Tutto è Male

di Julien Bathory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Grande Lupo Grigio ***
Capitolo 2: *** Il Rosso e Il Nero ***
Capitolo 3: *** Due di Cuori ***
Capitolo 4: *** La Forza del Fratello ***



Capitolo 1
*** Il Grande Lupo Grigio ***


Tutto è male –

Capitolo 000 – Il Grande Lupo Grigio

 

Il Grande Lupo Grigio nacque nella pace e visse nella guerra, ed i suoi due figli crebbero forti e pieni di vita, colmando il vuoto che covava dall'inizio della sua esistenza

Nelle foreste tedesche i Gangrel amano raccontare storie selvagge ed antiche, e Markus nei suoi viaggi le aveva sempre trascritte nel suo blocco, per poi passarle al suo migliore amico Giacomo e farle riscrivere in una forma più elegante e ben tradotta.

Quando Egli divenne abbastanza adulto da poter provare amore, si accorse che nella sua tana viveva solo e senza uno scopo

La storia preferita da Markus era senza dubbio quella del Grande Lupo Grigio, direttamente dalla foresta nera.

Vagò così per boschi e boschi, fino a che, vicino ad un torrente, trovò un cucciolo di lupo dalla pelliccia color pece, in fin di vita e mézzo come un gatto

Alla fine, pensava sempre il ragazzo, non c'è storia più bella che della propria.

 

Quando il ragazzo si svegliò per l'ultima volta egli non fu così felice di essersi alzato presto: andare a lavoro alle sei del mattino nella biblioteca era terribile, soprattutto in Gennaio, quando a Pisa la brina gelava il parabrezza delle auto parcheggiate sul Lungarno.

Si affacciò alla finestra e starnutì, come se il suo naso avesse voglia di rientrare in camera al caldo; portò le mani sul viso e lasciò andare un sospiro che si condensò subito in una densa nuvola bianca.

Saranno almeno tre gradi sottozero...

E rabbrividì, indietreggiando di un paio di passi.

Camminò fino alla specchiera e si sistemò i capelli neri come al suo solito: una spazzolata di lato ed una sulla nuca. Da sonnolento raffreddato a bibliotecario perfetto in due secondi e tre quarti.

Si infilò una T-shirt nera e ci mise sopra un maglione grigio scuro, molto piano e poco originale, come i pantaloni color fumo più larghi di poco sul fondo ed i suoi mocassini neri scamosciati: un accostamento imperdonabile, ma comodo.

Dovrei tagliarmi la barba, ma non ne ho voglia

Pensò, toccandosi il lungo pizzetto che gli scendeva sul mento.

Preso cappotto ed ombrello scese le scale del palazzo in cui abitava e sbucò nella strada che dava direttamente sull'Arno. L'orologio segnava le sei meno un quarto: il sole non sarebbe spuntato fino ad un'ora e mezzo dopo.

Fatti venti metri qualcosa dall'alto lo colpì leggermente sugli occhiali.

Per fortuna che ho portato l'ombrello, sembra che stia per venire giù un bell'acquazzone

Continuò ad avanzare e tirò fuori l'ombrello da sotto il cappotto, poi stese la mano per aprirlo, ma prima di completare l'azione si scontrò rovinosamente contro qualcosa. Markus cadde all'indietro e finì supino sul marciapiede, dopo aver lasciato andare un deciso “Ouch!”

Una mano gli tese l'ombrello: c'era un signore davanti a lui, sulla quarantina, forse. Statura alta e decisa, capelli brizzolati ed una barba striata molto ben tenuta. Portava un lungo cappotto grigio ed i suoi occhi erano della stessa tonalità delle nubi quella mattina.

«M-Mi dispiace! Non volevo colpirla, la prego di scusarmi, stavo solo..»

Lo incalzò.

«Guardando le nuvole? Già, sta per piovere, e tanto, aggiungerei. Nessun problema, comunque. Si alzi, su»

Il modo in cui egli lo esortò a riprendersi gli sembrò magnetico e decisamente familiare; lo fece senza esitare un secondo, e la cosa non aveva un perché.

«Beh, grazie. Passate una buona giornata, arrivederci»

Chinò la testa verso il marciapiede e superò l'uomo, continuando lungo il fiume. La pioggia in pochi minuti iniziò a cadere terribilmente, ed i tombini già traboccavano, mentre l'Arno si gonfiava pian piano.

Svoltò sul Ponte di Mezzo e continuò a camminare a testa bassa, riparato sotto il suo ombrello, fino alla metà della costruzione. Nel momento in cui fu lì uno spaventoso boato lo fece sobbalzare: un fulmine squarciò il cielo non lontano dalla città, ed il suono fu insopportabile.

Markus si arrestò improvvisamente ed i suoi fradici mocassini scivolarono in avanti, facendogli perdere l'equilibrio.

In un attimo fu all'indietrò sul parapetto, mentre non si rendeva conto di niente.

Il tonfo in acqua fu fragoroso, ed il giovane non sapeva assolutamente nuotare.

Perse i sensi in pochi attimi.

 

Quando Markus riaprì gli occhi si sentì subito spaesato: attorno a lui un salotto arredato di tutto punto, uno strofinaccio bagnato sulla fronte ed un camino acceso poco distante dal divano sul quale era disteso.

Dove mi trovo..?

Una voce profonda rispose al suo pensiero, dalla porta della stanza:

«A casa mia, poco distante da dove sei caduto nel fiume. Hai dormito per due giorni, ed ora è quasi il momento di preparare la cena»

Ha letto nella mia mente?!

Si fece, con sguardo terrorizzato; lui sorrise.

«Lei.. è l'uomo che ho colpito mentre percorrevo il fiume.. non è vero?»

Annuì muovendo il capo, poi riprese a rispondere ai suoi dubbi:

«Come ti ricorderai sei caduto nel fiume, e sei anche svenuto, ti ho recuperato da una sponda, non è stato difficile, ti eri incastrato sul piccolo moletto delle canoe»

Markus era decisamente allibito.

«Io... le devo la vita. Come si chiama?»

Non aspettò mezzo secondo a dirglielo.

«Matteus. E' un piacere conoscerti»

Stranamente, il ragazzo si sentì a casa sua.

 

Quando il Grande Lupo Grigio salvò il piccolo lupetto nero egli riuscì a capire che ciò che mancava nella sua vita era qualcuno con cui trascorrerla. Lo adottò e lo fece crescere forte e pieno di virtù, tra cui la più spiccata, ovvero l'alto senso di giustizia e morale che già caratterizzavano il più anziano

Erano passati diversi anni da quando Matteus lo aveva abbracciato, ma Markus non si era mai spiegato il perché. Lui era forte, dedito alle cause della Camarilla e mai distolto dal suo dovere, e lui in vita era un semplice bibliotecario, senza muscoli, senza uno scopo ben preciso.

Ora almeno si permetteva uno stile più consono, non soffriva mai il freddo ed il suo sguardo più deciso: a volte pensava quasi che lo avesse preso con sé per pura pietà, ma c'era qualcos'altro.

«Ho appena ricevuto una lettera da Giacomo, parla di Massa e...»

Mattheus guardò serioso il suo infante

«Lo so. Sta per scoppiare una guerra, e non credo proprio che Firenze starà ferma a guardare mentre il Sabbath si muove allo scoperto. Dovrò partire, lo sai?»

Markus rispose subito allarmato il suo Sire

«Verrò anche io, Mattheus! Non posso lasciarvi andare da solo!»

L'uomo alla sua frase cambiò subito l'espressione sul volto in un sorriso, mesto e paterno.

«No, Figlio mio. Tu devi restare a Pisa, dove è sicuro e dove puoi continuare ad ammaestrare la tua Bestia. Ricordi i miei insegnamenti, vero? In una guerra potresti solo soccombere al sangue, e tu sei rinato per la pace, per distinguerti dai branchi di Gangrel infuriati e sfruttare le tue conoscenze come diplomatico»

Il giovane non la prese molto bene, ma replicò presto, in tono molto scuro.

«Certo che ricordo: “Domina il Lupo, nutrilo e trattalo con dolcezza. Domina il Lupo, non incatenarlo ma non lasciarlo cacciare. Domina il lupo, non essere disgustato ed amalo, abbraccialo»

Matteus allora sorrise. Suo Figlio non era più un Infante, ma era diventato più uomo di quanto non lo fosse da vivo.

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Capitolo 2
*** Il Rosso e Il Nero ***


Capitolo 001 - Il Rosso e il Nero
Markus non riusciva a farsi una ragione riguardo alla sua solitudine.
"Perché devo essere così debole da non poter assistere il mio Sire in guerra?!"
Ed ogni volta percorreva il grosso salotto in tondo, strofinando l'indice ed il pollice contro la barba. Lo faceva quando era nervoso, ed in quei tempi gli capitava anche troppo spesso.
Per fortuna che c'era Giacomo. Oh, quel caro ragazzo lo supportava sempre con le sue lettere piene di complimenti ed incoraggiamenti, tutti infiocchettati dalle sue sante mani da scrittore e tutte sempre efficaci al punto giusto; e lo degnava pure di attenzioni. Lui! Fra tutti i Nosferatu che richiedevano la sua assistenza a Livorno e tutti i suoi ammiratori da Firenze a Pisa sceglieva sempre di rispondere prima a Lui.
Si sentiva molto a disagio su questo argomento, ma non poteva fare a meno di apprezzare largamente tutto l'aiuto che poteva arrivare, sia esso da un passante che da una persona come Giacomo Leopardi.
Eh già. Proprio lui. Il poeta maledetto, storpio, e geniale. Ironia della sorte essere un "Topo di fogna"? Proprio lui, come la storia ci ha sempre raccontato nei libri del liceo.
Si erano conosciuti durante le rarissime apparizioni di Giacomo nell'Eliseo pisano, sempre intento a fare da ambasciatore, e ci riusciva egregiamente. Doveva aver visto qualcosa di diverso in Markus, al punto che in pochi incontri erano diventati già ottimi compagni di conversazione, e quando il lavoro lo richiedeva altrove, l'afflusso di lettere non si fermava mai. Leopardi ammirava la peculiare propensione del giovane al non lasciarsi andare al suo lato animalesco a differenza dei Fratelli del suo stesso clan, e di rimando come non si poteva ammirare una mente come la sua, celebre ed attiva più che mai anche dopo la morte?
"Voi siete un barlume nella società vampirica, fratello Hund"
Gli scriveva spesso Giacomo, con calligrafia impeccabile.
"Se ci fossero più Fratelli così umani, il sangue non sgorgherebbe a fiotti come succede invece in questi tempi bui, fra ribelli e guerre interne"
E questo lo rendeva sempre così fiero, ma i momenti di sconforto in solitudine, soprattutto ora che Matteus non era lì a sostenerlo, si facevano sempre più presenti.
"Cosa devo fare, Amico mio?"
Gli scriveva ultimamente, e lui, col suo tono serafico, rispondeva sempre
"Continuare ad essere quello che sei, un cuore puro all'interno di un pozzo di catrame"
Beh, ovviamente. Ricordarsi sempre le parole del proprio Padre: "Domina il Lupo, nutrilo e trattalo con dolcezza. Domina il Lupo, non incatenarlo ma non lasciarlo cacciare. Domina il lupo, non essere disgustato ed amalo, abbraccialo".
Il senso di tristezza e disperazione non fecero male però al povero lupacchiotto nero. Passò i giorni distraendosi dall'angoscia aiutando il principato al meglio che poteva, mentre Dalila De' Pazzi, la Principesssina, gestiva il tutto con fare elegante e disinvolto. Intrattenere discussioni diplomatiche fra i Gangrel ed i Ventrue era la sua attività preferita, visto le divergenze che si venivano sempre a creare ogni volta che davanti ad un tavolino i primi si sporcavano tutto il colletto di sangue ed i secondi li guardavano disgustati, ma in realtà in tutto quel andare e tornare a casa il massimo che poteva sperimentare era rimanere incollato ad un buon libro, proprio come nei cari vecchi tempi, quando era un semplice bibliotecario e tutto quello di cui aveva bisogno alla sera era una tazza di camomilla con una spolverata di cannella. Ah, i cari vecchi tempi, quelli in cui gli pulsava ancora il cuore, quelli in cui dimenticarsi di obliterare il biglietto del treno era un grosso guaio. Ci ripensava sempre prima di coricarsi poco prima dell'alba.

"Il Grande Lupo Grigio continuò a combattere valorosamente, ma lì, nel campo di battaglia, trovò un ferito, un esterno. Era anche lui un piccolo cucciolo di lupo, robusto e muscoloso, rimasto fra i due fuochi della guerra, col il pelo ruvido e rosso, striato qua e là dal sangue. Fu allora che Il Grande Lupo Grigio decise che il suo branco si sarebbe allargato, di nuovo".

Mentre Markus leggeva l'ennesima raccolta di racconti Tedeschi, egli non sapeva cosa lo avrebbe atteso di lì ad un mese, ed in fin dei conti, è stato meglio così.

"La guerra, però, anche se combattuta in due, ti cambia. Il Grande Lupo Grigio non vedeva tanto sangue da quando era giovane, da quando non era così saggio ed inamovibile. La morte, la cenere ed il fango risvegliavano in lui La Bestia, e si sa, i figli imitano sempre il padre".

Erano passati tre mesi da quando la guerra era iniziata. Ormai Markus non sapeva neppure se il suo Sire era ancora vivo, e questo cominciava a sgretolarlo. La diplomazia non era più così facile, sfoggiare il solito sorriso di circostanza era sempre più faticoso e presentarsi a tutte quelle dannate riunioni era ormai insopportabile. C'era qualche elemento interessante, certo, come quella dolce ragazzina schizofrenica, "Vale", ma niente che lo potesse dissuadere dal divenire sempre più melanconico.
Ritornò a casa come tante altre notti, ripercorrendo sempre il ponte dove era scivolato quel benedetto giorno, e ritornò a casa di Matteus, per tutta la durata del buio, aspettandolo e controllando nell'Intranet Pisano novità sulla guerra. Fu proprio quando stava scorgendo notizie interessanti sulla ormai certa vittoria della Camarilla che qualcuno inserì la chiave nella porta d'ingresso. I suoi occhi si illuminarono e lui corse in quella direzione, aspettandosi finalmente il suo Signore. E fu così, in effetti:
Davanti a lui la tanto amata figura di Matteus, fradicia di fango e sangue come non lo era mai stata, ed... un altro soggetto?
«M-Matteus! Siete tornato, siete vivo!»
Cadde con le ginocchia a terra per l'eccitazione; la figura davanti a lui non esitò un attimo a parlare, ma lo fece in maniera così lenta e melliflua che gli sembrò innaturale.
«La Guerra è vinta, Markus, ma adesso dovresti prima pensare a salutare tuo Fratello, Figlio mio».
La sua mente era in stato confusionale, si voltò verso la figura sconosciuta, leggermente più bassa di Matteus, ma comunque imponente, che alla luce dei lampadari del corridoio si descrisse in un ragazzo atletico e dall'espressione arcigna, dagli arruffati capelli rossi, con un pizzetto abbastanza folto ed i vestiti quasi stracciati.
«Lui è Lukan. Come te, è una mia Progenie»
il giovane spalancò gli occhi, completamente esterrefatto.
«Mio... Fratello?!»

"Così per la prima volta i due lupacchiotti, il rosso ed il nero, si incontrarono, una volta tornati dalla guerra. Da quel momento, il destino cambiò strada per prendere quella che sarebbe stata la più difficile e dolorosa via che si poteva scegliere".

D'altronde l'amore ha sempre funzionato in questo modo, no?

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Capitolo 3
*** Due di Cuori ***


Capitolo 002 – Due di Cuori

 

"Cos'è il Male?" E' una domanda che Vale si era fatta fin troppo spesso, e mai si era risposta con la sicurezza necessaria. Come si può rimanere impassibili davanti ad un torto lampante, ad uno scippo di una vecchia signora, ad una ragazza che viene piantata al cellulare, ad un bambino a cui viene negato l'ennesimo giro sulle giostre? Tutte quelle piccole schegge di male la corrompevano, e lei perdeva la pazienza: dalla ragazza pura ed innocente che era si trasformava in una belva caustica, rispondeva male alle commesse delle boutique pisane e se ne andava battendo forte i tacchi sul pavimento lastrato, pentendosene poco dopo.

Ma lei era diversa, e non una pedina dell'oscurità. Oh, no, lei si era votata completamente all'aiuto del prossimo, e qualche sbalzo d'umore non l'avrebbe certo fermata.

Il suo Sire, Roberto Valenti, era partito per la guerra, non sapeva se per combattere o se per convertire i guerrieri, ma fatto stava che lui non poteva più aiutarla, ed il suo fratello maggiore gli aveva lasciato tutte le responsabilità per andarsene in giro a scorrazzare, forse in guerra pure lui.

Di conseguenza, essere il Primogen Malkavian non era assolutamente un compito facile, e nessuno ti prende mai sul serio quando ti poni in maniera gentile e disponibile; ripensarci le faceva venire tanta rabbia.

Che razza di maleducati

Stizzita, pensò.

Perché diamine mi hanno lasciata tutta sola in un momento come questo?!”

Poi scrollò la testa come per allontanare quei pensieri maligni, concentrandosi sull'obiettivo: quella sera sarebbe andata in comunità come tutti i Venerdì ed avrebbe aiutato con tutte le risorse disponibili i ragazzi tossicodipendenti che la popolavano. Non poteva chiedere di meglio per rinfrescarsi lo spirito.

Prese la sua macchina, una mini color magenta, e percorse la città restando nel perimetro.

Raggiunse la comunità in circa un quarto d'ora: parcheggiò l'auto nell'apposito spazio riservato ai volontari e si incamminò verso l'entrata; alle otto di sera era già buio pesto.

«Ciao, Vale!»

Le facevano gli altri volontari, appena lei varcava le soglie della struttura. Lei rispondeva sempre in maniera gentile e sorridente, sfoggiando tutta la sua solita bontà.

Percorse un paio di corridoi bianchi e giunse nella sala principale, dove si trovava sempre la maggior parte delle persone presenti nell'istituto.

«Buonasera ragazzi!»

Fece lei, agitando la mano. Tutti la salutarono di rimando, e si diresse verso la sua paziente preferita: era una ragazza sui diciannove anni, primo periodo universitario. Aveva la pelle bianca come il latte, il trucco pesante e scuro che le conferiva un'aria molto sicura e vestiti scuri alternati a colori molto sgargianti come il rosso ed il viola elettrico; i suoi capelli rosso rubino erano stati chiaramente colorati, ed aveva il perfetto profilo psicologico di una ragazza difficile.

«Come va stasera? Ho saputo che hai litigato con alcuni ragazzi in Piazza dei Cavalieri, ieri notte. Perché non sei rientrata all'ora prestabilita? Ci hai fatti preoccupare tantissimo...»

Vale era visibilmente triste e delusa dalle azioni della sua pupilla: vedeva quella piccola teppistella come la sua missione più importante, un diavoletto da trasformare in una perfetta signorina, dolce e tranquilla come lei. La sua presenza le aveva sempre fatto bene, infatti da quando l'aveva presa personalmente in custodia i progressi con la droga avevano avuto subito una grossa accelerata, molto più di quanto gli altri volontari non avessero mai ottenuto.

«Ve l'ho detto, sono stati loro a rompermi i coglioni per primi! Ed io che dovevo fare, stare lì a farmi urlare in faccia?!»

Sibilò la ragazzina, con il rossetto nero leggermente sbiadito.

«E così lì hai colpiti con una bottiglia di birra vuota... Lo sai che questo ti procura solo guai, non posso essere sempre lì a proteggerti, anche se vorrei tanto»

La più giovane non rispose, e Vale ebbe quasi un colpo di genio.

Non posso essere sempre con te, ma posso cambiare questa situazione

Si fece.

Posso toglierti da questo posto ed averti sul serio sotto la mia custodia

Sorrise sorniona mentre l'altra la guardava storta.

«Che c'è, vale? Ti fa ridere vedermi lo zigomo gonfio?»

Lei scosse la testa e la guardò con aria materna

«Ti va di venire a dormire da me, stasera? Magari ci guardiamo un film, così ti distrai un po'»

L'adolescente sorrise.

«Ci penso io a firmare tutti i documenti, tu vai a preparare tutte le tue cose»

 

Così, il suo piano stava andando per il meglio. Ora erano a casa, da sole, e stavano decidendo il film da guardare assieme ad una ciotola di gelato che Vale fingeva di mangiare ogni volta che l'altra gliela passava.

«Cos'ha Love Actually che non va?! E' un film così dolce!»

La ragazzina quasi ebbe un conato di vomito.

«Scherzi? Io voglio guardare uno splattern...»

Erano l'una l'opposto dell'altra, e questo le rendeva più vicine del previsto. La studentessa non poteva sapere che Vale aveva tutta l'intenzione di donarle l'immortalità.

«Hey, piccola»

Le fece la volontaria, scuotendo i lisci capelli castano chiari, così morbidi e profumati.

«Che c'è?»

Rispose secca

«Se ti dicessi che sono una Vampira, tu come la prenderesti?»

Lei scoppiò in una risata fragorosa, che interruppe solo per parlarle.

«Tu un Vampiro? Non ci crederei neanche davanti ad una prova!»

Vale si sentì autorizzata a tirare fuori i lunghi canini, quella sorrise e sembrò entusiasta.

«Quando hai comprato i denti retrattili?! Sono fantastici, ne voglio un paio anche io!»

Era tanto una dura, ma altrettanto ingenua, quella bimba.

«Dai, su, vieni a vedere come funzionano»

E la ragazza si avvicinò all'amica, fissando con gli occhi quelle due zanne. Vale la afferrò per i fianchi e si gettò sul suo collo, mordendolo con forza, ma molto graziosamente. L'altra gridò.

«Che cazzo stai facendo?! Mi fai male!»

Nei brevi attimi in cui si staccava per ricominciare ad assorbire il suo sangue, la giovane volontaria le rispose:

«Shhh... va tutto bene, adesso. Sarai mia Figlia, la mia piccola...»

Ed ecco che svenne, privata della sua linfa vitale. Vale si morse il polso e cominciò a far colare il liquido nero che ne uscì all'interno della piccola bocca dell'inconsapevole vittima, sorridendo, con quel visino macchiato di rosso.

Era così bella, in quel gelido sonno. Non procurava guai e tutti le avrebbero voluto bene, una volta trasformata in una perfetta Sorella. Troppo forte!

«Adesso non sarò più sola, nel caso Roberto non dovesse mai tornare»

Rise.

«Con la mia piccolina conquisterò i cuori di tutto l'Eliseo!»

Un malato senso materno si fece spazio nel suo cuore morto:

Io ho sempre votato la mia vita agli altri, da viva e da morta. Continuerò a farlo e questo è il mio progetto più glorioso. Adesso questa piccola mi seguirà in capo al mondo, sono la sua ragione di vita. Non c'è più nessun vuoto”.

Fu felice più che mai.

Che smemorata, lei è sua Madre e non le ha dato neanche un nome!

Beh, se lei era Vale, anche quella lì sarebbe diventata Vale.

ValeUno e ValeDue: stesso nome, destino inseparabile.

Non l'avrebbe MAI lasciata andare.

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Capitolo 4
*** La Forza del Fratello ***


Capitolo 003 – La Forza del Fratello

 

Avete mai avuto la sensazione di non essere nessuno?

Tutti attorno a voi sono felici, con le loro vite più o meno complete.

Viaggiano in giro per il mondo, fanno lavori gratificanti e se ne vanno a spasso con i loro partner come se non esistesse alcun male nel mondo. Certo, hanno i loro problemi, le loro piccole fisime, ma eccoli lì, più svegli di te, più abbienti o semplicemente... più forti.

Già, Lukan era spaventosamente forte: attorno a lui un alone di innaturale terrore, l'abbigliamento svogliato e minaccioso, lo sguardo sicuro ed i suoi capelli rossi mai pettinati. Teneva sempre la barba in quel modo, quello strano pizzetto probabilmente dava un taglio più adulto e spigoloso al suo viso. Gli occhi verdi come il veleno, socchiusi sempre in quell'espressione di superiorità, lo scrutavano come se stesse pianificando la sua morte.

Era suo “fratello minore”, ma non riusciva a comprenderlo affatto. L'umano che era prima sicuramente aveva un'età superiore alla sua, e questa era solo una delle mille ragioni che facevano sentire Lukan una spanna sopra a Markus.

I suoi muscoli erano evidenti ed avevano servito in guerra nelle loro funzioni più basilari: probabilmente non era il tipo che utilizzava la magia od altri trucchetti mentali da Vampiro; faceva tremare le dita della mano destra come se gli prudessero, come se avesse l'irrefrenabile voglia di prendere a pugni qualcuno ed immergere tutto l'arto nel cranio sfondato della vittima.

Markus rabbrividiva ogni volta che gli passava accanto, ed ormai erano due mesi che “vivevano assieme”.

Sì, da quando erano tornati entrambi dalla guerra le dinamiche fra lui ed il suo Sire erano state completamente stravolte: Markus viveva a casa di Matteus da quando era stato abbracciato, e così pure gli altri due, ma a casa non tornavano molto spesso, se non pieni di sangue dopo una “battuta di caccia”. Uscivano ed uccidevano, probabilmente i recenti fatti di cronaca legati ad una serie di ragazzi coinvolti in violenti incidenti erano stati procurati da loro.

Che diavolo stava succedendo a suo Padre? Lui era sempre stato così calmo e gelido, così esterno ai fatti che lo circondavano che quasi sembrava fatto di ingranaggi, ed ora eccolo lì, tornato a casa per l'ennesima volta colmo di tagli.

«Matteus...» Lo avvicinò.

Lui si voltò lentamente

«V-Vi serve assistenza?»

Scosse il capo, con quel tono così imponente che solo lui era in grado di sfoggiare.

«No» continuò subito: «Aiuta tuo fratello, piuttosto, io devo sbrigare degli affari all'Eliseo, e mi devo dare una ripulita»

Subito salì le scale come se niente fosse, il tappeto dell'ingresso era ora imbrattato dal sangue che lasciavano i suoi scarponi. Da quando si vestiva in maniera così poco formale?

Il fratello entrò dalla porta di ingresso pochi minuti dopo, messo molto peggio del padre.

Markus lo guardò con aria sorpresa, poi si sentì subito sotto pressione.

«Lukan! Nostro padre mi ha consigliato di guarirti al meglio che posso, vieni in salotto, per piacere, e fatti dare un'occhiata»

Il ragazzo lo squadrò un po' perplesso dall'alto dei suoi occhi scintillanti, chiedendosi di che cosa mai poteva aver bisogno, poi fece una smorfia e lo seguì nella stanza adiacente. Markus aveva già preparato frettolosamente due brocche di sangue, delle fasce di garza e del disinfettante.

«Che diavolo fai?» ruggì Lukan «Il disinfettante non fa un cazzo ai Vampiri, non lo sai?»

Markus si batté la mano sulla fronte, rendendosi conto di quanto la furia lo avesse reso stupido.

«Errore mio» cercò di salvare la reputazione «Non ti entrerebbe comunque in circolo, quindi ho pensato che non avrebbe fatto male a nessuno. Comunque...» Esitò un poco quando vide che il fratello stava fissando il cotone imbevuto d'acqua ossigenata che teneva in mano «Dobbiamo lavarle, le ferite. Sarai anche già morto, ma non vogliamo che comincino a puzzare mentre si stanno rimarginando, no?»

Non rispose, ma prese un grosso calice dal tavolino da fumo e se lo riempì di sangue fresco, rubato il giorno prima dal fratello maggiore per rifornire le scorte, probabilmente in un magazzino dell'ospedale; era troppo facile accedervi.

Markus si avvicinò al giovane uomo e gli tolse quel poco che restava della maglietta bianca, ormai zuppa di liquido rosso e denso.

«Diamine» era sorpreso «Ti hanno proprio conciato per le feste, vero?»

Lukan sembrò per un attimo particolarmente infastidito da quell'espressione, ma non tardò a rispondere con un sorriso provocatorio stampato sulla faccia:

«Dovresti vedere cosa resta degli sbandati che abbiamo attaccato. Dovrei averne ancora qualche brandello attaccato alle scarpe»

“Eww...” pensò “Questo è proprio un idiota. Che ci ha trovato mio padre in lui?”

Cominciò a passare il cotone bagnato sul gigantesco taglio che passava lungo tutta la sua spalla. Si vedeva quasi l'osso.

«Questa ti passerà in almeno due o tre settimane, anche con tutta la Vitae del mondo»

Lui grugnì, ma la ferita non sembrava procurargli alcun dolore, neanche se toccata dal batuffolo di cotone del fratello.

«Quella sul pettorale destro è molto più superficiale, giusto due giorni, direi»

E pulì anche quella, quasi contento di saper dare delle indicazioni mediche così precise. Alla fine aver letto così tanti libri di Fratelli come lui sul funzionamento del loro corpo dopo la morte gli era servito a qualcosa. C'erano anche tante sezioni in cui spiegavano come conservare i corpi di vampiro andati in Morte Ultima senza farli incenerire, a patto che non fossero periti per colpa della Luce.

Markus azzardò un accenno di discussione; sarebbe stata la prima vera chiacchierata con il suo “nuovo fratellino”:

«Sembri... molto forte...! Cosa sai fare?» Chiedere ai vampiri vanitosi tutto questo era come invitarli ad una cena galante senza farli pagare, ma la risposta di Lukan lo interdisse.

«Vuoi venire fuori a vederlo di persona?»

Se avesse avuto La Masquerade attiva adesso la sua saliva gli sarebbe andata di traverso. Lo aveva appena sfidato?! Era impossibile per lui mantenere quella calma apparente così caratteristica.

«C-Come?!»

Lukan rise forte, al punto di battere le mani sulle ginocchia dal divertimento.

«Dovresti vedere la tua faccia, sei un tale cagasotto!»

Markus era allibito. Non sapeva cosa fare. Veloce, colpì con il dorso della mano una delle due caraffe di sangue che si trovavano anch'esse sul tavolino da fumo, facendola rotolare a terra e bagnando tutto il pavimento. Colse l'occasione che si era appena creato e si alzò di scatto, quando ancora metà delle ferite di Lukan richiedevano assistenza.

«Oh, che sbadato! Devo assolutamente andare a cercare qualcosa che possa smacchiare il sangue dal cotto del pavimento! Torno fra qualche minuto!»

Imbarazzato, tentò di correre via, ma il fratello lo afferrò per un polso, con una stretta quasi dolorosa.

«Fratellino, la prossima volta che vuoi scappare da me non andare a cercare uno smacchiatore per pavimenti alle tre di notte di domenica sera, d'accordo?»

Markus si divincolò e lo guardò stralunato.

«Ma che dici?! Lo smacchiatore è proprio... nel tinello di casa, che si raggiunge da fuori!»

Non ebbe tempo di replicare: «Questa casa non ha un tinello, Markus»

Deglutì. Aveva acceso La Masquerade dall'agitazione?

Il giovanotto approfittò ancora della situazione

«Comunque complimenti, sei il primo Vampiro a riempire di sudore la propria camicia in pieno autunno».

“Fanculo” schizzò nella mente dell'ex bibliotecario “questo qui non tutto muscoli e niente cervello”.

Respirava velocemente.

“E' il Male, altroché!”

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