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Lista capitoli: Capitolo 1: *** ¥ 1. quel dì in cui tutto iniziò *** Capitolo 2: *** ¥ 2. riunioni strategiche *** Capitolo 3: *** ¥ 3. trasformazioni ***
Capitolo 1 *** ¥ 1. quel dì in cui tutto iniziò ***
Era tutto cominciato quando era arrivata la notizia che il palazzo
dell’orfanotrofio sarebbe stato venduto
¥sakuryaku¥
ovvero: infinocchia l’ereditiere e
prenditi tutti i soldi
¥ 1. quel dì in cui tutto iniziò
Era tutto cominciato quando era arrivata la notizia che il palazzo
dell’orfanotrofio sarebbe stato venduto.
Un colpo di testa, l’aveva
considerato Hiroto, di certo il proprietario dello
stabile era scivolato sulla saponetta in bagno ed era finito gambe all’aria e
aveva deciso la cosa nel mezzo della confusione.
Nell’orfanotrofio vivevano
ventitrè ragazzini dai sei agli undici anni, e non poteva permettersi che
l’edificio fosse venduto a qualcuno che ne avrebbe di
sicuro fatto un condominio. O peggio ancora un centro
commerciale.
Quindi era andato a parlare con il proprietario del
palazzo, sicuro di poterlo convincere a desistere. Non aveva avuto successo.
Non pagavano da almeno sei mesi l’affitto, e il proprietario si era stancato di
star loro appresso. Così aveva deciso di vendere, e loro non avrebbero
potuto fare assolutamente niente.
-A meno che non troviamo i soldi necessari per comprare noi l’edificio.- la
voce di Hiroto era seria coma mai lo era stata.
Reina, che si occupava
dell’orfanotrofio assieme a lui, si scostò una ciocca di capelli azzurri dietro
l’orecchio, nervosa –Quanti soldi sono?- domandò,
mordicchiandosi il labbro. Hiroto non l’aveva mai
vista così tesa. Di solito sapeva mantenere la calma in ogni situazione, ed era
su di lei che faceva affidamento nei momenti più difficili. Ma
la prospettiva di dover negare una casa ai bambini di cui si occupavano aveva
mandato nel panico anche lei.
La cifra che riportò,
rispondendo alla sua domanda, le fece sgranare gli occhi chiari. La vide
cercare di darsi un contegno, e gonfiare il petto –Sono
tantissimi soldi.- replicò, ed il suo tono uscì strozzato.
-Ne sono consapevole.- con tono grave, Hiroto
cominciò a camminare per la stanza di quello che era il loro ufficio, a passi
lenti e misurati –Ma dobbiamo trovare una soluzione. Capisci che non ci è possibile lasciar vendere questo posto.- socchiuse gli
occhi verdi, e si sistemò gli occhiali sul naso. Si voltò a guardarla –…
Abbiamo tre mesi.-
-Ma come pensi di trovare
tutto quel denaro?- anche Reina si alzò in piedi, incapace
di rimanersene seduta –Noi due non possiamo racimolarne così tanto in così poco
tempo. Nemmeno chiedendo l’aiuto di Maki e gli altri ne avremmo a sufficienza.- incrociò le braccia al petto e
prese un lungo respiro.
Cadde il silenzio.
Hiroto non sapeva cosa rispondere di più. Era consapevole
del poco tempo, era consapevole del fatto che fosse
un’impresa impossibile. Ma in quell’orfanotrofio ci era
cresciuto lui stesso, ci era cresciuta Reina, continuavano a crescervi bambini
a cui lui non voleva negare nulla, specialmente una casa e un posto in cui
vivere come una famiglia.
-… Se
vendono il Sun Garden, noi dove andremo?- fu una terza voce ad intervenire. Seduto dietro la scrivania di Hiroto,
il viso abbandonato sul legno del tavolo e gli occhi persi a fissare un punto
non meglio precisato della stanza, se ne stava un ragazzo sui diciannove anni,
i capelli azzurri lasciati cadere in disordine sulle spalle. Spostò uno sguardo
ambrato sui due adulti presenti nella stanza, lasciandolo vagare poi sulla poca
mobilia e sul pavimento in moquette rossa, incapace di guardarli per più di
qualche secondo.
Reina sussultò
–Masaki…- lo chiamò. Si picchiettò l’unghia
dell’indice sui denti, ancora più nervosa di prima,
mentre Hiroto rimaneva ostinatamente in silenzio. Non
voleva pensare alle conseguenze di una probabile vendita, perché davvero non
aveva idea di cosa sarebbe potuto succedere.
Masaki era l’unico ragazzo dell’orfanotrofio ad avere più
di undici anni. Si era sempre rifiutato di andarsene,
principalmente, anche quando qualche giovane coppia aveva mostrato interesse
verso di lui, ed era sempre rimasto con Hiroto e
Reina. Ora che aveva quasi vent’anni, li aiutava con
i bambini più piccoli, e si impegnava quanto poteva
per dare sempre una mano dove ce ne fosse bisogno.
Il suo sguardo affranto
fece ribaltare lo stomaco di Hiroto.
-Non lo venderanno.- si risolse, guardandolo, e si ravviò i capelli rossi,
stringendo i pugni. Si avvicinò alla scrivania e contemplò Masaki
dall’alto, rivolgendogli un sorriso determinato –Ti prometto che farò tutto
quello che posso affinché questo posto rimanga
nostro.-
Quello gli lanciò un altro
sguardo, mordicchiandosi il labbro, poco convinto. Non che non si fidasse di Hiroto, ma la cifra di
soldi da racimolare era davvero spropositata, e proprio non riusciva a trovare
un modo con cui avrebbe potuto riuscire nell’impresa. Sgranò gli occhi quando il più grande gli porse il mignolo, allargando
il sorriso –Te lo prometto.- gli disse il rosso, e Masaki,
borbottando qualcosa su quanto fosse imbarazzante il suo comportamento, vi strinse
il proprio –Non sono più un bambino.- biascicò, per poi lanciargli un calcio da
sotto la scrivania, facendolo gemere di dolore. Reina, dietro di loro, si
concesse un piccolo sorriso –Ma ti giuro che se non
mantieni la promessa sarà la tua fine.-
Era il quinto gratta e vinci che Hiroto lanciava
con stizza nel cestino.
-Quei soldi potresti
risparmiarli, invece che sprecarli così.- sbuffò un
uomo di fianco a lui. Portava i capelli verde chiaro legati
in una crocchia ordinata dietro la testa, e vestiva di una semplice camicia e
un paio di jeans. Hiroto sospirò affranto, e poggiò
la guancia al bancone del bar in cui si trovavano –Hai
ragione. Ma non ho proprio idea di cosa altro fare.-
replicò.
Era già passata una
settimana da quando aveva promesso a Masaki (e a tutti i bambini del Sun Garden) che avrebbe
trovato una soluzione al loro problema, ma purtroppo non era venuto a capo di
niente. Aveva tentato a cercare un altro lavoro, ma in
tre mesi era categoricamente impossibile guadagnare così tanti soldi; aveva
chiesto un prestito, che gli era stato negato a fronte dei ritardi con cui
aveva pagato quelli che aveva ottenuto in precedenza. Persino con l’aiuto di
tutte le persone che davano una mano al Sun Garden
(tutte persone che vi avevano vissuto, principalmente), non avevano racimolato
che qualche milione di yen.
Midorikawa era una di quelle persone, ed ora se ne stava al
suo fianco a sospirare, una vena di irritazione nella
voce –Non vincerai mai tentando la fortuna. Oppure
potresti, ma non credo sia saggio utilizzare quel poco denaro che abbiamo per
questa roba.- lo riprese, e con occhio critico guardò il cestino vuoto se non
per le schede che l’amico aveva buttato.
-Come si guadagnano trecento milioni di yen in tre mesi?- domandò,
sempre più scoraggiato, il solo nominare quella cifra spropositata gli metteva
i brividi.
-Non lo so,
Hiroto, non lo so.- sospirò il suo amico,
sedendosi di fianco a lui.
Il bar era pieno di gente
che vociava e chiacchierava allegra. Hiroto la
invidiava. Lui non aveva niente da stare allegro, e il tempo scorreva davvero
troppo velocemente.
-Vuoi un caffè?- si offrì Ryuuji,
sorridendogli incoraggiante, e lui annuì, tirandosi piano su –Grazie.- inclinò il capo e si guardò attorno. Il locale del bar era decisamente piccolo, ma era proprio davanti
all’orfanotrofio. Per questo si accorse immediatamente della macchina nera e
lucida che vi si fermò davanti. La riconobbe immediatamente, ed il suo sguardo si illuminò. Si alzò dallo sgabello e corse verso l’uscita,
sotto lo sguardo basito di Ryuuji, che si sbrigò a
pagare il caffè che l’amico non aveva nemmeno
guardato e lo seguì subito.
Arrivarono sul marciapiede
opposto, quello dell’orfanotrofio, proprio mentre dal
veicolo usciva una donna. Indossava una giacca nera, e pantaloni ugualmente
scuri le fasciavano le gambe snelle. Non era molto alta, ma di certo molto
elegante, e portava lunghi capelli turchese scuro. Quando
li vide, sgranò appena gli occhi azzurri, prima di socchiuderli ed aprirsi in
un breve sorriso, riconoscendoli a sua volta.
Hiroto le saltò praticamente al
collo, stringendola in un forte abbraccio e facendola barcollare all’indietro –HitomikoNee-san! Grazie al cielo sei arrivata!- esclamò, sollevato, scostandosi
dall’abbraccio, mantenendo le mani sulle sue spalle. Lei inclinò il capo –Ciao,
Hiroto.- ammiccò all’altro uomo –Ryuuji.-
sorrise ancora, ricambiata, quindi tornò a rivolgersi al rosso –Allora, vediamo
di risolvere questo problema.-
Il silenzio, nell’ufficio
dell’orfanotrofio, era pesante, e l’espressione attonita di Hitomiko
mise addosso a tutti i presenti una tristezza infinita.
La sorella di Hiroto aveva lavorato con lui e Reina all’orfanotrofio fino
a qualche anno prima, ma poi aveva deciso di aiutare il padre con l’azienda di
famiglia, nulla di grande, ma che aveva comunque
bisogno di qualcuno che se ne curasse come si doveva. Prima di passare al
rosso, la direzione del Sun Garden era sua, e anche se sapeva che il fratello
aveva avuto qualche problema economico, non pensava si
fosse arrivati a quei livelli.
-Trecento milioni di yen?-
domandò, boccheggiando.
Ryuuji e Reina si lanciarono
un’occhiata significativa. Era presente anche Masaki,
che non aveva voluto sentir ragioni, e se ne stava
seduto ad un angolo, le gambe incrociate sulla sedia e lo sguardo concentrato
su Hitomiko. Lei e Hiroto
non erano davvero fratelli, ma la sua famiglia aveva adottato il rosso quando era ancora un bambino e viveva nello stesso
orfanotrofio che ora rischiava di essere venduto, Masaki
lo sapeva bene. Ma non aveva mai dubitato del fatto
che, anche se non era di sangue, il loro legame fosse forte. L’unico problema
era che Hiroto, di norma, evitava di far preoccupare
la sorella a tutti i costi, e dunque mai le aveva riferito
della situazione dell’orfanotrofio, che, bene o male, era sempre riuscito a
fronteggiare, anche se con parecchie difficoltà. Ma
ora era davvero critica, e non aveva potuto fare altro che chiedere l’aiuto di Hitomiko.
-Sono
davvero tantissimi soldi.- biascicò
lei. Non riusciva a credere che il proprietario dell’edificio pretendesse
tanto. Lo trovava decisamente crudele, oltretutto. Non
aveva nemmeno pensato ad agevolare, abbassando il prezzo, delle persone che si
occupavano di bambini che non avrebbero avuto una casa
al di fuori del Sun Garden. Scosse la testa per scacciare l’irritazione ed
accavallò le gambe, cercando di rimanere lucida –Non
ho così tanti soldi.- dichiarò, secca, e lesse lo sconforto sui volti di tutti.
Masaki, dietro gli adulti, distolse lo sguardo.
-Quanto avete
racimolato?- domandò poi. Reina sospirò –Ottanta milioni di yen e rotti tra
tutti.- adHitomiko non
sfuggì il tono contrariato dell’altra. Di certo non avrebbe voluto dover
chiedere un sacrificio del genere a tutte le persone che conosceva –Sono stati
tutti anche fin troppo gentili.- aggiunse infatti la
ragazza dai capelli azzurri, distogliendo lo sguardo.
-Lo abbiamo fatto con
piacere.- la riprese Ryuuji, sporgendosi verso di lei
–Amiamo il Sun Garden tanto quanto voi, e non vogliamo venga
messo in vendita.- si difese –Daremmo anche di più, se solo potessimo.-
sussurrò, scuotendo la testa. Hiroto strinse le
labbra.
Hitomikoparve pensarci su un attimo -…
Centoventi milioni è il massimo che posso dare.- ragionò ad alta voce.
Un singulto di sorpresa percorse l’intera stanza.
-Sono un
sacco!- esclamòMasaki, dal fondo della stanza. Si era alzato in piedi, e
guardava Hitomiko dritta negli occhi, i pugni
stretti.
-Ma non sono abbastanza.-
sospirò lei, scuotendo la testa –Ce ne servono altri venti.-
Di nuovo scese il
silenzio.
Lo ruppe Reina –Posso organizzare
una raccolta fondi.- propose –Ma cento milioni sono
troppi, non è abbastanza, non sarà mai
abbastanza.- si morse il labbro.
-Troverò qualcosa.- irruppeHiroto, che fino a quel
momento era rimasto in silenzio –Ora che abbiamo la maggior parte dei soldi che
ci servono, non possiamo arrenderci. Mancano ancora due mesi e mezzo, qualcosa troveremo.- strinse la stoffa dei jeans tra le dita. Si volse verso Reina –Intanto tu organizza la raccolta fondi.
Di certo qualcosa guadagneremo così.- annuì.
-Posso aiutarla
io.- si offrìRyuuji -.Ed
anche Maki e Hiromu
vorranno senza dubbio dare una mano. AncheHaruya e Fuusuke, e tutti gli
altri.- annuì.
Rimasero a parlare di come
muoversi da quel momento in poi per tutto il pomeriggio. Masaki
rimase ad ascoltarli fino ad un certo punto, poi decise che era abbastanza e se
ne andò, perché non poteva sopportare oltre quella
discussione.
Hitomiko ripartì il giorno dopo, e Reina cominciò ad
organizzare la raccolta fondi, aiutata da chi, come
lei, aveva vissuto al Sun Garden.
Masaki li conosceva tutti, dal primo all’ultimo. Erano i
suoi parenti, la sua famiglia. Diede una mano anche
lui, per quanto poteva.
La sera, rimasero tutti al
Sun Garden, assieme ai bambini.
Hiroto sorrise, nel vedere i suoi vecchi compagni riuniti
assieme. C’erano più o meno tutti, a parte chi era
dovuto tornare a casa dalla sua famiglia o perché il giorno dopo sarebbe dovuto
andare a lavorare. Era un po’ triste che si dovessero incontrare tutti in
quelle spiacevoli circostanze.
Nel salone dove di solito
i bambini giocavano quando fuori faceva troppo freddo,
si erano creati gruppetti di adulti che chiacchieravano allegramente dei tempi
andati, e alcuni si divertivano a stare con i bimbi dell’orfanotrofio.
Maki, una ragazza che aiutava al Sun
Garden quasi tutti i giorni, rideva di cuore assieme a Hiromu, suo marito, e Osamu, un
uomo alto e magro, dalle guance scavate e i lunghi capelli neri, che aveva
contribuito con una modesta cifra alla loro causa. Quando
era arrivato, quella mattina, aveva chiesto di Hitomiko.
Hiroto aveva la strana sensazione che nutrisse un qualche interesse per sua sorella, e dunque non
lo aveva mai visto di buon occhio.
-Neh, Hiroto.-
una voce squillante e decisamente troppo alta lo fece
trasalire, distogliendolo dai suoi pensieri. Qualcuno gli mise un braccio
attorno alle spalle, e lui riconobbe Haruya, uno dei
suoi più cari amici. Era un uomo mediamente alto, il volto del quale il tempo
aveva reso più spigoloso. I suoi capelli erano di un forte rosso scuro,
disordinati, talmente che, sin da quando era bambino, andavano a creare sul
capo una sorta di fiore. Lo salutò con un sorriso.
-Ho
un’idea fantastica per guadagnare qualcosa.- schioccò la lingua quello, alzando l’indice. Fu affiancato
quasi immediatamente da un altro uomo, decisamente più
alto di lui, che gli lanciò uno sguardo glaciale.
-Ciao, Fuu’ske.- rise Hiroto,
salutandolo. L’uomo parve addolcire l’espressione, quando incrociò i suoi occhi
verdi. Hiroto ogni volta si stupiva della sua
altezza, confrontandola con quella di quando era
bambino. Portava i capelli albini più lunghi di come li aveva da ragazzo, e gli
ricadevano ordinatamente sulle spalle. I suoi occhi, di un azzurro torbido, comunque, rimanevano gli stessi, incastonati tra la
carnagione abbronzata del viso –Sto cercando Masaki.-
gli disse, inclinando il capo.
-Sta’ zitto, sto parlando.- lo ripreseHaruya, guardandolo di sbieco. Quello non parve affatto turbato.
-Senti qui.- continuò
imperterrito l’altro –Hai presente gli annunci di animali
scomparsi sui giornali?- domandò.
Hiroto lo guardò, confuso, annuendo.
-Di solito, se li becchi,
ti danno una ricompensa, ne convieni?- chiese ancora. Hiroto
cominciava a capire, ed annuì di nuovo –Se noi riuscissimo
a trovarne, non so, circa una cinquantina…- cominciò, ma il suo entusiasmo
venne interrotto.
-Trovare cinquanta animali
in giro per Tokyo è pressoché impossibile, considerando il tempo che abbiamo. E
non basterebbe, la ricompensa è di poche migliaia di yen.- freddo, Fuusuke era intervenuto nella discussione –Nulla vieta che
ci si possa provare, comunque.- scrollò le spalle.
Sembrò sorridere dell’espressione contrariata di Haruya.
-Bhè, tentar non nuoce.- sbottò –Che ne dici di dare un’occhiata al giornale?- si rivolse nuovamente ad Hiroto, che, dalla sua, la trovava un’idea niente male. In
fondo, tutto faceva brodo.
L’unico giornale
reperibile fu quello di tre giorni prima.
Si sistemarono in cucina,
dove c’era meno gente. Lì trovarono anche Masaki, che
a quanto pareva si stava nascondendo da Maki, che
voleva informazioni sulla sua vita sentimentale.
-Quest’idea non funzionerà mai, Haru-nii.-
fu il suo commento secco alla trovata dell’uomo con i capelli rossi, che sbuffò
contrariato e gli fece cenno con la mano di stare in silenzio, che lui era un
ragazzino e non capiva niente. Masaki e Fuusuke si lanciarono uno sguardo significativo,
poi, l’albino si avvicinò a lui per parlargli, mentre Hiroto
sfogliava velocemente il giornale alla ricerca delle pagine degli annunci.
Passò solo qualche
secondo, e Masaki e Fuusuke,
che avevano cominciato a parlare fitto di calcio e di una partita di qualche
giorno prima, sobbalzarono vistosamente nel sentire i
due rossi urlare (o meglio, ululare) di sorpresa.
Si voltarono entrambi, ma
non fecero in tempo a porre domande che un’imprecazione poco carina (seguita da
un “HARUYA, CRETINO, I BAMBINI!” gridato dall’altra stanza da Reina) aleggiò
nella stanza.
-… Cosa?-
domandò Fuusuke, impassibile. Masaki
si chiese come facesse a non avere alcun tipo di reazione di fronte a quei due
adulti che continuavano a gridare increduli, più o meno
come facevano quando il Giappone vinceva qualche partita ai mondiali giovanili.
Lo guardò avvicinarsi al giornale, e leggere. Poi,
diventare pallido tutt’a un tratto -… Non ci credo.-
mormorò, mentre Hiroto, la mani premuta sulla bocca,
batteva il pugno sul ripiano del tavolo. Imprecò anche lui. Poi alzò gli occhi
al cielo e si morse il labbro.
-Qualcuno mi spiega cosa
diamine sta succedendo?- sbottò Masaki, decisamente irritato, spostandosi a grandi falcate verso di
loro.
Strappò il giornale da
sotto gli occhi dell’albino e scorse velocemente i titoli degli annunci.
Cani scomparsi, gatti da
ritrovare, mostra canina, genitori cercano moglie per il figlio, il numero di
un’agenzia di animatori…
Si bloccò un momento, e
scorse i titoli al contrario –Cosa diamine…- sgranò
gli occhi, inquadrando nuovamente l’annuncio dei genitori che cercavano una
moglie per il figlio –“Genitori decisamente preoccupati cercano una moglie
rispettabile per il figlio…”- lesse velocemente –“… contratto prematrimoniale…
se il ragazzo sarà soddisfatto… CENTO MILIONI DI YEN?!”- quasi si strozzò, ed
alzò gli occhi ambrati sui tre adulti nella stanza: Hiroto
mugolava, Haruya tirava giù imprecazioni assurde, Fuusuke continuava a ripetere “non è possibile” come un
disco rotto.
Non aveva senso. Masaki
tornò a leggere, per essere più sicuro. Cento milioni. Esattamente
la cifra che mancava a loro per comprare l’orfanotrofio. Boccheggiò,
mentre una rabbia sorda gli faceva girare la testa. C’era gente là fuori che
pagava tutti quei soldi per rimediare una moglie ipocrita ad un figlio
probabilmente brutto e schifato da tutti, mentre loro erano in quella
situazione terribile. Lo mandava in bestia pensare che la gente potesse essere
così… irrispettosa. Totalmente irrispettosa, ecco, solo
quello gli veniva in mente.
-Non ci posso credere.- sbottòHiroto ad un certo punto,
interrompendo la confusione generale –Siamo a tanto così—quei soldi sono
esattamente quello che ci serve—si morse il labbro, gesticolando. Cadde il
silenzio.
Haruya si azzardò a parlare -… E seiReina- o Fumiko— l’altro lo
fulminò con lo sguardo, e lui si zittì. Masaki pensò
che Hiroto stesse soffrendo davvero molto. Aveva
l’occasione lì, pronta, ma non poteva lasciare qualcuna delle ragazze del Sun Garden andare in sposa ad uno sconosciuto, anche se per
quella somma.
-Pensi che non ci abbia
già pensato?- piagnucolò invece il più grande –Ma
sull’annuncio c’è scritto che deve avere dai diciotto ai ventun’anni!
Reina, Fumiko e le altre sono fuori!- esclamò, e Masaki decise che
quella poca stima che aveva provato per lui poteva anche andare a quel paese.
Prese aria e posò il giornale di nuovo sul tavolo –Non demordiamo…
Di certo ci sarà altro.- biascicò, lasciandosi andare su una delle sedie della
cucina, poggiando la guancia sul piano della tavola, sconsolato. Si sentiva
rodere lo stomaco in modo terribilmente fastidioso, ed ogni minuto che passava
la prospettiva di veder sparire per sempre il Sun Garden
si concretizzava sempre di più, in modo più spaventoso ancora.
Ma gli altri non lo
stavano ascoltando –Non possiamo chiedere a qualcuno di darci una mano?-
chiedeva Fuusuke, battendosi l’unghia del pollice sui
denti, improvvisamente nervoso –Ma chi farebbe
qualcosa del genere gratis? Sono cento milioni.- si rispose
da solo –Pretenderebbe una percentuale. E a noi serve
tutto. Non c’è tempo.- constatò.
-E’ perfetto, però. Non
possiamo lasciarci sfuggire un’occasione simile, questto
annuncio è esattamente quello che ci serviva, è la risposta ai nostri
problemi.- Hiroto scuoteva la testa, facendo lavorare
il cervello a mille –E’ troppo importante per poter
rinunciare.- strinse i denti. Tutti erano d’accordo con lui. Masaki stesso lo era. Arrivare a tanto così dalla soluzione
e non poterla sfruttare era tremendamente ingiusto.
Reina entrò nella stanza,
allarmata, domandando cosa stesse succedendo –Vi ho
sentiti gridare. Avete trovato qualcosa?- chiese, ma non ricevette
risposta.
Haruya calciò una sedia –Non conosciamo nessuna ragazza
dai diciotto ai ventun’anni che possa
darci una mano?-
Gli altri due scossero la
testa.
Reina aggrottò le
sopracciglia, confusa.
Quindi cadde il silenzio.
Uno di
quei silenzi che preannuncia qualcosa di molto brutto, una di quelle cose che
non vuoi sentire. Come quelle
pause alla fine delle quali sai che arriverà una
notizia orribile, e al contempo non vuoi ascoltarla e non vedi l’ora di sapere
di cosa si tratta.
-… Di ragazze no, in
effetti.- sussurrò Fuusuke, lisciandosi il mento,
pensoso. Il suo tono era vagamente allusivo.
EdHiroto colse
quell’allusione –Hai ragione, di ragazze no…- il suo viso parve illuminarsi.
Masaki percepì chiaramente tre paia di occhi
(più uno confuso) posarsi contemporaneamente su di lui, ed un brivido freddo
scendergli giù per la schiena –E-Eh?-
Aveva un brutto
presentimento.
Bruttissimo.
-Ooh, Masaki, il trucco sa
fare miracoli, sai?-
Ecco, quella in
particolare sarebbe stato decisamente meglio non
sentirla.
¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥
Oh god.
Stopostando.
I can’t believe it.
E
pure un capitolone bello lungo, per giunta. Posso
immaginare la vostra gioia dilagante (WHAT). Come va? Sono tipo
evaporata (?) per due mesi lasciato (TROPPA) roba in sospeso, ma shh—
Et
voilà, che cosa è questo.
Sakuryaku, in giapponese, significa letteralmente “stratagemma”. Sono
abbastanza sicura, perché ho cercato la traduzione sul translat—
a-hem. Suppongo abbiate capito di quale tipo di
stratagemma stiamo parlando. In caso contrario, lo scoprirete nella prossima puntata (quando arriverà--)—
Allora,
questa idea è nella mia testolina da dicembre. Poi a
gennaio ho cominciato a scriverla. E mi sono ridotta
ad ora per finire perlomeno il primo capitolo. Non sarà molto lunga (spero) e,
insomma, vi sfido ad indovinare chi sarà il figlio a
cui i genitori comprano la moglie! Bah, per me è Kirino,
che dite. O forse Shindou.
Di certo qualcuno che Masakinell’anime
ha incontrato, eh. CERTO. AHEM.
Passando
sopra alla mia mordace simpatia (ma dove), sono davvero contentissima cioèpls la mia prima longficAtsuMasaaksnfdagneskgnadfkjyhhnwronhrpp—AHEM.
Dunque.
Allora,
cominciamo a darci sotto con qualche cifra. Davvero, io non ci capisco niente
di queste cose, e discutendo animatamente con mia madre è uscito fuori che,
dai, per un edificio vecchiotto in periferia, come penso sia il Sun Garden, il
costo dovrebbe aggirarsi attorno ai due milioni di euro.
Che traslati in yen sono circa duecentocinquantamilioniequalcosa
che io ho arrotondato a trecentomilioni. Quindi,
ecco, Reina e gli altri hanno raccolto attorno ai cinquecentosettantamila euro,
Hitomiko ne dà un ottocentosessantamila e i genitori
del misterioso ragazzo in cerca di moglie circa settecentoequalcosamila.
Si, sembra davvero una cifra spropositata per sistemare un figlio, ma, come
vedrete, hanno le loro ragioni e i loro mezzi,
ovviamente (?).
E
OVVIAMENTE chi ci va di mezzo? MA MASAKI! Mi piace
metterlo in imbarazzo non ci posso fare niente scusat-
oltretutto, sono davvero contenta di aver potuto scrivere qualcosa in cui comparissero anche Hiroto e gli
altri del Sun Garden <3 saranno diciamo la concentrazione di idiozia della fanfiction, in poche parole-
Ma
non dico altro!
Se non che spero che vi sia piaciuta, e che spero anche che vogliate seguirmi,
bastoni della mia vecchiaia! (COS--) *regala sachertorte*
Haruya e Fuusuke si sarebbero occupati dello spionaggio
¥sakuryaku¥
ovvero: infinocchia l’ereditiere e
prenditi tutti i soldi
¥ 2.
riunioni strategiche
Haruya e Fuusuke si
sarebbero occupati dello spionaggio.
Haruya si era
autoassegnato il ruolo, e aveva coinvolto anche l’albino. In realtà, Masaki non
aveva capito se fosse stato il rosso a volere l’altro, o Fuusuke a decidere di
seguire Haruya per controllare che non facesse danni.
In ogni caso, a loro era
stato assegnato il delicato compito di indagare sul ragazzo che, a quanto
pareva, lui avrebbe dovuto prendere in sposo.
-Non voglio farlo. Mi
rifiuto.- continuava a borbottare il ragazzo, che seguiva Hiroto verso la sala
da pranzo, dove tutti quelli del Sun Garden avevano deciso di riunirsi per una
riunione strategica, durante la quale avrebbero deciso come procedere.
-Ho detto che mi rifiuto
hai capito.- ripetè, appena più forte, anche se il suo tono continuava a non
essere pienamente convinto, ed Hiroto di certo non sembrava volerlo stare a
sentire.
Le cose, per sommi capi,
erano andate così.
Dopo l’illuminante
intuizione del direttore dell’orfanotrofio (e la conseguente uscita di testa di
Masaki, che urlando indignato quanto fosse stupida una cosa simile aveva
attirato tutti in cucina), l’idea era stata proposta ai presenti.
Masaki era stato certo di
trovare, a suo vantaggio, una grande opposizione alla trovata, ma per sua
sfortuna non era stato così. Gli unici a ribellarsi tra i presenti erano stati
Natsuhiko e Ai, due grandi amici di Haruya e Fuusuke. Gli altri o si erano
dimostrati fortemente a favore, o erano rimasti a rimuginare in silenzio, come
Reina o Osamu. La prima, quando aveva aperto bocca, aveva guardato Masaki
dritto negli occhi, affermando che si, quella di Hiroto e gli altri era un’idea
del tutto folle, ma che, a ben vedere, sembrava essere la loro unica
opportunità.
Incredulo, Masaki aveva
fatto appello ad Hitomiko, che era stata contattata immediatamente. E lei aveva
deciso per quella riunione straordinaria, così da parlarne con calma, e con
tutti quanti.
Era davvero assurdo. Che
nessuno si fosse opposto. Masaki si sentiva parecchio ferito nell’orgoglio. Non
era l’idea di fingersi donna in sé che lo urtava, quanto il fatto che tutti lo
ritenessero l’unico adatto a quel ruolo.
Hiroto, dalla sua,
continuava ad ignorare le sue proteste, e quando entrarono nel salotto
dell’orfanotrofio, trovarono tutti già seduti.
Immediatamente il
chiacchiericcio che aleggiava si spense, ed una quindicina di sguardi si piantò
su Masaki, che dio se odiava essere
al centro dell’attenzione.
La camera era abbastanza
spaziosa, con i suoi divani verdi disposti a cerchio in mezzo alla stanza, e le
piccole poltrone per una persona addossate alle pareti, eppure a Masaki
sembrava decisamente troppo piena.
Hitomiko era seduta sul
divano che dava sull’entrata della stanza, incastrata tra Osamu e Maki, e
sembrava parecchio tesa.
Hiroto prese posto. Masaki
fece per fare lo stesso, ma alla fine si risolse a rimanere in piedi, un po’
più in disparte. Sperò di passare inosservato, che tutti dimenticassero quella
storia assurda. Desiderò davvero di essere invisibile.
-Allora.- cominciò a
parlare Hitomiko, alzandosi e prendendo a camminare su e giù –La questione mi
pare alquanto… spinosa.- si fermò e guardò dritto negli occhi Masaki, che
storse le labbra in una smorfia.
“Spinosa” era un
eufemismo.
Hiroto annuì -… Ma pare
sia l’unica soluzione, concorderai, neesan.-
Lei gesticolò, esibendo
un’espressione contrita, come volesse esprimere un pensiero ma non trovasse le
parole -… Hiroto, non parliamo solo di Masaki. Ti rendi conto che si tratta di
truffa?- fissò il fratello come se volesse incenerirlo, e Masaki lo vide
chiaramente sbiancare nonostante la sua carnagione chiara. Ma poi la più grande
sospirò –Eppure se riuscissimo…-
-No, ehi, ehi, aspettate.-
biascicò Masaki –E a me non pensate?- mugolò –Non c’è speranza che io possa
somigliare ad una ragazza, ok? E poi, sono un pessimo attore. E tutti sapete
che non sono in grado di dire bugie.- si indicò il viso, ora arrossato di
vergogna –Sono un libro aperto, ok?
Non funzionerà mai, va bene?- tentò, ma nessuno sembrava particolarmente
convinto.
Maki alzò la mano, ma non
aspettò che qualcuno le desse il permesso di parlare –Possiamo sempre sperare
che il ragazzo che cerca moglie sia uno stupido.- ci fu una pausa ad effetto -…
Magari lo è.-
-Bhè, questo potremmo
scoprirlo.- annuì Reina, dandole ragione.
Natsuhiko si alzò in piedi
–Non potete chiedere a Masaki di fare una cosa del genere! Se venisse scoperto,
sarebbe il primo a risponderne!- gridò, e qualcun altro rispose con un -E
allora come vuoi fare? Svendiamo l’orfanotrofio?-
Anche Ryuuji si alzò in
piedi –Ragazzi, non c’è bisogno di litigare! Cerchiamo di mantenere la calma!-
tentò, ma la tensione era ormai esplosa.
La confusione più totale
riempì il salone.
A Masaki girava la testa.
L’intera situazione era talmente inverosimile da non sembrargli reale.
Hitomiko rimaneva in
silenzio.
-No, dai. Pensateci.
Abbiamo già perso in partenza…- tentò ancora Masaki, cercando di sovrastare il
rumore, ma si interruppe a metà –Un momento. Dove sono Haruya e Fuusuke?-
domandò a voce bassa, spostando lo sguardo per localizzarli, aggrottando le
sopracciglia confuso. Si guardò attorno un’altra volta. No, non c’erano.
Il chiacchiericcio si
spense di nuovo, e l’atmosfera si fece tesa.
Reina distolse lo sguardo
-… Masaki…- lo guardò subito dopo con occhi colpevoli. Il più piccolo si morse
con forza le labbra -Sono andati a controllare… sai, il ragazzo…- cercò di
spiegare la donna, sospirando –Pensavano che intanto potessero—
-No!- venne interrotta
bruscamente da Masaki, che si pentì subito di aver parlato. Di nuovo
l’attenzione si concentrò su di lui –N-non abbiamo ancora deciso nulla! Perché
sono già andati?- il tono di voce gli uscì fastidiosamente piagnucoloso. Giurò
di vedere Osamu spalmarsi una manata sulla fronte, rassegnato, e si sentì
avvampare come un cretino –N-non potete dare per scontato che io—
Ora, invece, nessuno lo
stava più guardando. Strinse forte le labbra, un brivido di fastidio gli scese
lungo la schiena –Non avete mai preso in considerazione l’idea di ascoltare la
mia opinione, vero?- soffiò, ed in un certo senso si sentì tradito. Da tutti
quanti.
Hiroto aveva gli occhi su
di lui, lo percepiva. Eppure non stava dicendo niente. Nessuno stava dicendo
niente.
Indietreggiò.
-Io— fece per urlare
qualcosa. Era talmente arrabbiato che non ci capiva più niente. Ma non riuscì
ad aprire bocca.
Non era urtato perché
quell’onere sarebbe toccato a lui comunque. In un certo senso, sapeva di non
avere scelta, e anche se si stava lamentando, non si sarebbe tirato indietro
nonostante si sentisse totalmente inadeguato, con tutta probabilità. Eppure
avrebbe voluto trovare un minimo di comprensione negli altri.
-Se non lo vuoi fare, non
lo farai.- concluse per lui Hitomiko, con tranquillità –Nessuno ti obbliga a
fare nulla, Masaki.- scosse la testa e sospirò –Mi dispiace che Hiroto e gli
altri ti abbiano messo di fronte ad un compito del genere.- e lanciò
un’occhiata al fratello, che aggrottò le sopracciglia ed abbassò gli occhi
senza replicare –Ma, Masaki, non credere che siamo qui per prenderci in giro.-
continuò, e l’interpellato deglutì, immobile come una statua.
-Nessuno ha voluto
offenderti, o non ascoltare la tua opinione. Semplicemente, sono tutti
spaventati. E credo lo sia anche tu. E questa sembra un’ottima via d’uscita.-
Masaki percepì le gambe farsi molli come gelatina. Hitomiko aveva il potere di
farlo sentire piccolo ed insignificante, a volte, e lui diventava incapace di
replicare –Troveremo un’altra soluzione.- concluse, e si rimise a sedere.
Nessuno osò contestare le
sue parole, nemmeno Hiroto, che invece rivolse uno sguardo colpevole a Masaki.
Lui lo ricambiò, e rimasero a guardarsi per qualche secondo. Il più grande mimò
un “mi dispiace” con le labbra, e Masaki scosse la testa, come a dirgli di non
preoccuparsi, le labbra strette e le guance arrossate.
Poi, piano, la voce di
Maki riempì il silenzio, ed entrambi sviarono gli occhi –Allora, cosa ci
inventiamo?- sorrise mesta lei, inclinando il capo in direzione del più
piccolo, come per scusarsi a sua volta.
Qualcuno le rispose, e
qualcun altro ancora si aggiunse alla discussione.
Ben presto, tutti stavano
discutendo su come cercare di racimolare più soldi possibile. Persino Hiroto.
Masaki si stupì di come
avessero tutti quanti velocemente cambiato argomento. Ogni tanto si vedeva
rivolgere occhiate mortificate, e in qualche modo, si sentì in colpa.
Vedere che tutti si
stavano impegnando per un’altra soluzione, per non dare un peso a lui, gli fece
correre un piacevole brivido giù per la schiena. Certo, se non fosse
intervenuta Hitomiko forse nemmeno avrebbero cambiato idea, ma li capiva.
Perché era vero che avessero paura. Era vero che lui stesso avesse paura. La
prospettiva del Sun Garden chiuso lo faceva stare male, e di certo era così per
tutti quanti, quindi si, li capiva, perché quella era loro sembrata l’unica
opportunità per fare qualcosa. E, in fondo, lo era davvero.
Non voleva, assolutamente,
prestarsi ad una cosa simile. Non voleva vestirsi da donna, non voleva recitare
una parte, non voleva il destino dell’intero orfanotrofio sulle proprie spalle,
perché non poteva essere in grado di combinare qualcosa di buono.
Eppure, constatò, mentre
Natsuhiko se ne usciva con un’idea sul guadagnare soldi facendo i saltimbanchi
per strada, il destino del Sun Garden era già sulle sue spalle. Senza i soldi
di quella ricompensa, non ci sarebbe stato modo di racimolare il denaro in
tempo. Decidendo di non aiutarli, avrebbe decretato lo sfratto di tutti i
bambini già da quel momento.
Il Sun Garden poteva
considerarsi già chiuso.
Li ascoltò proporre idee
assurde per qualche altro minuto, mentre stringeva e rilasciava i pugni,
nervoso, poi fece un paio di passi avanti –E- E va bene!- sbottò, irrigidendosi
come una corda di violino. Per la terza volta, il silenzio calò sulla stanza, e
tutti si voltarono a guardarlo.
Hitomiko aggrottò le
sopracciglia.
-Va bene. Ok. Lo- lo
faccio.- soffiò, la voce così bassa che si chiese se fossero riusciti a sentire
le sue parole. Portò i palmi aperti delle mani di fronte al viso. Hiroto fece
per parlare, ma lui lo fulminò con lo sguardo –Cioè. Ci provo. Ma se va male,
non osate prendervela con me.- agitò l’indice in aria, deglutendo. Voleva aggiungere
altro, ma non gli veniva niente di più da dire.
Gli altri rimasero in
silenzio per un po’, mettendolo ulteriormente a disagio.
Fu Hitomiko a parlare -…
Ne sei sicuro?- domandò, con un sospiro –Non devi farlo per—
-Sono sicuro! Almeno per
adesso, quindi approfittatene perché potrei cambiare ide— non riuscì a
terminare la frase che si sentì stringere in un abbraccio più che soffocante.
Ammutolì, mentre Maki lo stritolava, togliendogli il respiro. Si sentì
arrossire tutto assieme, e cercò di allontanarla, inutilmente –Grazie, Masaki!-
la sua voce gli giunse soffocata, e perse tutta la voglia che aveva di
scostarla, rilasciando le mani lungo i fianchi.
Sentì qualcuno ridere.
Qualcun altro lasciare andare un sospiro di sollievo, e altri ancora lanciare
qualche gridolino di giubilo.
Vide Hitomiko rivolgergli
un sorriso grato, e sviò lo sguardo, borbottando.
Era innegabile gli facesse
piacere vedere tutti così allegri. Però era pur vero che non avevano concluso
nulla e che tutto sarebbe potuto andare male da subito, quindi c’era poco da
star contenti.
Fece per renderlo noto, ma
un secondo abbraccio si aggiunse al primo. Si irrigidì, mentre Hiroto posava il
mento sul suo capo, stringendolo per le spalle –Grazie, Masaki.- lo strinse un
poco, ed il più piccolo riprese a dimenarsi, urlando parole a caso, le guance
in fiamme.
Peccato che pian piano
cominciarono ad avvicinarsi tutti gli altri, aggiungendosi all’abbraccio.
Diversi “Grazie, Masaki!” gli giunsero alle orecchie, e lui si sentì bollire
dall’imbarazzo. Perché quell’abbraccio collettivo era davvero imbarazzante.
Eppure proprio non riuscì a fare altro che rimanersene lì in mezzo, rosso come
un pomodoro, a bearsi di tutto quel calore.
In fondo, pensò, per loro,
e per tutti i bambini del Sun Garden, ne valeva davvero, davvero la pena.
**
-Allora, la nostra ricerca
ha cominciato a dare i suoi frutti.-
Ad aumentare il disagio e
l’imbarazzo di quel momento, Haruya e Fuusuke erano arrivati esattamente nel
mentre del grande abbraccio di gruppo
pieno d’affetto.
Haruya si era offeso per
non essere stato coinvolto.
Anche Fuusuke
probabilmente se l’era presa, ma non lo aveva reso noto.
Dopo averli salutati al
limite dell’imbarazzo, Masaki aveva spiegato loro come erano andate per sommi
capi le cose lì al Sun Garden durante la loro assenza. Haruya aveva borbottato
un “Tutto il divertimento quando non ci sono io”, ma poi era stato preso
dall’entusiasmo di raccontare e aveva dimenticato di avercela con i presenti.
-Ora che siamo tutti
d’accordo a fare questa cosa.- il rosso si guardò attorno. Masaki evitò di
farlo, perché gli sguardi decisi dei suoi amici lo avrebbero messo troppo a
disagio e avrebbe sentito anche troppo la pressione premere sulle spalle. La
mano di Hiroto si strinse piano sulla sua spalla, e si sentì un pochino meglio
–Possiamo passare alla parte burocratica della cosa.- annunciò.
Fuusuke continuò per lui
–I genitori del futuro sposo di Masaki- cominciò, ed il ragazzo storse le
labbra in una smorfia –non sono affatto degli stupidi. Controlleranno
scrupolosamente ogni ragazza che si presenterà come canditata.- ci fu una pausa
–Abbiamo bisogno di documenti falsi.
Tutti si irrigidirono.
Bhè, si, in effetti era
proprio una truffa, quindi servivano dei documenti falsi. Servivano dei
documenti falsi. Servivano dei documenti
falsi.
-Andremo tutti in
prigione.- fu l’intelligente commento di Hiromu. Maki gli rifilò uno
scappellotto sulla spalla.
Haruya rispose con un
sorrisetto storto –Non vi preoccupate. Ho chi può darci una mano con questo.-
assicurò.
-Mio dio, Nagumo, sei
davvero un pessimo individuo!- commentò Natsuhiko –Da quando conosci gente che
procura documenti falsi ad altra gente?- domandò, gli occhi sbarrati. L’amico
sembrò a disagio –Ehi ehi non c’entro niente io. E’ solo un mio conoscente, non
ho mai dovuto richiedere i suoi serviz—
-Ti chiami davvero Nagumo
Haruya o è tutta una bugia?- aggiunse Hiroto, guardandolo come fosse una sorta
di alieno.
-Hiroto piantala!-
A Masaki venne da
piangere.
Non riuscivano nemmeno a parlare
senza urlare, e volevano truffare la gente.
Gli altri invece
scoppiarono a ridere, e la tensione si sciolse un po’.
Fuusuke alzò gli occhi al
cielo –Comunque. Per i documenti non c’è problema.- assicurò, poi il suo
sguardo si concentrò su Masaki –Ora dobbiamo solo creare a Masaki un background
convincente.
-Prima di tutto, non può
chiamarsi Masaki.- fece notare Reina –Troviamogli un nome da donna.- Masaki
prese aria, nervoso. Aveva un brutto presentimento.
Fumiko, una bella ragazza
dai capelli di un indefinito colore tra il rosa ed il viola ed un bel seno
prosperoso, si fece avanti a parlare veramente per la prima volta dall’inizio
della riunione strategica –Che ne dite di Sakura? E’ grazioso, no?
-Mi rifiuto di chiamarmi
Sakura!- replicò Masaki, guardandola indignato.
-Allora un nome
straniero?- propose Maki.
-Sono chiaramente
giapponese!- protestò di nuovo lui.
Ancora una volta esplose
la confusione, e le voci si sovrapposero l’una all’altra. Nomi come “Misaka!”,
“Masako!”, “Haruka!”, “Yuki!”, “Marion!”, “Perché non Maki!” riempirono le
orecchie di Masaki, che sentiva un principio di mal di testa sin da quando
Haruya aveva accennato ai documenti falsi.
-Ok, direi che al nome ci
penseremo poi!- sbottò Reina, richiamando tutti al silenzio. Masaki si chiese
come facesse a riuscirci sempre.
Fuusuke inarcò un
sopracciglio e riprese a parlare. Sembrava particolarmente divertito, anche se
non si poteva mai essere sicuri, vista la sua espressione impassibile –Siamo
andati ad informarci personalmente.-
-Siamo andati dai genitori
del ragazzo, intende dire.- aggiunse Haruya –Cioè, c’era solo la madre, in
realtà.
Un mormorio si diffuse per
la sala.
Masaki sentì piccoli
brividi percorrergli la schiena e drizzargli i peli sul collo, e lo stomaco gli
si svuotò dall’ansia. Reina fece per parlare, ma venne preceduta da Fuusuke
–Non ti preoccupare. Ci siamo travestiti.- assicurò, senza scomporsi.
Nessuno volle approfondire
l’argomento.
-In ogni caso, Masaki
dovrà presentarsi tra due settimane assieme alle altre candidate presso la loro
residenza invernale.- continuò il rosso, annuendo.
L’albino di fianco a lui
alzò le spalle –Siamo riusciti a parlare con la signora molto poco, aveva molti
impegni.
-Doveva guardare la sua
telenovela preferita.
-Esattamente.
-Comunque, abbiamo capito che cercano una santa. Un’impeccabile,
bellissima, educatissima, graziosissima ed elegantissima ragazza. Ah, e le
piacciono molto i kimono, quindi suppongo dovremmo utilizzarne.
Tutti guardarono Masaki,
che si sentiva mancare.
L’intero Sun Garden era a
conoscenza di quanto lui non fosse né impeccabile, né particolarmente bello, né
tantomeno educato, grazioso o elegante. Masaki era il tipo di persona che dopo
due passi cadeva faccia avanti, che sbatteva contro gli spigoli, che rispondeva
male. Una persona goffa ed imbranata. Molto sciolta ed acrobatica, certo, ma
principalmente un disastro.
E i kimono gli facevano troppa aria tra le gambe.
Di nuovo, gli venne da
piangere istericamente.
Haruya si schiarì la voce,
evidentemente per cercare di non scoppiare a ridere –Dobbiamo raccogliere altre
informazioni, sicuramente. Ma la scelta sarà dei genitori, non del figlio. O
meglio—
Fuusuke riprese il
discorso –I genitori sceglieranno la candidata che ritengono adatta. Ma starà
al figlio decidere se andrà bene o meno, dopo un mese di prova in cui la
candidata vivrà assieme a loro nella residenza.
-UN MESE DI COSA.- la voce
di Masaki uscì eccessivamente stridula. Indietreggiò, ma c’era Hiroto alle sue
spalle, quindi non potè fuggire da nessuna parte.
Haruya lanciò
un’occhiataccia all’albino di fianco a sé –In realtà, vivrai alla residenza
solo le ultime due settimane. Le prime due dovrai incontrare il ragazzo, ma poi
tornerai a casa.
-Lo dovrai incontrare
tutti i giorni, ovviamente.- precisò Fuusuke.
Masaki boccheggiò, le
pupille grosse quanto due palline da ping pong dall’ansia. Ma le due spie
improvvisate non sembrarono farci caso, ed anzi il rosso continuò a parlare –In
sostanza, all’incontro che si terrà tra due settimane dovrai piacere ai
genitori. Poi, dovrai lavorare per piacere al figlio.- alzò lo sguardo dorato e
lo passò lentamente sui presenti –Quando entrambi firmeranno il contratto di
matrimonio, i soldi verranno spostati sul conto della candidata.- concluse.
Un silenzio tombale
sostituì il chiacchiericcio.
Hiroto si lisciava il
mento, pensieroso –Mi occuperò io di aprire un conto.
-Ti do una mano.- si
aggiunse Ryuuji, raggiungendo il suo fianco. Si scambiarono un sorriso veloce.
Hitomiko sospirò, quindi
rivolse un sorriso deciso a Masaki –Finanzierò la cosa. Avrai bisogno di
vestiti.
-Di trucchi.- aggiunse
Fumiko, facendosi avanti.
-Un’estetista.- esclamò
Maki, guardandolo con occhio clinico. Masaki si sentì ferito, in un qualche
modo.
-E di una casa.- Reina
arricciò il naso, pensierosa. Osamu le si fece vicino –Ti do una mano a cercare
un posto. Ho qualche amico che può darci una mano.-
Uno ad uno, i presenti si
fecero avanti, assumendosi ognuno un ruolo diverso. Masaki si mordicchiò il
labbro. Una certa speranza di riuscire in questa operazione assurda si fece
strada nella sua mente. Cercò di non farsi illusioni.
Alla fine, l’unico a non
aver parlato, era proprio lui.
Tutti lo guardavano,
carichi di aspettative. Un mugolio indistinto gli sfuggì dalle labbra, quindi
sbuffò forte.
Fece un passo avanti.
-Evidentemente io farò del
mio meglio per sembrare una ragazza.- rilassò le spalle, e sospirò.
Si guardò attorno, e volti
sorridenti accolsero la sua decisione.
Si spalmò una manata in
faccia.
-… E speriamo bene.-
¥¥¥ ¥ ¥¥¥¥¥¥
E dopo mesi, sono qui.
Oh, si, pensate io
sparisca, ma torno sempre! Come gli incubi peggiori! (WTF)
Allora, questo capitolo è
un po’ “di passaggio”. Ed anche il prossimo per una buona metà lo sarà. Ma in
fondo, qua il Sun Garden deve mettersi d’accordo su come procedere.
Bhè ho trasformato un
orfanotrofio di persone adorabili e coccolose in un covo di truffatori
assolutamente non professionisti, che brava ragazza che son-
Allora, non che io sappia
come si truffa la gente, quindi diciamo che dovrò inventare un bel po’ di cose
ed immaginare (?). In ogni caso, abbiamo capito che quando ci sono di mezzo
Hiroto e gli altri, la cosa non si può che prospettare come un casino epocale.
E Masaki mi fa una pen-
Il prossimo capitolo sarà
per la maggior parte concentrato sulla sua “trasformazione” in ragazza educata,
e non vedo l’ora di divertirmi a scriverlo perché PLS, immaginarmelo sotto le
mani di Maki, Fumiko, Reina e qualche altra ragazza del Sun Garden mi fa morire
dal ridere.
E, che altro dire. In
questo capitolo si prende la decisione finale che nessuno si aspettava venisse presa: Masaki si travestirà da donna
per salvare il Sun Garden. In fondo, quasi tutti i supereroi si travestono,
quindi possiamo considerare anche lui un supereroe. Super Gonnella o qualcosa
del genere.
E vab cioè i riferimenti
all’HiroMasa ve li siete flashati. Non ce li ho messi. NO.
E adoro il rapporto di
tutti quanti con tutti, io cioè scriverei solo di quello ma www la prospettiva
dell’AtsuMasa MI GASA UN CASINO E COSE.
Per il misterioso (…)
figlio dei riccastri (di cui ho introdotto la madre, e fidatevi, è una donna
precious), dovrete aspettare un po’. Forse il prossimo capitolo, forse il
quarto. Sapete, la suspance- (?)
Detto ciò, spero che il
capitolo vi sia piaciuto <3
mi sono divertita molto a scriverlo, e spero davvero
abbia divertito anche voi! (Si, mi piace fare delle tragedie un siparietto
comico, è più forte di me (?))
Dunque alla prossima,
gente! Spero sia prest—
Love *distribuisce
canestrelli con lo zucchero a velo*
ovvero: infinocchia
l’ereditiere e prenditi tutti i soldi
¥ 3.
trasformazioni
-Fatemi
vedere una stramaledettissima foto.- sbottò Masaki, facendo capolino dalla cucina. Fuori dalla stanza, Haruya e Fuusuke discutevano
animatamente con Hiroto e Reina
delle informazioni che avevano raccolto, molte delle quali riguardavano il futuro sposo di Masaki.
Era passata
ormai una settimana da quando avevano deciso di imbarcarsi in quell’impresa
folle, e tutti stavano dando il massimo per fare del loro meglio.
Il
chiacchiericcio si spense, ed Haruya sbuffò
pesantemente, rivolgendo un’occhiata seccata al più piccolo –Non
puoi.-
-Perché
no?- replicò lui, gonfiando appena le guance, piccato.
Era da tre
giorni che chiedeva insistentemente di poter vedere perlomeno il viso del
ragazzo con cui avrebbe dovuto fingere di essere una donna, ma nessuno pareva
volerlo accontentare. Gli avevano anche impedito di conoscere suo nome (“Non
fare il furbo, so che poi lo vai a cercare su facebook”
aveva replicato Hiromu quando glielo aveva chiesto,
maledetto).
Fuusuke s’intromise nella discussione –Non puoi vederlo. Almeno il suo aspetto deve esserti
sconosciuto. Il vostro primo incontro deve risultare il più naturale possibile,
e sappiamo bene tutti quanto male ti riesca mentire.- annuì, diplomatico.
Masaki sbuffò, voltando lo sguardo. Per
sua sfortuna, il discorso sembrava avere un senso –Dovreste
smetterla di rompere con questa storia della mia incapacità di mentire.-
borbottò comunque, tanto per avere l’ultima parola.
Reina ed Hiroto
si lanciarono uno sguardo eloquente, ed il rosso dovette trattenersi per non
ridere. Quindi si rivolse al più piccolo –Per ora
concentrati a memorizzare più informazioni possibili. Tanto all’incontro manca
poco.- assicurò, scompigliandogli i capelli.
Il verso
che uscì dalle labbra di Masaki assomigliava ad un
grugnito –Ho capito, ho capito.- biascicò,
allontanando la mano dell’altro con un gesto di stizza, strofinandosi le guance
arrossate –Ho già cominciato a studiare. Maki mi
assilla da due giorni. Sembra io debba vincere un concorso a premi.- e nemmeno
riuscì a finire la frase che proprio Maki sbucò dalla porta della cucina –Il colore preferito di tuo marito?- esclamò a voce tanto
alta che tutti sobbalzarono, presi alla sprovvista.
-Turchese!!-
replicò Masaki veloce come un fulmine, voltandosi e
puntando il dito contro la più grande, che teneva in mano un considerevole
numero di cartoncini colorati. Ne sfilò uno a caso dal mazzo –Piatto preferito?- domandò ancora, a voce se possibile più
alta.
-Tonkatsu!- rispose Masaki,
mettendosi in una sorta di posizione difensiva che fece scoppiare a ridere Hiroto.
-Tipologia
di film preferita?-
-Film
d’amore strappalacrime!-
-Quanto
porta di piede?-
-Il
quarantatre!-
-Era il
quarantaquattro! Autore preferito?-
-William Shakespeare!-
-Quando la
sera non ha nulla di fare, come gli piace passare il tem—
-Ehi, ehi,
ehi, come diamine avete fatto a raccogliere tante informazioni? Così inutili,
tra le altre cose?!- sbottò ancora Haruya,
piantandosi in mezzo tra conduttrice e concorrente, che gli lanciarono
un’occhiata delusa. Masaki mise su una sorta di
broncio offeso (Maki aveva l’insolita abilità di fargli andare a genio certe
stupidaggini), mentre l’altra rifilò uno scappellotto al rosso –Perché ci hai interrotto? Dobbiamo cercare di stabilire un
record!- si lamentò, incrociando le braccia al petto –Hai
rotto l’entusiasmo!-
Haruya la guardò storto –Rispondi alla domanda! Siamo io e Fuusuke
qui che ci occupiamo dello spionaggio! E non abbiamo mai sentito dire a nessuno
che questo tizio porta il quarantatre di piede!-
-E’ il
quarantaquattro.- ci tenne a correggerlo Fuusuke,
alzando l’indice. Anche lui si beccò un’occhiataccia.
Per tutta
risposta, Maki alzò le spalle, sbuffando supponente –Bhè,
si da il caso che Fumiko conosca l’estetista della
madre del futuro marito di Masaki.- sorrise
soddisfatta, lanciando all’altro uno sguardo di sfida.
Masaki si spalmò una manata in faccia –Potreste gentilmente piantarla di chiamarlo “il futuro
marito di Masaki”? Non mi piace come suona.- ma
nessuno gli prestò attenzione.
Haruya puntellò i piedi a terra –E da quando Fumiko fa parte del
team di spionaggio?- domandò, socchiudendo gli occhi sino a ridurli a due
fessure.
Maki alzò
gli occhi al cielo, portandosi le mani ai fianchi -E da quando hai tu
l’esclusiva, Mister Tulip—
-Ok, non mi
pare il caso di litigare per queste stupidaggini!- si intromise Reina, guardando entrambi torva. Nessuno fiatò oltre –Più informazioni abbiamo e meglio è.-
quindi si rivolse a Maki –Spero che Fumiko sia stata discreta, nel chiedere.- sospirò,
massaggiandosi una tempia. Lo sapeva tutto il Sun
Garden che quella ragazza non riusciva a tenersi un segreto per più di qualche
ora.
L’altra
agitò una mano all’aria con noncuranza –Oh, ha detto
alla sua amica che voleva provarci con il ragazzo, e che voleva più
informazioni possibili su di lui per agire meglio. E guarda caso, sua madre è
una chiacchierona che adora il figlio, quindi…- fece
spallucce.
Reina aveva esattamente la faccia di una
che non sapeva se ridere o piangere, ma alla fine si limitò ad annuire un “va
bene, lasciamo stare, l’importante è avere più materiale possibile su cui
lavorare”, frase con cui Masaki non era assolutamente
d’accordo, visto che tentare di ricordarsi i numeri di piede degli sconosciuti
non gli era mai piaciuto particolarmente.
-Comunque,
continuate così.- aggiunse Hiroto,
che quindi portò la sua attenzione ad Haruya e Fuusuke–E voi due state facendo
un lavoro fantastico. Ma se qualcuno vi aiuta, è ancora meglio, no?- sorrise
conciliante, ed Haruya sputò un “si, hai ragione” a
forza, supportato dalle piccole pacche che Fuusuke
gli stava dando sulla spalla. Lo scansò.
-Bene, Masaki.- Maki ruppe il silenzio e si avvicinò
all’interpellato, tirandolo per una manica –Torniamo
a studiare.- lo invitò, cominciando a trascinarlo di nuovo verso la cucina. Il
ragazzo non fece in tempo a mimare un “aiutatemi” con le labbra, che era già
sparito dietro la porta.
*
La parte
peggiore erano le “lezioni” con Fumiko, Reina, Ai e la partecipazione speciale di Maki.
In realtà
Maki era presente sempre. Pareva trovare tutta quella storia totalmente illegale di suo gusto, e non
voleva perdersi un momento.
Le ragazze
gli insegnavano, per sommi capi, come avrebbe dovuto comportarsi. Avevano tutti
concordato, al Sun Garden, che il tipo perfetto di
ragazza da interpretare fosse “di buona famiglia, educata, impeccabile,
meravigliosa”, esattamente come era scritto nell’annuncio. E visto che le fantomatiche
“missioni impossibili di spionaggio” di Haruya e Fuusuke avevano evidenziato l’amore spassionato della madre
del suo futuro marito per quel tipo
di ragazza, nessuno aveva trovato di che obiettare.
Solo che
farsi spiegare come stare seduti, come mangiare, come rivolgersi educatamente alle persone (dio, che cosa complicata) era
di una tremenda noia mortale.
-Masaki, ti prego, stai seduto composto.
Una signorina non tiene le gambe così aperte.- commentò Fumiko,
lanciandogli un’occhiata a metà tra il rimprovero ed il divertimento. Ecco, Masaki si sentiva preso in giro ogni singola volta che
quell’arpia gli lanciava quegli sguardi. Con riluttanza, chiuse le gambe, e si
rimise composto sul sedile della macchina della donna. Non aveva nemmeno la
forza di starci a discutere, tanto vinceva sempre lei. E poi non era
assolutamente dell’umore adatto per mettersi a litigare.
Già,
perché, proprio in quel momento, si stavano dirigendo a fare la cosa più
tremenda, noiosa, mortale che Masaki potesse pensare
di fare.
Shopping.
Sapeva che
quel momento sarebbe arrivato, prima o poi. Ma non ci aveva mai pensato
seriamente. Ma, man mano che i giorni trascorrevano, le ragazze si facevano più
pressanti, e alla fine gli era toccato seguirle.
Fumiko parcheggiò di fronte al Centro
Commerciale, e gli rivolse un “Pronto?” tutto soddisfatto e gongolante. Lui
rispose con un “no” secco, ma a lei non parve importare. Reina
tentò di consolarlo -Passerà presto.- assicurò, ma lui non ne era tanto sicuro.
Già entrare
lui da solo in compagnia di quattro donne fu abbastanza traumatico. Non capiva
se gli sguardi che gli venivano lanciati dalle persone fossero di invidia o di
scherno. Cercò di non farci caso, e seguì le sue aguzzine, che già trillavano
contente alla prospettiva di fargli girare quel posto da cima a fondo.
L’ingresso
del Centro Commerciale brulicava di persone che chiacchieravano camminando
placidamente da una parte all’altra. Qualche bambino si rincorreva sotto lo
sguardo vigile di madri che evidentemente avrebbero preferito i loro figli non
si schiantassero sulla scala mobile più vicina.
Nonostante
fosse primo pomeriggio, c’era abbastanza attività in giro. Masaki
si chiese da quanto non entrasse in quel posto. Se ci fosse mai entrato, anzi.
Ma aveva vaghi ricordi dell’ingresso ampio, del pavimento liscio color bianco
sporco e le pareti di marmo scuro, quindi dedusse che, magari quando era ancora
con i suoi genitori, almeno una volta ci fosse stato.
I negozi si
aprivano a distanza regolare sulle pareti del primo corridoio, che terminava in
un paio di scale mobili che portavano rispettivamente al parcheggio e al piano
superiore.
Seguì a
passo pesante Fumiko che aveva già puntato il primo
negozio, e solo in quel momento si rese conto del problema logistico
principale, e tirò la manica della donna –Ehi, Fumiko.- chiamò, le sopracciglia esageratamente aggrottate
in un’espressione di crescente panico sul viso –Come
faccio a provarmi i vestiti? Cioè sono- sono un ragazzo adesso.- mormorò, e quasi non si accorse di Maki e le
altre che si avvicinavano per ascoltare, tanta era l’ansia. Non avevano mica
intenzione di fargli provare abiti da donna come se niente fosse, si augurava.
Trasalì
alla risolino perso di Ai, che stava palesemente cercando di non scoppiare a
ridergli in faccia. Masaki si voltò di scatto,
lanciandole un’occhiata più curiosa che arrabbiata, mentre Fumiko
gli poggiava una mano sulla spalla –Oh? Ma non devi
provare niente.- assicurò lei, strizzandogli l’occhio quando lui tornò a
guardarla –Ti abbiamo portato qui solo per farti
assistere e sperimentare un po’ di atmosfera. I vestiti già li abbiamo
comprati.- assicurò, con un sorriso che diceva “non che tu abbia mai avuto
possibilità di scelta in tal senso, tesoro”.
Masaki sentì il collo andargli in fiamme e
gonfiò le guance in un moto di stizza, e si sentì bollire quando quella
aggiunse –Però dobbiamo comprare anche qualche
striscia per la ceretta, quindi poi passiamo al supermercato.- si sentì mancare
e si aggrappò al braccio di Reina, gli occhi
strabuzzati ed un’espressione da pesce fuor d’acqua in viso. La donna gli
carezzò un paio di pacche sul capo –Vedrai, non sarà
così male.- dal suo tono, Masaki capì che nemmeno lei
fosse particolarmente entusiasta di quella gita.
“Meglio”,
pensò, “perlomeno possiamo farci forza a vicenda.”
Inutile
dire che il giro fu estenuante. A Masaki facevano
male i piedi, le braccia (perché era lui che teneva le buste, ovviamente) e la
testa. In ogni caso, le ragazze non avevano di certo scherzato quando avevano
parlato di calarsi nell’atmosfera. Nel mentre che entravano in negozi diversi,
continuavano a riempirlo di nozioni del tipo “le righe vanno di moda
quest’anno” e “l’arte dello spettegolare si impara con il tempo, ma vedremo
cosa fare con te. Ad esempio, i tuo capelli fanno schifo” e altre cose che lui
trovò del tutto inutili.
Di certo si
stavano solo divertendo a tormentarlo un po’.
Maki aveva
continuato a fargli domande sul ragazzo che avrebbero dovuto imbrogliare. Ormai
aveva imparato anche i suoi gusti musicali e le letture preferite di
Shakespeare preferite. Aveva bei gusti. Insomma, alcune cose piacevano anche a
lui, anche se altre erano davvero assurde, tipo che passava minimo un’ora e
mezzo ad acconciarsi i capelli ogni mattina. Quale individuo normale spreca
un’ora e mezza della sua vita per i capelli tutti i giorni?
Era strano conoscere tutte queste cose di una persona senza nemmeno averla mai
vista o averci parlato, ma cercava di pensarci il meno possibile.
Ora se ne
stavano tutti e cinque abbandonati attorno al tavolino di un piccolo bar del
Centro Commerciale. Alla fine, si accorse Masaki,
tutto quello che avevano comprato era comunque per l’impresa illegale. Si sentiva parecchio in imbarazzo, a dire la
verità, sapendo che un sacco di soldi erano stati spesi solo ed esclusivamente
per lui, per quanto non fosse entusiasta all’idea che si trattasse di abiti da
donna.
Fumiko gli aveva spiegato a cosa servivano
i trucchi che aveva comprato, adducendo che “i colori che uso di solito sono
più scuri, tu devi sembrare una ragazza acqua e sapone, quindi ho scelto
qualche tonalità di azzurro, violetto, magari…” e poi
Masaki aveva perso il filo del discorso.
I vestiti,
doveva ammettere, erano molto belli. Li aveva pagati Reina
(e scelti lei assieme ad Ai, grazie al cielo, perché Maki voleva proporgli una
minigonna a scacchi che non solo era tremenda, ma anche del tutto fuori dal
personaggio che avrebbe dovuto interpretare), ma Masaki
ricordava distintamente solo una camicetta color crema ed una gonna lunga a
pieghe azzurra che avrebbe dovuto “caderti fino alle caviglie e nasconderti
quei polpacci antiestetici che ti ritrovi”, aveva concluso Fumiko.
Si sentiva
giusto un filo discriminato per essere un ragazzo, ma tentò di non farsene
veramente un cruccio.
Cercò di
mettersi composto, ma si rifiutò di accavallare le gambe. Teneva la schiena
rigida da giorni ormai, e gli faceva malissimo. Trasalì quando le mani fredde
di Reina gli si posarono ai lati del collo,
cominciando a massaggiarlo piano. Non si scansò, ed anzi si rilassò un po’
sotto al suo tocco, ed emise piccoli mugolii di soddisfazione come stesse
facendo le fusa, socchiudendo gli occhi.
-Devi
cercare di camuffare la voce.- se ne uscì ad un certo
punto Ai, inclinando il capo. Una tenda di capelli violetti si mosse con lei –Non ne hai una molto bassa, fortunatamente. Ma dobbiamo
lavorarci un poco.- spiegò. Masaki emise un basso
lamento, irritato dall’essere stato disturbato durante il massaggio rilassante,
ma si risolse ad alzare le spalle in un segno d’assenso.
-Stai
andando bene.- aggiunse Fumiko, senza guardarlo, come
se la infastidisse fargli dei complimenti –Mangi in
modo più…consono
ed eviti di prendere a male parole le persone.- ci fu una pausa –Bhè, tranne Hiroto.-
-Hiroto se le merita sempre.- brontolò il
ragazzino, muovendo una mano all’aria con fare vago, e strappò una piccola
risata a Reina, dietro di lui.
In fondo era contento di star procedendo bene.
Anche
quella gita assurda in fondo gli era servita. Supponeva che fingersi una
ragazza richiedesse anche la capacità di sentirsi a proprio agio in mezzo ad un
gruppo di altre ragazze, esattamente come si sentiva lui quando si ritrovava
con i suoi amici maschi. E, ecco, ancora era sprovvisto di questa sicurezza, e
passare tutto quel tempo in compagnia di donne poteva aiutarlo in quel senso,
anche se si trattava di persone che conosceva bene.
-Ora, però,
dobbiamo passare alla parte successiva.- lo sguardo che Fumiko
gli lanciò bastò a fargli rimestare lo stomaco, e quello che disse dopo non gli
piacque per niente –Devi abituarti ad indossare abiti
femminili e a comportarti come il tuo personaggio richiede quotidianamente.-
sospirò, consapevole di quanto sarebbe stato difficile anche solo fargli
mettere gli abiti che avevano preparato per lui.
Masaki fece per ribattere qualcosa, ma
quella alzò la mano e lui ammutolì.
-E
cominciamo oggi.-
*
-Avevi
detto che mi sarei dovuto vestire da donna, non che avremmo dovuto fare questa
cosa!- la voce di Masaki era di almeno due ottave
superiore al normale (Ai sarebbe stata contenta, ora sembrava quella di una
ragazza, perlomeno), mentre scalciava e si agitava.
Hiromu e Ryuuji
lo stavano trascinando in bagno, tenendolo sotto le ascelle. Il poveraccio dai
capelli color pistacchio stava sudando, tanta era la fatica che gli ci voleva
per spostare il ragazzino di qualche centimetro, mentre il castano rivolgeva a Masaki piccole occhiate compassionevoli, come a dirgli “lo
stai facendo per il bene della comunità amico, resisti”.
Riuscirono
a superare la porta.
Fumiko sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Quantomeno, pensò Masaki, aveva evitato di chiamare Hiroto. Farsi vedere così da lui sarebbe stato veramente,
veramente imbarazzante, non avrebbe mai più trovato il coraggio di guardarlo in
faccia.
-Senti, Masaki, va fatto. Tutte le ragazze lo fanno, prima o poi.-
ci fu una pausa, in cui la donna dai capelli rosa scuro tirò fuori dalla busta
della spesa una scatoletta di un piacevole color lilla –Passa
in un attimo, ed io non ho intenzione di farti andare in giro per casa con una
gonna se hai tutti quei peli.- e si esibì in
un’espressione di totale disgusto, scuotendo la testa come se il solo pensiero
le facesse venire il voltastomaco.
Tornando a
casa dal Centro Commerciale si erano fermati a prendere quelle strisce
depilatorie di cui avevano parlato. Ma mai Masaki
avrebbe pensato che servissero per lui.
Era
terrorizzato.
Non aveva
mai fatto nuoto, o qualsiasi altro sport che lo costringesse a… a depilarsi, e
era sempre sentito così fortunato a
non dover subire quella tortura.
In quel
momento maledisse Fumiko, Hiroto,
sé stesso e quell’idiota del tipo per cui doveva subire tutta quella pena.
Ryuuji e Hiromu
lo tennero fermo sulla sedia che era stata portata in bagno, e lui si lasciò
sfuggire un singulto –Non voglio.- piagnucolò,
raggomitolandosi poco eroicamente su sé stesso. Fece vagare gli occhi sulla
stanzetta del bagno che si trovava al primo piano. Non era molto spaziosa,
giusto lo spazio di un lavandino con specchio, un piccolo comodino, sanitari e
una doccia. Piastrelle azzurre decoravano le pareti fino a metà altezza, ed il
pavimento era dello stesso colore. La sedia era stata sistemata davanti al
lavandino, in mezzo alla stanza, di modo però che guardasse la porta e non lo
specchio.
A quel
punto Fumiko sorrise in modo rassicurante. O almeno
ci provò –Senti. Tra poco più di una settimana dovrai
incontrare uno scapolo straricco, esigente e molto, molto carino.- cominciò, e Masaki non potè fare a meno di pensare con stizza un “ah, è pure
carino”, storcendo il naso. Al di là del fatto che quella fosse l’unica
informazione sul suo futuro sposo che
aveva ricevuto da lì ad una settimana, gli dava quasi fastidio pensarlo come ad
un bel ragazzo. Lo irritava. Sembrava una presa in giro “ti devi staccare i
peli dalle gambe perché, ehi, quel tipo è proprio un figo,
ne vale la pena”. Fumiko continuò –Dovrai
fingere di essere una ragazza, convincerlo a sposarti e poi lo mollerai come un
fesso.- la cosa fece rabbrividire Masaki. Solo a
pensarci gli veniva la nausea, e si morse forte il labbro -…
Non penso che la ceretta sia la cosa più spaventosa.- sospirò quella,
portandosi le mani ai fianchi.
Masaki poteva quasi leggerle negli occhi
una muta rassicurazione, una comprensione che lo stupì parecchio. Si sentiva
quasi a disagio, ad essere incoraggiato da Fumiko.
Riluttante,
tentò di rilassarsi, e sentì la presa di Ryuuji e Hiromu sciogliersi.
L’uomo dai
capelli verdi lo guardava con le pupille grosse come due dischetti da hockey
per la fatica -… Esco a prendere un po’ d’aria.- alzò l’indice all’aria, quindi si dileguò, forse
spaventato anche lui da quello che sarebbe successo di lì a poco. Hiromu lo seguì subito dopo, ed al suo posto entrò Maki.
Dio, che cosa irritante, quei due parevano sempre darsi il cambio. Non lo
lasciavano mai da solo, purchè fosse con uno dei due –Masakichan- salutò quella, e fece per fargli una delle
domande con cui lo tartassava da giorni, ma evidentemente lo sguardo
terrorizzato del ragazzo la fece demordere.
-Bene.- Fumiko ritornò al solito tono –Sfilati
i pantaloni, cominciamo dalle gambe.
Masaki piagnucolò, ed arrossì come un
peperone. L’altra inarcò un sopracciglio, mentre Maki lo guardava con tenerezza
–Non preoccuparti, non sei granchè
attraente, non mi interessa se rimani in mutande.- alzò gli occhi al cielo la
donna dai capelli rosa scuro. Lui fece come ordinato, innegabilmente offeso,
tornando a sedersi, a disagio.
Maki
sistemò un piccolo sgabello poco lontano dalla sedia, e Masaki
vi stese la gamba destra.
-… Quanto fa male?- domandò, mentre la
sua aguzzina strofinava un pezzo di carta tra i palmi delle mani, velocemente.
Poi ne ricavò due fogli, aprendolo come quando si stacca una figurina dalla
protezione di carta. Ne applicò uno sulla gamba di Masaki,
inclinando il capo di lato -… Tanto.- assicurò, con
un sorrisetto crudele, ed il ragazzo non fece neanche in tempo a dargli della
vipera che dovette soffocare un grido ben poco virile sul palmo della mano.
Sgranò gli
occhi all’improvviso dolore quando l’altra strappò velocemente il foglio dalla
pelle. Era stato come se tanti spilli lo avessero punto allo stesso momento.
Non aveva fatto eccessivamente male,
ma era stato traumatico lo stesso (e le donne facevano quella cosa quante
volte? Una al mese? Ma erano pazze?)
-Ugh.- commentò Maki, lanciando
un’occhiata alla striscia depilatoria –Bhè, ne avevi
proprio bisogno.- ci fu una piccola pausa –Che
schifo.- Masaki la guardò oltremodo male, ma quando
posò lo sguardo sui resti dei suoi poveri peli dovette ammettere che, uh, erano davvero un sacco. Non riuscì a
commentare oltre che un altro strappo gli provocò un lamento.
Andarono
avanti così per una buona mezz’ora, e Fumiko finì le
strisce della scatoletta lilla eliminando ogni pelo da gambe, cosce e braccia
di Masaki (le cosce erano stata la tortura peggiore
di tutte). Tentò anche di fare scherzi e strappare quelli sotto le sue povere
ascelle, ma Masaki cominciò a gridare come impazzito
e quella si risolse a concordare che lo avrebbero fatto più avanti, anche se
“hai un cespuglio là sotto, vergognati”.
Poi passarono
a togliergli e sfoltirgli le sopracciglia. La pinzetta era tremendamente
irritante, e Masaki sussultava ogni volta che Fumiko staccava qualcosa, e gli occhi gli lacrimavano da
morire.
Fu poi il
turno delle basette. “Dio, Masaki, ma che roba ai ai lati della faccia” aveva esclamato Maki, togliendogli
anche quelle con la ceretta. Masaki si era sentito
ancora più offeso. Non erano mica così folte.
E poi via
anche i baffetti. Ah, dio, stava cominciando a crescergli una mezza barba come
si deve, era davvero poco educato da parte loro spazzare via così tutta la sua
fatica.
A Masaki non piaceva molto il contatto fisico, ma, nonostante
il dolore, non gli diede fastidio che le due donne si prendessero cura di lui.
Entrambe stavano cercando di fargli meno male possibile, e lui era sicuro che
chiunque altro avrebbe fatto molto peggio.
Quando
finirono, si sentiva gambe e braccia doloranti (e si erano anche arrossate
parecchio), e fu un sollievo cacciare le due donne via dal bagno e farsi una
doccia. Era decisamente strano non sentire una cosa che era stata con lui da
tipo, bhe, la sua nascita, nonostante il conforto
dell’acqua fresca sulla pelle, e fu decisamente scioccante sentire
l’asciugamano scivolargli sulla pelle una volta uscito.
Si sentiva così…liscio.
Sbuffò,
scuotendo la testa, e per poco non si congelò sul posto quando si accorse che
sul comodino vicino al lavandino erano stati poggiati dei vestiti. Ovviamente
da donna. Emise un lamento frustrato, ma li indossò senza neanche guardarli.
Quando però
incontrò il suo riflesso allo specchio, quello sopra il lavandino, per poco non
gli venne un colpo.
La prima
cosa che notò fu il viso. Cioè, era sempre lui. Ma assurdamente diverso allo
stesso tempo. Le sopracciglia disegnavano una curva morbida sopra i suoi occhi,
molto più fine ed eleganti di come le ricordava. Le guance ed il mento
totalmente glabri, le sue care basette ai lati del viso erano sparite. Non si
trovò poi così male, anche se era strano. Si osservò per parecchio, voltando il
capo in diverse direzioni per guardarsi meglio.
Poi
concentrò gli occhi sui propri vestiti.
Fumiko gli aveva lasciato la camicia color
crema che gli aveva comprato Reina. Percepì la gonna
azzurra sfiorargli piacevolmente le gambe depilate, ed abbassò lo sguardo,
agitandosi nella gonna. C’era troppa aria tra le sue gambe, e non capiva se la
cosa gli desse fastidio o meno. Distese e ritirò le dita dei piedi, le
sopracciglia aggrottate. La gonna gli arrivava alle caviglie,e gli faceva il
solletico.
Premesso
che non aveva assolutamente un petto da donna e non riusciva davvero ad
identificarsi come tale, le cose gli stavano bene addosso. Cioè, era molto
strano avere quei vestiti su di sè, e si sentiva
tremendamente a disagio, ma un piccolo sorriso gli increspò le labbra nel
pensare che ormai lì al Sun Garden lo conoscevano
talmente bene che nemmeno si sbagliavano a comprare vestiti della sua misura.
No, non
voleva proprio che quel posto venisse chiuso.
Qualcuno
bussò alla porta (Fumiko e Maki, probabilmente) –Ehi, possiamo entrare?- domandò una delle due, ma non si
diede pena di aspettare una risposta, ed aprì la porta. Lo guardarono qualche
secondo, e Masaki si sentì scrutato e ancora più a
disagio, se possibile –Ti stanno bene.- concluse Fumiko, per niente sorpresa, come se non avesse mai
dubitato della cosa. Maki si avvicinò, richiudendo la porta dietro di sé –Siediti, Masakichan.- intimò,
ammiccando nuovamente alla sedia, e lui la guardò sospettoso.
-… Niente ceretta, giuro.- rise
quella, alzando gli occhi al cielo, e lui fece come richiesto. Si sentiva le
guance in fiamme, non si era accorto di essere arrossito. Chissà cosa avrebbero
pensato gli altri, a vederlo così. Il solo pensiero gli faceva girare la testa
e la vergogna gli arrossava il collo.
Trasalì
quando la mano di Maki gli passò tra i capelli –Vediamo
di farti sembrare una ragazza anche di viso, adesso.- Masaki
scommise che stesse sorridendo.
Il suo
tocco sui capelli era assurdamente piacevole, e gli ricordava un sacco di cose.
Maki era una parrucchiera, e gli tagliava i capelli da anni. Si rilassò un poco
mentre quella lo pettinava.
Fumiko li raggiunse, un piccolo beauty
azzurro tra le mani, e si inginocchiò davanti a lui, che la guardò nervoso.
-Sono solo
trucchi, non mangiano.- sbuffò l’altra, tirando fuori boccette, matite e strana
roba di cui Masaki ignorava l’utilizzo.
Ci volle
almeno un’altra mezz’ora per l’operazione, e Masaki
cercò di non chiedersi cosa fossero quelle creme e polveri che Fumiko gli applicava sul viso. Rischiò un paio di volte di
beccarsi una matita in un occhio, e ad un certo punto si agitò talmente da far
sbagliare Fumiko, che imprecò e dovette rifare
daccapo un intero passaggio. Maki, intanto, gli acconciava i capelli. Ogni
tanto un “Fumiko, la prossima volta via anche questi
alla base della nuca, sono troppi” o “mh, meglio
usare i tuoi capelli naturali, le parrucche sono troppo evidenti” le sfuggiva a
mezza voce dalle labbra, mentre si concentrava.
Il disagio
scemò pian piano, e Masaki si rilassò. Era tutto
davvero troppo strano, e lo stomaco ancora faceva capriole per il nervosismo
(non voleva che lo vedessero così, si vergognava da morire, sentiva che lo
avrebbero preso in giro fino alla fine dei suoi giorni), ma in fondo si sentiva
curioso di guardarsi allo specchio e vedere quali miracoli avevano compiuto le
sue due amiche.
-Le spalle
sono troppo larghe, dobbiamo farti indossare qualche maglione largo.-
puntualizzò Fumiko, una volta che fu tornata in piedi
e lo ebbe squadrato per bene –Ma direi che sei… notevole.- sorrise, parecchio soddisfatta. Maki la
raggiunse e fischiò, allargando un sorriso enorme sul viso –Masaki,
sei proprio una ragazza carina, lo sai?- constatò, e Masaki
non seppe se prenderlo o meno come un complimento. Poi quella si tolse il
cardigan beige che indossava, porgendoglielo –Tieni,
prova a mettere questo.
Masaki si alzò senza guardarsi allo
specchio e provò il cardigan, osservando le maniche un po’ troppo lunghe con
occhio critico.
-Guardati.-
ammiccò Fumiko, impaziente.
Un
po’ riluttante, il ragazzo si girò ad osservarsi allo specchio, e per poco non
si strozzò con la sua stessa saliva. Era ancora più diverso di prima. Il suo
viso era appena più pallido, le sue guance più rosse. Sapeva di essere
truccato, ma a guardarsi non lo avrebbe detto, a parte quella piccola linea di
matita azzurra che gli incorniciava gli occhi. Le labbra erano più rosse di
come le ricordava, ma di un rosso piacevole. I capelli erano tirati su in
un’acconciatura elaborata. Li aveva abbastanza lunghi per un paio di piccole
trecce, che Maki aveva appuntato su un piccolo chignon. Dall’altra parte dello
specchio, una ragazza abbastanza graziosa lo guardava stupita, come se neanche
lei credesse di poter essere così carina.
-Ma— azzardò, un po’ stordito –Sono io?- aggrottò le sopracciglia, confuso.
Le
due risero, e gli furono affianco –Ancora non sei
perfetto, manca qualche aggiustamento.- spiegò Fumiko–Ma sarai circa così. Cerca di prenderci
familiarità.- si raccomandò, dandogli quello che a Masaki
sembrò un buffetto sulla spalla. Si agitò un po’ nei vestiti –E’ strano.- masticò, sospirando –Mi
vergogno.- aggiunse, a voce più bassa, come se ammetterlo ferisse enormemente
il suo orgoglio.
-Credo
sia normale, Masakichan.- gli assicurò Maki,
sorridendo dolce –Ma così piacerai sicuramente al
signorino Minamis— si beccò uno schiaffo sul collo,
ed un “ouch!” particolarmente ferito le sfuggì dalle
labbra. Fumiko le lanciò un’occhiataccia “cretina,
sta’ zitta, non lo deve sapere” dicevano i suoi occhi amaranto. Maki sembrò
dispiaciuta.
Bene,
ora Masaki sapeva che il futuro sposo era un figo e si chiamava Minamis-qualcosa. Beh, erano passi
avanti, indubbiamente.
Gli
dava un po’ fastidio essere l’unico a non conoscerne l’identità. Era assurdo
sapere tutto di lui ma non avere idea di cose essenziali come il suo nome e la
sua faccia.
-Bhè, che dici.- ridacchiò nervosa Maki,
cercando di cambiare discorso –Andiamo a mostrarti
agli altri?- propose –Reina e Hiroto
vogliono darti qualche altra dritta su come evitare di mangiarti quel
poveretto.- ridacchiò, e Masaki alzò gli occhi al
cielo. Non era molto contento di uscire e mostrarsi al mondo nel suo nuovo look
femminile, ma fece del suo meglio per voltarsi ed avviarsi verso la porta del
bagno. Inciampò un paio di volte nella gonna, imprecando.
Fumiko rise –Bhe,
pare ci sia ancora un mucchio di lavoro da fare.- constatò, e Masaki sospirò sconsolato.
Era
sicuro che ce ne sarebbe voluto parecchio.
¥¥¥¥¥¥¥¥¥¥
Buongiorno
a tutti!
Come
già ho detto, liberarsi di me non è facile, e ogni tanto mi rifaccio viva uhuhuh
E
poi questa è la prima long AtsuMasa che scrivo e
insomma non voglio lasciarla a prendere muffa, quindi non aspettatevi che la
lasci perdere così facilmente! *le ultime parole famos—
Alour. In questo capitolo abbiamo preciousdork del Sun Garden che sfogano il loro disagio su Masaki. Ho voluto dedicare alla parte di preparazione
almeno un intero capitolo, che proseguirà per buona metà del prossimo, perché
mi piace molto scrivere di loro e approfondire i loro rapporti mi intriga
parecchio.
Per
quanto riguarda Fumiko, ovviamente lei e Masaki si vogliono molto bene, ma entrambi hanno un
carattere del cavolo quindi stanno sempre a lanciarsi frecciatine e
bisticciare. E Ryuuji ha poca resistenza. E Masaki non ha assolutamente una mezza cotta per Hiroto ve lo siete immaginato.
Maki
ed Hiromu sono sposati, ma mi pare di averlo già
detto (?). Il fatto che Maki sia una parrucchiera l’ho ripreso da un’idea di roby (happley), mi
piaceva troppo per non inserirla, scus—
Spero
di aver reso bene l’idea delle sensazione che penso Masaki
provi indossando per la prima volta in vita sua un abito da donna. E si, ho dovuto
farlo peloso, perché ha tipo diciannove anni e nonostante negli anime siano
belli e lisci ho immaginato ne avesse parecchi. Mi spiace se a qualcuno ha
fatto un po’ schifo, ma fa parte del lavoro sporco (?) *e
io mi sono divertita tantissimo piango