riuscito a farti ridere, e vederti sorridente anche in questo letto
è
decisamente rincuorante.- Le si avvicinò per farle una
carezza
affettuosa.
Era davvero difficile vedere sua sorella, che era
sempre stata bella, forte e in salute, in quelle condizioni.
-
Grazie, Gian, davvero. Ho bisogno di ridere, è forse una
delle poche
cose che non hanno ancora vietato né la malattia
né i medici,
dunque spero di riuscire a farlo sempre...- Gli disse sorridendo
leggera. - Tornando al discorso serio beh, prima il medico è
venuto
a dirmi che domattina inizierò la chemioterapia e si
è raccomandato
che non stia da sola, visti gli effetti collaterali immediati.
Papà
è qui da ieri mattina, e credo sia il caso che stacchi un
po' e si
riposi, mentre Davide si è preso la mattinata libera
già oggi e ho
paura gli diventi problematico, quindi volevo sapere se fossi
disponibile tu. Sarà brutto, ti avviso, e ti prometto che
farò il
possibile affinché non ce ne sia più
necessità in futuro, ma è
una situazione abbastanza di emergenza.-
- Stai tranquilla, non
dirlo neanche, per me è un piacere darti una mano. Dammi
solo due
minuti che invio un messaggio per conferma, ma credo non ci siano
problemi. So che non sarà una bella situazione, ma
è proprio per
questo che c'è bisogno che ci sia qualcuno. Spero solo che
tuo
marito non si offenda.-
- Mi auguro di no, spero capisca che lo
faccio per lui.-
Pochi attimi dopo il cellulare di Gianluca
vibrò.
- Che sciocco, mi sono scordato di mettere il silenzioso.-
Si disse da solo controllando il telefono. - Bene, posso prendermi il
giorno libero.- Rispose riponendolo nella tasca della giacca. - A che
ora devo presentarmi?-
- Penso un po' prima delle nove, la terapia
dovrebbe iniziare a quell'ora.-
Gli disse Claudia.
Fu allora
che i due fratelli notarono lo sguardo strano del padre, il quale era
rimasto silente fino a quel momento.
- Papà va tutto bene?-
Chiese la figlia un po' preoccupata da quel suo non parlare.
- Sì,
sì, ho semplicemente fame. Penso che andrò a
prendere qualcosa al
bar.. a te non posso prendere nulla, purtroppo.- Disse riferendosi
alla donna. - Ma tu, Gianluca, vuoi qualcosa?-
- No, grazie papà,
sto bene così.-
- Va bene, allora ci vediamo tra un po'. Tanto
siete in buona compagnia quando state insieme, no?- Li
salutò
uscendo dalla camera.
Lei sbuffò.
- Credi si sia offeso?-
Domandò al fratello.
- Penso che tu non lo voglia al tuo fianco
domani non perché è stanco, ma perché
sei spaventata da come
potrebbe stare vedendoti star male durante la chemio.-
- Tu non
avresti questa paura? Non so cosa tu sappia degli effetti della
terapia, ma...- Gianluca la fermò. - Lo so, lo so cosa
passerai
domani, è per questo che voglio esserci e non voglio
assolutamente
che tu stia sola, ma non potrai scacciare papà tutte le
volte che
farai la chemio, temo che lui non lo sopporterebbe.-
La donna
sbuffò di nuovo.
- E cosa dovrei fare? Ieri e oggi non si è
staccato praticamente mai dal mio letto, forse solo mentre dormivo.
Stamattina ho subìto un piccolo intervento in anestesia
locale per
mettere questo. - Gli mostrò il Catetere Venoso Centrale. -
Sono
tornata in camera in uno stato di semi-incoscienza come se in
realtà
mi fossi svegliata da un'anestesia totale, ma i suoi occhi li ho
visti e me li ricordo, non posso pensare di essere io la causa del
suo dolore. Vorrei solo fargli capire che starmi lontano, per quanto
possa fargli male, è sempre meno brutto che vedermi
soffrire. Lo so
che non è semplice, e lo capisco sempre di più
quando penso a cosa
farei io se mio figlio stesse così male, ma questa malattia
vuole
già distruggere la mia vita, non posso permettere che faccia
lo
stesso con quelle delle persone che amo.- Iniziò
silenziosamente a
piangere e si rese conto di come il ricovero la stesse rendendo
più
fragile anche a livello psicologico.
Si era sempre promessa di non
piangere davanti ai suoi cari, ma solo in quella giornata era
già la
seconda volta che lo faceva.
Gianluca la rassicurò e la calmò,
poi le chiese cosa avessero detto i medici.
Capì allora perché
il padre era tanto agitato, le notizie erano anche peggio di
ciò che
immaginava.
D'altra parte lo aveva capito quando, entrando nella
camera, aveva visto la sorella con l'ossigeno e ne era rimasto
colpito proprio come era successo agli altri due uomini vicini a
Claudia prima di lui.
Il signor Oreste tornò da loro qualche
minuto dopo, e a malincuore salutò la figlia baciandola
sulla
fronte.
Quando scese assieme a Gianluca nel piazzale antistante
l'ospedale l'uomo cercò con lo sguardo quella che poteva
essere la
stanza di Claudia, e quando gli parve di vederla notò che
aveva la
luce spenta.
- Pensi si sia già addormentata?- Chiese al figlio.
- Credo di sì, l'ho vista molto stanca.-
- Non riesco a
pensare di lasciarla così, vorrei stare ancora con lei, ho
paura che
le possa accadere qualcosa.- Sospirò mentre si avviavano
verso la
macchina.
- Lo so, papà, e lo sa anche Claudia. Ma non è
una
bambina, è una donna adulta e forte che sa come sta. So che
lei
vuole mostrarsi coraggiosa, ma la conosco abbastanza bene da poter
dire che se non se la fosse sentita di passare la notte da sola ce lo
avrebbe detto. Sono sicuro che ora stia riposando tranquilla, e credo
sia il caso che, appena arrivi a casa, lo faccia anche tu.-
Il
signor Oreste non parlò più fino a che non
salutò Gianluca davanti
al portone di casa.
Trovò la buca delle lettere piena di posta e
si fermò al tavolo della cucina per smistarla prima di
andare a
dormire.
Molta era pubblicità, ma c'erano anche un paio di
bollette e alcune comunicazioni inerenti alla libreria.
Sua figlia
aveva ragione, doveva continuare a lavorare anche solo per avere i
soldi per mangiare, e forse era davvero necessario che cercasse un
aiuto.
Si promise che il giorno dopo avrebbe iniziato a pensarci
seriamente, ma soprattutto che sarebbe andato in libreria e vi
sarebbe rimasto fino all'ora di chiusura, sempre con il cellulare
vicino aspettando che Gianluca lo chiamasse per dargli notizie di
Claudia, nella speranza che si trattasse di qualcosa di
positivo.
Voleva pensare che sarebbe andato tutto bene, che non
sarebbe arrivata mai una telefonata triste, perché di certo
sua
figlia sarebbe guarita.
Si addormentò nel letto dove Claudia
dormiva quando era ancora a casa, sicuro che lì l'avrebbe
sentita
più vicina.
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Capitolo 15 *** Capitolo XV ***
Capitolo
XV
Claudia
non si era addormentata subito dopo aver salutato il padre e il
fratello, aveva semplicemente lasciato che 'infermiera spegnesse la
luce della camera e si era poi messa al telefono con Davide,
poiché
l'uomo, tra una cosa e l'altra, non era ancora stato avvisato del
prossimo inizio delle terapie della moglie e della decisione che le
aveva preso a riguardo.
Aveva temuto molto i risvolti che poteva
avere quella chiamata, perché dirgli per telefono che stava
per
iniziare la chemioterapia e non lo voleva vicino non era semplice, ma
il marito, con molta pazienza, aveva cercato di comprendere le sue
ragioni e l'aveva ringraziata, anche se non esplicitamente, per aver
pensato prima a lui e al suo lavoro che a se stessa e le sue
condizioni.
- Comunque passo appena esco dalla procura.- L'aveva
salutata. - E dalle prossime sedute voglio esserci anche io, amore.
Non so quanto riuscirò a lavorare domani a saperti in quelle
condizioni.-
Con la sua voce dolce e innamorata Claudia era
riuscita a tranquillizzarlo ancora una volta, per poi dargli
un'ultima buonanotte e addormentarsi.
Era riuscita a dormire tutta
la notte senza nessuna interruzione, e a svegliarla era stata
un'infermiera molto presto la mattina successiva portandole la
colazione.
Nulla di liquido, solo cibi solidi e secchi che
potessero darle il minor fastidio possibile durante la terapia.
Gianluca arrivò verso le otto e mezza, e subito
notò che la
sorella aveva addosso un pigiama diverso da quello con cui l'aveva
lasciata la sera prima.
-
Ti cambi mattina e sera?- Le aveva sorriso sedendosi al suo fianco.
- Magari. Purtroppo mi sveglio sudatissima e sono obbligata a
metter via un pigiama al giorno. Anzi, stasera dovrò
chiedere a
Davide di portare a casa, lavare e riportarmeli puliti.- Poi si
corresse. - No, forse quando verrà Davide questo pomeriggio
non sarò
in condizioni di dirgli nulla, potrai farlo tu per me? Sono in una
busta di plastica dentro l'armadietto.-
- Va bene, tranquilla.-
Francesco entrò nella stanza alle nove precise assieme ad
un'infermiera che portava su un carrello tutti i flaconi necessari
allo svolgimento della terapia.
- Hai riposato?- Le chiese il
medico.
- Senza svegliarmi neanche una volta.-
- Sono
contento, mi auguro che questo possa aiutarti a superare meglio
questa lunga giornata. Allora, sai come funziona?-
- A livello
teorico sì, non so se te l'hanno detto ma ho studiato
medicina.- Lo
prese in giro. Poi tornò subito seria. - Però non
so cosa mi
accadrà a livello pratico, e questo un po' mi spaventa.-
Confessò.
- Si inizia e si finisce con la pulizia della vera, e ovviamente
si fa tutto tramite il CVC.
La terapia vera e propria si compone
di quattro farmaci chemioterapici, dei quali tre ti verranno
iniettati e l'ultimo lo assumerai in pastiglie tra una seduta e
l'altra.
Durante le ore di terapia in mezzo tra i vari farmaci ti
verranno somministrate altre flebo contenenti liquidi che possano
aiutare il tuo corpo ad affrontare la chemio, liquidi che saranno di
diverso genere, non solamente acqua o sali minerali.
Hai qualche
domanda?-
La donna ci pensò un attimo mentre cercava di
organizzare le informazioni ricevute e confrontarle con tutto quello
che aveva studiato quando frequentava l'università.
- Gli
antivomito funzionano davvero o la terapia è troppo forte e
questa è
solo una rassicurazione che dai ai pazienti e ai loro cari?-
-
Claudia...- Tentò di fermarla Gianluca comprendendo il tono
decisamente polemico della sorella.
- No,- la perdonò Francesco.
- No, non si preoccupi, la sua domanda è più che
legittima,
soprattutto viste le conoscenze che ha già in campo medico.
Beh, ti
mentirei se ti dicessi che i farmaci basteranno a calmare quello che
è il peggiore effetto collaterale immediato della chemio,
vista
oltretutto la pesantezza delle terapie a cui stai per essere
sottoposta. Quindi no, è probabile che gli antivomito non
basteranno
a placare il tutto. Altre domande?-
- Gli effetti collaterali che
compaiono più lentamente, invece; quali sono e quando
inizieranno a
comparire?-
- Probabilmente nei prossimi giorni, anche se per ogni
paziente è diverso. Così come per ogni paziente
sono differenti gli
effetti. In linea di massima sarai però stanca, priva di
difese
immunitarie, fortemente anemica, questi sono quelli praticamente
certi. Altri potrebbero essere afte, ulcere, infiammazioni e
infezioni di diverso tipo. È probabile che sentirai sempre
un sapore
metallico o simile in bocca, e questo potrebbe impedirti di captare i
gusti. E in fine c'è l'effetto forse più
conosciuto e temuto,
soprattutto dalle donne...-
- La perdita dei capelli.- Concluse
Claudia con voce triste. - Il meno pesante a livello fisico ma di
certo il peggiore a livello morale. L'ho messo in conto fin da
subito, ma non ho avuto il coraggio di andare a tagliarli.-
Commentò
la donna. - Quando cominceranno a cadere?-
- Non c'è un tempo
preciso, ma credo si tratti di una settimana, dieci giorni al
massimo.-
La paziente sospirò e cercò la mano del fratello
per
ottenere un minimo di conforto.
- Se non hai altre domande io
dire che è ora di cominciare.-
- Sì, prima inizio e prima
finisco.- Rise Claudia.
- Qualsiasi cosa serva chiamatemi o fatemi
chiamare, soprattutto se ti senti male. In ogni caso passo
più tardi
a vedere come stai. Coraggio, eh?! Sei più forte di tutto il
resto.-
La salutò incoraggiandola.
Poi la lasciò sola con Gianluca e
l'infermiera per l'inizio del primo ciclo della chemioterapia.
Per
un'ora e mezza fu tutto tranquillo, come se aveva dello Francesco le
flebo si limitavano a quella per la pulizia della vena e una sacca di
antivomito, ma quando l'infermiera le staccò quest'ultima e
le disse
che d lì a cinque minuti sarebbe cominciata la
somministrazione dei
chemioterapici veri e propri iniziarono anche i problemi.
- Ho
paura, Gianluca, ho tantissima paura.- Confessò con un nodo
alla
gola.
- Lo so, ho paura anche io.- Le rispose il fratello,
convinto che essere sinceri e non nascondersi fosse più
utile a
entrambi perché, ne era certo, fingere di essere forti, in
una
situazione simile, era molto peggio che ammettere le proprie
debolezze e farsi forza a vicenda.
-
Prima, quando ha chiamato papà,- disse Claudia riferendosi a
una
telefonata avvenuta durante la primissima parte della terapia, - sono
riuscita a tranquillizzarlo e dirgli che io per prima sono calma e
fiduciosa, ma temo che in realtà non sia così.-
Sospirò.
Il
fratello la coccolò un po' nell'attesa del ritorno
dell'infermiera.
Da quando la madre era andata via di casa lui
aveva preso molto sul serio il suo ruolo di fratello maggiore,
benché
all'inizio non fosse altro che un bambino.
Soprattutto, quando da
piccola la sorella stava male, ad esempio a causa di un'influenza,
lui faceva di tutto per farla stare un po' meglio, e anche erano
passati molti anni non aveva mai smesso di preoccuparsi per lei e
fare il possibile per aiutarla, soprattutto in una situazione
simile.
- Allora dottoressa, è pronta?- Le chiese l'infermiera in
procinto di schiacciare il pulsante di avvio del rilascio del
medicinale.
- Sì, sono pronta.- Rispose con voce ferma, ancora
stringendo la mano del fratello.
- Qui c'è un catino, tenetelo a
portata di mano e se c'è bisogno di qualcosa schiacciate il
pulsante
di allarme. Tra un'ora passo a sostituire la flebo, ma nel frattempo
vengo ogni tanto a vedere come va.- La donna li lasciò soli,
e
Claudia iniziò a chiacchierare del più e del meno
con il fratello
nella speranza di far passare il tempo.
Durò poco però, perché
appena dopo venti minuti la donna cominciò a sentirsi male e
avere
il bisogno di rimettere.
Gianluca
le mise il catino sulle gambe e l'aiutò.
- Stai tranquilla, ci
sono qui io, non preoccuparti.- Le disse scostandole alcune ciocche
di capelli che le stavano cadendo sul volto.
Tremava tutta e
stava cominciando a sudare, ma accarezzandole la fronte l'uomo fu
felice di scoprire che non c'erano traccie di febbre.
- Voglio
stare più sollevata... per favore...- Chiese con voce bassa.
-
Riesci a reggere da sola il catino mentre cerco di capire come
funziona?- Le domandò il fratello riferendosi a letto su cui
era
sdraiata.
- No, non andare via, stai qui.- Lo pregò Claudia
cercando di stringergli la mano con le poche forze che aveva.
- Va
bene, va bene, sto qui, stai calma, sono con te.- La
tranquillizzò
ancora.
Poi schiacciò il pulsante di allarme per chiamare
l'infermiera.
Quella alzò la parte superiore del letto facendo
sì
che l'ammalata di trovasse col busto sollevato senza dover
più
compiere nessuno sforzo.
Poi controllò che tutto fosse in ordine
e lasciò nuovamente soli i due fratelli.
La terapia continuò
tra alti e bassi per le due ore successive, con un po' di calma nei
momenti in cui le facevano flebo differenti dai chemioterapici.
Soffriva molto, era debole e faceva il possibile per tenersi su
almeno moralmente, ma tutto quel dolore la massacrava e Gianluca non
poteva far altro che guardarla star male e dispiacersi continuamente
per l'incapacità di aiutarla in qualsiasi modo.
Pensava al
padre, sempre più certo di come Claudia avesse fatto bene a
non
volerlo al suo fianco in quelle ore..
Si chiese cosa stesse
facendo e si promise che, appena la sorella fosse stata meglio, gli
avrebbe telefonato.
Fu appena un quarto d'ora dopo l'inizio della
somministrazione dell'ultimo farmaco che, mentre rimetteva ancora una
volta, la donna cedette al male che teneva dentro e scoppiò
in
lacrime.
- Basta! Basta, per favore basta...- Iniziò a urlare
muovendosi convulsa nel letto tra un conato e l'altro.
Aveva gli
occhi semichiusi e pareva fosse in preda a un incubo, ma a guardarla
bene si comprendeva che fosse sveglia e sofferente in modo reale.
Senza perdere un minuto, preoccupato dalle condizioni in cui la
vedeva, chiamò di nuovo l'infermiera e le mostrò
la situazione.
-
Volete che chiami il medico?- Chiese la donna quando capì
che le
condizioni di Claudia erano precipitate più a livello morale
che
fisico.
- Vuoi che l'infermiera chiami Francesco?- Domandò
Gianluca alla sorella.
- Sì...- Rispose lei tra le lacrime. - Ma
basta, vi prego, piuttosto lasciatemi morire...- Sospirò
ancora
piangendo.
Quella frase uccise qualcosa nel cuore del fratello,
non poteva pensare che lei ci credesse davvero, voleva convincersi
che fosse solo colpa della malattia.
Il medico arrivò meno di
dieci minuti dopo e accorse subito al letto dell'amica.
- Claudia!
Cosa succede?-
-
Sto male... per favore basta, staccami tutto questo, non ce la
faccio, non la...- Fu interrotta da un ennesimo conato. - Non la
reggo... basta, basta tutto.- Lo pregò in lacrime.
Francesco la
guardava triste, non aveva mai pensato che il protocollo di cure che
avevano impostato per lei, molto aggressivo ma l'unico possibile se
volevano la certezza di una rapida guarigione, potesse non essere
sopportato dalla sua mente.
E dunque, era evidente e quasi più
terribile, neanche dal suo fisico.
- Claudia...- Sospirò. - Lo
so che fa male, ma sei forte, puoi reggerla. Non possiamo smettere
ora, lo sai anche tu. Manca mezzora, coraggio.-
- Non ce la
faccio...- Ripeté.
Il medico, non impegnato al momento in cui era
stato chiamato dalla donna, disse all'infermiera di avvisarlo se
qualcuno lo avesse cercato e rimase al capezzale dell'amica fino a
che non terminò l'infusione dell'ultimo chemioterapico,
facendo ciò
che poteva per aiutare sia lei che Gianluca, il quale era rimasto in
silenzio sperando che l'oncologo potesse fare qualcosa per alleviare
le sofferenze della sorella.
Quando finalmente la terapia finì,
mentre l'infermiera metteva a Claudia l'ultima flebo per la pulizia
della vena, Francesco prese in disparte l'altro uomo e lo
potrò
fuori dalla stanza per parlargli.
-
Non è normale ciò che le è successo, o
almeno non è la previsione
che mi ero fatto.- Spiegò il medico a testa bassa.
- Quindi lei
ha ragione a dire che non regge la terapia?-
- Sì, temo di sì.
Non voglio crederlo, ma penso che quando mi ha detto di non reggerla
parlasse più come medico che come paziente, anche lei deve
aver
capito che le sue condizioni non erano normali.-
- Dunque gli
effetti della chemio non dovevano essere questi? Dovevano essere
brutti ma non così tanto?- Chiese Gianluca preoccupato.
- Sì,
esattamente, non mi aspettavo queste conseguenze. Certo, sapevo che
sarebbe stata male, ma non così tanto.
Inoltre la conosco e credo
di sapere quanto alta sia la sua soglia del dolore, anche
perché
l'ho vista lavorare fino alla fine con un cancro in stadio avanzato,
e posso assicurare che i dolori di un male simile non siano pochi
né
facilmente sopportabili.- Spiegò Francesco.
- Che cosa pensate
di fare? Immagino che modificare una chemioterapia non sia come
cambiare un antibiotico.-
- No, purtroppo non è così semplice,
ma prima di ogni cosa dobbiamo aspettare i prossimi giorni, vedere
come va e fare delle analisi specifiche per comprendere gli effetti
che vi sono stati sull'organismo. Poi vedremo come agire, anche se
temo sarà davvero necessario ridurre la pesantezza delle
cure.-
-
E questo sarà pericoloso? Voglio dire, guarirà
comunque o la
prognosi cambia?- Domandò il fratello di Claudia.
- Non posso
dirlo con precisione, purtroppo. Certo è che il protocollo
con cui
avevamo iniziato a lavorare è stato studiato per combattere
il più
velocemente possibile la malattia, mentre cambiarlo, probabilmente,
significherà trovarne uno che sconfigga più
lentamente il cancro ma
che allo stesso tempo ne fermi la crescita.-
- La terapia da sola
non blocca l'avanzare del tumore?- Chiese ancora Gianluca.
- Non
sempre, dipende dalla gravità della situazione e da molti
altri
fattori.-
- Ho capito. Naturalmente di questo verranno informati
anche lei e suo marito, no?-
- Certamente. Anzi, se la conoscessi
meno avrei parlato prima con loro, la legge in parte dice anche
così,
ma so ce per Claudia non ci sono problemi, eccezione fatta per vostro
padre, col quale vuole parlare sempre da sola, e non la biasimo.-
-
Lo fa per proteggerlo, credo sia normale. In modo diverso, è
ovvio,
ma è la stessa cosa che fa con suo figlio... comunque la
ringrazio,
dottore, davvero.-
- Si figuri, è solo il mio dovere. Ha altre
domande?-
L'uomo ci pensò un attimo, poi si ricordò della
frase
terribile che Claudia aveva detto durante la terapia.
- Prima,
mentre soffriva, ha urlato una frase che mi ha fatto gelare il
sangue; ha detto “piuttosto lasciatemi morire”...
è stato
tremendo, e ancora non mi capacito del fatto che possa averlo detto
davvero. Non lo riferirò a nostro padre, non penso che lo
reggerebbe, ma non posso fare a meno di chiedermi se lo pensasse
davvero o no- Raccontò con una voce più bassi di
quella che aveva
utilizzato fino a quel momento, ancora spaventato dalla frase che
aveva sentito e poi ripetuto.
– No, non credo che lo pensasse
davvero, stava solo molto male. Non sembra una donna che desideri
morire, anzi .
Adesso vedremo come andrà, non preoccupatevi.
Appena starà meglio parleremo anche con lei, è
giusto che sappia
quel che l'aspetta.
Inoltre vorrei essere certo che lei si fidi di
ciò che vogliamo farle; non penso di chiederle un vero e
proprio
consulto, ma se Claudia non si fidasse è giusto che possa
dirmi come
la pensa anche dal punto di vista medico.
Ora però, se non c'è
altro, io andrei davvero.
Vi raccomando di farla riposare e di
darle da bene più tardi, quando si riprenderà un
po'. Non si deve
sforzare per nessun motivo e deve stare tranquilla. Come sempre se
c'è bisogno di qualcosa fatemi chiamare.-
Gianluca ringraziò e
salutò ancora una volta il medico, poi tornò
nella stanza sedendosi
vicino alla sorella.
Claudia si era addormentata e l'uomo notò
in quel momento che le sue funzioni vitali erano costantemente
monitorate.
Il continuo bip della macchina che controllava i
battiti del suo cuore era regolare ma angosciante.
Gli ricordava
quei film drammatici in cui, spesso, vi era un ammalato grave che
riposava tranquillo e poi, d'improvviso, la situazione
precipitava.
Il solo pensiero lo uccideva, e si convinse che
quelli fossero solo film, prodotti di fantasia, che nella vita reale
cose così terribili non accadevano.
Non a loro, perlomeno.
La
guardava dormire serena, molto più rilassata di come era
stata
durante la terapia.
Sicuramente stava ancora molto male, e se ne
sarebbe accorto appena la donna si fosse risvegliata, ma se almeno in
quel momento riusciva a stare meglio si sentiva sollevato anche
lui.
Quando fu abbastanza sicuro di poterla lasciare qualche
minuti senza la paura che le accadesse qualcosa uscì dalla
stanza e
telefonò al padre.
Il signor Oreste si era fatto coraggio ed era
andato in libreria, quella mattina.
Lì dentro vi era stato un
gran via vai di clienti e persone che volevano sapere qualcosa in
più
sulle condizioni di Claudia.
Nel quartiere, infatti, non tutti
avevano odio e disprezzo verso la donna, e molti, soprattutto le
persone più anziane, quelle che la ricordavano bambina,
nutrivano
per lei ancora un forte affetto, nonostante lo mascherassero bene
quandosi trattava di parlarne con chi aveva idee profondamente
diverse.
Mentre il telefono squillava Gianluca si chiedeva cosa
fosse e cosa non fosse il caso di dire a suo padre riguardo
ciò che
era successo in quella prima seduta di chemioterapia.
Alla fine
decise di fargli capire la gravità della situazione cercando
però
di rimanere sempre sul vago.
La voce del signor Oreste, quando
rispose alla telefonata del figlio, era decisamente agitata, segno
che aspettava quella chiamata con ansia da parecchio tempo,
probabilmente da tutta la mattinata.
- Gianluca! Allora? Ci sono
novità?- Chiese subito.
- Sta riposando, ha finito la terapia un
po' più di mezz'ora fa.-
- E come è andata?-
- Non benissimo,
papà. È stata male e forse dovranno cambiarle la
terapia, ma adesso
che dorme sembrerebbe stare meglio.- Disse velocemente nella speranza
che il padre si concentrasse di più sull'ultima parte della
frase
che sulla prima, ma lo sentì ugualmente singhiozzare.
- Papà, ti
prego, non fare così, lei non vorrebbe.-
- Per... perché le
devono cambiare la terapia? Non va bene quella che le stanno
facendo?- Chiese con la voce rotta dalle lacrime.
- La terapia a
cui è stata sottoposta oggi è molto forte, e il
suo corpo è più
debole di quello che i medici immaginavano. Cambiare terapia la
farà
soffrire meno, anche se potrebbe volerci di più a farla
guarire, in
questo modo.-
L'uomo dall'altra parte del telefono tacque un
attimo, smettendo anche di singhiozzare.
- Posso passare a
trovarla più tardi o andrà Davide?- Chiese poi a
Gianluca già
conoscendo la risposta.
- No, papà, lo sai. Verso le cinque o
poco più tardi passerà Davide, gli dico due cose
e poi torno a
casa. Se vai a prendere Guido all'asilo poi portalo da noi
così
ceniamo insieme. Tu hai le chiavi di casa di Claudia o lo porti a
dormire da te?-
Gianluca non aveva la capacità organizzativa che
tutti riconoscevano a sua sorella, ma in quei giorni difficili lei
era riuscita a lasciargli abbastanza informazioni da potergli far
immaginare come volesse fosse organizzata la vita di suo figlio,
perché quello era il punto fondamentale della discussione. -
Lo
porto da Claudia, mi ha lasciato lei le chiavi e l'ordine di farlo,
perché da lì è più comodo
portarlo all'asilo. E poi a casa ha
tutte le sue cose, i suoi giocattoli, il suo lettino, non mi sembra
il caso di allontanarlo dal suo ambiente in un momento simile.-
Spiegò l'uomo.
Anche lui aveva capito molte cose da ciò che
aveva spesso detto la figlia prima di essere ricoverata.
- Ti
chiamo più tardi, papà, magari se Claudia
`sveglia ed `in
condizioni te la faccio salutare, okay?-
- Va bene, e dalle un
bacio da parte mia anche se dorme. E telefonami qualsiasi cosa
accada, per favore.-
- Stai tranquillo, ci sentiamo dopo.- Chiuse
la chiamata e tornò al capezzale della sorella.
Lei continuava a
dormire, anche se ogni tanto si muoveva e mugugnava, contraendo il
volto in quelle che parevano essere smorfie di dolore.
Pochi
minuti dopo entrò la solita infermiera e le
cambiò la flebo degli
antidolorifici, facendo capire a Gianluca per quale ragione Claudia
cominciasse a mostrare i segni della sofferenza.
Il pomeriggio
passò tranquillo, la donna riposava e il fratello lavorava
su delle
carte che si era portato da casa.
Davide arrivò poco dopo le
cinque e chiese dubito al cognato informazioni sulle condizioni di
salute della moglie e su ciò che era accaduto quella
mattina.
L'altro uomo raccontò ovviamente quello che già
precedentemente
aveva detto al padre, ma, conoscendo il magistrato e sapendo che
desiderava essere minuziosamente informato di tutto, si permise di
scendere più nei dettagli nel raccontare le sofferenze di
Claudia,
decidendo di non omettere neanche la terribile frase che quella aveva
detto mentre stava male.
- Non so se sia il caso di
ricordarglielo, quando si sveglierà, ma ne ho già
parlato con il
medico, e anche lui pensa che sia stata tutta colpa della situazione
in cui era.- Spiegò.
- Ne sono certo anche io, credo che Claudia
abbia davvero troppa voglia di vivere per pensare di smettere di
curarsi.-
- Sì, voglio vivere... se ho detto di preferire la
morte alle cure è perché stavo davvero male, ma
non è un pensiero
che ho realmente...- Una voce flebile parlò alle loro
spalle.
La
donna si era svegliata e aveva parlato, ma subito dopo aveva dovuto
fare lunghi respiri per recuperare il fiato.
I due uomini corsero
al suo fianco per vedere come stesse.
- Lo sappiamo, stai
tranquilla. Ora come stai?- Le chiese il marito.
- Ho sonno come
se non avessi dormito neanche un minuto e mi fa male tutto...-
Rispose sempre con voce debolissima.
- Stai ancora male di
stomaco?- Le domandò il fratello.
- No...-
- Te la senti di
bere un po' di acqua?-
- Ancora no, per favore...-
-
Tranquilla, stai calma, se non te la senti non c'è problema
prima il
medico ha detto che hai bisogno di bere, ma non credo cambi qualcosa
se lo fai più tardi.-
- Papà?-
- Papà sta bene, non
preoccuparti, l'ho sentito prima, mentre riposavi. Gli ho detto che
non sei stata bene, ma non ho specificato quello che hai avuto...- Si
fermò un momento, poi continuò. - E non gli ho
riferito di ciò che
hai detto.... io sapevo che non lo pensavi davvero, ma sarebbe stato
difficile spiegarglielo.- Raccontò.
- Hai fatto bene... è
meglio che certe cose non le sappia. Non è cattiveria, lo
faccio per
proteggerlo.- Commentò Claudia.
Era
ancora molto debole, ma poco per volta sembrava si stesse
riprendendo.
Si voltò verso il marito. - Guido come sta?-
Domandò.
- Sta bene, tesoro, non preoccuparti. Questa notte ha
dormito tranquillo nel suo lettino, senza incubi né
problemi.- Le
rispose Davide facendole qualche carezza.
- Oggi va papà a
prenderlo, poi lo porta da me e rimangono a cena. Mi ha detto che,
invece, gli hai dato le chiavi di casa tua e lo porterà a
dormire
lì, è così?- Chiese Gianluca alla
sorella.
- Sì, sì, è così
e sarà così tutte le volte che Davide si
fermerà a fare la notte
in ospedale.- Confermò.
Si fermò a riprendere fiato e poi
continuò a parlare del figlio. - Mi sento molto stanca e
temo che a
breve mi addormenterò di nuovo. Gli puoi dire che se stasera
non lo
chiamo è perché sto male ma gli voglio bene
comunque? Ho sempre
paura che un bambino così piccolo non possa capire una cosa
simile.-
Chiese tristemente al fratello.
- Non preoccuparti, cercherò di
spiegarglielo. Ah, a proposito, stamattina mi hai detto di dare a
Davide i pigiami da lavare.- Disse passando lo sguardo da lei al
cognato. - Ma visto che lui passa la notte qui posso portarli io a
casa fargli fare un giro in lavatrice, non credo che per mia moglie
ci siano problemi. Così al massimo dopodomani te li
riporto.- Le
propose.
- Saresti gentilissimo, ma non voglio crearvi nessun tipo
di disturbo, lo sai.- - Nessun disturbo, lo sai.- Gli sorrise
l'uomo.
Rimasero ancora un poco a chiacchierare, poi sia Gianluca
che Davide si accorsero che la donna era stanza, e il fratello decise
di lasciare i coniugi da soli.
Il magistrato rimase accanto alla
moglie senza staccarsene un attimo.
Riuscì a farla bere un poco
all'ora di cena, ma più di un pezzo di pane la donna non si
sentì
di mangiare.
Francesco passò poco più tardi, e naturalmente
non
lo fece solo per cortesia.
Aveva ancora il camice addosso e
chiese gentilmente all'uomo di uscire per visitare con cura la
paziente.
- Vuoi che parli solo con te o che ci sia anche tuo
marito? Devo riferiti della visita e di alcune cose di cui ho
già
parlato con tuo fratello questo pomeriggio. Ah, spero non ti dia
fastidio il fatto che abbia parlato con lui, ma non stavi bene e mi
pareva corretto informarlo.- Le spiegò il medico.
- Non
preoccuparti, fai entrare Davide... anche se a questo punto credo gli
avrà già detto tutto Gianluca...- La donna rimase
nuovamente senza
fiato.
Aveva visto che le erano stati somministrati diversi
antidolorifici, i quali probabilmente riducevano i dolori e la
stancavano, ma era contenta di sentirsi meno distrutta di quanto
avesse immaginato quella mattina.
L'oncologo fece entrare l'altro
e raccontò ciò che lui già sapeva,
ovvero che la chemio le aveva
fatto troppo male e probabilmente avrebbero dovuto cambiare le
terapie per evitare che le facessero più male della malattia
stessa.
-
Se ora sembra stare meglio è perché, oltre agli
antidolorifici,
durante il pomeriggio le sono state fatte un paio di flebo di quelli
che potremmo definire dei farmaci ricostituenti.
Mi dispiace
dirvelo così, ma appena il loro effetto sarà
finito Claudia
ricomincerà a stare male.- Confessò tristemente.
Dopodiché
parlò loro della possibilità di modificare le
cure e di come
l'avesse trovata durante quell'ultimo esame obiettivo.
- Non so
come riuscirai a dormire, stanotte, ma se hai bisogno di qualcosa
chiama immediatamente l'infermiera. Se c'è qualcosa di
grave,
inoltre, non fatevi problemi a farmi chiamare a casa, mi raccomando.-
Gli ricordò ancora una volta prima di salutarli.
La visita
medica a cui era stata appena sottoposta Claudia non aveva fatto
altro che confermare lo stato di debolezza totale in cui si trovava
il suo fisico, e Francesco lo aveva detto chiaro e tondo ai due.
Claudia,
infatti, si addormentò pochi minuti più tardi,
con accanto Davide
che, seppur stanco morto, voleva rimanere sveglio per paura di non
accorgersi di qualcosa di importante.
Intanto,
a casa di Gianluca, il padre ed il fratello dell'ammalata cenavano
assieme alla cognata e ai figli, compreso il piccolo Guido.
Quando
il signor Oreste era andato a prenderlo all'asilo lo aveva trovato
tranquillo a giocare con i suoi amichetti, ma col passare del tempo,
da quando era uscito dalla scuola materna all'ora di cena, si era via
via intristito, fino a rimanere da solo seduto sul divano mentre i
cuginetti giocavano.
Era triste e annoiato, e quando lo vide il
nonno decise di prenderlo con sé e portarlo nella cucina
dagli zii.
Sapeva benissimo che il piccolo non stava bene a causa della
difficile situazione familiare, e sperava che la vicinanza di altri
adulti potesse aiutarlo.
Aveva promesso a Cklaudia che il suo
bambino sarebbe stato protetto da ogni cosa, e quello era l'unico
modo che aveva per aiutarli entrambi, figlia e nipotino.
Guido
fu preso in braccio dalla zia e rimase ancora un po' in silenzio, poi
guardò verso Gianluca.
- Tu oggi sei stato dalla mia mamma?- Gli
chiese con fare inquisitorio, come se avesse preso la deformazione
professionale del padre.
- Sì, oggi ero in ospedale con la tua
mamma.- Rispose lo zio .
- E perché non sei rimasto con lei anche
stanotte così papà stava con me?-
Domandò con un tono più
arrabbiato.
La zia lo strinse a sé e lo coccolò un po' mentre
l'altro gli si avvicinò con la sedia.
- La mamma ti ha detto che
deve stare in ospedale perché deve fare delle cure che la
fanno
stare male?-
- Sì...- Rispose tristemente il bambino.
- Oggi
la mamma ha fatto una di queste cure, e il medico ha detto che per
questa notte qualcuno deve stare con lei. Hai ragione, potevo starci
io con lei, così come poteva starci il nonno, ma tu sai che
papà
vuole molto bene alla mamma, e per lei è importante averlo
vicino.-
Provò a spiegargli l'uomo. Guido annuì e
iniziò a piangere. -
Perché sta male la mia mamma? Sono stato cattivo io?- Chiese
il
piccolo
Sia il nonno che lo zio si sentirono distrutti da quella
frase, perché realizzarono che sarebbe stato impossibile
comprendere
totalmente cosa pensasse il bambino in quel momento, cosa capisse di
ciò che accadeva e quali spiegazioni si desse da solo.
Fu la zia
a cercare di mantenere la tranquillità e la
lucidità necessarie per
rispondere alla terribile domanda del figlio di Claudia.
- No,
Guido, la mamma non sta male per colpa tua, e questo non lo devi mai
pensare. Le persone certe volte cominciano a stare male, ma non
è
colpa di nessuno.- Gli disse coccolandolo.
- Ma è brutto che sta
male, che non può stare con me. Io voglio la mamma, non
voglio che
sta in ospedale e lontano da me.- Singhiozzò ancora.
Forse
lasciare il bambino senza neanche un genitore vicino non era stata
una buona idea, ma Claudia aveva bisogno di assistenza continua anche
quella notte e non c'erano molte alternative.
Guido rimase in
silenzio a farsi coccolare, poi iniziò a strofinarsi gli
occhi e il
nonno capì che cominciava ad avere sonno.
- Vi accompagno a
casa.- Propose Gianluca. - Tanto Eleonora è in grado di
mettere a
letto i bambini da sola.- Scherzò con la moglie.
- Grazie,
davvero.- Rispose il padre.
Salutarono la donna e i suoi figli,
poi si misero in macchina verso casa di Claudia.
Era strano
trovarsi lì senza di lei né il marito, si
sentivano come topi
d'appartamento, ladri, anche se la presenza di Guido aiutava loro a
ricordarsi quanto giusto fosse essere in quella casa il quel momento.
Il
bambino si addormentò in fretta nel suo letto tra le carezze
rassicuranti del nonno, il quale rimase poi a lungo in cucina a
chiacchierare col figlio.
- Claudia stasera non ha chiamato, in
effetti.- Commentò sedendosi.
- Sta male, papà, te l'ho già
detto questo pomeriggio al telefono.-
- È davvero così
terribile?- Domandò il signor Oreste.
Gianluca tacque un attimo
per riflettere su cosa dirgli, poi decise di ripetergli semplicemente
ciò che già gli aveva detto quel pomeriggio.
- Come dicevo al
telefono il problema è che nessuno poteva immaginare quanto
debole
fosse il suo corpo, dunque le hanno iniziato un trattamento d'urto
che si è però rivelato troppo pesante. Purtroppo
lo sappiamo,
Claudia ha nascosto la malattia anche a se stessa per troppo tempo, e
le sue condizioni ora sono parecchio gravi. Ma starà bene,
ne sono
sicuro, appena troveranno una terapia in grado di distruggere il
cancro senza distruggere anche lei vedremo i primi miglioramenti.
Dopotutto
è la donna di casa, sia per la famiglia che ha ora sia per
la
nostra, e non le accadrà nulla di male.-
Il padre non commentò
in nessun modo, iniziava a stancarsi di tutte quelle rassicurazioni,
proprio come stava accadendo a Claudia.
Avrebbe voluto chiedere a
qualcuno, a chiunque, come sarebbe stata la sua vita se la figlia
fosse morta, ma sapeva che nessuno poteva rispondere a una domanda
simile, specialmente se a farla era un padre.
- Io vorrei
riposare, domattina devo svegliare il bambino, prepararlo, portarlo a
scuola e poi andare in ospedale da tua sorella.- Disse
- Sì,
papà, è tardi anche per me.- Rispose Gianluca
alzandosi e
avviandosi verso la porta dell'appartamento.
- Buonanotte, ci
sentiamo domani. Per qualsiasi necessità, che riguardi te,
Claudia o
Guido, chiamami, anche di notte o mentre sono a lavoro, non
preoccuparti.-
- Grazie, ma stai tranquillo; ho cresciuto voi due
da solo, riuscirò ad occuparmi di mio nipote per una notte.-
L'altro
sorrise. - Cerca di riposarti anche tu però.- Gli
raccomandò
uscendo dalla casa della sorella.
Il signor Oreste, rimasto solo,
controllò che il piccolo dormisse tranquillo e
cercò una coperta
per mettersi a riposare sul divano.
Probabilmente,
se glielo avesse domandato, Claudia sarebbe stata ben felice di farlo
dormire sul suo letto, ma non aveva potuto farlo e non gli pareva
cortese.
Si
sarebbe arrangiato, almeno per quella notte.
Forse
era quella la risposta alla terribile domanda “Cosa avrebbe
fatto
se Claudia fosse morta?”
Si sarebbe arrangiato, nulla di più.
Disclaimer.
Fortunatamente
non ho mai avuto a che fare con la chemioterapia, e spero
sinceramente di aver esagerato con la descrizione degli effetti
collaterali.
Soprattutto,
però, spero di aver trattato l'argomento con la massima
sensibilità
possibile, se avete qualcosa da ridire fatelo, anche se vi chiedo di
farlo in modo cortese.
Io, davvero, mi sono impegnata al
massimo.
Un abbraccio, al prossimo capitolo.
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Capitolo 16 *** Capitolo XVI ***
Capitolo
XVI
Verso
le tre di notte Davide era crollato.
Ce
l'aveva messa tutta per tentare di rimanere sveglio e controllare con
costanza la moglie, ma alla fine la stanchezza, sia fisica che
mentale, aveva avuto la meglio su tutta la buona volontà.
Lo
aveva svegliato un'infermiera poco prima delle sette scuotendolo con
una mano.
- Mi scusi, ma dobbiamo cambiare la signora; è molto
sudata e ha la febbre.-
Quell'ultima parola lo destò
completamente dal suo sonno facendogli sbarrare gli occhi e
accelerare il battito cardiaco per via dell'ansia.
- Come la
febbre? Ma ieri sera non l'aveva!- Obiettò il magistrato.
- Stia
tranquillo, adesso arriva il medico e deciderà lui cosa
fare. Per
ora la temperatura è sui trentotto gradi e mezzo, abbastanza
alta
per le sue condizioni, ma aspettiamo cosa dirà il medico.
Però
adesso mi scusi ma deve attendere fuori.-
L'uomo prese la sua roba
e si mise nel corridoio del reparto di oncologia in attesa di qualche
novità.
Rifletté
a lungo sull'avvisare o meno i parenti della donna del peggioramento,
ma decise di attendere prima il rapporto del medico.
Francesco
arrivò pochi minuti dopo e si fiondò nella stanza
a visitare
l'amica con accuratezza, anche lui era visibilmente preoccupato da
quello che stava accadendo.
Rimase
lì dentro per oltre un quarto d'ora, facendo entrare qualche
volta un'infermiera che poi riusciva sempre con provette di ogni genere.
Uscì
dalla stanza, si tolse la mascherina e andò da Davide per
fare il
punto della situazione.
-
Le sue condizioni sono gravi, a tratti addirittura critiche, non
posso negarlo; ha la febbre alta ed è semi-incosciente.
Per
adesso le diamo antibiotici ad ampio spettro mentre attendiamo i
risultati di alcune analisi nella speranza di capire cosa le abbia
fatto male.-
- Ma è stata la chemio a farle questo, vero?-
Domandò il marito di Claudia preoccupato.
- Molto probabilmente
sì. È molto debole, e...- Sospirò
guardando l'uomo.
- E?-
-
E non posso dirvi con certezza che si salverà, mi dispiace.-
Il
magistrato si sentì mancare la terra sotto i piedi dopo
quella
notizia, un improvviso cedere di tutte le sue speranze e certezze.
-
La chemio doveva guarirla, e invece dopo neanche un giorno
dall'inizio della terapia sto rischiando di perderla...-
Commentò
trattenendo a stento le lacrime.
- Adesso stare al suo fianco sarà
più difficile, perché la portiamo in isolamento e
dunque potrà
stare con lei solo una persona per volta e munita di tutte le
precauzioni del caso.-
- Comprendo, e credo di dover avvisare mio
cognato; stamattina mio suocero sarebbe dovuto venire in ospedale da
solo, ma non ho il coraggio di dargli io una notizia simile.-
-
Va bene. La stanza dell'isolamento è l'ultima infondo al
reparto.
Di norma c'è sempre un'infermiera lì davanti, per
entrare
chiedete a lei, vi aiuterà a prepararvi con camice,
mascherina,
cuffia, guanti e salvascarpe. Mi raccomando di non entrare senza che
l'infermiera vi abbia visto e dato il permesso, ogni possibile germe
è un grosso rischio per le condizioni in cui versa Claudia.-
- Ho
capito.
Beh, dottore, io la ringrazio, davvero, ora credo di dover
fare un paio di telefonate.- Provò a salutarlo Davide, il
quale
voleva rimanere un po' in solitudine.
- Certamente, non si
preoccupi, passo appena possibile a vedere come sta. Se succede
qualcosa mi faccia chiamare subito, e fatevi coraggio.-
Il
magistrato annuì, salutò l'oncologo e
uscì dal reparto per
telefonare a Gianluca.
Fu
una chiamata difficile quanto rapida, in cui l'uomo si
limitò a dire
che Claudia nella notte era peggiorata e che sarebbe stato il caso di
andare a prendere il signor Oreste per accompagnarlo dalla figlia.
-
È abbastanza inutile che te lo chieda, ma devo spiegare a
papà
perché lo sto andando a prendere invece di lasciarlo andare
in
ospedale da solo?- Domandò Gianluca salutando il cognato.
- Credi
di sì, almeno un accenno. Per quanto riguarda ciò
che ha detto il
medico, invece, voglio parlare prima con te, poi deciderai tu cosa
dire o meno a vostro padre...-
- Va bene, ci vediamo in
ospedale.- Il fratello di Claudia spense la telefonata e
chiamò il
genitore, che capì subito come fosse accaduto qualcosa a sua
figlia.
Quando arrivarono in ospedale Davide spiegò loro che alla
donna era salita la febbre ed era molto indebolita, motivo per cui
era stata messa in isolamento.
Poi accompagnò il signor Oreste
davanti alla stanza di Claudia e attese fino a che l'infermiera non
lo fece preparare per entrare nella
camera.
Mentre
l'uomo rimaneva in silenzio accanto al capezzale della figlia
dormiente il marito e il fratello dell'ammalata si spostarono nel
corridoio esterno del reparto per parlare senza disturbare.
-
Scusami se ti ho fatto venire con tuo padre, ma la situazione
è
molto preoccupante e non me la sentivo di parlare io con lui o farlo
parlare direttamente con il medico. So che hai già preso la
giornata
libera ieri per stare al suo fianco, ma...-
- Tranquillo, è ovvio
che se Claudia sta così il lavoro passa in secondo piano.-
Spiegò
l'altro pacatamente.
- Nelle condizioni in cui si trova è molto
probabile che si possa chiedere un'invalidità, e
benché io debba
ancora parlare con il medico penso che si possa arrivare anche al
100% visto che non può neanche camminare e ha bisogno di
assistenza
continua.
Se riuscissimo a fargliela ottenere io potrei usufruire
della Legge 104 fino a che non sarà guarita, così
da poter esserci
più spesso.-
- Ho capito.- Annuì Gianluca. - Ma invece adesso
come sta? I medici cosa dicono?-
Davide sospirò.
- Sta male,
tanto. Ha trentotto e mezzo di febbre e per la sua situazione clinica
è parecchio alta. Il medico...- Si fermò a
riprendere fiato e
respirare profondamente per trattenere la voglia di piangere. - Il
medico mi ha fatto capire che non hanno la certezza che
sopravviverà,
e io non so che fare se la perdo così... senza neanche
combattere...
ero totalmente convinto che avrebbe vinto la malattia...-
Gianluca
chiuse gli occhi e non si trattenne, lasciò che qualche
lacrima
scendesse sul suo volto.
- Mia sorella... non ci voglio credere...
pensi che mio padre debba saperlo?-
Il magistrato scosse la testa.
- È una scelta che riguarda te e solo te, ma penso che
Claudia non
sarebbe d'accordo. Se fosse... malata in fase terminale sarebbe
diverso, avremmo la certezza della sua morte e sarebbe giusto che lui
sapesse quanto tempo ancora può starle accanto, ma non
è il caso,
adesso.
O almeno questo è il mio pensiero, è
ciò che fare io.
Ma ti ripeto che l'unico che può decidere sei tu,
attualmente.-
-
Credo tu abbia ragione, per ora preferisco che le stia accanto senza
aggiungere paura alla paura, anche perché probabilmente lui
è
conscio della possibilità di vederla morire da quando gli ha
detto
di essere malata di cancro, dubito di dovergli confermare a voce
qualcosa che lo massacra dentro.- Spiegò.
Era una situazione
decisamente difficile, quella, soprattutto perché a star
male era
una donna; una figlia, una sorella, una moglie, una madre, la colonna
portante di due famiglie, quella in cui era nata e quella che si era
costruita con Davide.
Lei, che seppur impegnatissima non aveva mai
tolto un pensiero a chi amava, non si era mai scordata un
anniversario o una ricorrenza, lei che veniva sempre dopo tutto il
resto era lì, incapace anche solo di sorridere, di
rassicurare chi
amava con una parola gentile come aveva fatto fino al giorno prima.
-
Non è neanche una settimana che è in ospedale e
già non ce la
faccio più; mi manca, sono preoccupato, ma soprattutto non
riesco a
gestire tutto, a essere un buon padre per nostro figlio... e se lei
uno di questi giorni dovesse morire io non sarei più in
grado di
andare avanti, né come uomo né come padre.- Si
confessò con dolore
Davide, ma il cognato non gli permise di abbattersi.
- Non morirà,
non lo voglio pensare.- Rispose d'istinto.
Poi sospirò ancora,
capendo che se non poteva convincerlo che si sarebbe salvata doveva
spiegargli perché sarebbero stati abbastanza forti da andare
avanti
anche senza di lei.
- È una donna, e le donne quando vanno via
lasciano tutto in ordine.
È un pensiero difficile e terribile,
ma forse dovremmo credere che quando si spegnerà, se lo
farà prima
di noi, sarà perché avrà lasciato
tutto a posto e noi saremo in
grado di andare avanti anche senza la sua presenza fisica.-
Il
magistrato cercò conforto in quelle parole, ma non voleva
pensare a
quella possibilità; per quanto l'idea di una rapida
dipartita di
Claudia fosse reale lui non poteva, o più semplicemente non
voleva,
crederci.
- A proposito di tuo figlio, però, ti devo parlare...-
Cambiò argomento Gianluca.
Il volto di Davide si corrucciò in
un'espressione ancora più angosciata.
- Non farmi preoccupare, ti
prego... è successo qualcosa a Guido?-
- Nulla di grave e nulla
che non fosse prevedibile, ma ieri sera era triste e forse anche
arrabbiato. In particolare ha chiesto a me e mio padre
perché non
potessimo stare noi la notte con sua madre al posto tuo.
Probabilmente è ancora troppo piccolo per capire la
delicatezza
della situazione, e dal suo punto di vista l'unica cosa che riesce a
percepire è la vostra assenza.
Forse è capace di accettare il
fatto che non ci sia Claudia, dopotutto sa che è molto
malata, ma la
tua è per lui incomprensibile, purtroppo.-
il magistrato andò a
sedersi su una delle seggiole di plastica site lungo il corridoio del
reparto e si prese la testa tra le mani rimanendo qualche attimo a
capo chino.
Poi appoggiò i gomiti sulle ginocchia e volse
nuovamente lo sguardo verso l'altro uomo.
- Mi hai appena dato la
prova di quello che pensavo; se lei non c'è io non sono in
grado di
essere un buon padre...- Sospirò tristemente.
- Non sei un
cattivo padre, non devi pensarlo. Io eri mattina ero qui con lei,
mentre faceva la terapia, e so quanto sia stata male, non sarebbe
stata in condizioni di passare la notte da sola.
Per
quanta assistenza medica possano fornirle qua in ospedale Claudia
aveva bisogno di qualcuno di caro a cui stringersi se le sue
condizioni fossero state quelle della mattinata. Forse Guido aveva
ragione, con lei potevamo stare anche io o papà, ma per come
stava
pensavo fosse necessaria la tua presenza.- Spiegò Gianluca.
Il
magistrato annuì, anche se sapere della situazione del
figlio non lo
aiutava a stare tranquillo.
- Neanche stanotte Claudia potrà
stare da sola, con la febbre alta non è proprio il caso, ma
se Guido
sta così...- Pensò a voce alta mentre era ancora
seduto a
realizzare quanto fosse cambiata in fretta la loro vita per colpa
della malattia della sua amata.
- Se te la senti, se ti fidi,
questa notte vicino a mia sorella posso rimanere io, Eleonora
può
badare benissimo ai bambini da sola. So che vorresti stare al suo
fianco, ma se senti il bisogno di andare da tuo figlio posso
assicurarti che Claudia non resterà da sola.- Gli propose il
cognato.
Davide annuì. - Te ne sarei grato, davvero. Non che
stanotte dormirò, ne dubito,ma a Guido farà bene
vedermi, e forse
stare con lui mi farà distrarre un minimo.
Però
chiamami qualsiasi cosa accada, sia in positivo che...-
Lasciò
cadere la frase, non c'erano parole che potessero descrivere una
possibilità tanto terribile.
I due uomini rimasero in silenzio
ad attendere qualcosa, non avevano null'altro da dirsi, anche il
dolore che provavano in quel momento pareva non essere
condivisibile.
Quando, tanti anni prima, Claudia aveva portato a
casa il fidanzato questo si era subito trovato bene con Gianluca, e
pur appartenendo a due molti diversi erano sempre andati molto
d'accordo, arrivando anche a divertirsi coalizzandosi per prendere in
giro la donna in modo scherzoso.
Allo stesso modo anche lei era
diventata presto amica di Eleonora, la cognata, trovandosi finalmente
a non essere più la sola donna della famiglia.
Erano pochi ma
molto uniti, ed era stato per quello che la malattia di Claudia aveva
sconvolto e stravolto le vite di tutti.
Circa un quarto d'ora dopo
videro arrivare il signor Oreste pallido e con gli occhi rossi di chi
aveva pianto.
Il figlio dell'uomo si alzò con cuore in gola,
perché a vederlo in quelle condizioni stava temendo il
peggio, e
ancora più terribile della possibilità che sua
sorella fosse morta
c'era l'idea che si fosse spenta sotto gli occhi del padre.
Ma
prima ancora che potesse essergli fatta qualsiasi domanda
iniziò a
parlare.
- Mi hanno fatto uscire dalla sua stanza perché devono
visitarla, farle delle flebo e non so che altro. Il medico non l'ho
visto, ma penso che vorrà parlare con te, Davide.- Disse
guardando
il genero.
Poi continuò, con le lacrime agli occhi. - La mia
bambina... sta tanto male... le hanno tolto i tubi con l'ossigeno,
glielo devono dare con la mascherina e questa cosa non mi piace, ho
molta paura...- Soffocò il singhiozzare mentre si sedeva
accanto al
figlio maggiore.
- Coraggio, papà, sicuramente sarà una
precauzione, lo fanno per aiutarla a stare meglio.- Provò a
rassicurarlo quello, anche se capiva benissimo il dolore che
ghermiva l'uomo.
Ci fu ancora del silenzio, in quel corridoio del
reparto di Oncologia, come se non parlare potesse in qualche modo
aiutare Claudia, ma la la verità era che tutti e tre
avrebbero
voluto stare al suo capezzale, in quel momento, e l'impotenza della
situazione pesava tanto, troppo.
Si fecero le dieci prima che
Gianluca si decise a prendere il padre e portarlo a casa.
- Stare
tutti qui non ha senso, papà. Io dovrei andare a lavoro, ma
posso
prendere un altro giorno di ferie. Se vuoi andiamo a casa, oppure, se
te la senti, ti faccio compagnia in libreria, ma ora come ora
rimanere qua ci fa solo male. Lo capisci, vero?- L'uomo
annuì e
accettò tristemente di andare ad aprire il suo negozio per
passare
lì la giornata, facendosi però prima promettere
da Davide di essere
chiamato qualsiasi cosa fosse accaduto.
Circa un quarto d'ora dopo
aver salutato suocero e cognato il magistrato poté parlare
nuovamente con Francesco, il quale, come immaginava, non aveva
nessuna buona notizia riguardo le condizioni di Claudia.
- Ancora
non abbiamo la certezza di cosa abbia causato l'infezione, anche se
è
probabile che sia entrata in contatto con qualche germe o batterio
che magari in un'altra situazione non le avrebbe fatto nulla, ma
visto quanto è indebolita a livello fisico ed immunitario
ciò deve
essere bastato a scatenare una reazione simile.- Spiegò il
medico.
-
Ma si riprenderà, vero? Non può lasciarci
così...- Francesco si
sedette e fece segno a Davide di fare lo stesso.
- Non possiamo
ancora sapere quali effetti avranno gli antibiotici, ma è da
stamattina che le diamo degli antipiretici e ancora la febbre non
scende. Purtroppo immagino tu sappia anche senza una laurea in
medicina cosa significhi questo.-
Ancora più di quella mattina
l'uomo si sentì morire, perché sembrava che ogni
minuto la sua
adorata si allontanasse di più da lui e non potesse farci
nulla, non
aveva neanche un Dio a cui chiedere aiuto.
- Stasera vado a casa
da mio figlio, qui in ospedale resta mio cognato. Ma al bambino cosa
devo dire? Lei è sempre stata così attenta,
premurosa... anche
quando gli abbiamo detto che era ammalata e doveva essere ricoverata
ha fatto in modo di fargli capire che andasse tutto bene, che non
doveva avere paura perché lei presto sarebbe guarita... e
ora è
tutto così assurdo...- Diverse volte, dal momento stesso in
cui
Claudia gli aveva detto di avere il cancro, si era immaginato la
peggiore delle ipotesi, il medico che comunicava loro
l'impossibilità
di guarire la donna e la sua prossima dipartita, ma mai aveva pensato
che le cose potessero svolgersi in quella maniera.
Credeva,
invece, che sarebbero tornati a casa, era certo che sua moglie
avrebbe voluto spegnersi nel suo letto, tra le mura domestiche, e
prima di perdere totalmente le forze avrebbe coccolato ancora e
ancora suo figlio, spiegandogli di come, anche se la sua vita era
ormai giunta al termine, il suo amore materno non sarebbe mai mutato
né si sarebbe spento con l'ultimo battito del suo cuore.
Anche da
atea quale era Claudia avrebbe affrontato la morte con coraggio e
dignità, pur non credendo in un dopo avrebbe fatto capire a
chi
amava che nulla sarebbe scomparso con lei.
Ma
tutto ciò accadeva solo nell'immaginario di Davide, dove
come ultimo
dono, anche se era paradossale definirlo tale, della vita gli era
data la possibilità di sapere quando il peggiore dei drammi
si
sarebbe consumato e quindi gli sarebbe stato permesso di accompagnare
Claudia nella morte con la stessa dolcezza con cui lei li aveva
sempre accompagnati nella vita.
Eppure, nel loro essere opposti in
perenne lite, vita e morte si somigliavano
nell'imprevedibilità con
cui si manifestavano, e pareva che a loro nulla di buono fosse
più
dovuto, come se fossero stati troppo felici prima.
- Claudia è
una donna estremamente forte.- Gli disse improvvisamente Francesco
distogliendolo dai suoi pensieri. - E le malattie sono tanto
più
imprevedibili quanto più sono gravi, dunque non possiamo che
aspettare. Se vuole andare da lei faccia pure, la faremo uscire dalla
stanza solo se strettamente necessario, posso immaginare quanto lei
voglia starle vicino in un momento così delicato.-
Davide
ringraziò il medico e, dopo tutte le procedure del caso, si
trovò
al capezzale della moglie.
Anche lui percepì la fragilità che
l'attanagliava, vedendola in quel letto, e benché dormisse
scorgeva
nei suoi lineamenti l'espressione di una sofferenza ingiusta,
inumana, che straziava il cuore di chiunque l'amasse e fosse
costretto a vederla in quelle condizioni.
La giornata trascorse
lenta, segnata solo dai momenti in cui l'uomo doveva lasciare la
camera per permettere ai medici di prendersi cura di lei.
Non
c'erano novità, né positive né
negative, e dunque, per quanto
seriie fossero le sue condizioni, il responso era sempre uno;
stazionaria nella sua gravità.
Nelle sue troppe possibilità di
abbandonare questo mondo e tutti quelli che amava Claudia era, a
livello medico, stazionaria.
Nel tardo pomeriggio tornarono
Gianluca ed il padre, che tornò al capezzale della figlia
lasciando
i due fuori in attesa.
Ancora una volta il magistrato non aveva
molto da dire, ma il cognato provò a distrarlo
raccontandogli della
giornata passata in libreria.
- Papà, in certi attimi, sembrava
anche felice, però so che il suo pensiero non si
è mosso un attimo
da Claudia e dalla sua situazione.
Io ho paura di cosa potrebbe
accadergli se mia sorella morisse, perché ora ho la forza di
pensare
che tutto andrà bene e riesco a trasmettere questa
positività anche
a lui, ma se lei dovesse spegnersi...- Non proseguì nel
discorso, ma
entrambi conoscevano il senso di quelle parole; finché
Claudia
lottava per vivere loro potevano farsi forza a vicenda, lottare
assieme a lei, ma nel momento in cui fosse morta, e dunque a loro non
fosse rimasto altro che il dolore, non avrebbero avuto più
nulla per
andare avanti.
Gianluca entrò nella camera verso le sette, e a
quell'ora Davide e il suocero si mossero verso casa.
Prima il
magistrato accompagnò l'altro uomo, poi tornò al
suo stabile e
recuperò il piccolo Guido dalla vicina a cui aveva
gentilmente
chiesto di tenerlo nel pomeriggio.
Gli preparò la cena cercando
di non mostragli le preoccupazioni che aveva sul volto e nell'animo,
e fu solo dopo aver mangiato, mentre entrambi erano in salone, lui a
riposare e il bambino a giocare, che si sentì fare la
fatidica
domanda. - Papà perché la mamma non ha chiamato
neanche oggi? Sta
ancora male?-
L'uomo trasalì e si prese del tempo per decidere
come rispondere, cercando una mediazione tra l'età del
bambino e la
necessità di non mentirgli.
- Questa notte alla mamma è salita
la febbre molto alta, non sta tanto bene.- Spiegò.
- Ma le
succede qualcosa di brutto?-
Davide sospirò. Era così
intelligente, suo figlio, sicuramente aveva preso da Claudia quel
modo di essere sveglio e attento a tutto malgrado la sua
età, per
quanto ciò potesse, in casi come quello che stavano vivendo,
portarlo a crescere più in fretta.
- La malattia della mamma è
molto grave, lo sai, ma lei è forte, sta combattendo, vedrai
che
presto starà meglio, ma per adesso ha bisogno id molte cure
e tanto
riposo.-
Il bambino si intristì. - Ieri era brutto perché
io ero
dagli zii e tu non c'eri, ma se devi stare con la mamma va bene,
però
devi aiutarla a guarire.- Disse con gli occhi bassi.
Il
magistrato prese in braccio il figlio e si sedette con lui sulla
stessa poltrona su cui si era seduta Claudia quando gli avevano
dovuto dire che era ammalata, coccolandolo proprio come aveva fatto
lei quel triste giorno.
- Sai, amore mio, anche ora che la mamma
sta tanto male tu sei il suo primo pensiero, e i sono sicuro che
benché sia lontana lei possa sentire la tua tristezza, e
sicuramente
non vorrebbe che tu stessi così. Lo so che quello che sta
succedendo
è molto brutto, ma la mamma ha bisogno di sapere che tu stai
bene.
Lo capisci, vero?-
Il bambino annuì e si asciugò con la manica
del pigiamino alcune lacrime che iniziavano a scendergli dagli occhi
sempre rimanendo abbracciato al padre.
Dopo diversi minuti di
silenzio durante i quali Davide aveva anche pensato si fosse
addormentato, Guido prese coraggio e fece la domanda che teneva
dentro ormai da molto. - Papà, che succede se la mamma
muore?-
L'uomo si sentì venire meno.
Non sapeva cosa
rispondere, perché neanche a se stesso sapeva cosa dire
quando la
paura di perdere l'adorata moglie lo ghermiva, ma il piccolo aveva
gli occhi di chi già sa e vuole solo una conferma, per
quanto triste
possa essere.
Un bambino, sì, era un bambino, ma questo, il padre
l'aveva capito bene, non lo autorizzava a mentirgli o a rassicurarlo
semplicemente quando la sua domanda era una e ben precisa; cosa
succede se la mia mamma muore? Cosa succede se non posso più
vederla, abbracciarla, darle i bacini, se non mi può
più coccolare?
Cosa succede se per tutto il resto della mia vita sarà come
quando
lei partiva per lavoro?
O
addirittura peggio, perché quando era lontana poteva
sentirla per
telefono, mentre la morte gli avrebbe tolto anche quella
possibilità.
Cosa sarebbe successo in tutti quei casi?
Erano
domande terribili, devastanti, ma che meritavano una risposta.
-
Non lo so.- Sospirò semplicemente Davide guardando il figlio.
-
Non lo so cosa succede se la mamma muore, amore mio. Ma non dobbiamo
essere tristi, dobbiamo pensare positivo, è sicuramente un
modo per
aiutarla. Dobbiamo pensare a tutte le cose belle che faremo quando
starà di nuovo bene, non alla possibilità che
vada via per sempre.
Mi capisci, vero?-
Guido annuì e riscoppiò in lacrime tra le
braccia del padre. - Quando vedi la mamma le dici che mi dispiace di
essere triste e che voglio che guarisce? Per favore...-
|
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Capitolo 17 *** Capitolo XVII ***
Torno dopo tre mesi causa università - pochissimo
tempo per scrivere e ancor meno per postare-,
So da me che la storia non è praticamente più
seguita, ma mi piace finire ciò che inizio, soprattutto
quando scrivo, attività che svolgo decisamente per me stessa
e non per altri.
Niente, spero che magari passando di qui qualcuno possa ancora trovare
interessante il racconto e vi lascio al capitolo :)
Capitolo
XVII
Il
campanello dei vicini di casa di Davide e Claudia strimpellò
forte
ben prima delle otto di mattina, e la padrona di casa passò
in
fretta dall'avere gli occhi pieni di sonno all'avere uno sguardo
iracondo pronto a fulminare chiunque fosse l'artefice di quel suo
brusco risveglio.
Ma quando aprì la porta tutta la sua -motivata-
rabbia lasciò spazio stupore e tristezza.
Davanti
a lei, con l'aria di chi era distrutto più dal dolore che
dalla
stanchezza e il piccolo Guido tra le braccia, si trovava il
magistrato.
- Mi perdoni davvero, ma mi ha chiamato mio cognato
dall'ospedale meno di mezzora fa; mia moglie è peggiorata
improvvisamente e devo andare da lei.-
Mentre parlava alcune
lacrime avevano cominciato a scendergli lungo il volto.
- Ho
svegliato il bambino, l'ho lavato e cambiato ma non ho fatto in tempo
a fargli fare colazione perché si è
riaddormentato. Sono
mortificato, se non fosse strettamente necessario non lo farei, ma
devo chiederle se posso lasciarlo qui e se lei può portarlo
all'asilo. So che sua figlia e il mio bambino frequentano la stessa
scuola materna.-
La donna annuì e li fece entrare.
Misero
subito il piccolo a riposare sul divano mentre i due adulti si
scambiavano i numeri di telefono e altre informazioni utili in quel
momento delicato
- Allora rimaniamo che io riporto il bambino qui
da me oggi pomeriggio, se invece, come mi auguro, la situazione
migliora lei mi avvisa, giusto?-
- Sì, certamente. Grazie mille,
davvero, e mi perdoni per il disturbo...- Salutò ancora
mortificato.
- Non si preoccupi, adesso pensi a sua
moglie.-
Davide lasciò un'ultima carezza al figlio addormentato e
uscì.
Scese le scale di corsa, come se fosse per lui fondamentale
recuperare anche pochi secondi, e si buttò in macchina.
Il
viaggio fu terribile, perché ad ogni semaforo rosso gli
pareva di
sentire la moglie più lontana, come se avesse la certezza di
arrivare in ospedale tardi e fare la peggiore delle scoperte.
In
realtà, fortunatamente, quando vi giunse trovò il
suocero in
lacrime e il cognato tra un pugno al muro e una bestemmia,
però
Claudia era ancora viva.
Gravissima, ma viva.
Gianluca lo prese
da parte.
- La situazione è precipitata; da stamattina alle
cinque la febbre è sopra ai quaranta e non accenna a
scendere.
In
più lei non dà segni di coscienza, non parla e
probabilmente non
capisce neanche ciò che le accade intorno.
Adesso l'hanno
intubata e portata in terapia intensiva, dove le misure per starle
accanto sono ancora più restrittive.-
- I medici cosa dicono?-
-
Cosa vuoi che dicano? È terribilmente grave, neanche loro si
spiegano la situazione e non vogliono darci nessun tipo di falsa
speranza, ma questo mi pare sia stato chiaro fin da ieri, no?-
Il
magistrato annuì. - Tuo padre cosa sa?-
- Ufficialmente poco, i
medici hanno chiare disposizioni di parlare solo con me o te, ma non
è difficile capire quale sia la situazione. E poi si tratta
di sua
figlia, forse lo sente dentro quanto sia grave.- Si fermò un
secondo, poi riprese a parlare guardando il cognato. - L'unica cosa
buona, per così dire, che mi ha detto l'oncologo su Claudia
è che
le danno forti antidolorifici, quindi non soffre, o comunque soffre
meno di quanto soffrirebbe altrimenti. È una magra
consolazione, lo
so, ma non abbiamo altro.-
- Tu cosa pensi? Non in base a quello
che dicono i medici, ma proprio quello che pensi tu su Claudia e su
questo suo peggioramento.-
- Io... io penso che ce la farà, che
mia sorella è forte, che non può lasciarci
così. Il medico ha
stimato che il tumore si sia insediato nel suo corpo da almeno cinque
o sei mesi, quindi minimo da Gennaio se non da Natale, eppure lei ha
continuato a fare quello che faceva, ha portato avanti prima il
lavoro come ministro, poi la crisi di governo, la campagna
elettorale, i suoi compiti da parlamentare, e nel frattempo mi pare
non via abbia mai fatto mancare nulla neanche come moglie e madre,
no?-
- Assolutamente no, è stata la stessa fino al momento del
ricovero... io vorrei avere la tua capacità di pensare
positivo, ma
al momento purtroppo non riesco a sperare che andrà tutto
bene,
anzi...-
La giornata passò lenta, si alternavano al capezzale di
Claudia e Davide continuava a parlare con i medici in attesa di
qualche novità positiva, ma da parte di Francesco e dei suoi
colleghi non arrivava nulla.
Il magistrato tornò a casa poco
prima di cena, alla fine avevano deciso che sarebbe stato Gianluca a
fare la notte in ospedale, di nuovo.
Era difficile, inutile
negarlo, perché lui aveva un lavoro, una moglie e dei figli
e da
oltre ventiquattro or non si muoveva da quella stanza, ed era dura
anche per l'altro, perché una parte del suo cuore era ormai
certa
che Claudia non sarebbe sopravvissuta a quella maledetta infezione.
Ma
c'era Guido, e non se l'era sentita di lasciarlo solo nella notte
più
lunga della loro vita.
Aveva salutato la moglie dandole, con in
mezzo la mascherina chirurgica, un bacio sulla fronte bollente,
chiedendole di lottare ancora e non fare scherzi, poi era uscito con
le lacrime agli occhi domandandosi se durante quelle interminabili
ore appena passate lei avesse sentito qualcuna delle mille dolci
parole che lui e gli altri due uomini le avevano sussurrato.
Invitò
il signor Oreste da lui e recuperò il figlio dalla vicina.
Guido
era decisamente tranquillo; forse aveva capito che qualcosa alla
madre era successo, ma di certo non poteva comprendere quanto grave
fosse.
Vedere il bambino calmo rincuorò un minimo il padre ed il
nonno, i quali, ormai certi di star per perdere la donna più
importante della loro vita, cercarono in lui una piccola
consolazione, soprattutto sapendo che avrebbero dovuto crescerlo loro
se lei davvero non ce l'avesse fatta.
Cenarono con il televisore
spento e i telefoni, quello di casa e i due cellulari, sul tavolo, il
volume della suoneria al massimo per non perdere neanche un minuto
nel caso Gianluca li avesse chiamati.
Non squillò nulla, e furono
loro a cercarlo più tardi sperando in qualche buona nova.
Ma era
tutto uguale, Claudia stava male e la notte sarebbe passata
lentissima.
Misero a letto Guido all'ora di sempre, ma sia Davide
che il signor Oreste tirarono tardi in cucina.
Parlarono, bevvero
un poco, alla fine giocarono addirittura a carte per ridurre la
tensione.
In quel momento più che mai si sentivano estremamente
fortunati ad andare d'accordo l'uno con l'altro, perché
altrimenti
quel periodo sarebbe stato ancora più difficile per tutto,
altro
nervosismo in casa era l'ultima cosa di cui avevano bisogno tanto
loro quanto lei.
Il telefono riprese a tacere e nei due uomini si
instaurò la sicurezza che ogni minuto passato senza chiamate
da
parte di Gianluca era per la donna un minuto in più non solo
di
vita, ma soprattutto di lotta e possibilità di vittoria.
Si
coricarono vero l'una, entrambi con vicino il proprio
cellulare.
Quando arrivò la mattina Davide controllò il
telefonino come prima cosa e notò un SMS da parte del
cognato.
Non
seppe spiegare neanche a se stesso la sensazione positiva che
provò
mentre il messaggio si apriva, ma quando lesse le poche righe fu
felice di scoprire d'aver ben riposto la sua istintiva speranza:
“Temperatura alle OO:O6 39.1°. Il medico ha detto di
non essere
ancora troppo ottimisti, ma possiamo iniziare a riporre il pessimismo
di ieri.”
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Capitolo 18 *** Capitolo XVIII ***
Sì, sono sparita per quasi un anno.
Non che interessi a molto, le mie storie non sono mai state
particolarmente seguite su EFP, nessuno mi ha chiesto spiegazioni.
E forse è un bene, perché non avrei saputo
neanche darle, visto che non c'è un motivo particolare
legato alla mia sparizione da EFP.
Sono migrata anche su Wattpad, sì, ho pubblicato la storia
anche lì, e sono tornata perché non mi andava di
lasciare tutto in sospeso, volevo finire la storia anche qui, come
vorrei, pian piano, finire le altre.
E niente, ho già detto troppo, meglio finirla qua con queste
parole al vento, spero solo che a qualcuno questa storia possa ancora
interessare.
O possa essere una bella nuova scoperta.
♥
Capitolo XVIII
Claudia
si riprese lentamente nel corso del week-end e dei primi giorni della
settimana seguente.
Prima di tutto cominciò a scenderle la
temperatura, e man mano che la febbre calava la donna cominciava ad
avere momenti di veglia, anche se la lucidità e la
possibilità di
parlare tornarono più avanti.
La cosa più importante però fu
che in breve i medici riuscirono a smettere di tenerla intubata e,
dopo un breve periodo in cui tenne la mascherina giorno e notte,
ricominciò a prendere l'ossigeno tramite i tubicini almeno
quando
era sveglia, proprio come prima dell'infezione.
Francesco era
rimasto a lungo preoccupato dall'eventualità che i polmoni
dell'amica potessero venir danneggiati in modo permanente, ma alla
fine della cura antibiotica, fortunatamente, le analisi non
riscontrarono altro che le già note metastasi.
Gravi, certo, ma
ormai lo sapevano ed era sempre meglio che dover fare i conti con
qualcosa di nuovo.
Nel giro di pochi giorni Claudia aveva ripreso
a biascicare qualche parola, benché sempre molto affannata,
e unna
sera aveva voluto telefonare al figlio.
Era stata una chiamata
breve ma commovente in cui la donna aveva ripetuto ancora una volta
la promessa di tornare a casa presto.
Dal giorno della prima
chemio, inoltre, Claudia non aveva più versato lacrime, o
almeno
così era stato fino al mercoledì successivo.
Era un pomeriggio
caldo, già decisamente afoso malgrado fosse solo
metà giugno, e la
paziente era stata messa a riposo dopo una pesante dose di
antidolorifici necessari a placare i forti dolori alla schiena dovuti
alla malattia e al busto che le aveva prescritto l'ortopedico e che
pareva farle più male che bene.
Accanto
a lei il padre, che la guardava con occhi tristi chiedendosi quale
peccato così grande perché dovesse soffrire non
in prima ma in
terza persona, un dolore ancora più terribile.
Le teneva la mano
accarezzandole dolcemente il viso come quando, da bambina, rimaneva
allettata due o tre giorni per colpa delle classiche influenze
stagionali.
Quanto si era illuso di poterla vedere sempre in
salute, quanto era stato sciocco nel pensare che solo per il fatto di
essere diventati ormai adulti i suoi figli gli sarebbero di certo
sopravvissuti.
Rimaneva sempre impietrito e scosso davanti alle
storie di genitori che perdevano i loro figli ancora bambini, magari
dopo mesi di malattie e sofferenze in quell'età che doveva
essere
spensierata e dedita solo ai giochi, e si sentiva fortunato per
essere riuscito a vedere Gianluca e Claudia crescere tranquilli,
laurearsi, sposarsi, avere dei figli a loro volta.
Forse, pensava,
era stata proprio l'assurda convinzione di poter essere sempre
così
tranquilli e felici a rendere ancora più devastante il
cambio di
programma che la vita gli aveva
imposto quando Claudia si era
ammalata.
Le
accarezzò dolcemente il volto per poi passare ai lunghi
capelli
castano chiari, e fu allora che si consumò un altro dramma,
quando,
togliendo la mano dal capo della figlia, l'uomo non si trovò
ciocche
dei suoi capelli impigliati tra le dita.
Stavano cadendo,
probabilmente non appena si fosse svegliata ne avrebbe trovati altri
sul cuscino fino al momento in cui la sua testa sarebbe rimasta
completamente calva.
Il signor Oreste tenne stretta tra le mani la
ciocca e chiuse gli occhi strizzandoli nel tentativo
di non piange
o, almeno, di farlo senza rumore per evitare di svegliare la figlia.
Si chiese con quale coraggio e con quali parole le avrebbe
raccontato ciò che era appena accaduto, ma non ne ebbe
bisogno;
Claudia si svegliò poco dopo e notò subito i suoi
capelli tra le
mani del padre.
Mentre gli occhi le si gonfiavano di lacrime
cercò con le mani altre ciocche già staccatesi
dal suo capo, e
trovandole scoppiò forte, senza provare vergogna o voglia di
piangere, perché il dolore che provava in quel momento era
più
forte di qualsiasi altro sentimento.
Sì, la terapia era stata
tremenda, i dolori di quel giorno e di quelli successivi erano stati
terribili, e non avrebbe mai dimenticato gli sguardi dei suoi cari
quando le avevano raccontato ciò che aveva rischiato, ma
vedere i
suoi capelli cadere le pareva addirittura peggio di quello che
già
aveva patito dal momento della diagnosi.
Fin da allora aveva
provato a convincersi che quel dettaglio estetico sarebbe stato
l'ultimo dei suoi problemi vista la grave situazione clinica, ma una
parte di lei sapeva che sarebbe potuto non essere così
facile.
Insieme ai capelli avrebbe perso presto le ciglia e le
sopracciglia, il suo volto sarebbe diventato anonimo, vuoto, per lei
sarebbe stato quasi impossibile riconoscersi allo specchio o sentirsi
realmente bella.
- Papà passami il mio cellulare per favore.-
Chiese quando si fu calmata. - E... e anche quella ciocca che hai in
mano, per piacere.-
L'uomo obbedì senza replicare, quasi sicuro
di aver compreso le intenzioni della figlia.
Claudia, dopo aver
smesso di piangere ed essersi asciugata gli occhi, sistemò i
capelli
già caduti in modo da farli sembrare ancora al loro posto,
impostò
la fotocamera interna del cellulare e click, si
scattò una
foto.
Poggiò
il telefonino sul comodino e lasciò i capelli lì
dov'erano sapendo
che, presto o tardi, ne avrebbe dovuti raccogliere molti di
più.
-
Ecco fatto, adesso ho una foto che mi ricorderà sempre come
erano
prima di tutto questo. Probabilmente non avrò il coraggio di
guardarla fino a quando starò così, ma dopo
potrebbe essere un
obiettivo.- Spiegò.
- Vedrai che quando ricresceranno saranno
ancora più belli di prima.- Provò a consolarla il
padre.
Lei
sorrise. - Sai, ho letto da qualche parte che dopo la chemio
potrebbero ricrescere diversi in forma o colore, ma di quello mi
preoccupo poco. Prima di essere ricoverata, sapendo che tanto questo
sarebbe accaduto, ho anche pensato di tingerli. Nulla di troppo
eccentrico, magari neri o biondi, o meglio ancora rossi, come mi
sarebbe sempre piaciuto, ma poi ho avuto paura di dare nell'occhio e
trovarmi a dover rispondere a domande che avrei preferito evitare.-
-
Potrai farlo dopo, magari anche provando diversi colori... sei
così
bella, bambina mia, credi che ti starebbe bene qualsiasi cosa. E poi
sei giovanissima, avrai il tempo per fare tutti i tentativi che
vorrai, anche se essendo tuo padre penso sempre che il meglio di te
tu lo dia rimanendo naturale.-
Claudia
lo osservò con dolcezza.
Parlare del futuro le faceva bene, le
dava più speranze di qualsiasi cosa le potessero dire i
medici, si
sentiva come obbligata a sopravvivere anche solo per realizzare i
sogni di chi le era accanto
Quella
sera Davide passò per stare un po' con la sua amata, e la
visione
dei capelli caduti non poté che intristirlo, malgrado la
forza della
moglie lo riempisse sempre di orgoglio.
Prima del fine settimana
la donna si ritrovò col capo completamente scoperto e
iniziò a
utilizzare i foulard che aveva preventivamente acquistato.
Non lo
toglieva mai se non quando era sola, anche in compagnia delle persone
più care nascondeva la testa per sentirsi meno a disagio e
più
donna.
La domenica pomeriggio andò a farle visita, per la prima
volta da quando era ricoverata, la sua amica Isabella.
Erano
rimaste sempre in contatto, anche nei giorni peggiori qualche notizia
sulle condizioni di Claudia le era arrivata tramite Davide, ma
l'ammalata aveva a lungo rimandato quell'incontro in attesa di
trovarsi a suo agio nella nuova situazione, e l'amica si era
naturalmente adeguata a quella sua richiesta.
Avevano passato
oltre tre ore insieme, ore in cui avevano parlato di tutto lasciando
ben poco spazio alla malattia, come se volessero impedirle di
rovinare anche quella chiacchierata tra amiche.
O almeno quello
era stato l'intento, visto che alla fine il cancro risbucava spesso,
qualunque fosse l'argomento di discussione, come per ricordare alle
due donne che non potevano neanche fingere che tutto andasse bene.
-
Sto pensando di chiedere a Davide di portarmi il tablet qui in
ospedale, magari per fare, ogni tanto, qualche videochiamata e vedere
anche Guido...-
- Non è una cattiva idea, forse farebbe bene ad
entrambi. Perché non glielo hai ancora proposto?-
Claudia
sospirò. - Ma lo vedi come sto messa? Prima, forse, poteva
anche
essere fattibile, ma adesso... Guido non sa neanche che ho perso i
capelli, e comunque le rare volte che mi guardo allo specchio lo vedo
anche io di essere diversa da prima, tra malattia e cure non so
neanche dirti cosa sia peggio.- Commentò lasciando cadere la
testa
sul cuscino.
Isabella le prese la mano con dolcezza. - È vero,
forse tutto questo sta modificando il tuo aspetto fisico, e non
riesco neanche ad immaginare ciò che tu provi per questo.
Ma sei
bella, Cla', anche e soprattutto perché porti su te stessa
il
ritratto di ciò che stai vivendo, della battaglia che
combatti non
togliendo mai il pensiero da quelli che ami, e non è una
cosa da
poco.
Prima o poi tornerai a casa, tuo figlio vedrà ciò
che ti
sta accadendo e non lo nego, può essere che inizialmente
avrà
difficoltà a riconoscerti. Per questo cominciare con foto o
videochiamate potrebbe essere una buona idea, vedrai che
capirà chi
sei e cosa sta accadendo, e sono certa che nel vostro rapporto nulla
cambierà.-
L'ammalata ascoltò quelle parole con gli occhi umidi
di lacrime di commozione.
- Sono così fortunata ad averti, Isa.
E a proposito di quando sarò fuori di qui vorrei farti una
domanda...-
-
Dimmi pure, te l'ho detto che puoi contare su di me per qualsiasi
cosa.-
- Forse questa è una cosa scema, ma sai che ho sempre
invidiato moltissimo la tua passione e la tua abilità con il
trucco,
e volevo chiederti se ti andasse di aiutarmi in qualche modo, magari
insegnandomi a disegnarmi le sopracciglia o a sistemarmi in qualche
modo che mi valorizzi e mi renda femminile anche in questo periodo
della mia vita; io voglio essere Claudia, non una malata di cancro.-
Isabella le sorrise. -Lo farò, e con tantissimo piacere.
Appena
tornerai a casa e sarai in condizioni ci organizziamo; vengo da te un
pomeriggio e passiamo il tempo a truccarci come quando avevamo
quindici anni.-
Claudia
scoppiò in quella che voleva essere una fragorosa risata ma
si fermò
ben presto, appena sentì il suo corpo accusare il debito di
ossigeno.
Si
riprese fortunatamente nel giro di pochi minuti, e vista la frase
appena detta dall'amica le due cominciarono a ricordare dei tanti
anni trascorsi insieme, lasciando che il pomeriggio terminasse
davvero in modo tranquillo.
Solo in serata, dopo aver salutato
Isabella e trovandosi in compagnia del marito, la donna si era fatta
più cupa e triste.
La mattina seguente, il lunedì, dopo neanche
due settimane piene dalla prima, devastante, seduta, avrebbe
affrontato nuovamente la chemioterapia.
Avevano anticipato di un
giorno per due motivi; il primo era che farlo di lunedì, una
volta
ogni due lunedì, pareva più regolare ed ordinato,
anche se alla
fine non vi era differenza con il martedì o qualsiasi altro
giorno
della settimana, ma soprattutto erano riusciti a rivedere il
protocollo in modo da renderlo più leggero e sopportabile
dal
delicatissimo fisico della donna, e volevano capire il prima
possibile quali sarebbero stati gli effetti collaterali.
Claudia
iniziò a rattristirsi verso l'ora di cena, e Davide lo
notò
subito.
- Non hai praticamente toccato cibo, amore, non va bene,
lo sai...-
La donna sbuffò. - Non ho tanta fame, Davide,
scusa.-
- È successo qualcosa oggi pomeriggio con Isa?-
Ipotizzò.
- Macché, lo sai che lei è sempre dolcissima, in
questo momento poi... no, semplicemente non ho fame.-
Il
magistrato scosse la testa. - Sono due settimane che sei qui, e
quando sei stata in condizione hai sempre mangiato un minimo. Anche
perché tu per prima sai quanto sia importante, visto anche
cosa
dovrai fare domani...-
Sentite quelle ultime parole Claudia voltò
il viso di scatto, come se non volesse farsi vedere, e l'uomo
capì
il motivo di quel rifiuto di cenare.
- Amore...- Le sussurrò
senza sapere cos'altro dire.
Lei si girò nuovamente verso di lui
con gli occhi rossi e le lacrime che iniziavano a scenderle lungo i
lineamenti sempre più sottili.
Si sentiva in colpa quando
piangeva e si disperava davanti a chi amava, conscia di come
peggiorasse la loro disperazione ogni volta che si mostrava in
lacrime davanti a loro, ma sapeva di avere bisogno dei loro abbracci
e delle loro parole consolatorie per andare avanti.
- Non voglio
farla, ti prego. Portami a casa, se mi ami portami a casa.- Lo
supplicò con la voce rotta dal pianto.
Davide sentì il suo
cuore distruggersi.
- Lo farei, amore mio, ti giuro che se potessi
lo farei.- Provò a spiegarle nascondendo il senso di
impotenza e
struggimento che riempivano il suo cuore in quel momento.
- Se
potessi anche solo soffrire al posto tuo lo farei da questo stesso
momento. Ma non posso, non posso...-
- Non voglio stare di nuovo
male, non voglio soffrire anche per guarire.- Pianse ancora. - Anche
se il protocollo è stato modificato la chemio è
la chemio. E non
voglio farla, voglio andare a casa da mio figlio.-
Tossì forte,
tutto quel dolore l'aveva affaticata molto, e cercò, seppur
molto
debole, le braccia e il corpo del marito per farsi stringere.
-
Amore mio... lo so, ma portarti a casa ora, smettere tutto, vorrebbe
dire lasciarti andare via da noi, e non posso permetterlo. È
una
battaglia dura, e io sono qui per fare tutto quel che posso per
lottare con te.-
Claudia non disse nulla, si lasciò cullare dal
marito e si addormentò lì.
Lui le poggiò dolcemente la testa
sul cuscino, le sistemò l'ossigeno e le tolse il foulard,
essendo,
con fatica, riuscito a obbligarla a non usarlo almeno quando
dormiva.
In quei momenti, anche se aveva appena pianto ed era
distrutta dalla sofferenza, pareva tranquilla, rilassata, donando a
Davide un minimo conforto.
Se fosse stato Credente avrebbe passato
le notti in lacrime davanti ad una Croce o al Cielo chiedendo a Dio
di farla soffrire al posto suo, ma in quel momento l'unica sua
divinità era il medico che aveva in cura Claudia.
E oltretutto,
da magistrato quale era, sapeva che le pene, tanto quelle umane
quanto quelle divine, non potevano essere modificate in quasi nessun
modo.
Dovevano solo aspettare la fine di tutto quello, con la
tragica consapevolezza di non sapere neanche quanto quella pena
dovesse durare.
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Capitolo 19 *** Capitolo XIX ***
Capitolo
XIX
La
seconda seduta di terapia, benché più leggera
della prima, fu
terribile per la paziente e per il marito, il quale malgrado tutto
non aveva ancora realizzato quanto dolorosa fosse la cosa.
Ma
passò, fortunatamente, dando solo un momento di spavento
quando, il
martedì mattina, alla prima misurazione, la temperatura di
Claudia
superò i trentasette gradi.
La situazione rientrò all'ora di
pranzo, e verso sera Francesco fece capolino nella stanza della
malata con un sorriso che non gli si vedeva da tempo.
- Sono
contento di aver risolto questo problema della terapia subito.- Le
disse. -Vederti in quelle condizioni ha fatto star male anche me, te
lo confesso, e l'andamento di questo ciclo fa ben sperare, magari in
futuro potresti fare tutto in day-hospital.- Azzardò.
- Beh, per
arrivare al day-hospital dovrei prima essere dimessa.-
Obiettò
lei.
- Assolutamente sì!- Rispose il medico. - E sono qui proprio
per questo.-
il volto di Claudia si illuminò. - C'è qualche
speranza che io possa rivedere la luce del sole a breve?- Gli
chiese.
- Se non ci saranno peggioramenti nel frattempo pensavo di
mandarti a casa nel tardo pomeriggio di giovedì,
così la tua
famiglia avrà tutto il tempo di sistemare, pulire e rendere
sterile
il vostro appartamento per evitare che possa darti problemi.-
Davide
annuì. - Certamente. Anzi, se poi mi dice quel che devo fare
domani
inizio.- Si premurò di domandare.
L'idea della moglie a casa lo
riempiva tanto di gioia quanto di preoccupazione, perché
sapeva che
ogni minimo dettaglio era fondamentale e viveva nella paura di
trascurare qualcosa di importante.
- E una volta a casa potrò
uscire ogni tanto?-
- In carrozzina e con l'ossigeno, lo sai.-
Rispose con aria un po' triste Francesco. - Inoltre sarebbe meglio
che tu uscissi solo nei giorni di bel tempo e cercando di stare un
minimo coperta. So che andando verso l'estate questo può
diventare
più complicato, mi spiace. Ricordati la mascherina su naso e
bocca
quando esci, ed evitate luoghi affollati. Conosco la
viabilità di
Roma, purtroppo, ma per il momento nel caso di lunghi spostamenti
è
meglio utilizzare la vostra auto privata; autobus e metropolitane
aboliteli assolutamente, troppi rischi che non vale la pena correre,
e anche i taxi li sconsiglio nel limite del possibile.
Penso di
avervi detto tutto il necessario, se serve altro ve lo dico in questi
due giorni. Qualche domanda?-
La donna sospirò e annuì. - So
che forse è chiedere troppo, ma sabato ci sarebbe la feste
della
fine dell'asilo a scuola di Guido, per i bambini che, come lui, da
settembre andranno alle elementari, e non ti nego che la mia presenza
sarebbe importante sia per me che per lui.- Francesco le sorrise. -
Non ti mando a casa per farti stare sempre allettata, fossi in quelle
condizioni ti terrei ancora qui. Il discorso è quello che
abbiamo
appena fatto, dovete cercare di prendere tutte le precauzioni
possibili, ma di certo non sarà io a impedirti di andare,
anche
perché dubito che mi ascolteresti.
Purtroppo
non ho la sfera di cristallo, non posso sapere se tutte queste
premure saranno davvero efficaci o qualcosa accadrà
comunque, ma
penso che essere lì quel giorno ti farà meglio di
tante terapie.-
Claudia replicò con un altro sorriso.
Il medico li lasciò
soli poco dopo, e prima di dormire la donna chiese al marito di
scattarle qualche foto da mostrare al figlio per prepararlo al suo
ritorno a casa.
Il giorno seguente il magistrato si prese il
pomeriggio libero, portò il figlio a casa da scuola e, dopo
avergli
fatto fare merenda, cercò di spiegargli quello che stava per
succedere.
- Domani la mamma torna a casa dall'ospedale.- Gli
disse, e subito notò i suoi occhi riempirsi di gioia.
- La mamma
è guarita?-
- No, Guido, la mamma non è guarita, e c'è
bisogno
che tu adesso mi ascolti e ti comporti come un bambino grande.-
Spiegò.
Il piccolo annuì.
- La mamma deve stare molto a
riposo, non può camminare e ha dei tubicini che le entrano
nel naso
e la aiutano a respirare. Purtroppo è molto debole, e per
adesso non
potrà giocare con te. Ma potrà farti le coccole,
è solo importante
che ogni volta che vuoi stare con lei tu me lo dica, e che non entri
nella camera di mamma e papà da solo o senza chiedere il
permesso,
perché prima di andare da mamma io o il nonno ti dobbiamo
preparare
e lavare bene le manine per evitare che possa succederle qualcosa.
È
tutto chiaro fino a qui?-
Il figlio fece segno di sì con la
testa.
Aveva capito che la madre stava ancora molto male e che
probabilmente anche stando nella stessa casa si sarebbero visti molto
poco, ma l'idea di averla di nuovo vicino bastava a renderlo
felice.
- C'è un'altra cosa molto importante che devi sapere,
Guido.- Cominciò poi Davide per introdurre la parte
più dura del
discorso.
Lui per primo soffriva al pensiero dei mutamenti
estetici che la malattia aveva compiuto su sua moglie, ma spiegare al
figlio che la donna sarebbe stata molto diversa da come se la
ricordava gli sembrava una missione impossibile.
- Tu ti ricordi
che prima di andare in ospedale, quando già stava male, la
mamma
aveva il viso più stanco e pallido, vero?-
- Sì...-
-
Purtroppo le cure che sta facendo sono molto brutte, ha ancora la
faccia stanca e pallida di quando era a casa. Però, oltre a
questo,
le sono caduti i capelli e le sopracciglia, e non è proprio
uguale a
come ce la ricordiamo...-
Guido guardò il padre con uno sguardo
decisamente stranito, poi si toccò i capelli e le
sopracciglia,
forse per cercare di capire se almeno lui li avesse ancora.
- Vuoi
vedere una foto della mamma?- Gli chiese l'uomo.
- Sì, così
domani la riconosco.- Rispose.
Il magistrato mostrò al figlio le
fotografie fatte la sera prima, alcune in cui la donna era ritratta a
capo scoperto, altre in cui nascondeva la testa calva sotto a un
foulard.
Il bambino le guardò per un po', poi si fece triste e
iniziò a piangere. - Non è la mia mamma...-
Davide lo coccolò,
rivedendo in lui le stesse espressioni e le stesse lacrime che tante
volte aveva asciugato alla moglie nei giorni precedenti.
-
Sì, amore mio, è la mamma. Anche per me
è stato brutto vederla
così, lo sai? Ma purtroppo se vogliamo che guarisca dobbiamo
accettare il fatto che le cure la facciano stare così.-
Cercò di
consolarlo.
E fu immensamente felice nel pensare che forse quello
sarebbe stato l'unico effetto collaterale della chemio che Guido
avrebbe visto su sua madre.
Decisamente sconvolgente, non c'era
dubbio, ma anche molto meno doloroso di vederla stare male.
- Ma
quando starà bene le ricresceranno?- Chiese il piccolo
tirando su
col naso.
- Certamente! E anche quei tubicini che ha nel naso
andranno via non appena starà bene.-
Guido allungò le mani verso
lo smartphone del padre facendogli segno di voler vedere ancora una
volta le fotografie.
- Un po' le somiglia.- Commentò. E poi
aggiunse. - Io la vedo sempre bella, e tu?-
- Anche io piccolo
mio, è ovvio.-
- Ma tu la ami anche se sta male?-
- Certo,
perché?-
- Perché è brutto se la ami ma lei sta male.-
Sentenziò il bambino.
- Hai ragione, ma sarebbe più brutto stare
senza di lei, non trovi?-
Guido ci pensò un attimo, poi annuì. -
Però dille che la ami di più quando sta bene,
così guarisce
prima.- Gli disse come fosse un ordine.
Meno di ventiquattrore
dopo portarono Claudia a casa, un momento di gioia che fu intristito
solo dalla necessità di fare il viaggio di ritorno in
autoambulanza,
cosa che lasciò un po' scossi Davide e il signor Oreste,
costretti a
fare i conti con la realtà; Claudia era a casa, punto. Era
ancora
molto malata e l'incubo non finiva solo perché sarebbe stata
un po',
chissà quanto, con loro.
La donna dormì praticamente tutto il
pomeriggio, e quando si risvegliò, dopo essersi ripresa, il
marito
preparò il bambino per farglielo vedere.
Non fu subito facile,
perché appena entrato nella camera Guido si rese contro
della
differenza tra le immagini viste il giorno prima e la reale
situazione di Claudia, rimanendo visibilmente turbato nel vederla,
tanto che si nascose dietro le gambe del padre.
Fu lei a provare a
farlo avvicinare.
- Cosa c'è, Chicco?- Gli chiese chiamandolo col
dolce soprannome che gli dava da quando era al mondo. - Non riconosci
la mamma, tesoro mio?-
Parlò con la voce debole di chi oltre ad
avere poco fiato ha un groppo in gola, ma quelle parole e il tono
della voce erano bastati al bambino per riconoscerla davvero.
Si
staccò dal padre e si avvicinò timidamente al
letto. Poi, dopo che
Claudia gli ebbe fatto segno, salì sul lato solitamente
occupato dal
magistrato.
La madre gli andò vicino e cominciò a riempirlo
di
baci, coccole e carezze, e lui si sentì finalmente felice.
Anche
senza capelli, anche distrutta da tutto quello che stava passando,
quella non poteva che essere la sua mamma.
L'amore
non poteva mentire.
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Capitolo 20 *** Capitolo XX ***
Capitolo XX
Avere
Claudia a casa era indubbiamente faticoso, a livello fisico
quanto mentale, ma era bello, era piacevole per tutti vederla
lì, e anche se
leggerissimi vi erano stati dei miglioramenti, quantomeno emotivi, per
la
paziente.
Non poteva fare altro che stare a riposo, ma provava a mettersi spesso
in
poltrona o sul divano, e nelle ore dei pasti raggiungeva la famiglia a
tavola.
Ovviamente non poteva muoversi che con la carrozzina, ma la sua voglia
di fare
era molta e molto positiva.
Il venerdì mattina, come si poteva immaginare, Guido aveva
fatto i capricci
perché non voleva andare all'asilo, preferiva decisamente
l'idea di stare a
casa con la mamma, e i genitori erano riusciti a calmarlo e mandarlo a
scuola
solo spiegandogli che, se Claudia si fosse riposata per bene durante la
mattinata, mentre lui era via, nel pomeriggio sarebbero potuti stare
insieme.
A lei si era stretto il cuore nel vedere il figlio così
triste, e aveva chiesto
al marito di accompagnare il bambino insieme a lui alla scuola materna,
ma
quello era stato categorico.
- Usciamo già domani sera, amore, è inutile che
tu faccia sforzi che possono
essere rischiosi, anche se lo fai per amore di tuo figlio. Adesso stai
a riposo
e oggi pomeriggio avrete tutto il tempo di stare assieme.-
E così fu, al rientro a casa, un po' sul letto a farsi
coccolare e un po' in
cucina per fare merenda e colorare qualche disegno, il piccolo ebbe la
gioia di
passare del tempo con la mamma, sempre sotto gli occhi vigili del
magistrato e
del signor Oreste, i quali probabilmente non avrebbero lasciato la
donna sola
neanche un minuto fino alla sua completa guarigione.
Il
giorno seguente andò a trovarla Isabella, e come promesso la
aiutò a fare in modo di sentirsi bella e femminile grazie al
trucco,
spiegandole come porre rimedio alla mancanza di sopracciglia e dandole
due
dritte per prepararsi a quella sera.
Nulla di troppo faticoso, era chiaro, e tutto svolto con prodotti
antiallergici
che non rischiavano di farle del male in qualche modo, ma la
manualità di
Claudia, che era sempre stata ottima e non si era persa neanche con
l'estrema
debolezza di quel periodo, unita alla cultura cosmetica dell'amica, era
riuscita a ridarle l'aspetto curato ed elegante senza il quale si
sentiva
decisamente a disagio.
La prima uscita di casa dopo quel ricovero che le era parso eterno fu
davvero
strana; la carrozzina, l'ossigeno, la mascherina, i farmaci nella
borsa, tutto
pareva appartenere a una vita che non era la sua, un errore, un
incidente di
percorso.
Il comportamento della sua famiglia, che durante il tragitto aveva riso
e
scherzato con lei nello stesso identico modo di quando stava bene,
l'aveva
aiutata a non sentirsi poi così diversa dalla donna che era
stata prima di
ammalarsi, e lo stesso era accaduto quando si era trovata a
chiacchierare con
le mamme di alcuni amichetti di suo figlio, donne che aveva conosciuto
durante
quegli anni, con cui si era sempre trovata bene, e che sembravano
davvero
interessate alla battaglia che stava combattendo, tanto da farle i
complimenti
per il modo in cui affrontava il tutto.
- Lo si vede anche dalla tua presenza qui oggi.- Le aveva detto una
donna più o
meno della sua età con corti ricci rossicci. - Anch'io, se
fossi stata male,
sarei voluta venire stasera, ma probabilmente avrei desistito per paura
di
qualcosa. Tu, invece, sei qui, hai messo tuo figlio davanti a te
stessa, ma
d'altronde mi pare tu l'abbia sempre fatto.- Disse riferendosi a quando
Claudia
lavorava ma cercava ugualmente di essere presente ad ogni recita od
occasione
importante del figlio.
La signora che le aveva parlato non era propriamente una sua amica, ma
di certo
era qualcosa che le si avvicinava molto.
Al contrario di tante altre madri lì presenti che, senza
neanche prendersi la
briga di nasconderlo, avevano indicato più volte l'ex
deputata con l'aggiunta
di commenti decisamente poco simpatici.
Davide le aveva addirittura raccontato di aver sentito un
“è evidente che sia
venuta in quelle condizioni solo per fare pietà e farsi
pubblicità”, ma lei non
ci aveva dato peso, proprio come quando, un paio di mesi prima, non
aveva dato
peso alle malelingue che a Montecitorio la definivano un'assenteista.
I bambini avevano messo in scena uno spettacolino dopo il quale si era
svolta
una vera e propria cerimonia di consegna dei diplomini in stile
americano; i
piccoli, con una mantellina nera e un tocco di carta dello stesso
colore, erano
stati chiamati uno ad uno per ricevere il loro primo attestato.
Al turno di Guido Davide si fece avanti per fotografare ed immortalare
ogni
attimo di quel momento tanto importante, poi aveva ceduto alla
richiesta della
moglie di farle una foto con il figlio seduto sulle ginocchia.
Claudia aveva passato buona parte della giornata precedente a domandare
a se
stessa se volesse o meno farsi fotografare quella sera e in futuro, se
voleva
rimanessero ricordi di lei in quelle condizioni o se preferiva stare
lontana
dall'obiettivo fino alla fine di tutta quella storia.
Inutile chiedersi cosa si fosse risposta; in quel momento la malattia
era solo
una parte della sua vita, l'unica di cui avrebbe voluto cancellare ogni
ricordo, ma tutto il resto? Valeva la pena non avere neanche una foto
con i
suoi cari solo perché non poteva nascondere la situazione
davanti alla
fotocamera? No, ovviamente no.
E, infatti, già quella sera scattarono parecchio, Davide
fece moltissime foto
ai due amori della sua vita e, a un certo punto, il bambino, aiutato
dal nonno,
volle fotografare i genitori.
Dopo qualche click, senza neanche accorgersene, marito e moglie si
ritrovarono
nella stessa posa assunta in una bellissima foto del loro matrimonio,
lei
seduta con il collo e la testa leggermente girati guardava verso lui
che, in
piedi, la ammirava sorridendo.
Rimasero così fermi per qualche istante, e anche i due
impegnati a fotografare
furono presi da quell'attimo di magia e amore.
Mangiarono lì all'asilo con le altre famiglie e rimasero un
pochino anche nel
dopocena, fino a quando Claudia non fu visibilmente stanca.
Salutarono gli altri genitori e le maestre, che comunque avrebbero
rivisto
perché la scuola sarebbe rimasta aperta fino a fine luglio
per aiutare quelle
famiglie che, come loro, non sapevano dove tenere i figli, e
rincasarono.
Vissero un attimo di spavento quando, già nel letto, la
donna si lasciò andare
ad alcuni colpi di tosse abbastanza forti, ma non aveva febbre e si
riprese
molto in fretta incolpando qualche movimento brusco per le sue
condizioni.
Uscirono nuovamente la domenica pomeriggio per un giro al parco e il
lunedì per
accompagnare il bambino all'asilo.
Poco per volta si stavano abituando alla vita con Claudia a casa, che
non era
poi così difficile e sicuramente era meglio di averla in
ospedale.
Il medico lo sentivano tutti i giorni per informarlo delle condizioni
della
paziente, e la andò a visitare nel pomeriggio del primo
giorno della settimana.
- Devo ammettere di trovarti bene, direi addirittura meglio di quando
eri in
ospedale.- Era stato il suo commento appena terminata la visita.
- Stare a casa mi fa bene, dottore.- Aveva riso lei.
- Ero davvero preoccupato dall'idea di trovarti in condizioni peggiori
e
doverti ricoverare, sinceramente, invece per fortuna mi sorprendi in
positivo.-
- Tanto settimana prossima in ospedale dovrò tornarci
comunque.- Commentò
tristemente la donna.
-Sì, purtroppo sì, ma se le cose andranno avanti
così potremmo iniziare a fare
la chemio in day-hospital, e sarebbe già un bel risultato.
Inoltre alla fine
del prossimo ciclo faremo il primo giro di controlli completi.-
- E come pensi che andranno?-
- Penso, e soprattutto spero, che non vi saranno problemi, anche se ho
trovato
i tuoi polmoni un po' più affaticati ed ostruiti. Hai avuto
più tosse del
solito in questi giorni?-
- Sì, se devo essere sincera. Non moltissima, nulla che si
possa definire
preoccupante, altrimenti conoscendo i miei cari sarei già
finita in pronto
soccorso. La sto tenendo sotto controllo io per prima, non
preoccuparti.-
Spiegò. - E devi fidarti che questa volta sto davvero
attenta alla mia salute.-
Precisò.
- Proverò a fidarmi. Intanto però ti prescrivo un
farmaco per sciogliere
l'eventuale catarro e ti chiedo, la notte, di utilizzare per l'ossigeno
la
mascherina e non i tubi, così da essere tutti più
tranquilli.
Non rischi di andare in debito di ossigeno, sia chiaro, ma la prudenza
non è
mai troppa. Se poi la situazione dovesse continuare così o
addirittura
aggravarsi richiederò una lastra urgente, è
ovvio, ma mi sembra inutile
fasciarsi la testa prima di cadere.-
Claudia fu contenta di vedere Francesco più rilassato nel
parlare delle sue
condizioni.
La diagnosi era stato un duro colpo, gli effetti della prima chemio
portavano
groppi in gola solo a parlarne, ma la donna confidava nell'iter
terapeutico e
si sentiva pronta a fare tutto il necessario per guarire.
- E domani cosa farai?- Le chiese poi sedendosi su una sedia accanto a
lei,
come amico e non più come medico.
La donna sorrise; il giorno seguente, martedì otto luglio,
sarebbe stato il suo
trentunesimo compleanno, e sarebbe rimasta a festeggiarlo a casa,
tranquilla e
felice assieme alla famiglia.
- Nulla di particolare, in mattinata verrò a trovarmi
Isabella, essendo che non
è di turno, e nel pomeriggio guarderò Davide e
Guido preparare la pizza che
mangeremo poi qui da me la sera assieme a mio padre e alla famiglia di
mio
fratello.
Inizialmente avevo proposto di andare a cena fuori, o prendere anche
solo una
pizza da asporto, ma poi mi sono resa conto di aver paura di come
potessero
essere cucinate, alla lunga le apprensioni dei miei cari sono diventate
le mie.
Però mio marito ha deciso che un piatto di pasta o qualcosa
di surgelato erano
una bestemmia come cena di compleanno, quindi ha preferito prendersi la
giornata libera e preparare lui stando attento a ogni minimo dettaglio.
Credo
di aver sposato un santo.-
- Ti ama molto, Claudia, e non è una frase fatta. Non sai
quante volte mi è
toccato vedere drammi dentro al dramma, famiglie distrutte
dall'ammalarsi di
lui o di lei. Soprattutto di lei.
Quando ci si giura amore “in salute e in malattia”
probabilmente si è certi che
non accadrà mai, o che l'amore basterà davvero a
rimanere uniti in ogni caso,
ma purtroppo non è così.
Davide mi è bastato vederlo in queste due settimane,
è troppo innamorato di te
per pensare che lasciarti sarebbe meno doloroso di rimanere qui in
questa
situazione.
Può sembrare banale, ma significa moltissimo avere la forza
di esserci quando
le cose non vanno bene, vuol dire che si è davvero
più forti di tutto il resto.-
- Lo spero, Francesco, spero davvero di poter avere mio marito al mio
fianco
fino alla fine della malattia. E dopo, ovviamente, quando la nostra
vita potrà
ricominciare a scorrere in modo quasi tranquillo.- Commentò
la donna.
Poi si fece triste e chiese all'amico una cosa il cui solo pensiero era
peggio
di altre mille diagnosi di tumore.
- Frà... La chemio mi renderà sterile, non
è vero?-
Il medico trasalì.
Prima o poi, con quelle parole o con altre, la domanda sarebbe
arrivata, perché
gli effetti delle terapie antitumorali sulla fertilità li
conoscevano tutti,
anche chi- a differenza di Claudia- non aveva studiato medicina.
L'oncologo decise di essere possibilista, conscio del fatto che lei
avrebbe
capito da sola quanta verità, e speranza, vi fossero nelle
sue parole.
- Non è una certezza, anche se non posso negarti che ci sia
questa possibilità,
sì. Purtroppo penso tu sappia che per avere risposte
attendibili dovremo
aspettare fino alla fine delle cure.-
Lei annuì.
- Potrei andare in menopausa a poco più di trent'anni,
quando ci sono donne che
alla mia età ancora non hanno avuto il primo figlio,
è così assurdo.
Sai, prima di sapere della malattia stavo pensando di parlare a Davide
del fare
un secondo figlio. Col lavoro era impensabile, ma adesso avrei avuto
tutte le
possibilità. Guido ormai ha sei anni, aspettare ancora non
avrebbe avuto senso,
e mi sentivo pronta a ricominciare con pappette e pannolini, magari con
una
figlia femmina...-
Francesco si sentì improvvisamente in colpa e
sibilò uno “scusami”.
- E per cosa?- Chiese Claudia stranita.
- Io avrei potuto, anzi, avrei dovuto essendo tu una mia paziente oltre
che
amica, parlarti del congelamento degli ovuli come misura preventiva per
avere
la possibilità di essere nuovamente madre in futuro,
è prassi.
Ma stavi così male, eri così testarda quando ti
sei presentata nel mio studio
per la prima visita, e lo stesso al momento della diagnosi, che io ho
voluto
solo farti capire quanto gravi fossero le tue condizioni e quanto
rapidamente
avresti dovuto iniziare le terapie. Se vorrai denunciarmi per danni
sarai
liberissima di farlo, so che il desiderio di maternità di
una donna non è
qualcosa su cui si possa scherzare.- Disse serissimo e con l'aria
decisamente
mortificata.
Ma Claudia, per quanto poco ci riuscisse, era scoppiata a ridere.
- Un'altra donna probabilmente prenderebbe davvero in considerazione
l'idea
della denuncia, Francesco, ma credo anche che in un'altra situazione,
magari
con meno coinvolgimento emotivo, tu avresti dato alla paziente tutte le
informazioni necessarie.
E poi io devo solo ringraziarti... se non ci fossi stato tu, qualcuno
di cui
fidarmi, non avrei mai trovato la forza di accettare quel che mi stava
accadendo, visto che credo lo sappiamo ormai tutti che io fossi
perfettamente a
conoscenza del fatto di essere malata di cancro ma non avessi il
coraggio
-forse perché ero stupida e illusa- di fare qualcosa, e se
mi fossi trovata a
dover mettermi in contatto con medici che non conoscevo sarei ancora
lì ad
attendere il malore devastante che, nella migliore delle ipotesi, mi
avrebbe
portata ad un ricovero urgente.- Gli rispose con gli occhi leggermente
lucidi.
- E sapevo anche della possibilità di divenire sterile e dei
metodi per
evitarlo.- Aggiunse. - Ma ho preferito non fare nulla; ho un figlio
bellissimo,
e se quando sarò guarita ricomincerò ad avere le
mestruazioni potrò tentare una
seconda gravidanza, facendo naturalmente tutte le analisi e cure del
caso, ma
se il mio corpo mi dirà che non potrò diventare
nuovamente madre tenterò di
accettarlo.
Non dico che sarà facile, ma ho una famiglia meravigliosa e
avrò superato il
cancro, dubito che non riuscirei a trovare qualcosa per cui vale la
pena
vivere.-
Francesco la ascoltava con orgoglio e ammirazione, si sentiva onorato
ad avere
come amica una donna così forte. L'aveva conosciuta
giovanissima e l'aveva
vista crescere sia nel privato che nel professionale, rimanendo sempre
ammaliato dal suo modo di essere; caparbia, combattiva ma anche capace
di
piangere e farsi rassicurare quando ne aveva bisogno.
Le sorrise.
- Bene, direi che per oggi è tutto. Domani ho i turni
incastrati malissimo e
purtroppo non riuscirò a venire a farti gli auguri di
persona come vorrei, ma
appena ho un attimo ti chiamo, sperando di non disturbarti proprio in
un
momento in cui riposi.-
- Stai tranquillo, il tuo lavoro è decisamente molto
più importante del mio
compleanno o del mio riposo.- Rispose.
Si salutarono pochi minuti dopo e Claudia, felice ma stanca per via
quella
conversazione amichevole e di quella visita andata abbastanza bene, si
mise a
sonnecchiare.
La giornata seguente fu una giornata felice come poche ce ne erano
state nel
mese precedente.
La mattinata con l'amica fu molto piacevole, Isabella aveva sempre
qualcosa di
interessate da dirle o raccontarle, e inoltre era arrivata con un
pacchettino
molto ben incartato per la festeggiata.
Il regalo, in realtà, era doppio; una classica collanina di
Tiffany con il
ciondolo di argento a forma di cuore e un pacchetto per un week-end di
coppia
da passare alle terme. - Sono stata molto in dubbio su questo.- Aveva
confessato mentre Claudia la ringraziava. - Ma poi ho pensato al modo
in cui
continui a guardare al futuro e ho creduto lo avresti apprezzato. Spero
solo di
non essermi sbagliata, tesoro.-
- Affatto.- Rispose l'altra. - Non so quanto sia vero che l'essere
positivi
aiuti a guarire, ma mettere il tuo regalo in bella vista sul
comò sarà
sicuramente un motivo in più per voler guarire.
Mentre questo.- Disse tenendo tra le dita la collana che aveva
già indossato.
-Starà con me giorno e notte. Anche in ospedale, se me lo
consentiranno.-
-
Spero davvero ti possa portare fortuna.- Le
augurò Isabella.
Francesco telefonò intorno alle undici, avendo
così anche l'occasione di
salutare l'altra donna, che non era propriamente una sua amica ma
conosceva
abbastanza bene da aver piacere di farci quattro chiacchiere ogni
tanto.
Come avevano deciso, nel pomeriggio si misero tutti e tre, Claudia,
Davide e
Guido, a preparare l'impasto per la pizza, ma verso le quatto e mezza i
due
uomini di casa, con la scusa che se voleva stare sveglia quella sera
doveva
assolutamente riposare, rilegarono la mamma in camera sua e andarono
avanti a
cucinare da soli.
Il motivo di quel riposo forzato la donna lo capì subito
dopo cena, prima del
caffè, quando, mentre lei, il padre e la famiglia di
Gianluca erano ancora
seduti al tavolo del salone, il marito e il figlio sparirono per un
attimo per
poi tornare con una torta al cioccolato dall'aspetto molto invitante
con sopra
trentuno candeline.
- Non potevo permettere che tu festeggiassi il tuo compleanno senza una
torta.-
Spiegò il magistrato. - E visto che acquistarla non sarebbe
stato opportuno io
e il signorino qui presente abbiamo trovato il tempo di prepararla.-
Raccontò
scuotendo dolcemente i capelli del bambino.
La festeggiata spense le candeline con diversi soffi, cosa a cui era
obbligata
date le sue condizioni, esprimendo un desiderio che no, non riguardava
la sua
salute.
La torta era davvero buona come appariva, e i due cuochi, soprattutto
il
piccolo, ricevettero un sacco di complimenti. In fine, prima di
salutarsi, la
donna scartò i regali che le erano stati fatti.
Alcuni libri, una moleskine con una pregiata penna, un lettore musicale
con più
memoria di quello che già possedeva, tutte cose che le
sarebbero state utili
sia in ospedale che fuori, una volta guarita.
Solo il marito aveva pensato poco alla situazione e tanto alla donna
che amava,
regalandole un prezioso anello.
Sapeva che Claudia, forse perché faceva un lavoro in cui le
mostrava spesso,
era fissata con le mani, che dovevano sempre essere perfettamente
curate, dalla
pelle alle unghie, e a lui era sempre piaciuto, nelle occasioni
importanti,
donarle anelli o bracciali particolari per impreziosirle ancora di
più.
Non fecero molto tardi, verso le undici la casa si svuotò e
neanche mezz'ora
dopo tutti erano a letto, ma per la prima volta ebbero la sensazione di
vedere
Claudia stanca per qualcosa che non fosse la malattia.
Dalla mattina successiva ripresero la loro vita tranquillamente, e il
venerdì,
più liberi del solito perché la mattina dopo
sarebbero stati tutti a casa,
invitarono a casa il signor Oreste per passare la serata insieme.
L'uomo continuava a lavorare nella sua piccola libreria ogni qualvolta
potesse,
e alla fine aveva anche accettato il suggerimento della figlia di
cercare
qualche giovane che potesse aiutarlo, anche se fino a quel momento non
aveva
trovato nulla.
Per passare il tempo, dopo cena, avevano scelto qualche gioco da
tavola,
sicuramente meglio del passivo guardare la televisione.
Aveano giocato per un poco a Scarabeo, ma poi Guido, che iniziava a
scrivere
qualche parola ma ancora aveva molte difficoltà, si era
detto annoiato dal
poter partecipare poco, così erano passati al Monopoli.
Si erano divisi in due squadre, i genitori contro nonno e nipote, e la
battaglia era iniziata senza esclusione di colpi fino a quando, mentre
il
Signor Oreste e il piccolo festeggiavano l'acquisto di Parco della
Vittoria,
Claudia non iniziò a tossire, e fu subito chiaro a tutti che
non si trattava di
un colpo di tosse da poco.
La donna fece segno verso i polmoni facendo capire che non respirava, e
il
clima di gioia che regnava fino ad un attimo prima fu distrutto.
Il padre, per quanto disperato, trovò la forza di prendere
il nipotino e
portarlo in un'altra stanza, mentre Davide in lacrime chiamava il 118 e
tentava
di tenere la moglie sveglia e col busto sollevato, provando a dirle
parole di
incoraggiamento.
Se avesse tenuto sotto controllo l'orologio si sarebbe accorto del
fatto che
tra la sua telefonata e l'arrivo dei soccorsi erano passati addirittura
meno di
dieci minuti, ma a lui era parso un tempo infinito, soprattutto
perché poco
prima che i paramedici entrassero in casa Claudia era svenuta, e ai
primi
controlli tutte le funzioni vitali -respiro, battito, pressione- erano
al
minimo.
I soccorritori fecero il possibile lì, nel salotto di casa,
poi la caricarono
sull'autoambulanza con Davide al seguito, che con gli occhi lucidi e la
voce
roca giurò al suocero che l'avrebbe contattato non appena vi
fossero state
novità.
Fu una corsa contro il tempo quello verso l'ospedale,
e mentre tutti si adoperavano per aiutare
Claudia lui le teneva la mano guardando i suoi occhi chiusi, non
sapendo se li
avrebbe mai rivisti aperti.
Seguì la barella fino a che gli fu possibile, poi la vide
sparire tra medici,
infermiere, tubi e flebo.
E si sentì perso, vuoto, solo.
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