Butterflied

di Elisir86
(/viewuser.php?uid=688)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Nuova pagina 1

Butterflied

 

Capitolo I

 

Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo!

Greg si spostò irrequieto la paletta del caffè tra i denti. Tra le mani teneva una busta bianca.

Era arrivata di nuovo... Come un incubo.

Il suo indirizzo scritto con mano infantile, l’inchiostro rosso sbavato e quel dannato francobollo che non esisteva.

Sospirò portandosi una mano tra i corti capelli.

Morse la paletta di plastica fino a sentire un crak. L’aveva spezzata. Come l’altra volta.

Si stropicciò nervoso gli occhi.

Non ora. Non ora!

Ma era tutto inutile. Era ritornata. Quella invisibile e inaccettabile sentenza. Ma cosa aveva fatto lui di male?

Il bussare non propriamente leggero sulla porta del bagno lo fece sussultare.

“Greg è un quarto d’ora che sei rinchiuso lì. Se hai deciso di mettere casa fa pure, ma…” Sanders aprì lentamente la porta legnosa. “Scusami.”

Uscire. Desiderava solo uscire da lì e distrarsi...come una volta.

Nick lo seguì. Il passo veloce e determinato. Il volto serio e pensieroso. “Si può sapere cosa ti è preso?” Greg girò un angolo. “La donna che stai cercando non è Sandy Blowen, il dna non coincide.” Stokes annuì.

Il silenzio ritornò tra di loro.

Non era una cosa insolita, ma quel giorno...quel giorno a lui andava benissimo tutto tranne quel stramaledissimo e odiosissimo silenzio.

Eppure nessuno dei due parlava.

Il calpestio delle scarpe di ginnastica era l’unico rumore che sentivano. Cosa che lo irritava maggiormente.

Il giovane sbuffò.

L’uomo sorrise come se stesse facendo apposta per farlo innervosire.

Una donna abbastanza bassa ma con le curve al posto giusto, giunse in quel momento dalla parte opposta. Greg mugolò annoiato.

Lei sorrise, “Cercavo proprio voi...” Stokes annuì sonoramente. “Ho bisogno di Sanders per una nuova indagine... Nick quella che stai seguendo adesso come sta procedendo?” L’uomo si grattò rumorosamente i corti capelli neri. “Non bene in realtà...”

Greg respirò profondamente. Gli mancava l’aria. Chiuse gli occhi stancamente. La voce di Nick gli rimbombava nella testa, confusa con quella di Willows.

Aveva bisogno di ferie...si di qualche giorno di riposo...

“Io non posso Catherine. Mi dispiace.” La donna alzò un sopraciglio depilato confusa. “Come non puoi?” Il giovane si strofinò l’indice sotto il naso. “Devo andare a casa...poi ho delle ferie in arretrato...” Stokes rise.

Non è divertente...

Lo sguardo di Catherine era tra il divertito e l’infuriato. “No, Greg, tu resti qui. Non sei l’unico che ha bisogno di una bella vacanza...”

Silenzio.

Ancora quel maledettissimo silenzio!

Sanders si appoggiò al muro.

…Non è affatto divertente!

E intanto era rimasto solo.

Come quel giorno.

E tutto gli scivolava via. Come l’acqua tra le mani.

Era perduto.

Willows si girò un attimo. Greg stava fermo appoggiato alla parete. Gli occhi fissi sul muro e stranamente oscurati dall’inquietudine.

“Qualcosa non va?” anche Nick si fermò ad osservare l’amico.

Era perduto. Anche con tutte quelle persone...Era solo.

E non poteva farci niente.

Sospirò.

Scosse la testa, “No Catherine, va tutto bene.” La guardò esitare un attimo e poi svoltare in una sala.

No che non andava bene!

“Allora vieni? Hanno ordinato cinese!” Nick si era sporto con la testa dalla porta a vetri. Greg rise. Era proprio ridicolo!

“Arrivo...arrivo...” e s’alzò.

 

Sara sospirò tristemente.

“Siamo ancora al punto di partenza. Non ci sono tracce di nessun genere sul luogo del crimine e nemmeno sull’uomo!” si portò alle labbra un po’ di riso.

Grissom annuì.

“Allora tu è Nick continuate…” aveva iniziato a parlare. In realtà per Greg muoveva solo le labbra. Così come tutti gli altri.

La scatola contenente il suo pranzo era ancora chiusa. Cosa contenesse non gli importava.

Alzò gli occhi, era iniziata la discussione.

Tutti che parlavano insieme o che iniziavano una frase e finivano l’altra.

E lui non c’era.

Come sempre.

Qualcosa vibrò nella sua tasca. Il cellulare probabilmente. Sua nonna stava cercando di chiamarlo da tutto il giorno e lui non aveva mai risposto.

S’alzò.

“Dove vai?” la voce di Warrick e la porta scorrevole che si chiudeva.

“Pronto?” non era sicuro che fosse una buona idea risponderle. Non era mai un buon segno quando lei insisteva così tanto.

Dall’altra parte del telefono la voce rauca di una donna gli chiedeva informazioni su una certe lettera. Greg sospirò. “Non posso venire...Il lavoro...”

Catherine guardò la figura del chimico andare avanti indietro, incerta su alcuni movimenti e che lanciava guardi fugaci all’interno della sala.

“No, nonna...lui non è...” la voce atona per via del vetro non le faceva sentire nemmeno una frase per intero. Ma infondo non era importante.

Sara seguì lo sguardo della collega. Greg si era fermato di colpo ed aveva spalancato gli occhi. Quasi spaventato. Poi si rilassò di nuovo. Un sorriso gli aveva illuminato il viso pallido.

Grissom scosse la testa.

“Concentriamoci su questi tre casi. Non credo che la conversazione di Sanders ci possa aiutare a risolverli.”

 

Continua...

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Nuova pagina 1

Capitolo II

 

Il cadavere era steso per bene nel proprio letto. I capelli lunghi e neri del ragazzo erano perfettamente pettinati. Le mani bianche unite all’altezza del petto, nascondendo la mortale ferita.

Sanders lo guardò a lungo.

Così Greg...

Sospirò.

“Qui abbiamo finito...” mormorò guardando Willows che respirando profondamente invitava il medico per muovere la vittima.

Uscirono insieme.

“Voi un caffè? Offro io.” Greg scosse ridendo il capo. “Come vuoi.”

“Chaterine...” la donna alzò lo sguardo sul volto pallido del giovane, “...Se mai morirò così, non voglio che qualcuno scopra chi mi ha ucciso.” Willows alzò confusa un sopraciglio “Vuoi dire che lasceresti libero il tuo assassino? Perché?”

Così Greg...

Sanders sorrise, come se quella conversazione fosse divertente. “Io so chi è stato, e a me basta.”

La donna aprì le labbra per dire qualcosa di rimando, per far capire a quel ragazzo del tutto fuori di testa che quello era il loro dovere...Ma qualcosa la bloccò. Una forza che negli occhi del collega era un’ombra, una verità nascosta...un segreto che forse valeva una vita.

“Come vuoi.”

Lui annuì e s’avviò verso la propria macchina.

Si girò, “Ricordatelo Chaterine!”

Ed entrò nel veicolo.

Salutò con la mano e poi via.

La busta bianca stava sul sedile accanto. Aperta.

La scrittura non era più infantile, ma ben curata e l’inchiostro era di un verde acceso.

 

Ti ho riservato un piccolo regalo Greg.

Il tuo nuovo caso l’ho fatto solo per farti ricordare la tua punizione.

Così Greg.

Morirai così.

E ti lascerò proprio come quel giovane.

Ricordati Greg.

 

Era tornato.

Quel pazzo sconosciuto.

Era tornato.

E lui era solo. Come sempre.

 

Continua...

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Nuova pagina 1

Capitolo III

 

Warrick prese tra le mani la fotografia del cadavere che Chaterine aveva lasciato sbuffando sul tavolino di legno. “Si deve odiare tanto per fare una cosa del genere...” mormorò e la donna annuì.

“Caffè?” l’uomo si era avvicinato alla macchinetta per poterne avere almeno un sorso, erano due giorni che non dormiva. Willows alzò un sopraciglio, “Ti sembra cambiato Greg?” ma non ottenne risposta.

Warrick si era limitato ad un’alzata di spalle per tornare a concentrarsi sulla bevanda scura. E Chaterine non aveva bisogno d’insistere per capire che anche il suo collega era del suo stesso parere.

S’alzò.

“Ci vediamo a pranzo, ok?”

Brown annuì.

E la porta di vetro si chiuse.

Era da un paio di giorni che Greg non si comportava normalmente. Si guardava intorno insicuro, si spaventava di qualsiasi cosa e soprattutto riceveva strane lettere in buste bianche.

Lo vedeva sempre con aria stanca e preoccupata leggere le poche righe e poi guardare spaventato fuori dalla finestra.

Greg non era mai stato normale...era eccentrico e avvolte un po’ infantile, ma non si preoccupava mai. Per lui la vita era qualcosa da vivere.

Ma allora perché ora non era più così?

Warrick lo vide varcare la soglia con aria angosciata e in mano una lettera bianca che inevitabilmente finì nel cestino.

“Buon giorno...” sussurrò appena al collega di colore e prendendo una fredda tazza di caffè usci di nuovo, senza aspettare risposta.

Brown lo guardò allontanarsi per poi inchinarsi a raccogliere la candida busta.

Non vi era francobollo, non vi era mittente...solo l’indirizzo di Greg scritto con mano infantile e in rosso...un rosso che ricordava tanto il sangue.

L’aprì lentamente.

 

Greg, ti sei dimenticato ancora una volta di me?

Ti sei dimenticato di quanto ci volevamo bene da bambini?

Quando mamma e papà erano vivi e io ero per te speranza?

Greg, mi deludi.

So che non risolverete mai il caso...

Ricorda Greg, così... Morirai così.

 

Warrick alzò confuso un sopraciglio.

Greg era forse in pericolo? No, senza forse, lo era e basta! Quel pazzo voleva ucciderlo, e non in un modo qualsiasi...

C’era una solo cosa da fare.

S’alzò e uscì dalla stanza.

 

Chaterine guardò contrariata Sanders, stava seduto ad aspettare il risultato delle analisi con sguardo spento. “C’è qualcosa che non va, Greg?” il ragazzo non si mosse, sbadigliò e alzò le spalle.

Willows stava iniziando a perdere la pazienza. Sospirò e... “Scusami, Chate posso parlarti?” la voce di Warrick la raggiunse un attimo prima che potesse fare una bella ramanzina a Greg.

“Dimmi?” sussurrò quando era ormai fuori dal laboratorio.

“Credo che devi leggere questa.”

E lei lo fece.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Nuova pagina 1

Capitolo IV

 

“Cosa significa questo?”

Greg sobbalzò spaventato. Grissom era entrato nel laboratorio come una furia. Dietro di lui gli altri. Arrabbiati, preoccupati...

Cazzo!

La lettera minatoria finì sulla scrivania a pochi centimetri da lui.

Cazzo!

“Chi è?”

Chaterine aveva incrociato le braccia con aria di critica.

Cazzo!

Warrick aveva alzato un sopraciglio e tratteneva fin troppo saldamente la tazza di caffè.

Cazzo!

Sara si era avvicinata comprensiva.

Cazzo!

Nick sbuffò sedendosi di fronte a lui.

CAZZO!

“Non capisco...” mormorò. Una scusa, doveva trovare una scusa, una qualunque.

“Greg, non dire cazzate!”

Brown come sempre era diretto.

“È solo uno scherzo...” e infondo lo era, no? “Mi è già capitato al liceo. E alla fine si è risolto tutto. Perciò non è nulla di preoccupante.”

Sara aprì le labbra, respirò a fondo, e poi le richiuse.

Sanders sapeva che stava cercando le parole giuste.

Sapeva che non gli credevano. Ma non gli importava.

S’alzò.

Tremava.

“Devo andare...”

“Greg!” Gil lo trattenne per un braccio, “Parlaci...”

Lui scosse la testa.

No.

“Devo andare...”

E in quel momento il cellulare suonò.

Si voltò di scattò.

Il telefonino era sul tavolo, a pochi centimetri da Nick.

Non rispondere!

Ma Stokes rispose.

“Pronto?”

“Pronto...Greg sono io. La tua speranza.”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Nuova pagina 1

Capitolo V

 

Nick alzò lo sguardo  sui suoi colleghi.

“La mia speranza?” domandò e l’attenzione di tutti si posò su di lui.

Ora...

Greg aveva iniziato a camminare verso la porta del laboratorio, gli occhi chiari puntati sui suoi cosiddetti amici.

Ora...

Continuava a ripetersi nella mente.

Ora capiranno...

Uscì e corse.

Corse quanto più poteva mentre la voce autoritaria e preoccupata di Warrick lo richiamava. Mentre i passi veloci di Sara lo inseguivano.

Mentre tutto ciò per cui aveva faticato scivolava via.

E tutto per qualcuno...Qualcuno che lui non conosceva... Che lo odiava.

Capiranno che...

Uscì dall’edificio ansimando, e dietro di lui nessun suono.

La macchina...

Doveva cercare la macchina...

Ma dove cavolo l’aveva lasciata quella mattina?

E poi eccola, l’unica macchina di seconda mano... L’unica piena di bugne...

Mai l’aveva amata come in quel momento.

Sorrise entrando.

Sara uscì in quel momento.

GREG!” l’esclamazione della donna gli fece accendere il motore.

GREG FERMATI!” e improvvisamente gli sembrò un urlo disperato, come se qualcosa non andasse... Come se lui fosse in pericolo...

La superò con velocità.

Ora voleva solo fare le valigie e andare dai suoi nonni.

***

 

“Chi sei?” la voce al telefono aveva dato un tono di scherno alla voce, forse aveva capito che non era Sanders. “Sono Greg...” lo sconosciuto rise.

“No...Tu sei uno dei suoi amici...Forse Nick?”

Stokes alzò lo sguardo crucciato, “Come fai a sapere di...”

“Io so tutto, come so che ora ti stai passando una mano sulla fronte, preoccupato...”

Nick si spostò la mano dal volto, gli occhi sgranati, che si puntarono verso la finestra, “Dove sei?” domando trattenendo il fiato.

“Hai paura? Non dovresti, perché sai...Dovresti stare in apprensione per Greg. Lui non può scappare, non questa volta. Lui non può stare senza di me e presto, molto presto, ritornerà da me. Anzi...” ci fu un attimo di silenzio nel quale Grissom prese il telefono, “Hm…”  mise il vivavoce, “...È già a casa mia.”

“Se gli fai qualcosa io...” ma la voce di Warrick fu bloccata dalla risata dell’uomo.

Poi un rumore di qualcosa che si chiudeva, probabilmente la porta di casa.

“Ciao Greg...” e la telefonata terminò.

Sara alzò lo sguardo preoccupata,  e proprio in quel momento l’orologio che Sanders aveva portato nel proprio laboratorio a forma di bagliaccio iniziò a fare un suono rauco, simile a una fredda e angosciosa risata.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Nuova pagina 1

Capitolo VI

 

Grissom entrò per primo nella casa, spintonando un poliziotto varcò la soglia.

Guardò a lungo il salotto di un giallo limone, con una piccola televisione posta nell’angolo sinistro e una poltrona, dalla parte opposta c’era un grande tavolo di marmo. Qualche scafale antico pieno di libri che mai si sarebbe immaginato nella casa di Greg.

S’avviò con lentezza verso una delle due porte, ci guardò dentro.: la cucina.

Sara entrò nell’altra e si ritrovò nel bagno, richiuse la porta per salire agilmente le scale.

Appena di sopra si ritrovò in un altro salotto, ancora più grande di prima.

Un salotto che ricordava tanto uno studio, o meglio una biblioteca.

Con qualche tavolino qua e la, e sopra di essi sparpagliati libri aperti o chiusi, fogli e matite. Per terra verso i quattro angoli c’erano molte cartacce arrotolate, e alcune avevano centrato il cestino.

Grissom la raggiunse avvicinandosi al primo tavolo, era rotondo e su di esso vi stavano un paio di lampade e un grosso libro, tre le sue pagine piegate vi erano tante farfalle morte.

“Gil...” Sidle era entrata nella camera personale di Greg.

Un letto matrimoniale stava sotto un’enorme finestra, coperta da una tenda color caffelatte. Poster di cantanti stavano attaccati obliqui sui muri liberi. L’unico armadio che si trovava proprio alla destra della donna, sembrava più adatto a ricchi signori, e non si addiceva affatto al resto della camera.

S’avvicinò al letto.

Sparse, sul candido lenzuolo c’erano farfalle morte e orrendamente colorate di un inchiostro rosso.

“...È meglio che entri.”

Grissom la raggiunse, poi una voce squillate dal piano di sotto gli fece bloccare.

“Che succede?”

I due si precipitarono nel salotto nel piano inferiore.

“Ma che ci fate in casa mia?”

 Il giovane alzò lo sguardo su di loro.

“Gil mi spieghi?”

Sara alzò un sopraciglio, “Greg, ma cosa..?”

Sanders sorrise, “Sono andato a fare un po’ di spesa con un mio amico. Vi avevo detto che era uno scherzo quello delle lettere. Uno scherzo di cattivo gusto, certo, ma infatti Peter è venuto a trovarmi oggi per scusarsi.”

La donna lo guardò confusa, “Ma la telefonata...Le farfalle...”

Il giovane allargò il sorriso, “Bella trovata non trovi? Devo dire che mi sono spaventato a vedere tutte quelle cose morte, ma infondo si è risolto per il meglio, no?”

 

La polizia se ne era andata, e ora i tre colleghi stavano nel piano superiore attorno a un tavolino quadrato di legno scuro, su comodissime sedie morbide.

Greg sorseggiava tranquillo il suo the preferito, all’arancia.

Sara stava ancora mescolando il suo.

“Ci hai fatto prendere uno spavento. Potevi chiamarci...”

Sanders corrugò la fronte, “Credevo che Peter lo avesse fatto, aveva detto che... Oh, non importa.” E con una mano fece segno di menefreghismo.

Il cellulare di Gil suonò.

S’alzò avviandosi verso la porta ancora aperta della camera.

“Si?”

“Grissom?” l’uomo annuì, aveva mandato Brown e Stokes dai nonni di Greg, ma evidentemente era stato un inutile viaggio.

“Oddio Grissom, non sai cosa c’è qui!” Nick sembrava sconvolto e disgustato, sul sottofondo la voce di Warrick che chiedeva di spalancare qualche finestra.

“Chi potrebbe fare una cosa del genere a dei signori così anziani?” ancora il collega di colore, Nick sospirò “I nonni di Sanders  sono morti.”

Gil corrugò la fronte, “Non è possibile, è solo uno scherz...” non finì la frase che l’esclamazione di Stokes gli fece trattenere il respiro “Oh, cazzo! Greg!“.

Il cellulare cascò a terra.

“Nick! NICK!.

“È vivo? Warrick dimmi se è ancora vivo!!!”

E poi nulla.

Grissom si girò  verso Sara e Sanders che le stava di fianco.

Un perfido sorriso era comparso sul volto pallido del giovane.

“Hai paura Gil?”

E due spari echeggiarono nella casa.

 

 

Fine

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=30061