Sweet, sweet, sweet

di Switch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Each day a wonderful surprise ***
Capitolo 2: *** So cute ***
Capitolo 3: *** Once upon a December ***
Capitolo 4: *** You're so idiot ***



Capitolo 1
*** Each day a wonderful surprise ***


Raphael non aveva mai amato svegliarsi presto.
Prima.

Era Leo quello che si gettava fuori dal letto all'alba, dopo nemmeno poche ore di sonno, che si riducevano a volte in una mezz'ora scarsa, a seconda dei guai in cui erano incorsi la notte prima di ronda; ma da Splinter Junior c'era da aspettarselo.
Donnie era sempre in piedi da presto, e a volte non andava nemmeno a dormire, perciò vagava nel rifugio anche in piena notte, creando chissà cosa nel suo strampalato laboratorio; si era chiesto più volte come diamine facesse a sostenersi, con che cosa si alimentasse, dato che il riposo non era uno dei suoi segreti. Caffè, probabilmente, si rispondeva quasi sempre.
Per ultimo veniva Mikey, di certo non il più propenso a lasciare la comodità del letto di mattina, eppure riusciva ad alzarsi ad un orario considerevolmente normale, per preparare la colazione a tutti, dato che si divertiva da morire a cucinare, magari soffocando giusto un paio di sbadigli.

Ecco, loro erano tipi mattinieri, che pensavano a coprire con produttività le ore di una giornata sin dalle sue prime luci.
Ma non lui.

Raphael si era sempre svegliato verso l'ora di pranzo, con tutta la calma del mondo, senza fretta nel lasciare il letto per affrontare le moltitudini di problemi che si affacciavano nella loro vita praticamente un giorno sì e l'altro pure, affondando la testa nei cuscini per cercare di catturare quei flebili sogni normali che faceva, quelle lievi sensazioni di pace che il sonno sapeva dargli.
Perciò non si era mai svegliato presto, men che meno all'alba.
Prima.

Perché tutto era cambiato da quando c'era lei.
Perché ora, quando apriva gli occhi, lei era lì, addormentata con la guancia premuta buffamente contro il cuscino.
E il fatto che lei non dovesse esserci affatto, gli faceva solo più piacere. Ogni mattina era una scommessa, prima di aprire gli occhi, nell'indovinare se lei sarebbe stata lì.

Isabel aveva ripreso possesso della sua camera, dall'altra parte del pianerottolo ad anello, tra le stanze di Mikey e Leo, con loro somma gioia. Splinter d'altronde la amava come una figlia ed era felice che tutto si fosse risolto e che loro due stessero assieme, ma non avrebbe permesso che dividessero la stessa stanza.

C'erano sempre delle regole di rispetto da tenere conto, gli aveva detto, e anche loro avrebbero dovuto attenersi ad esse.
Perciò Isabel non avrebbe dovuto essere lì. Anche se ormai, in effetti, c'era quasi tutte le mattine: non sapeva come, ma riusciva a sgattaiolare fuori dalla propria stanza e ad intrufolarsi nella sua, quasi tutte le notti, subito dopo che tornava dal giro di ronda.

La prima volta, quando per sbaglio l'aveva toccata mentre si girava nel sonno e aveva spalancato gli occhi dalla sorpresa, quello era stato il più emozionante dei risvegli: trovarsela lì aggrovigliata alle sue coperte, coi capelli in disordine e abbracciata ai suoi cuscini, dei quali si era egoisticamente appropriata, con l'espressione più dolce e serafica mai vista prima.
Era rimasto ad osservarla per qualche istante con stupore e un'emozione crescente, il battito del cuore più accelerato; e aveva allungato una mano per toccarla, per sincerarsi che fosse reale: una ciocca di capelli tra le dita e il dorso sulla guancia calda e morbida.

Era così reale. Ed era sua e sua soltanto.

Aveva allungato le mani e abbracciarla era stato un istante, stringendosela contro e poggiando il mento sulla sua fronte, inalando il suo profumo: Isabel aveva mormorato qualcosa in italiano, dai toni vagamente frettolosi, mentre si accoccolava meglio nell'incavo del suo collo, con un sospiro morbido.
Aveva sorriso, tanto da far male alle guance, e con un bacio sulla sua fronte si era riaddormentato sereno e felice, il pensiero che Splinter li avrebbe potuti uccidere non l'aveva nemmeno sfiorato.

Quella mattina, come le altre, sentì il confine labile tra il sogno e la realtà farsi sottile, la coscienza che tornava a svegliarsi, le sensazioni fisiche del suo corpo.
Allungò le gambe per stiracchiarle senza aprire gli occhi, ancora, tendendo invece le orecchie: il respiro delicato si fece strada nel silenzio e si trovò a sorridere.

Isabel era lì, scoprì aprendo gli occhi, anche lei nel momento del risveglio, con le ciglia che sfarfallavano per riprendere il contatto con la realtà, infastidita dalla flebile luce che filtrava dalla finestra magica.
I suoi occhi scuri si aprirono al mondo e poi si fermarono nei suoi.

Buon giorno” sospirò teneramente, con un timido sorriso, stringendo il cuscino al petto e nascondendocisi parzialmente dietro.
Sì, pensò allungandosi per stringerla, svegliarsi presto non era decisamente male.



Note:

Ma ciao!
Che felicità ritornare! Perdonate il ritardo!
Queste sono quattro OS sulla Raphibel, 4 momenti dolciosi o buffi. Niente di ché, solo per farvi vedere un po' di momenti tranquilli prima della nuova avventura che si promette... niente spoiler!
Abbraccione, mi siete mancati!

A presto!
Due OS le metto oggi, due domani e domenica il primo capitolo della terza storia! Yeeeh, lanciatissima!


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Capitolo 2
*** So cute ***


Mikeymaledettofermatiimmediatamentetiuccido!” riecheggiò nel rifugio, come una maledizione.

Michelangelo correva come un dannato, veloce come solo lui sapeva essere, ma nonostante tutto, Raphael gli era alle calcagna, nero di rabbia come non mai.
Se lo avesse preso, ne avrebbe pagato le conseguenze.

Era uno scherzo, Raphie! Non sai più stare ad uno scherzo?” esalò, girando appena la testa per controllare a quanta distanza fosse suo fratello: Raph era ad appena qualche metro, con la morte negli occhi.
Con uno strillo preoccupato, cercò di correre più veloce, superando con un solo balzo il laghetto, miracolosamente.

Aspetta che ti prenda e poi ti faccio vedere come so scherzare!” lo minacciò l'altro, con la mezza intenzione di tirargli addosso uno dei Sai per inchiodarlo al muro; poi, se per sbaglio lo avesse colpito, sarebbe stato davvero così terribile?
Superò anche lui il laghetto e cercò di avvicinarsi ancora, con la rabbia che pompava il sangue nei muscoli con più foga.

Mikey aveva appena scartato a destra, correndo sotto il portico del piano terra, evitando la zona video con balzelli calcolati, lui proprio dietro.
E se la rideva, nonostante un po' fosse terrorizzato, prendendolo solo più in giro.

Con uno scatto deciso si gettò a testa bassa, acquistando velocità.
E l'avrebbe preso, per certo, se la porta del dojo non si fosse aperta repentinamente, dritta sulla sua faccia.
Ci fu un tonfo epocale che riecheggiò ovunque, seguito dalla sua caduta a terra e la risata fragorosa e incredula di Mikey, che faticava a tenersi in piedi per la troppa ilarità.
Lo avrebbe ucciso. Appena quelle lucine avessero smesso di balenargli davanti agli occhi e la testa avesse smesso di aprirsi dolorosamente in due.

Stava trattenendosi con tutte le sue forze per non urlare e imprecare, con le mani premute sulla testa, cieco e sordo ad ogni altra cosa che non fosse il dolore.
Poi sentì qualcosa di morbido sfiorarlo, se ne accorse perché qualunque cosa fosse si stava portando via la sofferenza, lasciandolo con una estatica sensazione di pace e benessere; perciò, con calma, abbassò le mani e aprì gli occhi, di colpo in perfetta salute.

Isabel era accucciata di fronte a lui, gli occhioni castani che lo scrutavano con un misto di esasperazione e preoccupazione, e lui capì che era stato un suo bacio magico a guarirlo.
Cosa diamine state combinando?” gli chiese sospettosa, occhieggiando la sua fronte, dove sapeva che poco prima ci fosse un principio di bernoccolo.

Sto cercando di uccidere Mikey” confessò, alzandosi in piedi e tirando su lei. Era in completo da palestra e in una mano teneva i Tessen chiusi.
Sì, le vostre urla si sentivano sin dentro il dojo. Ma perché lo vuoi uccidere? Insomma, più degli altri giorni” si informò la ragazza, girandosi verso Mikey, che nel frattempo era rimasto poggiato alla colonna vicino al dojo, ridendosela della grossa.

Quando aveva visto che Isabel aveva curato il fratello, comunque, era scivolato per sicurezza indietro, giusto per essere pronto in vista di un suo nuovo scatto.
Lui lo sa” fu la cauta risposta, molto inusuale, di Raph.

Isabel, infatti, sollevò un sopracciglio e voltò lo sguardo da uno all'altro, come se volesse leggere la risposta sui loro volti: a destra c'era Mikey, il cui sorriso diventata sempre più grande via via che passavano i secondi, a sinistra Raph, sempre più torvo e minaccioso, come se lo stesse avvertendo di non aprire bocca.
Ho messo una cavalletta nel letto di Raph e lui si è svegliato urlando quando gli è finita in faccia!” confidò tutto d'un fiato Mikey, che stava bruciando dalla voglia di dirglielo.

Il fratello chiuse la mano a pugno, desiderando ardentemente schiantarlo contro la sua testaccia, ma quando lei si voltò a guardarlo, fece finta di niente, e attese: Isabel gli sorrise, un sorriso normale, nessuna presa in giro sottaciuta, e gli si fece vicino.
Una cavalletta?” domandò cortesemente, aprendo poi la strada verso la sua camera da letto.

Entrò con sicurezza, mentre lui e Mikey rimanevano fuori in attesa; un lieve tramestio, una corsetta, poi la ragazza uscì, con le mani unite a formare una conchiglia, un riparo sicuro.
Ecco fatto” annunciò contenta, avvicinandosi.
Ecco cosa? Non hai preso la cavalletta, vero?” urlò sconvolto Raph, indietreggiando inconsciamente.

Isabel si fermò e lo guardò stranita.
Io... odio gli insetti” confessò dopo qualche attimo di silenzio, con un groppone in gola di vergogna.
Di nuovo, si era aspettato che lei ridesse. Invece, avvicinandosi velocemente, Isabel si tese in punta di piedi e gli scocciò un bacio sulla guancia, sempre tenendo le mani ben chiuse per non lasciarsi scappare la cavalletta.

Sei terribilmente carino!” chiosò felice, allontanandosi a grandi passi, diretta verso l'uscita del rifugio, per liberare la bestiolina.

Raph si toccava la guancia con fare distratto, seguendo la sua uscita, meditabondo.
Oh, vedi? E tu a fare tante storie... guarda che vera donna!” sentì la voce di Mikey colpita, da qualche parte vicino a lui. Tanto vicino che, se fosse stato completamente in sé, avrebbe potuto allungare un braccio e strozzarlo, per certo.
Invece guardava l'entrata del rifugio, in trance, con un lieve fastidio nel petto.

Ha detto che sono carino” continuava a ripetere come una nenia, sempre più offeso.


Raphael sapeva di star facendo un dramma dal nulla. Ma Isabel lo aveva definito carino. Nello stesso senso con cui ci si rivolgeva ad un bambino paffuto e tenero, o ad un cane che faceva sciocchi giochetti. E lei non poteva pensare di accomunarlo a cose simili.
Era un uomo, grosso e rude, non era carino. Si era incrinato qualcosa quando lei gli aveva detto quella parola, solo perché lui aveva paura degli insetti.
E non poteva lasciar perdere. Doveva riacquistare credibilità ai suoi occhi!
Doveva solo trovare una sua debolezza, un qualcosa di cui lei avesse paura e usarlo contro di lei, nell'ombra, per poi apparire da nulla e salvarla con galanteria.
Sì, era stupido. Ma lui non era carino. Lei avrebbe potuto dirgli qualsiasi altra cosa, ma non carino.

Si sentì un po' meschino quando si intrufolò nella sua stanza, con un piccolo pacchetto nelle mani; poggiò il suo contenuto sul letto, poi sgattaiolò velocemente fuori, nascondendosi al piano terra, dietro una delle colonne, in attesa.
Isabel tornò a sera inoltrata, come di consueto, salutando a voce alta: passò nel laboratorio per lasciare gli appunti delle lezioni e le videoregistrazioni a Donnie, poi cercò lui in giro, chiamandolo con apprensione.
Scivolò fuori dall'ombra, solo lievemente colpevole.

Bentornata!” le disse, sinceramente felice.
Era sempre bello quando lei tornava a casa, un po' stanca per le massacranti lezioni, ma indubbiamente contenta di rivederlo: lo poteva leggere nel suo sguardo e si emozionava, ogni volta. Non importava quante volte la scena si fosse già ripetuta, il suo cuore batteva più forte non appena lei rimetteva piede a casa.
Quel giorno però, sentiva anche un po' di vergogna.

Isabel gli corse incontro e gli scoccò un bacio, chiedendogli di aspettare che si cambiasse per chiacchierare un po'.
Raph annuì, poi la osservò in silenzio mentre andava nella propria camera, ignara.

Attese col magone, aspettando l'urlo di terrore di lei. Un minuto, poi due, poi tre. Ma dalle stanze di sopra non arrivava alcun rumore.
E se fosse svenuta per la paura? Lui non sapeva certo le fobie di Isabel, e se l'avesse spaventata più del dovuto? Non era strano svenire come meccanismo di difesa.

Stava rimuginando e iniziando a sentirsi in colpa, sempre più, di più, tanto che non sentì il suono dei passi in avvicinamento, finché il suo campo visivo non fu solo verde. Verde chiaro con chiazze scure, confuse e pulsanti e che gracidava.
Si tirò indietro con una scartata decisa, sorpreso, e mise a fuoco la ranocchia dall'aria svampita che la ragazza gli aveva praticamente spiaccicato in faccia dalla foga di mostrargli.
Con un sorrisone a trentadue denti che non si era di certo aspettato di trovare sul viso di lei.

Guarda com'è carina! Era nella mia stanza” strillò euforica, sventolandogliela sotto il naso.
Raphael annuì in trance, più perché la allontanasse che davvero perché la stesse ascoltando, mentre una parte del suo cervello si malediceva per il fallimento del suo piano.
Ok, non pensava che Isabel potesse davvero avere paura delle rane, ma almeno disgusto. Ribrezzo. Schifo.

Invece se ne andò via con il piccolo anfibio ben stretto nelle mani, come se fosse un tenero cucciolo di foca, mormorandogli parole carine per rassicurarlo mentre andava a liberarlo.
Raph si passò una mano in faccia, con un sonoro sospiro.

Ora, lasciar perdere sarebbe stata la cosa migliore, -con una ragazza che non temeva gli insetti e gli animali viscidi, cosa si aspettava di ottenere?- ma c'era una buona componente di idiozia e testardaggine nel suo DNA, che lo costringeva ad andare fino in fondo.
Perciò, nei giorni a seguire, non ci fu mattina in cui non sgusciava nella camera di lei, un'aria furba e cospiratrice in volto, un pacchettino nuovo nella mano.

Isabel trovò, nell'ordine: un serpente, due topolini, tre lucertole, quattro scarafaggi, ma mai, mai, mai diede un minimo accenno di paura o repulsione, di fastidio o ribrezzo, una scintilla di disgusto.
Niente. Toccava quegli animali a mani nude, -tranne gli scarafaggi, ovviamente- e li liberava uno dopo l'altro, dando ogni volta, inconsapevolmente, una stoccata al suo ego.

Doveva rassegnarsi, stava con Wonder Woman e lui non avrebbe mai potuto riscattare quel “carino” in nessun modo, mai più nella vita. Doveva farsene una ragione!
Gli bruciava, da morire, ma dovette ammettere che probabilmente non ci sarebbe riuscito in alcun modo e che sarebbe stato meglio lasciar perdere, prima di perdere ancora più la faccia.
Se ne stette con il broncio per un paio di giorni, mentre lei gli trotterellava dietro per farsi dire cosa avesse, giusto per farla sentire in colpa anche senza confessarle perché.
Poi, a mano a mano che i giorni passavano e si trasformavano in settimane, avercela con lei non era la cosa più importante, non quando poteva averla con sé e parlarci e abbracciarla, toccarla, amarla.

Perciò, quel carino venne dimenticato abbastanza in fretta, tutto sommato. Di certo non ci aveva più pensato da molto, quando infine successe.
Era sera, Isabel era appena tornata dalle lezioni, aveva lasciato come di consueto gli appunti a Don e un bacio a lui, poi si era diretta verso la camera per cambiarsi, con la promessa di racconti mirabolanti su una lezione buffa, un professore calvo e una gaffe linguistica che aveva tutta l'aria di una barzelletta.
Le era andato dietro, smanioso di parlare con lei, di ascoltarla ridere, di gioire della sua vicinanza, e attendeva appena fuori, ciondolando di qua e di là, mentre lei continuava a parlottare, la voce troppo flebile perché lui la sentisse, ma comunque felice del suo chiacchiericcio.

Poi, un urlo terrorizzato lo raggiunse e lo allarmò e Isabel uscì come un fulmine dalla sua stanza, la maglia infilata al contrario, i capelli sconvolti e un terrore che poche altre volte le aveva visto in viso: gli si fiondò letteralmente tra le braccia, e si accorse che un po' tremava.
Isa... cosa...”
C'è un... c'è un... un...” balbettò lei, premendo la faccia contro il suo torace, come se cercasse di seppellircisi contro per non vedere mai più cosa l'avesse spaventata.
Un...?” incalzò lui, cercando di capire.

Le aveva messo nella stanza tutte le creature più orride e spaventevoli che conoscesse e lei le aveva portate fuori come fossero stati dei cuccioli da portare a spasso, perciò cosa poteva esserci di così spaventoso da farla tremolare in quel modo?
Un.. un...”
Un?”
Un ragno” piagnucolò Isabel da qualche parte nel suo petto, paurosa al solo pronunciarlo.
Un ragno?” ripeté, incredulo, per essere certo di non aver capito male. Lei annuì solamente, come se il pronunciarlo per la terza volta potesse attirarlo, un po' come Beetlejuice.

Ma tu non hai paura degli insetti” esalò lui dopo qualche secondo, stupidamente.
Davvero, ce l'aveva messa tutta, ma non riusciva a capire.

Non è un insetto! È un ragno! Sono aracnidi, la progenie del male, subdoli e meschini che si muovono in un modo rivoltante e si nascondono nelle ombre per poi attaccarti mentre sei indifeso e addormentato ed entrarti nelle orecchie e depositarti le loro uova e...” strillò lei senza senso, sollevando il viso folle di paura, ormai lanciata.
Ehi! Ehi! Buona! Non è mica Shredder! Sembra che tu stia descrivendo un serial killer!” la fermò, incredulo, provando a calmarla.

Ho paura dei ragni! Sono aracnofobica, mi manda nel panico solo vederne uno nella stessa stanza” si scusò Isabel, stringendolo più forte.
Buttalo fuori, per favore!” finì come una supplica, con un tono implorante.

Raphael sorrise, senza volere.
La strinse più forte, in uno slancio improvviso, e strofinò la guancia contro la sua fronte.

Come sei carina” sussurrò senza averlo previsto, completamente ebbro della sua delicatezza.

Solo dopo qualche secondo, capì cosa aveva fatto. Capì quel carino che lei gli aveva detto, capì quel sentimento di dolcezza che lei doveva aver provato nel vedere la sua paura, perché non c'era niente di male nel mostrare le proprie debolezze a chi si amava, nell'essere indifesi, sinceri, uno la forza dell'altra, quando ce n'era la necessità.
Si sentì di colpo sciocco per essersela presa, per aver provato a cercare le sue paure per mostrarsi uomo, la sua roccia.

Ci fu un lungo attimo di silenzio, nel loro abbraccio totale.
Allora, lo cacci via?” chiese dubbiosa Isabel, sollevando il viso verso di lui.
Raphael scosse la testa, con foga.

Non mi importa se lo chiami arachide o...”
Aracnide” lo corresse lei.
... o ragno o come ti pare. Per me rimane sempre uno schifoso insetto e non intendo avvicinarmici nemmeno morto” confessò senza vergognarsi, questa volta.

Isabel mise un secondo il broncio, guardandolo intensamente.
Poi entrambi scoppiarono a ridere, per l'assurdità della situazione.

E allora?” domandò alla fine Isabel.
E allora... Mikey!” urlò all'improvviso Raph, sorprendendola e rintronandola.

Michelangelo apparve dalla sua camera, allarmato dal suo tono urgente e li guardò a turno, ancora stretti nell'abbraccio.
C'è un ragno nella camera della tua sorellina! Hai il compito di catturarlo!” disse solo Raphael, davanti alla sua espressione stupita.

Poi, si incamminò con Isabel per mano, senza curarsi del suo sguardo vagamente attonito.
Posso dormire da te, stanotte?” chiese lei innocentemente, molto più rincuorata e felice.
Raphael ridacchiò, sorpreso dalla sua uscita.

Fai anche finta di chiedere il permesso, adesso?” la schernì, unendosi poi alla sua risata.


Note:
Dunque, questo capitolo è parzialmente autobiografico... il mio Raph, il mio fidanzato che è un pazzo miscuglio di Raph e Mikey, ha il timore delle cavallette (se sa che l'ho detto a qualcuno mi uccide) e una volta l'ho salvato da una enorme che era entrata in casa.
Però poi lui mi salva dai ragni, quindi siam pari, no?

Ahahah, ce li vedo Isa e Raph a battibeccare e Raph non sa davvero perdere, lo sappiamo.
Vi abbraccio tantissimo!


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Capitolo 3
*** Once upon a December ***


Dicembre, con la sua aria frizzante e gelida era infine arrivato, carico di promesse come di regali. Il rifugio era un fermento di preparativi, Isabel non si era risparmiata un secondo ad addobbare e canticchiare, abbellire e preparare, nei tempi vuoti tra le lezioni, coinvolgendoli tutti, in un clima che sapeva tanto di cartone animato della Disney. A volte Mikey scherzava che prima o poi si sarebbe messa a cantare e qualche scoiattolo e cerbiatto sarebbe sceso fin laggiù per aiutarla coi lavori.
Lei rideva delle sue battute. Ma in effetti, quando non rideva, ormai? Era completamente euforica per le imminenti festività e la prospettiva di passarle assieme a loro, come una vera famiglia.

Solo una cosa sembrava adombrare la sua felicità: la neve, o meglio la sua mancanza. Ogni notte Raphael la trovava sul tetto della rimessa per auto che nascondeva l'ingresso all'ascensore, col naso per aria e gli occhi pieni di attesa.
La neve, diceva, doveva cadere, perché lei doveva rispettare una promessa.
Ma natale si avvicinava a grandi passi e di fiocchi di neve non ce n'era nemmeno l'ombra e nelle previsioni meteo niente faceva supporre che ci sarebbe stato un cambiamento in tal senso.

Comunque, Isabel aspettava, pazientemente.
Aspettava, aspettava, aspettava.


Il rifugio era ingombro di scatole e valigie, nemmeno fosse diventato d'un tratto uno scalo di aeroporto: c'era Donnie che di tanto in tanto controllava nei lati le scritte che indicavano cosa contenessero e poi passava a leggere con scrupolo una lista ben compilata e ordinata, dove annotava in fondo ciò che si ricordava all'ultimo secondo.
Mikey” chiamava poi, “hai preso gli ingredienti per la torta?” domandava, per esempio.
La voce del fratello arrivava dalla cucina, indaffarata e distratta, attenta solo per metà.

Raphael si chiedeva come fosse possibile, ogni anno, ripetere sempre lo stesso scenario: in vista della loro permanenza alla fattoria Jones, tutti impazzivano per fare pacchi e pacchettini e non dimenticare nulla di ciò che servisse.
Donnie doveva assolutamente portare le sue ultime invenzioni per lavorarci come un matto anche mentre erano in vacanza; Mikey non poteva lasciare a casa i suoi fumetti preferiti, almeno una cinquantina, da rileggere fino alla nausea nei tempi morti, che per lui era praticamente sempre; perfino Leo non era immune, con il suo valigione di prodotti per l'affilatura e la manutenzione delle spade, cosa che faceva praticamente di continuo, dato il periodo di calma delle feste.

Lui, Raph, doveva in genere portare solo i regali e il suo bagaglio di brontolii per tutti. In genere era quello che faceva, anche se quell'anno, in vista del suo primo natale con Isabel, anche lui si era un po' fatto prendere la mano.
Ma comunque nulla in confronto a loro.
Perciò, mentre tutti andavano e venivano con i loro bagagli, lui ne approfittava per allenarsi nel dojo, in silenzio e pace, finché non fosse arrivato il momento di partire.

Su. Con un grugnito per lo sforzo. E poi giù, trattenendo il fiato nel momento di massima trazione, di bruciore nella tenuta, nel muscolo che si tendeva.
Su e poi ancora giù.
A quanto era arrivato? Trecentonovantadu... tre... aveva perso il conto, dannazione. Pompò ancora una volta verso l'alto i bicipiti, ricontando le flessioni da uno, con rassegnazione.
Su, e poi giù.

Era talmente concentrato che quasi non udì la porta del dojo che si apriva, col suo flebile cigolio. Di certo l'assenza di alcun rumore di passi lo convinse che se l'era solo immaginato e la mente ritornò a contare le flessioni a terra, assorta.
Sei, giù, sette, giù, otto, giù, i muscoli chiedevano pietà ma non poteva fermarsi, dieci, giù.
Su, il viso di Isabel al contrario, che lo guardava con gli occhioni trepidanti.
Quasi perse la presa e il conto, sorpreso.

Cosa stai facendo?” la apostrofò, fermandosi e sollevando il viso verso di lei, che fluttuava a mezz'aria a testa in giù. Il suo sorriso sornione era davvero buffo, ma stranamente inquietante.
Sta per nevicare!” annunciò, la voce euforica che rimbalzò ovunque nel dojo vuoto.

Raphael ridiscese giù, continuando le flessioni, lasciandola lì a galleggiare pigramente in attesa di una sua reazione.
Il meteo dice che non nevicherà” rispose alla terza risalita, guardando nel suo viso pieno di disappunto.
E invece nevicherà. Sta per nevicare. Andiamo a vedere” incalzò Isabel ostinata, mettendo le mani sotto il suo mento e tirando verso l'alto, rischiando di strozzarlo.

Non nevicherà. Il tempo è troppo caldo e instabile per nevicare” esalò senza voce Raph, facendo forza per contrastare la sua presa.
E vieni a controllare allora!” si impuntò lei, decisa.

Non posso. Devo finire l'allenamento e poi andare ad aiutare Casey col motore del furgone, è già tardi. E tu dovresti andare a studiare, invece” la rimproverò, continuando nel suo esercizio, senza prestarle troppa attenzione.
Sapeva che Isabel non aveva avuto alcuna possibilità di svago nei mesi precedenti, troppo concentrata sulle lezioni di medicina che diventavano sempre più complesse e stancanti, -passava le serate a guardarla studiare mentre ne approfittava per allenarsi, pur di stare un po' assieme,- ma anche se avrebbe voluto lasciare tutto e accontentarla, doveva in realtà uscire per cercare il suo regalo, come faceva ormai ogni giorno dicendole che andava da Casey.

Domani andremo a giocare con la neve, se davvero avrà nevicato.”
Ma domani dobbiamo andare alla fattoria” ribatté lei imbronciata.
Meglio. Sai quanta neve c'è laggiù ogni anno? Nevica sempre, per quasi tutto l'inverno. Ti potrai sbizzarrire, fino alla nausea. E il laghetto ghiaccia e puoi pattinarci sopra.”
Ma non è lo stesso! È qui... è qui che... oh, lascia perdere” pigolò Isabel, con un tono deluso, poggiandosi sul suo guscio, di colpo.

Le braccia di Raphael quasi si piegarono per l'improvviso aumento di peso, rischiando di mandarlo a sbattere col mento al suolo, e fece molta più fatica a tirarsi su.
Sei uno stupido, Raffaello” mormorò triste lei, sdraiandosi su di lui che ancora continuava a fare le flessioni, fino ad addormentarsi.


Isabel? Isabel! Svegliati! Se il sensei mi trova qui mi uccide!” esalò sottovoce Raphael, provando a svegliarla.
Era tornato dal giro di ronda tardissimo, intirizzito dal freddo, e stanco, e si era infilato nella stanza di lei di soppiatto, con la dannata paura che il maestro potesse scoprirlo. Oh, non lo avrebbe davvero ucciso, in quel caso, lo sapeva: lo avrebbe solo costretto ad una ramanzina di ore, forse anche giorni, senza possibilità di scampo, con qualche bella punizione per condire il tutto.
Ma per quello che voleva fare, si disse che ne valeva la pena.

Isabel!” sussurrò strozzato, provando a scuoterla.
Lei mugugnò qualcosa che suonava come “sei uno stupido, Raffaello”, poi si voltò dall'altra parte, abbracciando il cuscino.
Con uno sbuffo esasperato, Raph si fece coraggio e forza e, afferratele le braccia, la tirò su, mettendola seduta.

Dobbiamo uscire! Metti il giubbotto!” mormorò, ottenendo solo altri mugugni in risposta, piuttosto contrari. Insieme al tentativo di risdraiarsi, intercettato da lui.
Sì che vuoi uscire! Forza!”

Se la issò in spalla e prese con una mano sola quello che le serviva, sperando ci fosse tutto. Poi, furtivo come sperava di essere, scivolò fuori dalla stanza, con la ragazza a mo' di sacco di patate e il braccio libero ingombro di roba, mentre Isabel, biascicando nel sonno, parlava a voce decisamente troppo alta.
Dove mi stai portando? Non ci voglio andare, stupido d'un Raphael!”
Abbassa la voce! Ti sto portando in un bel posto!”
Un corno! Sei uno stupido! Non ci vengo!”
Ti dico che ti piacerà! Fidati! E stai zitta!”
Ho i piedi gelati! Mettimi giù, idiota!”
Vuoi piantarla?”

La mise giù con delicatezza, poi, combattendo contro il suo precario equilibrio da mezza addormentata e i suoi scatti sonnambuli, cercò di metterle il cappotto sopra il pigiama, i calzini e gli stivaletti, imbacuccandola per bene con sciarpa e cuffia alla fine.
Sembrava un enorme involtino dalle tonalità rossicce, in varie sfumature. Trattenne una risata, nel guardarla, giusto per non svegliarla davvero.

La riprese in braccio, e facendo orecchie da mercante alle sue lamentele, ai suoi “sei uno stupido” e ai suoi tentativi di scendere dalle sue braccia, Raphael uscì dal rifugio e percorse velocemente canali sicuri e in disuso delle fogne, per non dover essere costretto a percorrere la stessa strada al freddo e al gelo di Dicembre.
Arrivarono, infine, all'uscita che aveva in mente fin dall'inizio, e passandosi Isabel sulla spalla, issò entrambi su per la scaletta, spostando con cautela il tombino sulle loro teste: una folata glaciale li colpì entrambi, talmente fredda da fare male quasi a respirarla.

L'intenso e improvviso freddo sembrò riuscire dove lui aveva fallito: con un rantolo arrabbiato Isabel mugugnò qualcosa e poi starnutì, di colpo sveglia.
La sentì muoversi a destra e sinistra, come se stesse cercando di capire, poi il respiro brusco di meraviglia.
Central Park era una distesa completamente bianca, immersa nelle tenui luci dei lampioni, di un lucore quasi soprannaturale, etereo come il paradiso.
Cumuli bianchi che adornavano gli alberi spogli, -donandogli quasi una nuova chioma, dall'aspetto soffice come nuvole,- e che coprivano ogni superficie lì attorno, congelando l'acqua della fontana , come vetro gelido.

Poteva quasi giurare di aver sentito il momento esatto in cui sorrise, fisicamente.
Isabel mandò uno strillo emozionato e si divincolò sulla sua spalla e lui, delicatamente, la mise giù, trattenendola però vicino, tanto da poterla abbracciare.

Ha nevicato! Mi hai portato dalla neve!” esclamò euforica, allargando le braccia come se volesse stringere tutto il parco.
Poi, senza perdere un attimo, lo afferrò e lo tirò verso la fontana, completamente congelata, lì dove la neve era più candida e bianca.

Iniziò a formare una palla, prima una piccola pallina compatta, che poi fece rotolare per terra per farla ingrandire con pazienza; Raphael capì al volo e inginocchiatosi al suo fianco, cominciò a fare una sua sfera, dalle proporzioni enormi.
Isabel gli tirò una palla di neve dritta in faccia, poi rise e scappò a gambe levate quando lui si alzò per vendicarsi, con le braccia piene di sfere compatte e ghiacciate.
La battaglia durò un po', nessuno dei due voleva cedere, con un pareggio e i cappotti completamente bianchi. Alla fine Raph la bloccò tra le sue braccia e si prese un bacio, come risarcimento per il suo agguato, poi tornarono a dedicarsi al pupazzo di neve, lasciato a metà per la battaglia.

Iniziò a nevicare, mentre lo assemblavano, piccoli fiocchi lievi e teneri che danzavano nell'aria attorno a loro, ma niente che potesse farli desistere dal loro proposito: il pupazzo di neve finito li guardò col suo viso folle, il sorriso sghembo e gli occhi fatti di sassi nella piccola testa fatta da Isabel; le braccia due grossi rami nodosi e grotteschi infilati nell'enorme corpo fatto da Raphael.
È un nuovo Gilbert” soffiò esasperato lui, guardandolo da una certa distanza con lei, accorgendosi solo in quel momento che lo avevano fatto nello stesso posto del suo predecessore; sentì che non era un caso, che era quello che lei voleva.

Isabel sorrise, guardando emozionata la loro creatura bianca e folle, pensando che finalmente aveva mantenuto fede ad un desiderio espresso mentre creavano il primo Gilbert: se mai fosse rimasta lì, con loro, con lui, avrebbero dovuto fare un nuovo Gilbert ogni anno, in ricordo di quel primo natale in cui si era sentita felice, per la prima volta in decenni.
Il nostro Gilbert” ripeté lei, girandosi a guardarlo.

C'è ancora una cosa da fare” disse, prendendolo per mano.
Si incamminarono poco distante, verso il limitare degli alberi scuri con le loro chiome bianchicce e soffici.

Verso Shadow.
Ciao Miciomiao” disse Isabel con affetto, inchinandosi davanti alla sua tomba, al piccolo arbusto ghiacciato dal freddo che in Settembre avrebbe rifiorito con i suoi splendidi fiori arancioni.
Prese due manciate di neve e le pressò nelle mani, mettendo la prima palla al suolo e la seconda, più piccola, proprio sopra.
Raph la guardò un po' confuso mentre abbelliva la sua piccola opera con rametti e sassi ancora più piccoli, finché non ci fu un minuscolo Gilbert proprio di fianco alla tomba.

Isabel si tirò su e si pulì i guanti innevati contro il cappotto, con tutta la calma del mondo.
E uno tutto per il nostro Shadow” esclamò davanti alla sua espressione confusa.

Raphael capì e sorrise, dolcemente.
Grazie” la sentì dire, mentre lo guardava. Raphael lesse nei suoi occhi un'infinita gioia e gratitudine e si sentì in difetto, nonostante tutto.
Non sono potuto uscire con te, oggi, perché dovevo uscire per cercare il tuo regalo. Ma non ho trovato nulla di adatto, niente che potesse essere perfetto per te, che ti stesse bene, che ti esprimesse, che...”

Le braccia di Isabel lo circondarono, in un attimo, e il passo successivo fu trovarsi completamente avvolto nel suo abbraccio, così totale e sentito.
Mi hai appena fatto il regalo più bello, perfetto e adatto a me” lo interruppe, tendendo la testa verso l'alto, il naso ghiacciato che toccava il suo mento.
Inchinò appena la testa e baciò la punta del naso, mentre lei ridacchiava.

Rimasero stretti nel loro caldo abbraccio in mezzo alla romantica nevicata, dimentichi di tutto il resto.
Adesso cosa ne dici se baciassi Gilbert e lo facessi diventare vivo? Potrebbe venire con noi alla fattoria” disse Isabel all'improvviso, facendolo inorridire.
Mentre lei rideva di gusto, Raphael se la issò in spalla e la portò via, sorridendo senza farsi vedere, felice, schifosamente felice.



Note:

Perdono! Dovevo mettere i capitoli ieri, ma se un'amica chiama perché ha bisogno di parlare, io mi fiondo come Batman al vedere il batsegnale e il resto deve attendere.
Ma mi scuso davvero!
Comunque ecco gli ultimi due capitoli e sì, come promesso, avrete anche il primo di “Don't let me go!” Abbiate solo un paio d'ore di pazienza! Please!
Abbracci affettuosi!


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Capitolo 4
*** You're so idiot ***


Come?” domandò Isabel sorpresa, alzando lo sguardo dal tomo di medicina volume due che stava studiando.
Lei e Don stavano facendo due anni in uno, Donnie perché era un genio indiscusso che se lo poteva permettere senza alcuno sforzo, e Isabel grazie alla magia che la aiutava a memorizzare più velocemente rispetto ad un essere umano normale.
Comunque, la mole di cose da studiare era enorme, ed entrambi dedicavano la maggior parte del tempo libero chini sui libri.

Raphael si rialzò dal pavimento dove aveva fatto flessioni fino a quel momento, approfittando del tempo che lei passava a studiare per allenarsi, pur di stare assieme. Certo, lei ogni tanto se ne usciva con frasi come: “sai che abbiamo almeno quattro metri di intestino?”, che decisamente gli faceva perdere il conto con disgusto.

Ti ho chiesto se questo sabato sei libera e vuoi uscire” ripeté con calma, allungando le braccia per fare stretching dopo le serie infinite che aveva fatto.
Lei sorrise, con gli occhi che scintillavano.

Uscire? Io e te? Un appuntamento? Mi porti in giro di ronda?” domandò senza prendere fiato, chiudendo il librone di scatto dalla gioia, senza nemmeno mettere il segno.
Sì, sì, sì e vediamo. Non ti dirò cosa ho in mente” rispose dispettoso lui, guadagnandosi uno sguardo implorante e curioso.

Isabel passò la settimana agognando quell'appuntamento, un evento che si realizzava decisamente troppo raramente tra loro, sia per le lezioni incessanti e gli esami, e le sere e le notti che lei passava chiusa con Don in laboratorio a studiare e fare esperimenti, sia per gli allenamenti di lui e i suoi giri di ronda. E c'era ovviamente, anche il fatto che vivessero insieme alla famiglia Hamato, che non lasciava di certo molto spazio a privacy e momenti liberi solo per loro.

Perciò se ne andò in giro con un grosso sorriso e approfittava di ogni momento in cui erano da soli per cercare di estorcergli informazioni sulla serata in programma.
Dai, dimmi se è un posto dove sono già stata.”
Non posso.”
Dammi un piccolo indizio sulla zona.”
No.”
Dimmi almeno come devo vestirmi! Tuta da kunoichi? Vestiti normali? Abito da sera? Eddai, Raffaello! Smettila di scappare!” continuava a chiedere ad ogni occasione trotterellandogli dietro, mentre lui faceva il vago e il misterioso, divertendosi da matti della sua insistente curiosità.

E il sabato, infine, arrivò.
Isabel aveva finito presto le sue commissioni e di studiare, ed era già pronta da ore e vagava per il rifugio cercando di prendere di soppiatto Raphael, anche se non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Si affacciò in ogni stanza del piano terra, nella cucina, nell'officina, lo cercò perfino nel bagno, inutilmente.

Poi, la porta dell'ascensore si aprì e lui ne venne fuori, col completo da motociclista addosso, nero come la notte. Le sorrideva.
Allora, cosa fai lì impalata? Muoviamoci” disse, tendendole la mano.

Il garage era nella semi oscurità, ma riusciva perfettamente a vedere i contorni delle vetture, i loro scintillii metallici quando uno sprazzo di luce entrava dalle assi inchiodate alle finestre, illuminandoli.
La grossa moto nera e argento era al suo solito posto, minacciosa come la ricordava.

Un giro in moto. Raphael l'avrebbe portata in giro in moto, ancora non sapeva assolutamente verso dove, anche se una mezza idea se l'era fatta.
Sentì le mani di lui afferrarla per la vita, per aiutarla a salire.

No, faccio da sola” disse, con calma e un sorrisetto.
Non poteva avere ancora paura della moto. Poteva essere il primo di una lunga serie di appuntamenti e non poteva ogni volta mettere su un casino per la moto. Doveva imparare a conviverci.

Raphael la lasciò andare e si mise a sedere, poi accese il motore e girò la manopola dell'acceleratore un paio di volte.
La moto ruggì.
Sembrava quasi le stesse ringhiando contro, come a volerle dire che lui era suo e suo soltanto e che lei non doveva azzardarsi a toccarlo.

Raphael attese incrociando le braccia al petto, quasi come a volerla sfidare. Non aveva dimenticato affatto la paura della volta in cui erano usciti in moto e le sue urla disumane di terrore.
Isabel occhieggiò lui e la moto a momenti alterni, poi, con una risoluzione assoluta, passò la gamba oltre il sellino, sedendosi dietro a lui, col busto ritto e le spalle in fuori, altera.

Raph ridacchiò, ma lei non se ne rese conto. Si infilò il casco che lui le passò, poi si ancorò alle sue spalle, con forza, respirando a fondo per scacciare l'agitazione dal fondo dello stomaco.
La moto rombò più forte, riempendo tutto lo spazio del garage, mentre la saracinesca si apriva di scatto. Con uno scarto deciso a destra partirono, uscendo con uno stridore di gomme e confuse macchie colorate davanti al viso, per la velocità improvvisa.

Isabel trattenne un gridolino e strinse invece più forte la presa sulle sue spalle, e Raph rise davvero, certo che lei non potesse sentire.
Ma poi, a mano a mano che la strada scorreva sotto le ruote, che il traffico di New York diradò lasciando spazio a strade enormi e solitarie illuminate da sporadici lampioni, Isabel si rilassò, sentendo un senso di nostalgia, per il percorso familiare, per la serata familiare. Si lasciò andare contro la sua schiena, come allora, godendosi il viaggio, la bravura di Raph nel condurre, la sua sicurezza.

La moto si fermò, non seppe nemmeno dopo quanto. Voltò il viso verso destra, verso il cielo scuro trapunto di stelle che toccava con delicatezza la distesa di acqua altrettanto scura, altrettanto misteriosa.
Scese e sfilò il casco, rivelando il grosso sorriso che le era apparso in viso.
Raphael l'aveva portata alla loro spiaggia, della quale serbava un ricordo dolcissimo.

Quando si voltò a guardarlo, vide che sorrideva esattamente al suo stesso modo, felice di averla sorpresa.
Isabel lo afferrò per la mano e lo trascinò in spiaggia, con un gridolino emozionato, il vento che scorreva tra i suoi capelli e le sferzava il viso. Si voltò in ogni dove, ricordando ogni dettaglio della prima e unica volta in cui c'erano stati, del suo indagare per sapere il colore degli occhi di lui, quando allora quel batticuore non sapeva cosa fosse, della sua frenetica corsa dietro a Shadow mentre lui rideva.

Gli diede un bacio a stampo, euforica.
Grazie per avermi riportato qui.”
Raphael fece per aprire bocca, ma poi lei iniziò a spogliarsi ed ogni parola gli morì in gola.

Cosa stai...”
Bagno di mezzanotte. Non sai quanto ho desiderato poter fare il bagno qui, quella volta!” rispose lei di fretta, gettando i vestiti sulla sabbia, fino a rimanere in intimo.

Raphael per un secondo pensò anche di fermarla, ma poi fu solo grato di quella visione e non se la sentì, ipnotizzato a guardarla scivolare verso l'acqua, la pelle pallida che quasi scintillava alla luce delle stelle e un quarto di luna.
La sentì strillare quando l'acqua le lambì le gambe, era pur sempre Marzo, doveva essere gelida, ma ridacchiando continuò a camminare fino a che non le arrivò alla vita, poi con un respiro per prendere coraggio si inabissò.

Raphael rimase in attesa che lei riemergesse, con una tensione strana al centro dello stomaco. Più i secondi passavano, più rimase a trattenere inconsciamente il respiro, nervoso.
Quando la testa bruna infranse l'acqua e lei riapparve, lasciò andare il fiato, rincuorato.

Isabel si strofinò gli occhi, poi lo guardò, intensamente.
Vieni! Fammi vedere come nuotano bene le tartarughe!” lo sfidò con un sorrisino, facendogli cenno di raggiungerla.
Ci pensò su mezzo secondo, poi con un sospiro rassegnato la tuta da motociclista sparì, gettata sulla sabbia a fianco ai vestiti di lei.
E sì, l'acqua era gelida come aveva pensato, imprecò nella mente ad ogni passo nel liquido freddo. Quando arrivò da lei si ancorò al suo corpo tiepido, mentre lei cercava di tenerlo a distanza schizzandolo in pieno viso, ridendosela della grossa.

Sei completamente pazza! Ci saranno sì e no dieci gradi!” la sgridò, battendo i denti per il freddo.
Devi muoverti per tenerti al caldo! Nuota con me!”
Ho un'idea migliore” sorrise lui malizioso, stringendola più forte e chinandosi per baciarle il collo.
Isabel ridacchiò, trattenne il respiro e inabissandosi sfuggì dalla sua presa, riemergendo ad un paio di metri di distanza.

Prima devi prendermi!” urlò iniziando a nuotare con vigore, per distanziarlo.

Raph rise, scuotendo la testa, e le diede un po' di vantaggio, giusto per mettere un po' di pepe. Solo quando lei fu davvero un puntino distante, si immerse sott'acqua.
Raffaello?” chiese Isabel con la voce un po' roca, quando non lo vide riemergere.
Certo, doveva essere capace di trattenere il fiato per molto, si disse per cercare di rassicurarsi. Però, i minuti si accumularono, e di lui non c'era traccia. Solo un grande silenzio, con solo la risacca delle onde come suono e il batticuore che rimbombava fin alle orecchie.
Quanto era sotto? Dieci minuti?

Raffaello!” strillò terrorizzata. Prese un grande respiro, ma d'un tratto lui riemerse di fronte a lei con grandi schizzi, lasciandole scappare il fiato trattenuto per la sorpresa.
Lui rideva e lei tossicchiava per lo spavento improvviso.

Sei un idiota! Pensavo che fossi annegato” lo sgridò tirandogli un pugno sul petto. Lui l'afferrò e se la strinse contro.
So trattenere il fiato anche più a lungo, ma ti stavi per tuffare per venirmi a cercare, avresti rovinato il mio scherzo” le disse per niente colpevole.
Idiota! Stupido! Non sono scherzi da fare!” continuò a rimproverarlo, arrabbiata.

Ma poi ogni lamentela si spense nel bacio che lui si sporse per darle, sotto le stelle, solo loro due.
Ti ho presa. E adesso non mi scappi più.”
E chi ha intenzione di scappare?”
Isabel si tese e circondò le sue spalle con le braccia, baciandolo con passione.

Ma rimani sempre un idiota.”



Note:

Ed ecco anche il quarto!
La raccolta è finita! C'erano tante bozze e altre OS non finite su loro due, ma adesso pensiamo alla terza storia, magari un giorno rimpolpo questa raccolta.

Sono due idioti, ma decisamente fatti uno per l'altra.
Adesso mi metto a betare il primo capitolo della terza storia della serie (a velocità super!) e stasera lo metto! Cascasse il mondo, prima di mezzanotte lo devo mettere!

Abbracci a tutti!




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