Everyday Life

di _RUFY_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Perona/Zoro ***
Capitolo 2: *** Ace/Marco ***



Capitolo 1
*** Perona/Zoro ***


[Perona/Zoro]
 
Le folte ciglia scure della giovane si sollevarono pigramente, svelando le intense pupille color pece; un luminoso raggio di sole filtrava attraverso le sontuose tende del castello impendendo a Perona di addormentarsi. La fanciulla sbuffò rumorosamente, voltando le spalle alle imponenti vetrate per rivolgere lo sguardo all’uomo che giaceva al suo fianco.
Alcuni ciuffi smeraldini ricadevano disordinatamente sulla fronte dello spadaccino, sulle tempie e sulle sopracciglia arcuate; le labbra sottili erano lievemente dischiuse in un’espressione serena, quasi quieta, mentre il petto nudo e scoperto si sollevava con ritmo regolare e costante. Le spalle larghe e allenate conferivano all’uomo un aspetto virile e invitante ma Perona non cedette alla tentazione di sfiorare la pelle liscia che ricopriva quel corpo scolpito: era raro vedere Zoro in uno stato d’animo tanto rilassato, così inerme e senza quell’espressione accigliata che rabbuiava sempre il suo sguardo deciso.
La ragazza si sollevò lentamente, lasciando che le chiome rosate ricadessero sulle proprie spalle vestite di una leggera seta scura; i lembi dell’abito scivolarono sulle lenzuola color avorio mentre i piedi nudi entravano in contatto con il gelido pavimento della camera. Un brivido di freddo le percorse la spina dorsale, svelando le ossa visibili sotto la carnagione diafana; prima che potesse reagire, sentì un braccio cingerle la vita e con un rapido gesto si ritrovò nuovamente avvolta dalle morbide stoffe pregiate fra le braccia dell’uomo che con fermezza la stringeva a sé.
"Scappi?" sussurrò quest’ultimo, sfiorandole i fianchi con le dita agili.
"Sì, se mi lasci andare!" ribatté stizzita la fanciulla, arrossendo con velocità; temeva che il pirata l’avesse intravista quando lo aveva osservato riposare e sebbene i motivi per cui essere imbarazzata, dopo la notte appena trascorsa, fossero numerosi, Perona non voleva svelare i propri sentimenti in modo tanto palese.
"No." affermò risoluto lo spadaccino, affondando il viso fra i suoi capelli.
La giovane rimase così spiazzata da quella risposta che non riuscì a proferir parola, sorpresa dalla sicurezza che dimostrava anche in un momento così intimo. Si fidò della sua salda stretta, posando le dita sottili sulle braccia tiepide e serrò le palpebre, colta da un’improvvisa felicità sincera; il sole si levava alto nel cielo ma i raggi non la infastidivano più.
"Non ricordo dov'è la cucina." ammise improvvisamente Zoro. Perona sbarrò gli occhi: le guance si imporporarono, e, svelando il volto paonazzo, gli rivolse uno sguardo omicida: "Sei un idiota!"
La fanciulla si infuriò e cominciò a rimproverarlo con una serie di imprecazioni e riferimenti poco cortesi riguardo al suo senso dell’orientamento nonché al suo tatto inesistente; continuando a strillare e ad offendere il pirata, rivelando una notevole fantasia nel variare gli insulti, la ragazza lo strattonò fuori dalla camera, direzionandolo verso le cucine.
Zoro si lasciò trascinare senza replicare, accennando un sorriso divertito.  
 

 

PS: Non sono riuscita a trovare l'autore dell'immagine, scusate!

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Capitolo 2
*** Ace/Marco ***


[Ace/Marco]

“Neh, Marco.”
Ace si lasciò cadere sulla sedia accanto all'uomo dalla curiosa capigliatura intento a masticare una porzione di tempura di verdure.
“Neh, Ace.” Gli fece eco quest’ultimo, sollevando lo sguardo nella sua direzione.
 Gli occhi scuri del giovane erano contornati da due solchi profondi e violacei, segni di una notte insonne; il cappello dai colori sgargianti che indossava sempre con fierezza quella mattina era posato senza cura sul suo capo, in procinto di scivolargli sulla fronte. Improvvisamente la bocca si spalancò in modo sgraziato, emettendo un sonoro sbadiglio prima di richiudersi in una smorfia insoddisfatta.
Marco sollevò un sopracciglio, osservandolo con curiosità.
Ace non aggiunse altro, ma rimase a fissare il proprio piatto mantenendo un’espressione imbronciata, quasi infantile: se ad un bambino avessero rubato delle caramelle, questi avrebbe avuto sul volto la stessa espressione accigliata che accompagnava quella del comandante della seconda flotta dei pirati di Barbabianca.
La Fenice proseguì quietamente nel concludere il proprio pranzo, sicuro del fatto che Ace non sarebbe rimasto in silenzio ancora per molto; era evidente che volesse comunicargli il proprio disappunto ma Marco trovava divertente fingere indifferenza per testare la pazienza del giovane.
“Satch ha chiaramente barato.” Borbottò il moro, incapace di trattenersi. Un ghigno divertito si presentò sul volto di Marco che, senza staccare gli occhi dal proprio piatto, annuì accondiscendente: “E’ certo.”
“Te lo dico io, quel coglione si è inventato qualcosa! Non può aver bevuto davvero tutto quel Rum, è disumano!” Ace strinse la forchetta fra le dita, affondandola con foga fra gli spaghetti.
“Che stronzone! Con chi crede di avere a che fare, mi ha forse preso per uno stupido? Ti sembro stupido?” domandò stizzito,  tagliando furentemente una coscia di pollo per poi aggiungerla alla porzione già abbondante che si era preparato. Marco non replicò ma il sorriso beffardo si ampliò notevolmente, svelando i suoi pensieri.
“Neh, Marco non fare lo stronzone anche tu! Lo hai visto che mi ha ingannato, io me li sono scolati davvero gli shot!” disse Ace gesticolando  con teatralità.
“Che impresa eroica.” Affermò ironicamente il biondo, istigandolo con prontezza. Ace non colse il suo sarcasmo ma anzi, riprese a lamentarsi con un tono di voce sempre più elevato, continuando a tagliare con violenza le pietanze, sbattendo il piatto contro il legno ogni volta che ripeteva il nome del comandante della quarta flotta.
“Lascia stare il piatto, non ha colpe.” Commentò Marco non appena notò che il moro aveva la bocca troppo piena per  replicare; infatti, quest’ultimo  si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
La Fenice sospirò a lungo prima di appoggiare il palmo della mano sulla spalla del giovane; la sua pelle era calda, come sempre, a causa dei poteri del frutto del Diavolo.
“Per quel che vale, io credo che avresti dovuto vincere tu.”
In realtà non era affatto interessato a quella frivola disputa ma era evidente che ad Ace importasse molto della sua opinione e Marco non sopportava vedere il suo volto sincero e allegro contratto in tanta scontentezza.
Ace, dapprima sorpreso, sfoggiò prontamente uno dei suoi sorrisi migliori, soddisfatto per quella confessione.
Protese il corpo verso di lui, allungando entrambe le braccia in uno slancio emotivo ed urlò: “Marco quanto ti a-...“
ma non fece in tempo a terminare la frase che si ritrovò con la fronte contro il tavolo e la forchetta ancora in aria, stretta fra le dita. La narcolessia lo colpiva nei momenti più inaspettati ma Marco non si scompose e, masticando con tranquillità, rifletté a lungo sul finale della sua esclamazione.  

PS: Non ho trovato l'autore nemmeno oggi! Scusate!

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