Evil Mirror

di Tefnuth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regalo di compleanno ***
Capitolo 2: *** Riflesso ***
Capitolo 3: *** Oltre il vetro ***
Capitolo 4: *** Videogioco ***
Capitolo 5: *** Il fantasma di un amico ***
Capitolo 6: *** Un'atroce verità ***



Capitolo 1
*** Regalo di compleanno ***


Per Tom Kaulitz le giornate erano una noia. I suoi genitori avevano divorziato quando era piccolo e dal momento che suo padre aveva un lavoro che non gli permetteva di stare abbastanza tempo a casa, Tom era stato affidato permanentemente alla madre. Tuttavia anche lei aveva un lavoro che la costringeva a stare più ore fuori casa e così le ore di solitudine passavano dai nonni materni che gli facevano fare molte attività.
A 14 anni ormai era abbastanza indipendente da stare in casa da solo, sapeva badare a se stesso, ma quanto avrebbe voluto un fratello con cui passare il tempo. A scuola le ore passavano fin troppo lentamente, nessuno della sua classe parlava con lui e Tom non faceva nulla per integrarsi con gli altri, gli unici con cui parlava erano due ragazzi più grandi di lui che erano suoi vicini di casa.


“Domani compirai 15 anni Tom, cosa vorresti?” gli domandò l’uomo un giorno mentre sistemavano gli oggetti in soffitta “Nulla, non stare a spendere per me” rispose il ragazzo, c’era una cosa che avrebbe voluto ma niente poteva dargliela “Oh andiamo, voi ragazzi volete sempre qualcosa” ribattè l’anziano parente mentre gli occhi, e le mani, di Tom si erano posati su di uno specchio da muro rettangolare e molto semplice “E questo?” domandò il ragazzo, nella sua memoria non c’era alcun ricordo legato a quell’oggetto “E’ lo specchio di tua nonna, lo ha fin da quando era piccola. In effetti è sorprendente che non si sia per niente rovinato, è rimasto così com’è fin da quando l’ho visto per la prima volta” osservò il nonno, ma i suoi occhi esperti notarono anche l’attrattiva che il nipote aveva per l’oggetto: per quanto poteva essere semplice e insignificante lui non riusciva a distogliere gli occhi.

E così quando si svegliò la mattina seguente, il giorno del suo compleanno, lo specchio era lì con la sua bella cornice nuova che aveva permesso al nonno e alla madre di attaccarlo alla parete proprio vicino al suo letto e la fodera grigia che proteggeva lo specchio . Non appena i suoi occhi lo misero a fuoco Tom si alzò dal letto e lo scartò, lentamente, assaporando ogni momento fino a che non lo scoprì del tutto. Gettò la fodera a terra e restò li a guardare la propria immagine, quel pigiama composto da una maglia verde e da un paio di pantaloni grigi decisamente troppo grandi per il suo fisico asciuttissimo, i dreadlocks che scendevano sulle spalle, il piercing al labbro inferiore e quell’aria da furbetto che aveva sempre avuto. Corse in cucina a ringraziare la madre che gli aveva preparato una torta foresta nera “Tanti auguri Tom, ricordati di ringraziare anche i nonni dopo” lo raccomandò Simòne, la madre, anche se sapeva che non sarebbe stato necessario; Tom telefonò immediatamente al nonno.

Tornò subito ad osservare la superficie riflettente dello specchio e piano piano nella sua mente il desiderio impossibile che da sempre risiedeva nella sua mente si fece ancora più impossibile “Quanto vorrei un gemello” pensò intensamente, poi la voce di sua madre irruppe nella stanza.

 

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Capitolo 2
*** Riflesso ***


“E’ un regalo insolito, ma è molto bello” commentò Georg mentre osservava da vicino il nuovo elemento nella stanza di Tom; Gustav invece era rimasto in silenzio ma dalla sua espressione si poteva facilmente intuire che approvava le parole di Georg, il ragazzone dagli occhi grigio-verde. Quando pochi minuti prima la madre lo aveva chiamato pensava che avrebbe dovuto aiutarla in uno dei suoi lavoretti da sarta, a volte dopo ore di fatica gli occhi di Simone erano troppo affaticati anche solo per infilare il filo nella cruna dell’ago, e invece quando aveva aperto la porta si era ritrovato davanti i due vicini, i suoi migliori amici anzi forse gli unici che aveva. Sul pavimento, accanto al letto, c’era la carta che avvolgeva la scatola del regalo che gli avevano fatto i due ragazzi: un bel completo di maglia e pantaloni in stile hip-hop proprio come piaceva a lui; aveva deciso che li avrebbe indossati per il primo giorno di scuola ancor prima di riporli con cura nel cassetto.

Nei giorni che intercorsero tra il suo compleanno e l’inizio della scuola, ossia poco meno di due settimane, lo specchio divenne l’oggetto preferito di Tom che nel tempo libero si divertiva a pensare che il suo riflesso fosse una persona reale con una propria personalità. Tuttavia il nuovo hobby destò le critiche di Georg e Gustav, avrebbero preferito che il loro amico rivolgesse le proprie attenzioni a persone in carne e ossa “Invece di parlare con uno specchio dovresti provare ad interagire di più con i compagni di scuola” gli aveva suggerito Gustav un paio di giorni prima dell’inizio del nuovo anno scolastico “I miei compagni sono tutti noiosi, non hanno molta voglia di parlare con me” era stata la risposta di Tom “Forse è colpa tua, prova ad aprirti di più con loro; a qualcuno dovrai pur stare simpatico” aveva aggiunto Georg “Va bene, ci proverò” aveva detto la prima bugia.

La mattina del giorno del rientro a scuola la sveglia del cellulare, posto sul comodino accanto al letto, faticò a destare il ragazzo dal suo sonno. Ci volle l’intervento di Simòne per convincerlo ad alzarsi “Forza Tom, non puoi fare tardi proprio oggi” lo rimproverò lei, forse ingiustamente dato che non erano neppure le 7.00, ma alla fine il ragazzo si arrese alla dura realtà e uscì da sotto le calde coperte. In verità a Tom piaceva andare a scuola, non era un secchione ma aveva superato il primo anno del gymnasium senza problemi e aveva potuto godersi le vacanze estive in pieno relax; trovava solamente la routine scolastica noiosa, probabilmente perché non aveva ancora instaurato dei veri rapporti di amicizia con i compagni di classe.

Si fece la doccia in tutta fretta così da poter consumare con più calma la propria colazione, dopodiché tornò nella sua camera per vestirsi. Sapeva bene cosa avrebbe indossato quel giorno, aveva già preparato tutto la sera prima, tuttavia quando si vide vestito con i jeans e la maglia rossa decorata con la scritta bianca si accorse che non aveva pensato al cappello da abbinarci. Aprì il cassetto dove teneva la sua piccola collezione di cappelli, ne aveva di tutti i colori, ma proprio non riusciva a decidersi “Dovresti mettere quello rosso con la visiera nera” gli disse una voce, ma non era la madre e in camera non c’era nessuno “Tu dici?” domandò il ragazzo scrutando qua e là alla ricerca di strane creature, poi vide la bocca del suo riflesso muoversi senza che lui lo facesse “Riprende il colore della maglia” l’immagine nello specchio stava sorridendo e aveva inclinato la testa verso la spalla sinistra.

Tom non riusciva a credere ai propri occhi, la propria immagine gli stava parlando e si muoveva mentre lui era immobile, sbigottito dalla scena “Stai pensando che è impossibile, vero?” domandò il riflesso appoggiandosi con la spalla alla cornice “Ma chi sei tu?” chiese Tom avvicinandosi, il riflesso stava per dare la sua risposta quando Simòne chiamò il figlio a gran voce “E’ ora di andare” aveva una gran fretta “Sarà meglio che tu vada. Se vuoi possiamo riparlarne più tardi” Tom gli obbedì.
Per tutto il viaggio in auto fino a scuola, e anche durante le ore di lezione, il ragazzo non fece altro che pensare a quello che gli era appena accaduto: forse era solo il frutto della sua immaginazione o uno spirito era entrato nello specchio e gli aveva parlato attraverso la sua immagine “E’ impossibile” si convinse. Se i professori non si fossero limitati a presentare il programma del nuovo anno ed a correggere a voce i compiti assegnati per le vacanze, quella sarebbe stata sicuramente una giornata disastrosa per Tom tanto era confuso e disattento a quello che usciva dalla bocca degli insegnanti.

Quando uscì da scuola aveva paura di quello che avrebbe trovato in camera sua. Pranzò il più lentamente possibile, anche se il suo stomaco brontolava già prima di mettersi a tavola, e rientrò nella stanza solo dopo che la madre era uscita per ritornare al lavoro. Per sicurezza non chiuse la porta della camera a chiave, come invece faceva tutte le volte per non essere disturbato, tuttavia nella stanza non trovò nulla di insolito e anche lo specchio sembrava normale. Sembrava.
La voce del riflesso lo colse di nuovo alle spalle, il ragazzo evitò di gridare anche se in casa non c’era nessuno “Ti piace così tanto prendere la gente alle spalle?” lo rimproverò Tom anche se era una situazione alquanto insolita “Volevo solo salutarti. Com’è andata la scuola?” gli domandò il riflesso, sul viso aveva ancora il sorriso innocente della mattina “Bene, ma tu chi sei?” ripeté Tom “Non ho un nome, sono solo l’abitante dello specchio” fu la risposta ma il ragazzo non ne era convinto, nella sua testa gironzolava ancora il pensiero che fosse tutto frutto della sua immaginazione “E perché non hai un nome?” “Perché sono l’unico qua dentro. A che serve un nome se nessuno lo può usare?” c’era un tono di sufficienza nella sua voce “Ci può stare ma perché sei uguale a me se stai lì dentro da sempre?” “Ovvio sono il tuo riflesso, sarebbe strano se avessi l’aspetto di tua madre” non aveva tutti i torti “Anche così però è strano” gli fece osservare Tom che intanto aveva deciso di sedersi sul pavimento a gambe incrociate “Sei molto sospettoso, eppure mi sembrava che ti piacesse quando facevi finta che io fossi il tuo fratello gemello. Non è forse il tuo desiderio più grande avere qualcuno che riempia il vuoto che hai dentro?”. Aveva colto nel segno e Tom si domandò se l’altro avesse tirato ad indovinare o se gli avesse letto nel pensiero “Il tuo silenzio mi dà ragione. Già che ci sei perché non provi a darmi un nome?” fu la proposta del riflesso “Sarebbe  più giusto se te lo scegliessi da solo, potrei anche farti delle proposte che non ti piacciono” “Non sono mai uscito da qui, non conosco nessun altro nome oltre al tuo” aveva assunto uno sguardo triste “Va bene ci proverò, ma naturalmente non posso darti il mio stesso nome. Ci vuole qualcosa che tu riesca a ricordare facilmente, un nome figo – rifletté qualche istante, finché non gli venne l’illuminazione - . Che ne dici di Bill? E’ corto e credo che ti si addica” gli piaceva quel nome inoltre era uno dei possibili nomi che la madre aveva scelto per lui prima di decidere quello attuale “Bill… si mi piace”.
 
Nota autrice: eccoci arrivati al secondo capitolo, finalmente direte dal momento che ci ho messo un po’ però mi ha preso il blocco dello scrittore e buttar giù queste poche righe è stato difficile. Sfortunatamente l’inizio di un racconto è sempre complicato per me, è nella parte centrale che di solito riesco a dare il meglio perché le idee si fanno sempre più chiare quindi abbiate ancora un pizzico di pazienza per favore.

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Capitolo 3
*** Oltre il vetro ***


Nel silenzio della sua camera, Tom chiacchierò con il suo nuovo amico raccontandogli un po’ di cose sul mondo reale, Bill non poté fare altrettanto dal momento che non aveva niente da dire sul suo mondo “E’ un peccato però: tu stai lì dentro e io sono qua” osservò Tom, era triste perché ora che aveva trovato un’altra persona simpatica poteva solo parlarci “Questo si può risolvere” esordì Bill con un sorriso furbetto “E come? Non posso rompere il vetro, tu spariresti, e non posso attraversarlo” ribatté Tom alzandosi e avvicinandosi allo specchio “Si che puoi – Tom fece una faccia incredula - . Avanti posa la tua mano”.

Convinto dalle parole di Bill, il ragazzo poggiò la sua mano sul vetro: sembrava quasi liquido, come acqua in fase di cristallizzazione, non era freddo ma neppure caldo. Tom ritrasse la mano per un istante, aveva paura “Avanti, vieni da me” lo incitò Bill. Il ragazzo appoggiò nuovamente la mano sullo specchio, esercitando una piccola pressione: la mano sparì attraverso il vetro per qualche istante per poi riapparire dall’altra parte. Non vedendo alcun pericolo Tom si convinse ad entrare, ma aveva deciso che avrebbe tenuto gli occhi chiusi.
Attraversò la superficie dello specchio lentamente e quando tutto il suo corpo arrivò dall’altra parte si sentì come sospeso, non avrebbe saputo dire se qualcosa lo stesse sorreggendo o fosse nel vuoto perché ancora non aveva alzato le palpebre; solamente quando percepì che i piedi erano a terra aprì gli occhi e vide…il nulla. Non c’era niente, solo uno strano calore e una sensazione piacevole “Non è stato poi così difficile, vero?” si sentì dire, Bill era apparso davanti a lui e sembrava più reale che mai “Questa è casa tua?” domandò Tom, era una domanda insensata ma era nata dalla confusione che aleggiava nella testa del ragazzo “Non farti ingannare, qui c’è molto più di quello che sembra”.

“Pensa a qualcosa” suggerì Bill, non sembrava che stesse scherzando  tuttavia per Tom era difficile credergli “ Mi stai suggerendo che se penso a qualcosa questa si avvererà? Non penserai che ti creda, già mi è difficile accettare il fatto che sono dentro ad uno specchio” ribatté Tom, la testa gli stava facendo male “Dove vorresti essere adesso? Pensaci, se è come dici tu al massimo non succederà niente. Se ti può aiutare chiudi gli occhi così te lo immagini meglio, non devi dirmi cosa stai pensando” Bill sapeva come convincere la gente. In effetti c’era un posto dove Tom avrebbe voluto essere, era da tanto che non ci andava e quell’ immagine riempì la sua mente con i suoni e gli odori che gli erano propri. Se l’era immaginato in una calda giornata estiva, senza nessuno al di fuori di lui e presto sentì il calore della sabbia sotto ai piedi; nelle sue orecchie arrivò il rumore delle onde mosse dal vento e il profumo dell’aria salmastra entrò nelle sue narici “Scommetto che hai pensato al mare, è proprio bello sai? Dovresti proprio guardarlo” sentì dire da Bill. Quando aprì gli occhi Tom rimase senza fiato, quello che lo circondava era esattamente ciò che aveva immaginato e come lo aveva sognato “Cosa? Non ci credo” disse incredulo “Te lo avevo detto, io” ribatté Bill, negli occhi aveva lo sguardo di chi stava assaporando silenziosamente la propria vittoria.

“Ok sono decisamente andato fuori di testa, è ufficiale” disse Tom guardandosi intorno per vedere  fino a dove si estendeva quell’illusione, ma non riusciva a vederne la fine “Perché dici questo?” domandò Bill “E’ impossibile una cosa del genere, prima il vuoto e ora sono sulla spiaggia più bella che abbia ai visto” gridò il ragazzo, si aspettava un ritorno di voce come accadeva negli spazi chiusi ma non successe nulla, era proprio in uno spazio aperto “Qui tutto quello che immagini diventa realtà, non importa cosa sia e nemmeno se non esiste nel tuo mondo. Non solo luoghi ma anche cose che riguardano te stesso, nulla è permanente e puoi cambiare idea quando vuoi” spiegò Bill “Che?! Vuoi dire che se cercassi di immaginarmi… che ne so con dei capelli diversi o con un altro aspetto questo accadrebbe?” domandò Tom “Certo, e succederebbe anche se tu volessi vederti con qualche anno di più” “Mi prendi in giro? Vuoi dire che se desidero… di voler avere 25 anni questo si avvera? Anche se non ho un immagine precisa nella testa?” “Sembra un po’ strano da capire però si” rispose Bill.

Galvanizzato alla sola idea, Tom pensò intensamente di voler vedere se stesso a 25 anni. Uno strano formicolio attraversò il suo corpo, non era una sensazione sgradevole tutt’altro, e in pochi secondi sentì il suo corpo mutare. Per potergli dare una visione d’insieme Bill fece comparire davanti all’amico uno specchio lungo e Tom vide sulla superficie un giovane uomo in gran forma con i dreadlocks e un piccolo accenno di barba, non credeva a quello che vedeva “Porcaccia…se sarò veramente così tra qualche anno gli altri uomini faranno meglio a starmi alla larga o faranno una bruttissima figura” disse tutto soddisfatto di se e della propria voce da adulto, poi diede uno sguardo a Bill “Tu sei in grado di farlo?” domandò “Certo, questa è casa mia e le regole valgono anche per me” fu la risposta secca del ragazzino “Fammi vedere”. Dal momento che quello di Tom sembrava un ordine, Bill fece come gli era stato richiesto e si invecchiò fino a raggiungere l’età giusta e poi si mise al fianco dell’amico davanti allo specchio “Fortissimo, sembriamo proprio due gemelli – commentò Tom, ma qualcosa non lo soddisfaceva - . Però… ” “Qualcosa non va?” domandò Bill “Stavo pensando che sei troppo uguale a me” fu la risposta pensierosa del ragazzo “Ti ho già spiegato perché, e poi mi sembrava che ti piacesse l’idea di avere un gemello omozigote” rispose lo spirito ritornando alle normali dimensioni “Non fraintendermi, adoro il fatto che tu sia fisicamente uguale a me perché ho sempre avuto un gemello. Vedi però a me non è mai piaciuto molto il fatto di vedere dei gemelli perfettamente uguali anche nell’abbigliamento, perché penso che in questo modo uno dei due non può seguire il proprio stile. Mi piacerebbe che anche tu possa trovare un tuo modo personale” gli spiegò Tom mentre anche lui tornava alla sua forma originaria, sperava di essersi espresso bene “Te l’ho detto, io conosco solo quello che vedo su di te e non ho altri punti di riferimento. Non saprei nemmeno da dove cominciare” precisò di nuovo Bill, dal suo tono di voce però non si poteva capire se era dispiaciuto o irritato “Questo l’ho capito, però adesso che so come funziona qui potrei darti io una mano, se me lo permetterai” propose il ragazzo, aveva già qualche idea in mente “Si può fare, però attento perché se non mi piace te lo dirò subito. Tanto per cominciare queste maglie così larghe non mi piacciono”.

Dopo aver appurato che Bill non andava pazzo per lo stile hip-hop, Tom provò ad immaginare in quale altre vesti avrebbe potuto vedere se stesso (e di conseguenza il suo nuovo amico). Per l’occasione fece materializzare un enorme negozio di abiti per tutti i gusti, ogni volta che scartava qualcosa maglia o pantalone che fosse andava personalmente a prenderne un altro dai grandi scaffali. Venne illuminato quando gli capitò tra le mani il ciondolo della collana che portava sempre al collo: un plettro bianco e nero comprato ad un concerto cui aveva assistito. Bianco e nero erano i colori simbolo degli opposti, così decise che avrebbe giocato su questo anche per il nuovo look di Bill. Velocemente prese una maglia nera con un grosso teschio stampato, un paio di jeans strappati entrambi aderenti, un paio di anfibi e qualche accessorio: il look del perfetto rocker. Quando Bill uscì dal camerino con gli abiti che Tom aveva scelto aveva un’ espressione felice, gli piaceva che i vestiti sottolineassero un po’ meglio la sua figura. L’unico elemento del suo look che non gli piaceva erano i capelli, aveva ancora i dreadlocks e anche il colore non lo soddisfaceva molto “I vestiti mi piacciono, ma i capelli non mi convincono molto” commentò guardandosi allo specchio “In effetti lì sopra non stanno molto bene. Potresti farli corti, magari con un piccolo ciuffo davanti a un occhio e magari farli diventare neri” suggerì Tom ricordandosi di quando aveva visto una propria foto di quando aveva i capelli corti, non aveva il ciuffo ma il taglio non gli stava male. Bill seguì il suggerimento dell’amico e trasformò i capelli come gli era stato detto, dovette ammettere che gli piacevano molto di più e si armonizzavano meglio con l’abbigliamento “Così sei perfetto, fratellino” a Tom venne spontaneo chiamarlo così.

Purtroppo i loro giochi finirono lì, infatti in lontananza si sentì una voce femminile che Tom non faticò a riconoscere “Questa è mamma, accidenti è già così tardi?” si chiese lui, non si era accorto di quanto fosse passato veloce il tempo “Sarà meglio che tu esca da qui, tua madre impazzirebbe se non ti vedesse” disse Bill, aveva fatto scomparire il negozio ed era tornato il vuoto che Tom aveva trovato all’entrata. Aveva fatto ricomparire anche il portale da cui si vedeva la camera del ragazzo. Tom esitò un poco, non avrebbe voluto ritornare nella sua camera da solo, ma non voleva recare un dolore a sua madre e così attraversò di nuovo lo specchio lasciandosi un pensiero alle spalle che riecheggiò nel vuoto del mondo di Bill “Vorrei che tu fossi reale”.
 
Nota autrice----
Finalmente sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo, un grosso esame mi aveva tenuto lontana dal pc ma adesso è tutto risolto. Spero che anche questo capitolo vi piaccia, miei cari lettori che ringrazierò sempre per avermi dedicato un po’ del vostro tempo e per lasciarmi delle recensioni tanto belle. Grazie e buona lettura.

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Capitolo 4
*** Videogioco ***


“Sembri molto felice oggi Tom. Cosa ti è successo di tanto bello?”  domandò Gustav al ragazzo mentre si gustavano il gelato comprato in quella che loro consideravano la gelateria migliore di tutta Leipzig. L’osservazione che aveva fatto Gustav non era stata affatto fuori luogo, da quando Tom aveva scoperto il segreto del suo specchio era molto più felice del solito, aveva anche iniziato a legare di più con i compagni di classe “Nulla di particolare, forse il sole mi porta il buonumore” fu la risposta di Tom “Peccato, pensavo che avessi trovato una bella ragazza cui fare il filo” disse ironico Georg sapendo che il giovane amico era un tipo che attirava molte ragazze “Nulla del genere, è solo che… ho conosciuto un nuovo ragazzo, è veramente molto simpatico” Tom lo aveva detto senza pensarci e subito dopo se n’era pentito, Georg e Gustav sicuramente avrebbero voluto conoscerlo ma non avrebbero mai potuto “E’ nella tua scuola?” domandò Gustav incuriosito “Eh…si. Però purtroppo non ha molto tempo libero, il suo sport gli occupa tutti i pomeriggi” rispose il ragazzo arrampicandosi sugli specchi, doveva far si che ai suoi due amici non venisse la voglia di chiedere di incontrarlo “Ah peccato, almeno potete incontrarvi a scuola è già qualcosa no? Come si chiama? Non ce l’hai ancora detto” domandò Georg dopo aver dato un’occhiata veloce al suo orologio “Bill, abbiamo molte cose in comune”.

Con gran sollievo di Tom venne  presto l’ora di rientrare a casa, le domande di Georg e Gustav sul suo nuovo amico si facevano sempre più specifiche e questo gli rendeva difficile dare delle risposte plausibili. Durante la loro conversazione aveva dovuto fare un gran sforzo mentale per creare l’identità di Bill. Era arrivato a casa sfinito, aveva consumato con calma la cena preparata dalla madre e poi si era rinchiuso in camera sua dove lo aspettava Bill “Ti sei divertito oggi?” domandò subito lo spirito “Ho parlato di te a Georg e Gustav” rispose Tom poco prima di attraversare la superficie dello specchio, ormai non gli faceva più paura “Hai parlato di me?” “Già, però dal momento che non vi potrete mai incontrare gli ho detto che lo sport che fai ti occupa tutti i pomeriggi” .

Una volta esaurito il racconto della giornata, era il momento per i due ragazzi di giocare un po’, questa volta Tom aveva deciso di interpretare il personaggio di un videogioco ambientato nell’ottocento. Era un cacciatore di presenze soprannaturali di ogni genere e con il suo fidato assistente, impersonato da Bill, andava in giro indagando in ogni angolo per uccidere quelle creature con le armi più improbabili. Tom era sempre più affascinato da ciò che lo specchio riusciva a creare, a quello che la sua mente poteva immaginare. In quella realtà gli apparivano mostri già visti nei film e altri che non aveva mai visto, alcuni facevano veramente tanta paura che un paio di volte il ragazzo esitò prima di tirar fuori l’arma adatta alla situazione “Hai paura?” commentò Bill in un’occasione “Ma scherzi? Io non ho paura di niente, ma ammettilo faceva proprio schifo” aveva risposto Tom. Quando il gioco finì e tutto tornò buio, Tom si accorse che c’erano due copie dello specchio non molto distanti tra loro e osservando la loro superficie il ragazzo poté scorgere in uno il meraviglioso paesaggio di maree nell’altro l’oscuro mondo dei mostri “E questi?” chiese a Bill “Sono le porte dei mondi che hai creato, così potrai tornarci quando vuoi” spiegò il ragazzino dai capelli scuri “Forte, è come essere in un videogame. Anzi è meglio, le persone continuano a muoversi anche se non ci siamo” disse Tom mentre vedeva le onde del mare muoversi al vento e gli zombi che si nascondevano nei vicoli in attesa degli ignari passanti.

Ben presto il ragazzo scoprì che i portali potevano essere creati anche all’interno delle ultra-dimensioni, una cosa che gli permise di creare dei veri e propri labirinti all’interno del mondo ottocentesco: ad ogni porta corrispondeva l’entrata in un’altra dimensione.
Anche la dimensione 0, come a lui piaceva chiamare la zona vuota, si riempì di nuovi portali che portavano nei luoghi più diversi: d’avventura, brivido, posti paradisiaci in cui rilassarsi magari stando su di un’amaca tra due palme delle Hawaii, oppure parchi divertimenti. Alcune volte Tom portava con sé qualche libro per studiare o anche semplicemente per leggere in modo da poter insegnare qualcosa a Bill. Gli piaceva spiegare all’amico come funzionava il mondo reale, quello che faceva a scuola e come passava il suo tempo con gli amici i cui fantasmi erano entrati a far parte delle loro numerose avventure. Era diventato un passatempo che confondeva la realtà con la fantasia, le regole cui era abituato erano state stravolte.

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Capitolo 5
*** Il fantasma di un amico ***


“Senti Bill, posso chiederti una cosa?” era da tanto che Tom portava questa domanda con sé, ma non aveva mai avuto il coraggio di pronunciarla per paura di ricevere una risposta negativa “Spara” lo spirito era tutt’orecchie “E’ possibile far materializzare persone…o animali…morti?” finalmente l’aveva detto “In teoria sì, anche se naturalmente non sarebbe mai come l’originale: sarebbe esattamente come tu lo ricordi. Se per esempio questa persona, o animale, era malata e tu la immagini così la faresti materializzare con la malattia; bisogna fare attenzione con questo tipo di cose. Perché me lo chiedi?” domandò Bill a sua volta “Circa un anno fa è morto il mio cane, Seth. Non era proprio il mio, in realtà era di mio nonno però gli volevo veramente tanto bene e andavo sempre a trovarlo. Era un bellissimo pastore tedesco così pieno di energia e mi faceva sempre le feste quando mi vedeva; però se l’è portato via un brutto male” raccontò Tom, non l’aveva detto all’amico ma a volte quando andava dai nonni sperava quasi di veder sbucare il cane da un angolino della casa “Mi dispiace, doveva volerti molto bene come tu ne volevi a lui. Possiamo provare a farlo apparire, mi piacerebbe conoscerlo, però a quello devi pensarci tu lo sai” suggerì Bill, dopotutto lui non aveva alcuna idea di come fosse fatto un pastore tedesco.
Tom prese un grosso respiro, il suo cuore batteva forte e doveva fare ordine nella sua mente per focalizzare la figura di Seth. Ritornò col pensiero a quando ancora non avevano scoperto la sua malattia, quel brutto cancro all’intestino che se l’era portato via in un mese o poco più, a quei giorni in cui giocavano a rincorrersi nel cortile della casa dei nonni e dopo poco sentì qualcosa leccargli le mani. Era qualcosa di ruvido e bagnato, però era una sensazione famigliare, fu solo quando Bill gli disse di aprire gli occhi che ebbe la sorpresa: quel qualcosa di ruvido  e bagnato altro non era che la lingua di un pastore tedesco, e non uno qualsiasi.

Seth era proprio come se lo ricordava, un cane vivace e affettuoso dal mantello nero e marrone che non smetteva mai di fargli le feste e di comunicargli tutto il suo amore con i suoi occhi nocciola; era come se non se ne fosse mai andato. L’unico timore di Tom era che il cane potesse dimostrarsi diffidente verso Bill e invece, forse grazie al fatto che loro due erano identici, Seth si era scagliato addosso allo spettro dello specchio per leccargli amichevolmente il viso “Così questo è un cane?” domandò lo spirito mentre faceva conoscenza con il cane “Esatto, una delle tante razze, ogni giorno ne scoprono una nuova…o la creano gli uomini incrociando le razze. Per noi loro sono degli amici fedeli, per me lui era il mio migliore amico” spiegò Tom accarezzando la testa di Seth che scodinzolava felice la sua coda nera e marrone “Fanno parte della famiglia, quindi. Peccato che lui non sia reale” le ultime parole di Bill avevano fatto sparire il sorriso dal volto di Tom “Già è vero, a volte vorrei che questo fosse il mondo reale: qui ho te e ora lui. Là fuori non c’è nessuno con cui sono veramente legato” ardue parole per uno della sua età.

Bill non rispose, preferì piuttosto cambiare discorso “Perché non giochiamo un po’ con Seth, così mi fai vedere cosa sa fare” propose “Certo, quando era vivo sapeva fare un sacco di giochetti” rispose Tom cancellando la malinconia dai suoi occhi. Per giocare con un cane non c’era posto migliore della spiaggia in riva al mare dove Tom fece vedere all’amico come si giocava al riporto e dove fece fare a Seth una piccola esibizione dei classici trucchetti che di solito si insegnano ai cani: dare la zampa, rotolarsi, stare in piedi su due zampe, eccetera. Anche Bill dopo che ebbe superato il suo timore verso quell’animale, e soprattutto verso i suoi denti, fu molto partecipe al gioco e poté sostituire Tom quando questi divenne troppo stanco per continuare “Tu non ti stanchi mai?” domandò Tom all’amico, una domanda lecita dal momento che non lo aveva mai visto riprendere fiato “Sono uno spettro, non ho la necessità delle persone reali: non mangio, non bevo…non mi stanco. Non sapevo nemmeno cosa fossero prima che me li spiegassi tu” spiegò lo spirito “Cavolo cha fortuna” “Penso di sì, però sinceramente preferisco il tuo mondo. Là tutto è reale” disse Bill sedendosi accanto a Tom, il cane lo seguì accucciandosi tra loro due “ Ma tu non puoi proprio uscire da qui? Non c’è nessun modo?” chiese Tom pensando a quante belle cose avrebbero potuto fare insieme nel mondo vero “No, io devo stare qui” rispose Bill con un tono di rammarico “Se ci fosse anche solo un modo, io ti aiuterei. Sarebbe fantastico se tu potessi passare nel mio mondo” “Non preoccuparti, mi va bene anche così. Almeno adesso non sono più solo, ci sei tu che mi vieni a trovare” cercò di consolarlo lo spettro “Ma io invecchierò, e poi morirò. Tu invece no e dopo resterai di nuovo solo” constatò il ragazzo con i dreadlocks “Non pensare a questo adesso. Pensiamo solo a divertirci”.

“Divertirsi”, per Tom divenne difficile adempiere a quel concetto per il resto del tempo che passò con Bill. Ormai nella sua mente si era insidiato il pensiero che dopo di lui non ci sarebbe stato nessun altro a occuparsi dell’amico, tra un po’ di anni sarebbe ritornato a  un’esistenza di solitudine. Era un’idea che lo rese malinconico anche a cena tanto che se ne accorse persino sua madre “Tesoro cos’hai? E’ successo qualcosa?” gli domandò Simone. La risposta del ragazzo fu evasiva, non voleva farla preoccupare, e per tutta la serata cercò di simulare una finta serenità tentando al contempo di scacciare nel profondo della sua mente quell’orrido pensiero.
Al contempo, nel vuoto del regno dello specchio, Bill sogghignava mentre accarezzava la testa di Seth “Credo che così possa bastare, è il momento di passare alla fase due del piano”.

-------NOTA AUTRICE--------
Questo piccolo capitolo lo dedico al mio amato cane che è vecchio e so che, come per tutti, non vivrà per sempre. Ogni attimo che passo con lui è una sferzata di allegria nella mia vita e quando purtroppo non ci sarà più voglio ricordarlo proprio come Tom ricorda Seth.

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Capitolo 6
*** Un'atroce verità ***


I pensieri di Tom continuarono ad affliggerlo anche nei giorni seguenti. Anche Georg e Gustav se ne resero conto quando sul viso del ragazzo comparvero i segni della preoccupazione “Cos’è quella faccia? Hai litigato con tuo padre?” domandò Gustav dal momento che conosceva gli alterchi che c’erano stati tra il ragazzo e il padre “Niente del genere, in effetti è da un po’ che non ho notizie da papà” rispose Tom mentre continuava a strappare l’erba dal prato “Questa non me la bevo, hai una faccia che dice tutto il contrario” ribatté Georg suscitando le ire del ragazzo “Smettetela, ho detto che non è niente. Punto e basta” disse il ragazzo con i dread che se ne andò lasciando attoniti i suoi amici “Ci dev’essere sotto qualcosa” ipotizzò il ragazzo biondo “O forse non è veramente nulla. Vedrai che se avrà bisogno ce lo dirà”.
Era così infuriato che aveva fatto la strada per tornare a casa tutta di corsa, si era infilato subito in camera sua e poi era entrato nello specchio, l’unico luogo che gli sembrava più accogliente.

Tuttavia la dimensione zero aveva qualcosa di insolito: gli specchi che portavano agli altri mondi erano opachi, quasi grigi, e non mostravano cosa c’era al loro interno “Bill? – chiamò Tom scrutando con gli occhi – Dove sei?” aveva timore che fosse sparito, invece la voce dell’amico gli ripose alle spalle “Sono qua” ma aveva uno strano tono. Quello che vide Tom quando si voltò non gli piacque affatto. Senza che lui lo avesse pensato Bill si stava mostrando a lui con un aspetto più adulto, i capelli rasati ai lati e una lunga cresta nera al centro; ciò che faceva veramente paura era il suo viso in parte sfigurato come quello di uno zombie e la trachea completamente scoperta dalla quale non fuoriusciva neanche una goccia di sangue.

Quella orrenda visione stava lì in piedi a fissare Tom, anche il suo sguardo era diverso, severo e privo della luce che lo aveva sempre caratterizzato “Che ti è successo?” domandò il ragazzino spaventato a tal punto da allontanarsi di qualche metro dallo spettro “Dove pensi di andare?” domandò Bill allungando una mano fin troppo ossuta. Terrorizzato Tom richiamò a se Seth, certo che gli avrebbe dato una mano, purtroppo per lui anche il cane aveva avuto una trasformazione simile a quella di Bill diventando un animale gigantesco con gli occhi verde acido e le zanne acuminate gli stavano ringhiando contro “Credo che il tuo animale abbia un nuovo padrone” disse Bill accarezzando una delle zampe anteriori del gigante, quando sorrise lo spettro mostrò una chiostra di denti aguzzi da far invidia anche ad un vampiro “S…Seth” sussurrò Tom spaventato ma anche adirato per quello che lo spirito aveva fatto al suo adorato cane “Perché?” domandò poi ritrovando al voce.
Nuovamente Bill usò una delle due mani scheletriche per indicare uno specchio, appena comparso alle spalle di Tom, su cui iniziarono a scorrere le immagini della vita del ragazzo “Ma come? Io non ti ho detto tutte queste cose” domandò il ragazzo mentre osservava un resoconto dettagliato della sua vita “E’ semplice, mentre tu stavi qua con me io copiavo i tuoi ricordi. So tutto su di te, ora” sussurrò Bill all’orecchio del ragazzo che con uno scatto si alzò e diede una spinta allo spettro per allontanarlo da sé “Voglio sapere il perché” ripetè il ragazzo “Sto solo esaudendo un desiderio che ci accomuna: voglio uscire da qui. Però per farlo mi servi tu” mentre parlava Bill mutò di nuovo il suo aspetto: aveva tolto l’eye-liner dagli occhi, i capelli erano diventati biondi e lunghi e dal volto, che ora mostrava un accenno di barba, sembrava avesse aggiunto qualche anno alla sua età virtuale. A Tom non servirono altre domande, aveva capito che doveva solo scappare perciò si lanciò all’indietro nello specchio pensando alla dimensione della spiaggia; il cane lo seguì a ruota.

La sabbia era diventata una sostanza collosa e viscida che gli rendeva difficile ogni passo, l’acqua invece era diventata torbida ed emanava un odore terribile che gli stava facendo rivoltare lo stomaco tanto da fargli venire i conati di vomito. Avrebbe voluto fermarsi e svuotare lo stomaco ma sentiva il cane che si avvicinava e non poteva permettersi un lusso simile. Con le lacrime agli occhi e le gambe che gli bruciavano per lo sforzo di muoversi in quella strana sostanza, Tom corse fino a dove sapeva che avrebbe trovato il prossimo specchio: alla base della scogliera che aveva iniziato a franare sotto i suoi occhi. Riuscì ad attraversare il portale giusto in tempo per evitare di essere schiacciato da un grosso masso che travolse il cane e distrusse lo specchio alle sue spalle intrappolandolo nella dimensione degli spettri.
Per raggiungere il portale che lo avrebbe condotto direttamente fuori dallo specchio Tom avrebbe dovuto raggiungere la periferia della città ed entrare in una delle case diroccate. Era là, nella soffitta di uno di quelli edifici che aveva creato un’uscita di emergenza che lo riportava direttamente in camera sua. Certamente avrebbe potuto crearne una su due piedi direttamente davanti a sé ma con quello che stava succedendo era meglio non rischiare. Camminava tra le strade cercando  di ricordare a memoria il percorso che doveva fare per raggiungere la sua via di salvezza, era difficile perché solitamente ce lo portava Bill e mentre giocavano non aveva mai fatto veramente attenzione ai vicoli che imboccavano tuttavia il ragazzo fu aiutato da una totale assenza di personaggi “Che stai tramando?” domandò tra se Tom mentre scrutava ogni vicolo prima di entrarci : aveva tanta paura di rivedere Bill in versione zombie e non voleva che accadesse in una di quelle vie così strette.
Il tragitto fu più lungo del previsto, Tom aveva sbagliato strada un paio di volte, ma poi i suoi occhi videro la casa vecchia con i graffiti sui muri e la porta verde “Avrei dovuto metterla in un punto più facile da trovare” si criticò il ragazzo. Aveva appena messo un piede sul gradino quando un rumore lo sorprese alle spalle: Seth lo aveva trovato e lo stava osservando dal fondo della strada, sebbene le sue dimensioni si fossero ridotte non aveva perso la sua aura spettrale. Tom entrò immediatamente nella casa e sprangò la porta con la sedia proprio in tempo per bloccare il cane che si era avventato contro l’uscio a gran velocità. Il colpo ricevuto stordì l’animale a tal punto da dar tempo al ragazzo di salire in tutta fretta le scale che scricchiolavano ad ogni suo passo, arrivare su fino alla soffitta polverosa e attraversare il portale.

La solidità del pavimento sotto i suoi piedi gli stava confermando che era di nuovo nella sua stanza, era riuscito a scappare e ora doveva solo rompere quel dannato specchio prima che Bill si inventasse qualche nuovo stratagemma. Stette fermo per qualche istante, doveva riordinare le idee e trovare qualcosa che rompesse la superficie riflettente in un colpo solo, poi le sue mani andarono veloci sotto al letto dove teneva il suo skateboard (era molto vecchio e non aveva più le ruote ma per lo scopo andava benissimo). Caricò il colpo portando dietro di sé la tavola e poi lo lanciò in avanti, ma qualcosa non andò per il verso giusto: non era stato lo specchio a rompersi ma una superficie trasparente che separava lui dall’oggetto “E’ un gran peccato vero? Ci eri quasi riuscito” la voce di Bill e la sua immagine comparvero all’interno della cornice, aveva ripreso le sue sembianze da bambino ma nei suoi occhi si leggeva ancora la cattiveria del demone di poco prima.

Con un effetto domino tutto ciò che era attorno a Tom cadde in frantumi e il ragazzo si ritrovò nella dimensione 0, i portali erano tutti spariti ad eccezione di quello in cui si vedeva Bill che aveva ripreso le primissime sembianze con lui lo aveva visto Tom. Lacrime scesero sul volto del ragazzo con i dread mentre la risata dell’ex-spettro riempiva la stanza, in mano aveva la tavola da skate “Addio” e con queste ultime parole ruppe lo specchio e lo staccò dal muro. Il piano era perfettamente riuscito e ora Bill era libero e poteva fare quello che voleva, doveva solo cambiare un paio di cose che non gli piacevano, a cominciare dall’abbigliamento.


Qualche giorno dopo-------
“Nonno devo dirti una cosa” disse Bill a quell’anziano che tanto somigliava al nipote che adesso non c’era più “Dimmi pure” rispose lui, il suo sguardo era pieno di gentilezza e memoria “Purtroppo lo specchio che mi hai regalato…si è rotto. Mi dispiace tanto non l’ho fatto apposta” il ragazzino aveva assunto un’aria dispiaciuta, sperava di riuscire ad abbindolare il vecchio senza dover subire uno di quei lunghi discorsi che tanto odiava “Che peccato, ma non preoccuparti. L’importante è che tu non ti sia fatto male, i pezzi di vetro possono essere molto pericolosi: quando ero piccolo uno dei miei cugini ha perso un occhio a causa di un piccolo pezzo di vetro” “Però era un tuo regalo” continuò la scenetta di Bill “Ce ne saranno altri e di più belli, non ti preoccupare – in lontananza si sentì la voce di Simone che annunciava che il pranzo era pronto - . Finalmente, avevo una fame da lupo, forza Tom ci aspettano dei piatti da svuotare” e si uscì tutto arzillo dalla casetta, poi si girò di nuovo e disse al ragazzo “Ah ti sta bene questo nuovo look”.
Ora che aveva sistemato le cose con il nonno della sua vittima era il momento di conoscere dal vivo i due migliori amici di Tom “Che ti è successo?” domandarono all’unisono i due, incredulo alla vista del nuovo cambio di look “Nulla di che, ho solo deciso di provare qualcosa di nuovo. Che ne dite?” domandò facendo una piccola piroetta, sembrava quasi un modello a una sfilata “Stai benissimo, però per noi è stato quasi uno shock” rispose Gustav girandogli intorno quasi fosse un satellite “Soprattutto per i capelli, li hai cambiati in modo radicale” aggiunse Georg “Già, mi dispiace se l’altra volta mi sono comportato male. Scusate” disse Bill, in fondo quei due gli piacevano tanto “Tranquillo, saremo amici per la pelle per sempre”.

Nota autrice----------------------------------------------------------------------
Ed ecco giunta al termine un’altra fan fiction sui nostri beniamini, spero che vi sia piaciuta anche se questa volta il finale non è a favore del protagonista. Voglio anticipare che ho intenzione di fare un altro racconto, non so come sarà ma di certo posso dirvi che il protagonista principale sarà Georg .
Intanto potreste leggere anche le mie storie originali, sempre se volete.
Per il momento vi mando un bacio e vi auguro una buona lettura.

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