Decode

di Hermione Weasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima ***
Capitolo 2: *** Parte Seconda ***



Capitolo 1
*** Parte Prima ***


Qualche nota:
- SPOILERS FINO ALLA 3x09 It's Coming, inclusa.
- Le due citazioni sono rispettivamente dalla 3x08 Villains, e la 3x09 It's Coming.
- Prima parte di una serie di quattro flashfic. Coming soon. (Spero.)


Decode
- 1 -


Do you see what we've done?
We've gone and made such fools
Of ourselves
Do you see what we've done?
We've gone and made such fools
Of ourselves
How did we get here?
I used to know you so well, yeah
How did we get here?
Well, I used to know you so well
I think I know
I think I know
There is something I see in you
It might kill me
I want it to be true

Paramore - "Decode"


*

- "But somehow since the other day, since... since meeting you. I feel like maybe I don't have to be so special. Maybe I can just be Gabriel again."
- "But you are special Gabriel. You're special just the way you are."


Era rimasto in fissa di quella cartina per una quantità indefinita di tempo.
Si era tolto gli occhiali, aveva ripulito le lenti con la manica destra della camicia, poi li avevi rimessi. Una, due, tre volte. Forse quattro.

La ricordava perfettamente la sensazione della corda ruvida contro il collo. Era odiosa. Gli sembrava ancora di soffocare, di non riuscire a far arrivare aria ai polmoni.

Aveva pensato che sua madre l'avrebbe rifiutato definitivamente, se fosse venuta a saperlo. Suo figlio, Gabriel Gray, aveva tentato di uccidersi. Togliersi la vita. Strappare qualcosa che, fino a prova contraria, non gli apparteneva affatto.

Eppure si era chiesto perché Lui stesse continuando a farlo soffrire, a non dargli alcun segno o speranza. Aveva ucciso, si era macchiato di un peccato inespiabile e non lo aveva nemmeno punito. Si sentiva come se non esistesse affatto, come fosse stato invisibile a Lui così come al resto del mondo.

Che poi la salvezza fosse arrivata con lunghi capelli biondi, occhi azzurri e un orologio rotto, non poteva che essere la prova della Sua grandezza.

Si era detto, poi, che quella doveva essere una prova dell'immensa bontà e misericordia di quel Signore che sua madre gli aveva insegnato a temere e rispettare.

Gabriel, in quel Dio, non ci aveva mai creduto tanto come in quel momento.

Il campanello lo aveva distratto dall'ennesima riflessione. Si era affrettato a far sparire le tracce del suo crimine, della sua colpa, ed era andato ad aprire.

Ed era riapparsa, sorridendo evidentemente a disagio, sulla soglia del suo appartamento. Dove mai nessuno aveva messo piede, se non lui o sua madre, nelle poche ed occasionali visite che gli concedeva.

Elle entrò, portandosi dietro una scia di profumo di pesca, una risata leggera, e la speranza di un futuro diverso.

Mentre la invitava a sedersi sul tappeto, e andava a recuperare piatti, posate, bicchieri e qualcosa da bere, pensò che essere Gabriel non era poi così male.

Pensò che era troppo bello per essere vero.

Quando tornò nel salotto, non si rese conto che Elle stava cercando le telecamere nascoste con lo sguardo, nella speranza di poter ricevere un qualsiasi segnale d'assenso da un uomo che non era lui.

*

- "You."


Appena la sua ombra si era stagliata contro la luce che proveniva dal corridoio, si era ripromessa che niente e nessuno le avrebbe impedito di prendersi la sua vendetta.

Perché l'aveva distrutta. Le aveva portato via suo padre e quella che era stata tutta la sua vita. Perché non c'era neanche l'ombra del minimo risentimento quando l'aveva immobilizzata a terra, impedendole qualsiasi movimento, pronto ad ucciderla così come aveva fatto con Bob.

Elle non gliel'avrebbe permesso.

Le sembrava di poterlo sentire ancora quel sapore di torta alla pesca ostruirle la gola, e nausearla tanto da costringerla a ricacciare indietro un conato di vomito.

Si rimise in piedi, facendo tintinnare fastidiosamente le catene che la tenevano irrimediabilmente ancorata al pavimento.

Aveva lasciato Claire, aveva abbandonato Peter, solo per cercare aiuto.
Tutto quello che aveva rimediato alla Pinehearst, era un buono omaggio per un periodo di prigionia dalla durata indefinita.

Avrebbe dovuto immaginarlo. Doveva saperlo che lui era coinvolto.

Le mani già le pizzicavano, e il dolore era tornato ad impossessarsi ferocemente di lei, rendendole impossibile respirare normalmente. I polmoni le bruciavano, e il sudore che le imperlava la fronte non faceva altro che intensificare il pizzicore che l'elettricità le causava in tutto il corpo.

L'avrebbe ucciso. L'avrebbe ucciso, fosse stata l'ultima cosa che faceva. Lo promise a se stessa, mentre le scintille azzurre si accumulavano sui palmi delle sue mani.

Prima che potesse rendersene conto, gli aveva scagliato contro tutta la rabbia che aveva in corpo, colpendolo in pieno.

Le ci volle qualche secondo per realizzare che le urla che coprivano quelle di Gabriel, erano le sue. Le riempivano le orecchie e le impedivano di riflettere, amplificavano il dolore, la costringevano a non pensare ad altro.

Riprese a tremare furiosamente, lasciando che la stanza ripiombasse nell'oscurità.

Singhiozzò sonoramente perché il dolore non si era affatto placato, ma solo acuito. Ogni singolo muscolo del suo corpo invocava pietà, bruciando senza alcun ritegno.

C'era odore di bruciato. Le stava chiedendo di più. Voleva di più. Perché, poteva sopportarlo. Poteva sopportarlo tutto. L'aveva fissato, incapace di gestire la rabbia e il risentimento, perché no... non aveva idea di quello che le aveva fatto passare. Non poteva sapere come ci si sentiva a vedersi strappare una vita apparentemente perfetta da qualcuno che le sembrava di conoscere da sempre.

Si era fidata di Gabriel. Si era azzardata a fidarsi anche di Sylar, forse, senza rendersene conto.

Non aspettò un secondo invito, e qualche attimo dopo l'elettricità aveva ripreso a prorompere attraverso il suo corpo, convogliando tutto il suo odio contro quell'unico obbiettivo pronto ad immolarsi alla causa.

Quando la luce azzurra si spense di nuovo, permettendo alle ombre di ringhiottirla, Elle si rese conto che non passava.

Il dolore non passava.

Serrò le labbra, ricadendo a terra, esausta. Dannatamente stanca di quella sensazione di venir strappata a metà ogni volta che si azzardava a far entrare aria nei polmoni.

Lo supplicò di ucciderla. Perché ne aveva tutti i motivi. Lo pregò di liberarla, liberarla definitivamente da quella sofferenza che era sicura di non poter più sopportare a lungo.

Invocando la morte, non sapeva che Gabriel - di lì a poco - le avrebbe salvato la vita, saldando un conto aperto tanto tempo prima.

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Capitolo 2
*** Parte Seconda ***


Ancora qualche nota;
- SPOILERS FINO ALLA 3x11 INCLUSA.
- Le altre due flashfic, e quindi la 'serie' è conclusa.
- E un grazie a Mokuren che mi ha recensita: sono davvero contenta che ti sia piaciuta, GRAZIE! :)


Decode
- 2 -


Do you see what we've done?
We've gone and made such fools
Of ourselves
Do you see what we've done?
We've gone and made such fools
Of ourselves
How did we get here?
I used to know you so well, yeah
How did we get here?
Well, I used to know you so well
I think I know
I think I know
There is something I see in you
It might kill me
I want it to be true

Paramore - "Decode"


*

- "We can't take what we want anymore."
- "Says who?"


Elle si rese conto solo in quell'istante della straordinaria capacità che Gabriel aveva di mutare repentinamente espressione.
Era questione di un battito di ciglia, e i suoi occhi si illuminavano di una luce totalmente diversa, sembravano diventare più cupi e profondi.
Un brivido le era corso lungo la schiena, perché nonostante Gabriel fosse solito farsi innumerevoli scrupoli quando si trattava di soddisfare le richieste dei suoi genitori, Sylar non avrebbe esistato a prendersi tutto quello che voleva.

Solo quando le sue labbra si scontrarono bruscamente con quelle di lui e la presa sul suo viso si serrò prepotentemente, realizzò che Sylar voleva lei.

Aveva pensato a quel momento ogni sera prima di addormentarsi davanti alla televisione. Fingeva di detestarle quelle maledette commedie romantiche, ma sotto sotto aspettava impazientemente che accadesse anche a lei, con un misto di terrore ed eccitazione.

Solo più tardi si sorprese di non aver minimamente rammentato quegli attimi, perché il suo odore era ovunque, le sue mani si insinuavano dappertutto, il suo sapore le aveva riempito la bocca, e le sue labbra erano così dannatamente morbide che, ne era sicura, nemmeno tra un miliardo di anni ne avrebbe avuto abbastanza.

Si era lasciata prendere dall'entusiasmo, aggrappandosi al suo giubbotto.

Non si curò delle mani che le tremavano, e nemmeno si rese conto che quelle di lui non erano da meno.

Voleva soltanto che non smettesse di toccarla.

Erano scivolati a terra, fingendo entrambi di essere perfettamente padroni della situazione.

Si erano spogliati tanto in fretta da finire per confondere chi stava facendo o sbottonando cosa. La sovrastava, e la schiacciava a terra col peso del suo corpo, e poi si ritrovava a fare altrettanto, senza lasciare i suoi occhi nemmeno per un secondo.

Li aveva visti farsi liquidi e umidi man mano che si esploravano a vicenda, ci si era specchiata senza riconoscersi.

Aveva visto le sue labbra contrarsi e il suo viso mutare ancora in un'espressione che mai gli aveva vista dipinta sul volto, mentre scivolava dentro di lei.

Il pensiero che fosse merito suo la fece sentire bene, onnipotente.

Mai aveva creduto che ci si potesse sentire tanto vicini, mai si sarebbe sorpresa a sentirsi maniacalmente osservata da qualcuno che non era né Sylar, né Gabriel, ma qualcuno che conosceva solo lei.

Si era abbandonata a quel ritmo lento e bollente che la faceva avvampare e rabbrividire in rapida sequenza, si era persa nei suoi baci e nei suoi sguardi, aveva tremato convulsamente sotto di lui, si era stretta tra le sue braccia, e poi - così come era iniziata - quella danza inaspettata si era interrotta.

Si era sentita sospesa in un microscopico secondo innaturalmente dilatato, aveva sentito le spalle di lui tendersi bruscamente sotto le sue mani, e tutto quello che li circondava immobilizzarsi bruscamente prima che quell'assurdo equilibrio senza tempo si infrangesse di colpo, facendola sospirare contro le sue labbra umide e arrossate.

Pensò che quella era perfezione, e che mai e poi mai avrebbe provato qualcosa di altrettanto totalizzante.

Si era limitata ad abbandonarsi su di lui.

Non poteva sapere che quello era, allo stesso tempo, quanto Gabriel era in grado di darle e tutto ciò che Sylar non si sarebbe potuto permettere.

*

- "You were wrong. Nobody ever really changes."
- "You did. I saw you."
- "That was temporary. And then I got my powers back. And I understand now... that I'm never gonna change. Neither are you, because we're both just damaged goods."
- "You're hurting me."
- "I know."


C'era Bennet davanti a lui, tutto ciò che sarebbe voluto diventare, ed Elle alle sue spalle, tutto ciò che gli bastava per raggiungere quel tanto agognato equilibrio.

Gli era bastato un secondo per sentirsi privato di tutte le sue certezze.

Di nuovo le sue azioni mancavano di proposito, ancora si era ritrovato circondato da estranei, facce sfocate che a malapena poteva dire di saper riconoscere.

E poi era arrivato Hiro, e il profumo del mare gli aveva riempito le narici assieme al suono cadenzato e rassicurante delle onde che andavano e tornavano sul bagnasciuga, in una lenta carezza sulla sabbia.

Era apparsa poco dopo, e - per la prima volta - gli sembrò di non conoscerla affatto.

Gli si era avvicinata con passo incerto e le aveva chiesto spiegazioni, alla disperata ricerca di un barlume di sincerità nei suoi occhi.

Solo allora capiva, solo allora la vide per quello che realmente era.

Spaventata.

Aveva allungato una mano per poterle accarezzare il viso, e il modo in cui si era scostata in un attimo di smarrimento improvviso, gli aveva fatto più male di qualsiasi altra cosa.

Perché aveva visto la paura attraversarle lo sguardo, e l'aveva sentita tremare sotto il palmo della sua mano.

Si era limitato a seguire l'istinto, finendo per intrappolarla sotto di sé per l'ultimo bacio, nel disperato tentativo di costringerla a cambiare espressione.

Solo in quel momento comprese che niente sarebbe più stato lo stesso.
Che era stata tutta finzione e nient'altro. Soltanto un piacevole siparietto, nella vita di due psicopatici dimenticati sia da Dio che dal genere umano.

Si ritrovò a fissare un'estranea, e, nonostante il sorriso che le illuminava debolmente il volto, sapeva perfettamente che Elle stava pensando altrettanto.

Si era cullato nella dolce consapevolezza di poter combattere il mostro, di potersi riscoprire più umano di quanto credesse, ma l'incantesimo sembrava essersi infranto, e quel meccanismo così perfetto, definitivamente inceppato.

Era un ticchettio stonato quello che aveva ripreso a riempirgli le orecchie. Un ticchettio familiare e distorto, il segno che quel mostro aveva riaperto gli occhi dopo un lungo sonno.

Non sarebbe mai cambiato ed Elle non lo avrebbe mai perdonato per averle strappato suo padre, mai si sarebbe fidata completamente di lui.

Ancora lo ricordava il dolore lancinante che l'aveva scossa quando, nel Livello 5, aveva cercato di ucciderla.

Poteva conoscere Gabriel senza ricordarsi di Sylar?

Il gelo di quella risposta, scese crudelmente sul suo viso, deformandogli i tratti del volto.

Elle era esattamente come tutti gli altri. Si era presa gioco di lui, assecondando quella recita che, solo in quel momento, gli si rivelò grottesca ed agghiacciante.

Gli stava facendo dannatamente male.

Intrecciò le dita con le sue e la sentì tremare.

Realizzò che aveva ancora addosso il suo odore. Lo sentì mischiarsi pigramente al profumo di salsedine, e il dolore al petto si acuì prepotentemente, trascinandolo di nuovo nella prigione della sua testa.

Non voleva vederlo più, quello sguardo.
Non voleva sentirlo più, quell'odore.

Quella bugia l'aveva tradito. L'avrebbe cancellata e affogata nel suo sangue.

Se Elle aveva paura di Sylar, Sylar era tutto ciò che avrebbe avuto.

Nemmeno si rese conto di quel battito cardiaco che lentamente si affievoliva e si spegneva, perché il tic-tac nella sua testa si stava amplificando a dismisura.

Percepiva ogni cosa con rinnovata consapevolezza.

Era stata la più bella menzogna della sua vita.

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