Neutron Star Collision - Love will be forever

di benzodiazepunk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If we'll die, we'll die together ***
Capitolo 2: *** I have nothing left to lose ***
Capitolo 3: *** Love will be forever ***



Capitolo 1
*** If we'll die, we'll die together ***


1 - If we'll die, we'll die together
 
Nevica.
È da anni che non nevica.
Ricordo che quando ero piccola Natale lo si passava quasi sempre con la neve, e noi che abitavamo in campagna ci divertivamo a fare grandi pupazzi in giardino, o gradini di neve per arrivare a salire sugli alberelli più bassi, quelli alla portata di una bambina.
Ma è da anni che non nevica, forse addirittura da allora, mentre adesso il terreno è soffice e bianco e grandi fiocchi ghiacciati cadono ancora dal cielo.
Sorrido tra me e me stringendomi nella giacca e cercando di scaldarmi le mani, perennemente fredde, mentre osservo il paesaggio collinare intorno a me. La neve che ancora sta cadendo dal cielo coperto di nubi ricopre ogni cosa, gela le piante, soffoca i rumori e dona a tutto quanto una poesia speciale.
-Nicole sta per spiegare dove staremo a dormire-
La voce di ma sorella mi raggiunge da poco distante; mi volto, presa alla sprovvista, e la seguo svelta all’interno della casa padronale.
-Quindi l’organizzazione sarà la seguente- sta dicendo la padrona di casa rivolta a tutti gli ospiti riuniti nella grande cucina. La stanza è piena di gente, mi guardo intorno e riconosco due coppie, amici dei miei genitori, e almeno altri dieci adulti e altrettanti ragazzi più o meno della mia età. Alcuni li conosco essendo figli di amici di famiglia, altri non li ho mai visti e perciò non presto loro particolare attenzione. Torno a concentrarmi su quello che Nicole sta dicendo dato che dovrò passare qui i prossimi due giorni. I genitori della mia amica Enrica, nonché padroni di casa, hanno organizzato un “weekend di svago” come hanno voluto definirlo per staccare dalla solita vita lavorativa passando del tempo tutti insieme, e così mi trovo a casa loro con i miei genitori al seguito eccitata dall’idea ma incapace di spostare i miei pensieri dal recente rifiuto da parte del ragazzo di cui ero innamorata persa da quasi un anno. Rifiuto secco e troppo duro. E sì, ero, perché ora sono convinta di non esserne innamorata più. E meno male che deve essere un weekend di svago.
-Dato che di spazio ne abbiamo- comincia Nicole. -Noi adulti soggiorneremo qui a casa per tutto il weekend, mentre per voi ragazzi è stata sistemata la dependance sul retro. Ovviamente nessuno di noi è relegato e la maggior parte del tempo la passeremo tutti insieme, ma queste sono le sistemazioni, quindi se qualcuno vuole andare a dare un’occhiata è libero di farlo, altrimenti che abbia inizio il weekend di svago!- esclama.
Immediatamente la stanza si riempie di voci e chiacchiere mentre tutti gli adulti avvicinano i loro amici più stretti. Noi ragazzi rimaniamo fermi ai nostri posti leggermente in imbarazzo, o almeno, noi che siamo ospiti.
-Andiamo di là- propongono Enrica e suo fratello Roberto, che a differenza mia conoscono tutti; un gruppo di circa una decina di ragazzi si muove così dietro ai padroni di casa verso la nostra nuova sistemazione.
La dependance è grande circa come casa mia e le poche valigie che ognuno di noi si è portato sono già accatastate in un angolo. Dall’ingresso in cui ci troviamo partono un corridoio e una scala che portano alle camere da letto, al bagno e a un salottino pieno zeppo di poltrone.
Mi guardo intorno cercando mia sorella ma la trovo immersa in una conversazione con un’amica, e così abbandono l’idea di andare da lei. Mi siedo su una poltrona dato che non ho nessuna voglia di conoscere gente nuova o di mettermi a parlare con ragazzi che non vedo da una vita, intenzionata a osservare lo svolgersi della giornata da lì, ma non passano pochi minuti che Enrica e Roberto mi si avvicinano.
-Per il weekend noi avremmo una proposta- asserisce Enrica, sedendosi sul bracciolo della poltrona di fianco alla mia. –Di cui i nostri genitori non sono a conoscenza ovviamente... dimmi che te ne pare- sorride a metà, un sorriso che mi incuriosisce, seppur preoccupandomi leggermente al contempo.
-Spara- affermo, scrutando i due fratelli.
-Dato che siamo in numero pari, e soprattutto dato che non tutti si conoscono fra loro, abbiamo pensato di assegnare a ognuno una coppia e di definire che per tutto il weekend la coppia deve stare insieme. Nel senso- si affretta ad aggiungere in risposta alla mia espressione confusa. –Tutti noi saremo divisi in coppie-
-Accoppiati con qualcuno che non conosciamo o che conosciamo poco- aggiunge Roberto.
-E per tutto il weekend le coppie non potranno separarsi praticamente mai. Dovranno mangiare insieme, sedere vicini, parlare con le stesse persone, fare le stesse attività, dormire nella stesa stanza…-
-Sarà una sfida, dato che una convivenza forzata può essere dura-
-Soprattutto se le due persone sono molto diverse-
-Ma almeno ci divertiremo, conoscendoci fra noi- spiegano ad alternanza, costringendomi a passare lo sguardo dall’uno all’altra come seguendo una partita di ping pong.
-Che ne pensi?- mi chiede infine la ragazza, indirizzandomi un sorriso smagliante.
-Può essere divertente- ammetto, pensando che tutto sommato perché no? Almeno sarebbe uno svago, e non è questo lo scopo del weekend? Svagarsi?
-Chi farà le coppie?- domando.
-Noi, ovviamente!- esclama Enrica. –Siamo quelli che conoscono meglio tutti quanti perciò saremo in grado di creare le coppie perfette- afferma decisa, alzandosi dalla poltrona.
-Avanti, vieni! Non abbiamo molto tempo-
Riunire i ragazzi, illustrare l’idea e fare in modo che tutti ne risultino entusiasti è questione di pochi minuti per Enrica, un asso nel rendere qualsiasi cosa il più appetibile possibile; sarebbe stata in grado di convincere tutti quanti che un pomeriggio di studio è più interessante di una gita a Gardaland, se necessario.
-Io accoppio te e tu me- dice rivolgendosi al fratello.
-Va bene, allora sarai in coppia con Anna- decide Roberto, e subito una ragazza bionda e piuttosto timida si fa avanti avvicinandosi a Enrica.
-Tu con Marta- ribatte lei, e anche il fratello si accosta alla sua coppia.
Seguirono mia sorella con un ragazzino, Giacomo, un amico di Roberto con un altro ragazzo che non avevo mai visto, poi Enrica chiama il mio nome.
-Chiara tu non conosci Loris, vero?-
Scuoto la testa, non sapendo se essere felice o meno di essere capitata con un ragazzo. –No- rispondo.
-Perfetto, allora sarete insieme!- esclama, per poi proseguire con i ragazzi rimanenti.
Sposto lo sguardo distogliendo l’attenzione dall’attribuzione delle coppie per cercare di individuare Loris, e vedo un ragazzo che si alza da una delle poltrone, rivolgendomi un sorrisetto. Ha i capelli castani e lisci, pettinati un po’ in sù, alla moda, occhi anch’essi castani e un viso da ragazzino; veste jeans a vita bassa e mi si avvicina con l’espressione sicura di uno che sa di piacere.
-Ciao, Chiara giusto? Io sono Loris-
-Piacere- gli rispondo sorridendo a mia volta. Non so se mi è simpatico questo ragazzo che mi sembra un po’ troppo sicuro di sè, ma perché non dargli una possibilità?
-Cosa vuoi fare? Dato che dobbiamo rimanere insieme tutto il tempo tanto vale accordarci. Dimmi cosa ti piace, parlami di te- dice guardandomi negli occhi senza pudore.
-Beh- Non so da che parte iniziare e mi sento anche un po’ in imbarazzo, lì in piedi in mezzo al salotto. Lancio un’occhiata alla gente intorno a me e vedo che anche tutti gli altri stanno avendo conversazioni immagino pressoché simili la nostra; alcuni sono usciti, altri si sono seduti sul divano, altri ancora se ne restano in piedi proprio come me e Loris.
Appoggio la schiena a una delle poltrone e torno a guardare il mio interlocutore. -Mi piace leggere, ascoltare musica, vedere film… che genere di film ti piace?- chiedo di rimando.
-Sul guardare film siamo d’accordo. Horror, film d’azione o di avventura… non farmi vedere commedie romantiche però, potrei morire!- ridacchia, e io fingo ti tirare un sospiro di sollievo.
-Grazie al cielo! Non sono proprio nello stato d’animo adatto a cose del genere. Horror piuttosto- affermo.
-Che horror hai visto che ti sono piaciuti? Saw? Nightmare?-
-Ma questi sono classici, mi sembra normale che li abbia visti! Nightmare mi è piaciuto parecchio-
-Ci credo! È sempre bello. Ce n’è uno nuovo al cinema in questo periodo, l’hai già visto?-
-No- rispondo. –Non so se andarci sinceramente… gli ultimi horror che ho visto al cinema non erano un gran che-
Loris annuisce e si siede sul bracciolo di una poltrona girandomi intorno senza staccare gli occhi da me nemmeno per un secondo. Io lo imito e mi sistemo in modo da essergli di fronte.
-E che musica ascolti?- domanda ancora.
-Perlopiù rock e punk- rispondo.
-Green Day? Più 30 Seconds to Mars o Nightwish?- domanda lasciandomi spiazzata.
-Sono colpita- sorrido a metà. –Ti vedevo più da Skrillex o cose simili-
-Green Day tutta la vita!- scherza lanciandomi però un’occhiata furba che non riesco bene a inquadrare.
-Più 30 Seconds to Mars comunque; i Nightwish mi piacciono, ma non sono del tutto il mio genere- ribatto.
-Sei più sul genere tragico insomma, se ti piace lo stile di Jared Leto-
-Assolutamente, ha una voce favolosa oltretutto-
-Sottoscrivo. Ci è andata bene, siamo molto più simili del previsto, ammettilo! Possiamo fare qualsiasi cosa-
-Sì, infatti. Perciò, cosa facciamo?- domando guardandomi intorno.
-Aspettiamo il pranzo, sto morendo di fame-
-Andiamo a vedere in cucina se c’è qualcosa di pronto- propongo, e così ci avviamo fianco a fianco verso la casa padronale dalla quale proviene una musica anni ottanta e un gran vociare. Nessuno fa caso a noi quando ci intrufoliamo in cucina e ci mettiamo a curiosare fra i piatti pronti, e quando usciamo con in mano rispettivamente una fetta di pizza e un panino siamo piuttosto increduli.
-Insomma, non ci ha calcolati nessuno-
-Non mi stupisce, considerando che mia mamma quando attacca bottone è irrefrenabile-
-A me lo dici!- ride lui, e in quel momento nella mente mi passa come un lampo il pensiero che è davvero carino. Sgrano leggermente gli occhi, stupita di me stessa, ma accantono subito la questione e mi concentro sui suoni che provengono dal salotto della dependance.
-Qualcuno ha acceso la tv- afferma Loris aprendo la porta. Entrambi ci avviciniamo al divano ma non possiamo fare a meno di lanciarci un’occhiata e scoppiare a ridere quando vediamo che Enrica e Anna stanno vedendo proprio una nota commedia romantica.
-Andiamo sù, per carità!- esclama Loris, e insieme ci dirigiamo verso le stanze del piano superiore.
Le scale che portano al primo piano si affacciano su un corridoio dal quale si aprono tre stanze: dalla prima sentiamo provenire un vociare, tra cui distinguo la voce di mia sorella, mentre le altre sono vuote così apriamo la porta di quella di mezzo ed entriamo. La stanza non è molto grande ma ci stanno comunque comodamente due letti singoli piuttosto ampi, un armadio e una piccola scrivania.
Mi lascio cadere sul letto più vicino appoggiando la schiena alla testata dietro di me, e Loris mi si accomoda esattamente di fronte. -Adesso tocca a te- affermo. –Cosa fai nel tempo libero?-
-Gioco a calcio. Molto scontato vero?- sogghigna.
-Un pochino- rispondo, e lui ride.
-Tu fai sport?-
-Sì, ma da quando vado all’università ho dovuto diminuire molto- rispondo. –Tra viaggi, studio e prove della band…-
-Hai una band?!- esclama entusiasta, e io ridacchio.
-Sì, con mia sorella-
-Cosa suoni?-
-In realtà nulla. Io canto- sorrido imbarazzata.
-Una cantante, wow! Che musica fate?-
-Secondo te? Contando che propongo sempre io i pezzi- sogghigno, e lui annuisce divertito.
-Dovrai farmi sentire qualcosa-
-Non senza musica e dato che i miei musicisti non sono presenti… mi dispiace!- concludo soddisfatta.
-Prima o poi cederai- sorride, e per qualche secondo rimaniamo entrambi in silenzio. Nel momento in cui apro la bocca per dire qualcosa lui fa lo stesso, ci interrompiamo subito tutti e due, e scoppiamo a ridere.
-Prima tu- dico ridacchiando.
-Mi chiedevo solo se ti andasse di fare qualcosa in particolare o se volessi sentire un po’ di musica con me. Già che per una volta trovo qualcuno con i miei stessi gusti- afferma con un tono che, se non provenisse da lui, mi sembrerebbe quasi insicuro.
-Mi sembra una proposta più allettante la musica che il chiasso di sotto- commento, storcendo la bocca in direzione delle urla che provengono dal piano inferiore. –Non ho troppa voglia di socializzare e non oso immaginare cosa stiano facendo-
-Idem- sorride lui tirando intanto il cellulare fuori dalla tasca dei jeans e attaccando lo spinotto delle cuffie. Ne teniamo una a testa, affiancati, e ci sdraiamo sul letto attenti a non sfiorarci. Mi sembra impossibile essere in questa situazione, a letto ad ascoltare musica con un perfetto sconosciuto. Ma tutto sommato non mi dispiace. Non mi dispiace affatto.
La musica risuona nelle orecchie, passando da American Idiot agli Avenged Sevenfold, da Madness dei Muse ai Sum 41. Sorrido ogni volta che sento una canzone conosciuta e mi viene quasi da pensare di essere nella stanza con un mio gemello separato alla nascita. È un ragazzo reale o un mio alter ego? Maledizione!
Ad un tratto la voce di Enrica dal basso ci annuncia che il pranzo è pronto, facendo sobbalzare entrambi. Sorridendo senza bisogno di dire nulla scendiamo e torniamo in mezzo agli altri ragazzi.
In tavola c’è ogni ben di Dio: ognuno ha portato qualcosa da casa così c’è l’imbarazzo della scelta tra torte salate, pasta, panini, pizze e qualsiasi altra cosa possibile immaginabile.
Come da regolamento io e Loris rimaniamo insieme tutto il tempo, spesso scegliendo addirittura le stesse cose da mangiare, e così tutti gli altri anche se molti sono riuniti a gruppetti. Anche noi ci avviciniamo ad altri e finiamo per mangiare in gruppo.
Alle due e mezza circa, ormai strapieni, decidiamo di tornare nella dependance.
Alcuni ragazzi hanno organizzato un torneo di Twister così, in comune accordo, ci alleghiamo a loro. Inizio davvero a divertirmi adesso, tutto sommato questi ragazzi mi sono simpatici. Potrebbe prospettarsi un weekend davvero piacevole. Twister mi è sempre piaciuto e cerco di mantenere le posizioni assurde in cui sono costretta a mettermi il più a lungo possibile nonostante mi ritrovi tutta contorta e spesso e volentieri incastrata tra gli arti degli altri giocatori. Anna, la ragazza bionda, è davvero brava e vince sempre; Loris è pressoché negato e ci sbellichiamo tutti dalle risate per le scene che fa. E, anche se all’inizio non ci faccio caso, si ritrova sempre stranamente vicino a me, molto più spesso di tutti gli altri.
Alla fine della quinta partita, dopo che Anna ha vinto per la terza volta, il gruppo si scioglie. Due decidono di andare a presenziare alla partita di Risiko che si sta svolgendo sul tavolino del salotto, altri si disperdono per le stanze.
-Vediamo un film?- propongo. Ho solo voglia di stendermi su un divano e fare qualcosa di poco impegnativo. Loris accetta così entriamo in salotto solo per trovarlo già occupato da mia sorella e Giacomo che guardano un telefilm su MTV.
-C’è un’altra televisione?- chiede il ragazzo a Enrica, che è intenta a leggere le istruzioni di un gioco da tavolo.
-Sì certo, nell’ultima stanza di sopra- risponde distratta.
-Sei una tipa da telefilm?- mi chiede Loris mentre saliamo le scale.
-Dipende da che genere di telefilm. Quelli che danno su MTV non mi piacciono molto ma CSI, Criminal Minds, quelli sì-
-Dr. House?- domanda ancora.
-Come potrebbe non piacermi Dr. House?! È un telefilm cult- esclamo avvicinandomi intanto al mobiletto che affianca la tv della camera, stracolmo di dvd.
-Cosa vediamo?- tentenno indecisa.
-Fa’ vedere cosa c’è di interessante- risponde Loris, accovacciandosi al mio fianco e piazzandosi in questo modo a meno di dieci centimetri da me.
Sentire la sua presenza così vicina mi mette un po’ a disagio ma avverto anche qualcos’altro, una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non faccio comunque in tempo a indagare più di così.
-Ecco!- esclama il ragazzo facendomi sobbalzare. –La guerra dei mondi-
-Quello con Dakota Fanning?- chiedo anche se conosco già la risposta.
-Chi?-
-L’attrice, la ragazzina- rispondo. –Una delle mie attrici preferite-
-Non la conosco… è la bambina bionda?-
-Esatto. Ha fatto un sacco di bei film-
-Tipo?-
-Tipo la guerra dei mondi- rido.
Entrambi ci sediamo sul letto appoggiando la schiena al cuscino che Loris ha tirato su, e il film parte.
Sarà la ventesima volta che lo vedo? Forse, considerato che mio papà è talmente appassionato del genere da averci portate a vederlo al cinema; ma mi fa piacere comunque.
Come sempre all’improvvisa comparsa di uno dei mostri, al cambio di scena, sobbalzo e Loris ride.
-Ti fa paura?-
-No- rispondo asciutta. –Mi prendo un colpo quando cambiano la scena così- sorrido a metà poi, e lui non dice nulla. Vedo con la coda dell’occhio che mi osserva, senza pudore come sempre, e mi sento in imbarazzo. Faccio finta di niente e dopo un po’, quando ormai anche lui è tornato a osservare lo schermo del televisore, torno a rilassarmi.
Tanto che a un certo punto per poco non mi addormento.
Mi riscuoto appena in tempo per vedere che mi sono quasi appoggiata a Loris, e com’è possibile? Prima non eravamo così vicini. Gli lancio un’occhiata imbarazzata ma per una volta lui non fa commenti né si mette a ridere; anzi, oserei quasi dire che un’ombra di rossore gli colori le guancie anche se appena cerco di scrutarlo meglio quella è già sparita.
-Cambiamo posizione?- chiede piuttosto, stiracchiandosi. Ci mettiamo a pancia in giù sdraiati con la testa in fondo al letto mentre il film prosegue imperterrito. Ma man mano che va avanti riesco a seguire la trama sempre meno.
Il mio sguardo tende a spostarsi sempre più spesso verso sinistra, dove Loris è appoggiato a un gomito in una posa rilassata; non riesco a concentrarmi e non capisco il perché. Non mi era nemmeno simpatico questo ragazzo all’inizio.
Già, all’inizio.
Poi ha cominciato a dire di ascoltare la stessa musica che amo io, ha ammesso di guardare il mio stesso genere di film, ha iniziato ad essere troppo affine a me per non piacermi.
Nel senso innocuo del termine ovviamente.
Come potrebbe mai piacermi un ragazzo così in quel senso? E' impossibile. Voglio dire, andiamo. Non è assolutamente il mio tipo.
A me piacciono i ragazzi timidi, intellettuali, con i quali posso parlare di libri e di filosofia, i tipi tranquilli e anche un po’ strani che preferiscono una serata davanti a un caminetto piuttosto che la discoteca; e possibilmente biondi.
Lui non è niente di tutto questo, è sicuro di sé tanto da risultare quasi presuntuoso, è troppo spiritoso e troppo poco delicato nel dire le cose, più che essere timido fa diventare timida me. E non è biondo, nemmeno per sogno.
Mi accorgo troppo tardi di essere rimasta a guardare il suo viso per tutta la durata del mio monologo interiore e quando si gira, Loris mi trova che lo fisso. Il mio viso si imporpora immediatamente ma ora che i nostri sguardi si sono intrecciati non riesco più a distogliere il mio dal suo. Il pudore mi direbbe di abbassare gli occhi, di tornare a concentrarmi sul film, l’educazione mi porterebbe addirittura a scusarmi perché è da maleducati fissare le persone.
Ma non posso.
I suoi occhi mi incatenano a lui, mi sembra quasi che una forza sconosciuta di qualche tipo mi abbia immobilizzata rendendomi impossibile qualsiasi movimento. Mi rendo conto che i nostri visi sono a meno di cinquanta centimetri l’uno dall’altro, sento che il film va avanti e mi viene da sorridere al pensiero che nessuno dei due gli stia prestando più la minima attenzione. Siamo ormai entrati in una realtà parallela nella quale non ha importanza nulla di tutto ciò che può accaderci intorno, ci siamo solo noi, e l’elettricità fra noi che tiene fusi i nostri sguardi in un’unione quasi irreale.
Non so da quanto tempo ci stiamo guardando quando Loris alza una mano e con un gesto che può addirittura sembrarmi timido la appoggia alla mia guancia; sento il suo tocco delicato e il cuore mi salta in gola, non so cosa fare, ma dopotutto forse non devo fare nulla perché un attimo dopo lui annulla la distanza tra i nostri visi poggiando le sue labbra sulle mie.
Il tempo improvvisamente si ferma, e lo stupore iniziale lascia spazio a mille altre emozioni contrastanti; non so cosa pensare, non so se sia giusto né se sia conveniente. Non so se sottrarmi o meno, ma come un lampo a ciel sereno mi raggiunge la consapevolezza, la certezza disarmante che non voglio sottrarmi.
E a quel punto non posso fare altro che rispondere al bacio, con un trasporto che non credevo nemmeno possibile.
È un bacio delicato quello che ci scambiamo, all’inizio a fior di labbra, quasi casto; la sicurezza di sé che Loris tanto dimostrava in precedenza adesso è sparita per lasciare il posto a una timidezza del tutto nuova. Mi sfiora più che toccarmi, mi accarezza la guancia a fior di dita, non sento quasi il suo respiro sulla pelle.
Io trattengo il mio nonostante dentro di me infuri una tempesta. Il cuore mi batte tanto forte che ho paura che anche Loris possa sentirlo, mi tremano le mani e non so cosa fare o come muovermi.
Nel momento stesso in cui prendo coraggio e poggio una mano sul suo petto sento il suo cuore battere veloce quanto il mio; la sua mano, ancora delicatamente appoggiata alla mia guancia, si sposta nell’incavo del collo, le dita a sfiorarmi la nuca rendendo il tocco più sicuro e sento sotto le dita il ritmo del suo cuore accelerare ancora mentre preme le labbra sulle mie con più forza.
Vorrei pensare al perché io sia qui a baciare un ragazzo che fino a quella mattina era per me un perfetto sconosciuto, a cosa mi stia spingendo ad abbandonarmi così a lui, o anche solo al perché io stia sentendo il cuore in gola e le mani tremare; ma non riesco a completare nemmeno uno di quei pensieri, l’unica cosa che faccio è schiudere le labbra permettendogli di approfondire quel bacio che sta annullando ogni mia possibile resistenza.
All’inizio ci muoviamo con prudenza, poi sempre più sicuri, uniti come due amanti di una vita, come se ci fossimo conosciuti in una vita precedente  e rimasti legati in attesa del giorno in cui ci fossimo ritrovati.
Quando dopo minuti interminabili infine ci separiamo, le mie guance avvampano immediatamente. Alzo uno sguardo incerto sul suo viso e vedo che, nonostante mi stia fissando con il suo ritrovato sguardo sfacciato, anche lui è arrossito, forse per l’audacia del suo gesto, penso.
Deglutisco a vuoto alla ricerca di qualcosa di intelligente da dire o da fare ma la mia mente è vuota in questo momento. Tabula rasa. Zero assoluto.
Accenno un sorriso imbarazzato senza sapere dove guardare e mi metto seduta facendo perno sul gomito. Loris mi imita e ci troviamo nuovamente l’uno di fronte all’altra.
-Forse non intendevano questo Enrica e Roberto quando hanno deciso di metterci in coppia- balbetto tanto per dire qualcosa.
Loris scoppia in una risata e poi mi sorride, un sorriso disarmante. -Forse, ma chissenefrega- afferma, e l’atmosfera inizia a distendersi un po’. –Tanto qui non ci sono-
Annuisco incapace di fare altro; sento ancora il suo bacio bruciarmi le labbra e guardarlo con gli stessi occhi di qualche ora, o anche solo di qualche minuto fa mi risulta oramai impossibile. In questo momento avrei bisogno di qualcosa che mi rinfreschi le idee, perché la mente mi dice una cosa e il corpo un’altra. Non mi capisco, e questa mancanza totale di controllo sulle mie emozioni non mi piace.
-Nevica ancora?- domando stupidamente.
Loris sposta lo sguardo dal mio viso alla finestra e annuisce.
-Molto meno di stamattina- aggiunge.
-Ti va di uscire?- me ne esco. –Le regole sono ancora valide, o entrambi o nessuno- sorrido.
-Certo- accetta senza problemi. Passandomi di fianco per scendere dal letto mi poggia una mano su un fianco e mi guarda ardentemente lasciandomi confusa. Per un attimo, la durata di quell’occhiata, il mio cuore si ferma; poi Loris si alza in piedi e io tiro il fiato, con lo stomaco in subbuglio.
Il film ormai è finito e i titoli di coda scorrono sullo schermo accompagnati dalla colonna sonora. Loris si avvicina al lettore dvd mentre io appoggio i piedi sul pavimento, e preme il pulsante di espulsione del disco.
-Meno male che l’avevamo già visto- commenta ridacchiando.
-Avremmo potuto portarlo indietro e riguardare il finale- sogghigno.
-Se vuoi possiamo farlo- afferma tornando a guardarmi, il CD ancora in mano.
-No, ma figurati!- rido. –Lo so a memoria! Se vuoi te lo racconto- lo guardo con espressione divertita.
-Con chi credi di parlare?!- esclama fingendosi offeso. –Potrei doppiarti tutte le battute seduta stante- mi sorride avvicinandomisi.
Inaspettatamente, o almeno inaspettatamente per me, mi appoggia le mani sui fianchi avvicinando il viso al mio.
-Andiamo- soffia a pochi centimetri dalle mie labbra prima di allontanarsi nuovamente, con una scintilla divertita ad animargli gli occhi.
Che cosa intende fare? Gioca con me forse? Vuole testare che effetto mi fa?
Non capisco.
Sempre più confusa infilo le scarpe e mi avvio verso il corridoio e poi giù dalle scale.
La neve cade leggera e il terreno che ne  ricoperto è soffice sotto i miei piedi e scricchiola a contatto con le mie scarpe. Alzo gli occhi al cielo e mi godo il freddo sul viso che mi arrossa le guance per una volta non di imbarazzo. Cammino lungo il lato della casa fino a raggiungere una zona porticata e mi siedo sul gradino che separa il vialetto intorno all’abitazione dal terreno.
Loris si siede accanto a me, a una distanza tanto breve da essere quasi imbarazzante, e inspira l’aria fredda della sera.
Il cielo a ovest è colorato da ogni sfumatura dell’arancio; all’orizzonte non ci sono nuvole portatrici di neve, e il sole che tramonta è ben visibile nel suo colore più affascinante.
-Ti piace osservare le cose- afferma Loris, senza spostare lo sguardo dal cielo.
Gli lancio un’occhiata interdetta prima di rispondere. –Sì- ammetto poi semplicemente. –Mi piace osservare il cielo, le stelle, la natura, ma anche le persone. Da lontano però-
-Non ti piace la gente?-
-Tutt’altro- scuoto la testa. –Sono anche piuttosto socievole… credo. Però quando sono in modalità osservazione ho bisogno di pace e silenzio, e spesso le persone non sono adatte ad essere osservate da vicino. Quando mi trovo in mezzo alla gente e non ho alternative, allora mi rifugio nella musica-
-L’avevo intuito sai- commenta lui, appoggiandosi con i gomiti alle ginocchia. –E ora sei in uno di quei momenti?- domanda senza lasciarmi il tempo di metabolizzare la sua prima affermazione.
-Sì e no- tentenno, e finalmente Loris si volta a guardarmi in viso.
-In che senso?-
Fisso anche io i miei occhi nei suoi. –Voglio che tu stia qui con me- sussurro, con un coraggio preso da non so dove.
Gli occhi di Loris si sgranano appena, ancora una volta fissi nei miei; mi sembra di non stare facendo altro da tutto il giorno se non guardarlo negli occhi. Poi sorride, tra l’imbarazzato e il sollevato, e mi si avvicina. A questo punto so esattamente cosa voglio, e anche cosa devo fare.
Mi sporgo verso di lui, e  senza riuscire a trattenere un sorriso, lo bacio.

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Capitolo 2
*** I have nothing left to lose ***


2 - I have nothing left to lose
 
La cena a differenza del pranzo passa in modo tranquillo e quasi intimo nonostante il numero considerevole di partecipanti; tutti sono stanchi dalla giornata perciò il chiasso che aveva caratterizzato il pasto precedente è sostituito da chiacchiere a bassa voce, scambiate nella luce soffusa dell’enorme salotto.
Io e Loris sediamo l’uno di fianco all’altra sul divano in imbarazzo. Entrambi siamo accompagnati e spesso affiancati dai nostri genitori, e ovviamente non solo nessuno di loro è a conoscenza dei baci, ma nemmeno delle regole del gioco. Sottostare al regolamento senza dare nell’occhio non è affatto facile.
Presto e bene la cena volge al termine e tutti noi ragazzi torniamo a rifugiarci nella dependance.
-Vediamo un film tutti insieme?- propone Roberto, e tutti si trovano d’accordo. Siamo troppo pieni di cibo per proporre altro per adesso e una serata tranquilla e alla luce soffusa della televisione alletta non poco.
Le poltrone e il divano seppur ampi non sono abbastanza per accogliere dodici persone, così alcuni si devono accontentare di qualche cuscino e del pavimento. Io e Loris ci appropriamo di una poltrona in un angolo, lontana dalla maggior parte degli sguardi e dalla luce; mi fa sedere e scivola poi accanto a me passandomi un braccio intorno alla vita.
Quel semplice gesto mi fa sussultare. Non avrei mai immaginato che avrebbe osato tanto di fronte agli amici, pensavo non volesse far sapere ciò che è successo nel pomeriggio… e probabilmente è così. Nessuno presta caso a noi, anzi, tutti si concentrano sul film, ridono, alcuni già sonnecchiano nella penombra; tutto ciò che si vede sono due ragazzi che dividono una poltrona per colpa della carenza di posti, insieme a causa di un gioco. Tutto qui.
Mi riscuoto dai miei pensieri e torno a prestare attenzione al film, KIck Ass, e alle vicende del protagonista. Ma ovviamente la vicinanza di Loris così attaccato a me mi distrae.
Mi volto impercettibilmente ad osservare il suo viso proprio nel momento in cui ride per una scena divertente; mi beo del suo sorriso, così sincero e cristallino da essere abbagliante. La scena cambia e anche lui mi lancia un’occhiata, stringendomi un po’ di più quando i nostri sguardi si incontrano; sorridiamo e torniamo al film.
E così passa la prima parte della serata, piacevole e tranquilla; quando il film finisce ci alziamo stiracchiandoci e Loris fa appena in tempo a staccarsi da me che Enrica accende la luce abbagliandoci tutti; un coro di lamenti indignati riempie la stanza e Roberto cerca di riprendere in mano la situazione prima che la compagnia si disperda.
-E se mettessimo su un po’ di musica?- propone. –Dai ragazzi, un po’ di movimento!-
Loris avvicina la bocca al mio orecchio facendo una smorfia buffa. –Poveri noi cosa dovremo subire- sussurra facendomi ridere.
Alzando lo sguardo colgo un’occhiata stupita e curiosa di Enrica ma, arrossendo, mi affretto a girarmi dall’altra partefintamente interessata al programma che ci aspetta.
-D’accordo, ma a una condizione- afferma un ragazzo, Federico, amico di Roberto. –Che metti su quella palla da discoteca strafiga, e che la musica la scegliamo noi- conclude, strizzando l’occhio alla ragazza evidentemente in coppia con lui.
La musica che invade la stanza quando i fratelli padroni di casa collegano impianto audio e luci è né più né meno musica da discoteca; nonostante molti ragazzi presenti siano amanti di rock e pop e non esattamente tipi da feste il salotto, sgombro dalle poltrone, si trasforma immediatamente in un’improvvisata pista da ballo molto gettonata.
Solo un paio di coppie decide di passare il testimone e di non rimanere a ballare; mia sorella e la sua amica, accompagnate dalle rispettive coppie, salutano e si dirigono al piano superiore trascinandosi dietro le borse del bagaglio, probabilmente intenzionate a occupare una camera e chiacchierare un po’ prima di dormire.
Osservo la gente dimenarsi in mezzo alla pista improvvisata quando una mano prende la mia facendomi trasalire; Loris mi sorride incerto, forse aspettando di vedere la mia reazione a quel gesto ed io, stupita ma felice allo stesso tempo, stringo le dita attorno al suo palmo.
-Vieni- mi dice lui, trascinandomi sotto le luci colorate.
-Non sono molto brava a ballare- lo avverto.
-Nemmeno io se è per quello, ma chissenefrega- sogghigna.
Iniziamo a muoverci al ritmo della musica, e pian piano comincio a sciogliermi; i miei movimenti diventano più fluidi, il mio sorriso più sicuro, ad un certo punto presa dalla musica gli lancio addirittura un’occhiata provocante.
Loris mi fissa insistentemente, intensamente, non stacca gli occhi da me, dal mio viso, dal mio corpo, e la cosa mi fa piacere molto più di quanto possa ammettere. Pian piano la distanza fra noi diminuisce fino ad annullarsi quando il ragazzo passa le braccia intorno alla mia schiena, attirandomi a sé e continuando a ballare, trasformando i nostri ritmi in uno solo. Io lo fisso stupita e anche un po’ spaventata; le persone intorno a noi non sono molte e mi sento tutti gli occhi addosso. So che è solo paranoia ma… Parleranno, si faranno domande, spettegoleranno, e poi?
-Tranquilla. Tua sorella è salita no? E poi non siamo mica gli unici- aggiunge, accompagnando l’affermazione con un cenno della testa in direzione di Roberto e Marta che si baciano fermi in mezzo alla pista.
Arrossisco ricordando i baci che ci siamo scambiati noi, e pensando che non voglio che tutto questo finisca. Porto le braccia attorno al suo collo abbandonandomi a lui e quando Loris si abbassa per posarmi un bacio sulle labbra penso solamente che finirà, e che mi lascerà terribilmente vuota.
 
-Noi prendiamo la quadrupla sotto!- grida Giulia correndo lungo il corridoio del pian terreno seguita da Francesca, la sua coppia.
-La multipla di sopra è già piena?- domanda Federico raccogliendo gli ultimi zaini e borse dal pavimento dell’ingresso.
-Le doppie sono vuote ragazzi!- ci informa Enrica, ma suo fratello si affretta a correggerla.
-Una è occupata- E fa l’occhiolino a Marta.
La spartizione delle camere rende tutti frenetici ed esaltati; nella confusione generale cerco Loris con lo sguardo e mi ci avvicino.
-Andiamo su?- mi domanda appena mi vede.
-Su?- rispondo stupidamente, e lui mi rivolge un sorrisetto furbo che fa sorridere anche me.
-Non so se…-
-Tranquilla- mi zittisce dolcemente. –Ci sono due letti in una stanza doppia- afferma, ma io lo so che se andremo a dormire in quella stanza uno dei due letti finirà per rimanere vuoto.
E lo temo se devo essere sincera. Ho un po’ paura, perché dopotutto io quasi non lo conosco. Sento di potermi fidare di lui, so che è sincero, ma da dove arriva questa certezza? Forse è solo frutto della mia mente che vuole autoconvincersi di contare qualcosa per lui. Magari non voglio semplicemente ammettere che sto vivendo la cosiddetta storia di una sera.
Detto questo, non sono sicura che dormire in camera con Loris sia una buona idea; a maggior ragione perché invece lui sembra essere certo del contrario. E anche se in fondo vorrei farlo, vorrei trovarmi in camera con lui, a chiacchierare, e baciarci… anche se lo vorrei, so che non dovrei.
Non dovrei farlo.
E non dovrei nemmeno volerlo.
-Buonanotte a tutti!- risuona da ogni parte, e io raccolgo la mia borsa da terra caricandomela sulle spalle, in preda a un conflitto interiore. Dopotutto è stato così gentile con me, sempre; non mi ha forzata a fare nulla, non ha fatto nulla che io non volessi, non dovrei essere così sospettosa.
-Saliamo?- mi sfugge ancora prima di rendermi conto di ciò che sto dicendo. Ed ecco che la bocca si apre di sua spontanea iniziativa, penso stizzita.
Ma dopotutto cosa può succedere di male? Sta a me decidere cosa voglio e non voglio fare, perciò non avrò che da tirarmi indietro in ogni caso.
Loris sale le scale ostentando noncuranza ma non mi sfugge quanto sia esaltato. Mi sembra un bambino a cui hanno regalato un biglietto del circo, e l’immagine che mi riempie la mente mi fa sorridere.
La camera rimasta vuota al piano superiore è quella che abbiamo occupato la mattina stessa.
-Che letto preferisci?- mi domanda.
Stupita ma sollevata alzo le spalle. -Per me è lo stesso- affermo, buttando il mio bagaglio sul materasso più vicino. Quantomeno non dà niente per scontato.
Per mettermi il pigiama vado in bagno dove trovo una coda considerevole dato che ce n’è uno solo nella dependance, e quando entrambi finalmente siamo pronti per la notte mi infilo nel mio letto spegnendo la luce.
-Ce l’hai un ragazzo?- mi chiede Loris a bruciapelo. La domanda mi lascia quantomeno interdetta. Dopo tutto quello che è successo durante la giornata mi chiede se sono fidanzata?
-No- rispondo semplicemente. –Tu?-
-No- nega anche lui, e tra noi cala un silenzio imbarazzante. Il buio permea l’ambiente rendendomi impossibile distinguere alcunché. Mi immagino Loris seduto sul suo letto, le gambe incrociate e le mani abbandonate sul materasso, e improvvisamente mi invade una sensazione estrema di solitudine. Vorrei fosse nel mio letto, ad abbracciarmi, senza impegno, solo abbracciarmi.
-È strano- afferma, e io non so a cosa si riferisca.
-Cosa?-
-Che tu non abbia un fidanzato. Sei una bella ragazza-
-Grazie- sussurro, imbarazzata.
-E sei… interessante- aggiunge con un tono pensieroso. Senza saper cosa dire, lo lascio continuare in silenzio. –Voglio dire, sei fuori dal comune e…- si interrompe all’improvviso, e lo immagino ad arrossire nel buio.
-Ti ringrazio, ma non credo di essere niente di che- affermo in risposta. Non so nemmeno io perché lo dico, è come se questo ragazzo mi desse un senso di sicurezza tale da portarmi ad aprirmi completamente con lui.
-Perché?- chiede, preso evidentemente alla sprovvista.
-Non so… perché non sono mai stata speciale per nessuno, nessuno mi ha mai definita diversa dalle altre, perciò credo di essere semplicemente… nella norma- concludo.
Loris resta in silenzio per qualche minuto, pensieroso. Sento quasi le rotelle che si muovono nella sua testa. -Ti sbagli- sussurra poi. –E… te lo sto dicendo io ora-
Resto in silenzio per un tempo che mi sembra infinito. Mi ha davvero detto quello che ho sentito?
-Vieni qui con me- mormoro, tanto piano che credo quasi non mi abbia sentita.
-Lì?- domanda invece, altrettanto piano.
-Almeno non dobbiamo urlare per parlarci- spiego stupidamente. Mi sento una cretina ma Loris non ci fa caso a quanto pare; sento le molle del suo letto cigolare e un attimo dopo il mio materasso si muove sotto il suo peso. Ma invece che fermarsi in mezzo al letto di fronte a me come mi aspettavo si sposta verso il cuscino e mi si siede accanto, molto più vicino del previsto.
-Fa freddo- dico, rabbrividendo con solo le gambe sotto le coperte.
-È pieno inverno- mi risponde con voce bassa e dolce. –Copriti-
-Vieni- dico per tutta risposta, spostando le coperte e facendogli spazio nel letto. Questa volta è lui a rimanere senza parole, per una volta stupito dalla mia iniziativa. Senza una parola, dolcemente, si infila sotto le coperte ed entrambi ci sdraiamo. Con una mano delicatamente mi accarezza la guancia, sfiorando la mia pelle con le dita fredde; sospirando mi faccio più vicina a lui. Quel semplice gesto deve far scattare qualcosa perché Loris, improvvisamente più deciso, mi prende tra le sue braccia stringendomi contro di sè. Anche io lo abbraccio, e lui mi bacia nel buio.
Il bacio questa volta non è delicato e timido, Loris preme le sue labbra sulle mie disperatamente, con un ardore che mi lascia senza fiato, e io rispondo stringendomi a lui il più possibile. Più ci stringiamo l’uno all’altra più diventiamo audaci, le sue mani presto passano dalla mia schiena ai fianchi, stringendo la stoffa del mio pigiama tra le dita e accarezzandomi la pelle, lasciata scoperta dalla maglia.
-L-Loris- balbetto insicura, e lo sento sospirare quando pronuncio il suo nome.
-Scusa- soffia a pochi centimetri dal mio viso.
-No è che… non so se…-
-Hai paura di me- afferma, continuando a tenermi stretta nel suo abbraccio. –Lo sento, e lo capisco. Hai paura che mi stia approfittando della situazione vero? Perché dopotutto non ci conoscevamo nemmeno stamattina- continua. –Ma ti assicuro che non è così. Io… non sono molto bravo con le parole, ma possiamo anche rimanere così tutta la notte, perché è stata una cosa che mi ha… sconvolto… fin dall’inizio, fin da quando mi hai parlato la prima volta capisci? Per me non ha importanza, posso essere per te tutto ciò di cui avrai bisogno-
-Non ho paura di te- rispondo in un sussurro, sconvolta dal suo discorso. –Solo, non voglio farmi coinvolgere troppo-
-Lasciati coinvolgere, ti prego- ribatte lui con tono quasi sofferente. –Io l’ho già fatto-
Le nostre labbra si incontrano ancora e questa volta quando le mani di Loris raggiungono i miei fianchi non mi tiro indietro. Faccio passare una gamba fra le sue e lo attiro a me, intrecciandola alla sua destra; Loris sospira e mi stringe un po’ più forte, i nostri respiri si fanno sempre più pesanti e irregolari man mano che l’elettricità fra noi si trasforma in desiderio.
E ancora non mi tiro indietro. Perché per una volta ho deciso di non pensare.
Per una volta voglio fidarmi.
Per una volta voglio rischiare, anche a costo di fare la fine di Paolo e Francesca.

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Capitolo 3
*** Love will be forever ***


3 - Love will be forever
 
Un raggio di sole mi costringe ad aprire gli occhi. Non senza una certa fatica riprendo conoscenza, sbadigliando; ma c’è qualcosa di strano intorno a me, mi sento bloccata da qualcosa che mi immobilizza contro il materasso. Apro gli occhi, troppo assonnata per essere preoccupata o anche solo vagamente presente a me stessa, e vedo Loris abbandonato sotto le coperte al mio fianco che dorme profondamente stringendomi in un abbraccio.
Sorrido e arrossisco contemporaneamente, ricordando gli eventi della serata.
Come ho potuto?! Non mi capacito della mia audacia o stupidità che dir si voglia.
Ma nonostante tutto non credo fino in fondo di aver sbagliato; lui è ancora qui, mi abbraccia perciò no, non è completamente sbagliato.
Non riesco a finire il pensiero che Loris apre gli occhi con espressione smarrita. Per un attimo mi perdo ad osservare i suoi occhi, limpidi e belli, poi gli sorrido.
-Buongiorno- lo saluto a bassa voce, e lui mi restituisce il sorriso raggiante.
-Buongiorno. Ho dormito benissimo- afferma, e io non posso fare a meno di ridere della sua affermazione resa un po’ infantile dal sonno che ancora non l’ha completamente lasciato andare.
-Anche io-
-Dici sul serio?-
Annuisco chiudendo gli occhi e assaporando la sensazione di pace che sto provando.
-Forse dovremmo scendere, mi sembra di sentire dei rumori-
Aguzzo l’udito ed effettivamente dalle altre stanze provengono suoni di gente che si sta svegliando. Controvoglia ci alziamo anche noi; mi stiro e Loris mi riprende tra le braccia baciandomi dolcemente. Rispondo al bacio sorridendo.
-Faremo tardi- lo ammonisco divertita.
-Che pignola- mi prende in giro lui senza lasciarmi andare nemmeno per un secondo.
Quando scendiamo, in pigiama e con i giubbotti addosso a combattere il freddo del mattino, Loris mi tiene la mano; mi sento un po’ imbarazzata ma non ho nessuna intenzione di lasciare la sua, non ora che ho capito di provare qualcosa… qualcosa di più di un semplice sentimento di simpatia.
Certo, non sono sicura sia lo stesso per lui; anzi il raziocinio direbbe il contrario, ma dopo le sue confessioni a letto potrò almeno sperare no?
Anche davanti ai genitori, lui non accenna a lasciare la mia mano ed è così per tutto il giorno.
Che siano presenti familiari, adulti, amici e conoscenti, Loris non sembra curarsene. Mi abbraccia, mi posa leggeri baci sulle labbra, e quando non mi tiene stretta non lascia la mia mano nemmeno per un secondo. E sorride, mi sorride in continuazione, sembra così felice da non potersi contenere.
La domenica però passa in fretta, e ben presto arriva il momento di tornare tutti a casa alla nostra routine.
-Ti telefono- mi promette Loris in piedi di fianco alla macchina di mio padre.
-Promesso?- gli chiedo, sentendo l’inquietante sensazione di un addio farsi strada nella mia bolla di felicità.
-Promesso. E io mantengo le mie promesse- mi sorride, e il suo sorriso sincero ha il potere di calmarmi. Incredibilmente, nonostante lo conosca da soli due giorni, mi permetto di credergli.
 
I giorni passano, e le ore passate a casa di Enrica e Roberto sembrano sempre più un sogno lontano piuttosto che la realtà, a maggior ragione perché Loris non si fa più sentire.
Mi sento una stupida, un’ingenua, una ragazzina che si è fatta semplicemente prendere in giro; ma nonostante tutte queste consapevolezze nel mio intimo sto male.
Mi manca.
Un ragazzo che ho conosciuto pochi giorni fa e con cui ho passato solo una manciata di ore mi manca, mi manca come l’aria che respiro, e la sua mancanza mi soffoca, mi blocca, mi paralizza corpo e mente. Mangio poco, non mi concentro, non dormo e piango; a letto, al buio, piango, dandomi della stupida e odiando e amando allo stesso tempo quel ragazzo che mi ha sconvolto la vita senza nemmeno curarsene.
Cosa significava tutto ciò che mi ha detto quella sera? Erano solo bugie? Parole preparate ad arte per aggirarmi e usarmi?
Non voglio crederci, non posso crederci.
La routine della mia vita fa male come una costante spada che mi infilzi le membra; cerco di sorridere, di partecipare alle conversazioni, di essere normale, ma non sempre ce a faccio e temo che la gente intorno a me lo possa notare.
-Va tutto bene?- mi chiede Valentina, in classe.
-Ti senti bene?- mi guarda preoccupata mia madre.
-C’è qualcosa che non va?- insistono le amiche.
Ma io non voglio parlare. Mi sento troppo stupida e troppo ingenua per raccontare quello che è successo, non potrei sopportare saggi consigli e rimproveri velati. So già tutto da me.
In autobus, per la strada, mi guardo intorno con aria smarrita sperando di intravedere Loris in mezzo alla folla; controllo il cellulare ogni minuto con un senso di ansia che cresce piano dentro di me. Mi sento male fisicamente. Profonde occhiaie iniziano a farsi sempre più evidenti e non sorrido più tanto spesso. So che devo fare qualcosa.
La mattina del mio quarto giorno di disperazione silenziosa prendo una decisione.
Devo trovarlo e chiedergli spiegazioni.
Fare qualcosa.
Ciao Enne! Digito sul mio cellulare inserendo come destinatario Enrica. Come va? Ascolta, ho da chiederti un favore. Prendo un respiro profondo e continuo. Avresti per caso notizie del tuo amico Loris? Quello che era in coppia con me nel weekend, sai… mi aveva promesso che ci saremmo scritti, sarò stupida, ma non si è più fatto sentire… e vorrei quantomeno parlargli. Ti ringrazio in ogni caso, un bacio!
Premo il tasto di invio prima di ripensarci e rimango in attesa impaziente.
La sua risposta non si fa attendere a lungo.
Oddio pensavo lo sapessi! Loris è in ospedale, ogni tanto gli capita di dover essere ricoverato… vai a trovarlo, ti spiegherà lui. Se alla reception chiedi di Loris Pirovano ti sanno dire loro dove andare!
Scioccata, resto a fissare lo schermo del cellulare.
Ricoverato?
Allora è malato? Ha qualche problema serio?
Mi accorgo che mi sto mordendo le labbra e mi forzo a smettere. Andrò a trovarlo oggi stesso, non mi importa cosa vuole lui, se gli importa di me o se ero solo una notte brava. Io andrò, sia quel che sia.
 
Il corridoio dell’ospedale che l’infermiera all’ingresso mi ha indicato è spoglio e freddo come tutti gli altri. Le pareti tinte di verde chiaro sembrano schiacciarmi ma so che in realtà è la mia ansia che finirà per soffocarmi, prima o poi. Cammino lentamente, non riesco a decidermi a entrare nel reparto in cui Loris è ricoverato.
Non so nemmeno io di cosa ho paura maggiormente, se della probabilità di scoprirlo gravemente malato o quella di essere respinta.
Spero con tutta me stessa che, se proprio qualcosa di tragico deve succedere, almeno sia la seconda possibilità. Non posso sopportare di pensarlo malato, non voglio che sia vero.
Con circospezione varco finalmente la soglia del reparto e mi ritrovo in un ampio ambiente asettico ma piacevolmente riscaldato; vari ragazzi di tutte le età vagano da una parte all’altra chiacchierando fra loro o stando semplicemente seduti a qualche tavolo a giocare a carte o a leggere. Un ragazzino che non dimostra più di dodici anni mi passa di fianco scrutandomi curioso.
-Buongiorno- Una voce mi fa sussultare. Mi volto di scatto alla mia destra e trovo un uomo di mezza età, vestito semplicemente in giacca e cravatta, intento a fissarmi sorridendo. –Chi cerca?- mi domanda gentilmente.
Sono stupita e disorientata, ma cerco comunque di rimanere presente a me stessa. -Loris Pirovano, mi hanno detto che…-
-Aaah lei deve essere la signorina Chiara!- esclama l’uomo, come capendo all’improvviso qualcosa che comunque io ancora non riesco a cogliere. Sto per rispondergli, per chiedergli come faccia a conoscermi, ma all’improvviso in fondo alla stanza scorgo Loris.
Mi sorride con la sua abituale espressione calma e sicura di sé, e al solo vederlo mi tranquillizzo all’istante. Tutte le preoccupazioni che attanagliavano il mio cuore improvvisamente svaniscono; sta bene, o almeno bene abbastanza da sembrare uguale a come l’avevo lasciato pochi giorni fa, e mi sorride, e questo è già un buon segno.
Non rivolgo nemmeno un’altra parola al gentile signore e mi avvicino a lui, come attratta da una forza sconosciuta e irresistibile, e quando mi ci trovo di fronte capisco che se mi dirà che per me non prova niente, che non vuole impegnarsi, io morirò.
-Ciao- mi saluta semplicemente.
-Ciao- Non so cos’altro aggiungere.
-Mi dispiace di non essermi fatto sentire. Sono stati giorni… difficili. Vieni con me- mi invita prendendomi per mano. Loris attraversa il reparto come se si trattasse di casa sua; saluta tutti, tutti lo conoscono, gira in un altro corridoio con passo sicuro e si ferma alla base di una scala interna deserta. Si siede sul primo gradino e io lo imito all’istante.
-Mi dispiace davvero- ripete a bassa voce, calmo. Apre la bocca per aggiungere qualcosa ma un attacco di tosse gli mozza il fiato. A sentirlo tossire a quel modo mi si gela il sangue nelle vene; la sua non è una tosse normale, è una tosse cattiva, malata.
-Non preoccuparti. Ma tu stai bene?- chiedo preoccupata.
-Oh, sì- annuisce lui con l’espressione quasi rassegnata di qualcuno che convive con una realtà difficile da molto, troppo tempo. –Non è nulla di eccessivamente grave. Solitamente riusciamo a tenerla a bada, ma ogni tanto ho bisogno di un ricovero... finché non troveranno un’alternativa più definitiva. Non sono riuscito a scriverti, volevo farlo quando avessi avuto un po’ di tempo e quando fossi stato bene, ma…-
-Non importa. Ora sono qui- lo interrompo. –Dimmi se vuoi che vada via-
Loris alza su di me uno sguardo allarmato e stupito. -No, certo che no! Rimani, per favore-
Sorrido annuendo, accarezzandogli il dorso della mano con le dita. Loris me la prende e senza dire una parola mi abbraccia, stringendomi a sé.
-Mi sei mancata. Sembrerà stupido ma è così-
-Mi sei mancato anche tu. Non sparire più, io posso starti accanto- affermo, e lui mi stringe un po’ più forte. –Sei sicuro che vuoi che io rimanga? Nel senso, intendo...-
-Ma certo- mi interrompe stringendomi ancora contro il suo petto. Il calore del suo corpo si irradia nel mio e io mi sento sicura, protetta, felice. –Per una volta che sono innamorato- sorride a metà, e io tra le sue braccia mi sento a casa.

Io e Loris ci siamo amati profondamente, disperatamente, fin dal primo momento. La nostra non è stata una storia convenzionale, ne sono consapevole. Forse tanti avranno pensato che fra noi è bruciata solo la passione che prende i ragazzi, che siamo stati legati semplicemente da un affetto giovane e disimpegnato, ma non è stato così.
Il nostro è stato amore. Amore vero.
Loris l’ha sempre saputo, e lo so anche io.
Quando ero ragazza pensavo alla vita come a qualcosa di dovuto, di certo ed eterno; pensavo che avendo ancora così tanti anni davanti a me nulla sarebbe potuto andare storto. Pensavo che le tragedie succedessero solamente agli estranei e non credevo possibile che una persona cara mi potesse essere portata via all’improvviso.
Pensavo che le malattie non avrebbero potuto portarmi via nessuno, tantomeno Loris.
Ma mi sono dovuta ricredere.
La vita non sempre è dorata e perfetta, non sempre le disgrazie capitano agli altri; dobbiamo imparare a far fronte alle tragedie della vita, affrontarle e superarle è qualcosa da cui non possiamo esimerci.
Vedere Loris consumato dalla malattia mi ha segnata nel profondo, è stata una di quelle lezioni che non si dimenticano e che portano a migliorarsi, sempre. Gli sono stata accanto, ogni giorno, ogni momento; non mi importava se i medici non credevano in lui, se i suoi parenti disperavano, se nessuno poteva vedere la luce in fondo al tunnel. Io la vedevo, volevo vederla e gliene parlavo, non gli permettevo di smettere di credere che quella luce esistesse. Non l’ho mai lasciato solo, sono stata la sua spalla così come lui è stato la mia, ci siamo amati incondizionatamente nonostante tutto.
Ora sono seduta sotto il portico di casa mia, immersa nei ricordi; il tramonto che imporpora l’orizzonte mi ricorda tanto la prima volta che ci incontrammo, nonostante oggi sia marzo inoltrato e l’inverno sia finito già da un po’.
Sospirando mi alzo dalla sdraio e mi dirigo verso casa, dove un bambino dai capelli castani corre intorno al divano lanciando urletti di gioia ed eccitazione.
-Ragazzi, basta giocare! È quasi ora di cena- affermo con tono dolce. Mi stupisco sempre di quanto sia diventata dolce e materna la mia voce da quando Francesco è nato; un tempo non l’avrei mai creduto possibile, se la me diciottenne potesse vedermi ora sarebbe oltremodo stupita, se non direttamente scioccata.
-Ma-aaamma!- esclama il bambino, saltando dal bracciolo del divano direttamente tra le mie braccia. Ridiamo insieme e mentre lo sollevo un paio di braccia forti mi stringono da dietro.
-Resto sempre senza parole da quanto sei bella- mi sussurra piano l’uomo che fino a poco fa stava correndo come un ragazzino per la stanza, inseguendo un bambino di quattro anni.
Mi volto stretta nel suo abbraccio e fisso i miei occhi nei suoi.
-Non starai cercando di sedurmi? Loris…- domando ammiccando.
-Ma certo- mi risponde mio marito. –Una volta che sono innamorato…-

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