La recluta

di DalamarF16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nello spogliatoio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Il passato che ritorna ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: incontri ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: home ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: missioni ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: ricordi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: La verità ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Mistero ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Natasha ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: notti tormentate ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: qualcosa di reale ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: rapporti ***
Capitolo 13: *** Capitolo 14: Debole? ***
Capitolo 14: *** Capitolo 15: Routine ***
Capitolo 15: *** Capitolo 16: Lavora per me ***
Capitolo 16: *** Capitolo 17: uniti ***
Capitolo 17: *** CApitolo 18: avviso! ***
Capitolo 18: *** Capitolo 19: trattiamo ***
Capitolo 19: *** Capitolo 20: tieni duro! ***
Capitolo 20: *** Capitolo 21: via di qui ***
Capitolo 21: *** Capitolo 22: Chi sono? ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22: nuovi occhi ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23: nuovi inizi ***
Capitolo 24: *** Avviso 2: SEQUEL ***



Capitolo 1
*** Nello spogliatoio ***


Personal Space: Ciao a tutti e a tutte! Eccomi qui con una nuova fanfic, nuova per chi avesse già letto qualcosa di mio, ma è la prima a tema Avengers/clint Barton o come preferite chiamarla...dunque che dire...vi lascio il primo capitolo...spero vi piaccia e che qualcuno mi faccia sapere le proprie opinioni!
Buona lettura!!!

Se c'era una cosa che Clint odiava con tutto il cuore erano le reclute.
Le aveva sempre odiate. Ancora di più da dopo New York, quando si era ritrovato a combattere una guerra disperata per salvare il mondo. La missione brillantemente compiuta, con tanto di sventato attacco nucleare sulla città, gli aveva dato una popolarità inedita allo SHIELD. Non era più Clint Barton, quello strano che usava un arco al posto di un bel fucile di precisione (come il classico M40 in dotazione ai marines, o a un ben più efficace M95 calibro .50BMG silenziato e con una precisione che arrivava fino ai 1500m) e con una mira infallibile. Ora era Clint Barton, o Occhio di Falco se preferite, l'eroe . Colui che con Iron Man, Captain America e gli altri, forte solo del suo mitico arco (sì ora non era nemmeno più quello strano che usava un'arma ridicola come l'arco) aveva sconfitto Loki e fermato l'invasione aliena.
Quello che gli altri non sapevano però, poichè per ovvi motivi di immagine non era stato divulgato al pubblico, era che era stato lui a fornire a Loki i mezzi per dare il via a quell'invasione. Lui aveva tradito lo SHIELD, gli amici, i colleghi. Lui aveva ucciso innocenti per arrivare all'obbiettivo del semidio, o quel che era, asgardiano.
Lui aveva liberato Loki dopo la cattura.
Lui aveva, di fatto, ucciso Coulson.
Ma questo quelle stupide reclute non lo sapevano.
Non lo sapevano, e lo ammiravano, quasi lo veneravano.
E più lo facevano, più lui si detestava.
Per questo cercava di evitarle.
Evitare tutti i colleghi non era possibile, il suo lavoro era pur sempre allo SHIELD, ma alcuni di loro, fortunatamente, provavano solo invidia per lui, per l'occasione che gli era capitata tra le mani, e quindi erano loro ad evitare lui. E a lui stava bene così.
Se solo sapessero che invidiavano un traditore!
"Non darti colpe che non hai. Non sei stato tu. E' stato Loki"
Le parole di Natasha, quel giorno, lo avevano rassicurato sul momento.
Erano vere.
Quando Loki lo aveva toccato col suo scettro, era stato come se ogni neurone responsabile del libero arbitrio, della coscienza, del pensiero, gli fossero stati spenti. Come un improvviso blackout.
Sapeva chi era, come si chiamava. Ma era il soldato perfetto, eseguiva gli ordini senza farsi domande, senza esitazioni. Loki era il suo re, e lui era un suo uomo.
Ma allo stesso tempo, non servivano a rassicurarlo, a calmarlo. A dargli pace.
"Non siamo stati addestrati per questo. Qui si tratta di magia..."
Altre parole, altrettanto vere, altrettanto inutili.
-Dieci dollari per i tuoi pensieri-
La voce di Narasha questa volta proveniva dall'esterno, dalla sua destra nello specifico.
-Non era un penny una volta?- le chiese con un lieve sorriso sulle labbra mentre la donna prendeva posto accanto a lui sulla panchina dello spogliatoio maschile
-Con quell'espressione sul tuo volto? A chiederti 10 dollari ci sto già rimettendo, contando che dovrò farti da psicologa-
La colpì piano con una gomitata, ridendo. Ma era una risata triste, anche se spontanea. 'Tasha sapeva sempre farlo sorridere. Sempre.
-Pensavo...-
-Ok, 20 dollari-
-Nat...-
-Scusa-

Quando l'aveva visto seduto da solo nello spogliatoio, la sua postura le aveva detto tutto ciò che aveva bisogno di sapere.
Da New York, Clint si era chiuso in sè stesso. Gli Avengers si erano dispersi, ognuno impegnato in progetti personali, in altri mondi o in altre missioni dello SHIELD. L'arciere non era mai stato uno molto aperto. Certo, era allegro e sempre con la battuta pronta, sempre disposto a una birra con i colleghi, ma non aveva molti amici. Anzi, nessuno. Esclusa lei, forse.
Non era certa di poter definire amicizia il loro rapporto. Erano due esseri umani, che si erano conosciuti in circostanze a dir poco roccambolesche, entrambi con un passato di cui non avevano troppa voglia di parlare; entrambi mai stati bambini, catapultati troppo presto in un mondo dove l'alternativa alla sopravvivenza era la morte certa. Entrambi un po' in difficoltà di fronte alle vite normali, o quasi, delle persone che li circondavano.
Lui non faceva domande, e lei altrettanto.
La loro complicità era nata di conseguenza.
Se erano andati a letto insieme? Ovviamente.
Avevano avuto una relazione? No, almeno non nel senso classico del termine.
Qualunque cosa fosse, il loro legame era indissolubile, ed era stato quello che l'aveva spinta ad affrontarlo quel giorno, ad andarlo a cercare con l'unico scopo di salvarlo, o morire nell'impresa.
Perchè in Clint c'era una bontà d'animo nascosta nel profondo, una purezza sopravvissuta a tutte le sofferenze e le azioni (non sempre lodevoli) commesse che lei non voleva venisse intaccata.
Una bontà d'animo che ora lo stava tormentando.
Lo aveva saputo prima ancora che lui aprisse bocca, interrompendo la sua bonaria presa in giro.
-Che cosa ti tormenta, Clint?-
Ma anche ora, non aveva davvero bisogno di sentire le parole uscire dalla sua bocca per sapere la risposta.
Aveva notato che ultimamente cercava di evitare la compagnia di chiunque, che le pause caffè erano drasticamente diminuite e limitate ai momenti in cui nessun altro era alla macchinetta.
-Tutti mi credono un eroe. Ma quale eroe? Sono io la causa di tutto. Io che ho permesso a Loki di aprire quel portale. Io che l'ho fatto arrivare alla Stark Tower...
-...Tu che non hai esistato un secondo a rimetterti in piedi, a salire su un jet e ad abbattere alieni a suon di frecciate. Tu a coordinarci, a dire dove andare per fare il più danni possibile. Tu ad aver atterrato Loki-
-Nat...-
-No, ascoltami. E' vero. Hai tradito. Hai aiutato quel megalomane. Ma sei anche tu che non hai esitato a salvare la città, a cercare di riparare a quello che avevi fatto mentre un semidio aveva usato il suo potere su di te per farti obbedire a ogni suo ordine. Quei ragazzi fanno bene ad ammirarti-

Le sue parole erano tutte vere. Senza ombra di dubbio. E infatti non sapeva cosa risponderle.
Di fronte alle affermazioni di Natasha, i suoi sensi di colpa, quel peso che gli attanagliava il petto ormai da settimane, sembravano senza senso.
Ma la sensazione non era mai troppo duratura.
-Devo andare- disse alzandosi -Le reclute mi aspettano-
Natasha si alzò insieme a lui, accompagnandolo alla porta dello spogliatoio.
-Se vuoi vengo io a metterti al tappeto...la smetterebbero subito di idolatrarti-
Clint rise di nuovo, dandole una spinta giocosa, il buon umore recuperato.
Ma ci sarebbe voluto del tempo prima che il suo cervello si decidesse a credere davvero alle parole dell'amica.

Si separarono all'ingresso del grande hangar che fungeva da campo delle esercitazioni di tiro.
Clint fece un bel respiro e aprì la porta, entrando a testa alta.
Una quindicina di ragazzi lo stavano aspettando,
-Salve a tutti. Sono l'agente Barton-
Le reazioni dei ragazzi non gli furono nuove, ormai ci era abituato.
C'era chi rischiava il collasso, chi strabuzzava gli occhi, qualche ragazzina a cui si accendevano gli ormoni e tirava degli urletti da fan isterica (le reazioni peggiori a suo parere, se non altro perchè avevano la straordinaria capacità di irritarlo a morte), chi alzava la mano e iniziava a tempestarlo di domande.
Niente di nuovo sotto il sole anche questa volta.
Esaurite le chiacchiere di rito, li mise subito al lavoro.

PERSONAL SPACE PARTE II: eccoci a fine capitolo. Non si capisce nulla? Sì e vero. L'ho scritto di getto, senza pensarci veramente. La trama al momento è vaga anche nella mia testa, ma questo è abbastanza normale XD Per ora ho voluto solo chiarire da dove voglio partire. Da qui. Da Clint e da quello che può sentire a mente fredda dopo gli avvenimenti di New York. Per ora non è un Clintasha, e non penso lo sarà, ma il legame tra i due non è ignorabile, e pur non essendo una coppia, sicuramente i due saranno motlo vicini anche qui...


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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Il passato che ritorna ***


capitolo 2 PERSONAL SPACE: Eccomi di nuovo qui! Nessuno ha commentato e i casi son due, o è talmente bella che siete rimasti senza parole ( cosa di cui non sono convinta nemmeno un po', giusto perchè lo sappiate) oppure vi ha fatto talmente schifo che non avete il coraggio di dirmelo (io scommetto su questa seconda ipotesi...). Però voglio ringraziare MUMMA, che ha inserito questa cosina nelle seguite, spero continuerai a farlo!
Per il resto...vi lascio al secondo capitolo, spero vi piaccia e che abbiate il coraggio di recensire, così giusto per farmi sapere cosa ne pensate!

CAPITOLO 2: IL PASSATO CHE RITORNA
 
Non sapeva perchè, ma dopo che lui aveva messo piede nell'hangar, lei non se ne era andata.
O forse lo sapeva.
Voleva assicurarsi che stesse davvero bene.
Istinto di protezione.
Da quando si erano conosciuti, i due avevano sempre sentito il bisogno di guardarsi le spalle, di proteggersi e aiutarsi. Così, quando l'aveva visto avviarsi verso il gruppetto di ragazzini in attesa dell'istruttore del giorno, aveva notato una lieve rigidezza nella camminata, nella postura, che l'aveva messa sul chi va là. Nessun altro se ne sarebbe accorto, ma lei non era certo tipo da farsi sfuggire certi dettagli.  Per questo non l'aveva abbandonato.
Natasha uscì dalla porta dell'hangar, per poi salire rapida e silenziosa dalla scala della manutenzione e rientrare, non vista, sedendosi su uno dei grossi tralicci che sorreggevano l'impianto di illuminazione dell'immenso capannone.
Non era preoccupata di una possibile caduta: lei aveva un equilibrio eccellente, ed era certa che quell'impalcatura sospesa, ancorata solo alle pareti laterali e fissata al soffitto con cavi d'acciaio, non avesse problemi a reggere i suoi 50kg scarsi di peso. Era progettata per permettere la manutenzione delle luci, e i tecnici dello SHIELD erano ben più pesanti di lei.
Guardò svariati metri più in basso, dove un Clint molto piccolo stava tenendo una lezione teorica sulle armi e il modo corretto di usarle.
L'acustica del locale fece sì che la voce dell'amico arrivasse, sebbene distorta da un rimbombo quasi fastidioso, fino a lei.
-Un'arma da fuoco non è un giocattolo- stava dicendo l'uomo, probabilmente a delle reclute che stavano vedendo per la prima volta un'arma reale dal vivo -Per questo è importante che la canna sia sempre rivolta verso il basso e con la sicura inserita. Non puntatela mai contro qualcuno, nemmeno per gioco, e nemmeno con la sicura inserita. Uno scherzo di può trasformare in tragedia in pochi istanti-
"Esagerato" non potè fare a meno di pensare la donna, mentre continuava ad ascoltarlo.
Con abilità Clint aveva appena smontato l'arma, una Beretta 9mm, dotazione standard di tutti gli agendi dello SHIELD, illustrandone dettagliatamente ogni parte, sottolineando l'importanza di tenerla sempre in buono stato-
Lascio che la voce dell'amico sfumasse, mentre i suoi ricordi tornavano indietro di parecchi anni.

Bovisa, quartiere periferico di Milano, Italia.
Fingersi una studentessa straniera in Erasmus non le era stato facile. Il grande Politecnico di Milano, che ospitava una quantità di ingegnerie che mai avrebbe pensato che potessero esistere, aveva il dipartimento di Aerospazio alla sua sede più periferica, quella di Bovisa, situata in una zona industriale.
Aveva sperato di trovarsi in un ambiente più grande, con migliaia di studenti, dove nessuno avrebbe fatto caso a lei, una ragazza russa che aveva deciso di trascorrere un anno di studi all'estero.
Invece si era ritrovata in quella dannatissima Bovisa, in un posto isolato nel mondo, lontano dalla metropoli a tal punto da non essere collegata con la metropolitana.
Nel polo di Bovisa, le ingegnerie erano poche, Aerospaziale, Meccanica, Energetica e Gestionale. Gran parte dello spazio era dedicata a capannoni dove si svolgevano attività di ricerca e sperimentali, per lo più su velivoli ed elicotteri.In più in un dipartimento dove non è che le ragazze fossero proprio merce comune, soprattutto quelle carine come lei (sì era conscia di essere decisamente una bella ragazza), e si era subito trovata circondata da ragazzi pronti ad aiutarla ad ambientarsi. L'ideale no?
La sua missione era quella di infiltrarsi e rubare informazioni su un progetto che il governo americano stava portando avanti da qualche anno, ma che solo adesso era diventato abbastanza concreto da impensierire i russi.
Alla schermatura mimetica ci erano arrivati già da anni, ma la vera novità constava di un nuovo motore ultrasilenzioso, che avrebbe di fatto concesso agli americani di avvicinarsi e attaccare senza essere intercettati.
E data la sua giovane età, quale copertura migliore del fingersi una studentessa straniera?
Si era quindi iscritta al terzo anno di Aerospaziale (dopo essere stata indottrinata per essere alla pari), e aveva iniziato a seguire le lezioni, che si erano, tra l'altro, rivelate più interessanti di ogni sua più rosea previsione. L'obiettivo era colui che, stando alle loro informazioni, era uno dei pezzi grossi del progetto, in collaborazione con le migliori aziende del territorio italiano in materia di aerospazio e il governo USA, ovviamente, e che il caso (o meglio un oculata scelta dell'identità di copertura) aveva voluto fosse non solo il suo professore di Analisi di missioni spaziali, ma anche colui che la stava seguendo passo passo nella sua integrazione nell'ateneo italiano.
Il professor Mandelli sembrava un individuo comune. Alto, sulla cinquantina, ben piazzato ma non grasso.
L'idea era quella di sfruttare il vecchio clichè della donna a ingegneria, ma aveva capito subito che un bel paio di tette e qualche scollatura con lui non bastavano. Aveva visto ragazze cercare questo approccio venire congedate con tanto di gesto di sdegno.
Ovviamente l'unico incorruttibile con le sue doti di natura capitava a lei. Un classico.
Quindi aveva deciso di sfruttare al massimo il fatto che lui fosse il suo tutor, chiedendogli almeno un appuntamento a settimana con le scuse più varie: chiarimenti sull'ultima lezione, un consiglio su qualche lettura per migliorare il suo italiano, un pianto di nostalgia verso la sua famiglia tanto lontana in Russia.
E contro ogni sua aspettativa, la tristezza aveva messo in moto qualcosa. Quell'uomo aveva un istinto paterno incredibile. Gli era bastato vederla in quello stato per portarla a casa sua a cena, insieme alla moglie e ai figli (di cui la maggiore aveva pressapoco l'età di Natasha) nel tentativo di distrarla e sollevarle il morale.
Il tutto senza mai, MAI fare un solo, misero, tentativo di sedurla.
Una cosa che le era a dir poco inedita.
Da lì, il passo era stato breve. Lui l'aveva presa sotto la sua ala protettrice, e lei aveva iniziato a tessere la sua tela. Era spesso a cena da lui, era diventata amica della figlia, che frequentava architettura, sempre al Politecnico, sempre a Bovisa, con cui passava spesso le pause e pranzo e i weekend (ogni invito era buono per spiare in casa dell'uomo).
Ci erano voluti pochi mesi per capire che il professor Mandelli non aveva la più pallida idea di quello che stava progettando. Lui era convinto di stare disegnando pale di elicotteri meno rumorose per una questione di inquinamento acustico, ma niente di più. Quello che lei aveva riconosciuto subito come il vice direttore della CIA, per lui era solo un ingegnere americano mandato da una società statutinense, la Aeroshuttle Inc., a controllare l'avanzamento del progetto.
Come aveva fatto rapporto, nello stesso giorno le arrivò l'ordine di ucciderlo, insieme alla sua famiglia, e farlo sembrare un incidente.
Ovvio che finisse così. Lui ormai l'aveva vista in faccia, e non avrebbe avuto esitazioni a riconoscerla in un futuro. La stessa cosa poteva dirsi di Michela, la figlia, con cui era arrivata anche a confidarsi su cose parecchio intime, che avevano creato con poche difficoltà alla spia, che non era una campionessa di socializzazione.

E così si era messa al lavoro, pronta a eseguire l'ennesimo ordine senza discutere. Non provava rimorso. Non a livello cosciente almeno. Quello era il suo lavoro, ed era la sua vita contro la loro.
Quindi quella notte si era messa all'opera. Era venerdì e l'indomani l'ingegnere e la sua famiglia sarebbero partiti per un weekend in montagna, insieme ad Aliona (alias Natasha), per due giorni di libertà e divertimento.
Si draiò sotto l'auto, completamente al buio, solo una penna-torcia a illuminare il fondo della Ford Focus. Era stata attentissima, ed era sicura che nessuno l'avesse vista. Per questo sussultò quando una voce maschile le arrivò in poco più che un sussurro.
-Vuoi farlo davvero? Dopo tutto quello che hanno fatto per te?-
La sorpresa la fece sobbalzare, mandandola a colpire la scocca con la fronte. Ahio.
-Non devi farlo se non vuoi...- di nuovo la voce le parlò.
Non rispondergli, si disse, ignoralo e stai al coperto. Non. Deve. Vederti. E trova un modo per ucciderlo, già che ci sei.
-Non puoi uccidermi, se lo fai, addio incidente...-
-Posso sempre infilarti nel bagagaglio- risposte istintivamente. Che cazzo fai?
-Natalia. Sei morta comunque-
Che? Cosa? Conosceva il suo nome?
-Sei stata scoperta due mesi fa- proseguì la voce -Da allora cercano di ucciderti, a volte sfuggi per la tua buona stella, a volte perchè, modestamente, ci sono io a pararti il culo-
-Sì certo...a chi la racconti?-
-Natalia. Ti sto dicendo la verità. Esci da lì-
Spinta da una forza sconosciuta, lei, che non si fidava di nessuno, decise di fidarsi di quella voce e uscire. L'uomo che le si parò davanti era sulla trentina, aveva i capelli corti e portava occhiali da sole (???) nonostante fosse piena notte. E sulle spalle aveva....una faretra? Le tese una mano, che lei rifiutò categoricamente, mettendosi in piedi da sola.
-Cosa...- cominciò, ma lui le mise un dito sulle labbra e le mostrò un cellulare.
Era una ripresa video. Era lei, al politecnico, nel dipartimento di spazio. Aula L09. Fece due calcoli, il video era di due giorni prima, lo stesso giorno dell'arrivo dell'ordine di omicidio di Mandelli.
La ripresa era fatta dall'alto, forse, anzi sicuramente, dal tetto del palazzo che ospitava il bar dove aveva preso l'abitudine di fare colazionea al mattino. La ripresa zoomò sul palazzo alla sinistra dell'edificio dove era collocata la sua aula. Era un posto che sempre aveva pensato ottimo per posizionare un cecchino. E non venne tradita.
Un uomo con un fucile di precisione era appostato e puntava proprio verso la classe. Verso di lei. O verso Mandelli. No. Scartò quell'ipotesi. L'ordine di terminare il professore era arrivato a lei. E lei era la migliore.  Nessuno che avesse un po' di sale in zucca avrebbe mandato un altro dopo averle assegnato il lavoro.
-Questo non prova che siano i miei a volermi uccidere-
-Guarda meglio-
Non aveva avuto bisogno di dirle cosa guardare meglio. Il cecchino vestiva di grigio, quasi perfettamente mimetizzato con il cemento del terrazzino su cui era appostato, e portava un passamontagna. L'attenzione di Natasha, Natalia, si focalizzò sul fucile. Un SVD Dragunov. Fabbricazione russa. Gettata 800m, caricatore da 10 colpi. Non utilizzato dalle forze americane.
Quello non era il solo video. Gliene mostrò altri ancora, in tutti la stessa scena. Ma perchè ucciderla prima che uccidesse il suo obbiettivo? Che senso aveva?
A meno che...
La realtà la colpì come un macigno, togliendole il fiato. Era una distrazione. Non volevano che lo terminasse perchè era un possibile pericolo. Lui era solo l'esca, la distrazione per permettere loro di colpirla.
-Ho eliminato tutti i cecchini, compreso quello di stasera- Con il pollice lo sconosciuto indicò la casa antistante quella del professore.
Ma lei non lo stava più ascoltando. Se i suoi la volevano morta...che cosa restava di lei?
-Natalia..- il tono di lui le fece capire che aveva detto qualcosa che lei si era completamente persa. -Dobbiamo andare. Ora-
Non sapeva perchè, ma lo seguì. Chi era questo sconosciuto armato di arco e frecce?  E perchè la stava proteggendo?

-E mi raccomando- la voce di Clint dal basso la riportò al presente. Stava congedando i ragazzi, dandogli appuntamento al giorno successivo per la prossima lezione, pratica questa volta, sulle armi da fuoco -attenti ai ragni, si nascondono ovunque in questa base operativa-
Natasha non potè fare a meno di sogghignare, sentendo appena il fastidio di essere stata scoperta, e attese che l'ultimo studente fosse uscito prima di calarsi a terra con un salto acrobatico.

All'inizio non era certo della sua presenza, ma poi si era mossa, e la luce aveva colpito per un attimo il suo stivale.
Natasha.
Avrebbe dovuto saperlo che, dopo averlo visto in quello stato, non l'avrebbe mai lasciato solo. Per lo meno aveva avuto il buon senso di non stenderlo come si era offerta di fare.
Non riusciva a essere stizzito dal fatto che lei lo spiasse, avrebbe dovuto esserlo, ma proprio non ci riusciva. Anzi, questo gli fece pensare di essere messo peggio di quanto pensasse, se la russa arrivava a invadere così i suoi spazi.
Chiuse la porta e si volse a guardarla mentre scendeva armoniosamente a terra. Un salto perfetto, che avrebbe fatto invidia ai migliori acrobati del circo dove aveva lavorato e si era formato da bambino.
-Soddisfatta dalla lezione?-
-Troppo disprezzo verso le armi da fuoco, signor Arciere-
Clint sogghignò. Non poteva farci nulla. Per lui non c'era niente di più armonioso ed elegante di una freccia tirata con precisione millimetrica.
Le armi da fuoco avevano i loro indiscutibili vantaggi, tra cui il minor ingombro e la minor delicatezza, ma niente poteva distorglierlo dal primo amore.
Lei gli sorrise di rimando, e tra loro calò un silenzio rilassato.
Clint all'improvviso si rese conto che quella sera non aveva voglia di restare da solo. Odiava ammetterlo perfino con sè stesso, ma aveva paura. Gli incubi, le immagini di quei giorni di schiavitù gli tornavano alla mente non appena si stendeva a letto.  Non importava se fosse esausto, ubriaco, o riposato. Quei frammenti di memoria tornavano inesorabilmente a tormentarlo, vividi come se li stesse vivendo in quei momenti.
Non sapeva se era il residuo del potere di Loki o solo il suo senso di colpa. Sapeva solo che ogni volta gli sembrava di impazzire. Non dormiva bene da non ricordava nemmeno lui quando (no atterrare il semidio non l'aveva aiutato a dormire meglio come immaginava), e non era raro che uscisse da quelle visioni con brividi e ricoperto di sudore freddo. E nemmeno che vomitasse la cena.
-Pizza da me?- le propose
-Va bene. Ma il film lo porto io-
-No no no ti prego...un altro dei tuoi mattoni non lo sopporterei-
-Troppo tardi, Barton. Tu hai scelto la cena. Io scelgo il film- replicò la donna mentre già si allontanava verso lo spogliatoio.
Clint alzò gli occhi al cielo, prevedendo l'ennesimo mattone filosofico che l'amica gli avrebbe propinato quella sera, poi si fece una doccia e andò a casa, comunque lieto che lei avesse capito il suo bisogno di compagnia...

-Perchè mi stai proteggendo?-
La domanda l'aveva colto all'improvviso, spingendolo a farsela a sua volta. Già. Perchè? Lei era la sua missione. Lui doveva tenerla d'occhio, capire cosa stava cercando, e successivamente tenderle una trappola, dove lui e i suoi colleghi l'avrebbero uccisa una buona volta.
Natalia Romanova aveva dato del filo da torcere a tutti, nessun agente era riuscito anche solo a metterla in difficoltà, non parliamo poi di ucciderla.
Quindi si era deciso per un agguato.
Ma quando l'aveva vista, vista davvero, non aveva avuto il coraggio di portare a termine quella missione.
Perchè lui era convinto che la ragazza che aveva fatto amicizia con Vanessa Mandelli fosse la VERA Natalia, non l'assassina spietata, la spia perfetta che era stata addestrata a essere.
Nei suoi occhi, quando chiacchierava spensierata, aveva visto il desiderio di una vita normale attraversarla. Conosceva la luce che regalava allo sguardo. Lo aveva visto nei suoi stessi occhi ogni volta che vedeva i bambini al circo.
Lui a 13 anni scarsi era già una star, era già Occhio di Falco. Con l'arco, o con i coltelli, non sbagliava un tiro. Era l'orgoglio del direttore (quando non lo faceva pestare a sangue) decantare le sue doti.
Tutti quei bambini con una vita normale lo invidiavano, avrebbero voluto essere lui.
Non sapevano che lui avrebbe dato ogni cosa per un quarto d'ora della loro vita.
Aveva deciso all'istante di toglierla da quella vita, e l'occasione gli si era presentata quando erano stati inviati i primi cecchini. Li aveva abbattuti ancora prima che si rendessero conto di cosa era successo.
Ed era uscito allo scoperto prima che facesse qualcosa che avrebbe rimpianto per tutta la vita.
-Credi nelle seconde possibilità?-
-No-
-Bene, perchè te ne sto offrendo una-

PERSONAL SPACE: PARTE II: Eccomi qui, alla fine del secondo capitolo, che spero vi sia piaciuto. Ho scelto una location un po' particolare per l'incontro tra Clint e Natasha, ma volevo che fosse ambientato in un posto che conosco...e ahimè vedo più la triste sede del poli che casa mia ;( ;(
Niente, spero vi sia piaciuto, e che continuerete a leggermi...e ah se volete recensire io non mi offendo eh! :)





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Capitolo 3
*** Capitolo 3: incontri ***


PERSONAL SPACE: Rieccomiiiii!!!! Sono esaltatissima perchè hanno dato l'ufficialità della quarta stagione di Sherlock, cosa di cui non vi fregherà sicuramente nulla, ma io amo profondamente la serie e questo mi lascia molto pimpante...però va bè, sherlock qui dentro non c'entra...indi per cui... GRAZIE a GINGER e ALEXISSLYTERIN, che mi hanno recensita...mi fa davvero piacere che state apprezzando questa fanfiction e spero continuerete a seguirmi!
Bando alle ciance e... buona lettura! Ci si rilegge in fondo!

CAPITOLO 3: Incontri

Natalia se ne era andata. Aveva ignorato la sua offerta di una seconda possibilità e si era dileguata nell'oscurità, chissà dove.
Ed era toccato a lui trovare una scusa per averla persa. Gli era costato una bella lavata di capo da parte di Fury, ma tutto sommato se l'era cavata con poco: la Vedova Nera non era oggettivamente un bersaglio facile da gestire, e Clint non era il primo a cui era sfuggita dalle mani. Anche se non tutti avevano le capacità dell'arciere.
Di lei non aveva saputo più niente per qualche anno, fino a quando non si era letteralmente trovato con la lingua di lei nella sua bocca alla Grand Central Station di New York, qualche mese dopo.

Good Bye Lenin le sembrava una scelta azzeccata. Un bel film non troppo pesante sulla caduta del muro di Berlino.
Poi però pensò anche a Clint, e decise, per una volta, di accontentare l'amico, almeno in parte. Visto il suo stato d'animo, quasi se lo meritava.
Si spostò nella sezione dei film d'azione, guardando orde di titoli che per lei erano uno meno significativo dell'altro. Sospirò, meditando quasi quasi di chiudere gli occhi e prenderne uno a caso. O di chiedere aiuto a quel commesso che non riusciva a togliere gli occhi dal suo fondoschiena.
-Non ti facevo da film d'azione-
La voce la fece sobbalzare, non tanto per averla presa di sorpresa, ma quanto per averne riconosciuto subito il proprietario.
-Non ti facevo da videonoleggio. Almeno sai come si usa un lettore dvd?-
Steve Rogers fece una risata divertita. Sì salvare il mondo ti autorizzava a prendere per i fondelli Capitan America.
-Touchè- rispose avvicinandosi a lei.
Non si vedevano dalla mega mangiata di Shawarma a cui Tony Stark li aveva obbligati post salvataggio del mondo, riunione a cui Clint non aveva potuto partecipare, ricoverato all'ospedale dello SHIELD per controlli, analisi e test sui possibili postumi che il controllo di Loki avrebbe potuto lasciare su di lui. -Sei riuscita a digerire quella roba dopo?- le chiese
-Sì...con qualche litro di Vodka- rispose -cercavo un film per accontentare Barton, ma per me è arabo questa roba. Siamo agenti segreti, la nostra vita è già abbastanza piena di azione...che cosa ci troverà mai in questi agglomerati di effetti speciali...-
-Come sta l'agente Barton?-
Tutti naturalmente sapevano che lei e Clint erano molto uniti, quasi come fratelli
-Sta bene... qualche senso di colpa di troppo, ma si riprenderà. Presto tornerà sul campo, credo-
-Non deve sentirsi in colpa. Di quello che ha fatto non era responsabile, e con le sue azioni si è già fatto più che perdonare-
-Dillo a lui- rispose la donna.
Il pensiero di Cap era quello che cercava di inculcare nella testa dell'amico da quasi due settimane, ma senza risultati. E se quella sera le aveva addirittura chiesto compagnia, bè allora la faccenda era più seria del previsto. Nonostante il loro rapporto, non erano il genere di amici che si trovano a casa a vedersi un film, non andavano mai oltre una birra dopo il lavoro, di solito.
-Comunque- Steve arrivò alla lettera M dello scaffale dei film d'azione e prese un Dvd dalla copertina bianca -Questo dovrebbe piacerti. Lui sicuramente l'avrà già visto-
Natasha lo prese. Mission Impossible. Sì, ne aveva sentito parlare.
-Graz...- il ringraziamento le morì in gola. Dio. Si era appena fatta consigliare in materia di film da uno che fino a poche settimane prima era un surgelato? I suoi pensieri dovevano leggersi come un libro, perchè Steve rise.
-Non c'è di che. Mi ricambi il favore?-
Lei in risposta prese una seconda copia di Good Bye Lenin e gliela porse.
-Una donna attivista della DDR (Deutsche Demokratische Republik, o Germania Est se preferite ndr.) cade in coma, e si risveglia dopo la caduta del muro. Per non traumatizzarla i figli fanno di tutto per farle credere che tutto sia ancora come prima. Può andare?-
-Perfetto. Non è facile recuperare 70 anni di storia-
Natasha gli sorrise e insieme si diressero alla cassa. Ora il commesso sembrava decisamente infastidito dalla presenza dell'uomo al suo fianco. Pagarono e uscirono.
-Bè...ci si vede, Capitano-
-A presto, Natasha-
I due si separarono, e la ragazza proseguì verso la seconda tappa del suo viaggio, dopo aver nascosto per bene il film d'azione nella borsa, in modo che se avesse frugato nei suoi effetti per scoprire il film della serata, non l'avrebbe visto. E' vero che voleva accontentarlo, ma non dopo averlo fatto soffrire un po'.
Entrò poi in un supermercato. Gelato era quello che ci voleva. Sì, lo stava decisamente viziando, ma era anche vero, che se le meritava tutte le sue attenzioni, anche per quello che aveva fatto per lei in passato.

Dopo Milano, lei era sparita.
Davanti a quello sconosciuto non l'avrebbe mai ammesso, ma l'idea di essere braccata dai suoi stessi capi, peraltro senza un valido motivo da quel che poteva ricordare a memoria facendo mente locare, la spaventava a morte.
Loro erano l'unica cosa che lei avesse. Certo non poteva considerarli una famiglia, ma nel bene o nel male si erano presi cura di lei, crescendola (anche se in modo piuttosto discutibile) e dandole un tetto sopra la testa.
Ora che cosa le restava?
Non perse troppo tempo a chiederselo. Ora doveva sparire, far perdere le sue tracce.
Solo più tardi, dopo essersi tinta e tagliata i capelli e essersi infilata su un volo per la grande Mela, si era chiesta se forse non fosse stata un po' troppo precipitosa a fuggire dall'invito dello sconosciuto.
E' vero, si era fidata di lui e delle sue parole, ma il fatto che conoscesse il suo nome la disturbava abbastanza da chiedersi cosa volesse veramente da lei. Avrebbe sempre potuto chiedere no?
Ma ormai era fatta, e non l'avrebbe mai più rivisto.
O almeno era quello che pensava.
Si sarebbero incontrati di nuovo, più avanti. Complice la sua identità nuova, Natalia era riuscita a restare nell'anonimato. Si era presa un appartamento anonimo in affitto e aveva trovato da lavorare come cameriera in un ristorantino a gestione famigliare.
Si era dovuta adattare a una vita completamente nuova. Aveva adottato lo stesso approccio di una missione sotto copertura. Ma questa poteva durare in eterno.
All'inizio si annoiava.
Dopo il lavoro e le pulizie non le restava niente di meglio da fare che mettersi sul divano e poltrire. La televisione la annoiava, ed erano davvero pochi i film che non la facevano addormentare dalla noia dopo 10/15 minuti.
Per cui aveva iniziato a leggere. Leggeva di tutto.
Quindi era questa, la vita normale?
Vedeva persone attorno a lei innamorarsi, fare amicizie. Lei non se lo poteva permettere.
Per quanto si illudesse, sapeva benissimo che sarebbe arrivato il giorno in cui qualcuno sarebbe entrato nel locale o l'avrebbe vista al supermercato, o incrociata in metro e tutto sarebbe finito. Lei sarebbe stata di nuovo in fuga. O morta.
E un giorno qualcuno effettivamente entrò nel locale.
L'aveva visto solo di notte, ma la sua voce le era rimasta impressa a fuoco nella mente.
-Un caffè da portar via-
Al bancone c'era la sua collega, e lei si era voltata a pulire un tavolo appena in tempo per non farsi riconoscere. Non era possibile.
New York vantava circa 8 milioni di abitanti, sparsi in cinque distretti. E lui entrava proprio nel locale dove lavorava lei?
Rientrò in cucina con i piatti sporchi da lavare, e diede uno sguardo al suo viso, per sapere per lo meno che faccia avesse, nel caso fosse servito. Per poterlo riconoscere in futuro ed evitare che diventasse una minaccia, o il suo assassino.
Lui, fortunatamente, non si accorse di niente, e lei non uscì dal retro finchè non fu certa che se ne fosse andato.

Da allora però si era ufficialmente trovata un hobby.
Un po' per sospetto, un po' per deformazione professionale, un po' per noia, e un po' per curiosità, aveva iniziato a seguirlo.
Abitava non molto distante da lei, e per fortuna non metteva spesso piede nel suo posto di lavoro.
Non era una cosa morbosa, semplicemente quando lo incrociava lo agganciava e lo seguiva. Era anche un ottimo allenamento per non perdere le vecchie abitudini.

Anche quel giorno, lo stava seguendo. Era presto e lei aveva appena staccato dal lavoro. Non aveva troppa voglia di andare subito a casa, così si era concessa un giro al centro commerciale per comprare una nuova tintura per capelli. Dio solo sapeva quanta voglia aveva di tornare al rosso, ma sapeva di non poter rischiare una mossa del genere. Sicuramente era la ricercata numero uno sulla lista.
Optò per il solito, anonimo, castano scuro, che ben si sposava con i suoi occhi.
Poi però lo aveva intravisto, vestito in borghese, jeans, allstar e una felpa col cappuccio. E gli immancabili occhiali da sole.
Si era subito messa a seguirlo, fortunatamente senza deviare dal suo obiettivo primario della tinta, visto che anche lui aveva fatto una tappa al supermarket.
Poi li aveva visti.
E loro avevano visto lei.
Aveva però letto nei loro occhi l'incertezza. I capelli erano diversi, il trucco le cambiava leggermente i connotati grazie a un sapiente uso di fondotinta, terre e quant'altro. I primi tempi faceva fatica a riconoscersi guardandosi allo specchio.
Non. Andare. In. Panico. Sta. Calma. Si disse. Stai in pubblico, in mezzo alla gente, e tieni le distanze.
Aveva visto Mr. Occhiali da sole entrare alla Grand Central Station, e immediatamente aveva deciso di seguirlo. Non perse tempo ad ammirare la grandiosità dell'edificio. Fece il giro, e gli corse incontro come se stesse arrivando direttamente dai binari.
-Amore!- Lo strinse a sé e lo coinvolse in un bacio appassionato.

Sorrise al ricordo mentre passava proprio davanti a quella stazione che le aveva cambiato la vita.


PERSONAL SPACE: Eccoci qui, continua il flashback, così come la mia personalissima versione dell'inizio dell'amicizia tra Natasha e Clint, non mi piaceva l'idea di finire tutto con Milano perciò...niente, spero che vi sia piaciuta.
Nel prossimo capitolo vedremo che succederà! Un grazie ancora a chi a recensito e un grazie anticipato a chi deciderà di farlo, di nuovo o da zero!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: home ***


PERSONAL SPACE: Rieccomi! Studiare mi rende molto produttiva (ingegneria fa malissimo, sappiatelo!!!) e quindi eccomi qui! Di nuovo Grazie ad AlexisSlyterin e a Ginge per le recensioni, mi rendete felicissima!! *_*
grazie anche a STARKEXPO, che ha messo questa schifezzuola tra le seguite!
Vi lascio al capitolo...buona lettura!

CAPITOLO 4: Home


Clint si buttò sotto la doccia di casa sua.
Niente era come il bagno di casa propria. Specialmente se questo aveva una radio.
Aveva scoperto che la musica o uno speaker potevano essere un ottimo rimedio contro i vagabondaggi del proprio cervello che inevitabilmente iniziavano sotto la doccia.
E in quel periodo era una manna dal cielo.
Cercava di convincersi a ogni costo che tutto andava bene, che non doveva sentirsi in colpa. Perfino il dottor Banner era stato a trovarlo, ancora quando era in ospedale, per cercare di dargli sollievo.
Del resto, chi meglio di Bruce poteva sapere cosa stava provando?
Come era stato per Natasha, anche le parole del genio non erano servite a molto a lungo termine.
La verità era che non si sentiva solo in colpa.
La verità era che aveva paura.
La paura che il controllo sarebbe tornato, di non averlo definitivamente sconfitto. Paura di tornare a essere il burattino di Loki.
Certo, il semidio ora era ad Asgard, ma chi gli diceva che non lo potesse controllare anche a distanza? Che non avrebbe potuto riprendere il comando del suo cervello premendo un bottone o con chi sa quale altra diavoleria?
Non aveva il coraggio di pensarci, e nemmeno aveva trovato la forza di chiederlo a Thor. Aveva l'impressione netta che il semidio non tenesse in alta considerazione i semplici umani (a parte quella Jane che lo aveva aiutato in New Mexico, ovvio, e il dottor Selvig, per ovvi, innegabili, meriti scientifici) e quindi aveva evitato di importunarlo.
Nemmeno Natasha sapeva nulla di questo suo terrore.
Non riusciva a dirglielo, e non capiva perchè. Lei del resto, era riuscita a confidarsi con lui.

Quando una bella ragazza ti prende e ti bacia, così, dal nulla, non è che ci stai troppo a pensare, se sei una persona normale.
Ma Clint non era una persona normale, e sul momento aveva avuto la tentazione di respingerla, sospettoso di una trappola. Non conosceva quella ragazza, e dubitava di un banale scambio di persona.
Ma poi aveva sentito un dito picchiare sulla sua schiena, mentre lei lo stringeva. Picchiettava in modo ritmico, con uno schema. A volte si soffermava per più tempo sul tessuto sulla sua felpa. A volte meno. A volte si fermava.

Tre contatti brevi. Pausa. Contatto lungo, contatto lungo, contatto corto, contatto lungo. Pausa. Tre contatti brevi.

Gli si gelò il sangue nelle vene. Codice morse. SOS. Lo stava “scrivendo” a ripetizione. Strinse la presa un attimo, a farle capire che aveva capito.
Ma il messaggio non era finito.

Contatto lungo, contatto lungo. Pausa. N. Contatto breve, contatto lungo. Pausa. A. Contatto lungo. Pausa. T. Contatto breve, contatto lungo. Pausa. A. Contatto breve, contatto lungo, contatto breve, contatto breve. Pausa. L.

-Natalia- Soffiò sulle sue labbra, staccandosi appena per darsi il tempo per guardarla.
Il suo aspetto era cambiato, ma non fece fatica a riconoscerla, ora che ci faceva caso e la vedeva così da vicino.
Non sapeva cosa lei volesse da lui, o quali pericoli stesse correndo, ma se era lì, ora, a chiedergli aiuto, lui certo non poteva negarglielo. Non se lo aveva trovato tra tutti gli abitanti di New York, dopo averlo visto per pochi minuti una notte di qualche mese prima.
E allora rispose a quel bacio, stringendola forte a sé mentre, coperto dalle lenti scure, cercava di individuare la minaccia.
Perchè per spingere la Vedova Nera a quell'azione plateale, una minaccia doveva esserci,  e doveva essere nelle vicinanze.
Si guardò intorno, scandagliando velocemente ma accuratamente la folta popolazione della stazione.
Pendolari: stanchi operai o uomini d'affari entravano e uscivano a passo svelto. Qualche famiglia, con delle valigie, in partenza o in arrivo da un viaggio. Un nonno che teneva la nipotina per mano. Non doveva prendere il treno, l'aveva semplicemente portata a vedere i convogli che passavano, non prima di averle comprato un palloncino rosa a forma di unicorno.
Cerca Clint. Cerca.
Continuava a baciarla, mentre esplorava i dintorni. Eccoli. Niente valigie, niente ventiquattro ore. Nessun segno di stanchezza sul viso. Due uomini a ore 20. A stento riusciva a vederli con la coda dell'occhio. Ruotò di poco su sé stesso, senza staccarsi da lei, fino ad averli quasi di fronte.
-Amore...- disse alla fine staccandosi e raccogliendo da terra il borsone posato poco prima da un tizio che era andato a fare i biglietti senza l'ingombro del bagaglio -Come è andato il viaggio? Sei stanca?-
Lei aveva alzato gli occhi e l'aveva guardato con una punta di riconoscenza
-Esausta. Andiamo a casa?-
Lui le aveva avvolto un braccio attorno alle spalle stringendola a sé e l'aveva portata fuori dalla stazione. Solo quando si fu assicurato che quelli non li avevano seguiti abbandonò il borsone in un cassonetto e la prese per mano, guidandola in un vicolo.
Lì fece scendere la scala antincendio.
-Su. Sali. Fino in cima-
La istruì, e fu lieto che lei obbedisse senza fiatare. Lui si arrampicò dietro di lei.
La fece arrivare su un tetto, poi la prese per mano e iniziò a guidarla sicuro sui tetti di Brooklyn. Ogni tanto guardava di sotto, mentre saltavano da un edificio all'altro, ma nessuno li seguiva. Si fermò solo quando atterrò sopra  palazzo malandato.
Casa sua.
Anche questo non era decisamente da lui. Sapeva benissimo chi, o meglio, cosa era Natalia. Poteva essere tutta una trappola per eliminarlo, del resto, ultimamente aveva fatto parecchio arrabbiare i russi, e non solo loro.
Ma per un qualche motivo, sentiva che lei non era lì per ucciderlo.
La fermò un istante prima che lei iniziasse la rincorsa per il salto al tetto successivo. Aprì del tutto la finestra della mansarda e la fece entrare, richiudendola poi dietro di sé.
-Dove siamo?-
-Bè...questa è...casa mia- disse con il respiro appena un poco affannato -Chi era che ti inseguiva?-
-Mi hai portato...a casa tua?-
-Bè tu mi hai cacciato la lingua in bocca...-
Fu lieto di vederla sorridere alla sua pronta risposta.
-Giusto...quindi tu vivi qui? A New York?-
-Sì...quando non sono in missione. A proposito. Clint Barton-
-Natalia Romanova, ma dubito che tu non lo sappia-
Stavolta toccò a lui sorridere, mentre la faceva accomodare in quel monolocale diversamente ordinato. Ok. Diciamo pure disordinato all'ennesima potenza.
Non era spesso a casa, per lo più preferiva farsi spedire in giro per il mondo dallo SHIELD. Non si diventava il migliore stazionando in ufficio troppo a lungo, almeno questo era quello che amava ripetersi.
Ma era rimasto solo abbastanza a lungo da conoscersi piuttosto bene: quello che odiava era il vuoto di quella casa una volta rientrato dal lavoro. L'essere sempre solo.
Certo, gli bastava andare in un bar, fare il carino, e rimorchiare non gli era difficile. Ma per qualche motivo, niente durava più di una o due scopate, tre se proprio la storia era duratura.
Non riusciva a legarsi a qualcuna, e anche sulle amicizie non era proprio una cima. O certo, qualcuno con cui bere una birra l'aveva sempre trovato, qualche leccaculo voglioso di farselo amico per fare carriera, qualche recluta del cazzo che voleva sentire le avventure di Occhio di Falco. Ma amici veri? Con cui condividere...bè qualcosa di più, nessuno.
La voce di Natalia lo riportò alla realtà. Gli spiegò come era scappata dall'Italia, rifugiandosi a New York, dove aveva provato a rifarsi una vita. Si era trasformata in Lana Roberts, una giovane brunetta con un appartamento in affitto e un lavoretto in un ristorantino che lui conosceva per il pessimo caffè che facevano.
Aveva mantenuto un basso profilo, ma oggi aveva riconosciuto quei due, e loro avevano avuto un sospetto su di lei, tanto da inziare a seguirla.
-E poi hai visto me-
-Beh...non esattamente-
Lui la guardò curioso. E poi sbalordito quando lei gli confessò che ormai lo seguiva da mesi, tipo stalker, ma con casualità.
Era inseguito e non se ne era accorto.
Non sapeva se far finire la propria autostima sotto i piedi o congratularsi con lei per essere stata così brava. Nel dubbio rimase zitto.
-Che farai ora?- le chiese sinceramente preoccupato
-Non lo so. Non so nemmeno chi sono veramente. Non so chi erano i miei genitori, se ho ancora una famiglia la fuori che mi aspetta-
Per la seconda volta gli era sembrata totalmente indifesa, quasi spaventata. E per istinto sapeva che a lei faceva strano quanto a lui avere un contatto così sincero con un altro essere umano che non fosse il proprio riflesso allo specchio.
-Ci sono io. Se vuoi- disse di getto, più spontaneo verso qualcuno di quanto non lo fosse stato da...bè da un sacco di tempo.
Cosa aveva questa ragazza? Perchè voleva proteggerla a tutti i costi?
-Non credo nelle seconde possibilità, lo sai-
Lui per tutta risposta le aveva messo in mano un bigliettino.
-Io ora devo andare, Nat. Il lavoro mi chiama. Questa casa è sicura. Resta pure qui questa notte. Pensaci su ok? Se decidi che vale la pena tentare, allora ci vediamo domani a quell'indirizzo-
Lei aveva annuito, poi lui l'aveva lasciata per partire. Missione lampo in California.
Quando era tornato al mattino, Natalia se ne era andata.

Sorrise al ricordo, e decise di mettere un po' di ordine prima dell'arrivo dell'amica.
No, con gli anni non era diventato più ordinato, anche se finalmente era un po' meno solo.
Natasha come sempre spaccò il minuto, arrivando 5 minuti prima delle pizze.
Anche se non era una cosa che facevano spesso, anzi, di fatto quasi mai, avevano una loro routine.
Solite pizze (quando si mangiava pizza), solita ora.
Il loro solito silenzio rilassante dopo il fracasso di una giornata allo SHIELD. Non avevano mai avuto bisogno di molte parole per comprendersi, sia sul campo che nella vita, forse perchè nessuno dei due era mai molto bravo a comunicare.
Gli sguardi, la postura, i gesti.
Era con quelli che riuscivano davvero a parlarsi, ad arrivare l'uno al cuore dell'altra.
-Wow hai portato il gelato-
-Non ti ci abituare, Barton-
Mise la vaschetta nel congelatore, mentre Natasha si metteva comoda sul divano, spostando senza battere ciglio una sua felpa spiegazzata.
Probabilmente tutto quel caos la irritava. L'appartamento di Natasha poteva definirsi quasi asettico. Niente fuori posto, niente polvere. Tutto in perfetto ordine.
L'esatto opposto del suo.
Come d'abitudine mise la mano nello zaino dell'amica, estraendo l'ennesimo mattone. Good Bye Lenin. Alzò gli occhi al cielo, ripromettendosi di non scegliere mai più la cena.

-Come sono le nuove reclute?-
Avevano finito le loro pizze, mangiate rigorosamente rannicchiati sul divano, le schiene sui braccioli e le gambe semi-distese incastrate tra di loro al centro, il cartone sulle ginocchia e le bottiglie di birra a portata di mano.
-Mah. Qualcuno di loro sembra avere una vaga idea di come si tiene in mano una pistola...per gli altri..bè spero che nessuno di loro riesca a spararsi su un piede. Per domani ho scelto le pistole ad aria compressa-
Natasha sorrise
-Non sarai un po' troppo duro? Nessuno nasce imparato. Eccetto noi, forse-
Clint annuì, distratto.
Stava ripensando a uno dei ragazzi più giovani, di quelli ancora sotto l'età legale per possedere una pistola.
Gli era saltato all'occhio perchè non appena aveva detto il suo nome si era rabbuiato. Certo, non aveva dato segno di non voler lavorare con lui, ma nemmeno si era dimostrato così entusiasta.
Lo raccontò a Natasha.
-Forse preferisce IronMan- ironizzò subito la ragazza, liquidando l'episodio come il capriccio di un ragazzino che probabilmente si era arruolato solo con la speranza di poter vedere il suo Vendicatore preferito.
Clint annuì, lasciandosi convincere, mentre inseriva il film del lettore Dvd, rassegnato all'ennesima dose di gomitate e calci che Natasha gli rifilava per impedirgli di cadere addormentato.
Alla fine nessuno dei due arrivò a fine film, e il suono insistente del cellulare di Natasha li svegliò entrambi che era già giorno.
La ragazza rispose al volo, un po' assonnata, e subito dopo sparì, non dopo aver rubato una ciambella dal frigo di Clint. Una nuova missione la chiamava.
L'arciere sospirò, chiedendosi quando Fury si sarebbe mai deciso (se mai l'avesse fatto) a rimandarlo in azione sul campo.
Guardò l'ora.
Le reclute lo aspettavano.

PERSONAL SPACE: Eccomi di nuovo! Alexis va bene così? XD Niente, spero vi sia piaciuto...qualcosina su questa recluta inizia ad arrivare (e dopo 4 capitoli mi sembrava anche ora XD), ma questo non metterà fine al racconto del passato tra i due...alla prossima e se vi va recensite!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: missioni ***


PERSONAL SPACE: Eccomi qui! Prima di tutto grazie alle mie fedelissime, Ginge e la mia stalker AlexisSlyterin, che non mancano mai di farmi avere le loro recensioni sempre molto gradite!
Grazie anche a chi sta leggendo questa fiction senza recensirla, spero vi stia piacendo!

CAPITOLO 5: Missioni

Natasha era su un volo privato dello SHIELD da ormai 5 ore e mezza.
La notte precedente si era addormentata senza accorgersene sul divano insieme a Clint, o almeno questo era quello che gli aveva lasciato credere.
La verità era che quando l'aveva visto crollare per la decima volta, anziché rifilargli il decimo calcio aveva deciso di lasciarlo riposare. Sospettava che non dormisse un granchè bene di recente.
Alla fine del film aveva deciso, spinta da non sapeva nemmeno lei quale ragione, di restare lì. La posizione non era poi scomoda, e i suoi piedi erano tenuti al caldo da quelli dell'amico, che dormiva così bene che non aveva voluto svegliarlo per tornare a casa. Per cui aveva lasciato accesa la tv e si era addormentata, facendogli credere che la sua permanenza fosse stata un incidente.
Non era preoccupata che lui si facesse strane idee per il fatto che lei fosse volontariamente rimasta, i due erano già finiti a letto in passato e avevano convenuto che una relazione tra di loro non era cosa da fare, e non per i regolamenti dello SHIELD, semplicemente non funzionavano come coppia, semplicemente non voleva che lui pensasse che lei non lo ritenesse in grado di restare da solo.
E' vero, lui le aveva chiesto compagnia proprio per quel motivo, ma un conto era accettare di vedersi un film e mangiarsi una pizza, su invito, un conto dirgli: guarda sono rimasta perchè volevo assicurarmi che se ti fossi svegliato non saresti stato da solo.
Sarebbe stato troppo umiliante per lui, anche se magari, anzi quasi certamente, il suo subconscio l'avrebbe ringraziata.
Clint aveva passato una notte abbastanza tranquilla, si era solo agitato un paio di volte, ma niente che l'avesse indotta a svegliarlo.
Contava di chiamarlo più tardi, o meglio ancora mandargli un messaggio quando da lui sarebbe stata sera, se non altro per sentire come era andata con le reclute.
Sperava davvero che Fury lo rispedisse in azione al più presto, era disposta perfino a prendersene la responsabilità; la sedentarietà gli lasciava troppo tempo per pensare.
Quanto a lei, il suo programma prevedeva una missione di routine, più o meno.
Infiltrarsi in un albergo, sedurre il solito maiale sceicco riccone, estrapolargli qualche informazione su delle nuove armi che stava sviluppando da vendere agli occidentali dopo che un attentato avesse casualmente causato un'invasione in un paese mediorientale a caso (niente di difficile, bastava una scollatura, un bicchiere di vino e fingersi di fronte a un eroe per far partire l'ego, e la lingua, di questi uomini, specialmente se gli si permetteva di allungare un pochino le mani) e poi svignarsela, possibilmente senza fare troppi morti.
Easy.
Scese dall'aereo e subito si fece accompagnare in albergo.
Ovviamente, trattandosi di uno sceicco in viaggio d'affari, il prescelto era niente meno che il Burj Al Arab a Dubai, meglio conosciuto come le vele. Una cosina da nulla, solo circa 2000 dollari a notte, a persona.
L'arrivo di una ricca, giovane, affascinante, donna sola con abbastanza soldi da permettersi quel genere di sistemazione, una Suite Panoramic vista mare con tutti i confort, non era certo passato inosservato.
Il suo obbiettivo l'aveva inquadrata (o meglio, radiografata) quasi subito, e lei non aveva mancato di notare che lui era tanto attratto da lei quanto lei era disgustata da lui. Finse di ignorarlo e si registrò con il nome di Linda Bellini, italiana di Venezia, dopodichè si fece accompagnare in camera.
Se da fuori l'albergo era un sogno, con la famosa forma a vela che lo caratterizzava e la struttura che si reggeva su un isolotto artificiale praticamente sul bagnasciuga della spiaggia, dentro non era certo da meno, con i suoi 8 lussuosi ristoranti, arredati uno più elegantemente dell'altro, di cui uno affacciato su un imponente acquario da togliere il fiato.
Palestre, piscine, tavoli da biliardo, sale giochi: qui chiunque avrebbe trovato il divertimento a lui più congeniale.
La suite che le avevano assegnato era gigantesca, circa 200 metri quadri da quello che riusciva a calcolare. Al centro della camera, tutta ricoperta di un immacolata moquet, vi era un sontuoso letto matrimoniale, e ai lati ampio spazio per ricevere gli ospiti, incluso un tavolo da 6 per una cena intima. Il maggiordomo che le era stato assegnato 24h attendeva pazientemente le sue istruzioni, dopo averla aiutata a togliersi la costosissima giacca. Gli chiese, cortesemente, ma con decisione (l'atteggiamento di una persona abituata ad avere a che fare con il personale di una casa, a cui si doveva comandare, ma allo stesso tempo portare rispetto), che le venisse preparato un bagno ristoratore. Acqua tiepida, ma non fredda, e sali da bagno agli agrumi. Ovviamente accompagnò il tutto con una lauta mancia.
Mentre attendeva si lasciò il tempo di godersi la luce della luna riflettersi sul mare. Era piena e chiara, e il cielo era sereno. La spiaggia vicina riluceva di una luce bianca. Una vista mozzafiato.
Decisamente, lavorare per lo SHIELD aveva i suoi vantaggi.
-Signorina, il vostro bagno è pronto- il cameriere le si rivolse in italiano perfetto, seppur con un po' di accento
-La ringrazio. Può andare. Mi svegli però domattina non dopo le 9 per favore-
-Sarà fatto. Buona serata-
Natasha sorrise e finalmente sola si spogliò. Godendosi il piacere di spogliarsi di quegli eleganti quanto scomodi vestiti e di godersi la soffice moquet sotto i piedi nudi.
Il bagno non era meno lussuoso. Ovunque c'era marmo, colorato di verde acqua,e la vasca da bagno poteva comodamente ospitare due persone, e forse anche un bambino.
Il maggiordomo, decise, si meritava una lauta mancia il mattino dopo.
L'acqua era calda al punto giusto, e i sali da bagno talmente buoni da spargere un delicato profumo di agrumi per tutto il locale. Si infilò nella vasca con un sospiro di piacere.
Agente segreto o meno, il viaggio era stato massacrante, e quel bagno caldo era una manna dal cielo.
Fece quattro conti e decise che Clint doveva essere nei dintorni della pausa pranzo. Un ottimo momento per farlo arrabbiare un po'.
Prese il telefono e compose il numero dalle chiamate rapide.

Le lezioni del mattino erano finite da poco, e Clint si stava godendo un tristissimo panino con dentro qualcosa di cui preferiva non sapere con certezza l'origine, quando il suo cellulare iniziò a vibrare.
Natasha, naturalmente.
-Pronto-
-Buongiorno, agente Barton-
-Buongiorno a te-
-Io mi direi buonanotte, a dire il vero-
-Dove sei?-
-Dubai-
-Vaffanculo-
-Alle vele-
-Muori-
Risero entrambi, anche se Clint trovava decisamente crudele il fatto che lei gli spiattellasse in faccia che era in un posto del genere quando lui era relegato al quartier generale dello SHIELD
-Come vanno le cose?-
-Passabili. Nessuno si è ancora sparato su un piede, mi ritengo soddisfatto. Tu, piuttosto? Spero che il tizio che dovrai sedurre puzzi-
-Guarda, l'ho intravisto oggi nella hall, mentre arrivavo...se puzza soltanto mi riterrei già una donna fortunata-
Clint storse il naso. Bleah.
Di solito invidiava Natasha, con quel suo corpo mozzafiato faceva un quarto della fatica di chiunque a farsi dire quello che voleva, ma ammetteva che a volte ci voleva del coraggio a farsi toccare da certi individui.
Anche nel periodo in cui andavano a letto insieme, lui non era mai stato geloso, sapeva bene come andava nel loro lavoro, e anche a lui era capitato di dover sedurre qualche donna e, anche se non lo avrebbe mai confessato nemmeno sotto tortura, sì anche qualche uomo. Solo che certe volte, effettivamente ci voleva molto, molto sangue freddo.
-Be dopo potrai goderti comunque un bagno in una di quelle piscine che loro chiamano vasche da bagno-
-Come sto facendo ora, avvolta dalla schiuma di un fantastico bagnoschiuma agli agrumi e un leggero idromassaggio?-
-Natasha, sto per andare in mano a farmi una sega con questa tua immagine in testa-
-Porco schifoso-
-Te lo se meritata, ammettilo-
Natasha rise.
-Devo andare ora...il maial...ehm l'obiettivo mi aspetta-
-Fattelo alla griglia-
-Ciao-
Mise via il telefono e mentre finiva il panino si prese una bella tazza di caffè fumante. Non l'avrebbe mai ammesso, ma Natasha gli mancava quando non c'era.
Non erano innamorati, quello l'avevano decisamente appurato, ma in qualche modo, averla vicino lo faceva sentire meno solo, come se avesse avuto una parvenza di famiglia.
Immerso in quei pensieri, non si accorse che il ragazzino che da due giorni lo guardava malissimo gli si era avvicinato.
-Posso fare qualcosa per te, Tommy?- gli chiese affabile mentre beveva un sorso dal bicchiere
-Hai mai ucciso qualcuno?-
Quella domanda gli arrivò diretta al petto. Cosa rispondere? Contavano quelli che aveva ucciso sotto il comando di Loki? Optò per una risposta diplomatica.
-E' inevitabile nel nostro lavoro. A volte ci viene ordinato di uccidere qualcuno per il bene di tutti-
-Ma hai mai ucciso qualcuno che non se lo meritava?- insistette il ragazzino
Meditò a lungo su cosa rispondergli. La domanda non era banale, e iniziava a sospettare che l'ipotesi di Natasha fosse del tutto sbagliata. Tuttavia, di nuovo, optò per una risposta più soft.
-Può succedere di commettere errori. Siamo umani, e a volte può succedere che chi dà l'ordine sbagli, o che nell'istante in cui hai sparato, o lanciato una freccia, qualcuno si sposti, e venga colpito. La vita è imprevedibile-
Il ragazzino tacque per un po', come indeciso su cosa rispondere. Clint lo guardò per bene. Non poteva avere più di quindici anni, decisamente era uno dei più giovani dell'accademia dello SHIELD.
Si chiese il perchè del suo arruolamento. Certo, lo SHIELD non aveva esitato a prendere lui, o Natasha, quando erano poco più grandi di Tommy, ma loro erano casi particolari: orfani, disadattati, addestrati a essere armi umane fin dalla più tenera età.
Tuttavia Tommy vestiva sempre bene, non aveva l'aria di un orfano. L'aveva visto, inoltre, socializzare durante la lezione.
Il ragazzino mise una mano in tasca, e ne tirò fuori una piuma. Il suo cuore perse un battito. L'avrebbe riconosciuta ovunque.
Probabilmente era sbiancato, perchè Tommy non gli chiese se apparteneva a una delle sue frecce. La sua domanda fu molto più diretta.
-E mio papà? Meritava di morire?-
E nell'istante in cui il ragazzo pronunciava queste parole, mentre Clint lo guardava negli occhi, la sua mente tornò a due settimane prima.

Stoccarda.
La prova generale di Loki di conquista dell'umanità. Un cecchino dello SHIELD era appostato sul tetto. Clint, per un qualche motivo, non l'aveva colpito da lontano. Gli si era avvicinato, aveva attirato la sua attenzione. E guardandolo negli occhi, gli stessi occhi che ora, più giovani, erano piantati nei suoi, gli aveva ficcato la punta della freccia dritta nel cuore. Senza arco, a mano.
E in quell'istante, mentre lui imprigionato in un angolo della propria mente gridava di orrore, aveva sentito tutto il sadismo di Loki, il suo senso di onnipotenza che cresceva man mano che la vita lasciava il corpo di quel soldato. E il godimento di Loki nel farglielo vedere, dell'uccidere qualcuno usando le sue armi, il suo corpo, senza che Clint potesse fare niente per evitarlo.

-A...agente B..Barton?-
La voce di Tommy lo riportò alla realtà. Ora non era più arrabbiato. Il tono di voce era basso, esitante, quasi spaventato.
Clint tornò alla realtà, il viso del ragazzino reso offuscato da un velo di quello che, si rese conto pochi istanti dopo, erano lacrime.
Si sforzò di recuperare il controllo, mentre lottava contro sé stesso.
Cosa dire a quel ragazzino?
I file che riguardavano la sua possessione erano riservati.
E' colpa mia.
Non darti colpe che non hai, Clint.
E' colpa mia.
Si tratta di mostri e magia, non siamo addestrati per questo.
E' colpa mia.
-S...signor Barton?-
Senza rendersene conto si era preso la testa fra le mani e aveva chiuso gli occhi. Si rendeva conto che lo stava spaventando, ma allo stesso tempo i ricordi, la confusione, il senso di colpa, le voci di chi cercava di aiutarlo, si mischiavano dentro di lui rischiando di fargli esplodere il cervello.
Ma ancora non sapeva cosa rispondergli.
Poteva prendersi la colpa, la colpa per quello che il suo corpo, sotto il controllo di Loki, aveva fatto.
O poteva mentire, dire che sì. Suo padre era stato un brutto errore di tiro.
Clint scartò subito questa seconda opzione. In un modo o nell'altro, il ragazzino doveva sapere che suo padre non era morto per caso, perchè si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
-Mio padre...era un traditore?-
-No, tuo padre non meritava di morire- Disse infine, recuperando la calma -Queste sono informazioni riservate, di cui non posso parlare, ma sappi, che è morto da eroe, facendo il suo dovere-
-Perchè l'hai ucciso?-
-Beh...- iniziò Clint, indeciso su come continuare.
-Agente Barton. Nel mio ufficio per favore-
La voce di Nick Fury non fu mai tanto gradita.
-Ne riparleremo Tommy- Quando avrò capito come darti una spiegazione logica terminò fra sé -Adesso torna nell'hangar. Vi raggiungo tra poco-
-Sì, signore-
Clint lo guardò andare via e tirò un sospiro. Poi si voltò ed entrò nell'ufficio del direttore dello SHIELD, chiedendosi cosa volesse da lui.
Solo in un secondo momento si ricordò che aveva appuntamento con la seconda perizia, che doveva decidere se poteva o meno tornare sul campio.
Aveva scordato l'appuntamento e probabilmente Fury aveva appena visto la sua reazione.
Merda.

PERSONAL SPACE: A sto giro niente flashback sulla vita di Natasha e Clint, ma come vedete, non ce ne è stata l'occasione. Inoltre, ho preferito, finalmente dare spazio a questa nuova recluta e alle missioni del presente.
quindi: Riuscirà Natasha nella sua missione? CLint passerà la perizia? Che cosa dirà Clint a Tommy? Lo saprete solo rimanendo connessi. Alla prossima!

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: ricordi ***


PERSONAL SPACE: Rieccomiii! Ci ho messo un po' perchè volevo pensare bene a cosa mettere in questo capitolo, e volevo anche tornare per un po' al passato di Clint e Natasha...e...be ecco il risultato...
Di nuovo, un grande grazie alle mie fedelissime Ginge e Alexis, che recensiscono più puntuali di un orologio svizzero, e a DBCLAUDIA e LEDY LEGGY che hanno inserito questa storia tra le seguite e le preferite, spero di non deludervi!
Buona lettura!  A dopo!

Capitolo 6: Ricordi


Ovviamente la perizia non era andata un gran che bene. Il suo non presentarsi non aveva fatto una bella impressione, e Fury non poteva negare quello che vedeva ogni giorno.
Forse, se ci fosse stato Coulson, Clint l'avrebbe scampata. Ma Phil non c'era più, e il direttore, giustamente, non poteva permettersi di mandare sul campo un uomo nelle sue condizioni. Lui stesso non si sarebbe mai affidato una missione.
L'arciere si conosceva a fondo, e sapeva, razionalmente, di non essere in grado di affrontare lo stress di una missione, seppure morisse dalla voglia di tornare sul campo, se non altro per avere qualcosa che gli impedisse di pensare.
Il ragazzino non era stata sicuramente una prova. Pur freddo che fosse, anche l'uomo con un occhio solo aveva un cuore, e mai avrebbe sottoposto un giovane appena diventato orfano di un genitore a una simile tortura psicologica.
Però aveva sicuramente influito.
Non sapeva quanto il direttore avesse visto e/o sentito, ma il suo pallore e il sudore sulla fronte, lo sapeva, erano stati subito evidenti.
-Agente Barton, mi dispiace informarla che non è ancora idoneo al servizio-
Appunto.
Rimase in silenzio, assimilando quelle parole, aspettate, ma che comunque gli lasciavano l'amaro in bocca.
-Mi dispiace- continuò il direttore -Quello che hai passato ti ha sconvolto, lo capisco. Ma devi andare avanti-
Di nuovo non rispose. Non era niente di nuovo. Natasha glielo ripeteva almeno quattro volte al giorno, gliel'aveva detto Bruce Banner, e perfino Tony Stark, quel giorno, quando l'aveva portato su quel tetto a New York, quando aveva balbettato una timida scusa.
-Hai sbagliato- gli aveva detto -Ora sei un vendicatore. Vendicati anche per questo-
A nessuno dei due uomini aveva avuto il coraggio di rispondere (più che altro Tony Stark era volato via come un fulmine senza che lui avesse avuto il tempo anche solo di assimilare la frase), esattamente come ora non aveva la forza di rispondere a Fury.
Inconsciamente, sapeva che l'uomo aveva ragione, ma per qualche motivo, non riusciva a non pensare ai soldati come il padre di Tommy, che si erano trovati uccisi da un fuoco che ritenevano amico.

Perchè il padre del ragazzo era stato solo il primo di una lunga lista, quella notte in Germania. Una notte in cui Loki si era particolarmente divertito a giocare col suo cervello.
Delle volte, Clint era incosciente di quello che faceva, ma poi il semidio aveva deciso che era più divertente lasciare che si accorgesse di quello che faceva, che se ne rendesse conto e allo stesso tempo non potesse disobbedire.
Aveva lottato con tutte le sue forze, cercato di combattere quel potere che lo teneva prigioniero. Ma senza successo. Almeno fino a quando Natasha non era riuscita a tenergli testa, a metterlo in seria difficoltà.
Quando aveva colpito l'inferriata, aveva sentito per un attimo di essere libero, almeno momentaneamente, dal controllo di Loki. Aveva alzato gli occhi verso l'amica che fino a pochi istanti fa era così determinato a voler uccidere. Aveva sussurrato il suo nome, con l'intento di chiedergli di finirlo. Non aveva avuto dubbi in quel momento: meglio la morte a una vita da schiavo. Poi lei lo aveva colpito, e si era risvegliato legato, con la testa che gli esplodeva: la sua coscienza che lottava contro il potere del semidio.
Aveva lottato per mantenere il controllo, solo la voce di Natasha a dargli la forza di tenersi attaccato alla realtà. Al dolore che si stava procurando ai polsi mentre si dibatteva per schiarirsi la mente.
-Vedrai che ti rimetterai-
-Devo respingerlo...-
E ci era riuscito. L'aveva respinto...

-Agente Barton!-
La voce di Fury lo riportò alla realtà. Si rese conto di essersi estraniato completamente. Ora era accasciato su una sedia dell'ufficio del direttore, che era accanto a lui un po' preoccupato.
-Mi...mi scusi- borbottò recuperando il controllo
-Stai bene?-
-Sì...sì-
Fury lo lasciò solo qualche minuto. Clint si accorse di essere coperto di sudore freddo e di avere il respiro accelerato. Cercò di scacciare i ricordi e riprendere il controllo.
Quando il direttore tornò in ufficio gli porse una bottiglietta d'acqua, che acccettò con piacere, in parte bevendola, in parte vuotandola sulla testa. Il freddo lo aiutò a tornare in sé -Mi scusi- disse quasi timidamente -Ho...a volte ho dei momenti in cui rivivo...-
-Come è accaduto prima con quella recluta?-
Poteva assolutamente giustificarsi, ma decise di mentire. Non era con Fury che si sentiva di parlare di certe cose, così si limitò ad annuire, rischiando di fare la figura di quello che non sapeva gestire delle situazioni critiche.
-Capisco...- Fury si alzò -Va a casa, Barton. Ci rivediamo domani-
-No...ce la faccio. Le reclute mi aspettano-
-Ne sei sicuro?-
-Assolutamente, signore-
Fury lo squadrò un secondo, sicuramente valutando se era il caso di lasciarlo da solo con dei ragazzi inesperti che maneggiavano armi, ma poi decise di dargli fiducia, così annuì e lo congedò.

Dopo aver chiuso la telefonata con Clint, Natasha si concesse ancora dieci minuti di quel bagno rilassante prima di uscire e mettersi all'opera.
Dopo essersi adeguatamente asciugata e profumata, prese un altro dei vestiti che aveva con sé. Lei non era molto per quel genere di abbigliamento, ma ammise tra se che quell'abito era splendido. Un abito artigianale italiano di alta moda, un pezzo unico di un sarto veneziano che aveva il proprio laboratorio proprio sopra il ponte dei sospiri.
Era un abito semplice, di un verde bottiglia che andava magnificamente a contrastare il rosso dei suoi capelli, con una spallina sola con il sostegno tutto affidato al bustino, che esaltava le sue forme in maniera egregia.
Il tutto terminava con una gonna che arrivava a terra, con un leggero strascico. Sperò ardentemente di non essere costretta a una fuga precipitosa, quella “coda” avrebbe segnato la sua fine.
Prima di mettersi le scarpe (un paio di sandali abbinati al vestito, fatti con la stoffa fornita dal sarto a un abilissimo calzolaio) di acconciò i capelli e si truccò lievemente con dell'ombretto verde sfumato con un rame. Un tocco di rossetto dal colore tenue e il mascara terminarono la sua opera.
In un ultimo momento di crudeltà Si fece una foto e la mandò a Clint.
-Perchè non sono uno sceicco grasso e puzzolente?-
Rise al suo sms di risposta, e lasciò la stanza.
Il riccone era ancora al bar della hall, e mentre lei si dirigeva verso il ristorante, non mancò di notare come l'uomo stesse apprezzando lo spettacolo che lei gli stava concedendo.
Si sedette, sola, e sfogliò distrattamente il menù.
-Mi scusi, signora-
Il signora, pronunciato in italiano, le fece alzare gli occhi. Di fronte a lei stava un uomo di chiare origini mediorientali, vestito con un completo elegante, e tuttavia non abbastanza costoso da essere un uomo d'affari.
-Sì?- rispose educatamente in italiano
-Mi manda lo sceicco Rayhan, che avrebbe il piacere di invitarla al proprio tavolo per la cena, se le aggrada-
Le aggradava? Ma proprio per niente.
Avrebbe rifiutato? No, ovviamente.
-Lo sceicco mi fa un grande onore- rispose in arabo con un inchino -Accento con gioia-
-La signora parla la nostra lingua, vedo-
Natasha arrossì e sorride timidamente
-Non bene come vorrei- rispose umilmente mentre li lasciava condurre dal tirapiedi al sontuoso tavolo dello sceicco, apparecchiato nel ristorante adiacente, quello con l'acquario, ovviamente completamente riservato all'ospite d'onore.
La spia entrò e fece un inchino al proprio ospite. -Vi ringrazio per l'invito, sayyid1-
Lui sorrise e si presentò come lo sceicco Rayhan Assad Al'lah, il “leone di Dio”, ma la invitò, ovviamente a chiamarlo semplicemente Rayhan.
Finite le presentazioni, l'uomo si alzò personalmente a porgerle la sedia accanto alla propria.
Si poteva dire tutto, ma non che la cena fosse stata orribile.
Lo sceicco, fino a quel momento, si era dimostrato un perfetto gentiluomo, e un musulmano perfetto: non aveva toccato infatti una goccia di alcol. Era una persona profondamente conscia del potere che aveva, ma allo stesso tempo non così stupida da sbandierare alla prima persona che gli capitava a tiro i suoi affari.
Tutto ciò che riuscì a scucirgli era quello che già sapevano allo SHIELD, né più, né meno.
A dispetto della prima impressione, nonostante l'aspetto non particolarmente gradevole, non fu viscido, e le sue mani rimasero bene a posto nonostante i nascosti trucchi di seduzione di Natasha, che avrebbero fatto crollare perfino uno con l'autocontrollo di Fury.
Dopo la cena, vedendola stanca, la riaccompagnò in camera, con la speranza di poter passare con lei la giornata successiva.

La donna si stese sul letto, liberandosi di tacchi e vestito in favore del proprio, comodo, pigiama, maledicendo la politica dello SHIELD che prevedeva l'uso delle buone maniere, prima di quelle cattive, per ottenere informazioni.
Fece un rapporto succinto, che inviò subito a Fury, prima di trovare sul cellulare un sms di Clint. La cosa la turbò.
Al di là della telefonata di prima, che però proveniva da lei, e della foto, proveniente sempre da Natasha, avevano il tacito accordo di non contattarsi in missione, a meno che, appunto, non fosse quello in missione a farsi avanti per primo. Entrambi sapevano bene che anche un solo sms poteva mandare tutto a puttane in un nanosecondo.
Lo richiamò all'istante.
-Natasha, ciao-
-Ciao- rimase zitta un attimo, cercando una frase che non tradisse il fatto che il suo messaggio l'avesse quasi mandata in panico. Disse la prima cosa che le passò per la mente -Hai finito di masturbarti con la mia foto in abito da sera?-
-Non ancora...anzi mi aiuteresti facendo una voce sexy?-
Lei sorrise, lieta che almeno non fosse così a terra da non rispondere alle sue battute.
Solo in quel momento si ricordò della perizia.
-Come è andata?- chiese, ma già conosceva la risposta. Se tutto fosse andato bene, non avrebbe ricevuto nessun sms.
E Clint, infatti le raccontò tutto, includendo però anche la conversazione con Tommy.
-Non dirmi che non è colpa mia- la prevenne -Non cominciare. Il problema è: cosa dico a quel ragazzino?-
Lei tacqua, conscia della situazione. Non era giusto che Clint si prendesse la colpa, e l'odio di quel ragazzino, ma tutto era top secret.
-Prendi tempo, appena torno ci pensiamo- rispose
-Quando torni? Come va col maiale?-
-Non si lascia arrostire, ed è più pulito del previsto-
Fatto, avevano iniziato a parlare in codice. Nessuno dei due si azzardava a parlare troppo liberamente di una missione una volta ufficialmente iniziata. I telefoni potevano non essere sicuri, anche se stavano utilizzando una linea che era solo loro, una coppia di telefoni identici che avevano comprato apposta per tenersi in contatto, anni prima, quando Natasha si era presentata all'indirizzo che Clint le aveva indicato.

Clint Barton aveva preso la telefonata, quattro cose e se ne era andato, dicendole che era libera di restare e lasciandole un bigliettino con un indirizzo e un'ora.
La ragazza rimase per un po' ferma immobile al centro della stanza che fungeva da salotto e cucina, indecisa sul da farsi.
Cercava di negare, o meglio, di ignorare, la sensazione che l'aveva presa quando lui aveva capito il suo SOS e aveva ricambiato il suo bacio, conducendola poi al sicuro. Si era sentita protetta, come se per una volta non avesse dovuto guardare in faccia la morte da sola. Non era una brutta sensazione.
Smettila. Si disse. Tu sei tu. E lui potrebbe anche essere una trappola per ucciderti.
Chi sarebbe mai potuto essere così...umano, sì umano, con lei, sapendo chi era in realtà? Sapendo cosa faceva per vivere?
“Credi alle seconde possibilità?”
Le sue parole di quella notte a Milano le tornarono in mente. La sua risposta era stata sincera. Era vero. Non ci credeva. Sapeva che per lei non ci sarebbe mai stata la redenzione. Nella sua vita non aveva fatto altro che uccidere, torturare, e ancora uccidere.
Ma una parte di sé stessa sperava, anzi agognava, la possibilità di tirarsi fuori da tutto questo. Ed era per quel motivo che era finita a fare la cameriera in un ristorante quando si era vista tradita dalla sua stessa gente.
E quanto è durata? Chiese a sé stessa.
Tuttavia decise di restare. Spostò frecce (??? questo tizio sul serio nel 2000 usava ancora arco e frecce??) e abiti (fortunatamente puliti) dal divano facendo attenzione a non rompere nulla e si stese. Si addormentò in pochi minuti.
Il mattino successivo si alzò all'alba e si lasciò quella casa alle spalle, non dopo aver imparato a memoria l'indirizzo.

Le ore passarono in fretta. Colazione, e poi via dal primo parrucchiere che aveva trovato aperto. Con non un po' di dispiacere, fece un taglio netto ai capelli, dandosi un taglio un po' punk. Molto corti, ma con il ciuffo lungo e liscio. E ovviamente nuovo colore. Questa volta optò per un nero corvino riflessato blu e la punta della frangia blu elettrico.
Il suo abbigliamento poco dopo seguì l'inclinazione dei capelli. Comprò un paio di jeans neri, ovviamente elasticizzati per non venire ostacolata nei movimenti, e un paio di anfibi (finalmente dei cari, vecchi, anfibi). Una felpa col cappuccio un po' più grande di un gruppo che non conosceva (linkin pirk, pork, qualcosa del genere) e infine un giubbino da motociclista di finta pelle.
Entrò poi in un negozio di Make up. Eyeliner, matita e mascare, rigorosamente neri.
Fingendo di provarli, prima di acquistarli si tracciò una perfetta linea nera sugli occhi, non troppo spessa, ma nemmeno invisibile, si passò la matita nella rima inferiore, costruendo una linea sottile, e infine si passò generosamente il mascara.
Una perfetta punk-rocker, si disse, accorgendosi di riconoscersi a stento e constatando di dimostrare almeno 5 anni in meno. Perfetto.

Guardò l'ora. Mezzogiorno.
Clint le aveva dato appuntamento alle 13.00. Aveva un'ora per decidersi.
Iniziò a incamminarsi verso il luogo dell'appuntamento. Ancora non aveva deciso, ma se era una trappola, quella era l'ora in cui le cose avrebbero iniziato a muoversi.
Era l'incrocio tra la 32esima e la 33esima strada, un luogo decisamente affollato.
Non l'ideale per un'imboscata, si disse, ma forse ottimo per uccidere qualcuno con una siringa passando inosservati.
Mentre diversi scenari possibili le passavano per la testa, si guardò intorno. Sembrava tutto a posto.
Il suo stomaco diede segnali di fame, perciò si tuffò nello Starbucks all'angolo e pranzò con due fette di torta e un frappuccino caldo.
Si avvicinava l'ora X.
Eccolo, infatti.
Barton era a meno di 5 metri da lei, e si guardava intorno, cercandola. Lei lo studiò per un attimo. Le labbra non si muovevano, non faceva cenni con le mani, e non batteva i piedi in modo ritmico a terra. Niente che lasciasse pensare che le stesse organizzando un agguato.
L'uomo si guardava intorno, scrutando la folla, forse chiedendosi quale aspetto avesse preso questa volta. Il suo sguardo vagava intorno all'incrocio, nei vari negozi, nei vari bar. Per un attimo si fissò anche su di lei, che prontamente si nascose dietro alla tazza evitando di incrociare i suoi occhi.
Le sembrava sulle spine, quasi speranzoso che lei si facesse vedere.
Al diavolo. Si disse. Che ho da perdere?
Si alzò e si avvicinò a lui da dietro, facendosi appena sentire per far si che si voltasse senza che lei dovesse parlare. Lui per un secondo non la riconobbe, poi rimase imbambolato in un muto stupore che la fece sorridere.
-Allora?- gli chiese
Lui la condusse allora per le strade di New York. Le disse chi era, per chi lavorava.
Ovvio. Lo SHIELD.
-E che vuoi da me?-
-Darti una seconda possibilità. Con lo SHIELD. Non sarà facile, il passato non si cancella, ma potrai scriverti un nuovo futuro-
Lei non credeva alle seconde possibilità, ma lo seguì.

PERSONAL SPACE:
prima di tutto:
1-Signore, in arabo
Grazie per essere arrivati fin qui, spero che il capitolo via sia piaciuto e non vi abbia troppo annoiato...nel caso, come sempre, fatemelo sapere con una recensione...alla prossima!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: La verità ***


PERSONAL SPACE: Eccomi qui, con un altro capitolo. So che sono ripetitiva, ma di nuovo grazie mille a Ginge e Alexis, che come sempre hanno commentato! Grazie ancora anche a chi questa storia la sta solo leggendo, spero che prima o poi vincerete la timidezza e mi diciate cosa ne pensate!
Ah, un'altra cosa. Ho iniziato lo spin off di questa fanfiction, dove approfondisco in una vera e propria storia a sè stante, l'inizio dell'amicizia tra Clint e Natasha. Il primo capitolo è già online, con il nome "Sento che questo sarà l'inizio di una lunga amicizia", se vi interessa, sapete dove andarlo a pescare XD
Niente, mi sono dilungata anche troppo...buona lettura!

CAPITOLO 7: La verità

Clint prima di entrare nell'hangar si fermò nei bagni.
Diede appena un'occhiata allo specchio, ma gli bastò. Dio, ecco perchè Fury gli aveva proposto di prendersi il resto della giornata libero.
Era tutto sudato, i capelli corti bagnati e gli occhi iniettati di sangue. No, decisamente non aveva un bell'aspetto.
Mandò un sms a Natasha.
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, che era in missione. Ma aveva un assoluto bisogno di parlare con lei, anche solo di farsi mandare al diavolo. Utilizzò la loro linea sicura, certo che quel telefono sarebbe in ogni caso rimasto nella camera del lussuoso albergo dove si trovava.
Solo quando prese in mano il cellulare vide la foto che lei gli aveva mandato. Wow e sta-wow. Natasha era davvero superba in quel vestito, il contrasto con i suoi capelli lasciava senza fiato, decisamente. Se quello sceicco non cedeva...bè o era cieco o era gay.
Si sciacquò il viso e poi uscì dal bagno, pronto per la lezione del pomeriggio. Rimandò l'invio dell'sms. La foto era stata mandata pochi minuti prima, quindi era decisamente nel pieno della missione.
“Perchè non sono uno sceicco grasso e puzzolente?” le inviò come risposta prima di mettere via il telefono a raggiungere l'hangar.

I ragazzi lo aspettavano ordinati, e si misero sull'attenti quando lui entrò.
-Riposo- ordinò in tono quieto, mentre li faceva sedere a terra attorno a lui.
Iniziò a spiegare, sentendo lo sguardo di Tommy su di lui. Non lo sfuggiva, sforzandosi di fare lezione come se niente fosse, ignorando il ragazzino se non per questioni puramente didattiche. Non gli sembrava il caso di affrontare un discorso così delicato, o anche solo accennare qualcosa di fronte ad altre persone, e soprattutto, ancora non non sapeva cosa dirgli.
Era sua la colpa di quello che era successo?
Sì.
No. Era sotto il controllo di Loki. Dio solo sapeva quanto aveva lottato, cercando di opporsi a quel potere, inutilmente.
Era vero. Non. Era. Colpa. Sua. Fine della storia.
Doveva convincersene.

Tommy lo avvicinò alla fine della lezione, rimanendo l'ultimo a consegnare la pistola mentre i suoi compagni avevano già lasciato l'hangar.
-Te la cavi bene-
-Grazie, signore-
Entrambi rimasero in silenzio per un attimo... alla fine Clint prese fiato.
-Tuo padre non meritava di morire-
-Perchè le hanno ordinato di farlo allora, signore?-
-Vorrei poterti dare una risposta, Tommy. Purtroppo non la ho-
Perchè Loki è un sadico bastardo.
Il ragazzo annuì. Non gli chiese, fortunatamente, perchè non avesse disobbedito agli ordini. Era nell'accademia dello SHIELD da abbastanza tempo da sapere la risposta senza doversela sentire dire a voce alta.
Gli ordini sono ordini.
-Tommy. Mi dispiace davvero. Se avessi avuto altra scelta, non avrei mai obbedito...-
-...Ma gli ordini sono ordini...lo so-
Il tono tranquillo gli fece più male di un pugno.
In un attimo decise che gliel'avrebbe detto, gli avrebbe detto la verità a costo di farsi cacciare dall'organizzazione. Ma non oggi. Doveva riflettere bene e consultarsi con Natasha, prima, se non altro per sentire il parere di qualcuno che non aveva il cervello annebbiato dai sensi di colpa.

-Prendi tempo, quando torno ne parliamo-
Gli aveva detto così, tre giorni prima. Ed era stato l'ultimo contatto che aveva avuto con Natasha. Certo, non era la prima volta che spariva per giorni, specialmente durante una missione, ma non era nemmeno da lei non mandare nemmeno un sms.
Tra loro funzionava così, da sempre, o almeno, da quando lei era arrivata allo SHIELD.

L'aveva avvertita che non sarebbe stato facile, che l'avrebbero in un primo momento arrestata e interrogata, e successivamente, forse, ammessa nello SHIELD.
Lei aveva annuito e aveva accettato la cosa, d'altra parte non aveva niente da perdere. Non più.
L'aveva accompagnata nell'ufficio di Coulson, che, di norma, era quello più umano tra i loro superiori, nonché colui che l'aveva convinto a smettere la vita da microcriminale per ambire, per dirla con le parole di Phil, a un bene superiore. Quale fosse il bene superiore, era ancora un mistero.
Non era però preparato a vedersela strappare via in un istante, ammanettata e trascinata in una stanza per gli interrogatori.
-Coulson, la prego...-
-E' una terrorista. Un'assassina, Barton. C'era un motivo se la volevamo morta- lo interruppe durò -E adesso scopriamo che siete ottimi amici, magari anche complici da chissà quanto tempo-
-Infatti. È in arresto.- Fury era entrato di soppiatto, il suono dei suoi passi nascosto dalla voce del suo supervisore.
Clint accettò in silenzio le manette; sapeva che al momento parlare, cercare di discolparsi, non sarebbe servito a niente, se non, forse, a complicare la sua situazione.
Per una volta tenne a freno il suo istinto ribelle, quell'indole che l'aveva cacciato in più guai di quanti potesse ricordare, incluso quello, e si lasciò trascinare nella stanza degli interrogatori, dove lo fecero sedere su una scomoda sedia.
Non dovette aspettare molto, Maria Hill entrò nel giro di pochi minuti.
Clint alzò lo sguardo su di lei, e immediatamente capì che doveva stare molto, molto attento a quello che diceva, e che probabilmente avrebbe dovuto parlare a cuore aperto.
Facile con una che sembra voglia incenerirti con lo sguardo, no?
-Da quanto tempo lavori con lei?-
-Non lavoro con lei-
-Ah no?-
-No-
-Spiegati-
-L'ho incontrata per caso, alla Grand Central Station. Mi ha...- si poteva definire bacio? -...baciato-
-Ah quindi una pericolosa terrorista ti avrebbe visto in stazione, avrebbe apprezzato il tuo bel visino e baciato? Non diciamo stronzate, Barton-
Clint sospirò, e alla fine decise, a malincuore, con immensa fatica per uno che faceva fatica a dire perfino quale fosse il suo colore preferito, di raccontare tutto.
Iniziò da Milano, da quando l'aveva avvertita del pericolo. Non tralasciò niente, come si era sentito, cosa aveva visto in lei, come le avesse ricordato lui stesso qualche anno prima.
Come avesse pensato che forse, così giovane, meritava una seconda chance come Coulson l'aveva data a lui anni prima.
Poi raccontò di New York, di quello che lei le aveva detto, di come, sì, gli aveva infilato la lingua in bocca, di come l'aveva portata da casa sua.
Cercò di farle capire quanto Natalia gli fosse sembrata sperduta e spaventata, di come era riuscito a leggere dietro lo sguardo freddo della ragazza.
-Ah davvero?- la Hill era molto scettica a riguardo.
Clint prese un bel respiro e chiuse gli occhi, e li tenne chiusi mentre sussurrava:
-Non è facile da spiegare, signora- cominciò, la voce incerta -Ma quando lo vedi, riconosci un altro orfano. Non ho visto oltre il ghiaccio. Ho visto il ghiaccio. Era la stessa maschera che indossavo io. Sii spietato, o muori. È la legge della strada, la prima regola di chi non vive una vita normale. Non so cosa abbiano fatto a quella ragazzina, ma so cosa hanno fatto a me. Avevo una buona mira, mi permetteva di vincere le figurine più rare lanciando le monete, ma crede davvero che un bambino scelga da solo di iniziare a lanciare coltelli?-
Non aprì gli occhi, ma sentiva lo sguardo della Hill su di sé. Non voleva vedere. Sapeva a questo punto la gente cosa provava: pena, dispiacere. Non voleva fare pena a nessuno, non gli aveva mai fatto piacere che la gente lo guardasse in quel modo. Deglutì, aprì le labbra quando sentì il freddo di un bicchiere che vi si appoggiava sopra e bevve un sorso.
-Non volevo diventare Occhio di Falco. Non volevo lanciare coltelli, né tirare con l'arco. Mi ci obbligarono: minacciavano la mia incolumità, mi riempivano di botte. Minacciavano mio fratello. E alla fine cedevo. Sopravvivi o muori. E tutto doveva venire nascosto: il dolore per le botte, la tristezza, la voglia di una casa vera. Il...- Clinti si interruppe per un secondo, incapace di mantenere salda la voce. Strinse le mani a pugno, conficcandosi le unghie nella carne e recuperando il controllo di sé. Proseguì- il dolore al cuore che mi prendeva ogni volta che vedevo un ragazzino della mia età venire al circo, felice con mamma e papà. Lo sguardo di Natalia, l'avevo anche io quando Coulson mi ha trovato-
Finalmente riaprì gli occhi, guardò in faccia la donna che ora lo ascoltava in silenzio. Fu lieto di non vedere altro che attenzione nello sguardo della donna.
-Vuole sapere perchè non l'ho uccisa? Perchè ho voluto portarla qui? Perchè lei è me. E non dirò altro, perchè non ho altro da dire-
Dopo poche ore era stato rilasciato, senza, per il momento, nessuna indagine in corso su di lui. A quanto sembrava Natalia l'aveva scagionato.

Non gli fu però possibile vederla per altre due settimane, quando finalmente qualcuno aveva preso la decisione di ammetterla nello SHIELD, ovviamente sotto la diretta responsabilità di chi ce l'aveva portata.
-Stai bene?-
Sapeva che non era abitudine dell'organizzazione far del male alle persone, ma voleva esserne certo. Lei annuì.
Lavorare con Natalia, anzi Natasha, perchè era così che si chiamava ora, non era stato facile, ma tra loro era nata subito una complicità strana, e quando per la prima volta gli fu assegnata una missione in solitaria, che l'avrebbe costretto a separarsi da lei, non aveva esitato a infilarsi in un negozio di cellulari e comprare una coppia di telefoni puliti.
Gliel'aveva fatto scivolare in tasca mentre le dava le ultime istruzioni prima di partire. Non uccidere nessuno e non fare danni.

Da allora era il loro canale di emergenza, la loro rete di sicurezza. Chi era in missione almeno una volta al giorno si faceva sentire. Non era raro che saltasse qualche giorno, ma  non era proprio da Natasha non farsi viva. Specialmente non durante una missione di routine come quella. Specialmente non quando sa in che stato mi trovo, completò tra sé.

Nel frattempo, aveva comunque preso una decisione.
Tommy meritava la verità.
O meglio, lui non meritava di prendersi la colpa per Loki. Si diceva, tra sé, quando si sentiva in vena di dare retta a Natasha, o meglio, a quello che gli avrebbe detto se si fosse degnata di farsi viva.
Quindi, al termine dell'ennesima lezione, chiese al ragazzino di aiutarlo a riportare le pistole in armeria.
Da tempo erano passati alle armi vere, almeno per esercitarsi al poligono. Tommy sparava davvero bene, aveva una mira decisamente buona, che migliorava di lezione in lezione con l'esercizio.
Restituite le Berette, Clint lo invitò a pranzo.
Niente di lussuoso. Un self-service, che aveva di tutto e di più, ma soprattutto aveva quello che serviva a lui: folla.
Dopo pranzo, decise che non poteva più rimandare. Durante il primo si era detto che il locale non era ancora abbastanza pieno, al secondo aveva deciso che Tommy meritasse di mangiare in santa pace...al dolce aveva finto un'urgenza in bagno.
Ma ora non poteva più scappare.
Erano usciti dal ristorante e si erano seduti su una panchina a Central Park.
-Tommy... ricordi quello che ti ho detto su tuo padre?-
Il ragazzino, stupito, annuì.
-Ora ti dirò la verità. Ti sembrerà assurda, penserai che sono un codardo che vuole solo pararsi il culo, che tanto è tutto riservato quindi non potrai verificarlo. Ma ti giuro, sul mio arco, che è tutto vero, fino all'ultima parola. Ma prima devi promettere che non ne farai parola con anima viva o morta. Quello che ti dirò, resta tra noi due. Se qualcosa trapela, io sono fuori dallo SHIELD con l'accusa di tradimento, e tu verrai spedito da qualche parte dove non potrai intralciare le operazioni. Mi hai capito?-
Il ragazzino non rispose subito. Rimase fermo, a guardarlo, un po' stranito, forse, dall'urgenza con cui aveva parlato, a voce bassissima, chinato verso di lui.
-Mi hai capito?- ripetè.
Tommy annuì solennemente
-Sì...sì, signore-
E così Clint gli raccontò tutto: di come Loki l'avesse posseduto, spinto a tradire lo SHIELD e a procurargli quello che gli serviva. E arrivò alla fatale notte di Stoccarda. Parlò come un fiume in piena, senza avere il coraggio di fermarsi, senza staccare gli occhi da quelli di Tommy. Se si fosse fermato, probabilmente non avrebbe più avuto la forza di continuare.
Alla fine del racconto, semplicemente tacque.
Si sentiva svuotato. No, svuotato non era la parola giusta. Libero? Ma non scherziamo. Più leggero? Naaa. Non bastava raccontare quello che era successo.
Sollevato? In parte, forse.
Raccontare la verità a Tommy, dargli la certezza che l'ordine della sua morte non era venuto dallo SHIELD ma da un nemico, gli aveva in parte dato sollievo. Lui stesso avrebbe pagato perchè qualcuno gli avesse detto, da piccolo, che suo padre si ubriacava per una motivazione in più che non fosse la paga bassa al lavoro o la preoccupazione che gli davano i suoi figli.
Non osava nemmeno immaginare cosa potesse pensare Tommy da quando aveva raccolto quell'impennaggio della sua freccia che l'aveva ucciso. Occhio di Falco era famoso anche prima allo SHIELD, un assassino perfetto, un soldato fedele. Ora per lo meno sapeva che non aveva tradito, che il fuoco che lo aveva ammazzato non era amico.
Guardò per la prima volta il ragazzino, che l'aveva ascoltato in silenzio, senza mai interromperlo, assorbendo le informazioni con la stessa attenzione con cui lo ascoltava in quell'hangar.
Non lo forzò a parlare, approfittò per bere un po' d'acqua dopo il lungo monologo.
-Quindi... non...sei stato tu...- Tommy aveva la voce incerta ed era passato a dargli del tu in maniera quasi inconscia -...Cioè...non è stato lei...signore-
-Io l'ho colpito-
-Ma...papà...non era un traditore...-
-No, Tommy, è morto facendo il proprio dovere. Nessuno dello SHIELD ha mai dato l'ordine di ucciderlo-
Probabilmente era tutto quello che bastava al ragazzino, perchè in un istante perse tutta la sua calma, gli occhi gli si inumidirono e ben presto iniziò a piangere.
Clint non sapeva che fare. Lo strinse, un po' goffamente,a sé, lasciandogli il tempo di sfogarsi. Notò che molte gente iniziava a guardarli, perciò lo fece alzare.
-Vieni Tommy, spostiamoci da qua-

PERSONAL SPACE: Eccomi qui! Dunque, per ora abbiamo il silenzio stampa di Natasha, ma in compenso, ho voluto dare molto più spazio alla nostra recluta, Tommy, e contiuare un po' il flashback.
Spero vi sia piaciuta...come sempre sapete come farmelo sapere! Alla prossima!
Dalamar_f16

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Mistero ***


PERSONAL SPACE; Eccomi qui, come al solito a un'ora indecente... come sempre grazie ad Alexis (che è bravissima a mettermi ansia) e Ginge, fedelissime e a Ledy Leggy, che in due giorni mi ha recensito il mondo *___* cioè, wow! grazie! giuro che piano piano ti rispondo a tutte, per ora GRAZIE; GRAZIE GRAZIE
Niente...buona lettura!

Capitolo 8: Mistero


Poiché Tommy non accennava a calmarsi, Clint decise in un lampo di portarlo a casa propria. L'appartamento all'ultimo piano del palazzo era, come sempre, sottosopra, con ancora i resti delle pizze sue e di Natasha a fare da arredamento sul pavimento.
Li tolse di mezzo con un calcio mentre faceva sedere il ragazzino sul divano.
Non sapendo che altro fare, si mise vicino a lui e lo strinse forte a sé.
-Mi dispiace, Tommy. Mi dispiace tanto- Sussurrò non sapendo nemmeno bene di cosa si stesse scusando -Se fossi riuscito a combatterlo...-
-N...no...- Tommy lo interruppe subito -Non...non è stata...colpa sua... le...le credo...sig..signore-
Clint tacque, mentre nella sua testa una vocina molto simile a quella di Natasha gli diceva una cosa tipo: “vedi? Nemmeno lui ti ritiene responsabile, ora che scuse hai, Barton, per non perdonarti?”
Lo lasciò sfogare, tenendolo stretto come lui avrebbe voluto che qualcuno avesse fatto a suo tempo, dopo che suo padre l'aveva pestato per l'ennesima volta, riducendolo a un ammasso di lividi.
Per lui non c'era stato nessuno. Le maestre a scuola facevano finta di niente, i vicini diventavano tutti improvvisamente sordi alle grida della madre che implorava il marito di lasciarlo stare, mentre lui sopportava in silenzio botte e insulti. E dopo, non c'erano stati gli assistenti sociali. C'erano solo lui e suo fratello. E dopo, anche Barnie se ne era andato, rivoltandoglisi contro.
Decise, in quel momento, che lui per Thomas ci sarebbe stato.
Sapeva bene che la situazione del ragazzo non era come la sua: Tommy, probabilmente, aveva una madre (anche se non ne era certissimo, non era sua abitudine scavare nel passato delle reclute, anche perchè normalmente sperava che uscissero dalla sua vita nel più breve tempo possibile) e una famiglia pronta a sostenerlo, ma ad ogni modo, avrebbe fatto tutto il possibile per essergli di aiuto.
Alla fine Tommy riprese il controllo di sé. Si alzò dalla posizione semi sdraiata in cui si era lasciato guidare dall'abbraccio di Clint e si staccò da lui.
-Mi...mi scusi- balbettò arrossendo, rendendosi conto di quello che era successo
-Ma no, Tommy. Va tutto bene.-
-Eh che... non ci dicevano niente, dicevano che era morto in servizio. Poi, quando...ho trovato...l'impennaggio, che era stato un incidente...che lei...aveva mancato il bersaglio...non...capivo più nulla-
-Come ti ho detto, Tommy, tutto questo è riservato. Tutta la faccenda di New York è in gran parte top secret, perchè ci sono troppe cose in ballo, cose che l'umanità non è pronta ad affrontare, come gli dei Asgardiani, come Loki, ad esempio- cercò di spiegare Clint -E poi c'è ovviamente tutta la faccenda della possessione-
-Lo capisco...la gente andrebbe in panico-
-Esatto. Per questo ti chiedo di mantenere il segreto. Ad ogni costo. Se avrai bisogno, io sono qui. Questo è il mio numero, e sai dove abito, ok?-
-G...grazie, signore-
-Fuori dallo SHIELD sono solo Clint-
-Va bene, sign...Clint-
Clint gli fece un sorriso incoraggiante, mentre con la scusa di usare il bagno lo lasciava da solo a ricomporsi. Mentre si asciugava il viso, con una mano aprì una delle ante, prendendo il telefono.
Ancora nessuna notizia da Natasha.
Iniziava a essere preoccupato sul serio.
E' una superspia. Si disse. Non essere apprensivo. Sa come cavarsela da sola. Se non ti chiama avrà i suoi buoni motivi. E' una missione di routine, probabilmente starà godendosi un mattino/pomeriggio/sera quel cavolo che era negli Emirati Arabi in piscina con lo sceicco gentiluomo.
Fece dei respiri profondi, poi tornò dal ragazzo.
Tommy aveva una capacità di dominarsi a dir poco pazzesca. Erano passati solo pochi minuti, ma si era già ricomposto. Clint gli indicò il bagno, in modo che potesse lavarsi dal visto gli ultimi residui di pianto.
-Ti riaccompagno a casa. Dove abiti?-
-Sto dormendo al dormitorio dello SHIELD. Posso tornare da solo se vuoi, non è un problema-
-No tranquillo. Come mai allo SHIELD?-
Fachesuamadrenonsiamorta. Fachesuamadrenonsiamorta. Fachesuamadrenonsiamorta.
-Mamma è andata a stare dalla nonna dopo...dopo la morte di mio padre. Io ho voluto arruolarmi-
Clint non si rese conto di aver trattenuto il respiro fino a quando non lo aveva rilasciato dopo la risposta di Tommy. Per un attimo, aveva temuto di averlo reso orfano. La notizia che fosse solo troppo lontana per tornare a casa lo rincuorava.
-Vuoi restare qui questo pomeriggio, magari a studiare?-
L'offerta gli era uscita spontanea, anche perchè sapeva bene, essendoci passato, quanto rumorosi potessero essere quei dormitori, e non solo per via degli altri abitanti. L'intera base era di per sé una giungla di rumori, e se capitava qualche imprevisto, era anche peggio.
Tommy esitò per qualche minuto, poi si lasciò convincere e rimase a casa dell'arciere fino alle 22, ora entro la quale chiudevano tassativamente i dormitori.

Solo dopo essere tornato a casa, e aver guardato per l'ennesima volta il cellulare, Clint si rese conto di essere davvero preoccupato per Natasha, cosa che non gli succedeva da anni ormai, dalla prima missione da solista della ragazza.
-Nat, accidenti, che fine hai fatto?-

Lo sceicco era stato di parola. Il giorno dopo la raggiunse per la colazione, e si dimostrò, di nuovo, un perfetto gentiluomo, ma anche una persona molto riservata.
Rimase con lei, ma senza essere appiccicoso, e la prima giornata terminò senza che Natasha quasi se ne rendesse conto. Presero il sole, fecero il bagno, pranzarono e passarono il pomeriggio insieme.
La spia quasi iniziava a rimpiangere i soliti maiali.
Con loro bastava una serata, una scollatura, e un bicchiere in più di vino.
La missione si faceva più dura del previsto.
Non funzionando le tecniche di seduzione (e ormai aveva fatto cose che, ne era certa, avevano arrapato tutti gli uomini non omosessuali nelle vicinanze), e non potendogli fare bere alcol, stava quasi meditando l'uso del sodio pentathol, detto anche il siero della verità.
Si concesse altre 24 ore, poi avrebbe agito.
Quella sera riuscì a convincerlo a cenare nella suite. E se ne pentì amaramente. Quell'uomo non era solo riservato: era prudente al limite del paranoico.
Sì, aveva un dannato assaggiatore.
Come se tutti volessero carpirgli informazioni.
Calma Natasha, calma. Si disse. Troverai un modo.
-Sei uno prudente tu, vero?- chiese con un sorriso
-Tu no?- rispose lui
Lei abbassò lo sguardo e annuì.
-Abbastanza. Il mio autista in effetti di solito viaggia armato- ammise imbarazzata
Rayhan sorrise e annuì, comprensivo. Era normale che una giovane, ricca e bella imprenditrice come lei fosse in costante pericolo.
-Tu sei sempre così prudente?- gli chiese
-Bè quando fai un lavoro come il mio, non sei mai al sicuro, specialmente qui dove tutti vedono complotti e giochi politici dietro ogni tua azione-
-Ed è davvero così?- chiese con aria innocente sfruttando il momento -Voglio dire, questi complotti, si fanno davvero?-
-Sei interessata?-
-Ad investire qui? Assolutamente. Ma vorrei capire cosa mi aspetta, sai, valutare i pro e i contro...-
-Bè, alcuni effettivamente lo fanno. Sai, le nostre maggiori esportazioni riguardano il petrolio, che è un bene molto prezioso per voi occidentali. Si può quasi dire che chi controlla il petrolio, controlla l'economia mondiale. E inoltre, gli Emirati sono un paradiso fiscale, tanto che molte nazioni limitano gli scambi di denaro liquido con noi-
-Non che questo vi mandi in rovina- sorrise Natasha, che cercava in qualche modo di sfondare il muro di diffidenza dell'uomo.
Continuarono a parlare dell'economia ancora per qualche ora, durante e poi anche dopo la cena. La rossa sondava, punzecchiava, cercava uno spiraglio, ma lo sceicco era sigillato. Dava risposte esaurienti per qualcuno intenzionato a investire, ma non parlava mai del suo impero economico.
Natasha si allontanò con la classica scusa della cipria.
In bagno sospirò silenziosamente, valutando se fosse o meno il caso di affrontare direttamente l'argomento.
Da quello che aveva visto durante la cena, non c'era verso che bevesse o mangiasse qualcosa che non fosse stato prima assaggiato, anche a costo di sfiorare la maleducazione, come quando si era assentata ed era tornata con una bottiglia di liquore di prugna artigianale, un prodotto tipico di Venezia fatto con succo di prugna e grappa veneziana, con un tocco di caramello e zucchero.
Si era scusato, e nonostante la bottiglia sigillata, aveva atteso che l'assaggiatore, e anche Natasha, ingerissero il liquido prima di procedere a sua volta all'assaggio.
Fin qui riteneva già una vittoria l'essere riuscita a fargli ingerire dell'alcol.
Il pentathol, per ora, era escluso.
Decise di rispettare il tempo limite che si era data. Si sistemò il trucco e tornò sul divanetto dove Rayhan l'aspettava. L'uomo sembrava davvero interessato a lei, almeno per ora, solo dal punto di vista degli affari.
Intorno a mezzanotte, vedendola stanca, la fece riaccompagnare nella sua stanza.
Finalmente potè liberarsi di quegli abiti, e di quei maledettissimi tacchi a spillo.
Il giorno dopo sarebbe stata una nuova giornata a parlare di cose noiosissime, di cui ormai aveva anche esaurito le idee.
Si alzò a piedi nudi, con l'idea di chiamare Clint. Quel maledetto telefono non prendeva, così si prese i suoi rischi e scese nella hall, intenzionata a chiamarlo da uno dei telefoni a scheda, ugualmente puliti.
Un movimento alle spalle la avvertì troppo tardi che qualcuno la stava seguendo molto da vicino.
Ebbe solo una frazione di secondo per rendersi conto che stava per essere colpita.
Buio.

PERSONAL SPACE: Capitolo molto corto, lo so, ma volevo lasciarvi un po' col fiato sospeso. Ora che la faccenda di Tommy è abbastanza definita...che sarà successo a Natasha? State con me e lo saprete!
alla prossima!
Dalamar

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Natasha ***


PERSONAL SPACE: Rieccomi! Come sempre grazie a tutti coloro che hanno commentato, mi fate davvero felice! Sono contenta che questa cosuzza vi piaccia!
Niente, vi lascio al capitolo e ci vediamo in fondo!

Capitolo 9: Natasha

Natasha aprì gli occhi lentamente, e la prima cosa di cui si rese conto era che aveva un mal di testa di quelli che non vengono tutti i giorni.
La seconda che non era nella sua stanza alle Vele.
La terza era che non aveva la minima idea di cosa fosse successo.
Cercò di alzarsi, ma un cerchio alla testa le suggerì che era meglio non mettere troppo alla prova il suo fisico.
Fece un respiro profondo e con molta, moltissima cautela, voltò la testa a destra e a sinistra. Era in una stanza senza delle vere e proprie finestre. La luce proveniva da delle feritoie disposte a pochi centimetri dal soffitto, larghe pochi centimetri e alte anche meno, messe a distanza regolare su due dei quattro lati. Evidentemente quelli che coincidevano con le mura di cinta di quel...qualunque cosa fosse quel posto.
Non riusciva a vedere la porta dalla sua posizione, probabilmente era dritta davanti ai suoi piedi, ma non ce l'aveva fatta ad alzarsi a sufficienza senza che la nausea l'assalisse, per cui non aveva un quadro completo della stanza.
Istintivamente cercò a tastoni nella tasca degli shorts che indossava la presenza ormai familiare della sua linea con Clint. Ovviamente gliel'avevano tolto.
Dannazione.
Non che avesse intenzione di chiamarlo, Occhio di Falco non era assolutamente nella condizione di poterla venire a salvare. Tra i sensi di colpa e la sua impulsività si sarebbe fatto ammazzare in meno di dieci secondi netti.
Ma in qualche modo l'aveva sempre rassicurata il fatto di averlo con sé. Era come se avesse sempre una via d'uscita, per quanto la maggior parte delle volte che se ne servivano implicava che erano in missioni separate, probabilmente a mezzo mondo di distanza l'uno dall'altra.
Smise di pensare a Clint per provare a concentrarsi su sé stessa.
Iniziò un vecchio giochino, forse inutile, ma che la aiutava a mettere a fuoco la situazione
Dove sei? aveva appurato di non saperlo, ma probabilmente in una prigione o un qualche magazzino. Era ancora negli Emirati? La domanda non aveva risposta. Non aveva idea di quanto fosse rimasta priva di sensi.
Cosa è successo? Questo era già più difficile. Cercò di ricordare. Era stata tutto il giorno con lo sceicco, avevano parlato, di affari per lo più. Poi era scesa per cercare di mettersi in contatto con Clint. Questi erano gli ultimi ricordi più o meno lucidi che arrivavano pian piano alla sua mente.
E poi? E poi... un uomo. Da dietro. Una botta. Fine delle trasmissioni.
Cercò di focalizzarsi su quell'uomo. Di richiamare alla mente ricordi sbiaditi, ma niente, non riusciva a metterne a fuoco il viso, forse nemmeno aveva avuto il tempo di vederlo.
Lo sforzo mnemonico le provocò un nuovo attacco di nausea e giramenti. Questa volta non riuscì a ricacciarlo indietro ed ebbe appena il tempo di voltare il viso prima di vomitare quelli che erano i resti dell'ottima cena avuta con lo sceicco. Fortunatamente la barella/lettiga su cui era sdraiata era abbastanza stretta, e gran parte del rigurgito finì per terra. Non un bello spettacolo, ma sicuramente meglio che impregnare un materasso.
Solo quando fece per sollevare la mano sinistra e pulirsi la bocca si rese conto di essere legata mani e, scoprì non appena cercò di muoverli, piedi. Aveva solo pochi centimetri di movimenti concessi. Giusto quello che bastava per toccarsi le tasche, altrimenti si sarebbe subito resa conto di non potersi muovere, invece era riuscita a cercare la presenza del telefono senza problemi.
Imprecò tra sé.
Odiava non sapere cosa stesse succedendo.

Da quando aveva rimesso, non passò molto tempo che entrasse una persona. Era un uomo, da quello che potè intuire. Non le parlò, non fece cenno di vederla e/o sentirla quando provò a chiamarlo, a fargli notare la sua presenza.
Sembrava molto imponente, le spalle erano larghe (anche se la sua visuale poteva essere distorta dalla sua prospettiva di prigioniera) e aveva il volto coperto da un passamontagna che copriva anche gli occhi con una fitta rete nera, molto simile a quella presente sul tradizionale burqa portato dalle donne in Afghanistan. L'uomo le era del tutto irriconoscibile.
Lo guardò attentamente, cercando di carpire eventuali zoppie o movimenti caratteristici, ma doveva essere stato ben addestrato. Non traspariva nulla.
Lui pulì dove aveva sporcato, poi la lasciò di nuovo sola.
Natasha conosceva la tattica: lascia solo il prigioniero a cuocere nel suo brodo, fallo cedere al panico, e dopo farlo parlare non sarebbe stato un problema.
Cercò di stare calma, di non agitarsi. Chiuse gli occhi e cercò di recuperare le forze.
Era spaventata? Ovviamente.
Poteva permettersi di cedere? Mai.
Non era diventata una delle migliori sul campo comportandosi come una qualunque. Lei era la Vedova Nera, e chiunque fossero quegli uomini, presto avrebbero assaggiato un po' delle sue capacità.
Il riposo è un arma.
Natasha si costrinse a dormire.

Venne svegliata da una secchiata di acqua che definirla gelida non era sufficiente.
Un grido le salì spontaneo alla bocca, mentre iniziava a tremare di freddo. Era ancora vestita come era scesa da quella stanza. Shorts di cotone e una t-shirt a maniche corte con il cappuccio. Cubetti di ghiaccio misti ad acqua erano posati sulla sua gola, e uno le era penetrato nella scollatura, fermandosi nell'incavo del reggiseno.
Aprì gli occhi azzurri, indossando subito quella che Capitan America definiva “la sua armatura” da Vedova Nera. Si finse più spaventata di quel che era: le pupille dilatate, il respiro affannato, un naturale tentativo di liberarsi.
Non tutti questi sentimenti erano falsi, ma la paura che provava era perfettamente sotto il suo controllo, pronta a essere usata a suo piacimento.
-Chi...chi siete? Che...cosa volete?- La sua voce aveva un tono innaturalmente più alto, con una nota di isterismo che di norma non le apparteneva. Cercò di muoversi, per tentare di vedere chi fossero i suoi carcerieri, ma chiunque l'avesse catturata sapeva fare il proprio lavoro: restavano costantemente al di fuori della sua vita.
-Basta con le finte, Natalia-
Il suono del suo vero nome le provocò un brivido gelido lungo la spina dorsale.
Natalia Romanova era morta quel giorno allo SHIELD, quando avevano deciso che l'avrebbero ammessa nell'organizzazione.
Rimase comunque lucida, cercando di giocare bene le proprie carte.
-Natalia? Ma che? Chi? Che volete da me? Chi è questa Natalia?-
Ma capì che la sua commedia era finita nel momento in cui qualcuno le mise davanti agli occhi la sua foto segnaletica. Anzi no, era il suo file al KGB. Il curriculum di un passato che credeva lasciato alle spalle e che ora rientrava, prepotentemente, nella sua vita.
A quel punto mise da parte la recita della donna spaventata per iniziarne subito un'altra: quella dell'impenetrabile Vedova Nera.
I suoi occhi si fecero freddi come il ghiaccio, e assunse una posa tranquilla, immobile.
-Cosa volete- Chiese di nuovo.
-Solo sapere cosa vuoi dallo sceicco, signorina Romanova-
L'aver scoperto di essere ancora nelle mani di Rayhan in qualche modo là rinfrancò.
Per un attimo, aveva temuto di essere finita di nuovo in Russia, sotto il controllo di quello che era nato dalle ceneri del KGB. Non avrebbe retto l'idea di un nuovo addestramento, di nuovi condizionamenti mentali. Di nuovi omicidi senza apparente motivo.
-Avete fatto i compiti...i miei complimenti-
Osò rispondere con la faccia tosta che la contraddistingueva e che le aveva salvato la pelle più volte di quante potesse ricordare.
Lo schiaffò arrivò imprevisto e forte, lasciandole una spiacevole sensazione di bruciore sulla guancia.
-Tutto qui?- Rincarò la dose -Un misero schiaffo?-
-Rayhan si è raccomandato: non dobbiamo farti troppo male-
-Che gentile-
Rispose con un sorriso strafottente.
-No- Finalmente la voce conosciuta dello sceicco le arrivò alle orecchie -Voglio solo avere il piacere di farti urlare ed estrarre personalmente tutte le informazioni che vorrai darmi suoi tuoi capi-
La voce dell'uomo era pacata, ma aveva una nota glaciale che le lasciò non poca inquietudine addosso. Fin dal loro primo incontro aveva capito che era un professionista, ma mai le aveva dato l'impressione di essere un torturatore. Bè, evidentamente Natasha non era l'unica brava a fingere.
Ed, evidentemente, lo SHIELD era molto bravo a nascondere le informazioni sui propri agenti, se quello che era riuscito a trovare era il suo file al KGB. Oppure, ora che ci pensava, era trapelato solo quello che Fury aveva voluto che trapelasse. Il suo passato. Non il suo presente.
Poiché aveva imparato che nessuna informazione è davvero segreta, l'ultima conclusione era quella più plausibile.
-Accomodati- rispose -Se hai letto quel file sai che non è facile farmi parlare... per cui...buon divertimento-
Lui le si avvicinò e finalmente Natasha potè vederlo in faccia. Il suo volto era impassibile. Non la odiava per l'inganno, né era disgustato. Sembrava...il volto di un uomo prima di cominciare una riunione di affari: interessato, concentrato eppure lievemente annoiato.
Questo non le sollevò il morale.
Una persona arrabbiata, o delusa, tendeva a sfogare le proprie emozioni subito, con inaudita violenza, salvo poi crollare e allentare le cose, oppure uccidere la propria vittima una volta raggiunto un livello di frustrazione tale da non volerla più nemmeno sentire respirare. Ma se era solo una questione di affari, Natasha non aveva dubbi: avrebbe fatto un lavoro minuzioso e costante, e tendenzialmente, poteva andare avanti all'infinito.
Le cose non si mettevano per nulla bene.

Non fu smentita.
Gli interrogatori si susseguivano con una cadenza irregolare. C'erano giorni in cui non le lasciavano un minuto per respirare. La interrogavano per ore e quando pensava fosse finita, ricominciavano. Oppure le lasciavano ore che sembravano infinite prima di ricominciare.
Decisamente sapeva come far cedere i propri aguzzini.
Ai suoi silenzi corrispondevano torture sempre peggiori. Avevano iniziato con le classiche minacce di chi aveva visto troppi film polizieschi. Dalle minacce di dolore fisico a quelle di stupro.
Inutile dire che le minacce le erano scivolate addosso come l'acqua della doccia.
Ben presto le minacce avevano avuto seguito. Tutte quante. Stupro incluso.
Aveva cercato di estraniarsi, di ignorare quegli uomini che la toccavano ovunque, i loro membri ovunque. Non era niente di nuovo. Il KGB l'aveva sottoposta a torture ben peggiori per prepararla a quella che era inevitabilmente la fine di una spia donna catturata, prima di venire uccisa.
Ma l'umiliazione, la voglia di mandare a fare in culo tutti e tutto, l'aveva colta più di una volta. Alla fine, cosa le aveva dato Fury? Un addestramento, un lavoro che alla fine non era molto diverso da quello che faceva prima. Tutto questo valeva l'essere violata?
Decisamente no.
Ma poi aveva pensato a Clint. E successivamente Steve e Bruce. La loro delicatezza nei suoi confronti. La sensibilità e la tenerezza del primo, catapultato in un mondo per lui irriconoscibile; i sensi di colpa del secondo, dopo che aveva perso il controllo rischiando di ucciderla. Tony, insopportabile e, doveva ammetterlo, irresistibile. E sì...perfino Thor, il semidio imperscrutabile ma che si era esposto in prima persona per salvare la Terra. Clint. Coulson. Clint.
Loro valevano il suo silenzio. Al cento per cento.
Quindi aveva resistito. A ogni pausa, allentava un po' le corde, massacrandosi i polsi, resistendo al dolore.
Alla fine riuscì a estrarre una mano. E con calma anche l'altra. Aveva già appurato che non c'erano telecamere nascoste, gridando più di una volta, disperata, che non ce la faceva più, che era pronta a parlare.
Nessuno aveva reagito, e nessuno le aveva chiesto niente gli interrogatori successivi. E soprattutto, nessuno aveva mai accennato a controllare i legacci.
Si mise finalmente a sedere, la schiena indolenzita dalla lunga degenza forzata e dalle multiple ferite.
Si guardò, shorts e slip erano spariti e la t-shirt era strappata in più punti. Del reggiseno nemmeno l'ombra, ovviamente.
Non perse poi molto tempo.
Facendosi strada dolorante ma caparbia riuscì a guadagnare l'uscita.

PERSONAL SPACE: Capitolo abbastanza Natashoso, lo ammetto, ma dopo averla piantata per un po' mi ha telefonato minacciandomi per cui... XD
Niente spero vi sia piaciuto, nel caso fatemelo sapere! (Anche se non vi è piaciuto eh? )

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: notti tormentate ***


PERSONAL SPACE: Prima di tutto...scusate! Scusate se ancora non ho risposto alle vostre recensioni fantastiche ed entusiastiche (Anche se Alexis mi fai un po' paura XD XD), giuro che appena ho un minuto rimedio!! Grazie anche a chi ha inserito questa ff nelle seguite, sono piccole soddisfazioni per me!
Vabbè...vi lascio al capitolo

Capitolo 10: Notti tormentate.

Respirò per un momento la fresca aria della notte non appena riuscì a mettere piede fuori da quel...lo guardò per un attimo. Sembrava un rifugio antiatomico in mezzo al deserto. Una nemmeno troppo grande struttura in cemento armato. Evidentemente il caro Rayhan non era così estraneo a certe pratiche.
Non perse tempo e iniziò a correre, ignorando il dolore ai piedi nudi e quello alle sue parti intime.
Vedeva delle luci non molto distanti...che si rivelarono più distanti del previsto, tanto che solo allo spuntar del sole riuscì a raggiungere i margini di quel villaggio. Con non pochi sensi di colpa, sottrasse a una casa un abito da donna, che seppure la intralciava nei movimenti, aveva il pregio di nasconderla egregiamente.
Con la scusa di una donna americana che si era lasciata abbindolare da un Emiro troppo gentile, che si era poi rivelato un vero e proprio padrone (i lividi sul suo volto fecero un egregio lavoro), riuscì a convincere un ignaro uomo d'affari inglese a darle un passaggio sul suo jet privato fino all'aeroporto di Londra.
James, questo il suo nome, fu molto gentile. Le diede degli abiti puliti e le lasciò la cuccetta del suo aereo per permetterle di riposare. Ma il vero shock lo ebbe quando si guardò alla specchio, subito dopo essersi fatta una doccia. Sì, su quel dannato aereo c'era una doccia.
Natasha lo annotò tra le cose da far aggiungere a Fury. Niente docce sugli aerei dello SHIELD.
Finalmente potè darsi un'occhiata clinica, ora che si era quasi calmata.
Quasi non credeva all'immagine riflessa nello specchio. Il suo corpo era cosparso di lividi e ferite quasi ovunque, un occhio era molto nero e un lato della faccia gonfio, ma questo la aveva immaginato.
I seni riportavano qualche livido, dove gli uomini l'avevano palpata e morsicata. Il solo contatto la faceva gemere di dolore. Le sue zone intime erano assolutamente fuori servizio. Il dolore era tanto che anche solo orinare le aveva fatto venire le lacrime agli occhi. Aveva immediatamente chiesto al suo ospite una pastiglia blocca diarrea in modo da evitare assolutamente ogni altro fabbisogno.
I polsi erano scorticati e facevano male, così come le caviglie, ma combattè il dolore e si costrinse a lavarsi per bene le ferite, per evitare che fibre di corda le provocassero un'infezione con i controfiocchi.
Si rivestì con un paio di jeas da uomo e una t-shirt che le andava più che larga, ma che allo stesso tempo non restava a contatto con le ferite, e quindi andava benissimo.
Si stese sul letto e vi rimase, rannicchiata su sé stessa, gli occhi spalancati. Non aveva voglia di parlare e James capì, anche se scambiava il suo silenzio con lo shock che quella giovane donna aveva subito.
Shock solo in parte finto.
Natasha teneva duro, ma ora che l'adrenalina e la tensione della prigionia stavano svanendo, si rese conto di quello che aveva passato. Si costringeva a non tremare, a restare lucida, ma avrebbe voluto piangere e urlare. O uccidere qualcuno.
Le ore di volo passarono interminabili. Non voleva dormire e iniziava pensare che la sua fuga fosse stata troppo tranquilla.
Certo, aveva steso una decina di guardie armate, che per quel posto così piccolo volevano come una legione, ma si era stupita anche che nessun'altro fosse all'interno di quel “carcere”.
Per ora non voleva porsi il problema. L'unica cosa che voleva era tornare negli Stati Uniti, anche se non sapeva come spiegare a Fury il proprio fallimento. Ne sarebbe stato furioso, e forse l'avrebbe perfino punita.
Al diavolo, Nat. Cazzo, ti hanno torturata!
La voce di Clint, non richiesta ma assolutamente veritiera, le rimbombò in testa. Sebbene la inquietasse il fatto che la sua coscienza avesse preso da discutibilissima voce di Clint Barton, non poteva negare la verità.
Fanculo a Fury. Non aveva scelto lei di fallire.
Lo sceicco aveva fatto i compiti, aveva cercato informazioni, e aveva scoperto chi era.
Non aveva fatto errori.
James bussò piano alla porta.
-Lisa. Tra pochi minuti atterriamo, il comandante chiede se puoi venire a sederti in cabina, per una questione di sicurezza-
-Sì. Arrivo- Natasha si tirò cautamente in piedi, prontamente sorretta dall'uomo.
Lui le aveva già proposto di fare denuncia e a chiedere a qualche organizzazione internazionale un intervento ma lei, fingendosi troppo spaventata anche solo per pensare di doverlo rivedere, aveva scosso la testa in segno di diniego, insistendo per tornare al più presto negli USA, a casa dei suoi genitori.
James l'aveva accontentata. Un secondo volo privato l'attendeva per portarla a casa.

Un rumore gli fece aprire un occhio. La serratura di casa che scattava gli fece aprire l'altro. Recuperò silenziosamente il coltello da sotto il materasso e si alzò.
Nonostante il caos, sapeva esattamente che cosa abitava il suo pavimento, e riuscì ad arrivare alla porta di casa senza emettere un suono.
Come questa si aprì, fu lesto ad immobilizzare l'intruso puntandogli il coltello alla gola. Per ritrovarsi tra le braccia Natasha.
Quasi gli cadde addosso.
Aveva i capelli scuri, tinti, non più rossi, e sembrava a dir poco esausta.
-Natasha...- la sorresse e la portò direttamente nella camera da letto, facendola stendere sul materasso -Nat...ehi...-
-Sto...bene. La missione è...fallita-
Non disse altro. Chiuse gli occhi e si addormentò di sasso, lasciando Clint indeciso sul da farsi.
Poi il suo istinto agì per lui. Mise una pistola nella mano dell'amica, assicurandosi che fosse carica, poi, preso l'arco, uscì dalla finestra e si arrampicò sul tetto. Sapeva che Natasha non era così stupida da farsi seguire, aveva troppa esperienza per commettere un simile errore, ma era più che stanca, e abbastanza disperata se aveva deciso di andare direttamente da lui e non al quartier generale.
Rimase basso, nascondendosi nella notte e guardò in strada. Non c'era nessuno che desse segni di essere sospetto.
Vide Mitch, il solito barbone all'angolo, addormentato sotto il suo cartone. Accanto a lui il suo cane, un vecchio incrocio tra un pastore tedesco e un qualcos'altro che non era bene in grado di definire. Quel cane era molto diffidente e protettivo, non c'era pericolo che qualcuno potesse prendere il posto del suo padrone senza lasciarci la carotide.
La strada era quieta, i bar già tutti chiusi, e nessuno camminava nei dintorni. Cambiò tetto e fece il giro dell'isolato.
Solo quando si fu assicurato che non era stata seguita si azzardò a tornare nell'appartamento.
Come mise piede nella stanza, si trovo con la propria pistola a due centimetri dalla fronte.
-Nat...sono io-
-Dio, Clint- Subito lei abbassò la pistola -Scusa-
-Sono uscito ad assicurarmi che non ti avessero seguito. Che è successo?-
-Ricordi la missione di routine? Bè il maiale gentiluomo è stato parecchio sottovalutato-
Clint accese la luce e chiuse bene le finestre. E solo allora vide i lividi sul suo volto e sui polsi.
-Dio...che ti ha fatto Natasha?-
E fu allora che accadde qualcosa che avrebbe lasciato Occhio di Falco sconvolto per molto, moltissimo tempo.
La Vedova nera inizio a tremare. Prima lievemente, poi sempre più forte. Poi scoppiò in un pianto spaventato.
Per un istante non seppe che fare.
La cosa gli sembrava tanto assurda che non per un attimo pensò che lo stesse prendendo in giro.
-Nat...- sussurrò mentre si sedeva sul letto accanto a lei e la stringeva dolcemente, cercando di non farle del male. La donna si strinse a lui, nascondendo il viso nel suo petto mentre piangeva. La sentì affondargli le unghie nella carne, come a cercare un appiglio solido e reale.
Ma che le era successo?
Decise che, per il momento, non aveva importanza. Rafforzò la presa a sua volta, e la tenne stretta.
-Sono qui, Natasha. Va tutto bene. Sono qui-

Non sapeva nemmeno lei cosa le stesse succedendo.
All'improvviso, ritrovarsi a casa di Clint, al sicuro, aveva fatto crollare tutte le sue difese mentali.
Il suo corpo aveva deciso che era ora di sfogare tutta la sua paura. E quando l'uomo la strinse forte a sé, non riuscì a fare altro se non ricambiare, cercare un appiglio, qualcosa che fosse uno spiraglio di luce nell'incubo di quei giorni.
Sei al sicuro, si disse, prima di alzare gli occhi pieni di lacrime e metterlo a fuoco.
-Non lasciarmi...- gli sussurrò prima di cedere al sonno.

-Non lasciarmi...- E lui non la lasciò. Dopo quella disperata richiesta, Natasha si era addormentata tra le sue braccia. Lui non riuscì a fare altro se non a farla stendere, lentamente, sul materasso. Dopodichè la vegliò tutta notte, senza avere il coraggio di chiudere gli occhi.

Natasha passò una notte agitata, tormentata dagli incubi e da violenti attacchi di panico.
L'unica cosa che ogni singola volta la riportava alla realtà e la calmava, era il trovare in ogni istante gli occhi azzurro/grigio di Clint accanto a lei.
Lui non le diceva poi molto: la teneva stretta, la accarezzava e cercava in qualche modo di rassicurarla. E ogni volta, rinfrancata, riusciva ad addormentarsi.
All'ennesimo attacco di panico, sentì salirle la febbre, una normale reazione corporea, che subito schizzò alle stelle.
Questo la stordì definitivamente, facendola finalmente crollare in un sonno senza sogni.

Finalmente Nat sembrava definitivamente crollata, e Clint non potè non tirare un sospirone di sollievo. Non che avesse intenzione di dormire, ma vederla svegliarsi così spesso in preda al terrore, lo stava destabilizzando non poco.
Di missioni finite male ne avevano affrontate un sacco, ed erano stati anche catturati di più volte, ma lei non aveva mai perso così il controllo.
Sicuramente era stata torturata, e nemmeno ci erano andati leggeri, su questo non aveva dubbi. I segni sui polsi e sulle caviglie non lasciavano spazio a dubbi, e la fuga sicuramente non era stata rilassante.
Ma che cosa poteva far andare fuori di testa la Vedova Nera?
Guardò Natasha che dormiva tra le sue braccia. Tremava lievemente e dal calore crescente che emanava sentiva che le stava salendo la febbre. Forse era meglio così, riflettè, almeno la metterà ko e riuscirà a dormire.
Non era preoccupato. Sapeva che sarebbe arrivata dopo gli attacchi di panico. Sapeva altrettanto bene che il giorno dopo sarebbe scesa da sola, così come era arrivata. E comunque non si sarebbe mosso. Non l'avrebbe lasciata. Sentiva di essere l'unica cosa che le impediva di perdere definitivamente il controllo.
Natasha riaprì gli occhi all'alba, non appena il sole fece capolino dalla finestra della camera da letto di Clint. Sul momento cercò di divincolarsi dal suo abbraccio, ancora spaventata, ma poi come lo riconobbe si rilassò.
-Grazie- Gli sussurrò facendogli un mezzo sorriso, che lo rincuorò. Sembrava almeno in parte la vecchia Nat.
Con un qualche gemito di dolore, la sciolse dal suo abbraccio, mettendosi seduto per lasciarle spazio. La posizione “abbraccio antipanico” non era definitivamente comoda. Si stiracchiò, rimettendo in moto i muscoli.
-Come stai?- le chiese
-Hai presente una merda calpestata?-
Clint sorrise. Lo stava citando.
Era stato lui a dirle quella frase quando finalmente lei aveva avuto il permesso di vederlo dopo New York
-Sì, conosco la sensazione- rispose mentre si alzava. Vide lei cercare di fare lo stesso -Stai giù. Non sembri in gran forma. Ti porto la colazione, ok?-
-Niente che sia bianco e cremoso per favore- gli rispose senza guardarlo, e nella sua testa si accese una lampadina che lui si affrettò a spegnere, troppo disgustato anche solo per prendere in seria considerazione l'idea. Fece una riverenza e sorrise.
-Ai suoi ordini, principessa- fu ricompensato da un timido sorriso della ragazza, che scorse con la coda dell'occhio mentre si dirigeva verso la cucina.

Era incredibile come Clint riuscisse ad affrontare ogni cosa con naturalezza, senza mai farlo pesare, senza mai far sentire un peso nessuno.
Non ricordava esattamente come fosse finita a casa di Clint, non era la cosa più logica da fare. La cosa più logica era correre dall'aeroporto al quartiere generale dello SHIELD e fare rapporto.
Ma il viaggio verso New York le era sembrato interminabile, l'aveva vissuto col terrore di stare tornando indietro, di essere stata ingannata, di essere caduta nella trappola dello sceicco che l'aveva lasciata scappare solo per infliggerne l'ennesima, umiliante, tortura. Il terminal del JFK non le era mai sembrato così accogliente, non aveva mai avuto il sapore di casa che l'aveva accolta appena aveva messo piede giù dal volo privato.
Aveva ringraziato pilota e hostess, che si erano presi cura di lei rispettando il suo bisogno di solitudine e poi si era infilata nel dedalo di persone che transitavano. Al primo parrucchiere aveva cambiato taglio e colore dei capelli, così per stare sul sicuro. Si era comprata dei pantaloni e una t-shirt, abbandonando quelli in prestito in uno dei bagni dell'aeroporto.
Poi al momento di decidere la prossima meta, il suo istinto aveva agito per lei.
Era ferita e, lo sapeva bene, molto scossa.
Non ricordava esattamente il momento in cui aveva deciso di andare da Clint e nemmeno la strada che aveva percorso. Non ricordava nulla, e questo in parte la inquietò e in parte le diede un'idea dello stato in cui si trovava.
Il resto era venuto da sé. Appoggiarsi a lui, sfogarsi, implorarlo di non lasciarla sola.
E lui non l'aveva lasciata. Aveva vaghi ricordi della notte tormentata, ma l'unico vivido, sicuro, reale, era la sua presenza. Le sue braccia strette attorno a lei, forti, ma delicate, come se avesse avuto paura di farle del male, i suoi occhi sempre aperti, le sue parole che la rassicuravano.
E ora l'unica cosa che faceva era prendersi cura di lei con il sorriso sulle labbra.
Clint tornò con un bicchiere di succo di frutta e un pacco di biscotti.
-Non ho altro- si scusò
-No...va bene. Grazie- prese il bicchiere e praticamente lo trangugiò senza sentirne il sapore. Lui per tutta risposta le portò il cartone, invitandola a servirsi a suo piacimento.
Natasha aveva sete, forse una conseguenza della febbre, e si sentiva il sudore asciugatosi sulla sua pelle. Non vedeva l'ora di farsi una doccia.
Clint si sedette sul pavimento di fronte a lei, una tazza di caffè caldo in mano. Lo guardò e si sentì un po' in colpa. Aveva gli occhi iniettati di sangue, e un gran bel paio di occhiaie nere.
-Scusami-
-Per cosa?-
-Per la crisi. Per non averti fatto dormire-
L'arciere posò il caffè a terra e si alzò, avvicinandosi a lei. Le mise un braccio attorno alle spalle e la attirò a sé dolcemente, baciandole i capelli.
-Va tutto bene. Crolliamo tutti prima o poi- Lei annuì in risposta, godendosi quell'abbraccio dolce e goffo allo stesso tempo mentre prendeva un biscotto e se lo portava alle labbra.
Si era reso conto che entrambi stavano evitando il discorso...lei per rimandare il momento, lui forse per non volere conferme alle ipotesi che la sua richiesta di prima gli aveva sicuramente messo in testa.
Per ora, andava bene così. Voleva solo sentirsi al sicuro.

PERSONAL SPACE: rieccomi! dunque, grazie, come sempre, a chi è arrivato a leggere fin qui...spero che nessuno mi linci per aver sconvolto un po' la nostra Natasha, ma ho pensato che un'esperienza del genere avrebbe senz'altro scosso anche lei. Niente, fatemi sapere se devo ripararmi dietro lo scudo di Cap!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: qualcosa di reale ***


PERSONAL SPACE: eccomi qui! altro capitolo abbastanza clintashoso, almeno dal punto di vista dell'amicizia...come sempre grazie alle mie fedelissime, che mi leggono e recensiscono e anche a chi legge e basta, a chi mette questa ff tra le preferite e le seguite...buona lettura!

Capitolo 11: qualcosa di reale

Clint continuò a tenerla abbracciata a sé, lieto finalmente di vederla calma o, perlomeno, non più così sconvolta. Rimase in silenzio, guardandola svuotare piano piano il contenuto del pacco di biscotti, chiedendosi da quanto tempo non toccasse cibo, visto la nota avversione della Vedova Nera per i dolci. Guardò l'ora, ben sapendo di doversi presentare alle 10.00 al quartier generale per l'ennesima lezione con le reclute. Era ancora presto. L'orologio segnava le 5.45.
Lasciò che fosse lei a staccarsi da lui, per essere sicuro che fosse emotivamente stabile prima di lasciarla andare.
Solo dopo si alzò per recuperare il kit di pronto soccorso che teneva in bagno.
Non le avrebbe fatto domande. Sapeva, per esperienza personale, che forzare qualcuno a parlare era la cosa peggiore che si potesse fare, e inoltre tra loro due aveva sempre funzionato proprio per il rispetto che avevano degli spazi reciproci, fisici e psicologici.
Le si avvicinò cauto.
-Posso?-
Lei annuì semplicemente e si spostò un poco più sotto la luce per permettergli di vedere meglio. -Per il ghiaccio dovrai aspettare, ho messo l'acqua in freezer mentre preparavo la colazione-
Di nuovo, lei fece un cenno affermativo con la testa, senza proferire parola.

Non aveva voglia di parlare, e stava letteralmente amando il fatto che lui rispettasse il suo bisogno di silenzio, parlando solo per chiederle se poteva occuparsi di lei.
Lo guardò mentre lui iniziava a medicarle delicatamente le ferite sul viso. Venne via molto sangue, e quando finì, vide con sollievo che non erano ferite così drammatiche come aveva pensato. Sorrise quando lui fece una battuta sul fatto che era comunque decisamente figa.
Notò però, che non aveva fatto una delle sue solite battutacce. Prima non avrebbe avuto scrupoli a dire che si sarebbe...Dio non riusciva nemmeno a pensarla quella parola... con una sua foto.
Che avesse capito qualcosa?
Francamente, non le importava, anzi, forse lo preferiva.
Non si vergognava di quello che le era accaduto, ma non si sentiva pronta a raccontarlo, o almeno credeva, e temeva il momento in cui avrebbe dovuto scriverlo sul rapporto.
Non aveva paura di dirlo a Clint, semplicemente non aveva idea di come dirglielo. Temeva la sua reazione e non voleva che si buttasse in una vendetta solo perchè accecato dalla rabbia.
Perchè sarebbe stato furioso, di questo era certa.
Era loro già capitato qualche volta di trovarsi di fronte a donne stuprate o costrette alla prostituzione, a anche con le sconosciute le sue reazioni erano tutt'altro che pacate.
Sarebbe sicuramente esploso ora che era successo a lei.
Come lei si era infuriata nel vederlo ridotto come uno straccio...

Era riuscita a entrare nello SHIELD, alla fine. Aveva coperto Clint, evitando di dire cose che non sapeva, come, ad esempio, per quale dannato motivo a Milano l'aveva salvata.
Per lei lavorare in squadra non era semplice. Non l'aveva mai fatto. Il KGB l'aveva sempre addestrata a operare in solitaria, a guardarsi le spalle da sola. E ora si ritrovava a fare coppia con Clint.
I due insieme lavoravano bene. Si parlavano poco e agivano tanto. E, cosa non da poco, era la prima persona a cui riusciva ad affidare la propria vita.
Certo le prime missioni erano state uno schifo, ed era una fortuna vera e propria che loro fossero abbastanza in gamba da uscirne indenni nonostante la totale mancanza di coordinazione.
Poi, piano piano, avevano trovato un equilibrio.
Iniziarono anche a scherzare tra di loro, a riconoscere le debolezze e i punti di forza dell'altro e a sfruttarli al meglio.
Ma quanto tenesse veramente a Occhio di Falco lo capì solo un anno dopo, quando erano stati catturati durante una missione in Canada.
Nessuno dei due aveva potuto fare niente per evitarlo, erano finiti entrambi dritti nella trappola.
Clint si era offerto volontario per l'interrogatorio. Non l'aveva fatto per galanteria. Era una questione di tattica. Dei due, quella fredda e calcolatrice era lei, lui era quello istintivo. Natasha era quella più adatta a tirarli fuori vivi.
Era stato lontano per ore, mentre lei pensava a una via di fuga, a possibili soluzioni, inclusa la confessione di alcune cose abbastanza irrilevanti ma che sarebbero state vere e proprie rivelazioni per i loro aguzzini. Quando era tornato non era in grado nemmeno di restare seduto. Era esausto, non ferito, ma bagnato fradicio e tremava come una foglia al vento.
Aveva subito riconosciuto la tattica tipicamente americana della tortura con l'acqua. Erano in Canada ed era gennaio. Il vero supplizio per Clint sarebbe stato sopravvivere al gelo della notte tra quelle quattro mura umide.
Si era tolta subito la felpa, ignorando il freddo e le sue deboli proteste, ed era rimasta con una canottiera aderente. Aveva freddo, ma tolse i vestiti bagnati all'amico e dopo averlo asciugato come poteva, gliela fece indossare, e contemporaneamente si era stesa su di lui per scaldarlo col proprio calore.
Il terrore che non sopravvivesse alla notte l'aveva letteralmente mandata fuori di testa.
Il mattino successivo, quando entrarono per riprendere l'interrogatorio, li aveva uccisi senza pietà e aveva trascinato fuori Clint a suon di omicidi, come non faceva dai tempi del KGB, dove un morto in più o in meno non faceva differenza. Si era calmata solo quando l'aveva portato in un ospedale e le avevano assicurato che non sarebbe morto congelato.

Lei e Clint erano come una famiglia.
E se lei, così fredda aveva reagito così dopo pochi mesi, cosa avrebbe fatto lui dopo così tanti anni e una pseudo storia d'amore?
-Nat?-
Si scosse dai suoi pensieri e si accorse che lui la stava guardando un po' preoccupato
-Eh?-
-Mi dai i polsi, per favore?-
Lei obbedì e lo guardò lavorare con calma, pulirle e disinfettarle bene le escoriazioni che si era provocata con quelle maledette corde. Gemette di dolore quando lui con una pinzetta sterilizzata sul fornello e poi fatta raffreddare, le estrasse qualche filamento di spago -Stringi i denti, Nat-
Una parola. Faceva un male d'inferno. La pelle aveva già ricominciato a rimarginarsi attorno alla corda e l'operazione la fece di nuovo sanguinare. Ma strinse i denti e tenne duro, costringendosi a restare immobile mentre lui lavorava.
Finita l'operazione la fasciò per bene e ripetè il tutto con le caviglie, che erano davvero un uno stato pietoso complice lo sforzo fatto per arrivare negli USA. Clint sussultò quando le vide. Il sangue si era rappreso sopra il calzino, imprigionandolo di fatto nella ferita. Decisamente non un bello spettacolo. Inoltre piede e polpaccio erano un livido unico.
I suoi occhi incontrarono quelli dell'amico.
-Nat...questo farà parecchio male- le disse -Stenditi, torno subito-
-Dove vai?- chiese con urgenza. Improvvisamente seppe di non voler essere lasciata sola. Non in quello stato.
-Voglio solo salvaguardare il materasso. Tranquilla. Non ti lascio-

Dio. Ora si che era inquietato.
Nel tono di Natasha c'era una nota di panico autentico. I suoi sospetti prendevano sempre più forma, mentre raccattava un sacchetto dell'immondizia e un paio di asciugamani dal bagno.
Mise il sacchetto e sopra di esso l'asciugamano, poi cominciò a toglierle, aiutandosi con le forbici, i calzini, mentre Natasha si sforzava di non gridare dal dolore.
Il tempo che impiegò per la medicazione gli sembrò infinito, ma alla fine completò l'opera con una bella fasciatura fresca. Sentì l'amica stendersi cautamente, con un sospiro di sollievo e si alzò per portarle dell'acqua.

Doveva dirglielo. Ormai non poteva aspettare di più, anche perchè si rendeva conto della necessità di dover alleviare l'infiammazione e, suo malgrado, di un test di gravidanza, senza contare la necessità di una medicazione alla zona perianale che non era certo in grado di fare da sé.
Aspettò che Clint tornasse e si prese il tempo di bere con calma prima di parlare
-Clint- disse alla fine cercando di tenere la voce ferma. Le uscì poco più che un sussurro e istintivamente la sua testa si abbassò, i suoi occhi fissarono il bicchiere che teneva distrattamente tra le mani.

E il modo in cui pronunciò il suo nome, gli fece capire tutto. Le mise un dito sulle labbra, invitandola a tacere, a non parlare se non se la sentiva.
-Dimmi solo di cosa hai bisogno, Natasha-
-Un...test di...di...g..- la vide nettamente in difficoltà e annuì solamente.
-Qualcosa per le irritazioni?- le chiese dolcemente.
Un nuovo cenno affermativo.
L'avrebbe abbracciata, ma sapeva che Nat non voleva la sua pena o il suo dispiacere, così si era buttato sulle cose pratiche, sperando di evitare che si soffermasse troppo su quel che le era successo.
Clint guardò l'ora, era ancora prestissimo, le farmacie non avrebbero aperto ancora per un'oretta, almeno.
-Vuoi...non lo so, qualcosa per rinfrescarti? Per farti degli impacchi?-
Sì, era pessimo e lo sapeva. Ma stava cercando di domare una bestia che si era svegliata dentro di lui al solo pensiero di quello che le era accaduto. Certo, entrambi sapevano che è quasi inevitabile per una donna catturata venire stuprata, ma tra la consapevolezza e la realtà c'era una abisso, e tra la realtà e il fatto che la realtà fosse Natasha c'era un universo. Una distanza che si era improvvisamente azzerata e l'aveva lasciato prima incredulo, poi l'aveva raggelato, e infine aveva scatenato l'istinto rabbioso che c'era in lui.
Lo stesso istinto che l'aveva spinto più di una volta a scagliarsi contro suo padre per proteggere sua madre.
Natasha. Si disse. Concentrati. Su. Natasha. Ci sarà tempo per la vendetta. Natasha ora è qui e le serve aiuto. Natasha.
Lei annuì solamente.
Le sembrava... svuotata, insicura.
E ciò gli rendeva ancora più difficile restare calmo.
Prese una bacinella e la riempì di acqua fresca, cercando poi un qualcosa di morbido per far sì che non si facesse male. Alla fine rimediò una spugna rettangolare e sottile, di quelle senza la parte ruvida. Quando tornò da lei, vide che si era tolta slip e pantaloni.
-Te la lascio...ehm...qui- disse esitando, decisamente per niente preparato a trovarsela mezza nuda davanti. Certo non era niente che non avesse già visto, ma mai la situazione era stata tanto delicata.
-Mi...mi...aiuteresti?-
Doveva dire qualcosa di stupido. Ora. Troppa tensione. E non sopportava quel tono di voce su Natasha
-Solo se me lo chiedi con voce sexy-

Non era una gran battuta. Natasha lo sapeva. E non era nemmeno appropriata.
Ma funzionò.
La voce con cui aveva parlato non le sembrava nemmeno sua tanto era insicura.
Iniziò all'improvviso a ridere.
Quella penosissima battuta di Clint le era sembrata qualcosa di davvero reale. Qualcosa di normale in quella situazione che di normale non aveva niente.
-Ti lascio toccare la mia vagina. Accontentati- Riuscì a rispondere ridendo mentre lo colpiva scherzosamente con un pugno sulla spalla.
-E il lato B?- Il tono continuava a essere scherzoso, anche se la domanda era abbastanza seria.
-Vada per il lato B, poi però ti chiudi in bagno e ti dai al fai da te. Io non ti aiuto-
Era di questo che aveva bisogno.
Di qualcuno che non la guardasse come una vittima. Di qualcuno che non provasse pena per quello che era successo. Che facesse finta di niente pur non lasciandola sola.
Aveva bisogno di Clint.

La sua pessima battuta aveva funzionato meglio del previsto. La tensione si era sciolta e Natasha aveva iniziato a ridere, dando vita a uno dei loro soliti scambi di battute.
Rise anche lui mentre sigillavano l'accordo con una stretta di mano.
Quando entrambi si furono calmati (e lui aveva anche vinto due lividi nuovi nuovi sulla spalla) inzuppò per bene la spugna e dopo averla strizzata iniziò a tamponarla delicatamente, timoroso di farle del male, tesissimo, pronto a ritirarsi alla prima avvisaglia di disagio da parte di Natasha.
Ma la ragazza era perfettamente rilassata, stesa sul letto, una mano posata sullo stomaco, l'altra sulla fronte. Ben presto Clint passò a tamponarle le gambe, lavandola dallo sporco del viaggio.
-Clint?-
-Sì?-
-Avvisami quando tornerai a essere un dodicenne alla prima volta che vede una donna nuda-
Per tutta risposta le tirò in faccia la spugna bagnata di acqua fredda, facendola ridere e gridare allo stesso tempo.
Alla fine dell'operazione entrambi tirarono un sospiro di sollievo. Lei, perchè si sentiva davvero meglio, e lui perchè era riuscito a farlo senza terrorizzarla a morte.
Guardò l'ora.
Si erano fatte le 8.30. E lui era a dir poco esausto. Se voleva riuscire a passare anche in farmacia doveva uscire ora.
-Natasha? Te la senti di stare sola?-
-Sì. Tranquillo, Clint. Vai-
Lui uscì di casa e tornò con quello che gli aveva chiesto. Si era procurato anche un telefono usa e getta. Lo lasciò a Natasha, strappandole la promessa di chiamarlo in caso di bisogno. Poi si mise la divisa e uscì, diretto a lezione.

Se la sentiva davvero di stare sola?
Non lo sapeva, ma doveva essere forte. Clint non poteva assentarsi dal lavoro, e lei doveva iniziare a pensare a come dire a Fury di aver fallito la missione.
Ma prima pensò a sé stessa.
Ignorò il test. Non era pronta a farlo, non da sola per lo meno. Se fosse stato positivo, da sola sarebbe impazzita. Probabilmente l'avrebbe fatto anche con Clint, ma per lo meno ci sarebbe stato lui accanto a lei, pronto a farla ridere o a darle un sostegno.
Si occupò per prima cosa della sua intimità. La sensazione di fresco data dalla crema scacciò per un po' il bruciore.
Finalmente si decise a farsi una doccia. Si prese tutto il tempo del mondo, immaginando che l'acqua potesse far scorrere via insieme a lei tutto l'accaduto. Trovò in bagno un enorme telo ancora piegato, probabilmente preparatole da Clint. Vi si avvolse completamente e si mise sdraiata sul letto, lasciandosi cullare dal tempore della spugna.
Piano piano scivolò in un sonno tranquillo.

-E' tutto ok, signore?-
Tommy gli si era avvicinato alla fine della lezione del mattino, alla fine della pausa pranzo.
Era tutto ok? Ovviamente no.
Come non aveva più avuto Natasha sotto mano, da rassicurare e aiutare, la sua mente aveva divagato, la rabbia era montata in lui, a stento controllata. Sapeva bene che non serviva a niente incazzarsi, che alla meglio quello sceicco era nel suo palazzo, circondato dalle sue ricchezze, probabilmente con l'unico rammarico di non avere più il corpo di Natasha a sua disposizione.
Eppure il rancore covava dentro di lui, rendendolo particolarmente severo e scorbutico, specialmente con le reclute.
Anche il sonno faceva la sua parte. La notte insonne, passata tenendo stretta l'amica, con l'ansia di non sapere cosa le stesse succedendo, l'aveva sfibrato. E ora stava pagandone le conseguenze.
-Sì, Tommy, non preoccuparti. Ho solo avuto una nottataccia-
-Ne è sicuro?-
-Sì, ora approfitto della pausa per farmi una dormita-
-E'...colpa mia?-
Per un attimo, troppo preso dalla Vedova Nera, si era scordato delle rivelazioni di Tommy. Scosse la testa, e optò per una mezza verità
-Una mia amica non è stata troppo bene...e le sono rimasto vicino-
Tommy annuì e salutandolo si diresse verso la mensa. Clint non aveva nemmeno fame. Si buttò su un materassino e in un istante già dormiva.

Venne svegliato da Capitan America in persona. Si astenne mordendosi la lingua dal mandarlo al diavolo. Mugugnò un qualcosa che nella sua mente era un “che posso fare per te”, ma che sicuramente non era arrivato così chiaramente.
Steve Rogers si sedette vicinissimo a lui, e parlò in qualcosa che non poteva nemmeno definirsi un sussurro.
-Che succede a Natasha? Credevo fosse negli Emirati-
-Niente- Rispose un po' troppo in fretta, un po' troppo sveglio rispetto a qualche secondo prima.
-Bugiardo-
-Cosa ti fa pensare che io sappia qualcosa?-
-Ti ho sentito parlare con quella recluta-
-E allora?-
-L'unica persona con cui passeresti una notte insonne è Natasha-
Dannatamente vero. Decise in un istante. Mentire a Cap non gli avrebbe portato nessun giovamento, e, inoltre, se con qualcuno doveva parlare, preferiva fosse con lui. Per lo meno avrebbe avuto la sensibilità adatta ad affrontare una cosa del genere.
-Ok, ma non una parola a nessuno. Fury incluso-
-Ma..-
-Capitano...non glielo chiederei se non fosse importante...-
-Va bene-
Clint quindi gli raccontò di come aveva accolto una Natasha sconvolta e ferita. Non fece parola dello stupro, ovviamente.
Steve lo ascoltò in silenzio, poi lo mandò dritto a casa a starle vicino o a dormire. Alle reclute avrebbe pensato lui, e anche a Fury.
Occhio di Falco non osò ribellarsi, e si trascinò a casa, dove crollò sul divano non appena si era assicurato che Nat stesse dormendo tranquilla.

PERSONAL SPACE: Ora anche Cap sa qualcosa..e Fury? lo scoprià? come Finirà per Natasha? Lo sceicco sarà davvero un capitolo chiuso? Al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: rapporti ***


PERSONAL SPACE: Rieccomi!!! Sono tornata con un po' di ritardo, ma sono di nuovo qui! Grazie di nuovo a tutti quelli che mi commentano, Mumma, Ledy Leggy e Alexis in particolare, e tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite!
Vi lascio al capitolo...buona lettura!

Capitolo 12: Rapporti

Natasha si svegliò che erano quasi le quattro del pomeriggio, ancora avvolta nell'asciugamano che aveva trovato in bagno e che l'avvolgeva completamente. Il sole penetrava diretto nella finestra, scaldandola piacevolmente.
Si stiracchiò con cautela, cercando di non riaprire le ferite sulla schiena. Finalmente era riuscita a dormire tranquilla, senza la febbre o gli incubi a tormentarla. Sorrise nel vedere che Clint le aveva lasciato accanto una pistola e un cellulare.
Non era mai stato un tipo da rose, in effetti.
Si alzò e aprì l'armadio, alla ricerca di qualcosa che non fossero i vestiti comprati in aeroporto. La facevano sentire sporca ed erano ormai abbastanza lerci.
Trovò i pantaloni di una tuta che sembravano provenire dal secolo scorso, ma facevano al caso suo, e una felpa di non sapeva nemmeno lei quale film/fumetto/videogioco. Era calda, e questo le bastava.
Solo quando mise piede fuori dalla stanza per entrare nel salotto con angolo cottura si accorse della presenza di Clint, che dormiva beatamente sul divano. Iniziò a fare molto piano, anche se dormiva così profondamente che probabilmente non sarebbe riuscita a svegliarlo nemmeno se gli avesse fatto esplodere una delle sue frecce esplosive a mezzo metro di distanza.
Sorrise e iniziò a cercare cosa poteva fungere da pranzo.
Clint era il solito disorganizzato: in casa non c'era niente che non fosse scaduto da almeno un mese, eccetto lo scatolame, ma solo perchè avevano data di scadenza così lunga che solitamente Natasha riusciva a rubarglieli quando era a corto di provviste.
Trovò miracolosamente una scatola di pasta e una confezione di un sugo pronto alla bolognese che portava la dicitura: più buono di quello fatto in Italia.
Sbuffò, divertita: probabilmente quel condimento aveva visto dei pomodori solo lungo il trasporto in camion, ma il casa non c'era niente di meglio (non osava aprire il frigorifero) per cui si sarebbero dovuti accontentare.
Mise su l'acqua e mentre aspettava che bolliva raccolse un po' di cose sparse in giro. Si stupiva di come la sera prima fosse riuscito ad avvicinarsi alla porta tanto silenziosamente che lei non se ne fosse accorta, probabilmente quella roba stazionava sul pavimento da talmente tanto tempo che lui ne conosceva a memoria l'abitazione.
Sapeva che non era suo compito farlo, ma aveva notato che se restava inattiva la sua mente risvegliava ricordi spiacevoli, per cui preferiva riordinare casa di Occhio di Falco, sperando che nel frattempo non si fosse creata vita sufficientemente sviluppata da morderla.
Solo quando la pasta fu pronta si decise a svegliare Clint.
Lui aprì gli occhi di soprassalto, ci mise qualche secondo a fare mente locale e a svegliarsi del tutto.
-Ehi-
-Ciao, Natasha...che ore sono?-
-Quasi le quattro. Credevo avessi lezione-
-Sì, beh...Cap mi ha spedito a casa, non riuscivo a tenere gli occhi aperti- si mise seduto mentre parlava, le mani che andavano a stropicciargli gli occhi ancora pieni di sonno e ridotti a due fessure.
-Scusa-
-Va tutto bene, ti sei fatta ripagare-
Capì subito a cosa si riferiva e gli piantò scherzosamente la forchetta che aveva in mano in una gamba
-Porco-
-Ahi! Sì ok, ma non di quelli da mangiare- replicò lui sottraendo la gamba.
Risero entrambi.
-Ho fatto un po' di pasta. Mangiamo?-
-L'hai avvelenata?-
-Non lo so, sei tu che hai il frigo che ormai è un microsistema!-
-Ehi non insultare la mia popolazione frigorifera! Mi paga l'affitto!!-
L'indignazione di Clint la fece ridere.
La maggior parte delle volte l'avrebbe ucciso per come sembrava prendere comicamente qualunque cosa, incluse le missioni. Aveva giurato che l'avrebbe fatto, e prima o poi l'avrebbe realizzato: mettere un qualcosa che desse delle scosse comandabile a distanza nella tasca dei pantaloni di Clint e farla scattare a ogni battuta inopportuna durante una missione in cui lei andava sotto copertura e lui le offriva supporto dall'esterno.
La scena di solito era così. Lei andava a sedurre o comunque a conquistare la fiducia del magnate di turno, e lui la sfidava a restare seria mentre sparava stronzate a raffica via auricolare.
Ogni tanto, a random, gli partiva un complimento, o una battuta che doveva essere un complimento, e lì lei avrebbe voluto poterlo zittire. Una scossa le sembrava una buona mossa.
Ora però ringraziava l'amico burlone.
Averlo accanto con la sua allegria la metteva di buon umore.
Mangiarono punzecchiandosi a vicenda, o meglio, lei commentava il perenne disordine in casa dell'amico e lui cercava in qualche modo di giustificarsi. Non gli riusciva molto bene, ma era buffo.
Solo dopo, quando andò in bagno, ne tornò abbastanza tesa, con il test in mano. Era uno di quelli classici, non digitali, e gli serviva qualche minuto per agire. Clint la guardò, improvvisamente serio e teso quasi quanto lei.
Natasha non disse niente, semplicemente gli passò, con mano tremante, lo stick con il responso girato verso terra. Clint lo prese.
-Giro?-
Mordendosi un labbro, annuì, studiando ansiosa la reazione dell'amico. Occhio di Falco lo voltò, studiandolo per un minuto prima di stringerla.
-E' tutto ok, Natasha. E' negativo-
Fu lieta di essere tra le sua braccia, perchè il sollievo le provocò un capogiro che quasi le fece venire un mancamento. La prima buona notizia da giorni. Clint la sorresse prontamente portandola sul divano e dandole un bicchiere d'acqua.
Nessuno dei due parlò per un po', finchè non vennero interrotti dal suono del campanello.
Si guardarono in faccia per un attimo, mentre Occhio di Falco andava allo spioncino.
-E' Cap- disse aprendo la porta mentre la Vedova Nera faceva sparire il test nascondendolo sotto il cuscino dal divano.

La visita di Steve fu un vero toccasana per entrambi.
Il test fortunatamente si era rivelato negativo, e Clint ne era davvero sollevato. Natasha non avrebbe retto la notizia che oltre ad averla violentata, era anche incinta del suo stupratore.
Capitan America fu come sempre un signore.
Lo scagionò, raccontando che era stato lui a spingere perchè gli raccontasse cosa fosse successo, e si dimostrò sensibile e disponibile.
Ma il problema restava. Ora bisognava dirlo a Fury, che secondo Cap iniziava a essere molto molto preoccupato dal silenzio di Natasha.
La russa annuì
-Sì, ci stavo pensando...domani mi presenterò a fare rapporto. Rimandare non serve a nulla-
-Sai che noi ti copriamo se vuoi- le disse Steve -Nessuno a parte noi sa che sei tornata-
-Lo so...però è un peso che mi porto dentro. Prima me ne libero, prima mi lascerò questa storia alle spalle, se non mi tolgono dal servizio attivo-
-Hanno già me fuori, non ti toglieranno. Tu sei più brava a fingere di star bene-

Non era più tanto sicura che di essere pronta, non ora che era davanti all'ufficio di Fury, la cartellina con il rapporto dettagliato degli avvenimenti più o meno veri (Clint aveva insistito nel dire che lui l'aveva incontrata per caso e costretta a stare da lui per rimettersi in sesto) e la richiesta di un test dell'HIV.
-Sicura che non vuoi che entri?-
-No, Clint tranquillo. Sei già abbastanza nei guai. Va pure dalle tue reclute-
-Ah, a proposito di reclute, poi dobbiamo parlare-
Lei lo guardò curiosa, ma annuì. Aspettò che Clint fosse lontano prima di bussare all'ufficio di Fury, più sicura di quanto non si sentisse in realtà.
La voce del direttore dello SHIELD la invitò ad entrare. Fece un bel respiro e aprì la porta.
-Agente Romanoff- la accolse con non poco sollievo nella voce- Iniziavo a preoccuparmi. Problemi?-
Ci siamo. Pensò prima di parlare.
-La missione è fallita- esalò in un respiro prima che il coraggio le venisse meno, e poggiò la cartellina con il rapporto e il materiale raccolto sulla scrivania di Fury. Ebbe la tentazione di abbassare lo sguardo, ma poi si ricordò di quello che Steve e Clint le avevano detto solo il giorno prima.
Non aveva niente di cui vergognarsi. La missione era finita male, ma chi ci aveva rimesso era lei.
L'uomo con un occhio solo non disse nulla, iniziò semplicemente a leggere le carte, dopo averla fatta accomodare. Rialzò gli occhi solo quando ebbe finito di esaminarle, richiesta medica inclusa. Solo dopo alzò lo sguardo.
-Sta bene?-
-Sì- Nessuna esitazione.
-Ne è sicura?-
-Il KGB mi ha addestrato anche per questa eventualità. Facevamo delle simulazioni, quindi sapevo come comportarmi. Sono rimasta dall'agente Barton solo perchè lui ha insistito-
Fredda, calma. Stava parlando del proprio stupro come se niente fosse. L'avevano preparata così.
Fury annuì, forse non pienamente convinto, ma nelle parole di Natasha c'era la pura verità, almeno in metà di essa. La congedò invitandola a prendersi un paio di giorni per le analisi e un check-up completo al centro medico dello SHIELD.

Clint venne chiamato nell'ufficio di Fury in pausa pranzo. Non era riuscito a sentirsi con Natasha, ma era sicuro che si fosse attenuta al piano. Era la cosa più giusta da fare.
Entrò composto nell'ufficio del direttore.
-Ho ricevuto il rapporto dell'agente Romanoff-
Clint annuì.
-Dice che è stato lei a insistere perchè passasse qualche giorno a casa sua e si ristabilisse, pur sapendo che la priorità di un agente è venire a fare rapporto-
-Sì, signore, conosco il regolamento-
Fu la semplice risposta di Occhio di Falco, che non aveva intenzione di aggiungere altro. Ci fu qualche minuto di silenzio.
-Ha intenzione di darmi una spiegazione?-
-Ho incontrato Natasha alla stazione. Era ferita, mezza nuda e faticava a stare in piedi. Non potendola portare in ospedale, l'ho portata a casa mia, dove l'ho medicata e aiutata a ristabilirsi. È stata catturata e stuprata, mi sembrava giusto darle respiro-
-E fare rapporto a me non le sembrava giusto?-
-Posso parlare liberamente?-
-Prego-
-No. Non mi sembrava giusto. Sarà anche una macchina da guerra, l'avranno anche addestrata, avranno anche simulato una cosa del genere. Ma tra una simulazione e la realtà c'è un abisso. E io ho visto una ragazza sull'orlo di una crisi di nervi che aveva bisogno di riposare. La missione è andata comunque a puttane, quindi no signore, non mi sembrava giusto farle rapporto-
Si rese conto solo dopo di essersi spinto forse troppo oltre, di aver dato contro non solo a Fury, ma ai regolamenti dello SHIELD, quei regolamenti che aveva accettato e giurato di rispettare, ma proteggere Natasha veniva prima.
Vide Fury mordersi la guancia dall'interno, forse per evitare di esplodere, mentre rifletteva su quelle parole.
Alla fine lo lasciò andare senza dirgli altro, il che non lasciò Clint particolarmente tranquillo.
La sua tortura non era finita. Natasha lo braccò a fine lezioni, mentre con Tommy andava a riconsegnare le armi.
-Ehi-
-Ehi. Nat lui è Tommy, il ragazzino di cui ti ho parlato, Tommy, Natasha-
-Buongiorno, signora-
-Ciao Tommy. Clint, hai un minuto?-
-Sì, ho finito...Tommy se vuoi dopo le 17 sono a casa-
-Va bene, signore, la ringrazio-
L'occhiata che gli scoccò la collega fu più che eloquente. Rimandò le spiegazioni però a mezz'ora dopo, quando erano a casa.
-Che cosa hai fatto? Clint dannazione ti si è fottuto il cervello?-
-Senti non volevo che pensasse che suo padre fosse un traditore!-
-Da qui a spiattellargli segreti militari ci passa un oceano, Clint!-
-Sei tu quella che dice che non devo prendermi colpe che non ho. Bene, non voglio essere disprezzato per qualcosa che ho fatto mentre un cazzo di semidio si divertiva a giocare col mio cervello!-
-Non usare le mie parole contro di me!-
Clint sospirò e si passò una mano tra i capelli. Non poteva negare che Natasha avesse ragione su tutti i fronti, ma riteneva le sue argomentazioni più che valide.
Finalmente anche l'uragano Natasha tacque per un secondo. Alla fine sospirò
-Che intenzioni hai?- gli chiese infine
-In che senso?-
-Con Tommy-
-Non lo so- rispose con sincerità

Natasha odiava quando Clint agiva prima di pensare, anche se ormai si era rassegnata a quel lato del suo carattere. Ma ciò non toglieva che questa volta aveva passato il limite.
Un conto era cercare di superare i propri sensi di colpa, un altro spiattellare informazioni riservate al primo ragazzino che gli faceva notare che aveva seccato suo padre.
Sospirò e guardò l'amico.
Era vero, però, che Clint non aveva avuto molte altre alternative. Prendersi la colpa per qualcosa che non aveva fatto non lo avrebbe certo aiutato a star meglio, né avrebbe facilitato le cose a quel ragazzino, e capiva come non volesse che Tommy pensasse che il padre fosse un traditore.
Accidenti a te, Clint!
Se non altro, questo nuovo grattacapo le teneva impegnato il cervello. Ora era vitale che nessun altro venisse a conoscenza di quello che Clint aveva fatto.

PERSONAL SPACE: E rieccomi. Tommy è tornato di nuovo...che succederà ora? Natasha si mangerà il buon Clint? Lo scoprirere nella prossima puntata!

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Capitolo 13
*** Capitolo 14: Debole? ***


PERSONAL SPACE: Rieccomi!! sempre ad orari indecenti, lo so, ma sono di nuovo qui. Giuro che il primo giorno che pubblico senza che la mia testa ciondoli sulla tastiera vi nomino uno per uno, am per ora voglio solo dire GRAZIE a chi mi legge, a chi ha inserito questa cosa nelle seguite, preferite e da ricordare, spero la stiate apprezzando! E ovviamente grazie a Ledy Leggy e all'Unicorna che mi recensiscono!
Vi lascio al capitolo!

Capitolo 14:  Debole?


Tommy era ormai un abituè a casa Barton.
Il ragazzino non era particolarmente fastidioso. Arrivava, si sedeva al tavolo della cucina e studiava. Studiava un sacco.
Natasha aveva dato un occhio alla sua scheda, ed era il migliore del suo corso. Evidentemente la morte del padre lo aveva spinto a dare il meglio di sé per arrivare il più in alto possibile.
I medici dell'ospedale militare l'avevano messa a riposo per un mese: ferite multiple, due costole incrinate e stress post-traumatico. E lei che aveva sperato di cavarsela con i due, tre giorni che le aveva consigliato Fury.
La russa stava impazzendo, ma non avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, che avere Jimmy tra i piedi la stava aiutando.
Aveva provato a tornare a casa sua, qualche giorno dopo, ma nel cuore della notte si era ritrovata a gridare dal terrore al risveglio di un incubo.

Dopo aver finito il libro (iniziato solo 5 ore prima), era riuscita finalmente a costringersi a dormire.
Subito i sogni avevano avuto il controllo sul suo sonno, e lei si ritrovava sveglia ogni quarto d'ora, coperta di sudore freddo e tremante.
Credeva di stare bene, ma evidentemente la presenza di Clint faceva molto più bene alla sua psiche di quanto immaginasse.
All'ennesima rivisitazione di quei giorni negli Emirati, evidentemente aveva urlato un po' troppo.
Aveva sentito bussare alla porta e si era trovata davanti Steve Rogers, che abitava nello stesso complesso ma nella palazzina accanto.
Si era sentita morire.
-Ehi-
-Ehi-
-Non..riuscivo a dormire...ho visto la luce e mi chiedevo se avessi voglia di fare due passi, o guardare un film...non lo so-
Il lieve rossore sulle guance, l'insicurezza di chi non si era preparato una bugia e non era abituato a dirle, l'aveva subito smascherato. Evidentemente il super soldato aveva anche un super udito, decise però di non farglielo notare. Il pensiero di non dirle direttamente che l'aveva sentita gridare era davvero carino e decisamente...bè, old style, ma le aveva fatto molto piacere.
-Non ho un lettore dvd...- si scusò, ed era vero. Non era una gran appassionata di cinema, e quando aveva voglia di un film sfruttava o la sala riunioni dello SHIELD oppure l'appartamento di Clint.
-Ehm...Possiamo andare da me, se ti va...Stark mi ha regalato qualche apparecchiatura-
Natasha prese una felpa che si infilò sopra il pigiama, si mise  le scarpe e lo seguì nel suo appartamento.
Natasha non se ne intendeva molto, ma l'impianto di Steve Rogers avrebbe facilmente fatto invidia a ogni appassionato di film. Decisamente era opera di Tony Stark.
Il resto dell'appartamento era arredato in modo molto semplice, e non vi era traccia del disordine che regnata a casa di Clint.
-Posso offrirti qualcosa?-
-Un...bicchiere d'acqua, grazie-
Steve l'accontentò subito, mentre la faceva accomodare sul divano di pelle bianco.
Senza volerlo si accoccolò tirando le ginocchia vicino al busto, prima di ricordarsi di non essere a casa propria, o da Clint e spostarli
-Stai pure...non mi dà fastidio...-
-Grazie...-
-Stai meglio?-
-Preferirei lavorare...stare ferma non mi aiuta-
-Lo so...lo immagino per lo meno...-
-Lo fai spesso?-
-Cosa?-
-Stare sveglio la notte-
-Ho dormito per 70 anni...direi che ho parecchie ore di veglia in arretrato-
Natasha sorrise.
-Cosa proponi, uomo degli anni 40?-
-Tempi moderni?-
-Charlie Chaplin?-
-E' un classico-
-Va bene-

Il mattino dopo si era ripresentata a casa di Clint, con una borsa e la richiesta implicita di poter stare da lui ancora per un po', un favore che Occhio di Falco non le aveva certo negato.
-Tommy- lo chiamò quando lo vide alzarsi per prendersi un bicchiere d'acqua
-Sì?-
-Come sei messo col corpo a corpo?-
-Non sono un campione-
-Bene. Andiamo a fare pratica-
-Che?-
E prima che il ragazzino potesse rendersi pienamente conto di quello che era appena successo, si trovò sulla terrazza del palazzo con Natasha, pronto al combattimento.
Non potendo mettere piede allo SHIELD, non aveva accesso nemmeno alle palestre e questo le impediva di fatto uno sfogo, e il sacco di Clint si era già sacrificato per la patria.
Ci andò piano, un po' per Tommy, un po' perchè le ferite non ancora rimarginate e le costole protestavano non poco.
Dopo un po' iniziò a dargli qualche consiglio utile, quando il suo corpo aveva deciso che non avrebbe più collaborato a un altro combattimento.

Clint rientrò e non trovò nessuno, il che era strano.
Tommy di solito restava fino all'ora di cena, per approfittare il più possibile dell'ambiente tranquillo e Natasha..bè lei in effetti avrebbe potuto essere ovunque.
-Nat?-
Si mise in ascolto, cercando di percepire qualche suono, e solo dopo un po' sentì dei rumori provenienti da sopra la sua testa.
Salì in terrazza, dopo aver recuperato l'arco e un coltello.
Quando li vide combattere, con Natasha che dava consigli a Tommy, posò tutto e si sedette per terra a godersi lo spettacolo.
Sapeva che a Natasha mancava l'azione, ma non era in disaccordo con le decisioni prese dall'ospedale militare (anche se sospettava che ci fosse lo zampino di Fury dietro queste). Aveva bisogno di riprendersi, fisicamente, ma soprattutto psicologicamente.
Parlando con Steve aveva saputo di quell'unica, disastrosa notte che aveva passato a casa propria, e da allora dormiva con i sensi all'erta, ma fortunatamente il letto (o la presenza) di Clint bastavano a rassicurarla e a farla dormire decentemente.
Solo quando ebbero finito si azzardò ad applaudire, una battutina già sulle labbra che aspettava solo che Tommy tornasse al dormitorio.
-Non. Dire. Una. Parola- Lo avvisò non appena il ragazzino lasciò l'appartamento
-Ok...mammin...ehi!- Un coltello si era arrestato sulla parete dietro di lui, dopo essere passato così vicino al suo volto tanto da accorciargli quella peluria bionda che si ostinava a chiamare barba.
Per tutta risposta lei fece un sorrisino disarmante, che lo fece ridere -Ah quanto era bello quando dividevo la casa con gli abitanti del frigorifero- Sospirò alzando gli occhi al cielo prima di parare una cuscinata.

-Domani devo partire per qualche giorno, Nat- le buttò lì l'indomani mattina mentre facevano colazione insieme, un'abitudine che avevano preso più per giustificare le levatacce di Natasha che per spirito di famiglia.
-Dove vai?-
-Londra. Devo guardare le spalle al principe William, che ha deciso che deve provare in anteprima la nuova Ducati 998 Superleggera o come diavolo si chiama-
-Sembra divertente-
-Sì, per lui forse...-
Poi si rese conto che Natasha avrebbe pagato oro pur di andare al posto suo. Tutto pur di non restare di nuovo a casa.

-Non se ne parla-
-Ma, direttore, l'ha detto lei che è una missione di routine, con niente di complicato se non il cercare di evitare che mi si frantumino le palle dalla noia-
-Il linguaggio!- Lo riprese subito Maria Hill, ma aveva il netto sospetto che stesse cercando di nascondere un sorriso dopo quella sua uscita.
-Barton, l'agente Romanoff è ancora convalescente e, cito a memoria, “psicologicamente inadatta a portare a termine una qualunque missione”-
-Lo so cosa dice il referto dell'ospedale, ma Natasha ha bisogno di ricominciare, e questa è una missione perfetta. In più sarà con me, e potrò sopperire a lei in caso di combattimento. Andiamo, Fury. Sa anche lei che più sta fuori più difficile sarà riprendere il ritmo-
-Le farò sapere. Sparisca-

-Che ne pensi, Hill?-
Chiese il direttore alla sua vice. Per un qualche motivo, non appena Barton aveva chiesto di vederlo, aveva fatto chiamare il suo secondo. Quell'agente era in grado di fargli perdere le staffe per la sua insolenza, ma doveva ammettere che era stata proprio quel lato del suo carattere a fargli decidere di ammetterlo nell'organizzazione dopo che Coulson gliel'aveva portato.
Quel ricordo lo faceva sorridere e incazzare allo stesso tempo.
-Potrebbe avere ragione, anche perchè non credo alle parole della Romanoff-
-Che intendi?-
-Signore, io sono una donna, e può dirmi quello che vuole. Non esiste che esca linda e rosea da uno stupro, come se fosse una normale missione finita male-
-Quindi a maggior ragione dovrebbe stare a casa-
-No, penso sia meglio che rientri al più presto in servizio. Rimanere a casa a pensarci non la aiuterà. E questa è la missione adatta: semplice, a rischio nullo, e con Occhio di Falco a guardarle le spalle-
-Dannazione. Mi farete uscire pazzo- sbottò alla fine mentre prendeva il telefono e chiamava Natasha Romanoff.

Non appena aveva ricevuto la chiamata, Nat si era infilata la divisa e si era precipitata nell'ufficio del direttore.
Vi trovò sia Fury che Maria Hill, e questo per un momento la fece preoccupare.
-Ha chiesto di vedermi?-
-Sì. Come si sente, agente Romanoff?-
-Meglio...ancora un po' dolorante, ma sto meglio-
-Senti, lo so che i medici ti hanno dato un mese di stop ma...se te la senti vorrei mandarti in missione-
Quasi non credeva alle proprie orecchie. Tornare in missione? Magari, dannazione! Non vedeva l'ora.
Si costrinse a non assumere nessun atteggiamento in particolare, mentre rispondeva
-Se ritiene necessaria la mia presenza, signore, va bene-
-Non la ritengo necessaria, ma penso che ricominciare le possa far bene-
-Che missione-
Maria Hill le diede un fascicolo.
Non appena lo vide lo chiuse con uno scatto rabbioso.
-Con permesso- riuscì a mormorare prima di lasciare l'ufficio.
Trovò Clint nello spogliatoio e non esitò un secondo ad attaccarlo al muro.

Ohi. Ohi.
Quando la Vedova Nera ti attacca al muro non si è mai in una bella situazione, a meno di non avere i vestiti addosso. Ma una Vedova con quello sguardo...Clint riuscì solo a deglutire.
Sospettava il perchè di quella visita non troppo di piacere.
-Tu. Ora. Mi. Segui. Senza. Dire. Una. Parola.-
Obbedì senza nemmeno cercare di fare una battuta: probabilmente l'avrebbe portato dritto dritto alla morte.
Camminavano uno affianco all'altra, a passo tranquillo. Natasha lo guidò sul tetto. Chiaro. Voleva parlare dove nessun altro potesse sentirli.
Scacciò un paio di agenti intenti a fumare prima di lanciargli uno sguardo che gli fece ringraziare il cielo che non avesse superpoteri.
-Pensi forse che non sia in grado di restare sola??- lo attaccò
-Nat...-
-Niente Nat, cazzo!- lo interruppe bruscamente senza lasciargli il tempo di finire il suo nome. Si rassegnò a farla sfogare.
Gliene disse di ogni: che lei non era una donnicciola, che sapeva badare a sé stessa, che era in grado di restare da sola e via dicendo. Smise dopo un po' di ascoltarla per iniziare a pensare a come spiegarle quello che aveva davvero pensato.
Finalmente, dopo un tempo che gli sembrò infinito, Natasha smise di gridare.
-'Tasha. Pensi davvero che ti farei una cosa del genere?- le chiese -So bene chi sei, e so anche che sei in grado di gestirti, che un modo per sopravvivere lo trovi-
-E allora per quale cazzo di motivo hai chiesto a Fury di portarmi con te?-
-Perchè ho pensato che fosse la missione giusta per ricominciare. A casa stai impazzendo, di giorno sembri un leone in gabbia, e la notte non dormi bene. E' chiaro che non sei ancora pronta per una missione delle nostre, soprattutto da sola. No, non interrompermi. Lo sai che è vero. Questa è una missione facile, senza rischi e che probabilmente non metterà sotto sforzo il tuo corpo, così ho chiesto a Fury di convocarti. E sai bene che se ha accettato è per i miei stessi motivi-
La prese per le spalle e la guardò negli occhi.
-'Tasha sei la donna più forte che io conosca. Nessuno ti ritiene una debole. Voglio solo rimetterti in pista, perchè un'altra partner non la voglio-

Se stava mentendo, lo stava facendo abbastanza bene da convincerla.
Però ammetteva che aveva ragione. Se non si rimetteva in pista con queste missioni, non sarebbe mai tornata quella di prima.
Annuì e prese un bel respiro
-Scusa-
-Va bene. Avremmo reagito tutti così. Adesso accetti quella missione e vieni a evitare che mi si disintegrino le palle a suon di tè e riverenze, ok?-
Il solito, raffinato, Clint Barton.
-Andiamo a prepararci-

PERSONAL SPACE: Ebbene sì, nel prossimo capitolo...si va in missione! Stay tuned per sapere che accadrà!

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Capitolo 14
*** Capitolo 15: Routine ***


PERSONAL SPACE! RIeccomi! scusatemi ma mi sono bloccata! Non sapevo più come continuare, mentre nel frattempo mi è venuto in mente un possibile seguito (ovvio), però alla fine eccomi con questo nuovo capitolo!
Come empre grazie alla mia Unicorna preferita e a Ledy Leggy per le loro recensioni...scusate se non vi ho risposto ma non ho avuto tempo! Rimedeierò presto!
Grazie anche a  dbclaudia, Frigga, Ginge, GjXD, Mumma, Neko483, starkexpo che hanno inserito questa storia tra le seguite, a Ledy Leggy e MeryLaRosa che l'hanno messa tra le preferite e a Slytherine_ in_ love che l'ha inserita tra le seguite, per me vuol dire tanto!
Basta, vi lascio al capitolo...buona lettura!

Capitolo 15: Routine


Non esisteva una parola per descrivere quella missione.
Noiosa era troppo poco, non rendeva l'idea. Il principe William  e sua moglie erano già circondati da un numero più che sufficiente di guardie del corpo. In effetti la loro missione era tenerlo d'occhio  quando guidava in pista, con il risultato che a parte due tranche da 20 minuti al giorno la loro presenza era prettamente inutile.
-Clint hai finito?-
-Di fare che?-
-Lo sai-
-Non sto facendo nulla-
-E' almeno mezz'ora che hai quel binocolo piantato sul seno della contessa di Cambridge-
-Non c'è niente di meglio da vedere. Non è colpa mia se il caro Willy è bruttino e un po' stempiato-
Ahio.
Natasha gli aveva appena tirato una gomitata.

Le cose piano piano tornarono alla normalità. Natasha piano piano iniziò ad affrontare missioni su missioni fino a tornare pienamente operativa, anche se per un qualche motivo non ben definito passava le notti a casa di Clint, il che a lui andava benissimo visto che la popolazione del suo frigo era drasticamente diminuita, così come la quantità di roba sparsa per il pavimento, senza contare che anche se era costretto a dormire sul divano e facevano settimane senza vedersi, l'idea di avere un'altra persona in casa lo faceva sentire un po' meno solo.
Tommy diventava ogni giorno più bravo. La Vedova Nera, forse per una qualche sottospecie di istinto materno, aveva iniziato piano piano ad occuparsi di lui, e le loro sedute di allenamento sul terrazzo erano sempre più frequenti, mentre Clint ormai non l'aveva più come allievo ufficiale, dato che il corso era ormai finito.
Nessuno dei due Vendicatori l'avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura ma loro tre formavano un qualcosa che era molto simile a una famiglia.

-Clint quale sarebbe la tua definizione di “fuoco di copertura”?- la voce di Natasha, tagliente, tesa e ironica allo stesso tempo, gli arrivò chiarissima nell'auricolare che portava all'orecchio.
Loro due e Steve erano in missione. Steve l'aspettava come rinforzo sul lato sud di quella vecchia villa, mentre Occhio di Falco era, ovviamente, sul tetto dell'edificio opposto, questa volta armato di un caro, vecchio fucile di precisione, oltre al suo arco.
-Lo stesso tuo, Nat, ma se non vi levate da quell'ammasso di gente farò una strage-
-Non sparare se non hai visuale libera!- lo ammonì subito Steve
-Lo so, lo so!-
Mentre ancora parlava, estrasse l'arco e, seguendo un movimento visto con la coda dell'occhio scoccò una freccia che andrò dritta ad atterrare con un'esplosione due cecchini che si stavano posizionando su un palazzo alle sue ore 4, più o meno.

Sapevano fin dall'inizio che quella missione era un rischio.
I presidenti di USA, Italia, Germania nonché la regina Elisabetta si erano riuniti insieme ai capi di stato di mezzo mondo per discutere importanti manovre che avrebbero inciso sull'economia e la politica mondiale degli anni a venire.
Era un evento assai raro, il che né faceva una perfetta occasione per i terroristi di gettare nel panico buona parte della popolazione mondiale, lasciandola priva dei proprio capi di stato e di una delle più alte guide spirituali al mondo: il Papa.
Il tutto ovviamente alla sede dell'ONU a Ginevra, che si era offerta di ospitare come territorio neutrale questo evento.
Con un rischio del genere, lo SHIELD aveva pensato bene di affidare il comando dell'operazione di sicurezza a Capitan America, che si era trascinato dietro Clint e Natasha invece di un contingente di uomini.
I ruoli erano stati ben delineati fin dall'inizio. Natasha all'interno, Clint cecchino e Steve come Jolly appena fuori dall'edificio.
Ma nessuno di loro si sarebbe mai aspettato un attacco di quelle proporzioni.
Era cominciato tutto con dei cecchini, che Clint aveva neutralizzato senza troppe complicazioni, mentre Steve si occupava della “fanteria” che stava cercando di penetrare il perimetro via terra. La prima ad accorgersi che erano solo delle distrazioni era stata Natasha, quando aveva visto, troppo tardi per poter fare qualsiasi cosa sa non buttarsi sul papa con tutto il suo peso mentre gridava l'allarme, una bomba rotolare sul pavimento.
L'esplosione non era stata forte, non aveva mietuto vittime, fortunatamente, ma era stata sufficiente per generare il panico.
Ora Clint vedeva distintamente nemici farsi largo tra la folla, ma non poteva fare fuoco. La sua mira era precisissima, al limite dell'impossibile, la folla in panico, che correva ovunque in modo disordinato sperando di raggiungere le uscite, costituiva una variabile del tutto imprevedibile e non poteva permettersi di ammazzare qualcuno.
-Steve, che dici se entro?-
-C'è troppo caos, Clint!-
-Ma Nat..-
-Clint, resta fuori e abbatti tutto quello che riesci! Qui me la cavo!-

Clint lì dentro non avrebbe potuto fare nulla. Lui era molto più preciso sulla distanza che nello scontro corpo a corpo, senza contare che entrare non avrebbe portato molti vantaggi.
Lei era intenta a cercare di portare verso l'uscita dove la aspettava Cap il Papa e un altro paio di politici che si era trovata attorno.
Sapeva di essere inseguita, sentiva i terroristi correre dietro di loro e benediceva il caos che impediva loro di seguirli agilmente. Non puoi pretendere una fuga rapida da un ultraottantenne.
Si fece largo a spintoni tra la folla, voltandosi ad ogni passo per assicurarsi che i suoi protetti continuassero a seguirla. Abbattè con una gomitata un uomo vestito di scuro che aveva cercato di afferrare il Santo Padre, mentre con l'altro braccio sospingeva l'uomo invitandolo a non fermarsi.
-Steve, veniamo verso di te!- avvertì mentre un grido di dolore e un'imprecazione poco ortodossa la informavano che Clint era finalmente riuscito a fare fuoco o tirare una freccia o quel che era.
Non perse tempo a chiederselo.
-Nat! Dobbiamo cercare di fare uscire quante più persone possibile!-
Grandioso. Il che implicava portare fuori questi, ributtarsi nella mischia, convincere quella gente che non era una terrorista e condurli in salvo.
-Ricevuto- Rispose mentre finalmente guadagnava l'uscita.
Lei e Steve ebbero solo pochi secondi per guardarsi negli occhi, prima di essere impegnati in un corpo a corpo.
-Natasha! Rientra!-
Le urlò l'amico e superiore mentre assestava una botta con lo scudo a uno degli inseguitori
-Sicuro di farcela?-
-Vai!-
Non perse tempo ed eseguì l'ordine.

Una lunghissima ora dopo era tutto finito. Le forze speciali erano intervenute a dar loro una grossa mano, finalmente, e nessuno si era fatto troppo male.
Clint li raggiunse nella piccola infermeria dove li stavano medicando. Lui stava tutto sommato bene.
-Siete feriti?-
-Non più di qualche graffio...-
Clint annuì.
-Ho mandato il rapporto a Fury, verranno a prenderci domattina alle 6 con un quinjet, fino ad allora, siamo liberi-
-A che serve essere libero se sei esausto?- esalò Natasha mentre un paramedico le ricuciva un taglio sul gomito.
I due uomini si sorrisero mentre la tensione si alleviava per il sollievo di aver portato a termine la missione ed esserne usciti vivi.

La missione successiva li vide separati, lui in Italia, lei in Ucraina a fare non aveva ben capito cosa.
Poi ci furono altre missioni in coppia, niente di particolarmente difficile, le solite cose.
Clint piano piano aveva cominciato a dormire decisamente meglio, gli incubi erano quasi del tutto scomparsi e in generale tutto andava meglio.
Alla fine aveva accettato di incontrare la madre di Tommy, se non altro per assicurarle che il marito non era un traditore. Non era stato facile per lui.
Era stato all'inizio contrario, poi spaventato e a 10 minuti dall'incontro avrebbe voluto essere altrove, ma alla fine l'aveva fatto e non era andata male.

Clint era in missione per conto suo da ormai una settimana. Non si sentivano da qualche giorno, ma non era preoccupata. Il compito di Occhio di Falco era tutt'altro che semplice ed era importantissimo che non si facesse scoprire, quindi avevano ridotto i contatti al minimo.
Era stata segnalata la presenza di Hulk in un piccolo villaggio cinese, dove il dottor Banner stava lavorando per trovare una cura a non aveva ben capito quale malattia, e Clint era stato mandato in incognito a verificare le condizioni dell'uomo e, soprattutto, del villaggio.
La location già non favoriva le comunicazioni via telefono, e inoltre non avevano dubbi che l'attrezzatura di Banner avrebbe rilevato all'istante la presenza di altri oggetti tecnologici, e non avevano dubbi del risultato della scoperta di essere spiato dallo SHIELD.
Certo, Bruce capiva le preoccupazioni di Fury, l' “altro”, come amava definirlo, era decisamente pericoloso, specialmente quando la trasformazione non era controllata e il dottore perdeva definitivamente il controllo del proprio corpo, ma essere spiati non piace a nessuno, e la sua rabbia rappresentava un contrattempo decisamente letale.
Fu Tony Stark ad accenderle una lampadina.
Aveva finito il suo allenamento quotidiano alla palestra dello SHIELD quando il magnate aveva fatto il suo ingresso, ovviamente raccogliendo strilla di ammirazione da tutte le (poche, fortunatamente) donne presenti.
Natasha non potè evitare di alzare gli occhi al cielo.
-Non c'è bisogno di ringraziare il Signore, lo sai, se mi chiami, io arrivo-
-Molto divertente- commentò sarcastica, mentre iniziava a chiedersi cosa volesse da lei
-Hai mica visto Legolas di recente?-
-Clint? E' in missione- rispose, evitando almeno per il momento di scendere nei dettagli. Non sapeva quale fosse esattamente il rapporto tra le due persone col QI più altro tra i Vendicatori, ma era sicura che Stark non avrebbe gradito la natura dell'incarico dell'amico.
-No, la sua missione in Cina si è conclusa due giorni fa, ha fatto rapporto dicendo che sarebbe rientrato-
Ok, ora era preoccupata. Non era da lui sparire così, nemmeno per motivi personali. Magari si sarebbe limitato a comunicare che per un tot di giorni sarebbe stato assente, senza dare nessuna spiegazione sul perchè né sul percome, né tantomeno sul dove, rendendosi, di fatto, inrintracciabile, ma non così.
-Puoi provare a cercarlo?-
-Forse. Mi metterò subito al lavoro, vediamo cosa posso fare-
-Grazie-
Dove cavolo si era cacciato?

PERSONAL SPACE: Eccomi qui di nuovo, capitolo noioso e inutile, lo so, ma mi è servito per sbloccarmi, perchè ero davvero a un punto morto e non sapevo come continuare...ma dal prossimo di torna in pista! Alla prossima!

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Capitolo 15
*** Capitolo 16: Lavora per me ***


PERSONAL SPACE: Rieccomi! Di nuovo, come sempre, grazie all'unicorna, ma anche a tutti coloroc he leggono e mi seguono!
Buona lettura!

Capitolo 16: LAVORA PER ME

Quando riprese i sensi la prima cosa che sentì furono le morse che gli stringevano i polsi.
Per un attimo tornò a quei minuti nell'infermeria dell'helicander mentre lottava per riprendere possesso della sua mente, poi ricordò.

Aveva concluso la sua missione in Cina, Bruce Banner non l'aveva scoperto e per il mese in cui l'aveva controllato non aveva dato alcun segno di voler perdere il controllo, anzi avrebbe pagato chissà quanto per avere la disciplina dell'uomo, a lui bastava molto meno per perdere le staffe, e i continui richiami di Fury ne erano una testimonianza vivente.
Era arrivato all'aeroporto, in attesa del quinjet che l'avrebbe riportato finalmente a New York, dove sperava di godersi almeno qualche giorno di tranquillità prima della missione successiva.
Ma alla pista non ci era mai arrivato.
L'auto su cui viaggiava aveva sbandato all'improvviso; ricordava poco altro, ma doveva esserci stata un'esplosione, o qualcosa di molto simile, che l'aveva fatta ribaltare più volte su sé stessa.
Da quel momento tutto era molto confuso: era riuscito in qualche modo a slacciarsi la cintura e a scivolare fuori dalla macchina capovolta, passando per il finestrino forse, e poi aveva cercato di rimettersi in piedi.
Poco dopo aveva sentito le rassicuranti sirene dell'ambulanza e delle forze dell'ordine, chiamate forse da qualcun altro lungo la strada. L'avevano raccolto da terra e caricato su una barella spinale, poi una puntura.

La puntura.
L'ambulanza.
Non ci mise molto a realizzare che l'ambulanza non era una vera ambulanza.
Chi aveva tanti soldi da poter fare una roba del genere?
Preferì non chiederselo. La lista dei suoi nemici era decisamente lunga, e tutti avevano ampie risorse e conoscenze per riuscire a organizzare il tutto, tra l'altro senza lasciare alcuna traccia.
Si guardò intorno, e quando notò alcuni dettagli, ricordò tutto quello che Natasha gli aveva detto sulla sua recente prigionia.
E seppe da chi era stato catturato.
Merda.
Non dovette attendere a lungo per una conferma. L'obiettivo di Nat, lo sceicco Rayhan sa il cavolo cosa di Dio, entrò ben presto nella sua cella.
Clint fu costretto ad ammettere che alla collega non era poi andata tanto male. L'uomo era sulla cinquantina, non bello e decisamente non affascinante, ma aveva un aspetto pulito e affabile: le era capitato decisamente di peggio.
Mentre l'uomo si avvicinava, gli occhi azzurri dell'arciere non si spostarono per un attimo da lui, come se fosse un bersaglio in movimento da colpire con una freccia, mentre con la mente tornava a rivivere conversazioni e a rileggere rapporti nel tentativo di ricordare quante più informazioni possibili sul suo carceriere.
Tutto era reso più difficile perchè non poteva fare a meno di ricordare anche le condizioni della Vedova Nera al suo ritorno. La rabbia montò dentro di lui, che serrò le mascelle e si impose una calma apparenza per non far trapelare nulla: una cosa decisamente più da Natasha che da Clint, visto che lui era il fuoco e lei il ghiaccio.
-Clint Barton, vero?- finalmente l'uomo si decise ad aprire bocca. L'agente dello SHIELD invece la tenne ben chiusa, deciso a non proferire parola. -Ho avuto il piacere di avere ospite presso di me una tua collega, che mi dicono essere una tua cara amica-
Silenzio. Le unghie si impiantarono nel palmo delle mani strette a pugno.
-Conosci la Vedova Nera, vero?- L'uomo non attese risposta -E' stata scortese ad andarsene, stavo giusto iniziando a divertirmi con lei sai? È una vera lottatrice, piegarla è una sfida...eccitante-
Sta. Zitto. Clint.
Lo sceicco gli si fece più vicino, parlando ora a pochi centrimentri dal suo orecchio, con una voce calma ma eccitata, che tradiva la sua eccitazione -Costringerla ad aprire le cosce, sentirla irrigidirsi, lottare, e alla fine cedere, sconfitta. Usarla a mio piacimento...-
-Porco schifoso-
Clint non era riuscito a trattenersi oltre, e aveva parlato a voce bassa, arrochita dalla secchezza che gli aveva preso la gola
-Sono sicuro che ti eccita il pensiero...chissà quante volte hai sognato di scopartela-
Clint non riuscì più a stare fermo e cercò di ribellarsi, strattonando i legacci che lo tenevano ancorato a quella maledetta sedia, mentre sentiva la rabbia montargli dentro, rompere gli argini che aveva costruito con tanta fatica quando lo sceicco era entrato in quella stanza
-Non preoccuparti, Barton, se collabori avrai la tua occasione quando la riavrò fra le mani-
-Pensi davvero che verrà?-
-Sì, Barton. Come a New York. È venuta per te-
Come cavolo faceva a sapere di New York? Ogni file di quel giorno era riservato. Nemmeno lui sapeva le vere ragioni che avevano spinto Natasha a mettersi in quella situazione, lei gli aveva detto di essere compromessa e di voler togliere quella macchia sul registro.
Che gli fosse stata poi vicina, era innegabile e inevitabile, erano sempre stati molto uniti, lui stesso sarebbe corso in suo soccorso, ma da lì a mollare una missione per lui ne passava di acqua sotto i ponti.
-Ah davvero?- riuscì a tirare fuori, più spavaldo e sarcastico di quanto sperasse
-Certo, e verrà ancora- L'uomo tirò fuori un telefono.  -Adesso faremo una chiamata, e tu le parlerai-
-Puoi scordartelo-
L'uomo non disse altro. Fece un cenno con la mano e un paio di energumeni entrarono nella stanza.
-Faremo in modo che il nostro ospite si faccia sentire anche senza parlare- disse mentre già componeva il numero di cellulare di Natasha usando proprio quello di Clint.
Cazzo. La loro linea sicura. Nat avrebbe saputo subito che si trattava di lui.
Si cucì comunque la bocca, pronto a resistere a tutto.

Il suono del telefono la distolse dalla seduta di allenamento con Tommy. Gli fece cenno di aspettare mentre rispondeva. Era la linea privata.
Finalmente.
-Credevi davvero che non avrei scoperto che lavori per lo SHIELD, Natalia?-
Quella voce la agghiacciò, tuttavia cercò di fare la finta tonta mentre inseriva la funzione registrazione sul cellulare.
-Scusi ma chi parla?-
-Non fare così, Natalia, o il tuo amico soffrirà molto, e tu sai di cosa sono capace-
Era vero, lo sapeva maledettamente bene. Si morse un labbro mentre cercava di mantenere la calma, anche per non spaventare Tommy.
-E' tra me e te. Lascialo andare-
-Mi piacerebbe molto ma sai, un agente dello SHIELD è sempre una merce preziosa. Ma, ti propongo un lavoretto semplice, semplice, dopodichè, come pagamento, lo riavrai indietro, forse non tutto intero, ma vivo-
-Scordatelo-
Pensa, Natasha, pensa.

Natasha doveva aver rifiutato, perchè a un gesto dello sceicco uno degli energumeni gli posò un ferro rovente su una scapola.
Prima di riuscire  a dominarsi cacciò un urlo di dolore, che cercò di soffocare non appena si rese conto che volevano che lui gridasse, che facesse sentire alla Vedova Nera che ogni suo rifiuto equivaleva a una tortura per lui.

L'urlo di Clint, sebbene subito spento, le aveva fatto montare un'angoscia che si era estesa fino allo stomaco, provocandole un fastidioso senso di malessere.
-Lascialo. Ora-
-Lavora per me-
-No-
Si sentì l'ordine di ripetere il trattamento, qualunque esso fosse, ma questa volta non sentì l'amico urlare.
-Lavora per me-
-Fottiti-
Vide Steve entrare in quel momento, insieme a Tony Stark e a Bruce Banner. Tutti gli uomini si bloccarono vedendo il suo corpo teso, le sue parole dure. Capitan America fu il primo ad avvicinarsi, chiedendole con lo sguardo cosa stesse succedendo, senza osare parlare dopo che lei si era messa un dito sulle labbra.
Il supersoldato prese Tommy da parte e lo guidò fuori dalla palestra.
Un gemito di occhio di Falco la riportò alla telefonata. Chiuse gli occhi mentre, più coraggiosamente di quanto si sentisse, chiuse la comunicazione.
Si passò una mano sui capelli mentre si sedeva su uno dei materassini, completamente svuotata e per niente sicura della sua ultima azione.
Bruce le si sedette accanto
-Che succede?-
-Ha preso Clint-
-Chi?-
Natasha aspettò il rientro di Steve prima di raccontare tutto dall'inizio, quella missione disastrosa che ormai risaliva a mesi prima, per finire con la missione in Cina di Occhio di Falco, di cui Tony già sapeva, e della perdita dei contatti.
-Dobbiamo avvisare Fury-
-No- rispose Tony -Natasha. Richiama quel tizio. Pretendi di parlare con Clint, e senti cosa devi fare per lui, poi decidiamo-
-Vuoi scendere a compromessi?-
-No, Rogers, voglio riportare a casa le chiappe di Legolas, vive possibilmente, per cui prima di avvisare Fury preferisco sapere cosa vuole che faccia. Se è questione di sicurezza nazionale stai pur sicuro che piuttosto Clint lo uccide lui-
-Fury non...-
-Steve, Tony ha ragione. Fury è un brav'uomo, ma deve pensare prima alla nazione e dopo ai propri soldati- si intromise mesta Natasha, il pollice sospeso sulla cornetta verde che l'avrebbe rimessa in contatto con lo sceicco.
-Fallo. Fa un bel respiro, stai calma e fallo. Hai affrontato di peggio-
Natasha riuscì a fare un mezzo sorriso a Bruce, poi guardò Steve, che annuì e premette il pulsante.
Le rispose un altro grido disperato di Clint, che le arrivò dritto al cuore e fece rimanere sbalorditi anche gli altri tre.
-Lo farai?-
-Prima voglio parlare con lui-
-E va bene-

Clint ormai non ci vedeva più da un occhio, che era pesto e gonfio. Le ustioni pungevano e pulsavano, facendolo tremare. Era a petto nudo ora, la maglietta che indossava ridotta a brandelli.
-Dille che stai bene- lo sceicco lo prese per i capelli e gli tirò indietro la testa mentre gli appoggiava il suo telefono all'orecchio
-Clint?-
-Natasha...- gli uscì un filo di voce. Aveva sete. Cercò di attivare almeno la salivazione, ma con scarso successo -..Non...cedere-
-Stai bene?-
-Sì-
Lo sceicco lo lasciò andare e riprese la conversazione.

-Non toccarlo di nuovo- minacciò a voce bassa.
Sentire Clint le aveva fatto montare una furia cieca, quella stessa furia che tante volte le aveva fatto commettere azioni che avrebbe preferito dimenticare. Natasha non c'era più, c'era solo la Vedova Nera, che era molto, molto arrabbiata e quindi molto, molto pericolosa.
-Lavorerai per me?-
-Cosa devo fare-
-Le armi che cercavi, esistono. Non sono solo progetti, le ho realizzate. Ti darò una bomba, e voglio che tu la metta al cremlino. Gli USA rivendicheranno l'attacco.
-Scatenerai una guerra-
-Esatto. E le guerre portano soldi. Ci vediamo alle vele, domani alle 14.00 ora di Dubai-
Un bip l'avvisò che lo sceicco aveva interrotto la comunicazione.

PERSONAL SPACE: Grazie per essere arrivati fin qui...ora che succederà? I vendicatori parleranno con Fury? La Vedova Nera si presenterà? Stay tuned e lo saprete!

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Capitolo 16
*** Capitolo 17: uniti ***


PERSONAL SPACE: Eccomi!!! Non so quanti capitoli pubblicherò ancora, Berlino mi aspetta, quindi magari sarò un po' latitante, spero di non ritrovarmi infilzata da un corno di unicorno...nel caso saprei a chi dare la colpa XD Comunque grazie ancora a chi mi legge, soprattutto all' e a unicornadoppiaE221 che mi hanno recensita.... buona lettura!!

Capitolo 17: UNITI

-Avvisiamo Fury?-
Natasha aveva appena attaccato il telefono, e ora guardava le persone accanto a sé. Sembravano tutti molto tesi. Steve era in piedi, le braccia incrociate al petto, e guardava alternativamente Tony e la Vedova Nera, forse cercando di capire cosa frullava loro in testa.
Per quanto la riguardava la questione era semplice. La sua priorità era tirare fuori Clint dal pasticcio in cui lei l'aveva involontariamente ficcato quando era fuggita dagli Emirati. Al momento, degli USA gliene fregava ben poco.
-Non se ne parla, Rogers, farà uccidere Barton senza battere ciglio. E' questione di sicurezza nazionale-
Tony era del suo stesso avviso, e tutto sommato era contenta di averlo dalla sua parte. Poteva essere spaccone, arrogante e quando ci si metteva era la persona più irritabile del mondo, ma sotto sotto era un brav'uomo e, cosa ben più importante, era abbastanza distaccato dallo SHIELD da non vedere nel direttore un proprio superiore. Poteva percepire che la mente del miliardario era già all'opera, forse calcolando rischi e tempistiche mentre cercava una via d'uscita da quella situazione che probabilmente salvasse Clint, Natasha e la nazione intera.
Banner taceva.
Era seduto per terra, la schiena contro il muro, le ginocchia  raccolte contro il petto. Sembrava avesse tutto sotto controllo e probabilmente stava solo elaborando una sua teoria.
-E allora che facciamo?-
Natasha non aveva dubbi che Steve Rogers volesse quanto loro salvare Clint, ma sapeva anche quanto l'uomo fosse un soldato fin nell'anima. Si era arruolato negli anni 40 per puro patriottismo, e sempre per l'amore della nazione si era sottoposto al siero del supersoldato.
Aveva dato la vita per salvare i propri uomini, e lo SHIELD ora, quella vita gliel'aveva restituita, tirandolo fuori dal ghiaccio. Capiva e comprendeva quanto lui si sentisse in debito verso Fury, era lo stesso sentimento che in fondo lei nutriva verso Clint.
Quella riconoscenza si era evoluta nel tempo. C'erano stati momenti in cui l'aveva profondamente odiato per averla reclutata, altri in cui gli era grata. Clint era l'unico vero amico che avesse mai avuto, che per lei c'era sempre stato; le aveva insegnato cos'era la vera amicizia, quella senza secondi fini, completamente disinteressata. Con lui aveva scoperto l'amore. Non il sesso, quello lo conosceva fin da quando era piccola, anche troppo. Prima di Clint non aveva mai pensato che il sesso potesse essere qualcosa di più di uno strumento per ottenere quello che voleva, fossero informazioni o soldi o, occasionalmente, una via di fuga.

Era la loro prima missione che non prevedesse soltanto fucili e pistole. Certo, li prevedeva ovviamente, ma non nel senso classico del termine.
Il loro compito era quello di proteggere la regina d'Inghilterra e il presidente degli Stati Uniti da eventuali attacchi terroristici. Fin qui niente di nuovo, se non che l'occasione era una serata di gala in Buckingham Palace.
Era una di quelle serate che si vedevano solo nei film, con sontuosi vestiti, nobili che spuntavano da tutte le parti. Appostarsi fuori come cecchini sarebbe stato impossibile e anche abbastanza inutile, lo sapevano ancor prima di fare un sopralluogo travestiti da turisti. Non c'erano postazioni che avrebbero dato loro la certezza di dare una copertura a 360 gradi, senza contare che la quantità di persone presenti comportava il grande rischio di ferire o uccidere qualche innocente.
Era rimasta un'unica opzione. Infiltrarsi.
Si era preparata nello squallido bagno del motel che era stato loro assegnato come casa sicura. Il vestito era blu notte, senza spalline, lungo fino ai piedi ma con la gonna che si sarebbe staccata con un gesto in caso di necessità. Il bustino era tempestato di piccoli Swarovsky che le incorniciavano il decolltè e scendevano come una cascata di stelle, fitti alla scollatura e via via più radi fino a sparire all'altezza della vita.
Completò il tutto con un paio di scarpe col tacco, dello stesso colore del vestito. Il tessuto era scamosciato e la scarpa le copriva il piede, lasciandole però scoperte le punte e la caviglia. All'altezza del collo del piede, partiva un filamento argentato che le circondava la caviglia riallacciandosi dietro, dove altro tessuto nascondeva il tallone.
Si truccò lievemente con quel poco che aveva. Un filo sottilissimo di eyeliner, un filo di matita e tanto tanto mascara. L'effetto era quello di incorniciarle gli occhi, facendone risaltare il colore in contrasto con i capelli, tornati quasi lunghi e rossi.
Mise trucchi e un teaser nella pochette e uscì.
Nessuno aveva mai avuto la reazione di Clint senza che lei facesse nulla per provocarla.
L'amico era rimasto letteralmente a bocca aperta, senza riuscire a proferire parola.
-Sei...sei bella da togliere il fiato- riuscì a boccheggiare quando il suo corpo ricominciò a obbedirgli.
Quel complimento era arrivato così spontaneo e così goffo che era arrossita per la prima volta in vita sua senza ordinarselo. Mai prima di allora qualcuno le aveva detto qualcosa di simile, e ora vedeva Clint guardarla come se fosse davvero speciale, come se non fosse una donna letale, ma soltanto una bellissima donna che stava per avere l'onore di accompagnare a una serata importante.
Le porse il braccio e lei lo prese di buon grado.
Tutto era filato liscio.
Non c'erano stati attentati e la gonna era rimasta attaccata al vestito, fortunatamente. Clint era stato un gentiluomo per tutta la serata, e lei per la prima volta si era sentita donna. Non aveva mai amato particolarmente il proprio corpo. Certo, era bella e lo sapeva visto il suo successo come seduttrice, ma non ci stava particolarmente dietro. Il suo corpo era un'arma. Lo teneva in forma e pronto all'uso, nulla di più.
Ma lo sguardo di Clint ogni volta che le sorrideva, che le parlava, avevano acceso qualcosa in lei, qualcosa che li aveva uniti, più che mai. In quell'albergo, per la prima volta, aveva fatto l'amore solo per la gioia di farlo. Non c'erano missioni, non c'erano secondi fini. Amava Clint? Non lo sapeva, non con certezza, ma quella notte c'erano stati solo loro due.

Da quel giorno aveva iniziato a scoprirsi, a conoscere sé stessa.
E lo doveva solo a Clint.
Tra loro poi non aveva funzionato, troppi i rischi, e troppe le preoccupazioni, ma il loro legame restava comunque qualcosa di speciale.
Tra Fury e Rogers non c'era un legame così forte, ma Natasha riconosceva un'oggettiva difficoltà di Steve di nascondere qualcosa di così importante al direttore, nonostante a New York Stark gli avesse un po' aperto gli occhi: Fury non era il santo che credeva. Era una spia e come tale si comportava.
-Steve- disse a bassa voce guardandolo negli occhi -Non vogliamo far scoppiare una guerra, e nemmeno agire all'ombra di Fury. Voglio solo assicurarmi di portare Clint fuori da lì vivo, e Stark ha ragione: se lasciamo la scelta a Fury, Clint è spacciato-
Il supersoldato annuì una volta, ma non rispose. Probabilmente stava cercando una qualche risposta che scagionasse l'uomo con un occhio solo.
-Capitano Rogers- a parlare, per la prima volta, era stato Bruce, mostrando il consueto rispetto verso il supereroe a stelle e strisce – Si metta nei panni di Fury per un secondo. Lei è il direttore dello SHIELD e uno di noi le viene a dire che per salvare un altro agente, per quanto in gamba, deve far scoppiare una guerra. Come reagiresti?-
Il supersoldato stette per ribattere istintivamente, ma poi si fermò e ragionò.
-Avete ragione, Fury non avrebbe altra scelta, anche se volesse- ammise infine -Come agiamo?-

Clint non poteva credere che Natasha avesse ceduto al ricatto.
Lui stesso si sarebbe suicidato piuttosto che dare il via a una guerra con l'unico scopo di arricchire uno sceicco megalomane.
Non che le altre guerre fossero diverse. Alla fine ci si riduce sempre alla smania di potere. Hitler voleva riunire tutte le popolazioni di lingua tedesca sotto il suo dominio. Le guerre in medio oriente non erano altro che il voler accaparrarsi quanti più pozzi di petrolio possibile, nascondendo il vero intento con pseudo armi chimiche da debellare e quant'altro.
Se non altro, avevano smesso di torturarlo.
L'avevano tolto da quella sedia e buttato letteralmente in una piccola cella. Un soldato gli aveva portato qualcosa da mangiare e dell'acqua tremendamente calda. Non era riuscito a toccare cibo, ma aveva finito l'acqua in un batter d'occhio. Non ricordava quando era stata l'ultima volta che aveva bevuto, ma la gola gli bruciava e accolse con sollievo il liquido caldo che gli era scivolato giù in pochissimo tempo.
Si era steso a terra, sulla pancia per evitare di andare ad appoggiare il peso sulle ustioni ricevute, e aveva cercato di dormire un po'. Il pavimento era fresco e gli diede un po' di sollievo, oltre a farlo un po' preoccupare. L'ultima cosa che gli serviva era che le ferite si infiammassero e gli procurassero una febbre che l'avrebbe debilitato e stordito. Doveva restare lucido e cercare una via di fuga.

Sì sentì sollevare di peso e aprì gli occhi di soprassalto.
Doveva essersi addormentato durante la sua degenza nella cella.
Prima ancora che avesse il tempo di svegliarsi del tutto gli venne messa una benda sugli occhi mentre contemporaneamente qualcun altro gli legava le mani dietro la schiena. Il movimento a cui questo lo costrinse gli fece lanciare un gemito di dolore: le ustioni sulle scapole gli diedero delle fitte che per un attimo lo stordirono.
Niente di tutto questo sembrò muovere a compassione i suoi carcerieri, che senza troppi complimenti lo tirarono in piedi e lo sospinsero lungo un percorso sconosciuto mezzo trascinandolo mezzo sorreggendolo.
Alla fine lo caricarono su quello che sembrava il cassone di un camion e avviarono il motore. Cercò di fare forza e di liberarsi le braccia, ma il dolore era troppo e ben presto desistette. Provò a cercare a tentoni qualcosa che lo aiutasse a liberarsi, un cacciavite, un chiodo, un qualsiasi cosa di quelli che gli eroi trovano SEMPRE nei film.
Lui era un eroe, o così gli dicevano, ma non di quelli da pellicola, o forse era semplicemente molto sfigato (come se non avere superpoteri non fosse sufficiente) perchè intorno a sé trovò solo il nulla.
Dopo il camion fu la volta di un altro mezzo di trasporto, che non riuscì a identificare fino a quando il rumore di un motore a turbofan non gli svelò la verità.
Era su un areo.
Per un attimo andò nel panico, mentre il rumore del fan, quella specie di ronzio molto rumoroso e fastidioso, gli riempiva completamente le orecchie, poi però riflettè che avevano dato appuntamento a Natasha alle vele a Dubai, quindi forse era là che erano diretti.
Bene.
Sfruttò il tempo di volo per un'altra dormita. Doveva recuperare le forze.

Erano tutti a bordo del jet privato di Tony Stark, e per la prima volta Natasha fu veramente disposta a dimenticare l'inferno che aveva passato nel breve periodo che aveva passato sotto copertura come sua segretaria privata.
Senza l'aereo privato non aveva idea di come avrebbe fatto a raggiungere Dubai in così poco tempo senza farsi scoprire.
Quello che non avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura era che avere i Vendicatori accanto le faceva davvero bene. E lo faceva anche a Tommy, che ora dormiva pacificamente su una delle brandine dell'aereo.
Il ragazzino era rimasto a origliare e si era ostinato ad accompagnarli, a costo di andare a spifferare tutto a Fury. Con un sospiro e la raccomandazione di non combinare casini, dopo che Natasha aveva raccontato loro la sua storia, Tommy era stato accettato nel gruppo, e ora era in viaggio per la sua prima missione.
Iniziare con qualcosa di illegale. Se la storia era destinata a ripetersi quel ragazzino ne avrebbe fatta di strada, sempre che non finissero tutti ammazzati in poche ore, ovviamente.
La presenza di Bruce, Steve e Tony la costringeva a restare calma e a ricordarsi che non era sola in questa missione potenzialmente suicida. Aveva una reputazione da difendere, e mai avrebbe mostrato a Stark il suo lato più umano.
Senza Iron Man tra i piedi probabilmente avrebbe già dato fuori di matto.
-Dovresti riposare un po', Natasha- Steve si sedette accanto a lei, che si era accoccolata per terra contro la fusoliera dell'aereo -Devi essere in forma se vuoi uscirne viva-
Lei annuì, ma proprio di dormire non le riusciva.
Da quando aveva ricevuto la prima telefonata, sentiva un'inquietudine dentro di sé che le faceva venire voglia di spaccare tutti, e ora, su quell'aereo, si sentiva in gabbia. Gli Emirati sembravano su un altro pianeta, e quell'affare sembrava volare troppo lentamente per i suoi gusti, anche se era uno dei più veloci jet subsonici in commercio e non.
-Vedrai che lo riporteremo a casa. Abbiamo affrontato di peggio. Uniti ce la faremo-
Finalmente Natasha riuscì a sorridere. Era vero. Uno sceicco megalomane non era niente in confronto a quello che avevano passato a New York, doveva solo convincersene.
-Te la senti di affrontarlo? Sei sicura?-
Se la sentiva davvero?
Era da un po' che ci pensava. Tante volte, quando sentiva nominare anche solo gli Emirati come nazione, un brivido le percorreva la schiena, e i suoi ricordi tornavano a quella cella. Ora stava di nuovo per incontrare, in una stanza da sola, il suo aguzzino.
Sarebbe riuscita a mantenere la calma?
Devi farcela. Si disse. Per Clint.
-Penso di sì- rispose abbastanza sinceramente -Devo stare calma, per Clint-
-Va bene, e ricordati che ci siamo noi a coprirti le spalle. Se osa toccarti, se la vedrà con noi-
-Grazie...-

Steve le fece un sorriso gentile, poi si alzò per andare a controllare gli altri.
Tony era in cabina di pilotaggio insieme a Bruce Banner.
I due stavano chiacchierando riguardo a un qualcosa che avrebbe assorbito le vibrazioni molecolari scatenate dalla rabbia dello scienziato e quindi impedito la trasformazione. Secondo Stark la cosa poteva funzionare, mentre Banner era più reticente.
Li lasciò continuare senza disturbarli.
Agitazione molecolare, radiazioni, meccanica quantistica...non era roba alla sua portata.
Controllò per un momento Tommy, chiedendosi non per la prima volta se avessero fatto bene a portarselo dietro.
Il ragazzino li aveva messi alle strette, e senza dubbio era molto legato a Clint. Natasha aveva mostrato loro la sua scheda, che era assolutamente invidiabile. Tra i primi in tutte le categorie, e questa era una rarità. Ogni agente per quanto eccellente che fosse aveva un proprio punto debole, una materia in cui non brillava, mentre Tommy era costante in tutto.
Sembrava non avere difficoltà con niente, probabilmente perchè si impegnava sempre al massimo.
La Vedova Nera li aveva assicurati inoltre che nel corpo a corpo si era addestrato con lei, mentre Clint nei tempi morti lo aveva aiutato ad affinare la mira già ottima.
Senza dubbio poteva essere un valido alleato, ma sarebbe stato in grado di affrontare una vera missione, o dovevano aspettarsi un crollo? Certo, il fatto che stesse dormendo probabilmente era già un buon segno.
Gettò uno sguardo a Natasha: si era finalmente decisa a stendersi un po', ma probabilmente non stava dormendo. Decise di non disturbarla oltre e andò a sedersi.
-Siamo pronti per l'atterraggio-
La voce di Tony risuonò in cabina, resa un po' più metallica dagli altoparlanti.
Si comincia.

PERSONAL SPACE: grazie a chi è giunto fin qui...quindi sono rispuntati i Vendicatori, e anche i flashback (a proposito, se volete saperne di più vi ricordo di leggere "Sento che questo sarà l'inizio di una lunga amicizia", spin off che racconta in modo più completo l'inizio dell'avventura tra Natasha e Clint (momento marchetta XD) eh niente... vi ringrazio ancora, e se vi è piaciuto o anche no, recensite!!!

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Capitolo 17
*** CApitolo 18: avviso! ***


AVVISO: Ciao a tutti!
Volevo solo rassicurarvi, non ho abbandonato questa storia, sono semplicemente in vacanza e riaggiornerò dopo il 18 di agosto, quando ritorno!!!
BUONA ESTATE!

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Capitolo 18
*** Capitolo 19: trattiamo ***


PERSONAL SPACE: eccomiiiii!!! Sono tornata finalmente dalle vacanze, mi sono sbloccata e quindi ecco il nuovo capitolo, un po' lunghetto per farmi perdonare dell'assenza...come sempre grazie a chi mi ha letto e recensito, a chi mi segue e mette tra i preferiti, ne sono davvero contenta! Basta cianciare e vi lascio al capitolo!!

CAPITOLO 19: Trattiamo


Tony aveva prenotato il meglio del meglio per loro. Finora Natasha ne aveva visti di posti lussuosi, ma la megavilla affittata dal miliardario era decisamente oltre ogni sua più rosea immaginazione, nonché esperienza.
In confronto Le Vele sembravano una bettola da due soldi, il che era tutto dire.
Le Stark Industries avevano ovviamente commercio anche con gli Emirati, e Tony aveva scomodato tutti i suoi contatti affinchè facessero in modo che la sua solita sistemazione fosse libera per il loro arrivo. Aveva degli affari urgenti da sbrigare e non poteva permettersi ritardi.
Erano atterrati nella pista di atterraggio privata della proprietà che il magnate era solito affittare come abitazione nei suoi viaggi di lavoro e subito la maestosità di quella casa si era rivelata ai loro occhi, come se la possibilità di entrare direttamente nell'hangar e la pista privata non fossero già un indizio sufficiente.
Finora l'unica cosa che Natasha aveva visto che più si avvicinava a quella magnificenza era la casa di John Travolta, famoso per l'accesso diretto alla pista di decollo per i suoi amati giocattolini, due Boeing 707 SP, giusto due cosine da circa 200 passeggeri. E tutto questo la russa lo aveva visto solo su internet, non certo dal vivo, e sicuramente mai aveva avuto la possibilità di “toccare con mano”
-Ti tratti bene, Stark- osservò Steve, non senza una punta di stupore nella voce. Che fosse un megalomane era cosa nota a tutti, ma questo era decisamente spiazzante, specialmente per qualcuno proveniente dagli anni 40, quando gli aerei erano ancora un qualcosa di mitico e irraggiungibile, almeno per la gente comune, figuriamoci la possibilità di tenerne uno in garage!
-Sono pur sempre un miliardario-
L'unico che non sembrava particolarmente turbato dalla cosa era Tommy. Con tutta l'innocenza dei suoi quindici anni scarsi, si era attaccato al finestrino e ora si godeva l'atterraggio e tutto il lusso con gli occhi spalancati per la meraviglia.
Natasha sorrise, intenerita. Il ragazzino era ancora innocente, non aveva ancora assaggiato con mano la cruda realtà del loro mondo, ma sospettava che ben presto ne avrebbe avuto un assaggio.
Certo, aveva subito la morte del padre, e l'invasione di New York era cosa nota, ma la differenza tra l'averlo visto e l'esserci passato attraverso era decisamente abissale. Un po' come era accaduto a lei durante la prigionia. Non importava quante volte l'avessero stuprata durante l'addestramento. Tra i suoi “insegnanti” e la realtà ci era passato un abisso, e questo l'aveva sconvolta. Scosse la testa, come per scacciare i ricordi e lasciò che Tommy si godesse tutta la parte migliore del viaggiare con Iron Man. Doveva ammetterlo: finchè non iniziavano i guai (ed era una cosa che succedeva abbastanza presto) vivere al fianco di Tony era una figata, e Nat l'aveva sperimentato sulla propria pelle quando gli faceva da assistente personale. Peccato che la tranquillità in quel periodo durava meno di dieci minuti di solito prima che Stark ne inventasse qualcuna delle sue o venisse attaccato.
Tony fece loro toccare terra con tutta la dolcezza di un atterraggio da manuale, e pilotò poi il piccolo aereo con facilità disarmante all'interno dell'hangar annesso alla villa. La manovra venne facilitata dal fatto che il garage era stato studiato per ospitare aerei ben più grossi e meno agili, quindi non era stato difficile per l'uomo parcheggiare anche senza assistenza da terra.
Come mise i piedi a terra, Natasha si affrettò a posizionare i blocchi alle ruote, dei prismi a base triangolare che, posti sotto le ruote del carrello, aiutavano il velivolo a rimanere fermo sul posto.
Iron Man li fece presto entrare in casa.
Sembrava una reggia, e non aveva niente da invidiare alla defunta Stark Tower (al momento in ristrutturazione dopo che Hulk e Loki l'avevano pesantemente danneggiata) o alla villa a Malibu del  CEO della Stark Industries.
Piscina interna ed esterna, un numero indicibile di stanze da letto, ognuna col proprio bagno privato dotato di idromassaggio e sauna, nonché cucina, salotto, sala cinema e biblioteca, il tutto altamente automatizzato.
Il tutto terminava con una passerella lunga un centinaio di metri che portava a un bungalow completamente in legno, posto in mezzo al mare e sostenuto da palafitte, con anche un terrazzino da cui era possibile tuffarsi e risalire senza ripassare dalla spiaggia.
-Wow- non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire Natasha -Perchè non mi hai mai portato in un posto del genere quando lavoravo per te?-
-Perchè non volevi venire a letto con me-
-Bastava dirlo subito- ribattè la donna, divertita -Se mi avessi portato qui subito avresti ottenuto tutto senza sforzo, invece del nulla che ti è toccato-
Tony sospirò e fece uno sguardo del tipo “a saperlo prima mi sarei risparmiato un sacco di fatica” me non ribattè alla giovane, anche perchè Tommy era appena entrato in casa dopo aver fatto un giro del perimetro insieme a Bruce Banner, senza contare che Capitan America sembrava a dir poco shockato dalla leggerezza con cui Natasha parlava della propria vita sessuale. Alla sua epoca, solo le prostitute avevano il coraggio di parlare a quel modo. Il mondo era cambiato, ma per certe cose, riflettè l'ex spia russa, Steve restava ancora un gentiluomo degli anni 40.
I due fecero cadere l'argomento e iniziarono i preparativi per l'incontro di Natasha con lo sceicco.

Quando Clint si risvegliò era di nuovo sulla terraferma, o almeno così gli sembrava. Non sentitva più i motori dell'aereo e nemmeno quello di un furgone, segno che o era fermo da qualche parte, forse per una sosta di rifornimento carburante, oppure il suo viaggio era momentaneamente finito.
Quando sentì una porta aprirsi, capì che si trattava dell'ultima opzione.
Due energumeni entrarono nella stanza/cella/qualunque cosa fosse e gli tolsero finalmente, dopo ore interminabili, la benda dagli occhi.
Non che la visuale migliorasse. Un'occhio era completamente chiuso: non riusciva ad aprire la palpebra e lo sentiva gonfio, con una fastidiosissima sensazione, come se pulsasse e fosse intorpidito allo stesso tempo.
L'altro, il sinistro, quello che con cui prendeva la mira, era messo leggermente meglio e, anche se la sua vista era appannata, per lo meno si apriva. Uno dei due lo prese per i capelli e lo costrinse a voltare la testa verso l'alto, fino a fargli fissare il soffitto, mentre il secondo gli apriva l'occhio sano e vi faceva cadere delle gocce. Ecco spiegata la vista. Erano delle stramaledettissime gocce di quelle che usano gli oculisti per vedere meglio in fondo all'occhio. Gridò di dolore quando lo stesso trattamento venne riservato anche all'occhio chiuso. Evidentemente volevano assicurarsi che non potesse usare le proprie armi, o per lo meno, non quelle in cui era un fenomeno.
Pensavano veramente a tutto.
Non si stupiva più che quello sceicco avesse scoperto la vera identità di Natasha e fosse riuscito ad ingannarla a tal punto da riuscire a catturarla senza che lei nutrisse il minimo sospetto.
Sembrava conoscere tutti i punti di forza anche di Clint, e sapeva inoltre che era lui il vero punto debole di Nat, almeno tanto quanto la russa era il suo.
Da dove cavolo aveva preso tutte quelle informazioni?
Tralasciando la sua passione per l'arco, che era stata sotto gli occhi di tutti a New York, il suo essere mancino, il suo legame con Natasha, le conoscenze della russa in fatto di spionaggio non erano certo di dominio pubblico, e anche se Fury avesse voluto far arrivare qualcosa per dare il contentino alle ricerche dell'emiro, di certo non avrebbe rivelato quelle più delicate.
Clint arrivò all'improvviso a una sconcertante verità. Lo sceicco (o chiunque egli fosse in realtà, ormai Clint non era più sicuro di nulla) aveva una talpa all'interno dello SHIELD, e non una persona qualunque, ma qualcuno che fosse abbastanza in alto da poter avere accesso a informazioni riservate. Si sentì gelare il sangue nelle vene, mentre cercava di ricordare qualche comportamento anomalo da parte dei vertici con cui era stato in contatto, Fury incluso.
Niente. Era ancora troppo confuso e sconvolto per pensare. Assurdamente, ebbe perfino il sospetto che la talpa fosse Tony Stark, con tutte le sue risorse e il suo cervello non avrebbe fatto sicuramente fatica a entrare nei file dell'organizzazione. Scartò però l'ipotesi nel momento esatto in cui gli venne in mente. Si era fatto il culo anche più di loro per salvare New York dai Chitauri, e chi ama a tal punto la terra da lanciarsi nello spazio con una bomba nucleare tra le braccia, non avrebbe certamente la voglia di scatenare una guerra nucleare. Non aveva nessun senso.
Ovviamente scartava a priori Steve Rogers, Natasha e Bruce Banner e sé stesso.
Steve era un patriota convinto, la seconda era appena stata catturata e violentata, e niente al mondo poteva convincerlo che il suo sconvolgimento non fosse reale (o almeno era quello che si augurava il suo cuore, anche se ammetteva che la Vedova Nera era diventata famosa proprio per il suo donate tutta sé stessa alla missione) e Banner non aveva certo bisogno di un'arma nucleare. Lui stesso era una delle armi più potenti esistenti al mondo (anzi nei mondi).
Scosse la testa per scacciare quei pensieri.
Per prima cosa doveva uscire di lì e cercare di radunare i Vendicatori, o almeno la parte terrestre di essi. A questo punto non sapeva più di chi fidarsi. Quanto era addentrata questa talpa? Era solo una? O tutto lo SHIELD era compromesso?
Basta! Si impose. Trova il modo di uscire da qui!

Natasha stava tremando. Impercettibilmente, ma era quanto bastava per farle pensare di abbandonare tutto. Non era pronta per affrontare di nuovo quell'uomo. Per niente.
Si era messa la sua divisa dello SHIELD. Pantaloni neri aderenti e giubba dello stesso colore. Una cintura in vita conteneva tutto ciò che poteva servirle, tranne la pistola, che era ben riposta all'interno dello stivale.
I capelli rossi erano sciolti, e aveva scelto un trucco leggero che tuttavia le induriva i lineamenti. Ne aveva dannatamente bisogno.
Mancavano due ore all'appuntamento, e la donna stava controllando l'equipaggiamento per l'ennesima volta mentre Tony apportava le ultime modifiche alla propria armatura (più che altro per evitare che vi si infilasse della sabbia non richiesta).
Bruce era seduto a un terminale pc, e controllava i loro trasponder. A lui spettava il compito di controllare costantemente le loro reciproche posizioni, nonché di far rimbalzare ciò che il microfono sottocutaneo di Natasha (una nuova invenzione di Tony Stark, a suo dire a prova di qualunque rilevazione) avrebbe registrato a Tony, Steve e Tommy, che sarebbero stati appostati poco lontano.
Quanto al miliardario, aveva finalmente studiato un sistema di mimetizzazione molto simile a quello utilizzato dallo SHIELD per occultare gli Helicarrier, ma molto meno potente dato che le emissioni della sua armatura avevano entità ben minori a quelle delle enormi portaerei volanti dell'organizzazione. Questo gli permetteva di volteggiare nell'intorno dell'albergo di lusso, e la sua idea era quella di fare quanto più possibile da bodyguard a Natasha, appostandosi direttamente fuori dalla finestra, in volo a punto fisso.
Erano piuttosto sicuri che non sarebbe stato scoperto dallo sceicco, che se anche aveva fatto delle ricerche su tutti loro (e non avevano dubbi in proposito) di certo non poteva sapere qualcosa di cui solo Tony Stark era a conoscenza, come ad esempio le ultime migliorie apportate all'armatura.
Rimaneva fuori solo Steve, che aveva risolto la cosa prenotandosi una stanza all'albergo. Lui e la sua sposa erano in viaggio di nozze. Con sommo sdegno del supersoldato, la sua amata era niente di meno che una squillo di alto borgo, di quelle da qualche migliaio di dollari a notte.
Inutile sottolineare che aveva accettato solo per Natasha.
Ora Steve stava controllando le ultime cose insieme a Tommy, dandogli gli ultimi consigli su come agire. Certo, Clint sarebbe stato un migliore insegnante per le tecniche di tiro a distanza, ma Capitan America cercava di arrangiarsi come poteva, e non se la stava cavando male. Natasha tuttavia percepiva lo sguardo del biondo su di sé. Lui sapeva, ovviamente, ed era visibilmente preoccupato per lei, pur non osando affrontare l'argomento. Ne era grata e irritata allo stesso tempo.

Alla fine Natasha non ne potè più, e chiamato un taxi, si fece portare sul luogo dell'appuntamento.
Tra il tragitto e le varie cose arrivò che era appena appena in anticipo, di cinque minuti.
Si costrinse a sembrare più spavalda del previsto e si avvicinò alla reception.
-Ho un appuntamento con lo sceicco Rayhan Assad Al'lah- disse con una disinvoltura che quasi stupì anche sé stessa.
-Sì, mi aveva avvisato del vostro arrivo, la signora Bellini, dico bene?-
Natasha era meravigliata da tanta astuzia. Ovviamente i due erano stati visti insieme mesi prima, e due persone così facoltose non passano certo inosservate, specialmente in un albergo che viveva di clienti del genere.
-Esatto, lo sceicco e io dobbiamo discutere di alcuni affari molto importanti-
Si rese improvvisamente conto che il suo abbigliamento non era poi così adatto a una ricca donna d'affari, ma si impose di non dire nulla a riguardo se nessuno faceva domande esplicite. Del resto, avrebbe potuto inventarsi una qualunque scusa, inclusa una ben poco animalista battuta di caccia a un qualche animale esotico e probabilmente in via di estinzione. Ce n'era sempre qualcuno.
La signorina alla reception compose un numero di telefono, probabilmente l'interno della camera del suo ospite, e parlò brevemente in arabo prima di riattaccare e sorriderle affabilmente, in un sorriso tanto falso quanto credibile. Chissà se prima di essere assunto il personale veniva mandato a fare un corso di teatro, o di sopravvivenza ai clienti particolarmente esigenti e viziati, si chiese, mentre tornava a concentrarsi sulle parole della donna.
-Lo sceicco le manderà subito il suo assistente personale, lo attenda all'ascensore 24, grazie-
Restituì il sorriso e dopo aver ringraziato si avvicinò alla postazione indicatole dalla ragazza. L'ascensore non si fece attendere, e lo stesso uomo che l'aveva avvicinata la prima sera al ristorante fece capolino, indicandole educatamente di entrare nel cubicolo. A metà della corsa lo fermò e la bloccò abilmente contro il muro, perquisendola velocemente.
Inutile dire che tutte le armi le vennero sequestrate, non che avesse dubbi a riguardo.
L'ascensore aveva l'ingresso diretto alla stanza dello sceicco, all'ultimo piano del palazzo che ospitava l'albergo.
La stanza non era meno lussuosa delle altre, ed era impreziosita da un acquario tropicale che ricopriva interamente le quattro pareti della camera da letto.
-Signora Bellini- la accolse lo sceicco con una gentilezza così naturale che Natasha quasi stentava a credere che fosse lo stesso uomo che l'aveva fatta violentare da più persone di quante volesse ricordare.
-Sayyid- rispose altrettanto educatamente, prima che la sua espressione diventasse di ghiaccio. -Dov'è l'agente Barton?- chiese, mentre con la coda dell'occhio cercava il familiare luccichio che le avrebbe rivelato la presenza rassicurante (anche se ad alta voce non l'avrebbe mai ammesso) di Tony Stark. Non ci mise poi molto a trovarlo.
-Tutto a suo tempo, Natasha. È così che ti fai chiamare ora, vero?-

Nell'istante in cui le porte si erano chiuse dietro Natasha e l'uomo che era venuto a prenderla, Steve Rogers aveva fatto il suo ingresso nell'albergo insieme a Michelle, la squillo che avrebbe impersonato sua moglie.
La prenotazione era di quelle da far invidia a qualunque sposina: una suite vista mare con accesso diretto alla stanza. Di quelle stanze ne esistevano pochissime, ed erano tutte posizionate nella parte alta. Tony l'aveva prenotata apposta supponendo che lo sceicco non volesse niente di meno.
In realtà aveva riservato una stanza per tipo, di quelle più lussuose, per essere pronto a ogni evenienza, e aveva suggerito via radio quale nome dare solo dopo aver visto dove era stata portata la loro amica.
Vedendolo per un istante sbigottito e anche perso in quell'eccesso di lusso, Michelle si avvicinò al bancone, chiedendo che le venissero consegnate le chiavi della loro stanza. Ripresosi dal momento di smarrimento, Steve si sorprese a guardare quella ragazza. Era davvero molto giovane e molto bella, di sicuro non superava i 23-24 anni. Il viso era di quelli dolci e delicati, e anche il loro primo incontro non era stato traumatico come temeva. Michelle aveva subito percepito l'imbarazzo del Capitano e aveva iniziato a comportarsi come una semplice fanciulla della porta accanto, cosa che l'aveva decisamente sollevato.
C'erano cose del XXI secolo a cui proprio non riusciva ad abituarsi, tra cui il nuovo ruolo della donna. Aveva inizialmente pensato che Maria Hill e Natasha fossero delle eccezioni, come Peggie lo era stata a suo tempo, nella vita militare, salvo poi scoprire (con estrema sorpresa, doveva ammetterlo) che ora il gentil sesso era pienamente integrato nella vita militare in tutti i campi, da quello burocratico fino alla prima linea. E poi, ovviamente, c'era l'abbigliamento, cosa a cui preferiva non pensare per non ricordare tutte le brutte figure fatte nelle prime settimane della sua nuova vita.
-Hai intenzione di prendermi in braccio per portarmi in camera?- la voce di Michelle lo fece sobbalzare e ripiombare bruscamente alla realtà. Aveva uno sguardo divertito e un sorriso sincero sul volto, così decise di stare al gioco e ridendo la prese in braccio, attirando lo sguardo invidioso di un'altra donna presente sul pianerottolo e le fece varcare la soglia della porta della...stanza?
Per lo stupore quasi la fece cadere.
Quella non era una camera d'albergo. Quella era almeno il doppio del suo appartamento e quello di Natasha messi insieme.
Si riprese subito e ridendo con Michelle caddero entrambi sul letto.

Bruce sentiva Steve ridere sul canale privato della radio, da cui aveva pensato bene di escludere Tony e Natasha. Per il primo era solo questione di battute, era sicuro che Stark avrebbe preso in giro a lungo il capitano se avesse saputo una cosa del genere, cosa di cui Rogers non aveva proprio bisogno. Nat invece doveva restare concentrata sulla missione. Il suo era il compito più delicato, e il fatto che l'ostaggio fosse Clint complicava solo le cose. La Vedova Nera non ne parlava, ma il suo stato di tensione era evidente, e ben ricordava come durante l'avventura che li aveva uniti, la sua preoccupazione fosse stata solo per l'arciere prima di tutto il resto.
Si detestò quando premette il pulsante che l'avrebbe messo in comunicazione con il supersoldato.
-Capitano, ho dato uno sguardo alle stanze di questa classe economica. L'arredamento è diverso, ma la planimetria è tutta uguale. Se posso permettermi, ti suggerisco di studiare bene quella in cui ti trovi per prenderci familiarità-
-D'accordo, ti ringrazio Bruce. Natasha e Tony?-
-Natasha è nella stanza con lo sceicco, stanno parlando in toni ancora molto civili. Tony è fuori, perfettamente mimetizzato-
-Tommy?-
-In posizione e al sicuro. Sto scandagliando l'edificio e i dintorni per cercare di localizzare l'agente Barton-
-Perfetto, grazie Bruce-
Bruce cambiò canale, mettendosi in comunicazione privata con il più giovane del gruppo
-Thomas?-
-Sì, signor Banner?- sorrise nel sentirsi chiamare così, ma non lo corresse. Se lo faceva sentire più sicuro di sé, poteva chiamarlo anche Mr Coso Verde per quanto lo riguardava. La recluta era la vera incognita. Non solo era il meno esperto di tutti loro, anzi, nemmeno se si voleva essere precisi. Bruce non era un soldato, ma uno scienziato, e se avesse preso in mano qualcosa di più complicato di un'automatica probabilmente si sarebbe sparato su un piede senza accorgersene. Tuttavia Tommy non era mai stato in battaglia, e come avrebbe reagito era un qualcosa di imprevedibile che avrebbe anche potuto portare alla disfatta totale
-Come va lassù? Hai una buona visuale?-
-Vedo Natasha, signore, ma non so se potrei sparare, non vedendo Iron Man ho paura di centrarlo-
-Tranquillo, quell'armatura può sopportare più di qualche proiettile-
-Va bene-

La comunicazione si chiuse e Tommy rimase di nuovo solo su quel tetto, isolato più o meno da tutti. La visuale sulla stanza era praticamente perfetta grazie al mirino telescopico con infrarossi realizzato da Tony Stark nell'arco di qualcosa come un quarto d'ora.
La recluta non poteva fare a meno di essere affascinata dal modo di lavorare dei Vendicatori. Erano tutti molto diversi tra loro, ma insieme sapevano essere un'ottima squadra.
Non ci aveva messo molto a capire che tutti si sarebbero fatti in quattro pur di riportare Clint a casa, prima di cercare di fermare definitivamente lo sceicco e il suo folle piano per arricchirsi.
Da parte sua, si sentiva straordinariamente calmo. Era consapevole delle sue capacità, soprattutto da quando si allenava con Natasha, che quando decideva che era ora di impegnarsi non risparmiava nessuno. Non riusciva ancora a batterla, ma per lo meno per un po' le teneva testa. Inoltre, i consigli e l'addestramento di Occhio di Falco avevano decisamente affinato la sua mira.
Tuttavia, sapeva anche che i vendicatori ancora non si fidavano di lui: lo capiva e lo accettava. In accademia sono tutti bravi, ma aveva sentito più di una volta racconti di persone che avevano perso il sangue freddo alla loro prima missione.
E quella in cui si era cacciato non era una missione, era un qualcosa di clandestino che metteva a rischio l'incolumità del mondo intero. Decisamente un compito poco adatto a una recluta come lui.
Scacciò il pensiero prima che si installasse nella sua mente. Se iniziava a pensarci era finito.
Per ingannare il tempo fece una panoramica dei dintorni alla ricerca di qualche altro cecchino prima di tornare su Natasha.

-Prima l'agente Barton, dopo parliamo del lavoretto che devo fare con te-
Natasha si stava dimostrando irremovibile su quel punto. Non era solo questione di tattica. La sua priorità era quella di vedere Clint vivo e metterlo al sicuro, dopo avrebbe pensato a cosa fare per evitare di far scoppiare la terza guerra mondiale.
-Ho la tua parola che lavorerai per me?-
-Sì, se sarà in condizioni sufficientemente buone-
Fu la decisa replica
-O si o no. Niente condizioni-
-Questi sono affari. Pago se la merce è in buono stato-

-Ho un riscontro sull'impronta genetica di Clint- la voce di Banner arrivò all'improvviso nelle orecchie di tutti quelli che erano all'esterno.
-Mi stai dicendo che ha funzionato davvero? Sono impressionato-
Bruce sorrise al complimento fattogli dal collega. Mentre erano in volo aveva pensato di poter analizzare l'impronta di calore visibile agli infrarossi e metterla in relazione con una simulazione del sudore fatta a partire dal DNA di Clint. Se avesse avuto ragione, l'impronta, così come il DNA, sarebbe stata peculiare per ogni individuo, permettendogli quindi di localizzarlo.
Poiché non avevano la certezza che potesse essere a portata di visore, uno scetticissimo Tony aveva modificato l'algoritmo di ricerca dei propri satelliti affinchè scandagliassero la terra alla ricerca di quella particolare impronta genetica. Era stata una cosa che gli aveva portato via pochissimo tempo, ma che aveva fatto più per accontentare Banner che per una reale fiducia nel progetto.
Per loro fortuna, per una volta Tony aveva sbagliato i calcoli, e ora avevano la posizione di Clint.
-Quanto accurata è?- chiese
-Direi circa un raggio di 100m-
Accidenti. Doveva darsi una mossa per convincerlo a lavorare per lui.
-Perfetto. Dove-
-In un villaggio a circa 100km da Dubai. E' mediamente grande, direi circa 5000 abitanti, non so dirti quanto fedeli allo sceicco. La traccia è debole, quindi probabilmente si trova da qualche parte sottoterra. Di più al momento non posso dirti finchè non faccio qualche ricerca approfondita-
-Falla. A Natasha pensiamo io e Tommy-

Steve aveva ascoltato la conversazione in silenzio, rifiutandosi categoricamente di capire cosa avesse di tanto straordinario l'impresa di Banner. Certo, si rendeva conto che era una cosa fuori dal comune, ma quello che a lui importava era ritrovare Clint e togliere Natasha dalle mani dello sceicco prima che lui scoprisse di un'eventuale fuga del suo prigioniero.
-Ragazzi. Prima di fare qualunque cosa, tiriamo fuori Natasha- si decise a dire, e la sua voce aveva un tono a dir poco categorico.
-Non so quanto possa essere una cosa fattibile, Steve...- cercò di iniziare Tony ma Cap, dopo aver escluso Tommy, lo interruppe
-Senti, ho visto cosa le ha fatto e come l'ha ridotta. Io non ho intenzione di lasciarla di nuovo nelle sue mani. Non stava quasi in piedi e non ha dormito per settimane. Ti basta a farti un'idea?-
Questo fece per lo meno riflettere Tony Stark. Sapeva che Natasha probabilmente l'avrebbe ucciso per quello che aveva appena rivelato, ma riteneva la sua salute mentale e fisica superiore a un segreto dato solo dal non voler sembrare debole.
-Va bene- rispose Iron Man alla fine, per poi reinserire Tommy nella conversazione -Banner, trova tutto quello che puoi, poi mediteremo il da farsi.

PERSONAL SPACE: Grazie per essere arrivate fin qui. Dal prossimo capitolo inizia l'azione e vedremo chi andrà dove e soprattutto come Tommy reagirà una volta arrivati al dunque.
Mi scuso per la dissertazione sulla villazza di Travolta e sulla mia fissazione sugli aerei, ma voi non potete capire quanto io vorrei un aereuccio uccio uccio tutto per me qui in garage, cioè non un aereo grosso, mi basta un ultraleggero, cioè chiedo troppo? XD Vabbpè sto divagando, spero che non vi siate addormentate leggendolo, ma ho voluto dare spazio a tutti i personaggi...niente fatemi sapere qualcosa con una recensione se vi va! Alla prossima!

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Capitolo 19
*** Capitolo 20: tieni duro! ***


PERSONAL SPACE: rieccomi! come sempre grazie a chi mi legge e alla mia fedele unicorna che non manca mai di commentare!

CAPITOLO 19: TIENI DURO

Natasha non era più spaventata. Era stanca ed esasperata. Erano ormai tre ore che parlava quasi ininterrottamente, portando avanti una serie di trattative con Rayhan al fine di ottenere il rilascio di Clint.
-Hai provato sulla tua pelle che mantengo le mie promesse, Natasha- stava dicendo l'uomo in quel preciso istante -Non appena avrai terminato il lavoro, inclusa ovviamente la rivendicazione dell'attentato, libererò l'agente Barton, che sarà libero di tornare a una vita da civile a New York-
Quell'accento su “vita civile” non le piacque nemmeno un po'.
-Non accetterà mai di lasciare lo SHIELD, e io non posso promettere per lui-
-Cosa resta di un arciere con le mani deformate e la vista alterata?- fu la semplice risposta dello sceicco.
Natasha sentì rabbia e angoscia salirle in petto. Per prendere tempo e cercare di calmarsi, prese dal tavolino che li divideva (un bellissimo pezzo unico in legno di ebano intarsiato in oro) la propria tazza di tè, e ne bevve un sorso. L'aroma di mela, dattero e cannella le invase il palato e le narici, ottenendo l'effetto di calmarla, mentre cercava le parole giuste per prendere tempo, sperando che gli altri vendicatori trovassero un modo per rilevare la posizione del loro amico.
Lo SHIELD e il suo arco erano tutto per Clint. Se Rayahn fosse riuscito a toglierglielo, Occhio di Falco ne sarebbe stato più che devastato. L'avrebbe annientato in una maniera che nemmeno si avvicinava a quello che gli era stato fatto da Loki, e questa volta nessuno avrebbe potuto impedirgli di cadere in un baratro di disperazione e smarrimento. Nessuno di loro poteva permettere una cosa del genere.

Le parole dello sceicco arrivarono chiarissime a Tommy, grazie alla trasmittente che Natasha aveva accettato di portare sottopelle.
Il ragazzino non sapeva molto del suo mentore e amico, ma si era accorto dello sguardo che Clint aveva quando a lezione posava le armi da fuoco per istruirli sulle armi da lancio. Veniva preso da un entusiasmo genuino, quasi infantile, che arrivava al suo apice quando si trattava di tiro con l'arco.
Era l'unico momento in cui quell'uomo sempre serio e solitario, finalmente mostrava un'emozione che non fosse controllata o repressa.
Era gioia allo stato puro.
Non osava immaginare cosa ne sarebbe stato di lui se fosse stato privato della sua mira, o delle sue mani.
Fu lui questa volta a escludere Natasha dalla trasmissione.
-Mi ricevete?-
-Forte e chiaro, Tommy-
-Avete sentito tutti?-
-Sì- rispose Tony con voce insolitamente grave -Più tempo passa, più aumentano le possibilità di perdere Legolas-
-Quanto ti manca, dottor Banner?-
Capitan America si espresse con la solita educazione, che Tommy trovava al tempo stesso ammirevole e divertente. Steve Rogers aveva sempre una parola gentile e rispettosa per tutti, e se poteva chiamava tutti con l'appellativo che gli spettava, in un misto di linguaggio colloquiale e formale che non si sentiva spesso.
-Non molto. Potremmo anche iniziare a muoverci, volendo-
-Non possiamo lasciare Natasha là dentro senza copertura-
-Non possiamo lasciare Natasha là dentro e basta- rimarcò Cap per l'ennesima volta -quell'uomo è pericoloso-
-Non per sminuirlo, ma Natasha non è da meno- rispose cautamente Bruce.
-Concordo. Nat sa cavarsela benissimo da sola, anche contro più avversari, se necessario-
-Non se ne parla ho detto!-
-Dobbiamo portare Legolas fuori da là, Capitano, dando per scontato che non sia in grado di aiutarci-
-Non lascio Natasha!-
-Non è la prima missione che affronta!-
Tommy decise che ne aveva decisamente abbastanza. Quei tre ora stavano battibeccando, ognuno fermo sulle proprie convinzioni, e nessuno di loro aveva intenzione di dare una spiegazione logica.
Capiva il desiderio di Steve di proteggere Natasha, ma così non poteva continuare.
-LO SCEICCO L'HA VIOLENTATA!- intervenne quasi gridando per sovrastare la voce degli uomini.
Ottenne l'effetto voluto. Tutti e tre smisero di parlare nello stesso istante. Il silenzio si protasse per un lunghissimo minuto, fino a quando non fu Tony a romperlo.

-Tu lo sapevi, Steve, non è vero?- il suo tono era pacato, quasi un sussurro, e c'era ben poco di interrogativo in quella domanda
-Sì- fu la semplice risposta che dava una spiegazione a tutti i comportamenti che finora aveva giudicato anormali.
Ora si spiegava la cocciutaggine di Steve, deciso a non lasciare mai da sola Natasha, ma anche quell'alone di insicurezza che aveva intravisto attorno alla donna fin dal principio, da quella telefonata che aveva dato inizio a tutto.
Nella sua mente aveva cercato di minimizzare la cosa, relegandola alla mera preoccupazione nei confronti di Clint. Nessuno sapeva con certezza cosa ci fosse stato tra quei due, l'unica certezza era che sarebbero morti pur di salvare l'altro se ce ne fosse stato bisogno.
Ma ora che ci pensava, non poteva smettere di chiedersi come avesse potuto essere così cieco da non vedere che c'era dell'altro, qualcosa di più profondo che la costringeva a combattere ogni secondo per mantenere la lucidità necessaria, quando probabilmente tutto quello che voleva era stare lontana da quello sceicco.
-D'accordo- riprese a parlare in tono pratico -Resto io con Natasha. Steve, tu vai a prendere Clint-
-Vengo anch'io- si propose Tommy a quel punto -Qui non servo poi a molto, c'è già il signor Stark-
-Tommy...-cercò di iniziare il Capitano
-Lo so che non ho esperienza, ma come ha detto Tony non sappiano in che condizioni sia Clint. Non può combattere e sorreggerlo allo stesso tempo, Capitano-
Steve rimase silenzioso per un bel po'
-Ha ragione- intervenne a quel punto Bruce, che dalla rivelazione su Natasha non aveva ancora aperto bocca -Inoltre, Tommy ha la visuale coperta proprio da Stark, potrebbe sparare e ottenere solo il risultato di centrare l'armatura, col rischio di far crollare il sistema di mimetizzazione-
-E va bene- cedette il supersoldato -Sto arrivando. Bruce fammi trovare un mezzo di trasporto appena sarò sceso-
-E Michelle?- chiede Tony ricordandosi solo in quel momento della squillo
-E'...ehm ecco...impegnata, diciamo così, qualche piano più sotto-
-Buona fortuna, ragazzi-

Steve si tolse l'abito da matrimonio per infilarsi dei jeans, una t-shirt e una felpa leggera col cappuccio, prima di precipitarsi al piano terra, dove trovò ad aspettarlo un dipendente dell'albergo che stazionava accanto a una bellissima moto da enduro.
Una KTM 450 RALLY, perfetta per l'ambiente desertico e utilizzata in una delle gare più dure al mondo, la Dakar, una corsa a tappe che partiva dall'Europa per spostarsi poi nel nord Africa in una serie di percorsi che l'avrebbero portata ad attraversare il deserto fino all'arrivo, nell'omonima capitale del Senegal. Aveva visto parecchi filmati della corsa, che negli ultimi anni aveva spostato il proprio percorso in Sud America per motivi di sicurezza, in quanto i territori nord Africani si trovavano ora a rischio attentati terroristici, un pericolo che aveva portato anche all'annullamento di una delle edizioni della famosa corsa a tappe.
-E' pronto per la sia gita nel deserto, signore?-
-Non vedo l'ora, la ringrazio- rispose il Capitano con un sorriso affabile mentre sedeva sulla moto e si infilava il casco, attento a non far cadere l'auricolare nell'operazione.
Fece un paio di giri di prova e poi si fermò a prendere Tommy.
-Pronto?-
-Sì, Capitano!-
Ovviamente non lo era, ma Steve apprezzò l'atto di coraggio del cercare di tenere la voce il più ferma possibile. Sentì il ragazzo aggrapparsi a lui e sotto la guida di Bruce Banner diede gas per avventurarsi nel deserto.
Resisti, Clint. Stiamo arrivando.

-Non stai rispettando i patti- Natasha, terminata la tazza di tè, aveva finalmente trovato un'argomentazione. Aveva percepito di essere stata esclusa dalla comunicazione radio degli amici, ma non se ne preoccupò più di tanto.
L'importante era che sapessero come stavano le cose, e non si sarebbe meravigliata se il loro silenzio fosse dovuto al fatto che stavano mettendo a punto un piano per recuperare l'amico e non volevano distrarla con le loro chiacchiere.
O almeno, si augurava che fosse così.
Sperava anche che almeno uno di loro rimanesse accanto a lei, proprio non se la sentiva di restare da sola con quell'uomo
-Ah no?-
-L'accordo era che io lavorassi per te e tu in cambio avresti liberato Clint, sano e salvo-
-No, Natasha, tu non mi hai ascoltato. Io avevo detto esplicitamente “forse non tutto intero, ma vivo”-
E a riprova di questo fece un gesto al suo secondo, che fece immediatamente partire una registrazione contenuta in un normalissimo Ipod. Era la loro conversazione, quella in cui le era stato comunicato il luogo dell'appuntamento.
E potè constatare di persona che lo sceicco aveva ragione.

Bruce non credeva ai propri occhi e orecchie.
Non pensava sarebbe mai arrivato il giorno in cui Natasha sarebbe finita in posizione di netto svantaggio contro un qualsivoglia nemico.
Eppure era successo.
Ora che lo sceicco le aveva dimostrato con non le aveva mai garantito l'incolumità di Clint, la donna era in evidente difficoltà,e il suo silenzio prolungato un po' troppo lo dimostrava.
Decise di darle qualche informazione, così che potesse decidere come agire. Era importante che prendesse tempo.
-Natasha- le disse -abbiamo trovato Clint. Tony è rimasto con te, Steve e Tommy sono andati a recuperarlo. Prendi tempo. Ce la faremo-
Ovviamente la donna non gli rispose, ma il sensibilissimo microfono percepì un lievissimo sospiro.

Non avrebbe mai voluto farlo, o meglio rifarlo, ma non le venne in mente un'idea migliore per cercare di contrattare la salute di Clint.
-E se aggiungessi un piccolo...extra?- disse abbassando lievemente la zip della divisa, quanto bastava a far capire le sue intenzioni
-Dovrà essere un po' più che piccolo, se vuoi che il tuo amico torni a casa senza danni permanenti. E' uno dei migliori agenti dello SHIELD, nonché uno dei vendicatori. Capisci che averlo fuori gioco per sempre sarebbe un bel vantaggio-
-Clint è il più innocuo tra di noi, lo sai meglio di me- ribattè mentre la cerniera scendeva ancora un po'.
Le costava molto dire quelle parole. Clint non avrà avuto la forza di Hulk e Thor o la tecnologia di IronMan, ma la sua forza stava nell'osservare le cose sempre con un certo distacco. E insieme loro due davano il meglio, senza contare che il loro addestramento come soldati e spie dava loro una marcia in più quando si trattava di tattica.
Thor e IronMan erano più per il: prima buttiamoci poi pensiamo a cosa fare. Steve era un ottimo capitano, ma il suo addestramento era un po'... troppo datato per essere di aiuto nel mondo della tecnologia moderna. Ai suoi tempi bisognava preoccuparsi di mine antiuomo, cecchini e soldati di guardia, al massimo di qualche aereo da ricognizione. Ora c'erano telecamere, infrarossi, sensori di movimento, rilevatori di temperatura. Tutte cose che lui non era in grado di valutare contemporaneamente. Hulk...vabbè se sei Hulk non hai bisogno di un piano.
Inoltre, nessuno era più abile di lui come pilota, specialmente quando era più importante l'approccio visivo più di quello strumentale. Tante volte lo aveva visto ignorare palesemente altimetro, radar e GPS e trovare spazi che solo la sua vista acuta poteva vedere e valutare, alla faccia dei più sofisticati sistemi di rilevamento.
E come dimenticare come era riuscito a tenerli tutto sott'occhio a New York? In quell'occasione non li aveva mai persi di vista, coordinandoli e mandando rinforzi prima ancora che loro stessi si accorgessero di averne bisogno.
No, Clint non era innocuo, per nulla, ma al momento era quello di cui doveva convincere lo sceicco se voleva uscirne con un briciolo di dignità ancora integra. Mai. Mai si era spinta così in là per qualcuno.
Ormai lo sceicco guardava più il suo corpo. Ancora qualche centimetro e i suo generoso decolltè fu in piena vista. L'uomo le si avvicinò, posandole una mano sul seno, mentre l'altra scendeva più giù
-Allora le mie attenzioni non ti sono state poi così sgradite qualche mese fa- commentò divertito e, Natasha lo percepiva mentre restava ferma e si lasciava toccare senza opporsi, la mente concentrata sul controllare la propria paura.
-Natasha- la voce di Tony le arrivò preoccupata e tesa -Fin dove vuoi arrivare?-
Fin dove sarà necessario. Fu la risposta che formulò la mente della giovane donna.
Clint Barton mi devi uno di quei favori che ti lascerà in debito con me per tutta la vita se non oltre.

Ci misero una buona mezz'ora ad arrivare a destinazione. Con la moto i due arrivarono fino a fuori Dubai, dove, nascosto da un sistema di mimetizzazione, li aspettava il jet con cui erano arrivati negli Emirati.
Fu Tommy a mettersi spontaneamente ai comandi, mentre Steve prendeva posto accanto a lui.
-Dottor Banner, check list 1 e 2 completate. Pronto al decollo- disse il ragazzino in cuffia mentre finiva i controlli pre-decollo con occhi e mani che sembravano abbastanza esperte.
-Ricevuto. Buona fortuna-
Il jet, che era l'ultima evoluzione del convertiplano, (un aereo a motori in grado di operare sia a punto fisso, con decollo verticale, simile agli elicotteri, ma anche in una configurazione di turboelica, che gli permetteva di volare a velocità ben maggiori) fu presto a una quota abbastanza accettabile per volare in sicurezza evitando dune, palazzi e quant'altro, ma anche sufficientemente bassa per non essere visualizzato dal radar. Per maggiore sicurezza attivò ogni schermatura possibile.
Tommy non aveva mai guidato un aereo di quel tipo, ma trovò i comandi abbastanza standard e per quello che non capiva, si limitava a evitare di toccare, volando quanto più possibile utilizzando la navigazione a vista.
Steve passò dei momenti non troppo tranquilli, quando il ragazzino si era messo ad armeggiare col velivolo, ma aveva anche riconosciuto la propria incompetenza in materia di volo e l'aveva lasciato fare, sperando che sapesse quello che faceva.
Quando però l'aveva visto familiarizzare coi comandi e parlare sicuro alla radio, le sue preoccupazioni si erano attenuate di molto. Sembrava che sapesse cosa stava facendo e il decollo filò via liscio e senza intoppi.
In pochi minuti arrivarono a destinazione
-Si tenga, capitano- si raccomandò Tommy -Con gli atterraggi non sono un granchè-
-Iniziavo a chiedermi in effetti se ci fosse qualcosa che non sai fare- fu il commento di Steve, che però gli sorrise -Tranquillo. Andrà bene-
Tommy riportò i motori in configurazione verticale e in qualche modo portò giù l'aereo. Non fu il migliore degli atterraggi, ma nemmeno il peggiore a cui Steve aveva preso parte.
-Bruce, siamo atterrati. Guidaci-
-Ho fatto di meglio, Capitano. Se guardi il cellulare troverai che sto trasmettendo quello che vedo il mio schermo direttamente a te-
-Sei un genio-
-Grazie. Lo so-
Steve rise a quella risposta così tanto da Tony da fargli pensare che il miliardario stesse avendo una brutta influenza sullo scienziato, ma non aveva il tempo di pensare a queste cose.
Clint li aspettava.
Prese con sé Tommy e seguì la traccia che il cellulare gli stava fornendo.

Clint si era addormentato. O forse era svenuto. Non ne era del tutto certo.
Era ancora legato a quella maledetta sedia, le membra ormai erano anchilosate e lui era stufo marcio.
La vista era ancora molto, molto offuscata e nemmeno strizzando gli occhi riuscì a liberarsi della fitta nebbia che sembrava avvolgerlo.
Per questo quando sentì del trambusto fuori dalla sua cella, fu preso dal panico. Non era assolutamente in grado di difendersi.
-Clint!-
Ok, si disse. Sto ufficialmente delirando. Quella non può essere la voce di Tommy. Non può e basta.
-Clint. Siamo noi. Sta calmo-
La voce di Steve Rogers ebbe il suo solito, dannato effetto calmante. Si permise il lusso di rilassarsi mentre cercava di articolare qualche parola, che uscì roca e sconclusionata.
Gli venne messo qualcosa vicino alle labbra e istintivamente si ritrasse, diffidente ormai a qualunque cosa
-Clint. È solo acqua. Bevi. Bevi-
Obbedì al capitano in uno stato che era una sorta di trance. Sentì il liquido scorrergli giù per la gola e contemporaneamente ogni fibra del suo corpo sembrò ringraziare. I polsi e le caviglie all'improvviso furono di nuovo liberi, anche se si accorse di non avere la forza di fare nulla. Senza più le corde a tenerlo in posizione sulla sedia, si sentì scivolare a terra, e sarebbe caduto se Steve non l'avesse prontamente sostenuto.
-Clint. Mi senti?-
-S...sc...sì- La voce gli uscì molto roca, e ogni lettera gli procurò un dolore indicibile alla gola.
-Ascolta. Dobbiamo andarcene da qui ok? E alla svelta. Prima che si accorgano di noi-
Annuì a far capire che aveva sentito e compreso, e cercò di mettersi in piedi, con l'unico risultato di finire in ginocchio a terra.

Non si metteva bene. La lucidità di Clint lasciava parecchio a desiderare, senza contare che l'arciere era completamente senza forze. Accompagnò la sua caduta solo per guardare Tommy. No, il ragazzino era troppo esile per poter sostenere Barton.
-Tommy. Devi farci uscire tu-
Gli consegnò anche la sua pistola e guardò il ragazzino. Lo stava caricando di un'enorme responsabilità e lo sapeva, ma non potevano fare altrimenti; d'altra parte doveva riconoscergli un sangue freddo fuori dal comune. Niente tradiva la sua agitazione
-Va bene, Capitano-
-Forza. Andiamocene- Steve si caricò l'amico in spalla senza troppi complimenti -Tieni duro, Clint-

PERSONAL SPACE; Finalmente pare che abbiamo recuperato il poverò Clint...come finirà con lo sceicco? Lo saprete solo leggendo! alla prossima!

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Capitolo 20
*** Capitolo 21: via di qui ***


PERSONAL SPACE! Eccomi qui con un nuovo capitolo! Come al solito, grazie alla mia fedele unicorna e anche a Ella Rogers che mi ha letto questa schifezzuola e l'ha pure apprezzata XD Niente, vi lascio al capitolo

Capitolo 21: Via Da Qui


Tommy si sporse leggermente dalla porta della cella di Clint, per vedere se arrivava qualcuno.
Si era aspettato una prigione, o un qualcosa di molto più sofisticato, di molto più difficile da violare; invece si erano ritrovati davanti a un vecchio bunker sotterraneo, che era coperto in superficie da una in apparenza poverissima casa di quel paesino sperduto che probabilmente non aveva nemmeno un nome, o se ce l'aveva, non gli importava poi molto.
Il villaggio era davvero piccolo, abitato da povera gente, che non sembrava nemmeno troppo fedele allo sceicco, poiché nessuno aveva tentato di fermarli quando si erano diretti alla periferia (se poi si potesse effettivamente parlare di un “centro” e di una “periferia” in quel luogo formato da case tutte ugualmente povere e disposte un po' a caso sul territorio. Evidentemente era uno di quei posti dove bastava fare un nome perchè la casa corrispondente ti venisse indicata, o, molto più probabilmente, era un posto dove non c'erano molti visitatori al di là, forse, di qualche turista un po' curioso disposto ad avventurarsi a una così grande distanza dalla rassicurante Dubai.
Il bunker però era tutt'altro che povero. Si estendeva per una grande distanza sottoterra tramite un tunnel. La vera sorveglianza iniziava con l'arrivo alle celle.
Arrivando ne aveva contate almeno sei, tutte con le porte di metallo pieno, che impediva di vedere se ci fosse qualcuno all'interno, a meno di uno spioncino. Avevano trovato quella di Clint poiché era l'unica da cui proveniva uno spiraglio di luce, probabilmente indizio del fatto che al momento l'arciere dello SHIELD fosse l'unico ospite.
Avevano messo fuori uso il sistema di telecamere che li aveva accolti lungo il tunnel e successivamente anche le guardie che si erano preparate a dar loro il benvenuto a seguito dell'improvviso malfunzionamento. Non erano molte persone e, prima di scoprire in che stato fosse il loro amico, si erano stupiti del fatto che solo dieci uomini, seppur bene armati e addestrati, fossero stati messi a sorveglianza.
Ora Tommy capiva che ne sarebbe bastato anche uno solo, o nessuno. Clint era a stento in grado di articolare qualche sillaba, e ora rimaneva praticamente inerte sulle spalle di Steve Rogers. Non aveva chiesto di Natasha, e questo lo riteneva un segno della sua poca lucidità. Avrebbe chiesto di lei se fosse stato pienamente cosciente, anche solo per sentirsi dire che era sul jet ad aspettarli.
Li aveva riconosciuti, e aveva sentito quello che gli aveva detto Steve, ma oltre a quello, nulla.
Le ultime due guardie che avevano eliminato erano ancora a terra, svenute e probabilmente con una gran bella commozione cerebrale dovuta allo scontro tra i loro crani operata da Steve. Anche se avessero ripreso i sensi, non sarebbero stati in gradi di essere una vera e propria minaccia. Per sicurezza, prese le trasmittenti che i due portavano e le lanciò su un armadio in legno posto in un angolo. Era alto circa due metri e fece in modo che si infilassero nel punto più lontano, dove l'angolo aderiva alle pareti.
Poi tornò nella cella.
-Via libera, Capitano- sussurrò
Prima di avventurarsi verso l'uscita.
Sentiva Steve dietro di sé, che camminava piano, cercando di evitare di sballottare troppo il suo prezioso carico.
Gli fece segno di mantenere una certa distanza da lui. In caso di attacco, avrebbe avuto bisogno di spazio e il capitano l'avrebbe solo intralciato.
Infatti un paio di guardie lo attaccarono appena al di fuori del cono di luce della sala delle celle, all'ingresso di quello che sembrava il centro di controllo delle telecamere e l'area relax delle guardie insieme.
I due erano coraggiosi, ma ancora storditi dalla dose di botte presa poco prima da Rogers e Tommy ci mise pochissimo a neutralizzare i loro attacchi e rispedirli nel mondo dei sogni.

Ora che era impossibilitato a combattere, Steve potè soffermarsi a guardare, o meglio ammirare, le capacità di Tommy.
C'erano tutte le tecniche di combattimento standard dell'accademia dello SHIELD, le riconosceva dopo essere rimasto per qualche tempo dopo il suo risveglio insieme agli allievi per recuperare la piena capacità motoria.
Anche se sei un supersoldato, 70 anni di immobilità si fanno sentire.
Ma c'era di più nel suo modo di combattere.
C'era l'irruenza non priva di precisione tipica degli attacchi di Barton, che aveva avuto modo di sperimentare in qualche sessione di allenamento, ma anche l'eleganza felina della Vedova Nera.
Non c'era dubbio, quei due avevano fatto un ottimo lavoro con il ragazzino, che era anni luce avanti rispetto ai suoi compagni di corso.
Le due guardie erano state ben presto neutralizzate in maniera piuttosto silenziosa e anche le loro radio avevano fatto una brutta fine, in modo che non potessero avvertire chi ancora fosse stato in grado di opporre resistenza.
Tommy li condusse fuori a colpo sicuro, fermandosi solo quando si ritrovarono di nuovo nella vecchia casa che copriva l'accesso a quel luogo di reclusione.
Lì si concessero un attimo per riprendere fiato.

-Cosa devo fare, Banner?-
La voce di Tony era, una volta tanto, incerta. Bruce era allibito tanto quanto il collega e amico. Natasha aveva preso tempo con una serie di condizioni che aveva posto pur di dar loro il tempo di salvere Clint, ma dopo un po' lo sceicco si era fatto più pressante, e la donna era stata costretta a passare dalle parole ai fatti.
Anche lì, stava cercando di rimandare quanto più possibile l'atto sessuale vero e proprio, con una serie di giochini preliminari che stavano mandando decisamente lo sceicco fuori di testa.
-Non lo so- fu la risposta.
La notizia dello stupro li aveva lasciati entrambi interdetti, e ora Banner ascoltava le mosse di Natasha con un sentimento che era un misto tra stupore, preoccupazione e ammirazione pura, e anche un pizzico di invidia nei confronti di Clint. Chi poteva vantare un amico fedele fino a quel punto?
-Non sei di aiuto-
-Non lo so, Stark-
Per fortuna la voce di Tommy entrò come una frecciata nelle sue orecchie proprio in quel momento.
-Abbiamo ritirato il pacco-
-Hai sentito Tony?-
Ma a rispondergli fu il sonoro schianto della finestra della stanza del costoso albergo andare in frantumi.

Clint stava cercando di ritrovare la lucidità, ma non era facile. Si sentiva a pezzi, completamente senza forze e la vista sembrava peggiorare anziché migliorare.
Dalla macchia blu sotto di sé aveva capito che Capitan America lo stava trasportando senza troppi complimenti verso l'uscita, e il movimento non contribuiva ad aiutarlo a riprendersi.
Infatti, come lo misero a terra, si voltò e vomitò quel poco che aveva nello stomaco. Erano giorni che non riusciva a mangiare quasi nulla di quello schifo che gli portavano, anche perchè aveva il sospetto che ci fosse qualcosa al suo interno che contribuisse a renderlo ancora più debole.
-Clint!- la voce di Tommy gli arrivò preoccupata e piena d'ansia, anche se a basso volume, probabilmente per non farsi scoprire.
-Clint. Coraggio. Siamo quasi fuori- di nuovo, la voce calma di Steve di diede la forza di annuire debolmente. Cercò di articolare una frase, un grazie, un qualunque cosa, ma senza successo. La prolungata astinenza da acqua gli aveva devastato la gola, che bruciava da morire, anche se non ci aveva più fatto caso da giorni, ovvero da quando avevano smesso di fargli domande e si limitavano a usarlo come pungiball.
Alla fine fece una specie di saluto militare, sperando che fosse interpretato nel modo giusto.
-Capitano, dovremmo muoverci-
-Aspetta, Tommy. Dagli un minuto-
La mano gentile di Steve lo spinse a stendersi a terra, rigorosamente su un fianco, dove faceva meno male, ma Clint oppose resistenza, scuotendo la testa e mormorando dei fiacchi ma decisi “no”. Tommy aveva ragione. Non c'era tempo, e ora che era quasi fuori da quell'incubo, l'ultima cosa che voleva era ripiombarci.
Non era il coraggio che lo spingeva ad appoggiare il suo ex allievo. Era la paura.

-Va bene. Va bene, Clint.- Steve si arrese, per farlo stare buono più che altro. Era in condizioni pietose -Tommy. Daremmo troppo nell'occhio portandolo fuori così e non possiamo mascherarlo in nessun modo. Puoi portare l'aereo quanto più vicino possibile?-
-Non è un problema, Capitano, ma rischieremmo di venire scoperti-
Steve pensò un attimo, chiedendosi se potesse rischiare esponendo Tommy a un compito così delicato in solitaria, ma poi si accorse di non avere scelta. Lui aveva pilotato degli aerei in passato, ma la tecnologia dagli anni 40 si era evoluta a un livello tale che in un primo momento gli era sembrata provenire da un altro universo, nonostante si fosse già trovato davanti alle avanzate tecniche dell'Hydra. Quello che a Tommy era sembrato del tutto naturale, a lui era completamente sconosciuto. Non c'era possibilità che riuscisse a manovrare quell'affare.
Si prese un appunto mentale di farsi dare qualche lezione di volo finita quella missione.
-Non importa. Appena sali sull'aereo comunica che abbiamo Clint e dì a Tony di mettere Natasha al sicuro-
-Sissignore-
Tommy controllò le armi poi partì con il passo tranquillo di chi fa una passeggiata. Era perfettamente calato nella parte. Steve lo guardò sparire prima di tornare ad occuparsi di Clint.
-Come stai?- gli chiese ben sapendo che non era in condizioni di parlare, anche se a gesti se la cavava bene.
E infatti l'arciere fece un cenno con le mani, indicandosi gli occhi e scuotendo la testa.
-Non ci vedi?-
Clint alzò una mano, col palmo aperto in orizzontale, e la fece ondeggiare, nell'universale segno che stava per “così e così”, poi piegò le tre dita centrali e chiese da bere.
Steve si guardò intorno, cercando qualcosa che fosse potabile, ma senza successo. Quella casa era completamente vuota.
-Pazienta. Appena sarai sull'aereo mi occuperò di te-
Si rese conto solo in quel momento che non aveva ancora chiesto di Natasha. Brutto segno.
In quel momento la voce di Tommy gli risuonò nell'orecchio.
-Sono dietro la casa, a circa 3 metri di altezza. Ce la fai a salire o atterro?-
-Tu tieni fermo quell'affare e io non avrò problemi- rispose mentre riprendeva Clint e già si dirigeva fuori. Gli bastarono una rincorsa e un bel salto per riportarsi a bordo -Vai, vai vai!-

In quella camera d'albergo si era scatenato l'inferno, e proprio nel momento in cui aveva dato fondo all'ultimo gioco erotico che conosceva e che non prevedesse un rapporto.
IronMan aveva lanciato un raggio laser che aveva mandato la finestra in mille pezzi, che si erano riversati nel salottino.
Contemporaneamente, Natasha diede corpo alla fantasia sessuale che l'aveva conquistata nell'ultima ora della sua vita. Allungò un piede dotato di un tacco 15 a spillo (che era attaccato a uno stivale di pelle nera che lo sceicco aveva acquistato per dar vita al loro ennesimo giochino per un qualche migliaio di dollari americani giusto poco prima) e lo piantò direttamente nei genitali dell'uomo, che si piegò in due e la liberò dal suo poco gradito abbraccio.
Non contenta pesò bene di piantargli anche un calcio in piena gola, che lo mandò dritto e filato contro la vetrinetta del bar, infrangendo vetro e bottiglie di liquori che non avrebbe potuto permettersi nemmeno investendo tutta la paga mensile dello SHIELD.
Il tutto mentre Tony si occupava senza troppi problemi della sicurezza dello sceicco, comprese un paio di guardie armate che si fecero un bel tuffo in mare.

Tony aveva neutralizzato la fiera resistenza delle guardie dello sceicco, e si voltò verso Natasha giusto in tempo per vederla in preda a una fredda furia, controllata eppure incontenibile allo stesso tempo.
Quella che vedeva accanirsi sull'uomo che tanto l'aveva fatta star male era ancora la Vedova Nera, ma allo stesso tempo non era lei. Gli occhi azzurri erano gelidi mentre con una mossa decisa delle mani spezzava il collo dell'uomo, che si ruppe con uno schiocco che risuonò come un'esplosione nel silenzio nella camera.
Tony si tolse l'armatura, che si richiuse su sé stessa a formare un'anonima 24ore.
-Natasha...- disse cautamente avvicinandosi a lei come se fosse un animale selvaggio
-Ho eliminato la minaccia- furono le calme parole della donna prima che crollasse svenuta.
La prese al volo prima che cadesse a terra, ignorando le richieste di spiegazioni di Banner e la portò dall'altra parte del corridoio, nella camera di Steve, dove la adagiò delicatamente sul letto.
-Stiamo bene, Banner. Lo sceicco è morto-
-Morto? Come morto?-
-Lascia perdere-
Tony aprì una frequenza comune
-Cap?-
-Siamo sul jet- Steve rispose all'istante -Stiamo tornando-
-Come sta Legolas?-
-Non bene. Ha bisogno di cure immediate-
-Allora dì a quel ragazzino di fare rotta per l'ospedale dello SHIELD a Washington. Noi vi raggiungiamo lì-
-Sicuro?-
-Sicuro-
-Va bene-
Tony chiuse la comunicazione e guardò verso Natasha, svenuta sul letto.
E questo come lo dovrei spiegare, ragazza?

Steve aveva messo Clint su una brandina, dove l'arciere si era lasciato andare finalmente a un sospiro di sollievo, che subito divenne una tosse convulsa.
Il Capitano lo sollevò leggermente e gli posò una bottiglia sulle labbra. Non era acqua, ma un integratore di quelli per gli sportivi. Con suo enorme sollievo, l'amico riuscì a bere e piano piano mandò giù tutto il contenuto dalla bottiglia da mezzo litro, ritrovando anche la voce
-Nat...Natasha?- chiese debolmente
Di norma dopo aver salvato la vita a una persona, da questa la prima parola che ci si aspetta sarebbe un grazie, eppure sentire finalmente che Occhio di Falco aveva accennato a preoccuparsi per l'amica lo rese la persona più felice della terra.
-Sta bene- lo rassicurò subito -Ci raggiungerà a Washington con Tony e Banner dagli Emirati-
Al sentire il nome di quello stato, vide il corpo di Clint irrigidirsi -Lo sceicco ha cercato di ricattarla per riaverti- gli spiegò -ma l'abbiamo aiutata noi. Ora sta bene, stai calmo-
-E...Tommy?-
-Tommy non ne ha voluto sapere di rimanere fuori da questa cosa, ed è stato provvidenziale per portarti fuori da lì. Ora ci sta riportando a casa, ti servono cure-
-Non...ci vedo...bene. È tutto...offuscato-
-Andrà bene, sei solo un po' malconcio. Ora rilassati e cerca di dormire- gli disse più per tenerlo tranquillo che per vera convinzione.
Che Clint gli avesse creduto o meno, gli obbedì e si stese, cadendo in un sonno rilassato-
Steve si sedette al posto del copilota, accanto a Tommy, che aveva sentito tutto grazie alla radio.
-Washington?-
-Sì, ordini di Tony. La priorità e farlo curare ora-
-Va bene- fu la risposta del ragazzino che stava già pre-impostando le coordinate sul computer di bordo per poter finalmente inserire l'auto pilota. -Starà bene?-
-Lo spero, ragazzino. Lo spero-
-E Natasha? Lei sta bene?-
-Pare di sì-
Tommy annuì una sola volta, poi si concentrò sulle manovre che lo avrebbero portato sulla rotta verso casa.

PERSONAL SPACE: E....finalmente di torna a casa....e si giunge verso la fine di questa storia, penso tra due o tre capitoli...ma non temete...il seguito è già in lavorazione per vostra (s)fortuna!! Niente, se vi è piaciuto fatemi sapere qualcosa! ciau!

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Capitolo 21
*** Capitolo 22: Chi sono? ***


PERSONAL SPACE: Eccomi! Nuovo capitolo! come sempre grazie alla mia fedele unicorna e ad ella rogers per le vostre recensioni, veramente grazie davvero! Grazie come sempre anche a chi legge senza recensire e a chi mi ha inserito tra le preferite, seguite, da ricordare e addirittura tra gli autori preferiti *__*  grazie davvero a tutti!
Vi lascio al capitolo e, come sempre, ci vediamo in fondo!

Capitolo 22: Chi sono?

Trovò Clint che dormiva profondamente nel letto dell'ospedale militare dello SHIELD. Non aveva indosso il camicione classico perchè fondamentalmente non gli serviva. Ogni parte del suo corpo (o almeno della sua parte superiore) era ricoperto di bende che coprivano la pelle ustionata e ferita dalle torture subite.
Una flebo gli partiva dal braccio destro, probabilmente per reintegrare liquidi e nutrimentro.
Da quello che Steve aveva detto loro, non c'erano lesioni gravi, ma dalle analisi del sangue era risultata presente una qualche droga che, unita alla totale o quasi mancanza di acqua, avevano portato allo stremo il corpo dell'agente, che però ora si era stabilizzato.
L'unica incognita rimaneva la vista.
Nessuno sembrava in grado di spiegare che cosa stesse causando quell'anomalia nella visione dell'arciere, ma le speculazioni ora si basavano solo sulle parole di Clint riportate da Steve, poiché il diretto interessato ancora faticava a parlare ed era importante che riposasse.
Un primo esame non aveva rilevato danni cerebrali e/o oculari visibili, ma quel posto non era specializzato in oculistica e il timore di rovinare l'eccezionale vista del paziente aveva fatto desistere i medici dal fare esami più invasivi prima che si fosse rimesso.

Natasha era rimasta silenziosa per tutto il viaggio e anche adesso, seduta fuori dalla stanza dell'amico in attesa che le dessero finalmente il permesso di entrare. Si era chiusa in sé stessa, impenetrabile a qualunque tentativo di conversazione, specialmente se questo riguardava quello che era accaduto.
Perchè rivivere quegli eventi la faceva sentire male dentro.
Aveva ucciso di nuovo. Questa non era una novità. Nonostante le politiche dello SHIELD, le era capitato di essere costretta a mietere qualche vittima.
Ma questa volta era diverso, perchè lo aveva fatto a sangue freddo, per mera vendetta, ignorando deliberatamente il fatto che quell'uomo, se posto sotto un severo interrogatorio, sarebbe sicuramente stato una miniera di informazioni per lo SHIELD.
Era una cosa che si era ripromessa di non fare mai più.
Le ricordava ciò che era stata prima di Clint, prima dello SHIELD. All'epoca, le piaceva la sua vita, ma ora, guardandosi indietro, non si era pentita della scelta che aveva fatto accettando quell'appuntamento con Clint, quel giorno di qualche anno prima.
Si era trasformata da robot da guerra a una persona in grado di creare legami sinceri di amicizia o, quantomeno, di rispetto e collaborazione.
Si era illusa di aver finalmente trovato un equilibrio, ora più che mai con Clint e anche Tommy, che era stato una manna dal cielo per entrambi i vendicatori, che da solitari si erano ritrovati a condividere la propria vita con quel ragazzino.
Aveva pensato, questa volta per davvero, di poter finalmente cancellare quella macchia rossa sul suo fascicolo che più che agli occhi dei suoi capi pesava sulla sua coscienza.
Eppure era bastata una missione finita male, Clint preso in ostaggio, perchè tutti i suoi buoni propositi, la persona che era diventata, che credeva di essere diventata, venissero spazzati via da un'ondata di gelo, che come una tormenta di neve aveva soffiato via ogni sentimento, ogni scrupolo, ogni cosa che non fosse la gioia di vedere finalmente morta tra le proprie mani la persona che tanto le aveva fatto del male.
Quello che la faceva soffrire era il ricordo della gioia che il rumore di quel collo spezzato le aveva provocato. Una gioia istintiva, animalesca, che non provava più da quando era una macchina da guerra per il KGB.

-Natalia!-
-Mi chiamo Natasha-
-Sì, sì come vuoi, ma possibile che non riesci nemmeno per sbaglio a risparmiare una vita umana?-
Lei e Clint erano in piedi fuori dall'ufficio di Fury, Era nello SHIELD da pochi mesi, e quella era la sua sesta missione tale da essere chiamata con quel nome. Aveva superato ogni test, ogni interrogatorio. Aveva dato informazioni utili per il governo degli Stati Uniti e si era addestrata come l'ultima delle reclute.
L'unica pecca sul suo invidiabile curriculum era il lavoro di squadra. Abituata fin da bambina ad agire da sola,si sentiva ostacolata da quelle reclute che le erano pari o superiori per grado, ma decisamente inferiori per preparazione.
Finiva sempre per perdere i suoi compagni durante le esercitazioni. Chi veniva catturato, qualcuno ucciso, altri invece li usava come vere e proprie esche a loro insaputa.
Era la disperazione dei suoi istruttori, oltre a causare un moto di antipatia che l'aveva ben presto vista trovarsi di nuovo completamente da sola.
Non che questo le dispiacesse, riusciva benissimo a portare a termine ogni esercitazione con un successo, ma evidentemente lavorare allo SHIELD comportava l'obbligo di avere dei compagni d'armi, almeno uno, in ogni missione.
Un mattino si era trovata Clint ad attenderla all'inizio dell'ennesimo test. E le cose erano andate decisamente bene. Finalmente aveva trovato qualcuno alla sua altezza, a livello di esperienza e capacità, ma soprattutto un suo pari a livello di solitudine.
Due solitari che lavoravano in coppia.
Aveva ben presto passato la fase dell'addestramento, quello delle missioni inutili e finalmente il direttore aveva cominciato ad assegnarla a qualcosa di veramente corposo.
L'unico problema era che lei in sei missioni aveva fatto più vittime di metà degli agenti SHIELD in sei anni messi insieme.
-Non erano risorse. Inutile lasciarli in vita-
-Natalia...-
-Natasha!- Con la nuova vita, ovviamente le serviva un nuovo nome, e aveva optato per una leggera modifica alla propria vera identità. Era un modo come un altro per dare un taglio netto col passato.
-Natasha...- Riprese Clint, in un discorso che non era certa di voler ascoltare -Lo so che per te è sempre stato così però...ci sono altri modi per mettere KO qualcuno, senza ucciderlo-
Lo sapeva, naturalmente, ma era più forte di lei. Uccidere, in fondo, le piaceva.
E finalmente si era decisa a dirlo a Clint apertamente, a spiegarglielo, o almeno ci aveva provato. Lei, che non metteva insieme frasi più lunghe di 10 parole (quando si sentiva chiacchierona), aveva parlato per quasi un'ora.
E Clint l'aveva poi difesa davanti a Fury, a Coulson e alla Hill a spada tratta, incurante delle conseguenze, del fatto che era lui il suo diretto superiore e quindi responsabile quanto Natasha stessa delle azioni della ragazza.

Natasha aveva ricambiato impegnandosi, cercando di reprimere la gioia selvaggia che la prendeva quando uccideva, convincendosi che fosse sbagliata. E ora, probabilmente, aveva appena mandato tutto alle ortiche.
Si alzò di colpo in piedi, oppressa da un senso di nausea che la costrinse a correre in bagno nel più breve tempo possibile, dove vomitò anche l'anima, in una mera illusione di far uscire con quei conati anche il ricordo di quella sensazione.
Si ripulì con dell'acqua e delle salviette e si guardò allo specchio.
Guardò i suoi occhi, e vide una ragazza tormentata, divisa tra un passato che a quanto pare era sepolto sotto uno strato molto sottile e fragile di vetro e un presente che ancora non sapeva dove l'avrebbe portata, ma che tutto sommato le piaceva.
Chi sono? Non potè fare a meno di chiedersi. Riuscirò mai a liberarmi di Natalia?
Ora capiva il significato dell'espressione: gli occhi sono lo specchio dell'anima. Quello che vedeva era esattamente quello che sentiva dentro di sé. Si sentiva spezzata, colpevole e confusa allo stesso tempo. E, se doveva essere sincera, anche appagata per averla fatta pagare a colui che l'aveva violentata e torturata, e aveva osato toccare la sua famiglia.
Sì. l'unica certezza che aveva al momento, era che Clint era la sua famiglia.
Non sarebbero mai stati una coppia, figuriamoci sposati, ma essere famiglia era proteggersi, condividere esperienze e sentimenti, starsi accanto nei momenti difficili, consolarsi ma anche riprendersi a vicenda, almeno questo era quanto le avevano sempre detto. E allora sì. Lei e Clint erano una famiglia.
Aprì di nuovo l'acqua, sul getto più freddo, e se lo gettò sul viso, per cercare di mandare via la stanchezza e l'espressione sconvolta, poi tornò fuori.
Un'infermiera le andò incontro.
-Signorina, il suo amico è sveglio se vuole vederlo-
Annuì con un sorriso e si avviò verso la stanza. Mise la mano sulla maniglia, e all'improvviso esitò. Cosa avrebbe detto Clint di quello che aveva fatto? Come l'avrebbe giudicata? Avrebbe potuto ancora fidarsi di lei?
-'Tasha...- la voce venne da dentro la stanza, evidentemente con molto sforzo -So...che sei...lì-
l'ultima parola le arrivò quasi inudibile e, di fronte a tanta fatica, non potè fare altro che fare pressione sulla maniglia ed entrare.
Clint era molto pallido, da quello che riusciva a intravedere tra un livido e l'altro, e ancora molto debole.
Si avvicinò al letto, sedendosi sulla sedia sistemata li vicino
-Stai..bene?- le chiese, e quasi le venne da ridere.
Lui, ridotto in quello stato, chiedeva a LEI se stava bene. Buon, vecchio, Clint.
-Sì...sono un po' stanca ma sto bene- gli rispose
-Non... mentirmi. Steve... mi ha...detto...cosa...hai fatto-
Ovviamente non poteva sapere di come aveva ucciso lo sceicco. Di quello erano a conoscenza, per ora, solo lei e Stark.
-Non mi ha fatto nulla... e mi sono anche tolta la soddisfazione di piantargli un tacco 15 nei genitali...- rispose con una disinvoltura e una leggerezza sincere. Da quello aveva effettivamente tratto una soddisfazione che sia la nuova che la vecchia Natasha condividevano, e per quello non avrebbe chiesto scusa.
Fu ricompensata da un sorriso sghembo
-'Tasha...-
-Sì?-
-Cos'hanno...i miei occhi?-
Ancora una volta, preferì rispondere sinceramente, pur cercando di tranquillizzare l'amico.
-Non lo sappiamo ancora. Qui non hanno i macchinare adeguati a capire che cosa ti hanno fatto, ma lesioni visibili non ce ne sono, e questo fa ben sperare. Appena ti sarai ripreso Tony vorrebbe farti qualche esame in più-
Occhio di Falco annuì in silenzio e Natasha vide passare una marea di dubbi ed emozioni nell'unico occhio che riusciva a tenere aperto. In quell'unica iride grigio/azzurra vide dubbio, disperazione...e paura. Istintivamente gli prese la mano, percependo in lui il bisogno di sicurezza che lei stessa aveva cercato quella notte, tornata dagli Emirati. La strinse piano, per non fargli male, sentendosi addosso tutta la colpa per quello che gli era successo...se solo non fosse scappata...
-Guarirai, Clint. Davvero- trovò la forza di dire mentre con l'altra gli accarezzava il dorso della mano
-E se non potessi essere più Occhio di Falco?-
-Saresti comunque uno dei migliori agenti dello SHIELD. Ma vedrai che tornerai come nuovo, abbi solo pazienza-
Lui annuì di nuovo e cercò di arrivare alla bottiglia d'acqua alla sua destra. Natasha lo lasciò fare, aiutandolo solo quando vide che l'ago della flebo non gli permetteva di far arrivare la bottiglia alla bocca.
-Grazie. Tommy?-
-Sta bene. E' stato fantastico in missione, anche se adesso Fury lo ha sospeso per aver partecipato a una missione clandestina. Ha sospeso anche me e Steve, se ti può interessare, anche se ho il sospetto  che la nostra non durerà a lungo-

La presenza di Natasha lo tirò fuori dal limbo in cui era precipitato.
Per un po' non si preoccupò della sua vista, delle sue ferite e del tempo che lo aspettava a letto prima di rimettersi, per non parlare di quello ancora più lungo che gli sarebbe servito per ritornare pienamente operativo.
Sapeva che la strada sarebbe stata lunga e senza certezze. Stava a lui reagire e metterci tutto sé stesso per tornare quello di prima.
Sapere che Tommy era andato con loro lo faceva infuriare e lo rendeva felice allo stesso tempo, anche se sperava che Fury non li massacrasse troppo per quella bravata.
Si chiese vagamente cosa ne fosse stato dello sceicco; in fin dei conti, non gliene importava poi molto, purchè rimanesse al di fuori del loro campo visivo (e quello di Occhio di Falco era decisamente ampio).
I giorni passarono lentissimi e noiosissimi. Man mano che il suo corpo smaltiva la droga, le ferite guarivano e lui, finalmente, riprendeva le forze. La sua mobilità era molto ridotta, specialmente per quanto riguardava la zona delle spalle e delle braccia, ma quello era l'ultima delle sue preoccupazioni. Si sarebbe rimesso e lo sapeva. Dopo era solo questione di riabilitazione e allenamento.
Quelli che non sembravano dare cenni di miglioramento erano i suoi occhi.
Tutti cercavano di rassicurarlo, lo avevano fatto fin dall'inizio.
Stai tranquillo, Clint, appena passeranno i lividi tornerà anche la vista. Tommy
Non ci sono lesioni, Legolas. Appena ti riprendi faremo altre visite. Stark
Sono sicuro che è solo un fenomeno passeggero. Steve.
Potrebbe essere un effetto collaterale della droga. Banner.
Ti rimetterai. E in ogni caso saresti sempre un ottimo agente. Natasha.
La verità era che Clint iniziava seriamente a temere che questa volta la sua carriera di arciere fosse giunta al termine, e questo lo gettava sull'orlo della pazzia ogni volta che indugiava a pensarci.
Non era tanto il suo ruolo nello SHIELD a preoccuparlo. Nat aveva ragione a riguardo: anche senza l'arco restava uno dei migliori agenti di Fury, e non ci avrebbe messo molto a riprendere il suo posto.
Ma l'arco era tutto ciò che aveva.
Era stato l'unica costante della sua vita, da quando da bambino era stato preso a lavorare nel circo.
Aveva avuto donne, amiche, amici, nemici.
Tutti erano passati.
Era consapevole che perfino Natasha, prima o poi, se ne sarebbe andata. Magari non l'avrebbe fatto per cattiveria, o crudeltà, anzi, probabilmente l'avrebbe fatto per salvarlo.
E se ora anche la sua costante veniva a mancare, che gli sarebbe successo? Come si sarebbe sfogato?
Tante, troppe volte, aveva sfogato rabbia, frustrazione e dolore in quella corda tesa, perforando paglioni, spezzando singoli rami lontani, seminascosti da altri.
Si era distratto dalle preoccupazioni progettando nuovi dardi, ognuno con una propria peculiarità, alcune al limite del ridicolo (ricordava benissimo quello che liberava un potentissimo odore di letame, soprattutto perchè Natasha lo aveva rincorso sui tetti di mezza New York dopo che lui gliel'aveva scagliata mentre faceva la doccia, prendendo la mira dal palazzo di fronte).
Arco e frecce avevano sempre fatto in modo che non affogasse (troppo) i dispiaceri nell'alcol e avevano mantenuto insieme i pezzi del suo animo, che troppe volte era stato spezzato.
Senza di esso, come sarebbe riuscito a rimanere sé stesso?
-Signor Barton?-
La voce di un'infermiera arrivò gentile alle sue orecchie, interrompendo il corso dei suoi pensieri. Portò lo sguardo sulla donna, ottenendo un'immagine del tutto fuori fuoco: il suo corpo tarchiato era una macchia azzurro, il colore dei camici della struttura, e il viso un ovale roseo circondato da una macchia marrone, che dovevano essere i capelli.
-Sì?-
-Il dottore ha firmato le carte, domani mattina potrà lasciare l'ospedale. Verrà trasferito al laboratorio medico della Stark Industries per controlli più accurati alla vista-
-La ringrazio- Riuscì a dire con non poca agitazione.
Finalmente era arrivato il momento della verità. Se Stark non capiva cosa lo stesse accecando, era fottuto.

-Romanoff, ne abbiamo già parlato! Clint resterà qui alla Stark Tower per tutto il tempo della sua riabilitazione!-
Era vero. Le discussioni riguardo a come avrebbero gestito Occhio di Falco c'erano già state.
Era chiaro come il sole che Clint non fosse in grado, al momento, di restare da solo. Aveva gravi problemi alla vista e non solo. Le ferite non erano ancora del tutto guarite, e anche la mobilità dell'agente era limitata.
Tuttavia, ora che era in procinto di essere dimesso, Natasha era fermamente convinta che il posto migliore per Clint fosse il suo appartamento di Brooklyn. Era vero, avrebbe avuto bisogno di assistenza continua, questo Natasha glielo concedeva (ed era anche vero, però che lei, Steve e Tommy erano sospesi quindi non è che avessero molto da fare in quel periodo), ma per lo meno in casa sua sarebbe riuscito a muoversi senza problemi, e questo gli avrebbe fatto pensare un po' meno al suo problema.
-Stark, per favore! Non è un topo da laboratorio! Posso portartelo qui ogni volta, anche ogni giorno, ma lasciamolo andare a casa!-
Quel giorno nella stanza c'era anche Steve, che però finora non era entrato nel dibattito. Appunto. Finora.
-Scusatemi- disse con la consueta educazione -ma penso che Clint sia grande abbastanza per decidere da solo cosa fare...-
-Non credo debba stare con un'assassina- fu al replica di Tony, che ignorò completamente l'intervento di Capitan America. Guardò la ragazza dritta negli occhi -Cos'è, Romanoff, se ti fa incazzare ammazzi pure lui a sangue freddo?-
Un silenzio gelido calò sul gruppetto.
Steve non osava fiatare, forse più incredulo che altro, mentre Natasha chinò il capo appena per un attimo, prima di rialzare gli occhi azzurri sul magnate e scattare fulminea verso di lui, con la chiara intenzione di colpirlo.
Ma il suo pugno non arrivò mai a destinazione. Si sentì afferrare da mani forti e gentili allo stesso tempo. Senza degnare Stark di un'occhiata, Steve la portò fuori. Cercò di lottare e ribellarsi, ma alla fine la superforza del ragazzo ebbe la meglio.

Non aveva mai visto Natasha scattare in quel modo, eppure non era la prima volta che qualcuno le dava dell'assassina.
-Nat?- le chiese dolcemente mentre la lasciava finalmente andare. Erano sull'eliporto della Stark Tower, ora ricostruita dopo i danni infertagli da Loki durante la battaglia. Tony l'aveva ricostruita per tutti loro, lasciando solamente la A come lettera impressa sull'edificio, eppure Steve faceva molta fatica a credere che un giorno avrebbe mai considerato la torre come casa propria.
La ragazza si staccò dalle sue braccia e camminò fino al bordo della struttura, gli occhi che guardavano le svariate decine di metri che li separavano da terra.
-Natasha...lascialo perdere. Lo sai come è fatto...-
-Ha ragione-
-Tutti abbiamo i nostri trascorsi, l'importante è quello che siamo ora. Quello che sei ora-
-Ho ucciso lo sceicco-
-Lo sappiamo, Natasha, Tony ce lo ha detto. Non hai avuto scelta, ti avrebbe ucciso-
-No-
E con voce pacata e controllata, guardando le minuscole auto scorrere sotto di loro, nel caos del traffico della grande mela, raccontò a un incredulo Steve Rogers che non era stato un atto dettato dalla necessità di salvarsi la vita, ma un gesto di deliberata e calcolata vendetta.
-Ora lo sai- concluse alla fine del suo breve racconto.
Si aspettava di vederlo andarsene, ma invece Steve le si avvicinò
-Nat... quell'uomo ti ha violentata. E ha fatto del male all'unica persona a cui tieni a questo mondo. Quello che hai fatto non è stato giusto, ma è comprensibile. E nessuno deve giudicarti per questo. Vieni. Andiamo da Clint-
-Non mi va di rivedere Tony-
-E chi ha detto che dobbiamo rientrare per scendere?-
Non le lasciò il tempo di realizzare. La strinse a sé e si lanciò nel vuoto.

PERSONAL SPACE: Grazie a chi è arrivato fin qui senza addormentarsi! Ho voluto mettere l'accento su Natasha, non è un caso e siccome il mio fine ultimo è ricollegarmi con Cap 2 per poi far partire il seguito da dopo TWS, ho pensato di iniziare a mostrare a Steve il "lato oscuro" di Natasha, che io immagino lei voglia anche dimenticare...e poi mi piaceva l'idea di un senso di colpa dopo l'omicidio a sangue freddo dello sceicco...niente, fatemi sapere se queste cose vi sono arrivate, e che ne pensate...al prossimo capitolo!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22: nuovi occhi ***


PERSONAL SPACE: Eccomiii!!! So che è tipo passato un secondolo, ma pare che io stia diventando una studentessa modello. Scherzi a parte, mi mancano 4 esami, e il mio obiettivo ora è solo il pezzo di carta, quindi ho lasciato un po' da parte il resto. Però scrivere mi manca, e Clint e Natasha meritano un finale, senza contare che ho il seguito che preme e spinge per uscire...quindi, io mi scuso profondamente per il ritardo e ringrazio i ben 5 recensori del capitolo scorso: la mia unicorna, Ledy Leggy, anche lei fedelissima, Ella Rogers (finirò di leggere la tua fanfic, giuro!!!) e le due nuove, BatmAndyDaryl e winterlover97, non finirò mai di ringraziarvi!
Mi scuso con tutti di nuovo per il ritardo...e spero che qualcuno mi legga nonostante sia passato mezzo secolo! Vi lascio al capitolo.

Capitolo 22: NUOVI OCCHI

-'Tasha-
-Dimmi, Clint-
-Che hai?-
Era passata qualche settimana dal giorno delle dimissioni di Clint dall'ospedale, e ancora non avevano avuto notizie certe riguardo la sua vista.
Dall'ospedale era voluto andare a casa propria, andando contro ogni, doveva ammetterlo, logica e ragionevole obiezione di Tony Stark. Non poteva certo dargli torto. Qualunque cosa avesse agli occhi era da affrontare nel più breve tempo possibile, e la ex Stark Tower era il posto ideale. Il miliardario gli aveva offerto praticamente un intero piano dell'edificio come abitazione, provvisoria o permanente. Era così che l'aveva pensata durante la ricostruzione: ogni Vendicatore avrebbe avuto una vera e propria casa all'interno del grattacielo; l'idea era stata di Pepper: ora che avevano cominciato a collaborare, era importante che un team come il loro legasse, e quella le era sembrata l'opzione migliore.
La verità era, però, che erano tutti troppo diversi tra loro, e che ognuno aveva la propria vita.
Clint non aveva declinato l'invito per disprezzo. Quel loft avrebbe sicuramente avuto tutti i confort possibili, senza contare che sarebbe  stato immediato per Stark e i suoi collaboratori occuparsi di lui e della sua vista. Tra palestre, laboratori e sale operatorie, avrebbe avuto a portata di mano tutto l'occorrente per rimettersi completamente. Non era un lusso che tutti potevano permettersi, anche se lavoravano per lo SHIELD.
Tuttavia, non se l'era sentita. Aveva voglia di stare nel suo appartamento di New York, in mezzo al caos (ora un po' meno caotico grazie a Natasha) delle sue cose buttate ovunque, del suo divano mezzo sfondato e macchiato di tutto ciò che fosse possibile mangiare senza un piano rigido su cui appoggiarsi, della sua tv e dei suoi film stupidi. In una parola, aveva bisogno di casa.
Natasha e Steve l'avevano riaccompagnato all'ultimo piano di quel palazzo, e Nat si era definitivamente trasferita da lui, di giorno e di notte. Anche Tommy aveva ormai una postazione fissa in quel monolocale, che ora più che mai si dimostrava minuscolo e inadeguato per più di una persona, come a sottolineare, ancora una volta, la solitudine intrinseca di quell'uomo a prima vista tanto socievole e rubacuori. La sua abitazione era un chiaro messaggio per le ragazze che abbordava: una notte, non di più.
Ovviamente, c'erano state delle eccezioni, tra cui Natasha, ma il suo stato attuale non lasciava spazio a dubbi su come le cose si erano concluse. Clint incasinava sempre e irrimediabilmente tutto.
Natasha era come sempre un'ottima attrice, eppure, fin dal primo giorno in ospedale, quando aveva esitato fuori dalla sua porta prima di entrare, dopo suo invito, aveva capito che c'era qualcosa che la stava turbando profondamente.
Probabilmente, se avesse potuto vederla senza quella ormai perenne coltre di nebbia, dai suoi gesti impercettibili, dalle sfumature del suo corpo e dei suoi occhi, avrebbe già anche capito di cosa si trattava, così come gli era bastato il suo atteggiamento a indovinare cosa le era stato fatto durante la prigionia dallo sceicco.
Ora che non la vedeva chiaramente, percepiva però una certa tensione nella sua voce, che affiorava a tratti, quando Natasha non riusciva a trattenerla.
-Niente- fu la risposta che ricevette alla domanda.
-Sarò anche momentaneamente cieco, ma ti conosco. Che è successo negli Emirati?-
Di questo era abbastanza certo: qualunque cosa fosse successa, riguardava la missione che l'aveva riportato in America.
Alla sua frase seguì un minuto o forse più di silenzio. Un silenzio pesante, carico di preoccupazione , che sembrò durare anni. Ma non lo interruppe, nonostante gli facesse venire in mente pensieri assordanti. Natasha era fatta così. Avrebbe risposto solo nel momento e nel modo che più le sarebbe sembrato opportuno. Inutile insistere.

La domanda di Clint aleggiava nell'aria, come sospesa.
Natasha taceva, e lui anche. Come sempre le dava tutto lo spazio di cui aveva bisogno, come aveva sempre fatto, fin dal loro primo incontro. Una presenza rassicurante, ma mai ingombrante, mai opprimente.
Aveva parlato con Steve di quello che aveva fatto allo sceicco, e anche Tony alla fine era andato a scusarsi con lei per quella battuta infelice di ormai cinque settimane prima, ma, se doveva essere onesta con sé stessa, l'unica persona con cui avrebbe potuto parlare e sentirsi davvero meglio (o davvero peggio) era seduto accanto a lei, che la guardava attraverso una spessa coltre di nebbia.
La sua vista non aveva sbagliato nemmeno questa volta.
Aveva colpito l'ennesimo bersaglio.
-L'ho rifatto, Clint- disse semplicemente, e sapeva che lui avrebbe capito subito.
Lui non disse niente, ancora una volta.

-Sono un mostro, Clint, lo so-
-No, non lo sei-
-Mi piace uccidere. Mi fa sentire appagata. Questo che cosa fa di me? Un mostro-
Erano nella mensa, dove lui aveva cercato di farle capire per l'ennesima volta che non era necessario lasciare una sia di cadaveri in ogni posto dove andassero. E lei finalmente era riuscita ad aprirsi quel tanto che bastava per esprimere quello che provava quando toglieva una vita.
Non era qualcosa di cui andare fiera, lo sapeva benissimo, ma allo stesso tempo sapeva che nessuna bugia avrebbe più convinto il suo supervisore. Inoltre, era conscia del fatto che il suo comportamento stava facendo venire qualche dubbio al direttore Fury riguardo la possibilità che le stava dando, e che se avesse continuato in quel modo, per lei c'era solo la prigione, se non la pena di morte. E, da quando Clint era nei paraggi, all'improvviso non era più così ferma sul suo pensiero riguardo alla morte. Non era più così convinta che vivere o morire fosse la stessa cosa.
-Natasha- Clint si prese una pausa, forse per pensare a cosa dire, per non essere retorico o superficiale. Non lo era mai, sulle cose che contavano. Era sempre sincero, a qualsiasi costo. Non le avrebbe mai detto nulla solo per farla contenta -Io credo che tu sia così perchè non hai mai avuto altro dalla vita. Ti hanno cresciuta e programmata così-
Una qualunque altra persona si sarebbe meritata una morte violenta per una frase del genere. Ma non Occhio di Falco. Le stava parlando con franchezza e calma, senza giudizi di sorta.
-Ma scoprirai che ci sono altre cose che contano, che ti facciano sentire realizzata. Finora vivevi per le tue missioni. Eri in pace solo se la portavi a termine. Lo so. Anche per me era così, al circo-
-Del tipo? Il vero amore? La famiglia? -
-Anche. Ammesso che trovi quello giusto. Ma anche portare a casa la pelle e poterlo raccontare davanti a una birra. Portare a termine qualcosa di nuovo, che non sai come uscirà, ma lo vuoi fare. Il sesso-
Clint come sempre la stava mettendo davanti a cose concrete. Non le stava propinando stronzate riguardo il vero amore, il principe azzurro e tutte quelle cose che si dicevano comunemente per mettere in pace il cuore di una persona.
Sorrise senza rispondere all'arciere che, come spesso accadeva, si limitò a chiudere la bocca e a starle vicino, in attesa che dicesse o facesse qualcosa.
-C'è davvero speranza, per me?-
-Dipende solo da te, Nat-
Di nuovo, niente stronzate mistiche. Niente destino, niente filosofie sulla purezza dell'anima. Solo una lapidaria verità.
Era lei che premeva il grilletto. Lei che spezzava il collo alle spalle.
Sua la scelta di non sparare. Sua la decisione di far perdere i sensi a qualcuno piuttosto che togliergli la vita.
Doveva solo compierle, quelle scelte.
E l'avrebbe fatto.

-Come stai?-
Come anni prima. Nessun giudizio, nessuna sentenza.
-Uno schifo-
-Definisci schifo-
-Appagata. Non sono pentita. Non per la morte di quel bastardo. Delusa, perchè credevo che Natalia non esistesse più-
-Ed è così. E' stata Natasha ha fare quello che hai fatto. Ed era quello che chiunque avrebbe fatto-
-Non voglio tornare quella di prima-

Percepì una lieve insicurezza nella voce della donna, quasi una nota di...paura? Le mise un braccio attorno alle spalle, un gesto che non faceva da non sapeva nemmeno quando.
-Non tornerai. Ci sono almeno un milione di attenuanti che ti scagionano. Starai bene, Nat. E alla prima missione te ne accorgerai-

-Signor Stark, il capitano Rogers la attende nella sala comune-
La voce di Jarvis lo distrasse momentaneamente da quello che stava facendo, cioè cercare di incrociare i dati delle analisi del sangue di Clint con i campioni prelevati dalla leggera patina che si era formata sulle iridi di Occhio di Falco per cercare di trovare un filo conduttore.
Sapeva che era lì, da qualche parte. Doveva solo trovarlo.
-Offrigli un drink, e digli che sarò subito da lui- rispose distrattamente, gli occhi fissi sul microscopio.
-E' urgente-
-E quando mai non è urgente con quell'uomo?- sbuffò il CEO delle Stark Industries mentre raddrizzava la schiena e si avviava verso l'ascensore che l'avrebbe portato al quindicesimo piano, dove aveva organizzato una sala comune per i Vendicatori.
Steve Rogers era in piedi di fronte all'enorme vetrata che dominava La Grande Mela. Portava dei jeans e una camicia scozzese sui toni dell'ocra e del verde, sobriamente allacciata fino agli ultimi tre bottoni vicino al collo, dai quali si intravedeva una t-shirt bianca. Le scarpe erano un incrocio tra un mocassino e una scarpa da tennis, e riprendevano il colore marroncino della camicia.
Tony scosse mentalmente la testa. Anche con abiti moderni, nel Capitano restava sempre e comunque qualcosa di antico, che lo faceva davvero sembrare fuori dal tempo, quasi come se una tenda invisibile gli permettesse di interagire con gli anni 2000 ma contemporaneamente gli impedisse di integrarsi pienamente nella nuova civiltà in cui era capitato.
Si soffermò per un momento per mettersi nei panni di Steve. Cercò di immaginarsi catapultato all'improvviso negli anni '40. E smise subito altrimenti sarebbe impazzito. Oggi internet era alla portata di tutti, le informazioni e le conoscenze venivano catapultate in un istante su tablet, smartphone, pc e quant'altro. Tutto era alla portata di tutti, non si moriva più per una bronchite, e più che di stenti si periva di troppo cibo. All'improvviso capì. Scacciò i pensieri dalla propria mente prima di diventare sentimentale e interruppe il corso dei pensieri di Rogers.
-Che succede di tanto urgente, Capitano?-
-Stark. Buongiorno-
-Buongiorno a te. Allora?-
-Notizie di Occhio di Falco?-
-Era questa l'urgenza?-
-Ho provato a prendere appuntamento, ma i tempi di attesa erano troppo lunghi, ho pensato di approfittare del pass Vendicatori-
-Sapevo che me ne sarei pentito-
-Allora?-
-Sto ancora cercando di capire cosa cavolo gli abbiano fatto. Qualunque cosa sia non viene via chirurgicamente, e non svanisce da sola a quanto pare-
-Quindi non c'è speranza?-
-Mi inventerò qualcosa, Capitano. Fossero anche delle lenti collegate al cervello-
-E' davvero possibile?-
-Probabilmente sì. Non mi importa come, ma ridarò gli occhi a Legolas-


PERSONAL SPACE: Eccoci qui, il capitolo è finito e ormai l'avrete capito, quasi anche la storia, penso che il prossimo sarà l'ultimo capitolo, salvo deviazioni. Come al solito vi invito a recensirmi, se lo volete, e vi dò appuntamento al prossimo capitolo!
Ciao!!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23: nuovi inizi ***


PERSONAL SPACE: Eccomi! E dunque siamo alla fine...che non è una fine!! io ringrazio davvero la mia unicorna, Ella Rogers, Mumma, winterlove97, regdoll_cat, ledy_leggy, batmandyaryl e tutte/i coloro che mi hanno recensito, che hanno messo questa storia tra le preferite, le seguite, e le ricordate, chi ha letto finora in silenzio ed ha apprezzato, chi non ha apprezzato...insomma GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE,
Fine che non è una fine perchè il seguito è già qui, inizierò a scriverlo...beè sono le 6:18 AM non ora XD, ma più tardi sicuramente, e spero che vorrete seguirmi anche di là!.
A dopo!!

Cap 23: NUOVI INIZI

-Mancato di nuovo-
-Dannazione!- la frustrazione di Clint era ormai alle stelle.
-Clint! Accidenti è già tanto che tu riesca a localizzarli con precisione!-
-Non mi basta! Non più!-
-I tuoi occhi torn...- ma Steve non potè finire la frase, perchè l'agente dello SHIELD aveva lasciato la palestra dove si stavano allenando. Era passato un altro mese, e i miglioramenti sulla vista erano pochi. Tony continuava a lavorare in laboratorio, affiancato da Bruce, mentre Natasha girava il mondo in cerca di tutti i possibili veleni che potessero causare un danno simile.
Nel frattempo, Barton si era ripreso, e ci era voluto molto poco prima che iniziasse e mostrarsi insofferente allo stop forzato. L'arco gli mancava ccome l'aria, e così pure il servizio attivo.
Con la vista ridotta in quello stato, Fury aveva deciso di metterlo completamente a riposo, togliendogli anche l'incarico di addestratore delle reclute.
Steve e Natasha si erano imposti a quell'ultima decisione. Sebbene non fosse il lavoro dei sogni di Barton, quel semplice incarico sarebbe bastato a riempirgli, almeno in parte, le giornate, senza contare che non l'avrebbe fatto sentire come se fosse già completamente escluso dallo SHIELD.
Il tutto aveva portato al pazzo progetto che era venuto in mente all'arciere: tornare operativo nonostante la vista praticamente dimezzata. L'idea (secondo Steve malsana a dir poco) gli era venuta poiché a casa e in giro per New York aveva iniziato a muoversi quasi come se fosse sano nonostante la perenne nebbia davanti ai suoi occhi.
Aveva quindi preteso (e Natasha, mannaggia a lei, l'aveva appoggiato) di iniziare un allenamento di tiro con l'arco e armi da fuoco in modo da poter sfruttare quello che aveva per essere ritenuto operativo.
Ovviamente Steve, essendo Steve, non aveva saputo dire di no, e ora si trovava con Clint nella palestra alla Stark Tower. Il luogo era stato scelto perchè ad appoggiare la follia non era stata solo Natasha, ma anche Tony, che ne stava approfittando per fare gli ennesimi test sul paziente in modo da trovare una tecnologia che gli restituisse la vista.
Per il momento si stavano allenando su bersagli fissi, posti ad appena 5 metri di distanza. Non erano nulla per Clint al massimo della forma, ma finora aveva mandato molte frecce fuori dal paglione, e questo certo non contribuiva all'umore dell'uomo, nonostante tutti cercassero di rassicurarlo: mancava sempre di poco il paglione, e questo era già un buon inizio, o almeno lo sarebbe stato se lo standard di Clint non fosse stato decisamente al di fuori del normale.
Ora, per l'ennesima volta, l'irruento agente stava dando sfogo alla sua rabbia, e Steve aveva imparato che in questi casi era opportuno lasciarlo solo.
Con il passare dei giorni, le condizioni di Clint non miglioravano, anche se doveva ammettere che l'allenamento a cui si sottoponeva stava dando graduali frutti.
-Clint-
-Sì?-
-Io... mi dispiace, ma...-
-Il dovere ti chiama, lo so. Vai. Lo SHIELD ha già perso me, non può perdere anche te e Natasha-
-Devo trasferirmi a Washington-
Questo per un momento spiazzò l'arciere, che rimase momentaneamente senza parole, almeno fino a quando il soldato che era in lui non riemerse in superficie. Qualunque sentimento stesse provando in quel momento (gratitudine? Tristezza? Delusione? Senso di abbandono? Secondo Steve poteva essere una di queste o tutte insieme), venne scacciato per far posto a una composta mano tesa.
-Grazie di tutto, Steve, anche per Natasha-
-Sono sicuro che ti rimetterai, Stark sta lavorando giorno e notte-
-Lo spero. Buona fortuna, Capitano-
-Buona fortuna, agente Barton-
Gli strinse la mano, poi uscì dall'edificio e fece i bagagli. Il suo sguardo volò a dove quella notte lui e Natasha avevano condiviso il film e un divano. Da quella sera ne era passato di tempo, e Rogers aveva quasi iniziato a sperare di aver visto qualcosa oltre la cappa di ghiaccio che era la Vedova Nera.
Negli ultimi tempi, tuttavia, non ne era poi più così sicuro.

Natasha rientrò dall'ennesima missione per Nick Fury. Non sapeva cosa aveva in mente il direttore dello SHIELD in quel periodo, e da agente qual'era si guardava bene dal chiederglielo, ma le sue missioni diventavano sempre più segrete: spesso e volentieri ormai non sapeva nemmeno cosa andava a recuperare.
Chiavette usb, files, dati, sabotaggi anche all'interno di agenzie governative.
Lei obbediva e portava a termine le proprie missioni. Raccontava bugie a tutti, ormai, inclusi Steve e Clint. Un po' le spiaceva farlo, specialmente quando si fermava a pensare che un tempo quelle missioni quasi sicuramente le avrebbe portate a termine insieme all'arciere, e che Rogers era un soldato esemplare, convinto di combattere per qualcosa di giusto, che portasse benessere all'umanità.
Natasha non ne era più così convinta.
Dal rapimento suo e di Clint sapeva che Fury, come tutti loro, aveva fiutato la presenza di una talpa nella loro organizzazione, ma le attività recenti dell'uomo con un occhio solo suggerivano che lui stesso ne avesse messe in più o meno ogni reparto del governo: CIA, Sicurezza Nazionale, FBI, Esercito e Marina, tanto per cominciare. Cosa stava succedendo?
Ad ogni modo, al momento le sue preoccupazioni a riguardo terminavano quando “timbrava il cartellino”: Clint aveva ancora bisogno di lei.
-Tommy?-
-Bentornata, Natasha! Clint è alla Stark Tower per un altro allenamento-
Niente “come è andata la missione?” o convenevoli. Il ragazzino aveva subito imparato che era più opportuno non fare domande sulle missioni della Vedova Nera, mentre lei ovviamente sapeva tutto sulla sua attività di agente di livello 1.
Il ragazzo si era infatti diplomato all'accademia dello SHIELD per meriti sul campo: gli Avengers infatti avevano spinto per l'immediato inserimento di Tommy tra gli agenti operativi per il comportamento lodevole tenuto negli Emirati, nonostante il piccolo dettaglio del fatto che si trattasse di un'operazione clandestina.
Come suoi garanti, Natasha e Steve ricevevano una copia di ogni operazione a cui prendeva parte e dovevano loro stessi stilare un rapporto mensile sui miglioramenti e sul comportamento del loro allievo sul campo: Inutile dire che finora non avevano avuto niente da ridire. Il comportamento di Tommy era eccellente sotto ogni aspetto: ottimo lottatore, buon elemento sia in squadra che da solo, senza contare i continui miglioramenti.
-Qualche sviluppo?-
-Nessuno, ma adesso 9 volte su 10 centra il bordo del centro. Non che gli basti, ovviamente-
Natasha sorrise sardonica alla battuta del ragazzino. Ovviamente a Cint non sarebbe bastato.
Il suono del telefono interruppe il loro scambio di battute. Natasha si ritrovò, sorpresa, a fissare sullo schermo del cellulare il numero di Tony Stark. Il suo cuore ebbe un tuffo. Iron Man l'avrebbe chiamata solo per un motivo. Ricorse a tutto il suo sangue freddo prima di far scorrere il pollice sulla scia verde che l'avrebbe fatta rispondere.
-Ho trovato la cura-
Una seconda chiamata in attesa la salvò dal dover esprimere una qualche emozione, o un qualche dubbio. Il nome che lampeggiava questa volta era quello del direttore dello SHIELD. Senza una parola fece il cambio, passando sulla telefonata del superiore.
-Romanoff, recupera Rogers e presentatevi a Washington nel più breve tempo possibile. Avete degli ostaggi da recuperare e tu dei file da copiare-
-Sì, signore-
Essere un buon soldato. Sempre.
Tornò alla conversazione con il miliardario.
-Stark, devo andare. Se sei certo, procedi-
-Va bene, agente Romanoff-
La comunicazione si chiuse. Natasha incontrò gli occhi curiosi di Tommy, che aveva assistito in silenzio a entrambe le telefonate.
-Thomas- il suono del suo nome intero spinse il ragazzino a irrigidirsi in una posizione che era quasi sull'attenti. Natasha lo chiamava così solo quando aveva un incarico che riteneva molto serio e importante da affidargli. - Io devo partire per un'altra missione, devo essere a Washington il prima possibile. Tony mi ha appena chiamato: ha trovato la cura per Clint. Io ora vado da lui, prima di partire. Al resto pensi tu?-
-Puoi stare tranquilla. Buona fortuna-
Non sapeva che per uscirne viva, questa volta, la semplice fortuna non sarebbe bastata.

Trovò Clint sul letto della stanza a lui riservata alla Stark Tower, con una benda a coprire e tenere fermi dei cerotti posti su entrambi gli occhi. Evidentemente, qualunque cosa Stark avesse fatto richiedeva almeno un periodo di totale oscurità.
-Nat?- come sempre, l'aveva riconosciuta nonostante non vedesse completamente nulla.
-Ciao-
-Tony dice che fra due o tre giorni potrò togliermi la benda, e iniziare la riabilitazione-
-Ottimo. Hai una settimana per tornare operativo-
Clint rise, vagamente ironico, ma senza dubbio sollevato.
Sarebbe stato di nuovo Occhio di Falco.
Non sapeva, che presto avrebbe avuto disperato bisogno dei propri occhi.

Ormai erano una decina di giorni che si trovava a Washington in pianta stabile. Finora, si era sempre limitato a presentarsi al Triskelion per ricevere le missioni e per fare rapporto, facendo il pendolare da New York. Poi era arrivato l'ordine di trasferimento. Fury l'aveva voluto a Washington, costringendolo a lasciare il proprio appartamento, che finalmente aveva iniziato a sembrargli un po' più casa e un po' meno un tetto sopra la testa, e ricominciare tutto da capo.
Non si era posto troppe domande a riguardo, aveva, di nuovo, come sempre, obbedito agli ordini, anche se questa volta doveva ammettere che gli era pesato.
La sua vita stava iniziando a prendere una sorta di strana routine. Missioni, appartamento, Clint, allenamenti, missioni, Natasha, Tommy. Non era certo tornato ai tempi in cui viveva in una simbiosi fraterna con James “Bucky” Barnes, ma se non altro sentiva di stare per uscire dal tunnel della solitudine, di stare abbattendo, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, il muro invisibile che lo separava dal terzo millennio.
E ora doveva ricominciare da zero.
Non era mai stato bravo a farsi degli amici, nemmeno dopo la trasformazione del suo corpo, se di tale processo si poteva parlare. Aveva avuto i suoi commilitoni, e Peggy ovviamente, ma per il resto, non era mai riuscito a trovare qualcun'altro che riuscisse a riempire almeno un minimo il vuoto lasciato dalla scomparsa del suo migliore amico.
Il nuovo appartamento era in uno stabile abbastanza nuovo, arredato con un modernità dal gusto vagamente retrò, che secondo chi aveva avuto il compito di preparargli l'alloggio doveva forse metterlo a suo agio, e subito Natasha (con cui aveva condiviso qualche missione ultimamente) gli aveva fatto notare quanto fosse carina la sua vicina di casa, un'infermiera Washington General.
Da allora, godendo del suo pale imbarazzo, la russa non aveva mancato un'occasione di fargli da agente matrimoniale, inducendolo a rifarsi una vita sentimentale.
Naturalmente, sapeva che forse prima o poi avrebbe potuto incontrare qualcun'altra, tuttavia, il cuore batteva ancora per Peggy. Trasferendosi nella capitale aveva scoperto che era ancora viva, seppure malata di Alzheimer, e che viveva nella struttura dedicata ai veterani di guerra che avevano portato lesioni permanenti.
Ancora adesso non sapeva descrivere la sensazione che aveva provato quando l'aveva rivista, quella mattina. Era presto, era appena tornato dalla sua corsa mattutina, e finalmente aveva trovato il coraggio di vederla.
Gli avevano spiegato la dinamica della malattia e quello che comportava: perdita della memoria a breve e medio termine, allucinazioni, frasi ripetute e ripetute. L'unica cosa in grado di rassicurarlo, era stata la certezza quasi scientifica della permanenza dei ricordi della gioventù. Per un malato di questa malattina non era raro ritrovarsi a rivivere nell'epoca della propria infanzia o della propria giovinezza, in uno stato quasi allucinogeno in cui tornavano a una realtà passata, che li portava a non riconoscere ambienti famigliari come la propria casa. Il progredire della malattia l'avrebbe portata a un progressivo e mediamente rapido degeneramento delle capacità cognitive, causando un progressivo distacco totale dalla realtà, fino a quando non fossero stati colpiti i centri neuronali che regolavano il buon funzionamento di uno o più organi vitali: reni, polmoni, cuore.
Il tutto poteva avvenire in fasi contemporanee e non del tutto permanenti. Una voce, un viso, potevano risvegliare brevi momenti di lucidità, un risveglio dell'io cosciente, che per un attimo poteva riaffiorare. Una pena, gli avevano spiegato, che faceva soffrire più chi era accanto al malato, che il malato stesso.
Fortunatamente, Peggy era ancora a uno stato non troppo avanzato. Pur essendo a letto, momenti di lucidità e non si alternavano con una velocità tale che il cambiamento era in un primo momento invisibile all'occhio dell'interlocutore.
Quella mattina l'aveva semplicemente guardata. Era molto presto, e l'anziana donna dormiva ancora. Il cuore di Steve battè forte, mentre i palmi delle mani iniziarono a sudargli all'improvviso. Si sentiva nervoso, emozionato e spaventato allo stesso tempo.
Nonostante i capelli candidi e le rughe, era ancora la sua Peggy. Ed era ancora bellissima. I primi riflessi dell'alba proiettavano una luce morbida e aranciata sulla donna, facendola risplendere agli occhi dell'ex soldato.
-Sono in ritardo- si sorprese a mormorare a fior di labbra.
Da quella mattina, aveva deciso che finchè fosse stata viva, non avrebbe lasciato Washington. Anche se non l'avesse riconosciuto, se l'avesse insultato, o se fosse rimasta un vegetale, lui le sarebbe stato accanto fino alla fine, per sempre. Come aveva sempre voluto che fosse.
Nel pomeriggio si camuffò ed entrò allo Smithsonian, il più grande museo del mondo, che vantava un'intera area dedicata a Capitan America e alle sue imprese durante la guerra. Rimase per un tempo indefinito a fissare la biografia, le foto, e i video riguardanti Bucky, poi, finalmente, tornò a casa.
Il mattino successivo cominciò a cercare di socializzare, e poiché gli eventi mondani non facevano per lui, decise di farlo con l'altra sola persona che come lui si alzava prima dell'alba per una corsetta liberatoria.
Lo vide davanti a sé: un soldato di colore che correva a un ritmo costante. Accelerò
-A sinistra!- gli gridò passandogli accanto a una velocità che andava ben oltre le capacità umane.

-Sam Wilson-
-Steve Rogers-
-Il sospetto ce l'avevo avuto-
Schietto, onesto, senza peli sulla lingua. Questa fu la prima impressione che Cap ebbe di quel soldato di colore, con cui condivideva molto più che il bisogno di correre. Venivano da due guerre diverse, ma il dolore della perdita, e il trauma di riadattarsi a una vita normale, erano gli stessi.
Un rombo li fece voltare. Un'auto sportiva, nera, si fermò sgommando di fronte a loro.
L'abbassarsi del finestrino oscurato rivelò il sorriso sornione e vagamente compiaciuto di Natasha.
Missione in arrivo.
-Ehi, bei fusti, qualcuno di voi sa dov'è lo Smithsonian? Devo recuperare un fossile!-

PERSONAL SPACE II: Ebbene sì, come avevo anticipato questa FF si conclude con l'inizio di Cap II, e proseguirà parallela/dopo il film, vedremo che cosa hanno fatto intanto quegli altri mentre natasha e steve salvavano/distruggevano il mondo...ci saranno molte più cose: ci sarà bucky, sam ovviamente, e poi Tommy, e forse anche la squadra di agents della serie tv... e poi il passato tornerà un po' per tutti...vedremo!
Io intanto mi scuso se ho scritto malissimo la parte sull'alzheimer, ma è una malattia con cui ho dovuto convivere ahimè e quindi mi è difficile parlarne, però i produttori han voluto così e io ho dovuto adeguarmi...e niente... spero vi sia piaciuta...e di rivedervi tutti nel seguito!!

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Capitolo 24
*** Avviso 2: SEQUEL ***


Ciao!
Volevo avvisarvi che ho pubblicato il sequel di questa fanfiction: lo trovate cliccando sull'immagine!


TRUST ME

Grazie ancora a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui e che mi seguiranno nelle nuove avventure dei nostri amici...e di quelli nuovi che incontreranno!
A presto (spero!)
Dalamar_f16

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