Sangue di Divergente.

di Hollister
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti odio. ***
Capitolo 2: *** Scontro. ***
Capitolo 3: *** Ring. ***
Capitolo 4: *** Barriera. ***
Capitolo 5: *** Mai più. ***
Capitolo 6: *** Vendetta. ***
Capitolo 7: *** Sentimenti. ***
Capitolo 8: *** Scoperta. ***
Capitolo 9: *** Delusione. ***
Capitolo 10: *** Sophie. ***
Capitolo 11: *** Promessa. ***
Capitolo 12: *** Troppo forte. ***
Capitolo 13: *** Vita. ***
Capitolo 14: *** Peso. ***
Capitolo 15: *** Ribelle. ***



Capitolo 1
*** Ti odio. ***


I hate you.
Prologo.





I figli di Intrepidi erano speciali da tutti gli altri: amavano il pericolo, le cose che nessuno era disposto a fare.
Il loro animo era un concentrato di coraggio ed avventura; erano sempre pronti a rischiare e a mettersi in gioco.
Uno di quei bambini era Lexis, soprannominata Lex o “La Bianca”, o “l’Albina”.
I suoi capelli erano stranamente bianchi, nessuno sapeva il motivo, anche perché i suoi genitori avevano entrambi i capelli rossicci e gli occhi di un verde scuro.
Lei invece era così: capelli bianchissimi e a caschetto, gli occhi troppo scuri.
Alcuni bambini stavano lontani da lei, anche se era figlia di Intrepidi. Ma gli altri, quelli che andavano oltre le apparenze, l’accoglievano e la facevano sentire normale.
Anche perché lei non aveva niente di sbagliato, solo era diversa per il suo strano aspetto.
Ma anche se era diversa, aveva lo stesso coraggio di una vera Intrepida.

 
**
 
Correvo in testa alla folla nera di Intrepidi, che era appena uscita dal Palazzo dove si svolgeva la Scelta.
Al mio fianco, c’era il mio migliore amico Quentin, figlio di Intrepidi, come me. La nostra Scelta era stata abbastanza facile: nessun dubbio, Intrepidi.
Aveva i capelli rosso fuoco, gli occhi di un azzurro profondo e la pelle chiara ricoperta di lentiggini.
Tra gli Intrepidi, era forse l’unico che mi ha sempre accettato per il mio strano aspetto: infatti, avevo i capelli bianchi e gli occhi scurissimi, ed ero considerata quasi un essere inferiore a tutti gli altri.
Ma in fondo, non ero poi così diversa.
Ero cresciuta tra tante critiche, che non avevo mai saputo accettare, ma solo incassare duramente: dovevo ancora riscattare la mia rivincita. E volevo diventare una delle Intrepide più Intrepide del Pozzo. Era il mio sogno.
Mentre correvamo in fila indiana lungo le rotaie, sentii il treno fischiare non appena mi passò di fianco. Senza pensare, saltai con un balzo felino e afferrai una maniglia, aprendo una delle porte del treno.
Entrai e tirai un sospiro di sollievo. Subito dopo, Quentin entrò nel treno e sorrise, dandomi un bacio sulla guancia.
Mi appoggiai contro alla parete, mentre tutti gli altri salivano, e tirai un sospiro.
Il treno era pieno di colori: vestiti arancioni dei Pacifici, alcuni blu - azzurri di Eruditi e c’era anche qualche Abnegante. Ma gli Intrepidi erano in molti di più, e pensare che anche quegli altri colori sarebbero stati inghiottiti dal nero delle divise da Intrepido.
Sorrisi a Quentin, che si era messo di fianco a me.
 
“Pensi che sarà Quattro ad accoglierci?”, domandai, mentre notai una Trasfazione fissarmi con timore. Era una ragazzina bassa, con i capelli chiari raccolti in una coda di cavallo, gli occhi verdissimi, Abnegante.
“Penso ci sia Eric, adora spaventare i Trasfazione con i suoi modi da burbero idiota”, sibilò Quentin, scuotendo la testa di capelli rossi.
Risi di gusto, mentre quella ragazza mi mangiava con gli occhi. La cosa mi stava mettendo a disagio.
Ad un certo punto, si avvicinò, timorosa, e mi tese la mano.
“Mi chiamo Sophie”, disse, senza guardarmi negli occhi.
Le strinsi piano la mano. “Io sono Lex, e questo è Quentin”.
Lei alzò lo sguardo e sorrise. “Siete figli di Intrepidi?”.
“Già, fico eh?”, commentò il mio migliore amico con una risata.
 
Il treno ebbe uno scossone.
Era il momento di scendere. Vidi una figura alta e possente, sopra il terrazzo di una casa abbandonata. Aveva i capelli a spazzola, biondi, gli occhi d’acciaio, la postura fin troppo rigida, con le gambe leggermente divaricate, le mani dietro la schiena e lo sguardo curioso ma altrettanto severo. Fissava il treno.
Senza troppi dubbi o pensieri, saltai giù dal treno, con le ginocchia al petto, facendo una capriola in aria e atterrando perfettamente in piedi.
Lo sguardo del tremendo Capofazione prima si posò sui miei capelli, poi sui miei occhi.
Mi incenerì, poiché decisi di sostenere il suo sguardo duro, ma non mi feci intimorire. Avrei voluto tanto sputargli in faccia, odiavo Eric e la sua stupida postura, la sua stupida faccia, la sua stupida arroganza.
Quentin mi posò una mano sulla spalla e mi costrinse a voltarmi verso di lui, per tranquillizzarmi.
Sapeva che detestavo il Capofazione Eric, e mi capiva perfettamente. La voce dell’uomo tuonò tra la folla, non appena tutti furono scesi dal treno. Sophie ci raggiunse poco dopo, con il fiatone e il viso rosso.
 
“Alcuni di voi mi conosceranno sicuramente”, disse, la voce aspra e durissima. “Forza, non perdete inutile tempo o vi butto giù uno ad uno”, aggiunse, con un tono beffardo nella voce.
 
Mi guardò, socchiudendo gli occhi. “Tu, con i capelli bianchi, salti per prima!”.
“Cosa?”, feci io, la voce un po’ troppo alterata.
“Hai sentito bene, non fare storie”, rispose lui, gli occhi infuocati di rabbia.
“E’ un obbligo, Eric?”, sibilai, le braccia incrociate al petto.
 
Quentin mi sussurrò qualcosa all’orecchio, ma non gli diedi ascolto. Vidi solamente lo sguardo di Eric diventare sempre più furioso.
Avevo già dato fin troppo fastidio al toro, ma la cosa mi divertiva. Così, mi avvicinai al cornicione, ma quando lo feci, il Capofazione mi prese per un braccio e lo strinse forte.
 
“Se mi rispondi ancora in questo modo, sarai la prima a finire tra gli Esclusi, capito?”.
 
Il suo respiro mi solletica il collo, mentre il suo odore da uomo mi entra nelle narici. Mi libero dalla sua stretta e mi lascia andare senza troppe storie.
Tutti gli altri mi guardano sbalorditi, cercando di non far cadere la mandibola per la sorpresa. Salii sul cornicione, restando perfettamente in equilibrio, guardando la voragine nera che mi attendeva.
Saltai giù, con un sospiro.
In quei pochi secondi, raggomitolata e troppo furiosa per ragionare, pensai alla stupidità di Eric. Si credeva chissà chi solo per il posto che aveva tra gli Intrepidi.
Avvolta da mille pensieri, rimbalzai su qualcosa, e aprii gli occhi, che fino a quel momento erano rimasta serrati.
Una mano calda prese la mia, e mi fece scendere subito.
Era grande e callosa, ma appena incontrai due occhi blu, rimasi leggermente spaesata.
Era un ragazzo, col fisico muscoloso e la pelle leggermente abbronzata; i capelli corti e castani. Ma la cosa che mi stupì di più, è che  non aveva nessun piercing sulla faccia, come Eric.
Non incuteva timore, aveva l’aria amichevole.
Era sempre lo stesso Quattro.
 
“Qual è il tuo nome”, chiese, con una mezza risata, anche se mi conosceva benissimo.
“Lex”, risposi, tra le risate.
“Benvenuta!”, esclamò, dandomi un abbraccio.
 
Poco dopo, sentimmo un urlo e ci voltammo: Quentin era appena atterrato sulla rete e guardava il pezzo di cielo visibile dal buco.
 
“Scendi, idiota”, dissi, con un sorriso.
 
Il ragazzo scese, salutando Quattro che ancora rideva.
 
“Sembravi una femminuccia”, sbottai, mentre Quattro gridava il mio nome.
 
“PRIMA A SALTARE, LEX!”.






**

Salve a tutte le creaturine che hanno guardato la mia storia!
Come avrete potuto capire dalla lettura, Lex è figlia di Intrepidi, e come si sa, i figli di Intrepidi saranno addestrati a parte, ma questo lo scoprirete più avanti (infatti, la storia ha la nota dei Missig Moments, ma ok, lol).
Vabbé, io faccio schifo con le presentazioni, quindi dico solo il mio nome: per tutte/i voi, sarò Lex  *^*, ma non è il mio vero nome sia chiaro.
Ok, sparisco bleah, mi faccio schifo dio.
comunque, spero che questo prologo sia di vostro gradimento, e ci terrei se mi diceste la vostra opinione su questo misero inizio, e mi scuso se il prologo è corto, ma non volevo raccontare tutto all'inizio (cosa che faccio sempre, ouo).
Ok, vi lascio, ci sentiamo al prossimo capitolo bellezze.

Se volete consigliarmi o linkarmi le vostre storie, sarei più che felice di leggere e di recensire, poiché non trovo molte storie che mi piacciono, quindi, fatevi avanti!

La vostra,

-Lexis.



 

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Capitolo 2
*** Scontro. ***


Scontro.
Capitolo uno.






Appena tutti gli Iniziati fecero il loro salto nel vuoto, Eric balzò giù come una meteora, compiendo due capriole e cadendo di schiena, si diede la spinta necessaria per atterrare fuori dalla rete, perfettamente in piedi.
Quattro s’irrigidì immediatamente, come se fosse vicino ad un mostro a dieci teste.
 
A quanto pare, anche lui non prova una certa simpatia per Eric.
 
Il tremendo Capofazione, ci guardò tutti uno ad uno, soffermandosi su di me con uno sguardo maligno. Ricambiai l’occhiataccia, vidi le sue labbra quasi incresparsi in un sorriso beffardo, ma subito dopo, ecco di nuovo la sua espressione indecifrabile.
 
“Quattro sarà il vostro Istruttore, o almeno per i Trasfazione, mentre gli Interni li allenerò io”, disse, con la voce tonante e autoritaria.
 
Rabbrividii. Quindi sarebbe stato lui fin da subito a linciarmi con i suoi sguardi da spaventoso Capofazione. Sarebbe stato lui a vedermi morire sotto i colpi di qualche altre Interno.
Guardai Quentin, che aveva la bocca serrata in una linea dura. Sapevo cosa stava pensando. Avere Eric come insegnante non era di certo una cosa facile, dovevi ucciderti per farti notare da lui.
 
“Intanto vi facciamo fare un giretto”, aggiunse, cominciando a camminare lungo il tunnel buio.
 
Lo seguimmo, e dopo pochi minuti, raggiungiamo il Pozzo.
Era sempre stata la mia ‘casa’, adoravo girovagare libera in quel luogo. Mi conoscevano tutti, ero come una specie di attrazione da circo.
Il Pozzo, era una specie di grotta scavata nella roccia: sulle pareti erano stati fatti dei larghi fori per ospitare negozi e appartamenti.
Le piccole caverne secondarie comunicavano tra loro mediante degli stretti passaggi scolpiti nella pietra, ma senza protezioni.
In ogni angolo del Pozzo, le persone parlano, ridono, scherzando e corrono. Era una sensazione bellissima quella della libertà, che pochi conoscevano. Non potevo immaginare di stare ferma e composta tra gli Eruditi, era una cosa impossibile.
Tra i Trasfazione, noto Sophie parlare e ridere a bassa voce con un’altra ragazza dai capelli corvini e abbastanza alta, anche lei una Trasfazione. Aveva gli abiti di un’Erudita, e il suo sguardo aveva un cipiglio di chi ne sa tanto, forse troppo.
Quentin sbadigliò, io e lui conoscevamo questo posto come le nostre tasche.
Eric tirò un calcio ad una porta di metallo, che si aprì con un sordo cigolio, e la tenne aperta per farci entrare.
 
“Muovetevi a gettare i vostri abiti nell’inceneritore, non voglio sentire lamenti!”, esclamò, irritato.
 
Tutti si svestirono, ma mentre stavo per gettare i miei abiti da Intrepida, vidi Sophie, tre ragazze più avanti quasi piangere.
Eric le teneva un braccio stretto e le indicava il bracciale d’oro che aveva attorno al polso.
Il viso della ragazza era sconcertato e pieno di tristezza.
Mi avvicinai, senza vergognarmi di essere solo con l’intimo addosso, e posai una mano sulla spalla della ragazza.
Poi, guardai il Capofazione in cagnesco.
 
“E’ un braccialetto, magari anche importante, ti costa tanto lasciarle un gioiello?”, sibilai, guardandolo negli occhi d’acciaio.
“E’ la tradizione, non ammetto cambiamenti. Se getterà via il braccialetto sarà una vera Intrepida”, rispose, la voce furiosa.
 
Stavo per ribattere, ma Sophie mi fermò e si sfilò il braccialetto dal polso, per poi buttarlo nell’inceneritore.
La guardai con sorpresa, mentre se ne andava, con i lacrimoni pronti a bagnare il suo viso. Guardai un’ultima volta Eric, schifata, per poi raggiungere Sophie, che cercava di trattenere i singhiozzi.
 
“Mi dispiace, avrei dovuto…”, non mi lasciò finire la frase, sorridendo.
“Non importa Lex, ha ragione il Capofazione!”, sibilò lei, indossando dei pantaloni neri e lucidi. “Fa parte della tradizione, io voglio essere un’Intrepida, e perdere uno stupido braccialetto è solo un piccolo prezzo da pagare”.
I suoi occhi dicevano tutt’altro, ma la sua bocca sembrava parlare a vanvera.
La guardai per un attimo ancora, poi abbassai lo sguardo, sentendomi in colpa. Anche questa, Eric l’avrebbe pagata, senz’altro.
Quentin ci raggiunse, arrivò anche la ragazza dai capelli corvini, Erudita, che ci sorrise apertamente.
Mentre infilavo una maglietta aderente, i pantaloni elasticizzati e gli stivali, tutto rigorosamente nero, sentii una mano stringermi leggermente una spalla.
 
“Sei stata grande”, due occhioni di un blu intenso mi lasciarono spiazzata. La ragazza Erudita mi sorrise. “Mi chiamo Amelie, e tu devi essere per forza la famosa Lex”.
 
Disse il mio nome con ammirazione, guardandomi incantata.
 
“Già”, risposi, finendo di mettermi le scarpe. “Piacere di conoscerti”.
 
Quentin mi guardò e sorrise. “Adesso che abbiamo abbandonato i vecchi vestiti, mi sento una persona nuova”.
 
O forse un vero Intrepido, pensai ironica.
 
Ci dirigemmo tutti verso la mensa, ma appena entrammo, gli Intrepidi dentro alla stanza cominciarono a fare un fracasso infernale, sbattendo i pugni contro ai tavoli, urlando e scalciando come delle bestie imbizzarrite.
Mi sentii parte di loro, così insieme a Quentin e al resto del gruppo di Iniziati, urlammo e saltellammo un po’ dappertutto.
Ma appena sentii un grido d’ordine simile ad un tuono, la mensa si zittì all’instante, sotto gli occhi di ghiaccio del Capofazione Eric.
Ci guardò, - o almeno, guardava me come se volesse uccidermi – e questo bastò per far tornare tutto alla normalità.
Io, Quentin, Sophie ed Amelie ci sedemmo ad un tavolo, dopo aver preso un po’ di cibo. Tutti erano parecchio emozionati per un cambiamento del genere, e il cibo faticava a scendere lungo la gola.
Stava per cominciare il discorso di uno dei Capofazione, ma non avevo intenzione di ascoltare: alcuni Intrepidi mi avevano spifferato tutto, dicevano sempre lo stesso discorso, ogni anno.
Mi alzai dal tavolo, prendendo la mia mela e uscii di fretta dalla mensa. Nessuno mi notò, a parte il gruppetto di amici che avevo lì dentro, che mi fissarono.
Appena vidi il Pozzo, tirai un sospiro di sollievo. Era come tornare bambina.
 
Le urla mentre si correva per le stradine e i tunnel bui senza sapere dove andare.
Le risate di quando si faceva cadere qualche carretto pieno di frutta, i nascondigli preferiti di quando si giocava a ‘TROVAMI!”.
 
La mia mente era affollata di ricordi, che non mi accorsi nemmeno dei passi pesanti di qualcuno.
 
“Ti sembra il modo di uscire prima di un discorso importante?”, sibilò una voce fredda, facendomi voltare di scatto.
Vidi Eric, i suoi lineamenti contratti.
“Se pensi che un discorso lungo tre ore sia minimamente interessante, allora non capisco cosa tu abbia in quella testa”, risposi io, mentre in uno scatto il Capofazione mi prendeva per un braccio e me lo contorceva dietro la schiena.
Nessun gemito di dolore mi uscì dalle labbra; invece mi divincolai con agilità e lo guardai con aggressività. In qualche modo, il suo sguardo era terribilmente divertito, stava per scoppiare a ridere.
Io invece, non ci trovavo niente di divertente.
 
“Che vuoi?”, sbottai acida.
“Senti mocciosa, non riferirti a me in questo modo, il tuo futuro dipende da un mio giudizio”.
 
Mi ero dimenticata che avrebbe condotto lui gli allenamenti degli interni. Avevo già rischiato, tanto vale finire in bellezza.
 
“Se credi di spaventarmi, non ci stai riuscendo”, sibilai in risposta, mentre Eric si passava una mano tra i capelli perfettamente in ordine.
“Avresti dovuto scegliere i Candidi, la tua boccaccia è peggio di una fogna”, replicò lui, guardandomi in cagnesco.
La conversazione stava prendendo una piega quasi comica.
“Ah sì? Beh, invece sono un’Intrepida da sempre, quindi sarà difficile spezzarmi, caro Eric”.
Pronunciai il suo nome con disgusto, mentre i suoi occhi di acciaio mi trapassavano l’anima.
“Penso invece di riuscirci in pochissimo tempo”, ribatté, incrociando le braccia, le gambe leggermente divaricate, lo sguardo duro e severo.
Soffocai una risata e scossi la testa. “Fai come credi”, risposi io, passandogli di fianco, sfiorando la sua spalla possente.





**

Buongiorno a tutte le mie lettrici, spero che il primo capitolo non vi abbia deluso.
Come al solito, ringrazio le persone che hanno recensito il prologo (*^*), e come al solito, vi chiedo di linkarmi le vostre storie, che leggerò con piacere.
Intanto vi chiedo di leggere 'The Reason to Fight' di Kaimy_11 , è davvero una storia bellissima, l'adoro!
Come sapete domani si torna a scuola D:
Quindi a presto! Buon ritorno alla prigionia e miraccomando fate le brave (ouo).
Ciao ^^

-LEX.

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Capitolo 3
*** Ring. ***


Ring.
Capitolo due.






Il giorno dopo, mi alzai, la sveglia che trillava entusiasta, confondendomi le idee.
Le coperte erano calde, mi dispiaceva lasciarle. Mi alzai, piano e indolenzita, con ancora l’amaro in bocca per la litigata con l’assurdo e idiota Capofazione. Non sapevo perché, ma la sua presenza m’irritava l’esistenza.
Mi vestii, indossando la divisa e intanto diedi uno scossone a Quentin, che si svegliò all’improvviso. Doveva essere ancora nel mondo dei sogni, poiché i suoi occhi non inquadravano bene la mia figura. Svegliai anche gli altri Interni, che mi guardarono confusi e con un misto di rabbia, che però ignorai totalmente, dirigendomi verso il dormitorio di Sophie.
Esterni ed interni avevano dormitori diversi, il suo era molto meno carino del nostro, ma a me non importava nulla.
La ragazza si stava già vestendo insieme ad Amelie, che mi sorrise, contenta.
 
“Buongiorno!”, disse, abbracciandomi.
 
Ancora non ero abituata a tutta quella premura dell’Erudita, che sarebbe andata bene ad un’Abnegante. Le sorrisi, leggermente timida, e mi legai i capelli dietro alla nuca in un cipollotto disordinato.
 
“Pronte per la palestra?”, esordii dando una leggera spintonata di risveglio a Sophie, che grugnì stanca, infilandosi i pantaloni della divisa da Intrepida.
“Ti prego, non parlarmi di allenamenti, sono esausta!”, rispose lei, sbuffando.
“Solo perché non riuscivi a trovare una posizione comoda…”, borbottò Amelie, divertita.
 
Alzai gli occhi al cielo, e andai verso la palestra dei Trasfazione, seguita dalle due.
Le lasciai lì, e mi diressi verso la palestra degli interni, molto più spaziosa. Come al solito, gli esterni avevano il punteggio diviso dal nostro, e anche se la cosa mi sembrava ingiusta, non potevo farci niente.
Entrai con disinvoltura, notando di essere la prima. C’erano due telecamere sulle entrate, che giravano ogni trenta secondi per controllare l’intera palestra. Mi sedetti su un tavolino, e mi accorsi solo dopo della presenza del mio Capofazione preferito.
Stava mettendo a posto dei coltelli da tiro, ma non sembrava che la mia presenza lo infastidisse più di tanto.
Più lo guardavo, più il disgusto mi saliva alla bocca, sigillando la mia gola. Più lo guardavo, più mi convincevo che l’Intrepido che avevo davanti non era umano.
Alzò lo sguardo di ghiaccio su di me, con un lieve cipiglio di severità mi inchiodò su quel tavolo.
 
“Perché gli altri ci mettono così tanto?”, disse, soppesando tra le mani uno dei coltelli.
Se avesse voluto, avrebbe potuto colpirmi, magari uccidermi in quel preciso momento. Ma come tutti gli altri coltelli, lo mise in fila su un tavolino.
“Cosa ne so, erano tutti ancora a dormire meno di cinque minuti fa. Forse sono ancora sotto la doccia”, risposi, la voce completamente neutra.
Il Capofazione finì di sistemare i coltelli e mi guardò di nuovo, questa volta i suoi occhi erano totalmente senza emozioni, quasi vuoti. Poi, fece una specie di sorriso beffardo e soffocò una risatina.
“Quest’anno hai in mente di ucciderci tutti, con quei coltelli?”, domandai, scendendo dal tavolino e raggiungendo Eric, che rimase leggermente sorpreso dalla mia audacia a parlare con uno come lui.
“L’idea mi è passata per la mente, ma poi non ci sarebbe divertimento nel vedervi mentre vi distruggete per uno stupido punteggio”.
“L’hai chiamato stupido pure tu, quindi dov’è il senso?”.
La sua bocca diventò una linea dura e serrata. “Tu credi di essere un’Intrepida, ma ancora non lo sei”.
La sua frase mi ferì più del dovuto. Assottigliai lo sguardo, afferrai un coltello, osservando la lama fin troppo affilata. Mi voltai di scatto, fissando i bersagli. Con un gesto, lanciai il coltello dritto nel centro di uno delle sagome, poi mi voltai a guardare il viso di Eric, che non mostrava nessuna emozione.
 
“No, non lo sono, a quanto pare”, dissi, ironica, allontanandomi dal tavolo dove il Capofazione mi fissava ancora.
 
Un frastuono mi giunse alle orecchie, e vidi Quentin entrare in palestra, inseguito dagli altri interni. C’era solo una ragazza, mentre tutti gli altri erano maschi, che conoscevo anche fin troppo bene.
Uno di loro, mi mise un braccio attorno alle spalle e si avvicinò pericolosamente al mio viso. I nostri nasi quasi si sfioravano.
 
“Ma guarda, la nostra Albina”, mi alitò Richard, lasciandomi andare con una leggera spinta.
I suoi occhi divertiti mi fecero infuriare ancora di più, quando mi canzonò davanti a tutti fu la goccia che fece traboccare il vaso.
 
La mia mano si chiuse istintivamente in un pugno, che andò dritto sul naso del ragazzo, ormai steso a terra, fin troppo dolorante per un semplice pugno sul naso. Mi guardò in cagnesco, tenendosi le mani sul viso ormai violaceo, soffocando un gemito.
 
“Alzati, non fare la femminuccia e comportati da vero Intrepido!”, tuonò Eric, raggiungendoci.
 
L’occhiata che mi riservò fu un misto tra rispetto e divertimento, la cosa mi fece quasi sorridere. Quentin mi diede una pacca sulla spalla.
 
“La prossima volta lo facciamo fuori”, mi sussurrò all’orecchio.
“Cazzo, me la pagherai, razza di stronza!”, urlò Richard, alzandosi in piedi e venendo verso di me con fare minaccioso.
 
Il mio migliore amico mi si parò immediatamente davanti, trattenendolo per le spalle.
 
“Te lo sei meritato! La prossima volta pensaci bene di prenderla in giro, o te la vedrai pure con me”, gli sibilò, la voce decisa e terribilmente dura.
Richard si dimenò dalle sue braccia e mi guardò un’ultima volta, per poi uscire dalla palestra, il passo pesante e deciso.
 
L’unica ragazza tra gli interni a parte me, mi si avvicinò. I suoi capelli rossi ondeggiavano sulla sua schiena, gli occhi verdi scrutarmi con un’occhiataccia.
 
“Non toccare mai più il mio fidanzato”, sibilò, passandomi di fianco, i suoi occhi puntati sui miei.
“E chi te lo tocca lo stronzetto”, risposi acida, sotto lo sguardo incredulo degli altri.
“Vogliamo iniziare la giornata salendo sul ring? Forza ragazze, aprite le danze”, disse Eric, il tono malefico e un sorriso beffardo illuminargli il viso arguto e crudele.
 
Mi diressi verso il ring con sicurezza, guardando la mia rivale, che si toglieva i pantaloni aderenti davanti a tutti.
Mostrò il suo bel completino in pizzo rosso, con un sorrisetto da cagna stampato sul visetto d’angelo.
La guardai schifata, mentre mi toglievo la giacca aderente, rimanendo in maglietta a maniche corte.
Non mi sarei di certo messa in mutandine per fare spettacolino. Quentin mi lanciò un’occhiata decisiva, che mi rassicurò ulteriormente. Se questa ragazza aveva da mostrare solo il suo corpo, avrei sicuramente vinto senza problemi.
 
“Cos’è, hai paura di mostrare le tue cosce grosse?”, mi stuzzicò Claire, muovendo la sua chioma di capelli rossi e togliendosi anche la giacchetta, rimanendo completamente in intimo davanti a tutta la palestra.
“No, solo che non faccio la cagna come fai tu”, le risposi con un sorrisetto.
 
Mi incenerì con lo sguardo, ma tenni la testa alta, pronta a colpire. Ovviamente, la prima che attaccò, fu lei, con un colpo basso, che fermai prontamente, tirandole un pugno in pieno stomaco e stendendola.
Le fui sopra in un attimo, mentre vedevo la sua espressione cambiare di continuo: terrorizzata, schifata, dolorante.
La situazione si capovolse: ora era lei sopra di me, mi tirava i capelli e ricevetti un pugno sul labbro.
Al gusto del sangue, m’infuriai ancora di più, la spinsi via con un calcio e mi rialzai, per poi tirarla per i capelli infuocati e sbatterla fuori dal ring. Claire si alzò, guardandomi in cagnesco, il viso ormai pieno di lividi.
Avrei voluto darle il colpo di grazia, ma Eric cominciò a battere le mani, divertito.
 
“Avete dato uno spettacolo grandioso, complimenti! Varrà nel vostro punteggio, ovviamente…”.
 
Il suo sguardo era compiaciuto, ma non avevo bisogno del suo giudizio per essere una vera Intrepida.
Presi la mia giacca e la indossai, mentre Claire ritornava sul ring, lo sguardo inceneritore.
Quentin mi fissava con ammirazione, come il resto degli altri. Ma ugualmente, non mi sentivo né forte, né felice per me stessa.
Mi sentivo quasi senza emozioni; avevo vinto uno scontro piuttosto stupido per una causa stupida, non mi sentivo granché in realtà.
 
“Hei, sei piuttosto pallida”, disse Quentin, mettendo una mano sulla mia spalla, come per sorreggermi.
 
In effetti, la testa mi girava, vedevo la palestra allontanarsi e avvicinarsi pericolosamente, poi il buio mi avvolse.

**

Buonsalve a tutte creaturine mie, oggi ho aggiornato soltanto per voi!
Non avevo nulla da fare, quindi perché non rendere felici qualche buon'anima?
Ok, spero che siate rimaste sconcertate per questo capitolo, ma stasera ero aggressiva e soprattuto arrabbiata, quindi ho deciso di dare libero sfogo alla mia rabbia :33
Benissimo, come al solito, vi chiedo di linkarmi le vostre storie, che sono più che felice di leggere.
Vi chiedo ancora una cosuccina: ditemi la vostra opinione, accetto le critiche, qualsiasi cosa, basta che mi dite se vi piace o no.
Colgo l'occasione per abbracciarvi tutte strette strette, come fanno Quentin e Lex, awww *^*
Ok, buonanotte a tutte. A presto!


-Lex.



 

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Capitolo 4
*** Barriera. ***


Image and video hosting by TinyPic Barriera.
Capitolo tre.







Mi risvegliai, la testa che girava mortalmente. Mi sembrava di stare sulle montagne russe.
Mi toccai il capo e mi guardai attorno, confusa, alzandomi dal lettino.
Ero in infermeria. Solo dopo qualche minuto, capii che dopo il combattimento era svenuta tra le braccia di Quentin.
Cosa cavol…
Non riuscii neanche a finire il mio pensiero, che una mano mi toccò la spalla.
Quentin mi fissava preoccupato, gli occhi leggermente spalancati.
 
“Che cos’è successo? Sono così confusa…”, dissi, guardandolo in faccia.
“Sei svenuta, Eric dice che probabilmente hai avuto un calo di pressione”, mi rispose, facendomi sedere sul lettino.
“Eric?”.
 
La scena prendeva lentamente forma nella mia testa, mentre m’immaginavo svenire tra le braccia del mio migliore amico.
 
“E’ stato lui a portarti qui, anche se potevo perfettamente farlo io… strano, vero?”.
 
Alle parole di Quentin rabbrividii, e lo guardai, ancora più confusa.
“Eric?!”, ripetei, sconcertata.
 
**
 
Eric pov.
 
La giornata era stata abbastanza faticosa, il mio cervello era letteralmente scosso, e in più dovevo andare ad una stupida riunione con gli altri Capofazione.
Ero quasi infastidito, ma non ero certo della causa del mio fastidio: appena pensavo a qualcosa di piacevole per calmarmi, nella mia mente si creava un’immagine, una ragazza, con i capelli bianchi.
 
Lexis.
 
Rabbrividii, non dovevo assolutamente permetterle di sconvolgere tutto! Ma appena la vedevo, era come una specie di tuffo al cuore.
 
Eric, ma cosa stai dicendo?! Perché ti comporti come un ragazzino alla prima cotta?!
 
Il suo viso, i suoi occhi, i suoi dannatissimi capelli, il suo modo da bambina capricciosa che vuole fingersi pericolosa!
Era quasi lei il motivo di tutta la mia rabbia, quasi la odiavo, ma in realtà, mi autoconvincevo di odiarla.
Quando era svenuta dopo il combattimento contro l’altra Interna, mi era preso un colpo.
Era così pallida, fragile…
 
Ma cosa ti frega? Peggio per lei se è così debole! Non sarà mai una vera Intrepida!
 
Però aveva fatto un gran combattimento contro la rossa. Non aveva mostrato debolezze, sembrava davvero una macchina da guerra.
Il suo viso era contratto dalla rabbia, simile al mio. Scossi la testa.
Anche se avessi provato ad avvicinarla un pochino, sarei stato respinto, aumentando ancora di più il mio fastidio.
 
Quanto vorrei sbatterla al muro e distruggerla un po’.
 
Scossi di nuovo il capo.
non potevo fare una cosa simile, anche se mi sarei divertito. Il mio lato sadico aveva più volte la meglio, ma questa volta non volevo commettere errori, soprattutto con un’Interna.
 
Non c’era dolore nel suo viso, solo furia, furia di distruggere ogni cosa e uccidere la sua rivale.
I suoi occhi erano diventati così scuri che mi ero spaventato, ero rimasto spiazzato dalla sua forza nascosta.
La rossa, d’altro canto era terrorizzata dal suo sguardo così crudele e senza pietà.
 
Ma un vero Intrepido non era solo una macchina da guerra. Era una persona anche altruista e coraggiosa, non era dedita solo alla distruzione.
La libertà ci contraddistingueva dalle altre Fazioni.
Perché noi la libertà ce l’avevamo nel sangue.
 
Ma lei sembra non essere mai stata libera. Sembra rinchiusa, in una stupida convinzione, ovvero essere nata in una Fazione a cui tutt’ora appartiene o che crede di appartenere.
 
Mille pensieri mi offuscavano la mente, quando improvvisamente andai a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno.
Una figura a terra mi fece sbarrare gli occhi: Lex era caduta e si toccava la testa, ma quando alzò lo sguardo qualcosa mi ghiacciò.
Vedevo confusione in quegli occhi così scuri, un misto tra rabbia e gratitudine che mi scaldò quasi il cuore.
 
“Alzati”, le ordinai.
Fece un sorriso beffardo, ma si alzò da terra. “Mi alzo, ma mica perché me l’hai ordinato tu”, rispose acida.
Feci spallucce e la sorpassai, ma la sua voce mi bloccò di nuovo.
 
“Perché mi hai portato tu in infermeria, se poteva farlo tranquillamente qualcun altro?”.
Mi voltai verso di lei, notai i suoi capelli bianchi leggermente spettinati e suo labbro rotto.
“Mi facevi pena”, risposi con indifferenza.
Il suo sguardo s’incupì, ma durò un attimo. “Certo, da te mica mi aspettavo qualcos’altro”.
 
Se ne andò, senza nemmeno voltarsi. Mi lasciò leggermente sospreso, forse anche arrabbiato per il tono che aveva usato.
M’incamminai verso la sala riunioni con un groppo alla gola.
 
Perché tra noi c’era sempre una stupida barriera?




**


Buon pomeriggio a tutte carissime!
sono tornata con un nuovissimo capitolo! Scusate se è corto, ma non ho potuto fare di meglio: devo ancora finire di studiare, i miei mi stressano e non ho tempo nemmeno per pensare, perciò mi scuso con tutte se vi aspettavate qualcosa di più lungo ed elaborato.
mi sento una schifezza, bleah. Ma volevo comunque aggiornare, forse stasera continuo, forse domani.
Vabbé, comunque oggi ho fatto una verifica di psicologia pietosa, oddeo. Verrò linciata per questo. Inoltre non ho ancora finito i compiti delle vacanze, ahhh aiutatemi!!
Per ora vi saluto, vi auguro una bellissima serata.
Ciao dolcezze!


-LEX.

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Capitolo 5
*** Mai più. ***


Mai più.
Capitolo quattro.







Eric Pov.

 
Divergenti.
 
Quella parola mi rimbombava nella mente come una pallina di gomma.
Divergenti.
Jeanine odiava i Divergenti.
Erano diversi, erano forti, erano troppo pericolosi per il sistema delle Fazioni. Travolgevano tutto, avrebbero potuto mettere il mondo nel caos.
Questo lo sapevo fin dalla nascita, ma le parole di Jeanine mi colpirono fin troppo nel profondo: le sue parole così odiose e piene di risentimento, mi fluttuavano in testa e ricadevano come macigni.
Divergenti.
Jeanine voleva che l’aiutassi. Aveva insistito così tanto, che ho dovuto cedere. In fondo, lei mi aveva sostenuto molto nel corso della mia ‘vita’.
Ci avevano dato ordine di controllare minuziosamente i comportamenti dei nostri Iniziati, e se avessimo colto qualche stranezza, avvisare immediatamente i Capi degli Eruditi.*
Alla fine della riunione, Jeanine mi aveva chiamato da parte. Ci teneva troppo al mio aiuto. Ero con le spalle al muro: dovevo per forza sostenerla in questa lotta contro i Divergenti.
Ero letteralmente confuso, mi serviva solo sparare qualche colpo per tranquillizzarmi, ma notai che qualcuno mi aveva già preceduto: erano circa le dieci di sera, perché un’Iniziata se ne stava ancora sveglia?
Il Poligono doveva essere per forza deserto, invece c’era sempre lei a rovinarmi il divertimento.
La ragazza si voltò, leggermente presa alla sprovvista, ma stetti appoggiato allo stipite della porta ad osservarla.
Si diede un contegno e continuò a sparare, centrando perfettamente tutti i bersagli.
Odiavo tutta la sua dannatissima perfezione in tutto. Non avevo motivo per rimproverarla.
 
O forse sì…
 
“Cosa ci fai alle dieci di sera nel Poligono?”, domandai, osservando la i suoi capelli bianchi scostarsi ad ogni colpo di pistola.
Si voltò, il suo sguardo non tradiva nessuna emozione. “Non riuscivo a dormire. Quentin russa come un porco”, rispose, ricaricando l’arma con una mossa decisa.
“Mh…”, commentai, raggiungendo il tavolino dove alcune munizioni erano pronte per l’utilizzo.
Si avvicinò al tavolo, notai che il suo zigomo destro era ricoperto da uno strano livido violaceo. Alzai una mano, lo sfiorai delicatamente, i suoi occhi sorpresi mi lasciarono uno strano amaro in bocca.
“Hai fatto di nuovo a botte?”, mormorai, continuando a toccare quel punto ferito.
Mi accorsi che stava trattenendo il respiro e le sue guance si stavano colorando, riuscivo perfettamente a vedere anche se eravamo in
semi – buio.
“Non mi faccio di certo picchiare da qualcuno”, disse, prendendo delle nuove munizioni e ricaricando l’arma. Il suo sguardo era diventato improvvisamente di ghiaccio, la sua espressione mi lasciò spiazzato.
Nascondeva così bene le sue emozioni, forse anche meglio di me.
“Me lo dovevo aspettare”, ridacchiai, mentre tornava in posizione per colpire altri bersagli.
Il suo sguardo truce e concentrato era davvero incredibile.
 
Perché ti interessa così tanto di lei Eric? Cosa ti importa se è stata picchiata? Non sono affari tuoi! E comunque è una stupida Iniziata, debole e per di più arrogante, fatti valere!
 
Il mio inconscio aveva ragione, ma perché ascoltarlo?
Lex stava diventando così interessante, e in così poco tempo.
La osservai, mentre sparava l’ultimo colpo e si sedeva sul pavimento, mettendo l’arma a terra. Guardava i bersagli, quasi intontita.
 
“Ti stai dimostrando una debole”, le dissi, con voce dura e un po’ crudele.
Non si voltò nemmeno verso di me. “Sta’ zitto Eric”, mi ammonì, facendomi infuriare.
Con una falcata la raggiunsi e mi chinai per raggiungere la sua altezza.
“Cos’hai appena detto?”.
I suoi occhi erano persi nel vuoto, anche se erano rivolti verso la mia faccia, non mi guardava realmente. Le presi il mento e l’avvicinai ancora di più.
“Guardami negli occhi quando ti parlo”.
La mia frasi la risvegliò dal suo trance, ma ancora nessuna emozione traspariva in quell’oscurità infinita.
“Non ti permettere mai più di rivolgerti a me in questo modo”, le sibilai, ma anche questa volta mi ignorò totalmente.
 
Mi alzai, ma non mi degnò di un solo sguardo. Uscii dal Poligono, ancora più arrabbiato e stanco di prima, terribilmente frustato, e raggiunsi il mio alloggio. Mi buttai sul letto.
 
Vuoto.
I suoi occhi erano il vuoto.
 
**
 
Lex pov.
 
Quentin mi diede uno scossone, quasi buttandomi dal letto.
 
“Ma cosa cazzo stai facendo idiota!”, esclamai, arrabbiata.
Guardai la sveglia. Erano le tre del mattino!
Il ragazzo mi guardò, e mi tirò giù dal letto, prendendomi in braccio.
“Non senti l’allarme? Sveglia, Lexis!”, gridò, mentre finalmente mi accorgevo del trambusto che imperversava nel dormitorio.
Quentin mi trasportò in braccio fuori dall’edificio, nel Pozzo. Tutti quelli dentro erano usciti di corsa, alcuni in pigiama, altri in intimo.
E io ero una di quest’ultimi. Il mio migliore amico mi posò delicatamente a terra, mentre scorsi Sophie ed Amelie correre preoccupate verso di me.
 
“C’è un incendio! Cazzo, un fottuto incendio!”, mi gridò Sophie in faccia, la fronte imperlata di sudore freddo.
La guardai un attimo, leggermente sorpresa. “Stai calma, non è successo niente”, le dissi per tranquillizzarla, e mi abbracciò di slancio.
“E’ scoppiato nelle camere dei Capifazione…”, mi mormorò contro la spalla, tra le lacrime.
“Cosa?”, balbettai, ancora confusa.
Amelie mi guardò ed annuì. “Purtroppo sì. L’allarme ha svegliato tutto l’edificio, non so come se la stanno passando lì dentro”.
 
Ebbi un tuffo al cuore.
 
Eric era un Capofazione.
Eric dormiva negli alloggi dei Capifazione.
Eric era – forse – tra le fiamme, magari morente.
Eric ha bisogno di aiuto.
 
Entrai di slancio nell’edificio, ma Quentin tentò di fermarmi, senza riuscirci. Raggiunsi gli alloggi correndo, da cui si entrava solo da una porta. Tentai di aprirla, ma era bloccata, così la presi a spintonate e riuscii a sfondarla. Il fumo m’invase le narici e cominciai a tossire.
Le fiamme ardevano, e mi scottavano dappertutto. Notai una sola porta, lungo tutto il corridoio.
Corsi verso quella porta, sempre bloccata. Sfondai anche quella, e mi ritrovai in una stanza, piena di fuoco e fumo.
 
“Eric!”, gridai, tra le fiamme.
 
Un corpo, vicino alla porta del bagno aperta, era steso a terra.
Era il ragazzo che cercavo.
Aveva il viso sporco dalla fuliggine, i capelli biondi erano coperti di cenere, e gli occhi chiusi.
Lo voltai e lo scossi, ma non ottenni nessun tipo di risposta.
Il fumo cominciava ad intossicarmi, e la tosse non finiva mai. Mi mancava il respiro, i miei polmoni supplicavano un po’ di ossigeno.
Sentii qualcosa muoversi sotto le mie mani, e abbassando lo sguardo, vidi due occhi d’acciaio fissarmi, confusi.
Eric si guardò attorno e balzò in piedi, prendendomi per una mano. Ero così scossa, che non mi accorsi nemmeno di tutte le bruciature che avevo sul corpo. Appena sentii l’aria fresca incendiarmi i polmoni, cominciai a tossire a più non posso, inginocchiandomi a terra.
Eric sembrava così calmo e composto, quasi non si rendeva conto di essere scampato da morte certa.
Eravamo fuori dall’incubo, vicino allo strapiombo, ma ancora dentro all’edificio.
Ci separava solo un’insulsa ringhiera da quel burrone alto almeno sette – otto metri.
Il Capofazione si piegò su di me, sfiorandomi il viso e guardandomi negli occhi. Mi asciugò una lacrima, mi accorsi solo in quel momento che stavo piangendo.
 
“Avresti dovuto lasciarmi lì, sei una stupida, ma la sarei cavato da solo!”, esclamò, mentre un ennesimo sbalzo d’umore gli fece cambiare atteggiamento.
Lo guardai incredula, come se avessi sentito una qualche bestemmia.
“Cosa? Ti ho appena salvato la vita, dovresti ringraziarmi, razza di idiota ingrato e stupido e…”.
Non ebbi tempo di finire la frase che due labbra s’impossessarono delle mie, mettendomi a tacere.
Le sue labbra così calde e morbide mi confusero a tal punto che il mio cervello andò in tilt.
Chiusi gli occhi, godendomi quel momento, ma all’improvviso Eric si staccò.
 
“Mai più”, mormorò, incatenando il suo sguardo al mio.
 
Mai più.






**

Buonasera sera a tutte carissime!
Ecco un nuovo capitolo sfornato!
Bene, come al solito Eric è il nostro Eric, e beh... Lex sta cambiando. Se prima odiava il nostro terribile Capofazione, ora comincia a sentire qualcosa... ma non voglio rivelare nulla di più hehe.
Comunque, ho già scritto il quinto capitolo, che spero di pubblicare domani, se ho tempo e non ho niente da fare (sono sempre incasinata come un cammello ubriaco).
Oggi è stata una giornata strana, ho preso cinque nella verifica di psicologia........................ ok, faccio schifo a studiare, lo ammetto.
EFP mi distra, ma la vedo come una cosa positiva, anche se adoro scrivere e non sono per niente brava, quindi sopportatemi.
Vi avverto, ultima cosa, poi sparisco: la storia sarà corta, e farà parte di una serie huhuhuhu *rullo di tamburi*.
Quindi nel sequel le cose verranno spiegate mooolto meglio, poiché sono piuttosto frettolosa, e lascierò più spazio alle riflessioni dei nostri cari personaggi :33
Vabbé, ciao a tutte le mie polpette che seguono la mia Intrepida-Divergente storia! Spero che abbiate apprezzato il capitolo, e vi chiedo, come sempre, di linkarmi le vostre storie, che sono più che felice di leggere e di spulciare qualche recensione per rompervi le balle.
E miraccomando, non siate silenziose! Vi adoro, gnaww. A presto! <3

 

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Capitolo 6
*** Vendetta. ***


Capitolo cinque.
Vendetta.







Una settimana di totale inferno.
Gli allenamenti erano diventati sempre più duri, gli avversari sempre più agguerriti, Eric sempre più strano e glaciale.
Per ora, nella classifica ero quinta, ma volevo essere prima, assolutamente.
Passavo tutto il tempo ad allenarmi duramente, stavo superando perfino Richard nei combattimenti, che era il più letale e furbo.
 
Ma io lo ero di più.
 
Lo sguardo di Eric, quando mi guardava combattere, era quasi disinteressato, ma non mi importava più niente.
Io volevo solo essere la prima in classifica. Volevo essere la migliore.
Sophie e Amelie erano anche loro sopra la linea rossa, ed erano tutte e due terribilmente eccitate. Ormai, la prima fase d’Iniziazione stava per finire. Loro dovevano farcela.
Anche se ero quinta in classifica, mi sentivo quasi vuota. Eric non mi osservava più con quella curiosità.
Ancora mi ricordavo il sapore delle sue labbra…
A quel pensiero scuotevo la testa. Era stato tutto occasionale. Lui non provava niente per me, era decisamente troppo distaccato e gelido.
Ma ogni giorno che passava, che mi ignorava, mi sentivo anch’io un pezzo di ghiaccio.
I miei amici, Quentin, erano diventati delle ombre per me. Il mio strano comportamento aveva insospettito tutti, c’era qualcosa che non andava in me, e l’avevano capito.
E io non dovevo mostrarmi debole a nessuno.
Eric era un Capofazione, lo odiavo con tutta me stessa, odiavo il suo modo di comportarsi, odiavo i suoi occhi, e soprattutto la sua faccia.
Mi metteva ansia con quello sguardo crudele e gelido, per quelle poche volte che mi rivolgevo un suo pietoso sguardo, inghiottito dal vuoto.
Ma che cosa gli passava nel cervello? Ricotta andata a male?
 
O forse sono io, ad essere andata a male.
 
Il cibo che avevo davanti mi disgustava, e portai lontano il vassoio da me, sotto lo sguardo preoccupato di Quentin, Sophie ed Amelie.
 
“Devi mangiare, domani è un giorno importante”, mi disse la bionda, mentre i suoi occhi verdi esprimevano la più delle premurose intenzioni.
 
Già, l’escursione vicino alle Mura.
 
Guardai di nuovo il mio piatto, afferrando una mela rossa. L’addentai, sotto lo sguardo di tutti.
 
“Ora basta fissarmi, vi prego”, sbottai, imbarazzata.
 
Tutti tornarono a guardare il proprio cibo, come se non fosse successo niente.
 
-
 
La notte la passai in bianco. Guardavo il soffitto grigio e scrostato del dormitorio, mentre Quentin russava spensierato, mentre tutti gli altri erano avvolti in un dolce sonno, rapiti nel mondo dei sogni.
Avrei voluto anch’io essere come loro, addormentata e magari felice.
Ma mi accorsi di non esserlo mai veramente stata: i miei genitori, Intrepidi, erano morti durante una sommossa contro gli Esclusi, così, fui costretta a trasferirmi dai miei nonni, anche loro degli Intrepidi.
Mi accudirono come una loro figlia, ma la mancanza di una vera figura genitoriale, mi tormentò sempre.
Ero avvolta da una coltre di solitudine, e a parte Quentin, non avevo mai avuto nessuno.
Passavo le mie giornate fuori di casa ad arrampicarmi su treni abbandonati, parco giochi distrutti, alberi caduti.
Ero la bambina più sola al mondo.
Venivo continuamente presa in giro per il mio aspetto così strano, non venivo accettata.
 
Ma non lo sono neanche adesso.
 
Mi misi in un fianco e chiusi gli occhi. Domani sarebbe stato un giorno troppo importante, dannatamente decisivo, non volevo risultare un morto vivente.
Tra mille pensieri, mi addormentai, serena.
 
-
 
Appena mi risvegliai, Quentin mi stava fissando, divertito.
“Sei così strana quando dormi”, disse, con una risata.
 
Mi alzai di scatto. “Cosa?”.
Il mio migliore amico scosse la testa e uscì dal dormitorio. Mi guardai intorno: il dormitorio era vuoto, ero l’unica che stesse ancora nel mondo del sogni.
Mi alzai in fretta e furia, vestendomi e truccandomi un bel po’, per poi uscire e raggiungere la mensa.
Sophie giochicchiava con un ragazzo, anche lui Trasfazione, seduto al nostro tavolo. Amelie mi sorrise e mi salutò, allungandomi un vassoio ricolmo di cibo.
La guardai con gratitudine, ma poi continuai a fissare tutte le schifezze che mi aveva procurato l’ex Erudita.
Ero risposata, o almeno, mi sentivo così. Mi voltai, verso il tavolo dei Capifazione: Eric era lì, stava addentando una mela, mentre Max, gli diceva una cosa, che sembrava molto divertente.
Mi sedetti al tavolo, ma ugualmente, il cibo non mi attirava granché.
 
“Ti prego, mangia”, disse Sophie, con uno sguardo da cucciolo
Il ragazzo al suo fianco mi guardò anche lui, stranamente. “Bei capelli”.
Nella sua voce non c’era traccia d’ironia.
“Grazie”, risposi, bevendo il cafféllatte dentro alla scodella.
 
“Oggi escursione!”, esclamò Amelie, eccitata. “Non vedo l’ora di uscire un po’ da qui”.
Quentin ridacchiò, mettendomi una braccio tra le spalle, per abbracciarmi. “Ovviamente, dovremmo fare una scommessa…”, disse il ragazzo, guardandomi con complicità.
 
Lui adorava ogni tipo di scommessa, soprattutto quelle dannatamente pericolose. Da piccoli le facevamo sempre, e chi perdeva doveva fare punizioni strane.
 
“Conosco Quentin da quando era in fasce, quindi vi consiglio di non scommettere contro di lui, è ancora una peste”, dissi ridendo.
“Beh, io voglio scommettere”, Amelie lo guardò decisa.
“Ti dirò una scommessa terribilmente agghiacciante quando Quattro si degnerà di rispondermi riguardo a cosa faremo”.
 
Finii di mangiare, e ci alzammo, vedendo gli altri incamminarsi verso il Pozzo. Appena passammo lungo la ringhiera che dava sullo Strapiombo, ricordai quello strano bacio tra me e l’odioso Capofazione.
L’incendio, le bruciature, e poi… le sue labbra. Era stato il primo vero bacio che avessi mai dato a qualcuno. E con tutta la sincerità, non mi era dispiaciuto essere baciata proprio da lui.
 
Ma cosa stai dicendo,razza di stupida? Ad Eric non importa niente di te!
 
Odiavo le frecciatine dei miei stessi pensieri, ma in fondo, la mia coscienza aveva pienamente ragione.
Eric non provava niente per me. Ero solo un’Iniziata, stupida e illusa, non avrei mai avuto niente di serio da lui.
 
Ma perché ci spero?
 
Quentin mi guardò, incuriosito. “A cosa pensi? Sei sempre tra le nuvole!”.
Avrei dovuto dire tutto a Sophie e ad Amelie. Invece ero stata zitta. Non una parola mi era sfuggita di bocca. Quando mi avevano chiesto perché fossi andata nel bel mezzo dell’incendio, non seppero mai la risposta.
Forse era ora di trattarle da vere amiche e fidarmi realmente.
Ignorai la domanda che mi aveva posto Quentin, e raggiunsi le due ragazze, che parlavano animatamente di tatuaggi.
 
“Vi devo parlare”, dissi, gli occhi dall’aria colpevole.
Mi guardarono con sospresa, ma annuirono.
“Ecco… io ho baciato un certo Capofazione, crudele, biondo e terribilmente spietato”.
Mi guardarono incredule, gli occhi spalancati.
 
“TU HAI FATTO COSA?!”, esclamò Sophie.
 
-
 
Il treno viaggiava veloce verso le Mura, ed ero appoggiata al vagone, ascoltando la lunga ramanzina della cara Sophie e sopportavo lo sguardo di rimprovero di Amelie.
Poi, la bionda fu interrotta da qualcuno.
 
“Dicono in giro che tu faccia la cagna”, sibilò Claire, guardandomi con disprezzo.
Assottigliai lo sguardo, sorridendo. “Perché ti insulti così tanto, cara?”, le risposi, lo sguardo divertito.
Per tutta risposta, ondeggiò la sua chioma rossa. “Allora è vero”, disse, ridacchiando.
Stavamo attirando l’attenzione di tutto il vagone, il che mi diede un fastidio incredibile.
Sophie mi appoggiò una mano sulla spalla, come per rassicurarmi.
“Vero quanto le tue tette”.
La frecciatina che le avevo mandato fece impazzire la gente sul treno, che cominciò ad urlare.
Poi, vidi un ammasso di muscoli e uno sguardo divertito avvicinarsi. Eric si posizionò di fianco a Quattro, per gustarsi meglio la scena.
Claire mi incenerì con lo sguardo, ma presto il suo caro fidanzatino la portò via, sotto gli sguardi curiosi degli altri sul vagone.
 
Intanto, il Capofazione mi fissava, ma poi Quattro catturò la sua attenzione.
 
“Allora io prendo Lexis!”, esclamò l’Istruttore, guardandomi con un sorriso.
Feci un sospiro di sollievo, sorridendo. Vidi Eric lanciare un’occhiataccia a Quattro, ma il ragazzo fece finta di niente.
L’istruttore cominciò a camminare lungo il vagone, mentre lo seguivo, prendendo persone a caso. Dopo che ci avvertirono di scendere, Quattro balzò giù dal treno con grazia, e fui subito dietro di lui. Appena atterrai, sentii qualcuno proprio dietro di me, e incontrai gli occhi gelidi di Eric.
Nella sua squadra c’era anche Richard con la sua compagna, che mi quadrarono, sprezzanti.
Assottigliai gli occhi. Ero pronta a prenderli a calci tutti e tre, ma una mano forte mi fermò.
 
“Andiamo, Lexis?”, domandò Quattro, con un sorriso.
Ci allontanammo, sotto lo sguardo duro del Capofazione. Cominciammo a correre, allontanandoci dai nemici. Nella mia squadra ero l’unica Interna, gli altri erano tutti Trasfazione che non conoscevo.
Ma poi, vidi la chioma castana del Trasfazione di stamattina, mi sembrava si chiamasse Edward, quello che giochicchiava con Sophie. Appena mi notò, mi sorrise e si avvicinò, mentre correvamo dietro all’Istruttore.
 
“Pronta per uccidere qualcuno?”, mi domandò, col fiato corto.
In effetti, ero anche abbastanza arrabbiata con Eric, quindi sì, ero decisamente pronta per spaccare la faccia a qualche povero umano.
“Sai, si tratta di una specie di ruba-bandiera. Quattro non è molto discreto”, sussurrò.
Ma a quanto pare, l’Istruttore lo sentì e gli diede un’occhiata agghiacciante, facendolo zittire.
 
Raggiungemmo un palazzo abbandonato, rifugio di alcuni Esclusi, che si aggiravano curiosi attorno all’edificio, cercando cibo o vestiti stracciati.
Le loro condizioni erano veramente pietose, ma ciò non doveva importarmi. Ma in qualche modo, la loro situazione mi stringeva il cuore. E se fossi finita tra di loro?
Scossi la testa, mentre ci fermavamo dalla lunga corsa.
 
“Bene, qualcuno si posizionerà come cecchino”, esordì Quattro, guardando ognuno di noi.
Una ragazzina smilza coi capelli castano scuro e gli occhi di ghiaccio, alzò la mano. “Gli altri?”.
L’Istruttore le sorrise. “Andranno all’attacco, e cercheranno di prendere la bandiera dei nemici. Alcuni difenderanno la nostra zona, facendo da guardia. Allora, Beth, tu farai il cecchino”, e si riferì alla ragazzina smilza, poi indicò me, Edward e altri due Trasfazione. “Voi verrete con me all’attacco, gli altri faranno la guardia. Mi raccomando, niente errori, voglio sbattere la vittoria in faccia al caro Capofazione”.
Tutti ridacchiarono, poi presero posto.
Io, Quattro, Edward e gli altri due, ci muovemmo con agilità tra alcune rovine e giacigli di Esclusi, cercando di avvicinarci ad un edificio, che sembrava il luogo perfetto per nascondere una bandiera. I nemici dovevano per forza essere lì, poiché alcune guardie e un cecchino erano appostati poco lontani.
Quattro ci diede delle armi, e mi sorpresi della loro leggerezza.
“Sono mitragliatrici elettriche”, ci spiegò, in un sussurro appena udibile.
“Venite, dobbiamo spostarci e riuscire ad entrare in quell’edificio”.
 
Cominciammo a camminare piano, quasi strisciando.
Di Eric, nessuna traccia. Forse erano anche loro in perlustrazione; la cosa importante era non incontrarci, o avrei potuto fare una strage di carne appartenente al Capofazione.
Edward era dietro di me, e raccontava qualcosa di divertente agli altri, ma non ero in vena di ascoltare le sue barzellette. Seguivo Quattro come un’ombra, ma all’improvviso si fermò.
Eravamo dietro al suddetto edificio, c’erano dei rumori che venivano verso di noi.
Passi, piccoli, leggeri.
“Disperdetevi!”, ci disse Quattro.
Si nascosero tutti, dietro a qualche cespuglio, ma io decisi di fare testa mia. Da una finestra poco alta, riuscii ad entrare nell’edificio, e controllando la stanza in cui ero capitata, notai la distruzione.
Fuori dalle Fazioni era tutto rovinato, morto.
Mi mossi con cautela, tenendo l’arma alzata. Corsi lungo un corridoio buio, e mi nascosi in un piccolo cunicolo senza uscite. Un rumore, delle voci, mi fecero appiattire contro al muro, nascondendomi nel buio. Passarono tre ragazzi, uno lo riconobbi come Richard.
La sua voce era terribilmente eccitata, e imbracciava l’arma con un sorriso. Non controllarono il cunicolo, che stolti.
Appena furono abbastanza lontani, uscii allo scoperto, e percorsi il corridoio. Appena finì, vidi qualcosa di fosforescente brillare lontano.
 
La bandiera!
 
A quanto pare ero quasi arrivata all’obiettivo, ma qualcosa mi fermò.
Uno sparo, vicino al mio viso.
Mi buttai a terra, e vidi un cecchino coperto dal buio. Sparai, e con precisione, vidi che veniva colpito al petto.
Si contorse dal dolore e si accasciò sul pavimento sporco di polvere.
 
Uno fuori!
 
Continuai a camminare silenziosamente, controllando ogni cunicolo e ogni angolo, ma di nemici nessuna traccia. Erano tutti spariti, lasciando incustodita la loro bandiera. O quasi. Appena entrai nella stanza dove l’oggetto brillava al buio, una grande mano, mi sigillò la bocca.




**

Buonasera carissime polpettine!
Eccomi di nuovo qui, con un nuovo capitolo! Purtroppo non è molto interessante, ma era necessario e nel prossimo (che ho già finito appena adesso di scrivere) sarà pieno di sentimenti, quindi attenzione al vostro cuoricino <3
Ovviamente, è un po' più lungo del solito, e vi lascio proprio nella suspense, ma è per rendere la storia un po' più interessante e condita huhuhu.
No, ok. Oggi è stata una giornata faticosissima, ho fatto un tema di merda e mi vergogno di me stessa bleah.
Comunque, sono riuscita a pubblicare, e se proprio volete riuscirò ad aggiornare stasera di nuovo, per non lasciarvi a bocca asciutta.
Ok, vi saluto tutte care! Un bacio, e come sempre, non siate silenziose (se volete indicarmi le vostre storie, sarò più che felice di leggerle e magari recensirle).
A presto! <3

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Capitolo 7
*** Sentimenti. ***


Sentimenti.
Capitolo sei.







Provai a dimenarmi, ma il nemico non mollava la presa.
Poi, una voce, fin troppo familiare e terribilmente gelida mi sibilò alle orecchie.
 
“Avrò la mia rivincita”. Richard mi tolse l’arma dalle mani, buttandola lontano.
A quel punto, mi scaraventò sul pavimento, e vidi i suoi occhi ricolmi di rabbia ed eccitazione.
Il suo viso mi provocava disgusto, contratto dalla furia. Cosa voleva fare? Uccidermi?
Mi rialzai, ma non corsi verso l’arma, bensì verso la bandiera. Una scossa elettrica mi colpì alla gamba, e caddi di nuovo, preda di un dolore cieco e lancinante.
Gemetti, sotto gli occhi del nemico, che si avvicinava minaccioso.
“Questo è perché hai insultato la mia ragazza, per ben due volte…”.
Un altro colpo, questa volta alla schiena. Gettai un gridolino; non dovevo mostrarmi debole davanti a quello schifoso.
“E questo per il pugno sul naso”.
Mi tirò un calcio allo stomaco, aumentando il mio dolore. Mi tirò per i capelli, trascinandomi lungo il pavimento.
“Sei debole, non vincerai mai contro di me”.
Ero paralizzata, costretta a subire le sue parole piene di rabbia. Ancora non mi ero arresa, ma il dolore mi attanagliava ogni parte del corpo. Mi strinse il collo, sollevandomi contro al muro. I miei piedi non toccavano terra, avevo bisogno d’aria.
“Che ne dici di fare un volo?”. La sua voce era ricolma di follia pura, cominciai a spaventarmi.
Dovevo assolutamente liberarmi. Con uno strattone, fuggii verso l’arma, ma un ennesimo colpo mi colpì tra le scapole, facendomi cadere a terra come un sacco di patate.
“Qui non si tratta di un gioco, cara Lexis. Qui si tratta di vendetta, e io avrò la mia”.
Un calcio, ed ero completamente appiattita contro al pavimento duro e sporco. Mi mancava l’aria, e mille pensieri mi attanagliarono le membra.
“Per tutte quelle volte che da piccoli mi ha screditato, mi hai preso in giro, mi hai picchiato!”. Un pugno sullo zigomo, sul labbro. Sputai sangue, ma guardai in faccia il mio nemico, con una risata.
“Sei un perdente”, gli sibilai, ma fui interrotta da un gemito.
Mi stava di nuovo trascinando per i capelli, mentre mi strattonava con forza.
Mi rialzò, prendendomi per la nuca, facendomi guardare dalla finestra senza vetri. Dovevamo essere a sette – otto metri di altezza, peggio dello strapiombo.
“Tu farai questo bel volo e ti toglierai finalmente dal cazzo, perché sei una fottuta troia, un essere inferiore! E morirai, te lo giuro”.
Provai a dimenarmi con le ultime forze che avevo, ma la forza di Richard era immensa.
 
Sono una debole. Non sono un’Intrepida, ha ragione Eric. Mi sono sempre sbagliata.
 
“Cosa stai facendo?!”, una voce, dura e furiosa, fece voltare l’aguzzino che ancora mi teneva per la nuca, costringendomi a guardare in basso.
“Eric, io…”.
Due spari, ma non colpirono me, bensì lo schifoso, che lasciò andare la presa, per poi afflosciarsi sul pavimento.
Scivolai contro al muro, allontanandomi dal corpo, prossima alle lacrime. Due occhi azzurri entrarono nel mio campo visivo, due braccia forti mi strinsero il bacino, per poi prendermi e caricarmi sulla spalla.
Ero scossa, fin troppo. Spaventata, ridotta ad un piccolo disastro. Le parole di Richard mi avevano ferito più del dovuto, e non mi accorsi di star piangendo sulla spalla del terribile Capofazione.
I miei singhiozzi rompevano il silenzio che c’era tra di noi, creando un’atmosfera quasi imbarazzante.
Sentii una mano accarezzarmi la schiena, mentre mi disperavo. Mi ritrovai seduta contro ad un muro, in una stanza poco illuminata.
Eric mi guardò di nuovo, il suo sguardo furioso.
 
“Tutto bene?”. La sua voce era stranamente dolce, e mi asciugai le lacrime.
Annuii, nonostante i doloro lancinanti che sentivo sul viso e sul resto del corpo. La mia schiena doleva incredibilmente, lasciandomi senza fiato.
Mi sfiorò una guancia, dove lo zigomo doveva essere violaceo, forse rotto.
“Quello stupido la pagherà, sarà fuori dagli Intrepidi e raggiungerà gli Esclusi”, sibilò, abbassando lo sguardo.
“Perché mi hai salvata?”.
La mia domanda lo colse alla sprovvista, ma nei suoi occhi non c’era rabbia.
“Perché sei sotto la mia ala, devo proteggerti”.
In quel momento, fui io a rimanere spiazzata. “Beh, non mi pare che ti sia importato tanto del mio destino in questi ultimi tempi”, ribattei, con una punta di acidità.
“Credi che sia ben vista una relazione tra un’Iniziata e un Capofazione? Potrebbero pensare ad un punteggio truccato, non ho intenzione di rischiare di perdere il posto”.
Voltai lo sguardo da un’altra parte, incapace di guardarlo negli occhi.
“Sei stato tu a baciarmi”.
“Ma tu hai ricambiato”.
Lo guardai di nuovo, ma non ebbi il tempo di ribattere che il Capofazione catturò le mie labbra, prendendomi per i fianchi, sollevandomi da terra. La situazione sfiorava l’assurdo.
Io odiavo Eric.
 
Sei tu che ti convinci di odiarlo. Ma in verità provi qualcosa, altrimenti lo avresti respinto fin da subito!
 
A poco a poco, il bacio diventò sempre più aggressivo e ricolmo di desiderio. Eric mi strinse di più, sigillandomi in un abbraccio, e appena ci staccammo, entrambi eravamo senza fiato.
Mi guardò per alcuni attimo, poi mi posò a terra, sfiorando il mio labbro ferito.
Abbassai lo sguardo, ma lui mi costrinse a guardarlo. Mi prese il mento fra le mani e posò di nuovo le labbra sulle mie, in un leggero bacio.
Alcune urla, urla di vittoria, ruppero la magia creatasi in quei pochi minuti pieni di parole silenziose e sentimenti nascosti.




**

Eccomi qui! Vi avevo promesso una scena smielosa, ma come sempre, ho voluto aggiungere una parte violenta, che sinceramente, è la mia preferita! Adoro questo tipo di cose :33
No, va bene.

Come al solito, il nostro Eric dimostra ancora un po' di dolcezza nei confronti di Lexis, che però è piuttosto confusa, e se devo dirlo, anch'io. Ma ho già finito un altro capitolo, quindi credo di pubblicarlo stasera hehehe.
Sto andando molto avanti, ora che sta finendo la prima parte di Iniziazione i capitoli saranno un po' più lunghi e le novità di certo non mancheranno.
Quindi sull'attenti, polpettine!
Mi scuso se il capitolo è piuttosto corto questa volta, ma volevo davvero che fosse riservato ai sentimenti di entrambi, quindi, ecco qua una perfetta dimostrazione di diabete.
Sto scherzando! In compenso, quando tornerete da una lunga giornata di scuola, troverete un capitolo appena aggiornato. HAHAHA vabbé, vi saluto care, e come al solito, se volete dirmi le vostre storie, sarò felice di leggerle.
E miraccomando, non siate silenziose!

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Capitolo 8
*** Scoperta. ***


Capitolo sette.
Scoperta.







Lo sguardo di Quentin era preoccupato quando mi medicavano le ferite procurate da Richard.
Il dolore alla schiena era fin troppo, le mie urla rimbombavano lungo tutto l’edificio, mentre il mio migliore amico mi teneva la mano, in modo da poterla disintegrare se il dolore diventava al limite dell’insopportabile.
Appena la medicazione fu completa, Quentin mi sollevò dal lettino, portandomi, sotto lo sguardo curioso di tutti, nel dormitorio.
Sophie era già lì, che mi aspettava insieme ad Amelie e a Edward, tutti e tre fin troppo preoccupati.
 
“Come ti senti?”, mi domandò la bionda, non appena Quentin mi depositò sul mio letto.
“Meglio”, risposi, mentre ero appoggiata contro al muro, seduta e coperta da piumone.
“La vostra squadra ha vinto alla grande!”, esclamò Amelie. Infatti, lei e Sophie erano capitate nella squadra avversaria. Facevano le guardie, ma non erano abbastanza concentrate e si erano arrese subito, facendo passare Quattro ed Edward, che avevano preso la bandiera.
La notizia che Richard fosse sotto il giudizio dei Capifazione era trapelata in tutto il Pozzo, e gli sguardi curiosi su di me non volevano proprio cessare: probabilmente, sarebbe stato mandato tra gli Esclusi.
Quentin mi sorrise. “Eric è sparito dopo un po’, non l’abbiamo più visto, siccome è venuto a salvarti facendo l’eroe della situazione…”.
Sguardi curiosi mi trapassarono, e imbarazzata, arrossii. “Mi ha solo salvata da un maniaco folle, cosa c’è di strano?”.
Strabuzzarono tutti gli occhi alla mia risposta indifferente. Forse aveva ragione Eric: la mia bocca era peggio di quella di un Candido. Non riuscivo a tenermi le cose dentro e le bugie non erano il mio forte.
“Beh, siccome fra un po’ saremo tutti degli Intrepidi, direi di andare a farci un tatuaggio, che ne dite?”, propose Edward, sciogliendo l’imbarazzo che si era creato nell’atmosfera.
Benedii quel ragazzo sempre con la domanda pronta.
“Forse è meglio che Lex prima guarisca”, gli rispose Sophie, rendendo dispiaciuto il ragazzo.
“Ora ti lasciamo dormire, ormai sono quasi le dieci di sera”, disse Amelie, prendendo sottobraccio il mio migliore amico.
Tra loro due le cose stavano diventando sempre più sospette.
“Va bene. Buonanotte”, sussurrai, stendendomi cautamente sul letto, sotto gli sguardi preoccupati di tutti.
Chiusi gli occhi, addormentandomi lentamente, sognando due occhi d’acciaio trafiggermi l’anima.
 
-
 
Mi risvegliai, intontita, ma senza dolori alla schiena. La crema curativa degli Eruditi era un miracolo, mi sentivo come nuova, anche se la mia faccia diceva il contrario: i miei capelli erano arruffati, il mio zigomo era diventato viola e il labbro era di nuovo rosso e sporco di sangue secco.
Quentin dormiva ancora, tranquillo. Quel giorno ce l’avevamo libero, poiché la prima fase dell’Iniziazione era completata. I punteggi finali sarebbero stati esposti nel tardo pomeriggio, dopo le ultime decisioni e riflessioni di Quattro ed Eric.
 
Eric.
Il suo nome mi resta sempre impresso nella mente, come un sigillo.
 
Mi alzai, scattando in piedi come una molla. Ero carica, fin troppo. Mi fiondai alle docce, e mi lavai per bene il corpo dai rimasugli di pomata e i capelli dalla polvere.
Poi, corsi a vestirmi. Indossai la mia divisa da Intrepida, e corsi alla mensa. Ovviamente, Sophie, vedendomi in piedi, mi venne incontro, con gli occhi sbarrati.
Le sorrisi. “Zitta, sono guarita”, la ammonì, abbracciandola forte.
Restò immobile per un po’, poi ricambiò il mio primo vero gesto d’affetto.
Ci sedemmo al tavolo, sotto gli sguardi curiosi degli altri Intrepidi, che scalpitavano e urlavano come degli ossessi.
La colazione era sempre il momento più attivo della giornata. Dopo poco, arrivò Quentin, ancora assonnato.
Si sedette vicino ad Amelie, circondandola con un braccio.
Assottigliai gli occhi, e una fitta di silenziosa gelosia mi attanagliò il cuore.
Dopo un po’, afferrai la mia mela e cominciai a smangiucchiarla, con un sorriso stampato sulla faccia. Ma quando mi voltai, incontrai due occhi d’acciaio fissarmi con una strana espressione.
Eric sembrava quasi divertito, il sorriso beffardo gli illuminava il viso sempre senza emozioni. Imbarazzata,voltai lo sguardo verso il mio vassoio, dove Edward cercava di allungare una mano e rubarmi il budino al cioccolato.
Sophie gli schiaffeggiò la mano, che subito ritirò con un gemito di dolore. Ridemmo tutti, ma mi sentivo ancora osservata. Eric aveva lo sguardo puntato su di me, ancora mi guardava con insistenza, come per mandarmi un messaggio criptato.
Mimò con le labbra un ‘ci vediamo fuori’, e io annuì, ma fui presa con le mani nella marmellata dalla bionda al mio fianco.
 
“A chi annuivi, innamorata?”.
“Io non sono innamorata!”, sbottai con rabbia, mordendo la mia mela.
“Ah sì? E a chi ammiccavi prima?”.
 
Ecco che arriva la condottiera Amelie, difensore di mille amori nascenti e curiosità su Lexis, Interna degli Intrepidi e vittima di molestie sessuali da parte del Capofazione Eric!
 
“Io vado, ci vediamo dopo al Pozzo! Ho intenzione di farmi questo benedetto tatuaggio una volta per tutte!”, esclamai, finendo la mela in un morso.
 
Uscii di corsa dalla mensa, sotto lo sguardo sorpreso dei miei amici. Mentre camminavo lungo un tunnel poco illuminato, un mano si impossessò del mio braccio e mi trascinò nel buio di un cunicolo.
“Sei piuttosto lenta”, disse Eric, ridacchiando.
Lo colpii piano ad una spalla. “Sempre ad insultare, pezzo di ghiaccio?”.
Mi prese per le spalle e mi baciò con foga, mettendomi a zittire. Le sue labbra cercavano disperatamente le mie, in un atto proibito e segreto. Mi imprigionò tra il muro e i suoi pettorali, creando una specie di protezione attorno a me. Le sue mani erano posizionate sui miei fianchi, stringendo duramente per avere più contatto con me.
 
Ma cosa sto facendo?
 
Stavo baciando un Capofazione, che per di più odiavo.
 
Le sue labbra.
Il suo nome.
Sto impazzendo.
 
Ci staccammo entrambi. Mi guardò un attimo negli occhi, poi mostrò un sorriso beffardo.
 
“E alla fine ho vinto io”, mormorò, assottigliando gli occhi in uno sguardo crudele, da cacciatore.
Ed io, ovviamente ero la preda. “Non direi”, ribattei io, pestandogli un piede e scappando dalla sua mossa repentina per riacciuffarmi.
 
Io dovevo vincere.
 
**
 
Eric pov.
 
Appena la vidi correre via con l’intenzione di andare verso il pozzo, non tentai di fermarla.
Il nostro gioco stava diventando divertente, mi sentivo un ragazzino.
 
O un bambino. Un bambino che ha appena scoperto il gelato.
 
Mi diressi anch’io verso il Pozzo, e mi fermai in uno dei più famosi bar. Quel giorno avrei dovuto riguardare i punteggi insieme a Quattro, la noia mi stava già prendendo la testa e il corpo.
Mi serviva un birra.
Appena mi sedetti ad un tavolo però, sentii la mano di qualcuno stringere la mia spalla.
Max si sedette davanti a me, mostrando un sorriso beffardo a trentadue denti. Aveva la pelle scura e i capelli rasati e neri, due occhi castani e i denti decisamente troppo bianchi, che creavano un contrasto incredibile.
 
“Ma guarda, il nostro Eric che esce all’aria aperta”, disse il Capofazione davanti a me, canzonandomi.
Una delle cose che non sopportavo, era lui e il Rigido che si faceva chiamare Quattro.
“Cos’è, stai aspettando la tua pollastrella?”.
In quel momento non ero affatto concentrato su di lui, ma da una chioma bianca che si aggirava tra la folla insieme ad un gruppetto di Trasfazione e un Interno. Si dirigevano verso lo studio di Tori.
Quindi Lexis si volevo fare un tatuaggio…
Max era ancora seduto di fronte a me, aspettando delle risposte che gli non gli avrei dato.
Mi alzai, lasciando la birra sul tavolo, e mi avvicinai al negozio di tatuaggi della famosa Tori.
 
**
 
Lex pov.
 
Appena entrammo, restai incantata dall’atmosfera di quella stanza.
Una donna, certamente Intrepida, era seduta su un divanetto di pelle nera e guardava alcuni disegni.
Aveva i capelli lunghi e scuri, la pelle color caffellatte, gli occhi leggermente a mandorla e castani.
Mi guardò stranamente, quasi con diffidenza. Era stata lei a fare il Test per condurmi verso una Scelta. Quando mi aveva detto il risultato, il suo sguardo era pieno di terrore.
Amelie corse subito verso la parete dove i disegni era appesi, e ne scelse subito uno: il simbolo degli Intrepidi. Voleva qualcosa di piccolo, ma io puntavo a un tatuaggio sulla schiena, esageratamente grande.
Scrutai la parete con decisione, e vidi un albero, spoglio, ma con i rami che si diramavano verso l’alto, come per raggiungere qualcosa.
Presi quel magnifico disegno, nero, pieno di dettagli. Andai verso Tori, che mi guardò con circospezione.
 
“Questo”, le dissi con decisione. “Sulla schiena.
La donna annuì, così mi tolsi la giacca e mi alzai la maglietta sotto, rivelando la mia schiena piena di lividi.
Non facevano male, quindi non mi preoccupavo del possibile dolore.
Tori cominciò il suo lavoro, mentre gli altri si facevano tatuare dagli aiutanti di Tori.
Era calato il silenzio, interrotto dai gemiti di dolore di Sophie, che non resisteva più.
Io invece non sentivo nulla; anzi, ero piuttosto rilassata.
Dopo mezz’ora, la donna mi avvertì di aver completato il lavoro, e mi guardai la schiena allo specchio.
L’albero cominciava alla fine della schiena, e raggiungeva le scapole, dove i rami si diramavano lungo tutte le spalle.
Era un tatuaggio bellissimo.
Abbassai la maglia, ma quando stavo per andare a pagare e a ringraziare Tori, lei mi prese per un braccio e mi condusse in una stanza illuminata da luci rosse.
 
“Perché sei rimasta? Ti scopriranno!”, sibilò lei, strattonandomi.
Mi liberai dalla sua stretta, e mi misi in posizione di difesa. “Ma che cazzo stai facendo, eh?”.
Tori si avvicinò di nuovo, ero pronta ad attaccarla se avrebbe fatto un passo falso. “E’ pericoloso rimanere qui, per te”, disse soltanto, lasciandomi spiazzata.
“Che vuol dire questo?”, domandai, confusa.
“Tu sei diversa”, mormorò, guardandomi negli occhi. “Scappa finché sei in tempo”.
La voce di Quentin mi arrivò alle orecchie. “Lexis? Dove diavolo sei finita?”.
Indietreggiai, mentre Tori mi guardava supplichevole. Uscii dalla stanza, terribilmente scossa, e andai fuori dal negozio, correndo per tutto il Pozzo, per poi raggiungere i Dormitori.
Cosa stava succedendo? Perché dovevo scappare?
Mi mancava l’aria, avevo paura.
 
Forse Tori è solo una pazza, non sa ciò che dice, non darle peso. Tu sei un’Intrepida ormai, hai fegato da vendere, sei forte, non diversa.
 
Non riuscivo più a capire nulla. Raggiunsi la mensa: vuota, come al solito.
Andai in palestra, dovevo per forza prendermela con qualcuno, spaccare il naso a Claire e al suo ragazzo, uccidere un essere vivente e scatenare la mia furia.
Perché tutta la mia vita era basata sulla diversità?
Perché dovevo essere sempre una stupida ruota di scorta?
Buttai giù un tavolo per la rabbia.
 
Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo!
 
Poi, sentii delle braccia sollevarmi per il bacino. Mi girai, e incontrai gli occhi d’acciaio del terribile Capofazione biondo.
Mi guardava, l’espressione imperscrutabile. Sicuramente aveva visto tutta la mia rabbia in quel momento, ma la cosa non mi interessava minimamente.
 
“Mollami”, gli ordinai, dimenandomi.
La sua presa era fortissima, e più mi dimenavo, più aumentava la stretta.
Misi le mani sul suo petto, stringendo la sua maglietta, e guardandolo. Era terribilmente bello.
“Un buon motivo per cui hai distrutto un tavolo?”, disse, con una punta di divertimento.
Guardai da un’altra parte. Detestavo quando qualcuno mi canzonava in quel modo. “Ero arrabbiata, ok? E adesso lasciami andare!”.
“E perché?”, domandò, avvicinandosi.
I nostri nasi si sfioravano, sentivo il suo respiro, i suoi occhi d’acciaio incatenarsi ai miei.
“Affari miei”.
Si ritrasse, arrabbiato. “Ah sì? Devo torturare Tori per farmi confessare tutto?”.
Quanto mi infastidiva il suo modo di fare il ficcanaso.
“Non posso avere dei segreti? Mollami, Eric”.
Non mi ascoltò, e di peso, mi caricò sulla spalla. Mi stava portando chissà dove, finché non mi fece cadere sul ring.
“Se vinco io, mi dirai tutto. Se perdo, puoi uscire viva”, disse, togliendosi la giacca di pelle nera, restando in maglietta grigia a maniche corte.
“Se vinco io, ti tirò uno schiaffone”, sibilai, alzandomi e sfilandomi la giacchetta, rimanendo con un top di pelle che faceva restare la pancia scoperta.
Eric fece un sorriso beffardo. “Lo vedremo”.
 
Partì subito all’attacco, con uno scatto avrebbe voluto buttarmi a terra e imprigionarmi sotto il suo peso, ma fui più svelta e gli feci lo sgambetto.
Ovviamente, il Capofazione orgoglioso e sicuro di sé, cadde prono, così potei saltargli sulla schiena e stringergli i fianchi con le gambe.
Con mia grande sorpresa, si girò capovolgendo la situazione. Mi aveva bloccato i polsi sopra la testa, e mi guardava con intensità.
Gli tirai un calcio sullo stomaco, liberandomi immediatamente dalla sua stretta, allontanandomi da lui.
Un gemito mi fece sorridere. A quanto pare, Eric non era poi così imbattibile.
Si rialzò, guardandomi in cagnesco. Si avventò su di me, buttandomi a terra, imprigionando sia mani e che gambe contro al suo stesso corpo.
“Come la mettiamo? Mi vuoi dire questo grande segreto oppure no?”.
Lo guardai incredula, a fior di labbra. “Tori… dice che sono diversa. Per lei non sono abbastanza al sicuro qui. Mi ha detto di scappare, finché sono in tempo”.
Gli occhi di Eric diventarono un misto di terrore e rabbia. Si rialzò, guardandomi, senza parole. La sua espressione sembrava spiegare tutto.
 
Divergente.




**

Ed eccoci qua!
Finalmente, il titolo della storia ha senso.
Eric sta cambiando. Se prima gli importava un pochino di Lex, ora gli sta importante davvero troppo.
Ma come al solito, io sono piuttosto crudele, lo scoprirete nel corso della storia, voglio ferire i vostri feels come ha fatto la Roth >:)
No, va bene, non odiatemi! <3
Cosa dovrà fare Lexis per salvarsi la pelle? Affidarsi completamente al nostro caro Capofazione, oppure cavarsela da sola?
Lo scoprirete molto presto, forse anche con un po' di lacrime...

(Come al solito, non siate silenziose e linkatemi le vostre storie!).
Un bacio a tutte le mie polpette. <3

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Capitolo 9
*** Delusione. ***


Capitolo otto.
Delusione.




Eric pov.

 
Seconda Fase di Iniziazione.
Mi risvegliai, leggermente intontito, e tastai il lato di letto davanti a me: vuoto. Lex aveva dormito con me stanotte, tra scherzi e coccole, come due veri innamorati.
La cosa mi era piaciuta, ovviamente, ma il rischio che ci scoprissero con le mani nella marmellata era altissimo.
Già Max aveva dei sospetti, se poi ci facevamo beccare, eravamo proprio due stupidi.
Mi alzai, arrabbiato dalla scomparsa improvvisa di Lex, e andai a farmi una doccia. Dopo aver finito, mi vestii, e andai verso la mensa, sentendo la voce cristallina di una ragazza urlare un ‘vaffanculo’, che rimbombò in tutto il tunnel.
Da un vicolo, uscì una Trasfazione, seguita da un Interno, mi sembrava che fosse il migliore amico di Lex.
Lasciai perdere; dopotutto le questioni stupide di Iniziati non mi interessavano.
A me importava solo della mia Interna.
Entrai nella mensa, scorgendo subito la chioma bianca di Lexis. Era seduta ad un tavolo insieme a due Trasfazione, ma poi notai Kevin guardarla con evidente desiderio.
Quella mattina era sicuro che avrei commesso un omicidio.
Appena Lex mi notò, mi guardò stranamente, per poi tornare a ridere con la ragazza Rigida.
Mi sedetti con gli altri Capifazione, notando Quattro andare verso il tavolo di Lexis. Le sorrise, dandole una buffetto sulla guancia.
Ora ero decisamente infuriato. Sia con lei, che con quell’Abnegante di Quattro, che con quello stupido idiota di Kevin.
Ma soprattutto, mi faceva infuriare l’Interna: possibile che non vedesse la mia gelosia? Sembrava farlo quasi apposta.
Forse stava giocando.
Poi vidi Claire. Quella rossa aveva davvero delle forme bellissime, ma niente in confronto a Lexis.
Lei era decisamente perfetta per me. Una macchina da guerra completa; Lexis, l’avevo capito fin da subito, era abituata ad uccidere.
Ma appena la guardavo, mi sembrava quasi impossibile che lei avesse già messo fine alla vita di qualcuno. Sembrava così innocente, ma poi diventava una furia.
Ero rimasto incantato, sotto lo sguardo curioso di Max, ma mi ricomposi, azzannando la mela sul mio vassoio.
 
-
 
Lex pov.
 
Tutti gli Iniziati entrarono in una piccola stanza, sembrava quasi una caverna.
Eric aprì la porta di un’altra stanza, che sembrava più spaziosa, e prese un Iniziato subito. Poi, chiuse la porta.
Al mio fianco, Quentin aveva gli occhi lucidi.
 
“Ma che ti succede, eh?”, domandai, dandogli una piccola spintonata.
“Ho dei problemi… con Amelie”, sussurrò, guardandomi negli occhi. Era terribilmente triste.
“Che è successo?”.
 
Mi raccontò che la sera prima, era completamente ubriaco, e che aveva baciato un’altra ragazza, sotto gli occhi sobri di Amelie.
La mattina dopo, lui ovviamente non ricordava nulla, ma l’Erudita era furiosa.
 
“Sei un cretino”, gli dissi, alzandomi dal pavimento impolverato. “Come si fa a baciare qualcun’altra sotto gli occhi della fidanzata?”.
 
La porta di metallo della stanza si aprì all’improvviso, Eric mi guardò negli occhi e mi fece segno di entrare.
Dopo che mi fui seduta sulla poltrona di pelle, il Capofazione chiuse la porta e tirò fuori una siringa, con dentro del liquido apparentemente trasparente.
 
Liquido per Simulazioni.
 
In un gesto repentino, Eric mi tenne fermo il collo, iniettandomi la siringa nel collo. Sentii del freddo entrarmi lungo la gola, il dolore sparì quasi subito.
I miei occhi stentavano a restare aperti. Così, scivolai in un sonno tormentato.
 
-
 
Gli Intrepidi correvano lungo i binari, io ero in testa alla fola vestita di nero. Ma poi,una persona che conoscevo fin troppo bene, mi conficcò un pugnale nella schiena.
Niente urla, niente gemiti, solo un dolore atroce.
Ma poi mi ricordai fin troppo bene, che la Simulazione non era reale.
Il dolore sparì, il sogno cambiò.
Questa volta ero rinchiusa in una stanza, piena di sabbia. Ero seduta a terra, ma avevo i capelli lunghi e i vestiti stracciati di un’Esclusa.
Ma com’era possibile? Io ero un’Intrepida.
Subito, i miei abiti neri comparvero.
E poi, il fuoco. Nella stanza cominciò a divampare un incendio, il fumo mi entrava dalle narici.
Una finestra, nella stanza, che prima non avevo notato, si aprì con uno scatto. Corsi, senza pensarci, e saltai nel vuoto.
 
-
 
Mi risvegliai, con il fiatone, e mi alzai subito, cogliendo di sorpresa il Capofazione davanti al computer, che osservava la mia Simulazione sbalordito.
 
“Hai fatto tre minuti e due secondi. Complimenti”, disse Eric, con tono duro.
Scossi la testa; del punteggio non mi interessava minimamente. Ero terza in classifica, avevo scalato due posizioni, superando Claire e un altro Interno.
“Hai fatto il tempo più corto che abbia mai visto. Ma è troppo pericoloso. Tu fai vedere la tua Divergenza in modo evidente. Devi comportarti da Intrepida, non da Divergente”.
Le sue parole mi ferirono un po’. Quindi per lui non ero completamente un’Intrepida, ma bensì una specie di meticcio tra tutte le Fazioni.
Un mix che mi avrebbe portato, probabilmente alla morte.
“Non potrò sempre essere lì per coprirti il culo, Lexis. Dovrai cavartela da sola quando non ci sarò”.
La sua frase mi arrivò come un pugno allo stomaco. La paura attanagliò le mie membra.
“Alla fine mi lascerai sola, non è così?”, bisbigliai, abbassando il capo.
Eric non rispose, alzandosi, e abbracciandomi. Sapevo perfettamente che per lui proteggermi era troppo pericoloso, un peso da non affrontare.
Quindi era meglio finirla qui. Mi staccai dall’abbraccio, scuotendo la testa. Lo guardai, le lacrime che pizzicavano i miei occhi.
Non dovevo farmi vedere da lui.
Così, uscii dalla stanza, senza salutare Quentin e sotto lo sguardo degli altri Iniziati, che mi guardavano con curiosità.
 
Delusione.


**

Buongiorno a tutte le mie polpettine.
Oggi ho intenzione di pubblicare due capitoli, per distruggervi i feels completamente. Mi spiace se non pubblico capitoli interessanti, ma sta per arrivare un cambiamento.
Un cambiamento che sconvolgerà completamente tutta la storia e che vi provocherà lacrime infinite e momenti di amore saltellante.
La fine è ancora lontana, ma forse per Lex è il momento di cominciare a tirare fuori il suo vero coraggio, spinta da un bisogno di sopravvivere nel mondo degli Intrepidi.
Ma nascondere la sua Divergenza non sarà affatto facile.

Vi saluto con questo, a presto care. Un bacio a tutte! <3

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Capitolo 10
*** Sophie. ***




Sophie.
Capitolo nove.




Mentre correvo tra la gente del Pozzo, sentii una strana sensazione: terrore.
Quando un Intrepido aveva paura, era successa una cosa grave.
E a me era successa.
Eric mi stava lentamente abbandonando. Ma aveva ragione: non potevo sempre appigliarmi a lui per rimanere a galla.
Dovevo cavarmela da sola.
Avrei nascosto il mio terribile segreto fino alla morte.
Avrei passato la seconda fa di Iniziazione e sarei diventata una vera Intrepida.
Avrei vissuto normalmente.
Era ora di diventare una Convergente*.
 
-
 
Amelie era seduta sul suo letto, nel Dormitorio. Aveva la testa appoggiata alle ginocchia, singhiozzava.
Mi sedetti al suo fianco, passandole una mano sulla schiena.
 
“Amelie, lui ti ama”, le dissi.
Alzò la testa, mostrandomi i suoi grandi e blu inondati dalle lacrime.
“Non proteggerlo, Lexis!”, sibilò, arricciando il naso per la rabbia. “Ciò che ha fatto è sbagliato e lo so, ma era ubriaco. Non tutti si controllano quando abbiamo l’alcool nelle vene. Amelie, lui ci tiene, stamattina era uno straccio. Faceva schifo, probabilmente anche la sua prova avrà fatto schifo”.
L’ex Erudita alzò le spalle. “Non mi interessa cosa farà”, rispose, asciugandosi le lacrime. “Tu come sei andata?”.
 
Era una domanda a cui avrei dovuto rispondere mentendo. Avevo fatto il tempo migliore di tutta la Fazione negli ultimi anni, la bellezza di tre minuti e due secondi. Ma nessuno doveva saperlo.
 
“Ah, io ho fatto schifo. In questa prova mentale sembro una minorata”, mentii. “E tu?”.
La ragazza sorrise. “Un buon tempo. Dopotutto sono un’ex Erudita, che ti aspettavi?”.
 
Ridemmo insieme, ma una presenza nel Dormitorio ci fece zittire. Quentin era sulla soglia e ci guardava, gli occhi lucidi. Amelie abbassò lo sguardo, mi alzai dal letto. Me ne andai, guardando il mio migliore amico, infondendogli una buona carica di decisione e sicurezza.
Quel momento doveva essere incisivo anche per me. Dovevo assolutamente trovare Quattro. Dovevo parlargli, spiegargli tutto, e con calma, farmi aiutare.
Lui mi conosceva da una vita, potevo fidarmi di lui.
Mi incamminai verso la sua camera, bussai alla porta, sentii la sua voce provenire dall’altra parte.
 
-
 
Quattro pov.
 
Lexis entrò nella mia stanza come un uragano, gli occhi scurissimi mi guardavano con decisione.
Cosa ci faceva nella mia stanza?
Ero seduto davanti alla mia scrivania, mentre osservavo le varie prove, tra cui la sua.
Era davvero sconcertante il suo modo di superare la prova della paura, ma c’era qualcosa di strano.
Sembrava perfettamente cosciente, come se stesse vivendo nella vita reale.
Ma niente era reale.
Si sedette sul mio letto, prendendosi la testa tra le mani. Già, c’era qualcosa sotto, qualcosa di terribilmente grande.
 
“Quattro, io…”, mormorò, alzando di nuovo lo sguardo su di me.
Fece un respiro, poi prese coraggio. “Ho una cosa da dirti”.
 
La conoscevo fin da piccola, era sempre stata una ragazzina da poche parole. Si difendeva con le unghie se qualcuno la prendeva dal verso sbagliato, ma la Lexis davanti a me non era quella che conoscevo.
 
Ma quando mi stava per dire quella cosa tanto importante, la porta della mia stanza si aprì di scatto.
Eric entrò, gli occhi sbarrati nel vedere l’Iniziata seduta sul mio letto. Confusione, rabbia e anche un po’ di dolore afflisse i suoi oceani d’acciaio. E così, Lexis, lo fissò con risentimento, la mascella leggermente contratta.
 
“Quattro, Jeanine vuole incontrare i due ragazzini sospetti afflitti da Divergenza”, disse con tono grave, guardando la ragazza dai capelli bianchi. Assottigliò gli occhi.
La cosa era decisamente grave.
 
-
 
Lex pov.
 
Alla notizia dell’arrivo di Jeanine, il mio sangue si raggelò.
Già due Divergenti erano stati scoperti. Ero in pericolo. Se quell’Erudita avesse visto la mia prova, sarei caduta in un burrone senza fine.
Eric ancora mi guardava, anche se Quattro era uscito dalla stanza.
Dopo pochi secondi, lo seguì, lasciandomi sola in quella camera. Vuota.
Vuota di ogni cosa.
Odiavo quella stupida sensazione. Non sapere che fare era terribile. Era sconcertante. Mi alzai, e corsi verso la mensa. Non trovai nessuno al solito tavolo, solo Edward che si tormentava le mani.
Mi avvicinai a lui, sconvolta.
Mi fissò per un attimo. “Sophie… Divergente…”.
Le sue parole erano scosse da un singhiozzo, io ero tramortita da un insieme di sensazioni che non mi avrebbero lasciato viva.
La mensa per me non c’era più.
 
Sophie.
 
Corsi lungo i tunnel, e vidi Jeanine, Eric, Quattro e alcuni Eruditi tenere Sophie ferma, mentre un soldato le puntava la pistola contro.
Lo Strapiombo sarebbe stato meglio, in quel momento.
Restai immobilizzata, mentre la bionda guardava nel mirino dell’arma, deglutendo.
Aveva perso tutto.
Aveva perso sin dall’inizio, tutti lo sapevano tranne me.
Lo sapeva che sarebbe morta, eppure aveva continuato a lottare.
Sophie mi guardò, ma gli altri non si accorsero della mia presenza.
Uno sparo, un piccolo gemito, e fu tutto finito.
 
 
Convergente = contrario di Divergente, ovvero una persona normale, che non usa la creatività e non esce dagli schemi per affrontare varie situazioni.



**

E così, mi odierete tutti.
La storia sta prendendo una piega leggermente drammatica. Sophie era una Divergente, cosa che non ho fatto notare nel corso della vicenda.
Avrei dovuto descriverla meglio, ma dopotutto, era questo il mio obiettivo.
Sono un po' triste, ma presto ci sarà una piccola svolta, negativa o positiva, lo interprete voi.
Comunque, spero vi sia piaciuto il capitolo, e spero che non siate silenziose come al solito...
Vi chiedo (di nuovo, visto che nessuna l'ha ancora fatto) di linkarmi le vostre storie, che sono più felice di leggere e recensire.
Alla prossima polpettine!  <3

-LEX.

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Capitolo 11
*** Promessa. ***


Promessa.
Capitolo dieci.





Sophie cadde a terra, un piccolo tonfo, un gemito strozzato. I suoi occhi cerulei erano spalancati, del sangue colava dal buco sulla fronte dove il soldato Erudito aveva sparato.
Quattro spostò lo sguardo altrove, disgustato. Il sorriso di Jeanine era sinistro e indescrivibile. I suoi capelli biondi erano legati in uno chignon elegante, il vestito blu era pulito dal sangue appena versato.
Sophie era stata uccisa per la sua Divergenza.
Eric continuò a guardare quel cadavere, senza sentimenti. Era sbagliato. Tutto sbagliato! Uscii dal nascondiglio, la rabbia che mi pulsava nelle vene, lo sconcerto nel vedere quella situazione.
Quattro mi fissò, sconvolto, senza proferire parola. Tutti si voltarono verso di me; Jeanine mantenne il suo sorriso.
 
“Lei è la seconda divergente?”, domandò, mentre il soldato Erudito mi puntò addosso la pistola.
La paura mi attanagliò le membra. Lo ero, sì che lo ero.
“Certo che no”, intervenne Eric, la voce e lo sguardo impassibili.
“E allora, chi sei?”.
L’Erudita si avvicinò, scrutandomi negli occhi. Restai ferma, mentre mi sfiorava la guancia e i capelli.
“Mi chiamo Lexis”, dissi, mentre i suoi occhi curiosi mi fissavano con ammirazione.
“Sei davvero una strana creatura, non ho mai visto qualcuno simile a te”.
La parola “strana” sembrò rimbombare nel Pozzo, sullo Strapiombo, nei tunnel di tutto l’edificio.
Mi sorrise, di nuovo. “Mi spiace tu abbia dovuto assistere, cara, ma dopotutto sei un’Intrepida, ucciderai anche tu”.
Annuii, lo sguardo vuoto sul corpo di Sophie. Lei era morta, era morta per colpa della mia vigliaccheria.
Un gruppo di guardie Intrepide portarono il secondo Divergente. Jeanine si voltò, sorrise di nuovo, il ragazzino che le si parò davanti. Era un Trasfazione, l’avevo visto solo qualche volta, ma non lo conoscevo. Eric venne verso di me, mi prese per un braccio e mi portò via a forza.
Le mie gambe non si muovevano. Ero rigida come un ciocco di legno, ancora dovevo capacitarmi della scena a cui avevo assistito poco prima.
Sophie era morta e non poteva tornare indietro.
 
-
 
“Farò la stessa fine, vero Eric?”, domandai al Capofazione, dall’espressione impassibile.
Ero seduta sul suo letto, dove la notte prima, ero accoccolata a lui.
Non ottenni una risposta, mentre lui, camminava avanti e indietro, infuriato.
Si fermò di scatto, guardandomi. Si avvicinò pericolosamente, poi, si mise in ginocchio, tenendo le mie caviglie tra le mani.
Il suo sguardo tradiva preoccupazione, dolore, per ciò che avevo visto.
“No, Lex”, disse, abbassando lo sguardo. “Nessuno ti torcerà un capello”.
Calò di nuovo il silenzio, mentre lo guardavo. Misi una mano tra i suoi corti capelli biondi, li strinsi un attimo, accarezzandolo come un tenero gattino.
Mi guardò di nuovo, incatenando il suo sguardo al mio. I suoi occhi facevano trapelare un’emozione che non sapevo descrivere. Appoggiò il capo sulle mie gambe, baciando la mia pelle. Continuai a coccolarlo così, mentre il mio cuore si chiudeva sempre di più.
 
Marcire.
Morire.
E alla fine vincere.
 
Il suo respiro accarezzava la mia pelle candida e sensibile, facendomi rabbrividire.
 
“Mi dispiace”, sussurrò, alzando la testa e guardandomi di nuovo.
Alzai le spalle. Non avrei versato nemmeno una lacrima.
La realtà dei fatti faceva male, ma mai quanto il suo sguardo pieno di dolore.
Eric era forte, ma mi stava mostrando la sua debolezza. Sapeva benissimo che anch’io, probabilmente avrei fatto la stessa fine, davanti a lui, a Quattro, a Jeanine che avrebbe continuato a sorridere, gli occhi ricolmi di follia.
E io, intanto stavo marcendo tra le sue grandi e forti mani, aspettando una fine che sarebbe presto arrivata.
 
“Ho manomesso la tua prova”, disse, con voce ferma. “Ho cambiato tutto. Il tuo tempo, dopo la mia manomissione, è di undici minuti, ma questo non cambierà il tuo punteggio. Tu sei già una vera Intrepida”.
 
Le sue parole mi colpirono il cuore come un pugnale.
Se lui non avesse toccato la mia prova, io sarei già morta. Forse al posto di Sophie.
I miei occhi cominciavano a pizzicare. Ero viva grazie a lui. Grazie a Sophie.
Stavo per crollare. Il silenzio stava ferendo entrambi.
Perché? Perché ero così vigliacca?
 
“Ti prego, parlami Lexis”, disse, prendendomi il viso tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi.
 
Dolore, vuoto, dolore, vuoto.
Morte.
 
Con uno scatto inaspettato, mi rifugiai nel suo petto, stringendo il suo petto e bagnando di lacrime la sua maglietta grigia.
 
“Un Intrepido non ha paura. Io invece sono terrorizzata, Eric!”, esclamai, serrando gli occhi, le lacrime che trovavano sempre un’uscita per sgorgare.
Il Capofazione mi accarezzò la testa di capelli bianchi.
“Anch’io ne ho, Lexis. Ne ho forse più di te. Perderti… sarebbe insopportabile”, disse, la voce leggermente incrinata.
Spalancai gli occhi, sconvolta. Alzai lo sguardo verso di lui.
Lo baciai.
Tra le lacrime, le nostre labbra si unirono in una promessa.
 
La promessa di vincere.



**

Sophie è morta, come avete ben capito.
Lex è fin troppo Divergente, Eric la deve proteggere.
Ma purtroppo, c'è sempre una svolta drammatica... quale sarà? :33
Ciao polpettine! Spero vi sia piaciuto il capitolo, oggi pomeriggio ne pubblicherò sicuramente un altro, poiché ne ho già due pronti.
Quindi, state all'erta.
Non siate silenziose, miraccomando! <3
A presto! ^^









 

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Capitolo 12
*** Troppo forte. ***


Troppo forte.
Capitolo undici.





Amelie mi guardò.
I suoi occhi erano rossi dal pianto, Quentin ed Edward singhiozzavano ancora.
Le loro guance erano secche per colpa delle lacrime versate. E invece io, ero fredda come un pezzo di ghiaccio.
Avrei dovuto rimanere zitta, ma era loro diritto sapere.
Amelie era un’ex Erudita, ma non le importò che Sophie fosse una Divergente. Lei era soltanto l’ex Abnegante che affrontava le prove con lei, l’amica, la buona e piccola, fragile Sophie di cui Edward si era innamorato.
Il magone mi bloccava le parole in gola, non riuscivo quasi a respirare.
Le lacrime minacciavano di uscire ogni secondo di più, e due giorni di totale inferno mi aspettavano prima che l’Iniziazione fosse completata e tutti fossero dei veri e propri Intrepidi.
I Divergenti stavano lentamente scomparendo dall’edificio. Molti mancavano all’appello, tra cui qualche ragazzo Interno.
Li stavano facendo tutti fuori, uno ad uno.
 
“Lexis, tu sei una Divergente?”, domandò Amelie, guardandomi intensamente.
“No”, risposi, la voce dura.
 
Mi guardarono tutti e tre, ma non c’era sospetto nei loro sguardi.
Il mio segreto doveva morire con me.
E con Eric.
 
“Allora mi rimani solo tu”, mormorò. “Non abbandonarmi, ti prego. Sto per crollare”.
“Siamo tutti con te”, dissi, vedendo Quentin ed Edward annuire.
Una lacrima bagnò di nuovo il suo viso, nuovi singhiozzi, nuovi tormenti.
“Devo andare, Amelie. Fra poco ci sarà il test per la paura”, mormorai, alzandomi dal suo letto.
Quentin mi imitò, ma prima le diede un bacio sulle labbra.
Ce ne andammo da quel Dormitorio pieno di tristezza, ma io e il mio migliore amico non proferimmo parola.
Era tutto confuso. Terribilmente confuso, non sembrava nemmeno reale.
Attraversammo un tunnel, ma Quentin mi fermò all’improvviso, prendendomi per un braccio.
 
“Dì la verità”, mi alitò, la voce rabbiosa. “Ci hai sempre nascosto qualcosa, tu, Lexis! Sei una Divergente anche tu, non è così?”.
Mi paralizzai, lo sguardo del ragazzo trapassarmi l’anima. I suoi occhi azzurri si facevano sempre più scuri e crudeli.
“Ma cosa dici!”, esclamai, liberandomi con uno strattone. “Sono la tua migliore amica, Quentin!”.
 
Fece cadere le spalle, abbattuto. La cattiveria che prima divorava i suoi occhi sparì all’istante, sostituendola con dolore e dispiacere.
Mi abbracciò, di slancio, nel buio di quel tunnel. Lo strinsi piano.
Alla fine, avevo mentito anche a lui.
 
-
 
Entrai nella stanza, lo sguardo di Eric su di me.
Rinchiusi in quella camera così grigia e spoglia, illuminata da dei lucernari che andavano a bizze, il Capofazione sembrava ancora più gelido.
Mi sedetti, Eric aveva già in mano la siringa.
 
“Ricordati, comportati da Intrepida.
Annuii alle sue parole severe, e subito mi conficcò la siringa nel collo. Di nuovo, sprofondai nel sonno.
 
-
 
Ero vicino alle Mura, nell’edificio dove si era svolto il gioco di ruba – bandiera.
La bandiera fosforescente era proprio lì, in quella stanza buia, illuminata da una piccola finestra.
Attorno a me, il nulla.
Non c’era il pavimento, solo nero.
Cominciai a correre, ma qualcuno mi fermò. Un dolore lancinante alla schiena, uno spruzzo di sangue uscì dalla ferita, sporcando le pareti bianche.
Una risata. Mi voltai.
 
Eric.
 
-
 
Mi svegliai di soprassalto.
Nel mio incubo non c’era un senso logico, non si capiva perché fosse finito in quel modo.
Non avevo risolto nulla.
Mi ero semplicemente svegliata.
Il Capofazione mi guardò confuso, la mascella contratta e gli occhi senza emozioni.
 
“Perché?”, domandò solamente.
“Non lo so”, feci, terrorizzata ancora per quell’incubo.
Abbassò lo sguardo. “Dovrò di nuovo manomettere tutto. Sono stati sessanta secondi, questa volta. La tua Divergenza è troppo forte per essere coperta”.
Un’altra pugnalata, più forte di prima. Io ero fin troppo evidente come Divergente. Non c’era modo di proteggermi.
“Ci penserò io”, concluse infine.
Mi alzai, e feci per andarmene, ma Eric mi fermò e mi baciò con foga.
 
Le sue labbra divorarono le mie, mentre mi stringeva a sé. Ricambiai, posando le mani sui suoi pettorali.
Forse lo amavo.
Forse lo amavo per tutto ciò che faceva per me.
 
Ci staccammo.
“Ti aspetto stasera”, disse.
 
Cercò di sorridermi, ed uscii di fretta, salutando Quentin che venne chiamato subito dopo di me.
Mi serviva distrarmi al più presto.
Scesi al Pozzo, tra le risate degli Intrepidi che parlavano e scherzavano con amici. Sapevo benissimo dove volevo andare.
 
Entrai nel negozio di Tori come un uragano.
 
Buonasera a tutte! Ieri non ho potuto aggiornare, avevo avuto dei problemi, quindi eccomi qui! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, non siate silenziose <3 Ciao ciao! <3

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Capitolo 13
*** Vita. ***


Vita.
Capitolo dodici.




La donna mi guardò, sempre con la stessa circospezione della prima volta.
Andai verso al muro dei tatuaggi, e osservandoli attentamente, ne scelsi uno, fin troppo particolare: un insieme di rettangoli, disposti in fila indiana, simili a quelli di Eric.
 
Andai da Tori, con un sorriso tirato e le diedi il disegno.
Mi sedetti sulla poltroncina, mentre lei cominciò il lavoro, senza proferire parola.
Dopo circa dieci minuti, fece un sospiro.
 
“Allora sei rimasta qui”, mormorò, mentre mi puliva con un fazzoletto di carta.
Non la guardai, ma continuai ad osservare le figure scure sul soffitto.
“Sono in pericolo, Tori”, le dissi, con una punta di amarezza nella voce.
“Ti hanno scoperta?”, fece con terrore, fermandosi all’improvviso.
“Hanno ucciso una mia amica”.
 
Le lacrime volevano uscire, ma non diedi loro quella possibilità. Non dovevo assolutamente mostrarmi debole.
 
“Come?”.
“Colpo di pistola, davanti a me. C’era anche Jeanine”.
“Ti hanno visto?”.
“Sì, Tori. Jeanine mi ha pure parlato”.
“Cosa ti ha detto?”.
“Che non aveva mai visto una creatura come me. Ovviamente alludeva ai miei capelli”.
Tori continuò a disegnare sul lato destro del mio collo, sentivo il suo respiro accorciarsi sempre di più.
“Ti sto mettendo in pericolo, vero?”, domandai, deglutendo.
“No, Lexis, tu sei una normale Intrepida, non ti devi preoccupare per la mia sorte”, rispose, pulendomi un’ultima volta la pelle.
“Ho finito”, esordì, con un sorriso.
 
Mi alzai dalla poltrona di pelle, e andai subito a guardare il tatuaggio. Era davvero bellissimo.
Ora, il mio collo era simile a quello di Eric, un suo pezzo apparteneva a me.
Un pezzo del suo cuore di ghiaccio.
 
-
 
Mentre mi incamminavo verso la sua camera, mi nascondevo tra le ombre dei tunnel, nel buio che sempre mi aveva caratterizzato.
Appena raggiunsi la sua porta, non bussai nemmeno, e mi infiltrai silenziosamente.
Non c’era. Poi, sentii l’acqua della doccia scorrere, poi improvvisamente interrotta.
Eric aprì la porta del bagno di scatto, ancora bagnato e coperto solo da un asciugamano stretto in vita.
Mi guardò divertito, perfettamente a suo agio, mentre io ero arrossita fin troppo.
Si avvicinò, e subito sfiorò il mio collo, dove stava il mio nuovo tatuaggio.
 
“Hai intenzione di copiarmi?”, fece, baciandomi quella zona.
Rabbrividii. “Certo che no, antipatico d’un Capofazione”.
Si ritrasse di scatto, guardandomi intensamente. Mi morse il labbro inferiore, poi cominciò a baciarmi.
 
“Antipatico?”, fece, dopo un po’, incuriosito.
“E scontroso”, aggiunsi.
Si formarono delle pieghe sulla sua fronte spaziosa. “Scontroso dici?”.
 
Mi prese per i fianchi e mi sollevò. Avevo le gambe avvolte attorno al suo bacino, l’asciugamano stava quasi per scivolare.
Mi morse il seno destro, poi mi baciò al centro del petto. Mi fece stendere sul letto; mi raggiunse subito dopo.
Era sopra di me, mi guardava con intensità.
Mi baciò subito dopo, imprigionando le sue labbra con le mie.
In quel momento, mi sentivo rinascere.
Continuammo a baciarci, rotolando sul letto, lasciandoci i segni della nostra passione, del nostro piccolo amore.
Eric mi guardò, mentre sfioravo i suoi fianchi, ancora avvolti nell’asciugamano.
La sua espressione parlava chiaro.
 
Voleva farlo.
Ma lo volevo anch’io.
 
Sapevo di avere sedici anni, di essere terribilmente esperta, ma con lui era tutto diverso.
Mi sentivo pronta per perdere una cosa importante con lui.
 
La mia verginità.
 
Annuii, come per dirgli che ero d’accordo. Lui mi capì al volo.
Ero già senza pantaloni e giacca; ero rimasta in slip e canottiera.
Quando mi sfilò anche quella, mi sentii nuda davanti a lui.
Eric ringhiò contro alle mie labbra, accarezzandomi la pancia dolcemente.
Il suo tocco mi rimodellava da capo, facendomi sentire stranamente completa.
 
Ero libera.
 
Lentamente, dopo avermi sfilato di dosso ogni indumento ed essersi tolto l’asciugamano, entrò lentamente dentro di me.
Dalla mia bocca uscì un piccolo gemito di dolore, che Eric coprì subito con le sue labbra.
Graffiai la sua schiena, e lo sentii ringhiare di nuovo. Mi guardò, intensamente, mentre affondava di nuovo in me con una vigorosa spinta.
Chiusi gli occhi, mentre Eric mi mordeva il collo, i lobi, il seno.
Il suo possesso era su tutto il mio corpo.
Continuava a possedermi, dolcemente, mentre ci baciavamo aggressivamente.
Con lui era sempre tutto così naturale. Con lui, il dolore passava dopo pochi attimi.
Con lui mi sentivo vera. Non dovevo fingere, non dovevo dimostrare niente.
Lui mi aveva salvato, mi aveva fatta rinascere piano piano e in poco tempo.
Avvolsi il suo collo con le braccia, stringendolo di più a me.
Si stese al mio fianco, per poi abbracciarmi da dietro.
Eravamo nudi, nudi davanti ai nostri sentimenti.
Mi baciò delicatamente la spalla.
 
“Grazie”, mormorò, contro la mia pelle.
“Grazie di cosa?”, risposi, senza voltarmi.
“Di essere parte della mia vita”.




**

Salve a tutte!
Ed eccomi di nuovo qui con un capitolo....
Benissimo, come al solito vi chiedo di non essere silenziose e di linkarmi le vostre storie.
Scusate se ieri sono stata frettolosa, ma purtroppo dovevo uscire e dovevo per forza aggiornare!
Dunque, mi avverto: la storia sta per finire. Ancora qualche capitolo e poi inizierà il sequel, anzi, ditemi se lo volete, perché già di suo questa storia sarà incompleta.
Quindi, se volete assolutamente un sequel, ditemelo in questo capitolo oppure nei prossimi.
Ci terrei a sapere la vostra opinione, per convincermi ad andare avanti.
Ok, ora non vi dico più nulla polpettine del mio cuore! A presto <3

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Capitolo 14
*** Peso. ***


Peso.
Capitolo tredici.




Mi svegliai, leggermente intontita.
Due braccia tatuate mi tenevano stretta in un abbraccio attorno alla vita, non potevo liberarmi.
Le sue labbra erano ancora sulla mia spalla e i suoi capelli mi solleticavano la schiena.
Ero nel letto di Eric, avvolta tra le sue lenzuola, dopo una notte passata ad amarci.
Le sue parole mi rimbombavano nella testa.
 
“Grazie”, mormorò, contro la mia pelle.
“Grazie di cosa?”, risposi, senza voltarmi.
“Di essere parte della mia vita”.
 
Tolsi piano il suo braccio dalla mia vita, e lui mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Mi alzai dal letto, e filai verso il bagno, leggermente imbarazzata.
Avevo perso la mia verginità con un Capofazione!
Mi fece una doccia veloce e mi rivestii, per poi trovare un Eric assonnato, e leggermente arrabbiato tra le lenzuola.
Mi guardò, sorpreso di vedermi vestita di tutto punto. Mi avvicinai e gli diedi un leggero bacio sulle labbra.
 
“Buondì”, sussurrai, mentre mi accarezzava la guancia destra.
“Pensavo te ne fossi andata via”, rispose, leggermente deluso.
“E invece sono ancora qui. Sarò sempre qui”.
 
Due braccia mi costrinsero a mettermi stesa di nuovo sul letto, accanto a lui.
Mi baciò, con foga, mentre il suo profumo da uomo mi entrò nelle narici.
Mi staccai, con una mezza risata.
 
“Eric, devo andare!”, esclamai, sfuggendo alle sue braccia.
“No”, si lamentò, mentre mi dirigevo verso la porta.
 
L’aprii, ma davanti, mi trovai un pericoloso imprevisto.
 
Max aveva ancora il pugno alzato per bussare alla porta, e appena incontrò i miei occhi, corrugò la fronte, sorpreso.
Arrossii.
Eravamo stati sorpresi. Eric si alzò di scatto dal letto, portandosi dietro il lenzuolo.
Scivolai sotto al braccio di Max, sfuggendo al suo sguardo.
 
Che imbarazzo.
 
Mi allontanai furtiva, raggiungendo la mensa. Al tavolo, mancava solamente Sophie.
 
Sophie.
 
Quentin mi sorrise, lo stesso fece Edward ed Amelie.
 
“Dov’eri finita? A letto non c’eri!”, disse il mio migliore amico, assottigliando gli occhi.
“Poligono. Non riuscivo a dormire”, risposi impassibile.
“Eppure sei perfettamente riposata”, commentò Edward.
“Non fate i sospettosi con me”, borbottai, mordendo la mia mela.
 
La mensa era piena di Intrepidi confusionari, non riuscivo a concentrarmi su niente, se non sugli occhi del mio Capofazione preferito…
Amelie posò una mano sulla mia. Aveva la pelle fredda, e appena la guardai meglio in viso, era parecchio pallida e due occhiaie violacee la facevano sembrare uno zombie.
Era provata.
Fin troppo.
Il ricordo dei sorrisi di Sophie stava pian piano scomparendo, e lei era sempre più ferita nel profondo.
Mi sorrise, facendomi i complimenti per il nuovo tatuaggio.
Avrei tanto voluto consolarla, ma non me la sentivo di vederla piangere ancora. Perché sapevo, che era colpa mia.
Stava per finire anche la seconda fase di Iniziazione. Tutti erano incredibilmente emozionati, il mio punteggio era salito al secondo posto.
Dovevo battere soltanto un Interno particolarmente agguerrito, ma con la manomissione dei miei dati, era tutto parecchio difficile.
 
“E diventeremo degli Intrepidi, allora!”, esordì uno dei Trasfazione, dando energia a tutta la sala.
Cominciarono ad urlare, a scalpitare, a giocare. Perché il mondo degli Intrepidi era pieno di libertà e di gioia.
Quentin sorrise, trasportato da tutta quella vitalità. Eravamo sempre stati parte di questo mondo, ma ora lo eravamo di più.
Più guerrieri, forti, consapevoli.
 
“Oggi ci sono le visite da parte dei nostri genitori, lo sapevate?”, fece Amelie, con un gran sorriso.
Strabuzzai gli occhi. “Beh, io non aspetto nessuno”, risposi, posando la mia mela sul vassoio e cominciando a mangiare uno dei toast.
“Eppure quel tipo sembra cercare proprio te”, e indicò dietro la mia schiena.
Mi voltai, leggermente confusa.
Vidi un uomo, alto e muscoloso, coi capelli ramati e gli occhi scuri, la pelle chiara e le labbra sottili.
Mi alzai, incredula di ciò che vedevo davanti ai miei occhi.
Sembrava proprio il mio fratellastro, figlio dei miei nonni. Doveva avere una trentina d’anni, e il suo aspetto era decisamente cambiato.
 
“Lexis?”, domandò, guardandomi attentamente.
Francis”, feci, sconvolta.
 
Mi abbracciò e mi strinse forte contro di lui, mentre ancora dovevo ben assimilare ciò che stava accadendo.
Mi baciò la fronte, mentre mi staccai dall’abbraccio, leggermente confusa.
 
“Ti vedo bene”, disse.
Aveva l’abito da Erudito, blu – azzurro ovviamente, ma il suo look era decisamente da Intrepido: la sua giacca era di pelle, sempre blu, con delle borchie sulle spalle.
Era davvero diventato un bel pezzo d’uomo, ed era sempre stato una specie di eroe per me.
Fin da piccoli mi accudiva come una figlia, non negavo di averlo amato, ma era pur sempre il mio fratellastro.
 
“Anch’io ti vedo apposto”, feci, leggermente imbarazzata.
Mi scompigliò i capelli bianchi, con una mezza risata. “Sei cresciuta. Con la divisa da Intrepida stai davvero un incanto”, aggiunse.
Sentii una mano sulla spalla. Mi voltai, Eric aveva gli occhi ricoperti da una coltre di furia e gelosia.
“E’ il tuo fidanzato?”, mi chiese Francis, leggermente deluso.
“Già, quindi levati di torno”, rispose il Capofazione, con tono acido e violento.
“Sono il suo fratellastro, posso parlare con lei quando voglio e soprattutto quando mi pare”, gli disse lui, a tono.
Eric assottigliò lo sguardo, ma non lasciò la presa ferrea sulla mia spalla.
“Allora parlerete in mia presenza”.
 
“Lexis”, fece Francis, esasperato.
“Lex”, lo corresse Eric.
La situazione stava prendendo una piega comica.
“Ok, ora basta”, mi voltai verso il Capofazione, scrutandolo con decisione. “Ci vediamo più tardi”.
Eric mi guardò con fare accusatorio, ma dopodiché uscì dalla mensa, con passo pesante e veloce.
“Devi scusarlo”, sospirai. “E’ molto… protettivo”.
Francis alzò le spalle, e sorrise. “Tranquilla”.
 
Uscimmo dalla mensa, parlando del più e del meno.
Il mio fratellastro era cresciuto, ma era sempre rimasto lo stesso eroe di tanto tempo fa.
Era cordiale, il suo gergo era educato e i suoi modi gentili. Forse era più un Abnegante che un Erudito, ma la cosa non mi interessava.
 
“Jeanine ha intenzione di eliminare tutti i Divergenti”, disse, ad un certo punto. “Stimo molto la sua campagna, quei soggetti sono pericolosi”.
Tasto dolente.
La rabbia prese possesso della mia bocca. “Tu lo pensi davvero? Sono persone normali, solo più creative. Cosa c’è di sbagliato?”.
Francis cominciò a ridere. “Sei rimasta ingenua, Lexis. I Divergente sono troppo pericolosi. Non possono essere lasciati in vita. Sarebbero solo un peso”.
Le sue parole mi ferirono nel profondo.
Io non pensavo di essere un peso. Ma mi accorsi di essermi sbagliata: Eric consumava molto del suo tempo a proteggermi, quando avrei dovuto farlo da sola, da vera Intrepida.
E invece, restavo nella bambagia, troppo vigliacca per buttarmi nella mischia.
“Hai ragione”, dissi, la voce affievolita dalla colpa.
Francis mi guardò storto, ma poi sorrise. “Mi ha fatto piacere rivederti. Ma sono sicuro che ci incontreremo di nuovo”.
Mi abbracciò baciandomi la fronte, poi corse giù al Pozzo, sparendo tra la folla.
In fondo, anche lui aveva conservato i modi di fare da Intrepido.
 
-
 
Entrai nella camera di Eric che erano le nove e mezza di sera.
Era vuota, non c’era nessun rumore.
La stanza era silenziosa, così mi tolsi la giacca e gli stivali. Doveva essere a qualche noiosa riunione.
Mi sarei messa ad aspettarlo. Mi sdraiai sul letto, ma la stanchezza mi avvolse in un sonno a cui non potei sottrarmi.
 
-
 
Eric pov.
 
Non trovavo Lexis da nessuna parte.
Che le fosse successo qualcosa?
Improbabile. Dopotutto quell’uomo era il suo fratellastro. Entrai nella mia stanza, e mi tolsi subito gli stivali.
Alzai lo sguardo, e sorpreso, vidi una figura dormire nel mio letto. Lex era raggomitolata su se stessa, con le ginocchia al petto e le mani chiuse in pugni, vicino al viso.
Anche quando dormiva, la sua difesa non era mai abbassata.
I suoi capelli erano sparsi sul cuscino, la bocca semiaperta. Era una scena terribilmente dolce.
Mi avvicinai, non volevo svegliarla, e le diedi un leggero bacio sulla guancia. Era davvero bellissima.
Avevo paura di non poterla proteggere abbastanza. Anche se ero un Capofazione, avevo sempre le spalle scoperte, non potevo permettermi nessun errore.
Lexis era troppo importante.
Senza di lei, niente avrebbe avuto più senso.
Era la prima a cui dedicavo tutte le mie premure; le altre erano solo degli stupidi manichini che soddisfavano le mie voglie, invece lei era diversa.
Era fragile, ma allo stesso tempo forte; e nonostante tutti gli ostacoli, sorrideva alla vita.
E io sorridevo con lei, come non lo facevo da tempo.
Era come una lucciola in una notte senza luna, una via di salvezza in una guerra infinita.
 
La guardai ancora per un po’, stringersi al cuscino, mentre la sua espressione diventava più truce.
Probabilmente, un brutto sogno annebbiava la sua mente.
Mi tolsi i vestiti, mi infilai sotto le coperte con lei, addormentandomi vicino al suo corpo.



**

Ho voluto aggiornare di nuovo, poiché vorrei cominciare con il sequel.
Ho già pronto il prologo e il primo capitolo, quindi non vorrei tenervi ancora sulle spine, visto che volete un continuo.
Come potete vedere, le cose stanno radicalmente cambiando tra Eric e Lex, ma durerà? Oppure ci saranno degli imprevisti?
Mh, sono pronta a distruggere i vostri feels! Benissimo, che devo dire ancora? Beh, di non essere silenziose, e di recensire il più possibile.
Comunque, spero non siate rimaste deluse dal capitolo, e mi scuso se non sono poi così interessanti, ma i colpi di scena non mancheranno...
Ci manca solo un capitolo (o forse due) alla fine della storia, poi comincerà il sequel, intitolato "The sky breaks", sempre se non cambierò idea sul titolo.
Vi saluto care, a stasera con l'ultimo capitolo!

-Lexis.

 

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Capitolo 15
*** Ribelle. ***


Ribelle.
Epilogo.




Jeanine camminava sicura verso la stanza delle riunioni.
La battaglia dei Divergenti non era ancora finita; anzi, erano solo all’inizio.
Aveva un abito di seta azzurro, fin sotto alle ginocchia, una giacchetta blu scuro e i capelli biondi raccolti in uno chignon.
Appena varcò la porta della sala, si alzarono tutti, tranne uno: Eric aveva i piedi appoggiati sul tavolo, le fece solo un cenno col capo e poi tornò ad occuparsi delle sue unghie.
Se le mangiucchiava e non prestava attenzione a ciò che dicevano gli altri, che sapevano benissimo i suoi modi di comportarsi e che non avrebbe partecipato alla conversazione.
Era lì solo perché era obbligato, per il resto non gli importava niente.
 
“Avete notato attività strane?”, domandò Jeanine, ma le risposte furono tutte negative. “Eric?”, disse la donna.
Eric alzò finalmente lo sguardo su di lei, togliendo le gambe dal tavolo con una mossa felina.
“No”, fece freddo.
Lo guardarono tutti, leggermente impauriti.
Tutti sapevano com’era fatto Eric. Scontroso, acido, severo, crudele.
“Benissimo”, disse l’Erudita. “Allora vorrei fare un controllo di persona sui vostri Iniziati”.
Il Capofazione alzò di nuovo gli occhi verso di lei, senza mostrare però nessuna emozione.
Sapeva benissimo che avrebbe scoperto all’istante Lexis. Lei era troppo Divergente per mascherare la sua vera natura.
“Penso non sia giusto”, esordì, sotto gli occhi di tutti.
“E perché?”, domandò Jeanine, leggermente infastidita.
“Significa che non ti fidi di noi, Jeanine”.
Eric la guardava convinto. Le aveva appena tolto la terra sotto ai piedi.
“I Divergenti si mascherano troppo bene, io so trovarli”, rispose lei, rimanendo composta.
“I nostri Iniziati sono già degli Intrepidi, hanno già fatto due test, mi sembra sufficiente. E comunque, qua tutti sanno come riconoscere un Divergente”.
“Stai proteggendo qualcuno, Eric?”, domandò di nuovo la donna, aspra.
“No, Jeanine. Non ne avrei motivo”.
Max ridacchiò. “E quell’Iniziata? L’altro giorno è uscita fuori dalla tua stanza, che ci faceva lì?”.
La rabbia pompava nelle vene di Eric. Fulminò con lo sguardo Max, poi sorrise. “Dovrò pur svagarmi in qualche modo”.
Alcune risate alleggerirono la tensione creatasi in quella stanza.
“E allora voglio controllare lei”, fece Jeanine, aggiustandosi una ciocca ribelle.
“Non è sotto la tua giurisdizione, ma sotto la mia. Non hai potere su di lei, è un’Intrepida, per di più Interna, hai forse intenzione di fare scandalo, mh? Non ho intenzione di sentire malelingue sul mio conto e tantomeno sul tuo o sul suo, quindi discussione chiusa.
Gli Interni sono intoccabili”.
Jeanine lo fissò per un attimo interminabile, poi sorrise. “Già, hai ragione”.
 
Ma Eric, sapeva che Lexis sarebbe stata fin troppo in pericolo.
 
-
 
Appena rientrò nella sua stanza, la ragazza era sparita.
Erano appena le sette di sera, forse era ancora in giro con i suoi amici. Ma era meglio controllare.
Scese alla mensa, ma non c’era. Al Dormitorio, nemmeno.
Il Pozzo stava diventando deserto, ma di lei, nessuna traccia. Cominciò a preoccuparsi. Che le fosse successo qualcosa?
Mentre la cercava per i tunnel e le varie stanze, sentì un piccolo urlo strozzato.
Cominciò a correre, un rumore, un piccolo gemito, poi il silenzio.
 
-
 
Lex pov.
 
Venivo trascinata da qualcuno di sicuramente molto forte, mentre io ero intontita e mezza drogata.
Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, ma non sentivo dolore: solo paura e terrore.
Cosa stava accadendo? Mi avevano forse scoperta?
Mentre mi assopivo, sentii solo una voce dolce e calda chiamare il mio nome.
 
Jeanine.
 
-
 
Attorno a me, c’era soltanto morte.
Le strade di Chicago erano coperte da una leggera foschia, mentre l’asfalto era pieno di corpi senza vita.
Mentre vedevo quella scena, delle lacrime calde bagnavano il mio viso. Abbassai lo sguardo, sapevo che non era reale.
Sapevo che era tutto uno stupida incubo.
Mi sedetti sulla strada, urlando, gridando tutta la mia disperazione contro al cielo.
All’improvviso, la situazione cambiò: ero nel bel mezzo di una stanza poco illuminata, una pozza di sangue sotto ai miei piedi.
Mi guardai intorno, poi di nuovo le scarpe, bagnate di rosso.
Poi, sentii qualcosa gocciolarmi giù dal braccio e lo guardai, intontita.
Ero io, che sanguinavo.
Un enorme e profondo taglio sanguinava copiosamente, lungo tutto il polso.
Mi sentii sprofondare. Affondavo nel mio stesso sangue, ma quando fui completamente immersa, cominciai ad urlare con tutta la mia forza.
 
Appena mi risvegliai, sentii due braccia forti bloccarmi le spalle. Mi dimenai, ma mi tennero ferma, contro alla sedia di pelle.
 
Divergente”, disse una voce, con una mezza risata.
Mi voltai di scatto, gli occhi pieni di furia e rabbia.
Jeanine mi sorrideva tranquilla, seduta alla postazione davanti al computer. Allora era stata lei a condurmi fin qui, rapendomi per farmi un test della paura.
Ed ero stata scoperta.
“La voglio viva, mi serve. La sua Divergenza è incredibile, forse prelevando un po’ del suo sangue riusciremo a trasformare i Divergenti in Convergenti!”.
I suoi occhi brillavano di follia.
Prese fuori un ago gigantesco, e lo fissò per un attimo interminabile.
Mi dimenai ancora di più, ma i due Intrepidi che mi tenevano ferma erano troppo forti.
Jeanine mi conficcò la siringa nella vena del braccio, non preoccupandosi del dolore che mi avrebbe causato.
L’urlo che feci scosse tutta la stanza, forse anche tutto l’edificio.
Sentii la mia testa diventare pesante e il cuore che accelerava sempre di più, i polmoni che cercavano aria.
Forse stavo morendo.
Appena l’Erudita ritrasse l’ago, ero senza forze.
 
“Avvertite il consiglio che un Divergente è stato trovato tra gli Intrepidi. Ma voglio che Eric sia il primo a saperlo”.
 
Mi alzarono a forza, ma non mi reggevo in piedi.
I due Intrepidi mi trascinarono per un bel po’, ma all’improvviso fui gettata sul pavimento. La luce accecò i miei occhi, mentre alcune voci mi stordirono ancora di più.
Il dolore al braccio si faceva sempre più acuto, in quel momento avrei voluto morire.
 
“Oh, guarda, la compagna di Eric”, sibilò qualcuno nella stanza.
Riuscii a tirarmi su, sedendomi, appoggiata contro al muro.
A poco a poco, anche se il mondo girava, riconobbi Max, Quattro ed Eric.
Poi, degli altri Capifazione non ricordavo né il loro nome, né tantomeno il loro aspetto.
Alcune risate, cattive, crudeli, mentre ero sotto ai loro occhi, drogata e debolissima.
Mi sentii uno schifo. Eric continuava a guardarmi, sconvolto, mentre Quattro era dietro di lui, lo sguardo deciso, come per intimarmi di alzarmi.
 
Obbedii silenziosamente, e riuscii ad stare in piedi, davanti a tutti, con un sorriso sinistro sulle labbra.
“Se credete di essere forti, sappiate che la vostra convinzione è una stronzata. Siete dei perdenti. Avete paura di persone innocue come i Divergenti, pensate di sconfiggerle con una pistola puntata alla fronte, ma sappiate che non è così.
I Divergenti sono inarrestabili, e anche se continuerete ad ucciderli uno dopo l’altro, non si estingueranno mai. Siete solo degli ipocriti, uno peggio dell’altro, corrotti da un sistema che non è il vostro. Dov’è finita la libertà degli Intrepidi? Dov’è finito il pensiero aperto che distingueva questa Fazione dalle altre? Vi fate comandare da un’Erudita folle, pendete dalle sue labbra, vi piace non è così? Essere comandati da una pazza! Manderete tutti i vostri cari Intrepidi a combattere per lei, mh? Li manderete a morire, sotto le macerie di questa città. Avete costruito delle perfette macchine da guerra, complimenti”.
 
Stavo diventando sempre più debole, ma sembrava che il mio discorso avesse smosso qualcosa.
I Capifazione mi fissarono per un attimo, in silenzio, ma avevo bisogno di risposte.
Risposte vere.
 
“Volete farvi comandare da una pazza?”, domandai, la furia che accecava i miei occhi già offuscati.
“Jeanine ci ha promesso il potere”.
Risi, piegandomi in due. “Il potere… e poi? Quando avrete finito il vostro lavoro, cosa farete? Ovviamente gli Eruditi sono persone furbe, credono che voi siate degli stupidi ribelli del cazzo! Aprite quegli occhi, maledizione! Sappiate che io non morirò per mano di quella puttana. Combatterò contro tutti voi se è necessario. Ma non mi farò di certo dissanguare per salvare i vostri culi”.
Una mano si posò sulla mia spalla. Riconobbi Eric, che mi guardava convinto. Lui credeva in me, e mi sentii più forte che mai.
“Lexis ha ragione. Io non ho intenzione di farmi comandare da un’Erudita”, disse Quattro, venendo verso di me, sostenendomi il corpo.
Eric gli gettò un’occhiata fulminea, ma non c’era rabbia o gelosia nel suo sguardo.
“E allora morirete tutti e tre”.
 
Uno sparo.
Due.
Tre.
 
Appena toccai il pavimento, la sensazione di cadere era immensa.
Mi sembrava di essere stata gettata in un pozzo senza fine.
E il buio, mi avvolse come una coperta.


**

Buon salve a tutte!
Ecco l'epilogo, la fine di questa storia!

Come ben già sapete, 'Sangue di Divergente', fa parte di una serie, quindi non preoccupatevi.
Le avventure di Lexis non sono affatto finite, quindi state pronte: domani ci sarà il prologo del sequel.
Spero di non avervi scandalizzato e avervi fatto rimanere delusissime arcideluse per questa fine orribile, ma purtroppo un po' di crudeltà ci vuole...
Quindi, non siate silenziose e sfogatevi se siete rimaste delusissime o rendermi parte della vostra felicità se vi è piaciuta un mondo questa storia.
A presto!

 

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