Wammy's University

di ShinigamiGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova scuola, nuova vita ***
Capitolo 2: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 3: *** Le confraternite ***



Capitolo 1
*** Nuova scuola, nuova vita ***




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Capitolo 1: Nuova scuola, nuova vita






Il sole sorse proprio in quel momento, Deborah maledisse quell’avvenimento. La sveglia, infatti, iniziò a trapanarle i timpani, obbligandola ad alzarsi per spegnerla.
Cacciò un sospiro. Ora che i suoi genitori si erano trasferiti, avrebbe dovuto alzarsi ogni giorno all’alba per arrivare alla nuova università in tempo. Lasciare le sue vecchie compagne non era stato facile, e non accettava le esigenze lavorative del padre, soprattutto per come trattava lei e sua madre.
Questo non l’aveva facilitata ad allentare la sua ansia per il primo giorno, e non aveva chiuso occhio per tutta la notte, presa anche dalla rabbia del momento.
Quando giunse dinnanzi allo specchio del bagno, ciò che vide la fece disperare ancora di più. Sotto gli occhi erano spuntate due profonde occhiaie, e i ricci castani erano un ammasso indomabile senza precedenti. Si sistemò la frangetta liscia con la spazzola, e dopo essersi lavata faccia e denti, proseguì a sistemare il danno provocato dalla notte insonne.
Il correttore svolse il suo lavoro, coprendo le occhiaie in maniera eccellente. Proseguì poi a incipriare il pallidissimo viso, e si contornò gli occhi di nero, mettendosi poi moltissimo mascara, che le allungò le ciglia abbastanza da farla sentire più femminile.
Si infilò la minigonna grigia e le calze dell’uniforme, allacciandosi poi la camicia bianca a maniche corte e sopra il maglioncino giallo senza maniche. Deborah aveva scelto delle calze nere, che le arrivavano appena sotto le ginocchia, facendo risaltare la pelle chiarissima e le gambe asciutte, abbinate a un paio di ballerine del medesimo colore.
Non aveva molta fame, ma siccome sarebbe arrivata in città molto prima della prima ora di lezione a causa degli orari improponibili dei treni, pensò di fare colazione in un bar.
I suoi dormivano ancora, così uscì senza svegliarli e si diresse alla stazione.
L’atmosfera di periferia era piuttosto tranquilla, non sembrava esserci molta gente per le strade. Inspirò a fondo, cercando di darsi una calmata.
Fortunatamente, arrivata in stazione, notò che c’erano altre persone, vestite in maniera piuttosto elegante, forse diretti a lavoro. Il treno arrivò puntuale, e il viaggio durò una buona mezz’ora.
Trovare la fermata dell’autobus, una volta scesa dal treno, fu un po’ più complicato, dovette chiedere indicazioni e perse parecchio tempo. Addio colazione in città.
Prese l’autobus proprio prima che chiudesse le porte, e giunse davanti all’istituto anche fin troppo in orario, correndo verso l’entrata proprio mentre si udiva il suono della prima campanella.
Notò che l’edificio era di dimensioni notevoli. D’altronde, non ci si aspettava di meno da un’università così prestigiosa.
Non appena entrò, vide molti ragazzi che si affrettavano ad andare nelle loro classi, e lei si aggirò per i corridoi, finché non trovò la presidenza. Bussò tre volte con decisione sulla porta di legno massiccio, un po’ in ansia.
-Prego- sentì dire.
Entrò con fare piuttosto deciso, non voleva dare l’impressione di essere timida.
-Buongiorno, sono una nuova studentessa. Il mio nome è Deborah Dreamer, sono stata classificata per la terza classe, sezione D.
Dinnanzi a lei, dietro ad una scrivania piena di scartoffie e munita di un microfono, stava in piedi un uomo abbastanza anziano, che le sorrideva benevolo.
-Piacere, Deborah. Sono il preside di questa università, e sono lieto di averti nel mio istituto- le rispose, porgendole la mano.
Quando la ragazza si avvicinò per stringergliela, le cadde l’occhio su una targhetta d’oro posta davanti alla scrivania, dove era inciso “W. Watari”. Le sembrava comunque una persona molto gentile.
-Ho già mandato a chiamare una brava ragazza, che ti farà fare un giro della scuola. Ecco, queste sono le tue ore di lezione- la informò, passandole due fogli con orari e materie relative al suo corso.
-Grazie- disse, infilando i fogli nella fidata tracolla nera che portava sempre appresso.
-Sono certo che ti troverai bene. Non esitare a chiamare me o Roger, il vice preside, in caso di bisogno, siamo sempre a disposizione di tutti gli alunni.
Deborah annuì, voltandosi nell’udire la porta aprirsi. Si presentò un individuo molto strano, vestito con abiti scuri e punk. Esibiva un sorriso inquietante, i capelli erano ritti e da un orecchio pendeva una catenina con un cuore d’argento. Aveva uno strano colorito, e gli occhi leggermente sporgenti. La osservò divertito per qualche secondo, poi si rivolse al preside.
-Ecco Taylor, signor preside.
-Grazie, Ryuk- gli rispose, mentre il presunto bidello si faceva da parte per far entrare qualcun altro.
Taylor entrò svogliatamente nella stanza. Non aveva per niente voglia di fare il giro dell’intera scuola con la nuova recluta, odiava quella parte del suo incarico di rappresentante.
Ogni volta che gli si presentava un nuovo alunno, infatti, questo le si appiccicava per giorni, prima che riuscisse a integrarsi e fare amicizia con qualcuno.
A volte aveva modo di conoscere persone interessanti, con cui aveva stretto qualche “amicizia”. In realtà, lei non si considerava la classica persona con molti amici, o almeno, non veri amici.
In ogni modo, sperava che questa nuova ragazza fosse una di quest’ultimi, e non l’ennesima cozza rompiballe.
-Io sono Taylor- disse, presentandosi alla compagna.
-Piacere, mi chiamo Deborah. Ti ringrazio per la disponibilità- le rispose, senza battere ciglio.
Una normale ragazza si sarebbe chinata in segno di rispetto, ma lei preferì non mostrarsi inferiore a nessuno. Le piaceva essere considerata alla pari.
Taylor la osservò per qualche secondo, sorridendo alla sua presa di posizione. C’erano due tipi di persone che avrebbero reagito così, un'altezzosa o una che non si fa mettere i piedi in testa.
Era ben curata, tuttavia notò che la camicia era leggermente fuori dal maglioncino, e pensò che probabilmente si era fatta una corsa per arrivare in tempo. Le sembrò una tipa interessante, fortunatamente.
-Potete andare, ma mi raccomando, Taylor, alla seconda ora dovrete entrare a far lezione, solo la prima è debita al giro della scuola. Spero che i tuoi compagni la accettino come è giusto che sia.
Taylor si schiarì la voce.
-Non c’è problema, signore- disse a Watari, e con ciò aprì la porta, facendo cenno alla ragazza di seguirla fuori dallo studio del preside.
Lei sgusciò fuori, dileguandosi dalla vista dell’uomo, poi si voltò, aspettando l’altra ragazza. La nuova arrivata la osservò meglio.
Aveva due ipnotici occhi blu, che risaltavano moltissimo sulla pettinatura scura e i lineamenti spigolosi del viso. Indossava l’uniforme grigia quasi con eleganza, ma le sembrava essere una ragazza a posto, con la testa sulle spalle e niente fronzoli.
-Ci metteremo davvero un’ora?- le chiese, non appena chiuse la porta.
-Beh, diciamo che si può benissimo fare in mezz’ora, ma visto che ora avremmo dovuto seguire una pallosa lezione di diritto con il professor Ruvie, possiamo dilungarci tranquillamente- la informò, con un occhiolino -E poi, penso che entrare nel bel mezzo di una lezione sia decisamente imbarazzante, essendo una nuova recluta- aggiunse, facendo strada verso un bancone pieno di cibo.
Deborah annuì. In effetti, non aveva la minima voglia di apparire come il fenomeno da baraccone della giornata.
-Vuoi prendere qualcosa?- le chiese, indicando l’angolo dell’università prediletto dagli studenti.
Era proprio un bar, pieno di dolci e stuzzichini salati.
La fanciulla osservò con certo interesse i cupcake.
-Non mi dispiacerebbe, in effetti- disse, ripensando alla sua fallita colazione in città.
Si avvicinò alla mora, sedendosi al suo fianco.
Taylor alzò una mano, per attirare l’attenzione dell’addetta al bar.
-Ehi, Rem!
-Taylor, vedo che abbiamo una nuova recluta!- disse una strana signora, avvicinandosi alle due ragazze.
Deborah rimase nuovamente basita. Aveva un look molto simile a quello del bidello, con i toni sul violetto, e non riusciva a darle un’età definita. Persino i suoi capelli erano di uno strano porpora.
-Esatto- le rispose allegra Taylor, prima di rivolgersi a lei, facendole un occhiolino e aggiungendo -e qual è il modo migliore per iniziare il tour della scuola, se non con uno dei tuoi spettacolari cupcake?
Deborah rimase piuttosto impassibile all’ennesimo occhiolino, un po’ per la perplessità della situazione, un po’ perché era persa ad osservare i dolcetti con occhi sognanti.
-Mi piacerebbe avere quello al cioccolato, per favore- disse, indicandone uno abbastanza nascosto, ma dall’aspetto appetitoso.
-Io un caffè amaro, come al solito- disse Taylor, rivolta a Rem.
-Arrivano subito, dolcezze- fece la donna, che arrivò poco dopo con le loro ordinazioni.
Deborah addentò il dolcetto con fare quasi religioso, e il sapore che sentì non aveva paragoni. Non appena entrambe ebbero terminato la colazione, Taylor si alzò, seguita dalla nuova arrivata, che si pulì in fretta la bocca dai residui di cioccolato.
-La nostra prima tappa sarà la palestra- annunciò la mora, con un sospiro.
Odiava quel posto, ma soprattutto odiava chi frequentava abitualmente quel luogo.
Camminarono attraverso i corridoi, molto illuminati a causa delle enormi vetrate che li percorrevano sulla destra.
Si fermarono di fronte alla palestra, e Taylor disse all’altra ragazza di aspettarla fuori, ma appena si sporse, vide proprio ciò che non voleva vedere.
Le cheerleaders.
-E uno, e due, e uno due, tre, quattro!- urlava una ragazza, quella che sembrava essere il capo.
-Amane- borbottò Taylor, digrignando i denti e stringendo i pugni.
Deborah, incuriosita dalla faccenda, si sporse insieme alla mora.
-Tutto bene?- le chiese, stranita da quell’improvviso cambio di atteggiamento.
Lei si voltò lentamente verso la riccia, sistemandosi i capelli e tornano all’espressione che aveva poco prima.
-Beh, è una palestra come un’altra. Andiamo avanti col giro- disse, cambiando il discorso e invitando la ragazza a seguirla lungo il corridoio. A metà di esso si fermò, accorgendosi di essere stata un tantino sgarbata. Dopotutto, quella ragazza necessitava di spiegazioni.
-Cheerleaders- disse, lentamente, e scandendo bene la parola.
Deborah le lanciò un’occhiata esortativa, in attesa di una spiegazione più esaustiva.
-Le odio- ammise -E se sei quel tipo di persona che ha come massima aspirazione nella vita quella di agitare dei pon pon e il culo qua e la, urlando come un’ossessa… Beh, mi spiace, ma non avremo alcun tipo di rapporto, una volta che avrò finito di mostrarti la scuola.
La fissò negli occhi, con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.
Ma non Deborah.
-Sono il tipo di persona che evita ogni superfluo movimento fisico- puntualizzò infatti, con certa tranquillità -anche se il mio fisico possa far pensare il contrario…
In effetti era piuttosto magra e molto pallida, anche se non si era mai riuscita a spiegare la terza abbondante di seno, probabilmente ereditata da qualche lontana parente.
-C’è pure chi considera le cheerleaders sportive! Ma se non fanno altro che muovere i loro culi e mettere in mostra le gambe e i corpi odiosamente perfetti, davanti alla squadra di basket o peggio davanti a…- Taylor si bloccò appena le cadde l’occhio sull’orologio, erano già le otto e mezza.
La ragazza, per tutta risposta, scoppiò a ridere.
-Dobbiamo muoverci- disse Taylor, mentre Deborah la seguiva, ridendo ancora. Si sentiva strana, non le era mai capitato di dilungarsi così tanto con una recluta.
-Scusa la domanda, ma cosa ci fanno delle troiette simili nella più prestigiosa università di Winchester?- chiese Deborah, cercando di smettere di ridere.
Taylor, di fronte a quell’affermazione, si rilassò senza darlo a vedere.
-Beh, vuoi che le amate e straviziate figliuole dei più grandi imprenditori, avvocati e star di ogni genere dell’intera Inghilterra non vadano ad un’università degne del portafoglio dei loro spocchiosi genitori?
-E io che pensavo di essermi liberata di certa gente. Nel resto della scuola c’è gente simpatica?
La mora ci rifletté su qualche secondo, prima di scoppiare a ridere.
-Diciamo che le persone “normali”, in questa scuola, sono poche. E ancora di meno quelle che mi stanno simpatiche, ma questo è un problema mio… Si contano sulle dita di una mano.- ammise la ragazza -In ogni caso, avrai modo di vedere con i tuoi occhi il disagio e i vari gruppetti di questa università. Per ora, puoi contare su di me, comunque. A proposito, che anno devi frequentare?
-Terzo anno, classe D- rispose prontamente sorridendole.
-Molto bene! A quanto pare sei nella mia classe! Benvenuta nella classe peggiore che tu abbia mai avuto il dispiacere di avere!- affermò Taylor, con un sorriso che, a dispetto delle apparenze, non prometteva nulla di buono, e scuotendo la testa come se non credesse all’incredibile sfiga che la nuova recluta aveva avuto.
Deborah, d’altro canto, rimase piuttosto spiazzata. Beh, la giornata non era iniziata nel migliore dei modi, senza aver chiuso occhio la notte precedente e avendo fatto ritardo coi pullman.
-Mio Dio- si limitò a dire -devo prepararmi al peggio?
-Nella nostra classe si riuniscono tutti i classici stereotipi di studenti. Dalla cheerleader al cestista, dal rubacuori allo sfigato, dal secchione al genio incontrastabile. E poi ci sono io, alcune mie amiche e uno scassamaroni a cui piace fare il bullo. Che ne dici?
-Posso sopravvivere- decise, alzando una mano a mo’ di saluto militare.
-Perfetto, direi!- esclamò la ragazza, dandole una pacca sulla spalla, forse un po’ troppo violenta.
Deborah tentennò, ma non perse il sorriso. Forse non era così male la nuova scuola, certo, era ancora preoccupata, ma Taylor le andava a genio.
La mezz’ora seguente passò piuttosto in fretta, purtroppo.
La mora mostrò a Deborah l’auditorium, la biblioteca e l’aula musica al piano terra, dove c’erano anche il bar e l’ufficio del preside. Salirono al primo piano, dove le fece vedere l’aula del club linguistico e le varie aule munite di computer. In quel piano e in quello superiore c’erano altre aule, mentre il piano sottoterra era adibito ad un’altra palestra e al laboratorio di chimica.
Una volta terminato il giro, Taylor guidò la nuova ragazza alla loro classe, che era l’ultima all’estremo lato est dell’università.
-Ora dovremmo avere il professor Penber- annunciò.
Deborah estrasse i fogli con gli orari, e lesse mentalmente “Raye Penber, lezione di algebra e scienze”.
-Ma bene.- fece, sarcastica. Odiava la matematica -Avrò almeno il tempo di presentarmi, prima che arrivi il prof?
-Penso di…- stava dicendo Taylor, prima che qualcuno la chiamasse.
-Signorina Pierce!
La ragazza si voltò.
-Professor Penber!- salutò, mandando un’occhiata significativa a Deborah.
Evidentemente non avrebbe avuto tempo di presentarsi, o peggio, l’avrebbe fatto il prof per lei.
-Vedo che abbiamo un nuovo arrivo! Spero che ti piaccia la matematica!- esclamò, tutto contento.
Taylor alzò gli occhi al cielo, chiedendosi a quale persona sana di mente piacerebbe la matematica.
Deborah esibì un sorriso che più finto di così non esisteva, ma il professore non sembrò accorgersene, tutto preso dall’allegria del momento.
-Ehm, salve… Certo, adoro la matematica… Anche se preferisco scienze…- mentì spudoratamente, con lieve insicurezza.
L’allegria di quell’uomo la metteva a disagio.
Taylor, di fronte a quella scena, sorrise sotto i baffi.
-Molto bene! Pensi che io insegno pure scienze! Ora entriamo, così la presento alla classe!- esclamò il prof, al settimo cielo.
Deborah si sentì sprofondare, mentre sospirava con un sorriso poco convinto.
Il prof entrò nell’aula, coi posti disposti a ferro di cavallo e rialzati. Molti degli studenti stavano chiacchierando tra loro, ma, come al solito, Taylor notò il gruppetto di ragazze in calore che accerchiavano il ragazzo il cui nome, con ogni probabilità, spopolava in tutta la scuola.
Tutte, chissà perché, lo chiamavano Mello, ma il suo vero nome era Mihael.
Taylor guardò Deborah con la coda dell’occhio. Anche lei l’aveva notato, e lo stava osservando con curiosità.
Il prof si schiarì la voce, tentando di attirare l’attenzione dei ragazzi, tuttavia loro continuarono a non cagarlo deliberatamente.
Taylor alzò nuovamente gli occhi al cielo.
-Ehi, pezzi di merda!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Molte persone si voltarono verso di lei, zittendosi. La ragazza pensò che, se si erano girati a quell’appellativo, significava soltanto che lo erano veramente, e sorrise compiaciuta.
-Signorina Pierce!- esclamò il professore, scandalizzato.
-Mi scusi, prof. Ma ora ha la loro attenzione, no?- fece lei, con un ampio e finto sorriso.
Lui le lanciò un’occhiata di rimprovero, sospirando.
-Ragazzi e ragazze, come potete vedere abbiamo una nuova studentessa!- urlò, per farsi sentire da tutti, dopodiché lasciò la parola alla ragazza.
-S… Sì, mi chiamo Deborah Dreamer. Molto piacere- borbottò, a testa bassa.
Taylor le restò accanto, finché non andarono a sedersi, una accanto all’altra, nell’ultima fila in alto. Deborah cercò di passare inosservata, per quanto le fosse possibile. Era arrossita non appena aveva visto che quel biondo l’aveva guardata, e quegli occhi glaciali l’avevano trapassata.
Appena si sedette, si sporse verso Taylor.
-Scusa se ti sto addosso. Ma trattienimi, ho voglia di prenderlo a calci- aggiunse, lanciando un’occhiataccia al prof, che tutto allegro manco se n’era accorto.
-Tranquilla, è normale- la rassicurò, sorridendole sinceramente.
Taylor si voltò alla sua destra, dove era seduta la sua migliore amica Nathalie, e la chiamò con un sussurro per presentarle Deborah.
Fecero le presentazioni velocemente.
Nathalie era una ragazza che non passava certo inosservata, con quella massa indomabile di capelli rossicci che si ritrovava. Aveva due occhi verdi vivaci, nascosti dietro un paio di occhiali da vista all’antica, che sembravano essere tornati di moda in quel periodo. Il viso era pallido, ma con una spruzzata di lentiggini sulle guance e sul naso. Il suo aspetto rispecchiava il suo carattere, solare, vivace e divertente.
Deborah si rassicurò nel vedere quella ragazza. Pensò che, dopotutto, non tutti i componenti di quella classe fossero terribili, ma cercò di non illudersi troppo.
Sporgendosi verso il basso, ignorando bellamente la lezione del prof, notò uno strano individuo dai capelli rossi e un paio di googles sopra la testa, che invece di prendere appunti giocava alla PSP. Poco più distante, un altro ragazzo, probabilmente albino dati i capelli bianchi, ascoltava distrattamente arricciandosi un ciuffo di capelli con l’indice.
Sopra di lui, una ragazza dai capelli lisci e un paio di occhiali squadrati leggeva un libro enorme, di cui Deborah riuscì a leggere il titolo. Era “Lo Hobbit”.
Insomma, nessuno stava ascoltando davvero il professor Penber.
Taylor richiamò la sua attenzione appoggiando i gomiti al tavolo.
-Vuoi che ti faccia una panoramica della classe?- chiese, con sguardo sadico.
Deborah accettò, sorridendo al barlume di divertimento negli occhi blu della nuova amica, se così poteva definirla. Lei, per tutta risposta, fece un sorriso che avrebbe fatto venire la pelle d’oca a chiunque.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma adorava parlare male delle persone, soprattutto quando c’era così tanto da dire. Ovviamente parlava male delle persone che avevano una brutta reputazione a causa del loro comportamento. Taylor non era un’amante del gossip, ma adorava avere il controllo della situazione, e questo implicava essere sempre informati su tutto e tutti.
Si strofinò le mani e posò lo sguardo poco più in basso di loro, al lato sinistro della sala, quello più vicino alla finestra.
-Vedi quel gruppo di ragazze laggiù?- domandò, indicandole uno schieramento di ragazze tutte palesemente uguali.
Deborah annuì.
-Sono le cheerleaders. Quella con i capelli biondi e i codini che sta tormentando il ragazzo davanti a lei è Misa Amane, capo delle cheerleaders, nonché mia acerrima nemica- la informò, serrando le mani sul bordo del tavolo, facendo diventare le nocche bianche.
-Quella coi capelli corti e neri è Takada- continuò, indicando la ragazza seduta di fianco al tizio che Amane stava cercando di far parlare con lei -una puttana come poche. Tra lei e Amane non corre buon sangue, hanno lottato molto su chi dovesse essere il capo delle cheerleaders, e per il suddetto ragazzo che ora sta in mezzo a quelle due. Si chiama Light Yagami ed è il secchione della classe, oltre ad essere il cestista numero uno della squadra di basket della scuola. Ed è pure il figlio dell’allenatore, Soichiro Yagami. Ti consiglio di stargli lontana, ha una risata alquanto macabra ed inquietante- le consigliò, guardando con disgusto il ragazzo dai capelli castani.
Deborah assimilava informazioni, e si rendeva conto sempre di più del perché Taylor odiasse quella gente.
-Andiamo avanti- disse Taylor -quella con i capelli neri, lunghi e con la frangia è Heather. Un’altra stronza del gruppo di Amane. E poi c’è…
-Catherine O’Brian- sibilò Deborah, interrompendola e osservando la ragazza con puro distillato odio.
I suoi insolenti boccoli biondi, quegli occhi smeraldini, mentre masticava con insistenza una cicca, niente di lei si poteva dimenticare.
-Ci rincontriamo- borbottò, poi disse, notando lo sguardo interrogativo di Taylor -Compagna di classe di asilo, elementari, medie e perfino liceo. Se n’era andata in un'altra università, non posso crederci, davvero, la ribecco qua…
-Ah! E’ proprio vero che a volte ritornano! Scusami, a volte sono un po’ sadica, immagino- aggiunse subito dopo, grattandosi la nuca con una mano.
-Se ti diverte assistere a cose simili, penso ti divertirai. Immagino che torneremo a scannarci come un tempo.
-Vedo che siamo sulla stessa lunghezza d’onda! Molto bene- disse, esibendo un ghigno -Dimmi, vuoi che ti parli di qualcun altro in particolare? Ci è rimasto poco alla fine della lezione.
Deborah, con poca convinzione, fece cenno col capo verso il biondo che tanto la incuriosiva. Era maleducatamente svaccato sul posto, coi piedi sul tavolo, con in mano una tavoletta di cioccolata.
-Che mi puoi dire di lui?
Taylor sorrise tra sé, aspettandosi che le chiedesse di quel ragazzo.
-Mihael, dici? Beh, è il solito spocchioso che si crede chissà chi, solo perché la sua famiglia è piena di soldi e tutte le ragazze gli vanno dietro come cagnolini. Cambia “fidanzata” come se fossero paia di mutande. Dire che sfrutta e gioca con i sentimenti femminili è un eufemismo. Onestamente, non ho mai capito perché si comporti così… E’ un ragazzo intelligente, anche se non sembrerebbe. Secondo me, mette alla prova le ragazze, e per ora, credo che nessuna abbia passato la sua selezione- terminò, con un ghigno.
Deborah alzò un sopracciglio. Il ragazzo che riteneva curioso si era rivelato un puttaniere, ergo, l’avrebbe eliminato dalla lista delle persone interessanti.
-Indovina chi è l’attuale vittima- aggiunse Taylor, lanciando uno sguardo al gruppo di cheerleader.
Un pensiero balenò subito in mente a Deborah.
-Nessuno cadrebbe così in basso da provarci con Catherine- disse, calcando sull’ultima parola come se avesse nominato l’anticristo.
-Come resistere alla tentazione di far soffrire un essere del genere? Le storie di Mihael, se così si possono chiamare, finiscono sempre con un mare di lacrime della ragazza, e io amo quel genere di sofferenza- ammise Taylor, alzando un sopracciglio.
-Potrei rivalutare la mia opinione- fece subito Deborah. L’idea che Catherine stesse male le avrebbe allietato la sua presenza nella stessa aula.
Le due ragazze chiusero la mano a pugno e li fecero scontrare amichevolmente.
Taylor pensò soddisfatta che quella nuova compagna non fosse poi così rompiballe, e sorrise a quel pensiero, quando suonò la campanella. Sistemò il quaderno, dove aveva disegnato una piantina della classe a Deborah per facilitarle il riconoscimento delle persone con cui poteva parlare e quelle con cui era preferibile non avere niente a che fare, contrassegnando le prime in verde, e le altre in rosso. Di fianco al nome di Misa, era disegnato un teschio con due ossa.
-Andiamo, ora c’è ginnastica- annunciò Taylor.
-Cosa? Ma non ho nessun cambio!- replicò Deborah.
-Non preoccuparti- la rassicurò la mora, con un sorriso -ho già la soluzione.
















Angolo delle Autrici

Cari lettori! Qui parlano Misch e Becks ovvero ShingamiGirl e theperksofbeinglawliet! Liete di fare la vostra conoscenza! Come aveva in precedenza anticipato Misch, eccoci qui con il primo capitolo della fic, frutto della nostra collaborazione.
Vogliamo farvi sapere che le due protagoniste Deborah e Taylor sono tratte dalle nostre rispettive fic "Wammy's House Story" e "But, above all, childish and irritating", ma non preoccupatevi, sono completamente state prese a caso e inserite qui, anche se siete sempre liberissimi di andare a leggerle, se vi va :3

Cosa ve ne pare come inizio?
Siate liberi di scriveteci le vostre impressioni, eventuali domande e chiarimenti o critiche di ogni genere.
Grazie per aver letto e, speriamo, al prossimo capitolo!

ShinigamiGirl
theperksofbeinglawliet

 

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Capitolo 2
*** Vecchie conoscenze ***




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Capitolo 2: Vecchie conoscenze





-Ehm… Ti sta un po’ stretta- notò Taylor, dispiaciuta -chiederei a Nathalie o alle altre, ma hanno tutte taglie più piccole… E non chiederei mai una tuta alle puttanelle.
Deborah arrossì leggermente, poi fece un gesto secco con la mano.
-Nemmeno io. Beh, tanto mi guardano tutti come se fossi un’aliena, magari così capiranno che sono una normalissima umana.
Taylor aveva avuto la gentilezza di prestarle la sua vecchia tuta, che essendo piuttosto piccola le andava stretta sul petto, anche se il resto le calzava a pennello, a causa della sua magrezza. L’unico problema era, appunto, la generosità delle sue forme superiori.
La mora rise, quando un fischietto interruppe il loro discorso.
-Muovetevi, pelandroni! Quanto ci vuole a cambiarvi!- urlò una voce femminile, a dir poco scazzata.
-La professoressa Naomi Misora. Una delle poche professoresse serie in questa scuola, e insegna ginnastica- la informò Taylor, con un sospiro esasperato.
Deborah la imitò, ricordandosi del suo vecchio e temibile insegnante di ginnastica. Era un vecchietto che aveva fatto la militare per anni, e il suo nome era temuto da tutti nella sua vecchia scuola. Se Misora fosse stata esattamente come il Tibaldi, la ragazza avrebbe avuto un buon motivo per spararsi un colpo.
Le ragazze corsero fuori dallo spogliatoio, e la professoressa iniziò a fare l’appello. Deborah lanciò un’occhiataccia al gruppo dove stava Catherine. Sembravano le belle statuine, con fisico perfetto e forme al punto giusto. Lei, al confronto, si sentiva goffa e sproporzionata.
Erano in cerchio attorno alla docente, vicino alla cattedra della palestra.
Alzò la mano quando Misora chiamò il suo nome, ma a differenza del collega Penber, non fece grandi cerimonie. Le diede semplicemente il benvenuto e continuò l’appello. Appena finì, azionò il suo cronometro, ordinando con tono autoritario ai ragazzi di correre per dieci minuti.
La parte estremamente competitiva di Taylor, in quelle situazioni, entrava in conflitto con la sua pigrizia, che stranamente aveva sempre la meglio. La prof le stette col fiato sul collo, sapeva bene che la ragazza era allenata a correre molto più velocemente e per più tempo. Tuttavia, Taylor non aveva assolutamente voglia di impegnarsi, e rimase al fianco di Deborah, che non sembrava gradire l’esercizio fisico.
Le cheerleaders correvano una di fianco all’altra, manco fossero sul set di Baywatch, mentre i maschi facevano a gara tra loro, mettendosi in mostra per le donzelle.
Nathalie correva svogliatamente con un altro gruppo di ragazze, che Taylor indicò a Deborah.
-Loro sono Stefany, Linda e Alice. Sono abbastanza simpatiche, credo che ti piacerebbero.
Dando un’occhiata al gruppo, Deborah notò la stessa fanciulla che in classe stava leggendo “Lo Hobbit”.
-Sì, quella mi sembrava simpatica in effetti- disse, ma fu zittita dalla prof, che fece iniziare loro esercizi di stretching.
Deborah era piuttosto elastica, eseguiva ogni esercizio in maniera perfetta, nonostante si vedesse che fosse parecchio svogliata. Taylor notò come i ragazzi mandassero strane occhiate in direzione della nuova arrivata, più precisamente verso il petto della ragazza. La mora avrebbe voluto prenderli a calci proprio dove non batteva il sole, ed evidentemente se n’era accorta anche la destinataria dei suddetti sguardi, a giudicare da come li stesse fulminando con varie occhiatacce.
Dopo gli esercizi, venne il momento di giocare a pallavolo.
-Odio la pallavolo- sbuffò Taylor -è un gioco idiota.
Deborah era pienamente d’accordo, ma sfiga volle che la professoressa la mettesse tra le prime due squadre che avrebbero dovuto sostenere il match.
Pregò che la palla le arrivasse il meno possibile, ma le toccò giocarla, e fece vincere la squadra con una schiacciata micidiale, che probabilmente gli avversari non si aspettavano da una nanetta come lei.
Tornò da Taylor, stanca e stravolta.
-Quanto manca all’intervallo?
-Ancora mezz’ora. Fammi le condoglianze- le rispose Taylor, preparandosi ad entrare in campo.
Nell’altra squadra c’era Misa, e la voglia di umiliarla superò la pigrizia, facendola buttare nella mischia.
Giocò in maniera eccellente, riuscendo a non fare una delle sue solite figure di merda.
Deborah, nel frattempo, seguiva la partita, lanciando occhiate curiose a compagni di classe.
In campo, Light Yagami si destreggiava in schiacciate spettacolari, e Misa si perdeva a guardarlo con un’espressione da baccalà, causando la perdita di vari punti alla sua squadra. Di fianco alla professoressa, accovacciato in modo strano, c’era un ragazzo moro con un profondo paio d’occhiaie, che segnava il punteggio delle squadre. Poco più lontano, l’albino che aveva notato in classe stava seduto con la schiena appoggiata al muro, giocherellando con un paio di dadi.
Il famoso Mello era comodamente stravaccato su uno dei materassini da esercizio, di fianco al ragazzo coi capelli rossi, sempre munito di PSP. Entrambi non seguivano assolutamente la partita, facendosi i cavoli loro, nonostante qualche ragazza ronzasse intorno a loro.
Appena Taylor uscì dal campo, al termine della partita, Deborah le porse il cinque, che la mora batté sfinita.
-Annientata, la biondina- disse la riccia, soddisfatta.
-Hai notato… Che sono sempre le bionde… Ad essere stupide, irritanti e inutili?- le chiese Taylor, con un sorriso insolente e il fiatone.
-Sì, anche i ragazzi, dev’essere una cosa genetica- replicò lei, con un sorriso complice e riferimenti puramente casuali.
Misora, dopo aver testato tutti gli alunni sul campo, sprecò una decina di minuti nel fare la paternale agli studenti, ritenendosi non completamente soddisfatta del loro operato, ripetendo fino allo sfinimento quanto fossero svogliati e negligenti, ricordando loro che avrebbe tenuto conto anche di questo sulle valutazioni.
-…vi inviterei quindi a iniziare l’anno con più serietà, ragazzi- stava dicendo la prof, quando suonò la campanella, facendo scappare gli alunni.
-Dove state andando?! E’ il professore che decreta la fine dell’ora, non la campanella!- aveva esclamato Misora, ma era già troppo tardi.
Tutti si erano rifugiati negli spogliatoi, piantando la prof nel bel mezzo del discorso.
Le due ragazze, dopo essersi cambiate, si diressero verso il bar, dove Taylor ordinò di nuovo un caffè, guadagnandosi una curiosa occhiata da Deborah, che invece prese un altro cupcake, stavolta alla fragola. Essendo arrivate per prime, riuscirono a sedersi su uno dei pochi tavolini disponibili, con in mano i loro acquisti.
Successivamente arrivò al bancone una intera massa di studenti, che compravano la loro merenda con impazienza, ma non trovando posto se ne tornavano nelle loro aule.
Deborah, mangiucchiando il cupcake, raccontò a Taylor di come fosse più pesante la sua ora di ginnastica nella vecchia università, e di come il Tibaldi facesse sgobbare le studentesse sugli scalini, spiegandole che precedentemente frequentava un’università femminile, cosa che stupì parecchio la mora.
Finito il loro spuntino tornarono in classe, e nel tragitto, assistettero ad una curiosa scena.
Dei ragazzi abbastanza alti e muscolosi circondavano un altro studente, quello che Deborah riconobbe come l’albino della sua classe. Notò che era piuttosto magrolino, oltre che basso.
-Nate, non sei felice di rivederci?- stava dicendo uno di quegli energumeni.
-Già, e sentiamo, quest’anno ci passerai o no i compiti?- gli domandò un altro, spintonandolo.
Taylor si chinò verso Deborah.
-Ecco, scena tipica di questa scuola. Quello è Nate River, chiamato più comunemente Near, è un genio ma ritenuto parecchio sfigato. Come vedi, gli chiedono sempre i compiti, lui si rifiuta ogni volta, perciò quando riescono glieli prendono con la forza. Chissà quante botte si è preso in questi tre anni, ho perso il conto- le spiegò, stringendo le labbra con disappunto.
-Nessuno fa niente?- domandò la riccia.
-Se siamo fortunate, assisteremo all’intervento del vecchiaccio, il vice preside, ma non lo vedo nei dintorni- replicò la mora, guardandosi intorno, e si bloccò nell’osservare una figura lungo il corridoio -ma c’è qualcun altro- aggiunse, con un sorrisino compiaciuto.
-Non ho la minima intenzione di farlo…- stava dicendo l’albino, osservandoli con sguardo di sfida, nonostante tenesse la testa bassa.
Deborah lo trovò un contrasto molto curioso.
Uno dei tre bulli scoppiò a ridere, e lo spintonò violentemente contro l’armadietto, facendo sobbalzare anche la ragazza dallo spavento, quando una voce fece girare tutti i presenti.
-Ehi, scimmioni, prendetevela con quelli della vostra taglia!- urlò una ragazza dai capelli castani raccolti in due codini sbarazzini, facendosi largo tra la gente nel corridoio.
Era una delle ragazze che durante ginnastica aveva corso con Nathalie.
Aveva un’espressione furiosa senza paragoni, e la sua faccia era rossa come un peperone. Deborah ne rimase sorpresa, quella ragazza era bassa e magra almeno quanto lei, ma pareva avere un coraggio da leoni.
-Quella è Linda- la informò Taylor, con un sorriso compiaciuto, mentre la diretta interessata si apprestava a lanciare un’enciclopedia addosso ad uno dei tre ragazzi.
Loro fuggirono appena la videro arrivare, ma il tomo di duemila pagine arrivò comunque addosso all’ultimo dei tre, prendendolo sullo stinco e facendolo ululare di dolore.
Linda corse a recuperare il libro, pronta a tirarlo nuovamente, ma i ragazzi si erano dileguati. Allora si voltò verso Nate, sorridendo allegra.
-Near, stai bene?- gli domandò, e l’albino la fissò senza particolare espressione.
-Sì… Ti ringrazio…
La fanciulla arrossì lievemente, senza smettere di sorridere, poi se ne andò, salutandolo con un cenno della mano.
-Wow- fece Deborah, sorridendo ammirata.
-Già, è una tipetta che sa il fatto suo- concordò Taylor.
Ripresero a camminare verso la loro aula, incrociando persino il bidello coi vestiti punk che spazzava allegramente il corridoio. Erano convinte di trovare un po’ di pace e silenzio, ma evidentemente nulla di tutto ciò era previsto, in quella giornata caotica.
-Oh, ma guarda chi si rivede, Deborah! Non mi saluti?- disse infatti una voce odiosamente squillante, non appena varcarono la soglia della classe.
Sedute sui banchi centrali, in compagnia di qualche ragazzo, c’erano le cheerleaders. Mancavano soltanto Misa e Heather, che si erano cacciate chissà dove, mentre poco più in la, Takada osservava la scena con superiorità. Deborah stentò a trattenersi dal mandare Catherine a quel paese, la quale, dopo aver parlato, la fissava con insistenza.
-Francamente, speravo che quello di qualche anno fa fosse un “a non rivederci mai più”- esordì Deborah, secca.
La bionda rise, strafottente, avvicinandosi leggermente e masticando la solita fastidiosa cicca.
-Allora non sei proprio cambiata! Nanetta, magrolina, e tutta tette. Non ti si incula nessuno, Deborah!
-Meglio sola che male accompagnata. Continua pure a dimenare il tuo sederino, biondina, e stai sicura che prima o poi qualche uccello ti arriva dritto in culo- replicò, con un sorriso maligno.
Catherine spalancò la bocca, sconvolta, le si leggeva in faccia che era rimasta spiazzata. Taylor, che assisteva alla scena, era così impegnata a trattenere le lacrime da quanto stava ridendo che non si accorse della presenza di Mihael, che le passò di fianco, accompagnato dal rosso coi googles.
-Ehi, ehi, tesoro. C’è qualcosa che non va?- chiese mellifluo alla bionda, con un ghigno stampato sul volto terribilmente sexy.
Gli occhi glaciali si posarono su Deborah, squadrandola da capo a piedi.
-Ah, tu sei quella nuova- ricordò, continuando ad esaminarla, cosa che irritò sia lei che Catherine.
La bionda, allora, si aggrappò al braccio del ragazzo, facendogli gli occhietti dolci. Al che, il rosso alzò gli occhi al cielo, emettendo un lieve sospiro, come esasperato.
-Mi ha praticamente dato della puttana!- esclamò, sbattendo le lunghe ciglia.
Mihael puntò gli occhi su quelli della nuova arrivata, addentando una tavoletta di cioccolato che teneva nell’altra mano.
-E tu cosa le hai detto?- chiese a Catherine, senza togliere gli occhi di dosso a Deborah e masticando lentamente.
-Beh, che non se la cagherà mai nessuno, visto che è sproporzionata!- rispose, ridendo in un modo che avrebbe fatto saltare i nervi anche alla persona più paziente al mondo, e infatti, il giovane coi googles sembrò trattenersi dal pestarla.
-In realtà- la interruppe il biondo, lanciando un’eloquente occhiata a Deborah -penso che un ragazzo intelligente non si farebbe mai scappare una come lei…
Deborah, dapprima arrossita e infastidita dalla sua occhiata, scoppiò a ridere di gusto a quell’affermazione, insieme all’amico del biondo, e le parve giusto andarsene al suo posto, lasciando Catherine nella vergogna.
-Credo che tu debba rivalutare colui che ti incula, cara mia- disse tra le risate, voltandosi e iniziando a salire i gradini senza aspettare le reazione dei presenti o la risposta della bionda.
Catherine rimase a bocca aperta per diversi secondi, mentre Mihael tentava di non scoppiare a ridere in faccia alla sua ragazza.
Taylor, che era sull’orlo di un pianto isterico dovuto alle grasse risate, aveva tutto il trucco sbavato, così prese per un polso la ormai su di giri Deborah, facendola quasi cadere dalla foga e trascinandola verso il bagno femminile.
Arrivarono in breve tempo, guadagnandosi varie occhiate stranite lungo il tragitto.
Taylor spalancò la porta del bagno, e Deborah provvide a chiuderla, forse con più violenza del necessario, ma ormai ridevano entrambe senza più controllo.
-Tu sei un fottuto genio del male!- esclamò la mora, appoggiando le mani sulle ginocchia per non rischiare di cadere.
Si sarebbe mai ripresa dalla risata compulsiva che le aveva procurato tale epica scena? Si impose di calmarsi e si tolse tutto il trucco con una salvietta struccante, tirando fuori l’occorrente per rimediare al disastro causato dalla matita e dal mascara che si erano sbavati.
-Questo è il tuo primo giorno e ti sei già fatta notare dal rubacuori per eccellenza! E hai chiuso quella stronza di merda in modo me-mo-ra-bi-le! Dio mio, la stima che non ho per te.- parlò a macchinetta Taylor, mettendosi il mascara, che faceva risaltare i suoi bellissimi occhi blu.
Deborah rideva insieme a lei. Come al solito non era riuscita a passare inosservata, cosa che le sarebbe piaciuta molto, ma almeno aveva smerdato Catherine.
-Però anche lui cazzo, che bastardo a non difenderla!- disse riprendendo a ridere istericamente.
-Ma chi se ne frega di quella troia! Evidentemente anche lui non ha potuto fare nulla per salvarla.
Dopotutto hai lanciato una frecciatina anche a lui!- ribatté la mora tra le risate.
Una volta finito di truccarsi, Taylor tornò seria, con immenso sforzo.
-Deborah, voglio essere sincera con te. Non cadere nella trappola di Mihael, è molto bravo a corteggiare le ragazze e farle sentire speciali, ma alla fine non ci sarà un happy ending… Guarda Catherine, ha i giorni contati. Poi, beh, magari tu riusciresti a passare i suoi test, ma… Ti sembra giusto che una ragazza sia messa alla prova da un ragazzo senza poter fare lo stesso?
-Non preoccuparti. Detto molto sinceramente, non mi va di avere a che fare in prima persona con un puttaniere- disse, seria.
Certo, era un peccato che un ragazzo così carino fosse un poco di buono, ma d’altronde, quasi mai si trovava un ragazzo sia carino che intelligente. Mihael poteva fare tutti i test che voleva, ma la cosa che non sapeva era che nessun ragazzo si era ancora dimostrato degno di essere un suo possibile fidanzato.
-Piuttosto, volevo chiederti chi fosse quell’individuo che in classe giocava con la PSP, quello che c’era prima e che ha riso insieme a noi…
-Oh, parli di Matt- la interruppe Taylor -è il migliore amico di Mihael, ma non potrebbero essere più diversi. Infatti, Matt è il tipico nerd stile “The Big Bang Theory”, hai presente? Ma più figo. E’ simpatico, molto alla mano, quando non sta giocando a qualche videogioco, si intende.
-Capisco. E il ragazzo cupo che stava segnando i punti, durante ginnastica? Quello con i capelli neri e due occhiaie peggio delle mie stamattina. Sembrava il cocco della Misora- disse, sperando che Taylor capisse a chi si stesse riferendo.
-Ah, lui- disse Taylor, marcando il “lui” manco stesse parlando di Voldemort -lui sarebbe l’altro rappresentate d’istituto, ma sta sempre nelle retrovie. Non gli piace stare a contatto con la gente, quindi il lavoro sporco lo faccio io, non che mi dispiaccia. E sì, ci hai visto giusto, è il cocco del prof Ruvie e anche di Penber, oltre al preside. In realtà Misora lo detesta, in quanto si avvale di certificati medici per saltare le sue ore.
-In effetti pareva strambo- borbottò Deborah.
Improvvisamente suonò la campanella, segno che erano terribilmente in ritardo. Deborah controllò l’orario scolastico.
-Letteratura inglese, Halle Lidner. Dobbiamo andare- annunciò.
Le due ragazze corsero verso la loro classe, arrivando giusto in tempo per l’inizio della lezione. Si sedettero ai loro posti, seguite da molti sguardi, alcuni ammirati, altri curiosi, ed altri ancora erano fulmini veri e propri. Inutile dire a chi appartenessero questi ultimi.
-Mi sa che si è già sparsa la voce- constatò Taylor, abbassando la testa per non farsi vedere dalla prof.
-Tanto meglio- borbottò l’amica, a bassa voce -almeno mi staranno lontani.
-Non vedo l’ora di vedere chi sarà il primo ammiratore a venire da te- ammise Taylor, con un sorrisetto ammiccante.
Deborah inorridì al pensiero di ammiratori vari, non le piaceva essere al centro dell’attenzione.
-Yagami, puoi tradurre questo testo che ho appena letto?- chiese la prof ad un ragazzo, interrompendo la loro discussione.
Lui annuì, e tradusse il testo correttamente. Taylor pensò fra sé che l’avrebbe saputo tradurre anche lei.
-Molto bene, Yagami- disse la prof con tono piatto.
La Lidner, donna bionda, seria e sempre composta, era nota per la sua estrema neutralità. Non dava mai accenno di preferire uno studente ad un altro, però amava particolarmente interrogare Light. Come biasimarla, quel ragazzo stava sui maroni a tutti, tranne ovviamente a quelle ragazze che lo veneravano come se fosse un dio.
In effetti, tra lui e Mihael era in corso una sorta di sfida a chi avesse più ammiratrici.
Una cosa disgustosa, oltre che infantile e del tutto irrispettosa nei confronti di tutte le donne, pensò Taylor.
Per il resto della lezione entrambe le ragazze rimasero attente, anche se la mora lo fece soltanto per il suo amore verso l’inglese.
Finita l’ora della Lidner, ci furono due ore piene di filosofia, dirette dal professor Maity, un uomo piuttosto affascinante, dai capelli neri come la pece e una camicia leggermente aperta, che sembrava aver riattivato l’attenzione in tutte le ragazze della classe.
Deborah ascoltò con maggior interesse, non tanto per la bellezza dell’uomo, a cui dava sicuramente meno di trentacinque anni, ma per la materia, che la stuzzicava parecchio. Taylor, invece, si distrasse inevitabilmente, cominciando a scarabocchiare il suo quaderno degli appunti.
Una volta suonata la campanella di fine lezioni, le due ragazze si diressero ai loro armadietti, dove posarono i loro quaderni e libri. Deborah lasciò soltanto qualche quaderno, per poi salutare frettolosamente Taylor.
-Grazie per oggi, ora devo correre a prendere il pullman, prima di fare casini!
-Ma figurati! A domani!- la salutò Taylor, chiudendo con un calcio il suo armadietto, per poi dirigersi verso l’aula di musica dove avrebbe dovuto passare le seguenti due ore a provare con la band.
Deborah si fece strada tra la massa di alunni, che stranamente andavano in senso opposto al suo. Riuscì ad arrivare all’entrata della scuola, uscendo in cortile. Il pullman sarebbe arrivato a breve e, se l’avesse perso, avrebbe dovuto aspettare un’altra ora prima che ne arrivasse un altro, per non parlare del casino che avrebbe fatto poi con i treni.
Ad un tratto, però, sentì qualcuno afferrarle il braccio.
-Dove pensi di andare?- disse una voce maschile, con tono amichevole.






















Angolo delle Autrici


Salve gente!
Qui Misch e Becks, come sempre. La prima giornata di scuola non è ancora finita, eppure ne stanno succedendo di tutti i colori!
Cosa pensate dei personaggi?
E chi sarà lo sconosciuto che ha fermato Deborah?
Via alle ipotesi! Fateci sapere se avete sospetti, ma anche consigli per migliorare la narrazione e la storia :)
Alla prossima!!


ShinigamiGirl
theperksofbeinglawliet

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Capitolo 3
*** Le confraternite ***




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Capitolo 3: Le confraternite





Deborah si voltò, per vedere chi fosse stato ad afferrarle il braccio.
I suoi occhi incontrarono un paio di iridi di un verde intenso, accompagnati da un sorriso aperto e un paio di googles sopra i capelli rossi.
La ragazza, però, era di fretta.
-Devo andare a casa, scusami, ma se perdo questo pullman non hai idea di che casini dovrò passare…
-Aspetta!- la richiamò il ragazzo -Perché tornare a casa se puoi unirti ad una confraternita e restare qui?
L’aveva presa decisamente alla sprovvista. Rimase a fissarlo sbigottita, come se avesse parlato in una strana lingua aliena.
-Confraternite? Non erano solo nelle scuole americane?
-Beh, la Wammy’s University è una delle scuole più prestigiose del paese, non ci facciamo mancare nulla- spiegò il rosso, con un sorrisetto ammiccante -Ma che idiota che sono! Non mi sono neanche presentato!- aggiunse, scuotendo la testa.
Deborah era ancora perplessa da quella buffa situazione, ma si riscosse quando il giovane le porse la mano.
-Mi chiamo Mail Jeevas, ma chiamami pure Matt- disse.
Fu quasi naturale per la ragazza sorridergli e stringergli la mano.
-Deborah Dreamer… Comunque non potrei fermarmi, in ogni caso… Non oggi. Ho qui solo questa- indicò la tracolla palesemente vuota, al cui interno vi erano solo un paio di libri.
In quel momento, sulla strada, i due ragazzi videro passare il pullman che Deborah avrebbe dovuto prendere. La ragazza strinse le labbra con disappunto, incrementando il suo odio per i mezzi pubblici e osservandolo proseguire per la strada senza fermarsi.
Il giovane si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
-Se vuoi, io e un mio amico possiamo darti un passaggio per accompagnarti a casa. Prendi le valige e torni qua. Che te ne pare?- propose, con un sorriso amichevole.
Lei sospirò. Non è che si fidasse moltissimo a farsi portare a casa da uno sconosciuto, ma l’alternativa era aspettare il pullman che sarebbe passato un paio d’ore dopo.
-Abito parecchio lontana- disse, quasi riflettendo tra sé.
-Lo so, per questo ti ho detto delle confraternite- rispose Matt, allegro.
-Come facevi a saperlo?- chiese lei, guardandolo piuttosto basita.
-Il pullman della stazione non lo prende nessuno, a parte te. Tutti quelli che lo usavano hanno deciso di rimanere per comodità di trasporto. Ho ipotizzato che anche tu avessi quel problema, già fin da stamattina, quando ti sei fatta la corsa per il cortile mentre suonava la prima campanella- spiegò il rosso, facendo spallucce.
-Oh, al diavolo. D’accordo, ti ringrazio. Ma scusa, tu sei l’amico di quel Mello?- borbottò, indicando il petto di Mail, quasi come se fosse una colpa da confessare.
Lui spostò il peso da una gamba all’altra.
-Sì- ammise, senza mostrarsi a disagio -ma non mi riferivo a lui, quando prima ho detto del mio amico, se è questo che volevi sapere. Quello a cui mi riferivo, era Matsuda, un tipo a posto, anche se un po’ tardo. E’ nella seconda classe, l’anno precedente non ha superato gli esami, ma siamo rimasti in buoni rapporti. Inoltre, a differenza di me, lui ha la patente, quindi direi che fa al caso nostro- la rassicurò.
-Capisco. Scusa se ti sono sembrata aggressiva, ma preferisco non avere a che fare con certa gente… In realtà tu mi sembri simpatico, ma lui non so…
Il rosso inclinò leggermente la testa di lato, come se non comprendesse il motivo per cui la ragazza non volesse avere a che fare col suo migliore amico. Poi abbassò lo sguardo, pensieroso.
-Sei nuova, non lo conosci ancora, anche se ammetto che, in effetti, nessuno lo conosce veramente. Tuttavia, anche se sembra, non tratta così le ragazze con cattiveria, ne sono abbastanza sicuro.
Deborah annuì, anche se dentro di sé era rimasta piuttosto scettica. Non volendo però parlare di cose spiacevoli, rimase in silenzio.
-Forse è meglio andare a chiamare Matsuda, prima che si faccia tardi!- esclamò Matt, cambiando discorso e tornando sorridente come prima -Vuoi venire con me o mi aspetti qua?
-Dai, vengo con te, non mi va di stare da sola a non far niente- disse, ricambiando il sorriso, e lo seguì nuovamente dentro l’istituto.
Mail fece strada verso l’aula di informatica al secondo piano, dove si era rifugiato il suo amico a nerdare come non mai. Gli si avvicinò da dietro silenziosamente, come aveva fatto prima con Deborah, e gli diede una pacca sulla spalla, facendolo quasi cadere dalla sedia per lo spavento.
-Ehi, Matsuda! Lei è Deborah. Deborah, lui è Matsuda, il mio amico di cui ti stavo parlando!- esclamò lui, tutto contento.
-Ah, tu sei quella nuova!- esclamò il ragazzo, alzandosi dalla sedia, trafelato.
Spense il videogioco online a cui stava partecipando, mentre Matt gli spiegava brevemente la situazione. Deborah, intanto, lo studiava con lo sguardo. La camicia bianca dell’uniforme cadeva sgualcita sui pantaloni grigi, aveva una carnagione rosea e capelli neri mediamente corti, quasi a scodella.
Per il resto, le era parso esattamente come Mail gliel’aveva descritto, un po’ sciocco ma amichevole, a giudicare da come annuiva vigorosamente ad ogni cosa che il rosso gli diceva.
-Ma certo! Nessun problema!- esclamò Matsuda, quando l’amico gli chiese del passaggio.
-Bene, allora possiamo andare!- annunciò felice Matt, sorridendo a Deborah.
I ragazzi scesero al piano terra, incontrando il bidello.
-Ciao Ryuk!- esclamò Matsuda, con la mano alzata.
-Salve, ragazzi… Che spasso l’inizio del nuovo anno- fece lui, con il ghigno inquietante con cui Deborah l’aveva visto la prima volta. Si chiese come facesse a sorridere così, costantemente.
Poco dopo, la ragazza si ritrovò a bordo di una macchina piuttosto vecchia, probabilmente usata, il cui motore faceva un rumore pazzesco. Il rosso, seduto al sedile del passeggero, ogni tanto si girava vero i sedili posteriori dov’era seduta lei, sorridendole rassicurante.
Si era comunque aspettata di peggio, invece l’oretta di viaggio passò tranquilla, i tre risero e scherzarono sui prof avuti in giornata, in seguito Matsuda raccontò delle lezioni che aveva seguito nella seconda classe, e di come Misora l’avesse messo in ridicolo cercando di fargli eseguire gli esercizi stretching. Matt si ammazzava dalle risate, mentre l’amico narrava della professoressa che, testarda, si era seduta sulla sua schiena mentre stava facendo le flessioni, urlandogli: “Matsuda, sei solo una checca! Fai lavorare quella braccia per niente mascoline!”.
Alla fine, anche Deborah si lasciò andare a grasse risate, anche se preferiva non intervenire troppo e lasciare che fossero i due ragazzi a conversare ed intrattenerla.
Arrivati in periferia, la fanciulla indicò la via di casa sua, e Matsuda parcheggiò proprio dinnanzi alla sua abitazione, che fece rimanere a bocca aperta entrambi i ragazzi da quanto fosse enorme.
La fanciulla decise di scendere da sola, dicendo ai due nuovi amici di non preoccuparsi e che sarebbe tornata il più presto possibile.
Tuttavia, sulla soglia di casa aveva già perso il suo sorriso.
Entrò cercando di non farsi sentire da nessuno, ma appena fu davanti alle scale che portavano al piano superiore, si sentì chiamare dal salotto.
-Deborah, sei in ritardo.
La ragazza si mise sulla porta del salotto, osservando i suoi genitori seduti sul divano. La madre aveva il solito sguardo basso, perso nel vuoto, coperto dagli stessi capelli che aveva la ragazza, mentre suo padre la fissava, in attesa di spiegazioni.
-Ho perso il pullman, padre. Ma ora toglierò il disturbo…
-In che senso?- chiese, minaccioso.
Lei deglutì, cercando di mostrarsi decisa.
-Il preside mi ha illustrato dei corsi secondari molto interessanti e utili alla mia formazione, e ho deciso di frequentarli, in quanto parte del pacchetto da voi già pagato. Tuttavia, per poterli frequentare, devo rimanere a scuola anche a dormire, presso i loro dormitori- mentì, con tono tranquillo e languido.
Ci aveva pensato per tutto il viaggio, e sperò che quella scusa bastasse.
Quando alzò lo sguardo, però, vide che sua madre la stava fissando, sconvolta.
-E perché avresti deciso tu, da sola?- domandò nuovamente il padre, corrugando la fronte.
-Padre, pensavo di farvi piacere sfruttando il dono che mi avete fatto iscrivendomi a questa università- disse con tono innocente, schifandosi di come lei stessa gli stesse leccando i piedi.
L’uomo, piuttosto in carne, si diede una pacca sulla gamba, scoppiando in una fragorosa risata.
-Ma certo! La mia bambina cresce, non è vero?- esclamò, con tono amichevole -Vai pure, piccola mia. Corri a preparare i tuoi vestiti, di certo dovrai pur avere dei ricambi! Lilias, hai visto come cresce la nostra creatura?
A quella domanda retorica, diede una lieve pacca alla moglie, che tremò al contatto, ma poi la donna sorrise dolcemente.
-Già… La mia Deborah…- disse, con voce flebile.
La ragazza si sentì morire. Come poteva abbandonare così sua madre, e lasciarla con quel… Non trovava nemmeno la parola adatta che potesse insultarlo come meritava.
Senza attendere altro, corse su per le scale, chiudendosi la porta alle spalle e buttando ogni vestito e cosa a cui tenesse nella valigia, senza badare a cosa fossero veramente. Aprì un’altra valigia, dove mise tutti i giornali che aveva conservato, il suo computer, tutto ciò che aveva di tecnologico in camera e i suoi risparmi.
Dall’armadio prese ogni vestito che c’era, lasciando lì soltanto gli abitini da sera. Glieli aveva regalati tutti suo padre, e non ce n’era uno che non fosse rosa, pieno di fronzoli e brillantini. Lei odiava il rosa.
Ad un certo punto, si rese conto che avendo messo tutti quei giornali nella valigia, non aveva più spazio per il materiale scolastico, che ficcò tutto di forza nella tracolla.
Cercava di muoversi, aveva paura che suo padre cambiasse idea, o peggio, temeva che sua madre comparisse sulla soglia della stanza, supplicandola di non andarsene.
Col cuore in gola, finì di fare le valige, e le trascinò giù dalle scale con foga, per poi andare verso la porta d’ingresso, quando improvvisamente, una mano le si posò sulla spalla, facendole perdere un battito.
Si voltò lentamente, cercando di stare calma, e vide suo padre, con un sigaro in bocca, che le sorrideva gentilmente. Ricambiò il sorriso, cercando di sembrare convincente, sperando che volesse solo salutarla.
-Sei una figlia così devota, sono felice che tu voglia soddisfarmi. Ecco, questa è per te- disse l’uomo, allungandole una busta bianca.
Non appena la ragazza la prese in mano, poté sentire che al suo interno vi era una mazzetta di denaro molto spessa.
-Oh, ma padre, non ne ho bisogno, davvero…- mormorò, cercando di restituirgliela, ma lui scosse la testa, dandole qualche pacca sulla spalla.
-Te lo meriti! Io sono il tuo paparino, devo occuparmi della mia piccola. Ci saranno tante feste, dovrai far colpo sul bravo ragazzo che ti interesserà, perché sono sicuro che farai strage di cuori! Ti serviranno.
-Grazie, padre…- disse, senza il coraggio di controbattere e sforzandosi di sorridere.
L’uomo le diede una carezza sul viso, prima di voltarsi e tornare in salotto.
-Lilias!- lo sentì urlare, mentre usciva di casa -Vai a preparare la cena!
Deborah percorse il vialetto trafelata, e arrivò davanti all’auto poco dopo, con aria più calma.
-Scusate, ci ho messo tantissimo!- continuava a ripetere, mentre cercava di far entrare le valige in auto.
-Lascia, ci penso io!- si offrì Matt, scendendo dall’auto -Certo che ne hai, di roba!
Deborah rise insieme a lui, imbarazzata.
Qualche minuto dopo erano nuovamente diretti verso l’università, sulla macchina malconcia di Matsuda. Il viaggio di ritorno fu piacevole come l’andata, e quando furono nuovamente a Winchester, Deborah seguì il percorso dalla scuola alle confraternite. Erano distanti solo un paio d’isolati dall’istituto, ed erano varie abitazioni, di cui alcune veramente imponenti.
Matsuda li scaricò sull’entrata della via delle confraternite femminili, dichiarando di dover andare a parcheggiare altrove. Matt, rimasto solo con la ragazza, ne approfittò per spiegarle delle attività sportive delle varie confraternite, oltre a com’erano strutturate.
-Questa è l’ala femminile del quartiere, e ogni confraternita possiede svariate abitazioni, contrassegnate sulle porte con i simboli di lettere greche. Io, ad esempio, faccio parte della confraternita Alpha, e risiedo nella casa numero quattro. Poi beh, dipende anche da quanti hanno aderito e sono stati accettati dalla confraternita, in effetti, l’Alpha è tra le più numerose- le stava dicendo, quando qualcuno lo interruppe.
-Deborah?- chiese una voce familiare.
Il ragazzo posò le valige che stava portando alla ragazza, voltandosi verso chi l’aveva chiamata.
-Ah! Allora è lui il primo…- stava per dire la ragazza dagli occhi blu, ma venne interrotta da Deborah, per evitare figure di merda.
-Taylor! Che piacere vederti!- esclamò infatti.
La mora si schiarì la voce, nascondendo una risatina, poi si rivolse a Mail.
-Grazie per averla aiutata, immagino che tu le abbia detto molto sulle confraternite. Da qui in poi, ci penso io!- annunciò, con un sorriso cordiale.
Lui annuì e se ne andò, non prima di averle gentilmente salutate portando due dita sulla fronte.
-Penso di fargli un po’ paura- ammise Taylor, una volta che si fu allontanato.
-Non troppo, dai. Però ora c’è un problema… Va bene, ci sono le confraternite, ma… Io dove mi metto?- chiese all’amica, prendendo la valigia più pesante e lasciando quella più leggera, se così si poteva definire, alla mora.
-Nella mia confraternita, ovviamente!- esclamò Taylor, con tono che non ammetteva repliche -Omega per tutta la vita, anche se avrei voluto chiamarla Alpha… Vieni, ti faremo dormire nella sede centrale!
-D’accordo!- esclamò, lieta di aver trovato subito una sistemazione -Chi è il capo confraternita degli Alpha?
-Quello stronzo saputello di Light Yagami. Morisse ammazzato dopo aver completamente perso la testa!- imprecò, sbuffando e sbottando come una pentola a vapore.
Arrivarono di fronte ad una casa di due piani, con il numero uno inciso sulla porta, di fianco al simbolo Omega.
-Eccoci arrivate!- esclamò, aprendo la porta della casa e precipitandosi ad aprire una delle stanza con un calcio, seguita a ruota da Deborah, che aveva dato un’occhiata veloce al salotto e alla cucina, ben curati ed eleganti, in uno stile moderno che rispecchiava a pieno la personalità di Taylor. Era tutto su toni neutri e freddi, cosa che Deborah, da amante del blu, apprezzò molto.
-Benvenuta in paradiso!- continuò Taylor, allargando le braccia e girando su sé stessa nella camera di grandi dimensioni, con tre letti -“Mi casa es tu casa”, o qualcosa del genere.
Deborah le sorrise, e le due ragazze posarono le due valige sul letto inutilizzato.
-Il terzo letto è di Nathalie, di sopra, nell’altra stanza, ci sono le altre tre ragazze della nostra classe- la informò Taylor, prima di buttarsi sul proprio letto e mettendosi le mani sotto il capo, osservando il soffitto azzurro cielo -Mi spiace di non averti detto delle confraternite, ho pensato che volessi passare il primo periodo a casa, ma in effetti non ho scusanti. Starai pensando che io sia una pessima rappresentante d’istituto, e hai ragione…
-In realtà, non mi è passato nemmeno nell’anticamera del cervello che tu sia pessima. Avrei sicuramente passato del tempo in più a casa, se… Insomma, se non avessi avuto così tanta strada da fare ogni giorno!- disse, correggendosi all’ultimo.
Non le sembrava il caso di parlarle di problemi familiari di cui, sicuramente, non si sarebbe interessata. Taylor si mise seduta a gambe incrociate sul letto, con uno sguardo improvvisamente sadico stampato in volto.
-Mi sono appena ricordata di una cosa- annunciò, senza smettere di ghignare.
Deborah le lanciò un’occhiata interrogativa.
-Vedi, non è così semplice entrare in una confraternita…- iniziò, ma fu interrotta da alcune ragazze che fecero irruzione nella camera da letto -…Oh, credo sia il momento delle presentazioni! Ragazze, lei è Deborah, e farà parte della nostra confraternita!
Le fanciulle erano piuttosto perplesse, ma sorrisero alla ragazza.
-Deborah, loro sono Stefany, Alice e Linda- concluse Taylor, con un sorrisone.
La giovane strinse loro la mano, imbarazzata, e rispose a varie domande su come si trovasse nell’università, quando la ragazza col maglione rosso e capelli lisci castani, ovvero Linda, si rivolse alla mora.
-Taylor, Nathalie ti cercava.
Parli del diavolo, ed ecco che la rossa spuntò dal corridoio, trafelata.
-Ti ho cercata ovunque!- sbottò.
-Potevi chiamarmi- le ricordò Taylor, ma l’amica la zittì.
-L ha indetto un’assemblea d’istituto!- la informò, ancora col fiatone.
-Cosa? Non può farlo senza il mio consenso!- urlò la rappresentante, diventando rossa di rabbia e precipitandosi all’ingresso della casa, per poi correre fuori sbattendo la porta con foga disumana.
-Prima o poi farà crollare la casa!- esclamò Alice, la ragazza dark, ridendo. Aveva un paio di codini corvini e una frangetta, un trucco pesante, sempre scuro, oltre ai classici vestiti neri e una strana collana a mo’ di collare borchiato.
-Nathalie, sai perché l’ha indetta?- chiese la ragazza con gli occhiali, Stefany.
Deborah ascoltava la conversazione, spaesata.
-Non ne ho idea, ma sapete com’è fatto L… E anche com’è fatta Taylor, quindi è meglio andare, visto che solo noi siamo in grado di arginare la sua rabbia omicida…- disse, senza riuscire a stare ferma dall’agitazione.
Nel frattempo, Taylor stava marciando verso la sala conferenze, dove si tenevano abitualmente le assemblee d’istituto. Appena arrivò, spalancò teatralmente la porta e andò dritta verso la cattedra principale, dov’era seduto quell’essere irritante con le sue profonde occhiaie che da poco erano state inserite nel Guinnes World Record.
-Tu!- urlò, indicando il ragazzo e ignorando gli altri presenti -Non puoi farlo!
-Buon pomeriggio, Taylor…- disse L, con tono soddisfatto -Vedo che hai ricevuto la notizia dell’assemblea… Spero che arrivino tutti, tra poco iniziamo…
Il ragazzo, seduto davanti al microfono incorporato, fece segno alla rappresentante di sedersi al suo fianco, ma quel gesto non fece altro che far imbestialire ancora di più Taylor.
-Senti, coso. Non sei solo tu il rappresentante, in questa scuola di merda!- andò avanti ad urlargli addosso la ragazza, furibonda -Questo significa che dobbiamo prendere le decisioni assieme. Assieme. Quindi ti sarei grata se ne discutessimo insieme, prima di indire un’assemblea, grazie.- concluse, avvelenando le parole cortesi di sarcasmo puro.
-Taylor…- le rispose, con calma snervante -La nuova recluta necessitava di un’assemblea… Inoltre, mi è giunta voce che qualcuno non le ha parlato delle confraternite… Perciò, ho pensato che sarebbe stato meglio fare quest’assemblea… Per schiarirle le idee… E aggiungerei che da ormai molto tempo dovevamo parlare della festa di inizio anno…
La ragazza iniziò a ribollire come una pentola a pressione sul punto di far saltare il coperchio, le mancava solo il fumo dalle orecchie.
-T… Tu, come osi criticare il mio lavoro? Tu, che stai lì a non far nulla tutto il giorno! Sappi che ne ho già parlato con Deborah, si è unita all’Omega e a breve sosterrà l’iniziazione- precisò, alzando un sopracciglio in segno di sfida -ma continui a cambiare argomento. Devi parlarne con me, se vuoi fare una fottuta assemblea!
-Non l’ho ritenuto necessario, in quanto credevo che, da persona ragionevole, saresti stata d’accordo con me… Ma va bene, la prossima volta avvertirò…- disse, lanciandole un’occhiata quasi dispiaciuta.
In quella frase, però, aveva sottolineato in maniera velata il fatto che, urlando così, Taylor non fosse per niente ragionevole.
-TuSei…- disse la ragazza in tono accusatorio, e non riuscendo più a trattenersi, si preparò a lanciarsi addosso alla sua preda, ma qualcuno le afferrò la spalla.
-Ferma lì!- esclamò Alice, con mezzo sorrisetto strafottente in volto.
Il gruppo era arrivato appena in tempo.
-Ah no, non mi fermerai da sola! Sono stufa del suo comportamento!- esclamò Taylor, fuori dai gangheri.
-Lascialo perdere!- intervenne Deborah, quasi esasperata. Troppe cose in una sola giornata -Se scleri così, lui otterrà quello che vuole, ovvero avere ragione.
La ragazza si beccò un’occhiata interessata da parte del moro, che confermò quanto appena detto. Taylor si scrollò la mano di Alice di dosso, infastidita, e si voltò verso Deborah. Successivamente, lanciò un’occhiataccia a L.
-Sì, hai ragione. E’ un vero pezzo di merda- disse, con un sospirone.
Sorrise alla ragazza e si scusò con Alice, che però la tranquillizzò con un sorriso amichevole, non era tipo da offendersi per una cosa simile. Nel frattempo, fiumi di studenti avevano popolato la sala, così Taylor raggiunse L nella sua postazione, senza degnarlo di uno sguardo, e inclinò il microfono verso di sé. Stefany trascinò Deborah a sedersi di fianco a lei e alle altre, in attesa dell’inizio del discorso.
-Sappi che ti ha salvato la nuova arrivata- borbottò la rappresentante al moro, prima di accendere il microfono che, fischiando terribilmente, attirò l’attenzione di tutti i presenti, che fecero un coro di proteste.
-Tacete, che sono di cattivo umore- minacciò Taylor -allora, prima di tutto vorrei che deste il caloroso benvenuto a Deborah, su, un bell’applauso! Bene, ora che l’abbiamo messa sufficientemente in imbarazzo, parliamo della tanto discussa festa di inizio anno…
Mandò un’occhiata di traverso al suo compagno. Le parole “festa di inizio anno” sembrarono animare la folla.
-Forse il mio caro collega saprà dirvi di più a proposito, visto che non vedeva l’ora di parlarne…- aggiunse, piegando il microfono verso di lui.
Aveva voluto l’assemblea? Che se la gestisse, allora.
-L’anno precedente abbiamo avuto spiacevoli sorprese…- iniziò -Tanto che il preside aveva pensato di eliminare questa festività…
Da parte del pubblico arrivarono urla di dissenso, e una reazione contraria generale parecchio sentita, che fu però zittita dallo sguardo severo di L, dopo qualche secondo.
-Tuttavia… Ha permesso una festicciola di moderate dimensioni… Solo tra le confraternite. Ergo, si svolgerà nella base degli Alpha, che non a caso, è il complesso ad avere la base centrale più grande… Così, i danni non coinvolgeranno la scuola.
I componenti dell’Alpha cacciarono urla cariche di giubilo.
Taylor stava ascoltando il discorso di L come se fosse una delle studentesse sedute in tribuna, infatti non sapeva nulla di quello che il moro stava dicendo. La ragazza maledisse il preside, che si era preso tanto a cuore il suo collega, senza curarsi di riferire anche a lei tali informazioni, e lanciò l’ennesima occhiataccia a L.
-Mi auguro che le preparazioni siano adeguate e senza gravi conseguenze… Avete domande…?- chiese, senza voler sapere davvero i dubbi di quell’ammasso di gente.
-Che genere di festa sarà?- chiese qualcuno.
-Ci sono gli alcolici?- domandò una voce familiare a Taylor.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, prima di rispondere.
-Ned, anche se ci fossero, tu faresti meglio a starne alla larga, vista la facilità con cui perdi la testa… Ah, no, aspetta, quella non ce l’hai mai- aggiunse, con un ghigno.
Ned era il classico bulletto della classe, con una grande mania di protagonismo. Aveva corti capelli rossi, occhi grigi e fisico atletico, infatti giocava nella squadra di basket della scuola, oltre ad essere un membro della confraternita Alpha.
-Musica, dj, analcolici… Il solito… Watari e Roger hanno accettato soltanto la birra…- rispose L, ignorando il battibecco.
-Sì, come no- borbottò Taylor al rappresentante, alzando un sopracciglio -come se questa gentaglia tenesse conto di ciò che dicono i vecchi.
-Hanno assunto un paio di uomini che controlleranno la casa… Oltre a coloro che andranno alla festa…
Non tutti sarebbero andati alla festa, ovviamente, ma la maggior parte della scolaresca si. Il preside si era perciò fornito di vari uomini, che avrebbero controllato che tutto fosse regolare.
-Wow, le vie di Watari sono infinite- constatò la mora, sarcastica.
-Volevano solo dare un’opportunità agli studenti… In ogni caso… Non penso sia una buona idea dire certe cose… I muri hanno le orecchie…- disse L, lanciando un’occhiata all’ingresso, dove il vicepreside Roger, soprannominato dagli studenti “il vecchiaccio”, ascoltava l’assemblea come tutti, e guardava Taylor indispettito. Si sapeva che prendeva tutto sul personale.
La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Suvvia, l’ho detto per ridere- disse, con tono volutamente più alto, per poi bisbigliare ad L -Ma le assemblee non erano private?
Lui scosse lentamente la testa, rispondendole in un sussurro.
-Solo quelle di classe… Dovresti saperlo…- poi si rivolse alla platea -Vorrei comunicarvi… Che quest’anno ci sarà anche il ballo di Halloween, oltre a quello di Natale e di Primavera… Una novità.
Alla notizia il pubblico si agitò, mostrando il suo consenso con gridolini e applausi. Dopo un po’, Taylor richiamò l’ordine, per permettere a L di continuare a parlare.
-L’ultima comunicazione, riguarda i corsi extrascolastici… Saranno appese le liste di iscrizione già da domani… Se i partecipanti all’attività sono meno di cinque, il corso non partirà… La data della festa di inizio anno è fissata a questo sabato… Grazie dell’ascolto.
-Molto bene! Ora alzate le chiappe e muovetele in direzione delle vostre confraternite! Altrimenti passeremo alle maniere forti- continuò Taylor, con tono sbrigativo.
Stava giusto per andarsene anche lei, ma prima attese le sue amiche.
-Ragazze, dritte alla Omega. Dobbiamo parlare- annunciò la mora, alzando l’indice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo delle Autrici in ritardo, lol.
 
Salve gente!
Speriamo che per voi sia stato un periodo migliore, qua, tra prime verifiche di secondo quadrimestre, viaggi a Barcellona (vero, Becks??? Purtroppo ci è andata solo lei.) e momenti di depressione ancora non ben identificata, sono riuscita a sistemare il testo e pubblicare dopo essere stata al Cartoomics nelle vesti di Lust.
Speriamo entrambe che l’idea delle confraternite vi piaccia!
E cosa pensate dell’apparizione di L?
Fateci sapere, siamo curiosissime!
Grazie a tutti coloro che recensiscono e ci seguono (scusate se non rispondiamo subito, d’ora in poi lo faremo regolarmente.)
Un bacione!
 
ShinigamiGirl
theperksofbeinglawliet

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