Non parlo il serpentese

di Arianna di Cnosso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non parlo il serpentese ***
Capitolo 2: *** La lezione di Malfoy ***
Capitolo 3: *** Una guerra cambia tutti ***
Capitolo 4: *** Il sublime fascino della cultura ***
Capitolo 5: *** La Testa di Porco ***
Capitolo 6: *** Hai paura di me? ***
Capitolo 7: *** Fuoco Gubraithiano ***
Capitolo 8: *** L'agguato - parte 1 ***
Capitolo 9: *** L'agguato - parte 2 ***
Capitolo 10: *** Doppio processo ***
Capitolo 11: *** Un piano quasi perfetto ***
Capitolo 12: *** Vittoria ***
Capitolo 13: *** Rapimento ***



Capitolo 1
*** Non parlo il serpentese ***


I. NON PARLO IL SERPENTESE

 




Erano passati sei anni dalla caduta di Lord Voldemort e Hermione Granger aveva fatto una carriera strabiliante, sulle orme di un'altra strega altrettanto abile: Minerva McGranitt, sua ex professoressa.
Quest'ultima era a capo della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ancora dai tempi della seconda guerra magica e dirigeva la scuola in modo mirabile, come il suo predecessore.
Hermione aveva ricalcato in tutto e per tutto il percorso della McGranitt: aveva lavorato al Ministero per qualche tempo ed ora aveva accettato l'incarico di professoressa di Trasfigurazione, che le era stato offerto dalla Preside.

Partì il primo settembre con l’espresso per Hogwarts, insieme a tutti gli studenti. Vedere di nuovo il binario 9 e ¾ le mise addosso molta malinconia. Le parve di tornare indietro nel tempo, quando con i suoi migliori amici, Harry Potter e Ron Weasley, attraversava su quello stesso treno le verdi brughiere scozzesi scambiandosi i racconti dell’estate. Ora Hermione era sola, e a differenza del passato era alloggiata nella comoda cabina insegnanti.
Hermione osservava dal finestrino i prati verdi e pettinati che si rincorrevano veloci, per poi trasformarsi in scure foreste man mano che il treno si addentrava nei luoghi selvaggi, verso Hogwarts.

Le parve che fosse passata una vita, e invece erano solo sei anni. Aveva visto cose che una ragazzina non dovrebbe mai vedere. Era cresciuta in fretta. Per questo Hermione si sentiva eccitata all’idea di tornare a Hogwarts: sperava di ritrovare un pezzo di sè, della sua infanzia, sperava di poter constatare che niente era cambiato, almeno lì.
Lei era cambiata molto. Non aveva frequentato l’ultimo anno di scuola per combattere una guerra crudele, che si era portata via molte delle sue conoscenze e dei suoi amici. Le sorti di quel conflitto gravavano per metà anche sulle sue spalle: in quanto amica di Harry Potter si era sentita in dovere di aiutarlo nella sua impresa disperata. Poi avevano vinto.

Ingenuamente, aveva avuto paura della guerra, pensava che finita quella, tutto sarebbe tornato come prima. E invece tutto era cambiato. Aveva capito che la parte difficile, non è la guerra, ma la ricostruzione. Aprire gli occhi in un mondo per il quale hai lottato strenuamente, ma che non è più lo stesso mondo per cui hai lottato. Non riconoscerlo più. Si era sentita tradita da quelle stesse cose che aveva difeso, e che invece, nonostante tutto, se ne erano andate lo stesso. Che senso aveva la vittoria, in questo modo? Si combatte per chi verrà dopo di noi, in fondo. Perchè per chi combatte, anche la vittoria è una sconfitta.

Era finito tutto. Era finita la scuola, era finita la guerra... Erano morti Fred, Remus, Ninfadora, Severus Piton e Silente. Era finito presto anche l’amore con Ron, forse condannato proprio dalla fine di tutto il resto.
Quella storia era rimasta in una specie di limbo: sospesa a metà tra il vecchio mondo, quello in cui erano due timidi studenti impacciati, e il mondo nuovo, in cui erano ormai cresciuti e avevano combattuto una guerra.
Si erano trovati imprigionati nel loro amore, forse infantile, che ricordava così tanto i tempi di Hogwarts, mentre invece tutto il resto attorno a loro era diverso e irriconoscibile. Forse, se fossero stati insieme da più tempo, l’amore avrebbe resistito, come quello di Artur e Molly, di Harry e Ginny, e di tanti altri.
Ma quel loro bocciolo sorto in mezzo alle intemperie e sopravvissuto al peggio, non aveva retto alla distruzione di tutto il resto attorno a sé.

Anche Hogwarts era cambiata, e essere diretta là ora provocava ad Hermione una lieve apprensione. Era preoccupata di non riconoscere più la vecchia scuola che aveva amato. Come quando, l’estate dopo la guerra, era tornata a visitare quel posto sperduto in Cornovaglia in cui era solita recarsi in vacanza da piccola, con i suoi genitori. Una ferita si era aperta dentro di lei quando lo aveva trovato completamente edificato e invaso da alberghi.
Anche adesso aveva paura di trovare irriconoscibile il luogo più importante della sua infanzia. Hogwarts significava troppo per lei.
Fortunatamente quel posto significava molto anche per altri. Voldemort stesso aveva amato Hogwarts come non aveva mai amato nessun umano. Aveva aperto la Camera dei Segreti mentre era studente, ma aveva subito rimediato, non appena aveva capito che altrimenti la scuola avrebbe chiuso.
Hogwarts era stata teatro dell’ultima battaglia ed era stata inevitabilmente danneggiata. C’era voluto quasi un anno per ricostruirla completamente. Eppure, tutti i danni che la scuola aveva subito erano stati solo una conseguenza indiretta della lotta: Voldemort non aveva nei piani di distruggerla, né di sterminare gli studenti. L’avrebbe lasciata aperta, nel suo mondo ideale, solo per i maghi Purosangue.

Hermione aveva recuperato l’anno perso frequentando dei corsi ministeriali e si era regolarmente diplomata con voti eccelsi, tanto che era subito stata assunta al Ministero.
Neanche un anno, e da studentessa era passata a donna. Ad Hogwarts forse avrebbe ritrovato qualcosa di sè. Ma soprattutto, aveva la speranza che almeno un posto, almeno quel posto magico, fosse rimasto immutato; sperava che gli studenti lo abitassero entusiasti, ignari di tutto quello che altri avevano perso per dare un futuro a loro. Desiderava ritrovare un po’ di normalità e quell’atmosfera spensierata di quando era studentessa.

Hermione era completamente persa nei ricordi, quando all’improvviso si udì un rumore e la porta dello scompartimento si aprì. Lo sguardo della ragazza si spostò automaticamente sulla figura che era appena entrata, ma senza prestare reale attenzione. Per qualche secondo non realizzò chi aveva di fronte. Poi, sgranò gli occhi esterrefatta quando si rese conto di avere davanti l’ultima persona che si sarebbe aspettata di incontrare su quel treno.
Due freddi e impenetrabili occhi grigi erano fissi su di lei. Appoggiato alla porta scorrevole con una postura elegante c’era un uomo che Hermione conosceva molto bene. Lunghi capelli biondi, quasi argentei, lineamenti da nobile, costosa veste nera ed espressione arrogante: Lucius Malfoy si stagliava accanto alla porta in tutta la sua altezza e fissava Hermione.

“Chiuda la bocca, signorina Granger” sogghignò con arroganza, “prima che le cada la mandibola”.
Hermione cercò in qualche modo di riprendersi dallo sgomento. Ormai non era più la bambina ingenua che lo aveva incontrato al Ghirigoro dodici anni prima. Il suo istinto di Grifondoro la spinse a rispondere alla provocazione, attaccando a sua volta.
“Malfoy” constatò in tono asciutto.
“Sei venuto, per l’ennesima volta, a tentare di mandare in rovina Hogwarts in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione?”.
Una smorfia indecifrabile si dipinse sul volto dell’uomo.
“Non sono più Presidente del Consiglio...”
Hermione colse al volo questa occasione per vendicarsi. Fece una risatina soddisfatta, pregustandosi il piacere che avrebbe provato nel deridere l’altezzoso Lucius Malfoy, non più Presidente e non più altezzoso, visto che probabilmente aveva perso tutto.

Tuttavia, la ragazza si accorse presto che qualcosa non quadrava: sul volto di Malfoy aveva preso posto un’espressione soddisfatta.
L’uomo, molto più esperto di lei in questi giochetti, notò l’esatto momento in cui l’incertezza si fece strada in Hermione, e solo allora, con tempismo perfettamente calcolato, proseguì la frase.
“Non sono più Presidente del Consiglio... Sono insegnante” rivelò Malfoy.
“Cosa?!” A Hermione morì il sorriso sulle labbra. Battuta al suo stesso gioco. D’altra parte doveva aspettarselo: Malfoy era stato un Serpeverde, abituato a giocare d’astuzia, e per di più aveva il doppio dei suoi anni.

Hermione restò stranita. Aveva capito male. Doveva aver capito male.
“Sì” confermò lui, godendosi l’espressione inorridita della ragazza.
“Qualcosa mi dice che quest’anno ci vedremo spesso, e che la cosa non la entusiasma per nulla, signorina Granger”.
“Che intuito!” ironizzò Hermione cercando di riprendersi dallo shock. Come se non bastasse, la ragazza ebbe un brutto presentimento. “E cosa insegna?” domandò preparandosi al peggio.
“Difesa contro le Arti Oscure” disse lui con evidente soddisfazione, perfettamente consapevole dell’effetto che le sue parole avrebbero avuto sulla ragazza.
“Arti Oscure, vorrà dire!” esclamò Hermione infuriata, e con le labbra tremanti.
Era davvero troppo. Chi aveva permesso una cosa del genere? Malfoy era un assassino, avrebbe dovuto trovarsi nella prigione di Azkaban a scontare a vita i crimini che aveva commesso.

Durante la guerra aveva combattuto contro di lei, contro Harry e contro il bene; quell’uomo era stato un Mangiamorte, il braccio destro di Voldemort. Aveva ferito, torturato, ucciso.
Tutto per la sua convinzione di essere superiore, per la sua idea che il mondo dovesse essere popolato solo da maghi Purosangue, come lui, e depurato dai maghi col sangue sporco, nati da Babbani. Come Hermione.
Molte volte Hermione si era trovata a combattere contro i Mangiamorte e contro Malfoy. Non si era mai imbattuta in lui direttamente, ma non aveva dubbi che durante una lotta non avrebbe esitato a ucciderla, come aveva fatto con altri suoi compagni. Malfoy aveva l’obbligo di eseguire qualsiasi crudele e insensato ordine del suo signore senza discutere, e lui di certo non si era mai tirato indietro.

Qualsiasi persona sana di mente avrebbe capito che il posto di Malfoy era la galera a vita, non una scuola. Già una volta Voldemort era stato sconfitto, quando Hermione ancora non era nata, e Malfoy aveva evitato Azkaban sfruttando il suo ampio giro di conoscenze e un finto pentimento. Di nuovo poi, in questa guerra che aveva combattuto anche lei, si era messo al servizio del Signore Oscuro. Di nuovo, a quanto pareva, l’aveva fatta franca.
Ma perché in una scuola? Quanti giovani ragazzi avrebbe rovinato con i suoi orribili ideali? Quanti ne avrebbe puniti ingiustamente per la sola colpa di non avere il sangue puro?
Chi aveva lasciato che questo accadesse? La McGranitt doveva essere ammattita o sotto maledizione, altrimenti si sarebbe opposta fermamente.

Hermione si trincerò dietro un silenzio rabbioso. Sarebbe andata a fondo della questione. Avrebbe chiesto chiarimenti alla Preside, e poi ne avrebbe parlato direttamente con Harry. Nessuno più di lui conosceva i crimini e la malafede di Malfoy, e ora che era Ministro della Magia, Harry avrebbe sicuramente preso in mano la situazione.
La voce sibilante dell’uomo interruppe i pensieri furiosi di Hermione. “Dovrà parlarmi, prima o poi, signorina Granger... Professoressa Granger... Collega.”
Per tutta risposta lei si alzò e gli voltò le spalle. “Non so parlare il serpentese, Malfoy” ribattè con rabbia, uscendo dallo scompartimento e lasciando lì tutti i suoi bagagli. A Malfoy, rimasto solo, sfuggì suo malgrado una risata divertita. Quella ragazza non era più la bambina sapientona e impacciata che conosceva. Era quasi una donna ormai, una donna sicura e di bell’aspetto, con un temperamento focoso da vera Grifondoro. Gli aveva dato del serpente, e in effetti era proprio quello lui che era.
Hermione si ritrovò a vagare per il treno in cerca di un altro posto in cui sedersi, visto che il suo, nello scompartimento degli insegnanti, era stato infestato da una lurida bestia strisciante.

Finalmente, riuscì a trovare un buco libero nel penultimo vagone. Non appena aprì la porta scorrevole, tre faccette si voltarono verso di lei, stupite e vagamente timorose. Un ragazzino con corti capelli biondo cenere reggeva in mano un mazzo di carte incantato, e probabilmente stava facendo un gioco per fare colpo sulla graziosa compagna seduta di fronte a lui. L’altro ragazzo, scuro di capelli e con un libro chiuso appoggiato sulle gambe, lo guardava con ammirazione.
“Salve ragazzi, sono la professoressa Granger” disse col tono più sereno che riuscì, cercando di nascondere la tempesta furiosa che si agitava dentro di lei. “Non vi disturberò, fate come se non ci fossi... Sono qui perchè i posti erano tutti occupati”. A essere precisi, il suo posto era occupato, da un serpente. Ma non ritenne necessario puntualizzarlo ai ragazzi.

Gli studenti si guardarono con apprensione, e dopo essersi timidamente presentati cominciarono a riempirla di domande su Hogwarts; dovevano essere al primo anno.
Hermione per un momento dimenticò la rabbia, e le scappò perfino un sorriso: quei ragazzi le ricordavano tanto lei e i suoi migliori amici, quando si erano incontrati per la prima volta proprio in uno di quei vagoni.
Finalmente una sensazione positiva si fece strada in lei. Malfoy le aveva completamente rovinato l’entusiasmo del ritorno ad Howarts, ma in compenso quei giovani studenti le avevano ridato speranza.
Osservare i loro visini eccitati e ansiosi, rispondere alle loro domande curiose sulla scuola, le fece sembrare per qualche attimo che niente fosse cambiato. Forse la guerra non aveva distrutto tutto.

Hogwarts aveva retto. Hogwarts sarebbe sempre esistita.



_______________

N.d.A.

Ciao a tutti voi che avete letto...
Vi ringrazio per essere arrivati fino alla fine, spero che la storia vi sia piaciuta e che continuerete a seguirla... Ovviamente qualsiasi tipo di commento è bene accetto, così capisco cosa migliorare e cosa invece va bene.
Mi rendo conto che la coppia è altamente improbabile e che necessariamente i personaggi sono OOC già dall'inizio... Ma cercherò comunque di restare fedele al loro carattere e al loro passato.

Grazie a tutti!



 

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Capitolo 2
*** La lezione di Malfoy ***


II. LA LEZIONE DI MALFOY

 

 
Verso sera finalmente l’Espresso per Hogwarts cominciò a rallentare, fino a fermarsi.
Hermione scese dal treno e si trovò davanti un omone enorme, che reggeva una lanterna.
“Ciao Hagrid!” esclamò abbracciando quel monolite di carne.
“Sono così contenta di vederti!”
“Hermione!” gridò l’altro a sua volta, “la Preside McGranitt me lo ha detto che venivi! Sono contento di vederti... Come sei cambiata!”
Hagrid si scostò per osservarla con volto commosso e gioioso.
“Devi mangiare un po', Hermione... È come abbracciare un mucchietto di ossa. Mi sembra che sparisci! Quest’anno ti sistemiamo, con i banchetti di Hogwarts...” la ammonì affettuosamente, osservando il viso molto più adulto e spigoloso della ragazza e il suo corpo magro.
Hermione rise, le era mancata l’irruenza burbera di Hagrid e la sua semplicità.
Nonostante l’aspetto, quel Mezzogigante era la persona più buona che conoscesse.

Salutò l’amico, che aveva come sempre il compito di accompagnare in barca gli studenti del primo anno. Lei invece si accomodò su una carrozza e raggiunse il castello via terra, come tutti gli altri ragazzi dal secondo anno in su.
Quando attraversò il portone d’ingresso si sentì a casa. Tutto era esattamente come lo ricordava: i muri di pietra illuminati dalle torce, una moltitudine di scale che si spostavano per magia e lunghi corridoi.
Hermione sorrise, mentre le si affacciavano nella mente i ricordi dei suoi anni passati ad Hogwarts.
Conosceva perfettamente la strada, ma si mescolò alla marea di ragazzi che disordinatamente serpeggiavano verso la Sala Grande.
Una volta entrata, Hermione non poté fare a meno di restare a bocca aperta, rivedendo le numerose volte in stile gotico e le ampie vetrate di quel salone. Ma ciò che davvero lo rendeva così suggestivo era che sembrava senza soffitto. Già dal primo anno Hermione aveva letto “Storia di Hogwarts” e sapeva che la Sala Grande era incantata in modo da riflettere il cielo soprastante. Nonostante questo, fu ugualmente incantevole rivedere quel soffitto trapuntato di stelle e le alte colonne di marmo perdersi nel buio di quella notte.

La ragazza avanzò col naso all’aria, fino quando fu davanti al tavolo degli insegnanti. Una volta abbassati gli occhi, inorridì.
Tutto il personale della scuola aveva già preso posto: al tavolo degli insegnanti mancavano soltanto lei e Hagrid. Ovviamente, erano rimaste solo due sedie libere e in mezzo ad esse stava elegantemente accomodato Lucius Malfoy, con un malcelato ghigno di soddisfazione stampato in faccia.
Hermione trasse un profondo respiro, si stampò sul volto il sorriso migliore che riuscì e salutò i suoi ex professori.
“Signorina Granger!” esclamò la Preside alzandosi dalla maestosa poltrona che era stata di Albus Silente.
“Che piacere averla di nuovo qui!” le sorrise Minerva McGranitt, “Dovrei chiamarla professoressa Granger, ormai!”
La strega era molto invecchiata rispetto a come Hermione la ricordava. I capelli, da corvini erano diventati di un candido grigio chiaro, e il volto era molto più segnato da rughe profonde. Forse ciò che aveva fatto invecchiare così velocemente la McGranitt era stata la perdita di Silente; Hermione sospettava che non si fosse mai ripresa da quel colpo.
“Signorina Granger, bentornata”
“Che bell’acquisto per la scuola”
“Forze giovani, finalmente”
Tutti si complimentarono con lei: al tavolo, oltre alla McGranitt, c’erano molti dei suoi vecchi professori. Hermione riconobbe Vitious, Rüf, la Sprite, Madama Bumb... Sarebbe stata al colmo della felicità, se solo non avesse dovuto sedersi per forza accanto a Malfoy.

Quando ebbe finito di salutare e ringraziare tutti girò dietro il tavolo e prese posto su una delle due sedie libere.
“Quale piacere, professoressa Granger, non mi aspettavo che scegliesse di posizionarsi proprio vicino a me” le sussurrò l’uomo a bassa voce in modo che nessuno sentisse, complice la confusione generale.
Hermione non rispose, non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
In quel momento la McGranitt si alzò chiedendo silenzio: di lì a poco sarebbero arrivati i ragazzi del primo anno e si sarebbe svolta la cerimonia dello Smistamento.
 
***

Hermione pensò di non poter attendere nemmeno una sera; finito il banchetto di inizio anno si diresse immediatamente verso l’ufficio della Preside, ancor prima di sistemarsi nelle sue stanze.
Non riusciva a decidere cos’era stato peggio: se essere costretta a prendere la teglia di arrosto dalle mani di Malfoy, oppure dover ascoltare le parole di scherno che le sibilava continuamente nelle orecchie, o ancora, aver subito le sue occhiate compiaciute quando era arrossita in entrambe le due situazioni precedenti.
Hermione dovette aspettare circa un quarto d’ora davanti ai gargoyle che erano posti a guardia dell’ufficio, perché la Preside non era ancora arrivata.
Quasi le corse incontro, quando alla fine intravide la vecchia strega avvicinarsi percorrendo il corridoio.

“Professoressa McGranitt!” esclamò Hermione quasi gridando.
“Cioè... Preside” si corresse abbassando la voce.
“Signorina Granger, cosa succede?” domandò la strega lanciandole un’occhiata preoccupata.
“Beh, ecco... C’è una cosa di cui ho urgentemente bisogno di parlarle...”
“Molto bene, mi segua nell’ufficio” rispose la Preside.
Una volta messo piede nella stanza, Hermione si rese conto che non era cambiato nulla: tutto era esattamente come Albus Silente l’aveva lasciato.
Provò una dolorosa fitta di comprensione per la McGranitt.
La strega si sedette sulla poltrona dietro la scrivania, invitando Hermione a prendere posto di fronte a lei.
“Salve, signorina Granger!” salutò una voce gentile alle spalle della McGranitt.
Hermione alzò lo sguardo, e incontrò due occhi azzurro cielo, incorniciati da un paio di occhiali a mezzaluna. Il ritratto di Silente sorrideva da dietro la poltrona della Preside.
“Professoressa Granger, Albus” lo corresse la McGranitt con voce dolce.
“Ma davvero? Complimenti! Una carriera degna di una grande strega... In effetti, ne conosco solo una...” disse Silente abbassando gli occhi e fissando la McGranitt, che gli dava le spalle.
La Preside finse di ignorarlo, ma arrossì lievemente.

“Allora, di cosa mi voleva parlare?”
“Lucius Malfoy!” esclamò Hermione senza preamboli, e con un tono più veemente del voluto.
“Capisco...” rispose la McGranitt sospirando. Sicuramente se lo aspettava.
“Com’è possibile che sia qui? A insegnare poi! Dovrebbe trovarsi a marcire ad Azkaban a vita, come merita! Chi gli ha permesso di lavorare qui? Se Harry lo sapesse andrebbe su tutte le furie” proruppe Hermione tutto d’un fiato.
“Si calmi, la prego” la interruppe la Preside.
La fissò da sopra i suoi occhiali squadrati, come era solito fare Silente quando stava per dire qualcosa di serio e importante.
“Potter lo sa” le rivelò la McGranitt, “è stato lui a chiedermi di assumerlo. Io non ero molto più entusiasta di lei”.
Hermione restò senza parole. Harry Potter, il suo migliore amico, si era trovato a dover ricoprire -controvoglia- il ruolo di Ministro della Magia, dopo pochi anni di intensa carriera da Auror. Era stato voluto a grande richiesta da tutto il mondo magico, e alla fine non aveva potuto fare altro che accettare la carica, senza che nemmeno ci fossero state delle vere e proprie elezioni.
“Tre anni fa il signor Potter, appena nominato Ministro, è venuto qui ad Hogwarts” spiegò la McGranitt, “mi ha chiesto di assumere Lucius Malfoy come insegnante, assicurandomi che aveva fondati motivi di credere che quell’uomo fosse molto cambiato. Si dà il caso che, come sempre, ci fosse un posto vacante per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Potter è stato molto insistente e alla fine mi ha convinta”

Hermione ascoltò in un silenzio costernato. Tre anni! Malfoy era lì già da tre anni, e Harry non le aveva mai detto niente!
Per di più, a quanto pareva, Malfoy aveva rotto la maledizione legata a quel posto: da molto tempo nessun insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure durava più di un anno scolastico.
Per quel che ricordava Hermione, un professore era morto a fine anno, un altro aveva perso la memoria, uno si era dimesso, uno era rimasto chiuso in un baule quasi in fin di vita...
Probabilmente Malfoy era, di per sé, una maledizione peggiore di quella che gravava su quella cattedra, per questo era durato già tre anni.
‘L’erba cattiva non muore mai’ pensò amaramente Hermione.
“Parlerò con Harry” disse infine la ragazza a voce alta.
“Molto bene” esclamò la Preside McGranitt, visibilmente sollevata per essersi sbarazzata così velocemente di quella scomoda gatta da pelare.
“Un’ultima cosa...” mormorò Hermione, “vorrei poter assistere ad una lezione del professor Malfoy”.
La Preside la fissò perplessa, probabilmente era l’ultima cosa che si aspettava. Per qualche momento sembrò rifletterci, infine disse: “Beh, credo non ci sia nulla di male... E il professor Malfoy si è mostrato sempre molto disponibile, non penso che avrà qualcosa da obiettare. Tuttavia la prego, signorina Granger, di essere cauta e discreta. Scoprirà che Lucius Malfoy è molto apprezzato tra i ragazzi. Non mi va creare il caos tra gli studenti, né che girino dicerie sul conto dei miei insegnanti.”
Hermione stentava a credere a queste parole, tuttavia si trattenne dal riferirlo alla McGranitt.
“Non darò problemi, Preside. Glielo assicuro” disse Hermione convinta.
“In tal caso...”
La McGranitt aprì un cassetto della scrivania, da cui prese un foglio di pergamena, inchiostro e una piuma. Scrisse velocemente un permesso speciale, lo firmò e lo porse ad Hermione.

“Ah, professoressa Granger... quasi dimenticavo! Domani ci sarà un ballo, anche lei è invitata a presenziare. In effetti, questa è un’idea del professor Malfoy. Da quando è arrivato ha fatto molte proposte per migliorare la scuola, e il Ballo di Inizio Anno è tra queste”
Ancora una volta, Hermione dubitò seriamente delle parole della McGranitt, domandandosi quale doppio fine avesse Malfoy. Sicuramente c’era qualcosa sotto e lei lo avrebbe scoperto. Voleva sbarazzarsi di quel serpente il prima possibile, prima che potesse fare del male a qualcuno. Tutti parevano essersi dimenticati che il ‘professor Malfoy’ non era altro che un Mangiamorte fintamente pentito.
Hermione si alzò e si diresse verso l’uscita.
“Se avesse ancora bisogno” le disse la Preside poco prima che se ne andasse, “la parola d’ordine per entrare in questo ufficio è ‘Albus’. Buonanotte”
Hermione ebbe una fitta a queste parole. Era una conferma alle sue supposizioni: Minerva McGranitt era stata profondamente segnata dalla morte di Silente, e forse non sarebbe mai tornata la stessa di un tempo.
 
***

Il giorno seguente Hermione si svegliò di pessimo umore. Aveva intenzione di presentarsi quella mattina stessa ad assistere a una lezione di Malfoy, per sentire con le sue orecchie che razza di schifezze insegnasse ai ragazzi.
Saltò la colazione in Sala Grande e verso metà mattina si diresse verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Gli studenti erano già accalcati davanti alla porta, in attesa di entrare; le lanciavano di nascosto occhiate curiose, forse domandandosi se la neo insegnante fosse stordita come la Cooman e avesse sbagliato orario.
Hermione non ci fece caso, e quando i pesanti battenti si spalancarono fu l’ultima ad entrare. Malfoy era in piedi dietro la cattedra, il volto serio e lievemente scocciato, in attesa che tutti gli studenti si sedessero e si abbassasse il cicaleccio generale. In un primo momento non fece caso a Hermione, ma quando gran parte dei ragazzi fu a posto non poté più non notarla: la sua veste blu chiaro contrastava con le divise nere degli studenti di Hogwarts.

L’espressione di Malfoy si fece dura e impenetrabile, i suoi occhi grigi si strinsero, fissando Hermione.
La ragazza prese ad avanzare verso la cattedra e una volta che gli fu davanti appoggiò sul tavolo il permesso firmato dalla Preside.
Malfoy lo lesse senza tradire alcuna emozione; gli studenti si agitavano sulle sedie per osservare meglio la scena, domandandosi cosa stesse succedendo.
“Molto bene” sibilò infine Malfoy gelido.
Poi rivolto a tutta la classe: “La professoressa Granger oggi resterà ad assistere alla lezione. Voi la conoscerete meglio domani, se non ricordo male l’orario. Per oggi ignoratela, non voglio che vi deconcentriate. Dato che siete al sesto anno, cominciamo ad affrontare argomenti più complicati...”

Hermione restò in piedi, senza rendersi conto che Malfoy aveva già iniziato a spiegare senza più fare caso a lei. Dopo qualche attimo si riscosse, fece comparire una sedia accanto alla cattedra e si mise in ascolto.
“Ci sono molti modi che un mago oscuro può usare per prendere il controllo su un’altra persona” cominciò Malfoy.
‘E indubbiamente lui li conosce tutti alla perfezione’ pensò Hermione.
“Qualcuno sa elencarmene alcuni?”
Molte mani si alzarono.
“La Maledizione Imperius!” esclamò una ragazza bionda seduta in prima fila, che osservava il professor Malfoy con occhi sognanti.
“Cosa c’è di peggio della Maledizione Cruciatus?” domandò un ragazzo di Serpeverde con tono reverenziale, “dopo aver subito quella, chiunque si piegherebbe ai piedi del suo aguzzino facendo qualsiasi cosa per non soffrire di nuovo”
“Non credere, Shepard” ribattè il professor Malfoy, “che il male fisico sia la cosa peggiore che si possa infliggere a qualcuno. Ci sono modi molto più subdoli della tortura per ottenere ciò che si vuole da una persona. Per esempio entrare nella sua mente. Una tortura non serve a nulla, se non si sa esattamente su quali tasti premere per ottenere le informazioni desiderate.”

A Hermione vennero i brividi. Era evidente che parlava per esperienza diretta. Ancora non riusciva a capire se Malfoy volesse corrompere gli studenti, trasformandoli in potenziali nuovi Voldemort, o se davvero spiegasse quelle cose per insegnare la materia.
Di certo, dovette ammettere Hermione a se stessa, era una delle lezioni più utili e interessanti a cui avesse mai assistito. Certo Malfoy era più adatto in quel ruolo di tutti gli insegnati che lei aveva avuto ad Hogwarts: la conoscenza diretta delle Arti Oscure gli permetteva di dare spiegazioni esaurienti e trasmettere alla perfezione quali fossero i punti cruciali degli argomenti trattati. Conoscendo alla perfezione la Magia Oscura, poteva facilmente spiegare come contrastarla.
“Oggi parliamo dell’Incanto Legilimens. Questo incantesimo permette di entrare nella mente di una persona e carpire i suoi pensieri più segreti e reconditi, perfino i suoi ricordi... Aprite pagina 10 e cominciate a leggere. Quando avrete finito, risponderò alle vostre domande. In seguito vi dividerete in coppie: uno proverà a leggere la mente, e l’altro a difendersi. Tutto chiaro?”
“Sì, professor Malfoy!” risposero i ragazzi all’unisono, dopodiché nell’aula non volò più una mosca.

Hermione ricordò che l’Incanto Legilimens era stato insegnato ad Harry con lezioni private; gli altri studenti, tra cui lei, non lo avevano mai affrontato, con suo grande rammarico.
Una lezione di quel genere probabilmente era ciò che lei aveva sempre desiderato: una spiegazione esauriente su interessanti argomenti di Arti Oscure, seguita da esercitazioni pratiche. Quei ragazzi, una volta usciti dalla scuola, avrebbero certamente saputo da cosa e come difendersi. Il contrario di ciò che era successo durante il suo quinto anno, quando, per ordine del Ministero, avevano affrontato unicamente argomenti futili e inutili; le bacchette erano state severamente bandite, in modo che gli studenti non si potessero nemmeno esercitare e Difesa Contro le Arti Oscure si era trasformata in una farsa.

Quando tutti gli sguardi si furono abbassati sui libri, Malfoy diresse il suo sguardo freddo verso Hermione, che si sentì trasalire.
“Obfundo” sussurrò Malfoy, muovendo appena la bacchetta.
“Allora, signorina Granger, cosa ne pensa della mia lezione?” domandò in tono tagliente. Nessuno dei ragazzi parve sentire, aveva creato una barriera contro i suoni.
“Molto interessante...” ammise Hermione, “ma la prego, non si trattenga solo perché sono presente. Non ha ancora tolto punti a Grifondoro e nemmeno insultato nessuno per il suo stato di sangue, come certamente è sua abitudine fare quando non c’è nessuno di esterno ad ascoltarla”.
L’espressione di Malfoy si fece ancora più dura, affilando i tratti del suo volto.
“Si dice che lei sia la strega più brillante della sua età, signorina Granger. Pensavo che dall’alto della sua incredibile intelligenza riuscisse ad immaginare che non mi è permesso fare certe affermazioni all’interno della scuola. E per quanto sia incredibile, non ho intenzione di essere licenziato. Quindi la pregherei di trattenere le sue accuse in quel cervellino ristretto che si ritrova.”
    “In quanto al togliere i punti, come avrà notato, nella mia classe vige ordine assoluto... Non ho bisogno di togliere punti per mantenere alta l’attenzione verso ciò che spiego.”
Hermione si sentì ribollire. L’aveva insultata, seppur con la sua solita astuzia e raffinatezza. La ragazza si ritrovò a pensare che Malfoy aveva classe perfino negli insulti, non si sarebbe di certo tradito in sua presenza con affermazioni sconvenienti sui Mezzosangue, sul Signore Oscuro o su qualunque altra cosa.

Hermione si diede della sciocca: poteva anche arrivarci prima. Presentarsi alle lezioni di Malfoy era una completa perdita di tempo, a meno di non nascondersi sotto un mantello dell’invisibilità. Prese mentalmente nota di chiedere in prestito quello che possedeva Harry.
Nonostante la voglia di scagliare addosso a Malfoy uno Schiantesimo e rispondergli a tono, Hermione dovette trattenersi, perché alcuni studenti avevano finito la lettura e alzato gli occhi verso il professore, pronti a porre le loro domande.
Malfoy annullò l’incantesimo di barriera e per un buon quarto d’ora si dedicò alle spiegazioni.
Poi fu il momento della parte pratica: gli studenti formarono delle coppie e iniziarono ad esercitarsi.
Malfoy girò tra i banchi, correggendo gli errori dei ragazzi ed elargendo consigli.
Hermione non poté fare a meno di notare, inorridendo, che quasi tutte le studentesse seguivano con sguardo incantato ogni movimento del professore.
A fine lezione, molti ragazzi avevano già ottenuto discreti risultati. Qualcuno era riuscito a proteggersi e qualcuno a penetrare nella mente del compagno, anche se per poco.

Quando anche l’ultimo studente ebbe abbandonato l’aula, Malfoy si rivolse di nuovo a lei.
“Sa, signorina Granger, all’inizio ero tentato di usarla come cavia. Non mi sarebbe dispiaciuto entrare nei suoi pensieri ed esplorare il suo cervello, ma probabilmente mi sarei annoiato in un ambiente così limitato.
    La sua presenza qui non è ne richiesta, ne ben accetta, quindi d’ora in poi è pregata di tenere il suo naso fuori da quest’aula. O la userò davvero per fare delle dimostrazioni, e tenga presente che gli argomenti che tratterò a lezione si faranno via via più cruenti”
Per un momento il buonsenso di Hermione fu completamente oscurato e la ragazza portò la mano alla bacchetta.
‘No, non rispondere a queste provocazioni’ si disse. Non voleva essere cacciata ancora prima di cominciare ad insegnare. Doveva limitarsi a mantenere la cosa sul piano verbale, esattamente come lui.
“Mi sta minacciando, Malfoy?”
“Niente affatto” rispose lui gelido, “è solo un avvertimento. Non gradisco le intrusioni nei miei spazi, anche se autorizzate”.
“Lo stesso vale per me. La smetta di strisciarmi intorno, come ieri in Sala Grande. Se davvero tiene al suo posto, le consiglio di non provocarmi e di girare al largo: sia durante i pasti che in qualsiasi altra occasione. E comunque sappia che non credo per nulla alla sua finta facciata da Mangiamorte pentito e professore impegnato. Andrò a parlarne oggi stesso con il Ministro” disse Hermione con foga.
“Ah il caro Harry!” ghignò beffardamente Malfoy, “Non ce la fa proprio a tenere il naso negli affari propri, vero Granger? In tal caso, mi saluti Potter... E lo ringrazi ancora da parte mia.”
Hermione restò sconcertata. Cosa intendeva dire? Tuttavia non volle abbassarsi a chiederglielo, tanto lo avrebbe scoperto presto.
“Ci conti.” disse semplicemente, facendo per andarsene.

Di colpo Malfoy la bloccò, prendendola per un polso e stringendo lievemente.
Indugiò con gli occhi grigi e impenetrabili su quelli confusi di lei, guardandola con espressione indecifrabile. Poi sul suo volto si fece largo il suo solito ghigno beffardo.
“Devo dire che lei migliora notevolmente vestita da strega, invece che con i soliti stracci Babbani. E il blu chiaro le dona, signorina Granger” sibilò alla fine.
Poi le liberò il polso e uscì dalla stanza, lasciando la ragazza ferma vicino alla cattedra, arrabbiata e umiliata.




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N. d. A.

-Scusate per il ritardo! (Sessione invernale degli esami :D)
 In compenso il prossimo capitolo è già pronto (si scoprirà qualcosa in più su Lucius Malfoy e ci sarà il Ballo di Inizio Anno), ma prima di pubblicarlo mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo. ;)
-Per dettagli sul rapporto tra Minerva McGranitt e Albus Silente, a cui faccio spesso riferimento, vi invito a leggere l'altra mia storia in corso. :)
-Mi astengo dalla captatio benevolentiae di rito per le recensioni. ;)

Grazie a tutti quelli che leggono/seguono/commentano.





 

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Capitolo 3
*** Una guerra cambia tutti ***



III. UNA GUERRA CAMBIA TUTTI

 


 

Era passato poco tempo da quando Hermione aveva messo piede l’ultima volta al Ministero della Magia. Era estremamente felice di essersene andata da quel posto: gli intrighi e gli affari, per quanto fossero stimolanti, non potevano di certo competere con la sua passione per i libri, la cultura e l’insegnamento.
Molti la salutarono, riconoscendola, ma Hermione si liberò sbrigativamente di tutti. Non vedeva l’ora di parlare con Harry.
La ragazza si diresse a passo svelto verso l’ufficio del Ministro ricordando perfettamente la strada. Giunta davanti alla segretaria di Harry, si fece annunciare.
Dopo qualche minuto la porta dello studio si aprì, e sbucò un ragazzo con due occhiali tondi, occhi verdi e una massa disordinata di corti capelli scuri.
“Hermione!” la salutò entusiasta Harry Potter, correndo ad abbracciarla.
“Wow che eleganza! Il blu chiaro ti dona molto” affermò il ragazzo lanciandole un’occhiata ammirata.
Hermione farfugliò qualcosa sul “codice di abbigliamento di Hogwarts” e sul fatto che si fosse dimenticata di indossare dei vestiti più comodi una volta fuori dalla scuola.
“Come stai?” chiese poi la ragazza con un sorriso.
“Alla perfezione, grazie” ironizzò Harry mostrandole con un gesto della mano il mucchio di fogli che si innalzava sulla scrivania.
Hermione rise. Doveva essere una tortura per Harry stare seduto per ore a compilare centinaia di scartoffie burocratiche invece che lavorare sul campo, come quando era Auror.
“Sai, questo potrebbe essere un lavoro più adatto a te” disse il ragazzo lanciando occhiate sconsolate alla sua scrivania.

“Prego, accomodati” la invitò cortesemente Harry indicando due morbide poltrone nell’angolo dell’ufficio, “di cosa hai bisogno Hermione?”.
La ragazza studiò l’espressione sul volto di Harry. Aveva la stessa aria colpevole di quando erano studenti e lui sapeva che stava per beccarsi una ramanzina da Hermione per essere indietro coi compiti o aver combinato qualcosa di avventato.
Lei aveva sempre avuto intuito e soprattutto conosceva troppo bene il suo migliore amico.
“Lo sai già” considerò Hermione a voce alta, “lo vedo dalla tua faccia che sai perché sono qui Harry! Spero che tu mi dia una spiegazione migliore di quella della McGranitt, perché lei mi ha detto che sei stato tu ad assumerlo!”
“Lucius Malfoy!” precisò Hermione, rendendosi conto che per la foga aveva tralasciato il soggetto.
Non che ci fosse realmente bisogno di puntualizzarlo, l’espressione di Harry non le lasciava dubbi sul fatto che lui avesse capito perfettamente a chi si riferisse.
“Sapevo che sarebbe arrivato questo momento” mormorò Harry avvilito.

“Tre anni, Harry! Tre anni che lui lavora ad Hogwarts e tu non me ne hai mai parlato! Eppure ero nell’ufficio vicino al tuo... Poi me lo ritrovo là, e tu ancora non mi hai detto niente! E lo sapevi benissimo... Perché non me ne hai mai parlato?” Hermione si rese conto di ripetersi e si interruppe, lasciando all’amico il tempo di risponderle.
“Probabilmente non te l’ho detto tre anni fa, perché volevo evitare esattamente quello che sta succedendo ora” rispose ironicamente Harry alludendo allo scatto di nervi della ragazza.
“Tre anni fa, Hermione, tu non avevi niente a che fare con Hogwarts... Quindi ho semplicemente pensato di risparmiare le energie che avrei perso per tentare di convincerti ad accettare un fatto che ancora non ti riguardava. Potevo dirlo a te e Ron -neanche lui lo sa- ma mi avreste solo creato ulteriori problemi.”
“Va bene, lasciamo perdere tre anni fa, potevi dirmelo adesso, prima che cominciassi a lavorare!” ribatté la ragazza arrabbiata.
“Hai ragione Hermione... Perdonami, su questo hai perfettamente ragione. Ma speravo che lo ignorassi, o che imparassi a conoscerlo, prima di saltare alle conclusioni...”
“Saltare alle conclusioni?!” urlò Hermione, “Harry ma ti rendi conto di chi stiamo parlando, o essere Ministro ti ha fuso il cervello?!”
“Hermione, se mi lasci parlare ti spiego meglio...” disse pacatamente Harry cercando di far calmare anche lei.
Hermione incrociò le braccia, aspettando con impazienza che l’amico proseguisse.

“Malfoy si è ritirato prima dell’ultima battaglia. Ricordi, Hermione? Lui e sua moglie Narcissa non hanno combattuto al fianco di Voldemort alla fine, erano soltanto impegnati a ritrovare loro figlio... Draco.
Narcissa mi ha salvato... È stata lei a dire a Voldemort che ero morto, mentre invece ero ancora vivo e cosciente. Quello che forse non sai, Hermione, è che poi Narcissa è stata assassinata.” le raccontò Harry a bassa voce.
“Assassinata?” ripeté lei attonita.
“Sì. Alla fine della guerra i Malfoy hanno subito un processo pubblico. Ci sono stati testimoni attendibili che hanno giurato che durante la battaglia, Lucius Malfoy ha addirittura combattuto contro i suoi compagni, contro gli altri Mangiamorte, capisci? In pratica ha aiutato noi.”
“Solo perché doveva salvare suo figlio” ribatté scettica Hermione.
“Sì, probabile. In ogni caso, grazie a queste testimonianze, Malfoy è stato condannato soltanto a un anno” continuò Harry.
“ ‘Grazie’ ?” ripeté Hermione incredula.

Harry proseguì senza fare caso male sue interruzioni.
“Purtroppo durante il processo è uscita anche la verità su Narcissa, su come mi aveva aiutato.
Purtroppo non eravamo ancora riusciti a catturare Bellatrix Lestrange, le più fedele seguace di Voldemort, nonché sorella di Narcissa. Una volta saputa la verità su come Narcissa aveva mentito per salvarmi, Bellatrix ha trovato sua sorella e l’ha brutalmente uccisa, incolpandola per la caduta del suo amato Padrone.”
Hermione inorridì. “Quella pazza ha ucciso sua sorella?!”
“Sì” rispose Harry, “e Malfoy è venuto a saperlo. Scontato il suo anno ad Azkaban, la prima cosa che ha fatto è stata cercare Bellatrix... e ovviamente ha fatto tutto da solo, al Ministero ha consegnato soltanto il corpo. Io c’ero, Hermione... dovevi vederlo. Un uomo distrutto è completamente fuori di senno. Si è fatto catturare senza nemmeno opporre resistenza. Si è incolpato dell’omicidio. Non gli importava niente di finire di nuovo ad Azkaban... Se lo avessi visto...”
Hermione rimase in silenzio, attendendo di sapere il resto.

Harry, leggermente più tranquillo, interpretò il mutismo dell’amica come un segno positivo e si sforzò di andare avanti.
“Lo so che non approverai e forse non riuscirai a capire... Ma io mi sono battuto per lui. Aveva già pagato per tutti i suoi delitti... E uccidere la Mangiamorte assassina di sua moglie, accecato dal dolore, non si può considerare un crimine vero e proprio no? Dovevi vederlo...
Ho sfruttato tutta la mia influenza sul mondo magico per risparmiargli una nuova condanna, ma sembrava non gli importasse.
Ha sfruttato la sua libertà vigilata tappandosi in casa, o ubriacandosi in qualche taverna lurida di Notturn Alley. Era irriconoscibile.”
Hermione non riuscì a figurarsi Malfoy caduto così in basso: ubriaco, con i suoi costosi vestiti sporchi e laceri, e soprattutto senza quell’espressione di arrogante superiorità che lo contraddistingueva.
“Alla fine, con l’aiuto di Draco, sono riuscito a convincerlo ad accettare un lavoro. Si è pentito, pubblicamente. Per un anno ha collaborato con l’Ordine della Fenice, fornendo un aiuto preziosissimo per catturare i Mangiamorte ancora in libertà... Ha messo seriamente a repentaglio la sua vita, perché ti lascio immaginare quanto fossero felici i Mangiamorte di essere traditi in quel modo da Malfoy”

Harry guardò la sua amica, ancora a braccia incrociate, impressionata ma sempre dubbiosa. Sentì di dover proseguire ancora.
“Poi arriviamo a tre anni fa. Quando sono diventato Ministro, Malfoy era tornato in sé abbastanza da volere un incarico al Ministero: ambiva alla sua vecchia posizione. Se fosse stato per me io gli avrei dato ciò che chiedeva, ma capirai che non potevo accettare. Il resto del mondo magico si sarebbe rivoltato. Nonostante le ultime azioni positive di Malfoy, non tutti erano convinti che lui fosse davvero cambiato, e comunque nessuno era disposto a soprassedere al fatto che era stato un Mangiamorte. Nessuno lo avrebbe accettato al Ministero”
Hermione si riscosse: “Così hai pensato che le famiglie sarebbero state contente di averlo come insegnante dei loro figli a Hogwarts”.
“Ho pensato di mandarlo lì” ribatté Harry velocemente, “perché credo che sia davvero cambiato in qualche modo e che tutti debbano avere una seconda possibilità. Come insegnante di Difesa sarebbe stato perfetto, molto competente. Inoltre, scoprirai che ha una vasta cultura. L’ha sempre usata nel modo sbagliato, ma è innegabile. Ero veramente convinto che quel ruolo potesse renderlo una persona migliore, e così è stato. All’inizio, a me e alla McGranitt sono arrivate centinaia di lettere di genitori che minacciavano di ritirare i propri figli. Fortunatamente, già prima di Natale, Malfoy ha dimostrato tutta la sua competenza, e sono stati gli alunni stessi a parlare in suo favore con le rispettive famiglie”.

Hermione quasi non riusciva a credere alle proprie orecchie.
Eppure, non poté fare a meno di notare quanto Harry cominciasse ad assomigliare a Silente: i discorsi sulla seconda possibilità, il credere nel bene presente in ogni persona, l’agire in modo diverso da quello che chiunque si sarebbe aspettato contro il parere di tutti...
Di certo la ragazza non era convinta.
“Ha aiutato solo perché gli hanno ucciso sua moglie...” mormorò Hermione.
“Sì, esatto!” esclamò Harry affatto abbattuto dalla sua considerazione, anzi, quasi incoraggiato.
“Per questo sono convinto di aver preso la decisione giusta. Ricordi chi altro ha fatto lo stesso, Hermione?”
La ragazza ci pensò un momento. “Piton...” sussurrò.
“Esatto!” disse Harry felice, “Silente ha creato un buon precedente da cui prendere spunto. Non ho dovuto fare altro che seguire il suo esempio e imitare il modo in cui ha gestito la faccenda.
Piton è passato dalla nostra parte solo dopo che Voldemort ha ucciso la donna che amava... Lily... Mia madre. Silente lo ha capito, si è fidato, gli ha dato un’altra possibilità, nonostante la disapprovazione di tutti. E la storia dimostra che non ha sbagliato... Quindi io ho solo fatto lo stesso con Malfoy”.
“Piton è cambiato, alla fine si è dimostrato addirittura un eroe e tutti lo ricordano e lo acclamano come tale. Io però non ho dimenticato che prima era un assassino, esattamente come Malfoy.... Piton non ha fatto ne più, ne meno di Lucius, ha solo avuto la fortuna di aprire gli occhi prima di lui e passare presto dalla parte giusta.
Tutti sembrano aver dimenticato di aver odiato Piton fino all’ultimo, fino alla sua morte... Solo dopo è uscita la verità. Nessuno gli ha mai permesso veramente di cambiare, prima. Io non vorrei ripetere lo stesso errore con Malfoy. La McGranitt è d’accordo. Si fida di Lucius, e anche io... E così vorrei che facessero gli altri, perché se c’è la possibilità di salvare un’anima prima che sia troppo tardi, voglio farlo.”

Harry aveva la voce roca per il gran parlare. Prese una bottiglia e dei bicchieri dalla sua scrivania e offrì dell’acqua a Hermione.
La ragazza stava riflettendo sulle ultime parole di Harry. Se qualcuno avesse fiducia in lui, forse Piton sarebbe davvero potuto diventare un ottimo professore, un mentore... Quello che voleva essere lei per i suoi studenti. E che forse poteva essere anche Malfoy.
Con meno convinzione, esternò a Harry i suoi ultimi dubbi.
“E le sue idee? Sui mezzosangue, sui Babbani... Potrebbe rovinare generazioni di studenti, le sue stupide idee non dovrebbero circolare per la scuola. Solo perché si è pubblicamente pentito di essere un Mangiamorte non significa che sia buono o affidabile!”
“Non crederai che lo abbiamo lasciato a piede libero senza prendere precauzioni?” ribatté Harry.
La ragazza si sentì una sciocca. Anche Malfoy le aveva accennato qualcosa riguardo al fatto di non poter fare certe affermazioni all’interno della scuola.
“Il suo contratto è stregato.” spiegò Harry, “se solo nominasse la parola Mezzosangue o qualcosa del genere, la McGranitt verrebbe a saperlo immediatamente. Senza contare che è strettamente sotto controllo. Non farà niente, se non insegnare, te lo assicuro”.

Hermione si zittì, senza riuscire a trovare altri argomenti.
Harry la vide riflettere e dal suo silenzio capì che era riuscito a convincerla.
Infine Hermione disse: “Lo accetterò. Ma per quanto mi riguarda non dimenticherò mai che è un assassino”.
“Non dare giudizi così affrettati, Hermione... La guerra cambia molte cose”.
Ad Hermione parve di sentire Silente. Probabilmente, come lei aveva preso ad esempio la professoressa McGranitt, Harry aveva preso Silente come modello. Di certo Harry era stato molto influenzato dal vecchio Preside di Hogwarts.
“Silente sarebbe fiero di te...” disse alla fine Hermione, completamente calma, alzandosi dalla poltrona.
“Lo ha detto anche la McGranitt, quando le ho spiegato queste stesse cose, chiedendole di assumere Malfoy” rispose Harry con la voce leggermente incrinata. Da un po' di tempo, il ragazzo si era reso conto che quello che aveva imparato inconsciamente da Silente, era molto più di ciò che il vecchio mago gli aveva insegnato di proposito, con l’intento di istruirlo.
Hermione vide gli occhi verdi dell’amico diventare più lucidi. Lo abbracciò forte, prima di uscire e Smaterializzarsi di nuovo nei pressi di Hogwarts.
Durante il viaggio in treno del giorno precedente, Hermione aveva riflettuto su quanto si sentisse cambiata. Ma ad una cosa non aveva pensato: una guerra cambia tutti, buoni e cattivi.

 

***



Come preannunciato dalla Preside, quella sera ad Hogwarts si sarebbe svolto il Ballo di Inizio Anno.
Ormai era arrivato il momento di prepararsi, ma Hermione non aveva nessuna voglia di scendere a danzare nella Sala Grande. Ricordò con un sorriso il suo primo Ballo, al quale aveva partecipato con Victor Krum, sotto gli sguardi stupiti e ammirati di tutta la scuola.
Questa volta non ci sarebbe stato nessun bel cavaliere tenebroso a farle compagnia; al massimo un Malfoy, diverso, a quanto pareva, ma pur sempre odioso.
Anche se i discorsi di Harry erano quasi riusciti a convincerla sulla buonafede di Malfoy, Hermione non riusciva a dimenticare il male che quell’uomo aveva provocato in passato, né quanto fosse ancora arrogante e detestabile nel presente. Inoltre, sembrava che provasse un particolare gusto a prenderla di mira.
Decisamente non la entusiasmava l’idea di un Malfoy libero di vagare e magari ballare per tutta la sera nella sua stessa sala.
Hermione avrebbe voluto andarsene a letto immediatamente. Quella giornata era stata più impegnativa del previsto, tra la mattinata con Malfoy e il colloquio con Harry; per di più il giorno seguente si sarebbe svolta anche la sua prima lezione.

Si impose di entrare in doccia e cominciare a prepararsi. Hermione si era portata un solo vestito elegante, e non pensava di indossarlo così presto. In realtà, contava di fare shopping ad Hogsmeade nel primo weekend libero e comprarsene uno nuovo.
Dato che non aveva alternative, indossò quel vestito: era molto semplice, senza spalline, color verde smeraldo.
Si sistemò frettolosamente i capelli in uno chignon molto simile a quello della McGranitt e scese verso la Sala Grande.
Come c’era da aspettarsi, era stata riccamente addobbata per l’occasione.
Hermione trasse un sospiro ed entrò. In fondo, bastava che fosse presente al posto degli insegnanti (per l’occasione i tavoli erano spariti ed erano stati sostituiti da bassi tavolini di cristallo e comode poltrone), nessuno si aspettava che lei ballasse.
“Hagrid!” salutò Hermione, felice di vedere un volto amico.
“Ciao Hermione! Ci hai messo a preparati eh? Qui la festa è già cominciata... Ti piacciono le mie orchidee giganti?” domandò Hagrid, fiero del suo lavoro.
Enormi piante di orchidea si allungavano verso il cielo, sostenute dalle colonne in marmo del castello e i grossi fiori incorniciavano la pista da ballo. Un delicato profumo si diffondeva in tutta la sala.
Hagrid la accompagnò nel punto in cui erano seduti tutti gli altri insegnanti; fortunatamente, di Malfoy neanche l’ombra.
Hermione chiacchierò per molto tempo con i colleghi, quasi fino alla fine della festa.

Si stava convincendo di averla scampata, quando percepì qualcosa sfiorarle l’orecchio e udì il sibilo di una voce ben conosciuta.
“Mi conceda questo ballo, Signorina Granger”.
Non era una vera richiesta, era più un ordine. Infatti, prima che potesse ribattere, Malfoy la trascinò verso la pista da ballo e Hermione si ritrovò a volteggiare con la mano destra in quella di lui e il braccio sinistro sulla sua spalla. Suo malgrado, la ragazza constatò che Malfoy aveva un bel corpo. L'uomo sembrò percepire questi suoi pensieri. Pareva che facesse apposta a farla girare continuamente, e ad ogni giro Hermione doveva stringersi di più a lui, per evitare di perdere l’equilibrio. Comunque non sarebbe caduta: la mano di Malfoy era saldamente appoggiata sul suo fianco e la sosteneva senza difficoltà.
Hermione cominciava a vedere tutto sfocato e fu costretta a chiudere gli occhi. Non fu una mossa particolarmente avveduta da parte sua: in quel modo riusciva a percepire unicamente i movimenti del corpo scultoreo di Malfoy attaccato al suo. I sensi di Hermione sembravano amplificati e la sua attenzione si concentrava continuamente sui muscoli delle spalle dell’uomo, che si contraevano ad ogni giro.

Dopo un tempo indeterminato, Malfoy abbassò la testa verso l’orecchio di Hermione. “Lei balla eccezionalmente bene, per essere...”
La ragazza non lo lasciò terminare la frase.
“Per essere una Mezzosangue?” domandò osservandolo con aria schifata, “Cosa crede, anche i Babbani sanno ballare”. Era infuriata.
Malfoy invece non aveva perso la calma neanche per un momento.
Con voce gelida precisò: “Intendevo ‘per essere così giovane’. Se lasciasse finire le frasi”.
La zittì di colpo e la ragazza non poté fare a meno di sentirsi leggermente stupida.
“Il suo amichetto Potter le avrà sicuramente spiegato che non mi è permesso fare certe affermazioni all'interno della scuola” spiegò lui, “le sarei grato se non mi facesse rischiare il posto a causa delle sue conclusioni affrettate”.
Hermione lo guardò negli occhi, freddi come il cielo di dicembre. Forse non poteva dire quelle cose, ma di certo le pensava.
Le tornò in mente che fino a qualche anno prima, quegli occhi crudeli erano nascosti da una maschera e lui, vestito di nero, seminava morte tra tutti quelli che riteneva indegni di popolare il mondo. Quelli come lei.

Lo abbandonò di colpo in mezzo alla pista da ballo. Mentre se ne andava, Hermione non poté fare a meno di notare che molte ragazze ammiccavano in direzione di Malfoy.
‘E non solo le Serpeverde’, osservò inorridita, riconoscendo una Grifondoro del sesto anno.
Si allontanò a passo svelto dalla sala, diretta nel cortile interno del castello. Una boccata d’aria non le avrebbe fatto male, aveva respirato veleno per la durata di quasi due balli.
Decise che dopo essersi calmata un attimo poteva anche andare direttamente a dormire, nessuno avrebbe notato la sua assenza.
Di nuovo, quella voce sibilante le arrivò da dietro la nuca, producendole piccoli brividi.
“Signorina Granger, non lo sa che è scortese abbandonare un cavaliere da solo in mezzo alla pista da ballo?”
Lei si voltò di scatto, e notò il volto contratto di Malfoy. Non sopportava di essere umiliato pubblicamente.
“O forse è un'abitudine dei balli babbani, piantare in asso qualcuno?” domandò lui in tono mellifluo.
“Ed è abitudine dei perfetti e arroganti Purosangue come lei, ballare con i mezzi Babbani?” Domandò lei di rimando.

Un'ombra fredda e disgustata passò negli occhi già glaciali di lui.
“Signorina Granger, dovrebbe ringraziarmi. Forse non lo sa, ma c'è una fila di giovani donne che desidererebbero danzare con me, Serpeverde e non” ribatté lui con un sorriso sottilissimo, conscio del suo fascino, “e io invece ho perso il mio tempo a ballare con lei...”
“Le assicuro che i sentimenti sono reciproci” ribatté lei senza entusiasmo e leggermente offesa dalle sue parole.
“La prossima volta non mi chieda nemmeno di ballare, così nessuno di noi due perderà del tempo, signor Malfoy”.
Un ghigno di perverso divertimento gli solcò il voltò, udendo il tono piccato della ragazza.
“Chiamami Lucius” sibilò avvicinandosi a lei. Evidentemente gli piaceva infierire su Hermione quando era al limite dell’esasperazione.
“Non ho intenzione di pronunciare il suo nome”
“La paura di un nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa*” sottolineò lui, scimmiottando una frase che lei stessa gli aveva rivolto a solo dodici anni, in una libreria di Diagon Alley.
“Io non ho paura di lei, Malfoy. Semplicemente, non mi va di chiamarla per nome” rispose Hermione, cercando di mantenere un tono freddo e indifferente come quello di lui.
“E di cosa ha paura, Signorina Granger?”
Hermione sembrò rifletterci per qualche istante. Poi, guardandolo duramente negli occhi girò sui tacchi e se ne andò, piantandolo per la seconda volta. Si ripromise che non ci sarebbe più cascata: doveva smetterla di permettere a Malfoy di provocarla.




________________________
N.d. A.

* Vedi “Harry Potter e la Camera dei Segreti”.



 

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Capitolo 4
*** Il sublime fascino della cultura ***



IV. IL SUBLIME FASCINO DELLA CULTURA


 


Hermione si svegliò in un lieve stato di agitazione. Si vestì in fretta e scese a colazione nella Sala Grande.
“È in apprensione per la prima lezione, professoressa Granger?” le sorrise Minerva McGranitt, dal trono riccamente decorato che era stato del Preside Silente.
“Vagamente” rispose Hermione prendendo del bacon e sentendo il proprio stomaco contorcersi per l’ansia.
“Vedrà che andrà bene” la incoraggiò la McGranitt, “essere un’insegnante giovane non è facile, ma se si fa rispettare da subito non avrà problemi. Ricordo che alla mia prima lezione, un ragazzo sconsiderato mise alla prova la mia pazienza lanciando aeroplanini incantati ai compagni, mentre pensava che fossi disattenta. Al terzo lancio ho trasfigurato l’aeroplano in un drago, piccolo, ma talmente perfetto che sputava anche qualche fiammella. Ha affumicato le sopracciglia di quel seccatore. Da allora non ho più avuto problemi di disciplina. Ricordo che Albus...”
La McGranitt si interruppe bruscamente, oscurandosi in viso.
“Oh beh, Silente si è divertito molto, quando è venuto a saperlo” concluse, concentrandosi sulla colazione.
Hermione comunque, si sentì un po’ rincuorata. Poco più in là, Lucius Malfoy la osservava con la solita aria arrogante, ma con suo grande sollievo non disse nulla. A quanto pareva, aveva recepito il messaggio e si era seduto lontano da lei.

Hermione varcò la porta dell’aula di Trasfigurazione con sentimenti contrastanti. Era leggermente in ansia, ma allo stesso tempo eccitata: non vedeva l’ora di cominciare, per rompere il ghiaccio. Per di più, quell’aula la catapultava nei ricordi. Si sentì un po' in soggezione, quando realizzò che stava prendendo il posto di Minerva McGranitt. Sperava solo di essere all’altezza. Le sarebbe piaciuto avere anche solo metà del carisma della McGranitt.
Nel frattempo gli studenti si accomodarono ai propri posti. Era una classe del primo anno: un inizio piuttosto agevole, fortunatamente. Hermione per prima cosa raccontò loro un po’ di storia di Hogwarts, per poi passare alla lezione vera e propria solo nell’ultima mezz’ora. A parte qualche richiamo ai ragazzi più chiacchieroni, Hermione non ebbe problemi di alcun tipo e alla fine sia lei che gli studenti conclusero soddisfatti la lezione.
Un buon inizio.
La seconda ora fu più problematica: questa volta Hermione dovette fare i conti con i ragazzi del settimo anno, ma a dare problemi furono soprattutto le ragazze.
C’era una nutrita schiera di nobili Serpeverde che la guardava in cagnesco. Hermione si chiese se fosse per la sua appartenenza a Grifondoro, o se ci fosse dell’altro.
Solo dopo metà lezione riuscì a capire.
Hermione stava passeggiando tra i banchi, ma si fermò a correggere la postura della bacchetta a Sarah Jones, una studentessa di Tassorosso piuttosto insicura. Fu in quel momento che udì i commenti di due ragazze Serpeverde.
“Certa gente ha tutte le fortune e ci sputa anche sopra!” bisbigliò la prima.
“E con quei capelli... Mi domando cosa ci abbia trovato di interessante in lei. Non c’è paragone con te, Isa...” proseguì l’altra, gonfiando ulteriormente l'orgoglio dell’amica, che si accarezzò vanitosamente i capelli lisci e biondissimi.
D’improvviso Hermione capì di essere incappata nel fan club di Lucius Malfoy. A quanto pareva, Isa si era presa una bella cotta e non aveva gradito molto il fatto che Hermione avesse abbandonato il professor Malfoy nel bel mezzo di un ballo.
Decise di prendere subito in mano la questione, prima che fosse troppo tardi.
“Voi due” tuonò rivolta alle due ragazze, “siete già riuscite a finire? Non mi pare che i vostri vasi si siano già trasfigurati in conigli, quindi non dovreste perdervi in chiacchiere. Dieci punti in meno a Serpeverde”.
Le due ragazze la guardarono ostili ma intimorite e tacquero di colpo.
“Inoltre, le faccende degli insegnanti non sono affar vostro. Vi consiglio di concentrarvi sui vostri coetanei” aggiunse Hermione sottovoce, in modo da essere udita solamente da loro.
La bionda spasimante di Malfoy spalancò gli occhi imbarazzata.

Hermione tornò alla cattedra soddisfatta di se stessa. Era sicura che le due avrebbero sparso la voce su quanto fosse acida la nuova professoressa di Trasfigurazione, e lei non avrebbe più problemi di quel genere in classe.
L'ex studentessa che era in lei provò uno strano entusiasmo per il fatto di poter togliere punti a Serpeverde a suo piacimento. Per un momento si immedesimò nel suo professore di Pozioni, Piton, cominciando a capire come mai godesse così tanto nel punire gli studenti. Tuttavia lei non avrebbe abusato di quel potere.
Hermione aveva letto molti libri sull’insegnamento e aveva imparato che era fondamentale non mostrarsi insicuri con gli studenti già dalla prima lezione, altrimenti ne avrebbero approfittato sempre. Dopo quell’episodio, di sicuro si era guadagnata il rispetto della classe.
Il primo giorno filò via più velocemente del previsto. A cena Hermione si disse soddisfatta, ma evitò di raccontare l’episodio agli altri insegnanti, limitandosi a qualche chiacchierata sulle impressioni che aveva avuto dalle sue prime lezioni.
Come previsto, da quel momento in poi Hermione non ebbe più alcun problema in classe, tanto che un intero mese passò velocemente. Ormai aveva preso i ritmi di Hogwarts: la routine delle lezioni, i pranzi le cene... Tutto sembrava procedere al meglio. Inoltre Hermione aveva acquisito più sicurezza: quel lavoro la soddisfaceva molto più che la carriera Ministeriale e si sentiva anche portata.

Indubbiamente, ciò che aveva contribuito a far volare il mese di settembre era la tregua con Lucius Malfoy.
I loro incontri erano ridotti al minimo; fortunatamente anche lui era molto impegnato e questo gli impediva di tartassare più di tanto la pazienza di Hermione. Il castello era enorme e al di là dei pasti, in cui Malfoy non poteva nuocerle più di tanto essendo circondato da altre persone, la ragazza non lo vedeva mai.
Una sera di ottobre, Hermione decise di passare brevemente in biblioteca, prima di ritrarsi nelle sue stanze. A quell’ora gli studenti si trovavano già nei dormitori (e comunque la biblioteca non era mai molto frequentata), quindi lei era certa di poter leggere in tranquillità.
Hermione varcò la soglia, e inspirò profondamente per assaporare l’odore di carta e di antico: un profumo che aveva per lei un qualcosa di sensuale. Amava i libri.
Cominciò a vagare tra gli alti scaffali, cercando qualcosa di interessante che facesse al caso suo; purtroppo molti di quei volumi li aveva già letti quando era studentessa.
“Professoressa Granger, ero sicuro che non avrebbe resistito a lungo al fascino della biblioteca”.
Si voltò di scatto. Come nel peggiore degli incubi si trovò davanti Lucius Malfoy.
Evidentemente aveva l’abitudine di spuntare da dietro le spalle all'improvviso per rompere i momenti di tranquillità.
Hermione ricordò ciò che si era ripromessa: non avrebbe abboccato alle provocazioni di quell’uomo.
“Infatti... Per fortuna, la biblioteca è grande, quindi c’è spazio per entrambi” disse nel modo più pacato che riuscì.
Malfoy si esibì in un sorriso piuttosto inquietante e si sedette su una poltrona, fissandola intensamente.
Hermione si chiese se il suo intento fosse di metterla a disagio.

Decise di ignorarlo, continuando a cercare qualche libro; non si sarebbe certo fatta intimorire. Forse era la tattica giusta, perché all’uomo sfuggì uno sbuffo scocciato.
Tuttavia Hermione era stata troppo ottimista a pensare che alla fine lui si sarebbe semplicemente stancato.
Dopo qualche minuto di silenzio, Malfoy si rivolse nuovamente a lei.
“Cosa sta cercando in particolare? Magari potrei esserle utile...” disse in modo quasi gentile.
Hermione si voltò, insospettita da quel cambio di tono. Si aspettava altre provocazioni, non di certo un’offerta di aiuto. Malfoy era seduto, con un sorriso così sottile che quasi faceva paura, tanto era strano vederlo su quel viso.
“Grazie, ma dubito che conosca i libri della biblioteca meglio di me!” rispose Hermione con un filo di autoironia.
Lui non fece un piega, anzi, allargò ancora di più quello strano sorriso.
“E perché? Le ricordo che questa è stata anche la mia scuola. Se poi vuole aggiungere anche i tre anni di insegnamento...”

Hermione non aveva mai pensato a Malfoy come a un amante di libri, ma evidentemente era uno degli aspetti di lui che non conosceva: Harry le aveva accennato qualcosa in proposito, ma sul momento lei non ci aveva fatto caso.
In effetti, la raffinatezza di Malfoy nel parlare doveva pur avere un’origine.
Dimentica per un momento di chi aveva davanti, Hermione soffermò lo sguardo su quell’uomo.
Era seduto compostamente rilassato sulla poltrona, come se si sentisse perfettamente a suo agio in quell’ambiente. La sua posa elegante e contenuta lo faceva assomigliare ad una statua, finemente intagliata apposta per quella biblioteca. Anche lui, come i libri, dava l’idea di qualcosa di antico e prezioso. I lineamenti del volto suggerivano che la sua nobiltà non era solo uno stato sociale, ma qualcosa nel carattere che gli apparteneva fin dalla nascita, come gli occhi grigi e i capelli biondissimi.
Nella mente di Hermione si infilò il curioso pensiero di scoprire che profumo avesse, forse era altrettanto gradevole come quello dei libri.

“Chi tace acconsente” annunciò lui alzandosi e Hermione si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri. “Allora, che tipo di libro cerca?”
Hermione lo fissò, indecisa sul da farsi. Sembrava che lui non avesse intenzione di stuzzicarla questa volta, ma ciò non fece che accrescere l’apprensione della ragazza. Non riusciva a comprendere il suo comportamento.
“Qualcosa di interessante e che non abbia già letto sugli incantesimi di Hogwarts” disse alla fine.
“Molto bene” rispose lui, facendo spuntare un altro sorriso inquietante.
Il comandamento di Hermione fino a quel momento era stato “Diffida sempre dei Malfoy”; ora stava diventando “Diffida sempre dei Malfoy, soprattutto se sono gentili”.
L’uomo si diresse verso un altro reparto della biblioteca. Hermione lo seguì ritrovandosi tra le mani in pochissimo tempo un libro che non aveva mai visto, ma che sembrava molto promettente.
Lo sfogliò rapidamente, sempre più sbalordita e senza parole.
“Grazie” sussurrò senza sapere bene che altro dire, alzando gli occhi verso Malfoy.
“Non c’è di che” rispose lui voltandosi e facendo per andarsene.
“Professor Malfoy!” lo richiamò Hermione.
L’uomo si fermò di colpo, ma poiché era voltato di schiena, Hermione non vide il ghigno trionfante che gli si dipinse sul volto.
“Sì?” si voltò, e nulla sul suo viso tradì i suoi pensieri.
“Mi domandavo...” cominciò Hermione incerta su come proseguire la domanda.
“Mi domandavo, come mai uno... Come mai conosce così bene questi libri?”
Questa volta sul viso di Malfoy si ristabilì la tipica espressione di gelido disgusto.
“Voleva forse dire: come mai uno come me (con tutti gli attributi negativi che questa parola rappresenta), è così interessato ai libri?” domandò lui a sua volta.
“Beh ecco... Sì” ammise Hermione. In fondo non c’era niente di segreto nei crimini che Malfoy aveva commesso.

“È incredibilmente infantile da parte sua, signorina Granger.” la schernì, prendendo nuovamente posto su una poltrona, e facendole cenno di accomodarsi in quella accanto. Hermione accettò solo un po' titubante: quel discorso la incuriosiva troppo.
“Cercherò di spiegarglielo” disse Lucius con voce bassa e suadente.
“È infantile pensare che il mondo sia diviso tra buoni e cattivi. È ancora più infantile pensare che i ‘buoni’ siano detentori di ogni virtù, mentre invece i cosiddetti ‘cattivi’ siano solo degli stupidi, rozzi, ignoranti. Sono sicuro che lei avrà sempre creduto questo. Ma il mondo non è bianco e nero. Ci vuole ingegno, astuzia e coraggio sia tra i buoni che tra i cattivi. Se proprio vuole due categorie, io dividerei tra forti e deboli. Ma è un'altra storia... Il fatto di stare da una parte o dall’altra è solo questione di interessi. I miei interessi sono il potere, il buon nome della mia famiglia, possedere ricchezze e amare le cose belle e ricercate. Tutte cose che voi ‘buoni’ sottovalutate o disprezzate, ciò che vi importa sono il buonismo e l’umiltà. Questo è il motivo per cui non sopporto quelli che come lei si credono virtuosi e perfetti.” Malfoy sembrava un serpente ammaliatore e Hermione era quasi stregata dalle sue parole. Contro ogni logica, ciò che lui diceva le sembrò sensato. Inoltre non aveva mai notato come fosse calda e profonda la voce di Lucius, quando parlava seriamente.
“Io amo la cultura e amo i libri, esattamente come lei... Forse più di lei. Io amo anche la sublime sensazione di sapere molte cose, molte più di altri. Amo farne un vanto, è una questione di classe e raffinatezza. Non leggo solo per imparare libri a memoria, come fa lei, non mi limito ad assorbire i contenuti del libro, mi piace ciò che l’atto stesso del leggere rappresenta. Come anche dello scrivere, vestirmi elegantemente, parlare in modo sagace e disprezzare quelli che sottovalutano queste cose. Mi piace il sublime in ogni sua forma... Anche Oscura”.

Hermione dovette ammettere a se stessa che la sua visione del mondo era sempre stata erroneamente semplicistica. Mai avrebbe immaginato che proprio Lucius Malfoy le avrebbe aperto gli occhi. Quella appena avuta con Malfoy poteva essere definita come una delle conversazioni più interessanti e rivelatrici della sua vita. Quasi piacevole.
Quell'uomo era immensamente attraente. Negarlo sarebbe stato peggio: meglio prenderne atto subito. Quei suoi occhi grigi erano quasi magnetici, i suoi lineamenti perfetti e la sua eleganza... Hermione restò quasi stordita da questi pensieri. Cosa le stava succedendo? Bastava che un uomo le parlasse di libri e raffinatezza, per farla sentire irrimediabilmente attratta?
“Signorina Granger... L’ho lasciata senza parole? Sarebbe un vanto incredibile per me, averle tappato la bocca”.
Hermione lo squadrò; ormai le sue provocazioni non potevano avere effetto. Era riuscita ad intravedere qualcosa di Lucius Malfoy che la metteva in guardia dal crederlo ancora solo un assassino.
A Hermione tornò in mente ciò che le aveva detto Harry, riguardo a sua moglie Narcissa: come era stata brutalmente uccisa proprio a causa del suo pentimento -vero o finto che fosse- e come lui ne era rimasto distrutto. Quella che ad Hermione sembrava una delle poche cose nobili e giuste che Malfoy avesse mai fatto, probabilmente nell'ottica di lui era solo un'imperdonabile debolezza.

Hermione sentì l’impulso di parlarne con lui, sfruttando quel momento di apparente umanità di Malfoy.
“Harry mi ha detto di sua moglie, signor Malfoy...” disse la ragazza senza riflettere e inorridendo nell’udire le sue stesse parole. Perché lo aveva detto? Perché lo aveva detto così?
Come c’era da aspettarsi, un furia gelida riempì lo sguardo di Malfoy.
“E cosa le ha detto esattamente?” chiese controllando a stento l’ira. Il confronto, che fino a quel momento era stato civile, degenerò di colpo.
“Mi scusi, non so perché ho detto questo. Volevo solo dire che... Volevo solo dire che mi dispiace, ecco. Se...” Hermione si sentì tremendamente in imbarazzo, avrebbe voluto sparire.
“Risparmiami i tuoi discorsetti di compassione, Granger. Tienili per le persone a cui interessa qualcosa. Tu non sai nulla di me e mia moglie; e nemmeno quel bamboccio di Potter” la ammonì con voce tagliente.
Il fatto che fosse passato a darle del tu, che la disprezzasse in modo così evidente e che le parlasse come una bambina stupida, fu per Hermione un colpo allo stomaco.
“Vedi qual’è il problema di quelli come te? Pensate di sapere sempre tutto. Vi sentite sempre in diritto di fare i crocerossini della situazione, tolleranti e compassionevoli. Pensate che gli altri siano deboli ed abbiano bisogno del vostro sostegno e delle vostre rassicurazioni... Vi permettete di guardare pietosamente anche chi non conoscete affatto e non ha bisogno della vostra pietà. Io non ho bisogno della tua pietà, stupida ragazzina, e non ho voglia di sentire i tuoi balbettamenti”.

Hermione si appiattì contro la poltrona, tremando per lo spavento e per l’imbarazzo. Per un momento ebbe paura che Malfoy la colpisse, quando l’uomo alzò un pugno. Ma il braccio di Malfoy passò a cinque centimetri dalla sua guancia sinistra, schiantando le nocche contro lo scaffale dietro di lei.
Lucius si guardò la mano sanguinante senza emettere un solo suono e poi se ne andò con una furia assassina dipinta negli occhi, lasciandola sola.
Hermione era troppo atterrita per alzarsi, restò immobile sulla poltrona per diversi minuti, con gli occhi spalancati.
Poi arrivò alle sue orecchie un rumore di passi veloci, nella sua direzione. Hermione si mise all’erta, cercando di capire chi fosse. Qualche secondo dopo, da dietro lo scaffale comparve la McGranitt.
“Ah, signorina Granger, finalmente! Sospettavo di trovarla qui... Va tutto bene?” domandò la strega osservando l’espressione sconvolta della ragazza.
“Si...” rispose Hermione con un filo di voce.
La McGranitt le lanciò un’occhiata non troppo convinta.
“L’ho cercata nel suo studio, ma visto che non c’era... Ho immaginato che l’avrei trovata in biblioteca” disse la McGranitt con un sorriso. “Volevo chiederle se fosse disposta ad accompagnare gli studenti ad Hogsmeade domani, come sa, cominciano le gite del weekend. Purtroppo la professoressa Sprite e il professor Vitious, che dovevano fare sorveglianza, hanno bevuto un the fatto da...beh, comunque è una storia lunga, il fatto è che sono entrambi impossibilitati. Mi dispiace domandare all’ultimo momento, ma se lei non è disponibile devo annullare la gita...”
“No, va bene... Conti su di me, Preside” la rassicurò Hermione.
“Ottimo!” esclamò la McGranitt visibilmente sollevata, “non mi resta che chiedere al professor Malfoy...”
“Cosa?!” Hermione inorridì, restando boccheggiante e senza respiro.
“Ho bisogno di un altro insegnante...” spiegò la McGranitt interdetta per la sua reazione, “Spero abbia risolto i suoi problemi con Malfoy. In ogni caso, non siete costretti a stare insieme, dovete solo accompagnare gli studenti.”
“Ah... Sì.” mormorò debolmente Hermione.
“Il professor Malfoy se n’è appena andato, era qui fino a un attimo fa...”
Il volto della McGranitt si illuminò, pensando erroneamente che lui e Hermione avessero appianato le loro divergenze.
“Perfetto, allora sarà ancora sveglio. Potrebbe farmi la cortesia di avvisarlo lei, visto che è di strada, professoressa Granger? Sa, la vecchiaia, tutte quelle scale...”
Hermione restò agghiacciata per la seconda volta. “Certo” rispose flebilmente. Non avrebbe saputo come raccontare alla McGranitt ciò che era appena accaduto, era meglio fingere che andasse tutto bene.
La Preside le rivolse uno sguardo di gratitudine e scomparve da dove era venuta, lasciando la ragazza nella disperazione totale.

Hermione affondò il viso tra le mani. Per qualche momento prese in considerazione l'idea di gettarsi da qualche torre. La tentazione era forte e trovandosi in un castello, la ragazza non avrebbe avuto difficoltà a trovare un posto da cui lasciarsi cadere. L’ultima cosa che aveva voglia di fare in quel momento era rivedere il viso perfetto e furioso di Lucius Malfoy.
Purtroppo aveva fatto una promessa alla McGranitt. Con uno sforzo estremo, Hermione si alzò a fatica dalla poltrona. Cercò di raccogliere tutto il suo coraggio e la sua faccia tosta, e si diresse verso l’ufficio del professore.
Ovviamente Malfoy non si trovava in ufficio, a quell’ora. Hermione si domandò cosa fare, se andare finalmente a dormire, o se azzardarsi a cercarlo nelle sue stanze private. Dopo una rapida e ragionevole valutazione, prese la decisione del tutto irragionevole di provare a vedere se fosse ancora sveglio. Magari era una buona occasione anche per scusarsi.
‘Scusarmi per aver detto che mi dispiace’ rifletté Hermione, era una completa assurdità. Ma effettivamente, lei si era permessa una confidenza che lui non le aveva mai dato. Aveva ficcato il naso, come diceva lui, nelle sue questioni personali.
Con questo pensiero, Hermione attraversò lo studio, decisa a risolvere quell'imbarazzante situazione e mettere una pietra sopra a ciò che era successo. Per la prima volta aveva scorto una luce negli occhi profondi di Malfoy, non avrebbe rinunciato così facilmente ai progressi fatti.

Trovò Lucius Malfoy in salotto, la porta era completamente aperta. Hermione bussò ugualmente, dal momento che lui non sembrava essersi reso conto del suo arrivo.
L’uomo alzò gli occhi, accorgendosi finalmente di lei.
“Granger, questa sera sei proprio in cerca di guai, vero?” sibilò.
Hermione si avvicinò cautamente, come ci si avvicina a un animale pericoloso. Malfoy aveva qualcosa di strano, una postura più scomposta del solito.
Hermione gettò un’occhiata sul tavolino di cristallo, notando una bottiglia di whisky mezza vuota. Lui seguì il punto in cui si era soffermato il suo sguardo.
“Desidera bere qualcosa, professoressa Granger? Oh no, sicuramente non bevi”
Hermione prese in considerazione di rompergli la bottiglia in testa. Non sarebbe stato neanche difficile, non sembrava in condizioni di nuocere, se non a parole. Era passata poco più di mezz’ora dalla fine del loro disastroso incontro in biblioteca, ed Hermione sperava vivamente che non avesse bevuto tutto quel whisky in così poco tempo.
Si sentì in colpa. Si era permessa di parlare di sua moglie morta. Peggio. ‘Harry mi ha detto di sua moglie, signor Malfoy...’. Come le era uscita quella frase? Come se lei e Harry avessero spettegolato su di lui.
Hermione si voltò verso Malfoy.
“Ti ho già detto di non guardarmi così, stupida ragazzina” disse lui con voce minacciosa, come se le avesse letto nel pensiero.
Hermione fece un sospiro, cercando di ignorare il suo forte imbarazzo e la rabbia di Malfoy. “La Preside mi ha chiesto di riferirle che domani dobbiamo accompagnare gli studenti a Hogsmeade” disse Hermione nel tono più impersonale possibile.
“Dobbiamo?” domandò lui freddamente.
“Io e lei” precisò Hermione. “Sempre se domani mattina sarà in grado di alzarsi” aggiunse, osservando lo stato in cui si trovava Malfoy.

L’uomo si alzò di colpo, sovrastandola ed Hermione questa volta ebbe davvero paura.
Evidentemente era abbastanza lucido. Nei suoi occhi grigi come il metallo, Hermione vide il disprezzo più profondo e l’odio che Malfoy provava nei suoi confronti.
“Sono già in grado di alzarmi, stupida...”. Sembrava che avesse difficoltà a trattenersi, la sua ira gelida pareva pronta ad esplodere. Hermione la sentiva quasi sulla pelle, percepiva la tensione nella stanza.
Indietreggiò velocemente verso il muro, mentre lui avanzava lento e minaccioso.
“Ma guarda... Sembri un topo in trappola. Dove sono tutta la tua pietà e la tua compassione adesso? Hai ancora voglia di impicciarti in affari che non ti riguardano?”
Ormai Malfoy era a pochi centimetri da lei. Con un gesto fulmineo Hermione gli puntò la bacchetta contro il petto.
Rimasero a fissarsi in cagnesco per un tempo indefinito. Lui, fremente di collera e lei che teneva testa alla paura. Alla fine fu Malfoy a rompere il silenzio.
“Allora? Non mi uccidi?” sibilò, “Voglio vederti diventare esattamente come me, Granger. Ma tu non finirai ad Azkaban... Anzi, il mondo ti ringrazierà per avermi eliminato dalla faccia della terra.”
Hermione voltò la testa, perché la zaffata di alcool che le arrivò addosso la stordì.
“Fallo, Granger! Cosa stai aspettando? Non ti capiterà di nuovo l’occasione. Io non ti lascerò mai in pace, finché sei qui, mai!” sibilò Malfoy a metà tra la rabbia e la disperazione.
Hermione capì in quel momento cosa intendeva esattamente Harry dicendo che Malfoy non sembrava neanche se stesso. Era bastato il pensiero di Narcissa per farlo affondare di nuovo nell’alcool. In quest'ottica, Malfoy sembrava quasi umano.

L’espressione di commiserazione che lesse sul volto della ragazza, fece scoppiare la furia cieca dell'uomo.
“Io non voglio la tua pietà, stupida Mez...”
Hermione sgranò gli occhi e gli tappò la bocca con una mano prima che potesse aggiungere anche solo una lettera. Malfoy non poteva neanche pensarla quella parola, e lei non voleva essere la causa del suo licenziamento.
Lei stessa si stupì di quel gesto: fino a qualche settimana prima avrebbe fatto di tutto per mandarlo via da Hogwarts.
“Lei è ubriaco” disse infine, togliendo la mano dalla sua bocca.
“Mi pare chiaro, Granger. In caso contrario non mi sarei mai fatto toccare da te” sussurrò Lucius in bilico tra l’alcol e la lucidità, fissando la mano di Hermione.
In quel momento sembrò perdere l’equilibrio, e appoggiò un braccio al muro per sostenersi. Era vicino, pericolosamente vicino. Rischiava di confonderla.
“Mi dispiace per quello che ho detto prima” si scusò Hermione cercando di alleggerire la situazione, “Non era per pietà o compassione...”
“È troppo tardi, Granger” sibilò Malfoy vicino al suo orecchio ed Hermione si sentì in trappola.
Una miriade di brividi partirono dalla schiena e si sparsero per tutto il corpo. Come riflesso involontario, Hermione socchiuse gli occhi.
Per quanto ubriaco, Lucius Malfoy approfittò del momento, premendosi contro la ragazza e inchiodandola definitivamente contro il muro. Abbassò le labbra verso il suo collo, per assaggiare quella morbida pelle invitante. Hermione gemette quando si sentì mordere. Sul suo corpo e nei vestiti del mago, Hermione percepì profumo di Colonia costosa, che si mescolava a quello di whisky. Fu così sopraffatta dalle emozioni inaspettate che dovette aggrapparsi alle spalle di Malfoy per non perdere l’equilibrio. Purtroppo nemmeno lui si trovava in condizione di sorreggerla e precipitarono entrambi a terra con un tonfo. Hermione si ritrovò a fianco del mago, un braccio incastrato sotto la sua schiena. Strattonò violentemente per districarsi, ignorando una fitta di dolore. Poi si rialzò di scatto, più confusa che mai, indecisa se aiutare anche Malfoy a rimettersi in piedi o se andarsene e lasciarlo lì sul pavimento. Scelse la seconda opzione, e prima che lui potesse afferrarla per una caviglia si spostò velocemente verso la porta.
“A domani” farfugliò in fretta.
“Hai un vero talento naturale per le fughe, Granger...” le sbraitò dietro Malfoy, a voce abbastanza alta affinché lei sentisse.
Appena fuori dalla sua visuale, Hermione corse, corse fino alla sua stanza. Lì, le cedettero le gambe e si accasciò ansimante contro la porta.



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N. d. A.

Scusate il ritardo! La sessione di esami è stata più dura del previsto e non ho avuto il tempo di correggere i capitoli, anche se erano già pronti. Comunque domenica prevedo di aggiornare nuovamente.
Grazie a tutti voi che seguite la storia, spero sia di vostro gradimento anche questo capitolo.
Se avete consigli/richieste/lamentele, non esitate a lasciare un commento.
A presto


 

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Capitolo 5
*** La Testa di Porco ***



V. LA TESTA DI PORCO


 



Quando la luce cominciò a penetrare dall’ampia finestra, Hermione si voltò indispettita, affondando la testa nel cuscino.
Voleva dormire, o meglio, voleva dimenticare. Quelle ore di sonno avevano alleviato le sue pene, distogliendola dal pensiero di Malfoy e della gita a Hogsmeade con lui.
Fu colta dalla tentazione di darsi malata, anche se aveva promesso alla McGranitt che avrebbe accompagnato i ragazzi.
Solo un pensiero riuscì a rincuorarla lievemente: non doveva per forza stare insieme a Malfoy.
Si vestì con abiti pesanti per combattere il freddo autunnale, che cominciava ad essere pungente.
Hermione visse in ansia l’attesa che la separava dall’ora prestabilita per il ritrovo. Il momento di uscire arrivò anche troppo in fretta, come spesso accadeva quando non si sentiva pronta per affrontare qualcosa.
Con una mano già sulla maniglia della porta, la ragazza fece un profondo respiro, ripassando mentalmente il da farsi: primo, cercare di mantenere un’ampia distanza da Malfoy; secondo, se proprio fosse capitato di dovergli stare accanto per forza, non cedere alle provocazioni; terzo, ignorare il suo fascino perverso.

Hermione aveva ormai ammesso a se stessa che per quanto Malfoy fosse crudele o insensibile, era di sicuro una delle persone più interessanti con cui le era mai capitato di parlare. Come le aveva fatto notare lui stesso, l’intelligenza e le capacità erano a servizio sia del bene che del male. Era una verità sconvolgente su cui Hermione non si era mai fermata a riflettere. Eppure non era difficile trovare la dimostrazione di questo: i due maghi più potenti di quell’epoca, Voldemort e Silente, si eguagliavano in quanto ad abilità, eppure uno era l’emblema del male e l’altro l’emblema del bene.
Certo, i discorsi sibillini e ammalianti di Malfoy non le facevano cambiare idea su chi fosse il migliore, tra Voldemort e Silente.
Hermione era certa che le sue convinzioni sarebbero sempre rimaste tali. Era Malfoy quello a doversi ricredere, visto il trattamento che Voldemort aveva riservato a lui e a suo figlio. Forse si era già ricreduto.
Con questi pensieri, la ragazza attraversò velocemente i corridoi di Hogwarts.

Nell’atrio -il punto di ritrovo- erano già accalcati molti studenti e scalpitavano in attesa di partire.
Hermione si fece consegnare dai Prefetti le liste con i nomi dei ragazzi che partecipavano, poi spiegò velocemente le regole a quelli del terzo anno, per i quali era la prima gita ad Hogsmeade.
“Mi raccomando, puntualità!” si sentì vagamente come la professoressa McGranitt, “confido nel vostro comportamento corretto e non mettetevi nei pericoli!”
Concluse le spiegazioni di rito, Hermione indirizzò i ragazzi verso le carrozze che li avrebbero portati al villaggio.
Riuscì a vedere di sfuggita una testa con lunghi capelli biondi, che sovrastava la maggior parte degli studenti, e risaltava molto in contrasto con il cappotto scuro.
Questa volta fu lei a dirigersi verso Malfoy: avrebbero dovuto accordarsi sull’organizzazione, ma non ce n’era stata occasione prima.
“Salve professor Malfoy” disse Hermione col tono più normale possibile.
“Professoressa Granger...” salutò lui a sua volta con un leggero inchino.
Sembrava perfettamente sano e riposato. Non c’era niente sul suo viso che lasciasse pensare ai postumi di una sbornia, anzi, sembrava se possibile più affascinante del solito, con la pelle chiara che riluceva al sole invernale.
“Come sta? La vedo in forma” constatò Hermione, e sul volto di Malfoy si produsse una piccola smorfia compiaciuta e arrogante.
“La ringrazio... ma si risparmi pure i convenevoli, professoressa”
“Bene. Stavo pensando di accordarci meglio per oggi. Uno di noi due potrebbe fermarsi qui ad aspettare i ritardatari... E stessa cosa al ritorno.”
“Mi sembra una buona idea... Spero non si offenderà se lascio qui lei ad aspettare, ho qualche affare da sbrigare ad Hogsmeade.” rispose Malfoy in quella che doveva sembrare una gentile richiesta ma suonava più come ‘Un Malfoy non aspetta nessuno’.
“Non c’è problema!” disse sollevata Hermione. A lei davvero non importava e non vedeva l’ora di toglierselo di torno. Più Malfoy era distante, più si sentiva se stessa; in sua presenza era un groviglio di emozioni contrastanti che spaziavano dall’odio, alla sopportazione, all’attrazione.
“Molto bene” sorrise freddamente Malfoy, “ci vediamo al rientro”.
Hermione lo osservò mentre si allontanava, col lungo cappotto nero che si modellava su di lui ad ogni passo. Certamente era costosissimo e fatto su misura da qualche sarta personale.

Hermione aspettò dieci minuti, sbattendo i piedi un po' per la temperatura pungente e un po' per l’impazienza. Alla fine i ritardatari furono quattro: due Tassorosso, un Grifondoro e un Serpeverde del settimo anno.
“Cinque punti in meno per ognuno di voi” annunciò Hermione, rendendosi di nuovo conto di assomigliare alla McGranitt. Le due ragazze di Tassorosso la guardarono affrante e scoraggiate, il ragazzo moro di Grifondoro accettò diplomaticamente la punizione; l’unico a protestare, manco a dirlo, fu il Serpeverde.
“Professoressa, mi perdoni, ma essendo questa gita ‘opzionale’ mi sembra insensato togliere punti solo per un po’ di ritardo...”
“La puntualità non è affatto opzionale, in nessun ambito, signor...”
“Gould”
“Signor Gould. Le consiglio di tenerlo a mente, i ritardi non sono mai ammessi a meno che non ci sia un motivo valido”.
“Aspettare appositamente per riuscire a parlare con la professoressa più bella di Hogwarts le sembra un motivo abbastanza valido?” le chiese il ragazzo a bassa voce.
Hermione non si lasciò affatto impressionare, si era preparata all’eventualità che qualche ragazzo cercasse di avvicinarla. Ma perché proprio un Serpeverde? Da quando era diventata una calamita vivente per i rappresentanti della Casa che più mal sopportava?
“Per niente. Dieci punti in meno per la sfacciataggine”. Gli altri ragazzi la guardarono perplessi, non avendo sentito la domanda di Gould. Sul volto del Serpeverde invece comparve un’espressione di pura antipatia.
‘Meglio così!’ si disse Hermione.

Salirono tutti e cinque su una delle poche carrozze rimaste, e il viaggio, tecnicamente breve, sembrò a Hermione infinitamente lungo.
Quando arrivarono a destinazione, Hermione, prima di liquidare i ragazzi, raccomandò puntualità almeno al ritorno.
Finalmente fu sola e libera di girare per Hogsmeade senza altri obblighi particolari. Avrebbe tenuto d’occhio gli studenti a distanza.
Per prima cosa la ragazza si diresse da Stratchy&Sons, per comprare un nuovo abito da sera. Ne avrebbe avuto bisogno, dal momento che erano in programma almeno altri due balli prima della fine dell'anno. Riuscì a trovare un vestito perfetto per il ballo di Natale. In seguito all'acquisto, Hermione sentì il bisogno di ripiegare su un tipo di shopping più adatto a lei: camminò in fretta fino alla Cartoleria Scrivenshaft dove fece rifornimento di pergamene nuove e vari oggetti di cancelleria.
Per il resto del pomeriggio, Hermione si godette il sole autunnale, passeggiando fino alla Stamberga Stillante. Era un buon modo per tenere sott'occhio gli studenti senza sembrare oppressiva.
Quando il sole cominciò a calare si erano fatte le cinque del pomeriggio, ancora poco più di un’ora e sarebbero tornati tutti al castello.
Hermione rabbrividì improvvisamente, rendendosi conto che la temperatura era calata. Decise che nell’attesa di rientrare avrebbe preso un tè caldo.
Il pub migliore di Hogsmeade era senza dubbio “i Tre Manici di Scopa”, ma probabilmente a quell’ora era pieno di studenti. Hermione ripiegò velocemente su una meta molto meno gettonata: la “Testa di Porco”. Era un vecchio pub dall'aria sudicia, con un tipo di clientela piuttosto losca, ma di sicuro ottimo per sbrigare i propri affari al riparo da occhi indiscreti.

“Salve Aberforth!” salutò allegramente Hermione, aprendo la porta cigolante.
Il barista da dietro il banco alzò gli occhi, così simili a quelli di suo fratello Albus, e ricambiò il saluto con un grugnito. Era tutto come l'ultima volta in cui ci era stata con Harry e Ron, pavimento lurido compreso. Per un momento le parve di essere tornata studentessa, prima della guerra. Fu una sensazione indescrivibile, come se improvvisamente si sentisse di nuovo se stessa.
Hermione notò che il pub non era completamente vuoto: nell’angolo più nascosto c’era un unico avventore. Il cuore le balzò nel petto, riconoscendo il bastone da passeggio, il mantello nero e i capelli chiarissimi.
Aberforth notò su cosa si era fissato lo sguardo della ragazza.
“Lucius Malfoy... È un tuo collega ora” disse burbero.
Hermione annuì. “Lo conosce?”
“Chi non conosce Malfoy... Viene qui spesso quando ci sono le gite” le disse Aberforth a bassa voce, “prende sempre un paio di whisky e resta lì a pensare a chissà cosa. Non ama molto essere disturbato. Posso solo dire che non è sicuramente il Malfoy di prima della guerra. Sembra che la sua arroganza ormai sia solo un’abitudine...”
“Come sa queste cose?” indagò Hermione incuriosita.
Aberforth le rivolse uno sguardo indignato. “Non sono il suo confidente... Posso solo osservare e trarre le mie conclusioni. Essendo un Silente, probabilmente sono giuste.”

Hermione ordinò un tè e a questo punto si chiese cosa fare. Doveva salutare Malfoy o lasciarlo in pace?
Scelse la seconda opzione, più per mancanza di coraggio che per non disturbarlo. Hermione si chiese che fine avesse fatto il suo spirito indomito da Grifondoro, ma non aveva importanza.
Si sedette nell’angolo esattamente opposto a quello in cui stava Malfoy e si tolse la giacca per essere più libera nei movimenti.
Aberforth stava già venendo verso di lei con un vassoio in mano, quando cambiò bruscamente direzione, richiamato da un cenno imperioso di Malfoy. Hermione non riuscì a sentire lo scambio di battute tra i due, ma ebbe la sensazione che stessero parlando di lei.
A conferma della sua supposizione, Aberforth appoggiò il tè di Hermione sul tavolo di Malfoy e si diresse verso di lei sconcertato, col vassoio vuoto. Hermione si preparò al peggio.
“Malfoy ti invita a bere con lui. Più che un invito suonava come un ordine... Ed era sicuro che avresti accettato” disse Aberforth perplesso.
Hermione era allibita quasi quanto lui, ma di certo non sorpresa.
Rispose con un’alzata di spalle allo sguardo interrogativo di Aberforth; ne sapeva quanto lui, ed era impossibile cercare di capire che cosa avesse in mente Malfoy. Di una cosa soltanto Hermione era certa: ciò che Lucius Malfoy faceva, non era mai un caso. Ogni mossa era studiata nei minimi dettagli, proprio come il miglior subdolo Serpeverde. Quello che non riusciva proprio a capire era l’interesse di Malfoy verso di lei. Verso una come lei... Una Mezzosangue, come lui le aveva ricordato la sera prima.

Hermione si avvicinò cautamente e si sedette di fronte a Malfoy con circospezione.
“Come mai ha sequestrato il mio tè?”
“Non mi ha nemmeno salutato, signorina Granger...” rispose con voce suadente.
“Pensavo che non volesse essere disturbato...” ribatté Hermione, cercando di capire cosa avesse in mente quell’uomo.
“Ha pensato bene, perché in genere è così.”
A seguito di quell’affermazione Hermione dovette ricredersi su una delle convinzioni che aveva avuto per tutta la vita. Aveva sempre provato odio e paura nei confronti di Malfoy perché era un Mangiamorte, ma almeno sapeva sempre cosa aspettarsi.
In quel momento capì che quel Malfoy fintamente buono era molto più terrificante. Hermione non riusciva a capire cosa doveva aspettarsi da lui; era quasi tentata di concedergli della fiducia e questo lo rendeva infinitamente più pericoloso di prima.
Le mosse dei cattivi sono sempre facili da prevedere, è dai buoni che bisogna guardarsi.
“La vedo in affanno...” sottolineò lui con maligno divertimento, “c’è per caso qualcosa di cui desidera parlare?”
Hermione si maledì per il suo silenzio e per la sua incapacità nel nascondere i propri pensieri. Sembrava che sapesse sempre ciò che le passava per la testa, come se leggesse nella sua mente. Hermione pensò irritata che probabilmente era anche troppo facile leggerglielo in faccia: non era mai stata una brava giocatrice di Poker neanche con gli amici Babbani.

Raccolse tutto il coraggio che aveva per cercare di porre fine ai suoi dubbi, ponendo direttamente a Malfoy le domande che la assillavano.
“In effetti sì. Ci sono alcune cose che vorrei sapere” rispose con decisione “Per esempio il motivo del suo interesse –diciamo così- nei miei confronti”.
Sul viso di Hermione era ricomparsa tutta la determinazione che l’aveva sempre caratterizzata, ma che si era dissolta dal momento in cui aveva incontrato quell'uomo sul treno. Era stufa di fare il suo gioco.
“Interesse?” ripetè Malfoy con tono....
“È solo un passatempo più sano e meno noioso degli altri...” disse cinicamente e avvicinò alle labbra il suo bicchiere di whisky, bevendone un sorso.
“Per esempio bere da solo?” chiese Hermione guardandolo con spregio.
Malfoy alzò un sopracciglio, per nulla impressionato.
“Mi diverte vederti arrancare mentre cerchi di capire cosa penso. Il mio passatempo è portarti all’esasperazione e vedere quanto ci metti a scoppiare”
“E perchè dovrebbe essere divertente una cosa del genere?” chiese Hermione fredda. Ormai lo aveva capito da tempo che infervorandosi gli dava soddisfazione.
“Perché non sopporto quelli che come te pensano di essere così perfetti e immacolati, signorina so-tutto-io” disse con voce tagliente.
Hermione rise involontariamente. “Io non penso affatto di essere perfetta. È lei casomai che crede di esserlo, con tutte le sue idee sul sangue puro e sulla nobiltà di famiglia...”

Un lampo di malvagio divertimento passò negli occhi di Malfoy, e gli angoli della bocca si incurvarono quasi impercettibilmente.
“È così facile abbindolare gli altri e corromperli... Perfino Potter, è arrivato addirittura ad aiutarmi... Ad aiutare me.” ghignò Malfoy. Hermione conosceva perfettamente tutti i sottintesi che quel “me” aveva. Non riusciva a capire se lui stesse di nuovo giocando ad esasperarla, facendo passare per fesso il suo migliore amico.
  “Mi diverto così tanto con te perchè tra tutti sei la persona più convinta della propria dignità, sicura di essere nel giusto, di essere così buona... Sei sicura che non scenderesti mai a patti con nessuno e di non poter essere corrotta. Voglio vedere fino a che punto resisti prima di diventare meschina almeno quanto me... Prima o poi reagirai nel modo sbagliato, e sarà una vera delizia per la mia anima vederti fare qualcosa di malvagio in onore di quella che tu credi una giusta causa. Per esempio... Volevi mandarmi via, sbattermi di nuovo ad Azkaban” Malfoy sembrò quasi divertito a questo pensiero, che avrebbe invece dovuto impaurirlo, “Non ci sei riuscita... Quanto ti irrita questo, Hermione? Quanto ti irrita sapere che tutti mi credano cambiato, quando tu sai che non è così?”
La ragazza restò in silenzio alla parole di Malfoy. Se oltre al resto, il suo intento era anche quello di ferirla, ci era riuscito. Hermione si chiese da quando aveva cominciato a importarle ciò che usciva dalla bocca di quell’uomo.
“Sei l'essere più crudele e viscido che conosca” sibilò Hermione.
“Un serpente?” chiese fieramente Malfoy, probabilmente per lui era un complimento.
“No, un semplice verme.”
Anche Hermione era dotata di cinismo. E se è vero che ferisce più la lingua che la spada, non sarebbe certo rimasta a subire.

Malfoy sorseggiò ancora il suo whisky, totalmente insensibile alle parole di lei. Hermione lo scrutava, cercando di celare il suo odio.
“C’è un’ultima cosa che non capisco...” disse mantenendo un tono freddo e inalterato, “afferma di non essere cambiato... Eppure ha invitato al suo tavolo una Sanguesporco. Ieri sera si è fermato a parlare con me in biblioteca... Umiliante, per uno come lei. I suoi tentativi di... “esasperarmi” sono abbastanza infantili, non crede?”
Malfoy le gettò un’occhiata indifferente.
“Quella dei Mezzosangue era la battaglia di Voldemort, a cui io ho aderito perchè vi ho visto rappresentate le mie idee” affermò freddamente, “La mia battaglia è sempre stata tenere alto l’onore della casata che i miei nobili avi hanno reso così ricca e famosa. La mia preoccupazione primaria era conservare la posizione sociale, la ricchezza e la nobiltà dei Malfoy. I Mezzosangue per me non sono mai stati altro che un obbrobrio, ma non avrei neanche perso tempo per eliminarli. Per questo non ho avuto remore nell’abbandonare il signore oscuro sia la prima, che la seconda volta: il buon nome della famiglia prima di tutto, salvare le apparenze... anche a costo di sembrare dalla parte di voi imbecilli salvatori del mondo”.

Hermione si ritrovò di nuovo a pensare alla relatività delle cose. Per quanto malvagio potesse essere Malfoy, era pronto a sacrificare ogni cosa per la sua famiglia. Lo dimostrava la sua reazione all’assassinio della moglie, e anche il modo in cui suo figlio a scuola si vantava di averlo come padre. A parte scelte pessime, che avevano avuto pesanti ricadute su tutta la famiglia, Malfoy pareva essere un bravo padre e un fedele marito.
Hermione si figurò la faccia di Draco, se avesse saputo che suo padre era seduto da tempo in un sudicio bar, a parlare con una sudicia Mezzosangue. Le sfuggì uno sbuffo di leggero divertimento. Stava pensando alla pessima reazione di Draco, quando invece era sempre stato Lucius il più estremista tra i due. Draco era solo una pallida imitazione di suo padre...
Malfoy la osservava con espressione di contenuto ribrezzo, mentre Hermione teneva gli occhi fissi nella sua tazza da tè, immersa nei pensieri.
“Sto aspettando la tua fuga, Granger...” disse con evidente compiacimento.
Hermione alzò lo sguardo, puntando dritta agli occhi grigi di lui. Stranamente tutti i discorsi crudeli di Malfoy avevano avuto un effetto quasi calmante su di lei: non si sentiva più sul punto di avere una crisi isterica ogni volta che lui tentava di provocarla, ed aveva ritrovato la sua fermezza.
“Non ho intenzione di fuggire, Malfoy... Anzi, credo che lei possa rinunciare ai suoi propositi perché non riuscirà più ad alterarmi” disse Hermione alzandosi con un sorriso sicuro.
“A parte questo, credo sia ora di andare... Per entrambi. Mi perdoni se non la aspetto. E grazie per il tè”.
Malfoy non aveva affatto accennato a volerle offrire il tè, ma Hermione pensò che se si divertiva così tanto a sbandierare le ricchezze della sua famiglia, poteva approfittarne. In più, voleva restituirgli ogni colpo subito. Quanto sarebbe stato umiliante per lui pagarle il tè controvoglia?
Sempre sorridendo Hermione si avviò con calma verso l’uscita. Una volta fuori dalla porta, si strinse nella giacca, inspirando soddisfatta l’aria pungente della sera.

Dentro alla locanda, Malfoy era ancora fermo davanti al suo bicchiere, ormai vuoto.
La ragazza aveva ragione, non sarebbe più riuscito ad esasperarla, lo sapeva. Nel frattempo però gli era venuto in mente un altro passatempo divertente, forse anche più del precedente.
Poteva mettere alla prova la sua abilità nel manipolare le persone. Sarebbe stato immensamente soddisfacente far ricredere Hermione sul suo conto e sentire quella saccente ragazza ammettere che si era sbagliata. Magari avrebbe addirittura potuto conquistare la sua fiducia, per poi annientarla e ferirla ancora di più. Malfoy si alzò pensando a tutti i modi per umiliare Hermione Granger, e si avvicinò al barista.
“Cosa credi di fare con Hermione?” lo aggredì malamente Aberforth.
“Non sono affari tuoi, vecchio!” rispose Malfoy con sufficienza.
“Si che lo sono. Ho visto come la guardi e come sogghigni soddisfatto”. Aberforth non demordeva.
“Pensi di conoscere le persone... Sei uguale a tuo fratello” ribatté l’altro. Come aveva spiegato a inizio anno a lezione, bisogna sapere su cosa puntare per fare breccia in qualcuno.
“Io non sono come Albus” ribatté Aberforth piccato, “lui usava le persone per i suoi scopi. Probabilmente, una volta scoperto di questo tuo interesse per lei, la userebbe per redimerti. Io invece ci tengo davvero a quella ragazza”.
“Allora sei anche peggio di lui” rispose Malfoy mellifluo.
“Non farò niente alla cara Hermione. È solo un’innocua punizione... non sopporto che mi giudichi credendosi....superiore.”
“Credi davvero che questo ti darà pace? Che torturarla così ti farà sentire meglio?”
“Io non voglio sentirmi meglio. Io sono semplicemente fatto così. Sono un ex Mangiamorte, ma sembra che tutti ve lo scordate da quando Potter ha deciso di concedermi la sua pietà” sibilò Malfoy irato. Se non fosse stato severamente educato all’eleganza, avrebbe certamente sputato sul bancone di quel lurido bar.
“Come non ti farà sentire meglio ubriacarti...” proseguì imperterrito Aberforth.
“Ora smettila vecchio!” sibilò minacciosamente Malfoy, “solo perché mi sono pentito non significa che non potrei di nuovo Cruciare qualcuno”.
“Cruciare Lucius?” disse beffardamente Aberforth, “Una volta mi avresti già ammazzato.”
Con un movimento fulmineo Malfoy tirò fuori la bacchetta, puntandola al petto dell’altro uomo.
“Ho detto di smetterla” il suo tono basso e controllato nascondeva una furia devastante.
Aberforth lo fissò per un momento, poi con somma indifferenza prese a pulire il bancone con uno straccio sporco, senza ribattere.
Dalla bacchetta di Malfoy, ancora fermo col braccio alzato, scaturì un getto giallo che andò a schiantarsi proprio dietro ad Aberforth. Tutti i bicchieri appoggiati sugli scaffali esplosero, gettando vetri ovunque.
“È un avvertimento” minacciò Malfoy, lanciando qualche moneta sul bancone, “la prossima volta non miro ai bicchieri”.
Se ne andò sbattendo la porta.
Aberforth scrollò le spalle e con un colpo di bacchetta rimise insieme tutti i bicchieri, borbottando qualcosa su quando si sentisse stupido e che così avrebbe imparato a non immischiarsi.




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N. d. A.
Ciao a tutti!
Innanzitutto volevo ringraziarvi per il successo che sta avendo questa storia, davvero non me lo aspettavo!
Quindi, grazie a tutti voi che la avete inserita tra le seguite/preferite/ricordate.

Avviso importante: ho modificato il rating della storia con l'arancione, ma è possibile che diventi rosso, con il procedere della storia (credo nei capitoli finali). In ogni caso, non mi piace togliere a qualcuno la possibilità di segiure la storia, quindi per chi volesse, basta che mi scriva in privato... e sono diponibile a inviare i capitoli senza le scene incriminate, se e quando verrà il momento. :)

A domenica prossima!

 

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Capitolo 6
*** Hai paura di me? ***



VI. HAI PAURA DI ME?



Quel giorno durante la colazione la Preside di Hogwarts si accorse che Lucius Malfoy e Hermione Granger erano seduti vicini, evento più unico che raro. Tuttavia ormai da qualche tempo la McGranitt aveva notato che i rapporti tra i due erano migliorati: anche se non si poteva dire che andassero d’accordo parevano convivere civilmente.
Forse quella gita ad Hogsmeade era stata provvidenziale.
All’inizio aveva maledetto Pomona Sprite per averla messa in quella situazione: proprio nel fine settimana di Hogsmeade aveva deciso di provare i nuovi infusi aromatici e di sua invenzione, coinvolgendo anche il professor Vitious. Entrambi erano stati ricoverati in infermeria con un’intossicazione da coclearia .
Fortunatamente Malfoy ed Hermione si erano resi disponibili, e per di più parevano aver trovato un certo equilibrio tra di loro. Nei giorni immediatamente seguenti alla gita Hermione aveva continuato ad ignorare Malfoy, ma perlomeno riuscivano a sopportare la loro reciproca presenza in una stanza. Poi avevano cominciato a salutarsi. All’ultima riunione del personale erano arrivati insieme, immersi in una fitta conversazione, tra lo stupore generale.
La Preside McGranitt si rese conto che era stata così in apprensione per quei due che aveva completamente trascurato un’altra questione interessante: cosa ci faceva Pomona con Vitious a bere il tè nelle serre?
Il professore non era certo tipo da chiacchiere pomeridiane delle cinque. Alla McGranitt sfuggì un sorriso, sospettava che fosse una storia interessante da ascoltare; avrebbe di sicuro indagato con Pomona.
Per la prima volta dopo anni provò di nuovo un briciolo di sana curiosità. Dalla morte di Silente non aveva fatto altro che concentrarsi sulla ricostruzione e direzione della scuola e poche cose ormai riuscivano a renderla felice. Anzi, il pensiero di Albus la faceva ancora sprofondare nello sconforto.

Sul lato sinistro del tavolo, anche a Hermione sfuggì un lieve sorriso sbalordito. Malfoy le stava versando del succo di zucca nel bicchiere.
Vedendo l’espressione della ragazza, Lucius si compiacque di se stesso. Il suo piano stava funzionando alla perfezione e Hermione si era rivelata molto meno ostile del previsto, anche se ancora non si fidava di lui.
Nel frattempo ci aveva preso gusto: dal matrimonio con Narcissa non aveva mai corteggiato una donna e neanche dopo la sua morte. Vedere che a distanza di anni ci sapeva ancora fare lo rese enormemente fiero di sè, anche se nel caso di Hermione non era un vero e proprio corteggiamento.
Più che altro Malfoy si limitava ad essere gentile e riservarle quelle piccole attenzioni che colpiscono sempre le donne.
D’altra parte avere Hermione Granger, la paladina del mondo magico, dalla sua parte avrebbe potuto rivelarsi un bene per lui, e da vero Serpeverde amava riuscire ad unire l’utile al dilettevole. Doveva stare attento, non voleva perdere tutto; con Aberforth la situazione gli era sfuggita di mano.
Per questi motivi, ghignò sotto i baffi all’espressione stupita della ragazza mentre le riempiva i bicchiere.
“Non voleva succo di zucca, professoressa?” chiese in tono fintamente delicato.
“No... Cioè, sì...” balbettò Hermione, “è solo che... Grazie!”
Malfoy la vide arrossire leggermente e tentare di nascondersi ingurgitando in fretta il contenuto del bicchiere.
“Non c’è di che” rispose con galanteria.
Imbarazzarla pubblicamente, ma in maniera del tutto insospettabile, era una delle cose che più lo deliziavano del suo nuovo gioco con la Granger.

Finita la colazione Hermione uscì in fretta dalla Sala Grande. Sentiva l’impellente bisogno di mettere più distanza possibile tra lei e Malfoy, ma per motivi completamente diversi da quelli che aveva avuto ad inizio anno. Fuggì così in fretta per i corridoi che non si rese conto che un’ombra era scivolata dietro di lei, seguendo i suoi passi.
Ignara della presenza estranea, Hermione proseguì svelta verso le sue stanze.
Non appena si infilò in un corridoio vuoto, un mano sconosciuta la fermò stringendola violentemente per un braccio. Hermione si voltò di scatto, già con la bacchetta pronta per difendersi.
Restò spiazzata nel trovarsi davanti lo studente Serpeverde che era arrivato in ritardo ad Hogsmeade.
“Signor Gould!” esclamò inviperita. “Le pare il modo di comportarsi con un’insegnante o con chiunque altro? Sessanta punti in meno a Serpeverde, e che le sia di lezione!”
Damian Gould le restituì uno sguardo tutt’altro che intimorito.
“Mi scusi, professoressa” disse avvicinandosi bellicoso, “ma è da qualche settimana che vorrei spiegarle che non piace essere umiliato pubblicamente. Inoltre, temo di non essere d’accordo con l’ultimo voto che mi ha dato. Sono sicuro che potremmo trovare un compromesso...”
Hermione fissò negli occhi il ragazzo. Quell’aria di odio e supponenza le ricordò il suo ex compagno di scuola, Draco Malfoy, figlio di Lucius. Tuttavia nemmeno Draco Malfoy aveva mai osato tanto con qualcuno dei suoi insegnanti.
Hermione cercò di ergersi in tutta la sua statura, sebbene Gould la superasse di quasi trenta centimetri.
“Le consiglio di tornare al suo posto, o oltre a perdere altri punti rischia di guadagnare una punizione. E stia certo che parlerò con il suo Capocasa. Non si deve permettere di parlare in questo modo ad un'insegnante.”
Gould fece un ulteriore passo verso di lei, sembrava fuori di sé.
Tuttavia Hermione non fece in tempo a reagire, che fu salvata dall’arrivo provvidenziale di qualcuno.

“Cosa sta succedendo qui?” chiese la voce imperiosa di Malfoy.
Per la prima volta in vita sua Hermione fu veramente felice di vederlo.
“Professor Malfoy, giusto in tempo!” esclamò Hermione con finta sicurezza. “Credo che il signor Gould abbia qualche problema di disciplina. Dal momento che lei è il Capocasa di Serpeverde le lascio il compito di prendere provvedimenti.”
Malfoy fissò Gould duramente e lo studente si allontanò da Hermione, fermandosi ad una distanza più adeguata.
“Molto bene...” sentenziò Malfoy, “la aspetto tra venti minuti nel mio studio, signor Gould. Inutile dire che mi aspetto una spiegazione esauriente del perché si trovasse a distanza inappropriata dalla professoressa Granger. Inoltre la aspetta una punizione. Mi lasci dire anche che non è un comportamento da Serpeverde, sta disonorando tutta la Casa. Ora sparisca.”
Su ordine di Malfoy, il giovane si defilò in fretta.
“Sta bene?” chiese l’uomo vedendola sconvolta.
“Sì...” si affrettò a rispondere Hermione, “anche se non avevo bisogno del suo aiuto”.
Malfoy la fissò con un fastidioso sorrisetto, ed Hermione capì che non se l’era bevuta.
“Mi dispiace se Gould l’ha importunata. Ha un temperamento molto irruente. Se non fosse per le sue altre qualità tipicamente Serpeverde, penserei che il cappello parlante abbia sbagliato Casa... Sarebbe stato un ottimo Grifondoro” sogghignò Malfoy.
Hermione si trattenne dal dire che l’unico Grifondoro altrettanto odioso, a sua memoria, era McLaggen, e avrebbe meritato soltanto di essere espulso.
Oltre a ciò, la ragazza si rese conto di essersi appena liberata di un Serpeverde solo per incappare in un altro. Non era ancora riuscita a decifrare il comportamento di Malfoy. Ad Hogsmeade le aveva detto parole orribili ma dal giorno successivo si era comportato all’opposto. Se non si fosse trattato di Lucius Malfoy, Hermione avrebbe addirittura pensato che stesse flirtando con lei, viste le attenzioni che le riservava in quel periodo. Per quanto si impegnasse, Hermione non riusciva proprio a trovare una spiegazione.

Come leggendole nel pensiero Malfoy le si avvicinò con un sorriso inquietante che gli ammorbidì i lineamenti marcati del viso.
Hermione si ritrasse velocemente, appiattendosi contro il muro. Si rese conto immediatamente di non aver fatto una mossa vincente, e ricordò quello che era successo l’ultima volta in cui si era ritrovata in quella posizione.
“Hai paura di me?” chiese Malfoy mellifluo, avvicinandosi ulteriormente.
“Io non ho paura di te” rispose la ragazza. Hermione ricordò di aver già pronunciato le stesse parole al ballo di inizio anno. Eppure questa volta suonavano molto meno convinta.
Non riusciva più a odiare Malfoy, anzi, cominciava a subirne il fascino. Inavvertitamente gli aveva perfino dato del tu.
“E di cosa hai paura, Hermione?” domandò ancora Malfoy.
Evidentemente anche lui ricordava bene la conversazione già avuta, tuttavia al posto di “Signorina Granger” aveva usato “Hermione”.
Sentire il proprio nome pronunciato dalla voce bassa e vibrante di Malfoy, provocò alla ragazza una serie di piccoli brividi.
Chiuse gli occhi, cercando di controllare le sue emozioni. Il mantra che continuava a ripetersi nella testa da settimane non era d’aiuto. Tentava di convincersi che la gentilezza di Malfoy fosse tutta una strategia per assestarle il colpo di grazia al momento più opportuno. Tuttavia Hermione aveva sempre più difficoltà a tenere a mente questo particolare, conquistata dalle maniere eleganti di quell’uomo.
Fu per questo che alla fine si ritrovò a rispondere nel modo più impulsivo e veritiero.
“Ho paura di me stessa” disse riaprendo gli occhi.
Soffocò l’impulso di richiuderli immediatamente quando si trovò il viso dell’uomo a pochi centimetri dal suo. Il cuore cominciò a batterle velocemente nel petto.
Hermione si diede mentalmente dell’idiota. Conosceva interi libri a memoria, ma aveva enormi lacune in quanto a esperienza di vita. Nessun libro le avrebbe mai insegnato come comportarsi in situazioni come quella.
Hermione vide un lampo passare nello sguardo dell’uomo, ma subito tornò la sua espressione indecifrabile.
“Tutti hanno paura di se stessi” disse Malfoy dopo qualche istante di silenzio.
Poi fece un rapido cenno di saluto e si allontanò lungo il corridoio, lasciando Hermione con gli occhi sgranati e un'espressione confusa come non mai.

 
***


Vedere la Granger sovrastata da Gould aveva provocato in Malfoy una certa collera verso il ragazzo.
Di certo lo attendeva una punizione esemplare. Non tanto per motivi etici, quanto perchè Hermione era la sua preda. L’istinto di possesso di Malfoy era molto sviluppato, e si estendeva dai suoi affetti, alle sue cose materiali, fino a comprendere anche i suoi nemici. Durante la prima guerra magica questo si era tradotto nel torturare anche i suoi stessi alleati, se avevano avuto l’ardire di occuparsi dei suoi prigionieri. Lui, soltanto lui, voleva avere diritto di vita o di morte su chi aveva catturato. Anche per questo motivo era diventato il prediletto del Signore Oscuro.
Poi Malfoy era rimasto sorpreso dalla strana euforia provata nel vedere la ragazza con gli occhi chiusi, completamente inerme, a pochi centimetri di distanza da lui. Una sola mossa e avrebbe potuto baciarla; lei non sembrava in condizioni di opporsi.
Era abbastanza padrone di sè da non lasciare intravedere nulla dei suoi pensieri, tuttavia dovette ammettere che la situazione era stata estremamente piacevole, contro ogni aspettativa.
Aveva avuto perfino difficoltà a trattenersi. Lo aveva fermatolo soltanto il pensiero che in quel modo avrebbe perso la fiducia della ragazza.
Eppure in quel momento era stato estremamente tentato di baciarla; lo eccitava l’idea di fare suo qualcosa che proprio non gli apparteneva. Nonostante si trattasse di Hermione Granger, o forse proprio per quello, la caccia non era mai stata così stimolante.
Malfoy si disse che non gli importava niente della ragazza, ma di ciò che lei rappresentava. Sarebbe stato estremamente soddisfacente corrompere con un bacio la sua fastidiosa certezza di essere nel giusto. Chissà quanto si sarebbe torturata l’anima per aver baciato un ex Mangiamorte.
Decisamente l’idea di possederla non era da escludere, anzi avrebbe aumentato la sua soddisfazione personale. Tuttavia era meglio aspettare un momento più adatto. Prima la fiducia, e poi il resto.
Inoltre non doveva dimenticare che Hermione era utile come alleata, soprattutto in quel momento. Solo pochi giorni prima fonti sicure avevano riferito a Malfoy delle voci piuttosto allarmanti su alcuni piani dei suoi ex compagni, ora fuggitivi e desiderosi di vendetta contro di lui, che a parer loro li aveva traditi.

Dieci minuti dopo Malfoy si trovava nel suo ufficio, insieme a Damian Gould.
Il ragazzo prese posto nella sedia di fronte a lui e lo fissò, ostile e impaurito allo stesso tempo.
Malfoy cercò di dimenticare l’irritazione che quel ragazzo gli aveva provocato avvicinandosi ad Hermione. In fondo, lei restava una sciocca paladina del bene, mentre invece Gould era un giovane ragazzo appartenente alla sua Casa, e dunque molto più degno di attenzione. Nonostante questo, di sicuro aveva bisogno di un po’ di disciplina.
“Spero si renda conto, signor Gould, che il suo comportamento è stato alquanto inadeguato...” cominciò Malfoy freddamente.
“Sì, signore.”
Malfoy lo fissò. L’atteggiamento di quel ragazzo non gli piaceva per nulla. La maggior parte dei Serpeverde si comportavano con riverenza e devozione verso Malfoy, Gould invece sembrava piuttosto indifferente, se non maldisposto.
“Come punizione la aspetto qui ogni sera, per due settimane. Mi aiuterà nei compiti più disparati”. In quel modo, Malfoy avrebbe anche cercato di capire meglio il ragazzo.
“Inutile dire che dovrà scusarsi con la professoressa Granger alla prima occasione. Inoltre mi aspetto che non si verifichino più episodi simili. Sono stato chiaro?”
Gould annuì senza proferire verbo.
“Molto bene. È tutto.”
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e abbandonò in fretta la stanza, lasciando Malfoy a riflettere sul suo strano comportamento.

 
***


La giornata trascorse piuttosto lentamente e finalmente dopo la cena Lucius si ritirò nelle sue stanze.
Come sempre, si diresse per prima cosa verso il mobile in legno del salotto, prelevando un calice e il suo whisky preferito. Appoggiò entrambi sul tavolino di cristallo al centro della stanza.
Rapidamente si diresse in bagno per sostituire i vestiti con l’elegante vestaglia da camera in seta che solitamente indossava.
Infine recuperò un libro, con l’intenzione di rilassarsi sulla poltrona prima di andare a dormire. Ultimamente era tormentato da incubi notturni, in cui veniva catturato e sbattuto ad Azkaban.
Fece appena in tempo a sedersi e aprire il libro che qualcuno bussò alla porta. Indispettito, Malfoy si domandò chi -e perché- osasse disturbarlo a quell’ora, entrando perfino nelle sue stanze private.
La risposta non si fece attendere, quando al secco e svogliato “Avanti!” fece capolino Hermione Granger.
La ragazza, visibilmente imbarazzata per aver interrotto un momento di privacy, balbettò qualcosa sul “chiarire la questione”. Di sicuro non era nei suoi piani trovarlo in vestaglia.
“Accomodati” le fece cenno Malfoy.
Era vagamente incuriosito da quale “questione” esattamente volesse chiarire la ragazza, ma essendo lui il padrone di casa, lo avrebbe fatto solo alle sue condizioni.
Hermione prese posto titubante nella poltrona di fronte alla sua.
“Che punizione ha avuto il signor Gould?” chiese per rompere il ghiaccio, in realtà le importava poco.
Malfoy fece un sorrisetto tirato.
“Una adeguata” disse soltanto.

Hermione sospirò per prendere coraggio: era inutile tergiversare, meglio affrontare subito il problema, anche perché l’ora era già piuttosto tarda.
“Bene. La questione che mi sta a cuore non riguarda Gould. Riguarda lei, signor Malfoy. Vorrei capire... Prima mi invita a ballare, poi si diverte ad esasperarmi; poi mi inchioda al muro ubriaco e il giorno dopo sostiene di non essere cambiato... E ultimamente si comporta da perfetto gentiluomo. Non mi fido affatto di lei, e dal momento che dobbiamo convivere per altri sei mesi, vorrei capire cosa devo dedurre dal suo comportamento?”
“Che il whisky fa fare strane cose” sentenziò Malfoy con un ghigno, chiudendo finalmente il libro e poggiandolo sul tavolino, “a proposito, posso offrire un bicchiere anche a lei, se gradisce...”
La ragazza la guardò perplessa, sospirando di nuovo. Non era così ingenua da aspettarsi veramente che Malfoy fosse collaborativo, tuttavia era valsa la pena di tentare. Sicuramente la gentilezza di Lucius era un piano accuratamente studiato per portarla all’esaurimento ancora una volta. Hermione era quasi certa di questo, ma poiché faceva sempre più fatica a ricordarlo, sperava che una confessione di Malfoy l’avrebbe aiutata a fissarselo in testa.
Di tutto ciò Hermione non disse nulla: avrebbe capito da sola a che gioco stesse giocando Malfoy. Nel frattempo, doveva solo continuare a tenere presente che era un gioco.
“Se il whisky fa fare strane cose, dovrebbe limitarne il consumo” si limitò a sentenziare Hermione.
Malfoy pensò che quella ragazza sapeva essere estremamente irritante. Il whisky era una delle compagnie migliori che avesse. Comunque, se voleva davvero conquistare la fiducia di Hermione, era meglio cominciare a rispondere alle sue domande. Ovviamente non era necessario essere sinceri, bastava essere convincenti.
Con un semplice incantesimo di Appello, Malfoy chiamò a sè un altro calice e ci versò un dito di whisky.
“Insisto...” disse offrendolo alla ragazza.
Lei lo guardò storto per un attimo, poi si arrese e prese il calice dalla sua mano.
Solo quando Hermione lo portò alle labbra, Malfoy si decise a parlare.
“Credo che abbiamo cominciato con il piede sbagliato... Anche se devo dire che non sono io quello che voleva buttare fuori qualcuno dalla scuola e mandarlo ad Azkaban” disse l’uomo con un sorriso affabile.
Hermione arrossì rendendosi conto del suo comportamento infantile.
“Oltre a questo, lei stessa ha detto che dobbiamo convivere altri sei mesi. Quindi ritengo sia meglio avere rapporti più... civili. Il mio comportamento in queste settimane è dovuto a questi due motivi.”

Malfoy vide chiaramente che nonostante le spiegazioni, Hermione continuava a non essere convinta. Avrebbe dovuto impegnarsi molto di più.
Osservò la posizione nervosa della ragazza seduta sul suo divano. Malfoy dovette ammettere che la situazione era strana, ma quasi piacevole. Contro ogni logica, stare in vestaglia da camera a sorseggiare whisky con Hermione Granger di fronte non gli dispiaceva affatto.
Questa considerazione gli diede lo spunto per proseguire il discorso.
“Per quanto io trovi gratificante l’insegnamento, non posso dire altrettanto della compagnia. Di certo mi capirà quando dico che gli altri professori non rientrano particolarmente nelle mie simpatie. Quindi non mi dispiace avere qualcuno un po' più stimolante con cui parlare.”
Non appena disse questo, Malfoy si rese conto con orrore che erano parole più veritiere di quanto gli piacesse pensare.
Anche Hermione sbatté gli occhi, incapace di credere che Malfoy le avesse appena rivelato di apprezzare la sua compagnia.
“In questo caso... Credo che siamo d’accordo. Direi che è meglio lasciare da parte le incomprensioni avute finora e proseguire in modo diverso. Ora sarà meglio che vada.” affermò la ragazza con decisione, alzandosi.
Malfoy la osservò dalla sua poltrona con un sorriso compiaciuto.
“Buonanotte, professor Malfoy...”
“Se per lei non è un problema, potrebbe darmi del tu. Buonanotte.”
La ragazza annuì e aveva già un piede sulla porta, quando Malfoy la chiamò nuovamente.
“Hermione!”
Per la seconda volta, sentire il suo nome pronunciato da lui le fece uno strano effetto.
Apparentemente ignaro di questo Malfoy proseguì.
“Tra due settimane ci sarà il ballo di Natale. Potrei... avere l’onore di accompagnarti? Vorrei rendermi utile, credo che Gould abbia un debole per te. In caso contrario mi limiterò a tenerlo a distanza comunque.” disse con un ghigno divertito.
Hermione fu colta completamente alla sprovvista. Si ritrovò a rispondere affermativamente, senza riuscire ad inventare una qualsiasi scusa. Poi scivolò fuori dalla stanza veloce, prima che potesse accadere qualche altra catastrofe.
Per tutto il tragitto verso la sua stanza Hermione si interrogò sull'accaduto. Sembrava che Malfoy stesse flirtando con lei. E perché la cosa le faceva piacere?




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N. d. A.
Scusate per il ritardo... la settimana è stata più stancante del previsto (spero che il capitolo non ne risenta).
Il prossimo aggiornamento resta comunque domenica. :)
A presto!

 

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Capitolo 7
*** Fuoco Gubraithiano ***



VII. FUOCO GUBRAITHIANO

 



Lo specchio antico nella camera di Hermione le restituì un’immagine in cui lei stessa stentò a riconoscersi.
Il vestito che indossava era magnifico. Merito del weekend imprevisto a Hogsmeade e della commessa di Stratchy&Sons, che aveva avuto un ottimo intuito nel consigliarle proprio quell’abito. La stoffa azzurro chiaro, con veli trasparenti la faceva assomigliare ad un’eterea statua di ghiaccio.
Hermione aveva fatto di tutto per sistemare la sua chioma indomabile e alla fine, guardandosi, si sentì fiera del suo lavoro: i capelli ricadevano sulle spalle in onde morbide e soffici.
Solo nel momento in cui si fissò nello specchio Hermione capì il motivo, inconscio fino a quel momento, per cui aveva impiegato tutte quelle energie nel prepararsi: Lucius Malfoy.
‘Da uomo più odiato del mondo magico ad accompagnatore’ rifletté Hermione, domandandosi come aveva potuto essere così breve quel passo. In fondo erano passati solo tre mesi dall’inizio della scuola.
Una fitta di nostalgia le ricordò gli anni in cui era studentessa: il periodo natalizio era sempre stato un momento felice.
Nonostante la malinconia, essere ancora ad Hogwarts e vivere più o meno la stessa atmosfera di allora le donava un particolare senso di pace e rassicurazione. Dopo la guerra era un sollievo potersi rifugiare nella stabilità che quel luogo le sapeva donare. In fondo, era uno dei motivi principali per cui aveva accettato di tornare.

Hermione gettò uno sguardo all’orologio a cucù appeso alla parete, per assicurarsi dell’ora. Era ancora presto.
Improvvisamente sentì il bisogno di rilassare i nervi. Dal momento che le sue scorte di alcolici non erano rifornite come quelle di Malfoy, richiamò una bottiglia direttamente dalle cucine.
Evitando i liquori, optò per del vino rosso, corposo e dolciastro. Chissà se Lucius avrebbe approvato la sua scelta.
A questa riflessione Hermione inorridì, rendendosi conto che ultimamente Malfoy occupava i suoi pensieri più del normale. Unico lato positivo, era che almeno pareva aver rinunciato al suo proposito di farla diventare matta.
Comunque aveva scoperto che la vicinanza del professor Malfoy poteva vertere a suo favore per quanto riguardava il tenere a bada le odiose Serpeverde e Damian Gould.
Ormai anche Hermione si era convinta che quel ragazzo provasse un qualche interesse per lei.
Con un sospiro sorseggiò l’ultimo goccio di vino e lanciò un’occhiata all’orologio.
Malfoy sarebbe stato lì a momenti.
Ancora una volta la ragazza si chiese cosa le fosse passato per la testa di accettare, ma non fece in tempo a maledirsi che proprio lui bussò alla porta.
Con un sorriso incerto andò ad aprire. Non appena la vide, Lucius non riuscì a nascondere l'espressione di sorpresa e apprezzamento che gli si stampò sul volto solitamente impassibile. Anche Hermione, suo malgrado, si ritrovò ad arrossire compiaciuta per le attenzioni di Malfoy. In fondo quell'uomo aveva giurato di odiarla, o forse lei doveva odiare lui... Ormai non si sentiva più sicura al riguardo.
Fu solo un attimo, subito dopo Hermione tornò al suo colore naturale e Malfoy si riappropriò della solita maschera di indifferenza.
“È magnifico questo abito... Stai molto bene” disse prendendole una mano e sfiorando il dorso con le labbra. Hermione arrossì nuovamente: non era ancora riuscita ad abituarsi né alla galanteria di Malfoy, nè al fatto che le desse del tu.
Tuttavia lui non parve farci caso, le offrì il braccio e cominciò ad incamminarsi lungo il corridoio illuminato dalla luce tenue delle candele. In lontananza si udiva un sottofondo musicale, che si fece sempre più forte man mano che si avvicinarono alla Sala Grande. Evidentemente la festa era appena cominciata.
“Sei fortunata che ci sia io... Non credo che Gould riuscirebbe a starti lontano altrimenti” commentò Malfoy.
Ad Hermione quasi scappò una risata.
“Sarebbe un complimento?” chiese leggermente perplessa.
“No, una semplice constatazione” precisò Lucius.

Quando arrivarono la sala era già piuttosto affollata.
‘Meglio così’ rifletté Hermione sollevata, almeno la sua entrata con Malfoy avrebbe dato meno nell'occhio.
Tuttavia se pensava di passare completamente inosservata si sbagliava di grosso.
Non appena i due professori varcarono la soglia, molti sguardi si puntarono su di loro. In fondo alla sala Hermione notò due familiari occhi, che si strinsero per aguzzare la vista e subito dopo si spalancarono nel vedere chi la accompagnava.
“Dannazione!” sospirò. Non era a conoscenza del fatto che Harry sarebbe stato presente. Per di più con...
“Ginny!” esclamò Hermione, trovandosi improvvisamente davanti una furia dai capelli rossi.
La ragazza ignorò completamente i saluti, puntando un dito contro Malfoy.
“Cosa ci fa lui con te?” chiese in tono minaccioso.
Evidentemente Ginny non condivideva per nulla il punto di vista di suo marito riguardo il pentimento di Malfoy e la necessità di dargli una seconda possibilità.
Harry fu subito accanto alla compagna, e tentò di acquietarla passandole un braccio intorno alla vita e abbassando il dito accusatore.
“Che scenetta graziosa” commentò Malfoy sarcastico.
Ginny scoccò all’uomo un’occhiata di fuoco ed Hermione non poté che ringraziare l’intervento tempestivo di Harry. Ricordava ancora quanto Ginny andasse famosa per le sue Fatture Orcovolanti.
“Lucius, che piacere.” salutò Harry cercando di salvare la situazione.
Per tutta risposta Malfoy lo squadrò con la stessa espressione di malcelato disgusto che aveva riservato a tutti loro fin dal primo incontro a Diagon Alley.
“Magnificamente, Ministro” si limitò a rispondere. Poi si rivolse ad Hermione.
“Desideri qualcosa da bere?”
“Si grazie!” esclamò la ragazza sollevata. A quanto pareva Malfoy aveva abbastanza buonsenso da allontanarsi senza causare danni.
‘I lati positivi degli uomini adulti e garbati' pensò amaramente Hermione, anche se nel caso di Malfoy, “garbato” significava più che altro “subdolo”. In fondo era risaputo quanto quell’uomo fosse un abile manipolatore, non per niente aveva sempre avuto una grande influenza politica al Ministero.
Hermione ripensò anche a Ron e alla sua dote naturale per le scenate pubbliche e umilianti. Il contegno e l’autocontrollo non facevano proprio parte del suo carattere; anzi, spesso saltava a conclusioni affrettate, esplodendo prima di dare agli altri il tempo di spiegarsi.
Subito Hermione si rese conto con disagio di aver appena fatto un paragone tra un ex Mangiamorte e il suo ex ragazzo, e –cosa ancor più preoccupante- il confronto pendeva a favore del primo.

Fu di nuovo Harry a salvarla, interrompendo i suoi pensieri.
“Devi scusarci Hermione, Ginny è in preda a frequenti sbalzi d’umore da quando stiamo cercando di avere un bambino...”
“Harry Potter! Io non sono in preda agli ormoni!” ribatté la moglie, rivolgendogli un’occhiata di disprezzo che la fece assomigliare per metà a Malfoy e per metà a una furiosa Molly Weasley. Hermione ridacchiò di gusto, godendosi il battibecco tra i due. Harry non si era scelto di certo una vita facile sposando Ginny, pur considerando le sue molteplici qualità.
Con uno sguardo afflitto Herry si scusò con l'amica, promettendole che avrebbero parlato in seguito. Poi guidò la compagna verso la pista da ballo, con l’intenzione evidente di farla sbollire.
Solo nel momento in cui Hermione restò sola, si rese conto di non aver detto a Malfoy cosa prenderle da bere. Probabilmente in pochi attimi sarebbe tornato e lei avrebbe dovuto adattarsi.
Ben presto la ragazza notò che molti studenti guardavano nella sua direzione e questo la fece sentire leggermente a disagio. Cercò di confortarsi convincendosi che stavano ammirando il vestito, e non la sua capacità di far dileguare tre persone in meno di un minuto.
Si guardò intorno sperando di trovare qualcuno con cui chiacchierare, ma a quanto pareva tutto il corpo insegnanti era già impegnato.
Come se tutta la situazione non fosse già abbastanza inconsueta, si rese conto di qualcun altro che la fissava intensamente dall’altro lato della sala. Gould la stava squadrando con uno sguardo che non prometteva niente di buono.

Per la prima volta Hermione prese in considerazione di andare spontaneamente a cercare Lucius, anche se probabilmente ciò significava cercare rifugio nella tana del lupo. O del serpente, vista la situazione.
Come se avesse sentito i suoi pensieri, lui comparve qualche secondo dopo proprio dietro a Damien Gould, reggendo due bicchieri.
Hermione li osservò conversare fittamente per qualche minuto, ma non riuscì a intuire nulla di ciò che si stavano dicendo. Purtroppo la musica era alta, e loro erano dalla parte opposta della sala.
In ogni caso, pareva che Gould non fosse molto contento. Alla fine il ragazzo le scoccò un’ultima, strana occhiata e si allontanò in fretta.
Malfoy fu subito da lei, offrendole uno dei due bicchieri.
A questo punto Hermione non poté fare a meno di sentirsi sollevata per essere di nuovo in compagnia, sebbene si trattasse di Lucius. Trovarsi da soli alle feste non era mai una situazione piacevole.
“A cosa brindiamo?” chiese l'uomo con un sorrisetto.
“Alla nostra nuova, finta amicizia” rispose Hermione, non resistendo all'impulso di metterlo alla prova.
Tuttavia Malfoy non reagì. Con il solito ghigno impassibile fece tintinnare il bicchiere contro il suo.
In realtà Hermione moriva dalla voglia di chiedergli di cosa avesse parlato con Damian Gould, ma cercò di trattenersi, improvvisamente desiderosa di bere.
Avvicinò il bicchiere alle labbra e ne sorseggiò in fretta il contenuto, cominciando a tossicchiare subito dopo. Si rese conto troppo tardi che era qualcosa di forte, molto più forte della classica burrobirra che prendeva da studentessa.
“Tutto bene?” le domandò Malfoy.
“Credo di sì” lo rassicurò la ragazza col fiato mozzo.
Non era affatto abituata a bere whisky, ma non avendogli detto cosa prendere doveva adattarsi.
Forse, considerata la situazione, era meglio così: magari qualcosa di alcolico l’avrebbe aiutata a superare la serata. Hermione sperava vivamente che potesse concludersi meglio del Ballo di Inizio Anno, anche se l'inizio non era dei migliori.
Quando entrambi ebbero il bicchiere vuoto, Malfoy le tese una mano, invitandola a ballare.
Hermione accettò, riuscendo a superare la titubanza probabilmente per merito del whisky, il quale aveva contribuito a darle un po’ di coraggio.

Malfoy la condusse galantemente in mezzo alla pista da ballo, mano nella mano come di rito, e stranamente la cosa non infastidì.
Quando furono al centro della sala, Hermione cominciava già a vedere le cose da una nuova prospettiva, molto più leggera e annebbiata. Senza troppe remore appoggiò la mano sulla spalla di Lucius, come se fosse la cosa più naturale. Solo quando lui le passò un braccio attorno alla vita ebbe un brivido freddo, ma scacciò immediatamente ogni esitazione lasciandosi andare alla musica.
Dopo pochi attimi Hermione, incurante delle persone attorno a loro, chiuse gli occhi affidandosi completamente a Lucius, che in quanto a balli sapeva il fatto suo.
Proprio in quel momento Minerva McGranitt li scorse. Sorridendo incredula e compiaciuta, fece un cenno a Lumacorno, che a sua volta si girò a guardarli.
Malfoy le fece il resoconto della situazione all'orecchio.
“Credo che gli altri professori ci trovino una coppia interessante” sibilò Lucius, “la Cooman ha appena fatto cadere a terra una bottiglia per la sorpresa e la Preside si sta allungando sopra a Lumacorno per vedere meglio. Temo che per colpa nostra potrebbe avere dei crampi al collo.”
La cosa divertì parecchio Hermione, che riaprì gli occhi per godersi la scena. In realtà tutti i presenti lanciavano loro sguardi incuriositi, pensando di non essere visti. I due professori non erano di certo una coppia che passava inosservata, e soprattutto era incredibile vederli andare d’accordo.
Tutto sommato Hermione fu contenta del suo accompagnatore. Si lasciò guidare senza problemi un ballo dopo l'altro, rilassandosi sempre di più.
“Abbiamo fatto progressi” commentò Malfoy ad un tratto, procedendo a passo di valzer lungo la pista.
“A quanto pare... Siamo l’attrazione principale della festa” constatò Hermione con un sorrisetto divertito.
“Tu lo sei. Sei incantevole. Non c’è ragazzo in questa sala che riesca a toglierti gli occhi di dosso. Soprattutto il signor Golud, pare si sia preso un bella cotta per te”.
Hermione arrossì. Avevano forse parlato di quello prima?
Non era affatto abituata a ricevere tutte quelle attenzioni. La sua mente volò ai tempi della scuola e involontariamente fece un altro paragone. Ron non l’aveva mai invitata a ballare, odiava ballare. A dire il vero non l’aveva mai invitata in generale, perché all’unico ballo della sua carriera scolastica era andata con Viktor Krum. Ron non l’aveva neanche tenuta in considerazione, salvo alla fine quando mancavano pochi giorni alla festa e si era reso conto di essere ancora senza dama. A quel punto però Hermione era già stata invitata da Viktor, e Ron aveva anche avuto il coraggio di metterle il muso per tutta la sera.
Niente a che vedere con Lucius, rifletté. Evidentemente era esperto, chissà che feste aveva organizzato insieme a sua moglie nella loro enorme villa. Immaginava quante persone importanti avesse ospitato in tutti quegli anni e quanti legami influenti avesse stretto in quella maniera.

Improvvisamente Hermione provò una certa ammirazione per Malfoy. Era evidente che aveva molte qualità, nonostante avesse scelto una strada completamente sbagliata. O forse erano gli effetti dell’alcol che lo facevano sembrare così interessante.
In effetti la ragazza non si sentiva completamente stabile, e per precauzione si strinse a Lucius. In compenso lui non disdegnò per niente quel contatto ravvicinato.
Dopo innumerevoli balli, Malfoy sciolse la presa sui suoi fianchi.
“Credo sia meglio fermarsi” le sussurrò all’orecchio con voce leggermente roca.
Hermione lì per lì si sentì persa e le dispiacque doversi staccare dal suo sostegno.
Decisamente il whisky aveva avuto il suo effetto, e anche se non era completamente ubriaca, ondeggiò un po' quando si ritrovò a doversi reggere in piedi da sola.
Malfoy le fu subito accanto, passandole galantemente un braccio attorno alla vita. La accompagnò al tavolo più vicino, in cui erano seduti anche Harry e Ginny.
“Ti lascio in compagnia dei tuoi amici... Pare che la piccola Weasley non sopporti la mia presenza.” sogghignò Lucius maligno.
In effetti Ginny li aveva fissati con occhi truci per tutto il tempo. Non si fidava affatto di quell’uomo e non le piaceva il modo in cui guardava la sua migliore amica. Tuttavia Hermione non sembrava averci fatto caso, anzi, si era completamente abbandonata tra le braccia di lui, con aria di gradire la cosa per di più.
D'altro canto Ginny aveva le sue buone ragioni: a dodici anni Malfoy l’aveva quasi fatta ammazzare, e si era salvata per un pelo solo grazie ad Harry.

Hermione prese posto accanto a lei, felice di poter godere della stabilità della sedia.
Dopo qualche minuto, i tre si ritrovarono a parlare come non facevano da tempo.
“Una volta la ragazze non erano così sfacciate!” commentò Ginny a un certo punto. Hermione si guardò attorno chiedendosi cosa avesse infastidito l'amica, e solo in quel momento notò numerosi capannelli di ragazze posizionate attorno a loro che lanciavano occhiate civettuole ad Harry.
Hermione la comprendeva perfettamente, tuttavia evitò di dire che aveva notato lo stesso comportamento nei confronti di Malfoy e che la cosa cominciava ad irritarla.
Le folle di ragazzine adoranti erano molto comuni nella scuola e pareva un tratto tipico delle nuove generazioni di studentesse.
Ginny ricambiava con sguardi infuocati.
“Vado a prendermi qualcosa da bere” annunciò ad un tratto, “per favore, fai la guardia ad Harry”.
Hermione rise di gusto.
“Penso di sapere come difendermi!” protestò lui con un sorriso.
“Non è quello che mi preoccupa... Il problema non è riuscire a difendersi, ma volere” specificò Ginny maliziosa, sbattendo le ciglia in una fedele imitazione delle ragazze attorno a loro.
Il ragazzo tirò un sospiro non appena Ginny si fu allontanata.

“Come mai sei qui, Harry?” chiese di colpo Hermione, fendendo definitivamente la piacevole patina di nebbia creatasi nella sua testa a causa del whisky.
“In qualità di Ministro della Magia. Visti i precedenti con Caramell mi è sembrato necessario dimostrare che Hogwarts ha il completo appoggio da parte del Ministero, e che ci sono stretti rapporti collaborativi. Quindi ogni anno partecipo in veste ufficiale almeno a uno dei tre Balli della scuola.”
Hermione annuì entusiasta, ricordando tutti i precedenti fastidiosi tentativi del Ministero di intromettersi negli affari di Hogwarts.
“Sei davvero un bravo Ministro, Harry! In effetti, il migliore che abbia mai conosciuto” disse Hermione con un sorriso gratificante.
“E tu, invece?” chiese a sua volta Harry con un sorrisetto, “mi par di capire che hai appianato le tue divergenze con Malfoy”.
“Oh... Sì. Credo di sì. O meglio... non capisco quale sia il suo secondo fine -perché sono sicura che ne abbia uno- ma ultimamente si comporta in modo molto gentile con me. Quindi cerco di essere civile” spiegò Hermione, ben consapevole che era solo un parte di verità.
Il resto era troppo inconfessabile anche a se stessa.
“Sono contento! Non ci speravo, visto quanto eri agguerrita quando sei venuta al Ministero. Non sai che orgoglio per me offrire una lezione alla professoressa Granger...” la prese in giro lui.
“Oh... Stai zitto Harry!” ribatté Hermione con un sorriso.
L'espressione dell'amico però si fece seria.
“Davvero Hermione, sono felice che tu riesca ad accettare Lucius. Però Ginny ha ragione quando dice che non dovresti passare molto tempo con lui...”
La ragazza gli rivolse uno sguardo confuso.
“Ma Harry! Sei stato proprio tu il primo a convincermi...” ribatté avvilita.
“Ti ho convinto a cercare di capirlo, non a sceglierlo come migliore amico o andarci insieme ai balli. Io sono sicuro che sia cambiato e che sia pentito delle azioni orribili che ha commesso. Questo però non significa che sia una buona compagnia, o che sia... affidabile.”
Hermione fissò l'amico risentita e incrociò le braccia.
“Mi credi davvero una sprovveduta, Harry? Come ho detto prima, non mi fido di lui. Non c'è bisogno che tu mi protegga, anche perché davvero, Malfoy non è un problema.” rispose con decisione.
Harry sorrise nel vedere la tipica caparbietà dell'amica.
“Volevo solo esserne sicuro” specificò. Poi aggiunse abbassando la voce: “Comunque non è solo Malfoy il problema...”
“Che cosa intendi?” incalzò Hermione, vedendo che lui era restìo a parlare.
“Sono informazioni riservate, non dovrei rivelarle...” si accinse a spiegare Harry.
Hermione non si preoccupò a questa premessa: conosceva perfettamente l'amico e la sua propensione ad infrangere le regole. Infatti non dovette aspettare molto che Harry proseguì.
“Da quando si è pentito Malfoy ha dei nemici, Hermione. I suoi ex compagni non sono molto contenti del suo operato. Alcuni sono ancora in libertà... Il Ministero fa di tutto per trovarli, ma per ora i tentativi sono stati vani. Di conseguenza Malfoy è sempre in pericolo, per questo non credo sia saggio avvicinarsi troppo a lui. Rischieresti di diventare un bersaglio, tuo malgrado.” spiegò Harry a voce bassissima.
Hermione spalancò gli occhi. Immaginava che Malfoy non godesse delle simpatie dei Mangiamorte rimasti, ma non pensava che fossero così determinati a punirlo.

La conversazione fu interrotta proprio dall'arrivo di Lucius, che comparve dietro di loro. Entrambi i due ragazzi si voltarono a guardarlo, ma lui non diede segno di aver intuito nulla del loro discorso.
“Hermione” disse con voce vellutata, “Mi concederesti l'ultimo ballo?”
La ragazza restò ammutolita per qualche secondo, indecisa sul da farsi. Le nuove rivelazioni di Harry avevano complicato ulteriormente la situazione.
Alla fine decise di accettare, e si alzò rispondendo con un sorriso tremolante allo sguardo eloquente dell'amico.
Fortunatamente almeno il whisky pareva aver esaurito il suo effetto.
“Devi scusarmi” tentò di giustificarsi Hermione, “non sono abituata a ballare così tanto. In genere, quando ero studentessa, gli accompagnatori non erano entusiasti come te di lanciarsi nelle danze...”
Sul volto di Lucius si dipinse un'espressione compiaciuta. Era perfettamente consapevole sia della sua bravura, sia di quanto le donne amavano essere condotte sulla pista da ballo.
“Non hai scelto i compagni adatti allora” disse semplicemente Malfoy, mentre muovevano i primi passi.
“Mhh... Ron aveva molte qualità, ma il ballo...”
Hermione chiuse di colpo la bocca, incredula di essersi fatta scappare quel tipo di dettagli sulla sua vita.
“Weasley?” chiese Lucius, evidentemente curioso di sapere chi fosse tale imbranato.
Hermione annuì, cercando di chiudere l'argomento.
“Ho sempre pensato che fosse un'idiota, e questa è una conferma” sogghignò l'uomo.
“Io non mi sarei mai lasciato sfuggire una ragazza come te” aggiunse a voce bassa nell'orecchio di Hermione, la quale arrossì di colpo.

A salvarla furono le note prolungate della musica, che avvisavano della fine imminente del ballo.
Malfoy la tenne stretta fino all'ultimo, esibendosi in un plateale casquet che la fece quasi sfiorare il pavimento di marmo.
Pochi secondi dopo Hermione si incamminò verso le sue stanze, senza nemmeno salutare Harry e Ginny: di sicuro l'avrebbero perdonata.
Per tutto il tragitto non fece altro che rimuginare sui sentimenti contrastanti che cozzavano l'uno contro l'altro dentro al su cuore.
Aveva già avuto modo di riflettere sul fatto che era bravissima a studiare interi libri, e sui libri si imparavano di certo molte cose ma non come relazionarsi con gli altri.
Rimpiangeva amaramente l'assenza di quel tipo di materiale di studio. Ormai aveva accettato come un dato di fatto la sua attrazione per Lucius; ma avrebbe tanto voluto capire il perché e cosa ciò implicasse nel rapporto con lui. Non era certa di come comportarsi nei suoi confronti, oltre che essere combattuta per provare sentimenti inappropriati verso un ex Mangiamorte. A tutto ciò si aggiungeva la situazione pericolosa in cui Lucius era invischiato e il fatto che fossero colleghi.
Non appena arrivò in camera, Hermione si lanciò sul letto, sprofondando il volto nel cuscino.
Si sentiva come la Cenerentola di una pessima fiaba, dopo aver scoperto che il suo principe in realtà è omosessuale.


 
***



Ben presto arrivò la mattina di Natale. Come molti degli insegnanti, Hermione era rimasta ad Hogwarts e quando si svegliò non fu affatto sorpresa di trovare un gran numero di pacchetti ai piedi del letto.
Con gioia infantile cominciò subito ad aprire i suoi regali. Per primo decise di scartare quello dei suoi genitori, che si rivelò essere uno dei nuovi best seller del mondo Babbano.
Seguì il solito lavoretto a maglia di Molly, un profumo da parte di Harry e Ginny e perfino una scatola di biscotti dalla Preside McGranitt. Nulla da parte di Ron, ma in fondo ne era certa.
Rapidamente agguantò l’ultimo regalo. Il bigliettino recava soltanto una scritta elegante: “Hermione”.
Rigirò tra le dita il leggero pacchetto per diverso tempo, prima di cedere alla curiosità e decidersi a scartarlo.
Piano piano spuntò un portagioie antico e rifinito con gusto. Hermione restò ad ammirare la fattura pregiata di quel cofanetto prima di curiosare all'interno.
Sollevò con cura il coperchio e scoprì una catenina d'oro adagiata sul velluto rosso.
La prese in mano e la rigirò un po' tra le dita, osservando lo strano ciondolo infilato in essa.
Era come un'ampolla di vetro, contenente quella che pareva essere una fiammella.
Dovette rimuginare un bel po' di tempo per capire cosa fosse. Solo dopo qualche minuto, le tornò in mente una lezione del professor Vitiuos, e finalmente riuscì ad intuire di cosa si trattava.

Quel piccolo ciondolo di vetro conteneva Fuoco Gubraithiano, la cui caratteristica era di ardere in eterno. Hermione si rese conto di avere tra le mani un oggetto estremamente prezioso. Ricordò che il suo professore di Incantesimi aveva menzionato un paio di volte quel particolare tipo di fuoco, spiegando che solo pochissimi maghi esistenti erano in grado di evocarlo. Attraverso il vetro, la piccola fiammella scoppiettava allegramente ed emanava un tenue calore.
Anche senza contare l'oro in cui era incastonato il ciondolo, quella collana valeva più di tutti i suoi averi messi insieme.
Hermione provò ad indossarla: la catenella era piuttosto lunga, e faceva cadere il ciondolo proprio nei pressi del cuore. Immediatamente si sentì invadere da una piacevole sensazione di conforto e sicurezza, a conferma della sua ipotesi che quell'oggetto fosse stregato.
Non c’era alcun segno che indicasse chi era il mittente, ma era quasi certa che si trattasse di Lucius. Chi mai aveva così tanti soldi da spendere per un semplice regalo di Natale? Inoltre sembrava proprio uno di quei tipi di manufatti che si poteva trovare da Magie Sinister e nel corso degli anni Hermione aveva avuto modo di imparare -in situazioni poco piacevoli- che quello era il luogo preferito da Malfoy per gli acquisti.
Nel momento stesso in cui pensò di chiederglielo, cambiò idea. Sarebbe morta di imbarazzo se lui le avesse detto che il regalo non era affatto da parte sua. Anche se avevano condiviso un ballo e qualche conversazione civile, non riusciva proprio a credere che un Malfoy potesse fare doni a lei.
In caso contrario avrebbe fatto comunque brutta figura: primo perché lei non era stata altrettanto gentile da ricambiare il pensiero, e secondo perché scambiarsi regali natalizi con Malfoy sembrava altamente inappropriato.

Dopo innumerevoli riflessioni, Hermione decise di tenere il regalo e fare finta di niente. In fondo, se il proprietario aveva mantenuto l’anonimato c’erano di sicuro dei motivi. Magari si sarebbe fatto vivo da solo. Magari poteva essere anche Damian Gould, pensò inorridita.
A quanto ne sapeva i rampolli di Serpeverde venivano tutti da famiglie piuttosto benestanti, anche se non ricche quanto i Malfoy.
Sperando di scoprire presto qualcosa di più, Hermione si avviò pensierosa verso la Sala Grande.




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N. d. A.

Come sempre, la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. :)
Volevo pubblicare in tempo e invece eccomi in stra ritardo.
A mia discolpa devo dire che è stata una settimana veramente dura, e non ero proprio dell'umore per mettermi a scrivere e correggere.
Chiudo in fretta anche questo capitolo, anche se di sicuro potrei fare qualcosa per migliorarlo. Se sto a rimuginarci troppo però non finisco più.
In questo pezzo non accadono molte cose, ma ci sono alcuni importanti indizi che lasciano intuire come proseguirà la storia. Nel prossimo capitolo vi prometto molta azione invece.
A questo punto non mi sbialancio più sulla prossima data di pubblicazione, ma di sicuro sarà molto presto. :)

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Capitolo 8
*** L'agguato - parte 1 ***


VIII. L'AGGUATO - Parte 1


Eccomi qui, rediviva, non ancora laureata ma con un grosso grosso peso in meno. Non sto a raccontarvi i dettagli.
Spero di riscattarmi con questo capitolo, credo sia il più lungo che ho scritto finora. Inoltre, tra le altre cose, ho passato l'estate a leggervi (voi, le vostre ff)... insomma, ho fatto la lettrice e spero di aver imparato qualcosa ed essere migliorata.
Tra l'altro ho trovato un sito molto bello in cui è analizzato in dettaglio lo stile della Rowling (Lunga vita alla regina), e credo sia utilissimo per capire meglio come si scrive un racconto.
Quindi, bando alle ciance.
La memoria fa acqua da ogni parte... Per quelli come me, propongo un breve riassunto, immagino sia traumatico ricominciare all’improvviso senza ricordare nulla.
 

Qualche anno dopo la guerra Hermione accetta di insegnare ad Hogwarts. Qui incontra qualcuno che non si sarebbe mai aspettata: Lucius Malfoy non solo non è ad Azkaban, ma insegna Difesa Contro le Arti Oscure. Nonostante il parere positivo della Preside McGranitt e degli studenti, Hermione non crede affatto che Malfoy sia cambiato come vorrebbe far sembrare. I due hanno ripetuti scontri, e Malfoy pare ricambiare l'odio della ragazza. Solo dopo che Harry spiega all'amica ciò che è successo a Lucius dopo la guerra, lei comincia a vedere l'uomo sotto un'altra luce. Piano piano si crea un equilibrio, tanto che Malfoy le chiede di accompagnarlo al Ballo di Halloween. Tuttavia è veramente cambiato? Sono più veritiere le sue parole o le sue azioni? Hermione è confusa al riguardo, perché Malfoy prima dimostra di odiarla, poi sembra volerla corteggiare e infine si mostra solo cordiale.
Inoltre, Hermione ha qualche problema con Damien Gould, studente di Serpeverde che per qualche motivo pare averla presa di mira. A Natale riceve un ciondolo di Fuoco Gubraithiano, ma non trova nessun indizio sul mittente...
 
 
Il periodo natalizio fece rivivere a Hermione l’atmosfera della sua infanzia, in particolare le vacanze che aveva trascorso al castello e non con i suoi genitori.
Le parve di essere precipitata indietro nel tempo, tanto che ebbe l’impressione che Harry e Ron potessero entrare da un momento all’altro per fare colazione al tavolo di Grifondoro. Una fitta di malinconia la portò ancora una volta a riflettere su qualcosa che si era affacciato spesso nella sua mente in quegli anni: usare una giratempo. L’idea di poter salvare Fred, Remus, Tonks e addirittura Piton la tentava sempre immensamente. Riusciva a trattenersi solo grazie ad un ferreo autocontrollo; nonostante il doloroso desiderio di cambiare il passato Hermione aveva la consapevolezza che anche così non avrebbe potuto controllare il corso degli eventi. Il rischio di provocare danni irreparabili e ben peggiori di quelli subiti la spaventava abbastanza da rinunciare. Durante il suo terzo anno la professoressa McGranitt aveva messo perfettamente in chiaro quel punto: modificare il passato poteva avere imprevedibili e devastanti conseguenze sul futuro. Anche con le migliori intenzioni, c’era il rischio di causare la vittoria di Voldemort invece che quella di Harry.
Con gli anni il dolore si era acquietato, trasformandosi in un sentimento dolceamaro, assopito per la maggior parte del tempo e pronto a riemergere durante le feste e nei momenti in cui si supponeva tutti dovessero gioire insieme. Tuttavia quel Natale, per la prima volta dopo sei anni, Hermione riuscì quasi a dimenticare le amarezze della guerra. Senza nemmeno accorgersene si ritrovò cullata dall'atmosfera festosa di Hogwarts. Il profumo dei ceppi ardenti nei caminetti e dei biscotti fatti dagli elfi le scaldarono il cuore più di ogni altra cosa, facendola sentire a casa.
Anche il Whisky Incendiario contribuì notevolmente a scacciare i pensieri. La sera del 25 dicembre Hermione aveva bussato alle stanze di Malfoy con una bottiglia in regalo. Non era affatto certa che il ciondolo di Fuoco Gubraithiano fosse uno suo dono, ma in fondo non le era dispiaciuto ricambiare con un gesto cordiale.
 
La mattina in cui Hagrid uscì dalla Sala Grande trascinando dietro di sé un enorme abete riccamente addobbato, Hermione capì che le vacanze stavano per terminare.
“Ho qualche annuncio da fare” disse ad alta voce la McGranitt, facendo cadere nel silenzio la Sala Grande.
“Tra due giorni ricominceranno le lezioni. Domani mattina gli studenti che sono tornati a casa per le vacanze prenderanno l'Hogwarts Express e saranno qui in serata. A quelli che sono ancora qui -i suoi occhi passarono in rassegna i pochi ragazzi seduti ai tavoli- consiglio di cominciare già da oggi a prepararsi per la ripresa dell'attività scolastica.
Da domani non saranno più tollerati Fuochi d'Artificio Weasley e scorribande varie”.
Le labbra della McGranitt si fecero sottili quando posò lo sguardo su Damien Gould. Lucius Malfoy le aveva riferito una serie di episodi spiacevoli che avevano richiesto provvedimenti.
“Per quanto riguarda il corpo docenti invece, questa sera siete tutti convocati per una breve riunione dello staff. Buona colazione a tutti”.
Non appena la McGranitt si risedette sul suo trono dorato, il cicaleccio nella sala si alzò di nuovo allegramente.
Di fianco ad Hermione, Lucius Malfoy sbuffò, ricevendo dalla ragazza uno sguardo interrogativo.
“Odio le riunioni dello staff” confessò a bassa voce allungandosi verso di lei. “Non so perchè è necessario perdere tempo a ripetere sempre le stesse cose. I turni per pattugliare i corridoi e gli orari delle lezioni saranno gli stessi da millenni. Sicuramente da quando ero studente io.
Per non parlare di quello che ricade sotto la dicitura di 'varie ed eventuali'”.
“Conosci la Preside, è molto rigorosa per quanto riguarda le regole” rispose Hermione con un sorriso.
“Signorina Granger, dal momento che fai parte degli insegnanti potresti cominciare a chiamarmi per nome” si intromise la McGranitt. Poi si rivolse a Malfoy: “In quanto a insofferenza alle riunioni mi sembra di rivedere Severus”. La voce le si incrinò nel pronunciare il nome del suo ex collega. “E direi che vi siete appena candidati per il primo turno di pattugliamento” aggiunse con voce tagliente, tuttavia le scappò un sorrisetto.
Malfoy fece una smorfia per tutta risposta.
“Dovrò rimettermi in forma, non sono più abituato alle notti passate al freddo vagando per i corridoi” commentò sarcastico. “Ti andrebbe una passeggiata, Hermione?”
 
Il castello e il parco erano ricoperti di una coltre bianca, come una coperta candida e luminosa che sembrava proteggere ogni cosa.
La vita pulsava sotto di essa, pronta a rinnovarsi. Hermione non potè che sentirsi in sintonia con quell’inverno, così freddo eppure così promettente per una nuova rinascita.
“Hogwarts sembra veramente un castello incantato in inverno” sussurrò ammirata.
“Hogwarts è un castello incantato” la corresse Malfoy.
Anche dopo anni le origini babbane di Hermione influenzavano la sua visione del mondo magico: si stupiva spesso di molte cose a cui si supponeva fosse ormai abituata.
“Solo per quelli nati da maghi come te è perfettamente normale che un castello sia incantato” spiegò. “Per i nati Babbani la magia esiste solo nelle favole... e Hogwarts sembra una di quelle.”
“L'osservazione è carica di teoria” commentò Malfoy.
Ancora una volta Hermione alzò gli occhi su di lui con espressione interrogativa. Per un momento la visione di Lucius la lasciò spiazzata, facendole dimenticare la domanda. I capelli biondissimi brillavano insieme ai riflessi della neve, spostandosi lievemente indietro ad ogni passo. Hermione si ritrovò ad ammirare i tratti decisi del suo volto, di fattura aristocratica. Non lo aveva mai visto abbassare il mento: sin dal suo primo incontro aveva notato come Malfoy mantenesse sempre una postura perfettamente diritta, cosa che aumentava l'impressione di essere guardati dall'alto in basso. Il suo profilo stagliato sullo sfondo di Hogwarts le ricordò Oberon, il re delle fate.
“Scusa” disse affannosamente, accorgendosi di colpo che lo stava fissando in silenzio. “Non credo di aver capito quello che hai detto”.
“Osservazione carica di teoria” ripeté Lucius, le labbra tirate in un sorrisetto soddisfatto.
“Dovrebbe essere qualcosa che conosci, si tratta di filosofia babbana. Per quanto riguarda la conoscenza e lo studio della mente i Babbani hanno sicuramente il primato. Su questo aspetto noi siamo anni luce indietro, penalizzati dal fatto che possiamo ottenere dalla mente ciò che vogliamo con incantesimi, pozioni e Legilimanzia.” disse pensoso.
“Di che filosofo parli?” chiese Hermione con interesse.
“Una serie di filosofi in realtà, ma in particolare Hanson. Aveva ipotizzato che la nostra visione del mondo, ciò che osserviamo, è condizionato da un contesto teorico di cui siamo inconsapevoli. Inoltre anche dal momento in cui ne diventiamo consapevoli non riusciamo a svincolarci da esso.”
“Continua...” lo invitò Hermione interessata, “puoi farmi un esempio?”
“Pensa alle lettere dell'alfabeto. Una lettera scritta su una pergamena. Un cinese vedrà dei graffi fatti a penna che non significano nulla. Tu invece vedi una A. E non puoi fare a meno di vedere una A: qualsiasi cosa tu leggerai vedrai sempre delle lettere, mai dei trattini neri fatti a penna. Il tuo cervello codifica automaticamente quei trattini come lettere, anche quando sono fatti male... fortunatamente per alcuni studenti” aggiunse con una smorfia.
Hermione annuì impressionata. Lucius si confermava un compagno di conversazione incomparabile.
“Dunque, visto che sono cresciuta tra Babbani non riuscirò mai a non stupirmi della magia.” concluse per lui.
“Credo che per quello ci sia un ampio margine di apprendimento” disse Malfoy con un sorrisetto. “Ti sei già abituata alle piccole cose, solo quelle più grandi ti stupiranno. Comunque la bellezza di Hogwarts incanta anche me” aggiunse fissandola negli occhi. Hermione distolse subito lo sguardo, per paura che lui vi leggesse quanto piacere provava nel passeggiare con lui. La sua voce ruvida e profonda sembrava la colonna sonora perfetta per quel paesaggio quieto.
 
 
Hermione adorava la sonnolenza invernale, perfino il tempo pareva rallentato. Dalla sua finestra il panorama era dominato dal platano picchiatore, con i rami piegati sotto il peso della neve. Si godette appieno quel periodo, passando frequentemente dal caldo accogliente del castello al freddo pungente delle passeggiate con Lucius.
Poi, impercettibilmente, le giornate cominciarono a farsi di nuovo più lunghe. Una moltitudine di rigagnoli di neve sciolta corsero lungo il prato formando le prime pozzanghere.
Ogni cosa parve scuotersi da torpore invernale e tornare alla vita.
Hermione per la prima volta dopo molto tempo poté affermare di sentirsi felice. Si alzò lentamente dal divano e si diresse verso il caminetto, che scoppiettava allegramente. Con un colpo di bacchetta spense ogni candela, facendo sprofondare la sua stanza nel buio della sera tarda. Poi prese una manciata di polvere e fece cadere nel fuoco. Non appena le fiamme si colorarono di verde, Hermione vi entrò pronunciando ad alta voce: “stanze di Lucius Malfoy”.
Un secondo dopo comparve nell'elegante salotto di Malfoy.
“Di nuovo qui” la salutò lui dal divano, con la voce roca di chi era in silenzio da tempo. “Non riesci più a stare senza di me o hai sviluppato anche tu una dipendenza dal whisky?” chiese in tono arrogante.
Hermione sorrise, occupando l'altro posto sulla poltrona.
“Sai già la risposta” disse Hermione allungando un braccio.
Malfoy sbuffò con sdegno, ma immediatamente richiamò un altro bicchiere e lo riempì di whisky invecchiato, ponendolo nella mano tesa di Hermione. Ormai anche lei aveva imparato ad apprezzare il gusto forte e amaro del liquore, e non solo. Si era così abituata alla compagnia di Lucius che quasi ogni sera si recava nei suoi appartamenti per parlare un po' prima di dormire.
“Comunque ti ricordo che hai cominciato tu” disse a Malfoy dopo aver bevuto il primo sorso.
“A fare cosa?” chiese lui strascicando le parole.
“Ad invitarmi qui. E a presentarti nel mio salotto la mattina presto per chiedermi di fare una passeggiata”.
Lucius la fissò un momento e poi alzò galantemente il bicchiere in un silenzioso brindisi. Hermione non poté fare a meno di osservare la sua postura rilassata e l'elegante vestaglia di raso verde smeraldo che gli fasciava un corpo perfetto. Solo dopo aver ostinatamente negato per settimane, Hermione era riuscita ad ammettere a se stessa che si sentiva attratta da lui. Nonostante gli inviti iniziali fossero stati effettivamente di Malfoy, Hermione poi aveva continuato a presentarsi. Apprezzava le serate placide passate davanti al caminetto con un libro, del whisky e un uomo affascinante.
 
Il suo rapporto con Malfoy pareva essersi stabilizzato. Lui non aveva più tentato nè di sedurla, né di irritarla. Si limitava a bussare alla sua porta, di mattina presto o al pomeriggio, per invitarla a passeggiare.
Quasi ogni sera era Hermione invece ad andare da lui, con la scusa che il suo whisky era della marca migliore.
Aveva anche preso l’abitudine di portare al collo il ciondolo col fuoco Gubraithiano; in qualche modo si sentiva più sicura e tranquilla quando lo indossava, come se potesse scioglierle il gelo del cuore.
Tuttavia non era riuscita a scoprire chi fosse il responsabile di quel regalo così prezioso. Durante le sue prime visite nel salotto privato di Lucius, aveva fatto in modo di mettere il ciondolo in vista sopra la maglia. Lo aveva anche rigirato tra le mani, giocandoci appositamente sotto il suo sguardo, in modo che lo notasse.
Eppure lui non aveva mai fatto alcun commento, nè dato segno di riconoscere l’oggetto.
 
Con l’arrivo di marzo, l’inverno giunse al termine. Il platano picchiatore scrollò prepotentemente i rami, creando ai suoi piedi dei cumuli di neve.
Anche nel mondo dei maghi l’otto di marzo era d’uso festeggiare le donne. Quel giorno gli elfi si prodigarono per addobbare la Sala Grande con rametti di mimosa e tutto il castello fu allietato dal profumo di quel caratteristico fiore giallo.
Come già accaduto molte volte, alla mattina Malfoy si presentò davanti alla porta di Hermione, bussando piano.
La ragazza era già in piedi dalle prime ore del giorno per preparare le lezioni e si precipitò subito ad aprire, riconoscendo il tocco educato di Lucius.
“Buongiorno” salutò lui con la voce ancora intorpidita dal sonno.
Mezza assopita, Hermione ci mise un po' a rendersi conto che Lucius aveva teso la mano e la stava porgendo una rosa.
“Per te.”
Presa in contropiede, Hermione indugiò in un silenzio imbarazzato. Nella sua mente, le parole sembravano svanite nel nulla.
“Non preoccuparti, ho avuto cura di togliere tutte le spine” disse lui con un ghigno, sapendo benissimo che non era quello il motivo per cui Hermione esitava.
“Oh” rispose lei. Le era parso in alcune occasioni, prima di Natale, che Lucius si divertisse a flirtare con lei. E nonostante non lo ammettesse, la cosa non le era dispiaciuta.
Tuttavia da alcuni mesi parevano aver trovato un nuovo equilibrio e lui non aveva più dato segno di interesse, se non per qualcosa che fosse solo amicizia. Di conseguenza anche lei si era abituata a quel nuovo rapporto, che trovava molto più rassicurante. Per questo si ritrovò impreparata al quel gesto.
Alla fine Hermione prese la rosa e si decise a far entrare Malfoy, indicandogli di accomodarsi sul divano. Lui prese posto con la consueta tranquillità, perfettamente a proprio agio. Hermione si diresse verso la credenza, cercando un vaso adatto. Con questa scusa ebbe anche modo di riflettere su cosa dire.
Con un incantesimo non verbale, riempì d’acqua un piccolo recipiente di cristallo e ci infilò il fiore.
“Sai, ti ringrazio Lucius, davvero...” disse poggiando l’oggetto sul tavolino e sedendosi a sua volta, “Ma non credo...”.
Malfoy fece una smorfia divertita.
“Perdonami.” disse con un lampo di puro godimento negli occhi, “Credo tu abbia frainteso... Sono allergico alle mimose.”
Hermione si torse le mani, dandosi della stupida. Come aveva potuto pensare che Lucius volesse flirtare con lei? Si sentì rassicurata e delusa allo stesso tempo. Riuscì a darsi una sola spiegazione. Quell’uomo alterava il suo buonsenso. Aveva creduto che la rosa fosse per lei, solo per lei, e invece probabilmente ogni sua collega ne aveva ricevuta una.
 
 
***
 
 
“Oh cara, mai prendere la forchetta con la mano sinistra! Porta sfortuna. Se tu non avessi abbandonato Divinazione lo sapresti” la ammonì la Cooman durante il pranzo.
Hermione la fissò con un sorriso esasperato, ripetendosi mentalmente che non poteva essere scortese con i colleghi. Trovarsi tra Rüf e la Cooman le fece rimpiangere di non poter godere della compagnia di Malfoy.
Non si era fatto vedere in Sala Grande, ma Hermione non ne fu affatto stupita: la sala era praticamente rivestita di mimose.
Sospirando, la ragazza si rassegnò a sopportare un lungo e noioso pranzo. Per ironia della sorte, negli ultimi tempi aveva deliberatamente cercato di sedersi accanto a Malfoy, il quale offriva un piacevole diversivo. Hermione pensò alle occhiate divertite che si scambiavano nell’ascoltare i discorsi noiosi degli altri insegnanti.
“Perdonatemi, sono indietro con alcuni lavori e vorrei proseguire il prima possibile” annunciò Hermione alzandosi dalla sedia ancora prima che venisse servito il dolce.
“Ma cara... Trovo difficile crederlo” le rispose Vitious con un sorriso affettuoso.
“Hermione... Non puoi perderti il dolce, gli elfi hanno preparato un ricetta speciale in onore...”
“Scusa davvero, Minerva” la interruppe la ragazza, “chiederò agli elfi di farmene avere un po' verso le cinque, insieme al thè”.
Con un ultimo sorriso si dileguò, mettendo la maggior distanza possibile tra lei, le previsioni senza senso della Cooman e i monologhi di Rüf.
All'altro capo del tavolo, Pomona Sprite osservò il budino appena comparso davanti a lei. “Al profumo di mimosa...” sospirò, “ne usciremo intossicati. Comincio ad apprezzare la rosa di Lucius. Anche se onestamente mi sfugge il nesso.”
La Preside ricambiò lo sguardo alzando le sopracciglia, evidentemente ignara a sua volta.
“Sarebbe stato strano anche con una mimosa, non lo ha mai fatto in due anni” constatò pensosamente, “inoltre non mi ha comunicato nulla sulla sua assenza a pranzo. Andrò a cercarlo più tardi.”
 
 
***
 
 
Malfoy era tranquillamente seduto alla scrivania, con una pila abbastanza folta di pergamene e l'immancabile bicchiere di liquore a fianco per dargli la forza.
Sollevò il volto, sentendo bussare. “Avanti!”
“Salve, Lucius, disturbo?” chiese la Preside entrando solo parzialmente nella stanza e socchiudendo la porta dietro di sé.
“Niente affatto. Prego...” la invitò con un elegante gesto della mano.
“Oh no, me ne vado subito. Volevo solo assicurarmi che fosse tutto a posto... Non ti sei presentato a pranzo e non ho ricevuto avvisi, quindi...”
Lucius mosse lievemente la bacchetta e sul suo volto si formò un'espressione estremamente stupita.
“Salazar, mi è volato il tempo! Non mi ero reso conto fosse così tardi.”
“Oh, non fa niente. Dirò agli elfi di farti arrivare qualcosa direttamente qui. Buon lavoro!”
“Grazie, Preside... Buon pomeriggio.”
 
Quando la porta si richiuse, il volto di Malfoy si deformò in un ghigno compiaciuto. Era riuscito a cavarsela senza destare sospetti in nessuno.
'Quanto deliziosamente Serpeverde' sogghignò tra sé e sé.
Con un colpo di bacchetta spalancò le ante di un grande armadio nero e lucido. Un oggetto tondo roteò verso di lui e si posò delicatamente sulla scrivania. Con un sottile sorriso soddisfatto, Malfoy chiamò a sé anche una piccola boccetta di cristallo, con uno smeraldo incastonato sopra il tappo dorato.
Le sue ricchezze si erano ridotte dopo la guerra, ma i Malfoy rimanevano comunque una delle famiglie più facoltose d'Inghilterra. Nonostante le molteplici perquisizioni, gli Auror non erano mai riusciti a scovare tutte le stanze segrete della sua villa, e gran parte dei cimeli di famiglia erano ancora perfettamente custoditi e intatti nelle profondità di Villa Malfoy. Il Pensatoio che ora giaceva sulla sua scrivania, era giunto a lui dopo essere stato tramandato per secoli, come gran parte degli altri oggetti di valore inestimabile ora di sua proprietà.
Malfoy stappò la boccetta, e versò tutto il fluido della sua memoria all'interno del Pensatoio.
 
“Buongiorno” vide se stesso salutare una Hermione ancora assonnata, e porgerle una rosa. “Per te.”
Lucius rise forte nel gustarsi di nuovo il silenzio imbarazzato della ragazza e la sua espressione sconcertata.
“Non preoccuparti, ho avuto cura di togliere tutte le spine”. “Oh”.
Lucius osservò se stesso sedersi sul divano come se niente fosse, e la ragazza sistemare il fiore in silenzio, incerta su cosa dire.
“Sai, ti ringrazio Lucius, davvero... Ma non credo...”.
“Perdonami.” Lucius si rimproverò mentalmente per essersi lasciato sfuggire per un secondo quell'espressione di godimento. Fortunatamente lei era stata troppo presa dalla situazione per notarlo. “Credo tu abbia frainteso... Sono allergico alle mimose.”
Ora che poteva rivivere la situazione senza dover fingere, al riparo da occhi indiscreti, Malfoy ghignò apertamente leggendo la delusione negli occhi della Granger. La vide torcersi le mani a disagio. Stupidi Grifondoro, incapaci di mascherare le proprie emozioni. Era stato quasi difficile per lui quella mattina trattenersi dall'esultare di gioia, ma al momento niente glielo impediva. Di certo c'era ancora del lavoro da fare per farla capitolare, ma era abbastanza evidente che lei avrebbe gradito un vero segno di affetto da parte sua.
 
Con un movimento fluido Lucius si spostò in un altro ricordo, mesi prima, alla Testa di Porco. Ancora una volta, lesse facilmente l'espressione della ragazza, ferita e amareggiata.
“Sei l'essere più crudele e viscido che conosca”
“Un serpente?”
“No, un semplice verme.”
Malfoy digrignò i denti. Lo aveva insultato. E non solo in quell'occasione. La Mezzosangue doveva pagare, e questo breve tour dei ricordi lo aiutava a restare focalizzato sulla sua vendetta.
Quella sciocca aveva osato definirlo un verme. Ma i vermi non azzannano, né avvelenano. Come un serpente, il suo veleno si era diffuso a poco a poco. Aveva calcolato con straordinaria abilità azioni e reazioni. La rabbia, la confusione, l'amicizia...
Con un movimento verso l'alto Malfoy uscì da Pensatoio, ritrovandosi di nuovo seduto alla scrivania. La pazienza lo aveva ampiamente ripagato, quella mattina. L'espressione delusa che la Granger aveva fatto nel capire che quella rosa non aveva il significato che sperava, gli aveva mandato piacevoli brividi lungo la spina dorsale. Il giochetto per convincerla della sua buona fede e di non avere doppi fini si era rivelato appagante. Anche meno pesante del previsto: considerato tutto, averla ogni sera nelle sue stanze era un basso prezzo da pagare. C'era di peggio. E lei non era certo infantile e noiosa quanto Potter.
In ogni caso, la reazione alla rosa era la prova che il veleno era entrato in circolo; ben presto avrebbe potuto affondare definitivamente i denti.
Lucius chiuse gli occhi, pregustando lo sguardo incredulo e affranto della ragazza una volta scoperto che era soltanto una punizione per la sua insolenza.
Sorrise malignamente, pensando che era stato ancora più facile del previsto. Quella ragazza, per quanto intelligente, era davvero ingenua.
 
 
 
***
 
 
La gioia di Hermione per essere riuscita a fuggire prima di avere i timpani sanguinanti durò soltanto il tempo di arrivare nelle sue stanze. Sul tavolino spiccava la rosa rossa che aveva ricevuto in dono quella mattina. Sospirò, riflettendo sulla sua incomprensibile amicizia con Malfoy: se qualcuno le avesse detto che un giorno lei l’avrebbe accolto nelle sue stanze e addirittura accettato un dono, non ci avrebbe mai creduto.
Non avendo lezioni programmate per il pomeriggio, Hermione decise di dedicarsi per qualche ora alla correzione dei compiti. Sedendosi alla scrivania, pose alla sua sinistra il plico di pergamene da correggere e a destra fece posto per quelle corrette. A quel punto la stanza cadde nel completo silenzio, rotto solo dallo scribacchiare della piuma e dal tintinnare della boccetta di inchiostro rosso. Fin da quando era studentessa aveva avuto la snervante abitudine di portarsi avanti col lavoro. Tuttavia, crescendo, Hermione aveva anche imparato ad attribuire nuove priorità, e quel giorno il pallido sole che splendeva sui prati le fece perdere completamente la concentrazione. Decise di concedersi una pausa, anche se il plico di pergamene alla sua sinistra non era ancora del tutto esaurito.
Cedendo alle lusinghe di una passeggiata all’aria aperta, infilò il mantello e uscì dalla stanza senza pensarci due volte.
 
Non appena mise piede fuori dal portone di ingresso, l’aria fresca di marzo le punse il viso e le scompigliò i capelli. Con un sorriso Hermione si diresse verso la capanna di Hagrid.
Il mezzogigante si mostrava sempre entusiasta di ricevere visite e passare del tempo in sua compagnia.
“Hermione!” salutò con un sorriso per metà nascosto dalla lunga barba.
“Ciao Hagrid! Cosa fai lì in mezzo?”
Il cespuglio nero della sua testa spuntava in mezzo a quelle che sembravano zucche giganti.
“Oh, le solite lumache carnivore! Se non ci metto il repellente mi mangiano ogni cosa. Vieni!” esclamò dirigendosi verso la sua piccola casa e spalancando la porta con una manata. “Ti posso offrire un thè?”
“Hem, no grazie, Hagrid” disse Hermione arrossendo, memore degli intrugli imbevibili che era solito offrire.
“Allora, come mai qui fuori oggi? Non ci hai nessuna lezione?”
“No... Volevo godermi il sole con una passeggiata. Avrei un po' di compiti da correggere, ma...”
“Tu non sei la mia Hermione!” scherzò Hagrid. “Lei non saltava mai il suo dovere! Devo dircelo a Harry, qualcuno ha rapito la signorina Granger...”
Poi il mezzogigante abbassò la voce, e si piegò fino a guardarla in viso. “Ho saputo che Malfoy... Devi stare attenta, Hermione! Quello lì non mi ci è mai andato giù. Ti ricordi quello che ha fatto a Becco? Se non ci eravate tu e Harry... Non fidarti, Hermione!”
Hermione gli sorrise suo malgrado. “Sì, non preoccuparti. Sto facendo molta attenzione. Anche io credo che non sia del tutto in buona fede.”
“Eh, se ci fosse Silente, grand'uomo Silente, lui sapeva cosa farci con Malfoy!”. Hagrid si soffiò rumorosamente il naso. Hermione non ebbe il cuore di dirgli che difficilmente Silente avrebbe fatto qualcosa di diverso, con la sua tendenza a vedere il buono in ogni cosa e sfruttarlo a suo favore. Non ebbe neanche il coraggio di ammettere che le sue difese contro Lucius si erano ormai sgretolate quasi del tutto.
“Hagrid, ti devo salutare. Vorrei fare il giro del lago, prima che cali il buio” disse improvvisamente sentendosi in una posizione scomoda.
“Oh, te ne vai di già?” replicò l'altro dispiaciuto. “Spero che torni a trovarmi. Dicci a Harry che aspetto anche lui, se ha tempo.”
“Lo farò, Hagrid! Ci vediamo presto...” salutò frettolosamente la ragazza.
 
Non appena la porta della capanna si richiuse dietro di lei, Hermione tirò un sospiro di sollievo. Voleva molto bene a Hagrid, ma non era la persona più indicata con cui discutere i suoi sentimenti per Malfoy, e come sempre non si sentiva a suo agio a nascondergli le cose.
Per l'ennesima volta Hermione si ritrovò risucchiata nel vortice di domande e pensieri su Lucius. Erano amici? Cosa provava per lei? Con un sbuffo, si rese conto che non era nemmeno certa di cosa provasse lei. O forse non era pronta ad ammetterlo.
Ammirando il lago, si spinse fino all’altra sponda. Camminare aveva un potere calmante su di lei: i pensieri correvano liberamente nella sua testa, svuotandola del loro peso.
Raggiunse il margine della foresta e, prima che se ne rendesse conto, il sole cominciò a calare oltre le montagne. Hermione si affrettò sulla via del ritorno, con passi veloci. Il castello e le sue torri si vedevano in lontananza, come in miniatura, stagliati contro l'oro dei raggi morenti. Si lasciò sfuggire un sospiro scontento: non si era resa conto di essersi spinta così lontano e dopo quella camminata sentiva anche un certo vuoto allo stomaco.
Era quasi a metà strada, quando cominciò a sentire un fastidioso formicolio dietro la nuca ed ebbe la sensazione di essere osservata.
Proseguì guardandosi attorno con circospezione, facendo attenzione ad ognuna delle lunghe ombre proiettate sul prato e ai movimenti in mezzo alle piante.
 
D'improvviso udì uno strano fruscio tra gli alberi al limitare del bosco, il quale le fece aumentare ulteriormente il passo.
Solo quando sentì distintamente un rumore di rami spezzati che non poteva essere né il vento, né un animale, Hermione si fermò di colpo.
“Chi c’è?” chiamò. Non ottenne risposta. Con un’alzata di spalle, si convinse di aver sentito male, o che semplicemente ci fosse qualche bestia che vagava tra gli alberi.
In fondo la foresta era proibita per motivi ben precisi, anche se durante i suoi anni da studentessa aveva violato più volte quel divieto.
Dopo pochi metri, di nuovo, Hermione udì un certo trambusto e vide una sagoma scivolare dietro un cespuglio.
I suoi sensi scattarono immediatamente all’erta e il cuore cominciò a martellarle nel petto. Infilò la mano nel mantello, estraendo la bacchetta e la puntò dritta di fronte a sé. La situazione le riportò alla mente la sua fuga nella foresta con Harry e Ron, durante la guerra. Aveva sperato di non rivivere mai più l’angoscia e l’incertezza tipiche di quando si è braccati da un nemico sconosciuto. E invece eccola di nuovo, quella famigliare stretta allo stomaco che la metteva in guardia dal pericolo.
“Hominum Revelio” sussurrò puntando la bacchetta verso i cespugli di fronte a lei. L’incantesimo confermò i suoi sospetti: non era sola, qualcuno si stava nascondendo dietro gli alberi.
“So che ci sei! Fatti vedere!” ordinò Hermione a voce alta, fingendo una sicurezza che non provava.
Di nuovo nessuna risposta. Con la bacchetta puntata di fronte a sé, pronta a difendersi, Hermione mosse lentamente qualche passo in avanti.
“Expelliarmus!”
“Protego!” riuscì a schivare Hermione all'ultimo momento.
Una luce rossa uscì di nuovo dal cespuglio, e lei dovette fare un salto a lato per deviare lo Schiantesimo. Tuttavia questa volta era pronta, e di riflesso lanciò un incantesimo non verbale per fermare l'assalitore.
Nel prato calò di nuovo il silenzio, e il cielo si fece scuro.




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N. d. A.

Ahi ahi ahi, Lucius, sei una vera serpe! ;)
Questo capitolo era lunghissimo, ed ho dovuto dividerlo in due. Da un certo punto di vista è meglio, così vi lascio con un po' di suspance. La seconda parte sarà un po' più corta, ma avrete ben due risposte... Chi è il misterioso assalitore, e chi ha regalato il ciondolo di Fuoco a Hermione.
Però sono curiosa, voi cosa pensate? Chi indovina? :)
Aggiornerò sicuramente presto, tanto è tutto già scritto... Aspetto solo di vedere la vostra reazione.
Un bacio a tutti e tutte!

 

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Capitolo 9
*** L'agguato - parte 2 ***


IX. L'AGGUATO – Parte 2
 
 
Hermione aggirò il cespuglio, certa di aver ormai fermato il suo assalitore.
Sul suolo fangoso giaceva immobile un corpo, con gli occhi spalancati.
L'adrenalina di Hermione calò di colpo nel riconoscere il ragazzo. “Signor Gould!” esclamò sorpresa. Senza rendersene conto rilasciò un profondo sospiro per stemperare la tensione accumulata e abbassò la bacchetta. Era estremamente sollevata nel vedere che si trattava soltanto del suo studente.
Il ragazzo la guardò, vigile ma impossibilitato a muoversi.
“Signor Gould” cominciò lei irritata, “vorresti spiegarmi cosa ti è saltato in mente? Cosa ci facevi fuori dal castello a quest'ora e chi pensavi di attaccare?”.
Subito si rese conto che lui non poteva parlare. Cautamente si avvicinò, strappandogli la bacchetta e poi rilasciò l'incantesimo.
“Allora? Attendo una risposta”.
“Io...” Gould la fissò aggrottando malamente le sopracciglia.
Hermione si chiese se fosse cosciente di quello che aveva fatto, perché dall'espressione sembrava che qualcuno gli avesse scagliato un Confundus. O peggio.
“Non importa. Forza, alzati, spiegherai tutto alla Preside una volta rientrati al castello.”
Gould si risollevò lentamente dal terreno, con i vestiti inzuppati e guardandola in cagnesco.
Cominciò a camminare in silenzio affianco a lei.
 
Cosa c’era di sbagliato in quel ragazzo? Perchè sembrava avere una malsana fissa per lei? Aveva attaccato un insegnante. Non era la prima volta che si dimostrava violento, ma Hermione non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato al punto di sfoderare la bacchetta. E per quale motivo?
I suoi pensieri vennero interrotti improvvisamente, perché Gould precipitò a terra. Hermione si fermò di colpo, voltandosi senza capire l’accaduto.
Il ragazzo giaceva al suolo, stringendosi un piede.
“Tutto bene?” chiese Hermione preoccupata, “Cosa è successo?”
“Non lo so, forse sono inciampato. Credo di essermi rotto la caviglia.”
Hermione si avvicinò in apprensione. Ogni cosa avvenuta quel pomeriggio era strana. Capì che era meglio rientrare al castello il prima possibile perché era certa che qualcosa stesse accadendo, anche le sfuggiva esattamente cosa. Aveva bisogno di parlare con Minerva.
Hermione si voltò a guardare le sagome scure delle torri e delle mura d'ingresso. Le luci della Sala Grande erano accese, probabilmente si stava già svolgendo la cena. Con una certa fretta, tornò a rivolgersi a Gould.
“Siamo quasi al castello, mancano pochi metri. Non serve che cammini, posso trasportarti fino là con un incantesimo. Pensi di farcela fino in infermeria?”
Si chinò, inginocchiandosi vicino al ragazzo e ispezionando la caviglia per valutare il danno. Sembrava incolume.
 
Tutto accadde in un attimo. Gould scattò di colpo, puntando prima alla sua bacchetta e poi verso di lei. Nell’impatto, dalla punta di una delle due bacchette scaturì un fiotto di scintille che per un secondo illuminarono di rosso il cielo buio.
Prima di che riuscisse a reagire, Hermione si ritrovò a terra senza capire com’era accaduto. Gould le premeva la bacchetta alla gola con una mano, e con l’altra la teneva saldamente inchiodata a terra.
“Stupida Sanguesporco” lo sentì sibilare, “adesso si fa a modo mio. Non ti permetterai più di darmi ordini”.
Hermione spalancò gli occhi inorridita e provò a dire qualcosa, ma dalla sua gola non uscì una sillaba.
“Stai zitta!” minacciò Gould. “Fai come ti dico in silenzio, se vuoi tenerti la tua lurida vita”.
Lei non ci pensò neanche per un attimo. Prese un respiro a pieni polmoni e fece per urlare. La mano di Gould si schiantò immediatamente contro la sua bocca, impedendole di emettere un qualsiasi suono. Hermione reagì d’istinto, mordendo la mano rudemente premuta sulle sue labbra e scalciando con tutte le sue forze per liberarsi.
“Ah!” dalla gola di Gould uscì un grido ferino e il ragazzo si ritrasse di scatto.
 
Il suo tentativo di ribellione peggiorò la situazione, perchè un secondo dopo Hermione fu colpita da un pugno in pieno volto e dal suo naso cominciò a colare un abbondante rivolo di sangue.
“Crucio!” gridò Gould prima che lei potesse riprendersi.
Hermione fu sollevata a mezz'aria. I suoi arti si contorsero contro la sua volontà, e le parve che nel suo sangue scorressero prima fuoco e poi ghiaccio, producendole un dolore cieco e insopportabile. Dopo quella che parve un'eternità, l'incantesimo venne rilasciato ed Hermione precipitò scompostamente al suolo, accompagnata da un sinistro rumore di ossa rotte.
Poi Gould fece uso di tutta la sua forza per rivoltarla dall’altra parte, e Hermione si trovò con il volto premuto contro il terreno. Fu impossibile anche solo pensare di difendersi; con le ginocchia di Gould piantate nella schiena, dopo essere caduta malamente da parecchi metri e con gli effetti della Cruciatus ancora in corpo, era impensabile anche solo parlare.
“Pietrificus Totalus” la voce di Gould risuonò nel buio con una calma inquietante.
Poi Hermione sentì un peso sollevarsi e vide la punta delle scarpe di Gould che si avvicinavano. Con un calcio, il ragazzo la voltò di nuovo sulla schiena. Hermione non poté fare altro che fissare ad occhi spalancati il volto e il corpo di Gould torreggiare sopra di lei.
 
Quello sguardo... Possibile che non se ne fosse mai accorta? Rabbrividì. Quello sguardo le ricordava Bellatrix Lestrange, e la gioia malata di cui aveva goduto nel torturarla a Villa Malfoy.
“Non fai più l’arrogante, eh Sanguesporco?” la aggredì Gould lanciandole un’occhiata di disgusto e sputandole in volto.
“Ci sono grandi piani per te” annunciò con un ghigno. “Non preoccuparti, non ho intenzione di ucciderti... Non ancora. Servi viva... Adesso ci faremo una bella passeggiatina; goditi il panorama, perché non credo che lo vedrai più...”.
Con un gesto della bacchetta, Gould la fece levitare malamente a mezz’aria. Lo spostamento provocò a Hermione una fitta di dolore che le trapassò ogni fibra del corpo.
Capì che si stava muovendo quando vide le stelle sfilare lentamente sopra di sé, alla luce di un'enorme luna rossa.
L’aria fredda le pizzicava gli occhi, ma a causa dell’incantesimo non era in grado di sbattere le palpebre. Subito si formarono grosse lacrime che le appannarono la vista. Hermione sentiva la pelle del viso pulsare nel punto in cui il pugno l’aveva colpita e il resto del corpo era tutto un persistente dolore continuo. La testa rischiava di scoppiarle.
Gould continuò a camminare incurante verso il fitto del bosco, trascinandola dietro di se e allontanandosi dal castello, verso il confine.
 
Hermione capì di non avere speranze: se la stava portando fuori da Hogwarts nessuno avrebbe potuto salvarla. Inoltre, era certa che Gould non avesse agito da solo; sembrava che qualcuno avesse un piano per lei. Le aveva detto che serviva viva. A chi? Per un momento le lampeggiò nella mente il volto di Lucius Malfoy. No, non poteva essere...
Senza preavviso, Gould si fermò di colpo. Hermione non riusciva a vederlo, ma dal rumore capì che si stava guardando intorno. Per un momento pensò che erano già arrivati al confine e che stesse cercando qualcuno, probabilmente i suoi complici. Quanto tempo era passato? Le sembrava di essere trasportata da ore, ma probabilmente erano passati solo pochi minuti. Non potevano essere già al confine di Hogwarts, sempre che quella fosse effettivamente la meta.
Dopo qualche istante Gould riprese a camminare. Hermione intuì che aveva accelerato il passo, perché le stelle sopra di lei scorrevano molto più velocemente. Tuttavia percorsero solo pochi metri, e Gould si fermò di nuovo. Questa volta Hermione ebbe la sensazione che non fosse una sosta prevista. Sentiva Gould guardarsi attorno, guardingo e quasi immobile.
 
Poi, un lampo di luce squarciò il cielo, e nello stesso momento Hermione cadde rovinosamente al suolo. L’impatto col terreno la lasciò senza fiato, mozzandole il respiro per la seconda volta. Boccheggiò come un pesce per qualche istante, incapace di far arrivare aria ai polmoni e i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime.
Hermione sbattè le palpebre per scacciarle, e solo in quel momento si rese conto che riusciva di nuovo a muoversi. Istintivamente cercò di raddrizzarsi, ignorando gli spasmi del suo corpo. A fatica portò le mani al volto dolorante, pulendosi gli occhi con la manica.
“Damian Gould...” udì un sibilo freddo accanto a lei, “ma che bravo.”
Il cuore cominciò a batterle ferocemente nel petto quando riconobbe la voce, rendendola temporaneamente insensibile alle fitte di dolore.
Spalancò gli occhi, arrossati per le lacrime, riuscendo a distinguere la sagoma alta di Lucius Malfoy di fronte a quella tarchiata di Gould.
“Sono lusingato” rispose il ragazzo, “Ho avuto un buon modello da cui trarre ispirazione”.
Hermione tremò violentemente nel rendersi conto della situazione. Era senza bacchetta, ferita, e probabilmente Malfoy le aveva mentito fin dall’inizio, in accordo con Gould. Si sentì completamente prosciugata. Era finita. Hermione aveva pochi dubbi sulla sorte che le spettava: tortura, forse morte, nel migliore dei casi.
Non potendo fare altro, si raggomitolò su se stessa, chiudendo gli occhi e aspettando l'inevitabile.
 
Passarono diversi secondi senza che succedesse nulla. Solo allora Hermione cominciò a rendersi conto che c’era qualcosa di strano. Nessuno si era ancora occupato lei; i due uomini si stavano fronteggiando, ignorandola.
Hermione raccolse tutta la forza di volontà e il coraggio che le erano rimasti e si costrinse ad arrancare qualche centimetro più a lato, per vedere meglio.
Malfoy e Gould avevano le bacchette puntate l’uno contro l’altro.
“Lucius...” sussurrò. Entrambi si voltarono di colpo a guardarla.
Nonostante fosse ancora annebbiata per lo shock, nella mente di Hermione cominciò a farsi strada l'idea che esistesse un’altra possibilità. Lucius aveva attaccato Gould, per questo l’incantesimo che l’aveva tenuta galleggiante a mezz’aria si era spezzato.
“Giù la bacchetta, Gould!” intimó Malfoy con un sibilo pericoloso, rivolgendo nuovamente l'attenzione al ragazzo. “Il gioco è finito”.
Gould gli rivolse una smorfia sprezzante. “Finito? È appena cominciato. Non avete idea contro chi vi siete messi”.
“Abbassa la bacchetta” ripeté l’uomo a voce bassissima, “è l’ultimo avvertimento”.
Per tutta risposta Gould gli diresse contro una maledizione, che Lucius parò facilmente.
“Sei solo un ragazzino, non puoi seriamente pensare di vincere contro di me. Abbassa la bacchetta, o sarò costretto a farti provare sulla pelle quella che prima hai chiamato ispirazione”.
Il ragazzo parve soppesare la situazione e poi si avvicinò a Malfoy con una smorfia per consegnargli la bacchetta.
 
Hermione urlò in avvertimento, riconoscendo lo stesso inganno che Gould aveva usato con lei in precedenza, ma era già troppo tardi.
Il ragazzo sfruttò la sua forza bruta per lanciarsi su Malfoy, con l'intenzione di concludere quel duello a mani nude. Lucius fu colto impreparato, ma impiegò poco a reagire.
Gli occhi di Hermione seguirono febbrilmente la lotta che si stava consumando davanti a lei e suo malgrado, fu attanagliata dal panico per Lucius. Si contorceva per terra avvinghiato a Gould, cercando di schivare i colpi e di inchiodarlo.
“Battersi in difesa di una Sanguesporco!” sputò Gould tra i denti, “che brutta fine per un Mangiamorte come te, Malfoy”.
Lucius non rispose, ma fece uso di tutta la sua forza per schiacciare a lato la testa di Gould e allo stesso tempo immobilizzargli le braccia.
“Sai, è ironico” disse ansimando, “insulti una Mezzosangue eppure sembri un Babbano, visto quanto ti piace combattere senza bacchetta”.
Con un movimento veloce, Malfoy riuscì a rotolare lontano da Gould e nello stesso tempo lanciò una maledizione che colpì il ragazzo in pieno petto, mettendo fine alla lotta..
“Ed è quello che sarai” proseguì Malfoy respirando pesantemente per riprendere fiato, “perchè sarai espulso da Hogwarts e ti spezzeranno la bacchetta”.
 
Hermione si lasciò sfuggire un singhiozzo di sollievo. Ignorando le fitte di dolore cercò di raggiungere Lucius, ancora fermo a terra.
“Stai bene?” le domandò lui quando fu a pochi centimetri.
“Grazie...” riuscì soltanto a rispondere Hermione e gli gettò le braccia al collo senza più riuscire a trattenere le lacrime.
Stupito, Lucius si irrigidì, ma poi d'istinto la strinse a sé e le passò una mano tra i capelli.
“È finita... Va tutto bene” le sussurrò in un orecchio.
Hermione, con il volto nascosto tra la spalla e il collo dell’uomo, inspirò profondamente riempiendosi le narici del suo ottimo profumo maschile. Chiuse gli occhi e una strana sensazione le attraversò il petto: stava bene tra le braccia di Lucius, si sentiva protetta dal suo corpo grande e muscoloso.
Dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per recuperare un po' di dignità e spostarsi, era umiliante piangergli addosso come una bambina.
“Ce la fai ad alzarti?” chiese Lucius, inginocchiato accanto a lei.
Hermione annuì e con grande sforzo cercò di alzarsi, stringendo i denti per contrastare il dolore.
Malfoy infiló un braccio sotto al suo, passandolo attorno alla schiena e l’aiutò a mettersi in piedi.
Hermione si ritrovò di nuovo premuta contro il suo corpo e la cosa non le dispiacque.
“Grazie” disse con voce flebile appoggiando la testa sulla sua spalla.
Lucius le passò anche l’altro braccio attorno alla vita, avvicinandola ancora di più e stringendola contro il petto.
“È stato un piacere” mormorò. Hermione sentì la sua voce profonda raggiungere il suo orecchio con una vibrazione.
 
“Cosa è successo?” si informò Malfoy.
“Non ne ho idea” ammise lei amaramente. “È saltato fuori all’improvviso e io... non so cos'abbia in mente”.
Hermione lanciò uno sguardo al corpo immobilizzato steso a terra.
“Tu hai idea di cosa...?” chiese alzando lo sguardo verso il volto di Lucius.
“No. Ma sarà interrogato appena arriviamo al castello” rispose lui serio. “Andiamo, stai congelando”. Lucius le lanciò un incantesimo per riscaldarla e le riconsegnò la sua bacchetta. Hermione rabbrividì quando le loro dita si sfiorarono casualmente. Sul volto di Lucius invece passò un’espressione indecifrabile.
Poi si rivolse a Gould, ancora immobilizzato per terra.
“Ora rilascio l’incantesimo. Dal momento che io ho la tua bacchetta, tu hai due opzioni... Camminare verso il castello con le buone, oppure con le cattive”. La gelida calma di Malfoy e la sua espressione feroce, fecero riapparire in lui l'ombra del Mangiamorte che era stato. “E credo non ci siano dubbi su quanto... cattive... possano essere le mie maniere”.
Detto questo, con un rapido gesto della bacchetta annullò l'incantesimo.
Gould gli rivolse un’occhiata talmente carica di odio da far rabbrividire Hermione.
Lucius ricambiò lo sguardo con i suoi occhi grigi e senza emozioni.
“Cammina!” ordinò implacabile, strattonando il ragazzo per un braccio.
Gould si mise in piedi malvolentieri, e un passo dopo l'altro, si incamminò davanti a loro verso il castello.
 
“Ce la fai ad arrivare fino in infermeria?” chiese Malfoy ad Hermione sempre sorreggendola.
Lei annuì, con una smorfia di dolore al pensiero.
“Sarebbe meglio mandare un Patronus a Potter, per avvertirlo di quanto accaduto... sospetto che sia meglio che si occupi il Ministero di questo caso”.
Hermione fece come lui aveva suggerito. “Expecto Patronum!”
Una lontra argentea saltellò gioiosa sui prati ormai bui e in seguito alle parole di Hermione sparì di nuovo per portare il messaggio ad Harry.
Il trio camminò in silenzio per quasi tutto il tragitto.
L'adrenalina che Hermione aveva in corpo, piano piano cominciò a scemare, lasciandola stanca, dolorante e stordita. Istintivamente, la ragazza portò la mano alla collana che ormai indossava abitualmente. Il piacevole tepore che essa emanava, aveva sempre il potere di tranquillizzarla.
“Perché non lo hai usato?” chiese subito Lucius.
Hermione lo guardò confusa. “Di cosa parli?”
“Il tuo ciondolo...” chiarì lui.
Gli occhi della ragazza si illuminarono. “Quindi tu ne sai qualcosa? Cosa intendi per 'usarlo'?”
Lucius aggrottò la fronte, ma indicando Gould con un cenno del capo si limitò a rispondere: “Sarà meglio parlarne in un altro momento”.
 
Il tragitto si concluse in silenzio e quando arrivarono al castello trovarono Harry già ad aspettarli, in compagnia di due Auror e della Preside McGranitt.
“Che diavolo è successo?” chiese preoccupato, catapultandosi immediatamente accanto ad Hermione.
Lucius prese in mano la situazione. “Credo che le spiegazioni sarà meglio darle in infermeria. Mi pare che Her... la professoressa Granger abbia bisogno di aiuto.”
Hermione si sentì grata e allo stesso tempo risentita dal fatto che lui si fosse permesso di dare ordini per lei.
Tuttavia Harry annuì, e in un attimo raggiunsero l'infermeria.
Madama Chips, con la consueta sollecitudine, si occupò subito di Hermione, facendola sdraiare su un lettino nonostante le proteste.“Per il momento niente domande, devo visitarla” annunciò decisa agli altri due e chiuse le tendine per ribadire il concetto. D’altra parte aveva esperienza in materia di emergenze.
 
 
 
***
 
 
“Avanti!” la voce profonda di Malfoy giunse dal suo salotto personale.
Hermione entrò e si diresse lentamente verso il divano che era solita occupare.
“Hermione! Come hai fatto a sfuggire a Madama Chips?”
“Oh, ha fatto il possibile per trattenermi, ma... Questa sera avrei proprio bisogno della tua medicina” rispose prontamente.
Malfoy fece un sorriso complice.
“Sì, credo che ti farebbe bene.” Con un gesto richiamò il solito whisky e due bicchieri.
“Cosa è successo a Gould? Harry è venuto a interrogarmi, ma non ho potuto riferire molto. Lui, Gould, non ha detto nulla, nè sulle sue motivazioni, nè su quello che aveva intenzione di fare... Ho solo avuto l’impressione che non agisse completamente da solo...”
“Calmati!” ordinò Lucius fermando il treno di parole. “E bevi un sorso.”
Hermione obbedì, portando il bicchiere alla bocca e affondando di più nel divano.
Lucius le rispose con un tono pacato, che contribuì a tranquillizzarla.
“Gli Auror si sono accertati che Gould non fosse sotto Imperius o qualche pozione... Ma a quanto pare ha agito di propria volontà. Non ha rivelato il perché, nè quale fosse il piano. In effetti, si è lasciato sfuggire di avere dei complici, ma non ha fatto nomi.
Per il momento è stato trasferito in una reparto isolato al Ministero... La prossima settimana si terranno un’udienza e un processo, in cui si deciderà la sorte del ragazzo”.
Hermione si lasciò andare ad un profondo respiro di sollievo.
 
“Ti senti un po' meglio adesso?” chiese Malfoy bevendo un altro sorso di whisky.
“Come nuova. Madama Chips sa il fatto suo... mi sono sentita di nuovo come una studentessa. Come quando ho dovuto restare mesi in infermeria perchè ero stata pietr...” Hermione si interruppe di colpo sbarrando gli occhi. “Oh, beh, non importa” aggiunse subito.
“Mi dispiace per quel piccolo... inconveniente” disse Malfoy serio.
“È storia passata!” rispose veloce Hermione, stupendo anche se stessa. “E visto che stasera mi hai salvata, direi che siamo di nuovo pari. Ti sei riscattato”
“Credo che ci voglia ben altro per riscattare tutto quello che ho fatto... Comunque, ti ringrazio per la fiducia.”
“Potresti fare ancora meglio spiegandomi di questo” suggerì Hermione mostrando il ciondolo di Fuoco Gubraithiano.
“Sono stato io” ammise Malfoy, “anche se non era mia intenzione fartelo sapere per non dare adito a fraintendimenti. Dopo il ballo Potter è venuto a parlarmi. So che ti ha detto della mia situazione attuale con i Mangiamorte rimasti... mi ha assicurato che se ti fosse accaduto qualcosa a causa mia, mi avrebbe procurato di persona un soggiorno gratuito ad Azkaban a tempo indeterminato. Dunque ho pensato che il Fuoco Gubraithiano potesse esserti utile.”
“In che senso utile?” chiese Hermione corrugando la fronte. Non riusciva a collegare le informazioni a sua disposizione.
“Non conosci il Fuoco Gubraithiano?”
“Sì... Cioè, il professor Vitious lo ha citato qualche volta a lezione....”
“Saprai sicuramente che arde in eterno. E che pochissimi maghi esistenti sono in grado di evocarlo.”
Hermione annuì. “Tu...?”
“Si, sono capace. Ma questo non è una mia creazione. È uno dei tesori più preziosi che conservavo a casa mia. Eredità dei Malfoy da anni... I miei antenati sono sempre stati grandi collezionisti.”
“Mi hai regalato un cimelio di famiglia?” esclamò Hermione stupita.
Lucius proseguì con una smorfia divertita. “Questo fuoco arde dai tempi di Godric Grifondoro...”
La ragazza spalancò gli occhi, incredula. “Tu... Dici sul serio?”
Malfoy annuì con un sorrisetto.
 
Hermione si alzò immediatamente avvicinandosi a Lucius e fece per togliersi il ciondolo, armeggiando con la chiusura della collana.
“Non posso accettarlo!”
“Credevo lo avessi già fatto...” puntualizzò Lucius tranquillo.
Dal suo tono, Hermione capì che non lo avrebbe mai accettato di ritorno.
“Come mai una nobilissima stirpe Serpeverde conserva un manufatto appartenente a Grifondoro?” chiese Hermione a metà tra il curioso e il provocatorio.
“Per lo stesso motivo per cui Lord Voldemort ha creato degli Horcrux su oggetti appartenenti ai fondatori delle altre Case. È un oggetto prezioso, ha un valore storico inestimabile. Ai collezionisti non importa chi o perché ha creato l’oggetto, ma solo la sua rarità e la sua potenza. I cimeli dei Fondatori di Hogwarts sono tra i più ricercati”.
 
Nella stanza cadde un momento di silenzio, e si udì soltanto il crepitare del fuoco nel camino.
“Mentre tornavamo al castello mi hai chiesto perché non l’ho usato” riflettè Hermione, “che cosa intendevi?”
“Solitamente solo chi crea il Fuoco è in grado di controllarlo. Ma in questo caso, essendo imprigionato in un amuleto, il Fuoco Gubraithiano risponde al suo possessore. Chi indossa la collana, può piegare il fuoco al suo volere” spiegò Malfoy.
Se all'inizio aveva avuto dubbi, adesso Hermione era certa che avrebbe dato qualunque cosa per averlo come insegnante. Sentì salire un entusiasmo e un’eccitazione che non provava da molto tempo, come quando a lezione le insegnavano un nuovo incantesimo.
“Quindi... Potrei controllarlo. E usarlo per difendermi.”
Lucius sorrise.
“E hai detto che tu sai evocarlo... Dunque sai anche controllarlo, giusto?” ipotizzò Hermione.
L’uomo annuì e le rispose serio: “Credevo davvero che avresti capito di cosa si trattava e che avresti imparato anche tu.”
“No... Non ero a conoscenza delle sue proprietà”. Hermione si rigirò il ciondolo tra le mani, guardandolo in una nuova luce. “Credi... Credi che potresti insegnarmi?” chiese prima di riuscire a fermarsi.
Gli occhi grigio argento di Malfoy brillarono.
“Se è utile per evitarmi l’ennesimo viaggio ad Azkaban, sì, ti insegnerò volentieri” ironizzò Lucius. “Potter ne sarebbe felice. Anche se... Preferirei che la cosa restasse tra noi”.
“Certamente!” acconsentì Hermione entusiasta, rivolgendogli un enorme sorriso.
Dopo tutto, forse sarebbe riuscita ad avere Lucius Malfoy come insegnante personale.




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N. d. A.
Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo... Avrei voluto pubblicare qualche giorno fa, ma internet non era d'accordo e mi ha abbandonata. Per fortuna oggi sono arrivati i tecnici... Sono di nuovo internetizzata, evviva! :)
Sono davvero, davvero felicissima che seguiate ancora la mia storia, e voglio ringraziare soprattutto quelli che mi hanno lasciato una recensione. Siete una spinta enorme a continuare, oltre che un feedback utilissimo.
Dunque, ecco svelati i due "misteri".
Nel prossimo capitolo invece assisterete (se ne avrete voglia) al processo a Damian Gould. Prevedo qualche piccolo problemino per Lucius... Chi dite, vi ha convinto questa volta? E' sincero o è tutta una montatura?
Vi assicuro che so tutto, ma non svelerò nulla fino alla fine. :)
A presto,
Arianna

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Capitolo 10
*** Doppio processo ***


 
X. DOPPIO PROCESSO
 
 
Il giorno seguente, l'atmosfera ad Hogwarts fu particolarmente concitata e già la mattina a colazione tutta la scuola era a conoscenza dell'accaduto.
Quando i primi gufi planarono portando ai rispettivi destinatari la Gazzetta del Profeta, Hermione sbiancò vistosamente.
Un fastidioso brusio cominciò ad alzarsi, finchè la Preside decise di intervenire e porre fine a tutta quella storia.
“La professoressa Granger sta abbastanza bene, come potete vedere e oggi le sue lezioni si terranno regolarmente. Siete pregati di concentrarvi sulla lezione e evitare di porre domande inappropriate” fece una breve pausa, “ripensandoci, evitate di porre domande del tutto. Come avrete già visto, Damien Gould subirà un processo e per il momento è da considerarsi espulso da Hogwarts. Inutile direi che questo potrà esservi d'esempio, è importante assumersi le proprie responsabilità e riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni.”
 
Malfoy gettò uno sguardo alla collega, pallida e inappetente. Dal canto suo, Hermione cercò di simulare una sicurezza che non provava, limitandosi a fissare le lunghe tavolate di studenti a testa alta.
“Ti senti bene?” le chiese Lucius a bassa voce.
“Non troppo, ma penso di riuscire a sopportare” borbottò lei, decidendosi a prendere una gran sorsata di succo di zucca.
“Hai bisogno di distrarti e rilassarti; senza contare che non dovresti fare sforzi, una Cruciatus non è una passeggiata, anche se eseguita da un ragazzo inesperto. Credimi, so quello che dico e so anche quello di cui avresti bisogno.”
Hermione gli rivolse uno sguardo perplesso ma incuriosito.
Malfoy piegò le labbra in una smorfia e continuò ridacchiando: “Vieni da me questo pomeriggio, finite le lezioni. Credo di conoscere un modo per distrarti”.
La ragazza si ritrovò a sorridere a sua volta.
“Spero che tu non mi stia proponendo qualcosa di poco decoroso, Malfoy” lo canzonò con rinnovato entusiasmo, anche se nel fondo della sua mente anelava l'esatto contrario.
“Dovrai aspettare per scoprirlo” le rispose lui sogghignando.
 
Le lezioni scivolarono più lisce di quanto sperato: o per timore della Preside, o per rispetto verso la loro professoressa, gli studenti non fecero domande e si concentrarono esclusivamente sugli esercizi da svolgere.
Hermione si scoprì piuttosto impaziente di concludere la giornata e per tutta la mattina e gran parte del pomeriggio, la sua mente fu pervasa dal pensiero di Lucius.
Quando finalmente anche l'ultima classe ebbe lasciato l'aula, riordinò velocemente le sue cose dirigendosi direttamente verso le stanze del collega.
“Impaziente?” le chiese quest'ultimo, vedendola arrivare con tutti i libri e le pergamene in mano.
Hermione gli rivolse un sorriso radioso. “Hai detto che avevi la soluzione ai miei problemi, e io ho proprio bisogno di svagare la mente anche solo per qualche attimo”.
Con uno sguardo complice e soddisfatto, l'uomo la invitò a seguirlo attraverso il salotto, dirigendosi verso una porta in legno scuro.
“Il bagno?” chiese esitante Hermione.
“Ah... Aspettami un momento” disse lui glissando sulla sua perplessità.
La ragazza fece come detto e si accomodò sul divano, lasciando cadere mollemente la testa sullo schienale e chiudendo gli occhi.
 
Dopo qualche minuto, sentì i passi di Lucius avvicinarsi nuovamente e il suo sussurro nell'orecchio la fece rabbrividire.
“Se vuoi seguirmi...”
Hermione riaprì gli occhi e si sollevò lentamente, dirigendosi verso la porta scura.
“Fai con comodo” le disse Lucius e tornò in salotto, a rovistare nella sua antica credenza color noce.
Lei aggrottò le sopracciglia e si decise ad entrare.
Capì immediatamente a cosa si riferisse Lucius, trovandosi davanti una grande vasca ricolma fino all'orlo di soffici e invitanti bolle di schiuma.
“Ma sei serio?” gli urlò ad alta voce in modo che la sentisse.
“Serissimo”.
Hermione sobbalzò, Lucius era nuovamente dietro di lei e non nell'altra stanza come aveva supposto.
Le sfuggì una risata a metà tra l'isterico e il divertito, ma decise che per una volta poteva giocare al suo gioco.
“Perfetto” disse con un sorriso, “Tu entri nella vasca con me?”
Per la prima volta in tutta la sua vita, vide una scintilla di disorientamento negli occhi di Lucius, che evidentemente non si aspettava affatto quella risposta.
“No” rispose con voce improvvisamente roca, “l'idea era quella di farti distendere i nervi danneggiati dalla Cruciatus e farti rilassare”. “Se io entrassi con te, non credo che avresti molta quiete” aggiunse con un ghigno denso di significato.
 
Hermione si sentì avvampare all'idea, ma diede la colpa al vapore caldo che si innalzava dalla vasca.
“Allora, quale sarebbe il piano?” chiese cercando di riprendere il controllo.
“Tu ti stendi e cerchi di rilassarti... Io ti porto un bicchiere di vino, e cominciamo a fare alcuni esercizi per riuscire a controllare il Fuoco Gubraithiano”.
Questa fu la volta di Hermione di guardarlo dubbiosa.
“Esercizi nella vasca? Perchè vino e non il solito whisky? Con te nella stessa stanza?”
Lucius sospirò.
“È piena di schiuma... E ti darò la schiena. Il vino è più leggero, il whisky ti annebbierebbe troppo la mente. Altre domande?”
Hermione lo fissò ancora parzialmente scettica, ma scosse la testa.
“Bene... Vino rosso o bianco?” si informò.
“Rosso”.
“Perfetto” sentenziò uscendo dalla stanza e chiudendo la porta dietro di sé.
 
Hermione cominciò a togliersi i vestiti e li ripose accuratamente sul mobiletto di fianco a lei.
Poi si lasciò scivolare nella vasca, con un lungo sospiro di gradimento per l'acqua calda e la sensazione delle bolle morbide sulla pelle.
Dopo qualche momento Lucius bussò.
“Posso entrare?”
“Sì” rispose lei incerta, seppellendosi più a fondo nell'acqua e assicurandosi di essere completamente coperta dalla schiuma, sulla quale, per precauzione, gettò un incantesimo di stasi.
Lucius le allungò un calice di cristallo e si sedette sullo sgabello accanto alla vasca dandole la schiena.
Per un attimo Hermione ebbe la spiacevole sensazione di essere completamente inerme, ma poi tentò di rasserenarsi: non poteva accadere niente che in fondo lei non desiderasse.
“Se vuoi puoi metterti comodo” gli disse con ritrovata sicurezza, “non c'è niente da vedere”.
 
Lui spostò lo sgabello e appoggiò la schiena contro il muro, posizionandosi di fianco alla ragazza in modo da essere rivolto nella sua stessa direzione, senza darle le spalle e senza averla davanti agli occhi. Di fronte a sé vedeva soltanto il grande specchio con la cornice dorata, ma alla sua sinistra percepiva ogni movimento di Hermione.
“Salute” disse, e alzò galantemente il suo calice. Ci fu un tintinnio di cristallo, ed entrambi presero un sorso di vino.
“Allora, in cosa consistono questi esercizi di cui parlavi?” chiese Hermione incapace di trattenersi ancora.
“Devi liberare la mente” rispose Lucius con voce profonda.
“È una tecnica molto simile all'Occlumanzia, ma suppongo che tu non la pratichi”.
“No” confermò Hermione rammaricata.
“Non è un problema, nemmeno io. È solo più complicato da spiegare. Ho letto alcuni libri... Forse la cosa più simile da cui trarre esempio è la meditazione”.
“È... Non è una pratica dei maghi!” affermò Hermione sorpresa che lui ne fosse a conoscenza.
“Non ho letto solo libri scritti nel mondo magico” replicò Lucius tranquillo.
 
“Dunque, come ti dicevo la cosa più simile è la meditazione. E, suppongo, i chakra. Ne hai mai sentito parlare?”
Hermione annuì, producendo con quel movimento un lieve sciabordio d'acqua.
“Bene... I Babbani non hanno inventato niente. I chakra sono i punti in cui hanno origine e dai cui si diffondono le nostre energie magiche” spiegò Lucius.
“La bacchetta esiste per praticità più che per necessità, perchè è più facile incanalare in essa le energie. Per questo motivo gli incantesimi non verbali sono molto difficili. In ogni caso, quello che dovrai fare è cercare di concentrarti e aprire quello che è chiamato chakra del cuore. Poi, devi riuscire a incanalare lì tutta la tua energia magica, e riversarla nel ciondolo... Direi che la spiegazione per il momento può bastare”.
“Non credo di aver capito bene ogni cosa, ma...”
“Non importa, ogni cosa a suo tempo” disse sbrigativo Lucius. “Adesso chiudi gli occhi e cerca di liberare la mente da ogni pensiero... Questo ti farà bene anche per rilassarti dopo tutto quello che è successo.”
 
Hermione eseguì immediatamente il compito, abbassando le palpebre e cercando di accoccolarsi nel tepore tranquillizzante dell'acqua. Purtroppo liberare la mente era molto più facile a dirsi che a farsi: più Hermione si ripeteva di smettere di pensare e più veniva trascinata in un vortice di ragionamenti senza senso.
“Presumo tu stia facendo quello che fanno tutti. Dirsi di non pensare, non funziona. Piuttosto che navigare nel vuoto, il segreto è invece focalizzarsi su qualcosa. Per esempio controlla il tuo respiro.” la voce di Lucius la raggiunse, profonda e pacata.
“Va bene” sospirò lei, cercando di concentrarsi. Inspirare. Espirare. Si godette il silenzio e la pace di quel momento. Inspiegabilmente, avere Lucius accanto le infondeva uno strano senso di sicurezza. Inspirare. Espirare... Il vapore le accarezzava la pelle a ondate e la faceva quasi sentire purificata. Inspirare, espirare. I muscoli contratti piano piano si allungavano. Inspirare... Espirare... Insp...
 
“Hermione?”
Con uno scatto che mandò gocce d'acqua ovunque, Hermione si scosse e alzò il mento dall'acqua, confusa.
“Credo tu ti sia addormentata” le disse dolcemente Lucius.
Sì, si era decisamente addormentata, pensò con il respiro che ricominciava a stabilirsi sul suo ritmo normale.
“Mi dispiace” sussurrò, “non me ne sono resa conto”.
Lucius sorrise. “In realtà mi fa piacere sapere che eri così rilassata. E significa anche che hai svolto bene l'esercizio”.
Hermione lo guardò, poco convinta.
“Credo sia meglio rimandare a un altro giorno... Penso di avere un tremendo bisogno di riposo” disse sorridendo.
“Fai con comodo” rispose gentilmente Lucius alzandosi e lasciandola sola a risistemarsi.
 
 
***
 
Il giorno seguente, Hermione si svegliò sentendosi fisicamente molto meglio, ma la faccenda del processo la tenne in apprensione tutto il giorno e anche tutta la settimana.
Il quindici marzo si svegliò all'alba, con un leggero senso di nausea. Il giorno fatidico era arrivato, e finalmente entro sera avrebbe avuto delle risposte.
Si alzò, incapace di riprendere sonno. Non cercò nemmeno di sforzarsi a concentrarsi in qualcosa: dopo essersi vestita si limitò a camminare nervosamente da un capo all'altro del salotto per una buona mezz'ora.
 
Toc toc. Qualcuno bussò alla porta, interrompendo i suoi giri a vuoto. Fece del suo meglio per assumere un'espressione rilassata e andò ad aprire.
“Ti senti bene?” chiese Malfoy squadrando con un'occhiata il suo volto pallido.
“Questa sera starò meglio” tagliò corto Hermione. Non si sentiva molto in vena di parlare; in realtà cercava di aprire la bocca il meno possibile per paura che il suo stomaco decidesse di espellere da un momento all'altro quel poco che aveva mangiato a cena il giorno prima.
“Hai bisogno di un tonico... Ti avrei portato il tuo whisky preferito, ma non credo che durante l'udienza farebbe una bella impressione una vittima che puzza di alcol”.
Hermione sorrise suo malgrado. “Starò bene” ripeté con più decisione.
 
Lucius attraversò la stanza e si accomodò sul divano, accavallando le gambe fasciate in un elegante pantalone grigio gesso.
“Cos'è che ti preoccupa esattamente? Non sei tu l'imputata!” puntualizzò deciso.
Hermione, in piedi in mezzo alla sala con sguardo perso, si morse febbrilmente il labbro.
“Non lo so... Ho paura a rivederlo, non so che reazione potrei avere... Senza contare che tutta la situazione è strana. Damian era uno studente, non aveva motivo di fare una cosa del genere. E ora è accusato per causa mia... ”
Lucius si rialzò velocemente dal divano, avvicinandosi a lei.
“Smettila di torturarti” ordinò con voce suadente, poggiando un dito sulla bocca di Hermione e liberando dai denti il suo labbro inferiore.
La ragazza sembrò tornare improvvisamente in sé a quel gesto inaspettato, e il suo viso riprese velocemente colore. I suoi occhi smisero di vagare per la stanza focalizzando finalmente l'attenzione su Malfoy.
 
“Non so cosa abbia spinto Gould a fare una cosa del genere, ma non vedo che colpa potresti avere. Ha chiaramente mostrato più volte di avere un comportamento inadeguato e un'indole violenta. E se fosse psicologicamente instabile, Hermione? Se avesse aggredito qualcun altro invece che te, una studentessa...”
Le parole di Lucius le fecero vedere la situazione da una nuova ottica. Non aveva mai pensato in quei termini, e gli fu estremamente grata per averla parzialmente sollevata da un grosso peso. Restava comunque un processo a cui lei partecipava in qualità di parte offesa, e con conseguenze incerte.
 
Lucius la prese sotto braccio e la accompagnò fuori dalla stanza.
“Andiamo, ti accompagno a fare colazione prima dell'udienza” propose.
Hermione non rifiutò l'offerta, nonostante fosse sicura che non sarebbe riuscita a mettere in bocca nulla.
I due attraversarono i prati di Hogwarts nella fredda aria mattutina e si fermarono al punto di materializzazione oltre i cancelli.
“Pronta?” chiese Lucius gentilmente.
Hermione annuì, e un secondo dopo venne risucchiata nel famigliare vortice scuro.
 
Riapparvero nella via principale di Diagon Alley (e con grande stupore di Hermione il suo stomaco resse).
“Dove andiamo?” chiese la ragazza, non conoscendo molti altri pub oltre al Paiolo Magico.
Lucius le rivolse uno sguardo per valutarla.
“Ti fidi di me?” chiese sicuro.
Hermione tentennò, ma poi lo guardò dritto negli occhi grigi e rispose: “Sì”.
Con una smorfia compiaciuta, Malfoy le fece strada fino a quando si infilarono in una strettissima via lastricata in pietra che Hermione non aveva mai visto.
Lucius la guidò giù per alcune scalette, all'interno di un pub con l'insegna di tre piccioni.
 
Il locale, completamente ricavato nel legno, era vuoto, ad eccezione di loro due.
L'oste li salutò cortesemente e prese le ordinazioni senza fare domande, nonostante Hermione fosse certa che li avesse riconosciuti entrambi.
Hermione gli fu grata, sia per averla costretta a mandare giù qualcosa, sia per aver scelto un posto discreto. Praticamente ogni persona nel mondo dei maghi conosceva il suo volto dopo la guerra, e ancora a distanza di anni si accalcavano per riempirla di complimenti e domande. Lo stesso valeva per Malfoy, il cui volto era più volte comparso sulla Gazzetta del Profeta sia durante la guerra che dopo, con la differenza che per lo più lo additavano da lontano, senza osare avvicinarsi per insultarlo.
 
In altre circostanze, Hermione avrebbe goduto del piccolo pub accogliente e della compagnia di Lucius. Ma ogni suo pensiero era catalizzato da ciò che sarebbe successo di lì a poco e per questo motivo sorseggiò il suo tè senza proferire molte parole.
Fortunatamente Lucius parve rendersi conto del suo disagio, e si limitò a fare altrettanto, senza costringerla a dire alcunché.
Mezz'ora prima dell'udienza uscirono dal pub e dalla piccola stradina di Diagon Alley.
Lucius si posizionò di fronte a lei, cercando i suoi occhi con uno sguardo.
“Pronta?” chiese di nuovo con voce suadente.
Hermione annuì, avvicinandosi a lui e posandogli delicatamente una mano sull'avambraccio.
Gli angoli della bocca dell'uomo si sollevarono in un sorriso appena accennato e con un “crack” Materializzò entrambi direttamente nell'area visitatori del Ministero della Magia.
 
Hermione lasciò subito la presa di Lucius e si guardò intorno. Solo pochi mesi prima, quando lavorava al Ministero, era stata una frequentatrice assidua di quella stanza. Non era cambiato nulla: il locale era grande e impersonale, con pareti di un nero lucente, e completamente sgombro ad eccezione dei grandi candelabri attaccati al soffitto.
In maniera scomposta e frammentaria, altri maghi comparivano e sparivano velocemente, creando un ritmo sincopato di rumori secchi.
La ragazza si diresse con sicurezza verso l'uscita e si ritrovò nel grande atrio, abbellito da una fontana circolare e gremito di lavoratori frettolosi.
 
Hermione attraversò l'atrio stretta al braccio di Malfoy, ignorando gli sguardi indagatori delle persone che li incrociavano; non poteva che essergli grata per il sostegno che le stava offrendo, e questo la lasciava indifferente a ciò che poteva apparire agli occhi degli altri.
Il suo malessere si fece sempre più pressante mano a mano che si avvicinarono al luogo dell’udienza.
Lucius le lanciava saltuariamente qualche sguardo di sfuggita.
“Prego”, le posò una mano sulla schiena e la accompagnò galantemente all’interno dell’ascensore del Ministero.
Come al solito, la cabina era stipata di impiegati frettolosi e impazienti.
 
Hermione avvertì un senso di perdita quando Lucius rimosse la mano dalla sua schiena e ruppe ogni contatto fisico per infilarsi nell’unico spazio libero.
Fortunatamente, man mano che scesero verso i livelli più profondi dell’edificio le persone cominciarono farsi più rade. In prossimità dell’ottavo livello, Hermione e Lucius si ritrovarono soli.
In quella situazione, chiusa in un ascensore da sola con Lucius, Hermione riuscì a dimenticare per un momento ogni preoccupazione riguardo all’udienza e fu invece sopraffatta dalla presenza imponente dell'uomo e dal suo profumo.
Si rese conto che lo stava fissando in silenzio, e si sorprese nell'accorgersi che lui stava facendo altrettanto.
Presa da uno strano senso di imbarazzo, si sentì in dovere di dire qualcosa per stemperare la tensione.
 
“È strano... Trovarmi qui, con te. Una volta eri presente spesso su questi corridoi... Non questi, in particolare” si affrettò ad aggiungere ricordando che anche Malfoy era stato sottoposto a più di un processo proprio nelle aule del Wizengamot. “Intendo prima della guerra”.
Lucius sembrò assaporarsi i ricordi con un sorriso nostalgico.
“Avevo... Influenza. E un certo numero di affari”
Hermione si chiese se dopo mesi di conoscenza poteva azzardarsi a entrare in territori più personali. Certo, durante tutte le passeggiate e le serate con lui erano abbastanza entrati in confidenza, ma non si era mai sognata di chiedergli nulla sulla sua vita e gli anni precedenti alla guerra.
Decise che era il momento di provare a varcare quel confine e vedere cosa sarebbe accaduto.
“Ti... Ti manca quello che facevi prima? Il lavoro al Ministero?”
 
Lui la fissò intensamente, come per valutarla. Dopo qualche secondo aprì la bocca per parlare, ma fu preceduto dal suono metallico di una voce che annunciava l’arrivo al livello 10.
Hermione si affrettò ad uscire dall’ascensore chiedendosi se avrebbe mai saputo la risposta. Non appena mise piedi nel corridoio però, anche questa questione fu messa da parte e lei fu riassalita dall’ansia. Ormai mancava pochissimo.
“Di qua” si limitò a dire Malfoy, dirigendola verso l’aula dell’udienza di nuovo con una mano sulla sua schiena.
 
Non appena varcò la porta, Hermione riconobbe il posto in cui si era ritrovata suo malgrado tanti anni prima, quando con Harry e Ron aveva tentato di infiltrarsi al Ministero per recuperare uno degli Horcrux. L'ambiente era rimasto immutato, ad eccezione di un ritratto di Albus Silente sul fondo stanza.
Fece appena in tempo a guardarsi attorno, che Harry le fu addosso abbracciandola stretta.
“Hermione! Stai bene?” chiese preoccupato l’amico.
“È sotto pressione e ha già difficoltà a respirare anche senza che tu le ostruisca i polmoni, Potter!” rispose velenosa la voce di Lucius Malfoy dietro di lei.
Harry allentò subito la presa, volgendo incuriosito gli occhi all’uomo.
 
“Salve, Lucius” disse allungando una mano, che l’altro strinse con più forza di quanto necessario.
“Signor Potter”.
“Prego, accomodatevi” disse indicando una panca al centro della stanza, “quelli sono i vostri posti. L’udienza comincerà a breve”.
Hermione seguì Lucius e si accomodò accanto a una strega con lunghi capelli corvini, dall’aria decisa e sicura di sé.
“Salve, Lucius” salutò in modo professionale, senza lasciar trasparire alcun giudizio personale sull'uomo che avidentemente conosceva.
“Agatha...” rispose lui in tono altrettanto impersonale.
“Salve, signorina Granger” disse poi la donna, con molto più calore, “sono Agatha Dorkins, avvocato per l’accusa... Ovvero il suo, anche se l’accusa è stata formulata d’ufficio.”
“Piacere mio, signora Dorkins. Grazie la sua disponibilità.”
“Oh, è il mio lavoro” sentenziò con un sorriso sicuro, “E chiamami Agatha”.
Hermione sorrise a sua volta, rassicurata dalla tranquillità e sicurezza che le trasmetteva quella donna.
 
“Allora, solo alcuni consigli prima dell’inizio dell’udienza. Signor Malfoy, lei ha accettato di essere il testimone dell’accusa. Le rivolgeranno domande, a cui è tenuto a rispondere. Le suggerisco di essere chiaro, conciso e pertinente alla questione posta; non si lasci trarre in inganno da come sono formulate le richieste... anche se sono sicura che ha abbastanza esperienza in manipolazioni da non avere bisogno dei miei consigli.”
Hermione non riuscì a capire se la frase di Agatha fosse intesa in senso negativo o fosse una semplice constatazione.
 
“Signorina Granger...”
“Oh, mi chiami Hermione!” la interruppe subito la ragazza.
“Molto bene, Hermione. Tu non sei affatto tenuta a parlare, perché ci sono qui io per rappresentarti, in primo luogo, e anche perché l’accusa è stata mossa dal Ministero stesso e non da te. In ogni caso, se sentissi il bisogno di dire qualcosa puoi farlo, anche se ti suggerisco di consultarti con me prima.”
La donna fece una breve pausa, e parve riflettere su altre indicazioni da dare ai due seduti di fianco a lei.
“Onestamente non so su cosa punterà la difesa, la posizione di Gould mi sembra incontrovertibilmente compromessa. Ma sono certa che in qualche modo tenteranno di svicolare... Non perdete il controllo se cercheranno di fare illazioni di qualche tipo”.
Hermione annuì, cercando di fissarsi nella mente ogni parola della donna.
 
In quel momento, la porta dell’aula si spalancò di nuovo e entrò Damian Gould accompagnato da un uomo sulla sessantina, con capelli grigio argento, occhi piccoli e lineamenti affilati.
Nella stanza calò il silenzio e ogni membro del Wizengamot prese posto sulle panche.
Harry occupò la posizione del Ministro, per fare gli annunci di rito.
“Udienza del quindici marzo, Ministero della Magia contro Damian Gould.
Presiederà quest’udienza Griselda Marchbanks, Capo Supremo del Wizengamot. Imputato: Damian Gould, accusato di aggressione premeditata e utilizzo illegale di una delle Maledizioni Senza Perdono. Nessun testimone. Avvocato per la difesa: Silas Roper”.
L’uomo che era entrato con Gould fece un affettato cenno col capo rivolto verso i membri del tribunale.
 
Harry proseguì: “Le parti dell’accusa saranno prese dall’avvocato Agatha Dorkins in rappresentanza del Ministero e della vittima, la signorina Hermione Granger.
Testimone per l’accusa: Lucius Malfoy.”
Nella stanza si diffuse un brusio piuttosto concitato, a cui Harry pose fine alzando la voce.
“Ricordo che il signor Gould è maggiorenne e in quanto tale è processato dalla Corte plenaria. Non ne rispondono in alcun modo i genitori, che in ogni caso non ci sono...” constatò Harry esitante. “L’udienza ha inizio, do la parola a Griselda Marchbanks”.
 
“Grazie Ministro. Signor Golud, lei conferma che in data otto marzo si trovava ad Hogwarts?” chiese l'anziana strega a capo del Wizengamot.
Gould le puntò addosso gli occhi, apparentemente non intimorito dalla sedia con le catene su cui aveva dovuto accomodarsi.
“Si” rispose seccamente.
“E nel pieno possesso delle sue facoltà, ha consapevolmente e deliberatamente aggredito la sua insegnante, la qui presente signorina Granger?” incalzò la Marchbanks.
“Si” disse nuovamente Gould senza dar segno di volersi nemmeno difendere.
 
Hermione vide Agatha aggrottare le sopracciglia e fu colta da un'altra stretta di panico.
Griselda Marchbanks invece proseguì imperterrita. “Perché si trovava al di fuori del castello, innanzitutto? Agli studenti non è permesso uscire oltre un certo orario”.
Gould si agitò lievemente sulla sedia, ma non rispose.
“Signor Golud?” lo chiamò sconcertata da quell'atteggiamento.
“L’imputato non è tenuto a rispondere” si intromise Roper in tono velenoso.
“Le ricordo che è un processo...” insistette la Marchbanks senza farsi impressionare e senza fare caso a Roper, “La pena potrebbe esse Azkaban. Per quale motivo ha aggredito la signorina Granger?”
 
Hermione non riuscì a capacitarsi dell'assurda mancanza di spiegazione da parte di Gould.
Buona parte dell’udienza passò nel completo silenzio del ragazzo e questo la mise in uno stato di agitazione ancora peggiore, sebbene cercasse di non darlo a vedere.
Quando ormai il processo sembrava essersi concluso con pesanti accuse contro Gould, la difesa tirò fuori il suo asso dalla manica.
“Mi permetta di prendere la parola...” si intromise viscidamente Roper, “il mio assistito è evidentemente intimorito, ma posso porgli io le domande che vi stanno a cuore”.
 
A quel punto il panico di Hermione scoppiò come una bolla di sapone e si trasformò in un cumulo di rabbia. Intimorito? Gould se ne stava lì seduto con espressione spavalda, rifiutandosi di rispondere alle domande quasi come se si prendesse gioco dell'intero Wizengamot, incurante delle conseguenze. Hermione sentì montare dentro di sé una potente acredine, che fino ad un momento prima era stata sepolta sotto l'angoscia e il senso di colpa.
“Signor Gould” cominciò Roper, con un inquietante sorriso dai denti aguzzi e perfetti.
“Ha agito da solo?”
Gould lo fissò con finta innocenza. “No”.
 
Il silenzio nella stanza si fece di ghiaccio e ad Hermione si gelò il sangue nelle vene.
“Chi sono i suoi complici?” intervenne la Marchbanks.
“Mi lasci proseguire per favore, signor Capo Supremo” la interruppe subito Roper. “Vorrei portare la vostra attenzione ad una faccenda parallela a questa, in modo che possiate avere tutti i tasselli per giudicare. Permettetemi di tornare indietro a settembre di quest’anno, e rivolgere qualche domanda al testimone per l’accusa, il signor Lucius Malfoy.”
Il suo sorriso sgradevole si allargò nel proseguire: “Nessuno dubita della veridicità del racconto della Signorina Granger... Ma capirà che non possiamo dire lo stesso per la testimonianza del signor Malfoy, visti i precedenti”.
 
Lucius dal canto suo si limitò a gelare Roper con un'occhiata, puntandogli addosso i suoi occhi grigi, ma non si mosse di un millimetro, mantenendo la sa postura diritta ed elegante.
Roper fece di nuovo il suo viscido sorriso e si rivolse a Malfoy: “Che tipo di relazione ha con la sua collega Hermione Granger?”.
“Obiezione, è irrilevante” si intromise Agatha senza esitazioni.
“Non è affatto irrilevante, dal momento che con le informazioni in mio possesso potrei invalidare l’intero processo” ribatté Roper con voce dura.
“Prosegua” dovette concedergli la Marchbanks, seppure lo guardasse scettica.
“Che tipo di relazione ha con la sua collega Hermione Granger?” ripeté di nuovo l'avvocato della difesa, rivolto a Lucius.
 
Lui rispose con voce gelida, senza scomporsi. “Come ha detto Lei, siamo colleghi”.
“Eppure so per certo che tra voi non correva buon sangue in principio. Che tipo di rapporto aveva con la sua collega a inizio anno?” incalzò Roper.
“Contrastato”.
L'uomo fece un malcelato ghigno di soddisfazione. “Ma a quel che so, poi le divergenze si sono magicamente appianate”.
“Si è stabilito un equilibrio, necessario per tutti” ribattè Lucius.
“Un equilibrio buono a tal punto che l’ha accompagnata ad un ballo... Che poi si è trasformato in quotidiane passeggiate nel parco... Molto romantico. È bello vedere come in pochi mesi un Mangiamorte passa dall’odiare una nata Babbana all’uscirci magicamente insieme” constatò Roper.
 
“Cosa sta insinuando?” sibilò Lucius col volto lievemente contratto.
“Infatti, cosa sta insinuando?” gli fece eco la Marchbanks, “Arrivi al dunque”.
“Il presente signor Gould a quanto pare non è l’unico ad avere agito con premeditazione. È evidente che il mio accusato è molto confuso... sembrerebbe che sia stato influenzato in qualche modo da qualcuno.”
Il cuore di Hermione perse un battito, e d'improvviso la ragazza sentì freddo. Per la prima volta, Lucius si voltò ad incrociare il suo sguardo: l'intelligenza di Hermione era proverbiale in tutto il mondo magico e di sicuro stava già ricollegando insieme tutti i pezzi offerti da Roper.
 
“Che ne dice Signor Malfoy?” incalzò quest'ultimo, “Si é dato molto da fare per entrare nelle grazie di Hermione, ma sentimenti come l’odio sono difficili da rimpiazzare così in fretta”. L'uomo eseguì alla perfezione una pausa ad effetto. “Forse.... Forse con un bel salvataggio. Quale modo migliore di conquistare una ragazza? Ha miracolosamente trovato Hermione, non è così?”
La voce di Malfoy risuonò tesa e pericolosa in tutta l'aula.
“Non capisco, mi sta forse accusando apertamente? Ha bisogno di prove. E la prova sarebbe che, per consumare una vendetta, ho fatto fare a qualcun altro la parte del cattivo, per poi essere più convincente nella parte del buono? In pratica sta cercando di dire che ho agito in accordo con Gould, anzi, forse sta addirittura insinuando che sia tutta una mia idea. Formuli chiaramente le sue accuse, se le ha, basta con le insinuazioni!”.
 
A quel punto la mente di Hermione smise di seguire ciò che stava accadendo nell'aula, cercando di ricordare eventi accaduti mesi prima. Quando Gould l'aveva importunata, era stato Lucius ad occuparsi di punirlo. Al ballo, aveva visto chiaramente Lucius parlare con Gould. Nel bosco, c'erano solo lui e Gould.
La voce di Roper la riscosse dai suoi pensieri. “Sì, ho motivo di credere che sia tutta una montatura per deviare i sospetti. Ha fatto fare il lavoro sporco ad altri”.
“Quella sera ero in Sala Grande, e dalla finestra ho visto un lampo di scintille rosse. Dal momento che la mia collega era assente, e non si era vista per tutto il pomeriggio, mi sono offerto per andare a cercarla.”
Hermione non disse nulla; prove e controprove cozzavano violentemente nella sua testa in modo confusionale, lasciandola stordita.
 
“Signor Malfoy, può provare la sua assoluta innocenza e estraneità ai fatti?”
“Signor Roper, può provare la mia assoluta colpevolezza?” ribatté immediatamente Lucius. “È difficile dimostrarlo, dal momento che sono tutte speculazioni. Cosa potrei dire? Ho punito il signor Gould anche in altre situazioni, ma direte che faceva parte della messinscena per essere più credibile. Qualsiasi cosa potrebbe fare parte del piano”.
“E poi che senso avrebbe avuto denunciare Gould e rischiare di finire anche io nel processo? Ho già avuto abbastanza processi.” sputò Malfoy velenosamente.
“Tutto quello che posso dire, è che vista la mia posizione precaria dopo la guerra, non avrei avuto motivo di fare niente di quello di cui mi ha accusato...”.
Lucius erse fieramente le spalle e la schiena e si protese verso Roper con un sorriso di scherno.
“Inoltre, non può seriamente credere che avrei usato un ragazzino per il mio ipotetico piano”. A questo punto Lucius si si girò, rivolgendosi direttamente ai membri del Wizengamot. “Se volete davvero credere che sono colpevole, dovete almeno comprendere che avrei fatto le cose per bene, come sempre. L’ultima volta ho complottato con Lord Voldemort, non potete seriamente pensare che sono in accordo con lui?” fece un cenno sprezzante verso Gould, “Eventualmente mi sarei arrangiato da solo. Odio fallire.”
 
Nell'aula scoppiò un pandemonio.
Hermione fissò sgomenta Lucius fare un sorriso perverso, e Agatha coprirsi gli occhi con una mano.
Paradossalmente, proprio in quel momento i suoi pensieri si disposero di nuovo in un ordine sensato e seppe cosa fare.
Si protese verso Agatha e le bisbigliò qualcosa all’orecchio.
La donna sgranò gli occhi e poi annunciò ad alta voce: “La parte offesa vorrebbe parlare”.
La sala si zittì di nuovo.
Hermione indirizzò uno sguardo fugace a Lucius e poi si rivolse alla Corte.
 
“Anche se i nostri rapporti non sono iniziati nel migliore dei modi, posso affermare con certezza che sono migliorati ben prima che tutto questo accadesse. Se il mio collega avesse pianificato qualcosa avrebbe dovuto farlo con mesi di anticipo. Ma non credo... Sono convinta che non abbia nulla a che fare con tutto questo. Spero che il resto del processo torni ad essere focalizzato maggiormente sullo scoprire i colpevoli e le loro motivazioni, piuttosto che a fare illazioni.
Ho piena fiducia in Lucius Malfoy, fiducia che gli era già stata offerta dal Ministro Potter e che dovrebbero dargli tutti. Malfoy non aveva motivo di mettere in atto tutto questo piano per redimersi agli occhi del mondo, visto che già il Ministro si era chiaramente sbilanciato nei suoi confronti. Penso che questo dovrebbe bastare” annunciò Hermione con determinazione.
 
Griselda Marchbanks le rivolse un'occhiata di disagio. “È un processo, e nonostante l'influenza del Ministro dobbiamo considerare le opzioni.”
“Considerate l'imputato allora!” sbottò Harry, “Siamo qui per questo. É la sua udienza, quella di Malfoy è già avvenuta quattro anni fa!”.
Hermione rincarò la dose con rabbia: “Nel momento in cui il signor Gould mi ha attaccata ho temuto per la mia vita. Ci aveva già provato una volta e questo indica premeditazione. Mi sono salvata grazie all’intervento del mio collega, entrambe le volte.
Ora, in qualità di parte lesa, mi aspetto che sia fatta giustizia. Non sono ancora chiari i motivi per cui il signor Gould abbia agito così, e mi auguro che questa questione sia appurata per prima... Senza tirare in causa altre persone. Non c’è motivo di dubitare del Signor Malfoy, nonostante i precedenti.”
 
“Grazie signorina Granger” disse la Marchbanks. E proseguì rivolta a Roper in tono conciliante, nel tentativo di calmare gli animi: “Avete delle prove che dimostrino qualche collegamento...”
“No. Ma le avremo...” la interruppe Roper. “Lucius Malfoy non è...”
“Questo non ha a che fare con l’udienza di oggi!” si intromise Harry arrabbiato, “Ha qualcosa da aggiungere signor Roper? Signor Gould?”
Entrambi fecero silenzio; Gould sembrò per la prima volta spaventato e Roper sembrava aver mangiato un rospo.
 
“Andiamo a giudizio” concluse la Marchbanks. “Il qui presente signor Damian Gould, accusato di aggressione e utilizzo delle Maledizioni Senza Perdono, si è rifiutato di fornire motivazioni. Pertanto, la pena è Azkaban, a meno che non esponga qualche fatto a suo favore che permetta di riconsiderare la sua posizione. Il signor Gould è già stato espulso da Hogwarts, ma gli sarà anche confiscata la bacchetta. Quanti a favore di una condanna?”
Gran parte delle mani si alzarono, ed Hermione tirò un sospiro di sollievo.
 
Seguì un gran fracasso, quando tutti i membri si alzarono dalle panche parlottando. Hermione si fiondò ad abbracciare Harry.
Nella confusione generale, Lucius si infilò accanto alla porta, aspettando l'uscita di Roper e Gould, quest'ultimo scortato dagli Auror.
“Non so perchè abbiate creato questo siparietto, ma sappiate che avete osato sfidare un Malfoy... Pagherete le conseguenze” minacciò con voce vibrante e pericolosa.
“Sei finito Malfoy...” gli urlò Gould di rimando, “Da quando...”
Gould non riuscì nemmeno a cominciare la frase che Roper lo zittì imperiosamente.
“È già la seconda volta che tenti di mettere le tue luride zampe sulla Granger...” sibilò Malfoy in modo che questa volta solo Gould potesse sentire, “Mi pareva di averti avvertito. Non osare mai più toccare le mie cose.”
 
 
***
 
 
Lucius era comodamente seduto sulla poltrona del suo salotto bevendo il solito whisky. Nonostante la generosa quantità di alcol però, la sua mente non si alleggerì affatto.
L’udienza di quella mattina si era rivelata un vero fallimento, anche se tutto era andato per il meglio, alla fine.
Gould era stato condannato ad Azkaban, almeno fino a nuovi sviluppi, ma lo aveva trascinato con sé in un polverone del tutto imprevisto.
La spiegazione più sensata per il comportamento di Gould era che nutrisse un malato interesse per la Granger e fosse geloso per la sua vicinanza con Lucius.
Tuttavia, non riusciva a togliersi dalla mente l’idea che dietro a tutto questo ci fossero eventi molto più significativi che ribollivano in profondità; l’attacco alla Granger era stato qualcosa che aveva appena scalpito la superficie.
Un po’ come la punta di un iceberg, che impediva di vedere con precisione tutta la grossa parte sommersa.
Qualcosa era andato storto nel piano del ragazzo, ma c’era dell’altro.
 
Come se non bastassero i Mangiamorte rimasti a rovinargli la vita, doveva pure subire gli attacchi insensati di uno studente malato e fissato con la Granger.
Quell’idiota rischiava di rovinare tutto il suo studiatissimo piano.
Anche se la Granger si era prodigata in sua difesa, Lucius sapeva bene che per rovinare le cose a volte bastava anche solo il più piccolo accenno di dubbio. Se la ragazza avesse cominciato a diffidare di lui, mesi di sacrifici sarebbero stati sprecati inutilmente.
A dimostrazione di ciò, lei non era lì quella sera come faceva ogni altra sera.
 
Alla fine Lucius si stufò di aspettare. Si alzò di colpo, dicendosi che doveva valutare l’entità dei danni, capire quanto il processo aveva influenzato la visione della Granger.
Una piccola e debole parte della sua mente gli urlò di essere sincero con se stesso: non era l’unico motivo per cui sentiva il bisogno di andare da lei.
Si era abituato alle visite notturne della ragazza, le gradiva, e in fondo ne sentiva la mancanza.
Chiamarla continuamente “Granger” nella sua testa, invece che “Hermione”, era inutile.
Lucius scosse la testa, scacciando questi pensieri scomodi e facendo fluttuare lievemente i capelli biondi.
 
 
Hermione sobbalzò quando Lucius uscì dal suo camino, spargendo un po' di cenere sul pavimento del salotto.
“Lucius!” squittì, con gli occhi dilatati per la sorpresa.
“Ho pensato di assicurarmi che fosse tutto a posto... Il mio whisky si sentiva solo”. Evitò accuratamente di ammettere a se stesso che anche lui si sentiva solo.
“Oh, mi dispiace, ma oggi sono davvero troppo stanca. Tutta la tensione accumulata della settimana mi è precipitata addosso appena ho messo piede in questa stanza... Una volta calata l’adrenalina ho cominciato a sentire sonno come se non dormissi da mesi.”
“Posso capire” disse Lucius suadente, “allora ti auguro una buonanotte...”.
“Se vuoi puoi restare un momento” lo fermò Hermione. “Niente whisky per questa sera, faccio una tisana anche per te” gli disse con un sorriso.
 
Lucius si accomodò sul divano, in attesa che la ragazza tornasse con due tazze calde e fumanti.
Quando si fu seduta accanto a lui, decise che poteva azzardarsi a sondare il terreno e valutare i danni al suo piano.
“Grazie, Hermione, per quello che hai detto oggi pomeriggio. Pensavo che nel ricordare il nostro inizio burrascoso avresti creduto a Roper; in fondo le sue illazioni potevano avere un senso, se consideri che sono Lucius Malfoy”. Non nascose una nota di orgoglio nel pronunciare il suo nome.
Hermione puntò lo sguardo nei suoi occhi grigi e rispose francamente: “Ammetto che per un momento il dubbio mi è venuto. Mi sono tornate in mente alcune occasioni in cui vi ho visti confabulare insieme, e non ho idea di cosa vi siate detti...”
 
“Ogni singola volta in cui ho parlato con Gould è stato per minacciarlo, se non ti avesse tolto gli occhi di dosso” rispose lui, ed Hermione per la prima volta riuscì a leggere la sincerità nei suoi occhi solitamente imperscrutabili. Un piacevole calore si fece strada dentro di lei.
Lucius invece si maledisse, percependo uno strano sentimento serpeggiare nel suo petto.
“Beh, ti ringrazio” disse Hermione con voce insicura. “Comunque il dubbio è durato poco. In tutto questo tempo non mi hai mai dato motivo di pensare niente del genere. Senza contare che, con tutti i pomeriggi e le sere passate da soli, avresti potuto farmi sparire molto prima” scherzò.
“Alla fine i loro sospetti erano semplicemente ridicoli. Io ho fatto quello che era giusto fare, prendendo le tue difese, e penso di dover essere io a dire grazie a te, Lucius. Tu mi hai salvata.”
Appoggiò la testa sullo schienale del divano e chiuse gli occhi.
 
Lucius sorrise compiaciuto, constatando che non era andato tutto a rotoli; ma si ritrovò a combattere la tentazione di mordere il collo esposto della ragazza.
Ignara delle sue lotte interne, Hermione proseguì con voce stanca: “purtroppo questa storia mi sembra tutt’altro che conclusa... Hanno fatto accuse precise e con troppa sicurezza. Sapevano perfettamente dove andare a colpire.”
“Ho avuto la stessa sensazione” concordò Lucius, chiudendo gli occhi a sua volta per porre fine alla visione di quella pelle morbida.
 
“Almeno sembravano non sapere nulla del Fuoco Gubraithiano...”, disse con voce ruvida, “credo che sia meglio che la cosa resti tra noi. Visto che ancora non è tutto finito, mi sento più... è più sicuro se tieni sempre con te qualcosa con cui difenderti di cui nessuno è a conoscenza”.
“Certo. A proposito, domani potremmo proseguire con le lezioni” propose lei, appoggiando la tazza vuota sul tavolino e riposizionandosi con la testa a riposo sul divano. “Forse con meno tensione addosso riuscirò a fare di meglio che addormentarmi...”
“Era già un ottimo risultato” rispose Lucius, imitandola e mettendosi comodo a sua volta.

Entrambi si persero nei propri pensieri.




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N. d. A.
Rieccomi!
Ci ho messo un po' ma credo di aver battutto ogni record in lunghezza, dodici pagine di georgia 12. :D
Grazie a tutti quelli che continuano a seguire e commentare questa storia.
Un grazie particolarmente sentito ad
Allison1992 che mi sprona quasi quotidianamente a scrivere, e devo dire che funziona!
A presto.

 
 
 

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Capitolo 11
*** Un piano quasi perfetto ***


 
XI. UN PIANO QUASI PERFETTO
 
 
Breve riassunto dei capitoli precedenti.
Hermione, insegnante ad Hogwarts, viene aggredita in circostanze misteriose da uno studente, Damian Gould. Si salva grazie all'intervento provvidenziale di Lucius Malfoy, suo collega e insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.
Si tiene un processo, che vede Gould colpevole, tuttavia non confessa nulla sulle motivazioni che lo hanno spinto a compiere il gesto. Durante il processo però, l'avvocato di Gould muove delle accuse verso Lucius, lasciando intendere che lui sia coinvolto nella faccenda. Sia Hermione che Harry Potter, ora Ministro della Magia, si sbilanciano in favore di Lucius.
Inoltre, Hermione ha chiesto a Lucius di insegnarle a controllare il Fuoco Gubraithiano (racchiuso nel ciondolo che lo stesso Lucius le ha regalato) e comincia ad esercitarsi con lui.

 


 
 
Lucius sollevò la testa dal divano, sentendosi leggermente stordito. Quando riacquistò consapevolezza dei suoi sensi, percepì che l'ambiente era stranamente ovattato.
Accanto a lui, Hermione giaceva ad occhi chiusi con la testa che ciondolava indietro, appoggiata sullo schienale del divano. Il collo bianco della ragazza fissava Lucius con sfrontatezza, urlandogli di morderlo.
Senza pensarci ulteriormente, seguì i suoi istinti, calando le labbra su quel lembo di morbida e profumata pelle esposta.
Hermione emise un profondo gemito sorpreso, ma si inarcò ancora di più.
Era stato più facile del previsto, pensò Lucius soddisfatto.
Con un movimento fluido, si fece ancora più vicino alla ragazza, non resistendo alla tentazione di assaggiare con la lingua il gusto del suo collo.
 
“Mmmh” esalò con voce roca.
Hermione si lasciò andare senza opporre resistenza a quell’attacco, anzi, appiattì il suo corpo contro di lui per lasciargli ulteriore spazio di manovra.
Come un lupo che si fionda sulla preda per non farsela scappare, Lucius la catturò tra le braccia, con una mano sulla nuca, sotto l’enorme massa di capelli, e una a sorreggerle la schiena. La fece voltare verso di lui, la distese sul divano e le fu subito addosso.
 
Sentì la pelle accaldata della ragazza sotto i vestiti, le punte dei suoi capelli che gli solleticavano il naso e quel corpo snello che si protendeva verso di lui, facendo crescere ancora di più l’eccitazione.
Lucius si dedicò a morderle il collo e massaggiarle il viso, ritardando il momento in cui avrebbe calato le labbra sulle sue.
Con movimenti lenti e studiati, si avvicinò alla sua bocca, pur evitando accuratamente di toccarla, e questo gioco non fece che aumentare in lui l’attesa e il desiderio.
Hermione socchiudeva le labbra ogni volta che lui passava vicino ad esse, ma Lucius si prese gioco di loro scendendo invece a baciarle il mento, sfiorarle le guance e succhiare un lembo di orecchio.
 
Poi il suo autocontrollo cominciò a vacillare, la bocca si fece sempre più vicina e insistente verso quella di Hermione.
Lucius si fermò un momento per riprendere fiato, e deglutì, decidendo di accontentare finalmente il suo desiderio e assaggiare la consistenza e il sapore di quelle labbra.
 
Era a un millimetro da esse, quando d'improvviso un lampo bianco nella stanza lo accecò, e tutto cominciò a ricoprirsi repentinamente di nebbia.
Non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo, si trovò a brancolare da solo, senza riuscire più ad orientarsi e senza più il calore di Hermione accanto.

Poi, la temperatura cominciò a calare inesorabilmente, e la nebbia a diradarsi.
Ora l'unico vapore presente era quello del fiato caldo di Lucius che si frantumava contro l'aria gelida, producendo piccoli sbuffi di fumo.
Le grigie pareti di roccia cominciarono a ghiacciare e Lucius rabbrividì forte. Incrociò le braccia al petto per tentare di trattenere un po' di calore.
Si udì uno stridulo e sinistro cigolio in lontananza, poi il tonfo di una sbarra di metallo che sbatte contro la pietra.

“No! NO!” urlò Lucius, precipitandosi verso la fonte del rumore.
Con il cuore pieno di terrore gridò nel vuoto le sue proteste.
Si aggrappò alle sbarre di ferro della grata, scuotendola con tutta la forza che aveva in corpo, ma non ottenne altro che ghiacciarsi le dita contro le sbarre di ferro.
“NO!” gridò di nuovo con voce rotta dal panico, accasciandosi malamente per terra.
Un grigia figura cenciosa e senza volto fluttuò nella sua direzione, gelando l'aria e mozzandogli il respiro.
“Vi prego...” gracchiò in un verso sempre più roco, abbandonandosi alla disperazione e al terrore.
Il Dissennatore si avvicinò sempre di più, fino a portarsi davanti all'altro lato delle sbarre.
Lui non ebbe la forza di resistere, e si abbandonò senza speranza contro il suolo.
Dalla bocca del Dissennatore si formò un vortice talmente potente che il corpo inerme di Lucius fu attratto verso le sbarre dalla potenza di risucchio, alzandosi da terra come un manichino floscio.
 
“Luciusss”, un sibilo freddo si insinuò nella sua mente, trafiggendogli il cuore come un ago.
La bocca del Dissennatore era a un respiro dalla sua, ma non gli importava più.
Tutto era buio, freddo e doloroso accanto a lui, voleva solo sprofondare nel nulla. Sentì la scintilla della vita staccarsi dal suo cuore, risalire attraverso la gola e uscire luminosa dalla sua bocca.
Chissà come, l'ultima, stremata e disperata reazione si manifestò in quel momento.
“NO! NOOOOOO!” urlò con tutto il fiato rimasto in corpo.
 
“LUCIUS!”
 
Con un ultimo grido, Lucius aprì gli occhi, la fronte imperlata di sudore.
Impiegò qualche secondo per registrare che non era in un gelida cella di Azkaban, ma nella calda e accogliente stanza di Hermione.
 
La ragazza lo stava fissando con evidente preoccupazione, con quei suoi espressivi occhi marroni.
“Era solo un incubo” gli disse dolcemente.
“Mai più tisane prima di dormire,” ringhiò Lucius, “preferisco continuare con il mio solito whisky!”
Hermione non poté fare a meno di ridere di gusto e lo osservò piegare il collo da una parte all’altra per sciogliere la tensione accumulata nei muscoli a causa della posizione scomoda.

“È notte fonda” constatò Lucius registrando il grigiore buio fuori dalla finestra.
Hermione annuì.
“Mi sono assopita in qualche punto imprecisato della nostra conversazione e poi risvegliata di colpo quando ho sentito delle urla. Ci ho messo un po' a riorientarmi e rendermi conto che eri preda di un incubo. Ho provato a chiamarti piano per non inquietarti di più, ma non hai dato segno di avermi sentita... Quindi ho alzato la voce”. Esitò. “Che cosa stavi sognando?”
Il volto di Lucius diventò scuro come la notte fuori dal castello e guardò dritto al volto di Hermione, indeciso se rispondere o meno.
“Azkaban” sussurrò con un tono neutro di noncuranza, come se fosse una cosa poco degna di nota.
Hermione emise un verso sorpreso.
“Tu... Tu fai spesso di questi sogni?”
 
L’ultima volta che la ragazza si era addentrata su argomenti personali, lui aveva avuto la fortuna di essere salvato da un’ascensore.
In realtà prima non si era mai permessa, o non era stata interessata, a chiedergli alcunché sui suoi sogni o progetti di vita; ma a quanto pareva ultimamente aveva trovato il coraggio di varcare anche quel confine.
 
Indispettito, Lucius si chiese se risponderle o meno.
Poteva stare in silenzio, era sicuro che lei non avrebbe insistito.
Poteva cambiare discorso, ma chissà cosa avrebbe pensato.
Poteva mentire, certamente...
Oppure poteva essere sincero e superare un altro piccolo scalino per arrivare alla sua fiducia. Per poi farla sgretolare di nuovo in mille pezzi, ovviamente; cosa poteva farsene della sua fiducia se non usarla per farle del male?
Lucius sbuffò, ridendo di se stesso.
 
“Sì, faccio incubi da molto tempo. Non sono mai smessi, neanche dopo che ho cominciato a lavorare qui. In realtà... Sono cominciati ben prima della fine della guerra. Credo di non aver dormito per intero una sola notte, nel periodo in cui il Signore Oscuro si è appropriato della mia casa”.
 
Lo sguardo di Hermione si perse nella nebbia dei ricordi.
“Quando ci avete catturati...” cominciò esitante, “ricordo molto bene quel momento. Ricordo l’atteggiamento combattuto di Draco, come se stesse lottando per non fare ciò che gli avevi chiesto... Per non svelare la nostra copertura”.
Abbassò gli occhi fissando il rivestimento in pelle del divano.
“Ricordo te... Che invece eri così ansioso di chiamare Voldemort come se ne dipendesse la tua vita... Ma sono rimasta impressionata dal tuo aspetto. Non assomigliavi molto all’uomo agiato e autoritario che avevo visto alla coppa del mondo di Quidditch e neanche nell’Ufficio Misteri... Sembravi stanco, le tue occhiaie erano pesanti...”
 
Lucius storse il naso.
“Ero già fuori dalle grazie del Signore Oscuro... Avere la casa sfruttata come quartier generale da un megalomane e infestata da un branco di rozzi ignoranti...”
Dopo una breve pausa riprese in tono di scusa: “Devi capire... Io volevo davvero, con tutto il mio cuore, potervi consegnare al Signore Oscuro, mentirei se dicessi il contrario. Tornare tra i suoi uomini più fidati avrebbe significato una vita migliore per me, ma sopratutto la sicurezza per mio figlio e la mia famiglia. Dopo il disastro al Ministero non potevo sprecare quest’occasione...”
“Perdonami” disse, e inchiodò gli occhi in quelli della ragazza.
 
Hermione fece un basso verso di sorpresa e gli sorrise.
“Ti ho già perdonato da tempo, Lucius... Hai pagato abbastanza con la morte di Narcissa” sussurrò. “E ti sei ampiamente riscattato”.
Lucius sentì uno sgradevole calore scendere nel suo petto, liberandolo di qualcosa che, a sua stessa insaputa, aveva dentro da tempo.
In quel momento, si rese conto con un certo fastidio di non riuscire più a distinguere con sicurezza il confine tra la confessioni che faceva volutamente per proseguire il suo gioco perverso contro Hermione, e quelle che invece gli uscivano sinceramente perchè si stava abituando alla ragazza.
Sempre più spesso ormai si scopriva a desiderare la sua compagnia senza alcun doppio fine come scusa.
La cosa lo fece notevolmente irritare con sè stesso. Stava scivolando sul terreno sdrucciolevole del suo stesso gioco.
Se davvero voleva raggiungere il suo obiettivo, conquistare la fiducia della ragazza e poi spezzarla, doveva fare in fretta.
 
“Sarà meglio che vada” disse con voce bassa e carezzevole. “È piena notte ormai, e oggi è stata un giornata difficile per entrambi” disse, alludendo al disastroso processo che si era svolto solo poche ore prima.
“Lucius...” cominciò la ragazza, esitante, “Tu sei... Migliore di quello che vuoi far credere e che tu stesso credi. Forse una volta non era così, ma ora...”
“Buonanotte” concluse con un sorriso.
 
L’uomo represse a stento un moto di stizza; essere psicoanalizzato da Hermione Granger era davvero un’umiliazione che non avrebbe accettato neanche a scapito di tradire le sue vere intenzioni.
Con un sorrisetto tirato uscì dalla stanza senza aggiungere altro.

 
***

 
TRESCA AD HOGWARTS.
IL MINISTERO ANCORA SOTTO IL CONTROLLO DEI MANGIAMORTE?
 
Sembra impossibile che a sei anni di distanza dalla sconfitta di Voldemort e dei suoi seguaci la storia non si sia ancora conclusa.
Eppure pare che il Ministero non sia ancora riuscito a liberarsi completamente dal giogo dei Mangiamorte.
A dimostrazione di ciò, ci sarebbero alcune scelte politiche discutibili attuate dal Ministero nei confronti di alcuni ex Mangiamorte tutt’ora in libertà.
Tra le ultime, un caso passato quasi in sordina per volere del Ministro Potter e della Preside di Hogwarts, Minerva McGranitt.
Un fatto controverso, non riportato al grande pubblico, che ha avuto luogo proprio tra le mura della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Uno dei nostri inviati è riuscito a infiltrarsi e osservare in via diretta l’accaduto, che vi riporteremo qui di seguito.

Pare che in data 8 marzo di quest’anno, sia stata aggredita in circostanze misteriose una delle insegnanti di Hogwarts, guarda caso proprio Hermione Granger, come risaputo, migliore amica di Harry Potter.
La professoressa Granger è stata prontamente curata nell’infermeria della scuola, e non ha riportato traumi permanenti.
Tuttavia qui il mistero si infittisce ulteriormente: come ci ha riferito il nostro inviato, durante l’udienza, che si è tenuta nientemeno che al Wizengamot, è stato accusato dell’aggressione proprio uno studente.
A salvare la Granger sarebbe stato invece il famigerato ex Mangiamorte Lucius Malfoy.
Nel corso del processo sono stati sollevati dei dubbi sull’effettivo ruolo di Malfoy in tutta la vicenda.
A quanto pare è capitato esattamente nel posto giusto al momento giusto. Circostanze fortunate o piano studiato a tavolino?
Alcuni tra i lettori certamente sono poco convinti sul reale pentimento di Lucius Malfoy.
È facile ipotizzare che l’uomo abbia messo in scena questo siparietto (da cui esce come eroe) per ingraziarsi quelli che ancora nutrono dubbi e risentimento nei suoi confronti.
Ma se ci fosse di più?
C’è chi sospetta di un complotto su scala molto più larga, un piano di cui quest’aggressione non è che la punta dell’iceberg.
Si vocifera da tempo che il Ministero sia sotto il controllo dei Mangiamorte: viene da sè chiedersi se questo attacco non sia un piano accuratamente studiato da Lucius Malfoy insieme al Ministro stesso.
A dimostrazione di ciò, quando il Wizengamot ha cominciato ad indagare in questa direzione, il Ministro Potter ha prontamente fermato il discorso, dichiarando tutto il suo sostegno a Lucius Malfoy.
Che il Ministro sia sotto Imperius è un ipotesi che circola da tempo, sin da quando lo stesso Malfoy è stato assunto come insegnante di Difesa (?) Contro le Arti Oscure ad Hogwarts.
I più maligni invece sostengono che Potter agisca di sua volontà, intessendo rapporti vantaggiosi e redditizi con un gran numero di criminali e loschi individui del mercato nero. (Vedere intervista a Rubeus Hagrid, riguardo al contrabbando di erbe e creature magiche. Pare che da anni l'insegnante porti avanti loschi affari, proprio sotto gli occhi dei Presidi di Hogwarts... vi invito a leggere pagina 32).
Grazie alle conoscenze di cui sopra, Potter si assicura un saldo ancoraggio alla poltrona di Ministro...

 
Hermione gettò via con un gesto stizzito la Gazzetta del Profeta, che andò a finire dritta in mezzo alle fiamme del camino.
Possibile che quel giornale riuscisse ancora a scrivere così tanti articoli spazzatura?
Harry aveva salvato tutti loro, e nonostante questo, molti tra i maghi continuavano ad accusarlo dei crimini più disparati.

A colazione, Hermione trovò una McGranitt altrettanto livida.
“Suppongo che tutti siate a conoscenza degli ultimi avvenimenti” disse ad alta voce la Preside prima della fine del pasto.
Nella Sala Grande si smorzò immediatamente l’intenso vociferare.
“Un vostro compagno di scuola è stato espulso... Mi sembra giusto fare chiarezza sull’accaduto, ma in ogni caso, confido nel buonsenso di ognuno di voi nel capire quali fonti sono attendibili e quali invece no” disse la McGranitt, fissando con chiara disapprovazione il giornale sul tavolo davanti a lei.
“Non esiste alcun complotto, ovviamente,” sottolineò con le narici frementi e le labbra strette, “quello che il vostro compagno ha fatto è illegale non solo ad Hogwarts, ma in tutto il mondo magico, e poiché si è rifiutato di fornire valide spiegazioni, si è arrivati a quello che voi tutti avete letto.
Voglio che riflettiate su quanto accaduto... C’è una differenza tra le bravate che si fanno da studenti e il violare le regole morali, sociali e penali.
Nel primo caso avrete al massimo una punizione, ma nel secondo caso le conseguenze possono essere molto più pesanti.
Spesso il passo è più breve di quanto si crede... Non serve ricordarvi che anche Tom Riddle è stato uno studente qui. È necessario che capiate il limite da non oltrepassare...
Inoltre, vi invito a seguire sempre il buono che è in voi. So che l’Oscurità a volte esercita un fascino potente, ma dovete imparare a resistergli. Buone lezioni.”
 
Quando la sala fu riempita di nuovo dallo strusciare delle panche e degli studenti che si alzavano dai loro posti, Hermione si voltò a guardare Lucius.
Manteneva un contegno e un’indifferenza invidiabili per uno che era stato appena trascinato in un nuovo scandalo dal più importante giornale britannico del mondo magico.
“Stai bene?” gli chiese con espressione tirata, “mi dispiace per...”
“Non c’è niente di cui dispiacersi” tagliò corto Lucius con voce strascicata. “È da tempo che il Profeta pubblica solo spazzatura. E io non credo di poter cadere più in basso di quanto ho già fatto”.

Le sue ultime parole colpirono Hermione come una lama. Più volte si era chiesta se Lucius fosse davvero felice di insegnare ad Hogwarts o se invece avesse preferito trovarsi altrove, ma non aveva mai avuto modo di parlare dell’argomento. Lui era sempre restio quando si trattava di questioni personali.
Hermione abbandonò la Sala Grande pensierosa; l’arrabbiatura di quella mattina era stata completamente sostituita da un nuovo stato d’animo.

 
***


Qualche giorno dopo, Hermione non stava più nella pelle per esercitarsi di nuovo col Fuoco Gubraithiano.
Quando Lucius le disse che avrebbero avuto bisogno di un posto adatto per quella sera, lei propose immediatamente la Stanza delle Necessità.
Nei suoi anni da studentessa aveva sempre usato quel posto come location prediletta per attività di vario genere.
Ci era voluto un notevole lavoro per ricostruire la stanza dopo che era stata bruciata dall’Ardemonio, ma ora, seppure ammaccata, aveva recuoerato tutte le sue funzioni.
 
Quando Hermione raggiunse il terzo piano, Lucius era già entrato ad aspettarla.
“Wow!” esclamò Hermione, osservando con curiosità l’ambiente che la Stanza aveva creato per le loro esercitazioni. In un angolo c’erano un divano e due poltrone dall’aria invitante e un morbido tappeto. Sul lato opposto invece si ergeva un enorme e strano specchio, simile allo Specchio delle Brame.
Lucius era fermo davanti ad esso.
“Devo dire che è più di quanto speravo” ammise. “Vieni, cominceremo da qui”.
 
Hermione si avvicinò subito, impaziente di cominciare.
“L’esercizio sarà lo stesso dell’altra volta...” spiegò Lucius, portandosi alle spalle della ragazza. Le posò le mani sulla vita e con una lieve pressione la condusse dritta di fronte allo specchio.
“Cosa vedi?”
Il suo fiato caldo sfiorò il collo di Hermione, che chiuse gli occhi, rabbrividendo.
L’uomo sbuffò divertito. “Credo che per vedere qualcosa dovresti aprire gli occhi”.
 
Hermione arrossì, e tentò di ricomporsi. Lo specchio le restituì la sua immagine, e dietro di lei Lucius.
Fu tentata di appoggiarsi contro il suo petto, e sentire la consistenza dei suoi muscoli.
“Vedo...” rispose, cercando di concentrarsi su qualcosa che non fosse il riflesso di loro due insieme.
Se non fosse stato per la pressione tangibile delle mani di Lucius ancora appoggiate sui suoi fianchi, Hermione avrebbe creduto di guardare veramente nello Specchio delle Brame e che la loro immagine non fosse reale. A dire il vero non era certa di cosa avrebbe visto se avesse avuto la possibilità di guardarsi davvero in quello specchio. Forse Lucius non era il suo desiderio più grande, ma di sicuro lo desiderava. Loro due insieme, era un pensiero che faceva sognare Hermione.
 
“Vedo degli strani aloni di luce colorata attorno al mio corpo” disse recuperando l’autocontrollo, ma chiedendosi vagamente se Lucius fosse consapevole dell’effetto che le faceva, e se lo facesse apposta.
Lui sembrava invece totalmente a suo agio, come in ogni altra situazione.
 
“Bene. Ricordi l’esercizio dell’altra volta? Questo specchio ti aiuterà a capire se lo stai svolgendo correttamente. Gli aloni colorati che vedi non sono altro che la magia che scorre attorno ai tuoi punti vitali. Tu devi incanalarla tutta nello stesso punto. Ricordi?”
La ragazza annuì, concentrata.
“Quando vuoi” la invitò Lucius, liberandola finalmente dalla sua presa e allontanandosi di qualche metro.
 
Hermione cercò di liberare la mente come aveva fatto in precedenza.
Le luci attorno al suo corpo variarono in intensità svariate volte, affievolendosi e aumentando nuovamente, come risultato della sua concentrazione.
Attraverso lo specchio Hermione capì abbastanza facilmente come lavorava la sua magia e i suoi tentativi di focalizzazione furono sempre più accurati.
Ci mise un po’ prima di riuscire ad ottenere risultati, ma poi le luci cominciarono a spostarsi lungo il suo corpo, tendendo a raccogliersi tutte nel punto centrale all’altezza del cuore.
Se Hermione perdeva la concentrazione, gli aloni tendevano a tornare al loro posto; tuttavia alla fine riuscì concentrare la sua magia abbastanza stabilmente.
Una volta metabolizzato, il meccanismo era molto più semplice di quanto sembrava.
 
“Direi che basta così!” la richiamò la voce di Lucius ad un certo punto.
Hermione uscì dal suo profondo stato di concentrazione con una leggera confusione.
“Oh!” sussurrò con la voce roca per il silenzio prolungato, “mi ero quasi dimenticata che fossi qui!”
“Dobbiamo lavorarci...” spiegò Lucius. “Hai capito come concentrare la magia... Ma è anche necessario che tu rimanga cosciente di ciò che accade attorno a te nel momento in cui lo fai. Non puoi permetterti di estraniarti dalla situazione”.
L’entusiasmo di Hermione per il risultato ottenuto svanì immediatamente. La strada sembrava ancora lunga.
 
“Ma ti faccio i miei complimenti. Sei stata piuttosto veloce a capire come fare, era forse la parte più difficile” le disse Lucius invitandola a sedersi sul divano con lui.
“Dopotutto comprendo come mai Draco fosse così irritato da te” aggiunse con una mezzo ghigno, “sei molto dotata. E con lui io temo di aver fatto leva troppo spesso sul fatto di farsi battere in tutte le materie da... Beh, te. Ovviamente, se tornassi indietro non lo rifarei.”
Hermione sorrise. “Draco si vantava sempre di suo padre. Credo che avrebbe fatto qualunque cosa per ottenere la tua approvazione”.
 
Il volto di Lucius si rabbuiò, cancellando l’espressione serena della ragazza.
“Vorrei che fosse così anche adesso”.
“Non... Cosa intendi?”
“Draco si rifiuta di vedermi o avere qualsiasi rapporto con me”.
Hermione lo fissò sinceramente sorpresa.
“Lo merito” proseguì Lucius, senza tradire alcuna emozione, “ho rovinato la nostra famiglia”.
La mano di Hermione si spostò velocemente sulla sua, in un tentativo di mostrare il suo rammarico e di confortare Lucius.
 
“Vorrei smentirti ma non posso... Fino a qualche mese fa io stessa sarei stata più che contenta di vederti ad Azkaban” disse con sincerità. “Ma ho anche avuto modo di ricredermi. Non so chi tu sia ora, a dire il vero, ma basta poco per accorgersi che non sei più quella persona che ho incontrato anni fa e che seguiva ciecamente Voldemort”.
Il viso fine di Lucius si alterò in una smorfia nell’udire quel nome.
“Per oggi direi che basta” sentenziò cambiando discorso e togliendo la mano da quella della ragazza.

Hermione fece un sospiro. Effettivamente si sentiva spossata.
“Grazie, Lucius” disse e lo salutò con un leggero tocco sulla spalla, prima di uscire dalla stanza, lasciandolo solo con i suoi pensieri.

 
***


Dal giorno del processo, Lucius non aveva più messo piede fuori dal castello.
Non perché avesse timore a farsi vedere in giro: il fatto di essere stato accusato pubblicamente di un complotto non lo sfiorava più di quanto facesse una lama smussata su una roccia.
Semplicemente, non aveva interessi fuori da Hogwarts e preferiva godersi i suoi vizi in tranquillità. La biblioteca era ben fornita, e anche le sue scorte di whisky.
Perfino le passeggiate in compagnia di Hermione si fecero meno frequenti: il suo tempo con la collega era per lo più occupato dalle esercitazioni col Fuoco Gubraithiano.
 
Con una certa ritrosia aveva ammesso a se stesso che insegnare alla signorina-so-tutto lo riempiva di orgoglio.
Era stata una considerazione difficile da digerire, infatti aveva richiesto una notevole dose di liquore.
Hermione sembrava godere della sua compagnia, ma per quanto lui continuasse a incalzare in varie maniere, lei non dava segni di volersi abbandonare completamente.
D’altra parte, non poteva nemmeno aspettarsi che si sdraiasse di sua volontà su un piatto d’argento.
Purtroppo, Lucius invece si trovava sempre più spesso a dimenticare il senso di tutti i suoi progetti.
Talvolta cedeva alla tentazione di godersi semplicemente la compagnia di Hermione, senza pensare al suo piano.
 
A fine aprile decise che era giunto il momento di riprendere in mano la situazione e dare il colpo di grazia alla Granger.
Giusto per il gusto di riprendere le cattive abitudini, a fine giornata si incamminò verso Hogsmeade, certo che alla Testa di Porco (complice l’alcol scadente, il posto malfamato e il barista irritante) avrebbe ritrovato il vecchio se stesso.
Attraversò pensosamente i vicoletti del paese fino a fermarsi davanti al pub.
Recuperando l’espressione arrogante e i modi raffinati, spinse il battente ed entrò nel locale.

“Giornata difficile?” lo schernì Aberforth Silente non appena Malfoy ordinò un bicchiere di rum della qualità meno peggiore.
Il biondo si limitò a riservargli uno sguardo gelido di avvertimento, ma si compiacque dentro di sé di poter sfogare la sua irritazione su qualcuno.
“Ti ho lasciato che eri un ex Mangiamorte, e ti ritrovo che sei un eroe: non si fa che parlare del tuo intervento provvidenziale con la signorina Granger. Un bel salto, un bel salto davvero” incalzò ulteriormente Aberforth servendolo.
“Ti ho già avvertito una volta, Silente! E direi che la signorina Granger non è più una ragazzina” sibilò minacciosamente Malfoy.
Aberforth fece un sorriso storto ma sincero.
“A quanto pare i miei ammonimenti sul lasciarla stare sono stati inutili... Ma si direbbe che tu l’abbia presa a cuore davvero, alla fine...”
 
Tutta l’ira di Lucius evaporò in una risata sadica.
“E cosa potresti saperne tu?” lo canzonò, “Non mi pare che tu abbia alcun elemento per giudicare”.
Questa volta fu il turno di Aberforth di sogghignare e borbottare un “ho le mie fonti”, lanciando uno sguardo alla parete in fondo al locale.
Lucius a sua volta puntò gli occhi in quella direzione, notando un grosso quadro in una fastosa cornice dorata.
“Salve, signor Malfoy”, una voce pacata e gentile lo salutò all’interno del dipinto.
 
“Sei solo un quadro” sputò Lucius, distogliendo lo sguardo con indifferenza.
Il vecchio con la lunga barba bianca nel ritratto rise di gusto.
“Anche quello ha i suoi vantaggi. Per esempio si possono visitare molti posti... in particolare, essere il dipinto di una persona piuttosto conosciuta come me, permette di essere presente quasi ovunque. Il che, detto tra noi, è una fortuna, perchè il tempo è così noioso dentro una cornice... Ho un ritratto ad Hogwarts, tre al Ministero della Magia... E uno si trova proprio nell’aula del Wizengamot, dato che ero membro onorario...”
“Taglia corto” lo interruppe malamente Malfoy, “Non ti sopportavo quando eri in vita e non ho intenzione di farlo ora”.
 
Albus Silente, o meglio la sua imitazione su tela, rimase per qualche momento in silenzio a studiare l’uomo mentre sorseggiava il suo rum col volto imperscrutabile.
Ad una prima occhiata, pareva essere lo stesso uomo che si era unito ai Mangiamorte molti anni prima e che per qualche tempo era stato uno dei più fedeli sostenitori del Signore Oscuro. I lineamenti aguzzi e decisi, la postura elegante e l’arroganza nell’espressione si conservavano immutati.

“So che mi stai fissando, Silente!” disse Lucius con voce strascicata, tenendo gli occhi sul suo bicchiere.
L’Albus nel ritratto sorrise, con gli occhi luccicanti dietro le lenti a mezzaluna.
“Nonostante io sia una pallida imitazione di me stesso quando ero in vita, a quanto pare sono ancora irrimediabilmente brillante. La nostra lunga conoscenza, sia quando eri mio alunno, sia quando sei entrato a fare parte del consiglio scolastico, mi permette di vedere le cose da un’ottica piuttosto completa” spiegò Silente senza smettere mai di sorridere garbatamente.
“E cosa c’è di così interessante da vedere?” chiese con un ghigno Malfoy.
“Oh, un sacco di cose. Per esempio, la dissonanza tra ciò che dici e ciò che fai. Forse non te ne rendi conto tu stesso. Le parole possono confondere, ma le azioni contano molto di più”.
“Quanta saggezza in un uomo morto” commentò Malfoy lapidario.

Silente continuò come se non lo avesse sentito.
“Il senso di colpa per la morte delle persone a noi care è così potente che talvolta è in grado di cambiare anche i nostri ideali... Questo posso affermarlo per esperienza personale. Ma sono certo che te ne sarai accorto anche tu.”
Malfoy non rispose, Silente era sicuramente al corrente di tutta la sua storia.
“Credo che talvolta cambiamo anche più di quanto vogliamo ammettere. Stupidamente, cerchiamo di resistere, continuando a comportarci nella maniera abituale e ingannando noi stessi... Ma alla fine ciò che siamo diventati veramente prende il sopravvento. Spesso accade nelle situazioni peggiori” disse Silente meditabondo, massaggiandosi la lunga barba argentea.

“Stai blaterando, vecchio pazzo!” sputò Malfoy, improvvisamente pieno di rabbia. “Ti suggerisco di ricominciare a dormire, o fare quello che stavi facendo... O mi assicurerò di eliminare ogni singolo ritratto esistente.”
Silente sorrise divertito, cosa che fece irritare ulteriormente Lucius, ma non aggiunse altro.
Covando un certo malumore, l’uomo finì in fretta il suo rum e gettò delle monete sul banco del pub, uscendo senza salutare.

Durante la camminata per tornare ad Hogwarts, Lucius evitò accuratamente di domandarsi cosa gli avesse fatto perdere la calma così in fretta: se il fatto che il quadro di un uomo morto si fosse intromesso nei suoi affari privati o il fatto che quel quadro avesse ragione.
Reduce dall’incontro con i due Silente, Lucius decise di velocizzare l’apprendimento di Hermione e di limitare i suoi rapporti con lei. Il rapporto con lei doveva essere chiuso prima della fine della scuola, e soprattutto, prima che fosse troppo tardi.

 
***


Ben presto Hermione fu in grado di raccogliere la sua magia in modo stabile e concentrarla nel punto corretto.
Il passo successivo fu quello di chiamare a sé il Fuoco.

“Chiudi gli occhi” le ordinò Lucius alle sue spalle. Hermione eseguì, cercando di liberare la mente e ignorare i brividi che le correvano lungo il corpo in reazione alla voce e alla presenza di Lucius.
“Concentrati” sussurrò in tono basso e quieto, “senti il ciondolo a contatto con la tua pelle? Senti il calore del Fuoco?”
Hermione annuì, senza preoccuparsi di manifestare ad alta voce la sua risposta.
Sentiva caldo ovunque, in verità.
Sentiva il tepore della presenza di Lucius dietro alla sua schiena, e il solo pensiero le arrossava il viso e le scaldava la parte inferiore del corpo.
Cercò di concentrarsi esclusivamente sulla catenina allacciata al suo collo.

“Ora, devi riuscire a richiamare il Fuoco dentro di te. Libera la mente, fai scendere una cortina opaca su ogni pensiero. La tua testa deve essere come una scatola vuota e piena di buio”.
Lasciò ad Hermione il tempo di metabolizzare le sue parole poi proseguì: “Una volta fatto questo, devi richiamare il Fuoco. Cerca di visualizzarlo, immaginalo fino a quando non si accenderà al centro del buio e comincerà ad ardere nella tua mente”.
“Come faccio a capire di esserci veramente riuscita e non di immaginarlo soltanto?” chiese Hermione in tono pratico.
“Te lo dirò io” rispose Lucius.
L’uomo dovette indovinare la perplessità di Hermione, perché aggiunse con una smorfia: “Lo vedrò. Nel momento in cui riuscirai a richiamarlo, il ciondolo si svuoterà... Il Fuoco comincerà ad ardere dentro di te e non in esso”.
“Questo passaggio è relativamente sicuro. Sarà nella tua mente sotto forma di magia, non come un fuoco vero. Il problema sarà quando dovrai canalizzarlo al di fuori, attraverso il punto che ti ho insegnato. Dovrai fare la stessa cosa che hai fatto fino ad oggi con gli aloni colorati di magia, solo che lo farai con il Fuoco. Una volta canalizzato in quel punto vicino al cuore, potrai farlo ardere al di fuori di te... per esempio su una mano.”

“Non... Non rischio di farmi del male vero?” chiese Hermione, maledicendosi per quella nota preoccupata nella sua voce. Non voleva apparire debole agli occhi di Lucius.
A ventiquattro anni non poteva di certo dirsi una donna sicura di sé, ma nemmeno una ragazzina impaurita.
“Non ti scotterai fintanto che manterrai il controllo mentale su di esso. È molto importante, perché il Fuoco è come un’entità a se stante; per questo può ardere in eterno. Quindi finché è intrappolato o sotto controllo non può fare danni, altrimenti... Beh, intanto proviamo col primo esercizio” rispose Lucius, ponendo fine alle chiacchiere.

La prima parte del compito risultò essere la più difficile. Hermione impiegò ben tre lezioni prima di riuscire a richiamare efficacemente il Fuoco dentro di sé.

“È vuoto!” esclamò una sera la voce arrochita di Lucius, tradendo una nota di eccitazione.
Si trovavano di nuovo nella Stanza delle Necessità, dopo un’abbondante cena in Sala Grande.
Era sabato e Hermione aveva deciso di approfittarne per una lunga sessione di esercizio, dal momento che la mattina seguente potevano entrambi permettersi di riposare.
Hermione spalancò gli occhi e sorrise esultante, trattenendosi dal saltellare all’idea di esserci riuscita.
Lucius la fissò con espressione compiaciuta.
“Sei soddisfatto dei miei progressi, o ti stai auto esaltando per le tue qualità di maestro?” gli chiese Hermione con aria scherzosa, osservando l'espressione compiaciuta di Lucius.
“Sei una buona allieva... Ma le mie conoscenze e le mie spiegazioni ti hanno portata al risultato, e questo fa di me un ottimo maestro” rispose con la solita voce strascicata e arrogante.
“Complimenti, Hermione. Ma ti ricordo che siamo solo a metà strada”.

La festosità di Hermione si arrestò bruscamente. Tuttavia, si sentì tutt’altro che abbattuta.
Con l’adrenalina ancora in circolo, il commento sull’essere solo a metà strada non fece altro che sfidarla e spronarla ulteriormente nel proseguire.
“Andiamo avanti allora!” disse con decisione, con un sorrisetto che si formava sul suo volto.
“Non sei stanca?” chiese Lucius stupito. Evidentemente non si era aspettato che lei volesse proseguire col prossimo esercizio già quella sera.
“Affatto” rispose Hermione convinta. “A meno che tu non lo sia...”
Lucius emise uno sbuffo sprezzante. “Non vorrai scherzare...”
La ragazza sorrise genuinamente al loro scambio di battute, e poi tornò seria.
“Allora, cosa devo fare adesso?”
 
Sul volto di Lucius comparve n ghigno divertito. “Per prima cosa dovresti riuscire a rifare quello che hai fatto...”
Hermione lo incenerì con uno sguardo. Ci era riuscita una volta, non doveva essere troppo difficile riuscirci di nuovo. Sentiva di essere in grado di farlo.
“Poi, uniamo le conoscenze vecchie a queste nuove. Non dovresti avere troppi problemi in quello perché hai già padroneggiato gli esercizi con lo specchio e non sarà molto diverso.”
 
“Quindi, ricapitolando...” fece Hermione, sedendosi a terra per stare un po' più comoda, “richiamo il fuoco come ho fatto prima, finchè sparisce dal ciondolo e arde nella mia mente. Poi, seguendo lo stesso metodo che avevo usato per la mia magia, cerco di incanalarlo in unico punto.”
Lucius annuì, fissandola per un momento dall’alto in basso.
Poi si abbassò elegantemente, fino a sedere di fronte a lei.
I pensieri di Hermione vagarono sul corpo snello e muscoloso di Lucius, soffermandosi su quanto sembrasse intima quella situazione con loro due seduti per terra su un tappeto, in una stanza vuota e quasi sconosciuta al resto della scuola.
Fu la voce melliflua e canzonatoria dell’uomo a concentrare di nuovo l’attenzione sul suo compito. “Se ce la fai, una volta canalizzato il Fuoco in quel punto, non dovrebbe essere troppo difficile estenderlo al di fuori di te. Per esempio, per cominciare potresti farlo uscire sulla tua mano. Devi solo immaginare gli aloni della tua magia che si estendono fino al tuo palmo, portando anche il Fuoco. Non credo che questa parte ti darà grossi problemi: il più è fatto.”

“Sono pronta” esclamò Hermione con determinazione, rimettendosi in piedi.
Il Fuoco è nel ciondolo, lo richiamo dentro di me, lo lego alla mia magia incanalandolo in un punto e lo spingo fuori di me attraverso il braccio, si ripeté mentalmente, chiudendo gli occhi.
 
La sua concentrazione fu interrotta da Lucius, che le prese il braccio destro e lo alzò mettendolo in una posizione dritta, parallelo al suolo.
“Ti facilito il compito” annunciò Lucius con un sorrisetto, vedendola riaprire gli occhi di colpo a quel contatto. Con gesti deliberatamente lenti, fece scorrere le dita lungo tutto il braccio teso della ragazza, fino ad arrivare al polso.
Delicatamente, le prese la mano e la girò col palmo in sù, come in una fuggevole carezza.
“È difficile che tu riesca a chiamare il Fuoco nella tua mano, se hai il braccio che ciondola lungo il fianco” disse Lucius con tono beffardo che era in netto contrasto con i suoi gesti delicati.
 
Hermione ci mise un po' a riguadagnare la concentrazione, a causa delle sue emozioni che facevano deragliare i pensieri verso il tocco di Lucius.
Finalmente, riuscì a ovattare ogni sensazione e fece calare il buio nella mente.
Questa volta, conoscendo il meccanismo, riuscì a richiamare il Fuoco abbastanza facilmente.
Dalla sua mente, cercò di spingerlo giù, verso il punto in cui aveva spinto tante volte gli aloni colorati della sua magia. Riusciva ad immaginarli, e riuscì a far compiere al Fuoco lo stesso percorso.
Con lo stesso metodo di visualizzazione, cercò di condurlo lungo il suo braccio destro, fino al palmo della mano.
A questo punto, doveva soltanto farlo erompere al di fuori di sè esattamente nello stesso modo in cui lo faceva scaturire dal nulla all’interno della sua mente.

Si concentrò furiosamente, cercando di farlo trapassare attraverso la sua pelle e farlo crepitare nella sua mano, non più come sostanza magica ma come fuoco vero.
Quando sentì un certo pizzicore sul palmo destro, aprì gli occhi.
Ci mise qualche secondo a realizzare che nella sua mano crepitava un fuoco vero, anche se decisamente non scottante. Emanava un tepore piacevole.

“Oh!” Hermione si lasciò sfuggire un verso di sorpresa, ed abbassò gli occhi verso il ciondolo appeso al suo collo. Vuoto.
“Ce l’ho fatta!” esclamò raggiante, senza riuscire a trattenere la gioia.

La sua vittoria fu immediatamente rovinata da un dolore acuto.
Prima di riuscire a rendersi conto di cosa stesse accadendo, vide Lucius impegnato a cercare di domare un piccolo incendio che rischiava di incenerirle la mano.
Fortunatamente, lui pareva avere molta più dimestichezza di lei col Fuoco Gubraithiano. Con prontezza di riflessi, puntò la bacchetta e lo sollevò dal palmo dolorante di Hermione, depositandolo in una torcia sul muro della stanza.
Hermione si coprì istintivamente la parte dolorante con l’altra mano, e grosse lacrime cominciarono a rigarle guance.

“Cosa ti ho detto sul perdere la concentrazione?” sbraitò Lucius, con i tratti del volto alterati per l’agitazione.
Cercando di trattenersi dall’urlare per il dolore e sempre tenendosi il polso, Hermione biascicò tra i denti: “Ti prego, fai qualcosa!”
Dopo un momento di esitazione, Lucius si diresse verso uno scaffale a lato del muro di pietra e scorse velocemente lo sguardo tra un vasto assortimento di ampolle.
“Siediti!” le ordinò, raggiungendola poco dopo con una pozione per le scottature e della garza.

Hermione era ferma sul divano, ancora lottando contro le lacrime, con la mano che stava assumendo un brutta colorazione e cominciava a puzzare come qualcosa di affumicato.
“Vuoi che faccia io, o preferisci fare da sola?” le chiese Malfoy inginocchiandosi di fronte a lei.
Riluttante a staccare la mano sinistra da quella ferita, Hermione indugiò un momento, poi si costrinse a protendere la mano verso Lucius.
Fitte acute di dolore le trapassarono tutto il corpo, ed aumentarono quando lui le prese delicatamente il polso.
“Mi dispiace, cercherò di essere delicato, ma farà male. Ringrazia che siamo nella Stanza delle Necessità, altrimenti avremmo dovuto andare fino in infermeria per reperire una pozione contro le scottature” disse Lucius.

Con un colpo di bacchetta fece saltare il tappo del barattolo e immerse ampiamente le dita all’interno di esso.
Poi, più delicatamente possibile, cominciò a spalmare l’unguento sulla mano ferita di Hermione.
Si udirono dei sinistri sfrigolii, accompagnati da piccole scie di fumo, non appena l’unguento fresco andò a depositarsi sull'epidermide scottata.
A causa del dolore, Hermione ritraeva la mano in spasmi incontrollati ogni volta che veniva sfiorata, ma la presa ferma di Lucius sul suo polso la costrinse a stare immobile fino a che l’unguento non ebbe ricoperto ogni centimetro di pelle bruciata.

“Grazie!” sussurrò Hermione quando le ondate di dolore cominciarono ad acquietarsi.
Lucius non rispose, si limitò a fasciare la mano con della garza. Una volta finito, si alzò e occupò il posto accanto a lei sul divano.
Riguadagnando lentamente la calma, Hermione cominciò ad analizzare la situazione.
Era riuscita a controllare il Fuoco, ma la sua gioia l’aveva distratta e aveva perso il controllo mentale su di esso.
Lucius l’aveva avvertita che il Fuoco era un’entità a sé; era benigno soltanto se piegato alla propria volontà oppure imprigionato.
Fortunatamente lui aveva agito in maniera tempestiva.
Ripercorrendo gli eventi a mente lucida, Hermione si rese conto che Lucius era stato allarmato. Lo aveva visto arrabbiato, fuori controllo, ubriaco, ma mai preoccupato. Preoccupato per lei.
Si costrinse a pensare ad altro, perché la cosa le diffuse un certo calore in tutto il corpo; e al momento di calore ne aveva avuto abbastanza.

“È al sicuro adesso?” chiese a Lucius, gettando occhiate inquiete verso la torcia in cui ardeva con intensità il Fuoco Gubraithiano.
“Per il momento...” rispose lui recuperando il solito tono indolente. “Ma sarebbe meglio rimetterlo nel ciondolo il prima possibile”.
“Hai detto che il Fuoco risponde solo al possessore del ciondolo...” cominciò Hermione curiosa.
“Fino a che è nel ciondolo” la interruppe Lucius, prevedendo la domanda. “Fuori da quello, risponde a chi riesce a controllarlo. Dal momento che tu hai perso il controllo, ho potuto occuparmene io. Ma se mi dai la tua collana, lo rimetterò al suo posto e sarà di nuovo tuo”.
“Penso che dovrai arrangiarti anche a prendere quella” mormorò amaramente Hermione, “non ho intenzione di provare a sganciarla in queste condizioni”.

Cercando di fare più piano possibile, dal momento che ogni movimento le provocava fitte alla mano, Hermione fece in modo di girarsi fino a dare la schiena a Lucius.
Lui le spinse con delicatezza i capelli in avanti facendosi spazio per vedere la collana e armeggiò dietro al suo collo per aprire il gancetto della catenina.
Una volta in possesso di questa, si alzò dal divano e tornò verso il Fuoco.
Con la punta della bacchetta lo sollevò, chiuse gli occhi, e in un attimo la fiamma sparì e riapparì all’interno del ciondolo, scoppiettando innocuo.

“Sei stata sconsiderata” disse con voce setosa, una volta che ebbe raggiunto di nuovo Hermione sul divano. “Ma ti faccio i miei complimenti. Sei riuscita a padroneggiare il Fuoco. Adesso puoi allenarti anche senza di me”.
In un attimo Lucius richiuse la catenina al suo posto, sul collo di Hermione, sfiorandole la nuca con le dita.
Hermione rabbrividì sotto il tocco delle sua mani.
“No... Mi piacerebbe continuare” ammise. “Se ti va”.
Un lampo di trionfo passò negli occhi di Lucius.

 
***

 
La mano di Hermione ci mise qualche giorno a guarire, ma non appena possibile la ragazza chiese a Lucius di proseguire con i loro esercizi.
Questa volta fu ben attenta a non perdere la concentrazione. Ai primi di maggio, non solo Hermione era riuscita a far comparire il fuoco sul palmo della sua mano, ma anche a farlo nascere a sorpresa in qualunque punto della stanza desiderasse.
Poi aveva migliorato la sua precisione nel controllo, per esempio facendo accendere soltanto la punta di un fiammifero, o creando palle di fuoco.
Lucius aveva proposto di provare ad imitare un duello magico: il compito di Hermione era provare ad attaccarlo usando solo il Fuoco e lui si limitava a difendersi.
Si incontravano almeno una sera a settimana e l’abilità di Hermione era cresciuta a tal punto che lui poteva anche permettersi di contrattaccare.

Il piano di Lucius invece era in stallo, non riusciva a trovare la situazione e il momento adatti. Doveva riuscire a portare Hermione al culmine, prima di rompere ogni sua fiducia in lui.
Fortunatamente, il momento ideale gli si presentò una sera in cui Hermione lo sconfisse a duello per la seconda volta di fila. Ormai non aveva più senso proseguire quelle lezioni.

“Ce l’ho fatta di nuovo!” gridò Hermione eccitata, da qualche parte oltre la barriera di fuoco che Lucius aveva davanti agli occhi.
“Complimenti!” le urlò lui di rimando, sorridendo suo malgrado.
Lucius aveva usato ogni tipo di incantesimo per attaccarla, ma lei era riuscita a difendersi in maniera eccelsa, e usando soltanto il Fuoco.
Solo con un incantesimo estremamente potente -uno che avrebbe sicuramente danneggiato l’intera stanza- Lucius sarebbe riuscito a liberarsi da quel cerchio di fiamme crepitanti che lo tenevano imprigionato alzandosi fino al soffitto.
Senza voler ammettere la sua sconfitta, Lucius alzò la voce per farsi sentire dall’altra parte.
“Direi che potremmo festeggiare” propose.

Le fiamme si abbassarono di colpo e si estinsero quasi immediatamente, ritirandosi di nuovo nel ciondolo di Hermione con uno scintillio.
“Che tipo di festeggiamenti?” chiese la ragazza, ansimante e accalorata.
Lucius sorrise compiaciuto nel vedere che anche lei era provata, e si adagiò sul divano.
“Non ha senso proseguire queste lezioni, Hermione” disse, gustandosi l’espressione di disappunto sul volto della ragazza. “Ma direi che possiamo chiuderle degnamente. Per esempio... Potrei invitarti a cena?”
“A cena?” ripetè Hermione, con lo stupore e la perplessità stampati su ogni tratto.
“Domani è domenica... Non credo che la Preside avrebbe qualcosa da ridire se saltiamo il pasto in Sala Grande.”

“È da molto tempo che non esco a cena...” disse Hermione, pentendosi immediatamente per una frase così stupida. “Intendo dire che, a parte le cene di famiglia, in genere le cene sono intese come cose abbastanza intime. Anche se forse tu non intendevi...”
Chiuse la bocca, dal momento che, in quanto a spiegazioni, sembrava andare di male in peggio.
Lucius quasi non riuscì a trattenere un sorriso. Era incredibilmente appagante vederla in quello stato confusionale.
“Lascia stare” concluse la ragazza dopo un momento. “È solo che non esco a cena con nessuno da un bel po’.”
“Beh... È molto tempo che anche io non invito nessuno a cena” replicò Lucius, conoscendo esattamente le implicazioni della sua frase e quello che avrebbe messo in moto nella testa di Hermione.

Per tutta la domenica, Hermione fu in fremente attesa per la serata.
Non era certa di cosa avesse in mente Lucius, ma dalla sua frase sembrava un invito galante. Non aveva aggiunto niente come “in amicizia” o “una cosa tra amici”. No, pareva proprio un classico invito a cena, e il cuore di Hermione non poteva fare a meno di ballare inquieto nel suo petto.
Lucius l’aveva stupita in vari modi, ma alla fine aveva sempre lasciato intendere che fosse solo per amicizia. Oppure si divertiva a stuzzicarla.
Comunque, a un certo punto lei aveva smesso di illudersi.
Eppure, ogni volta che lui le stava accanto, Hermione sentiva le sue viscere contorcersi. Quando la sfiorava incidentalmente, dei brividi le scendevano lungo tutto il corpo.
E quando si trovavano da soli, per esempio a bere whisky nelle sue stanze, si ritrovava a dover reprimere gli istinti che le suggerivano di avvicinarsi e toccare quel suo corpo perfetto coperto solo dalla vestaglia.

Come era nata questa specie di ossessione era quasi un mistero.
Fino a pochi mesi prima lo aveva odiato con ogni fibra del suo essere, e ora era irrimediabilmente attratta da lui.
Lucius non aveva di certo perso la sua arroganza, in alcuni casi le sembrava che si prendesse gioco di lei.
Ma era un compagno di conversazione eccezionale, un maestro valido, e un uomo affascinante.

Hermione, dal canto suo, cercava di comportarsi come un’adulta, evitando di assumere i comportamenti tipici delle ragazze della sua età.
Certo, aveva quasi venticinque anni, una guerra alle spalle, un lavoro come insegnante ed era da sempre considerata la strega più brillante della sua età; ma non era niente in confronto a un uomo adulto e con le esperienze di Lucius Malfoy.
Hermione si trovava bene a parlare con Neville, con Minerva e anche con gli altri professori, ma solo con Lucius sentiva di aver trovato qualcuno che stimolasse abbastanza la sua sete di conoscenze.
Inoltre, era certa di aver visto quanto lui fosse cambiato rispetto a prima della guerra. Questo Lucius, le faceva venire voglia di conoscerlo in maniera più approfondita.
Forse il momento era arrivato, si disse Hermione risoluta, alzando con qualche difficoltà la cerniera sul retro del suo vestito rosso.
Lucius le aveva accennato a qualcosa di elegante.

Alle sette in punto, la ragazza si mise addosso un lungo mantello nero e entrò nelle fiamme verdi del camino, chiedendo di essere trasportata nelle stanze di Lucius Malfoy.

“Buonasera” la salutò lui alzandosi dalla sua solita poltrona, per andarle incontro. Come da etichetta, le prese una mano e la sfiorò con le labbra. Hermione voltò lo sguardo per impedirsi di arrossire.
“Sei pronta per partire?”
“Impaziente” affermò la ragazza con un sorriso.
Lucius chiamò con la bacchetta il suo mantello da viaggio, buttandoselo sulle spalle con un movimento fluido, coprendo lo splendido completo color grigio antracite.
“Prego” disse, offrendole la mano e accompagnandola di nuovo all’interno del camino.

Sbucarono direttamente nell’atrio lussuoso di uno splendido ristorante, nella comunità magica di Stirling.
Furono accolti da un giovane e elegante cameriere, che con maniera impeccabile li accompagnò al loro tavolo.
“Se ti fidi di me, potrei occuparmi io di ordinare per entrambi” le disse Lucius, dando un'occhiata critica alla carta offerta dal cameriere.
Hermione fu ben felice di delegare a lui quel compito, constando la differenza tra un uomo, abbastanza sicuro da scegliere il menù, e i suoi coetanei, che invece facevano scegliere a lei perfino il ristorante.
“Comincerei con assaggio dei vostri antipasti, nessun primo... Poi, una grigliata di pesce e crostacei per due. Dell'acqua, e un buon vino bianco per accompagnare il pesce.”

La scioltezza con cui Lucius si mosse e parlò al cameriere, lasciava capire chiaramente quanto fosse –o fosse stato- abituato a frequentare ambienti di quel genere.
Al contrario, Hermione non aveva mai messo piede in un ristorante di lusso. Tuttavia non si sentì affatto a disagio, seguiva volentieri le indicazioni di Lucius perfettamente padrone della situazione.
“Assaggia questo vino, Hermione” disse Lucius, porgendole un calice di pregiato vino bianco.
“Proponi un brindisi” sorrise lei alzandolo cautamente.
Lucius la imitò, con espressione pensosa.
“Alle nostre lezioni, che si sono concluse a buon fine”.

Sebbene fosse l’occasione per festeggiare, Hermione non potè fare a meno di sentirsi un po’ triste.
Si era ormai abituata a incontrare Lucius nella Stanza delle Necessità, e fare pratica con lui. D’ora in poi i loro rapporti si sarebbero limitati alle solite passeggiate, o qualche serata nelle stanze di Lucius.

“Credo di doverti dire che sei stato uno degli insegnanti migliori che io abbia mai avuto” confessò Hermione, guardandolo negli occhi.
“Mi fa piacere” rispose lui, compiaciuto.
“Non so come poter ricambiare... Sia per questo –Hermione sfiorò il ciondolo che pendeva al suo collo-, sia per tutto il tempo che hai speso per insegnarmi”.
“Non c’è bisogno...”
“No!” insistette Hermione seria, prendendo un altro sorso di vino. “Mi chiedo cosa potrei fare per te. Per renderti più... felice”.

Allo sguardo perplesso di Lucius, la ragazza tentò di spiegarsi.
“Spesso in questi mesi mi sono chiesta come ti sentissi. Sei passato da una vita benestante a una completa rovina, dal alte cariche al Ministero a fare l’insegnante a Hogwarts, dall’avere una famiglia a...” Hermione si interruppe, non sapendo come avrebbe potuto reagire alla menzione della famiglia.
L’ultima volta che aveva nominato Narcissa, lo aveva trovato completamente ubriaco, e non aveva davvero idea di che fine avesse fatto Draco.
“Grazie per avermi ricordato quanto sono caduto in rovina...” replicò Malfoy cupo, l’espressione indurita.
“Mi dispiace. Forse non avrei dovuto parlarne. Sei sempre molto ermetico sulle tue questioni private. Il punto è che mi piacerebbe se potessimo parlare anche di quelle... Per capire se posso aiutarti a risolvere una qualsiasi delle cose che ti stanno a cuore”.

Lucius sbuffò, ma non sembrava irritato. Tra una forchettata e un sorso di vino, il discorso proseguì in tono confidenziale e rilassato.
“Dubito che tu possa... aiutarmi. Non sono un adolescente fragile e bisognoso di aiuto, Hermione...” precisò ironico.
“No, non intendevo quello...”
“...Ma se d’ora in poi ci fosse qualcosa che vuoi chiedermi, puoi farlo” concluse Lucius, interrompendola.
“Grazie, io... non vorrei sembrare invadente. Hai reagito piuttosto male in precedenza. Non voglio farmi i fatti tuoi e non ho la pretesa di risolvere i tuoi problemi...”
“Abbiamo cominciato piuttosto male, a settembre...” constatò Lucius con un ghigno.
“Ti ho subito attaccato, ero contro di te per principio” disse Hermione in tono di scusa. “Comunque tu sei stato arrogante” aggiunse, decisa a non prendersi tutte le colpe.
“È nella mia natura” rispose lui con un ghigno.
“Forse... Ma ti trovo più sopportabile adesso” scherzò Hermione.
Lui fece un sorrisetto compiaciuto.

La conversazione fu interrotta dall’arrivo del cameriere.
“Posso offrirvi un digestivo, signori?” chiese gentilmente.
“No, grazie. Siamo a posto così” replicò subito Lucius.
“Mi farebbe piacere offrirti il solito, a Hogwarts...” aggiunse rivolto a Hermione. “In un ambiente più... Intimo”.
Hermione avvampò, a causa del caldo nel ristorante, del vino, e del tono mieloso con cui Lucius aveva sottolineato l’ultima parola.
“Farebbe piacere anche a me” rispose, cercando di mascherare la sua eccitazione.
“Molto bene allora!” esclamò lui, con un sorriso che gli scoprì i perfetti denti bianchi. “Se permetti” disse alzandosi, e offrendole il braccio.
In pochi minuti furono di nuovo nelle stanze di Lucius, ad Hogwarts.
“Accomodati pure” fece lui, indicandole il divano. Poi si diresse verso la credenza e la sua riserva di liquore ben fornita.

Hermione fremeva di anticipazione. Nell’aria percepiva strane vibrazioni, il comportamento di Lucius era diverso dal solito.
A cena avevano parlato di molte cose, lui era stato sincero e molto più aperto del solito, in un crescendo di confidenza, anche facilitata dal vino bianco.
Hermione aveva la sensazione che qualunque cosa Lucius avesse programmato, sarebbe accaduta di lì a breve.
L’uomo tornò con due bicchierini pieni di liquido ambrato. Ne offrì uno alla ragazza, e andò a sistemarsi sulla sua solita poltrona.
“Tocca a te scegliere a cosa brindare” propose Lucius con voce vellutata.

Hermione riflettè un momento.
“Alla migliore cena che mi sia stata offerta da... Beh, da sempre” confessò. “Nessuna delle persone che ho frequentato ha il tuo buon gusto”.
“Sono lusingato” sogghignò Lucius, compiaciuto.
Entrambi bevvero in un sorso.
“Questo era l’ultimo” stabilì Hermione, sentendo la testa piacevolmente leggera, “rischierei di non reggere altro”.
“Beh, hai comunque una buona resistenza, considerato che non bevi mai” disse Lucius malizioso.
“Volevi ubriacarmi?” chiese lei scherzosamente, rivolgendogli un sorriso luminoso.
Con un movimento fluido Lucius si alzò dalla sua poltrona e si trasferì sul divano accanto a lei.
“Assolutamente no” rispose con un ghigno, “mi dispiacerebbe se domani mattina ti dimenticassi di questa serata, Hermione”.

La ragazza si ritrovò a corto di parole per rispondere, ma lui non sembrò farci caso.
Si protese verso di lei, prendendole il viso tra le mani.
“Invece” sussurrò, -e Hermione rabbrividì di piacere alle vibrazioni di quella voce profonda e malleabile come velluto-, “vorrei che ti ricordassi ogni cosa”.
Era così vicino che Hermione potè sentire il suo fiato caldo sulle guance.
L’uomo scandì lentamente le parole, in modo che lei non si perdesse neanche una sillaba.
“Ogni...”
La bocca di Lucius era ormai a un millimetro dalla sua.
“Minimo...”
L’uomo le portò una mano dietro la nuca, e Hermione chiuse gli occhi, abbandonandosi alle sensazioni della sua voce e delle sue labbra vicinissime.
“Particolare.”

Una sensazione di liberazione si diffuse in tutto il corpo di Hermione, quando le labbra fini e calde di Lucius si poggiarono sulle sue. I suoi pensieri fluttuarono nel nulla, le uniche cose di cui restò consapevole furono la mano forte di Lucius poggiata dietro la testa, che la sosteneva e la attirava verso di lui, e della sua bocca scolpita.
In quell’attimo tutta la tensione accumulata da mesi trovò sfogo, e lei si lasciò sfuggire un sospiro.

Tuttavia durò meno di un battito di ciglia. Prima che uno dei due potesse approfondire il bacio, furono interrotti da un picchiettio forte e insistente sul vetro della finestra.
“Dannazione!” sibilò Lucius astioso, scostandosi leggermente.
Un gufo batteva urgentemente il becco contro il vetro, con evidente fretta di entrare.
“Perdonami un momento” si scusò Lucius, rimuovendo controvoglia la mano intrecciata nei suoi capelli e alzandosi per andare ad aprire.
 
Il gufo si precipitò dentro con un frullo di piume, porse una lettera a Lucius, e con fischi concitati lo costrinse ad aprirla immediatamente.
Lui srotolò lentamente la pergamena e la fissò perplesso.
Dopo un momento, Hermione lo vide impallidire.
“Tutto bene?” chiese preoccupata, nel vedere la sua espressione.
Lucius non rispose, e dopo un attimo la lettera gli si incenerì tra le mani.
L’uomo parve riscuotersi. “Draco!” esclamò, fuori di sè.
“Cosa...?” chiese Hermione, senza capire.
“Devo andare!”
Senza nemmeno lasciarle il tempo di replicare, Lucius si precipitò nelle fiamme verdi del camino, lasciando Hermione stordita e ancora seduta sul divano.




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N.d.A.
....E così si conclude il capitolo undici. Capitolo tremendo, ben 18 pagine, è pronto da un sacco di tempo, ma non mi ha mai convinta.
E' passato quasi un mese dall'ultimo aggiornamento, e tutt'ora non sono soddisfatta. Però mi sono detta che se non lo buttavo fuori, non avrei pubblicato mai più. E così eccoci qui, mi dispiace se vi ha deluso... Probabilmente più avanti ci tornerò sopra.
Per ora è proprio il caso di dire "chiudiamo questo capitolo". :)
Non vi farò aspettare così tanto per il prossimo, promette di essere molto meno critico, anche se fondamentale per lo svolgimento della storia.
Non so se lo avevo già scritto, ma secondo i miei calcoli, la storia è lunga più o meno diciotto capitoli.. Quindi siamo ben oltre la metà. Più o meno è gia tutto programmato, e molto già scritto, quindi penso che sia una stima abbastanza precisa.

Un grazie a tutti quelli che mi seguono, a quelli che mi recensiscono, a quelli che mi stimolano a continuare. :)
A presto!

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Capitolo 12
*** Vittoria ***


XII. VITTORIA

 


Breve riassunto dei capitoli precedenti.
Hermione, insegnante ad Hogwarts, viene aggredita in circostanze misteriose da uno studente, Damian Gould. Si salva grazie all'intervento provvidenziale di Lucius Malfoy, suo collega e insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.
Si tiene un processo, che vede Gould colpevole, tuttavia non confessa nulla sulle motivazioni che lo hanno spinto a compiere il gesto. Durante il processo però, l'avvocato di Gould muove delle accuse verso Lucius, lasciando intendere che lui sia coinvolto nella faccenda. Sia Hermione che Harry Potter, ora Ministro della Magia, si sbilanciano in favore di Lucius.
Inoltre, Hermione ha chiesto a Lucius di insegnarle a controllare il Fuoco Gubraithiano (racchiuso nel ciondolo che lo stesso Lucius le ha regalato). Durante le lezioni entrano sempre più in intimità.
Quando Hermione finalmente riesce a controllare il Fuoco, Lucius la invita fuori a cena per festeggiare.
Dopo la cena si trovano nelle stanze di Lucius; per la prima volta lui mette in chiaro il suo interesse e sembra sul punto di baciarla.
Vengono interrotti da una misteriosa lettera che lascia Lucius impietrito. Sussurra il nome di Draco, poi, senza dare spiegazioni, si precipita nella Metropolvere, lasciando Hermione da sola.


 



La mattina seguente, Hermione si svegliò piuttosto presto dopo aver dormito poco e male. Per tutta la notte era stata tormentata dall’ansia e, anche da sveglia, le corse addosso una brutta sensazione.
Si alzò e si vestì in fretta, con l'intenzione di andare a cercare Lucius per capire cosa fosse successo la sera precedente.
Se ne era andato precipitosamente, lasciandola da sola nel suo salotto, senza una parola.
Hermione si era fermata a lungo ad aspettare che tornasse, ma si erano presto fatte le due di notte senza che di Lucius si fosse vista neanche l'ombra.
Per un po’ aveva considerato l’idea di accoccolarsi sul divano e addormentarsi lì, ma alla fine aveva optato per tornare nelle sue stanze.
Aveva rimuginato a lungo prima di riuscire finalmente a cadere in un sonno inquieto.
Da quello che aveva potuto intendere, i rapporti tra padre e figlio, dopo la guerra, non erano dei migliori. Lucius le aveva confessato che Draco si rifiutava di vederlo e di parlargli.
Hermione sperò che non fosse accaduto a Draco niente di male.
Sebbene nel corso degli anni avesse avuto molti attriti col ragazzo, col tempo le rivalità si erano affievolite, e durante le rarissime volte in cui si erano visti dopo la guerra, avevano mantenuto quantomeno un rispettoso contegno.

Tuttavia quella mattina non trovò Lucius nelle sue stanze, cosa che aumentò ulteriormente la sua preoccupazione.
Indecisa sul da farsi, Hermione si diresse lentamente verso la Sala Grande per la colazione.
Avrebbe parlato alla Preside dell'accaduto, tanto per cominciare.
 
“Lucius!” esclamò sorpresa, scorgendolo al tavolo degli insegnanti.
Tra tutti gli scenari apocalittici che le avevano riempito la mente, di certo non aveva contemplato di trovarlo lì a fare colazione.
Affrettò il passo per raggiungerlo.
Era ancora piuttosto presto, i tavoli erano occupati solo per metà -molti studenti si trovavano ancora nei dormitori- e nella sala si diffondeva un chiacchiericcio soffuso.
Stranamente, anche il posto della McGranitt era ancora vuoto.
Non appena la ragazza raggiunse Lucius, si rese conto immediatamente che qualcosa non andava.
“Cosa... Cos'è successo?” chiese in apprensione.
 
Il volto del mago era stravolto, con un brutto colore pallido e gli occhi appesantiti da segni violacei sotto le palpebre. Cercava di mantenersi in una posizione diritta, ma dalla curva delle spalle era evidente quanto fosse spossato. Il contrasto tra quella figura abbacchiata e l'uomo elegante e raffinato di sempre, era impressionante.
A Hermione scese un brivido freddo lungo la schiena: vederlo in quelle condizioni le riportò alla mente l'immagine del Mangiamorte che aveva visto a Malfoy Manor.
Non il fiero purosangue braccio destro di Voldemort, ma un Mangiamorte decaduto dalle grazie del Signore Oscuro, stanco e senza speranza.
Lucius aveva faticato a riprendersi dopo la guerra, Hermione sperò che non fosse di nuovo precipitato tra i suoi demoni.
 
“Non è successo niente degno di nota” rispose l’uomo, con voce impastata.
Hermione restò a guardarlo, presa in contropiede dall’indifferenza della sua risposta nonostante il suo aspetto suggerisse tutto il contrario.
“E Draco?”
Il muscolo della mascella di Lucius si contrasse visibilmente.
“Falso allarme” disse a denti stretti.
“Non hai dormito? Sembri sconvolto” insistette Hermione, perplessa, sforzandosi senza successo di ricostruire l'accaduto. “Hai una faccia tremenda”.
“Ti ringrazio” replicò lui, strascicando le parole e sempre tenendo lo sguardo fisso sulla colazione.
I brutti presentimenti di Hermione si acuirono ulteriormente.
“Cos'è successo ieri sera, Lucius? Hai bevuto?”
Nonostante l'occhiata di infastidito diniego che le rivolse, il suo sguardo iniettato di venature rosse raccontava un’altra storia e Hermione capì di aver colto nel segno.
Con un sospiro, andò a sedersi accanto a lui e gli posò una mano sull'avambraccio, cercando il suo sguardo.
“Se ti va, sai che io sarei felice di...”
 
La frase aleggiò nell’aria inconclusa, interrotta dalla brusca entrata in Sala Grande di due uomini in divisa.
Si diressero di gran carriera verso il tavolo dei professori, accompagnati da un silenzio sconcertato.
Raramente ad Hogwarts arrivavano visitatori, tanto meno gli Auror del Ministero.
I due costituivano una coppia piuttosto strana: il primo era di buona statura, con corti capelli biondicci e un’aria inflessibile; probabilmente era quello con il grado di autorità più alto.
Era seguito qualche centimetro più indietro dal collega, più basso e con l’aspetto simile ai Weasley: carnagione pallida, capelli rossicci, molte lentiggini chiare. Nel complesso, il suo atteggiamento, i suoi sguardi all’altro uomo e i suoi movimenti impacciati, davano l’idea di un cagnolino fedele.
Dietro di loro si faceva strada la figura imponente della Preside McGranitt, che seguiva i loro passi un po' trafelata, ma con un'espressione che non prometteva niente di buono. Dalle sue labbra livide e dal cipiglio irritato, Hermione comprese che si prospettavano problemi.
 
Non fu sorpresa quindi, quando i due Auror raggiunsero il tavolo insegnanti, e quello con i capelli rossicci si posizionò direttamente dietro a Lucius, impedendogli ogni via di uscita.
“Lucius Abraxas Malfoy, sei obbligato a seguirci senza opporre resistenza. Sei accusato dell’omicidio di cinque Babbani” disse l’uomo biondo, fermo davanti al tavolo.
Hermione restò a fissarli stranita, l'incredulità dipinta in volto.
A giudicare dalle sopracciglia aggrottate di Malfoy, non era l'unica ad essere all'oscuro di tutto.
“Questa cosa non ha senso!” intervenne subito la McGranitt, con agguerrito tono di protesta. “Non avete il diritto di piombare qui e portare via nessuno dei miei insegnanti, senza validi motivi”.
“Mi dispiace Preside” replicò secco il biondo, “sono ordini del Ministero”.
“Oh, non illudetevi, mi sono appena messa in contatto con il Ministro stesso” disse con le narici frementi per la rabbia. “Sarà qui a momenti. Prima di allora, voi non porterete via proprio nessuno”.
In quel momento, con tempismo perfetto, centinaia di gufi cominciarono ad attraversare la sala, distribuendo la posta di quella mattina.
Gli studenti furono costretti a distogliere gli occhi curiosi dal tavolo degli insegnanti per prendere al volo le loro lettere e i giornali.
 
Ben presto la sala si riempì di mormorii e un centinaio di occhi si puntarono verso Malfoy.
Anche sul tavolo degli insegnanti piombarono un paio di copie della Gazzetta del Profeta. Gli occhi di Hermione caddero casualmente sulla copertina e subito il Profeta richiamò tutta la sua attenzione.
Il volto pallido e inconfondibile di Malfoy torreggiava al centro della pagina, incappucciato di nero, sullo sfondo di una stradina babbana di Londra.
Con dita tremanti, sollevò uno dei giornali.
 
 
AGGRESSIONE NELLA NOTTE, UCCISI CINQUE BABBANI
Nella notte (o per meglio dire, primissima mattina) del 10 maggio, a Kinnerton Street, una strada alla periferia di Londra, sono stati brutalmente uccisi 5 babbani.
L’autore della strage è di certo un mago, che ha sfoderato la bacchetta in piena vista e attaccato apertamente, dentro a un pub.
A quanto pare, l’uomo non si è neppure curato di nascondere la propria identità e dalle prime ricostruzioni sembra che si tratti nientemeno che del famigerato ex Mangiamorte Lucius Malfoy.
“Un uomo con un aspetto che era impossibile non notare, metteva i brividi” ha dichiarato ancora visibilmente sconvolto l’unico Babbano sopravvissuto, prima che gli Auror gli rimuovessero la memoria.
“Alto, biondo, vestito di nero... Molto arrogante, ha ordinato un rum. Ha cominciato a fare cose strane con una bacchetta di legno. Dopo un po' il proprietario del pub si è scocciato perché i clienti erano piuttosto spaventati da quel pazzo e in molti se ne sono andati.”
Tra lacrime di orrore, l’uomo ha aggiunto: “Non riuscirò mai a dimenticare. Il proprietario lo ha affrontato direttamente, intimandogli di andarsene dal momento che faceva scappare tutta la clientela. Quel pazzo non ha battuto ciglio, sprezzante, ha solo alzato quella... strana cosa, e bam.
Il proprietario è caduto a terra, morto.
Non capisco come sia successo, come abbia fatto, non aveva alcuna arma.
D’improvviso si è scatenato il delirio, tutti hanno cominciato a urlare, io mi sono nascosto sotto al mio tavolo, e lui se ne stava lì a sorseggiare il suo rum... Ci sono stati lampi sinistri di luce verde, spaventoso. Qualcuno urlava come se fosse sotto tortura, qualcuno si contorceva, un inferno... E uno dopo l’altro sono tutti caduti a terra, morti”.
Il Babbano è stato trattenuto dagli Auror per degli accertamenti, dopodichè è stato Obliviato.
“Una strage brutale” ha commentato Jenkins, il primo degli Auror a intervenire sul posto.
“Ci è arrivata una segnalazione anonima e effettivamente anche i nostri sensori evidenziavano attività magiche sospette. Mi hanno mandato qui per un sopralluogo.
Malfoy si è accorto della mia presenza appena sono arrivato e si è immediatamente smaterializzato.
Non ho fatto in tempo ad impedirlo, perché non mi aspettavo affatto questa emergenza... riceviamo un numero impressionante di falsi allarme, e anche questa volta credevo non fosse nulla di preoccupante. Non sono stato abbastanza veloce per intervenire, ma ho fatto in tempo a riconoscerlo. Era sicuramente Lucius Malfoy”.
È ora aperta la caccia all’uomo, gli Auror sono già al lavoro e proprio in questo momento alcuni di loro stanno pattugliando Hogwarts.
Resta incerto cosa ci facesse Malfoy in una strada babbana a quell'ora e quali siano i motivi della brutale strage (se non bastasse il fatto che è notoriamente un ex Mangiamorte e in quanto tale il suo odio per i Babbani è evidente).
Malfoy non doveva affatto trovarsi lì, dal momento che è impiegato come professore ad Hogwarts.
Ricordiamo anche che, solo poco tempo fa, Malfoy è stato protagonista di un altro episodio piuttosto controverso, il cui processo si è appena concluso con l’incarcerazione di un ragazzo.
C'è da chiedersi quanto sia saggio e sicuro per i nostri figli...

“Non può essere” sussurrò Hermione con un filo di voce.
“Mi dispiace professoressa” rispose l'Auror dietro a Lucius, “ci sono testimoni”.
“Non può essere” ripetè Hermione, “Ieri era con me e...”
Gli altri insegnanti, che fino ad ora avevano assistito alla scena in sconcertato silenzio, emisero bassi versi sbalorditi.
La confessione sembrò spiazzare anche i due Auror. “È certa di quello che sta dicendo?”
Lei annuì con sicurezza.
“Fino a che ora?” incalzò scettico quello alto e biondo.
“Non è questo il luogo migliore per un interrogatorio!” protestò la McGranitt, precedendo la risposta di Hermione.
“Suggerisco di aspettare il Ministro Potter nel mio ufficio. Tutti quanti.” sottolineò con un'occhiata feroce ai due uomini.
“Come desidera, Preside” acconsentì a stento quello accanto a lei.
Senza avere altra scelta, Hermione si rialzò dalla sua sedia.
Lucius fece lo stesso, con qualche difficoltà e quando la ragazza si avvicinò per aiutarlo a sorreggersi, lui le gettò un'occhiata di fuoco che la fece allontanare subito.
La McGranitt si incamminò fuori dalla sala, seguita da Hermione. I due Auror invece rimasero fermi e in allerta, in attesa che anche Lucius procedesse.
Gli occhi degli studenti furono tutti puntati su di loro, mentre lo strano quintetto si dirigeva fuori dalla sala.
 
Appena dieci minuti dopo che il drappello aveva raggiunto l'ufficio della preside, le fiamme del camino si tinsero di verde e ne uscì un Harry Potter piuttosto trafelato.
“Buongiorno Ministro!” salutarono subito con reverenza i due Auror, che furono ricambiati con un cenno del capo.
“Harry!” esclamò a sua volta Hermione, precipitandosi ad abbracciarlo, senza lasciargli il tempo di rispondere. “Cosa sta succedendo?”
“Non lo so...” ammise Potter. “Professoressa McGranitt... Lucius...”
Harry strinse la mano all'anziana donna con un sorrisetto tirato, prima di accomodarsi su una delle sedie che la McGranitt aveva evocato poco prima.
Anche Lucius era seduto, immobile e con le spalle lievemente ricurve.
I due Auror invece rimasero in piedi, in un inutile tentativo di dimostrare la loro autorità.
“Signor Ministro... Lei è certamente al corrente di ciò che è accaduto questa notte. Abbiamo avuto l'ordine di prelevare Malfoy e sottoporlo ad interrogatorio. Poi dovrà essere tenuto sotto sequestro ad Azkaban, in attesa del processo”.
“Lo so Harvey, Gawain mi ha avvertito” rispose Harry al biondo, con voce stanca.
Sebbene fossero soltanto le otto di mattina, i suoi capelli piuttosto in ordine e una ruga di preoccupazione sulla fronte suggerivano che fosse già al lavoro da un po'.
L'Auror si zittì immediatamente alla menzione di Gawain.
Robards Gawain aveva preso il posto di Scrimegeour a capo degli Auror, dopo che quest’ultimo era stato nominato Ministro.
 
“È una situazione scomoda” continuò Harry “e credo che al momento il modo migliore di gestirla sia che Malfoy rimanga agli arresti domiciliari. In questo caso ad Hogwarts.
Non c'è motivo di dubitare che Lucius possa fuggire da qualche parte... Preside, è in grado di garantirlo?”
“Chiuderò la Metropolvere e ogni altra uscita dalla scuola” confermò la McGranitt contrariata. “Metterò in funzione degli allarmi appositi che mi avvertiranno ogni qualvolta qualcuno oltrepassi i confini...”
“Signora” la interruppe Harvey, “crede sia saggio permettere a un criminale del suo calibro continuare a fare lezioni? Potrebbe aver assassinato cinque Babbani”.
“Non credo che il professor Malfoy abbia ammazzato nessuno” si intromise bruscamente Hermione, rompendo il suo silenzio per prendere parte attiva alla conversazione. “Non... recentemente” aggiunse, con un breve ripensamento.
“Nemmeno io” concordò Harry. “Mi rendo conto che non dovrei interferire con il lavoro degli Auror, ma consideratela una situazione straordinaria.
Gawain mi ha confidato di avere una pista alternativa e nel frattempo mi sento di garantire io per Lucius”.
 
Hermione gettò un'occhiata a Lucius, che seguiva il discorso senza dire una parola e con evidente disinteresse, come se la cosa non lo riguardasse.
Come faceva a sembrare così calmo e indifferente, quando solo qualche mese prima si era svegliato urlando e le aveva confidato di fare ancora incubi su Azkaban?
“Una pista alternativa?” chiese scettico l'altro Auror.
Harry annuì.
“È solo questione di tempo, Gawain mi ha assicurato di contattarmi non appena avrà notizie certe. Nel frattempo, procedete pure con il vostro lavoro. Qui.”
“Bene...” tagliò corto Harvey con espressione contrariata, facendo un cenno al suo sottoposto, “occupatene tu, Braddock”.
Il rosso si trasferì vicino a Lucius, piantando saldamente la gambe per terra e incrociando le braccia.
“Dunque, dicevamo... Fino a che ora è stato con la professoressa Granger ieri sera?”
“Non ne ho idea” rispose Lucius caustico.
Hermione intervenne in suo aiuto: “Siamo tornati al castello verso le undici e trenta. Mi sono fermata a chiacchierare nelle stanze del professor Malfoy un'altra ora circa”.
“E poi?” incalzò Braddock.
 
Hermione volse lo sguardo a Lucius, invitandolo silenziosamente a proseguire. Temeva di metterlo in difficoltà, e d’altra parte non aveva nemmeno idea di cosa fosse successo con quella lettera.
“Ho ricevuto una lettera” rispose seccamente Lucius, “e ho dovuto uscire di fretta per affari personali”.
Affari personali?” chiese Braddock calcando sulle parole con un sogghigno. “Che tipo di “affari personali e dov’è la lettera?”
“Bruciata.”
“Bruciata?” ripetè nuovamente l’Auror come un pappagallo, scettico e palesemente senza credere a una parola.
“La lettera ha preso fuoco non appena finito di leggerla” spiegò Hermione, “l’ho visto con i miei occhi”.
Braddock fece un verso stizzito, infastidito dalla scomoda presenza di Hermione come testimone.
 
“Cosa c’era scritto in questa lettera di così importante da farle lasciare il castello in fretta, senza avvertire, nè dare spiegazioni?”
“Gliel’ho detto,” replicò gelido Malfoy, “sono affari personali”.
“Signor Malfoy,” intervenne minacciosamente Harvey, “forse non si rende conto della situazione in cui...”
“Lucius,” l’Auror fu irrispettosamente interrotto da Harry, “mi rendo conto che la cosa ti indisponga, ma ho bisogno che collabori. Ho dovuto mobilitarmi personalmente per evitare che questa situazione degenerasse e è nel miglior interesse di tutti risolvere velocemente questa questione.
Se la presenza mia, o della Preside o di Hermione ti infastidisce possiamo anche andare via, ma ho davvero bisogno che tu risponda alle loro domande”.
 
Dalle espressioni dei due Auror si capiva che non avevano gradito affatto l’interruzione, ma non dissero nulla al riguardo.
Dopo qualche momento di silenzio, Malfoy puntò gli occhi rossi dritti verso Harvey.
“La lettera era firmata da alcuni miei vecchi ‘amici’. Fanno parte dei Mangiamorte ancora in libertà che non hanno gradito molto il ruolo della mia famiglia durante la guerra, e ancora meno il modo in cui mi sono vendicato di Bellatrix.
Nella lettera mi hanno comunicato che hanno trovato il modo di saldare i nostri conti in sospeso, e di recarmi a casa di mio figlio Draco per vedere con i miei occhi il modo in cui si trattano i traditori”.
 
Le sue parole furono accompagnate da un sussulto della McGranitt, che si portò una mano al cuore e si accasciò contro lo schienale della sedia.
L’espressione sconvolta e inorridita sul suo volto era la stessa dipinta sui visi di Harry e Hermione.
“Lucius...” sussurrò Hermione, incapace di reagire in altra maniera.
Malfoy mantenne la solita calma glaciale, ignorando le loro reazioni e continuando la spiegazione.
“Sono uscito dal castello per vedere cosa fosse successo a mio figlio. Inutile dire che mi aspettavo il peggio.
Ma quando sono arrivato a casa sua, era lì. Perfettamente in salute e ignaro di tutto”.
Nel cuore di Hermione, il dolore lasciò il posto alla confusione. Dunque Draco era vivo e illeso.
Anche i due Auror avevano espressioni piuttosto perplesse.
“Vivo e illeso?” ripetè fastidiosamente Braddock.
Lucius annuì, incenerendolo con lo sguardo e lasciando trapelare tutto il suo fastidio nei confronti dell’uomo.
“E poi cosa ha fatto?” chiese Harvey, riprendendo il controllo dell’interrogatorio.
“Nulla. Sono rimasto nei pressi della casa, per assicurarmi che non accadesse niente.
Poi, dal momento che non c’era alcun segnale di pericolo, ho lanciato sulla casa qualche incantesimo di allarme e me ne sono andato”.
 
Tutti i presenti rimuginarono in silenzio, quella storia non aveva assolutamente alcun senso.
“È tornato subito al castello dopo aver abbandonato la casa di suo figlio?” chiese ancora l’Auror biondo, in distaccato tono professionale.
“Sì...” rispose Lucius tra i denti. “Avevo bisogno di rilassarmi e mi sono chiuso nelle mie stanze”.
Hermione non fu affatto sorpresa alla dichiarazione, era piuttosto facile supporre come Lucius avesse concluso la nottata in compagnia dell’alcol.
Ormai aveva avuto modo di conoscere il vizio di Lucius di cedere facilmente all’alcol nelle situazioni stressanti. Inoltre, spiegava anche il suo aspetto tremendo.
 
“Suo figlio non abita con Lei, da quello che ci risulta. Se non sbaglio la casa di suo figlio si trova in Kinnerton Street” suggerì Harvey acutamente. “Lei si rende conto che è esattamente la zona in cui sono avvenuti gli omicidi”.
Ci furono un certo numero di versi di sorpresi, all’ennesimo colpo di scena.
Ricostruire gli eventi di quella notte pareva essere più complicato del previsto.
Anche se Lucius sembrava avere tutte le spiegazioni da dare, alla fine ogni dettaglio si rivoltava contro di lui.
“Lei sta ammettendo che era da solo, di notte, nella zona in cui è avvenuta la strage.
E a giudicare dal suo aspetto, aggiungerei ubriaco... il che conferma la testimonianza dell’uomo che l’ha vista bere rum.
Al contrario non c’è un solo testimone che possa giurare di averla vista tornare al castello” sentenziò Harvey con il tono di uno che tira le fila del discorso e è già giunto alle proprie conclusioni.
“Questo è quello che è successo...” confermò Lucius, con una contrazione della mascella.
 
“È evidente che era una trappola!” esclamò Hermione incapace di trattenersi.
“Ha perfettamente senso! Sul Profeta c’è scritto che avete ricevuto una segnalazione anonima per attività magiche. E chi l’avrebbe fatta? Perchè secondo la vostra versione, sul posto c’erano solo Babbani. Nessuno che potesse fare alcuna segnalazione agli Auror.
O non penserete che Lucius si sia autodenunciato? E perchè rimanere a volto scoperto? Dovete ammettere che la storia non quadra.
Chiunque fosse il mago in quel bar, era un impostore mandato appositamente.
Anche perchè... Lucius non beve rum, da quando lo conosco ha sempre bevuto whisky”.
Braddock mugugnò qualcosa sul fatto che effettivamente c’era qualcosa che non tornava.
“Hermione Granger, la strega più brillante della sua età” asserì Harvey, ma la ragazza non riuscì a capire se fosse serio o ironico. “E come credi che abbiano fatto a mettere in atto tutto questo inganno così contorto?”
“Hanno scelto quel bar apposta per la vicinanza alla casa di Draco.
Sapevano che Lucius sarebbe corso da suo figlio, dal momento che è l’unico famigliare che gli è rimasto, e l’unica persona a cui é abbastanza affezionato da...” deglutì sonoramente, perché il pensiero che Lucius tenesse così tanto solo ad un’unica persona la amareggiò.
Poi si schiarì la voce per proseguire.
“Sapevano che era da solo e non avrebbe avuto testimoni a confermare la sua versione. Volevano incastrarlo!”
“Ammesso che sia così...” replicò duramente Harvey, “c’è un altro piccolo particolare non trascurabile. Malfoy è stato visto. Non visto nelle vicinanze, visto a volto scoperto all’interno del pub, mentre scagliava cinque Maledizioni sui Babbani.”
 
Hermione si zittì di colpo.
Ogni prova era contro Lucius, e in effetti, la sua posizione era indifendibile con dei testimoni contro di lui e nessuno a favore.
I testimoni oculari avevano molto più valore di qualsiasi supposizione –seppur ragionevole- su rum e chiamate anonime.
 
Furono interrotti dalle fiamme del camino che si tinsero di verde e le fiamme sputarono fuori una lettera.
Harry la prese al volo, dando prova di avere ancora ottimi riflessi nonostante non giocasse più a Quidditch da tempo.
Tutti gli occhi furono puntati su di lui, mentre la apriva cautamente.
Non appena Harry ebbe strappato il sigillo del Ministero, la lettera si divincolò dalle sue mani, galleggiando a mezz’aria e trasformandosi magicamente in quelle che sembravano due labbra fatte con la carta.
La bocca si mosse, e ne uscì una voce autoritaria e frettolosa che proclamò a tutti i presenti nella stanza il contenuto della lettera.
“Sono stati trovati alcuni reperti che non appartengono a nessuna delle vittime. L’esperto del Ministero ha confermato che sono positivi ai test per la Pozione Polisucco.
Harvey, Braddock, non c’è necessità di rimanere, l’indagine è cambiata. Per il momento Malfoy non è più nella lista degli indagati.”
 
Seguì un momento di silenzio carico di sorpresa, poi Hermione si lasciò sfuggire un sospiro sollevato.
“Molto bene!” disse Harry quasi allegramente. “Direi che per il momento la questione è risolta, almeno per quanto riguarda Lucius. Purtroppo rimane ancora da capire la dinamica dell’accaduto e come sedare il polverone che si è sollevato grazie al Profeta”.
Fece un passo verso il camino della stanza, invitando con un gesto della mano i due Auror a fare altrettanto.
“Professoressa, temo che ci vedremo più tardi. Harvey, Braddock, dopo di voi”.
I tre uomini sparirono in rapida successione, accompagnati dal crepitio delle fiamme.
 
***
 
“Hai bisogno di dormire, cosa fai qui?” chiese Hermione, rivolgendo a Lucius uno sguardo critico, quando lo incontrò più tardi nell’aula del personale.
Lucius sbuffò con arroganza e non rispose.
“Abbiamo fatto in modo di coprire tutte le tue lezioni” aggiunse Hermione morbidamente, “non c’è bisogno che rimani”.
“Pensi davvero che riuscirei a dormire?” ammise lui con voce così bassa che solo lei riuscì a sentirlo. “Inoltre, se rimanessi da solo nelle mie stanze rischierei di cercare di nuovo il rassicurante conforto del whisky –o del rum, visti i miei nuovi gusti”.
“Credo di avere la soluzione” disse Hermione con un piccolo sorriso. “Non ho lezioni fino al tardo pomeriggio... Posso farti compagnia. Mi assicurerò che le tue scorte alcoliche siano irraggiungibili, sono brava con gli incantesimi”.
Lucius parve soppesare le sue parole.
“Bene” acconsentì alla fine, “è meglio che io mi tolga di qui. Vitious e la Sprite non hanno fatto che fissarmi da quando sono entrato. Sarebbe paradossale se dopo essere stato scagionato uccidessi davvero qualcuno”.
Senza aggiungere altro, si alzò pesantemente dalla sedia e uscì dall’aula, seguito dalla ragazza.
 
Non appena arrivarono nelle sue stanze, Hermione lo costrinse e superare il divano e puntare dritto verso la camera da letto.
Mentre Lucius era in bagno a mettersi abiti più comodi per riposare, lei chiamò un elfo e si fece portare qualcosa per pranzo. Non era affatto una buona idea farsi vedere in Sala Grande, dati gli ultimi avvenimenti.
Hermione si chiese se la McGranitt fosse già inondata dai gufi dei genitori, i quali erano fermi alla versione dei fatti riportata dalla Gazzetta del Profeta.
Per l'ennesima volta, Lucius era sospettato di essere ancora un Mangiamorte.
Anche a quello avrebbero dovuto trovare una soluzione, prima che Hogwarts venisse sepolta sotto tonnellate di lettere colleriche.
 
Lucius uscì dal bagno con la solita vestaglia di seta verde scuro.
Nonostante il volto stanco e con evidenti segni di disfacimento, Hermione restò ancora una volta senza fiato per la potente e mascolina sensualità che emanava.
“Che intenzioni hai?” chiese Lucius, osservandola come per valutare i suoi pensieri.
Senza rompere il contatto visivo, Hermione prese un angolo della pesante coperta e la spostò a lato, per fargli spazio.
Lui si avvicinò lentamente e si infilò nel letto, seduto con la schiena appoggiata alla testiera.
“Ho fatto portare qualcosa per pranzo” disse Hermione, sedendosi accanto a lui sul lato del letto e mostrandogli il grande vassoio portato dall'elfo.
“A cosa devo questo... pigiama party?” chiese beffardo Lucius.
Tuttavia allungò una mano e si appropriò di un piatto di pollo al limone.
Hermione sorrise e si servì a sua volta.
“Resterò un po' con te” rispose. “Voglio assicurarmi che questo pasto sia accompagnato soltanto con l'acqua”.
Lucius si limitò a mangiare, stranamente senza proteste o commenti sarcastici. Per un po' gli unici rumori nella stanza furono quelli delle posate che grattavano sul piatto.
 
“Grazie” disse serio, quando Hermione fece svanire i piatti direttamente nelle cucine.
“Mi fa piacere. Sono stata molto bene ieri sera, volevo che lo sapessi.
È stato davvero un peccato che la serata sia finita in quel modo... e che questa mattina sia andata anche peggio”.
Lucius le rivolse uno sguardo cupo. “Se avessi saputo...”
“Non potevi saperlo! È evidente che qualcuno voleva incastrarti”
“Non è così evidente, dato che se non fosse per Potter sarei già ad Azkaban”
Hermione comprese che nonostante avesse dissimulato fino a quel momento, Lucius temeva molto la prospettiva di ritrovarsi nuovamente in quella prigione.
E vista la sua situazione, Azkaban era come una spada di Damocle costantemente appesa sopra la sua testa.
Bastava un solo passo falso, un niente, per dichiararlo colpevole e rinchiuderlo.
Lucius conviveva con questo peso, seppure sepolto dietro la sua maschera di distante indifferenza e non lasciava intravedere nulla a nessuno.
Tranne a lei.
Seppur in maniera indiretta, Lucius le aveva appena confidato una sua preoccupazione e Hermione si ritrovò a sorridere all’idea.
 
“Ti fa sorridere il fatto che potrei essere ad Azkaban?” chiese gelido, con voce graffiante.
“No, non era quello...” rispose veloce lei.
Lucius la fissò con sospetto, ma non le chiese di spiegarsi.
“Credo che dovresti riposare” sospirò Hermione, approfittandone per sorvolare sul discorso.
Lui fece una smorfia amara.
“Dovrei... Ma in questo momento mi risulta un po' difficile, forse ti sfugge la situazione...”
“Allora se non riesci a dormire possiamo parlare, se ti va... Ho tempo”.
“Di cosa vorresti parlare?” chiese lui con voce bassa, senza traccia della solita arroganza.
Hermione non lo aveva mai visto così svuotato, tanto da far cadere ogni sua maschera.
“Di quello che è successo, di Draco se vuoi...” rispose, esitando solo un momento.
La sera prima, Lucius le aveva dato il permesso di fargli domande personali e questa era la prima volta in cui c’era occasione di affrontare l’argomento.
 
“Ieri sera, quando mi sono precipitato da Draco per vedere cosa fosse successo, l’ho trovato perfettamente incolume e ignaro di qualsiasi cosa...” disse Lucius duramente. “Lui però, ovviamente, non è stato felice di vedermi quando sono comparso sotto casa sua”.
Hermione ascoltò in silenzio, evitando di assalirlo con le domande e preferendo invece aspettare che fosse lui a parlare.
“Ti ho detto che ha chiuso ogni rapporto con me, mi incolpa per ciò che è successo alla nostra famiglia. E ha ragione... Ho sbagliato.
Gli ho fatto prendere il Marchio, quando sapevo benissimo a cosa andava incontro.
Quale padre permetterebbe che facciano una cosa del genere a suo figlio?
Lui ha sempre seguito il mio esempio e le mie indicazioni durante la guerra, anche se era evidente che non ne era felice.
Ti ricordi come ha finto di non riconoscervi quando siete stati catturati dai Ghermidori e portati a casa nostra? Sono sicuro che avrebbe potuto riconoscervi a occhi chiusi. Ma non voleva farlo, cercava di proteggervi...”
Hermione annuì.
Per quanto fosse sempre stata in conflitto con Draco, era evidente che, all’epoca, tutto ciò che aveva fatto era per orgoglio e paura.
Era sempre stato solo un ragazzo spaventato e con una scelta difficile da fare, non un Mangiamorte.
 
“Finita la guerra abbiamo passato un periodo strano. Eravamo una famiglia distrutta, ma pur sempre unita. Poi c’è stato Azkaban... e la morte di Narcissa.
Da quel momento è cambiato tutto, Draco non mi ha più guardato allo stesso modo. Mi ha incolpato per la sua morte.
Vivere in quella casa era straziante. I nostri rapporti sfociavano sempre in liti brutali, e io passavo molto più tempo a tentare di dimenticare tutto bevendo, piuttosto che cercare di parlare con Draco.
Se n’è andato di casa e sono rimasto solo, sempre meno lucido e senza nessuna ragione di vivere.”
Fece una pausa e scivolò giù, stendendosi sul letto per stare più comodo.
Hermione non potè fare a meno di ammirare come il cuscino si ricoprì di capelli biondi e finissimi.
 
“Poi è arrivato Potter, a ripulirmi... Voleva convincermi a rimettermi in piedi, non so nemmeno perché lo abbia fatto.
Ovviamente non c’era nulla di cui mi importasse abbastanza per uscire dal mio stato di incoscienza.
Credo che Potter se ne sia reso conto, e in qualche modo è riuscito a portare Draco: era l’unica persona per cui avrei fatto qualunque cosa.
Draco mi ha promesso che si sarebbe risolto tutto... così ho smesso di bere, ho ripreso a curare la casa, ho avuto l’impiego ad Hogwarts...”
La voce di Lucius si ruppe bruscamente, trasformandosi in un verso rauco e strozzato.
“Ma non ha mai mantenuto la parola. Una volta che mi sono ripreso, ha continuato a rifiutarsi di vedermi e parlarmi. Anche ieri sera”.
“Mi dispiace...” sussurrò Hermione.
 
Lucius chiuse gli occhi, fermo immobile sopra le lenzuola.
Aveva mantenuto quasi sempre un tono di voce controllato, ma la sua apparente insensibilità era tradita dai lineamenti del volto rigidi e contratti.
Hermione non avrebbe mai pensato di trovarsi un giorno su un lato del letto di Lucius Malfoy e tanto meno che lui potesse apparirle così stanco e ferito.
“Io credo che a Draco importi di te. Altrimenti non sarebbe mai venuto ad aiutarti dopo che se ne era andato. Su richiesta di Harry, poi... Deve aver fatto un grande sforzo” disse, cercando di mantenere un tono che non suonasse pietoso nè compassionevole.
Sapeva che Lucius non avrebbe mai accettato di essere compatito da nessuno.
“Anche Harry, non so esattamente per quale motivo, si spende molto per te.
Lo ha dimostrato all’udienza e anche oggi... Sta usando la sua autorità per evitarti guai.
È rischioso per lui”.
 
Mordendosi il labbro, Hermione si chiese fino a che punto potesse spingersi.
Aveva voglia di fargli sentire la sua vicinanza in modi che andavano oltre l’amicizia.
D’altra parte la sera prima lui l’aveva quasi baciata, forse poteva rischiare.
“Anche a me... Importa molto di te” sussurrò prendendo coraggio.
Avvicinò una mano fino ad appoggiarla dolcemente sulla sua spalla.
Per le parole o per il gesto, Lucius aprì gli occhi di scatto e Hermione lo sentì irrigidirsi sotto la sua mano.
“Non ho bisogno di essere rassicurato come un Tassorosso del primo anno” sussurrò beffardo, “nel caso non te ne fossi accorta, sono un uomo”.
“Me ne sono accorta” rispose Hermione senza cedere, “infatti mi sto comportando come una donna”.
Si fissarono intensamente per qualche momento, l’espressione dura negli occhi di Lucius non accennò ad ammorbidirsi fino a quando non chiuse di nuovo gli occhi.
Hermione lo prese come un segnale che poteva continuare.
 
Bizzarramente, le tornò in mente una lezione di Cura delle Creature Magiche che aveva fatto con Hagrid molti anni prima, quella in cui aveva imparato che quando un pericoloso ippogrifo si inchina, implicitamente dà il permesso di accarezzarlo.
Il momento in cui Lucius richiuse gli occhi, le parve come l’inchino di un ippogrifo.
 
Cautamente mosse le dita, prima in un movimento quasi impercettibile e poi sempre più sicuro.
Lui non diede segni di accorgersene, ma Hermione era certa che sentisse le sue dita strofinargli la spalla.
Con un sospiro, si chiese se Lucius facesse apposta a tenere le palpebre serrate, per poter continuare a fingere di non notare quello che stava accadendo.
Qualunque cosa ci fosse tra loro, era confinata da due palpebre abbassate.
Aprire gli occhi, sarebbe stato come accettare apertamente le cure di Hermione.
Questo, a sua volta, avrebbe dato origine a tutta un’altra serie di implicazioni a cui evidentemente Lucius non era pronto.
Con delicatezza, Hermione afferrò un lembo della coperta e la adagiò sopra di lui.
“Posso andare, se vuoi...”
“Resta.”
Fu un sussurro roco e perentorio che arrivò dritto al cuore di Hermione.
Per un momento la ragazza temette che i battiti fossero così forti da poter essere uditi anche dall'esterno.
Cercando di controllare il respiro, riprese ad accarezzare Lucius e continuò a lungo, lasciando vagare lo sguardo sul suo volto e cercando di imprimersi nella mente ogni piccolo particolare.
Poche volte aveva avuto l’occasione di poterlo ammirare indisturbata così da vicino.
 
***
 
Quando Lucius riaprì gli occhi, il buio era sceso su Hogwarts e non c’era traccia di Hermione -della Granger, si corresse.
Lanciando un’occhiata al cucù incantato appeso alla parete, si rese conto che era ormai quasi ora di cena. Non aveva idea di aver dormito così tanto.
Con un verso di disappunto si costrinse a mettersi a sedere.
Aveva sognato la Granger. Di nuovo.
In realtà non riusciva a capire il momento in cui era finita la realtà e cominciato il sogno.
Con un ringhio verso se stesso, Lucius appoggiò i piedi a terra e si diresse verso il bagno, sperando che un getto di acqua fresca in viso bastasse per togliersi dalla mente l’immagine di Hermione.
Avrebbe dovuto mandarla via appena finito di mangiare. E invece si era sdraiato e aveva chiuso gli occhi.
Aveva finto di non percepire le lievi carezze della ragazza e aveva deliberatamente tenuto le palpebre serrate per non affrontare la realtà.
Quelle mani delicate e calde gli avevano fatto piacere più di quanto fosse a suo agio ad ammettere.
Le aveva chiesto di restare.
Non era solo attrazione, era molto peggio.
 
Per la prima volta dopo la morte di Narcissa aveva percepito di nuovo quel tepore che gli riscaldava le viscere.
Come quando si sedeva sul loro letto la sera tardi, dopo un incontro con Voldemort, con un mal di testa martellante, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le mani a coprirsi gli occhi.
Narcissa gli si avvicinava dietro la schiena, lo abbracciava in silenzio e lo aiutava a svestirsi e sdraiarsi.
Poco prima, con quella mano leggera ad accarezzargli la spalla si era sentito di nuovo rassicurato.
Purtroppo, non avrebbe dovuto permettersi di abbandonarsi così alla ragazza, visto che doveva essere il bersaglio della sua vendetta.
Se soltanto la sera prima non fosse stato interrotto da quella maledetta lettera, a quell’ora i conti in sospeso con la ragazza sarebbero già stati chiusi.
 
Lucius si cambiò i vestiti in fretta, contrariato per lo stato della situazione.
Non solo era di nuovo nell’occhio del ciclone, ma ogni secondo che passava lo avvicinava di più a Hermione -la Granger, si maledisse- e lo allontanava dal suo spirito vendicativo.
Sul tavolo del salotto, un pezzo di pergamena con una breve nota lo distolse da quei pensieri fastidiosi.

Ore 22.30, riunione nel mio studio.
Ci saranno Harry Potter, la professoressa Granger e Gawain, il capo degli Auror.
Se desidera può scendere a cena in Sala Grande.
M. McGranitt

Rigirando la lettera tra le mani, Lucius soppesò il da farsi e infine optò per scendere a cena.
Non gli importava molto della reazione degli studenti e aveva una discreta fame.
 
Non appena mise piede nella sala, il tono del chiacchiericcio si abbassò di colpo, sostituito da mormorii concitati.
Lucius avanzò verso il tavolo degli insegnanti senza curarsene affatto.
Ci avrebbe pensato la Preside a chiarire la situazione.
La considerazione degli studenti era l’ultima delle sue preoccupazioni.
Hermione gli sorrise incoraggiante dal suo solito posto sulla sinistra del tavolo e lui si affrettò a raggiungerla.
“Ti senti meglio?” chiese la ragazza, non appena si fu accomodato accanto a lei.
“Come nuovo” tagliò corto.
La McGranitt fece tintinnare un bicchiere per avere l’attenzione di tutta la sala, ma Lucius fece del suo meglio per ignorare il discorso. Era abbastanza certo che fosse simile a quello dell’ultima volta.
 
Quando finalmente la Preside diede inizio alla cena e si accomodò di nuovo sul grande trono che era stato di Silente, Lucius affondò il cucchiaio nella zuppa e si concentrò unicamente sul rifocillarsi, lanciando di tanto in tanto qualche occhiata maligna agli studenti che osavano dirigere lo sguardo verso di lui.
“Hai dormito?” chiese di nuovo Hermione, con quell’irritante tono di apprensione che lasciava intendere i suoi sentimenti verso di lui.
“Sì” rispose. “Non ti ho nemmeno sentita andare via”.
La ragazza sembrò compiaciuta per la risposta.
 
“Ho letto la nota per questa sera” aggiunse Lucius con noncuranza.
“Già. A quanto pare Harry vuole informarci di persona sulle ultime notizie che ha e decidere quali contromisure prendere dopo quello che è successo.
Al Ministero si è sollevato un vespaio, senza contare i genitori degli studenti qui a Hogwarts”.
Lui sbuffò con amaro divertimento.
“Dubito che si riuscirà a risolvere molto” ribatté. “Sarò sempre il primo sospettato in ogni occasione. Non so perchè Potter è così deciso a mettersi in mezzo tutte le volte. È evidente che è controproducente per la sua carriera politica”.
“A Harry non è mai importato di avere consenso o approvazione.
Infatti odiava Caramell per la sua condiscendenza.
Quello che davvero sta a cuore a Harry è di fare la cosa giusta” disse Hermione sorridendo, orgogliosa dell’amico.
Lucius ghignò e rispose con scherno: “non so come faccia a essere ancora Ministro della Magia. Non è così che funziona la politica”.
L’espressione sul viso della ragazza si rabbuiò.
“Infatti tentano di svilire il suo operato ad ogni occasione. È incredibile quanto il mondo magico sia ingrato, dopo tutto quello che Harry ha fatto...”
“Risparmiami questi discorsi struggenti” la interruppe subito Lucius, “le ingiustizie verso il Salvatore del Mondo non mi interessano”.
Lei gli lanciò uno sguardo piccato e per un po’ non gli rivolse la parola, limitandosi a consumare il suo pasto in silenzio.
Nonostante ciò, alla fine della cena Lucius capì che lo aveva già perdonato, perchè lo salutò con uno dei suoi sorrisi luminosi e gli diede appuntamento a più tardi.
 
***
 
All’ora prestabilita, Lucius bussò alla porta dell’ufficio della Preside.
Hermione e Potter erano già lì, l’una accomodata su una sedia di fronte alla McGranitt, e l’altro in piedi accanto al camino.
“Lucius!” lo salutò Potter con un sorriso odioso.
“Signor Ministro” ricambiò lui con sbrigativa riverenza.
Furono bruscamente interrotti da una fumata verde e un nugolo di polvere si sollevò in un angolo della stanza.
Un momento dopo, Robbard Gawain mosse qualche passo al di fuori dal camino.
“Sedetevi tutti” ordinò la McGranitt facendo comparire altre due sedie con un gesto brusco.
“Resterò poco” annunciò l'Auror toccandosi distrattamente il colletto della divisa, “dobbiamo solo discutere alcune questioni”.
Non che a Lucius importasse molto; avrebbe di gran lunga preferito trovarsi nelle sue stanze di nuovo col suo whisky.
Fece del suo meglio per mostrare quanto fosse indisposto, assumendo la solita espressione fredda e annoiata.
 
“Per prima cosa, mi è stato confermato che la strage è avvenuta per mano di un impostore, il quale ha assunto le sembianze di Malfoy per mezzo della Polisucco.
Purtroppo questo non risolve affatto le cose, ma anzi, apre tutto un nuovo ventaglio di problemi” spiegò velocemente Gawain, con gli occhi che dardeggiavano da uno all’altro di loro.
“Innanzitutto, non abbiamo nessuna pista da seguire.
Malfoy ha molti nemici nell’ombra, non sappiamo chi è stato, e anche nel caso lo sapessimo, non abbiamo idea di dove si nascondano.”
Potter sembrò scocciato e indispettito tanto quanto Gawain per i frustranti insuccessi degli Auror nella ricerca degli ultimi Mangiamorte.
“Oltre a questa considerazione generale, è necessaria un’altra deduzione più specifica. Alcuni dei nemici di Malfoy si limitano a nascondersi passivamente.
Ma qui abbiamo invece un caso diverso, qualcuno sta operando attivante per incastrarlo.
Questo, per forza di cose, rende il nemico più esposto, ed è un punto a nostro favore, ma allo stesso tempo anche più pericoloso”.
 
Dal momento che Lucius si trovava nella stessa stanza di Gawain, gli parve abbastanza assurdo sentir parlare di sè in terza persona.
Evidentemente quell'Auror era un uomo con grande senso pratico, o con grande fretta, troppa per fare caso a tali convenevoli.
 
“...In ogni caso continueremo a cercare, ma non è tutto” aggiunse Gawain, agitandosi scomodamente sulla sedia. “Sarebbe bene escludere definitivamente Malfoy dalla lista dei sospettati”.
“Credevo che l’avessimo già escluso” protestó accigliata Hermione.
“In linea teorica. Purtroppo al Ministero non si accontentano delle parole, c’è bisogno di prove reali.
In caso contrario potrei andare incontro a contestazioni del mio lavoro.
Quindi... Ho bisogno di controllare la sua bacchetta”.
L’Auror tese il braccio verso Malfoy, in attesa.
Per qualche secondo parve che quest'ultimo fosse sul punto di rifiutare, ma poi con un gesto riluttante e stizzito consegnó la bacchetta.
 
Con un sorriso e uno sbrigativo “grazie”, Gawain la afferrò tenendola dritta davanti a se e a sua volta estrasse la propria.
Ne puntò l’estremità verso quella di Malfoy e sussurrò: “Prior Incantatio”.
Una serie di pallide forme di fumo grigio si susseguirono in rapida successione, rievocando a ritroso gli ultimi incantesimi compiuti da Malfoy.
L'Auror continuò a fissare le strane figure di fumo grigio per qualche minuto, fino a quando sospirò evidentemente soddisfatto.
“Deletrius!”
Tutto svanì in uno sbuffo di vapore.
 
“Beh, direi che questa può considerarsi una prova sufficiente.
Negli ultimi due giorni questa bacchetta non ha compiuto nulla che si discosti dai comuni incantesimi quotidiani”
La fine della sua frase fu accolta da uno sbuffo di scherno da parte di Malfoy, il quale si riprese la bacchetta con un gesto sdegnato.
“Vorrei vedere il contrario!
Non ho affatto gradito i miei ultimi soggiorni ad Azkaban, anche se sono stati a spese del Mistero. E come ho già detto, non muoio dalla voglia di tornarci”.
 
“Molto bene” sentenziò la Preside, evidentemente impaziente di concludere quel discorso e passare a qualcosa di più pressante.
“Resta un’ultima cosa” disse guardando Gawain, “come suggerisce di sistemare la folla di genitori inferociti che è praticamente in agguato ai cancelli di Hogwarts?
E non ho intenzione di rispondere una ad una a tutte le lettere dei genitori, anche perché non credo che vivrei abbastanza per riuscire a finire”.
Di certo la metafora era suggestiva, e Potter si schiarì la gola con leggero imbarazzo.
“Nell’ultima guerra, la Gazzetta del Profeta è stata usata al servizio del potere, contribuendo a creare il clima di terrore generale. Da allora è stato deciso che per un’informazione più libera e indipendente la stampa si staccasse dal controllo del Ministero. Purtroppo ehm... In alcuni casi l’informazione è troppo libera, ma temo di non poter fare nulla”.
“Non importa” tagliò corto la McGranitt. “Ormai il danno è fatto, spero che qualcuno di voi abbia una soluzione per sistemarlo. È inaccettabile lavorare in un clima così opprimente”.
 
Ci fu un momento di silenzio imbarazzato, in cui era evidente che ognuno stava cercando senza successo di farsi venire qualche idea.
Lucius poteva quasi sentire macinare le rotelle nel cervello di Potter.
Fu Hermione, che fino a quel momento era rimasta a mordersi un labbro in silenzio, la prima a proporre un’idea.
“Dobbiamo fare in modo che i giornalisti scrivano le informazioni che vogliamo noi, quelle corrette, intendo”.
A Malfoy quasi sfuggì uno sbuffo di scherno, e dallo sguardo di Gawain era evidente che anche lui la pensava allo stesso modo.
Le altre due persone nella stanza invece conoscevano troppo bene Hermione per pensare che dalla sua bocca uscissero tali ovvietà e continuarono a prestarle la massima attenzione.
 
“L’unico modo è fornire noi stessi le informazioni e spiegare ufficialmente la realtà dei fatti.
Credo che sarebbe utile una conferenza stampa. Un incontro diretto con i giornalisti.
Ci offrirebbe dei vantaggi: ci assicurerebbe un certo ordine, preparazione e calma... Sarebbe organizzato e, come tale, con un buon margine di prevedibilità e controllo da parte nostra.
Altrimenti temo che il prossimo fine settimana ad Hogsmeade sarà un disastro, con i giornalisti pronti a assaltare chiunque in cerca di scoop e bombardare tutti di domande.”.
 
“Non mi sembra una cattiva idea” ruppe il silenzio la McGranitt dopo qualche momento di riflessione generale. “Cosa ne pensa, Gawain? Potter?”
“Direi che Hermione, come sempre, ha la soluzione più intelligente per tutto” disse Harry con un sorriso, procurandosi un’occhiata disgustata da Lucius.
“Sì, l’idea ha i suoi meriti. Se posso essere d’aiuto, potrei presenziare anche io in qualità di garante dell’ordine pubblico e confermare le svolte nelle indagini.”
“Mi sembra un’ottima idea” annuì la McGranitt con il suo primo, stiracchiato sorriso.
“Chi altro?”
“Beh,” riprese Hermione, “direi che anche la presenza di Harry, in quanto Ministro, è necessaria. La faccenda riguarda da vicino anche il Ministero.
Senza contare che Harry ha garantito di persona per Lucius in passato e ci saranno di sicuro domande anche su quello”.
“Ci sarò” affermò Harry con decisione.
“Molto bene. Ovviamente la mia presenza in quanto Preside è altrettanto necessaria” sentenziò sbrigativamente la McGranitt.
Hermione continuò a torturarsi il labbro. Nonostante l’idea fosse sua, non era certa di come esprimersi in merito.
“Io... Non saprei” disse lanciando uno sguardo vacuo al camino. “La mia presenza non è strettamente necessaria”.
Con un leggero sforzo, spostò lo sguardo verso Lucius.
“Ma se pensate che possa essere utile, ovviamente sono disposta a partecipare”.
 
Tutti nella stanza parvero soppesare la situazione.
“Penso che non sia necessario che ti esponi direttamente” disse alla fine la McGranitt. “Non subito, almeno. Tuttavia, visti i precedenti, penso che sarebbe utile se tu fossi pronta a intervenire in caso di bisogno. È altamente probabile che qualcuno faccia riferimento alla storia di Gould, oltre che agli ultimi avvenimenti, e in quel caso forse sarebbe utile se prendessi la parola anche tu.”
“Non c’è alcun problema” disse Hermione con decisione, “sono pronta a chiarire qualsiasi domanda riguardo a quello. E chiudere la faccenda una volta per tutte”.
La ragazza fu gratificata da uno dei rari sorrisi orgogliosi della Preside.
“Perfetto” sentenziò Harry. “Hermione potrà seguire la discussione dietro le quinte, in modo che non sia esposta se non necessario”.
Hermione alzò lo sguardo verso di lui, pronta a ribattere, ma la McGranitt troncò il suo discorso sul nascere. “In effetti non è necessario”.
 
L’orologio a cucù sopra la scrivania della Preside cominciò a battere i rintocchi della mezzanotte.
Gawain parve riscuotersi e diede una breve scrollata alla veste.
“Per Merlino, il tempo è volato! Se è tutto, penso che devo lasciarvi”.
“Penso di sì...” acconsentì Harry strofinandosi gli occhi.
“Un momento solo” li richiamò la McGranitt. “Credo che vista la gravità della situazione sia meglio fare questa conferenza il prima possibile. Salvo impegni improrogabili di qualcuno di voi, suggerirei già domani”.
Harry la fissò con sguardo stanco, chiaramente poco felice di dover fronteggiare la questione così presto.
“Beh, io credo che sia meglio per tutti” concordò Gawain, sebbene il tono fosse altrettanto scontento.
“Molto bene” acconsentì Harry, “comunicherò la notizia domani in mattinata, in modo che potremmo svolgere il tutto la sera stessa. Vi manderò un Patronus per informarvi sugli sviluppi”.
“Ottimo” concluse la Preside, lasciandosi leggermente ricadere nella poltrona. “In tal caso, a domani. Potete usare il camino”.
 
Il primo ad alzarsi fu Lucius.
“È bello avere tutta questa scelta” commentò sarcasticamente prima di salutare tutti con uno sbrigativo “a domani” e uscire dalla stanza a grandi passi.
“Non è che non se lo sia meritato” affermó Gawain infastidito. “Dopo tutto quello che ha fatto, dovrebbe solo ringraziare che ci sia qualcuno che si dà così tanto da fare per tenere il suo regale posteriore fuori dai guai”.
Harry emise uno sbuffo a metà tra il divertimento e la pietà.
Di certo Malfoy era la sua opera buona.
Alzò lo sguardo verso il ritratto di Silente, inchiodato sopra alla parete. L’anziano mago ricambiò l’occhiata con un luccichio di affetto dietro alle lenti degli occhiali.
Amore. La lezione che l’ex Preside aveva sempre cercato di trasmettergli e che Harry ora applicava concedendo una seconda possibilità anche a un ex Mangiamorte come Malfoy.
 
 
***
 
L’aula scelta per ospitare quella specie di conferenza stampa era piuttosto piena di giornalisti rumoreggianti, seduti su sedie di legno ordinatamente posizionate una accanto all’altra.
Dalla sua posizione, seminascosta in una stanza adiacente, Hermione occhieggiò scettica quella marea di maghi intenta a chiacchiere, sperando che tutto andasse per il meglio.
Nonostante l’idea fosse stata sua, e tutt’ora le sembrasse la soluzione migliore, il suo stomaco si contorceva spiacevolmente attanagliato dall’ansia.
Quella riunione poteva anche rivelarsi un potenziale disastro, invece che risolvere le cose.
In cima alla sala, di fronte ai giornalisti, era posizionato un tavolo rettangolare.
Dietro ad esso erano già seduti la McGranitt e Gawain, in attesa di dare inizio alla conferenza.
Hermione osservò l’espressione seria e paziente della Preside.
A uno sguardo inesperto non sarebbe sembrata preoccupata, ma lei ormai sapeva leggere ogni singolo dettaglio del viso della McGranitt, e dalle sue labbra strette capì che anche lei era inquieta.
Con una stretta allo stomaco, vide anche Lucius avanzare per prendere posto, altero e impassibile.
 
“Andrà tutto bene”.
La voce di Harry dietro di lei la fece sobbalzare.
Si voltò a guardare il volto dell’amico, il quale le posò una mano sulla spalla per rassicurarla.
“Andrà tutto bene” ripetè con forza e molta determinazione negli occhi.
Sorpresa, Hermione si chiese che fine avesse fatto il ragazzo insicuro di pochi anni prima, quello che non sarebbe sopravvissuto senza il suo aiuto.
“Lo so... Non è per me che sono preoccupata” mormorò.
Harry si scompigliò i capelli distrattamente, un gesto che Hermione conosceva bene e sapeva catalogare come imbarazzo. In quella maniera, assomigliava molto di più all’Harry studente di Hogwarts.
“Lucius ha di gran lunga più esperienza di noi in queste cose... In fondo lavorava in politica. Ti ricordi quante volte l’abbiamo visto complottare con qualcuno del Ministero?”
Un sorriso leggermente divertito si fece di nuovo strada sul volto di Hermione.
“Non ci avevo pensato. Sembra tutto così diverso, così lontano...”
Harry le diede una breve stretta con la mano e poi rilasciò la sua spalla con un sorriso.
“È ora.”
“Buona fortuna, Harry.”
Lui sospirò e raddrizzò la schiena.
“Speriamo che finisca presto” disse, e marciò deciso fuori dalla piccola stanza, raggiungendo velocemente il tavolo con passi svelti.
 
A Hermione sfuggì un sorriso nel vedere quanto avesse imparato da quando era stato eletto Ministro.
La folla si alzò in piedi disordinatamente, con un grattare di sedie.
“Benvenuti” salutò il ministro Potter in tono affabile.
“Grazie a ognuno di voi per essere qui oggi. Siete stati invitati a questa conferenza perché, in seguito ai fatti avvenuti la scorsa notte, la Gazzetta del Profeta ha riportato notizie che sono ben lontane dalla verità. Sono state fatte speculazioni e accuse infondate”.
Harry fece una pausa, per sottolineare le sue parole.
“Hogwarts e il Ministero sono entrambi indirettamente coinvolti, dunque oggi siamo qui per spiegare il reale svolgimento dei fatti.
Potrete porre ordinatamente le vostre domande e una di queste persone risponderà”.
Con un braccio teso, Harry cominciò ad indicare uno ad uno i membri seduti al tavolo.
“Lasciate che vi presenti Robbard Gawain, capo degli Auror. È colui che tra poco vi spiegherà come si sono svolte le indagini. Potrete fare a lui qualsiasi domanda sulla dinamica dell’incidente.”
“Minerva McGranitt, che sicuramente molti di voi conosceranno, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. È qui perché le false accuse del Profeta si riflettono anche sulla scuola. In particolare, i genitori dei ragazzi sono piuttosto infuriati... confidiamo nel vostro aiuto per risolvere questa questione.”
Harry fece un’altra pausa, probabilmente cercando il modo migliore per presentare l’ultima persona seduta al tavolo.
“Lucius Malfoy, insegnante di Hogwarts e parte lesa in questa circostanza. Anche lui cercherà di soddisfare le vostre domande, ma non è tenuto a rispondere nel caso ritenesse che siano troppo personali”.
Dai maghi si levò un basso brusio, e sul volto di Malfoy si dipinse una smorfia distorta di scherno. A quanto pareva, non aveva alcun dubbio che le domande sarebbero state personali.
 
“Per cominciare darei la parola a Gawain, che riporterà brevemente i fatti.
Lasciatemi dire soltanto che le speculazioni giornalistiche possono provocare grossi danni.
Per questo vi prego di attenervi alla verità e di fornire una versione migliore di quella del Profeta. La gente non ha bisogno di bugie sensazionali solo perché siamo in un periodo tranquillo di pace”.
Molti tra i giornalisti annuirono, ma Hermione notò che altri avevano un’aria piuttosto scettica.
Non appena Harry si fu accomodato, Gawain prese la parola spiegando ordinatamente ogni cosa, dall’avvistamento del falso Lucius Malfoy, alla Pozione Polisucco.
Per qualche tempo la sua voce e il grattare delle piume magiche sulla pergamena furono gli unici rumori della stanza, interrotti solo sporadicamente da qualcuno che chiedeva dettagli più precisi.
Come aveva già visto con Rita Skeeter, le piume scrivevano furiosamente in autonomia, e Hermione si augurò che non fossero incantate per inventare menzogne come quella verde dell’ex giornalista.
 
“Mi scusi, che prove avete dell’innocenza di Malfoy, oltre a quella della Pozione Polisucco?” chiese un mago alto e stempiato dall’aria piuttosto scettica.
Sebbene la domanda non fosse rivolta a nessuno in particolare, fu Gawain a rispondere.
“Ho controllato io stesso la bacchetta di Lucius Malfoy e non c’era traccia di recente Magia Oscura.
Abbiamo interrogato anche Hermione Granger e Draco Malfoy; entrambi hanno confermato la versione dei fatti esposta da Lucius. Non abbiamo alcun motivo di dubitare della sua innocenza”.
“Solo se non si tiene conto dei precedenti” ribattè subito il giornalista. “Ma se consideriamo il passato di Malfoy e le insistenti voci che parlano di complotto... È abbastanza facile chiedersi fino a che punto quelle prove siano valide. Malfoy potrebbe aver usato un’altra bacchetta e aver lasciato appositamente tracce di Polisucco...”
 
“Non intendo tollerare commenti di questo genere!” lo bloccò subito Harry. “Siete tutti giornalisti, dovreste basarvi sui fatti, non sulle voci di corridoio che sono state messe in circolo da voi stessi!
Malfoy ha già avuto il suo processo, ha scontato la sua pena e ha dato prova del suo Pentimento.
Non c’è alcun motivo di sospettare alcuna cospirazione. Tanto meno che il Ministero sia coinvolto, come il Profeta continua a suggerire”.
 
Hermione ricominciò a torturarsi inconsapevolmente il labbro inferiore.
La fermezza di Harry era piuttosto convincente, ma un passato da Mangiamorte era duro da redimere.
Lei stessa non avrebbe scommesso mezzo zellino sul Pentimento di Malfoy fino a qualche mese prima; per di più la sua arroganza e le continue vicende in cui si ritrovava invischiato non facevano nulla per aumentare la sua credibilità.
Solo dopo averlo conosciuto in maniera più approfondita si era finalmente convinta che Lucius fosse davvero cambiato.
Hermione dovette ammettere che era facile capire le reticenze degli osservatori esterni.
 
Una strega con occhiali quadrati e una capigliatura perfetta alzò la mano per chiedere la parola.
“Sono Edith Anderson, per la rivista ‘Il Pentacolo’. Mi scusi, Ministro, ma i dettagli del Suo colloquio con Lucius Malfoy riguardo al Pentimento sono sempre rimasti privati” disse educatamente. “Forse se il signor Malfoy potesse spiegare le motivazioni che stanno dietro alla sua scelta, convincerebbe una volta per tutte quelli che ancora nutrono dubbi sulla sua onestà”.
Harry aggrottò la fronte, meditabondo.
“Sta a Lucius decidere se rispondere o meno a questa domanda. Anche se posso già dire che non credo che...”
Lanciò una veloce occhiata a Malfoy, il quale lo fulminò con uno sguardo gelido.
“No, credo proprio che non sia disposto. D’altra parte posso garantire che le sue motivazioni sono altamente personali e profonde, comprendo che non voglia diffonderle”.
“Non importa” rispose la strega, con l’aria di chi accetta rispettosamente la privacy altrui, nonostante il suo lieve disappunto. “In ogni caso, posto che il signor Malfoy sia in buonafede, come garantito dal Ministro, mi chiedo come mai è continuamente coinvolto in queste circostanze spiacevoli. Si direbbe che il complotto sia ai suoi danni”.
La giornalista volse lo sguardo direttamente verso Lucius, squadrandolo interessata.
“Qual’è la sua posizione al riguardo, Signor Malfoy? Ritiene di essere stato preso di mira?”
 
Per un attimo Lucius la fissò freddamente e Hermione credette che non avrebbe risposto.
“Sì” rispose impassibile. “È abbastanza chiaro che questo è stato un tentativo di incastrarmi, e quasi riuscito direi. È abbastanza chiaro anche il perché. Ho tradito il Signore Oscuro prima della fine della guerra e poi ho fatto dei nomi –questo non mi ha reso molto popolare tra i Mangiamorte rimasti” disse con una smorfia piena di sarcasmo.
“Quello che non è chiaro... È chi”.
La strega annuì in silenzio, abbassando gli occhi per controllare che la sua piuma avesse riportato tutto correttamente.
 
“Lambert Riley, da ‘AltroMago’.
Vista la testimonianza del signor Malfoy, mi sembra necessario chiedere il punto della situazione per quanto riguarda l’operato del Ministero nella cattura dei Mangiamorte. In fondo sono passati anni, e ancora molti sono a piede libero...”
“Ottima domanda, signor Riley” rispose Gawain, squadrando con fare professionale il mago che aveva appena parlato. “Purtroppo devo ammettere che siamo a un punto morto.
La cattura della maggior parte dei Mangiamorte è avvenuta presto, anche grazie alle indicazioni del signor Malfoy.
Ma per quanto riguarda quelli rimasti, si guardano bene dal farsi scovare.
Fortunatamente gli ultimi avvenimenti rappresentano per noi un inaspettato risvolto positivo. Qualcuno tra i Mangiamorte è così desideroso di vendetta contro Malfoy da rischiare di esporsi.
Con tutto il rammarico verso Malfoy, per noi questa è una svolta utile, perché finalmente qualcuno è uscito dall’ombra. E forse al prossimo tentativo commetterà un passo falso”.
Riley si lasciò sfuggire un sorrisetto stiracchiato. “Quindi sembra che ancora una volta il signor Malfoy sia la chiave per risolvere i problemi degli Auror... Buffo, no?”
“Quasi paradossale” risuonò inaspettatamente la voce melliflua di Lucius.
 
“Da Mangiamorte a aiutante degli Auror. Figura chiave per il Ministero.
Questo dà molto potere a Malfoy, non c’è da stupirsi della diffusione di tutte le teorie complottiste da parte del Profeta... Forse un fondo di verità c’è, in fin dei conti” suggerì malignamente un mago piccoletto, con i capelli grigio topo e due guance rosse piuttosto evidenti. “Donald Todd, ‘Scacco matto’ ” aggiunse.
A Hermione, il suo aspetto viscido e i suoi modi leziosi ricordarono subito Codaliscia.
“Mi pareva di essere stato chiaro al riguardo!” sbottò Harry. “Come Ministro della Magia, non posso accettare questo tipo di speculazioni!”
Il volto rossastro di Todd assunse una sfumatura ancora più intensa, sfidando Harry con uno sguardo sprezzante.
 
“Una domanda per il Settimanale delle Streghe” intervenne una donna dalla seconda fila che saltava subito all’occhio per la sua appariscente veste color rosa shocking all'ultima moda.
“Hermione Granger –tutti la conosciamo- è stata citata più volte...”
Gli occhi di Harry saettarono fulmineamente verso di lei e Hermione percepì il suo cuore aumentare i battiti alla menzione del suo nome.
Aveva sperato che non parlassero affatto di lei, ma a quanto pare le sue speranze erano mal riposte.
Era già abbastanza spiacevole seguire tutto il dibattito nascosta nell’altra stanza, dover ascoltare mentre parlavano di lei era avvilente.
“...e quindi qui in redazione ci siamo più volte chiesti che tipo di... relazione... ci sia tra Lei e la sua collega, signor Malfoy”.
 
“Questo è altamente inappropriato!” intervenne per la prima volta la McGranitt, con le labbra livide. “Se il Ministro Potter non accetta speculazioni su complotti nel Ministero, io non le accetto per quello che riguarda il mio corpo docente!
È stato già abbastanza degradante dover far fronte alle migliaia di lettere con accuse e minacce verso il mio insegnante... Non ho nessuna intenzione di riceverne altrettante perchè al Settimanale della Strega piace la cronaca rosa”.
Per la prima volta, dalla morte di Silente, la McGranitt parve riacquistare a pieno tutta la combattività che l’aveva sempre caratterizzata.
Poche volte Hermione l’aveva vista così infervorata e nonostante tutto la cosa le strappò un leggero sorriso.
“Eppure anche all’udienza per il processo di Gould è parso che tra i due colleghi ci fosse una certa intesa. E dal racconto del Capo Auror si deduce che i due erano nella stessa stanza, a tarda notte.
È molto romantico, il Mangiamorte che si redime per l’eroina di guerra, la salva da un aggressione e si innamorano...”
 
Hermione sospirò, sopraffatta da un moto di disgusto.
Si era liberata dei gossip di Rita Skeeter solo per piombare a piedi pari nei gossip del Settimanale delle Streghe.
“Una storia davvero strappalacrime” commentò Malfoy beffardo. “L’unica pecca è che non rischierei affatto la mia vita per salvare nessuno. E difficilmente Hermione Granger può giocare il ruolo di eroina indifesa. Si è trattato solo di una serie di... circostanze”.
Hermione incassò il colpo, ringraziando per non essere in piena vista. Non sarebbe riuscita a nascondere il fatto che quelle parole l’avevano ferita.
Non era ben chiaro perchè Lucius fosse lì al momento dell’attacco di Gould, ma adesso era chiaro che non era affatto venuto per lei.
In effetti, razionalmente, il pensiero era assurdo.
Eppure Hermione non potè fare a meno di sentirsi leggermente delusa. E confusa.
Quello che era stato interrotto dall’arrivo di quella lettera, non era mai più stato ripreso.
 
“Dunque Lei è libero, signor Malfoy? Con tutto il rispetto per la sua defunta moglie, noi del Settimanale delle Streghe siamo convinti che alle nostre lettrici piacerebbe...”
Hermione non aveva mai visto la McGranitt così livida.
Pareva che fosse sul punto di sputare fuoco e incenerire tutti da un momento all’altro.
Fortunatamente la giornalista fu interrotta da Riley, che si rilanciò all’attacco con veemenza.
“Tralasciando i pettegolezzi del Settimanale, in effetti anche la relazione con la professoressa Granger è sospetta. Chi ci assicura che Malfoy non si stia approfittando di lei per apparire in buona luce e sviare i...”
“Lo assicuro io” esclamò Hermione trattenendo a stento la rabbia e uscendo allo scoperto.
 
Gli occhi di Harry e Lucius scattarono subito verso di lei, seguiti poco dopo da quelli di tutti gli altri, i quali, non essendo a conoscenza della sua presenza, ci impiegarono più tempo a capire la fonte della voce.
Hermione aveva sperato fino all’ultimo di poterne restare fuori, ma vista la piega presa della conversazione, era diventato praticamente impossibile. Questo ingresso ad effetto era anche peggio di come aveva immaginato.
Cercando di mostrarsi sicura di sè, Hermione raggiunse con calma il tavolo e prese posto sulla sedia vuota accanto a Lucius.
 
“Nel pieno delle mie facoltà posso confermare che Lucius Malfoy non ha mai cercato di approfittarsi di me in alcun modo, né di circuirmi, ingannarmi o farmi del male.”
Il che non era del tutto vero, ma di certo i giornalisti non avevano bisogno di saperlo.
“Anche io, come il Ministro, non ho alcun dubbio sulla sincerità del suo Pentimento. Chiunque abbia occasione di parlare con lui, può rendersi conto di questo.
Inoltre, è assurdo il solo pensiero che tra me e il professor Malfoy ci sia qualcosa se non un cordiale rapporto di lavoro” aggiunse risoluta.
 
Lucius si voltò verso di lei, fissandola, ma la sua espressione restò illeggibile.
 
“E con questo, direi che il discorso è chiuso” sbottò la McGranitt approfittando del colpo di scena.
Dal momento che nessuno parlò più, Hermione dedusse che erano rimasti tutti piuttosto scioccati dal suo ingresso inaspettato.
Se è servito per porre fine a questa tortura, non è così male, riflettè.
 
“Comunque, signor Malfoy, se volesse partecipare alle selezioni per il premio del Sorriso più Seducente indetto dal Settimanale delle Streghe, noi saremmo ben felici di...”
“BASTA COSÌ!” tuonò la McGranitt. “Se non ci sono altre domande dignitose riguardanti la strage e le accuse verso il professor Malfoy, direi che questa conferenza si conclude qui”.
 
Dal momento che nessuno osò fiatare, Harry prese la palla al balzo.
“Ehm... Bene, direi che è tutto. Confido che dopo aver ascoltato la verità dai diretti interessati riuscirete a diffondere notizie più aderenti a fatti rispetto a quelle del Profeta.
Vi ringrazio per la disponibilità e l’attenzione.”
Nella sala si levò un brusio generale, a cui presto si unì il rumore delle sedie mentre molti si alzavano.
Qualcuno si avvicinò al tavolo delle autorità per qualche ulteriore chiacchiera di persona con Harry o Gawain.
 
“Poteva andare meglio” constatò stancamente Hermione, tornando nella stanzetta adiacente alla sala, subito seguita da Lucius e dalla McGranitt.
“Giornalisti!” esclamò la Preside ancora furiosa. “Onestamente, non so come abbia fatto Silente per tutti quegli anni”.
Lucius si limitò a commentare con uno sbuffo.
Non aveva parlato molto, si era limitato ad osservare tutti con un'aria di annoiata superiorità che conservava anche in quel momento.
“Tutto a posto?” gli chiese Hermione, cercando di scrutare in quei freddi occhi grigi.
“Magnificamente” rispose con scherno.
 
Con calma, i giornalisti cominciarono a fuoriuscire dalla stanza, chiacchierando animatamente tra loro.
Solo quando anche l’ultimo sparì nella Metropolvere, Harry salutò stancamente con la promessa di farsi sentire a breve e si diresse a sua volta verso le fiamme verdi.
“Ministro!” lo fermò Malfoy, prima che il ragazzo mettesse piede nel camino. “Una parola...”
Stupito, Harry si appartò con lui in un angolo. Le loro parole da lì non raggiunsero Hermione.
 
“Perché lo hai fatto?” chiese Lucius squadrandolo con occhi penetranti.
Harry scrollò le spalle.
“Fatto cosa, esattamente?”
“Hai garantito personalmente per me almeno tre volte. Al mio processo per il Pentimento, all’udienza con Gould e oggi”. Il tono di Lucius era duro, sospettoso.
“Perchè lo fai? Sai perfettamente chi sono e cosa ho fatto, mi odi. Mi odi da quando al tuo secondo anno ho dato quel diario a... tua moglie.
E non posso dire che non sia un odio reciproco.
Voglio sapere perché”.
Harry sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
Si chiese vagamente quale fosse il modo migliore per trattare con un Serpeverde.
Difficilmente la strada dell’onestà era quella giusta, forse avrebbe funzionato meglio un discorso sugli affari.
Con un mezzo sorriso compiaciuto per la sua diplomazia, Harry optò per una soluzione a metà tra le due.
 
“Perché ne ho bisogno. Politicamente, tu sei la prova della mia generosità. E finché dimostri che la mia fiducia è ben riposta, mi fai una buona pubblicità. Forse sarò ricordato come il Ministro Magnanimo”.
Malfoy sbuffò, ma evidentemente conosceva troppo bene i meccanismi politici per offendersi.
“E poi ne ho bisogno per me stesso. Non potrò mai dimenticare chi hai servito e per chi hai ucciso, Lucius” disse duramente, Harry. “Ma ti ho visto durante la guerra e dopo. Il tuo pentimento mi dà speranza, perché ho bisogno di prove che questa guerra ha portato anche del bene e che il male non è assoluto.
Mi dai l'opportunità di credere alle seconde possibilità e questo vale la pena di essere difeso”.
“Sei più sentimentale di un Tassorosso, Potter. Contieniti”.
Harry scrollò di nuovo le spalle, troppo stanco per offendersi davvero.
“Per quello che mi riguarda Lucius, sei davvero cambiato. Ma dammi solo una prova del contrario e non esiterò a riportarti ad Azkaban.
Spero che questo soddisfi meglio le tue aspettative sui Grifondoro. Buonanotte.”
E senza aspettare risposta, voltò le spalle e sparì nel camino.
 
***
 
A tarda sera Lucius si ritrovò solo nella sua stanza, terribilmente tentato dal consumare la sua intera scorta di whisky.
Tutto si era concluso per il meglio quel giorno, eppure lui si sentiva continuamente irrequieto e insoddisfatto, come se qualcosa ancora non andasse come lui desiderava.
Si sentiva svuotato e pericolosamente privo ambizioni.
Sarebbe rimasto qui, con Potter a difenderlo, con i Mangiamorte a cercare di incastrarlo, con suo figlio che si rifiutava di parlargli, a morire senza uno scopo. Aveva bisogno di sentire un nuovo brivido.
 
Si avvicinò alla grande finestra e gettò uno sguardo a quella notte di primavera.
Non si era nemmeno reso conto del passare dell’inverno, tra un problema e l’altro.
Il cielo era pulito, completamente sgombro di nubi, blu e calmo. Una serata perfetta.
Una notte così bella che non poteva di certo essere sprecata ubriacandosi per la seconda volta in due giorni.
In fondo, poteva renderle giustizia in un’altra maniera.
Sì, quella era la serata perfetta per coronare il suo obiettivo, per concludere il lavoro di mesi e avere la sua vendetta sulla Granger.
L’aria si riempì di vibrazioni e aspettativa. Lucius sorrise, pregustandosi quello che sarebbe venuto.
Cominciò a percepire di nuovo quel brivido di vita; vendicarsi della Granger lo avrebbe aiutato a sentirsi di nuovo se stesso. Come una volta.
Con un ghigno compiaciuto, Lucius entrò nel camino, diretto nelle stanze della collega.
 
“Per Merlino, Lucius, mi hai spaventata a morte!” gridò Hermione, sobbalzando quando l’uomo fece la sua comparsa nel salotto.
“Mi dispiace” rispose lui, non riuscendo ad apparire affatto dispiaciuto.
Hermione gli gettò un’occhiata perplessa dal divano.
“Ti senti bene? Sembri strano...”
“Perfettamente bene” rispose Lucius con voce melliflua, cercando di mascherare le proprie emozioni. “Infatti mi chiedevo se avessi voglia di accompagnarmi a fare una passeggiata.
A quanto pare siamo in primavera inoltrata e non me ne ero nemmeno reso conto.
È una notte magnifica e mi piacerebbe sentire l’aria primaverile... Non è più così freddo”.
“Oh” disse Hermione stupita. “Mi hai colta di sorpresa, non ti aspettavo. Ma mi fa piacere che tu sia venuto... Anche se è un po’ tardi per uscire dal castello”.
“Non usciremo dal castello” ribattè Lucius intrigante, alzando gli angoli della bocca in un sorriso appena accennato.
Le offrì il braccio con un gesto galante, e Hermione non poté fare altro che accettarlo e incamminarsi con lui.
 
La condusse con sicurezza attraverso un gran numero di scale e corridoi e dopo quella che parve un’infinità finalmente si fermò.
Hermione alzò le sopracciglia perplessa, si trovavano dall’altra parte del castello.
“La torre di Astronomia?”
Lucius si lasciò sfuggire un sorrisetto che non prometteva niente di buono.
“Ti ho detto che non saremmo usciti dal castello”.
In silenzio, si incamminarono sulla rampa di scale che li portò ancora più in alto, fino a quando uscirono su un’ampia terrazza all’aperto.
Hermione istintivamente alzò il volto verso il cielo, chiuse gli occhi e trasse un respiro profondo, cercando di impregnare il naso del profumo di quella notte primaverile.
“Avevi ragione” sussurrò, “è davvero magnifico”.
Sotto di loro, i prati di Hogwarts erano una distesa di ombre e forme strane, illuminate pallidamente.
Il Lago Nero era uno specchio liscio, in cui si rispecchiavano la luna e una miriade di stelle.
Hermione rabbrividì e sulle sue braccia si formò una leggera pelle d’oca, più per l’intensità dell’emozione che per il freddo.
Evidentemente la cosa non sfuggì a Lucius, che si avvicinò silenziosamente dietro di lei e le posò sulle spalle il suo mantello.
“Oh, non serviva...” disse Hermione voltandosi con un sorriso. “Non fa così freddo. È... la vista... Hogwarts”.
 
“Non riuscivo a dormire...” sussurrò lentamente Lucius a bassa voce. “Ho pensato che questo potesse rilassarmi”.
“Grazie per avermi coinvolta” rispose Hermione, voltandosi di nuovo verso i prati e avvicinandosi al parapetto.
Malfoy la seguì, proiettando una lunga ombra sul pavimento di pietra.
“Non è solo tutto quello che sta succedendo. C’è un’altra cosa... Una cosa che voglio fare da moltissimo tempo e mi tormenta perchè non ho ancora trovato il momento migliore per portarla a termine”.
“Di cosa parli?” chiese Hermione, con un improvvisa accelerazione bei battiti.
Non ebbe la forza di voltarsi a guardarlo, per paura che lui le leggesse in viso tutte le emozioni.
Malfoy si avvicinò ancora fino ad appoggiarsi contro la sua schiena e si abbassò per sussurrarle all’orecchio.
“Avrei voluto farlo l’altro giorno, ma... sono stato interrotto. Da quella maledetta lettera. Ho quasi avuto paura che rovinasse tutto, ma invece suppongo che il momento si sia ripresentato... Adesso”.
 
Hermione chiuse gli occhi, incapace di reagire a quel tono suadente.
Dietro di lei percepiva il calore del corpo di Lucius, i suoi muscoli rigidi, il suo fiato sul lobo dell’orecchio.
Non si mosse, paralizzata dalla paura di aver frainteso.
Incurante della sua mancanza di reazione, Lucius la circondò con le braccia e lei si lasciò sprofondare contro di lui.
“Hermione” sussurrò con voce roca e appassionata.
Poi, il mondo cominciò a svanire quando Lucius si abbassò per baciarle delicatamente il collo.
La terra cominciò a mancarle sotto i piedi e fu travolta dalla sensazione di galleggiare nel nulla, con Lucius come unico punto fermo di quel vuoto.
La scia di baci lasciò il posto a piccoli morsi e Hermione non riuscì più a trattenersi; le sfuggì un gemito di piacere.
Le labbra di Lucius si incurvarono in un sorriso sulla sua pelle sensibile.
“Hermione... Voltati” ordinò. La sua voce vibrò dall’orecchio fino alla punta dei piedi, trafiggendola con dei brividi.
Lentamente, Hermione rialzò le palpebre chiuse e si rigirò tra le sue braccia.
L’espressione di Lucius la destabilizzò anche di più, aveva gli occhi luccicanti di desiderio, lussuria e potere.
 
Lentamente, controllato e sicuro di sè come un felino, l’uomo si abbassò sulla preda.
Con gli occhi spalancati, Hermione vide il volto aristocratico di Lucius avvicinarsi, le sue labbra sottili le riempirono il campo visivo, fino a quando non si avventarono contro le sue.
Solo in quel momento riuscì a reagire, finalmente convinta di non aver frainteso le intenzioni di Lucius.
Gli gettò le braccia al collo, ricambiando il bacio con tutta la passione che aveva trattenuto fino a quel momento e che rischiava di sopraffarla.
Non era come niente che avesse mai provato.
Diverso da Ron, diverso dagli altri ragazzi con cui era uscita.
Lucius baciava come un uomo. Possessivo, sicuro di sè, esigente, come nel ballo.
 
Poi, senza preavviso, Lucius staccò le labbra e le sue braccia la abbandonarono, facendola ripiombare nella realtà e lasciandola traballante, con una sensazione di freddo senza il suo corpo addosso.
“Mmh...” sospiró Hermione ancora stordita, cercando di riprendere fiato.
“Sì?” chiese Lucius con una strana luce negli occhi.
“È... Potresti continuare?” si ritrovò a pregare, non desiderando altro che sprofondare di nuovo nel suo corpo caldo e in quel mondo sospeso nel tempo.
 
“No” rispose lui.
La sua espressione appassionata si trasformò velocemente in un ghigno soddisfatto.
 
Hermione sbattè le palpebre confusa, cercando di fare ordine nei pensieri e riacquistare un po’ di lucidità.
“No?” chiese incerta.
“Granger...”
La ragazza corrugò la fronte ancora più confusa per l’uso del suo cognome.
 
“Non umiliarti così. Non avrai davvero creduto che io potessi essere interessato a te?”
Forse Hermione era tenuta a rispondere, ma la completa mancanza di senso di tutta la situazione le impedì di riuscire a pensare qualunque cosa.
Lucius sbottò in una crudele risata divertita, nel vederla arrancare così.
“È stato tutto un gioco” sussurrò mellifluo. “Ed è stato fin troppo facile, grazie alla tua ingenuità e al tuo istinto di crocerossina. Te lo avevo spiegato... L’inclinazione a vedere sempre il buono negli altri è dannosa.”
“Non dici sul serio” mormorò Hermione, ritrovando finalmente l’uso della parola.
“Sono tremendamente serio, Granger. L’hai detto tu stessa. Io sono un... verme? Sì, credo che la parola fosse quella.
Credevi davvero che avrei dimenticato? Sei piombata qui e la prima cosa che hai fatto è stata cercare di farmi licenziare.
Avrei anche potuto sopportare la tua supponenza e ricambiare il tuo disprezzo.
Ma poi no, una chiacchierata con Potter ed ecco che anche io sono un essere pietoso e bisognoso di perdono e redenzione” sputò con rabbia.
“E allora sai cosa? Ho deciso di giocare al tuo gioco e assecondarti. Devo dire che è stato divertente prendermi gioco di te così, molto più divertente che limitarmi a disprezzarti. Cosa ti aspettavi, Granger? Sono un Serpeverde”.
 
“Ma io ho cambiato idea su di te” sussurrò Hermione penosamente, con la voce incrinata. “Perchè fai questo?”
“Perché io invece non l'ho mai cambiata su di te!”
Lucius emise una risata fredda e gutturale, che fece apparire nuovamente in lui l'Ombra del Mangiamorte che era stato.
Hermione ricordò l'espressione sinistra e stucchevole che aveva avuto nel dipartimento misteri.
“Quindi tu... Tutto questo tempo... Le passeggiate, la cena, la sera nelle tue stanze, -era il tuo piano... Fin dall'inizio. Tu hai pensato a tutto questo per ferirmi.
Tu non sei cambiato affatto”
“Complimenti per l’intuizione Granger. E poi dicevano che eri la strega più brillante della tua età!” la derise Malfoy.
 
Per un momento calò il silenzio.
Poi un’espressione dura prese posto negli occhi di Hermione, spazzando via la confusione e la delusione.
“Spero ti sia divertito, Lucius. Ce l'hai fatta. Mi hai ferita. Anche se non so cosa ci hai guadagnato” disse rabbiosamente. “Solo una cosa, prima di lasciarti esultare per la tua vittoria.
Ti ho difeso in aula con Gould, e anche oggi.
Ma a questo punto non sono più certa che tu non abbia niente a che fare con tutto questo.
Per quello che mi riguarda, sei di nuovo un ex Mangiamorte, dubito che tu sia realmente pentito ed è altamente probabile che tu sia d’accordo con i tuoi vecchi amici.”
Il resto delle sue parole si trasformarono in un sibilo irato, irriconoscibile anche da se stessa.
“Spera di non avere niente a che fare con quello che mi è successo, perchè questa volta pagherai con l'eternità ad Azkaban. Vedrò di assicuramene come mi sono assicurata che tu ne stessi fuori”.
 
L’odio sul volto di Malfoy parve vacillare per la prima volta.
“Non ti consiglio di provarci, Granger.
Perchè aggredirti fisicamente quanto potevo distruggerti piano piano da dentro e divertirmi a giocare con te come il gatto con il topo?
Non c’entro con il tuo attacco... fisico. Ho di meglio da fare che camminare sul bordo del filo che mi separa da Azkaban e non ti darei mai una scusa valida per sbattermi dentro.
Invece così cosa puoi dire? Malfoy mi ha spezzato il cuore, gettatelo dentro? Chi ti crederebbe? Hai garantito per me oggi, difficilmente potrai rimangiarti la parola senza sembrare una squilibrata.
Se fossi in te non mi lamenterei nemmeno con Potter.”
 
“Non ti credo. Non mi fido affatto di te, sappilo. Le nostre interazioni si concludono qui. Ma non ti darò la soddisfazione di vedermi più umiliata di così, non lo saprà nessuno”.
Senza voltarsi indietro, Hermione gli voltò le spalle e si diresse verso l’interno del castello.
Poi, con un ripensamento improvviso, fermò i suoi passi di colpo e si voltò di nuovo verso Malfoy.
“Ah... Non posso mandare via te, ma non credere che me ne andrò io. Mi vedrai ogni giorno, Malfoy.
Chissà che umiliazione... in fondo, giochetti o non giochetti, ti sei abbassato a corteggiare e baciare una Mezzosangue”.
Si allontanò a grandi passi lasciandolo solo sulla grande terrazza.


______________________________________
N. d. A.
 

Eccomi tornata, dopo una lunga (quanto non prevista) assenza. Ma ormai sarete abituati. :/
Di questo mi dispiace. In ogni caso, vi assicuro che la storia sarà conclusa (in realtà mancano davvero pochi capitoli).

Alcune notizie:
-Ho aggiornato il mio profilo qui su Efp (l'avevo già scritto?).
-E' morto il mio mito. Il mio attore preferito, forse anche il vostro. Alan Rickman (il professor Piton, per intenderci, ma anche molto di più). La cosa mi ha veramente devastata, perchè davvero non troverò mai più un degno sostituto. In realtà sto ancora cercando di venire a patti con la cosa, non riesco a convincermi che sia così disperatamente vero. Io volevo conoscerlo! *Batte il pugno per protesta*.
-Siete liberi di saltare la nota sulla mia vita, ma la scrivo lo stesso, così per conoscerci meglio. E' un periodo tremendo.
Mi manca un esame alla laurea e non riesco a passarlo. Una volta che avrò la laurea, non so che ne sarà di me. 
Non riesco ad immaginare un lavoro che mi si adatti, e il mio futuro è un grosso buco nero con un punto di domanda in mezzo.
Credo di avere delle potenzialità e non so come esprimerle (ditemi che è così anche per voi!).
Oltre a questo, ho un fratello che ha preso una bruttissima strada, e in famiglia siamo tutti sotto-sopra.
FINE :)

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 13
*** Rapimento ***


XIII. RAPIMENTO
 
 

Hermione, insegnante ad Hogwarts, viene aggredita in circostanze misteriose da uno studente, Damian Gould.
Si salva grazie all'intervento provvidenziale di Lucius Malfoy, suo collega e insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.
Si tiene un processo in cui Gould risulta colpevole, ma ci sono dei dubbi anche riguardo al coinvolgimento di Lucius.
Durante l'inverno, Hermione e Lucius si avvicinano sempre di più, anche perché l'uomo le insegna ad usare il Fuoco Gubraithiano.
Una notte avviene una nuova aggressione, questa volta ai danni di un gruppo di Babbani.
Lucius viene accusato, ma questa volta Hermione, Harry e la McGranitt si schierano apertamente dalla sua parte. Ogni accusa cade, anche davanti a una folla di giornalisti.
Sarebbe motivo di festeggiare e infatti quella sera Lucius invita Hermione a fargli compagnia in cima alla Torre di Astronomia e la bacia.
Hermione si lascia trasportare, tuttavia una attimo dopo viene colpita a tradimento proprio da Lucius, che le rivela di essersi sempre preso gioco di lei.
Quello era il suo piano di vendetta sin da quando Hermione si era indignata che uno come lui insegnasse a Hogwarts e aveva proposto il suo licenziamento.


 
Quando arrivò nelle sue stanze quella notte, Lucius Malfoy se ne andò a dormire cullato da un travolgente senso di soddisfazione.
Finalmente aveva avuto la sua vendetta sulla Granger.
Mentre era steso sul letto, un lampo di euforia gli scurì gli occhi grigi e le immagini di poco prima, nella torre di astronomia, gli ripassarono davanti come fotogrammi di un film.
Aveva conquistato la Granger. In quella guerra tattica, aveva raggirato ogni resistenza della ragazza in modo così sottile e impercettibile che non si era nemmeno resa conto di essere sotto tiro.
E poi –al pensiero, Lucius sorrise al soffitto sopra di sé- aveva sferrato un memorabile colpo definitivo, che l’aveva abbattuta, annientata.
Quanto godimento nello svelarle che fino a quel momento aveva giocato come un serpente con la sua preda.
In quell’istante, Lucius fu accecato dall’autocompiacimento di chi ha perseverato a lungo, compiendo sacrifici e infine riuscendo ad ottenere un risultato.
Perché stare vicino alla Granger era stato un enorme sacrificio, no?
Questa fu l’ultima cosa che si chiese prima di addormentarsi e sognare di nuovo la Torre di Astronomia.
 
Quando Lucius riaprì gli occhi, il senso di euforia era completamente sparito, rimpiazzato da una strana insoddisfazione.
Alla luce del giorno ogni cosa assumeva contorni più chiari e definiti.
I primi raggi di sole illuminarono la cruda realtà di quel mattino: la consapevolezza di non aver affatto vinto.
Certo, aveva raggiunto il suo obiettivo -questo era in realtà l’unico motivo dell’euforia della notte prima- ma non poteva dirsi un successo.
La sua era stata una vittoria solo all'apparenza, non nella sostanza.
 
Sin da quando aveva ideato il suo lungo piano di vendetta contro la Granger, Lucius aveva deciso che il bacio sarebbe stato il colpo finale.
Per farlo, Lucius aveva sempre pensato di dover forzare la sua volontà e vincere la ripugnanza. Teoricamente avrebbe dovuto sentirsi schifato.
Ora gli costò uno sforzo enorme prendere atto che invece era stato piacevole.
Talmente piacevole che avrebbe dovuto smettere in fretta, eppure il suo corpo era stato di tutt’altro avviso, si era rifiutato di porre fine a quel gioco.
C’era voluta un’immensa forza di volontà per staccarsi e pronunciare le fatidiche parole.
Lucius sbatté rabbiosamente un pugno sul comodino duro, realizzando infine di essere rimasto intrappolato nella sua stessa trappola.
A giocare col fuoco, era rimasto scottato.
Si vestì con furia, consapevole, in un angolo della mente, di essere irato più con se stesso che con la ragazza.
E pensare che, secondo i suoi calcoli, quello avrebbe dovuto essere uno dei risvegli più soddisfacenti degli ultimi anni.
 
 
***
 
 
Dieci punti in meno a Corvonero. Smettetela immediatamente di cincischiare e liberate questo corridoio, che intralciate chi è diretto in Sala Grande sbottò Lucius.
Il capannello di studenti si aprì immediatamente in due, schiacciandosi ai lati del corridoio e lasciando passare in mezzo a loro il professore.
Non appena l’ultima ciocca di capelli chiari sparì dietro l’angolo, il gruppetto di Corvonero si ricompattò bisbigliando febbrilmente.
E di pessimo umore!constatò impaurito uno dei ragazzini. L'ultima volta che l'ho visto così, uno del terzo anno ha passato la giornata a piangere nei bagni del terzo piano.
Oggi abbiamo difesa le prime due ore mormorò un altro, impallidendo. Spero di avere ancora qualche scorta di Pasticche Vomitose... Non voglio passare tutte le ultime settimane di scuola in punizione.
 
In Sala Grande gli insegnanti presenti erano ancora pochi, era occupata più che altro da qualche studente mattiniero e dalla Preside.
Senza attendere oltre e con l’intenzione di dileguarsi in fretta, Lucius infilzò rabbiosamente un'innocente fetta di bacon. Maledetta Granger.
Sarebbe morto piuttosto che ammettere di essersi legato a lei.
Avrebbe soffocato quei sentimenti, li avrebbe uccisi, estirpati... Era solo questione di qualche settimana, poi sarebbe stato di nuovo se stesso e avrebbe ricominciato a disprezzarla come sempre.
In fondo, già la odiava per avergli fatto questo, per averlo reso così patetico.
Ignorando le occhiate perplesse della McGranitt, Lucius finì la uova strapazzate a tempo record, nonostante la mano leggermente dolorante per il pugno dato al comodino poco prima.
Poi, senza una parola, si alzò dalla sedia e attraversò a grandi passi la sala, facendo ritrarre alcuni studenti intimoriti.
 
 
***
 
 
Bennet! Vuoi fare un po’ di attenzione? Stai per far esplodere gli occhi alla tua rana! sbraitò Hermione. Con un colpo di bacchetta liberò dall’incantesimo il povero animale, che saltellò giù dal tavolo gracidando.
Cosa vi passa per la testa oggi? Venti punti in meno a Tassorosso per l’ennesima distrazione!
 
Non appena Hermione si voltò per recuperare la rana, la quale nel frattempo aveva raggiunto a balzi il fondo dell’aula, Jugson mimò un gesto che mostrava chiaramente la sua opinione sulla professoressa Granger.
Dieci punti anche da Serpeverde urlò Hermione, quasi in preda a una crisi isterica per sfinimento.
Cosa era successo agli studenti quel giorno? Pareva che fossero tutti coalizzati per cercare di farle perdere la pazienza in ogni modo.
Ci vede anche dietro borbottò stupidamente Jugson, con gli occhi sgranati per lo sbalordimento.
No, signor Jugson, non ho gli occhi dietro... Se fossi più sveglio ti accorgeresti che il vetro della finestra è riflettente rispose Hermione con un sospiro, cercando di tenere in mano la malcapitata rana, la quale non voleva più saperne di essere usata come cavia per l’Incantesimo di Scambio.
 
Ormai Hermione era prossima alla resa. Stava ponderando l’idea di liquidare gli studenti in anticipo, quando fu salvata proprio dal suono che annunciò la fine dell’ora.
Con un sospiro di sollievo congedò la classe, sperando in maggiore clemenza e fortuna con quella successiva.
Ma nemmeno in seguito, con il quinto anno Grifondoro-Corvonero, le cose migliorarono.
 
Per quella lezione, Hermione aveva progettato un lavoro di gruppo.
Seguendo le sue istruzioni, gli studenti si posizionarono in fila indiana.
Oggi voglio mettervi alla prova: mostrerete la vostra abilità nell'incantesimo Evanescente. La difficoltà sta nel fatto che dovrete far sparire un tasso adulto. Chi sa dirmi perché è così complicato?
Una ragazza di Grifondoro alzò immediatamente la mano.
Sì, signorina Armitage?
In questo tipo di trasfigurazione, il livello di difficoltà sale in proporzione alla complessità fisiologica dell'oggetto che vogliamo incantare. È semplice far sparire oggetti inanimati, soprattutto se di piccole dimensioni. La questione si complica quando ci troviamo davanti a esseri animati, come vegetali o animali. E anche qui, il livello di complessità è diverso nel caso degli invertebrati o dei vertebrati la ragazza trasse un sospiro, dopo aver recitato tutto d'un fiato.
Quindi, nel caso del tasso, la difficoltà sta nel fatto che è un essere animato, vertebrato e piuttosto grosso.
Molto bene annuì Hermione. Vediamo cosa sapete fare.
 
Per qualche minuto tutto filò liscio, anche se tutti i primi della fila fallirono nel tentativo di far sparire il tasso.
Fu quando Richard Perton incendiò accidentalmente la punta della coda dell'animale che le cose degenerarono.
Prima che Hermione potesse intervenire, il tasso sbatté la coda convulsamente, causando un pandemonio.
Un paio di quaderni presero fuoco immediatamente.
Cercando di mantenere la calma e agire in fretta, Hermione lanciò un Aguamenti sull'animale e la coda si spense immediatamente, lasciando una scia di peli bruciacchiati.
Tentò di ignorare le urla e la confusione, poi fermò anche il piccolo falò di quaderni prima che si sviluppasse un incendio vero e proprio.
Purtroppo nel frattempo il tasso, reso aggressivo, si lanciò contro una studentessa.
Pietrificus Totalus gridò Hermione ansimante.
Immediatamente l'animale si immobilizzò, con i denti ancora digrignati e la coda dritta.
Sei per caso impazzito, signor Perton? Trenta punti in meno a Grifondoro per la tua sbadataggine! E cinque punti anche da ognuno di voi, per la vostra incapacità di reagire! sbraitò Hermione lasciandosi cadere su una sedia.
Poi, tirò un sospiro di sollievo per il disastro scampato.
 
Quando tutti furono nuovamente al loro posto, Hermione si lanciò in una strigliata degna di Piton.
Ormai manca poco ai Gufo, eppure pare che anche i più brillanti di voi abbiano dimenticato i concetti più basilari della Trasfigurazione, oltre che la disciplina!
Mi domando come pensate di poter affrontare gli esami in queste condizioni. Forse dovreste smetterla di passare i pomeriggi nel parco, e cominciare prepararvi!
Comunque, per ovviare alla vostra evidente carenza nello studio, entro la prossima settimana dovrete consegnarmi un riassunto generale di tutto ciò che è stato svolto quest'anno, spiegando scopo e difficoltà di esecuzione di ogni singolo incantesimo
.
Ma professoressa... Oltre al ripasso per gli esami, si aggiungono già anche i compiti per tutte le altre materie... Una settimana...
Non intendo negoziare, smettete di lamentarvi o il carico aumenterà. La mia pazienza è già stata messa a dura prova oggi. Ora aprite il libro a pagina 225 e cominciate a leggere, in silenzio.
Nell'aula si alzò un borbottio generale, che andò scemando mano a mano che gli studenti aprirono i loro testi.
 
Quando anche le ultime lezioni di quel giorno finirono in un bagno di sangue e punti persi, Hermione si chiese se per caso non fosse un complotto su larga scala.
Maledizione, borbottò dirigendosi in sala grande, con il sentore che fosse stato il suo giorno di lezioni peggiore di sempre. Non durerò altre due settimane in questo modo.
Mai, nemmeno una volta, la sfiorò l’idea che forse non erano gli studenti ad essere più indisciplinati del solito, ma che fosse lei stessa ad essere più nervosa e con un margine di sopportazione più basso... e per motivi che avevano a che fare più con un altro insegnante, che con gli alunni.
 
 
***
 
 
Ad ora di cena, quella sera, il castello era saturo di un generale mugugnare di studenti.
Il flusso di ragazzi provenienti dai vari corridoi e diretti in Sala Grande subì un brusco rallentamento nei pressi dell'atrio, dove si formò una piccola calca sovreccitata.
Nel passare, molti additarono sbigottiti le clessidre dei punti, notevolmente svuotate.
Roba da non credere! borbottavano malcontenti con gli occhi puntati in alto sul muro.
E in una sola giornata!
Malfoy ci avrà tolto almeno 100 punti, solo oggi! L'unico lato positivo di questa faccenda è che era così di malumore che ha tolto punti perfino a Serpeverde.
E la Granger? Perton ha passato la giornata tremando e bofonchiando cose su un tasso. Quella lezione di Trasfigurazione è costata un sacco a Grifondoro e Corvonero.
Forse è così allucinata perché è la sua settimana del mese...
Ti pare che ci sia da ridere? Le clessidre sono vuote quasi come a inizio anno...
Perfino i fantasmi si aggirarono tra i tavoli della sala evidentemente perplessi, con una sfumatura più opaca del solito.
Nessuno ne è uscito bene oggi...
Dal suo seggio dorato, la McGranitt osservò la gli studenti con la fronte corrugata, cercando di captare i bisbigli mogi di tutti.
 
Quando Hermione mise piede in Sala Grande, il mugugno cessò di colpo mentre oltrepassava i tavoli e si rialzò quando fu seduta con gli altri insegnanti; ma lei non ci fece caso.
La giornata trascorsa le aveva prosciugato le energie e ora sentiva un grosso buco allo stomaco.
Tuttavia non fece in tempo a mettere in bocca neanche la prima forchettata: la vista di Lucius Malfoy che mangiava tranquillamente, come se nulla fosse accaduto, le fece passare l'appetito in un batter d'occhio.
Era seduto al suo posto, indifferente, con la sua solita aria di fredda superiorità e non la degnò di uno sguardo.
Per tutta la cena Hermione cercò di evitare in ogni modo di guardarlo. Solo quella breve occhiata era bastata a farle chiudere lo stomaco.
Come riusciva quell'uomo a fingere che tutto fosse normale? La cosa le dava sui nervi.
Nonostante la pancia vuota, cominciò a sentirsi salire la nausea.
Giocherellò con le posate fino a quando finalmente la cena volse al termine e ignorò il contenuto del piatto,
Poi si allontanò da lì il più in fretta possibile, cercando riparo nelle sue stanze.
 
Il coprifuoco era passato da tempo, quando Hermione si arrampicò fino alla torre di astronomia, per la seconda volta in due giorni.
Tutto, al di fuori di lei, era quieto e immobile e mozzafiato come il giorno prima.
Ogni cosa era ancora al suo posto come se nulla fosse accaduto, nonostante in realtà fosse cambiato tutto.
Il solo pensiero di Malfoy, che prima era fonte di elettrizzazione, ora le faceva rivoltare il fegato per la rabbia.
Tentò di recuperare il controllo sui suoi nervi.
Cosa contava Malfoy, nell’economia del mondo?
Nulla. La luna lattea era ancora lì. Le stelle erano ancora lì.
Cercò di regolare il respiro, di inspirare non solo l’aria ma la natura stessa e la sua quiete. Le pietre solide del castello. Immutate.
Se il resto del mondo poteva continuare il suo corso senza Malfoy, di certo poteva farlo anche lei.
Ovvio, con qualche sforzo. Ma in fondo nessuna liberazione era mai avvenuta senza sforzo.
 
Seguendo un impulso immediato, Hermione afferrò il ciondolo che pendeva al suo collo.
Si avvicinò al parapetto e con un forte strattone spezzò la catenina.
Avrebbe fatto precipitare Malfoy dalla torre. Metaforicamente.
Lentamente, allungò la mano oltre i merletti delle mura, facendo pendere il ciondolo nel vuoto davanti a lei.
L’arietta leggera lo fece dondolare impercettibilmente.
Hermione aprì il pungo un dito alla volta.
Quel ciondolo sarebbe precipitato e insieme a esso lei avrebbe visto la faccia di Malfoy infrangersi in mille pezzi a contatto col suolo.
Non avrebbe desiderato altro.
Solo altre due dita e...
Dannazione!
Con un verso rabbioso, Hermione ritirò la mano.
 
Cosa diavolo stava facendo? A cosa sarebbe servito?
Quel ciondolo era sì un dono di Malfoy, ma anche un cimelio antichissimo e di grande valore storico.
Non desiderava altro che liberarsi di ogni più piccolo particolare che le ricordasse quell'uomo, ma davvero non riuscì a distruggere un ciondolo così prezioso.
In fondo poteva semplicemente seppellirlo in qualche vecchio baule, al di fuori dalla vista, dove non avrebbe fatto male.
 
Hermione si sentì sciocca, lì, su quella torre, a lanciare un ciondolo per un motivo tanto futile.
Quella torre era stata teatro della morte di uno dei più grandi maghi della storia; lì era precipitato Albus Silente.
Era completamente fuori luogo, lei e il suo comportamento infantile.
Non avrebbe profanato così la sua memoria.
Avrebbe gestito la cosa da adulta, senza gesti infantili.
 
Si accasciò contro il muro di pietra e seppellì il volto tra le mani.
Aveva retto stoicamente per tutto il giorno, portato a termine le lezioni, aveva finto di stare bene, ma la ferita bruciava eccome.
Si era lasciata fregare. Aveva ignorato gli allarmi della mente che le urlava di non fidarsi e aveva ascoltato il cuore, vedendo in Malfoy qualcosa che non era.
Ora che sapeva di essere stata presa in giro dall’inizio, non riusciva più a distinguere la linea tra verità e menzogne.
La tormentava il dubbio che Malfoy c’entrasse qualcosa anche con la sua aggressione.
Lo aveva stupidamente salvato più volte dalle accuse, senza mai andare a fondo della questione.
Forse aveva aiutato un uomo che non era affatto innocente.
Da parte sua, Malfoy aveva colto al volo l'occasione per mettersi in buona luce: forse aveva reputato conveniente che la migliore amica di Harry Potter si schierasse dalla sua parte, ribaltando una volta per tutte l’opinione pubblica su di lui.
Hermione ripensò alla volta in cui si erano entrambi addormentati sul divano e Lucius si era risvegliato sudato dopo aver sognato Azkaban.
Lei aveva creduto che fosse per i sensi di colpa, per i troppi errori che l'uomo aveva commesso in passato.
Ora, visti i recenti avvenimenti, dovette rivere la sua ipotesi. Forse non erano gli incubi di un pentito, ma soltanto la paura di essere scoperto nei nuovi crimini.
 
Alla fine, la ragazza decise di alzarsi e togliersi di lì.
Si passò una mano sugli occhi, aveva un gran bisogno di riposare.
Eppure sapeva che non sarebbe riuscita a dormire: era così sovraccarica di pensieri che le pareva che la testa le esplodesse.
Fu così che a metà strada verso il letto, Hermione decise di compiere una deviazione e si diresse al settimo piano.
 
Si fermò davanti alla Stanza delle Necessità.
Immobile davanti alla parete vuota, fu sopraffatta da un sentimento dolce amaro.
Alcuni dei suoi più importanti ricordi erano legati a quella stanza. Gli ultimi comprendevano Malfoy, ma alcuni erano molto più vecchi, legati ai suoi migliori amici.
Ogni altra volta in cui si era ritrovata davanti a quella parete aveva sempre avuto bisogno di qualcosa dalla stanza magica, un posto per esercitarsi con l'ES per esempio.
Le era sempre bastato camminare tre volte avanti e indietro, pensando alla sua necessità.
Tuttavia questa volta era diverso: non aveva idea di cosa chiedere.
 
Hai bisogno di aiuto per caso?
Hermione alzò lo sguardo verso il quadro sulla parete di fronte, da cui Barnaba il Babbeo la guardava a sua volta incuriosito. Era nascosto dietro una grande colonna in marmo, cercando di non farsi vedere dai troll in tutù che cercavano di picchiarlo da secoli.
Sai come si entra? insistette, non ricevendo risposta.
Hermione si riscosse.
Oh sì, certo. È che non sono sicura di cosa ho bisogno.
Mmh si limitò a dire l'omino, saltando dietro a un'altra colonna con circospezione.
Mi scusi, signore... Immagino che lei sappia come funziona la stanza...
Molto perspicace
Hermione arrossì. Detto da uno che era ritratto nel tentativo di insegnare danza ai troll, il commento era piuttosto umiliante.
Beh, intendo... La stanza delle necessità fornisce quello di cui si ha bisogno...
Barnaba continuò a fissarla pietosamente, come si guarda qualcuno corto di comprendonio.
Ecco, mi chiedevo... cosa accadrebbe se io cercassi di entrare senza sapere quello di cui ho bisogno? Se camminassi senza chiedere nulla di particolare e lasciassi scegliere alla stanza...
L'uomo le rivolse la stessa espressione sorpresa che Hermione avrebbe fatto se avesse visto Goyle diventare insegnante.
Oh beh, signorina... Questo non me lo hanno mai chiesto. Non so rispondere. Tutti hanno bisogno di qualcosa: sia chi viene qui appositamente, sia chi capita qui per caso.
 
Hermione sospirò.
Non devi far altro che provare... suggerì ancora l'ometto, che a questo punto pareva curioso del risultato. Ma temo che dovrai farlo in un altro momento. Ora la stanza è occupata, quindi non può aprirsi in ogni caso. Sarà per...
Hermione balzò indietro di colpo, perché la porta della stanza ricomparve e si spalancò all'improvviso.
 
Si ritrovò davanti un corpo imponente, e ci mise un momento prima di riuscire a realizzare chi fosse il proprietario.
In compenso Malfoy la squadrò da capo a piedi con le sopracciglia aggrottate.
Forse per il fatto che era stato colto di sorpresa, l'espressione di trionfante disgusto che le aveva rivolto la sera prima aveva lasciato il posto a uno sguardo irresoluto.
Granger... sputò con voce impastata.
 
Hermione capì subito che era di nuovo ubriaco. Non le importava sapere cosa lo avesse spinto per l'ennesima volta ad attaccarsi alla bottiglia, non era affar suo ormai.
Inoltre era molto meglio non impicciarsi, conosceva i potenziali danni che Malfoy poteva causare in quello stato.
Beh, direi che ora la stanza è libera per fare quel tentativo suggerì il dipinto, evidentemente privo della sensibilità necessaria per captare la tensione mortale che si era creata.
 
Cosa stai aspettando? chiese a Hermione che ancora fissava Malfoy come un fantasma.
Entrambi distolsero gli occhi nello stesso momento, voltando lo sguardo verso la parete.
Beh, che ho detto? Che avete da fissare? domandò seccato.
Nulla che ti riguardi, sciocco dipinto! ringhiò Malfoy.
Come ti permetti? Sono qui da prima che i tuoi antenati nascessero! Un po' di rispetto! si ribellò Barnaba, alzando il tono di voce.
Ma pensa... e in tutti questi anni non hai imparato a farti gli affari tuoi? Sparisci, Barnaba il Babbeo!
Ma certo che sparisco! urlò l'ometto, con la faccia diventata paonazza. Vado a riferire alla preside, ecco dove sparisco! È vergognoso il modo in cui gli standard di questa scuola si abbassano di anno in anno... perfino i professori...
Le urla si attutirono mano a mano che si allontanò dalla colonna in marmo, ronzando come un calabrone infuriato. Non appena sparì oltre la cornice, calò il silenzio.
 
Sai, commentò freddamente Hermione, ricordo un tempo in cui avevi una dignità, nonostante la tua perfidia. Il nome di Lucius Malfoy significava qualcosa. Guarda come sei ridotto, un ubriacone che ora attacca briga perfino con i ritratti.Non so come pensavi di umiliare me, visto il modo in cui hai già umiliato te stesso.
Tu non sai nulla sibilò Malfoy.
Non ho intenzione di discutere con te tagliò corto la ragazza. Ora, se non ti dispiace...
Oltrepassò l'uomo e cominciò a camminare dall'altra parte del corridoio.
Se già prima non aveva idea di cosa richiedere alla Stanza, adesso nella sua mente c'era il vuoto.
Malfoy restò a fissarla come ipnotizzato per un momento, i denti leggermente digrignati.
Non azzardarti a rivolgermi mai più la parola, Granger! la ammonì infine, prima di voltarsi e andare via con passo deciso anche se un po' strascicato.
 
Cercando di ignorare i suoi sentimenti contrastanti, Hermione proseguì camminando per tre volte davanti alla parete.
Alla fine, con un lungo sospiro ad occhi chiusi, si fermò davanti alla porta.
Forza Hermione si disse e allungando una mano la aprì.
 
L'ambiente era una stanza circolare, con un soffitto basso, intima e accogliente.
Era immersa nella penombra; le uniche fonti di luce erano due torce sulla parete e le braci del camino ancora calde, come se fosse stato appena spento.
L'arredamento era scarso, costituito soltanto da un comodo divano, abbinato a un elegante tavolino e una credenza ben rifornita di bottiglie.
Unica nota fuori luogo, era la presenza dello specchio che Hermione aveva utilizzato per esercitarsi col Fuoco Gubraithiano.
 
Perplessa, la ragazza si domandò come mai la Stanza avesse assunto quella forma particolare. Cosa c'entrava lo specchio in un posto che sembrava un perfetto rifugio in cui autocommiserarsi in pace?
Finalmente si decise a entrare, si diresse subito verso il divano -d'altra parte c'era poco da fare in un ambiente così spoglio- e si lasciò sprofondare pesantemente.
Solo quando si sdraiò per il lungo, affondando il volto e la fronte dolorante nei grossi cuscini, il suo naso cominciò a percepire una debole traccia di profumo.
Un profumo maschile che conosceva bene.
Scoppiò finalmente a piangere, prima di riuscire a chiedersi come mai la Stanza delle Necessità si fosse aperta proprio nella stessa forma in cui si era aperta a Lucius Malfoy poco prima.
 
 
***
 
 
Se Minerva McGranitt fu stupita del cambiamento repentino di due dei suoi professori, non lo diede a vedere apertamente.
Certo le clessidre con i punti delle case mezze vuote erano un segnale allarmante.
Era stata più volte sul punto di chiedere a Hermione cosa fosse successo, ma aveva la netta sensazione che fossero affari molto personali e che nessuno dei due fosse disposto a parlare.
Tuttavia, era evidente che tra la professoressa Granger e il professor Malfoy fosse accaduto qualcosa.
Dopo la conferenza stampa con i giornalisti le acque si erano notevolmente calmate, Malfoy aveva ricominciato a insegnare con tranquillità e le lettere dei genitori si erano mano a mano diradate.
Eppure proprio da quel giorno i due avevano ricominciato a guardarsi in cagnesco durante i pasti e ignorarsi completamente il resto del tempo.
Non c’era più stata alcuna passeggiata, cosa che la Preside aveva trovato strana dato che il tempo stava rapidamente diventando estivo.
 
Minerva decise di non intervenire soltanto per il fatto che ormai la scuola stava per finire.
Gli studenti del quinto e del settimo anno erano concentrati sugli esami.
Tuttavia, anche se per la fine dell'anno in corso aveva chiuso un occhio, non era disposta ad accettarne un altro così.
Compilò due note identiche e le affidò alle fiamme verdi del camino, che le inghiottirono facendole sparire.
 
“Gentili professori,
C’è una situazione di cui mi preme discutere,
prima del rientro a casa degli studenti.
Vi attendo nel mio ufficio, stasera alle 21."
M. M.G.
 
Hermione raggiunse l’ufficio della Preside un po’ trafelata.
Una delle tante scale del castello aveva deciso di spostarsi giusto un momento prima che lei ci appoggiasse il piede, e di conseguenza aveva dovuto allungare notevolmente la strada.
Bussò mentre cercava di ricomporsi. Odiava arrivare in ritardo.
Avanti!
Salve Minerva.
I suoi occhi scattarono sull’alta figura in piedi accanto alla scrivania.
Bene Hermione, ora ci siamo tutti.
Tutti? ribatté perplessa. Credevo che la nota fosse rivolta a tutti i professori.
No, la questione è limitata ai presenti nella stanza replicò seccamente la McGranitt.
Malfoy osservava impassibile, con la solita colata di indifferenza a mascherare qualunque altra espressione.
 
Dunque, per prima cosa volevo ricordarvi che domani dovrete accompagnare gli studenti verso il treno per Hogsmeade, insieme a Pomona, Filius e Hagrid. In quanto insegnanti è però necessario che voi restiate ancora una settimana, per sistemare le aule e predisporre al meglio ogni cosa per il prossimo anno. Ovviamente, a questo punto potete organizzarvi a vostra discrezione sia con i pasti che con il resto. Dopodiché sarete liberi di tornare a casa almeno fino a metà agosto.
È la stessa cosa da tre anni, ormai so come funziona. Non è per questo che sono qui, non è vero? si intromise Malfoy con un sorrisetto sardonico.
No, in effetti no rispose la preside stringendo le labbra.
Non so se ve ne siete resi conto, ma in queste ultime settimane il malcontento aleggiava in tutta la scuola. A quanto pare gli studenti sembrano convinti che siate i principali responsabili per la scarsità di punti. Non ho mai visto clessidre così vuote a fine anno. Sapreste spiegarmi?
Da quando la colpa per le intemperanze degli studenti viene data ai professori? ribatté freddamente Malfoy.
Da quando tutte le intemperanze sembrano avvenire alla presenza di due professori in particolare, signor Malfoy. Lei e la signorina Granger siete i principali responsabili per la strage di punti registrata in questo ultimo periodo.
 
Malfoy storse il naso, sbuffando con sufficienza.
Quindi, le questioni sono due proseguì la McGranitt rigida. O gli studenti vi rispettano così poco da comportarsi male in presenza vostra.... E non credo sia il caso aggiunse velocemente fissando il sorrisetto beffardo di Malfoy.
...oppure voi siete diventati particolarmente intransigenti.
Dico "diventati" perché il problema si è manifestato solo ultimamente. Vorrei aggiungere che, nonostante la vecchiaia, non sono né cieca né rimbambita. Non so cosa sia successo, ma risolvete le vostre questioni in fretta. Ho lasciato correre soltanto perché ormai è finito l’anno scolastico, è stato già abbastanza movimentato così e non volevo smuovere ulteriormente le acque. Un altro periodo così, il prossimo anno, non sarà tollerato.
Non stai dicendo sul serio, Minerva... intervenne Hermione incredula.
Oh sì, sono serissima. Vi consiglio di usare l’estate per rilassarvi, e tornare con un margine di tolleranza meno rigido... Non credevo che avrei mai detto questa cosa sussurrò causando qualche ridacchio dal ritratto di Silente dietro di lei.
Non... cominciò Malfoy.
Non c'è altro da dire, professore. È tutto. Buon lavoro per domani. Siete congedati.
 
Redarguiti come due studenti... commentò Malfoy non appena la pesante porta dello studio si chiuse dietro di loro. Sarai felice, Granger. Comunque, cosa ti rende così irritabile da togliere punti ingiustamente? la stuzzicò beffardo.
Sbaglio o poche settimane fa mi hai intimato di non rivolgerti più la parola? Non vedo perché ricominciare adesso ribatté Hermione altrettanto derisoria. Torna pure a gongolare in solitudine. Anche se a quanto pare, non gongoli così tanto, visto che sei colpevole tanto quanto me per la "strage di punti". Sai, girano voci che sei ubriaco ogni sera... Forse ferire le persone non è più così soddisfacente come una volta? Dopotutto, una coscienza è stata donata a tutti, anche a chi non la vuole. Arrivederci.
 
Hermione si diresse di gran carriera verso le sue stanze, e sbatté la porta chiudendo dietro di sé anche il pensiero di Malfoy.
Afferrò in fretta una pergamena da lettera e una piuma.
 
Caro Harry
Finalmente quest'anno è finito. So che non crederai mai che queste parole possano uscire da me,
ma le ultime settimane sono state davvero pesanti.
Non ti ho accennato niente prima d'ora perché la ferita era ancora troppo fresca.
Ho bisogno di parlarti... Dopo la conferenza stampa tutto è andato a rotoli.
Non mi va di scriverlo per lettera, ti spiegherò a voce.
Ovviamente non vedo l'ora di rivederti.
Domani accompagnerò al treno gli studenti, ma Minerva ha avvisato che dovrò fermarmi ancora una settimana.
Non appena rientro a casa, sarei felice di invitare te e Ginny nel mio appartamento a Londra.
Se per voi va bene, potrebbe essere nella serata di martedì prossimo.
Attendo la tua conferma,
A presto
Hermione
 
***
 
 
L'atmosfera festante dei ragazzi diretti al treno riuscì a sollevare leggermente il morale di Hermione.
Buone vacanze, professoressa Granger! la salutò felice Penelope Armitage, una brillante studentessa di Grifondoro che le ricordava molto se stessa a quell'età.
Anche a te, signorina Armitage! sorrise Hermione di rimando.
Quanta gioia, professoressa Granger... sussurrò una voce gelida alle sue spalle, in netto contrasto con l'atmosfera.
Hermione sobbalzò, presa alla sprovvista.
Ancora una volta Malfoy le aveva rivolto la parola e lei non aveva idea del perché. Aveva avuto quello che voleva, l'aveva umiliata, aveva messo in chiaro il suo disprezzo e di non voler avere niente a che fare con lei.
Eppure ancora non perdeva occasione per stuzzicarla.
Professor Malfoy rispose Hermione altrettanto freddamente. Non aveva alcuna intenzione di fare scenate davanti agli studenti.
 
Furono interrotti da un capannello di eccitati ragazzi del primo anno, che per distrazione rischiarono di finire addosso a Hermione.
Oh mi scusi, professoressa! borbottò intimorito uno di loro.
Lei aggrottò le sopracciglia, non pensava di incutere tutto questo terrore.
Sei fortunato che la scuola è finita e non ti posso togliere punti... Ma è meglio se ti regoli, perché il prossimo anno me lo ricorderò lo ammonì invece Malfoy.
Il ragazzetto impallidì, ma Hermione intervenne immediatamente in suo soccorso.
Non accadrà nulla del genere affermò decisa, memore della conversazione avuta la sera prima con la Preside riguardo alla strage di punti. Passa delle buone vacanze disse al ragazzo, il quale annuì e si dileguò più velocemente dei ragni alla presenza di un Basilisco.
 
Quando anche l'ultimo studente fu al sicuro in un qualche vagone, Hermione si rivolse di nuovo a Lucius, che ne frattempo non si era spostato di un millimetro da lei.
Si può sapere cosa vuoi? domandò irritata.
Lucius fece il solito sorriso di scherno.
Ho ripensato alle parole della Preside ieri e mi chiedevo come sarebbe stato il prossimo anno. Possiamo appianare le nostre divergenze Granger propose in un tono che non suonava affatto affidabile.
Va al diavolo Malfoy. Non esisti più, per quello che mi riguarda. Tutto questo l'hai voluto tu. Puoi appianare le tue divergenze da solo rispose Hermione, senza alcuna esitazione.
Non le importava più sapere che cosa avesse in mente quell'uomo. Voleva semplicemente averlo intorno il meno possibile.
Senza nemmeno salutare si incamminò nuovamente verso il castello.
Anche Malfoy si voltò quasi subito, diretto nella direzione opposta.
 
Oh bene, chi si rivede... commentò burbero Aberforth Silente.
Lucius scelse un tavolino in un angolo della Testa di Porco.
Il solito ordinò.
È molto tempo che non ti vedo... Devo dire che le mie finanze ne hanno risentito da quando sei andato via di qui. Finito la scorta di alcolici? lo punzecchiò Aberforth. Mi hanno detto che in queste ultime settimane ti aggiravi da solo per il castello sull'orlo di un coma etilico.
Lo sguardo di Lucius scattò verso il grande quadro in fondo alla locanda, da cui Albus Silente ricambiò lo sguardo con aria troppo candida e innocente.
L'ex Mangiamorte lo fulminò con gli occhi e tornò a rivolgere la sua attenzione all'oste.
Ti ho chiesto un whisky, non di parlare disse gelidamente ad Aberforth.
 
Non sembravi molto felice in questo periodo, Lucius... commentò l'altro fratello Silente, da dietro la sua cornice.
Ho già avuto una conversazione con un dipinto ultimamente ribatté Malfoy.
Oh sì ridacchiò Silente divertito, Barnaba il Babbeo si è precipitato nell'ufficio della Preside rosso come un peperone, farfugliando qualcosa sulla mancanza di rispetto. Purtroppo i troll hanno deciso di seguirlo, ti lascio immaginare il panico che si è scatenato in metà dei quadri di Hogwarts...
Davvero divertente disse Lucius gelido.
Sì, davvero molto annuì Silente.
 
Sai, Lucius proseguì il ritratto facendosi serio, conosco la tua storia. L'alcol non ti darà mai sollievo. Ti ho visto felice quest'inverno per un periodo di tempo, il fatto che le tue visite qui si siano notevolmente diradate ne è la prova. Ho ragione di credere che la signorina Granger ne fosse la responsabile.
Tu credi? rispose Malfoy minaccioso.
In realtà è piuttosto evidente. Se fossi sincero con te stesso lo capiresti anche tu.
Sei morto, Silente! Non vedo perché dovrebbe importarti. Non sarebbe affar tuo in ogni caso fece Malfoy, scolando il suo bicchiere in un sorso solo.
L'alcol gli pizzicò la gola.
Ti sbagli, mi importa molto; e anche a te. Hai commesso grossi errori e non smetterai mai di pagarli, ma ciò non significa che non meriti di provare a ricominciare. Puoi farlo, con più convinzione di prima. Non so esattamente cosa sia successo tra te e Hermione, ma non dovresti lasciar andare così le cose.
Puoi rimediare... suggerì ancora Silente, senza ricevere risposta.
Non è mai troppo tardi per trovare la felicità sentenziò saggiamente, prima di togliere il disturbo.
 
 
***

 
Aberforth era solito tenere le sue capre nel grande cortile sul retro della sua bottega.
Si limitava a portar loro da mangiare alle ore dei pasti, a riempire d’acqua gli abbeveratoi e per il resto del tempo le osservava rapito, con sguardi amorosi.
Quello che tanto ammirava nelle sue capre -e negli animali in generale- era la mancanza di ambizione.
Esse si limitavano a vivere quietamente, brucando l’erba e tenendosi compagnia a vicenda. Nessuna capra pensava di abbandonare le altre per andare a salvare il mondo; come nessuna capra pensava di essere padrona del mondo o migliore delle altre.
Un’esistenza tranquilla, felice, in armonia con le une con le altre.
Senza stress, senza decisioni da prendere né rimpianti.
 
In sostanza, quello che anche Aberforth avrebbe desiderato; ma aveva avuto la disgrazia di avere un fratello troppo intelligente e ambizioso per accontentarsi di una tranquilla vita in famiglia.
Il fatto che nessuna della capre si sentisse migliore delle altre però, non significava che Aberforth non avesse una preferenza.
Trattava Tilly come una vecchia moglie. La viziava più di tutte: le portava il cibo migliore, la spazzolava con cura e la portava spesso insieme a lui, fuori da quel cortile.
Era proprio a causa di Tilly che la società lo riteneva mezzo matto, non che a lui importasse del giudizio degli altri.
Fu proprio in una delle sue passeggiate con Tilly, che Aberforth assistette ad una scena sconvolgente.
 
Quel lunedì aveva attraversato tutto il villaggio lungo la strada principale, che da Hogsmeade portava ai cancelli e al castello di Hogwarts e che di solito usavano gli studenti nelle visite del fine settimana.
Arrivato quasi al confine era sul punto di voltarsi e tornare alla sua locanda, quando osservò una donna avvicinarsi dalla parte opposta. Camminava spedita lungo il prato, lasciandosi alle spalle i terreni del castello.
Strizzando l’occhio, Aberforth riconobbe la figura magra e l’ammasso di capelli di Hermione Granger.
Probabilmente si stava dirigendo ai cancelli per potersi smaterializzare, dato che nel perimetro di Hogwarts ciò non era possibile.
La scuola era finita da una settimana ormai, e anche i professori avevano diritto a un po’ di vacanza.
Aberforth valutò il da farsi, se avesse proseguito ancora un po’ lungo la strada avrebbe fatto in tempo a salutarla. Non che ci tenesse particolarmente, solo, aveva tempo.
 
Quando finalmente si decise, Hermione stava già togliendo gli incantesimi di protezione al cancello.
Il resto successe così in fretta che Aberforth non fece neanche in tempo a registrarlo e il prato era già di nuovo immerso nella solitudine.
Vide un uomo alto e biondo comparire improvvisamente a fianco al cancello, lo vide ghermire Hermione che aveva appena mosso un passo al di fuori del confine.
La ragazza non fece in tempo nemmeno a tirare fuori la bacchetta, che già il suo aggressore si era smaterializzato.
Poi Aberforth non vide più nessuno dei due.
Restò con la bocca spalancata, troppo sorpreso per pensare ad alcunché.
L’unica certezza fu che quello era proprio Lucius Malfoy.
Vieni Tilly bofonchiò burbero, battendo una mano sul dorso della capra con fare rassicurante. Non sono affatto affari nostri.
 
 
***
 
 
In un quartiere di Diagon Alley, un grosso gufo marrone picchiettò insistentemente col becco sulla finestra di un appartamento al terzo piano. Per l'ennesima volta non accadde nulla.
Strinse tra gli artigli la lettera che gli era stata affidata, sbattendo la ali e beccando più forte, con impazienza.
Dopo un giro di ricognizione e un altro tentativo, il gufo riprese il volo, riportando la lettera al mittente.
 
“Cara Hermione,
So che questa mattina hai lasciato Hogwarts. Spero che il tuo rientro a casa sia stato piacevole.
Ci eravamo accordati per incontrarci martedì, cioè domani...
purtroppo, si sono aggiunti degli impegni improvvisi qui al Ministero e sono costretto a rimandare la nostra visita.
Ti scrivo appena possibile, per recuperare.
Buon riposo
Harry”
 
Harry rilesse le sue parole, perplesso.
Il gufo gli aveva riportato indietro la lettera per Hermione, senza alcuna risposta.
Come se non bastasse, l’uccello gli aveva pure beccato le dita, evidentemente scocciato. Probabilmente non l’aveva trovata in casa.
Ginny! chiamò.
Sua moglie uscì dalla cucina in un’ondata di capelli rossi e ottimo profumo di biscotti.
Sì?
Era domani che dovevamo andare a casa di Hermione, giusto?
Sì, esatto. Ma non ti era saltato fuori un altro impegno?
Infatti... Le ho scritto per rimandare, ma il gufo mi ha riportato la lettera rispose, osservando distrattamente le dita arrossate della ragazza.
Oh, non so Harry... Magari era fuori casa. Sai, dopo nove mesi di assenza una casa ha bisogno di una risistemata e qualche acquisto...
Il volto di Harry si aprì in un sorriso.
Oh, ma certo, hai ragione! disse, sbattendosi una mano sulla fronte, non so perché, penso sempre al peggio...
Chissà... rispose ironica Ginny. Magari potresti essere stato condizionato dal fatto che per gran parte della tua vita eri l'obiettivo principale di un pazzo che voleva ucciderti.
Può darsi rise Harry, prendendo Ginny tra le braccia e inspirando a pieni polmoni l’odore che amava chiamare "casa".



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Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi e recensire nonostante i miei tempi di aggiornamento biblici.
Grazie davvero di cuore.

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