Sister story

di Luce_Della_Sera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: A scuola ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: la punizione ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: il Natale si avvicina ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: la Vigilia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: scambio ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: il capodanno ***
Capitolo 7: *** capitolo 7: vestiti e bullette ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: una bambina tra gli adolescenti ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: lezione di ginnastica ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: scoperte spiacevoli ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Riflessioni ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: il dente ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: malesseri ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: il carnevale è alle porte ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: il carnevale ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: A scuola ***


Sister story

Capitolo 1: A scuola

“Allora, Veronica, dimmi: che differenza c’è tra confini naturali e confini convenzionali?”
La bambina sobbalzò, ed evitò appositamente lo sguardo della maestra: sapeva che in questo modo l’adulta avrebbe capito tutto, ma non era capace di fingere.
“I confini naturali sono quelli veri … e quelli convenzionali sono quelli falsi!”.
L’insegnante alzò le sopracciglia.
“Sì, certo, come no … in che senso?”.
“Ehm … io veramente … non lo so!”, disse Veronica, arrossendo violentemente. Tutti i suoi compagni, comprese le sue amiche del cuore, risero.
“Ma cosa ridete? Non me lo ricordo, e allora? Cosa c’è di così divertente?”, pensò la piccola, frustrata. Stava proprio cercando una frase tagliente e ad effetto per far rimpiangere a tutti di averla presa in giro, quando la maestra la richiamò.
“Veronica, non va bene, lo capisci? Mi dispiace molto, ma devo metterti un’altra insufficienza! Come mai hai tanti problemi con la geografia? Eppure in storia sei così brava! C’è un motivo particolare? Magari, se me lo dici, posso aiutarti!”.
“Il problema è che la geografia è una materia totalmente inutile, e io non la capisco!”, avrebbe voluto rispondere l’alunna, ma non lo fece, e tacque, limitandosi soltanto a piantare i suoi occhi azzurri negli occhi marrone scuro della docente: dopo circa cinque minuti di silenzio totale, quest’ultima si arrese e, vedendo che ormai l’ora era quasi terminata, dettò i compiti per le vacanze.
“Come odio la scuola”, pensò Veronica, mentre riportava tutto sul suo diario. “A nessuno viene in mente che noi bambini durante le vacanze di Natale dobbiamo anche avere il tempo di giocare? E poi, tutte queste materie complicate … perché non mettono qualcosa che riguardi le favole per bambini o i cartoni animati? In quel caso sì che sarei brava, e mi riuscirebbe tutto più facile!
Quanto è difficile avere otto anni! Da adulti si sta decisamente molto meglio”.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: la punizione ***


Capitolo 2: la punizione

“Cosa farai a Natale?” chiese Carola, accendendosi la sigaretta.
“Mah”, fece Viviana, giocherellando con uno dei suoi riccioli tinti di nero e nel contempo aspirando una boccata di fumo. “Credo che mi toccherà la solita, noiosa visita ai nonni materni … i miei cugini sono tutti piccoli, e gli adulti mi trattano come una ragazzina, quindi non avrò praticamente nessuno della mia età con cui parlare, come sempre!
In questo periodo dell’anno invidio parecchio mia sorella, sai? Il Natale è proprio la festa dei bambini. Pensa che giusto ieri mi aveva detto che alcuni suoi compagni di classe l’hanno presa in giro perché crede ancora a Babbo Natale. Che gran problema! Le avessi io, le sue preoccupazioni!”.
“Perché, scusa, tu che preoccupazioni hai? Il ciclo poi la scorsa settimana ti è venuto,no?”.
“Sì, sì … e per fortuna, altrimenti chi li sentiva i miei? Già mi rompono abbastanza le scatole! In ogni caso, a parte loro sono un po’ preoccupata per Andrea. Lo vedo cambiato!”.
“Beh, forse deve ancora riprendersi dallo spavento. Ha creduto di dover diventare padre a soli sedici anni!”.
“No, non credo sia questo. E’ come se … come se mi nascondesse qualcosa! Certo, è gentile, spiritoso e dolce ancora più di prima, ma non so … c’è qualcosa che non mi quadra!”.
“Ma no, ti sarai sbagliata … non è tipo da nascondere le cose. Io lo conosco da quando è piccolo e quindi lo so, fidati!”.
“D’accordo…ma se saltasse fuori che effettivamente ho ragione, tu me lo diresti, vero?”.
Carola deglutì, e si affrettò a guardare l’amica negli occhi: sapeva bene che quel gesto era considerato da molti un sintomo di sincerità.
Si stava giusto domandando se doveva aggiungere qualcosa, tanto per convincere l’amica che era tutto a posto, ma prima che potesse anche solo aprir bocca, una voce adirata disse:
“Ehi, voi due! Cosa state combinando? Fumate in bagno? Di nuovo?”.
Le due ragazze, sobbalzando in modo colpevole, si girarono: davanti a loro c’era Antonella, una dei bidelli della scuola. Era una signora sulla quarantina, con capelli castani tagliati cortissimi e piuttosto in carne.
“Sì. E allora?” fece Viviana, con un’alzata di spalle.
“Come sarebbe a dire, piccola impudente? Non conosci le regole della scuola, forse?”
“Mah, chissà, mi pareva di sì…ma forse ho bisogno di una ripassata. Cosa dicono le regole riguardo ai bidelli impiccioni?”.
“Ma sentila, che lingua lunga!”.
“Sarà. Però non le hai risposto!” si intromise Carola, continuando a fumare con aria di sfida.
“Ah, è così che la mettete? Benissimo. Allora parlerò con l’insegnante che avete ora in classe, e poi deciderà lui o lei cosa fare”.
“Guarda che adesso non c’è nessuno”, la informò Viviana. “Abbiamo un’ora buca. Ci stavamo rilassando, prima che arrivassi tu a rompere le palle”.
“D’accordo,mi arrendo: non importa! Me ne vado. Avete vinto voi … di nuovo!”. Detto questo, Antonella si allontanò; appena ebbe girato l’angolo, le due studentesse iniziarono a ridere a crepapelle.
“Ma l’hai vista, la cicciona, come pensava di farci paura?” chiese Carola, dopo essersi ripresa.
“Già … fa sempre la minacciosa, e poi basta qualche parolaccia per fermarla! Ma parliamo d’altro: hai studiato letteratura italiana? La prof dopo interroga!”.
Così, tra una chiacchiera e l’altra, trascorsero circa dieci minuti: dopodiché, le sedicenni si avviarono verso la loro aula.
Fu Viviana ad aprire la porta dell’aula: si aspettava di trovare la confusione che aveva lasciato qualche tempo prima per recarsi alla toilette, e si stupì parecchio vedendo li tutti ordinatamente seduti ai propri banchi! Cercò quindi la causa del loro strano comportamento, ma fu proprio questa a venirle incontro.
“Buon giorno, ragazze!” esordì infatti il preside, seduto alla cattedra.
“Una bidella poco fa è venuta da me riferendomi di aver avuto una chiacchierata piuttosto singolare con voi, in bagno … perché non venite con me nel mio ufficio, così ne parliamo bene? Mi interesserebbe sapere come mai fumavate in un luogo pubblico, visto che sapete che non si può fare e che oltretutto non potete allontanarvi dalla classe se il docente non c’è”.
Viviana si sentì gelare il sangue: rispondere a tono era inutile, avrebbe solo peggiorato la situazione. Chissà, magari se avesse fatto la brava e si fosse mostrata abbastanza pentita, il dirigente scolastico non avrebbe chiamato i suoi genitori; l’ultima cosa che voleva era che loro venissero a sapere che fumava, dopo tutti gli stratagemmi che aveva dovuto inventare per non farsi scoprire!
“Maledetta palla di lardo”, disse a mezza bocca, riferendosi alla donna che l’aveva messa in mezzo a quel guaio.
“Come, scusa?” le fece il capo dell’istituto, che nel frattempo si era avvicinato a lei e alla sua amica fino a posizionarsi di fronte a loro, che invece erano praticamente ancora sulla porta della stanza.
“No, niente. Non ho detto niente”.
“Ah, ecco, mi sembrava! Ora, signorine, se volete seguirmi …”


“Viviana, te lo chiedo di nuovo: perché?”.
“Uffa, mamma, che noia! Ti ho già dato la mia spiegazione. Non mi pare di aver fatto chissà che di grave!”.
“Fumare tu me lo chiami niente di grave? Viviana, fa male!”.
“Ma lo fanno tutti! Anche tu lo facevi, da giovane, e non mi pare proprio che sei morta, per fortuna!”.
“Tesoro, qui si sta parlando di te, non di me. Se io ho fatto delle cretinate, da ragazza, non vuol dire che debba farle anche tu!”.
“D’accordo, d’accordo, smetterò. Tanto, sono in grado di smettere quando voglio!”.
“Non è così facile, Vivi. Il tabacco è una droga, è quasi impossibile smettere da un giorno all’altro!”.
“Beh, allora poco male: vuol dire che continuerò”.
“Non credo proprio … anche perché da adesso in poi i soldi io non te li do più”.
“Cosa? Ma mi servono! Non posso andare in giro senza un soldo, che figura farei?” domandò la ragazza, scoraggiata. Ma poi si riprese, e lanciò un’occhiata di sufficienza a sua madre. 
“Li chiederò a papà: lui si che mi capisce”.
“Non credo sia disposto a darti retta: l’ho informato, ed è di gran lunga più arrabbiato di me per questa faccenda. Quando tonerà dal lavoro ti darà una di quelle sgridate che non dimenticherai tanto facilmente! Così forse imparerai ad avere più cura del tuo corpo e a moderare il linguaggio quando parli con le persone più grandi di te, specie a scuola”.
“Ah, ho capito: vi siete già consultati. Quindi è già tutto deciso, no? Tanto vale che mi dici sin da ora cos’altro mi aspetta!”.
“Semplice: ora fili in camera tua ad anticiparti con i compiti per le vacanze di Natale, e non uscirai con nessuno finché io e papà non lo riterremo opportuno. Sono stata chiara?”.
“Ma mamma, non è giusto! Devo vedermi con Andrea, più tardi!”
“E dov’è il problema? Gli telefoni e disdici tutto!”.
“Tu non capisci: ultimamente lo vedo strano, devo riuscire a capire cosa c’è che non va, ammesso che io non mi stia immaginando tutto!”
“Avrai tempo per appurarlo, non temere”.
“Ma se io non esco per tanto tempo, si troverà un’altra e mi lascerà!”.
“Ma smettila … mica stanno tutte dietro a lui! E chi è, Mister Universo?”.
“Proprio non vedevi l’ora di punirmi in questo modo, eh? Non lo hai mai sopportato, questa è la verità!”.
“Non essere ridicola, non è affatto vero. E comunque, ti ricordo che se tu ti fossi comportata bene non sarei arrivata a questo punto! Se non puoi uscire con il tuo ragazzo fino a nuovo ordine, la colpa è solo tua!”.
“No, invece, la colpa è tua. Le madri delle mie amiche non sono come te, le lasciano libere di fare quello che vogliono … solo io ho la sfortuna di avere una mamma che non mi capisce e fa di tutto per ostacolarmi!”.
Appena ebbe pronunciate queste parole, la ragazza si ritirò in camera sua, sbattendo violentemente la porta.


“Davvero non ti importa se non ci vediamo?”.
“Riguardo ad oggi no, amore, te l’ho già detto … anzi, in realtà se non l’avessi fatto tu a breve ti avrei chiamata io per disdire. Come sai, ho un po’ di raffreddore, e visto che ormai manca poco al Natale mia madre non vuole che io esca spesso, perché teme che mi ammali. La conosci, è fissata con la salute!”
“Non me ne parlare. Più ci ripenso e più mi stupisco di come mia madre abbia potuto …”
Viviana si bloccò, sentendo un rumore provenire dalla porta. Qualcuno stava bussando! Che fosse già tornato suo padre?
“Andrea, devo andare. Ti richiamo, ok?”.
“D’accordo. Ti amo!”.
“Ti amo anche io”.
L’adolescente spinse il tasto rosso del suo cellulare, e andò ad aprire la porta: davanti a lei, anziché il suo genitore, c’era una bambina con i suoi stessi occhi azzurri.
“Ciao Vivi!” esclamò Veronica. “Come va?”.
“Non molto bene. Non hai sentito le urla?”.
“Sì, sì. Ma non potevo uscire dalla mia stanza, perché mamma mi ha messa in punizione: ho preso insufficiente all’interrogazione di geografia! Sono venuta qui con la scusa di andare in bagno”.
“Aspetta. Quindi, per oggi sei in punizione anche tu?”.
Sì. Mi ha proibito di guardare i cartoni e di leggere, uffa! E’ cattiva! I bambini devono anche giocare, non solo studiare!”.
“Hai ragione. Ma per un po’ puoi anche resistere, no? Non è così importante, in fondo. La tv e i libri non scappano! Quando le sarà passata l’arrabbiatura, potrai riprendere a fare tutto normalmente. Non mi sembra questa gran tragedia!”. 
“Ma i cartoni e i libri sono le uniche mie fonti di svago!” esclamò la bambina, quasi in lacrime. “Io non posso uscire quando mi pare, come fai tu!”.
“Beh, ti sbagli, adesso non posso uscire neanche io. E comunque, credimi, tu sei molto più fortunata di me, da bambini si hanno molti meno problemi …”.
“Non ti credo, non è vero!”
“Oh, sì, invece. Guarda che …”
“Non voglio ascoltarti, tanto mi dirai solo bugie! Tu non mi credi, lo so, ma anche per me la vita è complicata!”.
“Sì, certo. In effetti, prendere un’insufficienza in terza elementare e per di più in una materia che di solito si smette di studiare in secondo superiore deve essere davvero una gran trage … Veronica, dove vai?”.
La bambina, senza nemmeno ascoltarla, si era già avviata lungo il piccolo corridoio che collegava la stanza della sorella alla sua: dopo essersi voltata e aver mostrato alla più grande il visino rigato di lacrime, scomparve oltre la porta.
“Certo che è proprio strana, a volte”, si disse Viviana, mentre  a sua volta richiudeva la porta della sua camera. “Cosa ci sarà mai di tanto orribile nella vita di una ragazzina di otto anni? Oggi l’hanno fatta anche uscire prima dalla scuola, e questo è solo il terzultimo giorno prima delle vacanze natalizie: magari le avessi io, queste fortune! Almeno lei è una bambina, e tutti la trattano come tale; io invece non lo sono più da un bel po’, e invece tutti si ostinano a non considerarmi adulta, o almeno non per le cose davvero serie. Mi trattano da grande solo quando fa loro comodo, e per il resto mi dicono che sono troppo giovane per capire! Quanto è complicato avere sedici anni: durante l’infanzia si sta decisamente molto meglio!”.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: il Natale si avvicina ***


Capitolo 3: il Natale si avvicina

L’ultimo giorno di scuola per Veronica fu venerdì diciannove dicembre; per Viviana invece l’ultimo giorno fu sabato venti.
La più piccola era rimasta in punizione solo per ventiquattr’ore, mentre la più grande ancora non aveva finito di scontare la sua; e questo l’aveva resa ancora più ribelle e polemica, oltre che aggressiva per l’impossibilità di fumare quando voleva perché suo padre le aveva sequestrato l’ultimo pacchetto che le era rimasto.
Taceva spesso, e quando parlava lo faceva quasi esclusivamente per cercare di provocare una lite … qualsiasi argomento le andava bene: l’acconciatura, i vestiti, il linguaggio, gli accenni non proprio velati riguardanti il suo fidanzato e le sue amiche che le mancavano molto, i programmi per le vacanze. Avrebbe tanto voluto dire ai suoi che avrebbe preferito rimanere da sola il giorno di Natale piuttosto che venire con loro dai nonni, ma sapeva che non l’avrebbero comunque ascoltata, e l’avrebbero costretta a seguirli. D’altro canto era minorenne, non aveva scelta!
“Chissà perché per loro è tanto difficile capire che io sono grande, ormai, e mi annoio sia con i bambini che con i vecchi? Non si ricordano cosa vuol dire essere adolescenti, forse?” si chiedeva, frustrata.
“Veronica sì che è fortunata: crede ancora nella magia del periodo natalizio e non vede l’ora che Babbo Natale le porti il suo regalo!” pensò.
Infatti, mentre lei contava i giorni che la separavano dalla vigilia con crescente ansia e con la segreta speranza che qualcosa andasse storto e costringesse tutti a rimanere a casa, la sua sorellina contava i giorni che la separavano dalla festività che le piaceva di più.


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: la Vigilia ***


Capitolo 4: la Vigilia

Contrariamente a quanto Viviana aveva sperato, il ventiquattro dicembre arrivò in fretta, e con esso arrivò anche il momento di recarsi dai suoi nonni con tutta la sua famiglia.
Il suo umore era decisamente migliorato, perché il giorno prima i genitori le avevano concesso di uscire: così, non solo aveva potuto rivedere Andrea, che sembrava essere guarito del tutto dal raffreddore, ma era riuscita anche a fumare, dopo tanto tempo.
Il suo fidanzato le era sembrato del tutto normale, e ormai si era quasi del tutto convinta di essersi immaginata ogni cosa riguardo al suo comportamento: forse gli ormoni dell’adolescenza facevano anche fraintendere le cose, oltre a tutti gli scombussolamenti che creavano normalmente?
In ogni caso, però, non poteva fare a meno di essere ancora un po’ arrabbiata con i suoi: era ancora convinta che avessero esagerato con la punizione, e volle farglielo notare.
“Allora, avete visto che sono tornata sana e salva, ieri, e non ho combinato chissà cosa?” domandò infatti con fare polemico quel pomeriggio mentre la macchina avanzava a ritmo sostenuto sull’asfalto.
Non ottenne risposta, però, e quindi, irritata per essere stata ignorata, si sentì autorizzata a proseguire.
“Andrea è stato molto dolce, poi. Si vede proprio tanto che gli sono mancata! Poverino, dev’essere stato terribile per lui non potermi vedere …”
Si aspettava che suo padre e sua madre iniziassero a sbraitare, ma loro non fiatarono; inaspettatamente, a parlare fu Veronica, seduta accanto a lei.
“Perché, state ancora insieme?”
“Sì, certo!”.
“Ah. Pensavo che vi foste lasciati!”.
Viviana avvertì la delusione nel tono di voce della sorellina, e si infastidì: perché mai doveva essere sempre così scontenta, quando nominava l’amore della sua vita? Non poteva essere semplicemente contenta per lei? Ma poi rifletté meglio, e si disse che in fondo non poteva pretendere comprensione da Veronica: probabilmente era troppo piccola per farlo, ed era gelosa.
“Devo cercare di capirla” pensò. “Soprattutto oggi!”.
Una volta preso questo impegno, si affrettò a spiegare:
“No, non ci siamo lasciati. Semplicemente, non ci siamo potuti vedere perché qualcuno mi aveva messa in punizione!” Appena finì di parlare, lanciò un’occhiataccia in direzione dei genitori, ma loro fecero solo piccoli movimenti e non parlarono: evidentemente, avevano deciso di non dargliela vinta e di non litigare con lei proprio il giorno della Vigilia. Pertanto, non le rimase che continuare  a parlare con la sorella, sperando di riuscire a far esplodere almeno uno dei due e avere così la sua piccola soddisfazione.
“Comunque, si può sapere come mai non ti piace? Stiamo insieme da aprile! Dovresti esserti abituata all’idea, no?”.
Voleva metterla a suo agio, cercando al contempo di farle capire che non doveva essere ostile al suo ragazzo perché non ce n’era motivo; ma la bimba non colse l’antifona, e rispose leggermente stizzita:
“Sarà. Ma non mi piace!”.
“Va bene, su questo ci posso anche stare, nonostante mi dispiaccia molto. Ma perché non ti piace?”.
“Non lo so. Non mi piace e basta!”.
Viviana aprì la bocca per replicare, ma la richiuse subito: era inutile discutere, non sarebbe riuscita a cavare un ragno dal buco. Chissà, magari a otto anni non si era ancora abbastanza maturi per capire fino in fondo i propri sentimenti! Eppure, sua sorella avrebbe dovuto essere in grado di comprendere le difficoltà che le creava detestando la persona che amava: dopotutto,  era molto più intelligente della maggior parte dei bimbi della sua età, e lo si capiva anche dal linguaggio che usava, che non era affatto comune tra i suoi coetanei. Da dove le derivava quindi tutta quella ostinazione?
Rimase a riflettere sull’argomento ancora un po’, mentre sentiva distrattamente Veronica parlare a ruota libera con i genitori circa il Natale e il regalo che avrebbe ricevuto, un piccolo stereo con cuffie annesse con sopra la foto di una cantante che andava di moda tra i bambini, conosciuta ai più come Violetta.
Dopo pochi minuti, però, anche la più piccola dovette interrompersi, vedendo all’orizzonte la casa dei nonni.
“Finalmente siamo arrivati!” pensò, eccitata e felice. “Adoro il Natale, non vedo l’ora che arrivi stanotte!”.
Non lo immaginava minimamente, ma i suoi familiari non erano altrettanto entusiasti della festa: i genitori pensavano al lavoro che c’era da fare per il cenone, mentre sua sorella pregava che la tortura finisse presto, e che i parenti non le dessero troppa noia.
 
Quando entrarono, le due sorelle scoprirono che i loro zii e i loro cugini erano già arrivati; Veronica, tutta contenta, andò ad unirsi agli altri bambini, quasi tutti della sua età, (Ginevra di nove anni, Mario di sette e Giulio di sei), mentre Viviana rimase con gli adulti, pronta a subire le solite banalissime domande di rito sulla scuola e sulla sua vita in generale.
Non aveva pensato però che anche un altro aspetto della sua persona poteva essere bonariamente messo sotto osservazione …
“Allora, Viviana” le fece infatti sua zia, una donna magra e slanciata con la carnagione scura, “Sbaglio, o ti sei tinta i capelli?”
“Sì! Ti piacciono?”.
“La nostra Viviana negli ultimi mesi si è fissata con il nero”, si mise in mezzo sua madre.
“E allora? Che problema c’è? E’ un bel colore!” tentò di difendersi la ragazza, stizzita.
“Sì, ma anche il tuo castano chiaro lo era!”
“Senti, i capelli sono miei, e quindi …”
“Viviana, Raffaella, per favore … non discutete, è Natale!” si fece sentire la padrona di casa, guardando alternativamente la figlia e la nipote, che dal canto loro continuavano a fissarsi con un’identica espressione ostinata dipinta sul viso.
“Perché non giochiamo a tombola? Su, dai, sarà divertente!”.
“Come no!” pensò Viviana, alzando gli occhi al cielo. Ma per non dare un dispiacere alla nonna, alla quale voleva molto bene, tacque e andò ad aiutarla a preparare la tavola per giocare.
 
 
Dopo ben quattro giri, fatti apposta per dare la possibilità a ciascuno dei bambini di usare il tabellone, il tavolo venne di nuovo liberato e le donne si ritirarono in cucina; gli uomini, invece, con la scusa di prendere una boccata d’aria, uscirono. Per Viviana era abbastanza chiaro che suo padre e suo zio erano semplicemente andati ciascuno a casa propria, per sistemare meglio i regali sotto l’albero e fingere così che fosse passato Babbo Natale, e suo nonno era chiaramente andato con uno dei due … ma ovviamente non l’avrebbe mai detto alla sorella e ai cugini! Erano ancora piccoli e pertanto era giusto che si godessero la magia della serata; per essere proprio sicura che non collegassero la strana assenza degli uomini di famiglia al vecchietto vestito di rosso, però, decise di chiamarli e farli venire vicino a lei, per distrarli ulteriormente.
“Vi va di cantare una canzoncina natalizia, ragazzi? Così magari chissà, Babbo Natale la sentirà e ne sarà contento!”.
“Sì, dai!” approvarono Veronica e Ginevra in coro, mentre i due maschietti annuivano convinti.
“Bene. Cosa volete cantare per prima?”
Fu Giulio a parlare per primo. “Io vorrei cantare quella sulla renna dal naso rosso!”.
“Sì, anche io!” gli fece eco il fratello.
“Anche io! Anche io!” concordarono le due bimbe.
“Bella scelta!”, pensò l’adolescente. “Loro probabilmente non se ne accorgono, ma è una canzone molto istruttiva!”.
Accorgendosi poi che tutti i bambini la stavano osservando, però, si decise.
“Ok … allora cominciamo!”.
Dopo qualche minuto, cinque voci, di cui quattro bianche, intonavano una melodia che narrava la storia della renna Rudolph, una renna che era diversa da tutte le altre ma proprio per questo era la più speciale.
 
 
Dopo quella, vi furono altre canzoni, più natalizie e religiose; alla fine, appena gli uomini tornarono, ci si sedette a tavola per il cenone. La serata fu piacevole per quasi tutti, tranne che per Viviana, che non essendo né bambina né adulta si trovò a dover affrontare ovunque discorsi che non la interessavano particolarmente. C’erano stati momenti in cui si era divertita, e stare con i suoi nonni e i suoi zii le piaceva, ma era troppo grande per il Natale, e per i discorsi seri tutti gli adulti la consideravano troppo piccola! Si sentiva fuori posto.
Anche quando tornarono a casa, la sensazione non la abbandonò: a differenza della sorella,che voleva aprire i regali subito, accettò di buon grado l’invito di sua madre ad andare a dormire … una volta a letto, però, non si addormentò subito.
“Oggi la giornata non è andata malissimo come pensavo”, si disse. “Ma è anche vero che ormai è da anni che non mi godo più la festa fino in fondo. Da bambini è sempre tutto più bello … l’esistenza è meno complicata, si hanno meno problemi, meno preoccupazioni. Si fanno semplicissimi compiti per casa, si guardano i cartoni e si vede tutto roseo! Com’è fortunata Veronica; lei sì che è felice e può godersi la vita! Non deve preoccuparsi di affari di cuore, di occasionali incomprensioni con le amiche, di genitori sempre scontenti, di professori lunatici … ah, come vorrei svegliarmi domani e scoprire di essere tornata piccola!”.
Scosse la testa per l’assurdità del pensiero, si girò dalla parte opposta a quella in cui si era coricata e finalmente, dopo qualche istante, si addormentò.
 
 
Mentre Viviana pensava a quanto fosse complicato essere una adolescente, dall’altra parte del corridoio che collegava quasi tutte le stanze della casa, nella sua camera, c’era anche qualcun altro che era sveglio e rifletteva: Veronica era molto eccitata per l’indomani, ma aveva anche un altro motivo che non la faceva dormire.
“Viviana ieri sera non ha fatto che parlare con gli zii e i nonni del suo nuovo cellulare e della scuola come se niente fosse … beata lei che possiede un mezzo tutto suo per comunicare con gli amici, e che va così bene a scuola! Invece, a me dicono che sono troppo piccola per avere un telefonino, anche se la maggior parte delle mie amiche lo ha già … e a scuola ci sono materie che mi restano facilissime e altre no! A lei invece rimane facile tutto. E poi, in generale ha più libertà di me, mentre io non posso fare quasi niente; dev’essere stupendo essere grandi!
Come vorrei svegliarmi domani e scoprire di essere cresciuta!”.
Appena ebbe pensato questo, esausta, scivolò nel sonno.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: scambio ***


Capitolo 5: scambio

Veronica aprì gli occhi, e per un attimo si guardò intorno, smarrita; ma poi si ricordò che era Natale e balzò in piedi, tutta eccitata. Finalmente poteva scartare i regali! Avrebbe tanto voluto farlo di notte, quando lei e la sua famiglia erano appena tornati dalla casa dei nonni, ma i genitori gliel’avevano impedito, e quindi non vedeva l’ora di rifarsi.
Sì lavò velocemente il viso senza neanche specchiarsi, e si precipitò in salotto; proprio mentre si affaccendava sotto l’albero per cercare il suo regalo, però, sentì dei passi dietro di lei e si girò.
“Viviana! Come mai sei già sveglia?” le chiese sua madre.
La bimba rimase per un attimo senza fiato. Perché sua madre l’aveva chiamata in quel modo? Il sonno che aveva era tale da non permetterle di distinguere le sue figlie?
“Mamma, che dici? Io sono Veronica!” le fece notare.
Sua madre strabuzzò gli occhi. “Tesoro, ma che dici? Hai voglia di scherzare stamattina? E’ Natale, non carnevale! Credi che io sia così rimbambita da non saper riconoscere le mie bambine?”.
“Ma io non sto scherzando! Sono…” la ragazzina si bloccò, sentendo qualcosa di strano: la sua voce era quella di sua sorella! Com’era possibile? Stava forse sognando? Senza neanche degnare di uno sguardo la madre, fece dietrofront e si precipitò in bagno.
“Cosa sta succedendo?” si chiese, mentre riprendeva fiato. Istintivamente, andò verso lo specchio che era posizionato sopra il lavabo, e quasi immediatamente trasalì: la persona che le stava restituendo lo sguardo attraverso lo specchio era sua sorella!
“Non può essere!”esclamò, sempre più incredula e confusa.
Alzò un braccio; sua sorella nello specchio fece lo stesso.
Si toccò una guancia, e l’immagine di Viviana la copiò.
Si guardò bene il viso, che era coperto da strane bolle, poi abbassò lo sguardo, e vide il corpo di una adolescente. Aveva persino il seno!
“Incredibile!” pensò. Ma come poteva essere successo? Si mise a riflettere, e alla fine ricordò. Poco prima di addormentarsi aveva desiderato svegliarsi e vedersi già cresciuta! Era quello il motivo della sua strana trasformazione?
“Se io sono mia sorella, allora mia sorella deve essere me!” ragionò. C’era solo un modo per scoprirlo …
 
 
“Veronica? Sei sveglia? Come mai non ti sei alzata presto come fai di solito a Natale? E che ci fai nella stanza di tua sorella, poi? Non capisco proprio cosa vi prenda, oggi!”.
Viviana aprì gli occhi, confusa. Cosa stava blaterando sua madre? Eppure lo sapeva che non era da lei alzarsi presto per vedere i regali! Non lo faceva più da quando aveva smesso di credere a Babbo Natale ì…
Si tirò su: si sentiva stranamente leggera. Era un altro effetto degli ormoni, forse? O era l’atmosfera natalizia?
Sotto lo sguardo di sua madre, scese dal letto, e si accorse che, stranamente, farlo le risultava più difficile del solito; guardandosi intorno, inoltre, scoprì che tutta la sua stanza sembrava più grande.
“Ma cosa succede?” si domandò.
“Veronica? Non ti senti bene?”. Sua madre la guardò con aria preoccupata, e Viviana le restituì uno sguardo quasi altrettanto allarmato: perché la sua genitrice l’aveva chiamata con il nome della sorella? S’era forse rimbambita? Lo spumante della sera prima le aveva dato troppo alla testa? Eppure, non aveva bevuto tanto!
Si passò una mano nei capelli, incredula; e vedendo la sua mano destra, si bloccò. Era molto piccola!
Credendo di aver visto male, la osservò di nuovo, e guardò anche l’altra; entrambe erano piccole, con le dita affusolate e prive dello smalto nero che lei amava mettersi spesso. In preda ad uno strano presentimento, quindi, abbassò lo sguardo e notò che il suo corpo era come rimpicciolito … fu allora che cominciò a capire.
“Ieri ho espresso il desiderio di tornare piccola, e si è avverato!” realizzò.
Sapeva che la cosa era assurda, perché simili cose non accadevano né il venticinque dicembre né in qualsiasi altro giorno dell’anno, ma nonostante ciò sentiva che l’intera faccenda aveva una sua logica: la madre l’aveva chiamata con il nome della sorellina!
“Sono nel corpo di Veronica!” si disse, mentre sua madre, ormai convinta che fosse malata, le si era avvicinata per sentirle la fronte.
“Non hai febbre, per fortuna!” esclamò la donna. “Ma allora come mai sei tanto strana? Hai dolore da qualche parte?”.
“No, mamma”, rispose Viviana, e sentendosi parlare con la vocina della sorella ebbe la conferma di quanto aveva già intuito. “Prima mi girava la testa, ma adesso è passato tutto!”.
“Bene, meno male: è brutto non essere in forma a Natale! Su,vieni: Viviana e papà ci staranno di sicuro aspettando in sala. Mentre andiamo, ti va di dirmi come mai hai dormito nel letto di tua sorella, oggi? Hai forse avuto un incubo?”.
 
 
Qualche istante dopo, mamma e figlia erano arrivate a destinazione; le due sorelle si fecero gli auguri di buon Natale a vicenda, e si squadrarono attentamente. Ognuna sapeva che l’altra era a conoscenza di quanto era successo; era chiaro però che avevano bisogno di parlarne a quattr’occhi, pertanto Viviana, con la sua nuova voce infantile disse:
“Vivi, dopo che abbiamo finito con i regali posso venire in camera tua? Devo chiederti una cosa!”.
“Ah, ok!” le rispose la sorella. Com’era strano vedere il proprio corpo e sentire la propria voce dall’esterno!
“Finché non si capirà bene come evolverà questa cosa e quanto durerà, tanto vale fingere di essere Veronica, per non far preoccupare mamma e papà!”, pensò Viviana.
I genitori infatti la fissavano increduli, e di sicuro si stavano chiedendo come mai non aveva ancora provveduto a scartare il suo regalo; quindi, si lanciò verso l’albero.
 
 
“Avevo visto giusto, dopotutto: è bello tornare bambini!” si disse Viviana,mentre chiudeva la porta di quella che fino alla notte prima era stata la sua stanza e che ora avrebbe invece ospitato la sorella.
Contrariamente a quello che pensava, infatti, non solo si era divertita, ma si era sentita felice come quando era piccola!
Si girò verso Veronica, che l’aveva seguita nella camera, e le chiese:
“Allora, come pensi sia successo?”
“Beh, io … non so, ho desiderato di diventare grande in fretta! Ma non sapevo che sarebbe successo questo; sei arrabbiata con me?”.
“No, tranquilla, non lo sono. Io ho desiderato di tornare piccola, sai? Evidentemente, se è successo questo è colpa di entrambe! Io però a parte lo spavento iniziale ora sto bene. E tu?”.
“Sì, anche io. Mi piace fare la grande! Quanto pensi che durerà?”.
“Non saprei, sinceramente … non ho mai creduto in queste cose, quindi non mi sono mai posta il problema! In ogni caso, per ora è meglio che io finga di essere te, e che tu finga di essere me, in ogni più piccolo dettaglio; non possiamo rischiare che mamma e papà ci prendano per pazze!”
“Ma se invece glielo dicessimo? Magari capirebbero!”
“Cosa? No! Gli adulti non credono in queste cose, Vero. Già faccio quasi fatica io a crederci, pensa quindi quando possono crederci loro!”.
“D’accordo, non ti scaldare, era solo un’idea!”.
Le due sorelle rimasero a parlare della loro strana situazione ancora per qualche minuto, poi, su insistenza di Veronica, si misero a vedere un film natalizio.
Durante il resto della giornata, ciascuna fece del suo meglio per essere quella che non era; ed entrambe trovarono la cosa molto piacevole e soddisfacente!
Quando poi andarono a dormire, entrambe pensarono che quello scambio era stata la cosa migliore della loro vita.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: il capodanno ***


Capitolo 6: il capodanno

Nei giorni dal ventisei al trentuno dicembre, le due sorelle fecero del loro meglio per interpretare l’una la parte dell’altra; non fu particolarmente difficile, perché entrambe si trovavano bene nella finzione e ne erano entusiaste, anche se di certo non era facile per una adolescente comportarsi da bimba, e soprattutto non era facile per una bimba atteggiarsi da adolescente.
La loro capacità venne messa alla prova il trentuno, verso sera, quando si recarono dai nonni paterni per il capodanno; lì, i parenti erano molto più numerosi, perché la famiglia del padre aveva più membri! Così, Veronica si trovò in difficoltà a rispondere a tutte le domande che le venivano poste sulla scuola di Viviana e si trovò in imbarazzo quando sentì il cellulare della sorella vibrare per gli sms di auguri, visto che non si sentiva autorizzata a rispondere, mentre Viviana dal canto suo si ritrovò un po’ in difficoltà a recitare la parte della bambina in mezzo ai suoi cuginetti più piccoli, e al momento di salutare il 2015 dovette sforzarsi di mostrarsi entusiasta come lo era solitamente la sorella quando vedeva i fuochi.
Una volta a letto, tre ore più tardi, entrambe pensarono che, nonostante le difficoltà, lo scambio dei corpi era stato una buonissima cosa, e sperarono intimamente che potesse durare, se non per sempre, quantomeno molto a lungo.

 

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Capitolo 7
*** capitolo 7: vestiti e bullette ***


Capitolo 7: vestiti e bullette

I primi giorni del nuovo anno passarono in fretta, e così ben presto per le due sorelle arrivò l’ora di tornare a scuola; ormai si erano quasi abituate a vivere l’una nel corpo dell’altra e non si trovavano affatto male, perciò il fatto di dover ricominciare l’anno scolastico come se nulla fosse successo non le turbava minimamente.
Fu con questo stato d’animo sereno che Viviana si svegliò, la mattina del sette gennaio; appena si girò nella stanza, vide i vestiti della sorella appesi all’armadio e sorrise: la sera prima, sua madre l’aveva aiutata a sceglierli. Quant’era bella la vita dei bambini, si veniva sollevati dal fare anche le cose più semplici! E ovviamente, sua madre la accompagnò a scuola in auto; durante il tragitto, la ragazza si disse che era bello non dover prendere l’autobus per raggiungere l’edificio scolastico. Come aveva fatto a dimenticarsene tanto in fretta?
Quando entrò nell’istituto, che era lo stesso che lei aveva frequentato fino a sei anni prima, si diresse a colpo sicuro verso la classe di Veronica; sapeva quale era, perché c’era già stata, insieme a sua madre, una volta che la sua sorellina non si era sentita bene.
L’aula era grande, e conteneva circa una dozzina di banchi; alcuni bambini erano già arrivati.
“Ciao, Veronica!” le disse una bambina magrolina e con i capelli neri raccolti in due trecce.
“Ciao …” le rispose Viviana, mentre cercava disperatamente di ricordare il nome della sua piccola interlocutrice. L’aveva vista a casa sua, tempo prima, ma proprio non ricordava come si chiamasse!
Per non mostrarsi troppo smarrita, quindi, chiese la prima cosa che le veniva in mente:
“Come sono andate le vacanze? Cosa ti ha portato Babbo Natale?”.
La ragazzina strabuzzò gli occhi. “Vero, sei rimbambita, per caso? Io non ci credo più a Babbo Natale, te l’ho già detto centinaia di volte! Ormai sei una dei pochi che ci crede ancora, dovresti saperlo”.
Viviana avvampò e cercò di rimediare alla gaffe, ma non le venne in mente nulla di particolarmente intelligente, quindi balbettò un incoerente:
“Ehm … io veramente …” e andò a posizionarsi nell’angolo più remoto della stanza, cercando di ricordare in quale posto fosse seduta sua sorella e sperando che non avesse cambiato postazione dall’ultima volta che ci era stata; si era appena appoggiata al muro, però, quando un’altra bimba piuttosto in carne andò a piazzarsi di fronte a lei, fissandola con sguardo minaccioso.
“Ciao, stupidella. Passato belle vacanze?”.
“Si grazie!” esclamò Veronica, stupita da tanta aggressività.
“I bambini sanno essere così minacciosi? Non mi pare che quando ero piccolina io ce ne fossero di simili!” pensò, mentre in sottofondo sentiva i bimbi ritardatari arrivare, di corsa. Ma non poté continuare a riflettere sulla questione, perché si sentì battere sulla spalla con insistenza e dovette quindi tornare totalmente alla realtà.
“Allora, che fai, fingi di non ascoltarmi?” chiese la bambina, più minacciosa che mai. “Ti ho detto che …”
Ma fu costretta ad interrompersi, perché proprio in quell’istante la campanella suonò e Viviana, suo malgrado, tirò un sospiro di sollievo. Forse il peggio era passato!
“Ne riparliamo dopo, ti pentirai di non avermi dato retta!”, le disse l’altra, mentre andava a sedersi; Viviana, invece, aspettò che anche l’ultimo bambino si fosse seduto, e poi andò a mettersi nell’ultimo posto rimasto libero.
“Devo ricordarmi dov’è”, si disse, mentre apriva la cartella di sua sorella e prendeva il libro di matematica, che secondo l’orario scritto sul diario di Violetta che Veronica aveva per quell’anno era la prima materia della lezione.
“Ora si che mi divertirò!” si disse. “Gli esercizi di aritmetica di terza elementare sono una sciocchezza!”.
 
 
Dopo la lezione di matematica seguì quella di italiano, e anche lì Viviana si divertì parecchio: ormai, era sempre più convinta che desiderare di tornare piccolina la notte di Natale fosse stata la cosa migliore che avesse mai fatto.
Quando suonò la campanella della ricreazione prese il suo panino e si andò ad unire al gruppo di bimbe che vedeva spesso a casa sua, intuendo che quelle fossero le migliori amiche della sorellina. Erano quattro: una era la bimba mora con le trecce, mentre un’altra aveva i capelli biondi lisci e le altre due avevano entrambe il caschetto, solo che una era rossa e l’altra castana scura.
“Wow, devo proprio dire che per essere una che legge tanto ne ha, di amicizie”, rifletté. “Io quando avevo la sua età non ero così fortunata, ne avevo solo due vere!”.
Stava per salutare le bimbe, che già si erano voltate verso di lei con cordialità, quando le vide cambiare improvvisamente espressione e si sentì tirare violentemente per la maglietta; incredula, si voltò e si ritrovò davanti la bambina che l’aveva minacciata prima dell’inizio delle lezioni.
“Cosa fai? Di’ un po’, mica avrai intenzione di mangiartelo tutto, quel panino, vero?”.
“Beh, l’idea è quella”, disse Viviana, tranquillamente, non capendo assolutamente cosa intendesse dire l’armadio umano formato mini che le stava di fronte.
“Ma sentitela, come risponde!” esclamò l’altra; sentendo le sue parole, tutti gli altri bambini, maschi e femmine, si irrigidirono, e si voltarono ad osservare la scena con curiosità.
La cosa non sfuggì a Viviana, ma non si spaventò: cosa credeva quella mocciosa? Che si sarebbe fatta mettere i piedi in testa? E cosa più importante: da quanto quella bambina si comportava così con sua sorella? Perché Veronica non gliene aveva parlato? Avrebbe potuto aiutarla! Si sentì pervadere da una grande indignazione, e iniziò a tremare leggermente: gli altri scolari avrebbero potuto scambiarla per paura, ma quello che provava era rabbia, una rabbia molto intensa. Come si permetteva quel barile in miniatura, di trattarla in quel modo? E di trattare male sua sorella, soprattutto?
Sua madre le aveva spiegato che non doveva intromettersi troppo quando la sorellina aveva qualche guaio con i coetanei perché altrimenti avrebbe fatto il suo male anziché il suo bene, ma quello chiaramente era un caso serio e grave, e inoltre in quel momento lei era sua sorella minore: quale migliore occasione per rimettere a posto le cose? Era sicura di riuscirci: anche se era nel corpo di una bambina di otto anni, in realtà era una adolescente, dopotutto!
Guardò quindi la piccola prepotente negli occhi, e le disse:
“Esatto, il panino è mio e voglio mangiarmelo in santa pace. Qualche obiezione, palloncino ambulante?”
Tutta la classe trasalì; persino la bulla ebbe un attimo di esitazione, ma poi si riprese.
“Come mi hai chiamata, scusami?”.
“Palloncino ambula …” Viviana non riuscì a terminare la frase, perché venne colpita da uno schiaffo, e barcollò all’indietro.
“Avrei dovuto aspettarmelo: che stupida sono stata!” si rimproverò.
“Allora, vuoi darmi quel panino o preferisci che ti do altri schiaffi?” la sbeffeggiò la sua avversaria. “Non mi piace che ti ribelli: mi hai sempre lasciata fare, e per il tuo bene ti conviene continuare a farlo. Dammi quel panino, adesso! Di solito te ne lascio sempre qualche pezzo, ma visto come ti sei comportata oggi, direi che devi darmelo tutto, e senza fiatare”.
Viviana era davvero furiosa, con la bambina e con se stessa. Da quanto andava avanti quella storia, da quanto tempo Veronica veniva vessata in quel modo? Certo, c’era di peggio che essere costrette a cedere il proprio cibo ad altri, ma comunque quella era una prepotenza bella e buona, per bimbi di quell’età. Era questo che intendeva la sua sorellina, quando le aveva detto che anche essere bambini era complicato? Perché non aveva chiesto aiuto? E soprattutto, come aveva fatto lei a non accorgersi che c’erano problemi? Che razza di sorella maggiore era?
“Ora basta, è ora di finirla”, pensò. Strinse il panino con una mano,  e apostrofò l’altra con tono alterato:
“Scordatelo. Ho fatto un proposito per l’anno nuovo: d’ora in poi, mangerò i miei panini tutti interi. Lo faccio anche per te, sai? Così dimagrisci un pochino!”.
Vide l’espressione della ragazzina deformarsi sempre di più dalla rabbia, e capì che stava per colpire di nuovo: ma stavolta fu pronta e si scansò in tempo, facendola sbilanciare; prima che potesse girarsi, poi, le diede un calcio nel sedere così forte che la mandò a cozzare contro la parete.
“Ahia, mi hai fatto male!” si lamentò quella.
Viviana la guardò, e si chiese se non avesse esagerato: in fondo, nonostante la prepotenza quella che aveva avuto di fronte fino a poco prima altri non era che una bambina! Ma poi ripensò a quanto aveva sofferto Veronica, e si disse che non solo aveva fatto bene, ma che forse era stata fin troppo tenera. Se avesse voluto, avrebbe potuto infierire ancora, ma decise di rinunciare: era sicura che la piccola, avendo visto sgretolarsi la sua aura di potenza, non avrebbe più dato grossi problemi.
“Sai una cosa?” disse, con voce sicura e forte in modo da farsi sentire anche da tutti gli altri bambini, “Non mi fai pena per niente, sono dispiaciuta per averti colpita ma te lo sei ampiamente meritato! E ora scusami, ma dovrei mangiare il panino prima che suoni la campana”.
Appena ebbe pronunciato queste parole, uscì dall’aula, e si posizionò di fronte alla porta: lì, era improbabile che l’altra l’avrebbe inseguita per picchiarla ancora, semmai le fosse venuto in mente, perché c’era il rischio di essere viste da qualche adulto!
 
 
“Perché diavolo non me ne hai mai parlato? Avrei potuto aiutarti!”.
Approfittando della momentanea assenza dei genitori, che si erano recati al supermercato più vicino per fare la spesa, Viviana aveva deciso di affrontare la sorella.
“Avevo paura!!! Lei mi prende sempre i panini, i colori, le penne … una volta l’ho detto alla maestra, ma Erika mi ha presa in giro, mi ha chiamata codarda. Ha detto che non sapevo difendermi da sola, che ero una debole e che se l’avessi detto anche in famiglia sarebbe stato peggio per me, perché in quel caso sarebbe venuta a casa e mi avrebbe fatta sbranare dai suoi cani!”.
Viviana non riuscì a trattenere uno sbuffo di impazienza. Come aveva fatto sua sorella a spaventarsi per stupidaggini del genere?
Poi si ricordò di chi aveva di fronte: quello che stava fissando era il suo corpo, una parte di se stessa, ma dentro c’era sua sorella: stava parlando con una bimba di otto anni, non con una coetanea, quindi non poteva aspettarsi di certo che ragionasse come lei! Forse, quelle che per lei erano sciocchezze per Veronica erano montagne altissime, specie considerando che aveva un carattere sognatore, introverso ed ingenuo.
“D’accordo”, le disse quindi, cercando di aiutarla a capire. “Ti sei spaventata, e fin qui ci posso stare. Ma non hai pensato che permetterle di fare come voleva sarebbe stato peggio? Ora capisco perché hai sempre fame, quando torni da scuola! Mi spieghi come fai a mantenerti in piedi senza svenire? E’ successo solo una volta, che io ricordi, per fortuna, ma comunque non va bene! Non va per niente bene! Comunque, credo che ora tu non debba più preoccuparti di nulla: l’ho sistemata  per benino, perciò sono certa che non verrà più a romperti le scatole. Domani già che ci sono cercherò di fare una bella ramanzina alle tue migliori amiche, a proposito, che oggi non hanno mosso un dito per aiutarmi … cioè, per aiutare te!”.
“No, lascia stare! Non serve, dico davvero!”
“E va bene, come vuoi. Ma già che ci siamo, mi dici come si chiamano, per favore? Oggi le ho viste, ci ho anche parlato ma non mi ricordavo neanche uno dei loro nomi! E poi, come ti sei trovata per il tuo primo giorno di scuola superiore anticipato? Raccontami, dai!”
Veronica fece quanto le era stato richiesto, e mentre parlava tirò le somme della giornata che aveva appena vissuto: non era stata poi tanto male, ma aveva avuto molte più difficoltà ad ambientarsi e a volte si era sentita realmente smarrita, perché quello degli adolescenti era un mondo che non riusciva a comprendere molto bene.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: una bambina tra gli adolescenti ***


Capitolo 8: una bambina tra gli adolescenti

La mattina del sette gennaio, anche Veronica si era svegliata eccitata e pronta ad iniziare la nuova avventura: il giorno prima sua sorella le aveva spiegato come raggiungere quella che da allora in poi sarebbe stata la sua nuova scuola, quindi si sentiva sicura di sé e niente affatto spaventata: finalmente avrebbe scoperto come ci si sentiva ad essere grandi! Chissà come sarebbe andato quel primo giorno di scuola superiore anticipato?
Uscì di buon’ora per prendere l’autobus, come aveva sempre fatto Viviana fino a qualche tempo prima; quando il mezzo arrivò lo prese, si sedette e dopo circa un quarto d’ora scese, per raggiungere poi l’istituto a piedi camminando per altri cinque minuti.
La scuola le parve molto più grande della sua, e c’erano tanti ragazzi che, tra una chiacchiera e l’altra, si dirigevano verso le rispettive aule. Guardandoli, Veronica si fermò, sentendosi pervadere da una grande felicità: era una di loro, ora! Non avrebbe più dovuto studiare materie stupide, tutto sarebbe stato più facile, e soprattutto non avrebbe dovuto sopportare Erika e la sua maestra di geografia, che verso ottobre aveva infranto il suo sogno dicendole che per diventare astronauta doveva studiare tanta matematica, materia in cui lei era negata. Non sapeva proprio decidere quale delle due fosse la più odiosa! Per non parlare delle sue presunte amiche, che avevano riso di lei quando aveva preso un brutto voto all’ultima interrogazione di geografia: che razza di amiche erano? Lei non rideva mai di loro, quando erano in difficoltà! Anzi, le supportava e cercava di aiutarle come poteva …
Mentre faceva quelle riflessioni, però, un ragazzo la urtò violentemente, e lei tornò alla realtà.
“Ehi, deficiente, ma perché non cammini?” la apostrofò. “Su con la vita, la fine delle vacanze non è la fine del mondo!”.
Veronica fece qualche passo in avanti, imbarazzata: perché quel ragazzo le aveva detto così? Cosa intendeva dire? E perché aveva usato un tono tanto aggressivo?
Sempre camminando, si guardò intorno, cercando di ricordare dove si trovasse esattamente la classe di Viviana; proprio in quel momento, però, sentì qualcuno che la chiamava, o meglio, che chiamava sua sorella, e si girò.
“Ciao, tesoro!” le disse Andrea, raggiungendola. “Come va?”
Veronica dovette sforzarsi di non indietreggiare. Il fidanzato di sua sorella non le piaceva affatto! Non voleva essere toccata da lui, e meno le avrebbe rivolto la parola e meglio sarebbe stato: ma come poteva evitarlo? Deglutendo, quindi, gli rispose:
“Tutto bene! E tu?”
“Anche io tutto ok. Quel ragazzo prima non ti ha importunata, vero? Se l’ha fatto dimmelo, che poi ci penso io!”.
“No, tranquillo, è stata colpa mia: lui evidentemente andava di corsa, e ha cozzato contro di me! Ero io che stavo in mezzo: mi ero persa a pensare”.
“Ah, sì? E a cosa pensavi?”
“Ehm … a te, ovviamente! Ma perché non entriamo in aula? Stiamo perdendo tempo!”.
Dubitava che sua sorella si fosse mai mostrata tanto ansiosa di entrare in classe, e l’espressione incredula sul viso di Andrea glielo confermò: si sentì in imbarazzo per aver fatto un errore tanto grossolano, perché sapeva quanto era importante fingere di essere Viviana in tutto e per tutto, ma fece buon viso a cattivo gioco e seguì il ragazzo fin dentro l’aula, cercando di memorizzare bene il tragitto.
 
 
Entrando nella stanza, Veronica sgranò gli occhi. Com’era grande! C’erano ancora pochi studenti all’interno, e lei li fissò ad uno ad uno con curiosità: dunque, erano quelli gli amici di Viviana? Le ragazze erano tutte truccate, e qualcuna portava persino gli orecchini: anche sua sorella si truccava sempre prima di uscire, e la bimba trasalì quando si ricordò che invece lei non l’aveva fatto, sia perché non ci aveva proprio pensato, sia perché in ogni caso non sapeva neanche da dove cominciare a farlo!
“Magari non lo noteranno”, si disse. “Mamma mi ha sempre ripetuto che io e Viviana siamo speciali solo a casa, e che fuori invece siamo due persone come le altre: quindi, forse non ci faranno molto ca…”.
“Ehi, Viviana!” Veronica si girò, tesa, e vide che a parlare era stata una ragazza magra come un giunco, dai capelli perfettamente lisci e così truccata da sembrare quasi finta. “Come sono andate le vacanze? Sbaglio, o oggi non ti sei truccata?”.
Veronica trasalì. Dunque, il trucco a sedici anni era davvero così importante? O forse la domanda di quella ragazza dipendeva dal fatto che le donne di solito sono più attente degli uomini, specie riguardo a simili dettagli? Non ne aveva idea: stabilì pertanto che quella sera ne avrebbe parlato con sua sorella. Finché fossero rimaste l’una nel corpo dell’altra, era necessario per lei sapere ogni cosa sulla vita di una adolescente! Le aveva fatto le domande che riteneva più importanti, ma evidentemente c’erano altri aspetti altrettanto fondamentali che non aveva considerato, e su cui sua sorella non aveva ritenuto necessario informarla perché li considerava scontati …
“Ehm … le vacanze sono andate bene, grazie. Per il trucco, oggi sono uscita così di fretta che non ho avuto il tempo di mettermelo!”. Si avvicinò alla ragazza che le aveva rivolto la parola, che aveva un viso familiare, e si spremette le meningi per ricordare il suo nome: proprio in quel momento, però, la campanella suonò, e lei si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Era salva, almeno per il momento! Rimase ferma per qualche minuto, per cercare di individuare quale fosse il posto di sua sorella, o meglio, il suo posto, e scoprì che la sua compagna di banco era proprio la ragazza con cui aveva appena parlato.
“Speriamo che non mi chieda cose troppo complicate!” si disse. Sapeva infatti che le ragazze amavano chiacchierare molto, durante le lezioni, perché lo facevano anche le sue compagne e le maestre si infuriavano molto per questo! Lei invece non era abituata a farlo, perché ascoltava spesso le lezioni anche se poi in alcune materie i risultati non erano affatto incoraggianti. Stava forse per arrivare il momento in cui avrebbe dovuto chiacchierare ininterrottamente a scuola, per la prima volta in vita sua? La cosa non le piaceva affatto, le provocava un po’ d’ansia, ma sapeva anche di non avere altra scelta. E poi, di sicuro la vita di una adolescente era migliore di quella di una bambina: da bambini si è invisibili, mentre da adolescenti si è più considerati! Lei non vedeva l’ora di averla, quella considerazione …
 
 
Qualche ora dopo, Veronica era più tranquilla: era riuscita a tenere a distanza la sua compagna di banco, della quale nel frattempo aveva ricordato il nome, con la scusa che sua madre le aveva fatto una ramanzina al giorno durante le vacanze e che le avrebbe controllato il quaderno per vedere se aveva preso appunti. Carola, questo il nome della ragazza, le aveva detto che sua madre evidentemente era impazzita, aveva scosso la testa e poi finalmente l’aveva lasciata in pace, evitando così di porle domande o di parlare di argomenti che la avrebbero quasi sicuramente messa in imbarazzo. Veronica scriveva, ascoltando le parole dei professori: capiva circa un decimo di quello che dicevano, ogni tanto si perdeva, non sapeva fino a che punto quello che stava riportando sul quaderno era importante, ma non ci badava: preferiva di gran lunga quello, piuttosto che le noiosissime spiegazioni della maggior parte delle sue maestre! Era così intenta a scrivere, che non notò le occhiate che Carola lanciava verso la sua mano sinistra: lei era mancina, quindi le veniva naturale scriverci, ma sua sorella non lo era …
 
 
Quando suonò la campanella che segnava la fine delle lezioni, Veronica ci mise un po’ a capire che doveva uscire: lei era abituata a stare in aula fino alle 16:30, e all’ora di pranzo mangiava nella mensa scolastica! Alla fine, però, vedendo gli altri ragazzi chiudere gli zaini e metterseli in spalla si decise ad imitarli, e uscì dalla classe più in fretta che poté, senza neanche domandarsi se avrebbe dovuto aspettare qualcun altro: da quel che aveva sentito dai discorsi che faceva la sorella, era chiaro che lei non arrivava da sola alla fermata dell’autobus, ma non le importava. Voleva solo assaporare la stessa libertà che aveva sperimentato quella mattina uscendo da sola per la prima volta, e inoltre voleva godersi la sensazione di essere andata via da scuola con tre ore di anticipo!
“Sì”, pensò, mentre camminava a passo veloce sotto il cielo un po’ velato. “E’ proprio bello e facile essere una adolescente! La mia vita sarà di sicuro migliore, da ora in poi: avrei dovuto desiderare di crescere in fretta già molto tempo fa!”.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: lezione di ginnastica ***


Capitolo 9: lezione di ginnastica 

“Allora, bambini, copiate questo problema …”.
Viviana impugnò la penna, e sorrise. Gli altri bambini erano tutti concentrati, e man mano che la maestra snocciolava i dati si facevano sempre più seri e pensierosi. A lei invece quel problema sembrava così semplice! Quei piccolini non si rendevano conto della fortuna che avevano: li avesse avuti lei, compiti così facili da risolvere!
Quando ebbe finito di dettare, la maestra la fissò.
“Veronica, allora, hai capito il problema?”.
“Certo che sì!” le rispose lei, come se fosse una cosa ovvia.
“Sicura? Dici sempre così, e poi sbagli regolarmente! Eppure, lo sai che io sono disposta a spiegare le cose anche cinquecento volte, finché tu non hai capito bene tutto”.
Viviana s’irritò. Aveva sì l’aspetto di una bambina, ma non era stupida! Cosa voleva quella donna? Cercando di non essere troppo sfacciata, quindi, rispose che non aveva bisogno di altre spiegazioni e che aveva compreso tutto, cercando di ignorare lo sguardo scettico dell’altra.
Riuscì a risolvere l’esercizio in un paio di minuti e poi posò la penna, guardandosi intorno: tutti gli altri, com’era prevedibile, erano ancora intenti a fare calcoli. Alla maestra di sua sorella non sfuggirono questi suoi gesti, però, e fraintendendo tutto le si rivolse con tono rassegnato:
“Veronica,  ti sei già arresa? Vuoi darmi il quaderno, così controllo e ti dico subito dove hai sbagliato?”.
Viviana fece un cenno di assenso, e si alzò fingendo un’aria contrita: forse non era corretto, ma voleva prendersi una piccola soddisfazione! La ebbe in effetti qualche secondo dopo, vedendo l’adulta strabuzzare gli occhi.
“Ma … ma è tutto giusto! Brava!” sentendo questa esclamazione, gli altri bimbi alzarono le teste dai quaderni e si fecero attenti; Viviana, dal canto suo, si costrinse a sorridere con orgoglio. Non le sembrava di aver fatto qualcosa di eccezionale, ma sapeva che per la sua sorellina in realtà lo sarebbe stato, e non voleva comportarsi troppo diversamente da lei: i bambini erano più propensi a credere nella magia rispetto ai suoi coetanei, era risaputo: se qualcuno particolarmente fantasioso avesse intuito quello che era successo tra lei e Veronica, come avrebbero dovuto agire? Era meglio non rischiare!
Per fortuna, non dovette pensare a lungo a queste cose, perché la maestra, ancora esterrefatta, la mandò alla lavagna per mostrare agli altri come risolvere l’esercizio; stando girata di spalle, non si accorse che tutti i presenti nell’aula le fissavano, come era già accaduto il giorno precedente, la mano destra: era con quella infatti che teneva il gessetto.
 
 
Qualche ora dopo, la maestra di ginnastica li condusse in palestra: mentre scendevano le scale, la bimba con le trecce, che, ora Viviana lo sapeva, si chiamava Serena, le batté un dito sulla spalla.
“Che c’è?”
“Senti, Veronica … te lo volevo chiedere anche ieri, ma poi hai litigato con Erika per il panino e me lo sono dimenticato. Come mai adesso scrivi con la mano destra?”.
“Ehm …” Veronica deglutì, cercando una giustificazione plausibile. Sua sorella era mancina! Come aveva fatto a non pensarci? Non sarebbe mai riuscita a scrivere con la sinistra, ma non riusciva comunque a capacitarsi di aver dimenticato una cosa tanto fondamentale.
“Vedi, è che ero stufa di vedere gli altri sgranare gli occhi ogni volta che mi vedono scrivere. Non sono un fenomeno da baraccone!”.
“Forse hai ragione …” le rispose la bambina, poco convinta. “Ma a me fa un po’ strano, sai? Mi ci dovrò abituare! E poi, come hai fatto ad imparare così in fretta? Lo so che non è facile!”.
“Ehm … in realtà, mi alleno da tempo, a casa!”.
Serena fissò quella che credeva essere la sua amica con molto stupore. “Sarà … ma a me piacevi di più da mancina!”.
Viviana non seppe cosa rispondere a questa ultima esclamazione, e così continuò ad avanzare insieme a tutti gli altri bimbi, in silenzio.
 
 
Qualche istante dopo, si raggrupparono tutti intorno all’insegnante, che disse:
“Avete tutti le tute? Bene. Allora, cominciamo come sempre con qualche giro di corsa!”.
Viviana scattò, insieme a tutti gli altri: correre non le piaceva, ma non poteva certo rifiutarsi! Forse, però, anche fare una corsetta sarebbe stato facile: dopotutto, era pur sempre tornata ad essere una bambina delle elementari.
Aumentò il ritmo, compiaciuta, e non poté trattenere un sorriso. Quant’era facile la sua vita! Non sapeva quanto sarebbe durata la magia del desiderio che aveva espresso, ma sperava durasse in eterno, o quantomeno molto a lungo: era troppo divertente avere ancora otto anni! Superò tutti con grande facilità, e quasi si sentì in colpa: poteva infierire in quel modo su dei bambini? Era una cosa onesta da fare? Non ebbe tempo per approfondire la questione, però, perché girandosi appena vide che più lei avanzava, più gli altri sembravano rallentare e la guardavano stupefatti. Persino la maestra sembrava attonita!
“Ma cosa gli prende, a tutti quanti?” si chiese, e si fermò di botto, voltandosi definitivamente con aria parecchio interrogativa.
Serena, che era dietro di lei, per poco non andò a sbatterle contro. “Ma cosa ti prende, ultimamente?” le chiese. “Di solito quando corri, ehm … non sei molto veloce. Arrivi sempre per ultima!”.
“Ah, davvero?” fece Viviana. Strano: aveva visto correre sua sorella, e non se la cavava male! Possibile che fosse talmente timida da trattenersi, a scuola? Non le piacevano le competizioni, lo sapeva, ma possibile che quella per lei fosse una sorta di gara? E se anche così fosse stato, perché non tirava fuori almeno un minimo di competitività? Non aveva orgoglio?
“Devo parlarle, quando esco da qui” pensò. Iniziò a chiedersi se conosceva davvero sua sorella minore, e perché in generale lei non volesse confidarle tutte quelle cose: di che aveva paura? Del suo giudizio?
“Devo aiutarla. Devo spiegarle che non deve prendere tutte le cose come se fossero una gara! Magari così, quando e se torneremo noi stesse, la vita non le apparirà più tanto complicata”, decise cinquantacinque minuti dopo, mentre tornava in classe con gli altri, che la guardavano come se fosse una miracolata.
 
 
“Allora, hai capito cosa intendo dire? Non devi sentirti in competizione, non devi temere niente … i tuoi coetanei sono persone come te!”.
Era sera, e con la scusa di farsi aiutare per i compiti (i genitori non lo sapevano, ma in realtà era lei che aiutava la sorella a farli, studiando in quel modo anche il programma della sua vera scuola per mantenersi al passo), Viviana si era infilata in quella che fino a qualche settimana prima era stata la sua camera, e ne aveva approfittato per fare a Veronica il discorso che si era prefissa.
“Non è vero”, le rispose la piccola, scendendo dal letto su cui era seduta e iniziando a dondolarsi da una gamba all’altra oscillando come un pendolo: faceva sempre così quando era nervosa. “Loro sono migliori di me!”.
“Migliori di te? Ma Vero, cosa cavolo dici? Hai solo otto anni, ma sei praticamente una biblioteca vivente! Hai letto più libri non solo di me, ma di tutti i membri della nostra famiglia messi insieme. Gli altri bambini non arriveranno mai al tuo livello! Se proprio fossi tanto diversa da loro, quindi, al massimo saresti superiore, non inferiore!”.
“E’ vero, leggo tanto. Ed è per questo che gli altri mi prendono in giro … dicono che conosco tante parole strane, e ridono di me! A volte mi dicono che sono un vocabolario, e lo dicono che come se fosse la cosa più stupida del mondo. Mi fanno sentire sbagliata!”.
“Ma certo che ridono di te. Lo fanno perché si sentono inadeguati!”.
“Cosa? Ma che dici? E’ un controsenso!”.
“No invece! Ascolta: tu sei una tipa seria, stai sulle tue, non partecipi spontaneamente ai giochi, ti ci vuole più tempo per capire le barzellette, leggi tanto ma al contempo adori i cartoni animati e ne parli spesso, molto di più degli altri bambini. Questo agli occhi degli altri purtroppo ti rende strana … ed è per questo che gli altri ti prendono in giro. Per farti accettare, devi essere più come loro!”.
“Cioè, devo reprimermi? Ma così non sarei più me stessa!”.
“Se vuoi essere accettata, devi scendere a compromessi. Non devi cambiare proprio del tutto, ma venire incontro agli altri!”.
Veronica stava per ribattere, indignata, ma fu interrotta da sua madre, che aveva aperto la porta della camera senza bussare e passava lo sguardo dall’una all’altra, allarmata.
“Tutto bene, ragazze? Non è che state litigando?”
“No, mamma, tutto a posto!” risposero le due sorelle, in coro.
“Se lo dite voi”, disse la donna, richiudendo in fretta l’uscio con un’espressione tra lo stupefatto e il poco convinto dipinta sul volto.
Veronica e Viviana aspettarono di sentire la madre allontanarsi, poi si guardarono, incerte se aggiungere o meno qualcos’altro a quanto si erano dette pochi istanti prima. La minore voleva raccontare anche una cosa relativa all’impegno nello studio, legata implicitamente al suo essere tanto differente dagli altri, ma rinunciò: sospettava che la sorella non l’avrebbe mai capita. Si aspettava parole di conforto da lei, e invece aveva ottenuto solo consigli sciocchi; quindi, come poteva pensare che l’avrebbe aiutata? Quanto alla più grande, invece, voleva parlare ancora, mantenere il punto e spiegarsi meglio … ma qualcosa le disse che non ne valeva la pena. Forse, se avesse continuato a parlare avrebbe finito per confondere la sorellina, anziché farle capire dove sbagliava nei suoi ragionamenti! Sentiva però che il silenzio era troppo pesante, doveva essere necessariamente rotto: quindi, disse la prima cosa che le venne in mente, e che le sembrava anche la più adatta date le circostanze.
“Passami i quaderni, dai: ti faccio i compiti!”.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: scoperte spiacevoli ***


Capitolo 10: scoperte spiacevoli

Ormai era quasi giunta la fine del mese di gennaio, e le due sorelle si erano così abituate alla loro situazione che a malapena ricordavano che essa era frutto di un desiderio espresso la notte di Natale. Certo, a Veronica mancavano le sue amichette e  le mancava vedere i cartoni animati, mentre a Viviana mancavano le uscite con il suo fidanzato e con le amiche e le chiacchiere sui ragazzi e sulla moda, per non parlare della incredibile voglia di fumare che la assaliva ancora molto spesso, ma entrambe restavano comunque convinte che la loro vita era nettamente migliorata negli ultimi tempi, e se si fossero trovate a scegliere se tornare indietro o meno, molto probabilmente avrebbero scelto di lasciar stare tutto com’era!
Avevano ormai smesso di chiedersi quanto sarebbe durata la magia, e avevano deciso di godersi l’avventura appieno, senza farsi domande. Viviana in particolare era quella più felice delle due, perché la sua vita si era semplificata parecchio quando aveva preso le sembianze della sorellina; ma scoprì ben presto che, anche così, la sua vecchia vita poteva farle molto male …
 
 
“Allora, sei proprio sicura che non vuoi?” Carola guardò quella che credeva essere la sua amica, e le porse la sigaretta con fare invitante.
“No, grazie: ho deciso di smettere, lo sai!”, rispose Veronica guardandola con espressione schifata. Quando aveva scoperto che la sorella fumava, era rimasta indignata: che gusto c’era nel fare una cosa che aveva probabili esiti letali? Dopo che le aveva chiesto spiegazioni in merito, Viviana le aveva blaterato qualcosa riguardo al gusto del proibito e della trasgressione, ma invece di rassicurarsi lei si era arrabbiata ancora di più: cosa c’era di tanto sconveniente nel seguire le regole, specie se seguirle comportava un miglioramento a livello di salute? Si era così assunta il compito di trattare il corpo della sorella meglio di quanto aveva fatto quest’ultima, con la segreta speranza che, qualora fossero tornate ciascuna nel proprio corpo, Viviana non ricadesse nel vizio, e aveva rifiutato le sigarette ogni volta che Carola, Andrea e gli altri ragazzi gliele avevano offerte.
“Cos’è quella faccia orripilata?”
Veronica fu costretta a tornare alla realtà sentendo le parole dell’amica del cuore di sua sorella.
“Quale faccia orripilata?”
“Non fare la finta tonta! Poco fa ti ho offerto la sigaretta, e tu mi hai guardata come se avessi in mano un verme. Non capisco proprio cosa ti prende! So che tua madre ti ha punita perché ha scoperto che fumavi, ma non capisco comunque perché ti ostini ad obbedirle. Prima non eri così! Anche Andrea l’ha notato, sai? Dice che sei diventata più schiva, ultimamente. Sostiene che quasi non ti lasci avvicinare da lui!”.
Veronica emise un suono inarticolato, non sapendo bene come replicare: sapeva che l’altra aveva ragione, ma non aveva potuto fare altrimenti, perché persino farsi toccare da quel ragazzo la riempiva di disgusto: figurarsi baciarlo sulla bocca! Inventando scuse più o meno plausibili, alcune delle quali suggerite dalla sorella quando il pomeriggio si ritrovavano insieme per i compiti, era riuscita ad evitare effusioni con lui sia a scuola che fuori: sperava solo che la fantasia non la abbandonasse, altrimenti sarebbero stati guai.
“Ma no …” disse poi, sentendo il bisogno di dire una cosa qualsiasi per cavarsi d’impaccio. “E’ lui che esagera! Io sono sempre la stessa, sia quando siamo insieme che in altre situazioni: solo che voglio provare a smettere di fumare. E’ tutto qua!”.
“Se lo dici tu …” Carola le lanciò uno sguardo scettico, e poi riprese: “Io ti vedo cambiata. Hai persino imparato a scrivere con la sinistra, e chissà perché poi! Pensa che se qualche giorno fa non avessi aderito alla nostra intenzione di andare a farci un tatuaggio, avrei pensato che qualcuno avesse preso le tue sembianze, perché non sarebbe stato affatto da te rifiutare una cosa del genere dato che hai sempre detto che avresti tanto voluto fartene uno! Mi dispiace solo di non poter venire, e che neanche la tua dolce metà possa accompagnarti … però puoi sempre andare con qualcun altro, se ti va, no?”.
“Beh, sì”, concesse Veronica, tentando di non far vedere quanto quel mancato appuntamento la facesse sentire sollevata; volendo anche evitare di affrontare la questione del suo mancinismo, però, si costrinse a parlare di nuovo. “Ma posso aspettare. Quando sarai libera, ci andremo!”.
“E spero non sia tra breve”, aggiunse mentalmente. Anche la storia dei tatuaggi la indignava, e oltretutto la spaventava moltissimo: sapeva che si provava molto dolore con gli aghi. Inoltre, aveva sentito spesso i suoi genitori parlarne con la sorella e dirle che far tatuare i minorenni senza consenso di un adulto era contro la legge, e che loro non le avrebbero mai dato il permesso: per come la vedeva lei, era un motivo in più per evitare tutto!
Non sapeva cos’altro aggiungere, ma fortunatamente la campanella le venne in aiuto e così, senza neanche guardare l’altra negli occhi, si precipitò fuori dal bagno per tornare in aula.
 
 
“Viviana, perché non esci un po’, oggi?”.
Veronica si bloccò di colpo: era andata in cucina per bere un po’ d’acqua, ma in salotto aveva trovato sua madre che stirava: appena l’aveva vista, la donna aveva smesso di fare quel che stava facendo e le aveva posto quella strana domanda. In effetti, da quando era nel corpo della sorella si dimenticava spesso che le adolescenti uscivano di frequente il pomeriggio, ma per non sembrare troppo strana aveva deciso di usare la scusa dei compiti per rimanere quasi sempre a casa!
“In che senso, mamma? Fino a pochi mesi fa non mi dicevi che uscivo troppo?”.
“Sì, è vero. Ma anche così non va bene! Non tutte le volte, ma almeno ogni tanto è giusto che una ragazza della tua età stia fuori casa con gli amici. Basta che torni prima di cena, puoi andare dove vuoi, lo sai! Oggi è sabato, perché non ti organizzi con Andrea o con qualche amica?”.
Veronica non credeva alle proprie orecchie. “Ma come, prima mi dici che esco troppo, e adesso invece affermi che esco troppo poco?” le chiese, smarrita. “E poi, ho i compiti da fare! Non mi dici sempre che viene prima il dovere e poi il piacere?”.
Aveva sentito spesso Viviana lamentarsi della contraddittorietà della madre su certi argomenti, e fu sollevata quando capì che l’adulta aveva preso le sue parole come una polemica adolescenziale, seppure un po’ atipica: ma in realtà, non sapeva davvero cosa fare. Lei non voleva uscire, preferiva restare a casa! Ma si rese velocemente conto che non aveva altra scelta: come poteva giustificare il fatto che avrebbe preferito starsene tranquilla in camera a leggere o guardare la tv, specie considerando il fatto che la vera Viviana a malapena leggeva i libri che le assegnavano i professori per la scuola? E anche se avesse semplicemente guardato la tv, avrebbe dovuto stare attenta perché alla sorella di certo non piacevano i cartoni animati!
“Va bene: chiamo qualcuno, poi mi preparo ed esco! Andrea oggi mi ha detto che non poteva…”; disse, e senza finire la fase lasciò la stanza il più velocemente possibile.
 

Circa una mezz’oretta dopo, Viviana e Veronica stavano uscendo insieme dal portone: la più piccola non era riuscita a trovare vestiti adatti da mettersi per uscire, come sempre, e così aveva chiesto aiuto alla più grande la quale, capendo le difficoltà della sorellina e non volendo farla uscire da sola, le aveva proposto di seguirla. In fondo, cosa c’era di male se uscivano insieme?
Viviana in realtà dubitava che, se fosse stata ancora nel suo corpo, avrebbe accettato di avere Veronica al seguito nelle uscite, anche perché di sicuro se fosse stata da sola come in quel caso non avrebbe avuto paura a chiamare qualche coetanea, ma pensò che per quella volta si poteva fare. In quel modo, poi, forse avrebbe anche avuto l’occasione di parlare di diverse cose con l’adolescente – bambina che aveva vicino a lei!
“Allora”, le disse infatti poco dopo cercando di non alzare eccessivamente la voce, mentre camminavano verso il parco più vicino. “Uscire ti fa paura?”
“No, è che … semplicemente non mi interessa, e non ci ripenso quasi mai! Inoltre, lo ammetto, con i tuoi amici e il tuo ragazzo non so mai come comportarmi”.
“Cosa? Ma come fa a non interessarti? Voglio dire, è di libertà che stiamo parlando! Cosa c’è di tanto divertente nello stare tutto il giorno a casa, e con mamma e papà, poi?”.
“Io sto bene, con loro!”.
“Sì, perché sei ancora piccola. Ma vedrai che quando crescerai non ti sembreranno più così fantastici!”.
“Se lo dici tu …”
“Beh, in ogni caso, cerca di sforzarti: sei un’adolescente adesso, non puoi comportarti in modo strano rifiutandoti di uscire! Io dopotutto mica mi comporto da grande, no?”.
“Sì, ma per te è più facile: sei già stata bambina. Io invece non sono mai stata adolescente!”.
“Lo sarai, però. Puoi imparare qualcosa per il futuro già da ora! E poi, non ti piace il fatto di andare via di casa per qualche tempo, da sola? Se le cose fossero rimaste come erano prima, non ti sarebbe capitato di certo!”.
“Questo non è in dubbio, però …” Veronica non portò mai a termine la sua obiezione, perché proprio in quel momento giunsero al parco, che era uno spazio verde non molto largo e composto di quattro panchine, tutte posizionate intorno ai giochi per bambini che invece erano presenti in quantità lievemente maggiore: Viviana aveva visto qualcosa nella panchina più vicina, ed era rimasta come paralizzata.
“Cosa succede?” chiese Veronica; l’altra, invece di risponderle, puntò un dito verso la panchina.
E fu allora che la più piccola vide bene cosa voleva mostrarle la sorella: seduti sul sedile di legno c’erano Andrea e Carola, intenti a scambiarsi effusioni che non si addicevano molto a due amici.
“Come hanno potuto farmi questo???” si chiedeva Viviana intanto, tremando d’indignazione nel piccolo corpo della sorella. “Allora avevo visto giusto, lui aveva davvero qualcosa da nascondere! E con Carola, poi … non me l’aspettavo proprio!”
Fece per andare a dirgliene quattro, ma poi si ricordò di chi era, o meglio, di come gli altri la vedevano: ai loro occhi era solo una bambina. Cosa ne poteva sapere lei, di quelle cose? Il suo ragazzo e la sua migliore amica non l’avrebbero presa sul serio, anche se avesse minacciato di dire tutto alla sorella, ossia a se stessa. Ma sentiva che doveva agire, non doveva lasciarli impuniti … doveva fare qualcosa, ma cosa? Qual’era la cosa migliore da fare, come poteva agire in modo da farli vergognare e pentire amaramente di quello che stavano facendo, sempre ammesso che entrambi provassero per lei ancora un briciolo di affetto? Si sentiva persa, smarrita, completamente annientata e ferita: non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere dalle persone più importanti della sua vita.
Valutò velocemente le sue opzioni, e alla fine prese l’unica decisione che al momento le sembrava sensata.
“Li hai notati, quei due vermi, vero?” disse alla sorella, trascinandola indietro e nascondendosi con lei dietro un albero dal tronco piuttosto largo. “Sai che odio mandarti avanti o metterti in mezzo in cose più grandi di te, ma stavolta date le circostanze è diverso … dovresti fare qualcosa per me. Devi andare lì da loro, attirare l’attenzione di uno dei due o anche di entrambi e dire qualcosa tipo ‘ vi state divertendo? Io no, anzi, mi piange il cuore se penso che per tutti questi anni mi sono fidata di due persone tanto meschine! ‘. Lo faresti?”.
Veronica non era sicura di ricordarsi tutto quello che la sorella le aveva detto di dire, ma si sentiva arrabbiata anche lei per come veniva trattata: era pur sempre sua sorella, nessuno poteva permettersi di farle del male! Pertanto, senza neanche rispondere alla domanda che Viviana le aveva posto, si lanciò all’attacco, avanzando a passi rapidi verso i due fedifraghi, che ancora erano attaccati l’uno a l’altra come ventose.
“EHI, VOI DUE!” gridò, con quanto fiato aveva in gola: sentendo le sue urla tutte le persone presenti nel parco si girarono nella sua direzione, ma lei non ci badò. Voleva solo che Andrea e Carola la sentissero, a tutti i costi … e non riuscì a trattenere un sorriso beffardo quando vide che era riuscita nel suo intento.
“Allora, ci stiamo divertendo?” continuò, passando lo sguardo dall’uno all’altra. “Mi spiace avervi interrotto, ma …” si bloccò, per un attimo incerta su come continuare, ma poi riprese: “Volevo solo farvi sapere che io invece non mi sono divertita affatto, a guardarvi. Mi fate schifo!”.
“Amore, ascolta, posso spiegarti …” cominciò Andrea, alquanto imbarazzato, ma lei lo bloccò.
“Spiegarmi cosa? Immagino che mi dirai che è stato un errore, una svista. Vero? Ma da quanto è che dura questo errore? E poi, chi sa di sbagliare non si crogiola nei suoi sbagli, anzi. Se avessi pensato che stavi agendo male, non avresti fatto quello che stavi appunto facendo fino a pochi istanti fa! Risparmia il fiato, quindi, perché non ti crederò mai. E tu”, ruggì poi, rivolta a Carola, “Bell’amica che sei! Da questo momento non voglio avere più niente a che fare con te, né ora né mai! Da domani in poi, uscirò con altre ragazze: spiffererò a tutti cosa hai fatto, così ti gireranno alla larga! Mia sorella aveva ragione a non fidarsi: non solo ho capito questo, ma ho capito anche che siete così inqualificabili che anche sforzandomi non troverò mai un aggettivo davvero adatto a voi”.
Dopo aver reso giustizia alla vera se stessa, Veronica girò sui tacchi e se ne andò: dopo qualche passo, però, vide Viviana, che si era spostata e ora non era più dietro all’albero, ma qualche passo avanti ad esso.
“Sei stata grande!” le disse bisbigliando, sorpresa e commossa insieme, mentre si avviavano verso casa. “Certo, quella frecciatina non troppo velata sul fatto che hai sempre avuto ragione su di loro mentre io non ti ho mai ascoltata potevi anche risparmiartela, e io anche avendo otto anno più di te non avrei mai usato tutti i paroloni che invece hai tirato fuori tu ma … devo dire che io non avrei potuto fare di meglio. Sembravi una vera adolescente! Come hai fatto?”.
“Beh … forse è merito dei libri che leggo: ne ho viste di situazioni simili, nei romanzi”, rispose l’altra, parlando con un tono di voce normale.
“Davvero?”. Viviana sapeva che la sorella leggeva anche volumi per persone più grandi, e immaginava che per questo Veronica spesso capisse meno della metà di quello che trovava scritto, ma non pensava che una bambina potesse assimilare un’opera tanto da imparare come comportarsi nelle situazioni reali. “Chissà, forse invece stai maturando, in un certo senso!”.
Veronica si fermò di botto sul marciapiede che stavano percorrendo, rischiando di essere travolta da una signora che la guardò malissimo.
“Maturare vuol dire questo? Essere feriti dal proprio fidanzato e dalla propria migliore amica fa parte del percorso per arrivare alla maturità?”.
Viviana rimase zitta per qualche attimo: poi, alla fine, rispose. “Dicono che il dolore, di qualsiasi natura sia, aiuta a crescere … quindi, forse è così. Ma in questo momento non me la sento proprio di approfondire la questione: voglio solo andare a casa e pensare”.
Non appena arrivarono a destinazione, però, Viviana anziché fare come aveva detto si chiuse immediatamente in camera sua e pianse lacrime amare: sembrava inconsolabile, come se le avessero ridotto il cuore in frammenti minuscoli.
“Ma cosa ha tua sorella? E’ successo qualcosa mentre eravate via? Pensavo che uscire potesse fare bene ad entrambe, e invece tu sembri confusa e lei è praticamente stravolta”, disse la padrona di casa a quella che riteneva essere la sua figlia maggiore, mentre si trovavano in salotto.
“Ehm … siamo andate al parco, lì c’erano due sue amiche che giocavano tra loro e anche se lei s’è messa in mezzo non l’hanno fatta giocare. C’è rimasta molto male!”.
“Ah. Una cosa proprio adatta alla sua età, insomma! Allora non è grave, e passerà presto”.
“In che senso?”
“Beh, domani le avrà già perdonate. Oppure si farà altre amichette! I bambini dimenticano in fretta.”
 
 
“Davvero i bimbi dimenticano velocemente i torti che subiscono?”, si chiese Veronica qualche ora dopo, sdraiata nel letto che in precedenza era stato della sorella e che ora invece era suo.
“A me non sembra: io non ho mai dimenticato completamente i torti che mi facevano le mie coetanee, e soprattutto per perdonare non mi ci è voluto poco, anzi! Però, mi domando quanto ci voglia a perdonare nel mondo degli adolescenti, e se il tradimento del proprio ragazzo e quello della propria amica del cuore siano cose che possono essere perdonate! Spero solo che Viviana dimentichi presto, o che trovi comunque il modo di reagire: solo così potrà smettere di soffrire ed andare avanti. Vorrei tanto aiutarla, ma non ho esperienze in questi campi! Dubito che la soluzione giusta possa trovarsi in un libro, quindi non so proprio cosa fare …”
Per la prima volta, Veronica si sentiva totalmente inadeguata: di solito quando aveva preoccupazioni particolari ne parlava con i genitori, ma sia sua madre che suo padre, che era stato messo al corrente dell’accaduto pochi minuti dopo essere tornato dal lavoro, erano convinti che la faccenda si sarebbe risolta in fretta, essendo secondo loro un problema di una bambina di otto anni! Per la prima volta dalla sera della vigilia di Natale, iniziò a chiedersi fino a che punto il desiderio era stato una cosa buona. Sapeva che ogni cosa aveva lati positivi e lati negativi: quello che era successo quel giorno era pertanto da annoverarsi tra questi ultimi oppure no?
Sperava di capirlo il più presto possibile.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Riflessioni ***


Capitolo 11: Riflessioni

Passò un’altra settimana, e la vita riprese quasi normalmente: l’unica nota stonata erano i sentimenti delle due sorelle verso la loro condizione.
Viviana, che ancora non s’era ripresa dalla sua delusione d’amore, pur giudicando comunque più facile e conveniente la vita dei bambini iniziava a chiedersi se fosse giusto che lei vivesse come Veronica: non le stava forse rubando l’infanzia, facendole vivere cose che a causa della sua vera età non poteva comprendere appieno? E al contempo, non stava impedendo a se stessa di vivere la propria adolescenza? Avrebbe tanto voluto tornare la sedicenne che era stata fino alla notte della vigilia di Natale, per poter dare una lezione al suo ormai ex fidanzato e alla sua ex migliore amica: invece, doveva accontentarsi di istruire la sorella su come comportarsi e ascoltare poi i suoi resoconti a fine giornata.
Poteva essere divertente anche così, ma di certo non era la stessa cosa!
Veronica invece, dal canto suo, nei momenti in cui era da sola pensava che essere adolescente le piaceva, ma non più come prima: non capiva molti dei discorsi che facevano le altre ragazze, e quei pochi che capiva non la interessavano per niente … non era interessata ai ragazzi, anzi, diffidava di loro, e in più gli argomenti che i professori spiegavano in aula le erano totalmente incomprensibili. Un paio di volte qualcuno di loro le aveva posto delle domande, e lei non aveva saputo nemmeno da che parte iniziare per rispondere! Temeva che, se le cose fossero rimaste com’erano ancora per molto tempo, sua sorella avrebbe avuto un bel da fare a recuperare le insufficienze che le stava facendo prendere, e sapendo quanto era frustrante e noiosa la scuola avrebbe voluto evitare cose spiacevoli a Viviana, ma che altra scelta aveva?
“Forse il problema sta nel fatto che, essendo cresciuta velocemente per colpa di un desiderio, ho bruciato delle tappe fondamentali della mia vita: evidentemente, non avevo considerato che ogni fascia d’età ha i suoi problemi, e che prima di vivere quelli di una sedicenne avrei dovuto affrontare i miei. Però, d’altra parte, come potevo sapere che sarei stata esaudita, e nel giro di una notte, poi?”, si chiedeva. Inoltre, aveva iniziato a sentire la mancanza delle sue vecchie amiche, ed era curiosa di vedere in prima persona come si comportava Erika, sia con lei che con gli altri, da quando sua sorella l’aveva rimessa in riga!
Entrambe, giorno dopo giorno, si chiedevano quanto ancora sarebbe durata quella sorta di magia che le teneva ciascuna nel corpo dell’altra: più il tempo passava, più rivolevano indietro le loro vecchie vite.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: il dente ***


Capitolo 12: il dente

L’ottavo giorno dopo la sua delusione d’amore, Viviana riprese la sua vita alla scuola elementare: però, non le sembrava più così divertente. Le lezioni erano troppo banali, e le bimbe di otto anni chiaramente non facevano discorsi che le interessavano!
Fu a mensa, immersa in quelle chiacchiere intrise di problemi infantili, che si accorse che c’era qualcosa che non andava: appena aveva addentato un pezzo di frittata, alimento che per sua natura non era affatto complicato da masticare, sentì fare un preoccupante cric ad uno dei suoi denti molari: si portò le dita nel punto esatto, anche sapendo che non era una cosa molto elegante da fare a tavola, e fece una piccola pressione per controllare la situazione … ma fu un grosso sbaglio, perché l’osso in miniatura in questione le rimase in mano.
“Mamma mia com’è piccolo!” si disse, incurante delle esclamazioni delle bambine sedute accanto a lei. E subito dopo si sentì in colpa: quello era uno degli ultimi denti da latte della sorella, non sarebbe stato più giusto che fosse capitato davvero a lei di vederlo cadere?
Per Veronica, che aveva davvero otto anni, la cosa poteva essere speciale; per lei stessa, invece, era un avvenimento banale e anche un po’ antiestetico.
Era anche questo che intendevano suo padre e sua madre, quando le dicevano che ogni situazione aveva la sua età? Con quel desiderio strano espresso la notte di Natale aveva forse rubato alla sorellina un po’ della sua infanzia, per il gusto egoistico di ritrovare la propria?
“E’ inutile farsi tante domande”, si ritrovò a pensare per la maggior parte del tempo che costituiva le ore pomeridiane, che erano una delle poche cose che non rimpiangeva delle elementari; “Bisogna solo vedere come si evolverà il tutto. La magia non dura per sempre, almeno questo è quello che insegna la televisione … quindi, di sicuro prima o poi tornerà tutto normale! La verità è che non so cosa augurarmi: da una parte restare bambina, dall’altra invece mi sto rendendo conto che tutto è un po’ noioso per me, e quindi mi piacerebbe riavere indietro la mia vecchia vita, anche senza il mio fidanzato e la mia migliore amica!”.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: malesseri ***


Capitolo 13: malesseri

Veronica si svegliò con un gran dolore alla pancia e alla schiena, e ne rimase stupita: aveva sofferto spesso di quei disturbi, sia quando era nel suo corpo sia da quando era in quello della sorella, ma mai in quel modo!
Per non far preoccupare sua madre e Viviana, però, si alzò e fece tutte le cose che faceva ogni mattina: alla fine, uscì per recarsi a scuola, sperando di non dover subire una qualche interrogazione difficile. Era davvero stufa delle insufficienze e di come la guardavano gli altri! Ormai, la consideravano tutti una stupida, una strana, una anormale … o meglio, tutti consideravano una stupida, una strana o una anormale sua sorella: e questo naturalmente non le andava affatto a genio. Ma non aveva altra scelta se non quella di andare avanti giorno per giorno, e vedere cosa succedeva: sperava solo che le cose filassero il più lisce possibile, fino a che la magia non avesse esaurito il suo potere.
Quando arrivò a scuola, quel giorno, tutti la osservarono con espressione strana: sembravano quasi chiedersi quale altra stramberia avesse in serbo per loro, ma lei non vi badò, presa come era dai suoi dolori, e si sedette al suo banco guardando dritta davanti a sé. Voleva solo vivere una giornata tranquilla!
Ma dopo la prima ora di lezione, capì che non sarebbe stato così: il mal di pancia e il mal di schiena erano aumentati, al punto che non riusciva a concentrarsi. Fu così che a ricreazione si decise a chiamare la madre, per farsi venire a riprendere: qualche ora dopo, era a casa, da sola … e a casa, si avvide finalmente di quale era il problema: le erano venute le mestruazioni. Era informata sull’argomento, e non era la prima volta che le erano venute da quando era nel corpo di Viviana, ma la quantità eccessiva la spaventò.
“Che sta succedendo?” si chiese, allarmata. Doveva chiamare qualcuno? Oppure era una cosa normale? Doveva prendere qualche medicina, per far sì che ritornasse tutto alla normalità? E se sì, in che quantità?
Si mise l’assorbente, sperando di averlo posizionato bene (le volte precedenti aveva avuto problemi poco simpatici perché non aveva capito come farlo) e rimase un po’ a riflettere: alla fine, decise di tenersi i dolori, per quanto insopportabili fossero, e di chiedere consiglio alla sorella maggiore, una volta che fosse tornata da scuola. Mentre si sdraiava sul letto per riposarsi, però, non poté fare a meno di chiedersi, una volta di più, se il desiderio che aveva espresso non l’avesse portata a saltare troppi passaggi: all’inizio non se ne rendeva conto, pensava che la vita di una adolescente fosse tutta rose e fiori, ma le era bastata qualche settimana per capire che non era così; o forse, era lei che, in quanto bambina dentro, ancora non era pronta per capirla ed apprezzarla appieno. Erano ancora tante le cose che doveva imparare! Ad esempio, forse era normale che il flusso mestruale ogni tanto fosse più abbondante, ma lei era ancora troppo inesperta per esserne sicura.
“Ogni cosa ha la sua età”, si disse, poco prima di scivolare nel sonno. “Ma quando potrò riavere indietro la mia vecchia vita, e quando potrò rivedere le mie amichette, che mi mancano tanto?”.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: il carnevale è alle porte ***


Capitolo 14: il carnevale è alle porte

Mancava poco ormai al carnevale; Viviana, che non era per niente interessata a vestirsi per la festa, aveva cercato in tutti i modi di rimandare il momento in cui avrebbe dovuto scegliere il suo vestito, ma alla fine non poté più farlo e così un giorno, fingendo una contentezza che non provava nemmeno lontanamente, andò a fare compere con sua madre e tornò a casa con un vestito rosa da principessa: lei lo odiava, perché il colore non le piaceva affatto e lo considerava troppo infantile, ma Veronica al contrario lo apprezzò parecchio, e dovette faticare un bel po’ per fingere indifferenza: le pesava non poter partecipare alla festa con tutti gli altri bimbi della sua età.
“Lo so che avrò tanti altri carnevali a cui partecipare, quando questa sorta di incantesimo sarà finito”, pensava. “Però non è giusto che io quest’anno non possa farlo! Non ci sarà un modo per organizzare qualche festa in maschera anche tra adolescenti? Non sarà di certo la stessa cosa, ma potrei provare ugualmente!”.
Sua sorella maggiore, d’altro canto, sperava invece che la festa arrivasse presto, in modo da togliersela di torno il prima possibile. “Ma chi l’avrebbe mai detto”, pensava “Che mi sarebbe toccato di nuovo indossare costumi stupidi, e che avrei dovuto di nuovo perdere tempo con stelle filanti e coriandoli? Non sono neanche tutto questo granché, dopotutto! Per non parlare delle frappe: non mi sono mai piaciute, ma dovrò mangiarle per forza perché a Veronica fanno impazzire, e se mi rifiuto mamma e papà si preoccuperanno”.
Entrambe, una per un motivo e l’altra per un altro, erano scontente della situazione: la più grande delle due sorelle si ritrovava a dover vivere una situazione, l’ennesima a dire il vero, che la annoiava e la imbarazzava terribilmente; la minore invece si ritrovava a non dover vivere appieno la seconda festa che adorava di più, dopo il Natale.
Intanto, i giorni passavano, inesorabili, e il quindici febbraio si avvicinava sempre di più: Viviana e Veronica si erano ormai rassegnate ad affrontare anche questa prova, convinte che non avessero altra scelta. Ma dentro di loro, continuavano a desiderare che la magia finisse presto …

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15: il carnevale ***


Capitolo 15: Il carnevale

“Tesoro, sveglia! E’ carnevale!”
Veronica aprì lentamente gli occhi. Cosa ci faceva sua madre nella sua camera, o meglio in quella di Viviana? Non avrebbe dovuto andare nella sua vecchia stanza, a svegliare sua sorella? In fondo, la madre non aveva idea di quello che era successo dopo la notte di Natale, e quindi a rigor di logica non era certo da lei che doveva andare! Che avesse scoperto tutto?
Si drizzò a sedere e scese dal letto, ansiosa di capire cosa stesse succedendo, ma rimase interdetta accorgendosi che, intorno a lei, ogni cosa sembrava più grande. Si voltò indietro, e constatò che persino il letto sembrava più alto, solo che lei non l’aveva percepito prima perché si era alzata in fretta.
“Ma che…?” pensò, ma non riuscì a terminare il pensiero, perché sua madre scelse proprio quell’attimo per esclamare “Certo che siete proprio strane tu e Viviana, eh? Anche a Natale vi eravate scambiate le camere. Cos’è, un gioco? E’ una sorta di accordo tra voi che prevede che vi mettiate l’una nella camera dell’altra quando c’è una qualche festa?”.
“Ha detto Viviana? Ma allora … allora forse tutto è tornato alla normalità!” si disse. Però, non osando sperarci, decise di andare a controllare di persona, e si diresse in bagno senza neanche degnarsi di rispondere alla madre, la quale, dopo un primo momento di disappunto per essere stata ignorata, scusò la figlia pensando che di sicuro l’eccitazione per la giornata era così forte da averle fatto dimenticare l’educazione che lei e suo marito le avevano impartito in passato e continuavano anche allora ad impartirle.
“Devo vedere, devo vedere!” pensava intanto la bambina, aprendo la porta della toilette. Era sì molto eccitata, e anche speranzosa, ma ovviamente non per il motivo che sua madre aveva immaginato!
Arrivando davanti al lavandino, si accorse che anche questo era più grande del solito, e anche più alto: dovette mettersi in punta di piedi per potersi specchiare, anche se stranamente le ci volle minore sforzo per guardarsi: da quel che ricordava, prima di Natale faceva più fatica per giungere alla superficie riflettente!
In punta di piedi, scrutò la sua immagine: e quel che vide la rallegrò molto. Quella che le restituiva lo sguardo attraverso lo specchio non era Viviana, bensì lei stessa. Il suo vecchio corpo, con il viso liscio, senza brufoli, le sue braccia minute, e il petto completamente piatto, non le era mai sembrato così grazioso!
“Devo correre a svegliare Viviana!” esclamò la bambina tra sé e sé. “Chissà come sarà contenta della novità!”
Dovette fare un notevole lavoro di autocontrollo per evitare mettersi a saltellare per il corridoio: era troppo felice, ma non voleva che sua madre la credesse impazzita! Avrebbe avuto tutto il tempo di ridere e divertirsi quel pomeriggio al parco, insieme alle sue amiche. Le sue vere amiche, che le erano mancate tanto! Finalmente poteva riabbracciarle, finalmente poteva tornare a comportarsi da bambina di otto anni quale era, e quale in fondo era sempre stata …
“Viviana! Viviana!” chiamò, entrando nella camera che presto sarebbe tornata ad essere sua e precipitandosi a scuotere la sorella, che era ancora profondamente addormentata. “Svegliati! C’è una cosa che devi assolutamente sapere!”
Aveva lasciato la porta aperta e forse si era lasciata trasportare un po’ troppo dall’entusiasmo, contrariamente ai propositi che aveva fatto appena qualche istante prima, ma non le importava: in fondo, era normale che una bambina fosse eccitata il giorno di carnevale!
E Veronica era molto felice di essere una bambina: aveva imparato la lezione.
Sarebbe cresciuta, sarebbe maturata, e magari l’esperienza che si era appena lasciata alle spalle con così tanta gioia e sollievo le sarebbe servita per il suo futuro: ma da allora in poi, di questo era assolutamente sicura, avrebbe vissuto tutto per gradi, così come doveva naturalmente succedere.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: epilogo ***


Capitolo 16: Epilogo

La festa di carnevale fu la più bella che Veronica avesse mai vissuto in otto anni di vita: o almeno, così le parve. La gioia per la festa, unita alla consapevolezza che doveva godersi appieno quegli anni finché duravano, le fece vivere una giornata molto speciale … nei giorni successivi, riprendendo la sua vecchia vita, ebbe più tempo per riflettere, e capì che nel periodo dello scambio di corpo essa le era davvero mancata. Le era mancato il guardare i cartoni, il giocare con le bambole, l’andare alle giostre … e le erano mancate persino le sue maestre, oltre naturalmente alle sue amichette. L’unica che non le era mancata affatto era stata Erika, ma visto che le faceva sempre dispetti era naturale; e poi, dopo che Viviana l’aveva zittita non sembrava più tanto minacciosa. Anzi, negli ultimi tempi era cortese con lei, e sembrava quasi come se volesse diventarle amica!
Veronica era buona, e credeva che tutti gli esseri umani avessero una parte gentile dentro di loro; pertanto, pensava che anche la sua compagna ne fosse munita, ed era disposta anche a fare amicizia con lei. Inoltre, si era resa conto che non era poi così male fare il primo passo per conoscere gli altri o per intavolare una conversazione, e aveva capito che il suo problema nello studio era che non si impegnava come doveva: si sforzava solo quel poco che riteneva necessario, ed era per questo che non riusciva mai ad ottenere i voti che i suoi genitori si aspettavano! Sua sorella, durante il periodo in cui era stata nel suo corpo, aveva ottenuto ottimi voti, e lei guardandoli s’era quasi subito fatta un’idea di come doveva cambiare metodo di studio. Non era sicura che quello che aveva deciso di adottare fosse proprio quello giusto per lei, ma voleva provarci lo stesso …
Anche Viviana aveva ripreso in mano la sua vita di sempre, nonostante per lei le cose fossero parecchio più difficili: non aveva più un fidanzato e una migliore amica, anche se aveva stretto una amicizia più solida con tutte le altre della sua classe, comprese anche quelle che un tempo aveva snobbato  e definito “sfigate”, e i suoi voti erano peggiorati per colpa della sorellina per cui doveva darsi parecchio da fare se non voleva essere bocciata e sentire i suoi genitori lamentarsi e sgridarla per tutta l’estate! Però, aveva scoperto anche che, in fin dei conti, era bello essere tornata se stessa; e i cambiamenti che notava nella sua persona le piacevano molto.
Infatti, non fumava più da un bel po’, ormai, e solo allora si rendeva conto che la cosa non le pesava e non le dispiaceva affatto: anzi, da quando non lo faceva più si sentiva anche decisamente meglio, e poteva sentire odori a cui prima neanche faceva caso. E poi, doveva ammettere che sua sorella, nonostante fosse più piccola, su certe cose era stata davvero più saggia di lei: a cosa servivano infatti i tatuaggi, le tinte nere e i vestiti dark? La sua non era vera passione per quelle cose: era solo voglia di essere come gli altri, una moda. Ma cosa c’era di bello, in fin dei conti, nelle mode? Così, da quando era tornata in sé, l’adolescente aveva messo da parte tutti i suoi vestiti neri, ed era tornata al suo colore naturale dei capelli, ossia il castano.
“E’ incredibile come le cose possano cambiare da un momento all’altro, e come le prospettive cambino da persona a persona”, pensò, mentre si dirigeva verso la sua classe il giorno del martedì grasso. “Devo ammettere che non è male essere come tutti gli altri, ed essere una che rispetta le regole! Certo, è faticoso, ma io adoro le sfide e non credo che questa me la lascerò sfuggire! Chissà, magari una volta che ci avrò fatto del tutto l’abitudine le cose miglioreranno, e magari un giorno, spero più prima che dopo, potrò trovare un altro ragazzo, che mi ami davvero e che mi faccia stare bene … e forse, presto troverò anche, tra le ragazze, qualcuna che possa diventare la mia nuova migliore amica e sarà molto meglio di Carola!”.
Con questa speranza, entrò in classe, e si guardò intorno: ancora non si era riabituata completamente all’idea che era tornata com’era prima, e che era circondata da persone sue coetanee e non da bambini. Per quanto i bimbi potessero essere carini, infatti, non li avrebbe scambiati con nessuno dei suoi compagni!
Si sedette al suo solito banco, e iniziò a chiacchierare con la sua nuova vicina di banco, una biondina dal taglio sbarazzino di nome Elena: di certo, anche se era cambiata non aveva intenzione di starsene zitta e muta tutto il giorno, a sentire i professori che blateravano! Era cambiata, sì, ma non fino a quel punto.
Purtroppo per lei, i suoi minuti di beatitudine e serenità si conclusero nell’attimo in cui l’insegnante di lettere, una donna bassa e tarchiata con i capelli corti ma ben tenuti, si sedette alla cattedra e scorse il registro con un dito per cercare la vittima designata di quella mattina.
“Ferrante!”.
Viviana trasalì. Aveva studiato, ma non si sentiva totalmente pronta perché aveva avuto poco tempo per mettersi sui libri! Eppure, sapeva di non avere altra scelta: la sua situazione era delicata, non doveva comprometterla ancora … non tanto per se stessa, perché pensava ci fossero cose più importanti dei bei voti a scuola, quanto per i suoi genitori. Nonostante questo, mentre si alzava e andava verso la cattedra sperando di non far capire all’insegnante che non si sentiva molto pronta a presentarsi per l’interrogazione, non poté impedire alla sua mente di formulare il seguente pensiero: “Come vorrei che le interrogazioni qui fossero facili come quelle delle elementari! Invidio Veronica, la sua vita è così facile … voglio tornare piccola!!!”.
Ovviamente, però, non successe niente, e lei dovette affrontare la prova, riuscendo alla fine persino a strappare la sufficienza.

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