E se ti dicessi ti amo?

di Marty_199
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sei proprio una bambina ***
Capitolo 2: *** Vorrei dimenticare, anche solo per una sera ***
Capitolo 3: *** Paura di un semplice bacio ***
Capitolo 4: *** il momento migliore della giornata ***
Capitolo 5: *** Un bacio... mille paure ***
Capitolo 6: *** Piccole verità... piccole bugie ***
Capitolo 7: *** Rubandoti un altro bacio ***
Capitolo 8: *** Passando altro tempo insieme ***
Capitolo 9: *** Un bacio per scoprire nuovi sentimenti ***
Capitolo 10: *** Piccoli passi avanti ***
Capitolo 11: *** Sentimenti pronti per sbocciare ***
Capitolo 12: *** Tra insistenti proposte e continui rifiuti ***
Capitolo 13: *** Ritorno di una vecchia amica ***
Capitolo 14: *** Pesanti responsabilità che tornano ***
Capitolo 15: *** Scontro aperto ***
Capitolo 16: *** Vicino alla verità ***
Capitolo 17: *** Notizie attese da tempo ***
Capitolo 18: *** Finalmente riuniti ***
Capitolo 19: *** Pronta a sapere. ***



Capitolo 1
*** Sei proprio una bambina ***


                                                                             SEI PROPRIO UNA BAMBINA

“L'incontro di due personalità è come il contatto tra due sostanze chimiche; se c'è una qualche reazione, entrambi ne vengono trasformati.”
Carl Gustav Jung

       
Nel silenzio della mattina il rombo di una moto che sfrecciava sovrastava la maggior parte dei rumori in strada, più precisamente il rombo una Harley Davidson. Tutti i passanti non poterono fare a meno di girarsi per capire da dove e da cosa provenisse quel rumore.

Questo fece solo piacere a colui che ci era seduto sopra e la guidava con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra, mentre rallentava parcheggiando fuori dal cortile della scuola in cui era diretto.
<< Ohè Kevin scendi, mi rovini la moto>> Duncan si sfilò il casco e si girò a guardare l'amico giusto in tempo per vederlo sbuffare annoiato.
<< Addirittura!>>
<< Sbrigati ragazzino>> Duncan alzò un sopracciglio sempre guardandolo come a intimargli di sbrigarsi e Kevin sbuffò nuovamente scendendo. Si girò giusto in tempo per prendere lo zaino che Duncan gli aveva lanciato appresso.
<< Su cammina... e vedi di non farti bocciare di nuovo, non fare come me che alla fine scuola l'ho mollata>> Duncan si grattò la testa noncurante, senza capacitarsi del perché continuasse a ripetere a quel ragazzino sempre la stessa frase ogni anno.
<< Sì sì okay>> Kevin sbuffò nuovamente, infastidito e divertito allo stesso tempo.
<< Okay, vattene adesso>> Duncan lo scacciò con un gesto annoiato della mano e Kevin gli lanciò un brutto sguardo, per poi avviarsi verso l'entrata della scuola.
<< Ti vengo a prendere dopo scuola! Così andiamo al bar.>>
<< Va bene, ciao!>>
Duncan si poggiò alla sua preziosa Harley Davidson, pensando a cosa poter fare nel pomeriggio.

 


Eulalia uscì fuori nel cortile della scuola, stare nell'atrio da sola era una palla assurda. Appena fuori la prima cosa che le saltò all'occhio, all'infuori dell'ordinario, fu una bellissima moto, anzi più precisamente una Harley Davidson parcheggiata fuori dal cortile, tutta nera e perfettamente lucida, i sedili in pelle nera appena usurati ma perfettamente curati. Semplicemente stupenda, tanto che per un folle momento le venne pazza voglia di farsi un giro. Un ragazzo alto con indosso una giacca di pelle, dei semplici jeans scuri e larghi con ai piedi stivali neri da militare, in perfetta tuta da motociclista, con tra le labbra una sigaretta, ci era poggiato sopra, sicuro era il proprietario. Ad Eulalia diede l'impressione che fosse uno di quei ragazzi coatti, sempre pronti a darsi arie ed a imprecare dalla mattina alla sera. Ad aggiungersi a favore di quelle sue teorie fu il notare la cresta bionda che aveva in testa, sembrava suggerire un'aria da bulletto pieno di sé.
Eulalia scosse la testa davanti quei suoi pregiudizi e rientrò nella scuola, diretta alla sua classe che era rimasta sempre la stessa, mentre i compagni dell'anno prima erano stati quasi tutti bocciati, quindi ne avrebbe avuti di nuovi, non che la notizia le interessasse particolarmente.

Eulalia si sedette a quello che ormai era il suo posto, al terzo banco verso la parte del muro. Con ancora le cuffiette nelle orecchie e la musica a palla sistemò la sua roba sul banco. Dalla porta tra la fila di ragazzi che entravano ne notò uno in particolare, indossava un paio di pantaloni bianchi che sembravano essere degli specie di jeans un poco più larghi dei soliti, una camicia a strisce nere e bianche con sopra un enorme capotto, i capelli biondo platino tagliati corti che mettevano in risalto il viso pallido, forse anche troppo, ed era terribilmente magro. Eulalia riuscì a intuirlo da come i vestiti gli calzavano addosso, davano a vedere la forma di un corpo magro nonostante le evidenti taglie più grandi. Più lo guardava più quel ragazzo sconosciuto le ispirava per un qualche strano motivo una certa simpatia, non lo aveva avuto in classe l'anno prima, sicuramente era un nuovo arrivato.
<< Buongiorno ragazzi>> il professore entrò in quell'istante, sempre lo stesso uomo sulla sessantina basso e cicciottello, con qualche capello bianco qua e là e il classico cappotto grigio che sembrava voler simboleggiare e sottolineare la sua serietà. Tra tutti i professori della sua classe lui era classificato come il più odiato, essendo uno di quei professori che non facevano altro che alzare la voce per ogni minimo motivo e perché era solito mettere note all'intera classe, nonostante molte volte ci fosse un solo colpevole del casino. Tutto ciò aveva contribuito a farsi etichettare in quel modo dai ragazzi.
Eulalia si sfilò le cuffiette dalle orecchie e si sedette composta al proprio posto.
<< Allora... nono Kevin cambia posto non ti voglio all'ultimo banco.>>

Eulalia si girò verso la stessa direzione del prof, che si stava riferendo al ragazzo di prima vestito di bianco col cappottone, si sentì un sussurrato << Che palle>> provenire da quella direzione, poi il ragazzo si alzò e si sedette al secondo banco, quello di fronte a lei, sbuffando sonoramente.
<< Lei deve essere Eulalia giusto?>> la ragazza alzò lo sguardo, era al quinto anno e sembrava che il professore non si ricordasse nemmeno il suo nome, cosa che le risultava alquanto fastidiosa.
<< Sì.>>
<< Bene... può cortesemente mettersi nel posto accanto a Kevin?>>
"Ci mancava il professore rompi palle!".
Eulalia sbuffò appena e si alzò dal suo posto, buttando lo zaino sul banco davanti a lei e sedendosi dove le era stato indicato, senza guardare il suo nuovo compagno di banco.
<< Bene... oggi è il primo giorno quindi ripasseremo le cose vecchie di storia...>>
Eulalia prese il quaderno dallo zaino, non perché avesse la minima intenzione di prendere appunti, ma scarabocchiare le avrebbe sicuramente fatto passare il tempo più velocemente.
<< A te non interessa storia vero?>>

Eulalia si girò verso il ragazzo che le sedeva accanto e la guardava con i suoi occhi chiari sorridendo come se si conoscessero da sempre.
<< No, mi rompo sempre le palle con questa materia>> il tipo allargò il sorriso.
<< Bene! Io sono Kevin, dai rossa parlami di te.>>
Cosa? Aveva sentito bene? Conosceva da cinque secondi il suo nome e quello voleva la storia della sua vita? E poi, che storia interessante poteva mai avere una ragazza che aveva vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio?
<< Non c'è niente da sapere... mi chiamo Eulalia e ho diciotto anni, altezza media, ho i capelli rossi e gli occhi azzurri, ti può bastare?>>
<< Bene, ma questo avrei potuto benissimo constatarlo da solo sei davanti a me, di altro.>>
<< Non c'è niente da sapere>> rispose Eulalia in tono leggermente basso e neutro, lo vide sbuffare e incrociare le braccia sul banco, per poi poggiarci la testa sopra sospirando stanco.
<< Dai non mi far annoiare, già ci pensa quel tipo seduto dietro la cattedra.>>
<< Silenzio! Voi due andate fuori a chiacchierare!! Puniti il primo giorno di scuola...vergogna!>> il professore cominciò ad urlare come suo solito ed Eulalia non aveva proprio voglia di stare ad ascoltare le solite nenie di rimproveri, così prese e uscì dalla classe senza farselo dire due volte, seguita da Kevin, appena fuori lui si poggiò con la schiena alla parete ed Eulalia gli si posizionò di fronte.
<< Tu quanti anni hai?>>
<< Diciannove.>>
<< Come mai a diciannove anni al quinto?>> Kevin non fece in tempo a risponderle che gli prese a squillare il cellulare.
<< Mh? Ah sei tu... okay va bene... ciao>> si rimise il cellulare in tasca e tornò a guardarla.
<< Dicevamo... ah perché l'anno scorso quella di chimica e quella di matematica mi hanno steccato.>>
<< Ah>> Eulalia sbuffò di nuovo per quella che doveva essere la centesima volta, era già stufa di stare a scuola ed era passata solo mezz'ora... per di più doveva anche stare in piedi nel corridoio! No, si era decisamente stufata, prese e si sedette a terra a gambe incrociate, incurante degli sguardi dei pochi ragazzi o professori che di tanto in tanto passavano lì davanti.
<< Oddio voglio andare a casa>>

Sentì Kevin ridere sommessamente.
<< Dai solo altre tre ore e poi libertà>> Eulalia rise e si poggiò con la schiena al muro.                             
Le ore passarono più veloci di quanto pensasse, era stata vicina di banco con Kevin tutto il giorno parlando di argomenti per lo più stupidi, ridendo e scherzando senza ascoltare neanche una sola spiegazione... pazienza era solo il primo giorno, si sarebbe rifatta più in là.
<< Eulalia!>> lei si girò di scatto al richiamo del suo nome e vide Kevin correre verso la sua direzione, i capelli al vento e il giaccone che gli si apriva e gli si chiudeva, con dietro lo zaino che si muoveva in avanti e indietro gli davano un'aria talmente buffa che le venne da ridere.
<< Ti andrebbe di andare al bar con me e un mio amico?>> Kevin che era appena arrivato di fronte a lei, si piegò in due poggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Eulalia ci pensò su, infondo non aveva niente da fare e l'alternativa sarebbe stata starsene all'orfanotrofio, chiusa nella sua stanza a sentire musica o a leggere, uscire la vedeva come un'opzione molto più divertente.
<< Sì, mi farebbe piacere>> Kevin si ritirò immediatamente su, illuminandola con un gran sorriso.
<< Perfetto! Però prima dobbiamo passare a prendere il mio amico>> Eulalia fece spallucce annuendo e insieme si avviarono per la strada.                     
Mentre camminavano Eulalia si fermò davanti qualche vetrina, per osservare quei magnifici vestiti che non si sarebbe mai potuta permettere, almeno non ora. Come quello che stava osservando in quel momento, il corpetto nero sotto in seta e sopra decorato con il pizzo, senza spalline a sorreggerlo, verso la vita si stringeva intorno al corpo, che in quel caso era un manichino, mentre la gonna lunga fino a coprire i piedi aveva un taglio a sirena che fasciava il tutto, taglio che lo rendeva raffinato e sensuale allo stesso tempo, tutto il vestito era nero semplice, non era niente di che, eppure le piaceva. Eulalia sperava tanto che un giorno se ne sarebbe riuscita a comprare uno, magari anche solo per sfizio personale. Sarebbe rimasta lì ancora per un po', ma Kevin la prese per un braccio trascinandola a pochi isolati più in là.

Si fermarono davanti un'officina, Eulalia si guardò intorno, era abbastanza grande come spazio, in giro si potevano notare le gomme delle macchine, i motorini da riparare e attrezzi buttati un po' ovunque, i muri forse una volta bianchi, ormai erano grigi con qualche macchia nera qua e là, appese ai muri si trovavano delle mensole con sopra poggiati degli attrezzi da lavoro e alcune bombolette.
Kevin la guidò fino ad una macchina rossa parcheggiata dentro, da cui sotto si vedevano uscire due gambe.
<< Ei zucca vuota! Sono qui e oggi con noi viene anche Eulalia.>>
Da sotto la macchina sbucò un ragazzo con una canottiera grigia sporca di grasso, con indosso la tuta da lavoro anche questa grigia e macchiata leggermente di nero. Eulalia lo osservò bene, dalla canottiera riusciva a intravedere leggermente la forma degli addominali e si vedeva anche dalle braccia che la canottiera lasciava scoperte che era molto allenato... un accenno di barbetta, due pearcing sull'orecchio, gli occhi scuri quasi a sembrare neri come il carbone e i capelli altrettanto scuri tagliati corti, con nel mezzo una striscia di capelli schiariti fino a diventare biondi scuro, più lunghi a mo di cresta ma lasciati bassi in modo quasi normale, senza alcuna cresta dritta o sparata in alto, potevano sembrare strani ma a quel tipo stavano davvero bene.
Eulalia si ritrovò a fissarlo con un certo interesse, dovendo ammettere che era davvero un bel ragazzo.
<< Chi è Eulalia?>>
<< Una mia compagna di classe.>>
<< Sei un porco, appena arrivato nella nuova classe e già ci provi con una?>> il tipo ghignò sarcastico.
<< Ma vaffanculo senti chi parla.>>
<< Zitto idiota!>>
<< Zucca vuota!>>
<< Coglione!>>
<< Zucca vuota!>>

Eulalia posava gli occhi prima su Kevin intento a insultare il suo amico, poi su l'altro che faceva la stessa cosa, da per terra con una chiave inglese in mano, nonostante la scena fosse divertente le davano davvero sui nervi, si comportavano come se lei fosse invisibile.
<< Basta idiota!>>
<< Basta tu!>>
<< Okay basta tutti e due!>>
<< Okay, andiamo?>> il tipo si alzò e gli si parò davanti, strofinandosi le mani nel vano tentativo di pulirle.
<< Se se aspetta>> si avviò verso una porta e li fece aspettare per un po', quando ne riuscì Eulalia notò che si era cambiato, ora non indossava più la tuta da lavoro ma un paio di jeans scuri con sopra una maglietta grigia e un giacchetto di pelle nero, si avvicinò facendo segno ai due di andare.
<< Comunque piacere, io sono Eulalia... tu sei?>>
<< Ah?>> lui si girò e la guardò negli occhi come avesse notato davvero solo in quel momento la sua presenza.
<< Duncan... De Medici.>>
<< B'è piacere>> Eulalia allungò la mano verso di lui in un gesto fin troppo formale. Il ragazzo le si avvicinò allargando le labbra in un sorriso bianchissimo e stringendole la mano, che Eulalia notò essere terribilmente enorme in confronto alla sua... poi del tutto inaspettatamente lui si portò la sua mano alle labbra e le fece il baciamano, lasciandola sorpresa.
<< Piacere>> le fece l'occhiolino guardandola in modo provocante con quegli occhi scuri e profondi, poi come se niente fosse, si rigirò verso Kevin.
<< Dai andiamo idiota>> entrambi si incamminarono, Eulalia si riscosse e li raggiunse, vide Duncan accendersi una sigaretta e portarsela tre le labbra, non sapeva bene il perché ma quel gesto compiuto da quel ragazzo le era sembrato tremendamente sensuale.
<< Ma dove andiamo?>>
<< Al nostro bar>> i due continuarono a parlare tra loro mentre camminavano, Eulalia li seguiva in silenzio non sapendo bene cosa dire per intromettersi e sentendosi ignorata.
Dopo aver percorso qualche metro girarono in un angolo, Duncan e Kevin le fecero cenno con la testa di superare la porta dove poco più sopra si trovava una semplice insegna con su scritto, "Dino Bar".
Appena dentro Eulalia notò subito che era colmo di ragazzi, lo spazio non era molto grande eppure dentro vi si trovavano un tavolo da biliardo, situato in una piccola zona riservata, un tira a segno con un tizio di fronte che barcollava tenendo in mano le freccette e cercando senza alcun successo di centrare il centro del bersaglio, dei tavolini sparsi un po' dappertutto senza un ordine preciso, si trovava anche un piccolo ripiano, un mini palco, forse per qualcuno che faceva qualche spettacolo di musica, naturalmente Eulalia suppose che in un posto del genere si suonasse solo musica rock.
Si fermarono davanti il bancone.
<< A zio Dinooo!>> Eulalia si girò verso Duncan, che si era poggiato al bancone con una mano alzata verso il barista, un uomo calvo e cicciottello che si avvicinò a loro sorridente, ora che era più vicino si potevano notare bene i piccoli occhi azzurri e il naso leggermente rosso che lo rendeva terribilmente buffo.
<< Bello de casa! Chi hai portato oggi?>>
<< Kevin, e una nuova in classe sua... ehm, a Eulalia>> di certo nella sua voce non si poteva leggere entusiasmo.

Il barista la guardò sorridendo, per poi puntare gli occhi piccoli e furbi su Duncan.
<< Oh finalmente figliolo, quando venivi qua portavi sempre ragazzi! Sembrava la sacra della salsiccia! Cazzo finalmente una donna!>>
<< Che so sti termini? Dobbiamo essere educati cazzo! C'è una signora>> Duncan la indicò con un gesto veloce delle mani, facendole alzare le sopraciglia rosse sorpresa, primo non era una signora e in secondo piano, lui rimproverava il barista di non essere educato? Era come sentire il bue che diceva cornuto all'asino.
<< Signora? Mica ho cinquant'anni!>>
Duncan si girò verso di lei con un sorriso strafottente e leggermente divertito, con ancora tra le labbra la sigaretta ormai quasi finita.
<< Era per essere gentile... allora c'è una bambina>> Duncan ghignò continuando a guardarla, davvero l'aveva appena chiamata bambina? Era da quando aveva dodici anni che nessuno la chiamava più così, e poi arrivava quel tipo e la chiamava bambina?.
<< Scusa bambina a chi?!>> alzò appena la voce in tono serio incrociando le braccia al petto e fissandolo con sfida, lui sorrise poggiandosi con i gomiti al bancone, nella posizione di chi ha intravisto una preda e progetta di catturarla.
<< La bambina c'ha le palle, modera i termini con chi è più grande... bambina.>>
<< Di sicuro ne ho più di te>> se voleva la guerra aveva trovato la persona giusta. Eulalia non si sarebbe fatta chiamare bambina o fatta trattare come tale senza rispondere, e soprattutto, non era una preda facile da catturare.

Doveva averlo sorpreso, perché per un momento lo vide spalancare appena gli occhi, per poi ridurli in due piccole fessure.
<< Te l'ha detto figliolo, questa è tosta!>>
Eulalia non capì bene se il barista si riferisse alla sua risposta o direttamente a lei, in ogni caso si poteva sentire onorata.
<< Da che parte stai vecchio infame?>> il barista le sorrise, per pi allontanarsi ridacchiando verso un'altra cliente e Duncan tornò a fissarla.
<< Dici? Allora perché non controlli di persona?>> ghignò il ragazzo, portandosi la sigaretta tra le labbra carnose e indicando con le mani la patta dei pantaloni, per mettere in chiaro un atto osceno che forse voleva fosse compiuto da lei.

Eulalia guardò Kevin, che era rimasto in silenzio tutto il tempo, lui le fece spallucce allontanandosi verso un tavolo. Ma era scemo? Evidentemente non aveva capito che lei cercava una specie di aiuto.
Eulalia ripunto' lo sguardo su Duncan, tentando di assumere un'espressione dura.
<< Non ci tengo.>>
<< Mm b'è è un vero peccato, ci saremmo divertiti. Comunque, da bere!>>

Eulalia ignorò il suo commento fastidioso e tutti e due si sederono al tavolo dove sedeva anche Kevin, naturalmente Eulalia si mise vicina a lui, con cui si sentiva decisamente molto più a suo agio mentre al posto davanti a lei sedeva Duncan.
Il barista, sempre lo stesso di prima, portò da bere poco dopo tre birre, Duncan ne prese una passandola a Kevin, poi una per sé e infine la guardò.
<< Ne bevi bambina?>>
<< Si, grazie rompi...>> Eulalia lasciò la frase in sospeso sorridendogli amabilmente, si capiva bene cosa stesse per dire in conclusione di quella frase.
<< Ragazzina maleducata>> ringhiò lui per poi passarle la birra.
<< Parla quello beneducato.>>
<< Zitta, la tua voce mi urta il sistema nervoso>> Duncan cominciò a ingurgitare il liquido ambrato racchiuso nel boccale ed Eulalia fece lo stesso, poco dopo ripassò lo stesso barista che portò ad Eulalia un'altra birra, mentre a Duncan un alcolico più forte e a Kevin lo stesso, anche se quest'ultimo dopo tre giri era già ubriaco e rosso in viso. Cominciò a parlare a vanvera facendola ridere per più di una volta, poi dopo aver poggiato la testa sul tavolino si addormentò di botto, come fosse caduto in catalessi.
<< Sempre così, non lo regge affatto l'alcol>> anche Duncan non sembrava essere messo tanto meglio, le guance arrossate dall'alcool e gli occhi socchiusi, mentre continuava a ingurgitare quel liquido come se niente fosse. Per sua fortuna Eulalia era consapevole di non saper reggere quasi per niente l'alcool, infatti si fermò alla seconda birra, anche perché i boccali che le avevano portato erano davvero grandi per la sua poca esperienza con l'alcool.
<< E tu lo reggi?>>
<< Certo che sì! Non sono ancora al limite.>>
<< Secondo me dovresti fermarti...>>

Duncan si fermo e la guardò fisso negli occhi, ora nel suo sguardo non c'era più solo l'arroganza,  all'interno vi si nascondeva una particolare nota di tristezza e di dolore dipinta in quegli occhi di carbone, come se l'alcool avesse buttato giù la sua parte da arrogante, lasciando scoperto qualcosa... qualcosa che agli occhi di Eulalia in quel momento non fu chiaro.
<< Secondo me non ti devi impicciare, bambina.>>
<< Sei davvero maleducato, mi stavo preoccupando per te ma se vuoi ucciderti con l'alcool okay.>>
<< Sarebbe una liberazione>> fu solo un sussurro soffiato con voce amara, ma Eulalia riuscì a percepirlo comunque.
<< Perché dici questo?>>
Lui smise di bere la sua birra e la guardò di nuovo dritto negli occhi, senza alcuna emozione.
<< Chi ha detto niente.>>

In quel esatto momento un tipo biondo dietro Duncan, inciampò rovesciandogli il suo boccale di birra addosso. Duncan rimase fermo a testa bassa quasi come se non se ne fosse accorto, mentre il tizio diventò rosso dalla rabbia e lo prese per il colletto della maglietta.
<< Ei brutto stronzo! Sono inciampato sulla tua gamba, ora me la ricompri!>>  Gli ruggì contro con voce grave.
Eulalia guardò Duncan preoccupata, ma lui sembrava essere tranquillissimo e la ragazza non fece nemmeno in tempo a rendersene nemmeno conto data la velocità del gesto di Duncan, che alzatosi premette la testa bionda del tizio contro il tavolo, mentre con la mano lo teneva fermo e con l'altra gli storceva leggermente il braccio dietro la schiena.
<< Il braccio!>>
<< Silenzio rifiuto della società! E vattene!>> sputò Duncan lasciandolo e passandosi una mano tra i capelli bicolore.
<< Figlio di...>> il biondo arrogante non fece in tempo a finire la frase che Duncan si girò di scatto, afferrandolo da dietro il collo e facendogli sbattere la testa sul tavolino violentemente, con gli occhi neri ardenti come tizzoni del fuoco e sbarrati dalla rabbia.
<< Sta ZITTO!>> urlò in preda a un folle raptus di rabbia. Eulalia si alzò velocemente, inginocchiandosi di fianco al biondo caduto per terra a causa del forte trauma subito alla testa, lo aiutò ad alzarsi reggendolo per un braccio temendo che lui potesse cadere e questo la guardò.

In quel momento Eulalia vide i suoi occhi marrone chiaro pieni di gratitudine, le sorrise appena ringraziandola e allontanandosi con una mano premuta sulla testa, solo dopo aver mandato un'occhiataccia a Duncan e qualche insulto sussurrato.
<< Tu sei pazzo! Non puoi andare in giro a picchiare la gente così, per poco non lo ammazzi!>>
Duncan non fece in tempo a risponderle che gli arrivò una spinta da dietro, talmente forte da farlo cadere in avanti sul tavolino e sbattere all'altezza dello stomaco, la ragazza lo sentì emanare un basso gemito di dolore per poi cadere a terra inginocchio.
<< Oddio>> la ragazza gli si avvicinò preoccupata e cercò di aiutarlo ad alzarsi. << Stai bene?>>
<< Mm...>> le rispose lui con mugugni sofferenti, nonostante questi si rialzò con una mano premuta sugli addominali e cominciò a guardarsi intorno, tutti i presenti si erano girati verso la loro direzione, si poteva sentire l'aria carica di tensione e sembrava che tutti sapessero che di li a poco sarebbe scoppiata una rissa.
<< Chi è stato? Su esci fuori, non ti faccio niente>> il tono che usò fu tremendamente calmo e anche leggermente inquietante, con gli occhi neri che vagavano tra le persone alla ricerca di colui che lo aveva sfidato.
Un uomo scuro di pelle, alto e grosso quando un armadio a due ante si fece largo tra i tavolini.
<< Ti credi forte? Sei solo un coglione pieno di sé!>>

Duncan allargò le labbra in un sorriso innocente, lo ampliò sempre più, mostrando i suoi denti bianchissimi all’uomo e avvicinandovisi con calma.
Non appena gli fu di fronte strinse il pugno e gli mollò un cazzotto in bocca, in un gesto veloce e del tutto inaspettato, mettendoci anche una buona dose di forza. L'uomo barcollò all'indietro impreparato al colpo mentre un gruppo, sicuramente in cerca di una scusa per scatenare una rissa, si fece avanti.
Eulalia non capì neanche come ma si scatenò un inferno, il gruppetto cominciò a fare casino e ad aggredire altri coetanei che stupidamente si erano messi in mezzo a quella rissa senza senso, i camerieri urlavano nel vano tentativo di riportare la calma tra i clienti, molti dei quali abbandonarono il proprio tavolo e si avviarono di fretta verso l'uscita. Lei decise saggiamente di unirsi a loro, era senz'altro la cosa più giusta e sicura da fare.
Prese il giacchetto e lo zaino avviandosi velocemente verso l'uscita, si girò giusto un secondo verso colui che in fin dei conti aveva provocato la rissa.
<< Io me ne vado, tu fai pure a cazzotti!>>
<< E'?>> Duncan alzò lo sguardo su di lei, aveva ancora la testa di uno sotto il braccio e velocemente gli diede un cazzotto, correndo al tavolo e caricandosi Kevin sulla spalla come un sacco di patate. Poi corse verso la sua direzione ed Eulalia si sentì prendere per la vita, gli si ritrovò praticamente in braccio, con le braccia si reggeva alla sua spalla, mentre lui la teneva appena per la vita correndo fuori dal locale, in pratica gli era attaccata come un koala e si sentiva ridicola.
<< Ei lasciami!>> Eulalia cominciò a scalciare furiosamente, cosa credeva? Che non sapesse camminare?.
<< Shh!!>>
<< Shh cosa? Siamo lontani dal bar idiota! Mettimi giù!>>

Duncan frenò di botto e si girò, perfetto era capitata con un completo idiota! Che non si era neanche accorto che erano ormai lontani abbastanza da essere al sicuro. Eulalia aveva la maggior parte dei capelli davanti agli occhi, che le impedivano di vedere bene, in più il ragazzo glieli stava tirando inconsapevolmente con il braccio e questa cosa la stava uccidendo.
<< Oh bene.>>
Eulalia alzò gli occhi al cielo spazientita, nascondendo però un leggero divertimento.
<< Ora mi puoi mettere giù per favore?>>
<< Se se... calmati bambina>> la lasciò e finalmente Eulalia toccò terra, si tolse le ciocche rossicce da davanti gli occhi, accorgendosi solo in quel momento che fuori si era già fatto buio, possibile che avesse passato tutto il pomeriggio là dentro? Non si era minimamente accorta del passare delle ore.              
Guardò l'ora sul cellulare che segnava le otto, doveva ancora cenare e quel pensiero seguito dal brontolio improvviso dello stomaco, le ricordò che stava letteralmente morendo di fame. Guardò Duncan che nel frattempo aveva poggiato Kevin su una panchina e aveva preso a correre verso dei cespugli poco lontani, Eulalia lo vide piegarsi in due e tossire, poteva immaginare il perché... dopo tutto quello che si era bevuto una bella vomitata era il minimo. Mentre aspettava che lui finisse di vomitare, si avvicinò a Kevin e cercò di svegliarlo smuovendolo più volte, ma niente, sembrava caduto in letargo.
<< Stai bene?>> chiese Eulalia mentre Duncan ritornava verso di loro a passo lento e con il viso più pallido, la maglietta era bagnata da quello che doveva essere acqua, doveva essersi sciacquato la bocca alla fontanella poco distante.

Si sedette sulla stessa panchina di Kevin, spostandolo malamente per farsi spazio.
<< Benissimo.>>
<< Se lo dici tu, io me ne devo andare, grazie del bel pomeriggio>> Eulalia cercò di assumere il tono più sarcastico possibile per marcare le ultime parole.
<< Quando vuoi>> il ragazzo dai capelli bicolore si alzò e in un secondo Eulalia se lo ritrovò fin troppo vicino, il suo viso era a pochi centimetri dal suo, lo sguardo sempre serio mentre la fissava negli occhi con un cipiglio leggermente divertito, quella improvvisa vicinanza la mise a disagio e istintivamente si allontanò da lui, assumendo un'espressione tra il serio e il neutro.
<< Che vuoi?>>
<< Sei proprio una bambina>> Duncan si allontanò tanto velocemente come le si era avvicinato e prese Kevin risistemandoselo sulla spalla.
<< Sfortunatamente per te ho intenzione di riaccompagnarti.>>
<< Chi te l'ha chiesto? Me ne vado da sola>> Eulalia si girò e incominciò a camminare senza aspettarlo, voleva che nessuno sapesse del fatto che viveva in un orfanotrofio, odiava tutte le domande che la gente le poneva quando lo veniva a sapere, ma ancora di più odiava quegli sguardi pieni di compassione, come se a quella gente importasse davvero qualcosa di lei! Odiava gli sguardi pieni di pietà di cui lei non sapeva cosa farsene, ne era veramente stufa.
Ecco perché aveva deciso che da quel momento in poi avrebbe tenuto segreta quella parte della sua vita a chi conosceva.
Duncan prese a seguirla con passo lento e leggermente affaticato dall'avere Kevin come peso da portare su di sé.
<< Che uomo sarei se lasciassi andare in giro da sola una bambina quando fa buio?>> nonostante la fatica e il leggero affanno, tutto ciò che era uscito dalla sua bocca era stato detto in tono da presa in giro.
<< Ma scusa tu quanti anni hai?>> quella domanda le uscì spontanea, si era completamente scordata di chiederglielo o di domandarlo al suo amico Kevin, poi con tutto quello che era successo, le era davvero passato di mente.
<< Venti bambina.>>
<< E tu sei grande? Ma dove lo vedi l'uomo?>>
<< Ragazzina, ma non la pianti mai di parlare? Sei logorroica? Fai silenzio e il viaggio sarà molto più piacevole>> Duncan le fece cenno di stare zitta con la mano, ma questo tipo cosa voleva? Lo conosceva da un solo pomeriggio e già cominciava a dargli sui nervi.
<< Tu non mi dici cosa fare! E poi se ti do tanto fastidio perché non te ne vai?>> Eulalia cominciò a camminare più velocemente e per un attimo di trionfo pensò di averlo finalmente seminato.

Ma con suo rammarico si accorse ben presto che non era così, dato che poco dopo la sua quasi trionfante seminata, Duncan la raggiunse e gli si rimise a camminare di fianco, per essere affaticato era tremendamente veloce.
<< Te l'ho detto, non sarei un uomo a lasciare in giro da sola una bambina.>>
Eulalia sbuffò, le venne in mente la stupida idea di dargli un bello spintone, ma poi pensò che ci avrebbe rimesso anche il povero Kevin, così si costrinse a resistere a quell'idea e si diede una calmata, continuando a camminare in silenzio.
Anche Duncan dopo pochi minuti si era fatto silenzioso, tanto che Eulalia sentiva solo i suoi passi, si girò verso di lui e lo vide mentre camminava con la testa alzata verso il cielo, talmente tanto concentrato nell'osservare qualcosa che suscitò la curiosità di Eulalia, la ragazza alzò a sua volta lo sguardo al cielo senza notare nulla di strano, solo le stelle, eppure lui sembrava esserne rapito.

Non sembrava più il burbero maleducato di poco prima, ora assomigliava quasi a un bambino che ammirava quei corpi celesti completamente rapito, mentre i piccoli puntini luminosi nel cielo si specchiavano in quegli occhi neri e seri.
<< Cosa guardi?>> sussurro lei curiosa, con gli occhi rivolti verso di lui e non più al cielo.
<< Le stelle... sono sempre state il panorama più bello per me, le guardavo sempre con mia madre>> Duncan abbassò lo sguardo e sorrise appena con aria nostalgica, un sorriso triste quanto amaro, che morì sulle sue labbra e scomparve subito dopo, portandosi via anche quell'aria da bambino. Si prese una sigaretta dal pacchetto che aveva in tasca con un'aria ormai stranamente quasi arrabbiata.
Eulalia aveva notato quel "guardavo" nella sua frase di prima, ed era ovvio che questo argomento doveva essere doloroso, lo riusciva a capire dal suo sguardo, dagli occhi che avevano assunto un'espressione triste che si mischiava alla rabbia. Si la curiosità c'era, ma lo conosceva da troppo poco, in più le sembrava terribilmente scortese dato che sapeva quanto fastidiose potessero essere le domande troppo personali. Così decise di non fare domande e di restare in un imbarazzante silenzio.
<< La testa>> Kevin cominciò a muoversi appena, agonizzante.
<< Ben svegliata bella addormentata>> Duncan lo rimise giù, in modo decisamente molto poco aggraziato. Kevin appena poggiò i piedi per terra si premette una mano sulla tempia, facendo una smorfia.
<< Ora cammina da solo>> Duncan si accese la sigaretta e si passò una mano tra capelli.
<< Ben svegliato Kevin>> Eulalia gli sorrise dolcemente, era molto sollevata del fatto che si fosse ripreso proprio in quel momento.
<< Sai anche sorridere... o mio dio!>> Duncan la guardò con finto stupore, mentre buttava fuori una nuvola di fumo.
<< Certo solo per chi lo merita, e tu sai fare altro oltre quel ghigno strafottente?>> Kevin le sorrise debolmente, mentre Duncan la guardò storto, indurendo lo sguardo e la mascella.
<< Ma vaf... ma cos'è?>> il ragazzo che la stava guardando male, si portò una mano alla testa e appena la tolse, tutti e tre notarono le dita leggermente sporche di sangue.
<< Idiota! Hai cercato rissa mentre dormivo?>>
<< Non è colpa mia, uno stava per dire che sono un figlio di...>> emise un sospiro dal naso. << Di una donna che si copre poco e vende il suo corpo>> sibilò con amarezza e lo sguardo serio puntato davanti a sé, a quelle parole persino Kevin sembrò esserne infastidito, mise le mani in tasca e diede un calcio a un sassolino, che rotolò di poco davanti ai loro piedi.
<< Che bastardo, allora hai fatto bene>> Duncan lanciò la sigaretta lontano in un involontario gesto di rabbia.
<< Domani che giorno è?>>
<< Bho, Eulalia tu lo sai?>> la interpellò Kevin.
<< Giovedì>> rispose distrattamente la ragazza per poi bloccarsi di colpo, riconosceva bene la strada che stavano percorrendo in quel momento, mancava poco per arrivare all'orfanotrofio e doveva assolutamente trovare un modo per allontanarli.
<< Okay grazie, da qui vado da sola.>>
<< Suvvia andiamo dalla stessa parte.>>
<< No! Ho detto che vado da sola!>> Eulalia alzò inconsciamente la voce, pentendosi subito dopo dell'eccesivo tono brusco che aveva utilizzato contro i due ragazzi, che in fin dei contri la stavano solo accompagnando.
<< E non urlare! Fai come cazzo ti pare!>> la voce di Duncan suonava ormai irritata.
<< Andiamo idiota>> guardò Kevin e la sorpassò a passo svelto, senza fermarsi per aspettare il suo amico, né per salutarla.
<< Cammina Kevin!>>
<< Certo che faccio come mi pare! Ciao Kevin ci vediamo a scuola.>>
<< Ciao>> la salutò lui, forse leggermente in imbarazzo per i modi maleducati del suo amico, ma Eulalia non ci fece molto caso cominciando a correre e lasciandoseli dietro. Appena davanti l'entrata dell'orfanotrofio girò appena il capo per guardarsi indietro, i due ragazzi ancora non erano arrivati, forse il modo in cui li aveva lasciati non era uno dei migliori, ma era stato necessario per lei, prima di rischiare il loro arrivo e di essere vista, prese ed entrò dentro diretta verso la sua stanza.


ANGOLINO AUTRICE:
Ciao a tutti! Intanto grazie per aver letto questo capitolo, spero vi sia piaciuto, questa storia è stata scritta in due, da me e da una mia amica che su efp si chiama Benks00 (tutte e due posteremo varie storie scritte insieme).
Questa storia è scritta tutta completamente insieme e poi riscritta qui da me, spero che se continuerete a leggerla vi piaccia e se vi va,  magari lasciate qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate, almeno saprò se la storia vi interessa e se apprezzerete il suo futuro svolgimento, o anche se notate qualcosa che non va.
Un saluto a tutti.

   

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Capitolo 2
*** Vorrei dimenticare, anche solo per una sera ***


                                             VORREI DIMENTICARE, ANCHE SOLO PER UNA SERA
 

I due ragazzi continuarono a camminare, la ragazzina era scomparsa dietro l'angolo, Duncan doveva ammettere che era carina, ciò che lo aveva colpito di più erano quei capelli lunghi e rossi che le donavano davvero molto, con gli occhi azzurri che ci entravano in un perfetto contrasto, mettendo anche in risalto la pelle chiara, per il fisico stranamente non ci si era soffermato molto nell’osservarlo ma dall'apparenza non doveva essere niente di particolarmente speciale, piccolo e snello con nessuna curva esagerata o troppo sexy, aveva le sue forme non esagerate ma c'erano... sì era carina... ma davvero irritante, insomma gli aveva risposto ogni volta per le rime! Cosa che con le ragazze non gli era mai capitata! Normalmente non facevano che girargli sempre intorno quasi svenendogli tra le braccia! Invece quella ragazzina a malapena lo aveva guardato, e se lo aveva fatto era irritata, ma possibile?
<< Zucca vuota!>>
<< Zitto idiota, ma dove l'hai trovata quella?>>
<< A scuola forse?>>
<< Non prendermi per il culo idiota, è strana forte>> le strade nonostante l'ora erano ancora abbastanza piene, ma in fondo erano solo le nove e mezza e a New York era normale trovare tutta quella gente per la strada.
<< E quindi?>>
<< Quindi niente>> salirono le scale del palazzo e appena aperta la porta di casa Duncan si recò verso la sua stanza.
<< Io vado a dormire, domani ti riporto a scuola con la moto, poi me ne vado in palestra>> Duncan aspettò di vedere Kevin annuire, poi entrò nella sua camera sfilandosi la maglietta e buttandosi sul suo letto, avrebbe dovuto mangiare qualcosa, ma non aveva fame, voleva solo dormire.
La mattina seguente appena alzati Duncan si fece una doccia veloce, indossando dei jeans scuri e una felpa nera con sopra, come sempre, il giacchetto di pelle anch'esso nero, scarpe da ginnastica e via, era pronto.

<< Forza idiota!>> urlò, spazientito dalla lentezza di Kevin nel prepararsi, neanche fosse una donna che doveva imbellettarsi! Il suo biondo coinquilino uscì dalla sua stanza già vestito, anche lui con dei jeans, una camicia e il suo solito cappotto. Duncan prese le chiavi della moto dallo scaffale e insieme scesero di sotto alla svelta. In poco tempo arrivarono davanti la scuola e tutti e due si sfilarono il casco.                                                     
<< Duncan!>> appena il ragazzo si girò vide tre ragazze dietro di sé, una bionda dalla pelle chiara, alta, tutte curve e fiducia in se stessa, mentre metteva in risalto con i vestiti aderenti le parti formose del suo corpo che la natura le aveva generosamente donato. Con al suo seguito altre due ragazze leggermente più basse, ma ugualmente carine.
<< Ohilà ragazze, ciao Debora>> Duncan sorrise scendendo dalla moto.
<< Forza Kevin scendi>> disse serio per poi rigirarsi verso le ragazze, proprio mentre la bionda gli si avvicinava nella sua solita camminata provocante.
<< Mi fai fare un giro sulla tua moto?>> Debora sbatté le ciglia e sorrise.
<< Ma certo>> Duncan sfoderò il suo sorrisino sexy, passandosi una mano tra i capelli, mentre Kevin si stava già allontanato verso l'entrata di scuola scocciato dalla solita scena. Dal nulla Duncan si sentì arrivare una cinquina in faccia, con tanta forza da fargli girare il viso di lato e lasciargli uscire un verso sorpreso, mentre osservava la ragazza con i capelli corti moretta che gli si era parata davanti.
<< Maledetto porco!>>
<< Rose? Sì anche io sono felice di rivederti>> Duncan si passò una mano sulla guancia arrossata e le sorrise, come se non fosse accaduto niente, come se non l'avesse mai vista prima.
<< Vai a quel paese Duncan!>> detto questo Rose si allontanò con aria arrabbiata e delusa, sotto lo sguardo noncurante del ragazzo.
<< Ciao Rose!>> Duncan la guardò andare via con un'alzata di spalle, pazienza, la sensuale bionda gli era ancora vicino e aspettava il suo giro sulla moto, stava per farla salire, quando un'altra voce familiare lo chiamò.
<< Duncan...>>
<< Elisabeth!>> il ragazzo si girò, ma come era successo poco prima dal nulla gli arrivò un'altra cinquina, Elisabeth sorrise soddisfatta di se stessa e si allontanò, ma cosa avevano le ragazze? Si erano messe tutte d'accordo? Di quel passo le sue guance non avrebbero retto più di tanto.
"B’è... questa me la meritavo"
Duncan fece un'altra alzata di spalle e si massaggiò la guancia che sicuro era diventata rossa.
<< Oggi non è giornata… ohè Kevin! E se entro con voi a scuola?>> Kevin si girò di scatto per tornare verso di lui.
<< Ma sei scemo?! A parte che non ti lasciano entrare! Ma anche se fosse che gli diresti? Che sei un idiota che vuole stare in giro tanto per fare qualcosa o perché hai delle spasimanti sparse per la scuola e vuoi scopartele in bagno?>>
<< Mm... giusto.>>
<< Allora questo giro si fa?>> Duncan si girò verso Debora, la conosceva da qualche mese più o meno e non era la prima volta che la sensuale bionda gli chiedeva di fare un giro sulla sua moto, infondo frequentava il quinto, era grande e saltare la scuola per andare a casa di Duncan a fare tutto tranne che studiare, ormai non era più una novità, passavano tutto il pomeriggio a rotolarsi tra le coperte del letto di Duncan, intenti in un'attività fisica del tutto gratificante.
Era stata Debora a suggerire le frase "rotolarsi tra le coperte", forse per farlo sembrare più romantico, ma al ragazzo non interessava far sembrare romantico niente, aveva semplicemente lasciato che la ragazza esprimesse quel loro rapporto come meglio preferiva. Salì sulla moto facendole cenno di salire con la testa, lei sorrise maliziosa e salì dietro, allacciandogli le braccia intorno al corpo e stringendosi a lui, nonostante non fossero ancora partiti, tutte le ragazze si girarono verso di loro, guardandola con parziale invidia o con sorpresa e Debora non fece altro che sorridere ancor più soddisfatta, mostrando quasi la sua superiorità per essere riuscita di nuovo ad agganciare un ragazzo come lui.
<< Va bene si parte... a dopo Kevin>> Duncan intravide una chioma rossa vicino la porta della scuola, ma non se ne preoccupò troppo mettendo in moto la sua preziosa Harley Davidson.
<< Che fai? Ma perché la maggior parte delle volte che vieni qui o da qualsiasi altro luogo in cui ci sono esseri femminili, te ne vai via con qualche ragazza a fare quello che immagino?>> Kevin a dispetto di quello che poteva sembrare non era sorpreso neanche un po', anzi la sua voce suonava quasi annoiata, Duncan di tutta risposta gli sorrise, un sorriso che somigliava più a un ghigno, che voleva dirgli "perché sono io".

Il viaggio fino a casa fu veloce, appena arrivati Duncan diede le chiavi di casa a Debora, che vi entrò senza aspettarlo mentre lui parcheggiava, ormai lei sapeva benissimo quale fosse il suo appartamento. Duncan la raggiunse in casa trovandola seduta sul divano.
<< Mi hai risparmiato una verifica oggi>> sorrise lei, mentre Duncan le si avvicinava senza ascoltare davvero quello che diceva.                               << Sì wow>> le si fermò davanti facendola alzare dal divano e baciandola senza dire altro, un bacio guidato semplicemente dalla passione, che non aveva alcunché di romantico, niente di dolce. Erano fermi in quel punto del salone, mentre limonavano come non ci fosse un domani, le mani di Duncan cominciarono a vagare sul corpo della ragazza sollevandola da terra e portandosi le sue gambe intorno alla vita, sorreggendola con le mani strette con violenza intorno ai glutei.
Lei non fece una piega mentre lui la portava in camera e la stendeva sul letto posizionandosi sopra di lei, senza ulteriori chiacchiere, non quel giorno.

 


Eulalia era in classe, seduta nello stesso posto del giorno prima, la classe era ancora maggiormente vuota, in effetti era abbastanza presto per salire, ma come al solito non le andava di stare giù. Aveva visto la stessa moto del giorno prima, ma questa volta era stata capace di riconoscere il ragazzo sopra, Duncan, chissà come faceva a vent'anni a permettersi una moto del genere. Immersa nei suoi pensieri e nella musica proveniente dalle cuffiette, aprì il quaderno per cominciare a disegnare. Era una delle cose che amava, quello era il suo "quaderno disegni", amava disegnare a modo suo le immagini o i panorami che le piacevano, molte volte era semplicemente per uno sfogo personale.
Aveva appena poggiato la mina della matita sul foglio, quando vide una figura fermarsi davanti a lei, alzò lo sguardo convinta che fosse Kevin, ma quando lo vide in volto capì di essersi sbagliata. Era un ragazzetto, anche lui biondo ma di tonalità più scura, anche la pelle era più scura di quella di Kevin e gli occhi marroni chiaro, indossava una felpona con su scritto qualcosa. Eulalia lo guardò meglio... riconoscendolo subito, era il ragazzo che aveva fatto a botte nel bar con Duncan.
<< Ciao>> lui allungò la mano verso di lei ed Eulalia prima di stringergli la mano si tolse le cuffiette dalle orecchie, sorridendogli appena.
<< Ciao, tu sei...>>
<< Si quello del bar, e tu sei la rossa che mi ha soccorso, non sapevo stessimo nella stessa scuola, io sono nuovo qui.>>
<< Oh, ben arrivato, io sono Eulalia.>>
<< Io sono Manuel, non sono nella tua stessa classe ma ti ho vista all'entrata e ti volevo salutare, ora devo andare... ci si vede>> si allontanò salutandola con un cenno della mano e sorridendole, Eulalia fece lo stesso e appena se ne fu andato dalla porta entrò Kevin.
<< Buongiorno>> lui puntò subito al posto accanto al suo, sbuffando nel vedere che Eulalia essendo arrivata prima, aveva già occupato il posto vicino al muro.
<< Buongiorno ruba posti>> Eulalia ridacchiò e subito dopo cominciarono a chiacchierare, mentre tutti i compagni entravano.

 


Duncan era appena arrivato, ormai la campanella della scuola stava per suonare e Debora era scesa per tornare dalle sue amiche, solo dopo avergli dato un bel bacio sulla guancia. Lui scese dalla moto e si avviò verso Kevin, che era poggiato al muro del cortile e lo stava aspettando fumando una sigaretta, appena lo vide alzò gli occhi al cielo spazientito.
<< Zucca vuota, hai la zip aperta.>>
<< Ops... sai è stata aperta così tanto che mi sono scordato>> Duncan accennò un sorrisetto furbo e la chiuse, passandosi una mano tra i capelli per sistemarli, dato che erano completamente in disordine, accendendosi anche lui una sigaretta.
<< Sei uno scemo con la S maiuscola! E si vede anche il succhiotto che hai sul collo!>> Duncan sorrise poggiandosi al muro, chiuse gli occhi e buttò fuori il fumo.
<< Ma tu e Debora state insieme o no? Non l'ho ancora capito.>>
<< Ma no che non stiamo insieme>> Duncan rispose sicuro, ed era vero, non stavano insieme, era una cosa così... anche perché lui non credeva di potersi davvero innamorare.
Quando riaprì gli occhi vide una figura a lui sfortunatamente conoscente, lasciò cadere la sigaretta mentre guardava quella ragazza in lontananza.
<< Oddio Kevin c'è Ginny, dobbiamo nasconderci!>>

Kevin si girò nella sua stessa direzione e non appena la vide spalancò gli occhi e sbiancò, quella ragazza non doveva assolutamente vederli o sarebbe stata la loro fine.
<< Sta venendo qui!>>
<< Che palle oh! Che facciamo?>>
<< Salvati tu, io me la caverò>> Duncan usò un tono di voce drammatico per aggiungere tragicità al tutto, per poi spingerlo tra i cespugli che popolavano quel misero e piccolo giardino.
<< Ah okay, buona fortuna.>>
<< Stronzo>> si poteva essere più ingrati? Duncan si girò constatando che Ginny era sempre più vicina ed ora sicuro che era veramente lei, vedeva bene il suo viso sempre sorridente e i capelli castani e lunghi che ondeggiavano al leggero soffiare del vento. Il ragazzo cominciò a guardarsi intorno, sicuramente lei aveva sentito che lui era lì da Debora, che doveva essere in giro da qualche parte a raccontare vantandosi del fantastico pomeriggio passato con lui.
Duncan si ritrovò a imprecare mentalmente e per non essere riconosciuto si tirò su il cappuccio della felpa. Dall'uscita della scuola scorse Eulalia e le si avvicinò con passo svelto, appena gli fu davanti l'abbraccio e la strinse a sé senza darle spiegazioni o almeno il tempo di capire, Ginny era sempre più vicina, ma per sua fortuna gli stava di spalle.
<< Dov'è Duncan? Duncann>> la sua voce squittante era poco distante e ciò voleva anche dire che era ancora più vicina, strinse ancora di più a sé Eulalia e poggiò la fronte sulla sua spalla, per nascondersi meglio.
<< Ma che fai?!>> Duncan sentì le braccia di Eulalia premere sul suo petto per allontanarlo.
<< Zitta zitta.>>
<< Oh che carini! Duncan, Duncan>> Ginny gli era appena passata accanto guardandoli con il sorriso sulle labbra, per poi continuare a camminare con gli occhi verdi che vagavano tra i ragazzi presenti nel giardino, alla ricerca di uno in particolare, colui che stava alzando la testa dalla spalla di Eulalia e sbirciava, per controllare che se ne fosse andata e così di averla scampata.
<< Ei allora?! Posso sapere perché mi abbracci?>>
<< Zitta!>> Duncan sbirciò di nuovo dalla sua spalla, vedendo colei da cui si nascondeva girare l'angolo, sospirò di sollievo sciogliendo l'abbraccio in cui aveva costretto Eulalia e tirandosi giù il cappuccio.
<< Perché dici? Quella ragazza mora che chiamava il mio nome è matta! Ogni volta che mi vede mi salta addosso! E ci prova anche con Kevin>> in quel momento, quasi al richiamo del suo nome, Kevin li raggiunse con qualche foglia addosso e infilate nei capelli.
<< L'ultima volta mi ha detto che voleva una mia foto da incorniciare sul muro della sua camera! No dico ti rendi conto?!>>

Eulalia scoppiò a ridere suscitando una leggera irritazione da parte di Duncan, che la guardava serio.
<< Non ridere, questa è una situazione grave!>> era talmente distratto che non si accorse di una figura femminile che si avvicinava a loro sorridente.
<< Eccoti!>>
Duncan si paralizzò sul posto, girò appena il capo per guardare di lato Kevin in cerca di aiuto, ma quest’ultimo di tutta risposta guardò dall'altra parte facendo vagare lo sguardo in giro con un'irritante sorrisetto divertito sulla labbra, mentre Eulalia ridacchiava di nascosto guardandosi i piedi.
<< Mi ha trovato...>> sussurrò Duncan girandosi lentamente per guardare bene la ragazza, ma non appena gli fu di fronte Ginny gli saltò letteralmente addosso, come avrebbe potuto fare una  ragazza con il proprio fidanzato, cominciando a baciagli la guancia.
<< Duncan! Amore mio!>> squittì mentre lui cercava di staccarsela di dosso, invano.
<< Ei! Dove pensi di andare?!>> lo rimproverò lei non appena si accorse dei tentativi di lui di allontanarla, nonostante Duncan fosse un ragazzo abituato ad avere ragazze intorno, non riuscì a non farsi scappare un'espressione sorpresa e forse anche leggermente inquietata.
<< E'? cosa? Io...>> Duncan era disperato, la cosa peggiore era che nessuno dei due presenti lo voleva aiutare, che ingrato che era Kevin! Stava fermo a guardare la scena e se la rideva di nascosto.

"maledetto!"
Questa gliela avrebbe fatta pagare.
<< Tu sei mio!>>
<< No... credo più...>> balbettò Duncan facendo cadere lo sguardo su Eulalia, con uno spintone si levò di dosso Ginny e si avvicinò alla ragazza dai capelli rossi, mettendole un braccio intorno alla vita.
<< Della mia ragazza>> per un attimo Duncan pensò seriamente che Ginny sarebbe potuta collassargli davanti gli occhi, era diventata bianca quanto un lenzuolo e aveva sgranato i suoi occhioni verdi, forse leggermente lucidi.
<< C-cosa?>>
<< Cosa?>> si intromise Eulalia con sul volto un'espressione ancor più sorpresa di Ginny, Duncan le diede un calcetto sullo stinco per farle capire di stare al gioco, poi l'avvicinò ancora di più a sé, nonostante lei sembrasse esitante.
<< Esatto, mi dispiace mi sono sistemato>> affermò con tono deciso.
<< No non... no non è vero!>>
<< O si invece>> Duncan sorrise come fosse la persona più felice al mondo, avvicinandosi del tutto Eulalia a sé, e stringendo appena la presa del braccio intorno alla sua vita.
<< Vedi?>>
<< Ma io e te...>> Duncan era letteralmente saltato quando Ginny aveva lanciato un urletto, lasciando uscire delle corpiose lacrime sulle guancie, no ma era normale? Piangeva disperata come se fra loro ci fosse mai stato qualcosa e ora gli avesse detto che in realtà lui amava un'altra. Duncan era più che sicuro che tra lui e quella specie di matta appiccicosa e infantile non ci fosse mai stato niente, né ci aveva mai fatto niente! Sì ci era andato vicino... ma in realtà alla fine si erano solo dati un misero bacio, per di più da ubriaco! Neanche se lo ricordava! Ma Ginny continuava a piangere come se avesse appena perduto l'amore della sua vita.
<< Mi dispiace, su su la vita continua, vero amore?>> guardò Eulalia pregandola con lo sguardo, riuscendo infine a convincerla ad aiutarlo, dato che Eulalia sbuffò ma annuì appena.
<< Certo, stai tranquilla troverai un ragazzo migliore>>

Ginny smise di piangere e singhiozzare, rialzando lo sguardo su di loro, con gli occhi verdi innacquati e rossi, le guance rigate di lacrime e umide.
<< Ma certo... tu non mi meriti giusto?>>
<< Esattamente! Sei troppo..troppo perfetta! Io sono un ragazzaccio, non sprecare il tuo tempo con me>> Duncan pregò mentalmente che lei abboccasse e lo lasciasse definitivamente in pace.
<< Sì hai ragione, però prima, sei uno stronzo!>> l'unica cosa che Duncan sentì dopo quelle parole fu un colpo ben assestato nelle parti basse, non riuscì nemmeno a capire da dove era arrivato, sentiva solo il dolore, trattenne il respiro e si buttò a terra inginocchio, coprendosi con le mani sui pantaloni il punto leso, faceva talmente male che si buttò a terra su un fianco, agonizzante.
"cazzo che male!"
<< Ooh oddio >>
<< Ei vacci piano!>> sentì urlare ad Eulalia contro Ginny, che si allontanò mezza imbronciata ma soddisfatta.
Eulalia gli si inginocchiò davanti cercando di farlo alzare, Duncan lasciò uscire dalle labbra un mezzo mugugno di lamento, ma non lo capiva che non poteva? Che stava soffrendo?!.
<< Deve far male>> Eulalia trattené a stento un sorriso divertito, mentre Kevin cominciò a ridere di gusto. C'era qualcosa di divertente?! I suoi preziosi gioielli di famiglia erano appena stati annientati e loro ridevano! Duncan con un certo sforzo e con una buona dose di dolore si alzò, facendo zittire Kevin con un solo sguardo furente, questa gliela avrebbe pagata sicuro! Appena fossero tornati a casa lo avrebbe chiuso fuori!.
<< Comunque grazie Eulalia>> Duncan guardò l'ora sull'orologio che portava al polso.
<< Oh cazzo!>> corse verso la moto, cioè corse per modo di dire, perché in realtà zoppicò in modo buffo mentre con una mano si teneva ancora il punto leso, riuscendo ad arrivare comunque alla sua moto.
<< Devo andare! Sono in ritardo per una cosa... ehm di nuovo grazie Eulalia>> gli sorrise spontaneamente mettendosi il casco sulla testa, mentre Kevin gli si avvicinava.
<< Ei aspetta e io come torno?>> Duncan si girò verso Kevin e ghignò maligno, ecco la sua prima vendetta!
<< A piedi idiota!>> prese e se ne andò, doveva anche sbrigarsi.

Duncan arrivò all'ospedale in poco tempo, trovando la solita infermiera che ogni volta che lo vedeva lì lo salutava, ormai era come di casa. Precorse quei maledetti corridoi bianchi che odiava trovandosi poi davanti la sua porta.

Prima di entrare come sempre fece un profondo respiro, per poi aprirla lentamente. Niente era diverso dal giorno prima... le pareti bianche, le tende color panna mosse dal vento proveniente dalla finestra leggermente aperta, il letto con le lenzuola bianche e i fiori nel vaso ormai secchi poggiati sul davanzale della finestra, l'intera stanza era immersa nel silenzio, se non per quel fastidioso BIP... BIP... BIP... BIP... di quella macchina infernale che teneva in vita la donna sdraiata sul letto, se non fosse stato per il respiratore attaccato, poteva ancora sembrare che dormisse. Duncan si sedette sulla sedia vicino il letto e le accarezzò dolcemente la mano, i capelli corvini le erano stati raccolti in una coda bassa e laterale, la pelle pallida, una volta liscia, era ormai secca e con qualche ruga spuntata sul volto che rimaneva comunque bellissimo, le accarezzò dolcemente i capelli.
<< Scusa il ritardo mamma>> Duncan le lasciò un bacio leggero sulla fronte, per poi rimettersi seduto e stringerle la mano con la sua, guardandola.
<< Oggi non posso rimanere molto, devo lavorale, ma sono venuto comunque a salutarti>> la guardò mentre lei rimaneva immobile... come sempre da quando era in coma, non un minimo movimento, non un minimo cenno di vita, se non i BIB del cardiotonico che segnava ogni battito del suo cuore che si stava sempre più indebolendo, quella era l'unica cosa che segnava che era ancora viva... se quella poteva essere considerata vita.
" Non mi può rispondere... dovrei darle la pace e staccare la presa della macchina, ma non posso"
Continuò a fissarla con quel pensiero, che ormai era uno dei suoi tanti tormenti che scuotevano la sua vita.
No. Non era ancora il momento, o meglio era lui a non essere pronto, le baciò nuovamente la fronte riappoggiandole dolcemente la mano sul letto.
<< Io vado mamma... ci vediamo domani>> con ancora quella misera e stupida speranza di poter sentire una sua risposta, uscì dalla stanza ricevendo dalla madre, come sempre, solo un muto e vuoto silenzio.
La sera arrivò in un lampo, Duncan girovagava per la strada vicino casa senza una meta precisa, con i demoni del suo passato tornati a tormentarlo come ormai erano soliti fare. Cosa doveva fare? Sua madre ormai era in coma da tempo, ma come poteva staccarle la spina? Come poteva ucciderla? Perché in fondo era quello ciò che avrebbe fatto se le avesse fatto staccare la macchina, la sua fonte di vita... ma la sua era vita? Stare sdraiata su un letto immobile, senza poter far niente, sospesa tra la vita e la morte, immersa in un buio nel quale Duncan sperava che almeno potesse ancora sognare. Per quanto fosse egoistico non accettava neanche minimamente l'idea di lasciarla andare.
La suoneria del telefono prese a suonare, distraendolo dai suoi pensieri.
<< Pronto?>>
<< Ei domani usciamo? O magari anche adesso...>> Duncan fece una smorfia infastidita, non avendo la minima idea di chi fosse la ragazza dall'altro capo del telefono e neanche sentiva il desiderio di saperlo, sicuramente qualcuna che si era portato a letto e che aveva preso il suo numero in chissà che modo. Senza farsi troppi problemi prese e attaccò.
<< Ei>> Duncan alzò lo sguardo ritrovandosi Kevin di fronte.
<< Ciao idiota.>>
<< Che facevi?>>
<< Niente, te che ci fai qua?>>
<< Niente di che, mi andava di fare un giro>> Duncan camminava a sguardo basso, tutti i suoi pensieri erano rivolti altrove.
<< Perché quello sguardo un po' giù?>>
<< Oggi come ogni santo giorno sono passato in ospedale... e niente è tutto come l'ho lasciato il giorno prima e sarà così anche per tutti gli altri giorni>> Duncan lo sentì sospirare, Kevin era l'unico a sapere tutto su di lui, a sapere la disgraziata storia della sua famiglia, i giri sporchi di soldi e affari in cui era coinvolta e in cui ancora si trovava a causa dello zio... che Duncan sapeva essere coinvolto persino nella mafia, insomma una cosa sicura era che non si trattava del classico zio amorevole, anzi era uno da cui stare alla larga. Kevin era stranamente paziente con Duncan, lo sopportava come pochi sapevano fare e capiva il perché di alcuni suoi comportamenti estremamente sgradevoli agli altri.
L'essere sempre incazzato, chiuso in se stesso, con un alone di mistero perfettamente conservato intorno alla sua figura. molte volte quando capitavano giornate storte, Duncan non parlava e se si provava a rivolgergli la parola si potevano ricevere vari insulti senza motivo, con Kevin era successo più volte, ma nonostante tutto era ancora lì con lui, era strano... insomma Duncan non era un tipo facile da sopportare e capire, non gli risultava mai facile riuscire a provare davvero un sentimento di affetto per qualcuno, infondo perché doveva? Lui stava bene così, nella parte dello stronzo menefreghista, nella parte di colui che non da importanza a niente, egocentrico al punto giusto e distaccato tanto quanto bastava da non far notare a nessuno la barriera che si era formato, per non lasciar intravedere a nessuno il dolore e la rabbia che ardevano di tanto in tanto dentro di lui.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ormai voleva bene a quel ragazzino.
<< Non riesco neanche a trovare mia sorella... chissà dove l'hanno mandata gli assistenti sociali quattro anni fa, cazzo amico quattro anni che non la vedo, l'ultima volta aveva dodici anni.>>
<< Su amico, non ti buttare giù!>>
<< Ho bisogno di ubriacarmi, voglio dimenticare anche solo per una sera.>>
<< Andiamo tu sai dove?>> Kevin fece un sorrisetto d'intesa, ma Duncan annuì semplicemente.
<< Chiamo Eulalia così viene con noi, va bene?>>
Duncan fece spallucce, Kevin prese il telefono e chiamò.
<< Oh? Eulalia ti va di uscire con me e Duncan?... perfetto allora ci vediamo al bar dell'altra volta sai dov'è no?... okay a dopo>> Kevin chiuse la chiamata e lo guardò.
<< Viene anche lei.>>
<< Mh...>> Duncan si girò e cominciò a camminare verso la direzione del bar con Kevin accanto, guardando a terra con sguardo serio per tutto il tragitto, era terribilmente stanco di tutto questo, di vedere ogni giorno la madre in quelle condizioni, di non sapere dov'era la sorella e saper di aver perso anche il padre... non che fosse poi così importante, quell'uomo non era mai stato davvero degno di essere chiamato con l'appellativo di padre, non ci aveva neanche mai provato a esserlo ma... era quello che era capitato a lui... e ci si mettevano anche i casini in cui era infilata la sua famiglia ed era apposto!.
<< Non fare quella faccia.>>
<< Quale faccia?>> Duncan guardò Kevin con amarezza.
<< Questa, rendi triste anche me, io so in che casino stai, so di tutti i tuoi problemi, ma cazzo non ti far abbattere! Non ti voglio vedere cosi.>>
<< E' tutto okay, non devi fare l'empatico con me, non ne ho bisogno lo sai>> sentenziò Duncan serio, facendo un respiro profondo e massaggiandosi il collo, riusciva sempre a sorprendersi di come Kevin facesse suo il dolore degli altri.

In poco tempo arrivarono al bar, si fermarono fuori per aspettare Eulalia che poco dopo il loro arrivo spuntò da dietro l'angolo. La riconobbero subito, dato che tutte le luci che illuminavano il marciapiede mettevano in gran risalto i suoi capelli rossi, dandogli delle sfumature più scure, rendendoli quasi bordò.
<< Ciao Kevin>> lui le fece un cenno di saluto con la mano sorridendole, Eulalia rivolse lo sguardo verso Duncan.
<< Ciao.>>
Insieme entrarono nel bar sedendosi al tavolo della volta scorsa, ai soliti posti, Kevin ed Eulalia cominciarono a parlare tranquillamente del più e del meno, mentre Duncan li fissava in silenzio. Eulalia si era tolta il giacchetto ed era rimasta con una semplice maglietta a maniche lunghe, la osservò mentre si tirava su le maniche fino al gomito continuando a parlare con Kevin.
Duncan osservandola mentre si sistemava un ciuffo rosso di capelli ribelli, notò che una parte della pelle sul braccio era lucida e più pallida.
<< Cos’hai fatto lì?>> s'intromise troncando il discorso dei due, lei si girò verso di lui con sguardo interrogativo.
<< Dove?>>
<< Al braccio, hai una cicatrice>> Duncan la guardò, notando che aveva appena spalancato gli occhi e assunto un'espressione sorpresa, si portò una mano al braccio come nel vano tentativo di coprire.
<< Niente è… una storia vecchia, un incidente.>>
<< Posso vederla da vicino?>> Eulalia fissò lo sguardo sul suo, specchiando gli azzurri occhi cerulei in quelli neri di Duncan, che sapeva quanto la sua domanda fosse stupida e senza senso, si aspettò di essere mandato al diavolo. Invece lei gli si avvicinò e gliela fece vedere meglio, ora Duncan ne era certo, quella era una ferita che poteva essere stata provocata da un coltello.
<< Scusa un incidente con un coltello?>>
<< Sì, aspetta come fai a sapere che è un coltello?>> Kevin si avvicinò e guardò la cicatrice incuriosito, per poi guardare Duncan.
<< B'è si vede che è stata provocata da qualcosa di profondo e suppongo sia un coltello perché i bordi della cicatrice sono lisci... e solo un qualcosa di affilato ma dritto poteva fare una cosa del genere>> Duncan aveva usato un tono di voce fin troppo serio e sicuro di sé, alzò lo sguardo su di lei che lo fissava a bocca aperta, con gli occhi pieni di stupore, persino Kevin ne era rimasto abbastanza sorpreso, forse aveva esagerato.
<< Wow...>> esordì semplicemente lei, rimettendosi seduta con la schiena poggiata alla sedia e riallungando la manica della maglietta per coprire la cicatrice, c'era un qualcosa nei suoi occhi, che faceva credere a Duncan che ci fosse una storia legata a quella cicatrice.
<< Quindi come te la sei fatta? Sei caduta con un coltello in mano?>>
<< No, ma perché ti interessa tanto?>>
<< Si chiama curiosità credo>> Duncan si poggiò allo schienale senza staccarle gli occhi di dosso, Kevin li guardava in silenzio, ma senza riuscire a nascondere nel suo sguardo la curiosità si sapere. Eulalia prese a giocare con una ciocca dei suoi capelli e abbassò lo sguardo a terra... allora forse Duncan aveva ragione.
<< B'è è stata un'aggressione... qualche anno fa...>>
<< Chi ti ha aggredito?>> Kevin aveva ripreso la parola, lei si girò per un attimo verso di lui, poi li guardò entrambi.                                      
<< Qualcuno... aveva un coltello io per difendermi o tirato su il braccio e quello mi ha colpito lì, fine tutto qui! Non ne voglio parlare è passato!>> in quell'istante portarono da bere al loro tavolo, Eulalia prese la sua birra e cominciò a ingurgitare il liquido ambrato, sembrava essere nervosa, forse avevano toccato un tasto dolente e Duncan decise di non chiedere altro, prendendo una sigaretta e accendendola, buttò indietro la testa e inspirò a fondo il tabacco e la nicotina, per poi ributtarli fuori in una nuvola di fumo, si rilassò, prendendo il bicchiere e mandando giù tutto d'un sorso il liquido contenuto all'interno, che gli pizzicò appena la gola. Subito dopo ordinò qualcosa di più forte... doveva dimenticare e un solo bicchiere non gli sarebbe mai bastato, continuò a bere, finché non cominciò a sentire l'alcol che gli entrava in circolo.
 << Duncan, oggi suoni con noi?>>
<< Ah?>> il ragazzo si girò verso la voce che aveva parlato, un ragazzone con le spalle larghe, massiccio e moro, con un viso tondo e un nasone a patata gli era di fronte e lo guardava, Duncan lo squadrò dall'alto al basso, ci mise un po' ma poi lo riconobbe, era Kyle.
<< Okay>> bevve tutto d'un fiato quello che gli era rimasto nel bicchiere e si alzò, dandogli una pacca sulla spalla.
<< Grande.>>

Duncan salì sul palchetto e cominciò a parlare con la band per decidere la canzone da suonare, come sempre aveva intenzione di cantare una canzone rock. Appena chiarirono tutto, Duncan chiuse gli occhi e attaccò a suonare con la chitarra elettrica, si avvicinò di un passo al microfono e iniziò a cantare, aveva intenzione di sgolarsi con la musica, mentre suonava lasciava scivolare via anche tutte le sue emozioni negative, cercando di alleviare il peso opprimente che sentiva dentro di sé, anche solo per pochi minuti. Tutti i presenti nel locale si girarono e cominciarono a battere le mani a tempo, cosa quasi impossibile, perché la canzone era Rock e non aveva il tempo adatto per battere le mani, eppure tutti lo facevano divertendosi e urlando qualcosa che non arrivava alle orecchie di Duncan, la sua mente ormai era diretta altrove.

 


Incredibile, Eulalia aveva appena finito la sua birra e lo stava osservando, chi avrebbe mai pensato che sapesse suonare e cantare? Ed era anche bravo! In tutti e due... e sì, anche molto affascinante. Insomma con il fisico statuario e armonioso fasciato da una semplice felpa nera e da dei jeans, un' espressione concentrata sul viso con le sopracciglia nere leggermente corrucciate, con i capelli bicolore leggermente appiccicati alla fronte... già quei capelli, Eulalia ancora doveva farsene una ragione, possibile gli stessero bene? Anzi lo rendevano terribilmente attraente... forse era il fatto che non li tenesse come una cresta, ma in ogni caso era un punto a favore per lui e il suo aspetto.
Eulalia smise di fare certi pensieri, smettendo di bere e ascoltando la musica. Doveva davvero ammetterlo, la voce di Duncan era fantastica, bassa, roca e potente, persino nel fare le note alte la voce gli restava comunque roca e bassa, insomma la voce che a suo parere era fantastica per un uomo! Eulalia aveva sempre odiato i cantanti con la vocina o gli acuti troppo alti, tante volte le sembravano delle voci troppo femminili, di sicuro erano bravi, ma non le davano nessuna emozione in particolare. Invece la voce di lui era davvero bella, degna di essere ascoltata.
Era talmente immersa nelle sue considerazioni personali che non si accorse che avevano appena finito, si sentì un coro di applausi alzarsi a cui si unì subito anche lei. Duncan fece un inchino e tornò al loro tavolo ordinando un'altra birra.
<< Non immaginavo suonassi.>>
<< Invece guarda un po'.>>
Kevin era già brillo e rideva senza motivo, si era persino messo a giocare con i suoi capelli, era talmente buffo con le guance e il naso rosso che Eulalia cominciò ridere guardandolo, poi lui, dopo averle sorriso divertito, si alzò dirigendosi verso il palco.
<< Kevinn>>  strascicò Duncan, segno che ormai era ubriaco anche lui. Kevin salì sul palco e prese il microfono, sotto gli sguardi divertiti dei presenti.
<< Che fai?>> Duncan si alzò in piedi barcollando leggermente, ma riuscendo comunque a rimanere in piedi e ad arrivare fino al palco senza cadere, Kevin gli fece la linguaccia in un gesto infantile, cominciando subito dopo a cantare, Eulalia lo ascoltò, constatando che anche lui era bravino, anche se un tantinello stonato.
<< Ti credi sexy?>> anche Duncan risalì sul palco, prendendolo per buttarlo giù, ma barcollando a causa dell'alcol cadde anche lui, in tutto questo i due non fecero che scoppiare in una sonora risata. Nessuno dei presenti nel locale gli disse assolutamente niente, c'era chi rideva della scena e chi semplicemente li ignorava, Eulalia naturalmente faceva parte della prima categoria, aveva le lacrime agli occhi a causa delle troppe risate.

Entrambi sempre ridacchiando si rialzarono, Duncan prese Kevin portandosi la sua testa sotto braccio mentre con l'altra mano stretta a pugno gli scompigliò i capelli in un gesto che poteva quasi sembrare affettuoso.
Appena ritornarono vicino il tavolo, Duncan lo lasciò e si accasciò sulla sedia dal ridere.
<< idiot... hip! Idiotaaa>> Kevin riusciva a malapena a parlare tra una risata e l'altra, interrotte dai singhiozzi. Si sedette anche lui ed Eulalia lo osservò divertita mentre si concentrava nella respirazione per ritrovare un minimo di autocontrollo, Duncan invece si era già un po' calmato, anche se era ancora sorridente e con i rossi dell'alcol a colorargli le guance.
<< Kevin.>>
<< Eh?>>
<< La ritroverò mai?>>
<< Io dico di si! Sei un tipo che non m... hip! Non molla>> Duncan abbassò lo sguardo, Eulalia nel guardarlo intravide una nota di tristezza con una fiamma di dolore che ardeva pigra negli occhi color carbone, si guardava le mani, che chiuse in pugno come in un gesto di convinzione o determinazione nel fare qualcosa, poi con sguardo improvvisamente diventato serio guardò Kevin.
<< Grazie, ora vado in bagno a vomitare>> di cosa stavano parlando quei due? Eulalia avrebbe tanto voluto chiederglielo, ma aveva di nuovo paura di fare la figura dell'impicciona, sapeva bene quanto potevano dare fastidio le domande inopportune, così decise di restare in silenzio e di tenersi la sua curiosità di nuovo per sé.
Improvvisamente sentì un urlo provenire dal bagno che la fece saltare sulla sedia, lo stesso accadde a Kevin e nello stesso istante si girarono verso la direzione del bagno.
<< NOO!!>> Eulalia vide Duncan correre verso il loro tavolo come un matto in fuga da qualcosa, lei si alzò e vide qualcuno dietro che lo seguiva.
<< Nono! Lontano da me! Ti avverto, mi vedrò costretto a farti del male!>> Duncan saltò sul tavolo e rotolò per raggiungere l'altro lato, Eulalia a quel punto scorse chi era a seguirlo, la stessa ragazza mora del cortile della scuola, la matta che aveva pianto istericamente... solo che era completamente ubriaca.
<< Perdonami! Non avrei mai dovuto lasciarti amore mio!>>
<< Ma se non siamo mai stati insieme!>>
Eulalia vide Duncan correre verso destra, la ragazza salì sul tavolo e lo raggiunse barcollando, ma nonostante tutto era lo stesso molto veloce, la ragazza sapeva che non era molto carino, ma non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere.
Duncan ormai era in trappola, con le spalle al muro, la sua faccia era una maschera di panico mentre la ragazza gli si parava davanti.
<< Tesoruccio!>>
<< No! Fermati! Non t'avvicinare!>> Duncan alzò le braccia per proteggersi da una possibile aggressione, Kevin, che era rimasto seduto sulla sedia, stava morendo dalle risate con il viso completamente rosso.
<< Ma io ti amo, tu devi amare me!>>
<< Ma tu sei malata.>>
La matta, ovvero Ginny, gli si buttò addosso spingendolo contro il muro e saltandogli in braccio, allacciando le gambe intorno ai suoi fianchi e aggrappandosi con le braccia alle sue spalle.
<< Io farò da testimone alle nozze!>> disse Kevin continuando a ridere, Eulalia rise ma dentro di sé cominciava anche a provare un po' di pena per Duncan, che intanto dopo aver fulminato Kevin con un semplice sguardo minaccioso, faceva di tutto per levarsela di dosso.
<< Devi amare me!>>
<< No! Staccati! Voi due aiutatemi no?!>> Kevin si avvicinò tranquillo con sul volto disegnato un sorrisetto bastardo.
<< Mmm fammi pensare...>>
<< Kevin! Bastardo ti faccio dormire per terra!>>
<< Ciao>> Kevin si allontanò da lui ridacchiando, nel frattempo Ginny aveva cominciato a dargli tutti baci appassionati sul collo e su più o meno tutto il viso, il povero Duncan gli mise le mani in faccia nel vano tentativo di fermarla.
<< Levati!>>
<< No!>> la ragazza gli diede una pizza sul petto, ed Eulalia vide Duncan diventare rosso, non si capiva se più dalla rabbia o dallo stupore.
<< Aio! Tu sei matta! Devi stare lontano da me!>>
<< Ma che dici?>> Ginny scoppiò a ridere ubriaca e continuò a baciarlo, forse in fin dei conti era davvero fuori di testa, o magari solo appiccicosa, in ogni caso insopportabile. Ginny diede un morsetto alla guancia di Duncan, che le fece slacciare con forza le gambe dalla sua vita, ma senza riuscire a staccarsi quella ventosa umana del tutto di dosso.
<< Cristo falla finita! E voi datemi una mano! Eulalia almeno tu!>> ringhiò furioso e leggermente disperato Duncan.
Eulalia si avvicinò a Kevin ed insieme escogitarono un veloce piano per liberarlo, Kevin prese Ginny da dietro cingendole i fianchi con le braccia e allontanandola a forza da Duncan, che tirò un sospiro di sollievo, allontanandosi velocemente per mettere quanta più distanza possibile tra lui e la ragazza, che non si arrese e cominciò a protestare fastidiosamente, così Eulalia si avvicinò a Duncan e lo prese sotto braccio.
<< No, io ti amo non tenermi lontana.>>
<< Mi dispiace, chiunque tu sia ma questa sera la passa con me... e intendo tutta la sera compresa la notte, saremo molto, ma molto occupati sotto le coperte e non penso ci sia bisogno di specificare che non staremo a dormire, quindi trovati qualcun'altro>> Eulalia assunse il tono più seducente che poté, con un'espressione di finta malizia e pavoneggiandosi come aveva visto fare ad alcune ragazze a scuola sua mentre si vantavano di cose loro.
<< C-cosa?>>

Eulalia fece spallucce, con ancora le labbra aperte in quel finto sorrisetto malizioso, Duncan la guardò con vero stupore aggrottando le sopracciglia senza capire. Eulalia sorrise e gli fece l'occhiolino per fargli capire di dover reggergli il gioco, lo trascinò fuori e subito dopo li raggiunse anche Kevin, che gli fece cenno di correre per essere sicuri di non essere seguiti. Appena girato l'angolo si fermarono per riprendere fiato. Eulalia si poggiò al muro e si mise con le mani sulle ginocchia facendo tre respiri profondi e subito dopo scoppiò a ridere seguita da Kevin e infine da Duncan.
<< Grande e grosso e non sai liberarti da una ragazza.>>
<< Ma non posso mica picchiarla!>>
Kevin si rialzò, puntando gli occhi azzurri su tutti e due.
<< Dai andiamo, ideona! Tutti a casa a cazzeggiare vai!>>
<< Okay, così mi bevo un'altra birra.>>
<< Un'altra? Ma voi due non vi stancate mai?>> esclamò Eulalia ad entrambi i due ragazzi, che si scambiarono uno sguardo veloce, per poi riguardare lei mentre intanto incominciavano ad avviarsi. A risponderle fu Duncan.
<< No, ci sono due gioie nella vita che amo più di tutte, una è l'alcool.>>
<< E la seconda?>>
<< B’è non posso dirtelo, sei una bambina>> Duncan cominciò a ridacchiare basso, guardandola con quel sorrisetto irritante, lei alzò gli occhi al cielo spazientita.
<< Oh capito... idiota! A mio parere sono entrambe sbagliate>> mentre camminavano per la strada, Duncan fermò una signora e le fece cenno di avvicinarsi, dagli occhialoni che la donna portava, il maglioncino grigio e i capelli mori con ciocche di capelli grigi raccolti in una crocca, Eulalia dedusse che doveva avere si e no una cinquantina d'anni.
<< Signora scusi il disturbo, ho perso una scommessa e devo farle una domanda, il sesso è una gioia della vita?>>
<< B’è sì, mi sembra ovvio>> appena la donna, leggermente in imbarazzo dalla domanda postagli, si fu allontanata da loro, Duncan scoppiò a ridere di gusto e guardò Eulalia.
<< Lo sa anche la signora >> disse con voce ancora dipinta dal divertimento.
<< E quindi? Magari è una ninfomane, ma comunque ciò che intendo io è diverso.>>
<< Provare per credere, se non lo provi non lo sai e fidati è davvero una gioia.>>
<< Immagino che tu ne sia un esperto giusto?>> Eulalia cercò di assumere un tono sarcastico e non irritato come era in realtà.
<< Ovviamente>> Duncan sfoderò il suo solito sorrisetto e la guardò trionfante, Eulalia alzò gli occhi al cielo decidendo di smettere quel discorso. Prese il cellulare per guardare l'ora, accorgendosi che era decisamente tardi e lei doveva assolutamente tornare.
<< Io devo tornare.>>
<< Di già? Non siamo neanche arrivati a casa nostra.>>
<< Dormi da noi, io se è dormo sul divano.>>

Eulalia si girò verso Kevin e gli fece cenno di no con la testa, fermandosi per tornare indietro. Non fece in tempo a prendere la sua strada che sentì qualcuno da dietro spingerla in avanti, si girò e vide Duncan con le mani sulle sue spalle che la spingeva verso la direzione di casa loro.
<< Su su sei grande puoi bypassare il coprifuoco.>>
<< No non posso, le regole dicono che non posso dormire fuori>>  aveva detto regole? Non era proprio quello che avrebbe detto una ragazza con una famiglia.
<< Che regole?>>
<< Quelle di casa mia... mio padre non vuole>> Eulalia sospirò, per fortuna era allenata a inventare scuse come quelle in eventualità di trovarsi in situazioni come quella.
<< Ma dai! C'osé tuo padre è un dittatore? Chiamalo e ci parlo io.>>
<< No, ora dorme, se domani si sveglia e non mi vede si incavola di brutto>> Eulalia si impuntò coi piedi, cercando ti tornare indietro, ma alla spinta si unì anche Kevin.
<< Se si arrabbia poi ci parlo io.>>
Eulalia si ritrovò a pensare che se anche avesse avuto un padre, farlo parlare con Duncan non sarebbe stata comunque una buona idea.
<< No, lui lavora sempre.>>
<< Su dormi da noi, tanto tu domani devi andare a scuola no? Lui penserà che ti sei svegliata presto e che sei già a scuola, invece salterai scuola con noi, molto semplice.>> Eulalia guardò Duncan quasi convinta, l'intera idea non era per niente male, insomma una serata passata fuori per una ragazza della sua età era assolutamente normale... ma per una che viveva in un orfanotrofio pieno di rigidi orari, che non le permettevano di dormire fuori la notte era un bel problema, insomma le uniche volte in cui aveva dormito fuori l'orfanotrofio era stato quando qualche famiglia l'aveva adottata temporaneamente e non era stata una bella esperienza, almeno per le prime notti aveva avuto paura di tutto, tutti i visi delle persone e la casa in cui stava le erano estranei, come la camera in cui dormiva e poi... proprio quando cominciava ad abituarsi, lo scenario tornava di nuovo quello dell'orfanotrofio, dato che per un motivo o per un altro la riportavano indietro.
Ma pensandoci bene, era successo anche che dormisse da qualche amica, ma aveva comunque dovuto avvertire suor Catarina almeno cinque giorni prima e in ogni caso, era successo quando era piccola.
<< Andiamo hai paura di far arrabbiare il tuo vecchio? Se è così non hai le palle.>>

Eulalia si riprese dai suoi pensieri e lo fissò negli occhi con rabbia.
<< Io non... e va bene! Ma se si incavola sarà solo colpa vostra!>>
<< Brava! Forza allora!>> Eulalia vide Duncan ghignare di soddisfazione, non era ancora del tutto convinta, sicuro questo trasgredire alle regole avrebbe fatto infuriare suor Catarina, ma perché aveva accettato? Non per le battutine di Duncan, questo era certo, ma Eulalia cominciava a sentire il bisogno di essere indipendente, di fare esperienze a lei nuove, e poi ormai la cavolata l'aveva combinata.
Camminarono fino ad arrivare nelle zone del Greenwich Village, attraversarono una piccola stradina ed Eulalia notò che era una zona abbastanza tranquilla. Si fermarono davanti un palazzo che doveva avere all'incirca forse dieci piani, pieno di finestre appartenenti ai vari appartamenti, il portone principale che avevano davanti era il classico in legno lucido.
Eulalia riportò lo sguardo su Duncan, lo vide impegnato nell'aprire la porta, solo che osservandolo meglio si accorse che lui stava cercando di infilare la chiave al contrario... il bello era che ci stava anche mettendo una buona dose di impegno.

Dopo vari minuti parve che una lampadina gli si accendesse nel cervello, facendogli vedere l'assurdità che stava compiendo.
<< Ecco perché non si apriva>> Duncan scoppiò a ridere come un idiota, rischiando di cadere all'indietro e Kevin si unì a lui, avvicinandosi come pronto a prenderlo.
<< E su apri!>>
<< Ei non è facile! Kevin apri tu, no stai peggio di me>> Duncan continuò a ridere e passò le chiavi ad Eulalia, sembrava impossibile, come poteva un ragazzo ridere così tanto in una sola serata?.
<< Rossa apri tu va.>>
Eulalia prese le chiavi e aprì, il dentro del palazzo era carino e semplice, si trovava un piccolo atrio con delle scale che portavano a un altro portone, ed Eulalia aprì anche quello, dato che c'erano solo altre due chiavi da provare, era andata per esclusione. Superato il portone con quei due dietro che si sorreggevano l'un l'altro e ridacchiavano, si presentarono loro altre scale, ma Duncan le indicò la porta alla loro destra, per fortuna! Con quei due Eulalia dubitava fortemente che avrebbero fatto più di quattro gradini.
Appena aprì la porta, Eulalia si spostò per lasciarli entrare e vide Duncan con Kevin che cercavano di entrare contemporaneamente, entrambi spinsero fino a cadere in avanti tutti e due, naturalmente scoppiarono a ridere come matti, inutile dire che anche Eulalia si mise a ridere, era un comportamento talmente stupido che avrebbe fatto ridere chiunque.
<< Ma che fai? Idiota!>> la voce leggermente impastata di Duncan risuonò più divertita che irritata.
<< Che zucca vuota che sei, c'ero prima io!>>
<< Ma io sono il proletario di casa, quindi io entro per primo!>>
<< Ah b’è scusa hai ragione, prima le signore>> Kevin si alzò e fece segno a Duncan di andare avanti, quest'ultimo si alzò dandogli una pizza non troppo forte dietro il collo.
<< Coglione.>>
Eulalia entrò subito dopo di loro, l'appartamento era davvero carino, l'atrio era piccoletto e davanti le si presentò subito un piccolo corridoio, che dava sulla destra e che sbucava nel salone, molto più grande e illuminato da un lampadario di grandezza media.
Eulalia seguì Duncan in un'altra porta vicina il salone, la cucina. Questa era più piccola, dotata solo del piano fornelli, un forno e subito attaccato ai fornelli il frigo, nel centro si trovava un tavolino con quattro sedie.
<< Voi vivete qui?>>

Duncan si allontanò verso un altro corridoio che dava a sinistra del salone, entrò in quella che sicuramente doveva essere la sua camera e stette lì dentro dieci minuti, per poi riuscire con addosso dei pantaloni da tuta e una canottiera, rispondendo tardivamente alla sua domanda.
<< Sì, lui è il mio coinquilino da due anni, coinquilino abusivo>> Duncan assottigliò gli occhi e guardò storto Kevin, che lo ignorò semplicemente buttandosi sul divano.
<< Da quanto vivete qui?>>
<< Da quasi tre anni>> Duncan si sedette e accese la Tv, scorrendo tutti i canali in cerca di qualche programma interessante.
<< Io quasi due, ci siamo incontrati a scuola dopo che è stato bocciato due volte al quinto, mi ha adorato dal primo momento e così sono venuto qui,dato che con i miei era una rottura enorme, pieni di regole... e ora sono qui, Duncan mi ha implorato di graziarlo con la mia presenza in casa sua>> Duncan diede il telecomando in testa a Kevin, guardandolo malamente.
<< Come scusa? Io ti ho implorato? Ma se sei sempre qui a rompermi le palle! Io ti avevo anche detto che non volevo in casa un biondo ossigenato e rompi palle.>>
Kevin fece spallucce, stendendo le labbra in un sorriso.
<< Ammettilo che senza di me non vivi.>>
<< Ma vaffanculo.>>
<< Le tue dichiarazioni d'affetto sono sempre molto importanti per me!>> Duncan sbuffò con un accenno di sorriso a illuminargli il volto. Eulalia dopo averli osservati con divertimento capì che tra quei due, a dispetto delle apparenze, c'era davvero una bella amicizia.
<< Io comincio ad avere sonno, dove posso dormire?>>
<< Nella camera di Kevin, lui dorme sul divano, comunque anche io vado a dormire, ah se ti senti male o stai per morire non andare da Kevin perché non si sveglierebbe, la mia camera è accanto alla tua, hanno la porta comunicante>> Duncan si alzò e si avviò verso la sua camera dandogli la buonanotte e scomparendo dietro la porta.
Eulalia ridacchiò vedendo Kevin che si stava beatamente stendendo e addormentato sul divano, si alzò e andò nella "sua stanza". Appena dentro si buttò sul lettone enorme che le si presentò davanti, era davvero comodo e senza accorgersene si addormentò di botto.

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Capitolo 3
*** Paura di un semplice bacio ***


                                                                                 PAURA DI UN SEMPLICE BACIO

Eulalia si svegliò nel pieno della notte, si passò una mano sul collo, sentiva un leggero dolore, sicuro come suo solito aveva dormito storta, i vestiti le si erano appiccicati al corpo a causa del sudore. Si alzò ancora assonnata e barcollante cercando a tentoni il tasto della luce alla parete, appena la luce inondò la stanza la osservò bene, non era esageratamente grande, una finestra, le pareti color crema, un letto che doveva essere da una piazza e mezza che occupava la maggior parte dello spazio nella camera, un comodino in legno al fianco della testiera del letto e un armadio, insomma era molto ospitale, se non glielo avesse detto Duncan, Eulalia non avrebbe mai pensato che quella potesse essere la stanza di Kevin, non era per niente personalizzata.
Aveva assoluto bisogno di farsi una doccia calda, ma dov’era il bagno? Nella sua camera non c’era, così si avvicinò alla porta comunicante con la stanza di Duncan e la aprì leggermente, giusto per sbirciare e vedere se dormiva, lo vide poggiato alla finestra intento nel parlare al telefono.
<< Quindi no... okay, no no grazie comunque, al Santa Maria Leone dice? Potrei provare... grazie mille lo stesso.>>

Lo osservò di nascosto, indecisa se entrare o meno, Duncan aveva appena riattaccato e sembrava essere arrabbiato, dato che lanciò il telefono a terra per poi prendersi la testa tra le mani in un gesto simile alla disperazione. Eulalia fece un respiro profondo e bussò leggermente.
<< Duncan?>>
<< Entra.>>
Eulalia entrò e socchiuse la porta dietro di sé, lo osservò, i capelli arruffati, gli occhi neri stanchi e assonnati, aveva indosso solo i pantaloni della tuta ed era scalzo. si ritrovò ad osservarlo con attenzione, come faceva a essere così maledettamente bello anche alle due di notte? Insomma lei sarebbe potuta passare per uno zombi, con i capelli arruffati e alcune ciocche appiccicate dal sudore, le occhiaie sotto gli occhi provocate dal sonno e il viso stanco.
<< Allora stai per morire?>>

Eulalia si ridestò dai suoi pensieri, lo seguì con lo sguardo mentre si stendeva sul letto.
<< No, volevo sapere dov’è il bagno.>>
Duncan si portò il computer poggiato sul comodino vicino e con la mano le indicò la porta a destra nella sua camera.
<< Ehm... si ma... volevo sapere se potevo fare la doccia.>>
<< Certo>> Duncan fece spallucce e prese ad armeggiare con il computer, Eulalia rimase ferma dov'era e lui alzò lo sguardo su di lei.
<< Vai tranquilla>> le fece cenno con la mano, poi si rimise al computer. Eulalia leggermente in imbarazzo, annuì e si diresse al bagno chiudendo la porta e osservandolo, non era molto grande, ma c’era quello che bastava, una doccia, un lavandino, un water e un bidè, il tutto in mattonelle celestine.

Si infilò nella doccia, l’acqua calda sulla pelle nuda le dava sempre una bellissima sensazione, un leggero torpore piacevole che le si espandeva per tutto il corpo. Rimase sotto la doccia per una buona mezz'ora, lavandosi più volte i capelli, notando purtroppo che Duncan non aveva il balsamo, che per lei con i capelli così lunghi era davvero vitale... ma pazienza, si adeguò lavandoli solo con lo shampoo.
Appena chiuse l’acqua sentì Duncan urlarle dalla stanza che poteva prendere l’accappatoio blu. Appena uscita se lo infilò notando che le stava tremendamente grande, arrivava a coprirla fino ai piedi, mentre le maniche le coprivano anche le mani, in più constatò che ci sarebbe potuta stare quattro volte dentro quell’asciugamano, si sentiva un po’ come cucciolo dei sette nani, che aveva sempre le maniche più lunghe delle braccia, sorrise e uscì dal bagno.
<< Mi sta enorme.>>
<< Perché è mio>> appena fuori, Eulalia trovò Duncan di nuovo poggiato alla finestra, questa volta però guardava in su con lo stesso sguardo sognante che Eulalia gli aveva visto la prima sera che lo aveva conosciuto, sognate ma allo stesso tempo quasi nostalgico, sempre con quella nota di tristezza.
La testolina rossa di Eulalia cominciava a pensare che il cielo stellato per lui non fosse solo uno spazio pieno di puntini luminosi, più che altro qualcosa di importante, che fosse legato al passato?.
<< Ti piacciono davvero tanto le stelle.>>
<< Così pare>> un leggero sorriso nostalgico si fece strada sulle labbra di Duncan, poi si girò verso di lei.
<< Non scherzavi, ti sta davvero enorme.>>

Eulalia sorrise leggermente.
<< Okay... mi vado a cambiare>> Eulalia rientrò nella "sua" stanza lasciando Duncan intento nel fissare le stelle, si asciugò e infilò i vestiti del giorno prima, tanto sarebbe dovuta tornare all'orfanotrofio, lì si sarebbe cambiata.
Si diede un'asciugata con l’asciugamano ai capelli, poi tornò nella stanza di Duncan per ridarglielo. Lo trovò seduto sul letto con lo sguardo sempre rivolto verso la finestra.
<< Scusa di nuovo il disturbo, ti ho riportato l’accappatoio.>>
Lui gli si avvicinò prendendo l’accappatoio dalle sue mani, ed Eulalia non poté fare a meno di guardarlo, insomma era a petto nudo così vicino a lei, con quegli addominali rifiniti che sembravano quasi essere stati scolpiti. Eulalia aveva letto mille libri in cui si trovavano ragazzi bellissimi, paragonati a modelli o a dei greci per la loro smisurata bellezza, b'è se Duncan fosse stato uno dei personaggi dei suoi libri, sarebbe stato di sicuro uno di quei ragazzi, bellissimi e con lo sguardo serio, gli occhi scuri e profondi come due pozzi.

La ragazza deglutì a vuoto, davvero lo stava fissando come un'ebete fantasticando sulla sua bellezza? Duncan per fortuna non pareva aver notato il suo sguardo, forse era semplicemente abituato a ricevere sguardi interessati.
<< Dio che fame.>>
Eulalia allargò le labbra in un sorriso guardandolo.<< B'è mangia.>>
Duncan aprì il cassetto di fianco il letto, tirando fuori due barrette di cioccolato, alla vista del cioccolato le venne l’acquolina in bocca e il suo stomaco per farglielo notare meglio prese a brontolare talmente forte che lo sentì persino Duncan, che disegnò con le labbra un ghignò strafottente.
<< Ne vuoi?>>
<< Ehm... forse>> Duncan si sedette sul letto a gambe incrociate senza smettere di guardarla, alzò il braccio verso di lei con la cioccolata in mano.
<< Cos’è mi hai preso per un cagnolino?>>
<< Su vieni Bobby, vieni su su>> se un attimo prima lo guardava con gli occhi sognanti, in quel momento lo avrebbe volentieri incenerito con lo sguardo, erano modi da usare quelli? Ma se aveva intenzione di giocare Eulalia era la persona giusta, si stampò sul viso un sorriso finto e gli si avvicinò con cautela, non appena gli fu abbastanza vicina gli strappò tutte e due le barrette di cioccolato dalla mano e scappò via nel salone, Duncan li per li rimase fermo a fissarla correre via, poi prese a rincorrerla e ad urlarle dietro.
<< No! La mia cioccolata, maledetta!>> Eulalia arrivò al salone, si girò verso di lui divertita e gli fece la linguaccia, Duncan le si parò davanti saltando il divano e rischiando di schiacciare il povero Kevin, che dormiva beato e ignaro di tutto. Eulalia si girò ma fece giusto in tempo ad arrivare nella cucina che si sentì cingere la vita da dietro, allontanò la cioccolata il più possibile.
<< E’ mia dammela!>>
<< NO! Ormai l’ho presa, è mia!>>
<< E’ mia!>> Duncan strinse la presa intorno alla sua vita e se la portò più vicina, per poi allungare l’altro braccio nel tentativo di prendere la cioccolata. Eulalia sentiva gli addominali di lui premerle sulla sua schiena, erano tremendamente vicini, se non appiccicati e non poté impedirsi di arrossire.
<< Dammela! La voglio! Anzi la pretendo!!>> Duncan si avvicinò ancora di più a lei.
<< Nono tu non sei stato affatto gentile>> Eulalia mise una mano sul braccio di Duncan che le cingeva la vita e cercò di spostarlo.
<< Come no? Ti ho offerto un pezzo della mia preziosa cioccolata!>>
<< Sì, ma non l’hai offerta nel modo giusto!>>
<< Ma dai! Ti avverto se non mi dai la cioccolata ti mordo!>>
<< No, ma che mordi, sei un cane?>> Eulalia continuò ad allontanare le barrette dalla mano di Duncan, lui le diede una spintarella col braccio sul suo e le fece cadere le due barrette, ci fu giusto un secondo di silenzio in cui entrambi si guardarono, poi Duncan si lanciò per terra strisciando verso le barrette. Eulalia lo superò afferrandone una, ma il ragazzo la acchiappò per le gambe facendola cadere, Eulalia rise, era tutto così assurdo ma allo stesso tempo così divertente mentre si litigavano quelle barrette come fossero la cosa più preziosa al mondo.
Duncan le salì sopra sempre tirando dalla sua parte la barretta.
<< Guarda che se non ti levi ti do un calcio nelle palle!>>
<< Tu ridammela! E io mi levo!>> continuarono a tirare, ognuno dalla sua parte, poi si sentì un piccolo “stoc”ed entrambi stupidamente sorpresi, notarono che la barretta si era spezzata a metà.
<< Oh... B'è...>> Eulalia guardò la sua parte e scoppiò a ridere.
<< Ma che ti ridi?>> nel momento stesso in cui lo disse, anche Duncan contagiato dalla risata della ragazza cominciò a ridere.
<< Tutta questa lotta e vorrei ricordarti che c’è un’altra barretta da qualche parte sul pavimento.>>
<< A già>> Duncan tornò serio e cominciò a guardarsi intorno alzandosi. Eulalia non si era resa conto che fosse ancora sopra di lei, lui gli tese la mano per aiutarla e lei la prese alzandosi e cominciando a mangiare la sua parte di cioccolata, vinta dopo una faticosa lotta. Duncan si mise a quattro zampe e gattonò per la stanza, guardando sotto il mobile della cucina.
<< Ah aaa!>> mise un braccio sotto il mobile e tirò fuori la barretta, con uno sguardo soddisfatto.
<< Alleluia!>>

Eulalia finì di mangiare e vedendo la seconda barretta ancora nelle mani di Duncan gli si avvicinò, guardandolo con gli occhioni azzurri.
<< Non guardarmi così.>>
Eulalia continuò a fissarlo con gli occhioni lucidi e cominciò a dondolare leggermente, quella tecnica l’aveva usata mille volte all’orfanotrofio, la suora che si prendeva cura di lei non aveva mai resistito a quello sguardo e lo stesso valeva per Duncan, che abbassò appena gli occhi per non guardarla dritto in quei due pozzi azzurri che lo stavano intenerendo e sorrise leggermente, divertito.
<< Daiii>> Eulalia non si arrese e facendo la vocina da bambina gli si avvicinò.
<< Sei un accollo sai>> Duncan sorrise, levando la carta da intorno la barretta, spezzandola e passandole un pezzo.
<< Funziona sempre>> Eulalia sorrise divertita mangiando anche il secondo pezzetto di cioccolata, tra loro calò il silenzio mentre tutti e due erano intenti nel mangiare e gustarsi la cioccolata, Duncan si alzò subito dopo aver finito.
<< B’è io ho sonno, me ne torno a letto.>>
<< Si anche io, buonanotte>> Eulalia tornò nella stanza, erano le due e mezza di notte, ma in realtà non aveva per niente sonno, era solo preoccupata, sapeva che non essendo tornata sicuramente aveva fatto preoccupare qualcuno all’orfanotrofio, per non parlare del fatto che avesse trasgredito una regola, cosa le era passato per la testa?.

Si alzò mettendosi le scarpe e il giacchetto, i capelli li aveva ancora bagnati ma per fortuna aveva il cappuccio, se lo tirò su, per poi sbirciare dalla porta comunicante, l’unica cosa che vide furono due piedi sul letto, forse Duncan già dormiva. Eulalia tornò nel salone, prima di uscire scrisse un veloce messaggio lasciandolo sul tavolo della cucina, poi cercando di fare il meno rumore possibile, uscì.
Appena fuori l’aria fredda la colpì facendole venire i brividi, per fortuna sapeva come tornare all’orfanotrofio da sola, si mise a correre, stare in giro per New York a quell’ora era tutto tranne che sicuro.
Era stata bene, Duncan e Kevin erano stati davvero gentili ad ospitarla per una notte e sicuramente il modo in cui li aveva lasciati non era dei migliori, praticamente era scappata, certo se solo fosse stata una ragazza con una madre e un padre non avrebbe avuto problemi a restare da loro, facendo una semplice chiamata… ma non era il suo caso.
Attraversò la strada, di gente in giro ancora ce n’era, Eulalia col cappuccio sulla testa cercava di non guardare nessuno, camminando sul marciapiede guardando dritta davanti a sé, per fortuna quelle zone anche non essendo proprio le più ricche, erano abbastanza sicure. Girò l’angolo e poi eccolo lì, un palazzetto basso a soli due piani, non bello visto da fuori, dato che aveva i mattoni di un marrone smorto, le finestre non troppo pulite. Ma il dentro non era tanto male, insomma le forniva una camera con un letto, un armadio e una scrivania tutta sua, in più le fornivano da mangiare, dei vestiti e un posto caldo, tutto ciò che non avrebbe avuto se non fosse stata lì dentro, la gente poteva dire quello che voleva, ma quella era casa sua.
Appena entrata dentro, trovò Suor Catarina appostata vicino la porta della sua camera, Eulalia fece un respiro profondo e le si avvicinò abbassandosi il cappuccio.
<< Eulalia! Ma si può sapere dove sei stata?! Mi hai fatto morire di paura! Li fuori è pericoloso!>>
Catarina urlava con voce seria senza preoccuparsi che avrebbe potuto svegliare qualcuno.
<< Scusa... è che si era fatto tardi e una mia amica mi ha invitato a stare da lei, poi... sono tornata perché sapevo che altrimenti ti saresti preoccupata>> Eulalia abbassò lo sguardo, sapeva che mentirgli non avrebbe migliorato la situazione, ma se gli avesse detto che aveva passato la sera da due amici, tutti e due maschi, avrebbe sicuramente dato di matto.
<< Da sola?! Ma ti rendi conto di quanto è pericoloso? Dei delinquenti che potevi trovare a quest'ora?!>>
<< Sì, mi dispiace ma vedi... è tanto che non avevo qualche amica da cui stare e non sono riuscita a dirgli no>> Catarina sospirò, calmandosi.
<< Va bene, ma tu sai che il regolamento dice che non puoi dormire fuori... voglio che torni tutti i giorni alle sei qui, vedila come ti pare, anche come una punizione, ma voglio che lo fai chiaro? Altrimenti scalo di un'ora.>>

Eulalia sospirò, da Catarina se lo aspettava, ma in fondo lei era come una nonna, da quando era piccola Eulalia ricordava che era quella donna che si era presa maggiormente cura di lei, curandogli le ferite che si era procurata giocando, che quando aveva la febbre le stava accanto, la aiutava nei compiti per casa, nei problemi adolescenziali, ad ascoltarla quando piangeva per un qualsiasi motivo. Ed Eulalia ricordava bene che la prima volta che l'avevano data in affidamento a una famiglia aveva pianto tutto il giorno, perché non voleva lasciare suor Catarina.
<< Va bene, ora vado a dormire, buonanotte>> Eulalia la salutò entrando nella sua camera e buttandosi sul letto.

 

 


Duncan si svegliò nuovamente, quella sera il sonno non ne voleva sapere di arrivare, camminando lentamente uscì dalla sua camera, tutto era di nuovo avvolto nel silenzio e nel buio, mentre poco prima era riempito dalle risate e dalle urla di Duncan e Eulalia che si litigavano la cioccolata.
Duncan sorrise e camminando verso la cucina, notò dallo spazio sotto la porta che la luce della camera di Kevin era accesa, ma Eulalia non stava dormendo? Duncan si avvicinò alla porta bussando leggermente, non ricevendo risposta aprì leggermente la porta, ma dentro non vide nessuno, dov'era finita Eulalia? Duncan spense la luce e andò in cucina, chissà magari anche lei non aveva sonno e si era alzata. Appena fu in cucina, la prima cosa che notò fu un bigliettino poggiato sul tavolo, scritto velocemente, lo prese e lesse ciò che c’era scritto sopra:

- Sono tornata a casa, grazie per l'ospitalità e per la cioccolata.
P.S. non ti preoccupare se è tardi, me la so cavare, sono una bambina indipendente, buonanotte.

Duncan sorrise, quella ragazza era davvero strana, che bisogno aveva di tornare a casa a quell’ora tutta di fretta? Non gli sarebbe bastato fare una semplice chiamata? Duncan non sapeva quanto avrebbe dovuto stare tranquillo, infondo stare in giro per New York a quell'ora era pericoloso, ma cosa doveva fare? Andarle dietro? Se solo glielo avesse detto l'avrebbe accompagnata. Duncan scosse la testa facendo spallucce, ormai era andata, l'avrebbe fatta chiamare da Kevin il giorno dopo tanto per accertarsi che stesse bene.
Si ritrovò di nuovo a pensare a quello che era successo poco tempo prima, a come gli aveva risposto per le rime al bar, di quando si era accorto della sua cicatrice… Eulalia era una ragazza particolare, sembrava nascondere sempre qualcosa, ma aveva anche particolarmente diverso dalle altre ragazze che aveva sempre frequentato, quella testolina rossa non aveva mai fatto niente per farsi notare e gli teneva testa.
<< Dovevi saltare la scuola con noi>> sussurrò Duncan involontariamente, mettendosi il foglietto in tasca e andando nella sua camera.

 

 


Eulalia passeggiava per la strada, quel giorno si era svegliata in tarda mattinata a causa dell'ora tarda fatta la sera prima, era corsa a scuola e per fortuna era comunque arrivata in orario, era stata attenta a tutte le lezioni, sempre vicina di banco a Kevin e lo aveva anche aiutato a capire alcuni argomenti di matematica che sembravano non volergli entrare in testa. Finita scuola era andata a casa, Kevin le aveva detto che se avesse avuto del tempo libero l'avrebbe chiamata e si sarebbero fatti un giro insieme, così avrebbe potuto raccontargli tutto quello che era successo dopo che si era addormentato sul divano la sera prima.
Eulalia aveva svolto tutti i compiti per il giorno dopo ed essendo solo le quattro del pomeriggio aveva deciso di farsi un giro nei dintorni del suo quartiere, era una bella giornata e per lei era davvero rilassante passeggiare stando da sola, in silenzio per poter anche rimettere in ordine i pensieri, o semplicemente per sgranchirsi le gambe. Certo di sicuro andare nelle zone di L'upper Est side o della Fifth evenue che tra l'altro era una delle strade più importanti al mondo, sarebbe stato sicuramente molto meglio essendo zone molto popolari e ricche... ma insomma, Eulalia lo trovava inutile, perché andarci se poi non avrebbe potuto fare niente? Sarebbe dovuta restare lì a guardare incantata tutte le vetrine e le decine di grattacieli e palazzi lussuosi che lei non si sarebbe mai potuta permettere. Magari a immaginarsi una vita in cui era lei quella che entrava e usciva dai negozi con decine di buste in mano, per poi tornare al suo lussuoso appartamento.

Preferiva farsi un bel giro vicino la sua zona e restare con i piedi per terra, sognare serviva a ben poco.
Era appena uscita dal parchetto e ora stava costeggiando una fila di negozi lungo il marciapiede, si sentiva della musica in lontananza, doveva sicuramente essere un pub o roba del genere. Erano solo le quattro e mezza e Kevin non l'aveva chiamata, sicuramente aveva da fare, lei cosa avrebbe dovuto inventarsi per passare il pomeriggio? Di girovagare ancora non se ne parlava, cominciava a stufarsi.
Mentre pensava a cosa avrebbe potuto fare passò vicino una vetrina, che le restituì il suo riflesso, Eulalia si fermò un attimo, il vento le aveva scompigliato tutti i capelli poco prima pettinati, se li sistemò in modo da andare in giro più sistemata. Odiava specchiarsi... il riflesso dava a vedere una ragazzetta chiara di pelle, di altezza media e magra, con i cappelli rossi e lunghi fino a raggiungere la vita molto voluminosi, gli occhi azzurro ceruleo, con indosso dei jeans chiari e un giubbotto nero sopra.
Quella era lei, ma ogni volta che si specchiava le venivano sempre in mente le stesse identiche domande, di chi erano quei capelli rossi? E quegli occhi? A chi somigliava di più? A quello che era suo padre o a sua madre? Se avesse avuto una famiglia sua che cosa le avrebbero detto? Che era tutta suo padre? O che magari il suo essere testarda e silenziosa lo aveva ripreso da sua madre, o magari da suo padre… chi lo sa magari invece era tutta sua madre.
Eulalia sbuffò riprendendo a camminare, inutile, sarebbero state domande alle quali nessuno avrebbe mai dato una risposta, se per gli altri erano la cosa più normale del mondo, per lei invece erano le domande di una vita, avrebbe dato qualsiasi cosa pur di vedere almeno una volta i suoi genitori.
In quel momento il telefono le prese a squillarle, distraendola.
<< Pronto?>>
<< Ei Eualia sono Kevin, dove sei?>>
<< In giro perché?>>
<< Potresti venire nelle al nuovo pub pomeridiano, vicino a 9° strada?>> Eulalia si guardò dietro, il pub era poco lontano dalla strada in cui si trovava.
<< Sì… ma perché?>>
<< Lo vedrai venendo qui, diciamo che ho bisogno del tuo aiuto>> Kevin le sembrava nervoso, così Eulalia gli disse che sarebbe stata lì in dieci minuti, chiuse la chiamata e si incamminò per la strada.

Arrivò vicino il pub in poco tempo e la prima cosa che vide fu Kevin intento a separare due persone, di cui una aveva i capelli bicolore, che fosse Duncan? Eulalia si mise a correre per raggiungerli, e sì, da vicino constatò che era proprio lui, intento in una lotta con un altro ragazzo, che doveva essere poco più grande di lui, mentre il povero Kevin tentava invano di separarli.
<< Duncan!! E tu tizio! Basta cazzo!>> urlò Kevin ai due, che si diedero altri due o tre cazzotti, poi Duncan con un gomitata allo stomaco e un calcio ben assestato sulle gambe lo fece cadere a terra, il ragazzo con cui si stava fronteggiando sputò sul marciapiede, in un gesto che fece ribrezzo ad Eulalia, poi si rialzò, guardandolo in cagnesco per poi rientrare nel pub visibilmente irritato e facendogli il dito medio prima di scomparire dietro le porte. Duncan a quanto pareva non aveva ancora finito, visto che stava per andargli dietro.
<< Duncan! Non ti sembra di aver lottato abbastanza per oggi?>> lui si girò verso Eulalia, visibilmente sorpreso di vederla.
<< Ah, ma ci sei anche tu>> Duncan si poggiò con la schiena al muro.
<< L'ho chiamata io, visto che andate così d'accordo, sembra che almeno quando c'è lei usi un minimo di cervello e non fai a cazzotti a cavolo! Comunque che ne dici di accompagnarlo al suo allenamento? Così vi fate compagnia mentre io vado da alcuni amici>> Eulalia guardò prima Kevin poi Duncan, l'avevano scambiata per una baby-sitter?.
<< E se io non fossi potuta venire?>>
<< Ma ci sei no?>>
Eulalia sbuffò, puntando gli occhi in quelli chiari di Kevin.
<< Non posso mica imbucarmi al suo allenamento>> Eulalia non fece in tempo a finire la frase, che Duncan la interruppe parlando.
<< Per me va bene>> disse con voce neutra.
<< Ah, okay allora.>>

Duncan si alzò dalla parete, Eulalia notò che gli colava del sangue dal labbro e dal naso.
<< Okay allora io vado e ti lascio in buone mani, a dopo>> Kevin li salutò e si allontanò correndo, mentre Duncan le si avvicinava.
<< Andiamo allora.>>
Eulalia sorrise e insieme si avviarono, lei ancora non aveva capito bene dove, ma poco le importava, almeno aveva trovato qualcuno con cui passare il suo pomeriggio.
<< Ieri sera hai avuto problemi a tonare a casa da sola di notte?>>
<< No, nessun problema>> Duncan annuì serio forse anche poco interessato.
<< Dove andiamo?>>
<< Al mio allenamento di Arti marziali.>>

Continuarono a camminare in silenzio, girarono un angolo e si fermarono davanti un vicoletto, vi entrarono dentro e davanti loro comparve un palazzetto, dalle finestrelle situate in basso si potevano vedere gli attrezzi delle sale all'interno e qualche ragazzo che alzava dei pesi enormi, al quale vederli già si faticava al solo pensiero di doverli alzare. Stavano per entrare quando Duncan si fermò davanti la porta.
<< Accidenti non mi fanno entrare così>> si portò una mano al labbro cercando di levare il sangue.
<< Aspetta... dovrei avere un pacco di fazzoletti, trovali>> Eulalia gli passò la borsa in cui Duncan ci infilò la mano tirando fuori i fazzoletti, ne prese uno e se lo passò sul labbro.
<< Fa male cazzo.>>
<< Da qui faccio io, ho di sicuro un tocco più leggero del tuo>> Eulalia gli si avvicinò.
<< Certo sei una bambina>> Duncan le rivolse il suo solito sorrisetto bastardo passandole il fazzoletto, Eulalia lo passò prima piano, poi fece leggermente e volontariamente un poco di pressione, Duncan fece una piccola smorfia di dolore.
<< Ops... scusa, ma sono una bambina e non so controllare la mia forza>> Eulalia sorrise, beccandosi un’occhiataccia da parte del ragazzo.
<< Aio! Ma che bastarda! Non infierire sono ferito.>>
Eulalia ridacchiò guardandolo da sotto le sopracciglia, per un attimo lo scorse mentre la guardava, per poi spostare gli occhi neri subito a destra disinteressato. Eulalia finì di pulirgli il sangue, ma appena finito, lui le indicò il sopracciglio insanguinato, come per dire "anche qui".
Ma guardandolo bene lui era davvero alto, la ragazza si mise in punta di piedi, ma anche così constatò che ci arrivava a stento e doveva fare una fatica enorme.
<< Non ci arrivo sei troppo alto.>>
<< Aspetta nana>> Duncan si abbassò poggiandole le mani sui fianchi, la sollevò senza alcuna fatica circondandole la vita con un braccio e tenendola stretta a sé e sollevata da terra.
<< Forza dai>> quell’essere così vicini e sentire il suo braccio che la stringeva la fece arrossire, sentiva una strana sensazione allo stomaco, che cosa le prendeva? Perché tutto d'un tratto si sentiva così?.
<< B'è?>>

Eulalia si riprese e cercando di non far notare il rossore sulle guance, passò il fazzoletto sul sopracciglio nero di lui.
<< Sono davvero così nana?>>
<< Sì>> Duncan ridacchiò basso.
<< O magari sei tu che sei esageratamente enorme?>> anche Eulalia ridacchiò ma quando lo guardò sul suo volto non vide altro che un ghigno, uno di quelli perversi.
<< Potrebbe, in molte me lo dicono.>>
Eulalia arrossì ancora di più cominciando a scalciare debolmente.
<< Ma non intendevo questo, specie di pervertito!>> Duncan scoppiò a ridere e nel farlo il suo viso si avvicinò a quello di Eulalia, che si trovava alla sua stessa altezza, era davvero troppo vicino ma la cosa che le dava fastidio era il non capire se questo la infastidisse o se invece la facesse sentire a disagio, quasi nervosa. Eulalia allontanò un po' il viso, guardandolo negli occhi.
<< Fatto?>>
<< Sì.>>

Duncan annuì continuando a tenerla su, stretta tra le braccia possenti e guardandola con uno strano cipiglio sul volto. Eulalia ricambiò lo sguardo timorosa per poi abbassarlo a guardare la sua maglietta, solo per evitare quei dannati occhi neri.
<< Ehm... mi metti giù?>> lui sembrò come riprendersi da un momento di trans e annuì, poggiandola di nuovo a terra senza guardarla.
<< Forza entriamo>> entrarono insieme, ed Eulalia notò che l'atrio era molto carino, sistemato bene, molto luminoso e spazioso, c'erano due vetrine con dentro sistemati trofei e medaglie varie, mentre dal lato opposto si trovava un distributore automatico di cibo e bevande, il pavimento in moquette completamente pulito e lucido, infine una piccola reception. Duncan non si fermò lì, girò a destra attraversando un corridoio dal quale si potevano vedere le sale di fitness e sala pesi, poi scesero per una piccola rampa di scale ritrovandosi in un altro corridoio che a destra dava su una porta, la quale oltre dovevano trovarsi gli spogliatogli, mentre di fronte si vedeva la porta che dava sulla sala dell'allenamento.
<< Okay, tu vai dentro e mettiti seduta che tra poco si inizia.>>
Eulalia annuì ed entrò dentro, sedendosi a uno dei primi posti. Poco dopo entrarono Duncan e altri ragazzi messi in fila come tessere del domino. Duncan indossava un Judogi bianco con i bordi neri. Eulalia assistette a tutto l'allenamento, ed era fantastico! Ora riusciva a capire da dove Duncan tirava fuori tutta quella forza, nell'allenamento era bravissimo! Combatteva con ferocia ma allo steso tempo sembrava metterci anche una certa grazia, se ci fosse andata lei, avrebbe tirato colpi a caso nel tentativo di colpire l'avversario, mentre lui come tutti, aveva la forza mischiata a una certa eleganza, sembrava che prima di tirare un qualsiasi colpo ci pensasse su, avendo all'incirca solo un secondo. Duncan aveva appena schivato un colpo, assestandone un altro al suo avversario, facendolo cadere a terra e immobilizzandolo. Il viso era duro, serio come mai prima, in quel allenamento sembrava metterci tutta l'anima, tutta la suo forza.
I combattimenti durarono all'incirca mezz'ora poi tutti uscirono, Eulalia seguì la fila di gente che era seduta nella sala con lei poco prima fuori la palestra e aspettò Duncan, lo vide poco lontano da lei che la cercava con lo sguardo, Eulalia lo raggiunse sorridente.
<< Wow, sei davvero bravo!>> lui sorrise scrollando le spalle.
<< Sì ma oggi non ci siamo impegnati, era un allenamento tanto per... comunque io vado a casa.>>
<< Tu sei capace di fare un'altra rissa mentre cammini, ti accompagno, infondo Kevin ti ha praticamente affidato a me>> Eulalia ridacchiò vedendo Duncan sbuffare scocciato a quell'affermazione.

<< Va bene, va bene ma solo perché non voglio continuare a sentirti insistere>> ribadì lui serio, cominciando a camminare verso casa. Eulalia prese a porgli ogni tipo di domanda su come era riuscito a fare una certa mossa, da quanto praticasse quello sport e se era difficile, lui rispondeva pazientemente a tutte le sue domande.
Duncan nel mezzo di una risposta prese e si accese una sigaretta.
<< Lo pratico perché mi piace e perché può sempre tornare utile, tutto qui>> Eulalia lo guardò, stavano camminando vicini e l'odore del fumo della sigaretta arrivava anche a lei, era una cosa che le dava particolarmente fastidio.
<< Ma fumi sempre?>>
<< Sì, mi piace fumare perché?>>
<< Ti fa male e poi mi da fastidio, ti puoi allontanare un po' ?>>

Duncan girò lo sguardo verso di lei, stranamente non sembrava scocciato a quella sua richiesta.
<< Ti da fastidio?>>
<< B'è abbastanza>> Eulalia stava per allontanarsi di qualche passo da lui, quando lo vide fare l'ultimo tiro dalla sigaretta, per poi lanciare il mozzicone lontano, nonostante la sigaretta fosse ancora a metà.
<< Non dovevi buttarla.>>
<< Fa niente>> Duncan fece spallucce noncurante, continuando a guardare avanti e a camminare con le mani in tasca. Poco dopo arrivarono a casa, Eulalia aiutò Duncan a salire i primi gradini dato che zoppicava leggermente, lui si era rifiutato più volte, ma sotto l'insistenza di lei aveva ceduto, sottolineando che si era fatto aiutare solo per non dover continuare a sentire la sua voce insistente.
Una volta davanti la porta di casa, Duncan l'aprì ed entrò, lasciando la pota aperta e facendole cenno di entrare. Era chiaro che fosse un invito a entrare ed Eulalia era davvero tentata a farlo, ma avrebbe di nuovo potuto far tardi, così con un leggero rammarico gli fece cenno di no con la testa.
<< Non posso, tran po' devo rientrare.>>
<< Tran po', non ora>> Duncan continuava a tenere la porta aperta e a stare fermo lì davanti.
<< Sì ma... poi finisce che faccio tardi e non mi conviene.>>
<< Ti riaccompagno io, ho la moto ti ricordo.>>
Eulalia ci pensò su, infondo perché no? Aveva ancora un'oretta. Duncan non aspettò una sua risposta, come se prendesse il suo silenzio direttamente per un sì, prese e andò nel salone.
<< Chiudi la porta mi raccomando bambina.>>

Eulalia sentì la sua voce scherzosa, una di quelle fastidiose che si capisce subito dal tono dalla voce che la persona sta usando che ti sta prendendo per il culo, leggermente infastidita, entrò chiudendosi la porta alle spalle e raggiungendolo in salone, vide Duncan tornare dalla sua camera con i capelli neri scompigliati. Si era cambiato, non indossava più il giacchetto di pelle e i jeans, ma una canottiera bianca con sotto i pantaloni della tuta. Dalla maglietta rovinata riusciva a scorgere qualche livido sulle braccia e sul petto, maledizione quella maglietta gli stava stretta e anche molto bene! Ed Eulalia si era incantata nel guardarlo.
<< Ti fanno male?>> chiese lei indicando i lividi.
<< Neanche tanto.>>
<< Sicuro? Dovresti metterci del ghiaccio così passeranno prima.>>
<< Cos'è? Ti preoccupi per questo pazzo spericolato?>> Duncan la guardò ghignando e alzando un sopracciglio mentre si sedeva pesantemente sul divano, Eulalia si sentiva stranamente a disagio, non sapendo bene neanche lei il perché.
<< No, ma è così che si curano i lividi e gli ematomi>> girò la testa rossa di lato, facendo finta di guardare qualcosa ai suoi occhi interessante per poi rigirarsi verso di lui, che aveva appena assunto una faccia da finto offeso.
Duncan si sedette sul divano, ma appena provò a poggiare la schiena allo schienale del divano face una smorfia seguita da un gemito di dolore, Eulalia alzò gli occhi al cielo.
<< Aspetta ti prendo il ghiaccio>> andò nella cucina aprendo il freezer e prendendo due piccoli cubetti di ghiaccio, li avvolse in un panno trovato dentro un cassetto e tornò da lui.
<< Io non lo voglio.>>

Eulalia gli si avvicinò al braccio per tentare di poggiare il ghiaccio sul livido, ma Duncan si spostò.
<< Tu lo hai preso, io non lo voglio>> Duncan in quel momento assomigliava tanto un bambino offeso, ed Eulalia sbuffò, lei si era preoccupata e lui che in cambio faceva l'offeso!
<< Sai un grazie potresti dirlo qualche volta!>>
Duncan si girò verso di lei, la guardava in modo diverso, che la ragazza non si sapeva spiegare, sembrava uno sguardo più profondo, uno di quelli che ti incantano e questo le face paura. Duncan si alzò e gli si avvicinò, Eulalia rimase ferma dov'era continuando semplicemente a tenere lo sguardo fisso incatenato a quello di lui. In poco tempo se lo ritrovò vicino, forse troppo ma non riusciva a indietreggiare, non perché fosse spaventata, semplicemente non ci riusciva, sembrava che la gravità la inchiodasse lì.
Duncan ormai a un passo da lei allungò una mano sfiorandole la guancia con due dita e a quel contatto Eulalia sentì i brividi attraversarle la schiena e le gambe molli come gelatina, che diamine le succedeva?.

Il ragazzo le circondò la vita con il braccio, portandola più vicino a sé, ormai erano così vicini che Eulalia riusciva a sentire il suo respiro sulle labbra... stava davvero per baciarla? E per quale motivo? Eulalia lo guardò negli occhi, due profondi pozzi scuri che quando la guardavano sembravano poterle scavare dentro in un modo del tutto provocante, ma ora Eulalia ne era quasi intimorita, Duncan dischiuse appena le labbra... Eulalia sentì una morsa allo stomaco, ora aveva paura, perché baciarsi se tra loro non c’era assolutamente niente? Magari era solo un modo per portarsela a letto come faceva con alcune ragazze della sua scuola... e dopo se ne sarebbe andato... forse era solo un semplice bacio, eppure Eulalia ne aveva paura.
Poggiò le braccia sul petto ampio del ragazzo spingendo piano per allontanarsi, girò la testa verso destra e abbassò lo sguardo.
<< E’ tardi, devo andare.>>
Duncan rimase perplesso da quella sua reazione inaspettata, poi la lasciò e assumendo un'espressione seria andò in camera sua, tornando poi con indosso di nuovo le scarpe e il giacchetto.
<< Andiamo allora>> prese un casco da moto nero e glielo passò.
<< Dovresti metterlo anche tu>> esordì Eulalia guardandolo con aria interrogativa, perché ora era così improvvisamente serio? Che diamine gli era successo?.
<< No non mi serve, ne ho solo uno l'altro non so dove sia, mettilo tu>> Duncan prese dal comodino vicino la porta due mazzi di chiavi, la fece uscire per prima tenendo sempre un'espressione seria sul volto, era arrabbiato perché non lo aveva baciato? Se era così Eulalia non poteva fargli niente... insomma lei non era affatto il tipo che si faceva prendere in giro da quelli come lui.
Ammise dentro di sé che anche lei in quel momento lo avrebbe voluto baciare, era attratta, ma temeva le conseguenze... sapeva che se ne sarebbe pentita.
Scesero le scale uscendo fuori, Duncan salì per primo sulla moto accendendo il motore e aspettando che lei salisse, Eulalia indossò il casco che le stava terribilmente grande, la sua testa ci era praticamente scivolata dentro, lo allacciò e salì dietro di lui.

Non fece in tempo a reggersi bene che Duncan partì subito, Eulalia lanciò un urletto di sorpresa, avendo rischiato di cadere all’indietro, si strinse a lui allacciandogli le braccia intorno alla vita e stringendo la presa.
<< Ma che fai?! Per poco non volo!>>
<< Esagerata>> Duncan diede un altro po’ di gas, sembrava lo stesse facendo apposta. Eulalia si strinse ancora di più a lui, arrivando a poggiare la testa sulla sua schiena e non potendo vedere il piccolo ghigno di soddisfazione che scappò a Duncan.
<< Dimmi dove andare.>>
<< Al palazzo davanti l’orfanotrofio, che si trova vicino la strada 6 Eve... ma…>>
<< Ho capito, il nuovo orfanotrofio, è lì che stai?>>
<< NO! Io al palazzo vicino.>>
<< Non intendevo l’orfanotrofio, intendevo se la zona è quella.>>
<< Sì>> era davvero tanto che Eulalia non saliva su un motorino, ma questa era una vera e propria moto! Una stupenda Harley Davidson! E lei ci era seduta sopra, Eulalia sorrise guardando le luci della città intorno a sé sfrecciarle intorno, erano quasi le sette, ma già aveva fatto buio. Poco dopo arrivarono, con la moto era tutto decisamente più semplice e veloce.
Una volta davanti il palazzo, Duncan si fermò ed Eulalia scese, ora che lo aveva portato lì non sapeva cosa inventarsi, avrebbe dovuto improvvisare, l’orfanotrofio era alla strada opposta a quella dove si trovavano.
Guardò il palazzo che aveva davanti, anche questo non sembrava messo bene, mattoni rossi scoloriti, il portone il legno ormai non più lucido ma abbastanza rovinato, doveva si e no contenere sette o otto piani e dalle finestre si vedeva la luce degli appartamenti all’interno, sembravano tutte accese, se le fosse andata bene sarebbe riuscita a farsi aprire.
<< Ma che brutto>> Eulalia si girò verso Duncan che ora le stava accanto, si tirò indietro i capelli con la mano per poi rimetterla in tasca, guardava il palazzo come se gli facesse quasi schifo.
<< Ma va! Non sono una strariccona!>> era vero il palazzo non era bello, ma certo dirlo così sfacciatamente non era carino. Se avesse abitato davvero lì si sarebbe infuriata sul serio... certo Duncan era un ragazzo con un bel appartamento tutto suo, se quello per lui era brutto, Eulalia non osava pensare che cosa avrebbe pensato dell’orfanotrofio in cui viveva, che in fondo era quasi identico al palazzo, se non per il fatto che dentro fosse sempre un casino, qualche porta rotta, i vetri delle finestre non proprio pulitissimi, di sicuro non avrebbe pensato bene, questo si aggiungeva in più alla lista dei motivi per cui non dirglielo.
<< Non dico quello, ma da fuori è davvero brutto a vedersi.>>
<< Sì hai ragione, ma dentro non deve essere male, cioè dentro non è male>> Eulalia stava per andare al portone, quando si accorse di avere il casco di Duncan ancora in testa, tornò verso di lui e cercò di sganciarlo, senza riuscirci, per un momento ci si impegnò ma a quanto pareva il gancetto si era incastrato, Eulalia guardò Duncan in cerca di aiuto.
<< Ma tu guarda, ferma>> Duncan provò come lei a scastrarlo ma senza risultati, così si avvicinò ancor di più, Eulalia lo vide di nuovo troppo vicino, ma continuava a ripetersi che era solo per aiutarla nel levare il casco, infondo ora lui guardava il gancetto e non lei, che sospirò a fondo, continuando a torturarsi nervosamente le dita.
Sentì qualcosa sfiorarle il naso, accorgendosi subito che era il naso di Duncan che sfiorava il suo, che ora la guardava negli occhi, Eulalia portò lentamente le dita al gancetto del casco che era aperto, quindi il casco era slacciato, allora perché si era avvicinato tanto? Stava davvero per riprovarci? Eulalia sentì una terribile e insensata voglia di avvicinarsi ed annullare del tutto la distanza che separava le sua labbra da quella di lui, scosse appena la testa, che le veniva in mente?.

Prima che potessero anche solo sfiorarsi, si tirò indietro sfilandosi il casco e guardandolo.
<< Grazie.>>
Duncan si ricompose, assumendo un’espressione di nuovo seria e irritata, cercando invano di nasconderla.
<< Certo>> si riprese il casco mettendolo e salendo sulla moto, ma non partì, aspettando che lei entrasse in casa. Eulalia si avvicinò al palazzo e si fermò davanti il citofono, era rettangolare e ogni cartellino era illuminato segnando molti cognomi, tutti di sconosciuti, molti non riusciva nemmeno a capire se fossero da femmina o da maschio, fece un respiro profondo e citofonò a Jasmine Wilson, non avendo idea di chi fosse.
<< Chi è?>> una voce femminile leggermente roca le rispose.
<< Ehm... salve, io abito qui con la mia famiglia, ho scordato le chiavi potrebbe aprimi per favore?>> Eulalia parlò con voce bassa per non farsi sentire da Duncan.
<< Va bene.>>
<< Grazie>> Eulalia sentì lo scatto della porta, si girò verso Duncan che era ancora lì e la guardava in modo particolare, lei lo salutò con la mano e lui ricambiò con un piccolo cenno, Eulalia entrò chiudendosi la porta alle spalle e rimanendo poggiata con la schiena al portone, doveva spettare che Duncan se ne andasse.

 

 


Duncan diede un pugno alla moto in un momento di rabbia, sbattendola stupidamente troppo forte e facendosi male da solo.
<< Vaffanculo>> sussurrò verso la moto come per incolparla, forse aveva esagerato, insomma aveva provato a baciarla per due volte nello stesso giorno ma lei lo aveva allontanato in tutte e due le occasioni, era chiaro che avrebbe dovuto aspettare, infondo non c’era motivo per cui lei avrebbe dovuto baciarlo ma lui in quel momento vedendola così vicina, guardandola in quei occhi azzurri... aveva sentito la voglia di baciarla, ma a quanto pareva lei no.

Duncan faceva una certa fatica ad accettarlo, non era per niente abituato a ricevere rifiuti come risposta! E la cosa gli rodeva non poco, ma in quel momento poteva solo tentare di farsene una ragione, almeno per quella volta, mise in moto e si diresse verso casa. Lasciando ad Eulalia la possibilità di correre verso l'orfanotrofio di fronte, mentre a causa del suo ritardo sperava di non trovare Catarina ad aspettarla.

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Capitolo 4
*** il momento migliore della giornata ***


                                                                    IL MOMENTO MIGLIORE DELLA GIORNATA

Duncan camminava per la strada portando al guinzaglio un mastino,un cane davvero enorme, troppo per i suoi gusti.
<< Oh piano cavolo, sei un mostro di cane!>> il cane tirava davvero forte e Duncan doveva quasi correre per riuscire a stargli dietro, ancora non capiva il perché avesse accettato quel cane! Il bello era che non era stato di sua iniziativa, era andato da un suo amico per ubriacarsi, poi era stato trascinato a una festa pomeridiana nella quale aveva anche, come suo solito, abbordato qualche bella ragazza e proprio mentre ne portava una a casa sua, intento a chiudere in bellezza, una donna anziana gli era piombata vicino, ammollandogli il cane con il guinzaglio, dicendo che era stato abbandonato e che aveva bisogno di cure, poi era scappata via, sicuramente per evitare che Duncan potesse ridarglielo indietro.
Aveva pensato subito di portarlo al canile per liberarsene, poi lo aveva guardato bene, era un cane enorme, la corporatura del busto era robusta e il pelo invece di essere scuro come la maggior parte dei cani della sua specie, era più chiaro, mentre il muso era più scuro e gli occhi piccoli e scuri quasi simili ai suoi. Era davvero un bel cane e lo aveva guardato con un espressione bastonata e abbandonata, così Duncan il pomeriggio stesso lo aveva portato dal veterinario, che gli aveva detto che il cane era sano e vaccinato, dopo la visita lo aveva portato a casa sua sperando di trovare poi qualcuno a cui darlo... ma ormai erano tre giorni che lo aveva in casa ed era abbastanza calmo, se si levavano i momenti in cui gli saltava addosso.

Era palese che si fosse subito affezionato a Duncan, l’unico problema era che mangiava come un ossesso.
Non era ancora riuscito a trovargli un nome, quindi per ora era “il cane” che in quel momento tirava davvero tanto, Duncan imprecò, dato che era quasi caduto a causa di uno strattone del guinzaglio.
<< Ma io mi domando e dico perché tiri?! Vai piano! Sono tutto un livido!>> in tutta risposta non ebbe altro che un woof e qualche brutto sguardo dei passanti lì vicino.
<< Ma dove mi hai portato?>> ennesima risposta di abbaglio, Duncan cominciava seriamente a pensare che quel cane riuscisse davvero a capirlo.
<< Io dovrei portare fuori te, non il contrario! E spero che tu sappia ritornare a casa, perché io non so dove diamine siamo!>> Duncan si guardò introno, era finito in un parchetto non sapendo bene neanche in che zona fosse, era stato troppo occupato a badare al cane e non ci aveva fatto minimamente caso. Duncan si sedette su una panchina lì vicino e il cane si sdraiò vicino i suoi piedi, approfittando di quel momento di calma, Duncan si accese una sigaretta, facendo cinque bei tiri rilassandosi e guardandosi intorno.
Il parco non era male, piccolo ma carino, parecchie aiuole sparse ovunque con molti alberi a fare ombra sulle panchine.
Un piccione volò vicino il muso del cane, che appena lo vide allontanarsi in volo si alzò di fretta e tirò il guinzaglio per inseguirlo, Duncan lo guardò alzandosi, ma appena lo fece il cane ricominciò a correre alla rincorsa di quel povero piccione innocente.
<< Oh! Buono!>> correndo gli volò la sigaretta a terra, Duncan girò appena lo sguardo per guardarsi un attimo indietro e non si accorse di andare a sbattere contro qualcuno, se non quando si ritrovò catapultato a terra.
<< Ma non è un cane quello, è un mostro.>>
<< Duncan?! Ma che cavolo fai?!>> Duncan guardò sotto di sé e con sorpresa vide che la persona che aveva appena investito era Eulalia, si alzò inginocchio e la guardò, cosa ci faceva lei li?
<< Oh… ma sei tu.>>
<< Sì sono io!>>

Duncan la guardò un po’, Eulalia aveva gli occhi lucidi e arrossati mentre lo guardava con uno sguardo indecifrabile, non si capiva se fosse arrabbiata o dolorante per la botta presa, ma Duncan non smetteva di guardarla, si ritrovò a pensare all’ultima volta che l’aveva vista, ovvero quando aveva cercato di baciarla.
<< B’è?>>
Duncan si riprese ricordandosi che erano ancora stesi a terra e si accorse anche della loro posizione, le stava sopra a cavalcioni e lei sotto che cercava di alzarsi. Il ragazzo si spostò e fece per alzarsi, quando si sentì buttare all’indietro e si ritrovò sopra il cane, che cominciò a leccargli tutta la faccia di nuovo.
<< Fermo! Che schifo, no nell’orecchio!>>


 

 

Eulalia continuava a guardare quel cane enorme che leccava Duncan su tutta la faccia, quella giornata era davvero iniziata male. Era andata a farsi un giro per comprare delle cose a Catarina, essendo sabato era uscita di mattina e ne aveva approfittato per fare un giro per negozi e proprio mentre guardava una vetrina aveva visto attraverso il riflesso una donna bassa e bionda, che teneva per mano un bambino di all’incirca nove anni, seguita dal marito, non sarebbe stata una scena tanto strana, ma Eulalia sapeva chi erano, un tempo erano stati i suoi genitori.
Eulalia ricordava bene che quando aveva all’incirca nove anni era stata adottata da quella coppia, Iris e Mark, erano stati la sua prima famiglia, la sua occasione di averne una e dopo vari pianti per la paura di lasciare Catarina era andata a vivere con loro.

La casa era enorme e i primi giorni le avevano permesso di dormire con loro nel letto, in poco tempo Eulalia si era affezionata a loro, talmente tanto da non aver quasi più timore di chiamarli mamma e papà. Ricordava tutti i bei momenti nei quali la venivano a prendere a scuola, che le rimboccavano le coperte o mentre vedevano i film insieme, erano stati dolci, un po’ severi sulle regole, ma niente di nuovo per lei che era abituata alle regole del orfanotrofio.
Con loro aveva trascorso all’incirca due anni poi era successo, Iris era rimasta incinta, li per li non era sembrata una tragedia, ma per loro lo era stato, non potendo più permettersi di tenerla, l’avevano riportata indietro, l’avevano abbracciata e le avevano detto che sarebbero tornati a prenderla. Catarina le aveva spiegato che l’avevano riportata perché Mark aveva perso il posto di lavoro e non riuscivano a mantenere due figli, ma quella povera spiegazione non aveva impedito che il cuore di Eulalia andasse in frantumi, lasciandosi dietro solo le sue lacrime e il suo dolore.
Era rimasta lì a guardarli dall’altra parte della strada per un tempo a lei infinito, provava una gelosia e una rabbia infinita nei confronti di quel bambino, il che non era neanche una cosa giusta ed Eulalia lo sapeva bene. Quel bambino non aveva alcuna colpa, eppure non riusciva a fermare quei sentimenti, non riusciva a non pensare che quel bambino, che sorrideva felice, gli aveva portato via la sua occasione di avere una famiglia, e quello non faceva che farla stare peggio, perché se loro l’avessero tenuta, quel bambino sarebbe diventato una specie di fratello minore per lei al quale era sicura, avrebbe voluto molto bene.
Eulalia per una frazione di secondo aveva intrecciato lo sguardo con i due, e non appena nei loro occhi si era accesa una luce di comprensione e memoria nel vederla, Eulalia era corsa via.
Correva senza fermarsi e senza una meta precisa, voleva solo andare il più lontano possibile, volare via… si era quello che voleva, volare via da tutto e da tutti. Aveva corso e solo quando si era accorta di essere lontana dai loro sguardi, aveva lasciato che le lacrime uscissero, ma non si era mai fermata e aveva continuato fino a sentire il respiro pesate e le gambe stanche, lì si era fermata davvero, arrivando in un parchetto, con corpiose lacrime a rigarle le guance, non si era girata indietro continuando a camminare, con la vista appannata.
Solo allora si era vista arrivare un cane in piena corsa nella sua direzione, con dietro qualcuno che l’aveva praticamente scaraventata a terra.
E ora eccola lì, la persona che l’aveva scaraventata a terra era Duncan, che lottava con quel cane enorme.
<< Okay Basta!>> Duncan riuscì a levarsi di dosso il cane, che si era girato e veniva verso di lei scodinzolando, Eulalia indietreggiò spaventata.
<< Non è cattivo, non lo è per niente>> disse Duncan mentre si alzava da terra, ma Eulalia vedendosi questo bestione venirle incontro non si sentiva per niente tranquilla.
<< Duncan tieni a bada questo cane, mi fanno paura.>>
<< Ma davvero?>> Duncan prese il guinzaglio.
<< Sì, soprattutto quelli grossi come questo.>>
<< Ma dai è un bestione gentile.>>

Eulalia guardò il cane, che continuava a scodinzolare guardandola con quello che sembrava essere un sorriso, doveva ammettere che quel bestione aveva una faccia simpatica.
<< E’ bello, però visto mentre ti sta correndo davanti fa paura.>>
Duncan fece un alzata di spalle.
<< Che stai facendo qua? E come mai hai gli occhi rossi?>> Eulalia abbassò lo sguardo e si asciugò gli occhi ancora leggermente annacquati con la manica, poi lo riguardò.
<< Una passeggiata te?>>

Duncan non sembrava affatto convinto della sua risposta, Eulalia sapeva che l’aveva vista asciugarsi gli occhi, ma sperava tanto che non gli porgesse domande sul perché delle lacrime.
<< Mi sono perso>> disse infine, guardandosi intorno concentrato, poi fissò il cane con uno sguardo di rimprovero.
<< Colpa tua, non mi ricordo neanche da dove siamo entrati.>>
<< Ma non sei tu a portarlo? Come può essere colpa sua?>>
Duncan la guardò un attimo, Eulalia notò solo in quel momento che la solita barbetta corta e sistemata che portava, era un poco più folta, come se non si rasasse da qualche giorno.
<< Dici? Okay>> le si avvicinò e le passo il guinzaglio, Eulalia lo afferrò non capendo cosa dovesse fare e lo fissò con sguardo interrogativo, ma lui le diede solo poche istruzioni.
<< Ferma e stringi forte.>>
<< Perché?>>

Duncan non le rispose, prendendo solo un sasso e lanciandolo lontano, il cane adocchiandolo prese ad abbagliare e a inseguirlo, Eulalia non essendo preparata prese a correre dietro al cane, ma non tenendo bene il passo inciampò sui suoi stessi piedi, per sua fortuna si sentì prendere da dietro, mentre un braccio le stringeva la vita per impedirle di cadere e un altro braccio si allungava per afferrare il guinzaglio.
<< Ecco capiscimi.>>
<< Ma non è un cane questo, è un mostro>> Eulalia si tirò su, ritrovandosi a poggiare la schiena sul petto di Duncan, solo osservando bene la situazione si accorse di come erano messi, un braccio di Duncan le stringeva la vita tenendola vicina a sé, mentre con l’altro braccio teneva il guinzaglio vicino la sua mano, visti da fuori potevano sembrare tanto una coppia.
Eulalia si sentì avvampare le guance, si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio nervosa e piano, senza mostrare il suo nervosismo, si allontanò dalla presa delle braccia di lui. Duncan sembrò accorgersene, perché si allontanò da lei serio.
<< Va bene, cane andiamo.>>

Eulalia lo vide che si allontanava da lei, ma in realtà non voleva che se ne andasse, forse il suo gesto di allontanarsi gli aveva fatto intendere qualcosa di sbagliato.
<< Aspetta...>>
Lui si girò verso di lei e aspettò che continuasse, Eulalia non sapeva cosa dirgli, così gli chiese la prima cosa che le passò per la mente.
<< Come sta Kevin?>>
<< Sta bene>> Duncan rimase un attimo fermo a guardarla, sicuramente aspettando che lei gli dicesse altro, ma il fatto era che Eulalia non sapeva cosa dirgli, né sapeva come iniziare un qualche discorso per farlo rimanere un altro po’ lì, cosa che non le capitava quasi mai, e anche se lei era un tipo solitario e non aveva molti amici, se doveva parlare sapeva sempre tirare fuori un qualche discorso, ma in quel momento non ci riusciva, proprio mentre non voleva che lui andasse via.

Proprio mentre Duncan stava per allontanarsi di nuovo, il cane prese a correre verso di lei e Duncan fu trascinato di nuovo di fronte a Eulalia, quel cane sembrava aver capito più di tutti la situazione.
<< Stupido cane a casa forza>> grugnì Duncan tirando più volte il guinzaglio, ma il cane non accennava a muoversi.
<< Ma non ti dà mai retta?>>
<< No, è con me da pochi giorni e come puoi notare non ha neanche un nome.>>
<< Ma almeno sai se è maschio o femmina?>> Duncan sembrò pensarci su.
<< Non mi ricordo se il veterinario me l’ha detto e se l’ha fatto non l’ho ascoltato, ma ora non mi interessa mettere le mani lì.>>
Eulalia scoppiò a ridere.
<< Ma non devi mettere le mani lì, lo devi solo girare di schiena, se non sai di che sesso è come fai a mettergli un nome?>> Duncan fece spallucce.
<< Lo chiamo cane.>>
<< Senza offesa, ma fa davvero pena.>>

Duncan sbuffò e si abbassò verso il cane.
<< Mettiti giù>> il cane lo guardò cominciando a scodinzolare allegro.
<< Giù forza, oddio mio!>> appena gli si avvicinò per farlo sdraiare, il cane gli andò incontro incominciando a leccarlo sulla faccia.
<< No, no no buono!>> provò a farlo sdraiare ma senza molti risultati.
<< Oh andiamo!>>
Eulalia rise ancora e cominciò a prenderlo un po’ in giro per la situazione.
<< Non ti ascolta per niente>> cantilenò con voce allegra, facendolo irritare come immaginava.
<< Ooh sta zitta!>> dopo vari faticosi tentativi, Duncan lo fece sdraiare con un sorriso di vittoria.
<< Ma guarda una femmina, che ironia della sorte allora dovremmo andare d’accordo>> gli fece due carezze sulla pancia e si ritirò su.
<< B’è in una casa di due maschi, ci vuole una femmina.>>
<< E’ una cane, lo sai si?>> Duncan parlava con il solito sarcasmo da presa per il culo, Eulalia incrociò le braccia al petto.
<< Sì, e secondo me sarà l’unico essere sempre sobrio in quella casa>> usò il suo stesso tono sarcastico per fargli capire che come aveva fatto lui, lo stava prendendo in giro, lui fece un’espressione tra il serio e lo scocciato.
<< Sei comparsa per rompere le palle?>>
<< Io non sono comparsa, più che altro sei tu che mi hai investito.>>

Duncan stava per rispondergli a tono, ma il cane prese a tirare il guinzaglio nel tentativo di inseguire un piccione, questa volta Duncan non si fece imbrogliare, cercando di trattenerla.
<< Buona!>> il cane continuò a tirare e Duncan fu costretto a fare qualche passo in avanti, Eulalia lo seguì.
<< Okay proviamo così! ESTEL FERMA!>> il cane si girò verso di lui e scodinzolò, smettendo di tirare il guinzaglio e mugolando allegra.
<< Bene ti ho trovato il nome.>>
Eulalia lo raggiunse e si mise al suo fianco, guardando prima quella bestiona buona, poi il suo padrone.
<< Carino come nome.>>
<< Già, mi è venuto in mente e a quanto pare ha funzionato.>>

Eulalia applaudì sorridendo.
<< Mai visto qualcuno addestrare un cane così velocemente.>>
<< Visto che roba è>> Duncan fece il suo solito sorrisetto, facendo anche un piccolo inchino in gesto teatrale, poi si girò verso il cane, ovvero Estel.
<< Bene, ora andiamo>> Duncan si incamminò con Estel scodinzolante al suo fianco, Eulalia li guardò allontanarsi, senza sapere cosa inventarsi per farlo restare, tanto valeva che tornasse all’orfanotrofio.
Proprio mentre stava per andarsene Duncan la chiamò, era poco distante da lei.
<< Cammina, vieni anche tu.>>

Eulalia lo guardò un attimo, ma senza pensarci troppo lo raggiunse, non sapeva che cosa dire se non le indicazione per farlo tornare nel suo quartiere, mentre camminavano Duncan si massaggiò la spalla destra.
<< Ai>> sibilò, ma Eulalia lo sentì lo stesso.
<< Ti sei fatto male?>>
<< E’ per ieri, ma per colpa di Estel gli ematomi e lividi mi fanno di nuovo male>> Duncan lanciò un’occhiataccia al cane, che camminava tranquilla scodinzolando, Eulalia lo guardò con una certa preoccupazione che riuscì a nascondere bene.
<< B’è questa volta quando vai a casa, metticelo il ghiaccio.>>
<< Ma no, tanto passa da solo>> Duncan continuò a massaggiarsi la spalla ed Eulalia alzò gli occhi al cielo, sospirando.
<< Sei impossibile.>>
<< Lo so, grazie.>>
<< Non era un complimento.>>
<< Lo so ero sarcastico, ma alla fine infondo è vero, io sono bello e impossibile>> Duncan si passò una mano tra capelli e sorrise fiero di sé, era incredibile, Eulalia si ritrovò comunque a ridacchiare, naturalmente non avrebbe mai ammesso davanti a lui che effettivamente ciò che aveva detto era vero.
<< Sai… mi sono accorto che alla fine non so niente di te.>>
Eulalia si girò verso di lui, seria.
<< B’è neanche io so molto di te.>>
<< Su di me non c’è molto da sapere, sono un ragazzo di vent’anni che andava male a scuola, si è fatto bocciare una volta al quinto e alla seconda volta che lo ripeteva ha mollato, lavoro come meccanico e b’è sai dove abito.>>
<< Io sono una ragazza di diciotto anni, non sono mai stata bocciata, sto finendo il quinto anno di superiori, non ho un lavoro e anche tu hai visto la mia via di casa>> entrambi si guardarono per un attimo, Eulalia sperava che non volesse sapere qualcosa di più su di lei o magari sulla famiglia, se aveva fratelli o cose del genere, perché altrimenti sarebbe stato un problema, ormai era brava a inventarsi storie su una sua famiglia immaginaria, eppure Duncan la rendeva così nervosa, ma perché avrebbe dovuto? Infondo neanche lui gli aveva detto niente sulla sua famiglia.

Duncan distolse lo sguardo sorridendo appena.
<< Bene, vado a comprare la roba di Estel, che vuoi venire? Se non hai niente da fare.>> Eulalia sorrise, a quanto pare non aveva nessuna intenzione di farle domande.
<< Okay.>>
Camminarono in silenzio, nessuno dei due sapeva bene cosa dire. Arrivarono in fretta al negozio di cani, da fuori sembrava piccolo ma appena dentro Eulalia si ricredette, era davvero grande, appena furono all’interno cominciarono a girare per gli scaffali alla ricerca del cibo per cani, c’erano casette, guinzagli, pallette di gomma, insomma tutto quello che riguardava i padroni con cani bisognosi di qualcosa. Mentre cercavano, una commessa che lavorava lì gli si avvicinò.
<< Salve>> Eulalia si girò, era una donna giovane, la maglietta azzurra esageratamente attillata, gli occhi truccati e le labbra rese troppo rosse dal rossetto, era davvero troppo truccata. Duncan si girò verso la commessa, sfoderando il suo sorrisetto sexy.
<< Salve.>>
<< Posso aiutarvi?>>
<< Certo, cercavo da mangiare per il cane>> la commessa si mise di fianco a lui e gli indicò quale scatole di cibo doveva prendere, Eulalia alzò gli occhi al cielo notando come la commessa lo guardasse sbattendo le ciglia. Duncan prese una ciotola nera con attaccati dei piccoli spuntoni di metallo.
<< Coattissima, secondo me gli dona è una coatta, guardala sempre ingrugnata>> Duncan sorrise e solo dopo un po’ Eulalia capì che stava parlando con lei.
<< Ma dai, con quegli spuntoni ci si potrebbe pungere>> Eulalia ridacchiò.
<< No, sono smussati apposta>> Eulalia fissò la bionda commessa, non lo aveva capito che stava scherzando? Ma no, certo che no, non la smetteva di guardare Duncan con gli occhi languidi mentre era intento nello scegliere un guinzaglio nuovo, Eulalia era quella donna convinta che avesse fatto la sapientona solo per cercare di farsi notare.
<< Ma è perfetto>> Duncan aveva appena trovato un guinzaglio nero, anche questo con sopra, sulla superficie esterna, dei piccoli spuntoni di metallo, Eulalia lo guardò e sorrise.
<< Oh b’è almeno è tutto in tinta.>>
<< Figo no? E poi a lei piace, vero?>> Duncan grattò la testa ad Estel, che come per rispondere gli abbagliò allegra.
<< B’è così possiede lo stesso stile del padrone>> la commessa sorrise a Duncan sbattendo le ciglia e lui in tutta risposta gli rivolse un sorriso.
<< Sì, b’è ci dona.>>
<< Molto direi>> la commessa si era unita al discorso di nuovo, ed Eulalia osservando i suoi occhi languidi sbuffò.
<< Se state flertando vi lascio soli.>>

Duncan la guardò serio o scocciato, Eulalia non riusciva a capirlo.
<< Ma smettila…>>
<< Cos’è lei la ragazza?>> la commessa alzò un sopracciglio scuro e perfettamente curato guardandola, ma da quando le commesse erano tanto sfacciate e scortesi? Eulalia non rispose, si girò e se ne andò, prendendo a girare per il negozio, poco in là, trovò le gabbiette con all’interno i cagnolini, erano molto carini e sprizzavano dolcezza, eppure Eulalia vedendoli chiusi lì dentro provava anche una certa pena e tristezza per loro, mentre li guardava, sentì una presenza accanto.
<< Io ho preso tutto bambina musona, possiamo andare>> Eulalia si girò verso Duncan, imbronciata proprio come una bambina.
<< Io non sono musona… e neanche una bambina>> insieme si avvicinarono alle casse e pagarono tutto, Eulalia tirò un sospiro di sollievo nel constatare che la commessa di prima non era più lì appiccicata a loro, o meglio a lui.
<< Se lo dici tu>> in mano Duncan teneva una busta con dentro il mangiare, il guinzaglio e la ciotola, mentre sotto braccio aveva una cuccetta per il cane, una specie di cuscinetto tutto lavorato e molto carino.
Appena usciti fuori, dopo pochi passi in completo silenzio, si videro venire incontro una testa biondo platino, per poi vedere una volta vicini che si trattava di Kevin.
<< Ciao idiota.>>

Kevin alzò il sopracciglio, in un’espressione annoiata.
<< Ciao zucca vuota, ciao Eulalia>> Kevin le sorrise e Eulalia ricambiò.
<< Ciao Kevin.>>
<< Non dirmelo, quel cagnone quindi lo teniamo in casa?>>
<< Sì e non rompere.>>
Kevin sbuffò.
<< Che ore sono?>>
<< Sarà l’una, andiamo a pranzare idiota, vieni anche tu? Tanto ormai sai dove abito, spero solo che tu non diventi come quella matta stalker.>>
<< Stalker?>>
<< Sì, mi faceva le appostate sotto casa.>>

Eulalia lo guardò, ricordando poi della matta di cui gli aveva detto a scuola e della sera al bar, non poteva che essere lei la stalker.
<< Sempre la stessa ragazza?>>
<< Sì, Ginny>> Duncan fece una faccia schifata e sembrò tremare leggermente come attraversato da un brivido di ribrezzo e terrore allo stesso tempo, Eulalia non si trattenne dal ridere.
<< Quella è innamorata persa di te.>>
<< No è matta>> Kevin ridacchiò. << Tra tutte le ragazze attiri anche le matte, che alla fine ti vengono dietro innamorate pazze e mezze folli.>>
Duncan lo guardò, squadrandolo serio e in modo da sembrare pronto a uccidere, ormai sembrava che quello sguardo in presenza di Kevin fosse inevitabile.
<< Così pare.>>
<< B’è non sei certo come me>> Kevin aveva usato il tono da ragazzo coatto che non era, portandosi all’dietro i capelli biondo platino, ma Duncan non perse tempo per sfotterlo sul momento.
<< No infatti, a te non ti si caga nessuno>> sorrise quasi in modo dolce, Eulalia non riusciva a capire come quei due potessero essere amici e vivere nella stessa casa, se ogni volta che li vedeva insieme, finivano sempre per attaccarsi.
<< Questo lo pensi tu.>>
<< No è così.>>
<< No.>>
<< Ah no? Allora quante volte lo hai fatto in vita tua?>>

Kevin abbassò un attimo lo sguardo, poi lo rialzò con dipinto sul volto uno sguardo noncurante.
<< Qui sei tu il pervertito.>>
<< No non pervertito, direi benefattore a tutte quelle ragazze bisognose.>>
Eulalia alzò gli occhi al cielo.
<< B’è che gran benefattore, non tutto gira intorno a quello.>>
<< Pensala come vuoi>> Duncan le fece spallucce con sguardo serio e si incamminarono verso casa. Appena arrivati, Estel si fiondò dentro e dopo di lei tutti e tre entrarono, Duncan dopo aver sistemato tutta la roba comprata, si spostò alla cucina.
<< Mettetevi seduti avanti>> Kevin si sedette sul divano, stravaccandosi.
<< Sulle sedie idiota! Non ci mangi sul mio divano!>>

Eulalia ridacchiò, vedendo Kevin sbuffare spazientito per poi andare verso la cucina, lei li guardò, aveva fame e rimanere le avrebbe fatto piacere, ma sapeva di dover tornare.
<< Io però vado di fretta, dovrei tornare>> Kevin si girò verso di lei, scuotendo la testa in gesto negativo.
<< No no, tu resti.>>
<< Siediti e fai silenzio>> Duncan la guardò e le indicò la sedia dopo aver usato quel tono perentorio, Eulalia sbuffò, ma alla fine si sedette con loro, sapeva che stava facendo una cosa sbagliata e che avrebbe rischiato un'altra punizione, ma a quanto pareva era più forte di lei, quando quei due la invitavano a casa non riusciva mai a dirgli di no.
<< Tenete>> Duncan gli passò il piatto, tre bicchieri e le forchette, sistemarono tutto e cominciarono a mangiare poco dopo, eppure Eulalia nonostante si trovasse bene come suo solito, era preoccupata, e Kevin guardandola parve accorgersene subito.
<< Che hai?>>
<< Niente.>>
<< Dai dimmelo>> Kevin le si avvicinò con la sedia, sempre guardandola con quegli occhi chiari e gentili, Eulalia gli sorrise, un sorriso forse un po’ forzato.
<< Te l’ho detto, niente.>>
Kevin sembrava davvero preoccupato e le fece una carezza sul viso in un gesto delicato, da fratello maggiore, ed Eulalia a quel tocco sorrise di nuovo, questa volta sinceramente per quel gesto tanto carino e delicato.
<< Volete una camera?>> Duncan parlò con sarcasmo maligno.
<< Per fare sesso?>> Kevin si era rivolto a lui usando lo stesso suo tono di voce.
<< Idiota, sicuramente io so come si fa.>>

Kevin scosse la testa e alzò le mani in gesto di resa, sorrise a Eulalia e si sdraiò nuovamente sul divano, senza sparecchiare.
<< Io mi riposo un po’.>>
Duncan tolse i piatti e li lasciò nel lavandino senza lavarli, poi si risedette sulla sedia e si accese una sigaretta.
<< Ma la smetti di ripetere che sai fare sesso? Si è capito>>Eulalia si rivolse naturalmente a Duncan.
<< Silenzio.>>
Eulalia sbuffò infastidita, puntando gli occhi azzurri su di lui.
<< Mi spieghi perché vai sempre di fretta?>> Duncan si alzò e si sedette a terra, cominciando ad accarezzare la testa di Estel.
<< Non vado di fretta.>>
<< Sì che vai di fretta>> Estel si mise a pancia all’aria e Duncan prese a farle i grattini sulla pancia, i mugolii di consenso del cane lo fecero sorridere.
<< No cioè, i miei genitori sono molto rigidi sugli orari.>>
<< Che palle.>>

Eulalia lo guardò facendo spallucce.
<< Ci sono abituata.>>
<< Ma scusa sei maggiorenne, vattene di casa.>>
<< Non posso, insomma non ho un lavoro e non mi posso permettere una casa.>>
Duncan la guardò annuendo, poi riprese ad accarezzare Estel, in gesti quasi autonomi, sembrava stesse pensando.
<< So che rifiuterai, ma finché non trovi un lavoro e una casa, potresti fare la coinquilina abusiva come Kevin, anche lui sta qui per più o meno lo stesso motivo, deve finire gli studi>> Eulalia lo guardò, l’idea di andarsene dall’orfanotrofio era l’unica cosa che era sicura avrebbe fatto appena finiti gli studi, certo era consapevole di poter confidare solo sulle sue forze e su nessun aiuto esterno e proprio per questo le ci sarebbe voluto tempo, ma andare a vivere con loro, le sembrava strano e allo stesso tempo divertente, si passò una mano tra capelli, rigirandosi una ciocca rossa tra le dita.
<< No grazie, troverò un modo e poi non credo che mi lascerebbero vivere con voi, siete due maschi.>>
<< E allora? Mica devi dirgli dove vai ad abitare.>>
<< Certo che devo farlo, altrimenti sarebbe come scappare.>>
<< No, gli dici che vai ad abitare da sola perché ormai sei grande>> Eulalia sorrise, l’intera idea le piaceva talmente tanto che di getto avrebbe risposto di sì.
<< Sarebbe bello, ma ora non posso>> Duncan si alzò in piedi.
<< Come vuoi, tanto la casa non scappa e nemmeno io.>>
<< E nemmeno io!>> Kevin alzò la mano come per far notare la sua presenza e si girò verso di loro, passarono i successivi minuti a scegliere cosa fare, alla fine Kevin propose di giocare alla Wii e così fecero, passarono un’ora davanti la Tv con in mano i telecomandi, divertendosi, Eulalia era negata e a ogni partita era la prima a perdere mentre Kevin e Duncan si immedesimavano fin troppo nella partita, Duncan dopo aver vinto contro Kevin era corso per tutta casa urlando “campioni del mondo”, mentre quando era stato Kevin a vincere su di lui, si era fomentato cominciando a pavoneggiarsi a saltare e a indicare Duncan urlandogli contro “vittoria!”.

Eulalia rideva senza riuscire a smettere, si stava davvero divertendo e non aveva la minima voglia di tornare all’orfanotrofio, era troppo tempo che non si divertiva così tanto con qualcuno, ormai passare il tempo con Kevin e Duncan era diventata una cosa normale, era forse la parte migliore della sua giornata.
Eulalia si sedette sul divano, era vero, il tempo che passava con loro ormai si stava trasformando nel momento più divertente e bello della sua monotona giornata, si stava davvero affezionando a Kevin, quel ragazzetto biondino magro e simpatico con cui si divertiva a passare il tempo e a cui tutti i giorni dava ripetizioni di varie materie.
Poi c’era Duncan, capelli neri e cresta bionda con quel fisico muscoloso, riusciva a metterla sempre a disagio in un modo o nell’altro, ma Eulalia si era accorta che passare il tempo con lui infondo si era rivelato anche piacevole, Eulalia si mordicchiò un’unghia, forse si stava affezionando troppo ed era una cosa buona, ma come suo solito ne aveva maledettamente paura.

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Capitolo 5
*** Un bacio... mille paure ***


                                                                                 UN BACIO... MILLE PAURE

Passarono altre ore davanti la tv giocando alla Wii, Eulalia e Kevin giocavano, mentre Duncan seduto dietro di loro sulla sedia del tavolo, li guardava.
<< Ho vinto io! Mamma mio sono proprio forte.>>
<< Non è che ci voglia un genio per vincere contro di me, sono una schiappa in tutti i giochi.>>
<< Ma che ti frega! L'importante è divertirsi>> Eulalia e Kevin giocarono un altro po', poi appena spenta la tv, Kevin si sdraiò sul divano e dopo aver intrattenuto una semplice chiacchierata si addormento lentamente e senza nemmeno accorgersene lui stesso, Eulalia lo guardò perplessa.
<< Ma perché si addormenta sempre all'improvviso?>> la ragazza si rivolse a Duncan.
<< E' narcolettico.>>
<< Ah ecco>> Eulalia gli spostò le gambe per potersi sedere sul divano, Duncan era dietro di lei seduto sulla sedia, alzò la birra che aveva in mano.
<< Vuoi?>>

Eulalia si girò verso di lui facendo cenno di no con la testa, poggiò le braccia sullo schienale del divano, Duncan sedeva scomposto, nel giocare si era tolto la maglietta e non si era curato del rimettersela, beveva la sua birra a occhi chiusi, ed Eulalia ne approfitto per contemplare la forma dei suoi addominali, forse era troppo incantata e Duncan sembrava essersene accorto.
<< Che c'è?>> Duncan le si avvicinò furtivo e lei se lo ritrovò davanti, entrambi si guardavano negli occhi ed Eulalia arrossì violentemente, sia per l'essere stata beccata a guardarlo imbambolata, sia per la loro vicinanza.
<< Niente...>>
<< Hai la febbre? >> Duncan si avvicinò ancor di più e prima che Eulalia potesse allontanarsi, si sentì le labbra di Duncan premere sulla fronte, erano morbide e calde concentrate in un gesto così affettuoso che Eulalia sentì ancor più sangue affluire alle guance mentre un brivido le percorreva la schiena, si allontanò di poco, giusto lo spazio per separare il contatto delle labbra di Duncan dalla sua fronte.
<< No, sto bene.>>
<< Sicura? Sei tutta rossa>> Duncan corrucciò la fronte guardandola, aveva le guance leggermente rosse, forse non aveva bevuto solo quella birra ma anche qual cosina in più, si riavvicinò e quel broncio che aveva era maledettamente sexy, ed Eulalia non riusciva a spostarsi, così lo guardò negli occhi.
<< Sto bene, ho solo caldo.>>

Duncan fece un cenno con la testa come a dire "se lo dici te" si alzò e si avviò in cucina, tornò nel salone con in mano un piatto di spaghetti, si risedette sulla poltrona e cominciò a mangiare e bere un'altra birra, senza smettere mai di guardarla.
<< Non smetti mai di mangiare?>> dovevano essere le quattro del pomeriggio, ed Eulalia non riusciva a capire come gli andasse di mangiare un piatto di spaghetti.
<< No, non credo>> in poco tempo finì di mangiare, e bevve un altro po'.
<< Sei un fulmine.>>
<< Neanche tanto, posso fare di meglio>> Duncan ridacchiò un poco, chiuse gli occhi e si rilassò sulla poltrona, tutti i muscoli si tesero non appena Duncan si stiracchiò.
<< Come fai ad avere tutti quei muscoli se mangi così tanto?>> inconsapevolmente Eulalia aveva posto la domanda a voce alta.
<< Perché brucio con arti marziali e con il lavoro>> per fortuna Duncan sembrava aver sorpassato la domanda, cosa che non era da lui, insomma Eulalia si aspettava una presa in giro, un commento su se stesso, dicendosi da solo di essere bellissimo o almeno uno dei suoi sorrisetti fastidiosi e maliziosi, invece niente, forse cominciava a essere seriamente mezzo brillo.
<< Sei mezzo ubriaco vero?>>
<< No.>>
Eulalia sospirò e si alzò dal divano, doveva tornare.
<< Si sta facendo tardi, devo cominciare a tornare.>>
<< No, non mi abbandonare con il morto.>>
<< Ma hai Estel.>>

Duncan fece di no con la testa, le prese la mano con le sue e la condusse vicino il divano.
<< No no, siediti che sono solo le cinque, su non voglio stare vicino a lui da solo, Estel pure lei dorme.>>
Eulalia sbuffò, si arrese e si sedette sul divano, aveva ceduto un'altra volta, non riusciva a capacitarsene, di solito se lei voleva fare qualcosa la faceva, ma ormai non riusciva a dirgli no e rimanere non le dispiaceva davvero così tanto come pensava.
<< Brava, brava>> Duncan annuì d'accordo con lei, prima di sedersi. Kevin si mosse leggermente e cascò dal divano, Eulalia rimase ancor più perplessa nel vedere che non si rialzò ne diete segni di vita, continuò a dormire come se niente fosse, sdraiato a pancia in su, un braccio sulla testa e uno di fianco, Duncan lo oltrepassò e si sedette scomposto sul divano, Eulalia lo guardò di sottecchi, non si sarebbe fatta beccare di nuovo mentre lo guardava.
<< Povero almeno rialzalo e portalo in camera>> disse Eulalia indicando Kevin per terra.
<< No, mi fa male tutto.>>
<< Che perfido>> Eulalia lo disse sorridendo e Duncan ridacchiò ad occhi chiusi.
<< Ma che ridi? Povero Kevin>> Eulalia voleva essere seria, ma la voce le uscì bassa e fin troppo allegra.
<< Ma che povero! Lo sai come si è presentato alla mia porta la prima volta?>>
<< No come?>>
<< Col pigiama! E le ciabatte! Appena svegliato! Cioè, lui è andato in giro in pigiama! Con una busta per borsa>> Duncan mentre parlava strascicava un po' le parole, segno che doveva essere un poco ubriaco, ma Eulalia non ci fece molto caso, era troppo concentrata nel figurarsi nella mente l'immagine di un Kevin che andava in giro in pigiama, sbadigliando e con le occhiaie, con in mano una busta con dentro i vestiti, scoppiò a ridere quasi fino alle lacrime.
<< Ti rendi conto? Poi è entrato senza neanche parlare! Si è buttato sul divano e si è addormentato!>> Eulalia scorse il divertimento nella voce di lui, cercò di contenere le risate e lo guardò.
<< Ma davvero?>>
<< Certo che sì! Da non crederci!>> Duncan finì di bere la birra e la poggiò a terra, Eulalia ridacchiò, poi si poggiò con la schiena al divano e chiuse gli occhi per un momento, non voleva andarsene, era davvero bello sentirsi così bene e divertirsi, continuò a tenere gli occhi chiusi, aveva una gran voglia di aprirli e guardare Duncan, quel ragazzo che da scorbutico non si era rivelato tanto male e che sembrava riuscire a farla stare bene, Eulalia sentì una strana sensazione, era come se si sentisse osservata.

 

 


Duncan la stava osservando ora che lei teneva gli occhi chiusi, la pelle liscia e chiara, i capelli lisci e rossi le ricadevano ordinati sulle spalle arrivando fino alla vita, ma teneva gli occhi chiusi e Duncan non poteva guardare i suoi occhioni azzurri, poteva osservarla solo di profilo, seguì la linea della fronte fino ad arrivare al naso, piccolo e dritto, seguendo la linea osservò le labbra, rosa e invitanti, le labbra che aveva cercato di baciare qualche giorno prima, per un motivo anche a lui sconosciuto, eppure anche in quel momento avrebbe voluto provarci, avvicinarsi e poggiare le sue labbra su quelle di lei, solo per provare.
Eulalia si mosse e aprì gli occhi, Duncan girò lo sguardo, poi si rigirò di nuovo verso di lei che ormai aveva gli occhi aperti e fissava il soffitto, immersa nei suoi pensieri.
<< Ohè.>>
<< Mh?>> Eulalia si girò verso di lui e Duncan non perse tempo, le si avvicinò di scatto, sfiorandole il naso con il suo e leggermente le labbra, Eulalia spalancò gli occhi e Duncan poté rivedere quelle iridi blu scure, come contenessero il profondo oceano.
<< Non levarti>> Duncan lo sussurrò, la voce ovattata e provocante gli uscì naturale, socchiuse leggermente gli occhi, ma quando provò ad avvicinarsi lei si allontanò, indietreggiando leggermente.
<< Duncan... è meglio che... no>> sussurrò Eulalia, Duncan non staccò gli occhi da quelli di lei, ormai era troppo vicino per riuscire a ritirarsi indietro come aveva fatto l'ultima volta, in più per lui sarebbe stata come una sconfitta, infondo cosa le stava chiedendo? Solo un bacio, perché doveva averne tanta paura?.
<< Fai silenzio per favore>> sussurrato questo, Duncan poggiò le labbra sulle sue, un semplice contatto ma gli piaceva, lei sembrava aver sussultato ma non si era allontanata, anzi sembrava che anche lei bramasse quel contatto e spinto da questo, Duncan le strinse per un momento la vita con il braccio, avvicinandola a sé, tentò di approfondire il bacio, di chiederle l'accesso completo alle sue labbra e alla sua bocca, ma Eulalia sembrava ancora indecisa, Duncan non insistette, la testa gli girava e nonostante avesse gli occhi chiusi se li sentiva pesanti... ma voleva godersi ancora quel semplice bacio.

 

 


Non provava paura, anzi tutto ciò che Eulalia sentiva erano le così dette "farfalle nello stomaco" adorava le sue labbra, così morbide e delicate... improvvisamente lo sentì pesante, il bacio si interruppe bruscamente, ad Eulalia diede quasi fastidio
Solo riaprendo gli occhi e guardandolo, si accorse che Duncan si era addormentato di botto, la sua testa era poggiata vicino il petto di Eulalia, che la prese e con delicatezza lo fece poggiare con la testa sulle ginocchia, Duncan russava leggermente, ma in quel momento era estremamente tenero e con molta delicatezza Eulalia si mise ad accarezzargli i capelli, poi buttò la testa indietro sbuffando, il bacio le era piaciuto e in quel momento le piaceva accarezzare i capelli di Duncan, non aveva intenzione di smettere, ormai era chiaro, ed era anche inutile rinnegarlo, Duncan le piaceva, e sì ne aveva paura, ma prima o poi avrebbe dovuto farci i conti con quella sua paura e che fosse Duncan la motivazione scatenante era ancora da vedere... ma Eulalia era decisa almeno a provarci, perché non poteva far sì, che un bacio, per lei rappresentassero mille paure e dubbi insieme.
I suoi pensieri furono interrotti da Duncan, che nel sonno strusciò leggermente la testa sulle sue gambe, facendo un broncio adorabile, Eulalia sorrise, decise di lasciar perdere i pensieri di prima e si mise a giocare con una ciocca dritta dei suoi capelli, chiudendo gli occhi, non aveva intenzione di dormire solo di rilassarsi.
<< Kevin lascia la mia cioccolata!!>>
Eulalia sobbalzò spaventata.
<< Oddio che succede?!>> poi sentì un botto e guardando giù vide che Duncan era caduto dal divano e che era stato lui ad urlare, senza accorgersene si era addormentata e guardando l'ora sull'orologio del salone, notò che erano le cinque e mezza, avevano dormito mezz'ora.
<< Che male>> Duncan si rialzò mettendosi seduto a terra e massaggiandosi la testa, Eulalia ridendo lo guardò.
<< Che bel risveglio.>>
<< Meraviglioso>> Duncan si alzò, poi si portò una mano alla pancia e una alla testa, fece una smorfia e corse di fretta al bagno, Eulalia rimase ferma dov'era guardandolo scappare, poteva immaginare il perché di quella corsa.

Poco dopo Duncan tornò nel salotto con una mano sulla fronte, Eulalia notò che il viso era più pallido del solito colore scuro della pelle.
<< Ei stai messo male, hai la febbre?>>
<< No>> Duncan parlò con una voce leggermente nasale, tirando su col naso nello stesso istante.
<< Eppure non mi sembra che stai benissimo.>>
<< Sto... benissimo>> Duncan le sorrise come per rassicurarla, forse era solo un'impressione sua, ma Eulalia pensava che cercasse solo di fare l'uomo duro, che non mostra le sue emozioni, lui si sporse leggermente come a volersi poggiare al muro con la spalla, ma il muro in realtà dove si trovava lui non c'era, ed Eulalia non fece in tempo ad avvertirlo di non poggiarsi, che Duncan trovando il vuoto finì a terra.
<< Oh!>> Eulalia si alzò dal divano e gli si inginocchiò davanti, cercando di aiutarlo.
<< Sì certo si vede, guarda che se dici di stare male non smetti di essere uomo.>>
<< Forse... non sto... poi tanto bene.>>
Eulalia lo aiutò ad alzarsi, per portarlo alla sua camera e girando lo sguardo verso il divano, notò che Kevin vi era di nuovo sdraiato sopra, placidamente addormentato, Eulalia si fermò un attimo perplessa, come aveva fatto? Non stava dormendo sdraiato a terra? Sentendo mugugni di protesta da parte di Duncan, riprese a camminare verso la camera.
Certo sorreggere uno come Duncan, per lei che era così mingherlina, era davvero un'impresa, non lo avrebbe mai detto ma essendo un fascio di muscoli, Duncan pesava un bel po'. Eulalia per sostenerlo aveva un braccio di Duncan intorno alle sue spalle, ma era anche molto più alto di lei e quindi un pezzo di gamba di Duncan strusciava a terra.
<< Oddio dammi una mano, sei enorme non riesco a portarti.>>
Duncan si sollevò a fatica sulle gambe, camminando molto lentamente raggiunsero la camera e appena dentro Eulalia lo trascinò fino al letto.
<< Ecco qui>> lo fece sedere, ma appena Duncan toccò il letto si lasciò cadere all'indietro, tenendola ancora per il polso se la portò dietro, ed Eulalia sentendosi tirata improvvisamente gli cadde sopra, la ragazza guardò davanti a sé ritrovandosi il viso di Duncan davanti, aveva ben in evidenza il collo, i pettorali e riusciva a sentirli tutti a contatto con il suo corpo, le sue mani poggiavano sul suo petto, che sembrava davvero essere stato scolpito, sentiva quanto calda era la sua pelle.
<< Ehm... prima che vado ti serve qualcosa?>>
Duncan le circondò la schiena con le braccia, Eulalia si accorse che era effettivamente tra le sue braccia, erano abbracciati come potevano esserlo due innamorati e la cosa la turbava, ma allo stesso tempo le piaceva.
Duncan fece un piccolo sorrisetto, aveva gli occhi socchiusi, le guance arrossate, Eulalia gli premette una mano sulla fronte, era davvero bollente.
<< Scotti, Duncan hai la febbre.>>
Duncan non rispose, alzò la testa e avvicinandosi cominciò a lasciarle delicati baci sul collo, molto leggeri, come con premura, ma erano baci bollenti, ed Eulalia non capiva se fosse per le labbra di lui che erano davvero bollenti, o se fosse lei a sentirli così.
Duncan prese ad accarezzarle appena un fianco, non era una cosa che le dava fastidio, era una vera e propria dolce carezza, alternata ai baci che le lasciava sul collo, il tutto era così premuroso e dolce che Eulalia si sentì girare la testa, ma c'era anche la paura a farla tremare.
<< Allora? Dai devo andare>> si allontanò leggermente, ma Duncan non lasciò la presa.
<< Resta qua…>> in un secondo Duncan rigirò le posizioni rotolando, ora era lui a stare sopra di lei, poggiò la testa sotto il suo petto abbracciandole la vita, in tutto questo Eulalia non vide niente di brutto, nessuna intenzione particolare.
<< Resta…>> sussurrò Duncan stanco, la sue era una vera richiesta.
<< Non posso, però torno>> era vero, Eulalia non poteva rimanere, doveva tornare al più presto e non solo per la punizione che stabiliva di tornare a un certo orario, ma perché quella situazione la metteva a disagio, voleva rimanere, ma aveva paura di quello che sentiva, uno strano fastidio, un calore che sembrava partire dalla pancia ed espandersi per tutto il corpo, non era neanche tanto quel fastidio a farle paura, più che altro quello che poteva significare.
<< No>> sussurrò di risposta Duncan chiudendo gli occhi e stringendo di più la presa sulla vita.
<< Dai sono malato, anzi moribondo.>>
<< A sì? Prima mi sembrava di aver sentito che stavi benissimo.>>
<< Invece sto male, sto per morire>> Duncan strusciò piano la guancia sulla sua pancia, ed Eulalia si sentì attraversare da un brivido.
<< Temo che se smetto di parlare muoio.>>
<< Allora vai a dormire se stai così male, ti farà bene>> Eulalia si alzò sui gomiti, nel tentativo di farlo spostare, ma a Duncan uscì un piccolo mugugno di disappunto e strinse nuovamente la presa su di lei.
<< Dai.>>
Eulalia sospirò.
<< Non posso e poi ti devi riposare.>>
<< No.>>
<< Duncan, per favore devo andare>> Eulalia mise le mani sulle sue per fargli allentare la presa.
<< Ma perché? Dai.>>
<< Perché sì e tu devi riposare, sei tutto sudato e bollente>> Eulalia si riappoggiò sui gomiti, non riuscendo a mettersi seduta.
<< Non mi va, tanto sto per morire.>>
<< Non stai per morire.>>
<< Sì invece>> Duncan tirò su col naso, sistemando meglio la testa sulla sua pancia, Eulalia combatteva contro l'istinto di accarezzargli i capelli, solo perché le piaceva, di accarezzargli i pettorali e gli addominali, che ora sentiva aderire al suo corpo, solo per sentire se fossero duri quanto il marmo, solo perché le sarebbe piaciuto.
<< E va bene, resto ma solo per un'altra mezz'oretta e tu ora vai a riposare.>>

Duncan alzò la testa guardandola, la guancia sinistra era più rossa dell'altra, gli occhi semi chiusi, segno che era mezzo addormentato, pallido e con i capelli scompigliati, con la frezza bionda completamente sparata in su, nel vederlo così, le venne da sorridere.
<< Sembra quasi che stai per svenire di nuovo, dai mettiti a letto, altrimenti chi ce la fa a portarti di nuovo su>> cercò di staccarlo da sé, per farlo sdraiare sul letto, ma Duncan era deciso a non demordere la presa.
<< Duncan>> Eulalia strascicò il suo nome, cercando di apparire scocciata.                                 
<< Avanti, guarda che se svieni ti lascio a terra.>>
<< Non lo faresti>> sorridendo e chiudendo gli occhi, Duncan riappoggiò la testa sulla sua pancia.
<< Sì invece.>>
<< No sono maledettamente adorabile.>>
<< E questo che vuol dire? Lo puoi essere anche a terra.>>
<< A terra anche di più, però se cado io, cadi anche tu>> Duncan parlava con un tono di voce basso e rilassato.
<< No, se svieni molli la presa, io ti lascio lì e me ne scappo.>>
<< E mi faresti questo?>> Duncan risollevò lo sguardo, guardandola con un muso da cane bastonato, in più gli occhi lucidi e le guance rosse gli davano un’aria adorabile, Eulalia gli sorrise addolcendo lo sguardo.
<< Ti farei la grazia di provare a rimetterti a letto>> Duncan sorrise riappoggiandosi su di lei.
<< Mi hai scambiato per un cuscino?>>
<< Sei più comoda del cuscino>> disse lui in un sussurro.
<< Grazie, ma io sto scomodissima, se ci resto per mezz'ora dopo non riuscirò più a muovermi.>>
<< Mettiti bene.>>
<< E come se non riesco a muovermi?>> Duncan fece leva sulle mani, assumendo la posizione come per fare i piegamenti, lasciandole lo spazio per spostarsi, ma non abbastanza per fuggire. Ma era questo il punto, lei non voleva fuggire, o meglio lo voleva, ma non con tutta se stessa.
<< Forza.>>
Eulalia si spostò in avanti, aveva deciso, doveva andare via, sgusciò via per raggiungere l'altro lato del letto, scivolare via e alzarsi, ma Duncan se ne accorse e le prese la mano.
<< Non andare via.>> sussurrò stanco e a occhi chiusi, in quel momento Eulalia fu indecisa, la testa e tutto il corpo le dicevano di rimanere, che quel meraviglioso e bellissimo ragazzo per qualche motivo sembrava aver abbassato il muro da ragazzo arrogante e le chiedeva di rimanere e lei sapeva bene che avrebbe tanto voluto restare, ma la ragione le diceva di tornare, che doveva per non rischiare di far arrabbiare di nuovo Catarina e in più, quello che stava succedendo la stava portando a provare emozioni di cui lei aveva paura, e sempre la ragione, le diceva di andare via da tutto questo.
<< Okay, ma poi torna>> Duncan le lasciò la mano e si sdraiò scomposto sul letto, con la testa sul cuscino, addormentandosi quasi subito.
Eulalia rimase ferma a guardarlo per un po', vederlo così le piaceva, rilassato, col respiro regolare e con una faccia, che come tutti quando dormono, sembrava d'angelo. Mentre Duncan era immerso nel mondo dei sogni, Eulalia sgusciò via silenziosamente dalla porta.
<< Va bene, torno.>>

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Capitolo 6
*** Piccole verità... piccole bugie ***


                                                                PICCOLE VERITA'... PICCOLE BUGIE

Duncan si alzò dal letto col sudore freddo, la testa gli pulsava da morire, come se qualcuno al suo interno si divertisse a colpirlo con un martello. Si avvicinò all’armadio e da dentro prese una coperta di pail e se la mise intorno.
“Proprio quello che ci voleva.”
Era ancora a petto nudo e scalzo, ormai era abituato a stare così per casa, persino quelle rare volte in cui aveva la febbre. Andando in cucina con il passo degno della lentezza di una lumaca, lesse il biglietto di Kevin lasciato appeso sul frigo.

- Zucca vuota sono andato da amici, non ho idea di che ore farò né di quando ritorno, quindi per pranzare, cenare e roba varia non ti fare problemi.

Duncan ridacchiò basso, con o senza biglietto non si sarebbe fatto alcun problema. Tirando su col naso andò verso il salotto e si buttò sul divano, lanciando due bei starnuti.
<< Mamma mia, non mi ammalo praticamente mai, ma quando succede mi devasta.>> Duncan accese la tv, ricordava poco e niente del giorno prima, la febbre e l’alcool bevuto gli annebbiavano i ricordi, sapeva per certo che con lui c’era stata Eulalia e ricordava di avergli chiesto di rimanere... doveva aver fatto sicuramente la figura dell’idiota! Eppure voleva davvero che lei restasse lì con lui, lei si era preoccupata, era rimasta e la sua compagnia gli piaceva, rimaneva sempre una ragazza un po’ strana, ma passare il tempo con lei non era male, in più si aggiungeva il fatto che fosse anche una bella ragazza, il che andava a suo vantaggio.
Duncan scosse la testa, ma che giorno era? Guardò il calendario, con sorpresa vide che erano nel mese di Dicembre, non se lo ricordava nemmeno, come era passato tutto quel tempo?.
Il ragazzo fece spallucce, pensando solo al fatto che di li a poco sarebbe arrivato anche il natale.
“Questo sarà un natale di merda, come sempre.”
Duncan sospirò, ributtandosi con la testa all'indietro sul divano, passare il natale da soli di sicuro non era il massimo, quella festa era il motivo per tutti di riunire l'intera famiglia per cena, magari parenti lontani, di cui qualcuno neanche ci si ricordano le facce, ma per lui non c’era nessuna famiglia da riunire. Una sorella finita chissà dove, una madre in coma, nonni mai visti, il padre non c’era più, ma d'altronde non c'era mai stato.

Rimaneva solo suo zio, ma Duncan dubitava fortemente che un uomo con giri mafiosi, fosse la persona adatta da invitare per un cenone di natale.
Duncan cercò di alzarsi dal divano, fu quasi un'impresa. Le gambe reggevano, ma la testa continuava a girargli come una trottola, si ributtò seduto, sbuffando infastidito dalla sua stessa debolezza di quel momento.
<< No, non ci riesco, resterò su questo divano tutta la vita, o finché qualcuno non arriva e mi aiuta>> Duncan girò i canali a caso, non trovando niente di interessante. Sbuffando nuovamente e scocciato si fermò su un canale scelto a caso e starnutì per la centesima volta.
<< Mamma mia>> la voce gli uscì bassa e nasale, classica di chi ha un brutto raffreddore. Tirò su col naso e si sdraiò sul divano coprendosi con la coperta fin sotto la testa, con gli occhi socchiusi vide cosa davano sul canale, Titanic.
<< Oh mio dio sembro un depresso, Titanic no>> Duncan si sistemò meglio le coperte, stava finalmente per addormentarsi quando il citofono suonò, li per li non se ne preoccupò, ignorando e maledicendo chiunque si fosse attaccato al campanello. Ma sentendolo suonare nuovamente si alzò irritato, molto lentamente e portandosi dietro la coperta, aprì il portone con il tasto del citofono in casa, per poi ripuntare dritto al divano, sicuro era Kevin.
<< Ciao.>>
Duncan alzò lo sguardo, la voce che aveva parlato non era per niente maschile, davanti a lui si parò la figura e la testa rossa di Eulalia. Portava dei pantaloni da tuta neri con sopra una felpa che doveva essere pesante, i capelli erano un po’ incasinati qua e là, come se fossero stati mossi da un vento abbastanza forte, le guance rosse dal freddo proprio come la punta del naso.
Duncan sorrise leggermente, divertito dal suo aspetto e ne dedusse anche che fuori stesse tirando una tormenta.
<< Pensavo fosse Kevin.>>
<< Sono venuta a vedere se stai meglio, ma mi pare di no.>>

Duncan la guardò con un sopracciglio alzato.
<< Meglio? Sto sicuramente peggio di prima e poi…>> Duncan si bloccò di botto, non seppe bene neanche lui come, ma buttò le coperte in aria e ignorando il giramento di testa che ne seguì, corse verso il bagno, vomitò tutto quel poco cibo che aveva mangiato, tossì e dopo essersi sciacquato per bene la bocca tornò barcollando verso il divano, ricoprendosi con la coperta. Eulalia sedeva sul divano di fianco a lui, intenta nel guardare la Tv, sembrava esserne incantata, il che sorprese Duncan, quella ragazza non aveva mai visto un televisore? Facendo spallucce si stravaccò sul suo posto.
<< Non pensavo fossi un tipo da Titanic.>>
Giusto, doveva essere per quello che guardava la televisione incantata.
<< Non lo sono, ho messo un canale a caso, non avevo intenzione di vedermelo.>>

Eulalia annuì, con uno sguardo che sembrava trasparire una leggera delusione. Duncan le lanciò uno sguardo di lato, perché doveva fare il duro a cui non piacciono i film romantici? In fondo lui Titanic lo aveva già visto e certo non si era messo a piangere, né si abbuffava di storie d’amore strappalacrime, anzi, tutto quell’amore esagerato tra due persone non lo capiva, forse perché non l’aveva mai provato. Ma nonostante questo non ne era del tutto indifferente, doveva ammettere che la storia di Rose e Jack lo aveva davvero colpito.
Continuò a guardare Eulalia, con capelli rossi come l’attrice mentre sorrideva come quest'ultima, come se fosse lei nel mezzo della scena del film, anche se per Duncan il piccolo sorriso di Eulalia gli risultava più bello, gli occhi azzurri luccicanti mentre guardava la scena, chissà con quali pensieri romantici che le frullavano nella testa.
<< In realtà l’ho già visto>> questa volta lei si girò verso di lui, che la guardava con uno sguardo all'apparenza strafottente, mentre dentro di sé si chiedeva perché gli interessasse farglielo sapere.
<< Davvero? E ti è piaciuto?>>
<< Mi ha colpito molto la loro storia, in più con lo sfondo drammatico del Titanic mi ha fatto un certo effetto>> Eulalia allargò le labbra in un piccolo sorriso.
<< Io amo la loro storia, è un classico del cinema, ma davvero unico, insomma chi non sogna un amore come il loro?>>
Duncan restò in silenzio, meditando su quella semplice domanda. Lui non aveva mai cercato quel tipo di amore in nessuna delle ragazze che conosceva o che aveva conosciuto.
Se le portava a casa per portarsele a letto e le sue storie d’amore non duravano più di un mese o due, sempre se si poteva chiamare "storia d'amore" lo stare con una ragazza fissa da portarsi a letto regolarmente, senza nessun coinvolgimento troppo serio, non da parte sua almeno.
Non era di certo amore, lui era una completa frana in quel campo. Nell'amore che tutti cercano, quello “vero”.
Eulalia non ricevendo alcuna risposta da parte sua riportò lo sguardo sullo schermo.
Duncan si ritrovò a guardarla curioso con i cuoi occhi neri e profondi, mentre la scrutava.
Lei era chiaramente in cerca d'amore, come ogni ragazza della sua età d'altronde, eppure sembrava sempre scappare.
<< Questa è la mia scena preferita.>>

Duncan portò gli occhi sullo schermo. La scena riprodotta era quella in cui Rose torna da Jack e si incontrano sulla prua della nave. Era la scena più famosa del film, lui che la porta davanti a se, le apre leggermente le braccia, il vento gli scompiglia i capelli e davanti a loro solo mare, con Rose che sorride recitando la frase “ Jack… sto volando”.
<< Un po' scontata come scena preferita non credi? È troppo ovvio che lo sia.>>
Eulalia ridacchiò leggermente e Duncan sorrise, felice del sapere di essere stato lui a farla ridacchiare.
<< Forse, ma è proprio per questo che lo è... sì è scontata è ovvia e magari la preferita di tutti, ma per me rimane sempre una scena unica ed emozionante>> Eulalia lo guardò con i suoi profondi occhi azzurri, che Duncan cominciava a trovare fin troppo belli da guardare.
<< E poi è la scena in cui una ragazza cerca di figurare se stessa al posto di Rose>> glielo sussurrò come fosse un segreto che non doveva far sentire, e ciò fece scappare a Duncan una leggera e bassa risata.
<< E la tua scena preferita invece qual'é?>> Duncan fece spallucce, come per farle capire che non ne aveva nessuna. Lei parve un po' delusa della sua risposta forse troppo scontata. Duncan si poggiò allo schienale lasciando cadere la coperta sulle gambe, era ancora a petto nudo.
<< Mettiti una maglietta scemo.>>
<< Non mi va.>>
<< Mettila!>> il tono assunto da Eulalia ora era più duro e non dolce come pochi secondi prima. Duncan la guardò, con un poco di sarcasmo dipinto sul sorrisetto bastardo appena formatosi sulle sue labbra.
<< Costringimi.>>

Eulalia indurì lo sguardo, alzandosi in piedi.
<< Guarda che lo faccio.>>
<< Se se>> Duncan starnutì e vide Eulalia prendere il corridoio per poi sparire dietro la porta della sua camera, tornò poco dopo con in mano una maglietta a maniche lunghe verde.
<< Mettiti seduto>> Duncan la guardò alzando un sopracciglio nero come a dire “ ma sul serio?”.
Eulalia gli si piazzò davanti prendendolo per un braccio e cominciando a tirare per farlo alzare a forza.
<< E non tirare sono malato, non trattarmi male>> mugugnò Duncan con un broncio adorabile e fin troppo infantile.
<< Allora tirati su! Altrimenti continuo a tirare.>>
<< Ohè, non urlare>> Duncan si arrese, non sopportando più la petulante testa rossa che non ne voleva sapere di smettere di tirargli il braccio e si mise seduto, massaggiandosi con le dita le tempie, mentre Eulalia sorrideva soddisfatta.
<< Okay, mettiti la maglietta.>>
Duncan alzò le braccia facendole intendere che non voleva mettersela da solo. Sentì Eulalia sospirare, poi una manica gli scivolò per un braccio e poi per l’altro, con delicatezza sentì le mani di Eulalia accompagnare la maglietta fin sull'addome, quanto tempo era che nessuno si prendeva cura di lui? Che si metteva persino a vestirlo perché stava male? Duncan sorrise, quel leggero tocco di lei gli era piaciuto.
<< Sei fredda>> Duncan prese la sua mano e se la portò sulla fronte, chiudendo gli occhi, sapeva bene che era lui quello bollente e non lei quella ghiacciata. Eulalia con l’altra mano finì di infilargli la maglietta, poi la sentì ridere e incuriosito riaprì gli occhi, dato che lei lo guardava e rideva, si guardò la maglietta, scoprendo che ciò che stava indossando non era altro che un ridicolo maglioncino verde, con sopra cucita la faccia di una renna sorridente, una maglietta che potevano mettere solo i bambini di sei anni.
Duncan sapeva bene da dove venisse quel maglione, ma non ricordava di averlo dentro il cassetto o di averlo proprio in casa.
<< Questo dove l’hai trovato?>> alzò un sopracciglio guardandola, lei sempre ridendo gli rispose.
<< Non lo so, ho preso una cosa a caso, oddio sei così buffo.>>
Duncan levò la coperta, poggiandosi bene allo schienale, con il capo all’indietro e passandosi una mano tra i capelli, inconsapevole dello sguardo divertito di Eulalia.

<< Sembri un bambinone>> era come se Duncan sentisse il sorriso nella sua voce dolce e allegra, ma di restare lì con un maglione da renna a fare il bambinone non se ne parlava nemmeno, in più quel maglione, non era il caso di indossarlo.
Se lo sfilò lanciandolo lontano con fin troppa rabbia, poi si rialzò con molta fatica e se ne andò in camera sua, tornando in salone con indosso un maglione semplice e nero.
<< Molto meglio.>>
<< Eri più carino prima, ora sei triste, è tanto carino quel maglione.>>
<< No, c’è di meglio da mettersi addosso.>>
<< No, ma dai è allegro, se non ti piace me lo metto io>> scherzò Eulalia, raccogliendolo da terra e posando il maglione sul bracciolo del divano.
Duncan chiamò Estel, che arrivò sbucando dalla porta e si avvicinò scodinzolante poggiando la testa sulla coscia di Duncan, che prese a grattargli la testa dolcemente, i mugugni di consenso di Estel lo fecero sorridere.
<< Allora che fai a natale?>>
<< Mi fa schifo il natale>> Duncan lo disse con tono normale, come fosse una cosa ovvia, vide Eulalia guardarlo alzando tutte e due le sopracciglia in un'espressione sorpresa.
<< Che cosa triste.>>
<< Ho sempre passato il natale da solo, è una festività inutile, i venditori ne approfittano per vendere roba scadente a gran prezzo, solo perché tanto è natale e si può spendere di più, è inutile>> la sua voce uscì seria e convinta, perché era quello che davvero pensava, mentre dall'altra parte Eulalia sospirava, sorpresa da tanto odio.
<< Se la pensi così vai a perdere il significato, non è solo per i regali, si passa una sera insieme a tutta la famiglia, i bambini sono felici perché credono che un uomo vestito di rosso e con la barba porti loro regali su una slitta magica.>>

Duncan la guardò nuovamente, con un po’ di invidia al pensiero che i genitori di lei dovevano essere davvero dolci e attenti se aveva un pensiero così positivo del natale. Ma non riusciva a trattenersi dal dire la sua.
<< E’ tutta una finzione, e poi non esiste Babbo Natale, lo so da sempre>> Duncan chiuse gli occhi serio, ovvio che a vent'anni sapesse che Babbo Natale fosse solo una finzione, ma lui lo sapeva da quando aveva cinque anni che tutto era finto, non gli era mai stata data la possibilità da parte dei genitori di fantasticare su un uomo in tuta rossa su una slitta.
E mentre tutti i bambini a scuola parlavano dei fantastici regali e delle letterine di risposta ricevute, lui se ne stava in un angolo, credendo che quei bambini fossero solo degli stupidi a credere a quelle scemenze, anche se dentro di sé li invidiava, erano così felici e sereni che anche quando sarebbe venuto il momento di scoprire la verità, avrebbero riso di quei momenti, mentre lui no. Sarebbero stati solo ricordi di cene di gala, persone ricchissime tutte riunite in una sala a conversare con i suoi genitori, altrettanto ricchi, aspettando la mezzanotte.
<< Lo vedi tu non capisci, ma pensa se vai a dire queste cose a un bambino, sì sarà una festa da un lato un po’ inutile, ma è fatta per passare una sera in allegria con i propri cari, in più ha un significato anche religioso.>>
Duncan riaprì gli occhi, con la voce di lei che lo distoglieva dai suoi ricordi.
“Tutto ciò che dice essere magico del natale non l’ho mai vissuto.”
<< Okay, vuoi sapere che facevo da bambino a natale?>> glielo chiese serio, a poche persone raccontava della sua famiglia, ma ormai Eulalia gli sembrava essere una ragazza che conosceva da tempo, come fosse la sua migliore amica da sempre, anche se “amica” come parola non gli era mai piaciuta, anche perché non ne aveva mai avute, non dopo i quindici anni.

Lei era dolce, forse troppo paurosa, ma sfacciata quando voleva e in costante fuga da qualcosa che solo lei sapeva.
“Eppure mi piace.”
Duncan scosse la testa alla parola piace, gli era venuta naturale ed era proprio questo a sorprenderlo in maniera sconcertante. Farsi piacere una persona, una ragazza, non gli era mai successo. Quando vide lei annuire mise da parte questi pensieri, promettendosi di tornarci sopra e continuò.
<< Passavo tutto il giorno in camera mia nella più completa noia, quando si arrivava alla cena della vigilia, andavo alle cene di gala del lavoro di mio padre, insieme anche a mia madre. Stavo seduto al tavolo tutta la sera, poi tornavamo a casa e il giorno fatidico di natale aprivamo i regali, ma cosa pensi mi regalassero? Mio padre non era molto aperto a sdolcinerie o gesti affettuosi, sapevo bene che babbo natale non esisteva, non aveva perso tempo a dirmelo molto chiaramente, mi regalava abiti eleganti, una volta anche una penna stilografica! Mentre mia madre, per seguire l’esempio del marito comprava vestiti più da bambino, e raramente qualche gioco ma niente di che, ecco il mio natale d’infanzia.>> Duncan chiuse nuovamente gli occhi poggiandosi sul divano, i ricordi di quelle sere noiose e senza niente di magico tornarono, ma non se ne preoccupò, era felice di aver raccontato queste piccole parti della sua vita con la sua famiglia a Eulalia, notevole per lui che era un tipo molto riservato.

 

 

Eulalia guardò Duncan con sguardo triste, passare un natale del genere per un bambino non era di certo il massimo.
<< Non facevate nemmeno l’albero?>>
<< No.>>

Eulalia riportò lo sguardo davanti a sé, il film era quasi alla fine, erano già al punto in cui la nave stava affondando.
Ripensando a quello che aveva detto neanche lei ci credeva davvero, più che altro non lo aveva mai vissuto con quella gioia. Era solo la sua idea del natale, da quello che vedeva nei film, che leggeva, o che semplicemente vedeva per le strade, il natale si presentava come qualcosa di magico che tutti i bambini aspettano con trepidazione. Ma quando sei consapevole del fatto di non avere una tua famiglia, una casa tua, possono esserci mille luci colorate, tanti alberi e tante canzoncine, ma la magia scompare del tutto. Eulalia ricordava che dentro la sua camera, Catarina molte volte le portava un minuscolo alberello finto, che si accendeva facendo qualche luce e una musichetta malamente riprodotta sul tema natalizio.
Ma non poteva lamentarsi perché a dispetto di altri bambini, lei aveva Catarina, che l’aveva presa sotto la sua ala da quando era piccola, come fosse sua nonna, a Babbo Natale per un periodo aveva creduto anche lei, grazie alle storie di Catarina. Ma si chiedeva come mai quell'uomo rosso non portasse mai molti regali, solo qualche bambola qua e là, di cui alcune di pezza e qualche indumento, tra cui di solito erano una maglietta e un pantalone, era poco, ma Eulalia si era sempre accontentata.
Quando aveva scoperto che era stata Catarina con gli altri collaboratori dell’orfanotrofio a comprare i regali, era stata ancora più felice di sapere che non era uno sconosciuto in rosso a farglieli, per un periodo, aveva fermamente creduto che quella era la sua famiglia, quella che le era stata data, ma col tempo, si era ben accorta che non bastava.

Guardò Duncan, lui le aveva detto sinceramente cosa faceva a natale, gli aveva detto la verità mentre lei con quelle piccole bugie che gli raccontava separatamente, stava creando una sé diversa, con una famiglia, felice e fiera della sua vita, come se non avesse rimpianti, paure, dubbi e molte insoddisfazioni che invece purtroppo c'erano.
<< Kevin non lo passa con te?>>
<< No, andrà dalla sua famiglia, partirà tra pochi giorni.>>
Eulalia guardò il calendario, per natale ci sarebbe voluto ancora un po'.
<< Saremo in due a passare il natale da soli, mio padre parte per lavoro, mia madre deve andare da mia zia, che sta male e ha bisogno di cure, quindi ti capisco>> Eulalia buttò tutto fuori velocemente, rimanendo molto sbalordita di se stessa, era riuscita ad inventarsi tutte quelle cavolate velocemente, come fosse la cosa più semplice di tutte, ma infondo era da una vita che le inventava. Duncan si girò a guardarla.
<< L’ennesimo natale di merda.>>

Eulalia guardò l’ora, era ora di tornare a casa, non ne aveva per niente voglia, tornò a guardare il film che ormai mostrava solo i titoli di coda.
<< Io ora devo andare.>>
<< E se muoio?>> Duncan la guardò con il sopracciglio alzato. << Morirò da solo.>>
<< Ma dai, non si muore per un po’ di febbre.>>
<< Un po’, scherzi vero? Non mi vedi?>>
<< Sì, so che stai male, ma devo andare, posso tornare questo pomeriggio se vuoi.>> Duncan fece un piccolo cenno di sì con la testa appena impercettibile. Dopo aver sorriso affettuosamente, Eulalia si alzò diretta verso la porta, quando si sentì prendere da una mano calda per il polso.
<< Poi torna, mi annoio da solo>> lei sorrise ed annuì, una volta che lui la ebbe liberata dalla sua leggerissima stretta sul polso, si diresse verso la porta e uscì dall'appartamento, chiudendosi la porta alle spalle.
Non aveva alcuna voglia di andare via da lì, voleva continuare a passare il tempo con lui, continuare a chiacchierare. Eulalia prese a camminare velocemente stringendosi il giacchetto intorno al corpo, con nella mente un solo pensiero, se Duncan cominciava a piacergli? Un ragazzo come lui era normale che piacesse, ma non era solo l’aspetto fisico, c’era un qualcosa di più profondo, gli piaceva il modo in cui si comportava, il suo carattere e col tempo cominciava a scoprire aspetti di lui e della sua famiglia sempre nuovi.
Attraversando la strada, si trovò sul marciapiede e dalla parte opposta vide un ospedale, attraversò per raggiungere quella parte di strada, rallentando un po’ il passo dato che ormai mancava poco alla sua meta, guardò un attimo attraverso le vetrate che l'ospedale aveva come porte, e questo le permise di vedere una chioma bicolore che attirò particolarmente la sua attenzione, sembravano fin troppo uguali a quelli di Duncan. Eulalia si avvicinò ed entrò, trovando un piccolo atrio in marmo bianco, con qualche sedia blu per chi attendeva, una piccola reception situata a destra, ma dentro non c’era nessuno.
Notò che le porte che davano sul corridoio erano aperte e da lì vide Duncan alla fine del corridoio, che parlava con una donna, all'incirca sembrava sulla trentina con i capelli raccolti in una cipolla bassa e indosso un camice blu, con in mano dei fogli, un'infermiera sicuramente, Eulalia li guardò per un po’, vedendo poi Duncan prendere il corridoio a sinistra, mentre l’infermiera entrava in una stanza vicina continuando il suo giro di visite, cosa diavolo ci faceva lì Duncan? Eulalia era da poco uscita da casa sua, e visto che l’ospedale era vicino casa di Duncan, lui aveva dovuto correre per arrivare prima di lei, ma perché avrebbe dovuto se stava così male? A casa a malapena si reggeva in piedi e ora aveva la forza di correre?.
Eulalia fu presa dalla sua maledetta curiosità, tecnicamente non avrebbe dovuto farlo, ma prese a seguirlo da lontano, girò anche lei a sinistra e lo vide mentre entrava in una stanza a cui anche lei si avvicinò cautamente, naturalmente senza entrare.
Duncan aveva lasciato la porta socchiusa, da cui Eulalia riusciva a sentire ciò che diceva, si sentiva in colpa, infondo stava davvero facendo la stalker, il che non era affatto una bella cosa. Stava per andarsene quando sentì la voce di Duncan rauca e bassa, faceva capire quanto stava male.
<< Mamma, l'infermiera mi ha detto che stai male, resisti non l'ho ancora trovata, ma lo farò e la porterò qui da te, devi resistere>> tossì e starnutì.
" Mamma?"
Duncan stava parlando con sua madre? E perché lei non gli rispondeva? Eulalia interruppe l'irruente flusso di domande, sentendo i passi di Duncan che si alzava e davano segno che si avvicinava alla porta, velocemente si allontanò nascondendosi dietro un angolo e lo osservò.
Appena fu fuori la porta ci si poggiò con la schiena, battendo due o tre volte la testa alla porta leggermente, sembrava sofferente con gli occhi chiusi e il viso stanco.

Eulalia non lo aveva mai visto così da quel poco tempo che si conoscevano, la pelle più pallida di prima quando erano a casa, gli occhi cerchiati da leggere occhiaie, dal tempo che lo conosceva aveva sempre quel sorrisino stampato in faccia o l'espressione arrabbiata, ma mai così sofferente.
Lo vide alzarsi e mettersi dritto mentre si guardava intorno, Eulalia in tutta fretta uscì di corsa dall'ospedale, non voleva che la vedesse, altrimenti chissà cosa avrebbe pensato di lei.


 

Duncan tornò verso casa camminando lentamente, quando l'infermiera gli aveva detto quello che era successo alla madre, aveva seriamente temuto di perderla, il suo cuore diventava sempre più debole, ma doveva resistere. Duncan non avrebbe mai potuto dirgli addio senza avere la sorella accanto, perché doveva dare anche a Tenshi l'occasione di salutare sua madre.
Tornò verso casa con passo lento, la testa gli doleva in un modo tremendo e si sentiva girare tutto, certo nelle sue condizioni non era stata la cosa migliore correre per la strada, ma appena Eulalia era uscita di casa, l’infermiera lo aveva chiamato con urgenza, si era vestito in tutta fretta, coprendosi con un cappotto e aveva corso per strada. E fanculo il mal di testa e il tremolio delle gambe, doveva raggiungere la madre, non gli interessava per niente della sua salute.
Ora si sentiva davvero male, non vedeva l'ora di ritrovarsi a casa per riposarsi, si sentiva svenire e non era una buona idea farlo per la strada.

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Capitolo 7
*** Rubandoti un altro bacio ***


                                                                           RUBANDOTI UN ALTRO BACIO

Eulalia sedeva sul letto della sua stanza e leggeva l’ennesimo romanzo regalatogli da Catarina, un libro romantico.
Erano passate quasi due settimane dall’ultima volta che era stata a casa di Duncan, lo aveva sentito attraverso il cellulare di Kevin e lo aveva anche incontrato per strada, si erano messi a chiacchierare di varie cose, eppure Eulalia era rimasta abbastanza male, quasi delusa del fatto che Duncan non avesse mai accennato né parlato del loro bacio, o meglio del bacio che infondo era stato lui a darle, sembrava come se non se lo ricordasse nemmeno, forse l’alcool e la febbre avevano offuscato quel piccolo momento, ed a Eulalia dispiaceva, ma non voleva parlargliene lei, non sapeva il perché ma non lo aveva fatto.
Ma all'infuori del bacio, c’era un'altra domanda che le girava per la testa, perché Duncan era corso all’ospedale? Stava male, eppure sembrava essere corso di tutta fretta, mentre aveva parlato con quella che sembrava la madre aveva un leggero fiatone, Eulalia moriva dalla curiosità di chiedergli il perché fosse corso lì, ma temeva di sembrare un'impicciona, o meglio in quel modo era già un'impicciona.
Tra quei pensieri Eulalia aveva perso completamente il filo della storia che stava leggendo, si mise a rileggere la stessa pagina e proprio in quel momento le squillò il telefono.
<< Pronto.>>
<< Ohè bambina.>>

Eulalia sorrise istintivamente sentendo la sua voce.
<< Duncan, ma come fai ad avere il mio numero?>>
<< L’ho preso da Kevin, volevo dirti che anche io ho una scena preferita in Titanic.>>
<< E me lo vieni a dire dopo tutto questo tempo?>> Eulalia non poteva fare a meno di sorridere mentre gli parlava.
<< Sì, perché non me ne sono ricordato prima.>>
<< E allora dimmi, qual’é?>>
<< No che non te lo dico.>>
<< Ma, allora perché mi hai chiamato?>> Eulalia sentì una piccola risatina provenire dall'altra parte del telefono.
<< Non so, per fartelo sapere.>>
<< Ah, b’è grazie allora.>>
<< Prego>> detto questo la chiamata finì, Eulalia ridacchiò poggiando il cellulare e riprendendo a leggere, anche se i suoi pensieri erano di nuovo rivolti altrove.

 


Duncan era a casa, si sentiva distrutto a causa del lavoro, era stato cinque ore a lavorare sulla stessa macchina e non aveva neanche finito di ripararla, si buttò sul divano sbuffando, la testa aveva ripreso a girargli, così si poggiò con la schiena al divano.
<< Zucca vuota bentornato a casa.>>
Duncan alzò la testa e guardò Kevin.
<< Ma tu non dovresti stare a scuola?>>
<< Dovrei>> Duncan fece spallucce stendendosi di nuovo, non era la prima volta che Kevin saltava la scuola e lui non poteva di certo costringerlo.
<< Ti senti male?>>
<< No, mi gira solo la testa.>>
<< Senti questo pomeriggio viene Eulalia a casa, devo studiare con lei>> Duncan ridacchiò.
<< Scusa non vai a scuola, ma studi a casa?>>
<< Certo.>>

Duncan scosse la testa rassegnato e si alzò per andarsi a stendere a letto, appena in stanza si buttò sul letto a pancia in giù, affondando la faccia nel morbido piumone che ricopriva il letto e in poco tempo si addormentò.
Si svegliò di soprassalto, era nella stessa posizione nella quale si era addormentato, se non per il fatto che fosse molto, ma molto più sudato, la testa gli scoppiava più di prima. Si alzò mettendosi seduto e prese a massaggiarsi le tempie, si strofinò la faccia con la mano e si alzò.
Andò dritto in salone, pronto a trovarsi Kevin intento nel mangiare qualcosa seduto sul divano, mentre guardava chissà quale strana serie in televisione, ma appena fu in salone l'immagine fu molto diversa, Kevin sedeva al tavolo e accanto a lui sedeva una ragazza dai capelli rossi, non c’era da chiedere chi fosse, Eulalia teneva in mano una penna e spiegava a Kevin quello che sembrava essere un argomento di scienze, ma questo non faceva che annuire con la fronte corrucciata, come di chi ascolta, annuisce, ma alla fine ha capito solo la metà di ciò che ascolta.
<< Ei>> tutti e due si girarono verso Duncan, Kevin alzò la mano a mode di saluto verso di lui, mentre Eulalia gli sorrise.
<< Ciao.>>
<< Ciao>> Eulalia riportò gli occhi su quello che cercava di spiegare a Kevin, che aveva una faccia come a dire “che qualcuno mi aiuti”, Duncan sorrise e si sedette sul divano, starnutì e si coprì con la coperta.
<< Okay ci sono, più o meno, diciamo che una parte l’ho capita.>>
<< Davvero? Lo dici solo per farmi contenta?>>
<< Tu spieghi benissimo, sono gli argomenti del libro che sembrano fatti per non essere capiti, lo fanno apposta!>>
Duncan sentì Eulalia ridere, e si ritrovò ad alzare la testa per poterla vedere.
<< Oh certo, ora è colpa degli argomenti che non vogliono farsi capire.>>
<< Soprattutto da me.>>
<< Sei senza speranze Kevin.>>

Duncan poteva sentire l’allegria dipinta nella sua voce.
<< Lo so, comunque ora devo andare da una parte, domani è il ventitré Dicembre e devo passare da mia nonna per prendere alcune cose, e poi tornare a casa>> Kevin si alzò andando in camera, tornando subito dopo con in mano le chiavi e il giubbotto.
<< Quando parti?>>
<< Direttamente domani sera, ma passerò questa notte da mia nonna, non chiedetemi il perché devo e basta, ci vediamo dopo le vacanze zucca vuota>> Duncan fece un piccolo sorrisetto, portandosi indietro la frezza bionda.
<< Finalmente avrò casa tutta mia, senza uno scrocchia zeppi come te per casa.>>
<< Ha... ha... ha simpatico.>>
<< Non volevo risultare simpatico.>>
Kevin alzò gli occhi al cielo, si avvicinò al tavolo per prendere la borsa, tornò davanti la porta di casa con accanto Eulalia.
<< B’è ciao Kevin, ci rivediamo a scuola.>>
<< Certo>> Kevin l’abbracciò ed Eulalia pure, Duncan li guardò con un sopracciglio alzato, non era una cosa strana un abbraccio tra due amici, allora perché sentiva come un punta di gelosia al fatto di non essere stato lui?.

Kevin uscì di casa salutandoli un’altra volta, mentre Eulalia era tornata indietro a prendere le suo cose sul tavolo.
<< Allora vado anche io.>>
<< Ma che ore sono?>>
<< Quasi le cinque.>>
Eulalia ora gli era di fronte, Duncan sedeva sul divano guardandola, sembrava esserci parecchio imbarazzo tra loro, nessuno dei due parlava e, pure se passarono solo secondi, ai due sembrarono ore.
Lei fece un piccolo cenno con la testa per fargli capire che se ne sarebbe andata, ma il fatto era che Duncan non voleva che se ne andasse, doveva trovare una scusa per farla rimanere.
<< Potresti farmi un favore?>> lei annuì.
<< Mi prenderesti il termometro?>> Eulalia posò la sua roba sul tavolo e andò in bagno alla ricerca del termometro, Duncan si sarebbe volentieri dato un schiaffo, lui un donnaiolo come pochi! Che aveva così tante ragazze dietro, aveva appena inventato la scusa più idiota del mondo, sarebbe bastato un semplice “resta con me dai” o “resta a farmi compagnia” o altre frasi che diceva senza problemi quando voleva far rimanere una ragazza a casa, ma con lei si era cosa? Bloccato? Ridicolo a dir poco per uno come lui.
<< Trovato.>>
Duncan prese in termometro dalle mani di Eulalia e si misurò la febbre, era certo di averla, ma poco gliene importava.
<< Eulalia ti va di restare e farmi compagnia, giusto per fare due chiacchiere>> lei sorrise, sembrava quasi sollevata dal fatto di non doversene andare, e anche se Duncan pensava che quello fosse solo un parere che appariva ai suoi occhi, gli piaceva pensarla così.
<< Va bene>> Eulalia si sedette di fianco a lui, Duncan cominciò a parlare per primo del più e del meno, le prime cose che gli venivano in mente, e lei sembrava fare lo stesso, una cosa che notava particolare di lei, era che non accennava mai alla famiglia, mai una sola volta gli aveva sentito pronunciare il nome di un famigliare, o un qualsiasi riferimento alla famiglia, certo anche lui non ne faceva, ma aveva i suoi motivi, non c’era ragione di accennare a una famiglia del genere, ma perché Eulalia non doveva farlo? Gli sembrava strano, ma lasciò perdere.

Si era misurato la febbre e risultava che avesse quaranta, era incredibile che fosse di nuovo malato! La testa gli sembrava scoppiare, ma mentre chiacchierava con Eulalia, cercava di non curarsene troppo.
<< La mia scena preferita è quando lei salta dalla barca di salvataggio per tornare sulla nave.>>
Eulalia lo guardò un attimo perplessa, poi sorrise.
<< B'è è una bella scena, simboleggia il loro amore.>>
<< Non tanto per quello, più che altro per il gesto di coraggio suo, io non so se sarei tornato su una nave che sta affondando di mia spontanea volontà, sapendo che stando su quella scialuppa mi sarei salvato>> lei sembrò pensarci su.
<< B'è da tutti nel film è visto come un gesto d'amore di lei per lui, che non lo vuole lasciare, ma non avevo mai pensato al coraggio che ci vuole.>>
<< Insomma prova a pensare che lei tornando si è praticamente condannata a morte, in un film è una bella scena, ma nella realtà credo sia un po' più complicato.>>
<< Forse bisognerebbe provare le stesse emozioni che provava lei.>>

Duncan la guardò, alzando le spalle.
<< Forse>> Duncan starnutì con forza.
<< Ma stai male?>>
<< No.>>
Eulalia lo guardò accigliata.
<< Sei pallidissimo Duncan>> gli si avvicinò mettendogli una mano sulla fronte, Duncan la vedeva così vicina che ebbe l’impeto di baciarla, ma non lo fece.              

<< Scotti, ti sei misurato la febbre? >>
<< Sì, avevo quaranta.>>
<< E me lo dici solo ora?!>>
<< Prima stavamo parlando>> Duncan vide un piccolo sorriso divertito sul viso di lei, che poi si tramutò in preoccupazione. Duncan si ricordò di una cosa, doveva far mangiare Estel, o quel povero cane sarebbe morto di fame, si alzò andando in cucina per prendere il sacco di cibo per Estel. Si sentiva completamente a pezzi, e proprio mentre si chinava per prendere la ciotola per il cibo del cane, sentì un forte capogiro, uno di quelli che ti fanno tremare le gambe.
Duncan posò il sacco per terra, sdraiandosi a sua volta a terra, incapace di stare ancora in piedi.
<< Se me lo dicevi lo facevo io>> sentì Eulalia alzarsi e venire verso di lui, alzando un poco la testa vide anche Estel infilare la testa nel sacco del cibo a terra e mangiare.
<< No non mangiare tanto, che diventi un barile!>> mentre parlava assomigliava a un moribondo, Eulalia tolse il sacco del cibo dal muso di Estel poggiandolo lontano da lei, poi si avvicino a Duncan.
<< Forza torniamo sul divano.>>
Duncan annuì, cercò di alzarsi ma l’unico risultato fu un capogiro più forte, oltre al fatto che doveva riconoscere anche lui che sembrava tanto una tartaruga, incapace di rialzarsi una volta finita a terra e a pancia in su, il che era molto umiliante per lui. Eulalia lo prese per le mani tirandolo leggermente per aiutarlo a mettersi in piedi.
<< Dai su, non ti posso lasciare a terra.>>
Duncan riuscì a mettersi seduto, sempre a terra e lentamente, anche grazie all'aiuto di lei, a mettersi in piedi, anche se appena su, stava di nuovo per ricadere a terra, ma essendoci Eulalia di fronte a lui, gli si appoggiò con tutto il peso, sentì le piccole braccia di Eulalia stringerlo alla vita e tentare di tenerlo su, Duncan poteva quasi sentirla tremare sotto il suo peso.
<< No Duncan tieniti o cadiamo in due.>>
<< Non... mi gira tutto>> Duncan finì con la fronte sulla sua spalla, sembrava essersi completamente lasciato andare addosso a lei, il che non era affatto una buona idea, lei era molto mingherlina in confronto a lui, eppure a quanto pare nel sostenerlo ce la stava mettendo tutta, e a Duncan la cosa piaceva.
<< Me lo sento, facciamo il botto.>>
<< Allora lasciami, faccio il botto da solo>> Duncan sentì la propria voce uscire flebile, aveva retto fino a quel momento e ormai sembrava che i sintomi della febbre si fossero accumulati tutti insieme.
<< Ma va, secondo te ti posso lasciare cadere a terra?>> Duncan sentì Eulalia cercare di fare qualche passo verso il divano e la aiutò, mettendosi a camminare anche lui, ma reggendosi sempre a lei. << Dai ci siamo>> Duncan si sentì buttare letteralmente sul divano, finendo seduto. Mugugnò appena infastidito.
<< Ti ho fatto male?>> lui le fece un gesto della mano a significare “così così” ed Eulalia gli si sedette accanto.
<< Dai mi fai sentire in colpa.>>

Duncan la guardò, le mise una mano sulla fronte facendole poggiare completamente la schiena sul divano, lei non disse niente e lui poggiò la testa sulla sua spalla, col naso le sfiorava il collo e riusciva a sentire il profumo dei capelli e quello che doveva essere profumo sul collo, o forse l’odore della sua pelle, in ogni caso gli piaceva.
Chiuse gli occhi rilassandosi, mentre Eulalia con la guancia gli sfiorava la fronte.
<< Sei bollente, hai un’aspirina?>>
<< Sì>> rispose con voce bassa.
<< Dove la tieni?>>
<< Nel cassetto sotto il lavandino, in bagno.>>
<< La vado a prendere>> Duncan anche non volendo si spostò un po’ per poterla far alzare, Eulalia tornò poco dopo, con in mano un'aspirina, una bacinella e una spugna.
<< Ei per far passare prima la febbre, dovresti passarti la spugna con l'acqua fredda.>> Duncan la guardò interrogativo, poche volte era stato davvero male, e quelle volte che lo era stato da bambino, la madre aveva sempre fatto si che fossero i domestici di casa a occuparsi di lui, e a causa di questo sapeva ben poco di come curarsi in caso di malattia, se non prendendo medicinali.
<< Sai cosa intendo vero?>>
<<….Cosa?>>
<< Oh mio dio, ma che avevi i servi che ti facevano tutto?>> la voce di Eulalia era scherzosa, ma Duncan per un attimo si irrigidì, lei non aveva idea di quanto quello che aveva detto fosse vero.
<< No, solo una madre iperprotettiva e non uscivo molto, di conseguenza non mi ammalavo quasi mai.>>
<< Ah, b’è devi passarti la spugna su tutto il corpo.>>
<< ...E’?>> Eulalia roteo gli occhi.
<< Io non posso farlo.>>
<< E perché?>>
<< Perché dovresti stare in mutande.>>
Duncan la guardò, era quello il problema?
<< E allora?>> lei lo guardò tra lo sconcertato e il sorpreso.
<< Come allora?>>
<< Non vedo il problema, tanto non solo nelle condizioni per fare il maniaco porco tranquilla>> Duncan chiuse gli occhi, stare in mutande davanti a una ragazza per lui non era certo un problema, non era di certo la prima volta.
<< Io mi fido, però metti mutande coprenti, molto coprenti!>>

Duncan sbuffò, si sfilò la maglietta, poi lentamente si sfilò da seduto anche i pantaloni, le mutande che indossava erano dei boxer, quindi coprivano, c’era solo il piccolo fatto che fossero bassi, ma Duncan non se ne preoccupò.


 

Eulalia lo guardò, si era davvero imbambolata, seguì la linea dei suoi addominali cogliendo ogni piccolo dettaglio, arrivò fin alla vu che scompariva nei boxer blu scuro, si sentì il sangue fluire alle guance, chiuse gli occhi e scosse la testa.
<< Ma che stai guardando?>> Duncan aveva un leggero sorrisetto mentre la guardava, sicuramente aveva colto lo sguardo imbarazzato di Eulalia.
<< Ehm, niente>> Eulalia abbassò lo sguardo imbarazzata e sentì Duncan fare una risatina bassa.
<< Ok basta, dove mi devo mettere?>>
<< Resta seduto e stai fermo lì>> Eulalia riempì la bacinella con l’acqua fredda del lavandino, prendendo un paio di cubetti di ghiaccio e mettendoli dentro, per rendere l’acqua più fredda, poi vi immerse la spugna e tornò vicino a Duncan, strizzo la spugna e appena prese a passargliela sulle spalle Duncan iniziò a tremare.
<< Ma è fredda!>>
<< Ma dai genio, deve essere fredda>> Eulalia si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e continuò a passare la spugna, Duncan poggiò il capo all’indietro, ed Eulalia prese a passargliela sul petto, la spugna lasciava goccioline che scivolavano sul suo addome, Eulalia ne seguiva la scia ogni tanto, riportando immediatamente la sua attenzione alla spugna, la passò con lentezza sulla tartaruga, immergendola di nuovo nell’acqua fredda.

 

 

Duncan sedeva su quel divano e stava morendo di freddo, maledetta acqua! Maledetta febbre! Si lasciò andare il capo all’indietro, le goccioline che scendevano gli davano un fastidio tremendo, mentre la spugnetta mossa tra le mani di Eulalia no. Si ritrovò a pensare a come doveva essere baciarla, tenere quel piccolo corpo tra le braccia mentre la baciava stretta a sé, e chissà, con lei che ricambiava in pieno certe attenzioni, non c’era mai stata ragazza a casa di Duncan che non avesse passato almeno una notte con lui, come un flash nella sua mente comparve l'immagine di lui e Eulalia sul letto, i capelli rossi di lei sparsi intono e lui che ne prendeva una ciocca per sentirne il profumo, per poi abbassarsi a baciarle il collo, la clavicola, mentre lei sorrideva.
Duncan riaprì immediatamente gli occhi, si era davvero appena immaginato Eulalia a letto? Di solito non doveva immaginare niente e mai lo aveva fatto, ma questa volta sì, sembrava tanto un idiota! Guardò Eulalia intenta a passare la spugna sulla parte bassa degli addominali, il suo tocco era così delicato che la spugna sembrava accarezzarlo, e se si toglieva quella, erano le mani di Eulalia ad accarezzargli dolcemente gli addominali. Duncan avvertì un calore basso, troppo basso, alzando la testa dallo schienale del divano guardò giù, e notò qualcosa che ad Eulalia era sfuggito, il bozzo che si era creato sulle sue mutande, Duncan impallidì di botto, sgranò gli occhi e in un secondo accavallò le gambe.
<< Devo andare un attimo, ehm>> il ragazzo indicò la stanza di là, ma che cavolo gli era successo? Due e tre pensierini e gli succedeva questo?! Alzandosi si girò subito di schiena, facendo il vago e mettendo le mani in avanti per coprire le parti basse.
<< Ma che fai?>>

Duncan non rispose, si limitò ad allontanarsi sempre di spalle, maledicendosi da solo.
<< Smettila di fare lo scemo e girati!>> Eulalia gli lanciò la spugna sulla schiena e Duncan senza pensarci si girò di scatto, togliendo le mani da davanti per riprendere la spugna al volo, solo quando si accorse del bozzo evidente la guardò, ancora più pallido.                         
<< E' il freddo>>
Eulalia li per li non sembrava aver capito, solo quando Duncan la vide abbassare lo sguardo e notò le sue guance diventare tanto rosse da sembrare andare a fuoco, capì che il problema era venuto fuori, lei abbassò lo sguardo immediatamente.
“Che figura di merda!”
<< Vai di la specie di pervertito!>>
<< Ma! Ohè non è colpa mia! È il freddo!>> la scusa del freddo era davvero pessima, Duncan doveva ammetterlo, si sa bene che il freddo non fa quell’effetto ma quello contrario, ma insomma in una situazione del genere che cosa doveva fare?.
<< Mi gira anche la testa, non dovresti alzare la voce>> Duncan si portò una mano alla fronte mentre Eulalia era sempre a sguardo basso.
<< Vai di là!>>
<< Okay! Ho capito!>> Duncan se ne andò in camera sua alla svelta, andò al bagno socchiudendo la porta, che figura da idiota! Non gli era mai successo! Questa cosa se la sarebbe ricordata a vita!
Si buttò sotto la doccia, ma non la mise bollente, doveva calmare i bollenti spiriti non farli accrescere, mise l’acqua tiepida quel che bastava perché non fosse gelata, la testa gli girava ancora, ma in quel momento non se ne preoccupò, appena fuori la doccia, si rimise i boxer e si coprì con l’accappatoio, proprio in quel momento si sentì la testa girare terribilmente tanto che per un attimo gli sembrò che la stanza stesse girando intorno a lui... e lui con essa, sentì improvvisamente freddo, e come se le gambe non gli reggessero più cadde a terra, non era svenuto, perché era ancora cosciente, si sentiva battere i denti.
Eulalia comparve alla porta, sicuramente aveva sentito il botto di Duncan fatto quando era caduto inerme a terra, gli si avvicinò e lo sollevò di poco, giusto per poterlo abbracciare, Duncan smise di tremare dopo un po’, poggiò la testa sotto il collo di lei e le strinse la vita con le sue braccia, guardandola meglio si accorse che aveva solo la canottiera, doveva essersi tolta la felpa per trasmettergli calore o una cosa del genere, la senti sospirare di sollievo.
<< Stai meglio?>>
<< Sì.>>

Duncan la guardò dischiudendo le labbra, si avvicinò di più al suo viso corrucciando la fronte, il suo naso sfiorò quello di lei, non riusciva a resistere all’impulso di baciarla e non lo fece, in un secondo le sue labbra poggiarono su quelle di lei mentre le teneva stretta la vita, non gli sarebbe scappata. Lei dopo un attimo si allontanò.
<< Duncan aspetta.>>
Ma lui non voleva aspettare niente, gli si riattaccò, tenendola sempre più stretta, approfondendo il bacio e insinuando la lingua, voleva baciarla davvero, far si che quel sfiorarsi di labbra diventasse un bacio profondo. Eulalia sembrava voler ricambiare il bacio in quel momento, ma allo stesso tempo lottava per allontanarsi, mettendo le mani sulle braccia di Duncan per cercare di levarle.
Duncan corrucciò la fronte, fece un piccolo ringhio di protesta e rimprovero e continuò a baciarla, cercando in ogni modo di far approfondire il bacio, e piano la spinse sotto di sé, facendole poggiare la schiena sulla mattonelle mentre le accarezzava delicatamente la vita.
<< Duncan no.>>
<< Perché?>> Duncan scese a baciarle il collo, infilò le mani sotto la sua canottiera facendole salire piano, la sentì sobbalzare sotto di sé e poggiare le mani sulle sue per fermarlo.
<< Perché sì.>>
<< No>> continuò a baciarle il collo, facendo passare le mani dalla vita alla schiena sempre sotto la sua canottiera, Eulalia sembrava tremare, a quei contatti sobbalzava.
<< Duncan dai fermati>> mise le braccia sul suo petto e spinse per allontanarlo, Duncan mugugnò di disappunto sbuffando, ma si fermò, se c’era una cosa che non voleva fare era spaventarla, ne spingerla con la forza a fare qualcosa che non voleva, forse aveva corso troppo, lasciando le mani sotto la sua canottiera poggiò il capo nell’incavo della sua spalla, chiuse gli occhi dandole un piccolo bacio sul collo e facendo un respiro profondo.
<< Resti qui?>>
<< Va bene.>>
Duncan le sfregò il naso sul collo.
<< Non ti lascio solo, però il pavimento è freddo.>>

Duncan non le fece finire la frase, la sollevò da terra, portandosi le sue gambe ai lati della vita sostenendola e tenendosela in braccio attraverso le braccia che le stringevano la presa e le impedivano di cadere, mentre i loro visi erano vicini, entrambi si guardavano negli occhi, senza dire niente.
Arrivati vicino il letto, Duncan ci fece poggiare Eulalia facendola sdraiare e rimettendosi come prima continuando a sfregare il naso sul collo di lei.
<< Non dovevi>> la voce di Eulalia era dolce e non più quasi impaurita come poco prima. Lei prese ad accarezzargli i capelli e Duncan si ritrovò a sperare che quel momento non finisse mai, si sentiva terribilmente e meravigliosamente rilassato.
Duncan dischiuse appena le labbra chiudendo di nuovo gli occhi.
<< Tra poco è la vigilia, che palle>> sussurrò stanco sistemandosi meglio su di lei, non sentì la sua risposta perché senza accorgersene era scivolato nel sonno. Eulalia non fece nulla per levarselo di dosso, capendo che si era addormentato continuò ad accarezzargli i capelli, senza che Duncan se ne accorgesse o potesse godere di quel tocco, lo faceva solo perché voleva.
<< Non ci credo, ti sei di nuovo addormentato su di me>> Eulalia chiuse gli occhi, era così serena quando c'era lui, eppure lo allontanava, lei stessa non si capiva, ma in quel momento non le importava, si lasciò scivolare in un sonno sereno, stringendo a sé Duncan, forse solo per accertarsi che fosse vero, che lui era davvero lì, che le aveva chiesto di rimanere e che non fosse un sogno, perché se lei stava davvero provando qualcosa per lui, doveva accertarsi che fosse vero.

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Capitolo 8
*** Passando altro tempo insieme ***


                                                               PASSANDO ALTRO TEMPO INSIEME


Eulalia riaprì lentamente gli occhi, guardando dritto davanti a se vide un tetto bianco, si alzò mettendosi seduta, il piumone era marroncino chiaro, la stanza spaziosa ma molto disordinata, l’armadio era aperto e c’erano un paio di vestiti maschili buttati sul lato destro del letto.

Ad Eulalia ci vollero dei buoni cinque minuti per ricordare il perché era li e dove, quasi cascò dal letto per la fretta con cui si alzò, non era tornata all’ora stabilita da Catarina! Corse al bagno per prendere la felpa, se la rimise di tutta fretta, guardandosi di sfuggita allo specchio vide che aveva i capelli completamente scompigliati, e la guancia che aveva poggiato sul cuscino più rossa dell’altra, si fermò due minuti, giusto il tempo di presentarsi in condizioni un poco più sistemate, poi sentì la porta di casa aprirsi e corse nel salone, si era quasi scordata di chiedersi dove fosse Duncan.
Appena nel salone lo vide, le guance leggermente rosse, i capelli sistemati con la cresta bionda un po’ alla rinfusa, indossava un cappotto lungo nero, un po’ allo stile Matrix, con sotto un maglione scuro a collo alto, sotto jeans blu scuro né troppo larghi né troppo stretti, in mano teneva due buste.
<< Ciao ladra di letti>> Duncan posò sul tavolo del salone le due buste, poi si levò il cappotto alla Matrix poggiandolo sul divano.
<< Ei ladra di letti a chi?>>
<< A te, mi sono svegliato sul pavimento e tu spaparanzata sul mio bel letto>> Eulalia lo guardò accigliata, lui si era addormentato su di lei, e forse muovendosi nel sono lo aveva spostato facendolo cadere, ma era decisamente innocente era lui che infondo l'aveva voluta con sé.
<< A sì? Aspetta ma tu ti ricordi di ieri?>>

Duncan la guardò, come se ci stesse seriamente pensando, ma possibile? Davvero doveva pensarci? Eulalia ricordava tutto, la doccia, il bacio e l’essersi addormentati insieme, sembrava fatto apposta, era già la seconda volta che succedeva qualcosa tra loro e lui sembrava non ricordare. Eulalia pensò che o soffriva di Alzheimer o chissà magari aveva una parte del cervello che eliminava ricordi come quelli, nell’istante in cui succedevano.
<< Perché che è successo?>> Duncan alzò il sopracciglio, nella classica espressione di chi non ricorda o che non sa di che cosa si sta parlando, Eulalia lo guardò, impossibile che soffrisse di Alzheimer da così giovane, che lo facesse apposta a non ricordare?.
<< Ti sei addormentato su di me>> decise di saltare la parte prima, non sapeva bene neanche lei perché, ma se lui sembrava volerla dimenticare perché lei doveva ricordargliela?
<< Oh, b’é capita>> Duncan fece spallucce andando nella sua camera, e ritornando poco dopo nel salone, con i pantaloni della tuta, una maglietta normale a maniche lunghe blu, e come sembrava stare sempre per casa, scalzo, starnutì due o tre volte tirando su col naso.
<< Sì capita>> Eulalia lo guardò e appena lo vide a piedi scalzi sospirò.
<< Non andare in giro scalzo, ieri dopo la doccia sei collassato e per poco non mi prende un colpo.>>
<< Se, prima che mi dimentichi.>>
Eulalia lo vide mentre frugava nella tasca del cappotto.
<< Ho parlato con Kevin e siamo d’accordo.>>
<< Su cosa?>> Duncan tirò fuori delle chiavi e gliele tirò, Eulalia le prese al volo alzando lo sguardo interrogativo su di lui.
<< E’ la chiave di questo appartamento, Kevin si fida, puoi venire quando vuoi>> Duncan si sedette sul divano poggiando il capo all’indietro.
<< E tu ti fidi?>>
<< Forse>> Duncan rispose serio accendendo la Tv, Eulalia si sentì un po’ delusa a non aver sentito un sì deciso come risposta alla sua domanda.
<< Mi sarei sorpresa di sentire un sì, comunque io devo andare.>>
<< Okay, tranquilla tanto sono abituato a stare solo>> la voce seria di Duncan le fece stringere il cuore, e come per un flash le tornò in mente quello che aveva sentito all’ospedale, si sentiva in colpa, spiare una persona in quel modo, non l’aveva mai fatto, ma ora non riusciva a togliersi dalla mente la voce di Duncan bassa e roca, tanto sofferente mentre parlava a quella che a quanto pare doveva essere la madre.

Eppure Eulalia ricordava bene di aver sentito, la prima sera che si erano visti, Duncan dire “le guardavo sempre con mia madre” da li aveva dedotto che la madre fosse morta, Eulalia scosse la testa per togliersi dalla testa quei pensieri, da quando si impicciava così degli affari degli altri? Era sempre stato il tipo che se ne stava in disparte, eppure quel ragazzo, per quanto potesse essere scorbutico, antipatico e sì, anche abbastanza stronzo quando ci si metteva, la attraeva in un modo diverso, non era solo il fatto che fosse bello e atletico ad attrarla, era un qualcosa di più profondo e questo la spaventava.
Eulalia avrebbe tanto voluto dirgli quello che aveva visto la sera prima, ma si morse la lingua prima che le uscisse una qualsiasi domanda, non era per niente una buona idea, a meno che non volesse passare per una maniaca stalker, eppure doveva farlo. In quel momento non fu molto coerente con se stessa.
<< Duncan senti, l’atra volta quando stavi male e io sono tornata a casa, sono passata vicino un ospedale e ti ho visto, come mai eri lì?>> Eulalia saltò il momento in cui presa dalla curiosità lo aveva seguito. Duncan sembrò irrigidire le spalle, anzi si irrigidì tutto ed Eulalia si maledì per non essere stata zitta, sotto lo sguardo intenso che ora le mandava Duncan mentre la guardava, lei si passò una mano nei capelli nervosa.
<< Lì c’è mia madre>> la sua voce era talmente seria che sembrava voler impedire altre domande da parte sua, ed Eulalia non chiese altro.
<< Mi dispiace, spero che stia bene.>>
<< E’ in coma da quattro anni.>>
Eulalia si morse il labbro, e ora cosa doveva dire? Duncan aveva le spalle più curve, lo sguardo sempre con quel cipiglio serio, ma ora più cupo.
<< Vado a trovarla una volta al giorno.>>
<< Duncan mi dispiace davvero, tuo padre viene con te?>>
<< Lui è morto e mia madre è in coma, ci vado da solo>> la sua voce era roca, in quel preciso istante Eulalia avrebbe voluto sprofondare nella terra e non uscire più, con una semplice domanda era riuscita a far risalire una nota così drammatica della vita di una persona, non aveva mai pensato che la vita di Duncan nascondesse delle parti tanto dolorose.
<< Scusa non mi sarei dovuta impicciare, la smetto di fare domande giuro>> Eulalia si tormentò le mani, parlando con aria colpevole.
<< Non lo potevi sapere, fare domande è normale.>>
“Non se le risposte fanno così male per chi le da”
Eulalia avrebbe voluto rispondergli quello, ma si limitò a pensarlo, Duncan sembrava non voler dare a vedere il proprio dolore o la tristezza, ed Eulalia non voleva di certo ricordarglielo. Nessuno dei due parlò per qualche secondo, che sembrarono durare un eternità, ma poi la voce del ragazzo ruppe il silenzio imbarazzante.
<< Se devi andare vai.>>
<< Sì, se ti fa piacere torno.>>
<< Non hai la scuola?>> Duncan la guardò.
<< No, sono iniziate le vacanze.>>
<< E’ per questo che ieri Kevin non era a scuola?>> Duncan sembrava quasi sorpreso.
<< Nessuno ieri era a scuola.>> Eulalia sorrise, certe volte Duncan sembrava cascare dalle nuvole.

<< Ma tu non dovresti andare al primo anno di college?>> le chiese improvvisamente, cogliendola alla sprovvista.
<< Sì, dovrei, ma per vari motivi ho iniziato un anno dopo e quindi ora frequento ancora il liceo.>>
Duncan annuì semplicemente, Eulalia increspò le labbra in un altro sorriso avvicinandosi alla porta sul corridoio che l'avrebbe condotta alla porta d'uscita.
<< B’è vado>>
Lui gli fece di sì con la testa salutandola, Eulalia uscì e appena fuori corse verso l’orfanotrofio, questa volta si sarebbe dovuta inventare una scusa plausibile o sarebbe stata nei guai, per fortuna fuori sembrava non fare troppo freddo, splendeva il sole, e questo riscaldava il vento gelido, non aveva ancora nevicato, di solito a New York nel mese di Dicembre c'era la probabilità di neve, Eulalia sperava che anche quell’anno non facesse eccezione, le piaceva molto divertirsi in mezzo alla neve, sotto questo punto di vista era ancora una bambina.
 

 

Duncan sedeva ancora sul divano, in tv non facevano altro che trasmettere i classici film natalizi, anche se a lui non dispiacevano, gli tenevano un minimo di compagnia.
Il telefono gli squillò.
<< Pronto.>>
<< Ei Duncan, sono Kevin senti oggi parto per casa, ci si vede quando torno.>>
<< Va bene idiota, portami qualche regalo, possibilmente i soldi dell’affitto>> Duncan ghignò immaginandosi l’espressione di Kevin.
<< Si tranquillo li porto>> balbettò lui, facendolo ridere.
<< Va bene.>>
<< Ciao.>>
Duncan chiuse la chiamata, questo sarebbe stato l’ennesimo natale di merda, passato da solo davanti la tv, ma poco gli importava, di certo non era il primo, prese della birra dal frigo e bevve.
 

 

Eulalia correva per la strada, doveva arrivare il prima possibile, girò l’angolo talmente velocemente che per poco non la investirono, non si preoccupò troppo di ascoltare gli insulti provenienti dal guidatore e continuò a correre, avrebbe potuto prendere i mezzi, ma come una scema si era scordata di portarsi i soldi dietro quando era andata con Kevin a casa, era convinta che non le sarebbero serviti, la permanenza a casa di Duncan non era nei suoi programmi.
Arrivò davanti l’entrata dell’orfanotrofio a tempo di record, si piegò un momento sulle ginocchia respirando a fondo per la corsa, facendo un ultimo respiro profondo entrò. Raggiunse di fretta la sua camera, ma fu tutto inutile, davanti la sua porta era appostata Catarina come fosse pronta ad aggredire la preda, mentre si girava verso di lei e la squadrava seria.
<< Catarina mi dispiace tanto>> cominciò ma fu subito bloccata.
<< Mi hai fatto morire di paura! Di nuovo!>>

Eulalia si morse il labbro avvicinandosi a lei, con aria colpevole.
<< Scusa, solo che una mia amica stava molto male, sono dovuta rimanere con lei e mi sono addormentata a casa sua>> Catarina la scrutò, come per cercare di capire se quella fosse la verità o no, ormai Eulalia stava diventando brava a inventare bugie sul momento, forse anche troppo brava.
<< Va bene, l’importante è che non sei stata in giro di notte>> Eulalia la guardò, non aveva alcuna voglia di passare il natale chiusa nell’orfanotrofio, aveva voglia di fare qualcosa di diverso. Allungò la mano nella tasca e sentì il freddo del metallo delle chiavi dell’appartamento di Duncan
<< Senti Catarina, questi giorni potrei stare da lei? Sta ancora male e visto che è a casa da sola ho paura che potrebbe sentirsi male, di nuovo, posso?>> Eulalia per cercare di convincerla meglio gli fece gli occhioni, Catarina sospirò e sembrò doverci pensare a lungo, ma alla fine annuì.
<< Va bene io ti lascio andare, ma poi voglio la conferma che è tutto vero, me la dovrai presentare questa amica, non appena starà meglio ovvio.>> Eulalia sgranò appena gli occhi sorpresa, diavolo si era messa nei casini da sola! Non aveva nessuna amica in particolare, se non le compagne di scuola, ma nessuna aveva un legame tanto stretto con lei da sapere dell’orfanotrofio o qualsiasi cosa sulla sua vita privata.
Eulalia uscì di corsa dall’orfanotrofio, avevano appena finito di pranzare e Catarina le aveva finalmente dato il via libera, e lei non vedeva l’ora di poter riuscire, aveva intenzione di tornare a casa di Duncan ma oggi era la vigilia di natale, e non aveva intenzione di presentarsi a mani vuote.

Prese l’autobus al volo, che la portò sulla solita strada che percorreva se aveva voglia di vedere qualche negozio, lì c’è n'era uno maschile e solo pochi giorni prima aveva visto dei jeans strappati, che era sicura a Duncan sarebbero stati benissimo.
Appena arrivata percorse tutta la via a grandi e veloci falcate, fino ad arrivare al negozio che le interresava, i jeans che le interessavano erano ancora esposti, non sarebbe stato difficile trovarli, si mise ad esaminare tutti gli scaffali e li trovò molto velocemente, l’unico problema era che non sapeva bene la taglia esatta di Duncan.
Per andare sul sicuro prese quelli più larghi, infondo lui era alto e aveva molta massa muscolare, non era mingherlino, molto probabilmente gli sarebbero stati.
Li portò alla cassa.
<< Senta, caso mai questi pantaloni volessi cambiarli posso tornare?>>
<< Ma certo, basta che tiene lo scontrino>> la commessa sorrise, Eulalia pagò e prese la busta con dentro i pantaloni, le rimaneva solo una cosa da fare, andò a comprare un paio di piastrine, come quelle militari che si mettono al collo, su una fece scrivere il nome di Duncan e il cognome, non sapeva molto di lui, così si limitò a quello aggiungendoci un bel "Buon natale ragazzaccio".

Mentre l’altra la lasciò normale, se Duncan avesse voluto avrebbe potuto farsi incidere quello che voleva.
Ora che aveva tutto non le rimaneva che andare a casa di Duncan, riprese l’autobus e appena scesa alla fermata si incamminò verso casa sua, sperava che a lui non desse fastidio se si era, in un certo senso, autoinvitata a casa sua, ma non aveva voglia di restare chiusa nella sua stanza.
Appena arrivata davanti il portone di Duncan stava per citofonare, ma infilando le mani in tasca si ricordò che aveva le chiavi dell’appartamento, forse era un po’ esagerato, ma già che le aveva tanto valeva usarle.
Aprì il portone e salendo i primi gradini si ritrovò davanti la porta di Duncan, infilò la chiave e aprì, quasi si sentiva un'estranea e si ritrovò a pensare che avrebbe preferito citofonare che entrare così, ma ormai lo aveva fatto, e se Duncan aveva sentito la serratura scattare sarebbe stato ancora più da idiota richiudere e citofonare, quindi Eulalia fece un respiro profondo ed entrò percorrendo il corridoio.
<< Duncan>> arrivò al salone e vide con sorpresa che Duncan era a testa in giù, come in una verticale ma si reggeva anche con la testa, le gambe in alto leggermente divaricate, con addosso solo i pantaloni della tuta. Appena si accorse della sua presenza, in un secondo e in un modo molto sciolto cascò in capriola plastica sul pavimento e si rialzò velocemente girandosi verso di lei.
Eulalia rimase per un momento a fissarlo, ormai aveva perso il conto di tutte le volte che lo aveva visto a petto nudo.
<< Ciao, che figo.>>
Duncan sorrise appena, mentre sistemava il tappeto che aveva messo vicino il divano.
<< Intendevo quello che hai fatto>> esordì lei imbarazzata.

Duncan con sempre il sorrisetto stampato in faccia la guardò.
<< Capoeira, è uno stile di combattimento.>>
<< Wow e da quando lo fai? Insomma immagino che ce ne voglia di tempo per impararlo.>>
<< Da quando sono piccolo, non è esageratamente difficile se sei forte.>>
<< Allora non fa per me>> Eulalia sorrise e Duncan la guardò serio.
<< No non direi, sei tornata per qualcosa?>> Si sistemò i pantaloni andando verso la cucina, Eulalia nascose la busta dietro di sé il meglio possibile.
<< Non proprio, il fatto è che non avevo niente da fare.>>
<< Mh>> Duncan prese un pacchetto di patatine e si sedette sul divano di fronte a lei, cominciando a mangiare.
<< Allora non addobbi neanche un po’ la casa?>>
Duncan la guardo col sopracciglio alzato, continuando a sgranocchiare le patatine.
<< Perché dovrei?>>
<< Perché sarebbe molto più carina e allegra, insomma almeno l’albero.>>
<< No, non mi va.>>

Eulalia sbuffò.
<< Come sei triste, comunque va bene se resto un po’ qui?>> Duncan si portò indietro la frezza bionda facendo spallucce.
<< Sì>> Eulalia sorrise e si sedette sul divano accanto a lui.
<< Sai che ore sono?>>
<< Le sei, quindi è presto e dobbiamo trovare qualcosa da fare per ingannare il tempo.>> Duncan annuì e ci pensò su.
<< Sai giocare a carte?>>
<< Sì.>>
<< Anche a Strip poker?>> Duncan la guardò con sguardo di sfida ed Eulalia annuì.
<< Bene bene>> Duncan si alzò e da una mensola presente sul muro vicino la Tv, prese un mazzo di carte da Poker.
<< Giochiamo? O hai paura di perdere?>>
Eulalia lo guardò, con serietà e divertimento mischiati insieme.
<< Giochiamo, ma bisogna mettere un limite al gioco.>>
<< Ma non è divertente sennò,hai così paura di perdere? Chi vince resta vestito, chi perde si spoglia>> Duncan alzò il sopracciglio ghignando, le si avvicinò guardandola dritta in faccia ed Eulalia indurì un poco lo sguardo.
<< Scordati che mi spoglio del tutto davanti a te.>>
<< Giochiamo e scopriamolo>> Duncan fece il suo solito sorrisetto strafottente e da piacione.
<< Io gioco ma te l’ho detto, ho un limite.>>
<< Che vigliaccona>> Duncan si sedette al tavolo in cucina, ed Eulalia si sistemò davanti a lui, Duncan diede le carte e cominciarono a giocare, il primo giro non fu molto lento, anzi durò poco e a vincere fu Duncan, che sorrise soddisfatto e indico la maglietta di Eulalia, a dire che la doveva levare.
<< Cavolo>> Eulalia se la sfilò, ma sotto aveva una canottiera, sorrise soddisfatta, certo la canottiera era bianca e abbastanza trasparente, ma le bastò nascondere il tutto con i lunghi capelli rossi e nascondendosi il più possibile dietro il tavolo perché si potesse vedere il minimo. Duncan scosse la testa e sorrise.

Ripresero a giocare tra poche chiacchiere e Duncan vinse anche la seconda mano.
<< Ma si dai, leva quelli>> Duncan le fece capire che intendeva i pantaloni.
<< E dai passamela buona questa.>>
<< No, queste sono le regole.>>
Eulalia annuì, ma se li sfilò da sotto il tavolo, mettendoli subito sopra le gambe, anche se a coprirla c’era il tavolo intero, quel gesto era stato quasi istintivo. Continuarono a giocare e per fortuna le altre due partite le vinse Eulalia, Duncan si sfilò la felpa che si era messo per giocare restando a petto nudo, non che fosse una novità per lei, e nella seconda mano Duncan dovette levarsi anche i pantaloni, ma non si fece problemi a sfilarseli davanti a lei, portava i boxer, il che per fortuna coprivano, ma Eulalia aveva avuto anche l’occasione di vederlo in mutande, a pensarci con Duncan aveva fatto molte cose nonostante si conoscessero da poco e in tutte Eulalia ricordava di aver sorriso, ormai fare le cose con lui, persino giocare a Poker tanto per fare, era un modo per divertirsi e sentirsi bene.
<< Ultima sfida, chi vince resta come sta chi perde senza niente, forza>> Duncan le lanciò uno sguardo di sfida ma Eulalia fece di no scuotendo la testa.
<< E’ un gioco Eulalia, poi potrei perdere io.>>
<< Non mi importa che è un gioco, e se perdo io?>>
<< Non ti guardo se perdi>> la voce di Duncan fu quasi rassicurante, ma Eulalia non se la sentiva di continuare.
<< Tanto non c’è la farei lo stesso, è già tanto che sto così>> Eulalia si indicò, in realtà era coperta dalla canottiera che anche essendo bianca e troppo trasparente era comunque coperta dai capelli, e anche se si era levata i pantaloni li aveva sopra le gambe e di conseguenza era coperta, eppure per lei era già tanto, Duncan sospirò.
<< E va bene>> si alzò e mise apposto le carte da dove le aveva prese, si rimise solo i pantaloni e dopo aver preso una birra dal frigo si sedette sul divano, Eulalia rindossò i suoi vestiti alla svelta, fu quasi più veloce di flash nel rimetterseli, guardò Duncan e lo vide mentre ingurgitava il liquido ambrato della birra.
<< Se vuoi mangiare nel frigo ho qualcosa>>

Eulalia annuì e aprì il frigo, vedendo quello che c’era dentro, cucinò e apparecchiò alla svelta per due. Duncan tornò a sedersi al tavolo mangiarono alla svelta, chiacchierando tra loro di varie cose. Poi appena finito lasciarono tutto così e Duncan tornò sul divano con in mano una birra mentre beveva dei sorsi generosi.
<< Non bere troppo, io non c’è la faccio questa volta a riportarti sul letto mezzo morto.>> Duncan le lanciò un’occhiata infastidita senza dire una parola, e continuò a bere.
<< Auguri Duncan>> alzò la bottiglia di birra in aria poi bevve un altro generoso sorso, Eulalia sorrise appena scuotendo la testa.
<< Non bere.>>
Duncan la guardò continuando a bere, Eulalia non capiva perché facesse così, ma non voleva vederlo stare di nuovo male e gli si avvicinò mettendosi davanti a lui in piedi.
<< Ma sei sordo?>>
<< No>> bevve un altro sorso, Eulalia spazientita afferrò la bottiglia.
<< Allora smettila idiota.>>
<< No>> Duncan riafferrò la bottiglia strappandogliela dalle mani, ma Eulalia non era disposta ad arrendersi, la riafferrò tirando dalla sua parte.
<< Sì.>>
<< No... ma che>> il telefono di Duncan squillò e appena aprì il cellulare dalla chiamata si sentì una voce femminile squittante e allegra.
“Auguri amore mio!! Tanti auguri a te! Tanti auguri a te, tanti auguri Duncan!”
Persino Eulalia poté sentire quella cantilena, la ragazza aveva urlato, quando guardò Duncan non vide altre che una smorfia schifata, sembrava essere percorso da un brivido di terrore.
<< Oh mio dio e ora questa matta come aveva il mio numero?>>
<< Wow un’altra matta? Questa sembrava davvero euforica.>>
<< Che schifo, mi ha fatto quasi paura>> Duncan chiuse la chiamata buttando il telefono su un lato del divano, Eulalia si ritrovò a pensare alle parole della ragazza che gli aveva urlato "tanti auguri", che fosse il compleanno di Duncan?.
<< Aspetta tanti auguri? E' il tuo compleanno?>>
<< Se, ventuno oggi>> Duncan si passò una mano sulla faccia e riprese la bottiglia per bere, Eulalia si portò dietro l’orecchio una ciocca impertinente di capelli e lo guardò.
<< Perché non me lo hai detto?>>
<< Volevi saperlo? B’è ora lo sai, auguri a me!>> Eulalia gli strappò dalle mani la bottiglia prima che potesse bere ancora.
<< Sì mi avrebbe fatto piacere saperlo, e ora basta bere!>>

Duncan mugugnò di disappunto e si alzò guardandola.
<< Ridammela.>>
<< No, basta non ti ubriacare anche questa sera>> Eulalia si girò diretta in cucina e decisa a far sparire quella bottiglia.
<< Allora voglio qualcos’altro>> Duncan le si avvicinò prendendola per le braccia e girandola verso di sé, non c’era cattiveria nel suo gesto, ma Eulalia si accorse che stava tentando di baciarla, si scansò guardandolo seria.
<< No, te ne stai seduto e basta.>>
<< No, non mi va>> Duncan la guardò a sua volta serio, quando assumeva questo sguardo a Eulalia sembrava che le iridi scure dei suoi occhi diventassero completamente nere come tizzoni ardenti, il che gli conferiva un che di affascinante e anche abbastanza inquietante allo stesso tempo. L'alcool lo aiutava forse, ma non poteva vivere di quello, lo cambiava troppo.
<< Ti costa tanto non bere per un po’? E startene tranquillo sul divano?>>
<< Sì>> Duncan la teneva ancora per le spalle, eppure ora quella vicinanza non le dava fastidio, né sentiva più l’impulso di allontanarsi.
Improvvisamente Duncan fu scaraventato a terra dal suo cane, che gli era saltato addosso e gli stava leccava tutta la faccia.
<< Ferma, Ohè basta!>> Estel non demordeva a lasciarlo in pace e Duncan cominciò a ridere, Eulalia andò al lavandino buttando la birra rimanente, nel sentire la risata di Duncan le era venuto istintivo sorridere anche a lei. Appena si rigirò vide Duncan seduto a terra scomposto, con davanti il cane che scodinzolava, i capelli arruffati, come sempre era la frezza bionda la più disordinata, e con il sorriso spontaneo sulle labbra. Eulalia doveva ammettere che Duncan quando sorrideva era molto più bello, soprattutto in quella posizione, era maledettamente bello, sembrava essere completamente rilassato con se stesso.
Si girò un attimo per buttare la bottiglia nel secchio e quando si rigirò Duncan era scomparso.
<< Dove sei finito?>> si avvicinò al punto in cui era lui poco prima, ma subito dall’angolo vide qualcuno sbucare.
Duncan le saltò addosso, Eulalia riuscì per miracolo a non cadere a terra, ritrovandosi tra le braccia di lui e lanciando un urletto di paura.
<< Sei scemo?! Mi hai fatto prendere un colpo!>> non riuscì a nascondere una nota di divertimento dipingerle la voce, Duncan scoppiò a ridere poggiando la testa sulla sua spalla.
<< Volevo fare un agguato silenzioso, ma mi è venuto male>> le sue parole erano interrotte dalle risate, ed anche Eulalia si ritrovò a ridere.
<< Che stupido, senti che ore sono?>>
<< Bho, ma chissene è il mio compleanno, quindi fa niente.>>
<< No lo devo sapere per una cosa.>>

Duncan guardo l’orologio appeso nella cucina.
<< Mezzanotte e tre>> Eulalia non capiva come il tempo fosse passato tanto velocemente da ritrovarsi a mezzanotte, eppure a quanto pareva era volato e lei non se ne era nemmeno accorta.
Eulalia si allontanò andando verso il tavolo, la busta vi era nascosta sotto, quando si erano messi a giocare non aveva trovato nessun posto dove metterla e quello era sembrato l’unico.
<< Che stai facendo?>> Eulalia lo ignorò infilandosi sotto il tavolo e prendendo la busta, notando che per fortuna il cane non l’aveva morsa, riuscì da sotto il tavolo con la busta in mano.
<< Che è?>> Duncan la guardò interrogativo.
<< Il tuo regalo di natale e visto che è il tuo compleanno,  insomma di tutte e due, natale e compleanno>> Duncan diventò improvvisamente serio, spostando lo sguardo dalla busta a lei.
<< Non lo voglio, non mi piace il natale te l’ho detto>> tornò a sedersi sul divano ed Eulalia lo seguì.
<< Dai mi ci sono anche impegnata, insomma non è niente di che ma.>>
<< Ma non ti ho chiesto di farmi regali>> le rispose Duncan serio, continuando la frase per lei.
<< Infatti l’ho fatto di mia spontanea volontà>> Eulalia lo guardò, con ancora la busta in mano e un sorriso affettuoso sul volto.
<< E perché?>> Duncan la guardò dritta negli occhi ed Eulalia ricambiò lo sguardo.
<< Non lo so, mi faceva piacere>> Duncan sospirò e allungò la mano verso di lei.
<< Dammi qua va>> sembrava avere un tono quasi seccato.
<< Potresti almeno sorridere eh.>>
<< Dammelo e basta.>>

Eulalia sbuffò passandogli la busta, Duncan la aprì e le prime cose che tirò fuori furono le piastrine.
<< Ma che coatta>> sorrise appena poggiandole sul divano.
<< Buon natale ragazzaccio? Non la metterò mai>> annunciò tra il serio e il divertito, tirando poi fuori anche i pantaloni, li guardò un attimo poi posò uno sguardo indagatore su Eulalia.
<< Sai la mia taglia? Sei una stalker, magari sai anche quanto peso.>>
<< No scemo mi sono regolata, se ti stanno piccoli li puoi cambiare.>>
Duncan poggiò la roba sul divano.
<< Adesso sarò costretto a farti per cortesia un regalo di natale>> il ragazzo si alzò andando in camera sua, Eulalia non sapeva come prendere quel commento, di certo non era costretto a farle un regalo e stava giusto per dirglielo, quando lui tornò con qualcosa in mano, le venne vicino e Eulalia sentì le sue mani sul collo.
<< To’ prendi>> Eulalia fu percorsa da un piccolo brivido per il suo leggero tocco e portandosi le mani al collo sentì il contatto con qualcosa di metallico, era una collana, con attaccato un ciondolo.
<< E questa?>> Eulalia si alzò per guardare il riflesso della collana allo specchio più vicino, era bellissima un ciondolo a forma ottagonale con gli angoli arrotondati e nel mezzo il simbolo dello Ying e lo Yang, il tutto sembrava essere d’argento.
<< Che bella, cosa significa l’amuleto?>>
<< Se non ricordo male, il raggiungimento della pace interiore o roba così.>>

Eulalia sorrise e tornò a sedersi vicino a lui, Duncan si massaggiò le tempie.
<< Credo sia meglio che vai a riposarti.>>
<< Non mi va di dormire>> Duncan si alzò mettendosi la felpa e infilandosi le scarpe da ginnastica.
<< Perché ti vesti?>>
<< Vado da una parte>> Duncan la guardò, con uno sguardo diverso, Eulalia non riuscì a decifrarlo bene, non era serio, né sorrideva, sembrava stesse pensando.
<< Anzi andiamo da una parte.>>
<< Oh va bene>> Eulalia si rimise il giacchetto, Duncan aprì la finestra, in un secondo scavalcò e saltò giù, Eulalia si sentì mancare un battito, dove diavolo saltava quel matto?!.
<< Duncan!>> si avvicinò di corsa alla finestra affacciandosi.
<< Che strilli?>> Eulalia tirò un sospiro di sollievo, Duncan era atterrato sulle scale anti incendio, lui alzò le braccia verso di lei.
<< Dai salta>> Eulalia alzò gli occhi al cielo e saltò giù in uno strano impeto di fiducia verso di lui, si sentì afferrare dalla presa salda delle sue braccia e a seguire della sua mano.
<< Mi hai fatto prendere un colpo!>>
Duncan la guardò sorridendo e cominciò a salire le scale.
<< Esagerata, perché dovrei buttarmi dalla finestra? Non ho mica visto un miniponi.>> Eulalia ridacchiò, improvvisamente sentì un calore alla mano e andando a guardare notò che la sua mano era coperta da quella di Duncan che l’aveva presa con la sua, Eulalia si lasciò tenere per mano godendosi quel poco di contatto tra loro.
<< Dove andiamo?>>
<< Vedrai>> Eulalia rimase in silenzio, guardandolo con la coda dell’ occhio e sorridendo nel vedere le loro mani ancora intrecciate, non vedeva l’ora di scoprire dove la stesse portando Duncan.

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Capitolo 9
*** Un bacio per scoprire nuovi sentimenti ***


                                         UN BACIO PER SCOPRIRE NUOVI SENTIMENTI 

Eulalia seguiva Duncan in silenzio, stavano salendo la scala antincendio fino alla fine, poi davanti gli si parò una porta, Duncan frugò nella tasca della tuta tirando fuori una piccola chiave, Eulalia vedeva poco, tutto era buio e lì dove erano non si trovava nemmeno una luce, solo quelle dei lampioni di sotto nella strada, ma la loro luce non riusciva ad arrivare fino a loro. Sentendo lo scatto e il cigolio della porta che si apriva si avvicinò.

<< Duncan ma dove andiamo?...>> lui le fece un semplice cenno per dirle di fare silenzio, prendendola di nuovo per mano, ed Eulalia per qualche motivo si sentì più al sicuro, non perché avesse paura che le succedesse qualcosa, ma sentire le loro mani intrecciate gli scatenava un calore all’interno del corpo che piano si espandeva.
<< Guarda dove metti i piedi, sennò ti addobbi>> si trovarono davanti un altro pezzo di scala, arrivati alla cima, un muretto basso sbarrava loro la strada, Duncan le lasciò la mano e scavalcò, Eulalia fece lo stesso con meno agilità, appena seduta sul muretto saltò giù, non era alto ma Duncan l'afferrò piano per i fianchi alla fine della caduta, come per assicurarsi che arrivasse in piedi, quel semplice contatto scatenò un brivido sulla schiena di Eulalia che cercò comunque di ignorarlo e ripresa la mano di lui avanzò.

Erano arrivati, si trovavano sul tetto dell’edificio, in una specie di terrazzo delimitato da un muretto e Duncan la portò proprio vicino il cornicione. Eulalia rimase stupefatta, davanti a loro si estendevano vari palazzi tutti uguali tra loro, ma proprio la parte nella quale rivolgevano lo sguardo era la più libera e lasciava uno spazio vuoto dal quale Eulalia in lontananza riusciva a vedere un minuscolo Empire State Bulding con i suoi colori natalizi, il rosso e il verde che illuminavano il palazzo, gli edifici più alti e tutte le luci che provenivano da essi, compresi quelli più bassi dai quali uscivano altrettante luci, creando dei giochi di colore.
<< E’ bellissimo.>>
<< E’ senz’altro uno dei miei preferiti, a New York non si può avere il massimo dei panorami, ma non mi lamento.>>
<< Come mai non c’è nessuno? E perché era chiuso?>>
<< Perché in realtà non si potrebbe accedere fino a qui su, qualcuno dice sia pericoloso ma sono tutte cazzate, è da quando ho questo appartamento che ci vengo e non mi è mai successo niente.>>

Eulalia continuò a guardare il panorama mentre lo sentiva parlare e gli stringeva la mano.
 

 

 

Duncan la guardava con un misto di curiosità e soddisfazione del sapere di essere lui l’artefice del piccolo sorriso e dell’espressione gioiosa e sperduta nelle luci della città di lei, abbassò appena lo sguardo, la sua mano era tremendamente grossa in confronto a quella piccola e dalle dita sottili di Eulalia, la strinse di più, quel contatto gli piaceva e se lei non aveva neanche tentato di spostare la mano voleva dire che non le dispiaceva. Duncan si avvicinò al bordo, lasciando piano la sua mano e saltando in piedi sul muretto, cominciò a camminare tranquillo sul cornicione, era abbastanza largo da poterci far entrare anche due persone insieme.

Spostò gli occhi scuri verso il basso, vedendo l’asfalto, i lampioni, le macchine e le persone camminare ognuno immerso nella propria vita. Poi spinto dal solito sentimento di nostalgia volse lo sguardo al cielo, le stelle non si lasciavano intravedere bene tra le nuvole di quella sera, eppure col fatto di trovarsi sul tetto del suo palazzo riusciva a scorgerle appena, allargò le braccia e chiuse gli occhi respirando profondamente.
Duncan ricordava bene la prima volta che aveva fatto questo gesto, quando era venuto a vivere in quel appartamento, era anche una delle prime volte in cui era andato a trovare la madre all’ospedale, vederla in quelle condizioni aveva scatenato in lui una serie di emozioni dietro l’altra, per prima era sopraggiunta la tristezza, poi la rabbia e infine la disperazione più totale, era corso fuori dall’ospedale di tutta fretta, senza mai fermarsi nemmeno per le strade e quando era arrivato a casa possedendo già la chiave della terrazza era uscito dalla finestra in un folle momento di disperazione e aveva corso per tutte le scale e non appena arrivato sulla terrazza si era fiondato sul muretto lanciando un urlo al cielo per far si che la disperazione uscisse e lo lasciasse affogare nel dolore. Non lo aveva fatto solo per la madre, ma per liberare tutta la frustrazione e la rabbia che aveva dentro, accumulata nel tempo verso la sua famiglia, stranamente a come aveva pensato si era subito sentito meglio e solo dopo si era concesso di guardare il cielo e aveva aperto le braccia respirando profondamente, trovando un poco di pace che gli serviva.

In quell'occasione l’unica immagine che gli si era presentata era quella della madre, non di quando era in coma, bensì quando era piena di vita e poteva ancora sorridere.
Ora invece le emozioni che provava erano diverse, la disperazione non c’era e neanche la tristezza, solo quella strana sensazione di serenità, che gli capitava di sentire in quei giorni da quando era in compagnia di Eulalia, ecco proprio l’immagine di lei ora si stava formando nella mente, i capelli rossi che le incorniciano il volto, la pelle del viso chiara, i profondi occhi azzurri e il suo piccolo solito sorriso.
<< Ei che fai?>>

Duncan smise di vedere la sua immagine nella mente per guardarla con i propri occhi, si girò verso di lei, restando sempre sul cornicione e lasciandosi i palazzi alla spalle, i capelli ora le erano mossi dal vento, le guance e il naso rossi per il freddo mentre gli occhi azzurri sembravano più scuri, anche se alcune luci della città riuscivano a far risaltare uno spiraglio di azzurro, per non parlare del fatto che avendo la pelle così chiara tutto di lei risaltava meglio, il colore degli occhi e dei capelli, il rosso sulle guance e il colore roseo delle labbra. Duncan fremeva dalla voglia di poter riassaggiare quelle labbra, di poterle sentire di nuovo a contatto con le sue.
<< E’ davvero una forza, quasi volo, prova>> Duncan allungò la mano verso di lei, che sembrò esitare un momento.
<< Fa un po’ paura, è alto.>>
<< Non sei mica da sola>> le fece cenno con la mano di venire ed Eulalia annuì prendendo la sua mano, Duncan la aiutò a salire sul muretto, constatando che aveva ragione, lo spazio del cornicione permetteva di entrarci in due.
<< E un pezzo è fatto>> Duncan la portò davanti a sé, per permetterle di vedere il panorama che le si stendeva davanti, ma lei abbassò lo sguardo al di sotto del muretto.
<< Oddio, è alto>> Eulalia strinse la presa della mano di Duncan, che ormai non badava più al panorama né al cielo, l’unica cosa alla quale prestava attenzione era lei.
<< Forza, allarga le braccia e guarda in alto, chiudi gli occhi e respira profondamente.>> Duncan si avvicinò a lei, da dietro le mise le mani sotto le braccia facendogliele allargare piano.
<< No no tienimi ho paura.>>
<< Ma che fifona>> Duncan sorrise e spostò le mani dalle sue braccia ai suo fianchi, era un tocco leggero ma saldo.
Non ti lascerò cadere, è sicuro.”
Duncan lasciò per un attimo la presa, facendo salire la sua mano verso l’alto per poterle sollevarle il mento verso l’alto, per poi riposarla sui fianchi, ricordava bene ciò che Eulalia gli aveva detto, quale fosse la sua scena preferita di Titanic e di certo non poteva riprodurla alla lettera, ma ci aveva almeno provato.

Guardò Eulalia di lato e lei aveva il viso sereno, gli occhi chiusi e le labbra incurvate in un leggero sorriso, sentiva dentro una strana sensazione, era sereno e si sentiva come pieno, un leggero calore gli si estendeva dentro lentamente, come a volerlo riscaldare dal troppo gelo che conviveva in lui.

Duncan aveva il viso vicino quello di lei, guancia a guancia, la osservò con la coda dell’occhio, era forse questo quello che la gente intendeva per essere innamorati? innamorati per davvero..
“Perché la fisso? Che mi prende?”
Duncan la guardò e sentì una morsa allo stomaco, strinse leggermente la stretta della mani sui suoi fianchi.
“Oddio, sono... sono per caso innamorato? Io? Non può essere, eppure la guardo e mi viene da sorridere.”
Tutte quelle domande e pensieri gli frullavano nella testa senza sosta, la guardava fisso, godendosi ogni piccolo particolare del suo viso.
“Sono innamorato a quanto pare, cazzo non ci voleva.”
<< Ei, mi tieni vero?>> la voce di Eulalia che gli giunse alle orecchie era sottile e serena, tanto che gli venne da sorridere.

Duncan serrò appena la mascella e lentamente, sempre tenendola per la vita, la fece girare verso di sé, i suoi occhi incontrarono i suoi, nero contro azzurro mentre le braccia di lui scivolarono tutte intorno alla sua vita stringendola e avvicinandola lentamente verso di sé, portandosela attaccata al proprio petto, Duncan a dispetto di come poteva apparire non era serio, solo teso, Eulalia poggiò le mani sul suo petto ricambiando lo sguardo col suo.
<< Questa è la cosa più carina che qualcuno abbia fatto per me.>>
<< Ricordavo bene quale fosse la tua scena preferita, spero sia venuta fuori abbastanza bene.>>
<< Non abbastanza, era perfetta>> Eulalia sorrise, anche per Duncan lo era stata, ma semplicemente perché la ragazza che aveva portato e che stringeva tra le braccia era lei.
<< Qualcosa non va?>>
<< Non lo so, prima devo verificare>> Duncan non le diede tempo di capire che la baciò stringendola e portandola verso di sé, Eulalia sembrò sorpresa, portò le braccia intorno al suo collo dischiudendo le labbra e rispondendo al bacio, lasciandogli libero accesso alla sua bocca.

Duncan ne approfittò e il bacio non fu più solo uno sfiorarsi di labbra ma divenne più profondo, era lento, diverso, Duncan sentiva espandersi dentro di sé sensazioni che non credeva di poter provare, non aveva nessun doppio fine voleva solo baciarla per godere di quelle labbra morbide che ora erano sue. Lasciandosi andare il bacio diventò tanto passionale da fargli mancare anche il respiro, ma non gli importava, niente doveva portargliela via e sembrava non riuscisse neanche più a fermarsi, avrebbe potuto far continuare quel bacio per ore, dimenticando per un momento ciò che lo circondava.

Fu Eulalia a staccarsi piano dal bacio e ad allontanarsi appena, si guardavano negli occhi senza sapere cosa dire, sperando inconsciamente tutti e due che uno dei due dicesse qualcosa, entrambi erano stati attratti l’uno a l’altra come avrebbe potuto esserlo due calamite.

Duncan si fece poco indietro, dimenticandosi stupidamente che si trovavano sul cornicione, dopo due passi trovando il vuoto sotto di sé si sbilanciò cadendo all’indietro e portandosi dietro anche Eulalia che nel cadere gli diede una gomitata allo stomaco.
<< Cristo>> gemette di dolore Duncan portandosi le braccia intorno allo stomaco, annaspando in cerca d’aria, Eulalia era ancora sopra di lui.
<< O mio dio, scusa non volevo.>>

Duncan poggiò il capo all’indietro chiudendo gli occhi e facendo un respiro profondo, poi tornò a guardarla negli occhi.
<< Forse dovremmo tornare, sento che rischio di morire stasera.>>

Lo sguardo di Eulalia rimase fisso su quello di lui per un po’, poi annuì mortificata dell’essergli caduta sopra e si alzò seguita da Duncan, fece qualche passo verso la scaletta mentre sentiva che Eulalia gli camminava dietro, lui allungò la mano verso quella di lei prendendola e stringendola con la sua, non sentì nessuna protesta, anzi anche lei strinse un poco la presa ma rimase in silenzio, esattamente come Duncan, che non sapeva bene cosa dirle, sperava solo che quella stretta di mano riuscisse a trasmetterle qualcosa.

Fecero tutto il percorso al contrario in silenzio, arrivando fino alla finestra, a quel punto Duncan lasciò la presa alla sua mano, prese una piccola rincorsa e saltò per aggrapparsi al bordo della sua finestra, situata un poco più in alto di dove poteva arrivare lui con un semplice salto, una volta aggrappato si issò su facendo leva sulle braccia e entrando in casa dalla finestra che era già mezza aperta.
Si affacciò guardando giù sulle scale anti-incendio e allungò le braccia verso Eulalia, che lo guardava sorpresa.
<< Dovrei saltare?>>
<< Sì, allunga le braccia e salta, fa un bel salto così ti prendo>> Duncan si sporse un po’ di più dalla finestra, con le braccia sempre tese verso di lei, Eulalia prese una piccola rincorsa saltando più che poteva e allungando le braccia verso di lui, che la afferrò e senza molta fatica la issò su dalle braccia, facendola appendere alla finestra e da li la aiutò a salire e scavalcare, una volta dentro Duncan la guardò sorridendo.
<< E’ facile uscire, non è altrettanto facile rientrare.>>
<< Ma come hai fatto a tirarmi su così?>>
<< Non lo so, l’ho fatto e basta, non che pesi chissà quanto>> Duncan fece un piccolo sorrisetto contraccambiato da lei.
<< E’ tardi non trovi? Ti accompagno alla porta della camera di Kevin, anche perché penso sia chiusa>> Duncan si sentiva stranamente e fastidiosamente impacciato e lo odiava. Eulalia camminava dietro di lui, appena davanti la porta Duncan la aprì, naturalmente era aperta e questo lo fece sentire un vero e completo idiota. Una scusa più stupida non avrebbe potuto trovarla.
<< Okay, io vado a dormire>> Duncan indicò sempre impacciato la porta della sua stanza, senza staccarle gli occhi di dosso, sembrava non riuscisse neanche più a muoversi, Eulalia era davanti la sua porta sorridente, aveva le guance leggermente rosse e lo guardava come se si aspettasse qualcosa.

Duncan si portò la mano dietro il collo, massaggiandolo piano.
<< Allora buonanotte>> Duncan si girò restando un attimo fermo, poi entrò nella sua camera.
“Che bella figura, un idiota impacciato ecco cos'ero!”
 Una volta dentro la sua camera sorrise d’istinto e andando nel suo bagno si infilò sotto la doccia.

Appena fuori si rivestì senza indossare la maglietta e si buttò sul letto, non aveva neanche controllato che ore fossero, sapeva solo che era tardi ma non aveva sonno, guardava il soffitto sdraiato scomposto a pancia in su, le braccia dietro la testa con una gamba piegata e l’altra distesa, tutto ciò successo quella sera gli ripassava davanti gli occhi come la scena di un film, sembrava che le scene si ripetessero ogni volta, non che la cosa lo disturbasse, ma di certo gli impedivano di dormire. Istintivamente si girò verso la porta comunicante con la stanza in cui adesso si trovava Eulalia.
<< Non starà già dormendo?>> Duncan si alzò sistemandosi i pantaloni della tuta e uscendo dalla sua camera diretto a quella di Eulalia, certo aveva anche la porta comunicante, ma pensava che entrare da quella principale della sua stanza facesse più bella impressione, anche se non sapeva bene neanche lui il perché pensasse questo.

Arrivò davanti la porta di Eulalia e alzò la mano per bussare, ma si fermò, stranamente indeciso, voleva bussare o magari poteva entrare direttamente, ma poi cosa le avrebbe detto? Scuotendo la testa, Duncan si girò per tornare in camera sua.
“Avanti! Mi basta formulare una frase! Non posso fare il rammollito!”
Si girò di scatto tornando davanti la porta di Eulalia, si passò una mano tra i capelli tirandoli indietro e grattandosi la guancia, facendo avanti e indietro per un po’, doveva trovare qualcosa da dire, non voleva sembrare quello che adesso entrava e se la voleva portare a letto, ma neanche un idiota che bussava senza avere niente da dire.
“Oh avanti! Non devo fare il cacasotto!”
Improvvisamente Duncan sentì un ringhio, si girò di scatto vedendo che dietro di sé c'era Estel che lo guardava e scodinzolava ringhiando con la lingua di fuori, sicuro voleva giocare.
<< No>> sussurrò Duncan ma servì a ben poco, Estel prese la rincorsa verso di lui.
<< No, no no>> fece giusto in tempo a mettere le mani davanti che Estel saltandogli addosso lo buttò all'indietro, la porta di Eulalia doveva essere aperta, perché non appena la schiena di Duncan la toccò si sentì cadere all'indietro, la porta si spalancò lasciandolo cadere per terra nella camera di lei. Almeno era riuscito a entrare, anche se non nel modo in cui avrebbe voluto.

 

 

 

Eulalia non riusciva a prendere sonno, le era quasi impossibile, con la mente non faceva che riandare a pensare a ciò che era successo con Duncan, era già il terzo bacio con lui, anche se effettivamente gli altri due quasi non valevano, quindi questo poteva essere considerato il loro primo vero bacio, ed era stato davvero perfetto, insomma tutta la serata lo era stata, quando Duncan aveva pensato di salire sul tetto, quel momento magnifico in cui l’aveva fatta salire con lui, Eulalia era morta dalla paura stando su un cornicione così in alto, ma non appena lui l’aveva sorretta si era sentita al sicuro, tutto sembrava essere parte della scena di un film, eppure tutto le sembrava così strano.                                                
Eulalia si infilò sotto le coperte, toccando con le dita l’amuleto regalatogli da Duncan esattamente quella sera, il bacio era stato dolce e troppo perfetto, sembrava che Duncan avesse fatto pratica con centinaia di ragazze prima di lei, cosa che sicuramente era possibile, eppure anche se Eulalia aveva avuto paura, dentro di sé aveva sentito qualcosa che la spingeva a ricambiare e non aveva esitato a lasciarsi andare a quell’impulso, era una sensazione meravigliosa, senza saperlo anche lei desiderava tanto quel bacio, l’unica cosa a bloccarla era la paura, la paura e la consapevolezza che prima o poi quel momento e quella sensazione sarebbero spariti e lo stesso avrebbe potuto fare Duncan, odiava se stessa per la sua stupida e continua paura dell’abbandono, ma non riusciva a fare a meno di conviverci.
Un botto proveniente dalla porta della camera la fece alzare di scatto, la luce era ancora accesa e appena si girò vide Duncan steso a terra, con addosso Estel che gli leccava la faccia, per poi allontanarsi e mordere il lembo dei pantaloni all’altezza della caviglia e tirare.
<< Estel! Molla!>> Duncan si teneva i pantaloni con le mani, mentre Estel ringhiava e con tutte le forze li strattonava abbassandoli sempre di più, lasciandolo solo in mutande.
<< Lasciami!>> Duncan girò lo sguardo verso Eulalia, che guardava senza sapere cosa fare.
<< Estel lasciami! Molla forza!>>

Eulalia scoppiò a ridere e si avvicinò, cercando di allontanare Estel che però era tosta a mollare, ormai i pantaloni di Duncan erano scivolati fino alle ginocchia e con lui che imprecava, Eulalia non riusciva a non ridere, si lasciò cadere all’indietro portandosi dietro anche il cane, che con un ultimo strattone levò i pantaloni a Duncan e li portò fieramente verso la sua cuccia, Duncan si mise inginocchio.
<< Ohè!! Torna qua maledetta!>>

Eulalia si sentiva quasi le lacrime agli occhi dalle risate, e vide Duncan lanciarle uno sguardo di rimprovero.
<< E tu non ridere! Estel ridammi i pantaloni!>> vedere Duncan in mutande e con i capelli all’aria mentre urlava dietro un cane, non fece altro che farla ridere ancor di più.
<< Non ridere!>>
<< Come faccio? Stai urlando in mutande.>>
<< E allora?>>

Eulalia ridacchiò.
<< Fa ridere il fatto che sbraiti in mutande contro un cane.>>

Duncan si alzò prendendo un cuscino e premendolo in faccia a Eulalia, che rideva soffocata dal cuscino.
<< Non ridere! Non fa ridere.>>

Eulalia spostò il cuscino da davanti la sua faccia e con i capelli all’aria gli fece la linguaccia.
<< Sì invece e anche tanto>> prese il cuscino e glielo lanciò e lui fece lo stesso, centrandola in piena faccia.
<< No.>>
<< Dai, fa bene ridere>> Eulalia si sedette sul letto a gambe incrociate guardandolo, mentre lui era ancora seduto a terra con un leggero broncio offeso.
<< Oltre a irrompere nella mia stanza e mettere il broncio c’è altro?>>
<< Chissà.>>
<< Non fare strani indovinelli o giochetti, li odio>> Eulalia lo guardò, mentre lui alzando lo sguardo su di lei, si alzò da terra sedendosi sul bordo del letto.
<< Stavi dormendo?>>
<< No e a quanto pare neanche te.>>
<< Avevo fame, passavo ma Estel voleva giocare.>>

Eulalia sorrise.
<< Dovresti farti controllare, non è normale che uno abbia sempre così tanta fame>> Eulalia usò un tono scherzoso per nascondere la punta di nervoso che sentiva, Duncan, che le dava le spalle, prese a massaggiarsi piano il collo e poi a sfregarsi le mani, Eulalia lo guardò con attenzione, si capiva molto bene che era nervoso.
<< Ei, sembri preoccupato.>>
<< Mh?>> Duncan si girò per guardarla. << No.>>

Lo sguardo di Duncan era fisso su di lei, talmente intenso che Eulalia dovette abbassare un poco gli occhi, per non arrossire e sentirsi a disagio.
<< Dovevi dirmi qualcosa in particolare?>> lo sguardo basso e la voce di una serietà normale, erano stati traditi dal tono di voce speranzoso che aveva assunto facendo quella domanda, perché lei sperava davvero che ci fosse un motivo per il quale Duncan era lì nella stanza con lei.
<< Ogni volta che ti baciavo o ci provavo, ti allontanavi, allora perché prima...>> Duncan corrucciò la fronte guardandola e facendole intendere che era una domanda, Eulalia arrossì leggermente, questo voleva dire che lui ricordava le altre due volte, ma perché non glielo aveva detto? B'è in quel momento le sembrava davvero poco importante.
<< Non lo so, vedi a me non piace affezionarmi alle persone>> Eulalia parlò con voce bassa, tutta l'ansia che provava la sfogava su un lembo del lenzuolo, stringendolo e rigirandoselo tra le dita.
<< Eppure prima non mi hai allontanato>> Duncan si girò verso di lei, sedendole di fronte a gambe incrociate e guardandolo negli occhi, Eulalia capì che anche lui era teso, ma di certo lo nascondeva meglio di lei.
<< Non volevo farlo.>>
<< No sai, cerco solo di capire>> Duncan si grattò la tempia come fosse il suo modo di mostrare lo stress e l'ansia.
<< Capire cosa?>> a quella domanda Duncan la guardò negli occhi, con una strana intensità.
<< Se potrò rifarlo.>>
<< Non lo so ora ecco, non ci capisco più niente>> Eulalia si passò le mani sul viso e tra i capelli.
<< Si può provare e poi vedere>> Duncan si era avvicinato a lei e ormai gli era di fronte, a poca distanza dal suo viso.
<< Duncan, potrei allontanarti sai>> Eulalia rimase ferma dov'era, mentre Duncan seduto sempre davanti a lei, si alzò leggermente sulle ginocchia fino ad arrivarle proprio di fronte, le loro labbra potevano quasi sfiorarsi.
<< Non lo so se non ci provo>> soffiò Duncan sfiorandole le labbra con le sue, Eulalia abbassò lo sguardo osservando le sue labbra così vicine e desiderando di nuovo quel bacio tanto appassionato.
<< Ma se non lo fai posso cercare di capire la situazione, non ti sembra un po' presto per tutto questo?>> lui scosse la testa per risponderle di no.
<< Resta il fatto che voglio farlo>> sussurrò lui continuando a sfiorarle più volte le labbra con le sue, in modo provocante e dolce.
<< Perché?>> Eulalia continuava a tormentare il lembo del lenzuolo, senza però mai staccare gli occhi da quelli di lui, o allontanarsi, cominciava a piacerle quando si ritrovavano così vicini.
<< Perché, mi piaci.. .e non lo dico tanto per dire, mi piaci davvero Eulalia>> Duncan sussurrò appena queste parole, ma Eulalia le sentì bene e il cuore sembrò fare una capriola, cosa strana, era da tempo che non sentiva una tale sensazione.
<< E perché?>>
<< Non lo so, so solo che ciò che provo è vero.>>

Eulalia ridacchio appena.
 << Non ridere.>>
<< Con te non si può mai ridere>> doveva sembrare un rimprovero, ma le era uscito troppo dolce e scherzoso.
<< Si può fare altro con me>> Duncan fece un piccolo ghigno, come se gli fosse uscito naturale, Eulalia scosse la testa sorridendo.
<< Peccato che a me piace ridere>> disse lei scherzosamente facendo spallucce e godendosi lo sguardo sorpreso e quasi sconcertato di Duncan.
<< Allora in queste settimane hai finto, ti ricordavi gli altri due baci>> Eulalia non poté impedirsi di arrossire.
<< Certo che sì.>>
<< E perché non me lo hai detto?>>
<< Non volevo che sembrasse una cosa seria.>>

Eulalia alzò lo sguardo su di lui.
"ma se ora me lo ha detto deve aver cambiato idea."
Sospirando e portandosi dietro alcune ciocche di capelli ribelli, gli parlò con voce più seria possibile.
<< Ma è vero ciò che provi? Insomma davvero ti piaccio? Perché piacere a una persona certe volte può voler dire solo che ti attraggo, magari per un periodo, come le cotte estive che ci si prende in vacanza.>>

Duncan divenne serio, anche se sembrò pensarci un po' su.
<< Cotte estive? Eulalia tu mi piaci, perché mi chiedi una cosa del genere?>>
<< Perché se vuoi solo divertirti io non sono la ragazza adatta, non è un idiozia, ho visto le ragazze a scuola, non è un rimprovero, ma non voglio certo finire come loro, se devo preferisco non iniziare, io non so reggere.>>
<< Non sai reggere cosa?>> Duncan corrucciò la fronte, alzando un poco la voce.
<< L'abbandono>> Eulalia abbassò lo sguardo, ma Duncan glielo rialzò con la mano sotto il mento.
<< Sei sorda? Okay "piacere" è un concetto abbastanza elementare, ma non so come altro dirtelo, vuoi che ti dica che forse mi sono innamorato di te? Io te lo dico e leggi il labiale se non ci senti>> Duncan la guardò negli occhi serio, Eulalia sentiva il cuore andarle a mille.
<< Penso di essermi innamorato di te.>>

Eulalia ridacchiò bassa, quel "penso" non si poteva sentire, stonava con tutto il contenuto della frase.
<< Ma non è sicuro>> Eulalia lo aveva detto tranquilla, senza ombra di delusione o tristezza, era una semplice constatazione a ciò che aveva detto Duncan, che abbassò lo sguardo ridendo basso.
<< Io non so come dirtelo, però potrebbe essere un altro il vero problema, che non ti interesso e questo mi fa rodere il culo da morire>> Duncan incrociò le braccia come fosse offeso.
<< Oppure ho proprio paura di questo.>>

Duncan corrucciò la fronte in un chiaro gesto che Eulalia lo stesse solo confondendo di più.
<< Del fatto che mi interessi, è di quello che ho paura.>>
<< Non capisco, ti interesso ma hai paura di un abbandono?>> Eulalia annuì leggermente, con lo sguardo basso.
<< E' comunque un idiozia, perché questo vorrebbe dire che dubiti di quello che ho detto e non vedo perché dovresti farlo.>>
<< Di parole così ne ho sentite, ma prima o poi quelle persone se ne sono andate e ho paura che prima o poi te ne andrai anche te.>>
<< Non è detto>> sussurrò Duncan, Eulalia fece giusto in tempo ad alzare gli occhi che sentì le labbra calde di lui premere sulle sue, le mani di Duncan erano come a cornice sul suo volto, ma Eulalia poggiò le mani su quelle di Duncan e si allontanò un po'.
<< Certo che il "penso" stonava è.>>

Duncan sorrise divertito.
<< Abbastanza>> prima che Duncan potesse ribaciarla, Eulalia si allontanò ancora un altro po'.
<< Va bene, stonava ma centra tutto con la situazione, non voglio forzarti né forzare me stessa a provare emozioni e sentimenti tanto forti e importanti, il "penso" non vale solo per te ma anche per me.>>

Duncan la guardava, ed Eulalia continuò chiudendo un attimo gli occhi e sospirando.
<< Quindi, insomma finché la situazione, finché ciò che proviamo non è chiaro, o meglio, finché non ci sentiamo pronti non voglio sentire nessun "ti amo" o cose del genere, perché io non voglio correre, né tanto meno dire una cosa tanto importante solo per... voglio che le cose, che i sentimenti si evolvano con calma.>>

Duncan la guardò serio, poi annuì, Eulalia sorrise soddisfatta di essere riuscita a fargli capire e felice perché lui la capiva. Questa volta quando Duncan la ribaciò, Eulalia dischiuse le labbra e rispose al bacio, era perfetto e dolce come quello di poco prima, anche se sembrava più vorace, come due persone che non aspettavano altro da tutta la sera.

Le mani di Duncan le scorrevano sul collo, passandole sulle spalle e scendendo sulla vita, mentre nel frattempo il bacio diventava sempre più profondo Duncan la avvicinò a sé, Eulalia gli circondò il collo con le braccia mentre sentiva che lui lentamente le faceva poggiare all'indietro la schiena sul materasso, Duncan si abbassò a sua volta verso di lei e le si stese lentamente sopra, reggendo il suo peso su un braccio poggiato vicino il fianco di lei, si staccò per scendere a baciarle il collo, mentre Eulalia tirava indietro la testa per lasciare spazio ai suoi baci, mentre gli accarezzava gli addominali seguendone la linea con le dita, le mani di lui adesso scorrevano sulle sue gambe e nonostante avesse i pantaloni, Eulalia riusciva a sentire benissimo mentre lui le accarezzava lentamente le cosce senza mai smettere di baciarle il collo.

Eulalia non riusciva a pensare a niente se non a quanto le piacessero quei baci, quelle carezze sempre più frenetiche, i baci che si scambiavano sempre più voraci e appassionati, le mani di Duncan ora salivano sulla sua vita, infilandosi sotto la maglietta e salendo, Eulalia gli tirò leggermente i capelli dietro il collo interrompendo il bacio tra loro.
<< Ei non pensare che faremo niente di esagerato.>>
Duncan si lamentò.
<< Ma io voglio farlo>> sussurrò con voce provocante.
<< Non lo faremo, ti ho appena detto che voglio che la situazione si e volga con calma.>>
<< No, hai detto i sentimenti, non le situazioni c'è differenza>> la faccia compiaciuta che aveva assunto nel dirle questa cosa, per lui tanto intelligente, la fece ridere.
<< Rimane sempre no.>>

Duncan la guardò un attimo, poi sospirando amareggiato si ritirò su, rimettendosi seduto di fronte a lei con le gambe incrociate, lasciando intravedere ad Eulalia che tutta quella vicinanza e quelle carezze gli avevano procurato un problema da uomini, le venne istintivo ridacchiare mentre lui la guardava scocciato.
<< E adesso io che dovrei fare è?>>
<< Fatti una doccia fredda>> Eulalia gli sorrise innocentemente, mentre Duncan incrociava le braccia infastidito.
<< Tu la fai facile, non ci posso credere la mia reputazione sfumata da una bambina.>> Duncan si alzò per andare verso la sua camera.
<< Dai su, puoi sopravvivere>> Eulalia ridacchiò soddisfatta dell'essere riuscita a tenerlo a bada.
<< Sappi che non demordo, colpirò quando meno te lo aspetti e allora non riuscirai a dirmi no>> Duncan la indicò con il dito accusatore, prima di scomparire dietro la porta comunicante della sua camera.
<< Questo sarò io a deciderlo!>> gli urlò di rimando Eulalia, ridendo subito dopo e sentendo un mugugno di disappunto provenire dalla stanza di Duncan, poi sentì solo il lieve rumore dell'acqua scorrere dal bagno della sua stanza e poco dopo Duncan che si buttava pesantemente sul suo letto.

Eulalia si sdraiò a pancia in su, guardando il soffitto, provare a fidarsi di qualcuno ormai le era quasi impossibile, era stata delusa troppe volte dalle persone che aveva cercato di amare, l'unica a essersi salvata e a starle sempre accanto era stata Catarina, l'unica per la quale provava veramente fiducia, non c'era mai stato un rapporto madre figlia, ma quello strano rapporto formale ma affezionato di cui ormai non poteva fare più a meno.

Naturalmente con Duncan era diverso ed Eulalia lo sapeva bene, ma questa volta si sentiva pronta, voleva lasciarsi andare alle emozioni che le faceva provare, senza chiudersi in se stessa nascondendole, poteva farlo e voleva farlo, perché sentiva dentro di sé che Duncan era la persona alla quale avrebbe voluto dar la propria fiducia e il proprio amore, quindi si sarebbe fatta guidare da quel istinto, anche se la testa e le esperienze passate le dicevano di no, questa volta avrebbe provato a seguire le emozioni e a lasciarsi andare ad esse, era presto per parlare davvero di amore, ma non abbastanza presto per provare qualcosa l'uno per l'altra.        


 

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Capitolo 10
*** Piccoli passi avanti ***


                                                                                  PICCOLI PASSI AVANTI


Eulalia si alzò con calma dal letto, non sapeva che ore fossero e il sonno le faceva chiudere più volte le palpebre, era come se il corpo le chiedesse di dormire ancora, ma ormai era sveglia.

Si stropicciò gli occhi più volte, aprendoli e aspettando di vedere nitidamente, riconobbe subito la stanza di Kevin, si alzò dal letto, nonostante non facesse caldo, si sentiva comunque sudata, non aveva dormito con il pigiama e i pantaloni le si erano attaccati alle gambe, cosa che le dava molto fastidio.
Eulalia si affacciò alla porta comunicante con la stanza di Duncan, convinta di trovarlo ancora a letto, invece non vide altro che un letto vuoto con le lenzuola sfatte, le persiane delle finestre erano aperte, e la luce del mattino illuminava la stanza, sentendo un rumore proveniente dalla cucina andò nel salone e vide Duncan, indossava dei semplici jeans con sopra una felpa nera, il piercing all’orecchio scintillò sotto la luce del soffitto.
<< Buongiorno>> Duncan si girò verso di lei sorridendo appena.
<< Giorno, mi chiedevo quanto ancora avresti dormito.>>
<< Ma è presto, non mi sono mica alzata tardi>> Eulalia si spostò per vedere meglio le lancette dell'orologio appeso al muro.
<< Sono le dieci? Okay sì, è strano ma mi sono alzata tardi.>>
<< Se vuoi fare colazione, ho preso i cornetti e il caffè è già fatto.>>

Eulalia sorrise e annuì, dirigendosi nella cucina con lo stomaco che brontolava, poggiata sulla mensola vicino i fornelli vide una bustina e aprendola trovò ben due cornetti, uno alla crema e uno alla cioccolata, ed essendo una folle amatrice della cioccolata scelse quello. Tornò in salone da Duncan, che ora era seduto sul divano e si allacciava le scarpe.
<< Vai da qualche parte?>>
<< Da mia madre>> Duncan tenne lo sguardo fisso sullo scarpone che si stava allacciando, Eulalia non riuscì a vedere la sua espressione, ma il suo tono di voce era tanto serio e piatto che non disse nulla, Duncan doveva essersi accorto del suo silenzio perché alzò lo sguardo su di lei.
<< Tu hai impegni per adesso?>>
<< Non lo so, non penso>> Duncan annuì appena, aprì la bocca per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci e tornò a sistemarsi le scarpe.
Eulalia andò in quella che per ora era la sua camera e si chiuse in bagno preparandosi, ci mise una buona mezz'ora e appena uscì tornando nel salone trovò Duncan ancora lì.
<< Come mai ancora qui?>>
<< Avevo dimenticato una cosa per mia madre>> sembrava che non riuscisse a parlare di qualcosa che riguardasse la madre senza essere serio.
<< Ah.>>
<< Ti va di venire?>> Duncan alzò lo sguardo su di lei serio, ed Eulalia rimase molto sorpresa da quella proposta.
<< Intendi da tua madre?>>
<< Certo.>>
<< Non lo so, penso sia meglio che vai da solo, cioè è una cosa privata e io sono un’estranea.>>
<< Dobbiamo conoscerci meglio non credi? E in ogni caso, per me non sei un’estranea.>> Lo sguardo di Duncan era serio, come il tono della sua voce, ma Eulalia percepì una nota di dolcezza nelle sue parole, sentì una stretta allo stomaco, non fastidiosa, anzi quasi piacevole, se voleva che andasse con lui lei sarebbe andata, anche se fosse servita solo da sostegno.
<< Va bene.>>

Duncan prese le sigarette e aprì la porta, Eulalia si infilò il giacchetto e uscì, il tragitto fu silenzioso, Duncan fumava mentre Eulalia guardava la strada.
<< Non fare la rigida>> Eulalia si girò a guardarlo e sorrise appena.
<< Il fatto è che, non so sono felice.>>
Duncan sorrise appena, poggiandole un braccio sulle spalle portandosela più vicino, abbassandosi per poterle stare guancia a guancia.
<< Allora potremmo parlare del fatto che tornati a casa potremmo...>> ghignò con gli occhi languidi, Eulalia rise appena guardandolo e mettendogli una mano in faccia per allontanarlo e far sparire quel ghigno.
<< Non ne approfittare.>>
<< Ma sei incredibile!>> Duncan si rimise dritto, rimettendo le mani in tasca, sembrava essere leggermente offeso.
<< Mi fai sentire come un depravato che tenta di carpire la tua virtù!>>
<< Avanti resistere ti fa bene.>>

Duncan sbuffò offeso.
<< No, io non credo.>>
<< Secondo me sì, e se non lo fai, vado in giro a dire che sei un depravato>> Eulalia lo guardò minacciosa, poi ridacchiò.
<< E’?! Ma quanto sei cattiva?>> Duncan continuò a guardare avanti fumando, quando si ritrovarono davanti l’ospedale buttò la sigaretta entrando. Eulalia lo seguì all'interno e nell'atrio li raggiunse una donna mora e bassa, con indosso il camice da infermiera.
<< Ciao Duncan, buon natale.>>
<< Altrettanto Liz>> la donna spostò lo sguardo su Eulalia, sorridendo.
<< Lei è la tua ragazza?>> Eulalia guardò istintivamente Duncan.
“Bella domanda”pensò mentre lo guardava anche lei in attesa della risposta.
<< B’è diciamo che, si può dire di sì>> Duncan sorrise appena, anche se Eulalia aveva sentito che nelle ultime cinque parole aveva tentennato, come se fossero state dette per far quadrare meglio la situazione tra loro alla donna che avevano davanti. Forse era troppo complicata da spiegare e allora l’aveva resa più semplice, eppure, quelle cinque parole le erano piaciute.
Duncan era dentro la stanza della madre da una mezz’oretta, Eulalia era entrata solo un momento per vedere la donna, era molto bella, i capelli lunghi e neri anche se rovinati e non più voluminosi e luminosi come un tempo dovevano essere stati, la rendevano comunque bella, la carnagione chiara, fin troppo pallida, ad Eulalia venne in mente da quanto quella donna non prendeva un po’ di sole al mare e quanto le avrebbe fatto bene, pensieri stupidi visti in una situazione del genere, ma le vennero istintivi.
Il viso nonostante le rughe e la pelle un po’ secca, era affilato e aggraziato, negli anni passati doveva essere stata una donna bellissima e Duncan aveva preso molto dei suoi lineamenti e della sua bellezza.
Eulalia si era data giusto il tempo di vederla, quando aveva visto Duncan sedersi di fianco a lei e cominciare a sussurrarle delle cose, era uscita dalla stanza, sentiva che quel momento doveva essere solo loro.
<< Buon Natale mamma.>>
Eulalia sentì queste parole provenire dalla stanza, poi ne uscì Duncan, che le fece cenno di andare, sembrava stanco, fece un respiro profondo mentre guardava la strada.
<< Tutto bene?>>
<< Sì.>>
<< Ei>> Eulalia gli si mise davanti per poterlo guardare, sembrava avere il viso spento, un'espressione persa, come se in quella mezz’ora tutta la gioia che provasse fosse stata buttata via.
<< Vengo qui, perché ancora penso che possa ricambiare la stretta della mia mano.>> Eulalia non poteva capirlo, vedeva il dolore che provava ma non lo capiva, lei non lo aveva mai provato, sentiva solo rancore e rabbia nei confronti dei suoi genitori.
<< Non fare così, mi fa venire da piangere vederti così>> Eulalia vide Duncan metterle una mano sugli occhi delicatamente.
<< No, non piangere.>>

Le dava fastidio quella mano sugli occhi, lei voleva vederlo, la prese piano e la tolse abbassandola.
<< Non piango promesso.>>
Duncan le si avvicino e lei se lo ritrovò davanti, le sfiorò le labbra con le proprie, Eulalia lo guardò dritto negli occhi, sperando che la baciasse, ma proprio quando lei lo sperava lui non lo fece, allontanandosi da lei, con un piccolo sorrisetto.
<< Andiamo.>>
<< Io ora devo tornare>> disse Eulalia a malincuore, non voleva andarsene.
<< Dove?>>
<< A casa.>>

Duncan si girò di spalle, guardando avanti a se.
<< Potresti restare fino a capodanno, tanto Kevin ora non c’è>> fu tutto sussurrato, ma Eulalia lo sentì e sorrise, passare altro tempo con lui? Era proprio quello che voleva.
<< Va bene ma devo comunque tornare un attimo a casa.>>
<< Perché non ci vai ora?>>
<< Va bene.>>
<< ....E posso venire?>>
Eulalia lo guardò, sperava che quella domanda non arrivasse mai, ma doveva, cosa c’era di male nel fargli vedere l’orfanotrofio? Sentiva di essersi innamorata di lui, poteva essere presto, poteva anche essere un amore in partenza destinato a finire o magari, stava iniziando solo ora a capirlo, ma poco le interessava, alla fine girava sempre intorno allo stesso concetto, si stava innamorando di lui.
Ormai erano anni che non faceva vedere a nessuno che conosceva l’orfanotrofio, non che avesse mai avuto tanti amici o conoscenti, ma con Duncan era diverso, lei voleva farglielo vedere, con calma stavano facendo passi avanti e se dovevano stare insieme, dovevano essere sinceri, lui lo era stato, le aveva detto della famiglia e le aveva fatto vedere la madre, Eulalia non sapeva se questo lo avesse fatto anche con altre ragazze, eppure sembrava così attento a tenere per sé quella parte della sua vita, e se anche non fosse stata tutta di sicuro di cose da dirsi ce n'erano, anche se sembrava pretenzioso Eulalia si sentiva speciale per il solo fatto che gliene avesse parlato, anche se era presto, ora doveva dirgli la verità, lo voleva e lo avrebbe fatto, basta bugie su una finta famiglia, ne era stufa anche lei, al diavolo le insicurezze.
<< Sì.>>

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Capitolo 11
*** Sentimenti pronti per sbocciare ***


                                                                             SENTIMENTI PRONTI PER SBOCCIARE

Duncan seguiva Eulalia, forse era presto per vedere i suoi genitori, ma per la prima volta nella sua vita era curioso di vedere la vita di una ragazza, quelle con cui era stato erano rapporti finti, corteggiarle, portarle in casa, o andare a casa loro e portarsele a letto, lui era sempre stato molto chiaro con tutte, non aveva mai detto parole dolci ne le aveva mai fatte sperare in una storia d’amore con lui, molti potevano pensare che lui considerasse le ragazze attrezzi, ma non era così, semplicemente non aveva ricevuto amore nella sua vita, dunque non era pronto a darlo, almeno fino a quel momento.
Duncan girò appena lo sguardo per poterla guardare, era la prima volta che voleva avere qualcuno al suo fianco per più di qualche giorno, non capiva nemmeno lui il perché, la prima cosa che aveva pensato di lei era che fosse una strega che lo aveva ammaliato con qualche trucco, ma era semplicemente una grande stronzata da pensare.
Mentre dal primo bacio che le aveva rubato, tutto in lui si era mosso e adesso non faceva che bramare quelle labbra tutti i giorni, a dire il vero bramava tutto di lei, ma era fuggitiva, Duncan era determinato ad avere di più, lo voleva, anche se ci fosse voluto del tempo. Passarono vicino la via in cui lui l’aveva accompagnata a casa, sapeva quale era il palazzo dove abitava, si trovava dall’altra parte della strada.

Duncan stava per attraversare quando vide Eulalia continuare a camminare dritta.
<< Non dovremmo andare di là?>> Duncan indicò il palazzo, Eulalia si girò appena e gli fece cenno di no con la testa, continuando a camminare, sembrava con la testa da un'altra parte, le faceva così pressione portarlo a casa? E perché l’altra volta gli aveva detto che era quella casa sua?.
Duncan non chiese nulla e con queste due domande nella testa la seguì, fino a quando si trovarono davanti un vecchio palazzo, Duncan sapeva che quello era l’orfanotrofio della zona, lo guardò, era malandato ma non troppo, di certo una sistemata gli avrebbe fatto comodo, non era questo a dargli fastidio, più che altro gli veniva naturale pensare che la sorella poteva trovarsi in uno di questi istituti e per lui, era il peggiore dei pensieri.
Duncan abbassò lo sguardo su Eulalia che era ferma davanti l’entrata e ora lo guardava come se cercasse di decifrare la sue espressione, li per li non gli fu chiaro, poi mise insieme i pezzi, era per questo che lei non parlava mai della famiglia, non l’aveva.
<< Abiti qui?>>
<< Sì, da quando sono piccola, questa è casa mia>> Eulalia sorrise, ma sembrava un sorriso forzato e Duncan lo capì guardandola.
Gli vennero in mente le parole di suo padre, una di quelle poche volte in cui avevano mai parlato, gli aveva detto dell’importanza della famiglia in cui viveva, della loro ricchezza e del fatto che avrebbe dovuto trovare una donna benestante una volta grande, almeno sarebbe stata mantenuta e aumentata la loro ricchezza, parole più che normali per un uomo che dopo aveva abbandonato la propria famiglia per un’altra donna, e solo dopo Duncan aveva capito su quanti soldi sporchi si basava la sua famiglia.

Eulalia non era benestante, non aveva una famiglia su cui fare affidamento, ma a Duncan non fregava niente, suo padre non c’era più, e in ogni caso non gli importava cosa avrebbe pensato, al diavolo la ricchezza, Duncan non l’aveva mai cercata e non avrebbe cominciato in quel momento.
<< B’è, allora entriamo>> Duncan la prese per mano e senza farle dire altro entrò dentro, portandosela dietro.
<< Dovevi dirmelo da subito, sai quanto mi importa che sei orfana, non cambia certo i miei... sentimenti...>>

Sentì Eulalia stringere la sua mano.
<< Lo so, ma detesto le domande che vengono dopo, domande nelle quali mi chiedono il perché i miei genitori non mi volevano, come se io sapessi la risposta, me lo chiedo da tutta la vita e odio quegli sguardi pieni di compassione.>>
<< Si chiama passato per poterlo dimenticare, invece di pensare al passato pensa al presente, e fregatene anche del futuro>> si girò per poterla guardare, quella filosofia di vita sarebbe dovuta valere anche per lui, ma di se ora non gli importava un bel niente, voleva solo far star bene lei.
<< Presente vivi quello>> le accarezzò una guancia, guardandola in quei bellissimi occhi azzurri che sembravano essere leggermente lucidi ora.
<< Sì ma la vita è più bella se si ha un passato felice da raccontare, rimane il fatto che non l’avrò mai, non so nemmeno cosa vuol dire, ho avuto piccole esperienze con varie famiglie e tutte sono fallite, proprio per questo mi piace inventarla.>>

Duncan sentiva che non gli stava dicendo tutto, c’era sicuramente qualcosa che l’aveva particolarmente segnata, forse una delle famiglie, forse una persona e cosa c’era dietro la storia della sua cicatrice? Ora non voleva chiederglielo, voleva fargli una promessa, qualcosa per cui farla stare bene, per cui farla sentire amata come doveva essere.
<< Adesso sono io la tua famiglia, voglio prendermi questo impegno>> Duncan rimase sorpreso delle sue stesse parole, le aveva davvero appena dette? Si girò a guardarla, lei gli sorrise e una piccola lacrima le scese sulla guancia che asciugò subito.
“ Ho appena preso un impegno che non posso essere sicuro di mantenere! Sono un idiota.
<< Però cammina dai, mica ti devo trascinare io non so dove andare.>>

Eulalia annuì prendendogli la mano e camminando verso una porta, ma Duncan non si guardava intorno, i suo pensieri erano fissi su quello che aveva detto poco prima, era stato avventato, troppo avventato, voleva farla stare bene, più di quanto pensava il vederla triste e abbattuta quando lo aveva portato qui, lo aveva ferito, ma ciò che aveva detto era stato stupido. Lui non aveva mai provato quei sentimenti per nessuno, non sapeva come comportarsi e ora aveva deciso istintivamente di prendersi un impegno che avrebbe potuto non essere capace di mantenere e lo aveva appena detto a lei, già lei, non poteva permettersi di ferirla come era capitato con altre ragazze, sarebbe stata la cosa peggiore che avrebbe potuto fare.
Camminarono fino ad arrivare davanti a una porta simile alle altre, se non per il fatto che era più grande e attaccato si trovava una targhetta di ferro, con su scritto ufficio, Eulalia senza bussare prese ed entrò.

Duncan la seguì all’interno, era una piccola stanza con una scrivania di legno situata al centro di essa, dietro la scrivania si trovava una finestra che era per la maggior parte la fonte di luce della stanza, due sedie situate proprio davanti la scrivania. Duncan pensò che essendo in un orfanotrofio, le sedie erano solo due per via delle coppie, che venivano qui per parlare magari di adottare un bambino, ma era solo un’ipotesi, non aveva la minima idea di come o cosa bisognasse fare per avere in affidamento un bambino.
<< Tra un po’ dovrebbe arrivare Suor Catarina.>>
<< Oh è una suora>>
<< Già, tanto per mettere in chiaro, qui non è un monastero di suore, ma a Catarina e altre suore piace aiutare negli orfanotrofi e si può dire che qui comanda lei, almeno qui dentro, per l’affidamento è tutta un'altra storia>> Duncan annuì.
<< E lei pensa che tu sia una femmina>> Eulalia disse tutto di fretta, ma Duncan capì comunque benissimo ciò che aveva detto, si girò a guardarla leggermente irritato.
<< Ma che gli hai detto?>>
<< Che dormivo da una mia amica perché stava male.>>
<< B’è, ci posso stare ma non sono senz’altro una femmina, non dire più a nessuno così, dove finirebbe la mia reputazione?>>

Eulalia rise e Duncan la guardò sorridendo, pensando che se anche ciò che aveva detto era avventato almeno era servito per farla stare bene e quello bastava, avrebbe provato a mantenere il suo impegno, infondo era anche ora che si sistemasse con una ragazza no?.
<< Scusa ma è stata una cosa d’impulso, non lo dirò più promesso.>>
<< Vorrei vedere.>>

In quel momento la porta davanti a loro si aprì, ne entrò una donna bassa e minuta, con indosso una tunica grigia scuro che le partiva dal collo in giù, fino ai piedi, sulla testa portava il velo bianco che le copriva i capelli, quando si girò verso di loro, Duncan poté vedere gli occhiali da vista e il viso velato da rughe.
<< Eulalia finalmente, lui chi è?>> la donna posò gli occhi su di lui, il suo sguardo si indurì leggermente, cosa aveva fatto di male? Non si era nemmeno mosso! Senza preoccuparsi ricambiò lo sguardo e mise un braccio intorno alla vita di Eulalia portandosela vicino, sperava che questo bastasse alla donna per farle capire la situazione.
<< Lui è Duncan.>>

Il ragazzo annuì appena con la testa, sembrava che quella donna non si fidasse di lui, come fosse sospettosa.

Alla fine la suora spostò lo sguardo di nuovo su Eulalia.
<< Volevi dirmi qualcosa cara?>>
<< Sì ehm, volevo sapere se, Catarina va bene se passo capodanno da lui?>>
<< B’è, preferirei che lo passi qui e non con...>> lo guardò di nuovo e Duncan ringhiò basso, non ne sapeva il motivo, ma quella suora sembrava non fidarsi di lui, prima ancora di conoscerlo.
<< Duncan, usi il nome, ce l’ho anche io.>>
<< Chiedo scusa, non lo ricordavo, e dimmi ragazzo, voi state insieme?>>
<< In tutta sincerità questa cosa non è chiara nemmeno a noi, ma si può dire di sì.>>
<< Non mi sembri il tipo per Eulalia, fumi, si sente l’odore e in tutta sincerità, non è che mi piaci molto.>>
<< Catarina! Non lo conosci nemmeno per favore non fare la iperprotettiva! Solo perché non sembra un bravo ragazzo, non vuol dire che non lo è.>>
“ ah è di questo che si tratta.”
Duncan guardò la suora, sapeva bene di non avere l’aspetto del bravo ragazzo, anzi tutt’altro, sembrava solo che quella donna volesse proteggere Eulalia, non sapeva bene da cosa, ma sperava che non fosse da lui.
<< Se crede che io sia un cattivo ragazzo deve sapere che non sono cristiano e che non credo in Dio per vari motivi, penso sia doveroso che lei lo sappia.>>

La suora lo squadrò da capo a piedi, Duncan si immaginava che iniziasse a sbraitare o a chiedergli il motivo per il quale lui non credeva, invece restò in silenzio per un lungo momento.
<< Non mi fido a lasciarti con lui! Non di notte in casa sua!>>

Duncan cominciava a trovare divertente la situazione, era come se lui e la suora si stessero contendendo Eulalia, avrebbe vinto lui, ne era sicuro, ma non senza un qualcosa per cui farsi odiare di più dalla suora, o per lo meno lasciargli un ricordo di lui, sorrise maligno a quel pensiero, sembrava strano, ma si divertiva a immaginare la suora che sbiancava quando Eulalia lo nominava.
<< Non mi potrà fermare! Non le ho detto che sono figlio del Maligno?! Porterò questa ragazza sulla via del peccato! Ormai è mia!>> Duncan rise e prese Eulalia in braccio, lei lanciò un urletto di sorpresa, poi lo fulminò con lo sguardo, ma Duncan la ignorò sorridendo alla suora e portando fuori Eulalia di corsa, andando verso la porta con dietro le urla arrabbiate della suora, che a quanto pare li stava seguendo e sembrava molto irritata.
Duncan continuò semplicemente a ignorarla.
<< Duncan mettimi giù! Le farai venire un infarto!>>
<< Avanti, ormai sei grande e puoi stare da me! L’hai già fatto e poi tutto questo è molto divertente>> ghignò uscendo dall’orfanotrofio, non prima di aver urlato alla loro inseguitrice il suo cognome e che Eulalia ormai era sua, ma che gliela avrebbe riportata sana e salva.

Eulalia lo guardava furiosa, sul suo viso non c’era traccia di divertimento, mentre Duncan non riusciva a smettere di ridere.
<< Sei un vero cretino! Ora si preoccuperà a morte!>>
<< Avanti, le ho detto anche il mio cognome se vuole può cercarmi, e in ogni caso non ti ho mica rapito>>

Eulalia lo guardò alzando tutte e due le sopracciglia come a dire “ a no?”.
<< B’è, non ho inviato alcuna minaccia, né ti ho presa con la forza, perché a mio parere oltre a dirmi di essere un cretino non ti sei ribellata affatto.>>
<< In ogni caso non dovevi dirle così, e poi fammi scendere dai.>>
<< No, se vuoi saperlo non ho neanche detto tutto ciò che mi passava per la mente.>> Duncan ghignò nel pensare a tutte le cose che aveva voluto dirle, non perché avesse intenzione di offenderla, o di offendere in qualche modo la sua religione, ma per lui era stato talmente divertente che non aveva saputo resistere, era infantile? Sì ma divertente, Da idioti? Sicuramente, ma lui non si considerava di certo la persona più seria del mondo.
<< Cos’altro avresti voluto dirgli?>>
<< Questa notte la violerò ripetutamente! Finché non avrò levato ogni traccia di Dio! Muhahaha, sei arrivata troppo tardi lei è mia!>> imitò il vocione, rendendolo più inquietante di quanto volesse, la risata gli uscì sin troppo maligna.
<< No ma sul serio?>>
<< Potrei, se tu me lo lasciassi fare questa sera>> Duncan sorrise come se avesse detto la cosa più normale del mondo, mentre Eulalia lo guardò di traverso lanciandogli un’occhiata infuriata, ma Duncan notò anche che sembrava più fare la parte dell’arrabbiata, invece che esserlo davvero.
<< Idiota! No! Non ci pensare nemmeno! E smettila di ridere!>>
Duncan sbuffò appena e trattenne a forza le risate, tutta la gente li guardava perché lui portava in braccio Eulalia che scalciava per poter scendere, ma non gliene fregava niente degli sguardi degli altri, anzi, sorrise a ogni passante.

Appena arrivati a casa posò Eulalia sul divano, non riuscendo più a trattenersi e scoppiò a ridere e vide Eulalia abbozzare un sorriso.
<< Ti diverte eh? Quella donna sarà in preda al panico.>>
<< Esattamente, quanto sono malvagio>> disse Duncan tra una risata e l’altra, mentre con un gesto fin troppo teatrale finse di asciugarsi una lacrima.
<< Già, fin troppo>> Eulalia si alzò dal divano diretta verso la porta, ma Duncan la afferrò al volo per le spalle facendola girare per poterla guardare.
<< Dove vai?>>
<< Devo tornare da lei, povera, non voglio che si prenda un infarto per colpa nostra.>>
<< No no, ti ho rapito no? Decido io se vai o no>>Duncan la riportò seduta sul divano, non aveva alcuna intenzione di lasciarla uscire.
<< Dai su, caso mai vado e torno, devo, tanto ora non abbiamo niente da fare qui!>>
<< E va bene>> Duncan si sedette sul divano, accendendo la tv e incrociando le braccia, leggermente infastidito.
<< Mi da fastidio vederti infastidito.>>
<< Non dovevi andare dalla “tua” suora?>> Duncan la guardò e accavallò le gambe, si sentiva cosa? Offeso? No forse più irritato, anche se sembrava stupido, gli dava fastidio il fatto che lei volesse tornare da quella donna e non stare li con lui.
<< Visto che fai l'offeso me ne vado e gli dico che sei un pervertito che cerca di violare la mia virtù>> nella sua voce non c’era segno di serietà, sembrava che si stesse prendendo beffa di lui.
<< Tanto gliel’ho detto io.>>
<< E io gli dico che l’hai fatto! Così ti verrà a cercare la mia suora personale>> Eulalia ridacchiò alzandosi e andando verso la porta, Duncan sentì la porta dell’ingresso aprirsi e chiudersi, sbuffò andando in camera e levandosi le scarpe e la maglietta.
Si aspettava di vedere Eulalia di nuovo nel salone, ma a quanto pare era ritornata dalla sua suora, si mise seduto a terra e sbatté piano la testa sul tavolino frustrato, con la fronte premuta sul tavolino fece piccoli lamenti, era irritato del fatto che Eulalia mettesse per prima quella donna che lui, si forse era presto e insensato, ma a lui dava fastidio, avrebbe voluto essere l’unico nei suoi pensieri, forse fino a renderla dipendente da lui, almeno non avrebbe mai rischiato di vederla allontanarsie lui sarebbe riuscito a mantenere il suo impegno.
“Da quando sono così... dolce? insomma io Duncan de Medici! Devo riprendermi, sto cambiando troppo a causa di quella ragazza.”
Duncan tirò su la testa per alzarsi, e proprio in quel momento prima che lei poggiasse in modo delicato le braccia intorno al suo busto, la sentì dietro di sé, ormai cominciava a sentire la sua presenza ogni volta che gli era vicino.
<< Idiota, ero fuori la porta>> la sua voce aveva un tono dolce, con una leggera nota di divertimento, Duncan girò la testa e la guardò.
<< E cosa ci facevi fuori la porta?>>
<< Non lo so, non avevo voglia di andare ora, forse volevo che mi inseguissi>> Eulalia rise appena.
<< Dunque vuoi più me che quella vecchietta?>>
<< Ma davvero sei geloso di una vecchietta?>>
<< Tu rispondi.>>

Eulalia sembrò pensarci su, il sorriso era sparito e sembrava davvero concentrata su quella domanda, Duncan improvvisamente si sentì un verme, era stato capace di chiedergli se teneva più a lui o a quella che forse era stata l’unica donna che si era presa cura di lei, al posto della famiglia che avrebbe dovuto avere, avrebbe voluto sbattere la testa sul tavolino di nuovo.
“ Sono un completo idiota.”
<< B’è, sai è sempre stata lei a prendersi cura di me, la nonna che non ho, o meglio non quella vera, ma ora, per quanto sia strano che io lo dica, ti stai piano piano insinuando nel mio cuore, e non so se è quello che vuoi, ma sta succedendo, e la cosa un po’ mi spaventa.>>

Duncan la guardò serio questa volta, era quello che voleva? La prima risposta che gli veniva in mente era sì, lo voleva, farla stare bene, darle l’amore che non aveva avuto, ma d'altronde neanche lui ne aveva mai ricevuto, non almeno nel modo normale in cui un ragazzino dovrebbe, l’unica donna che fin’ora era stata capace di dargli amore per un periodo meraviglioso della sua vita era stata sua madre, ma anche per lei, Duncan nutriva alcuni piccoli rancori, le voleva un mondo di bene, ma purtroppo dentro di sé aveva anche della rabbia che ribolliva e avrebbe voluto dirgli il perché, spiegarle quali erano stati i suoi errori, nei suoi confronti e in quelli della sorella, ma ora non avrebbe mai potuto, almeno che non avvenisse un miracolo, ma Duncan aveva smesso di credere nei miracoli ormai da tempo.
<< Può andare>> Duncan non resistette, gli saltò letteralmente addosso buttandola a terra e salendogli sopra, Eulalia rimase talmente sorpresa da non riuscire a dire niente, e Duncan cominciò a darle tutti baci sul collo, voleva farlo da inizio giornata.
Duncan ghignò quando vide che Eulalia era del tutto accondiscendente a quella reazione istintiva, per un attimo pensò di poter avere ciò che bramava, di poterla finalmente sedurre a tal punto da farla cedere, provò a far scendere le mani sulla sua vita, mentre la baciava e lei rispondeva al bacio, Duncan lasciò scendere ancora di più le mani portandole lentamente verso le gambe, riuscì a sfiorarle ed accarezzarle con molta più dolcezza della sera in cui l’aveva avuta così vicina come in quel momento, ma subito dopo sentì le dita di Eulalia stringersi intorno ad alcune ciocche di capelli e tirare.
<< E dai>> questo uscì più come un lamento e Duncan si sentì un ragazzino idiota.
<< No, devi aspettare>>
<< Ma perché? Cazzo dai>> anche questo sembrava un lamento, altra figura terribile, cominciava a detestare ciò che era capace di fargli questa ragazza.

<< Perché non voglio darti tutto subito,hai troppa fretta, dovrai aspettare>> Eulalia sorrise, ma Duncan no.
<< Ma quanto ancora?>>

<< Non lo so, non ho messo una data o un termine di scadenza.>>
<< Non ho fretta, guarda che il sesso è un’attitudine, come l’arte, e io adoro l’arte, sopratutto di questo tipo.>>

Eulalia alzò gli occhi al cielo spazientita, mentre Duncan standole sopra e sentendola così vicina, cercava di mantenere il controllo, gli venivano dal cervello e da altre parti del corpo, varie pulsioni e sperava che Eulalia non si fosse accorta che li sotto, il suo “collaboratore” con maggiori pulsioni perverse si stava svegliando, mentre lui tentava invano di tenersi a bada, sentendo il cuore e il sangue andare in fiamme.
<< Ma davvero? Non lo avrei mai detto, ma se la ami tanto sei anche disposto ad aspettarla giusto?>>

Duncan sbuffò di nuovo irritato di essere riuscito a farsi tenere di nuovo a bada, con tutte le sue forze si allontanò da lei tirandosi su, allontanandosi di un po’ e resistendo all’impulso di ributtarla di nuovo giù e baciarla senza poterle dare possibilità di contraddire, ma aveva la vaga idea che sarebbe stato inutile.
<< E va bene.>>
Eulalia si alzò, restando seduta a terra e mettendosi a gambe incrociate, Duncan gattonò di nuovo verso di lei, in modo più tosto provocante, ne era attratto come se fosse una calamita attratta da un'altra e non potesse resistere alla attrazione che li legava che lui sapeva esserci, forse anche troppa.
Le arrivò a un palmo dal viso, le sfiorò il naso col suo, chiudendo gli occhi e poggiando la sua fronte sulla sua, inspirò affondo, per poi poggiarsi con la testa sulla sua spalla, col naso a sfiorarle il collo, inspirò di nuovo a fondo, questa volta sentì il suo profumo, no non era un profumo, sembrava fosse il suo odore naturale, era dolce e gli piaceva.

Era incredibile il senso di pace che sentiva in quel momento, Eulalia con molto dolcezza, forse troppa, gli accarezzò la schiena sfiorandolo appena con le dita e Duncan si rilassò sotto il tocco leggero di lei.
<< Io non sono bravo in questo, io so fare solo quello>> Disse in un filo di voce, cercando di spiegarle che quella dolcezza che lei metteva in quei lenti movimenti, erano una cosa che sarebbe toccata fare a lei molto più spesso.
<< Allora è ora che impari a farle.>>

Duncan sfregò il naso nell’incavo del suo collo, aveva lasciato cadere le sue barriere, con lei poteva farlo, almeno questa volta poteva farlo.
<< Oppure potresti farle tu.>>

La sentì ridere.
<< E se poi le voglio anche io?>>
<< Tu intanto continua, poi vedrò.>>

Duncan continuò a rilassarsi sotto il tocco leggero delle sue carezze, con lei riusciva a non essere uno stronzo, la cosa lo sorprendeva ancora, ma era un passo avanti.

Restarono avvolti nel silenzio, lui sentiva il respiro di lei muovergli leggermente alcune ciocche di capelli. Restarono così vari minuti, poi lei ruppe il silenzio.
<< Ci pensi, quando ci siamo conosciuti, non è che ti odiassi ma mi eri abbastanza antipatico, e invece guarda ora.>>

Duncan sorrise appena divertito, mentre Eulalia ridacchiava sicuramente ripensando al loro primo incontro.
“ Non lo avrei mai immaginato neanche io.”
Questo gli passò per la mente, e avrebbe dovuto dirlo, invece rispose in altro modo.
<< Ovvio eri invidiosa.>>
<< E di cosa dovevo essere invidiosa?>>
<< B’è, perché io sono perfetto e tu no>> Duncan alzò la testa con un sorrisetto provocante stampato in faccia e le punzecchiò il naso con un dito.
<< I sono la perfezione fatta persona>> la sorpresa dipinta nei suo occhi azzurri lo fece sorridere appena.
<< Non sei affatto dolce! Rovini i momenti romantici!>> Eulalia smise di fargli carezze e incrociò le braccia al petto, sembrava offesa, Duncan la guardò serio, poi si tirò indietro e la prese per i fianchi, portandosela seduta sopra, allargò appena le gambe per farcela sistemare bene in mezzo e farla poggiare al pavimento, le fece poggiare la testa sulla spalla e le poggiò il mento sulla sua testa, stringendole i fianchi in un abbraccio che non l’avrebbe fatta scappare, se mai avesse voluto.
Ma Eulalia non sembrava volerlo fare, si rannicchiò contro di lui.
<< Sei ancora arrabbiata?>> vide la sua testolina rossa muoversi per dire sì, Duncan la strinse di più.
<< Adesso vorrei giocare di nuovo a strip Poker, sarebbe una bella idea no?>> rise appena, mentre Eulalia faceva cenno di no con la testa.
<< Okay, scherzo, no b’è forse non proprio, però, no okay scherzavo.>>
La sentì mentre il respiro le diventava regolare, il petto si abbassava e alzava contro di lui.
<< Ohè non dormire, non sono neanche le sei, non hai fame?>>
<< Cucini tu? E io dormo.>>
<< No, dopo ordino una pizza>>

Eulalia annuì, Duncan si alzò prendendola in braccio, le mani la tenevano da sotto le cosce, mentre gli stava praticamente a cavalcioni davanti, Duncan ghignò appena, era stata anche una specie di scusa il prenderla in braccio così.
La poggiò sul divano e mentre lei si sistemava e sdraiava, mentre andava nella cucina per prendersi qualcosa da bene, ripensò a come si sentiva diverso con lei, a come la rabbia che gli ribolliva dentro almeno una volta al giorno, si spegnesse o almeno diminuisse con la sua presenza. Ma quel senso di pace, era anche piacevole.

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Capitolo 12
*** Tra insistenti proposte e continui rifiuti ***



                                           TRA INSISTENTI PROPOSTE E CONTINUI RIFIUTI

Eulalia sedeva sul divano, con davanti due cartoni di pizza e due birre poggiati su due sedie diverse davanti al divano, su una sedia la cena di Duncan, su una la cena di Eulalia.
Accesero la Tv e cominciarono a mangiare, Duncan sedeva scomposto sul divano mentre Eulalia sedeva vicino a lui a gambe incrociate, quella cena così improvvisata le piaceva.
Eulalia bevve la sua birra e Duncan la sua, in poco tempo la finì e si alzò tornando con altre due in mano.
<< To' questa per dopo se la vuoi.>>
Eulalia annuì e finì di bere la sua, da quando beveva così velocemente? Non lo sapeva ma ora sentiva la strana voglia di bere.
<< Wow, mangi velocissimo>> esclamò Eulalia vedendo che Duncan aveva già finito il primo cartone di pizza.
<< Lo so.>>
<< Vuoi anche un po’ della mia?>>
<< No, ne ho presa un’altra>> Duncan andò nella cucina tornando con un altro cartone di pizza, era incredibile quanto quel ragazzo fosse capace di mangiare. Eulalia era rimasta ancora alla prima pizza e non aveva abbastanza fame per finirla tutta, prese la seconda lattina di birra e bevve, nel bere non si era mai lasciata andare troppo, sapeva bene di non reggere l’alcool, ma lo aveva fatto soprattutto perché sapeva che non poteva tornare la sera all’orfanotrofio ubriaca, anzi, la sera non le sarebbe neanche stato consentito di uscire, almeno non sul tardi.

Le mancavano quelle piccole cose che tutte le adolescenti potevano fare, lei si era sempre sentita in dovere di rispettare tutte le regole che le venivano imposte, perché si sentiva in debito con le persone che la ospitavano sotto quel tetto da diciotto anni. Ma ora era fuori, ora era maggiorenne e non si sentiva una donna completa, ma abbastanza grande da volere e pretendere la libertà di fare come le pareva, forse era per questo che stava bevendo più del dovuto senza nemmeno accorgersene, le sue insicurezze con Duncan sembravano sparire, c’erano sempre, ma era come se lei non le calcolasse e le piaceva.
Ma forse non c’era un vero motivo per cui ora Eulalia era alla terza birra.
<< Quella era mia.>> 

Eulalia si girò verso Duncan e sorrise.
<< Ops, fa niente ormai l’ho finita.>>

<< Guarda che queste birre sono forti eh, poi magari vomiti.>>
Lei fece spallucce.
<< Parla quello sempre sobrio>> Eulalia ridacchiò, sentendo un leggero intorpidimento, bastava davvero poco per farla ubriacare.

Duncan la squadrava attento e mentre stava per bere Eulalia gli fregò la birra dalle mani bevendo il primo sorso destinato a lui.
<< Ohè era mia!>>
<< Mangia la mia pizza, io non la voglio.>>
<< No.>>
<< Okay>> Eulalia non se ne rese conto, ma mentre parlava strascicava le parole e Duncan la guardava serio, come se la stesse studiando.
<< Che c’è?>>
<< Sei ubriaca>> detto questo scoppio a ridere, abbandonando del tutto la sua serietà di un momento prima.
<< Ridi ridi.>>
<< Rido sì, dici a me di essere un ubriacone e poi ti ubriachi, sei pessima>> disse Duncan tra una risata e l’altra, ed Eulalia non badò minimamente a ciò che gli aveva appena detto, rise strofinandosi le mani sulla faccia.
<< Guarda come ridi>> Duncan prese a stropicciarle i capelli con le mani,  si spaparanzò meglio sul divano lasciandole solo un piccolo spazio ridotto, ed Eulalia tentò di spostarlo malamente.
<< Ei fammi spazio.>>
<< No.>>
<< Maleducato>> Eulalia provò a spostarlo nuovamente ma fu inutile e Duncan con un semplice movimento del braccio dandole una spintarella riuscì a farla cadere, rise e si allungò ancora di più sul divano, prendendo tutto lo spazio rimasto, sistemando una gamba sullo schienale e la testa al posto dove prima sedeva lei.
<< E mo? Non ti ci faccio rimettere.>>
Eulalia si alzò da terra, guardandolo storto e sedendosi sull’addome di lui, ricominciando a ridere.
<< Oh levati!>>
<< No>> Duncan alzò una parte del busto, cingendole i fianchi con le braccia per poterla spostare, Eulalia rise buttandosi addosso a lui completamente e sbilanciandosi, facendo cadere entrambi dal divano.

Eulalia si sentiva felice come non mai, non sapeva se centrasse anche il fatto era ubriaca, ma l’essere lì a terra sorridente, con Duncan sopra di lei con le gambe intrecciate con le sue, la rendeva felice.
Duncan la guardava con il suo solito sguardo intenso, mentre lei si muoveva per potersi alzare.
<< Fai il favore, non muoverti così, mi... mi alzo io.>>

Eulalia non notò la situazione, né la concentrazione di Duncan nel tenersi a bada, nel muoversi per alzarsi si strusciava contro di lui e se quello per lei non risultava un problema, lo era di certo per lui, consapevole del fatto di doversi trattenere, mentre il suo corpo invece rispondeva pienamente a certi stimoli, soprattutto dopo che Eulalia aveva fatto strusciare innocentemente i loro bacini troppo vicini.
Una volta rialzato Duncan, Eulalia si sedette di nuovo di fianco a lui sul divano, che stranamente teneva un cuscino poco sotto all’altezza della cintura.
<< Perché hai il cuscino lì?>> Eulalia lo indicò con un cenno della testa mentre lui faceva il vago.
<< Niente.>>
<< No dai  dimmelo>> si avvicinò a lui, poggiandogli la testa sulla spalla
<< Niente davvero>> Duncan imprecò leggermente al pensiero di avere di nuovo quel maledetto problema che ormai sembrava essere diventato persistente e scaturito sempre dalla stessa ragazza, ed Eulalia alzando la testa per guardarlo notò anche un leggero e chiaro rossore sugli zigomi del ragazzo.
<< Non è vero sei rosso>> Eulalia gli toccò la guancia con l’indice, come a voler segnare il fatto che fosse arrossito.
<< Non è vero! E comunque non te lo dico.>>
<< Dai>> Eulalia gli diede un bacio sulla guancia, per poi riappoggiarsi di nuovo a lui, si sentiva stranamente come una bambina.
<< Ecco il problema>> Duncan spostò il cuscino, ed Eulalia poté notare il bozzo dei pantaloni, le venne da ridere e si trattenne a stento.
<< Wow, che bozzone>> Eulalia senza riuscirci più rise, osservando la faccia sorpresa di Duncan alla sua affermazione, era come se dallo sguardo dicesse “ O mio dio è ubriaca fradicia”.
<< Che c’è?>>
<< Mi domando come far passare il “problema”->>
<< Ma quel problema?>>
<< Ovviamente..questo no? Ti prego dimmi che hai almeno capito cos’è>> Duncan indicò il bozzo del pantaloni.
<< Si c’è un bozzone, so cos’è, ma mi piacerebbe sentirtelo spiegare>> Eulalia rise mentre Duncan sospirava rassegnato.
<< Vediamo te lo spiego in termini di scienza o terra terra?>>
<< In termini di scienza?>>
<< E’ uno stato maschile naturale causato da un avvenimento particolare, in cui l’uomo vede o si adempie nel fare qualcosa che gli piace molto.>>
<< Quindi ti piaccio molto?>>
<< Può essere.>>
Eulalia rise.
<< E in termini terra terra?>>
Duncan socchiuse gli occhi, pregando la sua pazienza di resistere, infine sbottò.
<< E' una fottuta erezione.>>
La ragazza trattenne le risate. Infine lui continuò.
<< Comunque ora sto pensando a come risolvere la situazione.>>
<< Okay, b’è risolvitela>> Eulalia sentì Duncan accarezzarle il fianco.
<< Potremmo risolverlo insieme.>>
<< No è un problema tuo e poi ho sonno>> Eulalia vide Duncan avvicinarsi di più, stringendole la vita col braccio e avvicinandola ancora di più a sé.
<< E' natale, festeggiamo>> la voce di Duncan aveva assunto di nuovo quel tono provocante.
<< No, ho sonno.>>
Eulalia non poté di nuovo ribadire che Duncan le si buttò addosso, facendola stendere con la schiena sul divano, mentre lui gli era sopra.
<< No, risolvitelo da solo il problema.>>
<< Ma posso risolverlo con te>> le diede qualche bacio sul collo e se pur Eulalia era totalmente accondiscendente a quei baci continuò a dirgli di no, mentre Duncan si lamentava, stringendole la vita con le mani, provando ad avvicinarla di più a sé, ed Eulalia sentiva tutto il desiderio di quella mani nel toccarla e nell’accarezzarla, che tentavano di sollevare la stoffa dei vestiti.
<< Sei insistente>> Eulalia gli diede un tenero bacio sul collo, fermando le mani e tornando poi a stendersi sul divano.
<<  Ma rimane sempre no.>>
<< Ma perché?! Quanto ancora devo aspettare?! Io voglio farlo con te, cazzo..>> Eulalia lo guardò, sicuramente quella frase per lui doveva avere un qualcosa di romantico, Eulalia non sapeva se considerarla così o no, ma Duncan tranquillo continuava ad accarezzarle la vita, infilando appena la mano sotto la maglietta.
<< Ma io ora ho sonno e poi no, non adesso>> Eulalia usò un tono ammonitore, per segnare che voleva chiudere li il discorso e Duncan lo recepì bene, anche se con lo sguardo dava a vedere un certo fastidio, si abbandonò su di lei sconfitto, il naso vicino al suo collo e le braccia saldamente intorno alla sua vita, come volesse impedirle di andarsene.
Eulalia sapeva bene il motivo per cui continuava a rifiutarsi, non era perché lei non volesse, anzi cominciava ad accorgersi che ogni volta che il corpo di Duncan le era vicino, ad ogni carezza e ogni bacio lei lo desiderava sempre di più.

Ma lei non era mai stata con nessuno, aveva avuto solo due veri ragazzi, ma niente equivaleva a quello che provava con Duncan, non si era mai concessa a nessuno e ne aveva ancora paura.
“ E se Duncan dopo aver avuto quello vuole, dopo avermi portato a letto se ne va?”
Quella domanda frullava in testa ad Eulalia da giorni, eppure la riteneva stupida, loro non stavano insieme, almeno non ufficialmente, ma lei lo desiderava quanto lui desiderava lei, non le era mai successo e che fosse la sua prima volta, che avesse paura o meno, non le importava, aveva solo bisogno della certezza che lui sarebbe rimasto, non pretendeva di certo il “per sempre”, solo una minima certezza.
<< Duncan>> la sua voce ormai era un sussurro, si stava davvero addormentando, rilassata sotto il calore del corpo di Duncan.
<< Mh?>>
<< Resterai con me?>> seguirono dei momenti di silenzio, fin troppi, ed Eulalia pensò di aver fatto la domanda sbagliata, stava per dirgli di dimenticare ciò che aveva detto proprio nel momento in cui lui però le rispose.
<< Penso di sì, ormai ho preso l’impegno di diventare la tua famiglia, farò del mio meglio Eulalia.>>
Quello le bastava, sorrise poggiando bene la testa sul bracciolo del divano e con Duncan ancora sopra di lei, con la sua presenza vicina si addormentò tranquilla.

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Capitolo 13
*** Ritorno di una vecchia amica ***


                                                                        RITORNO DI UNA VECCHIA AMICA
  
Duncan si svegliò a causa della suoneria squillante del telefono, era ancora sdraiato sul divano con a fianco, se non quasi addosso, Eulalia che ancora dormiva beatamente, non era lui che le stava sopra prima? Con un'alzata di spalle si alzò piano per non svegliarla e sbadigliando andò a prendere il cellulare lasciato sul tavolo della cucina.

Osservò il numero sconosciuto per un po’ e aggrottando le sopracciglia rispose.
<< Pronto?>>
<< Ciao Duncan, ti ricordi di me?>> una voce allegra rispose dall’altro capo del telefono che Duncan però non conosceva. Con un’improvvisa e stupidissima fitta di terrore ripensò alle telefonate di Ginny e si incupì.
<< Sei un amica di Ginny?! Non mi chiamate! Siete una manica di matte! Malate mentali!>> Duncan attaccò senza aspettare alcuna risposta dall’altro capo del cellulare, leggermente più rilassato stava per sdraiarsi di nuovo sul divano con Eulalia quando il citofono prese improvvisamente a suonare incessantemente. Visibilmente irritato e con la mascella serrata andò alla porta ad aprire e pronto a sbatterla in faccia a chiunque gli si fosse presentato davanti.
Appena porse lo sguardo oltre la porta notò immediatamente che non si trattava di Ginny, la ragazzetta che gli si presentò davanti era bassa con i capelli castano scuro tagliati corti, con una frangetta quasi infantile a metterle in risalto il viso da bambina, gli occhi scuri lo scrutavano curiosi e con un luccichio di emozione dipinta all’interno.
Era avvolta in un cappotto che doveva essere il doppio di lei. Erano lì fermi a guardarsi tutti e due e Duncan rimasto a petto nudo con solo i pantaloni della tuta e scalzo con inconsciamente il segno della maglietta di Eulalia sulla guancia, era serio e concentrato nel guardare quella ragazza, non avendo la più pallida idea di chi si trattasse.
Fu la mora a rompere il silenzio per prima, spostandosi la frangetta scura da sopra gli occhi e sorridendogli in modo dolce.
<< Ciao Duncan, ti ricordi di me?>>

Duncan aggrottò le sopracciglia scure in un’espressione decisamente confusa, e dato che non rispondeva la mora continuò.
<< Anne, quando eravamo piccoli ero la tua migliore amica, poi sei scomparso e non ti ho più visto.>>
Duncan ebbe un attimo di esitazione, indeciso se sbatterle la porta in faccia comunque o se darle una possibilità di entrare dopo quell’assurda rivelazione.
<< Davvero non ti ricordi di me? Neanche un pochino?>> notando il sorriso dolce dipinto sulle labbra della ragazza Duncan optò, contro voglia, per l’opzione seconda, ovvero farla entrare e parlarci.
<< Non lo so, mi sono svegliato adesso e ho il cervello scollegato>> il ragazzo si spostò lasciandola entrare, ed Anne non se lasciò dire due volte entrando puntando dritta al salone. Duncan leggermente irritato da quella irruenza sbatté la porta, ma non disse niente seguendola dentro.
La mora si era appena fermata nel bel mezzo del salone osservando il divano, o meglio Eulalia che ci era sdraiata sopra e dormiva supina e tranquilla.
<< Chi è la tua ragazza?>>
Duncan rispose a mugugni, avvicinandosi al divano e prendendo a scuotere piano Eulalia con la mano, che dopo vari lamenti aprì gli occhi azzurri e assonati.
<< Svegliati.>>

Eulalia si alzò mettendosi seduta, posando infine gli occhi sulla ragazza di fronte a lei, ancora sorridente.
<< Lei chi è?>>
Duncan puntò di nuovo gli occhi scuri sulla mora di cui per ora sapeva solo il nome, si passò una mano sulla faccia nella vana speranza di ricordare un minimo dettaglio, eppure aveva sempre avuto una buona memoria.
<< Non me lo ricordo.>>
<< Sono un’amica di Duncan, tu come ti chiami?>> Eulalia la guardò sorridendo appena indecisa.
<< Eulalia, tu?>>
<< Anne, ufficiale migliore amica di Duncan quando aveva nove anni, quasi dieci>> squittì con voce allegra, Duncan si buttò scomposto sulla poltrona ripensando a tutti quei pochi amici che aveva avuto nella sua infanzia.

Eulalia ed Anne avevano preso a chiacchierare su qualcosa, ma Duncan era troppo concentrato nel fissare Anne, gli occhi scuri e piccoli, ma luminosi di una strana gioia non gli erano nuovi.
<< Anne, Anne>> ripeté a bassa voce sussurrandolo appena, come se il nome potesse aiutarlo nello scovare attraverso i ricordi chi fosse.
Poi ebbe un lampo che lo riportò indietro.

<< Sei proprio antipatica>> aveva urlato un piccolo Duncan ad una ragazzina imbronciata con due codini che raccoglievano i capelli castani scuro.
<< E tu sei stupido!>> la ragazzina lo guardò offesa e arrabbiata mentre il piccolo Duncan sorrideva incurante dell’insulto appena ricevuto e prese a tirarle uno dei due codini. La bimba prese a schiaffeggiargli la mano infastidita.
<< Smettila!>>

Il bimbo gli fece la linguaccia continuando a darle fastidio, poi lei presa da chissà quale gioia prese a lanciargli i pezzetti di erba e di foglie che cadevano dall’albero, facendogliele incastrare tra i capelli. Il piccolo Duncan rimase scioccato e infastidito, poi sulle sue labbra rosee si distese un piccolo sorriso che gli fece dimenticare il motivo per il quale avevano appena litigato.
<< Mignolino?>> gli occhioni dolci e simpatici della bambina lo guardavano imploranti e affettuosi allo stesso tempo, mentre allungava la mano e sollevava il mignolo prendendo quello del bimbo, che sbuffò ma glielo lasciò fare.
<< Pace?>>
<< Pace.>>
La bimba sorrise.
<< Cantiamo la canzoncina?!>> squittì allegra e il piccolo Duncan levò il mignolo  scuotendo la testa.
<< Certo che no.>>

Duncan tornò alla realtà, quella bambina, ora c’è l’aveva proprio davanti, era cresciuta ma era lei, il viso era sempre lo stesso tondo e da ragazzina, all’epoca non sapeva spiegarsi il perché quella bambina gli piacesse tanto. Solo pochi anni dopo se lo era spiegato, era come lui, chiusa in una famiglia che non voleva e incasinata, ma al contrario di lui, era riuscita a liberarsene e a rimanere la stessa. Duncan sorrise, un sorriso a trentadue denti mentre gli occhi scuri e felici di Anne si posavano su di lui, che si era appena alzato.
<< O mio dio! Ma sei tu!>>
<< Finalmente! Pensavo avessi l’alzheimer!>> Anne scoppiò a ridere, la sua risata allegra e sonora era la stessa di quando era bambina. Duncan allargò le braccia sorridente come non mai e lasciando che la moretta gli venisse incontro abbracciandolo.
<< E’ da un bel po’ che non ci vediamo.>>
<< Direi, b’è come stai?>>
<< Benone e tu?>>
<< Oh b’è, una favola>> Duncan sorrise, dimenticandosi per qualche secondo la spettatrice sul divano.
<< Da quanto vi conoscete?>>  Eulalia li guardava sorridente e curiosa, Duncan mise una mano in testa ad Anne scompigliandole i capelli, come un padre potrebbe fare con la figlia in un gesto d’affetto.
<< Praticamente da sempre.>>
<< Già da un bel po’.>>
Eulalia si alzò e andò al bagno, mentre Duncan improvvisamente serio spostò di nuovo lo sguardo su Anne.
<< Aspetta, che ci fai qua?>> la voce controllata era tradita dallo sguardo improvvisamente duro, era felice di rivederla, ma una sola cosa lo turbava, che lei fosse tornata a causa di suo zio e se suo zio lo stava cercando voleva dire solo guai in arrivo.
<< Mi mancavi, ti stavo cercando ed eccomi qui.>>
<< Anne, lo sai che intendo, hai avuto contatti con mio zio?>> chiese terribilmente serio e composto, pronto contro ogni volere a sbatterla fuori se avesse risposto di sì.
<< Non ho più rapporti con nessuno Duncan, non della mia famiglia, ma sì ho visto tuo zio qualche tempo fa>> Anne parlò a bassa voce e Duncan a quelle parole si irrigidì.
<< Ma non gli ho detto niente! Non avevo comunque niente da dirgli, sono stata cacciata da casa, sono sola ma felice di reggermi sulle mie gambe, volevo solo rivederti>> disse infine con voce dolce e bassa, guardandolo sorridente. Duncan sospirò grattandosi la testa.
<< Va bene, volevo solo esserne sicuro>> appena Eulalia fece ritorno in salone Duncan gli si avvicinò con un sopracciglio alzato e un sorrisetto provocante gli si fece strada sulle labbra.
<< Eri ubriaca sai.>>

Eulalia abbassò lo sguardo, per poi riguardarlo seria incrociando le braccia al petto.
<< B’è non fare quel sorrisetto.>>
<< Sai che stavamo per...>> Duncan le sussurrò provocante all’orecchio, dicendole che per poco, non avevano festeggiato il natale a modo suo.
Eulalia gli mollò un leggero schiaffo non troppo forte sulla guancia, che non fece male a Duncan, lo colpì solo nell’orgoglio.
<< Ma che cavolo fai?! E questo perché?!>> chiese scioccato.
<< Perché... ti sta bene>> disse semplicemente Eulalia per giustificarsi, facendo solo irritare di più Duncan, che si allontanò da lei con un'espressione arrabbiata e offesa insieme.
Anne si schiarì la voce.
<< Ehm, volete che torno dopo?>> chiese ridendo appena sommessamente, Duncan la guardò male lanciandole un cuscino del divano.
<< E che ti ridi?!>>
<< Sei buffo, te che le prendi da una donna, perché te lo ha dato?>>
<< Mm perché ieri ha bevuto un po’ troppo e stavamo per entrare in una certa atmosfera, mi ha picchiato senza motivo!>>
<< Ah capisco>> rise Anne con sempre quello sguardo fin troppo allegro.
<< Dai andiamo a mangiare qualcosa che ho fame.>>
<< La colazione è okay, ma non ci faccio pace con te sappilo, sei violenta!>>

Eulalia rise bassa.
In poco tempo si prepararono per uscire, Duncan indossava una maglietta nera con scollo a vu con sopra un dolce vita a collo alto e delle semplici scarpe da ginnastica.
Eulalia camminava di fianco ad Anne mentre lui camminava davanti a loro portando anche Estel e guidandole verso il bar più vicino.
<< Forza bambola cammina>> Duncan guardò il cane, che di tutta risposta scodinzolò ed abbaiò sprizzando felicità.
<< Ma vai p... oh!>> Duncan fu strattonato da Estel che come suo solito, troppo euforica di essere uscita aveva preso a strattonarlo. Dopo averle lanciato uno sguardo truce come se il cane potesse davvero notarlo davvero, Duncan si attaccò con una mano al palo facendo fermare di forza Estel, che mugolò contrariata ma arrestò la sua folle corsa. Duncan prese anche a litigare di nuovo col cane mentre tentava invano di farle sputare qualcosa dalla bocca, Estel gli ringhiava contro, mentre lui per niente intimorito ci lottava, guardandola con occhi socchiusi e minacciosi.
<< Molla!>> tutto ciò che ricavò fu solo un ringhio e una mano sbavata, che guardò con un misto di disgusto e orrore dipinto sul viso.
<< Sei il solito idiota che ho lasciato>> esordì Anne ridendo entrando nel bar seguita da Eulalia, che quel giorno sembrava particolarmente silenziosa.
<< Che schifo, sbavami di nuovo e ti lascio per la strada>> disse minaccioso guardando il cane, senza riuscire a convincere nemmeno se stesso.

Duncan si sedette sui tavolini tondi e di colore arancione posti al di fuori del bar e aspettò che le due ragazze tornassero, constatando però che qualcosa era riuscito a imparare ad Estel, che ora sedeva a terra tranquilla come lui le aveva detto.
Anne ed Eulalia tornarono con in mano un cornetto ognuna e una bomba al cioccolato, che Anne passò a un Duncan affamato come sempre.
<< Allora, da quanto state insieme?>> Eulalia lanciò un’occhiata a Duncan che la ignorò ancora leggermente risentito per lo schiaffo, suscitando in quest’ultima uno sbuffo esasperato.
<< Poco>> rispose semplicemente lui, finendo di mangiare la sua bomba e facendo capire alla sua vecchia amica, con il suo tono di voce che avrebbe voluto parlare di altro.
<< B’è vi farebbe piacere se ritorno a trovarvi?>>
Duncan si girò di scatto verso di lei, notando il plurale che aveva usato chiaramente riferito a loro due.
Non sapeva dire se la cosa gli piacesse o se lo rendesse più nervoso. Decise di ignorarlo tornando a fissare gli occhi di Anne.
<< Perché te ne vai? >>
<< Sì, ero qui per altri motivi, ma non potevo non venire a trovarti Dun!>> squittì allegra e Duncan fece una smorfia tra l’esasperato e il divertito al suono di quel ridicolo sopranome.
<< Non mi chiamare così An! È snervante!>>
<< Allora tu non mi chiamare An!>> sbottò lei risentita ma non nascondendo quella nota di allegria che le colorava sempre la voce.
<< Io posso sempre e comunque.>>
<< E perché?>>
<< Perché sono io!>>
Anne perse il suo cipiglio serio ridendo e facendo a sua volta sorridere Duncan, mentre Eulalia li guardava divertita.
Duncan aveva sempre invidiato Anne, per il suo riuscire a essere sempre felice nonostante la situazione, non cercava il lato positivo, perché non sempre lo trovava, semplicemente cercava di essere felice e dato che ci riusciva, Duncan provava invidia per quella scintilla di felicità che ricopriva sempre la vita di Anne.
<< Dun devo andare, tanto ritorno, mi riavrai tra i piedi tranquillo so che già ti manco.>> Duncan alzò un sopracciglio.
<< Okay rompiscatole, tanto sai dove abito>> si alzarono tutti e tre, e Duncan si avvicinò all’orecchio di Anne sussurrando, per non farsi sentire da Eulalia.
<< Non dire a nessuno della tua famiglia dove abito, né soprattutto a mio zio ok?>>
Anne annuì decisa, spostandosi la frangetta dagli occhi e lasciandogli un tenero bacio sulla guancia, spostandosi per poi salutare Eulalia.
<< Ciao ragazzi!>> li salutò di nuovo con la mano come se i saluti precedenti di cinque secondi non fossero bastati, poi si avviò verso la sua direzione. Duncan la guardò allontanarsi, felice di averla rivista e di aver con lei, recuperato quella piccola parte di felicità che c’era stata nella sua infanzia.
<< E’ simpatica>> esordì Eulalia rompendo il silenzio. Duncan la guardò in cagnesco, grugnendo appena un “sì” e tornando verso la direzione di casa, seguito dalla ragazza che lo guardava in cerca di un modo per addolcirlo.
<< Per quanto terrai il broncio?>> Duncan non le rispose, indicandole semplicemente la guancia come a ricordarle il torto subito poche ore prima, ovvero lo schiaffo infondato su nessuna colpa.
<< Okay scusa>> Eulalia usò un tono di voce dolce ma Duncan non si lasciò intenerire.
<< Non te la faccio passare così, anche perché alla fine non abbiamo fatto niente>> i lineamenti del viso seri furono traditi dalla voce fin troppo risentita di Duncan.
<< Okay, allora cosa devo fare per farmi perdonare?>>
<< Usa l’immaginazione>> stranamente Duncan si accorse che nella sua testa non frullava alcun senso perverso.
<< Un bacio basta?>> chiese Eulalia in tono quasi speranzoso ricevendo una risposta poco rassicurante.
<< Dipende.>>
<< Da cosa?>>
<< Non lo so, poi non te lo devo dire io, fai tu, inventati qualcosa.>>
Arrivarono a casa in poco tempo e Duncan sfilò il guinzaglio ad Estel che entusiasta come sempre si diresse verso la sua cuccia.

Lui si diresse verso la sua camera e si spogliò per potersi fare una doccia, a dire il vero non era arrabbiato con Eulalia per lo schiaffo, era semplicemente orgoglioso, perché lui aveva resistito agli impulsi quando avrebbe potuto approfittarne e per questo avrebbe voluto un premio non uno schiaffo.
Si infilò nella doccia godendosi il getto d’acqua calda e prese a sciacquarsi.
Quando riuscì nella camera con solo l’asciugamano in vita e il petto ampio lasciato scoperto, ritrovò Eulalia vicino la porta che lo fissava ammirata e forse leggermente risentita. Duncan ghignò appena di una piccola soddisfazione, prendendo a strofinarsi i capelli e sedendosi sul letto.
Si sfilò l’asciugamano consapevole delle coperte che lo coprivano ma che non fecero non uscire un verso sorpreso ad Eulalia. Duncan ghignò nuovamente infilandosi da seduto le mutande e buttando l’asciugamano sulla sedia della scrivania.
Sentì il letto piegarsi appena sotto il peso di Eulalia che gli si avvicinò piano, mettendogli le mani sulle spalle e prendendo a sussurrargli all’orecchio.
<< Volevo farti sapere che ricordo di ieri sera e del fatto che hai resistito>> gli diede un tenero bacio sulla guancia, mentre Duncan si toglieva l’asciugamano lasciando i capelli umidi e scomposti sulla testa all’aria, inconsapevole di risultare ancora più bello ad Eulalia, mentre lui si sentiva come un pulcino spennacchiato.
<< Meriterei un premio per il mio autocontrollo.>>
<< In effetti.>>
<< Con su scritto “l’uomo più paziente del mondo”.>>
<< Che premio vuoi?>> Eulalia lo guardò dritto negli occhi, con una nota di minima malizia che fece andare su di giri Duncan, nonostante tutto si rigirò di spalle.
<< Niente, non voglio niente se non vuoi.>>
<< Avanti, qualcosa ci sarà>> la sua voce risultò un poco più incerta, mentre Duncan si sedeva di fianco a lei guardandola con la coda dell’occhio, per poi riabbassare lo sguardo e sfregare leggermente le mani tra loro tentando di resistere alla tentazione. Eulalia si tirò su spostandosi una ciocca dietro l’orecchio e leggermente rossa lo guardò.
<< Ma ci sei? Non lo capisci che ora sono d’accordo?>> sussurrò appena, sembrando incerta anche lei, ma nonostante quello non ritirò ciò che aveva appena detto.
Duncan alzò subito lo sguardo su di lei guardandola in quegli occhi che ormai credeva di conoscere.
<< Quindi ora ho il tuo permesso?>>

Eulalia annuì timida e impacciata come Duncan non l’aveva mai vista prima, le si avvicinò con nella mente il pensiero di avere il suo permesso.
Le accarezzò la guancia con la mano avvicinandosi e baciandola deciso subito a renderlo un bacio passionale. Lei ricambiò leggermente più titubante, ma ormai era troppo tardi perché Duncan potesse tornare indietro, lentamente le fece poggiare la schiena al materasso, spostandosi sopra di lei reggendo il proprio peso sui gomiti. Scese a baciarle il collo riempiendolo di baci voraci mentre le prendeva la mano e se la portava sul suo petto, per riuscire a smuoverla in quella tensione che si era creata in lei.
Sembrò funzionare, dato che Eulalia prese ad accarezzargli gli addominali in gesti fin troppo delicati per i suoi gusti.
Duncan però sentiva il suo corpo rispondere a quei piccoli gesti, si sentiva il sangue ribollire il che non sarebbe stato strano, dato che aveva passato le sue notti con molte ragazze diverse, eppure c’era un qualcosa di diverso.
Le fece scorrere le mani dalla vita alle cosce, lasciando calare sulle gambe il più delicatamente i suoi pantaloni, guardandola negli occhi e baciandola nel tentativo di tranquillizzarla, glieli sfilò senza molta difficoltà per poi sistemarsi tra le sue gambe delicatamente, tentando di trattenersi il più possibile, mentre Eulalia lo baciava e con le mani percorreva il profilo dei suoi addominali in gesti più decisi e sospirando a ogni carezza di Duncan.
Duncan cercava di trattenersi il più possibile, ma gli fu impossibile non allungare le mani fin troppo maliziose di toccare il corpo di lei e infilarle sotto la maglietta con troppa prepotenza, arrivando a sfiorarle appena il reggiseno, provocando un sobbalzo da parte di Eulalia che però non lo allontanò inconsciamente decisa a sconfiggere le sue paure.
Duncan la alzò per poterle sfilare la maglietta baciandola con foga, spinto da quel desiderio che ormai in quella situazione non era più in grado di controllare, se la ritrovò di nuovo sotto di sé e stesa sul materasso, con i capelli rossi sparsi sul cuscino e le labbra rosse per i baci, gli occhi puntai nei suoi, timorosi e imbarazzati, mentre con le braccia si copriva.
<< Ei fai piano.>>
<< Leva le mani, fammi vedere>> Duncan tentò con gesti delicati di spostargliele.
<< Andiamo, ti mangio solo>> disse con il suo solito ghigno sarcastico. Eulalia spostò le braccia lasciandosi guardare.

Duncan le mise le mani sotto le ginocchia avvicinandola al suo corpo bramoso ed eccitato, mentre la guardava in ogni minimo dettaglio, trovandola più bella del solito.
<< Non ti devi mica vergognare.>>
<< B’è dammi tempo è la prima volta e...>>
<< Fammi concentrare, non sono abituato a farlo con ragazze vergini.>>
<< Non sono cose da dire!>> sbottò Eulalia risentita, ma Duncan la calmò subito con una serie di baci sul collo che scesero leggermente vicino al seno, ancora coperto da quel fastidioso pezzo di stoffa chiamato reggiseno, provocando sospiri e piccoli gemiti di piacere da parte di Eulalia.
La ragazza abbassò appena lo sguardo, ed imbarazzata riporto subito gli occhi in quelli divertiti di Duncan.
<< Sono nato con un grande dono>> Duncan rise notando l’imbarazzo di Eulalia nonostante la piega che aveva preso la situazione.
<< Che fai ti vanti?>>
<< Ma certo, non è mica da tutti! Devo fare più piano o più forte a seconda della partner.>> Duncan sorrise quasi soddisfatto di se stesso dopo averle dato quella notizia e riprese a baciarla con le mani maliziose che vagavano sul suo corpo. Gli mise le mani sui fianchi accarezzandole il ventre piatto e chiedendole se poteva andare avanti, lei sembrò darli il consenso con gli occhi, nonostante la timidezza dipintaci dentro e Duncan fece per abbassare un poco le sue mutande.
<< No no aspetta fermo!>>
Duncan sollevò gli occhi sorpreso fissandola e fermandosi.
<< Cosa?>>

Eulalia sgusciò via dalle sue grinfie, mettendosi seduta e scendendo velocemente dal letto diretta al bagno.
Duncan sentì la frustrazione e la delusione di non aver continuato crescere dentro di lui.
<< Non ho neanche cominciato!>> si buttò sul letto sdraiandosi a quattro di spade, lottando contro la frustrazione e una certa rabbia, non poteva illuderlo così!.
<< Adesso come faccio, se continua così non mi funzionerà più!>> urlò frustrato riferito al solito problema che si manifestava ai piani bassi e che sarebbe stato evidente, se non fosse stato steso a pancia in giù.

Eulalia rientrò nella stanza con un sorriso divertito che Duncan non poté vedere.
<< Non si può continuare.>>
<< Perché?>> Duncan la guardò supplichevole sentendosi un completo idiota rammollito.
<< Problema da donne>> Eulalia si sedette di nuovo sul letto, mentre Duncan si rimetteva dritto e seduto accanto a lei, tentando invano di nascondere il problema ormai noto.
<< Oh, ti devo andare a comprare qualcosa?>> esordì Duncan leggermente in imbarazzo, grattandosi il collo e guardandola negli occhi, tentando di non fare caso al resto del corpo semi nudo della ragazza, che lo attirava in un modo che non sapeva spiegare.
<< Avrei bisogno degli assorbenti.>>
Duncan si alzò rimettendosi controvoglia i pantaloni e le scarpe da ginnastica con su un maglione seguito da un giacchetto nero, sentiva l’umore nero per il solo fatto di pensare che quel meraviglioso momento fosse appena stato troncato da quel maledettissimo problema delle donne! Di cui Duncan non si era mai preoccupato, ma ora ne sentiva l’odio.
<< Aspetta qua, vado e torno.>>
Duncan uscì di corsa da casa, avendo poco lontano una farmacia nel quartiere. Entrò dentro per la prima volta, dovendo comprare un qualcosa per una ragazza.
Si fermò davanti lo scaffale dove trovò tutte le varie marche di assorbenti, le guardò indeciso e pensieroso, cosa cambiava tra quelli con la busta viola e quelli con la busta blu? C’erano anche quelli rosa, Duncan non poco in imbarazzo fece per prenderli tutti e tre, sotto consiglio di una ragazza alla quale, in cambio del favore, le aveva fornito consigli sui preservativi da poter usare, si poteva dire uno scambio equo.
Duncan uscì da quella farmacia il più in fretta possibile, deciso a non tornarci per un bel po’, non si era mai visto Duncan De Medici in una farmacia per comprare degli assorbenti! E mai più lo avrebbero visto.
Tornò in casa fornendo alla ragazza ciò che le serviva, mentre lui si stendeva di nuovo sul letto sospirando profondamente, perché tutto doveva essersi fermato sul più bello?! Anche contro voglia, la mente di Duncan tornava a pensarci e più lo faceva, più la frustrazione lo assaliva, era stato molto vicino al fare l’amore con la ragazza che per quanto ne sapeva gli piaceva. Ma sarebbe stato fare l’amore? Perché dopo non avrebbe potuto mandarla via né semplicemente ignorarla.
Ma se gli fosse bastata una semplice scopata, si sarebbe da solo per la prima volta sentito una merda totale.
Duncan fu distratto dal sentire il fruscio delle coperte e dal leggero peso di Eulalia che si era appena riseduta accanto a lui, con quell’espressione indecifrabile sul viso, cos’era in imbarazzo?.
<< Una ragazza mi ha aiutato e in cambio le ho detto i segreti su tutti i preservativi del mondo>> esagerò Duncan, suscitando una debole risata nella ragazza accanto a sé, che nonostante tutto continuava imperterrita a guardare le lenzuola, assorta in chissà quali pensieri e ancora con quel colorito rosso porpora sulle guance.
Duncan la avvicinò a sé con un braccio, stringendole piano la vita.
<< B’è, uno scambio equo>> esordì lei, per poi poggiare esitante un braccio sul suo petto, Duncan le strinse la vita col braccio accarezzandoglielo appena con un leggero movimento del pollice, continuando a guardare su, mentre inconsapevolmente scivolava nel sonno, con nella mente pochi pensieri, accorgendosi che anche se era contro il suo essere, per la prima volta, era felice di aver mancato un determinato rapporto fisico con una ragazza.

Definirlo una scopata gli sarebbe sembrato da stronzo assoluto.

Definirlo fare l’amore sarebbe stato avventato.

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Capitolo 14
*** Pesanti responsabilità che tornano ***


                                                              PESANTI RESPONSABILITA' CHE TORNANO

Kevin aveva passato l’intera vigilia di natale a casa della nonna e ormai era pronto a tornare da quel rompipalle del suo coinquilino, presto avrebbe ripreso la scuola.
<< Hai preso i soldi che ti ho dato?>> Kevin sbuffò col sorriso, annuendo.
<< Sì, ora devo proprio andare, ci si rivede presto>> il ragazzo sorrise e la donna lo stesso, Kevin aveva sempre voluto particolarmente bene alla nonna, ma non se l’era sentita di scaricare su di lei il peso della sua presenza in casa, d’altronde lui voleva essere autonomo.
Non appena fu fuori casa sospirò affondo, il natale era una buona occasione per riunire tutta la sua famiglia, nonostante facesse ancora fatica a sopportare i propri genitori.
Kevin aspettò l’arrivo della metro per cinque minuti, sbuffando contrariato a ogni minuto che passava.

Si sentì spingere in avanti da qualcuno, era già pronto a girarsi e urlare contro chiunque fosse, quando vide una semplice ragazzetta bassetta e mora.
Gli occhi scuri e grandi, da bambina, proprio come la frangetta scompigliata sulla fronte.
<< Scusa sono inciampata>> Kevin sorrise appena, osservando come in modo impacciato la ragazza tentasse di sistemarsi la frangetta.
<< No, tutto apposto.>>
<< Sembravi pronto a sbraitarmi contro e volevo evitare.>>
Kevin ridacchiò, sotto lo sguardo curioso e divertito della ragazza.
<< No, nono.>>

Lei sorrise e annuì per un motivo non apparente, i capelli biondo platino di Kevin si mossero per il vento creato dall’arrivo della metro.
Cosa avrebbe fatto Duncan? Quella ragazzetta per un qualche motivo lo interessava. Così appena le porte scorrevoli del vagone si aprirono fece in modo di entrare e finire accanto alla ragazzetta sconosciuta.
<< Davvero avevo la faccia di uno che stava per sbraitare?>>
“Idiota, potevi inventare qualcosa di meglio!”
Si rimproverò Kevin da solo, riscuotendosi dubito, nel vedere gli occhi color cioccolato della ragazza posarsi su di lui, sembravano sorridere.
<< Sì, ma si vedeva anche che non lo avresti fatto davvero.>>
<< Cioè?>> chiese confuso lui, aggrottando le sopracciglia bionde.
<< Mi sembri il classico tipo che se ne sarebbe uscito con un “Diamine sta attento!”>>
<< E come lo sai? Avrei potuto urlare di brutto.>>
Lei rise, un suono allegro, che rimbombò per il vagone.
<< Sembri troppo calmo.>>
<< I più calmi possono essere i pazzi più pericolosi, se ne escono improvvisamente con un raptus di follia.>>
<< Io recepisco che sei una persona calma, calma e folle.>>

Questa volta fu Kevin a ridere, quella ragazza gli piaceva, da quel poco che lo conosceva.
<< Piacere Kevin, detto anche il calmo folle>> lui allungò la mano verso di lei, che fece per stringergliela.
<< Piacere Anne, detta anche folle allegra.>>
<< Abbiamo già qualcosa in comune vedi, il nostro incontro non è casuale.>>
Kevin riuscì a farla ridere di nuovo, era strano per lui voler conoscere così d’improvviso una ragazza, l’ultima con cui era successo era Eulalia. Gli risultava particolare e per un qualche motivo, forse pure per semplice noia, aveva cominciato a parlarci.
Kevin ridacchiò nel pensare a come Duncan la guardava, il suo coinquilino poteva pure fingere di essere indifferente, ma si vedeva che era interessato a lei, Kevin lo aveva capito da subito. Solo una cosa aspettava, che Duncan se ne accorgesse a tal punto da venirglielo a dire personalmente.
<< Cosa abbiamo in comune?>>
Kevin tornò al presente, strappato ai suoi pensieri dalla voce dolce della ragazza, di Anne.
<< La follia, due persone folli si capiscono al volo, infatti eccoci qui che parliamo.>>
<< Ancora per poco, io scendo alla prossima fermata.>>
Kevin osservò le fermate, si rammaricò nel pensare che presto quella piccola chiacchierata sarebbe finita.
Proprio mentre la metro si fermava, Kevin fece un respiro profondo e con tutto il fiato tirò fuori la frase che gli premeva in gola, sperando di non passare per un maniaco o per uno stalker.
<< Anne non è facile trovare persone folli, se scendi dovrò ritrovarti, con chi condividerò la mia follia?>> la voce allegra e spensierata che usò non lo avrebbero mai potuto far passare per un ragazzo con cattive intensioni, tutto di Kevin non lasciava trasparire niente di quello.
<< E’ per caso un tentativo di dirmi che dobbiamo rivederci?>>
Nel vedere le porte della metro aprirsi, Kevin si affrettò a rispondere.
<< Sì.>>

Lei sorrise, avvicinandosi alle porte scorrevoli.
<< Non ti darò il mio numero, ma un appuntamento>> gli urlò il luogo, il giorno e l’ora nel quale si sarebbero dovuti vedere, poi le porte si chiusero, chiudendola fuori dal vagone.
Kevin nonostante non fosse riuscito ad avere il numero sorrise, era riuscito a ricavare un appuntamento, era solo da vedere se lei si sarebbe presentata.

 

 

Eulalia sedeva sul divano di Duncan e guardava un programma decisamente poco interessante, un documentario su un qualche animale presente in africa.
Aveva acceso la tv nella speranza di riuscire a non pensare, ma era decisamente inutile, la sua mente tornava al momento nel quale si era lasciata andare, al solo pensarci arrossiva.
Come aveva fatto a farsi togliere i vestiti in modo così repentino? Solo il giorno prima l’idea la spaventava, ma in quel momento, dopo aver realizzato che Duncan aveva resistito quando avrebbe potuto approfittarne, qualcosa in lei si era allentato.
E tutto aveva provato, tante emozioni insieme che non riusciva a spiegarsi, ma nessuna comprendeva paura, solo insicurezza, ma d’altronde, era il primo ragazzo che la vedeva così, mezza nuda, non riusciva a crederci.
Davvero sarebbe stato Duncan il ragazzo col quale avrebbe fatto un tale passo? Duncan era il suo ragazzo?.
Una parte della mente le diceva che sì, in tali circostanze Duncan non poteva che essere il suo ragazzo, ma l’altra parte della sua mente le urlava e ricordava che nessuno dei due aveva chiarito esplicitamente quel punto.
“Sono anche io che lo freno”

Ammise lei dentro di sé, tornando a sbuffare per l’ennesima volta.
La porta della camera di Duncan che si apriva la distrasse dai suoi pensieri. Le apparve vicino un Duncan assonnato, con i capelli bicolore scompigliati quasi ad arte e il fisico statuario del busto, lasciato come sempre allo scoperto.
Eulalia sorrise, chiedendosi se Duncan intraprendesse per un qualche motivo ciò che era quasi successo il giorno prima, l’arrivo del suo ciclo in quel preciso istante sembrava essere uno scherzo, in parte quasi una cosa utile.
Li aveva fermati in un qualcosa che avrebbe solo portato confusione.
<< Ciao>> esordì lei, ricevendo come risposta uno sbadiglio seguito da un grugnito basso.
<< Oggi devo lavorare.>>

La frase alleggiò tra loro, quasi sembrava una sostituzione al vero argomento che entrambi avrebbero voluto intraprendere.
<< Io vado da Catarina>> visto lo sguardo infastidito e il borbottio basso di lui, lei si sbrigò ad aggiungere: << Devo o la farò impazzire, e poi non è così male, sei tu che l’hai vista in un momento particolare, non che il tuo intervento sia stato d’aiuto poi.>>
Un ennesimo brontolio basso le arrivò come risposta. Eulalia fece un respiro profondo, pronta a dirgli ciò che voleva.
<< Duncan a che ora finisci di lavorare?>>
<< Suppongo per le sei.>>
<< Dopo vorrei parlarti, non prenderla male, molta gente va in paranoia per questa frase.>>
Duncan posò gli occhi neri e penetranti su di lei, annuendo con un leggero sorrisetto e con nessun segno di preoccupazione.
<< Va bene, ma ora devo andare.>>
Appena entrambi ebbero finito di prepararsi uscirono di casa e percorsero un pezzo di strada insieme. Sembravano davvero una coppia.
<< Okay, io vado a destra tu a sinistra.>>
Eulalia puntò gli occhi azzurri nei suoi, non sapendo bene cosa fare per salutarlo. Ma a levarle i dubbi ci pensò lui, che circondandole la vita col braccio, le lascò sulle labbra un semplice e morbido bacio, per poi lasciarla e sorridere, il classico sorriso alla Duncan e lei lo osservò mentre si allontanava correndo.
Non appena Eulalia fu arrivata davanti l’orfanotrofio entrò, puntando dritta all’ufficio di Catarina. Non fece in tempo ad entrare che se la ritrovò di fronte, la sua cara “nonna” la strinse in un abbraccio che le levò il respiro.
<< Eulalia! Ma dose sei finita? Perché non sei tornata?!>>
Eulalia si maledì mentalmente, prima o poi avrebbe fatto prendere un infarto a quella povera donna.
<< Ero a casa di Duncan, sto bene Catarina non c’è bisogno di allarmarsi.>>
<< Che hai fatto a casa sua?! Quel ragazzo non mi piace! Sembra un teppista.>>
Eulalia sospirò, l’iper proiettività di Catarina le era sempre piaciuta, ma tal volta sembrava soffocarla, non gli avrebbe mai rivelato delle sera prima, non c’era motivo di farla uscire fuori dai ghingheri più di quanto non lo fosse già.
<< Niente siamo stati a casa insieme è... b’è è una mezza storia Catarina, io e lui stiamo insieme, non c’è bisogno che fai queste scenate>> il tono di Eulalia era dolce mentre parlava.
<< D’altronde prima o poi anche io dovevo incontrare un ragazzo per il quale perdere la testa no?>>
<< E’ che quel ragazzo non mi piace>> la ragazza riconobbe subito quel tono, il classico da nonna angosciata per la propria nipote, le rughe sul viso della donna si contrassero leggermente, creandone altre di più piccole sulla fronte.
<< A te non piace in generale che io abbia un ragazzo.>>
<< Non è vero Eulalia! Solo che lui non mi sembra una buona amicizia>> visto lo sguardo eloquente e di rimprovero che gli scagliò Eulalia alla parola amicizia, la suora fece per correggersi.
<< E va bene per quel che è non mi sembra adeguato.>> 
<< Catarina ti prego non farmi i discorsi sulla scelta delle persone da frequentare o su chi possa essere una buona compagnia o meno, prova a farti piacere un poco Duncan, fallo per me, potrebbe essere la prima volta che un ragazzo riesce davvero a farmi tremare.>> Nonostante il loro legame profondo, Eulalia era sempre stata molto riservata su certi argomenti, poteva dare la colpa solo al suo carattere, ma questa volta avrebbe reso Catarina più partecipe nella sua vicenda, perché per lei che aveva sempre avuto una vita monotona e solitaria, avere una relazione incasinata con un bellissimo ragazzo era quasi paragonabile ad un'avventura.
“L’importante è che stai attenta a non farti male.”

Le sussurrò una parte del suo inconscio, la parte razionale e attenta di se stessa.

 

 

Duncan si trovava nell’officina in cui lavorava, era intento nel sistemare una moto, con sulle mani enormi guanti grigi e spessi, macchiati di nero e unti di qualcosa di cui non voleva approfondire l’appartenenza.
Una semplice canotta bianca e i pantaloni da lavoro, e via, non gli serviva l’intera tuta, quando lavorava sudava il doppio e di conseguenza sentiva doppiamente caldo.
Mentre era intento nel prendere una chiave inglese, alzò gli occhi neri sull’entrata, ritrovando una ragazza bassa dalla folta chioma rossa che gli sorrideva, ci volle meno di un secondo per riconoscerla.
<< Ohè ciao>> Duncan sorrise appena, leggermente sorpreso della visita ma per nulla dispiaciuto.

Cominciò a smontare la gomma della moto, consapevole degli occhi azzurri di lei che lo fissavano.
<< Ti da fastidio se resto un po’ qui?>>
<< No>> rispose lui senza guardarla, prendendo la ruota smontata con un braccio e posandola di lato, per poi prendere quella nuova e montarla nuovamente, nel lasso di tempo nel quale lavorava nessuno dei due disse niente, lei per non rischiare di disturbarlo, lui per aspettare una qualche parola da lei.
<< Deve essere faticoso>> esordì lei improvvisamente.
<< Neanche tanto, oh ciao bello>> Duncan si avvicinò al ragazzone che era appena entrato nell’officina, il proprietario della moto, che guardandola come fosse il suo unico vero amore sorrise soddisfatto.
<< Grazie bello sei un fenomeno>> Duncan ghignò appena ringraziando e ridandogli le chiavi della moto ormai pronta a tornare sulla strada.
Dopo che il ragazzo fu andato via, Duncan fece per stiracchiarsi e stendere i muscoli tesi, notando di sottecchi lo sguardo che Eulalia gli lanciava da sotto le sopracciglia.
Duncan non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, ma adorava riuscire a farla sempre incantare, era sempre stato sicuro con le donne e con lei di certo non cambiava.
Proprio nel momento in cui stava per sedersi accanto a lei, una donna entrò nell’officina, Duncan la riconobbe subito.
<< Ciao Duncan!>> quella donna riusciva sempre a mettersi in mostra, nonostante non fosse più una ragazzetta, la gonna stretta valorizzava i fianchi e le gambe, mentre la camicetta metteva in risalto il resto, il tutto però non risultava volgare mentre i capelli biondi erano legati in un basso chignon.
<< Ciao Mary, se aspetti un po’ ti ridanno tra poco la macchina>> Duncan indicò la macchina della donna e il ragazzo che vi ci stava lavorando.
<< Oh, non vorrei essere indiscreta, ma non potresti pensarci tu? Sei un meccanico esperto ormai.>>
Duncan fece spallucce, avviandosi verso la macchina appartenente alla donna e facendo spostare il ragazzo biondo su un altro lavoro, per poi mettersi lui stesso a riparare la macchina. Poteva anche sembrare una richiesta semplice, eppure Duncan sperava ci volesse davvero poco, per lavarsi di torno quel lavoro e quella donna.
Mentre Duncan davanti la macchina col cofano aperto ispezionava a fondo il motore, leggermente chinato in avanti, la signora dietro non faceva altro che guardarlo con una nota di piacere e interesse, Duncan ne era consapevole, non era di certo la prima volta, come non era la prima volta che ogni volta che quel motore si guastava, lei tornava puntualmente nella stessa officina.
<< Quanti anni hai Duncan?>> il ragazzo girò appena il capo verso la donna, che si era silenziosamente avvicinata a lui.
<< Ventuno.>>
<< Sei un bel giovane è, già, aimè che darei per sentirmi ancora una volta giovane.>> Duncan la guardo con sufficienza, trovando quella frase inutile, una donna sui trent’anni perfettamente in forma aveva bisogno di sentirsi ancora giovane?.
<< Ma davvero?>> chiese semplicemente lui, tornando a lavorare.
<< E’ già, senti, passiamo ai fatti che dici?>>
Duncan per poco non diede una craniata al cofano alzato, allungò lo sguardo verso Eulalia, che li fissava seria, sembrava infastidita, ma anche un qualcosa che Duncan non riusciva a leggere bene dalla sua espressione.
<< Fatti? Quali fatti? Io devo solo ripararti la macchina.>>
<< Andiamo tesoro>> la donna, Mary, gli si spiaccicò addosso, premendogli contro la schiena il suo petto. Duncan ignorò il tutto, concentrandosi sul lavoro.
<< Ho due airbag che vorrei farti vedere>> sussurrò lei provocante al suo orecchio, Duncan non riuscì a reprimere un sorrisino, fosse stato un altro momento, avrebbe accettato la velata proposta sconcia della signora.
Eppure ora nella mente solo un nome rimbombava e riusciva a tenerlo lontano da quella tentazione.
“Eulalia.”
Bastava quello per far si che quella stupida tentazione passasse, anzi, in quel momento non gli era nemmeno passata per la mente.
<< Non credo che siano dello stesso tipo su cui lavoro.>>
<< Duncan mi sale l’istinto omicida>> la voce di Eulalia gli giunse piena di fastidio e tesa, quasi temesse ciò che stava accadendo.
<< Stai buona>> rispose semplicemente lui, facendo si di sbrigarsi a finire il lavoro, con accanto la continua presenza della donna, che per la prima volta lo infastidiva davvero.
<< Fatto Mary.>>
<< Oh ma grazie!>> Mary si avvicinò a lui sorridente, tirò fuori i soldi che era solita dargli, e con una mano gli allargò i pantaloni davanti per poi metterci i soldi, nello stesso identico modo che avrebbe potuto usare per dare i sodi a uno spogliarellista.
Duncan sorrise noncurante di tutto, mentre Mary usciva dall’officina con la sua macchina.
<< Ma che gli faccio alle donne>> sarebbe potuta sembrare una domanda, ma in realtà era una fiera e ferma affermazione.
<< Me lo chiedo anche io.>>
Duncan alzò appena un sopracciglio nero, guardandola con un leggero broncio.
<< Ohè che vorresti dire?>>

Lei scosse la testa.
<< Niente.>>
Duncan gli lanciò uno sguardo infastidito e risentito, che fu colto dalla ragazza.
<< Che è quella faccia?>>
<< Sono un figo della madonna! Le strego tutte con questo>> Duncan si indicò coi pollici tutto il corpo, col sorrisetto provocante sulle labbra.

<< Ecco cosa gli faccio>> Duncan prese un panno poggiato li vicino per pulirsi alla meglio peggio le mani.
<< Insomma sei modesto>> nonostante la voce di Eulalia fosse leggermente sfumata di ironia, sembrava anche essere nervosa, eppure Duncan non ne vedeva il motivo, stavano solo parlando.
Il ragazzo gli si posizionò davanti guardandola negli occhi, si alzò appena la canottiera bianca per passarsi distrattamente la mano sugli addominali, risultato di anni e anni di allenamento.
<< Vorresti dire che non è vero?>>
<< Non ho detto questo.>>
<< Ecco>> Duncan fletté le ginocchia e poggiò le braccia sulle gambe di Eulalia, la vide finalmente sorridere.
<< Sempre con quel sorrisetto stai.>>
<< Ovvio, è compreso nel pacchetto>> Duncan si indicò nuovamente. Eulalia rise appena, un suono dolce, che ormai Duncan sapeva di amare.
<< Senti, ti andrebbe di parlare con Catarina?>>
Duncan mutò la sua espressione, da sorridente a serio in pochi secondi, si alzò tornando a rovistare tra gli attrezzi da lavoro.
<< Non è che muoio dalla voglia di parlarci, non mi piacciono le suore e mi pare molto ovvio ciò che pensa di me.>>
<< Io ci sono cresciuta con le suore e si, Catarina tende a essere iperprotettiva, ma lo fa solo per me.>>
Duncan sospirò appena, finendo di rovistare tra gli attrezzi in cerca di qualcosa, sapeva che doveva parlarci, ma sperava di riuscire a rimandare il momento. Per prima cosa voleva parlare con Eulalia, ciò che era successo la sera prima, ma per lui era normale, aspettava solo che Eulalia intraprendesse il discorso.
<< Allora ci parlerai?>>
<< Oddio ma davvero?>> Duncan buttò la testa all’indietro la testa frustrato.

<< E va bene cazzo! Tanto si sa che brucerò all’inferno, che mi costa.>>
Eulalia sorrise nuovamente, in modo più dolce questa volta.
<< Puoi ancora salvarti dall’inferno.>>
<< Io non credo>> sussurrò appena lui con amarezza, per poi smettere finalmente di rovistare a caso tra gli attrezzi, per allontanarsi e chiudersi nella stanzetta dell’officina nella quale poteva cambiarsi.
<< Dove si va?>> Chiese Eulalia appena lo vide uscire.
<< Dove vuoi andare? A casa ovviamente>> a tutti e due sfuggi quel plurale, un qualcosa per il quale si sarebbero dovuti allarmare, ma che ormai suonava quasi involontario e scontato, cosa che se possibile, avrebbe dovuto allarmarli ancor di più.
<< Ah okay, a me non va molto, vado un po’ in giro poi ti raggiungo.>>
<< Non scherziamo dai>> Duncan la prese per il polso, camminando verso l’uscita.
<< Infatti chi scherzava.>>
<< Ma io sono stanco.>>
<< Allora vai a casa, io mi vado a fare un giro.>>
<< No, andiamo a casa>> Duncan le mise la mani sui fianchi, facendoli ondeggiare lentamente a destra e sinistra, non si accorse nuovamente del plurale usato.
<< Va bene>> Eulalia sorrise, tradendo da sola l’espressione finta scocciata e fece per prendergli la mano, che Duncan strinse appena. Non appena furono fuori il freddo li colpì, quel pomeriggio era particolarmente freddo e al ragazzo non sfuggì il leggero tremolio di Eulalia.
<< Che hai freddo?>>
<< Sì abbastanza.>>

Duncan si sfilò il giacchetto che indossava, era ben coperto anche sotto e in ogni caso non l’avrebbe mai fatta morire di freddo. Glielo passò poggiandoglielo sulle spalle, ricevendo in compenso un leggero sorriso.
<< Grazie.>>
<< Niente>> Eulalia puntò lo sguardo davanti a sé, Duncan imparava sempre di più a riconoscere le sue espressioni e ora ne vedeva la preoccupazione e se non sbagliava, anche una leggera agitazione.
<< Duncan>> lui si girò verso di lei, guardandola con i suoi profondi occhi neri.
<< Hai per caso sentito se da queste parti c’è una nuova famiglia che fa di cognome Di Carli?>>
Duncan ci pensò su, ricordava un certo cognome per un qualche motivo, ma non gli diceva niente in particolare.
<< Mi dice qualcosa, ma nessuno che conosco, perché?>>

Lei fece spallucce, guardando sempre avanti a sé.
<< No così, è una famiglia che tempo fa mi aveva preso con sé.>>
Duncan osservandola con la coda dell’occhio la vide portarsi distrattamente la mano sul braccio, sull’identico punto nel quale lui aveva visto la cicatrice.
Non le chiese nulla, riusciva già a capire dai gesti e dalla sua espressione che era un argomento delicato, ed era già giunto alle sue conclusioni, quella famiglia doveva averla segnata in un qualche modo, e Duncan era quasi certo ora, a causa del gesto involontario di Eulalia, che quella cicatrice ne fosse il segno.
Duncan fece scivolare lentamente il braccio intorno alle spalle di lei, avvicinandosela e sorprendendosi ancora una volta del bisogno che aveva del sentirla vicino.
<< Volevo anche parlare, dell’altra sera insomma...>>

Duncan percepì chiaramente lo stress nella sua voce e in quel momento non aveva la minima intenzione di intraprendere un discorso complicato. Alzando lo sguardo vide attaccato a un lampione un rametto di vischio, le decorazioni natalizie decoravano ancora la città e quel rametto ne era la prova, senza dirle niente la trascinò sotto e le interruppe il flusso di parole che non stava per niente ascoltando, baciandola con passione, la stessa che ormai guidava ogni loro bacio.
Sul momento lei parve sorpresa, ma si lasciò andare facilmente, Duncan le strinse la vita, mentre le loro lingue si intrecciavano quasi come fosse una perfetta danza.
Duncan poteva percepire lo sguardo di alcuni passanti, ma non gliene fregava molto.
Lei si staccò appena dal bacio e con le labbra a un soffio da quelle di lui, sorrise alzando anche lei gli occhi e notando il vischio sopra di loro.
<< La tua leggera barbetta mi fa il solletico sai.>>

Duncan rise appena, alzando gli occhi, dietro di loro vide un signore poco lontano che li guardava, riconobbe il volto e per poco non restò impietrito sul momento. Tornò con gli occhi su di lei e mentre riprendeva possesso delle sue labbra, alzò la mano mostrando il dito medio a colui che li fissava.

Dopo poche ore era di nuovo fuori casa, aveva lasciato Eulalia addormentata sul divano con la tv accesa ed era uscito.

Aveva stampato nella mente il viso di quell’uomo, era chiaro che avrebbe dovuto vederlo, non c’era da chiederlo, lui era sicuramente lì dove lo aveva lasciato. Non appena arrivò sotto lo stesso lampione in cui poco prima aveva baciato Eulalia, scorse lo stesso uomo dai capelli grigi e con lo stesso cappotto nero, seduto ai tavolini fuori di un bar vicino.
Duncan si avvicinò, col passo sicuro e con l’espressione di ghiaccio.
<< Alan, cosa ci fai qui?>> chiese non appena gli fu di fronte, l’uomo sorrise, estendendo le rughe presenti sul viso, mentre gli occhi marroni e furbi lo scrutavano da dietro le lenti degli occhiali neri.
<< Come va Duncan? Ti sei fatto la ragazza è?>> chiese l’uomo svogliatamente, beccandosi un’occhiataccia al cianuro da parte del ragazzo.
<< Salta i convenevoli Alan e dimmi cosa cazzo ci fai qui?>> sputò Duncan con voce roca e tenebrosa, proprio come la sua espressione.
<< E’ il momento di parlare ragazzo mio e di prendere le tue responsabilità.>>
Stringendo la mascella e indurendo lo sguardo, Duncan spostò la sedia di fronte a sé, sedendosi, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare quel momento, affrontarlo per davvero e forse quel maledetto momento era arrivato.
“Il momento di prendere le mie pesanti responsabilità, il peso della mia famiglia e dei suoi sbagli.”

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Capitolo 15
*** Scontro aperto ***


                                                                                                              SCONTRO APERTO

"Io considero il mondo per quel che è:

 Un palcoscenico dove ognuno deve
 recitare la sua parte."

William Shakespeare, Il mercante di Venezia.
 

Duncan fissava negli occhi quell’uomo, venuto a rovinargli la sua “perfetta” vita da persona civile.
<< Dunque>> cominciò Alan con voce grave, ma Duncan lo fermò con una semplice occhiata.
<< Va dritto al punto, vorrei andarmene entro cinque minuti>> affermò serio, il viso contratto in una smorfia, che avrebbe dovuto somigliare a un’espressione amichevole.
<< Ragazzo mio, sai bene qual è il punto.>>
<< Oh ma certo, prendere i soldi della mia famiglia e con essi tutti i suoi errori, mettitelo in testa, non me ne frega un cazzo! E non ho intenzione di entrare nei giri sporchi di mafia e corruzione di mio padre e mio zio>> ruggì serio, mantenendo un tono basso per impedire a chi li circondava di ascoltare le loro parole.
<<  Nessuno te lo chiede ragazzo, ma dovrai riprenderti i tuoi soldi.>>
<< Io non li voglio>> Duncan scandì ogni parola, marcandole con tono grave, voleva solo lasciarsi alle spalle tutto, ma Alan non glielo avrebbe permesso.
<< Tuo padre possedeva molte aziende ed era un avvocato noto, non puoi fuggire per sempre>> il viso anziano e apparentemente innocuo di Alan si contorse in una smorfia seria e decisa.
<< E’ come se avesse fatto un patto col diavolo e ha coinvolto tutti noi, e ora guardaci.>>
<< Io odiavo tuo padre quanto te ragazzo, ma lavoravo per lui e devo ammettere che era bravo in ciò che faceva, posso dire lo stesso di te?>>

Duncan riconobbe il tono di sfida che si nascondeva dietro quella domanda, Alan sapeva bene quanto le sfide potessero attirare e allarmare Duncan.
<< Dimmi tutto dunque>> con un sorriso di soddisfazione Alan si sistemò comodo sulla sedia.
<< I soldi ormai sono tuoi da quando hai compiuto diciotto anni Duncan, sotto volere di tuo padre e tua madre, come lo è la custodia di Tenshi, io ho solo provveduto ad amministrare il tuo patrimonio fino a che non li avessi presi tu>> Duncan indurì lo sguardo, tentando di nascondere la nota di dolore nel sentire il nome di sua sorella.
<< Se solo sapessi dov’è finita>> sputò con rabbia, stringendo le mani a pugno sotto il tavolo.
<< Sei come un erede al trono Duncan, devi solo prendere in mano il lavoro di tuo padre, la tua casa, i tuoi soldi, cosa ti costa?>> Alan aveva volutamente saltato di rispondere all’esclamazione rabbiosa di Duncan, ma quest’ultimo sapeva che Alan non si faceva coinvolgere nelle sue disgrazie famigliari, era lì solo per amministrare il suo patrimonio, ma ora era il turno di Duncan.
<< Diventare un mafioso? E’ questo che devo essere?>> ringhiò Duncan tra i denti.
<< Oh avanti, tuo padre non era un mafioso.>>
<< Ci era molto vicino, so cosa ha fatto nei giorni in cui mancava da casa, so quanto quel mondo lo attraesse.>>
<< So che anche tu hai una predisposizione alla violenza Duncan.>>
Il ragazzo accusò quel colpo come un pugno in pieno stomaco che gli fece mancare per un secondo il respiro, era vero e non poteva negarlo, Duncan adorava potersi sfogare con la violenza, molte volte era una necessità, ma non poteva negare a se stesso che fosse anche una cosa da un lato gradita, quasi fosse il marchio di suo padre impresso in lui come una maledizione.
Ricordava bene che ragazzino fosse all’età di dodici anni, ricordava di essere arrivato ad impugnare un arma, un giorno che gli sembrava tanto lontano quanto confuso, come il giorno in cui aveva quasi aggredito una ragazza, quel giorno nel quale aveva visto tutto nero e aveva pensato che la sua anima si fosse dipinta di nero.
<< Vaffanculo, sai cosa mi riprendo tutto, d’altronde è questo che sono.>>
“Basta scappare, tanto tutto torna.”
Pensò tra se con determinazione, avrebbe usato i soldi per trovare sua sorella, per rinsavire il suo cognome, per dare un taglio al suo passato e scriversi un suo futuro, la mentre corse a Eulalia, l’avrebbe coinvolta nella sua vita? La sua vera vita. Doveva raccontarle tutto, compresi i suoi più grandi peccati.
Lo farò.

Sussurrò una vocina nella sua testa, mentre contemporaneamente un’altra gli sussurrava “Menti a te stesso”.

 


Eulalia si svegliò di soprassalto, respirando a fondo sentendosi completamente sudata, aveva nuovamente sognato una donna dai capelli rossi che la chiamava per nome, la madre che non era nient’altro che frutto della sua immaginazione, perché lei sua madre non l’aveva mai vista.
Si passò una mano tra i capelli, portandoli indietro e facendo vagare lo sguardo per la stanza immersa nel silenzio, con solo la fioca luce proveniente dalla finestra a illuminare il tutto.
<< Duncan?>> Era sicura che lui fosse in casa, o almeno ci era stato fino a che non si era addormentata.
Con un leggero sospiro fece per alzarsi, diretta verso il bagno nella camera di Duncan, aveva assoluto bisogno di farsi una doccia e confidava nel fatto che a lui non avrebbe dato fastidio se usava il suo bagno.
Una volta sotto il getto d’acqua calda Eulalia si rilassò, la sua mente vagò, mentre si insaponava e passava la spugna sul corpo, i suoi occhi finirono sulla cicatrice che le attraversava l’avambraccio, ci passò piano la spugna sopra, ricordava che un tempo aveva quasi sperato di riuscire a cancellarla, si era strofinata con tanto vigore quella parte del braccio che aveva sperato vivamente che si fosse cancellata, come fosse stata una macchia di sporcizia. Ma era ancora lì, sempre pronta a ricordarle quanto potesse essere rischioso donare il proprio affetto a qualcuno.
“No, non è vero, loro erano sbagliati e io troppo ingenua e volenterosa di una famiglia.”
Quando aveva quindici anni, Eulalia ricordava bene che piangeva ogni volta che la riguardava, ma ora no, non vi avrebbe più sprecato le sue lacrime, nonostante fosse sempre un fattore che la sconsolava e la faceva viaggiare indietro nel tempo riportandole alla memoria ricordi dolorosi.
Con un poco di concentrazione nella sua mente riusciva ancora a rivedere la lama alzarsi con un scatto, la paura che l’aveva attanagliata e subito dopo il dolore lancinante al braccio, ricordava bene anche l’uomo che impugnava l’oggetto con il quale l’aveva ferita, la sua espressione sorpresa davanti l’azione che aveva compiuto.

Eulalia era scappata via, per la prima volta il suo unico desiderio era stato quello di tornare all’orfanotrofio, da Catarina.
Eulalia scosse la testa, cercando di scacciare via quei pensieri e uscendo da sotto la doccia, si infilò addosso l’accappatoio di Duncan e si asciugò.
<< Maledizione, non ho vestiti da Duncan>> Eulalia sbuffò, ricordandosi anche di avere il ciclo, per fortuna per un po’ dopo la doccia le si sarebbe bloccato.
Quasi lo avesse chiamato con il pensiero, la porta del salone sbatté.
<< Eulalia?>> la voce di Duncan la raggiunse e la fece anche sorridere.
<< Sono in bagno!>>
Duncan la raggiunse poco dopo, Eulalia si sistemò l’accappatoio uscendo e ritrovandosi nella camera di lui, che le stava poco lontano e la osservava con cosa? Ammirazione? Consenso?.
Eulalia arrossì nel vedere Duncan posare gli occhi sulle sue gambe, lasciate scoperte dall’accappatoio. Quando lui se ne accorse sorrise appena, un sorrisetto perverso e divertito.
<< Avevo bisogno di una doccia, ma mi sono accorta che non ho vestiti di ricambio.>>
<< Ah>> disse semplicemente lui, Eulalia lo osservò mentre con lo sguardo corrucciato cercava per tutta la camera all’interno dei cassetti qualcosa. Non appena da uno di questi tirò fuori dei pantaloncini rosa, Eulalia si accigliò confusa.
<< Metti questi intanto, posso andare a prendere qualcuno dei tuoi vestiti almeno ti cambi>> sospirò affondo, quasi con irritazione. << E magari parlo pure con la vecchietta.>>
Eulalia nonostante il tono scocciato di lui, sorrise, per poi guardare i pantaloncini con sospetto.
<< Aspetta, perché hai dei pantaloncini rosa nell’armadio? Non sono tuoi vero?>>
<< Ovviamente no.>>
Eulalia aveva usato un tono di voce allegro, sperando di suscitare un minimo divertimento con una domanda tanto stupida, ma la risposta cupa di lui la fece accigliare, cosa c’era che non andava?.
<< Perché li hai allora?>>
<< Non chiedere, fidati>> sentenziò con voce un poco più divertita, forse a causa della curiosità che ora aveva colpito la ragazza, che comunque, senza fare ulteriori domande tornò in bagno per vestirsi.
<< Io vado.>>
Eulalia non riuscì a finire di vestirsi, si affacciò con la testa oltre la porta del bagno.
<< Non far impazzire ulteriormente Catarina ti prego.>>
<< Ti nascondi perché non sei completamente vestita?>>

Eulalia arrossì nuovamente, portandosi ancor di più dietro la porta, non sapeva nemmeno lei il perché continuasse a coprirsi ai suoi occhi.
“ D’altronde ti ha già vista mezza nuda” le ricordò una vocina nella sua testa, e aveva ragione.
<< Il tuo sguardo mi dice proprio di sì>> gli occhi di Duncan luccicarono sotto quella prospettiva, la ragazza riconobbe lo stesso luccichio che aveva colto quei due pozzi neri, quando gli era stata sdraiata sotto e con molto poco a coprirla.
Con lentezza si sporse da dietro la porta, lasciandosi guardare con indosso solo i pantaloncini e il reggiseno, si sentiva ancora intimorita e imbarazzata sotto il suo sguardo, ma non tanto per lui, quanto per la sua inesperienza.
<< Niente che tu non abbia già visto>> esordì lei con voce allegra e stranamente maliziosa, sorrise.
<< Mi presti una tua felpa?>>
Duncan indugiò con lo sguardo su di lei, facendo vagare gli occhi sul seno coperto quanto bastava dal reggiseno, sulla pelle chiara, quasi da bambola di porcellana, per poi fermarsi nuovamente sul suo viso, Eulalia non si era mai sentita tanto strana e allo stesso tempo desiderata da un ragazzo.
Con un sospiro sofferente Duncan si avvicinò al cassetto che sostava vicino l’angolo della stanza, vicino l’armadio, per poi aprirne un cassetto e tirare fuori una felpona grigia.
Eulalia la prese infilandosela e sentendo un ulteriore e sonoro sospiro da parte di Duncan.
<< Cosa c’è che non va?>> lui si avvicinò, piegandosi con la testa e avvicinandosi tanto a lei da sfiorarle le labbra con le proprie, Eulalia credette che stesse per baciarla, ma lui non lo fece.
<< E’ un tormento vedersi per casa così, prima in accappatoio, poi in reggiseno e infine con la mia felpa, se non fosse per il tuo periodo particolare ti avrei già ributtato sul letto e ti sarei saltato addosso>> la sua voce roca e sensuale investirono Eulalia come una marea in piena, si alzò sulle punte  poggiandogli le braccia sul petto e sospirando. Quella frase non aveva nulla di minaccioso, era una semplice affermazione di quello che lui avrebbe voluto fare, e ciò fece ridere Eulalia.

Forse poteva essere presto, eppure l’idea di donarsi a Duncan come non aveva mai fatto con nessun ragazzo le passava per la mente come un’esperienza da poter fare, non perché fosse avida di esperienze e volesse provare ciò che le sue coetanee magari già avevano fatto.
Non le fregava molto se per alcune ragazze l’essere vergine a diciotto anni fosse strano, non che fosse andata a chiederlo in giro, ma lei la considerava una sua piccola zona off  limits, molto piccola in confronto a molte altre che si portava dentro.
Aveva donato affetto a chi non lo meritava e le si era ritorto contro, lo aveva rifatto ma nonostante le persone dicessero di amarla non avevano mai avuto il tempo di rimanere, ma tutto questo riguardava sempre e solo la famiglia, era quello che a lei mancava, perché doveva privarsi anche dell’amore?.
“ Dovrei lasciarmi andare per una volta, e vedere come va a finire.”

Si disse, ormai erano giorni che segretamente quella frase girovagava nella sua testa.
Puntò i suoi occhi azzurri in quelli di Duncan, osservandolo di nuovo da vicino, la mascella squadrata e ricoperta di quella leggera e incolta barbetta nera che ogni volta le pizzicava le guance o le dita mentre la sfiorava, ma che adorava.
I capelli bicolore leggermente lunghi e scompigliati ad arte, che contrariamente a quanto credeva, riuscivano a piacergli. Le labbra rosee e la carnagione un poco scura, che colorava quel corpo statuario, asciutto e muscoloso, che naturalmente Eulalia ammirava e adorava.
Duncan non era solo sexy, era bello, riusciva a esserlo con poco e ora lei sapeva bene che la maggior parte di quella bellezza proveniva dalla madre.
E maledizione a lui, era riuscito a entrarle davvero dentro, perché ora, con quanta paura potessero portarsi dietro quelle parole, non poteva non dire a se stessa che per la prima volta, capiva cosa voleva davvero dire innamorarsi di un ragazzo, perché era questo che era successo e che le stava succedendo in quel preciso momento, si stava innamorando ogni giorno di più, ogni giorno gli donava una piccola parte di sé, quasi lui la reclamasse con la sua sola presenza e lei non poteva che donargliela.

La paura che si portava dietro era sempre presente, come un bagaglio pesante sulla sua anima, ma forse col tempo se ne sarebbe liberata del tutto, per ora poteva solo alleggerirlo.
<< Ma non puoi, quindi perché non mi vai a prendere i vestiti? In pantaloncini ho freddo, sai è Dicembre.>>
Duncan si staccò da lei quasi a forza ed Eulalia lo vide uscire dalla camera, per poi sentire la porta del salone chiudersi.
Eppure era certa che qualcosa non andasse, non tra di loro, bensì Eulalia era convinta che dietro quello sguardo stanco e segnato, ci fosse una ragione al di fuori della stanchezza causata dal lavoro o dalle azioni quotidiane, Duncan aveva vari motivi per essere stanco, la madre, il padre, Eulalia si accorse di non sapere a fondo del suo passato, ma lui aveva avuto il fegato di raccontargli di sua madre, di fargliela vedere e se pur in modo molto esplicito e semplificativo di dirgli che il padre era morto. Gli aveva raccontato sporadici pezzetti del suo passato ma era sempre stato vario.

Ma non poteva costringerlo, un passato pieno di dolore, rabbia e rancore non doveva essere facile da raccontare e per quanto riguardava la parte del dolore, Eulalia lo sapeva bene.

 


Duncan si fermò davanti il portone in legno dell’orfanotrofio, osservandolo per qualche secondo, poteva entrare? Sicuramente avrebbe dovuto parlare con qualcuno.

Una volta all’interno, si prese il tempo di osservarlo bene, la volta prima a causa della foga del momento e della “scoperta” riguardante Eulalia, non si era preso la briga di guardarsi intorno.
Le pareti erano colorate di un leggero marrone, un poco opaco, il soffitto non molto alto, nel giusto. Davanti a lui si apriva un piccolo atrio nel quale era presente qualche sedia per sedersi e davanti un corridoio che doveva dare poi, sui lati le camere dei vari ragazzi e ragazze. Rabbrividì al pensiero che sua sorella fosse finita tutta sola in una struttura come quella, non lo spaventata tanto quello, più che altro il pensiero che lei potesse sentirsi abbandonata, di credere di essere stata abbandonata.
<< Mi scusi lei è?>> una donna, giovane dal timbro della voce comparve di fianco a Duncan, che si girò a guardarla, una donna con indosso una gonna stretta e lunga e sopra una camicetta lo guardava da dietro le lenti degli occhiali, con curiosità e attenzione.
<< Ah, sono qui per parlare con...>> Duncan aggrottò le sopracciglia, accorgendosi di non sapere il cognome della vecchietta antipatica.
<< Suor Catarina>> azzardò, sperando di non dover dare ulteriori spiegazioni, ma la signora sorrise, annuendo appena.
<< Vi accompagno.>>
Duncan seguì la donna, vedendo qui e là qualche ragazzo vagare per i corridoi e lanciargli vari sguardo, soprattutto i più piccoli, sguardi speranzosi e anche sì, sorridenti e curiosi. Per un attimo si sentì fuori posto, forse tutti, compresa la signora che lo accompagnava, si aspettavano o credevano fosse un uomo venuto per dare una famiglia a uno di quei ragazzi, ma non era così.
I corridoi erano luminosi grazie alla presenza delle finestre e alcune porte aperte davano su alcune camere piccole ma accoglienti. I due si fermarono davanti l’ennesima porta di legno scuro, la donna bussò, annunciando alla signora dentro che c’erano per lei visite e poi scomparendo lungo il corridoio, chiamata da uno dei ragazzi.

Duncan sorrise divertito, sapendo di non essere una visita gradita.
<< Arrivo>> la porta si aprì e davanti a lui comparve Catarina, vestita come sempre con la sua tunica grigia e il velo sui capelli, nonostante le rughe sul viso gli occhi vispi e attenti volarono su di lui, restando visibilmente stupiti nel vederlo lì, la bocca sottile si stese in un piccolo sorriso forzato, che Duncan ricambiò con quella che somigliava tanto ad una smorfia.
<< Ho saputo che voleva parlarmi>> esordì lui con voce tesa, la donna si fece da parte, invitandolo ad entrare. Una volta nella stanza Duncan notò che lo studio era identico a come lo aveva lasciato, sempre in ordine nei minimi dettagli, pulito e luminoso, la grande finestra posta dall’altra parte della stanza pulita, seppur con i vetri un poco rovinati, due piccole librerie poste ai lati della stanza e una scrivania in legno nel mezzo, con davanti sempre le due poltrone.
<< Sì infatti, pensavo saresti venuto con Eulalia.>>
<< Sono in principio venuto a prendere le sue cose>> ribatté velocemente lui, vedendo il viso della donna assumere un’espressione allarmata, i piccoli occhi si spalancarono sorpresi.
<< Cosa vorrebbe dire?! Che si trasferisce li?! Come può...>> il suo tono allarmato risuonò per la stanza e Duncan fece per fermarla subito.
<< Voglio essere sincero, no, non si sta trasferendo da me, non ancora almeno.>>
Duncan la vide sospirare di sollievo, si chiese il motivo per il quale quella donna temesse tanto quella prospettiva, era tanto terribile pensare a lui come ragazzo di Eulalia? Alle apparenze poteva sembrare un teppista, e sì, dentro di sé si sentiva tale e il suo passato ne era la vera prova. Ma con Eulalia tutto era diverso, lui stesso si sentiva diverso, nonostante quella parte oscura di lui fosse sempre presente e quella donna sembrava poterla leggere dentro di lui.
La donna con un sospiro frustrato fece chiamare qualcuno, che sotto sua richiesta andò nella camera di Eulalia a prendere qualche vestito. Non appena la porta si fu richiusa, la suora tornò a guardarlo.
<< Mi pare chiaro che tu a me non piaci, ma a lei a quanto pare sì, dunque che intenzioni hai giovanotto?>> la sua espressione era mutata, da preoccupata quale era, la serietà aveva sostituito tutto, Duncan si sedette su una delle due poltrone senza troppe cerimonie, per poi guardarla dritto negli occhi.
Avrebbe potuto rispondere in qualsiasi modo, come un banale “io la amo e voglio stare con lei” o con un “mi pare ovvio, sono il suo ragazzo”. Ma niente di quello gli sembrava adeguato, anzi le riteneva risposte banali e sicuramente non da lui.
<< Voglio diventare la sua famiglia>> il tono serio e deciso di Duncan non ammetteva repliche, ci avrebbe provato con tutte le sue forze, avrebbe dato ad Eulalia quello che le era sempre mancato.
“ Ammesso che tu ne sia capace.”
Lo rimproverò la sua oscura vocina interna, che lui ignoro tranquillamente, continuando a guardare la suora negli occhi. Improvvisamente vi lesse tutto l’affetto che quella donna provava per la sua Eulalia e cominciava a capire perché quella donna temesse il loro rapporto.
<< Questo è un grosso impegno e non ho alcuna intenzione di vedere Eulalia alle prese con un’altra delusione, quindi vedi di tenere a bada la foga, fare una promessa del genere a una ragazza che non ha mai nemmeno visto la sua famiglia, non va preso come un gioco da adolescenti>> la suora alzò leggermente la voce, ma Duncan non ci badò, irrigidì i muscoli e la mascella senza mai abbassare lo sguardo, proprio come il padre gli aveva insegnato.

<< Non abbassare mai lo sguardo!>> il ragazzo rialzò esitante lo sguardo sul padre, livido di rabbia in viso. Assomigliava tanto a Tenshi, la sua sorellina, il viso dai lineamenti dolci, ma resi affilati dalla sua espressione, gli occhi chiari, proprio come i capelli, di un delicato biondo, tutto ciò che era riguardo il fisico sua sorella lo aveva ripreso, ma Tenshi era tutto tranne che identica a suo padre e per Duncan questa non era altro che una benedizione.
<< Mi dici sempre che non devo guardarti negli occhi, perché è un atto di sfida.>>
<< Questo perché sei debole! Non devi osare sfidarmi, non ne sei capace, ma potresti fingere almeno di avere un minimo di coraggio>> aveva esclamato con rabbia e disgusto il padre, facendo crescere nel ragazzo la rabbia, una rabbia piena di rancori, che col tempo lo avrebbero consumato.
Il ragazzo rialzò gli occhi scuri sul padre, guardandolo con odio misto al più puro dei disgusti. Quell’uomo se n’era andato, li aveva lasciati per andarsene con altre donne e per continuare i suoi affari. Era tornato quel giorno solo per vedere sua figlia ammalata e presto se ne sarebbe riandato, senza poter udire la moglie piangere e sua figlia contenere la tristezza di un ennesimo abbandono da parte del padre.

Ormai Duncan aveva imparato a non provare più tristezza per quell’uomo, solo rabbia e rancore, perché dopo era lui a dover asciugare le lacrime dagli occhi della madre, ormai caduta in depressione e della sorella, piccola e fragile.
<< Non vedo nessun uomo qui, solo una schifosa merda>> aveva esclamato Duncan, aveva solo quattordici anni, ma non gli interessava minimamente della volgarità, anzi, non vedeva modo migliore per rappresentare suo padre.
L’uomo aveva indurito li sguardo, affilando gli occhi in due piccole fessure lanciati lampi di riabbia, che se possibile lo avrebbero fulminato sul momento, il ragazzo percepiva quelle ondate di odio scagliarsi contro di lui come lame affilate, pronte ad attraversarlo da parte a parte.
<< Brutto ragazzino volgare! Modera i termini davanti a me, davanti a tuo padre>> aveva sibilato lui, alzando la mano in un gesto intimidatorio, ma Duncan era troppo accecato dalla rabbia per provare il timore di uno schiaffo.
<< Non sei mio padre, sei una merda, un uomo che non è capace di essere tale, che scappa dalle sue responsabilità di padre...>> un sonoro schiocco era riecheggiato per il salone e il viso del ragazzo si era girato verso destra, mentre il dolore alla guancia prendeva il sopravvento.
Duncan aveva rialzato lo sguardo sul padre, sfidandolo apertamente... di li i ricordi si confusero, ricordava solo di essere stato schiaffeggiato con rabbia, fino a che il sangue non era preso a colargli dal naso e la madre sentendo il trambusto aveva provato ad allontanare il marito dal figlio che stava picchiando brutalmente.

Duncan scosse la testa, per allontanare da sé quel ricordo improvviso quanto sgradito, che lo aveva colpito come un pugno allo stomaco.
Si accorse che la suora lo stava fissando, con una muta domanda dipinta sul viso e un’espressione che sembrava volergli dire che lei sapeva più di quanto Duncan credesse.
<< Io non mi preoccuperei di questo.>>
<< A no? E di cosa?>>
<< Lei starà bene con me, probabilmente sa meglio di me che i “De Medici” se si danno un impegno,niente, niente! Li persuade altrove>> La suora fece un’espressione sorpresa, ma Duncan alzò un sopracciglio inducendola a dire tutto, d’altronde doveva esserci un motivo se lui non le piaceva e quello non poteva che essere il suo cognome.
<< Questo è il punto, so della tua famiglia! E non mi piaci!>>

Duncan sogghignò, un sorrisino che non coinvolgeva gli occhi ma che era soddisfatto, il vero motivo era venuto a galla.
<< La tua famiglia è coinvolta con la mafia! Sei figlio di un mafioso!>>
<< Non mi venga a dire di chi sono figlio! Lo so bene, mio padre non era una brava persona, anzi tutt’altro, gli piaceva la mafia e i giri sporchi, era un fottuto bastardo! Ma io non faccio parte di quel mondo! Non più! Ora voglio assicurarmi che Eulalia stia bene, è l’unica cosa che per ora ha senso nel mio mondo, nessuno me la porterà via, neanche lei.>> Duncan si accorse solo dopo di aver urlato, ma la suora non si era scomposta minimamente, mantenendo il corpo rigido e le spalle dritto, continuando a guardarlo negli occhi con sfida. Quello, malgrado Duncan fosse contrariato, le fece acquistare punti nella scaletta della stima. Era come uno scontro aperto, tra Duncan e la suora, per vedere chi tra i due l’avrebbe avuta vinta.
Ma ora non aveva tempo per perdersi in quelle stronzate, stava accadendo di nuovo, perdeva il controllo.
“ No, me lo sono promesso, mai più succederà una cosa del genere.”
<< Arrivederci>> Duncan uscì di fretta dallo studio della donna, sentendosi pulsare la testa e le vene di rabbia repressa, maledì il suo cognome, attribuendo ad esso tutti i suoi tormenti.
Prese malamente dalle mani di una ragazza la scatola con all’interno i vestiti di Eulalia. Dietro di sé sentì la suora parlare con quella ragazza, per poi seguirlo.
<< Tu puoi anche dire così, ma il tuo cognome e quel mondo ti seguiranno ovunque, non credo che potrai mai dirtene davvero fuori, non voglio che la metti in pericolo!>>
Duncan si ritrovò a maledirla sottovoce per la verità che le sue parole gli stavano sbattendo in faccia.
<< Non voglio farlo!>> urlò, perché quella donna non capiva? Lui stava cercando di cambiare e ci stava riuscendo. Nonostante tutto la donna aveva ragione, non avrebbe mai potuto eliminare da sé quella parte della sua vita, mai.
<< Dimmi a lei hai detto tutto questo?>> la suora aveva riacquistato la sua calma, per questo Duncan la invidiò, mentre la sua rabbia una volta accesa lo consumava.
Guardò serio la donna bassa e minuta, colei che aveva sempre fatto tutto per Eulalia, forse l’unica donna nella quale Eulalia aveva visto una figura materna.
<< Questo lo deciderò io>> Duncan prese e si girò, uscendo dall’orfanotrofio sotto lo sguardo criptico della suora. Aveva sempre imparato dal modo in cui il padre chiudeva un discorso come uscirne da vero capo, il suo tono non ammetteva repliche, la sue espressione era un muto incitamento a far restare in silenzio chiunque fosse davanti a lui.

Temeva quella parte di sé, ma non poteva fare a meno di esercitarla.
Tutto con l'arrivo di Alan sembrava essere tornato a galla, tutto ciò che Duncan aveva cercato di seppellire dentro di sé, rendendolo meno di un'ombra, era tornato alla luce come niente fosse, come se tutti quegli sforzi, d'altronde, fossero stati inutili, ed era proprio così. Gli tornò in mente per un qualche motivo una frase che la sorella gli aveva letto tempo prima, una frase che lo aveva colpito talmente tanto da riconoscere se stesso in essa.
Perché era vera, il mondo poteva essere equiparato a un palcoscenico, per alcuni poteva essere pieno di riflettori e di gente pronta ad applaudire e a lanciare fiori all'attore dal bell'aspetto, dalla bella storia e dal nobile animo, o magari dalla storia tormentata, ma comunque nobile dentro.
Mentre lui recitava una parte diversa, era di bell'aspetto, ma poteva facilmente trasformarsi, il suo nobile animo macchiato dai peccati commessi e dalla rabbia che lo divorava, eppure qualcosa in buono in lui rimaneva, per quanto lo nascondesse, Duncan sapeva di essere capace di amare, il suo errore era stato accantonare quella parte di sé per molto tempo, un ennesimo errore aggiunto alla lista.
Il suo pensiero corse ad Eulalia e a quante poche cose gli avesse detto davvero su di sé.
“Dovrò davvero dirglielo... ma questo potrebbe allontanarla da me e non posso permetterlo. Non più” Pensò Duncan, allontanandosi con in mano lo scatolone con all’interno qualche vestito.
Sapeva il perché non poteva permettersi di allontanarla, ma era ancora difficile per lui ammetterlo, prima credeva fosse solo attrazione, ora era fermamente convinto che non era così.
Forse dirle la verità era giusto, forse un minimo di distanza gli avrebbe fatto bene, perché lui non si spiegava ancora come potesse Eulalia dargli quella pace che lui aveva cercato per anni... in pochi minuti.

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Capitolo 16
*** Vicino alla verità ***


                                                                                     VICINO LA VERITA'

Kevin sedeva su quella panca da quanto? Dieci minuti? Venti? Non sapeva dirlo con sicurezza, ma era abbastanza per temere che Anne non venisse al loro “appuntamento”, eppure Kevin ci aveva fortemente creduto, proprio la mattina ne aveva parlato con Duncan, non appena era tornato lo aveva trovato diverso, era evidente che c’era qualcosa a turbarlo, ma sembrava anche più rilassato e felice del solito, con un sorriso di consapevolezza, Kevin sapeva bene a chi dover attribuire il merito di quel suo cambiamento.
E pareva che proprio quella persona, Eulalia, avesse preso pianta stabile in casa loro per un po’, Kevin non si diceva infastidito, ma sperava solo di non dover essere testimone di effusioni da parte di quei due ogni santo giorno.
                    
<< Ciao>> un tono di voce allegro e sorpreso gli giunse da dietro e il ragazzo lo riconobbe subito. Si alzò, girandosi per guardare la ragazzetta che lo guardava con un sorriso di puro stupore. Indossava dei semplici jeans e un cappotto nero lungo fin alle gambe, i capelli mori erano sciolti e la frangetta sempre disordinata come Kevin la ricordava dall’ultima volta.
<< Credevo non saresti venuto.>>
A Kevin venne da ridacchiare, al pensiero che quello era stato il suo timore fino a pochi minuti prima.  
<< Io in realtà sono qui da venti minuti buoni, sono stato puntuale>> Kevin vide un leggero rossore colorarle le guance. 
<< Sì b’è io ero indecisa se venire o no, pensavo che non saresti venuto e mi sentivo sciocca a venire, poi però pensavo “se viene?” così mi sono sbrigata e ora eccomi qui.>>
Kevin alzò un sopracciglio e insieme i due scoppiarono a ridere per l’assurdità di quell’incontro, ma entrambi inconsapevolmente felici e sollevati della presenza l’uno dell’altra.
<< B’è io conosco un bar qui vicino, andiamo?>> Anne annuì e insieme si avviarono verso il bar, le strade come sempre affollate e i clacson delle macchine sempre pronti a infastidire li circondavano, ma per la prima volta Kevin se ne accorse appena, immerso nella chiacchierata con Anne e deciso a conoscere la ragazza alla quale aveva strappato un appuntamento.     
<< Vivi da solo?>>                                                                                                            
<< No, abusivamente nella casa di un amico.>>   
<< I tuoi genitori?>> Kevin scrollò le spalle, come per liquidare la domanda.                  
<< Sto meglio con lui, i miei sono sempre stati fissati con le regole e altra roba, io sono l’esatto contrario e entravamo spesso in collisione, mentre ora posso essere ciò che voglio.>>
Anne sorrise annuendo come fosse d’accordo con la sua decisione, Kevin non ne era sicuro, ma qualcosa nella sua reazione gli lasciava credere che per qualche strano motivo lei riuscisse a capirlo più di quanto volesse dare a vedere.                                                   
<< E tu?>>                                                                                                                 
<< Neanche io stavo bene con i miei genitori per vari motivi... e io invece voglio godermi la vita, sono qui perché c’è il mio migliore amico d’infanzia e volevo rivederlo.>>
Kevin sapeva che c’era dell’altro dietro, ma era troppo presto per chiedere, così restò in silenzio. 
<< Ah... e dove dormi?>>  
Kevin si immaginò a chiedere a Duncan di poter ospitare Anne per qualche giorno, una completa sconosciuta, poteva immaginarsi Duncan scuotere la testa e guardarlo storto e per di più Anne col suo carattere allegro avrebbe sicuramente fatto uscire di testa Duncan.        
<< Da mio nonno, che è più che felice di avermi in casa con lui>> Anne sorrise e insieme entrarono nel piccolo bar, vi trovarono poche persone sedute sui piccoli tavolini e Kevin ne fu lieto, i posti affollati non gli erano mai piaciuti troppo, strano a dirsi per un ragazzo di New York.                  
Il piccolo e accogliente bar aveva un bancone e dietro il vetro si potevano vedere gli invitanti cornetti, ciambelle e pasticcini, mentre di fianco e un poco separati si vedevano tramezzini e panini di ogni tipo, il tutto era talmente invitante che a Kevin venne l’acquolina e lo stesso poteva dire di Anne, che guardava con occhi luccicanti il cibo davanti a sé.   
<< Cosa prendi?>>                                                                                                             
<< Un cornetto, prendo sempre il dolce se devo scegliere>> Kevin annuì avvicinandosi al bancone, prese un cornetto per lei e un panino per sé, fece per prendere il portafoglio ma Anne lo fermò.
<< Il cornetto me lo pago io.>>
Kevin la guardò alzando un sopracciglio.                    
<< Fammi fare la mia parte, io pago, d’altronde non è così che funziona?>> Anne rise divertita, annuendo e lascandolo fare. Non appena gli fu dato loro da mangiare i due si sedettero su una delle tante sedie e posarono il tutto sul piccolo tavolino di fronte a loro. Kevin fece vagare lo sguardo, quel bar gli era sempre piaciuto, per la semplicità, illuminato dalle luci sul soffitto ma anche dalla luce che proveniva dall’enorme vetrata posta sul lato della strada, con su stampato il nome del bar.                                      
Dietro il bancone col cibo si stendevano delle mensole con su poggiate le bottiglie di alcolici e altre varie bottiglie. Kevin riportò lo sguardo su Anne, cogliendo un paio di occhi bruni guardarlo a sua volta.                                             
<< Mi piace questo bar.>> 
<< Anche a me>> rispose semplicemente Kevin, addentando il suo panino, seguito da Anne che cominciò a mangiare golosa il suo cornetto.                                               
Trascorsero un altro paio di ore insieme a chiacchierare e a ridere, Kevin si trovò capace di farla ridere più volte, cosa che lo rese fiero e sicuro di sé. Entrambi scoprirono un poco più dell’altro, di come Kevin si era fatto bocciare in quinto e di come invece Anne fosse sempre stata la migliore della classe.
<< Finirò il quinto quest’anno>> esordì lei con euforia, chiaramente felice di chiudere con il liceo. Kevin la osservò con interesse, dentro di sé si vedeva come Duncan ed Eulalia, era consapevole di avere lo sguardo ammirato e curioso mentre guardava Anne che parlava, lo stesso che Duncan aveva riservato senza accorgersene ad Eulalia.                         
Kevin non aveva mai avuto molte ragazze, non gli era mai sembrata una parte importante nella sua vita, eppure si sorprese nuovamente di come la voglia di conoscere e rivedere Anne crescessero dentro di lui minuto per minuto.
Il pomeriggio passò in un lampo, con uno sbuffo contrariato notò che Anne stava risistemando la sua borsa per alzarsi.            
<< Devo tornare.>>
<< Già anche io>> entrambi si alzarono e uscirono dal piccolo bar, intrapresero una breve camminata verso la stazione delle metro più vicina e nel bel mezzo del caos pomeridiano dell’enorme metropoli nella quale entrambi vivevano, si fermarono per guardarsi negli occhi, entrambi ponevano la medesima domanda senza parlare ad alta voce.                          
<< Okay... io vado>> la sua voce giunse con un moto di delusione alle orecchie del ragazzo, così Kevin fece un respiro profondo guardandola dritto negli occhi.                          
<< Che ne dici se ci rivediamo? Insomma io sono stato bene questo pomeriggio>> lei sorrise, un sorriso pieno di sollievo e soddisfazione, forse verso se stessa per l’essere riuscita ad ottenere un ulteriore appuntamento.   
<< Sì, decidi te il posto questa volta.>>                        
<< Niente numero di telefono?>>     
<< Prometti di non diventare uno stalker?>>
Kevin si accigliò appena, mentre qualche passante prestava appena loro attenzione.
<< Sì, lo prometto.>>                
<< Non mi chiamerai nel cuore della notte, ne invierai messaggi ogni minuto?>> la piccola paranoia per gli stalker di Anne lo fece ridere, ma per rassicurarla gli promise tutto ciò che lei voleva, si sentiva come sul punto di superare un test improvviso. Alla fine, con un immenso sorriso di soddisfazione Anne dette il suo numero a Kevin, che lo segnò con non poca soddisfazione sul cellulare.
<< Bene, allora a presto.>>   
<< A presto>> Anne lo salutò prendendo a scendere le scale della metro quasi salterellando, Kevin rise sommessamente e mentre tornava a casa si poteva ben notare il sorriso da ebete che aveva stampato in viso.

 

Eulalia era appena uscita da casa di Duncan, si sentiva ancora leggermente irritata dalla piccola discussione insorta pochi minuti prima nel salone, sarebbe voluta tornare da Duncan e mettere le cose in chiaro, ma lui era dovuto uscire per andare dalla madre, ed Eulalia non si era permessa di impedirglielo, non lo avrebbe mai fatto.                                     
Mentre camminava per le strade il vento le mandava davanti il viso i lunghi capelli rossi, facendola sbuffare più volte infastidita. Con una mano tentava invano di risistemarli, si scontrò contro il petto di qualcuno rischiando di cadere.
Un braccio muscoloso le circondò la schiena impedendole la disastrosa e umiliante caduta.                                              
<< Mi dispiace, scusi>> iniziò lei scusandosi, ma non appena alzò gli occhi si ritrovò ad osservare un viso conosciuto e due occhi castani che l’avevano già guardata.      
<< Ciao>> esordì il ragazzo con un mezzo sorriso sulle labbra.    
<< Manuel, ciao scusa io... non ti ho visto.>>                   
<< Fa niente.>>
Eulalia sorrise appena, sentiva ancora il braccio di lui allacciato dietro la sua schiena e con un poco di imbarazzo per la loro vicinanza, fece per allontanarsi senza dare a vedere il suo disagio.  
<< Come mai nelle parti di Greenwich Village?>> chiese infine lui, senza smettere di guardarla. Con indosso un giacchetto nero dall’apparenza pesante e dei semplici jeans scuri si presentava come il perfetto ragazzo della porta accanto, i capelli biondo sabbia mossi dal vento e la carnagione scura, sembrava fosse stato da poco al mare. Gli occhi di quel castano luminoso che Eulalia ricordava l’avevano guardata con gratitudine nel bar dove aveva rischiato di spaccarsi la testa, eppure era più alto di come lei lo ricordava. Ma decisamente un bel ragazzo, non si era mai soffermata nel guardarlo bene.  
<< Faccio un giro, te?>>                                                                                          
<< Lo stesso, ti va di fare un giro insieme?>> chiese lui con una nota di speranza nella voce, Eulalia rimase sorpresa da quella proposta, ma con un’alzata di spalle annuì sorridendo, vide Manuel tirare un piccolo sospiro e la ragazza non poteva dirlo con certezza, ma sembrava contento della sua risposta positiva.                                                  
Presero a camminare insieme, fermandosi davanti vari negozi che ad Eulalia non interessavano davvero.                       
<< Dimmi dove vuoi andare>> la ragazza lo guardò sorpresa.                                     
<< Come?>> si allontanò dalla vetrina che stava fingendo di guardare con interesse, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita.    
<< Lo vedo che non sei interessata, dove vuoi andare?>> Eulalia sorrise appena, palesemente sorpresa di come Manuel, che conosceva appena, avesse capito il suo disinteresse in così poco tempo.                                          
<< Ero diretta in libreria, voglio comprarmi qualcosa da leggere.>>
Manuel annuì offrendole il braccio, solo dopo un momento di esitazione Eulalia strinse il suo braccio, potevano sembrare due vecchi amici a braccetto eppure si conoscevano a malapena.   
Mentre si dirigevano verso la libreria più vicina si ritrovarono a parlare di vari argomenti, Eulalia si ritenne molto sorpresa della semplicità con cui stavano dialogando, forse stava davvero imparando a lasciarsi andare.
<< Vivi da sola?>> la ragazza si irrigidì appena, sì si era sciolta, ma non era ancora pronta a dare informazioni su di sé.    
<< No>> disse solo, con tono basso.                                                                      
<< Io nemmeno, ho una tremenda sorella maggiorenne come tutore.>>                         
<< I tuoi genitori?>>                                                                                         
<< Hanno finalmente deciso che eravamo abbastanza grandi da vivere da soli, il che per una madre protettiva come la mia è un gran passo.>>
Eulalia ridacchiò appena, pensando a come grazie alla vena protettiva di Catarina, sapesse bene quanto potesse essere fastidioso.     
<< Ma tu sei di qui?>> il sorriso che le rivolse lui dopo quella domanda la fece arrossire.   
<< Tecnicamente sì, ma mia madre è spagnola, anche se io sono nato qui.>>
Eulalia dopo quell'informazione riuscì a dare un motivo a quel bel colorito d’orato della pelle del ragazzo.                                                          
<< Senti Eulalia, io volevo dirti una cosa>> il tono serio che il ragazzo assunse le fece rallentare il passo, cosa c’era adesso?.         
<< Hai presente il modo in cui mi hai conosciuto? Ti prego dimenticatene, io non sono quello stronzo che hai visto in quel lurido bar.>> 
“Si sta davvero scusando? E perché?”
Si chiese lei confusa, aggrottando appena le sopracciglia, nello sguardo di lui leggeva la sincerità di quelle parole e una nota di colpevolezza e le sue domande sparirono, davanti la curiosità di sapere il motivo di tali scuse.                                                           
<< Speravo di incontrarti un giorno di questi o a scuola, davvero il modo in cui mi hai visto è uno dei peggiori e...>>             
<< Ma non devi scusarti con me, non ne hai motivo>> lo interruppe lei.                       
<< Vedi vorrei conoscerti Eulalia e non vorrei che il primo ricordo che ti ritorna quando mi guardi, sia quello del bar>> la ragazza rise appena, sorpresa e lusingata che lui, anche non conoscendola, cercasse di riparare a quel pomeriggio. 
<< Non ci avevo nemmeno minimamente pensato, davvero>> Manuel sorrise, un sorriso genuino e sollevato, mentre le riprendeva il braccio col suo e si fermava davanti l’entrata della libreria. 
<< Menomale allora, faremo conoscenza?>>                                                          
<< Non è quello che stiamo facendo?>> rispose la ragazza allegra, e in quel preciso momento aveva dimenticato la litigata con Duncan e l’angoscia nel sapere che avrebbe dovuto riaffrontarlo dopo. Manuel sorrise, le fossette che si crearono sulle guance al suo sorriso lo resero stranamente tenero davanti gli occhi della ragazza, che lo trascinò all’interno della libreria puntando verso i romanzi che più le piacevano.
Si fermò davanti la sezione del romantico e senza pensarci su, puntò ai libri di Nicolas Sparks, la sua ovvia inclinazione al romanticismo non era mai stata un segreto.                                
Si inginocchiò tra i tanti libri lì presenti, ne prese uno dalla copertina arancione, “La scelta”, uno dei pochi che non aveva ancora letto. Si mise a leggere la trama, sotto lo sguardo curioso di Manuel, che fingeva di guardare gli altri libri presenti e non lei.       
<< Ti piacciono i libri romantici?>>
Eulalia alzò lo sguardo su di lui.                          
<< B’è a me piacciono i libri di ogni genere... anche il fantasy, ma il romantico mi affascina, i libri di Nicolas Sparks mi piacciono proprio perché sono veri, tutto ciò che scrive potrebbe accadere anche a me un giorno>> fece una piccola pausa, mentre la sua mente viaggiava inconsapevolmente a Duncan.
<< Oddio... non che tutto ciò che scrive voglio che mi capiti, dato che non sempre nei suoi libri finisce “e vissero felici e contenti”, ma è proprio per questo che è vero.>>
Manuel la ascoltava con un piccolo sorriso e l’espressione quasi concentrata, Eulalia si sentì arrossire, immaginandosi quanto doveva annoiarlo con i suoi discorsi.                            
<< Hai ragione, di cosa parla questo libro?>> Eulalia gli lesse la trama, sorpresa davanti la sua curiosità ma lusingata del fatto che Manuel si lasciasse coinvolgere da lei in tal modo.
<< Sembra intrigante.>>            
<< Lo dici solo per farmi contenta.>>
Manuel ridacchiò, scuotendo appena la testa.     
<< No, insomma io non sono il tipo che legge molto, ma per chi piace il genere suppongo sia intrigante.>>                        
<< Infatti lo comprerò>> sentenziò fiera Eulalia, con come obbiettivo il tornare a casa per sedersi sul divano e immegersi nella lettura. Pagò il libro dopo aver rifiutato la generosa proposta di Manuel di pagarglielo lui e uscirono di fuori, con una fugace occhiata al cellulare notò che cominciava a farsi tardi.                                                                  
<< Io ora devo tornare>> Manuel si girò verso di lei, grattandosi dietro la testa, e in quel semplice gesto Eulalia rivide Duncan, si ricordò con una nota di tristezza, che non appena in casa del ragazzo, non avrebbe potuto mettersi subito a leggere.            
<< Allora... ci rivediamo?>>                                                                                 
<< Sì, perché no.>>
<< Dove ti trovo?>>
Eulalia ci pensò su, non c’era un posto che lei frequentasse spesso, così decise di dargli il suo numero di cellulare e lui fece lo stesso, forse era una sua impressione, eppure Manuel sembrava davvero entusiasta del aver ricevuto il suo numero dopo un solo pomeriggio.                             
<< Allora se ti messaggio per farci un giro un giorno di questi, non ti da fastidio?>> la leggera insicurezza di Manuel la fece sorridere, non se lo sarebbe mai aspettato tanto impacciato, non ne dava per niente l’impressione.                                                   
<< No, ora però devo davvero andare, alla prossima>> Eulalia lo salutò velocemente per poi avviarsi verso casa di Duncan.     
Una volta davanti il portone tirò fuori le chiavi ed entrò, si ritrovò a pensare quanto fosse strano che una ragazza con le chiavi di casa di un ragazzo non sapesse bene ancora come definirsi, ed era proprio su questo punto che erano finiti per litigare. Ridicolo se pensava a con quanta facilità avevano passato quella situazione i giorni prima.                         
Una volta dentro percorse lentamente il corridoio, ritrovò nel salone una figura nera seduta curva sul divano con la testa tra le mani. Duncan sembrava sfinito, ad Eulalia si strinse il cuore nel vederlo in tali condizioni, la litigata era completamente scomparsa, e mentre lui alzava i suoi occhi neri su di lei, tutto sembrava essere scomparso davanti l’infinita stanchezza e malinconia che vi leggeva dentro. 
<< Ei>> Eulalia posò la busta a terra, avvicinandosi a lui.                                            
<< Suppongo che ora dovremmo discutere di stamattina.>>
Eulalia si strinse nelle spalle, rimanendo in piedi davanti a lui, in quel momento discutere era l’ultima cosa che voleva fare.
<< Tu vuoi?>>      
<< No... non adesso>> Duncan poggiò il capo all’indietro sul divano, respirando affondo. Eulalia sentì dietro di sé dei piccoli mugolii sofferenti, girandosi vide Estel avvicinarsi a loro nel tentativo di attirare l’attenzione di qualcuno.
Era da poco tornata dal veterinario e sembrava essere in perfetta forma, Eulalia la grattò sulla testa, ed Estel rispose scodinzolando e abbaiando estasiata da quelle carezze.                     
<< Vuole uscire>> a quelle due semplici parole Estel saltò con le zampe avanti sul divano, abbaiò un paio di volte ma non ricevendo alcuna risposta dal padrone prese a leccargli le mani, Duncan la spinse via con una mano.        
Estel assunse l’espressione da cane bastonato, sembrava quasi che dicesse – come puoi ignorarmi così?- con uno sbuffo saltò sul divano, cominciando a leccare Duncan su tutto il viso.
<< Ferma! Che schifo, okay usciamo!>> con l’ombra di un sorriso sulle labbra, spostò la testa del cane da davanti a sé per potersi alzare, davanti la reazione giocosa e un poco allegra del padrone, Estel sembrò fiera di se stessa, visto che camminò verso la porta d’ingresso trotterellando con la coda scodinzolante. Duncan si passò una mano tra i capelli scompigliandoli, poi la guardò.                       
<< La faccio uscire, poi torno.>>                                                                             
<< Io occuperò il tuo divano per un po’ mentre sei fuori.>>
Duncan lanciò un occhiata alla busta che lei aveva lasciato cadere, poi con un sorriso tirato si diresse verso Estel, che gli saltò con le zampe sulle ginocchia lasciandosi mettere al collo il guinzaglio senza fare storie, anzi, sembrava non vedere l’ora.  
Una volta usciti Eulalia raccolse la busta, prendendo il suo libro e sdraiandosi sul divano, un sorriso le affiorò spontaneo nel aver notato poco prima che Duncan portava al collo le piastrine che lei le aveva regalato a natale. Poco dopo Eulalia era arrivata già al capitolo sette, si era ritrovata –come sempre quando leggeva- a fantasticare su come la storia tra Travis e Gabby si sarebbe svolta, nonostante avesse il libro tra le mani non riusciva a impedire alla sua mente di viaggiare, si ritrovò a ridere varie volte o a farsi domande e opinioni personali sui personaggi.
Il flusso di considerazioni personali fu interrotto dallo sbattere della porta e dall’entrata di Kevin in salotto, a malincuore Eulalia spostò gli occhi dalle pagine del libro e li puntò in un paio di occhi azzurri e felici.       
<< Kevin dov’eri? E’ un po’ che non ti vedo.>>
<< Ad un appuntamento.>>
Eulalia sorrise appena sorpresa, posando il libro sul divano con l’evidente espressione di chi vuole sapere tutto, con uno sbuffo consapevole di ciò che doveva fare, Kevin si sedette al suo fianco, cominciando a raccontargli tutto il suo pomeriggio.                                         
<< E quando hai intenzione di rivederla?>>       
<< Non lo so, io proporrei pure domani... ma, non sembra troppo frettoloso?>> Eulalia ridacchiò.                 
<< Fa passare almeno un giorno, stasera o domani scrivile, altrimenti penserà che non ti interessa la cosa>> Kevin alzò un sopracciglio, guardandola con confusione e stupore.    
<< Ma mi sono mostrato molto interessato!>>                                                               
<< Sì ma... a noi ragazze piace che il ragazzo continui a corteggiarci per un po’, e ora che hai il suo numero scrivigli tu per primo, farai bella figura, d’altronde è anche quello che sicuramente lei si aspetta e spera.>>         
<< Come lo sai scusa?>> chiese curioso Kevin, Eulalia rise indicandosi, nel voler sottolineare che era una ragazza, ed era proprio ciò che avrebbE voluto lei, tralasciando il fatto che Duncan aveva abusivamente rubato il suo numero da Kevin e che lo aveva usato solo per una chiamata.                                                                                                         
<< Ah giusto... sei una ragazza.>>                                                                                         
<< Ottima osservazione genio.>>
Kevin le lanciò un’occhiataccia, per poi posare gli occhi sul libro che stava leggendo poco prima.
<< Ti ho interrotto?>> Eulalia alzò le spalle con noncuranza.                                               
<< Senti... sai cosa è successo a Duncan?>>                                                                      
<< B’è tu sei la sua ragazza, se non lo sai tu...>>
Eulalia storse appena la bocca alla parola ragazza, quel maledetto punto non era ancora stato chiarito, eppure una vocina nella sua testa le diceva che presto lo sarebbe stato.

 

 Catarina sedeva nel suo piccolo studio, non appena sentì il telefono squillare rispose, sentendo quella voce femminile e famigliare che ormai le mancava.                            
<< Eulalia, quando torni qui?>> uno sbuffo seguì alla donna dopo la risposta della ragazza, eppure nonostante la vena protettiva che sentiva, non riusciva a negarle ciò che voleva.    
<< Va bene, sta attenta cara e torna presto>> dopo poche piccole chiacchierate la comunicazione fu interrotta, Catarina poggiò con un sospiro la schiena allo schienale della sua poltrona, ricordava ancora la sua piccola Eulalia mentre cresceva, l’aveva vista nelle sue più complete sfaccettature, aveva visto tutte le sue delusioni e nella sua mente era scolpito con orrore il giorno nel quale era tornata con il sangue colante lungo il braccio, piangendo e urlando, Catarina si era sentita il cuore smettere di battere e il respiro mancarle, non aveva più permesso a nessuna famiglia di prendere in custodia Eulalia, non dopo quello che le era stato fatto.  
Ma non avrebbe potuto tenerla sotto la sua ala protettiva per tutta la vita, che le piacesse o no la piccola bambina dai capelli rossi che tanto amava stava crescendo, si stava facendo adulta, presto sarebbe anche diventata una donna, una bella donna, forte e fragile al tempo stesso. Catarina non aveva dubbi sul fatto che sarebbe stata una buona donna, e forse chissà, un giorno persino madre di una famiglia tutta sua. Per questo la suora si stava accorgendo che la sua piccola Eulalia stava sgusciando via e quella volta non poteva fare niente per impedirlo.
Ma prima dei suoi vent'anni, sapeva che avrebbe dovuto rivelarle una verità a lei completamente oscura.

 

 
Eulalia sedeva sul divano, Duncan era tornato ma si era subito messo a dormire, la ragazza lo vedeva più stanco del solito e non se la sentiva di costringerlo nel parlare. Era sdraiata lì con Kevin e guardava un film, non lo stava minimamente seguendo dato che la sua mente viaggiava e non le permetteva di concentrarsi. Improvvisamente sentì il telefono tremare, doveva essere arrivato un messaggio.

-Scusa se disturbo, ma le vacanze di natale stanno finendo e ho una materia da recuperare, mi sono scordato di chiedertelo, ma quanto hai a matematica?.

Eulalia sorrise appena, rispondendo subito al messaggio di Manuel.

- Me la cavo.

Solo dopo cinque minuti ricevette la risposta, la ragazza allungò appena la testa verso la direzione della camera di Duncan, prima di rispondere.

- Saresti disposta a dare lezioni a un povero incapace? Solo per questi giorni, sempre se non hai già i tuoi impegni.

Eulalia accettò e con un altro paio di messaggi scambiati decisero dove vedersi e quando per ripassare insieme, era finita a fare da insegnante a ben due ragazzi, incredibile, l’anno prima non si era quasi azzardata a parlare con nessuno.                               
Manuel in un primo momento le era sembrato un ragazzo come molti altri, ma era la sua seconda supposizione sbagliata, anche Duncan le era sembrato subito un bullo senza scrupoli, e ora si ritrovava a vedere ogni giorno un ragazzo distrutto dentro, ma capace di amare, forse non ne era pienamente a conoscenza, ma Duncan doveva saper dare amore come pochi uomini potevano saper fare, non aveva che bisogno di qualcuno con cui dare inizio a questa parte meravigliosa di sé, ed Eulalia sperava di essere lei la ragazza giusta, e dato che ora ne era quasi certa, sperava di riuscire a durare.

 

 

Duncan si riprese dal suo sonno, alzandosi verso il tardo pomeriggio, trovò Eulalia nel suo salone seduta sul divano a leggere, mentre Kevin doveva essere nella sua stanza.
<< Ben svegliato.>>
<< Mh>> di li a pochi giorni nella mente di Duncan giravano solo i pensieri sulla sua famiglia, non sapeva come parlarne ad Eulalia, come rivelargli tutto e sperare che lei non scappasse a gambe levate, eppure avrebbe dovuto farlo presto, il tempo stringeva ed era contato.
Le si avvicinò, osservando il libro che leggeva. Alzò un sopracciglio nero.                    
<< Libro romantico?>> la vena della sua voce non era molto entusiasta.   
Eulalia spostò il libro da davanti il suo viso, per puntare i suoi occhi azzurri sul ragazzo. 
<< Pensavo che avessi compreso la mia vena romantica.>>                    
“Oh sì, fin troppo.”                                                                                              
Pensò con ironia Duncan, ricordando la serata sul cornicione del tetto. Eulalia gli rivolse un dolce quanto sincero sorriso, come lo avesse letto nella mente. Ecco, quello era il momento, sarebbe stato l’attimo perfetto per verificare la veridicità di tutta la loro storia, lei si era fermata per un poco in casa sua, aveva dormito nella stanza accanto alla sua, si era mossa per il salone e si era fatta la doccia nel suo bagno, lo guardava, si baciavano e toccavano come solo due ragazzi attratti l’uno dall’altra in tutto e per tutto potevano fare, e lei, gli rivolgeva sorrisi come quello, pieni di amore e sincerità.
Duncan non vi era abituato, solo la sorella lo aveva guardato in tal modo e trovava meravigliosa quell’espressione sul volto di Eulalia.
Sarebbe stato il momento perfetto per vedere se tutto ciò non sarebbe scomparso con la verità su di lui che tornava a galla, ma non si sentiva ancora in grado, così restò in silenzio, tanto vicino alla verità da odiarla.
Era fermo a guardarla fino a che il cellulare non prese a squillargli.                 
”Al diavolo tutti! Non voglio sentire nessuno, soprattutto Alan.”                             
Ma la suoneria riprese, incessante fino all’ultimo squillo, così con uno sbuffo e uno sguardo irritato, Duncan prese il cellulare dalla tasca rispondendo.                                         
<< Chi è?!>> non si era nemmeno degnato di guardare chi fosse sullo schermo e il suo tono era eccessivamente brusco. Ma tutto cambiò in un istante quando sentì colui che parlava dall’altra parte della cornetta, dargli una notizia sconvolgente, una notizia che sperava di sentire da ben quattro anni.

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Capitolo 17
*** Notizie attese da tempo ***



                                                                  NOTIZIE ATTESE DA TEMPO  

Eulalia rimase ferma sul divano col libro poggiato sulle gambe, osservava Duncan con curiosità e preoccupazione.
Sembrava essere diventato un fantasma, la sua pelle solitamente scura era pallida, i suoi occhi sbarrati e la bocca aperta, era l'espressione di qualcuno completamente sconvolto. Non seppe nemmeno lei perché ma improvvisamente Eulalia pensò alla madre di Duncan, le era forse successo qualcosa?.
<< Arrivo il prima possibile>> sussurrò per poi chiudere il telefono e lasciarlo cadere a terra.
Eulalia si alzò dal divano avvicinandosi.
<< Duncan tutto bene?>>
Lui girò lo sguardo verso di lei, quasi si fosse dimenticato della sua presenza in quella stanza, la guardava come fosse un'apparizione.
<< Duncan...>> non fece in tempo a finire la frase che lui si mosse, prese il suo giubbotto e un paio di chiavi.
<< Devo andare Eulalia, ora non ho tempo di spiegare>> non le disse altro e quelle poche parole quasi risultarono ostili. Senza degnarla di un secondo sguardo si avviò verso l'uscita e l'ultima cosa che la ragazza sentì fu il rumore della porta che si chiudeva.
Rimase ferma per qualche secondo, sospirando e tentando di calmare la preoccupazione. Certo non poteva non dirsi un poco infastidita, quella fuga per cosa? Se fosse successo qualcosa alla madre era certa che Duncan glielo avrebbe almeno accennato.
Non poteva di certo mettersi a seguirlo dato che era certa lui avesse preso la moto, ma in ogni caso non lo avrebbe fatto, senza alcuna opzione si sedette sul divano, ma la voglia di leggere le era ormai completamente sparita.
Kevin la raggiunse in quel momento, gli occhi socchiusi dal sonno e i capelli scompigliati, segno che doveva essersi di nuovo addormentato.
<< Ei>> la salutò con voce impastata, sedendosi accanto a lei e guardandosi intorno con gli occhi, doveva essere alla ricerca di Duncan.
<< Dov'è?>>
Eulalia si dipinse sul volto un'espressione che andava a dire, "non ne ho la più pallida idea".
<< Ha ricevuto una chiamata ed è corso via sconvolto.>>
Kevin parve irrigidirsi, si passò una mano sul viso nel tentativo di svegliarsi.
<< Qualcosa che ha a che fare con la madre?>>
Eulalia scosse nuovamente la testa per fargli capire che non ne aveva la più pallida idea. Kevin sospirò sonoramente.
<< Quell'idiota, sparisce lasciandoci qui a morderci le unghie dall'ansia!>>
Eulalia capiva la sua preoccupazione, erano i suoi stessi sentimenti. Eppure anche quell'occasione serviva a farle capire quanto poco conoscesse su Duncan, lei poteva pensare solo alla madre che era in coma, forse le era successo qualcosa... ma era il massimo della supposizione che poteva fare, di certo bastava a farle crescere qual fastidioso nodo allo stomaco, che pareva serrarlo fino a farle male fisicamente.
Ma non poteva pensare ad altro, forse era una cosa ancor più grave, ma cosa?.
Kevin sembrava seriamente in pena per il suo amico e non era di certo un bel segno, quel ragazzo solitamente era sempre allegro, o almeno di buon umore la maggior parte del tempo, cos'era della vita di Duncan che poteva metterlo tanto sull'attenti?.
<< Kevin cosa potrebbe essere successo?>> chiese lei preoccupata, ormai divorata dai dubbi e per niente intenzionata a restarne succube.
Lui si girò verso di lei scrutandola con i suoi occhi azzurri e stranamente confusi.
<< Non lo so, probabilmente qualcosa con la madre... tu lo sai no?>>
<< Sì che è in coma.>>
Sentiva dentro di sé che Kevin non le stava dicendo tutto, ma non poteva prendersela con lui, d'altronde quelli erano argomenti che andavano chiariti tra lei e Duncan, implicare anche Kevin non sarebbe servito a niente.
E così con l'ansia e la preoccupazione a riempirle il cuore, Eulalia cadde preda dei suoi dubbi, sperando che Duncan fosse in casa il prima possibile.

 

 
Duncan sfrecciava sulla sua moto, per lui fermarsi ad ogni semaforo, davanti il traffico o a qualche idiota che rallentava era una tortura, se la strada fosse stata priva di regole non lo si avrebbe nemmeno visto passare tanto veloce avrebbe sfrecciato.
Il suo cuore sembrava scoppiare di mille emozioni, non riusciva a comprenderne una che subito ve ne si aggiungeva un'ulteriore, era troppo per un solo cuore, per quanto forte potesse essere.
Aveva dovuto lasciare Eulalia lì in balia di dubbi, lo stesso aveva fatto con Kevin ma non se ne dava una colpa né vi ragionava troppo sopra, aveva aspettato quattro anni cazzo, un secondo in più gli sembrava infinito e impossibile da sopportare.
New York non gli era mai sembrata tanto grande, sfrecciava per i quartieri, puntava ad arrivare nel quartiere residenziale di Inwood entro il minor tempo possibile. Non sapeva cosa avrebbe fatto una volta arrivato, cosa avrebbe detto e se le sue gambe avrebbero retto, ma nessun Dio o persona in quel momento lo avrebbero fermato, erano le notizie che attendeva da tempo, un tempo che sembrava essere stato lungo una vita intera.

 

 
Eulalia sedeva sulla sedia della cucina di Duncan, ormai si era quasi fatta sera e la preoccupazione non accennava a scendere, come avrebbe potuto? In un momento di ansia era andata all'ospedale in cui si trovava la madre, non era entrata perché non ne sentiva il diritto, ma aveva chiesto a qualche infermiera se Duncan si fosse fatto vedere, tutte le avevano risposto che no, lui non era passato di lì una seconda volta.
Eulalia era tornata a casa e ora sedeva lì, Estel sembrava percepire la sua preoccupazione, le si era accucciata davanti e la guardava col musone ingrugnato ma dolce, i suoi occhi fin troppo espressivi sembravano dirle, -Dimmi, cosa ti affligge?-.
Eulalia sorrise appena, cominciando ad accarezzarla su tutto il muso e giocando con le sue orecchie, Estel parve sorride e prese a scodinzolare vivacemente, cominciando a leccarle tutte le mani. In un primo momento Eulalia assunse una faccia schifata, poi continuò a giocherellare con la cagnolona, che felicissima di ricevere attenzioni alzò la zampa, posandola sul suo braccio quasi ad impedirle di smettere.
La ragazza rise ed Estel abbaiò, sembrava fiera di essere riuscita a farla rallegrale e dopo aver compiuto la sua missione si allontanò scodinzolando verso la sua cuccia, nella quale teneva il suo pupazzo preferito, ormai in parte distrutto.
Eulalia la guardò allontanarsi con un leggero sorriso sulle labbra, subito la preoccupazione riprese il sopravvento e nello stesso istante il telefono prese a squillare, non guardò chi fosse, ma dalla voce lo riconobbe immediatamente.
<< Duncan! Dove sei? Cosa è successo?>>
Non riusciva a dare un freno alle sue domande, ma in parte neanche lo voleva.
<< Sto bene Eulalia, sono dovuto correre via per motivi... personali.>>
<< E non puoi dirmeli?>> la delusione nel suo tono era facilmente udibile, non poteva restare all'oscuro della sua vita, non voleva.
<< Non sono cose che posso dirti per telefono, rientro tra circa due giorni, spero.>>
Eulalia sospirò, per poi assumere un tono normale, non se la sentiva di costringerlo, non sarebbe stato giusto.
<< Va bene, io... posso restare in casa?>>
<< Me lo chiedi?>>
Eulalia allungò lo sguardo verso Estel, che era tornata davanti a lei, stava seduta e aspettava, con in bocca il pupazzo rappresentante una scimmia e la coda scodinzolante sul pavimento, gli occhioni neri la guardavano e la testa era appena reclina di lato.
<< B'è è casa tua>> mormorò, Duncan parve sospirare ma infine, quasi con tono ovvio le disse che poteva restare, o non le avrebbe dato le chiavi dell'appartamento se non lo avesse voluto.
<< Va bene, ci vediamo quando torni.>>
Si salutarono e la chiamata finì, Eulalia poggiò il cellulare sul tavolo domandandosi se una coppia come loro avrebbe almeno dovuto intrattenere una chiamata più lunga e articolata, si chiedeva se un "ti amo" come saluto finale sarebbe rientrato bene.
Ma era quello il punto, lei lo aveva imposto, nessun ti amo inutile doveva volare tra loro. Certo in caso suo non sarebbe volato inutilmente, perché lei ormai era certa di essersi innamorata di lui, ma non sapeva se poteva dire lo stesso di Duncan, i gesti davano a vedere in tutto e per tutto che la risposta era un chiaro "sì", anche il fatto che lui si fosse confessato per primo... ma sentirselo dire era ciò che accertava il tutto.
Eulalia scosse la testa odiandosi, non poteva farci niente il suo cervello era fatto così, doveva sempre andare alla ricerca di intrighi complicati, come se le emozioni non lo fossero già di loro.
Che fretta aveva? Tutto tra lei e Duncan andava bene, non era vantaggioso né il momento adatto per farsi complessi.
Così rincuorata dell'aver ricevuto sue notizia fece ad Estel segno di aspettare un momento, la cagnolona abbaiò in modo ovattato dal pupazzo come a dire -Resto qui-.
Eulalia inviò un messaggio a Manuel, le loro lezioni sarebbero dovute essere tra quattro giorni, ma se Duncan non tornava lei non aveva niente da fare e nessuna amica da poter andare a trovare.

- Ti dispiace anticipare le lezioni di matematica?.

Dopo avergli scritto si mise il cellulare in tasca alzandosi dalla sedia e avvicinandosi ad Estel, che tutta contenta prese a scodinzolare.
Eulalia le rubò il pupazzo ed Estel prese a saltare e abbaiare per riprenderlo, la ragazza rise e lo lanciò in un punto indefinito della stanza ed Estel gli corse dietro per riprenderlo. Lo spazio non era enorme e per giocare dovevano accontentarsi, Eulalia l'avrebbe volentieri portata fuori ma ormai si era fatta sera e non le sembrava il caso, in più senza ammetterlo non le andava molto di uscire al freddo in quel momento.
Così per quasi una mezz'ora andarono avanti, lei lanciava il pupazzo ed Estel lo riprendeva per poi riportarglielo ed aspettare il giro successivo, Eulalia si era seduta a terra con la schiena poggiata al divano e la cagnolona gli era quasi saltata addosso nel pieno della gioia nell'aver trovato qualcuno come compagno di giochi.
Sentendo il telefono squillare Eulalia la scansò un momento.
<< Estel aspetta un momento>> disse con dolcezza prendendo il telefono.

Manuel ore 19:25.

- Ma certo, dimmi quando.

Eulalia gli rispose immediatamente.

- Domani potresti?.

La risposta si fece attendere solo pochi minuti, nei quali Eulalia aveva rilanciato per l'ennesima volta il pupazzo.

Manuel ore 19:30.

- Sì, ma ti avverto, ci sarà anche mia sorella, so che avevamo optato per il piccolo parchetto con la panchina, ma lei non ha niente da fare e ci importunerà, è un'impicciona e ti classificherà come mia potenziale ragazza e farà domande inopportune. Tu ignorala okay?. (Se in questo momento annulli ti capirò).

Eulalia fece due carezze ad Estel, che dopo aver mugugnato di consenso e averle lasciato qualche bacino di ringraziamento col suo continuo vizio di leccare, prese il suo pupazzo scimmia e corse nella sua cuccia, accucciandosi e prendendo a mordicchiarla procurando ringhi piccoli e bassi.
Eulalia rise leggendo il messaggio e restando seduta per terra.

 - Sopravvivrò, a che ora facciamo?.

P.S. sembra simpatica tua sorella.

Manuel ore 19:34.

- Saresti disponibile la mattina sul tardi? Odio studiare di pomeriggio durante le vacanze.

P.S. Tu non la conosci ancora.

Eulalia sorrise divertita, alzandosi e sedendosi sul divano, prevedeva una mattinata divertente nonostante le ripetizioni che avrebbe dovuto dare di matematica.
Si ritrovò anche a pensare che conoscendo quel ragazzo da solo un giorno era davvero strano che riuscisse a trovarcisi subito bene, il loro piccolo incontro era stato piacevole, lui si era rivelato simpatico e gentile e di certo era una buona compagna, Eulalia si sentiva rilassata mentre gli scriveva e per niente in ansia, come aveva già pensato lui assomigliava alla figura del perfetto e simpatico vicino di casa, col quale scambiare due chiacchiere era sempre piacevole.
In più le uniche persone che conosceva davvero erano Kevin e Duncan, conoscere una persona in più le faceva solo che piacere.

- Vada per la mattina, verso le undici?.

Manuel ore 19:40

- Perfetto, a domani.

Eulalia mise in standby il cellulare, alzandosi e cominciando a preparare la cena. Kevin comparve poco dopo dai meandri della sua camera, certo che soffrire di narcolessia doveva essere fastidioso.
<< Stai cucinando?>>
Eulalia annuì.
<< Va bene la pasta sì?>> gli chiese, ma il suo compagno di banco sembrava sbalordito, le si avvicinò quasi incredulo.
<< Tu cucini di tua spontanea volontà! Sei la migliore coinquilina del mondo! Posso tenerti qui per sempre?>>
Eulalia rise di gusto, legandosi i capelli rossi in una coda alta e continuando a cucinare mentre Kevin apparecchiava ancora estasiato.
Eulalia si sentiva felice, la preoccupazione era scemata nel sentire la voce di Duncan, certo si chiedeva ancora cosa fosse successo ma dal suo tono lui non sembrava stare male.
In ogni caso stare lì, in una cucina che poteva utilizzare a modo suo, con un amico affianco e una cagnolona simpatica a casinara le piaceva. Avrebbe volentieri passato tutti i giorni così, ma senza l'assenza di Duncan che in ogni caso si faceva sentire. Se ci fosse stato lui, quell'attimo sarebbe stato totalmente perfetto, un momento da fotografare con la mente e chiudere nei cassetti dei ricordi.

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Capitolo 18
*** Finalmente riuniti ***


                                                                                     FINALMENTE RIUNITI

Eulalia si preparò alla svelta pronta a raggiungere Manuel per il loro primo incontro di studio, doveva ammettere che si sentiva nervosa, ma forse era anche l'ansia che continuava a provare per Duncan, perché dopo quella chiamata non si era fatto sentire e la ragazza continuava a non sapere cosa pensare.

Ma in quel momento voleva provare a non pensarci e doveva concentrarsi sulla matematica da fare.

Non appena si avvicinò alla camera di Duncan, in quel frangente di tempo occupata da Kevin, lo vide mentre dormiva ancora, così decise di lasciargli un messaggio per avvertirlo per poi avvicinarsi alla porta, in quel momento Estel uscì dalla sua cuccia avvicinandosi a lei con la lingua di fuori e dei mugolii, come le chiedesse di essere portata.

Eulalia ci pensò su ma alla fine dovette dirle di no, doveva studiare. Le accarezzo la testa con la promessa che l’avrebbe fatta uscire nel pomeriggio, la cagnolona parve capire visto che si allontanò di nuovo verso la sua cuccia.
La ragazza sorrise ed uscì, una volta fuori il palazzo l’aria del mattino le accarezzò il viso, nonostante fosse ancora fredda.

Prese a camminare verso il luogo dell’incontro, nella borsa a tracollo che portava con sé aveva tutto il materiale che le serviva, il suo cervello non era molto pronto a riprendere lo studio, ma in materie come la matematica, la fisica e altre era sempre stata brava, non era un genio, ma capiva quanto bastava per poter sempre vantare dei voti alti.

Se c’era una materia nella quale era disastrosa, quella era scienze, lì la sua conoscenza era davvero vergognosa.
Scosse la testa, camminando a passo fermo e deciso, nonostante mancassero ancora pochi minuti alle undici e il luogo non fosse lontano, odiava fare tardi.

Il parchetto nel quale avevano stabilito l’incontro tecnicamente non meritava neanche quell’appellativo, non era un vero parco in sé. Quando una piazzetta tonda con all’interno quattro panchine e qualche albero pieno di foglie.

Si guardò intorno, oltre alla folla e alle macchine non scorse Manuel, così si sedette su una delle quattro panchine e aspettò.
Aveva scelto proprio quella che dava la vista su di un bar. Davanti a lei si stendeva un pezzo della piccola piazzetta, palazzi caratteristi di quella zona e quindi non troppo alti e alcuni di colorito rossiccio, in mattoni.

Nessun albero le bloccava la visuale, poteva ben vedere le vetrine limpide con sopra  l’insegna del bar, al suo interno vi si scorgevano le persone che sedevano su uno dei tanti tavolini, mangiavano e bevevano, altri parlavano e ridevano, signori anziani invece leggevano il giornale. Altri entravano ed uscivano, in compagnia o meno. Scorse di preciso una coppia seduta ad uno dei tavoli del bar, vicino la finestrona in vetro, un uomo ed una donna, intenti nel fissarsi negli occhi e a sorridere come fosse un dolce incontro dopo tanto tempo, entrambi sembravano davvero felici, e quasi si poteva leggere nei loro occhi l’amore che dovevano provare entrambi l’uno per l’altro.

Ognuna di quelle persone aveva una vita, Eulalia non era mai riuscita a spiegarsi il perché, ma le era sempre piaciuto guardare le persone, osservarle per davvero, studiarle. Gli piaceva immaginare la loro vita, la loro famiglia o altro, non perché voleva impicciarsi o fare una specie di stalker maniaca, semplicemente le piaceva osservare e immaginare. Era tutto ciò che aveva sempre fatto nella sua vita.
Un vizio che non perdeva, ma non le dispiaceva, d’altronde non infastidiva nessuno.

<< Ei.>> Eulalia si voltò verso la voce che aveva parlato, ritrovandosi davanti Manuel.

Indossava dei semplici jeans scuri e un poco larghi, con su una felpa blu scolorito, i capelli biondo scuro scompigliati dal vento e gli occhi castani seguivano il sorriso che gli si era creato in volto, Eulalia doveva ammetterlo, era un ragazzo semplice.
<< Da quanto sei qui?>>

<< Non molto, sono arrivata di poco prima di te, è che odio fare tardi.>>

Manuel sorrise e si sedette accanto a lei, solo in quel momento Eulalia vide lo zaino che aveva in spalla.
In lontananza vide arrivare una ragazza, anche lei aveva capelli biondi e lunghi fino alle spalle, anche se molto più chiari di quelli di Manuel, quasi limpidi, un biondo invidiabile. Indossava un giacchetto e anche lei portava i jeans, molto stretti intorno alle gambe. La pelle aveva lo stesso colorito abbronzato di quella di Manuel.

Quando si fermò davanti a loro, Eulalia ci mise un momento per capire che quella era la sorella di Manuel.
Nonostante sapesse che lei era più grande, non dimostrava chissà quanti anni più di lui, forse due o tre.

<< Ciao, io sono Rebecca>> la ragazza sorrise, i suoi occhi castani sprizzavano un’aurea di allegria.
<< Io sono Eulalia, sei la sorella di Manuel giusto?>>

<< Proprio lei! Spero non ti dispiaccia se mi sono unita a voi, è che non avevo niente da fare>> si sedette al fianco di Manuel, occupando così l’ultimo posto rimanente nella panchina.
<< No certo.>>

<< Sì invece>> ribatté prontamente Manuel al seguito di Eulalia, scoccando un’occhiataccia alla sorella, che semplicemente lo ignorò.
<< Mi sono portata da leggere, voi fate con comodo.>>

Rebecca tirò fuori dalla sua borsa un libro, Eulalia non ne era sicura ma doveva essere un romanzo in spagnolo.

La ragazza si mise a leggere, Manuel ed Eulalia tirarono fuori i libri e li poggiarono sulle gambe, dopodiché iniziarono a mettersi d’accordo su cosa ripassare.
Eulalia aveva dato ripetizioni casuali a Kevin, nel tentativo di fargli comprendere qualche piccolo argomento con cui era rimasto indietro. Ma il più delle volte si era ritenuta una missione quasi impossibile, Kevin sembrava farlo apposta a non capire, o semplicemente non gli andava, Eulalia optava più per la seconda.

Invece con Manuel era tutto il contrario, spiegargli argomenti che non aveva capito era quasi un piacere, lui non si limitava solo ad ascoltare e ad annuire, faceva domande, e ogni volta che non capiva chiedeva se poteva rispiegarglielo.

La sorella di Manuel intervenne varie volte, facendo battute e occasionalmente ascoltando la ripetizione di qualche formula matematica, tentando poi a sua volta di rispiegarla.
<< Quanto sei scemo! L’ha detto ora come si fa!>> inveì Rebecca contro il fratello, osservando il quaderno sul quale Manuel stava prendendo appunti.

Il ragazzo alzò un sopracciglio, spintonando appena con la spalla la sorella.

<< Mi sta dando ripetizioni per un motivo!>>
<< Ripetizioni che nemmeno paghi! Se è la tua ragazza capisco... se non lo è, sforzati di capire un minimo no?>> Rebecca alzò lo sguardo su di Eulalia, come a chiederle se fosse o meno la ragazza di suo fratello.

Eulalia stentava un sorriso divertito per non rischiare di ridere di gusto davanti a loro per la scena, ora però, poteva ben osservare il leggero rossore che era andato a crearsi sulle guance di Manuel, non sapeva dire se per la rabbia o l’imbarazzo.

<< Ti ho già detto che non è la mia ragazza, mio dio Rebecca torna a leggere e non rompere le palle a noi!>>
La ragazza borbottò appena, riaprendo il suo libro in spagnolo e tornando a leggere.

Manuel si voltò verso di Eulalia, un leggero cipiglio gli increspava le sopracciglia e sembrava voler proferire delle scuse.

<< E’ fatta così, mette bocca su tutto.>>
Eulalia sorrise, spostandosi una ciocca rossa dietro le spalle.

<< Non fa niente, è divertente.>>
<< Sì, perché oggi si sta controllando. Comunque, dov’eravamo?>>

 

 

 

Duncan sarebbe potuto esplodere a causa di ciò che sentiva dentro, ansia, attesa, impazienza ed una morsa incredibile allo stomaco lo rendevano poco lucido.
Aveva fatto tutto ciò che c’era da fare, aveva firmato documenti per l’affido, per il riconoscimento, per qualsiasi cosa fosse necessaria, ora doveva solo aspettare.

Chiuse gli occhi e inspirò affondo, massaggiandosi il mento. Sotto le dita percepì il pizzicore della barba, non appena fosse tornato a casa si sarebbe dovuto radere, ma in quel momento non gli importava.

Il luogo nel quale si trovava non era affatto male, non si era preso la briga di visitarlo ma dal corridoio che aveva davanti, giungeva alla conclusione che come struttura era ben sistemata. Niente a che vedere con quella di Eulalia.
“ Sto per riportarla a casa... finalmente.”

Quando Duncan rialzò gli occhi verso la fine del corridoio, da una porta che si apriva intravide una figura.

Una ragazzetta magra e bassa, i capelli biondi tagliati corti e lisci come spaghetti, una valigia in mano che doveva essere il doppio di lei. La donna che l’accompagnava le stava parlando, e lei sembrava completamente presa, e allo stesso tempo sperduta.
Quando i suoi occhi marrone chiaro, incrociarono quelli di Duncan, si riempirono di lacrime, divennero rossi in un secondo.

Duncan non se ne accorse nemmeno, ma i suoi piedi si mossero e corse incontro a quella ragazzetta, mentre lei faceva lo stesso.

Non appena le strinse le braccia intorno, l’impatto che ebbe col suo corpo gli tolse il respiro per qualche secondo, ma era una mancanza d’aria felice, bella e rassicurante.
Se la strinse al petto, alzandola da terra e facendole staccare i piedi da terra, mentre la ragazza singhiozzava sul suo petto, stringendosi a lui come fosse l’unica fonte di salvezza nel bel mezzo del mare aperto.

Duncan percepì il suo cuore stringersi in una morsa tale da fargli male. Solo sua sorella lo aveva abbracciato così per tutta la vita, ed erano ben quattro anni che non sentiva più quell’abbraccio.

<< Tenshi>> la ragazza singhiozzò ancora, Duncan le strinse le braccia intorno ancora più forte, temendo che qualcuno potesse riportargliela ancora via.
<< Ti ho trovato...>> era tanto, troppo tempo che Duncan non sentiva la sua stessa voce sporca di vulnerabilità, di speranza e dolore, un dolore buono, paragonabile a quando ci si leva una spina dal piede.

Tenshi alzò i suoi occhi marroni su di lui, intorno alla pupilla vi si trovavano quelle chiazzette di verde scuro che li avevano sempre distinti. Tenshi era identica al padre, dai capelli alla forma del viso, dal colore degli occhi al naso piccolo e regolare, ma nonostante tale somiglianza, Duncan non aveva potuto non amarla dal momento in cui, appena nata, l’aveva presa in braccio senza davvero capacitarsi di chi fosse la piccola, ma lei gli aveva stretto il dito, producendo gorgogli simili ad una risata.

Erano sempre stati uniti, nel mezzo di una famiglia disastrata e sbagliata, loro erano stati l’uno il sostentamento dell’altro, certo Duncan lo era stato di più, per mostrarsi forte davanti agli occhi della sorellina.
Ma Tenshi era sempre stata la piccola bambina che si infilava nella sua stanza e lo faceva ridere, o semplicemente stava con lui.  

<< L’avevi promesso.>>

<< Sì, ci ho messo un po’, scusa>> a nessuno Duncan aveva mai chiesto davvero scusa, uno scusa contrito, pieno di colpe e risentimento.
La sorella sorrise, gli occhi e le guance umidi di lacrime.

Duncan gliele asciugò col pollice, ora qualsiasi cosa avesse dovuto fare per riportarla a casa l’avrebbe fatta. Finalmente si erano riuniti, dopo quattro fottuti anni erano di nuovo insieme.

Parte della sua vita, del suo passato, si era ricostruita.
“ Ora devo solo spiegarlo ad Eulalia.”


ANGOLINO AUTRICE:
Ciao a tutti! Volevo solo dire a chiunque legga la storia, la segua ol altro... che pultroppo ci metterò più tempo ad aggiornare, ero già abbastanza lenta e ora con la scuola e per motivi personali, lo sono il doppio! Uff...
Spero che chiunque di voi legga abbia la pazienza di aspettare un po' :). Un abbraccio a tutti e come sempre un grazie a chi legge la storia, a chi l'ha messa tra le seguite o preferite e ai lettori silenziosi!.
Con me vi ringrazia anche la mia cara amica Rebecca, (Benks00 il suo accaunt) nonché la ragazza con cui mi sono divertita a creare e scrivere questa storia, ci tengo sempre a precisare che i diritti di ciò vanno a tutte e due! Poche cose sono state modificate da me nel riscriverla qui, ma i diritti di tutto vanno sempre a tutte e due, personaggi, inventiva, scene, battute, dialoghi ecc.
Ciao ciao.


 

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Capitolo 19
*** Pronta a sapere. ***


PRONTA A SAPERE.

Eulalia si sentì un poco in imbarazzo mentre Manuel la riaccompagnava a casa, o meglio la casa di Duncan.

Non sapeva bene spiegarsi il motivo, ma era sempre stata una persona introversa, non solo per il fatto dell’orfanotrofio, il suo carattere era così, solitamente non le piaceva mostrare ciò che provava, non in modi estremi ed a sconosciuti. Per ciò tentava in tutti i modi di nascondere il suo imbarazzo decisamente insensato.
<< Allora, posso passare per una brava insegnate?>> chiese Eulalia per rompere il silenzio.
Manuel camminava al suo fianco con le mani in tasca, nell’udire la sua domanda si voltò verso di lei e sorrise.
<< Oh sì, secondo me hai un mestiere in mano, potresti farti pagare per le ripetizioni, altrimenti gli altri ti sfrutteranno.>>
Eulalia sorrise, per poi scoppiare a ridere davanti l’espressione di Manuel, decisamente si era accorto del suo piccolo errore.
<< B’è ecco... non che io ti stia sfruttando, se vuoi che ti paghi per questo...>>
La ragazza scosse la testa, ancora divertita dell’espressione tesa di Manuel, almeno sapeva di non essere l’unica a sentirsi un poco imbarazzata.
<< Certo che no, tranquillo, a me fa piacere darti una mano.>>
<< Va bene, ma davvero, non ti sto sfruttando. Per dimostrartelo accetteresti di fare colazione con me domani? Pago io.>>
Eulalia pensò a tale possibilità, non le dispiaceva per niente passare un’altra mattinata con Manuel, ma non se la sentiva più di tanto, non aveva ancora ricevuto notizie da Duncan e la situazione la preoccupava non poco.
Per quel motivo si trovò a declinare l’offerta, arrossendo un poco e ripetendosi nella mente che era solo per il freddo.
<< Grazie ma non posso, facciamo un’altra mattina?>>
L’espressione di Manuel parve assumere l’aria della lieve delusione, ma un secondo dopo le rivolse un ennesimo sorriso, annuendo appena.
L’aria della mattina non si era per niente riscaldata e sembrava pronta a portare la neve, Eulalia sentiva le ginocchia tremarle mentre camminava, le strade non erano troppo affollate dato che i ragazzi liberi dalla scuola dovevano essere ancora a letto ed essendo passato il giorno di Natale e con esso il periodo dei regali, nessuno correva più alla ricerca di qualche piccolo dono all’ultimo secondo.
Gli addobbi erano ancora presenti e di ciò Eulalia non si infastidiva, le erano sempre piaciuti. Certo essendo in mattinata la maggior parte delle lucine erano spente, ma pur sempre davano armonia ad una città rumorosa.
Una volta davanti il palazzo Eulalia non sapeva se avrebbe dovuto dirgli che era la casa del suo ragazzo o se mentire su di una famiglia... aggrottò le sopracciglia confusa, perché mai avrebbe dovuto dargli spiegazioni?.
Manuel osservava il palazzo ma non sembrava minimamente interessato nel fare domande.
<< Va bene, allora alla prossima>> disse il ragazzo a voce bassa, passandosi una mano tra i capelli biondi e scompigliandoli.
Fu il turno di Eulalia nell’annuire e sorridere, per poi voltarsi e prendere le chiavi dalla tasca, le sembrava ancora così strano avere le chiavi di un palazzo... seppur non era totalmente casa sua, l’azione di poter aprire la porta di un edificio a lei disponibile come tetto non l’aveva mai avuta.
Una volta nel salone posò il giacchetto sull’attacca panni dell’entrata e si diresse verso il salone, di Kevin non vi era traccia, doveva essere uscito con qualche amico.
In compenso a venirle incontro per salutarla con la coda scodinzolante vi fu Estel, che in preda alla felicità si alzò sulle zampe posteriori per poggiare le zampe anteriori sulle gambe di Eulalia. La ragazza rise di gusto prendendo ad accarezzarle la testa, le prese dolcemente le zampe e gliele posò a terra per potersi muovere, beccandosi due belle leccate piene di affetto e bava.
<< Estel>> la rimproverò dolcemente, prendendo poi a guardarsi intorno.
Tutta la situazione generale l’aveva distratta, il Natale era ormai passato e Capodanno sarebbe venuto entro pochi giorni, di Duncan non aveva notizie e non sapeva spiegarsi cosa ci facesse dentro casa sua. Se entro il pomeriggio Duncan non fosse tornato Eulalia si era ripromessa che sarebbe tornata all’orfanotrofio, d’altronde quel momento sarebbe dovuto arrivare prima o poi.

 


Kevin.

Kevin sedeva su di una panchina in attesa dell’arrivo di Anne, si era preparato nella testa diversi discorsi da poter tirare fuori per riempire possibili momenti di silenzi.
Guardò per l’ennesima volta l’ora sul telefono, Anne era in ritardo, doveva essere una caratteristica di quella ragazza. Ma al contrario del loro primo “appuntamento” il ragazzo non si sentiva nervoso né si preoccupava, quando il giorno prima aveva scritto ad Anne erano stati per ore a chattare e inviarsi messaggi, infine Kevin aveva raccolto il coraggio decidendo che voleva assolutamente riuscire con lei.
Anne si era mostrata entusiasta dell’idea ed insieme avevano deciso il luogo e l’ora.
Kevin non sapeva capacitarsene, solitamente non era mai stato un ragazzo che andava dietro alle ragazze e quelle non andavano dietro a lui, non gli interessava più di tanto il pensiero di avere qualcuno a cui pensare, si concentrava più sulla sua libertà e su ciò che gli piaceva fare quando e dove voleva.
Eulalia era stata la prima vera eccezione della sua vita, quando gli si era seduto accanto non aveva trovato altri con cui parlare e lei si era rivelata interessante, fin da subito non gli era dispiaciuto averla come amica, in più poteva vantarsi di essere l’angelo custode che aveva portato amore nella vita dei suoi due amici, se non fosse stato per lui, Duncan ed Eulalia probabilmente non si sarebbero mai incontrati.
Gli piaceva l’idea di aver compiuto un tale gesto in un modo del tutto involontario, ma non sentiva il bisogno di vantarsene con nessuno. Stranamente il destino aveva voluto che incontrasse Anne in uno squallido vagone della metro, decisamente un modo originale per incontrare una persona con la quale poi trovarsi a pieno agio.
Mai nella sua famiglia si era sentito davvero ad agio, non erano cattivi né violenti, avevano saputo crescere il proprio figlio con amore e distrazioni portanti vari errori e discussioni, ma mai Kevin si era sentito all’altezza della sua famiglia.
Quale figlio unico i genitori avevano riposto in lui tutte le speranze che a loro erano state negate, tutte le capacità che loro non avevano avuto o saputo imparare. Ma Kevin sapeva fermamente di essere un ragazzo nel pieno della norma, identico a qualsiasi coetaneo della sua età, a sedici anni aveva rubato la sua prima sigaretta dalla tasca del padre e aveva iniziato a fumare, portando l’ennesima delusione ai suoi genitori. Lui non era il primo della classe e non aveva una capacità precisa al di fuori del normale, il padre aveva smesso di tentare la ricerca e si era allontanato da lui, la madre continuava a sperare in qualcosa che Kevin non sapeva capire, e non sapeva dirsi quale dei due comportamenti lo infastidisse di più.
Poi aveva conosciuto Duncan, di lì tutto era andato per il meglio, compiuti i diciotto anni aveva preso la ferma convinzione di andarsene di casa e di vivere con Duncan, i genitori avevano avuto da ridire ma erano ormai abituati alle mancanze di Kevin ed era stato facile per lui allontanarsi. Da quando era successo si sentiva meglio, come se il peso di ciò che doveva essere si fosse volatilizzato e finalmente fosse libero di essere ciò che voleva. Ciò che era.
Vedeva ancora i suoi genitori e gli voleva sempre bene, come sapeva che loro volevano bene a lui, ma era davvero strano constatare quanto lo stare lontani li aiutasse a sentirsi più vicini.
Il ragazzo si osservò intorno, ormai le persone avevano preso a girare per le strade, le macchine e i taxi si muovevano frenetiche. La sua visuale fu interrotta nel momento in cui vide due palmi posarsi sui suoi occhi e oscurargli il tutto, per un momento si sentì interdetto sul da farsi.
<< Chi sono?>> chiese una voce allegra e ormai conosciuta.
Kevin sorrise appena scuotendo la testa, Anne liberò i suoi occhi alzando i palmi della mano, il ragazzo si girò verso di lei e la vide in piedi e sorridente, le gambe avvolte in jeans larghi e il sopra coperto da un cappotto stretto e non lungo, i capelli mori e scuri pettinati e raccolti in una coda, la frangetta come sempre lasciata alle interperie del vento mattutino.
<< Dove andiamo?>>
Kevin si alzò dalla panchina e le porse il braccio, Anne rise e lo afferrò, da lontano potevano apparire come due amici di vecchia data estremamente intimi.
Un’altra novità era proprio quella, una caratteristica particolare del carattere di Kevin era che se non voleva essere toccato, non doveva essere toccato, non gli era mai piaciuto più di tanto, ma con Anne era del tutto qualcosa di apprezzabile.
<< Facciamo un giro normale? Non sono un tipo con posti di riserva per le ragazze.>>
“Soprattutto costatando che ne ho avute solo due, e che sono durate meno di tre settimane.”
Anne annuì per nulla delusa, i suoi occhi sprizzavano sempre quella particolare nota di allegria.
<< Preferisco così, almeno il tutto si rende più spontaneo, di conseguenza è più vero.>>
Kevin voltò lo sguardo verso il dolce viso di Anne, gli regalò ciò che a pochi aveva regalato, se non a Duncan e ad Eulalia, un sorriso a mezza bocca spontaneo e completamente rilassato, i capelli biondo platino gli si mossero al vento e si sentì in parte estraniato da se stesso.
<< Anne devo chiedertelo, perché nella metro hai accettato di... uscire con me?>>
La ragazza abbassò lo sguardo sui suoi piedi mentre camminavano nel mezzo delle persone, qualche spallata qui e lì da parte di soggetti poco educati.
<< Mi sei parso subito simpatico, sai fin da piccola ho dovuto imparare a decifrare i comportamenti delle persone, il perché di un loro gesto, di una loro frase o di una loro occhiata, e se prima era una necessità, adesso è un’abitudine.>>
Kevin annuiva appena, solo per la necessità di farle sapere che lui la stava ascoltando.
<< E b’è, sto vivendo la mia vita al massimo ora! E quando ti ho incontrato mi sei subito parso simpatico, forse è stato troppo veloce ma non mi dispiaceva per niente rivederti>> la sincerità con cui enunciò tali parole lasciò Kevin a bocca aperta, si sentiva onorato, e di certo era felice che Anne avesse avuto di lui tale impressione.
<< I tuoi genitori vivono qui vicino?>> chiese Kevin con semplicità e curiosità.
<< No, vedi io... mi sono allontanata dalla mia famiglia e dai loro conoscenti, voglio starne fuori.>>
La sua voce era calata di qualche grado e suoi occhi non erano più pieni di gioia, Kevin aveva sentito e visto solo un’altra persona parlare così a proposito della sua famiglia. Sapeva ben riconoscere ormai le persone distrutte, rovinate e piene di fantasmi come Duncan.
Ed Anne era inaspettatamente una di quelle.
<< Oh... b’è cercare la propria libertà è il modo giusto per iniziare>> si tenne sul vago per non rischiare di osare troppo o di tirare fuori discorsi sgraditi.
<< Già e sai cosa, mi piace>> Anne si voltò verso di lui con sguardo deciso. << Prometto che ti dirò tutto, che riempirò tutte le tue domande... però non ho voglia di parlarne ora. Un po’ di mistero fa bene!>>
Aggiunse l’ultima parte con finta estasi, ma Kevin sorrise appena annuendo d’accordo con lei, non era il caso di monopolizzare un pomeriggio del genere.
Risero, risero molto per essere un semplice pomeriggio tra due ragazzi da poco conoscenti. Kevin per tutto il tempo si era sentito felice ma inadeguato, sapeva come far ridere le persone, come farle stare bene. Si era allenato in ciò per aiutare Duncan nei suoi momenti no, l’unica qualità che sapeva dar conto a se stesso era quella di riuscire ad esserci quando gli altri cadevano e si sentivano soli.
Ma in quel frangente si chiedeva come ciò potesse ritornargli utile con una ragazza che indubbiamente gli interessava e piaceva. Non sapeva come doveva davvero comportarsi per fargli notare il suo interesse, e si accorse di aver bisogno di aiuto. Duncan sarebbe dovuto tornare il prima possibile a casa.

 

 

Eulalia.

Aveva preso la decisione di chiamarlo, non riusciva a resistere. Dentro di lei vi era qualcosa che premeva e premeva, una parte della sua testa le suggeriva di non farlo, che il motivo per cui Duncan doveva essere partito non era di certo da sottovalutare o una cosa da nulla.
Ma quella forza che premeva dentro di lei era spinta dalla profonda preoccupazione che non smetteva di attanagliarle lo stomaco, non sapeva che fare, che raccontarsi per auto tranquillizzarsi in qualche modo. Conosceva così poco della vita di Duncan.
Si portò il cellulare all’orecchio e udì i primi tre squilli a vuoto che produsse... al quinto fu tentata di chiudere ma velocemente decise che sarebbe arrivata ad udire prima la segreteria e poi a chiudere del tutto la chiamata. Solo per riprovarci entro la sera.
<< Pronto? Eulalia?>>
La voce calda e roca di Duncan le rispose, la ragazza sorrise istintivamente, solo al settimo squillo... perché le erano sembrati tutti così lunghi e vuoti i sei prima?.
<< Duncan... come stai?>> la sua voce era bassa, ma non si preoccupò di nascondere la sua ansia mista ad una profonda preoccupazione. Un po’ le dispiaceva che lui non l’avesse chiamata, non pretendeva di essere sempre presente nei suoi pensieri ma in una situazione del genere in un certo senso vi sperava.
<< Bene, devo concludere le ultime cose, entro questa sera sarò di ritorno.>>
Sentire quelle parole la fece stare meglio, cominciava a percepire la sgradevole sensazione di sentirsi estranea a tutto, effettivamente molte volte si chiedeva che cosa ci facesse nella casa di Duncan se lui non era presente. Fino a prova contraria non era effettivamente casa sua.
<< Menomale...>> tentennò per soli cinque secondi << Mi... mi spiegherai cosa è successo?>>
Dall’altra parte della cornetta vi fu il silenzio, ed Eulalia temette di aver posto la domanda sbagliata nel momento sbagliato. Eppure quale altro momento non  sarebbe stato ottimo per una tale domanda se non quello?.
<< Al mio ritorno ti spiegherò Eulalia, te lo prometto.>>
La ragazza sorrise appena, non dubitava che la promessa sarebbe stata mantenuta. In qualche modo Duncan le avrebbe spiegato, in caso contrario lei si sarebbe imposta per delle risposte. Era pronta a scoprire tutto ciò che vi fosse da sapere.
Ciò andava a collegarsi su quanto Duncan tenesse al loro rapporto. Ed Eulalia sapeva, e sperava, che fosse tanto quanto vi teneva lei.

<< Va bene, allora ci vediamo stasera.>>
<< Sì, ah Eulalia...>>
<< Dimmi>> rispose immediatamente la ragazza.
<< E’ probabile che dovremmo condividere lo stesso letto per un bel po’ quando sarai in casa mia di notte>> Duncan chiuse la chiamata lasciandola nel bel mezzo di quel tono divertito e ammiccante.
Uno spontaneo sorriso spuntò sulle labbra di Eulalia, non capiva il motivo di quella frase, era certa che tutto le sarebbe stato chiaro entro sera, ma era felice di aver sentito il Duncan sul quale ormai cominciava a fare l’abitudine.

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