the first subject, the last filter

di Melepatia_2571
(/viewuser.php?uid=807385)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


 
Thomas lo sapeva. Lo aveva capito; dai loro occhi, da quella sottile vena di follia che si faceva lentamente strada tra quegli occhi, fino ad arrivare al cervello e a propagarsi come un incendio. Lo notava quando parlavano, quando una piccola parola li infastidiva e si innervosivano al punto tale di urlare, sbraitare, chiudersi le porte alle spalle sbattendole violentemente: ormai scricchiolavano tutte.                                    
Anche con lui e Teresa erano severi, strani, nervosi. Forse anche lei lo aveva capito: tutta quella gente stava impazzendo, avevano tutti l'Eruzione, tutti i Creatori.
Però andavano avanti con i loro progetti, come se fossero perfettamente sani.
I suoi pensieri furono interrotti da Teresa che entrò nella stanza. Si andò a sedere accanto a lui di fronte alla scrivania vuota.
Dopo alcuni minuti ruppe il silenzio :- lo hai notato anche tu, vero?-
:-Cosa?- chiese lui. Anche se immaginava a cosa si riferisse.
:-I Creatori - lo disse come se fosse una cosa ovvia.
:-Credo di sì. - si interruppe:- ma esattamente cosa dovrei notare?-
:-cosa dovresti...... Tom, il loro comportamento non ti sembra strano?-
:-sì, è come se avessero...- si interruppe come se quelle parole lo avrebbero pugnalato, come se fossero troppo orribili ad alta voce.
:-Avessero l'Eruzione.-lo disse calma, sicura. Thomas la guardò per qualche secondo, poi guardò la scrivania. Era calato di nuovo il silenzio su quella stanza.
:-no Teresa - fece una pausa e sospirò come per arrendersi a quella realtà:-loro HANNO l'Eruzione-
 
Ci fu un lungo minuto di silenzio che a Thomas parve interminabile.
Poi entrò una donna, alta e bionda, portava un paio di occhiali. la conoscevano bene: aveva contribuito molto al progetto ed era stata lei ad idearlo assieme ad altri suoi colleghi. era uno dei creatori e spesso faceva loro quei discorsetti noiosi sulla serietà e sull'importanza di questo labirinto, della cianografia, e via dicendo. Thomas e Teresa non l'ascoltavano quasi mai da quando avevano imparato a gestire meglio la telepatia.
Sembrava molto calma all'apparenza, ma bastò sentire la sua voce tremante per accorgersi che bisognava essere tutt'altro
:-bene ragazzi, i piani procedono per il meglio- disse scostando la sedia e sedendosi:-anche se non si può negare che ci siano state..-deglutì -complicazioni. E voi ne sarete al corrente o almeno lo avrete intuito dato che siete i nostri soggetti più fidati e ....-si fermò. Chiuse gli occhi irrigidendosi sulla sedia. Lui e Teresa si scambiarono un'occhiata. poi riprese:-...e intelligenti, capaci e tutto il resto- sembrava molto scocciata dal fargli quel discorso. come se avesse di meglio da fare che stare lì a recitare a memoria quelle parole.
La donna congiunse le mani davanti al viso, e le strinse sempre più forte. Cominciò a tremare:-insomma penso voi sappiate..abbiate capito cosa sta succedendo-si stava evidentemente sforzando di restare calma. Thomas pensò che sarebbe esplosa da un momento all'altro. inoltre quello che diceva non aveva senso.
:-vedete questi problemi sono abbastanza gravi e potrebbero compromettere i nostri piani. Il punto è che molti di noi sono malati, hanno l’Eruzione.-disse le ultime parole alzando la voce come se si fosse tolta un peso dallo stomaco.:- immagino che questo lo avevate capito. E sapete che è una cosa molto grave e bisogna provvedere prima che la situazione degeneri.- cominciava ad essere più calma, quasi rilassata.
:-quindi cosa volete che facciamo?-chiese Teresa
:-voi siete i soggetti migliori e ci dovrete sostituire. Siete i più adatti a portare a termine la cianografia. Noi non siamo immuni e l’Eruzione ci impedisce di portare a termine il progetto quindi sarete informati sugli ultimi cambiamenti e vi illustreremo meglio il piano. Una volta fatto voi dovrete ucciderci, se non prima. – era molto convinta di quelle parole. Thomas credeva che da un momento all’altro sarebbe esplosa e avrebbe dato di matto. Invece restò calma.
Teresa stava per dire qualcosa ma fu interrotta:- dopo pranzo vi aspetto qui.- si diresse verso la porta con la stessa espressione seria :-dobbiamo metterci a lavoro presto, sapete no, l’Eruzione è imprevedibile- sorrise ed uscì sbattendo la porta talmente forte che fece cadere un quadro –orribile- dalla parete.
Rimasero in silenzio per un po’. Fuori si sentivano dei passi ogni tanto. Ma a parte questo era tutto deserto. Come sempre.
Thomas aveva gli occhi vuoti, non guardava in nessun punto in particolare. Pensava a ciò che aveva detto la donna. Sapeva che era stato addestrato per quello dopotutto ma non avrebbe mai avuto il coraggio di uccidere qualcuno. Anche se non voleva assolutamente che succedesse tutto un’altra volta, non voleva vedere qualcuno perdere il senno di nuovo. Gli ritornò in mente suo padre, i suoi occhi iniettati di sangue. Sua madre che piangeva, disperata. Quelli della C.A.T.T.I.V.O. che portavano via con la forza quell’uomo, l’uomo che una volta era il suo papà. Ma di lui ormai non c’era più nessuna traccia. Al posto suo c’era uno Spaccato, ferito ovunque, senza quasi più capelli, senza più una coscienza. Senza più un cuore capace di amare. Al suo posto c’era un morto che camminava, dimenticato da tutti e ricordato da nessuno.* Però Thomas ricordava ancora. Si accorse che aveva la vista annebbiata, gli occhi umidi.
Anche Teresa se ne era accorta:- Tom, tutto okay?- lui si girò a guardarla: nei suoi occhi azzurri e freddi vide uno sguardo sincero,quasi triste. Come se stesse provando la sua stessa sensazione, lo stesso vuoto, la stessa tristezza.
:-sì- aveva la voce rotta, debole. Non ci credeva per niente a quella parola. Teresa gli prese la mano e la strinse forte, intrecciando le dita.
Thomas sorrise leggermente. Lei fece lo stesso. Si diressero verso la porta; sul pavimento c’erano mille pezzi di vetro taglienti e luccicanti, erano sparsi ovunque. Si addentrarono nei lunghi corridoi tristi e spenti. Sembravano senza fine
:-sembra una prigione, un riformatorio o qualcosa del genere- Teresa lo guardò quasi divertita. Non si era nemmeno accorto di aver pronunciato quelle parole ad alta voce. Non sapeva come gli fosse venuto in mente, anche se non era del tutto sbagliato. Teresa lo guardò negli occhi
:- Bé almeno ci siamo finiti insieme- Thomas pensò che quello non era per niente sbagliato. Finché erano insieme sarebbe andato tutto bene.
Camminavano in silenzio e man mano che si avvicinava la fine del corridoio si sentivano delle voci sempre più forti. Sembrava una discussione che si faceva sempre più animata. Quelle parole diventarono urla di una donna. Un urlo forte, penetrante, disperato, isterico. Teresa si strinse a Thomas. Lui tratteneva il respiro. Poi un tonfo e il silenzio più assoluto, inquietante. Intanto si erano fermati, come congelati. Teresa lasciò andare il braccio di Thomas. Guardava davanti a sé, alla fine del corridoio. Sembrava infinito. Poi gli parlò telepaticamente
”Tom”
“sì?”
“Cosa pensi che sia stato?”
Si girò a guardarla negli occhi come per cercare la risposta giusta da darle”Non lo so. Penso niente di grave”
“Tom, sono sicura che sia successo qualcosa”
“Sì, lo so. Magari dovremmo andare a controllare”
“io non credo”
“ma …”fu interrotto da una donna che passò accanto a loro con al seguito due guardie armate di lanciagranate, poi un’altra decina. La donna fece un cenno a due di loro che gli vennero in contro, prendendoli per il bordo della maglietta e cominciando a trascinarli via
:- Lasciateci, possiamo camminare anche da soli!!- Teresa fumava di rabbia. Li lasciarono andare ma continuavano a spingerli ogni due passi
:- Ma di cosa vi preoccupate?! Non c’è bisogno di spingerci come detenuti!- Anche Thomas non ne poteva più. Ormai tutti sapevano cosa era successo, più o meno, non era necessario trattarli in quel modo. Nonostante tutto continuavano a spingerli. Era molto fastidioso.
Li portarono fino ad una porta, la aprirono bruscamente, li spinsero dentro violentemente e la chiusero a chiave.










n.d.a.
*frase trovata curisando tra una delle magnifiche fanfiction che mi straleggo

allora comincio col dire che questa fanfic si centra su Thomas, poi tutto il resto ci gira intorno nonostante sia spesso con Teresa(spero che sia chiaro nonostante il mio linguaggio incomprensibile). Detto questo, non ho più niente da dire. Già.
è un capitolo molto lungo lo devo ammettere e se molti non hanno voluto rovinarsi la vita leggendolo vi capisco.U.U
bene credo di aver finito e spero che vi piaccia e che recensirete o almeno passerete di qui. Ringrazio già tutti in anticipo e ricordate: le recensioni negative sono critiche costruttive e le  critiche costruttive aiutano a migliorare. ;)
baci e mele a tutti
XD

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Cominciarono a prendere a pugni la porta e Teresa si sgolava per attirare l’attenzione di quei due deficienti. Ma sembravano spariti.
Dopo un po’ Thomas si arrese e si lasciò cadere su una sedia girevole dietro una scrivania: erano le uniche cose in quella stanza.
:- Teresa smettila, se ne sono andati-
:- Oh, Tom! Che pessimismo!- lo disse scherzando.
Si sedette sulla scrivania di fronte a lui, mentre Thomas continuava a girare sulla sedia. Teresa faceva dondolare le gambe guardando nel vuoto.
:- Secondo te perché ci hanno chiuso qui?-
Lui alzo la testa e la guardò, pensandoci per qualche secondo :- non lo so, ma ci diranno sicuramente cosa è successo. Dopotutto siamo noi i loro sostituti, no?-
:- sì, quadra- si fermò a guardarlo e sorrise:- potresti smettere di girare su quella sedia?! Mi farai impazzire-
Thomas si fermò e accennò un sorriso:- scusa-
:- Che si fa?-
:- Cosa ti va di fare? Vuoi spillare fogli?- disse indicando la scrivania con un ampio gesto, su cui C’era una spillatrice, dei fogli e delle penne.
:- Ahah, che simpatico davvero. Dai Tom, a me non va di stare chiusa qui dentro-
:- Vuoi evadere scassinando la serratura con una forcina per capelli?!-
Teresa salto giù dalla scrivania di colpo e le si illuminarono gli occhi.
 Dopo cinque minuti Thomas si ritrovò a curiosare nei cassetti della scrivania mentre Teresa era intenta a far scattare la serratura con una forcina ripiegata ad arte.
:- Teresa, io scherzavo!-
:- Bé, io no Tom, come puoi vedere. Quindi se magari ti degnassi di aiutarmi te ne sarei molto grata-
Thomas si alzò pigramente dalla sedia lasciando uno dei cassetti aperti. Teresa gli porse il ferretto, ma lui rifiutò mostrandole una tessera magnetica.
:- Dove l’hai trovata?-
:- Nel cassetto- disse tranquillamente:- qualche secondo fa-
:- bene allora apri la porta, cosa aspetti?!-
:- Okay, ma non so se funziona. Può darsi che è qui da molto e che non sia più attiva. Insomma guarda questo posto: sembra che qui non passi più il tempo- disse mentre si dirigeva verso la porta.
:- Tentar non nuoce-
Thomas fece scorrere la tessera nella fessura della porta. Si sentirono un paio di “click” e la porta si aprì. Abbassò la maniglia cautamente e sgattaiolarono fuori. Infilò la chiave nella tasca posteriore dei jeans e cominciarono a camminare silenziosamente lungo le pareti. C’era un silenzio tombale, quasi inquietante. Sembrava uno di quei film dell’orrore: probabilmente sarebbe spuntato un maniaco che li avrebbe sgozzati.
Teresa irruppe nella sua testa “Tom, dove andiamo?”
“Ispirami”
Stava per rispondergli quando una voce gracchiante e isterica di una donna li interruppe.
:- Ehi ragazzi, vedo che avete fretta di andare-
Si girarono lentamente; era la stessa donna che gli aveva parlato qualche ora prima, ma non sembrava la stessa persona: aveva giusto quattro ciocche di capelli e la testa arrossata con enormi grumi di sangue, dalla fronte scendeva un rivolo di sangue che colava sul viso. Gli occhi erano folli e tagliati da pezzi di vetro ancora conficcati nella pelle. Il camice bianco era diventato rosso, dalla maglia tagliata si vedevano molte ferite profonde e ancora fresche. Ma la cosa più spaventosa era il suo sorriso malato che aveva stampato in faccia.
Thomas e Teresa indietreggiarono.
:- Non andatevene. Restate ancora un po’.- era decisamente malata
“Tom” Teresa lo chiamò telepaticamente indicandogli la mano della donna.
Successe tutto in pochi secondi.
Arrivarono le stesse guardie di prima, ma sembravano di meno. La donna si girò di colpo e premette il grilletto. Si videro degli schizzi di sangue sulle pareti e due guardie erano state colpite. Le altre si gettarono sulla Spaccata cercando di toglierle la pistola di mano, ma sembrava incollata. Si dimenava, cercando di sfuggire dalla presa delle guardie. Quando ci riuscì si avventò su Thomas, caddero per terra; non riusciva a respirare, la donna lo bloccava sul pavimento facendo pressione sul collo e sul petto.
Gli puntò la pistola alla testa. Teresa e alcune guardie cercavano di tirarla via, ma non si muoveva di un centimetro. Lui cercava di togliersela di dosso ma era senza forze, non passava più l’aria nei polmoni e sentiva la testa scoppiare. Sentiva le voci lontane, ovattate, vedeva sfumare via gli occhi di Teresa che lo guardava preoccupata. Sentì un paio di colpi, dei tonfi.
Poi più niente, perse i sensi.
 
 
 



N.D.A.
buonasera pive!!
Allora mi scuso in anticipo per tutte le volte che non aggiornerò così velocemente. Questo è stato un CASO!!
poi, mi scuso anche perchè questo capitolo non è molto lungo (forse per voi è un bene perchè leggerlo potrebbe traumatizzarvi a vita), ma era per lasciare un pò si suspance alla fine, così l'ho tagliato prima(e voi da lì direte "che m'importa?!").
bene apparte questo non ho altro da dire, il resto mi sembra chiaro, no? (no!)
okay, inoltre ringrazio al3 fantasy che mi ha buttato nel mondo di THE MAZE RUNNER e mi ha fatto venire questa ossessione, ed è grazie a lei che ho deciso di mettermi su questo sito.
inoltre ringrazio _NAI_ e tutti quelli che hanno recensito e che hanno inserito la mia storiella tra la lista delle seguite\ricordate\preferite e tutti quelli che si sono presi la briga di leggerla.

baci e mele
XD

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Nella testa Thomas sentiva tante voci, rumori, suoni indistinti. Ma non vedeva niente. Gli pizzicavano gli occhi. I suoni aumentarono fino ad esplodergli nella testa. Poi il silenzio più assoluto. Si sentiva fluttuare nel vuoto.

 

Dopo quelli che gli sembrarono dieci minuti, aprì gli occhi pigramente. Ci mise un po’ per mettere a fuoco: si trovava disteso su un letto, in una stanza bianca e fredda. C’era una luce accecante. Si mise seduto; nella stanza c’era una ragazza con i capelli castani che armeggiava con pulsanti e … cose. Era giovane, probabilmente quasi l’età di Thomas*.

:- Che mi è successo?- quasi gli sembrava strano sentire la sua voce. Aveva la bocca impastata del sonno:- Per quanto ho dormito? E Teresa?-

La ragazza si girò e lo squadrò per bene:- Teresa è accanto a te e hai dormito per tre o quattro ore-

Thomas si girò e vide Teresa accanto a lui. Non se ne era neanche accorto. Aveva attorno alla vita e al torace numerose bende leggermente sporche di sangue; lei dormiva ma dalla sua espressione sembrava che soffrisse molto.

:- Cosa le è successo?-

:- Si è beccata un paio di proiettili nello stomaco. Almeno è ciò che mi hanno detto. Ma sta bene- disse disinteressata, senza guardarlo.

:- Ed io che ci faccio qui?-

:- Tu te la sei vista sicuramente meglio: una … Spaccata ti ha strangolato e ti ha pugnalato ad una gamba- lui sgranò gli occhi :- Ah e poi una guardia ti ha colpito per errore con un Lanciagranate-

:- Mhmh, solo?!-

:- Bé almeno tu sei vivo-

:- Cosa? Perché lei non lo è??-

:- Si suppone che sia viva-

Thomas era scioccato completamente, e la cosa peggiore era che non aveva ancora ricordato bene ciò che gli era successo. Forse era colpa sua se Teresa era … quasi morta? :- Tu mi stai dicendo che non sai se sia viva o morta?! Scherzi vero?! Allora che ci stai a fare qui?! Ad occupare spazio?! Sei un’infermiera no?- ora urlava. Non poteva pensare che Teresa fosse morta.

:- Ehi ragazzo, calmino eh! Io sono qui solo per controllare i vostri aggeggini impiantati nel vostro cervello-

:- Ah, ovvio- disse tra sé e sé.

Si voltò verso Teresa: si vedeva che stava male. Respirava a fatica.

Continuava a fissarla in silenzio; pensava che se non avesse assecondato Teresa come sempre e non fossero usciti di lì ora sarebbero altrove.

:- Come è successo?-

:- Credo che … a dire la verità non lo so. Chiedilo a lei.- si voltò e ricominciò a fare qualunque cosa inutile stesse facendo prima.

Thomas tornò a guardarla. Si mise su lamentandosi :- Ahah, che mal di testa-

:- Ehi, come ti senti?-

:- Male-

Thomas si alzò e si andò a sedere di fianco a lei:- Ricordi cosa ci è successo?-

:- Vagamente, ma sono sicura che tra un’oretta forse ricorderò meglio. Tu come stai?- chiese facendo un cenno verso la sua gamba. Notò solo in quel momento di avere un’ enorme quantità di bende che la fasciavano. Non gli faceva male, tutt’altro.

:- Io sto bene. A dire la verità non mi ero accorto di essere in queste condizioni-

:- Buon per te- aveva gli occhi bassi, giocherellava con le dita.

Rimasero in silenzio per un bel po’. Thomas fissava la ragazza ora: leggeva qualcosa, forse cartelle cliniche. Sembrava la noia personificata, sbuffava ogni due secondi

“Tom, chi è lei?”

“ è la stessa domanda che le ho fatto anche io poco fa”

“Immagino senza risposta”

“Già. Penso sia un’infermiera”

“ed è qui per … “

“Controllare i nostri cervellini e per occupare spazio”

Proprio in quel momento la ragazza uscì dalla stanza sempre con aria assente.

Teresa appoggiò la testa sulla sua spalla.

:- Se ti interessa- disse lui disinteressatamente :- una Spaccata ti ha sparato. Quella donna bionda. Due colpi-

:- sai solo questo?-

:- Sì, credo di aver perso i sensi. Quella tizia ha detto che sono stato strangolato. Deve essere stato emozionante!-

Teresa gli prese la mano e cominciò ad accarezzarla:- deve essere stato terribile-

:- Vorrei sapere meglio cosa ci è successo-

:- Già-

Erano frasi banali ma non sapevano cosa dire. Però a Thomas bastava sentire la sua voce, più di tutto il suo respiro, il suo cuore battere. Non se lo sarebbe mai perdonato se le fosse successo qualcosa.

Continuava ad accarezzarlo con lo stesso movimento. Il silenzio in quella stanza era angosciante. Sembrava che aspettassero qualcosa che non volesse arrivare. Come se aspettassero il nulla. Il tempo sembrava non passare mai.

Voleva assolutamente dire qualcosa ma non sapeva cosa. Anche se era rilassante e piacevole; era come stare all’interno di una bolla di sapone così fragile che sarebbe bastato un piccolo movimento per farla scoppiare. E lui non voleva assolutamente romperla; era così bella e fragile .

:- Perché non dici niente?- Teresa era riuscita a rompere la bolla.

:- Perché non so che dirti. E tu perché non dici niente?-

Lei alzò la testa dalla sua spalla:- Non lo so, forse perché non ho niente da dirti-

:- okay, allora…… non dire più niente- le disse cingendole le spalle; lei gli stampò un bacio sulla guancia e riappoggiò la testa.

 

 

 

Passarono altri due giorni in infermeria, o quello che era, senza dirsi molto. La ragazza andava e veniva con la sua solita espressione, non parlava e non li degnava di uno sguardo.

Quando furono guariti del tutto ricominciarono con la progettazione del Labirinto e tutti si comportavano come se non fosse successo niente.

Ora ricordava meglio la Spaccata che lo aggrediva e tutto quel trambusto. A quanto pare Teresa era stata colpita da quella “gentile” donna mentre cercavano di togliergliela di dosso.

E probabilmente era colpa sua se aveva rischiato la vita. Lo avrebbe saputo presto visto che erano attesi per parlare di qualcosa. Dicevano che era importante.

Ora si ritrovavano di nuovo lì seduti sulle stesse identiche sedie di qualche giorno prima, ad aspettare qualcuno come tre giorni prima e magari sarebbero stati di nuovo aggrediti, chi lo sa.

 

Entrò una donna, giovane e graziosa, anche se aveva uno chinion che sembrava molto doloroso. Aveva un’espressione dura.** Sembrava familiare.

Dietro di lei un ragazzo e una ragazza: lui alto, con i capelli neri; sembrava serio ma c’era qualcosa nei suoi occhi che diceva tutt’altro. Lei aveva i capelli lunghi, quasi rossi, lo sguardo perso come se stesse pensando a chissà cosa, ma sulle sua labbra c’era l’ombra di un sorriso.

La donna si accomodò alla scrivania, mentre i due ragazzi rimasero in piedi accanto a lei.

La ragazza guardava in basso e lui cercava i suoi occhi.

La donna tossì –evidentemente a posta- e i due alzarono la testa e cominciarono a guardare Thomas e Teresa negli occhi.

Thomas quasi li sentiva vicini, come sentiva Teresa.

La donna interruppe i suoi pensieri:- allora, come sapete in parallelo al vostro esperimento ne è stato condotto un altro con altri due soggetti. Da oggi in poi lavorerete insieme quindi mi aspetto che andiate d’accordo. Tutto ciò che dovete fare è conoscervi meglio. Non dovrebbe essere difficile per ragazzi della vostra età.-

Fece per alzarsi ma disse un’ultima cosa a Thomas e Teresa:- domani avrò bisogno di parlarvi-

Con un sorrisetto uscì e chiuse la porta.

Nella stanza c’era un silenzio imbarazzante, lei era tornata ad ammirare il pavimento e lui continuava a cercarla.

Thomas non sapeva cosa dire. Non aveva mai conosciuto nessuno a parte Teresa. Era rimasto per anni con la testa immersa in quei piani assurdi e complessi. Non aveva la minima idea di come si facesse amicizia.

Ma decise comunque di buttare qualche parolina a caso:- allora … io-io sono Thomas..e lei-lei è Teresa - rimase in attesa di una risposta :- e voi siete …? –

La ragazza sembrò risvegliarsi improvvisamente da un sonno profondo:- Oh, ehm, scusa. Io sono Rachel –

:- Aris – disse semplicemente lui.

:- bene –

:- allora, anche voi parlate telepaticamente, immagino – Teresa cercava di tirargli fuori più cose possibili.

:- Sì- disse lui. Sempre con quello sguardo. Ora capiva perché: si parlavano da prima che entrassero e lui non se ne era accorto! Non era difficile capirlo: il colpo di tosse, gli sguardi, ovvio.

:- E lo state facendo anche adesso vero?- le parole gli uscirono da sole.

Rachel e Aris si erano ripresi da quella specie di trans in cui erano caduti e sorrisero leggermente.

:- Può darsi- disse lui un po’ imbarazzato:- allora, cosa dovremmo fare ora?-

:- Immagino parlare – disse Teresa con un pizzico di sarcasmo. Eppure bastò per sciogliere un po’ di tensione.

:- simpatica-

:- ci hanno detto che dovremmo farlo anche con voi- Rachel aveva una voce innocente e dolce.

:- già, sarà complicato- disse Thomas ironico.

Teresa lo riprese “Tom!”

“scusa, ma lo sappiamo già fare e … lascia stare”

Dopo un po’ Teresa ricominciò a parlare “Tom, non so cosa dire”

“nemmeno io”

“tranquilli, nemmeno noi sappiamo che dire”

Alzarono lo sguardo su Aris e Rachel che sorrisero

“non era poi così difficile, giusto Thomas?”

“giusto” rispose con un po’ di imbarazzo.

:- voi da quanti anni siete alla C.A.T.T.I.V.O.?- Chiese Teresa

:- più o meno dieci anni- rispose Aris con tono indifferente

:- Forse più- lo corresse Rachel. Si lasciò cadere sulla sedia sospirando :- ma è sempre meglio che vedere la propria famiglia morire-

Thomas non ricordava quasi –quasi- più niente prima della C.A.T.T.I.V.O. A parte suo padre. Quel ricordo era incancellabile ma non ci pensava spesso.

Nemmeno Teresa ricordava molto; più gli anni passavano e più i ricordi svanivano. Lei era quella che era da più tempo qui, era stata uno dei primi Muni trovati.

:- tu la ricordi la tua famiglia?- le chiese Teresa

:- no, non più. Non tanto bene come una volta-

Aris intanto era rimasto in silenzio:- e tu?- gli chiese Thomas

:- no. E mi dispiace. Certe volte vorrei ricordare meglio la mia famiglia ma le uniche cose che mi passano per la testa sono i corpi della gente che brucia o quei pazzi di Spaccati che si divoravano a vicenda. Sono le cose che ho visto di più probabilmente-

:- quanti anni hai?- gli chiese Teresa

:- sedici. Perché?-

:- abbiamo la stessa età-

:- e allora?-

:- anche io ho visto gente morire e la mia famiglia era composta da pazzi che credevano nei demoni o cose così. Però i ricordi non ci sono più. Sono soltanto ombre nella mia testa. Qualche volta anche io penso che ricordarsi meglio di quelle persone che avrebbero dovuto volermi bene sarebbe stato bello. Ma poi ci ripenso perché so che non c’è niente che valga la pena ricordare-

:- forse hai ragione-

:- certo che ho ragione-

E con quella frase si chiuse il discorso e tornò il silenzio.

Teresa gliele aveva dette spesso quelle cose ma non riusciva mai a capire cosa volesse dire esattamente. Le ragazze erano difficili da comprendere.

Voleva dire qualcosa, ma non sapeva cosa. Non era proprio bravo in queste situazioni ma non sopportava il silenzio:- è bello il tempo oggi-

Rachel sorrise, anche Aris. Teresa invece alzò un sopracciglio e lo squadrò per bene:- da dove l’hai tirata fuori questa?-

:- e poi come fai a sapere che il tempo è bello?-

:- già, non ci sono finestre qui- era riuscito a strappare altre due parole di bocca anche a Rachel.

:- è la prima cosa che mi è passata per la testa-

Avevano tutti un’espressione tra il divertito e l’esasperato.

Quel momento fu interrotto da un rumore assordante, un allarme che strillava. Le luci bianche nella stanza diventarono improvvisamente rosse e cominciarono a lampeggiare.

Uscirono per il corridoio:- perché suona?-

:- non lo so. L’ ultima volta è stata … - Teresa lasciò la frase in sospeso.

:- quando è stato?- le chiese Thomas urlando per sovrastare l’allarme che gli faceva fischiare le orecchie. Lei non rispondeva.

:- Teresa? Quando è stata l’ultima volta?- guardò Aris e Rachel come se loro potessero saperlo.

:- è stato più o meno tre giorni fa- gli rispose Rachel

:- tre giorni fa? Ma è stato quando … -

Teresa non lo lasciò finire:- quando quella tizia è uscita di testa-

Lei e Thomas si scambiarono un’occhiata. Aris e Rachel evidentemente non lo sapevano perché li guardavano con aria interrogativa.

Si diressero verso il pianterreno ma arrivati alla seconda rampa di scale videro il caos scatenarsi davanti ai loro occhi.



















note di me stessa medesima



*l'infermiera sarebbe Brenda e ho deciso di ficcarla in questo capito perchè mi andava. l'ho descritta come la noia personificata perchè lei lavorava alla C.A.T.T.I.V.O. perchè non aveva scelta, è stata un pò  costretta

**la descrizione l'ho presa dalla mutazione e la tizia sarebbe Ladena. non la rivedrete più, tranquilli

allora, immagino che ora vi starete chiedendo "due settimane per questo??"

e bene sì, mia cara gente. penso che una sploff di Dolente sia mille volte meglio di qesto capitolo, francamente. Inoltre li ho fatti passare per adolescenti problematici mentre parlavano e non era mia intenzione, davvero.

e il tempo è bello fuori...non so come mi sia venuta ma abbiate pietà; sono reduce di una tempesta di mele e il conigli vola per casa e... no, non ci credete vero. nessuna scusa è valida per questo.

spero comunque che recensirete e che passerete di qui. vi prometto che nel prossimo capitolo ci saranno sangue, morti e feriti in stile Dashner, yeee!!

bene ho finito, au revoir

baci e mele

XD

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


Il pavimento era ricoperto di sangue e corpi; alcuni morti, altri gettati lì, senza muovere un muscolo, ma che erano vivi e vegeti. C’erano parecchie persone, tutti Spaccati, tutti armati di pistole, coltelli e Lanciagranate. le urla e le risate isteriche squarciavano l’aria, sovrastavano anche l’allarme che continuava a suonare e a perforare le loro orecchie.
Erano rimasti di sasso, bloccati sulla rampa di scale a guardare la scena pietrificati. Thomas sentiva a stento i suoi pensieri eppure avvertiva Teresa, lo stava chiamando, ma la sua voce era così lontana. Sapeva che era nella sua testa ma non riusciva a concentrarsi abbastanza da capire ciò che gli diceva.
Un uomo venne loro incontro e gli fece risalire le scale fino al penultimo piano dell’edificio; li spinse in una stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Non era molto grande e la luce filtrava da una piccola lampadina penzolante dal soffitto; riusciva ad illuminare leggermente le pareti sulle quali c’erano diverse mensole con oggetti poggiati sopra, ma sembravano solo ombre.
:- sentite, non ho molto tempo –cominciò lui. Era un uomo sulla cinquantina d’anni, forse meno. Aveva i capelli scompigliati e l’Eruzione negli occhi, Thomas lo vedeva anche al buio, ma non era del tutto andato.
:- cancelliere John Michael, avrete sentito parlare di me. Ma non siamo qui per prendere tè con i pasticcini. Qui la situazione ha preso il sopravvento e dobbiamo dare inizio all’Eliminazione.- aveva la voce dura però si avvertiva una nota di tristezza mista a disperazione e anche qualcos’altro, ma Thomas non riusciva a capire cosa.
Rachel aprì leggermente la bocca. Teresa stava in silenzio ma non trapelava nessuna traccia di emozione sul suo viso. Sapevano che sarebbe successo prima o poi.
In quel momento Thomas sentiva sulle spalle un peso enorme, oltre all’imponente presenza dei tre ragazzi nella sua testa: era come se condividessero tutte le loro emozioni col suo cervello.
Non pensava che sarebbe riuscito a tenere solo tra le mani una pistola, figuriamoci a premerne il grilletto.
Aris fu l’unico che disse qualcosa:- e come? Non penso che abbiate una bomba piazzata nel cervello di tutti gli Spaccati-
:- no, infatti. Ma c’è sempre un modo. - guardò Thomas e Teresa:- ne saranno rimasti una decina a quest’ora, se non di meno. Qui c’è qualcosa che potreste usare, altrimenti … - estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca dei pantaloni –bianchi- e lo lanciò a Teresa:- avete libero accesso alle armi. –
Teresa cominciò a passarsi le chiavi tre le mani nervosamente.
:- sentite, ragazzi, finora siete stati semplici cavie, come gli altri soggetti. Ci avete aiutato a costruire il Labirinto, certo, ma questo è più importante: voi dovrete portare avanti il progetto e ricostruire la C.A.T.T.I.V.O.; perché sappiamo che dopo l’Eliminazione rimarrete voi e pochi altri.
Io ho dedicato anni della mia vita a questo progetto, cercando, in parte di rimediare al mio errore, e di fare il bene dell’umanità. Ora però dovrete farlo voi e spero che ricorderete sempre che la C.A.T.T.I.V.O. è buona e che per ogni cosa c’è un motivo qui dentro.- quelle parole suonavano come d’incoraggiamento, ma sembrava il suo testamento: era consapevole di aver appena firmato la sua condanna a morte consegnando loro quel mazzo di chiavi.
 
 
Cominciarono ad armeggiare nella sala delle armi non avendo trovato niente in quello stanzino. Avevano lasciato la porta aperta. Lui se ne stava in un angolo a giocherellare con le chiavi, con lo sguardo vacuo.
“Tom” Teresa gli parlava mentre continuava a cercare qualcosa come gli altri due, ma non capiva davvero cosa c’era da cercare. Forse coraggio.
“cos’hai?”
“ho che non mi voglio sentire uno sporco assassino”
“Tom, è necessario e tu lo sai meglio di me”
“se ti riferisci a mio padre che è stato ucciso dalla C.A.T.T.I.V.O. allor..”
“no, mi riferisco al fatto che se non li uccidiamo, loro faranno fuori noi e sarà stato tutto uno spreco di tempo, denaro e VITE”
Lui sapeva che aveva ragione, aveva quasi sempre ragione, ma il problema era trovare il coraggio per fare la cosa giusta, che è sempre stato più difficile. In quel momento, balenò nella sua mente un dubbio: quella era la cosa giusta? Non solo uccidere i Creatori, ma anche le prove, gli schemi; la morte di così tanti innocenti, quando poteva bastare poco per trovare una cura.
No, pensò, è la paura che mi fa parlare.
:- cosa state cercando esattamente? Se state cercando. Perché potreste anche stare qui ad aspettare che qualche Spaccato arrivi, porgendovi una pistola, in modo che voi possiate spararlo.-
:- sei molto spiritoso Tom -
:- ha ragione- la interruppe Rachel:- sono a poca distanza da noi. Potrebbero comodamente entrare qui e divorarci-
:- oh, ma dai. Le probabilità che … - Teresa non finì la frase che fu interrotta da grida e risate inquietanti: ora che l’allarme non suonava più si sentivano molto chiaramente e facevano venire i brividi.
:- sapete ragazzi- disse Aris:- la prossima volta è meglio che stiate zitti e muti come pesci!- afferrò un paio di pistole e un Lanciagranate, e dopo qualche secondo di esitazione anche gli altri fecero lo stesso.
Uscirono silenziosamente dalla stanza senza dare troppo nell’occhio: sapevano che avrebbero dovuto ucciderli prima o poi, ma ritardare la visita della morte non era certo un crimine contro l’umanità.
Si aggiravano tra i corridoi stando sempre attenti e proprio mentre svoltarono l’angolo se li trovarono di fronte: erano più o meno cinque o sei; Thomas ne ricordava di più ma evidentemente anche le guardie avevano dato il loro contributo all’Eliminazione.
Avevano tutti la bava alla bocca come fossero cani affamati e rivoli di sangue rigavano i loro visi. I vestiti a brandelli e i pochi capelli rimasti, completamente spettinati.
Erano armati di coltelli, pezzi di legno e alcuni anche grandi schegge di vetro. Ogni cosa che incontravano diventava un arma nelle loro mani.
Alcuni si avventarono su Rachel, lei cercò di divincolarsi dalla loro presa che sembrava d’acciaio. Aris sparò un colpo dal Lanciagranate mirando bene alla testa, facendo saltare in aria uno degli Spaccati. Continuava a colpirli e ad ammazzarli quasi –quasi- senza pietà; in certi momenti nemmeno guardava ciò che faceva, voltandosi magari da un'altra parte.
Teresa aveva gli occhi leggermente lucidi, ma poco si notava.
Thomas neanche prendeva la mira, premeva il grilletto e basta. Ma anche quel piccolo gesto gli costava una fatica enorme. Il tempo sembrava rallentare e i suoni si facevano ovattati; la vista gli si offuscava, forse per le lacrime, forse perché non voleva vedere ciò che stava facendo. Strinse gli occhi che cominciarono a bruciargli, sentiva il sudore mischiato ad altro scendergli sulla fronte e rigargli il viso.
Si sentiva una schifezza. Si sentiva sporco, viscido, si sentiva una persona orribile. Gli veniva quasi da vomitare e in bocca aveva un sapore amaro. La testa cominciava a fargli male dai troppi pensieri che l’affollavano: ora si chiedeva davvero cosa fosse giusto, magari c’era un’altra soluzione. Magari...
Sapeva che non c’era, ma tutto questo era insopportabile, tutti questi morti sulla coscienza. Oltre a quelli nel Labirinto se ne aggiungevano sempre di più, come se la gente fosse attratta dalla morte di quei tempi. Ma come biasimarli? Il mondo era uno schifo e le “persone” che lo abitavano erano ancora più schifose: tutti avevano la coscienza sporca e sembrava che facessero a gara per chi uccideva –o divorava, nel caso degli Spaccati- più gente.
La terra sembrava popolata da animali assetati di sangue e la pietà era un ricordo lontano anni luce.
Teresa lo riportò alla realtà facendogli notare che erano tutti morti e stecchiti.
:- forse dovremmo controllare anche il resto dell’edificio, per sicurezza- tirò su col naso.
Gli altri annuirono semplicemente.
 
Cominciarono dal piano terra, perlustrando accuratamente tutte le zone. Poi si divisero, così avrebbero fatto più in fretta: Teresa e Thomas gli ultimi piani, Rachel e Aris il resto.
Teresa andò a destra, lui a sinistra.
C’era molto silenzio; i pochi scienziati immuni rimasti erano nel seminterrato, vicino al Labirinto: forse era il posto più sicuro in quel momento.
Sembravano rimasti soli.
Thomas sentiva il rumore dei suoi passi rimbombare per i corridoi, ormai tutti distrutti.
Salì un’altra rampa di scale e cominciò a controllare anche quel piano. Doveva essere l’ultimo.
Sentiva strani rumori, come sussurri. Non ci diede troppo peso, pensò che fosse solo la sua testa che gli giocava brutti scherzi dopo quell’esperienza.
Mentre tornava indietro si rese conto che i suoni aumentavano; prese il Lanciagranate tra le mani e fece altri due passi.
All’improvviso, da dietro, un uomo gli si lanciò addosso placcandolo. Thomas cadde di faccia lasciando andare l’arma. Cominciò a dimenarsi ma l’unico risultato fu che si trovò faccia a faccia con quel tipo: era il cancelliere.
Era impazzito in meno di mezz’ora. O almeno così pensava, dato che aveva perso completamente la cognizione del tempo.
Lo Spaccato aveva tra le mani un bel coltello affilato e macchiato di una strana roba. Glielo puntò alla gola. Tentò di bloccargli polsi ma aveva una resistenza impressionante.
Cercò di spingerlo via facendo forza con le gambe e con l’addome. Ce la stava mettendo tutta, gli sforzi erano incredibili.
Continuava a stringere i polsi fino a che non gli vennero le mani bianche. Riuscì a fargli mollare il coltello che scivolò ad un paio di metri da lui. Sentì la bava penzolante dello Spaccato, mischiato a sangue e altro, scivolargli dritta in faccia percorrendo tutta la guancia e lo zigomo, fino ad arrivargli nell’occhio.
E lì ci mise tutta la forza che aveva in corpo e riuscì a spingerlo via. Andò a sbattere contro il muro del corridoio stretto.
Thomas si alzò e si affrettò per prendere l’arma. Se la rigirò un paio di volte tra le mani, l’uomo subito lo adocchiò e lo mise con le spalle al muro per tentare di strapparglielo di mano.
Lui riuscì a spingerlo via ed ora era il cancelliere ad essere bloccato.
Ma non si arrendeva, nonostante fosse Thomas quello armato. Lo spinse via e cercò di saltargli addosso. Thomas agì prima di pensare e con un movimento semplice e incontrollato gli tagliò la gola, facendogli esalare l’ultimo respiro. Gli cadde ai piedi facendo sgorgare un lago di sangue e creando un’enorme pozza.
Ora si sentiva peggio di prima. Lasciò andare il coltello e si appoggiò al muro.
Intanto Teresa salì le scale di corsa e quando lo vide le morirono le parole in bocca.
:- ce n’era un altro- disse lui col fiatone. Fu l’unica cosa che gli venne in mente.
:- ehm … già. Negli altri piani non c’è nessun altro-
:- bene-
:- raggiungiamo gli altri?-
:- certo-
Cominciarono a scendere le scale ma Teresa sembrava che volesse prendersela comoda.
:- Tom, è tutto okay?-
:- sì, perché?-
:- vedi, prima … -
Thomas sapeva dove voleva andare a parare. Si fermò in mezzo alle scale girandosi verso di lei e appoggiando le mani sulle sue spalle, la guardò bene negli occhi: per un momento si perse in quelle iridi azzurre che lo guardavano. Ma ‘sta volta non ci sarebbe cascato.
:- ascoltami bene Teresa, io sto una meraviglia- scandì bene l’ultima parola:- non c’è niente che non va e qualunque cosa sia successa prima, ora non importa, abbiamo altro a cui pensare. Mi sento bene-
Teresa alzò un sopracciglio e lo guardò insistentemente. Lui sospirò e si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. Non riusciva mai a nascondere niente a Teresa.
:- okay, hai vinto. Non va proprio tutto benissimo, ma non importa, tra un po’ me lo sarò già dimenticato … Mi sento solo un po’ in colpa, mi sento così sporco ... ora mi sento come tutta quella gente che ucciderebbe la propria famiglia pur di sopravvivere.
Ed in effetti è così: noi li abbiamo uccisi per sopravvivere … altrimenti loro avrebbero fatto fuori noi.
Ma non importa … tranquilla-
Teresa lo fissò per qualche secondo:- d’accordo.-
Lui fece per andare ma lei restò ferma sulle scale:- Tom … anche io mi sento una schifezza-
Risalì quei due gradini che li dividevano e le diede un bacio sulla fronte prendendole il viso tra le mani. Lei lo abbracciò lasciando scendere un paio di lacrime. Ricambiò, stringendola forte come se qualcuno potesse portargliela via da un momento all’altro.
Sapeva che lei non era il tipo che si lasciava consolare da un bacio, ma servì a lui, per dargli la soddisfazione di aver fatto almeno una cosa buona quel giorno. 







note della persona disperata che vi costringe a leggere questa fanfic.

salveeee!!
ben trovati a tutti.
stavolta ho cercato di aggiornare il prima possibile e quindi eccomi qui.
per il piacere di al3 fantasy Thomas ha sgozzato qualcuno. spero che tu sia contenta! ora avrà i sensi di colpa per il resto dei capitoli.
ma per vostra fortuna questa è la mia prima long e difatti ci saranno solo un altro paio di capitoli, poi arrivederci e tanti saluti :)
anyway spero che codesto capitolo ve gusta e che qualche santo recensirà.
bye bye
baci e mele
XD

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


I mesi passavano sempre più velocemente man mano che i sensi di colpa svanivano e al loro posto si faceva strada la paura; la paura di entrare nel Labirinto, la paura di ritrovarsi faccia a faccia con un Dolente. La paura di dimenticare Teresa e ritrovarsela davanti il giorno dopo senza nemmeno riconoscerla.
Mancava ancora tanto, ma per lui sembrava dietro l’angolo il giorno in cui avrebbe detto addio a tutto.
Passava le giornate ad osservare come se la cavavano i Radurai: ogni giorno un ferito, ogni giorno un morto si aggiungeva alla lunga lista che si allungava sempre di più.
Li studiava, più che osservare, e questo, in certi momenti, lo faceva sentire in colpa; aveva costruito tutto quello per torturare dei poveri ragazzi. Si sentiva una schifezza.
Eppure, loro, sembravano averci ormai fatto l’abitudine: erano lì da un anno, più o meno, ed ogni giorno la stessa routine. Vedeva quei ragazzi, i Velocisti, impegnarsi a fondo ogni giorno per trovare una via d’uscita, perché erano stanchi di quella routine. Ma soprattutto per portare tutti via di lì.
Era questo che a Thomas piaceva di quei ragazzi: che nonostante tutto erano sempre in ordine e facevano di tutto l’uno per l’altro senza mai arrendersi, e la forza con cui ognuno cercava di aiutare ad uscire da quelle quattro mura era impressionante. Qui ragazzi avrebbero potuto odiarsi a morte ma avevano tutti un intento comune e avevano imparato a mettere da parte l’odio.
 
Quella mattina si alzò molto pigramente, Teresa dovette buttarlo giù dal letto. Era il suo sedicesimo compleanno, era una delle tante cose che odiava ricordare: il suo compleanno. E che fosse il sedicesimo non migliorava le cose perché stava a significare che mancavano meno di sei mesi per il Labirinto.
Da bambino aveva tanto sognato il suo sedicesimo compleanno: avrebbe avuto una macchina, sarebbe andato al liceo, avrebbe vinto il campionato di football della scuola. Ma quando ci pensava aveva solo cinque anni e non aveva mai immaginato che il mondo sarebbe stato bruciato assieme alla sua famiglia.
:-dai, Tom. Fallo per me, alzati! Compi sedici anni, mica vai ad impiccarti-
:- più o meno l’allegria è la stessa- bofonchiò lui mettendo la testa sotto il cuscino.
A quel punto lei tirò giù le coperte e le scaraventò in un angolo della stanza. Prese Thomas per un braccio e cominciò a trascinarlo fino al bagno e lo costrinse a prepararsi.
Uscì sospirando e si avviarono verso i laboratori, come ogni mattina.
Passarono pochi minuti, era l’alba anche nella Radura. Mancava poco all’apertura delle Porte, ma nessuno era ancora sveglio, solo un paio di ragazzi.
Uno di loro era biondo, alto, Thomas l’aveva già visto spesso: era uno dei Velocisti.
Appena le porte si aprirono vide il ragazzo uscire per primo. Svoltò subito a destra e non lo vide più. Cercò di rintracciarlo con la Scacertola: lo vide arrampicarsi sull’edera, salire sempre più su, fermandosi per qualche secondo a prendere fiato ed energia e continuare a salire, sembrava impaziente di arrivare fino in cima.
All’inizio Thomas non capì bene cosa volesse fare, ma poi una strana sensazione lo colse quando vide che si fermò definitivamente.
Sentì la voce di Teresa rimbombargli nella testa “Tom”
Le rispose ad alta voce senza accorgersene, senza mai staccare gli occhi dal ragazzo :- che c’è?-
Deglutì rumorosamente :- non penso faccia parte delle Variabili-
:- lo so- il ragazzo nello schermò si voltò a guardare in basso :- ma non credo che noi possiamo fare qualcosa-
Vide il biondo mollare lentamente l’edera. Si girò dall’altra parte: aveva visto le cose più orribili e disgustose attraverso quegli schermi, ma MAI uno di loro che … si suicidava. E lui si sentiva impotente davanti a tutto quello, ma soprattutto in colpa, sentiva che era colpa sua se aveva portato qualcuno al suicidio. E ormai si sentiva troppo sporco: tutti quei ragazzi e i Creatori. Ora si buttavano anche di sotto. Per colpa sua.
Prese un grosso respiro ed uscì dalla stanza velocemente.
Aveva bisogno d’aria, di aria pulita.
 
Si diresse all’entrata principale ed uscì. Si appoggiò alla porta e lasciò che il freddo gli percorresse la schiena ed invadesse il resto del corpo.
La terra era ricoperta dalla neve fredda, sembrava appena caduta, eppure c’erano delle impronte non molto grandi.
In lontananza intravide una figura; si avvicinava lentamente, arrancando nella neve; sembrava che facesse molta fatica e che la neve era troppo fresca per camminarci.
A meno di un metro di distanza vide meglio la figura: era una ragazza sui cinque anni, aveva dei lunghi capelli biondi un po’ arruffati, gli occhi erano verdi e profondi, ma guardandoli bene erano molto lucidi e si intravedeva la stessa vena di follia che ormai aveva imparato a riconoscere. Però non sembrava del tutto pazza. Era leggermente graffiata sul viso, ma a parte quello sembrava quasi una persona normale.
Lei continuava ad avvicinarsi ed arrivò a pochi passi da lui. Si accasciò a terra senza forze e cominciò a singhiozzare.
:- ti prego, aiutami- mormorò
Lui le si avvicinò lentamente: sapeva che non era una buona idea avvicinarsi ad uno Spaccato, ma quella era solo una ragazza. Un po’ come quello che poco fa si era buttato dalle mura del Labirinto. Sapeva che quel ragazzo non era immune ed era troppo giovane per essere ridotto così.
:- per favore, dammi una mano-
:- cosa posso fare?-
:- ho bisogno di aiuto: c’è gente pazza che mi corre dietro da giorni. Mi vogliono uccidere … sono completamente andati … - continuò a singhiozzare e i singhiozzi diventarono un pianto disperato.
Avrebbe voluto aiutarla, ma avrebbe portato l’Eruzione anche all’interno dell’edificio, molti non erano Immuni.
Avrebbe potuto semplicemente nasconderla fino a quando non si sarebbero calmate le acque.
 
La portò al piano più basso della sede, dove c’era quella che i Radurai chiamavano Scatola. Sapeva che lì non circolava mai nessuno in quei giorni: per le provviste mancava ancora una settimana e due per un nuovo ragazzo. Un altro, e dopo un altro ancora. Quella stanza sembrò rimpicciolirsi mentre ci pensava. Ma sapeva che era la cosa giusta, serviva per trovare una cura.
Scacciò via quei pensieri e trovò un posticino dove far mettere comoda la bambina. Le portò delle coperte e qualche cuscino e dopo cena anche del cibo.
Si sedette accanto a lei e aspettò che finisse di mangiare per riportare il piatto in cucina
:- grazie- gli disse porgendogli il piatto completamente vuoto e pulito per benino.
:- prego- prese il piatto e si alzò –posso sapere come ti chiami?-
:- Amalie*. Tu invece sei Thomas, vero?-
:- sì. Come fai a saperlo?-
Lei abbassò lo sguardo :- passo spesso accanto alla C.A.T.T.I.V.O., per scappare o per rifugiarmi dagli Spaccati più pazzi di me. E vedo spesso anche te: vai sempre di fretta per le scale con una ragazza grande-
Pensò che si riferisse a Teresa, e gli venne in mente che l’aveva evitata tutto il giorno. Magari ora lo stava aspettando in camera tutta arrabbiata pronta a fargli una sfuriata.
:- sei una bimba interessante. Ora devo andare, domani ti porterò qualcos’altro da mangiare. E magari curiamo anche quel brutto graffio-
:- perché? Sei un dottore?- gli chiese sistemandosi sotto le coperte
:- non proprio. Ma so come far sparire un graffio-
:- grazie-
Thomas aprì la porta e le lanciò un’ultima occhiata alla bambina :-buonanotte, Thomas- gli disse con la sua vocina gentile
:- buonanotte, Amalie-
 
Tornò in camera e sul divano c’era Teresa mezza addormentata. Guardò l’orologio e si accorse che erano già le dieci e tra un poco sarebbe scattato il coprifuoco.
:- finalmente. Dove sei stato?-
:- è una lunga storia. Magari te la racconterò domani- rispose evasivamente
:- Tom, hai passato il tuo compleanno completamente da solo e nemmeno mi hai degnato di uno sguardo-
:- lo so, ma mi andava di passare così il mio compleanno del cavolo. A me neanche andava di nascere-
:- e io… cioè, noi come avremo fatto senza di te?-
:- non lo so, magari nel mondo c’è un altro Tom. Notte, Teresa- fece per andare a letto ma lei lo fermò e gli lasciò un bacio sulla guancia
:- notte, Tom. E il ragazzo, sta bene-
Si sentì sollevato al pensiero che almeno non era morto. Ma avrebbe comunque sofferto chiuso in quel Labirinto.
Quella notte Thomas non dormì per niente: continuava a fare incubi, a svegliarsi e, quando si riaddormentava i brutti sogni lo divoravano ancora e ancora.
Ogni notte era la stessa cosa e sembrava non finire mai.
Dopo un mese, gli stessi incubi: il ragazzo che si spappolava al suolo, senza però svegliarsi più; la bambina che veniva divorata dagli Spaccati; lui nel Labirinto.
 
Mancava un mese esatto e poi nel Labirinto. Si svegliò più presto del solito quel giorno e cercò qualcosa di buono da portare alla bambina e anche qualche benda e disinfettante: i graffi non si erano ancora cicatrizzati. Sgattaiolò fino al seminterrato e vide che era già sveglia.
:- salve- lo salutò. Sembrava di buon umore
:- ciao, come…- non fece in tempo a finire che si trovò Teresa alle spalle
:- allora è questo che fai ogni giorno? Vieni qui?-
:- ehm, sì. Ma la bambina aveva bisogno d’aiuto e non potevo lasciarla morire- cercò di giustificarsi.
Intanto, Teresa si era avvicinata ad Amalie e le porgeva una mano :- io sono Teresa, tu invece sei ..?-
L’altra allungò la mano e gliela strinse :- Amalie-
:- che bel nome. C’era una donna speciale che si chiamava come te, era considerata una delle donne più importanti nella storia della matematica-
:- bello. Quindi anche io sono speciale?-
:- certo. Lo saresti di più se mi dicessi come mai sei qui-
Rispose Thomas al suo posto :- era inseguita da Spaccati oltre l’Andata e aveva bisogno di nascondersi-
:- da quanto è che va avanti questa storia?-
:- mesi. Da quando Newt si è buttato dalle mura-
:- sai il nome del soggetto?- glielo chiese come se fosse la cosa più assurda del mondo
:- sì. È come conoscere il tuo nome, anche tu sei un soggetto-
:- anche tu lo sei-
:- cosa fanno ai soggetti?- si intromise Amalie
:- li guardano- le rispose Thomas avvicinandosi per poter disinfettare le ferite –prima li mandano in una nuova casa e poi vedono cosa fanno e come si comportano. Pensano che così troveranno una cura a questa brutta malattia- concluse cominciando a disinfettare
:- anche io sono malata, ma non sono ancora pazza. Perché?-
Questa volta le rispose Teresa :- forse non hai contratto ancora la malattia o ci mette solo più tempo ad arrivare perché sei piccola-
:- ma se voi siete soggetti, manderanno anche voi in una nuova casa?-
Thomas non ci aveva mai pensato fino a quel momento: cosa sarebbe successo a lei una volta che sarebbe stato prigioniero di quelle mura? Chi se ne sarebbe preso cura?
:- sì- rispose tristemente
:- Tom, hai mai pensato che fosse immune?-
:- no, credi che sia possibile?- vide una piccola speranza: se era immune, l’avrebbe affidata a qualcuno nella sede. Qualcuno di cui si poteva fidare ciecamente
:- forse. Senti, Amalie, vuoi scoprire se sei immune?-
:- sì, ma solo se non mi mandano in una nuova casa. Io voglio restare qui con Thomas-
Gli cominciarono a pizzicare gli occhi per le lacrime, cercò di trattenerle e di non parlare con la voce rotta :-tranquilla, troveremo una soluzione-
 
Chiesero una mano alla stessa infermiera che si era “occupata” di loro dopo l’incidente. Si chiamava Brenda e non era poi così odiosa come sembrava. Tutt’altro.
:- a quanto pare è immune- disse –ma non so veramente come questo possa essere utile: non la lasceranno restare qui-
Thomas ci pensò qualche minuto, poi Teresa tirò fuori un’idea :- potresti occupartene tu?-
:- cosa? Ma potrebbe …-
Brenda non lo lasciò finire :- tranquillo, se vuoi posso prendermene cura, non dirò niente a nessuno. E poi sei tu il mio capo, in teoria; dovrei fare ciò che mi dici. O mi sbaglio?-
:- d’accordo. Ma solo dopo che ce ne saremo andati. Fino ad allora resterà con me- doveva fidarsi di Brenda e poi l’aveva conosciuta meglio: non avrebbe fatto del male a nessuno, figuriamoci ad una bambina.
:- io sono Amalie, tu mi vorrai bene, vero?- chiese a Brenda
:- sì e ti prometto che non ti succederà nulla di male- e lei ci credette
 
Da quel giorno, Thomas lasciò che Amalie stesse nella sua camera e continuava a portarle cibo stando attento a non farsi scoprire. Anche Brenda e Teresa se ne prendevano cura.
Continuava, però, a pensare che le sarebbe terribilmente mancata quella bambina e che le sarebbe mancato il vuoto, perché non se ne sarebbe ricordato, avrebbe continuato a sentire la sua mancanza e non avrebbe mai saputo cosa gli mancava esattamente.



note di moi (questa volta è solo un appunto, tranquilli)

*Amalie Emmy Noether (ovvero, da dove mi è uscito il nome della bimba tenerella)
Einstein la considerava come la donna più importante nella storia della matematica. Oggi il suo lavoro continua a trovare rilevanza per lo sviluppo della fisica teorica e della matematica ed è considerata una dei più grandi matematici del XX secolo. E' conosciuta per i contributi di fondamentale importanza per la fisica teorica e l'algebra astratta, rivoluzionando la teoria deglii anelli, dei gruppi e dei campi. Nel campo della Fisica, il Teorema di Noether spiega la connessione fondamentale fra la simmetria in fisica e le leggi di conservazione.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


note dell'autrice che ha voglia di zucchero filato e pasticcini
buongiorno e buonasera 
questa volta le note le metto all'inizio perchè è l'ultimo capitolo :'(
non ho molto da dire, solo che l'ho scritto come songfic e la canzone è "gone too soon" dei simple plan e non so se si adatta abbastanza bene al tutto, ma io ci ho provato.
quindi spero che vi piaccia e che mi lascerete una piccola recensione.
e grazie a Al3 Fantasy, Slvre99 e  _Nai_  che hanno messo la storia tra le seguite; bera94 che l'ha messa tra le preferite e tutti quelli che hanno recensito.
e poi grazie anche a Starbucky e al3 fantasy che mi hanno aiutato un saccovasto. 

buona lettura 
baci  e mele
XD











Thomas continuò a prendersi cura di Amalie fino all’ultimo giorno alla C.A.T.T.I.V.O.
Ogni giorno lo dedicava a lei e cercava di fare di tutto per farla stare bene.
:- Thomas, quanto tempo starai via?- gli chiese il giorno prima che dovessero impiantargli il Filtro
:- non lo so- davvero non lo sapeva: sarebbe potuto andare tutto come previsto o sarebbe potuto andare tutto a rotoli. Sarebbe potuto rimanere tre giorni o per sempre.
E quel per sempre lo spaventava: non sarebbe più tornato indietro e non avrebbe più visto quel visino dolce e quelle manine piccole stringere le sue. Avrebbe dovuto dirle addio. Forse non se ne sarebbe più ricordato.

 
Hey there now, where'd you go? 
You left me here, so unexpected 
You changed my life, I hope you know 
Cause now I'm lost, so unprotected 
In the blink of an eye, I never got to see goodbye 
 

E ancora più orribile era pensare che non si sarebbe più ricordato di Teresa; quella ragazza che lo aveva confortato il primo giorno e che avrebbe fatto lo stesso quell’ultimo. Non avrebbe più ricordato quegli sguardi complici, la sua voce echeggiare nella testa. E avrebbe dovuto dirle addio.


Like a shooting star, flying across the room 
So fast, so far 
You were gone too soon 
You're part of me and I'll never be the same 
Here without you 
You were gone too soon 
 
 
Sentiva il tempo passare troppo veloce e la paura assalirlo. Cominciava a pensare sempre più intensamente al fatto che tutto quello era sbagliato. Teresa cercava sempre di convincerlo -e convincersi- del contrario, ma quell’idea si faceva largo nella sua testa.
E ora che mancava pochissimo si ritrovava a pensare queste cose dopo anni di esperimenti.


On my darkest days, you were there to guide me 
Oh, I miss you now 
I wish you could see 
Just how much your memory will always mean to me 
In the blink of an eye, I never got to see goodbye 

 
 
Dormiva sempre meno e non voleva nemmeno passare per i Laboratori, vedere come procedeva il tutto.
Lo faceva sentire solo più in colpa.

You were always there like a shining light 

 
La Cancelliera Paige volle assicurarsi personalmente che Thomas eseguisse tutti i controlli prima di entrare nel Labirinto. Così le ultime ore che gli rimanevano le passò tra infermieri e dottori. E con Teresa che gli fu appiccicato tutto il tempo.
 
Quella sera rimase sveglio, non riusciva a dormire.
Guardò i Soggetti dagli schermi: la Radura era calmissime, a parte il Labirinto che cambiava e i Dolenti che passeggiavano indisturbati.
L’ultimo arrivato era il più piccolo dei Soggetti, aveva solo tredici anni, e sembrava un cucciolo bagnato dalle lacrime il primo giorno. Per la disperazione o per la paura ne erano morti tanti.
Invece il piccoletto aveva resistito un mese intero, anche se non veniva trattato benissimo dagli altri.
Thomas guardò l’orologio: mezza notte in punto; mancavano sette ore circa al Filtro.
Il Laboratorio era immerso nel silenzio e lui era l’unico ancora sveglio. O almeno così credeva. Infatti dopo qualche minuto lo raggiunse Teresa.
-Tom, perché non vieni a dormire? Devi svegliarti presto domani-
-non ho sonno- mentì, aveva un sacco di sonno, lo stava divorando. Ma non riusciva a dormire, aveva la testa piena di pensieri.
-sei nervoso?- chiese, appoggiandogli una mano sulla spalla
-leggermente- continuava a guardare gli schermi
-non mentire, so che sei nervoso. Andrà tutto bene, tranquillo- cercò di rassicurarlo
-e se così non fosse? Se mi facessero fuori dopo tre secondi? Se la mia testa reagisse in modo diverso da come credono? E poi dimenticherò tutto: dimenticherò i miei genitori, mia padre, Amalie, ciò che è successo a quel ragazzo, dimenticherò i sensi di colpa e dimenticherò che io li ho messi in quel pasticcio. E dimenticherò te, la tua voce, la telepatia … e tutto il resto-
 

Like a shooting star, flying across the room 
So fast, so far 
You were gone too soon 
You're part of me and I'll never be the same 
Here without you 
You were gone too soon 


 
Sentiva gli occhi pizzicare per le lacrime.
-ma ci rivedremo tra un giorno. E poi ti ricorderai di me, più o meno- quell’ultima affermazione non convinse neanche lei.
-mi sembrerà solo di averti già vista, nulla di più- mormorò
Nella stanza tornò il silenzio e lui odiava quel maledetto silenzio, perché significava che Teresa non sapeva cosa dire e che quindi lui aveva ragione. In altri casi sarebbe anche stato contento di avere ragione, ma ora proprio no.
Avrebbe voluto che dicesse qualcosa, qualunque cosa, ma voleva sentirsi meglio e scacciare quell’ansia che aveva addosso.

Shine on, shine on 
Until a better place 
Shine on, shine on, 
Will never be the same 
Shine on, shine on 


Lei cominciò ad accarezzargli il braccio, ma sembrava nervosa anche lei ora. Le lacrime minacciavano di rigarle il volto: non aveva mai pensato a cosa sarebbe successo dopo il Filtro, non in quei termini. Avrebbe dimenticato il suo migliore amico, l’unico con cui poteva parlare, divertirsi. Soltanto un senso di familiarità e un vuoto che non avrebbe sputo colmare. Perché non avrebbe ricordato chi occupava quel vuoto.
Gli prese il viso tra le mani e gli lasciò un bacio a fior di labbra.
E Thomas pensò che si sarebbe dimenticato anche di amarla.
 
Like a shooting star, flying across the room 
So fast, so far 


L’alba arrivò più in fretta del previsto e Thomas si ritrovò circondato da dottori pronti a mettere le mani nel suo cervello.
Aris era il più tranquillo, Rachel era nervosa, forse pensava a quando sarebbe toccato a lei.
Teresa invece cercava di trattenere le lacrime, senza successo.
-forza, amico. Prima il Filtro e poi nel Labirinto- disse Aris indicandogli la porta alle sue spalle. Bianca, come tutto in quel posto, come se volesse dire che la C.A.T.T.I.V.O. è bianca, pura, e che tutto ciò che fa è buono. Ma non era così. C’erano tanti modi per trovare una cura, e loro avevano scelto quello peggiore.
Peccato che lui non avesse mai fatto niente per fermarli. E ora si prestava anche a questo gioco malato.

You were gone too soon 
You're part of me and I'll never be the same 
Here without you 
 

Teresa lo dissolse dai suoi pensieri, gettandosi tra le sue braccia e sciogliendosi in lacrime. Non l’aveva mai vista piangere, lei era sempre stata la più forte tra i due.
La strinse forte,più di quanto avesse mai fatto. Poi i dottori cominciarono a spazientirsi.
-ci vediamo domani- le sussurrò, lasciandole un ultimo bacio sulle labbra, sperando che almeno quel sapore dolce se lo sarebbe ricordato.
 
You were gone too soon
Shine on, shine on
 


e quella sera Teresa pianse, affondò il viso nel cuscino e pianse, pensando a quel sapore dolce, indimenticabile, pensando a Tom e le sue ultime parole.
Le mancava terribilmente, le mancava la sua vove risuonargli nella testa; *si era abituata a svegliarsi al suono dei suoi occhi che si aprivano e si chiudevano. Del suo cervello che viaggiava a milioni di chilometri all'ora. Le mancava sentirlo pensare.
E pianse, perchè quel vuoto non sarebbe mai stato riempito.




*(frase leggermente modificata dal film Before midnight, Richard Linklater)





 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3014125