Tales of the fireplace

di Lady Viviana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ghost writer ***
Capitolo 2: *** Life-in-Death ***
Capitolo 3: *** My Little Dolly ***
Capitolo 4: *** Un frolloso giramondo ***



Capitolo 1
*** Ghost writer ***


Alla mia imooto
 



Ghost writer
 

Il rumore della dita che battono sulla tastiera riempie la stanza, interrotto soltanto da quello che fa la tazza di cioccolata quando la poso sul tavolino; lavoro ormai da ore e il sole sta raggiungendo il punto più basso, quando salvo per l'ultima volta il file e allontano la sedia, dirigendomi verso la stampante. Tempo qualche ora e la mia creatura sarà pronta per l'invio all'editore, quindi ora abbiamo qualche momento per noi...
Mi presento. Mi chiamo Matthias e sono uno scrittore, ma non uno qualunque: sono un ghost writer.
Avete presente quegli individui che amano vivere nell'ombra e mostrarsi solo di rado, ma il cui talento non viene apprezzato nemmeno dagli amici più cari? Ecco... questi siamo noi ghost writer per voi. Ma ciò che non sapete, però, è che noi non siamo vivi. Noi siamo letteralmente... fantasmi.
Impossibile, dite? Vi assicuro che il mio ultimo cliente la pensava esattamente come voi. Prima di conoscermi...

Circa sei mesi fa stavo scrivendo un romanzo dolceamaro, la storia di due amiche che cercano di sopravvivere in mezzo a esistenze "fangose" grazie al potere dei libri e alle cioccolate. Ti sembra famigliare? È uno dei tuoi preferiti e lo tieni sul comodino? Sì, é stato un grande successo letterario,  milioni di copie vendute ed eterna gloria al suo creatore.  Beh... vedi, l’ho scritta io.
Quando ho scritto la parola fine, però,  quell'uomo avaro e meschino si è rifiutato di pagarmi, sparendo con l’unica copia del manoscritto. Allora, ho chiamato i miei amici ghost writer e, una notte, siamo andati a fargli visita.  È stato divertente tirargli i piedi e svegliarlo, fino a farlo urlare per la paura. Dovevi vederlo: era più bianco di noi e mi ha fatto quasi tenerezza mentre si aggrappava alle coperte, cercando una via di fuga.  Alla fine,  è diventato così ragionevole, da concedermi una piccola percentuale - il 50, sai - sui libri venduti, a patto di non rivederci mai più. Inutile dire che continuo a fargli visita ogni sera. Siamo diventati grandi... amici. Sapessi quanto ci divertiamo insieme....

Perciò,  mio caro lettore, chiudi bene porte e finestre, stanotte e spera di non essere il prossimo...


 

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Capitolo 2
*** Life-in-Death ***


A E. e C.
 

Son quelle le sue coste  da cui il sole
guardò, come da dietro ad una grata?
E quella donna è tutto il suo equipaggio?
Quella è la Morte? E ve ne sono due?
O è la Morte  compagna della donna?

Le sue labbra eran rosse, il guardo franco.
I suoi capelli gialli come l’oro:
la  pelle, però, bianca, di lebbroso,
incubo, terrore, Vita-in- Morte
quella era, che dell’uom congela il sangue.

Passò accanto a noi quella carcassa,
Stavan giocando a dadi quelle due:
“Il gioco è fatto, ho vinto, ho vinto io!
diss’ella ” e poi fischiò per ben tre volte.
[Samuel T. Coleridge – “La ballata del vecchio marinaio”]


Siamo in una città qualunque, non é necessario sapere il nome. Per la precisione, siamo in una periferia brutta e grigia. Qui vive una ragazza bellissima, con lunghi capelli lisci e biondi che le piace arricciare e occhi blu profondi come il mare, tanto bella quanto triste perché, malgrado abbia tanti amici con cui uscire la sera, nessuno la prende sul serio e tutti, prima o poi, tentano di portarsela a letto. É stato così anche la sera prima, ma ora, alle otto del mattino, lei sta strisciando verso scuola, per un'altra giornata noiosa a imparare cose che non capisce. Peccato che sarà un giorno diverso dagli altri...
Appena entra in classe, vede subito Lei, quella nuova; non appena mette piede nella stanza, Sara non riesce a vedere altro, niente apparte quei capelli corvini che sembrano chiamarla. Eva le lancia un sorriso d'intesa, le si avvicina lentamente e poi le si siede a fianco, complice. Sara non può fare a meno di fissarla tutto il giorno, fino a imparare a memoria ogni centimetro di quella pelle diafana, ma l'altra resiste a ogni tentativo di conversazione.
Quella notte non riesce a pensare ad altro che a Lei, ma non riesce a spiegarsi perché; dopotutto, é solo la sua nuova compagna.
Man mano che i giorni passano, però, le due ragazze imparano a conoscersi, diventano amiche, talmente amiche che iniziano a isolarsi dagli altri, a chiudersi in un mondo tutto loro. Ogni pomeriggio, finita la scuola, si recano nel parco vicino e, mentre Eva scrive, Sara la guarda ammirata, anche per ore. Quando inizia a fare freddo, nonostante le sue resistenze, Eva convince l'amica ad andare da lei e quella cameretta bianca e spoglia diventa il luogo più felice del mondo. Almeno per la sua proprietaria.
Tuttavia, nonostante le pressioni, Eva si rifiuta di mostrare all'amica casa sua o anche solo di parlare della sua famiglia, troncando bruscamente il discorso, finchè la ragazza, un nebbioso pomeriggio di dicembre, la bacia, poi scappa via. Sara non capisce, vorrebbe stringerla a sé, abbracciarla, ricambiare, ma l'altra sparisce, smette di andare a scuola e non risponde alle sue chiamate, né ai suoi messaggi.
Sara allora crolla, inizia a smettere di mangiare, salta la scuola, vaga tutto il giorno e, invece di studiare, aspetta tutto il pomeriggio nel loro posto che arrivi. Finalmente, un mese dopo, Eva suona alla porta di casa sua, si scusa, la stritola fra le sue braccia e le dice "Ti spiegherò, devi fidarti di me, andrà tutto bene".
Sara ci crede e da allora le due iniziano una relazione clandestina. Ormai esistono solo loro; a scuola, nei corridoi, in aula non si vede altro se non le loro mani intrecciate e le loro chiome che si fondono, mentre le proprietarie sono impegnate in una fitta conversazione. Arriva giugno ed Eva viene bocciata, troppe le assenze, troppo  strani i comportamenti di quella ragazza. Le due, però, hanno ancora l'estate davanti per stare insieme e così ne sfruttano ogni momento e a settembre, il primo giorno, prendono strade diverse.

Eva si ritrova sola in mezzo a sconosciuti, Sara vorrebbe ritrovare le vecchie amiche, trascurate dal Suo arrivo, ma loro ormai l'hanno esclusa e lei passa le ore da sola, contando i minuti che la separano dal loro incontro. Eva, invece, conosce altre persone e, anche se lega poco anche con loro, ce ne é una che la affascina più di tutti gli altri: Marco.
Capelli corti e castani e uno sguardo magnetico che la cattura fin dal primo istante in cui il suo sguardo incrocia quello di lui, il primo giorno. Sembra irraggiungibile, ma, miracolosamente, la seconda settimana lui inizia a parlarle, dimostrando anche un certo interesse.
Un giorno le chiede di pranzare insieme finite le lezioni, lei accetta senza pensarci e dimentica l'appuntamento con Sara, che l'aspetta due ore sotto la pioggia. Il giorno dopo, in compenso, la riempie di scuse e di baci per farsi perdonare e quella le crede. Ma il tempo passa ed Eva salta sempre più appuntamenti finché, un giorno che esce prima, Sara non la vede salire sulla moto di lui, baciarlo e sfrecciare via. Il suo cuore, nello spezzarsi, fa così tanto rumore, che la ragazza pensa l'abbiano sentito tutti.

Quel pomeriggio Sara fila dritto a casa. Come al solito é sola e, nella solitudine della sua cameretta che non le é mai sembrata più vuota di così, prende un coltello e si incide una E sul palmo della mano come pegno d'amore. Il sangue cola copioso attraverso la ferita imbrattando le lenzuola candide, ma lei non ci bada e, prima che la madri torni, fa sparire tutto, pulendo e fasciando la ferita, per poi nasconderla nella manica della felpa. Il giorno dopo, in corridoio, ferma Eva, la trascina in un angolo buio dietro una colonna e, sotto lo sguardo confuso dell'altra, toglie la benda che le copre la mano e le mostra la lettera.
"Io ti amo, Eva. Ti prego, stai con me".
Con uno sguardo di pura indifferenza negli occhi, l’altra la bacia, poi le volta le spalle e se ne va "Io non ti ho mai amata, Sara, per me c'é stato sempre e solo Marco".
Da quel giorno, Sara sparisce, smette di andare a scuola, passa le notti fuori, in discoteca o in locali molto più infidi, mangia pochissimo, quel che basta a sopravvivere, ma, soprattutto, inizia saltuariamente a drogarsi. Tuttavia, ovunque sia, che nella macchina o nella casa di qualche uomo conosciuto in giro, prima di addormentarsi guarda sempre quella “E” e l'unica cosa che la tiene in vita é la speranza che un giorno le cose possano tornare come prima. Dopo un po’ smette anche di tornare a casa, ma fa sempre in modo che Eva, che da allora non l'ha più cercata, sappia dove sia.

É maggio, quando una sera Eva la viene a cercare nel pub dove lavora come cameriera. Davanti a tutti si avvicina a lei e la bacia.
"Marco mi ha lasciata. Torna da me".
Sara, ancora pazza d'amore per lei, si licenzia e la segue. Ovviamente non può tornare alla vita di prima, perciò si chiude in casa e, ovviamente, finisce per non passare l'anno. Ma lei e Eva sono di nuovo insieme, quindi tutto il resto non conta.

A settembre, di nuovo i corridoi sono pieni di loro due, del loro amore, delle loro mani intrecciate e dei baci rubati dietro le colonne, o la mattina nel parcheggio sul retro. Eva non la lascia mai, come i primi tempi e Sara non ha occhi che per lei; all'inizio sembra anche aver ripreso a studiare, ma poi si rende conto che l'unico argomento che sa é Eva e il loro amore.
Un pomeriggio, però, Eva la porta in un giardino vicino alla scuola e si congeda da lei con un bacio.
“Devo andare via per un po’, amore, ma, quando tornerò, staremo sempre insieme, d'accordo?"
Sara annuisce e con un bacio le due si separano.

Quando, una settimana dopo, Eva torna, presentandosi alla porta di casa sua con una rosa rossa in mano, la ragazza, felice di vederla, le salta addosso e la bacia con passione "Bentornata, amore, ora non mi lascerai mai più, vero?"
"Certo!" le risponde quella, con uno sguardo folle negli occhi.
Deposto lo zaino sul letto, chiude la porta della stanza a chiave, la riordina, poi sparge ovunque petali di rosa e, quando i preparativi sono terminati, tira fuori un piccolo astuccio e lo mostra all'altra.
"Se mi ami veramente, devi darmi un ultimo pegno d'amore. Se mi ami, devi morire con me. Perché io ti amo, Sara, ti amo alla follia e questo amore mi ha reso pazza".
Poi le mette in mano una lametta, ne prende una per sé e inizia a baciarla. Più i baci si fanno profondi, più le lamette affondano nella carne, mentre le due cadono sulle lenzuola, sollevando petali che si librano nell’aria immobile, per poi posarsi dolcemente sui loro corpi.

 


Quattro ore dopo

La madre di Sara, appena tornata dal lavoro, cerca la figlia in camera sua, ma la porta chiusa le impedisce di entrare. Bussa, chiama, urla, ma non riceve risposta. Quando, grazie a una chiave di riserva, riesce a entrare nella stanza,  trova Sara ed Eva sul letto, in un lago di sangue, le lamette ancora strette nelle mani, avvinghiate in un ultimo abbraccio mortale....

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Capitolo 3
*** My Little Dolly ***


My Little Dolly


15 dicembre 2014. Notte.

Caro diario,
c’è qualcosa di strano in questa stanza, qualcosa che non riesco a spiegarmi, che mi spaventa e mi impedisce di dormire. Ancora la mano mi trema, mentre ti scrivo queste parole, ma so che solo tu puoi capirmi e solo tu mi ascolterai senza accarezzarmi la testa, per poi chiamare la dottoressa Sarah.
Avevo appena chiuso gli occhi, quando ho sentito uno strano rumore davanti a me e li ho riaperti di scatto. All’inizio non ho notato nulla di strano e stavo per rimettermi giù, quando mi sono accorta che Dolly, il peluche con cui dormo sempre, non era più accanto a me. Mi sono guardata intorno per cercarlo, ma non era da nessuna parte, allora mi sono alzata, ho acceso la lucina piccola per non svegliare mamma e papà e mi sono messa a rovistare la stanza. Alla fine, era dietro le tende, appoggiata sul davanzale. Sembrava che stesse… guardando fuori, ma in strada non c’era nessuno. Come è arrivata lì? Sono sicura di averla avuta stretta a me, quando mi sono infilata sotto le coperte. E poi, i suoi occhi brillavano di una luce strana, ma forse è solo colpa del lampione che c’è fuori dalla finestra. Non sono tranquilla…


 

17 dicembre. Notte.

Caro diario,
ieri sera è andato tutto bene, ma stanotte, di nuovo, mi sono risvegliata dopo un terribile incubo e Dolly non era con me. Stavolta, però, l’ho trovata sulla scrivania, che mi fissava intensamente. I suoi occhi sembravano brillare e sono certa che non fossero neri e poi c’era quel ghigno, sul muso di solito dolce. Sono certa di averlo visto anche se, quando ho acceso la luce, sembrava il solito di sempre.
E poi, quando l’ho stretta forte a me, sussurrandole di non lasciarmi mai, lei mi ha… risposto di non preoccuparmi. Cosa mi sta succedendo?

 

17 dicembre. Notte, quasi mattina.

Di nuovo io. Non riesco a prendere sonno, sono sicura di aver sentito la Sua voce. Ho paura, ma non riesco a muovermi da qui e andare in camera da mamma e papà, so che diranno che sono la solita fifona e che è soltanto una scusa da bambina viziata. Ma io SONO sicura.
 

27 dicembre. Notte.

Dolly non mi lascia mai, ormai, anche se mamma non è molto contenta e continua a strapparmela di mano per riportarla in camera. Appena si gira, però, io torno da lei. Non ci separiamo mai, facciamo tutto insieme, ormai. E avevo ragione io, quella notte: può parlare, anche se non le piace molto farlo. Ha una voce così dolce e convincente, mi ha fatto capire che vuole soltanto il mio bene e che solo lei mi vuole bene. Non gli piaci nemmeno tu, caro diario, vuole che io ti bruci, ma non lo farò. Lei è la mia sorellina, ma tu sei il mio migliore amico e non potrei mai lasciarti.
Ora devo andare, però, Dolly vuole parlarmi, dice che faremo grandi cose e che presto potremo stare insieme per sempre…

~

dalla sezione di cronaca de “L’eco” del 28 dicembre 2014

Bambina trovata morta in circostante misteriose

[…] Questa mattina C.M., di otto anni, è stata trovata morta nella sua stanza. I genitori, preoccupati perché non rispondeva ai loro richiami, sono entrati nella cameretta e hanno fatto la macabra scoperta. Sebbene gli accertamenti debbano ancora confermarlo, si sospetta sia morta per strangolamento, ma non si hanno ancora indizi sul colpevole. E’ stata esclusa l’ipotesi della rapina finita male, in quanto non ci sono segni di effrazione sulla porta, né sulle finestre. Dalla casa, inoltre, non mancano oggetti, ad eccezione di un peluche, da cui la bambina non si separava mai. I genitori, tuttavia, sono stati ascoltati per tutto il giorno, anche se ancora non è stato emesso alcun provvedimento nei loro confronti.[…]

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Capitolo 4
*** Un frolloso giramondo ***


Un frolloso giramondo



A V.
A V., anche se certe volte ti strozzerei


C'era una volta un uomo di nome Ian MacArthur che viveva in un pacchetto di biscotti. Era un pacchetto vecchio e rovinato, ma per fortuna mesi prima era caduto in un angolo buio e polveroso e così i suoi proprietari se ne erano dimenticati. Ian viveva bene lì dentro perché era spazioso e grazie a un'efficiente sistema d'illuminazione lì dentro era sempre giorno. Era soddisfatto della sua condizione finché un giorno un ospite inaspettato bussò alla sua porta. Si trattava di un piccolo topolino che si era perso durante la sua prima esplorazione della casa. Siccome era molto spaventato Ian decise di accoglierlo e di offrirgli una tazza di tè prima di indicargli la via di uscita più vicina. Il topino si trovò così bene che decise qualche giorno dopo di tornare. In breve tempo i due diventarono grandi amici e spesso li si vedeva chiacchierare nel salotto di Ian. Un giorno, però, il topolino, che si chiamava Michael, gli fece una strana proposta: "Non ti ho mai ringraziato abbastanza per avermi salvato, tanti giorni fa e penso che ora sia venuto il momento di farlo. Ho deciso che esaudirò un tuo desiderio, perciò puoi chiedermi qualunque cosa, perchè sono un topolino magico e quindi farò tutto ciò che vorrai. "
Ian ci pensò su un attimo, poi rispose: "C'è una cosa che desidero da tanto tempo, ma che non ho mai avuto il coraggio di chiedere... vorrei diventare un essere umano, crescere e poter vivere in un posto molto più grande di questa semplice scatola di biscotti. Puoi aiutarmi?"
"Va bene" gli rispose il topolino e poi se andò. Tuttavia tornò poco dopo con una boccetta azzurra, il cui contenuto non era possibile distinguere a causa del vetro opaco. Non aveva neanche l'etichetta e Ian la prese dubbioso e preoccupato, nonostante l'amico lo stesse guardando con un sorriso incoraggiante.
"Domani mattina - gli disse - quando ti sveglierai, prendila con te ed esci da questa casa. Non appena raggiungerai un posto sicuro, aprila e bevi il liquido contenuto all'interno. In poco tempo diventerai grande quanto un piccolo, giovane uomo e potrai girare il mondo, proprio come desideri. "
Poi uscì dalla stanza e se ne andò per l'ultima volta dalla casa di Ian.
La mattina dopo, Ian fece quanto gli era stato detto: subito dopo colazione, uscì,  dicendo addio a quella che finora era stata la sua casa e fermandosi nel piccolo spazio erboso dietro l’edificio in cui si trovava. Tirò fuori dalla tasca la boccetta, ne svitò il tappo e se la portò alle labbra, bevendola tutta d'un fiato. Il liquido era amarissimo e fu difficile finirlo per lui,  ma la forza di volontà era più forte. Per qualche secondo non accade nulla, poi l’uomo cadde a terra, precipitando in un sonno profondo.
Qualche minuto dopo,  l'uomo si risvegliò bruscamente, mentre una donna lo scuoteva dolcemente.
"Signore! Signore, sta bene?  Ha bisogno di aiuto? "
Ian la guardò confuso per un attimo, poi con fatica provò a rimettersi in piedi.
"Sì, credo... credo di sì..."
Quella,  benché non sembrasse troppo convinta, lo lasciò andare e si fece da parte,  aspettando.
Ian iniziò a guardarsi intorno, cercando di catturare ogni dettaglio e, finalmente, capì cosa era accaduto: Michael aveva esaudito il suo desiderio. Era un uomo ora e,  a prima vista, doveva avere circa trent'anni.  Proprio come prima, ad eccezione della taglia.
La donna, altrettanto giovane, gli porse una mano e, sorridendogli, lo aiutò a rialzarsi.  Ovviamente Ian, che non era abituato al suo nuovo corpo, barcollò, ed entrambi caddero a terra con una risata. Imbarazzatissimi, si allontanarono immediatamente, entrambi rossi in volto come due pomodoro.
"Beh... - esordì lei - "io… io adesso dovrei andare. Farò… farò tardi al lavoro, sì..”
Ian la guardò per qualche secondo, poi finalmente trovò il coraggio di balbettare qualche parola: “V-vengo con lei, signorina.”
“Comunque, - allungò la mano verso di lei – io sono Ian.”
Le labbra di lei si curvarono in un sorriso dolcissimo “Alice” mentre le due mani si sfioravano, delicate.
Lo sguardo che i due si lanciarono valeva più di mille parole e fu così intenso, che parve loro di essere finiti in un altro mondo, uno tutto loro. Qualche minuto dopo, si allontanarono a braccetto lungo la via, certi entrambi che, quel giorno, non sarebbe stato come tutti gli altri.

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