HoneyPie

di fanniex
(/viewuser.php?uid=248315)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione …. (lo so, è una noia ma è necessaria) ***
Capitolo 2: *** VUOI ANDARE IN UN POSTO DOVE NON SEI MAI STATA? … ALLORA PROVA IN CUCINA!! ***
Capitolo 3: *** A JARED! ... CHE NON SA CUCINARE, MA CHE MI PIACE COSI' COM'E'! ***
Capitolo 4: *** TREDICI IN UNA CUCCETTA PORTA MALE, BISOGNA CHE UNDICI SE NE VADANO! ***
Capitolo 5: *** TU E GLI ORCHI SIETE COME LE CIPOLLE ... TUTTI E TRE AVETE GLI STRATI ***
Capitolo 6: *** QUESTA SERA MANGIO PESCE! ***
Capitolo 7: *** POTREI CALCOLARE LE MIE PROBABILITA' DI SOPRAVVIVENZA ... MA IL RISULTATO NON MI PIACEREBBE. ***
Capitolo 8: *** MI MANGEREI IL SUO FEGATO ... CON UN BEL PIATTO DI FAVE ED UN BUON CHIANTI! ***
Capitolo 9: *** PRENDI IL SALVAGENTE, LETO! ... QUESTA SERA C'E' ARIA DI BURRASCA ***
Capitolo 10: *** IL VERO PERDENTE HA COSI' PAURA DI NON VINCERE CHE NEMMENO CI PROVA ***
Capitolo 11: *** CHIUDI LA BOCCA, LETO, NON SEI UN MERLUZZO! ***
Capitolo 12: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo uno ***
Capitolo 13: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo due ***
Capitolo 14: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo tre ***
Capitolo 15: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo quattro ***
Capitolo 16: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo cinque ***
Capitolo 17: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo sei ***
Capitolo 18: *** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo sette ***
Capitolo 19: *** MI AVEVI GIA' CONVINTA AL CIAO! ***
Capitolo 20: *** DAMMI LA CHIAVE DI QUELLO CHE E' TUO. ALTRIMENTI A CHE SERVE? ***
Capitolo 21: *** IL SENSO DI COLPA E' COME UN SACCO PIENO DI MATTONI: NON DEVI FARE ALTRO CHE SCARICARLO… ***
Capitolo 22: *** TU SEI IL BURRO SUL PANE DELLA MIA VITA ***



Capitolo 1
*** Introduzione …. (lo so, è una noia ma è necessaria) ***


 

 

Introduzione …. (lo so, è una noia ma è necessaria)

 

Se per caso con l'ultima storia avevo promesso di eclissarmi per sempre, beh allora forse è bene che sappiate che non sono mai troppo affidabile con le promesse. E poi, questa staziona nella cartella In Progress del mio pc da veramente troppo tempo, credo più di un anno! Converrete anche voi che è il caso di spostarla definitivamente nella cartella Complete, no?

 

Dopotutto è solo una storiellina senza impegno, frullatami in testa un po' alla katso. Perseguitata da immagini ricorrenti … bambini … Leto … Junior Masterchef … bizzarre torte di mele. Avevo voglia di stemperare veleni e acidità con una generosa dose di zucchero e amore, per lo meno nel mio cervellino. Mi auguro solo che non sia lo spettro della menopausa che si avvicina …

Così è venuta alla luce (pronta a tornarsene nel buio) HoneyPie, una fanfiction tutta pucci pucci, con qualche piccola lacrimuccia qua e là, purtroppo con la commedia non me la cavo per niente.

Ovviamente protagonista è la grande famiglia dei Mars, e altrettanto ovviamente parla principalmente di Jared, il quale, malgrado le incomprensioni, i deliri e le follie, continua ad essere la mia bad obsession … povera me!

 

Come d'abitudine, ci tengo a precisare di non avere alcun diritto sulla famiglia Leto né sulle altre persone realmente esistenti citate, e che i fatti narrati non sono realmente accaduti ma sono frutto esclusivamente della mia immaginazione.

 

In conclusione, lasciatemi omaggiare la mia fonte d'ispirazione fanfictionletteraria, ora e sempre, Romina75 (aka WonderWoman) <3

 

Okay, fatto … mi levo dalle scatole! =_=

 

 

P.S. … Ah, preciso che il titolo è una citazione di una meravigliosa canzone dei Beatles contenuta nel White Album. ^_^

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** VUOI ANDARE IN UN POSTO DOVE NON SEI MAI STATA? … ALLORA PROVA IN CUCINA!! ***


 

 

 

1: VUOI ANDARE IN UN POSTO DOVE NON SEI MAI STATA? … ALLORA PROVA IN CUCINA!!

 

 

 

-Sei nervosa, amore?-

 

Osservo la mia bimba con un'ondata di orgoglio straripante nelle vene mentre le allaccio per bene le stringhe fluorescenti delle scarpe da ginnastica. Anche se sembra impossibile, diventa ogni giorno più bella e la parte più sincera di me non fa fatica ad ammettere che, grazie al cielo, ha preso tutto da suo padre. I lineamenti angelici del viso. I capelli, morbidi e lucenti come cioccolato fuso appena temperato. Gli occhi grandi e color del cielo e, proprio come il cielo, vividi e volubili.

Io le ho trasmesso unicamente le guanciotte, belle tonde da bambina, adornate da un paio di graziose fossette, e le labbra un po' più piene e a cuoricino.

Mi incanto ogni volta che mi soffermo a guardarla. Emana una luce così unica ed irresistibile.

 

-No, Mami!-  Mi risponde subito lei, con decisione.

 

Anche nel caratterino è tutta il papà, disgraziatamente! Adorabile per carità, ma caparbia e indipendente. Pure troppo per uno scricciolo di soli otto anni.

Come adesso ad esempio. Lo vedo che è turbata per qualcosa ma non lo ammetterebbe mai. Nemmeno con me.

 

-Lo sai che a me non puoi dire le bugie!-  Insisto, poiché vista la sua indole, sono abituata a doverle cavare le cose di bocca.

 

Talvolta vinco, il più delle volte no. Stavolta ho fortuna. La mia piccola sbuffa con noncuranza, stringendosi nelle spalle rassegnata.

 

-Tu pensi che farà in tempo?-

 

Infatti, come prevedevo, è dispiaciuta che suo padre non sia ancora arrivato. Questo è un giorno davvero importante per lei e sono certa che sarebbe molto più tranquilla, e felice, se fosse presente anche lui. Anche se costretto in un angolo in disparte per non farsi notare troppo.

Le sistemo inutilmente i bottoncini della camicetta a scacchi, già perfettamente abbottonati e le accarezzo un po' la testolina, fingendo di acconciarle meglio i codini. Detesta profondamente le smancerie in pubblico.

 

-Non ti preoccupare, tesoro! Vedrai che sarà qui prestissimo.-

 

-Prestissimissimo?-  Mi domanda, sgrammaticando di proposito per enfatizzare il concetto.

 

E i suoi occhioni trasparenti sgranati e quasi imploranti tradiscono per un attimo la sua infantile innocenza.

 

-Prestissimissimo!-  Confermo commossa.  -Lo ha promesso, no?-

 

Lei però inarca un sopracciglio, dubbiosa.

 

-Mah! … Tu dici sempre che non ti fidi delle promesse di Papi!-

 

Lo dico sempre? Sì, è probabile. Ma perché non mi taglio la lingua? Me lo domando spesso.

È vero che suo padre non brilli proprio per affidabilità. Ha costantemente bisogno di qualcuno che gli ricordi gli impegni, anche centinaia di volte al giorno. Per alcune cose ha la classica memoria da pesce rosso. Nel senso che gli rimangono in testa non più di cinque secondi prima di svanire nel nulla. Ho imparato da un pezzo a fare i conti con questo lato della sua personalità. D'altra parte, è un artista e un uomo super impegnato. Nonché un maschio. È risaputo che loro vivano perennemente su un altro pianeta.

 

-Sì, è vero, lo dico sempre! … Ma non se si tratta di te, tesoro. Dimmi, ti ha mai delusa?-

 

La mia piccola mi fissa per un attimo come se stesse davvero frugando nel suo pur breve bagaglio di ricordi, poi scuote la testa sorridendo.

 

-Visto! … Vedrai che non lo farà neanche questa volta! … Ora, tornando alle cose importanti, sei sicura di avere tutto sotto controllo?-

 

Finalmente più tranquilla, alza entrambi i pollici in segno affermativo.

 

-Ingredienti … procedimento … tempi … presentazione … ?-

 

Annuisce ad ogni mia parola con un cenno del capo deciso.

Finché un ragazzone dello staff, con cuffie, walkie talkie e cartellina d'ordinanza, ci si avvicina.

 

-La numero 254?-  Chiede con estrema cortesia.

 

-Sì! Sono io!-  Gli risponde la vocetta della mia piccola.

 

Mostrandogli risoluta il badge adesivo con il numero attaccato sull'angolo destro della sua camicetta.

 

-Benissimo! Tra cinque minuti tocca a te. In bocca al lupo, piccola!-

 

Gentile il tipo. È più che evidente quanto in questo posto siano abituati a lavorare con i bambini e la cosa mi solleva enormemente. Non credo che mi arrischierei mai a mettere mia figlia in una situazione del genere se non fossi del tutto convinta della loro serietà. Anche se,a suo modo, è abituata fin dalla nascita a dover convivere con la popolarità, io e il padre abbiamo fatto sempre di tutto e di più per garantirle un'esistenza il più normale possibile.

È il fatto che probabilmente comparirà in televisione che continua a non piacermi un granché. Cucinare però è la sua più grande passione, sin da che era ancora piccolissima. E posso affermare senza timore di smentita che è un piccolo prodigio, lo dico senza nessun tipo di presunzione materna.

È proprio fenomenale, considerando la sua giovanissima età!

Perciò l'occasione di poter partecipare a questo show culinario per bambini era troppo ghiotta per lei per rinunciarci. Lei ce lo ha chiesto e ne è estremamente convinta. Non abbiamo avuto cuore di negarglielo.

 

-Pronta?-  Le chiedo sedendomi al suo fianco, nell'attesa che la vengano a chiamare per il test di prova.

 

-Pronta! Con la tua ricetta non posso fallire, mamma.-

 

Ma non è un amore glassato di zucchero, la mia piccola?

 

Il ragazzone torna a prenderla solo qualche minuto più tardi per accompagnarla nello studio che hanno allestito come una cucina professionale a misura di bambino. Immagino che il mio tesoro sarà eccitatissima all'idea di poter cucinare in uno spazio così, con ogni genere di strumenti a sua disposizione. Di solito a casa è obbligata a chiedere aiuto a me o quando capita a suo padre, e la cosa non le piace per niente.

È uno spirito fiero da che è nata, straconvinta di sapere quello che fa in ogni momento per cui dover dipendere da qualcun altro, anche per cucinare semplicemente dei biscotti, le scoccia parecchio.

Finalmente è arrivato il suo momento e io la seguo da lontano posizionandomi in un angolo buio, dietro le telecamere, e la osservo mentre si prepara con cura mettendo in ordine ingredienti e attrezzi sulla postazione che le hanno assegnato.

 

-Ciao, piccola!-  La saluta affabilmente uno dei tre giudici dello show, seduti ad un tavolo allestito alla meglio davanti alla cucina.

 

L'uomo ha una faccia paffutella e un'espressione simpatica. Si nota subito che è un tipo che ha famigliarità con la buona cucina. Non seguo assiduamente la televisione ma mi pare di ricordare di averlo senz'altro già visto in qualche altro programma.

 

-Perché non cominci dicendoci come ti chiami? Quanti anni hai e da dove vieni?-

 

La mia bimba finisce di posare sul bancone l'ultimo pezzo con tutta calma e si schiarisce la voce rialzando il capo con disinvoltura.

 

-Dunque. Mi chiamo Alice. Ho otto anni e sono di Los Angeles. Perciò non ho fatto tanta strada per venire qui!-  Risponde con estrema determinazione.

 

Facendo inesorabilmente sorridere i tre adulti di fronte a lei.

 

-Mi sembri una signorina con le idee molto chiare!-  Aggiunge uno degli altri giudici, l'unica donna. Una bella ragazza che avrà pressapoco la mia età, anche lei dall'aspetto abbastanza florido.

 

-Sì! La mamma me lo dice sempre!-  Sorrido anche io istintivamente.

 

Nello stesso istante percepisco la sensazione di due braccia cingermi la vita. E benché la loro consistenza, il calore, il profumo mi siano fin troppo famigliari, socchiudo gli occhi, trattenendo a stento un fremito di piacere.

 

-Lo so … sono in ritardo!-  Sussurra la voce dietro di me.

 

-Che scusa hai questa volta?-

 

I rimproveri diretti non hanno molto effetto su di lui, ormai lo so per esperienza. Ma non mi sembra nemmeno il caso di fargliela passare liscia ogni volta. Dopotutto si tratta pur sempre di nostra figlia.

 

-Quel grandissimo imbecille di tuo cognato si è un chiuso una mano in un cassetto! Ho dovuto portarlo al pronto soccorso.-

 

Mi volto verso di lui con uno scatto e anche se l'irritazione dovuta al suo ritardo non è scomparsa del tutto non resisto alla tentazione di baciarlo non appena metto a fuoco il suo viso.

Eh già! Purtroppo, se Alice è la luce positiva della mia vita, lui è senza dubbio la mia kryptonite. Non posso sottrarmi alla forza distruttiva che esercita su di me, povera e inutile umana ancora non assuefatta alla sua costante presenza, dopo oltre dieci anni.

 

-Sta bene? È tutto okay?-   Gli domando l'attimo seguente, interrompendo il nostro bacio, leggermente preoccupata. Con le mani d'altra parte mio cognato ci lavora. Nessun doppio senso, giuro!

 

Lui sbuffa, mugolando sulle mie labbra contrariato per quella brusca interruzione.  -Tranquilla, niente di rotto! … Altrimenti sai che casino! … Non hai idea di come frignava, però. Si è calmato soltanto quando è arrivata mamma. … Alle volte è davvero un bambinone!-

 

-Senti, senti! Ha parlato l'uomo maturo!-  Replico caustica.

 

Lo amo da morire ma penso di avere molti meno problemi nell'allevare Alice di quanti non ne abbia nel gestire i suoi capricci, che ovviamente lui considera puramente guizzi di genio.

Per tutta risposta però, si avvicina di più al mio orecchio mordicchiandomi il lobo, piano piano. In modo estremamente sensuale. Troppo sensuale per i miei standard, trovandoci in un luogo pubblico.

 

-Lo sai che ti amo, vero?-

 

Mmm … la sua voce … mi irrita che sia tuttora in grado di stordirmi ad un tale livello, soprattutto quando la modula in questo modo. Roca e sospirata.

Che stronzo! Non è giusto che mi faccia lo stesso effetto che fa alle sue ragazzine.

Cazzo, io sarei sua moglie!

Beh, più o meno. Non siamo legalmente sposati, ma è uno stupido dettaglio. Praticamente è come se lo fossimo.

 

-Sei convinto che ti basterà questo per farti perdonare?-

 

Cerco di recuperare una briciola del mio amor proprio, ma il suddetto stronzo reagisce corrucciando il labbro inferiore e mettendosi a guaire come un cucciolo appena abbandonato in autostrada.

 

-Cosa dicevi prima? Allora, chi sarebbe il bambino?-

 

Gli scompiglio i capelli tirandogli forte alcune ciocche pur sapendo quanto il gesto gli dia fastidio e mi rigiro verso nostra figlia, ormai completamente immersa nella preparazione del suo piatto.

 

-Quindi? Sono perdonato?-

 

Mi avvolge nuovamente tra le sue braccia, abbassandosi per appoggiare il mento sulla mia spalla.

 

-Io potrei anche farlo … ma te la dovrai vedere comunque con Alice. Aveva un musetto così avvilito prima … da stringere il cuore.-

 

-No problem! La nostra bambina è pazza del suo papà.-

 

Non ha nemmeno finito di dirlo che scorgo mia figlia alzare la testa verso di noi. E, accortasi finalmente della presenza di suo padre, si ferma un attimo per salutarlo con la manina e regalargli uno dei suoi luminosi sorrisi.

 

-Visto, che ti dicevo? La mia Ali mi adora!-

 

-Egocentrico e montato!-  Lo apostrofo bruscamente.

 

Ma quando fanno così hanno il potere di farmi esasperare. Insieme sono estremamente pericolosi per la mia autorità, si spalleggiano a vicenda e ovviamente il più delle volte ignorano completamente ogni cosa che dico. La coppia perfetta, in poche parole!

E poi è innegabilmente vero che Alice penda dalle labbra di suo padre. È una femmina, d'altra parte, e lui ha sempre avuto un ascendente pazzesco sulle donne, di qualunque età, estrazione, religione e anche se legate da vincoli di parentela con lui. Sua madre e sua nonna per prime lo hanno viziato e coccolato fino all'inverosimile e credo in parte sia dovuta a questo la sua convinzione di poter fare di tutto.

Comunque, Alice sarà anche la sua nemesi e la cosa, subdolamente, mi rincuora. La ama alla follia e inconsciamente non vorrebbe mai separarsi da lei. È già terrorizzato soltanto all'idea che un giorno, ancora lontano, questo succederà, e noi stiamo tirando su una ragazzina troppo indipendente per pensare che, per quanto ci voglia bene, ci rimarrà legata per sempre. Inoltre, e questo esclusivamente per colpa dei geni paterni, diventerà una donna troppo bella per passare inosservata. Presto un altro uomo prenderà il posto di Papi nel suo cuore. Questa cosa, sotto sotto, lo sta già distruggendo.

 

-Che cosa sta cucinando?-  Mi chiede, ignorando volutamente il mio insulto di poco prima.

 

-Gnudi alla Norma!-  Esclamo tutta soddisfatta, lieta anche io di cambiare discorso.

 

È una mia ricetta. No, non che l'abbia esattamente inventata io. Più propriamente l'originale è un cavallo di battaglia della cucina di mia madre, ma io e Alice l'abbiamo rielaborata e cucinata insieme già parecchie volte. Sprigiona profumi intensi e mediterranei, sapori freschi ma decisi. È un piatto sostanzioso ed equilibrato che raramente ha disatteso il palato di qualcuno.

 

-Santo Cielo! Ma non poteva provare con qualcosa di meno complicato per iniziare?-  Afferma l'unico essere vivente che è stato capace di far bruciare persino una confezione di pop-corn con il microonde!

 

In cucina lui è un vero e proprio pericolo pubblico. È lo zimbello di chiunque conosca questo suo aspetto, e purtroppo per lui, è una cosa che ha fatto il giro del mondo. Eh sì che s'impegna tanto, poverino! Ma non è per niente portato. D'altronde, non gli può riuscire tutto bene e di doti ne ha già ricevute a sufficienza da Madre Natura.

 

-Non c'è niente di complicato! È un piatto che sa eseguire alla perfezione. … E poi lo sai anche tu che a nostra figlia le cose semplici non sono mai piaciute. Chissà da chi avrà preso, poi?-

 

Ridacchia, ancora adagiato sulla mia spalla.  -Da te?-

 

Scuoto la testa meravigliandomi di quanto quest'uomo possa regredire a vista d'occhio, mentalmente parlando. Di tanto in tanto si chiama persino Benjamin Button da solo! Mi sa che fra un po' mi toccherà iscriverlo alla stessa classe di Alice.

 

-Allora, Alice!-   Interviene uno dei giudici. Un tizio alto e dall'aspetto molto serio, che finora era rimasto un po' in disparte e che intuisco trattarsi del vero e proprio chef dello show.  -Parlaci del tuo piatto. È piuttosto originale ma mi sembra che tu te la stia cavando molto bene!-

 

Nascosti in quell'angolo, mio marito ed io gongoliamo di soddisfazione.

 

-È una ricetta italiana rivisitata. Me l'ha insegnata la mia mamma.-

 

Alice gli risponde a tono, senza perdere il ritmo del lavoro ma interloquendo con i giudici quasi come una professionista. Lo so che ha solo otto anni ma si esprime e si comporta come una bambina di dieci, undici anni. Minimo.

 

-Sono simili a degli gnocchi di ricotta, conditi con una salsa di pomodoro fresco, basilico e tocchetti di melanzane. E un'abbondante grattugiata di ricotta salata.-

 

La giudice donna si avvicina al bancone di lavoro e annusa il profumino delizioso che sale dalla padella dove Alice sta già cuocendo la salsa. Dall'espressione sembra gradire.

 

-Mmmm! L'odore è davvero invitante!-  Commenta infatti quasi estasiata.  -Come hai detto che si chiamano questi gnocchi?-

 

-Gnudi!-  Risponde prontamente la nostra bimba.  -Cioè nudi. Si chiamano così perché non hanno la copertura di pasta. In realtà più che a degli gnocchi veri e propri assomigliano al ripieno dei ravioli di magro. … Vedi?-

 

E le mostra il recipiente dove ha appena finito di amalgamare la ricotta fresca, pecorino grattugiato, un accenno di basilico tritato e qualche dadino sminuzzato di melanzana.

 

-A questo aggiungo farina, sale e pepe, e poi con il cucchiaio lascio cadere un po' di impasto nell'acqua bollente … ed è fatta!-

 

Mi giro di nuovo verso di lui guardandolo con aria di sfida.

 

-Visto! Per Ali è una cazzata! … Meno male che non ha ereditato la tua abilità ai fornelli.-

 

Lui mi risponde con una smorfia sprezzante.   -Aah, aah, aah! … Ma lo sai che fai proprio morire dal ridere?-

 

Suscettibile come pochi!

 

-Dicci un po', Alice! È la tua mamma che ti ha insegnato a cucinare?-  Chiede ancora l'altro giudice, il primo che si è presentato.

 

-Sì! Lei è bravissima!-

 

E il cuore mi si allarga di gioia.

 

-Anche la nonna lo è. Ma quello è scontato dato che è italiana.-

 

Già! Mia madre.

Le capacità culinarie sono una delle peculiarità italiane che mi ha passato. Oltre ad una marea di difetti caratteriali.

 

-E per fortuna a casa cucina sempre mamma!-

 

I tre giudici sorridono e mi accorgo immediatamente quanto siano conquistati dalla spontaneità e dalla destrezza di Alice. Come lo è chiunque la conosca. Ha carisma da vendere. Esattamente come l'uomo che mi sta stringendo in questo momento.

 

-Perché per fortuna?-

 

-Perché papà invece è un vero disastro! Innanzitutto è vegano!-  Esclama, storcendo il naso in una buffa smorfia.  -Quindi per lui niente carne o latticini o cose così. Solo un mare di soia. … E poi è rischioso farlo entrare in cucina. Io e mamma stiamo prendendo lezioni di pronto soccorso e anti-incendio per sicurezza …-

 

Scoppiamo a ridere fragorosamente. Tutti. Tranne, ovviamente, il diretto interessato.

 

-Esagerata!-  Singhiozza il giudice, tentando di soffocare le risate.

 

-Ma è vero! …-  Continua Alice, invece tutta seria.  -… Una volta ha lasciato una delle sue zuppe disgustose sul fuoco talmente a lungo che mamma ha dovuto tenere la porta e le finestre della cucina aperte per una settimana. E poi abbiamo dovuto rimbiancare lo stesso per levare l'odore. Era da svenire! E poi fa bruciare qualsiasi cosa. Avete presente l'amico di Harry Potter? Quello che fa esplodere di tutto? …. Ecco, papà è uguale!-

 

Altra risata generale. Accarezzo istintivamente il braccio dell'uomo al mio fianco, stringendolo ancora di più contro di me.

 

-Brava, prendimi pure per il culo!-  Mi sussurra con intenzioni tutt'altro che pacifiche.  -Vedrai se non te la farò pagare cara stanotte!-

 

Non gli rispondo nemmeno. È troppo divertente! E poi ho sempre trovato irresistibili i suoi modi notturni per farmela pagare.

 

-Perciò, cucini sempre con la tua mamma e con tua nonna?-

 

La giudice donna prosegue quella specie di amichevole interrogatorio, senza dubbio finalizzato a conoscere meglio Alice e il suo potenziale in cucina e sullo schermo.

 

-No! Solo con mamma.-   La mia piccola risponde ad ogni domanda, rimanendo sempre concentrata su quello che sta facendo. In questo momento sta rosolando i tocchetti di melanzana in padella, con un filo di olio extravergine d'oliva.  -La mamma della mamma non vive in America perciò non la vedo molto spesso. Nonna Connie, la mamma di papà, vive qui a Los Angeles, invece. Ma neanche lei sa cucinare molto bene!-

 

-Ecco! Questo magari sarebbe meglio non dirlo a tua madre.-  Bisbiglio alle mie spalle e lo sento annuire.

 

-E ogni tanto cucino anche con lo zio Tomo!-

 

Ahi! La locomotiva Alice sta sbandando e rischia il deragliamento! Eh sì che mi ero raccomandata con lei di non fare troppi nomi. Deve essere presa dall'eccitazione del momento.

 

-Lui è un pasticcere formidabile. … Mi insegna sempre a fare dei dolci buonissimi.-

 

Mi volto per l'ennesima volta. E lo guardo con un pizzico d'ansia che sta cominciando a divorarmi.

 

-Se continua di questo passo fra un po' si metterà a cantare l'intero albero genealogico della famiglia sulle note di una vostra canzone. Falle cenno di contenersi, ti prego! A te darà retta.-

 

Lui mi guarda di rimando, sorridendomi tranquillo. E mi risponde con un dolcissimo bacio sul naso.

 

-Non preoccuparti, amore! … Vedrai che non ci avrà fatto caso nessuno. Alice non ha detto niente di troppo compromettente. Sa benissimo quello che fa. Lo ha deciso lei, giusto?-

 

Giusto! È stata lei la prima a suggerire di iscriverla alla competizione con il mio cognome e non con quello del padre, decisamente troppo riconoscibile per passare inosservato. E la nostra bambina voleva mettersi in luce unicamente per le sue doti culinarie. Non per la notorietà del suo cognome.

 

Per “Little Chef of America” vuole essere solo Alice.

E non Alice Leto.

L'adorata progenie di quell'incantatore di Jared Leto.

 

***

 

Sicuramente nella mia verbosissima introduzione ho dimenticato di sottolineare che il titolo
di ogni capitolo è una citazione, più o meno fedele oppure più o meno rielaborata di un film
famoso. Sono solo allusioni e non hanno intenti didascalici, ma spero che risultino comunque
attinenti e comprensibili. In caso contrario, siete liberissime di farmelo notare.
Per quanto riguarda questo primo capitolo, la frase è tratta da : Quei Bravi Ragazzi, capolavoro
assoluto di Martin Scorsese.
E ringrazio i partecipanti al MovieQuiz Forum che mi hanno aiutata con i loro preziosi
suggerimenti cinefili. <3
Dunque, altre considerazioni inutili: 
-la piccola Alice chiama abitualmente i genitori Mami e Papi. 
Personalmente a me non piace, fa tanto famiglia anni '50, ma anche scervellandomi 
non sono riuscita a trovare una traduzione affine x Mommy and Daddy, che invece trovo 
equilibratamente vezzosi e adorabili. Se avete qualche idea, fatevi avanti. Sono sempre in 
tempo a correggere.
-per quanto riguarda lo show, forse l'avrete capito, mi sono ispirata a Junior Masterchef, nella 
versione australiana, da cui ho preso in prestito anche i giudici. Quei bambini erano strepitosi, 
facevano paura e Ali me la immagino bene come una di loro. 
-gli gnudi sono un piatto toscano meraviglioso. Non so se esistano davvero alla Norma, 
ma non mi stupirei. Io ad ogni modo li ho fatti e non sono venuti male!
-l'amico di Harry Potter citato è ovviamente Seamus Finnigan.

 

 

NOTE FINALI: Sicuramente nella mia verbosissima introduzione ho dimenticato di sottolineare che il titolo di ogni capitolo sarà una citazione, più o meno fedele oppure più o meno rielaborata di un film famoso. Sono solo allusioni e non hanno intenti didascalici, ma spero che risultino comunque attinenti e comprensibili. In caso contrario, siete liberissime di farmelo notare.

Per quanto riguarda questo primo capitolo, la frase è tratta da : Quei Bravi Ragazzi, capolavoro assoluto di Martin Scorsese. E ringrazio i partecipanti al MovieQuiz Forum che mi hanno aiutata con i loro preziosisuggerimenti cinefili. <3

Dunque, altre considerazioni inutili: 

-la piccola Alice chiama abitualmente i genitori Mami e Papi. Personalmente a me non piace, fa tanto famiglia anni '50, ma anche scervellandomi non sono riuscita a trovare una traduzione affine x Mommy and Daddy, che invece trovo equilibratamente vezzosi e adorabili. Se avete qualche idea, fatevi avanti. Sono sempre in tempo a correggere.

-per quanto riguarda lo show, forse l'avrete capito, mi sono ispirata a Junior Masterchef, nella versione australiana, da cui ho preso in prestito anche i giudici. Quei bambini erano strepitosi, facevano paura e Ali me la immagino bene come una di loro. 

-gli gnudi sono un piatto toscano meraviglioso. Non so se esistano davvero alla Norma, ma non mi stupirei. Io ad ogni modo li ho fatti e non sono venuti male!

-l'amico di Harry Potter citato è ovviamente Seamus Finnigan.

 

E' tutto. Alla prossima.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** A JARED! ... CHE NON SA CUCINARE, MA CHE MI PIACE COSI' COM'E'! ***


 

 

 

A JARED! ... CHE NON SA CUCINARE, MA CHE MI PIACE COSI' COM'E'!

 

 

 -Allora, tesoro mio, come è andata?-

 

Constance ci accoglie allegramente nel nostro salotto, impaziente di conoscere le novità. Non è affatto strano trovarla a gironzolare per casa durante il giorno e questo non perché sia una madre esageratamente oppressiva. Soltanto una nonna molto premurosa e non mi dispiace per nulla. Per prima cosa, è una persona straordinaria con la quale ho instaurato un legame fortissimo sin da subito. E poi, cosa non meno rilevante, la sua presenza ha il vantaggio di lasciare a me e Jared un po' più di intimità e non è poco.

 

-Tutto benissimo, nonna!-  Alice si stringe nelle spalle, mostrando in questo modo tutta la sua innata sicurezza.  -Come mi aspettavo.-

 

Mi piacerebbe che ogni tanto fosse un pochino più modesta. Purtroppo quando le piace fare qualcosa, e disgraziatamente sa di essere pure brava, è come se indossasse i paraocchi. Non lo fa apposta. Il povero Mendel non era uno stupido: la genetica non mente!

Comunque non è che Alice abbia poi tutti i torti. Per lei il provino è stato davvero una passeggiata. I giudici erano piacevolmente stupiti di assaggiare un piatto del genere cucinato da una bambina della sua età.

La registrazione della prima puntata è programmata per il prossimo sabato e da lì in poi ce ne saranno una ogni giovedì e sabato, fino alla finale, sempre che il percorso di Alice prosegua fino in fondo. Probabilmente occuperanno qualche domenica per girare delle puntate in esterna.

Per me non è un problema, mi auguro solo che la nostra piccola si diverta. È l'unica cosa importante.

Al termine dei provini, i tre giudici e altri due tizi della produzione si sono avvicinati a me e a Jared per completare la scheda informativa di Alice, fornendoci gli ultimi moduli da compilare. Hanno scoperto solo in quel frangente che è figlia di Jared Leto ma ci hanno garantito che la produzione manterrà il più stretto riserbo sulla sua identità, assecondando in questo modo la nostra volontà.

Ovviamente, a Papi non sarà richiesto di intervenire in trasmissione. Sinceramente mi auguravo di non doverlo fare nemmeno io ma a quanto pare la presenza di qualche famigliare è la prassi per questo genere di show, soprattutto quando i partecipanti sono bambini. Penso che forse potremmo farci accompagnare da Constance. È così orgogliosa della sua nipotina. Sono certa che le farebbe piacere.

 

-Mami! … Tu cosa pensi che mi faranno fare la prossima volta?-

 

La osservo, ammirando la scena davanti ai miei occhi e faccio fatica a non sciogliermi per la dolcezza. Alice è aggrappata alla schiena di Jared, seduto a terra davanti al divano a strimpellare la chitarra, mentre la nonna, a gambe incrociate sul divano dietro di lei, le pettina i capelli con le dita per sistemarle i codini. Scommetto che ogni volta che compie quel gesto ripensa al suo Jared da piccolo. È inevitabile! Hanno gli stessi meravigliosi capelli, morbidi e setosi.

 

-Non lo so, tesoro! … Che ne diresti intanto se lunedì, dopo la scuola, noi ci facessimo un bel giretto al mercato ortofrutticolo di LaBrea? … Così, per scoprire qualcosa di nuovo …-

 

Alice molla istintivamente le spalle del padre a cui si stringeva fino a un attimo prima e batte le mani tutta contenta.

 

-Sì sì sì! Che bello! L'ultima volta dovevi mostrarmi tutti i banchetti con la frutta secca e tutta quell'altra roba etnica ma non abbiamo fatto in tempo! Ti ricordi?-  Esclama entusiasta.

 

Se gli regalassi l'ultimo modello di bambola o una qualsiasi altra diavoleria per ragazzine non la renderei certo più felice di così.

 

-Vieni anche tu, Papi?-

 

Jared, che aveva già posato a terra la chitarra per seguire la nostra conversazione più attentamente, prende in braccio la piccola adagiandosela sulle gambe.

 

-Lunedì? … Non credo di potere, Pasticcino mio …-  Le dice con tono di voce carezzevole.

 

L'ho sentito sfruttare lo stesso identico tono a suo piacimento troppe volte, da che lo conosco. Le uniche volte in cui so che è sincero è quando lo usa con la sua bambina.

 

-Mi piacerebbe tanto ma stiamo finendo un lavoro molto importante. Altrimenti, lo sai quanto vorrei trascorrere la giornata insieme a te. E alla mamma.-

 

Alice lo guarda seria e annuisce. Non mi aspetto che si metta a frignare e a implorarlo. Non lo farebbe mai. Ma sono sua madre e non ho bisogno che me lo dica espressamente per capire quanto possa sentirsi delusa in questo momento. La verità è soltanto una: Jared passa sempre meno tempo con lei, ultimamente.

E anche con me!

Si tratta solo del suo lavoro, su questo non ho alcun dubbio, e per quanto noi due possiamo essere la cosa più importante della sua vita, è il suo lavoro a farlo respirare. A consentirgli di essere ciò che è. L'uomo meraviglioso che amo. Il padre di mia figlia.

 

Li lascio giocare in salotto e mi rintano un po' in cucina a sbirciare nel frigorifero. Distratta dal programma televisivo di Alice mi sono persino scordata di fare la spesa e sarò costretta ad inventarmi qualcosa con quello che c'è. Sicuramente Alice si divertirebbe un mondo a darmi una mano, ma voglio che oggi si rilassi e non pensi a spentolare. Almeno per un po'.

 

-Sei arrabbiata con me, vero?-

 

Jared mi raggiunge dopo un paio di minuti appena e in fondo me lo aspettavo. Sapevo che non gli sarebbe sfuggito il mio disappunto. Anche se tento ancora di nasconderlo, non sono più brava come un tempo e Jared è diventato fin troppo bravo a leggermi dentro.

Mi avvicino a lui che è rimasto fermo a pochi passi dalla porta, quasi temesse una mia reazione scomposta. Invece mi limito ad abbracciarlo più forte che posso, perdendomi come ogni volta nel suo calore e nel suo profumo.

 

-Non sono arrabbiata.-  Sussurro stancamente.

 

Ed è la verità. Se mi arrabbiassi sul serio finiremmo a litigare e io non ho assolutamente voglia di sprecare il nostro tempo a litigare.

 

-Sono solo ... dispiaciuta. … Forse non lo da' a vedere ma Ali sente tanto la tua mancanza, quando non ci sei …-

 

Mi fissa con quei suoi occhi di puro cristallo e il cervello mi si annebbia istantaneamente. Ho sempre trovato inspiegabile come io possa continuare a respirare mentre lui mi guarda in questa maniera. Non è umano!

 

-… e non sto neanche a dirti quanto manchi a me!-

 

Altra verità. Anch'io ho bisogno di lui. Tanto quanto Alice.

 

Legge la sincerità nel mio sguardo quasi con imbarazzo, prima di esplodere in una fragorosa risata. Non è la prima volta che ride di me, lo stronzo, e certamente non sarà neanche l'ultima.

È così compiaciuto di avermi completamente in suo potere che mi faccio quasi schifo da sola, se penso a quanto possa essere diventata dipendente da un'altra persona. Ma la cosa più grave è che non mi schifo abbastanza da costringermi a rinunciarci.

 

-Ho un'idea! Perché domani non ce ne andiamo da qualche parte sulla costa? Soltanto noi due.-

 

Incastra quelle parole, appena soffiate, tra una scia rovente di piccoli baci che deposita lento sul mio collo.

 

-... Muoio dalla voglia di stare un po' da solo con te.-

 

Eccolo qui, signore e signori, Jared Leto! Una diabolica macchina da guerra perfettamente collaudata.

 

-E cosa ne facciamo di Ali?-  Domando, appellandomi all'esiguo barlume di lucidità che ancora mi è rimasto.

 

-Sono sicuro che mamma sarà felice di tenerla per una domenica! … E ti prometto che non appena avremo finito con gli arrangiamenti e le orchestrazioni mi dedicherò totalmente a lei.-

 

Altro bacio, languido e pieno di lussuria, a lambire l'incavo tra gola e mento.

 

-… Lo so che sono stato un po' distante ultimamente …-

 

Speravo con tutto il cuore che se ne rendesse conto e sono felice che malgrado tutto non abbia tradito le mie aspettative.

 

-… Tornerò ad essere un papà modello, vedrai! …-

 

-E quando mai lo sei stato?-   Lo freno, sgridandolo appena un po' e scansandolo con un buffetto, per stemperare un clima che a mio parere si sta facendo troppo serio.

 

Non voglio che si senta in colpa e non sarebbe neanche giusto.

E poi, sa anche lui che ovviamente non lo penso. È un padre meraviglioso e lo dimostra in ogni occasione, ma ogni tanto è divertente che sia io a provocarlo. Anche se la mia volontà dipende da lui ormai da parecchi anni, non mi sono mai consentita di unirmi alla schiera dei suoi adulatori e so che nel profondo me ne è grato.

 

-... Al massimo sei un papà e un modello!-

 

Mi zittisce con un bacio più aggressivo del solito. Fa sempre così quando si sente in difetto, chiamasi comunemente coda di paglia!

 

-Vuoi venire con me oppure no?-

 

Non rispondo subito, mi piace troppo vederlo sfrigolare. Quando è nervoso assume un'espressione tirata, quasi impenetrabile, se non fosse per le narici che fremono furiosamente e per quell'adorabile vena sotto la palpebra sinistra che pulsa frenetica. Poi però sono io a baciarlo. Delicatamente. Carezzandogli le labbra prima con le mie, seguite subito dopo dalla punta della lingua. Mordicchiandogli piano quei due meravigliosi lembi morbidi e caldi che gli adornano il viso.

 

-È un sì?-

 

Sorrido.

 

-Tu che dici?-

 

Mi sorride di rimando.  -Direi proprio che è un sì!-  E torna a stuzzicarmi il lobo destro e la porzione di collo sottostante.   -… Ho tanto bisogno di te, Rica!-

 

Mentre mi godo quella lentissima e sublime tortura mi interrogo scioccamente su che cosa abbia fatto per meritare una fortuna così sfacciata. Probabilmente in una vita precedente avrò sofferto le pene dell'inferno in qualche lager nazista. O sarò morta di stenti in una bidonville in uno degli angoli più remoti del pianeta. Qualcuno deve aver ben pensato che avessi diritto alla più grande delle ricompense. Non sono esperta di filosofie orientali ma devo riconoscere che il Karma è un'ottima cosa, dopotutto!

 

Le nostre affettuose coccole vengono purtroppo interrotte dal trillo insistente del mio cellulare. Di solito capita sempre ... nei film. Ma posso assicurare che qualche volta succede anche nella vita reale.

È Vicki! La moglie di Tomo, chitarrista della band nonché perno d'equilibrio tra i Leto e carissimo amico da almeno un secolo.

Jared si allontana sbuffando per l'interruzione e alza gli occhi al cielo imprecando volgarmente. L'ho già detto che è un bambinone? L'uomo che vive perennemente attaccato al suo diavolo di BlackBerry come se fosse un'appendice mancante del suo corpo ha persino il coraggio di innervosirsi se qualcuno osa chiamare la sottoscritta.

 

-Vicki! Come stai, tesoro?-

 

-Alla grande, Freddi! … Come andata Alice? Era oggi il grande giorno o sbaglio?-

 

La voce di Vicki è sempre allegra e squillante e ha il potere di metterti subito di buon umore. Tanto quanto quella di Tomo.

 

-A gonfie vele! … Più la vedo cucinare e più mi stupisco che sia anche figlia di Jay!-

 

Gli ridacchio in faccia spudoratamente, non è carino ma almeno non lo colpisco alle spalle.

 

-La fate finita di prendermi per il culo!-  Reagisce lui stizzito, bloccandomi con le braccia contro il ripiano della cucina.

 

Si becca una bella linguaccia da parte mia e una sonora risata da parte di Vicki, udibile anche a telefono distante.

Mi fa tanta tenerezza. Non riesce proprio a sopportare le critiche alle sue capacità culinarie. S'incazza perché è davvero convinto di essere bravo, a modo suo. Povero amore mio!

 

-… Comunque, non era solo per sfottere Jay che avevo chiamato …-   continua Vicki, riprendendo il filo del discorso,  -... domani Lukas e alcuni amici andranno a fare un giro a cavallo in un bel ranch, a nord di Pasadena. È un posto molto carino, ci siamo stati anche l'anno scorso. Insomma, Lukas voleva sapere se può venire anche Alice … se non avevate niente in programma.-

 

Guardo Jared che mi osserva con aria interrogativa aggrottando impaziente la fronte. Ovviamente non ha sentito una parola di quello che mi ha appena detto la nostra amica.

 

-Un attimo che glielo chiedo!-

 

Alice a cavallo con Lukas.

E io e lui, da soli, non importa dove.

Potrebbe essere un'occasione da non farsi sfuggire.

Gli faccio cenno di andare a chiamare nostra figlia e i due tornano indietro insieme dopo pochi secondi.

 

-Amore, domani Lukas va a cavallo con degli amici dalle parti di Pasadena e gli piacerebbe se ti unissi a loro. Ti andrebbe?-

 

Vedo gli occhi di mia figlia illuminarsi, accompagnando il suo bellissimo sorriso con ampi cenni affermativi della deliziosa testolina.

 

Lukas è figlio di Vicki e Tomo. Compirà dieci anni a breve e lui ed Alice, per forza di cose, sono cresciuti quasi come fratelli, instaurando un rapporto di solidarietà molto profondo. E poi hanno due caratteri opposti e complementari. Alice è esuberante ma allo stesso tempo riservata e molto razionale. Lukas è un timidone, propenso a lasciarsi trascinare più che a imporsi, ma sempre pronto a difendere i suoi affetti. Non potrei augurarmi un guardiaspalle migliore di lui per mia figlia.

 

-Direi che ne è entusiasta!-  Comunico infine a Vicki.  -Ci sarà anche qualche adulto, spero?-

 

-Tranquilla, cara, andremo anche io e Tomo! … E un altro paio di genitori. … Perché non venite anche tu e Jay? Vi farà bene svagarvi per un giorno.-

 

Torno a incrociare per un attimo lo sguardo del sopraccitato. È decisamente più scuro in volto e ne conosco perfettamente la ragione.

 

-No, grazie! Magari sarà per la prossima volta.-  Le rispondo, sorridendo contemporaneamente all'uomo che mi sta di fronte, incupito come un bambino privato per sempre della sua PlayStation.  -… Io e Jay abbiamo già dei progetti per domani!-

 

Vicki sogghigna diabolica non troppo silenziosamente nel mio orecchio. Ovviamente ha colto benissimo a che cosa mi sto riferendo.

 

-Afferrato! Vedete di non fare danni voi due!-

 

Non le rispondo nemmeno. Se non ci concedessimo un po' di danni ogni tanto sarebbe la fine.

 

-A che ora accompagno Alice da voi?-  Le chiedo, invece.

 

-Facciamo verso le nove! … Un bacione, Freddi. … E uno anche al pasticcione! A domani!-

 

Chiudo la telefonata e Alice mi salta immediatamente al collo per abbracciarmi.

 

-Che bello, Mami! … A cavallo con Lukas!-

 

Mi inginocchio alla sua altezza e la guardo fissa negli occhi.

 

-Io e papà non ci saremo, ma tu farai la brava, vero?-

 

Annuisce energicamente.

 

-E presterai ascolto a tutto quello che ti diranno zia Vicki e zio Tomo!-

 

Ancora un sì da parte sua.

 

-E non ti allontanerai mai da Lukas e dagli altri del gruppo!-

 

-Certo mamma!-

 

L'abbraccio. E mentre la stringo incrocio ancora una volta la faccia torva di Jared.

 

-Comunque, vedi anche di divertirti, piccola mia!-

 

Alice si stacca da me saltellando dalla gioia.

 

-E vai! … Grande! … Vado a dirlo subito alla nonna.-

 

E con la rapidità di un roadrunner corre di nuovo in salotto da Constance.

 

-Non mi piace Lukas!-  Afferma duro Jared non appena Alice lascia la stanza.

 

È immobile nella stessa posizione in cui l'ho lasciato, solo con le braccia saldamente incrociate sul petto, con fare quasi minaccioso.

Come avevo previsto, è proprio il piccolo Milicevic il problema.

 

-Jay, non dire cazzate! Intanto Lukas è un bambino adorabile. E poi è il figlio del tuo migliore amico. Come fai a sostenere che non ti piace?-

 

-Bene, forse come bambino è okay! …-  Continua, sempre sull'incazzoso moderatamente andante.   -… Diciamo che non gradisco il fatto che stia sempre appiccicato ad Ali. … La tratta come se fosse di sua proprietà.-

 

Stavolta sono io a scoppiargli a ridere in faccia. Giuro che non avrei voluto ma non so resistere. Eccolo qui, il padre geloso e possessivo! Come volevasi dimostrare.

 

-Che cazzo ti ridi? Tu e quella pazza di Vicki non sarete contente finché quello gnomo non ce la porterà via, vero?-

 

Mi avvicino, scuotendo la testa, senza smettere un attimo di ridere di lui. È così buffo. Gli sciolgo le braccia, avvolgendole nello stesso momento intorno a me. E gli prendo il viso tra le mani.

 

-Ti rendi conto che stai parlando di due bambini di otto e dieci anni?-

 

Uso un tono quasi da psicologa infantile. Con lui in questi casi funziona.

Ne ho messi a punto svariati nel corso di questi anni. Intransigente da sergente maggiore, complice da compagna di giochi, incoraggiante da predicatore spirituale, materno, autoritario, comprensivo, castigatore, seducente …

Con un uomo del suo genere era necessario. Per pura sopravvivenza.

 

-Non pensi di esagerare un pochino, eh?-

 

Appoggia la fronte sulla mia, sospirando per nulla convinto.

 

-Forse … ma quando succederà poi non dire che non te l'avevo detto!-

 

-Okay, mi considero avvertita.-

 

Alzo un po' il viso per sfiorargli leggermente le labbra.

 

-Allora, domani … io e te, soli soletti, sulla costa …-

 

E finalmente anche Jared torna a sorridermi!


***

 

 

NOTE FINALI: 
- finalmente viene introdotto il nome della protagonista, la sciagurata pseudo-Mrs Leto.
Si fa chiamare Freddi (soltanto Jared ha il privilegio di chiamarla Rica) perché il suo nome x esteso sarebbe Frederica. Sappiamo che è di origine italiana x parte di madre e, x il momento, poco altro.
Frederica non è un nome largamente diffuso ma non è comunque insolito nei paesi 
anglosassoni. In questo caso mi sono lasciata ispirare dal personaggio di un romanzo 
della Austen: Lady Susan.
- ovviamente, il piccolo Lukas non esiste, o perlomeno non ancora, e di certo non come 
l'ho descritto io. Adoro la coppia Tomo&Vicki e auguro loro tanti piccoli Milicevicinini! <3
- il titolo del capitolo è tratto, in questo caso, da: Il Diario di Bridget Jones. Ricordate tutti 
la scena della cena a base di zuppa blu, no? ... ecco, immaginatevi che cosa potrebbe 
combinarci un Jared Leto!

 

 

NOTE FINALI: 

- finalmente viene introdotto il nome della protagonista, la sciagurata pseudo-Mrs Leto. Si fa chiamare Freddi (soltanto Jared ha il privilegio di chiamarla Rica) perché il suo nome x esteso sarebbe Frederica. Sappiamo che è di origine italiana x parte di madre e, x il momento, poco altro. Frederica non è un nome largamente diffuso ma non è comunque insolito nei paesi anglosassoni. In questo caso mi sono lasciata ispirare dal personaggio di un romanzo della Austen: Lady Susan.

- ovviamente, il piccolo Lukas Milicevic non esiste, o perlomeno non ancora, e di certo non come l'ho descritto io. Adoro la coppia Tomo&Vicki e auguro loro tanti piccoli Milicevicinini! <3

- il titolo del capitolo è tratto, in questo caso, da: Il Diario di Bridget Jones. Ricordate tutti la scena della cena a base di zuppa blu, no? ... ecco, immaginatevi che cosa potrebbe combinarci un Jared Leto!

- un grazie a chi ha letto, seguito e recensito! XO

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** TREDICI IN UNA CUCCETTA PORTA MALE, BISOGNA CHE UNDICI SE NE VADANO! ***


 

 

 TREDICI IN UNA CUCCETTA PORTA MALE, BISOGNA CHE UNDICI SE NE VADANO!

 

 

 

-Allora ragazzi! Avete un'ora di tempo a partire da … adesso!-

Tim, il giudice con la faccia simpatica e paffutella, ha appena dato via alla gara. Oggi è un altro step importante, saranno selezionati i bambini finalisti che concorreranno alla vittoria finale. La prova consiste nella preparazione di un dolce che abbia come ingrediente base il cioccolato. Sono richieste abilità tecniche, precisione e una bella dose di creatività. Alice non poteva che esserne soddisfatta, i dolci sono il suo cavallo di battaglia da sempre. I partecipanti giunti fin qui sono stati divisi in due gruppi, dai quali verranno scelti i migliori. Ali è nel secondo gruppo, quello che è all'opera in questo momento.

 Dagli ingredienti che ha raccolto nella sua piccola sporta per la spesa ho riconosciuto al volo quale dolce intende cucinare.

-È una tortina al cioccolato … un po' speciale!-  La sento infatti rispondere a Jemma, la giudice che le ha appena domandato lumi sulla sua ricetta.

-Una tortina al cioccolato … tssee!-  Sbuffo, sorridendo tra me e me, seduta sulla piccola tribunetta allestita per i parenti.

Ma quale semplice tortina al cioccolato? Si tratta, in realtà, di una delicatissima frolla arricchita alle mandorle, con confettura di pere, pasta di cioccolato, e copertura di ganache fondente. Mmm … ho già l'acquolina ...

Nel cestino di Alice scorgo anche un brick di latte di mandorle, una bacca di vaniglia e l'amido di mais perciò presumo che vorrà fare anche il biancomangiare alla mandorla come accompagnamento. Suo padre lo adora e di conseguenza anche lei.

Ad ogni modo è una torta semplicemente deliziosa! Lo dice anche Tomo, e lui è un intenditore.

Intuisco che farà delle monoporzioni, in pratica delle tartellette, sicuramente per gestirsi meglio con il tempo a disposizione.

 

-Mi fa impressione vederla così!-

Constance è seduta al mio fianco e fissa la nipotina ad occhi spalancati.

-È così piccola! Eppure guardala … sembra già un'adulta. In tutto e per tutto somigliante a Jay alla sua età.-

Annuisco prendendola affettuosamente sotto braccio. Me lo immagino. Jared, da piccolo, deve essere stato uno spettacolo! Con quel suo piglio sempre fiero e deciso e gli occhioni da cucciolo di foca perennemente spalancati.

Oddio, non che da adulto non lo sia … uno spettacolo, intendo!

La gara prosegue rapidamente e senza intoppi ed Alice va spedita come un treno. Ha tutto sotto controllo, come sempre, e sinceramente ancora mi stupisco di come ci riesca. Nemmeno io, che ho ventisei anni più di lei e un tantino di esperienza in più, riesco ad essere così efficiente.

Prepara con cura la frolla con le mandorle tritate, la stende per bene negli stampi, spalmandoci sopra uno strato generoso di confettura di pere e almeno tre di dita di pasta di cacao arricchita da scorzette di agrumi candite. Mentre le inforna, si dedica alla preparazione del biancomangiare, unendo l'amido, lo zucchero e la vaniglia al latte di mandorla e facendo addensare il composto sul fuoco. Per occuparsi poi della ganache fondente, sciogliendo del finissimo cioccolato 80%.

Pronte la tortine, le fa raffreddare un minuto a temperatura ambiente e le ricopre per bene con la ganache. Ripone le tartellette nell'abbattitore per far solidificare la copertura, prima di servirle accompagnate da una morbida quenelle di crema alla mandorla. Il suo piatto da portata è ultimato. Ed è semplicemente da togliere il fiato per quanto sia perfetto.

Finalmente la prova si conclude e i giudici esaminano e assaggiano tutti i dolci. Alice è inclusa tra i concorrenti che passano alla fase successiva senza troppe complicazioni. Le facce di Tim, Jemma e Thomas, l'altro giudice, quello dall'aspetto più severo, erano piuttosto inequivocabili mentre assaporavano la tortina di mia figlia.

 

Ora siamo qui in attesa, in uno dei momenti morti della trasmissione. Do un'occhiata veloce agli altri genitori e parenti presenti in studio notando quanto siano tutti in fibrillazione per i loro figli. E tremendamente eccitati dalla situazione.

Tutti tranne Constance, disinvolta e naturale come al suo solito. È a dir poco ironico come la madre di quelle due pesti, che non passerebbero inosservate neanche nascoste sotto una maschera di carta pesta in una sfilata di carnevale, riesca a mantenere invece un così basso profilo. Pur essendo ugualmente una donna eccezionalmente bella!

-Questo posto è fantastico … ma dovrebbero installare almeno una macchinetta del caffè!-

Sono talmente intenta a studiare gli altri che non mi accorgo nemmeno del tizio che si è avvicinato e che ora mi sta parlando. È un uomo alto, sulla quarantina, abbronzato, occhi e capelli scuri come l'ebano. Mi sta sorridendo.

-Già! … Anche se per qualcuno di loro forse sarebbe meglio una camomilla.-   Replico, indicando un paio di adulti dietro le nostre spalle iperagitati.

-Mi chiamo Leo!-

Si presenta il tizio, porgendomi una mano che gli stringo prontamente. Lui cerca con lo sguardo l'altra mano, spiandola per un istante. E torna a sorridermi.

-Sono il padre di Adam.-

Faccio mente locale un attimo. Adam … Adam … ah, sì! È uno dei bambini del gruppo di Ali. Il suo vicino di postazione mi pare. Anzi, credo che fossero compagni anche nella sfida precedente.

-Io sono Frederica! La madre di Alice!-

Noto i suoi occhi posarsi su Constance, che si è momentaneamente alzata e allontanata di qualche passo per parlare al telefono.

-… E lei è la nonna di Alice.-

Mi guarda compiaciuto, anche se mi pare un po' intimidito. Se non mi conoscessi bene direi che il suo potrebbe sembrare un goffo tentativo di abbordaggio.

-Alice è davvero bravissima!-  Continua lo sconosciuto, cercando di intavolare una conversazione.  -Davvero ha soltanto otto anni?-

Annuisco.

-Beh … è fenomenale! Adam ne ha undici e a me sembra già un miracolo che riesca a districarsi tra pentole e padelle alla sua età. Certo che paragonato a tua figlia è praticamente un dilettante.-

Ridacchio sommessamente. Da brava mamma i complimenti rivolti alla mia bimba mi allargano il cuore, ma mi sono ritagliata il compito di farle mantenere i piedi per terra e non posso esimermi.

-Grazie Leo! … Ma ti prego, se dovesse capitare, non adularla troppo in sua presenza …-  lo imploro continuando a sorridergli per metterlo più a suo agio,  -… è dannatamente brava e purtroppo lo sa anche lei. Faccio una fatica immane per non farle montare troppo la testa.-

Mi strizza l'occhio, mormorando un 'Capito!' appena accennato. Nel frattempo appoggia una mano sopra la mia, che è a sua volta appoggiata su il mio ginocchio. Ahi ahi, Leo! Che cosa hai in mente?

Fissa la sua mano e poi, senza spostarla di un millimetro, si volta verso i bambini ancora radunati confusamente nello studio a parlare con i giudici e altri membri dello staff del programma.

-Credo che sia infinitamente più difficile per quelli come noi!-  Esclama sospirando ad un tratto. Con il tono disilluso di chi ne deve aver passate troppe e tutte insieme.

-Quelli come noi?-  Ripeto meccanicamente, non afferrando il senso preciso della sua affermazione.

Lui torna a guardarmi, ancora un po' intimidito.  -Noi … genitori single … ecco.-

Spalanco gli occhi istintivamente assumendo un'espressione da alienata. Era questo che cercava sulla mia mano sinistra? Una fede? Ma la mia titubanza lo spinge a continuare su quella strada.

-Dobbiamo far loro da padre e da madre. Sostenerli e prepararli alla vita nel modo migliore. Stimolarli e consolarli. … E per quante soddisfazioni possano darti … è così difficile alle volte. Stare dietro a tutto.-  Espira fuori l'aria dai polmoni come se solo il gesto potesse alleggerire il suo disagio.   -È così confortante ogni tanto poter incontrare qualcuno che capisce cosa provi. … Sarebbe carino avere l'opportunità di potersi conoscere meglio, non trovi?-

Cazzo, ma allora ci sta provando veramente! Non ci credo! Non so se scoppiare a ridere o fuggire via imbarazzata.

-Leo, mi dispiace tanto …-  mi decido a chiarire l'equivoco prima che degeneri,  -… tu sembri molto simpatico e, credimi, capisco molto bene il tuo discorso … ma io non sono affatto un genitore single!-

Una bella risposta diretta è sempre la cosa migliore.

-Ah!-

È tutto ciò che riesce a pronunciare, un'esclamazione per nulla convinta, prima di tornare a fissare la mia mano sinistra.

E adesso non riesco proprio ad evitare di ridere. Evidentemente il tipo non conosce ancora il significato della parola convivenza. Okay, ma da dove sbuca fuori? È arrivato dal 1955 a bordo di una DeLorean per caso?

-Se è una fede quello che stai cercando, ti anticipo che non la troverai! Io e il papà di Alice non siamo sposati ma siamo comunque una famiglia, da più di dieci anni.-  Puntualizzo, soprattutto per togliergli quell'espressione ebete e dubbiosa dalla faccia.

Cos'è? Pensa che lo stia prendendo in giro, forse? Che sia solo una scusa per rifiutare le sue avances?

Mi giro istintivamente verso Constance, che è ancora al telefono.

-La vedi quella donna stupenda? Lei è la nonna paterna! La madre del papà di Alice. Lui non è potuto venire perché il suo lavoro lo impegna molto, altrimenti sarebbe qui con noi ora!-

Mi guarda ancora un po' sorpreso. Mi era riuscito abbastanza simpatico ma ora sta cominciando a farmi innervosire.

-Ti basta come prova o vuoi che ti porti un paio delle sue mutande per convincerti?”

Finché Leo non abbassa gli occhi mortificato. E io improvvisamente mi sento in colpa. Forse ho un tantino esagerato, lo so! Sono stata un po' troppo drastica con lui. D'altra parte, poverino, era un tranello in cui sarebbe potuto cadere chiunque.

-Scusami! Non volevo aggredirti così.-

-No! Hai ragione tu. Sono io che mi devo scusare. Sono stato così superficiale. … Ho pensato che … beh, insomma … mi dispiace aver frainteso. Credimi, di solito non mi comporto in questo modo.-

Mi sembra davvero molto avvilito e non è il caso. Dopotutto non è successo niente di grave. Anzi. È stato piacevole per una volta essere oggetto di attenzioni da parte di qualcuno. Non sono mai stata una che fa girare la testa quando passa per strada. E di certo vivere con l'uomo che tutte le donne desiderano non ha mai contribuito a farmi sentire al centro dell'attenzione.

-Ehi! Non è successo nulla! … -  Lo tranquillizzo. Mi sembra un tipo apposto e probabilmente dovremo passare qui un bel po' di tempo. Sarebbe carino riuscire a farmi qualche amico.  -… Che ne dici se cancelliamo tutto e ricominciamo da capo?-  Gli tendo una mano, un sorriso sulle labbra.  -Ciao! Mi chiamo Freddi e sono la madre di quella deliziosa cricetina laggiù!-

 

***

 

NOTE FINALI: 
-il dolce al cioccolato descritto esiste davvero. Credo sia un dolce tradizionale pugliese e 
anche se non ne conosco la ricetta originale non penso di essermi allontanata di molto. 
Ho avuto la fortuna di assaggiarlo una volta ed è squisito! (... il biancomangiare non c'entrava nulla 
ovviamente!)
-citazione cinefila: la DeLorean era la macchina di Marty McFly in Ritorno al Futuro 
e il 1955 era l'anno in cui veniva  catapultato ... ma questo penso che lo sapevate già tutti!
-il titolo questa volta è tratto da A Qualcuno Piace Caldo di Billy Wilder, film che personalmente 
adoro alla follia e conosco a memoria. ... spoiler, e fosse comparso qualcuno di troppo?

 

 

 

NOTE FINALI: 

-come avrete notato, questo è un capitoletto Jared Free. Niente paura, il Capellone farà ritorno prestissimissimo!

-il dolce al cioccolato descritto esiste davvero. Credo sia un dolce tradizionale pugliese e anche se non ne conosco la ricetta originale non penso di essermi allontanata di molto. Ho avuto la fortuna di assaggiarlo una volta ed è squisito! (... il biancomangiare non c'entrava nulla ovviamente!)

-citazione cinefila: la DeLorean era la macchina di Marty McFly in Ritorno al Futuro e il 1955 era l'anno in cui veniva  catapultato ... ma questo penso che lo sapevate già tutti!

-il titolo questa volta è tratto da A Qualcuno Piace Caldo di Billy Wilder, film che personalmente adoro alla follia e conosco a memoria. ...

  (spoiler: è fosse comparso qualcuno di troppo a portare sfortuna?)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** TU E GLI ORCHI SIETE COME LE CIPOLLE ... TUTTI E TRE AVETE GLI STRATI ***


 

 

 

4: TU E GLI ORCHI SIETE COME LE CIPOLLE ... TUTTI E TRE AVETE GLI STRATI

 

 

 

 

E Jared fa tardi anche stasera!

Sono giorni ormai che non riesce a tornare a casa in tempo per dare la buonanotte ad Alice. I ragazzi si stanno dannando l'anima per finire di registrare l'album in tempo, evitando l'ennesima multa da parte della casa discografica con conseguente spettro di una nuova causa giudiziaria.

E lo capisco, giuro! Per la prima volta, dopo troppi anni, potrebbero godere veramente dei frutti del loro lavoro, tralasciando alcune di quelle trovate non proprio geniali che per qualche tempo gli hanno consentito di guadagnare qualche dollaro ma che in alcuni casi avevano rischiato di alienargli l'amore e il rispetto dei fans.

E lo so che non possono assolutamente fallire!

Solo mi pare che ultimamente la mia piccola stia mantenendo rapporti più affettuosi con chiunque, persino con il postino, piuttosto che con suo padre e vorrei che lui non abbia a pentirsene in futuro.

Mi sto rilassando da qualche minuto nella vasca da bagno, in tutta tranquillità. È uno dei pochi vizi che condivido con Jared. E non c'è niente di meglio per curare i dispiaceri, dopo una giornatina bella pesante come oggi.

Sveglia con annessa discussione con Jay, ormai immancabile, e questa volta l'argomento riguardava quanto successo ieri notte.

 

Sarà tornato a casa che erano le quattro passate ed infilandosi a letto si era accorto subito della presenza di Alice al mio fianco, così come del fatto che io fossi ancora sveglia.

-Perché è qui?-  Ha sussurrato piano al mio orecchio, per non svegliarla.

Lo so di non essere simpatica, ma in quel momento non mi è uscita una risposta meno acida di un:  -Perché? Ti disturba?-

In effetti è successo solo in rarissime occasioni che Ali abbia dormito insieme a noi, ma è la bambina stessa che non ne ha mai sentito l'esigenza. L'ho sempre sostenuto che è estremamente indipendente.

-Papi? … Sei tornato?-

Alla fine siamo riusciti a svegliarla ugualmente. Ha rialzato la testolina, stropicciandosi gli occhi assonnati per identificare meglio la figura alle mie spalle.

-Sì, Pasticcino! Scusa se ti ho svegliata! … Vuoi che ti riporti nel tuo letto?-

Ah, certo! Il padrone del maniero era tornato a reclamare il posto che gli spettava per diritto!

Sarà stato il poco sonno o il nervosismo che ormai mi fa compagnia da troppo tempo ma, forse per la prima volta, avrei preferito di gran lunga che fosse Jared a dormirsene da un'altra parte. Purtroppo Ali era già sgusciata fuori dalla trapunta e si dirigeva leggermente barcollante verso la porta. Poi, quasi arrivata a destinazione, si era fermata ritornando velocemente sui suoi passi e risalendo a carponi sul materasso, questa volta dal lato dove si era appena disteso suo padre, si era protesa verso di me.

-Ti fa' ancora male, Mami?-

Ho scrollato la testa, tranquillizzandola con un sorriso mentre le lasciavo un bacio sulla fronte.

-Okay … allora buonanotte! Buonanotte Papi!-

Ha schioccato un baciotto sulla guancia barbuta di Jay e, sbadigliando rumorosamente, si era dileguata nella sua cameretta. Jared mi aveva fissato perplesso per un secondo prima di seguirla per assicurarsi che, mezza addormentata com'era, non andasse a sbattere contro qualche spigolo.

Mi meraviglio ogni volta di quanto l'istinto paterno sia forte in lui.

Un minuto dopo era di nuovo in camera nostra, a braccia incrociate, appoggiato alla porta chiusa alle sue spalle. E mi guardava interrogativo.

-Ti decidi a spiegarmi che cosa è successo? Che cosa dovrebbe farti ancora male?-

Ho sbuffato girandomi su un fianco dandogli le spalle, tentando di minimizzare. E in realtà si era trattato davvero di una sciocchezza, solo che conoscendolo ne avrebbe piantato su una tragedia greca.

Ovviamente lui non avrebbe mollato il colpo facilmente. Infatti si era sdraiato nuovamente dietro di me e continuava a borbottare a bassa voce e, Dio Santo, se sapeva essere fastidioso!

-E va bene! … Sono caduta sulle scale oggi pomeriggio! Basta che la pianti!-

-Come sei caduta? … Hai sbattuto da qualche parte? Ti ha visitata un medico? … Cristo Santo, Rica! È possibile che tu debba farti sempre male? Sembra quasi che ti ci diverti!-

Eccola lì, la scenata prevista! Che poi non è assolutamente vero che io sia tanto soggetta a questi piccoli incidenti. Sono un po' imbranata questo è vero, ma lui è oggettivamente troppo premuroso!

-Oddio! Non fare il melodrammatico come al tuo solito! … Ho avuto un minuscolo calo di pressione mentre scendevo al piano di sotto e ho mancato un gradino. Tutto qua! … Non mi sono rotta niente e non ho lividi. Ho preso solo una bella botta al sedere. … Ali si è preoccupata perché era di fronte a me e mi ha vista cadere. Forse si è un po' spaventata. Per questo si è addormentata qui con me. Non voleva che rimanessi da sola per tutta la notte.-

-Rica, lo sai che ...-

L'ho interrotto prima che mi ripetesse la solita solfa sul fatto che preferirebbe anche lui stare insieme a noi e che questo è un momento delicato per tutti. Anche perché come avrei potuto contestarlo?

-Lo so, Jay! … Dai, mettiamoci a dormire. È tardissimo!-

Lui si era accoccolato contro di me, aderendo perfettamente alla mia schiena, accarezzandomi dolcemente. Finché una mano non gli era scivolata su una mia natica.

-Sei proprio sicura di non volere un massaggino?-

 

Ero convinta di averlo rassicurato a dovere stanotte ma a quanto pare non è stato sufficiente perché questa mattina si è impuntato che io rimanessi in casa a riposare, anzi meglio, ha insistito perché mi faccia vedere da un dottore perché i miei cali di pressione non gli piaccciono per nulla. Logicamente ci ho messo solo pochi secondi per mandarlo al diavolo. Con tutto quello che ho da fare, figuriamoci se mi metto ad atteggiarmi ad una di quelle svenevoli signorine da romanzetto d'appendice, sempre con il fazzolettino ricamato in mano e il ventaglio di piume!

Per non smentirmi, infatti, ho trascorso la mattinata alla spasmodica ricerca nei negozi di bricolage per trovare una diavolo di tinta all'acqua che non puzzi terribilmente per ripitturare la stanza di Ali, che dopo la sua parentesi color lavanda ha deciso di entrare nella fase giallo avocado.

Poi, a pranzo da Constance, con i suoi spaghettini di riso all'orientale, che sapevano di tutto tranne che di cibo.

Infine, a conclusione della splendida giornata, la registrazione del programma e il bizzarro episodio con il padre del piccolo Adam.

Eh già! Penso di meritarmela proprio una bella mezz'ora a mollo, tra sali profumati e bolle di sapone al muschio bianco. Luce soffusa. Niente candele. Le ho sempre odiate. Troppo eccessive per i miei gusti.

Mi torna alla memoria la teoria di un mio vecchio professore di filosofia che era solito associare le abluzioni al pensiero filosofico e secondo il quale doccia e bagno rispecchiavano rispettivamente lo stoico e l'epicureo. Gli stoici, pragmatici e concreti, avrebbero naturalmente prediletto la rapidità e l'efficienza di una doccia, che consentiva loro di risparmiare tempo da destinare alle attività lavorative. Mentre gli epicurei, dediti al piacere del corpo e della mente, sarebbe stati più inclini invece ad un bel bagno, regalandosi quei lunghi momenti di intimità con se stessi per stimolare i propri pensieri.

Ah, se fossi fedele a questa teoria potrei considerarmi decisamente un'epicurea! E anche Jay!

Immersa nel vapore e nei vecchi ricordi mi accorgo della presenza di Jared nella stanza da bagno soltanto quando lo vedo sedersi fiaccamente sul bordo della vasca.

-Ti sei addormentata?-  Mi domanda sottovoce.

Scuoto la testa aprendo appena gli occhi e gli sorrido. È un gesto involontario, che non giustifico pienamente con me stessa perché in realtà vorrei mandarlo un po' a cagare in questo momento. Purtroppo fatico tuttora a controllare ogni minimo muscolo del mio corpo quando lo guardo.

-Non pensavo di fare così tardi anche stasera.-   Continua lui imperterrito, infilando una mano nell'acqua calda ormai quasi priva di schiuma e accarezzandomi lentamente una gamba. Dal ginocchio in giù, e poi ritorno, sempre un po' più in alto, lungo l'interno coscia. Sta aspettando una mia reazione fisica e sa benissimo che non tarderà ad arrivare.   -Sono appena passato in camera di Ali. Sta dormendo come un angioletto!-

-Che ti aspettavi, a quest'ora?-

-Rica, ti prego! Sono stanco … non ho voglia di litigare.-

Si alza dalla vasca cominciando a spogliarsi completamente e io non posso far altro che imbambolarmi a guardarlo a bocca aperta. Sta per entrare nella vasca insieme a me e qualcosa nella mia testa sbraita che se fossi davvero in collera con lui dovrei fermarlo. Ma non ci riesco! Non voglio!

-Dai, amore, fammi spazio!-

Mi sposto leggermente dal bordo per consentirgli di accomodarsi alle mie spalle. Fortunatamente è una vasca dalle dimensioni notevoli, viste le nostre abitudini per noi era decisamente necessaria. Mi appoggio sul suo petto caldo, mentre mi solletica le braccia baciandomi ogni tanto i capelli umidi.

-Facciamo l'amore …-

Non è una richiesta, la sua. Né un'imposizione. Piuttosto un'implorazione. Per sentirmi vicina, per rassicurarlo che ci sono e ci sarò per sempre. Mi fa comprendere quanto abbia bisogno di me, solo con questa fragile inflessione nel tono della voce. Indifeso contro il peso del mondo che può rischiare di schiacciarlo, ma ci sono io con lui, a proteggerlo.

Gli rispondo solo con un impercettibile cenno di assenso del capo. Come ho già detto, non ho la minima intenzione di fare resistenza. Non interrompendo la delicata scia di morbidi baci lungo la linea del mio viso e del collo, fa scivolare le mani fino ad intrecciare le sue dita alle mie, sollevandole gocciolanti davanti a noi e, per ironia della sorte, l'occhio mi cade proprio sulle nostre mani sinistre congiunte. Ripenso inevitabilmente alle parole di Leo di questo pomeriggio e mi scappa un sorriso involontario.

-Che c'è di divertente?-

Mi giro lentamente sedendomi a cavalcioni su di lui, cercando contemporaneamente di far schizzare meno acqua possibile. E rimango per un istante incatenata ai suoi occhi. Sempre quel sorriso sulle labbra. Si avvicina alla mia bocca sostenendomi la schiena con entrambe le mani, ma io lo blocco riadagiandomi sul suo petto.

-Ci crederesti se ti dicessi che un bell'uomo ci ha provato con me, oggi?-  Gli domando, ancora divertita.

Jay però non ride. Mi afferra il viso tra le mani, stringendolo appena un po' più forte del lecito, e mi fissa sbigottito, congelandosi in quella posizione per un paio di lunghissimi secondi.

-Chi è questo pezzo di merda? … E tu, come lo conosci? … Dove è successo?-  Sbrocca infine, duro e tagliente.

La vena sotto l'occhio ricomincia a martellare indiavolata, anche se la sua voce sembra priva di furia. L'ho visto geloso poche volte, ma più che gelosia vera e propria l'ho sempre considerata una forma, dolce e a suo modo tenera, di possessivismo. La mostrava raramente in passato ma ogni tanto capitava. Soprattutto agli inizi della nostra storia, quando ingenuamente credevo fosse più saggio mantenere una certa distanza tra noi, alimentata da parte mia da una patetica finta indifferenza nei suoi confronti. Inutilmente, ovvio! Nemmeno lui ci ha impiegato molto a capire che con me il gioco sarebbe stato fin troppo facile. E che lo è tuttora.

Sa che lo amo. Sa che gli appartengo.

Ed è completamente fuori da ogni logica per me anche solo l'idea di provare un briciolo d'attrazione per un altro uomo perché finirei inevitabilmente per paragonarlo a lui. E il poveraccio non potrebbe che uscirne distrutto dal confronto.

È imbarazzante, sono messa talmente male che mi faccio quasi pena da sola!

Comunque, decido di raccontargli la conversazione intrattenuta con Leo con leggerezza. Un piccolo aneddoto divertente causato da un banale fraintendimento. Solo che per quanto mi impegni Jared non riesce a vedere il lato comico della cosa, ma afferra con decisione la mia mano sinistra e la fissa assorto.

-Perché non vuoi sposarmi?-

E ci risiamo! Avrei dovuto prevedere che sarebbe riscappato fuori l'argomento. Sono anni che mi chiede di sposarlo, quasi a cadenza regolare, da che è nata Alice. E sono altrettanti anni che mi impegno al massimo per fargli entrare in quella zucca le ragioni del mio rifiuto. Non solo entrambi non crediamo ciecamente nel rito stesso del matrimonio e anzi detestiamo, soprattutto io lo ammetto, qualunque tipo di cerimonia formale, ma di certo non abbiamo bisogno di un atto pubblico per suggellare la nostra famiglia.

Perché lo fanno tutti ed è logico che sia così? Come se fosse scontato.

Dovrei ricordargli tutto questo anche ora ma non me la sento. È tardi e sinceramente non ho voglia nemmeno io di ricominciare a discuterne. Perciò mi riavvicino a lui e mi approprio delle sue labbra. Gustandomele con calma, a lungo. So esattamente dove siamo diretti ma in questo istante, quando i nostri respiri si confondono appena e il nostro calore si uniforma, plasmandoci in un equilibrio perfetto, mi accorgo di quanto meravigliosa sia la mia vita. Malgrado sia ancora un po' confuso Jared non perde l'occasione di approfondire il bacio, stringendomi con vigore per aiutarsi nell'opera di convincimento alla quale la sua lingua si sta dedicando alacremente.

-Mi ameresti di più se ti sposassi?-  Gli chiedo, con un filo di voce, dopo esserci separati giusto il tempo necessario per rifiatare.

-È impossibile che io ti ami più di così!-  Espira carezzevole e so che è sincero.

Gli sorrido beata, dando una rapida occhiata alla porta chiusa del bagno e faccio sigillare le ante scorrevoli della vasca, in modo da ricreare un piccolo angolo di paradiso nascosto, solo per noi due.

-Pensi che io ti amerei di più se fossimo sposati?-

Jared scuote solo la testa, senza parlare. Avverto, là sotto, che è già notevolmente su di giri e fatica a rimanere lucido. È una costante, quando è eccitato perde la bussola in un attimo.

Torno a baciarlo con maggiore foga, accarezzando la sua pelle scivolosa d'acqua e bagnoschiuma ovunque mi sia possibile. Puntellandomi con le ginocchia al fondo della vasca, faccio leva su di esse e comincio a muovermi sopra di lui, su e giù, lentamente. Jared mi asseconda, ricambiando i miei tocchi delicati con altri decisamente più roventi e audaci, seguendo i miei ritmi per poi cambiare bruscamente e, afferrati i miei fianchi con esigenza, cominciare ad impartire i suoi, sempre più veloci e frenetici.

Ad un occhio esterno potrebbero sembrare dei gesti monotoni ormai, dettati dalla routine. Ripetuti talmente tante volte nell'arco di questi anni. Tempo fa m'interrogavo anch'io su come fosse possibile provare lo stesso devastante desiderio per una persona anche dopo anni di convivenza. Ero portata a credere che si trattasse il più delle volte di affetto, combinato ad un naturale bisogno di adattamento l'uno all'altro. Eppure non è così, e l'ho scoperto. Lo so che suonerà un po' banale ma quando ami profondamente qualcuno, il sesso smette di essere un mero gesto meccanico dettato dall'istinto. Anche quando magari, poco romanticamente, lo è. Quando siete entrambi stanchi e vorreste solo dormire ma fate l'amore ugualmente perché sapete che il giorno dopo non potrete rivedervi. Oppure quando vi rinchiudete insieme in un bagno, dopo aver litigato o perché uno dei due ha avuto una pessima giornata e una sveltina contro il muro è il modo più efficace per riportare ad entrambi il buonumore. Smette di essere un bisogno fisico e diventa vitale.

E se dopo dieci anni l'amore che provi non ha perso nemmeno un briciolo di questa intensità allora vuol dire solo una cosa: sei fregata per la vita!

Veniamo quasi all'unisono, soffocando a vicenda i nostri gemiti per non farci sentire. Ali dorme, ma non si sa mai. Ormai abbiamo imparato a farlo in silenzio, quando lei è in casa. Crollo nuovamente sul suo petto mentre Jay mi stringe ancora a sé, coccolandomi e riempiendomi di piccoli e dolci baci. L'acqua della vasca si è raffreddata ormai ma siamo ancora troppo infuocati per accorgercene. Per noi è ancora bollente. Proprio come noi due.

-Rica … lo so anch'io che non abbiamo bisogno di un matrimonio per esprimere quello che ci lega l'uno all'altra …-  sussurra, soffiando appena le parole sulla pelle del mio viso, umido e accaldato,  -… ma mi fa impazzire il fatto che uno stronzo qualunque possa provarci con te perché ti crede disponibile. Sei la mia donna, ma alle volte sembra quasi che conduciamo due vite separate, se non fosse per Ali. Perché non vuoi che tutti sappiano che sei … mia?-

Potrebbe apparire un atteggiamento un po' antiquato e maschilista, ma è così tenero pronunciato da lui. Persino chi lo conosce meglio sarebbe stupito nel sentirlo parlare così. E a me, nonostante tutto, la sua possessività piace, devo ammetterlo. Ha bisogno di continue dimostrazioni d'amore perché ha paura. In fondo al suo cuore è ancora un povero bimbo abbandonato.

-Ma io sono tua!-  Puntualizzo sentendolo sbuffare insoddisfatto.   -Potrei andarmene in giro con un cartello sulla fronte con su scritto “Proprietà Privata”! Che ne dici?-

La butto sullo scherzo e Jared sta al gioco. E finalmente ride. Cazzo! Vederlo ridere è l'ottava meraviglia del mondo. Ma anche la nona, decima, centesima, milionesima …

-Carino! … Però forse una fede al dito sarebbe meno vistosa. Non credi?-

Alzo semplicemente le spalle, riaccoccolandomi sul suo petto, completamente rilassata.

-Ci penserò!-

Non riesco a vedere la sua faccia ma mi accorgo lo stesso che sta sorridendo compiaciuto.

-Mi basta. … Per ora.-

È la prima volta che la mia risposta non è un no secco e deciso!

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- l'associazione filosofica citata è tratta da un vecchissimo film di L. De Crescenzo 
(Così Parlò Bellavista)
- capitolo disseminato di piccoli ed inutili pareri personali, sia sul carattere e le motivazioni 
di Jared, che su alcune scelte "reali" ed attuali della band. Non voglio entrare in polemica 
con nessuno ma ritengo che, x quanto sia giusto e sacrosanto manifestare il proprio dissenso, 
ogni tanto si abbia la tendenza ad esagerare. (In poche parole, a mio parere ci scandalizziamo 
x i costi elevati dei concerti o del merchandising o x le "insostenibili" televendite di Jay su Vyrt, 
ma io sono portata a pensare che al momento quella sia davvero l'unica fonte di guadagno x la 
band. Sarò ingenua?)
-il titolo è, ovviamente, ispirato a Shrek. Jared è un orco semplicemente adorabile!

 

NOTE FINALI: 

- l'associazione filosofica citata non è farina del mio sacco ma è tratta da un vecchissimo film di L. De Crescenzo (Così Parlò Bellavista)

- capitolo disseminato di piccoli ed inutili pareri personali, sia sul carattere e le motivazioni di Jared, che su alcune scelte "reali" ed attuali della band. Non voglio entrare in polemica con nessuno ma ritengo che, x quanto sia giusto e sacrosanto manifestare il proprio dissenso, ogni tanto si abbia la tendenza ad esagerare. (In poche parole, a mio parere ci scandalizziamo x i costi elevati dei concerti o del merchandising o x le "insostenibili" televendite di Jay su Vyrt, ma io sono portata a pensare che al momento quella sia davvero l'unica fonte di guadagno x la band. Sarò ingenua?)

-il titolo è, ovviamente, ispirato a Shrek. L'orco verde e la sua bella orchessa Fiona sono per me un modello di famiglia a tratti insuperabile!

-come al solito, ringrazio chi ha la pazienza di leggere e questa volta in particolare Sayuri_remenissions per le sue accurate osservazioni. :-]

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** QUESTA SERA MANGIO PESCE! ***


 

 

5: QUESTA SERA MANGIO PESCE!

 

 

 

-Papà, sono proprio una schiappa! Hai visto che figuraccia mi ha fatto fare Alice?-

Dopo aver drammaticamente perso la sfida di abilità nel pesare ad occhio un chilo di piselli sbucciati, Adam sta piagnucolando con suo padre come un ragazzino. Oddio, e in effetti lo sarebbe pure! Però devo riconoscere di sentirmi dispiaciuta per lui.

Adam è un bambino molto grazioso anche se sembra in effetti più piccolo della sua età. Capelli neri e ricci come quelli di suo padre, i tratti del viso aggraziati, pelle candida e un bel paio di occhi di una particolarissima tonalità di blu tendente al viola.

Ho notato subito dello sguardo compassionevole che gli sta riservando Ali e la pena nei confronti del morettino aumenta ancora di più. È già da qualche giorno ormai che mi sono accorta di quanto preferirebbe fare colpo su mia figlia, malgrado gli anni che li separano, piuttosto che suscitarle pietà. Mi sa tanto che ha una mezza cottarella per lei e la cosa non mi stupisce un granché. Ne seppellirà a centinaia di cuori, mia figlia.

Leo, peraltro visibilmente a disagio, prova in ogni modo a rincuorarlo senza successo. E provo un po' di pena anche per lui. Di certo il padre non si è reso conto dell'ingenuo interesse del figlio per la mia bambina. Dovrà patire non poco quando Adam varcherà l'età dell'adolescenza e Leo non mi sembra per niente preparato ad un trauma del genere.

-Ascoltami Adam!-  Mi accosto al bambino con fare amichevole e la chiara intenzione di risollevargli il morale.   -Che ne diresti, sempre se il tuo papà è d'accordo, di venire a casa nostra un pomeriggio di questi? Potremmo cucinare un po', tutti insieme. Tu, Alice, tuo padre ed io. Sarà divertente! Ti piacerebbe?-

Il bambino pare calmarsi e rivolge uno sguardo speranzoso verso suo padre, il quale gli risponde immediatamente con un cenno affermativo del capo. Chissà perché non avevo il minimo dubbio che Leo avrebbe accettato!

Nelle ultime settimane abbiamo legato parecchio e tra noi sta nascendo una piacevole amicizia, soprattutto a seguito della conversazione che abbiamo avuto un paio di domeniche fa, durante la giornata trascorsa in compagnia dei bambini a Marine Cove, per registrare una esterna dello show.

 

Era il giorno della gara di frittura di pesce.

I concorrenti erano stati divisi in due squadre e si erano sfidati a chi preparasse la frittura più croccante, gustosa e originale. Ad insindacabile giudizio di un gruppo scelto di pescatori del porto di Marine.

E quel giorno capitò che Leo mi raccontasse la sua storia.

Il suo vero nome è Leonardo, in realtà. Non è di origine italiana, come me. È proprio italiano, al 100%. Trasferitosi negli Stati Uniti subito dopo il liceo, come tanti prima di lui, in cerca di opportunità. Prima a New York, classica gavetta come cameriere nei ristoranti. Poi, qui in California, dove con il tempo ha potuto realizzare il suo sogno di diventare imprenditore edile. Nello specifico, acquista vecchi immobili abbandonati o semplicemente malandati, li ristruttura riportandoli al loro antico splendore e li rivende. Io non vado propriamente pazza per l'architettura contemporanea ma Leo ha avuto occasione di mostrarmi qualche suo progetto e devo ammettere che mi sembra piuttosto bravo.

Se la sua vita professionale è stata, alla fine, un successo, lo stesso non si può dire per quella personale. Ha conosciuto sua moglie ad una fiera del design. Lei era una hostess, una di quelle modelle che le agenzie mettono a disposizione come standiste, una bellissima russa di Vladivostok poco più che ventenne. Come nel più classico dei colpi di fulmine, si erano lasciati abbindolare entrambi: Leo dalla sua notevole avvenenza, lei dalle sue brillanti prospettive di carriera. Adam era arrivato subito dopo, ovviamente troppo presto. Ma siccome Leo è un uomo vecchio stampo, e questo avevo avuto modo di notarlo anch'io sin da subito, e la russa avrebbe dovuto volente o nolente abbandonare il suo lavoro, si erano sposati senza perdere tempo. Soltanto tre mesi dopo essersi conosciuti. Da quello che ho capito però lui doveva esserne molto innamorato all'epoca. Probabilmente lo è ancora. Mi è capitato di notare altre volte, negli anni, l'effetto devastante che quel tipo di donna può avere su un uomo.

La moglie, comunque, si era resa conto in fretta che quello non fosse affatto il tipo di vita che aveva sempre desiderato. Perciò aveva piantato il marito di punto in bianco, tornandosene alla sua vita da modella. Senza farsi mai più vedere.

Adam aveva solo sei mesi all'epoca. E da quel momento era davvero toccato a Leo tutto il lavoro sporco. Un neonato da crescere, da solo, lontano dalla famiglia, con una professione da mandare avanti ad ogni costo.

Sono molto ammirata dalla sua abnegazione e un po' mi vergogno di me stessa per tutte le volte in cui mi lamento di ogni piccola stronzata. Sono una donna sfacciatamente fortunata e non potrei mai essere sufficientemente riconoscente.

-Freddi? Ti dispiace se ti confesso una cosa?-  Mi aveva rivelato Leo, proprio quel giorno a Marine Cove.

-Dimmi tutto!-

-Forse non dovrei intromettermi ma … credo di aver intuito chi sia il padre di Alice.-

Mi limitai a fissarlo ad occhi spalancati. C'era una sorta di tacito accordo tra noi, che non avremmo mai trattato l'argomento “papà di Alice”. Non era necessario. Anche perché, dentro di me, dubitavo fortemente che un tipo come Leo avrebbe mai potuto associare Ali a Jared.

-Sssìì?-  Domandai tentando di rimanere il più possibile neutrale, almeno nella voce. Il mio cervello stava già andando in paranoia, purtroppo.

Lui invece mi sorrise debolmente. Ero certa che non avesse intenzione di indispormi. O peggio.

-Non sono un maniaco, Freddi! Né una spia dei rotocalchi! Tranquilla! … Ma un paio di giorni fa ero a cena da un mio amico. Ha una figlia poco più che adolescente, innamorata pazza di … Jared Leto …-   quel nome lo bisbigliò appena. E fece un buffo cenno con le dita, come a sottintendere 'Bocca cucita',   -… beh, la sua camera è totalmente tappezzata di foto sue e della sua band … da far paura, giuro! … Però ce ne era anche una di lui da piccolo e francamente è impossibile non notare la somiglianza con Alice.-

Annuii convenendo con lui. Fregati come dilettanti. Come fare a nasconderla se è la sua fotocopia vivente?

-... Allora ho ricollegato un paio di cose. Gli impegni di lavoro. Il fatto che non lo nominiate praticamente mai. E poi la presenza scenica di Alice non passa inosservata. … Insomma, ci ho preso?-

A quel punto era quasi inutile negarlo. Non so perché ma istintivamente mi fidai di lui.

-Sì! È il papà di Ali!-  Risposi, soffiando l'aria dai polmoni, come a togliermi un peso dal cuore.

-E il tuo compagno!-  Dedusse automaticamente senza ulteriori richieste di conferma.

Anche perché la risposta era del tutto evidente ormai, persino per lui. Aveva avuto perlomeno il tatto di non definirlo 'marito'.

-Già! … Posso contare sul fatto che questa cosa rimarrà tra di noi? Alice ci tiene che non si sappia in giro.-

Lui annuì e capii dal suo sguardo che aveva afferrato al volo la situazione e che non ci avrebbe tradito.

-Puoi contarci!-

E finora è stato di parola.

 

Quando ho raccontato a Jared l'episodio l'ho visto trattenersi a stento per non rischiare di esplodere. Lui invece, anche se il più delle volte lo maschera di fronte agli altri, è sempre stato diffidente verso chi non conosce, e lo posso ben capire con il tipo di vita a cui è sottoposto, le pressioni del suo business, il peso dei media, l'ipocrisia geneticamente connaturata con il suo mondo. Fa presto a convincersi che la gente voglia solo fregarlo il più delle volte o che abbia comunque almeno un secondo fine.

E, ovviamente, non può evitare di pensarlo anche di Leo.

Persino Adam lo infastidisce. Un altro insulso ragazzino ad insidiare la sua piccola. Già fatica a sopportare Lukas, a cui comunque vuole un gran bene, figuriamoci il figlio di un estraneo che gli sta sulle palle.

Si è messo in testa che dato che ormai Leo conosce la verità vuole assolutamente incontrarlo di persona. Mi auguro che non voglia terrorizzarlo, è uno dei pochi con cui ho stretto amicizia allo show. E anche se Leo è fisicamente più prestante di Jay, quest'ultimo riesce ad essere molto minaccioso quando ci si mette d'impegno.

Quindi, in definitiva, penso che sarà contento della mia decisione di invitarli a casa, uno di questi giorni.

Non so se aspettarmi più una scazzottata stile Rocky vs. Ivan Drago, con tanto di machissimo “Ti spiezzo in due”, oppure un ben più efficace ed elegante duello con spade laser … ci sarà da divertirsi!

 

Io e Ali facciamo appena in tempo a varcare il cancello del nostro giardino quando ci accorgiamo di Rob venirci allegramente incontro e mia figlia puntualmente gli corre in braccio, tutta felice. Adora il suo zietto. L'ennesimo. È la nipotina più coccolata del pianeta ma per fortuna unicamente in senso positivo, almeno per il momento. È nata da due genitori probabilmente tra i più introversi che potesse avere eppure ha un carattere aperto ed espansivo, si fa ben volere da tutti ed è portata a voler bene alle persone. Un sillogismo quasi perfetto.

Lo abbraccio forte anch'io e rimaniamo per un istante così, tutti e tre incastrati in uno strano ma caldo groviglio di braccia.

-Quando sei arrivato?-  Gli domando, scompigliandogli i capelli. Cosa che lo fa incazzare non poco. Tale e quale al suo fratellastro.

-Soltanto un paio d'ore fa!-

Fa scendere delicatamente Alice che si appresta con il suo solito passo trotterellante dentro casa mentre lui torna ad abbracciarmi stretta.

-Mi sei mancata, Freddi.-

Voglio un bene immenso a quest'uomo.

Robert.

Babu per il resto della tribù.

Rob per me.

È come un fratello anche per me. Da più di dieci anni ormai. È stato il primo Leto con cui ho legato. Anche se lui un Leto non lo è. Non ufficialmente.

-Anche tu! … Di' un po', sei venuto a fare danni sulla West Coast?-

Già! Perché Rob è un bravissimo ragazzo, gentile, intelligente e riflessivo. Ma quando si tratta di divertirsi è un Leto fatto e finito. Anche peggio di Shannon alle volte.

-Può darsi. Forse entrerò in affari con un mio amico qui a L.A.-  Mi comunica, stringendosi nelle spalle poco convinto.  -Vuole aprire una specie di locale, con musica live. Non un club esclusivo. Qui ce ne sono fin troppi. Magari qualcosa che assomigli più ad un pub in stile europeo, dove i ragazzi possano scatenarsi con la musica, se lo vogliono, oppure starsene in pace per i fatti loro ad ascoltare e a farsi una pinta. … Tu che ne dici?-

L'idea non è certo originale ma mi sembra carina. Una delle meno strampalate che gli abbia mai sentito tirare fuori, in effetti. Ho sempre trovato i progetti di Rob un po' campati in aria. Inizia mille cose e non finisce mai una, anche se avrà sempre e comunque il pieno sostegno da parte mia.

-Mi sembra una bella idea! … Provaci! Almeno ti vedremo più spesso.-

Percorriamo a braccetto il perimetro della casa per andarci a sedere comodamente su uno dei lettini a bordo piscina. Quando ci vediamo proviamo a ritagliarci sempre un paio di minuti per fare due chiacchiere tra noi, come ai vecchi tempi. Ho avuto sin dalla prima volta l'impressione che Rob soffra leggermente le personalità di Jared e Shan, per quanto si vogliano bene e siano sinceramente legati. Come se nutrisse tuttora una sorta di timore reverenziale nei loro confronti. Atteggiamento tipico da fratellino minore, anche se sarebbe ora che cominci a farci l'abitudine.

-Jay è in casa? Immagino vi siate già visti!-  Gli domando dopo un po' di convenevoli sulla sua salute e sulle sue ultime conquiste.

Rob annuisce distrattamente ma lo vedo un po' sulle spine e non ne capisco il motivo.

-Sì! È dentro. Sta parlando con Emma e Katrine.-

Ah, ecco qual è il problema!

La perfida Katrine!

Katrine la Strega! …

E Rob sa benissimo quanto quella donna mi indisponga.

Una virago alta, mora e implacabile. Un passato nelle pubbliche relazioni e in pubblicità, poi riciclatasi come agente cinematografico. Jared è uno dei suoi clienti più importanti. Senz'altro quello a cui sta più addosso.

E, comunque, che diavolo ci fa in casa nostra? Quando viene da noi non sono mai belle notizie. Per la sottoscritta, principalmente.

-Siete venuti insieme?-  Gli chiedo ancora.

Tutti e tre vivono a New York perciò mi viene spontaneo supporlo.

-Io e Emma eravamo sullo stesso volo, ma è stato un caso. … Invece credo che Katrine si trovasse già in California.-

Perché ho la brutta sensazione che non mi piacerà per nulla il motivo della sua visita?

Ci alziamo entrambi dal lettino e ci dirigiamo verso la porta finestra del salotto, dove troviamo i tre tranquillamente seduti sui divani. Jared con la nostra bimba abbarbicata addosso. Emma seduta al suo fianco, con la stessa aria composta e stanca di sempre. E Katrine sull'altro divano. Viscida e odiosa, più del solito.

La detesto con tutte le mie forze. Lo so che non sono per niente razionale in questo, ma come dovrei relazionarmi con la persona che da anni tenta di convincere l'uomo che amo più della mia stessa vita che io e Ali non siamo la cosa giusta per lui?

Jared sa perfettamente che tra me e la sua agente non corre buon sangue ma insiste perché io la ignori. Facile a dirsi, per lui!

Quella donna è sempre stata molto abile nel tentare subdolamente di metterci l'uno contro l'altra. Non è mai stata esplicita con il suo cliente come lo è stata più e più volte con me. A Jay, per esempio, non ha mai detto chiaro e tondo:

« Ti rendi conto che ogni giorno che passi al suo fianco equivale ad un contratto in meno? Gli vuoi mandare a monte la carriera? »

Come se lui fosse uno stereotipato e mediocre teen idol al quale non è concessa una vita privata per non perdere la devozione delle fan!

No, con lui si lascia semplicemente andare a frecciatine velenose. Su quanto lui sembri a suo agio in mezzo ai party sfrenati al Marmont o ai raduni di Palm Springs a base di rock e ragazze. Su quanto le donne siano ancora pazze di lui e quanto la sua stessa musica ne gioverebbe se lui fosse più … libero.

Jay la lascia parlare senza prenderla mai seriamente. Ogni tanto, quando Katrine esagera, le intima di stare fuori dalla sua vita privata e di lasciarmi in pace. Lei si scusa molto platealmente e si giustifica asserendo che se lo fa è soltanto perché tiene enormemente alla sua carriera. E tutto torna inevitabilmente come prima.

Comunque, il più delle volte, Jared si limita a non considerarla. Non glielo ho mai chiesto direttamente ma in fondo credo che nemmeno a lui Katrine piaccia veramente. Devo concederle però che è uno vero squalo nel suo lavoro. Sa quello che fa e ha sempre tutelato gli interessi di Jared nel modo migliore. Sarà per questo che lui continua ad avvalersi della sua collaborazione. È un uomo per il quale il valore del lavoro conta più di ogni altra cosa.

L'unico motivo per cui quella donna non ha ancora attentato ufficialmente alla mia vita, considerando il fatto che dopo dieci anni Jay non ha mai espresso la minima intenzione di lasciarmi, è perché ho sempre rifiutato di sposarlo. Non mi frega che lei sostenga io lo faccia perché inconsciamente so che in quel modo gli rovinerei definitivamente la carriera, dopo avergli dato addirittura una figlia.

Addirittura!

Come se avere Alice fosse stato un crimine imperdonabile! … Quasi quasi sono tentata di sposarlo davvero!

Non appena ci vedono entrare si alzano tutti e tre in piedi, come se li avessimo colti di sorpresa a rubare la marmellata, ma Jay mi viene subito incontro affidando nostra figlia alle amorevoli coccole dello zio Rob.

-Rica, hai visto chi è venuto a trovarci?-

Mi saluta cingendomi tra le sue braccia e non rinunciando a deliziarmi con uno dei suoi baci da togliere il fiato, interrotto più o meno bruscamente da un improvvisato colpo di tosse di Emma. Sono più che sicura che non lo abbia fatto in malafede ma la mettiamo a disagio con le nostre effusioni e la posso capire. Se non mi ci sono ancora abituata io, perché mai dovrebbe farlo lei? Non ho creduto seriamente nemmeno per un attimo che lei abbia mai avuto qualche interesse sentimentale nei confronti Jared, anche se qualcuno l'ha sempre velenosamente insinuato. Qualcuno tipo la stronza che è in piedi di fronte a noi. Katrine!

Mi stacco da Jared e abbraccio Emma con affetto. Non dico che siamo diventate amiche per la pelle, negli anni. Non come con Vicki. Ma andiamo comunque piuttosto d'accordo. Su molte cose la vediamo allo stesso modo e mi piace molto come lavora. È una vera professionista e una delle persone più affidabili che abbia mai conosciuto. Senza tralasciare il fatto che fare da assistente a Jared probabilmente avrebbe tolto la pazienza persino al proverbiale Giobbe. Fortunatamente per lei da qualche anno è riuscita a ritagliarsi un spazio più indipendente. E ha ricominciato a respirare! È diventata persino più bella.

Saluto invece Katrine con più freddezza. Non sono un'ipocrita e lei di certo non si aspetterebbe da me un trattamento diverso da questo.

Così, dopo un paio di frasi di rito e un sincero interessamento verso Emma e le sue ultime novità, li lascio ai loro impegni di lavoro e salgo al piano di sopra. Ho Ali di cui occuparmi adesso. Saprò quello che succede in salotto anche troppo presto, mi sa.

Quando riscendo, sia Emma che Katrine se ne sono già andate. Sono rimasti solo Jared e Rob, a parlare fitto in cucina.

-Ali? … L'hai lasciata di sopra?-  Mi chiede Rob non appena mi vede entrare da sola.

-Sì! È alle prese con un disegno che vuole assolutamente finire prima di cena.-

-Ooh, fantastico! … Mi sa proprio che andrò a vedere che capolavoro sta tirando fuori il nostro piccolo genio!-   Conclude allora, allontanandosi a grandi passi verso il piano superiore.

Chissà perché ho l'impressione che abbia voluto lasciarci soli?

-Che cosa è venuta a fare Katrine?-

Sono molto diretta, lo so. Ma ho imparato che in situazioni come queste con Jay tergiversare può diventare un problema. È un vero maestro nello svicolare quando l'atmosfera comincia a farsi pesante.

-Niente di ché! … Solo una proposta di lavoro … per un nuovo progetto.-

Sta tentennando. Come fa di solito, quando è indeciso se dirmi tutta la verità o limitarsi a soprassedere.

-E di che progetto si tratta?-

-Una serie tv!-

La sua risposta mi lascia realmente sbalordita. E da quando in qua un serial televisivo farebbe parte dei suoi progetti di lavoro?

-Non immaginavo che ti interessasse la televisione.-  Sottolineo, tagliente, anche se non era propriamente la mia intenzione.

Jared capisce al volo che sto per incazzarmi e ne conosce anche la ragione. Non è tanto per il serial in sé per sé. Quanto per il fatto che ormai manca così poco a terminare il nuovo album. E lui aveva promesso che ci saremmo ritagliati un po' di tempo per noi. Io, lui e Ali. Come una volta.

-Su, Rica! Non cominciare ad entrare in paranoia.-  Tenta di ironizzare, prendendosi un pochino gioco di me.

Ma mi sta ancora stringendo forte tra le sue braccia. E il maledetto lo sa bene che basta solo il suo tocco a farmi rilassare.

-Era solo un'idea. Non c'è niente di definito.-

Intuisco però dal suo tono di voce che questa idea lo sta tentando parecchio, per quanto cerchi di mascherarlo, e improvvisamente mi sento una vigliacca.

-Parlamene, dai! Dimmi di che si tratta!-

-Sarebbe una crime story un po' fuori dai soliti standard. La cosa bella è che il soggetto e la produzione sono di David Fincher!-

Si illumina soltanto a parlarne. Ah! Ora mi è finalmente chiaro il suo interesse per questo progetto. Jay adora lavorare con Fincher. E la cosa è sempre stata reciproca.

-Ci sarebbe anche la possibilità di dirigere io stesso qualche episodio. Sotto la sua supervisione. Posso imparare tantissimo da lui.-

-Sarebbe stupendo!-

Non so che cosa altro aggiungere, ma che sia stupendo lo penso davvero. Jared ha un talento fuori dal comune. Una visione artistica così unica e particolare. Come al solito non sono imparziale, ma basta guardarlo anche solo per un minuto mentre è all'opera, su un arpeggio di chitarra oppure semplicemente mentre tratteggia una delle sue surreali figure immaginarie. È impossibile non notare quanto fuoco lo animi in quei momenti.

 Ho sempre nutrito il dubbio che, più che favorirlo, il suo aspetto fisico l'abbia spesso penalizzato. Immagino che non sia semplice staccarsi di dosso l'etichetta di “bel faccino che fa arrapare le ragazzine” ed essere preso in considerazione seriamente. Non che a lui sia mai dispiaciuto, è un tantino troppo vanitoso per aversene a male.

Ad ogni modo tanti professionisti con cui ha lavorato lo hanno sempre sostenuto artisticamente. E David primo fra tutti. Questa potrebbe essere realmente la sua prima regia importante!

-Forse dovresti pensarci sul serio. Sarebbe una bella occasione, no?-

Mi guarda rapito per un istante prima di fiondarsi con impeto sulle mie labbra, incapace di replicare in altro modo. Quando fa così ha la capacità di annullare completamente il mio cervello. Riesco solo a sentire il suo amore per me. E il mio per lui.

-Dici davvero?-

-Non hai bisogno del mio consenso, Jar!-

-Lo so, amore. È che ci vediamo già così poco ultimamente. E ti avevo giurato che avremmo recuperato il tempo perso. Forse questa cosa arriva semplicemente nel momento sbagliato.-

-Non dire stronzate! Aspetteremo ancora un po'. Che sarà mai? Quanto dureranno le riprese?-

-Tre, quattro mesi al massimo! Non saranno molte puntate.-

Prendo un sospiro piuttosto lungo. Ripetendo a me stessa che, dopotutto, me la sono andata a cercare. Se mi fossi innamorata di un impiegato del catasto sarebbe stato tutto molto più facile. Anche se non altrettanto gratificante!

Ma io e Ali abbiamo le spalle forti ormai. Altri quattro mesi a vedere Jared solo per qualche ora al giorno. Se siamo fortunate, a rubare un po' più di tempo nei week end. Sì, potremmo anche farcela!

-C'è una cosa che non ti ho ancora detto.-

La voce combattuta di Jay mi riporta di botto al presente. Mi scontro con i suoi occhi e non riescono nemmeno per un istante a nascondermi il suo turbamento.

-... Le riprese si svolgeranno a Cape Town. È lì che è ambientata la serie. Si tratta quasi sempre di esterne, quindi la produzione ritiene che sarebbe economicamente più vantaggioso girare direttamente in Sudafrica.-

Jared in Sudafrica per quattro, lunghissimi, interminabili, mesi. Lontano da noi.

Non siamo mai stati separati così a lungo. Comincia a girarmi la testa. È come se mi mancasse l'aria. Lo so che è ridicolo, che mi sto comportando come una donnetta senza midollo. Quante coppie sono costrette a vivere separate, anche per lunghi periodi, per cause di forza maggiore. Non è mai morto nessuno per questo! L'unica cosa che so al momento è che non sarà il mio compagno a mancarmi, ma Jared! Non un uomo che mi stia vicino, ma lui. Esclusivamente lui. Vederlo appena sveglio la mattina, ancora sfatto e in pigiama, mentre pizzica le corde della sua chitarra in giardino. Oppure sfotterlo quando rimane per ore davanti allo specchio del bagno a fare strane smorfie che costituirebbero la sua ginnastica facciale per restare giovane e bello per sempre. È lui, lui è basta. Suo il calore, suo il respiro, suo il rumore, suo il silenzio. Non posso rinunciarci. E sento inspiegabilmente più freddo. Eppure Jay è ancora qui. Non è ancora partito e già mi sembra di morire. Quattro mesi!

Non faccio neanche in tempo a realizzare quello che mi aspetterà nei prossimi giorni che Ali e Rob fanno la loro ricomparsa in cucina. Lo zio regge Ali sulle spalle, come d'abitudine. Anche se è un po' cresciutella per cose del genere a mia figlia piace da morire essere trasportata in questo modo. Soprattutto da Rob che è il più alto del clan. E lei può godersi una visuale completa dall'alto.

Puntare verso l'alto, d'altra parte, è sempre stato il motto di famiglia.

-Jay, tua figlia mi ha sfidato a due tiri a canestro al campetto. Abbiamo bisogno di uno terzo. Vieni con noi?-

Jared si volta verso di me in cerca di un segno. Sa bene che la nostra conversazione non è finita qui. Non lo voglio io e non lo vuole nemmeno lui. Ma credo che una pausa farà bene ad entrambi in questo momento.

Annuisco, facendogli cenno di andare con loro. Si avvicina a me cingendomi le spalle con un braccio e sfiorandomi una tempia con le labbra. Prima di uscire, al seguito di sua figlia e di suo fratello.

Non ho più la forza di pensare a niente. Sono così stanca che vorrei solo chiudere gli occhi e attendere pazientemente che tutto passi. Non mi rendo neanche conto di aver sceso le scale verso lo studio dove i ragazzi si riuniscono spesso a suonare.

Non accendo la luce. Quella che filtra dalle numerose bocche di lupo basta e avanza. Tanto voglio tenere gli occhi chiusi ancora un po'. Mi siedo distrattamente sullo sgabello del pianoforte e la mia testa crolla definitivamente sul coperchio.

Posso farcela. Posso? Non lo so più.

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- per dovere di cronaca, preciso che molti dei luoghi citati nella fic sono realmente esistenti 
sulle mappe, altri probabilmente no (come in questo caso Marine Cove, 
sede della gara di frittura)
- e alla fine arriva Babu! non so voi, ma io lo trovo così caruccio. lo ammetto, sono curiosa e 
vorrei tanto saperne qualcosa di più a suo riguardo. quindi, chi ha notizie e a voglia di spettegolare 
un po', prego si faccia avanti!
- curiosità: ho tirato in ballo David Fincher (che x chi non lo sapesse ha diretto Jared in Fight Club e 
Panic Room) perché è uno dei miei registi preferiti, ma la storia del serial tv me l'ero inventata 
di sana pianta. E' stato Fincher a copiarmi l'idea e a mettersi a produrre House of Cards!!!
- citazione titolo: ovviamente l'immenso Alla Ricerca di Nemo!

 

NOTE FINALI: 

- per dovere di cronaca, preciso che molti dei luoghi citati nella fic sono realmente esistenti sulle mappe, altri probabilmente no (come in questo caso Marine Cove, sede della gara di frittura)

- e alla fine arriva Babu! Non so voi, ma io lo trovo così caruccio. Lo ammetto, sono curiosa e vorrei tanto saperne qualcosa di più a suo riguardo. Quindi, chi ha notizie e a voglia di spettegolare un po', prego si faccia avanti!

- curiosità: ho tirato in ballo David Fincher (che x chi non lo sapesse ha diretto Jared in Fight ClubPanic Room) perché è uno dei miei registi preferiti, ma la storia del serial tv me l'ero inventata di sana pianta. E' stato Fincher a copiarmi l'idea e a mettersi a produrre House of Cards!!!

- citazione titolo: ovviamente l'immenso Alla Ricerca di Nemo!

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** POTREI CALCOLARE LE MIE PROBABILITA' DI SOPRAVVIVENZA ... MA IL RISULTATO NON MI PIACEREBBE. ***


 

 

6: POTREI CALCOLARE LE MIE PROBABILITA' DI SOPRAVVIVENZA ... MA IL RISULTATO NON MI PIACEREBBE.

 

 

 

Ripenso al primo istante in cui mi resi conto che tutta la mia vita stava per cambiare, niente sarebbe stato più come prima. Avevo avuto una paura fottuta allora perché mi sentivo come catapultata all'improvviso sul ciglio di un burrone senza che potessi minimamente fare qualcosa per frenare la caduta. Ma quell'ansia tremenda che provavo mi sembra talmente insignificante, se paragonata a quello che sento adesso.

 

Per uno strano scherzo del destino era stato proprio Robert a rendermi consapevole della verità. Seduti per terra, su un palco improvvisato di un vecchio studio di registrazione newyorkese dove la band stava provando in vista del tour.

Io e Jared eravamo stati a letto insieme per la prima volta soltanto un paio di giorni prima e in tutta onestà non mi rendevo ancora conto di come potesse essere successo. Benché fossi stata attratta da lui sin dal primo sguardo, era come se soltanto in quel momento fosse scattato quel qualcosa di irrazionale in grado di farmi perdere la testa. E la cosa assurda era che lo avevamo avvertito entrambi. Ma era così complicato dargli un nome appropriato allora.

Lui era un incantatore di serpenti. Lo è sempre stato. E aveva attorno a sé una folla di ninfe adoranti. Proprio come una divinità ultraterrena. O un bellissimo satiro.

Che cosa mai poteva c'entrare con me? Che non ero altro che una scialba e banale studentessa straniera in terra straniera, con la mente perennemente persa dietro ai fatti suoi.

Non cercavo mica l'amore, io. È stato l'amore a travolgermi come un treno dell'alta velocità.

-Ti piace, vero?-  Mi domandò Rob quel giorno, additando il fratellastro che si scatenava al microfono, saltellando scoordinato qua e là.

Evidentemente doveva avermi beccata a fissarlo troppo intensamente.

-Cosa? Di che parli?-

-Parlo di Jared! Di chi se no? Si vede lontano un chilometro che ti piace.-

Non intendeva mollare la presa. Altra caratteristica di famiglia: la tenacia.

-Non è assolutamente vero!-

-Okay! Forse non si vede così tanto, ma ormai un po' ti conosco e l'ho notato lo stesso. E anche lui ti guarda in modo diverso ultimamente. È successo qualcosa di cui vorresti parlarmi?-  Ammiccò in modo tutt'altro che discreto.

Certo, come no! Avevo fatto sesso con suo fratello, che conoscevo solo da poche settimane, e che tra parentesi era anche una celebrità con un harem a disposizione, e io avrei dovuto rivelarlo proprio a lui?

Sì, eravamo diventati amici in fretta. Mi era riuscito piuttosto facile legare con lui, condividevamo opinioni e interessi molto simili e si era instaurata una bella affinità tra noi. Ma confidarmi con lui, soprattutto in quel caso, mi pareva francamente troppo.

-C'è qualcosa che ti frena?-  Continuò Rob, ignorando il mio silenzio.  -Ti sei rabbuiata di colpo e non mi piaci così. … Se non vuoi parlarne fa niente, ma non diventarmi triste, però!-

Mi strappò un sorriso per la naturalezza con cui riuscì a farmi intenerire.

-Ho paura di essermi cacciata in un guaio più grosso di quello che pensavo-  Gli confessai allora a bassa voce.

Rob si avvicinò ancora di più a me in modo da poter parlare piano e che gli altri intorno a noi non sentissero la nostra conversazione.

-Quindi è vero? Sei stata con lui?-  Mi chiese quasi facendo finta di niente, ma sotto sotto si capiva quanto fosse curioso.

Io alzai lo sguardo istintivamente verso Jared, spostandolo immediatamente verso Tomo, e poi Matt e Shan, per non farmi intercettare. Però annuii debolmente.

-E vorresti che la cosa continuasse. È così?-

Che diamine! Non eravamo mica ad un seduta di terapia di gruppo, no?

-Ah, non ne ho minimamente idea!-  Replicai, ridacchiando per essere più convincente ma ottenendo soltanto un suono sgradevolmente stridulo.  -L'unica cosa di cui sono sicura è che non sono così masochista da aspettarmi qualcosa da uno come Jared.-

-Perché? Come sarebbe uno come Jared?-

Sbuffai ignorando completamente in che modo avrei potuto rispondere a quella domanda. Contemporaneamente però, sul palco, Jay era salito in bilico su una cassa, tendendo le braccia verso l'alto fino all'inverosimile. La sua maglietta sgualcita si era alzata talmente tanto da mostrare quasi per intero gli addominali perfetti e l'eccitante bordo della biancheria intima. Ovviamente tutte le altre ragazze presenti erano prossime all'infarto.

-Ecco! È precisamente questo quello a cui mi riferivo.-  Conclusi, indicandogli velatamente quell'ultimo stralcio di performance.

Rob rise scuotendo la testa.  -Ma questo non è Jay! … O almeno, non è solo questo!-

La convinzione con cui pronunciò quelle parole mi incuriosì. Non conoscevo Jared da molto, questo era vero, ma anche io inconsciamente percepivo che ci fosse qualcosa di più in lui. Era stato quel di più, oltre al suo bellissimo viso e al suo fascino conturbante, che mi aveva attratta senza lasciarmi scampo.

-E allora illuminami. Chi è Jay?-  Gli domandai candidamente.

-Jay è tante cose. Troppe per poterle descrivere in poche parole.-

Eppure il breve sunto che Rob mi fece del fratellastro fu comunque sufficiente per farmi capire che non stavo avendo un abbaglio.

Jared non si poteva certo definire un uomo a cui la vita aveva regalato tutto. Un infanzia traumatica, inevitabilmente segnata dall'abbandono paterno. Un'adolescenza turbolenta. L'estrema povertà da cui era stato terribilmente arduo affrancarsi, malgrado l'infinita dedizione della madre per non far mancare ai suoi due cuccioli il necessario per il loro benessere. I continui spostamenti in cerca di più fortuna. Tutto aveva contribuito a creare intorno a Jared un'aura speciale, ma anche un'armatura talmente resistente che nemmeno un raggio laser avrebbe potuto scalfirla. E benché, giorno dopo giorno, fosse diventato un ragazzo sempre più bello e dall'indubbia personalità carismatica, si era rinchiuso sempre più nella sua solitudine. Fatta di musica, sogni e immagini. A dispetto delle apparenze, era incredibilmente restio a concedersi. Nessuno aveva il permesso di sondarlo, ad eccezione delle persone che realmente amava. Sua madre e suo fratello, i suoi amati nonni, le poche amicizie fedeli che aveva trovato e coltivato negli anni. Solo a loro era concessa la chiave del suo eremo. Dopo di loro, chiunque altro Jared aveva provato a lasciar avvicinare al suo cuore, lo aveva immancabilmente deluso. O ferito.

La popolarità era stata, al principio, una freccia al suo arco per ottenere vendetta. Una rivalsa nei confronti di chi lo aveva distrutto. O considerato un perdente. O lasciato solo.

-Sai che cos'è cambiato, poi?-  Mi domandò Rob all'improvviso, retoricamente.   -Si è reso conto che l'unico modo in cui poteva veramente dare un senso a tutto quello che aveva patito era diventare davvero … QUALCUNO!-

Strabuzzai gli occhi sbigottita. Lo avevo appena pensato io stessa ma il modo in cui lui lo sottintese mi fece sembrare le mie supposizioni smisuratamente stupide. Non mi aspettavo certo una conclusione tutto sommato così futile.

Rob se ne accorse e si limitò a sorridermi comprensivo, prima di proseguire.

-Non mi fraintendere, forse mi sono espresso male. Così lo sto dipingendo come uno squallido arrivista. Ma vedi … la sua smania di emergere … il suo desiderio di notorietà, di protagonismo … non sono queste cose a spingerlo.-

Si bloccò notando il mio sguardo ironicamente un po' accigliato.

-Okay! In parte lo sono. Adora stare al centro dell'attenzione e si vede. … Ma sai che cosa significa per lui?-

Scossi nuovamente la testa in segno di diniego.

-Jared ha avuto sempre tutti contro nella vita. Dalla sua aveva solo un bel sorriso e due begli occhi. Nessuno avrebbe mai scommesso un dollaro su di lui. Ha dovuto cavarsela da solo in ogni occasione. Certo, c'è anche Shannon, lo ha sempre sostenuto e protetto ma anche lui ha avuto i suoi momenti bui e non sono stati pochi. È stato sempre Jay a rischiare tutto in prima persona. Si è accollato tutto, fin dal principio. Le responsabilità che nutriva nei confronti di se stesso, di sua madre e persino di Shan. … Anche con me è stato sempre presente, per quanto gli fosse possibile. … E alla fine ha vinto! Con il tempo e il duro lavoro, ce l'ha fatta! Nessuno gli ha regalato nulla e anche se fosse successo, fidati, lui non lo avrebbe mai accettato. È questo che gli da più gioia trasmettere a chi lo ascolta. Provarci sempre. Mai lasciare niente di intentato. La vita non è degna di essere vissuta se non provi a realizzare almeno uno dei tuoi sogni.-

Fissai Rob per un interminabile minuto, completamente ammaliata dalle sue parole. Che avevano avuto il potere di cancellare in un attimo tutte quelle ridicole autoimposizioni che ancora mi tenevano a distanza di sicurezza da Jared. E poi guardai lui. Lo splendido esemplare di essere vivente che, in quello stesso istante, mi osservava furtivamente dal palco.

Gli sussurrai un grazie a fior di labbra, a cui lui rispose con un occhiolino discreto.

Grazie per essere entrato nella mia vita. Grazie per essere quello che era.

Un uomo-bambino in grado di toccarmi l'anima come nessuno mai.

L'amore più sconfinato che io abbia mai provato.

 

 

Ho ancora gli occhi chiusi e la testa poggiata sul pianoforte quando sento la sua mano, forte e delicata allo stesso tempo, accarezzarmi la nuca.

-Rica, va tutto bene?-

Rica. Solo lui mi chiama così.

Per la maggior parte delle persone che conosco io sono semplicemente Freddi. Nessuno usa mai il mio nome per esteso, Frederica, ma lui ha sempre scelto un diminutivo che fosse soltanto suo.

Io lo chiamo come voglio, come mi sento al momento, Jared, Jay, Jar, biscottino, cucciolotto … anche se mi ha fatto promettere di non chiamarlo mai DivaH. È un soprannome spiritoso, e molto appropriato, e questo lo pensa anche lui, ma dice che lo trova assolutamente svirilizzante se sono io a pronunciarlo.

Sollevo il capo riaprendo piano le palpebre e lo vedo, nella penombra, sedersi in bilico sul seggiolino di fianco a me.

È desolato. Quasi inquieto. Ma noto che si sta sforzando di apparire sereno ai miei occhi e capisco all'istante che lui ha già preso la sua decisione.

Non accetterà quel lavoro. Per me. Anche per Alice, ma soprattutto per me. E non posso permetterglielo. Non deve rinunciare neanche ad uno dei suoi sogni. Non a causa mia.

Mi alzo dallo sgabello facendo accomodare meglio Jared, per poi sedermi sulle sue gambe. Continua a sfiorarmi piano i capelli e il viso, silenzioso, e il suo tocco è una carezza che mi arriva dritta dritta nell'anima.

-Devi farlo! Accetta!-

La mia voce risuona perentoria ma non c'è traccia di rabbia in essa. Semplicemente non devo esitare. Non posso.

La mia richiesta lascia Jared sbigottito per un secondo, forse sorpreso dal fatto che io abbia intuito la sua scelta senza bisogno di parole.

-Venite a Cape Town con me! Si potrebbe fare. Lo facevamo sempre quando Ali era più piccola. Non è poi così diverso da un tour. Anzi, forse è anche più facile!-

Si lascia trasportare da un'improvvisa frenesia per aver trovato quella che secondo lui sarebbe la soluzione al nostro problema. Sposta lo sguardo da una parte all'altra della stanza, gesticolando con le mani come al suo solito. Sono sicura che la sua mente sia già all'opera nell'organizzare programmi, orari e spostamenti. Mi spezza il cuore la consapevolezza di doverlo deludere.

-Non possiamo!-  Gli sussurro, bloccandogli le mani e portandomele entrambe alle labbra.   -Non stiamo parlando di Fresno! Cape Town non è dietro l'angolo. Ali ha la scuola, lo sai. Abbiamo sempre tenuto tanto al fatto che lei conduca una vita normale, come tutti gli altri bambini. Che cosa dovremmo fare ora? Ritirarla da scuola per quattro mesi e affidarla ad un insegnante privato?-  Gli sorrido dolcemente.  -E poi ti dimentichi dello show! Ali è così felice di farne parte. È bravissima e lo sai anche tu. Potrebbe anche vincere. Non possiamo costringerla a rinunciarci proprio adesso!-

Anche la nostra Alice ha il suo sogno da coltivare!

Jared annuisce tristemente e mi stringe tra le sue braccia. Affondo il viso sulla sua spalla e non riesco più a trattenere quelle infide lacrime che finora cercavo con forza di ostacolare. Gli inumidiscono in fretta il collo e la vecchia maglietta tutta bucherellata che indossa sempre per stare in casa. Gliela sto quasi strappando per quanto energicamente la impugno tra le dita.

Mi scosta il viso dalla spalla reggendolo delicatamente tra le mani e con le punte dei polpastrelli asciuga i goccioloni che ancora mi sgorgano dagli occhi.

-Ti amo così tanto!-  Sospira stanco.

L'istante appena prima di posare le sue labbra sulle mie e sfregarle dolcemente. Il ritmo del suo movimento sulla mia bocca impiega soltanto pochi secondi a diventare più serrato e, alternando tocchi morbidi a morsi e assaggi quasi furiosi, il suo timido bacio viene sostituito dall'intreccio caldo e indissolubile delle nostre lingue.

-Dove sono Ali e Rob?-  Gli domando, mentre avverto le sue mani scivolare sotto la maglietta alla ricerca del gancetto del mio reggiseno.

Quando arriva a questo punto, solitamente, è già troppo tardi per fermarlo.

-Babu si è offerto di portarla a prendere un gelato in centro. Ha capito che avevamo bisogno di stare un po' da soli.-  Risponde, ridacchiando compiaciuto, mentre mi solleva per adagiarmi più comodamente sul pianoforte.  -Mio fratello è un vero genio quando ci si mette.-

Sorrido anch'io. E non so come ci riesca con questo macigno che mi pesa sul cuore.

-Io l'ho sempre sostenuto!-

Lo aiuto a liberarmi in fretta dei miei vestiti e anche dei suoi, per poi fargli subito spazio tra le mie gambe, invitandolo senza troppi complimenti dentro di me. Voglio godermi appieno ogni attimo di questa meraviglia. Dovrò rinunciarci per quattro mesi. Non mi sembra possibile!

-Jared!-  Soffio piano nel suo orecchio, lui risponde con un mugolio che somiglia più ad un doloroso rantolo di piacere.  -Ti amo da morire!-

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- precisazioni sulla collocazione temporale: ammetto che sia parecchio approssimativa. 
Cmq, diciamo che orientativamente il "presente" è datato 2017 (x nulla scaramantica), 
e che Rica e Jay si sono conosciuti all'epoca dell' ABL Tour nel 2007. Gli altri dettagli 
cronologici sono un po' fantasiosi!!!
- x chi avesse colto qualche influenza Gatsbiana nel discorso di Rob, si sappia che non 
era cercato ... xò ci sta tutta! 
- il titolo cita una battuta del meraviglioso Marvin "l'Androide Paranoico" del bellissimo 
Guida Galattica per Autostoppisti.

 

NOTE FINALI: 

- precisazione sulla collocazione temporale: ammetto che sia parecchio approssimativa. 

Cmq, diciamo che orientativamente il "presente" è datato 2017 (x nulla scaramantica), e che Rica e Jay si sono conosciuti all'epoca dell' ABL Tour nel 2007. Gli altri dettagli cronologici sono un po' fantasiosi, prendeteli con le pinze!!!

- x chi avesse colto qualche influenza Gatsbiana nel discorso di Rob, si sappia che non era cercato ... xò ci sta tutta! 

- il titolo cita una battuta del meraviglioso Marvin "l'Androide Paranoico" del bellissimo Guida Galattica per Autostoppisti.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** MI MANGEREI IL SUO FEGATO ... CON UN BEL PIATTO DI FAVE ED UN BUON CHIANTI! ***


 

7: MI MANGEREI IL SUO FEGATO ... CON UN BEL PIATTO DI FAVE ED UN BUON CHIANTI!

 

 

 

Alice non aveva ancora quattro anni la prima volta che si mise in testa di fare la spesa da sola!

L'asilo aveva portato i bambini in visita ad uno dei più grandi forni artigianali della città, giù a Downtown. Pur trattandosi di una struttura pubblica, e quindi con fondi limitati, erano soliti integrare il programma con gite didattiche di questo genere, soprattutto in presenza di classi vispe e dotate come quella che frequentava Ali. I tour guidati di rito al Science Center e al Museo di Storia Naturale all'Exposition Park o quello un po' meno consueto al Travel Town avevano eccitato le menti di quei cuccioli, che sognavano già il loro futuro da astronauti in missione con l'Endeavour o alla ricerca di qualche fossile sperduto di mammut nei ghiacciai del Nord America o ancora a guidare fantasmagorici treni volanti stile “Ritorno al Futuro”.

Invece nostra figlia era tornata a casa con quella luce negli occhi di chi, a nemmeno quattro anni, ha già scoperto il senso della vita proprio il giorno della visita al forno di Skid Row.

È cresciuta in una famiglia dove il cibo e la buona cucina hanno sempre avuto un ruolo basilare, in parte per merito delle mie inclinazioni e delle mie origini mediterranee ma, spiace ammetterlo, anche grazie a Jared, per il quale, malgrado tutte le sue carenze culinarie, una sana alimentazione ha da sempre rappresentato una necessità fondamentale nonché uno dei piaceri della vita!

Alice, poi, è davvero una mangiona. Mingherlina come il papà, ma gran forchetta! Le piace quasi tutto, anche ciò che di norma i bambini sono abituati a schifare, e assaggia tutto senza paura. La qual cosa mi fa sospettare che se da grande non avrà l'opportunità di fare lo chef probabilmente potrebbe diventare il critico gastronomico più temuto del paese.

 

-Mami, Mami! È vero che anche io posso fare i cupcakes?-

Mi aveva chiesto quel pomeriggio, dopo la visita al forno.

-L'uomo della farina ha detto che sono facili e che anche i piccoli come me li possono fare! … Mmmm, dovevi sentirli, … erano così buoni!-

Le sorrisi con tenerezza. Me la immaginavo proprio a tempestare di domande quel povero fornaio senza concedergli un attimo di tregua. La mia piccola dolce Ali, caricata al plutonio.

-Certo, tesoro! Perché no? Ti andrebbe di prepararli insieme a me? Sono sicura che con il tuo aiuto verranno ancora più buoni di quelli della pasticceria.-

-Più buoni di quelli dello zio Tomo?-  Chiese ancora, pregustandosi già quelle delizie.

Alice vede Tomo quasi come una guida spirituale. Molto spesso battibeccano, hanno entrambi un caratterino piuttosto sanguigno, ma forse il fatto di essere nati lo stesso giorno ha contribuito ad instaurare tra loro una sorta di telepatia, un modo tutto loro di comunicare anche senza parole. E poi sono uno spasso vero e proprio quando si mettono a pasticciare in cucina insieme. Ali con il suo grembiulino da cucina patchwork e Tomo con il cappello da chef e il suo assurdo finto accento francese. In pochi lo sanno ma in seguito sperimentarono davvero la mitica Torta di Mele Senza Mele Ma Con Cannella! … Sul risultato finale non mi esprimo ...

-Ah, per quello ci vuole poco!-  Si era intromesso allora Jared, sollevandola tra le sue braccia. Cosa che lei gradiva oltre il normale, soprattutto se a farlo era il suo papino adorato.

-Non è vero!-  Replicò però la piccola, sgridandolo tutta seria.  -I dolci dello zio sono super super buonissimi!-

Jared non è una persona facile da intimidire ma in quell'occasione accusò il colpo un po' imbarazzato.

D'altra parte neanche Alice è mai stata predisposta a farsi mettere i piedi in testa facilmente, senza eccezioni.

Io sorrisi divertita dalla sua reazione quasi più per la faccia avvilita di Jay e per complimentarmi sbaciucchiai la punta del delizioso nasino di mia figlia, fotocopia di quello paterno.

-Amore, ignora papà! Lo sai che parla così solo perché è invidioso, vero?-  La stuzzicai facendola ridacchiare allegramente.

Jay tentò di replicare ma rinunciò all'istante rendendosi conto che sarebbe stato tutto fiato sprecato. Innanzitutto era in inferiorità numerica. E poi, su che cosa avrebbe potuto obbiettare? Per quanto Tomo potesse essere un po' pasticcione alle volte, rispetto a lui ai fornelli era Anthony Bourdain. Questo doveva almeno riconoscerglielo.

-Allora, li facciamo?-  Continuò Ali, tornando rapidamente a concentrarsi sul suo principale obiettivo.

E conoscendone la caparbietà non avrebbe desistito finché non l'avessi accontentata perciò, in pochi minuti, ci mettemmo tutti in macchina, Alice, Jared e io, in direzione del supermercato.

 

-Sei sicura di farcela da sola?-

Appena una ventina di minuti più tardi Jared aspettava nostra figlia, fermo nel bel mezzo del corridoio di uno dei reparti del supermercato. Mani sui fianchi e gambe leggermente divaricate. Mi ricordava la posa plastica di uno di quei calciatori idoli di tutti i ragazzini quando battono un calcio di punizione.

Mi stupisce ogni volta come riesca a risultare virile anche in gesti e situazioni squisitamente femminei. Ed era bello da mozzare il fiato. Anche in versione casalinga, con i pantaloni della tuta sgualciti e una vecchia t-shirt tutta stropicciata, ray-ban e panama ben calcato a celarlo quel minimo dal mondo esterno. Un vero spettacolo per gli occhi! Io lo trovo decisamente più sexy così di quando si mette in tiro per le occasioni importanti, anche se oggettivamente non rinuncia mai al suo tocco di eccentricità.

E, ringraziando il cielo, è proprio così che io me lo posso godere ogni santo giorno.

-Sì, Papi! Ce la faccio!-  Gli rispose Alice, mentre cercava di trascinarsi dietro uno di quei piccoli cestini con le rotelle per bambini.

Lo aveva caricato fino all'inverosimile. Burro, zucchero, pacchi di farina, confezioni di latte e di panna, topping e glasse varie, e tutto quello che le sembrava potesse servirle per i cupcakes.

Io l'avevo lasciata fare da sola, tenendola costantemente sotto controllo con discrezione. Riconosceva gli alimenti sugli scaffali e poi chiedeva al padre di leggerle l'etichetta. Se riteneva che potessero esserle utili se li faceva prendere da Jared oppure si faceva prendere in braccio per afferrarli lei stessa. Era come una sorta di addestramento e Ali stava già dimostrando di esserne all'altezza.

Li guardavo di nascosto, dalla cima del corridoio dove si erano fermati, appoggiata al mio carrello, quello serio da adulti. E mi misi a sorridere. Dopotutto, anche volendo, non avremmo mai potuto certo definirci una famiglia normale. Non con due elementi del genere a farne parte! Quell'uomo e quella bambina sono indiscutibilmente troppo fuori dall'ordinario per non solleticare la curiosità della gente.

Ali aveva rinunciato a trainare il carrellino con l'aiuto della maniglia e ora provava a spingerlo da dietro riuscendo a spostarlo solo di qualche millimetro. D'altra parte, come poteva? Con tutto quello che ci aveva messo dentro pesava sicuramente più di lei. Dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto, sbuffò passandosi una manina sulla fronte come a tergersi le minuscole goccioline di sudore che quell'immane fatica le aveva causato. E alzò i suoi occhioni azzurro-grigi alla ricerca dell'altra coppia di occhioni azzurro-grigi incastonati nel viso di suo padre.

-Papi! …-  Mugolò, sporgendo un po' il labbruccio tremolante.  -… Non ce la faccio … pesa troppo!-

Jared guardò fisso per pochi istanti la sua bimba. Poi lasciò andare indietro la testa e scoppiò in una clamorosa risata che fece girare più di un paio di persone intente a percorrere i corridoi del supermercato. Le fu accanto in un secondo e la prese in braccio raccogliendo senza alcuno sforzo il piccolo cestino.

-Andiamo, Pasticcino!-  Le disse, sbaciucchiandole la guanciotta morbida.  -Mi sa che ne dovrai mangiare ancora un po' di cupcakes prima di poter spingere il carrello tutta da sola!-

 

 

-Ehi! Ci sei, tesoro?-

Mi accorgo di essermi distratta per non so quanto tempo mentre, persa nei ricordi, seguivo mia figlia e Lukas divertirsi dietro il bancone di Maurice, un caro amico dei Milicevic, proprietario di uno dei cafè-pasticceria più rinomati della città.

Veniamo spesso nel suo locale con i bambini e Maurice è sempre disponibile a farli giocare con i suoi impasti e le sue creme. Per Alice, neanche a dirlo, è una vera gioia ma anche Lukas sembra divertirsi parecchio.

-Ci sono! Stavo solo ripensando ai primi cupcakes che ho fatto con Ali. Era ancora così piccola.-

Rispondo pacatamente a Vicki, che è seduta davanti a me con la sua tazza di brodaglia fumante. Ossia, il suo solito caffè americano, allungato ancora di più con altra acqua. Non so come faccia a bere quella roba! Quasi quasi sono meglio i caffè ipercarburati di Shan.

-Stavi dicendo qualcosa?-

-Ti stavo chiedendo quando inizieranno le riprese.-

Già! Stavamo parlando di Jared e della sua favolosa offerta di lavoro. Vicki non condivide il mio atteggiamento troppo rinunciatario in merito alla questione. Dice che se Tomo le avesse giocato un tiro del genere lo avrebbe come minimo evirato e la conosco fin troppo bene per dubitare che ne sarebbe capace. Quattro mesi a migliaia di miglia di distanza! Dopo sei mesi di intenso lavoro per il nuovo album. E prima dell'ennesimo tour mondiale.

Certo che messa così, forse Vicki non ha poi tutti i torti!

-Fra poco più di tre settimane.-  Replico, continuando a girare inutilmente il cucchiaino nel mio espresso all'italiana.

-Forse dovresti ripensarci e partire con lui?-

Ribadisce seria per nulla intenzionata ad abbandonare il discorso. Questo è stato il suo primo consiglio da che le ho annunciato del progetto di Jay.

-Non se ne parla nemmeno, Vic, te l'ho già detto! Per Alice è troppo importante. E io devo pensare a lei, per prima cosa.-

La mia amica si stringe nelle spalle, gonfiando le guance per il disappunto e scuotendo la testa preoccupata.

-Questo lo so, Freddi! Il fatto è che voi due non siete mai stati separati per tutto questo tempo. Siete sempre appiccicati come due piovre. Lui ti sta dietro come un cagnolino ammaestrato e tu non sei da meno, ... e poi lo hai sempre seguito in viaggio. Anche con Ali. Io ti voglio bene, tesoro, e non voglio vederti passare i prossimi quattro mesi a torturarti perché quell'idiota di manca da morire. Crollerai. E se non lo farai tu, sarà Jared a consumarsi, lo sai bene!-

Cara Vicki, crede davvero che io non me ne renda conto?

So meglio di lei che Jay è il mio ossigeno, il mio pane, il mio sole e tutte le altre cose che mi consentono di rimanere in vita. Ma non posso fare altrimenti, non questa volta, e questo lei più di tutti dovrebbe comprenderlo. È la mia migliore amica!

-Okay! Forse hai ragione. Riconosco che siamo stati un po' troppo appiccicati in questi anni … e avrei dovuto cominciare a farci l'abitudine prima. Ora però mi sembra tardi per pensarci, no?-

La mia attenzione è catturata improvvisamente dalla figura di una stangona che si sta avvicinando al nostro tavolo, ondeggiando tutta tronfia. E il mio umore peggiora ulteriormente. È Katrine, cazzo!

-Oh, carissima Frederica! Mi pareva che fossi tu.-

Mi saluta calorosamente, falsa come una banconota del Monopoli. E ha pure avuto il coraggio di usare il mio nome per intero, la vipera!

-Allora è proprio la tua Alice quella che sta giocando dietro il bancone?-

Accenna un saluto anche a Vicki, la quale ricambia con una smorfia infastidita. Non ha rapporti stretti con il resto della band, anzi sono praticamente inesistenti. D'altra parte segue esclusivamente gli impegni cinematografici di Jared. Comunque neanche a Vic è mai piaciuta un granché anche se credo forse più per solidarietà nei miei confronti che per altro.

-Posso dirti che sono infinitamente contenta che tu abbia preso così bene la faccenda!-  Continua la tipa, facendo svolazzare qua e là le sue ridicole extensions posticce in un modo che più infido non potrebbe.  -Devo confessarti che ho temuto fino alla fine che Jared potesse rinunciare per non farti dispiacere.-

Sono davvero molto tentata di alzarmi e spaccargli una sedia sulla testa! Peccato che io non sia affatto una persona violenta. E poi, sono una signora! Io! … Questo demone in tailleur firmato non si meriterebbe neanche una briciola della mia fatica.

-Dovresti sapere bene quanto Jared sia professionale quando si tratta di lavoro.-  Gli rispondo, inspirando a fondo, calma e distaccata. Non gli darò mai soddisfazione, se lo può scordare!  -Non siamo due ragazzini ed io non sono certo la sua piagnucolante fidanzatina del liceo. ...-

Sono la sua compagna, brutta vacca che non sei altro! Mettitelo bene in testa! È un vero spreco che questi epiteti li stia enunciando unicamente nel mio cervello e non glieli stia sbattendo in faccia.

-... Non vedo perché avrebbe dovuto rinunciare ad una proposta tanto allettante!-

Mi sorride ma è più un sibilo sgradevole. Un ghigno quasi malefico che comincia ad inquietarmi.

-Ti ammiro, sai?-  Mi fissa infine, perfida, negli occhi.  -Non è da tutti reagire così sportivamente. Sapendo che il proprio uomo trascorrerà i prossimi mesi lontano, a stretto contatto con l'ex grande amore della sua vita!-

Se fosse esploso un quintale di tritolo nel locale avrebbe fatto sicuramente molto meno rumore e causato meno distruzione dell'effetto che le parole della vipera hanno provocato nella mia testa.

-Non dirmi che non sapevi che Cameron Diaz sarà la coprotagonista della serie?-  Insiste la malvagia stronza. Non sarà appagata finché non mi avrà distrutta, ci scommetto.  -Credevo che Jared te lo avrebbe detto subito!-

Ghigna sempre più ipocritamente. Chiudo gli occhi per un istante. E prendo un altro, lungo, respiro.

-Infatti. … Me lo ha detto immediatamente!-

Sto mentendo spudoratamente ma spero che il tono di voce non mi tradisca.

-... Mi commuove immensamente la tua premura, Katrine. Ma non ce ne è davvero bisogno.-

Lei accusa il colpo increspando appena il suo ghigno schifoso. Non penso che sia convinta le stia dicendo la verità ma la mia reazione composta deve averle comunque spuntato le armi a disposizione.

Quindi si limita ad accomiatarsi con poche parole di circostanza e si allontana, tornando strisciando nel buco della terra da dove era sbucata.

E l'attimo dopo avverto il vuoto intorno a me. Il freddo che ho provato qualche giorno fa, quando Jared mi ha detto che sarebbe partito, diventa dieci, cento volte più intenso.

Lui … e lei!

Insieme! Ancora una volta!

Non riuscirò a trattenere le lacrime ancora per molto ma devo impormi di farlo. Ali ci raggiungerà da un momento all'altro e se ne accorgerebbe subito. È una ragazzina sveglia ma molto più sensibile di quanto non sia abituata a mostrare.

È Vicki allora a consolarmi, prendendomi la mano sopra il tavolo e stringendomela affettuosamente.

-Non lo sapevi, vero?-

Scuoto la testa inerme. Non riesco ancora ad aprire bocca.

-Non capisco perché quello stronzo di Jay abbia voluto tenertelo nascosto!-

Purtroppo, invece io credo di saperlo molto bene. Sono anni ormai che mi interrogo sulla questione. Senza essere mai riuscita ad arrivare ad una conclusione che non mi facesse dannatamente soffrire.

 

***

 

 

 

font 5 (tit. 6/ note 4)
NOTE FINALI: 
Oh oh ... surprise surprise!!! Jared e la Diaz, ancora insieme???
Rischio di sembrare monomaniacale ma quanto mi piacerebbe sapere che cosa è successo realmente tra i due!!! ... Faccio schifo, comincio ad assomigliare a Signorini, bleah!!!
- i luoghi citati x le gite scolastiche di Ali sono vere attrazioni di Los Angeles. Il forno è immaginario, esiste invece Skid Row, che oltre ad essere una mitica ed effimera band soft metal dei primi '90 (<3 <3 <3), è anche un distretto proletario di Downtown Los Angeles.
- citazione imprescindibile della mitica Apple Pie without Apples di Tomo!!!
- x chi non lo sapesse Anthony Bourdain è uno chef e gastronomo americano piuttosto celebre. Non l'ho citato perchè mi piaccia particolarmente ma trovo che il nome di Gordon Ramsey sia abusato in lungo e in largo. Avrei potuto citare Carlo Cracco, magari!!!
- il riferimento al calciatore che si appresta a tirare una punizione è ovviamente x Cristiano Ronaldo! Ho detto tutto ...
- il titolo, chiaramente, riprende una delle battute più celebri de "Il Silenzio degli Innocenti". Molto Vegan Style.
- qualche giorno fa mi è saltata all'occhio questa foto e ho riso come una matta perché mi sembravano Jared e Ali fatti e finiti!!! Belli, vero?
 

 

NOTE FINALI: 

Oh oh ... surprise surprise!!! Jared e la Diaz, ancora insieme???

Rischio di sembrare monomaniacale ma quanto mi piacerebbe sapere che cosa è successo realmente tra i due!!! ... Faccio schifo, comincio ad assomigliare a Signorini, bleah!!!

- i luoghi citati x le gite scolastiche di Ali sono vere attrazioni di Los Angeles. Il forno è immaginario, esiste invece Skid Row, che oltre ad essere una mitica ed effimera band soft metal dei primi '90 (<3 <3 <3), è anche un distretto proletario di Downtown Los Angeles.

- citazione imprescindibile della mitica Apple Pie without Apples di Tomo!!!

- x chi non lo sapesse Anthony Bourdain è uno chef e gastronomo americano piuttosto celebre. Non l'ho citato perchè mi piaccia particolarmente ma trovo che il nome di Gordon Ramsey sia abusato in lungo e in largo. Avrei potuto citare Carlo Cracco, magari!!!

- il riferimento al calciatore che si appresta a tirare una punizione è ovviamente x Cristiano Ronaldo! Ho detto tutto ...

- il titolo, chiaramente, riprende una delle battute più celebri de "Il Silenzio degli Innocenti". Molto Vegan Style.

- qualche giorno fa mi è saltata all'occhio questa foto e ho riso come una matta perché mi sembravano Jared e Ali fatti e finiti!!! Belli, vero? 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** PRENDI IL SALVAGENTE, LETO! ... QUESTA SERA C'E' ARIA DI BURRASCA ***


 

 

8: PRENDI IL SALVAGENTE, LETO! ... QUESTA SERA C'E' ARIA DI BURRASCA

 

 

 

-Parlami di lei!-

Fu la prima volta che gli feci quella richiesta.

Eravamo a letto e Jared mi teneva ancorata a sé, come sempre. Non è mai stato un uomo particolarmente portato alle dimostrazioni d'affetto plateali, soprattutto nei gesti fisici. Il più delle volte lo fa esclusivamente per quelle che io chiamo ironicamente “esigenze di spettacolo”, abbracci amichevoli con fans o colleghi e pacche sulle spalle che generalmente di spontaneo hanno molto poco. Difficilmente si lascia andare a contatti ravvicinati sinceri, anche con le persone con cui è più in confidenza.

Ma fortunatamente non con me. O con Alice. Con noi due non si risparmia mai. È come se fosse anche per lui un bisogno recondito e irrinunciabile, come se fosse essenziale eliminare ogni distanza fra noi per sentirci reali.

E mi ha sempre coccolata tantissimo. A maggior ragione dopo aver fatto l'amore.

Quella volta però, era una domenica mattina lo ricordo ancora bene, lo avevo sentito stranamente distante. Anche se avevo le sue braccia intorno a me e le sue dita percorrevano con una lentezza studiata la linea della mia colonna vertebrale.

Ali aveva appena due anni e dormiva pacifica nella sua cameretta. Il baby monitor sempre acceso era rimasta più che altro un'abitudine dato che la nostra bambina aveva bisogno di un intervento d'emergenza di mamma o papà solo in rarissime occasioni.

La sera prima Jay era stato invitato ad uno showcase del suo amico Terry Richardson, il celebre fotografo, e sapevo che vi aveva partecipato anche lei. Cameron Diaz.

Più volte immortalata, proprio come Jared, dall'obbiettivo di Terry, ovviamente non sarebbe mai potuta mancare.

E lui era rincasato dalla serata incupito e un po' distratto.

 

Non sono mai stata appassionata di pettegolezzi ma mi era noto ugualmente che sulla loro storia d'amore si erano spesi fiumi d'inchiostro.

E avevo visto quella maledetta foto!

Quella in cui l'uomo che amo usciva dalla casa della bionda star hollywoodiana, lacerato e in lacrime, mentre lei lo fissava da dietro una finestra, quasi infastidita.

Curiosamente però non mi ero mai sentita minacciata da lei, né dalle innumerevoli altre divette o modelle con le quali si era divertito in seguito. Lo giudicavo un comportamento un po' adolescenziale, certo, soprattutto per uno che adolescente non lo era più già da un pezzo, ma tutto sommato perfettamente logico. A tutti i bambini piace divertirsi con i giocattoli!

Avrebbe potuto avere una qualsiasi di quelle bambole, senza alcuno sforzo, se solo avesse voluto. E solo Dio sa quante occasioni avrebbe avuto o avrebbe ancora!

Eppure aveva offerto solo a me il Jared più intimo e privato. Soltanto a me aveva sussurrato di avergli trasformato la vita, di essere per lui unica e speciale. E a me questo bastava. O, perlomeno, così credevo.

Tuttavia mi lasciava non poco perplessa il fastidio che Jared ancora provava anche soltanto a sentir nominare la Diaz. Sensazione che non avvertivo quando si trattava delle altre, con le quali si comportava più o meno come un vecchio amico. Più volte avrei voluto chiedergliene la ragione ma per un motivo o per l'altro è come se fosse sempre stato un argomento tabù.

 

-Parlami di Cameron, Jay!-  Ripetei dolcemente quella mattina.

-Perché?-  Mi rispose invece lui seccato.  -Non c'è un granché da dire. Stavamo insieme, è finita. Punto.-

Il tono duro con cui pronunciò quella frase mi fece quasi male. Non riuscivo a comprendere appieno che cosa potesse nascondersi dietro tanta freddezza. Ha sempre avuto le sue marcate zone d'ombra e probabilmente sono proprio quelle a conferire parte di asprezza al suo carattere. Non è un uomo molto indulgente e, pur essendo diventato più malleabile con il passare degli anni, non è mai stato facile per lui riuscire a perdonare chi gli ha fatto un torto.

Ma ora aveva me e Alice al suo fianco!

Era chiaro che quella donna lo avesse ferito ma, per quanto dolore potesse avergli inflitto, come poteva avere ancora tanta rilevanza nella sua vita?

-Voglio solo sapere qualcosa di lei! … È stata importante per te, no?-

Insistetti un po', tentando di non far trasparire troppa pressione nella mia voce. Non avevo intenzione di dargli noia. Tutto quello che volevo era che si aprisse con me. Ed ero disposta ad accettare qualunque verità avesse da rivelarmi, anche la più scomoda.

-Da quando sei diventata così interessata al gossip?-

Ma per quanto io cercassi di apparire spensierata vedevo lui diventare sempre più gelido. Si era scansato, abbandonando il mio corpo, per sdraiarsi sul suo lato del letto, voltandomi le spalle. Mi imposi di mantenere la calma e lo raggiunsi ancora, aderendo completamente alla sua schiena, mentre la mia mano andava ad accarezzargli piano il petto. Con dolcezza.

-Lo sai che non me ne frega niente del gossip!-

Replicai, sorridendo per stemperare il gelo polare che era sceso nella nostra camera da letto.

-... Avrei voluto saperne di più anche se lei avesse semplicemente lavorato alla pompa di benzina. Non mi interessa chi è.-

Jared aveva preso a stringere la mano che lo stava sfiorando, intrecciando le mie piccole dita tra le sue, lunghe ed energiche, ma continuava a rimanere muto e impassibile. E la mia ansia cresceva a vista d'occhio. Ogni secondo del suo silenzio era come se costruisse una barriera tra noi. Una barriera che detestavo profondamente e che non era mai esistita prima di allora.

-Tu non sei curioso di sapere qualcosa del mio primo amore?-  Gli domandai ancora, raccogliendo tutta la mia determinazione.

Non potevo permettergli di innalzare quel muro con me. Noi due eravamo una cosa sola. Non solo due amanti innamorati. Eravamo amici. Complici. Confidenti. Non c'è nulla che io non avessi voluto di lui. Né lui di me. Era una delle poche cose in cui credevo ciecamente.

Jared si era rigirato all'improvviso, afferrandomi la mano con più forza, ciononostante il suo sguardo mi parve più tranquillo in quel momento. Forse il mio tono di voce lo aveva persuaso. O almeno quello era ciò che speravo.

-Credi davvero che ci tenga tanto a sapere degli altri ragazzi con cui sei andata a letto?-

Mi chiese serio, inchiodandomi con quei due immensi fari che si ritrova al posto degli occhi.

-Non sto parlando di sesso, Jay! … Parlo del primo amore.-

Mi guardò accigliandosi per un attimo.  -Pensavo di essere io il tuo primo e unico amore!-

Un flebile sorrisino intrigante era comparso sul suo volto e io lo spensi immediatamente con una cuscinata ben assestata. Era bastato quel timido incresparsi di labbra e il gelo era svanito come per incanto.

-Egocentrico e montato!-

Gli montai addosso, rallegrata e sollevata, e cominciammo ad ingaggiare una lotta infantile a colpi di cuscini che impiegò pochissimi secondi prima di degenerare in un altro amplesso appassionato.

-Allora? Come si chiamava?-   Mi chiese Jared, ancora stretto a me, mentre i nostri battiti cardiaci tornavano piano alla normalità, sincronizzandosi l'uno con l'altro.

-Chi?-

Mi scrutò serio.  -Il tuo primo amore, no!-  Come se fosse del tutto ovvio.

Gli sorrisi beata e mi soffermai un attimo a pensare, concentrandomi. Era strabiliante come la sua sola presenza avesse realmente avuto il potere di sbiadire ogni ricordo della mia vita precedente. Ma avevo tirato in ballo io quel discorso e di certo non sarei stata io a fare un passo indietro. Se volevo che lui si aprisse con me, io mi sarei aperta con lui.

-James Rossen!-  Gli risposi, sospirando trasognata e sbattendo veloce le palpebre ironicamente maliziosa.

Non sarebbe stato un discorso serio, almeno non nella mia testa.

-Mi sta già sulle palle.-

-E invece sono sicura che ti sarebbe stato molto simpatico. Tu adori le persone con una spiccata intelligenza e Jimbo è sempre stato un gran cervellone. Con una bella parlantina.-

Irritato dalla mia perorazione, cominciò a farmi il solletico senza tregua, sapendo quanto poco lo sopporti.

-Guarda guarda come ancora lo difende a spada tratta! Jimbo! … Ora voglio sapere tutto. Da quanto non lo vedi più? Quanto siete stati insieme? Avete fatto sesso?-

-E meno male che non eri curioso!-

Gli raccontai di me e James, singhiozzando tra una risata e l'altra. Di come lo avessi conosciuto il mio primo giorno di scuola elementare. Stessa scuola. Stessa classe. Stesso banco. E di come la nostra amicizia infantile si fosse sviluppata durante tutti i successivi anni di scuola. Giocavamo spesso insieme e, crescendo, frequentavamo lo stesso gruppo di amici. Facevamo team anche per i compiti e, neanche a dirlo, grazie a lui eravamo i più bravi della classe. Jim è sempre stato molto portato per lo studio. Molto metodico e razionale al contrario di me, più propensa a lasciare a briglia sciolta la fantasia.

-Cioè, mi stai dicendo che il tuo primo amore era un secchione?-  Mi domandò Jared, preso totalmente dal mio racconto.

-Beh, non posso negarlo.-  Ammisi.  -Però era lo stesso abbastanza popolare con le ragazzine.-

Il sorriso divertito di Jay si annacquò di colpo, mentre io continuavo a parlare.

-Era piuttosto carino! Capelli biondo cenere, occhi celesti. Un bel sorriso rassicurante. E un paio di graziosi occhialetti tondi da intellettuale. Non lo sapevi che noi donne troviamo dannatamente irresistibile un bel ragazzo con gli occhiali da vista?-

-Okay!...-  Sbuffò annoiato.   -... Quando avrai finito di sbavare per quel "lombrico", potresti anche piantarla con le descrizioni e continuare con la cronaca?-

Avevamo all'incirca tredici o quattordici anni quando i suoi genitori avevano lasciato la contea per trasferirsi a Londra. Io e Jim per un po' di tempo eravamo rimasti in contatto. In quegli anni avevamo sviluppato un rapporto piuttosto stretto, che però non aveva varcato il limite di qualche bacetto innocente. O di qualche passeggiatina pseudo romantica mano nella mano. Logicamente, non c'era niente di serio ancora!

Poi, durante gli ultimi anni del liceo, lui era tornato, in seguito al divorzio dei suoi genitori. Io ero probabilmente l'unico legame che aveva mantenuto con il passato e metterci insieme, a quel punto, fu una cosa piuttosto naturale.

-Ci sei andata a letto?-

La domanda di Jared mi fece arrossire un po', non tanto per timidezza quanto principalmente per il ricordo della nostra prima volta. Un totale disastro. Ancora peggio se paragonata al sesso divino con Jay.

Annuii.  -Jim è stato il primo ragazzo con cui ho fatto l'amore.-  Gli rivelai imbarazzata.  -Non eravamo molto esperti, all'inizio. Solo due ragazzini parecchio imbranati. Poi però le cose sono migliorate, con il tempo. … Ma è sempre stato molto gentile e premuroso con me.-

Jay finse di cacciarsi un dito in gola, simulando disgustato un conato di vomito.

-Quanto è durata?-  Mi domandò ancora.

-Mmm … non ricordo con precisione ... qualche anno. Tra alti e bassi, con qualche pausa nel mezzo. ... E poi è finita definitivamente. L'ultima volta che l'ho visto si stava specializzando in Scienze Biomediche presso il Guy's Hospital!-

-E perché è finita?-

Caspita! Per uno che non ne voleva sapere niente Jared faceva un sacco di domande. Soprattutto domande alle quali nemmeno io sapevo bene cosa rispondere. In realtà non mi ero mai interrogata seriamente sulla fine della mia relazione con James e forse ciò denotava quanto poco profondo fosse il nostro amore. Ci volevamo bene, indubbiamente. Ma erano bastate poche settimane di distanza per annullare totalmente la mancanza l'una dell'altro.

-Perché se non fosse finita probabilmente io non avrei deciso di finire gli studi a New York. E non ti avrei mai incontrato!-   Gli risposi, mordicchiandogli il nasino.

Dio! Impazzisco per la punta del suo naso!

-Comunque, siamo rimasti in buoni rapporti. Non ci sentiamo da un pezzo ma penso che potremmo essere ancora amici se dovessimo averne l'occasione.-

Mi auguravo che cogliesse la velata allusione al suo pessimo rapporto con la sua ex, invece Jared si rigirò nuovamente sulla schiena, come se niente fosse, soffermandosi a guardare il soffitto.

-È una bella storia, amore! … Sono contento che tu abbia dei ricordi piacevoli del tuo ragazzo. Purtroppo non funziona sempre così! …-

Si voltò ancora, dandomi le spalle.

-… Che ne dici di dormire un po', ora? Sono stanco morto.-

E mi lasciò in quel modo. Immobile come uno stoccafisso.

Cercai più volte, in seguito, di tornare sull'argomento trovando sempre la porta di Jared inflessibilmente chiusa. Finché non mi stufai anch'io e smisi di chiedere.

 

 

Non so perché mi sia tornato in mente quest'episodio proprio oggi.

Certo, come no? A chi diavolo voglio darla a bere?

Avrei dovuto capirlo già da allora che la cosa non era così semplice come Jared voleva farmi credere. Abbiamo vissuto tutti questi anni con il fantasma di quella donna tra di noi. Il fatto è che ora non posso più ignorarlo.

-Hai visto che ho fatto presto stasera? Sono stato bravo, vero amore?-

Lui ha appena fatto il suo ingresso trionfale in cucina, di ritorno dallo studio effettivamente prima del solito, allegro come un coniglietto pasquale. Si guarda un po' intorno, tutto pimpante, e comincia a sgranocchiare degli schifosi grissini di kamut che tira fuori da un pensile della credenza.

-Dov'è Ali?-  Mi domanda, notando soltanto adesso la sua assenza e il mio sguardo grave.

-L'ho lasciata a giocare con Lukas!-

Secca e distaccata.

Mi impongo di essere così. Per non rischiare di scoppiare a piangere. O per non picchiarlo a sangue.

-Va tutto bene?-  Continua lui, turbato dal mio strano atteggiamento.

Non capisco se stia fingendo o davvero ancora non ci arrivi! Eppure è tanto intelligente quando vuole!

Espiro. Devo assolutamente mantenere la calma.

-Secondo te, … va tutto bene?-

-Andiamo, Rica, che hai? Così mi fai preoccupare!-

Si avvicina per abbracciarmi ma io lo scanso malamente. E sento che non riuscirò a trattenermi ancora a lungo.

-Vuoi dirmi che cazzo è successo?-

Purtroppo è Jared a sbottare prima di me.

-Perché non me l'hai detto?-

Lo vedo impallidire e la sua espressione cambia all'istante. Forse qualcosina si sta illuminando in quella sua maledetta e bellissima testa.

-Perché non mi hai detto che avresti lavorato con lei!-  Insisto.   -Hai idea di quanto sia stato avvilente venirlo a sapere da Katrine? Quella stronza non aspettava di meglio per umiliarmi.-

Boccheggia per un attimo, lo sguardo vitreo e terrorizzato. Non l'ho mai visto così e mi fa quasi impressione. Jay è sempre persino troppo spavaldo.

-Io … io non credevo …-  balbetta qualche parola, a voce bassissima,  -… non immaginavo che te lo venisse a dire … ”

-Ma che cazzo di giustificazione sarebbe questa? Non immaginavi che me lo venisse a dire? … Certo, fare finta di niente sarebbe stato più comodo! Oppure avresti preferito che lo scoprissi da sola guardando la prima puntata? … Quando avevi intenzione di dirmelo? Quando mi avresti lasciata per tornare da lei?-

Mi raggiunge come una furia afferrandomi le braccia con violenza e scuotendomi come se fossi un bambola di pezza tra le sue mani.

-Non osare! Non dirlo nemmeno per scherzo!-

Mi sta urlando addosso. Anche con più rabbia di quanto non stessi facendo prima io.

-... Io non ti lascerò mai! Né per lei, né per nessun'altra! Mai! Hai capito?-

Rimango stordita dalla veemenza della sua reazione. Sono io che ho il diritto di essere incazzata! Non lui! Ma è ovvio, come al solito deve essere lui a rubare la scena!

-E allora perché me l'hai tenuto nascosto?-  Replico, abbassando il tono della voce e contemporaneamente spingendolo un'altra volta più lontano.

Non mi risponde. Si limita a guardarmi in silenzio per un paio di secondi per poi lasciarsi cadere su una delle sedie del tavolo da pranzo. Poi distoglie lo sguardo da me, concentrandolo sulle venature del legno del tavolo, le mani abbandonate stancamente tra i lunghi capelli sciolti.

-Non lo so! … Non so perché non te l'ho detto subito!-

Pare essersi calmato anche lui. Ma il suo viso addolorato mi fa persino più paura della sua rabbia.

-Non c'è una ragione! Non avevo intenzione di nascondertelo, te lo giuro. … Forse ero solo nervoso. Per l'album e … per il fatto di Cape Town. Non sapevo come l'avresti presa.-

Continua a non guardarmi in faccia e la cosa non mi rassicura affatto. Perché ho la triste sensazione che, per quanto sia sconvolto, non sia ugualmente del tutto sincero con me.

Sbuffo bruscamente. Il mio cuore sta andando a pezzi, mi sento completamente devastata. Come se uno tsunami mi avesse travolto, lasciandomi nuda e inerme, aggrappata ad un rametto troppo esile per sostenermi.

-L'ami ancora, è così? Dimmi la verità, per una volta!-

-No!-

Jared scatta in piedi un'altra volta, di colpo, afferrandomi i polsi. Ancora quegli occhi rabbiosi, capaci di uccidere.

-Io amo te! Rica, solo te! Mettitelo bene in testa! … Lei non esiste più per me!-

-E allora perché non mi hai mai parlato di lei? … Anche quando te lo chiedevo espressamente, hai sempre evitato l'argomento. … Perché se non significa più niente per te?-

E di nuovo il suo mutismo.

-Non sai rispondere, vero? … Bene, posso azzardarla io una risposta allora? Dici che lei non esiste più ma è evidente che tu provi ancora dei sentimenti per quella donna. Ti urta solo il sentirla nominare, Santo Cielo! Non avresti sofferto per tutti questi anni se non fosse così. … Cazzo, hai scritto per lei un album intero! E chissà cos'altro. Come fai a continuare a sostenere che lei non è importante?-

Scrolla la testa negando con decisione, insistendo ripetutamente che le cose non stanno in questo modo. Mi accorgo che sta per piangere e mi si contorcono le viscere al solo pensiero. Non voglio che stia male. Io lo amo. Anche adesso che mi ha conficcato un pugnale affilato nel cuore. Non è colpa sua se, in qualche assurdo e maledetto modo, ama ancora anche lei. La sua unica, gigantesca, colpa è il non avere il coraggio di affrontare la verità.

Ma io non posso più permettermi di ignorare tutto questo. Ho già temporeggiato anche troppo e ho sbagliato, alla grande. Ora tocca a me decidere il da farsi.

Jared non è in grado? Beh, a questo punto devo essere io ad agire di conseguenza. E stavolta lui dovrà adeguarsi. Senza discussioni.

Lo spingo, questa volta più delicatamente, facendolo risedere sulla sedia.

-Adesso io vado da Vicki, a prendere Ali!-

Lo sento stringersi piano attorno al mio braccio, senza nessuna intenzione di mollarlo. E le sue lacrime cominciano a bagnarmi la pelle.

Ho un groppo in gola che non mi fa respirare.

-... Ti chiedo soltanto una cosa. Non penso sia il caso che tu rimanga qui! Per il bene di Ali e per … la tranquillità di tutti, sarebbe meglio che non ci fossi al nostro rientro. Almeno per adesso.-

Non mi rendo conto neanche io di quello che gli ho appena chiesto. Non è quello che voglio! Ma non riesco nemmeno a sopportare ancora i suoi silenzi, cazzo!

Alza finalmente gli occhi su di me e lo vedo supplicarmi con lo sguardo. Quegli specchi grandi e umidi di pianto. Oddio! È così indifeso. Come faccio a lasciarlo? Non posso! Non ce la faccio!

-Ti prego, amore! Non farlo! … Noi … possiamo parlarne …-

-Hai avuto dieci anni a disposizione per parlarne! Ora credo di essere io a non volerti ascoltare!-

-Ma … non può finire così … tu non puoi! … E Alice? … Lei è mia figlia … non puoi allontanarmi da lei …-

Appoggio la mano libera dalla sua stretta sulla sua guancia. È un gesto spinto unicamente dalla tenerezza, anche se forse questo è il momento più sbagliato per concedermelo.

-Credi che potrei mai farti una cosa del genere?-  Gli sussurro.

Mi agguanta per i fianchi arpionandomi a lui in una morsa d'acciaio.

-Però vuoi lasciarmi! … Non lo fare, ti supplico, Rica! Io ti amo da morire. Solo te.-

I suoi singhiozzi mi stanno letteralmente lacerando l'anima. Lascio sfogare le sue lacrime per un tempo lunghissimo e solo quando capisco che si sta calmando mi divincolo dalla sua presa.

-Anche io ti amo, Jay! Sempre e solo te. … Non voglio lasciarti, ma ti rendi conto anche tu che non funziona così? … Tu non puoi continuare a fingere che non ci sia niente che non va. Credi che non mi sia mai accorta che c'è qualcosa dentro di te che ti fa ancora stare male? 'Niente' o 'Non lo so' non mi bastano più come risposta! Noi due non siamo una menzogna! Non ci voglio credere!-

Jared scuote la testa con irruenza per ribadire quanto io sia in errore.

-... Devi solo chiederti se quello che abbiamo costruito insieme in questi anni è reale. E importante. Se ne vale la pena … per te.-

Noto che sta per replicare ma a questo punto sarebbe inutile. Così lo prevengo tappandogli la bocca con la mano.

-Prendiamoci del tempo, Jay! Fra poche settimane partirai comunque per il Sudafrica. Prendiamoci questi giorni! Ho bisogno di capire come andare avanti, se posso ancora farcela … e tu avrai modo di riflettere sulle tue ragioni. Io ora non sono pronta ad ascoltarle. Concedimi almeno questo!-

Annuisce debolmente ma le lacrime inondano ancora i suoi incantevoli occhi.

-Stai tranquillo! Potrai vedere Ali ogni volta che vorrai.-

Faccio per allontanarmi ma Jared mi stringe a sé nuovamente.

-Io voglio vedere anche te!-  Sospira, sussultando contro il mio corpo scosso.  -Ho bisogno di te. Sei tutto per me.-



***

 

 

 

 

NOTE FINALI: 
- prima parte: altra tesserina del puzzle del passato di Jay e Rica. Il fantasma di Cameron Diaz si fa sempre 
più ingombrante.
-il diminutivo di James, Jimbo, esiste anche se poco usato ma lo trovo molto british. Sì, perché finalmente 
capiamo con chiarezza che Rica è inglese, con madre italiana.
-il Guy's Hospital è una clinica universitaria di Londra che fa parte del King's College.
-citazione titolo: l'immenso Eva Contro Eva!!!

NOTE FINALI: 

 

Mmm ... troppo triste??? Troppo stucchevolmente melodrammatico??? ... Sììììì!!!


- prima parte: altra tesserina del puzzle del passato di Jay e Rica. Il fantasma di Cameron Diaz si fa sempre più ingombrante.

- il diminutivo di James, Jimbo, esiste anche se poco usato ma lo trovo molto british. Sì, perché finalmente capiamo con chiarezza che Rica è inglese, con madre italiana.

- il Guy's Hospital è una clinica universitaria di Londra che fa parte del King's College.

- citazione titolo: l'immenso Eva Contro Eva!!!

 

 

 

BRUTTA BRUTTA STREGACCIA CATTIVA!!!! (lo so, questa foto è un colpo al cuore, ma x chi non avesse capito è quella a cui fa riferimento Rica ...)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** IL VERO PERDENTE HA COSI' PAURA DI NON VINCERE CHE NEMMENO CI PROVA ***


 

 

 

9: IL VERO PERDENTE HA COSI' PAURA DI NON VINCERE CHE NEMMENO CI PROVA

 

 

Resilienza.

Secondo le più comuni definizioni del dizionario, in psicologia si identificherebbe con questo termine la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità.

Non mi sono mai vista come una donna molto resiliente. Non fino ad ora. In questo momento credo proprio che quintali di resilienza sarebbero l'unica cosa in grado di tirarmi fuori dai guai.

Resilienza, resilienza, resilienza … mi sto quasi innamorando di questa parola. Mi piace come risuona nella mia testa. I fonemi che la compongono formano un accordo musicale. … Santo Cielo, sto decisamente andando via di cervello!

Oppure sarà colpa del tizio che è qui sul palco di fronte a noi e che sta tenendo il suo appassionante monologo da almeno un'ora, ossessionandomi con questa parola.

 

Detroit è una città resiliente! O perlomeno è ciò che il tizio sta sostenendo con tanto ardore. Che poi io continuo a chiamarlo tizio quando in realtà si tratta di un grande intellettuale, una delle personalità più apprezzate della città patria dei motori d'America. Dovrei vergognarmi!

Una delle associazioni che Vicki e Tomo sostengono ha organizzato una sorta di corsa di beneficenza lungo i viali alberati di Elysian Park, con lo scopo di raccogliere i fondi necessari alla ricostruzione di una scuola materna del quartiere greco di Detroit, andata in fiamme per colpa dei mancati controlli di sicurezza. Sono anni purtroppo che la città è piegata in due da una tremenda crisi economica che l'ha addirittura costretta a dichiarare bancarotta. È una storia davvero orribile, quando Vicki me l'ha raccontata sono rabbrividita dalla paura. Fortunatamente la scuola era chiusa quando è divampato l'incendio, e nessuno ha subito danni fisici, a parte i poveri vigili del fuoco, malamente equipaggiati, intossicati dal fumo e dalla polvere delle macerie.

Ma porca miseria, stiamo parlando della salute e della vita di bambini innocenti! Avrebbero potuto esserci Ali o Lucas tra gli ignari che rischiano ogni giorno la loro incolumità.

Come può una società evoluta come la nostra arrivare a tanto? Come può una città di centinaia di migliaia di abitanti, una tra le più floride ed industrializzate del paese e quindi del pianeta, crollare sotto il peso del fallimento? Sul serio, non riesco a capacitarmene!

 

-Ti stai annoiando?-

Sobbalzo leggermente volgendomi verso Vicki, che ho colpevolmente ignorato per qualche minuto, e scuoto la testa regalandole un sorriso stanco ma, tutto sommato, sincero.

Tomo non ha potuto prendere parte all'iniziativa così ho deciso di accompagnare io Vicki. È una cosa a cui entrambi tengono molto, Detroit è la loro città, e io mi sento in dovere di darle una mano. Grazie al Cielo però non mi imposto di correre! Per quanto le voglia bene, credo che a quel punto la pigrona che è in me avrebbe preso il sopravvento … con buona pace della nostra ormai decennale sorellanza!

In compenso Ali e Lucas stanno partecipando alla mini-corsa dei bambini lungo il campo da baseball della Little League. Come è ovvio, non sono certo io la sportiva della famiglia!

-No, affatto, Vic! Anzi, è un oratore molto bravo e coinvolgente. Sono contenta di essere venuta, davvero!-

Cerco in ogni modo di convincerla che sia vero, e in parte lo è. Non mi piace vederla così preoccupata per me ma penso che, dopotutto, sia inevitabile. Presumo che mi comporterei allo stesso modo, al suo posto. Sta facendo di tutto, povera donna, per starmi vicina da che io e Jared abbiamo rotto, ma noto quel senso di impotenza nel suo sguardo che mi fa stare anche peggio. Mi ha confessato di aver provato a parlare con lui più volte, i primi giorni, ma anche se non me l'ha detto apertamente ho capito che Jared deve averle bruscamente chiuso la porta in faccia, per così dire.

Non che mi aspettassi una reazione diversa da parte sua. Lui e Vicki, per quanto possano essersi affezionati negli anni, non sono mai andati troppo d'accordo. Troppo testoni e cocciuti entrambi per venirsi incontro.

Comunque apprezzo ugualmente il tentativo e la buona volontà della mia Vic. Le cose andranno come devono andare. Come ho già detto, posso solo contare sulla mia capacità di resilienza!

 

***

 

-Allora ragazzi! Immagino che se ora io vi dicessi che qui davanti a me ho una delle creazioni più famose di uno degli chef più straordinari e celebrati del pianeta …-

Tim, il giudice/presentatore dello show, fa una pausa ad effetto mentre i bambini lo fissano ad occhi aperti e bocche spalancate, divorati dalla curiosità.

-… l'uomo che ha perfezionato il concetto stesso di cucina fusion, sposandola con l'arte tradizionale della gastronomia. … Matrimonio perfettamente riuscito, tra l'altro ….-

Tra i bambini si leva un brusio appena accennato. Possibile che qualcuno di loro abbia già capito di chi si parli? Io sinceramente non ne ho la minima idea!

-… l'uomo che ha avuto l'onore di comparire per ben sette volte consecutive nella World's Top Chef. Che ha ristoranti nelle città più belle del mondo … e, fortunatamente per noi, uno anche qui a Los Angeles …-

Il brusio si fa più consistente. Ora persino io credo di capire a chi si stia riferendo.

-… sto ovviamente parlando del mitico Janus Contaldo!-

I bambini esplodono finalmente in grida di giubilo regalandomi un sorriso. Questi ragazzini sono davvero incredibili. Fanno quasi paura! Non sarebbero così eccitati nemmeno per uno qualsiasi dei campioni Nba o per una delle star di Disney Channel.

-E questo, come vi dicevo, è il suo famosissimo “Trionfo di Salmone con Curry Verde di Mango!”-   Conclude finalmente Tim, alzando la cloche posizionata davanti a lui.   -A voi, ragazzi, l'arduo ma non impossibile compito di riprodurre il più fedelmente possibile questa meraviglia!-

E lo è davvero, una meraviglia! Anche visto da lontano. Da dove sono seduta io, con Leo è al mio fianco. Constance non c'è questa volta. Ha preferito non venire per non deconcentrare Ali e ammetto di trovarmi perfettamente d'accordo con lei. Con la nonna presente, non potrebbe evitare di far correre il pensiero a suo padre. Jay è tornato a stare a casa di Connie in questi giorni … sì, insomma, da quando non sta più a casa con noi.

-Mi spieghi che cos'è questa cosa con il mango?-  Mi domanda Leo, visibilmente confuso, distraendomi così dai miei brutti pensieri.

Mi faccio forza e cerco di schiarire la voce il più possibile e tornare ad essere naturale. O perlomeno a sembrarlo.

-Questa cosa con il mango, come la chiami tu, è una cosa semplicemente deliziosa!-   Gli rispondo irridendolo mentre osservo Ali mettersi all'opera di buona lena.

So che è stata attenta durante la spiegazione della ricetta. E so che le piace. Sono sicura che farà un ottimo lavoro anche stavolta.

-Si scotta un bel filetto di salmone su una padella antiaderente ben calda. Poi, si toglie il salmone e lo si lascia riposare in un piatto, coperto. Nella stessa padella, ai succhi lasciati dal pesce si unisce un cipollotto o del porro tritato e il mango tagliato a cubetti. Deve essere bello maturo in modo da avere una polpa più morbida. Lo si fa stufare un po', aggiungendo un goccio d'acqua o brodo vegetale se serve, e soprattutto il latte di cocco. Quando il mango è completamente sfatto, si uniscono le spezie, il curry in polvere o la pasta di curry verde, zenzero, coriandolo. Si frulla il tutto fino ad ottenere una crema omogenea e vellutata da versare sopra il filetto. E il gioco è fatto!-

Leo ha seguito la mia esposizione non perdendosi nemmeno un passaggio. Ma dubito che abbia capito qualcosa di quello che ho detto. Ha quasi la stessa faccia che ho io quando Jared tenta di spiegarmi come diavolo funziona Pro Tools. Jared … Jay … dannazione, non smetto di pensare a lui nemmeno per un istante!

-Contaldo naturalmente ha reso questo piatto un capolavoro. Con tutti quei dettagli e quelle rifiniture. Ma la base, diciamo, è più o meno questa!-

Il mio amico annuisce soddisfatto e per un po' rimaniamo in silenzio a guardare i nostri bambini sudare tra fornelli e squame di pesce.

Devo rimanere calma e concentrata. Oddio, però, se solo ripenso al visetto sconsolato che aveva Ali questa mattina … rischio di inondare di lacrime lo studio. Non faccio altro da giorni ormai, ma mi sforzo di trattenermi almeno in presenza di mia figlia.

E sì che io non sono decisamente un tipo di donna dalla lacrima facile!

È che stamattina la piccola era tutta intenta ad apparecchiare la tavola per la colazione, come fa spontaneamente tutte le mattine, ma quando si è accorta di aver distrattamente sistemato anche la tovaglietta di suo padre, quella in bambù con una scimmietta appesa a testa in giù dipinta sopra, ha scrollato la testa tristemente, l'ha ripiegata e riposta nel cassetto della biancheria di cucina. Senza fiatare. Non si è resa conto che io la stavo osservando e vigliaccamente ho fatto finta di nulla, ma mi si è fermato il respiro e tuttora fatico a rimanere lucida.

Non ha fatto troppe domande sul perché papino non dorma più a casa, io e Jared le abbiamo lasciato intendere che si tratti unicamente di una soluzione temporanea, per problemi di lavoro, e lei ha accettato la spiegazione senza approfondire. Ma non ho creduto neanche per un istante che se la sia bevuta. La mia bambina!

-Come mai tua suocera non c'è neanche oggi? Sbaglio o mancava anche la volta scorsa?-  Mi domanda poi Leo all'improvviso.

Ma un minimo di riservatezza, no? Non stavamo meglio in silenzio?

-Sì! Ha delle faccende personali da sbrigare!-  Gli rispondo frettolosamente chiudendo lì il discorso.

Noto però dalla sua espressione di non averlo minimamente convinto.

-C'è qualcosa che non va?-  Continua infatti, subito dopo.  -Sei un po' strana ultimamente. Hai sempre una faccia così tesa. E anche Alice mi sembra diversa. Guarda! Ha appena fatto cadere a terra quella ciotola. Non è da lei!-

Alzo immediatamente lo sguardo su mia figlia e la vedo intenta a raccogliere quello che ha fatto cadere. Per un attimo mi pare spaesata. È vero! Questo non è per niente da lei! Come faccio a non tener conto di quanto anche lei stia soffrendo terribilmente per la situazione?

Fortunatamente subito dopo Ali prende un bel respiro e riprende in un baleno il controllo della situazione. Ma io non ce la faccio a vederla così. E le lacrime che trattenevo a forza un minuto fa, cominciano a scendere mio malgrado.

Leo se ne accorge in un secondo.  -Ehi! Vuoi dirmi che è successo?-  Mormora amichevolmente.

-Io e Jay … noi ci siamo presi una pausa!-  Sussurro tra i singhiozzi.

Mi passa un braccio intorno alle spalle e io appoggio la testa contro di lui. Non so perché lo sto facendo. Solitamente non sono avvezza a lasciarmi consolare tanto facilmente ma è stato un gesto istintivo. Forse ho solo il bisogno di avere vicino qualcuno. Qualcuno di normale! Che non mi ricordi in ogni secondo di quanto la mia vita sia tutto fuorché normale.

-L'avevo capito che eri a pezzi!-  Riprende dopo un paio di minuti di silenzio.

Mi accarezza piano il braccio. Personalmente non ci vedo dietro un intento malizioso, solo un gesto di solidarietà, ma chissà Jay come lo interpreterebbe?

I primi giorni ha cercato un contatto con me in mille modi. Telefonate, messaggi, agguati continui quando gli portavo Alice. Ha implorato persino Constance e Shannon di perorare la sua causa. Non l'ho ignorato per vendicarmi o per fargli del male, non potrei neanche se volessi, ma non credo che questo sia il modo giusto per chiarire con se stesso.

Deve averlo recepito anche lui perché, gradualmente, si è fatto sempre meno insistente … spero soltanto che non si stia rassegnando. Né tanto meno che voglia chiudere con me! Dio Santo, mi gira la testa … e avverto una fitta fastidiosa alla bocca dello stomaco. È da ieri che non riesco ad ingurgitare niente di solido, e per me è un sintomo davvero grave. Ci mancherebbe pure che cominciassi a soffrire di gastrite!

-Stai tranquilla, sono sicuro che risolverete tutto.-

Leo mi sta ancora parlando e ammetto di non avergli prestato attenzione. Sinceramente non è che abbia proprio tutta questa voglia di confidarmi con lui. Ma è un amico, e un po' di considerazione gliela devo.

-Non lo so, Leo. È la prima volta che mi trovo a non sapere davvero che cosa fare …-

Abbiamo entrambi lo sguardo rivolto verso i bambini, anche se in pratica siamo quasi abbracciati. Mi sento puntati addosso almeno una decina di occhi non proprio benevoli, appartenenti ai genitori degli altri bambini. Devo confessare che, eccezion fatta per Leo, non è che io sia stata presa proprio in simpatia. Sono portata a pensare che sia per la predilezione che i giudici mostrano spesso nei confronti di Alice. Alcuni genitori tendono ad essere, come dire, … esageratamente competitivi!

-Ti ha … insomma, lui ti ha …?-

-Tradita?-  Sbotto, concludendo al suo posto notandone l'evidente imbarazzo.  -Cazzo, no! Lui non lo farebbe mai! Non a me. Di questo sono sicura!-

Ed è vero! Mi fido ciecamente del mio istinto, come ho sempre fatto in questi dieci anni. Sarei impazzita altrimenti. No! Jared mi è sempre stato totalmente fedele. Per lo meno con il corpo.

È sul suo cuore che sto cominciando a dubitare. E fa male! Cazzo se fa male!

Leo si volta per un attimo ed inquadra il mio sguardo. C'è una sorta di strana complicità nei suoi occhi, come se volesse dirmi: “Tranquilla, piccola! So benissimo quello che provi. Ci sono passato anch'io.”

Ed anche se sono convinta che lui sia animato dalle migliori intenzioni, questo atteggiamento mi fa a dir poco imbestialire. Come fa a paragonare Jared a quella specie di moglie che gli è toccata per disgrazia? Come può anche solo pensare che il loro pseudo matrimonio valga quanto la nostra storia?

-E allora? Che cosa ti ha fatto?-

Inspiro ed espiro sempre più con fatica.

Che mi ha fatto? Cosa posso rispondere a questa domanda?

-Non si fida più di me! O forse non l'ha mai fatto fino in fondo!-  Rispondo serafica.  -Sembra quasi che non mi conosca più!-

Semplice no?

Leo annuisce e mi sorride cercando di rallegrarmi, inutilmente peraltro.

-Non per approfittarmi della tua momentanea condizione di donna single ma … che ne dici se ti invitassi a colazione? Lunedì mattina, magari. Ho la giornata libera. … Solo noi due anziani genitori!-  Ammicca vistosatamente, strizzando persino l'occhio.   -Conosco un posto fantastico a Glendora. Fanno i migliori donuts di tutto lo stato, ne impazzirai vedrai ...-

In effetti la cosa mi lascia un po' perplessa e un po' mi fa sorridere. Santo Cielo, non ha di certo perso tempo! Per quanto il pensiero di quei donuts mi tenti, però, lo interrompo prima che prosegua.

-Magari un'altra volta! Lunedì ho un appuntamento dal medico.-

Leo mi osserva un tantino preoccupato, con un sguardo che mi pare francamente esagerato da parte sua. Apprezzo la sua amicizia, giuro, ma non vorrei che si mettesse in testa strane idee. Né tanto meno vorrei ritrovarmi a dover ammettere che Jared avesse fiutato giusto sul suo conto.

E poi mi basta già Vicki a farmi da grillo parlante e mamma chioccia in azione combinata!

-Non ti allarmare, Leo! … È solo una visita di controllo. Sono una donna piena di allergie, ma sotto sotto, sono indistruttibile!-

 

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- altro capitolo "Jared's Free" (non allarmatevi! presto sarà dedicato taaantooo spazio al nostro bel Capellone!). E' noioso e un po' inutile, che non aggiunge né toglie nulla alla storia, ma mi serviva per dilazionare un po' il tempo, prima della seconda parte. Perdonatemi e pazientate!
- come ho già detto più volte, la storia è vecchiotta, ma la prima parte di questo cap è fresca fresca. Non che sia sto granché ... qualche giorno fa guardavo un documentario su Detroit molto interessante e il sillogismo è stato immediato: Detroit=Milicevic! Perciò quasi tutte le informazioni citate sono, più o meno, corrispondenti al vero. (Tranne la corsa di beneficenza e, fortunatamente, l'incendio della scuola materna.)
- Elysian Park è uno dei parchi pubblici di Los Angeles, mi pare uno dei più storici. E si trova nelle vicinanze della fantomatica casa di Jared e Rica.
- il mitico chef Janus Contaldo, ovviamente, non esiste. Il curry di mango per condire il salmone invece sì! Io l'ho provato e se vi piacciono i sapori speziati e orientaleggianti lo adorerete!
- Pro Tools è un software per produrre e comporre musica sul computer. Jared ha affermato più volte che sia il suo videogame preferito.
- altro posto che esiste realmente: Glendora. E' una città a nord-est di L.A. Ed esiste anche il pasticcere citato da Leo ma non ne ricordo il nome. (I documentari dei canali tematici sono un pozzo di informazioni!)
- il titolo è tratto da una battuta di "Little Miss Sunshine"

 

NOTE FINALI: 

- altro capitolo "Jared's Free" (non allarmatevi! presto sarà dedicato taaantooo spazio al nostro bel Capellone!). E' noioso e un po' inutile, che non aggiunge né toglie nulla alla storia, ma mi serviva per dilazionare un po' il tempo, prima della seconda parte. Perdonatemi e pazientate!

- come ho già detto più volte, la storia è vecchiotta, ma la prima parte di questo cap è fresca fresca. Non che sia sto granché ... qualche giorno fa guardavo un documentario su Detroit molto interessante e il sillogismo è stato immediato: Detroit=Milicevic!

Perciò quasi tutte le informazioni citate sono, più o meno, corrispondenti al vero. (Tranne la corsa di beneficenza e, fortunatamente, l'incendio della scuola materna.)

- Elysian Park è uno dei parchi pubblici di Los Angeles, mi pare uno dei più storici. E si trova nelle vicinanze della fantomatica casa di Jared e Rica.

- il mitico chef Janus Contaldo, ovviamente, non esiste. Il curry di mango per condire il salmone invece sì! Io l'ho provato e se vi piacciono i sapori speziati e orientaleggianti lo adorerete!

- Pro Tools è un software per produrre e comporre musica sul computer. Jared ha affermato più volte che sia il suo videogame preferito.

- altro posto che esiste realmente: Glendora. E' una città a nord-est di L.A. Ed esiste anche il pasticcere citato da Leo ma non ne ricordo il nome. (I documentari dei canali tematici sono un pozzo di informazioni!)

- il titolo è tratto da una battuta del film "Little Miss Sunshine"

 

Un grazie a chi segue e alla prossima! XO

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** CHIUDI LA BOCCA, LETO, NON SEI UN MERLUZZO! ***


 

 

10: CHIUDI LA BOCCA, LETO, NON SEI UN MERLUZZO!

 

 

Io e Ali arriviamo al Lab poco dopo le cinque del pomeriggio.

È un orario un po' insolito rispetto a quella che ormai da un paio di settimane è diventata la nostra spiacevole routine. Però voglio che Alice possa vedere suo padre ogni giorno, finché starà a Los Angeles, e non mi importa di doverla scarrozzare per cinque miglia fino a West Hollywood tutte le sere se il premio che ricevo in cambio sono due occhioni trasparenti che sprizzano gioia e gratitudine. Quelli di mia figlia, in questo caso specifico.

Normalmente la accompagno da lui verso l'ora di cena, in modo che Jared possa finire di lavorare con calma e dedicarle tutta la serata, mangiare con lei e magari giocare un po' o guardare la tv insieme. Poi è sempre Jay a riportarla a casa quando è ora di dormire, oppure, non raramente, lascio che dorma con lui a casa di Constance.

Peccato che invece gli scambi tra noi ormai si limitino solo a questi pochi momenti … lo so, l'ho voluto io, non dovrei lamentarmene, giusto?

Ma oggi siamo in anticipo e non posso proprio fare diversamente. Ho una tale confusione in testa che altrimenti rischierei di esplodere. Per questa ragione ho chiesto a Vicki di trascorrere insieme la serata e sempre per questo ho bisogno di un po' di tempo in più per prepararmi. Un tranquillo martedì sera tra donne, come una volta. Beh, non che sia successo tanto spesso in passato, perlomeno non quanto avremmo desiderato, ma tra gli impegni dei ragazzi e i bambini le occasioni erano sempre meno frequenti.

Mancano così pochi giorni alla partenza di Jared per il Sudafrica. E io sto malissimo! Ci parliamo a malapena e fra poco lui se ne andrà!

Non so se questa volta sarò capace di dirgli tutto prima che vada via.

Che io ci sono e ci sarò sempre … per lui.

Che lo amo ancora.

Che non voglio perderlo.

E poi ci sarebbe anche quell'altra cosa che devo assolutamente dirgli.

Devo?

Oddio, sì, credo proprio di dovergliela dire! Anche se non ho la minima idea di come potrebbe finire. Ma dopo tutto quello che gli ho detto quella maledetta sera, credo di avere l'obbligo morale di essere sincera. Almeno io.

Ecco perché sono sicura che svagarmi un po' con Vicki non potrà fare altro che aiutarmi a schiarirmi le idee.

 

-Ma guardate chi c'è qua! La mia bellissima polpettina di carne!-

È Shannon ad accoglierci in sulla soglia del Lab, appropriandosi immediatamente della sua adorata nipotina e lasciandomi modo di dare un'occhiata un po' in giro. Le condizioni disastrose in cui versa questo posto mi lasciano a dir poco esterrefatta!

Arrivati a questo punto né il team di professionisti esperti di “Come ti cambio la casa” né tanto meno Mary Poppins con le sue filastrocche e un poco di zucchero potrebbero salvare la situazione.

È semplicemente un porcile!

I divani azzurri del salotto al momento sono ricoperti di vestiti spiegazzati e lenzuola appallottolate sulle quali preferirei non indagare. Residui di take-away tailandese sono sparsi un po' ovunque sul pavimento, insieme a decine di pennarelli scappucciati e fogli scarabocchiati. Segni inconfondibili del passaggio di Jay. Per non parlare della polvere e del caos che regnano sovrani.

-Piantala di chiamarla così!-

Replico al saluto di Shannon fintamente indispettita, riversando nuovamente la mia attenzione sui due.

-... Le farai venire dei complessi. E poi, mi spieghi come fate a lavorare in questa discarica? La prossima volta mi conviene premunire Ali di un bel vaccino contro il tetano. Fate proprio schifo!-

Shan, ignorandomi totalmente, solleva la piccola facendola roteare in aria un paio di volte neanche Ali avesse ancora due anni. Ma lei si diverte da matti ed è così bello sentirla ridere di gusto di nuovo. In questi giorni sta capitando sempre più di rado.

-Dov'è Jared?-  Domando infine a mio cognato, seguitando a sbirciare qua e là in cerca dell'oggetto delle mie attenzioni.

In effetti è strano che non ci abbia sentite entrare. Di solito si fionda alla porta non appena suoniamo il campanello.

-È sulle colline.-

La voce di Shan giunge alle mie orecchie con una nota più malinconica del solito. Non troppo, soltanto un pochino. Sono sicura che neanche lui abbia voglia di intristire Ali più del necessario.

-... Ci va spesso al tramonto in questi giorni. Sai anche tu quanto gli piace. Ma sarà qui tra poco, non temere.-

Certo che lo so! È una cosa che francamente non ho mai compreso fino in fondo ma lui ha sempre trovato grande consolazione nel perdersi nell'orizzonte al calar del sole. Erano tanti anni che non ne sentiva più il bisogno così spesso.

-Lo aspettiamo, vero mamma?-

Ali mi fissa speranzosa e io non posso fare a meno di annuire.

Potrei lasciarla qui con Shannon senza problemi ma so che quel “Lo aspettiamo?” significa entrambe.

Anch'io devo restare. E devo vederlo. Almeno per un minuto.

-Certo, tesoro! … Vado solo un attimo in bagno. Non dare troppo fastidio allo zio Shan!-  E poi, rivolgendomi a lui.  -E tu, disgraziato, non esagerare troppo con lei!-

Shannon mi guarda con occhioni innocenti, stringendosi nelle spalle.

-Non fare quella faccia! Ogni volta che Alice passa del tempo con te mi diventa iperattiva come una cavalletta. Non ho intenzione di riempirla di Ritalin, sappilo!-

Li sento bisbigliare e ridacchiare tra loro mentre mi allontano. Sicuramente lo zio le starà dicendo che sto diventando un'insopportabile palla al piede. Lo fa sempre, per farmi imbestialire. Se non volessi bene anche a lui come se fosse mio fratello lo avrei già preso a padellate in testa, però.

Porca miseria se sono nervosa, oggi! Okay, direi che almeno in questo caso sono più che giustificata.

Compio appena un paio di passi verso il bagno attiguo alla veranda, oltrepassando le scale a vista che portano al piano di sopra, quando il ricordo di me e Jared seduti su quegli stessi pioli mi schiaffeggia con una potenza inaudita.

Quel giorno di un'estate ormai notevolmente lontana nel tempo era stato testimone di parecchie mie prime volte.

La prima volta a Los Angeles, anzi a dirla tutta la prima volta in California.

La prima volta in cui misi piede nel leggendario laboratorio.

La prima volta che incontrai Constance e la prima volta in cui capii che suo figlio avrebbe fatto parte della mia vita, per sempre.

 

 

-Non hai fatto nessuna figura di merda con mia madre! ... Vuoi stare tranquilla?-

Cercava di rassicurarmi ma il ghigno subdolo che gli si era stampato in faccia da che avevamo lasciato la casa di Constance non mi convinceva per nulla.

-Dio, se sai essere stronzo! Mi hai lasciata parlare con lei per un quarto d'ora e lei non aveva la ben che minima idea di chi cazzo fossi! Penserà che io la solita ragazzina idiota cotta di te!-

Avevo la schiena premuta contro la ringhiera metallica, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani a coprirmi il viso. Ero talmente furibonda con lui che per un attimo pensai davvero di detestarlo. Profondamente. Porca miseria, io avevo fatto di tutto per proteggerlo da mia madre che, come mi aspettavo facesse, lo aveva odiato sin dal primo sguardo che gli aveva rivolto, e invece lui non solo non aveva mai parlato di me con Constance, dopo mesi che stavamo insieme, ma non aveva nemmeno avuto l'accortezza di mettermene al corrente prima di presentarmela.

Figlio di … no, questo non potevo proprio dirlo! Bastardo sì, però!

-Non torniamo a casa da mesi, scusa, mica potevo dirglielo per telefono!-

Jared era accucciato di fronte a me, sullo stesso piolo, e ridacchiava soddisfatto. Nessuno mi toglierà mai dalla testa il sospetto che lo avesse fatto di proposito, per ripicca.

-... E poi mamma non pensa affatto che tu sia una ragazzina idiota. Né lo ha pensato, fidati!-

-Come fai a dirlo?-

-Primo: perché nessuna idiota avrebbe mai una cotta per me. Sarebbe un controsenso.-

Eccolo là, bentornato pavone! Chiudi la ruota che la scala è troppo stretta per contenerla!

-... Secondo: perché glielo ho detto.-

-Quando?-

Alzai di scatto la testa ancora più tesa di prima. Non era da me sentirmi così in ansia, ero una ragazza a modo ed ero solita fare una buona impressione, soprattutto con i genitori altrui, ma cazzarola quella era sua madre! SUA madre!

-Quando sei fuggita in macchina quasi senza salutare.-

-Ecco, grazie! Mi serviva giusto un altro motivo per sprofondare dall'imbarazzo. Cristo, non avrò più il coraggio di rivolgerle la parola! … E sentiamo, che cosa le avresti detto di preciso?-

-Di non fermarsi alla prima impressione! Che di solito sembri normale! ...-

-Ribadisco il concetto! Sei uno stronzo!-

Poi, improvvisamente, il suo ghigno malefico si sciolse in uno sguardo languido che già da solo bastava ad annichilirmi.

-... Che sei la mia ragazza, … che sono schifosamente, disgustosamente e irrimediabilmente innamorato di te ...-

Riuscii a malapena ad ansimare un flebile “Jared ...”, dispersosi all'istante nell'aria tra la mia gola e le sue labbra.

-E che voglio vivere con te … qui!-

Sollevai lo sguardo verso il soffitto, più che altro per distoglierlo dai suoi occhi e distrarre il mio cervello dalla chiara volontà di saltargli addosso lì, su quelle scale. Quando notai un ragno grosso come il mio pugno, che con le sue orride zampacce lunghe si arrampicava su e giù lungo una trave del soppalco.

-Non qui, qui, spero!-  Mi sincerai allarmata.  -Perdonami ma casa tua sembra più un ostello per rifugiati.-

E mi allarmai ancora di più quando vidi la sua espressione contrariata.

-E dai, non è così male! Io e Shan ci siamo sempre trovati benissimo.-

-Appunto!-

Non ne dubito. Come scannatoio era perfetto, se si tralasciava la pulizia decisamente scarsa. Mi sganascio dalle risate quando descrivono Jay come un maniaco dell'igiene. Non lo è affatto! Forse è soltanto un pochino ipocondriaco.

-Infatti! …-

Mi scrutò serio per un secondo e poi esplose letteralmente in una roboante risata.

-... Dovresti vedere la tua faccia … tranquilla amore, ti sto solo prendendo in giro! Non vivremo qui, qui! … Ho contattato un agente immobiliare, può farci vedere qualcosa già da domani.-

 

 

Sono una stupida! Mi riprometto da giorni di smetterla di annegare nei ricordi e invece non faccio altro.

Esco dal bagno pochi minuti più tardi e notando la porta dello studio aperta non resisto alla tentazione di entrarci.

Ogni particella di ossigeno di questa stanza sa di lui.

Pythagoras è appesa alla rastrelliera sulla parete. Artemis invece è appoggiata su uno degli amplificatori. Deve averla suonata oggi pomeriggio.

Vago un po' per la stanza, senza una meta precisa, toccando gli oggetti che incontro. Gli stessi che so con certezza Jay avrà toccato migliaia di volte. E mi siedo al pianoforte. Sorridendo come una stupida. L'ultima volta che mi sono seduta al suo piano abbiamo fatto l'amore. Sì, il pianoforte era diverso. Era quello di casa nostra, ma non posso evitare comunque di ripensarci in questo momento.

Riapro gli occhi e il mio sguardo cade su alcuni fogli che sbucano da sotto Artemis. Li afferro istintivamente, non so nemmeno io perché. Sono dei fogli pentagrammati. Jared li usa spesso per annotare degli accordi o delle armonie che gli vengono in mente.

Ma lì sopra non ci sono note e accordi. Sono parole. Scritte con la sua pessima calligrafia che però a me è sempre parsa chiara come l'acqua. Non sono parole di una canzone.

Sembra più una lettera.

E mi basta leggere le prime righe per rendermi conto che è indirizzata a me.

-Ehi, dolcezza? Sei ancora tutta intera o sei caduta giù per il tubo?-

Il vocione profondo di Shannon, con la sua solita delicatezza, mi richiama dal salotto. Non so per quanto tempo mi sia trattenuta in questa stanza ma non voglio assolutamente che mi trovi qui. Furtivamente piego la lettera di Jared e me la infilo nella borsa che, per una volta previdente, mi sono portata dietro.

Non ho idea di quello che possa aver scritto in questi, tantissimi, fogli. E forse starò facendo una cazzata gigantesca ma so che devo leggerli. Al più presto. Prima che lui parta. Anzi, possibilmente prima di chiarirmi con lui.

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- con questo capitolo si conclude idealmente la prima parte della storia. La seconda avrà un taglio narrativo un po' diverso.
- non sono del tutto sicura che il Mars Lab si trovi veramente a West Hollywood. Forse l'ho sentito o letto da qualche parte, o è solo una associazione mentale errata.
- "Come ti cambio la casa" è un programma tv del National Geographic. Mai visto personalmente! Se non si era capito, preferisco i programmi di cucina!
- capitolo ricco di citazioni di Artifact: l'hiking sulle colline al tramonto, i divani del lab, lo studio ... aaahh!!!
- il Ritalin è un farmaco piuttosto diffuso in America (spero non più così tanto) che i medici prescrivono per moderare il comportamento dei bambini iperattivi, un po' troppo a cuor leggero a mio modesto parere.
- il titolo cita una celebre battuta tratta da quel capolavoro che è e rimane Mary Poppins (l'ho inserita di straforo anche nel cap., serviva una che facesse i miracoli!)
- mi prendo l'ultimo spazio x ringraziare Sayuri e Lady Echelon per la loro assiduità e la loro analisi sempre efficace e costruttiva, grazie davvero! E un grande abbraccio ad Alex, so che ci sei, lì in agguato, e mi sento più tranquilla! :))))

 

NOTE FINALI: 


- con questo capitolo si conclude idealmente la prima parte della storia. La seconda avrà un taglio narrativo un po' diverso.

- non sono del tutto sicura che il Mars Lab si trovi veramente a West Hollywood. Forse l'ho sentito o letto da qualche parte, o è solo una associazione mentale errata.

- "Come ti cambio la casa" è un programma tv del National Geographic. Mai visto personalmente! Se non si era capito, preferisco i programmi di cucina!

- capitolo ricco di citazioni tratte da Artifact: l'hiking sulle colline al tramonto, i divani del lab, lo studio ... aaahh!!!

- il Ritalin è un farmaco piuttosto diffuso in America (spero non più così tanto) che i medici prescrivono per moderare il comportamento dei bambini iperattivi, un po' troppo a cuor leggero a mio modesto parere.

- il titolo cita una celebre battuta tratta da quel capolavoro che è e rimane Mary Poppins (l'ho inserita di straforo anche nel cap., serviva una che facesse i miracoli!)

- mi prendo l'ultimo spazio x ringraziare Sayuri Remenissions e Lady Echelon per la loro assiduità e la loro analisi sempre efficace e costruttiva, grazie davvero! E un grande abbraccio ad Alex, so che ci sei, lì in agguato, e mi sento più tranquilla! :))))

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo uno ***


 

11: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo uno

 

 

-JARED's pov-

 

Ricordo come se fosse successo solo ieri, il primo istante in cui i miei occhi si posarono su di te.

Vittima della mia ennesima follia avevo trascinato il povero Tomo e le nostre due chitarre in una stazione della metropolitana di New York. A Union Square, per la precisione. E ci eravamo ritrovati seduti per terra, sulle custodie degli strumenti, a suonare come due artisti di strada qualunque.

A Beautiful Lie era già uscito da qualche tempo e grazie al successo di The Kill il mondo stava finalmente cominciando ad accorgersi di noi. Ma io non ne avevo ancora abbastanza.

Volevo sfondare.

Era il mio unico pensiero fisso. E sapevo che per farlo avrei dovuto buttarmi. Spingermi ancora oltre. Ad ogni costo. La gente mi avrebbe considerato un eccentrico. Forse soltanto un pazzo vanitoso e arrogante. Ma me ne fregavo.

In fondo, è tutt'oggi un opinione che non si discosta troppo dalla realtà.

Era sera, potevano essere le otto o poco più tardi. Un sacco di gente che scendeva dai treni o si apprestava a salirci ci passava accanto. Qualcuno, non pochi ad essere sinceri, si fermava ad ascoltarci e a cantare con noi.

Io e Tomo stavamo improvvisando qualcosa sulle note della nostra hit più famosa quando notai una ragazza, alta e biondissima, oltrepassarci per tornare subito indietro, euforica. Mi colpì immediatamente.

Era davvero bella da far girare la testa. Gambe chilometriche e fisico da top model. Lunghissimi e perfetti boccoli color dell'oro. Un tubino griffato che lasciava quasi nulla all'immaginazione.

Mi sorrideva maliziosa. Ed era bastato quel sorriso a farmi percepire perfettamente le sue intenzioni.

 

-Maddie! Muoviti o faremo tardi!-

 

Furono queste le prime parole che ti sentii pronunciare.

Sempre continuando a suonare, scostai lo sguardo da quella bionda sexy verso di te. Eri rimasta leggermente indietro e cercavi di trascinarla via spazientita.

Un paio di comunissimi jeans a tubo neri, una giacca scura e una camicetta bianca, graziosa ma fin troppo insignificante. I capelli, castani e non molto lunghi, raccolti in uno strano chignon da cui spuntavano dei ciuffi disordinati. Pochissimo trucco e praticamente zero accessori.

Ricordo che pensai subito che la bionda potesse essere una modella o un'attricetta in cerca di fama e tu, al massimo, la sua anonima assistente.

Ad ogni modo la tua amica non aveva manifestato la minima intenzione di muoversi. Rimase lì a fissarmi per tutta la durata della nostra esibizione estemporanea mentre tu sbuffavi e imprecavi pestando i piedi, dietro le sue spalle.

Terminata la canzone, e il bis che ne era seguito, quando ormai la gente aveva cominciato a defluire, io e Tomo ci intrattenemmo a parlare un po' con la biondina. Ci aveva subito informati che avevate i biglietti per una mostra al Met, una serata ad invito che era stata lei a procurarvi grazie alle conoscenze del padre. Era un pezzo grosso in Georgia, se non sbaglio? Ma eravate già in fortissimo ritardo quindi, purtroppo per voi, era comunque saltata. Una mostra su Raffaello, molto esclusiva e decantata.

Tu adori Raffaello. Sei così orgogliosa di discendere dalle sue stesse terre. Dici sempre che le proporzioni del mio profilo ti rammentano tanto i tratti pittorici armoniosi del grande artista rinascimentale. Chissà se lo pensi ancora? O forse oggi mi paragoneresti più ad un ritratto di Picasso! Oscuro e spigoloso.

Quando infine per farmi perdonare vi invitai entrambe in un locale per bere qualcosa, la tua faccia era già tutto un programma. Avresti voluto uccidermi seduta stante. Probabilmente gettandomi sotto uno dei treni della metropolitana.

Ma la tua amica insistette parecchio per convincerti e, alla fine, cedesti.

Così raggiungemmo Shannon e gli altri in un club del centro. C'era anche Babu quella sera. Immagino che sia stato allora che abbiate stretto amicizia, voi due. Non ci badai troppo. Mi vergogno come un cane a ripensarci adesso ma la biondina assorbì completamente la mia attenzione quella notte.

Ci accorgemmo soltanto dopo parecchie ore che tu e lui ve ne eravate già andati.

 

All'epoca il cordone di sicurezza intorno alla band aveva maglie piuttosto larghe e c'erano sempre un sacco di ragazze e di amici che si avvicendavano senza controllo all'interno della crew. Emma aveva cominciato a lavorare come mia assistente personale da pochissimo tempo e forse era ancora troppo intimidita dal mio modo di fare arrogante per impormi delle regole più ferree. Con gli anni si è rifatta con gli interessi, lo sai anche tu. Le voglio bene, ma la gente in realtà non si rende conto di quanto sia stata per me una sorta di tata svizzera, inflessibile ed intransigente.

Comunque, tu e Maddie entraste di diritto nella lista dei desiderati sin da subito. Non so quanto a te la cosa facesse piacere. Anzi, pareva proprio che in realtà tu avresti fatto di tutto pur di evitarlo, ma in quel periodo voi due sembravate inseparabili. Dove era una c'era anche l'altra. E sì che non avevate nulla in comune. Ai miei occhi non sarebbero potute esistere due ragazze più diverse di così. Tanto la bionda era vivace ed espansiva, quanto tu eri irritante e sulle tue.

Frequentandovi scoprii che studiavate insieme alla Columbia University ed eravate persino compagne di stanza al campus. Vi sareste laureate a breve. Non per parlarne male ma Maddie era riuscita ad andare avanti unicamente grazie alle generose donazioni del paparino, al contrario di te che invece avevi potuto completare lì la tua specializzazione contando esclusivamente sulla borsa di studio per studenti esteri ottenuta grazie alle tue brillanti capacità. Studiavi storia dell'arte e la cosa mi impressionò molto favorevolmente, quando la tua amica me lo rivelò. Tu non eri molto loquace con me agli inizi e se mi rivolgevi la parola erano quasi sempre insulti mascherati da battutine sardoniche. E anche l'arte, argomento che appassionava entrambi, diventava facilmente terreno di scontro per noi.

Quante volte mi contraddicevi solo per il gusto di farlo, sii sincera? Bambina dispettosa!

 

A quei tempi ci stavamo preparando per il primo tour mondiale importante della band. Volevamo che tutto fosse perfetto, soprattutto io, pignolo ai limiti del patologico. Per questo ci eravamo imposti di fermarci a New York allo scopo di metterlo a punto al meglio.

Un pomeriggio in cui mi ritrovavo eccezionalmente senza far nulla, in quelle settimane di lavoro forsennato, fui preso dalla tentazione di fare un salto al vostro campus. Non ricordo neanche bene che cosa volessi di preciso. Se mi fossi messo in testa di farmi un secondo viaggetto sulla bionda o che altro. Non che in definitiva Maddie mi avesse conquistato un granché e lo sai bene. Era bella, sì! Ma credo anche che sia la ragazza più stupida con cui abbia mai avuto occasione di scambiare due parole. E io di oche ne ho conosciute parecchie.

Feci due moine delle mie alla ragazza che stava all'ingresso del dormitorio per farmi dare il vostro numero di stanza. La poverina non fece alcuna resistenza.

Un minuto dopo ero già lì, a bussare alla tua porta.

 

-Che cazzo ci fai tu qui?-

 

Fu così che mi accogliesti quel pomeriggio, ricordi?

Io riesco solo a pensare che quella fu la prima volta che mi ritrovai a tremare di fronte a te.

Indossavi una canotta nera attillata, con degli strani e ipnotici segni arancioni sopra, e un paio di cortissimi shorts in jeans, vecchi e un po' sformati. I capelli erano ancora raccolti alla meglio. Avevi gli occhiali quella sera. Un paio di occhialetti ovali con la montatura in bachelite nera che ti erano scivolati quasi fino alla punta del naso. Li metti sempre per leggere. Infatti il pavimento della tua stanza era cosparso di libri e fogli di ogni genere. Logicamente stavi studiando.

-Maddie non c'è!-  Mi ringhiasti contro indispettita.

E il tuo tono di voce non era l'unico dettaglio che mi dimostrasse chiaramente quanto non fossi felice di avermi lì tra le palle.

Avresti potuto polverizzarmi anche solo con lo sguardo!

-È tornata a casa per il week end. … Aveva un matrimonio o un battesimo … non ricordo.-

Io continuavo a fissarti inebetito, senza che il pensiero della tua amica mi sfiorasse minimamente in quel momento. Notai una matita sporgere dietro il tuo orecchio, mentre ti gingillavi con un'altra, stretta in mano. Era tutta mordicchiata.

E d'istinto ti guardai le labbra.

Sembravano disegnate. Di un rosa chiarissimo, con il contorno naturale e ben definito. Piccole ma piene. Formavano un delizioso cuoricino. Solo leggermente più secche, probabilmente a causa del gran caldo. Avrei saputo bene io come reidratartele.

Erano le labbra più belle che avessi mai visto. E lo sono ancora.

Eri quanto di più lontano dalle solite ragazze che stuzzicavano le mie fantasie, e non solo per le misure o per il colore dei capelli sbagliato.

Il tuo aspetto disordinato non era sexy, come quello delle modelle sulle riviste, ma solo disordinato.

La tua normalità non era maliziosamente acqua e sapone, ma semplicemente normale.

Eppure i miei occhi non ebbero mai occasione di ammirare qualcosa di più bello.

Mi innamorai di te in quel preciso istante.

 

-Stasera facciamo uno show di prova in un locale. Ci farebbe piacere un po' di tifo.-

Mi decisi finalmente a parlare, cercando di mascherare i palpiti stranamente accelerati del cuore con la mia abituale spavalderia.

-Hai sentito quello che ti ho detto? Maddie non c'è!-  Ribadisti tu, scocciata.

Cazzo, se eri dura, però!

-Infatti io lo sto chiedendo a te!-

Non volevo mica esserti da meno.

-Senti, Jared, sei molto gentile, davvero. Ma non mi sembra il caso. Sto studiando come vedi. Ho ancora l'ultimo esame prima della laurea e non posso tirare il freno proprio adesso …-

-Andiamo! È sabato sera. Staccare la spina per un po' non può farti che bene.-

In effetti sembravi piuttosto provata e sicuramente pensasti la stessa cosa anche tu in quel momento.

-Non ti piace proprio la nostra musica?-  Continuai a insistere, modulando la mia voce in modo da far crollare il tuo muro di diffidenza.

-No! … Ti sbagli. Siete bravi. … È solo che …-  Sbuffasti indecisa, ritirandoti su gli occhiali.  -… C'è anche Rob?-

Rob! Ti sei sempre rifiutata di chiamarlo Babu. Dici che è necessario che ci sia almeno uno che finga di fare l'adulto nella nostra famiglia.

Annuii sorpreso e al tempo stesso un po' deluso dalla tua domanda. Mi ferì non poco il fatto che sarebbe bastata la presenza del mio fratellastro a convincerti. E non la mia.

-Okay! Una birra forse è quello che mi serve. Dammi cinque minuti che mi metto qualcosa addosso!-

Quel riferimento mi costrinse a percorrere con lo sguardo il tuo corpo da capo a piedi.

Eri bellissima!

Come avevo potuto essere così stupidamente cieco da non essermene accorto prima? E perché adesso non riuscivo a pensare a niente altro che esulasse da te e dalla mia bruciante voglia di stringere il tuo corpo tra le braccia?

-Lo so che probabilmente per te è più che normale che una ragazza ti si spogli davanti senza problemi …-

Mi redarguisti un po' infastidita dal mio stato di inerzia ma ugualmente divertita.

-… Però non credo che ti dispiaccia troppo aspettarmi fuori, vero?-

Beh, non proprio! Anzi, a dire la verità mi dispiaceva eccome! Ma tu avevi già spalancato la porta e mi avevi gentilmente sbattuto fuori, ridendo allegramente.

E io ero rimasto ad aspettarti in corridoio. Ancora stordito ma felice come non ricordavo più di essere stato nella mia vita.

I tuoi cinque minuti durarono forse anche meno. Non sei mai stata una donna che si fa attendere ed è una fortuna dato che ci sono già io a fare la diva!

Uscisti dalla tua stanza praticamente come eri prima. Avevi solo sostituito gli shorts con dei jeans lunghi ed aderenti. Una sottile linea di matita nera aveva preso il posto degli occhiali. Stessa canotta. Che non potei fare a meno di fissare insistentemente, da bravo maniaco.

Ho sempre fantasticato sul tuo seno e ne sono follemente geloso, purtroppo tu non hai mai sentito più di tanto l'esigenza di nasconderlo.

Ma davvero sei convinta che nessuno ti noti? Illusa!

-Lo so che faccio schifo!-  Ti sentii affermare, lasciandomi di sasso.

Schifo? Se solo fosse dipeso da me ti avrei trascinata di nuovo nella tua stanza per rinchiuderci lì dentro per sempre!

-Tanto a fine serata sarei uno straccio in ogni caso. … Andiamo?-

 

 

 

-RICA's pov-

 

Se chiudo gli occhi mi sembra ancora di vederti, lì, in piedi sulla porta della mia stanza al campus. I capelli scuri, lunghi fin poco sopra le spalle, tra i quali spuntava qualche ciocca che doveva essere stata rosso fuoco ma che era quasi sbiadita ormai. Un centimetro di barba a nascondere il tuo profilo.

Certo che sei ancora bello come un dipinto di Raffaello, idiota!

In quel momento ero davvero convinta che stessi puntando Maddie come un cane da caccia e non avrei saputo darti torto. Era semplicemente bellissima. Il classico tipo per cui tu sbavavi sempre.

Invece, tu quella sera volevi me! Anche prima dell'alcol e della musica e di tutto il resto. Io questo non lo avevo realizzato.

Cazzo! Ti sto parlando come se tu potessi sentirmi. Ma in questo momento mi viene spontaneo. È come se la mia mente stesse rispondendo automaticamente alle tue parole.

Mi sento una ladra a leggere la tua lettera di nascosto. Ho sistemato i fogli tra le pagine dell'ultimo numero di BlackBook e sto fingendo di leggere la rivista mentre tengo d'occhio Alice, sdraiata sul tappeto del salotto a finire gli ultimi dettagli del suo paesaggio a carboncino.

Alla fine siamo uscite di corsa dal Lab senza aspettarti ma ho pregato Shannon di riferirti di venire tu a casa. Per cenare con noi. Ovviamente la serata con Vicki è saltata ma questo è decisamente più importante. Spero solo che tu non piombi qui prima che io abbia terminato di leggere.

Devo assolutamente sbrigarmi!

 

 

***

 

 

 

NOTE FINALI: 
- come avrete capito, questa seconda parte è un pov di Jared (sarà composto da più capitoli) e costituisce la "famosa" lettera che Rica ha trovato nello studio, cioè un lungo flashback che racconta come è nata e si è sviluppata la loro storia d'amore.
Avvertenze x i poco sensibili al sentimentalismo: sarà un Jared inverosimilmente romantico!
- l'episodio del concertino in metropolitana, a Union Square, è realmente accaduto ma non dopo ABL, bensì nel 2013 x l'uscita di LLF+D. E non c'era Tomo ad accompagnare Jared ma Jamie.
- il Met, ossia il Metropolitan Museum of Art, Manhattan, NYC.
- l'elogio di Raffaello, oltre che fortemente condiviso, è un omaggio alla provincia di Pesaro-Urbino che ormai mi ospita da troppi anni.
- la chiusura finale è a pov Rica e sarà la sua unica incursione in questa seconda parte. Mi serviva unicamente x chiarire meglio lo svolgersi della trama da qui in poi.
- Black Book è un magazine culturale americano, ma non sono sicura che venga ancora pubblicato.
- il titolo riprende la serie di gilm "Il diario di una schiappa". E sono costretta ad ammettere che questo è l'unico tra i film citati che non ho mai visto! Ma avevo bisogno di qualcosa che evocasse un racconto personale, il Diario di Bridget Jones l'ho già usato ... il Diario di Anna Frank è troppo triste, quindi ... beccatevi questo!  

NOTE FINALI: 

- come avrete capito, questa seconda parte è un pov di Jared (sarà composto da più capitoli) e costituisce la "famosa" lettera che Rica ha trovato nello studio, cioè un lungo flashback che racconta come è nata e si è sviluppata la loro storia d'amore.

Avvertenze x i poco sensibili al sentimentalismo: sarà un Jared inverosimilmente romantico!

- l'episodio del concertino in metropolitana, a Union Square, è realmente accaduto ma non dopo ABL, bensì nel 2013 x l'uscita di LLF+D. E non c'era Tomo ad accompagnare Jared ma Jamie.

- il Met, ossia il Metropolitan Museum of Art, Manhattan, NYC.

- l'elogio di Raffaello, oltre che fortemente condiviso dalla sottoscritta, è un omaggio alla provincia di Pesaro-Urbino che ormai mi ospita da troppi anni.

- la chiusura finale è a pov Rica e sarà la sua unica incursione in questa seconda parte. Mi serviva unicamente x chiarire meglio lo svolgersi della trama da qui in poi.

- Black Book è un magazine culturale americano, ma non sono sicura che venga ancora pubblicato.

- il titolo riprende la serie di film "Il diario di una schiappa". E sono costretta ad ammettere che questo è l'unico tra i film citati che non ho mai visto! Ma avevo bisogno di qualcosa che evocasse un racconto personale, il Diario di Bridget Jones l'ho già usato ... il Diario di Anna Frank è troppo triste, quindi ... beccatevi questo!  :D

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo due ***


 

12: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo due

 

-JARED's pov-

 

Lo show non durò a lungo e non fu certo una performance memorabile.

Dimenticai quasi la metà delle parole senza neanche accorgermene, e per quanto tentassi di rimanere professionale e concentrato, non riuscivo ad evitare di lanciare continui sguardi al tavolo dove eri seduta insieme agli altri della crew.

Come cazzo era potuto succedere?

Nell'istante in cui mi resi conto di non avere più il pieno controllo su di me capii soltanto di avere una paura fottuta.

Tu e Rob invece ve la stavate proprio spassando. Ridevate come bambini, scolandovi una birra dopo l'altra. Solo di tanto in tanto vi voltavate verso noi poveri cristi sul palco, alzavate le braccia intonando qualche strofa insieme a noi, per poi tornare a ridere.

Finita l'esibizione, ci sedemmo al tavolo tutti insieme. Io mi ero sistemato di proposito di fronte a te. Non volevo più perderti di vista. Non ci sarei riuscito neanche volendo perché quella sera sembravi decisamente un'altra. Sciolta, disinvolta, rilassata. Era stato l'alcol o forse eri semplicemente, finalmente, te stessa?

Rimanemmo al locale fino oltre l'orario di chiusura. Tomo e Vicki se ne erano già andati da un pezzo e anche Shan si era defilato con una o due groupies che gli erano capitate sotto mano. Degli altri ho un ricordo vago. Avevo bevuto anch'io più del dovuto ma non ero affatto ubriaco. Come non lo eri tu. In compenso Babu era completamente partito.

 

-Che stronzo!-

Borbottavi tentando di scrollarlo, scuotendogli piano la testa che gli era crollata miseramente sul tavolo.

-... Aveva promesso di riaccompagnarmi al campus!-

-Credevo fosse implicito che ti avrei riaccompagnata io. Dopotutto sei uscita con me stasera.-

Lo ammetto, mi irritò non poco il fatto che tu non l'avessi preso nemmeno in considerazione. Era chiaro che non ti stessi particolarmente simpatico ma mi pareva che ti ostinassi a rifiutarmi solo per partito preso. E vanitoso come sono, mica avrei potuto accettarlo così facilmente, no?

Tu però ti limitasti a fissarmi per un minuto, ad occhi spalancati, allibita come se per davvero mi avessi appena visto sbarcare da Marte.

-Io non sono affatto uscita con te, grand'uomo! Mi hai soltanto dato un passaggio, chiariamo!-

Mi strinsi nelle spalle, mordendomi la lingua per non controbattere acidamente come avrei voluto, sapevo che non era il caso. Con Babu fuori gioco avrei solo dovuto giocare bene le mie carte. Ma se ti avessi fatta incazzare, a quel punto avresti potuto benissimo andartene da sola con un taxi. E io non l'avrei sopportato. Non quella sera. Volevo una chance con te, ad ogni costo. Sono tenace, ma anche questo già lo sai!

-Come vuoi tu!-  Mormorai allora. Giusto per non far calare il silenzio fra di noi.

A quanto pareva, però, a te non andava per niente di troncare lì il discorso.

-E poi scusa, tu fai sesso con la mia compagna di stanza! Non uscirei mai con te! Per chi mi hai preso?-

-Io non faccio sesso con la tua amica!-  Ribadii risoluto, appoggiando la testa di lato, sulla spalliera del divanetto.

Ero stanco morto ma in quella posizione potevo permettermi di stare più comodo e continuare lo stesso a guardarti negli occhi.

-Maddie sostiene il contrario.-

La tua voce era calda e appena sussurrata, con quella deliziosa inflessione cockney che la caratterizza e che mi manda al manicomio, mentre ti sistemavi anche tu sul divanetto imitando la mia posizione. Probabilmente anche per te la fatica cominciava a farsi sentire.

-... Credi che non mi abbia raccontato del servizietto che ti ha fatto nel bagno di quel club, la sera in cui vi siete conosciuti?-

Avrei voluto sprofondare, sai?

Io mi ero appena reso conto di essermi innamorato e tu invece mi consideravi solo uno squallido porco assatanato.

-È successo solo quella volta! E comunque non abbiamo fatto proprio sesso!-

Era vero! Anche se mi era stata intorno parecchio nei giorni seguenti non riuscivo a spiegarmi come mai non avessi più sentito l'impellente desiderio di rifarmela.

-Ottima tesi difensiva Mr Leto!-  Mi ridesti in faccia spudoratamente.   -Peccato che l'abbia già sentita pronunciare da qualcun altro! … Aspiri ad un futuro in politica, per caso? … Signori del Gran Giurì, il sesso orale non è assolutamente sesso … non è proprio fame, è più … voglia di qualcosa di buono!-

E riprendesti a ridere ancora più forte. Tanto forte da ridestare per un attimo il povero Robert. Allora mi alzai dal divanetto, rassegnato ad essere diventato ormai soltanto il bersaglio del tuo spasso, e afferrai mio fratello cercando di rimetterlo in piedi alla meglio.

Poi allungai docilmente una mano verso di te.

-Vieni, dai! Ti riporto al dormitorio che domani devi studiare.-

Non scorderò mai il sorriso che mi regalasti in quel momento, mentre afferravi la mia mano. Ricordi ancora il brivido, quando la nostra pelle si sfiorò, per la prima volta, in quel modo?

Non so che cosa leggesti nei miei occhi in quell'istante ma fu come se il tuo cuore avesse istintivamente capito che cosa provavo. E che, in fondo, ne gioisse.

Se solo tu avessi sospettato quanto il mio stesse martellando, tanto forte da sfondarmi i timpani, mi avresti senz'altro preso in giro per il resto della nostra vita.

 

Lasciammo Babu ancora in stato di semi-incoscienza lungo il percorso, visto che all'epoca abitava in un residence a circa metà strada tra il locale e il campus. Ma giunti davanti all'ingresso del dormitorio tu non sembravi più tanto intenzionata a scendere dalla mia auto.

-Sono quasi le tre del mattino...-  Bisbigliasti, come se stessi parlando solo con te stessa.

-Già! Hai bisogno di dormire un po'.-

Ti voltasti verso di me e mi accorsi del tuo sguardo preoccupato. Eri tesa … ma anche curiosamente eccitata. E io mi sentii improvvisamente nervoso. Come non mi capitava da secoli.

-Non è questo. Non … non posso rientrare a quest'ora. Se lo scoprisse qualcuno della commissione borse di studio potrebbero invalidarmi l'esame. Di solito con Maddie abbiamo le spalle coperte. Ma lei non c'è adesso.-

-C'è qualcosa che io possa fare per te?-

Domanda stupida e inutile. Sapevo perfettamente che cosa avrei voluto fare.

-Portami a casa tua!-

E, grazie al cielo, lo sapevi anche tu.

 

Condividevo un appartamentino in affitto temporaneo con Shannon dalle parti di Soho, ma fortunatamente lui non era in casa quella notte. Sicuramente mio fratello si era fermato con quelle due in qualche hotel. Non l'ho mai ringraziato a sufficienza per questo.

Tu insistetti a lungo per dormire sul divano, cosa che evidentemente non potevo permetterti di fare.

Perciò, quasi a forza, ti mostrai la mia camera. Il mio letto.

Ricordo che trascorremmo ancora non so quanto tempo a parlare, anche se sono convinto che nessuno dei due sappia più di cosa.

Il fatto era che non avevo assolutamente voglia di allontanarmi da te. L'avrei fatto se tu me lo avessi chiesto. Malvolentieri e con il cuore a pezzi, ma l'avrei fatto.

Solo che tu non me lo chiedesti.

Eravamo finiti semi sdraiati, di traverso su quel materasso, a sghignazzare sottovoce. Entrambi con un braccio a sorreggerci la testa un po' appesantita dall'alcol e dal torpore.

-Mi dici come faccio io? … Perché devi essere così bello, cazzo?-

Non dubitai che fosse stato l'alcol ad allentarti qualche freno inibitorio. La tua voce era poco più di un sospiro rassegnato, quasi fossi tu stessa la prima a non volerci credere. Però continuavi a fissarmi dritto negli occhi.

E poi successe.

Di solito sembravi sopportare a malapena anche la mia sola presenza eppure fosti tu ad avvicinarti a me per baciarmi. Timidamente. Mi sfiorasti appena le labbra, ridisegnandone il contorno con le tue.

Io ti lasciai fare. Ma solo per un istante.

Mi era bastato quel piccolo gesto, sentire il tuo respiro mischiarsi con il mio, illudermi che, forse, non mi avresti respinto, a sconvolgermi totalmente. Mi sentii folle e dannatamente felice. Approfondii il tuo bacio con una foga tale da divorarti quasi la bocca, mordendoti e toccandoti ovunque mi era possibile, freneticamente. Intrecciando la mia lingua impaziente alla tua, con il terrore di perderla per sempre se avessi allentato la presa.

Mi sorprendesti per l'ennesima volta. Non solo non ti spaventasti per la mia reazione forse anche troppo impetuosa, no. Ricambiasti il mio bacio con la stessa passione, completandomi con un incastro perfetto.

E non abbandonasti i miei occhi neppure per un istante.

Cazzo, volevo urlarti che ti amavo già allora. Ma ebbi troppa paura in quel momento. Ero ancora così scioccamente immaturo all'epoca.

Potrà sembrare banale o superfluo dirtelo ma solo con te mi sento realmente un uomo!

Poi, ti vidi scostarti da me mentre cominciavi a spogliarti piano. Decisa.

Prima via la canotta e il reggiseno, a lasciare libero il tuo bellissimo seno.

Deglutii a vuoto quando lo vidi per la prima volta. Alto, pieno e di fronte a me. Mio.

Poi i jeans. Mentre trafficavi con i tuoi pantaloni, alzasti lo sguardo accigliata su di me che ti fissavo ancora stordito ma già lucido di desiderio.

-Hai intenzione di rimanere tutto vestito?-  Mi provocasti, ridicolizzandomi ancora una volta.

Ignorai il tuo tono irriverente e mi fiondai di nuovo su di te, trascinandoti verso i cuscini, mentre tu a fatica mi sfilavi la t-shirt.

-Sei sicura di volerlo fare?-

Mi ero fermato solo per un attimo. Non volevo sciupare l'atmosfera ma non volevo neanche che tu te ne potessi pentire l'indomani.

-... Non è la troppa birra a spingerti, vero?-

Mi attirasti a te con un altro bacio, più lieve, mentre le tue mani armeggiavano sicure con l'attaccatura dei miei pantaloni.

-Tu sei ubriaco, Jared?-  Sussurrasti al mio orecchio, mordicchiandolo e facendomi eccitare ancora di più se possibile.

Riuscì ad emettere soltanto un no appena strozzato.

-Bene! …-  Continuavi a sussurrare e io non ci vedevo quasi più ormai.  -… E allora ti va di fare l'amore con me?-

Non ti risposi nemmeno. Te lo dimostrai con i fatti quanto ne avessi voglia.

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- il termine "cockney" identifica grosso modo il dialetto popolare londinese, più precisamente dell'East End. Ovviamente non credo proprio che la nostra Rica abbia un accento di quel tipo, provenendo da una zona diversa dell'isola, ma dubito fortemente che un americano si accorga della differenza! (sempre simpatica io, eh?)
- chiaro riferimento al Sexgate, scandalo avvenuto verso la fine degli anni '90 che vide coinvolti l'allora presidente Clinton, la famigerata stagista Monica Lewinsky e una sospetta macchia organica su un vestito! 
- forse il cambio di attegiamento di Rica potrà sembrare troppo repentino, ma se ricordiamo un flashback di uno dei capitoli precedenti in cui la ragazza si confidava con Rob capiamo che l'indifferenza che mostrava verso di lui era solo apparente e in realtà ne era già attratta sin dal principio.
 

 

NOTE FINALI: 

- il termine "cockney" identifica grosso modo il dialetto popolare londinese, più precisamente dell'East End. Ovviamente non credo proprio che la nostra Rica abbia un accento di quel tipo, provenendo da una zona diversa dell'isola, ma dubito fortemente che un americano si accorga della differenza! (sempre simpatica io, eh?)

- chiaro riferimento al Sexgate, scandalo avvenuto verso la fine degli anni '90 che vide coinvolti l'allora presidente Clinton, la famigerata stagista Monica Lewinsky e una sospetta macchia organica su un vestito! 

- forse il cambio di attegiamento di Rica potrà sembrare troppo repentino, ma se ricordiamo un flashback di uno dei capitoli precedenti in cui la ragazza si confidava con Rob capiamo che l'indifferenza che mostrava verso di lui era solo apparente e in realtà ne era già attratta sin dal principio.

  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo tre ***


 

 

13: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo tre

 

 

-JARED's pov-

 

Ti riaccompagnai al campus il giorno seguente, molto più tardi del previsto. Immagino che la notte trascorsa insieme ci avesse talmente devastati, fisicamente ed emotivamente, che nessuno dei due fu in grado di riaprire gli occhi prima di mezzogiorno!

Shannon era rientrato da pochissimo e gli era bastata una rapida occhiata ai nostri sguardi, mentre uscivamo insieme dalla mia camera da letto, le nostre mani intrecciate, per avere già tutto chiaro.

Il mio fratellone si era accorto all'istante che ero fottuto!

Anni dopo mi rivelò che probabilmente quello fu uno dei giorni più belli della sua vita. Avrebbe finalmente potuto cominciare a preoccuparsi un po' meno per me.

Perché ora io avevo te!

Quasi subito decidemmo di comune accordo di non farne parola con gli altri per evitare problemi inutili con la band e i fans. Soprattutto le fans, che crescevano a vista d'occhio giorno dopo giorno. Eravamo tutti e due convinti che sarebbe stato meglio schivare pettegolezzi di quel genere, avevo già dato nel mio recente passato e anche tu non ne volevi certamente sapere.

Decisione saggia, vero? Solo che a ripensarci oggi, dopo tutti questi anni, mi sembra tanto una stronzata!

Va bene che siamo entrambi due persone riservate ma, me ne rendo conto soltanto adesso, pazzi come siamo uno dell'altra, addirittura fingere anche con gli altri di essere niente di più che semplici conoscenti era a dir poco infantile. Oltre che decisamente irrealizzabile.

Ma tu eri così impensierita da come avrebbero potuto prenderla Maddie e Rob. A me della tua amica non è che mi fregasse tanto a dir la verità, però per Robert ero un pochino in ansia anch'io. Era così evidente che fra voi ci fosse un legame stretto e all'epoca ero proprio convinto che tu gli piacessi parecchio. Alle volte lo penso ancora, da come ti guarda. Lo vedo che sei preziosa per lui, ma mai quanto tu lo sia per me, questo non dimenticarlo! Lo so che siete solo amici, non temere, non sono geloso, giuro! Non di Robert, almeno.

Comunque, continuammo ad incontrarci di nascosto nei giorni che seguirono la nostra prima volta. Ogni pomeriggio ti aspettavo nel mio appartamento, dove mi attardavo facendo finta di aver bisogno di un po' di solitudine per rilassarmi tra una prova e l'altra, e tu mi raggiungevi lì, con la scusa di andare in biblioteca.

Non ti lasciavo molto tempo per studiare, però. È stato un miracolo che tu sia riuscita lo stesso a dare quel benedetto ultimo esame.

Alla fine fummo piuttosto convincenti perché nessuno si accorse di niente. Anche se ho sempre avuto il sospetto che almeno Tomo, aiutato dai suoi mistici poteri, qualcosa avesse in realtà snasato sin dal principio. Mi lanciava certe occhiate quando tu eri nelle vicinanze, proprio come se sapesse. Ma non si è mai degnato di confermarmelo, il piccolo stronzetto!

Tutto procedeva a meraviglia finché non arrivò il giorno fatidico della partenza per il tour mondiale. Avevo cercato a lungo di non pensare troppo al momento del distacco da te, ripetendomi quasi come un mantra che sarebbe andato tutto per il meglio. Che ci saremmo sentiti per telefono e ci saremmo rivisti al più presto. E questa volta avrei fatto di tutto per far funzionare le cose!

E poi andavo a fare quello che più amavo al mondo, no?

Suonare, cantare e fare festa insieme ai membri della nostra famiglia. Di ogni parte del globo.

Non sbaglio a usare il passato quando dico amavo! Amo profondamente quello che faccio, e lo sai bene. Ma non quanto amo te e Alice. Nostra figlia è la cosa più bella e preziosa della mia vita.

Ma la mia vita sei tu!

Difatti le cose proseguirono più o meno come avevo previsto, in quelle prime settimane di tour. Prima qualche data in Nord America. Poi la tua Europa. Ti chiamavo ogni giorno, ogni volta che potevo, sempre al sicuro da orecchie indiscrete. Anche se poi le nostre conversazioni non è che fossero così intime. Tu mi chiedevi dei concerti. Io dei tuoi studi. Erano telefonate brevi e forse poco significative. Ma a me bastava poter sentire la tua voce. E immaginarti mentre parlavi con me. Dopotutto, non sei mai stata una chiacchierona espansiva al telefono. Ancora adesso tagli subito corto. Lo fai con tutti, non solo con me.

Eravamo a Minsk quando percepii che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Da un paio di giorni non rispondevi più alle mie chiamate, anzi il tuo numero era perennemente staccato. E fui preso improvvisamente dal panico.

Mi sfogai con Shan che cercò di tranquillizzarmi, dicendomi che sicuramente eri impegnata con gli studi, ma in realtà quelli erano proprio i giorni della tua laurea. Avevi di certo già dato quel famoso esame finale e dovevi essere libera ormai.

Ed invece eri come sparita.

Perciò feci una cosa che in principio mi ero ripromesso di non fare. Chiamai Babu. Non avrei voluto metterlo in mezzo, sul serio, ma lui era rimasto a New York ed ero più che certo che fosse ancora in contatto con te. Tergiversai con lui per una buona mezz'ora, prima di decidermi ad affrontare l'argomento.

-Dimmi un po', fratellino, hai più rivisto le nostre amiche della Columbia?-

Tirai dentro anche Maddie, giusto per non scoprirmi eccessivamente.

Lo sentii sospirare ed ebbi la sensazione che si fosse demoralizzato di colpo.

-La tua biondona la vedo ogni tanto, in qualche locale. Mi dispiace ma credo si stia dando alla pazza gioia anche senza di te, fratello!-   Mi sfottè ridacchiando sarcasticamente.

La MIA biondona? E che cazzo mi poteva mai importare di lei?

Ovviamente a Robert questo non potevo dirlo. Ero sicuro che non sapesse nulla di noi a quel tempo, e invece tu gli avevi già confidato tutto. Che bastardo! Giuro che non mi aspettavo sapesse mentirmi così bene!

Ad ogni modo, con estrema noncuranza, gli chiesi anche di te.

-Freddi? … È tornata a casa. In Inghilterra.-

In quell'istante avvertii davvero tutto il peso del mondo crollarmi sulle spalle lasciandomi sprofondare nel baratro. Il respiro mi si mozzò in gola, privandomi del tutto di ossigeno e impedendomi di fiatare.

Te ne eri andata, senza dire una parola!

Perché?

Il senso mi sfuggiva completamente … non stavamo … bene?

-È partita il giorno dopo la cerimonia di laurea. Ho fatto giusto in tempo a salutarla prima che s'imbarcasse sull'aereo. Ah, sì … quasi dimenticavo … mi ha chiesto di salutarvi tutti quanti e di dare un bacio enorme a Tomo!-

A Tomo? Salutarci tutti quanti? Faticavo a trovare un senso logico a tutto questo. Di colpo era come se quello che era accaduto fra noi non fosse mai esisisto.

-… E non l'ho più sentita da allora!-

Parlai con Babu ancora per un po' ma la mia mente già galoppava veloce verso altri lidi. Dovevo ritrovarti! Sapere dalla tua viva voce come stavi. E perché all'improvviso ti fossi eclissata. Non volevi più saperne di me?

Il giorno dopo chiamai la segreteria della Columbia spacciandomi per un restauratore interessato ad assumere neolaureati per uno stage. Feci espressamente il tuo nome!

Ancora non mi capacito di come riuscii a dargliela a bere, comunque in breve tempo mi fornirono il tuo indirizzo nel Surrey senza troppi problemi. Sono convinto che qualcuno lassù mi abbia voluto dare una mano!

Era perfetto. Avevamo giusto quattro date nel tuo paese prima di spostarci in in Australia e in Asia. Non saresti riuscita ad evitarmi questa volta, nemmeno con la forza.

Visto quante cazzate ho fatto per te? Ma io farei di tutto per te, amore mio!

Giungemmo finalmente a Londra qualche giorno dopo, e non eravamo atterrati all'aeroporto da neanche mezz'ora che già mi trovavo in macchina sulla strada che mi avrebbe portato da te. Shannon, l'unico a sapere che cosa avessi in mente, mi coprì con il resto del gruppo ma malgrado le sue rassicurazioni dovevo essere sembrato ben strano agli altri. Per quanto sia sempre stato bravo ad indossare delle maschere, e questo lo ripeti spesso anche tu, sono certo che in quei giorni nessuno mi vedesse più come il solito Jared.

Avevo appena parcheggiato di fronte a casa tua, un tipico cottage di campagna semplice e dall'aria accogliente, quando ti vidi arrivare dall'altro lato della strada, aggrappata ad un tizio che poteva avere all'incirca una decina d'anni più di me. Ti stringeva possessivamente un braccio intorno alla vita mentre il tuo era appoggiato sulle sue spalle.

Fui invaso da un istinto omicida senza precedenti. Giuro che avrei voluto farlo a pezzi, non mi fregava chi fosse. Soltanto il fatto che avesse le sue mani su di te, nella mia mente confusa da un sentimento di gelosia così potente e fino ad allora sconosciuto, giustificava appieno la sua morte.

La mia furia però si placò nell'attimo stesso in cui incrociai i tuoi occhi.

Eri paralizzata. Lì, davanti a me. Ancora attaccata a quello sconosciuto.

-Qui? … Sei qui. … Perché?- Mormorasti confusa, trovando a stento le parole.

Ed eri così buffa da vedere. Tu, che sei sempre così sicura di te quando parli.

Ti sorrisi. E anche tu. Il mio cuore tornò a battere veloce.

-Secondo te, perché? … Di solito si saluta prima di svanire di colpo dalla vita delle persone. Almeno un ciao! … Era chiedere troppo?-

Sciogliesti la presa da quel tizio avvicinandoti a me. Non troppo, giusto quel tanto che bastava per farmi travolgere ancora dal tuo calore.

Ti stoppasti solo quando l'uomo schiarì la voce rumorosamente per attirare ancora la tua attenzione.

-È tutto okay, Gary! Entra pure in casa. Io arrivo tra un secondo.-

Il tizio mi squadrò da cima a fondo con disapprovazione. Poi guardò te, come a domandarti se fossi sicura di volerlo allontanare e tu gli facesti segno di sì.

Idiota! Non aveva ancora afferrato di essere lui quello di troppo. Ed infine entrò in casa tua.

-Gary?- Ti chiesi. Senza bisogno di aggiungere altro.

Non riuscivo a levarti gli occhi di dosso. Mi pareva un sogno poterti guardare ancora. Avevo avuto una paura fottuta di non poterlo fare mai più. Sembravi in imbarazzo in quel momento e avevi gli occhi lucidi. Eri felice anche tu di vedermi, lo capii all'istante, mentre il mio cuore rischiava quasi di esplodermi nel petto.

-È un vecchio amico di famiglia. Mi ha accompagnato a fare due passi e io come una scema mi sono distorta una caviglia.-

Spostai lo sguardo sulla tua caviglia dolorante e, con la scusa di sorreggerti, ti riabbracciai. Finalmente!

-Perché sei sparita in questo modo? Hai idea di quello che ho passato quando hai cominciato a non rispondere più alle mie chiamate?-

Il vecchio Jared ti avrebbe urlato contro di tutto. Avrebbe voluto ferirti. Punirti. Per vendicarsi di quello che gli avevi fatto passare in quei giorni. Ma io non ci riuscii. Ti guardavo negli occhi e tutto il dolore si era evaporato come per magia.

Promisi a me stesso che da quel momento avrei fatto di tutto per non separarmi da te un'altra volta.

Anche allora avrei voluto urlarti quanto ti amavo.

E anche in quel frangente mi mancò il coraggio.

Ti guardavo negli occhi mentre mi sfioravi una guancia delicatamente. Non avevi ancora aperto bocca e io non sapevo più che cosa pensare. Non mi venne in mente che anche tu potessi avere avuto paura.

Come potevo pensarlo? Sorridevi. Eri sempre te stessa. Forse un po' nervosa, te lo concedo, eppure sempre così decisa.

-Sarei dovuta comunque tornare a casa prima o poi.-

Il tono della tua voce era talmente basso che non ti avrei udito se non fossi stato ad un millimetro da te.

-... Avevo bisogno di qualche giorno per riflettere. … Ti avrei chiamato presto, lo sai!-

-No! Non lo so!-  Sbottai di colpo, rischiando di spaventarti.  -Hai salutato Babu. Hai mandato un bacio a Tomo …-

Ridesti subito della nota di fastidio che avevo aggiunto alle mie parole. Ti ha sempre fatto ridere a crepapelle la mia gelosia. Non comprendo come tu escluda a priori che un uomo come me possa essere geloso di una donna come te.

Che cosa c'è di tanto assurdo nella paura che qualcuno ti porti via l'unica ragione di vita?

-E a te niente! Povero piccolo!-

Vedi? Continuavi imperterrita a prendermi in giro. Fui costretto a baciarti per impedirti di ridere ancora di me.

-Sei venuto da me.-

Non era una domanda la tua ma io annuii lo stesso.

-Ho bisogno di te, Rica!-

Proprio in quel momento una donna che assomigliava tremendamente a te, ma con una trentina d'anni in più sulle spalle, uscì dalla porta del cottage rimanendo ad osservarci perplessa. Tu ti accorgesti di lei soltanto notando il cambiamento nel mio sguardo. Era tua madre.

-Federica! Chi è questo qua?-

Te lo chiese in italiano. La sua lingua d'origine. Erano solo pochissime parole, di cui non afferrai pienamente il senso. Ma compresi però quanto non dovesse essere felice di vedermi lì, con sua figlia ancora tra le braccia.

-Mamma, non essere maleducata, per favore!-

Le rispondesti invece tu, in inglese, in modo da rendermi partecipe della conversazione.

-... Jared viene da New York. Non abbiamo avuto occasione di salutarci e lui è stato così carino da passare a trovarmi.-

Mi guardasti quasi implorando una conferma. E io feci una cosa che forse a mente fredda non avrei mai fatto ma che in quel momento mi era sembrata la cosa più giusta per noi.

Ti sciolsi un po' dal mio abbraccio dirigendomi verso tua madre, seguitando a reggerti quel tanto che bastava per non farti zoppicare. Lei nel frattempo aveva varcato il cancelletto venendoci incontro. Probabilmente non mi voleva in casa sua. Forse per colpa di quel Gary che ti aspettava dentro.

Le tesi una mano e un bel sorriso. Uno dei miei più dolci e ammalianti. Sono il mio marchio di fabbrica, no?

-Piacere, signora! Mi chiamo Jared e sono il ragazzo di sua figlia!-  Le dissi con voce chiara e ferma, scandendo per bene ogni parola anche se ero fermamente convinto che lei mi avrebbe capito alla perfezione.

Tua madre sbiancò letteralmente e anche tu ti irrigidisti al mio fianco. Scrutò la mia mano tesa per un tempo lunghissimo. Disgustata. E poi passò a te. Scrollò la testa con rassegnazione e rincasò senza proferire più parola.

-Ma sei scemo? Come ti viene in mente di dirle una cosa così. Avresti potuto anche ucciderla! … Sai quando ho penato per convincerla che andavo a New York solo per studiare e non per spassarmela? … E tu te ne vieni fuori con una cosa così ...-

Eri sbottata non appena tua madre si era richiusa la porta alle spalle e mi colpivi piano al petto, con il tuo piccolo pugno chiuso. Ma sorridevi tra un colpo e l'altro. Ed io ero felice. Avevo capito che la cosa aveva reso felice anche te.

Tua madre un po' meno, lo so. Ci sono voluti anni per farmi accettare da lei e anche adesso non credo di starle poi troppo simpatico.

-… E poi tu non sei il mio … insomma … non lo sei …-

-Sì che lo sono!-

Non riuscivo ancora a dirti Ti Amo ma almeno a questo non avrei rinunciato.

-Lo sei … ?-  Ancora un sussurro.

Che catturai prontamente tra le mie labbra.

-Vieni via con me, Rica!-

La mia non era una richiesta. Un'implorazione, piuttosto. Carica di speranza.

-Dove?-

-In giro per il mondo. In tour con me. Con la band. … Vedrai, sarà fantastico. Ci divertiremo. … E ci sono tante cose che potresti vedere … città, opere d'arte, milioni di persone, posti che non abbiamo neanche mai sognato …-

Mi interrompesti anche tu con un bacio. È bello il nostro modo di zittirci! Pensa che c'è gente che si tira dietro i piatti.

-Sshhh! … Conserva la voce per il palco. … Ti basta guardarmi per convincermi.-

 

***

 

 

 

NOTE FINALI: 
- mah, che dirvi ... non ho nessuna precisazione da precisare, nè annotazione da annotare ... quindi, giusto x riempire il vuoto a fondo pagina e rifarvi gli occhietti belli, xké non piazzarci un'immagine della divah, con il look del suo primo incontro con la sua Rica??? Che dite, buona idea? 

NOTE FINALI: 

- mah, che dirvi ... non ho nessuna precisazione da precisare, nè annotazione da annotare ... quindi, giusto x riempire il vuoto a fondo pagina e rifarvi gli occhietti belli, xké non piazzarci un'immagine della divah??? Then and Now, ossia versione "primo incontro" e versione "attuale" (sempre in riferimento alla cronologia della storia!) ... premetto che sono decisamente fissata con il look From Yesterday, capitemi!!!

Che dite, buona idea?

Alla prossima!


 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo quattro ***


 

 

14: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo quattro

 

 

-JARED's pov-

 

Ti portai via da casa tua quella sera stessa.

I ragazzi furono inaspettatamente felici di rivederti, soprattutto mio fratello, che non poteva davvero più di vedermi con la stessa vitalità di uno zombie, e Tomo. Ti eri affezionata da subito al “gitano”, d'altronde ripeti sempre che è umanamente impossibile non adorare lui e Vicki. Non per niente sono i nostri migliori amici.

Anche Emma però tirò un sospiro di sollievo quando ti vide entrare con me nel backstage della venue dove si sarebbe tenuto il nostro show londinese. Vicki alla fine aveva deciso di non partire con la band, ne dedussi che la consolasse non poco il fatto che ci fosse almeno un'altra presenza femminile nella carovana con cui poter interloquire e non soltanto le solite sciacquette, come le chiami tu, che ci gironzolavano intorno.

Si poteva ben dire che la nostra relazione fosse ancora una piccola neonata di cui prenderci cura con estrema attenzione. A tutti e due infatti pareva come camminare sulle uova senza correre il rischio di romperle e farci una omelette.

Cosa avremmo dovuto dire?

Come dovevamo comportarci?

Come potevamo anche guardarci semplicemente negli occhi resistendo alla tentazione di annullare il resto del mondo tranne noi?

Non saremmo durati a lungo con quella pressione addosso, quindi fu piuttosto ragionevole scegliere di continuare a mantenere la copertura della pura e semplice amicizia almeno per un altro po': ti avevo incontrata per caso in città e ti avevo chiesto se ti andava di unirti a noi per il resto del tour.

Tu eri in vacanza, senza nulla da fare, e avevi accettato volentieri, per una mano a Emma e agli altri ragazzi della crew.

Nessuno degli altri in realtà ci badò più di tanto. Chiesi a Emma di assegnarti una delle stanze prenotate che rimanevano libere per i turnisti e gli aiutanti. Per noi della band invece in quel periodo l'etichetta metteva a disposizione le suite migliori, negli hotel più lussuosi. Ovviamente tutto questo succedeva prima che scoppiasse il terremoto con la casa discografica.

Comunque, quella prima notte, nessuno dormì nella mia camera, né nella tua.

Finito il concerto, di nascosto da tutti, ti portai sul tourbus, parcheggiato fuori dall'arena. Fu lì che, protetti dal silenzio e dall'oscurità della mia cuccetta, tornammo finalmente a fare l'amore, dopo settimane. Senza bisogno di parlare. Erano i nostri occhi e i nostri corpi a svelarci quello che ancora le nostri voci non riuscivano a confessarsi.

In quei giorni diventai cosciente che averti così vicina anziché costituire per me una fonte di distrazione, paradossalmente, mi permetteva di concentrarmi come non mai.

Sentivo il tuo sguardo su di me, costantemente, mentre provavamo o persino mentre ci esibivamo, ed era sufficiente per spronarmi a dare sempre il massimo. Ad inseguire la perfezione. Forse perché ora finalmente sapevo che cosa volesse dire. Stare con te me ne aveva dato un nuovo significato. Più vero e indelebile.

Continuammo più o meno in questo modo per il resto del tour. E ad ogni data, in ogni nuova città, si ripeteva puntualmente la stessa magia. Prima sul palco, davanti a migliaia di persone. Poi con te, solo noi due, isolati dal resto del mondo.

 

Ti ricordi il primo Ferragosto che abbiamo trascorso insieme?

Scherzo, amore mio, credo proprio che lo ricordi ancora bene quanto me!

Eravamo in Malesia. Ci eravamo esibiti la sera prima, ma quel giorno sarebbe stato di assoluto relax. Un intero giorno libero, dopo tanto! Avevano messo a disposizione di tutti, crew compresa, una specie di resort immerso nella vegetazione tropicale, a pochi chilometri da Kuala Lumpur. Povera piccola! Soffrivi come una disperata. Se c'è una cosa che detesti con tutte le tue forze è quel caldo umido e soffocante. Ripeti sempre che ha il potere di levarti tutti i sentimenti. Sarà perché il tuo corpo è troppo sensibile alle temperature esterne!

Quel pomeriggio eravamo tutti riuniti nel giardino privato sotto le nostre stanze, a prendere il fresco. O, diciamocela chiaramente, perlomeno a tentare di sopravvivere a quel girone infernale.

I rapporti con Matt si stavano già usurando e lui era da un pezzo ormai che trascorreva il poco tempo libero standosene per i fatti suoi o al telefono con la fidanzata. Emma, seduta su una sdraio, sfogliava distrattamente una rivista di cinema. Un paio di altri ragazzi dello staff si rincorrevano tirandosi ogni tanto un frisbee, come stupidi ragazzini di una confraternita in vacanza.

Tu invece te ne stavi seduta su un lettino e giocavi con Tomo a Match4, ed entrambi imprecavate e sbuffavate ogni secondo lamentandovi per il gran caldo.

Io, per conto mio, fingevo di leggere un romanzo che avevo appena comprato in aeroporto ma, da dietro gli occhiali da sole, non ti staccavo gli occhi di dosso nemmeno per un minuto.

Finché non ci pensò quell'uragano di mio fratello a sconvolgere la nostra momentanea quiete.

Era riuscito a trovare chissà dove un paio di quegli enormi bazooka ad acqua e, dopo averne lanciato uno a Tomo perché si unisse a lui, aveva cominciato a schizzare tutti a casaccio ridendo sguaiatamente come un bambino demente.

-Gavettoneeee!!!-

Gridava, correndo da una parte all'altra del giardino, imbizzarrito. Mi domando ancora se fosse ubriaco anche quel giorno e soprattutto quanto!

Poi venne verso di te, adagio. Temetti le sue intenzioni e per un istante mi feci sopraffare dall'istinto di proteggerti da lui ma tu lo stavi fissando con uno sguardo così fermo e deciso da indurmi a desistere.

Ti dirò, sembravi anche vagamente divertita e un pochino lo invidiai per questo. I tuoi sorrisi sono soltanto miei, non scordarlo mai!

-Non osare, Shannon Leto!-  Gli intimasti mentre ti alzavi in piedi, sgridandolo con finta disapprovazione.

Ma lui, per tutta risposta, ti si fece sempre più vicino.

-Mah! … È Ferragosto! … Ferragosto vuol dire gavettone!-  

Si giustificò candidamente, come se quella fosse la più grande delle ovvietà.

Prese la mira per innaffiarti ma tu fosti più svelta di lui. Afferrasti la canna di quella specie di fucile di plastica, strappandoglielo di mano con un gesto secco per poi gettarlo lontano. Shan rimase senza parole, ancora in posa, ad imbracciare solo l'aria ormai.

-E ora, come la mettiamo?-  Lo sfidasti pienamente soddisfatta di te. Con le mani sui fianchi e un sorriso di scherno sul viso.

Eh, piccola mia! Ancora non potevi saperlo. Mai sfidare un Leto! Né tanto meno mai toccare i suoi giocattoli!

In un secondo, Shannon ti sollevò di peso e ti gettò senza alcuno sforzo nella fontana che faceva bella mostra in giardino.

-Visto?-  Ribatté lui placido.  -Gavettoneee!-

Riemergesti pochi attimi più tardi, da quell'acqua non proprio limpidissima e su cui galleggiava una fitta distesa di foglioline.

-Grazie mille, Shan!-  Brontolasti infastidita, issandoti sul bordo della fontana facendo leva sulle braccia.   -Una sguazzata in questa sotto specie di latrina per piante era proprio quello che mi ci voleva!-

Lui,raggiunto ormai il suo scopo, ti tese una mano per aiutarti ad uscire. La afferrasti e una volta fuori rimanesti in piedi davanti a mio fratello con l'intento di levarti un po' di quelle foglie che ti erano rimaste appiccicate addosso.

Shannon era ammutolito di colpo. Lo eravamo tutti.

Per combattere il gran caldo e l'umidità ti eri decisa, caso davvero insolito per te, ad indossare un leggerissimo vestitino di cotone, bianco. Praticamente quasi una sottoveste. Che ora, completamente bagnato, aderiva al tuo corpo come una seconda pelle, lasciando intravedere tutto quello che c'era sotto.

E sotto, amore mio, non avevi nulla. Solo uno slip minuscolo.

Continuavi a spulciarti inconsapevole finché non ti accorgesti del silenzio che si era creato intorno. E degli occhi di Shan su di te.

Credo che a quel punto fu l'imbarazzo a congelarti, impedendoti di fuggire via o di picchiare mio fratello a sangue.

Fu allora che mi decisi ad avvicinarmi, nascondendoti con il mio corpo agli sguardi degli altri. Ti tenni stretta, sfiorando piano il tuo viso viola di vergogna, per tranquillizzarti.

E finalmente ti baciai. Lì, davanti a tutti.

Non me ne importava più nulla. Che tutti sapessero pure quello che c'era fra noi! Prima o poi sarebbe dovuto succedere.

Tanto valeva che succedesse lì.

E in quel momento.

Così.

Ti sollevai da terra, prendendoti in braccio, in modo da farti allacciare le gambe intorno ai miei fianchi, sempre stretta contro il mio petto, e ti portai di sopra. Nella mia camera da letto. Sotto gli occhi sbigottiti e gli applausi liberatori dei nostri compagni di viaggio.

 

Ti adagiai piano sul letto, continuando imperterrito a baciarti. Ora che potevo farlo senza paura che ci scoprissero, non avrei più smesso.

Ma dopo un attimo mi scostasti piano, imbarazzata.

-Jared! Fermati un attimo!-  Borbottavi, strizzandoti il vestito ormai ridotto ad un cencio.  -Sono ancora fradicia. Guarda che macello sto combinando con le tue lenzuola!-

-Ma che cazzo vuoi che mi freghi delle lenzuola!-

Mi rituffai vorace sulle tue labbra. Prima che tu mi allontanassi un'altra volta.

-Jay, aspetta! … Davvero, guarda! Ho bisogno di una doccia. Faccio schifo.-

Non persi neanche tempo a darti retta. Con un solo gesto ti sfilai il vestito zuppo gettandolo lontano. Per avventarmi ancora su di te.

-Ti voglio! … Da impazzire!-

La mia voce uscì roca e profonda, offuscata dal desiderio, ma avevo aspettato anche troppo questo momento e non potevo più resistere.

Afferrasti il mio viso tra entrambe le mani e mi sorridesti. Un sorriso aperto e compiaciuto.

-Mi vuoi?-  Guardavi stupita i miei occhi eccitati.  -Tuo fratello mi ha appena gettata in una pozza putrida e disgustosa. Come cavolo fai a volermi?-

-Ti vorrei anche se fossi ricoperta di spazzatura … o anche peggio, fidati!-

-Perché?-  Mi domandasti. Innocentemente.

-Perché ti amo!-  Ti risposi. Altrettanto innocentemente.

Potei notare chiaramente la luce accendersi sul tuo volto. Ancora ridendo, praticamente nuda come ti avevo lasciata, salisti a cavalcioni su di me, stringendomi entrambe le mani come per bloccarle in una fantomatica lotta.

-Tu mi ami? … Senti senti!-  Continuavi a ridere, spaesata e divertita allo stesso tempo, agitandoti sopra di me ed eccitandomi da morire.  -Che cos'è? Una battuta del tuo prossimo film? ... Ripetilo se hai coraggio!-

Non mi serviva più alcun coraggio, tesoro.

-Ti amo, Rica!-  Esclamai sempre più deciso.

La mia sicurezza ti calmò di colpo, immobilizzandoti a fissarmi negli occhi, con il respiro ancora accelerato. Poi ti calasti piano su di me per baciarmi, e lo facesti con un impeto tale da frastornarmi, lasciando le mie mani libere di muoversi sul tuo corpo. Quel bacio valeva per me più di mille conferme.

Entrarti dentro, pochi istanti dopo averti spogliata anche di quell'ultimo inutile indumento, mi tolse il respiro. Fu travolgente. Tu eri travolgente e mi stavi completamente sconvolgendo l'esistenza. Lo realizzai così intensamente proprio in quel momento.

Per la prima volta ti sentii veramente mia.

So che tu per anni hai creduto che fosse soltanto il desiderio di non essere ferito a legarmi a te. Pensavi che con una donna come te avrei potuto dormire sonni tranquilli. Tu non mi avresti mai tradito. Mai deluso. Mai strappato il cuore dal petto e calpestato con un tacco dodici. Anche perché non porti mai i tacchi alti!

Non hai ancora capito che invece era stato sufficiente guardarti per spazzare via tutte le mie frustrazioni. Tutte quelle stupide paranoie che mi hanno sempre tormentato. La mia innata paura dell'abbandono.

E le avevi dissolte in un attimo, come un cubetto di ghiaccio sotto 40° al sole.

Tu eri mia. Tu sei mia. E io ti appartenevo e ti appartengo. Questa cosa non cambierà mai e lo sai anche tu. Per quanto tu ti stia sforzando ora, non puoi rinnegarla.

 

-Adesso è proprio il caso che faccia quella doccia!-  Sussurrasti, ancora distesa sopra di me dopo aver fatto l'amore.

Eravamo entrambi sudati da far schifo ma non avevo né la forza né la voglia di scioglierti dalle mie braccia. Brontolai un po' sentendoti divincolare dalla mia stretta, costringendomi ad aumentare la pressione su di te.

-Mmm … smettila di agitarti! Dove pensi di andare?-

Mi guardasti imbronciando lo sguardo in una smorfia infantile. Eh, no! Piccola mia! Non potevi battermi giocando al mio stesso gioco. Infatti riuscii a rimanere perfettamente impassibile.

-E poi scusa … tu non hai proprio niente da dirmi?-

Alzasti gli occhi al cielo pensierosa. Ti eri anche portata il dito indice alle labbra, fingendo di sforzarti di ricordare.

Che attrice! Mooolto più brava di me! Metà del mio Oscar è tuo, lo sai amore! Forse anche tre quarti!

-No! … Non mi pare!-  Concludesti infine, scuotendo la testa.

-Che stronza!-

Appoggiasti un gomito di fianco alla mia testa, fissandomi dritta negli occhi. E sorridesti. Quando mi sorridi così il mondo smette di girare per un secondo, te l'ho mai detto?

-Sentiamo, allora? Che cosa dovrei dirti?-

-Se te lo suggerissi io non avrebbe più senso.-

Il tuo sorriso si contrasse per un attimo. Sapevo che non stavi esitando perché volevi prenderti gioco di me o, peggio, perché non ricambiavi i miei sentimenti. Eri solo più spaventata di quanto volessi mostrare. Era una cosa totalmente nuova anche per te, così come lo era per me.

-Tu lo sai già quello che provo per te!-

Lo sapevo? Sì, il mio cuore era sicuro di saperlo!

Annuii rassegnato, lasciandoti un piccolo e casto bacio sulla fronte.

-Lo so! … Solo che … ecco, vorrei solo sentirlo dire dalle tue deliziose labbra!-

Ricambiasti il mio bacio, molto meno castamente, affondando nella mia gola per un tempo infinito. Prima di tornare a guardarmi negli occhi. Le tue labbra si schiusero come per pronunciare quelle due fatidiche paroline, facendomi precipitare nell'ansia. Agitato come non mai.

-Non oggi, Leto! … Dovrai aspettare ancora un po' per quello!-  Ridacchiasti, posando la testa sul mio petto.

Se non fossi stato disteso sul letto, sarei sprofondato come minimo di sei piedi sotto terra.

Ti diverti ancora un mondo a farmi impazzire. La cosa bella è che non ti lamenti mai quando mi vendico!

Per mia fortuna però quelle parole non tardarono troppo ad arrivare.

 

Due giorni dopo. Eravamo tutti seduti sul pavimento della sala d'aspetto dell'aeroporto, in attesa di imbarcarci per Tokyo.

Assomigliavamo più a degli accampati sfuggiti ad un terremoto che ad una rock band in ascesa. O una massa di sbandati di ritorno da un rave party. Tu eri appoggiata a me, che tentavo di leggere con quanta più attenzione possibile la sinossi di un copione che mi avevano da poco proposto. Avevo un braccio intorno alla tua vita e la mia mano scivolava tranquillamente sotto la tua maglietta a stuzzicarti un fianco. Era fantastico non doversi più nascondere. E poi in Oriente eravamo al sicuro. Niente giornalisti. Niente paparazzi. Allora erano ancora in pochi quelli che ci riconoscevano.

Poco dopo ti alzasti da terra, facendo attenzione a non distrarmi. Fatica sprecata. Strano a dirlo ma sono un uomo multitasking. Non ho nemmeno bisogno di guardarti per rimanere ugualmente concentrato su di te.

-Vado a prendermi da bere!-  Mi dicesti baciandomi sul naso. Ti piace proprio il mio naso, vero?  -Ti porto qualcosa?-

Scossi la testa, fissandoti in contemplazione. Dio, se ero cotto! Lo sono ancora, amore mio!

-Dai, non fare il prezioso! … Fa un caldo pazzesco e non voglio farti rischiare la disidratazione.-  Insistesti tu.

Ma mi limitai a sorriderti, stringendomi nelle spalle. Ti prego, non smettere mai di prenderti cura di me!

-Un tè freddo alla menta? Che ne dici?-

Annuii infine assecondandoti.

-Perfetto! Non era così difficile. Vedi che se ti impegni riesci ad essere quasi normale.-

Ti risposi con una linguaccia e un dito medio alzato mentre tu ti allontanavi verso l'uscita della sala d'aspetto. Ma solo dopo un passo tornasti a girarti verso di me.

-Aaah, Jared! … Avevo scordato una cosa …-

Ti fissai curioso solo per una frazione di secondo. E il tuo sorriso mi illuminò per l'ennesima volta.

-… Anche io ti amo!-

Proseguisti pacifica verso il bar ridendo come se niente fosse. Lasciandomi lì per terra. Come un povero coglione innamorato. Alla mercé degli sfottò di mio fratello e degli altri.

 

***

 

 

 

NOTE FINALI: 
- prosegue il lunghissimo sproloquio mentale del nostro caro cucciolo shatushato. Vi prego, portate pazienza! ... E meno male che non è partito da Adamo ed Eva!!!!
- citazione d'obbligo del mitico tourbus dei Mars, il quale immagino davvero ne abbia viste di tutti i colori!
- precisazione sul piccolo disturbo climatico di Rica: l'ipersensibilità ai fattori climatici esiste. Io stessa soffro di una leggera forma allergica di questo genere, e poiché ai fini del racconto (e se continuate a leggere capirete perché) mi serviva che Rica patisse di un disturbo cronico ho sfruttato questo.
- Matt è ovviamente l'ex bassista storico dei 30STM. Altro quesito misterioso: che cazzarola sarà mai successo x fargli mollare la band così su due piedi? (io al fatto che volesse starsene con la famiglia non ci ho mai creduto ... ma magari sbaglio io!)
- Match4 è il nome anglosassone di Forza4, il mio gioco da tavola preferito di quando ero piccina. Tomo come compagno di giochi ce lo vedo proprio!
- la scena del bagno non voluto nella fontana, la sottoveste aderente e la carica di tensione sessuale nell'aria vi ricorda per caso "Espiazione" (bel film con la Knightley e MacAvoy dal capolavoro di McEwan)? ... Brave! Ci avete proprio azzeccato!
- digressione finale, decisamente fuori contesto: Shannon! ... Ma vaffanculo va! 
Baci

NOTE FINALI: 

- prosegue il lunghissimo sproloquio mentale del nostro caro cucciolo shatushato. Vi prego, portate pazienza! ... E meno male che non è partito da Adamo ed Eva!!!!

- citazione d'obbligo del mitico tourbus dei Mars, il quale immagino davvero ne abbia viste di tutti i colori!

- precisazione sul piccolo disturbo climatico di Rica: l'ipersensibilità ai fattori climatici esiste. Io stessa soffro di una leggera forma allergica di questo genere, e poiché ai fini del racconto (e se continuate a leggere capirete perché) mi serviva che Rica patisse di un disturbo cronico ho sfruttato questo.

- Matt è ovviamente l'ex bassista storico dei 30STM. Altro quesito misterioso: che cazzarola sarà mai successo x fargli mollare la band così su due piedi? (io al fatto che volesse starsene con la famiglia non ci ho mai creduto ... ma magari sbaglio io!)

- Match4 è il nome anglosassone di Forza4, il mio gioco da tavola preferito di quando ero piccina. Tomo come compagno di giochi ce lo vedo proprio!

- la scena del bagno non voluto nella fontana, la sottoveste aderente e la carica di tensione sessuale nell'aria vi ricorda per caso "Espiazione" (bel film con la Knightley e MacAvoy dal capolavoro di McEwan)? ... Brave! Ci avete proprio azzeccato!

- digressione finale, decisamente fuori contesto: Shannon! ... Un bel vaffa te lo sei proprio guadagnato! 

 

Baci

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo cinque ***


 

 

 

15: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo cinque

 

 

-JARED's pov-

 

Quando mi hai lasciato mi hai chiesto se per me è importante quello che abbiamo costruito insieme... noi due!

Davvero in tutti gli anni trascorsi al tuo fianco non sono stato in grado di rassicurarti nemmeno su questo?

Se fosse vero … Cristo Santo, mi sentirei ancora più un fallito se fosse realmente così!

Ti prego, dimmi che è stata solo la rabbia a fartelo dire quel giorno!

Dimmi che lo sai quanto io ami incondizionatamente ogni secondo di ogni giorno di questi dieci anni! Sono marchiati a fuoco nella mia carne, molto più a fondo dei miei frivoli tatuaggi.

 

Potrei mai scordarmi di Parigi?

Ti da ancora noia la mia fissazione per la Francia, non è vero? Ma lo sai che non lo faccio di certo apposta. E non c'entrano affatto le mie ipotetiche origini cajun. È un'altra la ragione che mi lega così tanto a questa città, anche se tu non ne sei mai stata convinta.

Non sarò originale, lo ammetto, e sotto questo aspetto sono un uomo banale in fondo. Il tipico americano medio un po' superficiale, conquistato dal fascino di un oggetto vacuo ma luccicante. Le luci, il folclore, le sfilate, i riflettori sempre accesi e tutta quella serie di cose che a te fanno solo ribrezzo.

Eppure mi rendo conto che è una città che non credo di aver mai capito realmente, neanche bene quanto te che invece la snobbi apertamente.

Dici sempre che il fascino di Parigi è sopravvalutato. Indubbiamente è una bella città, che trasuda storia e arte, ma che non è fatta per la gente. Non vive per strada, come per esempio Londra o Roma, che tu invece adori alla follia.

Le accomuni spesso queste due città.

Sostieni che Londra rappresenti per l'età moderna ciò Roma è stata per la civiltà classica. Due centri che sono stati un faro per le loro epoche, che hanno creato cittadini e fatto progredire le loro menti, spaziando nei campi più vasti dell'esperienza umana, non si sono semplicemente affidate al genio di pochi uomini. Possono vantare tesori che vanno ben oltre chiese e palazzi meravigliosi.

I gioielli più belli di Parigi invece sono nascosti, nei musei o nei castelli. Nei libri e nei dipinti. Tutto il resto è artefatto. Finzione per il pubblico sempliciotto come me. Unicamente una bella cartolina dalla Città dell'Amore!

 

Ho ancora stampata davanti agli occhi la tua espressione quando, per festeggiare la nostra ultima sera a Parigi, ti avevo proposto di salire in cima alla Tour Eiffel ad ammirare la Ville Lumiere dall'alto.

Stavamo insieme ormai da più di un anno e benché non avessimo ufficializzato pubblicamente la nostra relazione, di certo non impazzivamo più per nasconderci davanti agli sguardi degli altri. Ovviamente continuavo a glissare sulle domande dirette della stampa e dei paparazzi sul nostro conto ma chiunque avrebbe potuto vederci insieme se avesse voluto.

Non mi separavo mai da te se potevo evitarlo.

Non l'ho mai fatto.

E, fidati, non lo farò mai!

 

In quei giorni ci trovavamo momentaneamente in pausa, prima delle ultime date del tour, nuovamente in Nord Europa, e quasi a forza ti avevo convinta a trascorrerla proprio a Parigi.

Presto saremmo tornati a casa, in California, dove avevamo progettato la nostra vita insieme. Io e te. La nostra casa. Solo nostra.

E poi anche Shan e i ragazzi, certo. E mamma, che dal primo istante in cui ti ha conosciuta ti ha voluto bene come ad una figlia, immensamente sollevata che io avessi finalmente trovato una donna in grado di sopportarmi. Con il caratteraccio che mi ritrovo!

La mia meravigliosa e strampalata famiglia, insomma, della quale tu eri diventata in brevissimo tempo l'asse di rotazione.

Già! Il mio mondo gira intorno a te, amore mio.

Anche se non te l'ho mai dimostrato come avrei dovuto, ma che sono uno stronzo lo sai già quindi è inutile che mi ripeta.

 

-Ti sembra davvero una cosa tanto romantica?-  Mi domandasti scocciata, quella notte a Parigi.

-... Voglio dire, salire in cima ad una torre di ferro, di dubbio gusto artistico, per pomiciare come due ragazzini?-

Okay! La Torre era bocciata, l'avevo afferrato. Ti guardai un po' sconsolato senza sapere come muovermi, ed era una cosa alla quale non ero avvezzo. Avrei voluto colmarti di tutte quelle stupide attenzioni che generalmente le ragazze si aspettano dal proprio fidanzato, ma all'epoca tendevo ogni tanto a dimenticare che tu non eri certamente come tutte le altre ragazze. Non hai mai avuto bisogno di inseguire inutili cliché che ti facessero sentire apprezzata.

Sembri sempre più saggia dell'età che hai, anche quando fai qualche inevitabile cazzata. Un po' come una di quelle figure classiche, a metà tra la storia e la mitologia, che tanto ti affascinano. Una dea filosofa. Una sorta di sintesi tra una splendida Musa e una bellissima Ninfa!

E avevi ragione. Una dea non ha bisogno di un gesto studiato e stereotipato per sentirsi amata.

-E allora, che ti va di fare?-

-Hai mai letto Simenon?-  Mi chiedesti, prendendomi sinceramente alla sprovvista.

Scossi la testa, colto in fallo. La letteratura gialla non è mai stata una delle mie più grandi passioni, al contrario tuo. Anche se possiamo definirci entrambi voraci lettori, molto spesso nemmeno i gusti letterari ci trovano d'accordo.

Afferrasti la mia mano d'autorità, trascinandomi fuori dalla nostra camera d'albergo.

-Vieni! Ti porto finalmente a vedere Parigi!-

 

Cenammo in una modesta ma accogliente brasserie vicino Quai des Orfèvres e sospetto che ti aspettassi davvero di vedere Maigret seduto ad uno di quei tavolini.

Poi trascorremmo tutto il resto della serata a passeggiare sulle vicine rive della Senna, tra il Pont Neuf e Rue de la Cité. Stretti nei nostri cappotti e l'uno all'altra per combattere il gelo della notte, a parlottare piano tra noi, confidandoci assurdi e immaginari segreti.

Come al solito avevi avuto ragione anche quella volta. Quella Parigi, lontana dalle luci sfavillanti e dalle attrazioni per turisti, aveva un alone di seducente realtà che alla maggior parte della gente sfugge.

Erano pochi i coraggiosi in giro per quelle strade, in quel periodo dell'anno, erano i primi di dicembre ma l'aria del Natale sembrava ancora distante: qualche lavoratore fuori orario che rincasava mezzo distrutto; auto cariche di ragazzi sfrecciavano al di là del fiume, diretti verso Montmartre o Pigalle per divertirsi; un gruppetto di adolescenti che trasgredivano gli orari di rientro e giocavano a rincorrersi lungo la riva facendo sparare qualche stupida miccetta.

-È bello qui! Non me lo sarei mai aspettato.-

Ti concessi, mentre ti aiutavo a sederti su uno dei muretti che costeggiavano il lungofiume. Mi facesti spazio tra le tue gambe, stringendomi forte a te. Avevi persino infilato le mani sotto il mio cappotto per abbracciarmi meglio.

Non lo facevi solo perché avevi freddo, vero?

-Visto? Se ti piace tanto, la prossima volta che veniamo a Parigi ci facciamo un bel giro per il Batignolles. Altro che Champs Elysee!-

E in quel silenzio quasi irreale, con solo il mormorio del fiume a cullarci, cominciammo a baciarci avidamente, come se fossimo stati davvero quei due ragazzini sulla Tour Eiffel. Al diavolo il panorama romantico!

I pochi passanti che ci oltrepassavano bisbigliavano qualcosa, credo sul fatto che quello non fosse di sicuro il luogo più adatto per lasciarsi andare a certe smancerie. I ragazzi che giocavano coi petardi, invece, ci stavano lanciando più di un fischio di ammirazione.

-Che ne dici a questo punto se ce ne torniamo in albergo?-  Ti sussurrai, abbandonando le tue labbra solo per un attimo.

 

Ricordi come abbiamo fatto l'amore come quella notte?

Non voglio vantare prestazioni straordinarie o posizioni mirabolanti, tranquilla, né affermare che sia stato più bello di tutte le altre volte.

E poi con te è sempre incredibile e non lo dico certo per adularti e convincerti a perdonarmi! Lo sai che sono pazzo di te!

Però se ha funzionato lo stesso e hai deciso di perdonarmi, fallo pure! Non mi offendo, eh!

Tornando a quella notte, è stato soltanto … diverso.

È stato come avvertire una specie di strano incantesimo tra di noi e te ne eri accorta anche tu. Nell'istante in cui l'orgasmo ci ha travolti, insieme e nello stesso preciso momento, e ho riversato il mio piacere dentro di te, ancorato ai tuoi occhi esausti e felici come i miei, mentre tu con le mani, le braccia e le gambe ti stringevi a me tenacemente, senza la minima voglia di sciogliere quella dipendenza tanto intima quanto indispensabile. Siamo rimasti aggrappati l'uno all'altra come due naufraghi nella tempesta per tutta la notte, respirandoci dolcemente, senza fretta.

Non è una mia stravagante convinzione.

Io so con sicurezza che abbiamo concepito Ali quella notte!

Per questo sono tanto affezionato a questa città.

Ma non avrò mai soddisfazione da te su questa questione. La etichetti ancora come una mia stupida fantasticheria romantica. Per te potrebbe essere benissimo successo il giorno dopo, a Helsinki. Ma lì abbiamo fatto sesso in fretta e furia, subito dopo lo show, in una fredda e impersonale stanza d'albergo finlandese.

Permetti che c'è una bella differenza!

 

 

Era giunta ormai quasi la fine di gennaio ed eravamo tornati a Los Angeles già da qualche settimana, dopo la conclusione del tour mondiale.

Eravamo esausti tutti, tu compresa, e i ragazzi non vedevano l'ora di potersi godere finalmente un meritato periodo di riposo dopo più di un anno in giro per il pianeta.

Se qualcuno ce lo avesse detto prima lo avremo senz'altro preso per matto. Peccato che poi abbiamo fatto anche di peggio, con il tour successivo.

Quindi, vacanza per tutti! Tranne che per noi.

Noi avevamo troppo da fare con il trasloco nella casa nuova. Casa nostra. Tua e mia.

La casa che avevo da sempre condiviso con Shannon a West Hollywood era diventata semplicemente il laboratorio creativo della band, soltanto mio fratello si fermava ogni tanto a dormire lì, anche se ormai risiedeva in pianta stabile in un appartamentino che aveva preso in affitto a Long Beach, molto in stile Tre Cuori in Affitto. Gli sarebbero mancate soltanto le due coinquiline disinibite per completare il quadro, anche se le ragazze dissolute di certo non gli hanno mai fatto difetto.

Io e te invece avevamo acquistato la nostra villetta a Los Feliz durante una delle rapide visite in città, tra una data di un concerto e l'altra.

Sono tuttora un Frequent Flyer e ho i miei vantaggi.

A te il quartiere non è che facesse proprio impazzire, lo trovi ancora un po' troppo esclusivo per i nostri standard, abitato da un numero eccessivo di celebrità. In effetti siamo una famiglia fin troppo normale se paragonata ai nostri vicini.

Ti aveva convinto però l'estrema riservatezza che il posto era in grado di garantirci e in effetti se nessun paparazzo ci ha rotto le palle in tutti questi anni vorrà dire che si è rivelata una scelta azzeccata. E poi la nostra casa è molto semplice. Forse la più modesta, paragonata alle sfarzose proprietà della zona. Una semplice villetta di due piani in stile spagnolo, tre camere da letto, due bagni, un piccolo garage per la mia vecchia auto e un grazioso giardino con una piscina di appena 7 metri.

Ridevi a crepapelle quando con disappunto ti ho fatto notare che il mio commercialista ha una casa molto più lussuosa della nostra.

Ma in definitiva a noi piace così. Anche se a me andrebbe bene persino dormire sotto il ponte di MacArthur Park, basta che ci sia tu a riscaldarmi. Peccato che non sarebbe proprio la sistemazione ideale per Ali!

 

Una sera, durante quelle prime settimane di vita in comune, rincasai dopo essere stato dal nostro avvocato per firmare alcune cartacce della casa discografica, e ti trovai distesa a pancia sotto, sul divano del salotto.

Sembravi William Holden nella scena iniziale di Viale del Tramonto. Fatta eccezione che, grazie al cielo, non galleggiavi morta in piscina.

Il tuo braccio sinistro ciondolava sul pavimento mentre le gambe spuntavano fuori dal divano, appoggiate al bracciolo.

-Rica, è tutto apposto?-  Ti domandai, neanche eccessivamente preoccupato ma pronto a godermi la scena. Hai delle reazioni così buffe alle volte, sai?

-Tutto apposto. Mi è solo passato sopra un camion con rimorchio!-

Non avevi nemmeno alzato la faccia dal divano perciò le tue parole somigliavano più a dei fonemi un tantino incomprensibili. Ti raggiunsi, sedendomi al tuo fianco mentre tu ti eri girata sulla schiena appoggiando la testa sulle mie gambe. E finalmente ti salutai con un bacio caldo e prolungato. Lo faccio sempre. È un privilegio a cui non voglio rinunciare.

Amo da impazzire le tue labbra, non ci posso fare niente!

-Okay! Dimmi tutto. Che hai combinato?-

-Io niente! Oggi è stata soltanto una giornata orribile.-

Avevi un aspetto abbastanza sbattuto effettivamente. Più pallida del solito. Anche le tue minuscole lentiggini erano stranamente spente.

Continuasti raccontandomi quello che ti era successo. Dell'appuntamento per un colloquio di lavoro che avevi avuto nel primo pomeriggio con un tizio di una galleria d'arte e che si era rivelato un totale disastro. A sentire te il tipo in questione non avrebbe distinto un Klimt da uno sputo sul muro, così te ne eri andata via dalla galleria sbattendo la porta.

Sei una persona molto esigente e questo ci accomuna. Quando si tratta di lavoro condivido lo stesso genere di ambizione. C'è già così tanta approssimazione in giro al giorno d'oggi.

Poi, per tornare a casa, non eri riuscita a trovare neanche un taxi libero. Ti eri decisa a prendere l'autobus, cosa che fai tuttora spesso senza problemi, ma la vettura si era bloccata per un improvviso guasto meccanico, costringendoti a scendere e a farti a piedi i restanti chilometri fino a casa.

Il tutto in una delle giornate di fine gennaio più insolitamente calde che la California ricordi.

-Odio questa città! … Anzi no, è questa città che mi odia!-  Concludesti, con lo sguardo serio e imbronciato.

-Esagerata! Come può una città odiarti? … Ancora non ti conosce!-

-Ma è vero! … Guarda! Sto sviluppando anche nuove allergie. Mi sento tutta gonfia e fuori fase. E ho pure lo stomaco sottosopra. Credi che sia un segnale di rifiuto da parte del mio corpo?-

-No! Solo da parte del tuo cervello! … E poi, amore, tu sei allergica al freddo. E oggi le temperature superavano i venti gradi.-

La tua mitica allergia al freddo. Sei l'unica persona che conosco che ne abbia mai sofferto. Da questo punto di vista, perlomeno, negli anni la California ti ha giovato. Dovevi sempre prendere gli antistaminici durante i cambi di stagione, quando la temperatura passava da caldo a freddo, altrimenti ti gonfiavi come un pallone rischiando persino lo shock anafilattico.

-Però non mi sento bene lo stesso!-

E non potevo darti torto. Oggettivamente non avevi una bella cera. Chiariamolo subito, per me eri ugualmente stupenda. Mi lasci senza fiato anche quando hai quaranta di febbre, gli occhi gonfi e il naso gocciolante. Rimani sempre la donna più sexy che io possa mai desiderare.

Smisi di contestarti e mi decisi a viziarti un po' per quella sera. Ti misi a letto, portandoti in camera una cena improvvisata. E dormii abbracciato a te, accarezzandoti i capelli e la schiena per tutta la notte, fino a farti prendere sonno. La mia terapia parve funzionare perché la mattina dopo sembravi stare meglio, ma proseguii comunque con quelle coccole un altro pochino. Ti svegliai con il profumo della tua colazione preferita. Succo di arancia e carota, caffè, toast al prosciutto e dolcetti al cioccolato. Accogliesti il vassoio di delizie con un largo sorriso. Poi ti vidi sbiancare di colpo e arricciare il naso. Scattare in piedi. Correre verso il bagno, urlando: “Caffè!”

Ti seguii, giusto in tempo per vederti vomitare abbracciata alla tazza del cesso, in preda agli spasmi. Per un istante mi mancò la terra sotto i piedi!

-Piccola, non è che c'è qualcosa che devi dirmi?-

Ti guardavo fermo sulla porta del bagno, a braccia incrociate sul petto, mentre tu, seduta sul pavimento stremata, ti ripulivi con uno degli asciugamani. Ti portasti istintivamente una mano alla fronte per testarti la temperatura.

-Jay, ho la febbre?-

Mi avvicinai con calma, sedendomi di fronte a te, e ti tolsi la mano dalla fronte sostituendola con le mie labbra. Fredda. Come sospettavo.

Ti fissai a lungo negli occhi. Eri confusa. Davvero non riuscivi ad interpretare il mio sguardo? Eppure per me era così lampante.

-Amore, sei incinta?-

Solo allora mi scoppiasti a ridere in piena faccia. Ma proprio di gusto. Avevi quasi le lacrime agli occhi.

-Aah aah aah! Incinta! … Ma sei completamente impazzito? Forse il sole fa più male a te che a me, dopotutto!-

La tua reazione mi irritò non poco, sai? Avrei potuto lasciar perdere e concentrarmi su una questione ben più importante, in quel momento.

-Beh, non essere così stupita! Facciamo tanto, tantissimo sesso, mi pare, e di solito è proprio così che succede!-   Sbottai, ad ogni modo, un po' offeso.  -… E poi questo spiegherebbe tutto, no?-

Ti calmasti di colpo. Evidentemente il dubbio cominciava ad insinuarsi anche dentro di te. Forse ti tornò alla memoria che il ciclo ti era saltato quel mese, anche se tu avevi imputato la cosa al cambiamento climatico improvviso e ti capitava di frequente.

-No! Non è possibile! Prendo sempre la pillola. Non sgarro mai …-  Ti interrompesti a riflettere.

Non so cosa ti fosse venuto in mente ma ti vidi alzarti da terra, lavarti e vestirti in pochi secondi, ed uscire di casa. Senza mai parlare.

Tornasti appena un quarto d'ora più tardi. Con un test di gravidanza tra le mani. Che ovviamente si rivelò essere positivo.

Almeno per questa volta avevo avuto ragione io.

Avremmo avuto un bambino.

La nostra piccola Ali era già in viaggio.

 

-Maledetti antistaminici francesi!-

Fu il tuo primo commento, con gli occhi fissi e sbarrati sul risultato del test.

Già! A quanto pare, come ci confermò in seguito il ginecologo, quel particolare tipo di farmaco che avevi comprato a Parigi sostituendo quello che usavi di solito, aveva interferito con il tuo anticoncezionale rendendolo quasi del tutto inefficace.

E poi mi chiedi perché amo tanto la Francia!

-E tu piantala di gongolare! Sarò un disastro come madre!-

Piagnucolavi indispettita, ancora raggomitolata contro la parete della vasca che ci aveva ospitati nell'attesa del risultato del test.

-Siamo pari! Io sarò un disastro come padre!-

-Capirai che bella consolazione! … Ci odierà, lo sai questo vero?-

Ti sorrisi, stringendoti piano a me mentre lasciavo che la mia fronte carezzasse la tua. Sembravamo due bambini terrorizzati dall'idea di avere presto un bambino a loro volta.

Il tuo sconforto, comunque, durò solo lo spazio di un minuto. Eri scioccata, certo, e lo ero anche io. Era così presto. Ma non dimenticherò mai la gioia che lessi nei tuoi occhi in quell'istante. Era pari solo forse alla mia.

Tu, io e la nostra bambina.

Ero convinto che non mi sarei mai potuto meritare una fortuna così grande!

Spiegami tu perché cazzo riesco a rovinare sempre tutto?

 

***

 

 

 

 

NOTE FINALI: 
- geoinfo da turismo spiccio: Quai des Orfèvres, Pont Neuf, Rue de la Cité, Montmartre, Pigalle, Batignolles, Champs Elysee sono tutti luoghi + o - celebri di Parigi. Maigret è il noto personaggio tratto dai romanzi gialli di George Simenon. (Il parere su Parigi, Londra e Roma è assolutamente personale!)
- Tre Cuori in Affitto: popolare sit-com comica anni '70/80. 
- Il ponte di MacArthur Park: altro luogo simbolo. Pare sia l'ispiratore della meravigliosa "Under the Bridge" dei RHCP.
- "Viale del Tramonto": film capolavoro di Billy Wilder dei primi anni 40, con William Holden e Gloria Swanson.
- il "disguido" provocato dall'antistaminico è poco probabile nella relatà ma scientificamente plausibile.

 

NOTE FINALI: 

- geoinfo da turismo spiccio: Quai des Orfèvres, Pont Neuf, Rue de la Cité, Montmartre, Pigalle, Batignolles, Champs Elysee sono tutti luoghi + o - celebri di Parigi. Maigret è il noto personaggio tratto dai romanzi gialli di George Simenon. (Il parere su Parigi, Londra e Roma è assolutamente personale!)

- Tre Cuori in Affitto: popolare sit-com comica anni '70/80. 

- Il ponte di MacArthur Park: altro luogo simbolo. Pare sia l'ispiratore della meravigliosa "Under the Bridge" dei RHCP.

- Viale del Tramonto: film capolavoro di Billy Wilder dei primi anni 40, con William Holden e Gloria Swanson.

- il "disguido" provocato dall'antistaminico è poco probabile nella realtà ma scientificamente plausibile.

 

RICA: è l'attrice Karine Vanasse

ALICE: è la piccola concorrente di Junior MasterChef Australia Siena Johnston

JARED: beh ... è Jared!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo sei ***


 

 

16: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo sei

 

 

-JARED's pov-

 

I mesi che seguirono furono probabilmente i più assurdi della nostra vita. Certo che detto da me può anche suonare strano ma non avrei mai creduto che avere a che fare con una donna incinta fosse così impegnativo.

O forse, più facilmente, dipendeva dal fatto che la donna incinta in questione fossi tu.

Non stavi ferma un attimo, nemmeno di notte. Avevi cominciato persino a parlare nel sonno, ricordi? Perlopiù si trattava di dialoghi surreali che chissà come ti scaturivano in testa, come quello tra un tizio di nome Poliakoff e un rospo gigante ubriaco di gin, dei quali tu ovviamente non ricordavi più nulla la mattina dopo.

Ingurgitavi ettolitri di succo di melograno e quintali di patate fritte, alla faccia di una dieta sana ed equilibrata. Una volta provai a farti assaggiare l'açai ma me lo risputasti in faccia disgustata. Sono tuttora fermamente convinto che lo facesti solo per ripicca. Nessuno può odiare l'açai!

E porca puttana, quanto eri diventata dispettosa!

Attaccavi a litigare con chiunque ti capitasse a tiro. Non potrò mai scordare la faccia del ragazzino che puliva la nostra piscina quando gli sgonfiasti le gomme della bici con un trinciapollo solo perché aveva osato affermare che la saga de Il Signore degli Anelli era superiore a Guerre Stellari. Malgrado siano passati gli anni e ormai sia quasi un uomo, quando mi capita di incontrarlo nel quartiere mi fissa ancora terrorizzato che tu possa spuntare fuori da un momento all'altro, armata di lama e con lo sguardo da sadica.

E poi, più la nostra bimba cresceva nella tua pancia, più tu sviluppavi nuovi interessi pericolosamente artistici. Che andavano dagli intagli decorativi di zucche e cucurbitacee varie, dal segno vagamente astrattista, all'assemblaggio di pezzi di scarto o di recupero per creare oggetti di uso più comune, come attaccapanni, mensole, paralumi, che finivano puntualmente nel bidone della spazzatura.

Supportata nella tua pazzia da mamma e da Vicki, che aveva partorito il piccolo Milicevic da circa un anno ormai, avevate formato una specie di società segreta, aperta esclusivamente a chi ospitava, o aveva già ospitato, un'altra creatura nel proprio utero.

Delle pazze scatenate senza controllo, in poche parole.

Una volta vi beccammo in giardino mentre, utilizzando un saldatore, cercavate di ricreare lo scheletro di uno squalo bianco con degli appendini di metallo, solo allo scopo di terrorizzarmi.

Neanche a dirlo, eri sempre tu l'artefice di quelle stramberie. Le altre due ti venivano dietro perché, essendoci già passate, sapevano quanto potessi avere bisogno di dare libero sfogo ai tuoi ormoni.

Quello era il tuo modo per prenderti la rivincita sul tuo corpo.

 

Fortunatamente non era l'unico modo di cui ti servivi! Grazie al cielo, non hai mai dimenticato che ci fossi anch'io da sfruttare.

Non è quasi trascorso nemmeno un giorno, nei mesi della tua gravidanza, in cui noi non abbiamo fatto l'amore. Quando eravamo particolarmente ispirati, anche più di una volta al giorno.

Dio, non riuscivamo a stare lontani l'uno dall'altra nemmeno un minuto. Tu, a causa dei tuoi scompensi ormonali, siano sempre benedetti. Io, perché semplicemente ti trovavo la creatura più incredibilmente seducente dell'universo, con quel pancione e quelle curve ancora più piene e voluttuose che mi facevano andare fuori di testa.

Una volta Shannon minacciò addirittura di innaffiarci con un idrante per staccarci, come se fossimo due cani in calore. Ed avevamo ancora tutti i vestiti addosso!

Lo abbiamo fatto anche la notte prima della nascita di Alice, non potrei mai dimenticarlo. In una posizione alquanto insolita e con molta cautela, con te sdraiata sul bordo del letto, un cuscino sotto la schiena e le gambe piegate spalancate di fronte a me e appoggiate ad una sedia ciascuna. Non riuscivi a smettere di ridere, ricordi? Dicevi che, conciata così, ti pareva di stare sul set di un film porno per gestanti!

Però lo abbiamo fatto lo stesso e mi pare pure che ci divertimmo un sacco, se non sbaglio.

La notte che precedette il giorno più bello della nostra vita.

Il 3 settembre 2009!

 

Quella mattina mi ero svegliato molto presto, come d'abitudine, ma contrariamente al normale eri già sveglia anche tu. E non eri a letto.

Mi alzai di botto, correndo qua e là per casa, in preda ad una strana agitazione.

Ti avevo chiamata un paio di volte senza ricevere risposta, finché non ti ritrovai in giardino. Con i piedi a mollo nella piscina, un cucchiaio ricolmo di quella crema alla nocciola italiana che ti fa impazzire in una mano e l'altra che accarezzava soavemente il tuo pancione enorme.

-Rica, che ci fai qui? … Perché non mi hai svegliato?-

Ti raggiunsi immediatamente, sedendomi sul bordo della piscina, alle tue spalle. E mentre riprendevo il controllo del battito cardiaco, posai entrambe le mani sulla tua pancia, abbracciandoti.

-La piccola aveva voglia di Nutella. E io avevo caldo.-  Affermasti scherzosa, avvicinando il cucchiaio con la cioccolata alla mia bocca.

Gli diedi una leccatina veloce, giusto per accontentarti. Sono un golosone se si tratta di dolci, ma quella crema è una vera bomba calorica. Il mio stomachino non è abituato.

Ti cullai per un po', seguendo le piccole onde che creavi nell'acqua con il movimento delle tue gambe.

Non penso di credere veramente in Dio, ma se esistesse un Paradiso... quanto vorrei che fosse esattamente così!

-Vicki è proprio convinta del Level3 per la festa di stasera, vero?-  Mi domandasti dopo un po', conoscendo purtroppo già la risposta.

Era il giorno del trentesimo compleanno di Tomo e Vicki e i ragazzi organizzavano l'evento ormai da settimane. Era già padre da un anno e mezzo ma si poteva ben dire che finalmente quel giorno sarebbe entrato a far parte del mondo degli adulti.

Solo che a te il club che Vicki aveva scelto non piaceva neanche un po'. Innanzitutto si trovava sull'Hollywood Boulevard, zona che tu detesti neanche troppo velatamente. E poi lo consideravi eccessivamente volgare e artefatto. E caotico, soprattutto per una donna al nono mese di gravidanza.

Certo, nelle tue condizioni forse sarebbe stato un po' troppo anche un tranquillo party in giardino. Io avevo tentato di convincerti a rimanere a casa ma non avevi voluto saperne. Adoravi Tomo e non saresti voluta mancare per nulla al mondo.

-Sai meglio di me che è impossibile far tornare quella donna sui suoi passi, una volta che si è messa un'idea nella testolina!-   Ti risposi, baciandoti piano il collo in tutta la sua lunghezza.

-La colpa è tutta di Shannon e delle sue tamarrate! Conosco Vicki, avrebbe scelto qualcosa di più discreto se quel pazzo di tuo fratello non l'avesse convinta.-

Mi misi a ridere, anche perché avevi senz'altro ragione. Quello era il tipico locale da Shannon, perfetto per le sue serate ignoranti con Becks.

Ripresi a baciarti un altro po' mentre tu continuavi ad assaporarti con gusto la tua cioccolata. Ogni tanto la nostra bimba ti dava qualche calcetto, facendoci sussultare entrambi di gioia.

-Ti ha tenuta sveglia stanotte?-

Sembravi parecchio stanca quella mattina e mi chiesi se il motivo potesse essere lei. Forse si era agitata più del solito.

-No, affatto! È un angelo!...-

Sorridevi felice, continuando a toccarti il pancione.

La gravidanza era ormai al termine. Il ginecologo aveva previsto che il tempo sarebbe scaduto non prima di qualche giorno ancora, così noi avremmo potuto goderci quell'incanto un altro po' prima di poter finalmente conoscere la nostra Alice.

-... Dici che ce la farà scontare quando sarà nata?-

Ti strinsi più forte, non troppo, solo un po'. Ma avrei voluto letteralmente mangiarti, anche senza Nutella.

-Mmm, non credo! Secondo me è così tranquilla perché sa già che le è toccata in sorte la mamma più meravigliosa del mondo.-

Ti voltasti a guardarmi un attimo negli occhi, perplessa.

-Che gran paraculo che sei!-  Mi apostrofasti infine scuotendo la testa.  -La nostra bambina avrà anche la madre più meravigliosa del mondo, purtroppo ha anche il padre più cazzone dell'universo, Marte compreso!-

Ti baciai finalmente sulle labbra non smettendo un secondo di ridere. Quanto è vero, piccola mia! Sono proprio un cazzone. Ma vi amo immensamente.

-Posso lasciarti sola per una mezz'oretta?-  Dissi poi, rialzandomi in piedi.  -Già che ci sono vado a fare un po' di jogging. Ti dispiace?-

Replicasti con un significativo gesto della mano teso a scacciarmi definitivamente.

-Vai vai! Noi due staremo benissimo. Abbiamo il nostro bel barattolone di Nutella, non ci serve altro.-

 

Corsi per un po', su per le colline che circondano la nostra casa. Non volevo pensare a nulla, solo scaricare l'ansia e l'eccitazione.

Cazzo, stavo davvero per diventare padre e ancora non riuscivo a concretizzarlo materialmente. Eppure avevo quasi trentotto anni ormai, avrei dovuto essere un uomo adulto già da un pezzo.

Ero perfettamente conscio che tu eri, e sei, l'unica donna con cui avrei potuto condividere tutto questo. Non era questo a spaventarmi. Ero pronto!

Ma non mi sentivo ugualmente all'altezza.

E non per il tipo di vita che conducevo. Ma per il tipo di vita che avevo vissuto. Come potevo saper fare il padre se non avevo mai nemmeno saputo cosa volesse dire averne uno? L'unica figura paterna che io abbia mai riconosciuto era Shannon. E, per quanto forse lui sia stato anche più di un padre per me, è pur sempre mio fratello, e aveva ancora il pannolone quando sono venuto al mondo.

 

Rincasai poco dopo un po' frastornato da quelle riflessioni, e non ti ritrovai più. Né in piscina né tanto meno in casa. Fui preso dal panico e cominciai ad agitarmi, senza peraltro riuscire a muovermi di un passo. Rimasi immobile, ad iperventilare per minuti interi, temendo di essere colto da un attacco di asma che mi avrebbe stroncato questa volta.

Poi sentii squillare Berry.

Coglione! Lo avevo lasciato sul tavolino del salotto. La mia donna, incinta di nove mesi, avrebbe potuto partorire da un momento all'altro, e io dimenticavo il cellulare a casa! Proprio io! Coglione al cubo!

-Dove cazzo eri finito, stronzo?-

La voce di mio fratello che mi insultava, con pieno merito, è ancora una delle poche cose che ricordo chiaramente in mezzo a quella concitazione.

-Corri immediatamente in ospedale! A Freddi si sono rotte le acque!-

Cazzo! Non mi hai visto in quel momento e per fortuna. Mi sentivo un tale idiota!

Credo di essermi paralizzato come uno di quei personaggi pietrificati dalla strega di Narnia. Tipo quel fauno con le orecchie a punta che ti piace tanto. Totalmente immobile. Con un sorriso sulle labbra che si allargava sempre di più, però.

Tu. Io. Nostra figlia.

 

 ***

 

In un quarto d'ora provvedetti a riprendere il controllo delle poche facoltà mentali rimastemi, mi feci una doccia velocissima ... dovevo pur sempre fare una buona prima impressione con la nostra piccola ... e mi fiondai in un taxi in direzione del Cedars-Sinai. Diedi al tassista cento dollari in più per arrivare in ospedale prima possibile.

Tu eri già sistemata in una delle camere/parto di ostetricia, con Shannon a far da palo alla porta, terrorizzato soltanto all'idea di dovermi sostituire se non fossi arrivato in tempo. Aveva già in mano cuffia e camice e tremava come se avesse dovuto gettarsi in volo libero dall'Empire State Building.

Eppure ero io che stavo per diventare padre! Mica lui!

Entrai nella stanza e ti vidi lì, stesa su quel lettino, mentre l'equipe ti preparava con tutta calma. Una miriade di goccioline di sudore ti imperlavano la fronte e le guance a causa delle contrazioni e piccoli ciuffi di capelli, sfuggiti all'elastico con cui li avevi raccolti, ti coprivano gli occhi e tu soffiavi ogni tanto tentando di scostarli. Eri appoggiata sui gomiti, un po' per rilassarti meglio, un po' per lenire il dolore, e il tuo seno si alzava e si abbassava ritmicamente, seguendo il tuo respiro.

Cristo Santo! Eri una visione!

E io sono uno stronzo. Non ti ripeto mai abbastanza quanto tu sia straordinariamente bella. E quanto il mio cuore gioisca soltanto nel poterti guardare. Credimi, non ti ho mai data per scontata!

-Se hai intenzione di rimanere lì fermo a fissarmi potevi anche continuare con lo jogging!-   Mi sgridasti come al solito. Ma un po' ti tremava la voce. Non fingere che non fosse per l'emozione.

Mi avvicinai a te mentre mi infilavo rapidamente il camice e la cuffia e ti levai finalmente dalla faccia quei ciuffi che ti infastidivano tanto.

-Ti amo Rica.-  Sussurrai, baciandoti delicatamente sotto gli occhi curiosi e divertiti delle infermiere.

Afferrasti minacciosa il collo della mia t-shirt, trattenendo il mio viso contro il tuo.

-Sarà meglio per te che sia vero! E vedi di ricordarmelo spesso! Altrimenti i dolori che proverò io per il parto saranno niente in confronto a quello che ti farò passare una volta fuori di qui!-

Volevi fare la dura ma mi stavi sorridendo, con quei tuoi occhioni caldi e lucidi.

-... Ti amo anch'io stupido!... Cazzo, non ci credo che stavi per perderti la nascita di tua figlia!-

L'entrata dell'ostetrico interruppe la nostra tenera disputa.

Il momento era arrivato e, ad essere sincero, mi fottevo dalla paura!

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- citazioni "letiane" obbligatorie: il melograno (o pomegranate, come volete), l'açai, lo squalo bianco, Berry.
- Becks è ovviamente Antoine Becks, il dj un tempo amico fraterno di Shannon.
- il Cedars-Sinai è un famoso ospedale di Los Angeles, citato in tanti film e serial tv.

 

NOTE FINALI: 

- citazioni "letiane" obbligatorie: il melograno (o pomegranate, come volete), l'açai, lo squalo bianco, Berry.

- Becks è ovviamente Antoine Becks, il dj un tempo amico fraterno di Shannon.

- il Cedars-Sinai è un famoso ospedale di Los Angeles, citato in tanti film e serial tv.

 

 

 

IL PICCOLO LUKAS E' UN BABY MODELLO PUBBLICITARIO. GLI ALTRI, GIA' LI CONOSCIAMO.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo sette ***


 

 

17: IL DIARIO DI UNA DIVAH! … capitolo sette

 

 

 

-JARED's pov-

 

-Alice!-

Ti avevo appena domandato, giusto per curiosità, se avessi già pensato ad un nome per la nostra bambina, dopo che finalmente, alla terza ecografia e alla ventesima settimana di gravidanza, il ginecologo era riuscito a comunicarci con esattezza il sesso del nascituro.

E tu mi avevi risposto senza alcuna esitazione. Come se fosse chiaro nella tua testa chissà già da quanto tempo.

-Perché Alice?-  Mi venne spontaneo chiederti, impaziente di sapere che cosa motivasse in te tanta determinazione.

-Non ti piace?-

-Sì! Mi piace! … Ma perché Alice? È un nome legato alla tua famiglia?-  Insistetti sempre più incuriosito dalla tua palese esitazione nel rispondermi.

Mi guardasti un po' imbarazzata. Poi abbassasti lo sguardo fissandoti le unghie delle mani.

-Lewiscarroll.-

Sussurrasti infine, impercettibilmente.

-Come?-

Avevo capito perfettamente ma eri davvero comica in quel momento. Ti stavi vergognando come una bambina impacciata davanti all'ennesima marachella e io non sapevo più se scoppiare a ridere o abbracciarti e strapazzarti di baci per quanto eri tenera.

Rialzasti gli occhi verso di me, soffiando fuori l'aria per infonderti un po' di coraggio.

-Alice! Come “Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll, sbruffone!-

Questa volta lo gridasti piuttosto forte.

E io a quel punto non riuscii più ad evitare di ridere. Anche se in realtà non ce n'era motivo, lo capisco, ma la tua espressione nervosa e spazientita era impagabile.

-Si può sapere che cazzo hai da ridere? … Senza Carroll non esisteremmo né noi due né tanto meno la nostra bambina!-

Smisi di ridere all'istante e ti fissai confuso.

-Che intendi dire?-

-Ho vinto la borsa di studio per la specializzazione alla Columbia con una tesi sul simbolismo e l'iconografia nelle opere di Carroll.-

Rimasi a bocca aperta per un momento. Eh sì! Pensandoci meglio, dovevo decisamente un bel po' di fortuna a quel bizzarro ometto inglese!

-Ed io che credevo lo avessi scelto perché eri fan degli Alice in Chains!-

Mi allungasti un pugno leggero sulla spalla, borbottando epiteti poco signorili.

Anche tu ridevi però e logicamente ne approfittai subito per abbracciarti, trascinandoti sul divano insieme a me.

Tu, seduta sulle mie gambe, con le ginocchia raccolte di lato, appoggiata alla mia spalla, le braccia intorno al mio collo.

Io, che ti sostenevo con un braccio la schiena e con l'altra mano ti accarezzavo piano la pancia, che era letteralmente esplosa negli ultimi giorni rendendoti ancora più irritabile e ai miei occhi semplicemente irresistibile.

-Non mi hai mai parlato della tesi su Lewis Carroll.-  Mormorai, mentre mi godevo appieno la sensazione del tuo respiro sul mio collo.

-Da bambina non mi piacevano un granché le fiabe della buonanotte, tipo Biancaneve o la Bella Addormentata, ma ho sempre amato quel libro. È molto più complesso di quello che normalmente la gente immagina. È etichettato come libro per l'infanzia, ma c'è molto più di questo. È un viaggio, e non solo nella fantasia... anzi forse più nella realtà. E nel suo doppio. Niente è come appare, eppure tutto ha una sua perfetta logica. … E poi è allegro e colorato e poetico, come dovrebbe essere sempre la vita. ... Spero che la nostra Alice abbia la stessa curiosità verso il mondo della bambina di Carroll. Che sia solo un po' più simpatica, magari! … Pensi che sia un pensiero stupido?-

Trovai le tue labbra senza nemmeno guardarti. E ti baciai, così dolcemente da spaventare persino me stesso.

Come poteva essere stupido quello che avevi appena detto?

-No! Penso che sia meraviglioso!-  Ti risposi, quando allontanasti la tua bocca dalla mia.  -E Alice è perfetto! Il nome più bello che questa cricetina possa desiderare.-  Abbassai lo sguardo sulla tua pancia, rivolgendomi direttamente a lei.  -Che ne dici, cricetina? … Alice Leto! Suona bene, no?-

-Alice Ruby Leto suona meglio... -

La tua voce, dolce e commossa, mi colpì all'improvviso. E rialzai la testa.

Ruby! Mi sorprese il fatto di non aver pensato a lei in quel momento.

La mia adorata nonnina disgraziatamente ci aveva lasciati l'anno prima senza neanche avere avuto modo di conoscerti. Ma io ti avevo raccontato tutto di lei, dell'indomabile energia tipica delle signore del sud e della sua tenerezza, dell'immenso amore con cui aveva accolto mamma e Shan e me, appena poco più che in fasce, e del coraggio con cui ci aveva lasciati andare via.

E tu mi avevi consolato, tra le tue braccia, con i tuoi baci, quando i ricordi diventavano troppo dolorosi per essere affrontati con un semplice sorriso. Quel sorriso che aveva sempre contraddistinto quella gran donna di mia nonna.

Eppure io non avevo pensato a lei! Ma lo avevi fatto tu!

-Ti amo, Rica!-

Fu l'unica cosa che l'emozione mi consentì di sussurrarti, con gli occhi lucidi e il cuore in gola.

 

 

-Alice? … Come Alice Cooper?-

Esclamò il vocione rauco di Shannon mentre con il suo enorme dito indice sfiorava la guancia della nostra bambina, nata da pochissime ore, che sonnecchiava placidamente tra le braccia sicure di mia madre.

Eravamo entrambi sdraiati sul tuo letto d'ospedale e tu ti eri accoccolata sul mio petto, come fai di solito, mentre io non potevo fare a meno di guardarti e accarezzarti.

Era incredibile quello che era successo!

Avevi appena dato alla luce nostra figlia ed ora eri lì, tra le mie braccia. Con quel calore del tutto nuovo che ci stava avvolgendo. Cazzo, e dire che non sembravi neanche stanca! Sprigionavi vita dappertutto!

-Ma siete fatti con lo stampino tu e tuo fratello?-  Mi sussurrasti, alzando piano gli occhi verso di me.

Mi limitai a sorriderti e a baciarti di tanto in tanto. Poi, quando mamma si decise che aveva ormai monopolizzato a sufficienza la sua nipotina, e Alice aveva fatto brevemente il tour delle braccia e delle facce della piccola tribù di amici e parenti che si era radunata nella stanza, appoggiarono la nostra bambina sul mio petto mentre tu le reggevi delicatamente la schiena. Fu una sensazione indescrivibile. Era un po' stropicciata, la nostra batuffolina, ma stranamente non aveva tutte quelle rughette e screpolature dei neonati. Era bellissima … e rilassata. Esattamente come te.

Non so se avesse effettivamente già aperto gli occhietti, erano ancora due minuscole fessurine, però si era rivolta naturalmente verso di te, aggrappandosi con la sua minuscola manina al tuo dito. Sicuramente sentiva che tu eri lì, mentre la sfioravi sussurrandole qualcosa che solo voi due potevate capire.

Dici sempre che Ali, fisicamente, assomiglia a me in tutto e per tutto. Lo so che è vero, lo vedo anch'io e ne sono estremamente orgoglioso. Ma quello che c'è tra voi va ben oltre la pura somiglianza fisica. Lei è davvero una parte di te! L'avevi bombardata di ossitocina, come avevi già fatto con me, non negarlo!

-Guarda guarda … mio fratello, l'uomo di ghiaccio che piange!-

Lo stronzo di Shan interruppe quel momento magico quasi fosse diventato il suo nuovo obbligo morale.

Ma era vero. Avevo iniziato a piangere senza nemmeno accorgermene.

Pure Shannon aveva la voce strozzata da un groppo in gola. Si era commosso, anche se seguitava a fare lo spaccone per non darlo a vedere.

Tu scostasti lentamente la mano dalla schiena di Alice e asciugasti con cura le lacrime che mi bagnavano le guance. Trattenni le tue dita sulla mia faccia e socchiusi gli occhi, imprimendo quell'attimo dentro di me.

 

Hai idea di quanti istanti simili abbia immagazzinato in tutti questi anni trascorsi con te? Sono solo loro a mantenermi a galla in questi giorni.

Dio, Rica quanto mi manchi!

 

-Forza, ragazzi! Direi che è ora di levare le tende!-

Il buon senso di mia madre le suggerì di lasciarci un po' soli, noi tre.

-...Torniamo più tardi, okay? Voi due intanto godetevela!-

Si avvicinò a te, baciandoti la fronte e bisbigliandoti: -Grazie, tesoro! … Per Alice … per Jay … per tutto. Ti voglio bene!-

Sai quanto l'hai resa felice onorando il nome di sua madre? Ti ha adorato più ti quanto già non facesse per questo. Anche adesso è totalmente dalla tua parte e non passa giorno che non mi ripeta quanto io sia stato stronzo nei tuoi confronti. Anche se non ha capito ancora bene che cazzo ci sia successo, e a dirtela tutta, non l'ho capito bene neppure io. Rimane il fatto che lo stronzo sia io! D'altra parte ha ragione! Ma so che anche se te lo urlassi a squarciagola non ti basterebbe.

Non serve nemmeno dirti all'infinito che ti amo, più di qualunque altra cosa al mondo. Più della mia stessa vita.

Io però questo te lo dico lo stesso!

 

 ***

 

Non mi pentirò mai abbastanza di non aver scattato quella foto!

Probabilmente tu non hai neanche capito a quale foto mi stia riferendo, vero?

Già, come potresti … era una delle innumerevoli volte in cui istintivamente avevo preferito farti capire più con i fatti che con le parole quanto fossi preso da te!

Era più o meno la fine di ottobre, più o meno verso Halloween o giù di lì.

Ali non aveva ancora due mesi e le mie previsioni, nel suo caso, si erano rivelate nuovamente esatte. Era davvero la neonata più pacifica e tranquilla che potessimo desiderare.

Soprattutto tu, vero? Non ti ha mai fatto impazzire con le poppate o svegliandoci alle ore più improbabili della notte. Piangeva pochissimo e soltanto quando lo riteneva strettamente necessario.

Ed è sempre stata sana come un pesce.

Grazie al cielo, perché tra le tue allergie e la mia asma, ti ricordi quanto abbiamo temuto che venisse su gracilina? Invece deve aver ereditato il sistema immunitario indistruttibile dello zio Shan. Speriamo solo quello!

 

Ma se Alice era soltanto fonte di gioia per noi, in quei giorni erano ben altre le mie preoccupazioni. La causa con la Emi ci stava letteralmente estenuando ed eravamo seriamente arrivati al punto di rottura. Rifiutavano qualunque accordo minimamente ragionevole e cominciavamo a sentirci ridotti ad inutili pupazzi nelle loro mani. Stavamo producendo “This is War” con le nostre sole forze, creative ed economiche, ma l'uscita, tra una difficoltà e l'altra, continuava a slittare tanto che ci domandavamo se saremmo mai riusciti a pubblicarlo, se tutta la fatica e il sudore spremuto in questi anni fossero stati del tutto inutili. E se il nostro sogno non fosse arrivato definitivamente al capolinea.

Professionalmente parlando non era affatto un bel periodo.

So che te lo ricordi anche meglio di me, forse. Quante sfuriate e porte sbattute hai dovuto subire, amore? Quanti musi lunghi e silenzi?

Mi sei sempre stata vicina e io non ce l'avrei mai fatta se non ti avessi avuta al mio fianco. Non potrò mai farcela senza di te.

Comunque, ero rincasato, quel pomeriggio di fine ottobre, dall'ennesima riunione con i ragazzi e con lo staff dalla quale non era emerso nulla di positivo ma solo un altra vagonata di scazzi e tensioni. Ed ero talmente devastato che, appena in casa, mi ero buttato a peso morto sul divano senza nemmeno cercarvi per salutarvi, cosa che invece facevo d'abitudine. La casa era completamente avvolta nel silenzio e persi i sensi in un lampo.

Quando però mi risvegliai, non molto tempo più tardi, il primissimo istinto fu quello di vedervi, come se ci fosse qualcosa di stonato in quel silenzio, e fu allora che vi trovai entrambe in camera nostra.

 

Mi mancò il respiro. Cristo Santo, eravate semplicemente meravigliose.

 

Tu eri distesa sul nostro letto e stavi allattando Ali. Con indosso soltanto una delle mie camicie a quadri, quella blu e rossa. La tua preferita.

Ho quest'immagine davanti ogni volta che chiudo gli occhi. Soprattutto adesso, che non sei con me.

Perché non avevo la mia Reflex a portata di mano?

Avrei potuto perdermici, dentro quella foto. Tu, così bella, seminuda … e il nostro piccolo angelo che prendeva il suo nutrimento dal tuo seno.

-Ehi! … Quando sei tornato?-  Bisbigliasti piano per non disturbare la nostra piccola, tutta intenta nel suo delizioso pasto.

-Non lo so! Non da molto. Mi sono appisolato un attimo sul divano, scusami.-

Meccanicamente avevo cominciato a togliermi la felpa e i pantaloni.

-Sei a pezzi, Jared!-  Continuasti, sempre con un tono di voce appena soffiato.

Il tuo viso però mostrava tutta la preoccupazione che avevi per me in quel momento.

-... Non va bene, vero?-

Scossi la testa.

-No! … Ma non voglio pensarci ora. Ora voglio stare solo con voi due!-

Ed era vero. Voi eravate la mia isola felice. Varcata la soglia di casa nostra, tutto tornava ad avere un senso. Ad essere … perfetto.

Ti scostasti un po' dai cuscini a cui eri appoggiata per farmi spazio dietro di te e io ti accontentai immediatamente. Era così bello quando allattavi Ali quasi sdraiata su di me.

-Comoda?-

Mugugnasti solo un po', ridacchiando in silenzio.  -Abbastanza, grazie! … Se ti dovesse andare male con la musica, potresti sempre riciclarti come divano!-

Il mio sguardo scivolò via in fretta dal tuo seno scoperto, altrimenti non avrei potuto resistere ancora a lungo, fino a fermarsi sul profilo di nostra figlia. Sapevo già di amarvi alla follia, ma credo fu quello il primo momento in cui mi scoprii perdutamente innamorato di voi. Non esisteva null'altro, oltre voi due. Tutto quello che avevamo passato, le nostre vite, anche prima di incontrarci, l'amore e la passione che ci legava, tutto era racchiuso in quei quattro chili e poco più che stavi stringendo tra le braccia e che sembravano sorridermi gioiosi, anche nel dormiveglia.

-Rica!-  Esclamai ad un tratto, a voce un tantino troppo alta, mentre vi cullavo entrambe.

-Sshh! … Chiudi quel forno per un attimo, Jay!-

Arrossii per la vergogna. Stavo quasi per svegliare Alice, idiota che non ero altro!

Presi a strofinare la punta del mio naso contro la tua nuca, proprio dietro l'orecchio, in una delle tue zone più sensibili, baciandoti il lobo ad ogni passaggio.

-Scusa piccola! …-  Continuai, sussurrando a voce bassissima stavolta.  -... È che stavo pensando ad una cosa ...-

Sghignazzasti piano. Come fai sempre quando non mi prendi sul serio.

-Porca miseria! Devo preoccuparmi?-

Ti strinsi un po' più forte, insistendo con il mio tocco leggero sul collo. Stupidamente in quel momento pensavo che sarebbe bastato quello a farti capitolare.

-Sposami!-

Girasti la testa di scatto, fissandomi ad occhi e bocca spalancati.

-Questa poi! … E perché?-

Eri sul serio incredula! E il fatto che realmente tu non ci avessi mai nemmeno pensato mi scioccò un tantino.

-Siamo una vera famiglia ora, no?-

Annuisti piano.

-... C'è Alice, adesso! … E lo sai che ti amo più di ogni altra cosa al mondo.-

Ricambiai il sorriso silenzioso che ti si allargò spontaneamente sul viso alle mie ultime parole.

-Tu non vuoi sposarti? … Con me?-

Spostasti il tuo braccio sinistro dietro la mia testa, reggendo nostra figlia solo con l'altro. E avvicinasti il mio naso alle tue labbra. Un soffio delicato.

-Noi siamo una famiglia!-  Sussurrasti decisa.   -Alice, tu e io. … E anche io ti amo più di ogni altra cosa al mondo. … Ma no! Non ci sposeremo! … Mi conosci bene oramai e lo sai che non ci ho mai tenuto. E nemmeno tu. Capisco che il fatto di essere diventati genitori sia una cosa … che sta sconvolgendo tutte le nostre certezze. Mi sveglio ogni mattina con il terrore di fare qualche irrimediabile cazzata. Quindi immagino come possa sentirti tu. Che di cazzate ne combini anche troppe già di tuo!-

Ti interrompesti un secondo per ridermi in faccia. E per baciarmi subito dopo.

-... Ma, davvero, Jay! Non abbiamo bisogno di un matrimonio. Non è già perfetto così?-

Sì! È perfetto così!

 

 

***

 

 

NOTE FINALI: 
- Finalmente siamo giunti all'ultimo capitolo del "sermone" di Jared. Con questo si conclude anche la seconda parte della storia. Non temete, la terza ed ultima parte sarà più breve e spero indolore. Ringrazio comunque i lettori che sono riusciti a resistere fin qui x la pazienza dimostrata, sono davvero ammirata!
- Alice in Chains: band grunge anni 90 che porto ancora nel cuore <3!; Alice Cooper: icona dell'hard rock!
- Ruby Metrejon è realmente la mitica nonna dei Leto, citata in più occasioni. Lo so, che Stucchevolezza, vero?
- La causa con la Emi è accennata per sommi capi. All'epoca in cui ho scritto non avevo ancora visto Artifact per intero. Mi scuso per la superficialità e le inesattezze.

 

NOTE FINALI: 

- Finalmente siamo giunti all'ultimo capitolo del "sermone" di Jared. Con questo si conclude anche la seconda parte della storia. Non temete, la terza ed ultima parte sarà più breve e spero indolore. Ringrazio comunque i lettori che sono riusciti a resistere fin qui x la pazienza dimostrata, sono davvero ammirata!

- Alice in Chains: band grunge anni 90 che porto ancora nel cuore <3!; Alice Cooper: icona dell'hard rock!

- Ruby Metrejon è realmente la mitica nonna dei Leto, citata in più occasioni. Lo so, che Stucchevolezza, vero?

- La causa con la Emi è accennata per sommi capi. All'epoca in cui ho scritto non avevo ancora visto Artifact per intero. Mi scuso per la superficialità e le inesattezze.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** MI AVEVI GIA' CONVINTA AL CIAO! ***


 

 

 

18: MI AVEVI GIA' CONVINTA AL "CIAO"

 

 

 

-RICA's pov-

 

-Papi! Sei arrivato …-

Avverto di sguincio il balzo compiuto da Ali nello scattare in piedi di botto per correre incontro a Jared, ancora fermo sulla porta, e faccio appena in tempo a nascondere nuovamente i fogli nella rivista e ad asciugarmi con un rapido gesto gli occhi che si sono inevitabilmente inumiditi.

Maledizione! Sarei voluta riuscire a leggere tutto prima del suo arrivo!

-... Mi manchi tanto, papà!-

E ancora quel groppo in gola. Sento raramente nostra figlia manifestare i suoi sentimenti così apertamente, anche con Jared. Ed è tutto dire, visto che è il suo principe e il suo compagno di giochi preferito.

Sono conscia che il mio comportamento di questi giorni la stia confondendo e facendo soffrire ma ero davvero convinta che arrivati a questo punto fosse perlomeno necessario. Forse un giorno capiremo meglio entrambe come sia successo. E forse un giorno la mia piccola mi perdonerà per queste incomprensioni. … Ma adesso voglio che torni ad essere felice. E voglio tornare ad esserlo anche io.

-Anche tu mi manchi tanto, Pasticcino! Lo sai questo, vero?-

Jared la prende in braccio con agilità e la stringe forte, riempiendole di bacetti le guance e il nasino.

Dio, sono così belli insieme!

Così meravigliosamente perfetti che stento a non sentirmi fuori posto vicino a loro.

-Ciao Jay!-

Mi avvicino cautamente per salutarlo, quasi sottovoce per non disturbarli, ma trattenendo con fatica l'emozione.

Lui mi guarda serio, riadagiando a terra Ali. Anche i suoi occhi sono lucidi. E mi sfiora il viso con un dito. Leggero.

-Ciao amore mio!-

Il cuore mi sobbalza convulso nel petto nell'udire realmente le parole che da settimane poteva unicamente sognare.

-Papà, papà … è vero che mangi con noi, stasera?-

Alice fortunatamente interrompe quel momento quasi estatico, altrimenti sarei potuta pure crollargli tra le braccia in un secondo senza neppure avergli ancora rivolto la parola.

-... Figurati che mamma ha ordinato la pizza! È una data storica!-

Jared mi fissa stupito. Okay! Io amo la pizza, sia chiaro! Il 50% di me è italiano purosangue! Detesto soltanto i take-away. O le consegne a domicilio. Quelle disgustose cose mollicce o biscottate, a seconda dell'estro del pizzaiolo, che ti arrivano in quei tremendi cartoni puzzolenti, unte e, la maggior parte delle volte, fredde. La pizza preferisco gustarmela in una pizzeria con i sacri crismi. Oppure se la faccio io. Per questo a quei due sembra una cosa così fuori dal normale.

-Non fate quella faccia! Non avevo voglia di cucinare, stasera.-

Gli sorrido, stringendomi nelle spalle con noncuranza.

-... Le ho ordinate da Bread&Flour. Per te, una vegetariana senza mozzarella. … Ti piace la loro pizza, vero?-

Lui annuisce, ancora un po' stralunato. È raro vederlo così poco loquace.

-... Bene! Saranno qui fra poco.-

Alice corre a raccogliere da terra il disegno a cui si stava dedicando fino ad un minuto fa per mostrarlo al padre, tutta orgogliosa.

-Guarda, Papi! … L'ho appena finito. Che ne dici?-

E Jared afferra prontamente il foglio, rimirandolo da varie angolazioni con l'occhio del professionista.

È un paesaggio, in bianco e nero, rifinito a carboncino. Devo ammettere che è proprio bello, ha uno stile quasi espressionista.

-È fantastico, tesorino! … È quello che penso io?-  Le domanda perplesso.

Ali annuisce.  -Sono le colline sopra Silver Lake!-  Esclama poi tutta tronfia.

Lui si perde per un istante ad ammirarla adorante.

-Piccola, ma ti ci ho portato solo una volta! … E ormai sono passati mesi … Come fai a ricordartelo così bene? Guarda, guarda questi dettagli … e i chiaroscuri …. Straordinario!-

Poi volge il suo sguardo verso di me, ancora sorridente.

-Nostra figlia è un genio! Non c'è altra spiegazione!-

-Già lo sapevo!-  Concordo ridendo a cuor leggero.  -Dovremmo farle fare un test del Dna. … Non può essere nostra!-

Anche Jay ride. Ed Alice sembra tornare finalmente la bambina spensierata di sempre. Santo Cielo! Mi sento così bene in questo momento, ed è passato troppo tempo dall'ultima volta.

-Senti un po', Leonardo da Vinci! ...-  Continuo allora rivolgendomi a mia figlia.   -... Sono quasi le otto, che ne dici, intanto che aspettiamo le pizze, di guardarti un po' di tv in camera di mamma e papà? … Basta che non ti metti a saltellare sul nostro letto mentre canti la sigla dei cartoni, okay?-

Ali mi indirizza una lunga occhiata furbetta. E poi ne riserva una identica anche a Jared.

Forse mi sbaglierò, ma credo che abbia capito perfettamente che voglio rimanere da sola con suo padre. Ci sorride complice e si precipita al piano di sopra senza farselo ripetere due volte.

La seguo con lo sguardo finché non sparisce in cima alle scale e mi metto a raccogliere gli strumenti da lavoro che ha lasciato in disordine sul tappeto. La sgriderò più tardi per questo. O molto più probabilmente non lo farò.

 

-Mi è piaciuto quello che hai detto, sai?-  Sussurra Jared. Si è avvicinato anche lui al divano, senza che me ne accorgessi.

La sua voce mi sembra però più stanca del solito. Mi auguro soltanto che non tornino a tormentarlo ancora i soliti problemi con la gola.

-Che cosa ho detto?-  Chiedo, nascondendo in fretta il numero di BlackBook sotto altre riviste.

-La camera di mamma e papà …. il nostro letto …-

Mi volto verso Jared e gli sorrido timida.  -È ancora la nostra camera … ed è ancora il nostro letto!-

In una frazione di secondo le sue braccia sono nuovamente intorno a me. E adesso non posso fare a meno di stringerlo a mia volta. Più forte che posso. Non trattengo nemmeno più le lacrime, ormai.

-Rica, sto diventando pazzo senza di te!-  Bisbiglia alla fine stremato, sfiorandomi delicatamente il viso con le labbra.   -Mi manchi da morire … io non credo di farcela…-

-Ssshh!-  Lo zittisco posando la mia bocca sulla sua, senza baciarlo veramente.  -Non dire niente, Jay! …. Ti prego! Non adesso.-

È lui a baciarmi, finalmente! Dopo settimane lunghe quanto un paio di secoli almeno, Jared torna ad essere parte di me.

Vivevo in una sorta di limbo vegetativo fino a questo momento e non me ne ero resa conto? Sento i miei organi interni, tutti, nessuno escluso, tornare miracolosamente a funzionare all'improvviso.

E ricambio istintivamente il suo bacio con passione e desiderio. Anch'io stavo impazzendo senza di lui. Lui è tutta la mia vita e anche se l'ho sempre saputo non l'ho mai realizzato tanto chiaramente come in questi giorni di separazione.

-Ho sperato così tanto che succedesse questo...-

Parla piano, soffiando le parole appena sopra il mio orecchio, staccandosi solo a tratti dalle mie labbra.

-... quando Shan mi ha detto che eravate passate…-

S'interrompe per perdersi in un altro bacio disperato.

-... e che volevi che venissi a casa … nella nostra casa … stavo per precipitarmi qui, di corsa...-

Mi solleva adagiandomi sulla spalliera del divano mentre io lascio correre le dita tra i suoi capelli. Sono ancora più lunghi e soffici di quanto li ricordassi.

-E che cosa te lo ha impedito?-   Gli chiedo, ammiccando soltanto un po', divertita.

In effetti sono trascorse quasi due ore da che abbiamo lasciato il Lab.

Ma Jay mi fissa imbarazzato.  -So che ti potrà sembrare stupido ma … stavo cercando una cosa e … ecco, ho perso un po' di tempo.-

Di che diavolo mai poteva aver bisogno di tanto importante da tenerlo lontano da noi? Dopo settimane?

Oops …

D'un tratto mi tornano alla mente i suoi fogli. E gli sorrido affondando distrattamente i denti nel labbro inferiore.

Jared si accorge che c'è qualcosa di strano e ricambia il mio sorriso con un'espressione piuttosto confusa.

-E hai trovato quello che stavi cercando?-

Sono anch'io leggermente in imbarazzo. Ho frugato tra le sue cose. E anche se quella lettera è chiaramente indirizzata a me, rimane il fatto che fosse privata. Fortunatamente Jared non lo nota.

-No!-  Scuote la testa, ancora disorientato.  -Non avrei dovuto lasciarla in giro ma … avevo bisogno di prendere un po' d'aria. Non immaginavo che … amore, che stai facendo?-

Inarco la schiena al massimo, spingendomi verso il tavolino, mentre Jared mi regge istintivamente i fianchi. Afferro la copia di BlackBook da sotto la pila delle altre riviste e ritorno vicina a lui, sfilando la sua lettera dalle pagine della rivista.

-L'hai presa tu!-

Mi guarda incredulo, ad occhi spalancati.

-... Ma come? … Quando?-

Io abbasso gli occhi costernata. Non mi sembra molto felice che sia finita dritta dritta nelle mie mani.

-L'hai letta?-

Annuisco, sorridendogli ancora leggermente avvilita.

-... Ma … ma io … Rica, non era finita! È la nostra storia e … io dovevo…-

Non lo lascio finire di parlare ma lo stringo forte contro di me, placando la sua agitazione. Baciandolo ininterrottamente.

-Che cosa significa? Perché l'hai scritta?-

Jared si scosta appena, abbassando gli occhi sui suoi fogli. È ancora impacciato e forse anche un po' deluso. Sembra sinceramente dispiaciuto che io l'abbia letta e la cosa mi mortifica alquanto.

-Per te!... Ho pensato che fosse più semplice, dirti tutto in questo modo. Io parlo parlo parlo all'infinito, ma quando si tratta di te, cazzo, non so che mi prende! Oddio, anche adesso, … sentimi … sembro proprio un pivellino! … Rica, gli ultimi dieci anni sono stati quelli che hanno dato un senso alla mia vita. Tu...-

Ancora fatica a guardarmi negli occhi.

-... non posso permetterti di pensare seriamente quello che hai detto. Che tu non significhi nulla. Tu significhi tutto. Tutto, cazzo! E lo sai! … Ma c'erano altre cose da dire, io non ho...-

-Non m'importa, Jay! … Non c'è nulla da aggiungere a quello che hai già detto!-

La mia voce è rotta dalle lacrime che mi stanno scivolando sulle guance senza che io possa fare nulla per fermarle. Gli stringo piano il viso tra le mani, forzandomi di guardarlo in quegli occhi che da dieci anni ormai costituiscono la linfa della mia esistenza.

-Tu non mi hai mai messa in disparte, né tanto meno mi hai mai delusa! … Togliti dalla testa di aver fallito, con me. Mi hai sempre fatta sentire incredibilmente amata. Sempre! … Anche quando litigavamo. Anche quando…-

Sto per dire ci siamo lasciati, ma sarebbe un errore. In verità non ho mai lontanamente creduto che tra noi fosse finita! Ed ora ho la certezza che neanche lui lo ha fatto!

-... quando ti ho chiesto del tempo per riflettere.-

Jared tira su col naso sollevando gli angoli delle labbra in cerca di un debole sorriso.

-Ti prego, dimmi che è servito a qualcosa! Dimmi che mi hai perdonato!-

Con un piccolo balzo scendo dalla spalliera per sedermi sul divano e gli tendo un mano per farlo accomodare al mio fianco. Si muove un po' con circospezione. Credo che abbia bisogno di certezze e mi rendo conto che il mio tentennare nel rispondergli lo stia innervosendo.

Beh, non per essere vendicativa ma dopo tutto non è poi un male che stavolta sia lui quello lasciato in sospeso. Forse ora può capire come mi sia sentita io in tutti questi anni ad attendere delle risposte che da lui non sono mai arrivate.

-Non hai bisogno del mio perdono!-

Le parole escono dalle mie labbra stanche ma decise.

-Ti amo, Jared. Non so stare senza di te e l'ultima cosa che voglio è provare a farlo.-

Mi accoccolo sul suo petto e lui mi stringe forte sfiorandomi delicatamente i capelli.

-... Probabilmente ho persino avuto una reazione esagerata e...-

Lui mi interrompe cercando di spiegarsi ma io lo blocco nuovamente, sedendomi direttamente a cavalcioni sulle sue gambe e tappandogli la bocca con la mia.

-... per favore, non parliamone adesso.-

Le sue braccia intorno a me mi avvolgono sempre più forte.

-Ecco! Restiamo così ancora un po'.-

Poter ascoltare il battito del suo cuore contro il mio, il suo respiro dolce e caldo … il suo profumo naturale di cannella … è tutto quello che potrei chiedere in questo momento.

Noi due siamo ancora qui, insieme.

Questa è l'unica cosa importante! Andrà bene. Ora lo so.

 -Jay?-  Sussurro dopo qualche attimo di quella beatitudine.  -Io e Ali vorremmo tanto che tu tornassi a casa. … Almeno finché non dovrai partire.-

Sento il suo cuore sussultare e la sua presa stringere con più vigore. La mia fronte si sta inumidendo in fretta e mi accorgo che sono le sue lacrime a bagnarmi, spingendomi ad alzare il viso verso di lui. È vero! Sta piangendo piano. Ma sorride, illuminando il mio mondo un'altra volta.

-No!-  Lo dice con un filo di voce.

Come no? Non vuole tornare a casa, da me?

Jared, notando l'espressione smarrita sul mio volto, recupera un po' di fiato con un profondo respiro.

-Io non partirò!-

Mi prende il viso tra le mani annullando ogni mia possibile resistenza.

-... Non me ne frega un cazzo né del film, né del Sudafrica. E neanche di David. Lo so che tu sei convinta che sia quello che voglio … e forse per un istante l'ho pensato anch'io … ma non è così. Tu sei l'unica cosa che conti davvero per me. Tu e Alice. Solo voi due siete irrinunciabili … tutto il resto può andare a fanculo!-

È terribilmente egoistico da parte mia ma sono immensamente felice che Jared abbia preso questa decisione. È la cosa migliore per noi, in questo momento.

-Non ho nessuna intenzione di farti cambiare idea!-  Ribatto tranquilla, riappoggiando la testa sul suo petto.   -Però ci sono delle cose di cui dovremo parlare.-

-Lo so!-

Lo sa? Oh, cazzo!

La mia angoscia viene però interrotta dal trillo del campanello. Il ragazzo delle consegne. E dai gioiosi saltelli di Ali che balza correndo giù dalle scale.

Ci sarà tempo più tardi per chiarire.

Devo assolutamente dirglielo.

 

***

 

 

 

NOTE FINALI: 
- Torniamo nella mente di Rica. La tanto attesa riconciliazione è finalmente arrivata, più semplice e naturale del previsto! ... Ma i dubbi più densi sono acora tutti da dissipare...
- Il titolo del capitolo cita la battuta più celebre del film "Jerry Maguire" di C.Crowe.
- L'omaggio a Silver Lake fa ovviamente riferimento a "City of Angels". 

 

NOTE FINALI: 

- Torniamo nella mente di Rica. La tanto attesa riconciliazione è finalmente arrivata, più semplice e naturale del previsto! ... Ma i dubbi più densi sono ancora tutti da dissipare...

- Il titolo del capitolo cita una delle battute più celebri del film "Jerry Maguire" di C.Crowe.

- L'omaggio a Silver Lake fa ovviamente riferimento a "City of Angels". 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** DAMMI LA CHIAVE DI QUELLO CHE E' TUO. ALTRIMENTI A CHE SERVE? ***


 

 

 

Questa volta gioco in contropiede e le note ve le anticipo. Ma solo x chiarire prima che ciò che seguirà, ossia la “attesa” confessione di Jared, non ha nessun fondamento reale ma è frutto unicamente del mio cervellino bakato! Vi avverto che potrà anche risultare sgradevole in alcuni passaggi, ma ovviamente non rispecchia nessun giudizio personale né sulle persone esistenti coinvolte né sui fatti in sé. L'ho messa giù abbastanza dura?... Perfetto, proseguiamo!

Questa volta gioco in contropiede e una nota ve le anticipo. Ma solo x chiarire prima che ciò che seguirà, ossia la “attesa” confessione di Jared, non ha nessun fondamento reale ma è frutto unicamente del mio cervellino bakato! Vi avverto che potrà anche risultare sgradevole in alcuni passaggi, ma ovviamente non rispecchia nessun giudizio personale né sulle persone esistenti coinvolte né sui fatti in sé. L'ho messa giù abbastanza dura?... Perfetto, proseguiamo!

 

 

 

 

 

19: DAMMI LA CHIAVE DI QUELLO CHE E' TUO. ALTRIMENTI A CHE SERVE?

 

 

 

-Diciannove giorni!-

Sento a malapena Jared bisbigliare tra i miei capelli, con il respiro ancora spezzato.

-...Non posso credere di aver resistito tutto questo tempo senza poterti toccare!-

 Mi sollevo leggermente dal suo petto appoggiando un gomito sul cuscino per reggermi la testa con la mano. È doloroso staccarmi da lui, anche se solo di pochi millimetri. Soprattutto dopo essere stati lontani così a lungo.

Io poi ci passerei la vita sul suo petto. Ad accarezzare e venerare il motto tatuato sulla pelle che adorna la sua clavicola destra in un modo impunemente sexy.

 -Non vorrai mica farmi credere di non aver trovato nessun'altra che ti tenesse compagnia, amore mio adorato?-   Insinuo ironicamente sbattendo le ciglia con un vigore esagerato.  -Stai perdendo colpi?-

La mia coscienza si permette di scherzarci su perché sa perfettamente che non l'ha fatto. Ci giocherei la mia stessa vita.

Lui infatti mi fissa accigliandosi senza fiatare. E quando mi guarda così, con quegli enormi occhi capaci da soli di cancellarti ogni volontà, e un'espressione a metà tra il cinico e l'infantile, è davvero dura non rimanere spiazzata. Immagino già che cosa stia pensando.

Che è totalmente assurdo anche soltanto sottintendere che lui possa aver sfiorato un'altra donna in queste settimane. Poco importa che io stia giocando. Probabilmente me lo starebbe già urlando addosso se non fosse ancora stremato. Per quanto sia in splendida forma per un uomo della sua età, c'è da dire che i suoi tempi di ripresa non sono certo più quelli di una volta!

Abbiamo appena battezzato nuovamente le nostre lenzuola, fra le quali Jared mancava da troppo tempo, e stavolta nessuno dei due ha badato un granché al volume o agli effetti sonori. Ringrazio il cielo che Ali abbia il sonno ancora piuttosto pesante, come tutti i bambini. Anche se, conoscendola bene, ho il fondato sospetto che non ci avrebbe disturbati per nulla al mondo.

E capisco che non sia per niente una cosa appropriata da pensare, trattandosi di una bimba di otto anni.


-Se stai cercando di farmi incazzare, ti avverto che non ci riuscirai!-  Mormora Jay dopo aver recuperato un po' di fiato.  -Sono dannatamente felice in questo momento…-  mi attira ancora su di sé, cercando le mie labbra,   -... e tu sei troppo bella per perdere tempo a discutere...-

Avverto le sue mani scivolare piano sulla mia schiena imperlata di sudore e la pelle ricoprirsi interamente di brividi in pochissimi secondi. Intuisco che un secondo round è già molto vicino. E mi domando se sia giusto che mi decida a parlare adesso.

-Jay!-  Bisbiglio quasi soffocata dai suoi baci.  -Dobbiamo assolutamente parlare di una cosa.-

-Lo so!-  Ripete ancora una volta. Espirando a fondo come se dovesse recuperare energie e coraggio.

Perché continua a dire che lo sa? Che cosa diavolo sa?

Mi sollevo nuovamente, girandomi completamente su un fianco questa volta, imitata quasi subito da lui. Rimaniamo in silenzio a fissarci, concentrandoci per un istante infinito sui nostri occhi stanchi eppure estremamente felici.

-Jared, tu sai quello di cui dobbiamo parlare?-  Provo a domandargli, fremendo per la sua risposta.

Lui annuisce. E prende l'ennesimo lunghissimo respiro.

-Cameron!-

Che cosa?

Di certo questa è l'ultima risposta che mi sarei aspettata da lui, in un momento come questo! Sto per accingermi a replicare ma mi interrompe con decisione.

-Devo parlarti di lei!-

-No, Jar, ne abbiamo già parlato prima. … Non m'importa più, te l'ho detto. Quella donna è il tuo passato. Tu sei qui, ora. Con noi. … Mi fido di te. E se per te lei non conta, non conta neanche per me.-

Jared increspa le labbra in uno dei suoi celebri sorrisi da bambino compiaciuto. Ride anche con gli occhi. E solo guardarlo adesso mi fa dimenticare che cosa ci abbia condotti a questo momento. Mi fiondo su quelle labbra delle quali non riuscirei a dimenticare il sapore nemmeno tra un milione di anni.

-Ti amo da impazzire, Rica! … E quello che hai appena detto è meraviglioso … ma io ho bisogno di raccontarti di lei. Di quel Jared. … Non sono fiero di quell'uomo. Ma tu sai che non sono più così. Io … io ho fatto un sacco di stronzate. E continuo a farne. Però …-

Questa volta sono io ad interromperlo, stringendogli il volto tra le mani e sigillando le sue labbra con un minuscolo bacio denso di comprensione. Lo vedo in difficoltà ed è evidente che questa cosa lo stia davvero tormentando, come è chiaro che sia arrivato per lui il momento di liberarsene. Anzi, sono felice che voglia farlo con me. Adesso.

-Tesoro… guardami!-  Gli sussurro dolcemente.  -So perfettamente come sei! … E amo disperatamente ogni singola, infinitesimale cellula che fa parte di te. Niente di quello che puoi aver fatto o che può essere successo quando ancora non ti conoscevo potrà mai cambiarlo. … Io sono qui e lo sarò sempre. Se vuoi parlare, ti ascolterò.-

Jared prende un lungo respiro e cerca la mia mano, intrecciando le nostre dita, come se non potessero essere complete le une senza le altre.

-Conobbi Cameron ad un party di Tommy Hilfiger. Mi ci aveva portato un tizio di cui nemmeno ricordo più il nome o la faccia. Fatto sta che lei era lì. Sfavillante come un gioiello prezioso. Era il suo momento, all'apice del suo successo ed era …. bellissima!-

Lo vedo esitare. Un lampo di timore ed imbarazzo guizza attraverso l'azzurro degli occhi.

E allora gli sorrido teneramente, accarezzandogli piano la guancia.

-Ehi, testone...-  gli sussurro affettuosamente,  -... non penserai mica che io sia gelosa, spero? Lo so anche io che era bellissima, e credo che si difenda ancora piuttosto bene.-

Jared sbuffa poco convinto e mi lascia un piccolo e dolce bacio sulla fronte, prima di continuare.

-Probabilmente fu attrazione immediata … non lo so … sembrava che fossimo due calamite, destinate a fare scintille insieme. ...-

Okay! Ho appena affermato di non essere gelosa e dopo tutto sono stata io ad insistere tanto che mi raccontasse di lei. Ma non sarei onesta con me stessa se non ammettessi di sentire un accenno lievissimo di nausea aggrovigliarmi lo stomaco.

-... I primi tempi furono parecchio divertenti, lo devo riconoscere. Non avevo mai avuto una storia che si potesse definire seria. E di certo non con una donna come lei. … Mi sentivo come, boh, hai presente quelle giostre del luna park?-

Mi guarda per un istante e rivedo in lui quell'espressione da fanciullo cresciuto troppo in fretta che mi ha fatto perdere la testa. Annuisco.

-... Ecco! Ebbro e sballottato! Come se stessi vivendo sulle montagne russe. … Però andava tutto bene. Stavamo bene e anche del lavoro non mi potevo lamentare. Ho il vago sospetto che un paio di grosse occasioni cinematografiche che ho avuto in quegli anni le debba esclusivamente al fatto che stavo con lei. Ma tu mi conosci, ho un orgoglio troppo grande per ammetterlo, quindi… shh...-

Si porta l'indice alle labbra, intimandomi il silenzio, con un sorriso.

Dio, esiste qualcosa di più bello?

-... Insomma, andava tutto talmente bene che non mi accorgevo neppure che le cose in realtà non stavano andando poi così bene come credevo!-

Jared interrompe il suo racconto per un istante, socchiude gli occhi e sospira. Finora ha cercato di apparirmi calmo e tranquillo, quasi buffo, ma lo conosco troppo bene per non capire ugualmente quanto questa cosa lo stia facendo ancora penare.

La mia mano, che giaceva comodamente appoggiata sul suo petto, risale lungo i suoi capelli, incastrando dolcemente le dita tra le sue ciocche ribelli. E lui si rilassa quasi istantaneamente.

-Ehi! Va tutto bene, sta tranquillo!-  Gli sussurro con appena uno filo di voce.  -Ti amo, Jared!-

Forse non c'entra molto in questo momento, ma sinceramente non mi importa. Voglio dirglielo ogni volta che ne ho bisogno e voglio che lui lo sappia con certezza, sempre.

Riapre gli occhi, incatenandoli nuovamente dentro i miei, e rinfrancato dalle mie rassicurazioni, ricomincia a parlare.

-Non era molto che io e Shan avevamo messo in piedi la band e volevamo assolutamente trovare altri musicisti, non potevamo certo farcela da soli… avevamo grandi idee. Anche Shan, ci crederesti mai? … Solo che il tempo sembrava non bastare mai. Tra gli impegni cinematografici e Cameron e… la vita a Hollywood è molto impegnativa, hai fottutamente ragione tu a volerne stare fuori! … In breve, in pratica mi ero ritrovato tra due fuochi. Da una parte, Shannon e la nostra musica, e dall'altra la mia ragazza e il cinema.-

-Perché? Lei non voleva che tu suonassi?-  Mi azzardo ad interromperlo.

Lui ci riflette solo un secondo.   -Non credo! Cioè, le piaceva l'idea di avere un fidanzato musicista rock. Sì, credo che la cosa la attirasse parecchio. … Però era altrettanto fermamente convinta che con la musica non avrei mai sfondato mentre con il cinema, a suo dire, avevo ormai le porte spalancate. Secondo lei la cosa più giusta da fare sarebbe stata quella di concentrarmi sulla mia vera carriera e dedicarmi alla musica nel tempo libero. Come fanno tanti attori hollywoodiani… così, per hobby!-

Sgrano gli occhi incredula. E sì che finora l'avevo reputata tutto sommato una donna intelligente! Come aveva fatto a non capire che la musica è tutta la sua vita. Lo è sempre stata e lo sarà sempre. Persino a dispetto di tutti i successi e le gratificazioni che ha ottenuto in seguito con la recitazione.

-La cosa peggiore è che io avevo cominciato a pensarla come lei!-   Mi confida imbarazzato.   -Quello fu un periodo molto duro. Io e Shan litigavamo in continuazione. Alle volte non ci parlavamo per settimane intere. Anche mamma era logorata da quella situazione di merda. Sicuramente la faceva soffrire quanto noi, se non di più. … Ma non potevamo continuare così! E allora mi ritrovai a prendere la decisione più insulsa che avrei mai potuto prendere in tutta la mia vita: chiudere con la band! … Ero in procinto di girare un altro film. Un film in cui credevo moltissimo e in cui stavo mettendo in gioco tutto me stesso. E non potevo permettermi di farmi distrarre da altro. Ma una volta terminate le riprese, avrei detto addio al progetto Thirty Seconds to Mars.-

Un'altra interruzione. Un altro lungo sospiro.

-Il film era Requiem for a Dream!-

Lo ascolto ancora, in silenzio. E mi perdo nelle sue parole. Ogni tanto distoglie lo sguardo e sbatte le sue lunghe ciglia permettendo a quel banalissimo movimento di infondergli la lucidità necessaria per proseguire.


Mi rivela quanto fossero state impegnative le riprese del film, oltre ogni sua possibile immaginazione. Di come il regista, Darren Aronofsky, avesse chiesto a lui e a Marlon Wayans, suo partner nel film, di privarsi per un lungo periodo di tutto ciò che avessero potuto associare ad una dipendenza, per meglio calarsi nei panni dei tossicomani che avrebbero dovuto portare sullo schermo. Così Jared per mesi aveva rinunciato allo zucchero e ai suoi piatti preferiti. E ovviamente al sesso. E alla musica. E aveva funzionato! Non si era mai sentito tanto in astinenza nemmeno quando lui stesso, durante la sua adolescenza ribelle, aveva fatto uso di sostanze stupefacenti. Ma non era stata l'impossibilità di toccare Cameron a distruggerlo, come avrebbe potuto ipotizzare al principio. Bensì il rinunciare alla sua musica. Quella consapevolezza lo fece sprofondare in un baratro sempre più profondo. La decisione che aveva maturato in precedenza era completamente evaporata come una minuscola scheggia di ghiaccio all'equatore.

E si trovava di nuovo in balia della totale confusione. Provò a parlarne con la sua ragazza ma lei sembrava non riuscire a comprendere il suo tormento. Fu in quel momento che cominciò a sentirsi sempre più lontano da lei. Lei, che era stata l'unica donna della sua vita, in realtà si stava rivelando solo poco più che un'estranea.

Per qualche tempo Jared provò a far finta di niente, convinto che prima o poi la situazione si sarebbe risolta, in un modo o nell'altro.

Tornò a buttarsi a capofitto nel progetto della band e in poco tempo lui e Shannon riuscirono ad arruolare Solon e Matt, chitarra solista e basso, e a rielaborare lo sterminato materiale che Jared aveva prodotto negli anni. Ottennero persino un contratto discografico. Quel famoso contratto che in seguito rischiò di portarli alla rovina. Non fu per niente semplice a dirla tutta. Ma neanche loro si aspettavano che lo fosse, dopotutto. Anche perché Jared si era rifiutato per principio di sfruttare quel poco di popolarità che aveva ottenuto come attore per promuovere la band. Ad ogni modo, erano talmente convinti delle loro potenzialità da riuscire a persuadere qualche pezzo grosso a dar loro una chance.

Ma se per la band le cose sembravano cominciare a girare per il verso giusto, la relazione con Cameron si andava deteriorando ogni giorno di più. I dissapori che aveva faticosamente appianato con suo fratello si riversarono inevitabilmente sulla sua ragazza. E iniziava a vivere il rapporto con lei come un doloroso peso da sopportare, come se non avessero più nulla in comune. O peggio, come se non lo avessero in realtà mai avuto. Anche se gli mancava il coraggio per confessarlo persino a se stesso.

La situazione prese decisamente una pessima china durante il periodo in cui Cameron si trovava in Italia per girare l'ennesimo film. Un colossal diretto da Martin Scorsese che già si preannunciava come un sicuro trionfo. Si sentivano molto poco per telefono e quando lo facevano era più che altro per litigare. Finché una sera Jared non fece una cazzata! Era nell'aria. Lo sapeva lui e lo sapevano gli amici che gli stavano intorno. Forse lo sospettava persino Cameron.


-La gente mi dipinge sempre come un uomo di ghiaccio. Che ha sempre il pieno controllo della situazione e che non si scompone mai. E forse con gli anni lo sono diventato davvero.-

Non distolgo lo sguardo da lui. Non l'ho mai visto così provato, nemmeno durante quegli interminabili giorni della causa legale. Non si sforza neanche più di mascherarsi dietro un sorriso tirato.

Lo stringo un po' più forte e lo rilascio quasi subito perché possa continuare.

-... Ma all'epoca non ero così! Non voglio giustificarmi, Rica, … ma mi sentivo così… fragile...-

Amore mio! Quanto gli starà costando ammetterlo con se stesso?

-... Volevo fare il duro. L'uomo tutto d'un pezzo. Ma in realtà non avevo la minima idea di che cazzo stavo facendo della mia vita.-

-L'hai tradita?-  La mia voce esce più sofferta di quanto io stessa mi aspetti.

Non sono spaventata dalla sua risposta. Non è mai stato un angioletto, né io l'ho mai reputato tale. Però un po' mi dispiace… per lui. O forse per Cameron, non lo so.

Jared increspa le labbra, socchiudendo ancora gli occhi.  -Ho fatto anche di peggio, purtroppo!-

 

Ogni volta che la band suonava in qualche club c'erano decine di ragazze che gli si offrivano più o meno sfacciatamente. Lui le assecondava, non andando mai oltre l'allegro flirtare. Dovevano fidelizzare in qualche modo i loro fan e si sa che le ragazze sono probabilmente il modo più rapido per acquistare notorietà.

Una sera, però, dopo l'ultima feroce litigata telefonica con Cameron, si era fermato un po' più a lungo nel locale dove si erano esibiti. E aveva bevuto. Ma tanto! Come non gli capitava da tempo. Finché non gli si era avvicinata una ragazzina. Una piccola e provocante Lolita. Alta, biondissima, occhi chiari. Magrissima e con due gambe chilometriche. Sotto il trucco eccessivo e l'atteggiamento sfrontato, s'intuiva comunque che fosse poco più che adolescente.

La ragazzina lo aveva attirato nello squallido bagno del locale e lui le si era avventato addosso, famelico come un lupo insaziabile. Voleva disperatamente lasciarsi andare all'oblio e annegare in quella ninfetta. Ma la rabbia e la frustrazione lo fecero diventare inaspettatamente violento. Quasi crudele. La ragazzina, perché per quanto stesse recitando la parte della troietta navigata, si trattava pur sempre di una ragazzina, finì per spaventarsi della sua ira. Cercò di divincolarsi dalla sua presa e scappò via, imboccando l'uscita posteriore del club.

Jared la inseguì sempre più inferocito e riuscì a raggiungerla con pochi passi. L'afferrò nuovamente, sbattendola con forza contro il muro di quel vicolo, urlandole contro insulti e volgarità di ogni tipo. Ma lei riuscì a liberarsi un'altra volta, colpendolo al viso. Una furia cieca s'impadronì di lui completamente. Con un gesto repentino la spintonò con violenza e lei cadde in mezzo alla strada. Una millesimale frazione di secondo prima che un'auto, sbucata dal nulla a folle velocità, la investisse.


Un fenomeno bizzarro si sta verificando in questo preciso istante nelle mie vene, riesco ad avvertire chiaramente il sangue diventare solido come ghiaccio, e il battito cardiaco fermarsi per un tempo indefinito. Non mi accorgo nemmeno di avere ancora tra le dita una ciocca di capelli di Jared. Li sto stringendo forte. Forse troppo forte.

-Lei è…. quella ragazzina… è m-morta?-  Balbetto terrorizzata.

 

Jared mi fissa ancora sconvolto e ciò che leggo nei suoi occhi ha il sapore della paura. Paura per quello che è accaduto, per quello che ha fatto, paura per come io reagirò adesso. Scuote la testa. Un gesto appena accennato.

-Il tizio al volante non si era neppure fermato…-   sbuffa sonoramente, e una piccola lacrima solitaria solca la sua guancia incastrandosi tra i peli della sua folta barba,   -.... ma io …. ho fatto una cosa ancora più schifosa … Dio Santo! Come farai a guardarmi ancora in faccia dopo questo?…-

Istintivamente lascio la presa sui suoi capelli. Scendendo sul suo viso gli asciugo quella stilla dolorosa che gli bagna il viso, e ancora più giù, fino ad afferrargli una mano. La stringo forte e me la porto alle labbra.

-Non me lo merito, tutto quello che fai per me!-  Continua Jared. Il tono di voce sempre più basso e sofferto.  -Non merito te!-

Bacio piano la sua mano grande e sinuosa.

-... Rica … io …. sono scappato!... L'ho lasciata lì, capisci? Poteva essere morta per quello che ne sapevo. Oppure avrei potuto fare qualcosa per aiutarla… ma sono fuggito come uno schifoso vigliacco di merda! Ero ubriaco e fuori di me. Con quella ragazza in fin di vita a pochi passi da me. E l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era che nessuno avrebbe dovuto trovarmi lì. …. Sono un mostro!-

Ora le sue lacrime scendono senza più remore, intervallate da singhiozzi sommessi. Tante domande mi affollano la mente ma non ho il coraggio di interrompere il suo sfogo.

-... Mi rifugiai in una tavola calda poco distante. Sai, una di quelle aperte 24 ore su 24. … Era semi deserta. Volevo chiamare un'ambulanza ma … non potevo usare il mio cellulare. Non potevo! Fortunatamente in quel posto c'erano ancora i telefonici pubblici… così chiamai il 911… e me ne andai, senza essere visto da nessuno.-

Riprendo a stringere la sua mano e riempirla di piccoli, teneri, baci. Non voglio che si senta solo e abbandonato. Non adesso che sta per crollare.

-Amore mio, calmati ti prego!-  Gli sussurro ancora inebetita per la botta feroce appena subita.  -Hai chiamato i soccorsi. Avevi paura, ma lo hai fatto ugualmente.-

Jared s'irrigidisce di colpo e si volta nuovamente sulla schiena.

-Non provarci nemmeno a giustificarmi!-  Replica duro e freddo.

-Non lo sto facendo!-  Mi surriscaldo, lasciando di colpo la sua mano per afferrargli il mento e girarlo ancora verso di me.  -E non nessuna intenzione di farlo! … Hai fatto una cosa terribile, Jay, non voglio illuderti del contrario. Ma ti amo. Sto solo cercando di capirti.-

Finalmente mi abbraccia, stringendomi forte a lui. E nasconde il suo viso tra i miei capelli.

-Scusami. Non dovevo aggredirti così. … Sono una tale testa di cazzo!-

Accarezzo lentamente la sua schiena, lasciandogli qualche bacio sulla fronte che ha appoggiato sulla mia spalla. Si sta pian piano tranquillizzando.

-Jay?-  Lo richiamo, quasi sottovoce.  -Che cosa è capitato alla ragazza?-

Lui solleva la testa per incrociare i miei occhi. E mi bacia. Non è un bacio sensuale dettato dalla passione. Ma è puro amore. Occhi negli occhi.

E ricomincia a raccontare.

 

 

 

***

 

 

 

 

NOTE FINALI: 


・Piccola precisazione alla nota precedente: ci ho messo qualche anno ad ammettere che effettivamente Jared e la bionda dalla bocca larga (Cameron Diaz, x chi non l'avesse capito) erano carini carini insieme. Oddio, qualche bruciore di stomaco ancora lo sento... Eh già! Peccato k lei ora assomigli più alla strega di Hansel&Gretel e lui sia sempre un bel fiòl giovane e bello!

・Solon Bixler e Matt Wachter: ex componenti della band… misteriosamente scomparsi...

 

・Il film della Diaz citato è Gangs of New York, di Martin Scorsese come la citazione del titolo del capitolo, ossia Casino.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** IL SENSO DI COLPA E' COME UN SACCO PIENO DI MATTONI: NON DEVI FARE ALTRO CHE SCARICARLO… ***


 

 

 

20: IL SENSO DI COLPA E' COME UN SACCO PIENO DI MATTONI:

NON DEVI FARE ALTRO CHE SCARICARLO…

 

 

 

La ragazzina, grazie al cielo, era sopravvissuta!

Questo Jared ebbe modo di appurarlo soltanto qualche giorno dopo. Aveva cercato notizie disperatamente, presso tutti gli ospedali della contea, finché non era riuscito a scovarla.

Non era in buone condizioni. Come avrebbe potuto, dopo che una macchina le era letteralmente passata sopra a folle velocità?

Ma era viva!

Aveva però subito un gravissimo trauma cranico con conseguente emorragia cerebrale e correva il forte rischio di non poter più riacquistare l'uso delle gambe.

Jared pagò per giorni un infermiere dell'ospedale affinché gli passasse sottobanco informazioni sullo stato della ragazza, ovviamente in forma anonima. Fu in quel modo che venne a sapere che la piccola Lolita era una ragazzina fuggita da casa ancora minorenne, che aveva cambiato nome quando si era trasferita a Los Angeles e aveva iniziato a lavorare per un'agenzia di modelle. Una storia come tante, tutto sommato. Solo che in quel letto d'ospedale, attaccata a quei macchinari, ce l'aveva messa lui.

Certo, anche quello stronzo di automobilista che non si era fermato. Ma più lui! E ora ne avvertiva il peso della responsabilità.

Sempre rimanendo nell'ombra, il briciolo di coscienza che gli era rimasto lo spinse ad occuparsi di tutte le spese della degenza e della riabilitazione. Fece contattare i migliori neurochirurghi e chirurghi ortopedici per operarla alla colonna vertebrale, operazione che riuscì perfettamente, per sua fortuna. Ma non si limitò a questo. Scovò la famiglia della giovane, da qualche parte nel Wisconsin, e la ricongiunse con l'adorata figlioletta scomparsa.

La ragazzina si riprese completamente nell'arco di qualche mese ma lo shock provocato dallo schianto le aveva cancellato ogni ricordo di quella terribile notte. Perciò, ignara del fatto che il suo misterioso benefattore fosse stato al contempo il suo carnefice, fu presto in grado di ricostruirsi una vita serena, supportata dalla sua famiglia.

Jared avrebbe dovuto sentirsi meglio, a quel punto.

Logicamente, non che fosse diventato all'improvviso Babbo Natale!

E aveva compiuto una buona azione solo per ripararne una veramente deprecabile.

Era sollevato, come era giusto che fosse, per le condizioni di salute della ragazza ma lui continuava a stare male. Si sentiva marcio, dentro, e nulla avrebbe potuto alleviare ormai quella sensazione.

Quando Cameron tornò a Los Angeles la vergogna che provava verso se stesso era talmente grande da non riuscire nemmeno a reggere lo sguardo della sua ragazza. Voleva disperatamente che le cose tornassero come prima, perciò si convinse che fingere fosse l'unica soluzione per riappropriarsi di quella serenità che era solo uno sbiadito ricordo.

E diventò così bravo da cominciare a credere anche lui alle sue stesse menzogne.

Manteneva con Cameron la facciata del bravo ragazzo, premuroso e innamorato. Alle volte però si eclissava, sempre più spesso, e sfogava la sua angoscia nell'alcol e nei corpi delle giovani fanciulle che gli si offrivano felicemente. Biondissime e bellissime. Proprio come la ragazzina che aveva quasi ucciso.

Credeva di aver imparato a mentire superbamente. Era un attore piuttosto bravo, tutto sommato. Persino per Shannon e per sua madre era tornato il Jared di sempre, forse soltanto un po' stressato dai numerosi impegni ma nulla di più. Invece fu proprio Cameron ad accorgersi che qualcosa in lui non andava. Bisognava darle atto che non era affatto la donna frivola che poteva apparire. Lo affrontò molto duramente per fargli confessare la ragione del suo cambiamento. Ma lui negò con fermezza, sforzandosi di risultare il più convincente possibile. Dubitava però di esserci totalmente riuscito. Così prese un'altra decisione, ben più estrema.

Comprò un anello e le chiese di sposarlo.

 

 

-Tu cosa?-

Non mi rendo conto di aver alzato un po' troppo la voce. È Jared a farmelo notare con un cenno verso la porta chiusa. Mi sollevo repentinamente, mettendomi seduta, con la schiena appoggiata alla testiera del letto, e lo fisso allibita mentre si tira su anche lui, sistemandosi al mio fianco.

-Non lo sapevi?-

Scuoto la testa ancora frastornata.

-... Eppure era una notizia di dominio pubblico.-

Colpa mia, che non mi sono mai presa la briga di scavare a fondo nell'immondizia?

-Jay, scusa se te lo dico, ma tu fai proposte di matrimonio con un po' troppa leggerezza!-   Lo sgrido, accennando un piccolo sorriso ripensando a tutte le volte in cui ha fatto a me la stessa proposta.

Jared si lascia andare ad un ghigno divertito e afferra la mia mano portandosela al viso.

-Forse. …Però l'unica moglie che vorrei mai avere sei sempre e soltanto tu!-

Mi accoccolo sulla sua spalla sbuffando forte, in modo che mi senta.

-Credi di cavartela con una frasetta sdolcinata come questa?-

-Ci provo!-

Sempre il solito paraculo. Non cambierà mai. E io non lo vorrei mai diverso.

-E ha accettato?-

-Chi?-

Lo colpisco con uno schiaffetto al petto.   -Cameron, idiota! Ha accettato di sposarti?-  Lui annuisce.  -Beh, dato che poi non l'avete fatto, ...che cosa è successo?-

 

 

I primi mesi sembrava filare tutto liscio. La sua fidanzata era finalmente soddisfatta dell'impegno che lui si stava prendendo. Era tornata a fidarsi di lui e a vederlo sincero ed innamorato.

E Jared, a modo suo, ci stava provando davvero. Voleva realmente renderla felice perché la considerava la donna della sua vita. Non avrebbe mai potuto avere di meglio. Non avrebbe mai potuto chiedere di più.

Dio, che stupido bamboccio era!

La cosa che strideva però con l'immagine della perfetta coppiettina felice era il fatto che lui continuasse indisturbato a scopare con le altre. All'insaputa di Cameron, ovviamente. Finché un giorno non fu proprio lei a beccarlo a letto con un'altra ragazza.

A casa loro.

Nel loro letto.

 

 

-Cazzo, Jared! Ma... sei abominevole!-

Lo guardo disgustata, costringendolo ad abbassare gli occhi per l'imbarazzo.

Già il tradimento è una cosa riprovevole, ma sbatterti una nel letto della tua fidanzata è … semplicemente ripugnante!

Povera donna! Fossi stata in lei avrei dato fuoco alla stanza, per eliminare ogni traccia di quello schifo. Forse anche con i due ancora dentro.

-E dopo lei ti ha cacciato di casa?-

Non osa fiatare. Ma annuisce, rosso dalla vergogna.

-É stata fin troppo signora!… Dio mio, Jay, sono senza parole!-

C'è un ché di ironico nella mia reazione, lo comprendo. Mi sta sconvolgendo quasi più questo che non il racconto stesso dell'incidente.

-... Nel vostro letto… ma ti rendi conto? …Sembra quasi che tu volessi farti beccare!-

La testa di Jared scatta in alto d'improvviso e il suo sguardo diventa ancora più colpevole.

-... Noooo! Ti prego, dimmi che non sei così stupido da averlo fatto di proposito?-

-Che dici? No!... Non di proposito!… Ma devo ammettere che una parte di me inconsciamente voleva che lei mi scoprisse. E che fosse lei a mettere fine a tutto il teatrino.-

Ora mi è più chiaro perché avesse tante remore nel farmi scoprire realmente il vecchio Jared. Quel tizio era un vero bastardo senza palle! E mi rendo anche conto che probabilmente è proprio questa la ragione per cui si sia imposto di cancellare Cameron dalla sua vita. Quella donna è il simbolo vivente di quello che lui era. Gli ricorderà Jared, il Mostro, in eterno. O per lo meno finché lui non sarà pronto ad affrontare ciò che ha fatto.

-Quindi, mi stai dicendo che hai ferito in un modo così crudele la donna che dicevi di amare soltanto perché non avevi abbastanza coraggio per affrontarla ed essere sincero con lei?-

-Ti avevo avvertita che non ti sarebbe piaciuto ciò che avevo da dirti. …L'unica verità è che ero un uomo ignobile! Abbietto, putrido e schifoso. Un lurido verme strisciante…-

Non replico e lui, dopo qualche istante di silenzio, se ne accorge.

-... Sentiti pure libera di obiettare, se credi.-

-Tranquillo, amore! Quando dirai qualcosa su cui non concordo pienamente sarai il primo a saperlo.-

Jared ridacchia e mi stringe un po' più vicino a sé. È decisamente più sereno ora. Lo sento, il suo corpo è rilassato e il suo respiro è regolare. Passo un braccio dietro la sua schiena per ricongiungerlo con l'altro, all'altezza delle sue spalle.

-Rica?-  Mi richiama, la sua voce dolce come lo sciroppo d'acero di cui è tanto ghiotto.  -Hai paura che io possa fare una cosa del genere anche a te?-   Domanda trepidante.

Mi sento un po' sciocca perché, persa nel suo racconto, questa è una prospettiva che non avevo ancora considerato.

No! L'uomo che conosco io non si comporterebbe mai in quel modo. Non l'uomo che amo da più di dieci anni, l'uomo con cui ho costruito la mia famiglia, la mia vita. Il mio mondo crollerebbe se non fosse così. Quello era un altro Jared. Un'altra vita.

Scuoto la testa e lui coglie l'occasione per baciarmi e abbracciarmi a sua volta, ridendo felice.

-Ed è così, infatti! Non credo di averla mai amata quanto pensavo. Perché se avessi amato lei anche solo la metà di quanto amo te dubito che sarei mai potuto arrivare a fare quello che ho fatto. Non ti ferirei mai, non rischierei mai di perderti… anche se forse in fondo alla fine è quello che ho fatto… ma tu sei tutta la mia vita e io non ce la faccio a stare senza di te.-

Gli prendo il viso tra le mani, guardandolo fisso negli occhi, mentre ogni tanto gli sfioro il nasino con le labbra. Siamo stanchi. Entrambi. Stremati come se fossimo passati attraverso una tormenta. E un po' è quello che è successo, in effetti. Non credo che riusciremo mai a dimenticarci di questa notte.

-Jared? Che cosa è cambiato?-   Gli domando, sussurrando tra le carezze con cui ci stiamo coccolando. Si ferma, confuso dalla mia richiesta.   -Tu non sei più quella persona. Sei e sei stato un compagno meraviglioso in questi dieci anni, anche se pieno di difetti e tendenzialmente un po' stronzo.-

Mi sorride. Evidentemente riconosce quando dico la verità!

-... So che non ti comporteresti più in quel modo ignobile, sia per quanto riguarda l'incidente di quella ragazza, sia per quello che hai fatto a Cameron. …Quindi, che cosa ti ha spinto a cambiare?-

Il sorriso sulle sue labbra diventa più tirato. Sospira.

-Non ho mai raccontato a nessuno quello che ti ho detto stanotte. Mi riferisco soprattutto a... l'incidente. Non lo sa nessuno, neanche Shan.-

-Te lo sei tenuto dentro per tutti questi anni?-

Sono commossa che lui si fidi di me a tal punto. Ero convinta che tra lui e suo fratello non ci fossero segreti, invece ha portato questo peso da solo così a lungo. Ed ora lo ha condiviso con me. Come ho fatto a dubitare di lui?

Jared annuisce e strizza gli occhi affaticato.   -In parte è stato così. Per un po'. … E poi ho scritto quell'album.-

Quale album? A Beautiful Lie?

-Non l'ho scritto per una donna.-   Interrompe i miei pensieri quasi come se potesse leggerli.   -Tanto meno per Cameron, come hai supposto tu tempo fa. L'ho scritto per me. Sono io, ciò di cui parlo in quelle canzoni, quello che inganna e tradisce. Ma sono anche la vittima di me stesso. Quello che scappa. Il riflesso da cancellare. Il cinico straniero. Sono sempre io. Sono riuscito ad affrontare il mio lato oscuro solo in quel modo e ho definitivamente seppellito quel bastardo. O perlomeno ci ho provato. … È stato, come dire, … catartico, ecco!-

Nella mia testa risuonano le parole delle canzoni a cui si sta riferendo. Le conosco a memoria da anni e le amo follemente. Come tutto quello che la sua testolina partorisce, o quasi. Mi sorprendo di non averlo capito da sola. E sì che mi sono sempre vantata di conoscerlo così bene!

-Bartholomew Cubbins? È così che è nato?-   Gli suggerisco divertita.

Le sue personalità multiple hanno un significato molto più concreto di quanto potessi immaginare.

Jared annuisce ancora una volta. I suoi occhi sono consapevoli del fatto che finalmente ci sono arrivata anch'io.

-Tu. Sei. Completamente. Matto!-   Lo irrido, spingendolo di più contro la testiera del letto e sedendomi contemporaneamente in braccio a lui.

-Non fare tanto l'ingenua!-   Gongola, serrandomi al suo petto e vanificando così ogni mio piccolo movimento.   -Questo lo sapevi fin dall'inizio… eppure ti sei innamorata di me lo stesso.-

-Mi sopravvaluti. Sono più stupida di quanto pensi.-   Biascico a malapena, ancora schiacciata contro la sua pelle. Deliziosa. Invitante.

Scoppiamo a ridere entrambi, nello stesso momento. E la presa di Jared sul mio corpo si allenta, consentendomi di spostarmi quel tanto che basta per tornare a respirare normalmente.

-E poi sei arrivata tu!-   Continua Jay, riprendendo il filo del suo discorso.   -Stavo guarendo... ma tu mi hai fatto rinascere. Mi hai fatto sentire vivo come non mai. E il bello è che non hai fatto nulla di straordinario per operare il miracolo. Semplicemente, esisti! Solo starti vicino e amarti mi rende un uomo migliore, ogni giorno che passa. Ora capisci che cosa intendo quando ti dico che sei la mia vita? Lo sei davvero.-

Non mi capacito nemmeno io di come stia riuscendo a trattenere le lacrime dopo parole del genere. So solo che mi manca il respiro.

-Rica?-

-Mmhh?-

-È cambiato qualcosa… tra noi due? … Voglio dire, dopo quello che ti ho raccontato… è, è cambiato qualcosa… per te?-

Malgrado abbiamo cercato tutti e due di alleggerire la situazione, comportandoci con una naturalezza quasi irreale, è chiaro che le rivelazioni di Jared sono piombate come un macigno sul nostro equilibrio già precario al momento. È inutile far finta di niente.

-Jay, ti ricordi cosa ti ho detto poco fa?-   Gli domando, appoggiando le mani sul suo viso preoccupato.   -Niente riuscirà mai ad intaccare quello che provo per te.-

-Neanche quello che ho fatto?-

Scuoto la testa, piano ma decisa. Senza abbandonare i suoi occhi un istante.

Si avvicina alle mie labbra, visibilmente sollevato, ma io lo blocco con un gesto della mano.

-Non ho mai conosciuto quell'uomo. E sì, probabilmente se lo avessi fatto, gli sarei stata alla larga. Ma non è di lui che sono innamorata! Jared, tu non sarai mai il riflesso di quello che eri, promettimi che lo ricorderai sempre. Tu sei un uomo meraviglioso e so per certo che sarai in grado di far fronte a tutti i tuoi errori. Però hai ragione! Qualcosa effettivamente è cambiato. Tra noi due.-

E i suoi occhi tornano a velarsi di tensione.

-... Ora sei veramente mio. Finalmente mi hai dato tutto te stesso. E io ti amo ancora di più per questo.-

Sono io a baciarlo questa volta. Assaporando la sua bocca e le sue labbra come se davvero, per la prima volta dopo anni, mi spettassero di diritto. Lui ed io saremo per sempre una cosa sola. Adesso ne ho assoluta certezza.

-Sei proprio convinto di voler rifiutare?-   Gli chiedo qualche minuto più tardi, ancora seduta a cavalcioni sopra di lui.

Ovviamente mi sto riferendo al lavoro con Fincher in Sudafrica.

Jared sospira sconsolato.   -Piccola, te l'ho già detto, non mi frega niente di quella serie. Voglio solo godermi le mie ragazze. Siamo già stati troppo lontani in questo ultimo periodo ed è un errore che non intendo commettere mai più.-

Gli accarezzo le spalle, sorridendo per tranquillizzarlo.   -Ehi, Führer, rilassati!-

Führer! Già, ogni tanto lo chiamo anche così, soprattutto quando rispolvera certi atteggiamenti un tantino troppo dittatoriali.

-... Che cos'è? L'età che avanza aggrava le tue capacità uditive o mnemoniche? …Ho detto che non ho intenzione di farti cambiare idea e lo confermo.-

Mi guarda un po' stralunato. Povero cucciolo! Qualche volta devo sembrargli ben strana anch'io.

-... Volevo soltanto sottolineare il fatto che se avessi accettato, per forza di cose, l'avresti rivista.-

E fuori di dubbio che Jared avesse già considerato questo aspetto quando ha deciso di partecipare al serial. Infatti annuisce.

-Non lo so. Forse mi ero convinto che fosse arrivato il momento. Cioè, lei sapeva che ci fossi anch'io quando ha accettato. Ero la prima scelta di David. Sarebbe più logico che sia lei ad odiarmi. A fare di tutto per evitarmi. E invece non l'ha mai fatto. Al contrario di me. Soltanto guardarla in faccia mi fa salire un senso di nausea verso me stesso da farmi star male. E non ti nascondo che probabilmente ho anche nutrito del rancore nei suoi confronti per un po' di tempo. Come se la colpa in parte fosse stata anche sua.-

-Quindi avevi deciso di chiarire con Cameron?-   Insisto.

-Non penso che riuscirei mai a raccontare a lei o a nessun altro la verità su quello che è successo. Non sono pronto e forse non lo sarò mai. Tu sei l'unica a cui lo dovevo e, lo so che sembra ipocrita dirlo adesso, ma sono contento di averlo fatto. Credo però di doverle almeno delle scuse.-

Questa volta sono io ad annuire.   -E io credo proprio che tu abbia ragione.-

Adagio la testa sulla sua spalla, beandomi del tocco magico delle sue dita sulla mia schiena.

-... Dovresti farlo. A prescindere dal fatto che abbiate ancora occasione di lavorare insieme o meno.-

-Lo faro, prometto! …Non appena ritroverò il coraggio.-

Avvicino pericolosamente il viso al suo collo, solleticandogli la pelle con lo sbattere rapido delle mie ciglia. È una cosa che lo fa sempre sghignazzare come un bambino.

-Uh uh uh… e da quando siamo diventati così codardi?-   Lo sbeffeggio un po', ma Jared continua semplicemente a ridere.

È di nuovo felice e io sono in estasi. Ma ora è finito il momento di temporeggiare. Devo dirglielo.

-Jay?-

Lui mugugna qualcosa di pressoché incomprensibile tra i leggeri spasmi delle risa. E allora mi tocca continuare.

-Penso davvero sia fantastico che tu abbia deciso di non partire per il Sudafrica.-

Attendo una sua qualche reazione ma tutto ciò che ottengo è un altro strabiliante sorriso e un tenero bacio sul naso.

-... E sai perché penso che sia fantastico?-

Annuisce. Sguardo da furbetto.   -Perché mi ami da morire. E tu e Ali non potete vivere senza di me.-

Niente da fare! Sempre il solito montato egocentrico!

Mi sollevo leggermente facendo leva con le mani sul suo petto e lo guardo di traverso.

-Tranquillo, tesoro! … Io e Ali potremmo reggere benissimo senza averti tra le palle per un po'.-   Lo redarguisco con finta indignazione. Anche se quello che ha detto in realtà non fa una piega.   -Credevo soltanto che forse a te sarebbe dispiaciuto perdertelo.-

Smette di ridacchiare e mi fissa confuso.   -Perdermi che cosa?-

Annullo la distanza tra le nostre labbra e mentre gli lascio un bacio appena accennato prendo la sua mano e la appoggio sul mio ventre.

-Questo!-   Gli sussurro all'orecchio.

Sento il suo respiro fermarsi di botto. Poi si lascia andare quasi senza forze contro la testiera, abbracciandomi forte. Con gli occhi chiusi.

-Oh mio Dio, Rica! … Aspettiamo un altro bambino?-   Singhiozza con la voce rotta dall'emozione tornando istintivamente a cercarmi con lo sguardo.   -È così?-

-Eh già!-

Ha gli occhi lucidi, ma brillano di gioia.

-Come? … Quando?-

Gli rido spudoratamente in faccia perché era da tempo che non lo vedevo così, completamente in panne. Mi auguro che non gli venga un attacco isterico proprio adesso.

-Ti dice niente Point Dume?-

La nostra domenica sulla costa un paio di mesi fa, mentre Ali era a cavallo con i Milicevic. Dieci settimane fa, per essere esatti.

-Il come te lo dovresti ricordare!-

 

 

***

 

NOTE FINALI: 
-punto1: che Jared e la Diaz fossero ufficialmente fidanzati è storia. Che ci siano stati di mezzo anche un anello e un matrimonio sinceramente non lo so.
-punto2: la storia del tradimento compiuto proprio in casa di Cameron credo di averla letta da qualche parte, quindi consideratela un po' una cosa che veleggia tra gossip, leggenda e pura invenzione. Contrariamente a quanto di solito esprimo nei confronti della "bionda", converrete con me che stavolta ne esce sotto una luce maggiormente positiva.
-x quanto riguarda l'affettuoso nomignolo "germanico", ovviamente consideratelo in termini scherzosi!
-Point Dume: 
-ricordo inoltre che l'obiettivo iniziale era una storia dichiaratamente romantica e sdolcinata perciò, x quanto si sia rivelato crudo e drammatico il segreto di Jared, il perdono di Rica e la riconciliazione erano scontati. Anche la trovata della seconda gravidanza non è x nulla originale, lo so. Qualcuno c'era già arrivato da un pezzo!
- il titolo è tratto dal film L'Avvocato del Diavolo.

 

 

NOTE FINALI: 

-punto1: che Jared e la Diaz fossero "ufficialmente" fidanzati è storia. Che ci siano stati di mezzo anche un anello e un matrimonio sinceramente non lo so con precisione.

-punto2: la storia del tradimento compiuto proprio in casa di Cameron credo di averla letta da qualche parte, quindi consideratela un po' una cosa che veleggia tra gossip, leggenda e pura invenzione. Contrariamente a quanto di solito esprimo nei confronti della "bionda", converrete con me che stavolta ne esce sotto una luce maggiormente positiva. Stavolta mi andava così!

-x quanto riguarda l'affettuoso nomignolo "germanico", ovviamente consideratelo in termini scherzosi!

-Point Dume: suggestiva località sita nella baia di Santa Monica. Per intenderci, credo che sia il luogo dove è collocata la megavilla di Tony Stark ... aahh Tony *occhi a cuoricino*

-ricordo inoltre che l'obiettivo iniziale era una storia dichiaratamente romantica e sdolcinata perciò, x quanto si sia rivelato crudo e drammatico il segreto di Jared, il perdono di Rica e la riconciliazione erano scontati. Anche la trovata della seconda gravidanza non è x nulla originale, lo so. Qualcuno c'era già arrivato da un pezzo!

-il titolo è tratto dal film L'Avvocato del Diavolo.

-considerando che questo è in definitiva il penultimo capitolo (seguirà una specie di epilogo, giusto x far risalire il picco glicemico), mi prendo la libertà di ringraziare chi davvero ha buttato via 5min della sua vita x leggere questa "bagatella"!!! Ed abbracciare di cuore in particolar modo Sayuri, che mi ha seguita passo passo con le sue affettuose ed argute osservazioni.

Comunque, tranquille, stavolta prometto e mantengo, è l'ultima storia di Fanniex! Perciò, un bacio enorme a chi ho avuto l'onore di incontrare, letterariamente parlando, e soprattutto a quei 3 Marziani Sciamannati che me hanno dato l'opportunità! XO


 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** TU SEI IL BURRO SUL PANE DELLA MIA VITA ***


 

 

21: TU SEI IL BURRO SUL PANE DELLA MIA VITA

 

 

 

-JARED's pov-

 

 

Mmm… che meraviglia! C'è ancora il suo profumo ad invadermi le vie respiratorie. Erano settimane che sognavo un risveglio come questo.

Ed è semplicemente fantastico sapere che in questo momento sarebbe sufficiente spostare la mano di pochi millimetri per sentire di nuovo la sua pelle sotto le mie dita.

Lo faccio! Le lascio scivolare lungo le lenzuola e… nulla. Vuoto completo!

Spalanco giusto un occhio per arrivare alla drammatica conclusione che lei non è più a letto con me.

Rica! Amore mio, ma dove diavolo ti sei cacciata?

Ancora mezzo addormentato mi accorgo appena di un morbido calore che preme sulla mia schiena e di un tenero braccino che penzola giù dalla mia spalla.

 

-Ben svegliato, papà!-

 

Ed è l'adorabile vocetta del mio Pasticcino a darmi il buongiorno. Faccio per voltarmi verso di lei quando vengo colto da un improvviso attimo di panico. Con indifferenza sollevo leggermente il lenzuolo che mi ricopre, tirando un sospiro di sollievo. Fortunatamente indosso ancora i boxer! Buffo… non ricordavo di essermeli rimessi questa notte. Rassicuratomi di questo, ora più nulla mi impedisce di prendere in braccio la mia bambina, adagiarla sul mio petto e riempirla di coccole fino a svenire. Abbiamo troppi arretrati da recuperare, io e la mia cricetina.

-Dove è la mamma?-  Le chiedo sbaciucchiandole per bene quelle guanciotte che amo alla follia.

La piccola si siede comodamente sul mio petto fingendo di pulirsi dai miei baci, quasi infastidita. Che attrice! Lo so che adora le mie coccole.

Chissà da chi avrà mai preso?

-È uscita presto stamattina! Tu dormivi come un ghiro. Però mi ha detto di farti la guardia finché non torna.-

La vedo rabbuiarsi un istante, prima di tornare a fissarmi di nuovo negli occhi.

-... Non vai più via, vero Papi? Mai più?-

Me la stringo forte al petto, accarezzandole piano la testolina e quei capelli così uguali ai miei.

-No Alice! Non andrò mai più via!-

Replico serio, sorridendo per evitare alle lacrime di tradirmi.

Rimango accoccolato nel letto con mia figlia per tutto il tempo necessario a farle raccontare ogni dettaglio di ogni più piccola cosa le sia capitata in questi diciannove giorni durante i quali ci siamo visti solo per poche ore, e più la ascolto parlare e più mi accorgo di quanto di Rica ci sia in lei. È così sicura e riflessiva, ma allo stesso tempo appassionata verso le cose che ama. Fosse anche una banalissima ricetta per dei biscotti. Ed è stupendo vedere i suoi occhi brillare come stanno facendo proprio adesso.

Quanto è bella il nostro piccolo angelo!

Sono troppo sdolcinato, vero? Beh, non me ne frega un cazzo! Ho trascorso metà della mia vita a recitare la parte da stronzo, ora basta. Sono un cretino innamorato come un pazzo della mia famiglia e non me ne vergogno neanche un po', e allora? Crocifiggetemi!

Chissà come reagirà Ali alla notizia di un fratellino o di una sorellina? E se Rica le avesse già accennato qualcosa?

Non posso certo chiederglielo esplicitamente, se non le ha ancora detto nulla penso che potrebbe anche squartarmi. Dovrebbe avere ancora quel famigerato trinciapollo nascosto da qualche parte in cucina!

Mmmm… devo dire che non mi dispiacerebbe affatto farmi torturare un po' da lei… cazzo, sono davvero un pervertito quando mi ci metto!

-Pasticcino?-  Provo allora ad indagare, senza sbilanciarmi troppo.  -Come hai trovato la mamma in questi giorni? … Stava... bene?-

Lei mi scruta sospettosa prima di rispondere. Che avevo detto, la mia bimba è troppo furba!

-Vuoi dire a parte il fatto che era sempre triste?-

Le sorrido affettuosamente, lasciandole un piccolo bacio sulla fronte.

-Anche papà era tanto triste, sai?-

Ali annuisce con uno sguardo così serio che quasi mi mette paura. Sembra voglia sgridarmi da un momento all'altro, e me lo meriterei anche.

Ma fortunatamente non lo fa.

-Non devi preoccuparti, Papi! C'ero sempre io con lei!-

Ecco, adesso credo di non riuscire più a trattenere quelle dannate lacrime. La nostra bambina è un distillato di amore puro, come faccio a non sciogliermi?

-... E poi la zia Vicki e lo zio Babu. E la nonna. E Leo. … Anche se sono sicura che la mamma preferisse stare insieme a te. Le sei mancato tantissimo!-

Come al solito la mia bimba ha detto una cosa terribilmente dolce. Peccato che non riesca ad apprezzarla fino in fondo. Purtroppo c'è solo una parola odiosa che mi si è conficcata nel cervello.

Leo?

Che cazzo ci fa quello stronzo sempre appiccicato a mia moglie?

Scommetto che le si sarà fiondato addosso non appena avrà capito che era momentaneamente sola. Momentaneamente, grazie al Cielo!

Ehi, tranquillo Jared, datti una calmata! Non posso certo lasciarmi andare ad uno scatto di gelosia con Alice in braccio.

-Anche a me lei è mancata da morire, piccola! E anche tu! Tanto tanto tanto!-

 

-Bene! A quanto pare ce l'hai fatta ad uscire dal letargo.-

Alzo lo sguardo e vedo Rica appoggiata allo stipite della porta della nostra camera da letto. Ci sorride serena e mi sento scoppiare il cuore. Mai. Mai nella vita avrei sperato di raggiungere tutto questo. Non è solo la felicità che mi sta travolgendo tanto da lasciarmi quasi senza fiato. Finalmente ho trovato me stesso… e la pace.

Ali rotola allegramente giù dal letto andandole incontro per ricevere un abbraccio mentre mi alzo anch'io in cerca di qualcosa da indossare. Apro il cassettone del guardaroba che fino a qualche settimana fa conteneva i miei vestiti casalinghi e sogghigno trovandoli ancora tutti lì, in perfetto ordine. A parte una t-shirt, una di quelle un po' sfatte e bucherellate, che sembra parecchio stropicciata. Istintivamente la afferro e me la porto al viso annusandola. Ha sopra il suo profumo. Sicuramente Rica l'avrà indossata spesso in questi giorni. Voleva sentirmi più vicino a lei?

Cattiva! Io non avevo niente di suo da annusare nelle lunghe notti solitarie… ecco che ricomincio con le cretinate.

Sarà ora che io cominci davvero a crescere!

Prendo quella t-shirt e un pantalone della tuta e li indosso mentre osservo anche Rica cambiarsi, con Alice che le trotterella intorno facendole il resoconto di ciò che è successo in sua assenza. Chissà dove è andata? E per quanto è stata via? Incrocio di sfuggita l'orologio digitale appeso alla parete di fianco al letto. Le 10 meno 10.

-Cazzo!-  L'imprecazione mi sfugge letteralmente di bocca, e non faccio tempo ad accorgermene che ormai è già troppo tardi.

-Jay!-

Rica mi sgrida con uno sguardo carico di disappunto. Ha ragione! Anche se alle volte faccio una fatica dannata a trattenermi, abbiamo sempre concordato di evitare di dire parolacce davanti a nostra figlia.

-Scusa!-  Mi stringo nelle spalle imbarazzato.  -Mi è scappata ...-  sposto lo sguardo su Alice per verificarne la reazione ma pare tranquilla. Quasi non si fosse accorta di nulla.  -... A proposito, come mai Ali non è a scuola?-

Lei, con tutta calma mentre indossa ancora soltanto il reggiseno, cosa che come è logico sta minando seriamente la mia capacità di concentrazione, mi informa che questo sarà il nostro giorno di vacanza, lontani da tutti e da tutto. Per stare insieme, tutti e tre. E mi strizza l'occhio allusiva. Ho capito che ha deciso di dire ad Alice del bambino. Anzi che saremo entrambi a dirglielo.

-Cucciola, tu intanto comincia ad andare. C'è una sorpresa in cucina!-

Rica la spedisce al piano di sotto con un'affettuosa pacca sul sederino e non appena nostra figlia scompare saltellando come uno scoiattolino per le scale, l'istinto prende il sopravvento sulla ragione. Afferro mia moglie per i fianchi, la sollevo e la trascino sul letto, ancora così, semi svestita, con i jeans slacciati e soltanto una scarpa da ginnastica ai piedi.

Non ho intenzioni bellicose. Oddio, le avrei anche ma cerco di accantonarle, accucciate in un angolino. Non con Alice che potrebbe rientrare in camera in ogni momento. Voglio solo tenerla tra le braccia un altro po' e incantarmi a guardarla. Rendermi conto che, persino dopo stanotte e l'atroce verità che le ho sbattuto in faccia, è ancora me che vuole… per sempre.

-Dove sei stata?-  Le domando sorridendo, mentre la tengo bloccata sotto di me facendo attenzione a non premerle troppo addosso. Ancora non riesco a credere che ci sia il nostro bambino lì dentro, devo fare piano!

-In giro.-

Tenta di fare la vaga, guardandosi attorno indifferente, ma la conosco troppo bene per non capire che si sta prendendo gioco di me.

-Che mi stai nascondendo?-

Ora fissa i suoi caldi occhi bruni su di me, increspando maliziosamente le labbra.

-Mmm… qui qualcuno mi sembra un tantino geloso.-

Geloso forse no, sospettoso più che altro. Non è da Rica dileguarsi così, senza dire nulla.

-... Comunque, se proprio vuoi saperlo, sono arrivata fino a Glendora. C'è una pasticceria che fa dei donuts favolosi e stamattina volevo una colazione speciale!-

Santo cielo, dopo una notte quasi insonne si è fatta quasi 30 miglia solo per comprare delle ciambelle. Alle volte fatico ancora a comprenderla.

-... Me l'ha consigliata Leo, qualche giorno fa, e devo ammettere che aveva proprio ragione. Sono una bomba... quell'uomo è un genio!-

Okay, sì! Ora sono fottutamente geloso!

Mi scosto bruscamente da lei, rimettendomi subito in piedi vicino al letto. Porca puttana! È mai possibile che il nome di quello stronzo debba saltare fuori ogni due secondi. Ho capito che sia suo amico e probabilmente le sarà stato anche d'aiuto in questi giorni, che ne so, magari il porco le avrà offerto la sua confortevole spalla su cui piangere… speriamo solo quella… Dio, quanto lo odio!

Lo vuole capire oppure no che Rica è mia!

MIA MIA MIA MIA MIA!!!!

Abbiamo una figlia meravigliosa e presto avremo un altro bambino o bambina.

 

Ammutolisco i miei pensieri di colpo. Avrò un altro figlio da lei. Cazzo!

Può esserci niente di più importante di questo? A fanculo tutto il resto. E per primo questo rompicoglioni di Leo.

Chissà se lo ha detto anche a lui? No! Sono solo un cazzone paranoico. Rica non lo avrebbe rivelato a nessuno prima di dirlo a me, ne sono sicuro. Ci scommetto che non lo ha ancora detto nemmeno a Vicki.

Noto solo ora, e con la coda dell'occhio, che si è alzata anche lei dal letto e si è già cambiata con qualche indumento più comodo, da casa. Mi si avvicina, ridestandomi dallo stato di torpore in cui ero momentaneamente precipitato, e intreccia una mano alla mia.

-Tutto bene, Jared?-

Il soffio della sua voce è talmente delicato che non posso fare altro che annuire e sorriderle.

-Sembri sconvolto. Non è per il fatto di Leo, vero? Ti stavo solo provocando un pochino.-

Continuo a sorriderle come un idiota, scuotendo piano la testa.

-Allora… è per il bambino? Sei scioccato?-  Prosegue lei, e una nota addolorata le incrina la voce.   -Lo so che è… inaspettato. Non abbiamo mai parlato di avere un altro figlio e sinceramente nemmeno io ho capito bene come sia successo. Oddio, immagino ricorderai anche tu che avevo smesso di prendere la pillola per la pausa che il dottor Lockwood mi aveva prescritto, … e mi sa tanto che tu quella volta non sei stato così pronto ad inserire la retromarcia come avevi creduto...-

Annuisco, muto e immobile come una statua, se non fosse per il lieve dondolio della testa. Facciamo l'amore in quel modo ogni volta che deve sospendere la pillola. Voglio sempre sentirla più che posso e mi limito a non venirle dentro, ma evidentemente quella volta qualcosa non aveva funzionato a dovere.

-Tu… non lo vuoi? Oh, porca miseria! … È così?-

Le guance di Rica si inondano istantaneamente di lacrime, mentre riesce a stento a trattenere i singhiozzi.

Ma come diavolo può solo pensare una cosa del genere?

Mi fiondo su di lei, travolgendola e facendola aggrappare quasi con violenza al mio corpo.

-Rica, amore mio, calmati...-  farnetico ormai, senza più un ordine nei miei pensieri, spinto unicamente dal fuoco che mi sta riscaldando l'anima,  -... io lo voglio! Cazzo se lo voglio! … Ne voglio altri dieci o cento di figli, insieme a te!-

Si rilassa appena un po', mantenendo una presa ferrea sui miei muscoli, mentre scivola lentamente di nuovo a terra.

-Scusa se ho reagito da pazza. Saranno gli ormoni… ma vederti così catatonico mi ha terrorizzata. … Non sei sconvolto?-

-No, piccola! Non sono sconvolto.-

Mi fissa ancora per un istante. Con gli occhi lucidi e il volto arrossato per l'improvviso sbalzo emotivo.

-E allora che cos'hai? Hai una faccia strana.-

La riattiro verso di me, tenendole il viso tra le mani. Mi specchio in lei prima di baciarla, dolcemente e con ardore, come merita.

-Questa qui?-  Le domando poi, indicandomi stupidamente.

Rica torna a sorridermi rincuorata e come al solito il cuore smette di battermi nel petto per un secondo.

-Questa è la faccia dell'uomo più felice dell'universo. E ti conviene che ti ci abitui, tesoro, perché te la ritroverai davanti per tutto il resto della tua vita.-

Sto per tornare a baciarla quando una vocetta squillante proveniente dal piano di sotto ci interrompe.

-Mamma, papà! Vi sbrigate a scendere o no? …Io ho fame!-

A quanto pare Ali deve aver ereditato anche le mie corde vocali!

 

***

 

In cucina, mentre Rica riscalda il latte per Ali e appronta la sua macchinetta per il caffè, io mi dedico alla mia indispensabile tazza di rooibos mattutina. Se il bambino che nascerà dovesse sviluppare una qualche impellente passione per l'orzo, ci ritroveremmo a fare quattro colazioni diverse ogni mattina! Mi toccherà davvero darmi da fare ed aiutare Rica in cucina. Seriamente stavolta!

 

-Alice, amore ...-

Eccoci, mi sa che il momento è arrivato. Pasticcino distoglie lo sguardo dall'enorme ciambella farcita di succose fragole sciroppate per dirigerlo verso il viso di sua madre, che l'ha appena interpellata.

-...ricordi quella foto che c'è a casa di nonna Constance?-

Ali sbatte un po' gli occhi perplessa, come il sottoscritto, del resto. Capisco benissimo che magari non sarebbe il caso di essere troppo drastici.

« Alice! La mamma è incinta. Fra circa sette mesi dovrai dividere casa, genitori e giocattoli con un altro mostriciattolo! »: ecco, probabilmente un uscita del genere non avrebbe fatto un gran bell'effetto su nostra figlia.

Ma Rica la sta prendendo decisamente alla lontana. Avessi poi capito di che foto sta parlando?

-Quella che c'è nello studio di nonna, vicino al divano.-

Prosegue invece lei tranquilla e questa volta Alice annuisce.

-Ricordi che cosa mi hai detto la prima volta che la nonna ti ha parlato di quella foto?-

-Scusatemi ragazze, ma di che foto state parlando?-  Mi intrometto sentendomi lievemente escluso.

Rica mi guarda con condiscendenza, facendomi fare per l'ennesima volta la figura dell'idiota. E, con un tono di voce da tata che non usava nemmeno quando Ali aveva due anni, mi chiarisce che la foto in questione è un vecchio scatto della festa di compleanno dei tre anni di Shannon. C'era la mamma, bella e sorridente come sempre, qualche altro bambino e un paio di altre persone di cui non ricordo praticamente nulla. Ovviamente Shan, e una bella torta glassata al cioccolato. Io ero piccolino, non avevo nemmeno un anno e mezzo. Credo che fossimo ancora in Louisiana all'epoca.

-Mi spieghi che diavolo c'entra con il bambino?-  Le sussurro all'orecchio, mentre posiamo entrambi le nostre tazze nel lavello.

Ma Rica mi risponde semplicemente con un gesto della mano, come a sottintendere 'lasciami fare, so quello che faccio'.

Torniamo a rivolgere la nostra attenzione ad Ali che nel frattempo si è già spazzolata la sua ciambella, ha finito il latte ed ora ci fissa, con i gomiti poggiati sul tavolo e le manine incrociate a sostenerle il mento.

-Perché vuoi sapere se me lo ricordo, Mami?-

Dal tono divertito della sua voce mi sembra evidente che si sia goduta appieno la piccola scenetta famigliare che si è appena svolta sotto i suoi occhi. Quanto devono esserle mancate in questi giorni?

E poi da come ci guarda in questo momento non mi stupirei se Alice sospettasse già che cosa stiamo per rivelarle. È una bambina troppo sveglia!

-Io vorrei saperlo.-  Mi intrometto nuovamente, da bravo prezzemolone, interpellando direttamente mia figlia.  -Che cosa le avevi detto?-

-Che tu eri davvero buffo! Mezzo scombinato e tutto stravaccato sul tavolo per acchiapparti il bicchiere di coca!-

Perfetto, smontato anche da una bimba di otto anni. E meno male che mi vuole bene.

-... Ma anche che tu e lo zio Shan sembravate davvero felici e che piacerebbe tanto anche a me poter festeggiare i compleanni con il mio fratellino o ...-

Bingo! A quanto pare Rica sapeva benissimo dove farla arrivare. Devo ricordarmi di non dubitare mai più di lei.

Ali s'interrompe di botto, alzandosi fulminea dalla sedia per fiondarsi correndo tra le braccia amorevoli di sua madre.

-Mamma, mamma … non ci credo!-  Grida, saltellando appesa al collo di Rica.  -Avrò un fratellino!-

Lo avevo detto che era sveglia!

Sprizza gioia persino dagli occhi e il cuore mi si allarga ancora di più, se possibile. Mi sa che fra un po' dovrò andare in giro con due toraci per contenerlo tutto. Mi avvicino a loro e Ali mi salta letteralmente in braccio, sbaciucchiandomi e lasciandosi sbaciucchiare, intervallando quelle impagabili effusioni con tanti Che Bello! o Evviva!.

Maschio o femmina che sia, il nuovo Leto è già sfacciatamente fortunato! Avrà una mamma e una sorella maggiore senza uguali. Peccato che dovrà accontentarsi di un cazzone come padre, ma non si può avere tutto dalla vita, no?

E poi, perché mi autodemolisco in questo modo? Con Alice non me la sono cavata tanto male! Qualcosa di buono devo averlo pur fatto. Ho una figlia che mi adora e una moglie che mi ama, no?

Beh, una quasi moglie!

Okay! Non ci pensa per niente a sposarmi ma rimane pur sempre mia moglie!

Poi, come se stesse intercettando i miei ridicoli pensieri, Rica mi aiuta a posare Alice sul tavolo, dove rimane intenta a guardarci, e mi stringe le mani, accoccolandoci dentro le sue, così piccole e morbide.

 

-Mentre andavo a Glendora, stamattina, sono passata davanti al Giardino Botanico e ci ho fatto un giretto. Sai, l'Arboreto della Contea ad Arcadia, sulla Foothill Freeway. Hai presente?-

Le libero le mani, passando contemporaneamente le braccia intorno alla sua vita e stringendomela più vicina.  -Mmm … vagamente.-

Rica, scuotendo la testa sconsolata, si volta allora verso la bambina che ci osserva attentamente e intenerita.

-Tu hai capito di quale parlo, vero?-

-Certo Ma'!-

E ti pareva che non devo essere sempre io l'imbecille che non sa mai un cazzo!

-Ci siamo andate l'anno scorso con Lukas e la zia Vicki a vedere i pavoni e i cigni.-

-Esattamente! Ti era piaciuto, vero?-

-E tanto anche!-  Risponde ancora Ali, con una determinazione che quasi spaventa.  -Sembra il paradiso!-

Rica sorride, soddisfatta dalle parole di nostra figlia, prima di tornare a giocare con il mio sguardo. Mi sembra visibilmente commossa e, non vorrei dirlo, ma anche un filo imbarazzata.

-Stamattina ho scoperto che ci celebrano anche i matrimoni ...-  soffia, in un sospiro, quasi vergognandosene subito dopo.

Matrimonio?

Questa parola è uscita dalle sue labbra di sua iniziativa?

Senza che fossi io a tirare in ballo l'argomento?

Noooo! Devo aver preso una botta in testa e questa è solo un'allucinazione!

-... Niente di impegnativo e sfarzoso. Qualcosa di intimo. Solo noi e la famiglia … beh, e l'officiante ovviamente … non sarebbe legale, altrimenti.-

Spalanco gli occhi incredulo e credo che stia cominciando a mancarmi il respiro. Bel momento per avere un attacco d'asma. Proprio quando la tua donna, dopo una vita trascorsa ad implorarla invano, ti sta chiedendo di sposarla! …Perché è questo che sta facendo, vero? Non me lo sto immaginando?

-Rica … a-amore ...-  ci mancava pure la balbuzie ora,  -... di che cosa stiamo parlando?-

Sento la risata allegra di mia figlia in sottofondo. Presto la sua stima nei miei confronti si ridurrà unicamente ad un'enorme presa per il culo, già lo so. Poco male, potrò sempre rifarmi con il mio secondogenito. Ah, che bella sensazione!

 

-Jared, mi è venuta voglia di sposarti!-

 

 

 


 

 

NOTE FINALI: 
-il titolo del nostro epilogo cita una delle più scioglievoli battute tratte da "Julie&Julia"
-solite precisazioni NatGeoFannie: Glendora, località della contea di Los Angeles. La pasticceria esiste davvero e si chiama, molto fantasiosamente, "The Donut Man"; naturalmente esiste anche l'Arboreto o Giardino Botanico, ad Arcadia, e sì, ho controllato, ci celebrano davvero i matrimoni.
-la foto del terzo compleanno di Shan immagino ce la ricordiamo tutti no? Amorini!!! (no, no la posto, tranqui)
-e con questa direi che stavolta abbiamo proprio concluso! Ovviamente, un GRAZIE STRATOSFERICO a tutti quelli che hanno letto questa e tutte le altre storie che ho disgraziatamente x voi pubblicato. Non cito esplicitamente chi tra loro mi sono rimaste nel <3 ... spero tanto k lo sappiano lo stesso.
Però ringrazio Jared e Shannon e Tomo, a loro mi sa che lo devo. Forse sarà poco ma il coraggio e l'ispirazione viene tutta da loro, e non è una sciocchezza!
E ora, come direbbe Rayon, "Adios, Cowboy" (anke se non ce'ntra una mazza)
... o meglio "Goodbye, goodbye, goodbye ...." e proseguire x 17volte, come richiede la tradizione!
Un bacio da Fanniex! 

NOTE FINALI:

 
-il titolo del nostro epilogo cita una delle più scioglievoli battute tratte da "Julie&Julia"

 -solite precisazioni NatGeoFannie: Glendora, località della contea di Los Angeles. La pasticceria esiste davvero e si chiama, molto fantasiosamente, "The Donut Man"; naturalmente esiste anche l'Arboreto o Giardino Botanico, ad Arcadia, e sì, ho controllato, ci celebrano davvero i matrimoni.

-la foto del terzo compleanno di Shan immagino ce la ricordiamo tutti no? Amorini!!! (no, no la posto, tranqui)

-e con questa direi che stavolta abbiamo proprio concluso! Ovviamente, un GRAZIE STRATOSFERICO a tutti quelli che hanno letto questa e tutte le altre storie che ho disgraziatamente x voi pubblicato.

Non cito esplicitamente chi tra loro mi sono rimaste nel <3 ... spero tanto k lo sappiano lo stesso.

Però ringrazio Jared e Shannon e Tomo, a loro mi sa che lo devo. Forse sarà poco ma il coraggio e l'ispirazione viene tutta da loro, e non è una sciocchezza!

 

E ora, come direbbe Rayon, "Adios, Cowboy" (anke se non ce'ntra una mazza)... o meglio "Goodbye, goodbye, goodbye ...." e proseguire x 17volte, come richiede la tradizione!

 

Un bacio da Fanniex! 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2789744