Ragazzo di strada

di Lady Five
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Questa breve fic prende spunto in particolare dal cap. 21 del romanzo “I ragazzi di Jo”, e ha per protagonista un personaggio a me molto caro, prigioniero di un amore struggente e impossibile, a cui ho voluto regalare un po' di felicità. I capitoli saranno via via più lunghi, anche per rappresentare un sentimento che diventa sempre più chiaro e travolgente.

 

p.o.v. Dan

Io sono Dan.
Il ragazzo di strada.
La pecora nera.
Il cattivo soggetto.
Quello che tutti temevano, qualcuno ammirava, ma pochi, pochissimi, amavano.
È stata dura, per me, la vita. Avete idea di che cosa significhi ritrovarsi, appena affacciato sulla soglia del mondo, senza una famiglia, una casa, un sostegno?
L'unico posto dove ho avuto queste cose è stato Plumfield. Ma forse ormai era troppo tardi. La fiducia e l'affetto della signora Jo, di suo marito e dei loro figli, probabilmente mi hanno salvato dall'abisso. Ma non dalla mia natura selvaggia e randagia. Appena ho potuto, sono partito di nuovo per il mondo, alla ricerca del mio posto, del mio significato. Ma non li ho mai trovati. Non ho mai desiderato mettere radici da nessuna parte. Nessuna catena, per quanto dolce, riusciva a trattenermi. Ho sempre avuto l'istinto di scappare. Ogni tanto tornavo alla mia unica casa. Ma dopo un po' dovevo fuggire di nuovo anche da lì.
Fino a quella volta...

 

p.o.v. Bess

Io sono Bess.
L'angelo biondo.
La principessa.
L'artista.
Quella che tutti adoravano, ma da lontano, come una delicata statuina di porcellana.
È stata un sentiero coperto di fiori, per me, la vita. Una grande e meravigliosa famiglia. Una bella casa. Tanti amici. Le migliori scuole. Viaggi appassionanti. Nessun problema al mondo.
Non mi ero mai resa conto di stare sotto una campana di vetro.
Che la vita, quella vera, era tutta un'altra cosa.
Fino a quella volta....

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Capitolo 2
*** 2 ***


p.o.v. Dan

Bess aveva tutto quello che mancava a me.
Non soltanto le cose materiali, di cui non mi è mai importato molto.
Non soltanto la sua bontà d'animo, la sua intelligenza, la sua cultura, la sua sensibilità...
Lei aveva la serenità. La sicurezza del suo posto nel mondo. La certezza che sarebbe andato tutto bene. E come poteva essere diversamente?
Lei era la luce.
Io le tenebre.
Lei era lo zefiro.
Io la tempesta.
Lei un fiore delicato.
Io un cespuglio di spine.
Non c'era nessuno più lontano di noi.
Eppure...

 

p.o.v. Bess

Dan era tutto quello che io non ero.
Era forte. Coraggioso. Ardente. Ribelle. Assetato. Di vita, di avventura, di passioni, di libertà. Era un affascinante animale selvaggio, che tu avevi soltanto l'illusione di aver addomesticato. Quando meno te lo aspettavi, scappava di nuovo. Non era fatto per vivere tra quattro mura, tra le persone normali.
E io? Io ero timida. Il mondo mi attirava, ma insieme un po' mi spaventava. Mi rifugiavo nell'arte, per proteggermi dal reale. Vivevo le rassicuranti relazioni familiari, senza mai desiderare altro. Per non scottarmi. Per non soffrire.
Ma Dan mi apriva inaspettate finestre su altri mondi. Vedere le cose attraverso i suoi occhi di brace era inebriante. Sentirgli raccontare le sue esperienze era un dolce veleno. La sua voce calda e profonda mi incantava. Non mi sarei mai stancata di ascoltarlo.
Non c'era nessuno più lontano di noi.
Eppure...

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Capitolo 3
*** 3 ***


p.o.v. Dan

Non so come sia potuto accadere.
La ammiravo, come tutti. La sua sola presenza, da sempre, spingeva tutti noi ragazzi, anche i più scalmanati, a comportarsi meglio. Ma niente di più.
Quando l'avevo vista l'ultima volta, era poco più di una bambina.
Quando sono tornato, dopo quasi due anni di vagabondaggi, stava sbocciando in tutta la sua innocente e naturale femminilità.
Una pietra preziosa, che riverberava la sua luce purissima su tutto ciò che la circondava.
Mi ascoltava, in muta adorazione, raccontare dei miei viaggi, di quelle che ai suoi occhi ingenui apparivano avventure irresistibili. Mi trattava come una specie di eroe.
Io un po' ne sorridevo. E un po' ne ero stranamente lusingato.
Ma poi sono partito di nuovo.


p.o.v. Bess

Non so come sia potuto accadere.Quando ero piccola, avevo un po' paura di lui. Aveva una cattiva fama, e, anche se la zia Jo gli era chiaramente affezionata e credeva in lui, io e le altre bambine non sapevamo mai come comportarci nei suoi riguardi. Con noi era sempre gentile, in realtà, di una gentilezza un po' ruvida e impacciata, ma ci intimidiva.
Poi era stato via, per tanto tempo (almeno, a me sembrò tanto). E, quando era tornato, era come se lo avessi incontrato per la prima volta. Era cambiato. Non era più il ragazzo di strada. Era un uomo sicuro di sé, temprato dalla vita. O forse ero io a essere cambiata, e vedevo cose che prima non coglievo, o non capivo. Per esempio, non mi ero mai accorta di quanto fosse bello, così alto, forte, abbronzato.
Lui parlava, e mi sembrava che si rivolgesse solo a me. Attraverso la sua voce sentivo il vento soffiare nelle sterminate praterie dell'Ovest, vedevo gli immensi cieli stellati che vegliavano il suo sonno. Le sue notti solitarie. Per la prima volta, desideravo lasciare il mio nido protetto e partire alla scoperta del mondo. Con lui.
Ma lui ripartì ancora una volta. Da solo.
E a me non restò altro che aspettare.

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Capitolo 4
*** 4 ***


p.o.v. Dan

Non pensavo se ne sarebbero accorti.
Dopo quel fattaccio e i mesi trascorsi in prigione, credevo di aver imparato bene a dissimulare i miei pensieri, a mascherare i miei reali sentimenti. Ma adesso che lei era lì, davanti a me, era tutto così difficile da controllare... Quella strana tenerezza, quel desiderio mai sazio di guardarla, di ascoltare la sua voce, la sua risata limpida, l'impulso di sfiorarle una mano, una guancia...
Finché era soltanto un dolce ricordo, un pensiero consolante che rischiarava le mie ore più squallide, un balsamo per la mia disperazione... era semplice.
Senza conseguenze.
Senza implicazioni.
Ma ora, tutto questo aveva un nome. Un nome meraviglioso e terribile.
Per me, una condanna. Una struggente ebbrezza unita alla consapevolezza dell'impossibile.
Io non ero degno di lei. Lo sapevo.
Lei era una bambina innocente. E io un poco di buono. Uno sbandato. E ora anche un assassino. Non mi avrebbero mai permesso di avvicinarmi a lei. Ma io stesso non avrei mai osato farlo, se non con l'immaginazione.
Quando la signora Jo ebbe prima il sospetto, poi le prove, per me fu quasi un sollievo. Ma sentire confermare da lei che il mio era un amore folle e senza futuro, mi fece male come un coltellata al cuore. Anche se aveva ragione. Anche se io ero già pronto ad accettarlo, e a pagarne il prezzo. Per il resto della mia vita.
Me ne sarei andato.
Ma questa volta per non tornare mai più.


p.o.v. Bess

Credevano che non mi fossi accorta di nulla.
Pensavano che non capissi, che non vedessi nemmeno gli sguardi ardenti che mi lanciava quando fingevo di essere immersa nella lettura, o impegnata a modellare la creta. Sicuramente anche lui lo pensava.
Forse non sapevo interpretarli, ma di certo mi accendevano qualcosa dentro, una fiamma che mi incendiava l'anima e che non avevo mai conosciuto prima. Che nessuna delle opere d'arte che tanto amavo aveva mai suscitato. Ero consapevole per istinto che non avrei potuto parlarne con nessuno. Che non mi avrebbero mai permesso di avvicinarmi troppo a lui.
Io ero la Principessa. Lui il Brigante. Impossibile qualsiasi legame, che non fosse di semplice, distaccata amicizia.
Un pomeriggio la zia Jo mi rimandò a casa con una scusa. Ma io non le obbedii. Rimasi nascosta nella stanza accanto e sentii tutto. La sua disperata ammissione, la sua dolorosa rassegnazione. La sua condanna, pronunciata da mia zia con voce spezzata, ma inappellabile. Allora capii tutto. Capii che cosa lui avrebbe voluto da me. E quello che io volevo da lui. Quello di cui entrambi avevamo bisogno. Diedi finalmente un nome a quella fiamma.
Un nome proibito, per noi. Eppure ineluttabile. Amore.
Poi gli eventi precipitarono. Il giorno dopo i miei genitori mi comunicarono che saremmo partiti per un viaggio. Non ebbi la forza di oppormi. Che cosa avrei potuto dire? Ero soltanto una ragazzina.
Andai a salutare Dan con il cuore a pezzi. Lui rischiò di tradirsi, quando mi prese la testa tra le mani e la coprì di baci. Io avrei voluto abbracciarlo, chiedergli di portarmi via con lui... ma non potei farlo. Capii che avrei potuto non vederlo mai più. Giurai a me stessa che avrei fatto di tutto per impedirlo. Che non avrei permesso a niente e a nessuno di separarci.

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Capitolo 5
*** 5 ***


p.ov. Dan

Non sono più tornato a Plumfield.
L'avevo promesso alla signora Jo. Scrivevo ogni tanto per raccontarle la mia nuova vita, accanto agli Indiani, in terre libere e selvagge, dove tutto era più semplice, immediato. Lì avevo trovato finalmente la mia dimensione. Potrei dire che ero quasi felice.
Ma mentirei se dicessi che l'avevo dimenticata.
Lei era sempre con me. Quando cavalcavo nella prateria con il vento nei capelli. Quando dormivo accanto al fuoco, con il cielo come coperta. Tutto mi parlava di lei. Non potevo farci niente. A volte mi mancava così tanto che mi si spezzava il respiro. Avrei voluto almeno scriverle. Ma avevo giurato che non avrei turbato la sua serenità.
Sì, non sono più tornato a Plumfield. Ma, dopo un paio d'anni, cominciai ogni tanto a fermarmi in città. Lo sapeva soltanto Ted, l'altra persona della mia vita precedente a cui ero più affezionato. Lui mi aggiornava sulle novità, arrivi, partenze, lauree, matrimoni...
E sì, mi parlava anche di lei, così, di sfuggita. Ted non sapeva nulla e non doveva sapere nulla.
Scoprii così che la piccola Bess frequentava dei corsi di arte in una città vicina, dove viveva con una lontana parente di suo padre. Il cuore mi fece un balzo nel petto.
È vero, avevo promesso.
Ma il desiderio di rivederla, anche solo da lontano, anche solo per un momento, cominciò a insinuarsi nella mia mente. Dolce e insidioso.


p.o.v. Bess

Quanto tempo era passato! Tanto, troppo. Dio, quanto mi era mancato! Lo studio, l'arte, i viaggi, e la mia nuova vita in città, dove per la prima volta da quando ero nata godevo di una certa libertà... niente e nessuno mi avevano distolto dal pensiero di lui.
Avevo soltanto notizie indirette, da mia zia o da Ted... viveva come aveva sempre desiderato, libero e selvaggio, come la sua anima. Aveva dei nuovi amici, gli Indiani, spiriti indomiti come lui. Una volta avevo sentito dire da qualcuno che anche Dan aveva sangue indiano nelle vene, ma non so se sia vero. Forse sì. Forse quella sua insofferenza alle regole, quella sua irrequietezza, quella sua fame di spazi aperti, ce li aveva dentro da sempre. 
Sembrava felice... mi aveva già dimenticato? Ma certo, perché no? Io ero solamente una ragazzina, un sogno proibito, per di più... E perché mai uno come lui avrebbe dovuto rassegnarsi a consumare tutta la sua vita in solitudine?
Eppure mi mancava... mi mancava così tanto che a volte mi si spezzava il respiro.
E il respiro mi si spezzò davvero, quella volta che, uscita da lezione, lo scorsi, in lontananza, mezzo nascosto dietro un albero del parco... Avrei anche potuto non notarlo, ma qualcosa dentro di me guidò il mio sguardo in quella direzione. Come se avessi avvertito la sua presenza ancora prima di vederlo.
Il cuore mi schizzò in gola per la felicità. Allora non si era dimenticato di me! E come aveva fatto a trovarmi? Corsi verso di lui, chiamandolo. Lui parve sorpreso. Ebbi l'impressione che in realtà non volesse essere visto. Ma non mi importava. Gli buttai le braccia al collo piangendo.

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Capitolo 6
*** 6 ***


p.o.v. Dan

Alla fine non avevo potuto resistere. Dovevo rivederla, almeno una volta. Un'ultima volta. Sarei stato attento, non mi sarei fatto scoprire.
Ma, non so come, non ci riuscii. La aspettai per ore. Quando la vidi uscire, rimasi senza fiato.
Era ancora più bella di come la ricordassi. E non era più una ragazzina, era quasi una donna, ormai.
I nostri sguardi si incrociarono, come se si fossero chiamati dagli abissi del tempo, come se non aspettassero altro. Avevo infranto la promessa, e me ne dispiacevo, ma ormai non potevo più tirarmi indietro. Con mia immensa sorpresa, lei venne verso di me correndo. Mi chiamava. Era proprio il mio nome che usciva da quella bocca di corallo. Mi gettò le braccia al collo, piangendo.
Io ero incredulo... non stava succedendo davvero... era un sogno, uno dei tanti che popolavano le mie notti solitarie... Sopraffatto dall'emozione, e da una felicità che non avevo mai provato, la strinsi tra le braccia, affondai il viso nella nuvola dei suoi capelli.
So che non avrei dovuto farlo.
Non era cambiato niente. Io ero sempre il ragazzo di strada, il poco di buono, il vagabondo. Lei la principessa, l'angelo biondo, il giglio. Se qualcuno ci avesse visto... Dovevo essere forte, anche per lei. Dovevo proteggerla. Da me stesso. Assaporai per pochi istanti quella dolcezza sconosciuta, che mi stava ottenebrando la mente, poi la allontanai delicatamente da me. Le proposi di fare una passeggiata. Solo quattro chiacchiere tra vecchi amici, mi dissi. Lei parve delusa, ma acconsentì. In effetti parlammo, parlammo tanto. Lei mi regalò i suoi sorrisi, gli sguardi intensi dei suoi occhi cristallini, le sue risate spensierate...
Come speravo di poter vivere senza tutto questo, d'ora in poi?


p.o.v. Bess

Essere stretta dalle sue braccia mi diede quasi le vertigini. Avevo paura che mi giudicasse una sciocca ragazzina sentimentale. Ma non era così, ne ero certa. Sentivo il suo respiro tra i miei capelli. Percepivo i muscoli tesi del suo torace. Non avevo mai toccato un uomo in quel modo. Sensazioni ignote, con il vago sapore del proibito. Ma io sarei rimasta così per sempre, se lui me l'avesse permesso. L'avrei seguito ovunque, se lui me l'avesse chiesto.
Ma Dan riprese subito il controllo. Mi allontanò da sé, risvegliandomi da quella specie di stato ipnotico. Mi propose di accompagnarmi dove volessi. Avevamo così tante cose da dirci! Mi resi conto in modo confuso che parlare non era esattamente ciò che avevo in mente, ma non obiettai. Così parlammo, parlammo tanto. Non era cambiato. Anzi, no, era ancora più bello, così forte e abbronzato. Il suo sguardo però era sempre così pieno di fuoco, eppure malinconico, il suo sorriso così irresistibile, la sua voce così calda e vibrante... Non riuscivo a pensare che tra poco se ne sarebbe andato di nuovo, lontano da me, e chissà quando e se l'avrei rivisto... Dovevo fare qualcosa. Sapevo che non avrei potuto impedirgli di ripartire, lui era fatto così, nessuna catena poteva tenerlo legato.

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Capitolo 7
*** 7 ***


 

p.o.v Dan

Non riuscii a credere ai miei occhi, quando aprii la porta della mia misera stanza d'albergo e me la trovai davanti. Aveva un foulard che le nascondeva i capelli e un lungo soprabito scuro. Mi chiese se poteva entrare e io, incapace di reagire, mi scostai per lasciarla passare e richiusi subito l'uscio. Doveva essere impazzita. Se qualcuno l'avesse vista… Non volli nemmeno indagare su come avesse convinto il portiere a lasciarla salire. Si tolse il foulard, liberando i riccioli ribelli che amavo tanto, e si sbarazzò anche del soprabito. Le chiesi perché fosse venuta fin lì, se avesse bisogno di qualcosa... Lei mi guardava in un modo che non avevo osato immaginare nemmeno nei miei sogni più arditi.
Sto equivocando, pensai. O forse sto sognando...
Ma poi ogni dubbio si dissolse quando lei si avvicinò e mi pose le mani sul petto, alzando il viso e le labbra frementi verso di me. Avrei dovuto mandarla via. Ma non ci riuscii. Potei soltanto a continuare a fissare i suoi occhi blu e la sua bocca innocente che mi si offriva.
Un bacio, pensai. Soltanto un bacio. Un ricordo, un'emozione, un frammento prezioso da portare via con me, da custodire per sempre, che riscaldasse il mio cuore condannato alla solitudine.
Così lo feci. Presi il suo viso tra le mani. Sembrava così piccolo e bianco tra le mie dita forti e abbronzate... Posai le mie labbra sulle sue... piano, dolcemente... non volevo spaventarla... lei non era come le altre.
Fu come cogliere un fiore selvatico, dal profumo così intenso da stordire. Fu come dissetarsi a una fonte dopo aver attraversato il deserto. Fu come nutrirsi di miele dopo una caccia selvaggia.
Quel miele si tramutò in un irresistibile veleno. E mi fece perdere la ragione.


p.o.v. Bess

Di nascosto, stando ben attenta a non farmi vedere, quel giorno l'avevo seguito. Così avevo scoperto dove alloggiava. Ci tornai il mattino dopo, abbastanza presto, per essere quasi sicura che non fosse già uscito. Mi ero coperta i capelli e gli abiti, per non essere riconosciuta. Dissi all'untuoso portiere che ero la sorella del signor Dan Kean. Non penso proprio che mi abbia creduto, ma, dopo che gli ebbi allungato un paio di banconote, mi disse il numero della stanza e mi lasciò salire, sorridendo in modo allusivo. Ma che mi importava di lui?
Lui rimase senza parole quando mi vide. Credo si fosse alzato da poco, indossava solamente una camicia mezza slacciata e dei pantaloni. Dovetti chiedergli di entrare. Mi domandò se fosse successo qualcosa... ma poi capì.
Capì quanto lo volessi, quanto avessi bisogno delle sue braccia, delle sue labbra, del calore del suo corpo. Desideri a me sconosciuti fino a quel momento, ma ora chiari e potenti, a cui non avevo nessuna intenzione di oppormi. Compresi subito che lui provava esattamente ciò che provavo io. Iniziò a baciarmi dapprima in modo timido e delicato, poi sempre più esigente e disperato, mentre le sue mani scivolavano dal mio viso al collo, alle spalle, ai fianchi...
Si bloccò di colpo e mi fissò sgomento. Non possiamo... sussurrò. Ma io scossi la testa e ripresi a baciarlo, accarezzandolo a mia volta, insinuando una mano nella sua camicia aperta, cercando il contatto con la sua pelle nuda, compiendo gesti che solo fino a poche ore prima mi avrebbero fatto arrossire.
Decidemmo di perdere la ragione. Lì, in quella stanza d'albergo di periferia, diventata per noi il nostro precario angolo di paradiso. Perché non avremmo mai avuto un altro modo per amarci, per appartenerci.

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


p.o.v. Dan

Quando le pallottole mi dilaniarono le carni, il mio pensiero volò da lei. Il mio angelo caduto. L'unico amore della mia vita disgraziata. Mentre i miei amici mi soccorrevano e mi portavano al riparo dalla cieca furia della battaglia, io la vedevo, come se fosse accanto a me. Sentivo il suo profumo. Percepivo la sua mano fresca sulla mia fronte bagnata di sudore ghiacciato.
Sapevo che non l'avrei più vista. E forse per lei era meglio così.
Aveva dato sollievo per un poco alla mia sete d'amore, pace, felicità... Aveva voluto essere mia, ma non poteva esserlo per sempre.
Era giusto che lei tornasse libera.
E anche io.


p.o.v. Bess

La notizia arrivò a Plumfield troppo tempo dopo e lasciò tutti sgomenti e addolorati, ma io dovetti scappare lontano per sfogare la mia disperazione.
Mi resi conto che io, quel tragico giorno, ignara di tutto, avevo sentito la sua voce, così nitida e chiara che mi ero alzata di scatto e mi ero precipitata ad aprire la porta. Ma credetti, delusa, di essermela solo immaginata...


Lui non c'è più. Ora è libero davvero.
Forse la sua anima irrequieta ha trovato finalmente la pace. Forse la sua domanda di pienezza è stata esaudita. Ma non tornerà più da me. Non sentirò più la sua voce calda, non mi perderò più nei suoi occhi profondi come la notte.
Nessuno lo sa. Nessuno lo saprà mai. Ma porterò per sempre sulla pelle il marchio dei suoi baci ardenti, il ricordo delle sue carezze gentili.
Ignoro che cosa mi riservi il futuro. Se un giorno saprò amare qualcun altro, se mi sposerò, se avrò una famiglia... So però che la parte più vera di me gli apparterrà fino al mio ultimo respiro.

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