Nothing Left To Lose

di deilastump
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** now ***
Capitolo 2: *** the talk. ***
Capitolo 3: *** the meet. ***



Capitolo 1
*** now ***


Capitolo Uno.
Now.

La dolce voce dell'infermiera mi sveglia, riportandomi alla scomoda e spaventosa realtà del momento. La guardo confusa, spaventata, ansiosa, forse. Un insieme di emozioni che mi turbano nella testa come un vortice che non ha intenzione di fermarsi, o di diminuire, per lo meno.

"c-come sta?" chiedo, insicura. Insicura sulla risposta, perchè, lo so, se risponde quello che tanto temo, io non ce la farei. Sarebbe troppo, troppo per una ragazza di soli 26 anni. Non può lasciarmi così, per uno stupido capriccio da parte mia, per una stupida fortuna del momento.
Non può.

"sta bene. Vieni, puoi entrare". Mi apre la porta della stanza 36, e sempre con il sorriso falsamente rassicurante, aspetta che sia entrata per chiudermi la porta alle spalle. Stringo il grande peluche a forma di orso color panna tra le braccia, mentre sento la porta chiudersi dietro di me.
Poi mi guardo attorno. Tutto bianco, il letto, il pavimento, le pareti, i macchinari. Quel bianco tipico dell'ospedale, che, pur essendo bianco, sembra così sporco, di tutte le malattie, le morti che hanno impregnato le pareti delle stanze. E le tapparelle abbassate rendono il tutto ancora più triste. Non è neanc'ora giorno, e in una notte sono successe così tante cose. Troppe cose.
C'è un silenzio tombale, qua dentro, ma l'unico rumore rassicurante che accompagna la mia dipserzione momentanea, è il suono che provoca l'elettrocardiogramma. La mia sicurezza, che testimonia il suo battito regolare.

Sento un'altra lacrima dolorosa solcarmi il viso per l'ennesima volta, e quando tiro su con il naso, Dylan apre gli occhi.

"ehi" sussurra, con quel tono impastato tipico delle persone che stanno per morire. è questo che mi preoccupa, che lui possa morire da un momento all'altro, ma il suo battito è regolare. Quando sorride, e quando mi ha visto, il suo battito ha subito qualche leggera accelerazione, che mi ha portato ad avvicinarmi al letto, con il suo peluche tra le braccia.
"sei ancora qua?" chiede, quasi sorpreso.

"non me na sarei andata". Mi siedo sulla sedia accanto al letto, con il peluche che mi copre mezzo viso. Involontariamente, altre lacrime escono senza controllo dai miei occhi.

"Deila - quasi ride, mentre pronuncia il mio nome - non piangere": Gli prendo la mano, appoggiata delicata sulla superficie bianca e liscia del lenzuolo, prima che lui possa farlo. "non c'è bisogno di piangere":

"guarda cosa ti ho fatto" sussurro, realizzando più di prima quanto sia dolorosa quella situazione anche per me. Era colpa mia se era stato investito da una macchina, è colpa mia se siamo qua, in ospedale, ed è colpa mia se rischia di perdere la sensibilità del braccio sinistro.
è sempre colpa mia.

"ehi - sussurra di nuovo, sorridendo - tu non vedrai mai quella che mi hai fatto". Tossisce, ma smette subito, a causa di un dolore che lo fa gemere minimamente. E un'altra lacrima segna la mia guancia. "quello che mi hai fatto è dentro".
Vorrei tanto essere come lui. Vorrei sapere sorridere sempre, qualcunque vada, e rassicurare sempre tutti, anche se quella da consolare sarei io. Vorrei essere favolosa come lui, ma siamo completamente diversi, ed è forse per questo che ci troviamo così bene. Perchè io ho bisogno di essere consolata. E lui ha bisogno di qualcuno da consolare.
Ma da oggi i ruoli sono invertiti.

"basta, D. Non cercare di difendermi tirando fuori uno di quei disocrsi che di solito ti procurano un bacio - ride, sussurrando -, perché è colpa mia se adesso sei qua. Non cercare di consolarmi, adesso né mai. Tocca a me, adesso"

"la mia consolazione più grande se t..."

"SSH". Sorride, rilassando i muscoli del collo. Sprofonda leggermente la testa nei cuscini, mentre chiude gli occhi. "hai sonno?"

"non voglo dormire"

"perché?"

"voglio stare con te". Sorrido, mentre avvicino la sedia al letto. Appiattisco i cuscini il più possibile, per riuscire ad accargli i capelli.

"sono qua" sussurro, dopo un po'. Quando gli accarezzo una guancia, sfiorandola appena con le punte delle dita, l'elettrocardiogramma registra un aumento di battiti. Rido, mentre Dylan sorride imbarazzato.
"dicevi che non ti faceva nessun effetto quanto ti fioravo la guancia". Muove leggermente le spalle, spostandosi leggermente verso di me, come incitandomi a continuare. "beccato" sussurro, quando un sorriso pacifico gli compare sulle labbra rotte.

"resti qua?" chiede, dopo un po'.

"certo"

"hai visto il peluche?"

"ce l'ho tra le braccia adesso"

"hai visto la sua collana?".
Allontano la mano dal suo viso, mentre giro il peluche verso di me. Un sottile filo verde è legato intorno al suo collo. Seguo il percorso del cordoncino con le dit, fino ad incontrare qualcosa di duro. Rigiro il peluche, e vedo un anello legato ad esso. Un anello semplice, con un piccolo diamante incastonato al centro.
Dylan mi stava guardando, e la mia espressione l'ha fatto scoppiare a ridere d'istinto.

"hai detto che avresti detto di sì". Sorrido, piango, e penso a ciò che era successo. Ero rimasta delusa dal fatto che, quella sera, lui non mi avesse fatto la proposta, nona vesse portato l'anello. Al suo posto, aveva portato questo peluche, pregandomi di prenderlo con me. Ma io sono stata così stupida da arrabbiarmi, e buttarlo in mezzo alla strada. Nel tentativo di recuperarlo, una macchina è andata a sbattere contro Dylan.

"facciamo così - cerco di dire, ma le lacrime di rimorso e stupidità mi impediscono di parlare normalmente, quindi singhiozzo - se tu esci di qua in perfetta saluta e con la piena sensibilità del tuo corpo, io rispondo". Sorride, entre richiude gli occhi.

"ma intanto rimani qua, vero?"

"fino a quando sarà necessario".

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Capitolo 2
*** the talk. ***


Storsi la bocca in una smorfia di dolore, quando mia mamma, per sistemarmi la massa di capelli mossi in una crocchia ordinata, spinse troppo forte e troppo dentro una forcina.

"scusa, tesoro" ripeté, come tutte le altre volte che mi provocò quel dolore momentaneo.
Era ridicolo, tutto ridicolo. Essere costretta a partecipare al matrimonio che, anche dopo il mi consiglio negativo, accettò comunque di celebrare.
Mi guardai allo specchio, ma prima che l'occhio cadesse su di me, scrutai un attimo la mamma.Era bella, con quel vestito bianco, non troppo vistoso, o brillante. Era di seta bianca, con un corpetto dell'aderenza giusta, finemente decorato con disegni arabeschi.I capelli, che erano mossi come i miei, le cadevano dolci lungo le spalle, e quel sottile strato di trucco le rendeva il viso giustamente luminoso.Era bella, se sulle labbra non ci fosse impressa la sua tristezza. E sapevo che quella tristezza era a causa mia.Avrei voluto fare qualsiasi cosa, per rivedere su quelle labbra un sorriso smagliante, come faceva prima. Ma non potevo farci niente. Mi aveva tolto l'unica cosa che mi importava davvero, e mi stava costringendo a vivere una vitta fatta a posta per lei, non per me. E sapeva che io non ci stavo, in quella vita, ma non le importava, perché voleva che io fossi la figlia perfetta.
Odiava come ero diventata, ed aveva accusato papà. Aveva dato tutte le colpe  a lui, parlando come se adesso non fossi niente per lei.
Abbassai lo sguardo su di me,  e mi guardai allo specchio. Mi chiesi mille volte perché, al posto dei miei soliti jeans strappati e una maglia qualsiasi, indossassi un vestito che arrivava a mala pena fino a metà coscia, che non aveva spalline. Non era nel mio stile, e quando mi avevano presentato di tacchi a spillo bianchi, me ne andai dal negozio, scocciata. Mia mamma rimase là dentro, e prese solo il vestito. Ecco perché quel giorno mi presentai  con le mie solite All Stars nere, basse e logore come sempre. Ero ancora io, anche se non sembrava. I miei capelli erano ordinati, il viso, con tutte le sue imperfezioni, era mascherato, talmente camuffato da essere perfetto, e le mie labbra erano così rosse, e così piene, che mi sembrano essere venuta fuori da una rivista di moda.Io non ero quel genere di persona, e mi trovavo talmente male, così, che avevo voglia di strapparmi quel vestito di dosso e lavarmi la faccia.

"Ho fatto" sussurrò la mamma, dopo un po'. Alzai di nuovo lo sguardo, e confrontai i nostri volti. Erano simili, ma completamente diversi.
Mi guardavo, e vedevo mio papà in me, e nell'espressione sofferente della mamma.
Poi, mi venne in mente.

"ah, ti avviso. Ho invitato papà e Chris al matrimonio". La sua espressione, prima superficialmente pacifica, cambiò lentamente, arrivando al tradimento.

"cosa." sussurrò, come se una pugnalata al cuore fosse meno dolorosa.

"insomma, questo è un grande passo per te, e volevo che le persone che ti amano di più al mondo partecipassero, visto che tu ti eri dimenticata di invitarle" risposi, cercando di evitare in tutti i modi il suo sguardo. Lei mi si pose davanti, e le sue guance si facevano sempre più rosse, mentre i suoi occhi erano sempre più lucidi.

"come hai osato"

"è la mia famiglia"

"Adelaide ti decidi a capirlo? Questa, ormai, è al tua famiglia. Questa, questa che stiamo per creare con il matrimonio sarà la tua famiglia d'ora in poi. Non quella che vuoi tu" parlava a voce progressivamente più alta, e il suo tono era così arrabbiate che sembrava volesse sputarmi in faccia e prendermi a calci.

"immaginavo questa reazione con papà" risposi, marcando la parola papà, " ma anche con Chris? Tuo figlio? Mio fratello?"

"DYLAN ORA è TUO FRATELLO" gridò. Non la sentivo gridare così da quando Chris era finito sotto una auto davanti ai suoi occhi. Ha gridato così forte, quel giorno, che attirò l'attenzione di tutti.

In quel momento, la porta si aprì, e Dylan sporse la testa. Forse aveva sentito il suo nome e voleva sapere che succedeva.

"avete bisogno di qualcosa? State bene?" chiese lui, con un tono gentile. Roteai gli occhi al cielo, mentre ripensavo a tutte le volte che feci finta di non vederlo, a scuola, ed educazione fisica. Ora non potevo più fingere. E non vedevo una soluzione a questo.

"no, tesoro, siamo a posto. Grazie comunque". Era incredibile come la mamma riuscisse a controllare le sue emozioni. Appena prima stava per scoppiare, e un attimo dopo era calma, sorridente.Dylan sorrise, ed uscì.
"Chris, in confronto, non è niente" sussurrò, ritornando al discorso precedente.
La guardai negli occhi, mentre parlavo.

"giuro, un'altra parola così contro papà o Chris, e mi trasferisco. Dylan non sarà mai come Chris. Non sarà mai mio fratello. Lo stesso vale per Oliver e papà". Così, uscii, mentre cercavo di non piangere.

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Capitolo 3
*** the meet. ***


Scendevo le scale precipitosamente, cercando di concentrarmi su qualcosa di vicino, per evitare che la mia mente si perdesse.
Guardavo i gradini scorrere veloci sotto i miei piedi, e pensavo  "destra, sinistra, destra sinistra". Non potevo credere che la mamma stesse ripudiando così sfacciatamente la mia famiglia, costruita con cura per diciassette anni. Non sapevo cosa si era rotto tra mamma e papà, perché nessuno dei due voleva dirmelo, e Chris cambiava sempre discorso.Sentii scendere una lacrima dagli occhi, ed ero talmente distratta che inciampai sull'ultimo gradino delle scalinate del municipio. Mi immaginavo già il dolore dell'impatto, ma, a mezz'aria, due mani si intraposero tra me e il suolo.Un odore di vaniglia mi fece smettere di piangere, mentre tenevo ancora gli occhi strizzati.

"per un pelo".
Oh no. Aprii gli occhi e, come temevo, Dylan era a stretto contatto con me, e mi guardava sorridente. Con quegli occhi a solo qualche centimetro dal mio viso, e quelle labbra perfette piegate in un'espressione divertita, mi sembrava più idiota di quanto avessi mai pensato.
Aveva un bel sorriso, e dei begl' occhi, però.

"ma che…"

"non ti lascerei cadere, Delly" disse lui, quasi fosse un mio amico di vecchia data.
Non sapevo nemmeno quand'era il suo compleanno.

"non chiamarmi Delly. E mollami"

"in realtà, sei te che ti stai tenendo a me". Con gli occhi indicò la sua camicia, e vidi una mia mano che le teneva stretta nel pugno. L'altra, invece, era aggrappata al suo braccio.Mollai subito la presa, e mi alzai di scatto, come se staccarmi subito da lui fosse sufficiente a cancellare tutto.
"sei bella, oggi" accennò dopo, mentre risalivo le scale. Mi bloccai, con un piede sospeso nel vuoto, e lo sguardo perso. Volevo urlargli che complimentandosi con me non avrebbe ottenuto niente, ma c'era qualcosa nel suo tono di talmente insicuro e fragile che me lo impedì.
Non potevo.

"grazie" sussurrai, quindi, in risposta. Tentati di rivolgergli un sorriso, ma l'espressione che ne venne fuori era così buffa che Dylan rise. Roteai gli occhi al cielo, e continuai la salita verso  la porta del municipio.

***

Aspettai fino a che il prete disse "vi dichiaro marito e moglie" per restare nella sala. Controllai varie volte quella stanza estremamente grande per essere dentro un municipio, ma c'era così tanta gente non riuscivo a distinguere tutti. Forse non erano venuti.
Così uscii appena sentii il primo conato di vomito inacidirmi la gola, cercando di evitare lo sguardo deluso di Dylan. Lui, seduto accanto a me, mi aveva lanciato delle veloci occhiate durante tutta la cerimonia, cercando di mascherarle. Non potevo farcela.
Affrettai il passo quando vidi la porta, e, una volta fori, sospirai rumorosamente, e mi sedetti sul primo gradino di cemento.Stringevo i capelli nelle mani, forse se il tiro forte mi sveglio, pensavo, magari è solo un sogno.Ma non era un sogno. Era tutto reale, e non potevo crederci.Stavo per ricominciare a piangere, quando.

"scusi, è qua il matrimonio di Claudia Leto?". Rimasi ferma per sette secondi, e sentivo un sorriso che cresceva speranzoso sulle mie labbra.
Quando infine alzai gli occhi, papà, Chris e lo zio erano in piedi davanti a me, anche loro con un sorriso emozionato.

"sei bellissima, Deila" disse papà, facendo un passo verso di me. Io mi sono alzata di scatto, e l'ho abbracciato, spiccando un piccolo salto, come facevo da piccola.

"siete venuti, alla fine" sussurrai, per non fargli sentire le lacrime imminenti.

"potevamo mai saltare quest'occasione" rispose zio Jared, al posto del papà. "il tuor è finito, quindi abbiamo detto 'ehi, perché non fare visita alla mia splendida nipote'". Sono scoppiata a ridere e, insieme alla risata, anche le lacrime.
"non piangere, tesoro" disse poi lo zio, venendo verso di me. Mi sono staccata da papà, e sono andata dallo zio. Lui mi ha preso fra la sue braccia, e mi ha fatto girare.
Ero felice, felice di avere con me le persone più importanti della mia vita. Avevo gli occhi strizzati, per limitare le lacrime, ma quando li aprii, Chris era davanti a me, proprio quando zio Jared era andato da papà.

"un vestito?"

"mi hanno costretta"

"e quelle scarpe?"

"volevano rifilarmi un paio di tacchi". Chris mi guardò per quattro secondi, con un'espressione investigatoria.

"te ne sei andata dal negozio"

"già". Rise, e mi abbracciò.

"mi sei mancata, Delly".

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