Racconti e storielle di sakura_87 (/viewuser.php?uid=50997)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buon compleanno. ***
Capitolo 2: *** Caro diario... ***
Capitolo 3: *** Discorsi demenziali ***
Capitolo 4: *** ORESTEA ***
Capitolo 5: *** Fuori col fratello ***
Capitolo 6: *** Ho messo via (canzone di Ligabue) ***
Capitolo 7: *** La sveglia fantasma ***
Capitolo 8: *** Il viaggio ***
Capitolo 9: *** Comunemente straordinario ***
Capitolo 1 *** Buon compleanno. ***
Allora,
ecco qui il primo racconto. Premetto che ne ho già molti
scritti quindi i primi aggiornamenti di questa raccolta, per chi
vorrà e avrà la pazienza di seguirmi, arriveranno
una volta a settimana. In seguito vi avverto già da ora che
potrei far passare molto tempo. Ma tanto, non essendoci un filo logico
che collegherà i capitoli (essendo storie completamente
scollegate), la lunghezza dei tempi di aggiornamento non
influirà sul problema di ricordare cos'era accaduto in
precedenza.
E
adesso bando alle ciance e buona lettura!!!!!!
Saku
BUON COMPLEANNO!
“Ma è possibile che per andare in bagno bisogna
passare dal cortile?”
Sì, perché la porta del bagno era appena fuori
dalla cucina che si affacciava sul buio cortile. Una sola, debole luce
illuminava i pochi passi che bisognava fare; intorno, la notte
più buia che si fosse mai vista, senza neanche una stella.
Un’ombra si mosse, ma forse era solo la fervida immaginazione
di Giulia a produrre situazioni inquietanti. Eppure lei sentiva una
strana presenza muoversi nella densa oscurità che circondava
tutto.
Arrivò quasi correndo alla porta del bagno, entrò
e chiuse a chiave. C’erano alcuni ragni sulla parete, ma
d’altronde in un posto così sperduto nella
campagna, lontano dalla civiltà, usato solo di rado, era
normale. Ma la sua aracnofobia contribuì ad aumentare
l’ansia. Però si fece forza. Decise di non dare
peso alla sua immaginazione e, dopo aver fatto pipì,
aprì di nuovo la porta per rientrare, quando
sentì una mano premerle sulla bocca e un braccio stringerla
con una forza straordinaria per non farla dimenare. Si sentì
sollevare da terra e, senza riuscire a comprendere cosa stesse
accadendo, si ritrovò con occhi bendati, polsi e caviglie
legati, sdraiata sul sedile posteriore di una macchina.
Sfrecciavano per le strade deserte, ma Giulia non riusciva a
comprendere dove la stessero portando. Aveva capito che nella vettura
erano in tre: lei, il tizio che l’aveva rapita e
l’autista, ma non riusciva a capire più di
ciò.
Il tempo scorreva ma la ragazza non avrebbe saputo dire quanto ne fosse
passato da quando era uscita dal bagno. Prima di alzarsi dal letto
aveva visto l’orologio: le 4.45. Ma poi?
Avrebbe voluto parlare, fare domande, capire, ma la paura la
paralizzava.
Finalmente la macchina si fermò. Sentì che le
liberavano polsi e caviglie. Tentò di levarsi la benda dal
volto, ma non glielo permisero.
“Cammina lentamente.” Le ordinò una voce
possente che non dava possibilità di replica. Eppure Giulia
sentì in quella voce qualcosa di familiare.
Obbedì, portata dal braccio che l’aveva afferrata
appena messi i piedi per terra. Sentì il rumore di una porta
che si chiudeva dietro di loro.
“ Fermati!” disse la stessa voce familiare.
- Cosa sta succedendo? – pensava Giulia mentre le toglievano
la benda dagli occhi. Era in una stanza completamente buia, non
riusciva a distinguere nulla.
Improvvisamente un urlo, la luce si accese e un coro di voci stonate
intornò:
“ Tanti auguri a te! Tanti auguri a te! Tanti auguri a
Giulia! Tanti auguri a te!!”
Era nella sala da pranzo della casa dove con tutti i suoi amici stava
passando quel fine settimana primaverile. Dietro di lei Luca e Matteo
erano quelli che avevano messo in pratica il finto rapimento. Era stata
un’idea di Martina, la sua migliore amica, per festeggiare il
suo compleanno. Sapeva che lei di notte si alzava sempre e aveva
passato le due ore da quando erano andati a letto finché
Giulia non si era alzata, a chiacchierare con Alice. Avevano poi
svegliato i due che, andati a letto vestiti, avevano preso la povera
ignara. E mentre la macchina faceva il giro della casa più
volte, tutti erano stati svegliati, si erano vestiti e riuniti nella
sala con una fantastica torta al cioccolato. Poi era bastato un
semplice squillo sul cellulare silenzioso di Luca per fargli capire che
potevano tornare.
“ Ragazzi voi siete matti! Mi avete fatta
spaventare!” disse Giulia ridendo alla fine della spiegazione.
“No, siamo dei geni!” fu la risposta. E insieme
iniziarono a festeggiare.
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Capitolo 2 *** Caro diario... ***
Caro diario,
piove. Ma non è acqua quella che cade dal cielo. Sono note,
è musica. Ogni singolo suono della melodia ha un effetto
devastante. Ogni nota che viene giù è un macigno
che distrugge qualcosa di brutto. E io guardo impotente la devastazione.
I suoni cambiano, non piovono più massi. Ora le note
sembrano quasi reali gocce di pioggia che cadono in un lago creando dei
piccoli cerchi che si allargano, e si allargano, arrivano fino ai
bordi, l’acqua fuoriesce.
Non so più cosa succede. Non sono più inutile,
provo qualcosa. Ogni cerchio che trasborda mi investe, diventando
un’onda dell’oceano. E ogni onda che mi si rovescia
addosso suscita qualcosa di diverso in me: odio, amore, paura, gioia,
tristezza, terrore, e molto ancora. Ma io non so più
definirlo perché si sono aggiunte parole nuove alla pioggia
incessante. Mi colpiscono il viso e non posso più fare altro
se non ammettere che il mio cuore scoppia di ogni genere di emozione.
Cambia la scena.
I capelli al vento sono castani. Li riconosco da lontano anche se
è di spalle. Quando si tratta di lui i miei sensi si
acuiscono in maniera impressionante.
Caro diario, non l’avrei mai pensato. Ero fredda e
calcolatrice. Il cinismo era il mio pane quotidiano. Eppure sono qui,
seduta dietro la finestra, guardando in strada, verso la fermata da cui
parto tutte le mattine. Ma adesso è l’orario dei
rientro. L’autobus si è appena fermato e lui
è sceso per andare a casa. Lo guardo allontanarsi e il mio
cuore si stringe. È una sensazione nuova.
Cos’è? Una nuova emozione? Io non so definirla e
quel muscolo che non ho mai considerato continua a stringersi e a farmi
sempre più male. Perde un colpo.
Lui si è voltato, ha guardato verso la mia finestra. Mi
avrà vista? Ho paura. Questa nuova sensazione non la voglio
provare. Ho appena sperimentato che fa male.
Cinismo torna da me, così smetto di soffrire.
Saku's Space.
Ecco qui un nuovo pezzo. Cioè tanto nuovo non è,
dato che l'ho scritto alcuni mesi fa. Ma per voi che non l'avete mai
letto è nuovo!
Ok, ok, la smetto con i miei deliri.
Ringrazio coloro che hanno letto il brano precedente, e soprattutto
ringrazio madamina, che mi ha riempita di complimenti come al solito.
Vedi che te la posso rigirare contro l'accusa di essere troppo buona??
XD Però è anche vero che i tuoi
commenti mi gasano e mi spronano a scrivere ancora.
Beh, che altro dire.
Vi aspetto al prossimo pezzo!
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Capitolo 3 *** Discorsi demenziali ***
DISCORSI DEMENZIALI
“Bella, Capsula!” “Bella, Nucleo! Ti vedo
pimpante oggi, dimmi un po’, che hai fatto?”
“Ieri sono stato su Internet, ho scaricato tante nuove icone
e ho aggiornato il mio blog”. “Beh, mica mi hai
ancora spiegato come fai a essere così fresco”.
“Eh! Con calma ci arrivo! Ho dovuto accudire il cane della
vicina”. “Forte, hai fatto il dog-sitter! Quanto
sono belli i cani!” “Sì, certo, peccato
che quello era un alano gigantesco, che appena mi ha visto mi ha steso!
Pensa che dopo un po’ ero talmente distrutto che ho pensato
persino di evadere da casa mia!” “No?!”
“Sì! Comunque, finalmente l’animale se
n’è andato e mi sono messo supino sul letto.
Volevo mettermi a dormire per riprendermi.” “Wow!
Hai iniziato a studiare per caso?” “Ebbene, hai
indovinato. Mi sono iscritto a dei corsi serali”.
“A cosa dobbiamo quest’improvviso interesse per la
cultura?” “A te posso confessarlo. Mi sono preso
una cotta per una tipa”. “Ah, fantastico! E
com’è, com’è?
Descrivila!” “Non posso”. “Che
vuol dire non posso? Hai paura che poi me ne innamoro pure
io?” “No, il fatto è che non
l’ho mai vista”. “Come non
l’hai mai vista? Ma sei rincitrullito? Ti prendi una cotta
per una tipa che non hai mai visto! Scusa, ma allora come fai a
conoscerla?” “Ci parlo tantissimo! Ogni giorno
dialoghiamo per ore e ore. Dice che va
all’università, per questo seguo dei corsi,
così posso parlarle in modo elevato”.
“Ah, ma allora visto che ci parli saprai dalla voce se
è una bella tipa o no”. “A dir la
verità non è che ci parlo proprio”.
“Scusa, non hai appena detto che…”
“…in realtà chattiamo”.
“Vorresti dunque dirmi che l’hai conosciuta in
Internet?!” “Certo! C’è tanta
bella gente in chat!” “Mah, questa mi lascia
scettico. Sai come vanno a finire le storie che iniziano su Internet:
uno dei due resta sempre fregato.” “Ma che per caso
me la stai tirando?” “Non mi permetterei
mai!!” “Comunque stavolta è diverso. E
poi sai che le piace il tennis come a me?” “Ora lo
so”. “Abbiamo deciso di organizzare un doppio prima
possibile”. “Ma se voi siete solo due!”
“Lei porta un’amica e io porto te”.
“Tu sei pazzo!” “Perché scusa?
A me sembrava una buona idea. Vabbè senti ora mi devi
accompagnare da una parte. Devo comprare dei dischi di musica lirica
che a lei piacciono tanto!” “AAAH!!!”
“E ora che ti prende? Se non ti va di venire basta che lo
dici senza tante scene!” “UN RAGNO!”
“Ma che soffri di aracnofobia?”
“Sì! Tieni, prendi questo fazzoletto e
uccidilo!” “Ma è unto!”
“E che ti frega? Ci devi solo ammazzare un ragno!
Così, bravo! Un altro po’ e rimanevo
secco!” “Ma dai non esagerare. Comunque credo che
il tuo comportamento sia dato anche da questa giornata uggiosa. In
fondo mette a tutti un po’ di malumore”.
“Abbiamo uno psicologo! Ma non hai ancora non hai risposto
ala mia domanda: com’è che sei così in
forma?” “Porta pazienza!” “Io
sono paziente, ma tu svicoli dal discorso!” “Ok,
però ti voglio raccontare tutta la mia giornata”.
“Ascoltami bene, se volevo sentire una bella storiella,
prendevo l’antologia della scuola media (l’unico
libro scampato al rogo) e mi leggevo un bel racconto!”
“Va bene, va bene, ora arrivo al punto. Ma tu non essere
protervo”. “E tu parla in italiano, che
sennò non ti capisco! Mo’ che vuol dire
‘sta parola nuova?” “Ma è
italiano, ignorante! Vuol dire arrogante e insolente. Comunque ora
concludo. La risposta alla tua domanda è semplicissima: ho
dormito per venti ore di seguito!” “E avresti fatto
tutto questo preambolo solo per dire… Ah, non riesco neanche
a finire la frase. Ora però te la dico io una cosa: Nucleo,
ma vacensura!!”
Saku's space:
Bene, e nonostante
ci sia una sola persona che mi commenta (madamina grazie
mille del sostegno!!!! Sai che adoro le tue recensioni!! E adesso non
farti prendere dall'ansia da recensione che ho ancora bisogno di te!!
Non sia altro per scoprire dove abitano di preciso i Cullen visto che
sono in zona!!! XD Scherzo, sai che mi sto affezionando molto a te!!
Ok, smetto di fare la sdolcinata e vado avanti!!)
Bene, stavolta
sono tornata sul comico. Il prossimo pezzo, per coloro che seguono
nell'ombra, anche se sono proprio pochini, sarà
probabilmente di poesia, per continuare l'alternanza tra brani
più leggeri e brani più impegnativi, o almeno
è quello che cerco di fare.
Ora vi saluto.
Un abbraccio a
tutti!
Saku
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Capitolo 4 *** ORESTEA ***
Tornava il monarca argivo da Ilio
Sconfitta, ignaro d’infausta sorte che
La donna crudele e il dannato amante
Hanno preparato, giusta vendetta
Causata dal padre, per Ifigenia
Cara alla madre. Muta profezia
Anticipava tremende sventure.
Grido di morte, ferocia bestiale.
Ha così inizio la serie infernale
Di casi infausti e familiari odi.
Scivola la sabbia nella clessidra,
scorrono inafferrabili i giorni.
Due fanciulli dal fato allontanati
Grazie al fato s’incontrano di nuovo
E per volere di Apollo saettante
Ignora il seno che gli diede vita
Per uccidere la donna crudele.
Da lei le Erinni malvagie inseguono
L’uomo finché la giustizia, Pallade
Atena, pone il voto in suo favore
E in animo alle cagne fameliche
Il bene piantò, per farle benevole.
Così ebbe fine la serie infernale.
Saku's
space.
Come promesso, ecco qui un brano in poesia. Questo pezzo si chiama
"Orestea" per un motivo molto semplice da individuare: parla della
triade di tragedie dello scrittore greco Eschilo. I titoli delle tre
sono: Agamennone - Coefore - Eumenidi.
Per chi non ha mai studiato letteratura greca, rimando alla definizione
che di quest'opera da Wikipedia (di sicuro molto migliore di quella che
potrei dare io) al link http://it.wikipedia.org/wiki/Orestea dove la
trama è divisa nelle tre parti che la formano.
Bene, e dopo questo spazio, passo a ringraziare ancora madamina. Oh mia
unica commentatrice, almeno tu mi sei fedele! Felice che il pezzo
comico ti sia piaciuto tanto! Beh qualcosa che non so scrivere prima o
poi la troverò credimi! E poi non è nemmeno certo
che io sia tutta questa bravura come dici! Ma ammetto
(perchè si modesta lo sono, ma la falsa modestia la odio)
che un po' me la so cavare, ma è merito del prof che ho
avuto che mi ha insegnato molte tecniche per migliorare. (E tra
parentesi quasi tutto quello che pubblico in questa raccolta
è frutto degli esercizi dell' "Officina di scrittura").
Ok, adesso concludo e saluto. Vi dico che il prossimo pezzo
sarà ancora in poesia, ma stavolta sarà poesia
divertente!
Un mega abbraccio a tutti coloro che leggono in silenzio. Un commentino
però se vi va lasciatemelo, che fa sempre piacere.
Saku
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Capitolo 5 *** Fuori col fratello ***
FUORI
COL FRATELLO
"Ciao sorellina!"
"Buon giorno Gio’..."
"Lo sai che ti voglio bene, vero?"
"Avanti, sentiamo che ti serve".
"Malfidata, se ti dico che ti voglio bene deve per forza servirmi
qualcosa?"
Lo guardo come per dire: SI!
"Ok, devo andare a lavare la macchina e ho bisogno di qualcuno che mi
faccia compagnia".
Lo sapevo! Ogni volta la stessa storia! Comunque per fargli piacere
vado con lui, il mio fratellone tutto matto.
È estate, il sole è tremendamente caldo. Con i
finestrini completamente aperti Giorgio sfreccia veloce sulla strada. I
miei capelli si muovono liberi al vento e mi chiedo, perché
mi sono pettinata?
Arriviamo all’autolavaggio e la nostra macchina inchioda
fermandosi esattamente davanti alla pompa. Scendo e
un’improvvisa puzza di gomme bruciate mi invade le narici;
dietro la macchina, sull’asfalto, i segni degli pneumatici
lasciati dalla brusca frenata di mio fratello. Ma poi, improvvisamente,
lo vedo. Alto, biondo, fisico scolpito, maglietta bianca attillata e
bagnata che mette in risalto i suoi muscoli perfetti, sta lavando la
sua moto rossa fiammante. Come se si fosse accorto del mio sguardo si
gira e mi sorride, un sorriso splendente. Sembra un sex symbol appena
uscito da qualche programma televisivo.
Il suo bolide ora è pronto. Salta in sella e si avvicina.
"Vuoi fare un giro?"
Sto per salire, ma Giorgio mi chiama e mi sveglio dal sogno. Quel
fantastico ragazzo sta ancora lucidando la moto, ma comunque si
accorge, questa volta davvero, che lo sto fissando. Si gira e mi urla:
"Aò, ma che te guardi?"
Beh, anche se di aspetto fisico non è niente male, diciamo
che in quanto a parlare è meglio se non apre bocca!
Ridendo del mio ingenuo sogno a occhi aperti, mi giro e vado ad aiutare
mio fratello che già da un po’ stava tentando,
invano, di richiamarmi sul pianeta terra.
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Capitolo 6 *** Ho messo via (canzone di Ligabue) ***
HO MESSO VIA
La notte, fuori dalla sua stanza, era buia, di
quel buio che sembra quasi solido. Sakura decise di distogliere il suo
sguardo da quell'oscurità, per riportarlo nella luce della
sua camera.
Quelle quattro pareti le sembravano così stretta, ma almeno
vedeva tutto lì dentro. Ogni singolo dettaglio. Dai libri
ordinatamente riposti sugli scaffali, ai foglietti volanti in giro per
la sua scrivania, passando per la piccola crepa nel muro, accanto alla
libreria, adesso scoperta.
E non poté impedirsi di pensare che fino a poco tempo prima
c'era qualcosa a coprirla alla vista, per impedirle di stonare nella
perfetta melodia che gli oggetti sulle pareti componevano.
E ricordò una foto. Un'immagine in cui lei era in braccio, o
meglio sulla schiena di quello che aveva sempre considerato un fratello
maggiore. Una persona con cui condividere ogni singolo istante della
propria vita, in un rapporto più intimo di quello che si
poteva creare tra due semplici amici, più complice di quello
tra due semplici fratelli, ma più puro di quello che poteva
nascere anche tra fidanzati. No, loro erano come le due facce di
un'unica medaglia.
Non stavano insieme, no. Questo non sarebbe mai successo. Nessuno dei
due aveva mai pensato all'altro in quel senso. Ognuno aveva le proprie
storie.
Ma adesso, quella piccola crepa era lì, a ricordarle che
anche nel suo cuore qualcosa si era incrinato.
E decise in un secondo.
Spense la luce, si sdraiò sul suo letto e chiuse gli occhi,
assaporando le note leggere che fuoriuscivano dal suo stereo, impostato
con il volume al minimo, solo per avere un delicato sottofondo ai suoi
pensieri tormentati. E rilassandosi a quel modo si
addormentò, proprio mentre partiva la sua canzone, quella
che rispecchiava in pieno il suo stato d'animo. E iniziò a
sognare.
Ho messo via un
po’ di rumore
dicono
così si fa nel comodino c'è una mina
e tonsille da
seimila watt.
Ho messo via i
rimpiattini
dicono non ho
l'età
se si voltano
un momento
io ci rigioco
perché a me... va.
Rivedeva se stessa, con Ryo, il suo alter ego al maschile, fare casino,
divertirsi come matti a feste di amici. Bere insieme qualcosa in un pub
in rare serate infra-settimanali. Guardare con ansia l'orologio per
scoprire che era quasi tardi, e correre in macchina fino a casa, per
evitare l'ira di genitori fin troppo apprensivi.
E poi rivide scene di pura follia, davanti a canzoni della loro
infanzia, come due bambini cresciuti solo nel fisico. E nascondere
questi momenti d'infantilità dietro sguardi fintamente seri
quando qualcuno si avvicinava per spiarli. Come diceva la canzone
"dicono non ho l'età, se si voltano un momento io ci rigioco
perché a me va".
Nessuno poteva ostacolarli. Loro due insieme erano una squadra. Tutti
sapevano di poter contare sul loro affiatamento.
E poi il sogno cambiava, con il cambiare delle parole della canzone.
Ho messo via un
po’ di illusioni
che prima o
poi basta così
ne ho messe
via due o tre cartoni
comunque so
che sono lì.
Ho messo via
un po’ di consigli
dicono
è più facile
li ho messi
via perché a sbagliare
sono
bravissimo da me.
Era sola adesso. Sola in una stanza buia. La sua stanza. Quella che
stava in quel momento accogliendo il suo sonno, e il suo sogno fatto di
ricordi e speranze infrante. Si rivide piangere, in quel buio amico,
consapevole solo da pochi attimi che tutto era finito. Che quella
felicità si era sgretolata e sciolta come neve al sole. Ed
era pericoloso, molto pericoloso tornare a sbirciare tra quelle
immagini di un tempo che non sarebbe tornato. Erano lì,
nascoste in portafoto vicini al letto. In cartelle di file su un
computer che ormai era il suo portale per evitare di pensare. Per
iniziare a vivere qualcosa di nuovo. Qualcosa che la potesse aiutare ad
andare avanti. Quel qualcosa che stava iniziando a trovare, e che
davvero le stava dando una mano, sotto forma di amici "virtuali",
raramente visti in volto, ma comunque più reali di qualsiasi
ricordo ormai perduto.
E poi vide quella scena. La scena che le faceva più male di
tutte. Piangeva ancora, ma non da sola. Ryo le era accanto, su un
balcone. Il balcone di casa della sua migliore amica. Al suo
compleanno. Non voleva darle dispiaceri, e sentendo le lacrime era
uscita. Allontanandosi da una felicità che in quel momento
non provava. E lui l'aveva compresa. E seguita. La stringeva,
impedendole di tremare per il freddo. Ma non per i singhiozzi. Quelli
la scuotevano incessanti. Ma lui era lì. Avevano litigato,
dopo. Perché Ryo credeva che le sue lacrime erano sprecate
per un essere che non la meritava. Ma non importava. L'aveva fatta
sfogare prima. E le era stato accanto.
Le aveva sempre dato consigli, in ogni situazione. Sempre. E adesso
quei consigli erano spariti, insieme a tutto il resto.
Adesso era sola davanti a una realtà che non sapeva come
prendere, così ingenua e fragile.
Mi sto facendo un po’
di posto
e
che mi aspetto chi lo sa
che
posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne
sarà.
Ho
messo via un bel po’ di cose
ma
non mi spiego mai il perché
io
non riesca a metter via te.
Cercava di cacciarli via, quei ricordi. Ma si sa che "i sogni son
desideri", e il suo desiderio più grande in quel momento era
poter essere di nuovo felice e spensierata.
Si vedeva ridere e scherzare. E cercando di allontanare quell'immagine
si chiese quanto tempo era che non rideva sul serio. Certo, qualche
sorriso, qualche risata in quei mesi c'erano stati. Ma da quanto tempo
in quei piccoli gesti mancava la vera allegria che li doveva far
nascere?
Non lo sapeva, e non voleva indagare.
Per qualche secondo il suo inconscio riuscì a creare il
vuoto. Rilassante, rasserenante.
Ma durò poco.
Ed ecco di nuovo il viso di Ryo comparire nella sua mente, triste
monito di felicità passate.
Ho messo via un
po’ di legnate
i segni quelli
non si può
che non
è il male né la botta
ma purtroppo
il livido.
Ho messo via
un bel po’ di foto
che
prenderanno polvere
sia su rimorsi
che rimpianti
che rancori e
sui perché
E in quel monito riapparve anche il dolore. Lui che si allontanava.
Rimanendo però lì, al suo fianco. C'era, ma non
poteva più avvicinarlo. E sembrava come se qualcosa di molto
pesante e molto duro le cadesse sulla testa ogni volta che il solo
pensiero di un nuovo approccio si affacciava nel suo cuore.
Impossibile, le continuava a ripetere il cervello. E il dolore che
sentiva non era fisico. Assolutamente no.
Era un dolore sordo e insistente dentro il suo petto, di qualcosa che
ogni secondo che passava si andava incrinando e frantumando.
Era un dolore bruciante dietro gli occhi, di liquidi salati che si
costringeva a ricacciare indietro ogni volta che il Suo nome veniva
pronunciato da qualcuno. Ma che trovavano via libera nella solitudine
della sua stanza, davanti a libri chiusi, in cui quelle foto nascoste
continuavano a chiedere di essere rispolverate.
Ma riusciva a resistere.
E intanto si struggeva nei rimorsi dei propri errori. Quegli errori che
avevano portato a tutto quello.
Mi sto facendo un
po’ di posto
e che mi
aspetto chi lo sa
che posto
vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via
un bel po’ di cose
ma non mi
spiego mai il perché
io non riesca
a metter via te.
Inutile. Resistere non serviva a niente. O meglio, aveva come unico
risultato il farla stare peggio. Per ottenere cosa? Un singolo attimo
di pace, e poi di nuovo il buio e il baratro.
Si era isolata. Dagli amici, dalla famiglia. Si stava chiudendo in se
stessa. E in pochi se ne stavano accorgendo.
E l'unica persona che avrebbe potuto ritirarla su continuava ad
ignorarla.
E lei non riusciva a dimenticarlo.
In queste scarpe
e
su questa terra che dondola
dondola
dondola dondola
con
il conforto di
un
cielo che resta lì.
Il sogno, quel sogno che la stava tanto facendo soffrire mostrandole
ricordi e dolori, adesso le stava dando una nuova visuale.
Lei poteva ancora essere felice senza di lui.
Si vide ridere allegra e spensierata, vicino a persone nuove, ancora
senza volto. Solo pochi visi familiari. Le uniche vere amiche che le
erano rimaste accanto. E poi solo corpi ancora anonimi.
E le sembrava quasi di vedere in quell'immagine sfocata un barlume di
serenità.
Il suo viso era radioso.
Forse....
Sì, forse avrebbe potuto ancora vivere la propria vita come
una persona normale. E forse ci sarebbe voluto del tempo per riuscirci.
Ma adesso quel sogno le mostrava che avrebbe potuto farcela.
Mi sto facendo un po’
di posto
e
che mi aspetto chi lo sa
che
posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne
sarà.
Ho
messo via un bel po’ di cose
ma
non mi spiego mai il perché
io
non riesca a metter via
riesca
a metter via,
riesca
a metter via te.
Si svegliò mentre la canzone finiva. Sbatté le
palpebre lentamente, per mettere di nuovo a fuoco la stanza oscura.
E si trovò, stranamente, a ricordare quel sogno appena fatto.
Si voltò, a cercare quell'unica foto che la ritraeva insieme
a Ryo ancora rimasta visibile nella sua camera. Diede voce ai suoi
pensieri osservandola.
"No, non riuscirò mai a cacciare dalla mia testa il tuo
ricordo. Sarai sempre un pezzo importante della mia vita. Ma DEVO
andare avanti. O smetterò di vivere, e di ridere. E questo
non lo posso permettere. Non lo voglio permettere. Io
tornerò quella ragazza allegra che ero. Sempre spensierata e
pronta a dare una mano agli altri. E non saranno le ferite che tu mi
hai inflitto a lasciare delle cicatrici permanenti. E' stata bella la
mia esperienza con te, ma adesso ho solo un'ultima parola da dirti.
Addio."
E così nascose anche quell'ultima immagine, e spegnendo lo
stereo tornò a dormire, sperando di svegliarsi di fronte
alla prospettiva di una nuova vita dal mattino seguente.
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Capitolo 7 *** La sveglia fantasma ***
LA
SVEGLIA FANTASMA
Le lancette scattano sulle 3. E’ notte fonda, solo il rumore
di qualche motore che passa sulla strada sottostante interrompe la buia
quiete del momento. Laura è sdraiata sul letto, gli occhi
sbarrati fissano il soffitto. Non riesce a dormire, è
nervosa e non riesce a capire il motivo.
I secondi passano, scanditi dal ticchettio dell’orologio
attaccato al muro. All’improvviso ecco il suono acuto di una
sveglia. Ma… da dove proviene? Non è la sua.
Accende la luce e guarda l’ora: 3.15. Si guarda intorno. Il
cellulare è spento, la sveglietta muta, l’orologio
sul muro non ha neanche un meccanismo del genere. Però il
suono viene dalla sua stanza. La paura inizia a impossessarsi di lei.
In casa è sola, per la prima volta nella sua breve vita
arrivata da non molto all’adolescenza. La sveglia continua a
suonare, non accenna a smettere. Prova a uscire dalla camera, ma il
suono quasi scompare. Apre tutti gli armadi in preda a
un’ansia crescente. Nessun segno dell’aggeggio
infernale.
Finalmente tutto tace. Il ritorno del silenzio aiuta Laura a recuperare
un po’ di calma, ma ormai il sonno le è passato
definitivamente. Prende un libro e inizia a leggere. Non riesce a stare
concentrata sul racconto, nonostante sia di Christian Jacq, il suo
autore preferito, quello che la fa sognare e rilassare.
L’idea di quella sveglia fantasma continua a ronzarle per la
testa, fino a che arriva il buio totale. È riuscita a
prendere sonno, ma i sogni sono tormentati, incubi. Un nuovo suono la
desta rigettandola nel terrore: una chiave sta girando nella serratura
della porta di casa. Ma non è possibile! I suoi non
torneranno prima di altre 48 ore!
La porta cigola sui cardini e si richiude alle spalle di qualcuno che
ora con passi rapidi e leggeri si sta avvicinando alla camera. Laura
finge di dormire, cerca di controllare i tremiti di paura che le
corrono lungo la schiena. Chiunque sia entrato
nell’appartamento le è a pochissimi centimetri di
distanza. Sente questa presenza chinarsi su di lei e infine un
affettuoso bacio sulla guancia. Gabriele! Apre gli occhi e vede il suo
migliore amico che le sorride dolcemente.
“Buongiorno dormigliona. Ma lo sai che ore sono?!”
Il giorno prima lei gli aveva lasciato una copia delle chiavi e lui
è venuto per farle compagnia. Se ne era quasi dimenticata.
Guarda l’orologio e si stupisce: le 11.45! Aveva dormito
parecchio. Si alza, Gabry le prepara qualcosa da mangiare per
colazione, pranzeranno tardi, poi, come al solito si siedono sul divano
con la tv accesa a ridere e scherzare. Ormai la sveglia fantasma
è solo un brutto ricordo di una notte finita.
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Capitolo 8 *** Il viaggio ***
IL
VIAGGIO
Ho
le valigie ai miei piedi. I rumori della stazione sono
assordanti ma le loro fonti sono invisibili.
La
stazione è deserta. Sono sola eppure mi sento circondata
da migliaia di paia di occhi che mi fissano nell’ombra. Il
treno che devo
prendere è in ritardo e mi sto innervosendo parecchio in
questa situazione
tanto tetra. Il tempo scorre inesorabile sulle rotaie vuote e io tendo
l’orecchio sperando di sentire presto il suono familiare
delle ruote che
stridono per la frenata.
Passa
ancora il tempo. Le canzoni del mio mp3 si susseguono
in un continuo rincorrersi senza però mai raggiungersi
completamente, e
finalmente sopra la musica sento il suono che aspettavo. Lo spostamento
d’aria
mi fa quasi cadere, mentre i miei lunghi capelli castani formano una
cascata
sul mio volto. I finestrini illuminati sembrano tanti occhi che mi
fissano,
aggiungendosi a quelli nascosti nelle ombre di questo luogo buio che
sto ormai
abbandonando.
Il
viaggio ha inizio. Salgo in carrozza chiedendomi perché
sto partendo. E sinceramente non so darmi una risposta. I miei occhi
sono
abbagliati dalle luci. Ormai si erano abituati alla penombra, ma
lentamente
riesco a studiare l’interno della vettura su cui mi trovo. Il
corridoio ha un
pavimento blu, e sul lato destro si aprono le porte dei vari
scompartimenti.
Cerco il mio e finalmente posso sedermi su una poltroncina.
È comoda, e
fortunatamente non sono più sola. Di fronte a me
c’è una donna, giovane e
bionda, i lunghi capelli raccolti in una treccia che le scende sulla
spalla
sinistra. Il suo volto è stanco e tirato. Forse è
su questo treno già da molto
tempo e magari soffre anche il mal di rotaie. Ma poi mi riscuoto. Mi
accorgo di
essermi incantata a fissarla, perchè nonostante la
stanchezza il suo volto è
bellissimo, e in questo caso sono sicura del motivo: per qualche strana
ragione
il viso di una mamma può riempirsi di rughe o mostrare ogni
tipo di dolore o
stanchezza, ma rimarrà sempre stupendo. E lei ne ha tutti i
diritti. Sul sedile
accanto suo è infatti poggiata una culla che contiene un
tesserino addormentato
con un visino angelico. Questo spiega la sua stanchezza.
Cerco
di iniziare una conversazione e così scopro che la
bimba, di nome Selene, ha solo poche settimane e la donna, Aurora,
è davvero
molto provata a giudicare dalla sua storia: un anno prima è
fuggita dalla sua
casa in luogo sperduto della campagna, per seguire un giovinastro che
proveniva
da una grande città. Dopo alcune notti di sesso,
l’ha però abbandonata, non
lasciando alcun recapito e quindi ancora ignaro di essere diventato
papà.
Aurora ha lavorato per mantenersi, ma ora, con la bimba, non riesce
più ad
andare avanti da sola e sta tornando a casa per chiedere perdono alla
sua
famiglia e presentare Selene ai nonni. E io sono sicura che due volti
angelici
come i loro non avranno difficoltà a farsi perdonare.
Aurora
ha finito di raccontarmi la sua storia giusto in
tempo. Il nostro mezzo di trasporto si è appena fermato in
una stazione
identica per desolazione a quella dalla quale sono partita. Eppure ha
qualcosa
di diverso. Guardo la mia compagna di viaggio avviarsi verso
l’uscita spingendo
la carrozzina e mentre la fisso sento chiarissima la nota in
più, quella che a
me mancava: è la speranza, il sapere che
c’è qualcuno lì per te.
Di
nuovo sola continuo il mio viaggio, mentre il ticchettio
del mio orologio da polso scandisce il passare inesorabile del tempo.
Sono tornata. Questo testo in
realtà è un po' vecchiotto e ha dei seguiti. Anzi
altri due testi legati al viaggio, anche se non proprio legati a questo
viaggio.
Beh, non so che dire. Spero che qualcuno
vorrà commentare, lasciandomi un parere, positivo o
negativo. Le critiche costruttive sono sempre ben accette!
A presto.
Saku
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Capitolo 9 *** Comunemente straordinario ***
COMUNEMENTE STRAORDINARIO
"Al
ladro! Aiuto!"
Un disperato grido di soccorso.
Viale Libia, affollatissima in questo periodo di saldi, è il
luogo dove si è
udito. L’agente Alberto, di pattuglia in quella zona,
accorre. È un ragazzo
sveglio e atletico. Vede il ladro; il casco blu calato sul volto, salta
in
sella a una Honda 125 nera che immediatamente parte rombando. La
volante si
lancia dietro la moto che sfreccia già lungo la strada,
dando vita a un folle
inseguimento per la città. Ma improvvisamente il centauro
perde il controllo
del proprio mezzo. Alberto ne approfitta. Scende dall’auto,
tira fuori la
pistola e la punta contro il malvivente. Ma anch’egli
è armato. Un doppio
scoppio. Il motociclista lascia cadere la propria arma e si tiene la
spalla
dolorante. Alberto porta lentamente una mano all’orecchio
sinistro. Il
proiettile è passato solo a pochi millimetri di distanza.
Rassicuratosi, prende
le manette e le chiude ai polsi dell’altro uomo.
Il
turno è finito. Su via Gino
Cervi si vede passare un agente in divisa con delle buste della spesa.
Entra a
casa. Un bimbo gli corre incontro, felice di rivedere il proprio
papà, e la
moglie gli chiede come è andata la giornata. Allora Alberto
alza le spalle e
risponde:
"Come sempre: un proiettile
mi ha sfiorato, ho arrestato un ladro. Nulla di particolarmente
emozionante".
E mentre la donna sente una
stretta al cuore, il giovane marito, tranquillo, si cambia e si prepara
per la
cena.
Saku's
space:
Ed
eccomi qui. Come promesso cerco di scirvere e aggiornare senza farvi
attendere decenni.
Intanto
ringrazio tantissimo Betty e Madamina. Sapete che adoro le vostre
recensioni!! Grazie di appoggiarmi sempre!!! =)
E poi vi do appuntamento al
prossimo racconto, o alla prossima dramione (ci sto lavorando. Penso di
ricominciare a pubblicarla per la fine di questo mese, massimo
all'inizio del prossimo).
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