Heroin of the world

di Kimly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** INTRODUZIONE ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***



Capitolo 1
*** INTRODUZIONE ***


Questa è una mia nuova FF...Non so se vi possa piacere ma spero che la leggerete in tanti e soprattutto che la commentiate...detto questo..BUONA LETTURA^^

 

 

Tum, tum.

Sentivo i battiti del mio cuore, lenti, gravi.

Gli occhi erano pesanti, stanchi come lo ero io.

Non vedevo l'ora di lasciarmi cadere a letto, addormentarmi profondamente e sognare.

Ma forse...stavo già sognando?

Camminavo, in un bosco, coperto dalla nebbia.

Ruzzolavo sulle pietre che mi ostacolavano il passaggio.

Poi una sensazione, strana e per niente piacevole.

Iniziai a correre, veloce, più veloce, tanto da inciampare spesso.

Non sapevo se stavo scappando da qualcosa o se stavo correndo per salvare qualcosa...o qualcuno.

Correvo, correvo, l'aria gelida dentro di me mi sformazava il respiro.

Non avevo più fiato, ma non mi fermai, continuando la mia maratona personale.

Vidi un'ombra, due, tre, erano dappertutto.

Quando sentii una brezza leggera muovermi i capelli, un brivido mi salii lungo la schiena ma non ne ero spaventata ma stranamente attratta.

Stavo per avanzare verso le ombra quando...

-Sono le sette!!!!!

La voce di mia madre mi raggiunse, chiara e decisa.

Aprii gli occhi a fatica.

Un sogno. Era stato tutto un sogno.

Ancora assonnata mi sedetti sul letto, avevo ancora il fiatone.

Mi premetti una mano sul cuore.

Tum.Tum.Tum.Tum.

I battiti erano accellerati come dopo una corsa, una lunga corsa.

-Ehi!Sei sveglia?- Mia madre sbucò dalla porta.

Annuii e scesi dal letto, dritta verso il bagno.

Lavata e vestita, raggiunsi la cucina, pronta a mettere qualcosa sotto i denti.

-Tutto bene?-chiese mia madre, vedendomi pensierosa.

-Uh?-dissi io, sovvrapensiero.

-Stai ancora dormendo.-affermò lei ridendo.

Risposi al sorriso, falsamente.

Suonarono di sotto.

-Devo andare, Alex è qui.-dissi io, prendendo lo zaino e aprendo la porta per uscire.

-Guarda che Claire oggi non torna a casa.-disse mia madre, fermandomi in tempo.

-Come sempre.-sussurai io e con un noioso "Ciao" uscii.

Abitavo in un appartamento al primo piano con i miei genitori e mia sorella Claire.

Scesi le scale velocemente e trovai Alex ad aspettarmi.

Alexandra, per noi Alex, era una mia vecchia compagna di scuola.

Io non la consideravo amica, piuttosto era una specie di cagnolino.

Mi seguiva dappertutto, si vestiva come me, parlava come me e pensava come me.

Una conversazione con lei era praticamente impossibile, tanto qualsiasi cosa dicevo lei era d'accordo.

Sfortuna voleva che lei abitava vicino a me e quindi dovevamo condividere la strada verso la scuola.

-Ciao, Hero!- mi salutò lei.

Salutai con la mano.

Il mio affetto era molto limitato, specialmente il mattino.

Non abbracciavo nessuno, non baciavo nessuno insomma nessuna dimostrazione d'affetto, eccezion fatta per la mia famiglia.

Per tutta la strada parlò solo lei, spettegolando su quasi tutti i nostri compagni di classe e professori.

Io facevo finta di ascoltare, ripensando al sogno.

Non ricordavo molto, solo una faticosa corsa, un senso di terrore alla vista delle ombre e un grande sollievo appena quel venticello aveva soffiato.

-Hero! Hero!

-Che c'è, Alex?- sbottai io, irritata.

-Ti ho chiesto: tu cosa ne pensi?

-Riguardo a cosa?- chiesi confusa e anche piuttosto innervosita.

-Non stavi ascoltando!- Alex alzò gli occhi al cielo, scandalizata.

Roteai gli occhi, annoiata. Stava per ripetermi la domanda quando...

-Hero!Alex!- Peter, il mio compagno di banco, ci corse incontro.

-Ciao, Peter!- salutò Alex.

-Ciao.-accennai io, pronta a cercare nuovamente i dettagli del sogno.

Putroppo non ci riuscii.

L'edificio della mia scuola svettava sugli alti palazzi, coperta da pochi e secchi alberelli.

Sbuffando, cercai di trattenere il minimo ricordo di quanto avevo sognato, raggiungendo la scuola.

Frequentavo una delle scuole più difficili della mia città, ma non ero una secchiona, anzi.

Quel anno infatti, il terzo per la precisione, i miei voti erano stati pessimi, per non dire orrendi.

In quel periodo stavo provando a recuperare le mie lacune, riuscendoci abbastanza.

Ogni volta, però, che vedevo quel edificio e pensavo alla professoressa Jenkins, la persona che non mi riteneva adatta per restare nella sua classe, iniziavo ad avere un buco allo stomaco.

Quel giorno, invece, avevo altro a cui pensare e non ci feci caso.

Entrai e mi sedetti ad aspettare che la professoressa arrivasse.

Neanche in banco, purtroppo, la mia ombra mi abbandonò.

-Hero, ci facciamo un giro?-mi chiese Alex.

-Non mi va, devo ripassare italiano...-mentii, tirando fuori il libro.

-Ma se ti ha già interrogato!

-...e ho freddo.-conclusi io, stanca delle sue attenzioni.

-Ciao ragazze.-ci raggiunse la mia seconda ombra, la pluriappiccicosa Lucy.

-Ciao.-brontolai io. Ma perchè non mi lasciavano in pace?

Feci finta di ripassare, provando a ripensare al sogno, ma quelle due non la smettevano di parlare e farmi domande stupide.

Stavo per urlare quando, fortunatamente, la Jenkins arrivò e Lucy e Alex tornarono ai loro banchi, lontano dal mio, grazie al cielo!

Le lezioni furono lunghe e pesanti.

Nessuno mi interrogò.

Questa fu l'unica bella notizia della giornata.

Ad ogni intervallo, infatti, le mie due ombre e Luke, un mio compagno appiccicoso come Alex e Lucy, mi avevano seguito dappertutto: al bar, in classe...Era stato snervante!

Non ero riuscita a stare sola un minuto, e quindi avevo dimenticato il sogno.

Arrabbiata, quando suonò la campanella dell'ultima ora, uscii con Lucy ed Alex dietro di me.

Aprii il cancello per tornare finalmente a casa e godermi la mia solitudine.

Quando un venticello leggero mi attraversò, un brivido lungo la schiena...

Improvvisamente ricordai ogni cosa: la nebbia, le ombre, il fiatone dopo-corsa...

Tum.Tum.Tum.

Il cuore aumentò i suoi battiti, non sapevo se per terrore o per felicità.

Era tutto così strano!

Tum.Tum.Tum.

 

Aspetto consigli e recensioni!!!!!BAX^^

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


 

Tornando a casa, continuavo a riflettere su quanto avevo sognato la sera precedente, sulle emozioni che continuavo a provare su qualcosa che non conoscevo, che mi portava in estasi ma anche un gran senso di terrore per l'ignoto.

-Beh, Hero, allora ci vediamo domani.-disse Alex.

Eravamo già arrivate davanti al mio portone, e io non me ne ero resa conto.

Felice di questo la salutai velocemente e salii.

Chiusa la porta del mio appartamento mi lasciai cadere lungo di essa, con un "Finalmente!"

Mi tolsi il cappotto e vagai per la mia dolce casetta, vuota.

-Finalmente sola!- dissi a me stessa, ad alta voce.

Capitava a volte che parlassi da sola, in questo non ero per niente normale.

Andai in cucina e, mentre l'acqua bolliva, accesi il computer per una ricerca di storia.

Mentre il mio vecchiotto computer si accendeva, iniziai a canticchiare una canzone, non particolarmente bella.

Quando sentii un rumore provenire dalla cucina che raggiunsi veloce.

Con gli occhi, perlustrai l'intera stanza, ma niente.

Vidi una sedia spostata, ma mi convinsi che dovevo averla toccata io per sbaglio, un attimo prima.

Tornai nella mia stanza, cercai qualche notizia su La Guerra dei Cent'Anni e iniziai a scrivere qualcosa.

Non riuscii a finirla, l'acqua bolliva da un pezzo.

Cucinai velocemente e dopo aver mangiato il primo, passai al dolce.

Mia madre aveva, da poco, compiuto gli anni e un po' di torta era avanzata.

Accesi la tv e, dopo aver preso un cucchiaino, iniziai a divorare il dolce, mentre delle immagine mi scorrevano davanti agli occhi.

Non finii la torta.

Stavo per rimetterla in frigo, quando mi accorsi che c'era un altro cucchiaino sul tavolo, che io non avevo preso.

Spostai lo sguardo sul cassetto delle posate, era aperto.

E io mi ricordavo di averlo chiuso.

-Sei paranoica.-mi dissi per convincermi.

Cosa poteva essere? Ladri? Ma i ladri rubano, non mangiano torte!

Fantasmi?

-I fantasmi non esistono!- affermai, con poca convinzione.

Sentii di nuovo quel venticello, lo stesso del sogno e di quella mattina.

Controllai ogni stanza, non una finestra aperta.

Stavo incominciando a spaventarmi, sentii un rumore provenire dalla mia camera, a piccoli passi provai a raggiungerla.

Drin!!!!Drin!!!!!

-Ah!- gridai io, sobbalzando.

Il suono del telefono mi fece spaventare.

Lessi il nome sul display. Alex.

Sbuffai, innervosita e feci finta di non esserci.

Il pomeriggio passò velocemente, fra compiti, tv e Alex che non la smetteva di chiamare.

Arrivò la sera, fredda e spaventosa.

-Sono a casa!- disse Claire, entrando e posando le chiavi.

-Mmm...-mugugnai davanti al quaderno, ma assorta nei miei pensieri.

-Che accoglienza!- sentii dire da mia sorella.

Guardavo fuori dalla finestra, non c'era nessuno per strada.

Finchè vicino ad un lampione, comparve una figura.

Non si vedeva bene, mi avvicinai per scrutarla meglio, chiusi gli occhi a fessura.

Metteva i brividi, ma non a me, ero curiosa di conoscere il suo viso.

-Hero, che stai facendo?- Claire entrò in stanza.

Il mio viso, spiaccicato sul vetro, si allontanò.

-Niente.-dissi ma non la convinsi.

-Cosa stavi guardando?- chiese, avvicinandosi alla finestra.

Spaventata, la stavo per fermare, quando notai che la figura era sparita.

 

 

 

 

 

Che diavolo stava succedendo?

Forse stavo solo impazzendo, cercavo cose assurde per movimentare la mia monotona vita.

Cercavo avventure che non potevo affrontare, perchè non esistevano.

Strabuzzai gli occhi di fronte la realtà.

Mi stavo creando una storia misteriosa, di cui io ero la protagonista, il solo ed unico personaggio.

Cenai in fretta, fingendo di non stare bene e corsi, al riparo, nel mio letto.

Spensi la luce, chiusi la porta e cacciai la faccia sotto le coperte.

Due minuti dopo la ricaccia fuori, mi sentivo osservata.

Mia madre era in cucina, stava lavando i piatti.

Papà e Claire guardavano un film, in salotto.

In quella stanza ero completamente sola, chi mi fissava i peluche?

Scrollai la testa, autodefinendomi ufficialmente pazza.

Eppure sentivo una presenza, ero sicura di non essere del tutto sola, lì dentro.

-Buonanotte.-dissi al nulla, di fronte a me.

Era lì che sentivo qualcosa e le parole mi erano uscite spontanee.

Mi pentii il minuto dopo.

Sì, ero ufficialmente andata!!

Chiusi gli occhi ed ero già nel mondo dei sogni.

-'Notte, Hero.-Una voce aveva risposto alla mia forma di pazzia, peccato che io non la sentii.

 

-Sono le sette!!!

Mia madre mi svegliò, come sempre.

Erano passate due settimane da quando avevo augurato la buonanotte al vuoto.

Di notte continuavo a ripetere sempre lo stesso sogno.

Di giorno mi sentivo sempre osservata e mai sola.

Ma questa stranezza, seppur anormale, mi piaceva, mi rendeva per così dire speciale.

Non sapevo ancora che quella mattina ci sarebbe stata una svolta decisiva.

Entrai in classe come tutte le mattine, non vedendo l'ora che quelle ore passassero in fretta.

-Ehilà, Hero!

-Ciao, Peter.-dissi, sedendomi nel mio banco.

-Come va?

-Come ogni mattina.-risposi, sbadigliando.

-Sei arrabbiata?-mi chiese, curioso.

-No, figurati.-risposi piuttosto seccata. Chi è felice di prima mattina, sapendo che davanti ha sei ore di scuola?

Alla terza ora, la Jenkins entrò in classe, pronta ad interrogare.

Sapevo già chi avrebbe chiamato.

-Anderson...-Ashley si alzò, mogia mogia.

-Scott...- Bobby andò sicuro alla lavagna.

-e...Miller!- terminò la Jenkins con un ghigno.

Mi alzai rassegnata.

Avrebbe fatto qualsiasi cosa per mettermi un' insufficienza. Un'altra.

Peter mi incoraggiò con un pugno alzato.

Sorrisi amaramente.

-Bene, partiamo con lei signorina Anderson.

Ashley partì bene, ma terminò in modo pessimo.

Si inventò le regole e sbagliò quasi tutta una traduzione.

Ma ovviamente riuscì a strappare una sufficienza.

-Passiamo a lei, signor Scott.

Bobby sbagliò poco e niente, guadagnandosi un voto piuttosto alto.

-Ed infine lei, signorina Miller. Oggi ha studiato?- mi chiese con un ghigno irritante.

-Certamente.-risposi io, convinta.

-Lo vedremo.-suonava come una minaccia.

Incappai in due sue domande trabocchetto, ma riuscì a cavarmela per le regole e la traduzione.

Poi mi chiese la storia, non prevista nell'interrogazione.

Abbozzai qualcosa di giusto, ma a lei non bastò.

-Un'altra insufficienza vero, Miller??-mi chiese, compiaciuta.

Mi salii il sangue alla testa, strinsi i pugni.

Stavo per risponderle a tono quando una bidella entrò nella mia classe, correndo.

-Che succede?-chiese la Jenkins, spazientita.

-Anf...di là...nell'entrata...c'è...un...un...-Capii poco, anzi niente.

Provò a calmarsi e disse.

-Nell'entrata...c'è un ragazzo...è ferito...ma non è della scuola.

-E che ci fa qui?- chiese la professoressa, confusa.

-Non l'ha detto, continua a dire sempre la stessa cosa...

Tutti aspettavano di sapere cosa fosse.

-Fatemi vedere Hero Miller.

Concluse la frase in un silenzio di tomba.

Io continuavo a guardare la donna, ma sapevo che tutti i miei compagni, compresa la Jenkins, mi fissavano, stupiti.

Senza neanche sapere chi fosse, un'orrenda sensazione mi prese allo stomaco e, sbattendo la porta, uscii, pronta a scoprire chi mi cercava...

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


Grazie a chi ha recensito e a chi l'ha aggiunta nei preferiti....BUONA LETTURA^^

 

Corsi veloce.

Ero rimasta senza fiato, proprio come nel sogno.

E come nel sogno non sapevo per chi stavo correndo.

Ripercorsi mentalmente tutti i miei familiari, tutti troppo piccoli o troppo grandi per essere considerati "ragazzi", ad eccezione di mio cugino John.

Con il cuore in gola per il terrore, raggiunsi l'entrata.

Lì, vidi un cerchio di persona, riunite intorno ad un ragazzo, accasciato a terra.

Mi avvicinai.

Gli guardai il volto e ne fui certa.

Quello non era John.

Peggio, non l'avevo mai visto prima.

Ma non ne ebbi paura, anzi.

Lo guardai meglio, aveva una profonda ferita nel fianco, ma niente sangue.

-Hero.-disse, vedendomi.

Sussultai, quando sentii il mio nome.

Gli volevo urlare "Come diavolo sai chi sono??", ma evitai e dissi solo.

-Eccomi.

-Lo conosci?-mi chiese un professore.

-Uh??Sì, è un mio amico...-iniziai io. Brava bugiarda!

-Beh, questo suo amico ci deve una spiegazione.-sentii una voce non bene definita.

Continuavo a fissarlo, avida di sapere.

-Non ora. E' ferito e va medicato.-disse una bidella, cercando di rialzarlo.

Lo afferrarono in due e con loro raggiunsi l'infermeria.

Lo medicarono e ci lasciarono soli.

-Chi sei?-chiesi subito, incrociando le braccia, contrariata.

-E' difficile da spiegare...Adesso dobbiamo pensare a cosa raccontare.- iniziò lui, mettendosi a sedere sul lettino.

-Ecco la versione: io non ti conosco e tu sei un pazzo maniaco.-dissi semplicemente.

-Ne hai di fantasia, eh?- mi disse ghignando, poi vedendo che io non ridevo affatto, tornò serio.

-Hero, ti devi fidare. Ti racconterò tutto. Promesso.

Come potevo fidarmi di uno sconosciuto??

Uno sconosciuto che mi conosceva bene??

Come potevo??

Non lo so, ma accettai.

I suoi occhi esprimevano sicurezza e mi fidai, sperando di non dovermene mai pentire.

Raccontammo una storia assurda: l'avevano derubato e ferito vicino alla scuola e quindi, avendogli rubato anche il cellulare, si era ricordato che io studiavo qui e voleva che io informassi i suoi di quanto accaduto.

Per quanto stramba, ci credettero.

-Bene ed ora, signorina Miller torni in classe.-mi disse la preside.

Annuii e lo accompagnai alla porta.

-Quando esco, devo sapere tutto.- dissi, era un ordine.

-Ti aspetterò fuori.-assicurò, facendo per uscire.

-Posso almeno sapere come ti chiami?- chiesi, fermandolo sulla porta.

-Samuel.-disse con un sorriso.

-Allora piacere Samuel, sono Hero anche se già lo sai.-dissi, gli occhi al cielo.

Sorrise ancora, prima di sparire.

Entrando in classe, mi beccai una nota per essere uscita senza permesso e, ovviamente, un'insufficienza.

Infuriata, aspettai la fine delle lezioni.

Appena suonò la campanella, scattai in piedi e mi lanciai verso la porta ma qualcuno mi bloccò.

-Hero, che fai non ci aspetti??-chiese Alex.

-Ehm...-Che mi invento??

-Mi dispiace, oggi mi viene a prendere un mio amico. Vado a casa con lui.-azzardai io.

Sembrò dispiaciuta.

-Oh, va bene...Allora ci si vede domani.-disse salutandomi.

Risposi velocemente e uscii.

Ero convinta di non trovarlo e invece era lì, che mi aspettava.

Ero talmente curiosa che stavo per buttarmi verso di lui.

Sembrò accorgersene, perchè rise di gusto.

-Ciao.-dissi affannosa, raggiungendolo.

-Eccomi qui. Andiamo?-chiese, prendendomi lo zaino.

-Grazie.-dissi, imbarazzata.

Evitammo di toccare l'argomento per tutta la strada, parlando del più e del meno.

Era una gara a chi avrebbe ceduto per prima.

Puntai su me stessa.

Giunti a casa, iniziai a cercare qualcosa nel frigorifero, optai per un panino.

Lui continuava a chiedermi della scuola, dei compagni finchè non resistetti più.

-Allora??

-Allora che??-mi chiese, fingendosi confuso.

-Chi sei e cosa vuoi da me??- dissi, lavandomi le mani.

-Tu...tu hai una missione...-mi disse con semplicità.

-E quale sarebbe??-chiesi, trattenendomi dal ridere.

Prese un bel respiro, pronto a parlare...

 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


-Salvare il mondo...-disse tetro.

Non resistetti più e scoppiai a ridere di gusto.

Non la smettevo più, avevo le lacrime agli occhi.

Lui mi guardava allibito come se fossi pazza. Io!!

-Ehm...-cercai di riprendere il controllo, mantenendo un certo contegno, mi schiarii la gola e dissi.

-Dicevi??

-Lo so che pensi che sia tutto un gioco, ma non lo è. Tu davvero sei la nostra eroina.

-Mi hai preso per WonderWoman?-chiesi, sarcastica.

-Smettila di dire sciocchezze!-mi sbraitò addosso.

Era l'ultima goccia!

-No!Smettila tu! Ti presenti da me, sapendo chi sono, ferito ma senza neanche una traccia di sangue e adesso pensi di incantarmi con questa storia?-mi alzai dalla sedia, urlando.

Presi fiato e continuai.

-Se non mi spieghi immediatamente cosa sta succedendo, ti giuro che ti denuncio!!

Scosse la testa, avvilito.

 

-Partiamo dall'inizio. Proprio dalla nascita del mondo. Sai la storia di Adamo ed Eva...-iniziò lui.

-Sì, la conosco...Vai avanti.

-Bene...Adamo ed Eva ebbero due figli: Caino e Abele.

Silenzio per cinque minuti, poi continuò.

 

Sembrava un'assurda lezione di storia, modello elementari.

-...Caino poi, per gelosia, uccise il fratello Abele. Chiaro fino a qui?-chiese come se fossi una bambina.

Alzai il sopracciglio, eloquente.

Capì e andò avanti.

-Bene. Si dice che Dio, per punizione, trasformò Caino in un vampiro. Il primo vampiro del mondo...

Poco convinta lo fissai.

Fece finta di nulla e continuò.

-Caino vagò per alcuni anni, assetato di sangue, cibandosi della povera gente che incontrava la sua strada e mordendone alcuni. Quando incontrò Amaranda, una donna che, dopo essere stata trasformata, aveva morso tutti i suoi figli. Si unì al suo gruppo, iniziarono a riunire sempre più vampiri, tutti malvagi e perfidi fino ad oggi...

-Ancora oggi esiste quella congrega, Amaranda è ancora viva mentre Caino venne ucciso per ammutinamento...Amaranda lo tradì, facendolo uccidere dal suo primogenito Dukas...- terminò la storia, sembrava abbattuto.

Non sapevo cosa dire, sapevo che la parte peggiore stava per arrivare ma non riuscii a trattenermi e gli chiesi.

-C...come può un vampiro...morire??

-Beh, è facile. Basta un pugnale d'argento, solo un pugnale d' argento. Con questo devi tagliargli la testa, se lo ferisci non muore, soffre solo.

-Questa infatti-disse indicandosi la fasciatura- è una ferita di un pugnale d'argento. Dukas mi ha mandato uno dei suoi, sono riuscito ad ucciderlo ma presto sapranno che sono qui e che tu esisti davvero...

Continuavo a non capire.

La storia era sempre più insensata e non riuscivo a capire cosa c'entrassi io.

Capì che ero confusa perchè disse.

-Come avrai capito loro sono i "cattivi", per così dire. Noi i buoni.

-Tra quelli morsi da Caino c'era anche Lylit, mia madre. Quando mi mise al mondo non si riuscì a trattenere e mi trasformò.

Lei raccolse tutti i vampiri che non volevano commettere queste uccisioni.

Per anni ci siamo allenati a bere sangue umano solo tre volte al mese e mantenerci vivi con questa poca riserva...

-Io non riesco ancora a capire cos...-iniziai, stufa.

-Fammi finire. Dukas ha notato che stiamo cercando in tutti i modi di ostacolarli, così hanno deciso di attaccare gli umani. Fare razzie, dissetare una volta per tutte la loro immensa sete.

Vogliono dominare il mondo, nessun umano sopravviverà...Non sanno che così neanche noi sopravviveremo. In pochi anni la Terra rimarà solo un insieme di territori disabitati...Qui entri in gioco tu.

Finalmente la parte che mi interessava...

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


-Fammi capire bene.- dissi prendendo un respiro, confusa.

-Mi stai dicendo che io sarei...ehm...come dire...il vostro capo?-chiesi stupita.

-Più o meno. Dukas ha bevuto il sangue di Caino, prima che egli morisse, e di Amaranda, cioè sua madre e suo padre, anche se Caino non lo era proprio.

Quindi adesso è troppo potente per essere sconfitto da dei semplici vampiri, se conti che ha bevuto il sangue del primissimo vampiro. Ho fatto delle ricerche. Esiste la leggenda che una giovane ragazza sarà il leader dei ribelli, che dovrà cercare i Guardiani, i suoi guardiani.

-E chi sono?

-I Guardiani sono vampiri ma anche entità. Guardiani si nasce, sono i predestinati a combattere con te, aiutarti. Ne esistono quattro, oggi infatti andremo a cercarne uno. Ho un sospetto...

-No, no, no, no, frena un minuto! Io non ho ancora capito se questa assurda storia sia vera, non ho ben capito chi sei tu e già mi parli di missioni?- dissi camminando avanti indietro per la stanza, avevo un gran mal di testa.

-Io sono un semplice protettore, ti devo solo guidare e non appena avrai trovato i Guardiani sarai pronta a combattere...

-Combattere? Ma sei impazzito, io non lo so fare!- stavo riprendendo ad urlare.

-Tu sei il capo dei ribelli...

-Mi hai preso per John Connor?-strillai io, incavolata.

-Chi?-chiese confuso.

-Lascia perdere...-mugugnai io, più calma e continuai.

-Comunque ammettiamo che ti creda, oggi con te non posso venire da nessuna parte. Domani ho un test importantissimo e sono già le tre, mi spiace sarà per un'altra volta.

Lo guardai, era arrabbiato, mi fissò attentamente prima di sbottare.

-Guarda che non è un gioco!

-L'hai già detto...

-E tu non mi hai ascoltato! "Oggi non ho tempo, domani forse..."- mi scimmiotò lui prima di riprendere.

-Non devi andare dal parrucchiere dove puoi rimandare, qui c'è in gioco la vita di tutte queste persone.

-Va bene, ho capito. Andiamo dove dobbiamo andare e poi torniamo presto.-dissi offesa.

Uscimmo da casa.

Percoremmo la strada in silenzio.

Prendemmo l'autobus. poi un altro e un altro ancora, non ce la facevo più.

-Per favore, mi fanno male i piedi. Siamo arrivati?-chiesi stravolta.

-Che lagna che sei, manca poco. E pensare che sei miliardi di vite dipendono da te.-mi disse acido.

-Beh se la pensi così, posso anche andarmene...-risposi facendo dietrofont.

Mi prese il braccio, stringendolo forte.

-Eccoci.-mi disse, lasciandomi andare ed indicando un edificio malridotto e mezzo-distrutto.

-Mi hai fatto male.-mi lamentai io, massaggiandomi l'avambraccio.

-Piantala. E saliamo

Raggiungemmo il terzo piano, a piedi perchè l'ascensore era guasto.

-Mi spieghi da chi stiamo andando?-chiesi impaziente.

-Sospettiamo che qui ci sia un guardiano, Dafne Sanders. Le hanno visto, qualche giorno fa, il simbolo dei Guardiani.

Non ebbi il tempo di chiedere "Che genere si simbolo?" che Samuel aveva già bussato e aperto la porta.

Quello che vedemmo fu terribile, almeno per me.

Un corpo senza testa era steso a terra, privo di vita.

Rimasi sulla porta, sconvolta e lanciai un urlo quando vidi la testa a pochi passi da me.

Doveva essere stata bellissima.

Era bellissima: capelli corti e corvini, occhi di un inteso color ghiaccio, viso perfetto e pulito.

L'espressione però era di puro terrore, doveva aver capito quello che le stavano facendo.

Se ci fosse stato del sangue, probabilmente sarei scoppiata a piangere, ma non lo feci.

Non davanti a Samuel.

-Accidenti!-lo sentì dire, di fianco al corpo.

-Che...che...è successo?-chiesi, la gola secca.

-Era un Guardiano. Ma Dukas è arrivato prima.-disse tremando di rabbia.

Mi avvicinai e mi mostrò il polso della ragazza: lì, in piccolo, era marchiato in nero un quattro. Era il quarto Guardiano. Una persona in meno su cui fare affidamento.

 

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