Amici amanti e

di _Elahlea_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Inviti forzati ***
Capitolo 3: *** Disturbi assortiti ***
Capitolo 4: *** Conflitti e sparatorie ***
Capitolo 5: *** La risoluzione dell'indovinello ***
Capitolo 6: *** Presentazioni indesiderate ***
Capitolo 7: *** Non aprite quella porta ***
Capitolo 8: *** La triangolazione dell'alterco ***
Capitolo 9: *** Incontri ravvicinati del terzo tipo ***
Capitolo 10: *** Una serie di sfortunati eventi ***
Capitolo 11: *** Labirinti psicologici ***
Capitolo 12: *** La detonazione della bomba Davis-Jenner ***
Capitolo 13: *** Grammy Awards e copertine ***
Capitolo 14: *** Elucubrazioni risolutive ***
Capitolo 15: *** Salto nel vuoto ***
Capitolo 16: *** Rovine e paure ***
Capitolo 17: *** Sguardi ed echi ***
Capitolo 18: *** Salite e discese ***
Capitolo 19: *** Indovina chi viene alla festa ***
Capitolo 20: *** Premi all'asta ***
Capitolo 21: *** Nebbia ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il sonno. Quella meravigliosa barriera che ci abbraccia durante la notte e ci culla attraverso i sogni più dolci e sublimi o ci imprigiona negli incubi più soffocanti; quel muro inconsistente che ci aliena dalla realtà e ci offre di realizzare per un tempo fuggevole e inesistente anche i nostri più reconditi desideri. Talvolta ci viene persino data facoltà di scelta nei nostri sogni: possiamo cambiare quello che non ci piace per trasformare un'angoscia opprimente nel nostro ideale onirico.
"Emi, svegliati. Siamo arrivati"
Il sonno: una muraglia che si rompe molto, troppo facilmente.
La voce del suo manager giunse delicata come una mandria di elefanti inferociti, accompagnata da una mano possente che la scosse per le spalle.
"Oddio!" sbottò di soprassalto.
"Dannazione Bob! Ma c'è proprio bisogno di essere così delicati? Mi lasci sempre senza parole, davvero. Neppure gli ippopotami in "Fantasia" erano tanto aggraziati" inveì con la voce ancora mezza impastata dal sonno.
"Scusa, avevo paura non ti svegliassi" replicò distrattamente l'uomo mentre raccoglieva il proprio borsone dal divanetto.
"E se non mi fossi svegliata mi avresti sparato un colpo con un revolver, fammi capire?" brontolò alzandosi e guardandosi intorno.
"Come?"
"Dicevo che non trovo la valigia"  sbadigliò. Non le andava di iniziare con i loro interminabili battibecchi.
"Sarà nel cofano. Sarà meglio che tu prenda un caffè, abbiamo l'appuntamento tra poco"
"Poco? Mancano ancora tre ore!" si lamentò scendendo le scalette del mega camper.
I giornalisti la attorniarono subito, ma lei, fingendo noncuranza, si diresse verso il cofano dove l'autista era già pronto con le valigie in mano.
"Non preoccuparti David, ci penso io. Tu occupati di posteggiare questo...coso!" concluse non avendo trovato un sostantivo adatto.
I paparazzi continuavano a scattarle foto a due centimetri dalla faccia nonostante Bob, che era appena sceso, facesse del suo meglio per mandarli via.
"Per favore, sono stanca!" piagnucolò tra sé varcando le porte dell'albergo.
Il fattorino si fece subito avanti per alleggerirla dal carico dei bagagli.
"Lei non può neanche immaginare quanto le sia grata" gli disse sinceramente posandogli una mano sulla spalla.
"Ma lei...lo sa che mia sorella l'adora?" esclamò stupefatto il fattorino dopo che l'ebbe squadrata per qualche secondo.
"Ah sì? Più tardi ti farò tutti gli autografi che vuoi, anche una foto. Anzi, sai che ti dico? Domani puoi pure fare venire tua sorella e ce la facciamo insieme, la foto; però ora devo andare in camera".
La figura della ragazza avanzava elegante attraverso la hall, malgrado la stanchezza che non voleva ancora abbandonarla.
Diciotto anni, lunghi capelli castani che le ricadevano in morbidi riccioli sulla schiena, occhi nocciola e delle labbra che le avevano sempre invidiato, morbide e carnose; fisico asciutto, curvilineo quanto basta, che manteneva grazie alla palestra due volte la settimana, mani affusolate e ben curate che avevano imparato da sole a suonare la chitarra, e che fin da piccole avevano suonato il pianoforte sotto la supervisione del padre.
Eppure, Emily Davis era 1.70 m di pura insicurezza e modestia: quando fin da piccola riceveva complimenti per le sue doti canore, non sapeva rispondere se non con un sorriso timido per poi abbassare lo sguardo dopo due secondi e mezzo e arrossire come se avesse passato tre ore sotto il sole africano a mezzogiorno!!! Si truccava poco o nulla, giocava nervosamente coi capelli quando era in imbarazzo o si mordeva un angolo del labbro inferiore, si trovava più a suo agio con i ragazzi che con le ragazze, preferenza che non dispiaceva affatto al sesso maschile, il cui interesse per lei era sempre stato piuttosto intenso. Il vero problema era, come si poteva attirare il suo, di interesse? Non sapeva bene neppure lei cosa cercasse in un ipotetico fidanzato; certo non era tanto ingenua da credere ancora nel principe azzurro, biondo con gli occhi chiari, che arriva in groppa al cavallo bianco per salvare la damigella in pericolo! Della serie: giovane sì, stupida no.
Di certo vi era che malgrado non si considerasse particolarmente bella o pensasse di possedere doti fuori del comune e avesse avuto molti spasimanti anche prima di diventare una cantante famosa (cosa che, a dire il vero, si era verificata, a livello internazionale, solo nell'ultimo anno e mezzo), aveva avuto il suo primo fidanzato solo un anno prima, col quale purtroppo, era finita male: lui, lei e...l'altra, dove per altra si intende una "sciacquetta bionda senza arte né parte pronta a gettarsi su qualunque essere maschile che respiri, con più plastica in corpo delle fabbriche Coca Cola!". Questa formula descrittiva l'aveva usata così spesso che stava cominciando a perdere in efficacia.
Le porte dell'ascensore si chiusero e lei ammirò la propria immagine allo specchio.
"Sembro una reduce di guerra" osservò stancamente.
"Sì, Emily certo, come dici tu" la assecondò Bob. Era inutile dirle qualunque cosa: quando era convinta anche dell'idea più stupida, sii sprecava solo fiato cercando di farle cambiare idea.
"Ah no, hai ragione! Dopo la fine del tour che è durato in anno, un altro che sta per cominciare in America, otto ore di volo e due di sonno per colpa di quell'hostess infernale sto una favola, l'immagine del relax. Ho già detto che il tour è finito ieri e che il tutto è accaduto nell'arco delle ultime dieci ore?"
Le porte dell'ascensore si aprirono.
"Guarda il lato positivo no? Lo fai sempre!" replicò Bob dirigendosi verso le loro stanze.
"Illuminami, ti prego" lo invitò appoggiando una spalla al muro mentre lui usciva la chiave.
"Stai per apparire in uno show con una delle band più popolari degli ultimi anni"
"E questo me lo chiami lato positivo? Semmai è da mettere in conto insieme alle altre disgrazie! L'ho già detto che sta succedendo tutto in dieci ore?"
"Negli ultimi 5 secondi lo hai detto solo due volte mi pare. Guarda che ci sono ragazze che ucciderebbero per essere al tuo posto nello show"
"O mio Dio, gli One DIrection! Zyan, ti amo, sposami! Mi sento male, non respiro. Penso che sto per svenire". Emily si mise a fare la scena teatrale da ochetta isterica con la voce stridula fingendo di strapparsi i capelli. Bob la guardò e si mise a ridere.
"Guarda che è Zayn, stupida!" puntualizzò divertito.
"Vabbè è uguale, Zayn Zyan, è sempre lui"
"Emily, non farmi fare brutte figure"
"Io? Scherzi? Con questa faccetta innocente? Non vedo l'ora di incontrarli io, a quelli là" rispose entrando nella stanza.
"Ma perché ti stanno antipatici? Neanche li conosci"
"Intanto sono stanca, e quindi anche irritabile e poi...ma si può sapere che hanno di speciale? Insomma sì, musica che mette allegria e tutto il resto, però c'è bisogno di andare in visibilio come fosse resuscitato John Lennon?"
"Ma che discorso è? Piacciono e basta. Come dire, perché ti piacciono i Rolling Stones?"
"Senti, c'è una spiegazione scientifica e razionale per cui a qualcuno debbano piacere i Rolling Stones! Il motivo per cui debbano piacere gli One Direction me lo spiego con una sola parola: p-u-b-e-r-t-à!" scandì bene.
"Quando ti sarà passata l'acidità, fammi sapere. Ci muoviamo tra un'ora e mezza" la informò dirigendosi all'uscio.
"A.ah sì, tra un'ora e mezza. Scherzi vero?" chiese sarcastica.
La porta si chiuse.
"Vero?" ripeté sentendo il tic all'occhio che minacciava di giungere da un momento all'altro.
 
Quell'ora e mezza trascorse in fretta. Troppo in fretta. Emily si era addormentata e dopo quelli che gli erano sembrati cinque minuti, Bob aveva bussato alla porta per dirle di andare agli studios.
E così eccola che scende dalla limousine, pronta per farsi acconciare e truccare prima dell'inizio dello spettacolo.
"Ripetimi ancora una volta i nomi dei ragazzi"
"O santo cielo Bob, me li hai chiesti per tutto il tragitto!" sbottò la ragazza mentre camminava per il corridoio.
"Ripeti e basta"
"Joshua, Justin, Brad, Shannon e Morgan" elencò seria.
Si girò verso il manager.
"Ah già, c'è anche Zyan"
"Emily..." cominciò rosso in viso e urlando a mezza voce.
"Bob, calmati e ascoltami bene perché non te li ripeterò una seconda volta: Louis, Zayn, Liam, Niall e Harry. Contento? Pure in ordine decrescente! E ora non mi scocciare più!" concluse esasperata accasciandosi sulla sedia che le porgeva la propria make-up artist di fiducia.
"Complimenti, sono sbalordito" si congratulò riacquistando il colorito normale.
"Sbalordito? Melanie credimi, è un'ora che mi tartassa con questi cinque. Ancora un po' e saprò che marca di mutande usano e di che gruppo sanguigno sono" scherzò Emily rivolta alla donna che già stava aprendo la borsa con i cosmetici.
"Ci credo, Bob sa essere pesante come nessun altro"
"Grazie, meglio se vado prima di ricevere troppi complimenti da voi due" replicò.
"Comunque tesoro, a me stanno simpatici, sono così carini"
"No no no no Melanie ti prego. Parlami della fame nel mondo, dei tuoi amori adolescenziali, di come stanno i tuoi figli, delle crisi depressive dei pesci rossi e del grado di salinità dell'oceano Atlantico se proprio credi, ma ti supplico: non parlarmi più degli One Direction prima dell'inizio dello spettacolo o giuro che mi metto a piangere!"
Melanie rise e si mise al lavoro.
 
Gli One Direction erano entrati in studio per primi, Emily sarebbe dovuta arrivare solo dopo un po' di tempo. Si sentiva insolitamente nervosa.
"Questa è tutta colpa di Bob! A forza di parlare di loro mi ha fatto venire l'ansia. E One Direction di qua e One Direction di là...mi sento come se dovessi fare un esame, accidenti!" pensò tra sé.
Si impose di stare calma. In fondo doveva solo fare un'intervista e forse cantare una canzone, nulla di trascendentale, poteva farcela. 
"Tocca a te!" le disse l'aiuto regista.
"E andiamo!"
Abbassò lo sguardo, fece un respiro profondo e entrò nello studio a testa alta, con le luci puntate e gli applausi ad accoglierla.

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Capitolo 2
*** Inviti forzati ***


"Buona sera"
Il presentatore le andò incontro stringendole la mano. Lei sorrise: una pura maschera di imbarazzo, ecco come credeva fosse la sua espressione in quel momento. 
Lo studio era circolare: da una parte erano sistemati due divani bianchi in pelle e al centro una poltrona con le stesse caratteristiche. Emily gettò uno sguardo al divano occupato: il gruppo si era alzato educatamente e la aspettava per salutarla.
"Coraggio, sta' calma! Sembri una bambina di cinque anni"
"Ciao, sono Zayn" si presentò porgendole la mano.
 Ricambiò il gesto cercando di trattenere una risata: proprio quello di cui aveva storpiato il nome, che sfiga! Doveva proprio essere il primo?
"Emily" rispose sorridendo.
"Louis"
"Harry, molto piacere"
"Niall"
"Io sono Liam"
Strinse la mano, sorrise e ripeté il suo nome 5 volte in tre secondi. I tre secondi più lunghi della sua vita. Finalmente raggiunse il divano che le stava indicando il conduttore e vi si sedette. Ora era di fronte ai ragazzi e al pubblico. Lo studio era grande e lei si sentì piccola e vulnerabile, come fosse ancora alle prime armi.
"E ci ha raggiunto anche Emily, inglese anche lei. Allora, è la tua prima volta in America?"
"Ma, è sola?" lo interruppe Harry. L'attenzione si catalizzò su di lui: il conduttore e Emily lo guardarono, la ragazza con espressione neutra (non era neppure certa di aver capito bene, stava cercando di regolarizzare i battiti del cuore), i compagni con un sopracciglio alzato. 
"Beh, che c'è?" chiese dopo averli fissati.
"Intendeva che è seduta sola, perché pensate sempre male?" intervenne Louis in sua difesa.
"Infatti, sembra in punizione!" continuò Harry.
"Già, chi sa perché pensiamo male! Vieni Niall, facciamo i gentiluomini"
Zayn e Niall si accomodarono alla destra e alla sinistra di Emily, che si sentì lievemente circondata. 
"Ciao" le disse Zayn. Emily sorrise. Di nuovo.
"Dannazione! Dovrò sembrare una stupida o una che ha esagerato col botox con tutti questi sorrisi. Che diavolo mi prende?"
"Allora, ti piace New York?" chiese il conduttore riprendendo le fila.
"A dire il vero sono arrivata da poche ore e durante il tragitto...ho dormito" ammise arrossendo e suscitando l'ilarità generale. Si afferrò una ciocca di capelli e si sciolse anche lei in un sorriso meno teso e decisamente più naturale.
"Lo so che non è attraente da dire. Rimedierò presto comunque, ho una serie di concerti da fare nei prossimi mesi, quindi potrò senz'altro vedere qualcosa"
"Voi siete i ragazzi più famosi del momento, invidiati da centinaia di vostri coetanei: come vi fa sentire questo?"
Louis rispose per primo."Benissimo!"
Gli altri risero.
"Sì insomma, è bello poter fare quello che più amiamo e ad una età così giovane. Penso che siamo stati fortunati ad arrivare a questo punto, non ce lo saremmo mai immaginati" continuò Niall.
"Non ci sono dei lati negativi?"
"In ogni cosa ci sono lati positivi e negativi. Magari non abbiamo molta privacy ma, insomma, fa sempre piacere quando ti fermano per strada per chiederti un autografo o cose del genere! E' inutile negarlo" replicò Emily. Gli altri annuirono.
La ragazza aveva ancora troppi occhi puntati addosso per i suoi gusti: di solito si muoveva su un palco, aveva la sua chitarra in mano, la musica che la faceva diventare completamente diversa. Invece era in un posto nuovo con nessun viso familiare e un gruppo con più esperienza di lei. Ed erano in cinque. E lei era una. Si voltò e incontrò due occhi azzurri che la scrutavano. 
Harry: Bob le aveva detto che era il rubacuori del gruppo, perciò nulla di strano che la stesse scannerizzando per bene. Se pensava che gli avrebbe dato soddisfazione, poteva stare fresco! Aveva sviluppato gli anticorpi contro quelli come lui, una cosa per cui doveva ringraziare il suo primo e unico ragazzo. Non ricordava che qualcuno l'avesse mai guardata in quel modo. Questione di allenamento, suppose. Aveva uno sguardo così intenso che le sembrava le stesse leggendo la mente. Non sapeva cosa fare: di sorridergli non se ne parlava neanche (chissà che avrebbe pensato), di distogliere lo sguardo neppure, non si poteva mostrare intimidita, ma se invece avesse continuato a guardarlo avrebbe potuto comunque farsi delle strane idee.
Malgrado la sua perenne sfortuna, questa volta il destino intervenne in suo favore.
Louis gli pestò accidentalmente un piede, distraendo l'amico dalla sua occupazione.
Emily rispose meccanicamente ad un paio di altre domande quando il conduttore mandò la pubblicità. Melanie si fiondò sulla sua protetto con un pennello in una mano e la cipria nell'altra.
"Stai andando bene!" le sussurrò mentre le passava il la polvere sul naso con poca delicatezza.
"Grazie Melanie ma..."
"Sembravi molto tesa prima di entrare" continuò spennellandola freneticamente.
"Melanie fai piano, c'è la mia faccia qui sotto"
"E poi sei splendida e..."
"Melanie calmati! Mi stai infilando il pennello in bocca con tutta questa foga!" la interruppe prendendola per le spalle.
"E mi stai anche mettendo in imbarazzo" aggiunse a voce ancora più bassa.
Melanie si voltò: Harry Zayn e Liam in effetti le stavano fissando.
"Ti stanno guardando!" mormorò con l'espressione di una bambina.
"Già!" replicò Emily con l'espressione di chi cerca di spiegare un concetto ad uno stupido.
"Allora vado" la salutò, e la piantò lì.
"Mah, che strana...sarà qualcosa nell'aria!" pensò tra sé.
"Ciao" la salutò Harry con un sorriso avvicinandosi insieme agli altri. Sembravano un plotone di esecuzione così schierati davanti a lei, che in quel momento maledisse di non aver fatto un gruppo; magari sarebbe stato diverso.
"Non ti preoccupare, è innocuo anche se fa paura" scherzò Louis.
"Abbiamo ascoltato il tuo singolo sai, è proprio forte. Lo hai scritto tu?" continuò Harry ignorando bellamente la battuta.
"Sì, scrivo sempre io e il mio manager mi odia per questo: se non gli piace qualcosa, non c'è verso che mi convinca a cambiarla. Io invece ho visto il vostro video, Best song ever, è geniale!"
"Grazie! Abbiamo cercato di convincere Zayn ad adottare quel look in maniera permanente, ma non ci siamo ancora riusciti!"
"In scena tra dieci secondi!" sbraitò il cameraman.
"Nervosetto eh!" borbottò Emily mentre si andava a sedere con Zayn e Niall, che assunsero un'espressione divertita.
"Ed eccoci di nuovo in diretta"
 
Dopo un'altra mezz'ora di intervista i sei ragazzi vennero congedati e salutati in maniera calorosa dal pubblico e dal presentatore.
Si diressero dietro le quinte dove trovarono Bob e Paul occupati a ridere come dei ragazzini raccontandosi vecchie storie. Si avvicinarono ai due, che sembravano conoscersi da sempre, più confusi che persuasi.
"Ci siamo persi qualcosa?" domandò Emily con l'aria interrogativa che avevano anche i cinque ragazzi.
"Ragazzi, abbiamo scoperto...ahahah...Non ce la faccio diglielo tu" Paul si interruppe in preda ad un eccesso di risa.
I ragazzi si scambiarono un'occhiata interrogativa.
"Ma stanno bene? Sono fucsia in faccia!" osservò Liam.
"Bob ti sei fatto?" insisté Emily, ma scatenò solo un altra eccesso di risate: erano letteralmente piegati in due!
"Che dici, lo prendiamo per un sì?" chiese la ragazza rivolta a tutti e a nessuno in particolare. In risposta, ricevette solo sguardi attoniti.
"Dai Paul calmiamoci" cominciò Bob asciugandosi le lacrime; cercarono di riprendere fiato.
"E quindi? Che avete da ridere?" li incoraggiò Louis vedendo che non parlavano. Si fissarono per cinque secondi e poi ricominciarono a ridere. I ragazzi sospirarono esasperati.
"Emily, abbiamo scoperto che ahahah...eravamo amici"
"Però quando...ahahah avevamo la vostra età" concluse Paul.
"Ed una cosa così divertente?" insisté Louis: evidentemente sfuggiva loro il lato esilarante della faccenda, pensò.
"Non è questo. Stavamo ricordando quello che facevamo: sapete le prime ragazze le prime volte e..."
Venne interrotto dai versi dei ragazzi con la faccia schifata.
"Bleh!"
"Ma è disgustoso!"
"Non vogliamo sapere niente!"
"Che schifo!"
"Le prime volte! Ma come vi salta in mente di venircelo a dire?"
"Mi è venuta la nausea!"
"E poi avevate la nostra età! Dico, come fate a ricordarvelo! Sarà stata una vita fa!" aggiunse poi Harry.
Paul e Bob si irrigidirono di colpo, perdendo ogni accento scherzoso.
"Non so, fossi in te non ci scherzerei tanto; non vorrei farlo arrabbiare" suggerì Emily notando la stazza di Paul.
"Infatti farò finta di non aver sentito" disse scandendo bene.
"Comunque, abbiamo deciso di vederci questa sera in albergo, così voi farete amicizia e noi rinfrescheremo le nostre memorie antidiluviane!" spiegò Bob.
"Fantastico. Avete sentito? Rispolvereranno i bei vecchi tempi andati!" esclamò Louis con finto entusiasmo.
"E noi saremo a portata d'orecchio! Meraviglioso!" continuò Niall.
"Non dovete stare per forza con noi. Potete stare per i fatti vostri" 
"Ci mancherebbe altro!" commentò Zayn
"Bene, così possiamo stare tra di noi" disse Harry posando una mano sulla spalla di Emily e facendole un largo sorrise.
"Eh, che bello!" replicò cercando di sembrare convincente.
 
"Cosa è che continui a borbottare?"
"...odio! Quanto ti odio! Quanto ti odio! Quanto..." continuò ad imprecare Emily con la fronte poggiata contro lo specchio dell'ascensore.
"Ancora? Stai diventando monotona; è da quando siamo entrati in macchina dopo lo show che continui a lanciarmi maledizioni in greco-aramaico e turco-ostrogoto. Pensavo ti fossi rassegnata ormai" sentenziò Bob placidamente.
Emily si scollò dallo specchio.
"Io dico, ma come diamine ti salta in mente di organizzare la rimpatriata oggi, con quello lì, che sta con quelli là, portandoti questa qua!" sbottò alzando il tono di voce ad ogni parola.
"E per questa qua intendo me stessa medesima in persona! Cavolo, oggi lo segnerò sul calendario come la giornata "One Direction", sono una fedele discepola iniziata al culto ormai! Non ho mai sentito parlare tanto delle stesse persone per così tanto tempo nell'arco di una sola giornata. E poi a me nemmeno piacciono e mi stai costringendo a passare una serata con loro o ad ascoltare te che e quell'altro lì che vi fumate un sigaro in onore della vita che fu! Ma quando accidenti arriviamo allo stramaledettissimo piano???"
Sbraitò fuori di sé. L'imperturbabilità di Bob poi le dava ancora più sui nervi.
"Hai finito?" 
Rispose con un tic all'occhio.
"Guarda che ai ragazzi non piacciono mica le ragazzette isteriche come te, sai?"
Emily evitò di rispondere: se avesse replicato era certa che gli avrebbe fatto ingoiare una delle Converse che stava indossando.
"E poi non è colpa mia se la loro stanza è al diciassettesimo piano. Credevo che aveste fatto amicizia, sembravate così in sintonia mentre prendevate in giro me e Paul!"
"Va bene, facciamo che ingoio il rospo per questa sera, solo perché in fondo in fondo ti voglio bene. Ma chiariamo che non sono tra le prime dieci persone con le quali passerei una serata. Non ci credo siamo arrivati!" esclamò infine sorpresa davanti alle porte che si aprivano.
"Alleluia"
Nel corridoio si sentivano imprecazioni e persone che correvano.
"Sei un deficiente!"
"Detto da te è un complimento"
Zayn e Louis si stavano inseguendo per tutto il corridoio.
"Ehi, ciao" la salutò il moro sfrecciandole davanti.
Rispose con un ciao poco convinto; che stavano facendo???
"Guarda che puoi correre quanto ti pare. Tanto sono più veloce di te"
"Ah si, scansa questo allora"
Emily non capì nulla: sentì solo un "Emily attenta!" pronunciato da Bob e mezzo secondo dopo si ritrovò con la maglietta completamente inzuppata d'acqua.
Louis e Zayn le corsero subito incontro.
"Oddio, mi dispiace! E' colpa nostra!" si scusò Louis.
"Nostra? Sei tu che le hai lanciato quel palloncino addosso!" protestò Zayn
"Ti dispiace scusarti e basta?" inveì Louis in preda all'imbarazzo.
"Hai ragione. Scusa Emily, mi dispiace che Louis abbia una mira tanto pessima!"
"Non vi preoccupate, è solo che...sto morendo di freddo" disse battendo i denti.
"Sì, l'avevo riempito con l'acqua più fredda possibile in effetti. Aspèttatene un altro a sorpresa Zayn! Vieni Emily" 
Li guidarono verso la loro camera e bussarono.
"Siamo noi, apri"
Niall aprì la porta sorridente.
"Ciao" lo salutò Emily.
"Ciao. Ma che...Louis, un cretino! Gliel'hai tirato addosso?" disse Liam arrivando per accoglierli.
"Ma no, è sudata perché si è fatta diciassette piani a piedi!" cominciò sarcastico.
"Certo che gliel'ho tirato addosso, non l'ho mica fatto apposta"
"Ma che ti hanno fatto?" domandò anche Harry arrivando e squadrandola.
"Bob, Emily ciao. Ma...Louis che è successo?" lo accusò subito Paul.
"Perché sei sicuro che una cosa del genere sia opera mia?" si schermì risentito.
Tutti i presenti lo guardarono contraddittori.
"Scusalo Emily, la sua età anagrafica non corrisponde a quella mentale"
"Non fa niente" lo rassicurò la ragazza con la maglia gelida ancora incollata alla pelle.
"Vieni, ti do una mia maglietta" disse Niall.
"Grazie!" esclamò sinceramente Emily. Finalmente si sarebbe potuta togliere quell'ammasso di ghiaccio.
Entrò nella stanza del ragazzo dove c'era anche un altro letto.
"Con chi dormi?" domandò per fare un po' di conversazione.
"Con me" rispose Harry appoggiandosi allo stipite della porta. La scrutava con lo stesso sguardo che aveva allo show.
"Tieni, questa dovrebbe andare bene" 
Niall le porse una felpa grigia col cappuccio.
"Grazie"
"Harry, renditi utile, dalle un'asciugamano"
Le scollò gli occhi di dosso e fece ritorno nella stanza con un'asciugamano.
"Ok. Se non ti piace, puoi prenderne un'altra. Fai come fosse il tuo armadio" disse Niall con un sorriso spingendo Harry fuori dalla stanza.
Emily rimase a fissare la porta con l'asciugamano in una mano e la felpa nell'altra.
"Non è giusto. Questo non è giusto! Non può essere gentile con me! Se fanno così come faccio a disprezzarli senza sentirmi un verme! Che palle, vi odio!!!"
Si tolse la maglietta bagnata e, dopo essersi asciugata, si infilò la felpa. Le sembrò l'indumento più caldo che avesse mai indossato. Aprì la porta e si diresse nella stanza da cui sentiva provenire le voci dei ragazzi.
"Ehi, ti sta meglio che a Niall!" le disse Harry mentre Liam gli tirava un cuscino in faccia.
"Questa dove la metto?" chiese mostrando la maglietta bagnata, dopo aver risposto con un sorriso timido ad Harry.
"Ci penso io" rispose Liam alzandosi e prendendo la maglietta per stenderla.
"Allora, che vogliamo fare?" chiese Zayn.
"Giochiamo a -non ho mai-?" propose Liam tornando.
"Sì, così Paul e Bob ci ammazzano definitivamente. Già Louis le ha rovesciato addosso l'acqua che aveva messo in freezer per bagnare Zayn! Se la facciamo pure bere ci buttano giù dalla finestra"
"Mica dobbiamo bere per forza Niall. Possiamo farlo con la Coca Cola" propose in risposta il ragazzo.
"Per me va bene" assentì Emily.
"Sì anche per me"
"Perfetto. Vado a prendere le bottiglie"
Zayn fece ritorno con sei bottigliette da mezzo litro di coca cola; gli altri erano già disposti in cerchio per terra.
"Allora chi comincia?" chiese Emily.
"Tu" rispose Liam passandole una bottiglietta.
"Ok..." mormorò poco convinta. I ragazzi la fissavano in attesa della frase.
"Dunque...non ho mai...preso una multa"
Bevve solo Harry.
"Che c'è? L'avete vista la mia macchina? Se non corri con quella con quale dovresti farlo? La multa per eccesso di velocità più bella che si possa avere!" spiegò in risposta alla faccia di Liam ed Emily che lo fissavano con un sopracciglio alzato.
"Non ho mai avuto una sospensione" proseguì Liam
Non bevve nessuno. Dopo qualche secondo, tra la sorpresa generale, Emily prese un lungo sorso.
"No, non ci credo!" esclamò Louis.
"Che hai fatto? Stavi troppo zitta?" scherzò Harry.
"No. La professoressa di matematica mi aveva chiesto di farle un esercizio alla lavagna, poi me ne ha fatto fare un secondo, l'ho sbagliato e lei ha detto che ero una stupida incapace di capire la matematica"
"E tu?" fece Niall
"E io le ho detto che la stupida era lei che non sapeva spiegare le cose. E poi le ho fatto anche notare che il risultato era giusto. A quel punto ha cominciato a sbraitare ma le uniche cose che ho capito sono state "ufficio preside adesso!""
"Non ho mai fatto una cosa a tre!" disse Harry
"Bevi!" ordinò Louis visto che nessuno sicuramente avrebbe bevuto.
Harry fece spallucce.
"Non ho mai fatto una cosa" disse Niall.
"Una cosa, cosa?" chiese Zayn.
"Suppongo "quella" cosa" azzardò Emily.
Niall annuì.
"Aah...vabbè ma tu esprimiti no?"
Emily bevve.
"E dunque?" chiese Louis in attesa.
"E dunque cosa?". Guardò in faccia gli altri.
"Sentite, io non chiedo a voi della vostra prima volta e voi non chiedete a me della mia non volta!"
Harry scosse la testa divertito.
"Infatti, se no sarei interpellato anche io" aggiunse Niall.
"Non ho mai...vomitato sul palco" disse Zayn con un sorrisetto rivolto ad Harry.
"Avevo appena mangiato, lo sai bene!" replicò acido Harry bevendo.
"Non ho mai..." cominciò Louis; ci pensò su per qualche secondo.
"Non ho mai picchiato qualcuno"
"Gli schiaffi valgono?" chiese Emily.
"Sì"
Lei, Zayn ed Harry bevvero. Il sonoro rutto di Zayn non si fece attendere.
"Che schifo" commentarono scoppiando a ridere.
Continuarono a giocare così per un po', fin quando non cambiarono occupazione: Twister.
C'avevano messo un po' a carburare, perché in un primo momento l'equilibrio era davvero precario, ma adesso il gioco si era fatto davvero duro: era circa mezz'ora che avevano ricominciato e ancora nessuno accennava a cadere. Erano un groviglio umano: chi si trovava davanti i piedi, chi le ginocchia, chi il...(vabbé, avete capito!) e chi semplicemente il pavimento.
"Accidenti Louis! Giuro che per Natale ti regalo una fornitura di calzini; non si può vivere così! Mi stai facendo tornare il ciuffo biondo!!!" si lamentò Zayn con i piedi dell'amico a distanza pericolosamente ravvicinata.
"Io sto benissimo!" commentò sorridente Harry, che davanti aveva Emily.
"Perché siete gli unici due a guardare parti del corpo che di solito si guardano! Sono un'arma di distruzione di massa. Potresti compiere un genocidio catastrofico come quello ebreo!" proseguì cercando aria.
"Quanto la fai lunga!"
"No Louis, lo sento da qui" assicurò Emily.
Qualcuno rise.
"Fermi, non vi muovete!" intimò Liam che si reggeva sulle due braccia.
"Allora, la giriamo questa cosa o no?" continuò.
"E ti pare facile?" si lamentò Louis che cercava disperatamente di allungare la mano verso l'indicatore.
"Prima che a Zayn venga un cancro ai polmoni possibilmente"
"Grazie Emily" replicò Zayn.
"Emily sta' zitta, non possiamo ridere" protestò Niall.
"Ok, allora...era il turno di Harry vero? Mano destra nel blu"
"Ce la faccio" mormorò a denti stretti in preda allo sforzo.
"Ciao" disse arrivando ancora più vicino ad Emily.
"Come va?" replicò lei.
"Mah, ti dirò, mi fanno male muscoli che non pensavo neppure di avere"
Emily sorrise.
"O-oh!". Il tono era quanto mai allarmato.
"O.oh? Che vuol dire "o-oh"?" chiese Liam col fiato corto.
"C'è un problema" cominciò Niall.
"Un problema?"
"Che problema?"
"Che vuol dire c'è un problema?"                         
"Devo starnutire" ammise il biondo sempre con lo stesso tono.
Tre secondi di silenzio in cui i ragazzi si fissarono tra di loro con gli occhi sbarrati. Poi sbottarono tutti insieme:
"No Niall!"
"Ti prego, finirei con la faccia appiccicata a questi cosi, potrei morire o perdere coscienza nella migliore delle ipotesi"
"Scherzavo, fallo! Così me lo tolgo di torno una buona volta! Glielo infilo in bocca il mio piede!!!"
"Cavolo, trattieniti per favore"
"Non è colpa mia..."
"Non puoi starnutire! Non so più nemmeno dove si trova il resto del mio corpo, potremmo romperci tutti qualcosa!" esclamò esasperato Liam.
Niall cominciò a storcere la faccia.
"Niall ti ammazzo!!!"
"Siamo morti!"
"Non è poi così grave" ribatté Harry a pochi centimetri dal viso di Emily. Se fossero caduti, lei gli sarebbe atterrata proprio di sopra.
"Tu credi Harry? Ho il ginocchio di Liam sulla pancia, se cado potrei espellerti tutto il mio apparato digerente sulla faccia!" spiegò Emily.
"Così però gli uccidi la libido" intervenne Zayn.
"Ragazzi è tutto a posto, è passato" assicurò Niall.
Ci fu un sospiro generale.
"ETCIU!"
Due secondi di baraonda: improperi, urla e cadute.
"Ahi..." fu il lamento comune.
"-Salute Niall- -Grazie!-" sbuffò il ragazzo.
"Fai lo spiritoso, non appena avrò ripreso sensibilità al corpo, ti farò vedere" biascicò Liam.
"C'è qualcuno che ha la mano in posti in cui non ci dovrebbe essere"
"Colpa mia" borbottò Zayn ritirando la propria mano.
"Allora c'è vita dopo i piedi di Louis"
"State tutti bene?" chiese Louis ignorando il commento acido.
"Una pacchia, sai quante volte ho sognato di avere i tuoi piedi fetenti sulla pancia? E' un desiderio che diventa realtà!" rispose Harry spingendoli via.
"Mi fa male tutto" si lamentò Liam.
"Perché sono sul tuo braccio" spiegò Emily.
"Ok, al tre ci alziamo. Uno, due, tre..." contò Niall.
Si alzò un coro di:
"Ahi" "Ohi" "Che male"
"Ma chi ha acceso la tv?" osservò Harry.
"Forse Zayn è caduto sul telecomando" spiegò Louis massaggiandosi la schiena.
"Ma è il Re Leone!" esclamarono entusiasti Emily e Zayn scattando sul posto.
"Che cosa? Alza il volume, forza" incitò Harry.
"E un attimo; non trovo il telecomando" 
"Il Re Leone? Ma quanti anni avete?"
I ragazzi si voltarono: Bob e Paul li fissavano divertiti.
"Beh? Io ho visto "I Puffi 2" al cinema quando è uscito" asserì Emily con la dignità di chi sta pronunciando un giuramento.
"Confermo" disse Bob.
"Tzé, ma che ne volete capire?" disse Louis con la stessa espressione della ragazza.
"-Quanti anni avete?- Mah! Come se uno dovesse guardare i cartoni solo a cinque anni!" continuò Liam.
"Volete stare zitti? Non sento niente" sbottò Harry accompagnato da Niall, già comodamente seduti.
Bob e Paul si scambiarono un'occhiata esasperata.
"Non ce ne andremo fino a quando non sarà finito, vero?" chiese Bob.
I sei ragazzi risposero all'unisono:
"SSHHHHH!"                                   

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Capitolo 3
*** Disturbi assortiti ***


Emily emerse dalle coperte in stato confusionale.
Voltò pigramente il capo verso il comodino e guardò l'orologio: 9:15
Sbadigliò sonoramente. Le ci vollero alcuni secondi per ricordarsi dove fosse e cosa avesse fatto la sera prima.
Bob e Paul li avevano trovati addormentanti davanti alla tv: lei con la testa poggiata sulla spalla di Niall, Harry con la testa poggiata sulla sua e a seguire Zayn, Louis e Liam. Li avevano svegliati, Emily e Bob erano tornati in albergo e finalmente la ragazza aveva potuto buttarsi sul letto a peso morto, cosa che le sembrava di non fare da un secolo.
Sbadigliò ancora una volta, allargò le braccia e sorrise, salvo storcere il naso subito dopo. 
Qualcosa non andava. Forse si era addormentata con le lenti a contatto? No, vedeva sfocato. C'era qualcosa di strano nell'aria...un profumo che non era il suo; buono sì, ma non era il suo. Si alzò e andò in bagno; un veloce sguardo allo specchio le fece capire il problema.
"Niall"
Aveva ancora addosso la sua felpa! Fantastico, ora aveva pure la scusa per vederli di nuovo. Si sorprese nel constatare che la cosa le dispiaceva meno di quanto avrebbe voluto ammettere. Fece spallucce all'immagine che la fissava strafottente dallo specchio e si lavò per scendere a fare colazione.
Raggiunse Bob al suo tavolo e trovò anche Melanie.
"Buon giorno"
"Ben svegliata piccola" la salutò Melanie.
"Com'è andata ieri?"
Emily aprì bocca per parlare ma venne preceduta da Bob.
"Benone, sembrava si conoscessero da sempre"
"Addirittura! Diciamo che è stato meno tragico di quanto credessi" replicò zuccherandosi il cappuccino.
"Ottimo, perché Seventeen vi ha fissato un'intervista doppia per oggi"
Emily tossì il cappuccino sulla tavola e in parte sul giornale che stava sfogliando Bob.
"Accidenti, stai bene tesoro?" si preoccupò Melanie dandole delle pacche sulla schiena per farla riprendere.
La ragazza, rossa in viso, cercò di riprendere a respirare.
"No ma, tranquillo eh?" sbottò rivolta a Bob.
"Che c'è? Lo hai detto anche tu che è andata meglio di quanto pensassi no?" si giustificò asciugando per quanto possibile il giornale.
"Meglio non è bene! C'è una differenza abissale! E poi non avevo l'intervista con "Rolling Stones" oggi?"
"No, quella è domani"
"Ma ma...noi non c'entriamo nulla insieme, insomma! Loro pop, io rock, loro maschi, io femmina, loro cinque, io una, loro cantanti, io cantautrice. Me lo spieghi che cavolo..."
"Loro inglesi, tu inglese, loro belli e famosi, tu bella e famosa. E per "Seventeen" è stata un'associazione di idee vincente"
Emily aveva ancora la bocca aperta; si voltò verso Melanie in cerca di aiuto ma la donna aveva strategicamente puntato gli occhi sulla trama della tovaglia come se fosse lo spettacolo più avvincente al quale avesse mai assistito.
"Va bene, va bene! Faro quest'intervista con gli One Direction, farò il benedetto servizio fotografico con gli One Direction per "Seventeen", ma giuro Bob, tu prova ad appiopparmene un altro e non risponderò più di me. Passino gli One Direction, ma prova a propinarmi Justin Bieber e giuro che mi ci faccio una pelliccia!"
 
Erano entrati nella limousine da un po' ormai e come al solito Emily era entrata quasi subito in fase creativa: musica nelle orecchie, quaderno sulle ginocchia e penna appoggiata alle labbra.
"Emily?"
Bob attirò la sua attenzione e lei si tolse un auricolare.
"Sì?"
"Ieri sera io ho approfittato della proposta di "Seventeen" mentre ero con Paul perché era da tanto che non ti vedevo così"
"Così come?"
"Sei più...radiosa. Insomma, sei abituata a stare con gli adulti, non vorresti un fidanzato neppure se ti recapitassero il Principe Azzurro in persona per Natale, hai ristretto le tue amicizie all'osso e anche se lo so che ti piace stare con me, Melanie e gli altri, è importante che tu stia con dei ragazzi della tua età e ieri mentre eri con loro si vedeva che stavi bene, ti sei lasciata andare. Devi cercare di essere meno dura con te stessa. Volevo sapessi che l'ho fatto perché ti voglio bene"
Emily sorrise sinceramente. Non erano molte le occasioni nelle quali Bob lasciava da parte le vesti di manager e amico per indossare quelle del padre putativo, e quindi ciascuna rappresentava un evento che le era sempre molto ben gradito.
"Lo so!" rispose dandogli un bacio sulla guancia.
Quando arrivarono venne detto loro che prima avrebbero fatto le foto e poi l'intervista.
Melanie si diede subito da fare per truccarla, ma fu costretta ad allontanarsi dopo poco, in preda al delirio perché non trovava un pennello. Poco male, avrebbe potuto dedicarsi al suo passatempo preferito da qualche settimana a quella parte. Tirò fuori l'iPhone che le aveva regalato Bob nonostante le iniziali proteste della sopraccitata, e iniziò un nuovo livello a "Candy Crush".
"Bene ma cherie, oggi sci penso io a truccarti. Fa vedere, ma che bel fascìno che hai"
Emily si girò con l'espressione scioccata sul volto per incontrare la fonte di quella cattiva imitazione di accento francese.
"Zayn, ti senti bene?" chiese divertita al ragazzo.
"Sì, nonostante l'incontro ravvicinato del terzo tipo con i piedi di Louis ieri, è tutto a posto"
Si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia.
"Ma che razza di strumento di tortura medievale è questo coso?" osservò stupito Harry rigirandosi un oggetto tra le mani.
La ragazza si voltò e glielo tolse subito di mano.
"Sei impazzito? Melanie potrebbe farti fuori se ti vedesse a toccare le sue cose"
"Sì anche io sono felice di vederti" ironizzò incrociando le braccia. 
"E comunque è un piegaciglia, non serve a torturare la gente" spiegò dopo averlo salutato con un bacio.
"Punti di vista" replicò Louis squadrando la collezione di pennelli, pennellini, mascara, ombretti, terre e compagnia bella che campeggiavano sul tavolo. Dietro di lui arrivò anche Liam.
"Dov'è Niall? Mi sono dimenticata la sua felpa ieri, gliel'ho riportata"
"Ragazzi ma siete ancora conciati così? Veloci, dovete andare a cambiarvi!"
Il responsabile li guardò esasperato e li consegnò immediatamente a chi di dovere.
Emily si ritrovò davanti ad un range di vestiti a base di gonne striminzite e hot pants.
I ragazzi avevano a disposizione una varietà di maglie che si disputavano il titolo di "più attillata" 
"Ma non avete, che ne so...qualche cosa che mi copra anziché farmi sembrare ancora più nuda di quando non indosso vestiti?"
"Bé, ci sarebbero questi" azzardò l'assistente mostrandole una paio di pantaloncini a jeans aderenti.
"Sono i più lunghi che avete?" chiese rivolgendo uno sguardo supplichevole alla ragazza.
"Temo di sì" rispose dispiaciuta.
Emily sbuffò "Eh va bene"
"Santo cielo, non riesco a respirare!"
"Respirare? Io non posso nemmeno allargare le braccia" puntualizzò Liam in riferimento alla lamentela di Niall, che intanto era arrivato ed era stato intrappolato da una mortifera T-shirt nera con scollo a V da un assistente.
"Però state bene" osservò Louis indossando a sua volta dei vestiti.
"Ehi sapete, questa non è male. Me la sento proprio bene" commentò una volta infilata la maglia.
"Buon per te, io sto soffocando" continuò Niall.
"Perché non ti metti una canottiera come me?"
"Non può, sono finite le taglie adatte" intervenne Harry infilandosi l'ultimo capo disponibile.
Un gridolino interruppe la questione. 
"Mah sì! E poi vado direttamente a battere nel marciapiede di fronte, Bob! Stai scherzando vero?"
I ragazzi sporsero la testa dal grosso paravento dietro il quale si trovavano e si imbatterono nella vista delle gambe nude della ragazza, con un paio di tacchi 12 in mano e un altro paio addosso. Discuteva animatamente con Bob che cercava di calmarla, ma era evidente che anche lui fosse contrariato.
"Harry, stai sbavando per terra" sghignazzò Zayn
"Senti chi parla!" ribatté
"Sei indecente, hai pure la ragazza!" lo rimproverò Louis.
"Anzi fidanzata!" si corresse.
"Calmatevi, sto solo dando uno sguardo innocente!"
"Sì, tanto quanto quello di Harry. Harry? HARRY?"
"Eh, dici a me?" rispose inebetito dopo qualche secondo.
"Ma no, l'altro Harry" ironizzò Liam
"Ah ok"
"Certo che dicevo a te, idiota! Stiamo facendo la figura degli stupidi!" sbottò Louis
"Che sei rompiscatole! Lasciaci in pace no?" intervenne Liam.
"Sembra che non ne abbiate mai vista una!"
"Così no" si giustificò Niall.
"Né senza che ci fossero ragazzi intorno" aggiunse Harry.
"Voi due fate quello che volete. Voi invece levatevi subito, o lo dirò a Perrie e Sophia!" inveì Louis.
"Lo vedi? Mi fissano tutti!" 
Le parole di Emily erano inequivocabilmente riferite a loro: stava puntando un dito contro.
I ragazzi si ritirarono subito dietro il paravento, rossi in viso mentre Louis gongolava con un sorriso soddisfatto stampato in faccia
"Oh, non potete neppure immaginare la gioia che sto provando in questo momento!" esclamò divertito dalla loro figuraccia.
"Ma sta un po' zitto!" replicò seccato Harry.
Alla fine Emily cedette: fece il servizio fotografico con tacchi alti e pantaloncini corti.
Non ci era abituata, non era da lei stare al centro dell'attenzione al di fuori del palco. Per non parlare di tutti i discorsi che faceva sulla donna-oggetto! E ora si ritrovava vestita in quel modo assurdo! Andò a farsi truccare e quando arrivò sul set i ragazzi erano già in posizione.
Nonostante non li avesse mai trovati particolarmente carini ebbe un attimo di mancamento: lasciavano senza fiato!
I vestiti aderivano perfettamente al corpo atletico, ben disegnato, mettendo in mostra i muscoli e le forme giovanili che ammiccavano provocanti sotto il tessuto. Le braccia scoperte di Zayn ed Harry mostravano, oltre all'attraente risultato di ore di palestra, anche dei tatuaggi che, stranamente, attirarono l'attenzione di Emily. Sì, doveva ammettere che in quel momento non le dispiaceva neppure un po' dover fare il servizio fotografico con loro. Scosse la testa dandosi della stupida e si avviò. Il fotografo la pose al centro, essendo l'unica ragazza e cominciò a scattare varie foto, dando loro istruzioni: ora naturali, ora sorridenti, ora tu appoggiati a lei, ora voi due datele un bacio sulla guancia, ora siate ammiccanti e così via. 
Si sentì terribilmente impacciata all'inizio e non desiderò altro che togliersi quei tacchi e fuggire via a perdifiato. Erano tutti intenti a guardare i sei ragazzi che posavano con disinvoltura (più o meno reale e spontanea); Emily era più che sicura di avere le orecchie rosse: se le sentiva letteralmente in fiamme! I ragazzi invece sembravano essere perfettamente a loro agio: se ne accorse quando poggiò il gomito sulla spalla di Zayn, lanciandogli uno sguardo interessato come da istruzioni: ricambiò come se l'espressione del viso sorgesse naturale.
All'improvviso, come avesse avuto un'illuminazione, il fotografo squadrò Harry ed Emily.
"Cingile il fianco. Così, come se volessi sedurla. Perfetto! Tu invece tirati indietro e fingi di spingerlo via con le mani, allunga di più il collo, perfetto. Voi invece fate finta di assistere divertiti alla scena"
Di fingere non c'era alcun bisogno: i ragazzi ridevano sotto i baffi senza bisogno di suggerimenti. Emily era più scomoda che mai con la schiena inarcata, il collo piegato e le mani sul petto di Harry. Quest'ultimo punto era il meno spiacevole.
"Ma che diavolo vai a pensare? Torna in te!"
Il fotografo scattava e lei aveva ancora le mani di Harry addosso, e le sue erano sul suo petto. Ancora. Era piuttosto...bello, sentire i muscoli sotto la maglietta. Si diede mentalmente uno schiaffo e cercò di recuperare l'autocontrollo psichico.
Dopo un lasso di tempo che sembrò ad entrambi lungo in modo imbarazzante e allo stesso tempo spiacevolmente breve, il fotografo diede nuove istruzioni. Harry lasciò svogliatamente la vita della ragazza, ancora rapito dal suo profumo e continuò a posare, intontito.
Una volta finito il servizio Emily fu lieta di potersi togliere quegli abiti a favore dei suoi jeans prima di avere l'intervista. Le domande furono le solite, si ripeterono uguali ad altre che erano già state affrontate, quando arrivò quella che colpì tutti di sorpresa
"Pensate di incidere un singolo insieme?"
Secondi di imbarazzante silenzio interrotti solo da "Uhm..."
"Incidere? Ma se li ho visti solo ieri?"
"A dire il vero..." Zayn cominciò senza sapere come proseguire.
"Non ne abbiamo proprio parlato!" concluse per lui Emily risoluta.
"Sì, infatti. Tutto è successo piuttosto in fretta, non ci conosciamo ancora bene. Facciamo due tipi di musica diversi, ma non si può escludere nulla" argomentò Liam.
"E tra di voi ascoltate la vostra musica? Intendo se voi ascoltiate la sua e tu la loro"
Bene! La domanda che aveva temuto le ponessero il giorno prima era giunta infine. Cosa avrebbe dovuto rispondere? "No, affatto. Conosco solo quella che trasmettono sempre" non le sembrava una risposta gentile da dare.
"Sì, penso che in certi momenti sia davvero catartica, ho ascoltato "Endlessly" mille volte. C'è stato un periodo in cui la mettevo in continuazione" disse Zayn.
"Sì è vero, la cantavamo ogni cinque minuti. Ha un testo che ti colpisce fino in fondo, e ha una voce straordinaria in quella canzone" continuò Harry.
"Solo in quella canzone?" scherzò Niall.
"Hai capito che intendevo" 
Emily replicò con un sorriso. Tipico: non sapeva come rispondere ai complimenti senza sembrare ipocrita. 
"E tu?"
Odiò quella giornalista per un secondo breve ma intenso. Disse la prima cosa che le venne in mente.
"La canzone che più mi piace è "Little things", quella è proprio bella: è dolce senza risultare melensa. Mi rivedo molto in quella canzone"
Di nuovo, la stavano fissando: perché dovevano avere tutti quelle faccette consapevoli? Perché la guardavano sempre in quel modo inspiegabile? Non era un modo particolare...era il loro modo! E la faceva sentire in soggezione! Erano come un "branco", forti perché uniti, e lei si sentiva nell'impaccio più totale. Le sembrava di essere giudicata quando in realtà non era così e odiava quella sensazione. Non si sentiva all'altezza.
Lasciò che le parole fluissero da un orecchio all'altro, sentendo ma non ascoltando. Ripensò per un momento a Josh: era stato lui ad ispirarle "Endlessly" e quando aveva scoperto il suo tradimento aveva provato un dolore che non credeva possibile soffrire. Era da quel giorno che si era chiusa a riccio con la gente: la sua mente era una muraglia impenetrabile agli altri, non si fidava più di nessuno nel modo ingenuo che aveva avuto in origine e alla prima delusione eliminava quella persona dalle proprie conoscenze. Era sbagliato, ne era consapevole, ma si era instaurato in lei un meccanismo di autoconservazione che era ormai radicato e che sarebbe stato difficile eliminare. In quel momento Louis stava rispondendo alla giornalista; Emily li fissò tutti e cinque e provò una fitta di malinconia mista a invidia: quei ragazzi potevano contare l'uno sull'altro, si fidavano come fossero parte della stessa famiglia, parlavano senza alcun timore di qualunque argomento passasse loro per la testa. 
E lei era sola. 
Questa consapevolezza scese come una morsa di gelo a serrarle la gola. Bob aveva ragione: aveva pochissimi amici e in quel momento nessuno di loro era con lei. Per quanto tempo sarebbe potuta andare avanti così, cancellando persone dalla sua lista delle conoscenze? Era un circolo vizioso: aveva imparato che più amore dava e più faceva male essere traditi, perché alla fine la gente ti ferirà sempre, in un modo o nell'altro; ma meno amore dava meno ne riceveva. Poteva ammettere che le persone che glielo davano erano comunque le migliori che lei avesse mai conosciuto, ma non erano con lei, quasi mai, perché lei era sempre in giro, in altre città e in altri continenti. Venne presa dall'improvvisa angoscia di essere dimenticata anche da queste poche persone che rappresentavano il suo mondo, di venir messa da parte, di essere tradita per l'ennesima volta, ancora ferita, ancora abusata nei sentimenti, ancora frantumata nel profondo.
Qualcosa a contatto con la sua mano ruppe il filo di quel tormento insopportabile.
"Stai bene?" sussurrò impercettibilmente Harry. 
Infatti aveva gli occhi lucidi e un velo di tristezza sul volto. Annuì più per convincere sé stessa che per rispondere a lui.  
Desiderò che quell'intervista finisse quanto prima: sentiva il bisogno di urlare e piangere e poi ancora urlare fino a quando avesse avuto fiato in corpo, fino a quando le corde vocali l'avessero sostenuta e poi crollare addormentata e risvegliarsi solo quando quel male sarebbe sparito. Per sempre.
 
Bob era preoccupato. Quando l'intervista si era conclusa Emily era andata da lui con volto cereo e aveva mormorato "Portami in albergo" con un filo di voce. Dopo di che non aveva più aperto bocca e si era chiusa in camera. Aveva provato a bussare ma non le aveva risposto. Erano passate quattro ore e di lei non c'era traccia.
Emily era in posizione fetale sul letto, una felpa di qualche taglia più grande che le aveva regalato il suo amico Erick, un ciondolo Tiffany donatole da Stacie il giorno dell'uscita del suo primo album, il bracciale che aveva ricevuto dai suoi genitori il giorno del suo diciottesimo compleanno e un mal di pancia che doveva solo ed esclusivamente al suo brutto vizio di congetturare e sviscerare un concetto fino alla nausea. Appena arrivata in camera aveva subito indossato quegli oggetti che le ricordavano l'affetto di alcune tra le persone più importanti della sua vita, quelle che non avrebbe dimenticato mai e che sperava facessero lo stesso con lei. Si era imposta di non piangere, per dimostrare a sé stessa di possedere autocontrollo, di non essere una ragazzina e resisteva stoicamente da molto tempo ormai. 
Dapprima aveva pensato che sì, lei odiava quei ragazzi, perché loro erano felici in un modo che lei non avrebbe mai provato, perché avevano tutto quello che volevano, perché erano spensierati e lei no.
Dopo aveva attraversato la fase opposta: si era sentita un mostro di egocentrismo e superficialità. Cosa poteva sapere dei problemi che loro potevano o non potevano avere? Cosa le permetteva di dire che loro avevano tutto e lei no, visto che sicuramente c'erano persone messe molto peggio di lei, che non era nella posizione adatta ad avanzare lamentele? E inoltre, non era in alcun modo giustificabile il provare astio nei confronti di qualcuno che è felice.
Infine, dopo lunghe disquisizioni interne, era giunta alla conclusione: non c'era nessun buon motivo per odiarli, per dare loro la colpa del malessere che provava. E in quanto a quel malessere dipendeva solo da lei farlo passare o meno, non poteva aspettare la manna dal cielo! Non sarebbe stato facile rompere il meccanismo che aveva innescato da lungo tempo a quella parte, ma c'avrebbe provato, avrebbe distrutto la fortezza che si era costruita attorno e avrebbe permesso a più persone di entrare, cercando di essere cauta ma non inflessibile.
Si alzò lentamente dal letto e andò in bagno. Accese la luce e si guardò allo specchio, le mani poggiate al lavandino.
"Tu non sei così! Sei molto meglio! Tu non ti arrendi, è chiaro? Non te lo permetterò Sei troppo giovane per farti tutti questi film mentali! Quindi o reagisci con le buone o con le cattive!"
Si sciacquò la faccia e si diresse verso il guardaroba; afferrò borsa, cappotto e uscì.
Il tempismo fu perfetto: Bob stava per provare ancora una volta a bussare. 
"Emily, alla buon'ora! Dov'eri finita? Ma...stai uscendo?" 
"Sì, devo dare la felpa a Niall, oggi l'avevo portata ma l'ho dimenticata. Vado in albergo da loro e torno" rispose e fece per andare.
"Aspetta, si può sapere che hai avuto? Non mi aprivi la porta, avevi il morale a terra..."
"Sì ma ora è passato...o meglio, sto cercando di farlo passare, ho deciso di seguire il tuo consiglio. Solo che ho bisogno di un augurio di buona fortuna" spiegò dandogli un bacio sulla guancia e andando via trafelata.
"D'accordo, buona fortuna!" le urlò dietro Bob confuso.
 
Dopo mezz'ora si ritrovò al loro albergo.
Avvertì un'improvviso senso di agitazione. E se fossero usciti? Magari avevano altri impegni, altre interviste, erano ospiti in qualche programma. Avrebbe dovuto chiamare per vedere se poteva passare. No, idea stupida: non aveva il loro numero.
Aspettò pazientemente l'ascensore e si calò meglio il cappello sulla testa: lungi da lei volersi fare riconoscere in quel momento! Non sapeva perché, ma aveva sentito che in quel preciso momento l'unica azione che avesse un senso fosse riportare la felpa a Niall, pur sapendo che non c'era alcuna spiegazione logica a riguardo. Entrò nell'ascensore, stranamente vuoto, e aspettò i soliti cinque minuti che impiegava per arrivare al piano 17.
Bussò alla porta e attese fremente, neppure lei sapendo perché.
Qualcuno, del quale non riconobbe la voce, chiese chi fosse.
"Sono Emily" rispose.
La porta si aprì e permise la visione di un Harry che aveva visto tempi migliori: era molto pallido, il naso arrossato e gli occhi lucidi.
"Ciao Emily" la salutò con voce nasale.
"Harry! Ti senti bene?" domandò stranita.
"No, mi sento uno schifo. Non riesco a respirare e ho questa voce del cavolo!" rispose tirando su col naso.
"Mi dispiace, non volevo disturbarti, ero solo venuta a riportare la felpa a Niall"
"Non ti preoccupare. Niall non c'è, ci sono solo io. Sono usciti tutti"
"E ti hanno lasciato solo?" chiese scioccata.
"Sì, ho detto io di farlo. E' una delle poche sere in cui potevano uscire, non mi andava che restassero dentro per me. Ho fatto finta di stare meglio e..." si fermò di colpo.
"E?" lo incoraggiò la ragazza.
Harry spalancò gli occhi e si precipitò dentro la stanza. Emily lo seguì e vide che era entrato nel bagno, intento a vomitare. Chiuse la porta della stanza e tornò dal ragazzo per aiutarlo, reggendogli la testa. Harry era scosso dai conati e dall'imbarazzo: bel colpo vomitare davanti ad una bella ragazza conosciuta il giorno prima. Si sentì incredibilmente stupido e immaginò quanto dovesse trovare disgustoso quello spettacolo; lui stesso odiava vomitare, figurarsi lei che lo guardava mentre rigettava anche l'anima.
Emily invece entrò subito in modalità crocerossina: gli teneva la testa e gli passava incoraggiante la mano su e giù sulla schiena, perfettamente a suo agio.
"Va meglio?" chiese quando Harry si fermò.
Il ragazzo annuì debolmente, anche se no, non stava esattamente meglio. Si sentiva liberato da un peso, ma aveva quel saporaccio in bocca e la vergogna ancora addosso.
"Voglio lavarmi i denti" borbottò corrugando la fronte.
Emily sorrise, in quel momento le sembrò un bambino con l'influenza.
"E' comprensibile, ti aspetto lì dentro" disse dopo che l'ebbe aiutato a rialzarsi.
La testa gli girava e si sentiva incredibilmente debole. Si lavò i denti spazzolando per cinque minuti e dopo essersi sciacquato la faccia andò dalla ragazza.
"Mi dispiace, non volevo mi vedessi in quello stato. Darò io la felpa a Niall" disse con l'intenzione di salutarla: la sua presenza in quel momento lo faceva sentire un idiota.
"E ti aspetti che ti lasci solo e abbandonato a te stesso? Forza, vatti a mettere a letto, io cerco un termometro" ordinò risoluta.
"Ma dai, ho fatto uscire i miei amici e pretendi che ti tenga bloccata qui?"
"Sei fortunato, non ho altri impegni per la serata"
Harry si sedette sul letto controvoglia.
"Non ho la febbre, mi sento molto meglio adesso!" protestò.
Emily poggiò la propria guancia sulla sua fronte.
"Fammi il piacere Harry, stai scottando. Questa è almeno 38, quindi sdraiati e aspettami qui"
Non gli diede neppure il tempo di controbattere; tornò poco dopo con un termometro al mercurio in mano. Gli fece cenno di sdraiarsi visto che ancora si ostinava a stare seduto e glielo infilò, controllando l'orologio.
"Bene, per i prossimi cinque minuti ti proibisco di protestare" lo informò gentilmente.
"Hai un bel modo di controllare la temperatura" sorrise Harry.
Emily arrossì:"E' solo che sono molto più precisa con la guancia che con la mano"
Realizzò solo in quel momento che forse si era avvicinata troppo al suo viso.
"Mi hai appena visto vomitare e arrossisci per questo? Emily, ormai non ci sono più segreti tra di noi" scherzò lui.
"Hai dei fratelli o delle sorelle più piccoli?" chiese poi.
"No, perché?"
"Mi chiedevo se l'istinto materno ti nascesse spontaneo"
"Ho fatto un duro allenamento con i miei cugini. Sono due gemelli; ora hanno dieci anni, ma quando erano più piccoli avevano sempre la brillante idea di ammalarsi tutti e due insieme e quindi io davo una mano"
"Che c'è?" aggiunse poi,dato che Harry la guardava sorridente.
"Niente. Sembri molto dolce" rispose continuando quello sguardo intenso.
Emily fissò l'orologio per nascondere un'altra inopportuna variazione di colore sul rosso vivo che aveva assunto il suo viso.
"Lo puoi togliere. Fa vedere. Hai 38 e mezzo, te l'avevo detto! Dunque, mi sembrava di aver visto delle goccine per il naso dove ho preso il termometro"
Tornò in camera con tutta la cassetta del soccorso.
"Allora, proporrei di non darti antipiretico al momento, così facciamo sfogare la febbre e ti passa prima. Però posso darti le goccine, così quanto meno puoi respirare e poi...hai ancora il senso di nausea?"
"No" rispose. Era piacevole vederla che si affaccendava per prendersi cura di lui.
"Mal di testa?" 
"Sì" ammise.
"Sopportabile o no?" continuò leggendo la scatola della medicina.
"Sta aumentando"
"Ok, puoi prendere questo, però devi mangiare qualcosa"
"Ma io non ho fame" 
"Non ha importanza. La priorità è che tu stia meglio"
"E se poi vomito di nuovo?" contestò assumendo di nuovo la faccia da bimbo.
"E se poi vomiti di nuovo lo raccoglierò personalmente" sbuffò "Ma non vomiterai" aggiunse.
"E tu che ne sai?"
"Lo so. Ora alza la testa, devo metterti queste"
Fece scendere delle gocce all'interno del naso e venne invaso da un intenso profumo di menta.
Emily intanto aveva già chiamato per ordinare la cena e poco dopo la consegnarono direttamente in camera; in questo modo poté prendere l'aspirina ma la febbre continuò a salire.
"Credo sia a 39" si lamentò Harry coprendosi di più.
"Sento freddo Emy"
La ragazza tornò con una coperta, la distese sopra il piumone e si sdraiò accanto a lui. 
"Dammi le mani. Cavolo, sei ghiacciato" osservò, cercando di scaldargliele tra le sue.
"Grazie Emily. Non so cosa avrei fatto senza di te" sussurrò Harry. Stava male ma avvertiva uno strano senso di benessere, nonostante tutto; si sentiva bene, con le mani in quelle di Emily, che erano così calde e morbide, era come se si conoscessero da più tempo, molto più di due giorni, come se fossero stati amici d'infanzia che si rivedevano dopo tempo e che ritrovavano subito quella complicità. Sembrava così sicura, eppure oggi gli era parsa immensamente triste, durante l'intervista e aveva provato una fitta al cuore, di dispiacere sincero. Non capiva bene cosa fosse, perché era una sensazione nuova. Sapeva solo che in quel momento aveva senso, aveva perfettamente senso che una quasi sconosciuta lo avesse aiutato a vomitare, che fosse sdraiata accanto a lui e che gli sussurrasse buona notte dandogli un bacio sulla fronte, le sue mani ancora tra le sue.
Sì, tutto quello aveva perfettamente senso.

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Capitolo 4
*** Conflitti e sparatorie ***


Emily fu riportata bruscamente alla realtà. Aveva sognato di cadere e come al solito si era svegliata di soprassalto; ultimamente era un sogno ricorrente. Realizzò subito che Harry stava dormendo accanto a lei e cercò di non svegliarlo. 
Non poteva crederci: si era addormentata! 
Con ogni probabilità aveva passato la notte lì perché poteva sentire il respiro di Niall nella stanza. Sperò con tutto il cuore che fosse notte fonda, al limite l'alba, in ogni caso che non fosse già mattina o si sarebbe trovata in guai, guai seri. Si alzò quanto più lentamente possibile, cercando di non fare rumore. Harry era ancora caldo, probabilmente avrebbe avuto la febbre alta per tutto il giorno; Niall dormiva beatamente a quanto pareva dal respiro regolare e cadenzato. La ragazza, in punta di piedi, andò alla disperata ricerca della sua borsa. C'era poca luce, data da una piccola lampadina notturna, ma cercò di farsela bastare.
"Dov'è? Ero sicura di averla messa qui sulla sedia...finalmente!"
Gioì brandendo la borsa come fosse un trofeo, estrasse la felpa dal suo interno e si avvicinò a Niall per riporla ai piedi del letto, poi sempre con il minimo rumore uscì dalla stanza e si immise nel corridoio, aprì la porta con quanta più cautela possibile e la richiuse con la massima delicatezza, così che emettesse solo un sordo "clunck".
Si precipitò all'ascensore e uscì fuori il cellulare: erano le 8:45 e aveva 15 chiamate senza risposta e 7 messaggi tutti di Bob.
Si sentì male! "Stavolta mi uccide, sicuro!" esclamò in preda al panico pigiando convulsamente il tasto del piano terra.
Una volta arrivata bloccò il primo taxi che vide e sperò che il traffico si smuovesse quanto prima. Arrivò in albergo, salì al piano, arrivò davanti alla sua camera e pensò che con un po' di fortuna avrebbe potuto fare credere a Bob di non aver sentito il cellulare, sarebbe scesa pronta per la colazione e nessuno avrebbe sofferto, amen! Tirò un sospiro di sollievo poggiando la schiena alla porta, esausta per le corse forsennate che aveva fatto e poi aprì la porta. 
Il sorriso le morì sulle labbra: Bob la stava aspettando, spalle alla porta, volto alla finestra e braccia conserte. E braccia conserte non era un buon segno. Non lo era mai.
"Hai passato una bella serata?" chiese glaciale.
Emily si sentì morire.
"Bob, mi dispiace, non so da dove cominciare..."
"Cominciare? Emily, ieri sera hai detto che saresti tornata subito e torni dopo 12 ore in albergo? Non ti è passato neppure per l'anticamera del cervello di fare una telefonata o inviare un messaggio?" sbraitò fuori di sé.
"Hai ragione, è che..."
"Lo so bene che ho ragione, grazie tante! Si può sapere cosa ti è saltato in mente? Sbaglio o è una città sconosciuta? E tu te ne vai tutta sola per i fatti tuoi a passare la notte fuori? Sei impazzita o solamente stupida? Pensavo di potermi fidare, che fossi una persona responsabile, non che ragionassi come avessi cinque anni!" continuò rosso in faccia.
"Bob mi dispiace tanto. Ho agito in maniera irresponsabile, avrei dovuto chiamarti, avvisarti ma non avevo intenzione di passare la notte fuori; è solo che quando sono andata dai ragazzi per dare la felpa a Niall c'era solo Harry. Stava male, aveva la febbre, ha vomitato e sono rimasta con lui. Alla fine mi sono addormentata e quando stamattina mi sono svegliata mi sono resa conto di quello che avevo fatto. Non so come rimediare Bob, perdonami. Per favore" lo supplicò.
Era un vero strazio. Era stata così bene la sera prima, perché doveva avere questo Karma negativo adesso? Non poteva avere un giorno tranquillo e basta?
"Stavo pensando di annullare l'intervista con Rolling Stones" disse calmo, scandendo bene.
Emily aprì la bocca non trovando le parole adatte per replicare ad un simile colpo.
Si ritrovò quasi inconsapevolmente a scuotere la testa, come fosse il suo corpo in maniera autonoma a rispondere, senza bisogno di comandi dal cervello.
"No? Perché non dovrei? Dopo quello che mi hai fatto passare non ti farebbe male capire cosa vuol dire rischiare di perdere qualcosa di importante" 
"Ti prego..." sussurrò con un filo di voce, incredula davanti a quella dichiarazione. Poi si ribellò con veemenza a quel sopruso immeritato:
"Non è giusto! Lo sai da quanto tempo voglio fare quest'intervista, lo sai per quanto l'ho aspettata. Va bene, ho sbagliato, non avrei dovuto farlo, sono stata una vera idiota ma quante altre volte è capitato? Questa è la prima, la prima volta che faccio una cosa del genere e non l'ho neppure fatto perché ero troppo impegnata a divertirmi in discoteca o chissà dove: stavo aiutando una persona che stava male e mi sono dimenticata di quello che avevo detto. Ma non mi merito questo, lo sai anche tu"
"Non me lo merito neanche io"
"Non se lo merita nessuno dei due" ribatté ferma.
Bob rimase in silenzio, fissandola per un po' con sguardo calcolatore.
"Per tua fortuna" cominciò con tono più calmo
"Sono quello che sono e non ti avrei mai fatto un'ingiustizia del genere per ripicca o per punizione. L'ho fatto solo per provocarti. Per questa volta!" aggiunse poi marcando l'ultima frase in risposta ad Emily che aveva già aperto bocca per parlare.
"Ma che non accada mai più Emily. Mai più!" concluse serio.
"Mai più, te lo prometto" assicurò raggiante.
"Ah sono così contenta, Ho avuto paura che fossi seriamente in collera con me e francamente non l'avrei sopportato perché mi sento così felice ma non lo so neanche io il motivo però intanto è così e una cosa del genere mi avrebbe rovinato la giornata capisci?" disse tutto d'un fiato abbracciandolo.
"Vedo che ti sei ripresa" osservò allegro ricambiando l'abbraccio.
"Diciamo di sì, però no. Nel senso che ho ancora un sacco di lavoro da fare"
"Lavoro?" 
"Su di me. Te l'ho detto, ho deciso di seguire il tuo consiglio, quello di essere meno dura con me stessa"
"Sono sicuro che ce la farai" la incoraggiò dandole un bacio sulla fronte
"Speriamo Bob"
"Per ora spera di non fare tardi. Ci aspettano lì fra due ore e tu sei ancora così" asserì uscendo dalla stanza per farla preparare.
 
La giornata era stata splendida: il guardaroba per il servizio fotografico l'aveva fatta andare letteralmente in visibilio per quanto era bello, tanto che aveva avuto serie difficoltà per scegliere cosa mettersi e alla fine le avevano persino proposto di portarsi cinque capi a scelta; si era divertita come una bambina a posare per il servizio perché lei e il fotografo erano entrati subito in sintonia e durante l'intervista era stata perfettamente a suo agio. La giornata stava continuando ad andare a gonfie vele, nonostante gli iniziali timori della mattina. Dopo quel pomeriggio piacevole ma stancante, Emily e Bob si trovavano nella limousine, l'una a sbavare esaminando meticolosamente i vestiti sui quali aveva posato le sue grinfie e che ora le appartenevano, l'altro a rispondere ad una telefonata.
"Sì, sono io...ah ciao...sono in macchina con Emily...sì sì, me lo ha detto...certo perché no? Va bene, a dopo"
"Ma tu li hai visti?" chiese la ragazza in estasi, con in un mano una camicetta di seta con le maniche e il colletto in pizzo.
"E sono miei! Capisci? Sono MIEI! Santo cielo, stavo per baciare i piedi a tutti quando hanno detto che mi sarei potuta tenere alcuni vestiti. Allora, dove vuoi andare a cena? Dobbiamo assolutamente uscire, voglio mettermeli, anche tutti insieme! Sono così belli!" sproloquiò con gli occhi che, se avessero potuto, avrebbero assunto la forma di un cuore.
"Mi ha appena chiamato Paul, mi ha chiesto se andavamo lì per passare del tempo insieme, visto anche che Harry sta male"
Emily venne riportata di colpo al presente, lontana dall'idea di magnificare con lodi sperticate i vestiti nuovi con un maschio trentacinquenne che, diciamolo, se ne sbatteva bellamente di qualunque indumento ci fosse in quei sacchetti.
"Certo, ti ha detto come sta?"
"Dice che ha dormito per quasi tutto il giorno, ha la febbre alta. Non vorrei solo che ti contagiasse"
"Non preoccuparti, abbiamo passato la notte insieme, due ore in più non mi uccideranno di certo" replicò riponendo con la massima cura la camicia nel sacchetto.
"Già...aspetta, che vuol dire che avete passato la notte insieme?" saltò su allarmato.
Emily sgranò gli occhi:"Ma che hai capito? Non c'è nessun doppio senso! Te l'ho detto che mi sono addormentata no? E abbiamo dormito nello stesso letto, ma ripeto, abbiamo DORMITO" spiegò scandendo bene e lentamente l'ultima parola.
"E a proposito, ho passato la notte con le lenti a contatto, sarebbe il caso che le togliessi"
"Accidenti, sono sbalordito, ti farai vedere con gli occhiali in giro?" ironizzò.
"Non vedo molte alternative, mi sento gli occhi in fiamme"
"Va bene, allora ci fermiamo un attimo in albergo e poi andiamo da loro"
 
"Ciao! Anche tu con gli occhiali da nerd!" esclamò Niall entusiasta dopo aver aperto la porta ad Emily e Bob, quest'ultimo subito sequestrato da Paul che aveva scovato chi sa quale vecchia conoscenza su Facebook.
Emily sorrise:"Già, però i miei sono vecchissimi, li ho presi quando ancora non erano di moda. Come sta Harry?" chiese appendendo il cappotto all'attaccapanni.
"Vedrai. Ieri non ti ho svegliata perché era notte fonda, e poi dormivi così bene, mi dispiaceva" si giustificò con un sorriso imbarazzato.
"Non ti preoccupare Niall, probabilmente avrei fatto la stessa cosa"
Entrarono nella stanza di Niall ed Harry che era stata presa sotto assedio dagli altri tre, intenti a giocare alla playstation.
"C'è Emily" li informò Niall prendendo posto sul letto.
"Emily" la salutò un sorridente Zayn.
Louis le schioccò un bacio mentre usciva dalla stanza, mentre Harry si limitò a sorridere debolmente nella sua direzione. 
"Liam, capisco che non sono una gran bellezza specialmente con gli occhiali, ma non mi offendo se mi saluti" lo apostrofò fingendosi offesa.
"Scusami, è che Zayn mi sta facendo nero! Ehi, alle spalle non vale! Sei proprio un..."
"Aaah c'è una ragazza davanti, non puoi dirlo!" sghignazzò Zayn mentre riempiva di proiettili il personaggio di Liam.
"E comunque hai scelto un buon giorno: io, Niall e Louis abbiamo messo pure gli occhiali e in ogni caso, per oggi, il più brutto resta sempre Harry" proseguì.
"Ma povero Hazza, lascialo in pace! Non ti preoccupare, ora lo riempio di pallottole, il tempo di bere una pozione della resurrezione e lo faccio diventare di tutti i colori dell'arcobaleno!" esclamò Liam.
Ad un tratto Zayn venne colpito alle spalle da un cuscino
"Ehi, ma che diavolo...!"
Si girò verso Emily ed Harry.
"Me l'ha chiesto lui" si giustificò Emily, che intanto aveva preso posto accanto a Harry, indicando il ragazzo.
 "Ehi è malato, perché non provi a dirgli tu di no mentre ti guarda con gli occhi da cane bastonato?" si difese in risposta allo sguardo di Zayn.
"Basta, pensavo fossimo amici" scherzò scuotendo la testa e riprendendo a giocare.
"A chi lo dici? Poi un bel giorno ti sparano alla schiena mentre giochi bello tranquillo, senza fare del male a nessuno"
"Male a nessuno? Ma se hai raso al suolo una scuola!"
"E allora? Gli studenti mi ringrazieranno"
"Certo, se solo ne avessi lasciato uno vivo!"
"Mi ringrazieranno gli assenti. Ma poi perché ti devi sempre appendere ai dettagli? Mamma mia!" 
Niall, Harry ed Emily si scambiarono uno sguardo scettico.
"Lo vedi? Non solo ho la febbre a 39, mi devo pure sorbire questi qua!" piagnucolò nascondendosi sotto la coperta.
"Harry, dai esci" lo invitò divertita.
"No!" la voce giunse ovattata ma decisa.
"Dai, sono venuta anche per vedere come stavi"
"Ma sono brutto!"
"Sai che novità" ingiunse Zayn. "Ahi! Volete piantarla con questi cuscini?" si lamentò mentre Niall brandiva ancora l'arma del delitto.
"Anche io sono brutta, ho messo gli occhiali. E poi non è vero che sei brutto, stai solo male"
"Ma tu stai bene pure con gli occhiali"
"Insomma, non è un concorso di bellezza, non fare il bambino e basta!". Niall scoprì l'amico che lo guardò assottigliando lo sguardo e mormorando un "ti odio" sentito.
"Sai quanto timore incuti col naso chiuso? Sembri l'orso Yoghi" lo derise bonariamente.
"Ok, finiamola qua" suggerì la ragazza " Questa stanza sembra un campo profughi...possiamo attaccare il tuo letto a quello di Harry?"
"Sì, certo"
Attuarono lo spostamento mentre Liam e Zayn sembravano non accorgersi minimamente di quello che accadeva loro intorno.
"Ne prendiamo un'altro? Prendiamo quello di Zayn" propose Niall.
"Sì, prendete il suo, voglio riempirlo di germi e batteri dell'influenza, così impara a dire che sono brutto" acconsentì Harry intento a soffiarsi il naso.
Spostarono anche quel letto da una stanza all'altra, tolsero i sacchetti di patatine che avevano lasciato Zayn e Liam per terra e raccolsero le lattine di coca cola vuote.
"No, dico, vi sembra giusto farle fare la cameriera?" esordì Louis entrando nella stanza, rivolto a Zayn e Liam.
"Ma di che parli? Ehi, chi ha spostato il mio letto qui?" esclamò sorpreso Zayn voltandosi.
Emily sgranò gli occhi incredula: avevano fatto un baccano tale da attirare Bob e Paul e lui che era nella stessa stanza neppure se ne era accorto?
"Scherza vero?"
"Vorrei tanto!" replicò Louis "Comunque, dobbiamo ordinare la cena. Che volete?"
"Solidarietà per Hazza: qualunque cosa prenda lui la prenderò anche io" disse Liam.
"Perché cosa mangia lui?" chiese Niall.
"Una misera fetta di pollo in padella senza niente" bofonchiò Harry contrariato.
"E io mangerò lo stesso" fece Louis ancora sulla porta.
"Va bene" acconsentì Emily.
"In pratica volete mangiare tutti il pollo scipito?" si informò Zayn.
I ragazzi annuirono.
"Non è che voglio...è più un devo che un voglio" puntualizzò Harry prendendo un altro fazzoletto.
"Zayn, puoi anche mangiare qualcos'altro se non vuoi" disse Liam
"No no, va bene è solo che...sto morendo di fame" ammise mettendosi una mano sullo stomaco.
"Va bene, quindi pollo scipito per tutti" sentenziò Louis uscendo.
Harry fini di soffiarsi il naso e guardò i suoi amici:
"Non siete costretti a farlo. Etciù!"
Zayn era tentato di fermare Louis e ordinare il piatto più grasso che fossero in grado di preparare nelle cucine, ma alla fine sbuffò rassegnato.
 
Harry aveva proprio ragione: quel pollo era scipito. Non si poteva dire né che fosse buono né che fosse brutto. Semplicemente, non si poteva dire nulla sul suo sapore, non possedendo alcuno. E' come disquisire sul gusto dell'acqua: al limite si può dire se sia calda o fredda, ma non si troverà qualcuno che dica "Non mi piace il sapore dell'acqua".
Harry mangiava di malavoglia, come se ogni boccone gli costasse una fatica immensa; gli altri sei ingoiavano senza neppure masticare, buttando giù con quanta più acqua possibile quella poltiglia insipida. Bob e Paul, incuranti di qualunque cosa, mangiavano la pizza su un tavolino sopra il quale avevano sistemato un computer portatile, ridacchiando tra di loro come due ragazzini, bersagliati dalle battutine acide dei sette, messi in un tavolo a parte.
Una volta finita la cena (per definirla così, gentilmente) Harry tornò subito a letto, seguito dai ragazzi. 
Louis si avvicinò all'amico malato con un bicchiere in mano.
"Harry, devi prendere l'aspirina"
Si mise seduto a fatica e bevve, sperando che quell'intruglio abominevole gli facesse passare il mal di testa atroce che lo tormentava.
"Vuoi che ti metta di nuovo le goccine? Così rimediamo alla voce da orso Yoghi" si offrì Emily; Harry annuì e dopo un'ora si sentì meglio, complici anche le risate degli amici che lo mettevano di buon'umore: Liam aveva infatti assunto le vesti di fotografo i cui modelli erano Louis, Emily, Zayn e Niall.
L'idea era saltata fuori perché avevano tutti e quattro gli occhiali da vista con le montature spesse, per cui avevano fatto un servizio con quell'aspetto simil-nerd e Liam aveva pure messo alcune foto su Twitter. Le directioner non si erano fatte aspettare e avevano cominciato a twittare commenti e domande su cosa ci facessero loro con Emily Davis (la quale intanto pensava alla faccia che avrebbero fatto i SUOI di fan, quando avrebbero visto che lei si faceva le foto con gli One Direction). Dopo di che, avevano cominciato a giocare ai mimi: Liam stava cercando di far indovinare un personaggio alla sua squadra (costituita da Emily e Louis) che era sotto di un punto contro Zayn, Niall e Harry, impegnato a giocare con i lunghi capelli della ragazza.
"Allora è...Pinocchio?" tentò Louis al gesto dell'amico che indicava di avere un naso molto grosso.
Liam continuò facendo alcuni passi di ballo un po' sconnessi.
"Pinocchio in un Night Club?" azzardò Emily scoppiando a ridere insieme agli altri.
"No aspetta...allora sei biondo..."cominciò Louis mentre Liam indicava i suoi capelli e quelli di Niall
"Sei biondo...con i capelli lunghi..." continuò dopo che aveva indicato anche i capelli di Emily.
"E sei femmina" aggiunse Emily mentre Liam si infilava dei fazzoletti per improvvisare un seno.
"Quindi è femmina, bionda, balla e ha il naso grosso..."
Liam li fissò speranzoso.
Harry sussurrò impercettibilmente ad Emily la risposta.
"Sei Lady Gaga!" saltò su la ragazza.
"Finalmente! Più chiaro di così!"
"Certo, sai quante persone ci sono al mondo bionde, col naso grande che ballano?" esclamò sarcastico Louis.
"Harry però non vale, le hai suggerito la risposta!" protestò Niall
"Ma insomma, eravamo avanti solo di un punto e poi Zayn è stato scorretto: si è fatto due codine e ha cominciato a strusciare il sedere a destra e a manca con la lingua di fuori! Solo un idiota non avrebbe indovinato" si schermì il ragazzo.
"Ok, altra idea per qualcosa da fare: Just Dance 4" propose Niall.
"C'è pure -what makes you beautiful-" precisò per convincerli.
"Emily tu hai una canzone su Just Dance?" chiese con aria falsamente tronfia Zayn.
"No, ma ho una canzone in Guitar Hero e il mio personaggio può essere sbloccato per la modalità carriera, vale lo stesso?" replicò candidamente.
"Ti ha fregato" disse Louis guardando l'amico con compassione. Per tutta risposta Zayn si rabbuiò.
"Ma si può sapere perché è qui? A me sta antipatica" dichiarò incrociando le braccia.
Emily si avvicinò per abbracciarlo.
"Non mi dire così, non posso andare avanti se mi dici queste cose"
Zayn non diede segno di averla sentita.
"E poi oltre a volerti bene, penso che tu sia il più bello del gruppo" continuò con aria infantile tempestandolo di baci sulla guancia.
"Ehy!" insorsero gli altri.
"Grazie! Della serie, amici e guardati! Siete proprio una bella coppia voi due" esclamò Liam.
"Ma come si fa a volerle male? Guarda che faccetta!" disse Zayn con lo stesso tono innocente della ragazza mentre le voltava il viso sul quale aveva stampato un sorriso dolcemente ingenuo.
"Sì sì, come no!"
"Basta, quello più offeso sono io! Dopo la notte che abbiamo trascorso insieme" disse Harry risentito.
"Tu non puoi nemmeno immaginare i filmini mentali che ci siamo fatti appena vi abbiamo visti sul letto a quell'ora della notte!" spiegò Louis divertito.
"Il più angosciato era Niall, dormono nella stessa stanza...aveva paura di essere di troppo!" li punzecchiò Liam.
"Che esagerazione! Dopo due giorni che ci conosciamo!"
Emily cercò di ignorare la sensazione di essere arrossita.
"Senza contare che sapevate benissimo che stavo male" precisò Harry.
"Ma certo, perché tu di solito sei così timido..." ridacchiò Niall.
"Comunque...dicevamo di Just Dance no? Non è una buona idea, Harry non può ballare." sviò Emily.
"Aspettate" 
Niall frugò sotto il letto e riemerse con una chitarra.
"Amore della mia vita!" trillò Emily in contemplazione.
"Eh grazie, me lo dicono in tante!" replicò Niall. Emily fissava ancora la chitarra.
"La vuoi provare?" le offrì porgendole lo strumento.
Emily non rispose neppure: la prese tra le mani e cominciò ad accordarla. Produsse un La con la voce e in meno di due minuti aveva finito.
"Allora Emily, andiamo?"
Bob era appena entrato accompagnato da Paul.
"No ma...complimenti per il tempismo" fecero Louis ed Harry.
"Ma uffa Bob, l'avevo appena presa in mano" si lamentò Emily con la vocina piccola piccola.
"Altri due minuti" avanzò Zayn.
"Mi dispiace ma domani c'è il concerto. Dobbiamo tornare"
"Ma..." principiò la ragazza.
"Ti devo ricordare di questa mattina? Mi sembra di aver già dato in quanto a bontà per oggi"
Emily era già scattata in piedi a metà frase.
"No no no no no no! Per carità, scusa, andiamo"
"Ma brava, e non ci inviti neppure al tuo concerto?" la rimproverò Liam.
Emily si bloccò:
"Volete venire?" chiese confusa.
"Mah, insomma..."
"Se proprio vuoi"
"Magari troviamo un modo per liberarci" replicarono in tono ironico Liam, Louis e Niall.
"Ma certo! Non pensavo che voleste. Domani avrete i biglietti!" esclamò raggiante.
"Cercherò di stare meglio per venire, ma ci sarò dovessero portarmi sulla barella" le mormorò Harry quando si avvicinò per dargli un bacio.
Una volta entrati nell'ascensore Emily aveva ancora quell'espressione allegra sulla faccia; Bob la guardò divertito e disse:
"Fortuna che non li potevi vedere!"
"Ma sta un po' zitto" ribatté Emily dandogli un piccolo schiaffo sulla spalla.

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Capitolo 5
*** La risoluzione dell'indovinello ***


"Hai presente quando sei con i tuoi amici e ad un certo punto arriva qualcuno di nuovo nel gruppo?"
"A-ah"
"E questo qualcuno sta sempre incollato ad uno dei tuoi amici?"
"Sì"
"Ecco...e magari può capitare che questa cosa ti dia fastidio"
"Dunque?"
"Perché ti dà fastidio? Intendo dire, in fondo il tuo amico passa del tempo sia con te che con l'altra persona no?"
"Certo"
"E allora perché dovrebbe dare fastidio?"
"Dipende di cosa stiamo parlando e di come questa persona sta con il tuo amico o amica: se è una cosa come ragazzo e ragazza fidanzati o come persona che vuole mettersi in mezzo tra due amici e basta"
"Ma la differenza a volte è sottile"
"Anche questo è vero"
"Non hai risposto, perché dovrebbe dare fastidio?"
"Perché si è gelosi"
Emily rovesciò parte del caffè-latte sul tavolo a quella rivelazione.
"Gelosi? Avanti Bob, non essere ridicolo"
"Perché te la prendi tanto, non si stava parlando di te. Vero?" chiese alzando un sopracciglio scettico.
"Ecco, sta arrivando Melanie, ora lo chiederò anche a lei" decise eludendo la domanda.
"Melanie, come descrivi la situazione in cui ti trovi quando ti infastidisce il fatto che una persona stia insieme ad un'altra alla quale tu vuoi bene?"
"Gelosia" affermò senza indugio prendendo posto al tavolo.
Emily restò un po' a bocca aperta mentre Bob era impegnato a ridere sotto i baffi.
"Perché?" chiese la donna.
"Ma...ma...poni che questa persona amica tu la conosci da poco" obbiettò la ragazza.
"Vogliamo supporre un mese?" Bob sorrise furbo ed Emily capì che aveva intuito; lo guardò con un sopracciglio alzato.
"Va bene, supponiamo un mese. Non è strano che tu sia gelosa di qualcuno che conosci da così poco?"
"Vedi tesoro, i casi sono diversi e dipendono da persona a persona. Se tu stai cominciando ad affezionarti a questo amico e vedi che c'è qualcuno che si sta avvicinando temi che possa allontanarlo perché l'amicizia non è consolidata"
"Nel tuo caso però Emi, non mi preoccuperei troppo" aggiunse Bob mettendo da parte il giornale per dedicarsi al suo caffè. 
"Penso che tu piaccia a quei ragazzi, e il fatto che Harry esca con quella ragazza non vuol dire che tu non gli piaccia. Paul mi ha detto che sei la prima con cui Harry non ci prova in maniera spudorata ma capitava spesso che durante i discorsi con i ragazzi uscisse fuori il tuo nome" spiegò con nonchalance.
Emily reagì repentinamente: il croissant che aveva in mano precipitò sul piatto mentre il rosso vivo si faceva largo sul suo viso. Cercò di dissimulare ma i risultati non furono quelli sperati; anzi riuscì a peggiorare la situazione.
"Cosa? Io non...che c'entra?" farfugliò in imbarazzo.
"Bambina, ci conosciamo da quando avevi dieci anni, credi davvero di potermela dare a bere?" replicò Bob divertito.
"Sei proprio fuori strada! Era un discorso generale, Harry non c'entra niente, e nemmeno i ragazzi" 
Cercò di dirlo nel modo più convincente possibile, ma era inutile negare: l'aveva scoperta.
"Ma certo, è per questo che ne stai parlando dopo aver visto la foto in quel giornale di gossip?"
"Insomma Bob, lasciala un po' in pace" si intromise Melanie.
"Grazie Mel!" esclamò la ragazza mentre raccoglieva i cocci della propria dignità.
"E poi quel ragazzo, Harry, è così carino...se avessi la tua età ci farei un pensierino anche io"
Emily sospirò esaurita.
"Volete abbassare la voce tutti e due? Io non sto facendo pensierini proprio su nessuno. Non mi piace Harry e non sono gelosa, il fatto che non sopporti quella ragazza è dovuto alla mia avversione per le persone stupide e piene di sé, ma Harry non c'entra niente e non mi infastidisce neppure il fatto che non mi abbia mai parlato di quella ragazza, nel caso ve lo stiate chiedendo " soffiò a denti stretti.
"Io non me lo stavo chiedendo, e tu Mel?"
La donna fece segno di diniego.
"Che dici, dobbiamo prenderla come una confessione spontanea?"
"Insomma, che ti ho fatto?" piagnucolò esausta la ragazza.
"Direi che in ogni discorso che farai su questo argomento ogni affermazione varrà come negazione e viceversa. Dunque tu magari potrai non sopportare quella ragazza perché è superficiale, ma il motivo principale è che sta con Harry e in secondo luogo ti manda letteralmente ai pazzi che lui non ti abbia detto che stava con quella ragazza"
"Vogliate scusarmi, devo andare ad allenarmi con Sasha!" si congedò la ragazza alzandosi indispettita.
Non era possibile essere gelosi di una persona che si conosce appena, questo era chiaro. 
Ciò che non capiva era perché quel senso di fastidio acuto che aveva provato guardando una stupida copertina di giornale in cui Harry stava mano nella mano con Kendall.
Se pensava che fino a un mese fa non poteva neppure sentire una loro canzone, e adesso sentiva la mancanza di quei cinque dopo sole due settimane; era dovuta partire da New York per portare avanti il tour e ormai non si vedevano né sentivano da quel momento. Per un certo verso era delusa, pensava di aver trovato qualcuno di cui potersi fidare di nuovo e invece avevano perso i contatti perché si erano totalmente dimenticati di scambiarsi i numeri di cellulare. Emily ricordava di quando li aveva salutati: si erano abbracciati dicendo che si sarebbero rivisti presto e lì per lì li aveva presi sul serio, non pensava fosse una delle solite frasi di circostanza. Era evidente però che si sbagliava: quindici giorni erano stati sufficienti per dimenticarla.
Emily ringraziò il cielo che Sasha l'aveva raggiunto fino a San Francisco: i suoi allenamenti erano così estenuanti che non avrebbe avuto modo di pensare a nulla che non fossero le imminenti vacanze di Natale, che aspettava con trepidazione maggiore rispetto al solito, poiché sentiva il bisogno di passare del tempo con la sua famiglia e i suoi amici di sempre.
Dopo quindici minuti era giunta in palestra e non appena entrò si rese conto del ritardo.
"Oh no!" mormorò fra sé mentre veniva investita dallo sguardo verde ghiaccio di Sasha.
"Buon giorno Emily" la salutò cortese.
"Sai dirmi che ore sono?" 
"Le 10:01" rispose la ragazza con tono fermo.
"E il nostro appuntamento era?"
"Alle 10 in punto"
"Ti perdono solo perché non ci vediamo da tanto tempo e mi sei mancata, in situazioni normali ti avrei fatto fare 60 flessioni"
Sasha le andò incontro per abbracciarla ed Emily ricambiò calorosamente. Era una persona adorabile quando metteva da parte il lato burbero del suo carattere.
Dopo un'ora di esercizi Emily cominciò a credere che una percentuale del suo carattere inflessibile provenisse anche da Sasha: sui quarant'anni, madre russa e padre arruolato nei corpi speciali dell'esercito americano, fisico che sembrava scolpito nel marmo e aspetto affascinante, quando si trattava di allenamento non si faceva intenerire dalle suppliche né corrompere dalle mazzette (che Emily gli aveva più volte offerto per porre fine a quel supplizio prima del termine della canonica ora di attività). Prendeva il suo lavoro in maniera talmente seria che ogni tanto Emily pensava che sfogasse su di lei tutte le estenuanti esperienze cui suo padre l'aveva sottoposto da piccolo.
"Non puoi essere stanca, sono sono tre chili" asserì deciso.
"Ma sono tre chili per braccio, fanno sei chili, lo hai detto anche tu che non ci vediamo da tanto tempo no?" ansimò esausta continuando a svolgere quel malefico esercizio combinato di addominali e pesi per le braccia.
"Ti consiglio di risparmiare il fiato. Bob mi ha detto che stai uscendo dall'impasse nel quale ti trovavi" cominciò cambiando discorso.
"E' bello sapere che i fatti miei sono di dominio pubblico"
"Fingerò di non aver sentito, potrei offendermi. Inoltre un'altra parola e te ne aggiungo dieci"
La ragazza si morse le labbra per trattenersi dal parlare.
"Dominio pubblico, come se non sapessi quello che hai passato dopo Josh! Comunque mi fa piacere, ti ho sempre detto che chiuderti non ti avrebbe aiutata"
Emily lo fissò interrogativa.
"Sì lo so che stai pensando che io non sono Mister Calore Umano con tutti quelli che mi circondano, ma è completamente diverso, io sono così per carattere, tu sei così perché ti costringi ad essere così. Il cambiamento fa parte di noi Emily, siamo frutto delle nostre esperienze e ci sono sempre due modi per reagire: soccombere o rialzarsi e andare avanti e chiudersi in una bolla anti-emotiva non è sinonimo di andare avanti, ma non è neppure soccombere. E' a metà tra le due e tu sai che il definito è sempre meglio dell'indefinito. Puoi smettere questo esercizio"
Emily tirò un lungo respiro.
"Ma il saggio non diceva che la virtù sta nel mezzo?" biascicò col respiro pesante.
"Ogni regola ha la sua eccezione. E ora dammene venti"
La ragazza, ancora seduta per la stanchezza lo fissò con occhi vitrei:"Ti prego, dimmi che stai parlando di venti bigliettoni!" supplicò atona.
"Un'altro tentativo di corruzione e ne aggiungo altri venti!"
Denti stretti e buona volontà, Emily portò a termine anche quell'ultimo compito: 20 flessioni. Se c'era una cosa che odiava erano le flessioni! Una volta finito arrancò verso la borsa per prendere il cellulare: un messaggio ricevuto.
"Non dirmi che sei stanca" proferì Sasha.
Per tutta risposta Emily gemette per l'indolenzimento ai muscoli.
L'uomo le porse una bottiglia "Bevi questo, è un integratore" 
Emily fece un cenno di ringraziamento e aprì il messaggio di un numero sconosciuto:
 
«Il mio numero in mano puoi trovare,
molte le strade, una la via da imboccare.
Esse portano alla stessa Testa,
ma vai più su, dove la nebbia resta»
 
"Ma che razza di...?" Emily era lievemente stordita: prima l'allenamento da marines e ora anche un rompicapo da un numero sconosciuto sul suo cellulare. In quel momento non era in grado di sfiancare anche la mente: il corpo era già abbastanza provato.
Si congedò da Sasha e tornò in albergo, dove si concesse un lungo bagno ristoratore.
Pervasa dalla calma e con il corpo irrorato da quel calore benefico richiamò alla mente quello strano indovinello. Voleva trovare la soluzione quanto prima: non le andava bene che il suo numero fosse in mano a qualsivoglia estraneo.
"Il mio numero in mano...cosa ho in mano? Un palmo e le dita...cinque dita, quindi cinque..." mormorò fra sé mentre si lasciava lambire il collo dalla schiuma.
"Molte strade che portano alla stessa testa...strada, testa...forse qualcosa che ha che fare con le vene e il cervello? No non c'entra niente, testa è scritto maiuscolo...aspetta strade che portano alla stessa Testa...forse Roma?" cominciò ad ingranare.
"Roma, come capo del mondo e quindi testa, ma devo andare più...com'era? Più su dove la nebbia resta..."
Rifletté per qualche minuto pensando ad un posto nebbioso.
"Milano!" saltò su facendo uscire dell'acqua dalla vasca.
"Perché tutte le strade portano a Roma, ma devo andare più su dove c'è nebbia, che è a Milano e poi cinque dita...cinque e una sola via da imboccare! Sono loro!" 
La ragazza, euforica, uscì dalla vasca gocciolando acqua sul pavimento e andando a recuperare il cellulare per rispondere.
Dopo tre minuti arrivò un altro messaggio:
«Così non c'è soddisfazione però! Potevi impiegare più tempo!»
Emily chiese con precisione di chi fosse quel numero e come l'avesse avuto.
«Sono il più bello del gruppo ovviamente! Rispondi a questo u.u»
La risposta le sembrava nello stile di Harry, per cui ci scherzò su
«Allora escluderei che sei Harry. Fuori uno, ne restano quattro...chi dovrei scegliere?»
«Sono Harry -.-" e tu sei cattiva»
«E tu sei inquietante O.o come hai fatto ad avere il mio numero???»
«Ho le mie fonti u.u che non ti rivelerò dato che pensi che io sia brutto»
«Non ho detto che sei brutto. Ho escluso che tu sia il più bello u.u»
«Ah allora -.- Ho ancora una speranza *-*»
«Ah ah mi siete mancati :3»
«Anche tu! Niall è in fase depressiva...un po'tutti sentiamo la tua mancanza»
«Pensavo vi foste dimenticati di me...»
«E come? Non si esce facilmente da traumi del genere, sai?»
«-.-"»
«:* scherzo! Lo sai che ti voglio bene ;) te ne vogliamo tutti!»
A questa frase il volto di Emily si illuminò di gioia. La domanda che la assillava da giorni aveva ricevuto risposta. Si sentì leggera e si diede della stupida; pensava sempre troppo e con il suo rimuginare arrivava spesso alla conclusione sbagliata: non si erano affatto dimenticati di lei.
Il cellulare trillò mentre lei aveva ancora quella carica di benessere in circolo.
«Com'è San Francisco?»
«Che fai, mi controllo?»
«Certo u.u»
Emily rise. Bob aveva avuto ragione sin dall'inizio: da quando li aveva conosciuti ogni volta che stava con loro si sentiva molto meglio, come camminasse ad un palmo dalla terra.
Non ebbe il tempo di rispondere che qualcuno bussò alla porta.
La voce di Bob giunse poco dopo:"Emily sbaglio o hai un concerto fra tre ore?"
La ragazza si precipitò alla porta.
"Hai dato tu il mio numero ai ragazzi vero?" lo smascherò dopo aver aperto la porta.
Bob aveva l'aria di un bambino colto con le mani nel barattolo di Nutella.
"Me l'ha chiesto Paul, ha detto che i ragazzi lo tormentavano da giorni"
Emily fece un largo sorriso e chiuse nuovamente la porta, non prima di aver urlato un grazie.
 
Harry entrò nella stanza mentre Niall suonava la chitarra e Louis, Liam e Zayn erano impegnati in una competizione alla X-box.
"Allora, ti ha risposto?" gli chiese Liam.
"Sì. E ha pure indovinato" sorrise il ragazzo sedendosi sul divano.
"Di già?" replicò
"Pensavo c'avrebbe messo più tempo" osservò Niall.
"Che pensavi? E' una ragazza intelligente" ingiunse Louis.
"Lei!" puntualizzò Zayn alludendo a Kendall.
Harry non colse l'ironia e per tutta risposta Louis tamponò la macchina del moro facendola finire su un chiosco dei gelati.
"Ti consiglio di stare attento alla guida Zayn, stai perdendo"
"Ha detto che stasera ha un concerto e che tra una settimana torna in Inghilterra per riprendere il tour dopo Natale" lesse Harry.
"Anche noi, non è bellissimo? Potrò vedere di nuovo Eleanor e la mia famiglia"
"Ma di dov'è Emily?" chiese Niall tra un accordo e l'altro.
"Non saprei" replicò Liam.
"Basta cercare su wikipedia, no?" suggerì Zayn.
"E' di Harvinghton..." li informò Harry guardando lo schermo del cellulare con la fronte corrugata.
Niall se ne accorse:"Che c'è?" 
"Harvinghton...dovrebbe essere vicinissimo a Evensham...infatti, è a 5 km!" esclamò.
"Informazione preziosa, perché non fai irruzione a casa sua il 25 Dicembre?" scherzò Louis.
"Comunque dobbiamo sbrigarci, abbiamo l'intervista e poi siamo ospiti a X-factor, non possiamo perdere ancora tempo, e poi vi stavo battendo" interruppe Liam spegnendo la X-box.
 
 Si sa che il tempo scorre in base a come lo viviamo, e così una settimana può sembrare un mese o due giorni. Fu così per Emily che, salvo durante le esibizioni, sentiva una gran nostalgia di casa, motivo per cui quell'ultima settimana trascorse con una lentezza a dir poco esasperante. Tuttavia stabilì di non farsi prendere troppo dalla malinconia e di occupare il tempo libero comprando i regali di Natale.
Aveva anche dibattuto con Bob se fosse stato opportuno o meno comprare qualcosa ai ragazzi ma alla fine aveva concluso di no, per svariate ragioni, tra cui (quella fondamentale) conoscendoli da poco non aveva idea di cosa avrebbe potuto comprargli.
Era tornata a casa il 21 Dicembre e aveva trascorso l'intera giornata con suo padre e sua madre, Erick e Stacie, che era rimasta a dormire da lei. La mattina dopo si erano svegliate con tutta calma e avevano fatto la loro solita colazione dietetica a base di cioccolata calda, plumcake, porridge, panne e burro di arachidi.
"E' davvero incredibile Emi, bastano due giorni e cambi idea da così a così" enunciò Stacie tra un boccone e l'altro.
"Già, sto ancora cercando di capire come sia possibile, va contro tutti i miei schemi mentali"replicò pescando del porridge dalla ciotola.
"Sono contenta che tu abbia fatto amicizia con qualcuno..." cominciò sua madre.
"Mamma ti prego, non uscire fuori una moina sull'asocialità, non sono emotivamente pronta" si lamentò.
"Non ti ho mai detto una cosa del genere. Dico solo che no puoi chiudere il mondo fuori a priori. Ci sarà pure qualcuno di decente, no?"
"In sua difesa posso dire che dal punto di vista ragazzi ormai c'è una grave e seria carestia" intervenne Stacie.
Emily la ringraziò sentitamente annuendo.
"Sto persino meditando di mettermi Erick" aggiunse poi.
"Non sarebbe una cattiva idea, ho sempre pensato che stiate bene insieme" approvò sua madre.
"Confermo. E poi è una delle persone migliori che io conosca"
"Ehi ehi, stavo solo scherzando, calmatevi. Magari mi puoi prestare uno dei tuoi cari One Direction" la punzecchiò dandole un colpetto col gomito.
"Tua cugina ne va pazza Emily"
"Santo cielo, ma è una specie di epidemia?" chiese sconcertata.
"Sì, è una cosa tipo quella per Justin Bieber...com'è che si chiama? Bieber fever...qualcosa del genere...e comunque non puoi criticare proprio nessuno! Sei stata tu la prima a cambiare bandiera" la apostrofò l'amica.
"Ehi, aspetta un secondo: io non ho mica detto che sono il mio gruppo preferito! Ho detto che sono molto simpatici e non fanno una musica così terribile...tutto sommato è carina"
"A-ah, certo ed è carino anche quello...come si chiama?...Ah ecco, Harry Styles, con i suoi occhioni azzurri e quei riccioli adorabili" la prese in giro. Emily si limitò a fissarla con un sopracciglio alzato e una evidente aria di strafottenza.
"Quando hai finito di prendermi in giro e di infilarmi in bocca cose che non ho mai detto raggiungimi al piano di sopra, io vado a vestirmi" fece alzandosi.
"Non mi dirai che ti sei offesa!"
"Certo, a morte!" replicò sarcasticamente voltandosi con un sorriso.
Dopo dieci minuti circa Emily tornò in cucina, vestita e lavata.
"Non mi dirai che hai già finito!"
"Non mi dirai che non hai ancora finito!" replicò rivolta all'amica che aveva ancora la ciotola di porridge davanti.
"Non è colpa mia se tu perdi così poco tempo a prepararti. E poi non ci insegue nessuno, rilassati"
Emily si portò le mani sui fianchi, divertita dall'espressione infantile di Stacie. Ad un tratto qualcuno bussò alla porta; la madre di Emily era intenta a lavare alcune tazze e stava cercando di asciugarsi frettolosamente le mani per poter aprire la porta.
"Non preoccuparti mamma, vado io. Sarà la signora White che ci porta il solito tronchetto di Natale"
"Benedetta signora White!" esclamò Stacie già con l'acquolina in bocca rivolta al cielo
Emily scosse la testa: com'era possibile che quella ragazza mangiasse come quattro uomini adulti e avesse il fisico asciutto di chi perde ore intere in palestra.
Si diresse all'ingresso e mise la mano sulla maniglia sorridente, in previsione di trovarsi di fronte il viso paffuto e gentile della signora White.
Ma non appena aprì la porta si trovò di fronte l'ultima persona che avrebbe potuto immaginare.
Per un solo lungo secondo il suo corpo sfuggì al suo controllo, fu come se ogni funzione si fosse fermata all'istante: il cuore cessò di battere, il sangue arrestò il suo fluire, i polmoni smisero di inspirare ed espirare aria, il cervello si dimenticò di inviare segnali a qualsivoglia parte del corpo. Emily si ritrovò lì davanti, come se avesse aperto una porta che immetteva in un'altra dimensione: era una persona avulsa, scissa dal contesto in cui si trovava, quella che aveva di fronte.
E per un solo eterno secondo, lei non seppe fare altro se non stare lì davanti a fissare quei due occhi che la scrutavano.

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Capitolo 6
*** Presentazioni indesiderate ***


ATTENZIONE: il nuovo personaggio inserito nel capitolo è utilizzato come espediente letterario! Esso avrebbe avuto le stesse qualità pur avendo un altro nome dal momento che era mia intenzione pregressa aggiungere una personalità che si opponesse alla protagonista; sono stata informata degli ultimi avvenimenti, che capitavano a proposito nella stesura della storia, e ho deciso di renderla "realistica" in questo modo. Dunque tutto ciò che ho scritto non deve essere preso come offensivo o denigratorio,ma solo come mezzo per portare avanti la storia. Buona lettura :)
 
 
-Su, non fare la codarda. Adesso tu esci, vai lì fuori, prendi la chitarra e cominci a cantare! E che ci vuole? Lo hai fatto un sacco di volte-
Un attacco di panico. Non poteva ancora crederci! Si era fatta prendere da un attacco di panico!
Chiuse gli occhi, inspirò ed espirò lentamente, contò fino a dieci e poi li riaprì.
Si guardò allo specchio: il vetro le restituì l'immagine di due grandi occhi nocciola, che in quel momento risultavano molto più verdi del solito.
-Questa è l'ansia- pensò.
-Ok, coraggio, sta calma-
Sfiorò la maniglia della porta e si impose di aprirla.
"Emily, ti stavo cercando! Si va in scena tra trenta secondi" la investì Bob non appena mise il naso fuori.
"Senti, lo so che sei nervosa perché è un nuovo pubblico e tutto il resto ma ti adorano, lo senti come urlano? Andrà tutto bene, su vai!" 
Ebbe il tempo di imbracciare la chitarra prima di venire praticamente spinta sulle scale che portavano al palco. La sua band la attendeva lì; Lucas, il batterista le fece un occhiolino di incoraggiamento.
-Al diavolo!-
La ragazza entrò in scena e per pochi, eterni istanti si lasciò riempire da quelle urla e da quegli applausi. Davanti a lei c'era una massa informe di persone che si erano recate lì per sentire lei, per vederla, per ascoltare e cantare la sua musica insieme e lei poteva vedere le piccole luci che illuminavano quella folla come si trattasse di stelle nel cielo, poteva sentire la loro energia. Li aveva fatti accorrere lì, da tutte le parti, persone che non si conoscevano tra di loro riunite insieme per poche ore che sarebbero rimaste per sempre, in un modo o in un altro. 
E lei adorava tutto questo.
Sorrise di sghembo e cominciò a suonare la chitarra: le prime battute spettavano sempre a lei. Ma in fondo andava bene così, erano una cosa sola.
 
"O mio Dio! E' stato...è stato pazzesco!" esclamò Emily appena entrata dietro le quinte. 
"Ma li hai visti come erano accaniti? Cavolo, un altro bis e io vi avrei lasciati lì, ho le braccia a pezzi!" fece Lucas euforico.
"Fenomenale! Siete stati spettacolari!" gridò Bob entusiasta correndo incontro ad Emily e stritolandola in uno dei suoi abbracci.
"Bravissimi ragazzi veramente!" si complimentò Emily battendo il cinque alla band.
"Io devo scappare, i miei doveri di papà mi aspettano" la salutò Lucas schioccandole un bacio.
Il bassista lo imitò
"E poi ti lasciamo in buona compagnia mi sembra" disse poi.
Emily rispose con uno sguardo interrogativo al quale trovò risposta pochi secondi dopo.
"Emily!"
"E' stato bellissimo!" 
"Sei bravissima!"
"Eravamo tutti in delirio, è stato...wow!"
"Uno spettacolo, un vero spettacolo sotto tutti i punti di vista"
I cinque ragazzi la attorniarono mitragliandola di lodi, abbracci e baci.
Per quanto le riguardava era ancora accaldata e con l'adrenalina in corpo, fosse stato per lei avrebbe continuato a suonare e cantare per altre tre ore.
"Grazie, ero spaventatissima! Era la prima volta oltre oceano! Ah quanto sono felice!" trillò in estasi.
"Harry scusami, come stai? Grazie di essere venuto" aggiunse dopo che si fu calmata un poco.
"Si è imbottito di aspirine e antipiretici per venire qui" spiegò Louis.
"Ma ne hai fatto valere davvero la pena" le disse abbracciandola.
Emily ricambiò l'abbraccio con calore. In quel momento era tutto perfetto: ogni concerto per lei era come un rito catartico, si sentiva serena, esaltata, capace di poter fare qualunque cosa e le faceva piacere che i ragazzi fossero venuti, che fossero lì in quel momento.
"Emily, scusami, ci sono i 10 fan con i pass per gli autografi" interruppe Bob.
"Certo, arrivo subito" replicò sciogliendo l'abbraccio.
Si congedò in fretta dai ragazzi e si precipitò dai suoi fan.
"Emily sei stata bravissima"
"Mi hai fatto piangere!"
"Io ho avuto la pelle d'oca per tutto il tempo!" 
I complimenti si sprecavano. Emily ringraziò tutti sinceramente, accompagnando le parole ad un sorriso a 32 denti.
"Ma non è uno degli One Direction quello con cui ti stavi abbracciando?" chiese una ragazza mentre le veniva firmata una foto.
"Sì, ma non fatevi strane idee" rispose gentilmente.
"La mia sorellina li adora, andrebbe in visibilio se doveste stare insieme" disse un'altra.
"Ma no, tu sei così bella, ti meriti di meglio che un ragazzino impomatato!" esclamò un ragazzo avanzando un libretto degli autografi.
"Non sono così male, basta dargli un po' di fiducia" sorrise Emily.
"Foto?" propose. Urla indistinte in risposta.
"Lo prenderò come un sì"
Dopo parecchi minuti Emily riuscì a liberarsi dall'effetto travolgente dei suoi ammiratori e tornò dai ragazzi.
"Emi ci dispiace ma dobbiamo andare, Harry non si sente di nuovo tanto bene" spiegò Liam.
"Certo certo, non vi preoccupate, è già tanto che siete venuti. Ci vediamo"
"Certo, ti faremo avere il biglietto per il nostro concerto!"
"Scusami, è colpa mia" chiese perdono Harry dispiaciuto.
"Non dirlo neppure per scherzo! Guarisci piuttosto"
"Buona notte e ancora brava"
"Sì bravissima"
"Ciao!"
"Ciao, grazie" li salutò.
Adesso il problema era un altro: come poteva andare a dormire quando si sentiva così pimpante da correre una maratona?
 
Detto fatto, i ragazzi le fecero pervenire il biglietto per il loro concerto che si tenne una settimana dopo.
Harry si era ripreso del tutto: non aveva più gli occhi lucidi e rossi e il colorito cereo col quale si era presentato al concerto di Emily, ma aveva recuperato la sua solita forma.
Emily, poco prima della fine del concerto, si era posizionata vicino all'uscita del palco, pervasa da una tranquillità che pareva imperturbabile. 
Dopo qualche secondo si accorse di una ragazza che stava in un angolo, quasi a fare da tappezzeria, totalmente assorbita da chissà quale occupazione col cellulare. Emily la osservò con la coda dell'occhio: era piuttosto alta, più di lei sicuramente, con un corpo eccessivamente spigoloso e asciutto per i suoi gusti; lunghi capelli scuri e lisci le incorniciavano il volto, occhi non pervenuti, erano ancora incollati allo schermo.
In definitiva Emily elaborò che era il tipo di ragazza che a prima vista potrebbe sembrare bellissima, ma più la si osserva più si rivela carina, poi banale, poi addirittura scontata; era insomma il tipo di ragazza che piace ai ragazzi, che viene venerata da un'altra parte di ragazze e che risulta del tutto indifferente, se non insulsa, ad un'altra metà di ragazze.
Il suo pensare venne interrotto dall'arrivo dei ragazzi.
"Ehi!" li salutò calorosamente abbracciandoli.
La ragazza mora posò il cellulare e lanciò un'occhiata a Harry, impegnato ad abbracciare e a farsi abbracciare da Emily.
"Mi è piaciuto moltissimo, siete stati bravissimi, veramente!" si congratulò sinceramente Emily mentre veniva abbracciata da Louis e Liam.
Harry si diresse dopo un po' verso la ragazza.
"Kendall" 
La abbracciò e lei gli diede un bacio sulle labbra.
Emily guardò la scena sorpresa e confusa: sentiva che qualcosa non andava, qualcosa nel proprio corpo che si sentiva compressa, stritolata.
Si voltò verso Zayn, il quale aveva una faccia piuttosto disgustata.
"Che c'è?" gli chiese sorpresa.
Il ragazzo rispose con tono velenoso:"Non la sopporto"
"Ma chi? Quella?"
"Zayn non la tollera perché prima stava col suo amico Justin e dopo pochissimo tempo che si sono lasciati si è buttata tra le braccia di Harry!" spiegò Niall.
"Diciamolo, non è che sia tutta questa simpatia" intervenne Louis.
"Ma chi è?" chiese
"Non la conosci? E' Kendall Jenner" rispose Niall
Emily sbatté più volte le palpebre perplessa.
"La sorella di Kim Kardashian" proseguì Liam
"A-ah...ma certo!" esclamò Emily, con l'espressione di qualcuno per cui nulla è affatto chiaro.
"Non sai neppure chi è Kim Kardashian?" saltò su sorpreso
"Dovrei?" Emily era confusa e dispiaciuta allo stesso tempo.
"E' una...bé non so cosa faccia di preciso oltre ad avere un reality show, ma è diventata famosa per un video hard finito sul web"
"Ma...ma quella non era Paris Hilton?" chiese impacciata.
"Sì anche" rispose Louis
"Wow, la gente non ha che fare!" osservò stranita dalle occupazioni di alcuni; poi aggiunse:
"Bé ma...se la conoscete andate a salutarla no?"
"No grazie, preferisco chiudermi le dita nella porta!" ribatté acido il moro.
"Esagerato! Io la trovo carina" sentenziò Niall
"Ti dirò, non avevo dubbi a riguardo!" esclamò Emily ironica. 
"Che c'entra, lei è carina, tu sei bellissima" dichiarò con un sorriso dolce.
"Bel tentativo, Niall" commentò Louis.
"Dico davvero!"
"Non è questo il punto! Potrebbe essere l'incarnazione terrena di Afrodite per me rimane solo una...una..." Zayn non sapeva quale improperio usare prima.
"Meretrice? Prostituta? Sgualdrina? Arrampicatrice sociale?"
"No, penso che stesse cercando proprio il termine più volgare. Troia, dovrebbe andare bene" precisò Louis.
Zayn aveva ancora lo sguardo in modalità assassina.
"Dai Zayn, non fare così! Sorridi" lo invitò Emily, sorridendo a sua volta in modo esagerato. Il ragazzo sostenne quell'espressione per un po', poi si sciolse in un sorriso poco convinto.
"Ah..sei proprio insopportabile lo sai?" sospirò con un sorriso. 
"O-oh!" fece Liam.
"Che c'è? O-oh" Louis aveva inteso l'espressione: Harry stava portando la ragazza da loro.
"Ora lei viene qui e io la strozzo, ok?" sibilò Zayn tra i denti fingendo di sorridere ad Emily e Niall, i quali si scambiarono uno sguardo teso. La ragazza intanto aveva ancora quella strana sensazione di oppressione ma allo stesso tempo provava un piacere sottile nel constatare che quella ragazza non stava molto simpatica a nessuno.
"Kendall voglio presentarti Emily, Emily lei è Kendall" annunciò Harry gioioso.
Emily si sentì tramutata in puffo, nell'ottavo nano, in un hobbit della Contea come per magia. Quella ragazza doveva avere sicuramente dieci centimetri più di lei e un'aria di artificiosa cortesia che la faceva sembrare ancora più alta, oltre che altezzosa e che ridusse la già fragile autostima della riccia in un misero cumulo di polvere.
"Molto piacere" disse Emily gentilmente. Kendall si limitò ad un sorriso.
"I ragazzi invece li conosci già" 
"Sì certo, ciao!" li salutò sempre con lo stesso sorriso.
Tutti i ragazzi risposero educatamente. Tutti tranne Zayn, col volto contratto per lo sforzo che gli costava mantenere l'autocontrollo.
Emily batté due colpi di tosse eloquenti e Liam gli diede un colpo sulla spalla quanto più discretamente possibile.
In questo modo riuscì a tirare fuori un "Ciao" con tono affettato un secondo dopo che gli altri l'avevano salutata.
Kendall continuava a squadrare Emily dall'alto in basso, che da parte sua non vedeva l'ora di togliersi di dosso quello sguardo inquisitorio. 
Era calato il silenzio, e quindi anche il gelo dell'imbarazzo: a parte Kendall che scrutava Emily, gli sguardi degli altri sei erano impegnati a fissare le scarpe, il soffitto o a scambiarsi sguardi tesi con a vicenda.
"Dunque" cominciò Emily per sbloccare la situazione "Mi sembra che le vostre fan dovrebbero arrivare qui da un momento all'altro no?" 
Nessuno ebbe il tempo di rispondere: grida in lontananza annunciavano l'arrivo imminente delle fan che pochi istanti dopo fecero la loro apparizione. I ragazzi si diressero verso di loro, lasciando indietro Emily e Kendall.
"E quindi tu sei Emily Davis" sembrava più un insulto che una constatazione
"In tutto il mio modesto splendore, sì" replicò Emily. Si sentiva inadeguata al contesto, come un pesce fuor d'acqua e aveva ancora addosso quella sensazione di fastidio inspiegabile.
I ragazzi intanto erano impegnati a fare autografi e foto:
"Harry quindi tu e Kendall state insieme?"
"Non abbiamo ancora deciso" rispose sibillino.
"Ma quella non è Emily Davis? E' così bella, perché non sta con lei?"
La frase giunse da un punto imprecisato del gruppo.
"Possiamo fare una foto con voi ed Emily?" chiesero due amiche.
"Certo!"
Zayn fece segno ad Emily di avvicinarsi per una foto. 
Ci sono momenti nella vita in cui agiamo in preda allo slancio del momento, perché crediamo che sia giusto fare una cosa, perché vorremmo che al posto nostro qualcuno si comportasse con noi allo stesso modo e in questi momenti spesso mettiamo da parte qualunque altra cosa (simpatie, antipatie, giudizi, prime impressioni ecc.), solo perché ci pare corretto fare quello che stiamo facendo.
Così Emily, che era stata esaminata dallo sguardo non troppo amichevole di Kendall, dato che nessuno l'aveva chiamata per aggregarsi alla foto le disse:"Dai, andiamo"
E spesso in questi momenti capita di essere, subito dopo aver agito, scoraggiati a causa degli esiti ottenuti, che potrebbero farci pentire di aver compiuto un gesto sincero; tuttavia, con l'esperienza e il buon senso si impara che non bisogna far bene per sentirsi dire grazie dagli altri, ma per il puro piacere di fare bene.
"Certo".
Kendall rispose in maniera automatica, come se fosse ovvio che anche lei dovesse presenziare nella foto. Emily non si aspettava ceto un grazie, ma un sorriso di riconoscenza non le sarebbe dispiaciuto.
Alzò gli occhi al cielo e si diresse dagli altri per fare la foto di gruppo. Zayn le diede un'occhiataccia per aver invitato anche la ragazza.
"Te l'avevo detto che era stronza, no?" le sibilò nell'orecchio.
"Sorridete!" incitò Emily per coprire le parole del ragazzo.
Pochi secondi dopo scattò il flash.
 
"Oddio oddio oddio oddio oddio"
Emily riusciva a dire solo quelle parole da mezz'ora a quella parte e continuò a dirle anche quando la porta si aprì.
"Oddio oddio oddio oddio oddio!" esclamò piena di giubilo davanti ad un Louis quanto mai perplesso.
"Cosa...? Oddio!" esclamò pure lui sgranando gli occhi.
La ragazza gli buttò le braccia al collo saltellando.
"Oddio oddio oddio!"
"Ma è stupendo!"
"Ti voglio bene, ti voglio tanto bene!" strillò irrefrenabile.
"Che succede?" Liam era arrivato attirato dal rumore.
Emily e Louis si sciolsero dall'abbraccio e la ragazza mostrò le due copertine dei giornali che aveva in mano.
Anche Liam strabuzzò gli occhi.
"Io sono tanto felice, oggi è uno dei giorni più belli di tutta la mia vita! Oddio! Vi voglio bene! Voglio bene a tutti voi, a te, a te e anche a te Zayn! Guarda!" affermò continuando a saltellare come Heidi.
Zayn era appena entrato nel soggiorno e assisteva a quello spettacolo comico con un sguardo divertito misto al confuso.
"Emily" Niall sorrise entrando nella stanza.
"Leggi leggi leggi leggi!" ordinò velocissima la ragazza dando un giornale a Zayn e uno a Niall,mentre gli altri due ragazzi si avvicinavano per leggere.
"Ma sei una gran figa in questa foto!" asserì Zayn convinto, appoggiato da Louis.
"Hai fatto il tutto esaurito per l'intero tour?" Liam aveva la bocca a terra.
"Sei sicura che sia la prima volta in America?" si assicurò Niall.
"Calmati Emi, stai ancora saltellando!" rise Louis.
"Sì! Io non posso fermarmi, devo fare qualcosa! Volete andare a correre? Giocare a calcio? A basket? Fare la lotta con i cuscini? O preferite il pugilato? Non mi interessa qualunque cosa! Sono così felice!" gridò alzando la voce ad ogni parola di più.
"Vi ho già detto che il mondo è bellissimo e che vi voglio bene?" ribadì.
"Solo tredici volte! Sono davvero contento per te" disse Liam stringendola.
"Io insisto: sei una gran figa in questa foto!" ripeté Zayn sventolandole la copia di Rolling Stones sotto al naso.
"Vediamo" Niall prese il giornale mentre Zayn usufruiva del suo turno di abbracci.
"Davvero Emily! Bel servizio" osservò ammirato.
Il battito del cuore della ragazza cominciava a regolarizzarsi.
"Ehi aspettate, ne manca uno! Dov'è Harry?" chiese colta alla sprovvista.
"Indovina!" la stuzzicò Zayn con il più sarcastico dei sorrisi.
"E' uscito con Kendall" le rispose Louis.
"Ma...ma io dovevo fargli vedere questo!" ribatté indicando il giornale dispiaciuta.
"Dovrai aspettare che la perfida strega dell'Ovest lo liberi dalle sue grinfie Emi, mi dispiace"
"Zayn, dacci un taglio con questa storia, d'accordo?" lo rimproverò Louis
"Può starti antipatica quanto ti pare, ma per ora sta con Harry quindi vedi di fare buon viso a cattivo gioco"
"Ho almeno il permesso di sfogarmi quando non c'è?" ribatté irritato.
"Quando non c'è! L'altro giorno non la stavi quasi salutando e pensi che non abbia sentito quello che hai detto ad Emily mentre stavamo facendo la foto? Ringrazia solo che lui non era a portata d'orecchio"
"Ma perché dovrei fingere che mi sta simpatica?"
"Non dico questo, ma almeno rispettare l'A B C dell'educazione non sarebbe una cattiva idea!" continuò alzando la voce
"Ma io lo dico anche per lui! Non mi piace che stia con quella! Non è una bella persona, non appena arriverà un altro lo mollerà senza troppi complimenti come ha fatto con Justin, e tu sai bene cosa è successo e lo sa anche lui, per questo mi stupisco che si accompagni con una sciacquetta come quella. E' stupida e superficiale e non si merita di stare con uno come lui! Siccome non la conosce nessuno fa la parassita con l'idiota di turno più carino che si fa prendere in giro dagli occhi dolci e da quei sorrisetti irritanti, per fare la sua bella scalata sociale. E' solo una prostituta industriale e lui è uno stupido a perdere del tempo con lei!" sbottò al limite, ansimante per la rabbia. 
Emily, Niall e Liam assistevano alla scena in silenzio. La ragazza si sentiva in colpa per aver uscito fuori la questione provocando tutto quello. Louis aveva fissato Zayn che gli urlava in faccia con una flemma solo apparente: dallo sguardo era evidente che non gli era piaciuto il modo in cui si era rivolto ad Harry. 
"Mi dispiace Emily, non volevo rovinarti la giornata" si congedò Zayn per poi sbattere la porta della stanza da letto alle proprie spalle.
Louis aveva la mascella contratta per il nervosismo: con ogni probabilità avrebbe volentieri rotto qualcosa in quel momento. Anche lui si avviò a grandi passi nella sua stanza con relativo chiasso provocato dalla porta chiusa con poca delicatezza.
I tre ragazzi si scambiarono uno sguardo imbarazzato.
"Forse dovreste..." mormorò Emily
"Andare da loro" completò Niall con lo stesso tono
"Sì, infatti...vado da Zayn"
"Io da Louis"
"Io vado a casa...cioè in albergo...insomma vado via" farfugliò Emily, il senso di colpa che le opprimeva lo stomaco.
"No no, non ti preoccupare, torno tra poco" le assicurò Niall.
Emily si abbandonò sul divano sbuffando e pentendosi amaramente di essere andati lì a far litigare Zayn e Louis. Era stata tutta colpa sua! Sue e della sua boccaccia che doveva sempre mettersi in mezzo! Non era certo la prima volta che diceva qualche cosa che avrebbe voluto rimangiarsi non appena pronunciata; eppure, dopo diciotto anni non aveva ancora imparato a contare fino a dieci prima di parlare. Cominciò a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore maledicendosi in tutte le lingue. Notò poi che quella tensione era data dal fatto che non aveva potuto mostrare i giornali a Harry. Quel pensiero le suonò strano. In fondo si conoscevano da poche settimane, era stato sciocco anche andare dagli altri ragazzi per mostrarli; d'altronde però le aveva fatto piacere che si fossero rallegrati sinceramente per lei e con lei; e inoltre, se voleva davvero uscire da quel guscio avrebbe pur dovuto cominciare da qualche parte o no.
Sentì che si stava di nuovo impelagando in uno dei soliti viaggi mentali.
"Ma perché devo sempre farmi i complessi?" borbottò esasperata.
"Louis sta parlando al telefono con Eleanor" annunciò Niall sedendosi accanto a lei.
"Penso si sia calmato almeno un po'"
"Mi dispiace, è colpa mia. Se non avessi parlato non sarebbe successo nulla" si scusò mortificata.
"No Emily, non dirlo, non è affatto colpa tua. Sarebbero arrivati a questo discorso prima o poi. Zayn non può vedere Kendall e Louis non vuole che Harry ci resti male, tu non c'entri niente"
"Sarà, io mi sento in colpa lo stesso" ripeté amareggiata.
"Non ti preoccupare" disse dandole un bacio sulla guancia, poi le levò i giornali di mano.
"E ora, fammi leggere questi articoli: parlano della mia cantante preferita!"
 
"Siamo tornati!" la voce di Harry echeggiò allegramente per la stanza d'albergo.
"Ma dove sono tutti?"
Una voce femminile replicò:"Forse sono usciti"
"Vieni" 
I passi si avvicinarono alla stanza dove erano Niall ed Emily.
Harry sorrise dolcemente: Emily aveva la testa poggiata sulla spalla di Niall che le cingeva le spalle con un braccio.
"Stanno dormendo" sussurrò
"Forse sarebbe meglio se andassimo in camera tua"
Kendall lo attirò a sé per baciarlo, poi lo prese per mano e lo guidò in corridoio. La porta si chiuse delicatamente.
I due ragazzi sul divano, i quali avevano bellamente finto di dormire per non trovarsi in situazioni imbarazzanti, tirarono un sospiro di sollievo.
"Siamo fregati" sussurrò Niall ancora con gli occhi chiusi.
"Zayn potrebbe ucciderla se se la trovasse davanti!"
"Nella migliore delle ipotesi. Chi ti dice che non abbia contemplato la tortura?" aggiunse Emily.
"Ma che cavolo se l'è portata a fare qui? Non lo fa mai, giusto con lei?" 
Emily rise.
"Che c'è?" 
"Pensavo che sembriamo due disperati"
"Perché?"
"Bé...Zayn e Louis sono al telefono con Eleanor e...com'è che si chiama?"
"Perry"
"E Perry, Liam è su Skype con la sua ragazza"
"Sophia"
"Quello che è. Harry è in camera con Kendall e noi due siamo gli unici single della situazione"
Niall si rabbuiò:"Suona piuttosto patetico visto in questo modo. Emily, siamo due sfigati!"
"Questo è un modo di considerare la situazione, oppure possiamo pensare che in realtà lì fuori c'è un sacco di gente che farebbe di tutto per passare anche un solo giorno con noi, che però siamo troppo esigenti e cerchiamo qualcuno a cui voler davvero bene"
"Sì, così mi piace di più" assentì dopo qualche secondo.
"Che poi è anche vero"
"Cosa?"
"Che cerco qualcuno a cui voler bene davvero. Sai quante volte pensavo di essere amato da una ragazza che poi mi ha deluso? Ho perso il conto ormai"
"Ti capisco" mormorò Emily con tono mesto
"Ne vuoi parlare?"
"Non lo so...non ne ho mai parlato davvero con qualcuno e la colpa è dell'esperienza stessa che ho avuto. Non riesco a fidarmi più di nessuno, è un miracolo quello che sta succedendo con voi infatti"
"Sembra quasi che più uno ricerca l'amore più non lo trova, e chi non lo cerca affatto invece incontra l'amore dietro l'angolo" osservò il ragazzo.
"Già, è un'ironia quanto meno crudele"
"Sarà meglio che Kendall vada via prima che Zayn le scateni la sua ira funesta contro"
"E che vuoi fare? Irrompere nella stanza?"
"Tecnicamente quella è anche la mia stanza, secondo poi, sempre tecnicamente, io stavo dormendo placidamente sul divano quindi non so che loro sono tornati e terzo, devi fargli vedere qualcosa o mi sbaglio?"
"Sì ma...mi sembra male interrompere"
"Nah! Interrompo io al posto tuo e mi invento qualche cosa"
Fu così che Niall fece il suo ingresso nella stanza mentre Kendall e Harry si trovavano immersi in una pomiciata in piena regola: il ragazzo ebbe la faccia tosta di sostenere che non li aveva sentiti rientrare e che potevano continuare con comodo, doveva solo prendere una felpa, ma, dopo la figuraccia, Kendall decise di tornare a casa, adducendo come scusa l'ora tarda.
Una volta che se ne fu andata, Emily si intrufolò nella camera di Harry, disteso sul letto, e si distese accanto a lui.
"Salve" lo salutò sorridente.
"Buon giorno, dormito bene?" la prese in giro
"Non mi lamento" sorrise.
Harry ricambiò.
"Allora? Che te ne pare?" le chiese.
"Che me ne pare di cosa?" domandò ostentando un'aria da finta tonta.
"Di Kendall"
"Che me ne pare? Che me ne pare???" "Bé è...alta" riuscì a dire dopo un po'.
Harry rise
"Un pensiero sincero, non un dato di fatto per favore"
"Sincero? Mi fa pensare che non è vero che le bionde sono stupide: le more possono esserlo tanto quanto!" "Ma l'ho vista solo mezza volta, come posso dirti qualcosa che non sia un dato di fatto?"
"Dimmi come ti è sembrata a prima vista"
"Pessima!" "Ehm...non lo so...ma che importa cosa ne penso io? Tu piuttosto, che ne pensi?"
"Non lo so ancora...è bella"
"Insomma...c'è di meglio! Ma che cavolo mi prenda? Che importa a me di loro due! Bah!"
"...e mi fa ridere..." continuò Harry mentre Emily lo interrompeva mentalmente
"Questo è ovvio. Immagino che la sua stupidità la renda di una comicità involontaria notevole!"
Harry si interruppe.
La ragazza lo fissò, temendo di aver pensato a voce alta.
"Però? C'è un però?"
Harry ci pensò su.
"Non lo so è...è un po' presto per dire qualcosa. So solo che mi piace, ma non so quanto o per quanto tempo mi piacerà"
"Da quanto tempo uscite?"
"Un mese" rispose distrattamente.
"Non ti vedo molto preso" osservò Emily girandosi su un fianco.
"Ci vuole del tempo prima che io venga preso. Tu ti fai prendere subito?" chiese prendendo tra le dita una lunga ciocca di capelli della ragazza.
"Io? Che c'entro io?"
"Non lo so. Voglio sapere cosa ne pensi"
"Io non mi faccio prendere mai"
Il ragazzo strabuzzò gli occhi:"Come sarebbe mai?"
"Mai" ripeté "E' successo solo una volta"
"Ed eri molto presa?"
"Ero completamente impazzita, sì"
"E poi?" chiese continuando a giocare con i suoi capelli.
"E poi basta. Ti ho detto che è successo solo una volta" replicò.
"No no, intendevo, cosa è successo dopo che ti sei fatta prendere?"
Emily sentì una morsa allo stomaco: non era ancora pronta per una cosa del genere.
"Ma perché stiamo parlando di questo? Io ho una cosa da farti vedere!" esclamò sviando abilmente il discorso.
"Cioè?" chiese mentre la ragazza gli sventolava qualcosa davanti agli occhi.
Gli ci volle qualche istante per mettere a fuoco, dopodiché esclamò:"Oddio!"
Harry sfogliò il giornale entusiasta e continuò a congratularsi con Emily per cinque minuti buoni.
Dal canto suo la ragazza si sentiva strana: non capiva perché quei due uscissero insieme da un mese e lei l'avesse vista solo quella settimana; non sapeva perché provava quell'avversione istintiva verso quella ragazza e non riusciva a spiegarsi il senso di oppressione che aveva provato quando l'aveva vista al concerto e quando aveva sentito il suono umido del loro bacio mentre lei e Niall fingeva di dormire. Forse si faceva davvero troppe domande. Ma una le martellava in testa e non sapeva neppure lei perché in quel momento le sembrasse tanto fondamentale avere la risposta alla domanda: Harry le voleva bene? 

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Capitolo 7
*** Non aprite quella porta ***


Emily stava in piedi immobile sull'uscio, basita. Aveva una quantità tale di emozioni che si erano rimescolate tutte insieme fino a formare una scorza di apatia piuttosto fragile, che si sarebbe infranta al minimo tocco. Le parole erano lì, proprio sulle labbra, ma per qualche strana ragione non si decidevano ad uscire.
Dopo quelli che le sembrarono migliaia di anni finalmente riuscì a pronunciare quella sola, breve parola, che racchiudeva in sé mille e uno significati.
"Josh"
Il tono tradiva una sorpresa che non sapeva dissimulare.
Josh stava lì davanti a lei, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo, dopo essere sparito per un anno e averla lasciata sola a rimarginare le ferite che le aveva causato, ancora non del tutto guarite.
"Ciao Emi"
La salutò con una spontaneità tale che pensò di essersi immaginata tutto quello che era successo tra di loro, quasi fosse stato un brutto sogno e ora lei si fosse svegliata per andare a pattinare con lui come facevano sempre.
Emily continuò a fissarlo: non c'era nessuna implicazione logica che giustificasse la presenza di quel ragazzo sul suo vialetto. 
Non era cambiato affatto: stessi occhi verdi, stessi capelli scuri scarmigliati, stesso giubbotto di pelle mentre fuori c'era la neve e un freddo glaciale, stessi jeans stinti e stessa catenina che gli aveva regalato Emily quando avevano fatto un mese. Piuttosto ipocrita da parte sua, pensò.
"Sei più bella di quanto ricordassi" disse messo lievemente a disagio dalla ragazza che continuava a non proferire parola.
"Posso entrare?"
Emily si sbloccò. Ogni fibra del suo corpo si ribellò istantaneamente a ciò che stava accadendo. Tutto quello che era successo dentro di lei era stata solo la quiete prima della tempesta.
"No!" 
La risposta uscì naturalmente prima ancora che lei la pensasse.
"Cosa ci fai qui?" chiese con tono severo.
"Ho saputo che eri tornata...avevo voglia di vederti" rispose stranito. Non si aspettava quella reazione.
"Avresti potuto cliccare il mio nome su Internet" replicò con i muscoli della faccia contratti.
"Volevo vederti di persona" spiegò.
"Davvero? Bé mi hai vista, buon Natale!" replicò impietosa e fece per chiudere la porta.
Josh la bloccò con una mano.
"Emi aspetta..."
"Aspettare? Aspettare Josh? E aspettare cosa di preciso, eh? Ho aspettato per un anno intero, un anno in cui tu non ti sei fatto sentire in nessun modo e dopo quello che hai fatto te ne spunti qui dicendomi che sei venuto perché hai saputo che ero tornata e avevi voglia di vedermi? Cosa ti aspettavi? Che ti avrei accolto a braccia aperte?" sbottò Emily in preda alla collera.
Si sorprese di come stava gestendo la cosa: era una furia calma, glaciale, che Josh non si aspettava, abituato probabilmente a delle sfuriate isteriche farcite di urla e grida assortite.
"Emi..."
"E piantala di chiamarmi Emi, sono Emily per te" lo interruppe frettolosa.
"Tu hai ragione però..."
"Ma ci mancherebbe altro! Lo so benissimo che ho ragione!"
"Però io volevo parlarti...cioè voglio parlarti" disse in tono di scuse.
Emily sospirò esasperata. Fece un lungo respiro e poi riprese, più calma.
"Io no, non abbiamo nulla da dirci per quanto mi riguarda. Ora vattene" comandò.
"Ma io..."
"Ho detto vattene!" ripeté con un tono che non ammetteva repliche.
Josh la guardò per un attimo, gli occhi della ragazza che lo fissavano gelidi, furenti, senza battere ciglio.
Voltò le spalle e se ne andò contrariato e amareggiato.
Emily chiuse la porta e si recò in cucina col viso cereo, le gambe che le tremavano in preda all'emozione.
Stacie si voltò subito, allegra.
"Allora il tronchetto?...Emi...che è successo?" chiese alzandosi e facendosi seria in viso.
"Josh" mormorò con gli occhi vitrei.
Quelli grigi di Stacie si spalancarono, imitati da quelli della madre.
"Che cosa?" urlò sconvolta alzandosi di scatto.
"Dov'è? Dov'è quel lurido sporco vigliacco?" tuonò andando verso l'ingresso.
Emily la afferrò per un braccio.
"Stacie fermati!". La ragazza si voltò.
"L'ho mandato via" 
"L'hai mandato via? Avresti dovuto spedirlo a casa sua a calci! Scommetto che sei stata inopportunamente gentile come al solito" la rimproverò camminando avanti e indietro.
"Se tu..." Stacie si bloccò. Emily aveva gli occhi lucidi.
"Oh mi dispiace, parto sempre in quarta, lo sai. Che stupida sono! Stai bene?" chiese raddolcendosi.
Emily annuì poco convinta.
"Non piangere Emily, ti prego" la supplicò abbracciandola.
"Piangere? Io? Per quell'idiota? Figurati! Non mi ricordo neppure quando è stata l'ultima volta che ho pianto" replicò ricacciando indietro le lacrime.
Stacie la prese per mano.
"Dai, andiamo di sopra"
 
Emily aveva suonato per tutto il giorno. Incessantemente, Tutta la musica più drammatica che le era venuta in mente era risuonata tra le pareti della sua stanza, sia con la chitarra che col pianoforte, aveva scritto cinque nuovi testi e cantato altri testi vecchi.
Era la vigilia di Natale e lei non era serena. 
Fino a quando Stacie non era andata via tutto era andato per il meglio, ma una volta ritrovatasi sola si era sentita inghiottita da una marea di sconforto profondo. Era per questo che si era buttata sulla musica, e dopo sei ore di estenuante impegno poteva affermare di essere riuscita ad arginare il peggio. Si sorprendeva sempre del potere catartico che la musica aveva su di lei.
Fuori nevicava.
Sorrise debolmente al proprio riflesso nella finestra.
"Bé, non male come prima prova, no?"
Si avvicinò alla finestra e guardò fuori: il cielo plumbeo oscurava il sole così che sembrasse molto più tardi delle tre del pomeriggio. Decise di uscire dal suo isolamento per andare a vedere cosa stavano facendo i suoi genitori al piano di sotto.
Mentre scendeva le scale qualcuno bussò alla porta. Si fermò a metà rampa, gelata da quel suono.
"Finiscila subito, non fare la ragazzina!"
Deglutì sonoramente e si avviò con passo meccanico verso la porta, mise la mano sulla maniglia ma le ci volle qualche secondo per prepararsi mentalmente a chi avrebbe potuto trovare dall'altro lato. Quel qualcuno bussò ancora una volta.
Emily trasse un respiro profondo, compose la faccia in un'espressione imperturbabile e aprì la porta.
"Ciao" la voce allegra del ragazzo era perfetta per il sorriso che ne illuminava il volto.
Emily sgranò gli occhi.
"Harry!" esclamò felice (anche sollevata dal fatto che non fosse Josh) buttandoglisi al collo.
Il ragazzo la abbracciò a sua volta, sollevandola da terra e facendo un giro su sé stesso.
"Mi sei mancata" disse con il viso affondato tra i suoi capelli.
"Ma che ci fai qui?" gli chiese con un sorriso a trentadue denti.
"L'altro giorno mi sono accorto che abitavamo vicino e mi sono detto -ehi, perché non fare un salto da lei?- e quindi..." allargò le braccia.
"Sono così felice di vederti! Gli altri? Dispersi per il Regno Unito?" 
Harry annuì.
"Vieni, entra" lo invitò prendendolo per un braccio.
"Vuoi qualcosa? Avevo tutta l'intenzione di fare un tè o una cioccolata, scegli tu"
"Vada per la cioccolata" acconsentì mentre porgeva il cappotto alle mani tese della ragazza.
Emily entrò in cucina facendo strada.
"Emily chi era alla porta? Di nuovo Josh?" chiese sua madre sentendola entrare.
"No mamma, voltati"
La signora Davis distolse l'attenzione dall'arrosto che era nel forno e si girò. 
"Salve" sorrise gentilmente.
Harry le porse la mano per presentarsi:"Salve, sono Harry"
"Harry, come il ragazzo di quel gruppo Emily, quello che prima non potevi ve..."
"Eh sì, è proprio lui mamma! Proprio così. Lui!" la interruppe Emily a metà frase a voce piuttosto alta per coprire le parole inopportune della madre; non vista da Harry le rivolse anche uno sguardo eloquente con il significato implicito di stare zitta.
"Oh...oh certo, Emily mi ha parlato tanto di te"
"Davvero?" disse Harry incuriosito gettando uno sguardo alla ragazza, impegnata a darsi uno schiaffo sulla fronte, esacerbata dalla mancanza di collaborazione di sua madre.
"Bé, mi ha parlato un po' di tutti voi in effetti" corresse il tiro.
"Bene, ora magari preparo questa cioccolata e poi andiamo. Via!" stabilì caricando l'ultima parola e guardando sua madre.
"Sei tu da piccola?" chiese Harry dopo aver lanciato di sfuggita uno sguardo allo scaffale del caminetto.
Emily non rispose, prevedendo già il disastro che stava per essere compiuto da sua madre.
"Sì, è Emily. Abbiamo decine di album con le sue foto"
Stavolta Emily si schiaffeggiò con entrambe le mani sulla fronte: perché quella donna le faceva questo? Eppure era sua madre, avrebbe dovuto volerle bene, non mostrare le sue imbarazzanti foto al primo arrivato!
Harry prese tra le mani la foto che ritraeva Emily a due anni con un cappellino da Babbo Natale, i riccioli ribelli che ne uscivano fuori e un pacco regalo più grande di lei.
"Veramente?" 
"Sì, ti piacerebbe vederli?"
Ecco, l'aveva detto, ne era certa.
"Mamma io non credo che..." cominciò timidamente.
"Certo" la interruppe il ragazzo fissandola divertito.
Emily assottigliò lo sguardo di rimando. Sua madre intanto aveva tirato fuori un pesante album che aveva già aperto sul tavolo, sotto lo sguardo interessato di Harry.
"Sembra quasi che cammini con queste benedette foto in tasca per mostrarle a chiunque ti capiti a tiro!" borbottò la ragazza prendendo due tazze dalla credenza.
"Come dici cara?"
"Niente!"
Emily preferì non guardare quali fossero le foto presenti in quell'album e concentrarsi sulla cioccolata, se solo i commenti di sua madre e di Harry glielo avessero permesso.
"Che bella!"
"Anche a me piace questa foto, è quella del tuo secondo compleanno Emi"
La ragazza finse di non sentire; era irritante quando sua madre rispondeva a domande che non aveva fatto nessuno.
"Che occhioni che ha qui!"
"Sì, le avevamo regalato una piccola chitarra, ce l'aveva chiesta fino allo spasimo"
Harry guardava le foto col sorriso stampato in faccia e sua madre stava lì a narrargli il contesto storico di ogni singola foto con dovizia di particolari.
Dopo qualche minuto Emily interruppe quel bizzarro quadretto con un colpo di tosse.
"Ehm ehm" aspettò che le rivolgessero l'attenzione.
"Non vorrei disturbarvi, ma la cioccolata è pronta"
"Non preoccuparti, puoi portarlo anche al piano di sopra se credi, Harry" disse la signora Davis porgendogli l'album delle foto.
"Grazie" replicò prendendolo in mano.
Emily guardò la scena con gli occhi sgranati.
"Che c'è?" chiese Harry.
"Niente" rispose atona.
Salì le scale e aprì la porta della sua camera.
"Questa è la tua stanza?" domandò allibito il ragazzo sulla soglia.
"Sì, perché?"
"Ma è...è fighissima!"
E in effetti Emily l'aveva curata fin nei minimi particolari: era una stanza rettangolare piuttosto grande, con le pareti color panna e una finestra che aveva un davanzale basso, sul quale aveva sistemato dei cuscini così da trasformarlo in un piccolo divanetto; nella parete di fronte alla finestra c'era l'armadio e un manichino sartoriale su cui era sistemato un vestito bordeaux, accanto al manichino vi era un comodino in legno scuro sul quale con sopra una lampada con del gas colorato all'interno, poi un letto ad una piazza e mezza e sopra una mensola con diversi libri; dall'altro lato della camera poi vi era un autentico giradischi e dei 45 giri dei Rolling Stones, dei Beatles e dei Queen, a fianco a quello un porta CD che conteneva musica di tutti i tipi: Beethoven, Nirvana, Chopin, All American Rejects, Vivaldi, 30 Second to Mars, Mozart, The Clash; e ancora, il pianoforte e le chitarre, acustica, classica ed elettrica. Al muro erano appesi poster e foto: locandine di film come "The Rocky Horror Picture Show" "Harry Potter" "Avatar" "Il Signore degli Anelli", poster dei Queen e dei Nirvana, e sopra al suo letto una bacheca con diverse foto di Emily e altre persone.Infine, una scrivania col computer e dei quaderni impilati.
Harry esaminò la stanza con la bocca aperta, non toccando nulla solo perché aveva le mani impegnate dalla tazza bollente e dall'album.
"Grazie, siediti pure dove ti pare" lo invitò Emily prendendo a sua volta posto sul davanzale-divano.
"Dunque, continuiamo con il mio impicciamento nella tua infanzia" disse accomodandosi sulla sedia della scrivania.
"E' proprio necessario?"
"Posso cambiare età se vuoi. Per esempio..." si alzò per avvicinarsi alla bacheca con le foto.
"Questa sei tu con...perché sulla faccia di questo ragazzo c'è un adesivo con una linguaccia?" domandò.
"E' stata Stacie" spiegò prendendo un sorso dalla tazza.
"Sarebbe la ragazza bionda nella foto sotto" precisò poi.
"Capisco...e quello con la faccia adesivata è Josh?"
Emily saltò su:"E tu che ne sai?"
"Mi è sembrato che tua madre avesse detto che alla porta era Josh, forse mi sono sbagliato..."
"No no, affatto..."
"Non vuoi dirmi perché ha un adesivo sulla faccia?" chiese sedendosi sul letto di fronte a lei.
La ragazza fece spallucce:"Ci siamo lasciati...e non nel modo migliore"
"Lui è quell'unica volta in cui ti sei fatta prendere di cui mi hai accennato?"
Emily annuì.
"Si è rifatto vivo ieri..." spiegò cercando di sembrare indifferente.
Harry la scrutò:"E questa cosa non ti ha fatto piacere..."
Emily incrociò le gambe e fissò per un po' il fondo della tazza che stringeva tra le mani.
"Hai mai voluto bene a qualcuno in maniera profonda Harry? Non intendo il bene che puoi volere ai tuoi amici o alla tua famiglia, intendo un bene speciale. Non sto parlando di amore con la "A" maiuscola -quello si prova solo una volta nella vita- ma di un sentimento che sta tra il voler bene e l'amore, hai mai provato qualcosa di simile?"
Harry non rispose, soltanto, la guardò interessato.
"Sembra di essere in un altro mondo, uguale a quello che hai sempre conosciuto ma più bello: il cibo ha un sapore migliore, il cielo un blu più intenso, le stelle una luminosità maggiore, il tempo diventa lento quando sei senza quella persona e scorre troppo velocemente quando siete insieme. Ad un tratto, senza che nessuno ti abbia chiesto il permesso, quella persona si prende il tuo cuore e tu anziché infuriarti e pretenderlo indietro, avanzi inebetita verso quel ladro e ti rendi conto che lui è la terra e tu la luna, poi diventa il sole e tutto il tuo sistema gira intorno a lui, ma non è nulla di forzato, nasce spontaneo e per te è naturale che le cose vadano così, perché non esiste nessuno al mondo come lui e lui soltanto ti fa sentire in quel modo straordinario, come se fossi la presenza più bella e importante di tutta la sua vita. In tutto questo, lui ha il tuo cuore e il cuore è così delicato, basta nulla per danneggiarlo; allora, tu pensi che lui non potrebbe mai farti del male, perché è l'unico tra mille, l'eccezione che aspettavi. Tutto questo non ha importanza, perché il primo errore è già stato fatto quando hai abbassato la guardia e gli hai permesso di prendersi il cuore, ormai è nelle sue mani. E non è sempre detto che lui ne abbia cura, può anche divertirsi a torturarlo in maniera crudele, tradendo la fiducia che avevi riposto in lui. A quel punto, quando tu hai provato quel sentimento speciale, guardare in faccia la realtà ti fa provare un male indicibile. Non lo si può spiegare, lo puoi provare e basta. E' qualcosa di troppo grande che vuole uscire, ma tu sei troppo piccola per un dolore così, e non esplodi, implode dentro, ti consuma...anche se tu all'inizio non avevi voluto vederlo, non volevi vedere che quella perfezione era solo frutto della tua immaginazione. E' troppo tardi ormai...vai avanti per inerzia e impari a non farlo più, impari a chiuderti il cuore a chiave...e a buttare la chiave".
Harry fu travolto da un'ondata di rabbia e compassione: come si poteva anche solo pensare di ferire Emily? Emily, che stava seduta di fronte a lui? Emily, la cui voce aveva tremato mentre parlava? Emily, che aveva gli occhi dolci di un bambino che si erano velati di tristezza? Chiunque l'avesse fatto era un mostro, e lui non le avrebbe permesso di struggersi per lui.
Le si avvicinò, posò la sua tazza sul tavolo e le prese le mani tra le sue sorridendo.
"Vuoi davvero passare la vigilia di Natale chiusa in casa?" sussurrò.
Emily lo guardò un poco. "E cosa vorresti fare?"
"Bé potremmo andare a pattinare...oh, quasi dimenticavo!" esclamò estraendo un pacchetto dall'ampia tasca della felpa.
La ragazza corrugò la fronte.
"Cosa è?"
"Come sarebbe? Il tuo regalo di Natale, no?" rispose semplicemente.
Emily aprì l'incarto con la bocca ancora aperta. 
"Sogno di una notte di mezza estate" lesse le lettere dorate della copertina di cuoio rigida.
"Harry..." Emily aveva un sorriso a trentadue denti.
"Ho chiesto aiuto a Bob e lui mi ha detto che ti piace Shakespeare e che non avevi ancora letto questo così..."
Emily lo buttò letteralmente sul letto con la foga del suo abbraccio.
"Grazie grazie" rise mentre gli baciava la guancia più e più volte.
Harry rise a sua volta, fino a trovarsi il viso della ragazza proprio di fronte, occhi negli occhi, i nasi che si sfioravano. Sorridevano ancora entrambi, Harry si rese conto di avere le mani strette sui fianchi di Emily; la mente gli si svuotò del tutto, guardò fisso quelle iridi color miele misto al verde e sentì una sensazione strana, quasi elettrica partire dalla punta dei piedi e arrivare fino alla testa. Una ciocca di capelli le era appena caduta sul viso, la scostò delicatamente con due dita.
"Andiamo?" chiese in un soffio la ragazza.
Harry annuì stranito.
Scese le scale ancora inebetito, seguendo meccanicamente la ragazza.
"Mamma, sto andando a pattinare con Harry" urlò la ragazza sull'uscio.
Sua madre comparve sulla porta della cucina con un grembiule.
"Ricordati che ci sono i nonni e i cugini questa sera, Emi"
"Non si preoccupi, gliela riporto per l'ora di cena. Arrivederci"
"Ciao Harry"
I due ragazzi si chiusero la porta alle spalle e furono avvolti dalla neve di quel gelido pomeriggio di fine Dicembre.

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Capitolo 8
*** La triangolazione dell'alterco ***


Una volta arrivati alla pista di pattinaggio i ragazzi avevano subito affittato dei pattini, sperando di nascondere al meglio la loro identità sotto i capelli che indossavano, e poi avevano iniziato a pattinare in mezzo a coppiette, famiglie e gruppi di adolescenti.
"Quando ero piccolo andavo sempre a pattinare con i miei, ora non sono quasi più a casa nemmeno a Natale. Fino all'altro giorno ero ancora a Londra, ieri sono arrivato e ora sono qui. E'diventato tutto un via vai continuo"
Emily gli sorrise:"Sei stato carino a venire"
"Sentivo la tua mancanza..." replicò facendo spallucce.
A quel punto Emily fece una domanda. Non una di quelle che si pongono per reale interesse, ma più per cortesia o semplice curiosità.
"E Kendall? Sta bene?"
Harry venne colto alla sprovvista.
"Sì, insomma...l'ho vista l'altro giorno, eravamo a Londra insieme, sai siamo usciti e poi..." rifletté un attimo su come proseguire la frase
"...e poi abbiamo passato la notte in albergo" terminò lasciando sottintese le varie implicazioni della faccenda.
"Quindi va tutto bene?" continuò la ragazza senza far trapelare reazioni apprezzabili per quanto aveva appena detto.
 "Penso di sì..." mormorò.
"Ti imbarazza parlare di lei con me, Harry?" gli chiese dopo averlo esaminato per qualche secondo.
Il ragazzo la fissò di rimando divertito.
"Non è questo, è che immagino come potrebbe reagire lei se sapesse che parlo con te di questo. Vedi, mi è sembrata un po' gelosa di te"
"Gelosa?" ripeté Emily ridendo.
"Sì, lo so. E' ridicolo, tanto più che tu non ti fai prendere MAI" la punzecchiò imitando la sua voce.
"Ehi, io non parlo affatto così!"
Harry aveva appena aperto la bocca per ribattere quando Emily venne afferrata saldamente per le spalle.
"Brutta antipatica che non sei altro! Avevi detto che non saresti venuta!"
La ragazza fece del suo meglio per non sbilanciarsi, aiutata da Harry che la prese saldamente per un braccio; una volta riacquistato l'equilibrio rivolse l'attenzione alla figura che le aveva appena volteggiato davanti.
"Di' un po', ti è andato di volta il cervello? Mi stavi facendo cadere!" sbottò a metà tra il serio e il divertito.
La ragazza si limitò a fissarla sorridendo di sbieco con le braccia incrociate.
"Mi dispiace Emi, ma quando è sua è sua; ti abbiamo tempestato di SMS per tutto il giorno e non ne volevi sapere di venire" intervenne una voce maschile alle sue spalle. 
La ragazza sbuffò mentre Harry assisteva alla discussione sentendosi un po' fuori luogo.
"Harry, loro sono Stacie ed Erick, Stacie ed Erick lui è Harry" li presentò Emily.
"Ah Harry, ho tanto sentito parlare di te" proruppe Stacie dandogli una stretta di mano.
"Devo ricordarmi di incollare le labbra a te e a mia madre per le prossime volte" sibilò Emily rossa in viso.
"Tu sei Harry! Intendo quell'Harry, giusto?" chiese Erick porgendogli la mano.
"Sì è proprio lui, Harry Potter. Su, mostragli la cicatrice" scherzò Emily.
"Sì sì, prendi in giro. Intanto lui è riuscito a farti uscire dalla tua quasi ricaduta, ti ringrazio tanto!" intervenne Stacie dando una pacca sulla spalla al ragazzo.
"Fortuna che sei arrivata adesso, Josh era qui fino a cinque minuti fa"
"Ti immagini la faccia se ti avesse visto con un altro ragazzo!" esclamò Stacie.
Il sangue di Emily si gelò nelle vene:"Potrai vederla tra poco, sta venendo da questa parte" asserì atona.
Gli altri tre ragazzi volsero lo sguardo nella direzione fissata da Emily: dall'altra parte della pista un ragazzo avanzava verso il gruppetto.
"Bene, che si fa?" chiese Stacie.
"Come sarebbe che si fa? Io non ho intenzione di parlare con quel...quel...quella cosa! Intrattenetelo voi! Vieni Harry!" e lo prese per un braccio, andando nella direzione opposta.
Harry si accorse che i muscoli del viso di Emily erano completamente contratti e che la mano che gli teneva il braccio tremava leggermente. La prese per mano e la fermò con dolcezza.
"Emi..."
"Harry non ti fermare per favore! Non voglio vederlo!" esclamò concitatamente.
"Respira, non devi preoccuparti di lui. Devi fare come se non ci fosse, devi riuscire ad essere indifferente" le sussurrò tirandola a sé.
"Tu non sai quello che dici" mormorò ansiosa.
Le diede un bacio sulla fronte.
"Andrà tutto bene, fai come se non ci fosse, continua a fare quello che stavi facendo prima"
"Non lasciarmi la mano, per favore" sussurrò la ragazza.
"Non ci penso nemmeno" le assicurò sorridendo e riprendendo a pattinare.
"E così quelli sono i tuoi amici eh? Sembrano simpatici"
"Sì, e sono l'esatto opposto! Erick è la calma fatta persona, ha una pazienza infinita, Stacie invece è una pazza scatenata"
"Mi ricorda qualcuno" disse alzando un sopracciglio.
"Non so a chi ti riferisci"
"Ma davvero? Ne sei proprio sicura?"
Emily si mise a ridere:"Io non sono una pazza scatenata"
"No no...sei solo scatenata...o solo pazza, dipende dalle tendenze filosofiche"
"Sei proprio antipatico lo sai!" esclamò allegra colpendolo in testa.
"Emily!" Josh le si parò davanti come un fulmine a ciel sereno; il sorriso le sfiorì all'istante.
"Stavo venendo da te prima" ansimò col fiato corto dopo aver gettato un'occhiata sospetta ad Harry.
"Ti devo parlare"
"Lo so, me l'hai già detto. E io ti ho anche risposto, se ricordi" replicò tenendo stretta la mano di Harry per farsi forza.
"Sì ma io ne ho davvero bisogno"
"Non ho cambiato idea" replicò freddamente.
"Ma che ti costa starmi a sentire?" sbottò spazientito alzando il tono di voce.
"Ehi, datti una calmata!" intervenne Harry con tono fermo.
L'altro ragazzo lo squadrò da capo a piedi.
"E questo chi è? Il tuo nuovo ragazzo?" chiese. Il suo tono era aggressivo a canzonatorio allo stesso tempo, la qual cosa infastidì Harry, che si frappose tra i due.
"Del tutto irrilevante. L'hai sentita, no? Sparisci!" ordinò a denti stretti. I ragazzi si guardavano in cagnesco a pochi centimetri l'uno dall'altro. 
"Tu che c'entri? Non ti immischiare!"
Emily posò con gentilezza una mano sulla spalla dell'amico.
"Harry, è una cosa che voglio risolvere da sola"
Il ragazzo, con la mascella contratta per i nervi, distolse lo sguardo da Josh per concentrarsi su Emily. La fissò dritto negli occhi per alcuni istanti, come se volesse dirle qualcosa attraverso la mente. 
"Ehi, come va da queste parti? Tutto bene?" esordì Erick arrivando alla velocità della luce.
Non degnò Josh neppure di uno sguardo.
"Forza, che fate? Avete intenzione di mettere le radici qui?"
"Emily, ti devo parlare!" ripeté ancora una volta Josh tra i denti.
La ragazza aveva addosso lo sguardo di Erick che li invitava ad andare via, di Harry che, in maniera alquanto palese, non si sentiva affatto estraneo all'alterco, e di Josh, che per quanto insistesse nel volerle parlare non mostrava un briciolo di rimorso o pentimento.
"Emi?" disse Erick.
La ragazza sospirò, non poteva credere a quello che stava per dire.
"Se ti lascerò parlare, poi mi lascerai in pace?"
Erick ed Harry si guardarono con la più pura espressione di sorpresa, bocca aperta e occhi sgranati.
"Sì" rispose dopo un po' Josh.
"Comunque non è il momento adesso. Verrai da me dopodomani, mi dirai quello che devi, e poi te ne andrai per come sei venuto" spiegò con l'espressione di chi si trova a dover fare un compromesso con l'essere più viscido che abbia mai conosciuto.
Harry non attese neppure una risposta dal ragazzo, afferrò la mano di Emily e si allontanò, seguito da Erick.
Dopo essersi allontanati abbastanza i due ragazzi si fermarono.
"Di' un po', sei impazzita per caso? Ma che ti dice il cervello?" sbottò Harry.
"Che altro avrei dovuto fare?"
"Non so, un -vaffanculo!- sarebbe stato perfetto, classico ma d'effetto!" suggerì ironico Erick.
Stacie arrivò trafelata poco dopo.
"Cosa? Che è successo?"
"Ma niente di che, si è solo data appuntamento con Josh!" spiegò Harry fuori di sé.
"No, non è vero. Sarebbe una stupida se avesse davvero fatto una cosa del genere"
Prese l'amica per le spalle.
"Su Emi, dimmi che non l'hai fatto" la esortò sorridendo.
"Non mi avrebbe lasciata in pace se non l'avessi fatto" si giustificò.
Stacie la guardò incredula per qualche istante, poi sbottò:"Ma come ti salta in mente di dare una seconda possibilità a quello lì? Fino a cinque minuti fa non volevi neppure parlargli e adesso gli dai un appuntamento? E io che non l'ho accoltellato col pattino solo perché ci sono troppi testimoni in giro! L'avrei dovuto fare secco subito!".
Il tono di voce esagitato di Stacie cominciò ad attirare l'attenzione di alcuni passanti, che scrutarono Harry ed Emily mormorando qualcosa.
"Stacie abbassa la voce, non voglio mettermi a fare autografi e foto adesso!" sibilò tra i denti Emily.
"Ti dico che quella è Emily Davis" stava dicendo una ragazza alla madre.
"Sì certo tesoro, come no!"
I quattro ragazzi si lanciarono un'occhiata tesa.
Erick espose il piano:"Bene, adesso noi usciamo con nonchalance dalla pista e quando saremo fuori portata d'occhio, ce la diamo a gambe, ok?"
Gli altri tre cominciarono a pattinare verso l'uscita, profilo basso e passo sostenuto. Diedero i pattini alla cassiera e si misero sulle panchine vicino all'ingresso della pista per mettersi le scarpe.
"Fiu...c'è mancato poco..."
"Stacie, sta' zitta" ordinò tra i denti Erick dopo aver visto arrivare un gruppo di quindicenni vicino alla ringhiera.
"Rilassati! Va tutto bene! Per fortuna, se avessero visto Emily Davis insieme ad Harry Styles ti immagini il casino?" fece a voce alta.
Stacie si trovò addosso gli sguardi di fuoco di Harry, Emily ed Erick e gli occhioni sgranati delle ragazzine,
"Oh, merda!" imprecò mordendosi la lingua.
Due secondi di silenzio e dopo il caos.
Le ragazze cominciarono a urlare in preda all'euforia, dopo essersi accorte che quello che avevano davanti era effettivamente Harry Styles. I ragazzi sia alzarono per dirigersi in fretta verso l'uscita.
"Stacie, giuro che ti ammazzo!" la minacciò Emily mentre uscivano.
"Dove andiamo?" chiese Erick sentendo le grida inferocite dei fan poco lontano.
"Ci dividiamo!" propose risoluta Emily.
"Buona idea" acconsentì Harry.
"Veloci, per ora andiamo dietro quel vicolo!" 
Erick li spintonò praticamente lì dentro e tolse il cappello ad Emily ed Harry.
"Ehi ma..." protestò Stacie mentre le veniva sottratto anche il suo e veniva malamente sostituito da quello indossato poco prima da Emily.
"Taci, che hai già creato abbastanza guai" la riprese Emily, dopo aver capito le intenzioni di Erick.
"Perfetto, ci vediamo a casa mia"
"Buona fortuna!" augurò loro Harry fissandoli con compatimento.
Uscirono prima Stacie ed Erick, che se la diedero a gambe, incalzati da quella che era diventata una vera e propria folla.
Harry ed Emily erano rimasti nel vicolo, fingendo di essere una coppietta. Avevano i visi vicinissimi, dal momento che oltre a non dover dare nell'occhio, era necessario nascondere anche il volto, si erano avvicinati in modo da simulare una pomiciata.
"Sono andati via?" sussurrò Harry.
"Penso di sì" rispose la ragazza con lo stesso tono.
"Che c'è?" chiese poi.
Harry la stava guardando dritto negli occhi, con lo sguardo intenso che l'aveva fatta sentire a disagio le prime volte.
"Niente. Andiamo"
Laconico. Ecco com'era quel giorno Harry, laconico. Rispondeva a metà, lasciando il concetto espresso solo in parte. Era molto strano da parte sua. Anche il fatto che stessero camminando già da cinque minuti e che lui non avesse aperto bocca era bizzarro.
"C'è qualcosa che non va?" 
"Scusa Emily, ma io non ti capisco proprio" principiò fermandosi e allargando le braccia.
"Prima a casa tua sei quasi in lacrime mentre mi parli di quel ragazzo, lo vediamo alla pista e tu scappi perché non vuoi vederlo e alla fine gli dici di venire a casa tua per parlare?"
Il tono di rimprovero tradiva la preoccupazione che provava per lei.
"Non devi pensare che l'abbia fatto per sistemare le cose, quelle non si sistemeranno mai..." mormorò la ragazza riprendendo a camminare. Il ragazzo la afferrò per un braccio
"E allora perché? Perché l'hai fatto? Anche adesso, non ne vuoi parlare, e mentre gli concedevi l'appuntamento eri quasi disgustata in faccia. Perché lo fai?" insisté.
"Perché non voglio vederlo più!" sbottò esasperata.
"E se lui continua a perseguitarmi dicendomi che deve parlarmi e io continuo a dirgli di no, non me ne libererò mai! Lo capisci? Pensi che se avessi avuto una scelta gli avrei detto di venire da me? Cosa posso fare se non togliermi questo dente il prima possibile? E tutti voi che continuate a dirmi -perché l'hai fatto' Sei impazzita? Che ti dice la testa?- La mia testa sta cercando di rimediare alla cazzata che ho fatto due anni fa fidandomi di quel bastardo, e se per non vederlo più dovrò sopportare un'ora di discussione con lui ben venga! Ma io non ce la faccio più, e voi non lo sapete cosa significa non potersi fidare più di nessuno per colpa di qualcuno che ha deciso di rifarsi vivo dopo un anno! Quindi fatemi il piacere: chiudete la bocca e fatevi gli affari vostri!"
concluse incollerita.
Intorno a loro c'era il silenzio più assoluto, spezzato solo dal respiro affannoso di Emily; Harry era ammutolito.
Emily si sentiva uno schifo: aveva appena dato un appuntamento ad una persona che, effettivamente, non avrebbe più voluto vedere e aveva appena urlato contro a quello che nelle ultime ore si era comportato come un amico di vecchia data.
"Mi dispiace, tu non c'entri niente...io sono sempre così..." 
Harry fece l'ultima cosa che Emily si aspettava avrebbe fatto: le andò incontro e la abbracciò stretta. Uno di quegli abbracci lunghi, che fanno sentire lontani da qualunque problema, che fanno sentire in una campana di vetro anche quando fuori imperversa la tempesta, uno di quelli che non fanno sentire più soli.
"E a me che dispiace, io non so niente di questa storia...mi sono messo a sputare sentenze e basta, senza considerare quello che stavi provando tu! Perdonami" sussurrò mentre le accarezzava la testa. 
Emily, il viso affondato nel collo del ragazzo, continuò a stringerlo, incredula, basita dal suo comportamento premuroso, sorpresa da quanto fosse riuscita a calmarla un suo abbraccio e il suo profumo.
"Ti voglio bene Harry"
"Anche io" rispose stringendola più forte
"Ti sto facendo passare una vigilia di Natale orribile, mi dispiace" si scusò Emily dopo aver sciolto l'abbraccio.
"Non è vero: ho visto le tue foto da piccola, ho bevuto la cioccolata con te, mi sto prendendo un sacco di tuoi abbracci e tutto sommato è divertente fuggire dalle fan, tutto questo sempre con te. Non è poi così male, sai?" osservò sorridendo.
Emily sorrise a sua volta.
"A proposito, sarà meglio andare. Secondo te come se la stanno cavando Stacie ed Erick?"
"Spero per loro siano ancora interi ma nutro buone speranze"
"E che i nostri vestiti siano ancora intatti, sopratutto! Harry?" 
Il ragazzo, che fino a poco prima le camminava a fianco, non era più lì. Si voltò e venne colpita da qualcosa di candido e gelido, che le morse la pelle del viso. Si strofinò gli occhi per togliere la neve e fissò sconvolta il ragazzo, con l'espressione furbetta da bambino di cinque anni e un'altra palla di neve in mano.
"Sei impazzito?" chiese ridendo.
"Io non offenderei qualcuno con una palla di neve in mano: è carica e non ho paura di usarla" la minacciò bonariamente.
"Ma davvero?" 
Emily preparò una palla da scagliargli contro, mentre Harry la colpiva nuovamente e se la dava a gambe.
"Ehi, torna subito qui! Vigliacco!" gli urlò contro correndogli dietro a perdifiato.
Rideva e correva e la neve le si scioglieva un poco tra le mani. Decise di lanciarla e gli prese in pieno la schiena.
"La fortuna del principiante" le gridò voltandosi senza smettere di correre.
Emily raccolse un'altra palla di neve.
"Ahi Harry, mi sono fatta male! Questo perché dovevi correre. Sei un proprio un bambino. Che male!" 
Non appena il ragazzo si girò per vedere cosa si fosse fatta venne centrato in piena viso dalla palla di Emily.
Si misero a ridere entrambi, e mentre lui si toglieva la neve dal viso Emily gli fece una linguaccia continuando a correre.
"Non mi prendi!"
"Questo lo vedremo!" replicò calandosi il cappello sulla testa.
"Sembri un pupazzo di neve ambulante!" ridacchiò continuando a correre.
"Risparmia il fiato!"
Per tutta risposta ottene una pernacchia. Emily si accorse che stava guadagnando terreno; cercò di correre più veloce ma venne presa per i fianchi e gettata contro un mucchio di neve, insieme al ragazzo.
"Presa!" gioì trionfante.
Emily scoppiò a ridere.
"Accidenti, non hai idea di quanto freddo sento in questo momento!"
Harry rise a sua volta.
"Magari posso farti il solletico, così ti passa!"
"No!" esclamò la ragazza quando ormai era troppo tardi: Harry aveva preso a farle il solletico su una collinetta di neve fresca. Era quantomeno singolare come luogo!
"Basta, per favore...ti prego" implorava tra una risata e l'altra. Emily riuscì a togliergli il cappello e a scompigliargli i capelli.
"Ehi, sai quanto tempo ci metto per pettinarmi!" protestò fermandosi, rallegrato dalle risate della ragazza. Si sdraiò accanto a lei.
"Non dovresti" disse quando le risate si furono calmate un poco.
"Fare cosa?"
"Perdere tempo a pettinarti. Mi piaci di più con i capelli così, l'ho penso dalla prima volta che ti ho visto con i capelli non portati all'indietro, quella volta in cui sono venuta in albergo quando stavi male, ricordi?" 
"Sì, certo. Mi hai aiutato a vomitare" ricordò ridendo.
Occhi negli occhi, sdraiati accanto su un cumulo di neve, nessuno dei due aveva più freddo, un calore interno irrorava entrambi, diffondendosi senza difficoltà. Le risate si calmarono per lasciare posto ai sorrisi, che si fecero via via più discreti, fino a diventare una lieve curvatura a fior di labbra. Era strano, parlarsi con gli occhi. Era una cosa che Emily non aveva mai fatto con nessuno: eppure quei due pezzettini di cielo che aveva davanti avevano tutta l'aria di volerle di re qualche cosa, così cristallini eppure oscuri nel significato. Harry si soffermò sulle mille sfumature degli occhi di Emily: era bello guardarla negli occhi, aveva un colore allo stesso tempo diverso e sempre uguale; in quel momento li aveva di una magnetica sfumatura color miele e verde, perfettamente fuse insieme, che andava diventando più verde nella parte inferiore dell'occhio.
"Andiamo?" propose a voce bassa Emily.
"Sì"
Dopo qualche minuto arrivarono a casa di Emily; da fuori si sentiva già il frastuono dei suoi parenti.
"Mi sa che sono arrivati. Ora mi toccherà fare il mio solito concertino natalizio" ridacchiò.
"Cioè?" domandò curioso.
"Prendo la chitarra o il pianoforte o semplicemente a cappella e canto le canzoni di Natale con i miei cugini"
Emily bussò alla porta e le venne ad aprire uno scricciolo biondo di 11 anni, che restò sulla soglia impietrita.
"Ciao Lily" la salutò allegramente Emily.
"Emi..." balbettò.
"Ma tu lo sai chi è lui?" le sussurrò guardando Harry (divertito dalla situazione) adorante.
"Sì, penso di averne una vaga idea"
"Esci con lui? Ma io pensavo che stesse con..."  
"No Lily, è solo venuto a trovarmi" spiegò la cugina.
"Ciao" la salutò Harry con un sorriso.
La piccola ragazza sgranò gli occhi in preda all'emozione di essere appena stata salutata da uno dei suoi idoli, che era solita vedere attaccata alla parete della sua camera, vicino al letto.
"Ciao" rispose sognante.
"Sono Lily" 
"Molto piacere Lily" replicò stringendole la mano e continuando a sorriderle.
Emily rise.
"Ti dispiace sorridere di meno? Potresti farle venire un attacco apoplettico" scherzò.
"Mio Dio Emily! Sei sotto il vischio con Harry Styles!" squittì la cuginetta.
I due ragazzi alzarono lo sguardo: un rametto di vischio faceva capolino dall'alto.
"Lo sai che vuol dire?" chiese la cugina con le mani sulla bocca.
Emily ed Harry si guardarono: di nuovo quello strano dialogo che non riuscivano a decodificare tra i loro occhi.
"Vuol dire che sei la fortunata vincitrice di un bacio di Harry Styles" la informò Emily sorridendo. Prese in braccio Lily.
Harry le posò un baciò sulla guancia.
Lily, rossa in viso, sussurrò qualcosa alla cugina nell'orecchio.
"Vuole che ti chiedo se possiamo farci una foto"
"Certo!"
Lily si precipitò in casa a prendere un cellulare e tornò dopo pochi istanti.
Harry fece l'autoscatto con Lily al centro e i due ragazzi ai lati.
"Come si dice Lily?" chiese Emily.
"Grazie" trillò la bimba abbracciandolo, mentre mandava a farsi benedire la sua solita timidezza.
"Su, va' dentro prima di prenderti un raffreddore"
"Grazie Harry"
"Si vede che siete cugine, arrossite allo stesso adorabile modo" osservò il ragazzo.
Le due cugine si guardarono, assalite da un rossore repentino.
"Ciao Lily" la salutò Harry sorridente.
"Ciao"
"Oh, quasi dimenticavo!" saltò su Emily.
"Cosa?"
"Bé, visto che tu mi hai dato un regalo, è ora del mio" spiegò trafficando con qualcosa che aveva al collo.
Harry la fissò confuso.
"Questa..." cominciò la ragazza mostrandogli una collana con un ciondolo a forma di yin e yang
"Ce l'ho da quando avevo sei anni, e non l'ho mai tolta da allora. Voglio che l'abbia tu" concluse porgendogliela.
"No non posso accettare. Il mio regalo era molto meno..."importante" di questo" rifiutò Harry.
"Quello che stai facendo e il libro che mi hai dato significano tanto per me. Io voglio che questa collana vada a qualcuno a cui voglio molto bene, qualcuno che so ne avrà cura. Per questo la sto dando a te" insisté.
Harry la guardò per qualche istante, il tempo necessario per capire che non le avrebbe fatto cambiare idea per nessuna ragione al mondo.
"Grazie" sorrise mentre prendeva il ciondolo.
Emily glielo mise.
"Ti sta bene" osservò.
Harry stava per replicare quando venne interrotto dal rumore di passi sul vialetto.
"Erick, Stacie!" 
"Che fine avevate fatto?" chiese Harry.
"Che fine avevamo...? Dici sul serio? Abbiamo appena seminato quei flagelli" spiegò col fiatone la ragazza.
"Ci siamo dovuti infilare in un negozio, entrare in un camerino, toglierci i cappelli e uscire dal retro per sfuggire a quella furia!" precisò Erick.
"Seriamente, fossi al posto vostro non uscirei se non avessi una scorta di dodici uomini adulti tipo Dwayne Johnson" fece Stacie.
"Seriamente, fossi in te io la prossima volta mi guarderei dall'urlare "Emily Davis ed Harry Styles" in pubblico" la riprese Erick, accompagnato dalle risate di Harry ed Emily.

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Capitolo 9
*** Incontri ravvicinati del terzo tipo ***


 
 
Ciao e buon anno :D  il capitolo è un po' chilometrico lo so...=D ma non mi andava di dividerlo in due parti, non avrebbe avuto senso visto che l'episodio è unico. Mi è stato fatto notare che ho sbagliato a descrivere il colore di occhi di Harry O.O mi dispiace; in mia difesa posso dire che non sono un'esperta in materia e (sinceramente) in alcune foto sembrano più azzurri che verdi...ma vabbè, non accadrà più ^^ e ringrazio chi mi ha ammonito, mi ha evitato di continuare a scrivere "occhi azzurri" ovunque!!! :)
Buona lettura ;)
 
 
Emily era stata in tensione per tutta la mattinata. Si aggirava per casa come un leone in gabbia, incapace di concentrarsi su qualunque cosa per più di cinque minuti, completamente proiettata verso ciò che l'aspettava nel pomeriggio.
Aveva passato il tempo che la separava dal fatidico incontro a fare mille cose diverse senza davvero farne una: aveva letto, suonato, scritto, cantato, guardato la televisione, aiutato sua madre, parlato con Stacie al telefono e persino aiutato suo padre a spalare la neve dal vialetto. In quel momento, stesa sul letto a guardare il soffitto, odiò se stessa per aver acconsentito a parlare con Josh.
"Ma che diamine mi passava per il cervello in quel momento, eh? Tu lo sai Freddie?" chiese rivolta al poster appeso alla parete.
Prese il cellulare e guardò l'orologio: le 15:55. Sentì una stretta allo stomaco: da lì a cinque minuti sarebbe arrivato Josh.
"Cavolo, avevano ragione loro, non avrei dovuto dirglielo!" borbottò mentre apriva la cartella dei messaggi ricevuti.
Stacie: 
«Mi raccomando, se non riga dritto dagli un colpo di pala in testa e seppellisci il corpo in giardino. E no, non sto scherzando. Ps: non capisco perché mi hai impedito categoricamente di venire!»
"Eh già, Stacie, chissà perché" commentò alzando gli occhi al cielo.
Erick:
«Stai tranquilla andrà tutto bene ;) ho fiducia in te. Ps: qualunque cosa ti dica di fare Stacie...fai l'esatto opposto!»
"Quando voi due vi metterete insieme sarà sempre troppo tardi"
Harry:
«Ehi Emi :) io sono ancora a casa dei miei. Per qualunque cosa fammi uno squillo e corro :*»
"E allora vieni e portami il più lontano possibile da qui!" esclamò abbandonando il cellulare sul cuscino.
Afferrò il suo orsetto di peluche e lo tenne in aria, davanti alla faccia:
"Tu lo sai perché sono così stupida Mick? Eh?" chiese dandogli una scrollatina.
"In fondo sei con me da quando sono nata, avrai visto se sono caduta dal seggiolone, se ho preso una botta in testa mentre gattonavo a destra e a manca...magari ho ingoiato per sbaglio qualche cosa che mi ha causato danni e lesioni gravi! Allora?"
Il piccolo peluche consunto rimase inerme tra le sue mani.
La ragazza sbuffò, salvo trasalire tre istanti dopo: qualcuno aveva suonato il campanello.
Scese al piano di sotto con l'aria di un condannato a morte e prima di aprire suo padre la chiamò dalla cucina.
"Emily?"
"Sì papà?"
L'uomo la guardò per qualche istante.
"Oscar Wilde diceva che l'esperienza è il tipo di insegnante più difficile: prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione. Ma solo tu sai cosa t hai appreso dalla lezione, dunque...a buon intenditor"
"Poche parole" concluse per lui la figlia.
Il padre le strizzò un occhio e tornò al suo libro, lasciando la ragazza alla sua faccenda in sospeso, fuori dalla porta.
"Ciao" la salutò Josh quando aprì.
"Troppo entusiasmo!"
"Ciao" replicò calma, piantata sula soglia.
"Non mi fai entrare?" chiese incerto il ragazzo.
Emily alzò le sopracciglia.
"E' un decisione che devo ancora ponderare. Intanto sono qui davanti, mi pare già un bel risultato, no?"
"E' proprio di questo che ti volevo parlare" cominciò.
Aveva così tante parole in testa, ma nessuna gli sembrava quella giusta per cominciare, e gli occhi di Emily si trasformavano in carboni ardenti ogni volta che posava lo sguardo su di lui; proprio come in quel momento, in cui era statuaria e bella e gelida come una divinità arcaica, che gli rivolgeva il suo sguardo accusatore per metterlo davanti ai suoi crimini e schiacciarlo sotto il loro peso.
"Mi dispiace" riuscì a dire dopo un po'.
Emily si lasciò sfuggire un sorriso sghembo.
"Perdonami, ma dopo un anno mi aspettavo qualcosa di più elaborato. Apprezzo la semplicità comunque, a volte è la scelta migliore. C'è altro?"
"Smettila!" sbottò seriamente irritato.
Emily restò gelata per alcuni secondi, nascondendo la sorpresa per quello scatto.
"E' da due giorni che cerco di parlarti e tu sei sempre acida, non perdi occasione per sputarmi addosso il tuo astio"
"Ehi ehi ehi, frena un po'! Ti sei dimenticato chi è che ha cominciato a fare il bambino cattivo o ti limiti a sentirti una vittima e basta? Sai com'è, non mi pare tu sia stato proprio un cavaliere l'ultima volta che ho avuto a che fare con te!" lo interruppe bruscamente.
Josh ridimensionò i toni.
"Hai ragione, e mi dispiace Emily"
"Posso chiederti perché l'hai fatto? Sul serio, è una domanda che mi sono posta molte volte. Cosa ti ha spinto a tradirmi? Non ti davo abbastanza affetto?"
"No, affatto"
"Allora lei era più bella di me?" incalzò sempre con tono di voce pacato.
"Ma che dici? No"
"E allora cosa Josh?" 
"E allora stavamo insieme da un anno, e io mi sentivo..." si fermò cercando le parole adatte.
"Mi sentivo soffocare, non ero mai stato con una persona per così tanto tempo"
Emily si sentì nuovamente offesa:"Ah, quindi per te era una costrizione stare con me, se non ho capito male"
"Sì... cioè no" balbettò.
"Sì o no? Deciditi!"
"A me piaceva stare con te, ma ormai stavo solamente con te" spiegò sottolineando l'avverbio
"E mi faceva sentire strano, sei stata la prima storia seria che ho avuto e non mi riconoscevo quasi più, così quando ho visto che quella ragazza ci provava con me mi sono sentito di nuovo..."
"Libero?" suggerì la ragazza con le braccia incrociate e un sopracciglio alzato.
"Sì, diciamo di sì. Poi un giorno ho deciso di portarla a casa mia, avevamo bevuto, poi sei arrivata tu e..."
"E ho rovinato la festa"
Josh sospirò
"Se tornassi indietro non lo rifarei"
"No certo... andresti a casa sua sapendo che io potrei venire da un momento all'altro!" esclamò sardonica.
"Io capisco che tu sia arrabbiata ma..."
"No Josh, tu non capisci, tu non capisci proprio niente! Torni qui dopo un anno e per scusarti mi dici che ti sentivi soffocato dalla nostra relazione perché non sapevi più chi eri visto che stavamo insieme da tanto tempo? E queste ti sembrano delle scuse? Dio mio, quanto sei...non so nemmeno come definirti! Pensavo che la nostra relazione andasse bene, che ci fosse affetto e rispetto reciproco, se tu non provavi più una o nessuna delle due cose avresti dovuto parlarmene prima di afferrare la sciacquetta di turno e sbatterla allegramente in casa tua" Emily si fermò un istante, come se fosse appena stata colpita da un'illuminazione divina.
"Un momento, ecco quel'è il problema!"
Gli puntò contro un dito accusatore e cominciò a spingerlo colpendolo con quel dito.
"Tu volevi fare sesso! E io ti avevo detto no un milione di volte nell'ultimo mese! Tu mi hai tradita perché non volevo andare a letto con te!" sbottò alzando la voce per la prima volta in tutta la conversazione.
"E' un modo un po' troppo semplicistico di vedere la faccenda"
"Un po' troppo semplicistico? E' tutto semplice! Sei un porco schifoso che mi ha messo le corna perché non volevo soddisfare i suoi piccoli bisogni di uomo e che ha ben pensato di andarsi a cercare una puttanella per alleviare le sue voglie; lo stesso vigliacco che si presenta qui da me dopo un anno per darmi delle scuse, che ci vuole molta fantasia per definire tali, e che cerca di indorare la pillola parlando del suo bisogno di avere una pausa da una relazione troppo lunga!"
"Non è vero! Ho aspettato così tanto tempo perché sapevo che eri in collera con me! Poi sei partita per il tour e ho rimandato a quando saresti tornata a casa. Non puoi giudicarmi perché la nostra relazione mi stava stretta" obbiettò il ragazzo.
"Non è per quello che ti giudico! Ti giudico per il motivo per cui ti stava stretta e per il modo in cui hai risolto la questione, che è quanto meno egoistico, per usare un eufemismo!"
Josh prese un respiro profondo.
"Io non volevo litigare di nuovo con te. Ero venuto per risolvere le cose, per fare pace, per tornare come prima"
La ragazza strabuzzò gli occhi:"Perdonami, tornare come prima?" mormorò incredula.
Josh la guardò negli occhi.
"Emily, io lo so che ho agito male, che ho fatto una cazzata e che sono stato un perfetto stronzo...ho recepito il messaggio e ho avuto molto tempo per pensare in questo anno, ho imparato la lezione. Quella ragazza non  l'ho più vista, ho avuto qualche storia ma niente di serio, le facevo finire sempre io perché...la verità è che mi manchi..."
Nessuna risposta, solo uno sguardo attonito.
"Ogni volta che ti vedevo in TV, sui giornali, che ti sentivo alla radio avvertivo un peso terribile sullo stomaco...mi ci è voluto un po' ad arrendermi all'evidenza..."
Le accarezzò la guancia con una mano.
"Non ho mai smesso di pensare a te" le sussurrò.
Emily aveva ascoltato muta, sbigottita da quella rivelazione, esterrefatta dalla sua sfacciataggine e inorridita da quella proposta.
"No" disse, mandando giù il groppo che le si era formato nella gola.
Tolse con un gesto la mano di Josh dalla sua guancia, come fosse stata una mosca o un qualche insetto molesto.
"No, io non tornerò con te. Non ne ho la minima intenzione. Mi hai fatto per giunta aspettare un anno per dirmi queste cose, e tu non sai cosa ho passato negli ultimi dodici mesi"
"Io potrei aspettare finché tu non ti sentirai pronta, tu potresti fidarti di nuovo di me col tempo, bisogna aspettare..."
"Aspettare?" Emily sorrise amaramente.
"No; non si aspetta più nessuno! Se tu mi avessi amata davvero, se ti fossi mancata a tal punto non mi avresti lasciata qui ad aspettare. Sono tutte scuse, scuse perché ti sei accorto che stavi meglio prima, con me, ma, colpo di scena: dopo tutto questo tempo posso dire che sono io che sto meglio senza di te! Il solo pensiero di tornare insieme mi toglie l'aria e mi disgusta" disse imbevendo ogni parola nel disprezzo che provava per lui.
"Posso perdonarti Josh, non provo più rancore nei tuoi confronti. Ma non chiedermi di fidarmi di nuovo di te. Non farò lo stesso errore due volte. E' la mia ultima parola" concluse freddamente pacata.
Il ragazzo la guardò per un po': non si aspettava un rifiuto così categorico, confidava che anche lei provasse ancora qualcosa e venne preso da un moto di gelosia e frustrazione. Tuttavia la conosceva troppo bene per illudersi: era testarda e se avesse insistito in quel momento non avrebbe cavato un ragno dal buco. Sbuffò emettendo una nuvoletta di condensa, poi sorrise mestamente. 
"A presto" la salutò laconico.
Emily aspettò che uscisse dal vialetto, poi entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle. Si rese conto in quel momento di aver quasi completamente trattenuto il fiato per tutta la durata della discussione con Josh; prese un respiro profondo e si sorprese a sorridere.
"Ce l'ho fatta!"
Sì, ce l'aveva fatta senza urli, pianti scenate isteriche. Era stata proprio come aveva voluto: algida, sarcastica, sferzante. E ce l'aveva fatta.
Suo padre arrivò all'ingresso e la guardò.
"Oscar Wilde aveva ragione papà" sorrise consapevole la ragazza.
"Ho sentito le parti più interessanti Emi, diciamo che se ti avesse conosciuto avrebbe scritto molti più aforismi di quelli che conosciamo oggi" osservò il padre serio.
Poi si sciolse anche lui in un sorriso.
"Vieni qui, sono riuscito a tenere a bada la mamma fino ad ora, ma adesso vorrà raccontato tutto per filo e per segno"
 
E un'altra persona che aveva voluto raccontato ogni cosa per filo e per segno era stata Stacie, che si era presentata a casa loro la sera stessa, aveva trascinato la ragazza nella sua stanza e l'aveva tenuta sotto sequestro fino a quando non aveva ritenuto soddisfatta la propria curiosità. Erick, povero martire, anche lui era stato travolto dalla furia di Stacie, che era passata a casa sua senza dir nulla, sorprendendolo appena uscito dalla doccia per condurlo in malo modo a casa dell'amica. Emily non aveva avuto il tempo di finire il racconto che Harry le aveva scritto un altro messaggio, che Emily non aveva neppure letto: Stacie infatti si era fiondata verso il telefono e aveva chiamato Harry, dicendogli che come al solito Emily era stata troppo buona, visto che non gli aveva dato neppure uno schiaffo, a quell'essere immondo, e sì che se ci fosse stata lei quel verme viscido non avrebbe avuto neppure il tempo di dire "ciao"!
Erick ed Emily assistevano alla scena con un misto di divertimento e sbigottimento. Alla fine Stacie si era decisa a passare il cellulare alla proprietaria, che aveva così potuto dare una versione dei fatti meno confusionaria. Stacie ed Erick si erano trattenuti da Emily per la cena, e l'amica non aveva fatto altro che dire quello che avrebbe dovuto fare Emily sin dall'inizio (senza censure o pudicizia alcuna neppure davanti al padre di Emily).
"In questi casi ci vuole un bella potatura per il maschio...se capite cosa intendo!"
Emily ed Erick neppure ci provavano a dare un freno all'amica: sarebbe stato peggio e in fondo era divertente quando si metteva a dare aria alla bocca per il puro gusto di farlo.
La vita scorse tranquilla per un po', fino a quando i problemi non cominciarono ad insorgere: Josh si fece vedere fuori casa di Emily per due giorni di fila, a qualunque ora, anche la sera tardi. Questa cosa era inquietante e prima Emily e poi suo padre erano usciti fuori per mandarlo via; Emily era perfino arrivata a minacciare di chiamare la polizia. Il giorno seguente non si fece più vedere durante il giorno, ma la sera Emily aveva avuto la preoccupante sensazione che qualcuno fosse fuori, a scrutare la sua finestra.
La mattina del 30 Dicembre i genitori di Emily uscirono per andare a sbrigare le commissioni dell'ultimo minuto per il cenone di fine anno. Emily ebbe così tutta la casa per sé: le piaceva avere a disposizione ogni singola stanza, la faceva sentire la padrona; poteva cantare a squarciagola, suonare, ascoltare musica a tutto volume senza che nessuno le dicesse di abbassare i toni, oppure poteva mangiare in tutta tranquillità qualunque schifezza le capitasse a tiro senza avere sua madre che la riprendeva come fosse stata una bimba di cinque anni. Mise su un disco dei Beatles e cominciò a sbrigare quel poco che c'era da fare in casa. Verso mezzogiorno senti qualcuno bussare alla porta.
"Arrivo" urlò scendendo giù per le scale, pronta ad aiutare i suoi genitori con gli innumerevoli sacchi della spesa con i quali, immancabilmente ogni anno, facevano ritorno in casa.
Non appena aprì la porta la figura di Josh, con il braccio poggiato contro lo stipite, le si parò davanti.
"Josh, che ci fai qui?"
Le ci volle qualche istante per capire che quello che aveva davanti non era il solito Josh: aveva un'aria strana, malsana, il volto stralunato.
"Io? Sono venuto per te" replicò con un sorriso mellifluo.
Benché pronunciate con naturale pacatezza, quelle parole le fecero correre un brivido lungo la schiena.
"C-cosa dici?"
"Dico che non sei per niente gentile Emi" cominciò prendendole il mento con due dita.
"Io vengo qui, ti parlo con il cuore in mano e tu non solo mi copri di insulti ma minacci anche di chiamare la polizia?"
Il suo alito puzzava di alcol in maniera impressionante.
"Josh, sei ubriaco, torna a casa!" disse la ragazza e fece per chiudere la porta.
"Eh no!" esclamò bloccando la porta con un piede e spingendola dentro.
"Mandi via me...perché tu ora stai con quello lì, no? Quello che era con te alla pista di pattinaggio"
"Esci subito!" intimò la ragazza inviperita da quel gesto autoritario.
"Rispondi!" sbottò Josh.
"No, non sto con lui! Adesso esci" rispose infuriata.
Josh la guardò con una luce folle negli occhi.
"Che bugiarda" mormorò.
Emily si diresse a grandi passi verso l'uscio, la mano sulla maniglia, ma venne repentinamente bloccata da Josh, che con uno scatto la schiacciò contro il legno scuro della porta.
"Sei proprio una piccola bugiarda, Emily" le sussurrò a due centimetri dal viso, bloccandole i polsi con una mano.
"Lasciami subito!" ringhiò cercando di divincolarsi dalla stretta del ragazzo.
"Chissà cosa fate insieme tu e quello lì, non è vero?" continuò fingendo di non aver sentito.
La sua voce era un soffio gelido che si infrangeva sul collo di Emily, con i brividi in tutto il corpo e una sensazione di pericolo attaccata allo stomaco. La mano del ragazzo si insinuò sotto la maglietta, a toccare il fianco nudo della ragazza.
"Quelle stesse cose che non volevi fare con me!" sbottò baciandola con prepotenza.
Emily fu travolta da un'ondata di disgusto e rabbia talmente forte che non pensò neppure a ciò che stava facendo: morse forte la lingua di Josh, lo spinse via facendolo cadere a terra, ma quello si rialzò subito, la prese per un braccio e la scaraventò contro gli scalini che portavano al piano di sopra. Emily si fece male ad un gomito e sbatté la coscia e il costato. Ebbe appena il tempo di lamentarsi per il dolore che Josh le fu di nuovo addosso.
"Piccola puttanella, adesso vediamo cosa fai!"
La colpì al volto una, due, tre volte e le bloccò nuovamente i polsi. Con la mano libera si insinuò cercando di slacciarle i pantaloni.
Emily sentiva il cuore martellarle in petto, le vene che le pulsavano sulle tempie, una stretta angosciante allo stomaco, come una mano che glielo teneva serrato tra le dita, e intanto Josh continuava a metterle le mani dappertutto. Era strano il sapore del sangue in bocca, sapeva di sconfitta e vergogna. Sentiva di dover piangere, sarebbe stato davvero giusto e normale piangere in quel momento, chissà cosa faceva la gente quando si trovava nella sua stessa situazione, chissà quanti urlavano, piangevano, cercavano di liberarsi senza riuscirci e quanti invece avevano la meglio su quella morsa feroce, quel gesto barbaro. Le girava tutto, non aveva più consapevolezza del proprio corpo, solo un male indistinto e la percezione della bocca di Josh sul collo. Stava per farlo, lo sentiva, e lei aveva poco tempo, così poco tempo per rimediare.
Fu un attimo, la scarica di adrenalina arrivò all'improvviso.
Fece uno scatto col ginocchio, non sapendo bene cosa avrebbe colpito; il ragazzo mollò la stretta sui polsi di Emily per la sorpresa di aver ricevuto una ginocchiata alla gamba. Era come se un istinto ancestrale le suggerisse ogni singola azione, e lei la eseguisse come fosse un computer con un unico obbiettivo: neutralizzare la minaccia che incombeva!
Prese la testa del ragazzo tra le mani e gli assestò una testata in fronte, riuscì quindi a toglierselo di dosso e ad alzarsi in piedi per dargli un calcio nella pancia. Si tolse dalle scale e quando si rigirò lo vide di nuovo in piedi, con una mano sulla fronte, andare verso di lei con un ringhio feroce. Emily si girò intorno in cerca di qualcosa per colpirlo, afferrò un ombrello ma si sentì tirare per i capelli e venne sbattuta contro la porta. Urlò di rabbia, gli colpì il fianco col manico e riuscì ad aprire la porta. Josh reagì in fretta, bloccando l'uscita col proprio corpo e spingendola indietro servendosi dell'ombrello che la ragazza teneva ancora stretto tra le mani. Emily cadde una seconda volta, sedendosi pesantemente sul pavimento. Stava preparandosi a difendersi ancora quando vide Josh trascinato fuori da suo padre e sua madre comparire sulla soglia, gli occhi sbarrati e il volto bianco come un cencio. 
Emily, il cuore che le batteva ancora a mille, il corpo in tensione e le mani che tremavano per l'adrenalina, riuscì a mormorare solamente "Sto bene" poi cadde esausta sul pavimento.
 
Aveva la testa completamente vuota; non pensava a niente, fissava lo spazio davanti a lei prendendo solo consapevolezza del fatto che fosse un muro bianco, punto. Tanto bastava. 
Suo padre aveva tirato fuori di casa Josh afferrandolo per il colletto, l'aveva gettato sul prato con un pugno e l'aveva minacciato con tono così agghiacciante che i vicini erano venuti fuori a vedere cosa stesse accadendo. Sua madre, tremante, l'aveva portata in cucina dove aveva uscito fuori la cassetta del pronto soccorso. Emily era riuscita a vedere il proprio riflesso nel vetro ma non si era riconosciuta: quel volto pieno di sangue, lividi e tagli non era il suo. Stacie era arrivata poco dopo, ma lei era già stesa sul letto in posizione fetale, rifiutandosi di pensare a quale fosse lo stato d'animo che avrebbe dovuto provare al posto di quell'apatia che l'aveva avvolta. I suoi genitori, col supporto dell'amica, le avevano riempito la testa con la necessità di denunciarlo subito, quanto prima, ma lei non era in grado di affrontare una discussione anche con loro in quel momento. Era riuscita solo a raccontare l'accaduto, sentendo la vergogna salire ad ogni dettaglio, percependo di nuovo le mani di Josh sul proprio corpo; dopo di ciò, aveva pronunciato solo monosillabi e nulla più.
Stacie stava fuori dalla porta chiusa della sua stanza, intenta a torturarsi le mani: per la prima volta era rimasta senza parole. Non era preparata ad una cosa del genere, non sapeva cosa dire, sentiva solo ribollire una grande indignazione e furia dentro di lei. Erick non era potuto venire, aveva dovuto accompagnare il nonno in ospedale a causa di un calo di pressione ed ora era bloccato lì. Emily non voleva vedere nessun'altro, non avrebbe sopportato altre disquisizioni su quanto sarebbe stato saggio recarsi alla polizia.
Stacie era lì fuori, il cellulare di Emily in mano ed un solo scopo: risollevarla. Così, pur sapendo che l'avrebbe fatta infuriare, schiacciò il tasto di chiamata, guardando la porta chiusa della camera dell'amica in modo teso.
"Pronto? Emily?"
"Harry, sono Stacie" rispose la ragazza in un mormorio.
"Stacie, ciao. Va tutto bene?"
"Dove sei?" continuò
"Come dove sono? A casa mia. Ma cosa è successo? Emily dov'è?" incalzò con una punta di agitazione nella voce.
"Potresti venire a casa di Emily?" 
Era la seconda unghia che si divorava per il nervosismo, vizio che non aveva mai avuto.
"Ma cosa..."
"Harry, ti prego, ne ha davvero bisogno. Ti spiegherò tutto quando arriverai, ma è davvero necessario!"
Aspettò qualche istante.
"Sto arrivando!"
Giunse a casa poco dopo, la signora Davis gli aprì la porta e lui si diresse subito su per le scale, dove Stacie lo stava aspettando, ritta come un fuso davanti la porta ancora chiusa della stanza.
"Dov'è?" chiese in fretta.
"E' in camera sua ma...Harry aspetta, lei non sa che sei qui. Ho deciso io di chiamarti" gli rivelò facendo segno di non parlare a voce alta.
"Cosa è successo?" urlò a mezza voce sulla via dell'esasperazione, prendendola per le spalle. Se non avesse avuto una risposta immediatamente sentiva che sarebbe impazzito.
La ragazza abbassò lo sguardo, fece un respiro profondo e parlò:"Oggi è venuto Josh. Emily era da sola in casa, ha cercato di mandarlo via ma..." si coprì la bocca con una mano, la voce che tremava. Harry cercò di calmarla. Stacie si decise, aprì la porta della stanza da letto ed Harry si affacciò.
Emily dava loro le spalle e stava raggomitolata nel letto, con le ginocchia al petto.
"Sta così da due ore ormai..." sussurrò Stacie affranta.
"Cosa le ha fatto?" sibilò fissando Stacie con rabbia.
La ragazza restò ammutolita per un po'.
"Stacie" sollecitò Harry.
"Le ha messo le mani addosso" rivelò in un soffio.
Harry si irrigidì, la mascella contratta, gli occhi di fuoco.
Nello stesso istante si sentì chiamare una voce da fuori, una voce che urlava:"Emily!"
I ragazzi fissarono la porta, Harry non ebbe esitazioni: in sette secondi si precipitò giù, scostò dall'uscio il signor Davis con un "Mi permetta" che non ammetteva repliche, e si trovò faccia a faccia con Josh, mentre l'urlo di Stacie che aveva subito esclamato:"Harry fermo!" nello stesso momento in cui aveva riconosciuto la voce, cadeva nel vuoto.
Quelle parole giunsero alle orecchie di Emily e la fecero uscire da quello stato di semi incoscienza. Nella sua testa si stamparono solo due parole, che poteva vedere girare vorticosamente davanti a lei: non avrebbe fatto del male anche a lui, Harry no; non l'avrebbe neppure toccato, Harry no; lui doveva starne fuori. Harry no!
Si alzò in fretta dal letto e si affacciò dalla porta della stanza, dove Stacie fissava con gli occhi sgranati la porta d'ingresso, ancora aperta.
"Ti avevo detto di non chiamarlo!" inveì Emily scendendo le scale.
Non appena se l'era trovato davanti, Harry aveva avuto l'istinto, potente e inarrestabile, di spaccargli la faccia, avrebbe voluto rompergli tutte e duecentosei le ossa e poi infierire ancora nel torturalo, fino a quando non ne avrebbe avuto abbastanza.
"Che le hai fatto?" urlò furioso andandogli contro a grandi falcate.
Non gli diede il tempo di rispondere che lo spedì con un pugno sulla neve.
"Io non...ero ubriaco" biascicò pulendosi il sangue dalla bocca.
Harry lo tirò su per la giacca e gli urlò a due centimetri dalla faccia:"Ubriaco il corno! Non devi toccarla! E' chiaro? Non devi vederla più!"
Lo spinse via un'altra volta, facendolo ricadere pesantemente.
"No!" Emily corse nel vialetto e si frappose tra i due.
"Basta Harry!" lo supplicò scuotendolo per il cappotto.
Il ragazzo restò immobilizzato per un attimo, concentrato sulle fattezze che aveva assunto il volto di Emily: aveva un livido nella guancia sinistra, un altro nello zigomo destro, il labbro gonfio e un taglio. Si sentì rimescolare il sangue a quella vista, pensando che a poca distanza da lui aveva il colpevole di tutto e non voleva lasciarlo impunito. Gli occhi della ragazza lo pregavano di porre fine a quello scontro, ma come avrebbe potuto, dopo quello che le aveva inflitto?
"Emily" Josh si rialzò a fatica.
Harry la prese per un braccio e la spostò dietro di lui.
"Non volevo farti del male...ero ubriaco..." balbettò con tono malfermo.
Harry sgranò gli occhi.
"Non volevi farle del...guarda che le hai fatto!" sbottò mostrandogli la ragazza con gli occhi lucidi.
"Basta così!" tuonò il signor Davis sulla porta.
"Esci subito dalla mia proprietà Josh e non farti vedere più! Voi due entrate. Adesso!"
Il signor Davis, solitamente pacato e affabile, quel giorno si stava dimostrando capace di incutere lo stesso timore di una falange oplitica spartana che ruggisce contro il nemico.
Harry guardò furente Josh fino a quando non sparì dalla sua vista, mentre Emily lo tirava verso casa. Quando suo padre richiuse la porta lei era già sulle scale per andare in camera sua. Harry entrò di sguincio subito dopo, mentre lei stava per chiudere la porta; vi poggiò la fronte, tirando un lungo sospiro. All'improvviso sentì delle mani toccarle le spalle e un corpo che aderiva al suo dietro di lei. Si girò di scatto e iniziò a divincolarsi, come impazzita.
"Emily Emily, sono io!" la calmò Harry tenendola per le spalle. Respirava acnora affanno
"Sono Harry, va tutto bene!" la rassicurò scostandole i capelli dal viso.
Lo guardò per un po', poi si nascose il viso tra le mani e lui la abbracciò stretta. Sentì una fitta di dolore al fianco, dove aveva sbattuto quella mattina, ma si lamentò solo debolmente. Quando Harry sciolse l'abbraccio, lei si abbandonò di nuovo sul proprio letto, sfinita. Il ragazzo le si sdraiò accanto.
"Non volevo che mi vedessi così" mormorò senza guardarlo neppure in faccia, con le ginocchia al petto. 
"Non volevo che nessuno mi vedesse così" aggiunse.
Harry la guardava sentendo sua ogni ferita che le vedeva.
"Guarda che ti ha fatto" sussurrò sfiorandole la guancia con un dito.
"Ho evitato il peggio. Mi sono difesa" proseguì senza avere ancora il coraggio di alzare gli occhi.
Dal pianerottolo giungevano le imprecazioni di Stacie, al telefono con la madre.
 Emily si voltò, dando le spalle al ragazzo. Proprio non ce la faceva a farsi vedere in quello stato. Dopo qualche minuto, con uno sforzo immane riuscì a dirlo.
"Per favore Harry...vai via" 
Il ragazzo non si mosse, anzi la guardò come fosse impazzita.
"Via? E dove?"
"Via da me" replicò ricacciando le lacrime indietro; in effetti, si rese conto solo in quel momento, non aveva ancora pianto.
"No. Voglio stare qui. Non ti lascio"
La avvolse tra le braccia e la strinse a sé, dandole baci dove aveva dei lividi: la guancia, lo zigomo, vicino l'occhio, l'angolo vicino alle labbra, e quando finiva, ricominciava. Lo fece per tre volte, poi posò la testa sul cuscino, accanto alla sua.
Stacie entrò nello stesso istante, mortificata e rabbiosa perché doveva tornare a casa per badare al suo fratellino, dal momento che sua madre stava uscendo e non aveva a chi lasciarlo. Mentre stava per salutare arrivarono anche i genitori di Emily, cosa che convinse Harry e cambiare posizione e a sedersi sul letto.
"Emi, mi dispiace insistere ma devi denunciarlo!" esclamò sua madre.
La ragazza fece segno di diniego con la testa.
"Ma perché no?" proruppe suo padre.
"Perché era ubriaco, forse era pure drogato, aveva gli occhi strani. Che senso avrebbe?"
"Avrebbe il senso che se non fosse stato per il tuo sangue freddo adesso non ti ritroveresti solo qualche livido!" insisté Stacie.
Emily guardò Harry, in cerca di appoggio.
"Hanno ragione loro" ammise a malincuore.
"Santo cielo, è pure venuto qui adesso. Non voglio denunciarlo..."
Sua madre le prese le mani tra le sue.
"Emi, ascolta...io so che magari ti sembrerà di tradire il passato e tutto quello che c'è stato con lui, ma devi capire che quella era un'altra persona, che purtroppo non c'è più e tu non puoi farci niente. Se lo denunci non sarà una mancanza di rispetto nei suoi confronti...sarà un atto di rispetto verso di te"
Aveva ragione, lo sapeva bene, ma la verità è che le faceva pena; quella mattina aveva avuto paura, certo, ma in fondo gli faceva una gran pena. Infine annuì debolmente.
"Pensavamo fosse anche più saggio che tu andassi via per un po'" proseguì suo padre.
"Cioè? Tra poco dovrò comunque tornare in America per il tour"
"Sì ma starei più tranquilla se ti allontanassi da qui il prima possibile. Magari domani puoi andare da Stacie o Erick per il capodanno...e poi andare a casa di Bob fino alla partenza" spiegò sua madre.
Emily si infastidì: tutti quei discorsi e la testa che le scoppiava, non era un po' troppo tutto in una volta?
"Tutto questo è ridicolo! Non ho intenzione di farmi cacciare da casa mia da un ubriacone che ha cercato di molestarmi! Domani passerò il capodanno con la mia famiglia, con la quale non sto quasi mai"
"Puoi venire con me a Londra se vuoi...Louis è lì con Eleanor" propose Harry.
Il signor Davis si accorse in quel momento di non avere la più pallida idea di chi fosse il ragazzo che stava in camera di sua figlia, seduto sul letto di sua figlia, che proponeva a sua figlia di passare qualche giorno con lui a Londra con due signori Nessuno Louis ed Eleanor di cui non conosceva neanche le facce. A sua figlia, che diamine!
"Ma tu...chi sei?"
Harry lo guardò:"Oh è vero, non ci hanno presentati, sono Harry, un amico di Emily" si presentò alzandosi e stringendogli la mano.
Il padre guardò la figlia, per sicurezza. La ragazza annuì di rimando.
"E' un bravo ragazzo Matt, non preoccuparti. E non sarebbe una cattiva idea se andassi a Londra per un po'" intervenne la madre.
Emily guardò Stacei, seduta accanto a lei, che annuiva convinta. 
"Va bene, ma il capodanno lo passo qui!" esclamò ferma.
Dopo poco Stacie andò via e lei si recò a fare la denuncia insieme ad Harry e ai suoi genitori. Quando tornò a casa era completamente sfibrata e si chiuse in camera seguita da Harry.
"Non posso lasciarti sola neanche per cinque minuti, eh?"
La ragazza sorrise debolmente; era di nuovo raggomitolata come un gatto, mentre Harry stava sul fianco, puntellando il gomito sul cuscino per guardarla meglio, mentre le accarezzava la testa.
"Bisogna essere davvero un mostro per avere il coraggio di farti del male"
"Starò qui fino a quando non ti addormenterai" le annunciò mentre lei socchiudeva gli occhi. Già dopo qualche minuto il respiro si era fatto pesante e regolare; Harry le posò un bacio sulla fronte e continuò a guardarla: era strano come la sua bellezza non fosse stata scalfita dalle percosse. Seguì il contorno delle labbra con un dito, delicatamente. Erano morbide come sembravano, quasi impalpabili. Sebbene avesse detto che sarebbe andato via, gli sembrava un vero peccato farlo e non capiva neppure perché. Era tutto nuovo quello che faceva con lei: non aveva mai provato un'istinto di protezione così veemente per una sua amica né un un affetto così immediato e sincero, neanche la conoscesse da tanto tempo. Doveva ammettere che Emily era un'amica speciale, la sua migliore amica speciale. Sorrise a quel pensiero: la prima volta che l'aveva vista aveva avuto l'intenzione di provarci, come al solito, poi aveva avvertito quella strana aura che possedeva, che trasfondeva rispetto e deferenza. Doveva essere trattata bene lei, non si meritava di essere considerata "una delle altre ragazze" e lui ancora non si spiegava come avesse fatto a farsi strada a quel modo in così poco tempo nella sua sfera di affetti.
 Ma in fondo Emily era un piccolo mistero per lui.
 

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Capitolo 10
*** Una serie di sfortunati eventi ***


Quando Harry aveva indicato ad Emily l'abitazione affittata insieme a Louis, la ragazza aveva fatto tanto d'occhi e aveva aperto la bocca. Quando poi era entrata in quella che aveva più le fattezze di una reggia, che di una casa aveva fatto cadere la valigia a terra per la sorpresa. Harry l'aveva condotta in ogni singola stanza e dopo averle ispezionate una per una, Emily poté confermare quanto aveva pensato sin dall'inizio: non era una casa grande...era un castello piccolo!
La casa era vuota, Harry aveva detto che Louis ed Eleanor erano usciti, probabilmente sarebbero arrivati poco più tardi, così Emily ebbe il tempo di provare quel fantastico bagno in camera per farsi una doccia. Si era appena infilata l'accappatoio quando Harry bussò alla porta.
"Avanti"
Il ragazzo restò un momento spiazzato dall'abbigliamento di Emily, e la squadrò come se un alieno fosse appena atterrato in quella camera da letto. La ragazza si stava sistemando i lunghi capelli bagnati per pettinarli, volse lo sguardo e si trovò i suoi occhi addosso.
"Bé? Non hai mai visto una ragazza in accappatoio? Mi stupisci" lo apostrofò divertita.
Harry abbassò lo sguardo ridendo e lasciò cadere l'argomento.
"Louis vuole sapere cosa vogliamo per cena"
mentre Emily si pettinava, lui si sorprese a sbirciare dentro la scollatura dell'accappatoio.
"Ma che faccio?"
"Non so, tu cosa vuoi per cena?"
"L'ospite sei tu" replicò.
"Mi adatto abbastanza facilmente, non c'è mica bisogno di ostriche e champagne, sai?"
"Avevano pensato di ordinare il messicano"
"Ah sì, che buono! Perfetto!" assentì con entusiasmo.
"Cosa vuoi?" le chiese.
"Mm...tu cosa prendi?"
"Di solito prendo la fajita..."
"Io pure"
"Ne dividiamo una? Questo ristorante le fa davvero enormi"
"Andata, capo. Ora dovrei vestirmi se non ti dispiace" lo congedò con le mani già sulla cintura, pronta a scioglierla. Harry seguì il gesto delle mani e incrociò le braccia.
"Ma no, fai pure con calma" e restò lì, in faccia un sorrisetto sghembo da cattivo ragazzo.
Emily lo guardò di rimando con un sopracciglio alzato.
"Che fai provochi, Styles?"
"Scherzavo...forse" aggiunse chiudendo la porta.
Emily scosse la testa ridendo.
"Sì certo...ti immagini noi due insieme Harry? Sarebbe proprio una barzelletta! Che cosa ridicola!"
Circa un'ora più tardi Emily ed Harry, intenti a scegliere un film per la serata, sentirono aprirsi la porta d'ingresso. 
"Siamo a casa!" annunciò Louis.
"Siamo nella sala cinema" urlò in risposta Harry uscendo in corridoio.
"Non posso credere che sono a casa di qualcuno che può permettersi di dire questa frase" esclamò Emily scuotendo la testa, divertita da quella stramberia.
Dopo aver posato la cena in cucina, Louis ed Eleanor li raggiunsero.
"Emily, vieni qui! Quanto tempo" la abbracciò Louis.
Emily ricambiò l'abbraccio raggiante; si rese conto solo in quel momento di quanto davvero le fossero mancati. 
Dietro Louis una ragazza alta, con i capelli castani guardava la scena sorridente.
"Emi, lei è Eleanor"
"La famosa Eleanor, finalmente!"
"Posso dire lo stesso, Lou mi ha parlato tanto di te" le sorrise stringendole la mano,
"Come stai?" le chiese Louis guardandola eloquente. Emily si accorse che entrambi cercavano di non fare troppo caso ai lividi che aveva sul volto con scarsi risultati.
"Meglio, adesso...dovevate vedermi prima, quando avevo il labbro che sembrava riempito di botox!" disse per sdrammatizzare. Louis le pose una mano sulla spalla sorridendo e cambiò discorso, vedendo che quello attuale imbarazzava Emily.
"Allora, dimmi che non gli hai permesso di scegliere Love Actually come film della serata"
Emily fece un'espressione interrogativa.
"Love Actually?"
Harry, che si era appena chinato per tornare alla scelta del film, la guardò con gli occhi sbarrati, alzandosi di scatto.
"Che vuol dire -Love Actually?- Non lo conosci?"
Emily guardò prima lui, poi Louis.
"Dovrei...?"
Louis si diede un colpo sulla fronte esclamando un "No!" esasperato mentre Harry sgranava ancora di più gli occhi:"Non hai mai visto Love Actually?"
Emily ed Eleanor lo guardavano come se fosse impazzito.
"Non dirlo come se avessi commesso un crimine contro l'umanità" si schermì.
"Quasi! Lou, dobbiamo vederci Love Actually!" informò serio l'amico.
"No! No! No! L'ho visto mille volte, te lo posso recitare anche ora se vuoi!" si lamentò Louis con veemenza.
Harry gli rivolse lo sguardo allibito, come se non si fosse realmente reso conto della gravità dei fatti.
"Ma lei non l'ha visto!"
"Scusate..." si intromise Emily.
"E se lo vedrà un'altra volta, penso che riuscirà a sopravvivere" inveì Louis.
"Quante storie, come se l'avessimo visto mille volte"
"Ragazzi..." tentò una seconda volta Eleanor.
"No mille no...mille e UNO!" esclamò Louis.
"Ragazzi!" sbottarono le due Eleanor ed Emily.
"Che c'è?" risposero all'unisono. 
"Possiamo andare a mangiare e rimandare a dopo la discussione?"
Ma i due ragazzi continuarono a parlare di film per tutto il tempo della cena: Harry insisteva nel voler far vedere ad Emily "Love Actually", Louis aveva proposto "Point Break", allora Harry aveva replicato che se avevano visto Love Actually mille volte allora Point Break era stato visto almeno un milione di volte. Emily ed Eleanor guardavano prima l'uno, poi l'altro, poi si scambiavano uno sguardo tra l'esasperato e l'incredulo. Sembravano instancabili, non si capiva come facessero a discutere e litigare mentre mangiavano. Poi Louis aveva avuto anche la brillante idea di tirare fuori i riconoscimenti che erano stati dati a ciascun film, perché "Point Break ha avuto più premi di Love Actually"!
Mentre le ragazze si dirigevano nella sala cinema, i due continuarono a battibeccare come due bambine che litigano per avere la bambola più bella. 
"Ma Love Actually ha avuto tre nomination, Point Break solo due!"
"E le ha vinte entrambe, mentre Love Actually solo un premio"
Harry aveva aperto la bocca per replicare quando le luci si spensero e una musica invase la stanza. I ragazzi si voltarono e videro le due giovani sedute in prima fila, col telecomando in mano.
Si guardarono interrogativi e andarono verso di loro.
"Allora?"
"Allora cosa? Noi stiamo guardando il film, voi fate quello che volete" rispose Eleanor al suo ragazzo.
"Ma...che film?" chiese Harry prendendo posto accanto ad Emily.
"Orgoglio e pregiudizio" risposero in coro entusiaste.
Harry e Louis si scambiarono uno sguardo inespressivo, sbuffarono e poi affondarono nella sedia, preparandosi ad una noia mortale.
"Avrei preferito Love Actually" borbottò Louis.
"Te l'avevo detto!" saltò su Harry.
"Un'altra parola e vi buttiamo fuori a calci!"
 
La mattina dopo non si presentò nel migliore dei modi: Emily si svegliò con una terribile emicrania, Harry aveva sbattuto contro lo stipite della porta uscendo dalla stanza e Eleanor aveva involontariamente buttato (letteralmente) giù dal letto Louis, che era atterrato di gomito. Così si ritrovarono tutti doloranti al tavolo della colazione.
"Mi dispiace tesoro, è che non dormivamo insieme da un sacco di tempo, non ci sono più abituata" si scusò Eleanor.
"Non ti preoccupare, va tutto bene" rispose massaggiandosi il braccio.
"Cavolo, se il buongiorno si vede dal mattino..." cominciò Harry.
"Io torno a dormire" concluse Emily.
In quel momento qualcuno suonò al campanello. Era un suono acuto e penetrante, che vibrò tra le meningi di Emily.
"Santo cielo, ma è terribile!" si lamentò tappandosi le orecchie, mentre gli altri facevano lo stesso con un'espressione insofferente in volto. 
"Harry, dobbiamo cambiare quel campanello infernale!" esclamò Louis.
"Ma poi chi è a quest'ora?" chiese Harry alzandosi per andare ad aprire.
Non appena Harry schiuse l'uscio capì che c'era qualcosa che non andava, o quantomeno, qualcosa che non aveva previsto. Aprì meglio gli occhi ancora impastati di sonno, per capire se quello che aveva davanti fosse un miraggio o meno. Si stropicciò gli occhi ma la ragazza continuava ad essere lì, sorridente, in tutta la sua consistenza.
"Kendall" riuscì a dire finalmente.
La ragazza gli saltò al collo.
"Sorpresa! Mi mancavi così tanto che ho deciso di fare una capatina" spiegò mentre lasciava cadere pesantemente il borsone sul parquet dell'ingresso.
"Eh sì...eri di passaggio immagino" 
"No no, sono partita apposta dall'America" replicò seria.
Harry la fissò scettico :"Lo so...era sarcasmo...scherzavo , insomma" spiegò atono.
La ragazza non ci fece caso, lo prese per il colletto del pigiama e cominciò a baciarlo.
I tre ragazzi intanto stavano avendo qualche problema in cucina.
"Ma si può sapere dove ha messo tutto? Non trovo più neanche una miserrima bustina di tè!" sbottò Louis.
"Io ripropongo quello che ha detto Emily: torniamo a dormire e aspettiamo domani" bofonchiò la fidanzata con la testa appoggiata al tavolo.
"Non è tanto chiedere di poter fare colazione no?" continuò a lamentarsi il ragazzo.
"Mi accontento anche di un biscotto...facciamo mezzo" borbottò Emily.
"E' rimasto cibo di ieri?" chiese poi.
Eleanor le rivolse uno sguardo incredulo:"Non vorrai davvero mangiare cibo messicano alle nove del mattino?!"
Emily ci pensò su per qualche istante,assumendo via via una faccia sempre più schifata.
"No...in effetti no"
"Io lo mangerei pure se solo ne fosse rimasto! Sto morendo di fame! Basta, andiamo da lui e ci facciamo dare il cibo! Ma quanto ci mette poi ad aprire una cavolo di porta?!" fece Louis furente.
"Lou, ti prego calmati!" lo supplicò Eleanor mentre lo seguiva all'ingresso accompagnata da Emily.
Louis irruppe nella stanza vicino all'ingresso mentre Harry era ancora avvinghiato a Kendall; non appena si rese conto di chi fosse si arrestò di colpo, sorpreso.
"Kendall...ciao" la salutò Louis poco convinto.
Kendall gli sorrise ma quando scorse la ragazza alle sue spalle l'espressione le si congelò in viso, diventando simile a quella del Joker; dal canto suo, Emily iniziò a pensare che quella mattina fosse davvero stata una pessima decisione alzarsi dal letto; Eleanor era solo confusa dalla presenza di quella estranea avvinghiata al migliore amico del suo ragazzo a quell'ora del mattino, quando lei aveva i crampi allo stomaco per la fame.
Gli occhi di Kendall si fissarono su quelli di Emily inespressivi, per evitare di lasciar trapelare il fastidio che si era appena impossessato di lei.
"Emily...ciao" la salutò con una gentilezza affettata.
"Ciao" replicò la ragazza avanzando per salutarla.
"Non mi aspettavo di vederti qui" disse Kendall con un sorrisetto nervoso.
"Pensa un po', neanche io!"
"Visto che Louis è andato in catalessi, mi presento da sola: sono Eleanor, la ragazza di Louis"
"Piacere, Kendall"
La ragazza volse la propria attenzione al viso di Emily.
"Ma...che ti è successo?" chiese corrugando la fronte.
"Niente" si affrettò a rispondere la ragazza anticipando Harry.
"Niente di importante, un incidente"
Kendall non sembrava convinta ma non fece altre domande; in effetti nessun'altro parlò e il silenzio imbarazzante incombeva sulle loro teste.
"Allora...Harry aiutala a portare le sue cose di sopra, no?" lo esortò Emily dando uno sguardo al grosso borsone accasciato sul pavimento. Kendall intanto era impegnata a fare una scansione dell'abbigliamento di Emily, con indosso un pigiama di un color rosa pallido gessato di bianco, con la parte superiore a foggia di camicia con uno scollo profondo e i pantaloni larghi, che le donava moltissimo. Si sentì infastidita: i pigiami dovrebbero rendere goffi, avere animali stampati sopra e chissà quale altro esserino imbarazzante, mentre quello nella sua semplicità era elegante, la faceva sembrare quasi vestita da sera e poi perché Emily aveva un bell'aspetto la mattina presto senza un filo di trucco, tale che non sfigurava accanto a lei che era truccata, vestita e pettinata di tutto punto? Anche con quegli aloni violacei sul viso non poteva dirsi brutta.
Harry sbuffò impercettibilmente e borbottò "Che giornata di merda!"
"Cosa?" 
"Dicevo, che non ho fatto merenda. Su, andiamo di sopra"
Louis aspettò che Kendall e Harry sparissero oltre le scale.
"Lui non ha fatto merenda!" urlò a mezza voce.
"Ma ti rendi conto? Che faccia tosta!"
Le ragazze si rivolsero uno sguardo consapevole.
"Louis, ha detto che giornata di merda...si è ripreso solo dopo, quando Kendall gli ha chiesto cosa avesse detto" gli spiegò Eleanor cauta, per evitare di creare un altro eccesso d'ira.
Emily stava guardando il punto oltre cui erano spariti.
"Io non capisco..." mormorò pensierosa.
"Cosa?" chiese Louis.
La ragazza lo guardò :"Non vede Kendall da un po' di tempo, no? E allora perché non sembra felice? Insomma, se ti viene a trovare la tua ragazza non dovresti dire -Che giornata di merda!-"
"Non so quanto durerà questa ragazza a dire il vero" disse Louis.
"Cioè?" intervenne Eleanor.
"Cioè Harry si stanca in fretta. E' successo così con Taylor, succederà anche con lei; non sono molto diverse in fondo, e lui vuole qualcos'altro. Comunque...Vado a prendere la colazione prima che arrivi l'ora di pranzo" annunciò Louis e detto questo andò al piano di sopra per vestirsi, cosa che fecero anche le due ragazze.
Emily stava per infilarsi la maglietta dando le spalle alla porta quando qualcuno entrò. Si voltò di scatto coprendosi alla bell'e meglio con il maglione che aveva in mano.
"Oddio, scusami!"
"Harry! Ma cosa...non si bussa più?" esclamò rossa in viso in preda all'imbarazzo, parlando con la nuca di Harry che si era debitamente voltato. 
"Scusami è che...ho la testa un po' in aria questa mattina"
"Puoi girarti"
Emily lo guardò negli occhi: sembrava insofferente a qualcosa.
"Va tutto bene?"
"Hai un livido sul fianco" si limitò a rispondere, atono.
"Lo so che ho un livido sul fianco. Perché non mi rispondi?"
"Perché non mi hai detto che avevi un livido sul fianco?"
"Perché speravo che entrassi mentre fossi nuda e lo scoprissi da te!" replicò sferzante.
"Hai altri lividi?" 
Emily non diede risposta.
"Allora? Vuoi dirmelo o preferisci che ti tolga i vestiti per controllare di persona?" la provocò sorridendo con gli occhi.
Emily lo osservò per qualche istante.
"Perché ispezionare ogni centimetro del mio corpo quando hai 1.78 m di modella nell'altra stanza? E' molto più spazio di quanto possa offrirti io" lo zittì Emily.
Harry si indurì, Emily insisté:
"Continui a non rispondere"
Harry si appoggiò allo stipite della porta, sbuffò.
"Non mi aspettavo sarebbe venuta" 
"E questo ti fa essere intrattabile?"
"No, i tuoi lividi e chi te li ha procurati mi fanno essere intrattabile" precisò infastidito.
Emily tacque per un po': perché continuava a cambiare discorso?
"Allora?"
"Allora cosa?"
"Perché sei venuto nella mia stanza? Senza bussare"
Harry ci pensò su.
"Non lo so..."
La ragazza gli restituì un'espressione scettica.
La voce di Kendall che chiamava Harry giunse dal corridoio. Il ragazzo voltò le spalle a Emily e bofonchiò:"Non ha più importanza, comunque..."
Quando Louis tornò con la colazione erano già le nove e mezza; ma quel giorno le sfortune sembravano non arrivare sole e così quando Emily entrò in cucina sentendo già il sapore della ciambella in bocca, fu quantomeno spiazzata nel constatare che lo scatolo di Starbucks era inesorabilmente, irrimediabilmente, completamente
"Vuoto" mormorò con gli occhi sbarrati mentre sentiva il suo stomaco protestare rumorosamente.
Louis, impegnato a combattere con la macchinetta del caffè, che non voleva saperne di fare il cappuccino, si girò verso il tavolo. A Emily veniva da piangere: stava morendo di fame, aveva ancora mal di testa e quella spilungona tutta ossa aveva fatto irruzione nella mattinata sbagliata.
Un momento...la spilungona! 
Emily si girò verso Kendall, con l'immancabile cellulare in mano, che stava mangiando...la sua ciambella! Non ci poteva credere! La guardò a bocca aperta mentre Eleanor assisteva alla scena mortificata, con ormai solo un brandello della sua ciambella in mano, che non avrebbe più potuto offrirle. 
"Mi dispiace Emily, non ho pensato che eravamo in cinque e non in quattro" si scusò Louis mentre dava un colpo irritato alla macchinetta per farla funzionare. Emily tacque, ingoiò gli improperi diretti a Kendall che erano affiorati spontaneamente sulle labbra, pronti all'uso e si diresse verso il frigo, mentre Harry si alzava per prendere un piatto dalla credenza. Kendall, che si era sentita chiamata in causa, uscì per un momento dall'isolamento del cellulare e si guardò attorno.
"Oh mi dispiace...ho preso io l'ultima. Sai in aereo ho mangiato qualcosa ma è stato un viaggio lungo..." 
"Non preoccuparti" la rassicurò sperando che il suo tono di voce non tradisse la sua voglia di strozzarla. 
Harry si avvicinò ad Emily e senza dire niente le mise in mano un piatto con metà della sua ciambella. Emily stava per ringraziarlo quando Kendall annunciò con un invadente tono di voce
"Vado a vedere se hanno portato il giornale"
"Finalmente!" esclamò Louis che era riuscito a far funzionare la macchinetta del caffè.
"Oggi sembra un impresa riuscire a fare colazione" osservò Eleanor.
"Già" assentì Emily prendendo posto tra lei ed Harry, che sorseggiava svogliatamente una spremuta d'arancia.
"Grazie Harry" aggiunse poi sorridendogli.
Kendall rientrò in cucina come una furia e sbatté il giornale che aveva in mano sul tavolo, facendo saltare le due ragazze ed Harry sulla sedia.
"Cosa diavolo è questo?" chiese furente.
Emily si accorse solo dopo che si stava rivolgendo anche a lei. 
Harry prese in mano il giornale senza fare una piega, Louis si avvicinò per vedere, Eleanor si sporse per leggere ed Emily si affogò col boccone che stava inghiottendo non appena vide la foto: sulla prima pagina del giornale campeggiava un'immagine di casa sua, con suo padre sulla porta, Harry furente, Josh per terra e lei in mezzo; il titolo in prima pagina era "Harry Styles fa a pugni per Emily Davis: un piede in due staffe?"
I quattro ragazzi si guardarono tra loro. Kendall stava ritta in piedi davanti al tavolo.
"Allora? Sto aspettando una spiegazione" sbottò.
"I giornalisti inventano sempre, che te lo dico a fare?" replicò noncurante Harry, abbandonando il giornale lontano da lui.
Kendall era furente.
"E' tutto quello che hai da dire?"
"Kendall ascolta..." cominciò Emily cercando di fare da mediatrice.
"Sta' zitta tu!" la ammonì acida.
"Ehi, datti una calmata" la riprese Harry.
Louis gli mise una mano sulla spalla
"Credo sia meglio che andiate di sopra"
Per tutta l'ora seguente la casa fu pervasa dalle grida attutite che si sentivano fino al piano di sotto
"Faccio più di sei ore di volo per venire qui, trovo una bambolina con indosso un pigiama alquanto discutibile nel tuo soggiorno, poi esco per prendere il giornale e trovo questo! Cosa dovrei pensare secondo te?"
"Ma fammi il piacere, sei gelosa di Emily?"
"Io? Figurati! Non ho niente da invidiare a quell'oca"
"Non parlare di lei in questo modo! Non è come pensi, ero andato da lei per aiutarla"
"Per aiutarla? Ma quanto sei cavaliere! Potresti inventarti qualche scusa migliore!"
Louis, Eleanor ed Emily erano abbandonati sul divano, impegnati a fingere di non stare sentendo ogni singola frase che si scambiavano. 
"Eppure la casa è grande, com'è possibile?"
"Perché la camera è sopra di noi" spiegò il ragazzo a Eleanor.
"Ma si può sapere perché mi odia tanto? Chi le ha mai fatto niente?"
Gli altri due la fissarono con un sopracciglio alzato.
"Che c'è?"
"Emily insomma, anche io mi sarei irritato al posto suo"
"Mah. E' ridicolo! Non c'è niente tra me e Harry"
"Va a farglielo capire, quando voi ragazze vi convincete di una cosa è impossibile farvi cambiare idea"
"Tesoro, vuoi davvero affrontare il discorso oggi? Mi sembra già sufficiente la loro lite" lo interruppe Eleanor.
"Che c'entra? Tu sei l'eccezione che conferma la regola" rispose sorridente prendendole una mano.
"Vi lascio alle vostre effusione, voi che potete, devo rispondere al cellulare"
Emily salì al piano di sopra e si chiuse in camera per parlare con suo madre.
 
I toni si erano calmati: Harry era riuscito a placare Kendall che comunque non vedeva di buon occhio Emily. Quando erano scesi al piano di sotto era già ora di pranzo (il ragazzo era ricorso al fascino che esercitava su Kendall per calmarla del tutto e ci era voluto un po'); Eleanor aveva preso da parte Harry con nonchalance e gli aveva detto che Emily non si faceva vedere da quando aveva risposto ad una telefonata, così Harry era andato nella sua stanza, aveva bussato e poi era entrato.
Emily stava guardando fuori dalla finestra con sguardo vacuo, le braccia al petto e il respiro lento.
"Va tutto bene?"
"Josh era ubriaco, quindi non pienamente capace di intendere e di volere. Ha dovuto pagare solo una multa" disse atona, come se la cosa non la riguardasse.
Harry chiuse la porta e le si avvicinò per abbracciarla.
"Emily..."
"No Harry, è peggio, per favore" lo allontanò.
Fece un respiro profondo per calmarsi. Era in collera sì, perché Josh aveva crecato di farle del male e non gli era successo niente, ma dall'altro lato provava uno strano senso di sollievo che non si riusciva a spiegare, come se la sua coscienza fosse stata sgravata dal senso di colpa per non aver fatto finire il suo ex-ragazzo in carcere. Era già troppo tempo che rimuginava su questa dicotomia interna, era giunto il momento di continuare col suo piano: smettere di farsi tanti castelli in aria e vivere come la gente normale.
"Hai fatto pace con Kendall?"
"Vuoi davvero parlare di questo?" chiese contrariato.
"Voglio parlare di qualunque cosa che non sia quello che mi è successo. Non ne ho voglia"
Harry sospirò: lo infastidiva che non volesse parlarne con lui.
"Sì, è tutto a posto. Le ho detto che tu non c'entri niente. Non scoppia di simpatia per te, ma quanto meno non ci sarà un clima troppo teso"
"Posso fare a meno del suo affetto, l'importante è che tra voi le cose vadano bene" ribatté noncurante.
"Capirai..."
"Mi spieghi perché stai con lei? Insomma, sembra quasi sia un peso per te"
Harry poggiò la schiena alla finestra con fare pigro.
"Non è questo, è solo un po'...noiosa"
"Noiosa? E allora, ritorno alla domanda d'origine, perché stai con lei?"
Harry fece spallucce "E' bella"
Emily lo guardò allibita, sgranando gli occhi, non capacitandosi della risposta che le era appena stata data, che definire superficiale era un gran complimento.
"Stai scherzando vero?"
"Perché?"
"Perché è una cosa...è superficiale e frivola e...e non posso credere che tu l'abbia detta!"
Il ragazzo fu divertito dalla reazione di Emily, che sembrava davvero sorpresa e disturbata dalla giustificazione che aveva dato. Le si avvicinò per abbracciarla.
"Dai, non fare così..."
"Non mi toccare" lo fermò Emily a metà tra il serio e lo scherzo.
"Non puoi trattarla così. Si merita un minimo di onestà, e tu non sei affatto gentile con lei. Le hai urlato praticamente contro"
"E' stata lei a cominciare, e comunque stavo difendendo te" ribatté
"Non ha importanza se mi ha chiamata oca, cosa vuoi che mi importi? Ma tu devi stare con una persona perché ti piace tutto, non perché è carina! Santo cielo, pensavo fossi un gentiluomo!" esclamò stupita
Harry si era portato le mani alla testa: litigare anche con lei era davvero l'ultima cosa che voleva.
"Emily, per favore...non ho nessuna intenzione di litigare con te oggi"
"Neanche io..."
Emily si abbandonò sul letto.
"Riguardo al problema dell'articolo sul giornale perché non uscite insieme tu e lei?"
Harry aggrottò la fronte.
"Che cosa?"
"Bé se vedranno che uscite voi due insieme si calmeranno e faranno un passo indietro. Così si risolve anche la situazione di Kendall"
"E tu?" chiese sdraiandosi sul letto accanto a lei.
"Io no. Mi sembra proprio controproducente"
Stettero per un po' in silenzio.
"Harry perché stai con qualcuno che non ti piace?"
"Non ho detto che non mi piace...è complicato...non so se sono innamorato di lei"
"Decidi no? Prima hai detto che è noiosa!"
Harry sbuffò, nel tentativo di schiarirsi le idee e trovare le parole giuste per spiegarsi.
"Te l'ho detto, è complicato. Quando la vedo...a me piace, penso sia bellissima e tutto il resto e mi piace passare del tempo con lei...però...."
Fece una pausa.
"Però?"
"Non so, è come se mancasse qualcosa"
Harry si girò verso di lei.
"Tu che ne pensi?"
Emily lo guardò a sua volta: era bello -chissà perché all'inizio non le era piaciuto- e la guardava con quegli occhi sgranati, in attesa di un suo parere; il fatto era che lei non sapeva che dire. Si trovava spersa tra i meandri delle sue emozioni, era ad un bivio e non sapeva cosa fare; continuava a sentire lo stomaco stretto in una morsa ogni volta che vedeva Kendall, il sangue le andava al cervello e sembrava dimenticarsi dei buoni sentimenti; tutto quello che aveva nei suoi confronti era una gentilezza affettata, dovuta e non spontanea. Era inutile negare che quella mattina era rimasta sconvolta quando l'aveva vista vicino all'ingresso a baciare poco castamente Harry, e aveva avuto l'istinto di prenderla e staccarla da lui. D'altro canto, lei non nutriva per Harry che un sincero e profondo affetto, che non aveva altri tipi di interessi: era il suo amico, si stava avviando a raggiungere la nomina di migliore amico, e ormai Erick le aveva dimostrato che l'amicizia tra uomo e donna poteva esistere, dunque non aveva minimamente considerato che un approfondimento del loro rapporto potesse significare che uno dei due (o entrambi) avrebbe provato qualcosa di più. Oltre a ciò, lei aveva sentito il bisogno di Harry nei giorni precedenti, ma quando si abbracciavano, si baciavano, si tenevano per mano, non sentiva nulla di particolare; la faceva stare bene, sì, ma non percepiva ciò che avrebbe dovuto se ne fosse stata innamorata. Cosa avrebbe dovuto fare: buttarlo tra le braccia di una ragazza che a lei non piaceva affatto, dicendo che era perfetta? Lui stava ancora lì, a giocare con i suoi capelli e lei si sentiva impazzire, rosa da quel sentimento che Bob aveva chiamato gelosia, ma sapeva di non amarlo, gli voleva bene e tanto, ma l'amore è un'altra cosa...allora perché quel termine sembrava calzare a pennello per la sua condizione? Gelosia, non poteva ancora crederci. 
Soppesò le parole con attenzione maniacale prima di pronunciarle e la fatica che le costò fu pari a quella che avrebbe messo nello scalare una montagna, conscia che con ogni probabilità se ne sarebbe pentita nel momento stesso in cui le stava scandendo.
"Se tu sei felice, io sono felice Harry"
 
 
Ciao a tutti/tutte e scusate il ritardo :) capitolo un po' inutile e poco attivo lo so, è di passaggio quindi non succede granché, ma serve per cucire insieme i pezzi della storia, dunque fatemi sapere cosa ne pensate, se avete suggerimenti, critiche, qualunque cosa non esitate a scrivere una recensione o un messaggio personale per qualunque cosa vi passi per la testa :) Spero che il capitolo vi sia piaciuto, al prossimo aggiornamento :)
 

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Capitolo 11
*** Labirinti psicologici ***


Fondamentalmente, il vizio dell'essere umano, è quello di saper osservare il comportamento di un altro suo simile ed essere in grado di elencare, pochissimo tempo dopo, tutti i difetti che possiede, argomentando la critica in maniera così perfetta da non rendersi conto di star parlando delle sue stesse imperfezioni; e se glielo si fa notare, l'uomo si schermisce, si adira, si prende gioco di quanto gli è stato appena detto. E' curioso come si abbia la tendenza a vedere in maniera più distinta negli altri proprio i nostri stessi difetti. Ancora più semplice è dare la colpa a qualcun'altro. Oh, come ci fa sentire meglio gettare la causa di un evento su chiunque, tranne che su noi stessi! Ci immettiamo in una strada che costruiamo noi stessi, e lo facciamo così ad arte, da non riuscire più a vedere la verità: siamo stati noi a riversare la colpa su qualcun'altro, per facilitarci il compito dell'esame di coscienza, allontanando da noi il pensiero di aver commesso uno sbaglio. Nel caso in cui si rivelasse, invece,  ai nostri occhi l'artificio che abbiamo messo in atto, si verifica una vera sciagura: si rimugina, si pensa, si congettura fino ad arrivare alla conclusione che
"Sono un essere orribile e spregevole"
Emily era immobile, occhi sul soffitto, unghie conficcate nella coperta, testa traboccante di pensieri meticolosamente filati nelle ultime ore notturne. Sì, perché era l'una di notte e lei non aveva ancora chiuso occhio e tutto questo per colpa
"Mia! Perché sono stupida, patologicamente, irrimediabilmente, inequivocabilmente stupida!"
Harry aveva seguito il suo consiglio: era uscito a cena con Kendall. L'idea non si era rivelata poi così vincente: i giornalisti li avevano seguiti come parassiti e continuavano a chiedere spiegazioni sul perché e sul percome Harry avesse picchiato un ragazzo. Erano saltate fuori congetture sul suo essere un violento e un Don Giovanni, e a proposito di questo, Kendall Jenner sapeva che lui aveva passato del tempo con Emily Davis? Era normale che dopo tutto questo assillo, fossero rientrati a casa con un diavolo per capello, specialmente Kendall, che non aspettava altro che nuovi motivi per detestare Emily. La ragazza aveva preso l'abitudine di avvinghiarsi ad Harry non appena Emily entrava nella stanza, "per precauzione" aveva confidato ad Harry. Bé, per precauzione, aveva pensato Emily, sarebbe stato meglio tagliarle quella linguaccia infida che sputava veleno su di lei e si infilava nella gola di Harry approfittando di ogni momento! Aveva raggiunto l'illuminazione: vedere quei due insieme le dava il voltastomaco, del tipo più grave e profondo; qualunque cosa facessero insieme le risultava così melensa e stupida e banale, e talvolta il comportamento di Kendall era così ridicolo che lei ed Eleanor dovevano trattenere le risate; come quando la mattina arrivava in cucina sculettando (per quanto potesse sculettare, essendo più simile ad un manichino che ad una persona) come fosse su una passerella e si piegava sinuosamente per prendere qualcosa dal frigo. I suoi neuroni poi, erano non pervenuti: avevano provato a giocare a Taboo e Kendall si era rivelata utile quando una stufa all'equatore. Questo astio che nutriva per lei però la tormentava; criticava la gelosia di Kendall quando anche lei era gelosa di Harry, e dato che lei aveva sbarrato le porte all'amore non capiva proprio da dove sorgesse il germe di quel sentimento e per questo motivo continuava a darsi della stupida da circa due ore. Quel soggiorno a Londra la stava sfibrando anziché rilassarla e tutto per colpa di quella ragazzina viziata che aveva deciso di fare una sorpresa ad Harry. 
Emily si alzò esausta, si vestì e uscì fuori. 
L'aria glaciale la accolse nella notte nera e silenziosa, carezzandole il viso con una leggera brezza del nord. Era una notte fredda, aveva appena smesso di nevicare e il giardino era completamente imbiancato. Si sedette su una panchina e guardò il cielo: l'inquinamento luminoso londinese non faceva sentire troppo la sua influenza in quel posto, così si perse nell'infinità di quel nero liquido trapunto di diamanti luminosi. Chissà cosa c'era sopra la sua testa. 
Spazi inesplorati, pianeti sconosciuti, forme di vita da scoprire e lei se ne stava lì, col naso all'insù, le mani in tasca e dei problemi che le sembravano insormontabili; le sarebbe piaciuto andare nello spazio, allontanarsi da lì, sparire dalla circolazione per un po'...o per sempre. Harry era diventato il suo punto di riferimento, una persona che era in grado di starle accanto in un modo speciale, che non aveva mai avuto nessun'altro prima d'allora e Kendall arrivava e glielo portava via? La sua non era gelosia, era senso di giustizia! Non era giusto che la privasse del suo amico, Eleanor non si attaccava certo addosso a Louis ogni volta che lei era nei paraggi, non le impediva di parlargli o di stargli accanto con la sua presenza asfissiante. Emily sbuffò, emettendo una nuvoletta che si condensò subito davanti a lei. Tornò con la mente a qualche giorno prima, quando Harry era venuto a trovarla a casa sua e le aveva portato il regalo, e poi erano andati a pattinare ed erano dovuti fuggire dai fan; quel pomeriggio Harry l'aveva tenuta per mano tutto il tempo e poi, dopo che avevano giocato come dei bambini con le palle di neve, si erano buttati su un cumulo bianco gelato e si erano guardati a lungo negli occhi.
Ora Harry non la guardava quasi più. Era sempre con Kendall e ogni volta che sembrava potessero passare cinque minuti insieme, ecco che rispuntava fuori e se lo portava via. Non era tanto il fatto che stessero insieme, quanto che Kendall non lasciava neppure che parlassero quasi, e come se non bastasse Emily era fermamente convinta che non fosse la ragazza giusta per Harry, ecco perché non le piaceva.
"Zayn aveva proprio ragione" pensò alzandosi e passeggiando svogliatamente intorno.
Harry era allegro, premuroso, romantico (nonostante il motivo che aveva addotto come ragione per stare con Kendall)...insomma, cosa diamine ci faceva con una gattamorta come quella? Probabilmente se non fosse stata così alta neppure l'avrebbe guardata, perché Kendall non aveva nulla di speciale. Emily sbuffò infastidita.
"Pensavo avessi stabilito di non pensare più così tanto, soprattutto quando non sono affari miei...e invece sono quasi le due e io mi faccio seghe mentali su quelli là! Devo farmi controllare da qualcuno...qualcuno bravo!"
Rabbrividì leggermente a causa del gelo invernale di Gennaio. Sorrise mestamente; una cosa che le mancava erano gli abbracci di Harry, quegli abbracci così avvolgenti, caldi e sinceri, quelli che le facevano dimenticare tutti i problemi...voleva gli abbracci del suo migliore amico! Perché per una volta che aveva trovato un amico di cui fidarsi, doveva arrivare qualcuno a portarglielo via? Kendall non aveva nessun diritto di ostacolare la loro amicizia, così come lei non aveva mai ostacolato la loro storia. Ricordò che aveva detto di non essere gelosa di lei, perché non aveva "nulla da invidiare a quell'oca". Questa poi, era proprio il colmo! Emily un'oca? E' come il bue che dice cornuto all'asino! Perché i ragazzi si facevano infinocchiare sempre dalle più insignificanti? Bastavano un paio di gambe, due occhi con le ciglia ben allungate da sbattere a ripetizione, un atteggiamento svenevole e via, tutti giù per terra a sbavare.
"Puah! Non li capirò mai"
 E preferiva non essere considerata dal sesso maschile che dover fare la svampita per valere qualcosa, a prescindere dal fatto che col suo comportamento lei non aveva mai avuto problemi di spasimanti. Ma non era questo il discorso da affrontare, la vera domanda era: cosa poteva trovare Harry in Kendall?
"Che poi è pure stupida! Non sa mettere una frase in fila a un'altra!" esclamò tra i denti dando un calcio ad un mucchietto di neve che ricadde morbidamente, senza fare rumore.
"Chi è stupida?"
Emily trasalì per la sorpresa, si voltò e si trovò davanti due occhi verdi che brillavano al buio, a qualche metro da lei.
"Co-cosa ci fai tu qui?" balbettò.
"Io? Potrei farti esattamente la stessa domanda. Ti sei alzata alle due di notte per fare una chiacchierata con te?"
"Io parlo sempre con me"
Ma cosa stava dicendo? Bene, davvero grandioso, stava facendo la figura della stupida. Trascorrere la vita sotto lo stesso tetto di Kendall e pensare a lei ed Harry le stava facendo abbassare il quoziente intellettivo in maniera preoccupante. Infatti Harry a quella risposta aggrottò la fronte e fece una smorfia divertita.
"E chi è stupida?"
"Io" rispose convinta. Il ché, in effetti, non poteva dirsi una bugia: si sentiva alquanto idiota in quel momento, nel giardino di Harry e Louis, vestita alle due di notte mentre dava calci alla neve e parlava tra se e se ad alta voce dopo aver perso il sonno per la relazione del suo migliore amico...sì, molto stupida!
Harry sorrise di sghembo.
"Emi...sembra quasi che ti conosca da così poco tempo che tu possa mentirmi senza che io me ne accorga"
Emily affondò le mani nelle tasche del cappotto e pensò a come cambiare argomento.
"Tu cosa ci fai fuori?"
Harry ci pensò un po' su, guardandola per bene.
"Non riuscivo a dormire...e non per colpa di Kendall" si affrettò ad aggiungere dopo aver colto il doppio senso che Emily avrebbe potuto intendere.
"E tu?"
Emily continuava a torturarsi il labbro inferiore con i denti, a disagio.
"Neanche io riuscivo a dormire" "Ed è per colpa di Kendall!"
Harry si avvicinò, riducendo la distanza che li separava per trovarsi proprio davanti a lei.
"E perché non riuscivi a dormire?" chiese piano.
Emily fece spallucce.
"E tu?" 
"Non lo so neanche io" rispose il ragazzo.
La ragazza si sedette sulla panchina e quando parlò la sua voce fu morbida come il manto candido che ricopriva ogni cosa.
"Mi sembra che non ci vediamo da tanto tempo..."
"Lo so, negli ultimi due giorni non ci siamo parlati tanto..." asserì Harry sedendole accanto.
"Negli ultimi giorni non ci siamo parlati affatto Harry, a parte qualche frase stupida...penso sia la prima volta che parliamo"
"Già..." assentì laconico. 
Si guardava le scarpe. Perché diavolo guardava le sue scarpe anziché parlare?
Stettero in silenzio per qualche minuto.
"Mi manchi Harry..." mormorò Emily.
Aveva dovuto raccogliere molto più coraggio di quanto avesse creduto per riuscire a dirlo. Harry si voltò per guardarla; stavolta era Emily quella che fissava le proprie scarpe.
"Siamo stati insieme in questi giorni" le fece notare Harry in un sussurro.
"Non ci siamo considerati minimamente"
"Sono qui adesso"
Emily lo guardò negli occhi. Non si guardavano da quando lui le aveva chiesto cosa pensasse di Kendall e le sembrava passata un'eternità.
"Harry...tu sei il mio migliore amico..."
Chissà per quale motivo, quando Emily diceva quella frase a lui sembrava che contenesse in nuce una sorta di divieto oscuro, un punto da non oltrepassare, e non che fosse una manifestazione di affetto.
"Anche tu"
"E in virtù di questo...intendimi bene, io non voglio assolutamente mettermi tra te e Kendall ma..." Emily non sapeva quali parole usare.
"Ma...non mettermi da parte Harry, perché ti voglio bene e sono tua amica e non un ostacolo tra voi due. Così come tu non sei un ostacolo tra Eleanor e Louis io non lo sono, non voglio e non devo essere un ostacolo tra te e Kendall, però...non voglio perdere il mio migliore amico ora che l'ho trovato".
Nonostante un certo imbarazzo, si sentì molto meglio, come liberata da un peso opprimente.
Harry la guardò dolcemente e si rese conto in quel momento di quanto anche a lui fosse mancata; le mancava parlare e scherzare con lei, abbracciarla e sentire il suo profumo.
"Mi dispiace Emi...io...mi sono lasciato condizionare. Sai con tutte queste cose, Kendall, i paparazzi, gli articoli sui giornali, su internet, ovunque! Io... mi sono sentito quasi in dovere di fare quello che mi diceva Kendall, per non avere altri litigi, altri problemi, perché ero quasi in debito con lei dopo quello che le avevo fatto passare per colpa di quell'articolo. Non mi sono accorto che stavo facendo del male a entrambi..." fece una pausa e sfiorò quasi per caso la sua mano, poggiata sulla panca. Era incredibilmente calda e morbida.
 "Mi sei mancata anche tu...scusami Emily, non lo farò più" concluse in un soffio.
"Ti va di abbracciarmi?" chiese lei col broncio da bambina.
Harry non se lo fece ripetere e la strinse a se come non faceva da tempo. Affondò la mano tra i suoi capelli, ne inspirò il profumo e si chiese come avesse potuto trascurarla in quei due giorni, lui, che si era ripromesso di non farle accadere mai nulla di male, era stato proprio l'artefice del suo malessere, seppur non grave. E tutto per una gelosia infondata di Kendall.
Figurarsi, lui ed Emily insieme! Aveva capito che quella ragazza non sarebbe stata come le altre il giorno in cui l'aveva accudito quando aveva la febbre alta ed era rimasto solo in albergo. Perché lei era così: ti prendeva, ti aiutava e in cambio voleva solo il tuo affetto, la tua fiducia, e lui non poteva considerarla una nel mucchio, come si trovava spesso a dover riconoscere per altre ragazze. 
Voleva bene a Kendall, molto, ma ne voleva altrettanto ad Emily; Emily che lo stringeva al petto come non aveva mai fatto, Emily che aveva il volto affondato sul suo collo che ora non soffriva più il freddo. Harry non era riuscito a spiegarsi i brividi che l'avevano scosso quando i loro visi erano stati pericolosamente vicini, e anzi, aveva relegato quella sensazione nel dimenticatoio: non voleva ci fossero stranezze o complicazioni tra di loro; in quel momento tuttavia, fu messo di fronte all'evidenza: lui aveva l'esigenza di averla accanto, di sapere di poter contare su di lei, di stringerla, di scherzare con lei, di andare nella sua stanza nel cuore della notte per guardarla dormire, perché a lui piaceva guardarla dormire e si era alzato per questo; osservare Kendall non gli dava la stessa pace interiore, ed era strano, se ne rendeva conto lui stesso, ma non poteva farci nulla. Poi quando aveva trovato il letto vuoto aveva deciso di fare due passi per schiarirsi le idee e una volta fuori dalla porta se l'era trovata davanti, con i capelli lunghi fino alla schiena che le scendevano in una cascata di riccioli e i piedi affondati nella neve. No, non poteva lasciarla andare via; avrebbe parlato con Kendall, le avrebbe spiegato, anche se neppure lui sapeva come. Con quali parole avrebbe potuto rendere accettabile che per lui Emily era una necessità particolare?
"Ti voglio bene Emily" le sussurrò all'orecchio.
"Più di quanto dovrei volertene, forse"
 
 
_____________________________________________________________________________
 
Rieccomi :)
Sto postando un capitolo il giorno dopo averne postato un altro O.O oggi potrebbe accadere di tutto (oppure domani visto che la giornata sta finendo XD)! Scherzi a parte, questo capitolo è un po'...zuccheroso (si dice? penso di sì...ora controllo...sì esiste :D)...sì, chiamiamolo zuccheroso, ma che ci volete fare: la febbre, il tepore della coperta, il tè, qualche cioccolatino e un film romantico hanno aperto tutti i miei chakra e mi hanno fatto venire l'ispirazione per un capitolo da innalzamento dei valori di glucosio nel sangue ^^ spero che apprezzerete comunque, anche se, sinceramente, non riesco mai a scrivere bene per come figuro la scena nella mia testa, mi sembra sempre di non essere in grado di fare immaginare agli altri il contesto, il luogo in cui si trovano i personaggi...non so, forse mi sbaglio. Ora vado, prima di scrivere un altro capitolo qui sotto ;)
XOXO

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Capitolo 12
*** La detonazione della bomba Davis-Jenner ***


Il giorno dopo Emily era intenzionata a negare l'esistenza di Kendall in ogni modo, ignorando tutte le implicazioni del suo essere. Purtroppo per lei, la ragazza sembrava avere l'obbiettivo opposto: farle capire in tutti i modi possibili ed immaginabili che non solo esisteva, ma dovevano anche convivere sotto lo stesso tetto, il che si traduceva per Kendall con un "Ti farò pentire il giorno in cui hai incontrato Harry".
Emily era appena scesa al piano di sotto infatti, quando Eleanor le aveva chiesto di fare un giro in centro insieme a lei; in nome della buona educazione avevano invitato anche Kendall, la quale aveva replicato:
"Sì, ne avrei bisogno, ho finito il primer occhi...a proposito Emily, non è che me lo potresti prestare? Sai, solo adesso che dobbiamo uscire. Appena me ne comprerò uno non ti infastidirò più"
Emily, la tazza col caffè ancora in mano che le era stata appena passata da Louis, non era sicura di aver capito bene. Eleanor, Louis ed Harry osservavano la scena dissimulando il loro interesse: la prima sfogliava un giornale, il secondo navigava su internet col portatile e il terzo...no, Harry neppure ci provava a fingere disinteresse.
"Cos'è che vuoi prestato?" chiese Emily sforzandosi di porre la domanda in modo gentile.
Kendall la fissò come se avesse davanti una bimba di cinque anni che usa di nascosto il rossetto della mamma per truccarsi.
"Un primer occhi" ripeté scandendo bene, deliziata dall'espressione confusa di Emily.
"Già...e questo primer sarebbe...?"
"Una base per l'ombretto. Almeno, sai cos'è un ombretto vero?" continuò con tono velatamente arrogante.
Emily contò fino a cinque, giusto per assicurarsi di non rovesciarle la bevanda bollente addosso. Prese un sorso di caffè e guardò incurante la ragazza. Ogni volta che si rivolgeva a lei si alzava sempre in piedi, forse il fatto di essere più alta la faceva sentire in qualche modo più potente. Che idea assurda!
Emily per tutta risposta si sedette noncurante, come se la ragazza non fosse affatto davanti a lei.
"Mi spiace Kendall, non ho un primer occhi" replicò simulando una punta di dispiacere sincero. Come no!
"Non hai un briciolo di femminilità!" mormorò la ragazza uscendo dalla stanza.
Emily continuò a bere il suo caffè, impiccando mentalmente la ragazza più e più volte.
Eleanor, che cominciava a pentirsi di aver invitato anche Kendall, si recò al piano di sopra per vestirsi, mentre Louis sorrideva sotto i baffi ed Harry sembrava non essersi accorto del commento acido che aveva fatto la sua quasi ragazza.
Dopo mezz'ora sia Eleanor che Emily erano pronte e aspettavano pazientemente Kendall già da
"Quindici minuti! Mi vuoi spiegare che sta facendo?" urlò a mezza voce Eleanor camminando avanti e indietro.
Emily la fissava pigramente dal divano sul quale era seduta.
"Eleanor, abbia un po' di compassione: ha finito il primer!"
Le due ragazze si guardarono e scoppiarono a ridere.
"Ma ti rendi conto? Secondo me si sta ancora truccando per davvero"
"Truccando? Si starà mettendo sopra la maschera, minimo! è un'ora che sta sopra" osservò Emily.
L'altra ragazza sbuffò, abbandonandosi a sua volta sul divano.
"Mi ricordi perché l'abbiamo invitata per favore?"
"Non lo so, sto cercando una risposta" replicò assottigliando lo sguardo e fissando un punto di fronte a se.
"Allora non siete ancora pronte?"
Kendall scese le scale con in mano un bauletto Louis Vuitton e altri capi firmati a cominciare dalle scarpe e a finire dal cappello. 
A quella frase le due ragazze furono seriamente prese dal forte istinto di commettere un omicidio in quello stesso istante, e fanculo se Harry ci sarebbe rimasto male!
"Aspettavamo te" disse Emily "Da venti minuti!"
"Oh e...tu esci così?" chiese perplessa dando uno sguardo ad Emily.
Non che fosse una ragazza trasandata, ma Emily non andava in giro addobbata come se fosse dovuta andare ad una sfilata di Dolce&Gabbana. 
Kendall infatti indossava dei tronchetti neri col tacco (perché la ragazza era bassa, poveretta!), leggins neri attillati con un inserto trasparente con dettagli in tessuto lungo tutta la lunghezza laterale, una cintura piuttosto appariscente, una giacca bianca larga e il viso perfettamente truccato. Emily aveva un paio di jeans skinny, degli stivali neri di media lunghezza senza tacco alto, un cappotto grigio e un cappello bianco alla francese e l'unico cosmetico pervenuto era il mascara. 
Non le rispose neppure, si voltò e uscì di casa col messaggio implicito di fare lo stesso. Quando sentirono la porta chiudersi Harry e Louis tirarono un sospiro di sollievo.
"Che dici, ce la faranno?" 
"A fare cosa?" chiese Louis.
"A non prendersi a botte"
Louis lo guardò serio per un po'.
"No!"
 
La giornata non fu delle migliori. Anzi, fu decisamente pessima! Kendall aveva fatto girare loro cinque profumerie diverse perché non trovava il primer (che doveva rigorosamente essere Chanel), poi avevano girato i negozi oppresse dai paparazzi che avevano scattato foto in continuazione, avevano pranzato in un fast food, dove Kendall aveva guardato con gli occhi sbarrati Eleanor ed Emily che ingerivano noncuranti grassi, carboidrati e colesterolo mentre lei aveva preso un frullato taglia piccola, e infine si erano ritirate a casa con i piedi doloranti per la camminata. 
"Mio Dio!" borbottò Emily posando i sacchetti degli acquisti all'ingresso.
Eleanor la seguì e le rivolse uno sguardo eloquente carico di sarcasmo.
"Siete tornate, quanto c'avete messo!" esclamò Louis entrando nella stanza seguito da Harry.
La sua ragazza lo freddò con uno sguardo "Per favore Lou, taci!"
"Quante cose!" osservò Harry dando un'occhiata ai pacchi, sacchetti e sacchettini che si trovavano ai piedi delle ragazze; in quel momento entrò Kendall, portando altre quattro buste, che si aggiungevano alle 
"...dieci, undici, dodici!" contò Louis.
"Vi siete proprio date alla pazza gioia eh?" fece Louis.
Per qualche motivo Emily ed Eleanor continuavano ad avere un'espressione che mal celava l'insofferenza, mentre Kendall si guardava intorno per controllare i pacchi che erano stati depositati per terra.
"Tu che hai comprato Emily?" domandò innocentemente Harry.
L'avesse mai fatto! Emily assottigliò lo sguardo, pescò un piccolo pacchetto H&M da un sacco molto più grande Gucci e glielo lanci; il ragazzo aveva lo prese al volo e la guardò sorpreso. Dopodiché lei si avviò su per le scale a passi pesanti, senza dire una parola, seguita dagli sguardi dei due ragazzi: quello di Harry ancora stupito, quello di Louis consapevole che non significasse nulla di buono. I due guardarono Eleanor in cerca di spiegazioni. Harry parlò per primo:
"Ma che le è preso?"
Eleanor non ci vide più.
"Ha ragione, poveraccia!"
E sparì anche lei su per le scale.
I due amici si scambiarono uno sguardo sbigottito, poi si voltarono verso Kendall, l'unica rimasta, che sembrava imperturbabile e perfettamente calma.
"Io mi sono divertita tanto. Vieni Harry, ti faccio vedere cosa ho comprato"

"Capisci? Mi sono scarrozzata i suoi pacchetti a destra e a manca insieme a quell'altra santa di Eleanor per tutto il giorno! E appena noi cercavamo di guardare anche un nastrino ecco che si intrometteva chiedendo se potevamo accompagnarla in camerino! Santo cielo, stava anche tre ore per decidere cosa avrebbe dovuto comprare e..."
Emily, il telefono in una mano, si arrestò di colpo: Harry era appena entrato nella stanza.
"Ti richiamo Stacie" 
Chiuse il telefono e lo gettò sul letto. Harry era fermo sulla porta; lo sguardo del ragazzo sembrava pesare come un macigno in quel momento. Lui e il suo maledetto vizio di non bussare! Emily non sapeva cosa dire; le dispiaceva che avesse sentito che Kendall non le andava a genio, ma in fondo con lei era stata tutto meno che affabile, e aveva usato anche provocazioni che Emily non aveva raccolto per il bene di Harry...ma da qui a volerle bene!
"La cena è pronta" si limitò a informarla, poi si voltò e uscì.
Emily fece uno sbuffo irritato e alzò gli occhi al cielo "Quanto la odio! Brutta stangona anoressica!".
Scese le scale e mentre si dirigeva in cucina venne travolta da Kenadll che le si parò davanti.
"L'hai fatto apposta, non è vero?" sbottò.
Emily la guardò col volto dell'esasperazione.
"Dimmi, sono proprio curiosa di sapere cosa ho fatto stavolta"
"Ti avevo chiesto di prendere il sacchetto della profumeria!" esclamò.
"E io l'ho preso"
"No non è vero! Se fosse così, io adesso avrei il mio primer!"
Ancora con quel primer! Ma perché non se lo infilava dove credesse più opportuno?
Emily prese un respiro profondo e poi replicò con calma.
"Kendall, ascoltami, in profumeria abbiamo preso due profumi, un mascara, cinque rossetti, un fondotinta, tre smalti e il primer; per la leggi della fisica elementare, tutta quella roba non entrava nei sacchetti formato puffo di quella profumeria, quindi ne abbiamo tre, dividendo secondo quanto avevamo comprato: io ho preso il mio sacchetto, Eleanor ha preso il suo e tu il tuo. Nel sacchetto che aveva in mano non c'era nessun primer o come diamine si chiama, quindi non so dove sia!"
"Non è vero! I sacchetti lì dentro sono due! Sei tu che continui a mettermi i bastoni tra le ruote. Perché devi essere così...così...odiosa?" inveì alzando il tono di voce.
Emily alzò un sopracciglio: altre due parole e non avrebbe avuto bisogno di primer occhi per un mese, per quanto glieli avrebbe pestati.
"Vengo qui per stare con Harry e trovo te in soggiorno! Ti sembra che non mi accorga di come lo guardi? E poi sempre in quella stanza a parlare sottovoce! Lo vuoi capire o no che stiamo insieme? Invece di stargli sempre appiccicata, abbi un po' di ritegno"
Questa volta Emily non si trattenne: scoppiò a ridere di gusto. Era più ottusa di quanto pensasse.
"Cosa cazzo ridi?"
"Ah Kendall, non hai capito proprio niente. Io ed Harry non..."
"Esatto! Tu ed Harry non! Perciò smettila di fare la troia!" esclamò spingendola per una spalla.
Eleanor, Harry e Louis accorsero, sentendo il baccano che stavano facendo.
"Troia io? Suona davvero buffo detto da una che si è fatta fotografare con i capezzoli in bella vista in occasione del suo diciottesimo compleanno!" la schernì senza scomporsi minimamente.
"Smettila di fare la gatta morta col mio ragazzo! Stai davvero oltrepassando il limite" la avvertì trai denti Kendall dandole un altro spintone.
"Tu l'hai già fatto!"
I tre assistevano alla scena con stati d'animo diversi: Louis con rassegnazione (era ovvio che non sarebbe successo nulla di buono con Emily e Kendall sotto lo stesso tetto), Harry indeciso sul da farsi ed Eleanor, con tutta la solidarietà per Emily, sperava vivamente che desse una lezione a quella ragazzina piena di se.
"Te lo dicevo che sarebbero venute alle mani" fece Louis all'amico.
"Veramente Emily non ha mosso un dito" osservò Eleanor.
Louis la fissò con sguardo di rimprovero.
"Bé allora? Aspettate che si picchino o le fermate prima?" fece la ragazza rivolta agli altri due.
"Non ti sopporto!"
La dichiarazione catalizzò nuovamente la loro attenzione sulle due ragazze: senza saper dire come, erano finite per terra, con Kendall che cercava malamente di colpire Emily, tirandole i capelli per tenerla ferma.
"Ehi! Basta!" urlò Harry correndo verso di loro per separarle insieme a Louis. Emily riuscì a spingere via Kendall, che venne prontamente afferrata da Harry.
"Ma sei impazzita?!" gridarono all'unisono Louis, Eleanor ad Emily rivolti alla ragazza.
"Ma si può sapere che vi prende?" sbraitò Harry fuori di se rivolgendo loro uno sguardo furibondo.
"Te lo spiego io: ho commesso il gravissimo crimine di essermi dimenticata uno dei suoi preziosissimi pacchetti in un negozio e siccome è convinta che io abbia una cotta per te ha deciso di prendermi a botte!" sbottò Emily alzando la voce per la prima volta in tutta la discussione.
"Vuoi che vada a riprendere quello stramaledettissimo sacchetto? Bene! Sto uscendo! E quando torno faccio le valige e me ne vado, come desidera vostra grazia!"
Afferrò il cappotto dall'attaccapanni e aprì la porta.
"Emily dove vai? Fermati!" 
Le parole di Harry furono del tutto inutili: era già uscita sbattendo la porta alle spalle. 
"Harry tu prova solo a seguirla e io me ne vado in questo preciso istante" lo avvertì Kendall con la voce tremante per la rabbia.
Il ragazzo la guardò contrariato: perché era successo quello che aveva appena visto? Il comportamento di Kendall era inqualificabile: aveva cercato di picchiare Emily, l'aveva calpestata sia fisicamente che verbalmente, non aveva avuto il minimo rispetto per lei sin dal primo giorno e lui non poteva non sentirsi infastidito da questa cosa. Senza contare che adesso l'aveva costretta a volersene andare, Emily l'aveva detto, o meglio urlato chiaramente, e il solo pensiero gli risultava stranamente insopportabile; dall'altro lato in quel momento avrebbe dovuto pensare a Kendall, che era la sua...ragazza?...amica?...la sua qualunque cosa fosse, insomma, e non ad Emily. Era tutta colpa di Kendall, sua e del suo modo di fare! 
Le rivolse un'occhiataccia di biasimo profondo, la afferrò per un braccio e la portò al piano di sopra dicendo:"Certo che no, tu devi spiegarmi come ti è venuto in mente di fare una cosa del genere ad Emily!"
Louis ed Eleanor si fissarono.
"Harry io..." cominciò l'amico indicando la porta.
Harry lo guardò e annuì; aveva capito cosa voleva dire.
"Louis non sarebbe meglio se andassi io? Insomma...l'abbiamo sopportata insieme oggi e sono una ragazza, magari" propose Eleanor prima di essere interrotta dal suo ragazzo.
"No El, voglio andare io. Torno subito"
Le diede un bacio delicato sulle labbra e uscì in fretta a cercare Emily, che trovò subito a pochi metri da lui, dopo aver girato la strada.
"Emily!"
La ragazza camminava a grandi passi, si vedeva lontano un chilometro che era in collera. Si voltò e Louis non seppe interpretare l'espressione tra la sorpresa e la delusione che le si era dipinta sul volto. Lo aspettò e non appena la raggiunse ricominciò a camminare al suo fianco.
"Emily non devi andartene solo perché..."
"Solo perché ha cercato di alzarmi le mani dopo avermi preso a parolacce? Credimi Louis, l'ultima cosa che mi spaventa è essere picchiata da uno scheletro di laboratorio come Kendall: potrei spezzarle tutte le ossa anche solo soffiando, e il dolore che mi potrebbe provocare un suo eventuale pugno e pari a quello che provocherebbe un peluche tirato da un bambino" lo interruppe bruscamente ancora alterata.
"E allora perché? Insomma, lo so, si è comportata da idiota ma...qual'è la novità? Lo sapevamo già che non era una cima, intellettualmente parlando"
"Lou, io sono venuta qui perché i miei genitori ed Harry pensavano sarebbe stato bene per me allontanarmi per un po' da casa, dopo quello che era successo, per cercare di rilassarmi, ma da quando è arrivata Kendall" prese un respiro profondo per calmarsi.
"Louis, io non ce la faccio a vederla" 
Era indecisa se terminare la frase "con Harry", poi decise di omettere quest'ultima parte per puntualizzarla solo nella propria testa.
"E non ho davvero voglia di avere discussioni ogni giorno. E poi quella di troppo sono io, faccio da quinto incomodo; come se non bastasse tra quattro giorni mi riprenderà il tour, quindi me ne sarei comunque andata tra poco"
"Sì ma...non così! Emily dai, ci resteremo tutti male, anche Harry, soprattutto Harry!"
"Louis, Harry deve sistemare le cose con Kendall, io sono di troppo e non voglio che si lascino per causa mia" "Voglio che si lascino e basta"
Sarà, ma quelle parole non lo convinsero fino in fondo. C'era qualcosa di strano mentre Emily parlava di Kendall, come se il fastidio che provasse non fosse stato dato solo dall'episodio di poco prima, ma ci fosse alla base qualcosa di più profondo.
Nel frattempo Harry era nella camera con Kendall che non ne voleva sapere di scusarsi con Emily per quello che aveva fatto.
"Ti rendi conto che hai agito come una folle? L'hai gettata per terra, le hai tirato i capelli e vi sareste pure picchiate se non vi avessimo fermate prima! Come se non bastasse l'hai accusata con supposizioni infondate che ti sei creata tu, e oggi l'hai vessata rendendoti quanto più insopportabile possibile. E dopo tutto questo sostieni anche di avere ragione?" sbottò Harry.
La ragazza aveva gli occhi lucidi. Era furibonda con Emily e con Harry che la difendeva a spada tratta e aveva paura di perderlo, di vedersi chiudere in faccia la sua porta per non parlargli mai più.
"Supposizioni? Harry io vi vedo benissimo, va bene? Vedo perfettamente il modo in cui state insieme, il modo in cui parlate e in cui vi guardate! Tu la guardi in un modo...non guardi nemmeno me in quel modo, dannazione! Quando uno dei due entra in una stanza l'altro si illumina; per non parlare di come vi sorridete! E io non dovrei essere gelosa o farmi quantomeno strane idee?" urlò sull'orlo delle lacrime.
Il ragazzo si portò le mani alla testa e sbuffò: perché si rifiutava di capire?
"Come puoi pensare che ci sia qualcosa tra me e lei?"
"Te l'ho appena spiegato!"
"Kendall, io ed Emily ci vogliamo molto bene, è vero, ma come amici. Lei è la mia migliore amica, lo ammetto, ma è solo questo: non l'ho mai baciata, non ho mai fatto niente con lei. Niente di niente! E lei non farebbe mai nulla con me! Perché siamo solo amici! E mi manda al manicomio che debba esserci una tensione tale da costringere una persona alla quale voglio molto bene ad andarsene via perché tu sei convinta di cose non vere. Quindi quando tornerà tu le chiederai scusa"
"No!" si oppose fermamente.
"Kendall è mia amica, va bene? E come lei non vuole mettersi tra noi due, tu cerca almeno di fare altrettanto!" esclamò esasperato.
La ragazza lo guardò, poi rivolse lo sguardo al tappeto, indecisa su come replicare.
"Tu mi vuoi, Harry?" chiese con tono più calmo.
"Sì"
Kendall si alzò dal letto sul quale era seduta, si sfregò nervosamente le mani sulle cosce e aprì la bocca per parlare. Aveva paura della frase che stava per pronunciare, forse se ne sarebbe pentita amaramente, ma aveva bisogno di una prova, doveva sapere fino a che punto sarebbe arrivato per lei.
"Allora scegli Harry: o me o lei"
 
 
 
____________________________________________________________________
Salve ^^
Ecco un nuovo capitolo. Da questo momento in poi spero di cambiare il ritmo della storia e di renderlo un po' più veloce e più ricco di avvenimenti nei capitoli. Questi ultimi che ho scritto mi sono sembrati un po' piatti. Comunque sia, spero che gradiate ugualmente, fatemi sapere nei commenti :)
XOXO
 

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Capitolo 13
*** Grammy Awards e copertine ***


Qualcuno bussò alla porta. Si rigirò nel letto aggrappandosi disperatamente a quell'ultimo scampolo di sonno che ancora sembrava lambire la sua mente. Non voleva svegliarsi, voleva restare ancora lì, a fingere di dormire, senza dover pensare a niente. Fuori qualcuno continuava a bussare chiamando impazientemente il suo nome. Uscì fuori la testa dalle coperte e guardò il soffitto, come se contenesse tutte le risposte di cui aveva bisogno. Si strofinò gli occhi e sbadigliò; probabilmente se non avesse risposto avrebbero buttato giù la porta. 
Per quello che importava, avrebbero anche potuto buttare giù il suo corpo dal ventitreesimo piano dell'albergo in cui si trovava...non importava davvero. Si alzò, camminò svogliatamente verso la porta e la aprì.
"Allora? Si può sapere perché c'hai messo tanto?"
"Si può sapere perché ti metti a bussare convulsamente alle otto del mattino?"
Lo sguardo che ricevette in risposta era quello che si riserverebbe ad un pazzo o ad uno stupido.
"Harry...sono le due del pomeriggio!"
Il ragazzo piombò bruscamente nel pianeta terra.
"Che cazzo stai dicendo Zayn?" esclamò basito sgranando gli occhi.
L'amico non era meno sorpreso di lui
"Sono dodici ore che dormi! Si può sapere perché?" 
"Perché non mi avete svegliato prima?"
Zayn lo guardò per un attimo con compatimento.
"Non ci sembrava il caso...sei così di malumore per ora..."
"Ma abbiamo i Grammy tra qualche ora e abbiamo ancora un sacco di cose da fare: l'intervista, la firma degli autografi e dobbiamo essere lì prima per il red carpet! Accidenti a voi, avreste anche potuto chiamarmi!" e senza attendere risposta gli sbatté la porta in faccia per cominciare a prepararsi.
Era vero, da qualche tempo a quella parte era diventato insofferente, perdeva la pazienza molto facilmente e aveva un'aria di indolenza quasi continua. 
Era cominciato tutto quando Emily se n'era andata via di casa: Kendall non le aveva più chiesto scusa e a nulla erano valse le sue richieste, rafforzate da quelle di Louis e di Eleanor, per convincerla a rimanere. Era andata via, dicendo che sarebbe stato meglio per lui, che avrebbe potuto continuare la sua storia con Kendall senza i problemi che lei sembrava causare. In quel modo lui non aveva avuto bisogno di decidere, di dare una risposta all'ultimatum impostogli da Kendall, o lei o Emily. Si era infuriato quando aveva sentito quella frase, si era rifiutato di fare una scelta simile, ma era stata Emily a decidere per lui: Kendall.
Aveva continuato il suo tour e non l'aveva mai chiamato. Non si erano sentiti per una settimana intera, fino a quando lei non gli aveva scritto:
«Hai intenzione di non parlarmi più?»
E lui si era sentito sollevato: aveva temuto di aver perso la sua amicizia, ma gli sembrava che qualcosa fosse cambiato e lui non poteva non incolpare Kendall per questo. Emily non era più spontanea come prima, non si sentivano quasi più se non di rado e ormai era passato un mese dall'ultima volta che si erano parlati per telefono e parecchi mesi dall'ultima volta che si erano visti, e più passavano i mesi più lui diventava irritabile più passava il tempo con Kendall, che riscuoteva sempre meno simpatie da parte dei suoi amici, che sembravano non vedere l'ora che la mollasse, sebbene non glielo avessero mai detto direttamente. I minimi termini erano stati raggiunti quando, per un caso fortuito, Emily e i ragazzi si erano ritrovati nella stessa città; Louis e Niall avevano deciso di organizzare un'uscita insieme, ma Harry era stato trattenuto da Kendall che l'aveva incastrato con una cena a casa della madre. Il giorno dopo i ragazzi non avevano fatto altro che parlare di quanto si fossero divertiti, e Niall non la finiva più di fargli vedere tutte le foto che si era fatto con Emily. Aveva avuto la seria tentazione di farglielo ingoiare quel cellulare! Emily si sentiva praticamente con tutti molto più spesso che con lui e non passava giorno senza che Niall non si scrivesse anche solo un messaggio con lei. Questa cosa lo faceva infuriare e più si lasciava crogiolare da questo astio meno le scriveva e meno lei scriveva a lui. Forse pensava che non volesse più vederla? Come poteva? E poi perché trascorreva il suo tempo ad inviare messaggini odiosi a Niall (che era un egregio Signor Nessuno rispetto a lui) e non a lui che le era stato accanto nei momenti più difficili di pochi mesi prima? Era diventato insopportabile per lui, non capiva come fossero arrivati a quel punto, come fosse possibile che una delle persone alle quali lui teneva di più si fosse allontanata tanto. Lasciò che l'acqua calda della doccia gli accarezzasse la pelle e gli lavasse via tutto quel malumore che sapeva di stantio: aveva un red carpet da affrontare.
 
"Grazie mille ragazzi"
"Grazie a lei"
Ma come faceva Louis ad essere sempre così dannatamente sorridente? E non era un sorriso forzato; era spontaneo, naturale, non tirato come quello che aveva lui, che sorrideva per inerzia alle macchine fotografiche che aveva davanti. Aveva fatto del suo meglio, si era informato il meno possibile sulla presenza di Emily quella sera. Non sapeva perché, ma gli si stringeva lo stomaco a pensare che avrebbe potuto incontrarla, come se avessero litigato e un loro incontro sarebbe stato imbarazzante. I ragazzi d'altronde non gli avevano detto nulla di più di quello che già sapesse. Sarebbe stato abbastanza noioso quella sera: ancora flash, ancora artisti che posavano a pochi metri da lui, ancora una macchina che arrivava portando l'ennesima star ritardataria. Non sapeva davvero cosa ci fosse andato a fare e in quel momento invidiò Louis e il suo inattaccabile buonumore. Niall si girò verso di lui, sbadigliando di nascosto, quando il suo sguardo venne attirato da qualcosa che si trovava oltre lui. 
"Ma è...bellissima!"
 I ragazzi si voltarono verso la direzione osservata dall'amico, dove si erano appena levate un serie di grida di gioia.
Harry si girò svogliatamente, poco incline a dover posare lo sguardo sulla millesima celebrità impupata, e restò folgorato.
I lunghi capelli castani ricadevano morbidamente su una spalla in onde ordinate, il corpo sinuoso era fasciato da un abito nero monospalla con uno spacco nella gamba sinistra, mentre il fianco e il braccio destro erano maliziosamente scoperti dal pizzo nero, che seguiva il braccio per tutta la sua superficie e il fianco con un'ampio taglio a goccia che scopriva anche parte della schiena. Il taglio dell'abito faceva sì che la schiena fosse scoperta con un taglio diagonale, lasciando la scapola destra coperta dal pizzo e quella sinistra scoperta. Gli occhi erano sottolineati da una sottile linea scura e da un'ombra sfumata che li delineava delicatamente per lasciare spazio alle labbra piene, enfatizzate con un rossetto rosso che spiccava sulla carnagione pallida. Sorrideva, forse fingendo di non sapere l'effetto che faceva vestita in quel modo, con le mani affusolate poggiate elegantemente sui fianchi.Harry era ancora a bocca aperta: Emily quella sera era indubbiamente la ragazza più bella che lui avesse mai visto. 
Si ritrovò inebetito a fissare la sua migliore amica che sembrava avere appena assunto le vesti di divinità greca mentre lei si voltò e, quasi di sfuggita, li vide e sorrise nella loro direzione. Ma non stava sorridendo a lui, ma Niall e da un certo punto di vista era un bene, visto che lui aveva appena scoperto di essere incapace di muovere un muscolo. Sembrava che nulla avesse più importanza, anche i rumori intorno a lui giungevano ovattati e si sentiva come un bambino che vede i fuochi d'artificio per la prima volta: rapito e allo stesso tempo spaventato dalla magia dello spettacolo a cui sta assistendo.
"Harry, ci sei?"
Liam lo trascinò bruscamente via da quello stato di torpore estatico.
"S-sì"
"E vieni allora, non possiamo stare fermi qui per tutto il tempo"
Ma che senso poteva avere continuare a procedere per quel tappeto rosso se Emily era alle sue spalle? Non capivano che la direzione da prendere era esattamente quella opposta? Harry incominciava a non capire più nulla! Forse c'era dell'altro...sì, qualcosa in più in quel formicolio che aveva sentito quando aveva posato gli occhi su quella ragazza e si era accorto fosse Emily...ma qualcosa in più cosa? Ci rifletteva troppo, era solo contento di vederla, nulla di più. E non gli importava affatto se lei aveva sorriso a Niall invece che a lui.
Affatto!
 
"Louis?"
"Sì?"
Deglutì almeno tre volte prima di porre la domanda.
"Tu sapevi che Emily sarebbe venuta?"
L'amico lo guardò interrogativo.
"Sì, certo. Lo sapevamo tutti"
"Tutti?" ripeté dissimulando la sorpresa.
"Sì, c'eravamo informati per messaggio reciprocamente...non hai parlato con lei?" adesso era Louis ad essere confuso.
"Non di recente..." 
"Bé, puoi rimediare subito"
Avevano già preso posto in sala, seduti sul divanetto semicircolare e c'era ancora un posto libero che stava per essere occupato.
"Ciao" li salutò Emily arrivando raggiante.
"Emily, ciao!" 
Niall saltò su dal divano e corse ad abbracciarla.
Ok, a tutto c'era un limite e Niall lo stava superando. Da quando in qua avevano tutta questa confidenza? Da quando in qua Emily non era più la migliore amica di Harry ma la migliore amica di Niall? Si era forse perso qualcosa? Tutti a turno salutarono Emily. Tutti. Tranne lui.
"Allora? Non mi saluti?"
Non voleva sorriderle. Davvero non voleva. Sentiva l'intimo dovere di sentirsi offeso per qualcosa che lei aveva fatto, ma questo qualcosa sembrava sfuggirgli non appena arrivava a pochi centimetri da lui. Non era sua intenzione sorriderle, ma come poteva non farlo di fronte a quel viso con le labbra perfette increspate apposta per lui?
Si alzò.
"Lo sai che il meglio viene alla fine, no?"
La strinse a sé e sentì di nuovo le sue mani sul suo corpo, il suo profumo nella sua testa, i suoi capelli che gli sfioravano il collo. La terra sembrava ricominciare a girare per il verso giusto. La fece sedere accanto a lui e la osservò mentre parlava con gli altri ragazzi. SI stava ponendo le domande più assurde, del tipo: aveva sentito la sua mancanza? Anche lei sentiva quello strano imbarazzo? Preferiva Niall a lui? Aveva sempre avuto delle labbra così invitanti? E da quando in qua aveva voglia di accarezzare la pelle che sbucava fuori dallo spacco?
La serata procedeva e lui non capiva più niente di quello che aveva intorno; il mondo circostante sembrava lontano anni luce, mentre davanti a lui c'erano dei muri alti e invalicabili che lo costringevano a restare dov'era a pensare, e più pensava più gli sembrava che quei muri diventassero solidi e fossero lì al solo scopo di murarlo vivo e di soffocarlo. 
Era arrivato il momento delle premiazioni; Emily, accanto a lui, era nervosa, lo sentiva, si percepiva da come si toccava i capelli per poi lasciare cadere la mano e cominciare a torcersi le dita cercando di non dare nell'occhio.
Ora Harry sapeva perché era lì: era candidata al premio "Best New Artist", uno dei più prestigiosi, una delle quattro categorie d'oro, in cui tutti speravano di entrare. La sua piccola Emily era stata capace di arrivare ad una delle nomination più ambite nel giro di pochi mesi e lui voleva che vincesse. Tra gli altri candidati c'erano  Macklemore & Ryan Lewis, Ed Sheeran e James Blake. Ma lei, lei era più di loro, lei avrebbe vinto, ne era certo. Ecco che prendevano la busta.
"Non ce la faccio!" mormorò Emily al limite della tensione afferrandogli la mano e intrecciando le dita alle sue.
Stavano aprendo la busta.
"Andrà tutto bene" replicò mentre un fiotto di calore lo assaliva.
Ecco che la leggevano, tra un po' avrebbero declamato il responso.
"EMILY DAVIS" 
Emily perse un battito, poi un altro, poi un altro ancora. Piano piano la consapevolezza che aveva vinto, che adesso era il momento di alzarsi e andare a ritirare la statuetta. 
Le luci si puntarono su di lei, lei che aveva ancora una mano tra quelle di Harry e l'altra sulla bocca, che si era aperta per lo stupore. L'applauso arrivò in concomitanza con l'abbraccio che diede ad Harry mentre anche gli altri ragazzi si congratulavano con lei. Andò sul palco a ritirare il premio, fece il suo discorso e Harry non le staccò gli occhi di dosso neanche per un attimo: era Emily, la sua Emily quella che aveva appena vinto e un'improvviso desiderio di averla il più vicino possibile si impossessò di lui.
 
"Congratulazioni"
La ragazza si girò con un sorriso a trentadue denti che le illuminava il volto.
"Grazie"
La risposta era velata da un leggero imbarazzo.
"Come mai sei qui e non a ballare come tutti quanti? Dovresti festeggiare"
"Potrei farti la stessa domanda"
Un sorriso increspò le labbra del ragazzo.
"Io cercavo te"
"Strano...non è una cosa che hai fatto spesso ultimamente" disse dopo un po'.
Harry prese un respiro profondo.
"Mi dispiace Emily"
"Di cosa? Abbiamo fatto la cosa giusta, Harry"
"Non parlarci più è la cosa giusta?" ribatté contrariato.
"No...definire i confini è la cosa giusta. Kendall aveva ragione, ci comportavamo in modo strano, forse ambiguo per chi ci vedeva dall'esterno. Magari poteva anche sembrare che fossimo innamorati, è normale che sia andata su tutte le furie e io sono contenta che le cose tra voi si siano sistemate e che vada tutto bene"
Era appoggiata alla ringhiera che dava sulla pista da ballo, così che lui avesse la perfetta visione del dietro del suo vestito. Si concesse qualche secondo per godere di quello spettacolo e poi si appoggiò anche lui, mettendosi al suo fianco.
"Innamorati?" ripeté lui.
"Sì...che cosa assurda, non trovi?"
"Già..." mormorò lui.
Per quale motivo gli sembrava che a lei l'idea non sembrasse tanto assurda?
"Mi sembra si sia rotto qualcosa, qualcosa tra di noi intendo. Emily io...voglio che torniamo come eravamo prima: fingiamo che quel giorno Kendall non sia mai arrivata, continuiamo ad essere gli amici che eravamo prima" propose animandosi.
Emily sorrise.
"Perché me lo chiedi?"
"Perché voglio indietro la mia migliore amica" confessò guardandola negli occhi.
"Mi sei mancato Harry"
"Devo prenderlo come un sì?" chiese avvicinandosi di più.
"Credo proprio di sì"
Harry continuava a ripensare a questa conversazione avvenuta giorni prima. Era assurdo, per un attimo aveva persino pensato di essersi invaghito di Emily ma...no, che idea sciocca. Affrettò il passo; odiava essere in ritardo e Kendall lo aspettava da lì a cinque minuti. Stava camminando per la strada quando il suo sguardo venne attirato da una copertina in un'edicola.
Sullo sfondo bianco campeggiava una scritta nera nell'angolo in alto a destra: I'd rather go naked than wear fur.
Una ragazza completamente nuda era seduta a gambe incrociate con i lunghi capelli a coprirle il seno e tra le gambe teneva un cucciolo di lupo che la copriva nel mezzo. Guardava Harry con aria sfacciata, i grandi occhi nocciola aperti in uno sguardo limpido ed innocente che risultava stranamente provocante. Harry era ancora incredulo: quella ragazza era Emily.
"Scusi? Ha intenzione di comprare il giornale o no?"
Non alzò neppure lo sguardo per osservare il suo interlocutore, semplicemente non riusciva a distogliere lo sguardo.
"Ne prendo una copia io; mi capitasse tra le mani questa qui!" esclamò il cliente strappandogli di mano il giornale.
Harry se ne andò inebetito con la fotografia stampata nella testa e i piedi che andavano avanti per inerzia.
Provava sensazioni contrastanti.
Da un lato si sentiva fiero che quella ragazza che sembrava una modella fosse la sua migliore amica e che si trovasse sulla copertina di quattro testate giornalistiche diverse, dall'altro era stato infastidito dal commento di quel troglodita all'edicola. Emily era in bella mostra con più pelle scoperta che coperta su un giornale e chiunque avrebbe potuto esaminarla più e più volte, macchinando chissà quali pensieri contorti. Infine...anche lui si era ritrovato a fare "quei" pensieri. Si era vergognato subito, aveva richiuso quella porticina che si trovava in un angolo della sua mente ma evidentemente non era stato sufficiente. Quella pelle chiara, luminosa era stata come un drappo rosso sventolato davanti al toro. Quei capelli che la coprivano erano decisamente superflui, aveva pensato; si era soffermato su quelle labbra rosse e carnose, piegate in un sorrisetto malizioso 
C'era qualcosa che non andava, perché aveva immaginato Emily senza vestiti e questo non gli era mai successo, e non era normale che accadesse con una sua amica. Perché mai avrebbe dovuto volerla vedere in quel modo? Non aveva senso, non c'era nessuna spiegazione logica. Ma erano diverse le cose che non trovavano spiegazione quando si trattava di lei, come per esempio la scossa che aveva sentito la prima volta che era andato a casa sua e lei l'aveva abbracciato buttandolo sul letto, o quando si erano guardati negli occhi in quel modo strano, talmente intenso che gli sembrava che gli stesse leggendo nella mente segreti così inconfessabili che non aveva rivelato mai neppure a se stesso, o ancora quando erano stati a casa sua e Louis a Londra e avevano parlato di notte nel giardino. C'erano qualcosa di strano, qualcosa che era cambiato tra lui ed Emily e non sapeva che nome dare a questo cambiamento che gli faceva paura. Molta paura.
 
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Salve a tutti quanti :D Sono ancora viva, se qualcuno se lo fosse chiesto (come no!) Ma, ahimè, l'ultimo anno di liceo si è fatto sentire in tutta la veemente potenza distruttiva nelle ultime due settimane, perché era la fine del quadrimestre e quindi compiti in classe, interrogazione, voti e via discorrendo...che ve lo dico a fare :D
Comunque sia, confido che non sarò costretta a trovare due ore libere anche solo per respirare e che avrò tempo per vivere la mia vita (perché ne ho una...forse ii miei professori non ne sono informati...), che per ora è stata un pochino trascurata, poverella, soffre di solitudine. Quindi...nulla, dovevo trovare il modo di allungare il discorso come sempre (mi viene naturale :D). Spero al solito che questo capitolo vi piaccia, anche se forse è un po' corto...nel senso che capitano poche cose, ma ve l'ho detto...tempo zero, nei prossimi giorni cercherò di recuperare.
XOXO

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Capitolo 14
*** Elucubrazioni risolutive ***


Se c'era una festa che odiava, detestava, aborriva, esecrava, abominava e che le dava il più profondo e sincero voltastomaco, quella era San Valentino.
E non perché fosse single! L'aveva sempre trovata una pura e semplice pagliacciata, anche quando stava con Josh. Tutto questo scambiarsi i fiori, regalarsi pupazzi dalle forme più improbabili che abbracciavano cuori più grandi di loro con scritte simil-romantiche cucite sopra, andare in giro mano nella mano fino a confondersi in mezzo ad una folla di innumerevoli altre coppiette, anche loro mano nella mano e poi entrare in un ristorante stracolmo dove c'erano ovunque tavoli apparecchiati per due con altre coppie che cenavano, ridevano, si sussurravano paroline dolci per poi magari mollarsi poco dopo, tutta questa ipocrisia dettata dalla convenzione di festeggiare San Valentino solo perché "è la festa degli innamorati" le dava sinceramente sui nervi! Come se uno dovesse volersi bene solo a San Valentino, come se portare un regalo (comprato o fatto in casa) in un altro dei 364 giorni dell'anno fosse uno sforzo troppo grande oltre che inutile. Era veramente esilarante vedere come la città si tingesse di rosa, le vetrine si riempissero di cuori di tutte le forme, i ragazzi si barcamenassero tra ristoranti da prenotare e doni da acquistare e le ragazze (che si sa, in questo sono più civettuole) si armassero di santa pazienza e si dirigessero con le amiche nei negozi per comprare qualcosa da mettere (come se l'armadio fosse vuoto!). 
Insomma, era romantica anche lei, ma a tutto c'era un limite e tutta quella melensaggine le era davvero insopportabile.
Fece una smorfia al pensiero che con ogni probabilità in quel momento Harry stava festeggiando con Kendall. Ottimo: un motivo in più per odiare San Valentino. Quella ragazza era proprio insopportabile per quanto la riguardava, la quintessenza dell'antipatia. Scosse la testa per non pensarci.
"Che c'è?"
Emily si voltò di scatto verso la voce.
"Niente, perché?"
"Non lo so...insomma, Hannibal gli ha appena mangiato il cervello e tu tene stai lì a scuotere la testa e basta?" chiese Niall stranito.
I due ragazzi avevano deciso di unire le loro solitudini e di fare un anti-San Valentino, per cui: niente lecca lecca a forma di cuore, niente dolcetti e zuccherini vari e niente film romantici; si erano attrezzati con popcorn, patatine, birra, coca-cola e film horror, in perfetto stile anti-San Valentino
"Sì" replicò ostentando convinzione dopo non aver trovato nulla di meglio da dire.
Il ragazzo scosse la testa e le pizzicò un fianco.
"Emily, andiamo"
"Ehi!" esclamò saltando sul posto.
"Allora?" chiese il ragazzo ancora in attesa.
"Allora cosa?"
"Cosa c'è?"
"Niente, cosa vuoi che ci sia? Stavo pensando e basta...nulla di importante"
"Per ora tu ed Harry siete impossibili" borbottò prendendo un'altra manciata di pop-corn.
"Harry? Che c'entra Harry?" incalzò punta sul vivo.
"Sì, oggi è tornato in camera che era una pila elettrica: si è chiuso in bagno dicendo che era in ritardo per l'appuntamento con Kendall e poi è uscito da lì dopo un'ora...è stato strano, tanto più che aveva detto che sarebbe uscito con lei anche il pomeriggio...bah"
Emily non replicò.
"Come stanno le cose tra voi?" chiese mentre un'altra vittima finiva nelle mani del carnefice.
"Co-cosa? In che senso?" balbettò rischiando di affogarsi con la coca-cola.
Niall la guardò interrogativo.
"Mi era parso di aver capito che avete litigato...o meglio, che non vi parlate più come prima"
"Ah...Oh...sì, certo, parlavi di quello...bé io non  saprei....non gli ho neppure detto del servizio per la Peta che usciva oggi. Probabilmente lo vedrà lui sui giornali però...era importante per me, mi sarebbe piaciuto dirglielo di persona"
 
Niall aveva ragione: Harry aveva passato un'ora in bagno. Un'ora per schiarirsi le idee, un'ora per convincersi che Kendall era fantastica, magnifica, tutto quello che si potesse desiderare, un'ora per allontanare da sé i pensieri che aveva fatto sulla foto di Emily, un'ora per allontanare qualunque pensiero su Emily, un'ora per convogliare tutte le sue energie verso Kendall anche se sembravano sfuggire continuamente verso Emily, un'ora per realizzare che comunque non sarebbe mai successo niente con Emily, mentre con Kendall stava già accadendo, un'ora per ripetersi che sarebbe stato imperdonabile rompere con Kendall a San Valentino, un'ora per decidere di non lasciarla.
Un'ora che gli era sembrata lunga una settimana e dopo la quale si era sentito stanco come dopo una corsa di 10 chilometri.
Era rimasto in piedi, appoggiato alla parete della doccia, lasciando che l'acqua gli scorresse sul corpo, desiderando che potesse lavare via anche quel fiume di pensieri che quella foto (quella stupidissima, insignificante foto) gli aveva creato. Si era trascinato da Kendall, si era stampato in faccia il sorriso più seducente e galante che fosse in grado di fare e l'aveva portata fuori a cena. Ascoltava e non ascoltava i discorsi che faceva, sempre sul punto di distrarsi per precipitare di nuovo in quell'oblio di pensieri, perciò si sforzava di restare concentrato su quello che aveva da dire, qualunque cosa fosse.
Non avrebbe potuto farci niente, e poi, razionalmente, tra lui ed Emily non poteva esserci niente. Lo prendeva come un dato di fatto, come un dogma di fede che andava accettato senza spiegazioni, perché "è così e basta". Perché lui non pensava ci fosse un solo buon motivo per cui non avrebbero dovuto stare insieme e proprio per questo evitata di rispondere al quesito, fermandosi alla sentenza, senza andare oltre. 
Niall sapeva che Emily aveva fatto quel servizio, l'aveva sentito quando era entrato dire agli altri che era uscito in prima pagina il servizio di cui aveva parlato Emily. Il fatto che l'avesse tenuto all'oscuro gli dava francamente sui nervi. Ma soprattutto che lui fosse stato l'unico a non saperlo dopo che aveva passato con lei molto più tempo degli altri! Questo lo faceva andare proprio fuori di testa.
"E' bella questa collana, dove l'hai presa?" 
La domanda di Kendall aveva interrotto l'ennesimo principio di distrazione. La ragazza si era rigirata il ciondolo tra le dita delicate.
"Questo?"
"Certo, questo. Quale altro?"
"E' un regalo..." "Di Emily"
"Devi tenerci parecchio, non lo togli mai"
Era vero, Harry ci aveva riflettuto solo in quel momento. Ma ormai per lui era diventato normale averla addosso, era parte di lui.
"Chi te l'ha regalata?" aveva insistito.
"Mia madre. A Natale" aveva mentito sistematicamente.
Kendall l'aveva guardato  sorridendo.
"Sei così dolce a tenere sempre al collo qualcosa che ti ha regalato tua madre"
E dopo quelle parole Harry provò disgusto di  sé.
Era passata una settimana da quel giorno, un'altra sfibrante settimana durante la quale Emily non si era fatta sentire. Fissava lo schermo della televisione senza capire più cosa stesse guardando da troppo tempo ormai. Si  alzò di scatto.
"Che c'è?" chiese Zayn  sorpreso dal gesto fulmineo dell'amico.
"Niente, mi  sono ricordato adesso di una cosa. Niall, dove hai detto che è l'albergo di Emily?"
"E' a tre isolati da qui, 12 piano, stanza 34"
Non sapeva bene cosa volesse fare, sentiva solo l'impulso di andare da Emily e chiarire la situazione, sebbene avrebbe dovuto fare chiarezza più con se stesso che con lei. 
Quando la ragazza aprì la porta ad un Harry trafelato e ancora ansimante per la corsa, sembrò che avesse davanti un fantasma.
"Che ci fai qui?" chiese senza neppure salutarlo.
"Ciao eh" esclamò ancora col fiato corto.
"Che ci faccio qui?" ripeté facendole eco.
"Sì, è quello che ti ho chiesto"
Sembrava contrariata per qualcosa che non riusciva a cogliere.
"Non lo so nemmeno io perché sono qui. Sono qui e basta"
Emily lo fissò con sguardo calcolatore per qualche secondo, dopodiché senza battere ciglio replicò:
"Bene, fai pure con comodo, ispeziona il corridoio in lungo e in largo, io ho da fare!" e fece per chiudere la porta.
Harry la fermò con una mano.
"Si può sapere che hai?"
In risposta ricevette uno sguardo risentito.
"Niente, va tutto a meraviglia!"
"Allora perché non mi inviti a entrare?"
"Perché non ne ho la minima intenzione"
"Ho fatto qualcosa che non va?"
"No Harry, tu non hai fatto niente...non hai fatto assolutamente NIENTE!" ribatté  con voce dura marcando l'ultima parola.
Certo aveva una bella faccia tosta a farsi vedere lì! Era furiosa con lui, certo che lo era, e perché non avrebbe dovuto? Quell'individuo che si vantava di essergli amico non aveva neppure avuto la decenza di invitarla al suo compleanno, o meglio, alla festa che aveva organizzato per lui quella bamboletta gonfiabile della sua ragazza. Niall se l'era fatto sfuggire il giorno di San Valentino ed Emily era subito montata su tutte le furie. Quello stupido non l'aveva neanche voluta al suo compleanno? Benissimo, e allora perché annoiarlo con la sua presenza? Avrebbe fatto ciò che lui voleva: l'avrebbe lasciato in santa pace e non se ne parlasse più! Aveva fatto male a pensare di poter dare fiducia a qualcuno, avrebbe dovuto starsene per i fatti suoi, così non avrebbe avuto l'ennesima delusione. Era tutto così prevedibile, così ovvio che non capì come avesse potuto anche solo sperare di potersi fidare di qualcuno, di manifestargli il suo affetto in maniera così esplicita, per poi finire nel dimenticatoio. Era offesa, umiliata e risentita e aveva fatto del suo meglio per non versare neanche una lacrima durante quei giorni, e fino a quel momento era riuscita a mantenere saldo il proprio autocontrollo, che però stava cominciando a vacillare pericolosamente di fronte alla presenza di Harry.
Il ragazzo la fissò con un sopracciglio alzato.
"Ora tu mi spieghi qual'è il problema, giuro che non me ne vado di qui finché non me lo dirai!" sbottò spingendola nella stanza e chiudendo la porta.
"Esci subito!"
"No"
"Sì Harry, dico davvero, esci subito"
"Dico davvero anche io Emily, no!" ribatté ostinatamente.
Emily serrò le mascelle a tal punto che sentì che se avesse stretto ancora un po' le si sarebbero schiantati i denti. Prese un respiro profondo per calmarsi e quando parlò la sua voce fu di ghiaccio.
"Molto bene. Se non te ne vai tu vorrà dire che sarò io a togliere il disturbo"
Si diresse verso la porta ma venne afferrata saldamente per un braccio da Harry.
"Perché fai così?" chiese alzando la voce e serrando la presa sul suo braccio.
"Smettila Harry, mi fai male!" ordinò divincolando il braccio nel tentativo di liberarsi.
"Sei tu che fai del male a me! Perché non mi parli?" stava perdendo la pazienza.
"Perché non ti voglio vedere!" replicò Emily giunta quasi al limite tentando in tutti i modi di svincolarsi da quella presa, ma più si dibatteva più lui la stringeva, finché non si trovò bloccata dalle sue braccia con la schiena contro il suo petto e le lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro.
"Dimmi perché. Io non ho fatto niente!"
"E' proprio questo il problema: non hai fatto niente, niente di niente!"
"Che cazzo vuoi dire Emily?" gridò esasperato da quella risposta.
"Quello che ho detto!"
"Ma lo fai apposta? Ti diverti a trattarmi così?"
"Potrei farti la stessa domanda! Ti sembra che io mi stia divertendo?" 
"E allora parlami!"
"Ti ho detto che non ti voglio vedere! Si può sapere cosa diavolo vuoi da me?" disse con la voce incrinata da un principio di pianto.
"Voglio sentirti urlare, voglio che mi insulti e che ti metti a piangere. Voglio vederti perdere il controllo per una volta nella tua vita! Voglio che esci dalla gabbia che ti sei imposta maledizione!"
"Non capisci niente! Sei solo un bambino viziato! Non capisci proprio niente!" non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a trattenersi e ad impedire che le lacrime uscissero fuori come un fiume in piena. C'era qualcosa dentro di lei, qualcosa di troppo grande che non poteva più stare lì dentro, costretto nel suo corpo, qualcosa che doveva uscire, che voleva uscire. Un ammasso di emozioni represse che se ne stavano lì da mesi, senza possibilità di sfogo.
"Quand'è stata l'ultima volta che hai pianto? Neppure dopo quella faccenda con Josh hai pianto! Sai piangere Emily? Lo sai come si fa?"
La sua voce era tagliente e provocatoria e si odiava per quello che le stava dicendo, ma aveva bisogno di quello, aveva bisogno che qualcuno la mettesse alle strette, che non le lasciasse via di scampo, che la costringesse a rompere da sola quella barriera che aveva creato per tenere fuori tutto e tutti, persino il suo stesso lato emotivo.
"Sei crudele Harry! Crudele e spregevole!" 
Perché si dilettava a torturarla in quel modo?
"Continua, fai uscire tutto!"
"Sei un sadico che si accanisce su un corpo ferito"
"Io posso curarti"
"NO! Tu sei uguale a tutti gli altri! Tu mi usi e poi mi getti via! Fanno tutti così con me! Perché mi odi, eh? Io non me lo merito, non me lo merito il tuo odio!"
Basta.
Emily si arrese. Era stanca di essere forte, stanca di combattere sempre contro qualcosa. Le lacrime caddero piano all'inizio: prima una, poi due, tre, quattro senza che lei potesse farci niente. Percepiva il suo corpo scosso dai singulti, sentiva che stava singhiozzando, che aveva il viso bagnato e che si era accasciata sul pavimento, cadendo sulle ginocchia, ed Harry non l'aveva ancora lasciata, le sue braccia erano ancora intorno a lei mentre si copriva il volto con le mani.
Pianse per molto, molto tempo. Continuò a tenersi le mani sul volto finché Harry non la prese in braccio per metterla a letto. Quando si stese accanto a lei, Emily affondò la faccia nell'incavo del suo collo e continuò quel pianto catartico sino a quando non le parve di aver esaurito tutte le lacrime che aveva, tutte quelle che aveva tenuto dentro fino a quel momento. Lacrime di umiliazione, di dolore, di ira, di risentimento, di stanchezza, tutte queste lacrime erano state versate sulla sua faccia, sulle sue mani, sulla coperta del letto e sul collo di Harry, che non aveva fiatato ma l'aveva tenuta stretta per tutto il tempo, accarezzandole e baciandole la testa di tanto in tanto. A poco a poco i singhiozzi si erano fermati, le lacrime avevano smesso di scorrere e il respiro si era fatto regolare.
Emily era crollata, si era addormentata esausta, senza allontanarsi da lui.
Harry dopo un po' aveva sciolto l'abbraccio che la stringeva e la guardò senza distogliere lo sguardo. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, a scrutare i minimi movimenti del suo volto durante il sonno, si era accorto solo che fuori era buio, mentre quando era arrivato lui c'era ancora la luce fuori.
Non importava, non importava affatto.
Sdraiato accanto a lei per l'ennesima volta da quando si conoscevano gli parve tutto più chiaro; così puro e cristallino nella sua semplicità che non capì come aveva fatto a metterci tanto per arrivarci: lui voleva Emily. Voleva tutto di lei e voleva che lei avesse tutto da lui. Forse l'amava, persino. Sì, amore. Quella parola che non aveva mai riferito a nessuno, quel sentimento utopico che credeva quasi impossibile, forse poteva dedicarlo a lei. Magari l'aveva amata fin da subito, la sua parte più profonda aveva istintivamente creato un legame indissolubile con lei senza che lui se ne accorgesse, così che la sua coscienza era giunta a quell'epifania solo in quel momento. Voleva abbracciarla, baciarla, toccarla, accarezzarla, sentire la sua pelle contro la sua, assaporarne il profumo e il sapore, finché lei avrebbe voluto, finché ce ne fosse stato tempo. Voleva difenderla dagli altri, essere il suo punto di riferimento, voleva chiamarla nel suore della notte per dirle banalmente che sentiva la sua mancanza mentre si trovava dall'altra parte del mondo. Voleva litigare con lei, fare pace con lei per poi litigare e fare pace ancora. Voleva che i suoi vestiti avessero il suo profumo perché lei non smetteva di indossare le sue felpe, voleva dire cose che non aveva mai detto a nessuno con la complicità dell'oscurità notturna per trovare il coraggio di dirle. Voleva stare con lei, semplicemente. E non gli bastava più essere un suo amico. Lui voleva essere l'unico, voleva essere suo. E voleva che lei fosse sua.
 

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Capitolo 15
*** Salto nel vuoto ***


Dopo il chiarimento interiore nella camera di Emily, Harry aveva deciso di lasciare Kendall: non aveva senso continuare con quella sceneggiata, e come se non bastasse, sapevano entrambi che non sarebbe durata a lungo fin da quando era cominciata. La parte difficile ora era dire tutto ad Emily. Il solo pensiero gli faceva attorcigliare le viscere: e se lei non lo avesse voluto, e se fosse inorridita al solo pensiero, o peggio, se si fosse messa a ridere...e se...e se...e un'altra serie infinita di se e di ma che non lo portavano a nessuna conclusione. Harry le aveva anche presentato sua sorella (in visita dall'Inghilterra) con la quale aveva legato subito e aveva trascorso ogni singolo giorno di quella settimana con loro, ritirandosi tardi la notte e andando a dormire quasi sempre alle due e mezza; e così anche quella sera, reduce da una giornata allucinante e in quel momento il suo desiderio più grande era buttarsi a letto e dormire: era stata costretta ad un set fotografico mattutino, poi un'intervista, poi un'altra apparizione in tv e poi finalmente si era vista con i ragazzi per una cena con contorno di foto. 
Era un peccato che il letto fosse ancora da fare.
Lo fissò accigliata con le braccia strette al petto e un sopracciglio alzato; sbuffò, aspettando che le lenzuola si ripiegassero magicamente sul materasso
"Mary Poppins la faceva molto più facile!"
Un bussare alla porta la allontanò dal suo compito. 
"Ma chi è a quest'ora? La gente non dorme più, dico io?"
Si guardò allo specchio: era già in pigiama (come era normale all'una meno un quarto), capelli sciolti, niente trucco. 
"Si dovranno accontentare della Emily in versione comune mortale" pensò.
Sbirciò dallo spioncino.
Aprì la porta  fingendo un'espressione esasperata
"C'è un vaccino contro di te o sei un virus impossibile da debellare?"
"Ma pensa, e io che credevo di essere la cura ad ogni male"
Harry si appoggiò allo stipite della porta, fissandola con quegli occhi verdi che facevano impazzire chiunque.
"Disturbo?" 
"Certo, non vedi il completino sexy che indosso, tutta di pizzo aderente? Stavo aspettando il mio amante, quindi devi fare in fretta" 
"Quanto sei acida, perché mi stai simpatica?"
"A quanto pare sono più irresistibile di Jigglypuff"
"Ma non più di me" la apostrofò sorridendo beffardo.
"C'è abbastanza spazio per te e il tuo ego lì dentro?"
"Mi fai entrare?"
"Per farti entrare dovrei uscire io, non c'entriamo io e tu, te, te stesso e tutti gli altri"
"Vuoi che ti sguinzagli contro le mie fan? Guarda che sono inferocite" la minacciò divertito
"Ma sta zitto!" ribatté ridendo e spostandosi per farlo entrare.
"Stavi andando a dormire?"
Emily guardò prima lui, poi il suo pigiama.
"Fai sul serio?" domandò
"Sì scusa, domanda stupida" osservò mentre Emily si apprestava a fare il letto.
"Come mai sei venuto? Non riesci a starmi lontano eh?" scherzò la ragazza.
"Colpito e affondato"
"E poi sarei io quello egocentrico?"
Ma le cose stavano esattamente in quel modo: non riusciva a starle lontano e aveva tutta l'intenzione di confessarglielo, o meglio, l'aveva avuta fino a pochi minuti fa, prima che la salivazione si azzerasse e le sue viscere diventassero un groviglio informe. 
"Certo che saresti tu! Io non mi guardo su qualunque superficie riflettente che mi capiti a tiro"
"Non sono io, è un bellissimo ragazzo con due occhi stupendi che non fa altro che seguirmi e fissarmi...io ricambio solo lo sguardo ogni tanto"
Emily smise di fare il letto per fissarlo con un sopracciglio alzato che non aveva bisogno di altre parole.
"Ma fammi il piacere! Sei davvero incredibile lo sai? Prova a rispondere con un sì e ti butto fuori dalla stanza" rise Emily.
Harry rise a sua volta: non perché fosse davvero divertito, ma perché era il modo meno evidente per scaricare la tensione che in quel momento lo attanagliava dal profondo.
"Dunque?"
"Dunque?" le fece eco Harry.
"Come mai sei venuto?"
"Vuoi che me ne vada?"
"Perché non rispondi e basta?" continuò fingendosi esasperata.
"Non lo so, volevo venire...volevo chiederti..."
Si interruppe.
"Chiedermi cosa?" lo sollecitò Emily sistemando i vestiti nell'armadio.
"Se ti andava di uscire..."
"ADESSO?"
"No no, non adesso...intendevo qualche volta"
Non poteva cercare di afferrare? Lui stava facendo uno sforzo immane per cercare di esprimersi senza essere troppo esplicito.
Un'espressione tra il divertito e il confuso attraversò il volto di Emily, che gli dava le spalle.
"Ma...noi usciamo già"
"Intendevo io e tu..." prese un respiro profondo.
"...intendevo noi!"
Emily lasciò cadere la camicia che aveva in mano. Si girò lentamente verso Harry, il cuore che sembrava essersi arrestato e un silenzio innaturale nella stanza.
"C-cosa?" balbettò.
Harry, appoggiato allo stipite della porta, un sudore freddo che gli scendeva giù per il collo, sperò con tutto il cuore che la parete lo fagocitasse, in quello stesso istante, senza lasciare traccia di lui. L'espressione di Emily era indecifrabile, ma certo un silenzio basito non era di buon auspicio; ogni suo muscolo sembrava essersi trasformato istantaneamente in acqua. Se solo avesse potuto tornare indietro e rimediare a quello che aveva appena detto, trovare una scappatoia...ma come?
Gli balenò un'idea all'istante e le si aggrappò con tutte le sue forze.
La guardò fissa per un momento, volse lo sguardo a terra e poi di nuovo verso di lei. Stavolta sulla faccia aveva stampato un sorrisetto furbo.
"Vedessi che faccia hai fatto! C'hai creduto davvero?" esclamò con tono canzonatorio, cercando di reprimere la vergogna e l'amarezza che lo aveva preso.
La ragazza spalancò gli occhi, afferrò un cuscino e glielo tirò in piena faccia.
"Sei proprio un idiota, lo sai?" il viso rideva ma la frase era stata pronunciata con una rabbia malcelata.
"Idiota? Ora ti faccio vedere io"
La afferrò per i fianchi e la buttò sul letto per farle il solletico.
Emily cominciò a ridere a perdifiato e cercò di sfuggire, ma Harry la bloccò col proprio corpo, inchiodandola al materasso. Tra una risata e l'altra Emily implorava di smettere, ormai col fiato corto per le risa.
"E tu chiedimi scusa"
"MAI!"
"Allora mi dispiace tanto, andremo un po' per le lunghe"
Continuò a solleticarla: sulla pancia, sui fianchi, sul collo. Emily era diventata tutta rossa, aveva quasi le lacrime agli occhi per il solletico. Dopo qualche minuto Harry si fermò. Emily, ansimante, cercava di riprendere fiato. Il sorriso di Harry si andava facendo sempre più latente mentre il suo sguardo si concentrava sul viso vicinissimo di Emily. 
"Ti arrendi?" sussurrò così vicino che Emily sentì il suo fiato sulle labbra.
Avrebbe voluto dire di no, ma per qualche ragione la sua bocca non riuscì a pronunciare niente. L'unico rumore in tutta la stanza era il suo respiro lievemente affannato.
Harry percepiva il corpo di Emily sotto il suo, il suo profumo nelle narici e il suo volto a pochi millimetri. 
Fu un istinto naturale, indipendente da qualunque volontà razionale. 
La guardò un'ultima volta negli occhi e poi posò le labbra sulle sue.
Il bacio che voleva darle da tanto tempo. 
Si meravigliò di come le sue labbra si sposassero alla perfezione con quelle morbide e arrossate di Emily. Le morse delicatamente il labbro e la sentì ansimare in modo leggero. Affondò un mano tra i suoi capelli e continuò a baciarla; fece per insinuare la lingua.
Senza nessun preavviso venne raggiunto da uno schiaffo.
Emily lo aveva allontanato e si era alzata di scatto, rossa in viso, con una mano sulle labbra e lo sguardo attonito fisso in quello confuso del ragazzo, con la guancia sinistra rossa.
Harry si alzò e avanzò incerto verso di lei, fece per toccarle il viso ma Emily fece un passo indietro, lo sguardo ancora sconvolto.
"Io...devo andare" riuscì a dire con un filo di voce Harry.
Emily aspettò di sentire la porta chiudersi poi si sedette a terra, con le gambe tremanti.
 
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...
...
...
...Ma c'è ancora qualcuno che mi legge dopo tutto questo tempo? :S
Mi dispiace, non posto dal 21 Febbraio O.O Mi dispiace ma ho avuto una quantità di cose infinita da fare: compiti, interrogazioni, test, corsi, concerti, poi appena ho avuto un attimo di tempo libero il mio computer ha deciso di rompersi .-. 
Non so come scusarmi, mi dispiace davvero T.T spero che il capitolo vi piaccia e che non ce l'abbiate troppo a morte con me :S Cercherò di rimediare, anche se non so come, ma cercherò. 
Scusate ancora .-.
XOXO

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Capitolo 16
*** Rovine e paure ***


Che cosa aveva fatto?
Perché l'aveva fatto?
Il sonno e la stanchezza erano spariti di colpo dopo quel bacio. Un bacio che aveva finalmente messo le cose in chiaro, in maniera inconfutabile; un bacio che l'aveva tormentata per tutta la notte; un bacio che le aveva fatto nascere mille dubbi, facendole fare dieci passi indietro sul lavoro che stava facendo su di lei, relativo a non riflettere tanto e a non crearsi troppi schemi.
Non avrebbe voluto dargli uno schiaffo, ma aveva agito in preda al panico. 
Il bacio, il corpo di Harry sul suo, le sue mani sul suo corpo non le erano dispiaciuti. Affatto!
Ma c'erano da considerare un mucchio di cose: lei ed Harry erano amici, e non aveva mai pensato che lui potesse vederla in modo diverso; anzi, erano più che amici, erano migliori amici e tutto quello che era successo non faceva altro che complicare le cose. E se si fossero messi insieme e avessero rovinato tutto? E poi lei sapeva come si comportava Harry con le ragazze: qualche mese al massimo e tanti saluti. E lei non voleva finire così. C'erano dei validi motivi per cui con lei sarebbe stato diverso? No. O sì? Forse. Non lo sapeva!
"Stupida stupida stupida!"
Aveva paura. Non aveva mai davvero pensato a quello che provava per Harry. Insomma, la mandava in bestia vederlo con Kendall, ma anche vedere Kendall da sola la infastidiva non poco, quindi forse il problema non era tanto lui, quanto lei. E prima di impelagarsi in una potenziale relazione (possibilmente stabile) con Harry voleva essere assolutamente sicura dei sentimenti che nutriva per lui.
Però il timore di rovinare l'amicizia con una delle persone più importanti della sua vita era proprio lì dietro l'angolo.
 
Fissò la lucida porta di legno bianco con titubanza, la mano già alzata, pronta a bussare. 
"Al diavolo"
Bussò tre volte.
"Chi è?"
"Emily"
Il viso di Gemma si materializzò.
"Ciao Emi, come va?"
"Domanda di riserva?"
"Bene tu?"
"Tutto a posto. Sai per caso cos'ha Harry?" 
Emily sbiancò.
"Ha-Harry? No, perché?"
"Bah, è da stamattina che si aggira come un leone in gabbia. Magari adesso si tira un po' su, ora che sei arrivata anche tu"
"Come no!"
Si sentiva terribilmente in colpa per la figura da idiota che gli aveva fatto fare.
"E' arrivata Emily" annunciò a gran voce Gemma entrando nel soggiorno.
Il divano grande era già occupato da tutti e quattro i ragazzi; restavano una poltrona e un divanetto più piccolo a due posti.
"Harry aspettiamo te!" urlò Liam voltandosi in direzione della cucina.
"Che sta facendo?" chiese Emily.
"I pop-corn"
"Vado a vedere se ha bisogno di una mano"
In quel momento avrebbe preferito fare qualunque altra cosa che non ritrovarsi faccia a faccia con Harry, ma la situazione andava affrontata prima o poi.
"Ciao" lo salutò Emily entrando nella stanza.
Harry si voltò in direzione della voce. Quando incontrò lo sguardo di Emily la sue espressione divenne tesa come una corda di violino.
"Ciao" replicò atono.
"Tutto bene? Con i pop-corn intendo" 
Si morse la lingua per il modo in cui aveva formulato la frase.
"Sì" rispose con lo stesso tono.
Emily si morse un labbro, pensando a come continuare la conversazione.
"Harry...mi dispiace per ieri sera"
Il ragazzo fece un sorriso amaro.
"Ti dispiace che ti abbia baciato?"
"Mi dispiace di averti dato uno schiaffo"
"Non ti preoccupare! Tutto chiaro. Certo, non capisco perché tu abbia impiegato un bel po' di tempo prima di prendere la decisione di schiaffeggiarmi"
Non la guardava neppure, era concentrato sulla cottura dei pop-corn.
"Che vuoi dire?"
"Voglio dire..." cominciò alzando il tono di voce.
La guardò fissò  per qualche secondo.
"Niente. Non voglio dire niente. Non preoccuparti Emily, non ti toccherò più"
Versò i pop-corn in una ciotola e raggiunse gli altri ragazzi.
Emily si sentiva uno schifo, lo stomaco attorcigliato in un'agglomerato informe. Seguì il ragazzo nell'altra stanza e vide che si sedeva nella poltrona, da sola.
Arricciò le labbra e prese posto accanto a Gemma, sul divano piccolo.
 
Non seguì nulla del film. Le immagini sembravano correrle davanti senza nessun apparente senso logico. L'unica cosa che importava in quel momento era parlare con Harry, il quale sembrava non avere le sue stesse intenzioni, ma poco importava: avrebbero dovuto parlare prima o poi e quel maledettissimo film non faceva altro che allontanare quel fatidico momento. 
 Harry si precipitò a grandi passi fuori dalla stanza non appena il film giunse alla fine. Emily, approfittando del momento di confusione che si era venuto a creare tra Zayn che andava in cucina, Liam che controllava il cellulare, Gemma che era andata in bagno, Louis che toglieva il DVD e Niall che sbadigliava sonoramente, si intrufolò nella camera di Harry, richiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
"Ma sì, entra pure" esclamò sardonico Harry, sdraiato sul letto mentre sfogliava distrattamente una rivista.
"Dobbiamo parlare" disse Emily inghiottendo il groppo che le si era formato in gola.
"No, non credo"
"Senti, non possiamo venirci incontro? E' difficile per te quanto per me"
Harry la fulminò con lo sguardo.
"No, non credo" ripeté, stavolta più lentamente e con tono tagliente.
"Per favore Harry, smettila!" esclamò irritata strappandogli di mano la rivista.
"Si può sapere che vuoi?" sbottò mettendosi a sedere.
"Che smetti di comportarti come un bambino di cinque anni!"
"Bé scusami! Sei abituata a uomini più maturi? E' per questo che mi hai dato uno schiaffo?"
Emily prese due respiri profondi.
"Ok, calmiamoci, tutti e due. Non voglio litigare, voglio solo parlare di quello che è successo" spiegò mettendosi a sedere accanto a lui.
"Mi dispiace di averti dato uno schiaffo. Il fatto è che non mi aspettavo che mi baciassi..."
"Io non mi aspettavo che tu mi schiaffeggiassi...almeno, non dopo che avevo già cominciato da un po'"
Emily cercò il suo sguardo, fisso per terra.
"Ho agito d'istinto...ho paura Harry"
"Di me?"
"No, non di te...tu non hai paura?"
Il ragazzo alzò lo sguardo, indugiando per diversi secondi sul suo viso.
"No, ho solamente voglia di baciarti. Di nuovo. E ce l'ho da un po' ormai. Emily, non lo capisci? Non è un gioco, sei diventata una specie di ossessione, io ho bisogno di te!"
Emily distolse lo sguardo e si alzò in piedi, appoggiando la schiena alla parete. Era troppo tutto in una volta.
Harry si alzò a sua volta, le si avvicinò e le accarezzò il viso una mano.
"Non ti fidi di me?" sussurrò.
Si avvicinò lentamente al suo viso, occhi e bocca socchiusi, e la baciò di nuovo.
Emily voltò la testa dall'altro lato.
"Perché devi rovinare tutto?" chiese frustrata alzando la voce.
"Ah, sarei a rovinare tutto? E tu allora?" ribatté risentito.
"Io sto cercando di fare tornare le cose come prima!"
"Le cose non sono più come prima Emily e non è colpa di nessuno! Mi dispiace, ma non posso fingere di non provare niente per te!"
"Non devi fingere, devi volermi bene come prima, essere amici come prima!"
"Io non sono tuo amico Emily, lo vuoi capire o no? Tu forse vuoi essere mia amica, ma io no! Non riesco più a vederti così, e non VOGLIO essere tuo amico" continuò alzando la voce.
"Tu cosa vuoi invece? Eh?" chiese brusco dopo un po'.
"Non lo so che cosa voglio! Ti chiedo di essere amici e non vuoi, ma non sono pronta ad avere una relazione con te!"
"Perché?" chiese esacerbato.
"Perché ho paura! Ho paura che duri poco, ho paura che roviniamo tutto, che vada a finire male!" 
"E quindi è meglio non provarci affatto?"
"Non è questo"
"E allora com'è?"
Emily non rispose.
 Era tutto così chiaro nella sua testa, ma non riusciva a spiegarlo con le parole. Harry aveva un sicurezza che a lei mancava; lui era assolutamente certo di volere che le cose andassero in un determinato modo, lei invece no, era tutto un punto interrogativo per lei. 
"Non provo quello che tu provi per me, Harry..."
Probabilmente avrebbe preferito un altro schiaffo che sentire quelle parole. Compose un'espressione gelida e poi parlò:
"Bene, allora non avremo bisogno di stare insieme per rovinare tutto. Non voglio vederti più"
Aprì la porta e la richiuse con uno schianto dietro di sé.
 
_____________________________________________________________________________
 
Ciao :D
Nuovo capitolo, scritto di getto, in super fretta per cercare di rimediare alle 8 settimane di assenza (:D). Le cose sembrano mettersi male: Emily si trova a dover fare i conti con la sua vecchia paura di fidarsi degli altri ed è bloccata dai complessi che le causano le relazioni amorose ed Harry...bé Harry ci resta di merda, poveraccio xS
Spero che il capitolo vi piaccia (mi pare difficile, non succedono belle cose :S) o che apprezziate la mia buona volontà di farmi perdonare :D
XOXO
 

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Capitolo 17
*** Sguardi ed echi ***


"E allora? Hai intenzione di non farti vedere più?"
Niall ed Emily erano usciti insieme a fare una passeggiata catartica e chiarificatrice al parco; dopo avergli raccontato quello che era successo con Harry, Emily si  era abbandonata su una panchina a guardare dei bambini che giocavano beatamente, assolutamente incuranti di ciò che accadeva loro attorno, sotto gli sguardi vigili delle mamme.
"Ma è lui che non vuole vedermi più...e non riesco neanche a dargli torto sinceramente. Perché dovrei creare situazioni imbarazzanti per entrambi?"
Il ragazzo sbuffò.
"Bé però insomma...non vi siete lasciati" borbottò poco convinto.
"Non ci siamo neanche presi, è proprio questo il problema" rimarcò Emily poggiando il mento sulle mani.
"Si può sapere come fai a cacciarti in queste situazioni?"
"Ah, vorrei saperlo!"
"Lasciatelo dire Emi ma...te la sei cercata" asserì Niall senza battere ciglio, guardando di fronte a sé.
La ragazza saltò sul posto e fece tanto d'occhi.
"Come scusa?" chiese, certa di non aver capito bene.
Il ragazzo la fissò con gli occhi cerulei.
"Bé se non volevi che ti baciasse perché lo hai fatto stare così vicino alla tua faccia per così tanto tempo? Era ovvio che dopo sarebbe scattato il bacio"
"Ovvio? Ma che..."
"E poi avresti dovuto schiaffeggiarlo subito. Che senso ha farlo dopo tre ore che ha cominciato a baciarti? Così lo spiazzi, poveretto. Non gli fai capire più niente!"
"Ah, io non farei capire più niente? Ma se lui..."
"Ma se lui cosa Emily? Era talmente ovvio che ti sbavasse dietro! Vuoi farmi credere che non l'avevi capito?" la interruppe per la terza volta con sguardo scettico.
Emily si morse le labbra. No che non l'aveva capito. Non l'aveva mai neanche presa in considerazione una situazione del genere.
"La verità è che ti è piaciuto. Baciarlo intendo. Poi ti sarà scattato chissà quale pensiero contorto e hai deciso di mollargli un ceffone. E' tipico di voi ragazze fare cose senza senso, e poi noi poveri diavoli dobbiamo star lì a sbrogliare il casino che c'avete creato in testa"
Emily lo guardava con gli occhi fissi e spalancati. Perché aveva maledettamente ragione.
"Niall, ma tu lo sai come ragiona Harry! Santo cielo, potremmo stare insieme per quanto? Quattro-sei mesi? E poi basta puff via tutto. E avremmo buttato al vento anche la nostra amicizia" 
"Già, che per ora sta andando a gonfie vele no?"
"Hai capito che voglio dire!" lo rimbeccò stizzita.
Niall sbuffò. Emily fece lo stesso.
"Non capisco..."
"Cosa?"
"Perché tu non gli abbia mollato subito uno schiaffo"
La ragazza si alzò infastidita.
"Ancora? Ma basta!" esclamò andando avanti e indietro a larghi passi per scaricare l'ansia.
"Ancora? Guarda che non mi hai mica risposto"
Emily ci pensò un attimo.
"Ma che ne so! Non me l'aspettavo mica"
"Ti spiace dirmi la verità e non prendermi  per un coglione che non ti conosce? Grazie, molto gentile" la apostrofò Niall seguendola con lo sguardo a destra e a sinistra.
La verità...non ne aveva una. C'era un'idea bislacca che le balenava in testa, ma quelle non poteva mica essere la verità. Si passò una mano tra i capelli cercando di calmarsi.
"Non so se sia la verità..." mormorò.
"Cosa?" chiese Niall che non era riuscito a decifrare.
"Ti vuoi stare un po' ferma? Mi stai facendo venire il mal di mare"
Emily si fermò di fronte a lui mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
Niall intrecciò le dita.
"Dunque?"
"A me è piaciuto quando mi ha baciata"
"Ma va'? Scherzi, e come lo hai capito?" ironizzò il ragazzo fingendosi stupito.
Emily ricominciò a camminare davanti alla panchina e Niall alzò gli occhi al cielo rassegnato.
"Non è come pensi tu...insomma sì, mi è piaciuto, ma perché...bacia bene...a chiunque farebbe piacere essere baciati bene no? Poi mi sono ricordata che era Harry a baciarmi e mi sono ripresa"
"Finirai per fare un solco a forza di camminare su e giù" sbadigliò Niall.
"Certo che sei proprio d'aiuto eh?" sbottò incrociando le braccia irritata.
Il ragazzo si abbandonò ad una sonora risata.
"Ma per favore Emily, ascolti quello che dici? Sento rumore di specchi da qui"
"Cioè?"
"Cioè ti stai arrampicando sugli specchi, stai montando su tutta una serie di cazzate stratosferiche, ma in realtà è tutto molto semplice"
Emily attese qualche istante, poi vedendo che non parlava lo incalzò:
"Cioè?"
Niall la guardò fisso per pochi secondi, cercando di capire se fingesse di non capire o se fosse seria.
"Cioè ti piace Harry".
Emily si trattenne solo per pochissimo tempo, dopodiché scoppiò a ridere.
"Ma certo, Niall...come ho fatto a non pensarci prima? Sei proprio uno spasso!"
Niall la guardò beffardo, consapevole di aver toccato il tasto giusto.
"Quando hai finito di ridere in modo isterico dimmelo"
"E sei per giunta convinto di avere ragione!" continuò Emily ridendo di gusto.
"Ma certo che ho ragione. Ridi solo per nascondere l'imbarazzo. E poi sei stata tu ad uscire fuori l'ipotesi di stare con lui"
"Ma cosa c'entra? Io dicevo appunto che durerebbe solo pochi mesi"
"E hai addotto questo come problema, non che tu non vuoi stare con lui perché non ti piace"
"Solo perché l'avevo già chiarito prima"
"E prima stavi mentendo"
Emily si abbandonò sulla panchina esasperata.
"A me non piace Harry. Ti stai sbagliando"
"Come vuoi tu Emily"
La ragazza lo colpi sul braccio.
"Ehi! Ma che cavolo ti prende?"
"Il tono condiscendente lo usi con qualcun'altro, Horan"
Niall la fissò con tanto d'occhi, divertito dalla reazione della ragazza.
"Va bene. Andiamo adesso"
"Dove?" chiese corrugando la fronte.
"Che domande, all'albergo"
Emily lo seguì, fingendo che l'idea di rivedere Harry non le creasse un groppo in gola.
 
"Tanto per capire, sei nervosa?" chiese Niall mentre erano in ascensore.
"No" mentì Emily. Si rese conto che non era molto brava a farlo a giudicare dal sorriso di sghembo che Niall le rivolse.
Quando si trovò davanti alla famigerata porta di legno bianco e lucido i suoi piedi sembrava suggerirle una sola cosa:"Scappa!"
Invece attraversò la soglia seguendo Niall che si inoltrava nel corridoio per poi andare nel soggiorno, dove si sentiva la TV accesa, e se la TV era accesa allora c'era qualcuno a guardarla, e se qualcuno la stava guardando probabilmente ci sarebbe stato anche Harry lì in mezzo. Difatti non appena entrò nella stanza lo vide seduto sulla poltrono con sguardo assente; non appena si accorse di lei i tratti del volto si irrigidirono come il marmo. Emily salutò tutti con un ciao generale e tutti salutarono Emily, o meglio, i tre quarti dei ragazzi lo fecero. Harry rimase con gli occhi saldamente incollati allo schermo. Emily si morse la lingua mentre Niall non smetteva di fissarla per analizzare ogni minima reazione, come fosse un primate da studiare. 
"Emily dovrei chiederti una cosa, anzi, te la dovrebbe chiedere Eleanor ma ha chiesto a me di farlo. E' una roba di vestiti, non saprei... comunque ho la foto nel cellulare di là, ti dispiace?" disse Louis.
"No certo" "Mi venderei un rene pur di uscire da questa stanza!"
Louis fece strada, entrò nella sua stanza e chiuse la porta.
"Si può sapere che accidenti ti prende?" sbottò urlando a mezza voce contro la ragazza.
Emily alzò un sopracciglio sorpresa da quell'aggressione improvvisa.
"Mah, guarda, stavo per chiederti la stessa cosa"
"Sai benissimo di cosa parlo: Harry è in quello stato da due settimane, non mangia quasi più e cambia una ragazza al giorno! Praticamente me lo hai fatto diventare un prostituto!" inveì risentito sempre a bassa voce.
"Io non..." cominciò Emily
"Non dire che non hai fatto niente! Mi ha detto tutto! Cosa credi? Mentre tu svisceravi la questione con Niall in questi giorni lui ogni tanto veniva a confessarsi con me. Mi ha raccontato tutto, TUTTO, dall'inizio alla fine. E quando dico inizio, intendo a partire dalle vacanze di Natale!" fece con tono eloquente.
Emily si abbandonò sul letto.
"Ma insomma che volete tutti da me? Pensi che a me faccia piacere Louis? Che sia contenta che non voglia parlarmi o vedermi, che non riesca neanche a guardarmi in faccia? Credi che non mi curi del fatto che è a causa mia che sta così? E io che posso farci? Vuole qualcosa che non gli posso dare. E io vorrei poterlo fare, ti giuro, vorrei poterlo far star meglio, ma non posso!"
"E' perché hai paura? Mi ha detto anche questo"
"Se lo sai, perché me lo chiedi?" 
"Perché non ne hai motivo!"
"Non ne ho motivo? Trascuriamo il fatto che Harry sente per me cose che io non sento per lui, ma sei stato tu stesso a dirmi che esce con una ragazza diversa al giorno!"
"Appunto!"
"Appunto cosa? Mi pare tutto piuttosto chiaro, no?" ribatté. Le dava fastidio sapere che mentre lei era tormentata dai sensi di colpa, Harry se la spassava bellamente con tante fanciulle giulive.
"Ma cosa c'entra? Fa così perché è il suo modo di reagire, sta cercando di dimenticare tutto, fingere che non sia successo nulla e non ha mai fatto una cosa del genere prima 'ora. Questo dovrebbe farti capire"
"Farmi capire cosa?" chiese incrociando le braccia nervosa.
"Quanto tenga a te" rispose Louis con tono grave guardandola fisso negli occhi.
"Cosa vuoi che faccia Louis? Che stia con Harry anche se non voglio? E credi che potrei renderlo felice così?" 
Louis si grattò la testa, sbuffando.
"Non lo so Emily. So di non poterti chiedere una cosa del genere, ma non mi piace neanche vedere Harry in questo modo. Non puoi provare a parlargli?"
"E pensi che mi ascolterebbe? Non mi ha neppure guardata poco fa. E poi è stato categorico: non vuole vedermi più" spiegò, e la voce le si incrinò nel pronunciare l'ultima frase. Distolse lo sguardo dal ragazzo prima che si accorgesse che si erano velati di lacrime.
"Meglio tornare di là adesso, se no poi si capirà di cosa abbiamo parlato"
Emily annuì incerta e si alzò per attraversare la porta che Louis le stava tenendo aperta.
Non appena fu in corridoio venne travolta da qualcosa, qualcosa di grosso e pesante che per poco non la buttò a terra, investendola senza nessun riguardo.
"Ma che...?"
"Harry, le sei praticamente andato addosso. Dove corri?" intervenne Louis che aveva afferrato il braccio di Emily per impedirle di cadere. Il ragazzo si voltò con espressione noncurante.
"Sto uscendo con Janet" si limitò a dire e fece per girarsi nuovamente verso la porta.
"E dovevi travolgere Emily per raggiungere la porta?" ribadì Niall spuntando lì accanto. 
Harry si girò più lentamente, puntando gli occhi, freddi come il ghiaccio su Niall, si avvicinò di qualche passo, per averlo faccia a faccia.
"Non mi frega un cazzo della tua preziosissima Emily. Per quanto mi riguarda, puoi farci quel cazzo che ti pare!" sibilò tagliente.
 Si girò di nuovo e aprì la porta, dietro la quale stava aspettando una ragazza che Harry afferrò saldamente per i fianchi e baciò veementemente lì davanti, senza curarsi minimamente di chiudere la porta, tra la sorpresa della ragazza, lo sdegno di Niall e Louis, ed Emily...lei aveva ancora in testa la frase di Harry che le rimbombava nel cranio per fare eco che arrivava agli angoli più nascosti del suo essere. 
 
_____________________________________________________________________________
Salve a tutti :D 
Sono iperattiva in questo momento. Penserete voi:"Eh certo: sta per finire la scuola!"
...pff...PUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH :'D ASSOLUTAMENTE NO! :D 
Mie care, ho un tema di italiano di 6 ore che mi attende il 18 giugno, una versione di greco di quattro ore il 19, una terza prova il 22 e dopo di ché un'allegra commissione di esami incazzata come un branco di leoni affamati (o se preferite presa dalla follia distruttiva di un toro che scorrazza allegramente per le pittoresche stradine spagnole incornando cristiani a destra e a manca...fate voi ^^) perché d'estate vorrebbe fare di tutto tranne che passare il tempo ad interrogare ragazzini dalle menti inferiori, quali suppongono che noi siamo :D
Di conseguenza, la mia iperattività può essere considerata...isterica...nevrotica...? MAH Sì! Chiamiamola così! Ed è data dalla consapevolezza che col cavolo che ho finito! Ci sono tutti i programmi che mi aspettano per essere ripetuti, CHE BELLO *-* Comunque, probabilmente non vi frega nulla di tutto questo discorso, ma quando son iperattiva sono logorroica (ancora più del solito intendo ^^) e dovevo pur dirlo a tutti no? Sono felice :D Non so per cosa , ma lo sono :D E voi non pensate minimamente a me mentre sarete a bearvi in spiaggia, in montagna, in collina, all'estero, sui laghi o dove vi pare più opportuno: fatevi le vostre vacanze voi che potete <3
Ora, rientrando in tema, spero che il capitolo vi piaccia. Se avete apprezzamenti, critiche, suggerimenti e via disco-orrendo da fare, scrivete pure nei commenti :) (sì, potete anche lamentarvi liberamente del mio essere assolutamente squilibrata ^^). Prima di scrivere uno "spazio dell'autore" più lungo del capitolo, vi saluto. Ah sì, lo sproloquio di prima sugli esami era finalizzato a dire che non so quando posterò la prossima volta (in fondo aveva un senso, su...avrei potuto dirlo più brevemente, ma dettagli!).
Bene, adesso vi saluto di nuovo :) Buona ultima di settimana di scuola (santo cielo...è la mia ULTIMISSIMISSIMISSIMISSIMISSIMISSIMISSIMISSIMISSI -nessuno leggerà tutti questi "missi"-MISSIMISSIMISSIMISSIMA settimana di scuola O_o la vecchiaia incombe)
XOXO
 

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Capitolo 18
*** Salite e discese ***


"Janet... che nome da troia!"
Continuò a sfogliare rabbiosamente il giornale, fino ad imbattersi in una serie di foto scattate di notte attraverso la finestra di un locale. Sui due fogli campeggiava una scritta fucsia:
"La nuova fiamma di Harry Styles(?)"
Osservò per qualche secondo le immagini che ritraevano Harry e la ragazza che gli aveva visto baciare.
"Capirai! Ha proprio fantasia: alta, magra, bionda, occhi azzurri. Più banale di così!"
Azzannò la ciambella con una rabbia indicibile.
"Ehm, scusami..." una voce cauta alle sue spalle interruppe il flusso di torture che immaginava di infliggere a quei due.
Si voltò: un ragazzo e una ragazza, più o meno della sua età che si tenevano per mano la guardavano con tanto d'occhi.
"Sei Emily Davis?" chiese il ragazzo.
Dopo aver frettolosamente distolto lo sguardo dalle mani intrecciate della coppia, che, si accorse, stava fissando alquanto insistentemente, li guardò in faccia: la ragazza sembrava in catalessi, mentre lui aveva la netta sensazione di aver scelto il momento sbagliato. Emily si sforzò di fare un sorriso cortese.
"Sì" rispose con tono gentile.
Alla ragazza sfuggì un gridolino e il suo ragazzo le strinse la mano divertito, con il messaggio implicito di darsi un contegno. 
"Ci faresti un autografo? Siamo tuoi grandi fan" continuò lui.
"Ma certo" accettò Emily sorridendo.
La ragazza tirò fuori un blocchetto colorato, aprì una pagina e le porse una penna trepidante.
"Come vi chiamate?"
"Vicky e Brad" rispose la ragazza emozionata.
"State insieme da molto?"
"Un anno e mezzo, quasi due anni ormai" precisò Brad.
"Ci siamo conosciuti al tuo concerto, il primo che hai fatto in America, quello di New York" continuò Vicky.
"Quindi è anche merito tuo" aggiunse Brad con un sorriso rivolto a Vicky.
Emily li guardò e avvertì una fitta allo stomaco.
"Bene, sono utile a qualcosa allora" fece con un sorriso.
"Ecco l'autografo"
Porse l'agendina alla ragazza, salutò entrambi con un bacio e quando si furono allontanati tornò al suo giornale.
"Ovviamente con tutti i fan che ho, oggi doveva capitarmi la coppietta felice..." 
Quell'incontro le aveva lasciato l'amaro in bocca; Brad e Vicky sembravo i ragazzi più felici della terra, emanavano un'aura di beatitudine che l'aveva colpita e che, in un secondo tempo, aveva suscitato un principio di invidia.
Guardò la rivista davanti a lei, dove le lettere colorate del titolo sembravano schernirla dalla pagina.
Strappò il foglio, lo accartocciò e lo lanciò nel cestino vicino a lei.
Verso metà pomeriggio si diresse svogliatamente verso l'albergo dei ragazzi. 
Aveva pensato a lungo a quello che aveva provato vedendo Harry baciare un'altra ragazza, ed era giunta alla conclusione che ad infastidirla era il modo in cui lui si comportava, che mirava proprio ad offenderla. La gelosia non c'entrava nulla: era perfettamente razionale essere infastiditi dal comportamento di qualcuno che vuole farti saltare i nervi.
Attraversò l'atrio, chiamò l'ascensore e si mise a tamburellare con le dita sulla parete. A quell'ora l'ingresso era straordinariamente vuoto per un'albergo di quel calibro.
"Ma perché se non sono almeno al quindicesimo piano questi ragazzi non prenotano una semplice camera d'albergo? Perché? Un normalissimo secondo piano no?"
Finalmente le porte dell'ascensore si aprirono di fronte a lei ed entrò. Stava per pigiare il pulsante del piano, quando due ragazzi si fiondarono dentro mano nella mano.
"Ma è un vizio oggi!"
Poi il fiato le si mozzò nel petto.
Non erano "due ragazzi".
Era Harry.
Ed Harry era avvinghiato con una ragazza, una ragazza che non era bionda e completamente diversa da quella che aveva visto la prima volta; Janet era stata sostituita da una ragazza con lunghi capelli rossi e pantaloncini di jeans molto -ini.
Harry si era accorto di lei, ne era certa. Anzi, era sicura che era entrato apposta in quell'ascensore, per farle dispetto. Distolse lo sguardo cercando di sembrare naturale, nonostante a pochi centimetri da lei il suo ex migliore amico stesse esplorando il corpo di quella ragazza con le mani, baciandola come se nulla fosse nello spazio ristretto di un'ascensore in cui c'era lei a fare da terzo incomodo.
La rossa aprì gli occhi e si accorse di Emily.
"Ehi..." cominciò a dire mentre Harry non non si scollava dalle sue labbra.
"Hai visto chi è lei?" riuscì a dire la ragazza senza smettere di guardarla, cercando di trattenere Harry, proteso verso di lei, poggiandogli le mani sul petto.
"Diciamo che sono preso da altro in questo momento, ne vuoi davvero parlare adesso?" le disse sfiorandogli l'orecchio con le labbra e parlando a voce abbastanza bassa da essere seducente ma abbastanza alta da farsi sentire da Emily, la quale fingeva di essere in un altra dimensione e guardava davanti a lei, contando i secondi che impiegava il maledetto ascensore per arrivare al piano. 
Dopo quella che le parve un'eternità le porte si aprirono nuovamente e lei schizzò fuori, raggiungendo l'ingresso della camera più in fretta di quanto pensasse.
Niall le aprì la porta; ebbe il tempo di accennarle un sorriso che venne spinto dentro in malo modo e scaraventato nella sua camera mentre Emily si richiudeva la porta alle spalle. Niall cadde pesantemente sul letto, chiedendosi il perché di quella situazione e guardando confuso Emily che misurava la stanza a grandi passi, arrotolandosi una ciocca di capelli tra le dita mentre si mordeva il labbro.
"Si può sapere che hai?" ingiunse sbigottito dopo un po' visto che non accennava a fornirgli alcuna spiegazione.
La ragazza gli rivolse un'occhiata frettolosa.
"E' davvero stronzo sai? C'ho pensato, e a lungo: il problema è che mi da fastidio come si comporta lui, non c'entra niente la gelosia. E' il modo neanche tanto velato in cui mi provoca che mi fa andare in bestia!"
Niall sbuffò:"Sentiamo, cosa è successo stavolta?"
"Appena ho preso l'ascensore è entrato lui con una ragazza. Pensi che abbia anche minimamente pensato di salutarmi? Ovvio che no! E ha preso a pomiciare con quella in modo disgustoso! E' stronzo. Stronzo e basta!"
Il ragazzo si abbandonò sul letto, sospirando rumorosamente. 
Emily gli concesse uno sguardo pietoso.
"Mi dispiace Niall, ti assillo sempre con questo discorso, ma non ci ho visto più..." attese qualche istante indecisa se esprimere ad alta voce la propria idea o astenersi.
"Tu non...non potresti provare a parlargli?" propose infine.
Niall guardava fissamente il soffitto.
"Emily, io ho litigato con Harry per te" le rivelò con voce stanca.
"E non te lo dico perché tu ti senta in colpa, ma per farti capire che non mi sto disinteressando alla situazione. Fatto sta che non vuole parlarmi più"
Malgrado non fosse nelle sue intenzione, Emily non poté non sentirsi in colpa. Il nodo allo stomaco le si strinse ancora di più.
"Per colpa mia? Ma perché?" gli domandò perplessa
"Perché è convinto che stiamo insieme"
"CHE COSA?" saltò su Emily.
"Dice che stiamo sempre insieme, che io ho un interesse per te da sempre, che gli fa schifo il modo in cui mi sono fatto circuire da te...devo continuare?"
Emily ascoltava basita.
"Mi dispiace Niall...non volevo creare nessun attrito tra di voi e invece...è tutta colpa mia!" 
"Ecco, lo sapevo che non dovevo dirtelo!" si lamentò l'amico mettendosi a sedere.
"Ma è così che stanno le cose!" sbottò Emily.
"Dannazione! Possibile che non ne faccia una giusta?" imprecò ravviandosi con rabbia i capelli.
Niall si alzò e la prese per le spalle.
"Emily senti, tra un po' gli passerà! Sì è vero, per ora mi tratta con sufficienza e non mi parla se non è strettamente necessario, ma gli passerà! Non hai fatto nulla di irreparabile tra me lui..."
Emily lo abbracciò e nello stesso istante la porta della stanza si aprì.
"Niall non è che..."
Al sentire la voce di Harry i due ragazzi si allontanarono in fretta; il volto del ragazzo era rigido e contratto e i suoi occhi sembravano carboni ardenti, fissi in quelli di Niall. Neppure in quel momento aveva sprecato uno sguardo per lei, pensò Emily ferita. Come era successo? Quand'è che avevano perso il controllo della situazione lasciando che precipitasse senza fare niente per fermare tutto?
Tutti i muscoli del corpo di Harry erano in tensione, a partire dalla mano che stringeva la maniglia della porta come fosse sul punto di staccarla.
"Non importa!" asserì duro e uscì sbattendo la porta.
Niall si portò una mano alla fronte.
"Lo vedi che combino solo guai? Ora penserà davvero che stiamo insieme! Forse è meglio se ti lascio in pace Niall, non voglio peggiorare la situazione"
"Non dire assurdità per favore, questa cosa non può condizionare anche noi due"
"Ma lo sta già facendo" puntualizzò la ragazza con gli occhi sgranati, indicando con un dito la porta dalla quale era appena uscito Harry.
Niall non replicò, indeciso sulle parole più adatte che avrebbe potuto usare per controbattere.
Emily si lasciò cadere sul letto.
"Non volevo che accadesse...niente di tutto questo...io ero solo felice di potermi fidare di nuovo di qualcuno, di avere dei nuovi amici, un migliore amico fantastico e invece..."
"E invece?" 
"E invece Harry mi odia! Che faccio Niall? Che posso fare? Io sto male, voglio che torni come prima, che mi voglia di nuovo bene, che mi guardi in faccia quanto meno" si sfogò con le lacrime agli occhi; era esacerbata da quella faccenda.
Niall la abbracciò.
"Emily ma Harry non ti odia"
"Oh, ma per piacere, lo hai visto? Non mi rivolge la parola neanche per mandarmi a quel paese!"
"Credimi Emily, è solo una montatura. Fa così perché lo hai ferito e tanto anche...ma non ti odia, non ti odia affatto"
Faticava a credere a quelle parole. Avvertiva un senso di soffocamento diffuso, come se le pareti le si stringessero attorno e i polmoni non riuscissero a dilatarsi bene. All'improvviso si alzò.
"Che c'è?" fece Niall sorpreso.
"Chi è la ragazza con cui sta adesso?" gli chiese ignorando la sua domanda.
Niall corrugò la fronte nel tentativo di ricordare.
"Non è facile dirlo...di solito non le porta qui, e poi non mantiene la stessa per più di due giorni. L'ultima aveva i capelli biondi...o castani?"
"Janet?" tentò Emily.
"No, quella è storia vecchia"
Vecchia? Ma il giornale che aveva preso lei era solo di pochi giorni prima.
"L'ultima aveva i capelli castani scuri" dichiarò sicuro dopo un po'.
Emily fece una smorfia.
"Questa qui ha i capelli rossi"
"Allora è nuova" replicò semplicemente.
"Evviva" borbottò sarcastica.
"Tu sei proprio sicura che non ti infastidisca che lui si veda con altre ragazze vero?" la stuzzicò con tono divertito.
"Ovviamente"
"E non sei per niente gelosa?"
"Mi irrita il modo in cui si conduce" ribatté impettita.
"Il modo in cui si conduce" le fece il verso. "Certo Emily, continua a ripetertelo. Se ammettessi che ti piace potreste mettervi insieme e fine della storia"
"Mi avevi chiamata per rivedere il nuovo riff o sbaglio?" cambiò discorso.
Il ragazzo scosse la testa e si alzò per prendere la chitarra.
 
Niall ripeté ancora una volta l'ultimo accordo.
"Sì, così è perfetto!" esclamò ringraziando Emily con un sorriso.
"Non che sia stata un'impresa facile, non ti andava bene niente" 
"Sto cominciando ad assomigliarti allora" fece con aria preoccupata.
Emily alzò un sopracciglio.
"Non ti rispondo neanche guarda"
"Certo che no: ho ragione" osservò concentrandosi di nuovo sullo strumento.
Emily gli tirò un cuscino.
"Ehi!"
"Ehi cosa? Guarda, è pure calato il sole...ma che ore sono? LE OTTO? Niall mi tieni qui da quasi tre ore, renditene conto!" esclamò di stucco afferrando la borsa.
"Se la canzone che ne verrà fuori sarà un successo, mi devi metà della tua parte"
"Sei proprio una sfruttatrice lo sai?" le disse posando la chitarra.
"Sto cominciando ad assomigliarti allora" gli fece il verso.
"Ah-ah-ah" sillabò sardonico.
Emily fece una smorfia e uscì dalla stanza.
"Ah senti, io fra tre giorni parto...sono ospite in un programma italiano, quindi non ci vedremo per un po'" lo informò Emily sull'uscio. Contemporaneamente Harry uscì dalla sua camera, solo, e andò in corridoio senza curarsi né dell'una né dall'altro ragazzo. I due lo seguirono con lo sguardo per pochi istanti, poi tornarono al loro discorso.
"Oh...bé ma ci saluteremo prima, no?"
"Certo, verrò qui a salutare tutti...o quasi, insomma..." sospirò.
"Ciao Emi, grazie per l'aiuto"
"Anche a te, Niall"
Gli schioccò un bacio sulla guancia e andò in fretta verso la porte di un'ascensore che stavano per chiudersi.
"Aspetta!" esclamò Emily.
Riuscì ad insinuarsi appena nello spazio lasciato libero dalle pesanti ante. 
Non appena si accorse che l'altra persona nella cabina era Harry, non riuscì a trattenere un'espressione sorpresa; da parte sua, Harry era passato da un atteggiamento rilassato a uno teso.
Emily schiacciò il pulsante del piano terra e si preparò ad un lunghissima discesa.
Erano uno di fronte all'altra.
Emily gli gettò un'occhiata solo per essere certa della sua ipotesi: Harry non la stava guardando. Ancora.
Si ostinava a non fissarla neppure per sbaglio. Era assurdo che stessero lì senza rivolgersi la parola dopo tutto il tempo che avevano passato insieme. Avrebbe voluto dire lei qualcosa, ma le corde vocali non sembravano darle ascolto, inoltre era sicura che se anche avesse parlato Harry non le avrebbe fornito nessuna risposta, neanche un cenno del capo.
"Lo so che ce l'hai a morte con me" cominciò senza neanche accorgersene.
"E non so darti torto...forse reagirei come te o forse no, ma una cosa è certa: lascerei chiunque altro fuori da questa faccenda. E' una cosa che riguarda solo me, Harry; Niall non c'entra niente e non deve entrarci niente! Puoi pensare pure le cose più orribili su di me, puoi odiarmi e..." si fermò un istante per prendere un respiro profondo.
"...e puoi non parlarmi mai più, per il resto della tua vita se ti rende felice. Ma non offendere Niall accusandolo di non essere un buon amico, perché non se lo merita" concluse con un filo di voce.
Harry era rimasto immobile come una statua per tutto quel tempo, prima, durante e dopo le sue parole, senza manifestare alcun sentimento: lo sguardo fisso sul pavimento, le braccia incrociate al petto e l'aria di chi non finge di non sapere che si trova qualcuno davanti e che è appena stato interpellato. Era l'incarnazione stessa dell'indifferenza.
Emily lo fissò per qualche istante, il cuore che accelerava i battiti ad ogni secondo.
All'improvviso diede un pugno al pulsante rosso nel pannello e l'ascensore si arrestò bruscamente.
"E guardami, maledizione!" sbottò fuori di sé.
Lentamente, il ragazzo alzò il capo e le dedicò uno sguardo di sufficienza, quasi di commiserazione, per pochi secondi, soffermandosi sul volto paonazzo e delicato di Emily, che era in attesa di una risposta, una qualunque. Ma per come si era girato, Harry distolse nuovamente lo sguardo., incurante.
Emily trattenne le lacrime di rabbia che volevano schizzare fuori: ammaccò il bottone del piano al quale erano arrivati, attese che le porte si aprissero e uscì a grandi falcate verso il corridoio, lasciando Harry solo nella cabina con l'immagine del suo volto davanti agli occhi.

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Capitolo 19
*** Indovina chi viene alla festa ***


"Emily scendi, è pronta la colazione"
La voce di sua madre le giunse ovattata dal piano di sotto attraverso la porta chiusa. Si arrotolò nelle coperte e si voltò a guardare la sveglia: le 8:47.
Emise un sospiro e si soffermò ad osservare il soffitto nella penombra, stentando a credere alla propria cocciutaggine.
L'aveva sognato.
Di nuovo.
Quell'immagine sembrava non lasciarle scampo ogni volta che chiudeva gli occhi: lei ed Harry nell'ascensore, lei che le parlava e lui che non rispondeva. 
Sarebbe stato più un ripercorrere un momento di vita vissuta che un sogno, se non fosse stato per l'epilogo: c'era qualcosa nel sogno che Emily doveva dire; lo sapeva, se lo sentiva nella gola che doveva pronunciare qualcosa di molto importante, ma la voce restava intrappolata proprio lì e non c'era modo di farla uscire, per quanto lei si sforzasse e cercasse persino di urlare invano mentre Harry alla fine usciva lasciandola sola nel cubicolo.
"Al diavolo!"
Si alzò e scese a fare colazione.
"Buongiorno!" la salutò sua madre raggiante.
Emily replicò con un grugnito e uno sguardo gelido.
"Dormito bene?" provò di nuovo la donna.
Emily, la testa inclinata e appoggiata alla mano sinistra la fissò in tralice:"Fai dell'ironia?"
"No, cerco di tirarti su di morale...non mi piace vederti così, tesoro" rispose con una punta d'apprensione.
Emily tirò un sospiro:"Lo so mamma, e mi dispiace di essere sempre così sgarbata...la colpa è solo mia, non dovrei prendermela con voi" mormorò dispiaciuta
"Vedrai che si aggiusterà tutto Emi, devi solo avere pazienza"
"Non si sistemerà un bel niente! Harry non mi parlerà mai più e io non posso fare niente per cambiare questa cosa" sbottò.
"Beh...una cosa ci sarebbe veramente" soggiunse la signora Davis.
Emily si limitò a fissarla.
"Ok, quello che voglio sapere" iniziò sedendosi di fronte alla figlia, "è perché ci stai così male. Se è solo un'amico, non ti sembra di esagerare?" 
"Certo che no! Harry non è "un'amico", è "L'Amico", ok? Prima ci dicevamo tutto, stavamo sempre insieme, poi è arrivata Kendall e dopo che si sono lasciati è successo questo bel casino"
La donna fece per aprir bocca.
"E non mi dire che sono innamorata di Harry e soffro così per questo motivo, perché, davvero, è solo un grosso, colossale, gigantesco buco nell'acqua" concluse alzando la voce ad ogni parola.
Sostenne lo sguardo di sua madre per qualche secondo, poi sul suo viso balenò un lampo d'incertezza.
"No mamma, davvero, io non sono innamorata di Harry"
"Va bene" replicò la madre, palesemente ironica.
"Perché usi questo tono? Sono seria, serissima"
"Ti credo"
"Smettila di dire così" si lamentò la figlia agitando le braccia.
"Così come?" ribatté con tono falsamente innocente
"Hai l'espressione condiscendente" la accusò Emily con l'indice puntato contro di lei.
Sua madre sospirò.
"E va bene Emily, ho il tono condiscendente, perché secondo me tu sei cotta ma non vuoi ammetterlo neanche a te stessa! Sono tua madre, credi di darmela a bere come fossi una pivella alle prime armi? Ti ho cresciuta e pasciuta, che diamine, e so perfettamente tutto quello che passa per la tua testolina riccia, signorinella! Anche il fatto che mi trovi irritante in questo momento"
Emily assottigliò lo sguardo dandole conferma dell'ultima supposizione. Prese un bel respiro e snocciolò tutto il suo ragionamento d'un fiato:"Ok, analizziamo bene la situazione, ti va? Allora: prima resto sola come un cane per i primi diciassette anni della mia vita, poi trovo finalmente un ragazzo che mi vuole bene -o almeno così credo- perché un anno dopo il suddetto ragazzo mi fa due corna grandi quanto una casa perché, si è scoperto di recente, non ero andata a letto con lui. Da tutto questo ambaradan, esco con una mancanza di fiducia nei confronti del prossimo -fin qui ci sei?-, mi faccio dei nuovi amici, oltre a Stacie ed Erick. Mi affeziono ad uno in particolare, che sì, con me è dolce e gentile. ma nel resto del mondo femminile, per i miei gusti, vede solo una scritta "usa e getta" in fronte. Quindi ora io ti chiedo: alla luce di tutto quello che ti ho detto, ti pare il caso che io mi metta con uno come Harry, che per ora fa il poeta maledetto a causa delle pene d'amore che gli ho procurato, ma che dopo una settimana che stiamo insieme potrebbe farmi finire nel dimenticatoio esattamente come tutte le altre?"
Fissò sua madre con gli occhi spalancati, pregando che avesse compreso il suo punto di vista.
"Questo non puoi dirlo con certezza Emily" la ammonì.
"Ma certo che posso! Harry è confuso, non sa districarsi tra i suoi sentimenti, è convinto di amarmi, è in buona fede magari, ma chissà quante altre volte avrà pensato una cosa simile!" sbottò esasperata.
"Fai come vuoi, Emily. Non hai più cinque anni, non posso più dirti che fare. Sei una donna ormai" replicò sua madre alzandosi.
"Ma che fai, te ne vai?" chiese incredula rivolgendo lo sguardo alla schiena di sua madre che spariva nell'altra stanza senza darle risposta.
"Incredibile!" bofonchiò lasciandosi andare sulla sedia.
Sapeva esattamente quello che aveva in mente: far leva sul suo senso di responsabilità per spingerla a farsi chiarezza (come se non c'avesse già pensato) e magari andare a confessare il suo amore ad Harry. 
Come no!
Forse aveva scambiato il whisky col caffè quella mattina.
"E ricordati di prepararti per la festa di stasera! Bob ha detto che la macchina sarà qui tra un'ora" le urlò dall'altra stanza.
La festa!
Se non si fosse trattata di una buona causa, non c'avrebbe pensato due volte a declinare l'invito.
"Eh vabbè, andiamo a prepararci"
 
Il paesaggio fuori dal finestrino scorreva ad alta velocità mentre il cielo, carico di nubi, sembrava essersi dimenticato che la primavera era iniziata da un mese e mezzo ormai. Facendo un breve calcolo, erano circa due mesi che Harry non le rivolgeva più la parola.
"Sono uscito con Paul l'altro giorno" buttò lì Bob rompendo il silenzio
Emily replicò con un annoiato "davvero?" di cortesia, per nulla interessato, continuando a fissare il cielo col mento poggiato sulla mano.
"Sì. Abbiamo parlato del più e del meno e poi inevitabilmente abbiamo parlato di lavoro" 
La ragazza sbuffò impercettibilmente: sapeva benissimo dove sarebbe andato a parare.
"Pensa che coincidenza: a quanto pare ultimamente Harry è più depresso della fossa delle Marianne e tu hai l'affabilità di una tigre del Bengala. Curioso che siate entrambi intrattabili contemporaneamente, no?"
Emily smise di osservare le nuvole per volgere lo sguardo a Bob.
"Dimmi quello che mi vuoi dire e falla finita"
"Ma dico, non vi scoccia fare queste scenate da adolescenti? Avete quarant'anni in due, accidenti, e vi comportate ancora come due bambini"
"Ma basta! Io non capisco davvero perché tutti quanti ficchiate il naso in questa storia: sono affari miei e di Harry! E poi non ha senso quello che dici! Essere infantili un corno! Quello ha una cotta e io no, non c'entra un tubo l'essere infantili! Ora posso, per cortesia, non essere subissata dai i continui pareri di una persona che non c'entra niente a riguardo?" sbottò fuori di sé.
Paul non emise un fiato per tutto il resto del viaggio.
 
Non appena giunsero a destinazione, Emily si affidò alle cure di Melanie, che la fece accomodare su una sedia davanti ad un grande specchio da trucco pieno di lampade.
Paul salutò con un cenno Melanie e poi si dileguò, chiudendosi la porta, non poco rumorosamente, alle spalle. 
Dal fare stranamente laconico del manager, la donna si rese conto che qualcosa non andava.
"Il viaggio è filato liscio, sì?" domandò cauta alla ragazza, che aveva, letteralmente, un diavolo per capello.
"Una crema!" rispose bruscamente.
"Sì, vedo...sembra abbiate fatto una passeggiata di salute, tutt'e due"
Emily non diede manifestazione d'aver sentito alcunché.
"Per caso...è per quel fatto tra te e...?"
"Melanie, per carità, non ti ci mettere anche tu!" la avvisò avvilita. Sentiva che se avesse dovuto sostenere un'altra conversazione sull'argomento sarebbe andata in escandescenze e subito dopo avrebbe avuto un crollo nervoso.
"Ma chi ci pensa, Emi? Sono affari vostri, io non c'entro proprio niente. Non c'è nulla di peggio che avere consigli non richiesti. Se vuoi, io sono qui, ma non pensare che mi metta a fare Cupido tra te ed Harry! Siete abbastanza grandi per sbrogliare la situazione da soli, che diamine"
La giovane fissava il riflesso della donna con gli occhi aperti, incredula, pensando per quale motivo non potessero essere tutti come lei; si meritava una statua!
"Grazie per la disponibilità Melanie; se non si fossero tutti offerti così gentilmente di farmi da guida spirituale, avrei già approfittato, ma ne ho fin qui al momento. Piuttosto, dovresti spiegare quel semplice concetto di cui parlavi a Paul"
"Ah, allora è stato lui a farti saltare i nervi"
"Diciamo più che altro che è stato l'ultimo di una lunga serie. Ha solo avuto la sfortuna di essere la fatidica goccia che fa traboccare il vaso"
"Su Emily, in fondo era in buona fede; l'ha fatto perché ti vuole bene e ci teneva a darti la sua opinione per rendersi utile, tutto qui! Hai visto come c'è rimasto male, poveretto?"
Emily aggrottò la fronte rivolgendo uno sguardo torvo ad una Melanie indaffarata ad acconciarle i capelli. Rifletté sulle sue parole per un po' prima di ammettere, controvoglia, che aveva ragione.
"E va bene, gli chiederò scusa!" si arrese.
"Brava! Ora è meglio che smetti di agitarti tanto sulla sedia, o non faremo mai in tempo"
 
Musica a tutto volume. Luci psichedeliche. Più gente di quanto lo spazio potesse contenerne.
Erano queste le costanti di quelle feste.
Un buffet troppo ricco. Vestiti griffati. Alcool a fiumi.
Ironico che ad una raccolta fondi vi fosse un tale spreco di denaro.
Meno della metà degli invitati era lì perché davvero importava loro qualcosa della ricerca scientifica contro il cancro.
Lei sicuramente si trovava lì solo ed esclusivamente per dare il suo contributo economico: non gliene poteva fregare di meno di passare la serata in compagnia di un branco di ipocriti impomatati. La sua insofferenza era resa abbastanza chiara dal fatto che era rimasta attaccata al cellulare da quando era arrivata, vale a dire all'incirca...
"Un'ora! Precisamente è un'ora che ti cerco!"
Emily alzò gli occhi verso quella voce familiare, indecisa se essere contenta o tesa.
"Che ci fai tu qui Niall?" esordì con poca delicatezza fissando il ragazzo che aveva ancora le braccia incrociate.
"Ciao anche a te. No dai, non saltarmi al collo con tutta questa foga, contieniti per favore" replicò sardonico con un velo di disappunto.
"Ci sono anche gli altri?" chiese facendo finta di non aver sentito.
"Perché non mi chiedi direttamente se c'è Harry? E' questo che vuoi sapere, no?" chiese accomodandosi accanto a lei sul divanetto rosso.
Emily contrasse la mascella, a disagio.
"Mi dispiace Niall, sono un fascio di nervi da giorni. Tu non c'entri niente" si scusò dandogli un bacio sulla guancia.
"Sei scusata. E la risposta alla tua domanda è sì"
Emily aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse: non capiva più se voleva evitarlo o vederlo.
"Sei riuscita ad ammettere che ho completamente ragione a proposito di te ed Harry, o sei ancora convinta che sia pazzo?" la punzecchiò ostentando un'aria saccente.
"Andiamo a ballare, ti va?".
Lo afferrò per la mano senza attendere risposta: la sua intenzione era solo troncare il discorso. Si diresse verso le affollate scale che portavano al piano di sotto, trascinandosi dietro un Niall recalcitrante.
"Santo cielo, quanto la fai lunga per due minuti di ballo!" esclamò Emily mentre cercava di farsi strada tra il fiume di gente che saliva, scendeva o semplicemente sorseggiava un drink sulle scale.
All'improvviso, pochi scalini più giù, le parve di scorgere una zazzera di capelli scuri alquanto familiare; sospirò impercettibilmente quando ii suoi sospetti si rivelarono fondati: Harry stava salendo le scale e tra meno di sette gradini si sarebbero trovati uno di fronte all'altra.
Smise di fissarlo nell'istante stesso in cui lui alzava lo sguardo.
La ragazza proseguì la sua discesa fingendo di non averlo visto, ma contava mentalmente i gradini che li separavano.
Cinque...quattro...
Non lo avrebbe degnato di uno sguardo, quell'arrogante che non l'aveva neanche salutata quando aveva lasciato l'America per andare in Italia!
Era uscito proprio quando lei era arrivata per salutare (aveva anche comprato dei regali per ognuno di loro, dal momento che non si sarebbero visti per tanto tempo)
Tre...due...
Aveva detto che aveva di meglio da fare, quel cafone! naturalmente non si era rivolto a lei direttamente, -giammai!- l'aveva riferito con aria di sufficienza a Louis, parlando a voce alta, per farsi sentire da tutti. Quando era uscita dall'albergo l'aveva trovato dall'altra parte della strada, assorbito dal faticoso compito di bere una birra...era quello il suo meglio da fare!
Uno...
Passarono l'uno accanto all'altra. Un'azione breve, istantanea, ma le sembrò di viverla al rallentatore.
Si era accorto di lei, l'aveva guardata, ne era certa.
Aveva fatto quanto promesso: non l'aveva sfiorato e non l'aveva guardato. L'aveva solo osservato con la coda dell'occhio. 
Andò avanti incurante, raggiunse il piano inferiore gremito di gente e si mise a ballare con Niall.
Harry era rimasto sorpreso per un momento di vederla lì. Si aspettava uno sguardo, un cenno, ma ovviamente non era arrivato nulla di tutto questo. 
Salite le scale, si poggiò alla ringhiera e scrutò il mare di gente sotto di lui muoversi e dimenarsi a ritmo di musica. Saettò con lo sguardo da una parte all'altra, finché non si cristallizzò in un punto della pista.
Lei era lì.
Ballava, muoveva i fianchi e la schiena ignara di quanto fosse bella, di quale effetto fosse in grado di suscitare. I lunghi capelli ondeggiavano con il resto del corpo, che si strofinava contro quello di Niall. mentre lui bruciava. 
Bruciava da mesi, per lei.
Era una sensazione penosa, quasi masochista, quella di volerla vedere e di evitarla contemporaneamente. L'aveva umiliato nell'intimo, aveva lasciato una ferita troppo in fondo perché lui o chiunque riuscisse a curarla. Gli sarebbe piaciuto che lei provasse lo stesso; aveva immaginato che lei si innamorasse di lui e si era divertito a fantasticare sui mille modi in cui avrebbe potuto rifiutarla. Aveva sperato di suscitare questo quando fingeva di non vederla, quando la ignorava, quando baciava ragazze appena conosciute davanti a lei; perché lui si era sentito così: ignorato, by-passato, mancato di rispetto, ridicolizzato. Lei invece non aveva mai fatto una piega, era rimasta sempre impassibile e insensibile a qualunque provocazione, algida, inarrivabile. Era come scagliarsi contro un muro di gomma. E lui era stanco di sprecare energie contro quel muro. 
Per qualche motivo la sua attenzione venne improvvisamente attirata dall'ingresso della sala; vide emergere una figura dall'uscio, una figura che lui conosceva bene. 
Serrò la presa delle dita sul mogano lucido del corrimano e strinse i denti, colto alla sprovvista.
Aveva la testa completamente vuota. Tutto ciò che riusciva a fare era stare lì e osservare la figura slanciata vestita di nero inoltrarsi nella sala.
 

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Capitolo 20
*** Premi all'asta ***


Non avrebbe saputo dire da quanto tempo stava ballando con Niall quando lui la scosse per una spalla e le urlò qualcosa che lei non capì.
"Non ti sento, parla più forte!" urlò di rimando.
"Cosa?" gridò Niall, la voce che giungeva come un sussurro coperto dalle casse a tutto volume.
"Che dici?" ripeté più forte la ragazza.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo con fare esasperato e mimò il gesto di bere. Sul viso di Emily, scarsamente illuminato dalle luci stroboscopiche, si dipinse un'espressione affermativa.
Uscirono dalla calca della pista per infiltrarsi nella ressa del bar.
"Ma chi l'ha invitata tutta questa gente?" domandò Emily sbalordita dalla quantità di persone assiepate ovunque.
"Un certo David Dunn, mi pare" ansimò Niall stremato.
Emily aggrottò la fronte pensierosa.
"Cosa c'è?" 
"Niente, solo che...non è la prima volta che sento questo nome"
"Bé sai, è un cognome molto diffuso"
Niall le porse il bicchiere col drink e la ammonì:"Sappi che non intenzione di lasciarmi trascinare di nuovo su quella pista almeno per i prossimi tre quarti d'ora!"
Emily sbuffò e si sedette accanto al ragazzo sorseggiando il cocktail; sentì l'alcol spandersi con un fiotto di calore giù per la gola.
"Ma dove sono gli altri? Zayn, Louis e Liam?"
"Sparsi da qualche parte suppongo. Quando siamo arrivati io sono venuto a cercare te, gli altri li ho lasciati all'ingresso. A proposito, mi sono accorto che hai ignorato Harry quando ci è passato accanto"
"Sì e allora? Lui mi ignora da mesi, potrò pur farlo anche io ogni tanto, o no?"
"Di ricominciare a parlarvi non si discute proprio, eh?"
"Non è con me che devi prendertela, quello che si comporta in modo infantile è lui. Ho passato l'età del gioco del silenzio da un po' ormai" replicò bevendo un lungo sorso.
Niall la fissò per un momento prima di bere anche lui. Era un peccato che non potesse farle vedere quello che vedeva lui: sembrava stanca, quasi spenta, rispetto all'ultima volta che l'aveva vista ed era certo che la causa fosse Harry.
"Neanche Harry sta bene...è sempre furioso e lunatico di quando in quando...a volte sembra tranquillo ma appena gli rivolgi la parola, scatta e risponde male a chiunque. Solo Louis riesce a parlargli un po' di più" 
Emily aveva fissato il bicchiere per tutto il tempo. Passò qualche secondo di silenzio prima che parlasse con una punta di fastidio nella voce.
"Perché hai cominciato dicendo -neanche-?"
"Come?"
"Hai detto -neanche Harry sta bene-, perché neanche?" spiegò alzando gli occhi dal contenuto rosso-arancione del bicchiere.
"Perché non mi sembra che tu stia meglio di lui"
"Oh, ma per piacere Niall, io sto una favola" saltò su Emily.
"Sì, certo lo dice anche lui" ingiunse il ragazzo avvicinando il bicchiere alle labbra "Quello che non capisco è perché vi divertiate tanto a torturarvi in questo modo. E' talmente chiaro che state entrambi uno schifo!"
"E' colpa sua! Io che ho fatto di sbagliato?" sbottò Emily "Sai che c'è? Non lo voglio neanche sapere, mi sono stancata!" disse alzandosi e andandosene.
"Emily aspetta, dove vai? Torna qui!" la chiamò Niall.
Troppo tardi: era già sparita in mezzo alla folla.
"Sono un'idiota! Se sono un'idiota è colpa mia, mica sua! Fanculo!" imprecò scolandosi quanto restava nel bicchiere.
 
Non era possibile che l'unico argomento di conversazione che la gente trovasse parlando con lei fosse "Perché non stai con Harry?". Niall aveva rovinato tutto. Non si vedevano da un mucchio di tempo e anziché informarsi sul suo stato di salute e porle le solite domande di repertorio si metteva a farle la ramanzina anche lui. Andassero tutti al diavolo.
"Ciao Emily" la salutò una voce morbida alle sue spalle.
La ragazza avvertì la stessa sensazione che si ha quando si riceve un colpo in testa: disorientamento. Quella voce in quel contesto strideva. Si voltò, prendendo coscienza del gelo che era calato su di lei e fissò lo sguardo in quello del suo interlocutore.
"Ciao Josh".
 
Sembrava un pazzo, ne era perfettamente consapevole. Era immobile, non sapeva da quanto tempo non sbattesse le palpebre, osservava semplicemente con attenzione ogni singolo movimento di Josh. Era sicuro che avrebbe scovato Emily persino in quella bolgia, se l'era sentito fin da quando l'aveva visto varcare la soglia con indosso l'abito nero e la camicia bianca sbottonata quanto basta. Se ci fosse stato lui con Emily sarebbe andata diversamente, ma c'era Niall e, per quanto lo riguardava, non rappresentava nessuna garanzia. Non la conosceva come la conosceva lui, non gli era stata accanto come lo era stato lui.
Emily e Josh parlavano. Per una volta il sorrisetto strafottente di Josh, quello che gli ispirava una sonora dose di pugni, non era al suo posto: Josh era compassato, attento a misurare i gesti e le parole, da quel che poteva percepire. Emily invece era la solita: un muro di apatia. Non sapeva più se fosse la sua difesa naturale contro le situazioni difficili o se si sforzasse per tenere quella compostezza gelida e imperscrutabile. Ad ogni modo era un'atteggiamento in grado di farti sentire in torto anche quando eri nel giusto, il che non era il caso di Josh, ma il suo. 
"Come va?" chiese una voce allegra alla sua destra.
Si limitò a rispondere con un mugolio sommesso senza distogliere l'attenzione dalla coppia di ragazzi.
"Parla più lentamente Hazza, non capisco niente altrimenti" ironizzò Liam, senza ottenere successo. Osservò attentamente la direzione in cui puntava lo sguardo dell'amico e tirò un sospiro.
"Pensi ancora a lei?"
"Fammi il favore Liam, non c'entra niente!" rispose bruscamente.
"E allora perché la fissi come se fossi uno stalker?"
"Perché quello è Josh" spiegò asciutto.
Liam sbarrò gli occhi:"Intendi, quel Josh?"
Harry annuì.
"Merda!" mormorò Liam portandosi una mano alla fronte.
"Pensi che sia qui per..."
"L'asta" completò Harry per lui.
"Non lo penso, ne sono assolutamente certo"
"Che hai intenzione di fare?"
Per la prima volta Harry distolse lo sguardo per volgersi verso Liam.
"Niente"
Il ragazzo lo fissò per qualche istante, incredulo.
"Come sarebbe a dire niente?"
"Sarebbe a dire quello che ho detto" ripeté sostenendo lo sguardo accusatore che gli stava rivolgendo.
"Harry capisco l'essere offesi e tutto il resto, ma quello è un pazzo furioso!"
"E lei è adulta e vaccinata, se la può cavare benissimo da sola. È questo che ha scelto, no? Di stare sola!"
"Ma ti senti quando parli?" chiese Liam sconcertato.
"Se ci tieni tanto perché non fai qualcosa tu? Io ho smesso di occuparmi di lei" tagliò corto Harry andandosene. 
Liam lo seguì con lo sguardo, ancora sbigottito dalla sua reazione, finché non sparì oltre il corridoio. Scese le scale e si diresse in direzione di Emily. Arrivato al piano inferiore si rese conto che i due ragazzi non erano più dove li aveva visti l'ultima volta. Si voltò freneticamente a destra e a sinistra scrutando tra la folla finché non si scontrò con qualcosa.
"Mi scusi, stavo cercando...Emily!"
"Liam! Sai che non c'è bisogno di tentare di buttarmi a terra per attirare la mia attenzione?" disse la ragazza riprendendo l'equilibrio. 
"Per fortuna ti ho trovata!" esclamò tirando un sospiro di sollievo.
La ragazza corrugò la fronte interrogativa.
"Perché fortuna?"
Il ragazzo esitò prima di spiegare che l'aveva vista con Josh; Emily cambiò espressione.
"Oh...grazie Liam, ma è tutto apposto. Non c'è nessun problema"
Non appena aveva visto il suo ex-ragazzo aveva capito perché il nome di David Dunn le fosse familiare: era lo zio paterno di Josh, un uomo che aveva a che fare col jet set inglese grazie alla sua abilità nell'organizzare eventi di tutti i tipi.
Liam stava per dire qualcosa quando una voce proveniente dagli altoparlanti sollecitò gli invitati a recarsi nella sala grande per l'imminente inizio dell'asta.
"Tu sei pure all'asta Liam?" chiese Emily.
"E tu?" si informò lui senza risponderle.
"Sì. A quanto pare c'è gente che pagherebbe per passare un pomeriggio con me, quindi per beneficenza mi sto vendendo al miglior offerente. Non è squallido? Se non fosse per una buona causa!"
Un intero pomeriggio con lei, era questo che voleva quel ragazzo dunque, ed era disposto a pagare. Non importava, se Harry non voleva muovere un dito avrebbe pensato personalmente a Josh: sicuramente aveva molti più soldi lui di quel maniaco.
"Emily Davis? Mi scusi ma deve sistemarsi vicino al palco insieme agli altri premi all'asta. Dovrebbe anche lei signor Payne" spiegò gentilmente una valletta. 
"Sì, arrivo subito" la rassicurò lui dedicandole un sorriso smagliante.
Tralasciando che l'essere chiamata "premio" la infastidiva, Emily salutò Liam e seguì la ragazza.
L'attenzione del ragazzo venne allora colpita dalla mano di Zayn che gli faceva segno di sedersi al tavolo con lui e gli altri ragazzi. Si affrettò a raggiungerli e quando notò l'assenza di Harry chiese dove fosse.
"È andato in bagno" spiegò Louis.
"Ascoltatemi bene ragazzi, dobbiamo aiutare Emily".
 
Era l'unico rimasto in bagno, tutti gli altri si erano già radunati nella sala per l'asta.
Tirò la catenella e abbassò la maniglia della porta. Niente. Provò ancora. La porta rimase chiusa. Diede una spallata ma quella non si mosse di un centimetro.
"Ma che diamine...?"
"Non ti dispiacerà Styles, ho pensato avessi bisogno di un po' di tempo per pensare in pace e tranquillità, lontano da tutti...Emily compresa"
Passo qualche istante di silenzio incredulo prima che la voce ricevesse risposta. 
"Josh?" esclamò Harry col sangue alla testa.
"Esattamente! Pensavi non mi fossi accorto che c'hai spiato per tutto il tempo mentre parlavamo, io ed Emily, non è così?" lo canzonò rigirandosi la chiave tra le dita, dall'altra parte della porta.
"Sei un fottuto stronzo! Apri subito questa porta!" ringhiò Harry battendo violentemente i pugni contro il legno di quercia.
Dall'altro lato giunse una risata divertita.
"Meglio di no, mi sembri un po' nervoso. Però ti lascio la chiave qui sul lavandino. È a tua completa disposizione. Buona permanenza" si congedò col tono vellutato.
"Prega solo che non ti trovi in giro quando sarò riuscito ad uscire da qui!"
Le sue parole caddero nel vuoto, Josh era già uscito.
"Merda!" imprecò uscendo fuori il cellulare e componendo il numero di Louis.
Nessuna risposta.
Provò con Zayn, poi Liam e Niall.
Nulla.
"Che cazzo se lo portano a fare il cellulare?"
 
"Avete capito?" 
"Sì, nessun problema" risposero i tre ragazzi.
"Josh è quello lì per caso?" chiese Zayn indicando il ragazzo che era appena entrato nella sala.
Liam annuì.
"Ma dove si è cacciato Harry? È in bagno da un quarto d'ora" fece Niall.
"Bene, cari ospiti, è giunto il momento di dare inizio all'asta di beneficenza. Il primo oggetto all'asta è la celebre maglia numero 32 del qui presente David Beckham" principiò il banditore, un uomo grasso con un parrucchino in testa e il viso gioviale.
"Allora, io adesso devo andare lì insieme agli altri partecipanti. Conto su di voi!"
"Ehi, ti puoi fidare no? Ci teniamo tanto quanto te" lo tranquillizzò Louis mentre si allontanava.
"Non è disgustoso?" chiese Niall assottigliando lo sguardo in direzione di Josh, placidamente accomodato sulla sedia di velluto rosso di un tavolo poco distante.
"Fra poco si toglierà quel sorrisetto irritante dalla faccia, non dubitare" gli assicurò Zayn rivolgendo lo stesso sguardo sprezzante al ragazzo.
"Non capisco davvero che fine abbia fatto Harry" mormorò Louis uscendo il cellulare dalla tasca.
Non appena lesse il display fece tanto d'occhi.
"Diciassette chiamate perse!"
"Di Harry?"
"Sì, avevo il silenzioso e non me ne sono accorto" spiegò chiamando l'amico.
"Pronto, Harry? Sì lo so ma non avevo suoneria...cosa? Chiuso dove?...Ma come hai...? JOSH?...Ho capito, sto arrivando! Ah aspetta, in che piano sei? Harry? HARRY? Al diavolo, gli si è scaricata la batteria".
Luois gettò il cellulare sul tavolo e si alzò in fretta.
"Ma che è successo?" chiese Niall.
"Harry è bloccato in bagno, Josh lo ha chiuso dentro! Se continua così non arriverà a fine serata con tutte le ossa intere! Vado a recuperare Harry, anche se non so quanto ci metterò: questo posto è enorme"
"Tu vai, ci pensiamo noi qui"
"Oh attenzione, è il turno di Emily" avvertì Niall dando un colpetto a Zayn.
"Dunque, la base d'asta è di 1000£" annunciò il banditore
"1800£" 
"2000£"
"2500£" annunciò a gran voce Josh.
Emily sgranò impercettibilmente gli occhi, salvo avere un moto di gratitudine quando Zayn gridò:"3000£"
"3700£"
L'asta andò avanti per un po', con offerte da parte di diverse personalità, ma Josh continuava a rialzare.
"Ma che fa questo nella vita? Dove li troverà questi soldi?" imprecò Zayn.
"Non ti distrarre! 12.000£!" fece Niall a gran voce.
Il banditore gli rivolse uno sguardo soddisfatto:"12.000£ qualcuno offre di più?"
"14.000£" rialzò Josh dopo qualche istante di attesa.
"15.000" replicò Zayn alzandosi in piedi senza staccare gli occhi da Josh.
"15.500" continuò Josh alzandosi anche lui.
"18.000"
"20.000"
"23.000"
Il banditore guardava da una parte all'altra della sala il botta e risposta tra i due ragazzi, tesi come dei cani da caccia che puntano la preda.
"30.000" echeggiò poi la voce di Niall. 
Josh smise di fissare truce Zayn e guardò il biondo a bocca aperta: non poteva offrire di più.
"30.000 £, è la mia offerta!" ripeté il ragazzo mentre Louis ed Harry facevano il loro ingresso in sala.
"30.000 e uno, 30.000 e due, 30.000 e tre...aggiudicato al signor Horan!" esclamò il banditore tra gli applausi degli astanti.
Emily tirò un sospiro di sollievo, Zayn e Niall si scambiarono uno sguardo soddisfatto mentre Josh si abbandonava sulla sedia con espressione furente.
Un valletto si avvicinò al banditore, il quale con aria dispiaciuta richiamò l'attenzione:"Un momento, temo ci sia un intoppo"
In sala calò il silenzio.
"Gli One Direction stanno partecipando all'asta e anche se hanno scelto il signor Payne come rappresentante d'asta, risulta comunque l'intero gruppo partecipante all'iniziativa...stando così le cose, purtroppo l'offerta non può essere accettata, per cui il premio va al secondo miglior offerente, il signor Dunn" spiegò l'uomo battendo il martelletto.
"Cosa? Ma è assurdo!" protestò Niall.
Zayn si abbandonò sulla sedia portandosi le mani al volto, così come Liam.
"Cazzo!" sibilò tra i denti Louis.
Emily si sentì le ginocchia di gelatina; non era possibile, tutto quello non stava accadendo davvero, pensò mentre incontrava lo sguardo mellifluo di Josh, che si era alzato in piedi trionfante. La folla applaudì il nuovo vincitore mentre, per la prima volta dopo molto tempo, lo sguardo attonito di Emily e quello impenetrabile di Harry si incrociavano.
 
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Salve a tutti! 
So che molti spesso non leggono lo spazio dell'autore per varie motivazioni che non voglio giudicare e condannare in alcun modo; poi nel caso specifico quando le scrivo io, son pure lunghe quindi capisco che magari uno non ha voglia di  sciropparsi un'altra mezz'ora del mio sproloquio, per cui vado subito al punto: l'ultimo capitolo da me postato non ha avuto nessun commento e, benché il numero di visite sia stato elevato, sono diminuite rispetto ai capitoli precedenti. Ora, lungi da me voler raccattare recensioni per averne 3000, però se vedo che un capitolo ha tante visite ma nessuna recensione mi pongo qualche domanda: il capitolo è piaciuto/non è piaciuto/ha lasciato indifferenti? Gli utenti che hanno visitato hanno letto tutto il capitolo o sono passati di sfuggita e non ha destato interesse? Ecc. Ciò che voglio dire è: se la storia non interessa più, per favore, ditemelo in modo che non perda tempo con questa se nessuno la legge e mi dedichi ad un'altra. Io accetto tutti i tipi di recensione; potete anche scrivermi decine di commenti negativi con dei suggerimenti per migliorare la storia così mi aiutate. Non è necessario che tutti quelli che visitano lascino un commento, ma anche due-tre recensioni sarebbero indicative per orientarmi e capire se sto facendo bene o no. Grazie a tutti quelli che hanno perso ulteriore tempo a leggere anche questo spazio e ripeto: non ho scritto il messaggio per cercare di ottenere un maggior numero di commenti ma solo per capire come comportarmi. E' la mia prima esperienza in un sito di ff, quindi può anche darsi che mi stia "allarmando" per nulla, nel qual caso, fatemelo sapere sempre nei commenti per favore.

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Capitolo 21
*** Nebbia ***




Si sentiva la testa schiacciata in una pressa, le tempie pulsavano, il cervello sembrava avvolto da uno spesso strato di nebbia.
Aprì a fatica le palpebre e incontrò due occhi chiarissimi che la scrutavano.
"Dove sono?" biascicò con la lingua impastata.
"Nella mia camera d'albergo"
Cercò di mettersi seduta ma desistette dopo aver sentito una forte fitta alla testa. Si guardò intorno sperando che quell'ambiente le risultasse familiare.
"Che è successo? Non mi ricordo nulla" gemette portandosi una mano in fronte.
"Ci credo, stavi prosciugando tutte le riserve d'alcool del bar"
"Cosa?!" esclamò con la testa che doleva e la camera intorno a lei che girava lentamente.
L'unica cosa che era riuscita a mettere a fuoco era il ragazzo seduto accanto a lei che la fissava con uno sguardo tra il sollevato e l'amareggiato.
"Cosa stai cercando di dirmi Niall?"
"Che ti sei ubriacata Emi. Hai bevuto come una spugna accidenti a te!".
Aveva usato lo stesso tono che, ne era certa, avrebbe usato suo padre per rimproverarla dopo una bravata. Si mise a guardare il soffitto col volto teso: lei non si era mai ubriacata, mai, per cui doveva esserci un motivo se aveva deciso di mettersi a bere oltre il limite sostenibile dal suo fisico, consapevole che la mattina dopo si sarebbe svegliata con un mal di testa atroce e nessun ricordo di quello che era successo prima.
"Io ricordo solo la festa...ero con Liam, dovevamo andare all'asta...cosa è successo dopo?"
Niall sospirò.
"Vuoi sapere tutto?"
"Certo che voglio sapere tutto, Niall! Non mi ricordo più niente!" si lamentò mettendosi cautamente a sedere e appoggiando subito la testa alla testiera del letto.
"Tutto tutto?"
Emily sbarrò gli occhi.
"Santo cielo, non dirmi che ho combinato qualcosa di irreparabile, di cui potrei pentirmi o che non avrei mai fatto da sobria"
"Va bene, allora, ti ricordi com'è finita l'asta?"
Emily scosse la testa; Niall prese un lungo respiro e si preparò a raccontarle gli eventi di qualche ora prima.
 
Josh aveva vinto l'asta. Grazie ad un cavillo era riuscito a soffiare loro la vittoria dopo pochi secondi di dorata illusione. Avevano fallito, Emily sarebbe stata a sua disposizione per un intero pomeriggio. Non solo non pensavano fosse legale, dati i precedenti di Josh, ma era anche una questione di orgoglio: quello lì non poteva passarla liscia.
Mentre Zayn e Louis cercavano di trattenere Harry, posseduto da un forte moto di violenza nei confronti di Josh, Niall era subito corso alla ricerca di Emily, che dopo essere scesa dal palco con nonchalance, si era letteralmente volatilizzata dalla sala.
Aveva perlustrato la villa in lungo e in largo, e stava per ricominciare da capo tutto quanto, fino a che non vide una luce soffusa filtrare attraverso le tende di un separé.
Consapevole che avrebbe potuto cogliere una coppietta che aveva deciso di abbandonare l'asta per trovare un attimo di intimità, facendo così una delle più imbarazzanti figure della sua vita, decise di entrare.
Vide Emily seduta sul divanetto con sguardo vacuo, tanti bicchieri sul tavolino di fronte a lei e uno in mano quasi finito.
"Emily..."
La ragazza si voltò stancamente verso il nuovo ospite e gli rispose facendo roteare pigramente il contenuto del bicchiere:"Grazie Niall...so che avete fatto del vostro meglio". Sorrise debolmente.
"Emily vedrai...andrà tutto bene..."
"Davvero? Quindi il mio ex-ragazzo dopo avermi molestata non uscirà con me, non è vero? Ed Harry non mi odia più, non è così? Tornerà tutto esattamente come prima giusto?" incalzò agitandosi sempre di più. Fece una pausa guardando sconsolata il ragazzo prima di sbottare.
"Che stai dicendo Niall! Sono settimane che non va più tutto bene!" urlò lanciando il bicchiere ormai vuoto che si infranse contro la parete.
Il ragazzo si sedette e strinse a sé Emily ormai in lacrime.
"Faremo qualcosa, vedrai. Quello ti è saltato addosso, non può uscire con te come se nulla fosse. Non fare così per favore"
Cercava di tranquillizzarla in ogni modo, ma le sembrava troppo piccola e fragile in singhiozzi tra le sue braccia. Forse non era in grado di consolarla.
"Perché l'ha fatto Niall? Io non capisco...ha deciso di non vedermi più, di non parlarmi più...perché? Che senso ha? Io lo avrei sopportato se lui mi avesse offesa, avrebbe potuto dirmi qualunque cosa, ma perché chiudermi fuori dalla sua vita? Non lo sapeva quanto bisogno avevo di lui? Quanto ne ho? E invece ha dimenticato tutto, come se non fosse successo niente. Se tornassi indietro a quella notte non lo farei neanche entrare nella mia stanza...o forse lo bacerei, lo bacerei e basta per evitare tutto questo. Prima gli sarebbe importato qualcosa di difendermi da Josh, voleva picchiarlo quando lo ha visto, quando ha visto cosa mi aveva fatto...poco fa invece...mi ha guardata appena, Niall. Mi odia".
Era un fiume, un fiume in piena che non accennava a calmarsi. Non era un male, dopotutto, che piangesse e si sfogasse finalmente. Per quanto riguardava Josh, Niall non era tanto sicuro che Harry non lo avrebbe picchiato prima della fine della serata.

"Sei un lurido vigliacco!"
La voce di Harry echeggiò per il giardino della villa mentre si avvicinava a grandi passi al ragazzo intento a fumare una sigaretta.
Un sorriso mellifluo gli si dipinse in volto.
"Ce l'hai fatta ad uscire. Spero tu non sia perso lo spettacolo" disse soffiando fumo denso dalla bocca mentre l'altro ragazzo gli si piantava davanti.
"Aggiornati Josh, io ed Emily non ci vediamo più"
"Vuoi farmi credere che non ti piace?". Alzò un sopracciglio scettico.
"Naturale" replicò inflessibile.
Il ragazzo scoppiò in una sonora risata.
"Suona un po' come la volpe con l'uva. Che è successo? Ti ha rifiutato?"
"Per rifiutare qualcosa bisognerebbe prima che sia stata fatta un'offerta"
Josh squadrò Harry da capo a piedi con aria seria, gli occhi ridotti a due fessure.
"Bè, vorrà dire che non soffrirai quando tornerò con lei" cominciò spirando altro fumo.
"Ragiona: l'ho fatta innamorare di me una volta, ci sto un secondo a riprendermela. Io la conosco, so benissimo com'è fatta, e puoi stare certo che sarà mia. Completamente!" sussurrò con voce vellutata.
"Puoi fare quello che vuoi" gli assicurò Harry gelido.
Il ragazzo sorrise cattivo.
"Sei un pessimo bugiardo. Vuoi dirmi che se avessi la possibilità non te la scoperesti? Ho visto come la guardavi a Natale e si vedeva lontano un miglio che morivi dalla voglia di farlo" gli soffiò a pochi centimetri dal volto.
"Io la riavrò Harry, presto o tardi accadrà e tu...tu non potrai farci niente. E se quello che dici è vero, che non vi vedete più, bè tanto meglio. La dolce Emily sarà a pezzi e bisognosa di affetto non credi? Ed è proprio una fortuna che qui ci sia io, pronto a..."
"Non sono venuto fuori per parlare di Emily, Josh!" lo interruppe brusco Harry con la mascella contratta.
Il ragazzo alzò un sopracciglio sorpreso.
"Ah no?"
"No, sono venuto a restituirti il favore"
Josh lo fissò in tralice prima di perdere i sensi per il colpo che ricevette in testa.

"Hai visto Harry?" chiese Louis trafelato arrivando di corsa.
"No, l'ho perso. Che diamine! Se quello trova Josh lo ammazza" imprecò Zayn.
"Anche Niall ed Emily sono spariti" li informò Liam arrivando nell'anticamera.
"Ma che fanno? Giocano allegramente a nascondino?". Louis sbuffò cercando di riordinare le idee.
"Ok, controlliamo il giardino. Dovranno pur essere da qualche parte"

Ghignò soddisfatto. Quel bastardo viziato se lo meritava proprio; anzi, era anche stato troppo tenero con lui, ma non poteva permettersi di perdere troppo tempo. Imboccò una scala per il piano superiore. Si accorse che i corridoi di quell'area erano scarsamente illuminati; forse quella zona non era stata adibita agli ospiti, ma poco importava.
Aveva bisogno di fare qualcosa per non pensare, nonostante ogni suo sforzo sembrasse vano e la mente andasse automaticamente ad Emily. Sapeva che non avrebbe potuto fare niente per lei, era a conoscenza che ogni sforzo suo o dei ragazzi sarebbe stato vano: aveva letto bene il regolamento e la mente gli aveva subito ricordato quella postilla quando aveva visto Josh.
Non sapeva più bene quali fossero i suoi sentimenti per Emily.
Prima di quella sera aveva finalmente raggiunto l'apatia più totale: non l'aveva salutata quando era partita per l'Europa e aveva provato una soddisfazione sottile nel constatare l'espressione delusa che le si era dipinta in volto; nonostante ciò non aveva potuto ignorare l'amaro in bocca mentre si richiudeva la porta della stanza alle spalle, consapevole che non l'avrebbe rivista per molto tempo; era rimasto sorpreso che non avesse neanche cercato di salutarlo quella sera; si era detto che probabilmente si era stancata di cercare di rimediare a quella situazione così assurda. Sicuramente se lui non l'avesse baciata la sera di pochi mesi prima, avrebbero continuato ad essere i buoni amici di sempre, ma sarebbe davvero servito quando lui provava ben altro per lei? Si poteva essere degli amici totalmente leali e sinceri nascondendo qualcosa di così grande? L'aveva baciata per questo (e anche perché aveva voglia di farlo) e lei aveva reagito nel modo peggiore che potesse immaginare. Si era costretto a non pensare a lei per diverso tempo e il suo piano stava anche funzionando, prima di quella sera.
L'aveva guardato.
Emily l'aveva guardato negli occhi mentre il martelletto batteva sul tavolo aggiudicandola a Josh. Era stato uno sguardo breve, fuggevole e non sapeva bene neanche lui cosa vi avesse letto di preciso (angoscia, rassegnazione, astio nei suoi confronti?), ma era rimasto fregato. Dopo tutto il tempo che gli ci era voluto per farla uscire dalla sua testa, quegli occhi lo avrebbero perseguitato per giorni, pronti a scrutarlo ogni qual volta si fosse apprestato a dormire.
Si stropicciò un occhio per smettere di pensare e la sua attenzione venne attirata da una luce rossastra che illuminava cupamente il corridoio alla sua sinistra. Imboccò quella strada e sentì le voci di due persone provenire dalla stanza rossa. Si avvicinò, spinto da un'inspiegabile curiosità e senza rendersene conto entrò nella stanza con passo felpato.
Ciò che vide gli mozzò il fiato in gola.
Niall ed Emily si stavano baciando sul divanetto.
Gli ci volle qualche istante prima di accettare la realtà dei fatti, proprio mentre Niall allontanava dolcemente da sé la ragazza mormorando il suo nome.
Emily guardò prima Niall, poi si accorse di Harry e spalancò gli occhi portandosi una mano alla bocca; Niall si voltò corrugando la fronte stranito dal gesto della ragazza.
Quando incontrò lo sguardo gelido di Harry si sentì morire.
"Continuate pure. Siete perfetti insieme, una coppia di bastardi traditori!" sibilò crudo prima di voltare loro le spalle.
"Harry aspetta!" urlò Niall alzandosi in fretta.
Ma il ragazzo era già sparito, inghiottito dall'oscurità del corridoio.

 

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