Uomini... giocattoli degli dei?

di Fakir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Pegasus Seiya ***
Capitolo 3: *** Seiya e Miho ***
Capitolo 4: *** Seiya e Shun ***
Capitolo 5: *** Sairi Kido, Athena ***
Capitolo 6: *** Hyoga e Jacob ***
Capitolo 7: *** Hyoga e lo sconosciuto ***
Capitolo 8: *** Lo sconosciuto e Hyoga ***
Capitolo 9: *** Hyoga e Shun ***
Capitolo 10: *** Hyoga e Camus ***
Capitolo 11: *** Shunrei e il Saint misterioso ***
Capitolo 12: *** Shiryu e Shura ***
Capitolo 13: *** Shaina e Jabu ***
Capitolo 14: *** Seiya e Saori ***
Capitolo 15: *** Athena e Saga ***
Capitolo 16: *** Deus ex machina ***
Capitolo 17: *** Aioria e Milo ***
Capitolo 18: *** Pegasus Seiya ***
Capitolo 19: *** Seiya e Miho ***
Capitolo 20: *** Gemini Saga ***
Capitolo 21: *** Erii e Miho ***
Capitolo 22: *** Pegasus Seiya ***
Capitolo 23: *** Seiya e Ikki ***
Capitolo 24: *** Ikki e Seiya ***
Capitolo 25: *** Andromeda Shun ***
Capitolo 26: *** Athena-Saori Kido ***
Capitolo 27: *** Capricorn Shura ***
Capitolo 28: *** Shaina e June ***
Capitolo 29: *** Lady Pandora ***
Capitolo 30: *** Scorpio Milo ***
Capitolo 31: *** Ofiuco Shaina ***
Capitolo 32: *** Shaina e Seiya ***
Capitolo 33: *** Luxuria ***
Capitolo 34: *** Vitium ***
Capitolo 35: *** Gen-Ma-Ken ***
Capitolo 36: *** Castitas ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Le verdi distese arcadiche erano inondate dall'oro delle artemisie e dal loro dolce profumo, il sole splendeva caldo nel cielo blu e una tiepida brezza faceva cantare le foglie degli ulivi.

La “luce dei miei occhi”, il mio amato sedeva su di una roccia tra i cespugli con il volto abbassato, ombreggiato dai morbidi riccioli d'oro.

Mi avvicinai a lui e lo sentii rabbrividire quando con la mia mano fresca gli sfiorai la pelle ardente. Levò il volto di fanciullo si di me, nei suoi occhi, che avevano lo stesso colore azzurro dei sogni, brillavano le lacrime...

 

“Devo andare” sussurrò,”sono troppi giorni che sopporto la pena straziante di queste anime … non ho che tre frecce al mio arco ma...”

 

“No!” risposi “aspetta lo sai che non puoi farlo!”

 

“Non posso evitarlo Psiche ...” rispose spiegando le candide ali e librandosi libero nel cielo.

 

“Che cosa posso fare?” pensai

Sapevo che per ora non potevo fare nulla così rimasi li, avvolta dal vento che portava con se il dolce profumo delle artemisie mentre egli scompariva tra le nuvole.

Non si sarebbe fermato finchè non fosse riuscito a rendere la libertà a quelle anime afflitte, attraversando anche il confine dell'Universo.

 

Lui è così, imprevedibile come un fulmine a ciel sereno, le sue frecce sono il più dolce dolore che può trafiggere un'anima, e nessuno nè uomini nè Dei potranno mai fermare la sua mano.

E' così... un suo sospiro, un suo sorriso, una sua lacrima e anche l'ordine cosmico né sarebbe sconvolto.

Lui è cosi, libero e ardente come il fuoco!

Lui è... Amore.

 

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Capitolo 2
*** Pegasus Seiya ***


Il sole del tramonto inondava di luce dorata la cucina del mio appartamento, mi affacciai a contemplare il mare che scintillava oltre la darsena che era un paesaggio meraviglioso.

Rimasi alla finestra per parecchi minuti finché la sveglia che avevo sul tavolo non mi ridestò da quel momento d'incanto con il suo BEEEP!

 

“Oh no!”

 

Anche questa volta avevo dimenticato l'appuntamento con Miho e nonostante avessi messo la sveglia per ricordarmelo, sarei stato in ritardo ancora una volta.

“Mi ucciderà!” pensai mentre mi rassettavo i capelli alla meglio e tentavo di lisciarmi la maglietta stropicciata. Avrei potuto fare di meglio ma purtroppo il tempo non giocava a mio favore quindi lasciai perdere e uscii di corsa chiudendomi la porta alle spalle.

 

Percorsi la strada per il porto sempre correndo ed arrivai in prossimità della spiaggia piuttosto trafelato, Miho era già li e mi aspettava con la schiena appoggiata ad un lampione.

Lei si era vestita bene per l'occasione indossando una graziosa camicetta di mussola bianca, leggerissima e dei semplici jeans color fragola mentre i capelli erano raccolti nelle immancabili code basse sulle spalle e brillavano lucidi alla luce del sole che scompariva dietro l'orizzonte.

Mi sentivo un po' in colpa per quel clamoroso ritardo ma era più forte di me, per quanto mi sforzassi, e ci stavo mettendo tutta la mia buona volontà per farle piacere, non riuscivo proprio a vivere come un ragazzo comune.

Mi fermai appena dietro l'angolo della strada e rimasi a guardarla da lontano, ogni volta che stavo in sua compagnia ricordavo la mia infanzia. Ci conoscevamo dai tempi dell'asilo e non potevo evitare di pensare a tutto ciò che era cambiato da quei tempi spensierati dove tutto sembrava possibile e in cui ignoravo totalmente l' esistenza nel mondo di cose così malvagie e potenti da essere inimmaginabili a chi vive una vita da comune mortale.

 

Era passato un anno da quando l'umanità aveva rischìato l'estinzione ancora una volta, per volere degli Dei, un anno da quando avevo combattuto la mia ultima battaglia, una anno da quando avevo scoperto la verità su mia sorella e l'avevo finalmente reincontrata, una anno da quando scoprii che anche Marin aveva un fratello minore, che fu mio avversario nell'ultimo scontro e del quale ora ignoro le sorti, un anno da quando Saori prese la decisione di rimanere in Grecia al Santuario congedando me e gli altri e inviandoci nelle nostre patrie per un periodo di riposo... un anno che non la rivedevo né avevo sue notizie, un anno che non mettevo piede in terra di Grecia..

 

,,,Un anno...

 

…Un anno... che a nulla è servito per dimenticare il Cavaliere... l'uomo che sono stato.

 

... Un anno che a nulla è servito per dimenticare... la dea Athena.

 

 

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Capitolo 3
*** Seiya e Miho ***


Ero fermo dietro l'angolo ormai da parecchi minuti ma qualcosa mi tratteneva di fronte a quest'incontro, come era successo già tante altre volte da quando ero tornato.

Guardai la delicata figura di Miho, diventare lentamente un' ombra dolcemente illuminata dalla fioca luce del lampione. Me ne sentivo attratto ma allo stesso tempo la sfuggivo, la sfuggivo perché sapevo di non appartenere al suo mondo e che lei non avrebbe mai fatto parte del mio. 

In quel momento irruppe nella mia mente, con violenza inaspettata, l'immagine di un'altra ragazza, di una ragazza che avrebbe capito i miei sentimenti, con la quale non sarebbe stato necessario parlare e con la quale sarebbe bastato un solo sguardo per condividere la mia vita come Cavaliere di Athena.

Ma lei non c'era... ora si trovava nel luogo più lontano dalla mia esistenza che potessi immaginare. 

Sentii una spina trafiggermi il cuore.

Sapevo che non si trattava di un luogo fisico bensì di una scelta di vita.

Lei... il cui solo fatto di formulare nel mio pensiero il suo nome, mi arrecava un bruciante dolore, dopo tanto tempo aveva scelto la sua strada, celando per sempre quel suo incantevole volto di fanciulla dietro un fredda e inquietante maschera d’argento.

Lo avevo capito un anno fa durante il nostro ultimo incontro che fu, più che altro uno scontro che mi vide, come sempre perdente.

Allora capii che lei non avrebbe mai più fatto parte della mia vita, poiché apparteneva totalmente alla Dea, consacrata alla sua missione per sempre. Un tempo aveva giurato e spergiurato di amarmi ma ora dopo una anno di silenzio e nessuna spiegazione per le sue azioni, avevo compreso che la sua scelta sarebbe stata per sempre.

 Sentii una fitta di frustrazione stringermi la bocca dello stomaco, era inutile continuare a pensare a Shaina, la sua strada di Cavaliere d'argento l'aveva condotta troppo lontana dalla mia portata, non averi mai avuto l'opportunità di averla vicina a me come donna ma solo come compagno d'armi, se se ne fosse mai ripresentata l'occasione quindi era inutile pensarci, ormai non potevo farci più nulla. Avrei fatto meglio a concentrarmi su chi stava facendo del suo meglio per rendermi felice.

Respirai profondamente e

 “Miho!”

La chiamai arrivando di corsa, volevo apparire almeno un po' trafelato.

“Perdonami per il ritardo, ma avevo perso il senso del tempo!”

 “Non preoccuparti” disse lei sorridendomi dolcemente “sono contenta di vederti, pensavo che ormai non venissi più”

 “Allora dove vogliamo andare?” le chiesi allegramente.

 “Cosa ne dici di un bel gelato sulla spiaggia? e' caldo e la serata è splendida”

 “D'accordo”

 

Lei mi prese per mano e si diresse verso un chiosco dei gelati che poco lontano brillava di molte luci colorate e io mi lasciai condurre docilmente cercando di godere di quel momento.

Fu una serata molto piacevole e romantica, restammo parecchio tempo seduti sulla sabbia a guardare le stelle riflettersi sull'acqua, io con il braccio a cingerle la vita, lei con la testa appoggiata alla mia spalla e solo quando cominciò a fare troppo freddo, ci incamminammo per ritornare a casa.

La salutai poco dopo davanti alla porta dell' Orfanotrofio delle Stelle, il luogo dove eravamo cresciuti insieme

 

“Grazie è stata davvero una magnifica serata”. Mi disse sorridendo.

 Si soffermò poi a guardarmi intensamente con le labbra schiuse in un tenero sorriso.

Le stelle che si riflettevano nei suoi occhi verdi li resero brillanti come smeraldi.

Aveva uno sguardo così dolce ed io mi persi in quelle profondità limpide come pietre preziose. Avvicinai le mie labbra alle sue, fino quasi a sfiorarle ma solo quando sentii il suo respiro caldo sul volto compresi, tristemente, che lo splendore delle stelle mi aveva ingannato, che quegli occhi non erano davvero frammenti di puro smeraldo ... e mi resi conto di chi avevo veramente davanti.

Allontanai lo sguardo da lei passandomi una mano tra i capelli ostentando imbarazzo.

 Non potevo baciare la mia migliore amica pensando ad un'altra... non sarebbe stato giusto.

 Ignorando la sua espressione di protesta le posai le mani sulle spalle e senza guardarla negli occhi, la salutai cordialmente, abbassai la mano solo dopo averla vista scomparire dietro la porta d'entrata.

Rimasi immobile davanti al cancello chiuso del collegio per parecchi minuti anche dopo che la luce dell'atrio si era spenta


 “Seiya ma che stai facendo? “

dissi tra me poi mi incamminai verso quella che era stata la mia seconda casa, la tenuta di Mitsumasa Kido, li sapevo che avrei trovato un amico che sicuramente avrebbe compreso la situazione.

 

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Capitolo 4
*** Seiya e Shun ***


Mi svegliai nel cuore della notte, oppresso da una sensazione di inquietudine tanto forte da impedirmi di respirare mentre sentivo il petto riempirsi di una angoscia crescente come se qualcuno avesse improvvisamente e inaspettatamente infranto l'infrangibile e sovvertito l'ordine cosmico.

La mia mente era affollata di immagini diverse: un luogo oscuro e traboccante di straziante pena, una candida terra innevata, un luogo sacro permeato di tristezza e la quiete delle montagne.

Mi alzai cercando di controllare questa sensazione così opprimente da essere dolorosa, aprii la finestra per respirare l'aria fresca della notte e lasciai vagare lo sguardo nell'immensità della volta celeste. Per quanto facessi, però, quella sensazione angosciante sembrava non volermi abbandonare, allora compresi che non si era trattato di un sogno, bensì di una visione. Mi imposi dunque di concentrarmi sulle immagini che mi si affacciavano alla mente e di comprenderne il significato; ero sicuro che stava accadendo qualcosa di imprevisto, di imprevisto e potenzialmente molto pericoloso.

Il sudore mi colava lungo la fronte, nonostante l'aria notturna che entrava dalla finestra e non riuscivo a controllore l'angoscia.

Sobbalzai, quando sentii battere alla porta con energica prepotenza.

 

“...Fratello?” pensai, anche se quello non era il suo modo di bussare. Mi voltai perplesso ed andai ad aprire senza chiedere chi fosse.

 

“...Seiya?” dissi sgomento rivolto al giovane di fronte a me.

 

Stava pesantemente appoggiato allo stipite della porta ed era circondato da un leggero odore, sgradevole ma inequivocabile.

 

“...Ti sei fatto tutti i locali del circondario?” gli chiesi mentre alzava lo sguardo febbriciante.

 

“..Non tutti..” rispose lui con voce roca “...ho abilmente evitato quelli con le cameriere dagli occhi verdi...”

 

Praticamente i meno malfamati, dove le cameriere portano lenti a contatto colorate. Oh amico mio... in quale squallido locale sei finito allora?

 

Pensai fra me mentre, prendendolo per un braccio, lo invitavo ad entrare in casa.

 

“Vieni... che ti preparo qualcosa di caldo...” dissi.

 

Lui mi guardò riconoscente tenendosi una mano stretta sullo stomaco.

 

“Bhè.. il bagno sai dov'è!” gli gridai dalla cucina mentre mi apprestavo a mettere sul fuoco il bollitore del thè.

 

Il mio amico ci mise una buona mezz'ora a ricomporsi e ad uscire dalla stanza da bagno, tempo che dedicai a cercare di capire quali fossero i luoghi della mia visione e soprattutto cosa fosse avvenuto, nell'armonia dell'ordine cosmico che lo avesse turbato a tal punto. Compresi che probabilmente si trattava di un sigillo che era stato rimosso ed ebbi la certezza agghiacciante che qualcuno aveva varcato la soglia dell'aldilà senza averne il diritto.

Che si tratti di demoni?

In questo caso il mondo correrebbe un grave pericolo.

 

Avrei potuto parlarne a Seiya ma era fin troppo evidente che in questo momento, anche lui stava combattendo contro i suoi demoni, di altra natura certo ma sempre di quelli che di dilaniano il cuore. Non avevo mai visto il mio amico così giù quindi decisi di non dirgli niente, per ora, e quando lo sentii uscire dal bagno aggiunsi del buon brandy al nostro thè, almeno così avrebbe smaltito le porcherie che sicuramente aveva ingugitato.

 

“Che ne dici di raccontarmi che ti è successo Seiya?” gli dissi mentre si veniva a sedere sul divano accanto a me e prendeva tra le mani la tazza che gli stavo porgendo.

 

Ora andava molto meglio, aveva fatto la doccia e il suo corpo emanava un gradevole profumo di sapone, era a petto nudo e con solo l'asciugamano umido sulle spalle, mentre i capelli grondavano ancora acqua bagnando il divano. Pensai che forse avrei dovuto offrirgli qualcosa per cambiarsi, ma decisi di attendere che il brutto momento fosse passato.

 

“Stavo per fare una stronzata!” disse all'improvviso.

 

Mi voltai a guradarlo con fare interrogativo.

 

“Stavo per baciare Miho... sulla bocca” disse in tono neutro.

 

“Bhè... che cìè di male?” risposi, cercando di comprendere quale fosse il problema intrinseco a questa confidenza “...in questo ultimo anno vi siete frequentati parecchio e, anche all'epoca della Galaxian War uscivate insieme, se non sbaglio?

Ora è il momento giusto per fare un passo avanti non credi?”

 

“Si...” rispose Seiya con un filo di voce mentre guardava il thè oscillare leggermente all'interno della sua tazza creando piccoli cerchi concentrici.

 

“Ma non è lei quella che voglio! Capisci?

Le stelle riflesse nei suoi occhi verdi mi hanno fatto sognare qualche secondo... ma mi sarei portato a letto la mia migliore amica solo per non pensare a...” la voce gli morì in gola in un rauco singulto.

Proprio non riusciva a pronunciarlo, il suo nome.

“Non sarebbe stato giusto...” concluse con amarezza.

 

“Spero che tu non abbia sbollito il tuo ardore con qualche cameriera particolarmente disponibile?”

Gli dissi sogghignando.

 

“Finiscila!” disse lui spingendomi con la spalla.

“Perchè credi che abbia evitato tutti i locali dove le cameriere hanno “occhi di smeraldo”? Lo so bene quali sono i doveri di Saint di Athena, anche se...”

 

Mi alzai avvicinandomi alla finestra sentendo il suo sguardo che mi seguiva in attesa di parole di comprensione.

 

“Lo so...” dissi “Lo so... come ti senti... anche il mio cuore è legato ad una donna Saint. Non ho sue notizie da mesi, sento dalla vigoria del suo cosmo che sta bene e immagino che svolga serenamente il suo compito come nuova custode dell'Isola di Andromeda, dove Saori l'ha inviata ma... ci sono notti in cui vorrei averla qui accanto a me, momenti in cui vorrei che non fossimo Saint di Athena ma semplicemente esseri umani...”

 

“Shun...”

 

“Stanotte, ad esempio, ho avuto un sogno premonitore.., una visione agghiacciante di un'imminente catastrofe che sta per abbattersi sulla Terra. Mi sono svegliato in preda all'angoscia e il letto accanto a me era freddo e vuoto. Se ci fosse stata lei, al mio fianco, se ci fosse stata June avrei cercato conforto fra le sue braccia... invece...ero solo. Noi Saints siamo sempre soli...”

Sussultai quando sentii il braccio muscoloso di Seiya cingermi le spalle, ma un'istante dopo lo trovai molto confortante e capace di sciogliere la tensione che fin'ora avevo accumulato.

“Perchè non torni a sederti e mi racconti cos'hai sognato esattamente?”

“D'accordo” risposi, mentre lui mi sorrideva con dolcezza.

 

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Capitolo 5
*** Sairi Kido, Athena ***


Sei la mia vita e io ti amo”.

Quelle parole mi avevano tormentata per tutta la notte impedendomi di dormire e ancora adesso non riuscivo a liberarmene come se una voce dentro la mia testa continuasse a ripeterle, come una litania senza fine, un preghiera ardente, disperata, in cui si cela qualcosa di selvaggio, qualcosa di terribile...

Incapace di trovare pace mi misi a sedere sul letto, massaggiandomi le tempie nel tentativo di liberare la mente da quelle parole, di cui non capivo l'origine.

 

Chiusi gli occhi cercando di rilassarmi e nell'istante in cui venni avvolta dal buio, fu come incrociare nuovamente lo sguardo di fuoco di Arles, i demoniaci occhi blu cobalto che brillavano su quel viso d'angelo...

Sospirai sforzandomi di trattenere le lacrime, mentre una ciocca di capelli mi scivolò sul viso solleticandomi la guancia.

Levai lo sguardo davanti a me portandolo verso il sole nascente i cui raggi filtravano attreverso le candide colonne che separavano la mia stanza dall'ampio terrazzo dal quale si domina l'intero regno di Grecia e mi soffermai in contemplazione della sua luce.

Vivevo da ormai un anno qui, nella Villa di candido marmo, riservata alla Dea Athena dove nessuno può entrare... se non attraverso i miei incubi. Sospirai e con gesto deciso mi alzai dal letto, la camicia da notte di candida seta frusciò sfiorando il pavimento.

Sei la mia vita e io ti amo”.

Mi sforzai di ignorare quella voce così irresistibile, così dolorosamente suadente e di fare qualcosa, per affrontare la giornata con una parvenza di normalità.

Sei la mia vita e io ti amo”.

Era difficile ignorare quella voce così intensa, così... ossessiva.

 

“Chi sei?” sussurrai chiedendomi a chi mai appartenessero quelle parole, parole che mai alcuno mi aveva rivolto nella mia breve vita umana ma che mi risultavano così stranamente familiari.

Perché, poi se chiudevo gli occhi vedevo lui?

L'uomo che mi aveva privata per sempre della serenità di una vita normale scatenando una guerra pur di uccidermi e che alla fine aveva fatto ammenda morendo, per mia mano, tra le mie braccia?

Arles... o meglio Saga di Gemini Gold Saint ribelle e usurpatore del trono di Grecia. Perché, dopo anni dai quei tristi avvenimenti, quelle parole mi spingevano istintivamente a pensare a lui?

Possibile che...

Mi guardai nello specchio, ero indecorosamente discinta, con i capelli scarmigliati che mi cadevano lungo le guance dandomi un aspetto più provato di quanto non mi conferissero già il viso pallido e gli occhi segnati, che parlavano già troppo chiaramente della notte che avevo passato insonne...

Anche se era ancora molto presto decisi, che per distrarmi, mi sare recata nei pressi all'arena dei tornei dove i miei Saints sono soliti allenarsi. Erano stati tutti molto zelanti nel ricostriure, seppur faticosamente e con l'aiuto degli abitanti del villaggio, i luoghi devastati dall'ultimo scontro con Il Signore degli Inferi ed ora non solo la Villa di Athena, ma anche i dodoci Templi dello Zodiaco, il Santuario e la Tredicesima Casa rifulgevano dell'antico splendore.

Mi riproposi poi di fare una passeggiata sulle scogliere ad est del Tempio.

Forse riuscirò a cogliere qualche tardivo bagliore di questa magnifica alba”, pensai tra me avviandomi verso l'uscio.

 

La passeggiata fu gradevole, il clima era splendido e il sole caldo era mitigato dalla brezza che portava con se il profumo del mare. Lungo la strada costeggiai uno dei campi di allenamento e vi scorsi Shaina che si allenava assieme a Jabu e gli altri Bronze Saints, stranamente sentii una fitta di angoscia a quella vista. Li salutai con un cenno, rimasi a vegliere silenziasamente su di loro per qualche minuto e poi proseguii.

Poco lontano il sentiero curvava in una svolta secca, per terminare in un'area piana, il cui terreno roccioso era cosparso di cespugli di ginestre e mirti, in alcuni tratti tanto alti e fitti da creare una sorta di muro dal quale spuntavano solitarie colonne spezzate e corrose dal vento.

Oh... Seiya...

Mi soffermai a pensare, come sempre quando sentivo il pesante fardello del mio destino di dea custode del mondo.

Perchè sento che questa pace che abbiamo così faticosamente raggiunto al prezzo di troppo sangue innocente, sta per essere nuovamente violata?

 

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Capitolo 6
*** Hyoga e Jacob ***


Era una magnifica giornata, il sole splendeva in un cielo terso facendo risplendere le distese di neve intorno al nostro villaggio.

Io ed il mio amico Hyoga stavamo tornando da una battuta di pesca, che ci ha visti piuttosto fortunati dato che eravamo riusciti a prendere due grossi merluzzi che sarebbero diventati una deliziosa cenetta.

Alzai lo sguardo sul mio vecchio amico, finalmente dopo tanto tempo lo vedevo sorridere anche se i suoi occhi rimanevano velati da quella tristezza tipica del suo sguardo

“e' stato bello!” Dissi allegramente

“Era tanto che non passavamo insieme una giornata così, la pesca sotto il ghiaccio è divertente! Grazie per esserti offerto di accompagnarmi”.

 

“il piacere è stato mio Jacob”. Rispose lui rivolgendomi un tenero sorriso.

 

Avevo sempre considerato Hyoga come un fratello maggiore e nutrivo nei suoi confronti un affetto profondo e una grande ammirazione che lui ricambiava con una gentilezza particolare.

 

Era da quasi un'ora che camminavamo sulla strada gelata quando avvistammo all'orizzonte una figura, capimmo subito che si trattava di un uomo e che era evidentemente in difficoltà.

Ci precipitammo a soccorrerlo, non era così raro in un luogo dal clima proibitivo come la Siberia Orientale, incontrare persone di passaggio che venivano sorprese dal gelo e si trovavano ad avere necessità di soccorso.

Mentre correvo sulle orme del mio amico, lo vidi immobilizzarsi di fronte allo sconosciuto come se fosse diventato improvvisamente di pietra.

Lo osservai perplesso.

 

Dal canto suo anche lo sconosciuto era immobile e ciò mi consentì di guardarlo con con più attenzione. Indossava un abito piuttosto malconcio, aveva dei lunghissimi capelli di un insolito color acquamarina che gli scendevano scompigliati sulle spalle incorniciandogli un viso molto bello ed i suoi occhi, di un intenso colore blu come quello della notte, mostravano la stessa gentilezza di quelli di Hyoga.

Ora i due erano immobili a fissarsi intensamente. Una folata di vento sollevò una nuvola di neve che brillò alla luce del sole, il giovane sconosciuto sussurrò qualcosa a voce così bassa che il vento mi rese le sue parole incomprensibili, poi crollò al suolo.

Hyoga lo afferrò per le spalle accompagnando il suo corpo fino a terra poi rimase immobile con il bel volto del giovane abbandonato sulla sua spalla e gli occhi che vagavano oltre l'orizzonte.

Io dal canto mio non seppi che fare e rimasi immobile di fronte a questa scena attendendo che il mio amico prendesse una decisione.

 

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Capitolo 7
*** Hyoga e lo sconosciuto ***


Ero seduto a cavalcioni di una sedia della cucina e, con il capo posato sulle braccia appoggiate allo schienale osservavo perplesso il giovane che giaceva profondamente addormentato nel mio letto. Assomigliava al mio amato maestro in modo impressionante. Aveva gli stessi capelli lunghi e lisci come seta, gli stessi lineamenti delicati e sottili, gli stessi dolci occhi blu, eppure… non poteva essere lui. Anche se lo avrei voluto tanto, l'istinto mi spingeva a non fidarmi perchè non sarebbe stata la prima volta in cui ciò che sembrava evidente agli occhi avrebbe potuto rivelarsi un turpe inganno ben congegnato. Dovevo valutare bene la situazione. Per ora era comunque inoffensivo e in quelle condizioni non avrebbe potuto nuocere neanche volendo.

Sussultai quando sentii battere all'uscio, mi alzai ed andai ad aprire. Era il mio amico Jacob.

“Ciao!” mi disse, “ come sta lo sconosciuto che abbiamo trovato nella landa ghiacciata?”

“Sta dormendo”. Risposi.

“Ma tu sai chi è?” Chiese.

“No”. Risposi secco.

“Sicuramente non un nemico, ha uno sguardo così gentile!”

Aggiunse Jacob e le sue parole mi fecero rabbrividire.

“Hyoga...va tutto bene? Sembra tu abbia visto un fantasma!” mi disse preoccupato

“Si non preoccuparti” gli risposi, senza essere convinto di ciò che dicevo. “E' solo che assomiglia ad una persona alla quale sono stato… molto legato...”.

“Non ti impensierire per me Jacob” proseguii, “ va tutto bene. Piuttosto torna a casa o la tua mamma finirà col preoccuparsi inutilmente, non temere ti terrò informato”.

Conclusi accompagnandolo verso la porta e salutandolo con un cenno della mano mentre si allontanava nella neve, chiusi la porta e vi

rimasi immobile davanti qualche istante, poi lentamente mi avvicinai al letto dove giaceva lo sconosciuto... era così pallido e la sua pelle bruciava per la febbre.

Mi chiesi cosa potesse essergli mai successo, nulla che potevo far rientrare nel concetto di umano comunque. Avevo avvertito che intorno a quel giovane uomo agivano forze superiori all'umano potere, se poi queste forze appartenessero alla luce o all'oscurità, mi era inspiegabilmente celato. Gli scostai delicatamente i capelli che sudati gli si erano appiccicati alla fronte e non potei evitare di soffermarmi ad accarezzargli delicatamente la guancia sulla quale erano evidenti alcuni lividi e graffi. In quell'istante aprì gli occhi, e mi guardò con un'espressione indecifrabile...

“Chi sei?” mi chiese in un sussurro appena percettibile.

La tensione istintiva dei suoi muscoli mi fece comprendere che si sentiva minacciato.

“Non preoccuparti”. gli risposi accarezzandogli la fronte, “sono un amico”.

“Piuttosto tu, chi sei e cosa ti è successo ?” chiesi a mia volta.

“Mi dispiace ma non posso aiutarti”.

Rispose fissandomi intensamente

“Non ricordo nulla, nemmeno il mio nome se ne ho mai avuto uno, ricordo solo che …sto cercando qualcosa...”.

Aveva ragione il mio amico Jacob i suoi occhi erano così gentili, dolci e gentili come quelli di Camus, il mio maestro... ma non era possibile che fosse lui, lui era morto, dissolto in una nuvola di polvere di stelle tra le mie braccia non dovevo farmi ingannare, non un'altra volta.

“Hai paura di me?” mi chiese sommessamente lo sconosciuto.

Lo guardai perplesso.

“Hai ragione, non sai chi sono e quindi potrei costituire una minaccia per te e chi ti sta a cuore, mi hai salvato la vita... sei stato gentile ma ora ...”. Lasciò il discorso in sospeso distogliendo lo sguardo, poi si mise a sedere e fece per alzarsi in piedi ma le gambe gli cedettero, era evidente che non poteva muoversi.

“Aspetta!” Dissi sorreggendolo per le spalle.

“Dove vai? Non sei in condizione di muoverti. Rimani almeno fino a quando non ti sentirai meglio”.

Lui abbassò lo sguardo su di me rivolgendomi uno strano sorriso.

“Hai paura di me e insisti perché rimanga, perché lo fai ? Non ha senso”. Disse.

“Te l'ho appena spiegato. Non sei in condizioni di muoverti e poi... so badare a me stesso non preoccuparti”.

Il suo sorriso mutò e si velò di una nota di ironia, distolse lo sguardo e disse quasi tra se.

”Un cuore troppo gentile...”

Quella frase rimase per un istante sospesa nell'aria facendomi rabbrividire, possibile che fosse davvero lui?

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Capitolo 8
*** Lo sconosciuto e Hyoga ***


Quello che stava succedendo era assurdo, non avevo neanche mai osato sognare qualcosa di simile e continuavo a chiedermi chi fosse il giovane incontrato nella steppa ghiacciata qualche giorno fa. Non volevo nemmeno considerare l'ipotesi che si trattasse del mio maestro e amico Camus dell' Acquario.

 

Tempo fa ero caduto in un crudele inganno che aveva fatto leva su questo mio inconsapevole desiderio. Fu un'esperienza molto dolorosa che non intendevo ripetere, per me stesso e per onorare la memoria di Camus che avrebbe avuto vergogna di me se mi fossi fatto ingannare una seconda volta.

Eppure c'era qualcosa in lui, che lo rendeva talmente vero... non riuscivo per quanto me lo imponessi, con tutto me stesso, ad ignorare tante, troppe sfumature che rendevano questo ragazzo profondamente identico al mio amato maestro... non sapevo cosa fare, non lo sapevo proprio.

 

Non riuscivo a darmi pace, tormentato da questi dubbio e così, mentre il giovane sconosciuto continuava il suo sonno irrequieto steso nel mio letto, io caddi in un torpore senza sogni con il capo appoggiato al tavolo della cucina.

 

Mi svegliò la dolce sensazione di mani calde che mi posavano una coperta sulle spalle, alzai gli occhi e caddi nelle profondità di uno sguardo blu come la notte.

 

“Perdonami non volevo svegliarti...” sussurrò lui, distogliendo lo sguardo.

“Ma fa troppo freddo perché tu possa dormire così...” proseguì con un sospiro.

 

“Grazie...” risposi con la voce che mi usciva a fatica.

 

Mi chiesi sinceramente chi fosse quel giovane. Nei suoi occhi... nella sua voce... c'era qualcosa di struggente.

Seguii con lo sguardo i suoi movimenti mentre, allontanatosi da me, si avvicinava alla stufa per ravvivare il fuoco.

Sentivo le lacrime salirmi agli occhi e dovetti lottare con tutta la mia volontà per ricacciarle.

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua schiena.

I capelli lucidi brillarono, come la seta alla fioca luce dell'alba, quando le sue spalle furono lievemente scosse da un brivido... mi sentii un nodo alla bocca dello stomaco e dovetti tornare a lottare con le lacrime. Inevitabilmente pensavo a Camus, a quanto inutile fosse il mio tentativo di cacciare il suo ricordo dalla mia mente, a quanto straziante fosse ancora per me il vuoto lasciato dalla sua perdita, a quanto profondo fosse il desiderio di poterlo incontrare, ancora una volta.

D'un tratto una violenta folata di vento scosse i vetri della finestra, sussultai, il giovane davanti a me si alzò per avvicinarsi al vetro e guardare fuori le distese di neve inondarsi d'oro sotto i primi raggi dell'aurora.

 

“Fra breve sorgerà il sole...” sussurrò.

Le sue spalle furono nuovamente scosse dai brividi.

La neve che, al di la del vetro, luccicava come polvere di diamanti richiamò alla mia memoria la polvere di stelle, nella quale il mio adorato maestro era volato per sempre tra le luci del firmamento diventandone parte.

Sentii la mia volontà cedere e le lacrime, che ero riuscito a ricacciare fino a quel momento, cominciarono a scendermi calde sulle guance ed ora non potevo fare più nulla per evitarlo.

 

Accortosene, il mio misterioso ospite si allontanò dalla finestra, volgendosi verso di me, si fermò qualche istante fissandomi in uno stano modo, poi con un gesto deciso mi asciugò le guance chiedendomi

 

“perché... piangi?”

 

Distolsi lo sguardo, mi sentivo vulnerabile ma risposi comunque.

 

“Pensavo ad una persona, una persona che veglia su di me dall'alto dei cieli”.

 

lo senti respirare... fu un respiro calcolato, lento e profondo, come se volesse controllare un'emozione troppo intensa...

 

“Deve' essere una pena insopportabile, per questa persona, vegliare su di te da un luogo... tanto lontano, troppo lontano per poterti raggiungere”.

 

Sentii la sua voce incrinarsi finché non divenne un sussurro appena percettibile.

Osservai il suo profilo nel tentativo di comprendere quali pensieri albergassero nella sua mente. I suoi occhi spaziavano nuovamente oltre il verto, persi nel cielo dorato dell'alba. Fissavano l'orizzonte quasi a non voler mostrare alcuna emozione ma erano adombrati da una dolce e rassegnata tristezza, la stessa dolce e rassegnata tristezza che vidi negli occhi del mio maestro quando, di fronte al suo tentativo di rendermi abbastanza forte da sopravvivere al mio tragico destino, delusi le sue aspettative cadendo in battaglia proprio per sua stessa mano. Abbassai lo sguardo e non risposi.

Per un lungo interminabile momento rimase solo il silenzio tra noi... un silenzio colmo di cose non dette, di sentimenti mai svelati, di affetto mal celato...

“Sai...” la sua voce dolce spezzò il silenzio. “Non mi hai ancora detto come ti chiami...”

 

“Io...” risposi “...mi chiamo Hyoga...”

 

“...Hyoga...” lo sentii sussurrare quasi tra se.

 

La sua voce...

 

Possibile che fosse davvero lui?

 

Sussultammo entrambi quando qualcuno bussò alla porta infrangendo la magia di quel momento.

Mi allontanai e a malincuore andai ad aprire trovandomi davanti un viso familiare quanto mai inaspettato.

 

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Capitolo 9
*** Hyoga e Shun ***


Quando aprii la porta mi trovai di fronte un volto familiare quanto inaspettato.

I lunghi boccoli verde acceso ondeggiavano selvaggiamente schiaffeggiando il viso delicato e arrossato dal vento gelido, di un giovane, dove gli occhi color acquamarina, seppure ombreggiati da una profonda preoccupazione, brillavano di gioia.

“Ciao Hyoga, sono contento di rivederti è passato tanto tempo!”

Disse stringendomi in un caldo abbraccio commosso.

 

“Shun?”

 

Riuscii a dire a stento, ancora frastornato da quella inaspettata serie di eventi.

“Cosa è successo? Cosa ci fai qui?”

Gli chiesi scostandolo, da me, quel tanto che mi permise di guardarlo negli occhi.
 

“Sono qui, perchè ho fatto uno strano sogno.. una visione credo... non ne conosco la ragione, ma ho sognato le lande ghiacciate della Siberia”. Mi rispose concitato.

“E ho un funesto presagio... si tratta sicuramente di qualcosa di sinistro e molto... molto serio”.

 

“Aspetta”. risposi

“Entra... qui fuori si gela”.

 

Quado mi scostai dall’uscio per farlo entrare, si immobilizzò.

“Non è possibile...” lo sentii sussurrare.

Spostai lo sguardo da lui al giovane che si trovava ancora nella stanza e che qualche istante fa era accanto a me.

Ora stava tremando e i suoi occhi mostravano la stessa inquietudine di quelli di un animale preso in trappola.

 

“Non avvicinarti!” disse minaccioso al nuovo arrivato, mentre cristalli di ghiaccio andavano formandosi nella sua mano.

 

“Ecco lo sapevo...” sospirò Shun abbassando gli occhi con espressione afflitta.

“Come posso spiegargli ora che non sono quello...Chi... sembro?”

Sussurrò tra se senza alzare lo sguardo e senza muoversi.

 

Mi avvicinai, perplesso, al giovane sconosciuto che ospitavo da qualche giorno. Se, come sospettavo, aveva rivisto nelle fattezze del mio amico Shun, il volto del Signore degli Inferi... allora.. forse.

 

“Sta tranquillo” dissi dolcemente.

“E' un mio amico, si chiama Shun e non vuole farci del male, non preoccuparti”.

Gli posai le mani sul petto nel tentativo di placare la sua ansietà, tremava terribilmente come fosse preda di un gelo improvviso.

“Stai tranquillo non c’è alcun pericolo, questo ragazzo non è un nemico te lo garantisco, io lo conosco bene, è un mio carissimo amico, gli devo la vita e ti assicuro che non farebbe nulla che possa nuocere a te o a me”.

Il giovane fissò gli occhi perplessi nei miei

“Ti fidi di me?” gli chiesi d’istinto.

Per tutta risposta il suo sguardo si addolcì mentre un fugace sorriso gli rasserenò il volto.

“Puoi entrare Shun”.

Dissi, poi, senza voltarmi a guardare il mio amico.

Solo allora mi accorsi di ciò che il mio ospite aveva appena fatto, involontariamente, per puro istinto.

Solo allora di fronte al ghiaccio che splendeva nella sua mano e raggiungendo la consapevolezza che solo una persona poteva farlo, in modo così naturale, ebbi la certezza della sua identità.

Solo allora, finalmente ebbi la certezza che si trattava veramente del mio amato maestro Camus.

 

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Capitolo 10
*** Hyoga e Camus ***


Quando mi addormentai, quella sera, precipitai in un mondo buio dove regnava la notte.

Stavo correndo disperatamente, assieme a due compagni... era un corsa contro un tempo tiranno e sempre più misurato, poi ci fu una battaglia, in un giardino, sotto due alberi gemelli che piangevano candidi petali. Una battaglia atroce e dolorosa nel corpo e nello spirito, dove mi macchiai di un empio atto sacrilego per avere le vittoria.

 

Al termine della battaglia non vedevo più nulla e mi reggevo in piedi a stento, poi avvenne un’esplosione di energia dal potere inimmaginabile... ed infine... più nulla.

 

Mi svegliai di soprassalto. La mente confusa continuava a ripercorrere sempre le stesse immagini e le stesse sensazioni.

 

Un dolce viso di bambino coperto di polvere, scintillanti occhi turchese e un irresistibile sorriso sornione, abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle, risate, e poi... il buio... la sensazione del suo sguardo feroce, bruciante sulla pelle, le sue mani che si stringono intorno al mio collo, le sue lacrime che mi scivolano addosso e la frustrazione, lo straziante desiderio di parlare e spiegare le mie ragioni e il non avere voce per farlo.

 

E poi un nome... Milo...

 

Rimasi immobile, nella stanza buia, cercando di dare un senso a tutto questo quando vidi un’esile figura di ragazzo stagliarsi contro la sagoma luminosa della porta.

 

“Hyoga?”

 

“Va tutto bene?” sentii chiedermi la sua voce incerta.

 

“Chi è Milo?” chiesi.

 

Non rispose, ma si avvicinò al letto e vi si inginocchiò accanto e appoggiando le sue mani calde sulle mie dicendo:

 

“Domattina partiamo, andiamo in Giappone forse lì, grazie all'aiuto della Fondazione Grado, troveremo una risposta a tutto questo”.

 

Rimase immobile per un interminabile istante, a guardarmi... gli occhi color ghiaccio che brillavano illuminati dalla fredda luce della luna…

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Capitolo 11
*** Shunrei e il Saint misterioso ***


Era una bellissima serata, il sole tramontava dietro le montagne tingendole d'oro, l'aria era silenziosa e regnava una grande pace, solo il cinguettio degli uccelli si univa al fragore della Cascata della Galassia del monte Rho.

Stavo preparando un misto di frutta secca e bacche per una coppia di scoiattoli, con i loro cuccioli, che mi fissavano impazienti zampettando sul davanzale della finestra.

 

“Un attimo di pazienza”. Dissi loro.

 

Stavo, infine, sistemando il mangime in una ciotola di legno quando, d'un tratto li vidi schizzare via e rifugiandosi tra le ombre all'interno della casa.

 

“Che succede?” dissi allarmata.

 

Ormai la sera stava calando e normalmente nessuno si aggira, a quest'ora, in questi luoghi solitari. Nessuno privo di cattive intenzioni... almeno.

 

Mi voltai e vidi un uomo che avanzava tra le ombre del bosco.

Era piuttosto alto, ma non ne vidi il viso, celato dalle ombre. Aveva le spalle coperte da un logoro mantello nero, avanzava a passi lenti e cadenzati ma, nonostante il suo incedere fosse appesantito dalla stanchezza, mostrava chiaramente il suo orgoglio e la sua naturale fierezza... mi chiesi chi fosse.

 

Il saggio maestro Dohko, mi aveva insegnato a comprendere se un uomo appartiene o meno alle forze del bene dal suo modo di incedere, e quell'uomo apparteneva alla Giustizia, per questo decisi di avvicinarmi a lui per offrirgli ristoro.

 

Si fermò appena mi vide e mi chiese chi fossi. Aveva un timbro di voce particlare, caldo e venato di una malcelata passione, ebbi la sensazione che si trattasse di un Saint di Athena e non di un Saint qualunque.

 

Quando mi chiese il nome di questo paese gli dissi che si trovava in Cina, precisamente a Goro-Ho, presso la Cascata dei monti Rozan. Lo invitai, poi, a seguirmi indicandogli la casa poco lontano.

Lo feci entrare e lo pregai almeno di sedersi.

 

Sembrava davvero sfinito, aveva il viso pallido e gli occhi profondi e scuri, erano resi splendenti dalla febbre. Accettò il mio invito ma non si tolse il mantello.

 

“Posso fare qualcosa per voi?” chiesi educatamente.

“Avrete fame... siete sfinito!”

 

“Ti ringrazio fanciulla”. rispose e la sua voce era poco più di un sussurro.

“Sei gentile, ma ti prego di darmi dell'acqua... solo dell'acqua”.

 

Andai subito a prendere dell'acqua, gliela portai e lui la osservò, mentre dalla brocca cadeva nella tazza, come se vedesse qualcosa di incomparabilmente meraviglioso.

 

“Ti ringrazio”. Sussurrò mentre afferrava la tazza.

“Ora devo andare”. Proseguì dopo aver bevuto.
 

“No!” Lo fermai.

“Voi siete sfinito! avete bisogno di riposo, rimanete almeno fino a domani, vi prego!” insistetti con veemenza, per farlo restare.

 

“Vivi sola qui?” mi chiese subito dopo, sembrava essersi persuaso.

“No...” risposi

“C'è anche Shiryu, il mio compagno, ma ora è ai piedi della cascata o nella foresta, a volte ha bisogno di stare solo, ma sicuramente sarà di ritorno a breve, non si attarda mai dopo il tramonto”.

“Shiryu …” lo sentii sussurrare lentamente tra sè, mentre volgeva lo sguardo verso il tramonto come alla ricerca di un perduto ricordo.

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Capitolo 12
*** Shiryu e Shura ***


Stavo seduto su una sedia di legno che si dimostrò più comoda di quanto non apparisse, o forse era la stanchezza, che mi stava lentamente avvolgendo.

Non ricordavo nemmeno per quanto tempo avevo camminato, senza sapere dov'ero e cercando una meta della quale ignoravo non solo l'ubicazione ma perfino il nome.

Alla fine mi ero fatto convincere a rimanere in quella casa per la notte, sentivo che dovevo muovermi, che non potevo rimanere li, ma gli occhi di quella fanciulla, la fanciulla che gentilmente mi aveva offerto ristoro, gli occhi di quella fanciulla mia avevano convinto a rimanere.

E in fondo ero felice di avere accettato, questo luogo era permeato da una pace così profonda e una serenità così intensa che sembrava quasi di sentirne la fragranza nell'aria, un profumo che rigenerava l'animo.

Shiryu... non riuscivo a togliermi quel nome dalla mente, come se lo conoscessi, come se appartenesse ad un lontano passato. Cercavo di concertarmi su ciò ma ero troppo stanco e non riuscivo a pensare, mi sentivo la mente annebbiata e gli occhi mi si chiudevano. Volevo solo farmi cullare dalla pace di qual luogo, dal rumore del vento, lo stormire delle foglie, lasciandomi accarezzare la pelle dagli ultimi raggi dorati del sole...

“Shura!”

Ad un tratto il silenzio fu spezzato da una voce sommessa e carica di un tale trasporto da farmi accelerare i battiti del cuore.

Aprii gli occhi e vidi stagliata contro la luce dorata del sole morente la figura esile di un ragazzo. Vestiva i pantaloni di un kimono da combattimento ed aveva i piedi scalzi, le spalle nude erano coperte da una lunghissima chioma di capelli corvini lisci e lucidi come seta.

 

Rimase immobile qualche istante, poi si avvicinò lentamente, quasi contasse i passi che lo separavano da me.

Quando mi fu di fronte si inginocchiò allungando una mano e la posò sul mio braccio destro, sfiorandolo con una dolcezza quasi innaturale. In quell'istante provai una sensazione intensissima, come se il lieve tocco di quella mano attraverso il mio braccio giungesse al mio cuore e alla mia anima. Sussultai, la mano del ragazzo sul mio braccio tremava, abbassai lo sguardo e vidi tra le ciocche di capelli che gli ombreggiavano il volto abbassato, brillare le sue lacrime. Allungai una mano e sollevandogli il viso fino a portare i suoi occhi su di me gli chiesi

“Ragazzo... perché piangi?”

Rimase in silenzio qualche istante gli occhi azzurro pallido fissi nel vuoto, poi chinò nuovamente il capo e sussurrò

“Io non sto sognando... credevo che non ti avrei mai più incontrato”.
 

“Ma tu chi sei?” chiesi.

Cominciavo a sentirmi confuso.

“Ma cosa...?” rispose alzando il viso verso di me.

“Mi dispiace... ma io... non ricordo nulla, non so nemmeno il mio nome”. Gli risposi, posandogli una mano sulla spalla.

 

“Io lo so chi sei”. proseguì il ragazzo sempre a capo chino.

“Sei un Gold Saint, del Santuario di Atene, custode della casa del Capricorno...”

Sentii poi la sua mano che sempre con la stessa innaturale dolcezza si spostava dal mio braccio alla spalla e poi ai miei capelli, sui quali indugiò qualche istante. In quel momento provai l'incontrollabile impulso di stringere quel ragazzo, così gentile, in un abbraccio. Poco ricordavo di ciò che mi era accaduto ma sentivo una straziante mancanza di calore umano.

Dal canto suo il ragazzo, che dedussi essere Shiryu, il compagno della fanciulla che vive in questa casa, rimase immobile appoggiando dolcemente il capo sul mio petto.

Solo dopo qualche istante si allontanò e mi posò la mano sul torace scostando delicatamente i lembi del mantello.

Sussultai quando la fece scivolare delicatamente lungo la ferita che mi attraversava lo sterno.

 

“E questa come te la sei fatta?” chiese sempre senza guardarmi.

 

Poi si alzò e si diresse verso un mobile di legno scuro che si trovava al lato della stanza e tornò con del materiale per curare le ferite.

 

“Dovresti toglierti il mantello per favore”. Chiese.

 

Mi sciolsi il mantello e lo feci scivolare lungo le spalle, lui si avvicinò a me e dopo aver toccato la mia tunica mi chiese di togliere anche quella.

 

Fu solo osservandolo mentre medicava la mia ferita che capii cosa c'era di strano in quel ragazzo; era completamente cieco.

Non so per quale motivo ma questa consapevolezza non mi sorprese affatto, era come se già lo sapessi.

Mentre era chinato su di me intento a curare la mia ferita, non potei evitare di allungare la mano ed accarezzare dolcemente i suoi capelli di seta.

“Grazie...” sussurrai.

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Capitolo 13
*** Shaina e Jabu ***


Una magnifica alba apriva quel mattino nel Regno di Grecia, dove il cielo era tinto delle sfumature dorate del sole nascente che si specchiava, vanesio, in un mare luccicante lievemente increspato dalla brezza.

Avevo appena finito di fare colazione e mi stavo incamminando verso i campi di addestramento per incontrare i cinque Bronze Saints, che mi erano stati assegnati come squadra e al fianco dei quali avevo già combattuto durante la guerra santa contro il Signore degli Inferi.

Non so bene per quale ragione, già che sembrava essere tornata la pace nel mondo, ma noi continuavamo ad allenarci giorno dopo giorno.

Forse perché quella perfetta atmosfera idilliaca non ci lasciava tranquilli?

O forse perché ognuno di noi aveva troppi pensieri da tenere lontani il più possibile e l'allenamento nella lotta era il modo più semplice per farlo?

A quella riflessione mi sovvenne un volto familiare che da tanto, troppo, tempo non vedevo.
 

...I riccioli ribelli, i dolci occhi castani, e quel sorriso...

 

“Shaina!” una voce interruppe il filo dei miei pensieri.

“Aspetta!” si affiancò a me il Saint del Lupo nella veste greca da combattimento.

“Come mai da solo?” gli chiesi.

“Bhè! sono in anticipo e visto che mi sono svegliato più di un'ora fa ho pensato di fare un po' di riscaldamento, adesso che sei arrivata tu potremmo provare qualche nuova tecnica di lotta, mentre aspettiamo gli altri che ne dici?”

“D'accordo”. Risposi.

“Ti insegnerò alcune tecniche della lotta greco-romana che è sempre utile conoscere in battaglia!”

Mentre gli stavo spiegando distrattamente come effettuare una presa su di un avversario più possente

 

... senza riuscire a liberarmi del pensiero di quel sorriso...

 

una voce familiare in lontananza richiamò la mia attenzione.

Mi voltai, scostandomi i capelli sudati dalla fronte e vidi Athena, che ci rivolgeva il suo saluto, passeggiando lentamente lungo un sentiero poco lontano.

Come sempre era bellissima nel suo candido peplo, anche se mi chiesi cosa la turbasse negli ultimi tempi. Non era consuetudine che si recasse lungo quel sentiero, tutti i giorni per rimirare l'alba che sorge sul mare Egeo.

Poi per un istante, in cui fui abbagliata dalla luce del sole nascente, che si rinfrangeva sulla divina persona di Athena, mi sembrò di vederlo accanto a lei.
 

Lui... il Saint di Pegasus... Seiya.

...Si volse verso di me levando la mano in cenno di saluto e rivolgendomi quel suo sorriso che mi faceva sciogliere fin nel profondo. Per un'istante mi illusi che fosse veramente giunto fin qui...

 

...invece...

 

...vidi Athena, sola, proseguire lungo il cammino...

Rimasi immobile a guardala mentre si allontanava, finché una curva del sentiero non la sottrasse alla mia vista.
 

Il suo cuore è sempre con lei...” pensai mentre un'amara sensazione mi stringeva il petto.

 

Quando mi voltai per tornare all'allenamento vidi, poco lontano appoggiato con la schiena ad una colonna, il Saint dell'Unicorno sopraggiunto chissà quando.

Aveva il capo chino a mi stava fissando attraverso i riccioli d'oro che gli cadevano sulla fronte.

Il suo sguardo era attraversato da un misto di tenerezza e comprensione, respirò profondamente e mentre alzò il capo i suoi occhi, verde cupo, lampeggiarono sfiorati dal sole. Poi si diresse verso di me tendendomi amichevolmente la mano.

“Allora maestra continuiamo il lavoro di ieri?” disse con un sorriso spavaldo.

Mi sentii percorrere da un brivido di frustrazione, ripensando alla sensazione che avevo provato poco fa e attaccai d'improvviso il ragazzo davanti a me che mi evitò prontamente.

“Bravo!” dissi con soddisfazione.

“Ottimi riflessi!”

Mi avviai, poi, al centro del campo e dissi loro:

“Bene! ora che ci siete tutti attaccatemi assieme, siete molto abili nel combattere in squadra ma purtroppo non sempre si può contare sulla forza del numero, a volte ci si più trovare soli di fronte a molti nemici e oggi intendo insegnarvi come affrontare questo genere di situazione!”

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Seiya e Saori ***


Passeggiavo al fianco di Athena lungo un sentiero che costeggiava le scogliere del Mare Egeo, in Grecia.

Era un luogo di indubbio fascino, dove, tra i ruderi di antiche colonne e il profumo dei mirti in fiore ancora echeggiava l'eco di eroiche gesta. Mentre spaziavo con lo sguardo lungo il mare che, cristallino scintillava al sole, scorsi un movimento non molto lontano, doveva averlo scorto anche Saori, perché si mosse in quella direzione e quando mi avvicinai a lei, che rimaneva immobile scossa da un lieve tremito, vidi celato dall'ombra della macchia mediterranea un uomo.

Sembrava in procinto di crollare e stava con una mano appoggiata ad una colonna spezzata mentre il capo, chino, gli celava il volto sotto una lunghissima chioma di capelli color lapislazzulo. I suoi vestiti erano laceri e gli lasciavano le spalle ed il petto pressoché nudi.

Rimasi per un istante pietrificato quando all'udire i passi di Athena, levò lo sguardo su di lei.

Benché emaciato e ombreggiato dai lunghi capelli scarmigliati quel volto

...celestiale...

che pareva scolpito direttamente dalla mano degli angeli era inconfondibile...

 

Non è possibile...” sentii la mia voce sussurrare, come provenisse da un'altra persona.

Rimasi immobile, incapace di fare qualunque cosa mentre i suoi occhi, quegli occhi verdi come il mare, si posarono vuoti su di me ma era come... come se non mi vedesse.

Poi scivolarono sul volto di Athena e per un istante si accesero di una luce intensa... mosse un passo ma crollò tra le braccia di lei che era accorsa per sorreggerlo.

Io continuavo a rimanere immobile, osservando in silenzio la scena, come se non ne facessi veramente parte. Mi sentivo come se mi avessero gettato in faccia dell'acqua gelida.

Saori era in ginocchio, il candido peplo allargato sul terreno e stringeva il giovane, privo di sensi, con una dolcezza carica di un trasporto inaspettato. Il viso di lui, bellissimo, anche se graffiato e coperto di polvere, era abbandonato dolcemente sul suo seno mentre i serici capelli che ricadevano, come un velo, lungo il corpo di Athena gli accarezzavano lievemente le guance. Il petto gli si muoveva appena in un respiro forse troppo lieve.

Mi avvicinai ad Athena con timore reverenziale, avrei voluto dirle qualcosa farle sapere in qualche modo che ero lì, con lei...

...Saori...”

le sussurrai.

Lei non rispose ma si limitò ad annuire con un cenno del capo. In quell'istante tra le ciocche di capelli che le ricadevano sulle guance vidi, brillare illuminate dal sole, le sue lacrime.

 

 

Aprii faticosamente gli occhi, mentre fuori il cielo cominciava a tingersi dei timidi colori dell'aurora.

 

...Sa..Saori...Athena...”

 

Cos'era accaduto?

Perchè avevo sognato Athena?

Perchè avevo sognato... Saga?

 

Ricordai con dolore il momento in cui il Gold Saint dei Gemelli, scomparve, in una nuvola di polvere di stelle, davanti ai miei occhi.
 

Athena ha bisogno di voi... non abbandonatela mai...”

Erano state le sue ultime parole.

 

Sentii le lacrime bruciarmi negli occhi a quel triste ricordo.

 

A voi, affiadiamo la cura e la salvezza di Athena... la cura e la salvezza di Athena...”

 

Questa è l'eredità dei Gold Saints, che, con molto sangue e molte lacrime abbiamo faticosamente onorato.

Ora, Saori si trova al sicuro nella zona più protetta della Terra, nel suo Tempio ad Atene, l'unico luogo dove è degna di risiedere una divinità.

Noi non siamo più i suoi Saints, se non nella fede, infatti abbiamo perduto le nostre armature nell'ultima dura battaglia contro la divina Artemide, Signora della luna ed ora stiamo tentando di vivere una vita normale...

 

Perchè allora ho sognato Athena?

Perchè ho sognato il Gold Saint dei Gemelli?

Perchè?

 

Mi alzai, nonostante fosse ancora molto presto, perchè non riuscivo a togliermi di dosso la sensazione che quello che avevo appena fatto non fosse sogno ma realtà e che lontano... in Grecia... Athena e Saga si fossero veramente incontrati.

Scossi il capo, dicendomi che era pura follia pensarlo, i Gold Saints ci avevano lasciati, più di un anno fa e non c'era sogno che potesse riportarli tra noi!

Presi le chiavi di casa e una bottiglietta d'acqua. Una bella corsa sulla darsena mi avrebbe aiutato a snebbiami la mente.

 

...Saori...”

 

Pensai, come sempre quando il cuore premeva per dirmi che la mia mente si stava sbagliando.

 

...Spero che tu stia bene... lo spero davvero tanto...”.

 

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Capitolo 15
*** Athena e Saga ***


Quando aprii gli occhi mi trovavo in un luogo familiare anche se non ricordavo quando o come fosse successo, ma avevo la sensazione di avere passato molti giorni in quella stanza.

Mi guardai intorno, l'ambiente era ampio e di chiaro stile ellenistico, la stanza era luminosa e arredata in modo austero ma lasciava trasparire una certa solennità, dovevo trovarmi in un monastero o comunque in un luogo di culto.

Giacevo su un grande letto con semplici lenzuola di cotone candide e lisce, sentivo male in varie parti del corpo ma soprattutto provavo la sensazione di dover trovare qualcosa o... qualcuno, era una sensazione tanto intensa da essere fisicamente dolorosa.

Poi ricordai...
ricordai l'incontro avvenuto su una scogliera a picco sul mare e mi ricomparve davanti agli occhi quell'immagine; la fanciulla vestita di bianco, l'abito candido che, colpito dai raggi del sole, sembrava splendere di luce propria, i lunghi capelli color glicine che giocavano con il soffio del vento, i dolci occhi di un azzurro divino.

Sentii una dolorosa fitta al cuore.

 

Dove sarà ora?” mi chiesi levandomi a sedere.

Proprio in quell'istante fui distratto dal fruscio di una tenda che veniva aperta, alzai lo sguardo in direzione del rumore e la vidi, avvolta dalla morbida luce del sole ormai basso sull'orizzonte.

“Athena...” sussurrai ed ebbi l'impressione di non udire la mia stessa voce da molto... moltissimo tempo.

“Saga...” disse lei dolcemente avvicinandosi al letto e inginocchiandovisi accanto.

“Finalmente hai ripreso i sensi, cosa ti è...”

“Perché mi chiami così?” la interruppi perplesso.

“E'...è il tuo nome, non... lo ricordi?”

Mi rivolse uno sguardo colmo di apprensione.

“No... io... non ricordo null'altro che te”. Risposi.

Mi sentivo confuso come se mi svegliassi da un sonno durato anni.

“Non preoccuparti... andrà tutto bene”. mi disse lei con dolcezza, accarezzandomi delicatamente la guancia.

Chiusi gli occhi, lasciandomi avvolgere dal calore di quel momento e quasi involontariamente portai la mano a cingerle le spalle e la avvicinai a me abbassando lo sguardo fino ad incontrare il suo. Sentii il suo respiro spezzarsi e la sua mano scivolare sul mio petto.

In quell'istante sentii una fitta dolorosa al cuore come se languisse consumandosi tra le inestinguibili fiamme dell'amore.

 

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Capitolo 16
*** Deus ex machina ***


Me ne stavo comodamente seduto tra i fiori, sotto il cielo dell’Arcadia, nel giardino privato del palazzo di Ares.

Ero davvero curioso di sapere come il nostro, giovane ed imprevedibile, Amore avrebbe preso l’affronto del suo bellicoso fratello. Mi chiedevo se avrebbe preso peggio ciò che Ares aveva fatto alle anime che Amore desiderava così tanto aiutare o il fatto che l’idea nascesse dall’altezzoso Apollo. In ogni caso ne avremmo viste delle belle.

“Grazie...” sussurrai sulle labbra di una bellissima ninfa che, arrossendo timidamente, mi porgeva un grappolo d’uva.

Personalmente non intendevo farmi coinvolgere in questa schermaglia tra i miei fratelli, c’erano cose ben più piacevoli a cui dedicarsi, le labbra della ninfa accanto a me, per esempio, erano sicuramente più attraenti dello sguardo truce del mio bellicoso fratello Ares.
Mi soffermai a baciarle assaporandone con piacere il gusto mielato e trattenendo la fanciulla con una mano dietro il morbido collo, consapevole dello sguardo di disapprovazione che il mio agguerrito fratello mi stava sicuramente rivolgendo.
Mi vidi costretto ad aprire un occhio, senza allontanarmi dalla fanciulla, quando una violenta folata di vento mi avvolse, portando il divino Amore al centro del giardino.

Abbandonai temporaneamente le labbra della fanciulla, trascinandola, però, sull’erba accanto a me. La faccenda si stava facendo troppo interessante per non prestarvi attenzione.

Il nostro grazioso fratellino era davvero su tutte le furie…

“Ares...” ringhiò avvicinandosi minaccioso al fratello che stava seduto sul suo scranno e lo fissava con superba alterigia.
“Come hai osato distorcere in quel modo il potere delle mie frecce? Tu non hai diritto di giurisdizione sul mio agire e lo sai! In virtù di cosa, allora, ti sei arrogato questo potere?!”

“Stai calmo fratellino...”, rispose gelido Ares alzandosi e passandogli accanto con noncuranza fino ad averlo qualche passo dietro le spalle.
“Devo forse rammentarti che sei stato tu ad agire contro la legge liberando quelle anime da una condanna divina?”

“E chi sarebbe, di grazia, che possiede tanta autorità da poter decidere chi deve essere destinato alla sofferenza eterna, ora che Hades non c’è più?”
Rispose Amore senza muoversi, mentre un sorriso sarcastico si faceva spazio sul suo dolce viso di fanciullo.
“Apollo forse?” concluse con un’intensa nota tagliente nella voce.

Ares non rispose.

“Chi tace acconsente suppongo”.
Proseguì il nostro alato fratello, mentre le guance delicate gli si infiammavano di collera.

“Apollo non ha alcun diritto di agire in questo modo e tu lo sai benissimo! Ares! perché stai dalla sua parte, cosa ci guadagni? dimmelo!”

La risposta di Ares fu una sommessa risata.

“Io non sto dalla parte di Apollo!” affermò con rabbia il signore della guerra.
“Non mi interessano i suoi vaneggiamenti contro l’umanità, tutto quello che voglio è un indimenticabile spargimento di sangue, solo di fronte al sangue e alle lacrime l’umanità sa esprimere il meglio di se. Stiamo parlando di eroi, anime di uomini che hanno avuto l'ardire di sfidare gli dei! non di comuni mortali. Sarebbe stato davvero penoso vederli sciogliersi e languire, come signorine a causa del potere delle tue frecce!

Amore ringhiò a quelle parole “Che hai fatto Ares?” sibilò.

“Ho solo voluto dare un’aggiustatina al tiro per rendere le cose un po’ più interessanti. Chissà se gradiranno il mio regalo”.
Proseguì Ares, con un sogghigno, senza nemmeno badare al divino fratello.

Amore rimase immobile socchiuse le labbra come per parlare ma non vi uscì alcuna parola.

“Ti vedo sorpreso fratellino, nemmeno tu lo avevi previsto… anche io posso sciogliere le catene imposte dal Giudizio divino, cosa credi?
Inoltre come ti ho detto, non sto esattamente dalla parte di Apollo, ho solo sguinzagliato Ira e i suoi sei fratelli al seguito delle anime da te liberate!”

La risata che seguì queste parole di Ares fu agghiacciante, tanto che sentii la delicata ninfa tremare fra le mie braccia.

“Cosa credi che accadrà quando i sette Vitium, colororo che sono in grado, con un solo sussurro di risvegliare anche nel corpo dell'uomo più Santo e vicino agli dei, la più turpe natura animale, intercetteranno le tue frecce?

Cosa accadrà quando Ira, Superdia, Luxuria, Avaritia, Invidia, Gula e Accedia contamineranno le frecce destinate ai cuori puri di quelle anime sofferenti? E se tale unione, nata da follia di amore che infiamma il cuore e da turpi vizi che contaminano il corpo dovesse raggiungere anche coloro che, seppur avendo osato colpire gli dei, sono ancora in vita protetti dalla nostra sorella Athena?

Cosa pensi che accadrà, ora che più nessun Giudice può emanare sentenze ai mortali, quando i loro cuori ardenti della passionne delle tue frecce incontreranno i miei Vitium pronti a corrodore i loro peccaminosi corpi mortali?
Credi forse che la tua amata Psiche, con la sola flebile fiamma della Ratio, possa combattere tutto questo?

Ares rise... rise come mai lo avevo sentito fare prima.

“Il sangue scorrerà nuovamente e l'umanità cadrà nell'oscurità più tenebrosa... dilaniata dalle passioni e dalla cupidigia, e la Guerra di sangue, di cui io sono il Signore, divamperà in tutto il mondo.
Gli uomini combatteranno e combatteranno tra loro... per amore, per conquista, per puro divertimento, per fede, per obbedienza ad un signore, per disperazione... per qualsivoglia ragione, nobile o abbietta che sia... ma combatteranno... combatteranno... spargendo sangue e sempre più sangue fraterno in un turbine di amara follia... e io godrò...godrò di tutto questo!
E... Athena? A nulla varranno questa volta le sue lacrime o il suo divino Ichor!

 

Ares rise sprezzantemente.

 

“Questa volta, la nostra spergiura sorella, colei che ha rinnegato la propria natura divina per risiedere tra le larve che sguazzano ne fango... Athena, non potrà fare nulla per impedirlo!

Perchè anche i suoi adorati Saint non sono che un infimo impasto di carne sudore e sangue e nemmeno loro sono immuni dalle tentazioni carnali!
Il loro splendore verrà oscurato e il glorioso nome di Athena e della sua stirpe Santa cadrà nel fango, lordato dal sangue versato in nome dell'odio e della violenza brutale!”

Concluse ridendo sguaiatamente, il Signore della guerra.

 

“Ares come osi prenderti gioco di me in questo modo… maledetto!”

La voce del tenero Amore si era fatta feroce.

“Voltati!” urlò, mentre le sue candide ali avvampavano di fiamme scarlatte e dalla sua mano esplodeva una freccia di fuoco che il Signore della guerra riuscì ad evitare per un vero miracolo.

“Non avresti dovuto farlo!” proseguì il dio fanciullo mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.


La risposta di Ares fu un cenno sprezzante del capo corvino, mentre con un gesto plateale si asciugava il sangue dal viso

“Niente male per un dio di natura inferiore”. affermò con sdegno, pronto a rispondere all’attacco di Amore.


“Adesso basta!” una voce fredda quanto dolce interruppe l’alterco.

Artemide, che aveva assistito a tutta la scena, si frappose tra i due contendenti intimando loro di finirla li.

“Il vostro comportamento è vergognoso, vi state comportando come mortali, dovreste imparare ad avere più controllo sulle vostre emozioni”.
Rimproverò loro con asprezza.

 

Al contrario di quanto immaginassi, Ares si limitò ad un gesto di disappunto ma non rispose alla dea, mentre Amore ancora avvolto dalle fiamme mostrava senza riserbo le sue lacrime di frustrazione.

“Non finisce qui”. Gli sussurrò velenoso Ares passandogli accanto per tornare a sedersi

“Vai all’Inferno”. Rispose il dio fanciullo al suo fianco voltandogli le spalle e uscendo dal giardino con fare altezzoso.
 

Improvvisamente l’intero luogo fu congelato in un silenzio carico di tensione finché, non riuscendo più a trattenermi, scoppiai in una sonora risata, che mi venne ancora più intensa quando Ares mi fissò in faccia un severo sguardo, carico di risentimento.

“Messo a tacere da una dea e da un dio inferiore… questa da te non me la sarei proprio aspettata fratellino!”

Gli dissi asciugandomi le lacrime


“Taci Hermes”. ringhiò di rimando il Signore della guerra con la voce che gli usciva a stento per la rabbia.


“Certo certo...” proseguii per nulla intimorito dal quel mio arrogante fratello dal fisico scultoreo.
“Capisco, Artemide è la sorella prediletta di Apollo e che lui straveda per lei, non è un mistero, e di questi tempi non è il caso di contrariarlo ma… il dio inferiore, non credi di averlo sottovalutato, solo un pochino?
Ricordati che le sue frecce, se ti toccano il cuore, possono fare uscire di senno anche te!”

Proseguii facendo cenno alla ferita che gli sfregiava il viso perfetto, mentre con l’altra mano giocherellavo con i capelli color turchese della fanciulla languidamente coricata sulle mie ginocchia.

Ares mi scossò un'occhiata stizzita, facendomi cenno di tacere.

“Mai sottovalutare l’Amore che lotta”. dissi ammiccando.
“Dovresti ricordare che nessuno di noi può nulla contro le sue frecce, attento che per vendicarsi non decida di farti innamorare del tuo cavallo!” conclusi ridendo divertito.

 

 

 

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Capitolo 17
*** Aioria e Milo ***


Tutto intorno a me era buio e silenzioso, stavo seduto sul pavimento, sapevo di essere prigioniero ma ero tranquillo, pervaso da uno stato di quieta rassegnazione. Non avevo alcun rimpianto, sapevo di aver fatto tutto ciò che potevo per assolvere al meglio il mio compito ed avevo ceduto la mia missione, a successori nei quali nutrivo la massima fiducia perché si erano dimostrati più che degni di tale compito. Avevo passato tutta la vita impegnandomi per essere forte, essere forte per le persone che credevano in me, ora potevo finalmente lasciarmi andare, ora nessuno aveva più bisogno di me ed io potevo godere della dolce presenza che avvertivo al mio fianco, non solo nel cuore, ma al mio fianco tangibile e reale come mai lo era stata da molto, troppo, tempo. Il prezzo per riavere mio fratello era stato la mia vita ma non era un prezzo troppo alto... ora che potevo disporne liberamente... e la prospettiva di un'eternità passata avvolto dal calore della sua dolce e silenziosa presenza mi rendeva felice.

Mentre mi lasciavo cullare da queste sensazioni una luce abbagliante trafisse le ombre intorno a me, mi alzai di scatto urtando le spalle contro la sua schiena, non vedevo nessuno dei miei compagni di prigionia, benché sapessi che erano li, ma riconobbi subito quel calore, la pelle morbida, i muscoli forti, indietreggiai fino ad appoggiarmi a lui, schiena contro schiena a proteggerci le spalle a vicenda come due fratelli dovrebbero poter fare, sempre...

La luce si avvicinava e diventò così intensa da costringermi a chiudere gli occhi mentre tentavo di schermarla con la mano, poi mi avvolse interamente in un'intensa sensazione di calore...
 

 

Spalancai gli occhi di colpo con l'impressione che gocce d'acqua mi cadessero sul viso.

Ero steso sul terreno umido e la mia guancia posava sulla roccia, ci misi qualche istante a comprendere cosa stesse succedendo, sentivo ancora la calda e rassicurante sensazione della schiena di Aiolos contro la mia, sensazione che, appena raggiunsi completamente la lucidità, scomparve del tutto.

Mi sollevai in ginocchio, ero libero e vivo, mi trovavo nei pressi di un bosco, un luogo dall'aspetto familiare, mi guardai intorno, la radura intorno a me era deserta, nessuna presenza, nessun rumore, solo il fruscio monotono ed insistente della pioggia che cadeva sulle foglie degli alberi.

Ero solo, mi sentii schiacciare dal peso di questa consapevolezza e, colto dallo sconforto, rimasi immobile con le mani sul terreno bagnato con la pioggia che mi inzuppava i vestiti, mi chiedevo perché fosse accaduto di nuovo, perché ancora una volta non mi era stata data la possibilità di scegliere.

Perché ancora una volta la sorte aveva voluto separarmi da chi tanto amavo... All'improvviso sentii una mano caldissima sfiorarmi la spalla, alzai lo sguardo e vidi davanti a me un giovane guerriero, indossava un'armatura tanto splendente da sembrare fatta di luce la stessa luce che mi aveva riportato nel mondo dei vivi, fu un'apparizione di pochi istanti, non disse nulla si limitò a sfiorarmi la fronte mentre un sorriso di trionfo gli si dipingeva sul volto, poi scomparve.

Rimasi immobile a fissare il vuoto perplesso da quell' apparizione e lentamente tanti, troppi, tristi ricordi riaffiorarono dalle nebbie del tempo cadendo come gocce di veleno sul mio cuore impreparato ad accettarli, poi udii una voce sussurrare alcune incomprensibili parole nel profondo del mio pensiero ed ebbi la lucida consapevolezza che qualcun' altro era tornato dal regno dei morti a calcare questa terra, colui che era stato la causa del dolore che tornava ad avvelenarmi il cuore dopo tanto tempo

... era qui da qualche parte libero... qualcuno gli aveva offerto una seconda possibilità, proprio a lui che era un traditore…

sentii lo sdegno e la frustrazione colpirmi come un pugno in pieno stomaco, e la collera crescere e travolgermi come un'onda di mareggiata mentre levavo un urlo selvaggio contro il cielo e sentivo le mie lacrime di rabbia confondersi con la pioggia che mi scendeva sul viso.

 

Incapace di trattenere la mia furia sferrai un pugno alla roccia sotto di me tanto violento da farmi sanguinare la mano, non potevo tollerare quell'ingiustizia... non potevo... sentii la mia fede vacillare scossa dal profondo.

“Se non possiamo credere nella Giustizia divina allora cosa ci resta?” mi chiesi.

In quell'istante udii dei passi avvicinarsi, levai lo sguardo e attraverso la pioggia che mi cadeva sugli occhi vidi una figura familiare.

Si fermò davanti a me e disse:

“Allora ci sei anche tu, mi fa piacere sapere di non essere solo”.

Rimasi in silenzio, ancora preda di una rabbia tanto intensa da impedirmi di parlare.

Il giovane davanti a me inclinò il viso incorniciato dalla lunga chioma blu intenso, scuotendo i riccioli zuppi di pioggia e porgendomi amichevolmente la mano, mi fissò per un istante in silenzio... nei suoi occhi color turchese balenò un tagliente lampo di collera mentre sul viso grazioso sfoggiava quel suo irresistibile sorriso da furfante

“Abbi pazienza, la vendetta amico mio...” disse ammiccando “...è un piatto che va servito freddo”.

 

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Capitolo 18
*** Pegasus Seiya ***


Stavo correndo verso i campi di addestramento sperando con tutto me stesso che Shaina fosse li ma, quando vi giunsi, li trovai deserti.

Ero arrivato troppo tardi e adesso dove potevo cercare Shaina?

Mi avvicinai ed entrai all'interno della recinzione che delimitava la zona. Mi sommersero i ricordi e per qualche istante, rimasi immobile in mezzo all'area di terra battuta, dove si scorgevano ancora le orme dei combattenti che, in quel luogo, si erano allenati poco prima.

Mentre ero distratto dai miei pensieri udii lo scroscio dell'acqua provenire dai numerosi fontanili, che costeggiavano il campo allo scopo di consentire ai guerrieri di refrigerarsi e dissetarsi durante le ore di allenamento.

Levai lo sguardo verso il suono e scorsi Shaina che, approfittando dell'essere sola, si stava rinfrescando il viso sudato.

 

Rimasi un lunghisimo istante immobile e incantato a guardarla.

 

Ora stava bevendo chinata sul getto e i riccioli color giada le cadevano disordinati sulle guance stillando acqua e luccicando alla luce del sole, teneva gli occhi chiusi e le morbide labbra, che sfioravano il liquido come a baciarlo, erano socchiuse in un'espressione soddisfatta.

 

Sospirai e mi avvicinai a lei chiamandola. Al suono della mia voce, si alzò di scatto e i suoi occhi di smeraldo brillarono tra i capelli bagnati che le cadevano sulla fronte, rivolgendomi un'occhiata interdetta.

 

Seiya cosa fai qui?” chiese voltandosi dall'altra parte in modo che non la vedessi.

Rimasi un istante senza parole, poi dissi

 

Perdonami per l'intrusione ma io ..io..”

 

Perchè sei, ancora, qui?”

 

Io... io sono un Saint di Athena... ” Risposi leggermente titubante.

 

E' un nome di cui occorre essere degni... tu nemmeno ti reggi in piedi... non sei più utile a nessuno! Cerca di comprenderlo!”
Rispose lei, voltandosi d'improvviso e i suoi dolci occhi verdi furono attraversati da un lampo di ferocia che li rese ferini.


 

Seiya... il Cosmo di un Saint arde all'interno del suo cuore e se tu avessi uno specchio... vedresti riflesso il volto di un miserabile...”

 

le sue parole mi colpirono come uno schiaffo...

...vedresti riflesso il volto di un miserabile... il volto di un miserabile... un miserabile... miserabile...”

 

 

Aprii gli occhi di scatto e li sentii riempirsi di lacrime, mentre il cuore mi batteva a mille.

Oh... Shaina... Shaina...”

Inizia a singhiozzare raggomitolandomi nel letto, come un bambino frustrato che sfoga un'incontenibile rabbia.

...soltanto un miserabile... un miserabile... è questo quello che pensi di me?

Probabilmente si.

Sono le ultime parole che mi hai detto ai piedi del tempio di Artemide.

Perchè Shaina? Perchè?

Da allora non ti ho più vista, pensi ancora di me che sia un cavaliere inutile? ...soltanto un miserabile...?”

 

Mi alzai ascigandomi gli occhi, la testa mi faceva male da impazzire, volevo levarmi quelle parole dalla mente e quel dolore dal cuore e l'immagine della mia dolce Shaina che mi guardava da dietro la sua inesspressiva maschera d'argento, mentre le pronunciava.

Mi alzai in piedi, stringendomi lo stomaco... ero sconvolto e mi veniva da vomitare.

 

Perchè ti ho sognata? Maledetta strega!
Perchè ho ricordato quelle parole di disprezzo... vai al diavolo Shaina!

Perchè... mi fai sentire così!?”

 

Il cuore mi incalzava come a volermi uscire dal petto e la testa mi stava scoppiando quando giunsi in bagno, di fronte allo specchio.

 

... soltanto un miserabile...”

 

Alzai lo sguardo, e mi vidi riflesso.

Il volto tirato e bagnato dalle lacrime, i capelli arruffati... poi lo sguardo mi cadde su quella dannata cicatrice.

Quella lasciatami dalla spada del Signore degli Inferi.

La accarezzai con la mano, era una sottile striscia di pelle più ruvida e biancastra, vicino al cuore.


La mia medaglia... la medaglia dei maschi di cui andavo più fiero.

 

Come avrei voluto che anche Shaina la sfiorasse con la sua mano, allora... forse non mi avrebbe più considerato, solo un miserabile.

Le mani di Shaina... così affusolate e bianche con le unghie ben curate e tinte di viola...

Immaginai, con un sospiro di sentirle sulla mia pelle, sfiorarmi il petto come era accaduto tanto, troppo tempo fa... quando...


Scossi violentemente la testa, questi pensieri non erano da me!
Mi sciaqquai rabbiosamente il viso con l'acqua gelida per togliermi simili idiozie dalla mente.
Ci riuscii ma la testa mi stava ancora scoppiando.


Sapevo che Miho sarebbe passata a prendermi per uscire insieme e trascorrere la giornata al mare.

Decisi di anticiparla andando io da lei, mi vestii in fretta, presi le chiavi di casa ed uscii senza nemmeno fare colazione. Avevo lo stomaco a pezzi.

Seiya... il Cosmo di un Saint arde all'interno del suo cuore e se tu avessi uno specchio... vedresti riflesso il volto di un miserabile...”

 

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Capitolo 19
*** Seiya e Miho ***


Seiya ed io passeggiavamo in silenzio mentre lo stavo guardando di sottecchi cercando di capire se mi aveva detto la verità quando si era presentato al cancello dell' Orfanotrofio, neanche mezz'ora fa.

Osservandolo attentamente, mi resi conto che più che provato, come avevo pensato in un primo momento, il mio amico sembrava profondamente angustiato e me ne chiesi, la ragione.

Io lo conoscevo bene ed era molto raro cogliere un così evidente turbamento negli occhi di Seiya. Per un attimo pensai che fosse successo qualcosa tra lui e i suoi amici ma, guardandolo bene, mi resi conto che ciò che offuscava il suo sguardo sempre limpido, rendendolo così strano non era preoccupazione, o almeno non solo quella, c'era qualcosa di diverso, di più intenso.

Pensai che, se non si fosse trattato di lui, il mio amico fosse innamorato.. si, quella sembrava la definizione giusta.

Disperatamente innamorato.

Ma faticavo ad immaginarlo in una simile situazione.
Anche perchè, nonostante ciò che era accaduto alcuni giorni fa, ero certissima di non essere io la ragazza per cui spasima, infatti era palese che, sebbene guardasse me, il suo cuore e la sua mente erano da un'altra parte.

Del resto lo sapevo da molto... molto tempo e poi... lo avevamo deciso insieme circa una anno fa, quando lui partì nuovamente per la Grecia al seguito di Saori Kido.
Allora odiai quella ragazza altezzosa e superba perchè lo portava con sé a combattere e a morire in nome di un'ideale che non comprendevo, e non capivo nemmeno Seiya che si ostinava ad essere pronto a morire per lei che diceva essere la sua dea, Athena.

Decisi allora che, per Seiya ci sarei, sì, sempre stata ma sarei rimasta soltanto un'amica fraterna... per il resto, ognuno per la sua strada e liberi di amare chi vogliamo.

 

A proposito... forse dovrei parlargli di Shou, lo Still Saint del cielo...”, riflettei fra me e me, ma prima volevo scoprire se lui fosse veramente innamorato, come sospettavo, e soprattutto... di chi.

 

“A cosa stai pensando?
Come mai sei così silenzioso?”

Buttai lì la domanda più per cogliere qualcosa dalla sua reazione e non perchè mi aspettassi una sincera risposta.

 

“Hai ragione scusa”. rispose lui vago.
“Ero ammaliato dai raggi del sole”.

 

Tipico cliché”, pensai, ormai certa di aver visto giusto.

 

Certo il sole, basso sull'orizzonte, che con i suoi raggi d'oro giocava sull'altalena di luci e ombre generata dai palazzi della città, scintillando sulle immense vetrate che davano ai grattacieli l'aspetto di torri di diamante, era spettacolare, ma non sufficiente a giustificare uno sguardo simile.

Sicura di avere colto un'umana debolezza nell' orgoglioso cuore guerriero di Seiya, decisi che avrei indagato, con il tempo e con il giusto tatto, per scoprire chi fosse la fanciulla riuscita a scalfire la sua tempra e lanciai uno sguardo di sottecchi al mio amico che era talmente assorto da non accorgersi del mio malcelato sorriso.

 

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Capitolo 20
*** Gemini Saga ***


Mi trovavo sulla cima di una strana altura, non ricordavo che luogo fosse, ma dentro di me sentivo una certa familiarità, lo avevo raggiunto facilmente nella notte attraverso un passaggio che, compresi, essere segreto, perchè per nulla sorvegliato né illuminato.

L'altura dove mi trovavo era un vasto spazio roccioso, dove sporadici ciuffi di vegetazione crescevano qua e là illuminanti dalle stelle di una notte senza luna come spettrali ombre . Vi si trovavano due templi, uno nella zona più alta, semi diroccato e chiramente inabitato da lunghissimi secoli, come se il dio al quale apparteneva avesse smesso di dimorarvi già agli albori della storia umana, l'altro era più in basso e facilmente raggiungibile.

Anche questo mostrva i segni dell'usura del tempo ma la strada per raggiungerlo era libera dalle sterpaglie ed al suo interno erano presenti i resti di un sacrificio rivolto agli dei, mi chiesi a quale divinità fosse consacrato, dal momento che la terra in cui mi trovavo è ptotetta dalla dea Athena.

Provai a ricordare... sentivo che quel posto mi chiamava, voleva dirmi qualcosa, sapevo di esserci già stato, di averci compiuto qualcosa... un sacrifico di sangue?

No...no... si trattava di qualcosa di diverso ma cosa...un delitto?

 

...Assassino...

 

 

La testa iniziò a farmi male da impazzire... mi guardai intorno, l'altura era avvolta nell'oscurità e la terra intorno a me era intrisa di... sangue... sangue... sangue...tantissimo sangue.

Lo vedevo scorrere ai miei piedi e scendere giù per la scarpata, quel sangue gridava vendetta e gridava un nome.

 

Arles!

 

“Sono io? Sono io Arles? No... non lo sono... ma allora, chi sono io? Chi sono veramente? Cosa ho fatto?”

Chiesi alle ombre che avevano preso forma accanto a me e che sembravano stringermisi sempre più attorno fino a farmi soffocare.

 

“Basta!”

Urlai sentendo la mia voce perdersi inutilmnte nel vuoto, mentre mi nascondevo il volto tra le mani.

Esse, però, rimasero mute, ignorando le lacrime che mi bruciavano negli occhi cadendo al suolo e lavando il sangue che lo imbrattva.

Le ombre, impietose, mi indicarono di proseguire verso il tempio e lì vicino scorsi un bacile, di foggia antica, pieno d'acqua.

 

“Devo guardare?” domandai alle ombre

Esse annuirono...

 

... negli occhi del Grande Sacerdote si specchia il futuro...

 

Spinto da un'arcana forza mi avvicinai e guardai all'interno del bacile.

 

Inizialmente l'acqua era limpida e calma come la superficie di uno specchio, poi, lentamente, iniziò ad incresparsi in sottili cerchi concentrici che si allargarono sempre più fino a lasciare intravedere un'immagine via via sempre più nitida.

 

Era una citta. Una città moderna i cui grattacieli di vetro risplendevano alla luce del sole al tramonto.

Vidi due ragazzi passeggiare fianco a fianco sulla banchina di un porto.

 

Lei era un comune essere umano ma lui... in lui risplendeva l'arcana luce che palpita nelle misteriose profondità del cosmo

 

“Chi sei tu che brilli di una luce tanto intensa?”

 

L'immagine nello specchio d'acqua non accennava a scomparire ma come fosse gli occhi di un falco seguì a lungo i passi dei due giovani che, se solo avessero alzato il capo, avrebbero notato la misteriosa figura che sfavillava sopra le loro teste.

 

In piedi, miracolosamente in equilibrio sopra un'altissima gru del porto, si trovava un giovane avvolto da un mantello bianco che sbatteva nel vento come le ali di un uccello, lasciandone intravedere il corpo, sfavillante di bagliori dorati. Il suo viso era celato dal cappuccio, eppure aveva qualcosa di tristemente familiare, alcune ciocche dei lunghi capelli color glicine, erano sfuggite al laccio che le legava e gli schiaffeggiavano gli occhi persi nel cielo che tutto intorno a lui, al dolce tramontare del sole, s'infiammava in ardenti tocchi di rosso e arancio mentre nuvole d'oro all'orizzonte cavalcavano il vento della sera verso l'ombra che presto avrebbe spento ogni bagliore, avvolgendo la terra nel silenzioso manto della notte.

 

Fu in quell'ombra che vidi comparire, diafana come un fantasma, una figura fluttuante. Appariva come una donna smunta e vestita di stracci che stringeva al petto uno scrigno prezioso traboccante d'oro, si avvicinò al giovane che volse i verdi occhi a mandorla su di lei, per un'istante rimasero a fissarsi, poi la donna gli toccò il cuore e scomparve alla mia vista divenendo un tutt'uno con l'oscurità della notte.

Il giovane rimase immobile a guardare le stelle come se alm ndo non esistesse nessun'altro che lui...

Trasalì quando, alle sue spalle, si approssimò un'altra elegante figura, anch'essa ammantata e celata tra le ombre...

 

“No!”

 

Udii la mia voce come provenisse da una'altro mondo.

 

“Basta!”

 

Non volevo guardare ancora nello specchio, qualcosa nel mio cuore si ribellava non volevo vedere il volto di quel giovane...tentai di allontanarmi dallo specchio d'acqua...di distogliere lo sguardo...ma una forza nvisibile mi tratteneva li...mi obbligva a guardare...

...a guardare..

 

Il vento fece ondeggiare il mantello bianco che lo avvolgeva, scoprendo un corpo agraziato dalle movenze elganti.

Sussultai e mi sentii stringere lo stomaco in una morsa di angoscia quando vidi i lunghi capelli d'oro ondeggiare nel vento. In quell'istante voltò il capo verso di me come se percepisse, in qualche modo, che ero li dall'altra parte dello specchio d'acqua...

 

perchè...?”

 

Nonostante le mie lacrime, cadessero ora copiose increspando la superfice dell'acqua vidi ugualmente quel volto, gli occhi dalle lunge ciglia chiusi a celargli la vista del mondo, i capelli d'oro che gli scivolavano come seta sul volto, tra i quali brillava rosso, come una stilla di sangue, il chakra che gli segnava la fronte...

 

“No!”

 

Dissi nel disperato tentativo di sfuggire a quella vista mentre sentivo il cuore attraversato da una lama di ghiaccio...poi...

 

…vidi un'immagine alle sue spalle, una donna vestita di un ricco abito rosso e con il capo coronato d'oro, teneva in mano uno specchio ma il volto di lei mi era celato dall'ombra fino a che...

 

“No!”

 

Urlai con tutto il fiato che avavo in gola riuscendo ad allontanarmi dallo specchio, non volevo guardarla, non volevo vedere il volto che lei stava levando su di me...

 

...non so perchè ma conoscevo quel volto, conoscevo fin troppo bene quel volto diabolico...

 

 

Mi guardai intorno smarrito, le ombre erano disposte intorno a me come a comporre un cerchio sacro e mi indicarono nuovamente lo specchio

 

...dovevo continuare a guardare...

 

Mi avvicinai di nuovo...sentivo il sudore scendermi lungo la schiena e infradiciarmi i capelli, ma non potevo oppormi...e, nonostante il tremito continuo che ora scuoteva le mie membra, guardai.

 

Il giovane, dai capelli d'oro, si avvicinò al suo compagno sussurrando:

“Ho trovato ciò che stiamo cercando, dobbiamo dirigerci altrove”.

Il ragazzo senza voltarsi annuì mentre un lampo di consapevolezza gli attraversava gli occhi verdi, rimase immobile ancora qualche istante, allargò le braccia contro il vento e... si lasciò cadere nel vuoto, quasi volesse librarsi come un uccello, per poi scomparire in un lampo di luce.

 

 

L'acqua dello specchio ridivenne scura

 

...ora rifletteva solo l'eterno movimento delle stelle...

 

Rimasi immobile, ansante appoggiato al freddo bacile di pietra... mi sentivo confuso la testa mi faceva un male insopportabile e avevo la nausea... ma cosa mi stava succedendo?

 

“Saga...?”

sussultai nel sentir pronunciare in quel momento il mio nome, mentre una mano sottile mi accarezzava dolcemente il braccio.

 

Mi voltai.

 

“A... Athena...!?” dissi, sbattendo le palpebre.

 

La luce che sembrava provenire dalla sua persona rischiarò le tenebre intorno a me e nel cielo tornavano a brillare le fulgide stelle.

Le ombre che fino ad un'istante fa si trovavano intorno a me, si aqquattarono lontano come animali selvaggi spaventati dal fuoco.

 

“Perchè sei venuto qui?” mi disse posandomi delicatamente la sua mano fresca sul viso.

 

“Cosa ti è successo? Cosa ti tormenta a tal punto mio cavaliere? Questo luogo è ormai un dissacrato e maledetto, cosa ti ha spinto a raggiungerlo in questa notte senza luna?”

 

“Io...”

Non riuscivo a trovare le parole per spiegarle quello che provavo, sentivo solo i miei occhi riempirsi di lacrime.

“Io...”.

 

La guardai a lungo, il suo azzurro sguardo racchiudeva in se tutti i misteri del cosmo... possibile che non sapesse?

 

 

“Non preoccuparti...” disse dolcemente mentre asciugava le lacrime che mi bagnavano il viso.

 

“Finchè io sarò con te non devi temere l'oscurità”...

 

“Non è l'oscurità che temo...o forse si...”,

pensai tra me... ma rimasi in silenzio.

 

Era così intensa la sensazione di pace che veniva dalle sue mani, così dolce e accogliente il calore del suo cosmo...

 

“Non so dirti cosa o Chi, mi ha condotto fin qui,” dissi.

“Ma...”, esitai, “ho visto qualcosa in questo bacile... qualcuno a te molto vicino...”

 

Un leggero fremito la percorse alle mie parole.

 

“Raccontami tutto”, disse con voce ferma.

 

Le raccontai ciò che avevo visto ma, non so per quale ragione non le dissi della donna vestita di rosso che incrociò con me il suo diabolico sguardo.

 

 

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Capitolo 21
*** Erii e Miho ***


Quel giorno Miho si era alzata di buon mattino, da quando aveva posato i piedi per terra, si sentiva eccitata e la curiosità riguardo i sentimenti di Seiya le aveva tenuto impegnati i pensieri nell'ultima settimana, che era passata in un lampo. Finalmente era arrivato sabato il giorno in cui d'abitudine noi ed i piccoli ospiti dell' orfanotrofio dove viviamo, avremmo passato la serata insieme a lui.

Miho non stava più nella pelle all'idea di incontrarlo e le sue riflessioni l'avevano portata verso qualche teoria... piuttosto bizzarra a dire il vero, ma che tuttavia poteva avere il suo fascino.

Mi stava infatti parlando di una donna Saint che era stata nemica di Seiya ai tempi della guerra contro il Santuario.

Lei lo sapeva perchè ne era, inidrettamente, stata partecipe avendo avuto l'occasione di incontratare alcuni Silver Saint di Grecia oltre che di conoscere Sho, un ragazzo molto carino che lavorava per la fondazione Grado in veste di Still Saint.

Mi stava dicendo che il suo amico Seiya nutriva, verso questa misteriosa donna Saint, uno strano interesse, al quale lei non aveva mai saputo dare bene un nome.

 

“Forse è lei... dopotutto sono due Saints e sarebbe logico che...”, stava dicendo quando la interruppi bruscamente.

 

“Hai capito quello che ti ho detto?”, le dissi scandendo per bene le parole.

 

Lei si interruppe guardandomi dritto negli occhi.

 

“Stamattina mi ha telefonato Hyoga, mi ha detto che sta succedendo qualcosa di strano e di stare attente, Shun l'ha raggiunto in Siberia per verificare alcuni sospetti che aveva, ma questo vuol dire che Seiya è l'unico dei Saint rimasto in Giappone...”

 

Lei sgranò gli occhi improvvisamente consapevole ed allarmata.

 

“Questo significa che potrebbe...”

 

“Sì”, risposi, “essere in pericolo! Per questo Hyoga mi ha raccomandato di non perderlo di vista e soprattutto di informarlo se dovessimo notare qualcosa di strano”.

 

“Bene!”, disse Miho, strizzandomi l'occhio, “allora saremo le sue guardie del corpo”.

 

 

Tutte queste chiacchiere ci avevano come previsto, fatto perdere un sacco di tempo tanto che la sera era giunta quasi prendendoci alla sprovvista e costringendoci a prepararci più in fretta del solito.

Decidemmo entrambe per qualcosa di comodo, l'estate volgeva ormai alla fine ma, nonostante la fresca brezza che soffiava dal mare, si potevano ancora indossare abiti leggeri, quindi Miho scelse un paio di jeans corti al ginocchio e una polo rosa, sopra un giubbetto smanicato anche questo di jeans mentre io la imitai con un abito color carta da zucchero e un giubetto di jeans rosa pallido.

Anche i bambini avevano indossato i loro abiti migliori e non stavano più nella pelle almeno quanto noi.

 

Seiya, invece doveva aver dedicato molto più tempo del solito al compito di prepararsi, tanto che quando lo vedemmo avanzare verso di noi lungo la strada, constatmmo all'unisono che era uno schianto.

Si era lavato e pettinato accuratamente i capelli e indossava sopra i jeans color militare una felpa bianca che recava stampate sulla schiena un paio d'ali così ben realizzate da sembrare vere.

I ragazzi gli corseso incontro felici, mentre lui li salutava con una strizzatina d'occhio.

 

“Dov'è Shun?”, chiese una bimbetta castana con i codini, che per l'occasione si era agghindata come una principessa. Aveva una cotta per Shun e tutti lo sapevamo, anche Seiya.

 

“Perchè non è con te?”

 

“Mi dispiace, piccola”, disse Seiya accarezzandole il capo, “Shun è dovuto andare in missione, ma tornerà tra qualche giorno”.

 

“Allora mi farai tu da cavaliere per questa serata!” Disse convinta la ragazzina puntandolo con l'indice.

 

“Con molto piacere, mia principessa”.

 

Rispose il ragazzo facendole l'occhiolino, poi la sollevò tra le braccia per farla sedere sulla sua spalla, la bimba sghignazzò facendo le linguacce verso i suoi compagni... per una sera il loro eroe era tutto suo!

 

Giungemmo poco dopo, sulla spiaggia dove si trovava un grande luna park sul quale troneggiava un'alta ruota panoramica illuminata meravigliosamente,

 

“Non ricordavo che fosse grande questo Luna Park”, disse Seiya fingendosi perplesso.

 

“Ma come !” risposero in coro i ragazzi dell'orfanotrofio”, ci siamo venuti un sacco di volte!”

 

“Secondo me hai preso troppe botte in testa”, gli disse un bimbetto dalla chioma ribelle, con un atteggiamento da spaccone che lo fece gonfiare come un galletto.

 

“Makoto”, disse Miho dandogli un buffetto sulla testa.

“Non essere scortese”.

 

“Ah! non importa” intervenne Seiya con un sorriso.

 

“Mi sa che il nostro galletto ha proprio ragione”, concluse massaggiandosi la testa con gesto eloquente e scoppiando a ridere

 

“Comunque...” aggiunse deciso, “per dimostrarvi che nonostante le botte in testa sono ancora un valido elemento adesso vi darò prova della mia abilità facendo il massimo punteggio nel tiro con l'arco e vincendo quella!”

 

Concluse indicando una bellissima bambola che rappresentava una sirena bionda dalla coda scarlatta, che faceva bella mostra di se sugli scaffali di una coloratissima baracca per il tiro a segno insolitamente a tema marino, contrattò un po' con il proprietario e infine si fece dare tre frecce, incoccò la prima, tese l'arco e prese la mira intenzionato a centrare il tridente di Nettuno che campeggiava al centro del primo bersaglio.

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Capitolo 22
*** Pegasus Seiya ***


“Dovresti essere ancora un buon elemento?! Come no!”, disse imbronciato Makoto mentre si rigirava tra le mani un bizzarro portachiavi ritraente un colorato galletto.

 

“20 punti... che tristezza, persino Miho avrebbe fatto meglio... mi sa proprio che hai davvero preso troppe botte in testa..”, borbottò rivolgendomi di sbiego un'occhiata truce.

 

“Maledetta strega!
Riuscirò mai a liberarmi del ricordo dei tuoi occhi... delle tue labbra... della tua bianca pelle?”

Pensai, mentre sentivo la frustrazione ribollirmi dentro, non sopportavo l'idea di aver fatto una figura tanto misera per colpa sua, del pensiero di lei...

 

“Accidenti a me e alle mie idee, è inutile che me la prenda... me la sono voluta, era ovvio che darsi al tiro con l'arco in un gioco a tema marino mi avrebbe fatto ripensare a lei... stupido Seiya!

Ma non potevi tentare di vincere la principessa degli Apaches nella baracca western... te la sei proprio voluta la figuraccia...”, rimuginai fra me e me, mentre guardavo di sottecchi quelle due pettegole di Miho ed Erii, ridacchiare tra loro.

 

Eppure quella volta, davanti al Signore dei Mari, Shaina era stata sincera nell'esprimermi i suoi sentimenti, quando mi ha detto di non poter vivere senza di me...

 

-La vita è un bene prezioso, ma senza di te non avrebbe senso... non ne avrebbe per me-

 

...come dimenticare parole tanto appassionate e come scordare i suoi dolci occhi verdi, traboccanti d'amore, mentre le pronunciava? Le sue morbide braccia che si stringevano a me e il suo capo chinato sul mio petto?

 

... il profumo fruttato dei suoi capelli...

 

Come dimenticare tutte le volte che ha combattuto al mio fianco, ferendosi con totale sprezzo della vita, per proteggermi?

...No ...

un amore così è impossibile da scordare, per me, ma lo sarà anche per lei?

Possibile che le cose tra noi, ora, siano davvero cambiate a tal punto?

Ah... mia dolce e orgogliosa Shaina... mi consideri veramente un miserabile indegno del nome di Saint... o c'è dell'altro? Forse... ”

 

“Seiya!!!”

la voce di Makoto mi distolse dai miei pensieri...

“Mi stai ascoltando!!! si può sapere cosa ti prende che sei così distratto stasera? Ti sei innamorato?!”, concluse rivolgendomi un ghignetto perfido...

“Chi io? Scherzi?”, risposi con noncuranza.

Ero diventato bravo a dissimulare i miei pensieri anche se mi sorprese l'arguzia con cui il mio piccolo amico aveva letto nel mio cuore, l'unica cosa che lui non poteva sapere era che mi sono innamorato della donna sbagliata.

Una guerriera consacrata ad Athena che ha rinunciato alla sua femminilità per combattere al servizio della Dea al pari di un uomo. Praticamente fuori portata.

 

Comunque quel ragazzino, che fa ancora la pipì a letto, si stava dimostrando troppo intuitivo e prima che mi rivolgesse qualche domanda più imbarazzante decisi di sviare la sua attenzione sfidandolo a fare un giro sul “drago volante”, delle piccole montagne russe per bambini, dai toni insolitamente dark.

 

“Allora Makoto...” dissi “che ne pensi? Ce la fai a resistere un intero giro sul drago volante?”

“Certo che si!!”, risposere lui caparbio, anche se si vedeva che gli tremavano le ginocchia dalla paura.

“Anche noi anche noi!”, urlò il gruppetto di bimbetti che ci accompagnavano, dirigendosi di corsa verso la giostra che rappresentava un drago nero ad ali spiegate.

Una volta superata la paura, i ragazzi si dettero tanto da fare per acchiappare il piccolo grifone che penzolava sopra la giostra e vincere così qualche altro giro gratis, che io potei finalmente starmene tranquillo con i miei pensieri o almeno lo credevo...

 

“Seiya...”

Mi voltai e rimasi alquanto sorpreso trovandomi di fronte il grazioso viso di Erii che mi stava fissando con aria molto seria.

“Devo dirti una cosa”.

Non so perchè ma sentii il cuore che incominciava a battere all'impazzata.

“Di... dimmi”.

“Ho un messaggio per te da parte di Hyoga, riguarda la persona che ha incontrato in Siberia”.

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Capitolo 23
*** Seiya e Ikki ***


Non riuscivo a liberarmi dalla sensazione angosciosa lasciatami dalla rivelazione di Erii, mentre camminavo a notte fonda nelle zone limitrofe al porto.

 

Possibile che Camus di Aquarius, il valoroso Gold Saint caduto, in battaglia contro Hades, più di una anno fa sia tornato nuovamente in vita? E per opera di Chi, soprattutto, e a quale scopo dato che il Signore degli Inferi è stato sconfitto?

Chi si nasconde dietro tutto questo? Questa rivelazione, inoltre, mi dà la certezza che quello che ho visto in sogno, l'incontro tra Athena e il Saint di Gemini, è stato, come immaginavo una visione della realtà. Che anche lui, Saga di Gemini sia dunque tornato tra i vivi? E se così fosse, mi chiedo, quali altri Saint perduti sono tornati a calcare queste terre mortali?

Ma... perchè... perchè, Saori ci tiene allo scuro di tutto? Possibile che ci abbia veramente ripudiati come suoi Saints?”

 

“No...” dissi fra me e me scuotendo la testa “ci sta proteggendo... come al solito, senza tenere conto del nostro... del mio.. voler essere Saint per lei! Accidenti ...” sbottai tirando un calcio ad un sasso “...razza di...”.

Mi trattenni morsicandomi la lingua per non pronunciare qualcosa di offensivo contro la mia dea. Sarebbe stato blasfemo.

 

Mentre stavo inviendo fra me e me, fui interrotto da un bizzarro quanto improbabile incontro.

 

“Ma chi l'avrebbe mai detto”, udii una voce, leggermente canzonatoria, alle mie spalle.

“Un personaggio della tua levatura a spasso di notte in una zona malfamata come questa?”

 

Mi voltai di scatto e mi trovai faccia a faccia con un ragazzo alto, con occhi azzurri e penetranti ed il volto solcato da una cicatrice, abbigliato decisamente come un teppista.

 

“Ikki?!” esclamai.

“Che cosa ci fai qui? E' da una vita e mezza, che non ci vediamo!”

 

“Che cosa ci faccio io, che cosa ci fai tu? Io sono qui per divertirmi, roba forte naturalmente e tu? Non dovresti essere in riposo forzato a causa delle ferite riportate nell'ultima battaglia?”

 

Un guizzo negli occhi ferini del ragazzo mi diede la sensazione che mi stesse nascondendo qualcosa. Sicuramente quello non era stao un'incontro casuale.

 

Che mi stia guardando le spalle?”. Pensai, rivolgendo un fugace sguardo agli occhi di Ikki che continuava a fissarmi in

attesa di una mia risposta.

 

Probabilmente sto diventando paranoico”, constatai tra me e me ma decisi di tenere segrete, almeno per ora, le informazione avute da Hyoga e lo strano sogno fatto da me, giusto per capire se Ikki ne sapessa di più di quanto non volesse farmi intendere.

 

“Cercavo qualcosa di forte per vincere la noia della convalescenza”, risposi, infine sfoggiando uno splendido sorriso da truffatore.

 

 

“Hai qualche suggerimento?”, chiesi ostentando inncenza.

“Lontano dai locali dove le cameriere hanno lenti che rendono gli occhi come smeraldi però!”

 

“Seguimi” mi assecondò Ikki, “conosco il posto che fa per te”.

Concluse con un sogghigno.

 

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Capitolo 24
*** Ikki e Seiya ***


Ikki, mi accompagnò in un affollato locale a tema piratesco che si trovava poco lontano dalla spiaggia e che, soprattutto, restava aperto fino all'alba.

L'atmosfera era soffusa e la musica tendente ad una certa malinconia ma, nonostante l'ora tarda, era pieno di persone, soprattutto uomini, anche se in un paio di salottini privati, celati da pittoreschi tendaggi, si intravvedevano alcune coppie, che si davano piuttosto da fare nell'amoreggiare alla grande.

Ci sedemmo lungo il bancone, in una posizione adeguata a goderci lo spettacolo di alcune ragazze che si esibivano in ammiccanti abiti sexy dai toni piuttosto dark e ordinammo degli alcolici.

 

Il locale era veramente squallido, sporco e odorava di fumo, l'unica cosa che trovai attraente fu una delle ballerine, dal corpo snello fasciato in un succinto abito di pelle borchiata con inserti di metallo, che si muoveva sinuosa come un felino mentre le sue unghie, laccate d'argento, brillavano come artigli sotto i flash delle luci psichedeliche.

Aveva una selvaggia chioma color argenteo e il suo volto era celato da una maschera nera che le copriva gli occhi, mentre le labbra brillavano di glitter argentati.

Provai uno strano imbarazzo nel sentirmi attratto da quella ragazza, solo perchè per alcuni dettagli del suo look e nel suo leggiadro modo di muoversi mi ricordava qualcun'altra.

Bevvi un sorso della mia birra e distolsi lo sguardo da lei.

 

“Come siamo caduti in basso...”, sussurrò ad un tratto Ikki scolandosi il suo bicchiere di whiski tutto d'un fiato.

 

“Già...”, risposi io tetro, “non è facile ritrovare sé stessi lontano dal campo di battaglia...”

 

“Due leggendari Saint di Athena, in mezzo a questo schifo...”, borbottò lui.

 

“Ex Saint di Athena”. Precisai io amaro.
Sentivo il veleno bruciarmi sulle labbra e per non aggiungere altro, finii tutto d'un fiato la mia birra.

 

Ikki mi fissò ed io ricambiai il suo sguardo, non era necessario aggiungere altro e ci limitammo, ad ordinare ancora da bere con un semlice gesto alla cameriera.

 

D'un tratto, la nostra attenzione fu attirata da un certo trambusto in prossimità delle porte d'entrata del locale.Tanta eccitazione era causata dall'ingresso di una donna dall'aspetto molto avvenente.

Indossava un abito rosso, che pareva fuoco vivo. Lungo fino a terra era seguito da un ampio strascico e le scivolava morbido sui fianchi rivelandoli rotondi e sensuali. Ostentava un'ampia scollatura che ne lasciava scoperto l'ombelico, sul quale brillava un luccicante pendente e ne mostrava i seni prosperosi e sodi, resi lucidi dalla pelle ambrata. Lunghi capelli le scendevano mossi sulle spalle e sul volto, simili a fiamme ardenti, malcelando profondi occhi neri, da incantatrice.

Anche le sue labbra erano rosse come il sangue e inclinate in un famelico sorriso, mentra avanzava con fare impudico tra gli astanti.

 

“Chi è... quella?” sussurrai a Ikki, indicando la sinistra apparizione con un cenno del capo.

 

“Un affare di cui dobbiamo occuparci...”, aggiunse lui, alzandosi in piedi.

 

Quando giungemmo più vicini, la misteriosa donna stava istigando i presenti gli uni contro gli altri con lusinghe tra le più strane e pervertite, sfiorandoli con le sue lunghe mani dalle unghie rosso vivo.

Gli uomini sembravano in preda alla follia e bramavano tutti di guardarla, di toccarla, di sfiorarla, con gli occhi, con le mani, con la lingua in uno spettacolo osceno e disgustoso che, in men che non si dica, si trasformò in un'immensa rissa che sembrava avere lo scopo di intralciare la nostra avanzata verso la strana creatura.

 

“Non avrai intenzione di farti mettere sotto da qualche scaricatore di porto ubriaco spero!”, esclamò Ikki sogghignando.

 

“Stai scherzando vero?” risposi, punto sul vivo, gettandomi nel mezzo del rumoroso groviglio di corpi, tavoli, sedie e oggetti taglienti di ogni genere che ci separava, come un grottesco muro, dalla donna.
 

E' tutto molto strano...” pensai “...che diavolo sta succedendo?”

Più mi avvicinavo, alla strana donna dagli occhi demoniaci, più avevo la sensazione che la luce intorno a noi calasse d'intensità, che i suoni apparissero ovattati, i colori alterati e che gli uomini intorno a noi si trasformassero, come in un incubo, in esseri mostruosi e demoniaci.

Mi sentivo sempre più rallentato nei movimenti e faticavo a mantenere l'equilibrio, come fossi in preda agli effetti di qualche potente droga allucinogena.

Riuscii arrancando a raggiungere Ikki, che sembrava non trovarsi in condizioni migliori. Ansimando, giungemmo a disporci schiena a schiena, proteggendoci reciprocamente le spalle, e per qualche istante riuscimmo a mantenere un discreto vuoto intorno a noi, prima di essere nuovamente sopraffatti da quel selvaggio turbine di incubi che sembrava aver preso vita improvvisamente all'interno del locale.

 

“Che fine ingloriosa..” sussurrai con voce roca, prima che io e Ikki venissimo avvolti da una densa coltre oscura che pareva volerci inghiottire, nonostante ci ribellassimo con tutte le nostre forze.

Maledatta la volta che sono entrato in questo locale...” pensai, mentre sentivo il terreno mancarmi sotto i piedi.

 

Poi una calda sensazione di familiarità mi riscosse, aprii gli occhi a fatica e mentre Ikki ed io venivamo avvolti da una pioggia di petali di rosa scarlatta, colsi nella densa oscurità alcuni bagliori dorati simili alla luce del sole.

Solo dopo qualche istante mi resi conto che provenivano dal corpo di un ragazzo ammantato di bianco, con il volto celato da un cappuccio, che si allontanò subito dopo ad una velocità sovrumana raggiungendo il suo compagno che brillava di luce dorata come lui. Quest'ultimo aveva però il capo scoperto e una corta chioma di capelli corvini.

 

Poi il nulla mi avvolse.

 

Mi sentivo fluttuare in una oscurità morbida come velluto, mentre galleggiavo sospinto dalle onde dell'oceano, sopra le quali mi aveva appena scaraventato il Marin Genaral che presiedeva la colonna posta a reggere la volta dell'Oceano Atlantico del nord, sentivo il sole caldo sulla pelle e un intenso desiderio di lasciarmi andare, di arrendermi...

 

“Seiya, Seiya...”, fu una dolce voce femminile a riportarmi lentamente alla realtà, una voce che avevo la sensazione di non sentire da tanto tempo e che mi fece accelerare i battiti del cuore.

 

Socchiusi gli occhi in preda ad un terribile attacco di vertigini, avevo la nausea e sentivo male dappertutto, china su di me vidi una ragazza. Aveva un viso familiare, anche se non riuscivo mettere a fuoco quei graziosi lineamenti, forse a causa del cappuccio che le ombreggiava il viso impedendomi di scorgerne gli occhi.

Avrei voluto parlarle, sentivo il bisogno di dirle qualcosa, ma rimasi immobile incapace anche solo di pensare a qualcosa di diverso dal sapore metallico del mio stesso sangue.

Dopo qualche istante fui colto nuovamente dalle vertigini, mi chiesi che fine avesse fatto Ikki, ma non pronunciai mai quelle parole e sprofondai definitivamente nel buio.

 

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Capitolo 25
*** Andromeda Shun ***


Le scale che stavo scendendo portavano all'Inferno e in cuor mio lo sapevo, avevo l'intensa sensazione di stare tornando a casa. Poi la scorsi, la ragazza vestita di nero, non so perché ma non potei evitare di chiamarla e quando si voltò ebbi la sensazione di rincontrare qualcuno che amavo e che non vedevo da secoli, lei rimase qualche istante con gli occhi violetti puntati su di me quasi anche lei fosse vittima del medesimo sentimento, poi si voltò proseguendo per la sua strada. Non potei trattenere l'impulso di seguirla, ma la voce di Seiya mi riportò alla realtà.

Chi è quella ragazza?” Non potevo fare a meno di chiedermelo.

La discesa agli inferi era stata per me come un ritorno in patria e la cosa mi lasciava turbato anche se non volevo che il mio compagno di viaggio se ne accorgesse e pareva che tutto sommato non avesse notato nulla

... nulla fino a quel momento...

in quel momento infatti mi stava rivolgendo uno sguardo sconvolto mentre mi chiamava con insistenza.

Io sapevo che si trattava di un mio caro amico e proprio in nome dell'affetto che mi legava a lui avevo deciso che dovesse subire una sorte degna del suo nome e il più possibile indolore, lo affidai quindi ad uno degli Specter che si trovavano al mio cospetto e andai a sedermi su quel trono che sapevo, da sempre, spettarmi di diritto.

Il trono degli inferi...

 

Spalancai gli occhi di colpo ansimando, avevo i capelli bagnati di sudore e sentivo il cuore martellarmi dolorosamente nel petto.

Mi mossi leggermente tentando di regolarizzare il respiro e riportare la mia mente confusa alla realtà presente guardandomi e intorno sbattendo gli occhi per mettre meglio a fuoco le immagini.

Mi trovavo nella cabina passeggeri di un aereo per i voli intercontinentali, era notte e le luci principali erano spente, solo quelle di cortesia illuminavano l'ambiente di un soffuso e rilassante color azzurro. Ero seduto nella poltroncina, leggermente reclinata, posizionata verso l'interno del corridoio mente il posto di fianco a me era vuoto e attraverso il vetro dell' oblò si scorgeva una notte scura e priva di stelle.

Vicino a me, dall'altra parte del corridoio erano seduti, fianco a fianco il mio amico Hyoga e il suo maestro Camus che teneva il volto, ancora pallido, appoggiato al vetro della finestra mentre i serici capelli gli scivolano leggermente scomposti sul volto e lungo le spalle.

Dal canto suo Hyoga, teneva la testa appoggiata alla spalla del redivivo Saint d'oro e notai che le dita della sua mano erano intrecciate con quelle di Camus.

Ti capisco, amico mio” , pensai con tenerezza, “hai paura di perderlo nuovamente...”

 

In quell'instante sentii anch'io una mano, morbida come velluto, posarsi con leggerezza sulla mia.

Mi voltai di scatto e sgranai gli occhi sconvolto.

Seduta, ora, di fianco a me vi era la fanciulla che avevo veduto in sogno...

 

Pandora!

La sorella maggiore del re degli Inferi.

 

Aprii la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono mentre sentivo il sudure coprirmi, di uno strato gelido, la pelle.

 

Quella donna era... morta!
Perchè si trovava ora... qui? Più presente che mai?

Sentii la sua mano stingere la mia con più forza, mentre mi guardava con quei suoi occhi color ametista.

 

“Non temere...”, sussurrò indicandomi Hyoga, Camus e gli altri passaggeri dell'aereo, “non possono sentirci...”

 

Non so perchè ma quelle parole mi fecero stare più rilassato. Avevo compreso che stava accadendo qualcosa di veramente insolito ed ero curioso di conoscere il motivo della presenza di Pandora lì, apparsa improvvisamente al mio fianco, ma temevo un coinvolgimento delle persone innocenti che si trovavano nell'aereo. In questo modo lei mi garantiva che ciò non sarebbe avvenuto.

Mi misi più comodo gidandomi verso la ragazza. Ora pareva assorta in qualche pensiero e non mi stava più guardando mentre i suoi lunghissimi capelli neri come le piume di corvo le ombraggiavano il volto.

“Da dove arrivi?”

Le chiesi, un po' per stemperare lo strano silenzio che si era venuto a creare, ma soprattutto perchè non aveva certo l'aspetto di chi è appena uscito dall' Inferno.

Portava, infatti, i capelli lisci e ben pettinati, raccolti di lato da un fermaglio rosso scuro e non indossava il vestito, nero e lungo fino a terra, con cui la ricordavo ma portava un'abito rosso bourdeaux, aderente al corpo e corto fino al ginocchio, con un soprabito ed un paio di stivali scuri.

“Vengo da Tokyo”, rispose asciutta.

“Cosa?!” Dissi io sorpreso.

 

Solo allora si voltò nuovamente verso di me, appoggiando anche l'altra mano sulla mia e fissandomi dritto negli occhi.

“Sta succedendo qualcosa... Shun... qualcosa di molto pericoloso per l'intera umanità... qualcosa di mai accaduto prima, per questo sono stata inviata a Tokyo... cercavo te e invece ho incontrato tuo fratello Ikki!”

L'apprensione nella sua voce mi mise in allarme.

 

“Pe... perchè mi cercavi?”, chiesi con un filo di voce, “e chi ti ha mandato?”

 

Lei abbassò lo sguardo, prese dolcemente la mia mano fra le sue e iniziò a parlare.

 

“Ti racconterò tutto, una volta soltanto, ma tu devi promettermi di non interrompermi per fare domande e ascoltare ogni cosa con attenzione, molto dipende dalle scelte che farai in futuro...”
 

Io annuii, con il cuore che batteva all'impazzata.

“E' stata la divina Persefone, sposa di Hades e attuale regina degli Inferi”, iniziò lei, “a risvegliarmi dal sonno della morte quando, alcuni mesi fa, venne da me e mi informò di ciò che stava per accadere sulla Terra.

Devi sapere, Shun, che il Regno degli Inferi ora, che Athena ha sconfitto Hades, è rimasto senza una guida e questo ha dato l'opportunità ad alcuni Demoni, di provare ad aprire un varco per il nostro mondo...”

 

“Ma com'è possibile?”, dissi con veemenza.

Lei mi scoccò un sguardo tagliente ma mi lasciò proseguire.

“Gli Specter sono stati tutti sconfitti, non è forse così... non è forse così... Pandora...?”

 

Un lungo agghiacciante silenzio precedette il seguito del suo racconto. Quando parlò nuovamente la sua voce era poco più di un gelido sussurro e vibrava di tensione.

“Non sto parlando dei 108 Specter che riposavano nella torre sigillati da Athena, nell'ultima Guerra Sacra... no... io ti parlo dei Demoni che risiedono, sin dalla notte dei tempi, nel luogo più remoto e profondo del regno di Hades, quello che noi, abitanti degli Inferi abbiamo sempre conosciuto come, Sub Inferno.

Costoro sono stati relegati in questa prigione per volete divino al tempo del mito, non conosciamo nulla di loro né quali siano i loro reali poteri. Non hanno mai oltrepassato i confini del Sub Inferno, perchè obbedivano al Signore degli Inferi, ma ora che il trono dell' Inferno è vuoto, sono liberi di agire a loro piacimento. Hanno creato un sottile varco tra il loro mondo di tenebra e perversione e il mondo dei vivi... e lo hanno fatto a Tokyo!

Fin'ora ne sono sfuggiti pochi ed io e tuo fratello abbiamo arginato il problema, ma l'ultima volta assieme a loro è comparsa un'altra creatura in grado di asservire i Demoni al suo potere.”

 

Le rivolsi uno sguardo interrogativo.

“Era, Luxuria, uno dei sette Vitium umani, e i Demoni primordiali offrono i loro servigi a creature simili, ma non chiedermi chi l'abbia evocata e a quale scopo, perchè non ne ho idea.

Quando sono giunta sul luogo, alcuni Saint di Athena avevano allontanato Luxuria e i Demoni ed io mi sono occupata di tuo fratello Ikki”.

 

“Come sta ora?” le chiesi con apprensione

“Non temere, tuo fratello sta bene e anche Seiya, ma potrebbero verificarsi altri attacchi simili... sempre più potenti dai quali potreste non uscirne incolumi... Shun!”

Mi guardò seriamente negli occhi... sapevo ciò che stava per dirmi.

 

“Per far fronte a questa nuova minaccia, il Signore degli Inferi, deve tornare sul suo trono!”

“Ho capito...”, risposi abbassando lo sguardo.

 

Quando lo rialzai Pandora era sparita e fuori il cielo si stava tingendo dei colori perlacei dell'aurora, voltai lo sguardo alla mia sinistra e vidi Hyoga sospirare mentre affondava la guangia tra i capelli di seta del suo amato maestro.

Forse ho sognato tutto?”, pensai, anche se in cuor mio sapevo che non era così.

 

Guardai verso la poltroncina imbottita di colo blu avio, dove prima era seduta Pandora e raccolsi il ciondolo che vi splendeva. Una stella d'argento che arrecava una scritta in oro.

"...Your's ever..."

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Capitolo 26
*** Athena-Saori Kido ***


Il mare delle stelle...”

Pensai, mentre lasciavo spaziare lo sguardo all'infinito cielo stellato che si offriva ai miei occhi. Era una tiepida notte di tarda estate e la brezza marina mi accarezzava la pelle con il suo sapore salmastro. Mi trovavo sull' “Altura delle Stelle” il luogo da cui, al Grande Sacerdote di Atene, è permesso vedere il futuro e parlare con gli dei.

Ora l'antico bacile d'acqua dove giorni fa Saga aveva veduto le figure di Seiya e probabilmente di altri Gold Saints, tornati in vita come lui, era calmo e limpido come uno specchio mentre rifletteva l'immensità della volta celeste sopra di me.

Anche il tempio inferiore era vuoto e silenzioso... il tempio che consente a qualunque divinità di mettersi in contatto con il Sommo Sacerdote di Athena.

Ebbene sì, quella piccola altura immersa nel mare delle stelle era un territorio franco all'interno nei luoghi a me consacrati, e consisteva in un contatto diretto tra il Cielo e la Terra.

 

La Terra...”

 

Mi soffermai a respirare il profumo del mare misto a quello dei mirti che giungeva portato dal vento.

Alzai gli occhi verso il cielo e pensai alle parole che mi avevano più volte detto i miei fratelli.

 

Il tuo posto è qui sorella...”

 

Athena... tu sei una dea... quando te ne ricorderai...”

 

E invece io volli diversamente, ripudiata dall'Olimpo e dai miei divini fratelli decisi di rimanere qui su questa bella Terra tra questi esseri umani, che sono meravigliosi seppur nella loro infinita grettezza, seppur immersi costantemente nell'errore ma che sanno amare, lottare, soffrire e gioire... in una parola sanno... vivere!

Gli dei hanno perduto, nella loro immensa superbia, questa vitalità che zampilla come fonte di freschezza e dona speranza e gioia anche nei momenti più tenebrosi.

 

Ora però vorrei che i miei fratelli mi parlassero, apparissero in questo tempio consacrato a “tutti gli dei” e mi svelassero i loro piani, mi dessero una possibilità, mi concedessero un'udienza tra loro, invece...

nonostante ogni notte mi rechi in questo posto, le loro divine voci tacciono...

 

...tacciono e il mio cuore si riempie di angoscia perchè...

 

… perchè conosco di cosa sono capaci gli dei quando decidono di giocare con gli esseri umani e se veramente questa volta hanno pensato di lasciarmi fuori e di non concedermi nemmeno una possibilità per riscattare la vita dell'intera umanità, i miei Saints dovranno combattere nuovamente.

Ancora una volta dovranno rischiare le loro giovani vite per proteggere questa loro Terra, che amano e che gli spetta di diritto.

Ancora una volta dovremmo combattere feroci battaglie e spargere sangue perchè questo loro paradiso non venga perduto.

 

Stirnsi i pugni mentre sentivo le lacrime bruciarmi negli occhi, lacrime di frustrazione, di rabbia verso i miei fratelli che non comprendono la bellezza di questi luoghi, lo splendore e la meraviglia di questo pianeta azzurro che galleggia nel mare delle stelle ed è stato donato dalla Divina Volontà agli esseri umani, ancora agli albori della storia.

 

“... Athena...”

 

Sentii una calda voce maschile alle mie spalle, pronunciare incerta il mio nome.

Mi voltai e mi trovai immersa negli occhi di giada del Saint dei Gemilli, occhi così profondi che parevano riflettere l'immensità del cielo.

 

“Perchè ti trovi qui... sola?” Mi chiese con una certa apprensione nella voce

 

“Io... io...” Risposi, con tono incerto.

Non volevo rivelargli i miei pensieri, non per il momento almeno, non finchè non avessi avuto un'idea più chiara di quello che stava succedendo.

 

“Stavo guardando il cielo stellato... da quassù è uno spettacolo incantevole”. Conclusi con tono più tranquillo, rivolgendogli un sorriso.

Lui ricambiò, piegando leggermente le labbra mentre i suoi occhi assumevano un'esoressione dolcissima. Non so perchè ma sentii che stavo arrossendo e distolsi lo sguardo.

“Questo posto si trova talmente in alto che non se ne vede la base... sembra di essere immersi nei cielo stellato”. Dissi con un filo di voce.

Sussultai lievemente quando sentii il cotone grezzo sulle spalle nude, accompagnato dal calore delle sue mani che mi si posavano sulle spalle. Mi aveva coperto con il suo mantello. Lo trovai un gesto così umanamente premuroso che gli sorrisi nuovamente.

“Grazie... Saga...”.

 

Rimanemmo così vicini per un po', sentivo che Saga si stringeva quasi a me, come se quel posto gli recasse dolore ed infatti immaginai che fosse così, dopo ciò che era accaduto l'ultima volta che vi si era recato. Per questo circondai con le mani il suo braccio e vi posai il capo, era caldo e odorava di lino, mentre i suoi capelli lunghissimi, emanavano un profumo dolce e leggermente speziato. Alzai lo sguardo su di lui. Aveva gli occhi immersi nel mare delle stelle ed il suo sguardo era velato di struggente tristezza, non gli dissi nulla ma gli sfiorai il braccio con una lieve carezza, lui parve rasserenarsi ma non si voltò a guardarmi come aveve sperato continuando invece a mantenere lo sguardo fisso sulle splendenti stelle che compongono la costellazione sua custode, quella dei Gemelli.

 

... i Gemelli...”

Compresi allora il motivo della sua tristezza. Stava pensando al suo gemello minore Kanon.

 

“Oh... Saga...”. Sospirai.

 

Chiusi gli occhi stringendomi a lui e in quel momento pensai a quanto fosse meraviglioso questo pianeta immerso fra le stelle, a quanto fossero meravigliosi gli esseri umani che lo abitano e a quanto fossi felice di aver scelto di rimanere qui, tra loro, con i miei adorati Saints, rinunciando alle olimpiche vette riservate agli dei.

 

 

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Capitolo 27
*** Capricorn Shura ***


Ero appena sceso all'aeroporto di Tokyo dopo quattro ore di volo. Il ragazzo che mi accompagnava, Shiryu, aveva detto che qui avremmo trovato delle risposte sulla mia misteriosa apparizione tra i monti della Cina.

In fondo mi dispiaceva aver lasciato quel luogo permeato di pace e di sacrale silenzio, mi faceva sentire sereno nel profondo dell'anima benché non cancellasse il mio bisogno di trovare ciò che sapevo di stare cercando.

Sussultai quando il ragazzo accanto a me mi sfiorò il braccio con quella sua innaturale dolcezza.

 

“Va tutto bene?”, chiese. “Non hai parlato per tutto il volo”.

“Si... non preoccuparti”, risposi sforzandomi di mantenere un tono rassicurante anche se avevo la sensazione di non essere risultato affatto convincente.

 

Non sapevo per quale ragione ma da quando avevamo lasciato la Cina mi sentivo inquieto, come se in fondo al cuore sapessi che, proprio qui avrei incontrato qualcuno, qualcuno che mi stava aspettando.

 

Lasciato l'aeroporto ci dirigemmo verso il centro della città, secondo ciò che mi aveva detto il mio accompagnatore dovevamo raggiungere una grande arena, che riproduceva il Colosseo, dove tempo fa si era svolto un importante torneo tra Saints e dove ora si trovava la sede operativa delle Fondazione Grado.

Una volta lì avremmo cercato, grazie ai potenti mezzi della Fondazione, di scoprire cosa stesse accadendo.

 

Stavamo percorrendo una strada stretta che passava attraverso numerosi magazzini e capannoni dai muri sudici e incrostati di smog, dove si potevano scorgere i resti strappati e scoloriti dal tempo dei manifesti che pubblicizzavano il grande torneo di cui mi aveva parlato Shiryu poco prima: “La Galaxian War”.

 

“La Galaxian War”... c'era qualcosa in quelle parole che aveva un sapore familiare anche se non riuscivo ad afferrarlo. Svoltato l'angolo scorgemmo in lontananza il Palazzo dei Tornei. L'imponente struttura era annerita dal fumo e in parte era stata, chiaramente, distrutta da un incendio, mi chiesi cosa mai fosse accaduto in quel luogo, per poter devastare in quel modo una costruzione tanto maestosa ma non ebbi il coraggio di chiederlo al mio compagno di viaggio, avevo la sensazione che per lui, quel posto, fosse legato a ricordi importanti ma anche molto personali.

 

 

“Ma bene... finalmente sei arrivato mi ci è voluta molta pazienza ma alla fine sei qui... ti stavo aspettando”.

 

Una voce morbida, che sottendeva la nota aspra del risentimento riempì il silenzio di quel momento, mentre una misteriosa figura usciva dalle ombre per porsi di fronte a noi a sbarrarci la strada.

 

I raggi obliqui del sole, che ormai volgeva verso il tramonto, brillarono sui suoi riccioli biondi illuminandogli il viso, dalla pelle ambrata, che ancora non aveva perso la grazia dell'adolescenza.

Nonostante i jeans strappati, la maglietta scura dalle decorazioni gotiche, la giacca di pelle e la sciarpa panneggiata intorno al collo, gli dessero un aspetto da ragazzo di strada non proprio raccomandabile, c'era in lui qualcosa di nobile, e di dolorosamente familiare. Qualcosa nella purezza del suo sguardo che mi stringeva il cuore tanto da togliermi il fiato...

 

“Chi... chi sei?” Alla fine trovai il coraggio di chiedere...

 

“Un angelo vendicatore... e sono qui per te”, rispose con gli occhi azzurro intenso che si accendevano di ferocia selvaggia mentre avanzava come una belva verso di me.

 

Mi chiesi se non fosse veramente un angelo, quando vidi il suo corpo avvolto da un'aura, come se la sua persona splendesse di bagliori dorati.

 

D'un tratto scattò verso di noi

 

...voleva attaccarci...

 

d'istinto spinsi Shiryu dietro le mie spalle e parai il potente colpo che si stava abbattendo su di noi, sentii il polso cozzare violentemente contro il braccio del mio avversario, scivolando su di esso mentre la mia mano puntava dritto alla sua gola sfiorandogli il volto.

Mi fermai ansante quando avvertii il sangue colare caldo sulla mia mano

 

... ero arrivato ad un soffio dall'ucciderlo...

 

Lui voltò lo sguardo fissando gli occhi ferini su di me

 

... ardevano di collera ma brillavano di lacrime...

 

“Perchè... perchè ti sei fermato?”, chiese con la voce che gli usciva a stento.

 

“Io...”, risposi esitante... “io non posso farti del male...” Dissi abbassando le braccia in segno di resa...

 

 

 

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Capitolo 28
*** Shaina e June ***


Il vicolo che dal porto conduceva alla spiaggia era buio e silenzioso consentendomi di muovermi con circospezione tra le ombre, ero in affanno, anche se cercavo di rendere i miei respiri leggeri e poco rumorosi, sapevo di essere seguita e consapevole che i miei inseguitori erano letali come serpenti.

Un osservatore attento, avrebbe notato una scia di piccole gocce di sangue partire dai miei piedi e perdersi nelle ombre in fondo al vicolo, sperai che i miei inseguitori non fossero cacciatori così abili.

Il sangue mi gocciolava dalla mano destra, dopo aver imbrattato la manica della giacca strappata appena sotto la spalla, dove luccicava sinistro alla luce dei lampioni un lungo taglio. Il rumore di ogni singola goccia mi sembrava riecheggiare nel silenzio in modo fin troppo rumoroso e per quanto mi sforzassi di controllarla, sentivo la paura premere contro la bocca dello stomaco e accelerarle i battiti del cuore. Anche quelli erano rumorosi... troppo rumorosi.

Scartai di lato voltandomi, quando udìi un fruscio dietro di me. Non intendevo assolutamente essere presa alle spalle, fu un istante quello in cui riuscìi appena in tempo a fermare, contro la numerosa serie di bracciali d'argento che mi copriva l'avambraccio sinistro, la lama fulminea che il mio inseguitore nascondeva sotto l'ampio e logoro cappotto nero.

Questi saltò indietro tentando un secondo assalto, scartai nuovamente di lato ma mi trovai di fronte un nuovo inseguitore che mi tagliò ogni via di fuga, ero in trappola, ormai potevo solo affrontarli.

 

Indietreggiai fino a chiudermi nell'angolo tra due muri, alzai la guardia e attesi, sforzandomi di ignorare la paura che, ora, mi mordeva ferocemente lo stomaco mozzandomi il fiato.

I due non tardarono ad attaccare lanciandosi in un assalto incrociato, ma all'ultimo deviarono la traiettoria dei loro colpi. Uno riuscii a pararlo, il secondo saettò alla mia sinistra e mi avrebbe trafitta in pieno petto se non fosse stato fermato da una frusta a tre corde che si avvinghiò come un serpente al braccio dell'assalitore.

 

“Tutto bene sorella?”si udì una voce provenire dalle ombre.

 

L'istante successivo una ragazza entrò, con fare aggressivo, nel cono di luce del lampione. Portava una giacca di pelle nera, decorata da borchie sulle spalle e cerniere agli avambracci, indossata sopra un paio di jeans molto aderenti strappati in più punti, a circondarle la vita aveva un paio di catene dall'aria piuttosto minacciosa e ai piedi un paio di stivali anch'essi decorati da borchie. Il volto era in parte celato da un ampio cappuccio che portava sopra i capelli biondi che cadevano in una lunga treccia sulla spalla destra.

Senza mai lasciare la presa sul lungo manico della frusta incominciò a girare intorno all'avversario celato dall'oscurità.

 

Quest'ultimo sembrava tranquillo e non tentava in alcun modo di liberarsi benché mantenesse la frusta in tensione costante. All'improvvisò scattò in avanti cogliendo la ragazza di sorpresa, una lama lampeggiò fulminea accanto al suo capo, strappandole il cappuccio e rivelando il bel volto di un'adolescente dagli occhi a mandorla di un intenso blu notte che ora brillavano feroci inchiodati sulla figura dell'avversario di fronte a lei.

 

Allentò la presa della frusta lasciando libero il nemico e la fece vorticare davanti a se tenendo il misterioso assalitore a distanza. Quest'ultimo non sembrava minimamente impressionato ma dava quasi l'idea di divertirsi, come se si trattasse di una battaglia tra bambini che giocano in mezzo alla strada, ad un tratto attaccò di nuovo costringendola ad indietreggiare finché non ci trovammo spalla a spalla.

 

“Non sottovalutarli”, sibilai tra i denti, “sono assolutamente imprevedibili”. Conclusi mentre ansimando alzavo la guardia.

 

Per un istante tutto rimase immobile, l'assalitore sembrava scomparso ma noi sapevano che era lì, la tensione era tale che la si sentiva vibrare nell'aria sempre più intensa.

Indietreggiammo ancora fino a trovarci con le schiene poggiate l'una all'altra, ora l'unico rumore udibile era il nostro respiro e il sinistro gocciolio del sangue che colava dalle ferite.

 

All'improvviso udimmo un forte boato e fummo accecate da un'esplosione di luce e quando tutto ridivenne buio vedemmo che gli avversari erano diventati sei e avanzavano lentamente verso di noi, come predatori che hanno appena intrappolato le loro prede.

Giunte a quel punto dovevamo tantare il tutto per tutto, ci rivolgemmo un'occhiata d'intesa e scattammo in avanti. La ragazza bionda, con il movimento della sua frusta, nascose i miei spostamenti permettendomi di attaccare subito dopo sorpassandola e ponendomi così molto vicino agli avversari, tanto da poterne colpire tre con una rapida raffica di pugni che li mise temporaneamente fuori combattimento e che ci permise di spezzare l'accerchiamento e di fuggire lungo il lato opposto del vicolo.

 

“June...” dissi, rivolta alla ragazza bionda “ separiamoci!” e le indicai un vicolo che si apriva tra alcuni palazzi alla nostra sinistra.

 

“Buona fortuna”, rispose lei con un cenno.

 

Eravamo consapevoli degli inseguitori ancora dietro di noi, ma così li avremmo costretti a dividere le forze e magari a ritirarsi.

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Capitolo 29
*** Lady Pandora ***


Mi trovavo sotto la pensilina all'esterno dell'aereoporto di Tokyo. Ikki, al mio fianco teneva le mani affondate nelle tasche dei jeans e lo sguardo fisso davanti a sé. L'aereo che stava riportando Shun in Giappone, sarebbe ginto tra meno di un'ora.

Shun...

il tramite umano del Signore degli Inferi Hades. Mi domandai che effetto mi avrebbe fatto poterlo rivedere e toccarlo alla luce del giorno.

Improvvisamente un tuono rieccheggiò in lontananza mentre all'orizzonte avanzava un fronte nuvoloso temporalesco, alcune gocce di pioggia caddero davanti ai miei occhi brillando alla luce del sole che ancora splendeva nel cielo e che infrangendosi nell' acqua si divise, dando vita ad un piccolo arcobaleno che, per un istante, illuminò di mille colori l'ambiente cisrcostante.

Di fronte a quel piccolo miracolo della natura non potei evitare di ripensare al momento in cui la vita tornò a scorrere nuovamente in me e... ricordai... ricordai... quando...

 

Aprii gli occhi come dopo un lungo sonno senza sogni, ero stesa sulla fredda roccia con le mani intrecciate in grembo e mi sentivo intorpidita come se avessi mantenuto quella posizione per lunghissimo tempo. Avevo freddo e faticavo a muovere le dita delle mani per scioglierle da quel lugubre intreccio che sapeva di morte.

Girai a fatica il capo alla mia destra, vidi la breccia e ricordai...

ricordai...

il crollo del Muro del Pianto, il Saint di Phoenix che attraversava la Super Dimensione con la protezione del mio lasciapassare... la morte, giunta a me per volere di Thanatos.

Ed ora?

Che cosa era successo?

 

Tutto taceva.

Non avvertivo più il Cosmo del Signore degli Inferi, mio fratello Hades... e nemmeno quelli di Hypnos e Thanatos.

 

Che i Saints di Athena...?

 

Doveva per forza essere così, l'Elisio era stato invaso e gli Dei che vi risiedevano sconfitti... ero stata vendicata.

Posai nuovamente il capo chiudendo gli occhi.

 

Grazie Phoenix, grazie Saint di Athena...”.

 

Quando sentii le lacrime bagnarmi le guance sussultai a quella sensazione.

Com'è possibile?

Io dovrei essere... morta!

 

Eppure il calore della vita era tornato ad irrorare le mie membra. Sciolsi l'intreccio delle mie dita, prima rigide e fredde come quelle di un cadavere e mi levai a sedere.

Tra le mani avevo il Rosario dei 108 grani, ora divenuti completamente opachi, segno che anche l'esercito degli Inferi era stato totalmente sbaragliato... ma allora?

Mi morsi le labbra e sentii in bocca il sapore dolciastro del sangue... lo raccolsi tra le dita e lo guardai

 

... era rosso...

 

Chi mi aveva riportato alla vita, in questo luogo che è stato per anni la mia casa e divenuto poi la mia tomba?

 

 

Stavo faticosamente tentando di alzarmi in piedi quando una forza divina mi schiacciò a terra, costringendomi a restare in ginocchio, mentre un Cosmo vibrante e splendente di gloria inondava la grotta dove mi trovavo tingendone le pareti d'oro.

Per un istante pensai alla Dea Athena, che lei mi avesse restituito la vita, ma compresi subito che non era così.

Il Cosmo di Athena è immenso e benevolo caldo come il sole e splendente come l'intero Universo. Questo invece era il Cosmo di una divinità potente e meravigliosa ma che pretendeva di essere adorata e magnificata.

 

Levai lo sguardo verso la luce e la vidi.

 

La divina Proserpina, la Misericordiosa, la Regina degli Inferi, sposa del somma Hades.

Era coperta da un mantello trapunto di stelle e la pelle del suo volto era bianca come la luna. Portava i capelli neri sciolti sulle spalle in morbide onde ed aveva il capo coronato di stelle.

Si avvicinò di alcuni passi ed allargò le braccia mostrando sotto il mantello alcune anime supplicanti che la adoravano chiamandola

...la Misericordiosa... Misericordiosa... Regina Misericordiosa...”.

In una straziante litania.

 

Pandora”, mi disse. E la sua voce era dolce e terribile nello stesso tempo.

 

Comanda mia Signora”. risposi, chinando il capo in attesa del suo ordine.

 

Ella parlò nuovamente.

Riporta a casa il mio sposo”, disse.

Il Signore degli Inferi deve nuovamente risiedere sul suo trono, poichè le porte del Sub Inferno saranno aperte e i Demoni primordiali che ne usciranno, obbediscono solamente al Sommo Hades, non riconoscono altro padrone. Se li lasciamo andare devasteranno non solo il mondo in superficie ma perfino questo Regno degli Inferi e tenteranno la scalata dell'Olimpo.

Sarà la fine del mondo come lo conosciamo, Dei e Uomini capitoleranno, se Hades non tornerà sul suo legittimo trono”.

 

Ma... mia Signora”, azzardai “il Sommo Hades è...”

 

Stato sconfitto dalla Dea Athena!” tuonò lei.

Giammai! Il suo corpo è stato reso polvere ma il suo Cosmo sussiste ancora. Quell'uomo... quel Saint di Athena dal corpo perfetto e dall'animo puro.

Lui darà nuovamente vita al Sommo Hades poiché per questo è nato e a questo destino nemmeno Athena potrà sottrarlo per sempre!”

La sua voce era fradda e tagliente come una lama d'acciaio.

 

Una delle anime imploranti si allontanà dalla protezione del suo manto avvicinandosi a me.

Aveva l'aspetto di un corpo consunto ma sebbene tra i brandelli di carne in decomposizione si vedessero le bianche ossa, nei suoi occhi limpidi e azzurri brillava il vigore della giovinezza. Tese la mano ossuta, chiusa a pugno, la aprì e lasciò cadere qualcosa. Sulla roccia davanti a me, brillò sinistro un ciondolo a forma di stella con incisa una scritta.

 

Yours ever.

 

Levai lo sguardo verso la divina Proserpina nell'istante in cui, avvolgendosi nel suo manto stellato scompariva ai mie occhi.

 

Guardai sgomenta il prezioso monile, sapevo cosa dovevo fare e a chi dovevo consegnarlo.

Esitai nel raccoglierlo... forse potevo ancora ribellarmi a questo nuovo destino. Stirinsi i pugni con rabbia, ancora una volta una divinità prendeva possesso della mia vita, era rinata per servire la Signora degli Inferi, non avevo speranza... ma in fondo è così che doveva andare, dopotutto gli uomini non sono forse solo burattini nelle mani degli Dei?

 

Quando raccolsi il monile una forza arcana mi pervase attraversando tutto il mio corpo e straziandolo come se ogni atomo di esso venisse scisso per poi essere ricomposto in un altro luogo... dove?

Dove ero stata teletrasportata?

 

Mi guardai intorno. Ero nel mondo di superficie. Stesa su un prato d'erba e fiori colorati, e quell'erba profumata

 

...era verde …

 

Mi misi a sedere e guardai sopra di me. Il cielo

 

...era azzurro …

 

e la luce calda e dorata de del sole mi inondò il volto...

 

Stavo sognando?

 

Poi sentii qualcosa di freddo e metallico pulsare nella mia mano, era il ciondolo di Hades... ma allora?

Mi guardai intorno con più attenzione e compresi di essere nel giardino di una villa dall'architettura neo classica, immersa in una tenuta talmente vasta i cui confini non mi erano visibili.

Compresi subito dove mi trovavo, era a Villa Kido, in Giappone, nel luogo dove vive l'uomo che ero venuta a cercare.

 

Quando bussai all'uscio della dependances della villa, rimasi non poco stupita nel vermi comparire sulla porta non il Saint di Andromeda, Shun, bensì suo fratello maggiore Ikki.

Il Saint di Phoenix, dal canto suo, non parve poi molto sconcertano nel vedermi rediviva all'uscio di casa sua ma mi fissò intensamente per un lungo istante con quei suoi imperscrutabili occhi chiari, limitandosi a dire.

 

E così ci rivediamo... Pandora”.

 

Facendomi poi cenno di entrare.

Non gli dissi del ciondolo né delle parole della divina Proserpina poiché quello era un messaggio che dovevo riportare personalmente a Shun e la presenza di suo fratello Ikki, che non avevo calcolato, poteva solo complicare le cose.

 

Lui però non fece domande ed immaginando che il mio ritorno riguardasse il fratello minore, si affrettò a spiegarmi che Shun si era recato in Siberia per verificare alcune anomalie esarebbe tornato dopo qualche tempo.

Mi invitò a rimanre nel suo appartamento.

 

Nei giorni a seguire parlammo a lungo, di molte cose e venni a scoprire che altri , come me, erano stati risvegliati dal sonno della Morte.

 

Pare proprio che gli Dei ci stiano trattando come giocattoli”.

Disse sogghignando Ikki quando comprese la mai non conoscenza dei fatti che riguardavano il ritorno alla vita di alcuni Gold Saints.

 

Rabbrividii a quelle parole.

 

Fui sottratta ai miei pensieri dal rombo di un motore e dal vociare improvviso dei presenti intorno a noi. Guardai Ikki.

 

“L'aereo è arrivato”, disse lui asciutto.

“Aspettiamo qui”.

 

Mi appoggiai al muro e osservai la gente che si accalcavano all'uscita dell'aereoporto. Quando la folla si fu leggermente diradata giunsero da una strada secondaria quattro persone.

Le due ragazze camminavano velocemente e quella con una folta chioma di riccioli biondi trascinava l'amica, per mano.

I due uomini che parlavano sommessamente parecchi passi dietro di loro, li riconobbi subito. Erano il Saint di Pegasus, Seiya e Shiryu, Saint del Dragone.

Ikki non fece alcun cenno di saluto, né si avvicinò a loro, ed essi non si accorsero di noi.

Ora il piazzale davanti all'aereoporto era completamente deserto.

 

“Eccoli finalmente!” Esclamò la ragazza dai riccioli biondi, quando le porte automatiche si aprirono ed apparvero sul piazzale lastricato Hyoga, Saint di Cygnus e...

 

“Non è possibile...” sussurrai, “quell'uomo è...”.

 

“Il defunto Gold Saint di Aquarius”, concluse Ikki.

 

“Bentornato Hyoga!” esclamò la ragazza bionda correndo ad abbracciare il Saint di Athena.

“Sono felice di rivederti... mi sei mancato tanto”.

Lui le sorrise, prendendole il volto tra le mani e baciandola sulle guance.

“Mi sei mancata molto anche tu Erii”. Rispose il giovane stringendola a sé. L'altra ragazza, che aveva i capelli corvini raccolti in due code sulle spalle, rimase in disparte.

 

“Hyoga...”

“Bentornato amico!”

 

Giunsero anche il Dragone e Pegasus che salutarono il loro compagno con una stretta di mano e una pacca sulla spalla.

Poi rivolsero uno sguardo al Gold Saint.

 

Dragone è cieco e gli sfiorò la guancia prima di piangere, mentre gli occhi di Pegasus si riempirono di lacrime appena lo vide.

 

Il Gold Saint, li guardò dolcemente e asciugando loro gli occhi chiese.

“Percè piangete? Chi siete?”

 

Seiya rivolse uno sguardo a Hyoga in quale annuì abbassando il capo.

 

“Anche lui allora... proprio come Capricorn”. Sussurrò il Dragone.

 

Dunque hanno perso la memoria...” pensai.

 

Poi il mio cuore ebbe un sobbalzo, quando le porte si aprirono nuovamente e illuminato dai raggi del sole, apparve il tramite umano del Signore degli Inferi.

 

Il Saint di Andromeda.

 

Shun.

 

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Capitolo 30
*** Scorpio Milo ***


Avevo schermato il mio Cosmo per non essere individuato mentre ero appolaito, a debita distanza, sul tetto di una bassa costruzione in prossimità dell' aereoporto di Tokyo, e da lì vidi tutta la scena.
Le porte scorrevoli si spalancarono e lui...

...il mio migliore amico...

il Gold Saint di Aquarius, comparve nel piazzale.

Era bellissimo... bellissimo e algido come lo ricordavo.

I lunghi capelli di seta catturavano la luce del sole che si univa ai bagliori dorati che emanava la sua persona, rendendolo ancora più splendente.

Mi soffermai con lo sguardo sui delicati lineaenti del suo volto perfetto e non potei fare e meno di riguardare i suo occhi, quegli occhi a mandorla profilati dalle lunghe ciglia scure.

Avevo sempre amato il mio compagno per quei suoi occhi così profondi e incredibilmente blu, che malcelavano la dolcezza del suo animo.

Ed ora eccolo nuovamente di fornte a me...
il mio migliore amico...
colui per il quale avrei dato la vita...

colui che mi aveva...

...tradito ...

...tradito ...

...tradito!

 

Questa parola rimbombò nella mia mente come un tuono, spezzandomi in cuore. Sentii le lacrime bruciarmi negli occhi e scendere sulle guance come lava infuocata.

 

C'erano altre persone a circondare il mio amico, il suo allievo prediletto, Hyoga, era al suo fianco e poi...

...Shyriu stava ora accarezzando la sua guancia...

...di fronte a quel gesto provai l'impulso di saltare giù e di correre da lui, stringerlo tra le braccia e chiedergli perdono per aver dubitato della sua lealtà ed averlo ripudiato dai miei affetti trattandolo come un traditore, ma sentii una voce nella mia testa...

diceva...

 

Amore con lealtà...

tradimento con vendetta...

vendetta...

vendetta...

 

Sì. la Vendetta!

Ero tornato per questo dopotutto, solo per questo... non per riabbracciare il mio amico, ma per vendicarmi del suo tradimento.

Infondo l'amicizia è un sentimento sacro e non vi sono motivazioni valide per tradirla.

Sì, era giusto.

Camus doveva pagare.

 

Purtroppo non potevo agire ora però, la mia preda era circondata da troppi Saints, per affrontarli tutti insieme e Aiolia era scomparso chissà dova dopo aver fallito il suo tentativo di vendetta contro Shura...

...no dovevo essere cauto ed agire d'astuzia.

Avrei seguito Camus, l'avrei braccato fino a sorprenderlo in momento in cui si fosse trovato solo e allora...

 

Rimasi a guardare la scena, i Saints parlavano sommessamente tra di loro, faticavo a capire cosa si stavano dicendo, ma compresi alcune parole...

Shura...

Aiolia...

Allora li avevano incontrati.

 

Poi accadde qualcosa di inaspettato.

Le porte scorrevoli si aprirono nuovamente e fece il suo ingresso nel piazzale il Saint di Andomeda, ma

...non pareva il ragazzo che ricordavo, egli era come... trasfigurato.

Attorno alla sua persona brillava un'aura divina che sembrava, più che altro, provenire da un oggetto a lui appartenente più che irradiare dal suo stesso essere. Lo riconobbi subito era l'arcano potere del Signore degli Inferi.

Istintivamente mi schiacciai contro il tetto sul quale ero accucciato, per meglio nacondermi alla sua vista.

 

Sorprendentemente però i suoi compagni non parvero percepire la medesima cosa perchè gli si avvicinarono sorridendo e salutandolo con affetto.

Che strano...”, pensai.

Eppure non mi sono sbagliato, il Cosmo che circonda il corpo di quel ragazzo è sicuramente quello del Signore degli Inferi.”

 

Qualche istante dopo apparve sulla scena anche suo fratello maggiore, il Saint di Phoenix, Ikki, che lo accolse con un breve ma caloroso abbraccio.

“Bentornato... fratellino”, gli sussurrò.

 

Pochi passi dietro di lui camminava una donna, molto bella, dai lunghi capelli neri. La riconobbi solo dopo qualche istante perchè indossava abiti civili. Era Pandora la sorella di Hades.

 

Anche lei dunque è tornata a nuova vita...”, pensai chiedendomi il perchè di tutto questo.

Salutò Shun con un leggero sorriso e lui le posò affettuasamente una mano sulla spalla. Si scambiarono un intenso sguardo d'intesa che lasciò evidentemente sorpresi tutti gli astanti ma quando Seiya fece per domandare qualcosa, Shun lo interruppe con un sorriso disarmante dicendo che andava tutto bene così.

Il ragazzo bruno scosse il capo perplesso ma non aggiunse altro.

 

“Stanno accadendo fatti molto strani”, disse d'un tratto il Saint del Dragone, “fatti di cui dobbiamo scoprire la natura e soprattutto il fine... ma sarete stanchi dal lungo viaggio, riposate fino a domani, ci incontreremo al quartier generale... ci sono alcune cose che dovete spiegarci”, Concluse rivolto a Phoenix.

 

“Tipo la sua presenza qui!”, incalzò Seiya di Pegasus indicando Lady Pandora.

 

Phoenix sospirò con atteggiamento spazientito.

“Domani vi metterò al corrente di tutto, compresa la natura dei nostri misteriosi assalitori nel bar”. Concluse rivolto al ragazzo bruno.

Seiya fece per controbattere ma Hyoga intervenne nella conversazione.

 

“Ha ragione Shiryu. Camus, Shun ed io abbiamo bisoro di riposare qualche ora, rimandiamo le spiegazioni a domani, ce lo concedi Seiya?”
Disse rivolto all'amico strizzandogli l'occhio.

“E va bene!” sbottò il Saint di Pegasus con fare a metà tra il rassegnato e lo stizzito.

 

“Verdai...” riadacchiò Phoenix, “non morirai, in qualche ora, per la curiosità.”

 

Il sole ormai era scomparso interamente coperto dalle nuvole grigie che ora di raccoglievano compatte sopra di noi, un lampo squarciò il cielo, illuminando in modo sinistro il piazzale ora rimasto completamente deserto.

I Saints di Athena di erano separati.

Seiya e le due ragazze avevano imboccato la strada per la metropolitana mentre gli altri, tra cui Canus, si erano avviati a piedi verso la periferia.

Attesi che le loro sagome si facessero piccole e poi saltai agilmente giù dal tetto seguendoli da lontano, furtivamente come un'ombra.

Un altro fulmine squarciò il cielo e, primi che iniziasse a piovere a dirotto sentii nell'aria un'odore fetido, come di chi proviene dal Regno dei morti...
fu solo un' istante però, poi la pioggia lavò via ogni cosa.

 

 

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Capitolo 31
*** Ofiuco Shaina ***


Era ormai scesa la notte quando decisi di dirottare la mia fuga verso il porto, nella speranza che la fitta rete di vicoli e i tanti lampioni danneggiati mi rendessero più facile seminare l'ultimo inseguitore che che ancora mi stava alle calcagna, ma fu un'azione inutile.
Per quanto facessi il mio avversario era un vero segugio e questa caccia durava ormai da troppe ore, ero stremata e lui non aspettava altro che commettesi un errore...
Decisi allora che l'unica cosa da fare era coglierlo di sorpresa con un attacco che non si aspettava. Voltai l'angolo di un vicolo sudicio e buio e mi nascosi tra le casse vuote ammucchiate accanto ad un magazzino di stoccaggio del pesce. Speravo di confondere le mie tracce tra le maleodoranti e disordinate cataste, mi accovacciai in un angolo buio ed attesi.
L'ombra scura del mio inseguitore comparve nella fioca luce del vicolo dopo pochi minuti, si muoveva con sicurezza guardandosi intorno in cerca delle mie traccie...

ancora qualche passo..."

pensai, mentre si avvicinava quel tanto da essere alla giusta portata per un attacco...

ancora un passo...due ..tre...

con uno scatto in avanti mi lanciai contro di lui prendendolo alle spalle con un calcio rotante volto a fargli perdere l'equilibrio e con esso la sua posizione di vantaggio, data dalla struttura fisica. Con riflessi, decisamente sovrumani, si voltò evitandomi...
il mio calcio sfiorò solo il suo nero cappotto che andò in brandelli rivelando il corpo di un uomo muscoloso e possente dalla pelle cerea e circondato da un intenso odore di morte.

Compresi subito di "cosa" si trattava.

Ricordavo fin troppo bene l'odore che aleggiava nel cimitero del Santuario dopo che i Saints morti in battaglia, erano usciti dalle loro tombe ad opera del Signore degli Inferi.

L'uomo sogghignò e i suoi occhi, che erano interamente neri e lucidi come quelli di un rettile, brillarono minacciosi.
Indietreggiai.
Sapevo esattamente cosa dovevo fare.
Sfilai dagli stivali una coppia di daghe d'argento, che feci roteare nelle mani prima di lanciarmi in un affondo volto e penetrare il petto del mio avversario. Il colpo della mano sinistra andò a segno e sentii la lama della daga penetrargli tra le costole e squarciarli il cuore e lo scontro sarebbe finito così, se l'uomo che avevo di fronte non fosse stato già morto da chissà quanto tempo. Il mio braccio destro, invece, fu bloccato dalla ferrea presa della sua mano e con uno strattone, mi trascinò a terra per bloccarmi sotto il suo peso in un difficile corpo a corpo nel quale mi sfuggi la daga dalla mano sinistra.
Imprecai nel sentirla scivolare sull'asfalto bagnato dall'acqua maleodorante che ancora gocciolava dalle casse del pescato.
Il demone che stava sopra di me, perchè di un demone si trattava, mi teneva inchiodata al suolo premendomi un ginocchio sullo sterno, mentre, con una ferrea stretta sul polso, mi teneva immobilizzata la mano destra che ancora stringeva la seconda daga d'argento.
Un brivido mi percorse lungo tutto il corpo quando lo vidi sogghignare maligno con lo sguardo che indugiava sul mio seno...

...dal seno alla gola...

...dalla gola al collo...

sentivo la giugulare pulsare follemente e avevo l'orrenda sensazione che lui la vedesse pulsare... ...che gli piacesse vederla pulsare!

Si leccò le labbra come una belva che sta per azzannare un'inerme preda...

"Seiya!"

Improvvisamente rividi i suoi occhi. sgomenti, difronte al mio attacco e alle mie parole quando ci incontrammo alle porte del tempio di Artemide...

Che avesse capito la verità?
Non ne avevo mai avuto la certezza

...dovevo saperlo...

dovevo sapere se aveva capito il reale motivo delle mie azioni, se aveva capito che fu l'amore a spingermi contro di lui contemplando la folle idea di ingannare Artemide per aiutarlo a raggiungere la nostra dea

...dovevo saperlo...

 dovevo sapere se avevo ancora una speranza di conservare il suo amore o se, ferito troppo profondamente dal mio tradimento...

NO! Non potevo morire ora..

...non potevo morire prima di avergli detto la verità, prima di avergli detto quanto il mio amore per lui sia divenuto folle e disperato dopo quegli eventi.

Spinta più dalla disperazione che da una tattica calcolata riuscii, facendo appello a tutte le mie forze, a liberarmi la mano che ancora stringeva l'affilata lama d'argento, anche se mi costò un lancinante dolore al polso destro. Così facendo riuscii a staccare di netto la mano del mio avversario, riducendo in tal modo il suo potenziale di attacco.
Questi rimase impassibile e sferrò un potente calcio al mio già malridotto braccio destro, sentii le ossa dell'avambraccio spezzarsi in più punti, mentre una nuvola di bagliori mi si accendeva davanti agli occhi provocandomi un violento moto di nausea e facendomi cadere la lama che ancora stringevo tra le dita imbrattate di sangue.
Cercai di snebbiarmi la vista scuotendo violentemente il capo e di pensare velocemente cosa potevo fare.

Non potevo morire così non senza aver rivisto ...

"Seiya..."

Improvvisa mi giunse l'illuminazione, quando mi accorsi che il demone davanti a me si trovava con i piedi immersi in una pozza d'acqua stagnante che colava in un sottile rigagnolo dalle casse poco lontane.
Richiamai allora tutto il potere del mio Cosmo, scatenando una tempesta di fulmini che concentratisi sulla mia mano rivolsi verso l' acqua che stava ai piedi del mio avversario che, un'istante dopo, si irrigidì avvolto dalle potenti scariche contorcendosi in una serie incontrollata di movimenti spasmodici. Stavo per distogliere lo sguardo, colta dalla nausea difronte a tale pietoso spettacolo quando, prima che il suo corpo carbonizzato cadesse a terra ammorbando l'aria di odore di carne bruciata, vidi una nuvola nera uscire dalla sua bocca aperta, scomparendo nell'oscurità del cielo notturno.

Qualche secondo dopo ero sola e ansimante nel vicolo silenzioso. MI guardai intorno e fui colta da un'agghiacciante consapevolezza: ero sola, ferita, armata e accanto al corpo di un uomo morto in circostanze insolite, se fosse arrivata la polizia, ora, per me sarebbe stata la fine.
Dovevo fuggire.
Non sapevo dove ma dovevo andare lontano, il più lontano possibile da qui.


Stavo vagando.

Da quanto tempo ormai vagavo tra le mille luci che fiancheggiano le strade di questa città?

Strade deserte in cui l'unica parvenza di vita era data dal passaggio sporadico di qualche mezzo solitario.

...Mi chiedevo se qualcuno si fosse accorto di me...
 
Più di una volta fui costretta a nascondermi per evitare di essere notata da qualche solitaria autopattuglia della polizia.
Avrei dovuto raggiungere June al quartier generale ma avevo perso l'orientamento, non sapevo dove mi trovavo e la vista iniziava ad annebbiarsi, le forze mi stavano abbandonando, la mente era come avvolta in una morbida coperta scura che ovattava ogni stimolo, l'unica cosa che ancora percepivo con chiarezza era il lancinante dolore al braccio destro, era come un punto luminoso nel buio che mi stava avvolgendo sempre più fitto...

...sempre più fitto...

D'un tratto sentii braccia forti afferrarmi impedendomi di cadere a terra, il contatto con i muscoli e la pelle calda mi suscitarono un brivido...
Trasalii quando sentii una voce familiare chiamarmi per nome: “Shaina!”

“...Seiya..."

"Seiya...sei tu? Non è possibile io sto sicuramente delirando ...” pensai, ma il calore amorevole di quelle braccia mi faceva provare una così dolce sensazione di sollievo...

Avrei voluto così tanto aprire gli occhi per guardarlo, essere certa che non fosse solo un sogno, uno scherzo crudele della mia mente...

“Shaina!
Shaina... rispondi...cosa ti è successo, perchè ti trovi qui!?
Shaina!
Shaina...”

La sua voce era affannata e le sue braccia mi stringevano, ora, con più forza.
Avrei voluto così tanto rispondere alla sua invocazione, parlare, dirgli che stavo bene, ma avevo paura che se avessi parlato questa folle illusione sarebbe scomparsa e mi sarei trovata a fare i conti con chissà quale amara realtà
... ma dovevo farlo smettere...
non potevo sopportare l'angoscia di quella voce, sempre più lontana, che continuava a chiamarmi, a parlarmi
...avrei voluto rispondere... ma stava annaspando... annaspavo nella sensazione sempre più intensa di essere immersa tra le scure acque dell'oceano e per quanto tentassi di uscirne rimanevo sempre più sommersa fino a non sentire più nulla, tranne la sensazione di essere priva di peso e di galleggiare nell'aria, cullata da un movimento lento, come se fossi sospesa da onde marine.


Quando aprii gli occhi mi trovai supina, immersa nell'oscurità, con lo sguardo rivolto al cielo in cui brillavano le stelle di Grecia...

Il cielo di Grecia! Com'è possibile io...
mi alzai di scatto e una violenta fitta al braccio destro mi riportò alla realtà.

Mi resi conto solo allora di trovarmi su un letto. Alla mia sinistra c'era un muro e poco lontano, da una finestra inclinata, filtravano le prime luci dell'alba.
Alzai lo sguardo verso il soffitto e compresi.
Alcune stelle fosforescenti erano incollate al soffitto a formare il cielo di Grecia come in un piccolo planetario artigianale.

Mi girai nel letto per alzarmi ma fui bloccata da una fitta alle costole che mi spezzò il respiro. Allora ricordai quanto accaduto.
Guardai il braccio destro e vidi che era stato accuratamente fasciato son una fasciatura rigida che mi avrebbe permesso di muoverlo abbastanza bene senza sentire dolore. Mi tastai le costole e mi resi conto di essere praticamente nuda con indosso soltanto una t-shirt rossa, troppo grande per me, che continuava a scivolarmi lungo la spalla.
Mi guardai intorno, allarmata, alla ricerca delle mie armi e dei miei vestiti, ero risoluta a conoscere l'identità del mio ospite e ad andarmene prima che la mia presenza qui diventasse pericolosa per me ma soprattutto per lui....

...chiunque fosse...
 
 
Fotocamera

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Capitolo 32
*** Shaina e Seiya ***


Mi alzai con cautela e mi guardai intorno.
Nella stanza, avvolta dalla penombra, vidi una poltrona, un tavolo e una cassettiera dove sopra si trovava un vecchio televisore. Dalle finestre, con gli scuri accostati, entrava il chiaro rumore del mare.
I miei jens si trovavano piegati sopra la poltrona accanto ai miei bracciali d'argento e alle mie armi. Non vidi la la mia giacca nè la mia maglietta. Cercai i miei stivali nella stanza ma, a causa de buio, non riuscii a vedere nemmeno quelli.  
        Uscii con circospezione dalla stanza, cercando di fare meno rumore possibile, la casa era silenziosa e sembrava deserta. Sentii il pavimento del corridoio, freddo, sotto i miei piedi, nudi, quando mi diressi verso quello che sembrava un piccolo soggiorno. La finestra era aperta e da essa si vedeva il sole sorgere sulla darsena, rimasi a osservare il paesaggio nel tentativo di capire in quale parte del porto mi trovassi.

“Davvero una bella vista vero?”
Una voce bassa e morbida mi sorprese alle spalle facendomi rabbrividire

“Seiya?”sussurrai incerta.

“Proprio io” rispose la voce dietro le mie spalle.

“Vedo che ti sei ripresa, mi hai fatto spaventare sai?”
il suo tono appariva più leggero ora, ma io vi sentivo vibrare una profonda nota di ansia.

“Sono felice di rivederti” risposi voltandomi a guardarlo
“Ti trovo bene” continuai

“Perchè ho la sensazione che tu mi nasconda qualcosa?” mi chiese lui scrutandomi con sguardo indagatore.

“Perchè ti sbagli” gli risposi con leggerezza sfiorando appena i capelli che gli ricadevano sugli occhi scuri.

Lui rimase immobile a fissarmi perplesso, mentre un solco badava a formarsi lentamente tra le sopracciglia...

“caffè?”
mi chiese allontanandosi di colpo e andando a prendere due tazze vicino al fornello.

Senza attendere la mia riposta me ne mise una in mano, era un gadget promozionale della Galaxian War, provai una strana sensazione nel vedere le effigi dei dieci Bronze Saints impresse su un oggetto tanto comune...

Sussultai quando sentii la sua mano calda sfiorarmi appena la spalla, alzai gli occhi e incontrai il suo sguardo malizioso...

“Ti dona” disse.

Solo allora, sentendomi avvampare, mi accorsi della manica che era scivolata nuovamente giù della spalla lasciandola nuda, sentii un fiume di parole pizzicarmi sulla punta della lingua ma non ne uscì nemmeno una, rimasero tutte li ammutolite dalla mano di lui che indugiava leggera sulla mia pelle, giocattolando con l'orlo scucito della T-shirt, mentre l'altra mano mi sfiorava il collo giocattolando invece, con un ciocca di capelli scivolata dalla spalla sul petto.
Ignorando il fuoco che sentivo bruciare sulle guance alzai gli occhi per guardarlo. Era li, davanti a me, nonostante tutto ciò che era successo, era li davanti a me, per quanto sembrasse incredibile. 
         I suoi occhi incrociarono i miei ma poi li sentii scorrere lungo il mio collo e poi sul seno, che si muoveva veloce al ritmo del mio respiro accelerato, per giungere ai fianchi dove le sue mani mi cinsero sollevandomi, senza fatica e facendomi sedere su davanzale della finestra per fermarsi, infine, sulle mie labbra.

Rabbrividii fino alle ossa quando sentii il suo respiro sfiorare le mie labbra, un'istante prima che incontrassero le sue, calde, morbide... sentivo il calore delle sue mani, che scivolavano sotto la T-shirt, ad accarezzarmi la pelle nuda della schiena, seguendo la linea della cintura che portavo sui jeans, le sue labbra, ora, indugiare dolcemente sulla pelle della spalla. Dalla finestra incominciava ad entrare la luce dell'alba, assieme al rumore sempre più forte del vento che sbatteva le onde contro i moli della darsena mentre un tuono rimbombava nell'aria, ringraziai che il rumore del mare tempestoso entrasse dalla finestra aperta, tanto forte da coprire i miei sospiri.

“Shaina...”
sentii la sua voce sussurrare solleticandomi il collo dove, un istante dopo, le sue labbra si posarono delicatamente.

“Odio dirlo, ma devo rispondere al telefono, potrebbe essere davvero importante.”

          Solo allora mi resi contro del trillo che proveniva dalla stanza accanto, rimasi ansimante a guardare la sua figura sparire dietro l'angolo della cucina, mi scostai i capelli dal viso, ancora scossa da ciò che era appena accaduto, faticavo a crederci, era successo tutto troppo in fretta, avevo bisogno di riordinare le idee, ma adesso... quando quella telefonata fosse finita, cosa avrei dovuto fare?

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Capitolo 33
*** Luxuria ***


I Saints di Athena sono incorruttibili, puri ed immacolati come la loro dea, ma pur sempre esseri umani, inclini al peccato e alla debolezza carnale. Non è stato facile trovare tra di loro qualcuno da insidiare con la scarlatta passione del mio vizio, ho dovuto frugare molto fra i loro cuori. I Saints di Athena indossano una corazza spirituale che li preserva dalla corruzione terrena, ma nessuna armatura reale o fittizia non possiede un punto debole, una sottile fessura nella quale l'alito del peccato possa entrare e corroderla fino a renderla inutilizzabile.

I Saints di Athena alimentano la luce del loro Cosmo grazie alle loro elevate virtù ma questa luce che mai nessuno fin'ora è riuscito a respingere sarà presto oscurata da noi che siamo stati inviati dalle viscere più profonde dell'Inferno per trascinare nelle tenebre anche i cuori più limpidi e gloriosi. Gli umani, per quanto forti e saldi in temperamento e virtù, non sono incorruttibili, perchè nel loro animo sempre si annida la serpe del peccato primordiale, un tarlo che può portarli alla rovina e alla disfatta totale. Per questo siamo stati risvegliati, per questo io ed i miei fratelli siamo stati inviati sulla Terra, per portare alla deriva con noi anche coloro che rappresentano l'ultimo baluardo della pace e della giustizia, coloro che risplendono di luce stellare e che hanno il potere di compiere miracoli.

Io sono Luxuria, ed alimento il fuoco malsano del desiderio carnale in grado di condurre anche gli spiriti più irreprensibili alla perdizione.

Tra i Saints ve n’è uno in particolare dal cuore puro come quello di Athena legato alla sua dea da un casto sentimento di amore fin dai tempi del mito, nel corso delle ere, sempre egli è rinato al suo fianco, splendente baluardo alla destra della dea vergine e guerriera, custode dalle ali candide che in quest’era risplendono di bagliori dorati. Nell’avvicendarsi delle ere mai nessuna forza infernale è riuscita a scalfire il suo spirito irreprensibile, tuttavia in quest’epoca egli si è manifestato in un ragazzo asiatico dall’indole ribelle e passionale che con difficoltà ha accettato il proprio destino e i cui sentimenti per la dea sono divenuti di sincero asservilismo soltanto dopo una dura battaglia spirituale che egli ha dovuto compiere per placare il suo spirito ardente che a fatica e non senza poche sofferenze ha piegato al volere degli dei, scegliendo al termine di un drammatico percorso spirituale di consacrarsi anima e corpo alla dea Athena. Ebbene, fra tutti i Saints dei quali abbiamo abilmente sondato gli animi fin nei più oscuri recessi, egli è l’unico nel cui cuore ho trovato uno spiraglio per entrarvi e corromperlo con il mio veleno. Esiste infatti in quest’era un Saint protetto dalla costellazione del tredicesimo segno, si tratta di una fanciulla che ha consacrato la sua vita alla dea Athena rinunciando come vuole la legge della dea guerriera, alla sua femminilità scegliendo di indossare una maschera. Tuttavia nel cuore di questo Saint femmina è germogliato l’amore, sentimento puro e limpido ma non privo di ombre e facilmente incline alla corruzione della carne. Tale sentimento è nato dopo che un giovane uomo, Saint a sua volta ha, visto in lei una donna prima della guerriera che aveva scelto di essere, spezzandole la maschera e svelando la sua più intima femminilità. Questo giovane è proprio il cavaliere dalle candide ali prescelto dal fato per stare al fianco di Athena. Seiya di Pegasus.

Stava ora uscendo dal suo appartamento avvolto dalla luce soffusa di un’umida alba sul mare nipponico, salutando con una strizzatina d’occhio la ragazza dagli occhi verdi, che con ancora indosso la sua sgualcita maglietta rossa gli stava sorridendo incerta sul da farsi. Io la guardavo attraverso i suoi occhi, dall’angolo della stanza. Era bellissima e dolce, nobile e coraggiosa e celava nella sua indole guerriera qualcosa di selvaggio.

Ai Saints di Athena è proibito amare chiunque al di sopra della propria dea, e per quanto ora Seiya fosse stato sollevato dalla stessa Athena dal glorioso onere di essere un suo Saint il suo animo rimaneva consacrato alla dea guerriera, tuttavia non riusciva a rimanere indifferente, come avrebbe dovuto, alla sensuale bellezza della sua compagna, che sapeva con certezza ricambiare la sua passione. Sorrisi maligna guardandolo uscire dalla porta, mentre sentivo la fanciulla emettere un lungo respiro come per un pericolo scampato.

Ebbene sì, questa volta mi erano sfuggiti perché suonando, il telefono, riportò la mia vittima a riformulare le sue priorità, tuttavia i pensieri peccaminosi che gli avevo istillato verso l’altro sesso che si erano concretizzati nelle carezze ardenti e nei baci, uniti ai sospiri della ragazza che mi riecheggiavano nella mente come un giubilo di vittoria, mi fecero umettare le labbra piegate in un ghigno di piacere. Se i due giovani ed incauti Saints non fossero stati troppo persi l’una negli occhi dell’altro mi avrebbero scorta mentre sfioravo le loro labbra insinuando in esse l’irrefrenabile desiderio del reciproco contatto, ma incauti sono caduti vittime della lussuria ed ora era solo questione di tempo.

Presto sarete miei candidi Saints… presto sarai mio, Saint di Pegasus. Commetterai il peccato di Hibrys violando le immutabili leggi divine volute dalla dea a cui sei consacrato e allora la tua fulgida luce si spegnerà e il tuo glorioso nome cadrà in rovina per l’eternità e sarà l’inizio della caduta del firmamento perché una dopo l’altra le stelle di Athena si offuscheranno precipitando all’Inferno.

 

 

 

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Capitolo 34
*** Vitium ***


A chi fosse passato di lì sarebbero sembrate un comune gruppetto di amiche intente a conversare tra loro sotto gli alberi del Shinjuku Gyoen in un pomeriggio di primo autunno, ma non era così.

Quella che ora stava parlando, una giovane donna dal volto emaciato avvolta in un soprabito di pelle nera, era seduta su una panchina sotto una pioggia di foglie secche che, strappate dal vento si staccavano dagli alberi del parco.

«Pare che Luxy (Luxuria) ce l’abbia fatta...» stava dicendo.

«Si è rivelata più brava di voi.» concluse, muovendo la mano con fare svogliato rivolta alle due figure più vicine a lei.

«Quei Santi sono dei veri ossi duri.» rispose piccata una sua compagna mentre si ritoccava il trucco contemplando il suo volto dall’ovale perfetto, che si rifletteva sul prezioso specchietto da borsetta che teneva nella mano. Stava ripassando sulle labbra un rossetto rosso fuoco come il cappotto leggero e gli stivali che indossava.

«Anch’io ero quasi riuscita ad avere ragione di loro!» Irruppe nella conversazione una ragazza dagli occhi infuocati e una fluente chioma ramata che le scendeva selvaggia lungo le spalle.

«Calmati Ira.» Aggiunse l’altra chiudendo lo specchio.

«Nessuno mette in dubbio le tue capacità.»

«E comunque...» proseguì la rossa con foga, senza badarle, «cara Superbia, si da il caso che le tue prede ti siano sfuggite del tutto. Io ho avuto solo un fastidioso contrattempo con il Leone ma almeno l’altro lo tengo ancora in pugno!»

«Ti riferisci forse a quel lamentoso Scorpione?» rimbeccò l’altra sistemando lo specchietto nella raffinata pouscette che portava al braccio.

«Fattene una ragione, il Leone ti è già sfuggito e lo Scorpione farà lo stesso, è solo questione di tempo, gli umani lo chiamano “Amore”» concluse con una smorfia, facendo con le dita il segno delle virgolette che servono a mettere un concetto “per inciso”.

«Sempre meglio del tuo totale fallimento!» Aggiunse furibonda l’altra.

«Ucci ucci...» si intromise nella conversazione, battendo le mani, una quarta ragazza dall’aspetto discinto reso ancora più marcato dalla lunghissima chioma di capelli biondo cenere che le scendevano scomposti lungo le spalle, «… sento odore di bisticci» proseguì facendo il gesto di fiutare l’aria.

«Mi sento quasi offesa.» concluse mettendo il broncio.

«Finiscila, Invidia!» le urlò Ira.

«Ha ragione» aggiunse Superbia, mentre si sistemava l’acconciatura lievemente scompigliata dal vento.

«Noi almeno abbiamo tentato di fare qualcosa, tu, Gula, Avaritia e Akedia, invece cosa avete fatto per perorare la nostra causa?».

«Attendiamo il nostro momento» rispose stancamente Akedia, la ragazza seduta sulla panchina, spostandosi svogliatamente dalla fronte i lunghi capelli corvini.

«A tempo debito, care...» rispose un’altra facendo un passo avanti. Indossava un costosissimo soprabito firmato dalla delicata tinta ocra, corredato di un cappello a tesa larga, guanti bianchi, scarpe con i tacchi a spillo e accessori di lusso. Era coperta di gioielli che brillavano alla luce del sole morente.

«...prenderemo tutto quanto: il cuore, l’anima, il sangue di quei santissimi cavalieri di Athena!» concluse decisa, al posto suo, l’ultima di loro avvicinandosi al gruppetto.

«Avaritia e Gula hanno ragione», proseguì Akedia.

«Come dicevo… anche se quei cavalieri sono una fortezza di santità, pare che Luxuria abbia trovato una breccia e…»

«Anch’io ho creato una breccia!» Irruppe Ira con furore.

Invidia scoppiò a ridere, Avaritia e Suberbia si guardarono facendo spallucce, Gula sbuffò.

«Lo abbiamo capito Ira» rispose Akedia alzando pacatamente la mano sottile.

«Mi correggo...» proseguì.

«Grazie a Luxuria e a Ira» pronunciò il nome di quest’ultima cercando di darvi particolare enfasi. La ragazza dai capelli rossi sorrise trionfante guardando Superbia con aria di sfida, l’altra la ignorò lisciandosi i guanti di pelle rossa. Invidia ghignò da sotto la cortina di capelli biondo pallido.

«Come dicevo… » proseguì Akedia pacata.

«Grazie a Luxuria e a Ira, ora abbiamo acquisito un corpo materiale, ma la nostra rinascita non è ancora totalmente avvenuta, per riacquisire totalmente i nostri poteri dobbiamo spegnere la luce dei Saints, e per ottenere ciò dobbiamo condurre almeno uno di loro a peccare contro la loro dea in modo irreparabile tanto che ella non possa più benedirli con la sua grazia divina. Ora…» si fermò un’istante guardando Ira con sguardo severo. La ragazza si morse il labbro ma non parlò.

«In questo momento, Luxuria è la sola tra noi a poter compiere questa missione, lasciamola fare…»

«Se fallirà…» proseguì Avaritia sedendosi elegantemente sulla panchina al fianco di Akedia, «affideremo la missione a te, Ira...» concluse piegando, in un sorriso, le labbra coperte da uno strato di glitter.

Fissò gli occhi dalle iridi ambrate, su in quelli della ragazza dalla chioma rossa.

«Ci siamo intese?»

«Agli ordini» Pronunciò Ira con tono deciso mentre serrava i pugni.

«Luxuria non può farcela…» pensò.

«E quando tornerà con la coda tra le gambe, farò vedere io a tutte loro di cosa sono capace!»

Invidia la guardava di sottecchi con i suoi occhi pallidi nascosti da sotto le ciocche spettinate che le coprivano il volto, Superbia tirò fuori la palette di trucchi dalla pouscette e si rimarcò le labbra rosso vivo, Akedia accavallò le gambe appoggiandosi allo schienale della panchina mentre le foglie secche le cadevano tra i capelli corvini e Avaritia accanto a lei si contemplava il bracciale che le adornava il polso.

Gula, dai capelli castani e mossi in morbidi ricci dai riflessi ramati, appoggiata all’albero frugò nella tasca dei jeans attillatissimi che esaltavano le sue forme rotondeggianti. Scartò un cioccolatino e lo pose alla labbra tinte di rosa acceso, gettando la carta dorata che volò via luccicando sospinta dal vento,

Lontano, vicino alla darsena del quartiere periferico di Yokohama, seduta sulla banchina del porto Luxuria attendeva il ritorno di Seiya.

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Capitolo 35
*** Gen-Ma-Ken ***


Ero seduta nei pressi dell’abitazione del cavaliere di Pegasus, in attesa che si decidesse a tornare, ormai il sole era del tutto tramontato e le prime stelle, purtroppo, cominciavano a punteggiate il cielo notturno, stavo ascoltando lo sciabordio delle onde quando sentii i passi di qualcuno che giungeva di corsa alle mie spalle, lo guardai di striscio senza voltarmi, era la mia vittima: Seiya.

Sfortuna (per loro) volle, che in quell’istante anche la mia altra vittima, la graziosa Shaina stesse uscendo dalla porta di casa di Seiya e i due quindi si trovarono l’uno difronte all’altra, occhi negli occhi. Lui da sotto le scale le sbarrava la strada impedendole di proseguire. Vidi nei loro sguardi la tensione e il desiderio che presto li avrebbe travolti.

E non ci volle molto, a dire il vero, tanto Seiya era irruento e focoso nella battaglia, tanto lo era nella sua passione per Shaina.

Il ragazzo, salì le scale a due gradini la volta e la raggiunse sull’uscio di casa, la afferrò per le spalle e la spinse dentro finché lei non finì con la schiena contro il muro, allora iniziò a baciarla sulle labbra con foga, senza tanti preliminari, mentre con le mani infilate sotto la maglia le accarezzava il seno e poi la schiena fino a cercare la cintura dei jeans. Lei allora lo spinse via con decisione guardandolo con occhi roventi, gli mise le mani tra i capelli per poi avvicinare nuovamente la bocca alla sua. Così avvinghiati, lei che sentiva le mani di lui armeggiare con i suoi jeans e lui con i capelli stretti tra le dita di lei mentre glieli tirava nel tentativo di liberarsi, ingaggiarono una sorta di corpo a corpo tra sospiri, baci appassionati e frasi di disprezzo.

“Non sarò mai tua, Seiya!”

“Maledetta strega!”

In pochi istanti si trovarono sul letto, completamente nudi, quasi si fossero strappati i vestiti di dosso, lui supino, lei che lo dominava.

Lui la guardò con un ghigno mentre i suoi occhi lampeggiarono concupiscenti quando si posarono sui seni bianchi e ben torniti, il segno evidente della sua femminilità, quel suo “essere donna” che lui bramava possedere e che lei non voleva concedere. Sotto quello sguardo lei avvampò, ed ebbe un fremito. Seiya colse quell’attimo di pudore per sorprenderla alzandosi di scatto e mettendosi a sedere sul bordo del letto trattenendola a cavalcioni sulle sue gambe. Accarezzandole le morbide cosce, la spinse indietro costringendola a puntellarsi con le mani sulle sue ginocchia e iniziò a baciarle il ventre attorno all’ombelico per poi risalire avidamente fino al seno sul quale aveva posato lo sguardo poco prima. Lei gemette e gettò la testa all’indietro quando lui la attirò a sé spingendola con una mano sulla schiena all’altezza dei fianchi.

“No!” protestò lei, quando si trovarono a ruzzolare sul pavimento, ancora una volta lui supino e lei sopra che lo guardava con occhi carichi di desiderio per poi chinarsi a baciarlo con passione. Tentò nuovamente di prenderlo per i capelli ma questa volta lui le afferrò i polsi trattenendole le mani. In un istante fu lei che si trovò supina con tutto il peso di lui addosso e dopo un fugace sguardo, ardente di desiderio, si trovarono avvinghiati in un bacio appassionato. Poi lui iniziò a baciarle il collo, le spalle e il seno, mentre con le mani le accarezzava con insistenza le cosce e i fianchi.

“Seiya… Seiya…” gemette Shaina mentre si abbandonava totalmente alle carezze ardenti di lui e inarcava il bacino per meglio aderire al suo corpo.

Io ero li, con loro, guardai il volto della ragazza, la testa gettata all’indietro, i capelli sudati, sparsi sul pavimento, la bocca socchiusa in un’estatica espressione di piacere mentre pronunciava il nome del suo adorato Seiya. Alzò una mano in un ultimo tentativo di opporsi, ma lui le prese i polsi tenendole le braccia inchiodate a terra e fu in quel momento che la passione esplose tra loro, un amore folle al quale solo la bramosia più sfrenata può portare. Il fuoco della lussuria scorreva nei loro corpi sconvolgendone mente e cuore come un fiume di lava che tutto travolge. Scoppiai a ridere e a ridere mentre con le mie invisibili mani posate sui lombi di Seiya, ne assecondavo i movimenti impetuosi e travolgenti.

Lei urlò, in preda all’estasi mentre con le unghie solcava il pavimento.

L’immagine purissima della loro dea si frantumò in mille pezzi abbandonando i loro cuori e le loro menti.

Avevano ceduto.

Improvvisamente sentii come un pugno al basso ventre, mi piegai in avanti e sputai sangue, quando rialzai gli occhi mi trovai a fluttuare in una dimensione surreale, Seiya e Shaina erano ancora lì, i corpi nudi, travolti dall’incalzalte passione del loro desiderio, ma li vedevo deformati come attraverso uno specchio d’acqua. Poi pian piano l’immagine divenne sempre più nitida e cambiò.

Sbattei le palpebre quando sentii qualcosa colarmi sulla fronte, alzai la mano per capire cos’era e quando la guardai vidi che era macchiata di sangue, mi guardai intorno confusa senza capire subito dove fossi. Sentii il vento fresco della sera sul volto e lo sciabordio delle onde del mare.

Mi trovavo sulla darsena, vicino alla casa di Seiya. Poco più avanti vidi il cavaliere di Pegasus sul ballatoio di casa sua, era insieme a Shaina e le parlava con dolcezza.

«Sei ancora troppo debole» le stava dicendo mentre lei si spostava per passare. Fatto un passo barcollò e lui la sorresse cingendole i fianchi con le mani e avvicinandola a sé, lei alzò lo sguardo febbriciante e i loro occhi si incontrarono scambiandosi un tenero sguardo appassionato.

«Cosa sta accadendo?» Mi chiesi sconvolta.

Fu allora che sentii qualcuno ridere alle mie spalle, una profonda voce maschile. Mi voltai di scatto e vidi un giovane seminascosto dalle ombre della sera che si avvicinava con passo insolente.

«Spero che il viaggio ti sia piaciuto, demone» disse conciso.

«Di cosa stai parlando?» chiesi di rimando.

«E poi, tu chi saresti?».

«Sono il Saint di Phoenix» rispose asciutto.

«Ma immagino avrai già sentito parlare di me dalle tue parti, sai, sono un habituè dell’Inferno».

«Ma allora….» sussurrai toccandomi la fronte sanguinante.

«Proprio così» rispose lui.

«Sei stata vittima del mio Gen-ma-ken. Solitamente gli esseri umani impazziscono per le allucinazioni e muoiono dopo aver subito questo colpo, mi chiedo quali sono state le conseguenze per una creatura come te» concluse con leggerezza.

Lo guardai sconvolta, i suoi modi erano davvero fastidiosi e irriverenti.

«Ma quando…?»

«Non è la prima volta che ci vediamo, sbaglio e c’eri tu anche in quel pub?» rispose pacato.

«Adesso è tutto chiaro, deve avermi scagliato il suo colpo durante lo scontro che ho avuto con i Gold Saints dei Pesci e del Cancro. Dannato Phoenix, ora ricordo, si trovava lì anche lui assieme a Seiya il quale, caduto vittima della mia malia, iniziò a provare desideri peccaminosi verso la sua compagna d’armi Shaina guardando la ballerina che le somigliava. Fu allora che cominciai a prendere forma tangibile e dev’essere stato in quell’istante che Phoenix ha avuto l’opportunità di scagliarmi il suo colpo, ma allora, ciò significa che ciò che ho visto accadere tra Seiya e Shaina era solo frutto di un’illusione?» pensai sconvolta.

«No...» riflettei, «solo l’amplesso a cui ho appena assistito sicuramente perchè ho sottovalutato l’integrità di quei due e cantato vittoria troppo presto ma non mi sono sbagliata su tutto, sono sicura che non è stato tutto un’illusione. Quei due si amano e si desiderano, è evidente anche a semplici occhi umani, no... deve esserci dell’altro...».

Fu allora che la vidi.

A vegliare sui Saint di Athena vi era una leggiadra creatura con l’aspetto di una giovane fanciulla dai lunghi capelli biondi, vestita di bianco e con al fianco un unicorno. Con la sua cintura d’oro cingeva i fianchi di Seiya e Shaina che ora si trovavano l’una tra le braccia dell’altro. Certo non era ancora in forma tangibile, ma era sicuramente lei, la mia acerrima nemica, e quella sua purissima cintura era uno scudo impenetrabile ai mie attacchi.

Era Castitas.

 

 

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Capitolo 36
*** Castitas ***


Se è pur vero che gli esseri umani sono fallaci e incostanti, inclini al peccato e facili prede dei vizi e che i Saints di Athena non fanno eccezione a motivo della loro effimera condizione umana, è anche noto che uomini e donne sono capaci di grande elevazione spirituale e posseggono in loro la forza di lottare per compiere il bene e perseguire la Giustizia e in questo i Saints di Athena eccellono.

Purtroppo è vero che ora, alcuni di loro e per svariate motivazioni sono fragili e inclini a cadere prede dei Vitium, ma costoro non avranno facile vittoria sui prescelti dagli dei ed anche se è vero che Luxuria si è avvicinata molto e se non fosse stato per il cavaliere della Fenice, probabilmente avrebbe riportato una vittoria sui Sants, il Gen.ma-ken di Phoenix, agendo su di lei, ha risvegliato me, Castitas, colei che con la sua cintura cinge i lombi degli uomini e delle donne votati anima e corpo al divino volere.

E con me si sono risvegliate anche le mie sorelle, pronte a difende i Saints di Athena dai subdoli attacchi dei Vitium.

Ora, non più prigioniero del sordido laccio con cui lo teneva incatenato Luxuria, offuscando la sua mente con peccaminosi pensieri e suscitando al suo cuore e al suo corpo sordidi desideri carnali verso una donna al fine di allontanarlo dalla dea alla quale si è consacrato, il cavaliere di Pegasus è di nuovo libero. Libero di fare le sue scelte.

È così pure per la Saint dell’Ofiuco, la cui illibatezza è in continuo pericolo poiché costantemente insidiata dal suo amore per Seiya, passione che rischia di condurla alla perdizione. Ma Athena, dea casta e saggia sin dai tempi del mito, donna essa stessa, conosce bene il cuore femminile e quanto le giovani donne possano cadere preda di una follia d’amore per un uomo che seppur dal cuore nobile e le manieri gentili, finirà comunque per desiderarle e possederle perché a questo porta la natura umana. A tale rischio ha infatti pensato la nobile Athena e per questo motivo ha vincolato le fanciulle che desiderano servirla in battaglia combattendo al fianco dei suoi guerrieri, ad indossare una corazza e una maschera a protezione della loro femminilità, per preservarle da ogni pericolo e non permettere ad alcun uomo a lei asservito di posare avidamente gli occhi su di loro con il desiderio di possederle, perché a lei e a lei soltanto, dea vergine e guerriera tali fanciulle appartengono.

Non permetterò mai a Luxuria di sciupare la purezza di questi candidi giovani Saints che, fortunatamente non hanno ancora peccato. Da questo momento ci penserò io, Castitas, a suscitare in loro solo pensieri pudichi dediti a mantenere i loro corpi illibati e i loro cuori puri.

Torneranno ad essere guerrieri sacri, votati alla vergine dea della guerra, tra le cui schiere non vi è distinzione tra uomini e donne ma vi sono solo Saints consacrati alla battaglia per la Giustizia.

Io sono Castitas

Assieme alle mie sorelle Caritas, Humilias, Prudentia, Temperantia, Benignitas e Forteza, formiamo le Virtutes, e siamo scese dal Cielo per combattere contro i Vitum, che risvegliati dalle viscere dell’Inferno sono stati inviati per condurre le umane genti alla pazzia di sangue.

Ben presto la Terra diventerà un campo di battaglia, tra schiere celesti e schiere infernali.

Athena e i suoi sacri guerrieri sapranno preservare la loro natura umana e difendere la Terra e l’umanità che tanto amano?

 

Cari lettori, che avete seguito fin qui, con questo capitolo termina la prima parte di questa avventura. Questa prima parte di storia si è conclusa con la scesa in campo di Vitium e Virtutes che pare proprio vogliano contendersi gli esseri umani, le une per condurli tra le schiere infernali e le altre per arruolarli tra le schiere celesti e in tutto questo gli dei paiono essersi fatti da parte.

Spetta agli uomini ora combattere per la loro libertà e per affermarsi in questo mondo, che gli dei stessi hanno donato loro.

 

Vi aspetto all’inizio della prossima avventura.

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