Live Is Found Enemies

di Slendyenne
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Life, how this coming from the start. ***
Capitolo 2: *** Chapter One ⁓ Instant Crush ***
Capitolo 3: *** Chapter Two ⁓ Lithium ***
Capitolo 4: *** Chapter Three ⁓ Not Alone ***



Capitolo 1
*** Life, how this coming from the start. ***


Because everything that happens to you
it's a consequence of your actions
The future will judge you
based on what you will do
to overcome it
You have to lost everything 
before finding yourself

 

Prologue ⁓  How this coming from the start

 



Tutto era buio. Tutto era freddo. Tutto era silenzio.
Forse era notte?
Eppure i suoi occhi erano spalancati quanto la sua bocca. Con le braccia cercò di farsi strada a tentoni fra quell'oscurità travolgente.
Pian piano l'assenza di luce e calore la portò a pensare fosse morta.
Stava sognando? Si toccò le dita ripensando agli infiniti filmati su esperimenti sui sogni e si ripeté come una filastrocca le parole sentite: ''Durante l'atto del sognare, di solito ci sono messaggi subliminali che fungono da connettivi fra finzione e realtà. Uno di questi è contarsi le dita (nei sogni se ne hanno più di 5), anche se in questo caso il risveglio non è assicurato.''
Si chiedeva se avrebbe davvero potuto funzionare.
Sibilò con voce tremante: ''Uno... Due...Tre...Quattro e.. Cinque..!''
Emise un sospiro sollevato poiché quello era troppo reale per essere un sogno, ma era ancora piuttosto confusa.
Dove si trovava allora?
Attorno a sé non sentiva presenza di muri, mobili, suoni né tanto meno di persone. 
L'avevano forse rapita mentre dormiva?
Ormai più spaventata di quanto già non fosse si avviava ad inoltranza verso il buio, finché qualcosa attirò la sua attenzione.
Un bagliore indistinto fluttuava nel bel mezzo del nulla.
Aggrappatasi a quell'unica speranza cominciò a correre verso la luce che via a via si faceva sempre più abbagliante e raggiunto il limite, dovette fermarsi.
Si ritrovò d'innanzi ad un dirupo colmo di luce e le parve di aver addirittura udito qualche suono celestiale provenire dal fondo, infinito, dello strapiombo. Quel suono effimero venne però sovrastato da un rumore decisamente più forte, e terrorizzata si voltò di scatto osservando come il buio profondo che la circondava si stesse trasformando in un rosso carminio più sanguigno, accompagnato da una sirena assordante che si faceva sempre più distruttiva.
Non sapeva più cosa fare, doveva buttarsi o sopportare quell'inferno? Quale poteva essere la soluzione al suo immenso dolore?
Era nel panico più totale e aveva cominciato a piangere, urlando e stringendosi tanto forte da farsi male da sola per riuscire a non crollare. Magari era davvero giunto il momento? Cosa stava succedendo? Pensò che quella fosse definitivamente la prova della sua diversità dal mondo che conosceva e che la inghiottiva ogni giorno di più e capì che era veramente arrivata l'ora di sprofondarci; lei era diversa, e chi è diverso è pericoloso. Chi è pericoloso intraprende un'altra strada della vita, una che solo in pochi, più diversi e pericolosi fra loro, possono terminare. Perciò ricordatevi che anche la morte fa parte della vita stessa e ne è un'alternativa nettamente palbabile se non un'unica strada, ma non per tutti.
Chiuse gli occhi e mordendosi le labbra fino a sanguinare, si avvicinò al confine fra ciò che la sosteneva ed il vuoto. Stava per volare fino a liberarsi delle sue pesantezze.
''Uno.''
Inspirò.
''Due.''
Strinse i pugni.
''Tre.''
Trattenne il fiato. Si buttò.

Sentiva l'aria che la comprimeva sempre più velocemente, stava precipitando sotto il suolo e stava sorridendo.
Sorrideva.
Mancavano pochi istanti prima di arrivare a destinazione e poter spiegare le ali.
Aprì le braccia e si preparò.
Mancava poco.
La percezione di libertà imposta dai limiti dell'essere umano, delle sue emozioni, dei suoi sentimenti e delle sue azioni, stava svanendo lentamente e stava scivolando via dal proprio corpo lasciandola inerme.
La rassegnazione fu l'ultimo briciolo di sensazione che le rimase nell'animo ed il dolore lacerante che le stava spezzando la schiena si sostituì con un piacere sovrannaturale, sentiva le ali spuntarle dagli sterni e non immaginava che la vera liberazione dalla vita potesse essere così inspiegabilmente lontana, almeno un'eternità di galassie, dal senso futile di libertà percepita dall'uomo.

Tutto ad un tratto però scomparve.

Il buio la stava raggiungendo e sotto di sé un'enorme voragine stava per risucchiarla, strappandole le ali dalla pelle, facendole emettere un grido talmente lancinante da squarciarsi le corde vocali.
La rassegnazione tornò e le lacrime inondarono la sua tomba..

.. Ma una ferita di luce tagliò il cielo del buio. Una mano strinse la sua e mentre si abbandonava al ritorno della sua anima nel proprio corpo, l'ultima cosa che vide prima di svenire, fu il suo viso.

 

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Capitolo 2
*** Chapter One ⁓ Instant Crush ***


''I didn't wnt to be the one to forget
I thouught of everything I've never regret
A little time with you is't all that I get
That's all we need because it's all we can take

One thing I never see the same when you're 'round
I don’t believe in him — his lips on the ground
I wanna take you to that place in the Roche
But no one gives us any time anymore
He ask me once if I’d look in on his dog
You made an offer for it, then you ran off
I got this picture of us kids in my head
And all I hear is the last thing that you said

'I listened to your problems
Now listen to mine'
I didn't want to anymore, oh oh ohh

And we will never be alone again
Cause it doesn't happen every day
Kinda counted on you being a friend
Can I give it up or give it away

Now I thought about what I wanna say
But I never really know where to go
So I chained myself to a friend
Cause I know it unlocks like a door''


Chapter One Instant Crush

Il sole era alto da ormai metà mattina. Lei era sveglia già da molto prima. Probabilmente, non aveva nemmeno chiuso occhio.

Non appena la sveglia rintoccò le 10.00, si girò verso il comodino e si decise ad aprire quel suo maledetto diario.

''28.02.95.

Caro diario,

oggi non mi va di raccontarti nulla.,, fu tutto ciò che ebbe la forza di scrivere.

Quella era la data di scomparsa di suo padre, la data dove ogni suono di campanello che si sentiva in quella casa era l'ennesima persona a cui facevi compassione e veniva a darti le proprie condoglianze. Per cosa poi, si chiedeva? Suo padre era scomparso, non morto. Non le importava se erano passati ormai sei anni, suo padre non poteva essere morto. Ed anche se lo fosse stato, non erano loro le persone in grado di giudicarlo. Era la quinta persona che arrivava, ma non era una di quelle che Mya e sua madre si aspettavano. Il campanello seguì una sequenza: due trilli brevi,seguiti da uno più duraturo. Quello per lei era un segno, che lui era qui. Saltò giù dal letto inciampando nella coperta abbandonata al suolo per le varie acrobazie che aveva intrapreso quella notte, corse di fretta le scale per poi scivolare definitivamente sull'ultimo gradino, sotto la faccia sorpresa della madre che aveva già posato la propria mano sulla maniglia della porta e l'aveva aperta;

Mya aveva gli occhi stretti e le mani in avanti per pararsi dalla caduta, ma due braccia furono lì pronte a salvarla. Erano le sue braccia preferite e non avrebbe voluto essere altrove in quel momento, se non con Douglas. Sua madre osservò le due figure vicinissime e fece una smorfia senza preoccuparsi di nascondere il suo disprezzo. Non era solo una visita inaspettata per lei, ma anche una delle più sgradite. Douglas McCall non era magari un ragazzo modello, ma il bene che voleva a Mya era abbastanza ed anche più del necessario per dimostrare che non le avrebbe mai fatto del male. La ragazza, conoscendo la propria madre, cercò di condurlo subito verso le scale, ma Renée la precedette invitandolo a bere qualcosa e lui, che voleva provare a farsi vedere sotto una luce diversa, accettava sempre, invano.

Dopo una serie di domande, Renée cominciò ad esagerare e Mya che ne aveva fin sopra i capelli prese sottobraccio Douglas trascinandolo fino al pianerottolo del piano superiore, lanciando alla madre un'ultima occhiataccia dall'alto.

Il ragazzo, quando Mya entrò in camera, era già sdraiato sul letto con le gambe a penzoloni e le braccia appoggiate sotto la testa mentre teneva gli occhi chiusi.

Non la sentì arrivare ma si aspettava di tutto da quella ragazza. Richiuse la porta alle sue spalle e con aria irritata pronunciò il nome del ragazzo con tono marcato.

''Douglas McCall, cosa ci fai qui?''

Lui sogghignò con indifferenza senza muovere un muscolo e rispose senza preoccuparsi.

''Sono venuto a salvarti.''

Quelle parole rimbombarono nella testa di Mya e si senti come oltrepassare dai ricordi, ma erano sfocati, era come un dejavu ma non riusciva a metterlo a fuoco. Non ci pensò più di tanto visto che era ormai un'abitudine, quindi si avvicinò al letto e si sdraiò accanto a Douglas e si rannicchiò sul suo petto mentre lui prontamente la avvolse fra le sue braccia.

''Perché mamma mi esclude da questo? Perché non me ne parla?''

Douglas non le rispose e si limitò ad accarezzarle i capelli ed a coccolarla finché non si addormentò. Douglas la prese delicatamente in braccio e le rimboccò le coperte prima di darle un leggero bacio sulla fronte scostandole una ciocca di capelli dal viso, sussurrdando: ''Non posso dirtelo, Maya. Mi dispiace.'' e con aria rattristata se ne andò.

Al risveglio Mya si trovò con la testa sul suo cuscino e sotto le coperte rimboccate. La prima cosa che notò fu il biglietto contrassegnato da un cuore rosso appoggiato alla sua lampada e lo prese leggendolo a bassa voce.

''Maya, sono là. Ti aspetto.''

Maya era il soprannome che Douglas stesso le aveva dato perché chiunque la facesse arrabbiare non sarebbe mai uscito vivo dalle sue grinfie, era proprio come l'apocalisse predetta dai Maya; ciò che nessun'altro sapeva era che Douglas in quest'ultima vi trovava un lato misterioso che lo affascinava, ed era quello il vero motivo per cui la chiamava in quel modo.

Lei sapeva già dov'era, e sapeva che ci sarebbe andata.

Si alzò e stiracchiandosi un po' controllò l'orario. Non sapeva esattamente quanto tempo aveva dormito, ma le aveva fatto sicuramente bene.

Andò davanti al lavandino del suo bagno e si sciacquò il viso fissando il proprio riflesso nello specchio, distogliendo lo sguardo poco dopo per evitare di vedere le occhiaie procurategliele dalla sua notte insonne. Aprì le ante dell'armadio e osservò i suoi vestiti. Non era una ragazza con gusti particolari, piuttosto semplici a dire il vero, non rimaneva ore davanti a due vestiti per sceglierne poi un terzo da indossare per uscire. In base alla giornata, a come si sentiva, lei si vestiva, facendo rispecchiare la sua anima. Lei sapeva d'essere un libro aperto per Douglas, perché lui queste cose le notava. Dopo essersi preparata andò in bagno e da un astuccio un po' mal ridotto tirò fuori un po' di fondotinta per nascondere bene le occhiaie e cercò di darsi un po' di colore, odiava il suo colorito troppo pallido, ma odiava anche truccarsi troppo, così aggiunse solo un filo di matita sulle palpebre e dopo aver messo il necessario nella borsetta uscì chiudendo la camera a chiave e nascondendola appositamente in una piastrella che lei stessa aveva rotto, l'importante era che mamma non la notasse, non che scoprisse che fosse distrutta. Uscì di casa e non saluto nemmeno Renée. Suo fratello, Jackson non era in casa, ma anche se gli davano fastidio quei comportamenti, lei sapeva non avrebbe detto nulla. Non lo faceva più dalla scomparsa del loro padre.

Camminò fino all'incrocio più vicino e mandò un messaggio a Doug.

''28.02.95.

13.19

Sei da solo?''

Dopo averlo inviato si sentì stupida, iniziò a preoccuparsi di ciò a cui poteva pensare Douglas con quel messaggio. Era un po' paranoica, ma sapeva cosa comportavano fra di loro i fraintendimenti. Passarono alcuni minuti nei quali Mya si riuscì a sedere su un muretto piuttosto alto per lei e furono anni nella sua testa.

''28.02.95.

13.26

Tranquilla, Adam è con me.''

Non sapeva se essere felice della sua risposta o meno, se esserlo perché erano assieme o no. Adam per Douglas era un migliore amico e un rivale, anche se solo lui lo credeva, poichè Adam non faceva assolutamente nulla. Era il loro migliore amico, e lei non poteva non dare spazi ad entrambi. Non voleva temere l'ennesimo litigio per una cosa finta.

Si incamminò in un sentiero nel bosco e camminare la fece rilassare un po'. Ascoltò un po' di musica, così si mise il cellulare in tasca ed accese il suo mangiacassette portatile facendosi passare le cuffiette dall'interno della giacca fin sotto il maglione.

Quando arrivò, vide Doug e Adam che osservavano un enorme foglio colorato d'azzurro sul retro. Adam stava spiegando alcune cose ad un Douglas tra lo scocciato e l'entusiasta, un misto un po' assurdo, ma tipico di lui.

''Hey ragazzi.'' li salutò, forse un po' troppo ad alta voce visto che aveva ancora le cuffie, e probabilmente non l'avevano sentita poiché sobbalzarono mentre Adam correva da lei lasciando il grosso progetto nelle mani di Doug.

La abbracciò apposta facendola voltare verso la stradina dalla quale era arrivata per non farle vedere Douglas che dopo un cenno corse a nascondere il foglio dal retro azzurro. Dopo di che la salutò a sua volta.

''Ciao, Mya.'' ridacchiò perché già immaginava avrebbe capito tutto.

''Ciao anche a te, Adam. So che Douglas non c'è più, puoi anche lasciarmi ora.'' ridacchiò a sua volta. ''So anche che non credi veramente funzionerà.''

Adam rinforzò la stretta perché voleva davvero abbracciarla per poi mollare la presa per osservarla e risponderle con tono di resa. '''Okay, lo ammetto. Ma resisteremo finché possibile.'' sorrise, ma non solo per le sue parole.

La guardò e nella sua mente pensò che fosse bellissima.

Era vestita con un maglione colorato con toni sfumati,sul pastello; per contrasto indossava sopra una felpa pesante nera dove risaltavano le sue ciocche viola e blu mischiate al suo biondo naturale.Sul collo si intravedeva una collana con sopra una lettera giapponese, ''Koe'', ovvero voce, perché lei amava tutto ciò che la riguardava: la voce di chi parla, di chi si fa capire, di chi crea una promessa, di chi canta, di chi sussurra. Lei era così, e le andava bene. Il suo completo si concludeva con delle calze nere,alte fin sopra il ginocchio interrotte da due strisce bianche vicino all'orlo,ricoperte da un collant trasparente e degli scarponi rovinati di un beige scuro che s'intonasse con il colore della sua borsa che portava su una spalla, piena di spille,scritte e di ricordi.

La voce di Mya lo riportò alla realtà e le sorrise voltandosi, e portandosi una mano ai capelli, si scrollò quei pensieri di dosso.

Douglas tornò da un posto che Mya non conosceva, e forse nemmeno Adam. Si sedette su una delle sedie attorno al tavolo che avevano portato loro lì e con voce chiara e decisa, quasi come un'imposizione, si rivolse ad Adam.

''Non dovevi andare a perlustrare la zona C?''

Adam capì dal suo tono irritato che voleva solo che si levasse di mezzo, ma quella sarebbe l'ultima cosa che avrebbe fatto, conoscendolo.

''Perché non ci vai tu? In fondo non dovrebbe essere il mio turno.''

''Sei troppo preciso per fare un'eccezione?''

''E tu sei troppo spaventato dai cervi per avere il coraggio di prenderti le tue responsabilità?''

Doug rimase con lo sguardo basso pensando all'incontro di qualche giorno prima.

Mya e Douglas erano amici da tanto tempo; da quando lei era venuta a vivere a Forks,era stata la prima ed unica persona con cui aveva stretto dei rapporti saldi. Adam arrivò solo dopo aver iniziato a frequentare la Beacon Hill High School. Ad inizio scuola, per pagare i fondi degli studi, le loro famiglie avevano cominciato, così come tutte in quella piccola cittadina, giorno e notte a fare turni extra a lavoro, ad avere problemi di salute e non potersi permettere le cure. Così, vedendo che la situazione non poteva continuare in quel modo, cercarono almeno di loro iniziativa di fare qualcosa, cominciando per esempio ad aiutare in mensa anche se per pochi spicci, però per lo meno stando dietro al bancone ed avendo le chiavi della cucina, avrebbero potuto rubare qualche scatolone di ogni tipo di cibo: pasta, carne, e le cose principali. Quando li scoprirono,non ne furono sorpresi,furono cacciati ed un bidello fu messo come guardia. Per loro fu un duro colpo, finché un giorno Mya a scuola raccontò a Douglas come suo padre gli aveva insegnato ad usare un fucile e che avrebbe potuto insegnarlo anche a lui così sarebbero potuti andare a caccia e cavarsela meglio. Adam li ascoltò senza resistere dall'intromettersi. Era nuovo e trovò le persone giuste con cui stare per la fortuna di tutti e tre; confessò che suo padre aveva un porto d'armi e poteva convincerlo a comprargliene, l'unica cosa che mancava a tutti, del resto,erano i soldi. Così trovarono diversi lavori per un mese finché non racimolarono abbastanza denaro per comprarli. Adam promise che glieli avrebbe procurati e così fece, e quando tornò coi tre fucili, Duog e Mya capirono che era parte di loro e lo fecero rimanere. Costruirono nei mesi seguenti in mezzo al bosco una capanna su un albero, ben costruita e bella spaziosa, si impegnarono tanto ma nessun altro ne sapeva nulla se non il fratello di Mya, ne avevano i sospetti, ma in fondo non era un pericolo.

Douglas ripensò al cervo ripetutamente prima di poter abbandonare quel pensiero,per poi di alzarsi e rivolgersi contro Adam.

''Non sei abbastanza maschio per fare il tuo dovere? Preferisci preparare cosa da femminuccia?''

Mya replicò. ''Cosa vorresti dire? Se sei qua è anche grazie a noi.'' Mya diventò ansiosa.

''Lascialo perdere Adam.'' e detto questo salì sull'albero raggiungendo la casetta.

Si lasciò cadere nel letto e cominciò a piangere silenziosamente, lo aveva previsto, aveva già capito quale sarebbe stata la sua reazione,era solo che non voleva vederlo, e non aveva potuto evitarlo. Ai passi,che pesanti sulla scaletta di legno provocavano degli scricchiolii,Mya si sedette di scatto e si asciugò le guance arrossate.

''Cos'è successo?'' chiese gentilmente Adam sedendosi sul bordo del letto.

''Uno stupido messaggio.''

''Mi riguarda?''

''Sai com'è fatto Doug, è solo esagerato.''

''Esageratamente esagerato.''

''Già.''

Adam continuò ad osservarla imbambolato,mentre lei tratteneva i singhiozzi con il capo chino. Allungò una mano verso il suo viso e con due dita le accarezzò il mento per farglielo alzare così da poterla guardare e sorrise.

Gli occhi di Mya divennero brillanti. Quei due ragazzi erano uno la parte ribelle e l'altro la parte docile di lei. Guardò il sorriso di Adam e poi lo fissò negli occhi. Vide un colore misto al mare ed al cielo, e non poté che perdersi. Era davvero bello, l'aveva sempre detto a sé stessa ma non l'aveva mai visto così chiaramente. Lui la strinse a sé per i fianchi e lei allacciandogli le braccia al collo si avvicinò troppo, si sfiorarono coi respiri. Entrambi si scrutavano dentro e creavano nuovi colori coi loro occhi, così diversi e così simili. Mya socchiuse gli occhi perché quelli del ragazzo la stavano svuotando e coinvolgendo allo stesso tempo e questo non le faceva tanto bene quanto male. Adam si avvicinò e quando lei li riaprì se lo trovò ancora più vicino, questa volta a sfiorarsi furono i loro nasi e poi le oro labbra finché per ultime si scontrarono con decisione le loro lingue. Si strinsero più forte l'uno all'altra, non perché provassero un sentimento reciproco, ma perché ne avevano bisogno, avevano bisogno di congiungersi, erano tutti parti di sé stessi ed a volte le parti simili avevano bisogno di tornare ad esserne una sola, per curare le ferite che nessun altro può curare. Avevano solo bisogno di nascondersi e di ritrovarsi. Mya era confusa, non capiva cosa stava facendo, sapeva di doverlo fare e basta, per lei quanto per Adam, avrebbe dato tutto per loro due, ed ora lo stava facendo. Si staccarono e Adam si scusò. Mya dolcemente gli posò un dito sulla bocca ancora umida e lui assecondò il suo volere.

Si alzò e scese con sveltezza dirigendosi verso Douglas per salutarlo però lui con il suo tono scorbutico la ignorò. ''Cos'è sei andato a farti consolare dalla tua amichetta del cuore?'' lo provocò nuovamente.

Adam s'irritò e non resistette più.

''Qual è il tuo problema amico? Vuoi sentirti più maschio, più uomo? Sei geloso, vuoi Mya tutta per te? Allora invece che insultarmi e fare in modo di darle un modo per odiarmi, perché non trovi un modo per avvantaggiarti?''

Adam era in piedi di fianco a lui. Douglas si alzò e mettendosi davanti a lui,respirò profondamente per poi sganciargli un cazzotto in pieni viso. Adam lo bloccò troppo tardi e lo spinse, cominciarono ad azzuffarsi fino a finire per terra uno sopra all'altro, come due cani rabbiosi. Adam non era un attaccalite ma se veniva provocato poteva essere peggio di Douglas,che nonostante fosse molto più esile e meno robusto dell'altro,aveva forza da vendere.

Iniziarono a prendersi a pugni,susseguiti da insulti vari. Intanto Mya urlava e veniva ignorata al tempo stesso.

''Smettetela!'' urlò più forte, con le lacrime agli occhi, i pugni contratti e le braccia tese. Guardava negli occhi Adam e non riusciva a dire nulla, tanto meno guardando Douglas, ma pensava a tante cose. I due si bloccarono ad osservarla per pochi istanti, prima che se ne andasse. Corse più che poteva, corse nel bosco su strade che non aveva mai percorso, si perse, ebbe paura ma non si fermò, non finché non fu sicura d'averli seminati. Si sedette su un tronco d'albero abbattuto. Ansimava per la corsa movimentata e non era ancora completamente certa di essere sola. Il respiro affannoso non le permetteva di sentire con chiarezza i rumori che la circondavano. Si calmò pian piano accertatasi finalmente che nessuno la seguisse più. Si guardò intorno ed in un punto più buio del bosco come d'impulso mise le mani nella sua borsa, fino a quando:

''Aspetta..?'' la borsa non c'era, e con uno sbuffò le tornò in mente di averla appoggiata sul letto della casetta. Mise le mani in tasca in preda all'ansia che svanì all'istante non appena riuscì a tirare fuori dalla sua tasca il cellulare. Non si sentiva comunque al sicuro, era in un posto sconosciuto ma allo stesso tempo riusciva a percorrere la strada come se la conoscesse a memoria,come quando canti una canzone che sai, la sai talmente bene, conosci le parole come se l'avessi scritta tu e la canti anche se pensi a tutt'altro. Si avvicinò a degli alberi,alberi che le ricordavano la sensazione di paura che provava da piccola quando lei e suo fratello stavano fino a sera alla quercia;quella quercia. Da quanto non ci pensava? Perché non riusciva a vedere quel ricordo? Eppure lei lo stava sentendo.

Il cuore cominciò a batterle sempre più forte rimbombando dappertutto e le sembrava di non udire alcun suono; le servivano le pastiglie, quelle per quando aveva un attacco improvviso di panico, quelli dovuti ai ricordi. Ancora non capiva.

Doveva respirare, ora aveva letteralmente paura, era sola, nessuno poteva aiutarla, nessuno l'avrebbe trovata. "Le pastiglie" .non riusciva a pensare a nulla.

Arrancò camminando verso qualcosa di indefinito, dei colori. Si avvicinò, e vide una scaletta, una di quelle fatte da funi, usata anche per la loro casa sull'albero, solo più piccola e meno resistente, quasi fosse stata messa apposta per dei bambini. Ma dei bambini in quel posto,come avrebbero potuto trovarsi li?

Ai suoi occhi ill posto le sembrava abbandonato,ma qualcosa nella sua mente le diceva che c'era qualcuno che la aspettava là in alto, così salì.

Si aggrappò alla corda della scala,ormai rovinata dal tempo e dalle dimenticanze della mente che al tocco delle mani di Mya sembravano risanarsi dai ricordi del suo cuore.

La corda sfilacciata riuscì a mantenere a malapena il peso della ragazza e ad ogni passo il legno delle scale scricchiolava rumorosamente.

L'interno della casetta era buio, ormai la sera era calata e l'unica cosa in grado di rischiarare il luogo era il suo cellulare. Estraendolo dalla tasca fece cadere le cuffie a terra; si chinò a raccoglierle ed illuminando il pavimento, scorse una luce brillare da qualche parte a fianco a lei. Le raccolse e si avvicinò allo strano bagliore proveniente dall'occhio di un pupazzo,l'unico occhio che a quanto pare,esso possedeva,essendo che l'altro era stato rimpiazzato da una leggera cucitura,probabilmente a causa della perdita dell'occhio stesso. Esso era posizionato sotto ad un lettino,presente nella stanza: era molto piccolo,aveva due cuscini ed era estremamente impolverato. Slacciò la giacca e aprendola rovistò nelle tasche interne: non appena estrasse il suo mangiacassette portatile si infilò le cuffie nelle orecchie e le canzoni di una cassetta casuale partirono. Accese la torcia e scrutò meglio l'interno: sulle pareti erano attaccati dei disegni fatti probabilmente da bambini, i colori usati erano appoggiati sparsi su un tavolino logorato da chissà quale animale; c'erano un mucchio di cose vecchie come giocattoli e molti altri disegni impilati,ma rovinati dall'umidità.

Strinse l'orsacchiotto nella sua mano quando <> stava cominciando. Le note della canzone si infiltrarono nelle profondità della mente di Mya ed a quel punto ricordò, ed avvicinandosi ad uno dei disegni,lesse due nomi: Mya e Jackson.

Indietreggiò stravolta, inciampando in un panno bagnato,cadendo sul lettino che emise un rumore piuttosto sinistro ma Mya non lo sentì a causa della musica ad alto volume, mentre Icleymer,il pupazzo regalatole dal padre quando compì 4 anni,subiva inerme la stretta della ragazza.

*''Vieni qui piccola.''

''Arrivo papà!''

''Chiama anche Jackson, piccola.''

''Certo papà!''

.

.

.

''Dicci papà.''

''Papà, è per il mio regalo?''

''Mh mh.'' annuì il signore inginocchiato in un prato di fronte ai due bambini. ''Tieni, è per te.''

''Wow, un orsetto! Grazie papà, è il più bello di tutti, non è vero?''

''Come te, Mini.''

''Papà, perché mi hai chiamato?''

''Ascoltatemi.'' disse l'uomo stringendoli a sé. ''Mya, tu stai crescendo e voglio che voi siate forti, per voi stessi e per la mamma. Siete coraggiosi, dovete proteggervi l'un l'altra, come vi ho sempre insegnato, d'accordo?''

''D'accordo papà.'' dissero all'unisono i due ragazzini.

''Tu Jake devi difenderle, d'accordo?''

''Papà, e Icleymer chi lo difende?'' chiese la piccina mentre il fratello annuiva serio.

''Chi è Icleymer?''

''L'orsetto.''

''Oh beh, penso che lui si fidi di te.'' le fece un occhiolino e poi abbracciandoli gli sussurrò all'orecchio con un debole sorriso stampato sul viso un ''Vi voglio bene.''*


 

Mya passò tante, troppe immagini nei suoi pensieri, troppe da poter ricollegare per poterle comprendere. In pochi secondi si ritrovò sdraiata su quel letto sul quale non si sdraiava da tempo, non sapendo nemmeno come poterci ritornare. Stringeva fra le braccia tremanti il peluche e piangeva, il viso rigato da lacrime. Piangeva perché non ricordava suo padre, non si era più ricordata di quanto avesse sofferto Jackson, di quanto erano vicini prima. Prima di tutto quello.

Mya aveva gli occhi chiusi tentando di trattenere le lacrime, mentre delle luci iniziavano a risplendere sotto alla grossa quercia. Il motore di una Jeep si sentiva scoppiettare da metri di distanza, ma lei non poteva udirlo.

Jackson stava correndo fra quegli alberi che lo guardavano malinconici, i lunghi ed appuntiti rami sembravano indicarlo con aria prepotente come lo stessero accusando, cercava di evitare le loro ombre e la sensazione cupa di inquietudine che gli trasmettevano,che i riflessi della luna non facevano altro che accentuare.

Corse finché non arrivò alla quercia, alla loro casa.

Salì seguendo le tracce delle scarpe della sorella sul terreno fangoso e la vide. Sapeva sarebbe riuscita a ritrovare quel posto prima o poi, lo sentiva e aveva già il suo incubo in testa pronto ad iniziare, ma questa volta per davvero. Erano stati troppo a lungo sull'orlo del loro dormiveglia. La vide, rannicchiata, sconvolta, piangente in quel letto che la cullava come fossero le forti braccia protettive del padre che ben presto si sostituirono con quelle de fratello che la coccolavano facendola tranquillizzare.Benché non fosse agitata, aveva gli occhi spalancati e ripeteva sotto voce le ultime parole della canzone che pian piano andava a sfumare le ultime note, finché non si stoppò e rimasero nel silenzio delle orme delle loro memorie,ora aperte più che mai come ferite di coltello mai cicatrizzate.

Mya sentì il calore ormai dimenticato di suo fratello e delle sue attenzioni, del suo respiro, dei suoi baci sui capelli e del suono della sua voce che le ripeteva d'esserci, quando lei sapeva benissimo non sarebbero state una promessa dopo che addormentatasi fra le coperte dei loro momenti felici, della loro infanzia, si risvegliò fra quelle della sua infelice realtà e della loro vita ingiusta.


 

Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli occhi [...] potete figurarvi come un mendico davanti ad una porta in cui non potrà mai entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col vostro mondo dentro, come lo vedete e lo toccate; ma uno ignoto a voi, come quell'altro nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi tocca.

(Luigi Pirandello, da Enrico IV)

 




Buonsalve a tutti gente, eccomi qua col primo capitolo! Non ho voluto lasciare commenti nel prologo per evitare di togliergli quel ''senso intrigante'' (o almeno, spero abbia dato quest'impressione a chi l'ha letto!). Detto questo, spero anche vi abbia incuriosito e vi abbia lasciato quel pizzico di interesse che vi spingerà a seguire il resto della storia. Mi raccomando recensite, aspetto qualsiasi tipo di commento, soprattutto quelli di critica per consigli e ispirazioni, di certo è sempre bello ricevere dei complimenti, ma sono anche utili i giudizi per migliorare e non vedo l'ora di leggerne (tanti!).
So che, forse, pubblicare come primo esperimento un'intera storia è un'enorme incognita ed un grosso rischio, ma tentare non nuoce. Ps. Per le foto abbiate pietà sono alle prime armi, ci metto tutto il cuore.
Finisco di annoiarvi, grazie comunque per le visualizzazioni ed il sostegno, enjoy!

obf, Slendye.
 


 

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Capitolo 3
*** Chapter Two ⁓ Lithium ***


''Lithium, don't wanna lock me up inside
Lithium, don't wanna forget how it feels without
Lithium,  I want to stay in love with my sorrow
Oh, but God, I want to let it go.''

 



Chapter Two 
⁓ Lithium


Mya si svegliò nelle solite quattro mura della sua stanza.

Si guardò attorno e sbuffò rassegnata. Osservò i nomi delle band sui poster attaccati alle pareti attorno a sé, ripetendoli a bassa voce, quasi stesse evocando uno spirito, perché quelle persone per lei erano dei protettori invisibili ed al solo pensiero ci fossero, si sentì meglio.

Erano persone che tramite il testo di una canzone potevano renderla più serena a chilometri di distanza, senza sapere della sua esistenza. Erano band che quasi nessuno ascoltava, e questo faceva sì che ella le amasse di più come fossero un'altra famiglia su cui poter sempre contare. Le piaceva distinguersi dalla massa e sentirsi unica, e si sentiva altrettanto unica per loro.

Mentre era assorta nei suoi pensieri, proprio quando l'illusione della sera precedente si stava trasformando in una delle tante delusioni, qualcuno bussò alla sua porta; il suono del picchiettare della mano contro il legno della porta la risvegliò dal suo sogno ad occhi aperti e senza pensarci rispose: ''Avanti.''

''Sei già sveglia?'' sorrise Jackson entrando.

Lei sorpresa lo guardò stranita: era da tempo che non vedeva più quel sorriso.

''Già.'' riuscì solamente a rispondere.

''La mamma si è preoccupata tanto ieri sera.''

Mya osservò che nel vassoio c’era la sua colazione preferita, ben preparata e disposta sulla base scintillante. Due fette biscottate, una con burro e marmellata di frutti di bosco, l'altra con burro di arachidi e sciroppo alla banana. Al centro una tazza di tè bollente con affianco un bicchiere contenente del latte da poterci aggiungere.

''Sì, l'ho notato.'' rispose lei un po' irritata. Jackson le rivolse uno sguardo un po' dispiaciuto. Poi lei riprese.

''Era da tanto che non facevate una cosa così.''

Jackson la guardò e con aria affranta le disse con tono colpevole: ''Hai ragione.''

''Ho notato anche che te ne sei ricordato.'' finalmente lei alzò lo sguardo puntando gli occhi dritti in quelli del ragazzo, di un colore marroncino che in quel momento si era dissolto per un secondo.

''Non l'ho mai dimenticata.''

Parlavano della casetta sull'albero abbandonata. Jackson però ricordava molto più di quello che riusciva a ricordare Mya.

''Io sì. Non ricordo molte cose.''

Jackson deglutì distogliendo lo sguardo, troppo debole per resistere a quello ormai impenetrabile della sorella.

''So che c'è qualcosa... Solo, che cosa?''

Il fratello si avvicinò e le baciò la fronte facendo poi una smorfia, fingendo di essersi bruciato.

''Ahi! Tu scotti! Vado a prendere le uova.'' sorrise provocando lo stesso sorriso, forse più spento, della sorella

''Riposa, okay? Tornerò quando avrai finito, malaticcia.'' le diede un altro bacio sulla guancia ed accarezzandole il viso si alzò dal letto, camminando verso la porta.

''Jackson..''

Il ragazzo esitò un attimo fermandosi prima di girarsi, ma cedette subito.

''Sì?''

''.. Grazie.''

Le fece ammirare il suo ultimo sorriso, dopo di ché uscì , sussurrandole un ''Ti voglio bene''.

Intravide i suoi occhi ancora una volta, quando la porta stava per chiudersi e lei gli rispose così. Lui avrebbe capito.


 

Una settimana dopo, Mya tornò a scuola. Effettivamente non aveva avuto nessun problema per non potersi permettere di stare a casa sette giorni di fila.


 


 

La sera prima, Mya abbracciò il fratello. Erano seduti sul letto a guardare un film sotto le coperte, chiacchierando e scherzando.

''Ti è piaciuto, allora?''

''Sì, avevi ragione. Meritava di essere visto.'' sorrise Mya, anche se non avrebbe mai pensato di vedere un film del genere con Jackson.

''Bene, ora è tempo di andare a nanna. Buonanotte Maya.'' quel soprannome era usato proprio da chiunque, pensò la ragazza mentre osservava il ragazzo avviarsi verso la porta. Quella scena, nonostante avesse la certezza di poterlo trovare nella stanza accanto, le fece venire una serie di brividi inspiegabili e d'impulso lo chiamò.

''Jack.''

''Mya.''

''Non è che ti andrebbe...''

Il fratello si voltò confuso.

''.. Andrebbe di.. Cosa?''

''Di restare.''

Mya tremava perché non era abituata a quel rapporto da troppo tempo, conosceva Jack da tutta la vita, eppure in quel momento sentiva che non era così, finché si chiuse nuovamente la porta alle spalle e si sdraiò vicino a lei, stringendola forte e spegnendo la lampada, ridandole la buonanotte.

''Grazie. Ti voglio bene.''

Si addormentarono così l'uno fra le braccia dell'altra, ancora.

Il giorno seguente Mya si alzò dal letto e stiracchiandosi respirò l'odore del fratello, impregnato tra le lenzuola che entrambi avevano usato durante il sonno per coprirsi. Subito dopo sorrise, sorrise come quando erano tutti uniti.

Si preparò e prese la sua borsa come ogni mattina, ma nello stesso istante, ricordò effettivamente i di averla dimenticata nel bosco; probabilmente qualcuno gliel'aveva riportata. Cercò di non pensarci.

''Io vado, mamma. Jack è già uscito?''

''Mh mh, è fuori che ti aspetta in realtà.''

''Okay grazie, buona giornata.''

''Divertiti.'' la mamma le sorrise. Anch'ella come faceva tempo fa.

Le sembrava una bella giornata ad esclusione di quel ''divertiti''. Quando mai si divertiva a scuola?

Non ci rifletté più di tanto, quando vide la scintillante macchina nuova di Jack rombare davanti a lei non appena uscì di casa. Lo faceva apposta per darle sicurezza e ci riusciva alla grande.

''Hai intenzione di salire o di aspettare una limousine?''

Mya rise per le sua pessima battuta.

''Mi dispiace, ma preferisco andare coi miei cari piedini addormentati. Peccato che non ci sia nessun principe a svegliarli..'' ridacchiò lei.

''Te lo scordi! Okay lavarteli, ma baciarteli mai! Ho una mia dignità, donna.'' esortò con aria solenne.

''Fuggi finché sei in tempo, o ti troverò e ti obbligherò a ritrasformarti in un rospo!''

Risero come due spensierati, ed entrambi lo sapevano. Per fortuna erano soli, pensarono. In realtà no, poiché Renée li guardava con gli occhi lucidi dalla finestra della cucina. Il bello di tutto ciò, era che riuscirono a strappare un sorriso anche lei.

''Sei sicura allora di voler andare da sola?''

''Tranquillo, sono abituata e poi lo preferisco. E' più salutare.''

''Non permetterti di parlare di salute al tuo infermiere personale.''

''Mangerò una mela oggi, promesso. Ci sentiamo dopo.''

''Non vedo l'ora, ci divertiremo. Ciao sorellina.''

L'auto riprese a rombare prima di scomparire dietro alla curva più vicina. Mya s'incamminò con serenità fino ad arrivare davanti a casa di Adam. Aveva come sempre le sue solite cuffie nelle orecchie. Si avvicinò all'entrata con estrema sicurezza, la quale sparì un attimo dopo, dato che la macchina di Adam non era parcheggiata e quindi sarebbe stato inutile bussare.

Continuò a camminare tranquilla fino all'arrivo a scuola, dove si sentì parecchio sola visto che era sempre stata accompagnata da Douglas ed Adam.

Passò con disinvoltura fra i corridoi finché davanti a sé riuscì ad intravedere tra la folla Douglas.

I loro occhi si incontrarono ed il ragazzo corse da lei abbracciandola in mezzo a tutte quelle persone, che non facevano altro che guardarli straniti. Cosa c'è di male in un abbraccio? Mya non lo capiva proprio. Adesso c'era Doug a farle compagnia , e nulla sarebbe andato per il verso sbagliato.

''Scusa se non ti ho chiamato.'' si accusò Mya.

''Scusami tu, avrei dovuto venire ed esserci…!Sono stato un codard-'' non finì la frase essendo che Mya l'aveva bloccato appoggiando l'indice sulle sue labbra. Il contatto aveva scosso entrambi, ma non lo diedero a vedere. Mya gli sorrise per rassicurarlo e lui la assecondò.

''Abbiamo commesso tutti e due uno sbaglio. Non preoccuparti.''

''E per l'altra sera?''

''Ne parleremo poi, ora siamo in ritardo.''

Si presero per mano e seguirono i loro compagni nell'aula di chimica.

Le sei ore del lunedì passarono in fretta anche se nel più noioso dei modi, e la fame anticipava ogni volta il loro orario. I loro stomaci brontolavano già l'ora prima di scendere nel refettorio.

Quando finalmente la campanella squillò segnalando il termine delle lezioni, una massa di studenti accumulati alle porte, invase l'istituto.

Dopo essersi riempiti i vassoi di cibo come due maiali, si avviarono verso il loro solito tavolo. In un secondo Jackson si pone dinnanzi ad esso e cerca di bloccare i due ragazzi, sorprendendoli con un ghigno riluttante.

''E voi vorreste sedervi qui?''

Mya lo guardò stranita e fece capire a Doug che tutto quello non era opera sua.

Jackson prese sotto braccio la sorella, e Douglas li seguì fino al tavolo, dove Jackson ed i suoi compagni stavano pranzando, fra i quali vi erano due sedie ancora vuote.

Mya capì e diede un bacio sulla guancia al fratello ringraziandolo, e tranquillizzando Douglas, lo convinse a sedersi.

Mya si sedette fra i due; a capotavola vicino a Jackson c'era Scott, il classico presuntuoso più popolare della scuola. Era il celebre capitano della squadra scolastica di Lacrosse, nonché fidanzato di Lydia, la sua copia al femminile; quest’ultima aveva dei lunghi capelli mossi e ramati, labbra carnose, risaltate da rossetti di varie tonalità accese, che molto spesso adoperava. I suoi occhi erano struccati, ma amplificati da una pesante passata di mascara, vestiti costosi e aria da saputella. Era la pluricanditata al futuro titolo di miglior studentessa dell'istituto, al fine di ricevere la borsa di studio, che era in palio. Non che ne avesse bisogno, tra l'altro. Voleva semplicemente ottenerla per un suo scopo personale e per scatenare l’invidia degli altri studenti nei propri confronti. Inoltre, era dotata di uno spiccato e stuzzicante senso dell'umorismo. L'aveva lasciato intendere dalla risposta data a Jackson quando Scott l'aveva chiamato ''Jake.''

Loro non potevano immaginare che quel soprannome lo turbasse tanto, facendogli ricordare Alan, suo padre. Mya però ne era al corrente, ovviamente, e non poté non abbassare gli occhi quando quel nome venne pronunciato.

Jackson ebbe una reazione totalmente diversa da quella che la sorella si aspettava, dopo essersi abituata al Jackson spento e taciturno, data mancanza di una figura paterna, ed ora che l'aveva visto aveva capito quanto fossero stati realmente forti, anche senza esserci davvero l'uno affianco all'altra.

''Sentite, o mi chiamate Jack o niente!'' ed ecco che dopo questo stupido gioco di parole, Lydia riuscì ad esprimere la sua simpatica saccenza, rispondendo: ''Allora diamo il benvenuto al nostro nuovo compagno: Niente.''

Tutti risero, ed anche se a lei e a Doug la battuta non sembrava granché, non se ne preoccuparono perché se lei era lì intorno a quel tavolo con Jackson, Mya era tranquilla. Cosi si lasciò andare sotto gli occhi incuriositi dell'amico, in quanto non credeva potesse sentire la sua amica ridere ad una battuta cosi banale. Nonostante ciò, si sentì più a suo agio.

Di fianco a Lydia e di fronte a Mya c'era Allison, una ragazza molto più timida della sua amica, capelli lunghi e lisci color mogano, labbra fini con due piccole fossette ed occhi espressivi che si posavano alla perfezione sul suo viso dai tratti dolci.

Sorrideva alle battute dal gruppo, ma parlava solamente con Lydia alla quale era più affezionata. Delle volte, Mya le osservava e ne rimaneva stupita. La differenza fra le due era notevole, ed era evidente a chilometri di distanza, eppure erano ad ogni modo così legate fra di loro.

Sentiva Douglas ridere e non riusciva ad ammettere a sé stessa che un po' la infastidiva, ma dopotutto le faceva anche piacere. Quando il ragazzo se ne accorse, le strinse la mano sotto al tavolo.

Come ultimo dei membri del gruppo, a capotavola dal lato opposto di Scott, c'era Dannison, anch'egli un tipo piuttosto silenzioso, ma tutti lo giustificavano dicendo che era ''una persona alla quale piace ascoltare.''

Come Allison, non aveva parlato molto se non con Scott e dando qualche occhiata di tanto in tanto a Douglas, ma questi e l'amica fortunatamente non se n'erano accorti, gli altri invece non ci facevano nemmeno più caso.

Mya era contenta di essere lì, aveva Douglas che stringendole la mano la incoraggiava ad essere sé stessa. Dall’altra invece, c’era Jackson, che le permetteva di sentirsi al posto giusto. L'unica cosa che mancava, o meglio, l’unica persona che mancava, era...

''Adam!'' esclamò ad alta voce Douglas, voltandosi verso la cupa figura dell'amico, appena entrato nella sala mensa.

Il ragazzo sconosciuto al resto del gruppo se ne stava impalato con un'aria confusa davanti a quel gruppo di persone fra le quali non si sarebbe mai aspettato di vedere Mya e Douglas.

Mya si alzò lasciando la mano di Douglas, mentre quest’ultimo la seguì con più calma.

Adam non si mosse di un millimetro.

Mya capì che qualcosa non andava e rallentò, andandogli incontro con più tranquillità. Quando fu a mezzo metro da lui, si curvò leggermente per guardarlo in faccia, visto che manteneva la testa china; era fradicio e gocciolava acqua ovunque, sembrava fosse appena uscito da una tempesta, ma forse non si trattava di una tempesta meteorologica, ma di una di quelle che si scatenano a volte dentro noi stessi. Mya lo aveva notato, e nonostante ciò, non aveva paura ad introdursi al suo interno per salvarlo, perché quando si trattava di lui, niente le faceva paura. Mya però, sempre più intimorita dal suo comportamento, si avvicinò ancora un po' esitante e, prima che lui potesse iniziare a parlare, gli scostò la ciocca di capelli che gli ricopriva il viso. Adam le prese la mano, combattuto con sé stesso per quello che avrebbe voluto fare: avrebbe voluto spingerla via da sé per evitare di farsi toccare dalle sue mani, che credeva amiche fino a qualche minuto fa. Alla fine prevalse il suo buon senso e decise solamente di scostarla leggermente, per non farle tanto male.

Nonostante ciò, la ragazza,anche se ormai leggermente rattristita dall'azione dell'amico, rimase comunque intenta ad aiutarlo. Si avvicinò nuovamente recuperando le distanze che si erano create tra di loro, per poi imporsi al ragazzo e dirgli con leggero timore: ''Qual è il tuo problema?! Cos'ho fatto per meritarmi questo?''


 

Douglas si alzò di scatto, cercando di aiutare la povera Mya. Quest’ultima non aveva bisogno di alcun aiuto, voleva risolvere quella questione da sola e glielo fece capire scostandolo da sé. Intanto, sotto l'attenzione di mezza scuola, Adam era rimasto lì al centro della sala, con gli occhi puntati in un punto preciso dinnanzi a sé. Avrebbe fissato qualsiasi cosa a patto che non fossero gli occhi di Mya, anche se essi erano uno dei suoi pochi punti di riferimento, particolarmente in quel periodo.

''Adam, che cazzo c'è?!'' Mya si stava alterando come l'ultima volta.

Adam, fra l'infuriato ed il deluso, alzò lo sguardo e con tutta la forza che aveva la sfidò con i suoi occhi, quasi volesserlo sbranarla. Dopo di ché le urlò: ''Che cazzo ho fatto io?! Non ti sei fottutamente fatta sentire per un'intera settimana quando sapevi quanto mi costasse mettermi contro Douglas per proteggerti, e mi chiedi davvero che cazzo ho?! Ti ho cercato per tutta la scuola mentre tu eri col tuo caro Douglas McCall e con i tuoi nuovi amichetti ad ignorarmi! Scusa se mi sento indesiderato ed inutile dopo quello che ho fatto, mi sento rimpiazzato e tu mi hai anche baciato, io cosa devo pensare? Che cosa dovrebbe significare tutto questo?!''

Douglas, che subito fu attirato dall'espressione scioccata di Mya, sbiancò mentre la voce di Adam si placava dopo la sua sbottata. Adam spostò il suo sguardo sul volto del ragazzo sbigottito che fissava la scena quasi incredulo. Adam allora continuò sapendo di aver colto nel segno anche se combatteva al contempo coi sensi di colpa.

''Sì amico, è così, l'ho baciata ed indovina? Lei ha pure ricambiato!'' sembrava uno schizofrenico. ''Perché vi siete comportati così? Io.. S-sono io che non lo merito!''

La faccia di Adam era un misto di disperazione e sensi di colpa, aveva la voce rotta e gli occhi umidi. Si era avvicinato pericolosamente a Mya con un fare da pazzo e quando la bidella urlò facendo spaventare tutti gli studenti, il ragazzo si voltò verso la porta, ancora spalancata, e singhiozzando corse fuori, percorrendo l’intera mensa.

Mya rimase ferma a seguire la scia di gelo che aveva lasciato il ragazzo. L'aveva vista anche nei suoi occhi che da un limpido oceano si erano pian piano congelati fino a diventare degli enormi massi di ghiaccio sotto il sole rovente. Intanto però, nei meandri della sua anima, udì qualcosa, quasi fosse vetro, un qualcosa che al tocco col suolo, si era sbriciolato. Quelli erano i pezzi della porzione di cuore che Adam le aveva concesso di possedere, e che ora non c'era più. Era un rumore assordante, tanto da far si che ella si inginocchiasse, fino a rimanere ferma in mezzo agli sguardi sconvolti ed alle critiche della gente che erano rimaste li, ad osservare lo spettacolo, quasi fosse un film. Lei non sentiva altro che il suono dei cocci che continuavano a schiantarsi sul suolo; tentava invano di raccoglierli per poterli conservare e poi riassemblare, lo avrebbe fatto se non fosse stata immobilizzata dalle parole di Adam e dalla sua voce così affranta e delusa, la stessa delusione che ora vigeva su di lei, che non le permetteva di vedere e sentire la pace, come se la tempesta del ragazzo, così sicura di poterla sconfiggere, l'avesse travolta in un turbine infinito, come una nuova punizione in un nuovo cerchio dell'Inferno inventata per lei apposta da Satana in persona.

Mya deglutì, non sapeva cosa pensare dopo quella risposta.

Douglas intanto si era ripreso dall’accaduto e senza pensarci due volte, corse a stringere il corpo esile di Mya. Un attimo dopo e lo stesso ragazzo si era distaccato dal corpo di lei, che a passi svelti si dirigeva sulla stessa strada percorsa da Adam.

Prenditi cura di Mya.” Urlò il ragazzo.

Non aveva pronunciato nessun nome, ma era chiaro che quel messaggio fosse rivolto al fratello della ragazza.

Fu tutto ciò che Mya riuscì infine a sentire.

Douglas stava correndo, ma non sapeva dove andare. Non era stupido, sapeva che avrebbe dovuto innanzitutto cercare in quel posto, ma conoscendo Adam gli sembrava una tale banalità che rinunciò subito a quel pensiero. Continuò a correre verso la collina dei picnic, non sapendo che meta dover scegliere.

Mya era come in uno stato di trance momentanea, ma la presenza della bidella che era rimasta ancora li, vicino alla soglia della porta, la preoccupava. Non voleva recarsi in infermeria, le avrebbe impedito di potersi andare da li. Cosi si fece forza e si rialzò, ma un forte rumore la portò a voltarsi alle sue spalle. Si girò di scatto e vide Jackson a terra che provava a trattenere la bidella. Allora capì, e iniziò a correre più veloce che poteva. Usci dall’edificio scolastico, dirigendoci senza nessun ripensamento, all’unico posto dove Adam avrebbe potuto rifugiarsi in un momento del genere. Mya ebbe lo stesso dubbio di Douglas: non credeva potesse scegliere un luogo così banale dove stare da solo, poiché molto probabilmente sarebbe stato il posto più probabile dove lo si poteva raggiungere. Eppure lei aveva un forte presentimento che fosse proprio li, quasi ci fosse andato di proposito per farsi appunto trovare da qualcuno.

Non vedendo Douglas su quella stessa strada, pensò che avesse avuto la sua stessa opinione ma di essere arrivato ad una diversa conclusione.

Decise di percorrere la strada imboscata fra gli alberi, in un punto preciso che solo loro tre conoscevano.

Rallentò alla vista di una sagoma fra gli alberi e come sospettava lo trovò lì, voltato di spalle mentre col fiatone, si accendeva una sigaretta. Odiava quel suo comportamento.

''Adam!''

Si voltò lentamente, aspettandosi il suo arrivo e alzando gli occhi al cielo fece un tiro, e parlò: ''Sapevo che ci saresti arrivata.'' e detto ciò fece uscire il fumo che aveva trattenuto dalle narici.

''Che cazzo stai facendo?!'' come una furia Mya provò con tutta sé stessa a levargli quella maledetta sigaretta di bocca, ma Adam era troppo alto per lei.

''Ah ah, non toccare.” Le rispose con aria quasi da presuntuoso.

''Sarei arrivata a cosa?'' gli rispose con rabbia.

''Che sarei venuto qui. E se Douglas non è con te, è perché immaginava che venire qui per me, normalmente, sarebbe stato troppo banale.''

''E' logico.'' disse lei, compiaciuta di sé stessa per averlo davvero capito. ''Se tutti pensano che questo è l'ultimo posto dove poterti trovare, sarà anche l'ultimo in cui ti cercheranno.''

''Sei sveglia, per questo mi piaci.'' rispose lui con tutta calma, facendo un altro tiro di fronte all'aspetto irritato di lei.

''Ti-ti piaccio?''

''No.'' rinvigorì lui in modo freddo e distaccato, la situazione non sembrava nemmeno riguardarlo, figuriamoci sfiorarlo.

Mya non sapeva né cosa dire né cosa pensare.

''Allora perché mi hai baciata?!''

''Non lo so.''

Si stava atteggiando da stronzo e a Mya parve tutto cosi strano.

''Cazzo Adam, finiscila! Cosa ti ho fatto di male?!''

Adam fece l'ennesimo tiro ed espirò tutto il fumo appena esalato, per poi rispondere con tono aggressivo, ma deciso.

''Te l'ho detto, io mi son fatto prendere a botte dal mio migliore amico per difenderti e tu non ti sei fatta sentire per una settimana, né a scuola né per messaggio, e quando sei tornata non ti sei nemmeno presa l'impegno di venirmi a cercare. Si sa che tu e Doug siete avete un legame più saldo, ma non pensavo fino a questo punto, tanto da arrivare ad escludermi. Credevo fossimo un trio.''

''E lo siamo. Non ti ho chiamato così come non ho chiamato lui, così come non ho cercato lui! Non avevo intenzione di contattare nessuno né di parlarvi, mi vergognavo troppo… E scusa se sono stata troppo alle prese nel recuperare i rapporti con mio fratello, cazzo!'' Mya era già in lacrime mentre tentava di spiegare il reale susseguirsi della faccenda.

Lui rispose in modo arrogante ed ironico, e questo fece rimanere di pietra la ragazza per ogni parola pronunciata.

''Scusa se ero troppo impegnato a preoccuparmi di cosa avessi fatto di sbagliato, e di quanto io non sapevo cosa stesse succedendo visto che nemmeno Douglas mi rispondeva, visto che tua mamma mi ripeteva che eri a letto ammalata, e che eri troppo stanca per sentire qualcuno. E scusa se avevo paura di ciò che Douglas avrebbe pensato di me, dato il bacio-''

Le sue parole si erano dissolte nell’aria tutto d’un tratto. Rimase scioccato dalla frase appena pronunciata e si tappò la bocca, dopo di che appoggiò ancora le labbra sulla sigaretta ormai diventata minuscola e tirò per l'ultima volta, prima di gettare ciò che ne rimaneva a terra. Sospirò e decise di continuare la frase, passandosi la mano sui capelli in modo isterico.

''.. Perché sono ancora qui, perché?!'' Adam calciò una pietra scagliandola lontano.

''Adam..''

Il ragazzo non rispose, ignorandola e sfregandosi il viso con le mani .

''Adam!''

''Dimmi, cosa! Cosa c'è!''

''Perché Douglas era così colpito dal bacio?''

Adam sussultò ed inizio ad avere qualche sospetto, che lei ricordasse.

''Che? Che cosa, no no no, che cosa stai dicendo, non hai visto, tu non puoi averlo visto!'' il ragazzo stava dando di matto cominciando il pianto che aveva interrotto in mensa.

Mya abbassò il viso e guardò il terreno stracolmo di erbacce, piangendo a sua volta.

''Perché gliel'hai detto? Perché ne era così sorpreso?''

''Io non volevo, scusa, perdonami..'' si inginocchiò sentendosi stupido ed immensamente ridicolo provando ad accarezzarla, ma lei lo spinse facendolo cadere a terra intimorito dalla sua forza che non si aspettava.

''Perché ha reagito in quel modo!?''

''Perché non se l'aspettava...'' Adam stava ovviando e a Mya era evidente oltre che irritante.

''Dimmi perché diamine ha reagito così! Sembrava fottutamente distrutto, quasi come se..-''

''Come se provasse qualcosa per te, Mya! Gli piaci, okay?! L'ho detto perché non pensavo vi sareste trovati allo stesso tavolo insieme se glielo avessi raccontato prima tu, e perciò ho immaginato non l'avessi fatto, ed infatti è stato così!''

Mya era sconvolta ed arrabbiata ed il suo viso veniva rigato da lacrime amare, di rabbia e nervosismo mentre urlava contro Adam.

''Come cazzo hai potuto farlo?! Lo sapevi della promessa, lo sapevi ed hai agito da codardo!''

''Hai ricambiato, okay? Hai ricambiato, cazzo! Io non ho mai baciato nessuno, Mya! Non so cosa mi sia preso, io.. Io non lo so!''

Adam era a terra piegato su sé stesso ormai nel bel mezzo di un pianto per tutti i suoi sbagli e proprio per questo sapeva non sarebbe finito troppo in fretta. Pronto a trattenere il dolore delle parole e delle mani di Mya che sembravano seriamente intenzionate a picchiarlo, sapeva non gli avrebbero fatto tutto quel male, ma il solo gesto lo avrebbe distrutto.
Ripensava alle parole e capì che qualcosa non quadrava.

''Ma, aspetta.. Tu come fai a sapere-''

Mya lo guardò e si buttò a terra di fianco a lui così la prese fra le braccia approfittando del momento, baciandole la testa e stringendola forte.

Piansero insieme, ma Mya si staccò presto dicendogli fra i singhiozzi e la distruzione in corpo: ''Adam, lui non ha fatto nulla.. Se vuoi incolpare qualcuno, incolpa me, ma lui tiene davvero tanto a te. Merita più lui di essere tuo amico che io, perciò perdonalo. Mi dispiace di essere un problema, però per favore, rimediate.. Io non sarò più d'intralcio.''

Mya si alzò e sfuggendo dalla presa delle braccia del suo amico corse via, scappando, una cosa che avrebbe dovuto essere semplice per lei dato che fuggeva da sua madre e da suo fratello ogni giorno, ma in quel momento le sembrava di non sapere cosa stava facendo e le pareva una sensazione nuova benché fosse una delle poche che meglio conosceva. Mentre Adam sussurrava fra sé che non era uno sbaglio, che le voleva bene e che avrebbe rimediato, era troppo tardi per tentare di inseguirla, Mya non poteva già più sentirlo, ma anche se fosse stata di fianco a lui, sarebbe stata di nuovo assordata.

I cocci che gli aveva riportato erano frammentati attorno ad Adam, ormai troppo devastati per poter esser rimessi assieme. Era davvero andato tutto in fumo?

Adam continuò a piangere, pensando a come stava Douglas.

Douglas continuò a piangere, pensando a come stava Mya.

Mya continuò a piangere, pensando a come stava Adam.

Entrambi si sciolsero come il ferro fuso, e in quel momento pensarono veramente che nulla nell'intero universo li avrebbe mai più rimessi insieme.
 

''Sognate in grande, non c'è altro da fare. Per quanto ne sappiamo, ci è concessa una sola occasione, quindi abbandonate le vostre paure e vivete i vostri sogni.''

(Marylin Monroe, quotes)


 



Salve a tutti gente!
Finalmente il secondo capitolo. Purtroppo non posso aggiornare regolarmente per via della scuola e diversi impegni personali, ma cercherò di fare sempre il prima possibile!
Detto questo, vi devo avvertire di una piccola cosa che ho sempre avuto in mente e che non posso tralasciare: Scott e Jackson sono invertiti. Nel senso che, il nome di Scott è associato a Jackson e viceversa, non so perché ma nella mia testa è così e non riesco a vederla diversamente!
Spero che vi piaccia, sono molto entusiasta e sto mettendo tutta me stessa per proseguire.
Se volete lasciarmi dei consgli o qualsiasi altra cosa son sempre disponibile (e contentissima) di rispondervi e leggere i vostri apprezzamenti e soprattutto le vostre critiche.
Quindi, alla prossima piccoli e grandi lettori!


obf, Slendye.

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Capitolo 4
*** Chapter Three ⁓ Not Alone ***




''Baby, you're not alone
'cause you're here with me.
And nothing's gonna
bring us down 
'cause nothing can
keep me from lovin' you,
and you know it's true.
It don't matter what 'll come to be:
our love is all we need
yo make it through.''


Chapter Three 
⁓ Not Alone
 

Mya stava tornando a casa correndo come l'ultima volta, stava piangendo e tratteneva a fatica i singhiozzi. Vedeva le persone in lontananza avvicinarsi, le ombre fra la nebbia le sembravano demoni che volevano portarla via, e mentre si imponeva di smetterla di piagnucolare, pensava che probabilmente non avrebbe fatto nulla per impedirlo. Si guardava la punta dei piedi scalciando dei piccoli ciottoli, nascondeva il viso nella sua enorme sciarpa vecchia di anni e lasciava che le ombre la superassero come fosse un fantasma. Si sentiva tremendamente sola e ad ogni problema che la sua mente le proponeva l'unica risposta che riusciva a trovare era di andare a parlarne con Douglas, ma ora non poteva, e forse non avrebbe mai più potuto. Era troppo drastica? Stava sbagliando? Una voce le rimbombava nella testa e le diceva chiaramente che tutto quello era sbagliato.

Non c'era nessuna regola che impediva a loro di innamorarsi di qualcuno, ma la sua paura era fondata. Dopo quella notte, se l'erano promesso silenziosamente.


 

*Era una serata speciale, si festeggiava il terzo anniversario della conoscenza dei tre ragazzi. Avevano organizzato una sorta di party alla casa sull'albero in piena notte e gli alcolici non mancarono. Si fumarono anche qualche spinello, nelle occasioni insolite si permettevano questi piccoli sgarri. Si erano raccomandati fra loro di mantenere il controllo, ma questo buon proposito andò a farsi fottere per Mya e Douglas. Adam a quel punto decise di fare la persona responsabile tentando di non farsi coinvolgere per intervenire nel caso ci fossero stati problemi; non credeva sarebbe successo nulla di grave, ma i guai in realtà non tardarono ad arrivare: Douglas e Mya iniziarono ad insistere per fare il gioco della bottiglia ed il loro metodo che usarono per convincerlo non era dei migliori.

Credendo di riuscire a mantenerli più calmi possibile, iniziarono a far girare una bottiglia di vetro di una birba di sottomarca. Per evitare che Adam abbandonasse subito il loro cerchio cominciarono con penitenze semplici, confessioni di poco conto delle quali tutti conoscevano i segreti ma sotto effetto dell'alcool e del fumo ridevano come se per le loro orecchie fossero cose mai sentite. Finché il fantastico trucco non svanì a causa di una verità che sibilò Douglas al suo turno e di cui nessuno sapeva l'esistenza.

''A me piace Maya.''

Inizialmente lei sorrise, Adam la guardò confuso. Davvero i suoi pensieri erano talmente annebbiati da non capire ciò che il ragazzo aveva appena sussurrato?

No, effettivamente era l'esatto contrario.

Il sorriso sul viso di Mya pian piano scomparve e la sua espressione gioiosa si tramutò in terrore. Mya scappò.*


 

Ripensando a quel momento sembrava quasi un'abitudine. Un po' si vergognava di questa cosa, non le piaceva correr via dalle cose, anche se nessuno l'avrebbe mai detto di una ragazza come lei. La cosa la rattristò e non poté non farsi sfuggire una piccola lacrima. Continuò a camminare verso un luogo sconosciuto e tornò a pensare a quella notte.


 

*Adam la rincorse come ogni volta, dicendo a Doug di non muoversi, non sarebbe riuscito a seguirla a lungo. Si alzò e la la inseguì, benché fosse più veloce non era totalmente immune all'ebrezza della droga. Quando la raggiunse era seduta su un tronco a piangere.*

Le sembrava che ogni cosa si stesse ripetendo.

''Stupido, maledetto tronco.'' si lasciò scappare dalle labbra screpolate dalle quali fuoriuscì una nuvoletta di fumo dovuta dal gelo di quella giornata.

*Adam provò ad avvicinarsi ma lei lo colse alla sprovvista sbraitandogli contro.

''Perché quel testa di cazzo ha dovuto rovinare tutto? Era una bella serata! Era una bella amicizia! Io non sono in grado di sostenere una cosa del genere, non doveva.. Lui, non avrebbe dovuto...'' le guance si rigavano sempre di più di mascara nero come il cielo di quella nottata senza stelle.

''Perché proprio io? Io non voglio!''

Si abbandonò alle braccia di Adam piangendo a dirotto.

La strinse e cercò di convincerla che non era successo nulla e che stava solamente parlando in base a ciò che l'alcool gli metteva in testa. Quello che capitò tornati all'albero non fu di certo una bella dimostrazione della sincerità delle parole di Adam. Tornando a ridere ed a scherzare, Douglas decise di salire in casa.

'Dopo qualche manciata di secondi urlò: -'Hey Maya, vieni a vedere che ho trovato!''-

La ragazza salì senza pensarci. La sua mente era occupata da tutt'altro che da ciò che aveva in testa l'amico.

Adam non ci fece caso più di tanto e le diede una pacca d'incoraggiamento sorridendole amorevolmente. Lei ricambiò spassionatamente ma non rifiutò l'invito di Doug.

Non l'avesse mai fatto.

C'erano candele ovunque, petali di svariati colori. Douglas le parlò non appena la vide abbassare la testa alle sue spalle.

''Avevi detto che le rose erano troppo banali, ma le candele sono pur sempre un tocco di classe.'' ridacchiò sorseggiando un liquore fortissimo data la faccia che fece subito dopo aver svuotato il bicchiere, poi si sedette per terra sul lettino fatto di petali mentre si accendeva una sigaretta al gusto di vaniglia.

''Cosa diamine stai facen-''

Douglas si avvicino immediatamente alla ragazza, dopo aver fatto un tiro, e fece per farle abbassare la voce trattenendo il fumo fra le guance.

''Douglas, devi finirla!''

Mya si stava per voltare ma non riusciva a staccare gli occhi dal petto dell'amico che in qualche modo le faceva venire voglia di togliersi la maglia e si stringersi forte a lui.

Nel frattempo la confusione la inghiottiva, Doug la prese dietro la nuca intrecciando le dita ai capelli morbidi e profumati di lei, baciandola.

Era immobilizzata e sentiva il fumo al gusto di vaniglia fra le loro labbra, così lo inspirò e fece ciò che sentiva: si fece trasportare sul corpo di lui e si sfilò la maglia appoggiandosi con delicatezza al petto scoperto e caldo che aveva davanti.

Probabilmente se non ci fosse il caro, ed ancora abbastanza sobrio Adam, loro due avrebbero fatto sesso.

In quale altro modo poteva chiamarlo?

Erano ubriachi, strafatti, non si sarebbero ricordati nemmeno i loro nomi se Adam li avesse chiamati. Non si sarebbero potuti raccontare quell'emozione, non avrebbero sentito nulla.

Quello non poteva non essere sesso, ma l'amore fra di loro beh, quello non mancava di certo.

Così si fecero una promessa davanti ad Adam, che dopo a quella sera non avrebbero più dovuto andare in rapporti più profondi della buona amicizia.

Entrambi piangevano.

Douglas non piangeva quasi mai. Almeno voleva dire che ci teneva e che non sarebbe stato difficile solo per Mya e questo la rassicurò un po'.


 

Sempre quella nottata, mentre lei era indaffarata a rimettere a posto le loro cose per andare a casa di Adam a dormire, sentì i due ragazzi discutere sottovoce.

''Hai visto cos'hai combinato?''

''Adam, io non volevo... Non so che mi sia preso.''

''Non è colpa tua, ma ora non avrai più la tua occasione.''

''Magari nemmeno me ne ricorderò domani. Forse già fra qualche ora.''

''Devi darle tempo... Se se ne ricorderà, sai che dovrai scartare questa opportunità, non è vero?''

''lo so bene Adam, non ripetermelo per favore!''

''Okay, hai ragione, mi spiace.''

''Non so cosa fare, io... Io sono stato stupido, come potevo credere che potesse farcela? Dopo tutto quel che ha passato non me ne sorprendo, dopotutto...''


 

Li stava spiando e vide Douglas crollare fra le braccia di Adam.*


 

Mya si fermò vicino ad una roccia e estrasse dalla tasca interna del suo giubbotto il pacchetto di sigarette alla vaniglia che aveva rubato a Douglas quella sera dicendogli che le aveva regalate a qualcun altro. Sapeva fosse la cosa giusta, così non le disse nulla.

Prese l'accendino dentro al pacchetto e sentì un profumo delicato con un retrogusto più forte provenire dalla piccola scatoletta.

Appoggiò la sigaretta nera fra le labbra e l'accese con un po' di timore, non l'aveva mai fatto da sola, senza di loro.

Non era nemmeno tanto lontana sia da casa, dal bosco che dalla scuola ma non le importava.

Si riscaldò nel suo enorme giaccone ed espirò profondamente.


 

*La mattina seguente, quando Mya scese a fare colazione insieme ai due amici ed entrando in cucina sentì un'aria strana. Era in quel momento che tolse le sigarette dal cappotto di Douglas nascondendole nel proprio senza mai toccarle. Fino alla litigata con Adam.

I due avevano un comportamento strano nei suoi confronti.

''Si può sapere cosa avete da essere così seri?''

In un primo momento pensò di non essere stata troppo discreta nel rubare le sigarette, ma la smentirono presto.

''Come stai? Ti sei divertita ieri?''

Capì subito. Non sapeva cosa rispondere. Voleva evitare qualsiasi conseguenza negativa nel rapporto che aveva con Douglas, ma lasciò prevalere l'impulso e rispose: -''Immagino di sì...''- fece spallucce sorridendo.

I due si guardarono straniti.

''Cosa vuoi dire con 'immagino di sì'?''

''Beh, non mi ricordo molto.''

Contenti si avvicinarono con troppo entusiasmo.

''Dici sul serio?!''

Mya non sapeva cosa rispondere, era stranamente triste ma non poteva darlo a vedere o la farsa non sarebbe durata a lungo.

''Perché siete così sorpresi? Non è di certo la prima volta che non ricordo... Qualcosa.''

In quel momento poteva lasciarsi andare e la tristezza divampò.

I due si avvicinarono trattenendo la contentezza e l'abbracciarono.

''Non preoccuparti, è andato tutto bene. Ci siamo divertiti un sacco, non è così, Adam?'' il ragazzo guardò l'amico per un secondo per poi annuire facendo un occhiolino a Mya.*

Si sentiva tremendamente sola. Non poteva essere altrimenti. Aveva smesso di aprirsi totalmente coi suoi migliori amici dopo quel che era accaduto. Adam aveva iniziato da quel momento a fumare e dopo quella confessione da parte di Douglas si sentiva tradita da entrambi, però non sarebbe riuscita ad abbandonarli. Nessuno si salva da solo.

Fu in quel momento che i problemi non avrebbero più avuto fine. Tutt'ora, non avevano smesso di tormentarla. 

 

Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Non abbiate mai paura di uno scontro, anche quando due pianeti collidono, dal caos nasce una stella!

(Charlie Chaplin, quotes)



 


Salve gentaglia!
Scusate l'eccessivo ritardo nella pubblicazione di questo capitolo, ma fra scuola, impegni, questo e l'altro avevo il tempo di scrivere giusto i 5 minuti che mi trovavo libera ed in tutto questo c'entravano anche la poca ''eccitazione'' nel continuare la storia quindi ho preferito uscire anhe un po'. Son contenta che la voglia sia tornata, anche se l'ispirazione è sempre presa da fatti negativi ma più avanti capirete il perché!
L'inizio potrà sembrare un po' noioso ma tutte le strade portano a Roma, perciò spero continuiate a percorrere con me questa importante via verso il mio obbiettivo perché siete voi la mia soddisfazione! Cercherò di riprendermi coi prossimi capitoli e presto arriverà il pezzo forte.

Mi scuso ancora e vi ringrazio ulteriormente perché se non fosse per i giovani lettori come voi (e menomale che ci siete), questa storia non avrebbe senso continuarla.
Perciò alla prossima! 

obf, Slendye.


 

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