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di Lem_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


-Receipt-



La pioggia batteva forte sulla finestra dell'appartamento quella sera di Novembre, Kurt era steso sul divano con in mano un copione, ed ai suoi piedi, proprio come un cagnolino, c'era Rachel intenta a mandare messaggi al suo nuovo spasimante conosciuto alla NYADA.
“Oh mio dio Kurt, mi ha detto che sono il suo raggio di sole! Vuol dire qualcosa, no?”
“Certo Rachel, adesso però smetti di usare quell'aggeggio infernale e concentrati sulle battute che dobbiamo ripetere per domani o butterò il tuo iphone giù dalla finestra.”
“So quelle battute a memoria e tu lo sai.” Disse con fare giocoso Rachel.
“Sei solo geloso perché finalmente qualcuno mi fa il filo e invece tu sei troppo chiuso per fare nuove amicizie!”
Una fitta nel cuore di Kurt si fece avanti come una fulmine a ciel sereno. Sapeva che Rachel non pensava prima di parlare e che diceva cose a caso senza rendersene conto, ma tutto quello che proferiva veniva registrato nel cervello di Kurt e mai dimenticato.
Ma non glielo faceva mai notare. Perché? Perché era solo stanco. Più che stanco, forse, combattuto. Combattuto tra qualcosa che non aveva mai avuto nella sua vita, l'amore e il suo essere freddo e distaccato con tutti.
“Sì, va bene, vado a prendere una boccata d'aria, okay?”
“Con questa pioggia? Sei impazzito per caso?”
Kurt doveva davvero essere impazzito, perché non usciva mai fuori con la pioggia o il tempo umido, proprio perché non sopportava che i suoi capelli si gonfiassero o dichiarassero di avere il controllo della sua testa senza il suo consenso, ma quella sera voleva uscire da quell'appartamento, andare via da Rachel che sembrava così felice e bere qualcosa di caldo per farsi passare quella malinconia che bussava alla porta del suo cervello urlando: “TOC TOC SONO IO, APRIMI O SFONDO LA PORTA. TANTO SAI CHE PRIMA O POI ENTRERÒ.”
“Non sono impazzito, ho solo voglia di fare una passeggiata, ci vediamo dopo.”

Okay, forse uscire alle 8 di sera nel bel mezzo del diluvio universale non era stata una buona idea, poi col traffico che c'era a New York non sarebbe stata una passeggiatina tranquilla, così Kurt, con le scarpe quasi inzuppate, iniziò ad incamminarsi verso un vialetto ai cui lati c'erano maestosi alberi che però, essendo l'inverno alle porte, erano quasi tutti senza foglie.
Arrivato vicino ad una panchina, si sedette e iniziò a pensare a quanto tempo aveva sprecato a riuscire a farsi accettare dagli altri senza mai avere l'occasione di innamorarsi perdutamente di qualcuno. Aveva passato anni e anni perseguitato dal suo peggiore incubo, Dave Karofsky, un bullo omofobo che non gli ha dato tregua per tutti gli anni del liceo.
Il Glee Club era stata la sua unica ancora di salvezza ed ora che si trovava a NY, forse   poteva davvero uscire dall'ombra, smettere di avere paura e iniziare a conoscere nuova gente.
Certo, alla NYADA si era fatto molti compagni di corso, ma non aveva mai pensato a
loro in “quei termini”, non ne era semplicemente attratto, neanche un poco.

Un forte tuono lo scosse dai suoi pensieri e solo in quel momento Kurt si rese conto di essere seduto su una panchina vicino ad una caffetteria e pasticceria.
Il suo stomaco brontolava, così decise di entrare, prendere una cioccolata calda, e poi tornare a casa. Ma quanta strada aveva fatto? Dannazione, sarebbe dovuto tornare in metropolitana.
La porta della caffetteria fece un suono tintinnante, Kurt entrò e si mise a sedere ad uno dei tavolini vicino ad una piccola finestra che dava sulla strada.
Si guardò intorno, era davvero un bel posto, piccolo ma accogliente, decise che forse quella era la sua caffetteria preferita, tutto dipendeva dal sapore che avrebbe avuto la sua cioccolata, però.
Al suo tavolo arrivò una ragazza sulla ventina, bionda, con una targhetta sulla sua camicetta: Brittany. Questa gli sorrise raggiante.
“Buonasera! Ordinazione?”
“Una cioccolata calda, grazie.”
“Arriva subito!”

La ragazza si allontanò e già dopo due minuti tornò con una grande tazza da cui proveniva l'odore più buono di tutto il pianeta.
“Ecco a te, e ricorda che noi abbiamo la cioccolata più buona del mondo.” Gli strizzò un occhio e si allontanò quasi saltellando.
Kurt si sentì particolarmente felice vedendo quella ragazza che era stata così spontanea e divertente con lui, si portò la tazza alle labbra e assaggiò la cioccolata.
Brittany aveva ragione, quella era la cioccolata più buona del mondo e diamine, quella caffetteria era ufficialmente la sua preferita.
Pensò che avrebbe dovuto fare una statua all'inventore della cioccolata calda, ma smise di pensare a tutte queste cose una volta visto entrare dalla porta del locale un ragazzo quasi bagnato fradicio, con un ombrello nero in mano e dei ricci che sbucavano qua e là da un cappello verde scuro.
Era proprio carino e non riusciva a smettere di fissarlo.
Okay ora dovrei smettere. Basta Kurt, stai esagerando lo sai? Non è che solo perché non vedi un ragazzo così carino da... da... mai, puoi fare così! Oh merda, mi ha guardato? Ovvio che mi ha guardato, lo sto fissando da due minuti. Quelli sono occhi color ambra? Perché oddio sono bellissimi. Okay ora basta.

Kurt finì la sua cioccolata calda e guardò sottecchi il ragazzo con l’ombrello nero e il cappello verde a intervalli, un buon passo avanti, no? Era seduto ad un tavolino più avanti dal suo e sembrava avere molta fame, a giudicare dagli sguardi amorevoli che rivolgeva ai muffin sul bancone e sembrava anche aspettare qualcuno.
La cosa che fece rattristire Kurt fu che quest'altro non gli rivolse più lo sguardo, così nella sua mente iniziarono a farsi spazio i soliti pensieri riguardanti la scuola, lo stress e l'essere single da sempre.
Si alzò ed andò a pagare, Brittany gli fece un gran sorrisone e gli disse “Ti aspetto, okay?”

“Sicuramente, quella cioccolata era un'utopia.”
“Aspetta ma dimmi almeno il tuo nome, unicorno!”
Kurt aggrottò le sopracciglia e sorrise a Brittany.
“Mi chiamo Kurt.”
“A presto, Kurt!” gridò Brittany, Kurt fece per andare velocemente fuori, ma venne fermato da qualcuno che gli stringeva il braccio. Un brivido gli attraversò la schiena e giunse proprio al collo.
“Hai dimenticato questo” fece il ragazzo dai riccioli neri e dagli occhi ambrati, porgendogli lo scontrino del negozio con un sorriso che avrebbe fatto sciogliere un iceberg.
“G-Grazie mille” furono le sole due parole che riuscì a pronunciare davanti al viso del ragazzo che lo stava guardando dritto negli occhi. Che altro avrebbe potuto dire, sennò? Il suo cuore fece una capriola, Kurt si allontanò velocemente fino ad arrivare alla porta e uscire fuori.
Perché si sentiva così? Cos'erano tutte quelle sensazioni allo stomaco e il cuore che batteva all'impazzata? Cancellò subito l'idea “amore a prima vista” perché non era possibile che succedesse proprio a lui. Kurt Hummel che esce dal suo guscio, va in una caffetteria e fissa come un assassino un ragazzo, il quale gli rivolge un sorriso stravolgente.
Okay devo smetterla. Sono davvero patetico. Non sono mica una sedicenne su di giri, no no. Poi neanche lo conosco, pft! Probabilmente è etero, anzi, sicuramente! Perché non dovrebbe esserlo? Con quel fascino, poi.
Il flusso dei pensieri nella sua testa lo aveva talmente distratto che Kurt non si era reso conto che stava ricominciando a piovere.
Dannazione la metro.
Si diresse alla stazione e lesse che la metro sarebbe passata alle 22.25, in quel momento erano le 22.00
Fantastico, mi tocca anche aspettare venti minuti in questo schifo di stazione.
Si mise a sedere su una delle panchine vicino la fermata e cominciò a pensare di nuovo a quel ragazzo con gli occhi ambrati.

*

22 novembre 2014
Sebastian:
Blaine, non posso raggiungerti alla caffetteria, sono impegnato ora... scusami.

Ovvio, quando mai riesci a trovare del tempo per me?
Blaine si era appena seduto al tavolo della caffetteria, aveva letto il messaggio e dalla sua bocca non uscì che un ghigno di disapprovazione.
Doveva smetterla di dare mille possibilità a Sebastian, ormai era da troppo che questa storia andava avanti. Si erano piaciuti alle superiori, ma adesso la situazione stava davvero degenerando. Non si baciavano da quanto? Un mese? Due? Sembrava proprio che Sebastian volesse lasciarlo, ed a lui non poteva che far bene, dato che aspettava quel momento da tanto, troppo tempo. Blaine non ci riusciva, non riusciva proprio a dire alcune parole in fila come “scusa ma non credo ci sia più qualcosa tra noi, è finita.” Non ci riusciva perché aveva paura di ferirlo, o forse di rimanere solo.
Sicuramente più la seconda.
“Ciao! Cosa posso portarti?” gli sorrise una ragazza dai capelli biondi.
“Un caffé macchiato, grazie.”
Blaine riprese il telefono tra le mani, aprì la galleria ed iniziò a guardare le foto che aveva fatto in una gita a Londra con Sebastian, un anno prima.
Iniziò ad eliminare ogni sua foto dal cellulare, premette ad ogni foto il tasto ‘conferma’ e nessun senso di colpa fece capolino nella sua testa. Strano? O forse no, non provava davvero niente nel fare ciò.
Dopo aver finito, si sentì soddisfatto e nello stesso momento arrivò la ragazza con i capelli biondi con il suo caffè.
“Grazie.”
Solo in quel momento alzò gli occhi.
Ad un tavolo davanti a lui c’era il ragazzo più bello che avesse visto: la pelle chiara, gli occhi azzurri ed un sorriso stupendo, solo che stava andando via.
Come un felino, Blaine scattò e decise di andare a pagare anche lui, desideroso di vedere più da vicino quel ragazzo dal viso angelico.
Sentì la cameriera chiamarlo Kurt.
Kurt-Kurt-Kurt, ha un nome stupendo, dio mio.
Lo vide andare via, ma vide anche che gli era caduto lo scontrino della sua ordinazione.
Senza rendersene conto, si ritrovò a fissare gli occhi di quel ragazzo con un sorriso ebete e uno scontrino in mano. In una manciata di secondi, il ragazzo era sparito davanti ai suoi occhi.
Stupido, stupido Blaine. Che diamine ti è saltato in testa? Sembravi uno stalker! Ma davvero? Fissare con quella faccia un ragazzo così... bello.
Decise di non pensare più a quella storia, oggi ne aveva avute abbastanza di delusioni da parte di se stesso, così decide di andare a prendere la metropolitana per tornare a casa.

*

Oh finalmente è arrivata, tutte queste persone stavano iniziando a farmi venire l’orticaria. A questo tipo non hanno mai insegnato che ci si mette la mano sulla bocca quando si starnutisce?
Kurt entrò nella metro quasi piena e trovò posto davanti ad un anziano signore che aveva iniziato a guardarlo male dal primo momento in cui si era seduto.
Kurt provò ad ignorarlo e tirò un sospiro di sollievo non appena vide che il signore scese alla prima fermata.
Si guardò un po’ intorno e non gli sembrò vero: il ragazzo della caffetteria era lì, nella sua stessa metro a poco più di due posti davanti a lui.
Ma si può sapere perché mi perseguita? Oh dio, ha tolto il cappello, ha dei ricci meravigliosi. Per non parlare delle labbra. E degli occhi. BASTA KURT.
Erano rimasti in quindici nella metro. Il ragazzo dagli occhi ambrati aveva lanciato a Kurt parecchi sguardi, e così aveva fatto anche quest’ultimo.
Quello sfidarsi con gli occhi li aveva persino portati a far comparire un sorriso sui loro volti. A Kurt era sembrato di andare a fuoco e invece Blaine non sembrava voler smettere di guardarlo, quasi volesse veder dipingersi sul volto bianco dell’altro, un colore vivace e nuovo.
La magia di quel momento si spezzò quando un suono assordante provenì dalla cabina dove vi era il guidatore.
Le luci si spensero e le persone iniziarono ad agitarsi e guardarsi intorno.
“Che diamine succede?” Quasi urlò un ragazzo di circa trent’anni, visibilmente in preda al panico.
Un attimo dopo, il guidatore uscì e tutti si rivolsero verso di lui con fare speranzoso e con un espressione paragonabile a quella che farebbero tutti ad una visione di Dio.
“Sono davvero spiacente, c’è stato un guasto al motore e sono riuscito per fortuna ad arrivare in tempo ad una fermata. So che non sarà facile per voi arrivare a destinazione, ma dovrete prendere un altro mezzo di trasporto o andare a piedi. Siamo vicino a Central Park, scusate ancora per il disagio.”
Detto questo, le porte si aprirono ed i passeggeri scesero dalla metro.
Kurt poteva sentire dietro di sé le lamentele dei più anziani, a lui semplicemente non importava, era quasi vicino a casa.
Ma dov’era finito il ragazzo moro?
Proprio in quel momento sentì una voce alle sue spalle.
“Scusa, ehy, so che non ci conosciamo e potrei sembrare una specie di stalker oggi, dato che è la seconda volta che ci incontriamo, ma non conosco molto bene questa zona e casa mia sta un bel po’ lontano da qui, quindi mi chiedevo se potessi darmi delle indicazioni su come raggiungere Madison Avenue.”

Kurt aveva smesso di pensare nell’esatto momento in cui quel ragazzo aveva iniziato a parlargli. Stava succedendo davvero? Era stato davvero notato da qualcuno in carne ed ossa e che non fosse il suo gatto Brian.
Era rimasto imbambolato per un bel po’ e decise di dover iniziare a parlare o quel ragazzo sarebbe scappato a gambe levate.
“S-sì” riuscì a balbettare Kurt.
“Davvero? Grandioso!” il sorriso di quel ragazzo era davvero qualcosa di indescrivibile. E la sua voce lo era ancora di più.
“Credo che sia parecchio lont-”
Un lampo fece capolino dietro gli alberi di Central Park ed iniziò a piovere di nuovo.
“Ah dannazione questa pioggia” disse Blaine.
“Senti, casa mia è proprio lì, la vedi? Posso farti stare cinque minuti finché non smette di piovere e darti una cartina, magari, che ne dici?” Kurt non sapeva nemmeno quello che stava dicendo. Da quando era diventato così socievole e aperto con le persone?
“Oh mio dio grazie mille, io sono Blaine comunque.”
Blaine, si chiama Blaine, che nome meraviglioso. Blaine-Blaine-Blaine.
“Io sono Kurt, ma adesso è meglio sbrigarci o rischiamo di prenderci una polmonite, stasera.”


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Salve a tutti! Questa è la mia prima ff, spero davvero che possiate seguirla con passione insieme a me. Ho finito di mettere a posto il mio account, non lo toccavo dal 2012 ;_; Volevo dirvi che questa storia prenderà forma nei prossimi capitoli, per quanto l'inizio possa essere banale, vi prometto che il tutto sarà ben studiato e verranno fuori i sentimenti di quei due cuccioli piano piano. La prossima settimana avrò moltissimo da studiare, ho 4 compiti tutti di fila ._. quindi credo proprio che pubblicherò il prossimo sabato. A meno che non muoia prima a causa della 6x03. (It's too late <-- morte.) Vi ho annoiati abbastanza? Spero di no dai. Grazie a chi leggerà e seguirà questa storia, spero vi piaccia. Un bacione.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


La casa di Kurt era un rifugio perfetto per quella sera e Blaine sentiva che lo sarebbe stato per tutta la sua vita.
Blaine percepì davvero qualcosa di speciale nel momento in cui, nonostante fosse bagnato fradicio, mise piede in quell'appartamento.
Un'ondata di calore gli fece arrossire le guance, o almeno così credeva, quando in realtà si rese conto che era diventato un peperone a causa di Kurt, il quale gli aveva sfoggiato un sorriso stravolgente per farlo entrare in casa.
“Accomodati, scusa il disordine, ma pare che la mia coinquilina, nonché amica-rompiscatole se ne sia andata senza avvertirmi e senza risistemare il divano.”
“Tranquillo, casa mia è messa peggio.”
Kurt rise e a Blaine fecero visita le farfalle nello stomaco; non sapeva cosa aspettarsi da quel ragazzo, non sapeva cosa volesse diventare per lui, un amico, forse? Sapeva solamente di aver bisogno di qualcuno che gli sconvolgesse la vita, che lo facesse tornare a ridere e qualcuno su cui avrebbe potuto contare. Tutto questo riusciva a riconoscerlo in Kurt, nel suo modo di fare, nella sua risata, nel modo in cui sorrideva e agli angoli della bocca si formavano delle dolci fossette, nei suoi occhi: il colore del mare si era fuso con il verde corallo e ogni sfumatura dell'iride sembrava corrispondere al quadro più bello che avesse mai contemplato.
Blaine si rese conto di stare di nuovo fissando Kurt, per evitare di sembrare pazzo per l’ennesima volta cominciò a guardarsi intorno e ad esplorare ogni angolo della stanza che non fosse il ragazzo, impresa ardua, dato che questo si muoveva in continuazione tra il divano e il tavolino.
Stava osservando una foto su una libreria che ritraeva Kurt e un ragazzo più alto e robusto di lui, quando sentì una voce davanti a lui: “Okay, ho appena controllato il telefono e pare che Rachel, la mia amica, sia andata a casa del suo nuovo ragazzo o come diamine lo chiama lei. Tornerà domattina, come al solito. Ho fatto un po' di ordine qui, puoi sederti ora.” Kurt gli pose una mano sulle spalle e lo invitò a togliersi il cappotto bagnaticcio.
Blaine si avvicinò al divano e si sedette, così fece anche Kurt.
Un lieve imbarazzo si creò tra di loro, ma prima che potesse crescere, Blaine improvvisò: “Sei stato davvero gentile a farmi venire qui, grazie.”
Kurt sorrise e rispose con una voce calda e dal tono gentile: “Figurati, io di solito non esco mai con la pioggia, non so cosa mi sia preso stasera.” sbuffò e Blaine sorrise, ma presto quel sorriso si trasformò in una smorfia e poi in uno starnuto.
Kurt aveva iniziato a ridere nel momento stesso in cui Blaine aveva fatto una faccia buffa e poi aveva preso a starnutire tre volte di fila.
“Ehy, non è divertente! Credo di avere un po' di febbre.” disse Blaine portandosi la mano sulla fronte.
“Aspetta, controllo io.”
La mano di Kurt si posò sulla sua fronte e se Blaine non avesse saputo di avere la febbre, avrebbe giurato che tutto quel calore dentro di sé era stato generato dalla mano dell'altro.
“Sì, direi che sei un po' caldo” il volto di Kurt era a pochi centimetri dal suo e poteva sentire il sapore della cioccolata provenire dalle sue labbra.
Blaine cercò di rimanere calmo. Assolutamente calmo. Tentò di mettere insieme due parole e alla fine ne uscì un: “Sarà meglio che mi sbrighi, allora.”
“Ah no no no, puoi scordartelo! Tu rimani qui.” disse Kurt con fare protettivo.
“Voglio dire, a meno che tu non abbia davvero bisogno di tornare a casa, in quel caso beh si, ti dico come arrivarci, così potr-”
“Va bene, Kurt. Resto.” riuscì a dire velocemente Blaine, fermando la cascata di parole che uscivano dalla bocca di Kurt che sembrava essere andato in panico.
Kurt si rilassò visibilmente e i suoi occhi si fermarono su quelli di Blaine.

*

Ho appena chiesto ad un ragazzo che non conosco di rimanere a casa mia per la notte. Ma davvero Kurt? Davvero? Cosa diamine ti prende! Ti avrà preso per una stalker o un maniaco o chissà cos'altro.
Kurt guardò Blaine negli occhi e tentò di comporre una frase con un pizzico di senso logico, così da non risultare matto, anche se forse era troppo tardi.
“Come fai di cognome, Blaine?”
Blaine sorrise a quella richiesta e Kurt pensò che se fosse così facile farlo sorridere, avrebbe continuato all'infinito pur di vederlo fare continuamente.
“Anderson, Blaine Anderson, e tu?”
“Io Bond, Kurt Bond.”
Entrambi risero rumorosamente e Kurt aggiunse: “Sembravi davvero James Bond! Comunque Kurt Hummel.”
Dopo aver rotto il ghiaccio con quella risata, iniziarono a parlare dei loro passatempi e delle loro passioni: Kurt aveva intuito che Blaine amava indossare papillon, ne aveva uno dai colori particolarmente vivaci quella sera, giallo con delle strisce verde scuro. Blaine invece, prese in giro Kurt per il suo foulard al collo, anche se in realtà lo trovava adorabile, ma non poté trattenere una risata non appena quest'ultimo gli mostrò la sua collezione di foulard di ogni tipo, ordinati rigorosamente per colore.
“Ehy, tu hai i tuoi papillon e io i miei foulard, Anderson!”
“Ovviamente, Hummel.” rispose Blaine con tono scherzoso, nonostante avesse qualche linea di febbre sembrava stare bene, ma Kurt non ne era molto convinto così propose di preparargli un thè caldo.
I due iniziarono a sorseggiare il thè, rimasero in silenzio per almeno cinque minuti e poi fu Blaine a riprendere a parlare: “i tuoi thè sono sempre così particolarmente speciali e gustosi?”
Oh dio, ha detto che sono speciali. I miei thè sono speciali. É un sogno vero? Sto sognando sicuramente. Che poi non sono neanche riuscito a capire se sia gay o no, a volte sembra flirtare con me, a volte no. Aspetta, ma io non so cosa diamine voglia dire flitare. Dio mio devo fare meno il complessato.
Kurt fece un sorriso di approvazione e gli guardò le labbra per un momento, finché Blaine non ricominciò a parlare.
“Da quanto sei a New York?”
“Circa un anno e mezzo, sono qui con la mia amica Rachel e frequentiamo insieme la NYADA.”

Le parole venivano fuori leggere, come se quei due si conoscessero da sempre.
Kurt sembrava aver trovato finalmente le note perfette per comporre la sua melodia e sapeva che quelle note erano le parole calde di Blaine, i suoi sorrisi ed i suoi occhi di cui non era ancora riuscito a definirne davvero il colore.
“Tu invece?”
“Io studio musica alla Juilliard School, è una scuola difficile, ma spero di riuscire presto a far uscire un mio album.”
“T-tu scrivi canzoni?” disse Kurt sorpreso.
“Sì beh, mi piace molto suonare la chitarra, ma soprattutto il piano e quando inizio a sentirmi meglio suonandoli, le parole mi appaiono nella testa e ho il bisogno di scrivere e scrivere.”
Kurt non lo sapeva. Non sapeva il momento esatto in cui aveva smesso di vedere ed iniziato a guardare veramente Blaine.

Il fatto che scrivesse canzoni lo aveva davvero emozionato, voleva saperne sempre di più su quel ragazzo dalla chioma mora, così senza nemmeno accorgersene, si erano fatte le tre di notte e i due stavano ancora parlando.
In realtà, l’ultimo a parlare fu Kurt: “e quindi sì, Sue Sylvester stava davvero per sabotare il  nostro viaggio a New Yo-” Blaine si era addormentato.
Kurt rimase a guardarlo per alcuni minuti, posò lo sguardo sulle sue ciglia nere e lunghe e pensò a quanto potessero sembrare ridicole, ma a lui piacevano un sacco.
Guardò attentamente le sue mani, erano snelle e lunghe, tipiche di un pianista, guardò le venature che partivano dal dorso della mano e si nascondevano sotto la maglia nera a maniche lunghe. Quanto avrebbe voluto vedere dove finiva il loro percorso, lo immaginò nella sua mente e facendolo arrivò ad alzare la testa fino ad intravedere le sue labbra.
Carnose e rosso fuoco, un effetto della febbre? Cosa importava, avrebbe voluto baciarne ogni singolo punto.
Blaine si mosse e Kurt andò in panico per un momento, poi si accorse che stava ancora dormendo e tirò un sospiro di sollievo, andò nella sua camera e prese una coperta, tornò e la stese un po’ sul corpo di Blaine ed un po’ sulle sue gambe, poi prese il cellulare e scrisse a Rachel:
Quando torni domani mattina fai piano perché abbiamo ospiti, okay?
Da Rachel:
Ospiti?? KURT HAI TROVATO FINALMENTE UN RAGAZZO? OMG, no allora a questo punto non ritorno a casa, tanto la casa di Finn è quasi vicina alla NYADA, posso andarci da lì.
Divertiti e raccontami tutto domani! (I dettagli sconci sono ben accetti :-*)
Kurt scosse la testa leggendo quel messaggio, Rachel era davvero  incredibile.
Era la più fastidiosa/punsecchiante/egoista ragazza che avesse mai conosciuto, eppure andavano così d’accordo. Facevano entrambi parte del Glee Club della loro scuola a Lima ed erano entrati in competizione da subito, facevano gare per ottenere gli assoli e si urlavano contro la maggior parte del tempo, ma poi, una volta stesi sul letto a guardare la loro serie tv preferita, iniziavano a scusarsi l’uno con l’altra e davano il via ad uno spettegolare infinito su alcuni loro compagni di corso.
Rachel l’aveva salvato dai bulli, l’aveva fatto maturare e di questo gliene sarebbe stato eternamente grato.
Con un piccolo ma sincero sorriso in volto, Kurt si addormentò.

*

Erano le 8.30 quando iniziò a suonare il cellulare di Kurt con “All the single ladies”.
Si erano addormentati la notte prima uno su una spalliera del divano, uno sull’altra, ma inspiegabilmente il mattino seguente Kurt si ritrovò proprio sulla pancia di Blaine.
I due sobbalzarono sentendo il cellulare, Kurt si rese conto della sua strana posizione e le sue guance presero fuoco come quelle dell’altro.
“Oddio scusami, io- io mi sono addormentato lì e non so come sia arrivato fino qui!”
si sbrigò a dire alzandosi frettolosamente dalla pancia di Blaine. Quest’ultimo era ancora mezzo addormentato e gli sorrise rassicurandolo.
Kurt si mosse verso il telefono e rispose. La voce squillante di Rachel dall’altra parte del telefono poteva sentirsi fin dall’altra parte del mondo.
“Dove sei finito? La lezione è cominciata da un’ora, la Tibideux è infuriata!”
Kurt riorganizzò le idee per un momento.
Aveva fatto davvero tardi per la prima volta in vita sua. “Oh, scusa Rachel, è che mi sono addorment-” non lo fece finire che subito quella gli strillò nell’orecchio tanto che Kurt dovette allontanare il telefono.
“Va bene, va bene” si fermò un attimo. “Comunque ho detto a Carmen che stavi un po’ male” disse con voce più calma, come se si fosse appena ricordata qualcosa. Poté quasi sentire il sorriso formarsi sul suo volto.
“Grazie Rach. Ti raggiungo subito”. Kurt premette il tasto rosso sul suo cellulare.
Durante la chiamata non si accorse che Blaine era già sulla soglia della porta con il cappotto, l’ombrello e il suo cappello verde. Questo gli sorrise caldamente e si rivolse a lui con un fare completamente nuovo, come se passare una serata insieme li avesse fatti passare ad un livello successivo ed i loro cuori fossero un po’ più vicini, un po’ meno soli.
“Grazie di tutto Kurt, devo andare anche io adesso, mi piacerebbe rivederti qualche giorno”.
Successe tutto in un secondo, Kurt stava per replicare, quando Blaine si chiuse la porta alle spalle ed un pezzo di carta bianca cadde a terra come una soffice piuma.
Si piegò per prenderla e si rese conto di avere tra le mani lo scontrino della pasticceria “Coffee and Chocolate” dove aveva visto Blaine la prima volta, la sera prima.
Sopra il prezzo risaltavano 10 cifre scritte palesemente di fretta.
Gli aveva lasciato il suo numero di telefono.
Kurt inizialmente provò una gioia immensa, talmente incontenibile che una leggera risatina ed un verso incomprensibile uscirono dalla sua bocca, passò il pollice su quei numeri, ma immediatamente un’emozione che conosceva benissimo e che stava evitando da anni, tornò a fargli visita: paura.
Paura di innamorarsi di una persona che per qualche motivo poteva non ricambiare, paura di non sapere come amare, di non riuscire a superare un rifiuto, paura di ricadere in quella voragine in cui era stato spinto dai bulli della sua scuola.
Perché Kurt Hummel era questo: un insieme di emozioni contrastanti, un’insalata ben condita con ansia, malinconia, paranoia, egocentrismo, ma anche amore, tanto amore da dare e gioia nel riceverlo. Ma ripensò subito a Blaine, a quanto bello fosse il suo sorriso e a quanto i suoi occhi assomigliassero al più caldo dei soli.
Così si ricompose, pensò che forse, per una sola volta, avrebbe potuto rischiare.
Salvò il numero in rubrica e si affrettò a scrivere un messaggio a Blaine.
Questo è il mio numero, Blaine Anderson, ci vediamo.
P.s. prima o poi dovrai spiegarmi come hai fatto a tornare a casa senza sapere quale strada prendere!

Il cellulare vibrò subito dopo.
Blaine:
Veramente ho preso in prestito una tua cartina della città, la prossima volta te la restituisco ;)
Kurt sorrise ed in un attimo, tutti quei pensieri negativi che si erano fatti spazio nella sua testa cominciarono a scomparire pian piano, come il sole al tramonto dietro un maestoso albero. Decise di farsi una doccia veloce ed ebbe di nuovo il tempo per riflettere su quello che gli stava succedendo, si mise addosso dei pantaloni rossi aderenti che avrebbero fatto morire di asfissia ogni singola porzione delle sue gambe nelle prossime ore, una camicia bianca e l’immancabile foulard, ovviamente rosso e bianco per abbinarlo ai pantaloni.
Prese la borsa con gli spartiti e il necessario per la lezione, le chiavi di casa e rivolse un sorriso allo scontrino che mezz’ora prima aveva posato delicatamente sul mobile accanto alla libreria, come fosse una reliquia. Decise di metterlo nel portafoglio.

*

Blaine aveva impiegato almeno due ore per arrivare a casa, la cartina di Kurt non era stata tanto d’aiuto, o forse il problema era il suo scarso senso dell’orientamento o ancora, forse il problema era la costante presenza di Kurt nei suoi pensieri.
Per tutto il tragitto aveva pensato a lui, a come fosse stato gentile, al suo the caldo per farlo riprendere, alla sua mano posata sulla sua fronte, ai suoi occhi azzurri come il cielo.
Erano ormai le dieci e mezzo e Blaine si ritrovò finalmente davanti al portone di casa, entrò e sprofondò sul divano beidge in mezzo alla sala, era venerdì e quindi non aveva lezione, così pensò di suonare un po’ il pianoforte per rilassarsi, ma non appena si alzò, qualcuno bussò alla porta.
Quando la aprì, Blaine si ritrovò di fronte al suo ragazzo: capelli castani pettinati con un ciuffo all’insù e quegli occhi verdi penetranti, così diversi da quelli di Kurt.
Lo fece entrare e Sebastian poté leggere disapprovazione nei suoi occhi.
“Che ci fa qui?” esordì Blaine, quasi volesse accusarlo di violazione di domicilio.
Il ragazzo dagli occhi verdi era visibilmente a disagio, come del resto lo era stato nelle ultime settimane, Blaine se n’era subito resto conto, ma non avendo il coraggio di parlarne, si era limitato a prendere le distanze.
Ormai cosa era riamasto di loro due? Sinceramente, a Blaine importava poco, Sebastian era cambiato e pensò che forse anche lui stesse cambiando, perché con Kurt aveva avuto il coraggio di essere se stesso e di dimostrarsi  un ragazzo più sicuro, per quanto non avesse mai pensato di esserlo. Kurt, ecco che ci ripensava di nuovo.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dal castano che con voce sicura gli disse: “Passerò una settimana a Parigi, vado a trovare i miei per un po’, così possiamo festeggiare il ringraziamento insieme.”
“Sai, non posso portarti con me perché, si beh...” aggiunse farfugliando.
“Certo, capisco, tranquillo Seb, devi stare con la tua famiglia, no?” disse Blaine quasi in tono sarcastico, come se dopo così tanto tempo lui non ne facesse ancora parte.
“Esatto, beh sì, io vado.”
I due si dettero un bacio a stampo, Blaine quasi si sforzò nel farlo, ma non lo dette a vedere, in fondo era andato a salutarlo e non l’aveva lasciato senza sapere niente come l’ultima volta, quando doveva andare a Madrid con degli amici.
E poi aveva una settimana per pensare, riflettere e magari raccimulare un po’ di coraggio e dire a Sebastian che no, non poteva andare avanti così, l’avrebbe quindi lasciato.
Sebastian scese i tre scalini della casa di Blaine e si voltò per fargli un cenno con un mano.
Blaine rientrò e come fulminato da un’idea geniale, prese il telefono e scrisse a Kurt.
Central Park stasera alle sette, ti va? Devo restituirti la cartina!
Quella della cartina era una scusa tremendamente palese, ma a Blaine non importava, voleva solo rivedere Kurt.
Due minuti dopo vibrò il cellulare.

Kurt:
Solo se passiamo da Coffee and Chocolate per una cioccolata. E dei dolci.

Blaine rise e digitò immediatamente:
Ovviamente.






Angolo dell'autrice:
Salve belle personcine, so che sono mooolto in ritardo, di una settimana tipo, ma sono stata impegnatissima e ho avuto parecchi compiti in classe ç_ç Quindi dovete perdonarmi ;;
Per voi ho sfornato il secondo capitolo, spero vi piaccia e che la storia vi inizi a sembrare più interessante, perché per quanto ho in testa io, lo diventerà piano piano capitolo per capitolo.
Non ho dimenticato il genere 'angst' eh eh, ce ne sarà da penare qui!
No vabbe, scherzo *evil face*
Spero vi piaccia;
grazie alle persone che hanno recensito, a tutte queste visite e alle persone che hanno messo la storia nelle 'seguite', vi amo tanto çç
Stasera esce la 6x05, siete pronti? Credo che morirò per eccesso d'amore e shipping domani ç_ç
Un bacione.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Era stata una lezione dura quella di Kurt, la Tibideux lo aveva rimproverato e fatto improvvisare una canzone di cui nessuno assolutamente conosceva l'autore o il titolo o quando fosse stata scritta, ma Kurt se la cavò egregiamente: d'altronde, il canto era la sua passione, cos'altro sapeva fare meglio di quello?
A fine lezione, Rachel lo prese per il gomito e lo tirò con sé vicino alla macchinetta del caffè.
“Allora?” disse lei mentre inseriva una monetina per il suo caffè.
“Allora cosa?” chiese Kurt, come se non sapesse già a cosa volesse alludere l'amica.
“L'ospite di stanotte? Me ne parlerai prima o poi o dovrò chiamare Santana per scoprire qualcosa?”
Santana era diventata loro amica da quando si era unita al Glee Club, prima di farne parte, era la solita stronza che si divertiva a prendere di mira la gente, compresi loro due.
Poi piano piano, si scoprì che quella era una sorta di auto-difesa, perché la prima a cui santana voleva far del male era se stessa, per essere diversa, per essere diversa come Kurt. Adesso viveva a NY, non troppo distante da loro, ma ultimamente avevano perso un po' i contatti, a causa dei troppi impegni in questo ultimo mese.
Amava anche lei cantare, a breve sarebbe uscito il suo primo album.
“Si chiama Blaine” disse Kurt pronunciando il suo nome così delicatamente da farlo apparire un personaggio immaginario di un romanzo che stava prendendo forma nella sua testa.
“L-Lui, è una lunga storia” continuò.
Rachel prese il suo caffè e convinse il suo amico a raccontare tutto nei minimi particolari, si rese conto di come gli occhi di Kurt brillavano alla descrizione del presunto ragazzo piombato nella sua vita così frettolosamente, e raggiunse il culmine della felicità non appena seppe che i due si sarebbero rivisti la sera stessa.
“Dio mio Kurt è fantastico!” esclamò non appena l'amico ebbe finito di raccontare, ormai con un filo di voce a causa di quanto aveva dovuto descrivere minuziosamente ogni singolo movimento, per esaudire il desiderio di Rachel.
“Sì beh, ma...” iniziò lui.
“Cosa?” chiese Rachel con una punta di disapprovazione nella voce, come se quel ma avesse distrutto l'immagine del suo migliore amico e del ragazzo sposati e con due figli adottivi.
“Io non lo so, è successo tutto così velocemente, non so neanche se ha un ragazzo o molto probabilmente una ragazza”. La voce di Kurt si sentiva appena, come se quello che stava dicendo, lo volesse indirizzare a se stesso più che a Rachel.
Quest'ultima si fermò sul posto, erano ormai quasi arrivati a casa e gli poggiò le mani sul viso, come faceva sempre per spronarlo dopo una delusione a scuola.
“Smettila, okay? Innanzitutto, porta i papillon, il che è già un segno che il tuo nuovo amichetto è decisamente gay. Poi, non dimenticare che ti ha invitato stasera.” disse mentre lo guardava dritto negli occhi. Kurt voleva interromperla per continuare a camminare e magari pensarci da solo una volta a casa, o sotto la doccia, o non pensarci affatto perché diamine, magari era davvero arrivato il suo momento.
Ma Rachel, come sempre, lo anticipò e continuò a parlare: “Stamattina sei entrato in aula con un sorriso che non avevo mai visto sul tuo volto, hai ignorato le lamentele della Tibideux e hai cantato divinamente, in più non hai criticato il mio outfit e questa la dice lunga.” Prese un respiro, poi continuò. “Meriti di essere felice, siamo giovani e se le cose sono così facili adesso, non vuol dire che non sia un bene. Magari ci saranno delle complicanze, ma ne varrà la pena, te lo prometto.”
Kurt sapeva che Rachel era l'unica a riuscirci, l'unica a saperlo prendere in ogni momento e a fargli aprire gli occhi, a fargli vedere le cose da un altro punto di vista, il punto di vista di un ragazzo che si stava innamorando e non c'era assolutamente niente di male nel farlo.
Quando arrivarono a casa, Kurt se ne convinse.

*

“No amico, questo andrà meglio” disse Wes passando a Blaine un papillon rosa.
Blaine aveva chiamato il suo migliore amico due ore prima, innanzitutto per parlargli di Kurt e poi per scegliere insieme a lui cosa mettere quella sera, come facevano ai vecchi tempi.
Avevano parlato anche di Sebastian, Blaine tentò di spiegare a Wes cosa provasse nei suoi confronti, ma non ci riuscì, perché non lo sapeva nemmeno lui più.
“Ehi amico, manca mezz'ora, come ti senti?” chiese Wes.
“Mezz'ora? Merda devo andare allora!” disse Blaine precipitandosi in sala per prendere il suo cappotto.
“Senti” lo fermò Wes. Blaine si girò con aria confusa.
“Lo so che stai ancora con Sebastian, o almeno così credete voi, ma sembra che tu ci tenga davvero a questo Kurt e volevo dirti che se deciderai di mandare a fanculo Seb per lui, io ti appoggerò sicuramente.” disse Wes aggiustandogli il maglione nero.
Blaine sorrise, ma in verità, nella sua testa c’era talmente tanta confusione che riusciva a fare solo quello, fingere di sorridere.
Ringraziò Wes ed entrambi uscirono dalla casa, Blaine si diresse verso la strada per Central Park e l’amico - salutandolo con un cenno di mano - verso la sua auto.

Aveva camminato nell’aria gelida di quel giorno di Novembre con più fretta del solito.
Aveva fretta di rivedere Kurt e magari abbracciarlo fino a morire nelle sue braccia, aveva fretta di sfogarsi con lui e aprirsi come aveva fatto l’altra sera, perché era sembrato così naturale, così giusto.
Si sedette a una panchina e iniziò a pensare a cosa avrebbero potuto fare quella sera, così ad un tratto gli venne in mente di portare Kurt in uno spazio non molto lontano da lì, un’area isolata di Central Park, dove c’era un enorme pozzo abbandonato e il prato era perfetto per guardare le stelle. Ma gli venne anche in mente che aveva un ragazzo e quello che stava facendo era assolutamente una cosa discutibile da quel punto di vista, ma non gliene importava, per lui c’era solo Kurt in quel momento, nient’altro.
Mentre la serie di pensieri si faceva spazio nella sua testa, sentì un tocco caldo sulla sua spalla, inconfondibile.
Subito dopo la voce angelica di Kurt lo risvegliò definitivamente da quello stato di trance: “i tuoi ricci sono inconfondibili, Anderson.”
Blaine si girò e pensò che non fosse possibile essere ogni giorno più belli, insomma, uno prima o poi si fa un’idea del volto di una persona e non ci pensa più di tanto.
Invece il viso di Kurt, quella sera, illuminato dalla luce della luna e dai lampioni di Central Park, sembrava quello di un angelo dai lineamenti delicati come fossero di porcellana.
Blaine si rese conto di non aver pronunciato parola da quando Kurt era arrivato, così balbetto qualcosa come: “E-ehy Kurt, ciao!”
Kurt notò il suo strano comportamento e sorrise in un modo che intontì Blaine ancora di più.
Kurt si sedette accanto a lui e iniziò: “Allora, quella cioccolata calda non l’avrai mica dimenticata?”
Blaine incalzò: “Certo che no, però” fece un movimento con il braccio e prese qualcosa dalla tasca. “ti ho portato la tua cartina.”
Kurt sorrise e disse con ironia: “Oh bene, allora adesso posso andare, è stato un piacere!” si alzò dalla panchina e mimò di voler andare via, ma Blaine, ingenuamente, lo fermò quasi in preda al panico e urlò: “No!”
Kurt scoppiò a ridere e così lo seguì Blaine, facendo voltare verso di loro tre ragazzi che passeggiavano.
Dopo essersi ricomposti, Blaine disse col broncio: “non vale, ti prendi gioco di me” Kurt si intenerì e gli disse che si sarebbe fatto perdonare offrendogli la cioccolata calda. Così si incamminarono verso il locale in cui si erano incontrati e che sarebbe diventato un luogo sacro, d’ora in avanti.
Si sedettero ad un tavolo ed aspettarono l’arrivo di una cameriera per ordinare.
Brittany si avvicinò a loro, quella sera i suoi capelli erano legati in una coda molto alta, con il suo solito sorriso ed i suoi occhi che brillavano di ingenuità disse: “Ragazzi! Ma io vi ho già visti...” esitò un po’ sotto lo sguardo divertito dei due e riprese: “ordinazione?”
I due scoppiarono a ridere e ordinarono la cioccolata calda, quando questa arrivò accompagnata da una dolce Brittany che andò subito via saltellando, Kurt e Blaine ne bevvero un sorso e dissero all’unisono: “oh mio dio.”
“Te l’avevo detto!” esclamò Kurt.
“Promettimi che verremo qui sempre, giuramelo, adesso!” disse Blaine mentre tentava di assaporare quella cioccolata senza sembrare che ci limonasse, ma fallì miseramente.
La mente di Kurt registrò solo un’unica parola della frase prima pronunciata da Blaine: sempre. Ci pensò e ci ripensò, ma si promise di smettere, perché Blaine aveva appena finito la sua cioccolata e voleva sicuramente parlare, dallo sguardo che gli aveva rivolto.
Finirono per parlare fino alle 9 nella caffetteria, di argomenti molto leggeri: musical, Rachel e la sua fobia per i ragni, i papillon di Blaine -di nuovo-, fino a quando non si alzarono perché Blaine aveva proposto di prendere un po’ d’aria.
In realtà, voleva assolutamente portarlo in quella zona vicino a Central Park per guardare le stelle, ma se la cavò con una scusa, anche perché Kurt sembrava assorto nei suoi pensieri in quel momento.
Mentre camminarono, ad un certo punto, Blaine gli mise le mani davanti agli occhi e Kurt giurò di poter svenire al tocco così caldo del ragazzo, con curiosità gli chiese cosa stesse accadendo.
“Fidati di me, solo qualche passo e siamo arrivati”
“Non è che alla fine sei uno di quei serial killer che prima ti portano a mangiare e poi ti uccidono?” chiese Kurt divertito e incuriosito allo stesso tempo.
“Certo, lo sono sempre stato, mi dispiace” stette al gioco Blaine.
Quando arrivarono, circa trenta passi dopo, Blaine tolse le mani dal viso di Kurt e quest’ultimo spalancò la bocca per poi alzare immediatamente la testa al cielo.
“È meraviglioso.” riuscì a dire.
“Lo so, l’ho scoperto da pochissimo e ci vengo ogni sabato sera.” disse Blaine senza togliere lo sguardo dal volto di Kurt, illuminato molto meglio adesso dal chiarore della luna, che sembrava la fonte luminosa perfetta per il viso del ragazzo che aveva di fronte. Era così bello, pensò.

“Dobbiamo assolutamente stenderci, Blaine” disse Kurt entusiasta al solo pensiero.
“Certo” Blaine prese la mano di Kurt impulsivamente e lo portò con sé sul prato, si stesero entrambi e guardarono il cielo per almeno cinque minuti.

L’aria era fredda e pungente, si levò un leggero vento che mosse i fili d’erba sui quali erano appoggiate le loro teste, avevano anche le guance e la punta del naso rosse, e le uniche cose rimaste calde, erano le loro mani ancora intrecciate sul prato.
“Non è mai stato facile.” disse Kurt così dal nulla, come se stesse conversando direttamente con le stelle o con se stesso, o con uno psicologo.
“Cosa?” chiese Blaine girandosi e guardando il suo profilo, Kurt stava continuando a fissare le stelle.
“Vivere in una cittadina dell’Ohio senza tentare il suicidio.”
Blaine corrugò le sopracciglia e senza poter aprire bocca, Kurt continuò: “ho fatto coming-out durante il secondo anno di liceo. È stato devastante, ma alla fine ce l’ho fatta, voglio dire, sono qui adesso, no?” chiese, più che a Blaine, a se stesso.
“Ho sempre avuto tanta paura, Blaine, e ne ho ancora tanta e a volte ho persino paura che stia sprecando la mia vita e che stia evitando le cose più belle e che ti fanno battere il cuore, solo ed esclusivamente per paura.”
Blaine tentò di registrare tutte le informazioni, davvero, ci provò, ma non appena sentì dire all’altro di essere gay, beh, non poté far a meno di urlare di gioia dentro di sé. Pensò anche che Kurt aveva il suo stesso problema, questa paura che non lo lasciava un momento in pace. Poi però, sapendo che l’altro attendeva una risposta, o almeno, un qualcosa che potesse confortarlo, prese coraggio e parlò: “non è stato facile neanche per me, sai? E ti capisco per quel fatto della paura, io credo di essere il peggiore nel dare consigli, ma credo che tu debba solamente lasciarti andare a volte, forse accadrà più tardi per te, ma accadrà sicuramente.” Tornò a guardare le stelle, perché Kurt si era girato adesso e lo stava guardando negli occhi, e per un momento, Blaine pensò che quegli occhi lo stessero rapendo ancora, come la prima volta.

*

Kurt non sapeva il perché di quella confessione, l’aveva fatta e basta, senza pensarci due volte, e forse era questo  il problema.
Non pensava, quando era in compagnia di Blaine, proprio per niente.
Girandoci un po’ intorno, anche Blaine gli aveva detto di essere gay ed entrambi, dopo quella confessione, scoppiarono -senza un vero motivo- a ridere.
Passarono un’ora stesi sul prato, poi il ragazzo dai capelli ricci si alzò velocemente da terra, quasi con scatto felino e si avvicinò al pozzo abbandonato.
Kurt lo seguì con uno sguardo incuriosito e vedendo che il ragazzo aveva assunto un’espressione triste, si avvicinò di più a lui, fino a guardarlo dritto negli occhi.
“Ehy, perché quello sguardo?” gli chiese dolcemente.
“Ho sempre avuto paura del vuoto.” gli confessò Blaine guardandolo negli occhi e poi posando lo sguardo nuovamente sul pozzo.
Kurt gli prese la mano, quasi guidato da un istinto che sembrava essersi risvegliato dopo anni e anni di letargo in fondo al suo essere, e salì sul bordo del pozzo.
Non aveva problemi con le vertigini, ma voleva dimostrare una cosa a Blaine.
“Non ci penso neanche” esclamò Blaine terrorizzato, che voleva ritrarre la mano per quel gesto folle, ma al tempo stesso non lo voleva perché dannazione, la mano di Kurt era così calda in quel momento e si incastrava perfettamente con la sua.
“Ti prego fallo, ti tengo io, se poi rischi di vomitare o qualcosa del genere scendiamo, promesso” disse Kurt con un misto di sicurezza e giocosità.
Blaine lo guardò male per un momento, ma poi si decise a salire insieme a Kurt.

Erano entrambi in piedi sul bordo di un pozzo abbandonato a Central Park, con milioni di stelle sopra le loro teste e così tanta voglia di conoscersi, se solo ne avessero avuto il coraggio. E quella sera, il destino sembrava dalla loro parte.
Le gambe di Blaine tremavano, come la sua mano che contemporaneamente sudava in quella di Kurt, ma quest’ultimo la strinse ancora di più.
“Allora?” chiese Blaine in ansia.
“Allora” iniziò Kurt tentando di trasmettere un po’ della sua calma al ragazzo. “proviamo a fare una cosa insieme. Io ti faccio delle domande e tu devi rispondermi sinceramente, poi ti dirò cosa fare”
“Okay” sussurrò Blaine, la mano aveva smesso di tremare come le sue gambe.
“Qual è la cosa che più di stressa in questo periodo?” chiese Kurt cercando di essere il più cauto possibile e non sembrare un impiccione.
“Il corso di chitarra, quell’insegnante è davvero una palla.” disse Blaine totalmente rilassato in quel momento.
Erano ancora in piedi e si tenevano ancora per mano.
Kurt parlò subito: “Okay, allora adesso immagina questa tipa di chitarra ed immagina di buttarla nel pozzo, con la tua testa.”
Blaine sorrise, poi chiuse gli occhi e disse: “Ho messo dei cuscini per ripararla dalla caduta un pochino, sai.”
Entrambi risero e poi Kurt continuò: “Bene, adesso dimmi di cosa hai paura in questo periodo, Blaine. E pensaci bene.”
Blaine iniziò a riorganizzare i suoi pensieri, ma si rese conto che la risposta era apparsa subito nella sua testa non appena Kurt gli aveva fatto quella domanda, era Sebastian la sua paura in quel momento. O meglio, la paura di rimanere solo lasciandolo, ed era devastante, perché non si era mai sentito abbastanza per nessuno e pensava di non poter meritare di meglio.
“Ho paura di rimanere solo.” prese un respiro e continuò, guardando Kurt negli occhi. “Ho paura che quando dirò a quel cretino di Sebastian che non voglio più stare con lui, non avrò più nessuno, Kurt.”
Ha un ragazzo.

Il cuore di Kurt perse un battito, ma non lo diede a vedere, perché insomma, era sul ciglio di un pozzo per aiutare Blaine, non per volercisi buttare dopo una notizia come quella. Ma il suo corpo reagì diversamente da quello che Kurt si era imposto di fare, infatti, non appena Blaine pronunciò quelle parole, Kurt lasciò leggermente la presa dalla mano di Blaine e guardò in basso, ma quest’ultimo, accorgendosene, la strinse forte e gli fece riportare gli occhi sui suoi.
Kurt si decise a parlare: “O-Okay, allora, non che voglia che il tuo ragazzo cada da un pozzo, ma devi far andare laggiù anche lui, se vuoi che funzioni.” Con sua sorpresa, Blaine non si era affatto offeso o cose del genere, ma gli aveva rivolto un sorriso e come prima, aveva chiuso gli occhi e dopo un cenno della testa, aveva sorriso ancora.
“fatto?” chiese Kurt.
“Sì.” disse Blaine deciso.
“Guarda in basso, lì c’è qualcosa con cui devi fare chiarezza, Blaine. E come tutte le cose che fanno paura e ci mettono ansia, sono scure, buie, profondamente terribili.
Devi affrontarle, non cadendo giù con loro, ma lasciando lì ciò che fa male dentro di te e riprendendo quello che vuoi davvero, riprendendolo nello stesso modo in cui lo hai fatto cadere.
E poi volevo dirti che non sei solo, almeno non più adesso.” disse sorridendogli.
Blaine guardò in basso: niente vertigini. Tutto ciò che riuscì a vedere in quel momento fu un insieme di ansie e preoccupazioni posate sul fondo e davanti a lui invece, c’era l’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento, Kurt. Un amico? Sinceramente in quel momento non ci pensò neanche, poiché era così naturale stare insieme a lui, così dannatamente giusto.
Riamasero immobili per due minuti, guardandosi semplicemente negli occhi, persi entrambi nei loro pensieri; poi si sedettero sul bordo del pozzo e iniziarono a parlare a ruota libera. Blaine gli disse anche che Sebastian era partito per stare via circa una settimana e Kurt cantò vittoria dentro di sé.
Si sfogarono a vicenda e piansero, anche; si resero conto di avere così tanti sentimenti congelati dentro di loro e adesso che li stavano semplicemente buttando fuori, continuando quel gioco che aveva iniziato Kurt, capirono entrambi di avere davanti la persona che avrebbe potuto portare un bagliore di luce nelle loro vite.

Si sarebbero salvati a vicenda, quei due, diventando uno l’ancora dell’altro, solo che ancora non lo sapevano, ma presto, presto sarebbero affondati insieme, per poi risalire in superficie più uniti di prima.

*

Erano le undici e mezza quando decisero di tornare a casa, stava iniziando a fare molto freddo e Blaine aveva fatto uno starnuto ricordando a Kurt della sera prima passata insieme, così avevano finito per riparlarne per tutto il tragitto di Central Park, per poi salutarsi ed imboccare strade separate.
“È stato un onore guardare il vuoto con te e non averne avuto paura” disse Blaine sorridendogli. I suoi occhi coloro nocciola risaltavano sotto quelle luci calde poste ai cancelli dell’enorme parco.
“È stato un onore guardare le stelle con te” disse Kurt subito dopo, anche lui sorridendogli, perché diciamocelo, non potevano farne a meno, non quella sera.

Si abbracciarono per un po’ troppo tempo e poi si separarono, imboccando stradine opposte, mentre le stelle che avevano fatto loro compagnia per quelle ore, risplendevano augurandosi di poter illuminare gli occhi di quei due innamorati ancora una volta.

Blaine si era fiondato sul suo letto dopo essere tornato a casa, ancora con i vestiti della meravigliosa uscita con Kurt e con un sorriso ebete stampato sul volto.
Mente continuava a fissare il soffitto, lo schermo del suo telefono vibrò illuminando lo spazio vicino al comodino della sua stanza.
Si sporse per prenderlo e sorrise ancora di più leggendo il mittente.
Da Kurt:
Buonanotte, Blaine.

Blaine digitò immediatamente:
Notte Kurt.

Le domeniche di Blaine Anderson erano di una noia mortale: la mattina si alzava puntualmente verso le 9, ci aveva fatto l’abitudine ormai e non aveva bisogno di nessuno sveglia.
Andava a correre fino alle 13, poi tornava a casa o si fermava da qualche parte a mangiare, possibilmente vicino casa, perché non aveva mai voglia di fare tanta strada. Dopo mangiato, tornava a casa se era rimasto fuori e suonava il piano fino alle 16 e chiamava Wes tenendolo al telefono fino alle 17. Successivamente usciva di nuovo di casa e si incamminava sul tetto della casa del vicino, ormai trasferito in Italia da tempo e si godeva il tramonto. Aveva scoperto quella postazione perfetta grazie a Wes. Prima di trasferirsi lì, l’amico gli aveva detto di andare su google maps e vedere la sua nuova casa, insieme cliccarono parecchi tasti per vedere la casa frontalmente, ma Blaine pigiò un tasto a caso e si ritrovò sul tetto del vicino.
“Guarda Wes, è perfetto per vedere il tramonto, non trovi?”
L’amico lo guardò male e poi disse: “Tu stai veramente male, non so come tu faccia ad avere un ragazzo.”
Entrambi risero e tornarono alle prese con il computer.
Allora il suo rapporto con Sebastian era stabile: uscivano insieme, si divertivano, si baciavano ancora. Tutto cambiò quando entrambi dovettero trasferirsi a NY, non poterono vedersi molto a causa dei diversi studi e della lontananza delle loro case, perché no, Sebastian non voleva vivere con Blaine, seppure quest’ultimo glielo aveva proposto facendogli una serenata davanti la loro scuola.
Blaine ricorda ancora tutto questo con un velo di vergogna, come se tutto quello che aveva fatto e provato per Sebastian fosse stato uno sbaglio, come se avesse sbagliato persona, e lo aveva fatto.

Si vestì velocemente e si mise addosso la tuta più comoda che aveva, anche perché si era addormentato con i vestiti e voleva stare il più comodo possibile mentre correva.
Uscì di casa con il suo ipod e mise (non aveva davvero intenzione di farlo) la produzione casuale, il primo brano che arrivò dalle cuffie fino alle sue orecchie fu Fuckin’ perfect di Pink.
Con una smorfia, Blaine iniziò a correre.
Made a wrong turn
Once or twice
Dug my way out
Blood and fire
Bad decisions
That’s alright
Welcome to my silly life
Mistreated, misplaced, missundaztood
Miss “no way it’s all good”
It didn’t slow me down
Mistaken
Always second guessing
Underestimated
Look, I’m still around…


Pensò a come questi primi versi lo rispecchiassero in quel momento, ma poi, quando arrivò la strofa successiva, una sola immagine si formò nella sua testa:

Pretty, pretty please
Don’t you ever, ever feel
Like your less than
Fuckin’ perfect
Pretty, pretty please
If you ever, ever feel
Like your nothing
You’re fuckin’ perfect to me
.
Kurt.

Si rese conto solo in quel momento di essere sudato solo dopo aver fatto 200 metri circa e di avere un sorriso davvero troppo ebete sulla faccia.
Devo smetterla.
Erano le undici e mezzo e Blaine aveva superato Central Park, ormai conoscendo quella zona, decise di imboccare una stradina piena di boutiques, mantenendo un passo non molto veloce per sbirciare da dentro i negozi e magari vedere qualcosa di carino in vetrina.
Qualcosa che aveva attirato la sua attenzione l’aveva trovata, ma non era una ‘cosa’, era Kurt.
Sì, proprio lui, perché Blaine senza rendersene conto, era nel quartiere dove abitava il ragazzo che in quel momento era intento a cercare qualcosa nel negozio di spartiti.
Spense la musica dell’ipod e si allontanò un pochino per non farsi vedere e sistemarsi i capelli, per quanto potessero essere sistemati, dato che i ricci bagnati di sudore sparavano da ogni singola parte della sua chioma. Si maledì per essere in tuta e sembrare una balena spiaggiata e poi si decise ad avvicinarsi alla porta del negozietto.
Quando questa si aprì, quello che probabilmente era il proprietario, si girò e lo saluto cordialmente, mentre Blaine fece lo stesso, Kurt era ancora con la testa tra gli spartiti che venivano catalogati da un cartellone con su scritto “Anni 40-50”.
Kurt aveva i capelli un po’ spettinati, segno che stava lì a cercare da un bel po’ e questo non fece altro che aumentare la voglia di Blaine di avvicinarsi e abbracciarlo, e magari anche baciarlo.
“Niente foulard oggi?” chiese senza neanche averci pensato.
Kurt saltò letteralmente sul posto e Blaine rise, sembravano l’uno il sole dell’altro.
“Blaine!” esclamò andandogli incontro e abbracciandolo come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.
Entrambi stettero l’uno tra le braccia dell’altro per lo stesso tempo della scorsa sera, Kurt odorava di fragole quella mattina e Blaine sperò di non essere sudato troppo.
“Scusami, sono un po’ appiccicaticcio, stavo correndo e... beh ti ho visto di sfuggita” disse sciogliendo l’abbraccio, tormentato dall’ultimo pensiero.
“Mi fa davvero piacere!” disse Kurt un po’ impacciato.
“Sono qui da quasi un’ora e non riesco a trovare una canzone adatta per la lezione di domani” sbuffò portandosi una mano tra i capelli e quasi facendo svenire il ragazzo davanti a sé che avrebbe desiderato tanto toccarli e giocarci, e magari tornare a sentirne il profumo.
“Oh, su cosa è esattamente la lezione?” chiese Blaine interessato.
“Dobbiamo fare un duetto, ma non trovo niente che mi ispiri e poi devo farlo con un tipo che detesto.” sbuffò ancora passando una mano tra i tanti fogli ordinati per nome.
Blaine sembrò pensarci un pochino, poi si avvicinò alla lettera “B” e prese uno spartito.
“Ecco!” esclamò soddisfatto.
Kurt prese incuriosito lo spartito ed un sorriso raggiante si formò sul suo volto.
“Ma è perfetta! Sei un genio, io- io l’adoro. Grazie Blaine!”
La canzone che aveva scelto era “Baby, it’s cold outside” e non sapeva perché, ma avrebbe giurato che la voce di Kurt potesse essere perfetta per l’intonazione di quella anzone. Kurt si portò lo spartito al petto e iniziò a dondolarsi come un bimbo con in mano il suo giocattolo preferito, poi parlò: “Devo subito andare a provarla e poi spedirla a quel tipo.”
Blaine azzardò una proposta prima di rendersene conto: “se vuoi puoi venire da me” iniziò a sentire il rossore comparire sulle sue guance, poi continuò “Cioè, io ho un pianoforte e potremmo provare insieme, sempre se ti va, dato che non ho niente da fare e odio la domenica.” lo disse talmente veloce che Kurt dovette mettere in moto ogni singola cellula del suo cervello per riuscire a seguirlo.
“Certo, mi piacerebbe” disse con un tono di voce più alto del normale, come se fosse eccitato all’idea.
Blaine adorava il modo in cui Kurt sorrideva, e pensare che era stato grazie a lui: aveva sorriso grazie a lui. Aveva anche trovato il coraggio di invitarlo a casa sua e questo non se lo sapeva spiegare minimamente.
Entrambi un po’ agitati si diressero verso il bancone e poi fuori dal negozio, fino a mettere piede sull’asfalto e camminare molto vicini, tanto vicini da scontrarsi con le loro spalle e sorridersi ogni volta che succedeva.




Angolo dell'autrice:
Salve gente! Sono tornaaaaata! Avete visto la 6x06? A me è piaciuta un sacco e mi ha ricordato i vecchi tempi :')
Aspetto la 6x07 anche perché il promo promette bene ;_; *vede Klaine e arcobaleni*
Scusate l'ora e perdonate anche alcuni errori che sicuramente ci sono ma non ho potuto ricontrollare, se li trovate ditemelo çç
Vi ringrazio tanto per le tante visualizzazioni e chi ha messo la storia nelle seguite e preferite e boh.
See you next week!
Un abbraccio.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


“Cappuccino o latte macchiato? Attento a ciò che rispondi Blaine, ne va della tua vita.”
“Cappuccino? Medio magari.” disse Blaine con disinvoltura.
“Oh dannazione, come fai a preferire il cappuccino al latte macchiato!” esclamò Kurt fingendosi arrabbiato.
“Il latte macchiato scremato è la cosa più buona di tutto il pianeta” continuò incrociando le braccia.
Blaine gli fece una smorfia e poi entrambi scoppiarono a ridere, lo avevano fatto almeno dieci volte per tutto il tragitto, ed ora erano appena arrivati sulla soglia della casa di Blaine. Quest'ultimo lo aveva fatto accomodare e aveva annunciato di doversi fare una doccia prima di iniziare a provare, così Kurt era rimasto da solo sul divano con un pacco di biscotti che gli aveva dato Blaine prima di andare in bagno.
Ad ogni morso, Kurt continuava a pensare a tutto quello che gli stava succedendo, perché insomma, non si era mai sentito così sicuro in vita sua, non aveva mai sperimentato il sentirsi protetti accanto ad un'altra persona e non sapeva assolutamente come comportarsi, lo faceva e basta.
Pensò che dovesse essere questo, l'amore, il non pensare ed il solo agire in compagnia della persona che si ama. Ora ne era sicuro, era innamorato davvero ed anche se avrebbe potuto fare male, non gliene importava, perché nonostante tutto, avrebbe continuato a guardare gli occhi di Blaine per tutta la vita.
Dall'altra parte c'era il fattore Sebastian, questo misterioso ragazzo che continuava a lasciare cicatrici sul cuore di Blaine, un cuore che al contrario, lui avrebbe protetto a tutti i costi. Ed infine, mordicchiando l'ultimo biscotto al cioccolato, si rese conto di avere paura, sì paura, perché aveva appena visto sul mobile nel soggiorno, una foto di Blaine e di un ragazzo con gli occhi verdi e l'aveva presa tra le mani.
Blaine sembrava molto più giovane, diciamo un adolescente nel pieno della sua pubertà ed il ragazzo accanto un po' più sicuro di sé, con un ciuffo che solo a guardarlo gli provocò una sorta di invidia. Entrambi sorridevano e sembravano davvero felici.
Passò il pollice sul viso di Blaine e tentò di immaginare come sarebbe stato se avesse potuto farlo davvero, se avesse potuto fargli sentire la sua mano sulla sua guancia.
Sobbalzò quando si sentì la voce di Blaine alle spalle, aveva una maglietta bianca addosso e dei pantaloni blu e provò a concentrarsi sulle sue parole invece che sulle sue labbra rosee.
“Quella foto l’abbiamo fatta tanto tempo fa, non ricordo neanche più come ci si sente a farsi una foto con qualcuno a cui si tiene, poterla incorniciare e metterla in bella vista sul mobile più bello della sala.” disse velocemente Blaine.
Kurt rimase senza parole, primo perché la visione di Blaine con quella maglietta anche troppo aderente a causa della doccia lo aveva portato in un universo parallelo e secondo perché Blaine in quel momento stava estraendo il cellulare dalla tasca e no, non se lo stava solo immaginando.
Nel giro di un minuto e trenta secondi -sì, Kurt ha contato davvero- Blaine si era ritrovato con il braccio destro sulla sua spalla e lo stava invitando a sorridere con lui.
Click.
Blaine girò il telefono non appena ebbe scattato la foto e i due giurarono di non aver mai visto tanta felicità prima d’ora.
O almeno, lo giurarono in silenzio a loro stessi.
Kurt si era risvegliato dal suo stato di trance e aveva rivolto alla fotocamera uno sguardo dolcissimo, probabilmente lo aveva fatto immaginando Blaine al posto del telefono, e quest’ultimo aveva sfoggiato un sorriso che avrebbe fatto invidia al sole.
Dopo un attimo di imbarazzo, Kurt si decise a parlare: “È stupenda, e sembra che tu abbia appena trovato una nuova foto da incorniciare. Ovviamente la pretendo anche io!”
Blaine sorrise ancora, perché non poteva farne a meno e con un balzo si ritrovò sullo sgabello posizionato davanti al pianoforte all’angolo della sala. Sì, quel ragazzo faceva davvero le cose molto velocemente, si appuntò mentalmente Kurt.
Le prime note di Baby it’s cold outside riempirono il salotto e fecero da sottofondo ad un Kurt danzante verso il piano.
I really can't stay
(But baby, it's cold outside)
I've got to go away
(But baby, it's cold outside)
Bastò un attimo e le loro voci si fusero in una melodia perfetta, una melodia che sembrava essere stata scritta per loro due.
Continuavano a cantare, muoversi insieme, come se fossero nati solo per quello e poi continuavano a sorridersi senza nemmeno rendersene conto.
La voce di Blaine uscì calda come i suoi occhi, e quella di Kurt invece, suonò così particolare che fece venire la pelle d’oca all’altro ragazzo.
Si stavano conoscendo sotto una luce diversa, come quando si guardavano negli occhi, solo quello, solo guardarsi bastava ad esprimere tutto quello che le parole riuscivano solo lontanamente a fare.
E continuarono, finché non intonarono le ultime note e continuarono a guardarsi negli occhi, ormai troppo vicini per non fondersi anch’essi come le loro voci.
Dei sorrisi imbarazzati fecero capolino sui loro visi, entrambi erano visibilmente rossi, si allontanarono sospirando, come se quella distanza fosse difficoltosa da prendere per le loro anime ed i loro occhi che continuavano a cercarsi.
“Siamo stati davvero bravi, non trovi?” disse con coraggio Blaine.
“C-Certo, Adam non sarà così bravo come te, immagino.” disse Kurt sistemandosi sul divano e cercando di rimanere ad una distanza decente, la minima per non ricadere di nuovo in trance a causa di Blaine.
“Oh dio, sono già le due! Tu non hai fame?” chiese Blaine quasi scosso e cercando di far cessare quel silenzio imbarazzante.
Un sorriso si ridipinse sul volto di Kurt, un sorriso molto dolce, per altro.
“Certo che ho fame! Cosa mi cucini, Anderson?”
Punto numero uno: Kurt si era appena autoinvitato a pranzo da lui.
Punto numero due: Blaine era andato nel panico nel momento in cui Kurt aveva finito la frase, questo se ne rese conto e scoppiò a ridere come non mai.
“Hai fatto una faccia!” continuò a dire Kurt mentre contemporaneamente rideva portandosi addirittura le mani sulla pancia.
Blaine lo guardò ancora più scosso di prima e disse: “prima o poi la finirai di prendermi in giro?” rise anche lui e alla fine decisero di ordinare della pizza margherita per entrambi.
“Sai quante calorie ci sono qui dentro?” chiese Kurt mangiando la sua pizza.
“Veramente so solo che quel ristorante italiano è buonissimo.” disse Blaine mentre mangiava con ingordigia, quasi fosse tornato da una guerra durante la quale era bandito qualsiasi cibo che non fossero patate lesse.
Kurt gli fece una smorfia, poi si illuminò d’improvviso. “Giovedì è il ringraziamento, io e Rachel diamo una piccola festicciola con dei nostri vecchi amici, ti va di venirci?” In realtà a mettergli questa idea in testa era stata Rachel, prima di incontrare Blaine l’aveva tartassato dicendogli che avrebbe dovuto passare più tempo insieme a lui e l’avrebbe dovuto invitare alla loro festa. Ovviamente il destino l’aveva anticipata, cosa non da poco, dato che Rachel Barry ci azzeccava sempre con le date, ma stavolta era arrivata tardi, forse perché troppo presa dal nuovo ragazzo che sembrava occuparle tutto il tempo della giornata.
Così aspettò la risposta di Blaine con ansia, finendo il suo ultimo pezzo di pizza.
Dì di sì ti prego.
“Certo! Mi piacerebbe moltissimo!” disse Blaine entusiasta.
Kurt tirò un sospiro di sollievo e vide l’altro passare da uno stato di gioia a uno di profondo dolore.
“Che c’è?” si limitò a chiedere Kurt dolcemente e con una punta di preoccupazione nella voce.
“No niente, è solo che...” disse estante Blaine.
“Ascolta” lo interruppe l’altro “ti prometto che questa settimana non rimarrai mai solo, mi avrai sempre tra i piedi e quelle preoccupazioni che hai e che ti leggo negli occhi continueremo a tenerle in fondo al pozzo di Central Park, okay?”
Da quando sono così bravo a consolare le persone?
Il modo in cui Blaine lo guardò gli tolse il fiato. Era lo sguardo di chi aveva appena compreso qualcosa di veramente importante, almeno, Kurt lo interpretò così.
Decise di non soffermarcisi troppo e godersi la sensazione di sentirsi importante per qualcuno. Sapeva che significava quello, lo sapeva e basta, Blaine gli diede la conferma subito dopo: “stai diventando vitale, Kurt, quindi credo che mi avrai tra i piedi anche tu.”
Il silenzio aleggiava nell’aria piacevolmente, era il loro silenzio, quello che in realtà faceva più rumore di qualunque cosa perché erano i loro sguardi a parlare.
Passarono un pomeriggio speciale, perché l’insieme di sguardi complici, sorrisi e risate, era solamente una piccola parte di ciò che avrebbero condiviso. Ma per adesso bastava, bastava esserci l’uno per l’altro.

Le risate di Kurt riecheggiavano per quesi tutte le stanze della casa, Blaine giurò di non aver udito suono così meraviglioso. Erano quesi le cinque quando Blaine prese la mano di Kurt e lo portò fuori in giardino.
“Cosa fai? Dove stiamo andando?” chiese Kurioso Kurt ancora scandalizzato dopo aver visto Blaine in una fotografia con una quantità industriale di gel sui capelli.
“In un posto speciale” disse il ragazzo sorridendogli e correndo contemporaneamente senza mai mollare la mano di Kurt.
“Non salirò su un tetto, Blaine Anderson!” esclamò Kurt.
“Dai ti prego, non te ne pentirai, te lo prometto.” disse Blaine lanciandogli uno sguardo supplichevole.
Come poteva dire di no?
“Okay, ma se i miei pantaloni si strappano dovrai accompagnarmi a fare shopping per prenderne un paio nuovo.” esordì con fare altezzoso.
“Con piacere” disse Blaine e sparì nel giro di trenta secondi, Kurt lo seguì.


All’iniziò barcollò, tanto che Blaine dovette prendergli il braccio e camminare insieme a lui, finché arrivarono su alcune tegole che sembravano più consumate delle altre.
Si sedettero entrambi e Kurt guardò Blaine per chiedergli cosa ci facessero lì, ma la risposta la trovò, come sempre, nei suoi occhi. Una luce diversa brillava nella pozza color oro del ragazzo che aveva di fronte, la luce di un tramonto.
Così si voltò e vide un meraviglioso cielo ricolmo dei più bei colori.
Rosso, arancione, giallo, persino qualche sfumatura di verde e blu rimasta dal cielo che veniva invaso da quei colori, rendevano il tutto uno spettacolo meraviglioso.
Era quello il colore degli occhi di Blaine, pensò.
Istintivamente tornò a guardarlo per accertarsene e vide il ragazzo perso in quel colori così simili al suo carattere; quando si voltò, entrambi sorrisero e non dissero niente, tornarono a guardare il cielo che si dipingeva piano piano, ed il sole che cadeva lentamente all’orizzonte, vicino Central Park, dove nello stesso punto avevano guardato insieme le stelle.
“Ci manca l’alba.” disse piano Kurt, quasi un sussurro.
“Cosa?” Blaine aveva smesso di guardare il tramonto e adesso guardava Kurt direttamente negli occhi, con occhi che per altro sembravano aver preso energia da quell’esplosione di colori ed erano più belli che mai.
“Abbiamo visto il tramonto e le stelle insieme, ci manca l’alba.” spiegò Kurt sorridendogli.
“Vedremo anche quella, promesso.” disse Blaine sorridendo a sua volta.

*

Avrebbe voluto rispondere a Kurt che no, non ce n’era bisogno di guardare anche l’alba, perché quando passava del tempo con lui riusciva a vedere albe, tramonti e miliardi di stelle, ma la parte razionale del suo cervello glielo impedì, perché non poteva, non doveva innamorarsi di un ragazzo così perfetto, non ne sarebbe stato all’altezza, a causa delle sue paure troppo grandi ed il suo essere freddo con le persone.
Continuava a pensare che Kurt avrebbe fatto la fine di Sebastian, che si sarebbe allontanato da lui come quest’ultimo aveva fatto, ma quando la mano di Kurt si posò sulla sua, non riuscì a capire più niente.
Stettero così fino a che non fece buio, scesero dalla scala e Kurt andò a casa, prima però, lo salutò con un bacio timido sulla guancia, cosa che gli provocò un brivido e un fruscio nello stomaco, come si tante farfalle che svolazzavano felicemente.

Quando Blaine rientrò in casa, prese il cellulare e vi trovò un messaggio di Sebastian.
Con uno sbuffo, lo aprì.
Sebastian:
Ei ciao Blainyyy, cred che non pssiamo più stare insieme mi dispiae.”
Blaine capì subito che il ragazzo era ubriaco, così lo chiamò, scosso nemmeno in piccola parte dal messaggio appena ricevuto, anzi, un po’ infastidito.
“Pronto?” una voce strozzata rispose al telefono, la musica sparata ad alto volume fece quasi insordire Blaine, che allontantò istintivamente il cellulare dall’orecchio.
“Che cazzo stai facendo? Non puoi bere in questo modo, Seb. Sai che l’ultima volta stavi per sbandare con la moto. Quindi adesso muovi il culo e esci da quel locale, adesso!” il tono autoritario di Blaine era dovuto al fatto che, per lo meno, voleva essere lasciato in condizioni norameli e sperava che Sebastian fosse abbastanza lucido da volerlo davvero.
“Mi diverto Blaine e voglio lasciarti, perché sì, lo voglio e basta, lasciami in pace, ciao.”
Blaine sapeva che questa non poteva considerarsi una chiamata sensata, e si sentiva davvero frustrato in quel momento.
Perché dannazione, voleva lasciarlo e sapeva che quella telefonata e il messaggio non volevano dire niente perché Sebastian era ubriaco ed il giorno dopo se ne sarebbe completamente dimenticato e avrebbe preteso che le cose fossero rimaste come prima, anzi, come sempre.
Fece un respiro profondo e gettò il cellulare sul letto, andò in cucina dove sparsi sul divano c’erano ancora gli scatoli di pizza con un po’ di salsa sparsa qua e là. Sorrise, pensando a Kurt e sorrise ancora di più quando gli tornò in mente il suo indugiare sulla sua guancia durante quel bacio.
Si fece una tisana e andò a dormire, ci mise un po’ per addormentarsi, il sorriso di Kurt ancora impresso nella sua testa gli fece compagnia tutta la notte.

*

Non appena Kurt si avvicinò alla porta di casa, sentì provenire dal suo interno delle risate a lui stra-note.
Pensò che Rachel dovesse ridere a causa di una delle battute di Brittany, magari ci stava parlando al telefono. Ma poi le sue congetture furono demolite dalla visione di un del ragazzo che giaceva sul divano accanto alla sua migliore amica, un ragazzo davvero... ingombrante?
Sembrava davvero molto alto e robusto, accanto a lui Rachel sembrava un piccolo cucciolo di panda scatenato che si dimenava da ogni parte.
Kurt si avvicinò per studiarlo meglio, ma Rachel lo anticipò: scattò dal divano e con un sorriso smagliante mise una mano dietro la spalla di Kurt e lo fece avvicinare per fare le presentazioni.
“Kurt! Alla buon’ora! Questo è finn.”
Kurt fulminò la ragazza con lo sguardo, poi allungò la mano e disse: “Io sono Kurt. Piacere di conoscerti.”
Il ragazzo si alzò dal divano e sì, era davvero altissimo, invece di prendere la mano di Kurt, lo abbracciò quasi asfissiandolo.
Quest’ultimo rimase sbalordito dalla forza di quell’abbraccio e sentì che in un qualche modo quello potesse essere il ragazzo giusto per Rachel.
Tutti i ragazzi che aveva avuto precedentemente erano stati dei veri e propri cafoni: uno a causa di una serie di sfortunati eventi era finito a buttarle uova in un parcheggio, un altro l’aveva tradita una decina di volte a sua insaputa (solo lei non se ne accorgeva, comunque) e l’ultimo era un ballerino. Gay.
Così, quando si staccarono, Finn prese a parlare.
“Rachel mi ha parlato tanto di te! Sei esattamente come ti aveva descritto, anzi, anche meglio!” esclamò felice, con un sorriso un po’ demenziale stampato sul volto, ma tanto, tanto dolce.
“Oh, io invece finalmente posso associare un nome alla causa del vibrare continuo del telefonodi Rachel” disse Kurt scherzoso.
“Allora Kurt, devi dirmi qualcosa?” chiese Rachel alzando un sopracciglio e portandosi le mani sui fianchi, con il suo solito fare teatrale.
Kurt alzò gli occhi e si sedette sul divano accanto a Finn, sbruffando.
“Oddio sono così felice che passiate del tempo insieme, non sai quanto, Kurt!” esclamò quella saltellando -letteralmente- sul posto.
Kurt prese un respiro profondo e poi si lasciò andare, non poteva fare altro e poi era così felice e voleva raccontare a qualcuno il pomeriggio passato insieme a Blaine.
“Okay, hai vinto. Dio Rachel è così bello. Abbiamo visto il tramonto insieme e abbiamo persino cantato insieme! Ha una voce splendida tra l’altro, ah, e l’ho invitato alla nostra festa, come mi avevi suggerito tu.” disse tutto d’un fiato e contemporaneamente sospirando con aria sognante.
Rachel saltò ancora di più di prima e si sedette sulle gambe di Finn, poi prese le mani di Kurt e le strinse forte.
“Sarà il giorno del ringraziamento più bello di tutti i tempi.” disse rivolgendo un sorriso a trentadue denti al suo migliore amico, poi baciò Finn sulle labbra e continuarono a chiacchierare finché Kurt non si ritirò nella sua stanza, felice come non mai e con in mente non il tramonto sensazionale visto poche ore prima, ma il tramonto negli occhi di Blaine.

*

Il giovedì arrivò più velocemente del previsto, Blaine aveva appena finito la lezione di chitarra quando sentì vibrare il cellulare in tasca, sorrise sapendo chi dovesse essere ed estrasse il telefono frettolosamente.
Durante quei giorni Kurt aveva iniziato a scrivergli più spesso, si erano incontrati un altro paio di volte per prendere un caffé insieme e anche per guardare insieme le stelle, avevano promesso di andare a guardare l’alba il giorno dopo del ringraziamento.
Kurt:
Stanno iniziando ad arrivare tutti e io sto già dando di matto.
Blaine sorrise ancora e dopo essere salito sull’autobus per tornare a casa rispose:
Arrivo tra poco, tieni duro.

Si fece una doccia e poi si preparò con tutta la calma e la cura del mondo, aveva anche chiamato Wes come faceva sempre, questo lo aiutò a scegliere i vestiti e poi se ne andò perché aveva fretta, lasciandolo da solo davanti allo specchio.
Pantaloni rossi aderenti, una cintura bianca, una camicia nera a maniche corte (dimenticandosi completamente che si moriva di freddo) e l’immancabile papillon rosso e a strisce bianche.
Mh, non c’è male, si disse mentalmente, anche se poi pensò a Kurt e a quanto fosse il doppio, il triplo più bello e meraviglioso di lui e a quanto stesse bene qualunque capo indossasse.
Attraversò il giardino di casa sua e si fermò a controllare la posta: aveva mandato a stampare la foto sua e di Kurt, finalmente era arrivata.
Decise di rientrare e posarla per il momento sul mobile del soggiorno, era ancora senza cornice e sperò di dargliela poi in un altro momento, magari più speciale.

Quando bussò alla porta di Kurt, verso le sei del pomeriggio, sentì da fuori delle voci ovattate e delle urla, probabilemente doveva esserci un numero maggiore di ragazze perché continuavano a strillare, una parlata era addirittura spagnola.
La porta si aprì e davanti a Blaine si presentò la figura di una ragazza bassa, con un sorrisone sul volto e degli occhi a cuoricino che continuavano a fissarlo: un mistro tra l’adorazione e la venerazione.
“Benvenuto, Blaine! Sei tu, vero? Kurt mi ha parlato così tanto di te che saprei riconoscerti tra mille persone! Prego, entra pure!”
Blaine arrossì e sorrise realizzando di essere stato l’argomento delle chiacchierate di Kurt con la sua amica e una volta attraversato l’uscio della porta non poté fare a meno di essere travolto da un insieme di odori tutti diversi l’uno dall’altro, dalle urla di alcune ragazze e dalla bellezza travolgente di Kurt che gli stava andando incontro.
Si può essere più perfetti di così?
Blaine non riusciva a staccarsi da Rachel che intanto lo aveva preso sottobraccio e lo stava guidando verso Kurt, così, dopo un’occhiataccia di quest’ultimo alla sua amica, riuiscì finalmente ad abbracciare Blaine ed a liberarsi dalla presa molto forte di Rachel, in contrasto con la sua altezza.
Digli che è bellissimo, avanti Blaine.
Kurt arrossì e Blaine giurò di aver visto una luce nei suoi occhi, la stessa luce di quando guardavano le stelle insieme.
“Anche tu, Anderson. Adesso vieni con me che ti presento questa banda di gente più malata di me.” disse con ancora un po’ di rossore sul volto.
Si spostarono dal corridoio ed arrivarono in salotto, il quale stava davvero diventando familiare per Blaine.
“La tua amica Rachel è una bella tipa” disse Blaine ridacchiando.
“E non hai ancora visto nulla, preparati al peggio.” disse Kurt indicando la massa di gente sparsa per il suo salotto e la cucina.
Un ragazzo con la sedia a rotelle si stava muovendo tra i fornelli e ad aiutarlo c’era una ragazza con dei tratti orientali che sembrava balbettare qualcosa, sul divano c’erano Rachel e un ragazzo molto, molto alto, forse il più alto che Blaine avesse visto e a versare un drink ad una ragazza bionda dai capelli corti era un ragazzo con un cresta molto particolare.
Come per confermare l’affermazione di Kurt, a loro si avvicinò un’ispanica che probabilmente era quella che aveva sentito Blaine dalla porta.
“Lady Hummel, ti fai un hobbit e neanche me lo dici?” chiese quella rivolgendosi a Kurt con un sorriso malizioso sul viso.
“Santana, ti sembra il modo migliore per presentarti ad una persona?” chiese Kurt non molto infastidito, come se ci fosse abituato.
“Tranquillo Kurt, io sono Blaine comunque.” intervenì il riccio, allungò la mano e Santana la strinse forte.
“Santana. Allora, vieni con me, hai molto da raccontarmi su come hai incotrato Miss culetto perfetto, non credi?"
Il pomeriggio passò talmente veloce che Blaine ebbe poco tempo per stare con Kurt, o almeno, per stare con Kurt da solo e senza che qualcuno si avvicinasse a lui e iniziasse a parlare.
Però gli piaceva, gli piaceva tutta l’attenzione che quei ragazzi gli rivolgevano; aveva fatto amicizia con tutti, in particolare con un ragazzo di nome Sam che sembrava divertirsi a fare le imitazioni. Kurt invece era sempre circondato da Rachel e Mercedes, una ragazza simpaticissima che gli aveva persino cantato una canzone a cappella sul momento ed era stata meravigliosa.

Erano quasi le nove e finalmente si misero a tavola per la cena, un enorme tacchino si presentava imponente su quel lungo tavolo.
“Ma è enorme!” disse Sam avvicinandosi e prendendo posto.
“L’abbiamo cucinato io e Finn” disse Rachel con aria soddisfatta. “Kurt mi dai una mano coi tovaglioli? Ne mancano due.”
Kurt finalmente si sedette a tavola e si mise accanto a Blaine, cosa che gli fece tanto piacere, dato che erano stati ‘lontani’ tutto il pomeriggio.
Tutti iniziarono a mangiare e chiacchierare, compresi Kurt e Blaine che una volta ogni tanto si scambiavano delle occhiatine intercettate immediatamente da Santana che strizzava loro l’occhio soddisfatta.
“Ti stai divertendo?” chiese Kurt tenendo in aria la forchetta con dell’insalata e rivolgendogli un dolcissimo sorriso.
“Tantissimo e lo devo solo a te.” rispose prontamente Blaine.
Kurt posò la mano sulla sua ed entrambi ricevettero una scossa, una di quelle che ti fanno capire che il guardarsi in quel modo vuol dire solo una cosa, lo sfiorarsi con le dita, il sorridersi, il cantare insieme, il bisogno di avvicinarsi sempre di più e il guardare le labbra dell’altro, nell’insieme volevano dire solamente una cosa.
La più semplice e complicata cosa che regola il mondo sin dalla notte dei tempi.
L’amore.
Il telefono di Blaine vibrò interrompendo quella sensazione che fluttuava nell’aria.
Scusandosi, il riccio si avviò verso l’esterno, per riuscire a sentire qualcosa.
“Pronto?”
“Salve, lei è Blaine Anderson?” chiese una voce femminile.
“Sì, sono io. Cosa succede?” chiese un po’ più preoccupato Blaine, anche se in realtà non aveva idea di cosa diamine potesse succedere di così importante nella sua vita.
“Chiamo dall’ospedale francese la Clinique de l’Essonne, il suo ragazzo, Sebastian Smythe è stato ricoverato di urgenza.” la voce sempre impassibile della donna dall’altra parte della cornetta rimbombava nelle orecchie di Blaine.
“Cerchi di rimanere calmo, non è grave. Il ragazzo si è svegliato, solamente che ha chiesto di lei e si pensa abbia un vuoto di memoria ed i suoi ricordi si sono fermati al suo ultimo anno di liceo a quanto abbiamo accertato. La invito a recarsi qui per risolvere la situazione.”
Blaine non ci stava davvero capendo niente, eppure era fuori e non c’era vento, poteva riuscire a capire benissimo, solo che non voleva.
Non lo voleva proprio.
Rabbia, paura, rimorsi, un mix perfetto per condurlo alla pazzia.
Riuscì a rimettere qualche idea al posto nella sua testa e rispose con qualche minuto di ritardo: “Sì, vengo subito, grazie.”
Chiuse la chiamata e rivolse uno sguardo perso al cielo, dove non molto visibili a causa delle forti luci, c’erano le stelle, quelle stelle che tanto amava guardare con Kurt, le stelle che amava ritrovare nei suoi occhi.
E si perse nel buio, e cadde nel pozzo assieme alle sue paure.


*

Kurt aveva visto Blaine scappare via dalla tavola, magari quella del cellulare era solo una scusa, dato che indugiava fuori.
Pensò che avesse esagerato, che non poteva prendergli la mano in quel modo e guardarlo in quel modo, forse aveva capito tutto e adesso era semplicemente tornato a casa perché non voleva più aver a che fare con un deficiente come lui.
O magari era ancora fuori.
Decise di tentare: si alzò dalla tavola e nessuno si rese conto della sua assenza, dato che erano tutti impegnati nel mangiare la quantità esorbitante di dolci preparati da Mercedes e da lui.
Arrivò in giardino e vide Blaine chiudere una chiamata e poi rivolgere lo sguardo verso l’alto.
Allora ha davvero parlato così tanto.
Si avvicinò e solo in quel momento si rese conto delle lacrime che bagnavano le sue ciglia lunghe e nere, dello sguardo perso e dei suoi occhi adesso di un colore scuro come il suo volto.
“Ehy Blaine. Che succede?” gli chiese asciugandogli qualche lacrima.
Questo continuava a singhiozzare e solo nel momento in cui lo sguardo di Kurt incontrò il suo, sembrò svegliarsi.
“S-scusa io... io devo andare.”
Si allontanò correndo e Kurt rimase a guardarlo, confuso e preoccupato, ma cosa più grave, con il presentimento che quella sarebbe stata l’ultima volta.

Angolo dell'autrice:
Hola people! So di essere in ritardissimo, ma non linciatemi vi prego ;_; ho da fare tante cose e tra queste il 99,9% lo occupano i compiti ç_ç
Stasera esce la 6x08 e non sto più nella pelle, dio mio ;;
Spero che il capitolo vi piaccia e ci tengo a ringraziare chi recensisce, chi ha messo la storia nelle seguite, e chi mi dà anche solo un parere su facebook, per me conta molto.
Lasciate una recensione se vi va, ditemene di tutti i colori, vi prego :'3

Un abbraccio.
 

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