A volte capita di perdersi... di bebe (/viewuser.php?uid=11130)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ***
Capitolo 1 *** Cap.1 ***
A tutte le bambine piace la storia di Cenerentola, a me per prima.
Adoravo farmela leggere da mia madre quando ero
piccola…è la favola perfetta: la ragazza
sfortunata, vittima dei soprusi della vita e delle sorelle, che viene
ricompensata dal fato con l’incontro del principe, che se ne
innamora e la porta con sé nel suo castello.
E’ quello che in fondo tutte noi sogniamo. Ma quello che non
sappiamo è cosa succede dopo, una volta che si chiude la
porta del castello. Diamo per scontato che tutto fili alla perfezione,
senza problemi, senza intoppi. Ma questo accade, appunto, solo nelle
fiabe, nella vita è un po’ diverso.
Mi chiamo Evie Parker Bloom, ho 36 anni e sono una scrittrice.
Bè, in realtà è più
corretto dire che ero una scrittrice. Ho iniziato giovanissima, appena
dopo la laurea ho pubblicato un romanzo che ha avuto un buon successo
ed ho smesso di scrivere dopo il matrimonio con lui, Orlando, proprio
Orlando Bloom, la star dei Pirati dei Caraibi.
Lui era il mio principe azzurro ed io la sua Cenerentola. Ci siamo
conosciuti quasi per caso ad una prima: lui era lì
perché l’attore protagonista era un suo amico,
mentre io supportavo lo sceneggiatore, che era amico mio. Quando
l’ ho visto al rinfresco ho pensato che fosse
l’uomo più bello di tutta la sala: emanava una
luce particolare eppure sembrava così avvicinabile,
così alla portata di tutti. Uno scambio di battute, poi
ognuno per la sua strada. Pensavo che non l’avrei
più rivisto, che sarebbe rimasto un piacevole aneddoto da
raccontare alla mia amica Mel, invece, dopo nemmeno una settimana,
l’ ho rivisto ad una cena a casa di amici. E da allora non ci
siamo più lasciati. Avevo 24 anni, lui 30; dopo sette mesi
siamo andati a convivere nella sua villa di Los Angeles e dopo due anni
ci siamo sposati. Per tutto il resto del mondo lui era Orlando Bloom ,
l’attore, per me era ed è solo Orlando, un uomo
meraviglioso, spontaneo, genuino, generoso, che sa essere adorabilmente
infantile ed inaspettatamente equilibrato.
Abbiamo avuto due figli, Alex ha 8 anni e Amy 4. La nostra vita
sembrava perfetta, quasi una sorta di revival della fiaba di
Cenerentola, anche esteticamente piacevamo ai media: il
bell’attore moro, dal piacevole accento inglese e la
deliziosa scrittrice, di media altezza, ben proporzionata, viso ovale,
lineamenti delicati, con capelli castano chiaro ed occhi azzurri.
Ed è andato tutto bene finché non ho
scoperto cosa succede davvero quando il portone del castello si chiude.
Vivere con un attore non è strabiliante come sembra. Prima
di tutto perché si perde la propria identità:
sono passata da scrittrice emergente a ‘moglie di’,
perdendo una buona fetta di credibilità nel mio ambiente.
Chi pensava che avrei sfruttato il nome di mio marito per scrivere si
è sbagliato di grosso, non solo perché non
l’ ho mai fatto, ma perché ho rinunciato. Non
è stato lui a chiedermelo, però quando si hanno
due bambini ed un marito sempre in giro per il mondo non rimangono
molte scelte. Ed io non ho scelto di avere figli per lasciarli in
pianta stabile alle bambinaie, quindi ho deciso di fare la mamma e la
moglie a tempo pieno. Eh si, perché essere la moglie di una
celebrità diventa un lavoro full time; tutti si aspettano
che tu sia sempre perfetta, impeccabile, che risponda a tono, magari
con qualche battuta arguta ed osservazioni spiritose.
Si aspettano che tu lo accompagni sul red carpet fasciata in un
elegante abito d’alta moda e sorridente, perché
una come te non può avere problemi, deve essere sicuramente
felice, appagata e per questo ti trovi a sorridere, anche se magari in
limousine avete appena litigato.
Ci si trova spesso a casa da sole, anche per settimane, mentre lui
è in Europa o in Asia a girare film od a pubblicizzarne uno.
E ci si abitua a passare sopra alle chiacchiere, alle cattiverie
gratuite che si leggono sui giornali, ai rumours che vogliono tuo
marito innamorato ora della co-protagonista ora
dell’assistente di produzione, ci si abitua ai paparazzi
appostati sotto casa, che ti seguono ovunque, dalla spesa alla visita
dal ginecologo o dal pediatra. Ci si accontenta degli scampoli di tempo
fra un film e l’altro, si prendono aerei con prole al seguito
per raggiungerlo sul set, per stare con lui e per dar modo ai bambini
di vedere il loro papà.
Non voglio lamentarmi, lavorare in miniera sottopagati è
decisamente peggio. Vorrei solo che le persone capissero che non
è tutto oro ciò che luccica, che per ogni status
c’è un prezzo da pagare. E questo prezzo non
è mai troppo alto, almeno non finché si
è innamorate e finché tuo marito ti fa sentire
amata, protetta, al sicuro. In fondo noi donne siamo in grado di
passare sopra a tutto per amore. L’ hanno fatto in tante,
l’ ho fatto anch’io ed avrei continuato. Ma
l’anno scorso le cose sono cambiate ed hanno preso una
direzione che mai mi sarei aspettata.
Questa è la mia storia….
Era il 14 marzo 2007. Orlando era da poco tornato da Londra, dove era
stato per registrare alcune interviste e prima ancora si era fermato in
Croazia per cercare la location di un film che avrebbe co-prodotto.
Da un po’ circolavano voci, erano uscite anche foto sue in
compagnia di un’altra, un’attrice emergente
israeliana poco più che ventenne. Al telefono Evie non gli
aveva mai chiesto nulla, non perché non sospettasse, ma
perché preferiva parlarne a voce. Era stato lui,
stranamente, a toccare l’argomento, a precisare che si
trattava solo di un rapporto di lavoro, visto che la ragazza era in
lizza per una parte. Ovviamente sua moglie non era convinta della sua
spiegazione, ma a chilometri di distanza non c’era molto che
potesse fare. Così aspettò che tornasse.
Lui rientrò a casa nel primo pomeriggio, salutò i
bambini, si fece una doccia e poi andò a letto senza
mangiare, era esausto per il fuso orario. Evie non pensava fosse
possibile, ma capì che era cambiato qualcosa, che si era
allontanato solo dormendoci insieme; le sembrò diverso
appena sceso dalla macchina ed anche osservandolo dormire
percepì che qualcosa non andava. Intuito femminile? Forse.
Fatto sta che l’indomani, dopo aver fatto colazione, mentre
Alex ed Amy erano al parco con la tata, le disse che doveva parlarle.
“Che succede?”- gli rispose, già
allarmata.
Restò in silenzio alcuni istanti, senza guardarla, poi
riprese:
“Non devi chiedermi niente?”-
“No…voglio che me lo dica tu cosa
succede…”- rilanciò con determinata
calma.
“Evie io…ti ho mentito…con Neela non
è solo lavoro…”- confessò.
Rimase ghiacciata; dal sospettare un tradimento all’averne la
certezza ce ne passava ed in mezzo c’erano solo dolore e
rabbia.
Tuttavia restò calma, forse pure toppo.
“Ci vai a letto?”- domanda retorica…
“Si…”- ammise.
A quel punto Evie, senza nemmeno sapere perché, si
alzò e ripose il latte in frigorifero. Dentro era a pezzi,
ma dall’esterno non voleva che si notasse. Era sempre stato
un suo difetto, era troppo controllata e vivere con lui sotto i
riflettori di certo non l’aveva aiutata.
“Da quanto va avanti?”- si trovò a
chiedergli.
“Circa un mese…mi spiace…non volevo che
lo sapessi così…”-
“Davvero? E come pensavi di dirmelo? Volevi mettere i
cartelloni?”- osservò aspramente.
Lui restò in silenzio, evitandole almeno le solite scuse di
circostanza. Lei riusciva a pensare solo a come evitare uno scandalo
che avrebbe danneggiato solo i bambini ed ovviamente alla sua carriera,
ormai le veniva naturale.
“Va bene…basterà farci vedere fuori
insieme e tutto si sgonfierà…naturalmente da
oggi dormirai in un’altra stanza…poi
vedremo…”- gli disse e poi si
avviò al piano superiore per vestirsi. Purtroppo per lei,
era una donna molto pratica, fino a rasentare la freddezza assoluta.
“C’è
dell’altro…”- ricominciò lui.
Si voltò e lo osservò. Cosa poteva esserci ancora?
“Evie…io…io credo di essermi innamorato
di lei…”-
Ad una scappatella era preparata, inconsciamente forse
l’aveva anche messa in conto ma questa variante davvero non
se l’aspettava.
Non voleva sapere altro, non riusciva più nemmeno a
guardarlo.
“Prendi le tue cose e vattene…”- gli
intimò, prima di scappare di sopra e rifugiarsi in bagno. Ed
una volta lì pianse. Non era di ferro e per quanto cercasse
di dimostrarsi forte, era solo una donna innamorata che era stata
tradita e che si sentiva ferita ed umiliata. Pensò a quello
che è successo, per cercare di capire se e dove avesse
sbagliato.
Lo sentì entrare in camera da letto, pensò che
stesse prendendo le sue cose, come gli aveva appena detto di fare,
tanto la valigia era ancora intatta, sarebbe stato come se non fosse
mai tornato.
Poi lui si avvicinò alla porta del bagno.
“Per favore, parliamone…Evie, ti giuro, non volevo
che andasse così…”- le disse.
Ma lei non rispose. Non aveva voglia di ascoltarlo, né
tantomeno di consolarlo o di bersi le sue giustificazioni.
“Dì ai bambini che sono dovuto
ripartire…forse dovremmo parlargli insieme…quando
sarai pronta…”- aggiunse.
Era passato poco più di un anno da quel giorno. Ora lui
viveva in un attico insieme alla sua nuova fiamma mentre Evie era
rimasta nella loro casa coi bambini. Già, i loro figli.
Sperava di non dover mai fare i conti con le loro faccine tristi e
smarrite e con le loro domande: ' dov'è papà?' ,
'perché non torna?', 'non ci vuole più bene?'. Lo
sforzo più grande era sicuramente tenerli fuori da tutto
quello schifo, proteggerli dai giornalisti, che continuavano
imperterriti a fare domande, ad appostarsi sotto casa, a voler sapere
chi fosse la nuova ragazza, come l' avesse presa etc. E soprattutto
proteggerli da quella parte di lei che si sentiva ancora ferita a
morte, umiliata, ingannata, che avrebbe voluto dire loro la semplice e
cruda verità...'papà si è innamorato
di un'altra donna...'. Finora comunque ci era riuscita, non aveva mai
parlato male di lui. Anzi, lei ed Orlando li avevano avvisati insieme,
avevano detto ad Alex ed Amy che per un po' lui sarebbe andato a vivere
per conto suo, perché a volte ai grandi capitava di non
capirsi e di aver bisogno di stare lontani, proprio come stava
succedendo a loro. I bambini si erano ‘bevuti’
questa bugia bianca, ma col tempo avevano capito che c'era dell'altro
ed avevano anche smesso, dopo un'iniziale curiosità, di fare
domande.
Amy era ancora piccola, ma era molto sveglia. Somigliava molto al
padre: aveva il viso della sua stessa forma, i capelli lunghi, mori,
leggermente mossi, ma gli occhi azzurri come quelli della madre. A
volte Evie la osservava giocare o guardare i cartoni: assumeva
quell'espressione adorabilmente corrucciata ed attenta, la stessa di
Orlando. Era tenerissima ed affettuosa, solare ed allegra.
Alex, invece, somigliava più a lei, soprattutto
caratterialmente. Era abbastanza alto per la sua età, aveva
capelli ed occhi castani. Lui era quello riflessivo, taciturno eppure
estremamente attento e ricettivo. Risentiva dell'assenza del padre
più di quanto lasciasse trasparire; aveva sempre odiato il
suo lavoro, perché lo allontanava da loro, si rifiutava
anche di vedere i suoi film o le sue interviste televisive. Dopo quello
che era successo, era diventato terribilmente protettivo nei confronti
della madre, il che la lusingava ma la preoccupava anche: non voleva
che perdesse la spensieratezza tipica della sua età per
adempiere ad un compito che non gli spettava.
Evie non ostacolava in alcun modo le visite di Orlando ai loro figli,
non avrebbe mai potuto essere così meschina. Li poteva
vedere quando voleva, senza problemi. Stavano gradualmente ritrovando
un equilibrio, un rapporto quantomeno civile per il bene di Amy ed
Alex, ma ormai le era chiaro che sarebbe più riuscita
guardarlo con gli stessi occhi.
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Capitolo 2 *** Cap.2 ***
Grazie a chi ha letto ed in particolare a chi ha recensito!!Buona lettura!
Quella sera erano passate a trovare Evie le sue sorelle: Elizabeth, la
più grande, aveva 38 anni, Emma, la
‘piccola’ di casa, ne 28. Erano così
simili eppure così diverse.
Beth era una specie di donna bionica, almeno Evie l’aveva
sempre vista così. A scuola era la più atletica e
la più secchiona: arrivava prima in ogni manifestazione
sportiva cui partecipava ed aveva anche ottimi voti. Era una dentista,
moglie felice da 12 anni di un agente di commercio, mamma di 2 bambini.
Forte, volitiva, sempre ottimista, aveva sempre le idee chiare su tutto.
Emma, invece, era estroversa, spigliata, non aveva peli sulla lingua e,
nonostante fosse la più giovane, era molto disincantata nei
confronti della vita in generale e dell’amore. Non era mai
stata con un ragazzo più di 4 mesi, diceva che dopo un
po’ le veniva l’orticaria e si sentiva soffocare.
Era l’addetta stampa di un’importante azienda
inglese, adorava stare in mezzo alla gente ed organizzare eventi.
Siccome i bambini erano con Orlando e si sarebbero fermati a dormire da
lui, le tre sorelle ne approfittarono per mangiarsi una bella pizza,
vedere un dvd e sgranocchiare pop- corn. Ma il meglio arrivò
dopo il film.
“Allora? Novità?”- le chiese subito Emma.
“No…direi di no…tutto
tranquillo…”- rispose.
“Quando ti decidi a scrivere qualcosa?”- aggiunse
Beth – “…non puoi sprecare
così il tuo talento…dammi
retta…”-
“Potresti scrivere una specie di memoriale….una
sorta di manuale di sopravvivenza per chi sta o è stato con
una star…”- rilanciò giuliva Emma.
“Si, come no?”- commentò Evie.
“Dovresti farlo davvero…lo dovresti
sputtanare…”- consigliò la piccola di
casa, sul piede di guerra.
“Emma…è sempre il padre dei miei
figli…”- le ricordò.
Rimase un attimo in silenzio e scrutò Beth. Da quando
Orlando se n’era andato non le aveva ancora detto cosa ne
pensasse, non si era sbilanciata ed Evie sapeva che ciò non
era dovuto ad una mancanza di opinione. Un’opinione ce
l’aveva di certo, ma credeva si trattenesse per non farla
rimanere male.
“E tu? Non dici niente?”- la pungolò.
“Cosa dovrei dirti?”-
“Per esempio quello che pensi….”-
“Va bene…ma non credo ti piacerà
molto…ho sempre pensato che fosse solo un egocentrico, un
bambino viziato…sembrava sempre che tutto per lui fosse un
gioco…ti ha sposata, è vero…ma
cos’altro ha fatto per te? Niente…ti sei sempre
occupata tu di tutto…smaniava per diventare padre e tu
l’ hai accontentato…ma appena si è
stancato è tornato a lavorare, a girare per il mondo come
meglio credeva…tu l’ hai sostituito, hai fatto da
madre e padre ai bambini…gli sei stata accanto, lo hai
sempre incoraggiato…e lui dov’era? Ha lasciato che
abbandonassi il tuo lavoro, solo perché gli faceva
comodo….Questo matrimonio l’ hai tenuto in piedi
praticamente da sola…sono sicura che starai meglio senza di
lui…ti meriti di meglio…”- concluse
sorseggiando del prosecco.
La guardò incredula e divertita allo stesso tempo.
“Però…! Questo sì che
è parlar chiaro…mi meraviglio di quanto tu sia
riuscita a resistere, tenendoti tutto per te…!”-
la prese bonariamente in giro.
“Lo sai che ho ragione…si è messo in
ridicolo….deve essere stata una specie di crisi di mezza
età in anticipo…va in giro con una che potrebbe
essere sua figlia…”- aggiunse.
“Quanti anni ha di preciso?”- domandò
Emma incuriosita.
“21”- le risposero quasi in coro le altre due.
“Appunto…e lui quanti? 42 no? Lo vedi? Potrebbe
essere sua figlia…”- rimarcò convinta
Beth.
“Ma Evie può riprenderselo quando
vuole…questa è solo una cosa
passeggera….”- intervenne Emma.
“Tu dici?”- le domandò Evie
ridacchiando, per niente convinta.
“Ma certo! Tornerà da te strisciando…i
giornali stanno facendo il conto alla rovescia…sono tutti
dalla tua parte…”- le spiegò.
“Non avevo dubbi…le mogli tradite hanno ancora il
loro fascino…”- commentò.
“E comunque se vuoi saperlo nelle ultime foto non sembravano
così affiatati…anzi, sembrava avessero appena
litigato….Tornerà da te, è solo
questione di tempo”- precisò.
“Scusa ma non eri tu quella che sosteneva che
l’amore è eterno finché
dura…che morto un Papa se ne fa un
altro…?”- le fece notare divertita.
“Che c’entra? Tu ed Orlando siete
un’altra cosa…lui ti adora…per questo
tornerà…”-
“Ed a quel punto tu lo manderai a spasso voglio
sperare…”- suggerì decisa Beth.
“No che non lo farà…lo
ama….”- le rispose l’altra convinta.
“Oh grazie…è bello che parliate di me
come se non fossi qui…”- osservò.
“Lo faresti davvero? Lo riprenderesti a casa?”- le
chiese Elizabeth quasi scandalizzata.
“Non lo so…non ho detto niente io…a
dire il vero non credo sia possibile…non
tornerà…”-
“Ma se tornasse?”- le chiese ancora Emma.
“Non lo so…”- ammise.
“Lo ami ancora?”- continuò nel suo terzo
grado.
“Ma non lo so…basta con tutte queste
domande..”-
“Perché non provi a riconquistarlo?”-
aggiunse.
“Cosa? Lui l’ ha lasciata per una squinzia
qualsiasi, ha piantato in asso la sua famiglia ed ora lei dovrebbe
addirittura riconquistarlo?”- sbottò Beth.
“Grazie Beth, un po’ meno livore la prossima volta
eh?”- osservò guardandola –
“Ragazze non so cosa farei…e non ci voglio nemmeno
pensare…però una cosa è
certa…non voglio riconquistare proprio nessuno…se
mai volesse tornare a casa allora sarebbe lui a dover riconquistare
me…”- precisò decisa.
“Brava sorella, così si parla!”-
esclamò Beth.
“Mi conosce…stiamo insieme da 12
anni…se è bastato un momento di confusione o una
ragazza fresca e disponibile a mandare tutto all’aria, allora
forse il nostro matrimonio non era la roccia che credevo, ma solo una
bolla di sapone…”- commentò
drasticamente Evie.
“Eddai…se ti dicesse che ha
sbagliato…che è stata una sbandata,
un’avventura senza importanza non lo
perdoneresti?”- rilanciò Emma.
“Ti ho detto che non lo so…non ci ho pensato e non
voglio nemmeno farlo…Orlando non è il tipo che
torna indietro…se siamo arrivati a questo punto è
perché la sua scelta l’ ha già
fatta…”- le rispose seccamente.
“E per una volta tanto ti ha fatto un favore, fidati di
me…”- osservò Beth sarcastica
– “Il mare è pieno di
pesci…tu sei bella, brillante, intelligente…non
ti ci vorrà molto a trovare un sostituto molto
più in gamba di lui…”-
“Quanto sei acida…dici così
perché non ti è mai andato a genio…con
me è sempre stato carino…”- la
rimproverò la piccola di casa.
“Lo credo bene! Tu ti fai conquistare con tre
moine…”- rispose per le rime l’altra.
“Ok, time out ragazze…io me ne tiro
fuori…vado a prendere altri pop-
corn…”-
Quando le ragazze se ne furono andate, Evie non riuscì a
fare a meno di ripensare a quello che si erano appena dette. Finora era
stata così attenta a proteggere i bambini e ad assicurarsi
che non risentissero troppo della separazione, che non si era
soffermata a leggersi dentro. Non sapeva se stava bene o
male…aveva accettato la cosa e, dopo il trauma iniziale, si
era limitata a prendere atto del cambiamento, senza farsi troppe
domande, probabilmente in un meccanismo inconscio di autodifesa. Era
come se, per la prima volta, si rendesse davvero conto che era da sola
in quella grande casa, sola nella loro camera da letto, sola nel loro
lettone…e, anche se si sarebbe fatta tagliare un braccio pur
di non ammetterlo, non poteva negare che le mancasse. Le mancava la sua
vicinanza, la consapevolezza di poter fare affidamento su di lui; le
mancavano il suo sorriso, il suo profumo, le sue mani, il modo in cui
le posava sui suoi fianchi prima di entrare insieme in una stanza e la
loro intimità. Non pensava solo al sesso, o almeno non solo
a quello. Si riferiva ai momenti intimi che si condividono con la
persona che si ama, come ad esempio le chiacchiere prima di
addormentarsi, i discorsi sui bambini, sulla loro educazione, la
condivisione delle loro speranze per il loro futuro, la colazione
insieme appena svegli a letto, prima di subire l’attacco dei
bambini nel lettone, gli sguardi complici di intesa. Le pesava doverne
fare a meno e, soprattutto, le pesava pensare che ora lui avrebbe
condiviso tutto questo con un’altra.
Aveva sempre pensato che quando una storia finiva la colpa non stesse
da una parte sola e che la percentuale di responsabilità
andasse spartita all’interno della coppia. Ovviamente il suo
caso non faceva eccezione, solo avrebbe voluto sapere in cosa avesse
sbagliato. Più ci pensava, più non riusciva a
trovare errori grossolani, mancanze clamorose o distrazioni da parte
sua. Eppure dovevano esserci…forse non gli era stata
abbastanza vicina o per lo meno non nella maniera che lui sperava;
ammetteva di averlo un po’ trascurato dopo l’arrivo
dei bambini, specialmente dopo la nascita di Amy, anche
perché era reduce da una gravidanza passata quasi
interamente a letto, ma era certa di aver rimediato in seguito.
Più semplicemente poteva essere che l’amore che
lui sentiva per lei, così come era nato, fosse sfiorito e lo
avesse spinto verso altri lidi. Doveva essere così, per
quanto fosse difficile da accettare. Il problema era che lei lo amava
ancora. Sapeva bene che non doveva ed in effetti provava una gran
rabbia nel vederlo, era ancora così arrabbiata e ferita che
gli avrebbe volentieri rovinato quel suo bel faccino a furia di
ceffoni, ma non poteva né voleva permettersi di darlo a
vedere. Continuava stupidamente ad affidarsi al suo orgoglio e si
sforzava di mostrarsi sempre al meglio. Oddio, ormai non era
più nemmeno uno sforzo, oramai le veniva naturale. Non
voleva che lui potesse pensare che l’aveva distrutta o che
lei stesse ancora male e spesso lo negava anche a se stessa.
Comunque sia, a prescindere da quello che poteva provare o pensare lei,
il dato di fatto era che era finita, che presto si sarebbero trovati a
firmare le carte per il divorzio ed il loro matrimonio sarebbe rimasto
lontano ricordo. Nonostante ciò sarebbero rimasti legati per
sempre, volenti o nolenti, perché avevano due figli. Evie
sperava solo che la loro separazione non li danneggiasse a lungo
andare; poteva sopportare di aver fallito come moglie, ma non avrebbe
mai accettato mai un fallimento come madre. Alex ed Amy erano in
assoluto le persone più preziose e care che aveva, avrebbe
fatto qualsiasi cosa per loro.
La mattina dopo Evie si era svegliata di buon umore, grazie al
buongiorno coccoloso di Amy, che si era catapultata nel lettone alle
7.30 precise. Se l’era spupazzata per bene, con bacini e
coccole. Poi, dopo un altro po’ di ozio sotto le coperte,
erano scese in cucina a preparare la colazione, in attesa che anche
Alex le raggiungesse.
Si era accorta però quasi subito che Amy era stranamente
silenziosa, proprio lei che in genere era una chiacchierina sin dopo la
sveglia. Le sembrava quasi pensierosa, preoccupata.
“Che c’è cucciola? Non ti senti
bene?”- le domandò preoccupata.
“No mami…sto bene…”-
“Sicura? Non è che hai la
febbre…?”- le toccò la fronte ma non
scottava.
“E dai, dillo a mamma…che ti succede? Hai litigato
con qualche bambino al parco?”- insistette.
Lei la guardò con un’aria a metà tra lo
spaesato e l’incuriosito e le disse con disarmante
semplicità:
“Mami…ieri sera da papà….ero
già a letto, ma mi scappava la
pipì…così sono andata in
bagno…e ho visto papà e la sua amica sotto la
doccia che si toccavano…”-
“Oh…”- riuscì solo a dire,
trattenendo la serie di improperi diretti ad Orlando che vagavano nella
sua mente – “… e loro ti hanno
vista?”-
“Sì…non subito
però…”-
“Ti hanno detto qualcosa?”-
“Papà mi ha detto di uscire…poi
è tornato da me con l’accappatoio e mi ha
riportata a letto…e poi ha detto solo che si stavano
lavando…ma a me non sembrava mica…”-
Nonostante il suo primo istinto fosse quello di attaccarsi al telefono
per insultare il suo quasi ex marito, mise da parte la rabbia ed il
nervoso che sentiva già alla bocca dello stomaco, per
cercare di mettere una pezza all’ennesima colossale
leggerezza di Orlando.
“Bè, vedi tesoro…quando due persone si
vogliono bene e vivono nella stessa casa, può succedere
che…che facciano la doccia insieme…”-
“Come papà e Neela?”-
“Si…esattamente così…per
questo li hai visti lavarsi e scambiarsi qualche
coccola…capito?”-
“Sì mami…”-
“Ora promettimi che busserai sempre prima di entrare in bagno
in casa di altri, ok?”-
“Va bene…”-
“Brava cucciola…ora finisci la
colazione…”-
Dopo questo imprevisto, Evie andò a svegliare anche Alex,
quindi accompagnò entrambi i bimbi a scuola ed
andò, come sempre, a fare la spesa, in lavanderia ed a
sbrigare alcune commissioni che rimandava da troppo tempo.
Ma per tutto il tempo non riuscì a togliersi dalla testa
quello che aveva combinato Orlando. Avrebbe voluto parlargli,
perché non poteva far passare in sordina una cosa del
genere, ma sapeva anche che prima si sarebbe dovuta calmare o avrebbe
finito per dirgli cose che non pensava passando inevitabilmente dalla
parte del torto. Quindi si sforzò di pensare ad altro e,
rientrata a casa, chiamò la domestica e le disse di
prendersi una giornata libera. Pensare alle faccende di casa e
riordinare di sicuro l’avrebbe tenuta impegnata.
Nel pomeriggio, dopo aver dato una mano ad Alex coi compiti, si mise a
preparare una torta con Amy, sempre con l’unico obiettivo di
tenersi rilassata ed occupata e ci era quasi riuscita, quando ecco, col
suo proverbiale tempismo, arrivare Orlando: jeans sdruciti, felpa nera
con cappuccio, occhiali da sole, cappellino in testa e faccia da
schiaffi.
Lasciò che salutasse i bambini e che ci giocasse per una
buona mezz’ora, mentre lei se ne stava a distanza di
sicurezza in cucina.
Quindi, infornata la torta, chiese ad Alex di restare in salotto con
Amy ed invitò Orlando a seguirla in studio.
“A volte io davvero mi chiedo se ci sei o ci
fai…”- gli disse non appena chiusa la porta alle
sue spalle.
Lui le fece un sorrisino tirato e si grattò la
testa.
“Immagino che Amy ti abbia detto…”-
“Immagini bene…si può sapere cosa ti
passa per la testa?”- riprese.
“Evie, per favore…calmati e fammi
spiegare…so che sei arrabbiata ma…”-
“Arrabbiata? No caro mio…sono furiosa
e….e allibita…mi chiedo come puoi essere
così superficiale anche rispetto ai tuoi
figli…”-
“Adesso sei ingiusta…”- le fece notare
con aria seria – “…erano le undici
passate…l’avevo appena controllata, stava
dormendo…non potevo certo immaginare che si sarebbe
svegliata di colpo…”- si
giustificò.
“Oh santa pazienza Orlando! E’ una bambina di 4
anni…certo che si sveglia
all’improvviso…ma ovviamente tu non puoi saperlo,
dato che negli ultimi anni sei stato più in giro
per il mondo che a casa….”-
“Stiamo parlando delle mie mancanze come marito o di quello
che è successo ieri? Sono un po’
confuso…”- ribatté lesto.
“Stiamo parlando di te…vogliamo partire dal fatto
che ti porti la tua amichetta a casa quando stai coi ragazzi o dal
fatto che non ti sei nemmeno premurato di darle una
spiegazione?”- gli disse seccamente.
“Neela non è la mia amichetta…vive con
me…e questo lo sai…per quanto riguarda Amy
pensavo che fosse giusto che ne parlasse con te…tu sei
più adatta a spiegarle certe cose…”-
“Ma davvero? Chissà perché ma non mi
stupisce…comunque hai sbagliato…avresti dovuto
parlarle subito…”-
“Ho fatto quel che ho potuto, ok? È stato
imbarazzante…non sapevo cosa fare…”-
tentenna appena.
“Oh poverino…è stato
imbarazzante…e per lei credi sia stato piacevole vedere suo
padre sotto la doccia con un’altra donna?”-
precisò tagliente.
“Cristo Evie…so che ho sbagliato, possiamo evitare
di farne un dramma?”- sbottò lui.
“Tipico…”- osservò caustica sorridendo
nervosamente.
“Tipico cosa?”- le domandò stranito.
“Il tuo atteggiamento…tu fai la cazzata e poi te
ne lavi le mani e minimizzi…”-
“E tu usi questo incidente come
pretesto…”- rilanciò lui avvicinandosi
a lei con aria di sfida.
“Scusa?”-
“Amy non c’entra…ti dà
fastidio che fossi con Neela…”- aggiunse.
“Certo che hai davvero una gran faccia tosta!”-
sbottò lei decisa – “Per chi mi hai
presa? Per una ragazzina piccosa? Con che coraggio ti permetti di
mettere in dubbio il mio buon senso di madre? Il fatto che tu ragioni
ancora come un bambino dell’asilo non significa che tutto il
resto del mondo faccia esattamente come te!”- concluse
seccamente.
Orlando non ci mise molto a risponderle.
“Hai ragione tu…come al solito
ovviamente…”- disse con tono volutamente
sarcastico – “…ma come ho potuto pensare
che tu potessi anche solo lontanamente essere gelosa di Neela? Proprio
tu, che sei così perfetta, sempre così
controllata…”-
“Smettila di fare il buffone”- lo riprese.
“Altrimenti cosa fai? Mi sculacci?”-
rilanciò spavaldo, fronteggiandola.
Ad Evie scappò un sorrisino tirato. Tuttavia, non si
lasciò scomporre dal suo atteggiamento e guardandolo negli
occhi le scappò detto:
“Quando fai così mi chiedo perché ci
siamo sposati…”-
Lui accusò il colpo, ma si sarebbe fatto tagliare una mano
pur di non mostrarlo.
“Siamo in due allora…accanto a te mi sono sempre
sentito inadeguato…qualsiasi cosa facessi non era mai
abbastanza, non importava quanto successo avessi fuori, in casa non ero
mai alla tua altezza…”-
“Non sai nemmeno quello che dici…sei
assurdo…”- ribatté.
“Lo vedi? Tu non sbagli mai, sei perfetta…faresti
impallidire anche un santo…io invece sono solo un uomo e se
mi sono innamorato di un’altra è perché
mi ero stancato di avere a che fare con una
maestrina…”- la punzecchiò volutamente
ed in maniera forse più cattiva di quanto avrebbe voluto.
“Quindi me lo sono anche meritata…”-
osservò stupita ed al contempo ferita dalle sue parole
– “…questa è
buona…ma d’altra parte cosa posso aspettarmi?
Sarebbe un evento se una volta, una sola nella tua vita ti prendessi la
responsabilità di quello che fai”-
“Eh già…è molto
più comodo dare tutta la colpa a me piuttosto che pensare a
dove puoi aver sbagliato tu…tanto tu non sbagli
mai”-
“Piantala con questa storia…se tu hai o avevi dei
complessi di inferiorità nei miei confronti non è
un problema mio, ma soltanto tuo…”- gli fece
notare duramente.
“Io non ho proprio nessun complesso…”-
“Da come ti comporti sembrerebbe il contrario…tu
non hai le palle per stare con una donna che abbia un minimo di
personalità e di carattere…tu vuoi qualcuna che
viva della tua luce riflessa per sentirti sicuro ed avere il controllo
della situazione…”-
“Adesso fai anche la psicanalista?”- la
stuzzicò lui.
“Oh, non ci vuole una laurea per capirlo…sei molto
meno complicato di quello che pensi….comunque non
è questo il punto e non sono più nemmeno affari
miei per fortuna…Tu puoi fare quello che vuoi con chi vuoi
quando vuoi…ma quando con te ci sono i miei figli pretendo
che ti comporti in maniera impeccabile…tu sei il loro padre
ed hai il diritto di vederli, ma lei non c’entra nulla e non
voglio che li frequenti, né tantomeno si faccia beccare con
te sotto la doccia…”- riprese per niente
intimorita dal suo atteggiamento.
“E’ stato un incidente…non era in
programma che passasse da me…quando ho i bambini lei torna
sempre nel suo appartamento…”-
“Non mi importa niente di quello che fate né dei
vostri accordi…mi interessa solo che i bambini siano sereni
e tranquilli…un altro incidente del genere e te li faccio
vedere solo qui a casa…sono stata chiara?”- lo
avvisò.
“Chiarissima…Ora, col tuo permesso, vorrei tornare
dai miei figli…”- disse pungente, quindi si
voltò per uscire.
“Un’ultima cosa…”- aggiunse.
Lui si voltò verso di lei con un’espressione
indecifrabile.
“La settimana prossima andrò da un
avvocato…a questo punto è meglio mettere tutto
nero su bianco e divorziare…non c’è
motivo per aspettare ancora…”-
Lo vide incupirsi.
“Hai intenzione di usare quest’episodio in sede di
divorzio?”- le chiese allarmato.
“No…pensi che sia così meschina?
Però non deve ripetersi
più…”- precisò.
“Non succederà di nuovo…hai la mia
parola…”- la rassicurò lui.
Quindi rimasero entrambi in silenzio, come se non sapessero cosa dirsi.
Ma la verità era ben diversa…
“Mi dispiace…io non volevo…”-
riprese lui – “…so che adesso magari non
mi crederai o più probabilmente non te ne farai niente, ma
non volevo che le cose andassero
così…però è
successo…”- le spiegò incerto.
“Non ha senso parlarne…come ti ho già
detto mi interessa solo il bene dei bambini…”-
rispose lei, ostentando un distacco che era solo apparente.
“Certo…lo so…anch’io voglio
solo il loro bene…forse come marito non sono stato
granché, ma i ragazzi sono tutto per
me…”- osservò accorato.
“Si, lo so…ora torna da loro…hanno
bisogno di te…”- lo esortò lei.
Annuì e tornò dai bambini.
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Capitolo 3 *** Cap.3 ***
Grazie alle mie fedelissime commentatrici, un bacio enorme!! Grazie anche ai lettori silenti! Buona lettura!
Dopo quella discussione, Orlando ed Evie non tornarono più
sull’argomento. Tuttavia, era evidente che la situazione fra
i due fosse piuttosto tesa. Si limitavano ai convenevoli e, se
costretti a rivolgersi la parola, parlavano solo ed esclusivamente dei
loro figli. Inoltre, erano sempre di pessimo umore…e la cosa
non poteva certo sfuggire ai loro familiari ed amici.
Quel pomeriggio Orlando si era dedicato
all’attività fisica. Aveva fatto due ore di
palestra col suo amico di sempre, Chris, quindi si era concesso una
rilassante e defaticante sauna. L’amico aveva intuito che
qualcosa non andasse, dato che Orlando era più silenzioso
del solito e si era dedicato con eccessiva concentrazione agli esercizi
fatti.
Lo osservava distrattamente, aspettando che si decidesse ad aprire
bocca ed a vuotare il sacco, ma dopo un’altra
mezz’ora di persistente silenzio, gli disse:
“Ti hanno morso la lingua per caso?”-
L’altro, pensieroso, si voltò verso di lui.
“Come scusa?”-
Chris ridacchiò scuotendo la testa.
“Santo cielo…si può sapere cosa ti
è successo? Non hai ancora aperto bocca…problemi
sul lavoro? O con la ragazzina?”- e con ragazzina Chris
intendeva ovviamente Neela. Non la sopportava e non gli andava
particolarmente a genio, cosa, peraltro, reciproca.
“Ma niente…è solo che…ho
discusso con Evie…”- ammise infine stancamente.
“Ah…che hai combinato stavolta?”- gli
scappò detto.
Orlando lo fissò stranito.
“Si può sapere perché date sempre tutti
per scontato che sia colpa mia?”- osservò deciso.
“Adesso non cambiare argomento…che è
successo?”- rilanciò l’altro, per nulla
smontato.
Lui rimase in silenzio alcuni istanti, come a riordinare le idee,
quindi gli rispose:
“Qualche sera fa avevo i bambini da me…li avevo
messi a letto da poco, quando è arrivata Neela
e…bè, sai
com’è…ci siamo messi a fare
altro…e….Amy poi si è svegliata di
colpo, è venuta in bagno e ci ha
sorpresi…insieme…sotto la
doccia…”- spiegò leggermente
imbarazzato.
“Oh no…”-
“Purtroppo si invece….”-
“Io sono andato in pallone, non sapevo cosa
fare…perciò le ho solo detto che ci stavamo
lavando, mi pareva la cosa migliore da fare…Evie
l’ ha saputo e si è incazzata a
morte…ne ha fatto un caso di Stato, come al
solito…”- commentò.
“Bè…mi pare
comprensibile…”- gli fece notare Chris.
“Grazie…bell’amico!”-
“Eddai eh…ora non fare il
permaloso…prova un po’ a metterti nei suoi
panni…se Amy avesse sorpreso Evie sotto la doccia con un
altro, non avresti fatto il matto? Giura che non è
così…ti conosco bello mio, a me non la
fai!”- concluse sornione.
“Ma che c’entra! E’ stato un incidente,
mica l’ ho fatto apposta…lei è sempre
così rigida, così intransigente…lo
è sempre stata…”- rimarcò.
“A me pare solo una madre che si preoccupa per i suoi
figli…e tu dovresti ricordarti che è anche una
moglie tradita…e ferita…”-
“Avresti dovuto sentirla…mi ha detto delle cose
orribili e parecchio pesanti…bè, certo
anch’io non sono stato lì buono a farmele
dire…mi considera un superficiale, ha detto che ho mancato
di rispetto anche ai bambini…che faccio delle cazzate e poi
me ne lavo le mani…”-
“Era arrabbiata…cosa ti aspettavi? Dei
complimenti? E comunque perdonami ma anche se sono tuo amico
sarò sincero…è stata una
leggerezza…chiunque reagirebbe male se sapesse che il
proprio o la propria ex si è fatta sgamare dalla figlia con
un'altra persona…ora però non pensarci
più, ma fai in modo che non si ripeta…Evie non
è una stupida, sa che sei un buon
padre…”- gli fece notare Chris.
Orlando sospirò a fondo, quindi riprese:
“Ha detto che andrà
dall’avvocato…per il
divorzio…”- e sembrò deluso nel dirlo.
“Bè? Mi pare scontato…cosa pretendevi?
Stai con un’altra donna, ci convivi…”-
gli ricordò.
“Si ma…”-
“Ma cosa? Orlando?”- lo richiamò
– “…ha cambiato idea? Ci stai
ripensando?”- gli domandò quasi speranzoso.
“No…mi sembra evidente che con Evie le cose non
funzionano più, no? E questa litigata è stata la
conferma…ho solo paura che ci siano dei
casini…che magari si faccia convincere dal suo avvocato a
farmi la guerra, che ne so…non è tanto una
questione di soldi…sono pronto a darle tutto quello che
vuole…ma voglio continuare a vedere i bambini quando voglio,
ho bisogno di loro…”-
“Ma cosa vai a pensare? E’ una donna intelligente,
mica un mostro! Sa quanto bene vuoi ad Alex ed Amy…non ti
impedirà mai di fare il padre…stai tranquillo,
non cambierà nulla…”- lo
rassicurò.
“Speriamo…”- osservò ancora
l’altro.
Nel frattempo, appena fuori Londra, Evie era a casa di sua sorella
Beth, che l’aveva invitata a pranzo da lei coi bambini. Dopo
pranzo, mentre i cuginetti giocavano fra loro in salotto, le due
sorelle erano rimaste in cucina per bersi un caffè e
confidarsi.
Più che altro, Beth parlava a ruota libera, mentre Evie si
limitava a sorridere di tanto in tanto, a dare risposte fugaci e non
troppo convinte, mentre dondolava nervosamente una gamba.
Ad un certo punto, sua sorella le mise una mano sul ginocchio e
guardandola le disse:
“La vuoi smettere per favore? Mi stai facendo venire il mal
di mare!”- ironizzò.
“Scusa…non me ne rendevo nemmeno
conto…”-
“Mi dici che hai? Sono giorni che sei strana…che
succede?”- le domandò premurosa.
“Nulla…davvero…è tutto a
posto…”- le rispose, sforzandosi di essere
convincente.
L’altra la osservava, per nulla convinta.
“Ti conosco…so cosa ti fa stare
così…anzi, dovrei dire chi ti fa stare
così…avanti, spara….cos’ ha
fatto stavolta Orlando?”-
Evie sorrise divertita.
“Almeno ti ho fatta ridere! E’ già
qualcosa!”-
Quindi la sorella le raccontò tutto, dall’episodio
sotto la doccia alla loro discussione del giorno dopo.
“Vedi? E poi tu ed Emma vi stupite se ce l’ ho con
lui…”- sentenziò Elizabeth, per nulla
sorpresa.
“Io non capisco…ti giuro che a volte mi sembra
impossibile che sia andata così…non ho mai
pensato che fosse perfetto, ma mai mi sarei aspettata
questo…e non parlo solo dell’episodio in
sé…credo alla sua buona fede, so che non l
‘ha fatto apposta a farsi beccare…ma quello che mi
ha detto dopo è
così…così…ingiusto…e
anche…così….vero…”-
osservò amareggiata.
Beth strabuzzò gli occhi.
“Vero? Mi stai dicendo che pensi che abbia ragione
lui?”- rimarcò perplessa.
“Bè…mi ha accusata di essere solo
gelosa di Neela…e forse…ha ragione…lo
so che non dovrei, so che dovrei andare avanti,
fregarmene…che dovrei solo essere arrabbiata con
lui…ed in parte lo sono…ma sono anche un
pò gelosa, devo ammetterlo…”-
“Oh Evie…”-
“No eh? Non usare quel tono!”- la ammonì.
“Che tono scusa?”-
“Quello che hai appena usato…lo stesso tono che si
usa con chi è irrimediabilmente e drasticamente senza
speranze!”- precisò.
Sua sorella scoppiò a ridere.
“So che non dovrei…ma come faccio? Lui
è stato mio, solo mio per 12 anni…mi sale la bile
solo nell’immaginarlo con
un’altra…è più forte di
me…e vorrei capire, vorrei sapere perché,
cos’ ho fatto, dove ho toppato…”-
“Tu non hai fatto niente…”-
tagliò corto l’altra.
“No Beth…le colpe non stanno mai da una parte
sola…se si è innamorato di un’altra
è anche colpa mia…forse sono davvero stata troppo
intransigente…troppo maestrina con lui…ma se
l’ ho fatto è stato in assoluta buona
fede…”-
“Tesoro…non devi…basta rimuginare,
basta farsi dei sensi di colpa inutili…è andata
così…tu non sei perfetta così come di
certo non è perfetto lui…stare insieme comporta
sacrificio, compromessi, comprensione…io ti conosco, so che
donna sei…quello che sentivi per tuo marito era
reale…chiunque stando con voi lo percepiva, lo
vedeva…se proprio Orlando non se n’è
reso conto o lo mette in dubbio vuol dire che non ha capito nulla di
te…quindi stai serena e vai avanti…le cose
succedono sempre per un motivo, credimi…adesso magari non
capisci quale, ma presto capirai….”- la
rassicurò.
“Si…forse hai ragione tu…comunque al
più presto andrò a parlare con un
avvocato…voglio il divorzio…andare avanti
così non ha più senso…”-
“Brava, fai bene…”-
“E poi ho una bella notizia…”- riprese.
“Avanti, sentiamo…”- la
incitò Beth.
“Mi ha chiamata Harry Taylor…ricordi? Lavorava per
la casa editrice che ha pubblicato il mio primo ed ultimo
libro…si occupava delle correzioni, mi faceva delle
note…”-
“Oh si…si, me lo ricordo bene…era
sempre tanto gentile”- rammentò l’altra.
“Bè, ora ha una casa editrice tutta sua
e…vorrebbe che facessi il bis e pubblicassi
qualcos’altro…”-
“Ma è splendido! Finalmente! Sono davvero
contenta…sarebbe un peccato mortale sprecare un talento come
il tuo….”-
“Lo incontrerò la prossima
settimana…per ora ne abbiamo parlato solo al
telefono…ma mi è sembrato intenzionato a
convincermi…mi lascerebbe carta bianca… in
pratica posso decidere se scrivere un romanzo o tenere una rubrica
settimanale su uno dei suoi periodici…”-
spiegò.
“E’ davvero fantastico! Mi raccomando, cogli
l’occasione al volo! Penso sia il momento giusto per
rimetterti in pista!”- la spronò.
“Tu dici?”- osservò Evie incerta e
mangiucchiandosi un’unghia.
“Certo! I bambini sono già grandini e tu hai tempo
per te finalmente…così potrai dedicarti a fare
quello che più ti piace…è la tua
seconda possibilità, non lasciartela
sfuggire…”-
“Già…hai ragione…tu
però non montarti ancora la testa…prima voglio
pensarci bene….sono ancora un po’
arrugginita…”-
“Mettiamola così…ho fiducia in te e so
che è ben riposta!”- tagliò corto
convinta Beth.
Qualche giorno dopo Evie si recò all’incontro di
lavoro col signor Taylor. La casa editrice si trovava proprio in
centro, in un enorme edificio a 6 piani. Taylor, oltre ad occuparsi di
libri e di scrittori emergenti, era anche editore di uno dei maggiori
quotidiani inglesi nonché di due riviste periodiche, una
dedicata all’attualità ed alla moda e
l’altra alla divulgazione scientifica. La redazione si
trovava al terzo piano, così come il suo ufficio.
Mentre la segretaria, una ragazza poco più che ventenne, con
un tailleur nero che le conferiva un’aria molto professionale
e seriosa, con tanto di occhialini dalla montatura leggere, la
annunciava, Evie si guardò intorno: c’erano vita,
confusione, fermento, poteva inspirare l’odore della carta
appena stampata mista a caffè che qualcuno probabilmente
aveva da poco bevuto. Forse proprio in quel momento, per la prima volta
dopo anni, si rese conto di quanto il lavoro le mancasse e solo
l’idea di poter fare parte di una squadra, di un gruppo di
persone con un obiettivo la riempì di gioia.
“Signora Parker…”- la
richiamò la segretaria – “Può
entrare…il direttore la sta
aspettando…”-
“Grazie…”- rispose solo, facendosi
strada nell’ufficio di Taylor.
Non appena la vide, lui si alzò e le andò in
contro per salutarla calorosamente.
“Evie…è un piacere
vederti…santo cielo, sei ancora più
bella…”-
“E tu sei sempre il solito esagerato…ti trovo bene
Harry…”-
In effetti Harry era sempre stato molto gentile e disponibile con lei,
l’aveva conosciuta quando era ancora praticamente una
ragazzina e l’aveva sempre spronata ed incoraggiata come un
padre farebbe con una figlia. E questo interesse era assolutamente
sincero e disinteressato, dal momento che Taylor era dichiaratamente
gay da anni. Era un uomo sulla cinquantina, con un aspetto molto
gradevole pur non essendo troppo curato: aveva i capelli brizzolati e
leggermente mossi, una barbetta di 2-3 giorni e l’aria vispa,
così come gli occhi, di un azzurro intenso.
L’uomo la fece accomodare, quindi riprese:
“Allora…cos’ hai fatto in questi anni
lontana da me?”-
“Bè, vediamo…due figli tanto per
cominciare…la moglie, la casalinga e la mamma…ed
ora…faccio la separata in attesa di
divorzio…”- rispose con studiata noncuranza.
“Oh si, questo lo so…nel mio ambiente le voci
girano…anche se mi sono sempre rifiutato di pubblicare
articoli su di te ed il tuo matrimonio…mi devi un
favore…”-
“Ho notato…e ti ringrazio…”-
gli rispose sincera.
“Ma la mia domanda di prima era riferita al
lavoro…non hai più pubblicato nulla, ma hai
continuato a scrivere vero?”-
“In effetti...no…”- rispose Evie,
spostandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. Cominciava a sentirsi come una studentessa sotto
esame. Harry le aveva sempre fatto quell’effetto e continuava
a farglielo.
“Come mai?”- indagò lui.
“Bè sai come funziona…cambiano le
priorità…sono arrivati i bambini e non ho
più trovato il tempo…e quando c’era ero
troppo stanca per mettermi a scrivere…”-
confessò candidamente.
“Male…pensavo che una come te ce
l’avesse nel sangue questo lavoro…ricordi cosa ti
dissi la prima volta che ci siamo visti, dopo che ho letto i primi 3
capitoli del tuo libro?”- le domandò fissandola
attentamente.
“Si…mi dicesti che avevo inchiostro e non sangue
che mi scorreva nelle vene…”- ricordò
sorridendo.
“Esatto…le persone come te, come noi, si sentono
perse se non scrivono…scrivere dovrebbe essere il nostro
ossigeno…”- le fece notare.
“Già…ma poi si cambia…si
hanno anche altre priorità…”-
ribatté, sistemandosi meglio su quella poltroncina che ora
più che mai le sembrava dannatamente scomoda e stretta.
“Non vorrai propinarmi la storia dell’istinto
materno, che ha soverchiato tutte le tue ambizioni? …Mi vuoi
dire che ti senti realizzata solo come madre e che ti basta quello? Io
non ci credo…”- osservò caustico.
“Comincio a chiedermi perché mi hai
convocata…”- commentò a voce alta Evie,
tormentandosi le mani.
“Per offrirti un lavoro…”-
“Allora dimmi cos’ hai in
mente…arriviamo al punto…”- lo
esortò.
“Sei irritata”- commentò li scrutandola
attentamente.
“No…bè, si…sembra che tu ti
diverta a tenermi sulla corda…sai quanto ti stimo e quanto
ti sono grata per tutto quello che hai fatto per me…sei
stato il mio mentore e non ti ringrazierò mai
abbastanza…ma le scelte che ho fatto nella mia vita sono e
restano mie…sono state scelte consapevoli, forse rischiose,
ma non me ne pento…quindi se vorrai che lavori o collabori
con te, possiamo parlarne e vedere se c’è un
indirizzo comune da seguire, altrimenti me ne andrò e saremo
amici come prima…comunque vada, il punto è non mi
psicanalizzare e non elencarmi uno dopo l’altro tutti gli
errori che secondo te ho commesso…”- gli
spiegò con determinata calma.
Harry rimase in silenzio alcuni istanti, quindi scoppiò a
ridere genuinamente.
“Oh Dio…allora ci sei ancora? La Evie che
conoscevo, determinata e combattiva non è stata seppellita
da decine e decine di pannolini…”-
osservò ironicamente.
“Ma quanto sei perfido…ci sono cascata con tutte
le scarpe!”- aggiunse lei sorridendo distesa.
“Lo sai, è più forte di me…e
poi volevo assicurarmi che il matrimonio con una star del cinema non ti
avesse trasformata in una snob…”-
“Oh andiamo...mi conosci, potrei mai diventare
così?”- rispose ridendo.
“Uhmmm…snob no, non sei il tipo…ma se
devo essere sincero…”- cominciò a dire.
“Avanti…lo so che non vedi l’ora di
essere sincero…”- lo esortò lei.
“Il gossip per ovvie ragioni lo seguo
anch’io…e di foto vostre a qualche evento ne ho
pubblicate…all’inizio ti
riconoscevo…nei gesti, in certe tue
espressioni…eri proprio tu…anche nelle
interviste, quando lo accompagnavi sul red carpet…poi ti ho
persa…”-
“Cosa vuoi dire?”-
“Mah…che non mi sembravi più
tu…la Evie che conoscevo io era sempre spontanea,
impulsiva……avevi il fuoco dentro, ti accendevi
con niente…e ti entusiasmavi con niente…poi ti ho
osservata bene ed eri diversa…controllata, spesso
taciturna…come se ti fossi accorta che gli stavi rubando
dello spazio magari, della visibilità…ed hai
scelto di metterti nell’ombra, per lasciarlo scintillare da
solo…”- le disse con sincerità.
Questa volta fu lei a restare in silenzio.
“Ne deduco che la diagnosi è
corretta…”- aggiunse lui sornione.
“Bè, sei sempre stato molto
empatico…è vero…la tua disamina non fa
una piega…ho cercato di restare quella che ero, ma non era
così semplice come pensavo…”-
“Non mi è mai andato molto a genio
l’attore, lo sai…”- gli
scappò detto.
“Lo so…ma non è stata colpa sua in
questo caso…il punto è che non avevo a che fare
solo con lui…finché siamo stati fidanzati non ci
sono stati problemi, ma una volta sposati, mi sono resa conto che avevo
sposato anche il suo entourage…e da un giorno
all’altro, mi sono trovata in casa persone che mi dicevano
come vestirmi, cosa dire, cosa fare…ho cercato di abituarmi,
di fare buon viso a cattivo gioco, sperando che alla lunga le cose
migliorassero, ma quando ho capito che non era una situazione
temporanea, me ne sono tirata fuori…”- ammise.
“Capisco…bè, ora hai
l’occasione di tornare in pista…sempre che tu lo
voglia davvero…”-
“Si, certo che lo voglio…quindi bando alle ciance,
parlami di lavoro!”- lo esortò Evie.
L’incontro proseguì per un’altra
mezz’ora ed alla fine raggiunsero un accordo che
soddisfacesse entrambi. Harry avrebbe voluto che Evie scrivesse un
altro romanzo, ma lei non se la sentiva, non era ancora pronta, quindi
accettò di collaborare occupandosi di una rubrica per uno
dei suoi periodici di attualità, cosa che le avrebbe
permesso di tornare alla scrittura ma in maniera decisamente
più soft e con possibilità di gestire meglio sia
il suo tempo che l’argomento da trattare.
Stava cominciando un nuovo capitolo della sua vita…
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Capitolo 4 *** Cap.4 ***
Grazie di cuore a chi legge silenziosamente e soprattutto a chi legge e recensisce!! Buona lettura!
Mentre Evie riprendeva la sua vita lavorativa da dove si era
interrotta, Orlando era impegnato con le ultime riprese del film che
aveva co - prodotto, e non solo…
Neela alla fine non era stata scelta per il suo film, perché
non convinceva né l’altro produttore,
né il regista. Ma la ragazza non si era certo arresa: era
giovane e bella, con il viso dai tratti regolari, occhi verdi, lunghi
capelli mori, un fisico slanciato con le forme al punto giusto, era
determinata ed aveva grinta. Ultimamente aveva preso parte ad una
produzione, si trattava di una parodia, una sorta di collage di film
decisamente famosi, rivisitata e corretta in chiave goliardica ed
ironica; non era certo una partecipazione di spessore, ma le aveva
permesso di mettersi in mostra e di far parlare di sé, cosa
che le riusciva piuttosto facile.
In effetti, la ragazza non disdegnava di parlare della sua vita privata
e, soprattutto, della relazione con Orlando, cosa che lui mal digeriva.
Avevano già litigato più volte per questo motivo
ed anche quella sera stavano discutendo, complici le ultime
dichiarazioni della ragazza rilasciate in un’intervista a
‘In Touch’, corredata da foto discinte.
“E’ stato un colpo di fulmine…la
scintilla è scattata subito, sin dal primo
momento…è stata un’attrazione
fortissima…”- lesse a voce alta lui –
“Era proprio necessario? Non potevi usare altri termini?
Detto così sembra che siamo finiti a letto la prima
sera…”- osservò caustico.
Lei gli si avvicinò mettendosi a sedere accanto a lui.
“Non vedo il problema…ho detto la
verità…mi sei piaciuto da subito e lo
sai…la gente può pensare quello che
vuole…non sono affari miei…”-
tagliò corto in maniera sbrigativa.
“Io ero sposato…anzi, tecnicamente lo sono
ancora…e ho due bambini…”- le
ricordò.
“E quindi? Temi forse che possano leggere la rivista? Credo
preferiscano i fumetti…”-
“A volte mi chiedo se ti sforzi o se ti riesce naturale
essere
così…così…superficiale….non
voglio chiacchiere, non voglio pettegolezzi, ce ne sono stati fin
troppi…non è giusto nei confronti dei miei
figli… e nemmeno di Evie…”- la riprese.
“Ah, ecco!”- rimarcò lei alzandosi e
versandosi del vino – “…è
questo il problema…Evie, come sempre…”-
“E’ la madre dei miei figli…penso di
doverle almeno un minimo di rispetto…”-
osservò seriamente.
“Appunto, hai detto bene…tu le devi
rispetto…io non le devo nulla…”-
precisò secca.
Lui la fulminò con lo sguardo e si alzò
velocemente per andarsene. Aveva bisogno di prendere un po’
d’aria, per evitare di dire cosa che non pensava.
“Così dimostri solo che ho
ragione…”- gli fece presente.
“Pensala come ti pare…”-
“Cosa pretendi da me? Io non mi vergogno di quello che
c’è tra noi…non ci vedo niente di male
a parlarne…”- precisò.
“Non è questione di vergognarsi…sto
parlando di rispetto…non c’è bisogno di
sbandierare ai quattro venti quello che senti per me…prima
di tutto dovresti dimostrarlo a me”- rispose lui deciso,
guardandola negli occhi.
“Non te lo dimostro forse?”-
“Me lo dimostri a letto…ma non significa che sia
amore…per il resto mi pare che tu abbia una gran voglia di
pubblicità… lo capisco, sei giovane, vuoi
sfondare…ma non tollero che tu lo faccia alle mie
spalle…”- le disse tagliente.
Lei lo fissò stranita.
“Non dici sul serio…adesso sei stanco, sei
stressato per il film…farò finta che questa
discussione non ci sia mai stata…forse ho sbagliato, ok? Ti
prometto che starò più
attenta…”- gli disse più conciliante.
Lui si limitò a guardarla, senza dire nulla. Poi riprese:
“Senti, forse dovremmo rallentare…è
successo tutto troppo in fretta…e ho sbagliato anche
io…ma non è così che volevo che
andasse…io non voglio pubblicità, non voglio che
parlino di me…sono un attore, è questo che faccio
per vivere, non mi interessa che girino pettegolezzi, anzi mi
infastidisce…quindi credo che sia meglio staccare per un
po’…prenderci una pausa…”
– le spiegò con determinata calma.
“Mi stai lasciando?”- gli domandò
incredula.
“Ti sto chiedendo di prenderci una pausa…io
finisco il mio film, tu finisci di fare le tue cose, le tue interviste,
la campagna pubblicitaria che ti hanno offerto…stiamo
lontani per un po’ e poi vediamo…”-
precisò.
“Se è questo quello che
vuoi…”- riuscì solo a dire lei.
Quindi Neela recuperò la sua borsa e se ne andò,
lasciandolo solo. Ed in effetti Orlando non si era mai sentito
così solo. Era come se improvvisamente vedesse Neela ed il
loro rapporto con occhi disincantati: tra loro era scattata subito la
scintilla, questo era vero, ma si era spenta lentamente ed
inesorabilmente come un fuoco di paglia ed ora, dopo la passione, non
restava quasi niente, forse nemmeno le ceneri.
E lui cominciava a chiedersi se ne fosse valsa la pena; aveva
rinunciato alla sua famiglia, mandando all’aria il suo
matrimonio, per stare con lei, ma ora non era più sicuro di
aver fatto la scelta giusta.
Se, inizialmente, si era buttato in quella storia con
l’entusiasmo di un ragazzino, come fanno tanti uomini stanchi
della routine matrimoniale, adesso sentiva crescere in sé il
tarlo del rimorso e tutte le pecche di cui aveva accusato Evie, tutti i
suoi difetti, così come la rassicurante normalità
del loro rapporto gli mancavano.
Magari non c’era più il trasporto dei primi tempi,
mancava un po’ di pepe, di spensieratezza, ma era
assolutamente normale per una coppia che aveva dei bambini,
però di Evie era stato innamorato davvero e, forse, lo era
ancora. Con Neela, invece, era stata solo una forte attrazione, le
voleva bene ma aveva riversato sul loro rapporto aspettative troppo
alte e decisamente eccessive. Lui non era più un bambino,
era un uomo fatto ed aveva bisogno di avere accanto una donna, non una
ragazzina desiderosa di notorietà e visibilità.
Peccato che se ne rendesse conto solo adesso, quando oramai poteva
essere tardi per recuperare cioè che aveva perso…
Passarono lentamente tre mesi, nei quali Orlando si dedicò
alla promozione del film, ad interviste televisive e radiofoniche per
pubblicizzarlo, mentre Evie continuava a dedicarsi alla sua rubrica
sulla rivista. Era un periodo positivo per entrambi, che sembravano
aver riacquistato un po’ di serenità grazie ai
rispettivi impegni lavorativi.
I loro rapporti erano un po’ più distesi, ma si
limitavano più che altro ai discorsi sui bambini, non
andavano mai oltre, non si soffermavano a parlare di loro due o di
questioni personali.
Purtroppo fu il destino a farli riavvicinare, riservando una spiacevole
sorpresa ad Evie.
Suo padre, infatti, mancò improvvisamente a seguito di un
infarto. Ovviamente fu un brutto colpo per lei e per la sua famiglia,
sia lei che le sue sorelle erano molto legate al padre e la sua
prematura scomparsa segnò un momento particolarmente
doloroso per loro.
Evie cercò di farsi forza, tenendosi impegnata col lavoro ed
anche Alex ed Amy le erano di grande aiuto e la sostenevano col loro
amore e con la vitalità tipica della loro giovane
età.
Una sera, mentre era a casa da sola, dato che i bimbi si erano fermati
per la notte da sua sorella Beth in campagna, si lasciò
andare alle emozioni e pianse a lungo, forse come non le succedeva da
tempo. Piangeva per suo padre, ma anche per la fine del suo matrimonio.
E Dio solo sa quanto ne avesse bisogno. Fino ad allora era rimasta come
anestetizzata emotivamente, non aveva lasciato trasparire alcuna
emozione, ora si stava concedendo un cedimento, fisiologico e
comprensibile. In fondo aveva subito due lutti a distanza piuttosto
ravvicinata: prima aveva ‘perso’ suo marito, poi
suo padre. Ad un certo punto, sentì suonare la porta: era
Orlando. Si asciugò velocemente gli occhi e, stupita, gli
aprì.
“Ciao…come mai qui? I bambini non ci
sono…si fermano da mia sorella per la
notte…”- precisò svelta, con
l’aria smarrita.
“Si, lo so…Alex mi ha chiamato e me l’
ha detto…visto che eri sola ho pensato che avessi bisogno di
compagnia…”- e rispose sorridendole dolcemente.
Ovviamente non gli erano sfuggiti i suoi occhi lucidi e
l’aria stanca. L’aveva vista piangere solo due
volte, lacrime di felicità però, in occasione
della nascita dei loro bambini. L’aveva sempre accusata di
essere fredda, ma ora che la vedeva indifesa le faceva una gran
tenerezza.
“Mi fai entrare? Fa freschino qui
fuori…”- riprese lui.
“Ah si, certo…scusa…”- gli
rispose, facendolo entrare in casa – “Che hai
lì?”- riprese, riferendosi alla busta che aveva in
mano.
“Solo alcuni generi di conforto primari…I tuoi
biscotti preferiti, quelli al cocco e nocciola…e una
bottiglia di whiskey…”- le rispose sornione.
“Da quando il whiskey è un genere di conforto
primario?”- gli fece eco lei sorridendo.
“Che io sappia da sempre…!”- rispose
vispo, andando con disinvoltura in cucina e prendendo due bicchieri.
Quindi si misero a sedere in salotto, davanti al camino acceso. Erano
entrambi un po’ impacciati, da tempo non condividevano
un’atmosfera così intima, rassicurante ed anche
familiare, per molti aspetti.
Orlando versò un po’ di whiskey nei bicchieri,
quindi le porse il suo.
“Non credo sia il caso…io reggo poco
l’alcol…”- tentennò lei,
esitando a prendere il bicchiere.
Lui la guardò e fece una smorfia piuttosto buffa.
“Oh andiamo…prendi e bevi…prometto che
non mi approfitterò di te…”- aggiunse
in maniera solenne.
Evie gli sorrise e finalmente afferrò il bicchiere.
“Molto bene…allora, alla
nostra!…”- esclamò lui, prima di bere
tutto in un sorso, salvo poi sbizzarrirsi con una serie di smorfie,
cosa che fece ridere di gusto Evie.
“Ehi…non vale…tu non hai ancora
bevuto…forza!…La bottiglia è ancora
piena e la serata è lunga…”- la
ammonì.
Lei non gli rispose, ma bevve a sua volta, quindi ripose soddisfatta il
bicchierino sul tavolino.
“Oh, adesso ci siamo…”-
osservò lui.
Quindi rimasero in silenzio alcuni istanti, semplicemente godendosi
quel momento di inaspettata armonia fra loro e ritrovata
complicità. Lui la osservava furtivamente, di tanto in
tanto, ma ancora non parlava. Alla fine, si decise a chiederle quello
che gli premeva sapere.
“Come stai?”-
Lei spostò lo sguardo su di lui, con
un’espressione indecifrabile.
“Così…”-
“Mi è dispiaciuto tanto non poterci
essere…ho provato a tornare, ma il volo è stato
ritardato, ho cambiato destinazione per cercare di trovare una
coincidenza ed arrivare in tempo ma non ci sono
riuscito…”- le spiegò mortificato lui,
riferendosi al fatto che non aveva potuto presenziare al funerale, in
quanto bloccato in Europa per la promozione del film.
“Non importa…non ti preoccupare…i fiori
che hai mandato erano stupendi…e anche il
biglietto…sai scrivere delle cose così belle a
volte…”- gli rispose sinceramente grata.
“Bè, se lo dici tu che sei sempre stata la
scrittrice di casa, è di sicuro un bel
complimento…”- osservò sorridendole.
“Ti accontenti di poco…”-
“Non direi…”- precisò lesto,
quindi si versò altro whiskey ed aggiunse: –
“…hai fatto bene a riprendere a
scrivere…mi è piaciuto molto l’articolo
che hai scritto sulle elezioni americane…disincantato,
obiettivo, chiaro…”-
Evie rimase di stucco: non si aspettava certo che lui leggesse la sua
rubrica. Tuttavia, quel complimento le fece un enorme piacere.
“Leggi le mia rubrica?”- domandò
incredula.
“Certo! Perché? Non posso? Compro il giornale come
tutti gli altri e lo leggo…”- le rispose
disinvolto.
“E’ solo che…bè, non mi
aspettavo che leggessi i miei articoli…mi sembra un
po’ strano vista la nostra situazione…tutto
qui…”- rispose, spostandosi una ciocca di capelli
dietro l’orecchio, come era solita fare quando era nervosa. E
la cosa ovviamente non sfuggì ad Orlando, che
però preferì far finta di niente.
“Strano? Boh…non so, non ci ho mai pensato in
questi termini a dir la verità…quindi deduco che
non andrai a vedere il mio film…”-
“E se invece l’avessi già
visto?”- rilanciò lei.
A questo punto fu lui a fissarla con aria incredula.
“Davvero?”_
In tutta risposta lei ridacchiò divertita.
“No…in realtà no…ma non
è detto che non lo faccia…”-
precisò – “…versane ancora
anche a me per favore…”-
Lui non se lo fece ripetere due volte e la accontentò.
“Mi farebbe piacere se andassi a vederlo…magari
non portarci i bambini, perché non è proprio
adatto a loro…però, se hai tempo e non sai cosa
fare, fai un giro al cinema…mi piacerebbe sentire la tua
opinione…”- le disse sincero.
“Perché se qui?”- ripose lei,
guardandolo negli occhi e cambiando repentinamente argomento.
“Te l’ ho detto…sapevo che eri sola a
casa…immaginavo che non stessi granché bene e ho
pensato che ti servisse compagnia…”- le
spiegò.
“Lei sa che sei qui?”- gli domandò
diretta, riferendosi a Neela.
Lui ci pensò un attimo prima di risponderle. Voleva dirle la
verità, ma al contempo non voleva correre il rischio che lei
fraintendesse il motivo della sua visita.
“Ci siamo presi una pausa…ultimamente non andavamo
nella stessa direzione…”- tagliò corto.
E lei non indagò oltre. Aveva pur sempre davanti
l’uomo che aveva amato con tutta se stessa per più
di dieci anni, era impensabile per lei mettersi a consolarlo e ad
incoraggiarlo, tra l’altro proprio in un momento in cui lei
per prima aveva bisogno di consolazione.
Quindi lui si alzò ed osservò alcune foto che
campeggiavano sul camino. Foto di famiglia, di loro due insieme, ma
soprattutto fotografie dei loro figli.
“Sai, non ho mai capito una cosa…”-
buttò lì.
“Cosa?”- gli chiede curiosa.
“Perché Alex non vuole mai
vedermi…intendo, perché si rifiuta di vedermi in
televisione e di guardare i miei film…non ha mai nemmeno
guardato i Pirati dei Caraibi…e pensare che quando
l’ ho girato speravo un giorno di farlo vedere ai miei
figli!”-
“Non fare così…”- gli disse
ridendo – “…e comunque, se
può consolarti qualche settimana fa ha visto il primo
episodio della trilogia…”-
“Allora c’è speranza!”-
esclamò soddisfatto e sollevato.
“Non è che non voglia vederti o rendersi conto di
quello che fai…ma per lui sei solo il suo papà,
un papà che lavora e che va spesso all’estero per
lavoro…il resto non gli interessa…rifiuta i tuoi
film perché sa che sono quelli a tenerti lontano da
lui…”- gli spiegò
semplicemente…comunque adesso ha nove
anni…è un ometto…comincia a
metabolizzare meglio le cose…”-
“Amy però non ha mai fatto
così…eppure è più
piccola…”-
“Amy è diversa…non ha lo stesso
carattere di Alex…lei è solare, sempre
allegra…affronta tutto con spensieratezza e spero tanto che
si mantenga sempre così…sono diversi
Orlando…non puoi pretendere che si comportino allo stesso
modo, né devi trattarli ugualmente…ognuno di loro
va preso in maniera diversa…”- gli fece notare, ma
non con un intento da saputella o da maestrina, bensì con
tenera delicatezza.
“Mi dici come fai?”- le chiese disarmato.
“A fare che?”-
“Quello che fai”- rispose lesto –
“…qualsiasi cosa fai ti riesce bene…sei
sempre sicura, sempre decisa…sai sempre esattamente cosa
fare…non so come ci riesci…è una cosa
che ti ho sempre invidiato…sei così in tutto,
come scrittrice, giornalista, come madre…”-
osservò.
“E’ davvero così che mi vedi? Sicura e
controllata?”-
Lui annuì, mentre lei scosse la testa, sorridendo incredula.
“Sbagli…io non sono così…e
di sicuro non è vero che qualsiasi cosa faccio riesce
bene…guarda noi due…”-
commentò sarcasticamente.
“Bè, eravamo in due…anch’io
ho la mia parte di errori…”- la
rassicurò lui.
“Invece comincio a pensare di no…voglio dire,
comincio a capire perché hai detto che ti sentivi sempre
inadeguato e sotto esame…mi spiace, non era quello che
volevo…”- osservò tristemente,
ricordando le accuse che lui le aveva mosso durante la loro ultima
discussione, dopo l’incidente della doccia. L’alcol
le aveva sciolto la lingua…
“Ma no, no…”- si affrettò a
precisare lui, andando a sedersi accanto a lei –
“…senti, lascia stare quello che ho detto
l’altra volta…ero arrabbiato, ma non lo pensavo
davvero…ho esagerato…in fondo se non ci fossi
stata tu in questi anni, mentre io ero via, i bambini non sarebbero di
certo cresciuti così bene…ho sbagliato tanto
anch’io…ti ho accollato anche la mia parte di
responsabilità come genitore e non è stato giusto
da parte mia…”- le spiegò accorato.
“Perché non me l’ hai mai detto?
Perché non mi hai mai detto come ti sentivi?”- gli
chiese lei in un soffio.
“Non lo so…”- ammise sincero –
“…forse perché non volevo mostrami
debole o insicuro…non so…”-
Evie restò in silenzio alcuni istanti, come per riordinare
le idee, quindi riprese:
“L’unico motivo per cui pensavo di poter affrontare
qualsiasi problema, per cui sembravo così
forte…era averti al mio fianco….”-
aggiunse poi sinceramente con gli occhi lucidi.
Orlando non rispose, e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi,
tanto era lo stupore e l’emozione che sentiva dentro. Aveva
l’impressione che quello potesse essere il momento giusto per
dirle tutta la verità, per farle capire che era pentito di
quello che le aveva fatto, ma temeva di rovinare tutto.
Erano vicinissimi e lei d’istinto gli carezzò un
braccio, attirando la sua attenzione. Finalmente incontrò i
suoi occhioni nocciola; si fissarono per alcuni istanti e poi si
baciarono. Fu un bacio dolce e delicato, che racchiudeva in
sé le emozioni più differenti, come succede a chi
sta insieme da sempre e si conosce alla perfezione.
Lei si staccò da lui e si alzò in piedi,
tendendogli la mano perché la seguisse. Insieme salirono le
scale e si ritrovarono nella loro camera da letto. Orlando era
piacevolmente confuso e stupito; non si aspettava certo che le cose
potessero prendere quella piega, ma non aveva nessuna intenzione di
fermarla. Era come se la rivedesse per la prima volta, come se avesse
di fronte la Evie che aveva conosciuto a quella festa, la stessa
ragazza spontanea e piena di vita. Lei percepì il suo
smarrimento e gli si avvicinò, carezzandogli lievemente una
guancia; poi lo guardò negli occhi, prima di baciarlo
nuovamente, ma stavolta lui la fermò. La osservò
a lungo, carezzandole il viso ed i capelli, quindi la baciò,
con tutto il desiderio e l’amore che si era ostinato a
reprimere in quei mesi. E lei lo stringeva a sé, ricambiando
con altrettanto trasporto ed accarezzandolo piano, lentamente, con
amorevole dedizione
La fece stendere sul letto ed iniziò a spogliarla piano e
con attenzione, mentre lei gli sfilava via il maglione. Una parte di
lui gli suggeriva di fermarsi finché era in tempo, di non
lasciarsi guidare dall’impulso, ma l’altra parte
più istintiva aveva preso il controllo. Voleva stare con lei
e farci l’amore, come se non fosse successo niente, come se
quei mesi d’inferno, di litigi ed incomprensioni fossero
stati solo un incubo. Voleva sentirsi nuovamente sicuro stretto a lei,
amato e coccolato. La baciò a lungo, con passione e
disarmante tenerezza, toccandola sapientemente; si muoveva sicuro sul
suo corpo, quel corpo che conosceva bene, mentre lei assecondava i suoi
movimenti e non smetteva di cercare le sue labbra.
Fare l’amore con lei era assolutamente coinvolgente e
totalizzante, ed era stato così fin dalla prima volta; da
subito avevano saputo creare un’intesa perfetta, avevano
raggiunto un’intimità profonda, che non si
misurava solo col sesso, ma che andava oltre, e che era fatta di
sguardi, gesti, parole appena accennate.
Dopo quella dolce lotta, rimasero entrambi senza fiato, distesi
l’uno vicino all’altra. I loro stati
d’animo, però, erano ben diversi: mentre Orlando
era al settimo cielo, convinto che finalmente le cose fossero tornate a
posto, lei, invece, sembrava assente. Non era stata assolutamente
meccanica, anzi, l’aveva sentita reattiva ed appassionata,
come non era da tempo con lui, ma pareva quasi a disagio ora.
Tuttavia, non volle guastare quel momento di ritrovata quiete,
preferendo tenere quell’impressione per sé. Si
accoccolò meglio contro di lei e si addormentò
profondamente.
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Capitolo 5 *** Cap.5 ***
La mattina dopo Evie si svegliò più tardi del
solito. Si stiracchiò pigramente, rigirandosi sotto le
coperte. Solo allora vide che non era sola e si ricordò di
quanto successo quella notte. Orlando dormiva ancora, girato su un
fianco, col viso rivolto verso di lei. Lo osservò a lungo,
sfiorandogli anche il viso con le dita, in un gesto affettuoso ed
amorevole. Ma nella sua mente la situazione fra loro era
tutt’altro che risolta. Per quanto quell’improvviso
ritorno di fiamma l’avesse spiazzata e colpita, non poteva
dimenticare da un momento all’altro tutta la sofferenza e
l’umiliazione causate dal suo tradimento. Lui le mancava, ma
non poteva permettersi di cedere così, su tutta la linea, in
maniera così affrettata; le serviva del tempo, aveva bisogno
di riflettere, di stare ancora per conto suo, per capire se davvero
sarebbe riuscita a perdonarlo ed a guardarlo ancora con fiducia e
rispetto.
Persa in quei pensieri, controllò distrattamente
l’ora ed ebbe un sussulto: erano quasi le nove e di
lì a poco sua sorella Beth le avrebbe riportato i bambini.
Si alzò svelta infilandosi la vestaglia, quindi
recuperò i suoi vestiti e sparì in bagno. Si
diede velocemente una risciacquata e si vestì in fretta e
furia, prima di tornare in camera da letto.
Orlando nel frattempo si era svegliato e per prima cosa aveva allungato
la mano sul suo cuscino, non trovandola si era tirato un po’
su, guardandosi intorno, ancora assonnato e spaesato. Proprio in quel
frangente Evie uscì dal bagno. Si guardarono per alcuni
istanti, erano lievemente impacciati.
“Buongiorno”- le disse lui sorridendole
teneramente, ignaro dei reali pensieri della donna.
“Ciao…”- gli rispose lei, sistemandosi i
capelli – “Fra poco mia sorella riporta i
ragazzi…è meglio se non ti fai
trovare…scendo a fare del caffè, tu intanto
vestiti, fai presto…”- aggiunse già
distaccata.
Lui naturalmente percepì questo suo atteggiamento freddo,
gli sembrò che volesse nuovamente mettere delle distanze fra
loro.
“Sembra quasi che tu non veda l’ora che me ne
vada…”- osservò sorridendo –
“…capisco che tu voglia dire ai ragazzi che siamo
tornati insieme con più calma, ma non sarebbe una tragedia
se mi trovassero qui…”-
“Non ho mai parlato di tornare con te…”-
precisò lei.
“Ehi aspetta…frena un
attimo…”- le disse, mettendosi a sedere sul letto
e guardandola – “…cosa succede? Stanotte
hai detto che mi amavi, che volevi…”-
cominciò a dire, ma Evie lo interruppe.
“Quello che ho detto o fatto stanotte non conta
nulla…è stata una parentesi, un momento di
debolezza…non avremmo dovuto…”- gli
spiegò, senza però riuscire a guardarlo negli
occhi.
A quel punto Orlando, che pensava di aver risolto le cose, fu costretto
ad un brusco risveglio e sentì solo una gran delusione.
“Non è vero…senti, capisco che tu possa
essere spaventata…magari le cose sono andate troppo in
fretta, ma non posso credere che stanotte non abbia significato niente
per te…erano anni che non facevamo l’amore
così, con questo trasporto,
quest’intensità…”-
“E’ stato solo sesso…non dargli
più importanza del dovuto…”-
tagliò corto lei.
Lui la guardò incredulo, confuso, deluso. Non poteva credere
alle sue orecchie, non riusciva ad accettare di essersi sbagliato, di
aver frainteso.
“Pensavi davvero che bastasse questo per farmi tornare
indietro? Eri davvero convinto che bastasse una notte di sesso
perché ti perdonassi e dimenticassi l’umiliazione
di un tradimento sbattuto su tutti i giornali?”-
rilanciò lei nervosamente.
“Ovviamente no, ma speravo che fosse un punto di
partenza…”- precisò lui.
“Bè, hai pensato male…non posso
dimenticare quello che è successo…non posso
dimenticare dall’oggi al domani quello che hai
fatto…non è stato solo un tradimento
Orlando…se fosse stato solo quello col tempo avrei potuto
passarci sopra…tu mi hai detto che ti eri innamorato di
lei…”- gli fece notare –
“…e poi vieni qui, ci facciamo una bevuta e
siccome le cose con quella non funzionano pensi che io ti riprenda a
casa come se niente fosse?”- concluse seccamente.
Colto nel vivo, Orlando si affrettò a ribattere:
“Oh andiamo…stanotte sapevi esattamente cosa
stavamo facendo…non eri affatto sbronza…non ti ho
chiesto nulla, tantomeno di tornare a casa subito…ma credevo
che ci avresti pensato…non possiamo mandare tutto
all’aria così…io non
voglio…e non lo vuoi nemmeno tu, altrimenti avresti
già fatto preparare le carte per il divorzio dal tuo
avvocato…”-
Queste sue ultime parole presero decisamente in contropiede Evie, che,
tuttavia, non volle darlo a vedere.
“Bè, io…me ne sono
scordata…sono successe troppe cose tutte
insieme…”- si giustificò faticosamente
– “Perché vuoi tornare? Lo fai solo per
Alex ed Amy?”- gli chiede poi.
“No…lo faccio anche per loro, si, ma soprattutto
per noi due…”- cominciò a dirle. Ma
capì che lei aveva giustamente bisogno di qualcosa di
più per provare a fidarsi nuovamente di lui e credere ancora
nel loro rapporto, quindi aggiunse:
-“…io ti amo ancora Evie…lo
so che ho sbagliato e ho combinato un casino…ma in
realtà non ho mai smesso di volere te…ho fatto un
errore, ma non ero innamorato davvero…è stata una
sbandata…mi sono perso, a volte capita di perdersi, no? Ma
adesso so cosa voglio fare e dove voglio stare…il mio posto
è con te…se mi vuoi ancora…so che
è difficile e che hai bisogno di tempo e ti prometto che ti
lascerò tutto il tempo che ti serve…”-
le disse sincero.
Evie lo aveva osservato attentamente mentre le parlava. Lo conosceva
bene, era sicura che fosse stato sincero, ma al contempo era
spaventata; temeva di affrettare i tempi, di sbagliare, di illudere i
loro figli, forse temeva soprattutto la possibilità che un
domani si potesse ripresentare la stessa situazione, cioè
che lui si ‘perdesse’ nuovamente. E non era certa
di voler correre il rischio…
“Mi dispiace…è
tardi…”- rispose lapidaria. -
“C’è un altro…”-
rincarò la dose per convincerlo.
“Non dici sul serio…”-
rimarcò incerto.
“Si invece…”-
“E chi è?”-
“Non penso siano affari tuoi…comunque lavora alla
redazione…”- mentì.
“Brava Evie…cos’è stata? Una
specie di ripicca?”- osservò rabbiosamente,
alzandosi e rivestendosi in fretta.
“No, niente di tutto questo…è stato
solo un momento di debolezza…per tutti e
due…”- gli rispose con determinata calma.
Lui si limitò a fissarla, senza aggiungere altro, quindi
uscì dalla loro stanza e raggiunse la porta.
Mentre lui usciva i ragazzi stavano rientrando accompagnati a sorpresa
dalla nonna Violet, la madre di Evie. La donna notò
l’espressione tirata e nervosa di Orlando, ma fece finta di
nulla, visto che c’erano i nipoti e si limitò a
salutarlo.
“Papi!!”- esclamò subito Amy vedendolo e
gli saltò praticamente in braccio.
“Ciao piccola…come sta la mia
principessa?”- le domandò lui, abbracciandola
forte.
“Bene…la nonna ci ha fatto la torta al
cioccolato…”- gli rispose soddisfatta –
“…e poi ho giocato coi
cuginetti…”-
“Brava la mia cucciola…”- le disse,
baciandole la fronte – “…e tu campione,
cosa mi racconti?”- domandò ad Alex,
scompigliandogli i capelli.
Il bambino fece spallucce.
“Sono stato a pescare con lo zio Jack…abbiamo
preso tre trote…”-
“Davvero? Bravissimo…uno di questi giorni ti ci
riporto allora…”-
“Come mai sei qui? Ci aspettavi?”- gli chiese Alex.
“No…e si…cioè, sono capitato
da queste parti e ho fatto un salto…giusto per vedere se
eravate già a casa…per fare colazione
insieme…ma ora è tardi e devo scappare al
lavoro…”- mentì.
“Ah…capito…”-
osservò il bambino.
“Ma domani prometto che passo a prendervi e stiamo tutto il
giorno insieme, va bene?”-
“Siiii!!”- esclamò contenta Amy, che era
comprensibilmente più facile da corrompere.
“Ok…”- rispose anche Alex, molto meno
convinto.
“Allora a domani ciurma…mi raccomando, fate i
bravi eh?”- aggiunse.
Quindi salì in macchina e ripartì velocemente,
mentre i ragazzi entravano in casa con la nonna.
Più tardi, quella stessa mattina, mentre Amy ed Alex
guardavano un cartone in televisione, Evie era in cucina con sua madre.
Violet si era limitata ad osservarla con aria sorniona, senza dire
nulla, non le aveva chiesto spiegazioni né l’aveva
tartassata di domande, ma aveva intuito che tra sua figlia ed il genero
fosse successo qualcosa. Le era bastato vedere l’espressione
di Orlando appena arrivata e quella di Evie poco dopo.
“Pensavo passasse Beth a riportarmi i
ragazzi…”- le disse ad un certo punto la figlia,
finendo di riordinare la cucina e mettendosi finalmente a sedere per
bersi un caffè con la madre.
“L’idea era quella, ma ho preferito riaccompagnarli
io, giusto per stare un altro po’ con
loro…”- le spiegò.
“Hai fatto bene…anzi, dovresti venire a trovarci
più spesso…”- osservò.
“Evie, mi vuoi dire cosa succede?”- le
domandò di slancio sua madre. Sapeva quanto sua figlia
potesse essere testarda ed era certa che se non glielo avesse chiesto
esplicitamente lei non le avrebbe mai parlato spontaneamente.
“Niente…perché me lo chiedi?”-
“Per favore…sono tua madre…ti conosco
da una vita…mi pare evidente che è successo
qualcosa con Orlando…vuoi spiegarmi?”- riprese.
Dal momento che anche Violet era ostinata quanto la figlia, Evie decise
che era meglio vuotare il sacco subito, per evitarsi un lungo ed
estenuante terzo grado. Le raccontò tutto, della sua visita
della sera prima, dei loro discorsi, di quella complicità
ritrovata, della notte passata insieme ed anche del brusco risveglio.
“Lo so che pensi che abbia sbagliato, ma prima di dare
ragione a lui, come sempre, mettiti nei miei panni…non mi ha
solo tradita, il che di per sé era già grave, ma
si è innamorato di un’altra…ed ora fa
marcia indietro e dice che si è sbagliato…come
posso fidarmi ancora?”- le spiegò accorata.
“Prima di tutto io non ho ancora aperto
bocca…secondo poi non è vero che sono sempre
dalla parte di Orlando…se alle volte sono stata
più indulgente e malleabile con lui è solo
perché mi faceva tenerezza…la giungla di
Hollywood deve essergli sembrata un asilo nido in confronto alla
famiglia Parker!”- osservò –
“…capisco le tue
paure…però…”-
“Però?”-
Sua madre fece un lungo sospiro, conscia che quello che stava per dire
non sarebbe piaciuto alla figlia, quindi riprese:
“Tu sola puoi sapere se ne vale la pena…tu cosa
vuoi? Vuoi dargli un’altra possibilità?”-
“Io…io vorrei sapere cosa fare…ma non
lo so…se tornassi con lui so già che sarebbe
tutto diverso…io sarei diversa…”-
“Bè, diverso non significa per forza peggiore
tesoro…le fece notare Violet.
“Non potrei più fidarmi…ero sicura che
non mi avrebbe mai fatto del male, ero convinta che non ne fosse
capace…e invece….”-
“Senti, so che ti senti ferita e confusa…ma non
lasciarti guidare dalla rabbia e
dall’orgoglio…E’ stato con
un’altra, ha sbagliato, è vero…ma un
domani potrebbe succedere anche a te di sbagliare ed in quel caso credo
che vorresti che lui ti stesse a sentire…”-
osservò.
“Parli bene tu…sei stata sposata per 40 anni con
l’uomo migliore che potessi
desiderare…papà ti
adorava…”- le fece notare Evie.
Violet si fece improvvisamente seria ed i suoi occhi lucidi. E la sua
commozione non era dovuta alla nostalgia ed alla malinconia per la
recente perdita del marito, ma aveva radici più profonde.
“E’ vero…tuo padre era un uomo
meraviglioso…ma non era perfetto…anche lui ha
avuto una relazione extraconiugale…”-
“Cosa? No, non dici sul serio…non può
essere…”- rimarcò la figlia incredula.
“Invece si…”- precisò.
“Ma come…come può essere?
Perché non ci hai mai detto nulla? Io non mi sono mai
accorta di nulla e nemmeno Emma e Beth…siete sempre andati
d’accordo…”-
“Bè, prima di tutto non sono cose che si possono
dire ai figli…sono sempre stata del parere che quello che
accade fra marito e moglie debba restare fra loro, i figli non
c’entrano…è successo poco dopo la
nascita di Emma…tu avevi 8 anni e tua sorella
10…ricordi che vi dicemmo che papà sarebbe andato
in Francia per lavoro?”-
“Si…si, mi pare…anzi, adesso che mi ci
fai pensare me lo ricordo bene…era stato fuori a lungo, un
paio di mesi credo…”- rammentò.
“Non era in Francia…era a casa di sua
sorella…avevo scoperto che aveva avuto una storia con una
sua dipendente e l’avevo cacciato di
casa…però a voi abbiamo propinato la bugia del
viaggio di lavoro ovviamente…eravate ancora piccole e non
volevo farvi soffrire per niente…”-
“Non riesco a crederci…mi sembra così
strano…”- ammise Evie.
“Lo so…ma è
così…negli ultimi mesi prima della nascita di
Emma avevamo avuto dei problemi, discutevamo spesso…e lui ha
perso la testa per quella ragazza…si chiamava
Cindy…Cindy Mitchell…era giovane, esuberante,
pendeva dalle sue labbra, lo venerava e lo reputava
perfetto…cosa che io non facevo da tempo…ero sua
moglie e conoscevo a menadito tutti i suoi difetti, così
come i suoi pregi…una mogli deve saper incoraggiare ma anche
strigliare all’occorrenza..e tuo padre si era
stufato…perciò ha scelto di lasciarsi lusingare
da una ragazzina condiscendente…ma è durata poco
e mi ha giurato che era pentito e che non l’avrebbe
più rifatto…”-
“E tu l’ hai perdonato…”-
osservò la figlia.
“Si…all’inizio è stata
dura…mi sentivo ferita, umiliata…proprio come
te…ma poi, proprio stando lontani, ho capito quanto in
realtà mi mancasse…non potevo stare senza di
lui…il matrimonio è un compromesso
tesoro…è molto più complicato di
quanto si creda, è come stare in equilibrio su un
filo…bisogna collaborare, venirsi incontro…essere
pronti ad accettare gli errori
dell’altro…”-
“Ma dopo com’è stato? Voglio dire, le
cose tra voi funzionavano?”- le domandò.
“Direi proprio di si, visto che nessuna di voi si
è mai accorta di nulla! I primi tempi dopo questo piccolo
incidente di percorso sono stati un po’
singolari…sembrava che entrambi camminassimo sulle uova, ma
poi le cose si sono sistemate naturalmente…ed eravamo
più affiatati di prima…diciamo che
quell’errore è servito molto a tutti e
due…abbiamo imparato ad ascoltarci davvero, a venirci
incontro, ad accettare più volentieri il
compromesso…siamo stati ancora felici…e se
tornassi indietro rifarei la stessa scelta…”-
concluse accorata.
“Io ho bisogno di ancora un po’ di
tempo…”- ammise l’altra.
“Certo, lo capisco…quello che non afferro
è come mai tu gli abbia mentito, dicendogli che hai un
altro…”-
“Non so…per scoraggiarlo credo…in
realtà l’ ho detto senza pensarci…mi
è uscito così…”- rispose.
“A volte sai essere così complicata…ti
costava tanto dirgli la verità? Ammettere che sei confusa e
che hai bisogno di rifletterci? Sono sicura che ti avrebbe lasciato il
tempo necessario per capire e valutare le cose…”-
la rimproverò.
“Per favore eh…non cominciare a
sgridarmi…ho fatto quello che sentivo…vedremo
come andranno le cose…ora sono troppo confusa anche solo per
pensarci…e poi a dirtela tutta temo che lui sia venuto qui
soltanto perché è in rotta con
quella…”- ammise infine.
“Oh ti prego! Non essere assurda! Ti ha detto che ti ama, che
vuole stare con te e che è pentito…che avrebbe
dovuto dirti di più?”- le fece notare.
“Non lo so…io…io credo di aver
paura….”- ammise non senza fatica.
“Paura di cosa esattamente?”- la incalzò
la madre scrutandola.
“Di fare la cosa sbagliata…di perdonarlo e poi
rinfacciargli che mi ha tradita al primo litigio…di non
fidarmi più di lui, di diventare una di quelle mogli
sospettose che controllano nelle tasche delle giacche e dei
pantaloni…ma soprattutto, ho paura che torni con me per
abitudine e non perché è davvero quello che
vuole…”- concluse.
“Tesoro…”- le disse Violet, posando una
mano su quella della figlia – “…le tue
paure sono assolutamente comprensibili…ma solo tu puoi
sapere se vale la pena di rischiare o meno…anche volendo,
non potrei aiutarti…posso solo dirti che quando è
capitato a me, ho deciso di rischiare e non ne sono affatto
pentita…prenditi del tempo, pensa, rifletti e quando sarai
pronta, deciderai cosa fare…cerca di stare tranquilla, al
momento giusto saprai prendere la decisione migliore per te e per la
tua famiglia…” la rassicurò la madre.
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Capitolo 6 *** Cap.6 ***
Dopo quell’imprevisto ritorno di fiamma tra Evie ed Orlando,
i due non tornarono più sull’argomento, anzi,
cercavano di tenersi il più possibile alla larga e di
circoscrivere i loro contatti alla consegna dei bambini. Orlando
passava da casa a prenderli, si fermava giusto cinque minuti e poi se
ne andava con loro e lo stesso accadeva quando li riportava. Si
limitavano a scambiarsi qualche parola sul tempo o sui figli, quasi
come fossero due estranei.
Erano entrambi molto tesi ed impacciati, pure se con stati
d’animo diversi. Evie si sentiva quasi in colpa per la
reazione avuta e si era pentita di aver detto ad Orlando di avere
un’altra storia. Purtroppo era solo impaurita, temeva di aver
sbagliato a cedere, a concedersi quel momento di debolezza ed era
convinta di essere per lui solo una sorta di ripiego, quel porto sicuro
dove tornare dopo una delusione.
Orlando, invece, era deluso ed arrabbiato: si sentiva preso in giro ed
era convinto che lei si fosse comportata così solo per
ripicca, per rendergli pan per focaccia e, in fondo, una parte di lui,
che puntualmente si ostinava a non ascoltare, non riusciva a biasimarla.
Intanto il tempo passava e, se Evie si era buttata nel lavoro, per
distogliere la sua mente da altri pensieri, Orlando, sentendosi
rifiutato, aveva finito per cedere ancora una volta a Neela. Ed
esattamente come era successo la prima volta, anche in
quest’occasione la stava usando per dimenticare i problemi
con Evie, per stordirsi e non pensare a niente. E Neela era proprio
quello che gli serviva: era giovane, smaliziata e, nonostante il
carattere fumantino e ribelle, con lui era assolutamente arrendevole.
Orlando non era ancora riuscito a capire se si comportasse
così con lui in nome di un sentimento profondo e radicato o
se più semplicemente e meschinamente lo considerasse una
sorta di gallina dalle uova d’oro che le avrebbe permesso di
spiccare il volo e di entrare in pianta stabile nel dorato mondo del
cinema, ma la cosa non lo angustiava più di tanto. Lei lo
faceva star bene e non gli creava problemi, almeno per il momento.
Inoltre, aveva finalmente deciso di rivolgersi ad un legale per
ottenere il divorzio. Ormai gli sembrava l’unico passo
sensato: aveva cercato di ricucire con sua moglie, ma lei lo aveva
respinto e rifiutato, quindi ora voleva chiudere per sempre quel
capitolo e darle quello che evidentemente doveva volere anche lei.
Quel pomeriggio era appena tornato dall’appuntamento col suo
avvocato. Era un po’ stanco e pensieroso. Si versò
da bere e si mise a sedere sul divano. Poco dopo Neela
rientrò, carica di pacchetti, dopo l’ennesima
maratona di shopping.
“Ciao amore!”- gli disse pimpante.
“Ciao…”- gli rispose lui molto meno
entusiasta.
“Giornataccia?”- domandò lei, posando le
buste all’ingresso, sfilandosi la giacca e raggiungendolo in
salotto.
“No…sono solo un po’
stanco…”- tagliò corto. Non aveva
voglia di darle troppe spiegazioni.
“Capisco…sei stato
dall’avvocato?”-
“Si…non dovrebbe volerci
molto…parlerò con lei per sapere se ha intenzione
di rivolgersi ad un legale di sua fiducia o se si fida del
mio…”- le spiegò.
“Bene…allora presto sarai libero a tutti gli
effetti…”- osservò allegramente lei.
“Si…così pare…”-
rimarcò, bevendo l’ultimo sorso dal suo bicchiere.
“Allora dobbiamo festeggiare…”- riprese
lei con tono suadente – “…ora vado di
là e riempio la vasca, poi mi raggiungi e ci facciamo un bel
bagno rilassante insieme, ti va?”- concluse ammiccando.
In realtà quello che voleva davvero Orlando era sapere chi
stesse frequentando Evie e perché l’avesse
respinto, era questo il tarlo che lo stava divorando da quella mattina,
era assurdamente ed anche intempestivamente geloso della sua quasi ex
moglie.
Ma ovviamente doveva tenersi queste considerazioni per
sé…
“Mi sembra un’ottima idea…tu intanto
vai…arrivo subito…”- le disse,
sforzandosi di sembrare coinvolto.
Mentre Neela preparava la vasca, fece una brave telefonata ad Evie. In
casa però non c’era nessuno, solo la segreteria
telefonica, che era ancora la stessa che avevano registrato insieme. Le
lasciò un breve messaggio: < Sono io…ho
bisogno di parlarti…passo domani alla solita ora a prendere
i bambini…fatti trovare…>.
Quindi si alzò e raggiunse la ragazza in bagno. Si fece
coccolare e finirono, come spesso succedeva, per fare
l’amore. Ed altrettanto puntualmente Orlando si rendeva conto
che quello che lo legava a Neela era solo sesso, niente a che vedere
con ciò che aveva costruito con Evie e che aveva provato
quella notte con lei. Stava semplicisticamente applicando la legge del
chiodo scacciachiodo, ma sapeva bene che non avrebbe potuto continuare
così a lungo, perché non era innamorato di lei.
Il giorno dopo, come preannunciato dal messaggio lasciato in
segreteria, Orlando passò a prendere i bambini per portarli
a casa sua.
Lo accolse Rosa, una signora di circa quarantacinque anni, di origine
argentina, che Evie aveva assunto da poco per darle una mano con la
casa, dato che col lavoro ed i bambini non aveva più molto
tempo ed un aiuto le faceva comodo.
“Buenas dias seňor Orlando, prego, entri... Alex ed
Amy sono quasi pronti…“- lo accolse.
“Salve Rosa…la signora è in
casa?”-
“Si, è in cucina…”-
“Bene, la raggiungo là…intanto
controlli i bambini per favore…”- le chiese.
La donna annuì ed andò di sopra, mentre lui si
spostò in cucina. Evie era lì, stava consultando
un ricettario e sembrava molto concentrata.
Lui si schiarì appena la voce, per attirare la sua
attenzione.
“Ciao…”- gli disse lei, alzando lo
sguardo ed incontrando suoi occhi.
“Sono passato a prendere i ragazzi…”-
“Si si…ho sentito il tuo
messaggio…è successo qualcosa?”- gli
chiese, cercando di mascherare la sua agitazione e l’emozione
che, nonostante tutto, sentiva ogni volta nel rivederlo.
“Volevo solo avvisarti che sono stato
dall’avvocato…nel giro di poche settimane i
documenti per il divorzio saranno pronti…te ne
farò avere una copia, così potrai farli vedere al
tuo legale…”- le disse senza tanti giri di parole.
“Oh…va bene…”- rispose. Non
poteva negare che quella fosse una doccia gelata.
“Che c’è? Sei stupita?”-
osservò lui scrutandola.
“Bè…io…no, dopotutto ho
visto le tue foto…sei tornato con lei…quindi
immagino che avrai…che avrete fretta”-
“Risparmiami queste cazzate…”-
ribattè lesto lui avvicinandosi –
“stavolta non ti permetto di fare la parte della povera
vittima…non è quello che volevi? Hai un altro,
no? Quindi con chi sto o non sto io non conta…saremmo
arrivati comunque a questo punto, l’ hai voluto
tu…”- le fece notare.
Evie sapeva che questa volta lui aveva ragione ma non voleva dargli
soddisfazione, assecondando, ancora una volta, il suo orgoglio.
“Io? Questa è bella! Sono forse stata io ad
andarmene di casa?”- rilanciò.
“Sai benissimo di cosa parlo…Io avrò
anche sbagliato, ma almeno ho ammesso i miei errori…un
po’ tardi forse, ma l’ ho
fatto…”-
“Doveva essere un pentimento davvero sentito e profondo,
visto che dopo nemmeno dieci giorni sei tornato con
quella…”- lo punzecchiò.
“Tu fai la predica a me? Tu, che sei stata a letto con me pur
frequentando un altro?…un comportamento del genere come lo
definiresti?”- la provocò.
Quell’atteggiamento aggressivo ed arrogante ebbe su Evie un
effetto controproducente. Se prima aveva pensato di dirgli la
verità e di ammettere di amarlo ancora e di avergli mentito
sulla sua presunta nuova relazione, ora era più che mai
convinta di aver fatto la cosa giusta.
“Direi che non è certo peggio del comportamento
della tua attuale ragazza, che predilige gli uomini
sposati…ma la colpa non è nemmeno
sua….è solo di quelli come te, che per ragionare
usano un organo molto distante dal cervello…e pensare che
c’ero quasi cascata alla storia del
pentimento…fortunatamente ho ancora un briciolo di
lucidità”- rispose con determinata calma.
“Io voglio sapere perché mi hai preso in
giro…”- riprese lui deciso, facendosi ancora
più vicino.
“Non so di cosa parli…”- rispose lei,
cercando di allontanarsi, ma lui glielo impedì,
frapponendosi fra lei e l’isolotto della cucina.
“Invece si…ce l’avevi in mente
dall’inizio vero? E devo ammettere che l’ hai
pensata bene…venire a letto con me e poi darmi il
benservito…un ottimo modo per
vendicarti…”- commentò con una punta di
malcelata rabbia.
“Per te è tutto un gioco vero? Si riduce tutto a
quello….io ero innamorata di te, mi fidavo…sei
stato tu a prendermi in giro…di sicuro avrò fatto
i miei errori, avrò sbagliato anch’io con te, ma
tu non ne hai mai parlato…non mi hai mai detto nulla, ti
comportavi come se andasse tutto bene…e alla fine te ne sei
uscito con la storia, scontata peraltro, della moglie pesante e
soffocante…comodo no? Solo che mi sarei aspettata un
po’ più di fantasia da uno che nella vita fa
l’attore…forse la verità è
che sai recitare meglio con te stesso…”- rispose
lei, per niente intimorita dal suo atteggiamento.
Lui fece qualche passo indietro, come se accusasse il colpo.
“Bene…allora divorziare è
senz’altro la cosa migliore che possiamo
fare…”- chiosò.
Quindi rimasero entrambi in silenzio, senza neppure guardarsi. Lui fece
per uscire dalla cucina, ma poi tornò indietro e riprese:
“Io sarò anche uno stronzo ed il peggiore degli
uomini…ma ero pronto a ricominciare e lo sai…se
finisce così è per colpa
tua…perché come sempre dai retta solo al tuo
orgoglio, quindi sai che ti dico? Tieniti il tuo orgoglio…ma
se un giorno dovessi cambiare idea, non sperare di
trovarmi…”- aggiunse freddamente.
Detto questo, si avviò verso l’ingresso, dove si
sentiva il vociare di Alex ed Amy ed uscì con loro.
Evie restò in cucina, in preda ad una miscela di sentimenti
contrastanti. Puntualmente, ogni volta che aveva discusso con Orlando
durante il matrimonio e non solo, pur se sapeva di avere ragione, lui
riusciva a farla sentire in dolo, a metterla all’angolo. Ed
anche stavolta non era stato da meno, in pratica l’aveva
incolpata della fine del loro matrimonio ed aveva insinuato in lei il
tarlo del dubbio. Se mai avesse cambiato idea, lui non
l’avrebbe perdonata. Atteggiamento tipicamente suo. Evie si
sentiva spiazzata, ma anche arrabbiata e tremendamente nervosa.
Perciò, giusto per allentare la tensione, decise di andare a
far visita a sua sorella Emma, che da tempo le chiedeva di passare da
lei per consigliarla sull’arredamento del suo nuovo
appartamento.
La piccola di casa Parker fu piuttosto sorpresa di vederla arrivare.
“Ehi, chi si vede!”- le disse accogliendola
– “quasi non ci speravo
più…”- aggiunse vispa.
“Invece eccomi qua!”- rispose lesta Evie, quindi si
guardò intorno – “Bene bene
bene…bello, davvero bello, mi piace! Spazioso, luminoso,
accogliente…vedrai che non ci vorrà molto per
sistemarlo…”-
“Dici? Lo spero anche perché le mie finanze non
sono illimitate…già ho la spada di Damocle del
mutuo da pagare…non posso fare follie per un
po’….”- osservò
l’altra.
“Non preoccuparti, vedrai che troveremo quello che fa al caso
nostro…ho portato un sacco di riviste, di sicuro
c’è quelli che cerchi…”- le
disse Evie.
Quindi le due si misero a sfogliare le riviste di arredamento
e passarono così occupate gran parte del pomeriggio. Era
proprio quello che sperava Evie: tenere la mente impegnata e non
pensare a nulla, tantomeno ad Orlando.
Peccato però che sua sorella minore avesse una specie di
radar e riuscisse sempre e comunque ad intuire quando qualcosa non
andava…
“Allora, ora che abbiamo deciso come arredare il mio rifugio,
dimmi di te…come va? Mi sembri
pensierosa….”- esordì Emma, prendendola
alla larga.
“Chi? Io? No, no…sto bene…i bambini
stanno bene…il lavoro va bene…”-
“Tutto bene insomma…”-
sottolineò l’altra con aria furba.
“Si, direi di si…non ci credi vero?”-
“Per niente!”-
“Ecco, lo sapevo…”-
“E’ inutile Evie…tu le balle non le sai
proprio raccontare….è più forte di
te…avanti, sputa il rospo! E scommettiamo che so come si
chiama?”- aggiunse ridacchiando.
“Divertente…sei davvero
comica….”-
“Si eh? Però non sbaglio….che succede
ancora tra voi?”- riprese, arrivando al nocciolo della
questione.
Quindi Evie non poté fare a meno di raccontarle gli ultimi
avvenimenti, compresa la notte passata con lui, omettendo
però la rivelazione della madre sul tradimento del
padre…
Emma rimase alcuni istanti in silenzio, con un’espressione
adorabilmente concentrata.
“Dunque…penso sia stato geniale da parte tua
dirgli che hai un altro…il tarlo della gelosia funziona
sempre…ti fa molto novella Desdemona…con Otello
ha funzionato….”- osservò.
“Si, ma non è esattamente la sua fine che spero di
fare….”- sottolineò l’altra.
“Vabbè, adesso non guardare il pelo
nell’uovo….dicevo, l’idea era buona, ma
dovevi essere più vaga…”-
“Cioè?”-
“Cioè avresti dovuto insinuargli il
dubbio…fargli capire che qualcuno ti ronzava
intorno…il messaggio subliminale doveva essere
‘ehi cocco, se non righi dritto, ho le mie riserve in
panchina pronte a consolarmi ’ e non ‘troppo tardi
dolcezza, i supplementari sono finiti
’….”- concluse con l’aria di
chi la sa lunga.
In tutta risposta, Evie cominciò a ridere di gusto.
“Bè? Si può sapere che hai da ridere?
Insolente!”- protestò l’altra
rifilandole una linguaccia.
“Scusa….scusami tesoro…è che
sei così buffa quando fai questi discorsi…e
così tremendamente convinta….”- disse
ancora, tra una risata e l’altra.
“Certo che lo sono…e ho ragione…se solo
qualcuno mi ascoltasse, capirebbe che è vero!”-
“Ok…scusa…”- riprese Evie,
ricomponendosi – “vorrei davvero che bastasse
questo…ma ormai con Orlando è talmente finita che
dovrebbero inventare un altro termine…”-
osservò più seriamente e con un certo rammarico.
“Non credo…però…penso che
stavolta abbia ragione lui…capisco i tuoi dubbi e le tue
paure…ma avresti dovuto essere sincera e
dirglielo…insomma, lo accusi di averti taciuto i problemi,
di non averti mai detto come si sentisse….e poi tu fai lo
stesso? non so…sembra quasi che tu…”-
cominciò a dire ma poi si interruppe.
“Cosa? Sembra che io cosa?”- la incitò
l’altra incuriosita.
Emma sospirò a lungo, poi riprese:
“Bè, ecco…sembra che tu tema il
giudizio degli altri… che tu abbia paura che possano
cambiare idea su di te se mostri loro le tue
fragilità….”-
“Ma no…io non…non sono
così…non è
vero…”- protestò.
“Allora perché non gli hai detto la
verità?”- rilanciò.
“Non lo so…”- ammise stancamente.
“Lo vedi?”-
“Io credo che sia inutile starne a parlare…ha
dimostrato che le mie paure sono fondate…era talmente
pentito che dopo il mio rifiuto è tornato subito a farsi
consolare da quella…”- osservò
sarcastica.
“L’ hai detto sorella…la parola chiave
è rifiuto…si è sentito respinto,
rifiutato…e un uomo rifiutato cosa fa? Si butta nella
braccia della donna condiscendente e remissiva…è
un classico…chiamalo orgoglio, chiamala debolezza, ma
è una reazione spontanea…”-
“Quindi è colpa mia…”-
constatò stancamente.
“E’ colpa di tutti e due, perché siete
due testoni…io la soluzione ce
l’avrei…vi chiuderei entrambi in uno
stanzino…o vi massacrate o fate una maratona di
sesso…”-
“Emma!”- la richiamò.
“Che c’è? Io dico che prima vi
massacrate e poi fate l’amore…è
matematico…dalle grandi liti nascono le grandi
passioni…pensa alla Taylor con
Burton….”-
“Ok…mi arrendo…sei troppo in forma oggi
per poterti contraddire…ora torno a casa…quando
sei libera fammi uno squillo, così andiamo a fare incetta di
mobilio….”- le disse Evie salutandola.
“Certo..quando vuoi sono qui, ok?”- rispose
l’altra abbracciandola.
Era incredibile: nonostante Emma fosse la più piccola, alle
volte si dimostrava inaspettatamente equilibrata, pur dietro
quell’aria scanzonata di chi non prende nulla sul serio.
Rientrata nella sua casa vuota, Evie ripensò alle parole
della sorella e capì che forse, sotto sotto, non aveva del
tutto torto. Si mise a riguardare le foto sue e di Orlando, quelle
delle prime vacanze trascorse insieme, del matrimonio, con i bambini
piccoli. Quei tempi le sembravano così lontani ora. Eppure
erano stati felici! Se toglieva la patina della rabbia e della
delusione scaturiti dal suo tradimento, riusciva a ricordare
esattamente come si sentiva quando stavano insieme; ricordava
perfettamente il sapore del primo bacio che si erano scambiati nello
stanzino del guardaroba del ristorante che aveva fatto da cornice alla
loro prima cena; oppure l’espressione nervosa ed
adorabilmente tenera di Orlando il giorno in cui le chiese di sposarlo
o quella assonnata ed arruffata della mattina appena sveglio o ancora
quella che gli si era dipinta sul viso non appena gli avevano messo fra
le braccia Alex e poi anche Amy…Erano frammenti di vita
vera, di una famiglia che forse non si sarebbe più
ricomposta. E di certo non era questo che voleva, non era
così che doveva finire.
Non era giusto per i loro figli, né per lei. Da quanto tempo
non pensava a cosa fosse meglio per lei? Da troppo. Forse aveva davvero
ragione Harry, quando le aveva detto ‘ era come se ti fossi
accorta che gli stavi rubando dello spazio magari, della
visibilità…ed hai scelto di metterti
nell’ombra, per lasciarlo scintillare da
solo…’. ; Lo aveva fatto davvero e, se
inizialmente quello doveva restare circoscritto solo alle uscite
pubbliche insieme, alla fine si era trovata intrappolata in quel modo
di comportarsi ed aveva finito per fare lo stesso anche a casa. Si era
come messa da parte, anteponendo le esigenze degli altri, in primis di
suo marito, alle sue.
Ora però era arrivato il momento di pensare a se stessa, se
lo doveva, con o senza Orlando.
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Capitolo 7 *** Cap.7 ***
Eccomi...dopo settimane di assenza rieccomi finalmente col nuovo capitolo! Magari non molti se ne saranno accorti, ma ero ad un punto morto e davvero a corto di idee, ma per fortuna ora sembro aver ritrovato la retta via ( e che Dante mi perdoni!!). Ringrazio chi ha letto e commentato finora, ma soprattutto Amaranta, che mi ha spronata a continuare e Moon, che mi ha fornito un interessante spunto, senza il quale non avrei ripreso a scrivere forse! Grazie care!
Mentre Evie era in preda a questi ripensamenti, Orlando era a casa sua
coi bambini. Avevano passato il pomeriggio fuori, al parco ed erano
andati sui pattini a rotelle, quindi, dopo aver mangiato un gelato
insieme, erano rientrati e si stavano preparando per la cena.
O meglio, Orlando stava preparando della pasta, Amy colorava il suo
album da disegno appollaiata sullo sgabello della cucina ed Alex
cercava di finire i compiti di matematica, anche se in
realtà stava sulla stessa pagina da dieci minuti abbondanti.
“Papà papà…guadda! Ti
piace?”- esclamò la piccola mostrando tutta
soddisfatta il suo disegno.
“E’ bellissimo bambolina! Me lo lasci qui,
così lo tengo?”- osservò Orlando,
avvicinandosi a lei e dandole un bacio in fronte.
La bambina annuì entusiasta.
“Mi metti giù? Voglio guaddare i
cattoni”- aggiunse tendendogli le braccia. Lo sgabello era
piuttosto alto e lei era alta quanto un soldo di cacio.
“Agli ordini! Solo dieci minuti però, poi si
mangia”- le disse suo padre sollevandola prontamente
e mettendola a terra; Amy annuì meccanicamente,
senza ascoltarlo veramente, l’unica cosa che le premeva in
quel momento erano i suoi cartoni, infatti mi mise sul divano ed
assunse la sua solita aria concentrata davanti al plasma.
Orlando tornò a controllare la pasta, poi diede
un’occhiata ad Alex.
“Ehi giovanotto, tutto a posto? Ti serve aiuto con i
compiti?”- gli chiese, mettendosi dietro di lui –
“Ah…le equivalenze…non piacevano molto
nemmeno a me quando andavo a scuola…e temo che ti serviranno
a ben poco nella vita, ma vanno fatte!”- aggiunse.
In realtà aveva notato che suo figlio ogni volta che stava
con lui era apatico, pensieroso, sembrava scontento di stare col padre,
come se lo vivesse come un obbligo ed Orlando non sapeva come
approcciarsi a lui, lo sentiva distante.
“Non fa niente…tanto sono per
dopodomani…mi aiuterà la mamma
domani…”- tagliò corto il ragazzino,
chiudendo il quaderno. Era il suo modo per chiudere le trasmissioni col
padre, evidentemente.
“Come vuoi…”- gli rispose il padre.
Ma poi recuperò due biglietti da un cassetto, si
mise a sedere accanto al figlio.
“Senti Alex, un mio amico mi ha offerto due biglietti per la
partita di Champions League del Manchester United…ti va di
andarci?”- riprese mostrandoglieli.
Finalmente il ragazzo alzò lo sguardo e fissò il
padre: sembrava quantomeno interessato.
“Ma…giocano durante la settimana?”- gli
chiese.
“Bè, credo di si…mi pare sia un
martedì o un
mercoledì…vedrò di informarmi bene
sulla data…”-
“No, non fa niente…durante la settimana
c’è scuola…”-
tagliò corto, tornando a rinchiudersi nel suo guscio.
Orlando però era un uomo molto testardo…
“Eddai…è solo una partita! Che vuoi che
sia! Non succede niente se salti un giorno di scuola o se entri
un’ora dopo!”- gli fece notare.
“Non posso…non si fa…”-
Suo padre fece una strana smorfia, strabuzzando gli occhi incredulo,
forse perché alla sua età avrebbe fatto qualsiasi
cosa pur di non andare a scuola.
“Ah però…che figlio saggio ed
equilibrato! Hai ragione, magari non è bene saltare la
scuola per una partita, ma le regole sono fatte per essere infrante a
volte…sono sicuro che anche la mamma non avrebbe niente da
dire…”-
“Non ci vengo…grazie ma non mi
interessa…”- ribadì e fece per scendere
dallo sgabello per raggiungere la sorellina, ma Orlando lo
bloccò prima.
“Ok, ho capito…non vuoi andarci con
me…ma almeno prendi i biglietti, magari ti ci porta lo
zio…”-
“No, grazie…”-
“Mi dici perché ce l’ hai tanto con me,
eh?”-
“Non voglio niente da te, neanche i tuoi
biglietti…vacci con qualcun altro”- rispose
duramente.
“Ehi ragazzino cambia tono! Che ti piaccia o no sono tuo
padre e non tollero che tu mi risponda
così…”- lo riprese severamente.
“A te non te ne frega niente di noi…sei andato via
di casa, no? Allora lasciami stare! Non c’eri prima e non ci
sei adesso…non è cambiato niente!”-
sbottò contrariato.
“Non sai di cosa parli Alex…”-
osservò in un soffio suo padre, cercando di star calmo.
“Tanto fra un po’ avrai una nuova famiglia, come il
padre di Kevin o quello di Steven…e ti dimenticherai di
noi…ti odio, ti odio!”- continuò.
Ma a quel punto la pazienza di Orlando andò a farsi
benedire. Immaginava che non fosse facile per suo figlio accettare la
situazione, ma non poteva non reagire.
Gli schioccò un ceffone in pieno viso. Se ne
pentì l’istante immediatamente successivo,
naturalmente, dal momento che i ceffoni in genere bruciano
più a chi li dà che a chi li riceve.
Alex lo guardò con aria ferita prima di scappare a chiudersi
in camera sua.
La stessa Amy, che aveva assistito alla scena dal salotto, sembrava
smarrita. Suo padre non l’aveva mai sculacciata e tantomeno
l’aveva fatto con suo fratello. Spalancò la bocca
sgranando gli occhioni ed esclamò in maniera buffa:
“Oh oh…Alex è nei
pasticci…”-
“Vai a lavarti le mani…è
pronto…”- le disse Orlando.
Quella sera lui e la piccola Amy cenarono da soli, Alex non
uscì dalla sua stanza. Rimasero in silenzio, anche se per
motivi ovviamente differenti. Amy si era già scordata di
quanto successo ed era intenta a mangiare i suoi spaghetti, mentre suo
padre era piuttosto pensieroso. Continuava a rimuginare su quanto
successo, pensando ogni volta ad un finale diverso; era pur vero che
Alex si era comportato male e che era andato ben oltre il limite, ma
era altrettanto certo che schiaffeggiandolo avesse incrinato
ulteriormente il loro rapporto, che già era precario.
“Papi…sei rabbiato?”- gli chiese ad un
tratto Amy, col suo buffo modo di esprimersi.
“No…sono solo un po’
triste…”- le rispose, accennandole un sorriso
– “Ma poi passa, non
preoccuparti…”-
Quindi riprese:
“Amy…tu lo sai che ti voglio bene,
vero?”-
“Scì papi, lo so…anche io ti vojio
bene…”- rispose vispa con un tenero sorriso.
“Grazie amore…”- aggiunse lui,
stringendole una manina e posandoci un bacino sopra.
Finirono di cenare, poi guardarono insieme un po’ ti
televisione e intorno alle 9.30, come sempre, Orlando aiutò
la figlia a prepararsi per la nanna. La mise a letto, le lesse una
storia, finché la bimba non si addormentò.
Passando davanti alla porta della stanza di suo figlio si
sentì ancora bruciare la mano. Detestava dover essere
severo, era una cosa che non gli era mai stata congeniale e, se avesse
dato retta all’istinto, sarebbe entrato a fare mea culpa. Ma
non era nemmeno uno stupido e sapeva che essere genitori a volte
comporta anche questo.
Sistemò un po’ la cucina, poi fece scaldare la
pasta rimasta, la mise in un piatto e la portò ad Alex.
“Posso?”- domandò, facendo capolino
dalla porta.
Il bambino stava leggendo un fumetto e gli rispose senza distogliere lo
sguardo dalla sua lettura.
“E’ casa tua…”-
“Ho pensato che avessi fame…”- disse
Orlando, posando il piatto sul comodino e cacciandosi le mani in tasca.
Suo figlio non rispose, guardò di sottecchi il piatto ma
senza aggiungere nulla.
“Forse dovremmo parlare…Alex mi dispiace per lo
schiaffo…lo sai che non mi piace arrivare a questi punti, ma
non posso accettare che tu mi manchi di rispetto…sono tuo
padre e anche se non ci credi o non ti sembra vero ti voglio
bene…”- precisò deciso.
Lui chiuse il fumetto e lo guardò senza dire ancora niente.
“Lo so che è difficile…sono cambiate
tante cose, non abito più con voi…ma non
significa che non ci tenga a voi e che non vi voglia
bene…questo non succederà mai, siete la mia vita,
non basterebbero nemmeno 100 elettroshock per farmi dimenticare di te e
di tua sorella!”- aggiunse, sedendosi sul letto.
“Adesso mi dici con calma cosa ti prende? Hai paura che mi
risposi? Che abbia degli altri figli? Come ti salta in
mente?”-
“Anche ai miei compagni è successo…i
genitori dicevano che andava tutto bene…poi si
dividevano…e il loro papà si metteva con
un’altra donna…il padre di Kevin adesso ha un
altro bambino dalla nuova moglie…e Kevin non lo vede
più…”- gli spiegò
candidamente.
“Ti prometto che non
succederà…”- lo rassicurò.
“Dicevi anche che con mamma andava
bene…”- osservò prontamente Alex,
fissandolo negli occhi.
“Lo so…ma è diverso in questo
caso…non ho la palla di vetro, non so cosa
succederà in futuro, ma so per certo che tu ed Amy siete le
persone più importanti della mia vita e lo sarete
sempre…siete parte di me, sangue del mio
sangue…rinunciare a voi sarebbe come…come
rimanere monco…senza un braccio o una gamba…come
farei a sopravvivere?”-
“Non puoi sistemare le cose con la mamma?”- gli
domandò speranzoso.
E questa domanda colse decisamente in contropiede Orlando.
“E’ complicato…”- ammise
grattandosi la testa.
“Perché? Non le vuoi più
bene?”-
“Si, certo che gliene voglio…senti, non sei
più un bambino e sei sveglio, quindi ti farò un
discorso da grande, ok?”-
E lui annuì, mettendosi a sedere meglio sul letto.
“A volte quando due persone stanno insieme, quando sono una
famiglia, come noi….come la mamma ed io
insomma…bè, a volte capita di pensarla
in modi diversi, di vedere le cose da prospettive diverse…di
avere anche priorità ed obiettivi diversi…e
quando succede l’amore, anche se c’è
ancora, da solo non basta…capisci cosa voglio
dire?”-
“Si, credo di si…però se
l’amore c’è, il resto si può
risolvere no? Non è più difficile il
contrario?”- osservò acutamente.
“Giusta osservazione…si, in teoria
si…però in pratica è più
dura…non sempre si riescono a risolvere i problemi e ad
appianare le cose…Ma quello che devi sempre ricordare
è che comunque vada tra me e mamma, con voi non
c’entra…siamo i vostri genitori e lo saremo a
vita…questo non cambierà mai, mai per nessuna
ragione, intesi?”-
“Si…capito…”-
“Quindi togliti dalla testa tutte quelle strane
idee…non ti liberi di me facilmente signorino!”-
lo prese bonariamente in giro.
E finalmente Alex rise. Questo era in assoluto il regalo più
bello che potesse fare a sui padre!
“Allora? Ci vieni alla partita?”-
“Si!”- esclamò, saltandogli al collo ed
abbracciandolo.
Orlando lo strinse forte, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
“Me la prometti una cosa?”- aggiunse.
Alex lo guardò ed annuì.
“Non crescere troppo in fretta…a volte sei
così posato, così equilibrato…e dici
delle cose così intelligenti…io vorrei illudermi
ancora per qualche anno che tu dipenda da me…ma mi sa che
sei già un ometto..”- osservò fra il
serio ed il faceto.
“Promesso papà…”- rispose
lesto il bambino, sorridendo divertito.
Da quel momento in poi, il rapporto tra padre e figlio si
stabilizzò. Forse era proprio di quello scossone che avevano
bisogno per ritrovarsi.
Ma quella non sarebbe stata l’unica
novità…
La mattina dopo, quando Orlando riportò a casa i ragazzi,
ebbe una spiacevole sorpresa. Stava per parcheggiare l’auto
nel vialetto, come faceva sempre, ma notò che era
già occupato dalla macchina di Evie e da un’altra,
che non aveva mai visto.
Di lì a poco, ancor prima che lui ed i ragazzi scendessero,
vide sua moglie accompagnare fuori di casa una persona: un uomo di
circa 50 anni, dall’aspetto piuttosto giovanile, capelli
scuri, corti, alto e vestito in maniera elegante. Si salutarono in
maniera affettuosa, dandosi un bacio sulla guancia. Sembravano
parecchio in confidenza…
Con una scusa, convinse i ragazzi ad aspettare a scendere, fingendo di
cercare qualcosa nel cruscotto, quindi, una volta che il misterioso
amico di Evie se ne fu andato, li accompagnò in casa.
I bambini entrarono e salutarono allegramente la madre, mentre Orlando
la osservava a distanza, già perso nelle congetture
più disparate. Era convinto che fosse quello
l’uomo di cui lei gli aveva parlato dopo la notte passata
insieme.
“Ciao…”- gli disse lei.
“Ciao…”- rispose asciutto.
“Avete fatto u bravi con papà?”-
domandò ai figli.
Al che Alex si girò ad osservare il padre, in una muta
preghiera perché sorvolasse sul loro bisticcio; Orlando gli
strizzò l’occhio, sorridendo, ma ci
pensò Amy a fare da grillo parlante.
“Alex ha fatto rabbiare
papà…”- spifferò subito con
genuina naturalezza.
“Non è vero…brutta spiona!”-
la zittì il fratello maggiore.
“Insomma che succede? Alex, che hai combinato?”-
domandò Evie, scrutando prima il figlio e poi Orlando.
“Ma niente…non è successo
niente…piccole incomprensioni sull’ora per andare
a dormire…”- mentì Orlando –
“Niente di grave…!”-
Quindi si avvicinò ai figli per salutarli.
“E’ tutto a posto, vero campione?”- si
accertò, carezzandogli la testa.
“E tu signorina dovresti imparare a non fare la
spia…non è bello sai?”- aggiunse
rivolto ad Amy.
Evie mangiò la foglia ed invitò i ragazzi ad
andare a cambiarsi, perché voleva portarli con lei a trovare
la nonna.
Una volta soli, però, ritornò
sull’argomento.
“E’ tutto ok? Cosa nascondete tu e tuo
figlio?”-
Orlando ridacchiò divertito.
“Mio figlio? Ah già…è vero,
quando combina qualche pasticcio diventa solo roba
mia…”- osservò divertito.
“Intanto però non
rispondi….”- gli fece notare.
“Ho risposto prima…non è successo
niente…cose da uomini…”-
tagliò corto.
“Ah…capisco…cose che io non posso
capire immagino…”-
“Immagini bene donna…”-
precisò.
“Ah bè, allora…non
insisto…vi lascio il vostro segreto…”-
“Io non ho nessun segreto…tu invece?”-
ribattè lui.
Lei lo guardò con un’aria a metà fra il
sorpreso ed il curioso.
“No…cosa ti fa pensare che ne abbia?”-
“Mah…non si sa mai…avrai anche tu
qualcosa che vuoi tenere per te…”-
rilanciò, senza però dirle apertamente a cosa si
riferisse.
“Se così fosse non lo direi a nessuno, non ti
pare? Nemmeno a te”- rispose, stando al gioco.
“Questo già lo sapevo…”-
“Sei strano…”- osservò Evie.
“Chi? Io? No…non direi…comunque ora
devo andare…chiamo stasera, così ci organizziamo
per la settimana, ok?”- aggiunse prima di andarsene.
Evie lo fissò stranita mentre si allontanava lungo il
vialetto. Le era parso strano, con tutte quelle domande sibilline e non
capiva dove volesse andare a parare.
A sua volta Orlando era stranamente infastidito per aver visto Evie
così in confidenza con un altro e solo l’idea che
quell’uomo potesse essere il suo compagno lo agitava.
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Capitolo 8 *** Cap.8 ***
Ecco un nuovo capitolo...io mi sono divertita parecchio a scriverlo, spero di riuscire a far sorridere anche voi! Non sono molto brava coi ringraziamenti, ma davvero apprezzo il vostro affetto e i vostri commenti, quindi grazie a tutti coloro che leggono, a chi ha aggiunto questa fic fra i preferiti, ma soprattutto a chi lascia un commento: Amaranta, Moon, Klood Summer89....grazie ragazzuole!!Buona lettura!
Passarono diversi giorni, in cui apparentemente le cose fra Orlando ed
Evie non si smossero. I loro rapporti erano estremamente cordiali, ma
comunque limitati ai bambini ed a conversazioni di ordinaria
amministrazione.
In realtà Orlando era guardingo e si era addirittura messo a
seguire e controllare quella che era ancora sua moglie. Si sentiva
terribilmente stupido ed infantile, ma era stato più forte
di lui. Una mattina era capitato per caso in centro, poco distante
dall'edificio in cui si trovava la casa editrice per cui lavorava Evie.
Aveva sbrigato le sue commissioni ed avrebbe potuto tranquillamente
tornare a casa, ma non lo fece. Alzò gli occhi verso il
settimo piano, chiedendosi cosa stesse facendo Evie; se la immaginava
al computer, intenta a scrivere qualche articolo pungente, col suo
stile brillante ed accattivante. E poteva ricostruire nella sua mente
l'espressione concentrata ed attenta sul suo viso.
Visto che era ora di pranzo, pensò di farle un'improvvisata,
così attraversò la strada e raggiunse la casa
editrice.
La segretaria alla reception lo accolse sorridente con un cortese
"Buongiorno...posso aiutarla?"-
"Si, lo spero...sto cercando la signora Parker...sono...bè,
sono suo marito...tecnicamente..."- le rispose sfoderando uno dei suoi
migliori sorrise. E si sorprese a pensare che se Evie l'avesse visto lo
avrebbe subito preso in giro, dandogli del lumacone.
"Oh certo, so che è suo marito...Evie è uscita
poco fa...è andata a pranzo fuori..."- gli disse giuliva.
"Ah...sarebbe così cortese da dirmi dove è
andata, magari la raggiungo...ero passato proprio per invitarla a
pranzo..."- aggiunse.
"Mi pare di averla sentita parlare col signor Walker del Fifteen, il
ristorante in Westland Place... "- rispose.
L'immediata euforia di Orlando nell'aver ottenuto l'informazione che
voleva si tramutò in stupore non appena sentì
quel nome.
"Il signor Walker? Allora non è sola..."- osservò
con un certo malcelato fastidio.
"No, sono usciti poco fa come le dicevo..."-
"Capisco...allora forse non è il caso che la disturbi..."-
"Vuole lasciarle un messaggio?"-
"No, grazie...non importa...non le dica nemmeno che sono passato..."-
tagliò corto.
"D'accordo, come vuole..."- disse congedandosi.
Sapere che Evie era a pranzo con un altro lo infastidiva e non poco, ma
una parte di lui era terribilmente curiosa di vedere questo tizio e di
verificare se fosse lo stesso che aveva visto uscire da casa sua quella
mattina. Perciò, senza pensarci due volte, tornò
alla macchina e si diresse al ristorante.
Poco prima di entrare fu tentato di lasciar stare, ma ormai era
lì e sentiva come il bisogno fisico di sapere. Quindi
entrò nel locale e si fece dare un tavolo, cominciando ad
occhieggiare con nonchalance fra i tavoli per individuare i suoi
obiettivi.
Non li scorse subito, solo una volta accomodatosi al suo tavolo, che
era in un angolo della seconda sala, quella più piccola, li
vide: Evie era seduta al suo tavolo in compagnia proprio dello stesso
uomo che aveva visto lasciare casa loro.
Rimase di sasso...una parte di lui se l'aspettava certo, ma dal dubbio
all'averne la certezza ce ne passava!
Li osservò a lungo, finché Evie, accortasi forse
di avere uno sguardo addosso, si girò distrattamente ed
incrociò i suoi occhi.
Spiazzata, fece di tutto per mascherare la sua sorpresa, facendogli un
cenno di saluto con la mano. A quel punto lui si alzò e
raggiunse la coppia.
“Ehi…che sorpresa…”- disse
Evie, alzandosi per salutarlo con un bacio sulla guancia.
“Eh già…neanche ci fossimo dati
appuntamento…”- osservò lui.
Rimasero in silenzio alcuni istanti, impacciati e lievemente nervosi,
ma poi fu lei a rompere quel momento di empasse.
"Ah, che maleducata...Orlando, lui è Jordan Walker, il
redattore della sezione cronaca del giornale...Jordan, lui è
Orlando..."- disse presentandoli.
"Sono suo marito..."- aggiunse lesto lui, mentre Jordan si alzava per
stringergli la mano.
"Si, so bene chi è...."- rimarcò l'uomo, mentre
Evie guardava Orlando con un’aria a metà strada
tra il divertito ed il perplesso.
"Bè? Che c'è? Tecnicamente siamo ancora
sposati..."- precisò tranquillamente lui.
La donna scosse la testa e Jordan sorrise con l’espressione
divertita.
Era un uomo dall'aspetto curato, anche se non all'eccesso, coi capelli
scuri e gli occhi azzurri nascosti dietro un paio di occhiali dalla
montatura leggera, che accentuavano la sua aurea intellettuale.
Comunque non doveva avere meno di una cinquantina d'anni, come Orlando
aveva sospettato.
"E' un piacere conoscerla...Evie mi ha parlato di lei...devo scusarmi
però, temo di non aver mai visto un suo film..."-
"Oh bè, non è un problema...è ancora
in tempo per rimediare...anche se non penso che i miei film siano
proprio il suo genere...immagino preferisca lavori alla Via col
Vento...o forse dei western..."- rimarcò volutamente, con un
sottile riferimento alla sua età più che ai film
in sé.
Ma l'altro, che aveva dalla sua molta più esperienza e
savoir faire, non fece una piega e rispose con estrema calma:
"Più che altro sono interessato ai film impegnati...che
siano recenti o meno, in bianco e nero o no non è un
problema...diciamo che sono più incline ai film alla
'Michael Clayton'...amo i film di Mendes ad esempio...ritengo che
'American Beauty' e 'Revolutionary Road' siano ottimi esempi di
modernità e che fotografino bene la condizione di certe
coppie...Non ha avuto una parte lì anche lei? Ah no,
scusi...mi sono ovviamente confuso con Michael Shannon..."-
Orlando deglutì a fatica. Capì immediatamente che
il suo interlocutore non era affatto stupido, né sarebbe
stato facile metterlo all'angolo con qualche battutina sagace o un
qualche improvvisato doppio senso.
"Bene bene...abbiamo un intenditore qui...Forse dovrebbe passare dalla
cronaca alle recensioni cinematografiche..."-
commentò.
"Forse...in tal caso, se si liberasse un posto alla cronaca,
sarà mia premura avvisarla, casomai fosse interessato a
cambiare genere anche lei..."- ribattè l'altro.
"Ok...time out...direi che per oggi possiamo chiudere qui la versione
moderna di mezzogiorno di fuoco cowboys!"- intervenne Evie, guardando
malamente entrambi.
"Peccato...era uno scambio di vedute così interessante!"-
sottolineò volutamene Orlando - "Ma hai ragione...ora vi
lascio finire il vostro pranzo in pace..."-
"Buon appetito anche a lei..."- aggiunse Jordan.
"Credo che andrò da un'altra parte...improvvisamente mi
è passata la fame...e poi ora che ci penso ho appuntamento e
sono in ritardo...Neela mi starà aspettando..."-
precisò guardando Evie.
Lei lo salutò e lasciò che se ne andasse.
"Si può sapere che ti prende Jordan? No, dico io...da
Orlando me le aspetto certe reazioni, ma da te..."-
"Che ho fatto? Eddai, mi sono solo divertito un po'...i tipi come lui
sono così scontati...la battutina sui film, l'allusione alla
mia età...gli ho reso la pariglia...forse un
tantino infantile, hai ragione...ma dannatamente divertente..."- le
rispose sincero.
"Sarà...ma proprio perché sei più
grande di lui pensavo lasciassi correre...invece vedo che a prescindere
dall'età voi uomini ragionate tutti allo stesso modo..."-
"Che intendi dire?"-
"Che quando vedete un altro gironzolare attorno al vostro giocattolo vi
irritate e correte a delimitare il territorio...mi aspettavo da un
momento all'altro che uno di voi due facesse pipì contro la
gamba del tavolo..."- disse sarcasticamente, incrociando le braccia al
petto.
Jordan scoppiò a ridere, genuinamente divertito.
"Lo vedi? Tu con uno così eri sprecata..."-
"Ah, davvero? E immagino che invece con uno come te non lo sarei...."-
"Dai, sto dicendo sul serio...magari non proprio con me, anche se la
cosa non mi spiacerebbe affatto, tutt'altro...ma di sicuro non con un
uomo che è cronicamente affetto dalla sindrome di Peter Pan
e che non ha un briciolo di maturità..."-
Evie restò in silenzio. Per quanto una parte di lei trovasse
fastidioso sentir parlar male di Orlando, l'altra, quella che lo
conosceva bene, sapeva che un fondo di verità c'era.
"Cambiamo argomento ti prego...è sempre il padre dei miei
figli e non mi va di parlarne, non così..."-
tagliò corto.
"Certo, come vuoi...ti chiedo scusa, non volevo infastidirti..."-
precisò accorato.
Lei gli sorrise, quindi ripresero a mangiare ed a parlare di lavoro.
Più tardi, rientrando nel suo attico nel centro di Londra,
Orlando sembrava un leone in gabbia. Più ci pensava
più gli saliva il nervoso, si sentiva un idiota per aver
seguito il suo istinto ed essersi presentato al ristorante. Cosa ci
aveva guadagnato? Nulla ed in più si era fatto mettere
all'angolino da quel Jordan. E questo per il suo orgoglio era davvero
un affronto. Inoltre era scappato via come un coniglio,
perché non poteva tollerare di restare lì ad
osservare quei due, solo il pensiero gli provocava la nausea.
Non aveva nessun appuntamento con Neela.
Quindi Orlando restò fuori a lungo, fece anche una
passeggiata ad Hyde Park, tanto per cercare di sedare la rabbia che
sentiva, mangiò un boccone in un pub e poi tornò
a casa, ancora di pessimo umore. Sperava di rilassarsi e voleva solo
farsi una bella doccia. Ma purtroppo ebbe una brutta sorpresa.
Quando arrivò a casa, infatti, trovò i mobili del
salotto spostati, il divano accanto alla portafinestra e, soprattutto,
un gruppetto di persone che stavano posizionando luci, riflettori e
quant'altro in casa sua.
"Amore!"- esclamò vispa Neela, andandogli incontro e
dandogli un bacio, seguita da una donna di poco più di
trent'anni con un taccuino in mano.
"Ciao..."- rispose asciutto - "Mi spieghi cosa succede?"-
"Oh bè, stiamo facendo una piccola intervista...e poi
qualche foto..."- gli rispose.
"Ah ok...allora esco, torno dopo, così potete finire con
calma..."- tagliò corto lui, facendo per andarsene, ma la
ragazza lo trattenne prendendolo per un braccio.
"Ma no, resta...a dire il vero...speravo che arrivassi, anzi, in
realtà ti stavo aspettando...pensavo che potremmo fare
qualche foto insieme..."- gli propose sbattendo gli occhi.
Lui non fece nemmeno in tempo a rispondere, perché
intervenne la donna che stava alle spalle di Neela.
"Sarebbe una cosa carina...siete la coppia più chiacchierata
degli ultimi mesi..."-
Orlando la guardò con aria infastidita.
"Scusi...lei è?"-
"Sono Stacy Edison...lavoro per GQ...stiamo preparando un servizio
sulla sua ragazza e speravamo che volesse partecipare anche lei..."-
gli spiegò.
"Non credo...grazie ma è un tipo di pubblicità
che non mi interessa..."- tagliò corto lui, andando a passo
svelto in camera da letto. Ed anche lì regnava il caos
più assoluto, dal momento che Neela aveva sparso sul letto
una marea di vestiti, probabilmente per cercare quello più
adatto alle foto.
La ragazza fece buon viso a cattivo gioco, scusandosi con la
giornalista e raggiunse Orlando in camera, chiudendosi la porta alle
spalle.
Lui si stava accendendo una sigaretta e non fece una piega nel
trovarsela lì.
"Non dovresti fumare qui...poi rimane puzza di fumo..."- gli fece
notare.
"Oh scusa...fumerei in salotto o andrei in terrazza...ma ci sono una
decina di sconosciuti in casa mia e a quanto pare questo è
l'unico posto dove posso stare..."- osservò polemico.
"Ti detesto quando fai così...insomma, mi dici cosa ti costa
fare due foto con me?"-
Lui la fulminò con lo sguardo.
"Ti ho già detto e ridetto che non mi va di fare questi
teatrini...cerco sempre di evitarlo…non l’ ho
fatto mai, nemmeno per il mio matrimonio...non voglio finire ancora su
un giornaletto di gossip, quindi veditela da sola..."-
sbottò piccato.
"Ah ecco...siccome non l' hai fatto con lei, non puoi farlo nemmeno con
me..."-rimarcò la giovane, alludendo ad Evie.
La guardò come se fosse un'aliena.
"Io giuro che non capisco come ragioni...quanti anni hai? Cinque per
caso? Il gossip non mi interessa...io sono un attore, non un
saltimbanco, chiaro? E comunque si, per l'ennesima volta ovviamente la
mia famiglia c'entra, ma non nel modo che pensi tu! Ho due bambini a
cui devo rispetto...perciò non mi farò usare per
farti pubblicità...e la prossima volta che hai intenzione di
organizzare un set sei pregata di farlo da un'altra parte o almeno di
avvisarmi, intesi?"- concluse duramente.
Neela non rispose, si limitò a fissarlo con un'espressione
naturalmente ferita, quasi come se si sentisse oltraggiata, quindi se
ne andò. Giustificò la ritrosia di Orlando
adducendo come scusa una forte emicrania, concluse l'intervista,
posò per alcune foto. Prima di sera la troupe del giornale
se ne andò e la ragazza si mise a riordinare il salotto.
Nel frattempo Orlando si era fatto una doccia e poi era rimasto
confinato in camera da letto a leggere. Non sentendo più
alcun vociare provenire dal soggiorno, si affacciò per
controllare che non ci fosse più nessuno e vide Neela, sola,
intenta a spostare il divano.
"Lascia...faccio io..."- si offrì. Si avvicinò al
divano e lo spostò verso il centro della stanza, di fronte
al televisore al plasma.
"Grazie..."- gli disse in un soffio senza guardarlo.
Lui sospirò rumorosamente.
"Ce l' hai ancora con me?"- le chiese finalmente.
"Non dovrei? Sei stato scostante e prepotente...lo so perché
fai così...ti conosco...hai avuto una brutta giornata,
qualcosa è andato storto o forse hai discusso con la tua
quasi ex moglie...e allora te la prendi con me..."- gli disse.
Inaspettatamente aveva centrato il punto. Era molto più
perspicace di quanto lui non pensasse.
"Senti mi spiace...però non mi va che tu organizzi queste
cose senza parlarmene...non mi va di tornare a casa e di trovarci una
specie di set..."- precisò più conciliante.
"Si, lo so...perché è casa tua questa...io sono
qui di passaggio, giusto?"-
"Ma che c'entra? Non intendevo questo..."-
"Ah no? Va bene, diciamo che ti credo...ma non sopporto che tu mi
faccia sentire sempre un'ospite...anzi peggio, un'intrusa
direi...quando ci sono i tuoi figli devo andarmene e possibilmente
togliere ogni segno della mia presenza, adesso non posso nemmeno
decidere di farmi fare un'intervista? L'avrei fatta a casa mia se vuoi
proprio saperlo...ma ho i pittori e lo sai, te l' ho detto l'altro
giorno...ti avevo avvisato, ma ovviamente non ti ricordi...non mi
ascolti nemmeno più quando parlo..."- aggiunse nervosamente.
"D'accordo...scusa, ho esagerato...ma resta il fatto che non amo certi
tipi di pubblicità...questo lo sai, ne abbiamo
già parlato fino alla nausea..."- riprese lui, ponendo
l'accento sull'argomento che più gli stava a cuore di tutta
quella faccenda.
"Bè forse sarebbe il caso di riparlarne...Mi trattano tutti
come una specie di puttanella...per tutti sono la rovinafamiglie che ha
distrutto la coppia dell'anno...sono stanca, perché non lo
capisci? Come se la colpa di tutto fosse mia...e tu? Tu ovviamente sei
immune da qualsiasi critica...neanche ti avessi puntato una pistola
alla tempia per convincerti a venire a letto con me! Adesso sono stufa,
sarebbe anche ora che tu ti prendessi le tue
responsabilità...non mi aspetto certo che tu mi difenda,
quello grazie al cielo riesco a farlo da sola...ma se almeno una volta
facessi un'intervista con me o una foto la gente capirebbe che non
è una storia squallida e losca...sarebbe un modo per
dimostrare che era quello che volevi anche tu e che non hai
ripensamenti..."- gli fece notare.
E quella decisamente un'altra sorpresa per Orlando. Chi avrebbe mai
detto che Neela potesse essere così decisa anche con lui?
Fino ad allora aveva sempre accettato le sue idee e le sue decisioni
senza colpo ferire, ma ora la musica sembrava cambiata.
Tuttavia, non se la sentiva di ufficializzare la loro relazione in
maniera così smaccata, come lei gli stava chiedendo.
"Adesso non sono pronto, ma ci penserò, va bene? E comunque
dovresti fregartene di quello che dice la gente...la pensino come gli
pare...ci sarà sempre qualcun pronto a criticare, non devi
farti condizionare..."- le suggerì, cercando di sviare la
discussione dall'argomento principale.
"Lo terrò presente...ora se non ti spiace, ho bisogno di una
doccia..."- riprese stancamente lei troncando ogni questione.
"Ehi..."- la richiamò lui, prendendola per la mano ed
attirandola a sé - " scusa...mi spiace..."- le disse,
dandole un bacio a stampo.
Lei gli accennò un sorriso.
"Per stavolta ti perdono...ma vedi di fare il bravo..."-
"Io sono sempre bravo...per dimostrartelo mentre ti fai lo doccia
preparo la cena, ok?"-
"Ottima idea... trovo che gli uomini bravi ai fornelli siano
terribilmente sexy..."- aggiunse maliziosa.
Quindi andò a farsi la doccia e lasciò Orlando
alle prese con la cena.
Passarono una tranquilla serata in casa, gustandosi la carne che aveva
cucinato lui. Dopo cena rimasero sul divano a guardare un film e poi
andarono a dormire. Ma anche quella sera, come ormai accadeva da un
po', non fecero l'amore. Lui le disse di esser stanco e la ragazza
mangiò la foglia, anche se cominciava davvero ad avere seri
dubbi su cosa stesse accadendo fra loro.
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Capitolo 9 *** Cap.9 ***
Dopo quell’incontro al ristorante Orlando ed Evie
continuarono a vedersi, ma senza mai tornare sull’argomento,
prima di tutto perché non erano quasi mai da soli, ma sempre
attorniati dai loro figli, in secondo luogo perché entrambi,
seppur per diversi motivi, preferivano evitare bellamente la questione.
Evie si era sentita come una scolaretta colta in flagrante mentre
‘bigiava’ la scuola e lo stesso Orlando, nonostante
l’iniziale e naturale fastidio, sapeva bene di non aver alcun
diritto di farle delle scenate di gelosia.
Così passarono circa due settimane, finché un
pomeriggio Evie, uscita dal lavoro prima per sbrigare alcune
commissioni, si trovò nei pressi della palazzina in cui
abitava Orlando. Aveva in programma di chiamarlo, perché di
lì a poco sarebbe stato il compleanno di Amy e pensava di
organizzare una festa in famiglia per lei, ma visto che era
l’ e che aveva tempo, decise di salire da lui, sperando di
trovarlo solo e non con la sua nuova compagna.
L’attore era in casa e stava leggendo alcuni copioni che non
lo convincevano affatto. Quando il campanello suonò
sbuffò spontaneamente, scocciato e timoroso che fosse
l’ennesima scocciatura, invece, appena aprì la
porta, notò con stupore che aveva davanti probabilmente
l’ultima persona che pensava di vedere.
“Ciao…”- le disse meravigliato.
“Ciao…ti disturbo? E’ un brutto momento?
Sai, passavo di qui e volevo parlarti di una
cosa…”- gli spiegò.
“No, no…entra pure…stavo solo leggendo
dei copioni…ma fanno schifo, quindi posso anche fare una
pausa…”- osservò con malcelata
amarezza, facendola entrare.
“Mi spiace…ma…sei solo?”- si
accertò lei entrando.
“Si…solo soletto…lei è
fuori e credo non rientrerà prima di
sera….”- le rispose riferendosi a Neela ed
abbozzando un sorriso.
“Siediti pure…posso offrirti qualcosa?”-
riprese – “Mi sono appena fatto del
tè…se ti va….”-
“Si, grazie…volentieri…”-
rispose, seguendolo in cucina e guardandosi intorno.
La sua curiosità non sfuggì ad Orlando, che le
sorrise spontaneamente e le disse:
“Che te ne pare? Non ci eri mai stata qui vero?”-
“Ehm, veramente no…direi che non
c’è mai stata occasione…”-
rimarcò lei – “comunque è
carino…ti sei sistemato bene…è molto
spazioso e luminoso…”- aggiunse.
Lui nel frattempo stava versando il tè in due tazze.
“Per il momento è perfetto…anzi, quando
non ci sono i bambini mi sembra fin troppo
grande…”- osservò, porgendole la sua
tazza e mettendosi a sedere al tavolo della cucina.
Evie lo imitò, restando però in silenzio alcuni
istanti.
“Allora mi dicevi? Dovevi parlarmi di qualcosa? E’
successo qualcosa?”- le domandò lievemente
preoccupato.
“Oh no...no, stai tranquillo…è tutto a
posto…è una cosa che devo dirti da un
po’ in realtà, ma prima d’ora non ce
n’è stato modo o c’era la diretta
interessata…si tratta del compleanno di
Amy…mancano dieci giorni e pensavo di organizzare una festa
a casa…e dato che ero qui nei paraggi ho pensato di salire e
parlartene di persona…”-
“Ah, si…certo…hai fatto
bene…”-
“Tu sei a Londra vero? O stai per partire per
lavoro?”- si accertò.
“No, no…ci sono…solo che,
bè, ci ho pensato anche io e…insomma, vista la
nostra situazione e visto che gli ultimi tempi sono stati un
po’ particolari e difficili, soprattutto per Alex ed Amy,
pensavo che potremmo fare qualcosa di divertente tutti
insieme…così sarebbe come festeggiare il
compleanno di entrambi, mi pare se lo meritino…”-
“Avanti dimmi…cosa avevi in mente
esattamente?”- gli chiese curiosa, posando la tazza e
poggiando il mento sulla mano, per scrutarlo meglio, con aria attenta
ed interessata.
“Pensavo ad un viaggetto a Disneyland a Parigi…in
fondo è da tempo che gli promettiamo di andarci, no? Poi
è successo quel che è successo e non ne abbiamo
più parlato…ma mi pare una buona
idea…”-
“Addirittura? Non so…cioè, si potrebbe
anche fare ma non sono sicura che sia il momento
adatto…”-
“Perché no scusa? Parigi è a meno di
due ore di aereo…possiamo andare a Disneyland e visitare un
po’ la città con loro…ci fermiamo
quanto basta…magari giusto tre o quattro
giorni…tanto le scuole finiscono fra un mese, non succede
niente se Alex salta qualche giorno…a meno
che…”- buttò lì sornione,
interrompendosi volutamente.
“A meno che? Cosa? Dai, finisci la
frase…”- lo incitò lei fissandolo.
“Bè, a meno che tu non abbia delle cose da finire
qui e quindi non possa assentarti…o forse qualcuno da
vedere…”- rispose, scandendo lentamente le ultime
parole.
Evie scosse la testa e ridacchiò divertita.
“Sei veramente un bel tipo! Dovevo immaginare che saresti
andato a parare lì…”-
“Chiedevo soltanto…”- precisò
lui, sorseggiando un po’ di tè.
“Oh no, tu non chiedi mai…tu alludi, è
ben diverso…”- rimarcò decisa.
“Eddai! Non giocare con le parole scrittrice…tanto
vinci tu, già lo sappiamo…”-
“Per te è sempre tutto un gioco, vero?”-
lo pungolò.
“No…non sto giocando…voglio solo capire
se ti va bene la mia idea o no…tanto se non andiamo stavolta
ce li porto quest’estate quando sono in vacanza con me i
ragazzi a Parigi…pensavo solo che sarebbe stato
carino andare tutti e quattro insieme…”-
“Non pensi che sia un pò rischioso? Non vorrei che
si mettessero strane idee in testa…”-
osservò pragmaticamente.
“Strane del tipo? Che possiamo rimetterci insieme?”-
“Bè, si…strane del tipo che tu abiti
con un’altra ma vieni a Parigi con me…”-
aggiunse.
“Non credo…non è una fuga
romantica…andiamo via coi nostri figli…Quindi
rilassati e tranquillizza il tuo Jackson…dormiremo in stanze
separate e mi comporterò da
gentiluomo…”- le suggerì ironicamente.
“Si chiama Jordan…e comunque, ti ringrazio del
pensiero, ma fossi in te mi preoccuperei della tua di
situazione…non penso che la tua ragazza farà i
salti…”- ribatté.
“Neela è un problema mio…non penso che
avrà da ridire e se anche fosse la cosa non mi
interessa…i miei figli sono al primo posto, vengono prima di
chiunque altro…”- puntualizzò deciso.
“Se lo dici tu…vorrà dire
che…che ci penserò…devo vedere come
organizzarmi al lavoro, non dovrebbe essere un problema, ti
farò sapere nel giro di pochi giorni…”-
“Devo ammettere che però non me
l’aspettavo…”- riprese Orlando,
giocherellando con la tazza.
“Cosa? Che non ti dicessi subito di no?”-
osservò divertita lei.
“Che te la facessi con uno più
grande…”- buttò lì, sputando
finalmente il rospo.
Evie lo guardò spiazzata ed anche un po’
infastidita.
“Non sono affari tuoi…e, comunque se
può consolarti, nemmeno io mi aspettavo che ti facessi
cogliere da una crisi di mezza età anticipata e ti
divertissi con una ragazzina…”- gli rispose.
“Allora ci siamo sorpresi in due…certo immagino
che la cosa abbia i suoi vantaggi…avrà
sicuramente più esperienza di me…ho qualche
dubbio sulla resistenza fisica, ma d’altronde non si
può avere tutto dalla vita…”-
commentò sarcastico.
A quel punto lei si alzò di scatto, visibilmente irritata
dalla piega che stava prendendo la conversazione.
“Quanto sei volgare…”- si
lasciò sfuggire.
“Per così poco? No, se volessi essere volgare te
ne accorgeresti…”- disse calmo, restando seduto
dov’ era.
“Sei veramente un bambino…per te conta solo il
sesso, ovviamente tutto ruota intorno a quello…è
il criterio che usi per misurare le persone e le relazioni, vero? Mi
spiace doverti dare questa notizia, ma in un rapporto tra due persone
ci sono anche altre cose…ma è inutile che te ne
parli…”-
“Oh ma fammi il piacere”- sbottò lui
alzandosi e puntando le mani sul tavolo – “Per chi
mi hai preso? Per un maniaco? O forse per un idiota? Certo che so che
ci sono altre cose! Siamo stati insieme per dodici
anni…parli come se non mi conoscessi!”-
“Infatti temo che sia proprio questo il punto…non
penso di averti mai conosciuto davvero! Mi sono innamorata
dell’idea che avevo di te forse, ma quell’idea
evidentemente non coincideva con la realtà, visto
com’ è andata a finire…”-
“Non è vero…non ho mai finto con te e
questo lo sai…tu amavi me, non la tua idea di
me…mi amavi anche quando ti facevo incazzare o facevo delle
stupidate…”- precisò, pungolato
nell’orgoglio.
“E va bene…ammettiamo che sia
vero…forse la verità è che tu non
amavi me…dicevi di amarmi, ma ti sei sempre riempito la
bocca della parola ‘amore’ senza darle il giusto
peso, senza sapere cosa significasse! E infatti alla prima occasione
sei andato a scaldarti sotto le coperte di un’altra,
senz’altro molto più smaliziata”- lo
riprese duramente.
Il tradimento subito la faceva ancora soffrire, si era sentita umiliata
come donna e per certi versi anche offesa nella sua
femminilità, come se lei non fosse abbastanza interessante o
divertente nell’intimità. Era un tarlo che covava
dentro da quando aveva saputo di Neela.
“Ma che cazzo dici? Pensi che sarei stato così
tanto con te se non fossi stato davvero innamorato? Avrei finto per
anni e anni? Fossi così bravo come attore avrei
già vinto una dozzina di Oscar! Andiamo, non puoi pensarlo
sul serio…io ti amavo…magari in altre storie
l’ ho detto senza pensarlo, ma con te non
c’è stata una sola volta in cui l’abbia
detto tanto per dire…Non ci credi? Allora pensa a questo: a
quando ti ho baciata la prima volta, quando ti ho chiesto di venire a
vivere con me…quando giocavamo a scarabeo e usando le
lettere ti ho chiesto di sposarmi…e anche a quando
litigavamo per delle cazzate e tu te ne andavi sbattendo la porta per
poi rientrare per fare pace e io mettevo il muso…a quando mi
hai detto che eri incinta, quando sei rimasta a letto dei mesi
perché rischiavamo di perdere la bambina…quando
sono entrato in sala parto con te a farmi insultare e stritolare la
mano, a vederti star male da morire per regalarmi le due cose
più belle della mia vita…o ancora alle prime sere
passate insieme a mangiare pop corn sul divano e a parlare di tutto,
senza sapere da dove eravamo partiti, ma con la voglia di continuare a
parlare e a parlare…questo cos’era? Questo non era
solo sesso…”- concluse serio.
Evie lo fissò, incapace di parlare, come se non riuscisse a
trovare le parole, proprio lei che con le parole ci lavorava.
“Non dici niente eh?”- riprese lui.
“Dico che…che è meglio che
vada…”- rispose in un soffio, recuperando borsa e
giacca.
“Troppo comodo…prima mi attacchi, mi dai del
superficiale e dell’immaturo tra le righe…e poi
scappi?”- le fece notare lui.
Lei, che stava raggiungendo l’ingresso, tornò
indietro e lo guardò negli occhi. Sembrava smarrita, ma
anche arrabbiata.
“E cosa vuoi che ti dica? Che hai ragione tu?
D’accordo…hai ragione…tu mi amavi, se
è andata male è colpa mia…che senso ha
parlarne ora? Me lo dici?”- gli chiese accorata.
“Io non ti sto dando la colpa di niente…volevo
solo dimostrarti che ti sbagli…che quello che sentivo per te
era sincero e reale…”-
“Sai cosa credo invece? Che la tua sia solo
un’infantile ripicca…mi hai vista con un altro e
la cosa non ti va giù…così si spiega
anche la patetica scenetta del ristorante…pensavi che sarei
rimasta per tutta la vita a piangere crogiolandomi nei ricordi?
Bè, hai pensato male! Non sei l’unico ad avere il
diritto di rifarsi una vita!”- concluse stizzita, prima di
allontanarsi per andarsene.
Ma Orlando fu più veloce e la agguantò malamente
per un braccio, attirandola a sé e facendole cadere la borsa
e la giacca.
“Lasciami! Mi stai facendo male!”- gli fece notare,
cercando di divincolarsi, ma lui non l’ascoltò.
“Vuoi davvero saperlo? Si, mi ha dato fastidio vederti con
quello…mi ha dato molto fastidio, soprattutto immaginarti
con lui a letto…è una cosa che mi manda in
bestia!”- le confessò candidamente con un certo
nervosismo nella voce.
“Almeno adesso sai come mi sono sentita”-
rimarcò lei, riuscendo finalmente a divincolarsi dalla sua
stretta.
Lui però non aveva intenzione di lasciarla andare via non
ancora almeno. Le si avvicinò ulteriormente, bloccandola fra
sé ed il tavolo.
“Non è lui che vuoi…”-
osservò fissandola con un lampo malizioso che gli
attraversava lo sguardo.
Evie si sentiva davvero messa alle strette, ma non gli avrebbe mai dato
la soddisfazione di vederla cedere.
“E tu cosa ne sai di cosa voglio io?”- lo
provocò.
“Penso di saperlo meglio di lui…”- le
disse.
Quindi si chinò leggermente su di lei, cominciando a
tormentarle il collo con lievi baci, per poi risalire appena sotto il
suo orecchio, in maniera estremamente sensuale.
Lei si scansò, senza però riuscire ad andarsene.
“Smettila! Cos’è? Vuoi giocare o forse
la tua bella ti manda in bianco e ti serve una sostituta?”-
gli fece notare piccata.
“La smetto solo se mi dici che quello lo ami…tu
dimmi che lo ami e che io non sono più niente per te e ti
lascio andare…”- rilanciò con aria di
sfida.
“Tutto qui? Amo Jordan e tu non conti più
niente…”- gli disse sbrigativa, cercando per
l’ennesima volta di andarsene da lì.
“Eh no…guardami in faccia mentre lo
dici….”- le chiese, prima di riprendere a
baciarla, carezzandole la schiena con una mano ed insinuando
l’altra sotto la camicetta che indossava.
A quel punto Evie cominciò a sentirsi mancare il fiato, ma
ancora non voleva cedere, non poteva permettersi di dargli questa
soddisfazione.
“Io…io amo…”-
cominciò a dire. Lui alzò gli occhi per
incontrare i suoi, ma lei non continuò, così
riprese nella sua lenta tortura, avvicinandosi pericolosamente ed
inesorabilmente alle sue labbra, finché non si trovarono
occhi negli occhi.
“Dicevi?”- la pungolò lui.
Evie lo fissò a lungo, come attirata da quegli occhi e da
quella bocca che conosceva bene ed alla fine lo baciò.
Lui sorrise compiaciuto sulle sue labbra, ricambiando con trasporto ed
intensità quel bacio. Le fece scorrere le mani sulla
schiena, attirandola a sé, quindi, senza staccarsi dalle sue
labbra, le slacciò la camicetta con una certa urgenza,
mentre lei gli sfilava via la felpa ed armeggiava con la cinta dei suoi
jeans.
Orlando la sollevò per i fianchi e la mise a sedere sul
tavolo, intrecciando le gambe con le sue. Continuarono a baciarsi a
lungo, toccandosi ed accarezzandosi, poi, prima ancora che lei potesse
abbassargli i boxer, lui la sollevò nuovamente, lasciando
che lei gli circondasse la vita con le gambe, la portò in
salotto e lì alla fine fecero l’amore, dando sfogo
a tutte le emozioni che in tutti quei mesi di separazione avevano
cercato di soffocare: passione, amore, disperazione, ma anche rabbia,
dolore e rancore per le reciproche incomprensioni.
Fecero l’amore due volte quel pomeriggio, la prima in maniera
decisamente appassionata, coinvolgente ed intensa, la seconda
più lentamente per assaporare a fondo ogni istante.
Restarono abbracciati a lungo, senza dirsi niente, solo baciandosi ed
accarezzandosi di tanto in tanto, persi ciascuno nei propri pensieri,
finché non fece buio.
“Ma che ore sono?”- gli domandò lei,
rompendo il silenzio.
“Le 6.30 passate…”- le rispose lui,
controllando l’orologio.
“Cosa? Ma è tardissimo! Devo tornare a
casa…mia sorella mi darà per
dispersa…mi aveva anche detto di far presto
perché aveva un impegno…”-
osservò ansiosamente, balzando in piedi e rivestendosi in
fretta.
“Minuto più minuto meno…”-
commentò sornione Orlando, afferrandola ed attirandola sul
divano per baciarla ancora.
Lei non si sottrasse e ricambiò con piacere, ma poi si
staccò da lui e gli fece notare:
“Dai, lasciami andare…e poi Neela dovrò
tornare prima o poi…”-
“Ah già…è
vero…sarà qui fra poco…”- si
rammentò, come se fosse improvvisamente tornato alla
realtà, cercando i boxer e cominciando a rivestirsi.
Si ricomposero velocemente, senza dirsi nulla, senza commentare quanto
successo.
“Allora…vado…per Parigi ti faccio
sapere…nel frattempo però non dire niente ai
ragazzi per favore…non voglio ci restino male se per qualche
motivo salta tutto…mi faccio sentire
io…”- gli chiese, prima di andare.
“Si, come vuoi…tu però cerca di
liberarti…”- si raccomandò.
“Ci provo…a presto…”-
aggiunse, quindi gli diede un ultimo bacio ed uscì.
Orlando chiuse la porta e ripensando a quello che era successo non
riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto.
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Capitolo 10 *** Cap.10 ***
Dopo quel pomeriggio passato insieme Orlando ed Evie si rividero altre
volte, ufficialmente per parlare dei figli e per organizzare la gita a
Disneyland. In pratica, però, erano finiti di nuovo per fare
l’amore.
Erano ancora abbracciati a letto, nell’appartamento
dell’attore, entrambi in silenzio, si limitavano a coccolarsi
teneramente, come fossero due ragazzini alla prima cotta. Nessuno dei
due voleva toccare l’argomento, si ostinavano a fingere che
fosse tutto normale, anche se erano spinti da motivazioni diverse.
Evie, forse per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa fare. Se la
prima volta che era tornata a letto con lui aveva dato la colpa al
whiskey che aveva bevuto, ora non sapeva come spiegarselo, non aveva
giustificazioni. Però una cosa non poteva negarla, avevano
ritrovato un’intesa incredibile e si sentiva esattamente come
agli inizi della loro storia, quando ogni momento era buono per stare
insieme. E, se da un lato questa ritrovata complicità la
lusingava innegabilmente come donna, dall’altro moltiplicava
i suoi dubbi. Aveva paura che non fosse abbastanza per riprovare a
stare insieme, temeva che fosse solo una specie di rimpatriata per lui
o, peggio ancora, si stava convincendo di essere solo una sorta di
porto sicuro per Orlando. Le pareva chiaro che con Neela le cose non
funzionassero o che, comunque, non andassero come lui avrebbe sperato
ed ora ecco che cercava un riavvicinamento, tornando
all’ovile perché deluso da più
eccitanti aspettative rimaste invece inattese.
Non che non amasse più suo marito, in fondo lo amava, anche
se non era ancora pronta ad ammetterlo nemmeno con se stessa, ma aveva
anche paura delle sue reazioni: se avesse accettato di ritornare con
lui era sicura che alla prima occasione di scontro gli avrebbe
rinfacciato tutto e questo di certo non era il viatico per una
riconciliazione vera e propria, soprattutto considerando che avevano la
responsabilità di due bambini.
Dal canto suo Orlando non era certo meno confuso di lei, anzi,
conoscendo bene Evie sapeva che quella specie di pseudo relazione
clandestina che avevano allacciato poteva rivelarsi disastrosa. Non
bastava il sesso per mettere a tacere i dubbi o per risolvere i
problemi, né tantomeno per rimediare agli errori fatti.
Tuttavia, non si sognava nemmeno lontanamente di parlagliene,
perché, per quanto quella situazione fra loro fosse
precaria, non voleva farne a meno. Lui la amava, gliel’aveva
già confessato quella prima notte a casa sua, dopo la
scomparsa del signor Parker, ma non aveva ottenuto la reazione sperata,
dal momento che lei gli aveva sbattuto in faccia di avere un altro per
la testa. Insomma, si era già esposto ed aveva
ottenuto picche! Naturalmente, quella scoperta lo aveva sorpreso ed
infastidito più di quanto non immaginasse, fino
all’incontro con quell’uomo che era entrato nella
sua vita e che temeva potesse prendere il suo posto. Ed ora si
aggrappava con tutte le sue forze a quella piccola parentesi, a quegli
incontri fugaci, ai momenti di tempo ritagliati nelle loro giornate
all’insaputa di Neela e Jordan, sperando che alla lunga le
cose potessero sistemarsi.
“Allora si va a Parigi!”- esordì lui,
spezzando quel perdurante silenzio.
Lei alzò lievemente la testa, incontrando il suo sguardo ed
abbozzò un sorriso.
“Così pare…è quasi tutto
pronto, manca la parte più bella, ovvero dirlo ai ragazzi!
Partiamo mercoledì prossimo e rientriamo
sabato…”-
“Perfetto…ti va di dirglielo insieme?”-
le propose.
“Si, certo…se vuoi puoi passare
stasera…magari resti a cena, a loro farebbe
piacere!”-
“Stasera non posso…ho una specie di incontro di
lavoro…facciamo domani sera?”-
“Va bene…”- convenne lei –
“Saranno contentissimi…”-
osservò.
“Lo spero…se potessi vorrei che fosse sempre
così…intendo, che fossero sempre sereni e
felici…ma temo che sia possibile…e poi stanno
crescendo così in fretta…Alex mi sembra davvero
già un ometto, per certi discorsi che fa, per come
è equilibrato…mi pare ovvio che non ha preso da
me! Ed Amy…bè, la mia piccolina è una
pazzerella…ma non credo durerà ancora per
molto…se solo penso che fra qualche anno mi
parlerà di ragazzi mi sento male…”-
commentò, condendo il tutto con una buffa smorfia di
disappunto, che fece ridere di gusto Evie.
“Ah eccolo qui il padre geloso! Lo sapevo che eri meno
sciolto di quello che vuoi sembrare…ma mi sembrano discorsi
un po’ prematuri, Amy sta per compiere solo cinque anni,
quindi promettimi che aspetterai ancora un po’ prima di
comprare un fucile anti- spasimanti, ok?”- gli chiese
divertita.
In tutta risposta lui le fece una linguaccia.
“Aspetto fino ai dieci, ma poi lo compro!”-
ribattè lesto.
“Puoi stare tranquillo Bloom, tua figlia è ancora
nella fase di pieno innamoramento per il suo
papà…”- gli fece notare tra il serio ed
il faceto.
“Davvero?”- le domandò visibilmente
sollevato.
“Oh si…non fa che parlare del suo
papà…papi qui papi lì…dice
che sei il più bello del mondo, il più
buono…che sei l’attore più bravo e
anche che sei il più forte…”- gli
spiegò.
Lui scoppiò a ridere, in maniera distesa e contagiosa.
“Ah bè, quello perché quando viene qui
si arrampica sempre sullo sgabello della cucina e poi però
non riesce a scendere e la metto giù io…immagino
che per lei equivalga alle fatiche di Ercole…!”-
osservò.
Lei lo guardò intenerita, era così solare e
rilassato quando parlava dei loro figli. Poteva incolparlo di tante
cose magari e di tante mancanze come marito, ma sicuramente non poteva
accusarlo di non essere un buon padre.
“Mi pare che anche con Alex vada meglio, no?”- si
accertò.
“Si…direi di si…forse avevamo solo
bisogno di parlare un po’…”- rispose.
Rimase in silenzio qualche minuto, come se dovesse riordinare le idee,
poi riprese:
“Sai cosa? Ti sembrerà banale e stupido anche
ma…quando pensavo alla possibilità di avere dei
figli, bè, come ogni uomo credo, pensavo ad un
maschietto…ero sicuro che sarebbe stato facile fare il
padre, educarlo, crescere con lui…invece non lo è
affatto! Con Amy è un po’ come se vivessi di
rendita, con Alex invece è
complicato…”-
“Lo so…credo dipenda anche dai momenti, dalle
fasi…dalla loro età…e poi dal loro
carattere…io avevo il problema
contrario…”- ammise guardandolo.
“Davvero? Non dirmi che fai fatica con Amy? Ti
adora!”- rimarcò sorpreso.
“Si, ma…ho sempre paura di sbagliare, di viziarla
troppo…con lei sono molto più severa che con
Alex…non perché voglia fare l’arpia, ma
perché ho sempre pensato che la sconfitta peggiore come
madre fosse tirar su una figlia viziata, egoista…una
gattamorta insomma! C’è da dire che per fortuna
lei non dà segni di
‘gattamortismo’…”-
“Insomma avevi paura di aver partorito una mini Paris
Hilton!”- aggiunse lui divertito.
“Esatto, proprio così…!”-
“Ma ti pare? Con due genitori così non farebbe in
tempo nemmeno se lo volesse!”- precisò, quindi
ridacchiarono entrambi.
All’improvviso però sentirono un rumore provenire
dall’ingresso, l’inequivocabile tintinnare delle
chiavi che aprono la serratura. Ed entrambi drizzarono le orecchie,
scattando sincronicamente a sedere sul letto.
“Amore…sono a casa!”- squittì
la voce di Neela.
“Oh cazzo!”- esclamò lui, alzandosi alla
velocità della luce e raccattando le sue cose per vestirsi.
“Oh mio Dio…cosa facciamo adesso?
Cosa…dove…che faccio io?”- gli
bisbigliò nervosamente Evie.
“Orlando…ci sei?”- richiamò
nel frattempo Neela, che doveva già essere arrivata in sala.
“Ok…calma! Ora io vado da lei e con una scusa la
porto fuori…così puoi andartene,
intesi?”- le disse in un soffio, rivestendosi in fretta e
furia.
Evie si limitò ad annuire. Si sentiva come una ragazzina
colta in flagrante dai genitori, rientrati prima del previsto a casa.
Orlando finì di ricomporsi e raggiunse la ragazza.
“Ehi…ciao…pensavo fossi
fuori…ma dov’eri?”- gli fece notare
andandogli incontro e baciandolo.
Lui ricambiò il bacio con molta meno convinzione e poi si
staccò da lei.
“Ero…ero in bagno…mi sono fatto una
doccia e stavo finendo di asciugarmi…”-
mentì.
Neela non si curò più di tanto della sua
risposta, ma riprese a baciarlo, tormentandogli il collo e
carezzandogli il sedere.
Lui la lasciò fare per qualche istante, poi le disse:
“Ehi…calma…”- col tono
più conciliante che gli riusciva, per non insospettirla.
“Mi sei mancato così tanto…”-
rispose lei languidamente.
“Sei stata via solo due giorni!”-
osservò divertito – “A proposito,
com’è andato il servizio fotografico per la
campagna pubblicitaria?”-
“Bene…ma non ho voglia di parlare…non
adesso…è da quando sono salita
sull’aereo che penso a quello che voglio
farti…”- tagliò corto lei, insinuando
una mano sotto la sua maglietta e l’altra direttamente nei
suoi pantaloni.
A quel punto lui, visibilmente imbarazzato, si allontanò.
Lei lo fissò stranita.
“Bè? Che ti prende?”- gli chiese
infastidita, notando il suo imbarazzo.
“Scusa…io…io…pensavo che
potremmo andare a pranzo fuori…che ne dici?”-
Neela non rispose subito, continuava a fissarlo, cercando di capire
cosa non andasse. Era da tempo che lui si sottraeva alle sue attenzioni
e lei cominciava ad essere stufa oltre che sospettosa.
“A pranzo fuori? Io cerco di eccitarti e di fare
l’amore con te e tu vuoi portarmi a pranzo fuori?”-
domandò, cominciando ad innervosirsi.
“Pensavo fosse carino…abbiamo tutto il
tempo…possiamo continuare quel discorso
dopo…”-
E lei stava per ribattere, quando si sentì un rumore
provenire dalla camera da letto. Evie, involontariamente, aveva urtato
un soprammobile, che cadendo sul parquet aveva fatto un gran fracasso.
Orlando si girò di scatto verso la porta della camera da
letto, sudava freddo e non sapeva più che pesci pigliare,
mentre la ragazza lo squadrava con aria inquisitrice.
“Cos’è stato?”-
“Non so…sarà caduto
qualcosa…ho lasciato la finestra aperta, magari col
vento….”- buttò lì.
“No…c’è qualcuno in
casa…non eri solo, vero? C’è qualcunA
in camera da letto!”- sbottò inviperita lei,
dirigendosi a passo svelto proprio sul luogo del delitto ed aprendo
svelta la porta.
Orlando, che non era riuscito a bloccarla, rimase qualche passo
indietro, cercando di preparare una buona scusa o una giustificazione
per quello che stava per accadere.
Fortunatamente, però, Evie, fiutato il patatrac, era
riuscita a nascondersi nel ripostiglio antistante il bagno ed ora stava
là dentro, pregando che quei due uscissero alla svelta.
Quando Orlando si accorse che non c’era nessuno,
soffocò un sospiro di sollievo.
“Visto? Chi pensavi che ci fosse? Dovrei
offendermi…”- le fece notare.
La ragazza era allibita. Avrebbe messo la mano sul fuoco, era sicura di
trovare un’altra donna, invece niente e la portafinestra era
aperta, come lui le aveva appena detto.
“Io…ero sicura…voglio dire, sei
così strano ultimamente…non mi tocchi
più, mi respingi…”- osservò
lei stancamente.
“Neela…non fare la tragica…è
solo un periodo…sono preso da altre cose lo sai, sto
cercando il film giusto da produrre…”- le rispose.
La ragazza non rispose, era davvero incredula e confusa.
“Su, dammi retta…usciamo a mangiare qualcosa,
parliamo un po’ e vedrai che dopo andrà
meglio…”- le suggerì, prendendola per
la mano e facendola uscire dalla camera.
Dopo poco Evie sentì la porta blindata
dell’ingresso chiudersi e tirò un
sospirò di sollievo. Uscì dal ripostiglio, si
passò una mano fra i capelli e non riuscì a
nascondere un sorrisino tirato. Era diventata l’amante di suo
marito e stava per essere scoperta dalla sua ragazza, la stessa per la
quale era stata lasciata. In che razza di situazione si era cacciata?
Le sembrava tutto così assurdo, ai limiti del grottesco
quasi.
Però non poteva non ripensare a quello che aveva sentito, in
particolare alle lamentele di Neela, che si sentiva trascurata e che
forse non era più in cima ai pensieri erotici di Orlando, il
che in fondo le faceva anche piacere ed era una sorta di rivincita per
lei.
Si diede una controllata veloce allo specchio, quindi se ne
andò e tornò a casa dai ragazzi.
La sera dopo, come da accordi, Orlando cenò a casa ed
insieme ad Evie diedero ai ragazzi la notizia. Inutile dire quanto Amy
ed Alex fossero entusiasti di quel regalo inaspettato, erano davvero al
settimo cielo. Ma senza dubbio la cosa che più li rallegrava
era poter stare nuovamente insieme ai loro genitori, come ai vecchi
tempi.
Ben presto arrivò il giorno della partenza per Parigi. I due
‘amanti’ nel frattempo non si erano più
visti, i loro contatti erano stati solo telefonici, visto che tra
impegni di lavoro ed di organizzazione del viaggio il tempo era davvero
risicato.
Ovviamente avevano bellamente evitato di rievocare lo scampato pericolo
di qualche giorno prima, semplicemente non ne parlavano, si
comportavano come se nulla fosse, anche se era evidente che qualcosa
bolliva in pentola.
La prima giornata a Parigi fu veramente indimenticabile: andarono
subito a Disneyland, dopo aver sistemato i bagagli in albergo e
passarono là tutto il giorno. I ragazzi erano euforici e
molto felici. Si divertirono un mondo fra giostre, spettacoli di clown
o sul ghiaccio. Sarebbero rimasti lì per sempre! Ed anche i
loro genitori erano rilassati, scherzavano tranquillamente, contagiati
dall’allegria dei figli.
Rientrarono in albergo giusto in tempo per darsi una rinfrescata ed
andare a dormire, visto che avevano cenato direttamente nel parco
giochi.
Evie si era sistemata in una suite con camera da letto matrimoniale per
lei, che comunicava con la camera dei ragazzi, con due letti singoli,
mentre Orlando alloggiava sempre allo stesso piano, in una suite poco
più piccola.
Erano le undici passate e lui moriva dalla voglia di rivederla. Era pur
vero che avevano passato insieme tutta la giornata, ma non erano mai
stati da soli né aveva potuto lasciarsi andare ad un minimo
gesto affettuoso per paura di confondere i loro figli. Dopo aver alzato
la cornetta per chiamare la sua camera più volte ed averla
riappesa altrettante, l’attore decise di andare di persona a
darle la buonanotte. Uscì spedito dalla sua suite e
raggiunse quella di Evie, dall’altro capo del corridoio.
La donna, che stava leggendo, o meglio, era ferma sulla stessa pagina
da almeno un quarto d’ora, fu distolta dai suoi pensieri dal
bussare alla porta. Si infilò la vestaglia ed
andò ad aprire.
“Ciao…”- le disse semplicemente.
“Ciao…quanto tempo!”- osservò
ridacchiando e strappandogli un sorriso.
“Dormono?”- domandò, riferendosi ai
bambini.
“Si, sono crollati appena hanno toccato il
letto…si sono divertiti un mondo oggi…ah, per tua
informazione Amy ha deciso che da grande vuol lavorare a
Disneyland…”- lo avvisò.
“Fantastico…allora possiamo risparmiare
sull’università!”- rispose, stando al
gioco.
Restarono alcuni minuti a scrutarsi reciprocamente, senza dirsi nulla.
“Volevo…volevo solo darti la buonanotte
e…e poi pensavo che…visto che le due pesti
dormono, magari potresti venire da me, giusto dieci
minuti…in un eccesso di golosità ho ordinato
fragole e una bottiglia di champagne…non farmi brindare da
solo…”- aggiunse.
“Champagne? A Parigi? Un tantino prevedibile
Bloom…”- osservò lei divertita
– “Non so se è il caso…se uno
dei due si sveglia?”-
“Ma no…hai detto che sono crollati, no? Tireranno
dritti fino a domattina…in caso puoi lasciargli un
biglietto…e comunque la porta è blindata, non
c’è niente di pericoloso, siamo in un
albergo…mica ho intenzione di rapirti! Al massimo fra
un’ora sarai tornata…non se ne accorgeranno
nemmeno…”-
Lei ci pensò un po’ su. In fondo non aveva tutti i
torti, per una volta poteva anche pensare solo a lei, senza sensi di
colpa.
“E va bene…dammi solo un
attimo…”- gli disse, quindi, rientrò in
camera, scrisse un biglietto in cui lasciava detto ai ragazzi di essere
scesa nella hall e di non uscire per nessun motivo dalla stanza, lo
lasciò in bella vista e seguì suo marito nella
sua suite.
Lui le versò dello champagne, mentre lei mangiucchiava una
fragola.
“A cosa brindiamo?”- le chiese, porgendole il flute.
“Dunque….assolutamente a Minnie e
Topolino!”- rispose divertita.
“Mi sembra giusto! A loro ed al nuovo lavoro di
Amy!”- aggiunse ridacchiando.
Rimasero in silenzio, persi entrambi nei propri pensieri, cullati dal
frizzante scoppiettare delle bollicine nei bicchieri.
Lui era anche disposto a fermarsi lì, non voleva
necessariamente andare oltre, per quanto l’occasione fosse
perfetta e Parigi il migliore degli scenari; aveva già fatto
la sua mossa, invitandola in camera sua, ora sperava che fosse lei a
sbilanciarsi.
Evie, dal canto suo, era dubbiosa. Il rischio di esser scoperti e la
situazione in sé erano eccitanti, doveva riconoscerlo, ma
aveva paura del dopo. Si era già scottata e non voleva
accadesse di nuovo. Alla fine però, complice
l’atmosfera, forse anche lo champagne ed il clima rilassato,
mise da parte i suoi timori. Lui era lì, era estremamente
invitante e bello e le faceva sempre lo stesso effetto. Decise di
cogliere la palla al balzo, posò il bicchiere sul tavolino,
gli si avvicinò e lo baciò intensamente. Ed
Orlando contraccambiò con urgenza quel bacio, stringendola a
sé e lasciando vagare le sue mani lungo la sua schiena, fino
a carezzarle in maniera sensuale il sedere. A quel punto lei
scostò leggermente la testa, offrendogli il collo, che lui
cominciò a tormentare con lievi baci e leggeri morsi appena
accennati. Quindi le sfilò la vestaglia, spingendola
giocosamente lentamente sul letto a baldacchino, senza staccarsi da
lei; la baciava ed accarezzava con dedizione, toccandola sapientemente,
con la sicurezza garantita dalla conoscenza, mentre lei subiva il suo
attacco, passandogli le dita fra i capelli.
Poi, Evie si tirò un po’ su e cominciò
ad armeggiare a sua volta per spogliarlo. Lo fece stendere piano sul
letto, baciandolo, scendendo dalle sue labbra al suo collo, per poi
soffermarsi sul suo torace, alternando morbidi baci a carezze sempre
più ardite e languide. Sentiva il suo respiro farsi corto e
la cosa la incoraggiava a continuare, mentre lui le accarezzava le
spalle e le braccia.
Quando finalmente furono liberi dalla biancheria, lei con delicatezza e
lentezza si mise sopra di lui e cominciò a muoversi piano,
senza fretta alcuna. Lui le portò le mani sui fianchi,
assecondando i suoi movimenti e mordendosi di tanto in tanto il labbro
inferiore. E alla fine, poco prima di raggiungere il culmine della
passione, la fece scivolare rapidamente sotto di sé,
imprigionandole le braccia sopra la testa e baciandola con intenso
trasporto.
Si lasciarono andare l’uno accanto all’altro,
ancora col fiato corto, senza dire nulla. Ed anche quella volta non
affrontarono l’argomento, non chiarirono la loro situazione,
come se avessero paura di rovinare tutto. Lei rimase lì con
lui per circa un’ora, poi si rivestì e
tornò nella sua stanza.
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Capitolo 11 *** Cap.11 ***
Anche durante la breve permanenza a Parigi Orlando ed Evie continuarono
a vedersi di nascosto. Di giorno stavano coi bambini e si comportavano
in maniera assolutamente impeccabile, compenetrati nel loro ruolo di
genitori, senza sbilanciarsi e senza dare adito ad equivoci, per non
confondere od illudere i loro figli, mentre la sera, una volta messi a
letto Alex ed Amy, si concedevano bollenti incontri nella suite di lui.
La situazione era senza dubbio paradossale. Erano ancora sposati, ma in
attesa di divorzio, aspettavano giusto il tempo necessario
perché i documenti fossero pronti, inoltre lui aveva anche
una storia con un’altra donna, tuttavia non riuscivano a
staccarsi, a dare un taglio netto. Evie, in particolare, si sentiva
più libera ed anche più disinibita: le sembrava
di esser tornata agli inizi della loro storia, anche se si rendeva
perfettamente conto che era un’assurdità
continuare così.
Quella relazione clandestina andò avanti ancora, anche dopo
il ritorno dalla ville lumiére. Ma, com’era
prevedibile, inevitabilmente uno dei due ad un certo punto
aprì gli occhi e decise di analizzare lucidamente la loro
situazione.
Era un pomeriggio infrasettimanale ed i due
‘amanti’ avevano deciso all’ultimo minuto
di vedersi. Non era in programma, semplicemente si erano sentiti per
telefono per discutere di altro ed alla fine si erano accordati per
trovarsi. Decidere il luogo del ritrovo fu decisamente complicato:
l’attico di Orlando era off limits, anche se lui non ne aveva
specificato la ragione ed altrettanto poteva dirsi per casa loro, dove
c’erano i ragazzi con nonna Violet. Alla fine, optarono per
una soluzione pratica, anche se un po’ triste: si videro in
un motel appena fuori Londra, per non attirare l’attenzione.
Erano arrivati ovviamente separati, dopodiché Orlando aveva
sbrigato le formalità del caso alla reception, dando dei
nomi falsi e lasciando una generosa mancia al proprietario per
assicurarsi la sua discrezione. Evie nel frattempo lo aspettava nella
camera 523, guardandosi intorno. La stanza era semplice e senza troppi
fronzoli, ma almeno sembrava pulita; il piccolo bagno era decorato con
delle piastrelle che trovò orrende di un assurdo verde
pistacchio. Era assorta nella contemplazione della camera, non
perché le interessasse davvero, ma perché era un
modo come un altro per non pensare a quanto fosse tutto assurdo.
Fu così che la trovò Orlando, di spalle, sulla
soglia della porta del bagno. La abbracciò da dietro,
posando un bacio sulla sua spalla.
“Che fai?”- le domandò.
“Niente…prendevo confidenza con
l’ambiente…”- rispose lei, posando le
mani sulle sue.
“Queste piastrelle sono…”- riprese lui.
“…orribili, vero?”- lo
anticipò lei.
“Non era il termine che avevo in mente ma senza dubbio rende
bene l’idea e senza troppi giri di parole!”-
osservò ridacchiando e facendola ridere a sua volta.
Quindi chiuse la porta, la osservò e le disse malandrino:
“Bè, direi che abbiamo di meglio da fare che
dedicarci alle piastrelle del bagno…”- e
cominciò a sfiorarle un braccio, attirandola poi a
sé.
“Lo spero…”- aggiunse lei, prima di
baciarlo con intenso trasporto.
Si sentiva dannatamente bene, sicura, disinvolta, quasi come se fosse
un’altra persona e senz’altro la
particolarità della loro situazione accentuava questa sua
predisposizione.
Si strinse a lui, lasciando correre le mani sulla sua schiena ed
arrestandole poco sopra il suo sedere, mentre con le labbra aveva preso
a tormentargli il collo, intervallando lievi baci a leggeri morsi
appena accennati. Lui la lasciava fare, mordendosi di tanto in tanto il
labbro inferiore e sospirando.
Evie gli passò una mano dietro la nuca ed attirandolo a
sé lo baciò nuovamente sulla bocca ed orlando
ricambiò intensamente quel bacio. Continuarono a baciarsi
per un tempo che ad entrambi parve infinito; d’un tratto, lei
si staccò da lui e lo prese per mano, guidandolo verso il
letto. Quindi riprese a baciarlo, mentre gli sbottonava e
sfilava la camicia, senza staccarsi dalle sue labbra ed armeggiava coi
jeans per levarglieli. Lo baciò sul collo, per poi scendere
fino al petto. Orlando stava per sfilarle la maglietta che indossava,
ma lei fece di non col capo e lo spinse a sedere sul letto. La
assecondò, osservandola mentre si spogliava davanti a lui,
finché non rimase con la sola biancheria intima addosso e
gli si avvicinò. Le cinse i fianchi con le braccia, le
baciò l’ombelico ed il ventre e nel frattempo le
accarezzava le gambe. Lei gli accarezzò affettuosamente i
capelli, per poi obbligarlo a coricarsi, distendendosi poi sopra di
lui. Lo baciava senza posa, tracciando un percorso fatto di baci
più o meno arditi, partendo dalle labbra, per poi scendere
all’incavo del collo, raggiungere il suo petto, il torace, la
sua pancia, mentre con una mano andava a stuzzicare il suo punto
più sensibile, insinuandosi direttamente nei suoi boxer. Lui
ebbe un sussulto di sorpresa, ma naturalmente non aveva alcuna
intenzione di fermarla.
La lasciò fare ancora per un po’, subendo
quell’attacco così appassionato, poi, ad un certo
punto, pensò che fosse ora di ricambiare; le posò
le mani sui fianchi, scostandola con delicata fermezza da sé
ed invertendo le posizioni. Si portò sopra di lei,
semplicemente limitandosi a guardarla e strusciandosi appena contro di
lei. Struffò il naso contro il suo, ridendo appena, poi
riprese a baciarla, prima lentamente e a fior di labbra, via via con
sempre più trasporto, mentre le sue mani vagavano lungo quel
corpo che conosceva bene, andando a toccare le sue corde più
sensibili.
Finirono così per fare l’amore in maniera
coinvolgente ed appassionata, quasi come fossero tornati ai giorni
delle loro luna di miele in Thailandia.
“Forse dovremmo parlare…”- disse lui
rompendo quel silenzio, mentre erano ancora abbracciati.
“Di cosa?”- rispose, fingendo di cadere dalle
nuvole.
“Bè, magari di noi due…tanto per
cominciare…”-
“Non penso sia il caso…”- lo
liquidò, prendendo tempo.
“Ti rendi conto di quanto siamo caduti in basso
oggi?”- riprese lui, deciso a chiarire la loro situazione.
Lei sollevò il viso quanto bastava per incontrare i suoi
occhi.
“Intendi per il motel? Bè, in
effetti…fa molto ‘amanti clandestini
’…”- osservò
“E’ squallido…”-
tagliò corto lui in un moto d’orgoglio.
Evie si slacciò da quell’abbraccio e si mise a
sedere, coprendosi con il lenzuolo.
“E va bene…non è il massimo
ma…”-
“Non c’è nessun ma…cosa
stiamo facendo? Voglio dire, che senso ha andare avanti
così? Ormai sono quasi due mesi che ci vediamo di nascosto,
all’insaputa di tutti…ci incontriamo, finiamo a
letto senza poi parlare di cosa succede….è
assurdo…noi siamo sposati…non siamo due che hanno
una relazione occasionale o che scopano e basta…”-
le fece notare con decisione.
Naturalmente Evie sapeva bene che aveva ragione, la sua disamina non
faceva una piega, ma dar ragione a lui significava ammettere, prima di
tutto con se stessa, che aveva paura e non era ancora pronta a farlo.
“Non so cosa dirti…”- osservò
in un soffio, evitando volutamente di guardarlo.
“Impossibile…qualcosa da dire ce l’
hai…dimmelo! Avanti, ti ascolto…”- la
incitò.
“Orlando smettila, per favore…non voglio pensare a
niente, ok? Non mi pare il caso di farsi troppe
domande…”- precisò spazientita.
“A me invece si…sono stanco di nascondermi, stanco
dei sotterfugi…tu no? Non ci credo…sentiamo,
cos’ hai detto a Jordan per giustificare la tua
assenza?”- la provocò.
“Non sono affari tuoi…e comunque non gli devo
spiegazioni…”- tagliò corto.
“Ah no? E cos’è? Una specie di rapporto
libero?”- riprese.
Lei rimase in silenzio alcuni istanti. Non stava con Jordan, non
avevano affatto una relazione, e sicuramente non per volontà
dell’uomo, che sarebbe stato ben contento di frequentare
Evie, ma lei era sempre stata molto chiara ed aveva chiarito che fra
loro ci sarebbe sempre e solo stato un rapporto di lavoro, oltre ad una
sana amicizia.
Forse era arrivato il momento di dirlo anche ad Orlando, il quale era
sicuro del contrario.
“Non è un rapporto...non stiamo insieme, contento?
Siamo solo amici…e colleghi…”- rispose
infine.
Lui la osservò sempre più confuso. Se prima
giustificava le sue riserve ed i suoi dubbi, convinto che volesse in un
certo modo proteggere il suo nuovo compagno, ora non riusciva proprio a
capire il suo comportamento.
“Non state insieme?”- si accertò, giusto
per scrupolo.
“No”- ribadì.
“Mai stati insieme?”-
“No! Devo scrivertelo col sangue?”-
“Non capisco…mi avevi detto tu di avere un
altro…e poi l’ ho visto uscire da casa nostra una
mattina…mentre riportavo i ragazzi…e poi al
ristorante…perché non mi hai mai detto
niente?”-
“Perché non c’era niente da
dire…era semplicemente passato a farmi leggere degli
articoli…siamo solo amici…”-
Se, da una parte, questa scoperta sollevava non poco Orlando,
dall’altra lo preoccupava: infatti non riusciva a capacitarsi
del perché Evie accettasse una situazione del genere pur non
avendo legami con nessun altro. Non era da lei.
Lei percepì la sua confusione, d’altra parte si
conoscevano bene.
“Che c’è? Ti stai chiedendo
perché non ho mai detto niente? Perché ho
accettato di vederti così?”-
Lui annuì, con l’aria terribilmente smarrita.
“Non lo so…forse perché così
era più semplice…forse mi sono divertita a farti
credere quello che volevi…”- ammise candidamente.
E lui la guardava quasi con disappunto, con una malcelata vena di
delusione negli occhi.
“Eh no...non guardarmi così…proprio tu?
Tu che mi hai tradita con un’altra, con cui peraltro
convivi…”- osservò piccata.
“Almeno io sono stato sincero…pensi che non avrei
potuto tenere il piede in due scarpe? Avrei potuto eccome…ma
ho scelto di dirti la verità, per quanto dolorosa
fosse!”- sbottò contrariato.
“E dovrei ringraziarti? Dovrei ringraziarti per aver mandato
all’aria tutto?”-
“Non ho detto questo…e comunque, per la centesima
volta, non ti ho detto nulla perché non c’era
niente da dire!”- ribadì.
“Ma hai lasciato che credessi che stavate
insieme…”-
“E’ un tuo problema…”-
tagliò corto.
“No, è anche tuo!”-.
“Hai ragione, è anche
mio…perché sono sicura che se non avessi avuto il
dubbio che potessi stare con un altro adesso non saremmo
qui!”- osservò seccamente.
“Cosa vorresti dire?”-
“Che eri solo geloso…anzi, forse nemmeno quello,
solo ti dava fastidio il fatto che potessi stare con un altro e allora
hai cercato di riprenderti il giocattolino! Tanto per te è
tutto un gioco! Rivolevi me ma hai continuato a stare con
Neela…e poi non dirmi che non tieni il piede in due
staffe!”-
“Sai benissimo che con lei non
funziona…”-
“Oh si, certo…questa l’ ho
già sentita…guarda caso un po’ prima
che finissimo a letto insieme la prima volta… e dopo nemmeno
dieci giorni eri tornato con lei”- precisò.
“Sono tornato con lei perché tu mi hai rifiutato!
Io volevo rimettermi con te e tu lo sai bene…sei stata tu a
sbattermi in faccia un’altra storia…sei stata tu a
dirmi che era troppo tardi! E comunque, per tua informazione,
l’ ho lasciata…a quest’ora
starà finendo di portar via le sue cose…ecco
perché non siamo andati da me!”- le
ringhiò visibilmente arrabbiato.
Quindi si alzò in fretta dal letto e si rivestì
altrettanto velocemente, scuro in volto.
“Io non…non so perché l’ ho
fatto…”- cominciò a spiegare lei,
timidamente. Scoprire che tra lui e Neela era davvero finita fu una
specie di doccia gelata, l’aveva davvero presa in contropiede.
“Lo so io perché…volevi
vendicarti…era una sottile ripicca, per ripagarmi della
stessa moneta…ti facevo più matura! E pensare che
per anni mi sono sentito un idiota superficiale in confronto a
te…mi sembrava sempre di sbagliare, di non fare la cosa
giusta…robe da matti! Adesso hai avuto la tua rivincita! Ti
sei dimostrata che potevi riprendermi quando volevi e rendermi pan per
focaccia…sarai contenta no? Brava, davvero
complimenti!”-
“Non fare così, per favore…dammi il
tempo di…”-
“No, il tempo è scaduto…non cercarmi
più…”- concluse seccamente andandosene
e sbattendo la porta.
Evie rimase lì, seduta su quel letto che solo poche ore
prima li aveva visti complici amanti. Si sentiva stupida, confusa e
smarrita. Aveva scioccamente dato retta al suo orgoglio, facendo
credere ad Orlando di stare con un altro, in un maldestro modo di
tutelarsi, di proteggersi da altre delusioni, ma alla fine quella bugia
si era ritorta contro di lei e nel peggiore dei modi.
Voleva solo prendersi un po’ di tempo, frequentarlo e vedere
se c’era ancora una base da cui ripartire, ma ora tutto era
inevitabilmente compromesso. L’aveva preso in giro, non del
tutto volontariamente, ma l’aveva fatto e sapeva bene che se
c’era una cosa che lui non sopportava era proprio di sentirsi
raggirato. Ed ora non sapeva cosa fare per rimediare.
Rimase lì, rannicchiata a letto, cercando di riordinare le
idee, quindi si rivestì e tornò a casa. Era
talmente tesa e stanca che pareva uno straccio, tanto che sua madre si
preoccupò non poco, temendo che stesse male. La
rassicurò, dicendole che aveva solo avuto una brutta
giornata al lavoro e Violet, per nulla convinta, mangiò la
foglia ed aspettò che fosse lei ad aprirsi, lasciandole i
suoi tempi.
Nel frattempo, Orlando gironzolava senza meta in macchina. Non aveva
voglia di rientrare a casa e, soprattutto, non voleva rischiare di
trovarci ancora Neela. Lasciarla non era stata una cosa facile, e non
perché non fosse ciò che realmente voleva, ma
perché la ragazza non era di certo il tipo che si arrende
senza combattere ed aveva tentato il tutto per tutto pur di fargli
cambiare idea.
Era ancora visibilmente arrabbiato, si sentiva ferito, deluso e preso
per i fondelli, proprio dall’unica donna che
riteneva incapace di farlo. Nonostante le incomprensioni, aveva sempre
nutrito un’enorme stima nei confronti di Evie; per lui era un
raro esemplare di donna pulita, leale, sincera e l’aveva
pensato sin da subito, fin dai primi incontri. Era genuina, schietta,
non era il tipo da cui aspettarsi tiri mancini, non era
un’ammaliatrice, né si vendeva per ciò
che non era e non aveva mai usato certe astuzie femminili per
convincerlo a fare qualcosa che non condivideva.
Eppure, quel pomeriggio, si era trovato davanti una donna completamente
diversa, che l’aveva preso in giro, che per la prima volta in
vita sua gli aveva mentito, portando avanti quella specie di recita per
settimane intere. Non sapeva come spiegarselo e non riusciva a
giustificarla, non ancora almeno.
Nei giorni a seguire i due evitarono di incontrarsi,a che solo per
sbaglio. Orlando passava a prendere i ragazzi, ma li aspettava fuori in
macchina e parimenti si limitava ad aspettare di vederli rientrare in
casa quando li riaccompagnava.
Naturalmente quel clima di tensione era ben percepito anche dai loro
familiari, primi fra tutti da Alex ed Amy, che, nonostante le
rassicurazioni dei genitori ed i loro tentativi di tenerli fuori dai
loro problemi, non erano due stupidi ed avevano fiutato che
c’era qualcosa che non andava, soprattutto ripensando ai
giorni spensierati e felici trascorsi tutti insieme a Parigi.
Evie era ormai decisa ad arrendersi. Ci aveva pensato a lungo ed aveva
realizzato che probabilmente la cosa migliore fosse divorziare ed
andare ognuno per la propria strada. Erano successe troppe cose, negli
ultimi tempi i loro rapporti si erano allargati e ristretti come
fossero un elastico, ma l’ultima loro discussione aveva forse
segnato la rottura definitiva. Era convinta che lui non
l’avrebbe perdonata e questa convinzione la irritava
terribilmente. Infatti, non riusciva a capire come mai lui le avesse
più volte chiesto di perdonarlo, passando sopra al suo
tradimento, mentre si era poi dimostrato incapace di fare lo stesso ed
il tutto solo per un’innocente bugia. Evie si sentiva in
credito, in un certo senso, nei suoi confronti e quel suo atteggiamento
ostile la infastidiva alquanto. E già quello avrebbe dovuto
servirle da campanellino d’allarme. La sua rabbia nei
confronti di quell’uomo che era ancora suo marito smascherava
chiaramente che c’era ancora un forte sentimento a spingerla
verso di lui, benché lei si ostinasse a negarlo. Lo amava
ancora, ma anche quella volta non voleva cedere.
Come spesso accade, però, furono gli eventi a decidere per
lei. Ultimamente la donna si sentiva strana, affaticata, stanca e le
capitava di avere improvvisi attacchi di sonnolenza, anche in pieno
giorno. Quei sintomi non le erano affatto sconosciuti, ricordava bene
di essersi sentita così quando aspettava Alex, ma si
autoconvinse che fosse solo un malessere passeggero oppure le
avvisaglie di un’influenza. Invece i giorni passavano e quei
fastidi non accennavano ad attenuarsi, così si decise a fare
un test di gravidanza, che risultò positivo. Aspettava un
bambino da Orlando…quando vide le due striscette quasi le
venne un colpo. Rifece il test altre due volte, ottenendo sempre lo
stesso esito, ma ancora non voleva crederci. Per questo, fece anche
delle analisi del sangue, per averne la certezza matematica. Ovviamente
anche gli esami del sangue confermarono i risultati dei tests: era
incinta di 6 settimane.
A quel punto, se possibile, Evie era ancora più confusa.
Quello era di certo il momento meno adatto per avere un altro figlio,
per non parlare dei suoi correnti rapporti con Orlando, dato che
praticamente non si rivolgevano la parola. Non sapeva davvero cosa
fare. Le sembrava assurdo aspettare un figlio concepito
all’interno di una relazione clandestina, perché
di quello si era trattato, anche se erano ancora sposati,
‘tecnicamente sposati ‘, come precisava sempre lui.
Era altrettanto vero, però, che clandestina o meno, quella
relazione era stata dettata dall’amore, perché lei
lo amava ancora ed a questo punto non poteva più negarselo.
Tuttavia, i dubbi aumentavano di giorno in giorno; doveva dirlo ad
Orlando, lui aveva tutto il diritto di saperlo, ma aveva anche paura,
temeva che questa gravidanza l’avrebbe spinto a tornare con
lei per senso del dovere più che per reale
volontà. E questo non poteva sopportarlo.
Era disposta a fare mea culpa, ammettendo i suoi errori, era pronta a
ricominciare, ma voleva essere sicura che lui la volesse davvero, che
volesse veramente tornare a casa. Diversamente, avrebbero definito la
loro situazione divorziando, ed avrebbero cresciuto anche quel bambino
da genitori separati.
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Capitolo 12 *** Cap.12 ***
Se qualcuno non se ne fosse accorto, ma ne dubito, ho aggiornato con tre capitoli, concludendo così anche questa fanfiction che è ufficialmente l'ultima che scrivo! Per motivi personali ho deciso di non pubblicare più e non vi nascondo che la cosa spiace a me per prima...ma era una decisione che covavo da tempo e l'andazzo preso in particolare dalla sezione ff su attori mi ha spinta a chiudere definitivamente. So di non essere una gran perdita, quindi sarò breve e ringrazierò le mie fedeli commentatrici, chi ha speso cinque minuti per leggere ciò che scrivo e chi ha inserito le mie ff tra i suoi preferiti! Grazie a tutti!
Evie era convinta della sua decisione e non sarebbe tornata indietro.
Avrebbe detto ad Orlando del bambino, ma non avrebbe mai accettato un
rapporto di facciata o dettato dal suo senso del dovere. Tuttavia, i
giorni passavano ed ancora non aveva trovato il modo o forse il
coraggio di dirglielo.
La cosa la rendeva pensierosa e preoccupata e questi suoi stati
d’animo non sfuggirono alle sue sorelle ed a sua madre. Se
però Violet ed Emma si dimostravano presenti pur con
discrezione, senza pressarla e lasciandole i suoi tempi, Elizabeth, la
sorella maggiore, era stufa di attendere, aveva fiutato che qualcosa
non andava ed era più che certa che c’entrasse il
suo amato cognato.
Per questo una mattina, dopo averle telefonato per assicurarsi che
fosse libera, raggiunse Evie a casa sua, decisa a farla parlare. Le
lasciò giusto il tempo di finire la colazione, prima di
cominciare con l’interrogatorio.
“Allora? Come stai? Come va il lavoro?”-
esordì scrutandola.
“Bene…al lavoro fila tutto liscio
e…anche a casa tutto bene…”- rispose
tranquillamente.
“Novità?”- riprese Beth.
“No…direi di no….”-
“Eppure mi sembri strana….non oggi in particolare,
ma già da un po’….”-
osservò sibillina.
Evie si sforzò di restare calma e di non mostrare segni di
cedimento. Conosceva bene sua sorella e sapeva che, se ci si metteva,
poteva diventare peggio dell’Inquisizione Spagnola.
“Strana? Non mi pare…”-
tagliò corto.
“Mah…negli ultimi mesi eri sempre così
frizzante, avevi una luce particolare negli occhi…adesso
invece sembri un po’ spenta, stanca
anche…”- precisò.
“Davvero? Bè, in effetti in questi giorni sono un
po’ debole…credo stia per venirmi
l’influenza…”- rispose, sperando che
l’interrogatorio fosse finito.
“Non sarà che hai dei problemi amorosi? Non uscivi
con un tuo collega….anzi, no…era lui che ti
faceva il filo…non sarà che si è
stancato di aspettare e quando hai capito che ti interessava era troppo
tardi?”- indagò.
“Ma chi? Jordan? Ma no…non
c’è mai stato niente…siamo solo
amici….”-
“Allora c’entra Orlando…”-
sentenziò sicura.
Ed al solo sentire quel nome l’espressione di Evie
cambiò, il che per Beth fu come una tacita ammissione.
“Ah ecco! Lo sapevo…che ha fatto
stavolta?”-
“Beth ti prego…non mi va di
parlarne….”- le disse stancamente.
“Ok…tanto credo di saperlo
già…ho letto che ha lasciato quella
sciacquetta…ed immagino che sia corso da te per pregarti di
riprenderlo…ed ora tu sei confusa….”-
“No…sei fuori strada…credo che questa
volta lui si aspetti che lo preghi io di
riprovarci…”- ammise stancamente.
“Cosa? E perché mai?”-
osservò quasi scandalizzata Elizabeth.
Evie rimase alcuni istanti in silenzio, quindi, ben consapevole che sua
sorella non se ne sarebbe andata finché non avesse saputo la
verità, si decise a raccontarle tutto.
“Senti, io ti dico tutto, ma prometti che lo terrai per te,
ok? Non voglio che nessuno lo sappia, nemmeno mamma ed
Emma…non ancora almeno…”- si
raccomandò.
“Certo…così però mi fai
preoccupare….che succede?”-
“Succede che per circa due mesi sono stata l’amante
di Orlando…”- le rivelò.
“Cosa?”- osservò l’altra
incredula.
“Ci siamo visti di nascosto…e non per parlare o
giocare a scacchi…non so cosa mi è
preso…era già successo una volta, dopo la
scomparsa di papà…è passato a
trovarmi, abbiamo bevuto e sull’onda dei ricordi siamo finiti
a letto insieme, ma prima che tu possa pensar male, ero perfettamente
consapevole di ciò che facevo…”-
precisò.
“E poi? Che è successo?”- la
incitò a continuare la sorella.
“La mattina dopo mi sentivo così
confusa…lui mi aveva appena detto di amarmi ancora, che era
pentito e che voleva tornare a casa…mi ha presa in
contropiede ed io gli ho mentito, gli ho detto che quella notte non
significava nulla e che avevo un altro…e lui ci ha creduto,
tant’è che quando ha visto Jordan uscire da casa
mia e poi al ristorante con me ha pensato che stessi con
lui…poi un giorno sono stata da lui, prima del compleanno di
Amy, per decidere cosa fare…e siamo finiti di nuovo a
letto…e così per i due mesi successivi, Parigi
compresa….”-
“Immagino che tu non sappia cosa fare…”-
rimarcò Beth.
“L’ultima volta che ci siamo visti è
saltato fuori che con Jordan non c’è
nulla…si è incazzato come una iena, si
è sentito preso in giro…mi ha accusata di averlo
ingannato appositamente per vendicarmi…in pratica mi ha
fatto passare per la megera della situazione, la strega che si
è presa gioco dei sentimenti del povero marito pentito e
ancora innamorato…”- ironizzò.
“Bè, tesoro…sai bene che mi aggrapperei
a qualsiasi cavillo pur di bastonare Orlando, ma stavolta ti sei
comportata maluccio…”- le fece notare.
“Lo so…adesso non vuole più vedermi
né parlarmi…”- osservò.
“Lo conosci…è testardo ed orgoglioso
fino al midollo…dagli un po’ di
tempo…”- le consigliò.
“Non è così
facile…c’è un’altra
cosa…qualcosa che non era previsto…e lui deve
sapere…”- riprese incerta.
“Che altro c’è?”-
“Sono incinta…”- le disse infine.
“Sei…sei sicura?”-
“Si…ho fatto tre volte il test a casa e le analisi
in ospedale…sono proprio incinta…”- le
confermò.
“Evie devi dirglielo…”-
“Lo so…solo che ho paura…adesso lui ce
l’ ha con me…ed io non voglio che torni a casa
solo per senso del dovere….non è così
che doveva andare…non volevo prenderlo in giro, volevo solo
avere ancora un po’ di tempo per pensare e per riflettere su
di noi…non volevo ingannarlo né tantomeno
incastrarlo…”-
“Oh tesoro…per quanta poca stima abbia di lui non
penso sia così stupido da pensare una cosa
simile…”- la rassicurò amorevolmente.
“Si ma…adesso è tutto
complicato…”- osservò mestamente.
“Senti, tu lo ami? Rispondi sinceramente…al di
là di tutto quello che è successo, del tradimento
e della sua sbandata….lo ami?”- le
domandò guardandola negli occhi.
Evie sospirò, cercando di riordinare le idee e prendendo
tempo, anche se la risposta la conosceva già.
“Si…lo amo…”- rispose infine,
quasi emozionata. In fondo era la prima volta che lo ammetteva a voce
alta, dopo i problemi degli ultimi tempi.
“Allora vai da lui e diglielo…vedrai che
capirà…e appena saprà del bambino si
dimenticherà di tutto il resto…e non per senso
del dovere, ma perché anche lui ti ama…so che
forse sono l’ultima da cui ti aspetti di sentirti dire certe
cose, ma penso sia sincero…e poi è inutile che tu
stia qui a rimuginare, vai da lui e parlagli, il resto verrà
da sé…”- le suggerì.
Incoraggiata dalla conversazione con Beth, Evie decise che era davvero
arrivato il momento di chiarirsi con Orlando. Così, la
mattina dopo, mentre i ragazzi erano a scuola, andò da lui.
“Ciao…”- gli disse, quando lui
andò ad aprirle.
L’attore era sicuramente sorpreso della sua visita, ma era
ancora palesemente arrabbiato con lei. Aveva
quell’espressione vagamente imbronciata che lei aveva
imparato bene a conoscere nel corso degli anni.
“Come mai qui?”- le chiese senza troppi fronzoli.
“Io…avrei bisogno di parlarti…ti chiedo
solo cinque minuti…”- rispose incerta.
Si aspettava che lui non le rendesse le cose facili, ma sperava che
almeno fosse un po’ meno ostile.
“Entra…”- aggiunse, richiudendo poi la
porta alle loro spalle – “Hai fatto bene a
passare…sarei venuto io a casa stasera…devo farti
firmare alcune cose…”- riprese poi.
Quindi si allontanò alcuni istanti, per poi tornare da lei
con una cartellina porta documenti. Si mise a sedere sul divano,
invitandola con un gesto della mano a fare altrettanto ed
aprì la cartellina, spargendo sul tavolino i documenti in
essa contenuti.
E con sua grande sorpresa Evie capì che si trattava delle
carte per il divorzio. Orlando faceva davvero sul serio.
“I documenti per…”- iniziò a
dire.
“…per il divorzio si…”-
aggiunse lesto lui, completando la frase –
“…leggili pure prima di firmare…non
c’è niente di nuovo comunque, è tutto
come avevamo concordato con l’avvocato…e di fatto
non cambierà nulla…la casa resta a te,
c’è la cifra che verserò per i bambini,
le modalità di visita e bla bla bla…”-
le spiegò brevemente.
Lei lo guardava, cercando di carpire il suo stato d’animo.
Sembrava estremamente distaccato e freddo, come se stesse parlando di
una cosa che non lo riguardasse.
“Prima di firmare devo parlarti…è
importante…”- precisò, con determinata
calma.
Finalmente lui alzò gli occhi incontrando i suoi. Gli parve
un po’ pallida e stanca, ma fu colpito dalla determinazione
che aveva nella voce.
“Non credo ci sia molto altro da dire…comunque,
avanti, ti ascolto….”- le rispose, mettendosi a
sedere meglio sul divano ed incrociando le braccia.
“Ecco io…circa quanto è successo
l’ultima volta, volevo che tu sapessi che…-
cominciò col dire.
“Io invece vorrei non parlarne
più…”- precisò seccamente.
“Invece ne parliamo eccome…”- riprese
lei decisa – “…devi starmi a sentire,
poi se resterai della tua idea firmerò queste carte e non
torneremo mai più sull’argomento…ma ora
vorrei che mi ascoltassi…”- concluse fissandolo
negli occhi.
“E va bene…continua…”-
“Ho sbagliato…e tu hai tutte le ragioni del mondo
per avercela con me…è che ero
confusa…per questo ti ho mentito e ti ho detto che avevo un
altro…quella sera, intendo la prima volta che siamo finiti a
letto insieme, ero così contenta, mi sembrava che fosse
tornato tutto a posto…ma la mattina dopo mi sono venuti una
miriade di dubbi…per quanto ti avessi perdonato col corpo e
con il cuore, con la testa non ero ancora pronta…e so che
avrei semplicemente dovuto dirtelo, ma non ci sono
riuscita…è stato più forte di
me…chiamala codardia, chiamalo orgoglio…ho fatto
la cosa più comoda ed ho mentito…non volevo
prenderti in giro, davvero non era mia intenzione…e anche
nelle settimane successive, quando abbiamo continuato a vederci, ogni
volta ero sul punto di parlarti, ma poi mi mancava il
coraggio…non sapevo da dove cominciare…non sapevo
come avresti reagito…la verità è
che…che io ti amo…e lo sapevo anche quella prima
sera…solo che temevo le mie reazioni, non mi sentivo sicura
e non volevo correre il rischio di affrettare i
tempi…”- gli spiegò candidamente.
Lui la osservò per un tempo che a lei parve infinito, senza
aprire bocca.
“Mi ami?”- le domandò infine, quasi
incredulo.
“Si…è sempre stato
così…dietro la rabbia e la delusione
c’era solo amore, nonostante tutto…io ti ho
perdonato e spero che anche tu possa perdonare
me…”- concluse.
Ancora lui rimase in silenzio.
“Se però vuoi che firmi queste carte…le
firmerò…io non voglio il divorzio, sia ben
chiaro…ma se è quello che vuoi
tu…allora lo farò…”-
aggiunse.
“Io voglio tornare a casa…divorziare è
l’ultimo mio pensiero…solo
che…bè, Evie mi hai fatto
incazzare…prima ho pensato che stessi con
quello…poi abbiamo ripreso a vederci ed ogni volta speravo
che mi dicessi di tornare con te…e alla fine ho scoperto che
mentivi…pensi che io non fossi confuso? Bè, lo
ero eccome…perché non me l’ hai detto
prima, eh? Ti diverti a farmi dannare?”- osservò
in maniera buffa.
“Scusami…hai ragione, ho
sbagliato…”- ammise.
Lui sospirò, quindi riprese:
“Vieni qui…”- esortandola a farsi
abbracciare.
E lei diligentemente si avvicinò a lui, stringendolo e
lasciandosi quasi cullare dalle sue braccia, stretta in
quell’abbraccio forte e protettivo.
“Sei una peste…tale e quale a quando ci siamo
incontrati…poi per strada ti sei un po’
persa…ma alla lunga la tua essenza è ritornata in
superficie…”- osservò divertito.
“E ti dispiace?”- gli chiese di getto.
“Assolutamente no, anzi, mi mancava…ed avevo quasi
paura che fosse colpa mia se eri cambiata…”-
aggiunse.
“Bè, a volte capita di perdersi, no? L’
hai detto anche tu…”- gli fece notare.
“Direi di si…l’importante poi
è ritrovare la giusta direzione”-
precisò lui, carezzandole la testa.
Evie rimase in silenzio, semplicemente godendosi quella ritrovata
armonia e complicità, quindi alzò un poco la
testa, lo fissò negli occhi e lo baciò. Orlando
ricambiò quel bacio con intenso trasporto, accarezzandole la
schiena e stringendola ancora di più a sé.
“Aspetta…c’è
un’altra cosa che devo dirti…”- lo
bloccò lei, già col fiato corto.
“Che succede ancora?”- rimarcò lui,
quasi preoccupato.
“Tranquillo, è una cosa bella…almeno
dovrebbe esserlo..anche se non era previsto…né
programmato…”- riprese lei.
“Cioè?”- disse scrutandola.
“Sono incinta…”- gli rivelò
finalmente, visibilmente emozionata.
E lui sgranò gli occhi, spiazzato e sorpreso da quella
notizia.
“Dici sul serio? Ne sei certa?”-
“Si…sono di sei settimane…ti dispiace?
So che magari non è il momento adatto…forse era
meglio aspettare, ma…bè, aspetto un
bambino…e forse sarà da incoscienti ma sono pazza
di gioia!”-
L’attore non perse tempo nemmeno a risponderle, semplicemente
le diede un bacio, carico di tenerezza e di gratitudine, decisamente
più eloquente di mille parole.
“Ovvio che sono strafelice…non potevi farmi regalo
più bello…”- aggiunse poi, staccandosi
da lei.
“Sei sicuro? Non voglio che tu ti senta incastrato o
obbligato in alcun modo…”-
“Evie…vuoi farmi incazzare ancora? Ma che discorsi
fai? Siamo sposati…ormai mi ha incastrato tanto tempo
fa…”- le fece notare ridacchiando divertito.
“Scemo!”- lo apostrofò lei, dandogli un
pizzicotto su un fianco.
“Permalosa…! Torno con te perché ti
amo, testona! Mi spiace solo di aver dovuto starti lontano per
rendermene conto…Abbiamo perso un sacco di tempo
inutilmente…se solo avessimo parlato prima dei nostri
timori, ci saremmo risparmiati tante cose
spiacevoli…”- osservò seriamente.
“E’ vero…però possiamo
rimediare…ed evitare di ripetere gli stessi errori in
futuro…”- aggiunse lei.
“La mia piccola peste saggia…”-
rimarcò lui, prima di baciarla nuovamente.
E così, nonostante i problemi e le difficoltà,
nonostante entrambi si fossero persi per ragioni differenti, Evie ed
Orlando ripartirono da loro due e dalla loro famiglia, da Alex ed Amy e
dal bambino che sarebbe arrivato di lì a qualche mese. Si
erano ritrovati più uniti e più forti di prima,
forti di quel sentimento puro e sincero che li legava e che aveva
permesso loro di ricucire le trame delle loro vita insieme.
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