The right thing

di Siranne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non è amore quell'amore che muta quando trova un mutamento ***
Capitolo 2: *** In un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto ***
Capitolo 3: *** Ci sono abissi che l'amore non può superare, nonostante la forza delle sue ali ***



Capitolo 1
*** Non è amore quell'amore che muta quando trova un mutamento ***


The right thing


«Non è amore quell'amore che muta quando trova un mutamento»
(W. Shakespeare)

Era ormai un mese che stavano insieme. Ritsu aveva ancora parecchie difficoltà a capire di trovarsi in una relazione, mentre Masamune… be’ tutti si erano accorti del cambiamento d’umore del capo dell’Emerald.
 
I rimproveri che prima squarciavano l’aria ogni dieci secondi si erano di gran lunga ridotti –solo alla tipografia riservava il solito trattamento-, il suo volto era diventato più sereno e i sorrisi, che prima erano una rarità, apparivano un po’ più frequentemente.
 
«Per oggi ho finito, vado a casa» disse Ritsu mentre iniziò stancamente a raccogliere le sue cose.
 
«Beato te…» disse Kisa fissando la porta «o forse dovrei dire beati voi?» questa volta volse lo sguardo a Ritsu.
 
Il ragazzo ormai non si stupiva più degli eventi paranormali che avvenivano nel dipartimento. Ogni volta, alla fine del ciclo, Kisa iniziava a vedere doppio e capitava spesso che quando parlava con qualcuno, fissasse tutto tranne il suo interlocutore.
 
«Ti manca ancora molto, Kisa-san?»
 
«N-no, solo tre pagine da correggere…» rispose mentre con la mano tremante scriveva.
 
Onodera si congedò e uscì dall’edificio sperando di riuscire a raggiungere casa.
La calura estiva dell’esterno, contrapposta all’aria condizionata della Marukawa, rese la sua andatura già incerta, ancora più precaria.
Si stupiva di non essersi preso ancora una polmonite.
 
Lo scomodo sedile di un treno non lo avrebbe di certo aiutato a  recuperare le forze, ma per lo meno si sarebbe risparmiato una camminata.
Era quasi giunto all’ingresso della stazione, quando sentì una penna poggiarsi sulla sua guancia e una voce profonda pronunciare il suo nome.
 
«Onodera»
 
«Sì?» rispose mentre si voltava.
 
‘Ah Takano…’
 
Oggi Takano era impegnato in una giornata di riunioni no-stop, Ritsu era convinto che tornasse molto più tardi, ma probabilmente erano riusciti a finire prima. Dimenticò qualsiasi forma di buona educazione, notando la penna che ancora premeva sulla sua guancia.
 
«Credo di avertelo detto già un’altra volta, ma quando ti comporti come un bambino di tre anni, mi fai incazzare moltissimo» disse, innervosito.
 
«Ora che me lo dici, ricordo vagamente di aver sentito qualcosa del genere» rispose mentre rimetteva la penna nella borsa.
 
«Vagamente? Ma che razz-»
 
«Ti amo»
 
«Eh?»
 
«Ho detto che ti amo, Ritsu»
 
Onodera avvampò come una tanica di benzina in cui era stato gettato un fiammifero.
 
«M-ma che centra con quell-?»
 
«Centra sempre. E poi pensavo che magari più senti la frase “ti amo”, più ti abitui al suono, più semplice sarà per te pronunciarla»
 
«M-mi pare di averla già detta» disse, riprendendo a camminare.
 
«Da allora non l’hai più ripetuta» insistette lui, seguendolo.
 
«Quante volte dovrei dirlo?!»
 
«In ogni occasione possibile. Ad esempio, ora»
 
«Impossibile!»
 
«Non ti sto chiedendo molto, solo tre parole “Masamune ti amo”»
 
«Cosa?!» Ritsu si volò di scatto, fermandosi.
 
«Che c’è? Non mi sembra così difficile»
 
«Invece lo è! Il tuo p-primo nome…»
 
Ai tempi del liceo, era sempre stato così lontano da lui che nemmeno si permetteva di sognare di chiamarlo col suo primo nome. E da quando se l’era ritrovato come capo, ci pensava ancora meno.
 
«Sarebbe anche ora che iniziassi a chiamarmi per nome»
 
‘Ha ragione. Non si sono mai visti due fidan-… fidanzat-, insomma quello, che si chiamano per cognome… dovrei provarci’
 
Onodera aprì la bocca per pronunciare la frase, ma non ne uscì alcun suono.
Una mano gli accarezzò i capelli.
 
«Be’, per lo meno ci hai provato» disse Takano, accennando un sorriso.
 
‘E’ così gentile…’
 
«Scu- scusami, ma non è così facile per me»
 
La mano scivolò dietro la nuca e lo spinse verso il suo volto per baciarlo.
 
«Ti amo» ripeté ancora.
 
Onodera distolse lo sguardo, riprendendo a camminare per imboccare l’entrata della stazione.
 
«N-non fare queste c-cose in pubblico» bofonchiò, con un filo di voce.
 
Appena i due sparirono nella metropolitana, lei pensò che fosse ormai inutile continuare ad osservarli.
Non pensava che suo figlio fosse così sciagurato da innamorarsi e avere il coraggio di avere una relazione con un uomo. Doveva risolvere questo problema e in fretta, prima che si facessero beccare da altri mentre si scambiavano effusioni.
 

2 settimane dopo…

 
Takano regolò l’aria condizionata.
«Per lo meno degnati di addormentarti sul letto» disse, senza alcuna speranza che Ritsu gli rispondesse.
Appena aveva finito di mangiare, si era seduto sul divano ed era finito nel mondo dei sogni in men che non si dica.
Sapeva quanto poteva essere pesante il sonno del suo compagno, quindi si rassegnò all’idea di doverselo caricare sulle spalle per portarlo in camera.
Appena lo buttò sul letto, ricevette un mugugno contrariato per essere stato spostato, ma subito dopo si girò su un lato e ritornò a dormire tranquillamente.
Avrebbe passato volentieri la notte a guardare il suo viso, ma si ricordò che infondo anche lui doveva dormire.
 
Takano ritornò in cucina per rimettere le ultime pentole a posto e appena finì stava per ritornare in camera, ma la suoneria del suo cellulare lo bloccò.
Si stupì che qualcuno lo chiamasse a quell’ora della notte. Scocciato prese il telefono e restò a fissare per qualche secondo lo schermo con su scritto il nome di chi chiamava. Era indeciso se rispondere o meno, ma alla fine si portò il telefono all’orecchio e rispose.
 
«Pronto?»
 
«Masamune?» non c’erano dubbi, era davvero lei.
 
«Cosa vuoi, mamma
 
«Era da parecchio che non ci sentivamo come stai?» chiese la donna.
 
Da quando in qua le interessava come stava?
 
«Posso sapere cosa vuoi? Non è da te chiamare a quest’ora. Anzi, non è da te chiamarmi» disse freddamente.
 
La donna si prese qualche secondo prima di rispondere, lasciando un sospiro leggero.
 
«Devo assolutamente parlarti. È importante. Vieni a casa mia il prima possibile»
 
«Di cosa dovresti parlarmi?»
 
«Non posso dirtelo al telefono, domani puoi venire?»
 
Masamune ci pensò su. Voleva andare a vederla? E di cosa doveva parlargli?
 
La curiosità ebbe la meglio ed accettò.
«Verrò domani pomeriggio»
 
«Grazie, a presto» concluse sollevata.
 
Takano chiuse la chiamata e guardò perplesso il telefono. Cosa voleva?
 
Qualcosa gli diceva che non sarebbe stato un incontro piacevole.
 

 
Note dell’autrice:
Ciao a tutti, sono tornata! Come va?
Avevo detto che avrei fatto un sequel e anche che ci avrei messo un bel po’ di tempo, ma l’ispirazione mi ha colpita e quindi sono stata più veloce del previsto.
Anche se non avete letto “Il tuo peggior rivale viene dal passato…” non preoccupatevi, non ci saranno rimandi alla storia precedente. Se però volete sapere come si sono messi insieme, vi conviene dare uno sguardo XD
Per chi l’ha letto invece, ricorderete l’atmosfera serena e comica di quella fic, adesso ho intenzione di scrivere qualcosa di più “cupo” e di più complesso. Mi piacerebbe anche approfondire meglio il loro rapporto di coppia (non so se mi spiego XD) per adesso mi sono limitata a mettere il rating arancione, più avanti potrei optare per il rosso.
Per quanto riguarda i titoletti dei capitoli, stavolta non scriverò idiozie, ma ho scelto di inserire l’opinione di grandi uomini riguardo all’amore.
Per il primo capitolo ne ho scelta una di Shakespeare che trovo decisamente adatta a Ritsu e Takano.
Ricordate di lasciare una recensioncina :D
Alla prossima :3

 
 

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Capitolo 2
*** In un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto ***


The right thing


«In un bacio, saprai tutto quello che è stato taciuto»
(P. Neruda)


Onodera si risvegliò piuttosto presto, stupendosi di indossare ancora i vestiti della sera prima.
 
‘Oh è vero, mi ero addormentato sul divano’
 
Si voltò a guardare la figura che dormiva accanto a lui. Ancora non si era abituato a questa situazione. Per Takano sembrava tutto così naturale, mentre lui era così bloccato e chissà per quanto lo sarebbe stato.
Masamune  a quest’ora avrebbe ceduto al suo istinto e lo starebbe svegliando a suon di baci. Era successo già alcune volte, con grande imbarazzo di Ritsu. Spesso si chiedeva se Takano avesse dei dubbi riguardo i suoi sentimenti, infondo non si sforzava poi molto a mostrarli.
 
Masamune si girò verso Onodera.  Per un attimo ebbe paura che si fosse svegliato “sentendo” il suo sguardo insistente, ma lui ancora dormiva.
 
‘Non ha il sonno leggero fino a questo punto’  pensò incurvando le labbra in un sorriso.
 
«…Ritsu…»
 
Onodera si meravigliò di sentirlo parlare.
 
«Che c’è?» gli chiese sottovoce.
 
«Takano-san?» alzò un po’ il volume, ma l’altro non rispose.
 
‘Ma… che cosa sta facendo? Adesso mi sogna anche?’
 
Ritsu si avvicinò al suo volto per vedere se fosse sveglio, ma sembrava fosse in un sonno profondo.
Lo sognava. Anche lui lo aveva sognato spesso, più che altro erano ricordi dei tempi del liceo che lui aveva disperatamente cercato di rimuovere, ma che tornavano la notte.
 
 ‘Che diavolo?’
Sentiva il suo stomaco fremere, con quelle che la gente comunemente chiamava farfalle, ma che a lui in quel momento sembravano un branco di buoi che insistentemente andavano a sbattere contro le pareti dello stomaco.
 
Ritsu guardò ogni centimetro del suo volto. I capelli neri che gli coprivano la fronte, gli occhi chiusi decorati dalle sue lunghe ciglia, il naso proporzionato. Era tutto così perfetto.
E la bocca. Quella bocca che per anni aveva sognato di poter sfiorare, adesso era a sua disposizione. Se solo avesse un po’ più di coraggio potrebbe baciarlo ogni volta che ne ha voglia.
 
‘Oh no… voglio baciarlo’
 
Si avvicinò ancora di più, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo volto. Poteva sentire il suo respiro sulla punta del suo naso.
 
‘Sarebbe ridicolo fare una cosa del genere!... Ma…’
 
Era così bello. Aveva mai pensato alla bellezza di Takano? Era così perfetto e proporzionato che avrebbe fatto invidia a qualsiasi uomo e che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi tutte le donne del mondo e anche un buon numero di uomini.
 
‘Tanta bellezza è un reato, dovrebbero arrestarti… Se mi riduco a pensare a queste cose è tutta colpa tua’
 
Chiuse gli occhi e si avvicinò ancora di più, ma poco prima che lo baciasse un mugugno lo fece sobbalzare. Per lo spavento Ritsu si spinse indietro e per poco non cadde dal letto.
 
«Ma che stai facendo?»
 
‘Merda! Mi ha visto?’
 
«Eh, c-che sto f-facendo? N-niente!» si mise a ridacchiare nervosamente.
 
Takano rimase perplesso.
«Hai perso qualcosa?»
 
«N-no, anzi sì. Cercavo… la sveglia… per questo mi ero s-sporto, scusa se ti ho svegliato»
 
«La sveglia è accanto a te, sul comodino» gli rispose atono, non credendo ad una sola parola di quello che aveva detto.
 
«Oh, che stupido, non l’avevo vista» disse cercando di non dare segni d’imbarazzo.
 
«Quindi vuoi dirmi cosa stavi facendo?»
 
«Te l’ho dett-»
 
«Menti in una maniera orribile» lo interruppe, sbadigliando.
«Volevo prendere la sveglia!»
 
«Avevi la tua faccia sopra la mia, come diavolo potevi prender-… un momento, non è che…»
 
«No! Qualsiasi cosa tu stia pensando, non è così!» diventò rosso fino alle orecchie, tentando di difendersi.
 
«Tu volevi baciarmi?»  gli chiese terminando la frase lasciata in sospeso.
 
«N-no, ti sta sbagliando…»
 
«Tu volevi davvero baciarmi» disse con tono meravigliato.
 
«E-ecco, io…»
 
«Se vuoi baciarmi, non è necessario che tu lo faccia mentre dormo. Certo, puoi anche baciarmi mentre dormo, ma preferirei essere cosciente di quanto mi vuoi» sorrise. Ogni giorno di più si stava avvicinando a lui, e questo non faceva altro che renderlo immensamente felice.
 
«N-non è com-… »
 
Takano si avvicinò a lui dandogli questo agognato bacio. Onodera si perse immediatamente in quelle emozioni. La mani di Masamune sembrava fossero in grado di raggiungere ogni parte del suo corpo, circondandolo di calore e passione.
Velocemente la sua camicia veniva sbottonata, mettendo la sua pelle a diretto contatto col corpo dell’altro.
 
«Takano-san…» sussurrò, col respiro affannato.
 
Dring!!!
 
«… dobbiamo andare a lavoro…» aggiunse Ritsu, mentre la sveglia suonava.
 
Masamune maledisse quell’aggeggio: «Continueremo questo discorso 'sta sera»
 
Ritsu gli lanciò un’occhiataccia, ben capendo cosa intendesse con “discorso”.
 
«Ora che mi ricordo»  disse Masamune alzandosi dal letto per recarsi in cucina «ieri mi ha chiamato mia madre, vuole che la vada a trovare questo pomeriggio»
 
«Davvero?»
 
«Sì, ha detto che deve dirmi qualcosa di importante» prese due tazze e la teiera dallo scaffale.
 
«Hai idea di cosa sia?» accese il gas e mise la teiera che l’altro gli aveva passato sul fuoco.
 
«No. È strano che mi abbia chiamato e soprattutto che mi voglia vedere. Sinceramente non ho voglia di andarci, ma lei è stata così insistente»
 
‘Mi chiedo che tipo di rapporto abbiano… mia madre è sempre stata così presente nella mia vita, anche fin troppo, non riesco ad immaginare che una madre sia stata così disinteressata nei confronti del figlio’
 
«Quindi lascerai prima il lavoro?»
 
«Sì, puoi tornare a casa senza aspettarmi, poi ti raggiungerò per cenare»
 
«V-va bene…» bofonchiò arrossendo leggermente.
 
Masamune sorrise, divertito dalla reazione del compagno.
 

 
«Masamune, accomodati» Mikoto Takano fece cenno ad una poltroncina bianca, sedendosi a sua volta accanto a lui, su un’altra identica.
 
Il moro diede un veloce sguardo all’ambiente che lo circondava. Difronte a lui una tenda bianca copriva una porta vetro che dava sul giardino. Tutta la stanza era illuminata dalla luce naturale proveniente da quella porta e dalla finestra accanto ad essa. L’arredamento era sobrio e moderno, probabilmente lo aveva rinnovato recentemente.
Accanto si apriva un corridoio, dal quale si intravedeva una scala. Forse lì c’erano le camere del suo nuovo compagno e di suo figlio?
Spostò lo sguardo sulla madre.
 
«Cosa vuoi?»
 
La donna prese un ampio respiro prima di iniziare a parlare.
 

Note dell’autrice:
Ciao a tutti! Scusate il ritardo con cui aggiorno, ma la scuola mi occupa troppo tempo -.-
In questo capitolo non succede quasi nulla, nel senso che non dà una vera svolta alla storia, ma nel prossimo scoppierà la bomba XD La faccenda del bacio nei miei piani iniziali non ci doveva essere, ma alla fine ho deciso di inserirla per approfondire un po’ il rapporto tra Takano e Onodera.
Nel prossimo capitolo (o in quello successivo) ci sarà un po’ di lemon, vi avviso da ora nel caso non vi piacciano le scene di sesso. Potrei anche alzare il rating a rosso, ma sono indecisa… voi cosa mi consigliate?
Spero di aggiornare in tempi decenti, non credo di farcela per le prossime due settimane perché ci saranno una valanga di verifiche, comunque entro dicembre ce la farò XD
Ringrazio chi recensisce, preferisce, segue, ricorda, legge :)
Alla prossima :3

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Capitolo 3
*** Ci sono abissi che l'amore non può superare, nonostante la forza delle sue ali ***


The right thing



«Ci sono abissi che l'amore non può superare,
nonostante la forza delle sue ali»
(H. de Balzac)


«Masamune, ascolta, non avrei mai voluto arrivare a questo punto, ma…» Mikoto Takano strinse la stoffa della gonna tra le mani.
 
«Sii diretta, non mi piacciono i giri di parole» disse seccato. Era venuto, assecondando il suo volere, ma questo non significava che gli facesse piacere trovarsi lì. Si sentiva un estraneo in casa di sua madre.
 
«Ok» prese un respiro. Aveva difficoltà a guardarlo negli occhi, o era una sua impressione? «ti ho visto insieme ad un altro uomo e involontariamente ho sentito che lo hai chiamato Onodera Ritsu»
 
Masamune sgranò gli occhi per qualche istante, ecco perché voleva parlargli: «Ti metti a spiare la gente ora?»
 
«Non è questo il pun-»
 
«Non mi interessa sapere cosa pensi della mia vita privata, quindi questa discussione non ha alcun senso» si alzò dalla poltroncina per dirigersi verso l’ingresso a passo svelto.
 
«Masamune, aspetta! È importante riguarda il padre di quel ragazzo!» cercò di fermarlo, alzandosi a sua volta.
 
Il moro si bloccò, voltandosi.
 
«E tu che cosa sapresti del padre di Onodera?» sputò con disprezzo.
 
«M-mi dispiace, mi si spezza il cuore a dirti una cosa così orribile, ma…» la voce si incrinò e  le lacrime iniziarono a scenderle dal viso. In quel momento, Takano aveva iniziato a preoccuparsi, non ricordava di aver mai visto sua madre piangere.
 
«Circa ventotto anni fa io e Onodera Shuichi abbiamo avuto una relazione che si concluse nel giro di pochi mesi. Poco tempo dopo scoprii di essere incinta…»
 
«Cosa?» chiese atono e istintivamente.
 
‘Incinta? Di chi? Ventotto anni fa… aspettava me?’
 
Improvvisamente la mente, il cuore, l’animo di Masamune si svuotarono appena comprese le parole della madre. Non riusciva più a pensare, avvertiva solo un grande buco nero nel fondo della sua anima, uno spazio che avvertiva si sarebbe presto riempito. Con dolore, forse?
 
«Mi hai sentita?» la voce della madre lo risvegliò. Lei sembrava essersi calmata, come se si fosse tolta un macigno dalla coscienza. Aveva gli occhi rossi, ma non piangeva più.
 
«T-tu, cosa… cosa vorresti dirmi con questo?» aveva la gola secca, anche parlare si stava rivelando un’impresa.
 
«Tu sei figlio di Onodera Shuichi» rispose decisa, con un tono che avrebbe fatto più male di una spada nello stomaco. Mentalmente però era quasi grato che aveva messo la faccenda in quei termini. Poteva anche dire che lui era…
 
‘Mio Dio’
 
Lui e la persona che amava, erano fratelli? Non era possibile, non poteva essere possibile.
 
«Non ci credo»
 
«Co-»
 
«Non ci credo. Se fossi stato figlio di un uomo così influente, non avresti perso nemmeno un secondo a spiattellare la verità» aggiunse duro, ricordando che la madre era tutt’altro che una persona corretta o non legata al denaro.
 
«Non l’ho detto perché io ero già sposata e…»
 
«Voglio il test del DNA» continuò imperterrito, senza dare ascolto alle parole di Mikoto, seguiva solo il suo flusso scoordinato di pensieri.
 
La donna si portò le mani ai fianchi e guardò per qualche istante un punto imprecisato della stanza, come se si volesse riprendere e riposare dalla fatica della conversazione.
 
«D’accordo» mormorò «anche se non vorrei che questo ti deludesse ancora di più»
 
«Io… devo andare» si voltò meccanicamente e uscì da quella casa.
 
Mikoto osservò la porta chiudersi. Tirò un lungo sospiro. Era stato davvero stancante.
 
 ***
 
 Cosa aveva detto? Cosa voleva dire? Perché?
Solo l’idea che lui e Ritsu possano essere fratelli, gli distruggeva il cuore. Come poteva essere possibile una cosa del genere? Aveva una maledizione addosso? Pensava di aver raggiunto il fondo anni fa, dopo aver scoperto di non essere figlio di suo padre, ma adesso vedeva un baratro buio e profondissimo che non aspettava altro che lui si buttasse di sotto per avvolgerlo nell’oscurità.
Ogni volta che trovava un brandello di luce, -e quel brandello aveva un nome e un cognome ben precisi-, sembrava che fosse automaticamente destinato a stare peggio di come stava prima di incontrarlo.
Era successo così al liceo, quando pensava finalmente di aver trovato qualcuno che lo amava veramente, per poi ritrovarsi solo e abbandonato.
Stava succedendo anche adesso?
 
Lo ama e lo ha amato con tutto se stesso, il suo carattere, il suo corpo, i suoi atteggiamenti, lo amava completamente.
Non sapeva come fosse un rapporto tra fratelli, ma ciò che provava per Ritsu era sicuro non fosse minimamente paragonabile ad un normale affetto per un famigliare.
Eppure sua madre…
 
Il clacson di una macchina lo risvegliò dai suoi pensieri. Il semaforo era diventato verde da chissà quanto tempo.
Proseguì la guida con calma, combattendo tra due opposti desideri che gli erano nati nel cuore. Da una parte voleva accostare, non arrivare mai a casa, non rivedere mai più quegli occhi verdi, quella fonte di dolore. Dall’altra voleva correre a casa, dimenticare quella giornataccia, abbracciarlo, affogare nel calore di quel corpo d’amore.
 
Giunto nell’edificio, suonò alla porta di Onodera. Dopo qualche istante sbucò il castano.
 
«Ah, Takano-san»
 
«Ero passato per avvisarti che sono tornato… vado a preparare la cena» fece per andare nella porta accanto.
 
«No, aspetta, ho già cucinato io»
 
Entrò nel genkan e si sfilò le scarpe. Rimase a fissare il corpo di Onodera allontanarsi verso la cucina.
No. Non c’era la minima somiglianza. E due fratelli si somigliano sempre un minimo… vero?
Come poteva minimamente accennare ad Onodera il discorso avuto con la madre? Non voleva perderlo, non voleva che si allontanasse da lui.
 
Pensò di andare via. Non poteva stargli accanto in quelle condizioni, si sarebbe sicuramente accorto che c’era qualcosa che non andava.
 
«Vuoi venire ad aiutarmi o devo fare tutto io?» gridò Ritsu dalla cucina.
 
Forse se se ne fosse andato lo avrebbe davvero fatto preoccupare, più di quanto non avrebbe fatto se fosse rimasto.
 
«Sì… arrivo» si decise ed entrò in casa.

 
 
Note dell’autrice:
Dopo secoli torno ad aggiornare, mi scuso per i tempi geologici che ho impiegato ma come ho spiegato a delle persone che mi hanno chiesto se avrei continuato la storia, purtroppo la scuola occupa molto tempo (è la maturità, compatitemi :’P ) e mi era venuta pure l’ispirazione per un’altra storia, quindi se aggiorno una non aggiorno l’altra e viceversa XD
Comunque finalmente ce l’ho fatta!
Tornando al capitolo, spero di avervi sconvolto (era questo l’intento XD). Sarà vero o mamma Mikoto ha raccontato una bufala? Chissà…
Spero di aggiornare in tempi ragionevoli, grazie a chi si è preoccupato di pressarmi per pubblicare, senza di voi non sarei stata così rapida ^^''''
Un bacio :3


 

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