Tutti i colori della vita

di simore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un tuffo nel passato e nel presente ***
Capitolo 3: *** Incontri ravvicinati ***
Capitolo 4: *** Tempo di iscrizioni - Prima parte ***
Capitolo 5: *** Tempo di iscrizioni - seconda parte ***
Capitolo 6: *** Chi ben comincia - Prima parte ***
Capitolo 7: *** Chi ben comincia - Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Non piansi quando mia madre morì. Tutto successe così all’improvviso.
Quando muore una persona a te cara, il cuore sembra stringersi in una morsa, il respiro diventa corto e l’aria sembra mancare. Di colpo il mondo si ferma e la terra cade sotto ai tuoi piedi: ogni più piccolo particolare si muove a rallentatore, mentre senti il cuore svuotarsi.
Quel giorno avrei voluto urlare, piangere a dirotto, strapparmi la pelle per far uscire quell’apatia che mi affliggeva; invece non feci nulla, rimasi immobile a fissare il vuoto, mentre la testa mi si riempiva delle urla disperate di mio padre. A quanto pareva mia madre era stata testimone di uno dei loschi affari di un boss mafioso, che appena ne ebbe l’occasione la fece tacere per sempre.
Quando mia madre era in vita, ero una persona solare, socievole, amichevole, sorridente, avevo persino un ragazzo: Dake, che come molti altri, non appena successe la tragedia, smise di frequentarmi e parlarmi. Il motivo non me lo dissero mai e col tempo elaborai una mia teoria nella quale la paura e l’indifferenza erano le principali cause. I giorni passavano e ormai vivevo in una condizione di apatia perenne: mio padre mi parlava, ma io non lo sentivo; il tempo trascorreva, ma io non me ne accorgevo, per me non c’era più differenza tra il giorno e la notte. Con mio padre non avevo mai avuto un rapporto profondo, ma se possibile, dopo che mia madre mancò, peggiorò ancora di più: il fatto è che siamo sempre stati molto diversi l’uno dall’altro, se io mantenevo tutto il nervoso e le ansie dentro di me, lui esternava sempre tutto, di conseguenza anche le nostre reazioni furono diverse e lui non capiva me, quanto io non comprendevo lui. Ero sola e cominciai a perdermi nella mia stessa solitudine, il mondo aveva perso tutti i suoi colori e la vita appariva grigia ai miei occhi.
Proprio quando stavo per rassegnarmi a vivere il resto della mia vita in una condizione di “buio” perenne, vennero in mio soccorso due persone che sarebbero poi diventate il mio punto di riferimento. Iris e Ken furono le uniche amicizie che mantenni: Iris era sempre stata la mia migliore amica, con i suoi occhioni verdi e i lunghi capelli di un castano tendente all’arancione, era la ragazza più sveglia e spontanea che avessi mai conosciuto. Era difficile non notarla, era un tipo molto particolare, ma nonostante fosse spesso al centro dell’attenzione, riusciva sempre a trovarsi a proprio agio. Era intelligente ed aveva un vero e proprio talento nel capire cosa passava nella testa delle persone,  in particolare nella mia. Ken, suo fratello gemello, condivideva gli stessi occhioni verdi e la stessa sensibilità della sorella, ma suo malgrado, era il tipico ragazzo maldestro e timido. Non era altissimo ed era piuttosto magrolino e i grandi occhiali tondi, che gli ricoprivano metà viso, non lo aiutavano di certo a dare un’impressione più robusta; tuttavia era molto intelligente, sempre allegro e simpatico. Ormai quei due fratelli erano diventati il mio conforto, la mia gioia, la mia comprensione e il mio consiglio… Ormai  quei due fratelli erano diventati la mia famiglia.
Avevo trovato uno spiraglio di luce nelle tenebre, quindi, quando mio padre mi disse che ci saremmo dovuti trasferire in un’altra città, mi sembrò di ricadere nel buio dal quale mi avevano risollevata: avrei dovuto lasciare le uniche due persone che mi avevano riportato a vedere le sfumature della vita ed ora dovevo partire.
“Non voglio partire! Non voglio lasciarvi!” dissi con le lacrime agli occhi,
“Oh, ma non dovrai lasciarci… Non siamo più nell’era glaciale, oggi ci sono i telefoni, i computer…” mi rispose Iris con un sorriso,
“Non ti libererai di noi facilmente, saremo peggio di due stalker: tanto per cominciare ti terremo ore al telefono ogni giorno…” aggiunse Ken,
“Senza contare i bombardamenti di messaggi che ti manderemo! Sarà come se fossimo lì con te!” concluse Iris.
Mi strapparono un sorriso “Questa è una promessa, eh?!”
Se mi promettevano che sarebbe stato come se fossero con me, allora sarei potuta andare anche in capo al mondo…

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Capitolo 2
*** Un tuffo nel passato e nel presente ***


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La nuova città non era molto grande, ma era molto carina: incorniciata da montagne rocciose a nord e circondata da verdi boschi e spiagge sabbiose. Un vero gioiellino della natura che qualunque amante del verde avrebbe scelto come luogo di permanenza. La cittadina d’altra parte sembrava avere tutti i comfort di una città moderna: negozi di abbigliamento, gioiellerie, bazar nei quali trovare ogni cosa ti venisse in mente, bar, ristoranti, cinema… probabilmente anche dei centri benessere!

Il fatto che fosse vicina al mare, me la faceva piacere ancora di più, era come se in qualche modo addolcisse la nostalgia della vecchia casa. Là passavo intere giornate sulla spiaggia a scherzare e giocare con Iris e Ken, e proprio durante una di queste giornate avevo conosciuto Dake. Era il “belloccio” della spiaggia: alto, capelli biondi, occhi di un acceso verde smeraldo… Amava trascorrere tutto il suo tempo libero surfando, ed era anche molto bravo, era uno spettacolo vederlo stare sulla cresta dell’onda, domare quegli enormi cavalloni con il vento che gli scompigliava i capelli. Cominciammo a conoscerci e, tra una battuta e una risata, finii per innamorarmene: era la mia prima vera cotta e Dake rappresentava quindi una figura veramente speciale nel mio cuore.
Non sono mai stata una di quelle ragazze che s’innamora prima di tutto dell’aspetto, anzi ho sempre creduto con tutta me stessa che l’amore fosse qualcosa di più profondo e infatti quello che mi conquistò di Dake, fu il suo modo di fare sveglio ma gentile, la passione con cui si dedicava alle cose che amava e la sua amabilità con le persone.
Ero sicura che lui fosse una di quelle persone su cui fare affidamento nel momento del bisogno, di conseguenza, quando, nel momento in cui avrei voluto averlo vicino, lui sparì, il mio cuore andò in pezzi. Poche settimane dopo si ridusse definitivamente in poltiglia quando lo vidi con un’altra e scoprì che durante tutto il nostro rapporto lui aveva sempre frequentato altre ragazze.
Ripensandolo ringraziai il cielo di essermi trasferita, almeno sarei stata sicura che non l’avrei più rivisto!
La casa nuova era un piccolo appartamento in uno stabile di pochi piani e la mia camera aveva un piccolo balconcino dal quale si godeva la vista del mare e della graziosa cittadina: un panorama stupendo.
Finito di sistemare tutte le mie cose, decisi di andare a fare un giro sulla spiaggia, in modo da trovare un posticino tranquillo nel quale rilassarmi, così presi la mia tracolla marrone, ci depositai dentro telefono, portafoglio e documenti, ed infine, i miei amati kiwido, con cui amavo passare il tempo per rilassarmi.
Arrivai in spiaggia e scelsi un angolo sabbioso racchiuso da scogliere a destra e sinistra e dal mare frontalmente: era semplicemente perfetto, tranquillo ma non troppo isolato, era il posto ideale. Presi i miei kiwido e cominciai a “giocolare” serena, cullata dalla leggera brezza e dal pacato ritmo del mare, quando, con il cambiamento di direzione del vento, arrivò alle mie orecchie il suono di una musica lontana: sulle scogliere un ragazzo dai fiammeggianti capelli rossi suonava la sua chitarra, mentre gettava fugaci occhiate ad un grosso cane nero che si divertiva a giocare fra le onde del mare. Rapita da quell’immagine, solo dopo un bel po’ mi resi conto che il mio telefono stava squillando…
“Pronto? Iris!”
“Ehi Ivy! Stavo per staccare! Volevi farti desiderare?”
“Ma no, che dici?! E’ solo che…”
“Solo che…???”
“Niente, lascia stare! Come stai?”
“Tutto bene! Ma tu piuttosto?  Sei arrivata, no? Com’è la nuova città? E la casa?”
“Quante domande! Cos’è un interrogatorio? Non perdi tempo, eh?!”
“Oh su… Smettila di farti pregare e vedi di raccontare!”
“E’ una cittadina molto carina, tra l’altro vicina al mare… Difatti ora sono in spiaggia con i miei kiwido! La casa…”
M’interruppe “Lascia stare l’argomento kiwido che oggi in gita Ken li ha visti in una vetrina e ha cominciato a disperarsi e piangere a dirotto pensandoti! Per di più davanti a tutti! Mi è toccato trascinarlo via tirandolo per un braccio! Che figura!”
Risi di gusto immaginandomi la scena “Ahahah… Ma che tenero Ken! Anche voi mi mancate un sacco! Mi sembra strano essere in una spiaggia senza di voi!”
“Ora non fare la malinconica anche tu! Piuttosto cerca di conoscere qualche ragazzo carino!”
“Certo Iris, sarà tra le mie priorità…”
“Beh, se non interessa a te, almeno cercane uno da presentare a me quando ti verrò a trovare?!”
“Sei sempre la solita! Che ne pensi del venditore ambulante che sta passando qui in spiaggia?”
“E’ carino???”
“Beh… Ha il fascino del brizzolato!”
“Vedi di impegnarti di più altrimenti ti faccio diventare io brizzolata!!!”
Scoppiai a ridere “Sissignora!”
“Ora ti devo lasciare… Ci sentiamo, un abbraccio grande, grande!”
“A presto Iris! Ti voglio bene” riattaccai.
Mentre stavo riponendo le mie cose, pronta per ritornare a casa, mi sentii chiamare…
“Ivy!” Questa voce…
“Ivy!” Mi sembra familiare…
“Ivy!” Mi girai e m’irrigidii all’istante…
“D - D - Dake!”

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Capitolo 3
*** Incontri ravvicinati ***


Il totale disinteresse di Dake nei miei confronti, quando avrei avuto più bisogno di lui, mi aveva fatto capire quanto fosse egoista quel ragazzo e, nel momento in cui mi spezzò il cuore, il disprezzo che provavo per lui divenne odio puro. Cosa ci faceva in questa città? Con che coraggio mi veniva a parlare? Ma soprattutto, cosa diavolo voleva da me? Cominciai ad innervosirmi…
“Ivy! Come sei cambiata!Subito non ti avevo nemmeno riconosciuta, ma dopo che ho visto come facevi volteggiare i kiwido, non ho più avuto dubbi: la tua eleganza è inconfondibile! Ma dimmi, come stai?” mi sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi “tutto denti”: che faccia da schiaffi!

“Cosa vuoi?” alzai un sopracciglio;
“Come “cosa vuoi” ? E’ da un secolo che non ci vediamo e mi tratti così?”
“E’ da un secolo che non ci vediamo non per colpa mia!!!”
LUI è sparito e rinfaccia a ME che non ci siamo più visti? Ma io… Io gli sputo in un occhio!
Mi chinai, raccolsi la borsa e feci per andarmene, ma prontamente Dake mi afferrò per un braccio e mi voltò verso di lui.
“Scusami Hevelyn… Hai ragione… Sono stato uno sciocco… Dopo la morte di tua madre, vedevo quanto soffrivi, ma non sapevo come aiutarti e mi sentivo inutile, di troppo… Così ho pensato che allontanandomi da te e lasciandoti i tuoi tempi per riflettere, saresti stata meglio…”
Il ricordo della morte di mia madre, mi provocò un fitto dolore al petto, e nominato da Dake, in particolare, lo fece divenire più acuto che mai. Rimasi rigida e immobile davanti a lui, come ipnotizzata dai suoi occhi verde smeraldo; le sue parole continuavano a rimbombarmi in testa e il dolore al petto si estendeva alla bocca dello stomaco.
Si era preoccupato per me… Si sentiva inutile, di troppo… Non sapeva come aiutarmi… Sì! E per farmi a stare meglio doveva uscire con tutte le ragazze della città!
Il sangue prese a ribollirmi nelle vene e le tempie cominciarono a pulsare.
Con uno spintone che lo fece cadere a terra, lo allontanai da me…
“TUUU! Come ti permetti di prenderti gioco di me?! Cosa vuol dire che non sapevi come aiutarmi? Uscire con mezza città avrebbe dovuto farmi stare meglio?!? Razza di … Pervertito! Sei ignobile, egoista, farfallone, demente! STAI LONTANO DA ME!”
Con gli occhi lucidi e rossa dalla rabbia, presi a camminare verso casa. Avevo voglia di prendere a schiaffi qualcuno!
Ok… Di solito non ero una ragazza aggressiva, anzi, ero sempre piuttosto pacata e nelle divergenze, preferivo discutere in maniera civile, come normali persone adulte…
Ma se si trattava di Dake tutto cambiava! Quel demente era soltanto un approfittatore e mi mandava in bestia!
Appena girai l’angolo di una casa, accecata dall’ira di questi pensieri, mi scontrai con un ragazzo…
“Ehi! Stai più attenta, piccoletta!”
“E TU CHE DIAVOLO VUOI?!?” davvero… di solito non sono così scortese… di solito non me la prendo con il primo che passa… davvero!
Il ragazzo, sorpreso e stizzito allo stesso tempo, mi rispose con un ghigno malefico stampato in faccia: “Senti, se oggi hai le tue cose non è colpa mia!”

Cosa diamine ha detto questo elemento?! Che cappero vuole anche lui?! Non è possibile! Ma tutti a me capitano?!
Ero ancora più irritata…
“COSA DIAVOLO HAI DETTO, SCUSA?!?!” gli sbraitai in faccia.
Mi sembrava di averlo già visto: alto, o meglio, altissimo, capelli di un rosso fiammeggiante… Ma sì! Era il ragazzo che suonava sulla scogliera!
Dopo averlo ben bene pettinato con il mio strillo, con aria ancora più infastidita e divertita al medesimo tempo, si avvicinò a me in modo minaccioso…
Maledetta me! Perché cavolo ero andata a tormentare questo watusso? Non sapevo che non bisogna stuzzicare il can che dorme???
La rabbia era sbollita all’istante… Indietreggiai istintivamente, ma lui si avvicinò di più fino ad arrivare a pochi centimetri dal mio viso…
“Hai dei problemi, ragazzina?”
Problemi? Io? Assolutamente no! Tutto a posto!!!
Sì… Ebbene sì… Cominciavo ad avere paura… Cominciavo a sentire che le gambe tremavano e che la fronte s’imperlava di sudore freddo...
Ormai dentro la mia testa c’era soltanto un pensiero: Aiutooooo! Questo mi spacca la faccia, mi spezza le gambe e mi frantuma le altre parti del corpo! Dattela a gambe finchè sei in tempo!
Le gambe però non volevano saperne di muoversi!
In preda al panico, chiusi gli occhi terrorizzata…
Lo ammetto: me la stavo facendo sotto!
Poi ad un certo punto lo sentii fischiare…
Fischiare???
Aprì di colpo gli occhi…
Si stava allontanando ridendo, con il grosso cane nero di fianco.
Ma che razza di…! Grrrrrr!
Ancora pervasa di sudori freddi, tornai a casa di corsa: ma dove cavolo ero finita? In poche ore avevo già incontrato quell’ornitorinco del mio ex e mi ero quasi fatta pestare da un altissimo watusso rosso!
Ecco dov’ero finita! Nella città dagli sgradevoli incontri ravvicinati!!!

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Capitolo 4
*** Tempo di iscrizioni - Prima parte ***


“Ahahah… Gli hai mollato uno spintone che lo ha fatto ruzzolare a terra?! Non ci credo! Ahahah… Immaginare la scena è esilarante!”

“E’ vero! La scena di quell’idiota che cade rovinosamente a terra avrei proprio voluto vederla! Hai fatto davvero bene, Ivy, anch’io al tuo posto l’avrei… io… gli avrei spaccato la faccia!”

“Certo Ken… Tanto lo sappiamo benissimo, io ed Ivy, che non hai nemmeno la forza di uccidere una mosca!”

“Beh, Iris non ha tutti i torti, Ken! -sentì Ken mugugnare e risi a crepapelle immaginandomi il suo volto imbronciato- Comunque ero talmente nervosa che sì, gli avrei spaccato la faccia con grande piacere!”

“Dovresti iscriverti in palestra, Ivy… Il movimento aiuta a combattere il nervosismo!”

“Andiamo Ken… Lo sanno tutti che una buona dose di shopping scarica i nervi e aumenta il buon umore!”

“Ma no Iris… Davvero… Da quando papà ha cominciato a farmi allenare sto proprio meglio: più sereno, rilassato e sicuro di me!”

“Certo, come no!”

“Allenare???”

“Si, Ivy! Papà vuole mandare Ken all’accademia militare e per passare le selezioni deve anche mostrare un aspetto più… robusto! Insomma deve mettere su massa muscolare!”

“ E vedessi che fisico mi sta venendo!”

“Bah! Ora smettila di vantarti, Ken! Mio fratello sta diventando di un vanitoso…!”

“Vorrei proprio vederti Kentin! Il mio piccolo e gracilino Ken, che diventa un muscoloso militare… Che sorpresa! Comunque penso che ascolterò il tuo consiglio: scaricare i nervi in palestra non può che farmi bene!”

“Grande Ivy!!!”

“Vedi tu… Io preferirei fare shopping, attività nella quale abbini la creatività e il movimento! Vogliamo scherzare?! Vuoi mettere le corse che ti fai per prendere il “capo” esclusivo quando ci sono i saldi?! Senza contare la box! Tutte le “galline” a cui tiri gomitate perché non ti passino davanti! E le vecchiette che sfidi in velocità? Eheh… Vinco sempre io!”

“Iris!!!”

“Cosa c’è?! Come credi che sia riuscita a conquistare la collanina che ti ho regalato?!”

“Addirittura arrivare a far prendere infarti alle nonnine… Poveracce!”

“Iris, taglia corto che Ivy deve andare, invece di parlare dei tuoi attentati alle rugose!”

“Anziane… Si dice anziane, poverine! Comunque Ken ha ragione! Devo andare a fare l’iscrizione nella nuova scuola!”

“Ok, ok… Allora ci sentiamo… Un bacione Ivy!”

“Era ora che la smettessi di delirare Iris! A dopo Ivy!”

“Ciao ragazzi! Preparatevi al resoconto di stasera!” riattaccai.

La giornata che era stata rovinata da brutti incontri, tornò a sorridermi.

Immersa nei miei pensieri, percorsi la strada che portava alla scuola e poco dopo arrivai: l’edificio sembrava piuttosto grande e sembrava possedere il giusto equilibrio tra civiltà e natura, qualità che del resto possedeva l’intera città. Un ampio parcheggio precedeva la struttura, nella quale si entrava percorrendo un piccolo vialetto contornato da un verde praticello. All’entrata si trovava un lungo corridoio, accompagnato da file e file di armadietti sia a destra che a sinistra, la cui continuità era rotta qua e là dalle porte di alcune stanze, che supposi essere classi. Cercai di individuare la segreteria e un ragazzo dai lucenti capelli biondi e dagli occhi dorati mi accolse…

“Salve, posso esserle utile?”

“Ehm… Si veramente… Mi sono trasferita da poco in città e ho fatto la pre-iscrizione online, dovrei confermare…”

“Oh si, certo! Sei… Hevelyn…” lo interruppi prima che cercasse di ricordare il cognome: in fin dei conti quante Hevelyn iscritte in questo momento potevano mai esserci?!

“Esatto! Sono proprio io! Che memoria!”

“Eh sì… Modestamente ho una memoria perfetta!”

“Modestamente, eh?”

“Ahahah, ovviamente! A parte gli scherzi non sono molti gli studenti che s’iscrivono a metà anno…”

“In effetti…”

“Dunque… per completare l’iscrizione mi mancano soltanto alcune firme e una foto tessera…”

“Ok… Allora la foto va bene se la porto domani?”

“Perfetto, direi… Firma qui, qui e qui e per oggi siamo a posto…”

“La ringrazio… Ehm…” Come diavolo si chiamava sto tizio?

Come leggendomi nel pensiero… “Dammi pure del tu Hevelyn! E mi chiamo Nathaniel… Ma va benissimo Nath!” mi sorrise gentilmente.

“Beh, grazie mille Nath! E comunque chiamami pure Ivy!” ricambiai quel sorriso gentile e m’incamminai verso l’uscita, ma la voce di Nath mi richiamò indietro…

“Ehi Ivy! Ho presto finito le mie faccende, perciò, se vuoi posso farti fare il giro della scuola, così domani saprai orientarti!”

Il biondo non aveva tutti i torti: evitare di girare come una trottola alla ricerca delle aule, era una prospettiva che non mi dispiaceva per nulla…

“Mi farebbe davvero piacere! Grazie Nath!”

“Oh! Figurati!” mi rispose con un occhiolino.

Nath mi mostrò ogni angolo di quell’immenso edificio: aule per le lezioni normali e quelle dedicate ad attività particolari si susseguivano una dopo l’altra e ben presto mi resi conto che sarebbe stato impossibile perdersi, poiché attaccata ad ogni porta si trovava sempre una targhettina con il nome dell’aula e con tanto di descrizione delle attività che si svolgevano al suo interno. C’era un ordine quasi maniacale.

Nella scuola, mi spiegò, era possibile scegliere tra diverse attività extra scolastiche e se avessi avuto bisogno di libri o enciclopedie per ricerche o approfondimenti, esisteva un grande locale dedicato alla biblioteca, nella quale era anche possibile studiare tranquillamente. Quest’ultimo ambiente era così ben arredato che rimasi incantata: i mobili in legno e il metallo delle tecnologie si armonizzavano e completavano alla perfezione, le pareti di un giallo caldo ma delicato rendevano la stanza ancora più accogliente e l’esposizione qua e là di quadri famosi creava un’atmosfera stimolante.

L’arte era una cosa che mi era sempre piaciuta: l’interpretazione della realtà secondo vari stili mi aveva sempre rapita. Cominciai a girovagare per la stanza scrutando ogni piccolo particolare di quelle opere stupende, finché arrivai di fronte ad uno dei miei artisti preferiti. La sua pittura mi aveva sempre trasportato in un mondo magico, dove dimenticavo tutto quello che mi circondava…

“Meraviglioso l’accoppiamento tra forme morbide e spigolose, non è vero?”

Nathaniel mi riportò in terra dal mio mondo fatato…

“Si… L’insieme è così armonioso: i colori, le forme, i significati… E’ sempre stato uno dei miei artisti preferiti!”

“Ma dai! Sei appassionata d’arte??”

Non comprendevo la sua sorpresa: mi aveva preso per una capra ignorante?

“Si, veramente… Perché?”

“Oh non fraintendermi… Sono sorpreso perché di solito nessuno apprezza le vecchie opere d’arte, le ritengono tutte robe vecchie e noiose che non hanno un significato!”

“Assolutamente no! Sono opere meravigliose! Comunque è vero quello che dici, non sono molte le persone che l’apprezzano…”

“Beh… Allora quando ci sarà qualche mostra in città potremmo andare insieme, visto che anche a te piace l’arte…”

“Volentieri Nath”

Sentivo che io e lui saremmo diventati grandi amici e ne sorrisi al pensiero.

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Capitolo 5
*** Tempo di iscrizioni - seconda parte ***


Uscita da scuola, ero decisa a cercare, come da consiglio di Ken, una palestra, così cominciai la mia ricerca aggirandomi per la cittadina.
Dopo che, per la terza volta, passai davanti allo stesso negozio d’abbigliamento, ero già pronta a rinunciare alla mia ardua impresa e tornare a casa, quando una bellissima ragazza dai capelli argentei mi si avvicinò…
“Ehi! Tutto bene?”
Spaesata mi guardai intorno “Io???”
Scoppiò in una splendida risata “E chi se no?! Pare ci sia solo tu davanti a me”
“Oh sì… Tutto bene, grazie!” diventai rossa come i capelli del watusso;
“Beh… E’ la terza volta che ti vedo passare di qui… Ti sei persa?”
Uno: Ma chi la conosce?!
Due: Si mette a contare tutte le volte che vede passare una persona?!
Tre: Ma non ha nient’altro da fare che guardare chi passa per la strada?!
Quattro: E… Gli affari suoi?!?
Possibile che in questa città siano tutti così strani?!?
“Ehm… Cercavo una palestra, ma…”
M’interruppe. Mai una volta che riuscivo a finire un discorso!
“Io ci stavo giusto andando! Se vuoi ti faccio strada!”
Il suo modo di fare così vivace e impetuoso era quasi inquietante!
“O – ok… Grazie…”
“Ma figurati! Il fatto è che è così triste fare la strada da sola! Così quando trovo compagnia sono così felice! Comunque mi chiamo Rosalya!”
Era una ragazza davvero bellissima: i suoi capelli argentei brillavano al sole ed esaltavano il caldo oro dei suoi occhi. Mi sentivo una specie di scarafaggio accanto a lei.
“Io sono Hevelyn” le dissi sforzandomi di sfoderare il miglior sorriso che avevo, ma sentendomi sempre più goffa ed impacciata.
Nonostante la prima impressione non fosse stata delle migliori, Rosalya si dimostrò socievole e spigliata e la presi immediatamente in simpatia: in un certo senso mi ricordava Iris. Contenta della nuova conoscenza, m’iscrissi agli stessi suoi corsi e mi divertii un mondo. Dopo tutto Ken aveva ragione: dopo quell’ora di intensa attività fisica, mi sentii subito meglio. Ero in pace con me stessa e tornai a casa serena.
Cenai e dopo aver riordinato la cucina mi diressi in camera con il mio gatto alle costole.
Quella palla di pelo è sempre stata tutto tranne che un gatto.
Mi seguiva ovunque andavo e appena mi sedevo si accucciava accanto a me, proprio come un grosso, dolce, fedele… cane! Il suo comportamento era, infatti, del tutto diverso da quello di un comune gatto!
Chiedeva continuamente da mangiare e quando non lo faceva, dormiva…
Ben presto assunse una forma “sferica” e fu proprio questa caratteristica a dargli il suo nome: Polpetta.
Quella sera era particolarmente appiccicoso: probabilmente non vedeva l’ora che mi sedessi per posizionarsi accanto a me a farsi grattare la pancia…
“Polpetta… Devo ancora preparare tutto per domani, quindi dovrai aspettare ancora un bel po’ per le coccole! Da bravo… Togliti da in mezzo alle scatole!”
Per tutta risposta mi si aggrappò su per una gamba per farsi prendere in braccio.
Questo animale non capiva davvero un tubo!
Lo presi in braccio per coccolarlo un po’ e nel mentre squillò il telefono…
“Pronto?”
“Ehi Ivy! Sono Iris.”
Tutta pimpante la salutai “Ehi Iris! Non sai quanto aveva ragione Ken riguardo la palestra! Ma un momento… Con che numero stai chiamando??” chiesi notando il numero sconosciuto;
“E’ un telefono pubblico”
“Un telefono pubblico?”
“Sì… Dove andremo non useremo i telefoni, quindi li abbiamo lasciati dalla nonna: era inutile portarli dietro”
“Iris non capisco! Dove siete? E dove state andando?”
“Siamo in aeroporto, Ivy, ti avevamo detto che Ken sarebbe andato all’accademia militare e… beh… Papà è stato trasferito in una città a nord, non ho capito bene il motivo… Comunque io e la mamma ci trasferiamo con lui e in quella zona non prendono i cellulari e non ci sono collegamenti a internet… e…- la sentii singhiozzare – temo che non ci sentiremo per un po’…”
Il cuore si fermò per un istante e poi prese a palpitare alla velocità della luce.
“Iris! M – Ma … Non… E’… Possibile!!! Voi… Siete la mia famiglia! Sempre insieme! Qualunque cosa accada! Era una promessa!!!”
Ci fu un momento di silenzio durante il quale Iris prese a singhiozzare più forte…
“Lo so Ivy… Non dipende da noi… E dispiace tantissimo anche a me…”
La sentivo piangere e mi si strozzò la voce in gola…
“Almeno… Mi scriverete delle lettere come si faceva una volta?” ormai la voce aveva raggiunto un tono supplichevole;
“Ogni volta che ci sarà possibile… Te lo giuro… Ti voglio bene”
“Anch’io” piagnucolai, poi sentii la voce di Ken…
“Mi dispiace davvero! In accademia ci è vietato usare telefoni, computer, eccetera… Ma ti scriverò… Te lo prometto!”
“Grazie Ken…”
“A presto Ivy” anche lui aveva la voce strozzata;
“A presto ragazzi”
Riattaccarono.
Dovetti sedermi perché quella vecchia sensazione di ansia, tristezza, rabbia e solitudine tornò a farmi visita.
Non volevo ricadere in quel grigio dell’animo! Questa volta avrei dovuto reagire… Distrarmi per bene… Ma come??? La risposta arrivò all’istante: con il mio passatempo più estremo.
 
Le fiamme, vorticando rapidamente intorno a me, creavano lunghe lingue di luce: un caldo e lucente scudo dentro al quale nessuno poteva entrare. Mi sentivo protetta, sicura… La concentrazione era tale da impedirmi di pensare e quindi ero serena e tranquilla.
Ero andata in spiaggia per dedicarmi al mio passatempo, e il luogo si rivelò ben presto la perfetta rappresentazione del mio stato d’animo: il buio inghiottiva ogni più piccolo punto di riferimento e l’unico bagliore di luce proveniva dalla fine sabbia bianca e dalle stelle lucenti che “puntinavano” il cielo. Paradossalmente chiudendo gli occhi, riacquistai la consapevolezza di me stessa e dell’ambiente che mi circondava.
Il vento…
Il regolare infrangersi delle onde del mare…
L’odore di salsedine…
Il caldo del fuoco che, veloce, ruotava attorno a me…
Il profumo dei fiori selvatici del bosco…
“Trasgressiva la ragazza!”
Chi osava spezzare l’incanto di quell’istante?
Aprii gli occhi e mi trovai di fronte al watusso rosso…
“Eh? Cosa?” cascavo dalle nuvole;
“Non ti hanno detto che non si gioca con il fuoco?” ghignava il balordo;
“E a te non hanno detto che chi si fa gli affari suoi campa fino a cent’anni?”
“Ma che simpatica questa piccoletta! Ed io che ti volevo avvisare che il cappuccio della tua felpa sta prendendo fuoco!”
Gettai lo sguardo alle mie spalle e vidi la fiammella clandestina. Presa dall’agitazione gettai all’istante i miei “speciali” kiwido sulla sabbia e, in meno di due secondi, mi tuffai in mare. Ne uscii poco dopo fradicia e con le scarpe scricchiolanti, mentre il watusso era piegato in due dal ridere…
“Non c’è proprio niente da ridere!!!” gli dissi imbronciata mentre svuotavo una delle mie scarpe dall’acqua intrappolata;
“Ahahah! Oh sì invece! Ahahah! Sembrava la scena di un film comico!”
“Non c’era niente di comico! E comunque avresti potuto dirmelo prima, invece di prendermi in giro!”
“Non è colpa mia se sei sempre così acida!”
“Io acida??? Ma cosa… Uff! Nemmeno ti conosco! Chi te l’ha data tutta sta confidenza?!”
Si avvicinò a me con sguardo languido e alzò il mio viso verso il suo…
“Perchè? Ti interessa conoscermi?” me lo disse quasi sussurrando;
“Proprio per niente! Non voglio avere niente a che fare con i watussi!!!” dissi divincolandomi per allontanarmi;
“Ed io invece, pensi che voglia farmi vedere in giro con i pigmei?” alzò un sopracciglio e gli si stampò in faccia il suo solito ghigno malefico;
“Io pigmea??? Sei tu che sei troppo alto, la mia altezza è normale! E poi non ti ho chiamato io, sei tu che sei arrivato a importunarmi!”
“Beh… Dovresti ringraziarmi… Ti ho salvato la vita!”
Mi aveva veramente scocciata: non aveva fatto altro che prendermi in giro!
“Vai al diavolo!” volevo soltanto tornare a casa;
“A presto… Dolcezza!” mi rispose scoppiando a ridere.
Grrrr… Quant’era odioso sto tipo!!!
Cominciai a camminare verso casa, ma, completamente bagnata, l'aria frizzante della notte cominciava ad aggredirmi violentemente, provocandomi brividi e tremolii sempre più frequenti: ma che freddo faceva!
“Uff... Smettila di tremare! Quanto sei pappamolle!” quell'irritante individuo mi parlava con un sopracciglio inarcato;
“Nessuno ti ha detto niente!!!” ma che voleva?!? Grrrrr!
“Sah... Sali in macchina. Ti do un passaggio io fino a casa...”
“Io non salgo in macchina con gli sconosciuti!”
“Ma se ti ho appena salvato la vita...!” mi disse esasperato;
“Sentimi bene... La tua aria da buon samaritano che vuole aiutarmi, non m'inganna per niente!”
“Bene! Ed ora ascoltami tu... Io non ti voglio avere sulla coscienza per una stupida polmonite! Quindi sali immediatamente in macchina o ti ci carico di peso!!!”
“Scusa?! Ma cosa sei, mio padre?!?” chi cavolo era per darmi ordini? Nemmeno sapevo il suo nome!
“Sali!” mi disse con un tono che non ammetteva repliche e rassegnata mi diressi verso la macchina;
“Sappi che al minimo dubbio, chiamo la polizia... Quindi fai attenzione!” presi il telefono e digitai già il numero, pronta a dare soltanto l'ok...
“Che paura, pigmea!” il tono di voce, però, diceva tutto il contrario della sua affermazione.

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Capitolo 6
*** Chi ben comincia - Prima parte ***


La sveglia suonò troppo presto la mattina dopo. Gli occhi non volevano aprirsi e le gambe non ne volevano sapere di collaborare. Riuscii ad uscire di casa in orario, soltanto trascinandomi sotto una doccia gelata e trangugiando un'enorme tazza di caffè espresso.
Era una splendida mattina limpida dall'aria frizzante e mentre camminavo verso la mia nuova scuola, scorsi poco più avanti i lunghi e argentei capelli di Rosalya.
“Ehi Rosa!”
“Oh ciao Ivy!” mi rispose fermandosi per aspettarmi.
Abbozzai una leggera corsa per colmare la poca distanza che ci separava e la raggiunsi accorgendomi, soltanto allora, che era in compagnia di un ragazzo dai capelli argentei come i suoi e dai tratti fini e delicati.
Rosa non aspettò a schiarirmi le idee e rispondere alle mie domande mentali...
“Dunque... Lei è Hevelyn, per gli amici Ivy...- disse rivolgendosi al ragazzo - e lui è Lysandro, per gli amici Lys!” concluse guardandomi dal profondo dei suoi occhi dorati.
“Che nome sublime, Hevelyn! E' un piacere conoscerti!”
Ma che razza di modo di parlare è questo?! Ed ora come rispondo ad uno che mi si presenta già così? Bah... Mancava solo che mi facesse il “bacia-mano” poi era perfetto come ragazzo del settecento!
“Oh! Ma che maleducato! Non mi sono nemmeno presentato come si deve... Vuoi scusarmi Hevelyn?” dopo aver detto ciò, prese la mia mano e la baciò... come un perfetto ragazzo del settecento.
Arrossii all'istante e riuscii soltanto a balbettare un misero “E' un piacere anche per me”.
Fortunatamente i due ragazzi cominciarono a parlare tra loro cosicché io potessi “sbollentire” il mio imbarazzo in santa pace...
“Hai sentito cos'è successo a scuola, Lys?”
“No veramente... Cos'è accaduto?”
“Pare che qualcuno abbia imbrattato diversi armadietti con delle bombolette spray!!!”
“Oh santi numi! E chi può essere stato?”
“E' quello che stanno cercando di scoprire! Ciò che è certo è che la direttrice è fuori di sé dalla rabbia e se mai scopriranno il colpevole passerà guai seri!”.
Ormai mi ritrovavo sempre più spesso a pensare in che diamine di posto ero finita: in un liceo c'era ancora gente che passava il tempo pasticciando allegramente mura e armadietti? Bah!
Immersa nei miei pensieri da “nuova arrivata” arrivammo finalmente a scuola e nei corridoi scorsi la figura di Nathaniel che agitando la mano, mi faceva segno di raggiungerlo...
“Buongiorno Ivy!”
“Ciao Nath!”
“Dunque... Con i documenti dell'iscrizione sei a posto, non mi resta che farti vedere qual'è la tua classe e... Metterti in guardia su alcuni elementi presenti in questo istituto!”
“Ehm... Ok...” risposi molto lentamente, non capendo se davvero stesse dicendo sul serio...
“La classe è la porta qui di fronte... E beh... Voglio metterti in guardia su alcuni individui perchè si vede che sei una ragazza diligente e rapportarsi con gente del genere porta soltanto guai! In particolare vedi di stare alla larga da Castiel: è un tipo davvero poco raccomandabile!”
Gli stavo rispondendo “E chi è Castiel???” quando un braccio mi cinse la vita trascinandomi via e una voce al mio orecchio disse: “Vedi di renderti utile pigmea!”.
Mentre venivo trascinata lontano da Nathaniel nel corridoio affollato, riuscii soltanto più a leggere il labiale della risposta di Nath: “E' lui Castiel”.
 
Il watusso rosso mi trascinò lungo il corridoio per poi raggiungere una sorta di sottoscala buio, isolato: sembrava l'ambientazione ideale per un film horror!
“Oh mio dio! Ma non mi libero mai di te!?” sto ragazzo era come il prezzemolo!
“Ma smettila che ti ho tratta in salvo da quel morboso di un segretario delegato!”
“Non mi sembrava di averti chiamato!?”
“Perchè non sai il mio nome!”
“E invece sì, signor Castiel!”
“Uh là là! Il cravattato mi ha già nominato?!”
“Lui …” venni interrotta da una voce alle mie spalle...
“Perdonami Ivy! E' colpa mia se Cas ti ha trascinata fin qui...”
Mi girai per capire chi fosse e riconobbi i lineamenti delicati di Lysandro.
“Lys...”
“Lo so... Non mi sono comportato per niente bene, ma è perchè pensiamo che solo tu ci possa aiutare!”
Mi raccontarono di avere un gruppo, in cui Lysandro cantava e Castiel suonava, e di pensare e discutere dei loro pezzi a scuola durante le lezioni, in modo tale che, finite le ore tra i banchi, potessero direttamente provare le “novità”. Il giorno prima, a quanto mi narrarono, stavano lavorando alla loro musica durante la lezione come di consuetudine, quando la professoressa decise di raccogliere i quaderni per controllare i compiti e raccogliendoli di banco in banco, Lys non si accorse di averle consegnato il quaderno delle canzoni al posto di quello della materia. Oggi la professoressa se li sarebbe portati a casa per controllarli e avrebbe scoperto in cosa erano impegnati i due ragazzi durante le sue lezioni.
“Io... Mi dispiace ragazzi, ma non capisco come io vi possa aiutare?”
“Tu dovresti tenerla occupata mentre noi recuperiamo il quaderno!” mi rispose sbrigativo Castiel;
“Quello che non capisco è: perchè proprio io?”
Sbuffando Castiel mi rispose come se mi stesse spiegando perchè due più due fa quattro: “Perchè tu sei la nuova arrivata e in quanto tale hai più possibilità rispetto agli altri, ormai veterani, di distrarre la prof!”.
Forse era così come diceva il watusso, ma io non ne ero molto convinta. Fatto sta che mi ritrovai in classe, davanti alla cattedra e alla classe gremita, a dover affrontare quell'energumeno della nuova professoressa. Quella “omona” si era avvicinata a me e mi stava parlando delle regole da rispettare in classe, della serietà dell'istituto, mentre i due ragazzi erano scivolati a passo felpato dietro la cattedra e stavano rovistando ovunque alla ricerca del quaderno. Quando la professoressa sembrava aver finito il suo discorso, lanciai un'occhiata furtiva a Castiel per capire se avevano portato a termine la missione, ma il watusso mi fece un rapido cenno negativo, per cui cercai un argomento con il quale tenerla occupata ancora un po'...
“Professoressa! Ehm... Potrei sapere quale parte del programma sta affrontando al momento?”
“Oh, ma certo cara!”
Ed ecco che partì con un'altra filippica sul programma della materia.
Alla fine cercai disperatamente di capire se avevano trovato quel benedetto quaderno e, all'ennesimo responso negativo, i miei assi nella manica erano finiti. L'energumeno si stava per girare, così, presa da coraggio, la fermai...
“Professoressa!”
“Sì cara...”
“Ehm...”
“Mi dica, signorina...”
“Ecco...”
“Orsù! Non abbiamo tutto il giorno!”
“Ha presente quei disegni sugli armadietti?.... Beh..... Li ho fatti io!”
Ero un'idiota! Primo giorno di scuola e mi prendevo le colpe di un qualunque demente che aveva combinato pasticci... Sì, ero proprio un'idiota!
La faccia dell'omona cambiò repentinamente ed il tono di voce divenne quasi un sibilo...
“Signorina, non immagina nemmeno in che guai si sia cacciata! Per ora si vada a sedere laggiù accanto al signorino Dakota e poi la manderò dritta dritta in presidenza!”.
Forse avrei dovuto spiegarle che per me era già una punizione più che sufficiente essere la vicina di banco di Dake!
Se non altro il mio “sacrificio” era servito ed ora Lys aveva il suo tanto prezioso quaderno.
Mi sedetti sconsolata al mio posto mentre la professoressa ricominciava a parlare e quell'odioso elemento accanto a me cominciava a stuzzicarmi...
“Capisco perchè mi hai respinto così in spiaggia! Tu non eri arrabbiata con me... Semplicemente hai già un nuovo amichetto!”
“Non so di cosa tu stia parlando...!” gli risposi stancamente;
“Ma certo! Ed ora, che tenerella, s'immola davanti al mondo per salvarlo dalle grinfie della professoressa cattiva!”
Non gli diedi nemmeno risposta.
Io ora ero nei pasticci... E chi si sarebbe immolato per me? Avessi potuto lanciare un messaggio di s.o.s. l'avrei fatto!
Avevo cominciato proprio bene!

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Capitolo 7
*** Chi ben comincia - Seconda parte ***


Ero fatta così: quando qualcuno mi parlava di qualcosa a cui teneva veramente, lo notavo subito... Lo capivo all'istante guardando il mio interlocutore negli occhi, c'era sempre qualcosa di magico, profondo e infuocato. La passione che provava per quella determinata cosa trasudava da tutti i pori, era talmente forte e travolgente che,ogni volta, mi sembrava diventasse quasi palpabile con mano... E una volta captata questa forza invisibile quanto potente, non riuscivo a non farmi coinvolgere: se potevo essere utile alla persona per avvicinarsi di un passo all'oggetto del suo “amore”, davo tutta me stessa. Ci credevo profondamente e fu per questo che accettai di aiutare Lysandre e Castiel: avevo visto i loro occhi ardere di un amore profondo verso il loro gruppo e la loro musica e, per quanto non sopportassi quell'inutile essere rosso di capelli, non potei farne a meno... Dopo tutto questo dimostrava che anche lui aveva degli interessi e che la sua testa non era così “bacata” come poteva sembrare. Di certo avrei potuto evitare di inventare quella scusa, o meglio, di prendermi quella colpa, ma sul momento non mi erano venute altre idee e quindi eccomi lì a strofinare quegli armadietti, che non ne volevano sapere di tornare all'antico splendore.
Per tutto il tempo che era necessario per riempire un secchio d'acqua e andare a prendere spugna e detersivo, mi dovetti sorbire anche la ramanzina di Nathaniel...
“Ma che ti è saltato in mente?? Prenderti la colpa di una cosa del genere!!! Sappiamo tutti benissimo che non sei stata tu, ma quel demente di un Castiel! Eppure ti avevo avvertita di stargli alla larga, e tu invece che fai? Lo copri!!! Io davvero non capisco... Mi eri sembrata una ragazza in gamba, diavolo!”
“Ma che cavolo...! Sentimi bene Nathaniel: anche tu mi eri sembrato un ragazzo in gamba, un buon amico e soprattutto una persona che non si limitava a parlare per “sentito dire”! Non ti sei nemmeno preoccupato di chiedermi cos'è successo veramente, mi sei subito saltato addosso! Ti credevo capace di ascoltare e invece... Beh, sai cosa ti dico? Sono felice di essermi presa questa colpa, così ho capito prima che fosse troppo tardi che razza di ragazzo sei!”.
Ed era vero: ero felice di essermi presa quella colpa e aver aiutato quei due... Sapevo di aver fatto la cosa giusta e non me ne pentivo, anzi, ero persino fiera di me stessa!
“Ma che brava la piccola dolce fidanzatina che salva il suo principe azzurro e il suo prode compagno!” ero così assorta nei miei pensieri che questa voce mi fece precipitare dalle nuvole!
“Eh?????” chi diamine era ancora?
Feci appena in tempo a vedere una chioma platino, che mi ritrovai a terra con un lato b tremendamente dolorante...
“Ahah! Fai anche finta di non sentire! - che cosa c'era da ridere? Cominciava anche questa a darmi sui nervi! - Cara novellina, forse è bene che ti spieghi due o tre cosette: uno, qui comando io, due, Castiel è mio, come osi mettere le tue piccole manine su di lui?, tre, sarà molto meglio per te che questa storia finisca!”
E ora chi diavolo era questa che arrivava, mi buttava a terra e cominciava a dettar regole? Possibile che in questa scuola non si potesse stare mai tranquilli?!
“Razza di barbie cotonata! Non so chi sei e non me ne può importare di meno, mi pare che non ci sia scritto da nessuna parte che questo posto è tuo, anzi poiché per quanto ne so, non sei nessuno, smettila anche di darmi ordini!”
“Piccoletta, sarò anche stupenda e mozzafiato come una barbie, ma sono anche molto forte, perciò non ti mettere contro di me!” ghignando, riuscì a sollevarmi e sbattermi contro gli armadietti, lasciandomi dolorante a terra e dopodiché si congedò sussurrandomi: “Ah! E alla larga da Castiel... Tienilo a mente!”.
Era già la seconda persona che mi diceva di stare alla larga da quel watusso e, dovevo ammetterlo, la cotonata era stata molto più convincente rispetto a Nathaniel.
Mi rialzai ancora un po' indolenzita per le botte e ricominciai a strofinare i grigi armadietti...
“Hevelyn! Non avresti dovuto farlo... Per colpa nostra guarda cosa sei costretta a fare!”
“Oh Lys... Non ti preoccupare... Sono felice di averti aiutato a ritrovare il tuo quaderno! E poi sono io che avrei potuto trovare una scusa migliore!”
“Non potrò mai esprimere in modo adeguato la mia gratitudine nei tuoi confronti!”
Scoppiai a ridere per il suo modo di parlare... Come faceva a dire certe cose con così tanta naturalezza?
“Oh beh... Se proprio non sai come esprimerla, potresti farlo aiutandomi a pulire!”
“Ma naturalmente...” mi rispose regalandomi uno dei suoi sorrisi più dolci;
“Naturalmente no, Lys... Non ti ricordi che tuo fratello ti ha chiesto di aiutarlo con gli ordini per il negozio oggi?” il watusso rosso sbuffò per la smemoratezza dell'amico;
“Per ercole! E' vero! Io...” divenne viola;
“Vai, gentleman... Aiuto io Hevelyn a pulire...”
“Vorrei davvero rimanere ad aiutare... Hevelyn, non sai quanto mi sento in colpa!”
“Non ti preoccupare, Lys...”
“Togliti dai piedi!” rispose ridendo Castiel.
E così mi ritrovai a pulire con la persona che fino a poche ore prima avrei voluto prendere a sberle.
Incredibilmente riuscimmo a pulire ogni graffito presente nell'istituto e il watusso si dimostrò un ottimo compagno di disavventura: parlammo tutto il tempo in modo così naturale e complice che arrivai a chiedermi se fosse lo stesso ragazzo che avevo conosciuto in città! Parlammo di tutto e di niente, proprio come potrebbero fare amici di vecchia data. Mi raccontò del profondo legame di amicizia che lo legava a Lys e del suo grosso cagnone nero, e poi mi raccontò con occhi scintillanti della grande passione per la musica e, in particolare, per la sua chitarra. Ed io per la prima volta raccontai la mia storia: parlai della morte di mia madre, del tormentato rapporto con mio padre, di quel surfista biondo che mi ruppe il cuore e della nuova famiglia che avevo trovato in Iris e Ken... e fu la prima volta che riuscii ad aprirmi con qualcuno che non fossero loro due.
 
“Ehi... Tu sai chi è stato ad imbrattare la scuola?”
Avevamo da poco finito la nostra pulizia ed ormai il sole era tramontato dietro le montagne, lasciando il posto a luminose e brillanti stelle. Castiel, approfittando del piccolo momento di relax prima del ritorno a casa, si era acceso una sigaretta, mentre io accoccolata sui gradini d'entrata della scuola, mi godevo la vista di quella splendida sera.
“Sì – mi rispose espirando un po' di fumo – dicono sia stata Ambra e le sue amiche”
“Ehm... E chi sarebbero?”
“Oh beh... Ambra l'avrai già notata di sicuro: alta, con lunghi capelli biondi...”
Ecco chi era la cotonata platino: Ambra! “Ah sì... L'ho già vista...” preferii omettere il fatto che mi aveva aggredita in corridoio, facendomi sbattere contro gli armadietti... Di solito non ero un tipo che si lasciava mettere i piedi in testa dalla prima cotonata di turno! Tuttavia lei aveva veramente tanta forza!
“Come vai a casa?”
“A piedi...”
“Dai... Andiamo che t'accompagno...”
“Oh ma non ti preoccupare per me... Vai pure!”
“Non montarti la testa, pigmea! Sono a piedi anch'io e intanto mi finisco la sigaretta!” ecco il suo solito ghigno da balordo;
“Ma per cosa dovrei montarmi la testa? Ti credi tanto gnocco?”
“Puoi ben dirlo!”
“Ma per favore!”
“Ringrazia che sto fumando e non ho le mani libere...”
Sbuffai ridacchiando... Doveva sempre fare lo sbruffone? Comunque lasciai perdere e preferii cambiare discorso...
“Sai Nathaniel?”
“Ma va? Eh già che so chi è! Non sono mica arrivato ieri come te, pigmea!”
“Beh... Lui mi ha detto che eri tu il responsabile dei graffiti...”
Sbuffò con un sorriso amaro stampato in faccia: “E figuriamoci...” ma non aggiunse altro ed io non volli fare altre domande perchè, come sapevo in prima persona, nella vita era importante rispettare i silenzi altrui.
 
Trascorremmo il resto del tempo in silenzio e dopo alcuni minuti arrivammo davanti a casa...
“Beh... Grazie mille, watusso!” gli dissi sorridendo;
“Figurati... E poi sai... Le nanerottole come te, si fa in fretta a farle sparire!”
“Ma quale nanerottola! Impertinente!”
“Ammettilo: sei alta un metro e una caramella!”
“Uff! Sei sempre il solito balordo! Ed io che credevo di essermi sbagliata sul tuo conto...!”
Ghignò divertito e per risposta alzò un sopracciglio.
“Vado perchè altrimenti potrei non rispondere più delle mie azioni e non ho proprio voglia di sporcarmi le mani prendendoti a sberle!”
Feci per andarmene, ma afferrandomi per un braccio mi costrinse a tornare indietro e mi strinse a sé, attorniandomi le spalle con un braccio...
“Stavo scherzando... Mentre invece sono serio, quando dico che sei la prima persona, dopo Lys, che si dimostra davvero un'amica... Ci conosciamo ancora poco, ma so già dirti che per me sei una persona speciale...”
Detto questo mi stampò un tenero bacio sulla fronte e mi sussurrò: “Buonanotte pigmea!”; per poi voltarsi e sparire inghiottito dall'oscurità.
Fu qualcosa che non mi sarei mai aspettata da lui; da Lys forse, che mi stupiva sempre con la sua galanteria, ma non da lui. Che strana città era quella!
Cominciai a salire la scale che portavano all'appartamento e nel mentre sentì il mio telefono vibrare...
- Sai che c'è? Per tutto questo tempo sono stato male pensando a come mi ero comportato con te, a come ti avevo abbandonata nel momento in cui avevi più bisogno di me, a quello che avevo perso dal momento che io amavo tutto di te: amavo il tuo sorriso sereno, la tua vivacità nei confronti della vita, il modo in cui mi guardavi mentre facevo surf, il modo in cui facevi volteggiare i kiwido con leggerezza ed eleganza, ma senza mai perdere la concentrazione, amavo i tuoi occhi neri, così profondi da non lasciarmi via di fuga... ancora oggi mi basta pensarli perchè mi si chiuda la bocca dello stomaco! E quando ho saputo che ti eri trasferita nella mia stessa città, ho pensato che fosse un regalo del destino, un'opportunità che mi aveva donato per farmi perdonare da te, per riconquistare la tua fiducia e tornare ad essere felici come eravamo. Mentre io mi sentivo un verme e cercavo il modo per scusarmi decentemente con te, tu stavi già con un altro e ti comportavi come se nemmeno mi conoscessi... Chiami me ignobile, quando per te, il tempo trascorso insieme non è contato nulla! Non ti sei fatta problemi a mostrarti davanti a tutti con il tuo nuovo amichetto! Ma non hai nemmeno avuto il coraggio di dirmelo in faccia che stavi con Castiel! Sai cosa ti dico? Sei patetica! -
Lessi tutto il messaggio e poi mi portai alla finestra che dava sulla strada, dove una figura incappucciata con le mani in tasca, guardava verso di me nascondendo un'espressione amareggiata.
Scosse la testa lentamente ed il movimento fece ricadere sulla schiena il cappuccio della felpa, rivelando la testa bionda di Dake.

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