Tragedy + Time

di Red Rope
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Note: Allora, due paroline prima di iniziare, così non dite che non vi ho avvertiti!
Questa fanfiction intanto è pura fantasia, non c’è niente di vero, e soprattutto segue solo in parte la serie TV (il fumetto lasciamo perdere, perché non ho mai nemmeno avuto occasione di leggerlo, quindi…). Al solito, personaggi e blablabla appartengono ai creatori del fumetto e/o ai produttori e co. di TWD.
Plus, la mia ff non segue precisamente la serie, come dicevo prima, quindi non venitemi a fare “Non c’entra nulla con la serie tv!!!!11!!!1” oppure “Ma questo non c’è nelle puntate!!11!!!!1!”.
E’ una slash, no che non c’è nelle puntate! E soprattutto è solo tutto parte della mia mente malata!
Altra cosa, non ho intenzione di scrivere scene di sesso. Proprio per nulla. Magari forse accennare, ma non ne sono nemmeno tanto sicura! Però avrete angst come se piovesse ❤
Il POV è unicamente Rick o Daryl, ovviamente, dato che è incentrata su loro due.
Penso di avervi avvertit* su tutto
 
Xoxo
 
Red Rope
 


 
 
Prologo
 
 
 
C’è uno strano silenzio, un silenzio opprimente e terribile. La sua testa è confusa, la sua vista pure, e forse è per questo che quello non gli sembra il soffitto di camera sua. Da quanto tempo è sveglio? Gli sembra di aver dormito per ere intere. Si sente intorpidito dalla testa ai piedi, e un braccio gli fa tremendamente male. Prova a muoverlo, ma ha la sensazione di avere qualcosa infilato nella carne; si volta, e vede un tubicino sottile, trasparente, che esce dell’incavo del suo gomito. Lo segue, fino alla sacca appesa in alto ad un asta metallica, come una flebo. Muove l’altra mano, e la trova libera, passandosela sul volto. Un dolore atroce lo colpisce tra le costole.
Che diavolo succede?
Sente sete, e la sua testa inizia a fare male. Respira, e il dolore alle costole è talmente forte che gli snebbia la mente. Si guarda attorno, quella non è decisamente camera sua; e la cosa attaccata al suo braccio è davvero una flebo. Si tira lentamente su a sedere, la testa che gli duole più che mai, e con una mano tremante sfila l’ago dal suo braccio. Un rivolo di sangue scende giù, e lui lo tampona con una garza. Perché si trova in una stanza d’ospedale? Respirando sente ancora il dolore alle costole, e d’improvviso ricorda: la sparatoria, il terzo uomo. Quei maledetti alla radio avevano detto che erano solo due. Quando rientrerà in servizio farà una lavata di capo a quegli incompetenti.
Si alza in piedi, appoggiandosi al comodino di fianco al letto, e solo allora si rende conto dei fiori appassiti. Il silenzio diventa ancora più opprimente di prima, più vero, più reale.
Si tira su, del tutto, e afferra l’asta della flebo. Quando apre la porta, si rende conto del macello che c’è nei corridoi: sangue ovunque, morti per terra, mobili rovesciati. Chissà come, un lettino davanti alla sua porta, come se avessero cercato di barricarla. Malamente, lo sposta, e comincia a camminare, evitando i corpi a terra. Hanno tutti un foro in testa, e l’odore della morte permea gli ambienti. Ad un certo punto, in una delle hall dell’ospedale, nota una porta, su cui campeggia, scritta con quello che sembra sangue rappreso, una frase di cui non capisce il senso.
 
DON’T OPEN
DEAD INSIDE
 
Si avvicina, timoroso e incuriosito al tempo stesso, e dei lamenti raggiungono le sue orecchie: lamenti sommessi, dolorosi. Mentre si avvicina, nello spiraglio della porta, una mano grigia, si allunga verso di lui. L’odore putrescente che esce da dietro la porta lo fa tenere a debita distanza: e per fortuna, perché quando finalmente vede meglio a chi appartiene quella mano, per poco non vomita la sua stessa bile. Due occhi spenti, appannati, denti marci, ferite ovunque. Cosa diavolo è quella cosa?
Si allontana, mentre i lamenti di quella cosa, e di molte altre, raggiungono le sue orecchie. Deve uscire, cercare qualcuno. Arranca lungo i corridoi, cade, si rialza, s’imbratta di sangue. Dov’è l’uscita? Un tlack chiaro, alle sue spalle, lo costringe a fermarsi. Lentamente, alza le mani, e si volta. Un bambino, forse dell’età di suo figlio, sta stringendo un fucile puntato sul suo viso.
“Papà” lo sente chiamare. Un uomo, un afroamericano, arriva stringendo un altro fucile in mano. L’uomo lo guarda con un’espressione incuriosita, e lo studia a fondo.
“Chi sei?” gli chiede. Il bambino continua a puntargli il fucile contro, e lui si sente costretto a rispondere.
“Sono il vicesceriffo Rick Grimes” dice. Avrebbe preferito mostrargli il distintivo, così che le sue parole fossero credibili. Chi erano, piuttosto, loro due? E cos’era successo lì?
“Cos’è successo?” chiede, deglutendo a vuoto. Si sente stanco, le braccia gli fanno male.
“Dove sei stato tutto questo tempo?” chiede ancora l’uomo, ignorando la sua risposta. Rick lo guarda confuso.
“Cos-? Io…” non sa cosa rispondere. “Cos’è successo qui?” chiede ancora. L’uomo sospira, e alza anche lui il fucile. “No, no! Aspetta!” dice, portando le mani avanti, in un segno di stop. “Io…io ero ricoverato qui dentro! Mi hanno sparato!”. Si alza il camice da paziente, e mostra la fasciatura piena di sangue rappreso sul suo costato. L’uomo e il bambino sembrano spaventati da quella ferita.
“Quello è un morso!” dice l’uomo, e Rick lo guarda confuso.
“Cos-? No, è un colpo di pistola!” insiste. Un morso? Cosa sta dicendo? Sente l’uomo che carica il fucile. “Aspetta! Aspetta, ti prego! Ti faccio vedere!” gli dice, e inizia a staccarsi i bendaggi dal petto. L’uomo si avvicina, tenendolo sempre sotto tiro, e esamina la ferita mal rimarginata. Sembra soddisfatto, perché abbassa il fucile.
“Morgan Jones” dice, tendendogli la mano. “E questa, Rick…è l’apocalisse”. Rick la stringe malamente, e sente le forze che gli vengono meno. “Lui è mio figlio Duane”.
“Avete…avete dell’acqua?” chiede, passandosi la lingua sulle labbra secche. Il bambino gli porge una borraccia. Quando ha finito di bere, è pronto a fare nuove domande. “Cosa significa l’apocalisse?”.
“I morti sono tornati a camminare sulla terra” gli spiega Morgan. “E direi che è il caso di uscire fuori da questo edificio. Nonostante non ne abbiamo trovati liberi, la prudenza non è mai troppa”.
 
 
***
 
 
La casetta dei Jones non era troppo distante da casa di Rick, poteva vederla bene dalla finestra. Tutte le tende erano tirate, Morgan diceva che se loro non li vedevano, sarebbero stati in pace. Per fortuna Morgan sapeva come disinfettare la sua ferita, e gli fece una bendatura nuova.
“Come avete fatta a cavarvela finora?” chiese Rick. Se c’era un modo di muoversi sicuro, avrebbe potuto andare nella sua casa a controllare… cosa, in realtà non sapeva. Sperava di trovare Lori e Carl; o forse no, se erano lì dovevano essere per forza come quei cosi. Morgan chiuse la fasciatura con del nastro adesivo, alla meno peggio.
“Durante il giorno quei cosi stanno lontani, e se sei silenzioso abbastanza puoi muoverti alla ricerca di cibo” rispose secco. Lo scrutò con occhi duri. “Dove pensi di andare?”. Rick contrasse la mascella, colto sul fatto. “Senti, Rick, io non so chi avevi qui, ma molti sono persi ormai. I pochi che sono riusciti ad andare, si sono tutti diretti ad Atlanta”.
Gli occhi di Rick si illuminarono. Atlanta? Se si erano diretti ad Atlanta doveva esserci per forza una qualche base, qualcosa che li proteggesse da quei cosi, e forse Lori era lì, forse Carl era lì… la speranza si riaccese in lui.
Morgan si era allontanato, per preparare qualcosa da mangiare, così Rick si distese sul letto, chiudendo gli occhi. Aveva dormito per molto tempo – a sentire Morgan era per lo meno più di un qualche settimana – eppure si sentiva stanco, spossato.
Quando Morgan lo andò a chiamare per mangiare, doveva essere passata una mezzora, e lui doveva essersi addormentato. Si alzò, e si sedette a terra, vicino a Duane.
“Perché voi siete rimasti qui?” chiese, quando ebbe finito la sua cena. Morgan non lo guardò, e passò un lungo istante prima che Duane si alzasse, e portasse via le cose che avevano utilizzato per mangiare. “Ho chiesto qualcosa che non dovevo?”. Morgan scosse la testa.
“Mia moglie…sua madre…” cominciò Morgan. “Lei è là fuori, uno di quei cosi…”. Rick poggiò una mano sul ginocchio di Morgan.
“Ho capito, non c’è bisogno che tu dica altro”. Morgan gli aveva spiegato che se venivi graffiato o morso non c’era speranza, diventavi come loro.
 
La mattina dopo arrivò presto, troppo presto. Durante la notte aveva sentito di continuo i lamenti dei morti, e aveva dormito con la paura che entrassero nella casa. Si alzò dal letto su cui si era sistemato, e raccolse alcuni vestiti che gli erano stati prestati. Morgan era già in piedi: probabilmente nemmeno lui aveva dormito.
“Vorrei andare a casa mia a prendere delle cose” esordì. Morgan lo guardò, e quasi rise.
“Sei matto” tagliò corto.
“Ho bisogno del tuo aiuto…o di un’arma” gli disse, insistendo. Morgan si alzò in piedi, a fronteggiarlo.
“Abbiamo poche armi, e poche munizioni” rispose, fissandolo negli occhi. Rick sorrise.
“E io so dove prenderne ancora, senza che nessuno possa averci messo le mani”. Lo sguardo di Morgan fu subito catturato dalla sua frase. “Sono il vicesceriffo, ricordi?”.
 
Casa sua era esattamente come la ricordava, forse più vuota. Tutte le foto erano sparite, e i cassetti di Lori e Carl erano aperti e semivuoti. Rise amaramente, pensando tra sé che l’unica cosa di cui si era davvero preoccupata Lori erano state le foto. In compenso, tutti i suoi abiti erano ancora là. Raccolse alcuni ricambi, che mise dentro un borsone, e indossò la divisa da poliziotto. Nella tasca della camicia aveva ancora la chiave dell’armadietto delle armi. Per lo meno, ora aveva la conferma che Lori e Carl se ne erano andati. Li avrebbe sicuramente trovati ad Atlanta, ne era certo.
Scese le scale, e raggiunse Morgan e suo figlio. “Andiamo alla centrale” disse, parlando piano. Fortunatamente a piedi non era molto distante, e non incontrarono nessuno dei morti. Rick era scosso dall’idea di poter incontrare qualcuno che conosceva tra quei volti.
Anche la centrale era vuota, e per fortuna l’armadietto era intatto. Lo aprì con facilità, e lui e Morgan si divisero le armi; Rick sistemò nel borsone quelle che aveva preso per sé.
“Rimarrete qui?” chiese a Morgan, mentre uscivano e si dirigevano verso delle auto. Morgan annuì.
“Devo sistemare le cose con mia moglie” disse, tentando di sorridere. Rick vedeva perfettamente il dolore dietro quella battuta, ma lasciò che Morgan tentasse di lenire il proprio dolore. Suo figlio era seduto in macchina, e guardava fuori, verso una rete.
“Papà” chiamò, e entrambi si voltarono verso il punto indicato da Duane. Un poliziotto si stava avvicinando alla rete metallica, evidentemente trasformato in uno di quei cosi.
“Ci penso io” disse Rick, e avvicinandosi alla rete lo guardò. Era un suo vecchio collega… com’è che si chiamava? Louis? Rick tirò fuori un coltello dalla cintura, e lo piantò nella testa di quello che ormai non si poteva più considerare un uomo.
“Lo conoscevi?” gli chiese Morgan. Rick annuì.
“Sebbene non mi sia mai stato troppo simpatico, sì”. Era grato che non fosse stato nessuno dei suoi amici più cari, era grato che non fosse stato Shane, il suo collega e partner, però l’idea di aver condiviso un tetto con quell’uomo per molti turni lo rendeva nervoso. Era come se tutte le sue speranze di ritrovare Lori e Carl si stessero sgretolando. Respirò profondamente, e guardò Morgan di dritto negli occhi. “Stammi bene, Morgan” disse, salutandolo.
L’uomo sorrise. “Anche te, Rick, abbi cura di te”. Rick montò in auto, e si diresse verso Atlanta, sperando che tutte le sue insicurezze non avessero ragion d’essere.
 
 
Atlanta era in vista, ma davvero poco rassicurante. Vedeva la fila di auto che usciva fuori della città già da lontano, e questo poteva voler dire solo che anche Atlanta non era sicura. Rallentò, fino a fermarsi vicino ad un incrocio. C’era una collina, da quella svolta, e forse se fosse salito lassù sarebbe riuscito a vedere meglio la città, così imboccò la strada secondaria. Guidava da una mezzora, quando sentì degli spari. C’era qualcuno, voci concitate, come una lotta. Fermò l’auto, e prese il borsone con sé, inoltrandosi verso la direzione dei rumori tra il bosco. Vide alcuni uomini che stavano prendendo d’assalto un piccolo campo, armati fino ai denti, e alcuni che tentavano in tutti i modi di difendersi. E vide Shane. Respirò, sollevato. Shane era vivo, però era in difficoltà, dato che faceva parte degli assaltati. Rick guardò gli uomini, erano sì e no cinque, e tenevano in pungo una dozzina di persone, disarmate. Le passò in rassegna, sperando di trovare qualcun altro che conosceva… fino a che non vide Lori e Carl. Per poco non cadde a terra, piangendo dalla gioia.
Da quello che sentiva da dietro gli alberi, quegli uomini volevano provviste e armi. Shane era davanti a tutti, immobile.
“Non abbiamo abbastanza cibo nemmeno per noi, e di armi come vedete non ne abbiamo” stava dicendo. I suoi capelli ricci e scuri erano più lunghi di quanto Rick ricordasse.
“Avete pur sempre del cibo, datecelo!” stava ordinando uno degli uomini. Rick doveva fare qualcosa, sentiva nell’aria la tensione tra l’uomo e Shane. Cercò nel borsone un fucile di precisione, e lo imbracciò: se qualcuno di loro avesse fatto una mossa sbagliata doveva essere pronto ad intervenire; e infatti, l’uomo che aveva parlato alzò la sua arma e la puntò su Shane. Rick caricò, e premette il grilletto. Guardò l’uomo che lasciava cadere la pistola, e si teneva la mano, guardandosi attorno, e gli altri uomini al suo seguito confusi quanto lui.
“Ma che diavolo…?” gridò Shane. Rick uscì fuori dagli alberi, il fucile ancora in braccio, carico.
“Andatevene subito” intimò ai cinque. L’uomo che aveva parlato si stava tenendo la mano sanguinante, e lo fissava con odio. “Subito!” ordinò. “E lasciate qui le vostre armi”. Uno di loro tentò di tirare fuori la pistola, e di puntargliela addosso, ma Rick sparò anche a lui, in fronte. “Qualcun altro?” domandò con tono di sfida.
L’uomo con la mano ferita prese un respiro profondo. “Fate come dice” disse ai suoi uomini. Loro lasciarono cadere le armi, e alzarono le braccia.
“Shane, fammi il piacere di raccoglierle, e metterle in questo borsone” chiese Rick, porgendogli la sacca. Shane per un po’ lo fissò, e Rick non riuscì a decifrare la sua espressione: era un misto di sollievo e di astio nei suoi confronti. Quando si mosse, e ebbe raccolto tutte le armi, Rick fece cenno agli uomini di allontanarsi, che non se lo fecero ripetere due volte e se ne andarono con la coda tra le gambe.
“Rick!” la voce di Lori fu così improvvisa che per poco non faceva cadere il fucile a terra. La donna gli corse incontro, saltandogli al collo. Rick sapeva che lo stava facendo più per gli altri e per Carl che per lei. Erano mesi che quasi non si parlavano più, non sarebbe stato quello a riavvicinarli; però era bello riaverla con sé, in fondo Rick la amava. Shane li fissava, tenendo ancora il borsone in mano. Anche Carl si era avvicinato, e aveva abbracciato le gambe del padre, piangendo di gioia.
“Sono così contento di vedervi” disse Rick, carezzandoli entrambi. Quando lo lasciarono libero, si avvicinò a Shane, e lo abbracciò. Shane si irrigidì, sotto il suo tocco, ma poi ricambio l’abbraccio.
“Credevo fossi morto” disse, quando si sciolse. Rick lo guardò, confuso. “Le macchine dicevano che eri morto, e poi d’improvviso è cominciato tutto” continuò, guardandolo ancora con quell’espressione strana che Rick non sapeva decifrare. 


Ancora note

Ringrazio chiunque sia arrivato fino a qui! Il prossimo capitolo spero di poterlo pubblicare presto, è praticamente pronto!
Aspetto recensioni (almeno una fatemela, su! u.u)

xoxo

Red Rope

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 
 
Quella sera, a cena, nel mezzo del campo, Rick fu presentato agli altri in maniera più decente. Aveva passato l’intera giornata con Lori e Carl, da soli nella loro tenda, a parlare e a non crederci di essersi ritrovati sul serio. Rick guardò le persone sedute attorno al basso fuoco: a parte lui, Shane, Lori e Carl, c’erano Dale, il proprietario di un camper, le sorelle Andrea e Amy, Carol con sua figlia Sophia e suo marito Ed, Glenn, T-Dog ed un altro paio di persone di cui non ricordava i nomi sul momento.
Prese la zuppa che gli veniva offerta da Amy, e si sedette vicino a Lori. Shane si era seduto dall’altra parte del cerchio, e mangiava a occhi bassi; Rick lo studiò per un attimo, incuriosito dal suo comportamento distaccato.
“Cos’è successo ad Atlanta?” chiese, ad un certo punto. Dale sospirò, togliendosi il cappello da pescatore per asciugarsi la fronte.
“Eravamo in fila per entrare nella città, ma d’improvviso tutto è diventato caotico, abbiamo visto gli elicotteri e gli aerei, le bombe…”. Rick lo vide rabbrividire. “Quei... cosi, erano davvero tantissimi” Rick annuì, nelle grandi città era più semplice che ci fosse maggiore caos.
“E quei tipi di oggi?” domandò, curioso.
“Volevano cibo e armi” rispose la donna che si chiamava Andrea.
“Questo l’ho sentito anche io” ribatté Rick. “Chi sono?”
“Altri sopravvissuti, sicuramente” Shane alzò gli occhi dalla sua gavetta solo per posarla a terra. Il suo tono era stanco, sarcastico. “Devono averci visti e aver pensato di derubarci”. Adesso guardava dritto negli occhi Rick, e lui poteva percepire la sfida in quello sguardo. “Non c’è più legge, Rick, anche l’esercito è andato ormai”. Rick non sapeva perché, ma quelle parole, dette da Shane avevano un che di rabbioso, di pericoloso.
 
***
 
“Cosa vuol dire che è arrivato uno che ha ammazzato Dan e si è preso le vostre armi?”. Suo fratello Merle stava fronteggiando alcuni dei suoi uomini, e uno di loro si teneva una mano sanguinante.
“Quel tipo ci ha presi di sorpresa, aveva un fucile di precisione” continuò l’uomo con la mano ferita. “Merle, era un fottuto poliziotto”. Suo fratello stirò la bocca in un sorrisetto strafatto. “Uno sbirro, eh?” disse, toccando il coltello che teneva alla cintura. “Andiamo a fare una visitina a questo sbirro, Daryl”. Gridò Merle. Daryl si mosse, e scrutò con i suoi occhi sottili la gentaglia davanti a sé: erano tutti degli avanzi di galera come suo fratello, nessuno escluso, e quando le cose si erano fottute loro erano quelli che avevano più chance di sopravvivere. Daryl sapeva di essere dalla parte giusta, non tanto moralmente forse, però di sicuro quelle erano le persone in grado di combattere i morti o chiunque altro li avesse attaccati; non come quegli stronzi sulla collina. Imbracciò la balestra, e seguì suo fratello fuori dalla tenda che avevano approntato per loro due.
“Quei maledetti rammolliti” stava dicendo Merle, e Daryl vedeva le sue pupille iperdilatate. Si era fatto di nuovo– ma dove era riuscito ancora a trovare quella merda? Daryl sapeva che suo fratello si faceva qualsiasi cosa fosse fumabile o sniffabile o iniettabile, ma pensava che con la fine del mondo ci sarebbe stata anche la fine delle droghe.
 
Quando arrivarono al campo di quegli stronzetti, loro due da soli, Daryl pensò che non era stata una buona idea – ma contraddire Merle strafatto e armato lo era decisamente meno. Merle smontò dalla sella della moto e camminò a passo spedito fino ad un vecchio con un cappello da pescatore, che stava sistemando delle cose vicino ad un camper malandato.
“Dov’è quello stronzo che ha fatto fuori Dan?” ringhiò, minacciando l’uomo con un coltello. Un uomo sulla trentina, i capelli ricci e neri, lo sguardo duro e il volto da ispanico si avvicinò, frapponendosi tra Merle e il vecchio.
“Abbassa l’arma” gli intimò, e Daryl seppe che era questo il suo turno di alzare un’arma. Puntò la balestra in faccia al nuovo venuto. Gli altri stronzetti erano attorno a loro, con lo sguardo terrorizzato e il fiato sospeso.
“Non penso che tu sia in condizioni di dirmi una cosa del genere” rise Merle, strafottente.
“Allora te lo dico io”. Una voce calma, profonda, li fece girare entrambi: lo sbirro era lì, vicino al camper, e puntava l’arma verso Merle. Daryl pensò di non aver mai visto degli occhi più glaciali dei suoi – l’azzurro chiaro delle sue iridi erano indurito dalla calma apparente del suo volto e dall’arma che teneva in mano l’uomo. “Abbassate le armi” ripeté, rimanendo immobile dov’era. “Ascolterò tutto ciò che avete da dire, e sono sicuro che troveremo un accordo”. Merle rise ancora, sprezzante.
“Hai ammazzato uno dei miei, sbirro” ringhiò. “Solo per avervi chiesto un po’ di cibo e di munizioni. Non mi pare molto onesto”. Daryl stirò le dita, tenendo ancora sotto tiro l’uomo riccio; Merle stava mentendo spudoratamente, lo sapeva.
“Ascoltami” disse nuovamente lo sbirro. “Sappiamo entrambi che i tuoi uomini non erano qui per questo, e sarebbero stati pronti a ucciderli tutti se non fossi arrivato io”. La sua voce era calma, dura, tagliente, come una lama di coltello, e Daryl ebbe l’impressione che se quell’uomo avesse detto solo un’altra parola avrebbe aperto Merle come lui apriva gli scoiattoli che cacciava nel bosco.
“Merle” cominciò Daryl.
“Stai zitto, Daryl” lo aggredì Merle. Non aveva abbassato il coltello, ancora.
“Merle” ripeté lo sbirro. “Ascoltami, Merle, non voglio giocare a chi regge di più, perché sappiamo entrambi che possiamo andare avanti all’infinito” iniziò. “Quindi abbassa la tua arma, e dì al tuo amico di fare altrettanto, e io ti prometto che abbasserò il mio fucile”.
Daryl odiava quello sbirro, lo sentiva chiaramente dentro di sé. Parlava a lui e a suo fratello con un fare troppo accondiscendente, tipico degli sbirri: non aveva capito che la legge non valeva più nulla ora? “Come facciamo a fidarci della parola di uno sbirro?” gli rispose di rimando Daryl. “Siete solo dei porci!”.
“Hai ragione, Daryl” rispose l’uomo, e nel parlare, Daryl lo vide con la coda dell’occhio che toglieva una mano dal fucile, segno che aveva intenzione di mantenere la sua parola; anche lui abbassò lentamente la balestra.
Fu un attimo, sentì suo fratello muoversi, l’uomo con i capelli ricci e scuri fare altrettanto, e vide lo sbirro alzare nuovamente il fucile. Lui si voltò e fece altrettanto con la sua balestra, puntando nuovamente l’uomo con i capelli ricci, che aveva torto il braccio di Merle e lo teneva per terra, gettando il coltello lontano. Quel maledetto di suo fratello doveva sempre incasinare tutto.
“Daryl, abbassa l’arma” sentì di nuovo lo sbirro parlare, e nel frattempo sentì il tlack del fucile che si caricava. Si voltò a fronteggiarlo, ma quegli occhi così glaciali non ammettevano repliche: abbassò la balestra in silenzio, e si inginocchiò, tenendo le mani alzate sopra la testa, come sapeva di dover fare. Lo sbirro abbassò il fucile, e fece cenno al suo compagno di tirare su Merle. “Adesso parliamo” disse.
 
***
 
Merle era strafatto, Rick lo vedeva benissimo. Il suo amico, Daryl, invece, sembrava pulito. Lui e Shane avevano legato loro le mani, e ora stavano discutendo di cosa farne.
“Io dico di ammazzarli” stava dicendo Shane. Dale scosse la testa.
“Non siamo dei boia” rispose. Rick annuì, d’accordo.
“Non possiamo ucciderli, gli altri non vedendoli tornare potrebbero attaccarci”
“Hanno troppa paura per farlo!” obiettò Shane.
“Però Shane ha ragione, se loro tornano dai loro compagni, potrebbero tornare per attaccarci” meditò Dale. Era una situazione spinosa; Rick gettò un’occhiata verso i due. Merle sembrava avere più di trent’anni, quasi quaranta, ma l’altro doveva avere la sua età, trenta scarsi: i capelli corti gli mettevano in mostra le orecchie un po’ grandi, e le labbra strette, serrate, erano quasi invisibili. Assomigliava vagamente all’altro – probabilmente erano fratelli.
“Possiamo dargli del cibo, e mandarli via” suggerì Rick. “Magari questo li soddisfa e li fa sparire”.
“Non riesco a credere quanto tu sia ingenuo!” gli gridò contro Shane, e Rick vide una tale rabbia nei suoi occhi che per un attimo ebbe paura che lo avrebbe pestato lì sul momento. Il suo comportamento era strano, e Rick aveva deciso di attribuirlo allo stress e a quello che era successo, però c’erano molte cose che non tornavano: lui e Lori erano stati buoni amici, e Carl conosceva Shane da sempre. Perché tutto d’un tratto Lori evitava Shane e impediva pure a Carl di avvicinarglisi? E poi quello sguardo misto tra odio e sollievo di quando lo aveva visto qualche giorno prima arrivare dal folto con il fucile in mano – lo stesso sollievo misto a incredulità di Lori. C’era qualcosa che gli stavano nascondendo. Guardò ancora i due, distogliendosi da quel pensiero.
“Cosa suggerisci di fare?” gli chiese, guardandolo. Shane espirò a fondo.
“Ucciderli” disse, e Rick scosse la testa.
“Non ho intenzione di essere un macellaio”
“Rick, hanno tentato di ucciderci!”. Rick distolse lo sguardo, ma Shane gli afferrò il viso e lo girò verso di lui. Rick afferrò la sua mano, e la tolse. “Non ti importa nulla di cosa succede a queste persone? Di cosa succede a Lori o a Carl?”. Gli sembrava di sentir parlare Lori: anche lei lo diceva sempre che a lui non interessava niente di loro, pure la mattina del giorno in cui gli hanno sparato. Si passò le mani sul viso.
“Non ho intenzione di essere un macellaio” ripeté. “Per ora li terremo qui, fino a che non prenderemo una decisione”.
“Rick” ringhiò Shane. L’ex vicesceriffo gli andò contro, guardandolo fisso negli occhi.
“Il mondo sarà pure finito, ma io non voglio, per nessuna ragione, imbarbarirmi” disse, duramente, mentre si allontanava, diretto da quelli che ormai erano suoi prigionieri.
 
***
 
Era stato piuttosto divertente vederli discutere animatamente, soprattutto per Merle. Quel gruppo non aveva un capo ben definito, e sia quel Rick che quell’altro, Shane, avevano il carattere da leader, e idee diametralmente opposte – però fu grato che Rick fosse solo uno sbirro buono, per il momento gli dava ancora qualche ora di vita, e una possibilità di fuggire. Quando lui e suo fratello erano tornati dalla caccia e avevano trovato i loro uomini malconci, e una buca piena, erano ormai passati quattro o cinque giorni dall’avvenimento dei fatti; fortunatamente, partendo, Merle aveva dato disposizioni che venissero a prenderli se non fossero tornati entro il tramonto: mancavano poche ore, probabilmente i ragazzi si stavano già organizzando. Sorrise tra i baffi, pensando che entro il giorno dopo sarebbe tornato sulla moto con suo fratello, con un nuovo carico di provviste e di armi.
 
Quella sera li sistemarono fuori dal camper, legati per le mani, e Daryl fu sollevato di poter bere un po’ d’acqua. Aveva infinitamente sete, e c’era stato un gran sole tutto il giorno. Fu Rick a portar loro l’acqua, dopo che Merle aveva spaventato una ragazzina bionda con le sue avance moleste. Merle rovesciò la borraccia, e sputò a terra sprezzante.
“Sbirro maledetto” imprecò. “Non ci serve la tua pietà”.
“La mia pietà” ribatté Rick “ha impedito a Shane di aprirvi un buco in testa”. Daryl lo ammirava, in fondo: stava tenendo testa a suo fratello. Certo, era uno sbirro, e i suoi modi di fare erano irritanti, sempre accondiscendenti, sempre da buon samaritano.
“Ehi, ehi!” sentì gridare suo fratello. “Lascia stare la moto, ragazzino!”. Un bambino, forse dieci anni, stava gironzolando intorno alla moto di suo fratello, insieme ad una ragazzina sua coetanea, e avevano commesso l’errore di toccarla. Sentì Rick sospirare.
“Carl, Sophia” disse lo sbirro. “Allontanatevi”. I due bambini fecero come era stato detto loro, dirigendosi verso le madri. Quello che doveva essere il padre della bambina le diede un ciaffone così forte che Daryl si sentì prudere le mani: di padri abusivi ne sapeva abbastanza, e vedere una bambina che riceveva uno schiaffo solo per essersi avvicinata ad una moto non sua era qualcosa che faceva ribollire il sangue pure a lui.
“Che diavolo ti ha fatto?” sentì gridare da Shane. Il padre della bambina si alzò, un uomo sovrappeso contro il palestrato Shane.
“Non ficcarti in affari che non sono tuoi” rispose l’uomo.
“È solo una bambina” ribatté con forza Shane. L’uomo colpì Shane con forza, e Daryl vide la moglie, in lacrime, che tentava di fermarlo.
“Ed” la sentì strillare. “Per favore…”. Un pugno colpì anche lei. A quel punto Shane stava per gettarglisi addosso, quando Ed crollò, sputando sangue. Il rumore dello sparo era stato così nitido che era rimbombato per tutto l’ambiente circostante.


Note

Mi scuserete, ma le note stasera le lascio perdere!
Spero di pubblicare altrettanto velocemente il capitolo dopo :3

xoxo

Red Rope

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II
 
 
La voce di Carol echeggiò nello spiazzo del campo, riempiendo il vuoto lasciato dal rumore dello sparo. Ci fu un attimo in cui tutti furono presi alla sprovvista, ma Rick riuscì a riprendersi appena in tempo.
“Al riparo!” gridò, correndo ad afferrare il proprio fucile, e lanciandone un altro a Shane. “Glenn! T-Dog! Adrian! Anche voi” distribuì le armi, e riuscì a girarsi appena in tempo per vedere gli uomini del giorno prima arrivare ad armi imbracciate, seguiti da altre tre facce nuove. Erano sette contro cinque, piuttosto impari, ma Rick contava sul fatto che lui e Shane erano entrambi poliziotti, abituati agli scontri a fuoco – anche se Rick preferiva decisamente evitarli.
L’uomo a cui Rick aveva sparato qualche giorno prima si fece avanti, tenendo nella mano buona una pistola, ancora fumante. Era stato chiaramente lui a uccidere Ed.
“Possiamo trovare una soluzione pacifica!” gridò, per farsi sentire dall’uomo che era a distanza. “Vi ridaremo Merle e Daryl, e voi ci lascerete in pace!”. L’uomo rise.
“Quei due coglioni legati lì?” ghignò l’uomo. “Potete tenerveli, se non riescono nemmeno a fronteggiarvi come si deve uno sbirro e la sua combriccola non hanno diritto di essere i nostri capi”.
“Andy, brutto figlio di puttana!” ringhiò Merle. “Appena avrete finito di far fuori questi stronzi e io mi sarò liberato verrò a farti fuori con le mie mani!”. Rick lanciò un’occhiata a Merle, che stava strattonando le corde con cui era legato per liberarsi. Andy, l’uomo ferito, rise sonoramente.
“Oh, non preoccuparti” rise cupo. “Sarai liberissimo tra poco, stanno arrivando alcuni amici a farvi compagnia”. Rick assottigliò lo sguardo, cercando di intuire il senso di quella frase: c’erano altri di loro nascosti nel bosco attorno a loro? Sentì Shane fremere, in tensione. “Sai, sbirro, i rumori forti attirano compagnia”. Così dicendo sparò un colpo per aria, seguito da alcuni suoi compagni che fecero la stessa cosa, ridendo sguaiati. I morti. Stavano attirando i morti.
“Fermi!” gridò, ma il suo grido fu sovrastato da un altro ancora più forte. Andy e il resto dei suoi uomini continuò a ridere, e corse verso la boscaglia. Intanto, da dietro il camper Rick sentì le grida alte delle persone. Si voltò appena in tempo per sparare ad un morto che si stava trascinando malamente sulle gambe poco salde verso di loro.
“Tutti qui!” gridò. Se fosse riuscito a far entrare gli altri nel camper, e a chiuderlo, lui e Shane avrebbero potuto sparare ai morti, insieme a chi fosse riuscito ad imbracciare un’arma: la cosa importante era che Lori, Carol, Sophia, Carl e le due sorelle Amy e Andrea fossero al sicuro. Da quello che vedeva, erano una trentina di morti. Facendosi strada a colpi di fucile, aprì un varco agli altri per entrare dentro il camper, e Dale chiuse la porta di scatto, bloccandola.
“Dobbiamo salire sul tetto!” urlò a Rick, facendogli segno verso il camper. “Da lì saremo in grado di sparar loro senza che loro ci raggiungano. I morti si stavano accalcando intorno a loro; uno cadde rovinosamente su Daryl, e Rick non ci pensò due volte a sparare al morto. Vide Daryl guardarlo con gratitudine. Doveva slegarli, non poteva permettere che morissero in quel modo atroce, e soprattutto due combattenti in più potevano essere utili per far fuori tutti quegli zombie.
“Andate!” gridò di rimando a Dale. Si piazzò davanti a Daryl e a Merle, sparando. “Glenn, taglia le corde!” ordinò, e il coreano lo guardò interdetto. “Avanti, Glenn, possono esserci utili questi due!”. Glenn eseguì; Daryl si alzò subito in piedi, e con un calcio fece cadere un morto che stava altrimenti tentando di mordere Glenn.
“Grazie” borbottò l’asiatico. Gli passò la balestra che gli avevano sottratto quel giorno, e andò a slegare Merle, che però non fu altrettanto grato. Spinse via Glenn con forza, gli prese il coltello e si mise a correre verso la boscaglia.
“Merle!” gli gridò dietro Rick. Per un attimo ebbe paura che anche Daryl lo avrebbe seguito, ma invece una freccia sibilò vicinò al suo orecchio, piantandosi nella testa di un morto che lui non aveva notato. Annuì, guardandolo, pieno di gratitudine.
“Saliamo” gli disse Daryl, e prese ad arrampicarsi sulla scaletta, verso il tettuccio, dove gli altri stavano già facendo fuori i morti che li assediavano. Rick lo seguì, protetto da Daryl che sparava a qualsiasi cosa tentasse di prenderlo.
 
***
 
Quando aveva visto Merle fuggire non era riuscito a pensare nient’altro se non coglione. Quel Rick era uno sbirro, sì, ma aveva fatto di tutto per tenerli in vita, e ancora una volta lo aveva salvato; però l’idea che suo fratello fosse da solo con tutti quei cosi che c’erano a giro non lo tranquillizzava: appena tutto quello fosse finito, sarebbe andato a cercarlo. In quel momento, però, la sua priorità era salvarsi la pelle, e se per farlo doveva collaborare con uno sbirro…beh, al diavolo, lo avrebbe fatto! Scoccò l’ultima freccia, e poi passò ad un fucile. Un tipo vicino a lui venne trascinato giù, e Daryl fece a malapena a tempo a ritrarsi prima che quello si portasse dietro pure lui.
“Maledizione!” imprecò, e sparò un colpo all’essere che stava allungando una mano verso la sua caviglia. Cadde sugli altri che stavano divorando il tipo caduto poco prima. Le sue grida risuonarono ancora per poco, prima di diventare un gorgoglio di sangue in gola. Stava continuando a sparare, quando quello che si chiamava Shane lo urtò sbilanciandolo; per fortuna quel negro, T-Dog, lo afferrò al volo, evitandogli di diventare carne per quegli esseri.
“Scusa” gli disse Shane, e Daryl poteva benissimo vedere che non era vero che gli dispiaceva. Lo aveva fatto di proposito, così nessuno di loro si sarebbe dovuto sporcare le mani ad ucciderlo. Doveva pensare velocemente a come uscire da quella situazione prima che quegli stronzi lo facessero fuori.
I morti piano piano tornarono a essere morti, i crani saltati, un terribile odore di putrido che saliva dai piedi del camper. Stava albeggiando ormai, e Daryl si sentiva terribilmente stanco. Doveva andarsene, però, se voleva rimanere vivo. Mentre riprendeva fiato, sentì il rumore del caricatore di una pistola, e poi di un altro, entrambi alle sue spalle.
“Abbassa l’arma, Shane”. Era la voce di Rick quella, e stava intimando ad un suo compagno di abbassare la pistola. Daryl si voltò e vide il triangolo che si stava formando: Shane puntava a lui, e Rick a Shane.
“Cazzo, Rick!” gli rispose Shane, senza abbassare la pistola. “Come puoi non capire che lui è un pericolo per tutti noi? Per Lori e per Carl?”. Quello Shane aveva ragione, lui era un nemico, e andava trattato come tale.
“Noi non spariamo ai vivi” gli rispose freddamente Rick, e Daryl gli fu ancora grato, anche se non lo avrebbe mai ammesso a nessuno. Vide Shane indugiare ancora un po’ con la canna della pistola rivolta verso il suo viso, ma quando Rick si frappose tra loro, tenendo ancora l’arma puntata su Shane, dovette abbassare l’arma. “Avanti, vai. Dobbiamo bruciare i corpi”.  Gli fece cenno con la pistola di scendere, e gli altri lo seguirono. Rick si voltò verso Daryl, e lui ebbe la sensazione che quegli occhi glaciali lo stessero facendo a pezzi. “Non farmi pentire delle mie scelte”. Daryl annuì, ma mentre Rick prese a scendere le scale gli parlò.
“Vi aiuterò con i corpi, ma poi l’unica cosa che voglio è cercare mio fratello e andarmene con lui” disse. “Dobbiamo farla pagare a quegli stronzi che ci hanno mollato qui”.
“Vedremo” rispose Rick.
 
***
 
Non è che gli importasse qualcosa, però non gli andava che Daryl se ne andasse da solo per i boschi, con la possibilità che gli spari di quella notte avessero attirato altri di quei cosi. Chiamatela deformazione professionale, o come volete, ma non voleva sprecare una vita così, per un coglione. Atterrò sull’erba piena di sangue fresco, e cercò con gli occhi gli altri; poco dopo li sentì: qualcuno piangeva, disperato. Si avvicinò, e vide Andrea inginocchiata a terra, che stringeva la mano di sua sorella e gridava. Era una scena straziante. Rick si avvicinò a Lori.
“Cos’è successo?” chiese. Lori lo guardò, e il suo sguardo fece sentire Rick stupido per aver fatto una domanda del genere.
“Uno di quegli esseri ha morso Amy” spiegò Shane. Dale era a terra, vicino ad Andrea, e stava tentando di rincuorarla. Poco lontano, Rick vide Sophia e Carol, zitte, ritte come fusi, che fissavano il corpo senza vita di Ed; sui loro volti c’era un’espressione cupa: Rick sapeva che Ed abusava di Sophia e picchiava Carol, e di certo non si aspettava lacrime da parte di nessuna delle due, però vedere una moglie e una figlia fissare così il corpo di quello che era stato un tempo padre e marito gli faceva un certo effetto. Era come se a Carol dispiacesse che Ed fosse morto e Rick non riusciva a capire per bene quel sentimento. Come poteva dispiacersi per un uomo che la picchiava tutti i giorni?
“Andiamo” disse, dando una pacca sulla spalla di Glenn. “Porta qui il pick-up, li carichiamo e li bruciamo. Dobbiamo fare veloci, il fumo li attirerà, se non sono già stati attirati dagli spari di questa notte”. L’asiatico fece come gli era stato detto.
Rick si allontanò dal gruppo, e raggiunse Daryl che aveva già iniziato a spostare i corpi e a recuperare le sue frecce, pulendole con il suo fazzoletto. Alla fine arrivò al corpo di Aidan, martoriato e divorato; si era risvegliato, e Rick fu veloce a piantagli il coltello nel cranio, prima che mordesse Daryl. L’uomo lo guardò, e fece un cenno di ringraziamento. Fu in quel momento che Rick vide il neo nascosto tra i baffi chiari.
“Noi dobbiamo allontanarci da qui prima che ne arrivino altri” disse, aiutandolo a sollevare un corpo. Poco dopo arrivarono anche Shane e Glenn, che caricarono i corpi sul pick-up. T-Dog si era messo alla guida, e quando il rimorchio fu pieno andò a spostare i corpi verso un avvallamento del terreno.
Ci misero qualche oretta a fare tutto il lavoro, e nel frattempo Lori era andata a raccogliere della legna per fare una catasta con cui bruciare i corpi. Andrea non si era spostata di un solo millimetro dal suo posto accanto ad Amy. Rick le si avvicinò, e si sedette vicino a lei.
“Andrea” la chiamò. Lei si voltò a guardarlo, e sorrise mestamente.
“Era così bella” disse la donna. Rick poteva vedere tutto il suo amore per la sorella, e ne fu travolto; si sentì stanco, d’improvviso. Prese gentilmente la mano di Andrea, e la strinse. “Sai, io lavoravo lontano da casa dei miei, e lei era solo al College” cominciò a raccontare la donna. “Ogni volta, per il suo compleanno, le regalavo dei modellini. Era ormai un’adulta, ma io continuavo a comprarglieli. Le piaceva molto il fantasy…”. La voce le si strozzò in gola, e calde lacrime salate le scivolarono giù per le guance.
“Andrea” disse ancora Rick. “Lo sai che tra poco si risveglierà…”
“Vorrei seppellirla” dichiarò, tirando su con il naso e guardandolo fisso negli occhi. Rick si alzò in piedi, senza dire una parola. Trovò una vanga, e cercò un posto al sole, vicino agli alberi. Se doveva seppellirla, che fosse seppellita in un bel posto, dove avrebbe potuto stare vicino al bosco, e i rami frondosi l’avrebbero protetta. Iniziò a scavare, con forza.
“Rick” lo chiamò Dale. Lui continuò a scavare, imperterrito. “Rick, abbiamo raccolto la legna, è ora di dare fuoco alle carcasse”. Rick continuò a ignorarlo. “Rick!”
“Ho capito!” gli rispose, esaurito. Dale se ne andò, e lo sentì gridare agli altri.
“Preparate le vostre cose e mettetele nelle auto, appena saremo pronti accenderemo il fuoco e ce ne andremo”. Era giusto. Si fermò, per asciugarsi il sudore dalla fronte, e vide Daryl venirgli incontro, con un’altra vanga.
“Shane mi ha chiesto di scavare un’altra buca, per Ed”. Rick non era molto d’accordo, non pensava che quell’uomo meritasse una sepoltura – ma questo non lo disse.
“Cosa farai adesso?” gli chiese, cercando di distogliere i suoi pensieri da quelle fosse. Daryl scrollò le spalle, cominciando a scavare.
“Andrò a cercare mio fratello”
“Lo sai che potrebbe non esserci più tuo fratello, là fuori?”. Daryl lo fissò a lungo.
“Sa cavarsela” rispose freddo. A Rick però non andava che Daryl andasse da solo alla ricerca di Merle.
“Senti, posso far spostare un po’ gli altri, e accompagnarti alla ricerca di tuo fratello” gli disse. Daryl aveva ripreso a scavare, ma si bloccò di nuovo, guardandolo stupito.
“Cosa?”
 
***
 
Quel Rick era pazzo. Accompagnarlo nelle ricerche di suo fratello? Lo avrebbe solo rallentato, e non era sicuro che Merle non lo avrebbe fatto fuori. No, era impossibile.
“Mi rallenteresti” gli disse, per cercare di farlo desistere; quegli occhi azzurri però avevano un’espressione ostinata. Era una testa dura, quello sbirro.
“Sarà pieno di Vaganti, là fuori”
“Di cosa, scusa?”. Vaganti? Aveva capito bene?
“Sì, quei…quei cosi, i morti. Penso che definirli Vaganti sia il termine giusto” spiegò Rick, ricominciando a scavare. Daryl rise, un semplice sbuffo ilare, e Rick gli lanciò una lunga occhiata, prima di tornare alla fossa.
“E’ un termine piuttosto…”
“Io lo trovo quasi poetico” rise Rick, e Daryl pensò che aveva una bella risata, per essere uno sbirro. Si preoccupava per tutti, quel Rick, e a Daryl, nonostante non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a se stesso, la cosa andava a genio. Suo padre, e nemmeno Merle, si erano mai preoccupati per lui come Rick stava facendo, dopo nemmeno ventiquattr’ore dal loro primo incontro. Forse Daryl stava sviluppando una sorta di Sindrome di Stoccolma.
“Va bene, basta che non appioppi altri nomiglioni alle cose” gli rispose, ruvidamente. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di ridere alla sua battuta.
 
Quando le fosse furono pronte, Daryl aiutò Rick a portare Ed nella buca, e a gettarci sopra la terra. Sua moglie e sua figlia stavano di lato, lontane, a fissarli, e Daryl non poté fare a meno di vedere i loro sguardi, gli sguardi di chi è al tempo stesso sperduto e sollevato. Pensò che la bambina era stata fortunata, per lo meno l’uomo che abusava di lei era morto e non poteva più farle del male – non come era successo a lui. Quando ebbero finito, seguì Rick verso una donna bionda che teneva stretta la mano di una ragazzina, morsa al collo.
“Andrea” la chiamò Rick, e la donna si voltò, gli occhi chiari gonfi di lacrime. “Per favore, va via, Andrea” le disse con dolcezza. La donna scosse la testa, tornando a guardare la sorella.
“No” pigolò. Rick sospirò, Daryl vedeva che nonostante non volesse ferirla stava perdendo la pazienza – e soprattutto, Daryl capiva la sua ansia: quella ragazzina a breve si sarebbe risvegliata, e avrebbe messo tutti in pericolo.
“Andiamo, Andrea” Rick la prese per le braccia, e la tirò su, mentre la donna si divincolava e continuava a singhiozzare.
“Amy” chiamava la sorella, la voce disperata. Pensò di essere lui, quello steso lì per terra, con la gola squarciata da un morso, e poi immaginò la reazione di suo fratello… probabilmente non avrebbe pianto come quella donna, era ovvio. Ma avrebbe mai pianto? Sarebbe stato dispiaciuto per lui? Era certo che suo fratello, a modo suo, tenesse a lui, come lui teneva a Merle, ma non era sicuro che fosse proprio affetto.
“Daryl” sentì la voce allarmata di Rick, e in quel momento si riscosse, notando che il cadavere di quella che alla fine era poco più di una ragazzina stava lentamente iniziando a ritornare indietro. Gettò un’occhiata alla donna, e la vide che continuava a piangere, mentre Rick la teneva ferma; l’aveva fatta voltare in modo tale che non guardasse la scena, e Daryl fu grato che i suoi singhiozzi fossero attutiti dal petto di Rick. Si abbassò, e guardò Amy.
“Scusami” le disse, posando una mano sulla sua fronte e affondandole il coltello nella tempia.
 
La moto era a posto, per fortuna. Provò a farla ripartire, e montò in sella, infilando la testa nel poncio che tanto amava; tirò fuori da una tasca un pacchetto di sigarette, e ne accese una. Era pronto per andare alla ricerca di Merle.
“Daryl”. Ancora quello sbirro. Si voltò a guardarlo, e fu tentato di sgommare via, perché lo vide arrivare con uno zaino e il fucile in spalla. Sbuffò, e posò entrambi i piedi a terra. “Ti ho detto che verrò con te”. Daryl lo guardò, poco convinto della sua affermazione. Dietro di lui, quella che era sua moglie aveva un’espressione che mostrava tutto tranne che soddisfazione per quella decisione; li aveva visti prima, che discutevano animatamente – che lei discuteva animatamente, e lui la rabboniva, cosa che la faceva arrabbiare ancora di più.
“Tua moglie non mi pare d’accordo” gli rispose, sperando che Rick non lo seguisse.
“Lori” rispose lui “sa che me la so cavare bene, e tu hai bisogno del mio aiuto. Cosa succede se lo trovi ferito? O se ti attaccano dei Vaganti? O peggio, i tuoi ex compagni?”. Chi era, sua madre? Fu infastidito dalle sue parole, però continuò a non muoversi. “Ascolta, Daryl… io so che non ti vado a genio, soprattutto perché sono uno sbirro, e tuo fratello ha l’aria di uno che ha fatto avanti e indietro dalle prigioni della contea. Dio solo sa come avete vissuto, e non ti farò domande a riguardo, ma permettimi di aiutarti. Non come sbirro, ma come persona che si preoccupa”. Daryl sbuffò, divertito.
“E per quale motivo dovresti preoccuparti per me?” gli domandò. Non aveva senso ciò che quel Rick stava dicendo.
“Senti, è andato tutto a puttane qua, e chissà come se la cavano in altri posti. Penso che invece di combattere tra di noi, dovremmo aiutarci. Sei in gamba, e sicuramente saresti il benvenuto tra di noi, perché sei un combattente in più”. Daryl lo scrutò, esalando un filo di fumo. Al diavolo, che andasse con lui – che non si aspettasse però che Daryl fosse corso in aiuto al suo culo in ogni istante.
“Monta” gli disse infine. Rick si sistemò dietro di lui, e si aggrappò malamente al suo torace quando Daryl diede gas. “E non ti aggrappare a me come una donnicciola” gli intimò. Aveva accettato di portarlo con lui, non di farsi palpare – soprattutto da un uomo, e sbirro per giunta!
 
***
 
Il bosco era estremamente silenzioso, e lui si sentiva fuori luogo. I suoi stivali da poliziotto facevano un rumore terribile sul fogliame che ricopriva il sottobosco; Daryl, invece, si muoveva agilmente, come un grosso gatto, senza fare il minimo rumore. Si sarebbe aspettato, tra un passo e l’altro, quando vedeva alzare i piedi all’uomo, di trovare sulle suole i cuscinetti delle zampe dei felini. In lontananza sentì il rumore delle auto che si spostavano, segno che Dale e gli altri erano partiti. Si erano dati appuntamento sulla strada per Fort Benning, al tramonto del giorno dopo. D’improvviso un rumore colse la sua attenzione, e si abbassò, prontamente, quasi contemporaneamente a Daryl. Rimase immobile, aspettando – cosa, non lo sapeva: che Daryl gli facesse qualche segno, che apparisse un Vagante, o Merle. Dopo poco, un cerbiatto passò, spuntando da dietro alcuni alberi. Brucava tranquillo, quasi senza accorgersi di loro. Daryl si voltò a guardarlo, e gli fece cenno di continuare. Rick non sapeva nemmeno dove stavano andando, ma non lo avrebbe chiesto all’uomo davanti a sé: era certo che Daryl sapesse perfettamente dove andare, perché sembrava come scrutare il terreno, alla ricerca di tracce. Erano quasi quattro ore che camminavano, e iniziava a scurirsi tutto attorno a loro. Rick gli si avvicinò, perché Daryl, proprio in quel momento si era fermato a guardare da vicino alcuni segni per terra.
“Qui è caduto” disse l’arciere. Rick guardò il punto indicato, ma non vedeva altro che foglie stropicciate come tutto attorno a loro. Non disse però una parola, così iniziò a guardarsi attorno. In quel momento lo vide, un cadavere a qualche metro da loro.
“Daryl” lo chiamò, picchiettando sulla sua spalla. Gli fece cenno verso la direzione, e Daryl si avvicinò, cauto, seguito da Rick, entrambi con le mani alle armi. Quando arrivarono, Rick notò che non era Merle – e fu sollevato, perché non sapeva come avrebbe reagito Daryl.
Intanto, Daryl stava ispezionando il corpo. Lo vide che apriva la bocca al Vagante, alla ricerca di solo lui sapeva cosa.
“Dammi il coltello” gli disse alla fine. Rick gli allungò quello che aveva appeso alla cintura, e si abbassò, al suo fianco.
“Cosa vuoi fare?”. Lo vide che continuava a guardare nella bocca del Vagante, e con il coltello ispezionava i denti.
“Se ha mangiato di recente, ci saranno delle tracce particolari” disse, come se fosse stata una cosa ovvia. Rick scosse la testa, davvero non capiva come potesse riuscire a riconoscere tutti quei segni. Si guardò attorno, e proprio allora vide qualcosa tra le foglie. Si alzò, per andare a controllare.  “Lo stronzo ha mangiato di recente” confermò acidamente Daryl.
“E la sua preda è stata abbastanza furba da ucciderlo, ma non senza lasciarsi indietro qualcosa” rispose, sollevando ciò che aveva trovato. Daryl si avvicinò, e Rick gli mostro cos’era: una mano morsa, e tagliata dal braccio abbastanza di recente.
“I segni sono irregolari” constatò Daryl, osservandola. “E’ stato fatto con un coltello affilato, ma comunque è stato difficoltoso”.
“Potrebbe essere di…” si azzardò a dire. Daryl lo guardò, muovendosi nervoso sulle gambe, e guardandosi attorno. “Voglio dire, non è detto, però…”
“Cazzo, Rick!” sbottò Daryl, e Rick ebbe paura che lo avrebbe ucciso lì sul posto. “Certo che è sua, chi sarebbe abbastanza pazzo da fare una cosa del genere? Quel figlio di puttana, si è tagliato la mano!”. Gettò il coltello a terra, con rabbia.
“Quanto tempo può essere passato?” gli domandò, cercando di riportarlo da lui. “Magari non è andato tanto lontano, a giudicare dalla pozza di sangue deve aver sanguinato parecchio”. Daryl lo guardò, come se si fosse svegliato in quel momento.
“Hai ragione” mormorò, e Rick dovette correre per stargli dietro, perché era partito a seguire le tracce di sangue ormai secco. Dopo qualche tempo arrivarono in una piccola radura, dove alcune braci ormai fredde riposavano in un angolo. Daryl si avvicinò, e guardò attentamente attorno al focolare. “Quello stronzo è addirittura riuscito ad accendersi un piccolo fuoco per cauterizzare la ferita. Maledetto figlio di puttana”.
“Quanto tempo?” disse ancora Rick. Daryl si muoveva nervosamente attorno al braciere freddo.
“Direi che è passato quasi tutto il giorno” rispose, scrutando attentamente le tracce attorno. “Poi è andato per di là” continuò, indicando un punto imprecisato tra gli alberi.
“Daryl” iniziò. Si stava facendo tardi, e Rick sentiva tutta la stanchezza dell’ultima notte e l’ultimo giorno appena passati. “Dovremmo cercare un posto per riposare, e continuare domani”.
“Mio fratello è là fuori, da solo!” gridò, e Rick fu repentino a chiudergli la bocca con una mano. Gli intimò silenzio, e si voltò a guardare un punto poco lontano da loro. Dagli alberi, un Vagante fece il suo ingresso nella radura. E poi un altro. E un altro. E un altro ancora.
 
 
 
 
Note
Prima che mi si dia della razzista, per T-Dog ho usato la parola “negro” solo per motivi letterari. È secondo me una parola dispregiativa, che non utilizzo nel mio quotidiano, ma essendo il POV di Daryl, il quale è un redneck e stereotipamente (???) parlando è probabile che sia razzista. Abitando in Georgia, che fa parte del Sud degli USA, è sicuramente cresciuto in un ambiente di ispirazione sudista e razzista, dove gli afroamericani sono considerati inferiori – o almeno, è questo che immagino con le informazioni che ho riguardo Daryl. Poi lo sappiamo tutti che lui non è realmente così e non è malvagio, ma la forte influenza di Merle si fa sentire.
 
Ora, a parte tutto ciò, questo è il capitolo più lungo che ho scritto per ora lol. Non riuscivo a trovare dove interrompermi.
 
Non credo di avere molto da dire, a parte l’appunto fatto prima! Quindi, grazie a chi legge questa storia, e recensite :3
 
xoxo
 
Red Rope

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