KYREA

di Shepard85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Non è un angelo ***
Capitolo 3: *** Strani Episodi ***
Capitolo 4: *** Il Potere ***
Capitolo 5: *** Una Libertà Limitata ***
Capitolo 6: *** Kyrea ***
Capitolo 7: *** In Memoria ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


 
Introduzione
 
Il motore del frigorifero continuava incessantemente a vibrare mentre lo sguardo di Francesco era alla ricerca di qualcosa di fresco. Infine prese due bottigliette di tè freddo al limone e si diresse in camera sua dove ad aspettarlo c’era il suo migliore amico. Il panorama dalla finestra era di grande impatto poiché si trovavano al settimo piano: era visibile gran parte del capoluogo. Ma ai ragazzi non interessava osservare la città bensì ammirare altre bellezze.
<< Trovato nulla di interessante? >> chiese dando uno sguardo al palazzo di fronte. Il telescopio era puntato sul quarto piano dove ogni sera una ragazza bionda dal corpo in carne si metteva in camicia da notte dimenticando di chiudere la finestra. Se fosse una dimenticanza voluta non era chiaro ma poco importava ai due giovani. << No, ancora niente. La vicina vuol farci attendere >> rispose sorridendo. Francesco porse la bottiglietta al suo amico che prontamente ringraziò. Poi suggerì di spostare l’obiettivo al secondo piano dello stesso palazzo. Lì ci vivevano due ragazze calabresi venute a Torino per studio e a volte si affacciavano alla finestra in reggiseno e pantaloncini anche se solo per pochi istanti.
Ma nemmeno loro erano apparse.
<< Oggi nessuna ragazza ha voglia di regalarci emozioni forti! >> concluse Antonio scrutando ogni singola finestra del condominio di fronte.
Il ragazzo sbuffò. Improvvisamente bloccò il suo respiro voltando lo sguardo verso il suo migliore amico. Francesco era concentrato su ogni singolo rumore finché non sentì una leggera vibrazione sul pavimento che si ripeteva costantemente. Fece appena in tempo a puntare il telescopio da tutt’altra parte che la sorella maggiore entrò in camera senza nemmeno bussare.
<< Che state facendo? >> chiese a braccia conserte mentre guardava prima il fratello e poi l’amico.
Antonio tentò di bere dalla bottiglietta ma per il nervosismo fece cadere del tè sul pavimento. Francesco rispose guardando il telescopio << Stiamo guardando le stelle >>. La ragazza fece cenno con la testa di aver capito. Poi sorrise. << Ma quali stelle e pianeti, maiali! Voi siete alla ricerca delle vicine esibizioniste! >>. Sentitosi scoperto dalla sorella, Francesco la spinse fuori con la scusa di andare a prendere dello Scottex per pulire il pavimento mentre per innervosirli, lei continuava a ripetere la parola “maiali” senza sosta.
Dopo aver chiuso la porta, sentirono la ragazza allontanarsi ridendo.
I due giovani si scambiarono uno sguardo. Poi il migliore amico prese di nuovo il telescopio e senza spostarlo notò che Francesco aveva inquadrato involontariamente la Mole Antonelliana che svettava dietro il palazzo interessato. Le ragazze non si erano fatte vive e quindi che male c’era a concentrare gli occhi su ben altro spettacolo? Il bianco marmo della mole veniva messo in risalto dai potenti riflettori posti ai quattro angoli del suo perimetro. L’enorme torre centrale, alta due terzi della struttura complessiva, si restringeva sempre di più diventando una guglia. Era davvero magnifica: non per nulla era l’orgoglio dei torinesi.
Qualcosa però turbò il giovane ragazzo durante la sua osservazione << Posso cambiare l’obiettivo e metterne uno più potente? C’è qualcosa che vorrei vedere meglio! >>. Pareva fosse agitato se non addirittura spaventato. << Ehi che ti prende? >> chiese Francesco preoccupato. << L’angelo in cima. Non lo vedo >> disse balbettando. L'amico rise mentre si mise a guardare tramite il telescopio la guglia della Mole. Ma subito mutò espressione.
<< Ma come è possibile? >> furono le uniche parole che riuscì a pronunciare. La statua posta sulla cima della Mole Antonelliana sembrava scomparsa. << Clelia! Corri! >> urlò il ragazzo con quanto fiato aveva in gola. La sorella accorse spaventata. I due ragazzi la spinsero a guardare tramite il telescopio mentre il fratello continuava a ripetere la stessa frase: l’angelo della Mole non c’è più. Ma quando la ragazza guardò dentro l’obiettivo rimase in silenzio. Poi lo schiaffo dato al fratello echeggiò nella camera e in corridoio. << Ma mi prendi in giro? Per poco ci credevo! Mi hai fatto prendere un infarto da come urlavi >>. Clelia se ne uscì dalla stanza furiosa. L’amico si avvicinò all’obiettivo del telescopio e delicatamente appoggiò il suo occhio al vetro. Spalancò gli occhi rimanendo immobile per qualche secondo.
<< Ora c'è! >>.

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Capitolo 2
*** Non è un angelo ***


Non è un angelo
 
“Situato sulla cima della Mole Antonelliana a più di 300 metri di altezza è visibile da ogni angolo della città anche grazie a dei potenti riflettori posti ai suoi piedi. Con un’altezza di 6 metri ed un apertura alare dalla medesima dimensione, il Genio Alato è la statua più grande che ci sia sul suolo torinese. Il suo sguardo è diretto verso il Duomo dove è custodita la sacra sindone di Gesù Cristo e ciò non è un caso”. Tutti erano completamente stregati dalle sue parole. La storia di uno dei personaggi più famosi di Torino era paradossalmente poco conosciuta. Questo non poteva far altro che incuriosire ulteriormente i compagni. “Infatti, per via del suo aspetto fisico, simile in tutto e per tutto ad un angelo, si dice che Dio Onnipotente in persona abbia creato la statua per poi darle l’obiettivo di controllare la sacra sindone di Cristo protetta nel Duomo di Torino. La leggenda dice che il Genio Alato abbia la capacità di prender vita così da raggiungere Dio per informarlo direttamente delle condizioni riguardanti il sacro velo. Gli archivi storici però raccontano le origini della statua da un punto di vista più concreto e meno spirituale. Fu scoperta negli abissi del Mar di Sardegna a pochi chilometri di distanza dalla località di Alghero dove era in corso una ricerca subacquea volta a verificare la salinità del mare. Le ricerche erano finanziate dal gruppo torinese Martinetti che di fronte alla scoperta inaspettata, decise di donare il ritrovamento al museo delle opere di Torino. In seguito fu presa la decisione di spostare la statua in cima alla Mole. Il Genio Alato divenne così il protettore della città. Ma nonostante il grande valore culturale attribuitogli, vi è il pericolo che la statua possa andare perduta. Il motivo è la tanta discussa demolizione della Mole Antonelliana per far posto ad un centro commerciale fortemente voluto dai residenti del quartiere. Motivo che ha diviso la città di Torino in due parti”. L’insegnante fece cenno col capo continuando a tenere le braccia conserte. “Sebbene il conto alla rovescia sia già iniziato, è ancora possibile che tutto ciò non avvenga. A rallentare i piani è l’insistenza dovuta ad una moltitudine di cittadini tra cui la sottoscritta che nutre ancora la speranza di una possibile svolta a favore della permanenza della Mole. Tutti attendono la decisione finale del sindaco. Nel caso cambiasse idea, dimostrerebbe di avere un minimo di buon senso che in questo mondo pare sia diventato qualcosa di molto raro. Un’ultima precisazione vorrei fare. Non chiamatelo angelo solo perché ha un paio d’ali. Lui è un genio, e per la precisione è il Genio Alato della Mole Antonelliana”.
La ragazza finì di leggere proprio nel momento in cui la campanella dell’intervallo suonò. I suoi compagni anziché alzarsi per uscire dalla classe non poterono non farle i complimenti con un meritato applauso. Lei ne fu stupita.
Poi la classe cominciò l’intervallo.
<< Erika, vieni qui per favore >> chiese la professoressa entusiasta. << Il tuo tema è davvero interessante. Persino io alcuni particolari non li conoscevo. Allora è proprio vero che ti piace il Genio Alato >>. La ragazza sorrise annuendo. << Vado ai piedi della statua appena ho tempo libero e se solo non fossi così impegnata con lo studio ci andrei ogni giorno >>. L’insegnante sorrise dicendo di non esagerare. << Tu conosci la leggenda del Genio Alato ma forse ignori quella della Mole Antonelliana. Si dice che chi entri dentro la pancia della Mole per poi andare fino in cima, sia destinato a non concludere mai gli studi! >>. Erika si mise a ridere sostenendo che si trattava proprio di una leggenda. In effetti lei andava sulla cima della Mole da molto tempo e di certo i suoi studi non ne risentivano anzi erano persino migliorati. << Nonostante sia una statua, io sento che è in grado di comprendere ogni nostro sentimento umano. Quanto vorrei che prendesse vita! >>.
 
Il pomeriggio passò in fretta e ben presto la campanella suonò la fine delle lezioni. Erika uscì con passo veloce da scuola. Ad aspettarla c’era la sua migliore amica Marika che lei chiamava Mari.
<< Tutto pronto? >> chiese mettendosi sull’attenti con fare ironico. Erika le diede una spinta sorridendo ed insieme percorsero Viale Giuseppe Verdi in direzione della Mole. Il traffico a quell’ora della giornata era insopportabile. Auto, moto e camion intasavano Piazza Castello. Le due ragazze passeggiavano sotto i portici alla ricerca di qualche abito invernale. Mari scrutava ogni minimo ed inutile particolare di qualsiasi vestito mentre la sua migliore amica controllava di continuo l’orologio. << Dai che facciamo tardi! Sbrigati >>. La ragazza si voltò e con fare stupito rispose: << Gioia mia stiamo andando a trovare una statua. Non preoccuparti che anche se si tratta di un angelo, di certo non vola via >>. Erika sbuffò battendo i piedi con fare nervoso: << Non è un angelo! E’ un Genio Alato >>.
 
Il cielo era diventato color blu cobalto mentre le prime stelle cominciavano ad essere visibili.
Finalmente Erika e Mari erano giunte ai piedi della Mole. Le sue dimensioni erano immense. Costruita su base quadrata, il lato misurava 130 metri. Era fatta interamente di marmo bianco proveniente da Carrara e da Gravellona Toce: le stesse cave dove fu prelevato il marmo utilizzato per costruire il Duomo di Milano. Il cantiere venne diretto per 60 anni dall’ingegnere Alessandro Antonelli e dopo la sua morte i lavori furono ultimati dal figlio per un totale di 103 anni di fatica. La struttura della Mole era divisa in tre parti: l’Edificio, che includeva l’enorme cupola sulla quale all’esterno era impressa per mezzo di neon rossi la celebre sequenza di Fibonacci, la Camera dove vi era il punto d’incontro tra i due ascensori ed infine la Guglia, che inclusa la statua del Genio Alato, portava la Mole Antonelliana ad un’altezza complessiva di 333,33 metri, 3 metri in più della francese Torre Eiffel. Al suo interno, la pancia della Mole era vuota mentre ai lati di essa vi era un museo del cinema disposto su due piani che però da anni non riscuoteva più successo. L’ascensore che portava alla cosiddetta Camera, era fatto interamente di cristallo ed era posto al centro della struttura dando a chi non era abituato a salirci vertigini e capogiro. Man mano che si saliva, la pancia si restringeva ed il soffitto della Mole caratterizzato da motivi geometrici bizzarri, dava l’impressione di catapultare il visitatore in un’altra dimensione.
Erika era sempre più impaziente di raggiungere la destinazione mentre l’amica Mari era meno interessata e continuava a mandare sms col cellulare ad una velocità preoccupante. Uscite dall’ascensore, cominciarono a salire le scale che portavano al secondo ascensore, quello che giungeva fino alla cima del terzo livello.
Una volta arrivati a destinazione, un vento gelido accolse i visitatori. Infine, dopo aver percorso una scala a chiocciola arrivarono ai piedi dell’enorme statua dorata.
Lo spettacolo era come sempre suggestivo: una distesa di luci e palazzi si perdeva all’orizzonte.
Le ragazze percorsero un intero giro intorno alla base del Genio Alato. Poi diressero lo sguardo sulla città illuminata. << Solo se si guarda dall’alto si ha una vaga idea di quanto noi esseri umani siamo così piccoli rispetto a tutto quello che ci circonda >> esclamò Mari guardando in direzione del Monviso, il monte a piramide. Un aereo in fase di atterraggio attraversò l’intera città andando verso l’aeroporto di Caselle.
<< Prima o poi lo faccio >> disse a bassa voce Erika. La sua migliore amica si voltò chiedendo cosa.
<< Mi arrampico fino alla testa della statua e mi fai una foto! >>. Ci fu uno scambio di sguardi finché Mari non scoppiò in una risata isterica. Poi continuò a guardarla e notò che negli occhi di Erika non vi era alcun cenno d’ironia. << Tu sei pazza! Stai parlando seriamente? Ma per caso ti sei innamorata di questa statua? >>. A questo punto fu Erika a ridere a più non posso attirando a sé gli sguardi dei visitatori. Poi volse il suo sguardo al Genio Alato. In quel preciso momento le era parso di vedere gli occhi della statua batter le ciglia. Rimase immobile per qualche secondo ma poi si strofinò gli occhi pensando che non poteva aver visto ciò che credeva.
 
Era passata un’ora da quando erano salite sulla cima della Mole. Era tempo di tornare a casa ma Erika pareva più contraria del solito. << Che ti prende? >> chiese l’amica << Ci torniamo settimana prossima come abbiamo sempre fatto >>. Ma lei rimase immobile. << E’ possibile che tra una settimana la Mole Antonelliana venga distrutta ed il Genio Alato faccia una brutta fine >>. Mari le diede una pacca sulla spalla incoraggiandola. << Nessuno farà una brutta fine. Sicuramente porteranno la statua in qualche museo della città >>. Erika ebbe uno scatto d’ira. << Ma quale museo! Lui non merita nessun museo. Deve stare sul punto più alto della città per proteggerci. E’ il nostro guardiano. Possibile che solo io veda la realtà delle cose? >>. I suoi occhi verdi erano lucidi mentre cominciò a respirare affannosamente.
 << E’ possibile. Purtroppo agli occhi delle altre persone è solo una statua. Ma come mai per te ha un inestimabile valore? >>. Fu una domanda fatta e rifatta inutilmente. Erika non rispose facendo capire che il segreto di quell’amore platonico verso il Genio Alato sarebbe rimasto un mistero. 

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Capitolo 3
*** Strani Episodi ***


Strani episodi
 
L’allarme suonò. Erika si precipitò in cucina in fretta e furia temendo di non arrivare in tempo. Dopo aver preso il guanto per non scottarsi, tirò fuori la pappa per la sorellina. I genitori erano usciti per la loro passeggiata abituale del venerdì sera e come sempre spettò alla sorella maggiore badare alla casa e non solo. La prese in braccio per portarla in cucina ma come sempre, la bambina non voleva.
<< Dai Silvia, lo guardi dopo Spongebob. Ora devi mangiare! >>. Non fece in tempo a metterla sul seggiolone che il telefono di casa squillò.
<< Pronto? Ciao Mari! >>. Cercò di tenere il telefono tra l’orecchio e la spalla mentre con le mani faceva il possibile per dar da mangiare alla sorellina.
<< No, non ci son potuta andare perché devo badare a Silvia mentre i miei sono fuori >> rispose sconsolata. Prese il telecomando su richiesta dell’amica e andò a cercare il canale in cui trasmettevano in diretta la manifestazione in cui il sindaco avrebbe tenuto un discorso sulla tanto attesa decisione. Dopo aver trovato il canale, alzò il volume e tornò a dedicarsi a Silvia. Piazza Castello era affollata fino all’impossibile. Erika aveva il batticuore, impaziente di sapere l’esito finale sul progetto della Mole. Intanto si era scordata di essere al telefono:
<< Scusa mi son distratta. Tu che mi racconti? Alla fine come è andata con quel ragazzo di Milano? >>. Quando la ragazza sentì la parola “Mole” nel discorso del sindaco, alzò il volume quasi al massimo. Mari smise di parlare e si sintonizzò pure lei sullo stesso canale.
<< ..così come è stato stabilito, il centro commerciale si farà. La demolizione della Mole Antonelliana è prevista giovedì prossimo. L’intero quartiere verrà fatto evacuare mentre per il crollo verranno utilizzati degli speciali esplosivi che faranno collassare su se stesso l’edificio >>. Erika dal nervosismo lanciò il piatto contro la televisione rischiando di distruggerla.
<< Vaffanculo! >> urlò la ragazza. La sorellina spaventata cominciò a piangere. L’incubo di Erika divenne realtà. Che fine avrebbe fatto il Genio Alato? Pregò Dio ogni giorno per evitare la tragedia ma a quanto pare non servì a nulla. Ormai ogni cosa avrebbe perso valore ma doveva farsene una ragione anche se era difficile per lei accettare tutto questo. Per il momento riuscì a fare una cosa sola: piangere.
 
Giorno dopo giorno il nervosismo era sempre più evidente in Erika che col cuore in gola cercava di non pensare all’imminente demolizione della Mole. Passava la maggior parte della giornata a letto ascoltando musica e guardando ripetutamente il suo film preferito, “Dopo mezzanotte”, un lungometraggio italiano con Giorgio Pasotti che interpretava il custode della Mole Antonelliana. A volte Mari andava a trovarla tentando di convincerla ad uscire. Ma ogni tentativo era vano. La sua tristezza era quasi palpabile e ogni giorno che passava, aumentava in modo preoccupante.
Poi arrivò il fatidico giorno.
Erika si trovava in camera al telefono con la sua migliore amica. Tentava di non pensare a cosa stava per accadere a meno di un chilometro da casa sua. La sua vita sarebbe cambiata per sempre e non in meglio. Più ci pensava e più lacrime le scendevano dal volto. Poi sfinita dalla stanchezza per aver pianto troppo, si addormentò.
L’ascensore di cristallo saliva lentamente mentre la pancia della Mole si faceva via via sempre più stretta. Dopo un intero minuto passato sul secondo ascensore, fu il turno della scala a chiocciola. Infine il Genio Alato fu davanti a lei. Qualcosa però non quadrava. Perché era l’unica persona presente? Si voltò verso il panorama e ciò che si presentò ai suoi occhi fu davvero spaventoso. Tutti i palazzi della città stavano crollando su se stessi. Tutta Torino stava per essere rasa al suolo da una forza misteriosa: era uno spettacolo terrificante ma ciò che stupiva di più era il fatto che la Mole rimaneva intatta. Fu l’unico edificio a non crollare. Poi una vibrazione colse di sorpresa Erika. Un rumore metallico giunse alle sue spalle. E quando si voltò, rimase senza fiato: la statua mosse il volto in direzione della ragazza. Gli occhi del Genio Alato parevano vivi.
<< Erika corri! >> disse con voce femminile. Poi ripeté più volte la stessa frase. Quella voce le pareva famigliare finché non aprì gli occhi.
<< Erika corri! >> urlò la madre. Si guardò attorno mentre cercò di capire cosa le era accaduto. La finestra aperta, la lampada sul comodino accesa: un sogno, nulla di più. Raggiunse i genitori in sala: erano in piedi davanti alla televisione. Il viso della madre pareva spaventato. La giornalista in TV era come traumatizzata.
<< E’ incredibile. Proprio oggi, il giorno della demolizione, le strade del centro sono inagibili. Tutti i tombini sono saltati allagando e causando non pochi problemi al quartiere della Mole. Proprio in questo momento i camion dei vigili del fuoco stanno cercando di farsi strada per prosciugare l’intero reticolato stradale coinvolto nell’allagamento >>. Erika rimase a bocca aperta dopo aver visto le immagini dell’edizione straordinaria. Il servizio era trasmesso a reti unificate.
<< Forse è un attacco terroristico >> ipotizzò il padre. Ma la ragazza sorrise.
<< L’unico attacco terroristico l’ha pianificato il comune di Torino con la distruzione della Mole >>.
I genitori la guardarono stupiti per ciò che disse ma furono ancor più sorpresi nel vedere che dopo giorni di sofferenza, la loro figlia tornò a sorridere.
Lo speciale in diretta continuò per svariate ore finché il portavoce del sindaco decise di far sapere ai media l’ultima decisione presa dal Comune: rimandare la demolizione alla settimana successiva. Allo stesso tempo, il monumento torinese sarebbe rimasta comunque aperto fino al giorno prima del crollo.
Erika alzò gli occhi al cielo ringraziando il Signore: le sue preghiere erano state ascoltate.
Il peso che negli ultimi giorni aveva dentro di sé, improvvisamente sparì facendole tornare il sorriso e la gioia di vivere.
 
Nei giorni seguenti Erika tornò la ragazza di sempre anche se consapevole che l’ora X era stata soltanto rimandata. Quel cambiamento di programma aveva portato una speranza nel suo cuore facendole sperare in un dietrofront definitivo del progetto. Purtroppo le cose non andarono proprio così. Durante la settimana vennero fatti dei rilevamenti alla struttura sotterranea del quartiere e con stupore si venne a sapere che non vi era stato nessun malfunzionamento dei condotti. Tutto era in ordine. Nessuno capì chi o cosa potesse aver provocato l’allagamento della falda torinese. Il giorno della demolizione rimase quello stabilito dal sindaco nonostante le condizioni meteo fossero avverse. Il cielo era nero e carico di pioggia. Era così buio che l’illuminazione artificiale si accese prima del solito. I dinamitardi del progetto furono invece felici delle condizioni temporalesche: la pioggia avrebbe eliminato la densa nuvola di polvere che si sarebbe creata durante il collasso. Fino a quel momento ci furono soltanto lampi e tuoni nel cielo ma nemmeno una goccia.
Erika stava percorrendo via Garibaldi con la sua migliore amica: a differenza della settimana precedente, era riuscita a trovare il coraggio per vedere un’ultima volta la Mole con i suoi occhi.
<< Non credo di essere pronta per uno spettacolo così terrificante >> disse scuotendo la testa la ragazza. Mari la prese per mano dicendo di farsi forza. Giunsero in piazza Castello dove enormi gru e camion dal trasporto eccezionale erano in attesa di raggiungere la Mole una volta che questa fosse crollata. Il loro compito sarebbe stato quello di raccogliere le macerie dell’edificio distrutto.
<< Perché insistono nel fare una cosa del genere? Cos’ha fatto di sbagliato la Mole per meritarsi questo trattamento? >>. Erika non riuscì a trattenere le lacrime mentre Mari l’abbracciò. Vicino a loro un addetto ai lavori stava parlando al cellulare: pareva preoccupato.
<< Si, va bene. Okay capo >> disse con tono sconsolato. Erika sperava di aver colto quella triste espressione come la speranza di un ulteriore rinvio della demolizione.
Ma purtroppo si sbagliò. Dopo aver parlato con una ricetrasmittente, le gru ed i camion si misero in moto. Ormai pareva che niente e nessuno potesse fermare il triste avvenimento che sarebbe passato alla storia, giusto o sbagliato che fosse.
Mancava ormai davvero poco.
Marika cercò di non piangere anche se aveva già gli occhi lucidi.
<< Dunque ci siamo >> disse a bassa voce.
Avvenne tutto nel giro di pochi minuti. Ma in quei minuti si scatenò l’inferno. 
Un camion cominciò a fumare dal motore. Il camionista uscì spaventato dalla cabina e urlando disse ai presenti di mettersi al riparo. Nessuno capiva cosa stesse succedendo finché un’esplosione non distrusse completamente il camion. L’onda d’urto fece cadere le ragazze e gli altri cittadini presenti in piazza. Poi come se non bastasse, anche gli altri camion esplosero facendo tremare la terra. Un tram deragliò andando a schiantarsi sotto i portici.
In un attimo fu il caos mentre le fiamme cominciarono ad alzarsi verso il cielo.
Erika era spaventata come era giusto che fosse qualsiasi persona, testimone di un evento terrificante come quello.
<< Ma allora è davvero un attentato! >> gridò nel panico più totale la migliore amica.
<< Scappiamo! >> disse dopo aver preso per mano Erika. Cominciarono a correre per via Garibaldi. Tutti i presenti stavano scappando con quanta più energia avevano in corpo.
Il cuore pareva dovesse esplodere da un momento all’altro. Che cosa stava succedendo? Era una domanda troppo semplice da fare ma anche troppo complicata per avere una risposta logica in quel momento.
<< Non fermarti! Non fermarti! >> gridò Mari senza voltarsi indietro. Altri rumori giunsero alle loro orecchie mentre le pareti dei palazzi di via Garibaldi si illuminavano di un colore tra il rosso e il rosa per effetto delle esplosioni lontane. In poco tempo giunsero senza fermarsi in Piazza Statuto e appena videro il primo tram fermo, ci salirono di corsa.
Erika tremava mentre la sua migliore amica continuava ad avere il fiatone. Nessuno parlò.
Erano riuscite a salvarsi dalla morte per puro miracolo. Prima l’allagamento e ora le esplosioni che facevano davvero pensare ad un attentato terroristico. Forse qualcuno non accettava di vedere la Mole ridotta ad un cumulo di macerie? Cosa avrebbe riservato il futuro? Troppe domande, troppe preoccupazioni, troppe cose non quadravano.
<< Volevo che il Genio Alato si salvasse >> disse Erika con occhi impauriti.
<< Ma non volevo che accadesse in questo modo >>. Il tram era in prossimità del Rondò della Forca.
<< Siamo riuscite a salvarci da quell’inferno >> affermò Marika,
<< Ringraziamo Dio per questo >>. Tra un palazzo e l’altro si poteva scorgere la Mole Antonelliana più bianca ed intatta che mai. Sulla sua cima, il Genio Alato continuava la sua vita da statua. Ma per una volta Erika pensò in negativo. Doveva proteggere la città ma non l’ha fatto. Doveva proteggere gli abitanti ma non l’ha fatto. Il mistero avvolgeva ogni evento di quella triste e brutta giornata che sarebbe rimasta nelle menti dei torinesi per tutta la vita.
Poi lo sguardo andò a cadere sulla cima della Mole. E con un filo di voce Erika si rivolse alla
statua.
<< Non deludermi mai più >>.

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Capitolo 4
*** Il Potere ***


 
 
Passarono giorni e settimane dopo quello che è stato riconosciuto come l’evento più misterioso della città di Torino. Nessuno ha rivendicato l’attentato di Piazza Castello. Nessuno riuscì a spiegare cosa fosse successo quel giorno ma i dati parlano chiaro: 40 furono i morti e un centinaio i feriti. Venne dichiarato lutto nazionale e la demolizione dell’edificio venne sospesa a tempo indeterminato. Sempre meno persone erano favorevoli alla costruzione del centro commerciale nel quartiere della Mole Antonelliana ma probabilmente il cambiamento d’idea era dovuto alla paura di rivivere un’altra strage. Era ovvio che qualcuno non era favorevole alla demolizione della Mole. Il turismo ne aveva risentito dopo quel terribile evento e la città cadde in un gelido silenzio: nessuno volle parlare di quella triste giornata. Tutti cercarono di andare avanti e dimenticare.
Erika passeggiava per le vie del centro con Mari. Lei, insieme alla sua migliore amica, era una miracolata. Non solo era riuscita a salvarsi la vita scampando da quell’inferno fatto di fiamme ed esplosioni ma era rimasta completamente incolume senza nemmeno un graffio.
<< Vieni con me? >> chiese gentilmente. Mari, la guardò impaurita.
<< No Erika. Non credo di avere già la forza di tornarci. E’ pericoloso e secondo me non dovresti andarci nemmeno tu >>.
Era impossibile far cambiare idea ad una ragazza come Erika. Se voleva andare in un posto, nessuno sarebbe riuscito a fermarla, tanto meno se la destinazione era la Mole. Marika l’accompagnò alla fermata del tram e una volta che il mezzo arrivò, lei rimase sulla banchina, aspettando l’autobus che l’avrebbe portata a casa. Intanto l’amica guardava i palazzi ed i portici del corso mentre il tram lentamente si spostava. Gli abitanti parevano dei fantasmi: nessuno rideva, nessuno scherzava. Tranquilli, seri, nient’altro. La paura di rivivere quella strage era ancora viva in ognuno di loro. Erika dal canto suo, fu felice sapendo che il Genio Alato sarebbe rimasto al suo posto ma la sua fu una felicità offuscata dal ricordo di quei torinesi che non erano riusciti a salvarsi. Il contrasto tra felicità e tristezza fu evidente. Solo col tempo le cose si sarebbero sistemate o almeno così pensava lei e forse tutti gli abitanti della città.
Un ragazzo alto e moro le si sedette affianco. Ci fu uno scambio di sorrisi ma nulla di più. Era già qualcosa. Era segno che qualcuno voleva reagire a quella situazione insostenibile di pesantezza.
<< Dov’è diretta? >> chiese il ragazzo. Erika ci pensò su prima di rispondere ma poi trovò il coraggio di dire la verità
<< Alla Mole >>. Lui rimase colpito e fece cenno col capo di avere capito.
<< E lei? >>.
Il tram era fermo davanti alla stazione di Porta Susa: la maggior parte delle persone scese lì.
<< Torno a casa >> rispose togliendosi i guanti neri di velluto
<< Abito al di là del Po >>. Sulle sue gambe aveva delle cartine di progetti edili.
<< E’ un geometra? >> chiese incuriosita la ragazza. Lui sorrise e con fare veloce arrotolò le mappe.
<< No, sono per mia sorella. Ho dovuto girare mezza città per cercare una versione dettagliata di questi edifici >>. Uno strattone fu segno della partenza del tram verso Piazza Castello restaurata a tempo di record.
<< Va a vedere il panorama? >> chiese il ragazzo cambiando argomento. Erika annuì.
<< Quindi va a vedere anche il Genio Alato >> rispose con aria semplice. Lei rimase stupita: un torinese che dà l’esatto nome alla statua. Rimase ancor più colpita quando il suo vicino di posto le disse che era felice che qualcuno desse attenzione al protettore della città.
 << Trovo inconcepibile che i torinesi non sappiano nemmeno chiamarlo col nome esatto. Dimostra che siamo troppo presi da noi stessi per capire ciò che è intorno a noi, ciò che rende torinese Torino. Lei mi capisce, vero? >>. Erika continuava ad ascoltarlo sorpresa come non mai. Era una persona che dava importanza a ciò che è fondamentale per quella città. Perché invece la maggior parte dei cittadini erano oppressi da un nauseante senso di egoismo? Era così difficile vivere in armonia con la città e con ciò che la rendeva unica?
<< Purtroppo la gente sceglie sempre ciò che è più facile e non ciò che è più giusto >> concluse sconsolata la ragazza. Lui la guardò sorridendo.
<< E’ per questo che Torino ha bisogno di persone come te >>.
Erika dovette scendere e lo fece un po’ dispiaciuta: avrebbe continuato volentieri a parlare con quel ragazzo ma le loro strade si divisero.
 
Entrata nella Mole, non rimase sorpresa dal fatto di essere l’unica presente. Il simbolo di Torino era malvisto ormai. Certo che vedere quell’edificio vuoto dava un senso di tristezza notevole.
Una volta giunta in cima, cambiò parere: osservare la città senza sentire le urla dei bambini che correvano intorno ai piedi della statua, o senza quelle guide che ripetevano a memoria ciò che era scritto nei dépliant era ben altra cosa. Magari fosse stato sempre così.
La tristezza si fece nuovamente viva: cercava di tenere a freno il pianto ma fu più forte di lei. Tentò di reagire asciugandosi le lacrime. Poi tirò fuori dalla borsetta uno specchietto per rimettersi apposto il trucco. Con cura cercò di far sparire le sbavature dell’ombretto ma qualcosa attirò la sua attenzione. Si girò guardando la statua del Genio Alato: il suo braccio sinistro indicava il Duomo dov’era custodita la Sacra Sindone mentre il braccio destro era alzato verso il cielo con la mano che emulava il simbolo della vittoria. Tornò a truccarsi: fu solo in quel momento che capì cos’era successo. Guardò nuovamente il colosso dorato alle sue spalle: un brivido le percorse la schiena. Sentì il battito del suo cuore aumentare a dismisura, come se volesse uscire dal suo corpo. Le ali della statua anziché aperte erano nettamente chiuse. Non poteva essere vero. Come era possibile? Il pavimento vibrò mentre la ragazza, presa dal panico, cominciò a gridare. La statua si mosse. Il Genio Alato stava prendendo vita ed Erika non resse la situazione: perse i sensi.
 
Si svegliò, rendendosi conto di aver sognato ad occhi aperti. In quel periodo pensava troppo alla fine già scritta di quella statua a lei cara più di ogni altra cosa.
Si alzò da terra ma dopo essersi voltata rimase come pietrificata.
<< Finalmente ti sei svegliata! >> disse sorridendo.
<< Come ti senti? >>.
Erika guardò il Genio Alato seduto a gambe incrociate. Poi le cominciarono a tremare le gambe e un altro capogiro stava per farla svenire di nuovo.
<< Ti prego non avere paura >> disse la statua dorata.
<< Io non voglio farti del male. Sono tuo amico. Voglio solo parlare con te: siediti per favore >>.
La giovane torinese rimase fissa con lo sguardo verso ciò che pareva fosse un miracolo bello e buono. Poi fece quanto richiesto.
<< Come ti chiami? >>.
Il suo sguardo pareva animato da una luce che trasmetteva tranquillità.
<< Mi chiamo Erika. Ma tu, tu sei vivo? Sto sognando? >>.
La risata della statua provocò una leggera vibrazione.
<< Il mio nome è Kyrea, il Genio Alato. Sono il guardiano di questa città >>.
Era incredibile. Stava parlando con una statua viva: il mondo non le era mai apparso così strano e incomprensibile.
<< Ma come, come è possibile che tu.. >> non riuscì a finire la frase ma il concetto che cercava di esporre, fu chiaro.
<< Io ho il dono di svegliarmi. Ho questa capacità una notte al mese. E tu sei la prima persona con cui ho voluto condividere questo segreto >>.
Erika cominciò a sentirsi più sciolta e serena, tanto da non balbettare più.
<< Perché? >>.
Lo sguardo di Kyrea si fece serio. Il movimento dei suoi zigomi provocarono un rumore metallico.
<< Sei una della poche persone di questa città ad aver rispetto per me. Un rispetto che viene dal tuo cuore puro. Tutti dicono di essere veri torinesi e ne vanno fieri, ma non sanno nemmeno chi in realtà sia il simbolo di Torino >>.
La tristezza nella sua voce irreale era ben percepibile.
<< Sono il guardiano di Torino. E vi amo. Perché voi non mi rispettate? Perché non c’è questa reciprocità? >>. Erika rimase colpita da quanto stava dicendo la statua. Tutti in effetti lo scambiavano per quello che non era, dimostrazione di un’assenza di interesse nei suoi confronti.
<< Ma non importa. E’ sempre stato così da quando sono stato strappato dalle profondità marine. Pochi umani sanno veramente chi sono >> disse scuotendo la testa
<< E tu sei tra queste persone, quella che più mi capisce. Ogni volta che vieni a trovarmi sento questa sensazione di benessere che mi rende felice di essere ciò che sono. Svegliarmi davanti ad un essere umano è cosa che mai ho fatto prima d’ora. Ma ho un motivo più che buono per giustificare la mia azione >>. La ragazza non ci pensò molto per capire cosa stava cercando di dirle.
<< La demolizione della Mole? >>. Kyrea fece cenno col capo.
<< Una volta che la Mole Antonelliana verrà distrutta, perderò il potere, verrò smembrato e solo Dio sa che fine faranno i  miei pezzi. Ho voluto svegliarmi davanti a te, per salutarti e ringraziarti di tutto il rispetto che mi hai dato e mi stai dando >>. Erika allungò la mano e toccò il viso della statua. Era una sensazione incredibile e non fu facile per lei capire cosa in quel momento stava provando. Era una sogno divenuto realtà. Ciò che più amava in quella città aveva preso vita. 

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Capitolo 5
*** Una Libertà Limitata ***


 
Una libertà limitata
 
Erano passati vari minuti dal risveglio del Genio Alato di Torino. La reazione di Erika era stata istintivamente la più normale: farsi prendere dal panico all’inizio per poi calmarsi e cercare di capire cosa stava succedendo. Più il tempo passava e più capiva di essere di fronte ad evento senza pari.
Come spiegare altrimenti una statua che prende vita davanti ai propri occhi?
<< Da quando sai di avere il potere di svegliarti ?>> chiese la giovane ragazza che cominciava ad entrare in confidenza con la statua.
<< Non lo so. Credo da sempre >> rispose la statua passandosi la mano sul mento.
<< Ma non sono sicuro. A volte sento un richiamo nella mia testa >>. Erika cercò di seguire il discorso del suo nuovo amico.
<< Questo richiamo mi porta a tenere sotto controllo la città, specialmente il Duomo. Sono sempre pervaso da questa sensazione di allerta >> spiegò dando uno sguardo ai palazzi illuminati. La ragazza cercò di ragionare.
La statua dorata sorrise dicendo che non si limitava a rimanere sulla cima della Mole Antonelliana.
<< Vuoi dire che ti metti a volare tranquillamente in mezzo ai palazzi?
Ma nessuno si accorge di nulla? >>. Poi si piegò verso di lei e sorridendo disse
<< Nessuno si accorge di nulla. Di solito mi dirigo sui tetti del Duomo e poi, come guidato da un istinto naturale, rimango ad aspettare che accada qualcosa. So di dovermi recare lì. E presto scoprirò anche il perché di questo mio comportamento >>.
Erika non rispose ma continuò a guardare quell'enorme statua di 6 metri di altezza che osservava la città con molta concentrazione. Infine questi volse il suo sguardo sulla ragazza e sorrise.
<< Ma stasera voglio fare un'eccezione >>. L'umana guardò incuriosita il suo amico non avendo afferrato il significato di quella frase ma quando vide la mano gigantesca della statua fermarsi davanti ai suoi occhi, capì che la stava invitando. In un attimo, Erika si trovò in braccio al Genio Alato: fu imbarazzante e allo stesso tempo irreale. Le ali dorate si aprirono provocando un rumore metallico quasi insopportabile: erano così immense che la ragazza si chiese se fosse davvero di 6 metri l'apertura alare. I colpi di scena non finirono. L'enorme statua si diresse sul bordo dell'edificio.
<< Aspetta un momento >> disse Erika presa dal panico
<< Non vorrai mica volare con me in braccio! Io non amo volare. Ehi aspetta un attimo. Aspetta! >>. Kyrea rimase divertito dalla reazione della ragazza, sicuro che una volta in volo avrebbe cambiato idea. Fu un attimo e si trovò a gridare sopra i tetti di Torino. Pareva non le finisse mai il fiato e benché presa dal panico più totale, non riuscì a non guardare in basso. Ciò non l'aiutò a tranquillizzarla.
Ma ben presto la paura divenne stupore. Volare non era affatto male. Passarono sopra il castello diretti verso Piazzale Susa. Poi virarono verso Piazza Statuto. Erika non gridava più ed il Genio Alato se ne accorse. Così puntò verso il grattacielo di fronte a loro: sorrise nel sentire nuovamente le grida della ragazza. Mancavano pochi metri prima di finire contro la parete del sesto piano ma all'ultimo momento, la statua si impennò. Erano a pochi centimetri dalla parete mentre la pressione dovuta alla velocità di salita si faceva sentire. In pochi secondi superarono il tetto del palazzo: un oceano di case illuminate si aprì davanti a loro. Alla giovane torinese mancò il fiato. Fu uno spettacolo incredibile. A questo punto il genio puntò verso Ovest. Erika guardò alla sua sinistra: un aereo stava sorvolando Torino in prossimità dell'aeroporto.
<< Sto volando >>, disse a bassa voce: << Sto volando >>.
 
L'aria a quell'altezza era di un gelido pungente. Sfregarsi le mani per ottenere un po’ di calore non bastava. L'alternativa fu tornare a casa ma Erika non ne volle sapere di interrompere quello che parve un sogno incredibilmente bello. Così si tenne le lamentele per sé cercando di godersi quel panorama mozzafiato il più possibile.
<< E' bellissimo qui >> esclamò cercando di non balbettare per via del freddo.
<< Perché sei voluto venire proprio sul Monviso? >>. Kyrea sospirò fissando la pianura illuminata. Torino e le città che la circondavano, davano al cielo un colore amaranto particolare. Era persino possibile vedere all'orizzonte, la campagna lombarda e le piste illuminate dell'aeroporto di Malpensa.
<< Da qui lo spettacolo è davvero incredibile >> rispose la statua.
<< Desideravo passare un momento unico assieme alla persona che più di altre mi ha sempre ammirato ogni giorno di più >>. La ragazza sorrise ma non poté fare a meno di pensare alla triste sorte che aspettava sia la statua che la Mole.
Entrambi erano seduti sul ghiacciaio dal quale nasceva il fiume Po.
<< Non esagerare dai! >> disse Erika sentendosi molto importante. Kyrea non pareva scherzare.
<< Sto dicendo sul serio. In effetti, c'è un motivo se la demolizione della Mole è stata rimandata più volte >>. Il sorriso sulle labbra della giovane ragazza scomparve improvvisamente.
<< Che stai cercando di dirmi? >> chiese preoccupata. La statua abbassò lo sguardo.
<< Hai presente quando si è verificato quell'allagamento intorno al quartiere della Mole? >>. Erika fece un cenno col capo senza proferir parola. Kyrea sospirò.
<< Sei stato tu? Tu hai provocato l'allagamento? >>. Il tono della ragazza era molto preoccupato. Si era alzata in piedi e cominciò a balbettare ma non per il freddo: bensì per lo spavento.
<< E sei stato tu a provocare quelle esplosioni? Tutti quei morti? >> urlò provocando un’eco tra le montagne. Il Genio Alato rimase colpito dall'energia che Erika stava emanando in quel momento.
<< No! Quello non sono stato io a provocarlo. Io non posso uccidere persone! Salvarle sì ma ucciderle no >>. Tornò la calma. Il fiatone della ragazza diminuì progressivamente.
<< L'ho fatto perché dovevo rivelarmi a te per ringraziarti per tutte le volte che mi hai sostenuto. Per tutte quelle volte che mi sei venuta a trovare. Ma non sapevo come fare per rendere la Mole deserta >>. La ragazza si sedette di nuovo e piegò le ginocchia abbracciandole con le mani.
<< Non so come ho fatto ma evidentemente ho risvegliato alcuni miei poteri che si son manifestati attraverso l'allagamento. E così poi è successo ciò che hai visto. Tuttavia se non ci fosse stato quel tragico episodio di Piazza Castello, non sarei mai riuscito a svegliarmi in tempo. Ma la Mole è rimasta aperta i giorni successivi e io sapevo che non ti avrebbe fermato niente e nessuno se il tuo obiettivo era quello di vedermi un'ultima volta >>. Erika lo guardò profondamente. I suoi occhi verde smeraldo erano visibili al chiaro di luna. Niente intorno pareva più bello. La ragazza e la statua continuarono a parlare. Vi era un feeling che pareva legasse i due in un rapporto di amicizia che durava da una vita. E invece si erano appena conosciuti. Era davvero incredibile vedere un essere umano che parlava con un gigante d'oro con le ali. Pareva un sogno. E forse lo era. Tuttavia, il mistero dell'attentato rimase tale e non fu più menzionato dalla statua.
 
<< Qual è il tuo desiderio? Hai un sogno da realizzare? >>. Erika era del tutto impreparata ad una domanda del genere. Guardò le stelle poi si rivolse alla statua con occhi lucidi.
<< Essere felice e serena avendo la forza di affrontare ogni giorno le difficoltà che mi si presentano davanti. E per essere felice e serena ho bisogno anche di te! >>. La statua sorrise accarezzando la testa di lei.
<< E tu? Hai un sogno da realizzare? >>. Kyrea divenne serio. Alzò la testa osservando la volta celeste e sospirò.
<< Quanto vorrei essere una stella >>. Erika lo guardò con dolcezza.
 << Potrei guardare Torino e altre città allo stesso momento con l'intento di proteggere voi essere umani da..da.. >>. Non seppe che dire e ne fu turbato.
<< La tua è un'amnesia. Sei consapevole di avere un obiettivo ma ti sei dimenticato qual è >> ipotizzò Erika. Il Genio Alato si mise le mani in testa dalla disperazione maledicendosi. La ragazza lo osservò provando compassione. Poi si alzò in piedi e lo guardò dritto negli occhi.
<< Hai qualche ricordo appartenente alla tua vita prima che giungessi a Torino? >>. Kyrea chiuse gli occhi cominciando a pensare.
<< Ricordo solo che stavo cadendo dal cielo. Persi i sensi e quando mi svegliai, scoprii di essere intrappolato tra le rocce nelle profondità marine >>. La giovane ascoltò concentrata il racconto del suo amico.
<< Mi addormentai e passò molto tempo. Finché una luce mi destò. Mi presero con delle corde e mi trasportarono fino a riva. Quando mi risvegliai, mi ritrovai sopra la Mole>>. Erika capì che il suo ricordo, per quanto frammentato, coincideva con la storia che tutti sapevano. Era dunque tutto vero.
<< Solo che molte cose non tornano. Tu non puoi essere una statua. Sei qualcos'altro! >> disse curiosa la ragazza girando intorno a Kyrea e osservandolo dubbiosa. Una stella cadente passò sopra le loro teste: entrambi rimasero in silenzio ad ammirare quel breve spettacolo. Infine Erika si girò:.
<< Da dove vieni? Perché stavi cadendo dal cielo? Inseguivi qualcosa o qualcuno? Forse inseguivi ciò che ora l'istinto ti dice di controllare qui. Forse prendi vita ogni trenta notti per evitare di farti scoprire da noi umani. Chi sei veramente? >>.
Il Genio Alato rimase sconvolto da tutte quelle domande e ragionamenti. E rispose con una risata che fece bloccare l'amica dallo stupore.
<< Ma come io mi sto facendo in quattro per capire chi sei e tu mi ridi in faccia? >> disse con un sorriso stampato sulle labbra.
<< Vieni qui che ti pietrifico io ora! >>. Detto ciò si buttò su di lui facendogli il solletico come si fa tra fratelli o amici. Una statua poteva soffrire il solletico? Alla giovane ragazza non importò più di tanto. Vi era aria di serenità intorno a loro ed Erika avrebbe voluto vivere quel momento magico per l'intera notte. Ma non fu così. Si accorse ben presto che Kyrea non stava più ridendo e pareva preoccupato, forse addirittura spaventato. La statua si guardò le mani: tremavano.
 << Che ti succede? >> chiese l'amica con sguardo serio. In pochi secondi si ritrovò in braccio al Genio Alato che subito prese il volo in direzione del capoluogo piemontese.
<< Dobbiamo fare in fretta! >> gridò mentre volava a gran velocità.
<< Il tempo sta scadendo: sto tornando ad essere una statua! >>. Erika fu sconvolta dalla notizia. Non immaginava che il risveglio di Kyrea fosse così breve. Non ebbe il tempo di pensare a quando avrebbe potuto rivederlo che già stavano atterrando sulla guglia della Mole Antonelliana. Il volo fu davvero breve rispetto all'andata. Ma non poteva essere altrimenti. Una volta scesa dalle braccia del Genio Alato, la ragazza pareva molto nervosa.
<< Avrò la possibilità di vederti ancora in vita? Cosa devo fare? Voglio rimanere con te! >>. Il suo nervosismo divenne preoccupazione e la sua preoccupazione divenne disperazione. Il Genio Alato le accarezzò la testa-
<< Non preoccuparti. Se non avremo possibilità di parlare nuovamente, cerca di avere un buon ricordo di questa serata! Grazie ancora di tutto! >>.
Erika aveva il respiro affannato. Avrebbe voluto dire qualcosa e forse nemmeno lei sapeva esattamente come rispondere. Kyrea alzò la mano destra al cielo emulando il simbolo della pace e con la sinistra indicò il duomo. Lei rimase a guardare l'intera fase della trasformazione. Infine il Genio Alato aprì le sue immense ali e rimase immobile: era tornato ad essere una statua.
Il respiro di lei tornò progressivamente normale. E' stato tutto quanto un sogno ad occhi aperti? E' successo veramente? Rimase ancora una mezz’ora abbondante ad ammirare la città illuminata e la statua dorata. Niente da fare: rimaneva immobile. Il cellulare cominciò a suonare: sua madre la stava chiamando ma lei non rispose. Prese le scale per andare all'ascensore di cristallo e, pensierosa, cominciò a sperare che tutto ciò che aveva vissuto non fosse un sogno pregando di rivivere quell'esperienza il più presto possibile.

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Capitolo 6
*** Kyrea ***


Kyrea
 
Erika decise di recarsi ogni giorno alla Mole per incontrare il Genio Alato benché sapesse che non si sarebbe animato per ogni notte. Poco importava per lei. Vivo o statua che fosse era sempre il suo Genio Alato e a volte era talmente assorta nel guardarlo che non si accorgeva di parlarci come se fosse sveglio.
Tra tutti i problemi che questa straordinaria esperienza comportava, sicuramente uno tra i più gravi era quello riguardante la sua amica Mari. Tra le due ragazze non c'erano mai stati segreti. Si erano sempre confidate ogni particolare della loro vita sebbene raccontare di una statua che si sveglia ogni 30 notti non sia cosa di tutti i giorni, Erika non si sentiva di tenere nascosta un'esperienza del genere. Se Mari davvero credeva in lei, allora avrebbe accettato qualsiasi realtà purché fosse quella vera.
 
Il giorno del risveglio di Kyrea le due ragazze si diedero appuntamento sulla cima della Mole sebbene la sua amica non fosse del tutto d’accordo: ancora temeva possibili incidenti come quelli accaduti nell’ultimo periodo.
Guardò l’orologio e poi diede un’occhiata al panorama. Il tempo non era affatto dei migliori. Nuvole nere oscuravano il cielo mentre un vento tiepido aveva messo in allarme l’intera provincia. Finalmente arrivò Erika con il fiatone dopo aver percorso gli ultimi scalini.
<< Tu sei pazza! Quelli del centro meteorologico hanno dato lo stato di massima allerta e tu mi dai appuntamento sull’edificio più alto e pericoloso della città! >> urlò Mari.
La ragazza fece finta di nulla e con fare del tutto naturale le diede due baci.
Mari non volle credere ai suoi occhi.
<< E’ la prima volta che ti vedo così triste di fronte alla tua amata statua. E’ successo qualcosa? >>.
Erika era preoccupata perché non sapeva da che punto cominciare. Come avrebbe reagito la sua amica alla verità? Una statua viva? Non stava né in cielo né in terra.
<< Allora? >> chiese la sua migliore amica con uno sguardo misto di curiosità e preoccupazione.
Un fulmine cadde vicino a Piazza Castello illuminando i tetti della città; il tuono fece vibrare la cima della Mole.
<< Non è facile da spiegare. E’ qualcosa di complicato >>.
Mari fu più sorpresa di prima.
<< Che intendi dire? >>.
Un altro fulmine illuminò il cielo. Erika guardò l’orologio: ormai l’ora del risveglio era imminente.
<< Se ti dicessi che la statua è viva, tu mi crederesti? >>.
Mari rimase visibilmente sbigottita.
<< Scusa, ho sentito bene? La statua è viva? >>.
La sua migliore amica accennò un sorriso cercando di convincerla della veridicità di quanto detto.
<< E’ uno scherzo vero? >> chiese ridendo.
Il sorriso di Erika svanì all’istante. Mari sapeva quando la sua amica scherzava o meno e fu proprio quell’espressione di delusione che la preoccupava: pareva fosse sincera.
<< Quindi, sentiamo, questo colosso dorato dovrebbe animarsi? >> chiese mettendosi a braccia conserte.
Erika riacquistò un barlume di sorriso.
<< Si. Devi credermi è così >>.
Mari si avvicinò al Genio Alato e bussò sul piede. La statua non accennò alcun movimento.
<< Gioia io ti ho sempre creduto. Ma non credi di esagerare? Insomma, una statua che prende vita! Come posso credere ad una cosa del genere? >>. La sua migliore amica abbassò lo sguardo. Mari non disse altro e rimase a guardare la statua. Poi spostò il suo interesse verso i tetti della città. Il profilo urbano di Torino era costantemente illuminato dai fulmini che col passare del tempo si fecero sempre più insistenti. Poi si voltò.
<< E’ meglio tornare a casa >>.
Erika fece un profondo respiro e seguì l’amica.
<< Ti accompagno alla fermata del tram >>.
Per la prima volta ci fu un silenzio imbarazzante tra le due ragazze; fu qualcosa di nuovo per loro e di certo non era una situazione piacevole. Quando uscirono dall’edificio presero la direzione per Piazza Castello. Il forte vento preannunciava l’arrivo di un violento temporale. Una volta arrivate in piazza, aspettarono.
<< Torni a casa anche tu? >> chiese Mari cercando di trovare un argomento che spezzasse quella tensione invisibile ma presente.
Erika scosse la testa.
L’amica la squadrò dalla testa ai piedi sbigottita.
<< Non vorrai mica tornare sulla Mole! >>. Non ci fu risposta.
<< Erika ascolta, capisco che sei sempre stata attratta dagli angeli, capisco che hai avuto sempre difficoltà a creare nuove amicizie e che sei timida, ma tutto questo ti ha portato a vedere in una statua qualcosa che non esiste! >>. Mari pareva davvero preoccupata per la sua amica.
<< Stai abbandonando la tua vita sociale per vedere qualcosa che solo nella tua mente è viva. E’ una statua e niente di più! >>. Erika guardò la sua amica con un misto di rabbia e tristezza. Non ebbe la forza di rispondere e così le voltò le spalle e con passo spedito si diresse verso la Mole Antonelliana. Mari la seguì.
<< Dove stai andando? Erika torna indietro! >>. La fuga durò davvero poco e per raggiungerla la prese per un braccio. La sua migliore amica stava piangendo dalla rabbia perché riusciva a capire le difficoltà di credere a cose assurde ma allo stesso tempo lei non si era mai inventata nulla.
<< Lasciami andare. Quando il cervello non crede in qualcosa allora deve essere il cuore a farlo. Pensavo mi capissi! >> disse con voce spezzata dal pianto. Mari rimase senza parole e più voleva rispondere, più non ci riusciva.
Poi qualcosa la distrasse.
La terra tremò per qualche secondo ma fu tutto opera di un fulmine caduto molto vicino.
Mari cerco di asciugare le lacrime della sua amica che rimase immobile. Proprio in quel momento la terra tremò di nuovo, questa volta per qualche secondo in più rispetto alla prima vibrazione. La folla in Piazza Castello sembrava incuriosita da quanto accadeva. Qualcuno guardava il cielo pensando che il temporale fosse ormai vicino. Altri rimanevano immobili cercando di carpire qualche altro segno. 
<< Io non volevo darti della pazza ma è che sono preoccupata per te, tesoro >> disse Mari con espressione visibilmente dispiaciuta. Erika cercò di non piangere e volle provare a risolvere il problema in modo semplice e sereno.
In quel momento, il tempo era come se si fosse fermato. Le due ragazze percepirono una strana sensazione e in pochi secondi, assistettero a qualcosa d’inquietante.
Le finestre dei palazzi che andavano a creare la piazza si frantumarono in migliaia di pezzi. Il castello che dà nome alla piazza cominciò a tremare.
<< Oddio! Che succede? >> urlò Mari guardando spaventata la sua amica.
Le torri collassarono su se stesse e in pochi secondi l’intero edificio medievale si sbriciolò sotto lo sguardo pietrificato dei cittadini. Mari prese per mano Erika e senza pensarci due volte scappò verso i portici dei palazzi.
Il panico era totale. Tutti fuggivano dalla piazza senza una direzione precisa col rischio di creare ancora più confusione. Per quello Mari continuava a fissare uno punto preciso dei portici e correva a più non posso schivando le persone come se fosse una giocatrice di rugby.
Ormai mancavano una ventina di metri ai portici: erano salve o così pareva. Ma all’improvviso la terra tremò nuovamente alle loro spalle. Si fermarono per controllare: la curiosità vinse la paura in quel momento e fu un errore fatale. Dalle macerie fumanti del castello, stava emergendo qualcosa di impensabile. I passi echeggiavano tra i palazzi mentre un’ombra si faceva strada tra le ceneri fumanti del castello. Un lampo illuminò la piazza. Dalla nuvola di fumo uscì quella che pareva una zampa meccanica dalle dimensioni notevoli. Una seconda zampa uscì dal fumo e infine una terza.
La gente che fino a quel momento stava scappando rimase vittima della curiosità ed immobile osservò ciò che stava accadendo.
Il corpo della creatura metallica era molto simile ad un prisma. Il colore bianco delle zampe era nettamente in contrasto col nero opaco del corpo.
Mari ed Erika come del resto tutti i presenti, erano bloccate ed incredule. Le zampe dell’essere erano immobili mentre il prisma lentamente girava su se stesso come se stesse osservando ciò che aveva intorno a sé.
Cominciò ad emettere strani suoni ripetutamente. Infine iniziò a camminare pesantemente verso i portici. Le due ragazze tornarono a correre ma il terreno tremava troppo per via dell’enorme peso della creatura.
Erika perse l’equilibrio e cadde. Il robot gigante stava per calpestare la ragazza inconsapevolmente e fu in quel momento che in piazza arrivò la salvezza.
Dal cielo cadde a gran velocità qualcosa che creò una seconda nube di fumo. L’essere metallico si fermò con la zampa a mezz’aria così Mari prontamente diede uno strattone alla sua migliore amica salvandole la vita da morte certa.
La nube si dissolse rapidamente, svelando l’identità dell’oggetto caduto dal cielo. Erika lo riconobbe.
Kyrea.
Il Genio Alato di Torino era giunto dalla Mole per salvare gli abitanti della sua città.
<< Mio Dio ma è la statua della Mole! >> urlò un cittadino.
Le due creature si studiarono. Il silenzio più assoluto regnò nella piazza mentre i presenti rimasero a guardare: pareva che il tempo si fosse fermato. Mari non era in grado di constatare ciò che stava accadendo: era troppo assurdo.
<< Chi sei? >> chiese con voce tonante la statua dorata.
Il prisma smise di ruotare e come un fiore si aprì mostrando l’interno: una sfera di luce carica di un’energia terrificante. Un raggio partì dalla sfera in direzione di Kyrea che spinto dall’istinto si buttò a terra evitandolo. Il raggio prese in pieno un palazzo che dopo pochi secondi crollò. Molte persone tornarono a fuggire. Erika e Marika si nascosero sotto i portici e spinte dalla curiosità osservarono ciò che stava accadendo anziché optare per la fuga.
La statua si alzò da terra e non avendo un’arma per rispondere decise di contrattaccare come poteva. Fu così che prese la rincorsa verso il nemico.
Fu uno scontro epico.
Le due creature cominciarono a battersi senza esclusione di colpi.
La terra tremava continuamente sotto i colpi dei due giganti e la piazza pareva essere diventata un campo di battaglia. Tutto ciò che stava accadendo era reale ma nessuno in quel momento ci stava pensando.
Erika guardava il suo salvatore come mai aveva fatto prima. Stava difendendo lei, stava difendendo gli altri presenti, stava difendendo la sua città.
Il robot cercava di liberarsi dalla stretta del suo rivale come poteva. Caricò un altro raggio di energia che questa volta colpì in pieno il Genio Alato catapultandolo dall’altra parte della piazza. La ragazza urlò e presa dalla pazzia cercò di raggiungerlo ma la sua amica giustamente la trattenne sapendo del pericolo a cui poteva esporsi. La statua gigante non pareva fosse danneggiata. Si rialzò senza problemi e spiccò il volo caricando tutte le sue forse sul suo pugno destro. Fu il turno della creatura metallica a cadere rovinosamente. Anche in questo caso, i danni furono lievi: avevano lo stesso coefficiente di resistenza.
<< Da dove vieni? Che cosa vuoi da noi? >> tuonò Kyrea preparandosi per un altro scontro corpo a corpo.
Il nemico metallico finalmente rispose.
<< Direttiva: distruzione cyborg classe K.y.r.e.a. >>.
Il Genio Alato non capì cose volesse dire ma poco importava poiché il nemico non dava segno di voler discutere ma solo di agire.
<< Come fai a sapere il mio nome? >>. Il tripode non rispose ma caricò di nuovo la sua arma.
La statua gigante aprì le ali puntando il cielo. Credeva di aver risolto il problema cercando di prendere tempo per pensare ad una possibile soluzione ma fu sorpreso nel vedere la reazione del suo nemico. Le tre zampe robotiche si unirono mentre i petali del prisma si chiusero: decollò anche lui.
Le persone che stavano assistendo all’evento, si sentirono più sicure nel vedere che il pericolo si era allontanato e di conseguenza uscirono dai loro nascondigli cercando di osservare il cielo per capire come poteva finire il duello tra i due esseri. Erika tenne fisso lo sguardo verso l’alto mentre lentamente si stava avvicinando al centro della piazza. Marika la seguì come se fosse la sua ombra.
Kyrea volteggiava tra i cieli di Torino schivando le nuvole minacciose cariche di pioggia. Si guardò alle spalle e notò che il robot teneva la sua stessa velocità. Frenò improvvisamente caricando il pugno mentre la creatura metallica capì troppo tardi le intenzioni del suo rivale; cercò di fermarsi ma era troppo veloce. Dopo aver preso il pugno con tutta la sua potenza, il robot volante cominciò ad imbizzarrirsi perdendo quota. La folla che stava assistendo al duello da terra urlò di gioia, felici nel vedere uscire vittorioso il loro salvatore.
Il nemico fu sconfitto. Ma durante la discesa, un barlume di lucidità lo portò ad elaborare un’ultima disperata strategia. I suoi petali si aprirono malamente. Kyrea capì che il suo rivale stava tentando il tutto per tutto e si lanciò in caduta libera per contrastarlo. Con gran sorpresa però vide che non stava mirando a lui bensì ad un aereo che era in fase di atterraggio.
<< Oh no! >> gridò Marika. La strategia era perfetta: il robot sapeva bene che Kyrea non gli avrebbe permesso di colpire l’aereo; l’unica soluzione era quella di assorbire il colpo. La statua raggiunse il suo rivale ormai pronto ad emettere l’ultimo raggio di energia. Il resto avvenne in pochi secondi. Sparò il colpo che venne prontamente contrastato dal Genio Alato ed insieme caddero al suolo.
La creatura metallica era distrutta e la sfera di luce si spense lentamente. Erika corse in aiuto della statua dorata seguita prontamente dalla sua migliore amica. Furono attimi di disperazione.
<< No >> disse la ragazza guardando le condizioni del suo amico speciale.
Il colosso dorato era disteso a terra ma ancora vivo.
<< Ehi >> disse preoccupata Erika << Come ti senti? >>.
Kyrea sorrise.
<< Un po’ stanco >>. Marika si avvicinò e senza dir nulla osservava la statua che respirava a fatica. Sebbene tutto quello che la sua migliore amica aveva detto fosse vero, si trattava comunque di credere a qualcosa di davvero impensabile. Erika era a pochi passi dagli occhi del suo amico.
<< Ricorda ciò che ti ho detto >> disse la statua accarezzando con un dito il viso in lacrime dell’unica persona che l’aveva sempre reso felice.
<< Tieni nel tuo cuore quella bella serata passata assieme. Non dispiacerti per me.
Io ci sarò sempre >>.
Erika accarezzava l’enorme guancia del Genio Alato.
La folla silenziosamente si avvicinò ai due.
Il dito della statua cominciò a tremare. La ragazza si spaventò avendo capito cosa stava accadendo.
<< Oh no! Ti prego alzati! Devi tornare sulla cima della Mole! >>.
La statua sorrise.
<< No. Ormai ho compiuto la mia missione. Io dovevo difendervi da quella creatura. E ora la minaccia è stata eliminata >>.
Erika non riusciva a smettere di piangere e cercava di spronare il suo amico.
<< Devi farlo per me. Ti prego. Io ti amo! Non morire >>.
Marika stava piangendo. Mai in vita sua aveva assistito a qualcosa di così drammatico. Mai aveva visto la sua migliore amica così disperata.
<< Non avere paura piccola. Io sarò sempre con te e con tutti voi. E in qualsiasi luogo andrò, vi proteggerò sempre >>.
La statua cominciò a immobilizzarsi. Marika cercò di tirare a sé la sua amica ma senza successo.
I torinesi erano dispiaciuti per ciò che stava accadendo. Ciò che avevano sempre scambiato per un angelo, si era sacrificato per salvare la vita proprio a loro. Loro che, guidati dall’egoismo, non erano stati in grado di capire fino in fondo l’importanza del simbolo torinese per eccellenza. Fu una lezione per tutti. Erika fu la prima a dare importanza a lui e ora dovette fare i conti con la triste realtà.
Il Genio Alato si addormentò tornando statua per sempre.
Poi qualcosa d’inaspettato accadde. La statua morta cominciò ad emanare luce. Marika prese per mano la sua migliore amica e spaventata assistette alla scena. Il Genio Alato si sbriciolò lentamente sotto gli occhi dei numerosi testimoni. I frammenti della statua parevano uno sciame di lucciole bianche che presto presero a fluttuare verso la Mole Antonelliana. Tutti osservarono increduli.
Lo sciame ben presto si posò sulla cima creando un nuovo simbolo: una stella dorata.
Kyrea era diventato ciò che aveva sempre desiderato.
La folla applaudì compiaciuta e felice.
Quella stella avrebbe protetto per sempre la città di Torino e questa volta nessuno avrebbe potuto volere diversamente.

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Capitolo 7
*** In Memoria ***


In memoria
 
Erano passati due giorni dall’avvenimento di Piazza Castello, una piazza segnata prima da un’orribile strage e poi da un evento che molti ritenevano opera divina.
Erika da una parte era triste per avere perso l’unico amico di cui si fidava e a cui voleva bene. Dall’altra era felice perché sapeva che lo spirito di quell’entità aleggiava nell’aria e nel suo cuore.
Marika era stata perdonata dalla sua migliore amica. Credere che una statua potesse prendere vita era troppo per lei e la sua reazione di certo sarebbe stata condivisa dalla maggior parte delle persone. Ma si rese conto solo in seguito dell’errore. Ora col perdono di Erika era ancora più serena di prima.
I Torinesi si erano impegnati per coprire la verità. Non volevano che i media abusassero del loro simbolo e di ciò che esso aveva fatto per loro: erano gelosi. Per ringraziare il Genio Alato, ne crearono una copia in scala ridotta e la collocarono in Piazza Castello dove erano in corso per la seconda volta i restauri.
Credere a qualcosa di impossibile è difficile ma bisogna credere in ciò che si sente dentro al cuore e tutto può accadere.
E’ così che la pensa Erika, è così che la pensa Marika, è così che la pensa Torino.
E’ così che la pensa Kyrea, il Genio Alato.

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