Fa' qualcosa, Hershel!

di butterfly_heart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indecisioni. Timori. Paure ***
Capitolo 2: *** Un altro inizio... ***
Capitolo 3: *** Un'esplosione di fuochi d'artificio nel mio cuore ***
Capitolo 4: *** Decisione e delusione ***
Capitolo 5: *** Quelle due benedette parole ***
Capitolo 6: *** L'invito ***
Capitolo 7: *** Rivelazione. Reazione inaspettata? ***
Capitolo 8: *** La Targent ***



Capitolo 1
*** Indecisioni. Timori. Paure ***


Lo vedo allontanarsi da me, accompagnato dai suoi nuovi “mamma e papà”, titubante e pauroso come non mai. Perchè? Perchè deve andarsene? Perchè non possiamo essere una famiglia normale, avere una vita normale?... Come...? Ho davvero detto normale? Perchè, Hershel, un bambino i cui genitori sono stati rapiti e il cui fratello è adottato da altri senza che possa scegliere, potrà tornare ad una qualche forma di normalità? No, certamente. Eppure, ora, la normalità è ciò che desidero, ma ciò che non avrò. Mio fratello se ne sta andando. Forse per sempre. Chiudo la porta, affranto.

No, no. In effetti, mi sto preoccupando troppo...fratello. E’ forse una parola così importante...? Fratello. Fratello. Come si può definire un “fratello”? Colui che condivide con te i genitori...già, ma più di questo? Nulla. Insomma, non sono certo tenuto a stare con mio fratello. Mica sono obbligato. Mica...mica...
Eppure...io voglio stare con lui. Mi è stato portato via, e ora lo rivoglio. E’ stato allontanato da me, e ora voglio che ritorni. Gli voglio così bene...il mio Theodore. Chissà cosa starà facendo adesso...magari...magari mi sta perfino pensando! Oh, beh, forse è anche abbastanza scontato. Sono suo fratello...!


Mio padre e mia madre. Dove sono? Mi mancano. Da morire. Sono stati rapiti...papà deve proteggere la mamma, e la mamma fare coraggio al papà, così si salveranno...
Magari ora sono imbavagliati ad una sedia e stanno soffrendo...magari...oddio...magari li stanno torturando! Devo andare a salvarli! Ora! Forza, Hershel: zainetto sulle spalle e parti. Parti! Cercali! Li ami, no? Allora vai!
...beh? Perchè non esci? Un solo passo e sarai uscito. Le tue gambe non si muovono, ma tu vuoi uscire. Devi uscire! Seppur strisciando, devi uscire, trovare mamma e papà mandando via quei tipi, riportarli a casa, chiamare Theodore e dirgli che li hai trovati, e che non deve più andarsene...che può stare con la sua famiglia...Immagina la sua espressione in quel momento, Hershel, immaginala...e lotta tenendola a mente!
Fa’ qualcosa, Hershel!
...pur con i più bei pensieri, non mi muovo. Ah, ora ho capito perchè sto fermo sul ciglio della porta: una voce dentro di me mi sta domandando: “Si...e dove andrai? Da dove inizi a cercarli? Ti pare tu possa chiederlo in giro come si chiedono le indicazioni stradali? Ma non farmi ridere. Cresci un po’, Hershel. No, aspetta: farai meglio a chiamare così tuo fratello...”.
“Cresci”? Come se non lo avessi già fatto. Quella notte, in cui i miei genitori sparirono, sono cresciuto tutto d’un colpo. E allora...devo andare...uscire...

...eppure sto fermo, e non mi decido ad aprire questa stramaledetta porta.

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Capitolo 2
*** Un altro inizio... ***


Chiedo perdono per l’imperdonabile (?) ritardo, ma ho avuto un po’ di problemi in famiglia...
...bene! Ecco un altro spezzone della vita di Descole. Ho immaginato che Hershel e Theodore avessero 4 anni di differenza.
Ringrazio anche chi legge e basta ^^
Una cosa: nel primo capitolo ho narrato in 1° persona, ma d’ora in poi narrerò in terza, perchè preferisco, e poi, per certi episodi più avanti, la 3° persona è d’obbligo. Finiti i preamboli, buona lettura!












Hershel Bronev ora aveva 14 anni. O meglio...Desmond Sycamore ora aveva 14 anni. Si, perchè Hershel era stato adottato dai coniugi Sycamore e viveva con loro. In un appartamento in una piccola città, come tanta altra gente normale.
Lo avevano portato lì da poco, circa 3 mesi. Erano due persone buone e gentili, Hershel doveva ammetterlo. Erano pazienti con lui, anche quando lui rispondeva con rabbia o non voleva stare con loro a tavola a mangiare. I primi giorni, gli permisero perfino di mangiare da solo nella sua nuova cameretta perchè lui altrimenti, aveva detto, non avrebbe toccato cibo.

Li sentiva ogni tanto discutere e, in ogni discussione, saltava fuori questa frase: “Ha bisogno di tempo, povero cucciolo”. Hershel pensava di essere fortunato, con loro stava bene, tutto sommato. Riusciva perfino ad essere felice. Tuttavia...nel cuore di Hershel c’era sempre un posto riservato alla sua famiglia d'origine, i Bronev. Hershel se l’era ripromesso...si era ripromesso che, quando sarebbe stato abbastanza informato riguardo l’archeologia e quell’organizzazione maledetta (della quale non sapeva il nome), sarebbe andato a prendere mamma Rachel e papà Leon. Si, perchè il loro allontanamento da lui non poteva restare impunito...Hershel si prenderà ciò che gli appartiene per diritto. L’aveva imparato a scuola: tutti i bambini hanno diritto ad avere una casa, un’istruzione, ma specialmente...una famiglia.
Ed Hershel semplicemente doveva lottare per quel suo diritto.

Quella mattina, era il primo giorno per tutti gli alunni della città. E’ il giorno in cui alcuni bambini iniziano il loro cammino scolastico, altri lo stanno per finire...per Hershel, quell’anno era il 1° anno alla scuola superiore...Hershel aveva chiesto ai genitori se poteva andare da solo, a piedi. I due acconsentirono subito.
Così, Hershel uscì di casa e si incamminò. Ma il ragazzo, invece che andare di corsa verso la sua scuola, deviò la strada per andare alla sezione delle scuole medie. Non era quella la sezione a cui apparteneva, Hershel lo sapeva bene, ma...era quella a cui Theodore doveva appartenere. Si, perchè, metti che Theodore, per un qualsiasi motivo, si fosse trasferito in quella città, avrebbe naturalmente dovuto iscriversi a scuola. A quella scuola, perchè era l’unica della città. Le probabilità che questo accadesse erano poche, tuttavia...la speranza è l’ultima a morire, giusto?
Perchè quella mattina, sapendo che era il primo giorno di scuola, si disse che doveva fare qualcosa...

Fa’ qualcosa, Hershel!

Quella frase, in realtà, risuonava ogni giorno nella testa di Hershel, ma quel giorno più che mai: il primo giorno di scuola è l’ideale per un bambino per cambiare scuola...chissà, forse la famiglia Layton, per un piacevole scherzo del destino, si sarebbe trasferita là, nella stessa città di Hershel...
“Dai che oggi è la volta buona...dai che è la volta buona...!”
Correva euforico ed agitato verso la scuola media così di fretta che non chiedeva nemmeno scusa a tutti quelli che spintonava per la strada per passare e andare più veloce.
Arrivò davanti al cancello aperto, si fece strada fra i bambini e ragazzini che entravano, chi di malavoglia, chi chiaccherando, e arrivò alla bacheca dei nuovi arrivati. Un respiro profondo.

Calma, Hershel, calma.
Premette il dito sui nomi facendolo scorrere man mano che leggeva...
“...Layton...Layton...possibile che non ci sia? Ah, in effetti è proprio possibile...No! Oggi è diverso...si, oggi vedrò scritto, fra gli altri nomi, Layton Hershel! OH! Ecco un Layton!”
Gli occhi di Hershel si illuminarono...

“...Jack. Layton Jack. Ma che cavolo...”

Hershel si incamminò verso la scuola superiore...

“Il cielo è cupo, oggi” pensò amaramente.

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Capitolo 3
*** Un'esplosione di fuochi d'artificio nel mio cuore ***


Ciao a tutti! Eccomi tornata con un nuovo capitolo. In questo, Hershel ha 18 anni, mentre Theodore 14. Beh, che dire...spero vi piaccia!
Buona lettura

















Biiip Biiip!

«Nnngh»

Biiip Biiip!

«Ufff...e va bene, mi alzo» Hershel spense la sveglia sul comodino accanto al letto e sospirò.

Un’altra giornata.

Si infilò gli occhiali arancioni (anche quelli posti sul comodino), scostò le coperte e si mise a sedere. Guardò la sveglia.
Erano le 9:20. Era un giorno d’estate come gli altri, ma quella mattina Hershel voleva fare un salto alla biblioteca in città, e gli piaceva farlo proprio la mattina, perchè...
“Di mattina la mente viaggia meglio” diceva.

I coniugi Sycamore erano ancora a letto. Il ragazzo si lavò e si vestì, uscì di casa prestando attenzione a non far rumore, chiuse la porta con cautela e si incamminò.

La biblioteca distava una quindicina di minuti, che gli piaceva sempre fare a piedi.
Quando camminava pensava meglio, specialmente se era da solo. In un certo senso, gli dava calma e sicurezza il camminare e il pensare contemporaneamente.
Indossava una camicia bianca non troppo aderente e pantaloni leggeri ma neri e lunghi fino alle caviglie. Stile curato ma adatto alla situazione.
Ecco come era fatto Desmond Sycamore.

Ma Hershel?

Hershel non sapeva di preciso se e quanto fosse diverso da Desmond. Forse c’era differenza, o forse per niente, ma per ora il ragazzo non si poneva il problema. Non era in cima alle sue preoccupazioni.
Naturalmente, quel posto era occupato da quella dannatissima organizzazione. Il suo nome, accidenti...qual era? Ancora non lo sapeva. C’erano poche cose che lui sapeva di per certo...fra queste, che un giorno gliel’avrebbe fatta pagare. Oh, si. E cara, anche. Ma tempo al tempo. Non c’era fretta; un tempo era stato schiavo di essa. Ora non più. Ora voleva servirsi della Pazienza.
Suo fratello...i suoi genitori...

Fa’ qualcosa, Hershel!

...già, ma senza fretta.
Come un leone che aspetta con attenzione e calma di poter attaccare la sua preda, accontentandosi solo di pregustarla, di pensarla già sua. Fra suoi artigli.


Continuando  a riflettere, arrivò alla biblioteca. Si fermò a guardarla solo per un attimo, ma la osservò come a rimirare una grande opera d’arte. Entrò.
Un’aria familiare, calda, lo travolse. Un luogo tranquillo, dove riposare.
Non cercava un libro particolare, quel giorno, voleva solo farsi catturare da uno per viaggiare dentro di esso, tutto qui. Nulla di speciale.
Eppure, quel giorno, fece l’incontro del destino. Incontrò una persona che avrebbe lasciato il segno nella sua vita, un segno dolce, delicato.
Incontrò...lei.


Hershel passeggiò fra gli scaffali, le mani nelle tasche, aspettando che qualche tomo catturasse la sua attenzione. Il problema era che...i libri a cui più era interessato, quelli riguardanti l’archeologia, li aveva letti e riletti fino a saperli a memoria. Quindi doveva prenderne un altro. Un giallo, o magari un rosa...
 “Dai...prendiamone uno, così, per vedere com’è” si disse piuttosto annoiato. Senza i libri di archelogia, tutto perdeva sapore, interesse. Chissà perchè...

Si diresse verso uno scaffale riguardante i rosa. Accarezzò i tomi allineati ordinatamente sul ripiano di legno, leggendo i titoli a mente.
“Oh! ‘Un’esplosione di fuochi d’artificio nel mio cuore’...che bel titolo! Me lo prendo, dai, ho deciso” e sfilò dagli altri un libro blu piuttosto spesso. Sulla copertina, le onde del mare riflettevano i fuochi d’artificio che esplodevano in quel cielo blu scuro d’inchiostro. In alto, il titolo era accompagnato dal nome dell’autore, Crystal Bone. Una donna.

Hershel si diresse al banco, il libro sotto braccio e un’aria soddisfatta. Se proprio non gli piaceva, avrebbe potuto riportarlo indietro, niente di che.
La commessa seduta al banco con grazia era una ragazza, probabilmente all’incirca della sua età. Ed era bella. Accidenti se era bella. Un angelo.
Soffici capelli castano chiaro legati ad una coda che faceva adagiare dolcemente sulla spalla destra, donandole un’aria raffinata.
Non era una persona che curava eccessivamente l’aspetto esteriore (ne era la prova il fatto che era truccata solo lievemente), ma tanto il trucco era perfino sprecato per lei. La camicia avvolgeva il suo corpo in maniera divinamente elegante. Hershel deglutì.

E quegli occhi. Dannazione. Castani come i capelli, forse solo un po’ più scuri, probabilmente per indicare che erano due luoghi misteriosi, nei quali era pericoloso addentrarsi, perchè ci si poteva perdere.
Esattamente come era appena accaduto a Hershel.

«Prendi quello?» gli chiese la ragazza con un sorriso semplice ma efficace a procurarne molti altri.

“Che voce...potrei svenire” si disse l’altro, ormai perso completamente.

«G-già...mi sembrava interessante, a vederlo. Tu l’hai letto?»
...ma che gli prendeva? ‘Tu l’hai letto’? Cosa poteva importare, a lui?

«No, mai, ma visto che ti è sembrato invitante allora un giorno lo leggerò anch’io»

Hershel morì.

«Allora...mi dici come ti chiami?» disse lei

«Eh? »

«Massì, per registrare il libro sulla tua tessera della biblioteca»

“Oh, giusto. Pensavo...vabbè, Hershel Bronev principessa”...«Ehm...Desmond Sycamore»
L’angelo digitò sulla tastiera, per poi cercare col mouse sullo schermo del computer, lo sguardo attento. Hershel osservò come le sopracciglia di lei, così sottili, si piegavano attentamente, in cerca dei caratteri ‘Desmond Sycamore’.

Hershel si agitò “‘E tu? Come ti chiami?’ Dai, chiediglielo! 5 parole...non sono tante...forza! Forza, dillo!”

Bip!
L’altra aveva appena registrato il libro sulla lista di Desmond. Diede al ragazzo il libro dicendo:
«Ecco a te!» Un altro sorriso. Diamine.

«G-grazie...ehm...ehi»

«Si?»

«...tornerò presto» Ma che...? Che gli stava succedendo?

L’altra rise. Ma non capì che così facendo lo faceva agitare ancor di più.

«Ok...i libri sono sempre qui ad aspettarti»

“Già...i libri...”

Hershel si voltò e si incamminò verso la porta d’uscita. Guardò il libro che aveva appena preso...“Un’esplosione di fuochi d’artificio nel mio cuore”...

“Che titolo azzeccato...proprio come nel mio, di cuore”

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Capitolo 4
*** Decisione e delusione ***


Ciao a tutti! Eccomi tornata con un nuovo capitolo. Come in quello precedente, Hershel ha 18 anni e Theodore 14. Chiedo scusa se è molto corto: cercherò di farli più lunghi ma ultimamtente (forse sarebbe meglio dire “come al solito”) sono molto impegnata.
Mi sono anche accorta di una cosa: non ho mai ringraziato _Sapphire_ per le sue recensioni nelle mie introduzioni dei capitoli (mi dispiace, è solo che non sono ancora completamente pratica con il sito, essendo nuova ^^’), quindi grazie <3
Oh, ringrazio anche chi ha letto la mia storia, spero gli sia piaciuta almeno un po’.
Detto questo, vi lascio al capitolo.
Buona lettura!

 

 

 

 




«Ohhh! E anche questo è finito...bello, davvero bello, e che finale!» Hershel, soddisfatto, si alzò dalla sedia.

Sdang!

«...ahia» Il ragazzo sbuffò. Aveva sbattuto per l’ennesima volta contro la mensola sopra la scrivania in camera sua. Perchè, come al solito, era intento a leggere.

Da quando aveva visto quella ragazza, quindi da circa 2 mesi, andava tutti i giorni alla biblioteca (anche quando era chiusa, non si poteva mai sapere), entrava e filava dritto verso la ragazza. Lei, ormai abituata a questa routine, lo salutava cordialmente, come faceva con tutti, e i due iniziavano sempre con le stesse frasi:

«Hey!» faceva lui, ovviamente raggiante.

«Ciao, Desmond! Vuoi un consiglio sulle tue letture come al solito, non è così?» replicava l’altra, per nulla infastidita dalla sua presenza.

«Eh già, tu sei esperta»

«Hahahaha! Se è così, allora un giorno mi raggiungerai, e faremo a gara»

«G-già»

«Ci conto, eh»

Era incredibile. Quella ragazza era incredibile: per quanto Hershel desiderasse solo libri di archeologia, per continuare la ricerca sui suoi genitori, la commessa riusciva a coinvolgerlo anche nei generi nei quali lui non si cimentava mai.

La presenza di lei gli dava serenità. E questo, poche persone riuscivano a farlo.

In ogni caso, Hershel voleva fare un passo avanti: chiederle il suo nome. E finalmente. Ma per lui non era così facile, anzi, era quasi impossibile: avanzare il rapporto con una domanda del genere poteva dare l’idea sbagliata (che poi non era sbagliata, piuttosto poteva essere inopportuna) e così lei si sarebbe potuta allontanare da lui.

...come fare?
“Devo farmi coraggio...devo chiederglielo. Ogni giorno esito, ma oggi ho deciso: glielo chiederò. Non posso e non voglio aspettare ancora”.

Fa’ qualcosa, Hershel!

Si. Si. Oggi lo avrebbe fatto. Glielo avrebbe chiesto. Certo, non era una cosa importante come il dichiararsi, ma per un ragazzo innamorato, anche solo parlare alla ragazza risulta difficile.

Ce la poteva fare.

 

Anche quel giorno, aveva finito un altro libro, e prontamente uscì di casa per andare alla ormai solita biblioteca.
Sulla soglia della porta, Hershel gridò: «Mamma, papà! Io esco! Vado in biblioteca, ciao!»
«Ciao, tesoro!» replicò la mamma, una donna di corporatura robusta, capelli neri e dotata di uno di quei sorrisi definibili caldi. Il papà probabilmente non c’era o era occupato, perchè non replicò.

Arrivato alla biblioteca, Hershel entrò, splendente come al solito.

Ma lei non c’era.
Al suo posto, alla sua scrivania c’era un uomo alto e mingherlino con capelli corti tutti tirati a destra. Dava l’impressione di essere un tipo annoiato ma allo stesso tempo educato. Quel tipo aveva preso il suo posto.

“Noo, dev’essere il suo giorno libero” pensò deluso. Non aveva mai fatto caso alle sue ferie...Diede distrattamente il tomo a quel commesso di turno; questi registrò il libro e, con cortesia ma con quel briciolo di freddezza in più che gli uomini riservano agli uomini (e che invece scompare completamente con le donne), disse:

«Non vuoi prenderne già un al-»

«No, grazie» replicò Hershel e uscì, senza degnarlo di uno sguardo.

E adesso?
Gli era capitato altre volte, di arrivare lì e non trovarla. Ma proprio oggi che aveva deciso di chiederle il suo nome...

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Capitolo 5
*** Quelle due benedette parole ***


Ok...non chiedetemi come, ma ne ho scritto un altro. Ho avuto il tempo, incredibile!!
Scusate, ora mi ricompongo. Eh già, ecco un altro capitolo. Hershel ha sempre 18 anni e Theodore sempre 14.
Ringrazio sempre _Sapphire_ per la sua recensione <3
Detto questo, buona lettura ^^

 

 

 

 

 

 

 

 


Non poteva crederci.
Hershel non poteva crederci.
L’aveva incontrata. Lei, quella ragazza.

Dopo aver constatato che lei non era di turno alla biblioteca, stava tornando a casa, affranto come non mai (o forse, bisognava ammetterlo, poco meno di quando aveva visto la figura sottile del fratellino salire sulla macchina dei suoi nuovi genitori).

E poi la vide, seduta su una panchina di un parco. Indossava un giubbino azzurro, che naturalmente le donava, e dei pantaloni marrone chiaro, che si intonavano con i capelli e gli occhi.

Ma guarda un po’, stava scrivendo.

“Sarà una scrittrice? Wow, che forte! Aspetta...oh no, magari è pure famosa, ma io non l’ho riconosciuta...che figura ci farei se le chiedessi il nome? No, non posso chiederglielo...non posso”

La ragazza staccò la penna dal foglio e la avvicinò alla bocca, intenta a pensare. Poi, come se qualcuno le avesse sussurrato le parole all’orecchio, riprese a scrivere con velocità, quasi a temere di dimenticarle.
Hershel aveva sempre avuto un buon spirito di osservazione ma, doveva constatarlo, anche un cieco avrebbe potuto in qualche modo percepire la bellezza che lei emanava, tanto era forte.

Esatto...la sua, era una bellezza forte. Potente.

L’ occasione per chiederle il nome...era quella! A chi importava se avrebbe fatto una figuraccia...gli bastava il nome, nient’altro.

«Ciao!» il ragazzo si avvicinò all’altra correndo.

«Ma dai, ciao Desmond! Ci vediamo proprio sempre, eh? Guarda un po’ che caso!» era sincera. Wow, Hershel non l’avrebbe mai detto. Insomma, lo avrebbe capito anche un sasso che si vedevano sempre perchè era lui a far sì che questo accadesse. E così, era anche un po’ ingenua...

“Che cosa dolce!” osservò lui, e portò la mano destra sul cuore, come a cercare di fermare, controllare l’impeto che c’era in lui a causa di lei.

«Cos’hai, ti fa male il petto?» chiese la ragazza, lievemente preoccupata. Ma quel lievemente, sarebbe potuto bastare anche al più duro di cuore.

«Che? Oh, no no, è tutto a posto» l’altro lasciò cadere la mano che prima stringeva forte la felpa lungo il fianco.

«Hey, non dirmi che scrivi?» per arrivare alla domanda decisiva, bisognava farne altre di minore importanza, seppure lieve.

«Oh...eh già, mi hai scoperto» rispose lei con un tono scherzoso di rassegnazione «Lavorando fra i libri, mi è venuta voglia di scriverne. Ma non credere: sono appena agli inizi...fin’ora, ne ho pubblicato solo uno, che non ha avuto troppo successo...è per questo che continuo a lavorare in biblioteca...Tu l’hai letto, tra l’altro»
Una scrittrice. Si era innamorato di una scrittrice. Doveva ammettere che dirlo a quel modo dava un certo fascino.
Un attimo...
“Tu l’hai letto”?

«Io...l’ho letto? Davvero? Qual è?» cercò nella sua memoria tutti i libri che poteva aver divorato da quando l’aveva incontrata. Ma era un totale spreco di tempo e fatica: era una lista interminabile, grazie a lei.

«Si intitola “Un’esplosione di fuochi d’artificio nel mio cuore”»

Hershel battè il pugno della mano destra sul palmo di quella sinistra: “Oh! Si, me lo ricordo!...u-un attimo...come si chiamava l’autrice? Qual era il nome scritto proprio in alto? Accidenti!”

«Ah! Giusto! Si, mi era piaciuto un sacco»

«Si, me l’avevi detto» constatò l’altra con un sorriso.

“Il nome...dannazione, il nome...come faccio a...”
...ma certo! Ora, Hershel sapeva come poteva ottenere ciò che bramava da molto.

   Fa' qualcosa, Hershel!

«Ehm, scusami, ma ora devo proprio andare...mi ha fatto proprio piacere vederti...dico davvero...molto piacere» disse lui e, per la prima volta in vita sua, le parlò con tono sbrigativo, impaziente di abbandonare la conversazione.
Ma per un buon motivo.

«Ma certo! Anche a me ha fatto molto piacere. Ci vediamo!»

«Si, ciao» il ragazzo si voltò e prese a correre verso il luogo da cui era venuto: la biblioteca.



Entrato, non salutò nemmeno il commesso (che lo guardò storto, ancora offeso per il comportamento di Hershel poco tempo prima), si diresse verso lo scaffale della sezione rosa e cercò...cercò così velocemente che rischiava di non vedere l’obiettivo, cosa che, per sua immensa fortuna, non accadde: eccolo. Ora, il libro blu raffigurante i fuochi d’artificio affiancato alle onde del mare era nelle sue mani.

Faceva un certo effetto, il fatto che aveva appena parlato con chi aveva concepito ciò che aveva in mano.

Guardò sulla parte alta della copertina, il cuore a mille.

Crystal Bone.

«Crystal. Crystal Bone» poteva ripeterlo all’infinito...voleva imprimere quelle due benedette parole nella sua mente e nella sua anima, per sempre.

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Capitolo 6
*** L'invito ***


Ecco un altro spezzone della vita del nostro caro Descole! Devo ammettere che la mia idea iniziale era di concludere con 4/5 capitoli, ma la storia mi ha proprio presa e quindi saranno di più! Sono così felice!!
Dunque, i due fratelli hanno sempre la stessa età (Hershel 18 e Theodore 14). Questo capitolo forse risulterà un po’ noioso, ma è per preparare il campo (? XD) per quello che viene dopo, che sarà di grande svolta per la storia.

Naturalmente, ringrazio _Sapphire_ , che mi sta aiutando molto grazie alle sue recensioni <3.

E quindi, ecco a voi! Buona lettura ^^

 

 

 

 








Passata qualche settimana, l’autunno stava ormai bussando alla porta della vita quotidiana delle persone. Tutti iniziavano ad indossare vestiti più pesanti, qualcuno anche qualche sciarpa. I colori del vestiario iniziavano ad essere sempre più spenti, tutti tendenti al marrone, o all’arancione scuro.

Ma per due persone in particolare, le giornate non potevano essere più colorate.

L’aver scoperto il nome della misteriosa bibliotecaria fu, per Hershel, un notevole passo avanti. Era come se i caratteri “Crystal Bone” fossero un ponte di collegamento fra le menti e i cuori dei due, un filo che li legava, in qualche modo. E chissà, magari un giorno, quel filo sarebbe diventato rosso. Rosso come l’amore.

Con il tempo, il loro rapporto si fece sempre più stretto e profondo, anche nelle piccole cose. Ad esempio, la distanza fra loro mentre si parlavano era sempre minore. Inoltre, Hershel riusciva ad essere meno impacciato nel parlare; era capace persino di fare qualche battuta. Vederla sorridere era il suo pane quotidiano, e per questo si sforzava.

E, a dirla tutta, Hershel ormai voleva sapere in quale giorno della settimana Crystal era libera al pomeriggio, e perciò, grazie agli orari affissi sulla bacheca giusto poco fuori dall’edificio, concluse che il martedì, il giovedì e il sabato erano i giorni ideali.
Il ragazzo decise di tentare: doveva invitarla ad uscire. Ormai erano arrivati al punto del rapporto in cui vedersi al di fuori della biblioteca non avrebbe dovuto creare troppo imbarazzo, o eventuali momenti morti nelle conversazioni.

E così, giovedì 3 settembre, alle 9:30, il giovane era in biblioteca, pronto per il piccolo ma grande passo.
Il tempo per le esitazioni doveva finire.

Fa’ qualcosa, Hershel!

Forza, Hershel!

«Ciao, Crystal!»

«Desmond! Buongiorno! Come stai?»

«Non c’è male, grazie. Senti...oggi hai qualcosa da fare?» le ultime 5 parole le aveva dette praticamente tutte attaccate, ma l’altra parve capire lo stesso, perchè portò l’indice della mano sinistra sulle labbra, e volse lo suardo in alto per guardare il soffitto, o qualcosa oltre ad esso.

«Mhh...devo andare a comprare un CD per il mio cuginetto che compie gli anni...ti va di accompagnarmi?»

“Oh, siiii!!!”

«Certo, volentieri. A che ora pensavi di andare?»

«Al negozio di musica proprio a 5 minuti da qui, verso le 15»

«Al negozio di musica alle 15, perfetto» concluse Hershel, in Paradiso «Ci vediamo oggi, allora. Ciao!»

«Si, ciao!»

-Alle 15.00...-

Hershel si guardava intorno, frenetico. Un appuntamento...cavolo! Certo, ne aveva già avuti, ma non erano andati bene, e così era single.

“Beh, praticamente ora stiamo insieme! Devo solo chiederglielo...eh già, solo chiederglielo...” Si aggiustò il colletto della camicia bianca, per allargarlo un po’. Con questa, aveva abbinato dei semplici pantaloni neri. Indossava un giubbino nero che gli arrivava alla vita. Si era vestito in modo semplice per far risaltare ancora di più la bellezza dell’altra.

Crystal arrivò giusto due minuti dopo. Aveva dei pantaloni lunghi neri e sopra indossava un giubbino di jeans azzurro scuro. Era più bella ogni minuto che passava.

«Salve!» disse lui scherzoso con un sorriso; era piuttosto rilassato.

«Ciao...allora, entriamo?» propose lei «Fa un po’ freddo»

«Si, certo. Ah, Crystal...»

«Dimmi»

«...stai bene, vestita così»

C’era riuscito. Era riuscito a farle un complimento.

«Ma grazie Desmond! Che carino!» e gli donò uno di quei sorrisi che sapeva fare solo lei.

L’altro andò in tilt «F-f-figurati»

Insieme, i due ragazzi entrarono nel negozio di musica.

-Alle 15:20...-

Dopo aver acquistato il CD che volevano, Crystal e Hershel uscirono. Lei guardò l’orologio e disse:

«Le 15:20? Com’è presto! Senti, Desmond...che ne dici se facciamo ancora un giro?»

“C-come? Sul serio? Davvero lei vuole...!”

«Certo! Certo! Giriamo un po’ per la città...e poi possiamo andare a prendere qualcosa al bar...ti va?»

«Si! Dài, andiamo!»

E così, si incamminarono, ignari del fatto che il loro stare insieme, li avrebbe condotti ad una via del destino che nessuno dei due avrebbe voluto prendere.

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Capitolo 7
*** Rivelazione. Reazione inaspettata? ***


*Arriva di corsa, ansante, con dei fogli tutti scarabocchiati fra le braccia, e l’aria distrutta*
Salve! Da un po’ che non ci si vede. Finalmente ecco qua un altro capitolo (:3).
Come avevo anticipato nel precedente, questo è di grande svolta per la storia; insomma, se non ci fosse questo, tutto avrebbe preso una piega diversa.
Ringrazio e saluto __Sapphire_ e GreenBlood_ per le loro recensioni <3 <3.
Ma basta con le presentazioni, iniziamo subito con il capitolo! (Credo di essere troppo ansiosa di sapere cosa ne pensate ^^’)

Dunque, buona lettura!

 

 

 

 










«Hahahaha! Non ci credo, gli hai davvero risposto così?» chiese Crystal, che stava piangendo dal ridere.

«Certo! Che altro potevo dirgli, scusa?» Hershel alzò le braccia in segno di resa, sorridendo.

L’ennesimo, dolce appuntamento. Ormai era diventata un’abitudine: quasi ogni giorno, il ragazzo portava l’altra a fare un giro per prendere una boccata d’aria, fra un turno di lavoro e l’altro.
Un caffè, due chiacchere (qualche bacio qua e là) e poi via.
I due erano felicissimi...o meglio, Crystal lo era. Hershel...beh...

Non completamente.

Lui si sentiva in colpa.

E il motivo era molto semplice: Crystal stava con un ragazzo falso, non vero. Stava con Desmond, non con Hershel. Si era innamorata (o almeno così il giovane sperava); ma di qualcuno che, in realtà, non esisteva.

Era forse giusto?

Da tempo Hershel ci stava pensando, e ogni volta, inesorabilmente, arrivava sempre alla stessa dannatissima conclusione: doveva dirglielo. Doveva assolutamente dirle che in realtà lui non si chiamava Desmond Sycamore, ma Hershel Bronev; che lui non era figlio unico (come le aveva detto una volta, per non dover raccontare di Theodore), ma che aveva un fratellino; ora quel bambino insicuro e timido aveva 14 anni...chissà com’era cambiato. Chissà se aveva la fidanzata, come era adesso per Hershel.

Lui aveva una ragazza bellissima e dolcissima.

Che sapeva farti arrossire come un bambino che ha appena combinato una marachella, colto sul fatto. E, tra l’altro, semplicemente per mezzo del suo sguardo, così casto.

Pura come l’acqua, leggera come il vento ma capace di farti ardere come il fuoco.

Una ragazza che un bugiardo non meritava.

Quindi, alla fine dei conti, le strade erano due: o lui si allontanava da lei, o le diceva la verità. A Hershel non piacevano nè l’una nè l’altra opzione, ma ammise che la prima era senza alcun dubbio fuori questione.

Così, optò per la seconda.

 

 

Ad inizio pomeriggio erano entrati in un bar della città, “Costa D’Avorio”*, si erano seduti ad uno dei divanetti rossi del salotto e avevano ordinato due cioccolate calde. Mentre un buon numero di signori fissava attentamente il televisore posto giusto sopra il bancone del barista, intenti a seguire una partita di calcio in corso, i due chiacchieravano amorevolmente.

Ma ad un certo punto, Hershel, ricordando quello che doveva dire a Crystal, disse:

«Crystal, senti...dovrei...dovrei dirti una cosa» si guardò le mani: tremavano. Quante volte aveva provato questa sensazione? Quando quegli uomini in divise blu avevano fatto irruzione a casa sua, o anche quando aveva incontrato Crystal per la prima volta, si rispose.

Crystal era sorpresa da quell’improvviso cambiamento nei modi di fare di Hershel:

«Va bene, dimmi»

Il ragazzo volse lo sguardo a terra; si sentiva un po’ impacciato: “E ora? Come inizio? Cosa le dico?”

Un boato improvviso riempì la stanza: gli omini in maglia rossa** alla TV avevano segnato, e alzavano i pugnetti in segno di esultanza; i tifosi nel bar avevano agito di conseguenza, urlando esclamazioni (o, nel caso di qualcuno, imprecazioni, alcune delle quali irripetibili) e spintonandosi scherzosamente fra di loro.

Un filo di imbarazzo si creò fra i due, che decisero di pagare ed uscire, per continuare la conversazione altrove.


Camminando per le vie della città, mano nella mano, i due osservavano le vetrine dei negozi, illuminate nonostante fosse ancora chiaro, essendo le 15:00 del pomeriggio.

«Allora Desmond...che dovevi dirmi?»

Oh, no.

«B-beh...è complicato...molto complicato» replicò Hershel, balbettando in modo quasi peggiore di quando parlava a Crystal le prime volte.

Come inizio, constatò, non era molto promettente.

«Prova, tesoro. In fondo, sai che a me puoi dire tutto, no?» quale forza avevano le sue amorevoli parole!

I due si sedettero ad una panchina della via; mentre la gente passeggiava per la strada, loro si tenevano le mani, e si guardavano intensamente negli occhi.

«Va bene. Allora, Crystal...mi prometti che, qualunque cosa io adesso ti dica, mi crederai?» le chiese Hershel. Senza una premessa del genere, non sarebbe riuscito a continuare.

Lei si agitò un po’; com’era strano, ora...non era il solito Desmond.

«Lo sai che credo sempre alle tue parole» replicò così. Cos’altro avrebbe potuto dire?

L’altro annuì. Poi disse: «Dunque, per prima...per prima cosa, io n-non mi chiamo Desmond Sycamore, ma Hershel Bronev»

In quel preciso istante, Hershel sperimentò cosa si prova ad essere imbarazzato fino in fondo all’anima. Lei, sbalordita, aveva un' espressione talmente sorpresa che fece desiderare al ragazzo di non aver mai pronunciato quelle parole.
Nonostante ciò, non poteva fermarsi. Non adesso. Se lo avesse fatto, l’avrebbe persa per sempre; doveva spiegarle ancora molte cose, e doveva farlo subito.

«Ho cambiato nome perchè sono stato adottato...avevo una mamma, un papà, e un fratellino, Theodore» si fermò un attimo, per vedere se Crystal voleva dire qualcosa; a quanto pare voleva sapere di più, perchè non fece alcun tipo di commento, semplicemente lo guardava negli occhi. E così, Hershel continuò:

«I miei genitori erano entrambi archeologi. Un giorno...quando io avevo 7 anni e Theodore 3, degli uomini in divisa blu fecero irruzione in casa e...rapirono la mamma e il papà, lasciando me e il mio fratellino da soli»

Crystal si portò le mani alla bocca, e in un sussurro di terrore disse: «Oh mio Dio...ma perchè?»

L’altro si limitò ad osservare la sua reazione, per poi continuare:

«Come ti ho detto, i miei erano archeologi...stavano lavorando entrambi su un’antica civiltà, gli “Aslant” credo, o qualcosa del genere...io penso che quei tizi volessero che i miei genitori lavorassero per loro a questa ricerca, perchè quando li portarono via, uno fra loro, il capo probabilmente, per persuadere mio padre a seguirli, gli disse: “Avanti, paparino, non vorrai che i due mocciosi ci rimettano...gli Aslant ci attendono”. Io studio archeologia al solo scopo di leggere almeno una volta di questi “Aslant”, ma niente da fare. Non vengono minimamente menzionati da nessuna parte; neanche fra i libri che i miei tenevano a casa, probabilmente perchè quei signori avevano portato via tutto ciò che poteva essere collegato con quel popolo»

La ragazza, con grandissimo stupore da parte di Hershel, disse: «Aslant, hai detto...io...io...beh, credo di averli già sentiti»

L’altro si alzò di scatto, gli occhi sbarrati.
Non era possibile.
Lui per anni aveva cercato notizie su quella civiltà, e non erano neppure accennati, e lei li conosceva così?

«Stai scherzando? Cioè, tu li hai già sentiti? E dove?»

Dove?
Come?
Perchè?
"Perchè tu si e io no?"

Fa’ qualcosa, Hershel!

Crystal mise le mani giunte sul proprio petto, e volse lo sguardo a terra; ci mise qualche secondo prima di rispondere.

«Da mio padre...li ho sentiti nominare da mio padre»

 

 


*Costa D’Avorio: nome completamente inventato sul momento, senza alcun tipo di logica (:P)
**Adoro il calcio ma non lo guardo (per niente, tra l'altro), e quindi il colore della maglietta non è collegata ad alcuna squadra in particolare, nel caso ve steste chiedendo :)

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Capitolo 8
*** La Targent ***


Ciao a tutti. Lo so, sono in ritardo. Chiedo umilmente scusa, specialmente a GreenBlood_, che approfitto per ringraziare per la sua recensione <3
Spero che questo capitolo vi piaccia ^^
Buona lettura <3
























Un vento freddo di ottobre soffiava, quel giorno, e sfiorava ogni cosa: gli alberi nei giardini delle case, i muretti dei viali, indifferenti tuttavia a tale soffio leggero, e ogni persona che, infreddolita, stringeva a sè il cappotto, e rabbrividiva, pensando di dover tornare a casa al più presto per prepararsi una cioccolata calda, e stare al caldo in compagnia.

Ma quel vento, quella folata gelida non toccava i due innamorati, no. Era come se il tempo si fosse inesorabilmente fermato, in quei pochi metri quadri che Hershel e Crystal occupavano.

Sarebbe potuto accadere ogni cosa intorno a loro, ogni cosa. Ma nessuna cosa poteva interessarli più che la piega che la conversazione stava prendendo. Nessuno dei due si voleva perdere neppure un particolare, una minima sfumatura di ciò che l’altro diceva.

Per loro, tutto dipendeva dalle parole che uscivano dalla bocca dell’altro.

«Tuo...padre...?» Hershel era estremamente confuso; come poteva il padre di Crystal sapere ciò che lui bramava conoscere da una vita?
Non riusciva a capire quale potesse essere il nesso fra lei e l’organizzazione. Non riusciva proprio a capire.
L’altra annuì, con un lieve ed insicuro cenno del capo fine. Voleva spiegare meglio cosa intendeva, ma trovare le parole giuste era complicato.

E, nel suo caso, pericoloso.

«Si...lui...faceva un...lavoro molto particolare» iniziò incerta. Hershel non l’aveva mai sentita tentennare così. La Crystal limpida ed allegra di una manciata di minuti prima era come svanita.

«Per lo Stato era un “libero professionista” o qualcosa del genere, ma non lo era affatto. E questo lo sapeva sia mio padre, che lo Stato stesso» un’amarezza grave si mescolò a questa affermazione.

“Era?”

Hershel ascoltava senza interrompere, così come aveva fatto Crystal poco prima.

«Lui...lavorava per un’organizzazione...la Targent. Ne era il capo»

Un’organizzazione...

Il tempo si fermò.

«Temo che...gli uomini che rapirono i tuoi genitori anni fa, facessero parte della Targent»

E sembrò non voler più ripartire.

«C-che cosa?»

“Tutto, ma questo no. Tutto, ma questo no.”

«Non può essere. E’ impossibile. Come...come può essere che tu...che io...» mentre Crystal lo guardava con un’espressione impagabilmente sconfitta ed impotente, Hershel aveva sussurato queste parole, quasi inconsapevolmente.
Le gambe sembrarono non riuscire a sostenere il peso della verità, che le costrinse a cedere. Il ragazzo si lasciò scivolare distrutto sulla panchina.

«Desmond...c-cioè, Hershel...ti prego, ascoltami» gli prese il volto fra le mani con delicatezza ma con fermezza.

«Te l’ho detto perchè...volevo darti dei libri. I libri che raccontano della civiltà Aslant, quella per cui gli uomini di mio padre rapirono il tuo e sua moglie con lui. Quella che hai cercato per una vita intera. Quella che ti ha fatto dannare. Ti...voglio aiutare» più la ragazza parlava, e più non riusciva a trattenere le lacrime, che scivolavano silenziose fino al suo mento sottile, per poi cadere sulla panchina già umida per la fredda temperatura.

«Voglio solo che tu sia felice, Hershel, è ciò che desidero per te. Voglio che tu ti renda conto che su di me puoi contare, perchè io ti voglio bene. No...ti amo. Ti amo, Hershel. Voglio solo la tua felicità, nient’altro» non cercò più nemmeno di trattenere i singhiozzi.

Lui scostò con delicata attenzione le mani di Crystal dal suo viso, si alzò, lo sguardo rivolto avanti a sè. Disse:

«Anche io ti amo, Crystal. Ma se pensi che ti avrei abbandonata perchè tuo padre è la causa dei miei dolori, ti sbagli di grosso. Tu non sei tuo papà. Tu sei tu. E io amo te, e nessun’altro» si voltò verso di lei, e sussurrò:

«Aiutami. Ti prego, aiutami a trovare i miei genitori. Lo desidero più di ogni altra cosa»

Crystal rise sommessamente: la felicità che Hershel non l’avesse abbandonata, che avesse capito le sue intenzioni e il suo amore per lui era indescrivibilmente dolce e consolatoria. Sentiva che poteva arrivare ovunque, con lui.

«Certamente. Non ti lascio solo»

E con un abbraccio bagnato di lacrime, la loro lotta contro la Targent cominciò.
Ma non sarebbe stata una vittoria.


*


Il giorno dopo, l’8 ottobre, quando l’orologio da polso di Hershel segnava le 14:30, il ragazzo suonò al campanello di casa Bone, dove abitava Crystal. Un grande giardino la abbelliva, anche se dal colore del fogliame degli alberelli nelle aiuole si intuiva che anche lì l’inverno era giunto, e senza ritardi.

Non era mai entrato in casa sua, nonostante fossero fidanzati, e neanche lei era mai andata a trovarlo. Non gli importava troppo a dire il vero, probabilmente perchè per lui bastava stare con lei, il luogo non era importante.

Il pomeriggio precedente, dopo essersi sciolti dall’abbraccio, Crystal insistè per ospitare Hershel l’indomani alle 14:30 a casa di Crystal per discutere. Avevano molte cose da dirsi, e su cui riflettere.

Tuttavia, Hershel, davanti all’abitazione ben tenuta, non riusciva a togliersi di dosso una sensazione strana, che aveva già provato prima, ma mai così tanto.
Sapeva bene di cosa si trattava: stava per entrare nella casa dell’uomo che aveva distrutto la sua infanzia, e con essa la vita.
L’uomo che aveva generato la donna che Hershel amava.
L’uomo che aveva fatto irruzione si nella sua casa, ma specialmente nella sua mente, nei suoi incubi. E quando improvvisamente entrava nei suoi pensieri, difficilmente ne usciva.
Quella sensazione, lui la conosceva, era l’odio.

La porta si spalancò, e Crystal lo accolse serena:

«Ciao tesoro. Prego, entra»

Un arredamento curato e sofisticato lo accolse con calore. Mobili antichi rendevano il salotto molto accogliente, e l’atmosfera che si respirava, così tranquilla, lo rese più rilassato.
Doveva affrontare il suo passato, e provare a scrivere al meglio il suo futuro, e farlo non era facile se intorno a lui non c’era armonia.

Un tavolo di legno era accostato a una delle quattro pareti, mentre due divani di un rosso scuro erano rivolti verso un televisore posto su di una mensola, spento.

Qualcosa suggerì al ragazzo che nessun’altro era in casa in quel momento. Anzi, non solo in quel momento, ma proprio ogni giorno.

«Ma...vivi da sola?» chiese Hersel; per un attimo, si chiese se non avesse domandato qualcosa di troppo personale e in modo troppo sgarbato, ma poi scacciò quel pensiero dalla mente; prima di tutto perchè ce ne erano già troppi, ma poi anche perchè ciò che era successo il giorno prima, a quella panchina, aveva, in qualche modo, rafforzato il loro rapporto, lo aveva reso più forte, o così almeno Hershel credeva e sperava con tutto il cuore.

Affrontare le difficoltà con qualcuno accanto faceva la differenza, doveva ammetterlo. Lui, che aveva passato buona parte della sua vita a pensare con la sua mente, da solo. Che aveva contato solo sulle sue forze.

«Si...mia madre è morta quando avevo un anno; mio padre...beh, tempo al tempo, ti spiegherò tutto» replicò Crystal.

Hershel si odiò, ma ammise di aver provato una perversa felicità nel sentirlo.

«Oh...mi dispiace» replicò.

Crystal lo guardò per un attimo; poi disse:

«Se hai provato in qualche modo gioia nel sentire che mio padre è morto, devi semplicemente dirmelo, sai, non importa. Preferisco che tu sia sincero»

Aveva provato in qualche modo a leggergli nel pensiero. Ma anche Hershel ci provò:

«Mi riferivo alla morte di tua madre, non di tuo padre»

«...capisco. Comunque, vieni, siediti, ti mostro i libri» gli indicò il tavolo accostato alla parete, e sparì dietro una porta, probabilmente di un archivio, in cerca dei tanto ambiti tomi.

Il ragazzo si chiese se non fosse stato un po’ troppo duro, con quelle affermazioni; dopotutto, aveva appena detto alla sua ragazza che gioiva nel sentire che suo padre era morto. Non era un grande punto a favore per il suo rapporto con lei, era evidente.

“Povera...chissà come dev’essersi sentita”

Mentre Hershel si arrovellava con questi pensieri, Crystal tornò nel salotto, trascinando con fatica una grande cassa di cartone sigillata.
L’altro si alzò di scatto dalla sedia, e le andò incontro, per aiutarla.
Quando ebbero sistemato lo scatolone sul tavolo, Hershel, con un taglierino, lo aprì. Dentro, una decina di libri erano impilati uno sopra l’altro.
Hershel deglutì a fatica.

Eccoli.
Fa’ qualcosa, Hershel!

Finalmente. Finalmente Hershel poteva fare qualcosa. La sua ricerca poteva finalmente fondarsi su qualcosa di certo, di tangibile.

Poteva raggiungere quei figli di...

Ne prese uno, giallo. Se lo rigirò più volte fra le mani. Il titolo enunciava: “Gli Aslant: leggenda o realtà?”. Lo posò sul tavolo, accanto allo scatolone.
Ne tirò fuori un altro: “Sfogliamo i segreti dei nostri antenati”. Lo accarezzò distrattamente. Stava pensando ad una cosa: averli a sua disposizione gli dava un senso di potere smisurato, una sorta di superiorità spietata.

Poteva vincere ogni cosa, con quelli, lo sapeva. Ne era certo: avrebbe vinto.

«Ecco qua. Tutti questi volumi contengono informazioni dettagliate sulla civiltà degli Aslant» enunciò la ragazza. Prima che potesse aggiungere altro, Hershel era già immerso nella lettura.

 

*


«Allora...cosa dicono?» domandò Crystal; si era sistemata su una sedia di fronte a Hershel, che da mezz’ora, forse più, non alzava gli occhi dai libri. Si era stancata di osservarlo sfogliare con agitazione febbrile quei volumi, tanto che rischiava, nel girare pagina, di strappare i fogli dalla fretta.
L’altro si interruppe, alzò lo sguardo e disse:

«Crystal, ma...qui, non c’è scritto niente sulla Targent. Io volevo sapere di loro, non di questi stupidi Aslant! A che mi serve sapere di gente vissuta secoli fa? Non servono a nulla!» era allibito. Non poteva essere che la Targent non fosse menzionata nemmeno lì.

Un’altra ricerca inutile, allora?

«Calmati, Hershel, ragiona. Io ti mostro questi libri sulla civiltà degli Aslant, l’attuale oggetto di ricerca della Targent. Ma pensa solo un attimo: cos’altro ti posso offrire, io? Non solo delle informazioni sugli Aslant, ma anche molte della Targent, visto che lì, sui volumi, non c’è assolutamente nulla»

Hershel la guardò, per la prima volta dopo mezz’ora.

«Lo faresti?»

La speranza avvolgeva soffice quelle due parole.

«Per te, si. Ma è necessario che tu cambi» rispose freddamente. Si alzò, prese dalle mani di Hershel il libro che stava sfogliando, lo buttò malamente su uno dei due divani, si risedette e disse:

«Per prima cosa, non mi hai nemmeno ringraziato per questi libri. E sarebbe proprio il caso. Seconda cosa, non puoi chiuderti in te stesso, chinarti sui tomi e farmi stare ad aspettare, prima di tutto perchè è sgarbato e scortese, ma poi anche perchè devo raccontarti cosa so sulla Targent. A meno che tu non voglia tornare a casa senza delle informazioni così preziose.
La scelta è tua, Hershel»

“Ha ragione. Dannazione, che stupido. Sono uno stupido” Hershel si sentiva un verme; come aveva potuto trattarla così? Con tutto quello che aveva fatto per lui...
Con il suo modo sgarbato, aveva distrutto ciò che si era creato fra loro il giorno prima, su quella panchina.

Che stupido.

«Perdonami, Crystal. Non avrei dovuto trattarti a quel modo. Quindi, prima di tutto: grazie per avermi fornito tutto questo. Senza di te, sarei ancora a disperarmi su come trovare una pista da seguire per cercare la Targent.
E si, mi interessa ciò che sai su quegli uomini: il tuo contributo è fondamentale. Scusami, spero tu possa perdonarmi»

Entrambi avevano appena fatto esperienza di una cosa: in una relazione, è basilare, talvolta, chinare la testa.
L’umiltà apre la strada all’amore, se è sincera.

La ragazza sorrise.

«Bene. Dunque...ti dico tutto quello che so sulla Targent. Sei pronto a sentire?»

Hershel si sistemò nervoso sulla sedia; non poteva essere più pronto.

«Si, dimmi»

«L’organizzazione con cui abbiamo a che fare si chiama Targent; essa si occupa di ricerche in campo archeologico. Il suo obiettivo
principale è quello di arricchirsi grazie alle scoperte che fa. Ovviamente, ha bisogno di persone competenti, e, a questo proposito, rapisce o ricatta studiosi ed archeologi. Lo sappiamo bene, visto che abbiamo l’esempio lampante dei tuoi genitori»

“Bastardi” l’altro strinse i pugni con odio.

«Mio padre era a capo della Targent. E’ morto 7 anni fa, di malattia. Ora non so chi abbia preso il suo posto; ciò che so è che, se mio padre era determinato a portare avanti le sue ricerche, e lo era credimi, il nuovo boss lo è il triplo. E’ un uomo davvero misterioso, o così almeno ho sentito dire, perchè da quando papà è morto, io non ho avuto più alcun contatto dall’organizzazione. Diciamo pure che la famiglia Bone è “fuori dai giochi”. Non so nemmeno quale sia la loro base; a dire il vero, non l’ho mai saputo. Nemmeno mio padre poteva dirmelo, era un’informazione davvero segreta»

A Hershel venne una curiosità:

«Spero di non essere invadente ma...tu come fai ad avere tutte queste informazioni? Voglio dire, certo che tuo padre era il capo, ma non penso che, prima di andare a dormire, rimboccandoti le coperte, ti raccontava chi avevano rapito quel pomeriggio, o no?»

Prese Crystal un po’ alla sprovvista. Era una considerazione giusta, ma anche molto offensiva verso suo padre.

«L’ho scoperto da sola. Da bambina, avrò avuto 5 anni, stanca del comportamento sospetto e riservato che aveva ogni volta che provavo a giocare con lui, un giorno, lo seguii. Entrato in un bar, confabulava con un uomo. Ero piccola ma non stupida: capii che non volevano darsi sentire. Aspettai che i due finissero di parlare; dopodichè, lo costrinsi a darmi spiegazioni. Lui, colto sul fatto, raccontò. Allora ero solo una bambina, ma da quel momento non smisi mai di documentarmi su cosa faceva e chi incontrava. Fino alla sua morte, riuscivo a raccogliere più o meno tutte le informazioni che volevo; l’ubicazione della loro base, però, non ha mai voluto rivelarmela»

Con mille pensieri che gli frullavano nella testa, Hershel chiese a Crystal di fermarsi un attimo con il racconto: aveva bisogno di assimilare ciò che aveva appena sentito. Aveva bisogno di riflettere con calma.

Crystal, vedendolo stanco, gli propose di continuare più avanti le loro considerazioni, per decidere sul da farsi.
Lui prese con se cinque libri sugli Aslant, per vedere se poteva ricavarne qualcosa leggendoli meglio e più attentamente, e tornò a casa.

Sulla via del ritorno, semplicemente capì una cosa: la vera battaglia iniziava lì, in quel momento.

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