Racconti e storielle

di sakura_87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buon compleanno. ***
Capitolo 2: *** Caro diario... ***
Capitolo 3: *** Discorsi demenziali ***
Capitolo 4: *** ORESTEA ***
Capitolo 5: *** Fuori col fratello ***
Capitolo 6: *** Ho messo via (canzone di Ligabue) ***
Capitolo 7: *** La sveglia fantasma ***
Capitolo 8: *** Il viaggio ***
Capitolo 9: *** Comunemente straordinario ***



Capitolo 1
*** Buon compleanno. ***


Allora, ecco qui il primo racconto. Premetto che ne ho già molti scritti quindi i primi aggiornamenti di questa raccolta, per chi vorrà e avrà la pazienza di seguirmi, arriveranno una volta a settimana. In seguito vi avverto già da ora che potrei far passare molto tempo. Ma tanto, non essendoci un filo logico che collegherà i capitoli (essendo storie completamente scollegate), la lunghezza dei tempi di aggiornamento non influirà sul problema di ricordare cos'era accaduto in precedenza.
E adesso bando alle ciance e buona lettura!!!!!!

Saku

BUON COMPLEANNO!

“Ma è possibile che per andare in bagno bisogna passare dal cortile?”
Sì, perché la porta del bagno era appena fuori dalla cucina che si affacciava sul buio cortile. Una sola, debole luce illuminava i pochi passi che bisognava fare; intorno, la notte più buia che si fosse mai vista, senza neanche una stella.
Un’ombra si mosse, ma forse era solo la fervida immaginazione di Giulia a produrre situazioni inquietanti. Eppure lei sentiva una strana presenza muoversi nella densa oscurità che circondava tutto.
Arrivò quasi correndo alla porta del bagno, entrò e chiuse a chiave. C’erano alcuni ragni sulla parete, ma d’altronde in un posto così sperduto nella campagna, lontano dalla civiltà, usato solo di rado, era normale. Ma la sua aracnofobia contribuì ad aumentare l’ansia. Però si fece forza. Decise di non dare peso alla sua immaginazione e, dopo aver fatto pipì, aprì di nuovo la porta per rientrare, quando sentì una mano premerle sulla bocca e un braccio stringerla con una forza straordinaria per non farla dimenare. Si sentì sollevare da terra e, senza riuscire a comprendere cosa stesse accadendo, si ritrovò con occhi bendati, polsi e caviglie legati, sdraiata sul sedile posteriore di una macchina.
Sfrecciavano per le strade deserte, ma Giulia non riusciva a comprendere dove la stessero portando. Aveva capito che nella vettura erano in tre: lei, il tizio che l’aveva rapita e l’autista, ma non riusciva a capire più di ciò.
Il tempo scorreva ma la ragazza non avrebbe saputo dire quanto ne fosse passato da quando era uscita dal bagno. Prima di alzarsi dal letto aveva visto l’orologio: le 4.45. Ma poi?
Avrebbe voluto parlare, fare domande, capire, ma la paura la paralizzava.
Finalmente la macchina si fermò. Sentì che le liberavano polsi e caviglie. Tentò di levarsi la benda dal volto, ma non glielo permisero.
“Cammina lentamente.” Le ordinò una voce possente che non dava possibilità di replica. Eppure Giulia sentì in quella voce qualcosa di familiare.
Obbedì, portata dal braccio che l’aveva afferrata appena messi i piedi per terra. Sentì il rumore di una porta che si chiudeva dietro di loro.
“ Fermati!” disse la stessa voce familiare.
- Cosa sta succedendo? – pensava Giulia mentre le toglievano la benda dagli occhi. Era in una stanza completamente buia, non riusciva a distinguere nulla.
Improvvisamente un urlo, la luce si accese e un coro di voci stonate intornò:
“ Tanti auguri a te! Tanti auguri a te! Tanti auguri a Giulia! Tanti auguri a te!!”
Era nella sala da pranzo della casa dove con tutti i suoi amici stava passando quel fine settimana primaverile. Dietro di lei Luca e Matteo erano quelli che avevano messo in pratica il finto rapimento. Era stata un’idea di Martina, la sua migliore amica, per festeggiare il suo compleanno. Sapeva che lei di notte si alzava sempre e aveva passato le due ore da quando erano andati a letto finché Giulia non si era alzata, a chiacchierare con Alice. Avevano poi svegliato i due che, andati a letto vestiti, avevano preso la povera ignara. E mentre la macchina faceva il giro della casa più volte, tutti erano stati svegliati, si erano vestiti e riuniti nella sala con una fantastica torta al cioccolato. Poi era bastato un semplice squillo sul cellulare silenzioso di Luca per fargli capire che potevano tornare.
“ Ragazzi voi siete matti! Mi avete fatta spaventare!” disse Giulia ridendo alla fine della spiegazione.
“No, siamo dei geni!” fu la risposta. E insieme iniziarono a festeggiare.

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Capitolo 2
*** Caro diario... ***


Caro diario,
piove. Ma non è acqua quella che cade dal cielo. Sono note, è musica. Ogni singolo suono della melodia ha un effetto devastante. Ogni nota che viene giù è un macigno che distrugge qualcosa di brutto. E io guardo impotente la devastazione.
I suoni cambiano, non piovono più massi. Ora le note sembrano quasi reali gocce di pioggia che cadono in un lago creando dei piccoli cerchi che si allargano, e si allargano, arrivano fino ai bordi, l’acqua fuoriesce.
Non so più cosa succede. Non sono più inutile, provo qualcosa. Ogni cerchio che trasborda mi investe, diventando un’onda dell’oceano. E ogni onda che mi si rovescia addosso suscita qualcosa di diverso in me: odio, amore, paura, gioia, tristezza, terrore, e molto ancora. Ma io non so più definirlo perché si sono aggiunte parole nuove alla pioggia incessante. Mi colpiscono il viso e non posso più fare altro se non ammettere che il mio cuore scoppia di ogni genere di emozione.
Cambia la scena.
I capelli al vento sono castani. Li riconosco da lontano anche se è di spalle. Quando si tratta di lui i miei sensi si acuiscono in maniera impressionante.
Caro diario, non l’avrei mai pensato. Ero fredda e calcolatrice. Il cinismo era il mio pane quotidiano. Eppure sono qui, seduta dietro la finestra, guardando in strada, verso la fermata da cui parto tutte le mattine. Ma adesso è l’orario dei rientro. L’autobus si è appena fermato e lui è sceso per andare a casa. Lo guardo allontanarsi e il mio cuore si stringe. È una sensazione nuova. Cos’è? Una nuova emozione? Io non so definirla e quel muscolo che non ho mai considerato continua a stringersi e a farmi sempre più male. Perde un colpo.
Lui si è voltato, ha guardato verso la mia finestra. Mi avrà vista? Ho paura. Questa nuova sensazione non la voglio provare. Ho appena sperimentato che fa male.
Cinismo torna da me, così smetto di soffrire.





Saku's Space.

Ecco qui un nuovo pezzo. Cioè tanto nuovo non è, dato che l'ho scritto alcuni mesi fa. Ma per voi che non l'avete mai letto è nuovo!
Ok, ok, la smetto con i miei deliri.
Ringrazio coloro che hanno letto il brano precedente, e soprattutto ringrazio madamina, che mi ha riempita di complimenti come al solito. Vedi che te la posso rigirare contro l'accusa di essere troppo buona?? XD  Però è anche vero che i tuoi commenti mi gasano e mi spronano a scrivere ancora.
Beh, che altro dire.
Vi aspetto al prossimo pezzo!

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Capitolo 3
*** Discorsi demenziali ***


DISCORSI DEMENZIALI

“Bella, Capsula!” “Bella, Nucleo! Ti vedo pimpante oggi, dimmi un po’, che hai fatto?” “Ieri sono stato su Internet, ho scaricato tante nuove icone e ho aggiornato il mio blog”. “Beh, mica mi hai ancora spiegato come fai a essere così fresco”. “Eh! Con calma ci arrivo! Ho dovuto accudire il cane della vicina”. “Forte, hai fatto il dog-sitter! Quanto sono belli i cani!” “Sì, certo, peccato che quello era un alano gigantesco, che appena mi ha visto mi ha steso! Pensa che dopo un po’ ero talmente distrutto che ho pensato persino di evadere da casa mia!” “No?!” “Sì! Comunque, finalmente l’animale se n’è andato e mi sono messo supino sul letto. Volevo mettermi a dormire per riprendermi.” “Wow! Hai iniziato a studiare per caso?” “Ebbene, hai indovinato. Mi sono iscritto a dei corsi serali”. “A cosa dobbiamo quest’improvviso interesse per la cultura?” “A te posso confessarlo. Mi sono preso una cotta per una tipa”. “Ah, fantastico! E com’è, com’è? Descrivila!” “Non posso”. “Che vuol dire non posso? Hai paura che poi me ne innamoro pure io?” “No, il fatto è che non l’ho mai vista”. “Come non l’hai mai vista? Ma sei rincitrullito? Ti prendi una cotta per una tipa che non hai mai visto! Scusa, ma allora come fai a conoscerla?” “Ci parlo tantissimo! Ogni giorno dialoghiamo per ore e ore. Dice che va all’università, per questo seguo dei corsi, così posso parlarle in modo elevato”. “Ah, ma allora visto che ci parli saprai dalla voce se è una bella tipa o no”. “A dir la verità non è che ci parlo proprio”. “Scusa, non hai appena detto che…” “…in realtà chattiamo”. “Vorresti dunque dirmi che l’hai conosciuta in Internet?!” “Certo! C’è tanta bella gente in chat!” “Mah, questa mi lascia scettico. Sai come vanno a finire le storie che iniziano su Internet: uno dei due resta sempre fregato.” “Ma che per caso me la stai tirando?” “Non mi permetterei mai!!” “Comunque stavolta è diverso. E poi sai che le piace il tennis come a me?” “Ora lo so”. “Abbiamo deciso di organizzare un doppio prima possibile”. “Ma se voi siete solo due!” “Lei porta un’amica e io porto te”. “Tu sei pazzo!” “Perché scusa? A me sembrava una buona idea. Vabbè senti ora mi devi accompagnare da una parte. Devo comprare dei dischi di musica lirica che a lei piacciono tanto!” “AAAH!!!” “E ora che ti prende? Se non ti va di venire basta che lo dici senza tante scene!” “UN RAGNO!” “Ma che soffri di aracnofobia?” “Sì! Tieni, prendi questo fazzoletto e uccidilo!” “Ma è unto!” “E che ti frega? Ci devi solo ammazzare un ragno! Così, bravo! Un altro po’ e rimanevo secco!” “Ma dai non esagerare. Comunque credo che il tuo comportamento sia dato anche da questa giornata uggiosa. In fondo mette a tutti un po’ di malumore”. “Abbiamo uno psicologo! Ma non hai ancora non hai risposto ala mia domanda: com’è che sei così in forma?” “Porta pazienza!” “Io sono paziente, ma tu svicoli dal discorso!” “Ok, però ti voglio raccontare tutta la mia giornata”. “Ascoltami bene, se volevo sentire una bella storiella, prendevo l’antologia della scuola media (l’unico libro scampato al rogo) e mi leggevo un bel racconto!” “Va bene, va bene, ora arrivo al punto. Ma tu non essere protervo”. “E  tu parla in italiano, che sennò non ti capisco! Mo’ che vuol dire ‘sta parola nuova?” “Ma è italiano, ignorante! Vuol dire arrogante e insolente. Comunque ora concludo. La risposta alla tua domanda è semplicissima: ho dormito per venti ore di seguito!” “E avresti fatto tutto questo preambolo solo per dire… Ah, non riesco neanche a finire la frase. Ora però te la dico io una cosa: Nucleo, ma vacensura!!”


Saku's space:

Bene, e nonostante ci sia una sola persona che mi commenta (madamina grazie mille del sostegno!!!! Sai che adoro le tue recensioni!! E adesso non farti prendere dall'ansia da recensione che ho ancora bisogno di te!! Non sia altro per scoprire dove abitano di preciso i Cullen visto che sono in zona!!! XD Scherzo, sai che mi sto affezionando molto a te!! Ok, smetto di fare la sdolcinata e vado avanti!!)
Bene, stavolta sono tornata sul comico. Il prossimo pezzo, per coloro che seguono nell'ombra, anche se sono proprio pochini, sarà probabilmente di poesia, per continuare l'alternanza tra brani più leggeri e brani più impegnativi, o almeno è quello che cerco di fare.
Ora vi saluto.
Un abbraccio a tutti!
Saku

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Capitolo 4
*** ORESTEA ***


Tornava il monarca argivo da Ilio
Sconfitta, ignaro d’infausta sorte che
La donna crudele e il dannato amante
Hanno preparato, giusta vendetta
Causata dal padre, per Ifigenia
Cara alla madre. Muta profezia
Anticipava tremende sventure.
Grido di morte, ferocia bestiale.
Ha così inizio la serie infernale
Di casi infausti e familiari odi.

Scivola la sabbia nella clessidra,
scorrono inafferrabili i giorni.
Due fanciulli dal fato allontanati
Grazie al fato s’incontrano di nuovo
E per volere di Apollo saettante
Ignora il seno che gli diede vita
Per uccidere la donna crudele.
Da lei le Erinni malvagie inseguono
L’uomo finché la giustizia, Pallade
Atena, pone il voto in suo favore
E in animo alle cagne fameliche
Il bene piantò, per farle benevole.

Così ebbe fine la serie infernale.






Saku's space.

Come promesso, ecco qui un brano in poesia. Questo pezzo si chiama "Orestea" per un motivo molto semplice da individuare: parla della triade di tragedie dello scrittore greco Eschilo. I titoli delle tre sono: Agamennone - Coefore - Eumenidi.
Per chi non ha mai studiato letteratura greca, rimando alla definizione che di quest'opera da Wikipedia (di sicuro molto migliore di quella che potrei dare io) al link http://it.wikipedia.org/wiki/Orestea dove la trama è divisa nelle tre parti che la formano.

Bene, e dopo questo spazio, passo a ringraziare ancora madamina. Oh mia unica commentatrice, almeno tu mi sei fedele! Felice che il pezzo comico ti sia piaciuto tanto! Beh qualcosa che non so scrivere prima o poi la troverò credimi! E poi non è nemmeno certo che io sia tutta questa bravura come dici! Ma ammetto (perchè si modesta lo sono, ma la falsa modestia la odio) che un po' me la so cavare, ma è merito del prof che ho avuto che mi ha insegnato molte tecniche per migliorare. (E tra parentesi quasi tutto quello che pubblico in questa raccolta è frutto degli esercizi dell' "Officina di scrittura").

Ok, adesso concludo e saluto. Vi dico che il prossimo pezzo sarà ancora in poesia, ma stavolta sarà poesia divertente!
Un mega abbraccio a tutti coloro che leggono in silenzio. Un commentino però se vi va lasciatemelo, che fa sempre piacere.

Saku

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Capitolo 5
*** Fuori col fratello ***


FUORI COL FRATELLO

"Ciao sorellina!"
"Buon giorno Gio’..."
"Lo sai che ti voglio bene, vero?"
"Avanti, sentiamo che ti serve".
"Malfidata, se ti dico che ti voglio bene deve per forza servirmi qualcosa?"
Lo guardo come per dire: SI!
"Ok, devo andare a lavare la macchina e ho bisogno di qualcuno che mi faccia compagnia".
Lo sapevo! Ogni volta la stessa storia! Comunque per fargli piacere vado con lui, il mio fratellone tutto matto.
È estate, il sole è tremendamente caldo. Con i finestrini completamente aperti Giorgio sfreccia veloce sulla strada. I miei capelli si muovono liberi al vento e mi chiedo, perché mi sono pettinata?
Arriviamo all’autolavaggio e la nostra macchina inchioda fermandosi esattamente davanti alla pompa. Scendo e un’improvvisa puzza di gomme bruciate mi invade le narici; dietro la macchina, sull’asfalto, i segni degli pneumatici lasciati dalla brusca frenata di mio fratello. Ma poi, improvvisamente, lo vedo. Alto, biondo, fisico scolpito, maglietta bianca attillata e bagnata che mette in risalto i suoi muscoli perfetti, sta lavando la sua moto rossa fiammante. Come se si fosse accorto del mio sguardo si gira e mi sorride, un sorriso splendente. Sembra un sex symbol appena uscito da qualche programma televisivo.
Il suo bolide ora è pronto. Salta in sella e si avvicina.
"Vuoi fare un giro?"
Sto per salire, ma Giorgio mi chiama e mi sveglio dal sogno. Quel fantastico ragazzo sta ancora lucidando la moto, ma comunque si accorge, questa volta davvero, che lo sto fissando. Si gira e mi urla:
"Aò, ma che te guardi?"
Beh, anche se di aspetto fisico non è niente male, diciamo che in quanto a parlare è meglio se non apre bocca!
Ridendo del mio ingenuo sogno a occhi aperti, mi giro e vado ad aiutare mio fratello che già da un po’ stava tentando, invano, di richiamarmi sul pianeta terra.

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Capitolo 6
*** Ho messo via (canzone di Ligabue) ***


HO MESSO VIA

La notte, fuori dalla sua stanza, era buia, di quel buio che sembra quasi solido. Sakura decise di distogliere il suo sguardo da quell'oscurità, per riportarlo nella luce della sua camera.
Quelle quattro pareti le sembravano così stretta, ma almeno vedeva tutto lì dentro. Ogni singolo dettaglio. Dai libri ordinatamente riposti sugli scaffali, ai foglietti volanti in giro per la sua scrivania, passando per la piccola crepa nel muro, accanto alla libreria, adesso scoperta.
E non poté impedirsi di pensare che fino a poco tempo prima c'era qualcosa a coprirla alla vista, per impedirle di stonare nella perfetta melodia che gli oggetti sulle pareti componevano.
E ricordò una foto. Un'immagine in cui lei era in braccio, o meglio sulla schiena di quello che aveva sempre considerato un fratello maggiore. Una persona con cui condividere ogni singolo istante della propria vita, in un rapporto più intimo di quello che si poteva creare tra due semplici amici, più complice di quello tra due semplici fratelli, ma più puro di quello che poteva nascere anche tra fidanzati. No, loro erano come le due facce di un'unica medaglia.
Non stavano insieme, no. Questo non sarebbe mai successo. Nessuno dei due aveva mai pensato all'altro in quel senso. Ognuno aveva le proprie storie.
Ma adesso, quella piccola crepa era lì, a ricordarle che anche nel suo cuore qualcosa si era incrinato.
E decise in un secondo.
Spense la luce, si sdraiò sul suo letto e chiuse gli occhi, assaporando le note leggere che fuoriuscivano dal suo stereo, impostato con il volume al minimo, solo per avere un delicato sottofondo ai suoi pensieri tormentati. E rilassandosi a quel modo si addormentò, proprio mentre partiva la sua canzone, quella che rispecchiava in pieno il suo stato d'animo. E iniziò a sognare.

Ho messo via un po’ di rumore
dicono così si fa nel comodino c'è una mina
e tonsille da seimila watt.
Ho messo via i rimpiattini
dicono non ho l'età
se si voltano un momento
io ci rigioco perché a me... va.

Rivedeva se stessa, con Ryo, il suo alter ego al maschile, fare casino, divertirsi come matti a feste di amici. Bere insieme qualcosa in un pub in rare serate infra-settimanali. Guardare con ansia l'orologio per scoprire che era quasi tardi, e correre in macchina fino a casa, per evitare l'ira di genitori fin troppo apprensivi.
E poi rivide scene di pura follia, davanti a canzoni della loro infanzia, come due bambini cresciuti solo nel fisico. E nascondere questi momenti d'infantilità dietro sguardi fintamente seri quando qualcuno si avvicinava per spiarli. Come diceva la canzone "dicono non ho l'età, se si voltano un momento io ci rigioco perché a me va".
Nessuno poteva ostacolarli. Loro due insieme erano una squadra. Tutti sapevano di poter contare sul loro affiatamento.
E poi il sogno cambiava, con il cambiare delle parole della canzone.

Ho messo via un po’ di illusioni
che prima o poi basta così
ne ho messe via due o tre cartoni
comunque so che sono lì.
Ho messo via un po’ di consigli
dicono è più facile
li ho messi via perché a sbagliare
sono bravissimo da me.

Era sola adesso. Sola in una stanza buia. La sua stanza. Quella che stava in quel momento accogliendo il suo sonno, e il suo sogno fatto di ricordi e speranze infrante. Si rivide piangere, in quel buio amico, consapevole solo da pochi attimi che tutto era finito. Che quella felicità si era sgretolata e sciolta come neve al sole. Ed era pericoloso, molto pericoloso tornare a sbirciare tra quelle immagini di un tempo che non sarebbe tornato. Erano lì, nascoste in portafoto vicini al letto. In cartelle di file su un computer che ormai era il suo portale per evitare di pensare. Per iniziare a vivere qualcosa di nuovo. Qualcosa che la potesse aiutare ad andare avanti. Quel qualcosa che stava iniziando a trovare, e che davvero le stava dando una mano, sotto forma di amici "virtuali", raramente visti in volto, ma comunque più reali di qualsiasi ricordo ormai perduto.
E poi vide quella scena. La scena che le faceva più male di tutte. Piangeva ancora, ma non da sola. Ryo le era accanto, su un balcone. Il balcone di casa della sua migliore amica. Al suo compleanno. Non voleva darle dispiaceri, e sentendo le lacrime era uscita. Allontanandosi da una felicità che in quel momento non provava. E lui l'aveva compresa. E seguita. La stringeva, impedendole di tremare per il freddo. Ma non per i singhiozzi. Quelli la scuotevano incessanti. Ma lui era lì. Avevano litigato, dopo. Perché Ryo credeva che le sue lacrime erano sprecate per un essere che non la meritava. Ma non importava. L'aveva fatta sfogare prima. E le era stato accanto.
Le aveva sempre dato consigli, in ogni situazione. Sempre. E adesso quei consigli erano spariti, insieme a tutto il resto.
Adesso era sola davanti a una realtà che non sapeva come prendere, così ingenua e fragile.

Mi sto facendo un po’ di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel po’ di cose
ma non mi spiego mai il perché
io non riesca a metter via te.

Cercava di cacciarli via, quei ricordi. Ma si sa che "i sogni son desideri", e il suo desiderio più grande in quel momento era poter essere di nuovo felice e spensierata.
Si vedeva ridere e scherzare. E cercando di allontanare quell'immagine si chiese quanto tempo era che non rideva sul serio. Certo, qualche sorriso, qualche risata in quei mesi c'erano stati. Ma da quanto tempo in quei piccoli gesti mancava la vera allegria che li doveva far nascere?
Non lo sapeva, e non voleva indagare.
Per qualche secondo il suo inconscio riuscì a creare il vuoto. Rilassante, rasserenante.
Ma durò poco.
Ed ecco di nuovo il viso di Ryo comparire nella sua mente, triste monito di felicità passate.

Ho messo via un po’ di legnate
i segni quelli non si può
che non è il male né la botta
ma purtroppo il livido.
Ho messo via un bel po’ di foto
che prenderanno polvere
sia su rimorsi che rimpianti
che rancori e sui perché

E in quel monito riapparve anche il dolore. Lui che si allontanava. Rimanendo però lì, al suo fianco. C'era, ma non poteva più avvicinarlo. E sembrava come se qualcosa di molto pesante e molto duro le cadesse sulla testa ogni volta che il solo pensiero di un nuovo approccio si affacciava nel suo cuore.
Impossibile, le continuava a ripetere il cervello. E il dolore che sentiva non era fisico. Assolutamente no.
Era un dolore sordo e insistente dentro il suo petto, di qualcosa che ogni secondo che passava si andava incrinando e frantumando.
Era un dolore bruciante dietro gli occhi, di liquidi salati che si costringeva a ricacciare indietro ogni volta che il Suo nome veniva pronunciato da qualcuno. Ma che trovavano via libera nella solitudine della sua stanza, davanti a libri chiusi, in cui quelle foto nascoste continuavano a chiedere di essere rispolverate.
Ma riusciva a resistere.
E intanto si struggeva nei rimorsi dei propri errori. Quegli errori che avevano portato a tutto quello.

Mi sto facendo un po’ di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel po’ di cose
ma non mi spiego mai il perché
io non riesca a metter via te.

Inutile. Resistere non serviva a niente. O meglio, aveva come unico risultato il farla stare peggio. Per ottenere cosa? Un singolo attimo di pace, e poi di nuovo il buio e il baratro.
Si era isolata. Dagli amici, dalla famiglia. Si stava chiudendo in se stessa. E in pochi se ne stavano accorgendo.
E l'unica persona che avrebbe potuto ritirarla su continuava ad ignorarla.
E lei non riusciva a dimenticarlo.

In queste scarpe
e su questa terra che dondola
dondola dondola dondola
con il conforto di
un cielo che resta lì.

Il sogno, quel sogno che la stava tanto facendo soffrire mostrandole ricordi e dolori, adesso le stava dando una nuova visuale.
Lei poteva ancora essere felice senza di lui.
Si vide ridere allegra e spensierata, vicino a persone nuove, ancora senza volto. Solo pochi visi familiari. Le uniche vere amiche che le erano rimaste accanto. E poi solo corpi ancora anonimi.
E le sembrava quasi di vedere in quell'immagine sfocata un barlume di serenità.
Il suo viso era radioso.
Forse....
Sì, forse avrebbe potuto ancora vivere la propria vita come una persona normale. E forse ci sarebbe voluto del tempo per riuscirci. Ma adesso quel sogno le mostrava che avrebbe potuto farcela.

Mi sto facendo un po’ di posto
e che mi aspetto chi lo sa
che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel po’ di cose
ma non mi spiego mai il perché
io non riesca a metter via
riesca a metter via,
riesca a metter via te.

Si svegliò mentre la canzone finiva. Sbatté le palpebre lentamente, per mettere di nuovo a fuoco la stanza oscura.
E si trovò, stranamente, a ricordare quel sogno appena fatto.
Si voltò, a cercare quell'unica foto che la ritraeva insieme a Ryo ancora rimasta visibile nella sua camera. Diede voce ai suoi pensieri osservandola.
"No, non riuscirò mai a cacciare dalla mia testa il tuo ricordo. Sarai sempre un pezzo importante della mia vita. Ma DEVO andare avanti. O smetterò di vivere, e di ridere. E questo non lo posso permettere. Non lo voglio permettere. Io tornerò quella ragazza allegra che ero. Sempre spensierata e pronta a dare una mano agli altri. E non saranno le ferite che tu mi hai inflitto a lasciare delle cicatrici permanenti. E' stata bella la mia esperienza con te, ma adesso ho solo un'ultima parola da dirti. Addio."
E così nascose anche quell'ultima immagine, e spegnendo lo stereo tornò a dormire, sperando di svegliarsi di fronte alla prospettiva di una nuova vita dal mattino seguente.


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Capitolo 7
*** La sveglia fantasma ***


LA SVEGLIA FANTASMA

Le lancette scattano sulle 3. E’ notte fonda, solo il rumore di qualche motore che passa sulla strada sottostante interrompe la buia quiete del momento. Laura è sdraiata sul letto, gli occhi sbarrati fissano il soffitto. Non riesce a dormire, è nervosa e non riesce a capire il motivo.
I secondi passano, scanditi dal ticchettio dell’orologio attaccato al muro. All’improvviso ecco il suono acuto di una sveglia. Ma… da dove proviene? Non è la sua.
Accende la luce e guarda l’ora: 3.15. Si guarda intorno. Il cellulare è spento, la sveglietta muta, l’orologio sul muro non ha neanche un meccanismo del genere. Però il suono viene dalla sua stanza. La paura inizia a impossessarsi di lei. In casa è sola, per la prima volta nella sua breve vita arrivata da non molto all’adolescenza. La sveglia continua a suonare, non accenna a smettere. Prova a uscire dalla camera, ma il suono quasi scompare. Apre tutti gli armadi in preda a un’ansia crescente. Nessun segno dell’aggeggio infernale.
Finalmente tutto tace. Il ritorno del silenzio aiuta Laura a recuperare un po’ di calma, ma ormai il sonno le è passato definitivamente. Prende un libro e inizia a leggere. Non riesce a stare concentrata sul racconto, nonostante sia di Christian Jacq, il suo autore preferito, quello che la fa sognare e rilassare. L’idea di quella sveglia fantasma continua a ronzarle per la testa, fino a che arriva il buio totale. È riuscita a prendere sonno, ma i sogni sono tormentati, incubi. Un nuovo suono la desta rigettandola nel terrore: una chiave sta girando nella serratura della porta di casa. Ma non è possibile! I suoi non torneranno prima di altre 48 ore!
La porta cigola sui cardini e si richiude alle spalle di qualcuno che ora con passi rapidi e leggeri si sta avvicinando alla camera. Laura finge di dormire, cerca di controllare i tremiti di paura che le corrono lungo la schiena. Chiunque sia entrato nell’appartamento le è a pochissimi centimetri di distanza. Sente questa presenza chinarsi su di lei e infine un affettuoso bacio sulla guancia. Gabriele! Apre gli occhi e vede il suo migliore amico che le sorride dolcemente.
“Buongiorno dormigliona. Ma lo sai che ore sono?!”
Il giorno prima lei gli aveva lasciato una copia delle chiavi e lui è venuto per farle compagnia. Se ne era quasi dimenticata.
Guarda l’orologio e si stupisce: le 11.45! Aveva dormito parecchio. Si alza, Gabry le prepara qualcosa da mangiare per colazione, pranzeranno tardi, poi, come al solito si siedono sul divano con la tv accesa a ridere e scherzare. Ormai la sveglia fantasma è solo un brutto ricordo di una notte finita.

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Capitolo 8
*** Il viaggio ***


IL VIAGGIO

 

Ho le valigie ai miei piedi. I rumori della stazione sono assordanti ma le loro fonti sono invisibili.

La stazione è deserta. Sono sola eppure mi sento circondata da migliaia di paia di occhi che mi fissano nell’ombra. Il treno che devo prendere è in ritardo e mi sto innervosendo parecchio in questa situazione tanto tetra. Il tempo scorre inesorabile sulle rotaie vuote e io tendo l’orecchio sperando di sentire presto il suono familiare delle ruote che stridono per la frenata.

Passa ancora il tempo. Le canzoni del mio mp3 si susseguono in un continuo rincorrersi senza però mai raggiungersi completamente, e finalmente sopra la musica sento il suono che aspettavo. Lo spostamento d’aria mi fa quasi cadere, mentre i miei lunghi capelli castani formano una cascata sul mio volto. I finestrini illuminati sembrano tanti occhi che mi fissano, aggiungendosi a quelli nascosti nelle ombre di questo luogo buio che sto ormai abbandonando.

Il viaggio ha inizio. Salgo in carrozza chiedendomi perché sto partendo. E sinceramente non so darmi una risposta. I miei occhi sono abbagliati dalle luci. Ormai si erano abituati alla penombra, ma lentamente riesco a studiare l’interno della vettura su cui mi trovo. Il corridoio ha un pavimento blu, e sul lato destro si aprono le porte dei vari scompartimenti. Cerco il mio e finalmente posso sedermi su una poltroncina. È comoda, e fortunatamente non sono più sola. Di fronte a me c’è una donna, giovane e bionda, i lunghi capelli raccolti in una treccia che le scende sulla spalla sinistra. Il suo volto è stanco e tirato. Forse è su questo treno già da molto tempo e magari soffre anche il mal di rotaie. Ma poi mi riscuoto. Mi accorgo di essermi incantata a fissarla, perchè nonostante la stanchezza il suo volto è bellissimo, e in questo caso sono sicura del motivo: per qualche strana ragione il viso di una mamma può riempirsi di rughe o mostrare ogni tipo di dolore o stanchezza, ma rimarrà sempre stupendo. E lei ne ha tutti i diritti. Sul sedile accanto suo è infatti poggiata una culla che contiene un tesserino addormentato con un visino angelico. Questo spiega la sua stanchezza.

Cerco di iniziare una conversazione e così scopro che la bimba, di nome Selene, ha solo poche settimane e la donna, Aurora, è davvero molto provata a giudicare dalla sua storia: un anno prima è fuggita dalla sua casa in luogo sperduto della campagna, per seguire un giovinastro che proveniva da una grande città. Dopo alcune notti di sesso, l’ha però abbandonata, non lasciando alcun recapito e quindi ancora ignaro di essere diventato papà. Aurora ha lavorato per mantenersi, ma ora, con la bimba, non riesce più ad andare avanti da sola e sta tornando a casa per chiedere perdono alla sua famiglia e presentare Selene ai nonni. E io sono sicura che due volti angelici come i loro non avranno difficoltà a farsi perdonare.

Aurora ha finito di raccontarmi la sua storia giusto in tempo. Il nostro mezzo di trasporto si è appena fermato in una stazione identica per desolazione a quella dalla quale sono partita. Eppure ha qualcosa di diverso. Guardo la mia compagna di viaggio avviarsi verso l’uscita spingendo la carrozzina e mentre la fisso sento chiarissima la nota in più, quella che a me mancava: è la speranza, il sapere che c’è qualcuno lì per te.

Di nuovo sola continuo il mio viaggio, mentre il ticchettio del mio orologio da polso scandisce il passare inesorabile del tempo.


Sono tornata. Questo testo in realtà è un po' vecchiotto e ha dei seguiti. Anzi altri due testi legati al viaggio, anche se non proprio legati a questo viaggio.

Beh, non so che dire. Spero che qualcuno vorrà commentare, lasciandomi un parere, positivo o negativo. Le critiche costruttive sono sempre ben accette!

A presto.

Saku

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Capitolo 9
*** Comunemente straordinario ***


COMUNEMENTE STRAORDINARIO

"Al ladro! Aiuto!"
Un disperato grido di soccorso. Viale Libia, affollatissima in questo periodo di saldi, è il luogo dove si è udito. L’agente Alberto, di pattuglia in quella zona, accorre. È un ragazzo sveglio e atletico. Vede il ladro; il casco blu calato sul volto, salta in sella a una Honda 125 nera che immediatamente parte rombando. La volante si lancia dietro la moto che sfreccia già lungo la strada, dando vita a un folle inseguimento per la città. Ma improvvisamente il centauro perde il controllo del proprio mezzo. Alberto ne approfitta. Scende dall’auto, tira fuori la pistola e la punta contro il malvivente. Ma anch’egli è armato. Un doppio scoppio. Il motociclista lascia cadere la propria arma e si tiene la spalla dolorante. Alberto porta lentamente una mano all’orecchio sinistro. Il proiettile è passato solo a pochi millimetri di distanza. Rassicuratosi, prende le manette e le chiude ai polsi dell’altro uomo.

 

Il turno è finito. Su via Gino Cervi si vede passare un agente in divisa con delle buste della spesa. Entra a casa. Un bimbo gli corre incontro, felice di rivedere il proprio papà, e la moglie gli chiede come è andata la giornata. Allora Alberto alza le spalle e risponde:
"Come sempre: un proiettile mi ha sfiorato, ho arrestato un ladro. Nulla di particolarmente emozionante".
E mentre la donna sente una stretta al cuore, il giovane marito, tranquillo, si cambia e si prepara per la cena.

Saku's space:

Ed eccomi qui. Come promesso cerco di scirvere e aggiornare senza farvi attendere decenni.

Intanto ringrazio tantissimo Betty e Madamina. Sapete che adoro le vostre recensioni!! Grazie di appoggiarmi sempre!!! =)

E poi vi do appuntamento al prossimo racconto, o alla prossima dramione (ci sto lavorando. Penso di ricominciare a pubblicarla per la fine di questo mese, massimo all'inizio del prossimo).

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