Le dolci note dell'amore... a Times Square

di ilaria_dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuove sensazioni ***
Capitolo 2: *** Difficile da nascondere ***
Capitolo 3: *** Non come prima ***
Capitolo 4: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 5: *** Circostanze ***



Capitolo 1
*** Nuove sensazioni ***


"Nuove sensazioni"

 
Era una sera di novembre, era inverno e faceva così freddo. Stavo tornando a casa dallo studio di registrazione. Simon, era il chitarrista della mia band, aveva deciso di accompagnarmi a casa. Erano quasi le 22, non voleva lasciarmi tornare da sola. Mi ripeteva sempre che per una ragazza era pericoloso prendere un taxi a New York. Non puoi mai sapere chi può capitare con te. Una volta a casa, tolsi i vestiti e decisi di fare una doccia, ero stanchissima. Avevo proprio bisogno di una doccia calda. Anche in quel momento, la mia mente vagava e vagava, mi tornò in mente lui. Sentii un brivido attraversarmi la schiena, la mia vista era annebbiata. Presi subito l’accappatoio e uscii dalla doccia. Non potevo pensare a lui, non ora. Dovevo concentrarmi, dovevo fare altro. Lui nemmeno mi considerava. “Figuriamoci se in questo momento pensa a me…,” pensai ad alta voce.E proprio nello stesso momento, il display del mio cellulare si illuminò. Era lui.
Ciao Emily! Volevo dirti che domani sarò impegnato. Julie mi ha chiesto di andare con lei a scegliere un vestito per una festa… Scusa.
Sì, Julie.. Quasi mi ero dimenticata di lei. Lei era così bella ed attraente. Alta, magrissima, capelli lunghi e castani e occhi marroni. La classica ragazza da portare a letto. Ecco perché gli piaceva, io non avrei mai potuto essere abbastanza per lui. Eravamo solo amici, tutto quì. Mi accorsi che tra mille pensieri, si era fatta mezzanotte, ma non avevo sonno. Avevo voglia di leggere un buon libro, “La via dell’artista” di Julia Cameron. Cominciò anche a piovere, trovavo rilassante leggere con il rumore della pioggia.

 
Erano le 7:00 in punto e la sveglia suonò. Dovevo fare presto, avrei dovuto trovarmi in studio per registrare le canzoni per il mio album. Proprio non ce la facevo ad abbandonare il mio caldo e comodo letto e nel frattempo si erano fatte le 7:50. Entrai subito in bagno per lavarmi e vestirmi, quando suonarono alla porta.
Cavolo questo è Simon! Mi ammazzerà se mi vedrà ancora così in pigiama.
Continuarono a suonare il campanello, mi era difficile rispondere, visto che avevo la bocca piena di dentifricio. “Si! Agrrivo!” Mi recai comunque alla porta, in fondo Simon mi aveva già vista in pigiama. Aprii la porta ed ebbi un tonfo al cuore. Non era Simon, era lui, Norman.Stentavo a crederci, era venuto a casa mia. Ma non doveva essere con Julie? Pensavo tra me e me.
Ti ho colta nel momento sbagliato?” disse ridendo.
Ero imbarazzata, in pigiama e… con la bocca ricoperta di dentifricio! Riuscivo a malapena a parlare, ma balbettando gli dissi:
No, entra pure.” Si guardò intorno e continuò a sorridere.

E così questa è la tua casa. Adoro questi dipinti. La mia casa è piena di dipinti, sai che la pittura è la mia passione. Resterei ore ed ore a dipingere qualcosa.
Ero così attratta dal suo modo di parlare e dai suoi modi di fare. E amavo la sua passione: dipingere. Oltre a dipingere, lui è un amante della fotografia. E’ un vero e proprio artista.
So che ti avevo mandato un messaggio dicendoti che ero indaffarato con Julie.. Ma non mi andava di fare shopping con lei. Volevo vedere te.
Con quelle parole, il mio cuore riprese a battere velocemente, quasi non riuscivo a respirare, ma in tono sarcastico, gli dissi:
Ah, bene. Qualcuno non adora lo shopping.” Accennai un sorrisetto. Mi piaceva prenderlo in giro.
Come mai volevi vedermi?” gli domandai intimidita.
Beh.. Ripensavo alla serata della mostra. Tu eri lì con il tuo amico. Non faccio altro che ripensare al momento in cui mi sono avvicinato a te. Sembravi così incuriosita da quei dipinti.. Sai, mi piacciono gli appassionati dell’arte. Sono trascorsi quattro mesi da allora. Mi dispiace se non mi sono più fatto vivo, ma sai com’è.. Ero preso dal lavoro.

Mi guardò e sfilò dalla tasca della sua giacca nera un pacchetto di sigarette.
Ti dispiace se..?” Non sopportavo il fumo ma vederlo fumare mi piaceva.
Fai pure.” Poi ci fu un silenzio tombale. Ci guardammo.
Subito dopo mi accorsi che ero in ritardo, Simon e gli altri della band mi avrebbero ammazzata.
Sono mortificata ma sono in ritardo. Devo correre allo studio di registrazione, scusa.
In realtà avevo voglia di rimanere con lui, anche solo a guardarlo in silenzio. Lui si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. Le mie guance diventarono subito rosse, non c’era mai stato un contatto fisico tra noi due.
Non preoccuparti. Ti andrebbe di vederci per un caffè? Magari questo pomeriggio?” Gli risposi senza pensarci due volte.
Certo, volentieri.” Mi salutò e andò via, lasciando l’odore della sua sigaretta sparso per casa. Era così strano ma mi attraeva, cavolo se mi attraeva. Non mi sarei mai aspettata di rivederlo oggi, credevo che ormai non si sarebbe fatto più vivo dopo tutto quel tempo. 

Infilai i miei jeans scuri, una t-shirt ad ombelico scoperto e un paio di Converse grigie. Uscii di casa e presi il primo taxi. Mezz’ora di ritardo. Simon mi stava aspettando seduto sul divanetto all’ingresso dello studio e non appena mi vide, si alzò e mi venne incontro. “Cavolo Emily! Ma che fine hai fatto? Ti avrò telefonato almeno un centinaio di volte! Dov’eri? Su, vieni, andiamo a registrare.
Ci incamminammo verso la sala di registrazione, andai un attimo alla toilette e mi accorsi di avere i capelli spettinati.
Ma come diavolo sono uscita di casa?! Oddio..
Solita treccia laterale, non amavo molto i capelli sciolti. Oggi avremmo registrato tre canzoni del mio album, intitolato “Expired Love”. Quel giorno mi sentivo energica, forse ere merito di Norman, lui mi faceva quest’effetto. Le canzoni “Dad says”, “Be good” e “Doctor”, erano state registrate. Quanto amavo cantare della mia vita, delle mie esperienze. Cercavo ancora un po’ d’ispirazione per altre canzoni. Forse qualche idea ce l’avevo. La giornata in studio era terminata, salutai la band e tornai a casa.
Il pomeriggio, io e Norman saremmo usciti per prendere un caffè insieme. Non riuscivo a crederci. Ma cosa avrebbe detto a Julie? Che sarebbe uscito con un’amica? Magari nemmeno ci pensava, lei aveva poco più di vent’anni, non credo che a lui importasse molto di lei. Ogni volta che pensavo a loro due insieme, dentro di me qualcosa si scatenava. Forse era gelosia, forse volevo che fosse solo il mio uomo. Ma cosa mi stava succedendo? Mi stavo davvero innamorando di lui? E poi quel bacio sulla guancia.. Un gesto così semplice, ma che mi ha fatto tremare le gambe, se non il cuore. Mi ha fatto sentire al settimo cielo. Ero in tram, ero presa dai miei pensieri.

Non mi accorsi che la mia fermata era ormai superata da un po’. Mi alzai di sopravvento e scesi alla fermata successiva. Ma dove avevo la testa? Norman.. Lo sentivo dentro di me, era ormai parte dei miei pensieri da un po’, ma facevo di tutto pur di negarlo a me stessa. Non volevo innamorarmi, non volevo soffrire. Lui non sarà mai interessato ad una come me ed è alla ricerca di avventure di una notte. Tornai a casa, erano passate le 16. Consumai uno spuntino veloce e il display del mio cellulare, s’illuminò nuovamente. Era Norman.
Ci saremmo incontrati alle 17 in punto, allo Street Cafè. Ero agitatissima, così feci un bagno caldo. Non sapevo proprio cosa indossare. Un vestito carino? O qualcosa di casual? Indossai una t-shirt nera, un po’ aderente, ed un paio di shirts, abbinati a dei leggins neri trasparenti, ed un paio di stivaletti marroni.

Nel frattempo si erano fatte le 17. Mi incamminai verso lo Street Cafè e attesi il suo arrivo. Ero così nervosa che battevo i polpastrelli delle dita sul tavolo. Trascorsero almeno una quindicina di minuti e non c’era nessuna traccia di Norman. Diventai sempre più nervosa, forse si era dimenticato dell’appuntamento? Ma sì, io non ero poi così importante per lui, nemmeno mi conosceva. Dopo qualche minuto, mi mandò un messaggio:
Non posso essere lì. Mi ha raggiunto un amico per un servizio fotografico, mi dispiace tanto. Ciao.” Che dire. Ero un po’ triste ma allo stesso tempo, sapevo che sarebbe andata a finire così.
Vuole ordinare qualcosa?” Presi il mio solito caffè macchiato, ero seduta ai tavolini di quel bar da sola, come sempre.
 
 

 

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Capitolo 2
*** Difficile da nascondere ***


"Difficile da nascondere"

 
Da quel pomeriggio, io e Norman non ci siamo più visti, né sentiti. Non mi aspettavo una sua telefonata o un suo messaggio, volevo soltanto pensare alla mia musica e concentrarmi soltanto su di essa. Trascorsero circa due settimane. Per fortuna mi sono distratta facendo altro, ho registrato le canzoni allo studio, sono uscita con le mie amiche e ho continuato la lettura del libro “La via dell’artista.” Il mio sguardo cadde su una pagina in particolare. C’era un rigo che riportava questa frase: “Gli artisti, amano altri artisti.” Sapevo a cosa stavo pensando, ma non volevo pensarci.

Erano le 10 del mattino, decisi di andare al parco, magari per rilassarmi un po’. Non appena fuori, vidi una motocicletta che mi era familiare, quella di Norman. Era davvero lui? C’era tanta gente e non riuscivo a vederlo, ma ad un tratto, la sua immagine fu chiara. Era seduto su una panchina, aveva la testa chinata e le mani unite. Ma cosa ci faceva lì? Una parte di me mi diceva di lasciar perdere, di incamminarmi verso una strada differente, ma l’altra parte di me mi diceva di andare lì da lui per parlargli. Mi sedetti accanto a lui e si voltò verso di me. Era meravigliato, forse non si sarebbe mai aspettato che mi sarei avvicinata a lui. Continuò a fissarmi, era a corto di parole. Poco dopo il suo sguardo cadde sulla mia camicia a quadri, poi cominciò il discorso con una frase stentata.

Emily.. Come stai?” Non sapevo se rispondergli o meno. Subito dopo, anch’io gli risposi con una frase stentata.
Bene.” Mi fece un sorriso, poi si voltò dall’altra parte. Seguirono dei minuti di silenzio, poi riprese a parlare.
Mi dispiace. Questa mattina sono saltato in sella alla mia moto, con la speranza di trovarti in casa. Non sapevo se venire da te o meno. Sai… Probabilmente ti saresti arrabbiata. Credo che siamo partiti con il piede sbagliato e ho dato una cattiva impressione di me. Avevo bisogno di vederti, tutto quì. Ero venuto per dirti questo.” Si ammutolì subito, io cominciai a sudare.
La sua presenza mi rendeva nervosa. Avrei voluto che parlasse soltanto lui e così fece.
Volevo farti vedere una cosa. Ti va se andiamo in un posto?
Dove?
Andiamo, ti piacerà.” Si avvicinò a me e scherzosamente, mi infilò il suo casco. Salimmo in sella alla sua moto.

Inizialmente non sapevo se aggrapparmi intorno al suo busto per non cadere. Avevo una vergogna tremenda. Non appena mise in moto, il mio istinto fu proprio quello di aggrapparmi a lui. Era così bello sentire il suo calore. Dopo una trentina di minuti, arrivammo a Brooklyn. Lui viveva lì, eravamo proprio di fronte casa sua. Mi chiedevo dove fosse Julie, poi dissi a me stessa che importava poco, in quel momento volevo concentrarmi soltanto su ciò che stava per accadere.
Cosa ci facciamo qui?” gli dissi un po’ sorpresa. Nemmeno mi rispose, poi mi fece cenno con la mano con l’intento di essere seguito.

Eravamo in ascensore, stavo cominciando a diventare ansiosa. C’eravamo solo noi due. Ci fu silenzio, poi mi accorsi che lui si era voltato in prossimità dello specchio per aggiustarsi i capelli. Feci un sorriso silenzioso, era così buffo. Se ne accorse e mi sorrise a sua volta. Le porte dell’ascensore si aprirono, mi guardai intorno e mi sentivo così inerme. Non sapevo come comportarmi, non sapevo cosa avesse voluto mostrarmi. “Vieni, non essere timida.

Casa sua era così grande e disordinata. C’era di tutto in giro: libri, riviste, scatole e scatoloni. Ma la cosa che più mi colpì, furono i numerosi dipinti e fotografie. Rimasi quasi incantata. Norman era entrato in una stanza, ci mise un po’ , prima di tornare da me. Non sapevo come gestire la situazione, le mie mani tremavano. Finalmente mi raggiunse nel soggiorno. Aveva in mano una tavola ed un cavalletto per dipingere. Era forse impazzito? Mi chiedevo cosa avesse in mente di fare. “Vieni quì. Voglio mostrarti una cosa.” Mi avvicinai a lui, si spostò dietro di me e afferrò il mio braccio destro. Avevo in mano un pennello, ero così goffa. La sua mano sinistra toccò il mio fianco, ad un tratto la vista si annebbiò e ripresi a sudare. Avevo il cuore a mille. Agitava il mio braccio, voleva farmi dipingere qualcosa.
Disegna un paesaggio. Voglio metterti alla prova. Fammi vedere cosa sai fare.
Si sedette sul divano nero in pelle e mi osservò.
Perché devo farlo?
Dipingi per me, sono curioso di vedere la tua opera d’arte.
Cominciò a sorridermi e non sapevo se fissare il suo sorriso o la tavola per dipingere. Dopo un po’ di tempo, il mio “capolavoro” era terminato. Lo osservò per un po’, poi si complimentò con me. Arrossii e mi sentivo imbarazzata. Ora cosa avrei dovuto fare? Sedermi accanto a lui, oppure andare via? Era una situazione insolita. Si alzò dal divano e si diresse verso la cucina. Tornò con due tazze di caffè fumante.
Il tuo dipinto mi piace molto, devo dire che sei brava con la pittura. Dovremmo farlo più spesso.

Mi sentivo felice ma allo stesso tempo confusa e Norman nel frattempo, mi fece sedere accanto a lui sul divano. Il suo telefono squillò, era Julie. Rifiutò la chiamata e spense il cellulare.
Non.. Non rispondi?” gli chiesi stupita.
Pfff! Non mi va.
Prese a fissarmi dritto negli occhi e mi sentivo bloccata, non sapevo davvero cosa fare. Aveva degli occhi bellissimi, azzurri come i miei. I suoi occhi, così piccoli.. E il suo sguardo, così sexy. Ci guardammo ancora un po’, poi mi avvicinai a lui e d’istinto gli diedi un bacio. “Oddio scusami! Ma che diavolo sto facendo, sono una stupida! Perdonami, sono mortificata.

Avevo praticamente le guance colore bordeaux e mi alzai subito dal divano.
Scusa, non volevo farlo, devo andare, si è fatto tardi.” Mi fermò prendendomi per il braccio.
No, resta qui con me.
Stavolta riprese lui a baciarmi, si trattava di un bacio più intenso, fino a mordermi le labbra. Mi prese dai fianchi e mi fece stendere sul divano, all’improvviso l’atmosfera si era accesa. Cominciò a sbottonarmi la camicia e nel frattempo una delle sue due mani, scese dal mio viso, fino ad arrivare sul collo e sul seno. Gli feci cenno di smettere, prima o poi Julie sarebbe arrivata, ma la mia mente già fantasticava, lo desideravo più che mai. Sentivo il suo respiro e il suo profumo, in un attimo ero in estasi. Poi si fermò e mi baciò lungo il corpo, fino a farmi perdere la testa. Ad un tratto sentimmo suonare il campanello. Lui non voleva fermarsi, poi decisi di scostarmi dal suo corpo, anche se a malincuore. Mi guardò e si alzò dal divano per andare ad aprire la porta.

E’ la mia ragazza.
Non appena sentii quella frase, “la MIA ragazza”, avvertii un senso di vuoto allo stomaco.
Vado via. Cosa le dirai adesso? Mi vedrà sicuramente.
Ammiccò e mi disse di uscire di nascosto, avrebbe portato Julie nella sala da pranzo. Lei era lì, entrò e non appena vide Norman, gli diede un bacio. Quella scena mi disgustò parecchio. Uscii di corsa, non appena lui e Julie entrarono in cucina.
Entrai in ascensore, non mi accorsi di avere ancora la camicia metà sbottonata. Mi guardai allo specchio, ripensai ai nostri corpi così vicini. Abbottonai la camicia e poggiai la testa sulla parete dell’ascensore, prossima allo specchio. Dentro di me pensavo, “Emily, ma cosa stai facendo? Lui ti ferirà.” Conoscevo Norman, mi è sembrato di conoscerlo da sempre già dal nostro primo incontro, alla mostra. Mi ha raccontato così tante cose di lui e neppure mi conosceva, forse era il suo modo di rimorchiare? Ho avuto altri ragazzi ma lui non riesco a togliermelo dalla testa. Non voglio innamorarmi, non posso.
 
 

 

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Capitolo 3
*** Non come prima ***


"Non come prima"

 
“Tu sei una principessa. Non permettere mai a nessuno di ferirti, mai. Nella vita tutti cadono, ma tutti alla fine, trovano la forza per rialzarsi. Sii forte sempre, Emmy.”

Le parole della mia cara mamma risuonavano nella mia testa. Eravamo lontane, la mia famiglia viveva nel Nebraska. Mia madre mi disse queste parole dopo essere stata lasciata dal mio ex fidanzato, Martin. Pensavo a lui mentre scrivevo “Expired Love”. Volevo lasciarmi alle spalle un amore ormai scaduto, spento. Erano quasi le undici e mezza di sera e non riuscivo a prendere sonno. Qualche ora prima ebbi quella piccola “avventura” con Norman. Già, Norman. Pensavo al suo nome e mi sentivo così inerme. Già, non potevo fare nulla per non pensare a lui. “Magari dovrei telefonare Hillary. Sembra che siano passati secoli dall’ultima volta che ci siamo viste.” Hillary era la mia migliore amica, era quasi come una sorella per me. Il telefono squillava.
Cavolo, che idiota che sono,” pensai. “Sono passate le undici e sicuramente si preoccuperà.” Dopo un paio di squilli, rispose.
Emily! Tesoro! Dove sei finita? Che fine hai fatto? Sei sempre impegnata con il lavoro, eh?” – mi disse in un tono leggermente sarcastico.
Beh… Diciamo che mi trovo in un periodo complicato. Sai.. Avrei proprio bisogno di distrarmi un po’.” “Oddio.. Periodo complicato? Cosa succede? Emmy, ti prego, non farmi preoccupare. Dammi una mezzoretta e sono lì da te.” – disse frettolosamente.
Non mi diede nemmeno il tempo di replicare, l’unica mia risposta fu, “Ok.

Hillary era fantastica, lei c’era sempre per me, in qualsiasi momento. Magari avrei dovuto parlarle di Norman, lei non sa molto a riguardo. Era come se volessi tenere questa cosa per me. Mi stavo innamorando e volevo nasconderlo a me stessa. Ecco si, era questo. Ci stavo ricascando. In quel momento avevo la testa piena di mille pensieri. Pensavo a Norman, alla mia musica, e poi ancora a Norman. Sì. Mi ritornava sempre in mente. E’ come quando tutto il mondo scorre, va veloce, e tu sei soltanto una persona tra tante. L’amore ha questo potere sulla gente. Ti folgora, ti prende alla sprovvista e tu non sai cosa fare. Io mi sentivo così. Folgorata. E probabilmente Norman in quel momento era a casa sua con Julie. Questo mi faceva provare una strana sensazione, la gelosia? Hillary arrivò puntuale, circa mezz’ora dopo la nostra telefonata. I miei pensieri furono interrotti dal suono del campanello. Aprii la porta e lei mi abbracciò forte. Avevo bisogno di un abbraccio così.
Mi sei mancata da morire,” le dissi. “Anche tu, anche tu. Questa sera è tutta per noi, mangiamo un buon gelato al cioccolato e parliamo di tutto,” – mi disse sorridendo. Ricambiai il suo sorriso e ci sedemmo sul divano. In realtà non avevo tanta voglia di parlare, lei si rese conto del mio lungo silenzio, affondò il cucchiaio nel gelato e lo passò vicino le mie labbra.
Dai, so che ti piace. L’ho scelto al cioccolato proprio perché ti piace! So che non c’entra nulla ma sei tenerissima con questo pigiama!” Con quelle parole, mi venne spontaneo ridere e ad un tratto mi venne voglia di parlare, avevo bisogno di esternare le mie emozioni.

Un po’ di tempo fa, ti parlai di quel tizio che ho conosciuto alla mostra, Norm… Norman. Siamo rimasti in contatto, lui non si fa sentire molto ma credo sia una persona interessante.” Hillary continuava a mangiare il gelato, mi fece cenno di continuare a parlare. “Non so.. E’ che quando lo vedo o trascorro del tem..,” Hillary mi interruppe subito.
Aspetta, aspetta! Tu e lui avete trascorso del tempo insieme?! Mi è capitato di vedere delle sue foto su Instagram e lo trovo davvero figo! Cavolo se è figo!
Come? Sei andata nel suo profilo? Beh, si, è figo. E’ fantastico.
Ora voglio sapere tutto! Hai trascorso del tempo con un tipo da sballo e non mi dici nulla?! Cavolo, Emily!
Siamo andati a casa sua in moto.
Oddio, oddio! A casa sua? Che avete fatto? Io un tipo così me lo farei ovunque!
Ci furono momenti di silenzio, Hillary continuò con i suoi commenti su Norman, quando ad un certo punto la mia mente andò in tilt e mandò un chiaro segnale a tutto il mio corpo. Diedi ad Hillary una risposta drastica, che le fece addirittura cadere il cucchiaino sporco di cioccolato sul tappeto.
Credo di essermene innamorata.
Non ci fu più nessun commento da parte di Hillary, solo un breve silenzio. Lei sapeva benissimo di quanto ho sofferto in amore, in passato. Ha asciugato le mie lacrime tantissime volte. Dopo quella mia frase, Hillary si alzò dal divano e mi guardò.
Ti prego Emily, vacci piano. Qualunque cosa sia, vacci piano.
Le sue ultime parole di quella sera furono queste, poi andammo a dormire. Era tardi.

La mattina seguente, dopo aver fatto colazione, Hillary ed io decidemmo di andare a fare shopping a Times Square. Arrivate lì, Hillary mi chiese di fermarci da Lantern’s Keep, per bere un cocktail. Era un bellissimo posto. Ordinai il mio cocktail e ci sedemmo ad un tavolino vicino le grandi finestre che affacciavano sulla strada.
Non è male fermarsi qui. La gente si ritrova, beve il suo cocktail in santa pace e legge il suo giornale, come quel tizio lì in fondo.” Hillary adorava osservare la gente e tutti i particolari dei posti. Intenta a bere il mio cocktail, attraverso il fondo del bicchere, vidi un’immagine sfocata, un ombra scura. Scostai lentamente il bicchiere dalle labbra e quell’immagine pian piano mi fu chiara. Un uomo alto, giacca nera in pelle, scarponi marroni e RayBan neri. Saltarono alla mia vista quei capelli scompigliati marroni e lunghi. Ripresi a bere il mio cocktail e nel frattempo la mia mente, sembrava impazzita, ancora una volta. L’uomo si avvicinò verso il nostro tavolo e quando capii di chi si trattasse, il cocktail che stavo ingoiando venne sputato. Avevo praticamente sputato il cocktail in faccia ad Hillary. Ero scioccata, non potevo credere che Norman fosse lì. E non era solo. 


Ad accompagnarlo c’era Julie. Lui si accorse subito della mia presenza e prese subito a fissarmi da lontano. Era come se il tempo si fosse fermato ma i miei pensieri vennero interrotti da Hillary. “Ehi! Allora? Mi spieghi cosa sta succedendo? Mi hai praticamente sputato il cocktail in faccia!” Non risposi, il mio sguardo era diretto a Norman, non riuscivo a distoglierlo in nessun modo da lui. Hillary si accorse che stavo fissando qualcuno, si voltò e vide Norman. “Oddio Emily! C’è lui! Ora si spiega tutto! Emily! Ascoltami, per favore!”, mi disse Hillary tutto d’un fiato. “Scusa. Andiamo via, per favore.”
Sì, le dissi proprio così, non mi andava di trattenermi ancora lì e di vedere Norman con lei. Ed ecco che la gelosia ricominciava a farsi sentire. Io ed Hillary pagammo il conto e poi decisi di tornarmene a casa, avevo bisogno di scrivere un po’. Salutai Hillary, dispiaciuta e mi incamminai verso casa. Avevo la testa da tutt’altra parte, cavolo non mi aspettavo di vederlo lì, né tanto meno di vederlo con lei. Il solo pensiero di vederlo con qualcun’altra, mi spezzava il cuore. Diamine. Non potevo più negarlo a me stessa, oramai, mi ero innamorata. Norman era nei miei pensieri, ma più che nella mia testa, lo sentivo nel mio cuore, perché ogni volta che lo vedevo, impazziva e mi batteva più forte che poteva. Lo sentivo nel mio stomaco, sentivo le farfalle allo stomaco. Non ricordavo l’ultima volta in cui mi sono sentita così. Forse nella mia ultima relazione durata quattro anni, con Jake. Tutto questo pensare e pensare, mi portò a buttar giù un paio di strofe, non appena tornata a casa.

I don't want you anymore
Summer's gone, and now I'm sure
The box behind my bed I've saved
I took out with the trash today

Oh, the truth is: I've met someone new
The truth is: you probably have, too
The truth is: I can't stand your face
When I think of all the love we made..”


Era questa la prima strofa della canzone. Non mi ero mai sentita così ispirata prima d’ora. Pensavo a Jake, al nostro lungo amore, bello ma ormai scaduto, avevo sofferto tanto per lui ma ormai non lo desideravo più. Nella mia testa c’era qualcun altro a cui non potevo fare a meno di pensare. Subito dopo, inconsapevolmente, quasi come un’adolescente, mi ritrovai a riempire la pagina di cuori. “Dio mio, che scema che sono.” Pensai ad alta voce. Stavolta qualcosa mi spinse a fare qualcosa che forse non avrei nemmeno voluto fare, forse per orgoglio o forse per il modo in cui mi sentivo. Presi il mio cellulare e scrissi un messaggio a Norman. “Ti aspetto a casa mia, ho bisogno di vederti.”




   

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Capitolo 4
*** Un nuovo inizio ***


"Un nuovo inizio"
 
Inviai quel messaggio a Norman ma non rispose. Erano le quattro del pomeriggio, non avevo voglia di rimanere in casa. Il cellulare squillò, lo presi con ansia ma sfortunatamente non era Norman. Era Simon.
“Simon!”
“Ciao Emily! Ti aspetto qui in studio, ho bisogno di aggiornarti  su alcune cose.”
“Va bene, ora mi fai preoccupare. Sono lì tra venti minuti.”

Ero preoccupata, Simon non aveva un tono di voce tranquillo. Infilai i miei jeans di corsa, scarpe e maglietta e mi recai allo studio. Simon e gli altri due membri della mia band, Dave e Ross, mi attendevano davanti all’ingresso dello studio.
“Cosa succede, ragazzi?!”
“Parliamone con calma nel bar qui di fronte. Andiamo.”
Disse Dave.
Mi preoccupai sempre più, eravamo nel bar ma nessuno cominciava a prendere la parola. “Allora? Mi spiegate cosa succede?”
“Sam, il tuo adorato manager, ha deciso di licenziarsi questa mattina. Non ha voluto dare molte spiegazioni ma ha impacchettato la sua roba in meno di dieci minuti e se n’è andato. Chissà, forse quell’ambiente gli stava un po’ stretto. Siamo nella merda.” Ross era chiaramente turbato ma io riuscii a capire ben poco della situazione, stavo cominciando a diventare sempre più nervosa.
“Cosa?! Ragazzi, se questo è uno scherzo, non è divertente.” Simon prese subito la parola.
“Avrei voluto telefonarti questa mattina ma non mi andava di farti preoccupare. Scusa. Però ho una notizia che forse può tirarti un po’ su di morale. Dopo l’accaduto, ho subito contattato Mandy, una mia vecchia amica. Lei conosce un bravo agente, mi ha messo subito in contatto con un manager di talento. Vive a Los Angeles, si chiama Matthew.” Simon mi fece tranquillizzare un po’, ma ero molto confusa.

“Io e Sam abbiamo lavorato insieme dai miei esordi. Non capisco perché sia andato via. Sono dispiaciuta ma allo stesso tempo, arrabbiata e sconcertata. Cosa faremo adesso? Questo Matthew accetterà l’offerta di lavoro nel nostro studio?”
“Beh.. In realtà ha già accettato. Arriverà a New York domani mattina,” disse Simon con un sorriso smagliante.
“Oddio! Questa si che è una buona notizia!”. Ero meno preoccupata adesso. Io, Simon, Ross e Dave, ci recammo allo studio e feci leggere loro il testo della nuova canzone che avevo scritto quel giorno, l’avevo intitolata “Expired Lover”, proprio come il nome dell’album. La giornata passò in fretta, trascorsi la serata con la mia band. Ci recammo in un locale in cui non ero mai stata. Era un pub, c’era molta gente. Mi misi a pensare a tutta la faccenda del manager.
Ero davvero triste perché Sam se n’era andato senza darmi alcuna spiegazione, rimasi stupefatta per il suo comportamento poco maturo. Avevo provato a telefonarlo più di una volta ma aveva il telefono staccato. La serata con la band, mi fece dimenticare per un po’ tutte le mie preoccupazioni. Norman, Sam e le mie nuove sensazioni. Non volevo pensare a Norman, non volevo essere triste per lui. D’altronde, sapevo di non essere nei suoi pensieri. Ad un tratto, ricevetti un messaggio. Cavolo, era Norman.
“Sono un coglione, hai tutto il diritto di avercela con me. Voglio farmi perdonare, ti va se vengo a prenderti e ti porto in un posto?”

Ecco, con quel suo messaggio tornai ad avere le palpitazioni, cominciai a sudare e la mia mente era da tutt’altra parte, di nuovo, ancora una volta, Norman mi fece sentire inerme. Simon e gli altri erano nel bel mezzo di un discorso, parlavano di musica. Decisi di salutarli, di uscire dal locale. “Vai già via? Cosa succede?,” mi chiese Simon. “Nulla, sono stanca, ho bisogno di riposare un po’. Domani ci aspetta una lunga giornata, conosceremo questo Matthew,” dissi con un tono ironico. Salutai Simon, Dave e Ross e mi recai a Central Park. Non ero stanca, avevo mentito, in realtà avevo bisogno di starmene un po’ da sola con i  miei pensieri.
Arrivai a Central Park e mi sedetti su una panchina. Non sapevo se rispondere al messaggio di Norman ma dopo qualche secondo, mi telefonò. “Allora, ti va di perdonare questo grande stronzo?”
Quella sua frase mi fece sorridere, la sua voce scatenò in me una serie di emozioni.
“Va bene… Stronzo.” Norman si mise a ridere, per quella mia frase e mi disse che mi avrebbe raggiunta tra qualche minuto.
Central Park era enorme, non mi avrebbe sicuramente trovata. Così, mi spostai nei pressi di Columbus Avenue. Erano trascorsi trenta minuti, dopodiché, vidi la motocicletta di Norman. Dio mio, era bellissimo. Tolse le chiavi dal quadro ed il casco e mi venne incontro. “Ciao.”
“Ciao.”
La sua giacca di pelle odorava di sigaretta, non riuscivo mai a dimenticare quell’odore. Ci guardammo per un po’, poi lui diede inizio al discorso. “Ti va di sederci in un posto tranquillo? Vieni, ho voglia di parlare un po’ con te.” Mi portò in un posto a me sconosciuto, era molto tranquillo e non c’era nessuno.
“Volevo chiederti scusa per l’altro giorno, quel bacio è stato un errore. Non avremmo dovuto.”
Non riuscivo a crederci, Norman riteneva quel bacio un errore! Non sapevo cosa dire, ma sapevo che non avrei dovuto fidarmi di un tipo come lui. Dopo, non fu molto difficile per me, dire ciò che pensavo.
“Hai ragione, è stato un errore. Tu sei con Julie, sei con qualcuno. Io e te siamo solo amici, non c’è altro.” Quelle mie parole non erano sincere, mi pentii subito per quello che gli avevo appena detto ma ero arrabbiata con me stessa, tutto questo non avrebbe dovuto avere inizio.
“Siamo partiti col piede sbagliato. Io voglio essere tuo amico, vorrei farti sapere chi sono. Sai, io e te abbiamo così tanto in comune. Ci conosciamo da qualche mese ma mi sembra di conoscerti da sempre. Io.. Quando sono con te, sto bene. So di potermi fidare di te e so di poter essere me stesso. Dici che potremmo dare un’altra opportunità alla nostra amicizia?”
Amicizia.. Già, per lui era solo amicizia. In quel momento mi sentii delusa ma allo stesso tempo, sentivo che le sue parole erano sincere. Io non volevo essere sua amica, io sentivo qualcosa di forte per lui, qualcosa che non mi faceva nemmeno dormire la notte, mi faceva restare sveglia a pensare e a pensare. Avevo tanta, troppa paura di soffrire ma non potevo negarlo a me stessa, ero innamorata e non riuscivo proprio a capire come Norman potesse entrare nel mio cuore così facilmente. Non volevo perderlo.
“Diamo un’altra opportunità a quest’amicizia.” Gli feci un sorriso ma sentivo qualcosa allo stomaco, era rabbia mista a paura e amore. Avevo ancora le farfalle allo stomaco, pensai subito che magari fossi una perdente in amore, però volevo combattere, volevo rialzarmi e ricominciare. Avevo tanta voglia di parlare con lui, avevo voglia di parlare della sua vita. Volevo conoscere meglio quest’uomo che era ormai nei miei pensieri da un po’.
“Parlami un po’ di te. So che sono le undici di sera ma lo avevi detto tu, no? Volevi che ti conoscessi meglio. Beh, allora…”
Norman mi guardò ma non parlò subito, mi accennò un sorriso. Ci ritrovammo seduti su un prato, alle undici di sera, al freddo.

“Io.. Non sono uno che parla molto ma farò del mio meglio. Sai.. Io non vivo una vita serena. Sono uno stronzo che è in continua lotta con se stesso. Voglio fare la cosa giusta ma faccio tutto il contrario di quello che voglio fare. A volte amo stare da solo, mi chiudo in casa e dipingo con della musica rock in sottofondo. E’ così che trascorro alcune delle mie giornate.  Poi c’è Julie.. Lei.. Lei mi tiene compagnia quando mi sento solo. Ma la mia vita è comunque una merda. Mia madre vive in Canada, mio padre non lo sento ormai da anni. Ecco, ora sei soddisfatta? Adesso sai qualcosa di me.”
Norman non disse molto ma quelle poche cose che mi aveva confidato, mi sembravano fondamentali. Riprese a guardarmi, io non dissi nulla. Volevo sapere altro della sua vita ma lui rimase praticamente in silenzio.
“Io credo che tu sia… Una persona un po’ strana ma..”
“Oh, certo. Sono strano. Si è fatto tardi, fa freddo. Ti riaccompagno a casa.”
Cosa avevo sbagliato? Forse non avrei dovuto dirgli che era strano. Mi sentii subito in colpa.
“Scusa, non volevo offenderti.”
“Figurati, non mi offendo per queste cazzate. Hai ragione tu, sono strano.”

“Ma… Norman.. Mi hai interrotta mentre parlavo.. Anch’io mi ritengo una persona strana. Vorrei fare tante cose contemporaneamente, ho una vita strana e.. Colleziono pupazzi, come una bambina. Già, come una bambina. Ora scoppierai a ridere, non è vero?” Portò entrambe le mani verso il viso e si coprì la faccia.
“Lo sapevo! Stai ridendo!” Norman rideva in un modo così buffo, si era coperto il viso e vedevo muovere solo il suo corpo, mentre rideva. “Collezioni pupazzi eh? Beh, lo faccio anch’io! Ho una stanza piena di cianfrusaglie, piena di poster, pupazzi e roba varia. Oh, lì ci dorme anche il mio gatto.”
“Hai un gatto? Non lo sapevo! Io adoro gli animali!”
“Sì, ho quarantacinque anni, ho un gatto, ho una vita incasinata e dei pupazzi. Benvenuta nel mio mondo, biondina.” Ridemmo per non so quanto tempo, non avrei mai pensato che una giornata così strana, un discorso così strano con Norman, potessero trasformarsi in qualcosa di divertente. Non ricordavo l’ultima volta in cui risi così, probabilmente da molto tempo. Il tempo era volato, si era fatto tardi. Salimmo in moto e mi riaccompagnò a casa. Ci salutammo con un sorriso, adoravo Norman quando mi sorrideva.
“Ci vediamo presto, biondina.” Mi salutò così, poi se ne andò.
            

 
 

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Capitolo 5
*** Circostanze ***


"Circostanze"
 
Erano le sette del mattino. La sveglia suonò puntuale ma non avevo nessuna voglia di alzarmi dal letto. Quel giorno avrei dovuto conoscere il mio nuovo manager, Matthew. Speravo che fosse una persona in gamba, volevo a tutti i costi far funzionare le cose. Ancora non riuscivo a capire cosa non avesse funzionato con Sam. Tra un pensiero e l’altro, si fecero le sette e venti, ero in ritardo e dovevo sbrigarmi. Una colazione veloce e poi dritta al guardaroba. Non avevo idea di cosa indossare. Avrei dovuto vestirmi casual o cambiare un po’ aspetto ed indossare un vestito? Impiegai dieci minuti per decidere, scelsi un vestitino corto, nero e ricamato, abbinato ad un paio di stivali marroni. Eye-liner, ombretto, phard, lucidalabbra e un paio di spruzzi del mio profumo preferito, See by Chloè. Volevo essere presentabile, cambiai anche pettinatura. Raccolsi i capelli dietro e lasciai due ciuffi mossi che scivolavano lungo le spalle. Mi guardai allo specchio per l’ultima volta, presi le chiavi di casa e mi incamminai verso lo studio di registrazione. Il cielo era nuvoloso, non avevo l’ombrello a portata di mano, così chiamai un taxi. Mentre ero in auto, ricevetti un messaggio.
“Buongiorno :) Ti va se andiamo a prendere un caffè insieme? Offre il tuo amico strano!”
Era Norman, non mi aveva mai mandato un messaggio con il buongiorno prima d’ora.
“D’accordo, amico strano :) Facciamo alle 11 da The 13th Step.”
“Perfetto ;)”
La giornata ebbe inizio nel migliore dei modi, un messaggio di Norman mi fece sicuramente sentire al settimo cielo. Dopo quindici minuti, arrivai a  destinazione. Scesi dal taxi ed entrai in studio. Simon e gli altri erano in ritardo ma Simon mi avvisò con un messaggio, sarebbero arrivati tra dieci minuti. Improvvisamente mi sentivo tesa, ero in ansia e non vedevo l’ora di conoscere Matthew. Mi sedetti su una delle poltroncine situate nella sala d’attesa dello studio e presi un giornale, per non annoiarmi.

“Wow, una ragazza che legge Men’s Health. Figo, direi!”
Distolsi lo sguardo dal giornale e vidi seduto accanto a me, un tipo molto carino che fissava  me ed il giornale che reggevo in mano.
“Tu devi essere Emily, Simon mi ha parlato molto di te ieri, al telefono. Io sono Matthew, il tuo nuovo manager.”
Mi tese la mano con un sorriso stampato sulla faccia e continuò a fissare il giornale. Lo posai subito e gli tesi la mia mano.
“Emily, piacere mio.”
Ero meravigliata. Non mi aspettavo di certo un manager così giovane, ad essere onesti credevo che si sarebbe presentato un uomo sulla cinquantina. E così, lui era Matthew. Non molto alto, capelli castano scuro e a spina, occhi marroni e davvero un bel viso. Inoltre, mi piaceva il suo stile. Quel giorno indossava un paio di jeans chiari, delle scarpe bianche Nike, una camicia bianca con una cravatta nera ed una giacca nera. Aveva due orecchini neri, uno al lobo sinistro e l’altro al lobo destro. Un tipo interessante. Arrivarono Simon, Ross e Dave, si presentarono con Matthew e ci recammo in quella che sarebbe dovuta diventare la stanza privata di Matthew. Avremmo dovuto fare una specie di riunione, dovevamo parlare del da farsi, di tutte le nuove cose future. Io, Simon, Dave e Ross, eravamo seduti di fronte alla scrivania di Matthew ed eravamo pronti ad ascoltarlo. “Dunque, mi presenterò meglio. Io sono Matthew Andrews, ho trent’anni e vengo da Los Angeles. Ho intrapreso da poco la carriera da manager e sono molto felice di essermi recato qui a New York City. Ribadisco che non amo fare il capo, piuttosto mi piace essere amico di chi lavora con me. Farò questo con voi, spero di stringere una  bella amicizia con voi, ma soprattutto con te, Emily.” Mi guardò e mi sorrise, aveva una specie di sguardo ipnotico.
“Farò del mio meglio,” gli risposi, ricambiando il suo sorriso. 
Mi sentivo a mio agio con questo nuovo manager e inoltre, avevo il supporto di Simon, Ross e Dave.
“So che hai registrato il tuo primo disco tre anni fa, giusto?”
“Esatto, Blue Toothbrush EP. Contiene tracce molto interessanti. Mi piace essere spontanea, parlare di ciò che sento nelle mie canzoni, voglio essere onesta.”
Ero soddisfatta per il modo in cui mi ero presentata, volevo fargli capire che non sono una cantante che scrive musica giusto per vendere. “Quello che scrivo proviene dal cuore. Esperienze personali, storie vissute e sentimenti provati. E’ questo che scrivo. Butto giù versi sul mio quaderno personale e cerco sempre il sound adatto ad ogni mia canzone.” Simon e gli altri mi guardarono e mi sorrisero,come per farmi capire che erano fieri di me.
Matthew si alzò dalla sedia vicino la sua scrivania, si avvicinò a me e mi disse: “Grande Emily, mi piace. Credo davvero che tu sia una persona onesta, non vedo l’ora di lavorare con te!”, mi disse entusiasmato.
“Hai del nuovo materiale? So che sei al lavoro con il tuo secondo album..”
“Sì. Ho inciso già tre pezzi e proprio ieri ho scritto una nuova canzone. Expired Lover.” Matthew mi chiese di cosa parlassero queste mie nuove canzoni. “Sono canzoni che parlano d’amore, di relazione. Expired Lover parla è una canzone molto personale. E’ un amore scaduto. Si ha voglia di voltare pagina e di fare nuove cose. Poi c’è questo tipo.. Già..”

Matthew mi guardò, prese in mano una pallina verde anti stress, dalla sua scrivania e cominciò a toccarla.
“Un nuovo tipo. Mmh.. Interessante.” Guardò Simon e gli altri ed uscì dalla stanza, poi ci richiamò in studio per registrare Expired Lover. Non avevo molta voglia di raccontare i fatti miei, in fondo lo conoscevo da meno di un’ora. Cominciammo a lavorare al nuovo pezzo, poi finalmente si fecero le undici meno un quarto.
“Devo andare adesso. E’ stato un piacere, Matthew.”
“Chiamami pure Matt.” Poggiò la sua mano sulla mia spalla e si allontanò con Simon, Ross e Dave. C’erano una decina di scatoloni all’ingresso e dovevano portarli in camera di Matt. Salutai tutti e mi recai all’uscita dello studio.
“Dannazione!,” esclamai nervosamente. Aveva cominciato a piovere, non avevo la minima idea di come potessi raggiungere Norman, senza ombrello.
“Comportati da gentiluomo, mi diceva sempre mio nonno. Scommetto che sei a corto di ombrello, eh? Dove sei diretta? Posso darti uno strappo.” Matt sembrava così gentile. Non rifiutai il suo passaggio. “149 2nd Avenue, sono diretta lì. Ti ringrazio per la tua gentile disponibilità.” “Non ringraziarmi, su, salta in macchina, prima che cominci a piovere più forte.” Matt mi aprì addirittura lo sportello, era molto gentile. Inizialmente in auto c’era molto imbarazzo e quel silenzio mi imbarazzava parecchio. Odiavo il silenzio. In radio c’erano gli Echosmith con “Cool Kids”. Adoravo quella band. “Gli Echosmith! Ti piacciono?,” gli chiesi imbarazzata. Matthew non distolse gli occhi dalla strada, c’era molto traffico. Guidava con una mano sola, l’altra mano l’aveva sul cambio. “Fanno canzoni orecchiabili ma non sono il mio genere.”Capisco..” Guardai il finestrino, non si vedeva molto fuori ma mi sembrava di non arrivare mai a destinazione. Finalmente l’auto si fermò. Io e Matt non parlammo molto. Scesi dall’auto e lo ringraziai del passaggio. Mi salutò facendomi segno con la mano. Ero all’entrata del The13th Step. La motocicletta di Norman era parcheggiata proprio di fronte al bar, lui era già dentro. Entrai e in fondo al bar, riuscii a scorgere Norman, era seduto ad un tavolino e reggeva una rivista con entrambe le mani, una rivista di motociclette. Mi avvicinai lentamente al tavolo e pensai al fatto che Norman non mi avesse nemmeno aspettata all’entrata del bar, pioveva ed ero senza ombrello. Norman si accorse del mio arrivo ma non poggiò la rivista sul tavolo.
“Ti ha accompagnata tuo fratello?,” mi chiese quasi come per prendermi in giro ma non badai molto alla sua domanda.
“Grazie per avermi aspettata fuori. Sono senza ombrello, avresti potuto raggiungermi, almeno.”
Ero un po’ infastidita ma a Norman non importò molto. Mi sedetti e lo guardai infastidita, inarcai le sopracciglia e attesi che posasse il giornale sul tavolo, almeno per salutarmi come si deve. Ma era Norman, forse chiedevo troppo. “Interessante quella rivista, non è vero?” In quel momento diventai sarcastica, era una caratteristica che faceva parte del mio carattere e in alcune situazioni, non riuscivo a fare a meno del sarcasmo. Norman non sapeva della mia carriera musicale, al nostro primo incontro gli dissi soltanto che ogni tanto mi piaceva scrivere canzoni, ma niente di più. Avrei voluto parlargli della mia musica, della mia giornata in studio e del mio nuovo manager ma era troppo preso a leggere il suo stupido giornale di motociclette. La cameriera arrivò e ordinammo due caffè. Finalmente, Norman posò il giornale e cominciò a tamburellare le dita sul tavolo. Aveva una giacca di pelle arancio chiaro, una t-shirt grigia ed un paio di jeans chiari, abbinati ai suoi scarponi marrone scuro. Fu il suo forte profumo a colpirmi. Aveva una fragranza al muschio, mista all’odore di sigaretta.

Quel giorno mi sembrava parecchio strano, mi parlava a stento. Trascorsero dieci minuti ed i nostri caffè erano pronti. La cameriera poggiò sul tavolo un vassoio con due tazze di caffè fumante. Cominciai a bere il mio caffè e stranamente Norman cominciò a fissarmi. Ad un tratto, cominciò a ridere, poi prese il cellulare dalla tasca dei jeans e scrisse un messaggio. Quel suo comportamento, non mi piaceva affatto, lasciai la mia tazza sul tavolo e gli dissi: “Ok, ieri ti ho detto che sono una persona strana e lo sei anche tu. Ma… Potresti spiegarmi questo tuo comportamento?”
Norman sbottò e non mi rispose. Poi guardò fuori alla vetrina del bar che affacciava direttamente sulla strada e mi disse: “Non ho niente che non va. Sono felice che tu sia venuta. Cos’hai fatto di divertente questa mattina?”
Finalmente cominciò a parlarmi e a dirmi qualcosa di intelligente. “Nulla di particolare, tu cos’hai fatto?”
“Un giro in moto.” Era di poche parole e quella situazione mi seccò molto. La sera prima avevamo parlato e scherzato e in quel momento non riuscivo a capire cosa non andasse. Norman bevve il suo caffè, posò la tazza sul tavolo e continuò a guardare fuori. Dopo qualche minuto, sentii un rumore di tacchi provenire dietro di me. Mi voltai e vidi Julie. Era con un’altra ragazza. Norman la guardò e le sorrise. “Volevo presentarti Julie, era da queste parti e le ho chiesto di venire,” mi disse Norman con un mezzo sorriso. Guardai prima lui, poi il mio sguardo si spostò verso Julie. Dannazione, era così odiosa. Indossava un paio di pantaloni neri aderenti ed una maglia con lo scollo a V, scopriva un po’ il suo seno, giacca rosso scuro e un paio di stivali con i tacchi. Un paio di occhiale da sole scuri e dei capelli biondo scuro, che le scendevano sulle spalle. Si sedette accanto a Norman e gli diede un bacio. Mi venne il voltastomaco, io non avevo voglia di vedere la sua faccia. Il comportamento di Norman poi.. Lo detestavo, non riuscivo a capire perché l’avesse fatta venire lì. Julie mi guardò e mentre appoggiava la testa sulla spalla di Norman, si presentò a me.
“Ciao, tu devi essere l’amica di Norman. Io sono la sua ragazza, Julie.”


 

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