THE SAME FATE: accomunati dallo stesso destino

di Mentos E CocaCola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SCOPRO CHE LA FINE DEL MONDO NON E’ COSI’MALE ***
Capitolo 2: *** PRENDO QUASI A PUGNI MIO MARITO ***
Capitolo 3: *** MIO MARITO SVIENE ***
Capitolo 4: *** MIO SUOCERO E’ UN GRANDE ***
Capitolo 5: *** PRIMO GIORNO DI SCUOLA…POTEVA ANDARE MEGLIO ***
Capitolo 6: *** ENTRO A FAR PARTE DI UNA BANDA VANDALISTICA ***
Capitolo 7: *** UNA GIORNATA FANTASCHIFOSA ***
Capitolo 8: *** VANDALI ***
Capitolo 9: *** COME SEMPRE PAYNE ROVINA TUTTO QUANTO ***
Capitolo 10: *** È INIZIATA LA MIA CONVIVENZA ***
Capitolo 11: *** UNA CENA FINITA MALE ***
Capitolo 12: *** SEI TROPPO BUONO ***
Capitolo 13: *** SCOPRO DI ASSOMIGLIARE AD UN ISTRICE ***
Capitolo 14: *** EVELYN E' UNA SCIMMIA ***
Capitolo 15: *** DA FAIDE A PERDONI ***
Capitolo 16: *** EVELYN MI ODIA ***
Capitolo 17: *** RISPOSTE A DOMANDE DIVERSE ***
Capitolo 18: *** LA MIA DEBOLEZZA SEI TU ***
Capitolo 19: *** PIANO ***
Capitolo 20: *** NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE ***
Capitolo 21: *** MI SONO SVEGLIATA ***



Capitolo 1
*** SCOPRO CHE LA FINE DEL MONDO NON E’ COSI’MALE ***


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-Perché devo essere io l’unica povera donna su questo mondo ad avere una figlia snaturata che ha trasformato la sua camera in una palestra?-
Uno spettacolo davvero melodrammatico prendendo in considerazione il fatto che quella snaturata di mia madre aveva fatto irruzione in camera mia alle otto di una domenica mattina a che vivevamo nella stessa casa da più di diciotto anni.
Sentii che dava un calcio a qualcosa e che si avvicinava al mio letto a passo di marcia.
-Hai capito signorinella? Ti devi alzare, io e tuo padre dobbiamo parlarti…ehi, ma hai alzato gli occhi al cielo?-
-Ho gli occhi ancora chiusi mamma!- dissi con la voce impastata dal sonno.
Un grido di vittoria mi perforò un timpano.
-Finalmente hai dato segni di vita, ora sbrigati a venire giù nella sala della colazione o ti scateno contro i gemelli-
Saltai giù dal letto nel vero senso della parola tanto da fare invidia all’uomo della pubblicità “Olio Cuore”.
Mi legai i capelli in fretta e furia per poi saltellare verso il bagno dato che me la stavo per fare addosso. Mi guardai per un attimo allo specchio giusto per notare quella cascata di capelli castani spettinati che avevo in testa e gli occhi ancora appiccicaticci per il sonno.
Madre santa benedetta, perché dovevo capitare in questa assurda famiglia?
Mi precipitai al piano di sotto scivolando sulla ringhiera della scale.
Mio padre se ne stava seduto a mangiare una brioche mentre leggeva il giornale.
-Buongiorno!- dissi correndo verso il frigo per prendere gli ingredienti per la mia colazione: un uovo, tonno e carote. Gnam gnam!
-Buongiorno- mi voltai verso di lui perplessa, dov’era finito il suo sorriso mattutino?
-Perché quel muso lungo?- gli chiesi sedendomi d fronte a lui.
Ero sicura di non aver combinato niente di male di recente, come incendiare scuole o provocare malattie degenerative nei professori.
Quindi quale poteva essere il motivo di quell’espressione da funerale?
Doveva essere qualcosa di grave dato che mia madre entrò in cucina e si sedette accanto a mio padre.
-Mia cara, sai benissimo che quest’anno inizierai ad andare al Royal College…-
Già, il Royal College, non avrei potuto frequentare l’ultimo anno nella mia scuola attuale per entrare in quel college. Era riservato ai ricconi inglesi e in quanto figlia di un importante petroliere ero senz’altro tra gli iscritti.
-Sì, lo so-
-Beh, in questa scuola troverai il figlio maschio del mio concorrente-
-Payne?!- chiesi sbalordita.
L’unico concorrente che la nostra famiglia aveva in Inghilterra, quindi diciamo che il nostro rapporto non era dei migliori, e pensavo proprio che l’odio tra i genitori si fosse trasmesso ai figli, nonostante non ci fossimo ancora conosciuti.
-Allora?- chiesi frullando insieme gli ingredienti per la mia colazione.
Mio padre si passò una mano sulla fronte , mentre mia madre si mordeva il labbro: brutto segno.
-I tempi sono duri, le energie rinnovabili stanno avendo sempre più successo e questo mette la nostra famiglia in difficoltà- mio padre fece una pausa.
Lo guardai assottigliando lo sguardo: non avrei dovuto uccidere la concorrenza vero? Anche se ero una boxista, odiavo picchiare a morte fuori dal ring.
-Noi e i Payne abbiamo deciso di fondere le nostre società-
Rilasciai l’aria che avevo accumulato nei polmoni per la tensione, mi alzai più leggera bevendo il mio frullato proteico, mi aspettavano cinque chilometri di corsa, addominali, salto con la corda e allenamento col sacco.
-Tutto qui? Temevo il peggio-
I miei si guardarono per un attimo poi abbassarono lo sguardo. Mi prese un colpo secco.
-Non ditemi che aspettate un’altra coppia di gemelli, vado subito a preparare il mio attestato di indipendenza e a trasferirmi-
Loro scossero la testa e mia madre versò addirittura qualche lacrima.
-Non possiamo di re ai giornalisti che la crisi ci ha colpiti, ci indebolirebbe…avevamo pensato a …-
Lo spronai a continuare. Ero abbastanza preoccupata!
-Ad un matrimonio tra i nostri primogeniti, Liam Payne e…-
-Ed io- mormorai mentre il mio cuore si fermava.
Quella era la fine di Margaret Playcastle, la sottoscritta.

CIAO A TUTTI, SPERO CHE QUESTA MIA NUOVA STORIA VI INCURIOSISCA E CHE COSì LA SEGUIATE . LA DEDICO A MIA SORELLA CHE NON FA ALTRO CHE MANGIUCCHIARE E FARE ADDOMINALI TUTTO IL GIORNO E CHE HA SCLERI MENTALI PIUTTOSTO SERI! SE VI INTERESSE STO PUBBLICANDO ANCHE UN'ALTRA STORIA SEMPRE SU QUESTA SEZIONE...VI LASCIO IL LINK:
http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2250388&i=1
 

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Capitolo 2
*** PRENDO QUASI A PUGNI MIO MARITO ***


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-Mamma, Meg ha di nuovo divorato una testuggine!- urlò uno dei gemelli non appena entrò in camera mia.
-Porca paletta Fred quante volte ti ho ripetuto che sono muscoli e non la parte inferiore di un carapace?-
Lui fece il broncio.
-Sono Charles e poi i ragazzi hanno i muscoli, non le femmine-
-Dannato maschilista di sei anni- mormorai mentre cercavo qualcosa di decente da indossare per la festa di apertura del Royal College. E a quella festa avrei incontrato il figlio di Payne.
Ripensai a quella mattina di una settimana fa quando altri avevano deciso il  mio destino. Mi ero opposta in tutti i modi, avevo urlato, preso a pugni le cose, mi ero rinchiusa in camera per giorni, ma…niente.
Dovevo sposarmi!
Avevo compiuto da poco diciott’anni e lui ne aveva uno più di me, entrambi troppo giovani per impegnarci in un matrimonio senza sentimenti.
-Meg, sei pronta?- chiese mia madre da fuori la porta.
-Sì puoi entrare- dissi mentre mi allacciavo una scarpa.
Mia madre urlò istericamente non appena entrò.
-Non dobbiamo uscire a fare la spesa Meg! Togliti subito quei jeans e quella maglietta prima che li bruci-
La guardai attonita.
-Prima l’estetista poi questo…mamma, ho anch’io il mio onore- dissi battendomi un pugno sul cuore.
Lei fece finta di non ascoltarmi e si diresse verso il mio armadio e cominciò a frugarci dentro in cerca di qualcosa che non fosse una tuta da ginnastica.
Un’impresa ardua dato che il mio armadio era monopolizzato dall’abbigliamento sportivo.
-Non troverai niente lì dentro che mi possa rovinare ulteriormente l’esistenza, fattene una rag…-
-Eccolo!-urlò perforandomi il secondo timpano nell’arco di una settimana. Lo stato del mio udito doveva essere parecchio preoccupante dopo diciott’anni con quella donna.
-Eccolo cosa?-domandai sospettosa.
Cominciai a saltellare dato che anche se bella mia madre non era invisibile.
-Cosa hai trovato?-
-È perfetto-
Mi misi le mani tra i capelli.
-Cosa è perfetto?!-
Si girò di scatto con in mano un abitino bianco senza maniche che così, ad occhio e croce, doveva arrivare poco sopra il ginocchio.
Mia madre doveva aver notato la mia espressione da “cosa sta succedendo in questa casa?”.
-Cosa c’è cara? Non ti piace?-
-Stavo ragionando sul fatto che il mio armadio debba comunicare per forza con Narnia, questo spiegherebbe in qualche modo la scomparsa dal nulla di questo coso-
Lei mi guardò alzando un sopracciglio.
-Non è un “coso”, è un vestito e guarda…il colletto e il cinturino sono neri, il tuo colore preferito-
Incrociai le braccia.
-Non osare solo pensare  di farmelo indossare-
Stavamo scherzando?! Io una boxista che beveva frullati proteici e che ingeriva carboidrati come fossero aria indossare un vestito?
Io che avevo scritto anche una lettera al dirigente del college perché potessi indossare la divisa scolastica dei ragazzi?
Sì, stavamo senza dubbio scherzando.
Prima che me ne potessi rendere conto mamma mi aveva strappato i vestiti di dosso e infilato il coso e… orrore, due zeppe dello stesso colore.
La guardai supplichevole ma ciò che ottenni fu solo uno sguardo di ghiaccio, la mia unica speranza era lui, Rocky Marciano. Mi inginocchiai davanti al poster.
-Ti prego convinci in qualche modo quella donna che non posso andare a quella festa conciata così-
Stavo quasi per piangere quando lo spirito del male (mia madre) mi si avvicinò e mi chiese chi fosse Rocky Marciano e che di sicuro avrei fatto colpo su di lui se mi avesse vista vestita così.
Ero particolarmente depressa e mia madre approfittò della mia sofferenza per portarmi davanti allo specchio, legarmi i capelli in una coda alta, fermata da un elastico e un fiocchetto bianco (doppio orrore) e mi truccò anche.
-Sei bellissima Meg- disse quella snaturata.
Bellissima?! Ero odiosamente femminile e mi sentivo così simile a quelle galline putroccole, che avevano invaso il mondo, che quasi mi venne da vomitare.
-Dì la verità, se a questa festa non fosse venuto Liam Payne non mi avresti conciata così-
La guardai facendola sentire in colpa.
-Ti sto solo aiutando Meg- sbottò-spero che vi innamoriate l’uno dell’altra…-
-Mamma, non vorrai mica che si innamori di me per ciò che sembro e non per ciò che sono!- la interruppi spazientita, indicando il vestito.
Lei abbassò lo sguardo.
Presi le chiavi e me ne andai sbattendo la porta.
Per quanto ero arrabbiata quasi non vidi mio padre che rientrava in casa.
-Ti serve un passaggio Meg?- mi chiese.
-No, vado da sola- gli risposi uscendo.
Non ce l’avevo con lui, in fondo faceva tutto questo per il bene della famiglia.
-Hai preso la patente lunedì-
-E chi ha detto che vado in macchina?-
Corsi in garage giocando con le chiavi e rendendomi conto in quel momento di avere una paura matta di incontrare questo Liam Payne.
Inspirai forte prima di infilarmi il casco mandando a quel paese la coda di mamma.
Montai sulla moto e sfrecciai alla festa con la stessa voglia che ha un canguro di infilarsi sotto ad un camion.
 
Dalle mandrie di adolescenti in piena crisi ormonale, classificati come pinguini per i vestiti, intuii che quello era il parcheggio del Royal College.
Un paio di ragazzi scemi mi guardarono ridendo.
Sì, odiavo la mia generazione.
Trovai posto vicino ad un’aiuola.
Mi sentii abbracciare da dietro e sorrisi riconoscendo al polso quel braccialetto inconfondibile.
-Charlotte!-
Mi voltai sorridente.
-Meg- sorrise lei-temevo che non saresti venuta per…sai…Payne-
Le presi le mani.
-Non ti preoccupare Lot, non posso certo sfuggirgli per sempre-
Lei annuì incerta smuovendo quella cascata di treccine all’africana che raccoglievano i suoi capelli arancioni.
Non so come si fa ad essere eleganti con un lungo vestito da hippie, ma Charlotte quella sera toglieva il fiato.
-E comunque non è lui che mi preoccupa- le sussurrai- ma queste galline spennacchiate-si voltò a guardare un gruppetto di ragazze urlanti che ci stava guardando veramente male.
Scoppiammo a ridere.
-Oddio, Lot, dimmi che è un’illusione ottica: non possono essere vestite tutte di rosa-
Lei mi abbracciò.
-E hai visto quella bionda in mezzo? Sembra un brillantino con le gambe-
Odiavamo quel colore e le galline da tredici anni, anzi proprio così era iniziata la nostra profonda amicizia.
Mi asciugai una lacrima che mi era scesa per il ridere, poi la presi a braccetto e ci dirigemmo verso il Royal College.
-Comunque sono sorpresa- disse lei.
-Per cosa?-
-Mi spieghi cosa ti ha convinto a metterti un vestitino?-
-Mia madre è molto potente nel maneggiare le arti oscure- sospirai alzando gli occhi al cielo – E mi ha anche truccato e raccolto i capelli, quella megera!-
Lot sorrise aggiustandomi la coda che sotto il casco era diventata un cespuglio.
-E tu per vendicarti hai preso la moto giusto?-
-“Vendicarmi”, Lot, che parolona! Io volevo solo riprendermi la rivincita, da brava pugile non posso certo tirarmi indietro-
Guardavo tutta soddisfatta la mia moto quando la porta mi investì, aprendosi di scatto e provocandomi un dolore atroce al fianco destro.
Feci una smorfia di dolore e alzai lo sguardo per studiare il mio avversario: se era la guerra che voleva gliela avrei data con piacere.
Nessuno, o meglio nessun essere vivente, davanti a me c’era solo una nuvola di polvere che qualcuno aveva sollevato con una corsa piuttosto veloce.
Aveva fatto bene a fuggire quell’insolente se non voleva iniziare il nuovo anno al Royal College su una sedia a rotelle.
-Tutto bene Meg? – mi chiese preoccupata Charlotte.
Annuii tenendomi una mano sul fianco.
-Sì, tutto ok, tranquilla, ma se quel bifolco carciofo in mezzo ad un campo di grano si azzarda di nuovo…- non riuscii a finire la frase che una presenza mi passò velocemente accanto facendomi quasi cadere.
Ancora ed un’altra volta nessuna scusa!
Eh no, qui non conoscevano l’educazione o peggio Margaret Playcastle-
Misi una mano all’interno di quella nuvola di polvere e afferrai qualcosa di molle.
-Ahio!-
Nella mano stringevo l’orecchio di un ragazzo che continuava a dimenarsi come una furia sotto la mia stretta.
-Brutto maleducato che non sei altro, nessuno ti ha insegnato a chiedere scusa  alle persone?-
Sentii Lot borbottare qualcosa come “No, non di nuovo!”.
Quell’essere guardò i suoi amici come per cercare rinforzi contro una pazza.
Aveva due occhi enormi color cioccolato, ma quando dico enormi voglio dire che erano davvero enormi, non avevo mai visto due occhi così grandi.
-Non fare finta di non capire, brutto barbone, mi hai quasi buttata per terra due volte e non ti sei fermato neanche per chiedere scusa, vergognati!-
Lo fulminai con lo sguardo quando si toccò la barba con orgoglio ferito.
Finalmente tossicchiò per schiarirsi la voce e si passò una mano tra il colletto delle camicia  e la gola.
-Ehm, sono in ritardo…avevo scordato il mio microfono in auto, devo cantare alla festa, mi faresti il piacere di…-
La sua voce si fece sempre più flebile tanto che per sentire dovetti appiccicare il mio orecchio alla sua bocca.
-…LASCIARMI ANDARE, PAZZA RINTRONATA!!-mi urlò con tutta la forza nel mio orecchio rendendomi sorda.
Si divincolò dalla mia presa, cosa che nessuno era mai riuscito a fare, e se ne andò con i suoi amici, borbottando qualcosa su cani e porco che entravano dentro un college e pazze furiose.
Pestai un piede a terra furiosa per la scuse che non erano arrivate.
-Lot, chi è quel cafone barbuto con due spalle da far paura?-
Lei mi mise una mano sulla spalla sospirando.
-Credo che avrai una vita matrimoniale piuttosto movimentata-
Mi voltai di scatto, scrutando nei suoi occhi azzurri una risposta ai miei sospetti, che non tardò ad arrivare direttamente dalla sua bocca.
-Quello Meg, quel ragazzo che hai aggredito, minacciato e insultato è il tuo futuro marito: Liam Payne-

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Capitolo 3
*** MIO MARITO SVIENE ***


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Quello non poteva essere Liam Payne, mio padre mi voleva troppo bene per combinarmi un matrimonio con quel demente. Sapeva benissimo che odiavo i macho barbuti canterini e quell’essere era sicuramente uno di loro.
-Un momento Lot, e tu come fai a sapere che quello è Liam Payne se non l’hai mai visto?-
Lei alzò le spalle noncurante e indicò un cartellone pubblicitario di dimensioni mastodontiche  con su scritto a lettere cubitali: “BALLATE CON LA FANTASTICA VOCE DI LIAM PAYNE”, il tutto accompagnato da una foto a dimensione naturale di quel maleducato.
Restai a bocca aperta.
Perfetto, avevo di nuovo rovinato tutto quanto!
-Charlotte, sono disperata, cosa posso fare? Ti prego, aiutami-
-Beh, penso che l’ideale sia cominciare tutta da capo: scusatevi, presentatevi e iniziate a parlare su quanto zucchero filato è piovuto dal cielo- disse, trascinandomi all’interno.
-Un momento…cosa?-
E quelle furono le mie ultime  parole pronunciate ad un livello normale, perché on appena entrai il volume della musica mi diede la lieve sensazione che per comunicare avrei dovuto fracassare le mie corde vocali.
Guardai malissimo Charlotte che al mio fianco cominciò a saltellare, cercando quel bifolco in mezzo a quella massa di adolescenti in piena crisi ormonale.
-L’ho trovato Meg- mi urlò elettrizzata quella matta di Lot nel mio orecchio-sta salendo sul palco-
Fermai subito le lodi che stavo preparando per la vista da aquila di Lot, in effetti da quella postazione anche mio padre poteva vederlo da casa.
Sorrise ai suonatori dietro di lui, dovevano essere gli amici che avevano assistito alla scena all’entrata. Erano tutti in smoking e dovevo ammetterlo, a Payne stava davvero bene, anzi era proprio carino.
-Dai avviciniamoci!-urlò Lot, trascinandomi sotto il palco, facendosi largo a gomitate. E poi sarei io quella violenta!
Payne avvicinò la bocca al microfono sorridendo.
-Scusate per il ritardo, ma ho avuto a che fare con una pazza sclerata violenta insopportabile e chi più ne ha più ne metta, spero proprio che non si trovi qui dentro-
Charlotte si voltò a guardarmi impaurita.
Io quello lo uccidevo! Come si permetteva di darmi della sclerata violenta insopportabile pazza?!
Strinsi i pugni piantandomi le unghie nei palmi delle mani per trattenermi dal salire sul palco e fare una strage.
-Mi dispiace Lot, credo proprio che non ci sarà una seconda possibilità per quell’essere, ho come l’impressione che mi stia sul cavolo e per me lui sin dal primo momento è stato un perfetto imbecille e dato che la mia prima impressione non sbaglia mai, credo proprio che non gli parlerò-
Lot mi trattenne.
-Aspetta Meg, non essere così precipitosa, sai benissimo che la prima impressione non è sempre quella buona, magari lui è diverso…-
-Sì, sono d’accordo, lui è diversamente intelligente-
Mi guardò male incrociando le braccia.
-È tuo marito-
-Non ancora- gli ricordai.
-Sarà il padre dei tuoi figli-
-Lot, se quel verme osa toccarmi anche una sola volta sarà la sua fine- misi in chiaro indicando Payne che intanto cantava sul palco.
-Penso che cambierai idea Meg- disse lei con il tono da chi la sapeva lunga.
La guardai scettica convinta ormai che quella ragazza era talmente fuori che poteva affittare camera sua.
-Dai Meg, fammi felice, vacci a parlare durante la pausa-
-Ma avrà la gola talmente secca che mi gracchierà in fac…no Lot, non fare quella faccia!-
-Ti prego- mi supplicò con gli occhi più grandi e cucciolosi che avessi mai visto.
Sbuffai.
-E va bene, ma ricordati che se andrà male anche questa volta non ce ne sarà un’altra. Non posso di nuovo umiliarmi a comunicare con quel primate-
Lei saltellò sul posto felicissima, cominciando a pregare che quella pausa arrivasse presto, mentre io speravo  che morisse su quel palco a furia di cantare “Call me maybe” con quella voce da castrato.
Ok, non era da castrato ma sembrava comunque un deficiente e mi sembrava più che mai una gallina impazzita.
-E ora ragazzi facciamo una piccola pausa, ma non vi preoccupate, torneremo sul palco tra pochi minuti- disse sempre sorridendo, assomigliando come non mai al vecchietto che pubblicizzava l’adesivo per dentiere.
 Assottigliai lo sguardo, guardandolo mentre si dirigeva verso il bancone per un drink.
Oh sì, Payne, scendi tra i comuni mortali, ora potrai assaggiare la mia ira, credi che sia una pazza squilibrata, giusto? Ma quando ti ritroverai il tuo lato B al posto del lato A, cosa penserai?
Mi ricordai all’improvviso il tono dei miei genitori, quando mi parlarono di lui quel giorno.
No, non potevo andargli a parlare in quel momento, ero decisamente fuori di me e se gli avessi rovinato quel faccino barbuto, di sicuro il matrimonio non sarebbe stato credibile.
-Mi dispiace Lot, non posso farti contenta, per oggi non ci presenteremo, ti giuro che lunedì gli parlerò-
Mi voltai verso di lei e vidi che fissava un punto davanti a sé con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata.
-Meg, ma quella che si struscia addosso a Payne non è quella bionda che sembrava un brillantino con le gambe?-
-Cosa?!-
Guardai Payne che non faceva assolutamente nulla per scrollarsi di dosso una piovra gallinaccia bionda e vestita di rosa.
Eh no, questo non poteva farlo!
Io mi stavo facendo un didietro così per accettare questo maledetto matrimonio e lui non respingeva la prima putroccola che gli passava accanto?
Mi diressi verso quell’idiota e quella calamara gigante a passo di marcia.
-Scusa bellezza, hai esposto la tua merce abbastanza a lungo al signorino Payne-
Quella mi fissò con un’espressione inebetita per poi cercare lo sguardo di quel maleducato che però non trovò, dato che glielo coprivo alla perfezione.
Quel grezzotto mi mise una mano sulla spalla.
-Scusa Evelyn deve essere una di queste matricole già cotte di me…- il mio sguardo gelido lo fece impallidire –La pazza!-
Lo presi per il colletto della camicia e lo feci alzare.
Era più alto di me  ma non mi faceva paura per niente.
-Pazzo ci sarai tu, capito brutto maleducato che non sei altro?-
Cominciò a tremare come una foglia.
-Mi spieghi perché continui a perseguitarmi?- piagnucolò.
Lo guardai sbalordita.
-Ma lo sai chi sono io?-
Lui scosse la testa.
-perché non mi lasci così ci presentiamo a dovere? Sai, mi sento parecchio in imbarazzo ad essere terrorizzato da una donna-
Lo lasciai immediatamente e lui si accasciò sul bancone quasi che gli mancassero le forze, che pappamolle!
-Penso proprio che tu sappia chi sia io, ma mi sembra di non averti mai vista prima d’ora-
-Gli amici mi chiamano Meg- dissi per poi lanciargli uno sguardo truce facendolo rabbrividire- ma tu puoi chiamarmi Margaret, Margaret Playcastle, tua moglie-
Spalancò gli occhi, cominciò a boccheggiare e prima che potessi fare qualsiasi cosa, svenne.

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Capitolo 4
*** MIO SUOCERO E’ UN GRANDE ***


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Mia madre entrò quella domenica mattina in cucina saltellando, quasi a voler dimostrare che la sua evoluzione avesse avuto origine da un coniglio.
Si fermò subito quando mi vide china sul mio frullato giornaliero, con una faccia da funerale.
-Ehm, com’è andata la festa? Ti sei divertita?-
Non alzai neppure lo sguardo, indicai solo il post-it che avevo attaccato al frigo.
-Che vuol dire “Non sposerò mai un tale idiota!”?- mi chiese scaldandosi.
-Proprio quello che c’è scritto- dissi bevendo il mio frullato.
Si sedette di fronte a me, corrugando la fronte.
-Chi sarebbe il “tale idiota” che non vorresti rposare?-
-Liam Payne-
Lei sospirò.
-Avevi detto che eri disposta a farlo, che non ti sono mai interessate cose come l’amore…ed ora? Hai cambiato radicalmente la tua idea?-
Scossi la testa.
-Assolutamente no, ma pretendo che mio marito abbia un cervello e invece quel…quell’essere non è né un uomo né un essere dotato di encefalo-esclamai senza mai prendere fiato.
-Come avete potuto fare una cosa del genere? È un idiota mamma, davvero l’economia della nostra famiglia è più importante della mia felicità?- chiesi sentendo le lacrime che scorrevano lungo le guance.
Lei mi guardò per un attimo.
-Cara, ne abbiamo già discusso-
-E allora?- urlai-Cosa significa questo? Preferisco diventare una barbona ed abitare in via Sottoilponte piuttosto che sposarmi con qualcuno che non mi rispetterà mai!-
Mi guardò turbata per poi avvicinarmisi e abbracciarmi.
Le raccontai tutto quello che era successo alla festa.
-È svenuto?! Che…-
Sentimmo la porta sbattere e delle risate: una era di mio padre, ma l’altra era sconosciuta.
Mia madre si affacciò dalla cucina e m guardò subito dopo molto turbata.
-Chi è mamma?- le chiesi, asciugandomi le lacrime.
-Quello scemo di tuo padre ha portato qui tuo suocero-
Spalancai gli occhi.
-Cosa?! Mamma, guardami sono impresentabile-
Avevo i capelli legati in una treccia laterale e portavo solo un reggiseno sportivo e dei pantaloncini da calcio.
-Cosa faccio? Se corro a cambiarmi quello mi vede…ma è proprio pazzo quell’uomo che ti sei sposata!- esclamai disperata.
-Comincio a crederlo anch’io, sai cosa facciamo? Andiamo di là così-
-Così?! Mamma, penserà che sono una scostumata!-
Lei scosse la testa.
-Fregatene di ciò che gli altri pensano…gli diremo semplicemente la verità e poi quando dirà a suo figlio delle curve che ti ritrovi, chissà cosa dirà quel maleducato…- mi disse, facendomi l’occhiolino.
-Mamma!-
Quella pazza si precipitò in salotto trascinandomi a forza.
Mi venne un colpo quando i due ci guardarono completamente sbalorditi, lasciando i bicchierini a mezz’aria.
Il signor David Payne era un uomo di media statura abbastanza paffutello e con due occhioni che ricordavano tremendamente quelli di suo figlio, ma lui, invece di guardarci come se fossimo due aliene, ci sorrise e si alzò subito per stringerci la mano e augurarci il buongiorno.
Insomma un uomo adorabile, tutto l’opposto di quel mentecatto del figlio!
-Scusatemi per l’abbigliamento signore, di solito a quest’ora vado a correre e …- dissi timidamente.
-Non vi dovete scusare di niente, sono io che dovrei chiedervi perdono per l’intrusione, vostro padre aveva detto di avere un ottimo rum ancora imbottigliato e così non abbiamo resistito-
Ridemmo insieme.
-Devo dire che era proprio eccellente- disse mio padre.
-Caro, cosa vuol dire “era”? non vi sarete finiti un’intera bottiglia di rum, spero- disse mia madre lanciando uno sguardo minaccioso a suo marito.
I due si affrettarono a rispondere di no tanto da indurci a ridere di nuovo. Ah, gli uomini!
-Allora Margaret, posso chiamarti per nome?- mi chiese.
-Ma certo…-
-Questo non è l’unico motivo per cui sono qui…-
Ed ecco la seconda fine di Margaret Playcastle! Se suo padre avesse tirato fuori la storia della festa mi avrebbe sicuramente denunciata per molestie ed aggressioni.
-Mio figlio mi ha raccontato di come vi siete conosciuti ieri-
Patapum! Ecco la morte!
Cosa potevo dirgli ora? Non avrebbe mai creduto al fatto che volevo solo delle semplici scuse da parte di suo figlio, per avermi fracassato un fianco e quasi buttato a terra.
-Le chiedo…-
Lui mi interruppe con un gesto della mano, notando la mia espressione a dir poco disperata.
-Mi devo complimentare con te, Margaret Playcastle- disse lui sorridendo e stringendomi a mano.
Lo guardai sbalordita: si complimentava con me per aver fatto svenire suo figlio?!
-Devo dire che sei una ragazza di notevole forza d’animo, di decisione, che non si fa spaventare facilmente: mi piaci e devo dire che per mio figlio non potevo desiderare di meglio-
Feci una smorfia.
-Peccato perché credo proprio che a suo figlio io non piaccia-
Lui rise.
-Diciamo che lo hai colpito, ti assicuro che non è come sembra, migliora quando lo conosci meglio-
-Speriamo- sussurrai ma non così piano come avrei voluto.
Il signor Payne sorrise di nuovo.
L’idea di sposare quel maleducato non sembrava poi così male, insomma con un suocero così potevo anche avere il permesso di usare suo figlio come sacco per la box.


ALLORA, CIAO A TUTTI, SPERO CHE FIN A QUI LA MIA STORIA VI PIACCIA PURTROPPO PERò NON VEDO MOLTE RECENSIONI O PERSONE CHE SEGUONO:(((

 

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Capitolo 5
*** PRIMO GIORNO DI SCUOLA…POTEVA ANDARE MEGLIO ***


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Lasciai cadere il libro di biologia a terra per la sorpresa.
Cosa ci faceva Liam Payne accanto al mio armadietto?!
Lo raccolsi più in fretta che potei e mi diressi verso di lui, cercando di reprimere la rabbia contro quell’essere.
Lui si guardò per un attimo intorno e sbarrò gli occhi, notandomi.
Ah, gli facevo ancora paura, bene!
Mi aggiustai la cravatta della divisa da ragazzo che indossavo.
-Che ci fai qui Payne?- gli chiesi aprendo il mio armadietto per prendere il libro di filosofia.
-Ehm…questo è il mio armadietto-
Lo guardai. Si grattò la nuca imbarazzato.
Alzai un sopracciglio.
-Proprio vicino al mio?-
Annuì cercando di non guardarmi negli occhi. Ma questo lo sapeva che avremo vissuto insieme?!
-Guarda che non mordo, Payne, anche se le scuse per sabato sera non sono ancora arrivate- gli dissi ironica.
Boccheggiò per un attimo, passandosi la mano tra i capelli.
-Ehm…non penso che sia io quello che debba scusarsi-
Lo fulminai con lo sguardo per poi avvicinare il viso a quello di Payne. Gli tirai la barba facendolo abbassare.
-Come? Sei tu il maleducato qui, dammi una sola ragione perché io mi debba scusare-
-Ahi, mi fai male!- strillò lui come un castrato spintonandomi per farmi allentare la presa.
Gli bloccai i polsi e lo immobilizzai all’armadietto, lui mi guardò sgranando quegli occhioni tenerissimi che non si addicevano per niente a quel buzzurro.
-Stammi bene a sentire, Payne, non so cosa pensi tu di questa faccenda del matrimonio, per me è una grande forzatura, quindi vedi di non peggiorarla- gli sussurrai.
Lo guardai mentre mi fissava con due occhi lucidi da far paura.
Oddio, non potevo vedere il mio futuro marito piangere per colpa mia.
Gli uomini non possono piangere, quando piangono significa che c’è qualcosa che non va.
Lo lasciai subito con uno strano senso di colpa che neanche quando appendevo a testa in giù uno dei gemelli dal lampadario avevo.
-Ti prego scusami, non piangere…- dissi preoccupata porgendogli un fazzoletto.
Lui si scansò bruscamente.
-Vattene pazza, mi hai rovinato la vita più che abbastanza- mi disse brusco.
Lo guardai malissimo.
-Cercavo di rimediare a ciò che ho fatto…sei così diverso da tuo padre- gli dissi per la prima volta arrabbiato solo con me stessa.
Era proprio vero, non riuscivo a combinarne una giusta! Prima la festa, poi il primo giorno di scuola la faccio quasi mettere a piangere…cos’altro può succedere?-
-E tu sei così diversa da come ti ha decritta mio padre-
Mi voltai a guardarlo mentre prendeva dei libri dall’armadietto.
-Stentavo quasi a credere che fossi la ragazza che avevo conosciuto alla festa…ma ora mi accorgo che è mio padre che non ha conosciuto la vera Margaret Playcastle: una pazza senza femminilità che se ne va in giro a terrorizzare la gente-
Sbuffai contrariata incrociando le braccia.
-Ancora con questi insulti?! Mi sembra che mi sia scusata, cosa vuoi di più?-
Lui fece un risolino quasi isterico, chiudendo l’armadietto e guardandomi.
-Non voglio questo matrimonio, mi sembra più che chiaro-
-Perché tu credi che voglia sposarmi a diciott’anni? Sposarmi non faceva neanche parte dei miei progetti e devo dire che è piuttosto seccante sapere che mio marito sarà un perfetto imbecille che se la prende con me come se fossi io la causa di tutto- gli risposi a tono, alzando il mento.
Lui guardò la campanella che suonava segnando l’inizio della terza ora.
-Cerca di starmi il più lontano possibile Playcastle, finchè ne hai l’opportunità-
Mi voltò le spalle e se ne andò alla sua preziosa lezione.
Che pezzo di idiota! Come poteva il padre dire che migliorava conoscendolo?
Più parlavo con lui, più mi convincevo che era la persona peggiore che avessi mai conosciuto.
-Allora Meg, ho visto che parlavi con Liam, com’è andata?- mi chiese Charlotte mentre mi saltellava vicino.
La guardai mentre apriva il suo armadietto per prendere una fascia blu per raccogliere quella miriade di treccine che aveva in testa.
-Lot, se ci fosse una possibilità, mi chiuderei in un convento all’istante, non prova neanche ad andare d’accordo con me, mi ha definito una pazza senza femminilità che terrorizza la gente…pensi che uno così potrebbe mai rendermi la vita dopo il matrimonio possibile?-
-Meg entrambi vi state facendo accecare dal pregiudizio, tu pensi che lui sia un perfetto imbecille e lui pensa che tu sia una pazza…-
La interruppi prima che potesse dire qualche altra stupidaggine.
-Nel suo caso Lot si chiama evidenza e non pregiudizio, cavolo, come si può ritenere intelligente una persona, che paragonata ad una gallina, ha l’intelligenza di una caffettiera?...ma d’altronde “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”- dissi, indicando con la testa quell’oca di Evelyn.
Stranamente non aveva tinto la sua divisa di rosa…che strano!
-Meg, devi capirlo, diciamo che non vi siete presentati nel modo più normale e che non sei l’immagine della femminilità con la divisa da ragazzo-
-Solo perché non mi piace la gonna non significa che non sono donna-
Stavo sinceramente perdendo la pazienza, quelle scuse erano a dir poco immotivate e insensate.
Lot guardò l’orologio.
-O mio Dio, è tardissimo, devo andare Meg-
-Anch’io, ho…-controllai l’orario.
-Fisica?! No, io resto qui-
Lot rise.
-Vai a lezione, ci vediamo a mensa. Ciao-

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Capitolo 6
*** ENTRO A FAR PARTE DI UNA BANDA VANDALISTICA ***


MI LASCIATE UNA RECENSIONCINA? NON SENTO NESSUNO:(


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Avevo personalmente e permanentemente deciso che il mio orario non andava bene. Era l’unico che lasciava il pomeriggio libero per le attività sportive e che quindi non occupava la mia vita con stupidaggini come “Laboratorio di mimi” e “Retorica”, ma era decisamente stressante.
Fisica era impossibile da sopportare per non parlare di quella befana che spiegava filosofia come se ci interessasse veramente.
Queste erano le mie riflessioni, mentre un cuoco mi versava un pezzo di pollo stantio nel piatto.
Fissai stralunata quel pezzo di schifo che sembrava quasi fissarmi pietoso.
-Stai bloccando la fila, ragazzina- mi disse il cuoco pancione che distribuiva il dolce.
-Chi è stato?- chiesi minacciosa.
Lui mi guardò stralunata e non era neanche l’unico, dato che un’intera orda di ragazzi faceva lo stesso.
-Chi è stato a fare cosa?- mi chiese il cuoco titubante.
-A cucinare questa sbobba- risposi incavolata, sbattendo il vassoio sul bancone.
Già la brodaglia grassa che mi aveva servito il primo cuoco mi aveva fatto sorgere dei seri dubbi sulle abilità culinarie dei cuochi della scuola.
-Signorinella, è il menu del giorno e abbiamo impiegato anima e corpo per cucinare il tuo pranzo, non ti sta bene?- mi rispose il pancione, agitandomi un mestolo contro.
Dalla trippa che ballonzolava in modo esagerato sembrava molto ma molto arrabbiato.
-Se fossi in un carcere mi andrebbe benissimo ma dato che sono nel college più rinomato d’Inghilterra pretendo un po’ più di impegno e che cavolo! Ora…mi piacerebbe avere la crostata alla nutella, per favore-
Il pancione mi guardò storto per poi servirmi in malo modo un pezzo di dolce molliccio.
-Ecco fatto- sbottò ironico-
-grazie, ma anche l’educazione non mi dispiacerebbe- dissi sorridendo per poi prendere il mio vassoio e andare a cercare Lot che doveva tenermi il posto.
La trovai seduta ad un tavolo intenta a guardarsi in giro.
La raggiunsi velocemente, appoggiai il vassoio sul tavolo e mi misi a sedere con la grazia di un rinoceronte imbufalito.
Ci guardammo un attimo negli occhi e poi scoppiammo a ridere.
Lot stava quasi cadendo dalla sedia, mentre io ero letteralmente sdraiata sul tavolo.
-Ma perché stiamo ridendo?- le chiesi ancora in preda alle risate.
-Sei stata grande con il cuoco, ma soprattutto sai cosa ho scoperto?- mi chiese abbassando improvvisamente la voce e venendo verso di me.
-No cosa?-
-Il gestore della cucina  della scuola è il padre del brillantino con le gambe-
Spalancai gli occhi dalla sorpresa.
-Di Evelyn?! Quella putroccola anoressica bionda?-
Lot annuì sorridendo e mangiucchiando un pezzo di pane.
Sembrava piuttosto distratta: non faceva altro che guardare in giro per la mensa.
-Chi stai cercando? Se è il brillantino con le gambe se ne sta all’unico tavolo rosa in questa stanza- dissi allentandomi la cravatta, era tremendamente scomoda.
-Perché dovrei cercare qualcuno?- mi chiese imbarazzata per poi cominciare a strafogarsi di quella poltiglia schifosa che chiamavano minestra.
-Chi è Lot…un ragazzo? Sai bene che cosa penso dei ragazzi carini circondati da un gruppo di galline urlanti…-
-Anch’io la penso allo stesso modo, Meg, davvero…ma Dio! Ho solo pensato che sia carino, niente di più- mi interruppe.
-Ah-a, allora è un lui, e dove lo hai conosciuto?- le chiesi. Di sicuro non ad una noiosissima lezione di fisica.
-Non riuscivo ad aprire l’armadietto e lui mi ha aiutata…non è stato dolcissimo?-
Wow, un ragazzo gentile, non se ne trovano molti al giorno d’oggi!
Lot guardò dietro di me, spalancò gli occhi dalla sorpresa e diventò rossa come un peperone.
Ci potevano essere solo due spiegazioni: aveva appena inghiottito un peperoncino gigante o il famoso ragazzo carino e gentile si stava avvicinando.
Dato che in circolazione non c’erano peperoncini giganti, la seconda spiegazione era la più plausibile.
Non feci neanche in tempo a voltarmi che un ragazzo del secondo anno si sedette accanto a me.
Non era male, anzi era proprio carino…il tipo giusto per Lot, che intanto era andata in iperventilazione.
-Ciao Charlotte- la salutò, facendole l’occhiolino.
No, quel ragazzo non era gentile per niente, voleva proprio far prendere un colpo alla mia migliore amica.
-Ciao Tony- riuscì a dire lei, spostandosi delle treccine dietro l’orecchio.
Tony le sorrise  e poi si voltò un attimo a guardarmi.
-Tu devi essere Margaret Playcastle, giusto?-
Annuii.
-Sei venuto a presentarti per qualche motivo in particolare?-
-Beh sì- e qui abbassò la voce- ho visto come affrontavi quei cuochi, cavolo sei stata grande!-
Alzai un sopracciglio.
Ok, era carino e gentile, ma, mi dispiaceva dirlo per Lot, era proprio un deficiente. Cosa voleva? Il mio autografo per aver risposto male ad un trippone? Puntava davvero in alto!
-Io e i miei amici organizziamo dei piccoli colpi di notte per impedire ai cuochi di avvelenarci con queste schifezze- disse indicando con la testa la brodaglia del mio piatto.
-Di solito non ci piacciono le matricole, ma vi andrebbe di unirvi a noi per un colpo?- ci chiese.
Lot spalancò gli occhi.
-Mi dispiace Tony ma non contare su di me-
-Perché?
-Sono un completo disastro, finirò col farvi scoprire…magari potrei coprirvi le spalle-
Lui annuì sorridendole.
-Perché no…e tu invece, sei dei nostri?- mi chiese.
Mi stavo cacciando in un bel guaio lo sapevo, ma quell’idea mi piaceva.
-Puoi contarci- dissi scambiando un’occhiata complice con Lot.
Tony sorrise, sospirando di sollievo.
Si alzò, dicendo che i dettagli ce li avrebbe dati in seguito e se ne andò.
-Te ne rendi conto Lot? Non mangeremo questa sbobba da carcerati per un po’ grazie al tuo ragazzo- le dissi, facendole l’occhiolino.
Lei rise imbarazzata.
-Non è il mio ragazzo…però devi ammettere che è carino-
Sbuffai.
-Sì è carino…ma ha i capelli troppo neri e troppo alti in quella specie di cresta, gli occhi troppo marroni e la carnagione troppo chiara- ironizzai.
Lot mi tirò il suo libro di biologia in faccia.
-Deficiente!-
Sì, ero proprio una deficiente e tra poco sarei stata anche una vandala nella scuola in cui mi trovavo da cinque ore. Wow!
-Meg e se Liam ti scoprisse?-
La guardai confusa.
-Che vuoi dire? Non credi che anche Payne coglia mangiare qualcosa di commestibile per pranzo?-
-Non è questo…è che sembra in dolci rapporti con Evelyn e di sicuro il padre di lei non sarà contento di quello che faremo- sussurrò lei, guardando qualcosa dietro di me.
Mi arrivò alle orecchie una risata odiosa che perforava i timpani.
Mi voltai e vidi all’unico tavolo rosa della mensa uno spettacolo a dir poco vomitevole e diabetico: Payne faceva il solletico a Evelyn  e lei rideva come un coniglio in calore.
Gentile da parte loro farci venire una cirrosi epatica grossa come una casa proprio durante la pausa pranzo!
 

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Capitolo 7
*** UNA GIORNATA FANTASCHIFOSA ***


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-Buonasera- dissi all’omone che sedeva dietro una cattedra in palestra, prima di chinarmi per segnarmi al corso di box della scuola.
-Che stai facendo ragazzina? Guarda che con corso di box non intendiamo corso di cheerleader per la box, ma box vera-
Lo guardai incredula.
-E lei pensa che io sia così stupida da pensare che le cheerleader facciano quei loro balletti con addosso quelle gonne talmente corte da sembrare cinture ad un incontro di box?!-
Scossi la testa divertita. Che tipo divertente!
Quello rimase con la bocca spalancata.
-Te lo ripeto mocciosa, questo è un corso di box, quici si picchia, si finisce a terra, ci si sporca il visino. Non è roba per te, dammi retta-
Stava forse dicendo che io non potevo frequentare il corso scolastico del mio sport preferito?! Eh no, questo non potevo sopportarlo!
-Lo so ed è per questo che mi segno-dissi cercando di restare calma, cosa abbastanza difficile , dato che fumavo come una ciminiera.
-Ti ripeto che non fa per le ragazzine, togliti di mezzo e fa spazio a veri campioni, vedrò di farti avere un posto nel corso di cheerleader, va bene?-
Avvicinai lentamente il mio viso al suo, guardandolo minacciosa negli occhi.
-Sta forse dicendo che non mi vuole al suo corso?-
Lui annuì sudando freddo.
-E che non diventerò mai una campionessa o almeno una pugile decente?-
Lui annuì di nuovo.
Lo presi per un orecchio e gli spiaccicai il viso al foglio dell’iscrizione.
-Qui c’è il mio nome grande capo, veda di non impedirmi di praticare ciò che so fare meglio o quando la incontrerò di nuovo prenderà il posto del sacco, ci siamo intesi?-
Lui annuì spaventato e piagnucolò qualcosa.
Che uomo!
Me ne andai non senza aver sganciato un destro ad un sacco lì vicino.
Guardai di nuovo quell’antipatico con un sorrisetto che non presagiva niente di buono. Stavo quasi per scoppiare a ridere quando impallidì come un coniglio.
L’ho detto e lo ripeto: che uomo!
Me ne andai facendo sbattere la porta.
Inspirai una boccata d’aria fresca: avevo trovato un lato positivo a quell’orario schifoso!
-Ehi Margaret-
Mi voltai verso un ragazzo che non avevo mai visto prima. E questo come cavolo faceva a conoscermi?
Ok, forse con la scenata alla mensa avevo attirato un po’ l’attenzione., ma ormai erano passate ventiquattr’ore e non era successo nient’altro.
-Sì?- gli chiesi.
-Sono un amico di Tony, mi chiamo Juan-
Mi rilassai subito anche se quel ragazzo non ispirava molta fiducia: aveva uno strano pizzetto sotto la bocca che era a dir poco minuscolo, i capelli spettinati e indossava la divisa come se fosse un disastrato.
-Penso che sia per la mensa, giusto?- gli chiesi, facendogli l’occhiolino.
Lui sorrise appena.
-Agiremo domani, mi raccomando tu e la tua amica vestitevi di nero, Tony vi passerà un foglio nell’armadietto con il piano-
Annuii.
-Tutto chiaro- dissi cominciando a camminare affiancata da Juan.
-Posso farti una domanda? Vi hanno mai preso?-
Lui rise.
-Non per darmi delle arie, ma siamo troppo bravi-
-Mi vuoi mettere l’ansia?- gli chiesi ironica –Non vorrei non sentirmi all’altezza-
-Se sei silenziosa quanto aggressiva, andrai alla grande-
Eravamo arrivati ai dormitori.
-Ci vediamo stasera a mensa?- mi chiese.
-Pensa un po’, se non morirò per un’intossicazione alimentare acuta, potremo anche parlarci-
Sorrise.
-Perfetto, ci vediamo allora-
Lo salutai con un cenno della mano.
Dovevo ammettere che non mi dispiaceva la mia nuova vita al college: avevo litigato con un cuoco, minacciato un idiota e stavo per partecipare ad un vandalismo.
Era tutto perfetto tranne per una cosa: Payne.
Non riuscivo proprio a mandarlo giù. Sospirai mentre salivo le scale.
Era un perfetto idiota!
Lot non lo capiva proprio: non era questione di pregiudizi, noi due non ci potevamo neanche vedere.
Aprii la porta della stanza che condividevo con Charlotte.
-Ciao-mi salutò lei, mentre si allacciava il giubbetto davanti ad uno specchio.
-Sai che ti dico Lot? Questa divisa è una rottura, per fortuna che dobbiamo indossarla solo a lezione, altrimenti avrei già organizzato un rogo in piazza-
Lei rise.
-Allora cerca di togliertela in fretta, tra poco si cena-
La guardai male con l’unico occhio che avevo la forza di aprire.
-Sbaglio o sei emozionata dall’idea di andare a cena?-
Lei arrossì guardandosi allo specchio.
-Io…emozionata?! No…-
-E invece sì- dissi alzandomi e iniziando a sbottonare la camicia per mettermene una blu a quadri molto più larga della precedente e che mi arrivava a metà coscia. Ah la comodità!
-Ti ho detto di no Meg, e poi perché mai dovrei essere emozionata alla sola idea di mangiare quel cibo schifoso?-
Sbuffai divertita mentre cercavo di infilarmi i jeans con il cavallo basso, infilai in fretta le ciabatte infradito e…fatto, ero pronta per uscire!
-Dì la verità Lot, tu non sei affatto emozionata all’idea di mangiare, ma all’idea di con chi mangiare…-
Le feci l’occhiolino per poi scappare dalla stanza per evitare una borsata in faccia.
-Meg, vieni qui che ti uccido!- urlò disumanamente quella ragazza mentre chiudeva in fretta la porta a chiave.
-Ehi, bulla, te la prendi con le ragazze più piccole e con le ciabatte infradito?-risposi cercando di correre e di non cadere allo stesso tempo.
-Sei solo di dieci giorni più piccola di me e non è colpa mia se hai messo quello schifo di ciabatte-
Sbaglio o sei tu quella che ha rubato il giubbetto ad un indiano morto?-
Di nuovo l’urlo disumano.
Delle galline che stavano procedendo a sculetti verso la mensa e che si erano vestite come se ci fosse una sfilata di moda ci guardarono malissimo.
Cavoli loro!
-Sto per prenderti Margaret Playcastle-
O no, la pazza scatenata con il giubbetto hippie!
Mi sfilai le ciabatte e cominciai a correre a piedi nudi.
-Ehi, non vale!-
-Mi dispiace Lot ma io alla mia vita ci tengo-
Mi precipitai in mensa, ricordandomi solo all’ultimo minuto di mettermi le ciabatte.
-Ehi Meg?-
Lot mi guardava imbarazzata.
-Davvero questo giubbetto sembra quello di un indiano morto?-
Risi.
-No, stavo solo scherzando e poi a Tony piace il tuo look e non solo quello- dissi dandole una gomitata e facendole l’occhiolino.
Arrossì violentemente, guardandosi intorno.
-Ma che dici Meg? E poi parla a bassa voce… potrebbe sentirci qualcuno-
La guardai scettica.
-Oh sì, un paio di cuochi fessi sanno di sicuro chi è Tony, a proposito di cuochi fessi… ciccino, come stai oggi?-
Il ciccione mi guardò truce.
-Se ti rompevi la testa stavo meglio-
Incrociai le braccia.
-Ehi, un po’ di rispetto, ti ricordo che contribuisco a darti un lavoro e che se non ci fossimo noi studenti ti ritroveresti a suonare il cembalo in qualche ristorante… e ora il pieno, ho bisogno di carburante-
Ma guarda, pure il cuoco scemo doveva rompere le scatole stasera? Non bastava l’uomo-pollo che non mi voleva al corso di box? Era il colmo!
Se mi capitava qualche altra disgrazia sarebbe passata come la giornata peggiore di questo mio nuovo anno scolastico…
-Ehi Li, cosa vedi?- disse quella bionda putroccola scheletrica Evelyn piantandosi a gambe larghe (sempre se quelle gambe conoscevano il termine chiuse) davanti a noi, squadrandoci da capo a piedi.
“Li” era il diminutivo di Payne che la seguiva dappertutto come un cagnolino. Terrificante!
-Due sfigate?- chiese lui, non guardandoci neanche. Oh scusa se siamo visibili, scusami tanto!
-Solo sfigate?! I loro stracci sono un affronto al mondo della moda-
 Io e Lot ci guardammo per poi alzare gli occhi al cielo.
-E ci parli tu, starnazzona? Sembri un pacchetto regalo con quel fiocco in testa- sbottò Charlotte.
La guardai fingendomi stupita.
-Calma Charlotte, che t’importa del giudizio di due esseri che alla loro età danno ancora peso ai vestiti? Persino una tazzina da caffè sembra laureata in astrofisica nucleare rispetto a loro-
Scoppiammo a ridere in faccia a quei due bambocci per poi dirigerci verso un tavolo abbastanza vicino a quello di Tony.
-Così ti faccio contenta-
Lei arrossì un po’ e guardò un punto indefinito oltre le mie spalle.
-E tu lo sarai un po’ meno-
Mi voltai e vidi lo sguardo truce di Payne e Evelyn.
-Oh che bello, proprio il tavolo dietro al nostro!- esclamai al colmo della felicità.
-Non ti capisco-
-Li prenderò in giro per tutta la serata: sarà la cena peggiore della loro vita-
-Ti ricordo che sarà tuo marito-
Mi sedetti lentamente.
-Preferirei sposare una pattumiera-
 

CIAO A TUTTI, SPERO CHE LA MIA STORIA VI PIACCIA O CHE ALMENO LA LEGGIATE, PERCHè NON SENTO NESSUNO E MI STO PREOCCUPANDO... MI POTRESTE LASCIARE UNA RECENSIONCINA ( NEGATIVA O POSITIVA)?

 

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Capitolo 8
*** VANDALI ***


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-Siamo tutti?- bisbigliò Tony nel nostro nascondiglio.
-Charlotte sta controllando il corridoio e la mensa, tra poco sarà qui- dissi, abbassandomi sul viso il passamontagna.
-Aspetta, manca qualcun altro-
E proprio in quel momento la porta del nascondiglio si aprì facendoci sobbalzare.
Scartabellai tutte le scuse che mi venivano in mente, ma la più convincente era “corso di yoga alle 2 di notte”.
-Non preoccupatevi sono io-
Rimasi a bocca aperta.
-Payne?!- esclamai sconcertata.
Cosa ci faceva lui lì? Non era il cagnolino della figlia del direttore della cucina?
-In persona Playcastle- disse tirandosi su il cappuccio che gli lasciava solo metà della faccia visibile.
-Tradisci così la tua ragazza? Non penso che sia una cosa carina da parte tua- dissi ironica.
-Meg, Liam finge di stare con Evelyn proprio per far cadere i sospetti su di noi, non sai che sacrificio gli tocca fare- spiegò Tony.
Mi vennero in mente le dolci effusioni, le tettone di quella putroccola e i vestitini che doveva aver lavato un milione di volte, altrimenti non si spiegava quella gonna di tre centimetri e mezzo.
-Oh sì, che sacrificio!-
Liam alzò gli occhi al cielo.
-Per tua informazione Playcastle, mi interessano le ragazze con un briciolo di buonsenso, non credere che a causa degli ormoni a mille stare tutto il giorno con una che conta anche le calorie dell’acqua sia divertente-
Scoppiai a ridere sotto il suo sguardo stupito.
-Sul serio? Io le modificherei tutte le etichette, tanto per quanto è stupida non se ne accorgerebbe. Tutta la scuola dovrà comprarsi dei tappi per le orecchie per preservare i timpani dalle sue grida disperate-
Vidi la sua bocca sorridere.
-In effetti non sarebbe male, potrei cominciare da domani…subito dopo aver comprato i tappi, naturalmente- disse divertito.
-Naturalmente-
Scoppiammo a ridere entrambi.
Un momento…stavo scherzando da trentacinque secondi con Liam Payne? E stavo anche per compiere un vandalismo con lui.
Forse non era…come credevo, avevo conosciuto una persona diversa e non il vero Liam Payne?
Lo guardai per un attimo e per la prima volta notai che con quel cappuccio calato sugli occhi, la barbetta, la felpa nera attillata che gli risaltava le spalle e le braccia era proprio affascinante.
Che? Margaret Playcastle cosa hai detto?
Cosa ho detto?
Che Payne è un tipo affascinante!
E aggiungerei tenebroso, ha quasi l’aria di un membro di una confraternita segreta  che lotta per la giustizia.
Fa parte di un gruppo di vandali che vogliono nascondere topi e scarafaggi in cucina, non è un gran che come “confraternita segreta che lotta per la giustizia”.
Tossicchiai un pochino e lo guardai, dato che il viso era rivolto verso di me credevo proprio he mi stesse guardando anche lui.
-Ho qualcosa sulla faccia?- gli chiesi.
-Direi di sì…un passamontagna, perché?-
-Niente-
Che figura di cacca, volevo solo sapere perché mi fissava, magari mi stava rivalutando come io stavo facendo in parte con lui.
In parte, sia chiaro.
Non avevo la più minuscola intenzione di scordarmi quel lato narcisistico, borioso e irrispettoso che aveva manifestato nel più delle occasioni.
Le mie riflessioni sull’incappucciato furono interrotte da Charlotte che era tornata dalla sua ispezione.
-Tutto tranquillo- disse a Tony.
Liam si intromise prima che Tony potesse parlare.
-Perfetto, prima vanno i ragazzi con le torce, poi quelli con i sacchi e …-
-Payne, vieni qua e ti metti a fare il capo? Ti ricordo che non sei tu la mente di tutto questo-
Mi voltai verso il ragazzo che aveva appena parlato, non lo avevo riconosciuto a causa della benda nera ma dal tono della voce ero sicura di conoscerlo.
-Juan sei sempre il solito…non lo capisci che lo faccio per il bene del gruppo?-
Guardai Lot disperata: quel barlume di luce che avevo creduto di aver visto in Liam Payne si stava affievolendo.
Mi avvicinai di fretta a Juan che si stava avvicinando minacciosamente a Payne e dato che era più basso di lui di tutta la testa sembrava il più indifeso al momento.
-Calmati Juan, lascialo parlare che t’importa? E poi…siamo una squadra, dobbiamo restare uniti-
Lui mi guardò per un attimo.
-Forse hai ragione…ma io quello proprio non lo sopporto-
Guardai Payne che discuteva con Tony sbracciando come un condor ubriaco.
-Credo che la cosa si reciproca-
-Meglio così. Sta lontana da tipi come lui. Sa fare molto male-
Guardai Payne di nuovo. Non era che Juan stava esagerando? Sì, ok, Liam era il tipico ragazzo popolare, ma in fondo sembrava a posto e poi non credo proprio che mi sarei avvicinata così tanto a lui per scoprire se Juan aveva ragione.
Ops…dimenticavo il matrimonio!
-Playcastle tu che vuoi fare? Tenere la torcia, entrare in cucina o stare di guardia?- mi chiese Payne.
-Mi piacciono  gli animali- dissi con un sorrisetto per poi prendere un sacco che squittì.
-Perfetto, allora noi due entreremo in cucina-
Oh bene, anzi perfetto direi: io e Liam Payne da soli nella stessa cucina dopo che avevamo dichiarato a vicenda di non sopportarci.
Ok, che non litigavamo da 65 secondi, ma poteva sempre scoppiare la bufera soprattutto da quando aveva capito che simpatizzavo per Juan.
Uscimmo silenziosamente dal nascondiglio con il fiato sospeso, tutti si muovevano furtivamente, perfino Charlotte che di solito faceva più rumore di un mammut sembrava avere del DNA da spia.
Tutti tranne me che cercavo disperatamente un modo per tenere fermo quel sacco che sicuramente conteneva topi e scarafaggi grossi come cavalli.
-Vuoi fare silenzio Playcastle?- mi chiese brusco Payne. Lo guardai truce.
-Potevate pure addormentarli…sembra che stiano facendo una rissa qui dentro-
Lui rise.
-Esagerata!-
Tony si avvicinò a noi.
-Bene ragazzi potete entrare, di guardai restiamo io e Charlotte-
Entrammo con le pile accese.
Raggiunsi la dispensa e svuotai il mio sacco per bene per poi raggiungere Payne che in quel momento svuotò il suo.
-Bene, possiamo andare- dissi avvicinandomi in fretta alla porta. Non mi andava molto a genio stare in quella stanza con  due sacchi di topo e scarafaggi. Ma sinceramente quello che più mi preoccupava era Payne: le parole di Juan non facevano altro che tornarmi in testa e più cui pensavo più volevo uscire da quella cucina.
-Aspetta un attimo-
Mi voltai verso di lui.
-Hai dimenticato qualcosa?-
-No, voglio solo parlare un attimo dato che questa sarà l’unica volta in cui saremo io e te da soli. Volevo chiederti scusa per come mi sono comportato sin dal primo momento…in effetti ti consideravo la responsabile di questo matrimonio e non una vittima come me-
-Ok, scuse accettate ed ora nemici come prima?- gli chiesi aprendo la porta e scappando via letteralmente, trascinando con me Charlotte.
Le parole di Juan stavano facendo effetto e poi me lo aveva detto lui stesso di stargli lontano finchè avrei potuto…giusto?

RINGRAZIO TUTTE LE PERSONE CHE MI HANNO RECENSITO FINO AD ORA...SPERO TANTO CHE AUMENTERANNO...
ALLORA COME VI SEMBRA CHE STIA ANDANDO AVANTI LA STORIA? QUANTO VI STA ANTIPATICA LA GALLINACCIA ROSA...EHM VOLEVO DIRE EVELYN, SCUSATE.
E JUAN? IO LO ODIO MUAHAHAHAHAH!
FATEMI SAPERE:))

 

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Capitolo 9
*** COME SEMPRE PAYNE ROVINA TUTTO QUANTO ***


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-Mi spieghi perché sei scappata così ieri? Insomma non avevo detto niente di male…-
Lo guardai per un attimo mentre prendeva dei libri dall’armadietto.
-No, non avevi detto niente di male, anzi...però…-
-Sai sembra quasi che tu non voglia andare d’accordo con me, in fondo sarebbe molto meglio-
Annuii.
-Sì…-
-E allora perché sei scappata?-
-Hai una brutta fama!- sbottai.
-Lui mi guardò sorpreso, guardandomi negli occhi.
-Chi?...Juan- disse duro appoggiandosi all’armadietto.
-Non andate molto d’accordo, non è vero?- gli chiesi aggiustandomi la cravatta.
-Già penso che sia ossessionato dal potere o qualcosa del genere…comunque vi sedete con noi a colazione?-
Uhm, di certo per Charlotte era un’opportunità unica, ma per me…
-Con Evelyn?! E poi non sono neanche tanto sicura che ci sarà una colazione…-
Lui rise.
-Non sarai gelosa?- mi chiese malizioso.
Se il mio sguardo avesse avuto il potere di fulminare qualcuno a quest’ora il povero Payne sarebbe stato un ammasso di cenere fumante sul pavimento.
-Certo che sono gelosa, sarò tua moglie prima o poi quindi vedi di dimenticarti quella putroccola!-
-Sì sì, ma come ti ho già detto per me è una croce starle vicino. Andiamo a mensa?-
Annuii.
Stavo per attraversare il corridoio con Liam Payne, il ragazzo più intonato e più bello del Royal College? Le cheerleader avrebbero avuto di che squacquerare per circa un’eternità. E comunque non ero di certo io a dire che era bello e intonato, lo avevo sentito da una ragazza svenevole del suo anno che non faceva altro che strusciarglisi contro.
Beh Meg, lo hai detto tu stessa che era affascinante.
Sì, ieri sera quando aveva quel cappuccio che gli copriva quasi tutta la faccia! Dai , non ha niente di speciale: di fisico è carinello ma ho più muscoli io e di lineamenti sembra un cucciolo bastonato! Quindi no, non è assolutamente nulla di speciale.
E che mi dici della barba? Ti sono sempre piaciuti i ragazzi che sembrano più maturi di quello che sono.
Sì, forse quella è accettabile.
E direi! La stai guardando  da mezz’ora.
O merda!
E si era pure accorto tanto che mi stava guardando come se fossi una macchina che si impalla per qualche minuto.
-Mi sembrava di aver visto un pidocchio- cercai di spiegare.
Lanciò uno strillo che coprì quello che lanciarono i cuochi in quell’istante.
Allora era proprio vero che preparavano i pasti cinque minuti prima  e poi arriva il Ciccino che mi viene a dire che per preparare il pranzo si è impegnato come se lo avesse preparato per i propri figli.
Per me quello non ne aveva neanche uno di marmocchio per non parlare di una buona donna disperata disposta a sopportarlo!
Presi per mano Payne e lo scollai dallo specchio che aveva nel suo armadietto, proprio come una donnetta, per poi correre verso la mensa dove una miriade di adolescenti stava a fissare inebetita una cuoca che si era nascosta sotto un tavolo e non faceva altro che gridare qualcosa come:
-Moriremo tutti!-
Cavolo erano solo topi un po’ cresciutelli e scarafaggi!
Più che altro dovevamo festeggiare per esserci liberati da quella cucina che mi faceva sognare il polpettone di mia madre e vi dico solo che quella donna una volta aveva coperto una torta di dentifricio perché credeva che fosse commestibile e perché assomigliava alla panna.
Quindi potete immaginare cos’era il polpettone , immagino che prendere a morsi la Grande Muraglia Cinese sarebbe stato meno doloroso!
O cavolo, e quella mattina cosa avremo mangiato? Io ero super affamata , mi sarei mangiata un bue intero e quei cuochi neanche si organizzavano per prepararci qualcosa.
Era il colmo!
-Credo di dover andare da Evelyn, in questo momento si starà strappando i capelli a ciocche-
Annuii.
-Se vuoi aiutarla ti noleggio un tosaerba –
Lui rise e si allontanò a sgomitate tra la mandria di studenti.
Beh, in effetti se volevo respirare non era male come idea così andai in cerca di Charlotte, lontano da quella folla di ficcanaso rimbambiti.
La trovai in bagno delle ragazze mezza sconvolta.
-Che succede Lot?-
-Meg, sono terrorizzata e se ci scoprissero? Uno scherzo di questo genere comporta l’espulsione te ne rendi conto?- sussurrò.
-Ma dai! Ci dovrebbero dare il Premio Nobel per aver salvato un intero college da intossicazioni alimentari mortali! Scherzi a parte, ieri non ci ha visti nessuno, come possono solo pensare che siamo stati noi?-
Niente, mi guardava ancora con quei bellissimi occhi azzurri spalancati dal terrore.
-E se uno di noi confessasse?-
E proprio in quel momento sentii la voce di Payne che parlava attraverso la radio della scuola.
-Ragazzi, questo è un buongiorno di fuoco per la nostra scuola, mentre i nostri valorosi cuochi stanno combattendo contro feroci tigri che hanno invaso la cucina (così ci dicono), la preside ordina espressamente e militarmente che Juan Montez raggiunga la presidenza-
Ci guardammo negli occhi.
-Meg, Liam lo ha denunciato alla preside, è sempre stato dalla parte di Evelyn…-
-Dobbiamo raggiungere Tony e parlare con lui, forse si tratta di qualcos’altro-
La presi per mano e mi diressi verso la porta del bagno.
-No Meg ti prego, non ce la faccio, lasciami qui-
Non feci storie anche perché ero sempre più convinta che Charlotte avesse ragione, insomma Payne aveva dichiarato espressamente di non andare d’accordo con Juan.
Ma ora il punto era ci avrebbe denunciati tutti? Oppure lo stesso Juan avrebbe dato alla preside i nostri nomi?
No, Juan non lo avrebbe mai fatto, l’unico senza scrupoli era quell’idiota di Payne che cercava di fare anche il simpatico con me!
Ma certo, si era vendicato, io gli avevo detto di stare lontano da quella ragazza e lui ricambiava, denunciando Juan alla preside, dato che lo avevo difeso la sera precedente.
Che idiota!
No, non avrei parlato con Tony, non gli avrebbe dato una punizione esemplare, era troppo buono, qui ci voleva qualcuno che usava le maniere forti e con la tremenda voglia di dargli una lezione.
E quel qualcuno in quel momento ero io.
Anche perché a dirla tutta mi sentivo tradita da quell’idiota di cui avevo cominciato a pensare veramente bene. Aveva spento quel barlume di speranza che avevo che mio marito non fosse proprio un idiota.
Beh, questa era l’ultima volta che si sarebbe dimostrato gentile nei miei confronti, non gli avrei dato neanche la possibilità di parlarmi.
Per me Liam Payne era un uomo morto!
L raggiunsi nella stanza in cui parlava alla radio, mentre sparava cavolate su tramezzini impazziti.
-Payne spegni tutto, dobbiamo parlare- gli dissi risoluta, tanto risoluta che non fiatò neanche e mi seguì senza fare storie.
-Che succede?- mi chiese.
Gli diedi uno schiaffo che gli fece girare la testa dall’altra parte.
-Questo è per la denuncia di Juan-
Poi gliene diedi un altro.
-E questo è per me, brutto idiota!-
Lui mi bloccò il polso mentre con l’altra mano si teneva la guancia.
-Si può sapere che ti prende?-
-Hai denunciato Juan! Ci hai traditi Payne e a me più di tutti-
Lui mi guardò.
-Sì, è vero ho denunciato Juan, ma non…-
Gli mollai un cazzotto prima che potesse dire altro. Si era messo contro la ragazza sbagliata!
E ammetteva pure così facilmente di essere un traditore.
Mi spinse contro un armadietto, provocandomi una fitta di dolore al braccio.
-Ascoltami Meg…-
-Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi così?- urlai buttandolo a terra e cominciando a riempirlo di cazzotti, beh, diciamo che anche lui si dava da fare.
Sentii delle grida che provenivano dal corridoio. Qualcuno tentò di separarci ma senza risultato: ero troppo arrabbiata con lui per provare pietà.
 
-Ho spiegato alle vostre famiglie cosa è successo- concluse quella ranocchia racchia della preside guardandoci da sopra quegli occhialetti minuscoli.
-Signorina ha sentito cosa ho appena detto o è troppo impegnata a giocherellare con la sua borsa del ghiaccio?-
-È colpa mia se questo bamboccio- risposi indicando Payne che era seduto accanto a me davanti alla preside –mi ha quasi ucciso un braccio?-
-Ti ricordo Playcastle che ho ricevuto ben due schiaffi e un pugno prima di reagire- disse fingendosi calmo, mentre nascondeva le sue smorfie di dolore sotto la borsa del ghiaccio che si teneva sull’occhio destro.
-Wow, viva la cavalleria! Ed è stato ugualmente cavalleresco quello che mi hai fatto? Stavo cominciando a pensare veramente bene di te, quando tu…-
-Smettetela!- sbottò la preside interrompendomi.
-I vostri genitori mi hanno detto che voi due non vi potete neanche vedere, è così?-
-Assolutamente- esclamammo in coro, per poi scambiarci uno sguardo truce.
-Bene, allora la soluzione che hanno trovato le vostre famiglie non vi piacerà neanche un po’- disse la preside sospirando e guardandoci preoccupata.
-Qual è la soluzione?- chiese Payne spalancando l’unico occhio che poteva spalancare, dato che l’altro era talmente gonfio e nero che neanche due stecchini  lo avrebbero aperto.
Stavo per scoppiare a ridere quando la preside cominciò a sfogliare un elenco con dei numeri.
-Credo che il 27 faccia a caso vostro-
Ci guardammo interrogativamente per poi ricordarci che c’era dell’odio tra di noi.
-È un appartamento in cui vivrete insieme per il resto dell’anno scolastico e, se non ci sarà un cambiamento sostanziale del vostro rapporto, la vostra convivenza durerà anche di più-
Occorsero circa cinque minuti prima di capire che quello che stava dicendo la ranocchia era vero e che avremo dovuto vivere insieme per un bel po’ di tempo.
-Coooooooooosa?!- urlai prendendo per il colletto della camicia la ranocchia e alzandola a forza dalla sedia.
La fissai minacciosa.
-Ci deve essere un errore…controlli!-
La preside mi guardò severa per poi aggiustarsi gli occhiali che le erano calati sulla punta del naso.
-L’unico errore , signorina, è quello che avete commesso voi e non avete fatto altro che peggiorare la situazione, non volendo darmi spiegazioni sull’accaduto, quindi se non volete essere espulsi da questa scuola vi consiglio di prendere quelle chiavi e di andarvene, mi sono spiegata?-
Altro che se si era spiegata: avevo un timpano perforato e un padiglione auricolare liquefatto.

SPERO CHE VI PIACCIA COME SI SIANO MESSE LE COSE...:))
 

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Capitolo 10
*** È INIZIATA LA MIA CONVIVENZA ***


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-Non posso ancora credere che andrai a vivere insieme a Payne- mi disse Charlotte mentre rifacevo le valigie  che avevo sfatto da non più di tre settimane.
-Non credevo che ci fosse qualcosa di peggiore di un matrimonio con Payne, ma devo ricredermi:  una convivenza con quell’idiota prima del dovuto è nettamente peggiore-
Charlotte mi abbracciò forte.
-Dai Lot- dissi mentre una lacrima mi scendeva lungo una guancia –non starai sempre sola in fondo, ho già detto al compagno di stanza di Payne di venirti a fare compagnia-
Arrossì di botto.
-E chi sarebbe il compagno di stanza di Payne?-
Sorrisi.
-Tony-
-Meg!-
Mi tirò un cuscino in piena faccia proprio quando qualcuno bussò alla porta.
-Playcastle, sei pronta? Non mi va d aspettarti per tutto il giorno-
Ispirai forte, ripetendomi mentalmente che dovevo cercare di non litigarci di continuo se volevo che la convivenza forzata finisse presto.
Baciai Charlotte su una guancia e uscii con la mia valigia.
Incontrai lo sguardo di Payne che sembrava quasi più depresso di me e vi assicuro che io non ero in un buono stato.
-Sono pronta-
Lui mi guardò confuso.
-Hai tutto in quel borsone?-
Annuii.
-E tu hai tutto in quelle sette valigie? Non sapevo avessi noleggiato un camion per traslochi-
Sembrò non notare la mia freccitina.
-È il minimo indispensabile-
Sbuffai, quando rispondeva gentilmente era noioso.
-Dai dammene qualcuna-
-Non mi serve il tuo aiuto, credi che questa me la sia fatta raccogliendo fiorellini e strigliando minipony rosa?- mi chiese sfidandomi, alzando la maglietta e facendomi notare una tartaruga molto pronunciata.
Lo guardai scettica mentre con un sorrisetto studiava la mia espressione.
-Sei arrossita-
O merda!
Avevo notato un particolare che mi faceva letteralmente impazzire.
-E allora?- gli chiesi spazientita incrociando le braccia.
-E allora anche tu hai un cuore Margaret Playcastle- disse avvicinandosi ai cancelli della scuola, trainando le sette valigie con la stessa naturalezza che avrebbe avuto se in realtà fossero state due.
-Non starai insinuando che tu mi piaccia, vero?-
Si bloccò di colpo guardandomi.
-Non dovrebbe essere così male sposarsi con qualcuno che almeno ti piace, quindi se ciò che ho insinuato è vero…-
Lo interruppi.
-Sì ho capito, ma io non…-
Lui sbuffò.
-Quanto sei infantile!-
-Ehi, che posso farci se queste cose mi imbarazzando da morire? E dammi una di queste valigie, porca miseria-
Lui si scostò impedendomi di prendergliene una.
-Non ne vale la pena, ormai siamo quasi arrivati…-
Rimanemmo a bocca aperta: l’appartamento 27 non era un appartamento, era una villetta con giardino che in confronto ai dormitori era un vero e proprio sogno, almeno non avrei avuto nelle orecchie le urla di quelle galline che non facevano altro che urlare i nomi dei ragazzi più carini della scuola e vi assicuro che mi svegliavano alle tre della notte nonostante io avessi il sonno pesante che neanche un concerto di Heavy Metal in camera mia poteva interrompere.
-Puoi aprire tu?- mi chiese Liam.
Annuii, mettendomi a cercare le chiavi nel borsone.
-Oh no!-
-Che succede? Le hai perse?-
-No, le ho lasciate nella tasca dei pantaloni che ho messo in fondo, farò un casino-
-Lascia stare, prendi le mie, le ho nella tasca dietro dei pantaloni-
-Sicuro? Di solito ai ragazzi non piace che gli si metta le mani in tasca-
Lui rise.
-Forza, prendile-
Le presi titubante, cercando di toccare il suo corpo il meno possibile e quando alzai lo sguardo, ritrovai il suo viso poco distante dal mio.
-Cavolo…ti imbarazzando davvero queste situazioni…non lo avrei mai pensato-
Abbassai lo sguardo.
-Beh, tutti hanno un lato debole, giusto?-
Lo studiai per un attimo.
Cosa avrebbe fatto ora? Lo avrebbe usato contro di me? Ne avrebbe riso con gli amici?
-Cos’è quella faccia?- mi chiese confuso.
-Ho detto qualcosa che non va?-
-No figurati- mentii aprendo la porta della nostra casa e rifugiandomi all’interno.
-Però!- esclamò Liam da dietro –L’idea di farci convivere mi sembrava un vero schifo, ma devo ammettere che non ha molti lati negativi-
Aveva ragione: quella villetta era proprio carina ed era abbastanza grande per due adolescenti che volevano evitarsi il più possibile.
Beh, insomma non ci stavamo scannando quindi…no, Meg, ti ricordo che questo essere insulso ha denunciato Juan alla preside facendogli rischiare l’espulsione.
-Direi di ammazzarci per la camera, che ne dici?- mi chiese.
-Decisamente- gli dissi con un sorriso di sfida.
-Bene, allora partiamo dalla porta e ci ammazziamo sulle scale per il piano di sopra?-
-Direi che può andare-
 
Naturalmente presi la camera migliore, o meglio la camera migliore per me.
A lui piaceva più quella che aveva conquistato lui.
Beh meglio così direi:, almeno non me lo sarei ritrovato continuamente tra i piedi, pregandomi di prestargli il letto almeno per una notte.
Aprii la finestra della camera per prendere una boccata d’aria.
-Mi scusi signorina?-
Mi voltai verso la porta dove un uomo, che doveva essere il postino, stava cercando di suonare il campanello senza far cadere il pacco enorme che aveva tra le mani.
-Vengo subito-
Non stavo più nella pelle: era arrivato!
Mi precipitai di sotto, aprii la porta, firmai e abbracciai il pacco.
-Chi era alla por…un momento cos’è quel pacco? Sembra un sacco da box-
-Esattamente-
Payne mi guardò stralunato.
-E dove vorresti metterlo?-
-In camera mia naturalmente-
-Fai paura- disse, scuotendo a testa.
Scartai il mio sacco che mi ero fatta spedire da casa e lo portai con una mano sola su per le scale.
-È una questione di punti di vista, a me spaventano le ragazze che ridono e spettegolano in continuazione-
-Allora credo che Evelyn sia il tuo peggiore incubo-
Risi.
Un momento…stavo ridendo ad una battuta di Payne?!-Per evitare che tu mi sia troppo simpatico, mi potresti raccontare esattamente cos’è successo con Juan?-
Impallidì.
-Fo…forse un’altra volta…-
-Smettile di fartela nei pantaloni Payne e dimmi cosa è successo esattamente!-
Sospirò.
-E va bene. Ho capito che non bastava che io stessi con Evelyn per non far sospettare dei miei amici, alcuni professori già ci guardavano con sospetto. Così abbiamo deciso che avrei detto di aver visto Juan gironzolare per la scuola alle 21.30, proprio mentre lui era con il suo gruppo di studio.  Si scagionerà facilmente e tutti i sospetti cadranno. Se non mi credi chiedilo a Tony-
Appesi il sacco ad un gancio del soffitto: quella stanza sembrava fatta apposta per me.
-Ma perché Tony non ci ha detto niente? Insomma facevamo parte anche noi del piano, era nostro diritto saperlo-
Liam tossicchiò un pochino e si diresse verso la sua stanza.
-Payne!-
-Sì?- si voltò.
-Non mi dire che era tuo compito riferirci la cosa e che te ne sei dimenticato-
Si schiarì la voce.
-Non è andata proprio così…-
-E allora come?-
-Diciamo che era mio compito riferirlo, ma…-
-Ma?-
Mormorò qualcosa con una vocina stridula che rese la frase del tutto incomprendibile.
-Prego?-
-Non mi fidavo di voi-
Lo guardai truce.
Nessuno mi poteva dire di non essere degna di fiducia, nessuno!
Gli diedi le spalle e mi diressi in camera mia a passo di marcia. Quell’essere mi prese una mano.
-Scusami, mi dispiace, veramente-
-Mi dispiace Payne ma mi hai offesa, non ti posso perdonare così facilmente-
Mi lasciò lentamente la mano, quasi accarezzandola.
E mentre sentivo la sua mano che lasciava lentamente la mia mi venne in mente come sarebbe stato bello se invece di lasciarmi, quelle mani mi avessero stretta più forte.
Arrossii di botta e mi rinchiusi velocemente in camera.
Quella convivenza stava cominciando a preoccuparmi!
 

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Capitolo 11
*** UNA CENA FINITA MALE ***


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-Ce l’hai ancora con me?- chiese Payne dopo che fu entrato senza bussare ( e sottolineo senza bussare) in camera mia.
-Non so, tu che dici?- gli chiesi con il fiatone.
-Direi di sì dato che stai picchiando un sacco su cui hai attaccato la mia foto-
-Risposta esatta- dissi per poi fermarmi un attimo. Saltellare per un’ora e mezza non era una passeggiata.
-La cena è pronta, ti va di mangiare con me?- mi chiese titubante.
-Non andiamo alla mensa?-
Scosse la testa guardando a terra.
-E va bene, mi faccio una doccia veloce e arrivo-
Lui sorrise.
Mi diressi in bagno, mi lavai velocemente e indossai un paio di leggings e una maglietta grigia che mi lasciava una spalla scoperta.
Mi sciolsi i capelli che mi ricaddero sulle spalle.
Uscii dal bagno e mi ritrovai due mani sugli occhi. Urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Di sicuro era un ladro o un assassino che aveva mandato il cuoco trippone.
-Margaret stai calma. Sono io-
-Io? Io chi? La mia coscienza?-
-Il tuo coinquilino- disse lui superdepresso.
-E perché mi hai fatto venire un colpo?-
Sbuffò.
-Non volevo farti venire un colpo, era per farti una sorpresa, ma se non vuoi ti tolgo le mani dagli…-
-No no, mi piacciono le sorprese-
Lui rise e cominciammo a scendere le scale.
Mi prese una mano mentre con l’altra mi teneva gli occhi chiusi.
-Allora sei rimasta un po’ bambina-
-Ricordati che se vuoi divertirti ogni giorno devi restare un po’ bambino-
-Allora credo che quello che ti ho preparato ti piacerà- disse togliendomi la mano dagli occhi.
Eravamo in cucina. Il tavolo era tutto apparecchiato e c’erano anche delle candele accese.
-È per farmi perdonare- sussurrò.
Mi voltai per la prima volta verso di lui. Indossava una maglietta nera aderente con il collo alto e che gli stava veramente bene, gli occhi brillavano quasi di luce propria e stavano sorridendo.
-E va bene, ti perdono- gli dissi fingendomi scocciata.
Lui scoppiò a ridere per poi tornare serio.
Mi guardò per un attimo.
-Che succede?- gli chiesi confusa.
-Niente-
E invece qualcosa stava succedendo: eravamo ancora con la mia mano dentro alla sua.
Ma che ci stava accadendo quella sera? Ok che era sabato sera e forse la stanchezza di fine settimana giocava brutti scherzi, ma…
-Senti Liam, sarà bello quanto ti pare starci a guardare nelle palle degli occhi, ma io ho una fame che mi mangerei anche il calendario di donne nude che hai in camera tua, quindi…-
-Ehi, non ho un calendario di donne nude!-
Scoppiai a ridere.
Quel ragazzo prendeva troppo sul serio tutto quello che dicevo.
Mi sedetti.
-Allora Liam- dissi con una bocca piena da far paura –credo che dovrò fare i complimenti al cuoco che sta in cucina e che tu hai chiamato-
-Veramente l’unico cuoco che sia mai stato in cucina sono io-
Lo guardai stralunata.
-Tu? Tu hai speso tutto il pomeriggio a cucinare i miei piatti preferiti?-
-Li ho chiesti a Charlotte, a proposito ti saluta-
Lo guardai minacciosa.
-Stai per caso cambiando argomento?-
Sorrise di nuovo come per schermirsi.
-Davvero, non c’è bisogno di fare nessun complimento, per me è stato un piacere- disse, mentre portava i piatti in cucina. Lo aiutai a sparecchiare.
-Ah, ecco perché ti sei scelto una ragazza che ha la cucina della scuola-
-Ti prego non mi ricordare Evelyn per favore- mi supplicò affranto.
Risi.
-Posso solo immaginare-
-No, non credo: è una cosa troppo difficile da immaginare, è troppo lontana da qualsiasi mente umana-
Mi avvicinai a lui e mi misi a insaponare i piatti.
-Dì la verità, ti sarebbe piaciuto convivere con lei-
Sgranò gli occhi.
-Sei pazza?! La mattina mi avrebbe svegliato alle 5.00 solo per provarsi davanti a me tutti i vestiti del suo armadio!...e poi tu non sei male dopotutto, ok, mi hai tenuto il muso per una settimana, ma mi sto divertendo moltissimo-
Arrossii. Ecco lo sapevo!
-Vuoi dire che ti faccio ridere per le mie continue figuracce?-
Sentivo il suo sguardo su di me.
-No, non intendevo questo, Margaret. E poi scusa quali figuracce hai fatto?-
Alzai una spalla.
Mi venne in mente quello che avevo passato quando avevo dodici anni e prima che potessi fare qualsiasi cosa una lacrima scivolò lungo la mia guancia.
-Cercai di nasconderla a Liam, voltando la testa dall’altra parte, ma mi sfuggii un singhiozzo, mi misi una mano sulla bocca. Per fortuna che avevo finito di lavare i piatti se no oltre che a piangere come una bambina mi sarei mangiata pure il sapone!
Liam mi fece voltare il suo viso verso il suo.
Sentii il suo sguardo arrivare più in fondo di quanto avrebbe dovuto o forse ero io che stavo praticamente affogando nel suo.
Non parlò, non disse nulla , mi prese solo per mano e mi fece sedere con lui sul divano.
Tenevo lo sguardo basso e sobbalzai quando mi mise una mano sulla gamba.
-Se ho detto qualcosa che ti ha ferito, ti prego dimmelo-
Io scossi la testa, asciugandomi le lacrime e dandomi degli schiaffetti sulle guance per riprendermi.
Forzai un sorriso e lo guardai negli occhi.
-Non hai detto niente di male, anzi stasera sono stata benissimo. È solo un brutto ricordo, ma non mi va di parlarne-
-Come vuoi-
Mi prese tutte e due le mani tra le sue e mi guardò.
-Ma se vuoi parlarne , se vuoi sfogarti io ci sono. Non dirò niente a nessuno, te lo prometto-
-Grazie- dissi alzandomi per poi augurargli la buonanotte.
Mi rinchiusi in camera, mi misi un vecchio maglione enorme che mi arrivava quasi alle ginocchia, poi mi buttai sul letto depressa.
Avevo rovinato una serata stupenda che aveva organizzato Payne con tanto impegno e tutto per colpa di quello stupido ricordo.
Ero un’idiota, una vera idiota! Probabilmente ora Liam mi odiava a morte credendomi una ragazza che voleva essere di continuo al centro dell’attenzione.
Idiota!
 

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Capitolo 12
*** SEI TROPPO BUONO ***


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-Ti ricordi per caso cosa sia il qua-quadri…?- dissi sforzandomi di ricordare quella parola che per me era peggio dell’arabo.
Dovevo dire che Payne era utilissimo come ripasso all’ultimo momento davanti agli armadietti.
Prese due libri e mi guardò divertito.
-Quadrifarmaco, per caso?-
Annuii.
-Ho la verifica di filosofia  e sto andando nel panico più assol…-
Mi passò un quaderno.
-Tieni, ci sono tutti gli schemi del programma di filosofia che ho fatto l’anno scorso-
Quel quaderno era la mia ancora di salvezza nel mare dei concetti filosofici e, credete a me, non c’era un mare più difficile da navigare.
Non feci neanche in tempo a ringraziarlo, Charlotte era venuta verso di noi con le guance tutte rosse.
-Meg, posso parlarti un attimo?- disse guardando di sottecchi Liam.
-È successa una cosa abbastanza importante che devo dirti.
Cominciò a farmi tutte smorfie come per farmi capire qualcosa, ma inutile, più la guardavo più mi sembrava che stesse facendo i segni di Briscola.
-Guarda che se è una cosa che riguarda Tony puoi parlarne anche davanti a me, si vede lontano un miglio che ti piace- disse Payne noncurante appoggiandosi con la schiena all’armadietto.
Charlotte iniziò a sbraitare qualcosa su quanto non fosso vero che le piaceva quel ragazzo e sul fatto che per affermare una cosa del genere si era fumato il cervello.
Liam la guardò scettico e poi scosse la testa, chiuse l’armadietto e brontolò qualcosa sulle ragazze che non capii bene e mi sarei fatta spiegare più tardi.
-Allora Lot che è successo?-
Lei mi prese le mani.
-Ieri prima di cena stavo guardando un film e…-
-Aspetta un attimo… che film?-
-Non è importante Meg, come ti stavo dicendo stavo guardando un film quando ad un certo punto Tony è entrato…-
-Un momento…senza bussare?-
Charlotte mi lanciò un’occhiataccia e continuò la sua narrazione come se non l’avessi mai interrotta.
-Aveva in mano una pizza e ha detto che…-
-Con che era la pizza?-
-Con i peperoni, ma…-
-Ma a te non piacciono i peperoni!-
Sbuffò.
-Ha detto che voleva passare del tempo con una ragazza che lo faceva ridere e che aveva una conversazione brillante, così si è messo seduto sul mio letto e abbiamo guardato un film insieme- sospirò alla fine con aria sognante.
La guardai malissimo.
-Fammi capire bene: ieri sera, mentre stavi guardando un film non importante , è entrato nella tua stanza senza bussare rischiando di trovarti nuda, ha portato una pizza che neanche ti piaceva e ha scroccato un film, dicendo una cosa per farsi perdonare-
Charlotte mise le mani davanti.
-So che detta così non suona molto bene, ma…oddio, eccolo, sta venendo qui. Comportato come se non ti avessi detto nulla-
Lo guardai mentre veniva verso di noi chiacchierando con Payne.
Non è che quel babbuino aveva combinato un casino?
-Ciao Charlotte- disse Tony arrossendo un po’.
Beh sì, ci sono qui anch’io, sai com’è, sono la sua migliore amica e qualche volta mi piacerebbe che la gente mi cagasse.
-Ciao Tony- disse lei sorridendo e mettendosi un paio di treccine dietro l’orecchio.
-Io e Tony ci stavamo chiedendo se stasera vi andrebbe di uscire con noi- disse Liam facendomi l’occhiolino.
-Per me è ok e per te, Lot?             -
Lei annuì.
Ah non so se per lei non era ok! Dovevo anche sacrificarmi ad uscire con Payne per farla stare un po’ con Tony e naturalmente li avremo lasciati soli per lasciarli ciuciulare come due colombe in amore e per farsi gli occhi dolci per tutta la serata.
Tony al colmo della felicità si diresse verso la sua classe.
-Allora sono o non sono un genio?-
Ignorammo entrambe Payne.
-Se vuoi posso venirti ad aiutare a prepararti- proposi.
Non avevo la minima idea di cosa volesse dire ma l’avevo sentito su migliaia di film.
-Senza offesa Meg, ma non so quanto mi potresti essere d’aiuto dato che ti vesti come una barbona- disse titubante allontanandosi con una scusa idiota.
-Payne secondo te mi vesto male?- gli chiesi dato che era l’unico rimasto.
Lui scosse la testa divertito.
-Me lo stai chiedendo con addosso l’uniforme scolastica da ragazzo? Non ci credo- disse allontanandosi anche lui.
Sapete che vi dico: strozzatevi!
Io volevo distinguermi da…no, non è vero, la verità è che non me ne poteva fregare di meno e quindi mi vestivo un po’ come capitava.
Beh però se Payne vedeva che ero un assoluto disastro perché non mi aiutava, dato che lui era così bravo?
Come sempre non l’avevo detto io ma una cheerleader con i capelli verdi che facevano letteralmente a cazzotti con la sua minuscola divisa azzurra.
 
Payne mi guardò da sopra il suo libro di letteratura.
-Mi hai appena chiesto di darti una mano a vestirti?- mi chiese piuttosto stupito.
-Sì ed è circa l’undicesima volta che lo ripeto-
Sorrise malizioso.
-E perché mai questo improvviso interesse per i vestiti?-
Gli lanciai un’occhiata truce.
-Non credere neanche lontanamente che tu c’entri qualcosa, lo faccio per Lot, sicuramente vuole che sia tutto perfetto e sicuramente la metterei in imbarazzo con le mie felpe quattro taglie più grandi-
Stette un attimo in silenzio poi si alzò.
-Non capisco perché  lo chiedi proprio a me dato che non sono un esperto di moda femminile, ma fammi vedere un po’ quello che nell’armadio-
Lo presi per mano al colmo della felicità e lo tirai letteralmente verso camera mia.
-Serviti pure- dissi indicandogli l’armadio.
Restò fermo impalato accanto a me.
-Beh, che c’è? Ci hai ripensato?-
-Penso che sia inutile cercare nell’armadio dato che tutti i tuoi vestiti sono sul pavimento-
Sbuffai.
Questo era peggio di mia madre!
-Quelli che non uso mai sono ancora dentro e non ti preoccupare, metterò tutto a posto-
-Se fossi in te metterei tutto nella lavatrice- disse prendendo tra le dita un pezzo di pizza.
Ah, ecco dov’era finita!
-Beh, quello credo che vada nella spazzatura, dico bene?-
Mi guardò allusivo storcendo il naso per poi dirigersi verso il mio armadio. Lo aprì di scatto per poi ripararsi dietro al letto.
-Ma che stai facendo?-
-Credevo che avrei scatenato il caos-
-Payne-
-Sì?-
-Muoviti!- urlai per poi scendere in cucina.
Era semplicemente ridicolo: un teenager con la mania dell’ordine. Era capitato male con me che ero una disordinata doc.
Si sentiva dalla cucina che borbottava cose come “Che schifo”, “Ma come si fa a vivere in un tale porcile?”
Facevo il verso ad ogni suo brontolio insopportabile. Sentii che scendeva le scale.
Ecco, mi aspettava la predica!
Mi guardò per un attimo.
-Penso che quello che ti ho messo sul letti sia adatto per stasera-
Lo guardai con tanto d’occhi. Come? Finito così? Neanche una predica, un insulto, una parolaccia?
-Non mi avevi chie…?-
-Sì sì, grazie mille- dissi abbassando lo sguardo. Se mi avesse sgridato mi avrebbe fatto sentire meno in imbarazzo.
Lui si appoggiò allo stipite della porta guardandomi interrogativamente.
-Non sei curiosa?- mi chiese.
-Eh? Ah sì, corro a vedere…- ma non mi mossi di un millimetro.
Lui sorrise.
No, ti prego, che fai? Mi sorridi pure! Tirami un piatto una sedia, il frigorifero, fa qualcosa di violento insomma…ma non sorridere così, mi fai sentire ancora più in colpa.
-Ti si sono incollati i piedi al pavimento?-
Finsi un sorriso.
-Ehm Payne, mi potresti fare un favore?-
Annuì.
-Mi puoi insultare o magari darmi una tirata d’orecchi?-
-Spero che tu stia scherzando- disse tornando improvvisamente serio.
-Non sto scherzando-
-Mi spieghi perché dovrei fare una cosa che non voglio fare?- mi chiese incrociando le braccia per poi passarsi una mano sulla barba.
-Mi farebbe sentire meglio-
Sollevò un sopracciglio.
-Perché? Cos’hai?-
Scossi la testa per poi avvicinarmi a lui, beh, non è che volevo avvicinarmi a lui, ma si trovava sulla porta quindi per andare di sopra dovevo per forza passargli vicino.
Mi bloccò la via d’uscita con un braccio.
-Dove vai?- mi chiese.
Abbassai lo sguardo.
-Vado di sopra-
-Scusami se ho detto qual…-
-Smettile di dirmi scusa!- sbottai guardandolo.
Mi osservò confuso, mentre mi riflettevo nei suoi occhi limpidi.
-Mi fai sentire uno schifo quando mi tratti bene. Io non so neanche chiedere scusa, mentre tu ti scusi in continuazione, quando ti insulto ti metti a ridere, sei andato in camera mia dove sembra che vadano a morire i vestiti e non mi fai neanche la predica. La verità Payne è che ho desiderato da sempre avere un comportamento simile al tuo, ma non riesco nemmeno a stare calma ora che non mi hai fatto niente!-
O mio Dio, che ho detto!
Mi tappai la bocca mentre studiavo la sua espressione.
Mi guardava preoccupato e voleva dire qualcosa, ne ero sicura.
-Margar…-
Gli misi un dito sulle labbra.
-Grazie per avermi aiutato- dissi a sguardo basso per poi precipitarmi di sopra.
Rimasi a bocca aperta: aveva ordinato tutta la mia stanza.



POTETE DIRMI COSA NE PENSATE DELLA STORIA, HO ALCUNI CHE L'HANNO MESSA TRA I PREFERITI E NON RECENSISCONO.

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Capitolo 13
*** SCOPRO DI ASSOMIGLIARE AD UN ISTRICE ***


Mi ero fatta una doccia veloce con tanto di capelli e mi ero vestita con quello che mi aveva consigliato Payne. Una maglietta bianca aderente tranne che per le maniche che erano larghe e si stringevano sui polsi.
Arrossii quando notai che aveva una scollatura quadrata che risaltava il seno.
Leggings neri e un paio di sneakers bianche.
Mi truccai leggermente e mi guardai allo specchio.
Mi sentivo terribilmente ridicola e fuori posto in quella maglietta che non ricordavo neanche di avere.
Forza Meg, è per la tua migliore amica!
Sì, era per lei.
Uscii decisa dalla porta del bagno pronta ad affrontare una serata a quattro, ma la mia decisione non durò a lungo.
Andò a farsi benedire quando vidi Payne davanti a me, mentre aspettava il suo turno per il bagno.
Abbassai lo sguardo ma non tanto velocemente da non notare che indossava una camicia e una giacca nera che risaltavano la sua corporatura.
-Vado un attimo in bagno, tu aspettami di sotto. Tony e Charlotte saranno qui a momenti-
-Sono già le otto?- chiesi sorpresa.
Lui annuì.
Certo, era stata proprio una doccia veloce! Non avevo neanche lasciato il tempo per farla fare a Payne.
Presi il giaccone e me ne andai in salotto, proprio quando il campanello aveva suonato.
Andai ad aprire forzando un sorriso.
-Ciao Charlotte, ciao Tony-
Erano entrambi stupendi, Tony sembrava essersi messo d’accordo con Payne, mentre Charlotte indossava una maglia aderente marrone con delle frange e una delle sue stupende gonne aperte sul davanti.
L’abbracciai.
-Sei bellissima e credo che anche Tony la pensi come me- gli sussurrai all’orecchio.
Lei arrossì per poi lanciare un’occhiata veloce a Tony.
-Liam sarà giù a momenti- dissi.
-Eccomi, scusate il ritardo- disse, scendendo velocemente le scale per non farci aspettare.
Bene, gli avevo fatto scegliere i vestiti, mettere a posto la mia camera, avevo occupato il bagno per tutto il pomeriggio e in più si buttava per le scale con il rischio di ammazzarsi… sì insomma, una delle giornate più belle della sua vita.
-Allora uomini, dove ci portate di bello?- chiese Lot.
Tony e Liam si guardarono sorridendo.
-Perché quelle facce?- chiesi cercando accuratamente di non incontrare lo sguardo di Liam -Ve lo dico in anticipo, se è un night club io resto fuori-
Scoppiarono a ridere.
-Questa ragazza pensa sempre male, pensa Tony che una sera ha detto che avevo un calendario di donne nude in camera, quando l’unico calendario che io abbia mai avuto è quello dei Transformers- disse Liam scherzando.
Gli sorrisi debolmente per poi abbassare lo sguardo.
-Abbiamo prenotato in un ristorante cinese- disse Tony guardando Charlotte.
Lei adorava il cibo cinese e dallo sguardo di Tony sembrava che l’avesse fatto apposta.
Ma certo che l’aveva fatto apposta, se no come faceva a ricevere quell’abbraccio da parte di Charlotte?
Non vedevo l’ora di lasciarli soli, mi voltai verso Liam per chiedergli se aveva programmato qualcosa in cui noi due non stavamo lì impalati a fissarli come degli idioti e magari levavamo le tende e ce ne tornavamo a casa ad attendere da entrambi una telefonata che ci avrebbe svelato il resto della serata, ma le parole mi morirono in gola quando mi accorsi che mi stava guardando.
Distolsi subito lo sguardo rossa in viso.
Che imbarazzo, quel pomeriggio gli avevo praticamente urlato in faccia che lo consideravo superiore e che io mi sentivo una cacchetta rispetto a lui.
Tornai a guardare Charlotte e Tony che si stavano facendo gli occhi dolci.
-Non ti preoccupare- mi sussurrò Liam all’orecchio -Al ristorante cinese ho prenotato solo per loro due, noi andiamo a mangiare da qualche altra parte-
Sorrisi timidamente.
-Buona idea, mi sento di troppo con questi due futuri sbaciucchioni-
Lui mi sorrise.
Dovevate vedere la faccia di Charlotte, quando il cameriere disse che il tavolo prenotato era solo per loro due, era praticamente diventata un pomodoro con le treccine, mentre Tony guardava Liam come se volesse baciarlo, gli avrebbe costruito come minimo una pagoda se Liam glielo avesse chiesto.
Li salutammo e continuammo a camminare.
-A me andava il cibo cinese- dissi rompendo il silenzio che si era creato tra di noi. Insomma, sentire il rumore dei passi mentre cammini accanto ad un ragazzo non è un buon segno.
-Anche a me, ma chi ha detto che non possiamo mangiarlo ugualmente? C’è un altro ristorante qui vicino, che ne dici se prendiamo qualcosa da asporto e andiamo a mangiare da qualche parte? Non so a te, ma l’idea di rinchiudermi in un ristorante mi deprime-
Annuii.
-Per me va bene-
Entrammo in un ristorante, ordinammo qualcosa come un quintale di cibo e ci avviammo con due buste piene porzioni fumanti verso un parco lì vicino.
Ci sedemmo in un tavolo da picnic, vicino ad una fontana illuminata.
Eravamo soli, il parco era completamente vuoto esclusi noi e qualche paperella nella fontana.
Guardai Liam che tirava fuori dalle buste la nostra cena per poi togliermi il giubbetto dato che non era troppo freddo.
Sorrisi quando mi accorsi di indossare la maglia che aveva scelto Liam e che poi non era servita a molto dato che Charlotte non aveva notato neanche come ero vestita.
D’altronde come poteva notarlo se aveva occhi solo per Tony?
Era di nuovo calato quel silenzio tra di noi.
-Posso chiederti una cosa? -mi chiese Liam, mentre mi passava la porzione di involtini di primavera.
Evvai, niente silenzio!
-Certo-
-Perché non indossi più spesso vestiti un po' più…-
-Femminili?- dissi sorridendo.
- No, non volevo dire femminili, ma che ti valorizzino…insomma, non hai niente da nascondere-
Arrossii. Che cosa? Aveva appena detto che…
Mi guardò confuso dato che lo guardavo con gli occhi spalancati, la bocca aperta e l’involtino di primavera a mezz’aria.
-Non so cosa tu abbia capito ma volevo dire che… beh sì, insomma…-arrossì un po'- sei proprio una bella ragazza-
Quasi mi strozzai.
Ma che stava dicendo?
Insomma nessun ragazzo mi aveva mai detto una cosa del genere ed ora arrivava Payne che… ah, l’aveva detto solo per aumentare la mia autostima, dato che in quei giorni avevo dato prova che l’unica autostima che avevo era sotto la suola delle scarpe.
Guardai il mio involtino, insomma non che fosse più bello di Payne ma almeno aiutava a tenere gli occhi lontani da lui.
-Se mi stai dicendo queste cose per oggi, io…-
Mi guardò per un attimo e sorrise teneramente.
-Ti sto dicendo queste cose perché le penso davvero-
Lo guardai negli occhi per scorgere qualche indizio che quello che aveva detto fosse una cavolata, ma niente…era serio.
-Non sono niente di speciale, se pensi queste cose è soprattutto per merito della maglia che hai scelto-
Come cambiare argomento in una conversazione abbastanza imbarazzante, ero una maestra in questo.
-Alt!- disse alzando una mano e ridacchiando -Stai cambiando argomento, vuoi sviare i complimenti-
Mannaggia! Forse non ero proprio una maestra…
-Beh ti somiglio un po'- dissi ricordandomi della cena, quando pur di non ricevere dei complimenti aveva cominciato a parlare di Charlotte.
Lui mi sorrise.
-Ho l’impressione che siamo più simili di quanto vogliamo ammettere-
L’idea di essere simile a Liam non mi sconfinferava del tutto, insomma io ero una pazza isterica che sognava di sfondare nella box, mentre lui non dava mai fastidio a nessuno, neanche quando cantava sotto la doccia, dato che cantava pure bene.
-In senso che siamo due esseri umani?- scherzai.
Lui rise.
-No, intendevo che tutti e due nascondiamo la nostra sensibilità dietro il lato aggressivo del nostro carattere, se non ti metti a ridere direi quasi che assomigliamo a degli istrici-
Non risi. Perché avrei dovuto ridere? Era la pura verità: non lasciavo avvicinare nessuno, i miei aculei respingevano la maggior parte delle persone di mia conoscenza.
-Hai ragione e sai che ti dico? Io non ho scoperto ancora molto su di te-
Sollevò un sopracciglio.
-Beh non c’è niente da scoprire-
-Hai appena detto che nascondi il tuo lato sensibile dietro l’aggressività- constatai.
Lui sorrise.
-Beh, diciamo che l’aggressività nei tuoi confronti è sparita-
Lo guardai stupita.
-Quindi sto parlando con il vero Liam Payne?-
Lui sorrise.
-E non è l’unica sorpresa-
Mi porse una busta. Lo guardai interrogativamente.
-E’ arrivata stamattina- disse lui.
Era della scuola. Non avevo dato fuoco a niente con un semplice deodorante come era successo in quarta elementare vero? O non avevo dato il parrucchino del professore ai leoni alla gita allo zoo, come avevo fatto in prima media, giusto?
-Dai aprila- disse ridendo.
Beh, se lui era così sollevato doveva essere una bella notizia per forza.
-O mio dio…mi hanno preso al corso di box della scuola!-

CIAO A TUTTI!!!
Sono tornata da poco su efp e mi sono ridecisa a continuare a pubblicare questa fanfiction.
Spero vi piaccia!

 

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Capitolo 14
*** EVELYN E' UNA SCIMMIA ***


-Buongiorno Charlotte- dissi, appoggiandomi al suo armadietto.
-Buongiorno Meg- mi disse sorridendo.
La guardai stupita, da quando in qua riusciva a trattenere le sue emozioni così bene?
-YAHUUU!!!- esplose lanciando improvvisamente in ari i libri che teneva in mano.
Ah, ecco mi pareva!
Mi abbracciò fortissimo.
-Mi ha chiesto di uscire e stavolta non è un’uscita a quattro, è un appuntamento in piena regola-
Le sorrisi.
-Sono così felice per te, Lot. Te lo meriti proprio un ragazzo come lui, ma se solo ti farà soffrire gli farò saltare in aria tutti i denti-
Lei rise.
-O Meg, sei sempre la solita-
Iniziammo a camminare lungo il corridoio verso la sala della colazione.
-E tu con Liam?-
La guardai esterrefatta.
-Io con Liam cosa?-
-Beh, eravate piuttosto strani ieri sera, Meg. Ti conosco molto bene ormai, fai sempre quella faccia quando qualcuno ti si avvicina più di quanto ti aspetti-
-Non mi sembra che mi stesse attaccato come una cozza ad uno scoglio-
-Intendo, che si avvicina al tuo animo, dì la verità: ti stai affezionando a lui-
Le lanciai uno sguardo truce che ebbe solo l’effetto di far esplodere la sua risata.
-Quante volte ti ho detto che non mi potrò più innamorare di qualcuno dopo quello che ho passato? Il rearto “ragazzi” è chiuso per me, non mi interessano-
Ritornò seria e mi strinse la mano.
-Mi dispiace Meg, sono una stupida-
Scossi la testa ridendo.
-Non ti preoccupare Lot-
Sentii che qualcuno mi picchiettava con un dito la spalla destra, proprio quella vicino a Charlotte. Mi voltai. Nessuno. Non potevo essere stata così stupida, mi voltai verso sinistra e incontrai lo sguardo divertito di Liam.
-Payne, questi giochini idioti falli alla tua prozia-
Lui fece una pernacchia.
-Ma se sei tu che me l’hai insegnato!-
Mi vidi davanti tutte le volte che glielo facevo: a colazione, pranzo, quando studiava, quando cucinava anche quando dovevo andare urgentemente in bagno.
Beh sì, forse glielo avevo insegnato io.
Sospirai.
-Lo ammetto, l’alunno ha superato il maestro-
Liam fece un gesto di vittoria, qualcosa come una super scivolata lungo il corridoio in ginocchio e con la giacca quasi del tutto tolta.
Si ricompose subito quando notò che io e Lot ci stavamo guardando abbastanza perplesse sulla sua salute mentale.
-Ehi, non fate quelle facce, per una volta che Margaret mi concede di aver vinto…-
-Ah ecco perché non abbiamo mai visto quell’esulto da rockstar malata mentale- dissi ironica.
Mi guardò assottigliando lo sguardo.
Se si credeva un duro si stava sbagliando di grosso, era troppo buono, non avrebbe fatto del male neanche ad una mosca figurarsi a me che era la sua coinquilina e che gli avrei potuto allacciare le gambe dietro il collo senza il minimo sforzo.
E infatti si limitò a fingersi offeso per cinque minuti per poi continuare a chiacchierare tranquillamente come se non fosse successo niente.
Tony ci raggiunse augurandoci il buongiorno.
Guardai Charlotte che aveva quegli occhi bellissimi che emanavano luce propria, ero veramente felice per lei, si meritava le attenzioni di tutti i ragazzi del mondo, ma dato che la razza maschile non si distingue per l’eccessiva intelligenza, si doveva accontentare delle attenzioni di quei pochi ragazzi che rappresentavano un’eccezione.
-Perché così di buon umore?- gli chiese Liam.
-Mi ha convocato la preside, Juan è stato scagionato e si sono tutti arresi a trovare il colpevole, in compenso si stanno impegnando…-
-A trovare dei cuochi più capaci e simpatici?- chiesi speranzosa. Sarebbe stata la svolta!
-Ehm no, stanno rinforzando la sicurezza di notte, è diventato quasi impossibile raggiungere la cucina, ci ho provato per due volte ma stavano per beccarmi-
-Sta attento, Tony- disse Charlotte un po' rossa in viso.
Che dolce, si preoccupava per lui!
-Non ti preoccupare, non ho nessun interesse ad essere espulso dalla scuola- disse facendole l’occhiolino.
Ok, quello era il loro momento dolcioso e per me e Liam era decisamente ora di andare.
Ci scambiammo uno sguardo complice e li salutammo, per poi entrare nella mensa.
Guardai con la coda dell’occhio Liam che non sollevava lo sguardo dal pavimento da almeno cinque minuti.
Forse gli giravano un po' per il fatto che Juan non fosse più sospettato…no, anche se non erano in buoni rapporti facevano parte della stessa banda, non poteva provare una cosa del genere… e allora cosa aveva?
Non mi sembrava di aver detto qualcosa di male.
-Perché quel muso lungo?- gli chiesi quasi preoccupata, mentre gli passavo una tazza.
Mi forzò un sorriso.
-Non ti preoccupare, non è niente-
Aggrottai le sopracciglia.
-E invece mi preoccupo, non fai molto spesso quella faccia da funerale e poi…- arrossii per l’imbarazzo ripensando a quella sera quando mi aveva consolata sul divano -…sei sempre tu quello che tira su il morale, se per una volta è una giornata storta posso sempre improvvisare un balletto insieme a Ciccino…a proposito, ciao Ciccino-
Sentii Liam ridacchiare mentre il cuoco mi lanciava un’occhiata assassina e mi diceva di spararmi.
Sì, dei cuochi più simpatici non dovevano essere male!
-Grazie Margaret, sei una forza- disse lui sorridendo.
Ma non m’ingannava facilmente, i suoi occhi erano ancora pensierosi e in più si passava continuamente la mano sulla barba, una cosa che non faceva tanto spesso dato che la considerava quasi sacra.
-Cosa ti preoccupa?- gli chiesi guardandolo negli occhi.
Stava quasi per rispondere ma poi scosse la testa.
-Niente, solo pensieri e poi sono un po' stanco, ieri sera siamo tornati tardi-
Lo guardai scettica.
-Ma se erano le dieci e mezza e…-
Lui sospirò.
-E va bene, ma prometti di non dirlo a Tony?-
Annuii un po' confusa.
Prese il suo vassoio pieno e mi fece segno di seguirlo ad un tavolo vuoto.
Mi sedetti vicino a lui e lo guardai impaziente.
-Il problema è che se la sorveglianza è duplicata devo provare che con Evelyn non scherzo e con questo intendo…- sospirò – fare cose che non voglio fare, non so se mi capisci-
Lo guardai preoccupato, gli presi una mano e la strinsi.
Lui mi guardò sorpreso.
-Hai già questo matrimonio sulle spalle Liam, non puoi sopportare anche questo, ti ridurrai ad uno strumento, lo sai questo? -
Lui annuì con lo sguardo basso.
-E tu non sei uno strumento, Liam, sei un ragazzo dolce, simpatico, altruista… non meriti tutto questo-
Mi fissò.
-Stai dimenticando che anche tu sei immischiata nella storia del matrimonio-
-L’ultima volta che ho creduto nell’amore avevo dodici anni, per me questo matrimonio non è una costrizione come lo è per te. Sai cosa facciamo ora? Diremo tutto a Tony e…-
-No!- disse risoluto.
-Perché?-
-Ognuno ha il suo compito e il mio è quello di tenere lontani i sospetti-
-Liam, quelli che stiamo causando sono degli incidenti in cucina, come puoi solo pensare che sono così importanti da costringerti a fare…sì, insomma mi hai capito…con l’oca?-
Lui abbassò lo sguardo, stava per dire qualcosa quando la sopra detta oca si presentò al nostro tavolo.
-O Liiiiii, quanto mi sei mancato? Non ho potuto neanche chiamarti stamattina per farti scegliere il colore del mio smalto, scusami! -
La guardai malissimo.
Insomma, lui doveva sacrificarsi per una che aveva come unica preoccupazione la scelta del colore dello smalto?
-E tu che fai con quella mano? -starnazzò notando che stavo stringendo ancora quella di Liam -Staccati subito dal mio “raga” se non vuoi che ti rubi il mascara –
La guardai fingendomi terrorizzata.
-O mio dio, il mascara no, il mascara che neanche ho perché non uso mai non puoi rubarmelo! –
Finsi di mettermi a piangere, mentre in realtà volevo saltargli addosso e fargli mangiare quelle stupide punte dei capelli tinte di fucsia.
Un momento…aveva qualcosa di strano…o no, aveva le lenti a contatto che le facevano la pupilla a forma di cuore come i My Little Pony.
Stavo per vomitare!
No, non esprimo bene quello che stavo provando, nel mio cervello si stava rivalutando l’intero genere umano ed ero arrivata ad una conclusione: solo alcuni esseri si erano evoluti, gli altri avevano un cervello sottosviluppato e qualche rotella fuori posto e Evelyn era il classico esempio di individuo con mancata evoluzione.
Prima che me ne potessi accorgere mi aveva soffiato Liam da sotto il naso e se lo stava trainando dietro per la cravatta.
I nostri occhi si incontrarono per un attimo prima che quell’idiota lo portasse definitivamente via.
Speravo vivamente che potesse ragionare, che capisse ciò che veramente meritava.

SALVE A TUTTI!!
CHE SCELTA PRENDERA' IL NOSTRO CARO LIAM?
CHISSA' CHISSA'...
COMUNQUE DATO CHE IL SITO TINYPIC STAVO CHIUDENDO LA COPERTINA CHE AVEVO MESSI NEGLI SCORSI CAPITOLI NON E' PIU' DISPONIBILE. CERCHERO' DI RIMEDIARE!!!
INTANTO COSA NE PENSATE DELLA STORIA?

UN SALUTO A TUTTI!

 

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Capitolo 15
*** DA FAIDE A PERDONI ***


-Bene ragazzi, l’allenamento è finito- urlò il nostro allenatore -Correte a farvi una doccia e ricordate: mente lucida e colpo sicuro. Sul ring conta solo questo-
Sì, era un tipo apposto, forse se glielo avessi chiesto…
-Mi scusi…?- gli chiesi avvicinandomi -Potrei restare ancora un po' ad allenarmi? La box mi aiuta tantissimo a risolvere i problemi-
Lui mi guardò accarezzandosi il pizzetto.
-Sembri una ragazza tranquilla, non mi distruggerai la palestra vero?-
Scossi la testa sorridendo.
Era un sì!
Tornai alla mia corda, mi guardai intorno, i miei compagni di corso se ne erano andati e anche l’allenatore sembrava aver tolto le tende.
Bene!
Mi tolsi la canottiera rimanendo col reggiseno sportivo e cominciai a saltare.
Svuotai completamente la mente e mi concentrai sul respiro che al momento era l’unica cosa che contava.
Iniziavo a sentire i muscoli delle gambe, non m’importava, dovevo andare avanti, il dolore segnava il limite, io dovevo superarlo.
Sentii la porta della palestra sbattere, facendomi prendere un infarto.
Mi fermai quando mi accorsi che il ragazzo con il cappuccio che era entrato non era altri che Liam.
-Ti stavo aspettando fuori, ma quando non ti ho vista sono entrato- mi disse quasi per scusarsi.
-Mi sono fermata un po' di più- dissi riprendendo a saltare.
Perché era venuto a prendermi? Si voleva far perdonare per il fatto che mi aveva lasciata sola la mia prima lezione di box?
Se quella era la ragione poteva anche andarsene a casa.
Si sedette nella prima fila delle gradinate, per poi abbassarsi il cappuccio senza dire una parola.
-Perché sei qui?- gli chiesi dato che non accennava a darmi una spiegazione.
-Sono venuto a prenderti, così torniamo a casa insieme-
-Dì la verità, hai perso le chiavi e non vuoi dirmelo-
Sorrise debolmente scuotendo la testa.
Si poteva vedere lontano un miglio che era giù di corda… e come dargli torto?
Quello che aveva sulle spalle non era un peso che un normale adolescente poteva portare.
Mi fermai, annodai la corda e mi diressi di corsa verso gli spogliatoi.
Una doccia veloce e poi a casa.
Sicuramente era stanchissimo e non vedeva l’ora di stendersi.
Mi asciugai i capelli più velocemente che potei, mentre con una mano mi infilavo un paio di jeans con il cavallo basso e gli anfibi.
Mi infilai in fretta e furia una maglietta nera a maniche lunghe che mi stava più aderente di quanto mi aspettassi e dopo aver messo dentro il borsone lo shampoo e il bagnoschiuma corsi da Liam.
Lasciai cadere il borsone a terra e mi sedetti vicino a lui.
Regnava un silenzio palpabile, ma sapevo che doveva dirmi qualcosa, altrimenti si sarebbe già alzato per tornare a casa.
-Ho parlato con Tony- disse finalmente.
Mi voltai verso di lui sorpresa.
-Veramente?- chiesi felicissima.
Lui annuì e si voltò verso di me a guardarmi, ma era serio.
Il sorriso mi morì sulle labbra nel vedere che non c’era traccia di quella felicità che avrei voluto vedere.
-Non mi dire che ti ha detto che devi farlo!-
-No, non gli ho parlato di quella cosa di stamattina, veramente io non ho neanche aperto bocca, ha parlato solo lui-
Lo guardai ansiosa.
-Ha detto che tra un mese agiremo di nuovo e che in questo mese devo convincere Evelyn ad eliminare la sorveglianza-
-Beh, ci sono mille modi per…-
Lui scosse la testa.
-Sai che mi ha detto oggi Evelyn? Che se non lo facciamo, tra noi due è finita e io non posso permettermelo-
Lo guardai contrariata.
-Ma questo è un ricatto bello e buono… e poi da quant’è che ti importa qualcosa di quello che dice quell’individuo con evoluzione mancata?- esclamai alzandomi in piedi.
-Inventati qualche scusa, Payne, tanto quell’oca non sa neanche quello che vuole-
Scosse la testa.
Basta!
-Non ti sforzi neanche di trovare una via alternativa, forse non sei neanche tanto dispiaciuto di…-
Si alzò di scatto lanciandomi uno sguardo truce che mi ricacciò le parole in bocca.
-Speravo che mi potessi capire, che avrei potuto condividere con te le mie paure e invece… invece sei solo una…una…-
Alzai lo sguardo. Perché si era fermato?
Me le meritavo tutte quelle parole… come avevo solo potuto dirgli una cosa del genere?
Il cuore cominciò a battere più veloce del dovuto quando vidi che lo spazio tra noi era quasi inesistente.
Incontrai i suoi occhi che fissavano i miei in maniera indecifrabile, ma che mi facevano martellare il cuore.
Sentivo qualcosa all’altezza dello stomaco, come un nodo o qualcosa del genere. Inspirai forte come se mi mancasse l’aria ma l’unica cosa che penetrò nelle mie narici fu il suo odore, l’odore della sua pelle.
Dopo un tempo che mi parve infinito, lui chiuse per un attimo gli occhi, scosse la testa come per svegliarsi e poi li aprì di nuovo e se ne andò dopo avermi fatto un cenno di saluto con la testa.
Lo seguii con lo sguardo mentre usciva dalla palestra senza neanche voltarsi.
Mi sedetti di nuovo frastornata, mi sentivo ancora scossa per quello che avevo provato poco prima, quel dolore allo stomaco che in fondo in fondo faceva piacere.
Forse era per la rabbia che avevo provato poco prima o forse per il senso di colpa… mi tornarono in mente i suoi occhi luminosi, sorrisi inconsciamente.
Scossi la testa.
Margaret Playcastle ricordati che probabilmente è l’ultima volta che lo vedi a questa distanza ravvicinata dopo quello che gli hai detto.
Sospirai mentre prendevo il borsone.
Era ora di tornare a casa.
 
Sedersi in cucina con una tazza di cioccolata calda in mano con addosso solo un maglione extracomodo e di otto taglie più grande era il minimo per tirarsi un po' su il morale.
Liam non era ancora tornato a casa e per il momento era sicuramente meglio così se volevamo evitare di tirarci addosso qualche elettrodomestico.
Come non detto, qualcuno aveva suonato alla porta.
Incrociai le dita ed andai ad aprire e… sputai per la sorpresa tutta la cioccolata addosso ad Evelyn.
Si guardò la maglietta di quattro centimetri rigorosamente rosa, che ora però aveva qualche macchia e urlò come un’isterica.
-O mio dio, mi dispiace per la tua…- no, era più forte di me, non riuscivo neanche ad ammettere a me stessa che quel coso era un indumento - …il tuo straccetto-
Ah, e sicuramente non mi dispiaceva neanche un po'!
Mi lanciò uno sguardo truce, facendo il labbretto che su quelle labbra rifatte sembrava più un polpettone gigante che una smorfia da mocciosi.
-Tanto anche se me l’hai sporcata, sono sempre più alla moda di te- mi disse guardandomi schifita.
La guardai annoiata.
-Mi sento molto offesa, davvero… comunque Liam al momento non è in casa, non so dove sia e non so a che ora ritorni, quindi ciao- dissi chiudendo la porta.
Suonò di nuovo il campanello.
-Cosa vuoi ancora?- le chiesi spazientita.
-Non sono venuta a cercare Liam-
-Beh, non ci sono altri ragazzi in casa, mi spiace…-
-Voglio speakare con te-
La guardai confusa. Cosa voleva fare?
Lei sbuffò sbattendo un piede a terra, proprio come una bambina.
-Come fai a non capire “speakare”? è linguaggio in! Dovrò piegarmi a quello out…- sbuffò di nuovo- Voglio parlare con te-
Inarcai un sopracciglio, non ero sicura di aver capito bene.
-Parlare con me?-
Lei annuì.
La lasciai entrare piuttosto confusa.
Quali suoni astrusi doveva emettere da quella fogna di bocca?
-Parliamoci chiaro. È evidente che tu non puoi competere con me: bionda, occhi azzurri, corpo stupendo, vestiti firmati e un futuro nel mondo del cibo macrobiotico… e tu invece che cosa sei? Una ragazzina come tante-
La guardai scettica.
-Ho solo un anno meno di te e poi non capisco dove vuoi ar…-
-Ah non capisci? Io scommetto che capisci benissimo… a Liam non interessi, questo è più che chiaro e non gli interesserai mai, come può volere te se ha già la perfezione?-
Posai la cioccolata sul tavolo, respirando profondamente per non prendere a schiaffi la presunta perfezione.
-Credo che la perfezione sia un concetto relativo e poi come puoi solo pensare che mi piaccia Liam? Solo perché siamo amici non significa che…-
-E invece significa, non voglio che vi frequentiate!- starnazzò l’oca come se qualcuno le avesse sparato un tappo nel didietro.
-Notizia dell’ultima ora: vivremo insieme per il resto dell’anno, ma organizzerai un party in spiaggia sapendo che abbiamo appena litigato. Felice giusto?- le dissi cercando di mantenere la calma.
-Credo che niente poteva farla più felice-
Ci voltammo entrambe verso la porta, Liam era lì che ci guardava piuttosto serio, sicuramente non era piacevole assistere ad una discussione infantile provocata dalla ragazza più stupida della terra dopo una brutta litigata con la tua coinquilina, nonché futura moglie.
-Da quant’è che sei lì, Liiiiiii?- gli chiese la gallina rischiando di rompere i vetri con quel “Liiiiii” che sfidava le leggi della grammatica.
-Più o meno da quando sei entrata, avevi lasciato la porta aperta-
Quindi aveva sentito tutto, compreso il fatto che Evelyn sospettasse che lui mi piacesse.
Arrossii un po' ripensando a quello che era successo in palestra, guardai con la coda dell’occhio Liam che veniva praticamente soffocato dall’oca.
Beh, la mia presenza evidentemente non era più richiesta, così presi la mia tazza e mi diressi verso la cucina per restarmene un po' tranquilla senza esseri urlanti che indossavano minipezze rosa o ragazzi ridotti in poltiglia.
-Dove stai andando?-
Tirai dritto, sicuramente dopo quello che era successo non potevo aspettarmi che quella domanda fosse rivolta a me.
-Margaret?-
O sì? Mi voltai e incontrai lo sguardo di Liam che cercava di scollarsi di dosso la cozza.
-Non pretendi delle scuse?- mi chiese guardando in modo eloquente Evelyn che mise il broncio e incrociò le braccia.
-Tranquillo, per me non è stato un problema- dissi per poi dirigermi verso la cucina.
-Margaret!- mi chiamò di nuovo Liam.
Sospirai tornando sui miei passi, mi appoggiai ad un mobile lì vicino aspettando di sentire quello che doveva dirmi.
-Forza Evelyn, come ti ho insegnato… da brava! Dai che alle prove sapevi la battuta a memoria- la incoraggiò lui.
-Scu-sa- disse lei forzatamente come se non avesse mai detto quella parola in vita sua.
-Perfetto e ora puoi andare, ci vediamo a mensa- la salutò Liam spingendola fuori dalla porta, mentre mi trattenevo dal riderle in faccia.
Quando Liam chiuse la porta un silenzio di tomba calò nella stanza e fu anche peggio quando lui si girò verso di me.
Dovevo rompere quel silenzio tremendo!
-Scusami per quello che ho detto in palestra… penso non ci sia un insulto talmente offensivo da potermi definire, sono stata un mostro- dissi cercando di non curarmi del fatto che si stava avvicinando -no, peggio di un mostro, una gallina non dotata di cervello, ecco cosa sono stata, ti prego scusami, io…- una lacrima mi scivolò lungo la mia guancia, quando mi posò un dito sulle labbra poi mi abbracciò.
Lo strinsi affondando il viso nel suo petto, mentre il profumo della sua pelle mi avvolgeva.



Salve a tutti. Come state? Io continuo a pubblicare con la speranza che vi piaccia... comunque se a qualcuno di voi interessa sto pubblicando anche un'altra fanfiction su Labyrinth, si chiama "Seduzione".
Ci vediamo al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 16
*** EVELYN MI ODIA ***


-Non credere di aver vinto la guerra- mi sibilò Evelyn mentre mettevo dei libri nell’armadietto pria di pranzo.
-Certo che no, come posso pretendere di vincere la guerra se non ce n’è neanche una in corso?-
Dio, che noiosa!
Non la guardavo neanche perché altrimenti le avrei sbadigliato in faccia.
Come aveva solo la forza di essere arrabbiata alle una? Non le andava di pensare al pranzo e a…? no aspetta, giusto… quale cibo? Quella ragazza si nutriva solo di barrette dietetiche e di cibo macrobiotico, quindi di certo non poteva sollevarle il morale pensare alla ciotolina di miglio che aveva rubato al cardellino della preside.
-Non fare la finta tonta, a te piace il mio raga-
Mi voltai sbuffando.
-Non mi piace il tuo “raga”- dissi mimando le virgolette con le dita -Non vuol dire che se gli parlo deve per forza piacermi, che dici?-
Lei mi guardò truce come se le avessi appena detto che io e Liam stavamo insieme.
Quindi veniva a parlarmi e non ascoltava neanche quello che avevo da dire, anzi se ne stava lì con quegli occhi azzurri spanati da far paura, lisciandosi continuamente quei capelli biondi tinti, preparandosi a saltarmi addosso.
Inutile che le rispondevo, tanto continuava a credere quello che voleva, quindi tanto valeva andare a mangiare anche perché stavo letteralmente morendo di fame.
-Beh, dato che non vuoi ascoltarmi ti saluto- dissi andandomene mentre la sentivo starnazzare il mio cognome.
-Idiota- dissi ad alta voce senza accorgermene.
-Spero che non lo stia dicendo a me-
Smisi di pensare all’oca quando mi ritrovai faccia a faccia con il ragazzo che aveva parlato.
-Juan!-
Lui sorrise per poi farmi cenno di accompagnarlo alla mensa.
-Allora… a chi stavi dando dell’idiota?-
Sbuffai.
-A quella gallina di Evelyn, da quando devo convivere con Liam non fa altro che starmi addosso come una piovra-
Lui annuì.
-Ah sì, ho saputo della tua punizione-
La mensa si stava riempiendo velocemente di studenti, dovevo sbrigarmi se non volevo sedermi vicino alla spazzatura.
-Allora non potrai seguire il mio consiglio- disse allontanandosi quando vide Charlotte che si stava avvicinando.
Il suo consiglio… quello di stare lontana da Liam se non volevo che mi facesse del male. Ma perché poi? Perché Liam avrebbe dovuto farmi del male?
Ormai il pregiudizio che avevamo l’uno dell’altra era scomparso, stavamo diventando amici e per di più vivevamo insieme, che senso aveva stargli lontano?
-Ehi Meg, cos’è quell’aria pensierosa?- mi chiese Charlotte sorridendo.
Scossi la testa.
-Niente, non ti preoccupare-
Lei sorrise.
-Bene, fai in fretta a prendere il pranzo e raggiungimi al tavolo di Tony-
Mi bloccai di colpo.
-Cosa hai detto? Il tavolo di chi?-
Lei sorrise.
-Hai capito bene, di Tony. D’ora in poi mangeremo con loro-
-Vuoi dire che c’è anche Evelyn?- chiesi con l’immensa voglia di uscirmene di corsa dalla mensa.
-Purtroppo sì, ma dobbiamo andarci se non vogliamo che si sospetti anche di noi-
Annuii.
-Prendo il pranzo e vi raggiungo-
Di sicuro non era il massimo mangiare quella pizza che sapeva di plastica fingendo che fosse la più buona del mondo solo perché condividevo il tavolo con la figlia del direttore della cucina.
Ah, e avrei dovuto sopportare i suoi continui discorsi insensati e le sue continue effusioni con Liam…non che mi desse fastidio vederli, però… no a chi la do a bere? Se non gli toglieva le mani di dosso le avrei dato uno schiaffo, ma non perché mi piacesse Payne, sia chiaro, in fondo non era che un ragazzo come tanti, molto carino, simpatico e dolce.
Guardai sconsolata quello che avevo nel vassoio e mi diressi verso il tavolo di Tony.
Lui e Charlotte stavano chiacchierando, mentre Evelyn si limava le unghie e Payne si fingeva interessato a quello che diceva.
-Ciao, posso sedermi qui con voi?- chiesi.
Liam si spostò un po' facendomi spazio tra lui e Charlotte, gli sorrisi debolmente.
-Liiiii perché devo mangiare con questa cretinetta?-
-Cretinetta ci sarai- le risposi a tono mentre cercavo di tagliare la pizza dato che morderla era un appuntamento assicurato dal dentista.
Lei lanciò un grido che mi perforò un timpano per poi farsi aria con le mani.
-Oddio e tu amore mio non dici niente?-
Liam si strinse nelle spalle.
-Beh in fondo l’hai insultata prima tu-
Un altro grido supersonico.
-Non ti preoccupare Liam, capisco benissimo quando non sono gradita- dissi per poi alzarmi con il vassoio in mano dirigendomi verso un tavolo ancora vuoto non molto lontano.
Sentii una mano trattenermi, mi fermai e mi voltai.
Incontrai gli occhi luminosi di Liam che mi scrutavano seriamente.
-Non dovresti essere qui- gli dissi seria -Torna da Evelyn, devi restare con lei-
-Solo se vieni anche tu- disse risoluto.
Lo guardai stupita: stava mettendo a rischio il suo compito nella squadra per avermi al suo tavolo?
-Non mi sembra il caso-
-E invece sì-
Feci finta di non aver sentito e guardai oltre la sua spalla incontrando lo sguardo di fuoco della gallina.
-Ti stai cacciando nei guai- constatai.
-Probabilmente e più sto qui ad aspettarti più le cose si complicano-
-Se mi vuoi far sentire in colpa ti assicuro che ci stai riuscendo- dissi facendolo sorridere.
Mi prese il vassoio e mi trascinò di nuovo vicino a lui al suo tavolo.
-Ed ora te ne stai qui, buona buona. Ti prego ho bisogno che una ragazza di buon senso mi stia vicino. Non riesco a sopportare troppa stupidità tutta in una volta- mi sussurrò all’orecchio.
Sollevai un sopracciglio sorpresa: mi aveva appena fatto un complimento.
Beh, dal suo sguardo imbarazzato e dal rossore che gli colorava leggermente le guance sembrava di sì.
Gli sorrisi anch’io titubante.
-Allora spero che la mia conversazione ti possa distrarre- dissi mettendomi in bocca un pezzo di quella gomma che mi rifiutavo di chiamare pizza.
Rimasi circa quaranta minuti a masticare quell’unico pezzo facendo delle smorfie orribili sotto lo sguardo divertito di Liam.
-Credo che i cuochi ci abbiano preso per dei tritarifiuti o qualcosa del genere- sussurrai a Liam, cercando di non farmi sentire da Evelyn che naturalmente pensava che fosse la più buona del ondo semplicemente perché non l’aveva mai provata, dato che non faceva altro che sgranocchiare barrette dietetiche.
Ma doveva essere cieca oltre che tremendamente stupida perché si vedeva lontano un miglio che quel cibo era terribile, non tanto quanto i suoi discorsi filosofici sullo smalto ma quasi.
-Per caso non ti piace il cibo della mensa?- mi chiese lei lanciandomi uno sguardo indignato.
Liam mi guardò allarmato.
-Senti biondina, cosa cavolo ti importa di quello che mi piace? Ti chiedo forse se sia di tuo gradimento il frullato di broccolo e miglio? No mi pare, quindi fatti gli affaracci tuoi e lasciami in pace-
Lei si spostò una ciocca di capelli che finì in bocca di Liam dato che la teneva aperta per addentare una mela, che non ci crederete, ma sapeva di plastica anche quella.
-Mi importa dato che voglio convincere mio padre a cambiare cuochi-
La guardammo tutti molto stupiti.
Io e Liam ci guardammo sorridendo: niente cuochi incapaci, niente costrizioni in campo affettivo.
-Davvero?- chiesi poco convinta.
-Certo, questo cibo è troppo grasso, una buona porzione da dieci grammi di miglio sarebbe molto meglio-
Sospirammo per la delusione, anche se dovevamo aspettarci che da una testa come la sua non poteva venire niente di buono.
-Hai mai pensato che questa scuola è frequentata da studenti e non da canarini?- le domandai mentre si dava lo smalto.
Ma sì dai, oltre al cattivo sapore del cibo aggiungiamoci la puzza dello smalto, buona idea!
Lei mi lanciò uno sguardo truce.
-Ti odio!- urlò lei con la sua vocetta da bambina di quattro anni mettendo il muso.
Oh, sai che peccato!
 


CIAO A TUTTIIIII!! ECCO UN NUOVO CAPITOLO! SPERO VI PIACCIA!

 

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Capitolo 17
*** RISPOSTE A DOMANDE DIVERSE ***


Liam era seduto tranquillamente sul divano a guardare la televisione mentre io lo stavo fissando da più di mezz’ora lottando contro l’impulso di fargli quella domanda, sia perché avevo paura della sua reazione sia perché avevo paura che la sua potesse essere una risposta affermativa.
Ma dovevo chiederglielo, il dubbio mi stava uccidendo.
Mi avvicinai titubante a lui e rimasi in piedi a fissarlo.
Lui si voltò per un attimo e mi guardò.
-Allora ti ho convinta a guardare un po' di televisione pria di andare a dormire- disse sorridendo, tornando a guardare lo schermo.
-Pensavo che fosse più interessante parlare- mi scrutò attentamente, poi spense la televisione e mi fece spazio sul divano, rifiutai il suo invito silenzioso e mi sedetti rigidamente sulla poltrona.
-Bene. Di cosa vuoi parlare?- mi chiese.
Abbassai lo sguardo, mentre mi torturavo le mani.
No, glielo dovevo chiedere: un altro giorno nel subbio non potevo sopportarlo.
-Ehm, ti ho visto molto più allegro in questi ultimi giorni e sinceramente non me lo aspettavo dopo quello che mi hai detto su Evelyn…ecco, vorrei sapere se è successo qualcosa con lei- chiesi tutto d’un fiato lanciandogli una fugace occhiata per poi tornare con lo sguardo basso per l’imbarazzo.
Si era fatto improvvisamente serio.
-Non credi che sia una cosa piuttosto personale?-
Sentii il mio cuore sprofondare e il mio respiro mozzarsi come se qualcuno mi avesse dato un pugno alla bocca dello stomaco.
-E’ un sì?- chiesi con voce strozzata.
Ma che mi prendeva? In fondo non aveva il diritto di fare ciò che voleva?
-Me lo stai chiedendo per poi farmi la ramanzina?-
Alzai la testa di scatto e lo guardai negli occhi.
-No!-
Lui si alzò dal divano e si accovacciò davanti a me tanto da guardarmi negli occhi.
-E allora perché?-
Sbuffai per sbloccare la situazione, ma soprattutto per evitare la domanda.
-Ti ho fatto una semplice domanda che richiedeva una semplice risposta, ma tu non fai altro che farmi altre domande-
Lui avvicinò il suo volto al mio facendomi arrossire.
-Voglio solo capire cosa pensi, devo ammettere che non è per niente facile-
Mi alzai improvvisamente lasciandolo di stucco.
-Mi ci sono voluti quattro anni per erigere un muro intorno alla mia mente, non credere che sia così facile capire cosa penso- dissi salendo le scale per il piano di sopra.
Se non mi voleva dare una risposta me la sarei data da sola. Mi fermai davanti alla porta della sua camera, sospirai e abbassai la maniglia.
In confronto alla mia la sua stanza sembrava un albero di Natale, le pareti erano tappezzate di poster di cantanti, il letto era in ordine e sul pavimento ci si poteva specchiare.
Femminuccia!
Ma non ero lì per criticare la sua stanza ma per cercare prove e di solito i ragazzi ne hanno.
Aprii i cassetti del comodino ma a parte il deodorante e un iPod non c’era niente.
Aprii l’armadio guardando dentro le tasche di ogni pantalone, ma niente.
-E’ inutile cche cerchi, non c’è niente-
Voltai di scatto la testa e incontrai il suo sguardo.
-Semplicemente perché non abbiamo fatto niente-
Perché mi sentivo così sollevata ora?
Alzai le spalle fingendomi indifferente.
-Beh, ci voleva tanto?- gli domandai avvicinandomi alla porta per uscire.
Mi voltai di nuovo verso di lui e questa volta ero titubante.
-E…e hai intenzione di… insomma…?-
Le parole mi morirono in gola quando vidi che si stendeva sul letto incrociando le mani dietro la testa.
-No, hai ragione tu. Non posso essere condizionato da dei stupidi colpi in cucina-
Annuii, poi aprii la porta per uscire dalla stanza quando mi chiamò.
Mi voltai lentamente.
-Perché me lo hai chiesto?-
Già, perché glielo avevo chiesto?
Era stata una reazione viscerale che non aveva avuto bisogno di spiegazioni.
Balbettai qualcosa di incomprensibile e mi rinchiusi in camera.
Mi appoggiai alla porta chiusa con la schiena, mentre le mie labbra si increspavano in un sorriso.
Mi veniva da sorridere e basta, senza un motivo preciso, ma mi bloccai subito rendendomi conto che era la stessa sensazione che mi aveva descritto Charlotte quando succedeva qualcosa con Tony.
Scossi la testa.
Non dovevo fidarmi di lui, anche se sembrava diverso dagli altri, era anche lui un ragazzo e da quella razza non ci si doveva aspettare niente se non depressione e delusione.
Mi vennero in mente le risate di scherno, gli insulti, i miei libri a terra…senza rendermene conto una lacrima mi sfuggì dalle ciglia, scivolò lungo la mia guancia e cadde a terra, ma fu subito sostituita da altre due.
Cercai di soffocare un singhiozzo ma subito un altro lo rimpiazzò, mi accovacciai in un angolo della stanza.
Sentii bussare alla porta.
-Tutto bene?- chiese Liam.
-Sì- cercai di rispondere con voce rotta dal pianto.
Non ero sembrata molto convincente, infatti aprì la porta.
-A me non sembra- disse piano sedendosi a terra vicino a me.
Lo guardai per un attimo con la coda dell’occhio e vidi che fissava il pavimento nello stesso modo in cui lo fissavo io.
-E’ per qualcosa che ho detto?-
Io scossi la testa per poi asciugarmi le lacrime che continuavano a scendere.
-No, tu non hai fatto niente, davvero-
-Ancora quel brutto ricordo di cui mi avevi parlato quella sera?-
Annuii lentamente rannicchiandomi ancora di più come se sentissi freddo.
Si avvicinò un po' e in quel momento mi sentii un po' meglio, quando non si è soli è sempre un po' meglio.
-Ti succede spesso di ripensarci?-
-Molto più spesso di quanto vorrei. È una cosa che non mi sono lasciata del tutto alle spalle e che mi torna in mente quando meno me l’aspetto-
Lui si schiarì la voce, sembrava quasi imbarazzato.
-Se ti aiuta puoi sfogarti con me- sussurrò mettendomi un braccio intorno alle spalle per farmi avvicinare a lui.
Appoggiai la testa al suo petto e lì con il battito del suo cuore nel mio orecchio mi sentivo al sicuro più che da qualsiasi altra parte.
Mi rannicchiai ancora un po' sperando che il calore che emanava il suo corpo potesse arrivarmi al cuore.
Sospirai.
Aveva ragione lui, sfogarmi poteva aiutarmi, in fondo anche lui si era sfogato con me e con nessun altro.
-Da bambina ero molto in sovrappeso, molto debole e sensibile e sognavo ancora che un giorno il principe azzurro potesse arrivare anche per me. Quando avevo dieci anni diventai vittima del bullismo, trascorsi due anni terribili: tutti i ragazzini della mia scuola ce l’avevano con me anche se non avevo fatto niente di male, le ragazze non facevano altro che escludermi e ridere di me. E così mi sono convinta che ragazzi e putroccole siano razze da evitare. Dopo due anni cambiai scuola e per la prima volta nella mia vita incontrai la box. Mi aiutò moltissimo, m’insegnò che riuscivo a mettere al tappeto il mio avversario, che anche se incassavo dei colpi potevo infliggerne altrettanti. Diventai quella che sono ora con molta fatica-
Il silenzio calò dopo che finii di parlare e fu rotto da Liam.
-E’ per questo che non credi nell’amore?-
Annuii.
-Niente ragazzi per me- dissi risoluta.
-Non tutti sono così e poi l’inizio dell’adolescenza è un periodo piuttosto strano, si cambia con il crescere-
Mi staccai lentamente da lui e lo guardai.
-E’ meglio non credere nell’amore quando sei legata a qualcuno da un matrimonio già deciso-
Lui rimase in silenzio, poi abbassò lo sguardo.
Mi alzai lentamente e mi spazzolai i jeans e mi asciugai gli occhi per le lacrime che erano scese.
Liam si alzò e mi venne vicino, guardai sorpresa la sua mano che cercava la mia.
Me la strinse e mi fece avvicinare a lui, si piegò lentamente verso di me e mi sussurrò all’orecchio.
-Spero che non mi consideri uno dei tanti ragazzi stupidi. Buonanotte-
Mi lasciò un dolce bacio sulla guancia e poi se ne andò senza aggiungere altro.
Quelle labbra avevano lasciato come un marchio incandescente sulla mia pelle.
Mi toccai la guancia e quando mi accorsi che scottava mi domandai per la prima volta dopo anni se davvero non credessi nell’amore.



 

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Capitolo 18
*** LA MIA DEBOLEZZA SEI TU ***


-Mamma, non riattaccare…cosa vuol dire che passeggerò le vacanze natalizie con Liam e che a Natale mangeremo con la famiglia Payne a casa nostra?-
La sentii sbuffare e blaterare qualcosa su figlie strane e sorde che non volevano capire e poi fece quello che le avevo pregato di non fare: riattaccò.
Questa notizia non faceva altro che peggiorare il mio umore: ero abbastanza nervosa per il colpo che avremo portato a termine quella notte.
Era studiato nei minimi particolari eppure avevo un terribile sospetto, come se qualcosa potesse andare storto.
Mi dissi che era normale avere pensieri di questo tipo prima di una cosa del genere.
Continuai a gonfiare i palloncini per la festa che avevamo organizzato per quella sera e a cui era invitata anche Evelyn.
Portarla fuori dal college era l’unico modo per eliminare la sicurezza: aveva convinto suo padre ad eliminarla per quella notte dato che altrimenti non le avrebbe permesso di uscire e rientrare.
E quindi lei, Tony e Charlotte venivano a casa nostra.
Una festa da urlo, beh, gli unici urli che si sarebbero sentiti sarebbero stati gli starnazzi di Evelyn.
Avevo l’impressione che non mi sarei divertita per niente, si sarebbe appiccicata a Liam come una cozza…
Il palloncino che stavo gonfiando scoppiò svegliandomi dai miei pensieri.
Regola numero uno, non pensare mentre gonfi palloncini a qualcuno di cui sei gelosa.
Ehi, un momento… io non ero gelosa, la gelosia va a pari passo con l’attrazione e l’amore ed io mi ero ripromessa di non provare nessuna delle due cose per nessuno al mondo.
Liam entrò nella mia stanza e sorrise soddisfatto: mi aveva rinchiusa lì dentro con la scusa di prepararmi una sorpresa.
-Ho finito, ora puoi uscire-
-Qualcuno ha pagato la cauzione?- ironizzai mentre buttavi fuori a calci la miriade di palloncini che occupavano la mia stanza.
Lui ridacchiò.
Uscii dalla stanza e rimasi a bocca aperta: la ringhiera delle scale che portavano al piano terra era decorata con delle luci e dell’agrifoglio.
Scesi di sotto e vidi l’albero di Natale più bello del mondo.
Mancava solo qualcosa, guardai la punta dell’albero e mi voltai verso Liam che mi porse la stella sorridendo.
Gli sorrisi mentre la prendevo. Salii su una sedia e la misi sulla punta dell’albero.
-Se dobbiamo passare le vacanze qui dentro, bisogna portare un po' di spirito natalizio-
-Ottima idea!- dissi al colmo della felicità, notando quanto la casa sembrasse diversa con gli addobbi e le luci.
Sorrisi mentre riportavo lo sguardo su Liam e mi accorsi che mi stava guardando.
I miei occhi si incatenarono ai suoi e mentre mi perdevo in quel marrone così dolce ripensai a quel bacio che mi aveva fatto scottare le guance.
Arrossii e mi schiarii la voce, cercando di porre fine a quel momento abbastanza imbarazzante.
Abbassammo entrambi lo sguardo e ci grattammo la nuca.
Un silenzio carico di tensione calò nel salotto lasciando intendere che fosse accaduto qualcosa di più rilevante di quello che era successo.
-Ehm, credo che andrò da Tony a rivedere gli ultimi dettagli del piano- disse, non alzando neanche una volta lo sguardo su di me. Si infilò il cappotto e se ne andò.
Mi misi una mano sulla bocca dello stomaco, cos’era quel dolore così strano che sentivo proprio in quel punto, che iniziava ogni volta che lo vedevo?
Era qualcosa del tutto nuovo e non era l’unico sintomo: sorridevo più spesso e qualche volta senza un motivo, mi guardavo più spesso allo specchio ed ero di buon umore.
E avevo come la sensazione che quei sintomi fossero tutti collegati, forse ero malata o qualcosa del genere.
Gonfiai un palloncino sovrappensiero, poi mi alzai ed andai a preparare i salatini per quella sera e decisi di cucinare anche un dolce, naturalmente niente di speciale, con le doti culinarie che mi ritrovavo e che avevo ereditato da mia madre era già tanto che non avessi dato fuoco alla cucina.
Lo infornai e corsi di sopra a cambiarmi dato che gli ospiti, compresa quella piovra di Evelyn, sarebbero arrivati a momenti.
Mi infilai in fretta un paio di leggings neri e un maglioncino viola, lasciai i capelli sciolti e corsi di sotto dato che avevo sentito la voce di Charlotte e l’inizio di una crisi isterica della putroccola.
-Ciao a tutti- dissi scendendo le scale, notando che c’era anche Liam, chissà se era ancora un po' teso per quello che era successo prima?
Charlotte venne ad abbracciarmi.
-Sei una magnifica padrona di casa, Meg-
-In realtà è tutto merito di Liam- mi schermii.
Liam annusò un po' in giro, poi mi guardò stupito.
-C’è qualcosa che sta cuocendo in forno?-
Corsi in cucina senza neanche rispondere, avevo lasciato il dolce a cuocere senza controllarlo.
No, sembrava tutto a posto anzi forse aveva bisogno di qualche altro minuto.
Mi voltai sentendo la porta sbattere e vidi Liam che prendeva le bibite, mi voltai subito sentendo la fitta allo stomaco.
-Non credevo sapessi cucinare-
Mi voltai di nuovo verso di lui, ma mi dava la schiena.
-E credevi bene, non so cucinare, ma con la facilità con cui lo fai tu sembrava quasi un gioco da ragazzi e così ho voluto provare-
Era pronto, cercai con lo sguardo il guanto da cucina, a Liam fu più svelto e me lo porse.
I nostri occhi si incontrarono quando le mie dita sfiorarono le sue nel prenderlo, ma mi voltai subito interrompendo il contatto.
Spensi il forno e tirai fuori il dolce, l’aspetto era ok ma il sapore?
-Sei stata molto brava-
-Spero che lo dirai anche quando lo assaggerai-
-Beh, allora lo faccio subito-
Prese un coltello e tagliò il dolce, ci soffiò sopra e ne mise in bocca un pezzetto.
Lo guardai in ansia mentre masticava lentamente.
-Potresti anche dirmi qualcosa- dissi.
Lui mi guardò divertito.
-Che devo dire? Hai fatto un’ottima crostata Margaret-
Mi avvicinai a lui per prendere il dolce e portarlo in salotto.
-Chiamami Meg, Liam-
-Sicura? L’ultima volta che l’ho fatto mi hai picchiato-
Scoppiai a ridere e me ne andai in salotto.
Charlotte si fiondò sul dolce, seguita da Tony, mentre Evelyn sgranocchiava un gambo di sedano.
Era un coniglio o cosa?
Tornai in cucina dato che Liam non era ancora uscito.
-Serve una mano?-
-Potresti aprire altre patatine per favore?-
Presi i sacchetti e una ciotola e ci trovammo di nuovo vicini.
Guardai le sue mani mentre preparava i tramezzini, le immaginai sul mio viso invece che su uno stupido panino al prosciutto e sentii il nodo allo stomaco stringersi ancora di più che mi impediva quasi di respirare.
-Sei tesa per stasera?- mi chiese.
-Un po', ma è normale no?-
Lui annuì.
-Andrà tutto bene vedrai- disse guardandomi per un attimo.
Incontrai il suo sguardo e successe di nuovo quello che era successo prima della festa: i nostri occhi non riuscivano a staccarsi. Stavo per chiedergli qualcosa su quello che sentivo ogni volta che mi guardava in quel modo, ma venni interrotta ancor prima di iniziare da Charlotte che entrò in cucina con il vassoio del dolce.
-Ehi Meg, ti ho portato qualche fetta di dolce prima che Tony se lo spazzoli tutto-
-Grazie- dissi forzatamente, consapevole di aver ancora lo sguardo di Liam addosso.
Incontrai di nuovo i suoi occhi, ma li distolse quasi subito e se ne andò in salotto.
-Ehi Meg, sei tutta rossa- sussurrò Lot.
Mi misi le mani sulle guance ed era vero, scottavano.
Sospirai prendendo un pezzo del dolce.
-Mi sento strana Lot, è da un po' ormai-
Lei si sedette sul tavolo e mi fece avvicinare.
Questo mi piaceva di lei, le dicevi che avevi un problema e lei ti offriva il suo aiuto ma soprattutto il suo ascolto.
-Ti senti male?- mi chiese preoccupata.
-Credo che il mio corpo rifiuti ancora Liam, non devo averlo perdonato del tutto, è l’unica spiegazione Lot. Non faccio altro che arrossire sotto il suo sguardo, sento un dolore allo stomaco ogni volta che è nelle vicinanze e non faccio altro che guardarlo, che mi succede?-
Lot mi guardò stupita e poi scoppiò a ridere, sembrava felicissima.
-E chi lo avrebbe mai detto?-
-Chi avrebbe mai detto cosa?- chiesi turbata.
Lot si bloccò di colpo, mi prese le mani e mi guardò sorridendo.
-Che ti piace Liam. Altro che rifiuto, tu sei attratta da lui come una calamita.
Boccheggiai per un attimo strabuzzando gli occhi, mi cadde anche il pezzo di dolce dalle mani e finì dritto dritto nel vassoio.
-Tutto bene?- mi chiese Lot preoccupata portandomi una ciocca dietro l’orecchio.
-No che non va tutto bene Lot. Mi ero ripromessa che non avrei mai provato sentimenti che possano essere un punto di debolezza-
-Ma può essere anche un punto di forza, non credi?-
Scossi la testa.
-Provare qualcosa per il ragazzo a cui sei promessa…- dissi guardandola negli occhi, ma accorgendomi che quei sintomi non potevano dire altro -… è debolezza!-
 


VI PIACE IL NUOVO CAPITOLO? MA SOPRATTUTTO... QUANTO SONO DOLCINI?

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Capitolo 19
*** PIANO ***


Sapevo di avere poco tempo e che dovevo essere molto silenziosa se non volevo finire sul giornale e al riformatorio, ma ero pienamente consapevole di avere la testa completamente da un’altra parte.
Come potevo non essermi accorta che provavo qualcosa di infinitamente infantile nei suoi confronti e da cui probabilmente era disgustato?
Presi il trapano e poggiai la telecamera proprio sopra la piccola credenza, un nascondiglio perfetto da cui si poteva vedere tutto ma che non poteva essere vista da nessuno se non da coloro che sapevano che c’era.
L’attaccai al muro, per fortuna che il trapano era piccolo e non faceva rumore, altrimenti…
Scivolai dal piano della credenza finendo a terra, portandomi dietro tutte le pentole, che oltre a farmi un male cane, avevano fatto un rumore tremendo che naturalmente aveva svegliato il bidello che dormiva vicino alla mensa.
Presi il trapano e scappai dalla cucina a gambe levate.
Stupida, stupida, con questa testa da un’altra parte!
Sentii la voce del bidello che intimava di fermarmi, corsi ancora più velocemente e mi fermai solo quando entrai in casa.
Mi sfilai velocemente il passamontagna e l’abbigliamento nero e li nascosi entrambi nello sgabuzzino.
Mi passai una mano tra i capelli e respirai forte cercando di calmarmi.
-Meg, cos’è successo? Ha appena telefonato Tony, ha detto che…-
La luce artificiale che entrava dalla finestra era abbastanza forte da lasciare la stanza in penombra e far notare quindi i miei occhi lucidi.
Liam si interruppe guardandomi.
-Ti avevo detto di non aspettarmi sveglio- dissi cercando di sembrare sicura di me, ma in quel momento non lo ero affatto.
-Cos’è successo Meg?- mi chiese avvicinandosi.
Rabbrividii in quella maglietta che mi stava troppo corta.
-Sono caduta e ho fatto rumore, stavano quasi per prendermi… sono un’incapace-
-Hai piazzato la telecamera?-
Annuì.
-Allora tanto incapace non devi essere, no?- mi disse, mettendomi una mano sulla guancia per rassicurarmi.
Incontrai il suo sguardo accogliente. Lo abbracciai e quando sentii le sue braccia che mi stringevano mi accoccolai sul suo petto.
-Ho avuto paura e ho paura che mi scoprano-
Mi accarezzò i capelli.
-Non succederà niente, non ti hanno riconosciuta, tranquilla…- mi sussurrò con le labbra che toccavano la mia testa tanto da sembrare una sorta di bacio.
Chiusi gli occhi, sentendo le sue mani che toccavano i miei capelli.
Solo quel pomeriggio avevo desiderato che mi sfiorassero ed eccole lì. Mi staccai piano dal suo petto e lasciai che il mio sguardo lo accarezzasse piano, lasciando che catturasse ogni particolare.
Aveva una voglia sul collo, avvicinai piano una mano e la toccai titubante, aspettandomi una sua qualche reazione che però non arrivò, si limitò a guardarmi con il suo sguardo indecifrabile.
Forse non stava pensando a niente in quel momento proprio come me, certo avevo il cuore che batteva come se avesse voluto uscirmi dal petto ma ero tranquilla, nessun pensiero.
Solo lui davanti a me.
Continuai a sfiorare la voglia, ma piano piano la mia diventò quasi una carezza. Chiuse per un attimo gli occhi e respirò forte. Smisi subito credendo di dargli fastidio. Lui aprì subito gli occhi e fissandoli nei miei mi prese la mano e la riportò sul suo collo. Sorrisi debolmente ma subito tornai seria quando sentii la fitta allo stomaco sotto il suo sguardo.
Si avvicinò lentamente a me e mi strinse dolcemente. Trattenni il respiro quando sentii la pelle del suo braccio sulla pelle nuda della schiena, quella pelle che la maglietta lasciava scoperta.
-Sei l’unica persona di cui mi fidi realmente- sussurrò mentre con il pollice tracciava delle piccole spirali sulla mia guancia.
Arrossii ancora di più al solo pensiero che sentisse la mia pelle scottare a causa sua, sospirai quando sentii il suo tocco sulle mie labbra e capii che in quel momento non desideravo altro che il suo pollice fosse sostituito dalla sua bocca.
E sembrava quasi che mi avesse letto nel pensiero perché si inumidì le labbra ed iniziò ad avvicinarsi lentamente guardando i miei occhi e poi le mie labbra leggermente dischiuse.
Sentivo il cuore rimbombare nelle orecchie al solo pensiero che stava per…
Il suo cellulare squillò talmente forte da interrompere quel momento che sicuramente non sarebbe continuato facilmente, forse in un altro corridoio buio…
Ci staccammo velocemente con ancora il profumo della sua pelle nelle mie narici e ci guardammo piuttosto imbarazzati.
-Pronto Tony? No, no tutto bene, no Tony, non so perché ho una voce strana…- mi lanciò una veloce occhiata -è tutto ok, il piano è stato portato a termine, c’è stato qualche intoppo ma è andato tutto bene, perfetto ci vediamo domani a scuola, ok, buonanotte-
Chiuse la chiamata.
-Ti saluta Tony-
Annuii.
-Credo che anche noi dovremo andare a dormire se non vogliamo che domani la preside ci faccia un interrogatorio sul perché abbiamo due occhiaie elefantesche- dissi voltandomi e dirigendomi verso la mia stanza.
Sentii la sua mano trattenere la mia, mi voltai incontrando il suo sguardo.
-Come? Te ne vai senza darmi la buonanotte?-
Arrossii ricordandomi che i miei genitori per darsi la buonanotte si davano un bacio, che poi che senso aveva se stavano nello stesso letto?
Mi avvicinai, mi alzai sulle punte titubante, posai una mano sulla sua guancia mentre sull’altra lasciavo un tenero bacio.
Avvicinai le labbra al suo orecchio e gli sussurrai un tenero “buonanotte” e poi me ne andai, non correndo ma quasi.
Mi toccai le labbra, era il primo ragazzo che non fosse uno dei miei pestiferi fratelli che baciavo, anche se solo su una guancia.


CIAO A TUTTI, ECCO UN PO' DI DOLCEZZA TRA MEG E LIAM!!!

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Capitolo 20
*** NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE ***


Mi strinsi il libro al petto quando mi accorsi che mi stava accanto per prendere i libri dal suo armadietto.
-Non ti ho vista stamattina-
Scossi le spalle indifferente.
-Ho corso un po' di più e ho fatto una doccia veloce-
-Devo essere uscito quando eri ancora in bagno… hai inchiavato?-
Annuii, mentre chiudevo l’armadietto.
-Tesa?- sussurrò.
Arrossii pensando a quello che era successo la sera prima, mi premetti una mano sullo stomaco, ecco che ricominciava a fare male!
Ma sicuramente si riferiva al fatto che ero terrorizzata dall’idea che mi scoprissero.
Mi guardò per un attimo e credo che si accorse che ero tutta rossa perché disse:
-Intendevo per il piano-
I nostri sguardi si incontrarono.
Non potevo credere che lo avesse detto, sembrava quasi che intendesse che in effetti quel momento significava qualcosa.
Annuii.
-Andrà tutto bene- sussurrò per poi andarsene.
Appoggiai la testa all’armadietto respirando forte per calmarmi.
Era per quello che quella mattina avevo cercato di non incontrarlo? Naturalmente! Mi spaventava solo l’idea che avrei vissuto con lui per il resto dell’anno scolastico!
Margaret Playcastle, ti sei rammollita parecchio, cerca di tornare in te stessa e di mettere la testa a posto.
Se ti piace davvero quel ragazzo dovresti passare più tempo possibile con lui e non programmare la giornata per cercare di evitarlo.
Era più facile a dirsi che a farsi!
Aprii gli occhi, feci un ultimo respiro e mi diressi nel laboratorio di biologia, quel giorno si dissezionava un lombrico.
Aaaahhhh, avevo bisogno di qualcosa di positivo per migliorare la giornata!
Mi sedetti super gasata e aspettai che arrivasse il professore con i camici e i bisturi, ma quando vidi che il professor Brown era accompagnato dalla preside ranocchia il mio buon umore andò a farsi benedire.
Iniziai a sudare freddo quando mi accorsi che i suoi occhi scrutavano tutti gli studenti e che alla fine si soffermavano su di me.
-Playcastle, in presidenza!- disse duramente.
Mi alzai deglutendo. Se volevo continuare quel college, avrei dovuto recitare come un’attrice professionista.
-Ho fatto qualcosa di male? Mi sembra che sia già stata punita abbastanza con la villetta 27, non le pare?- dissi non riuscendo neanche a scalfire per un attimo quello sguardo che rimase irremovibile.
-Signorina, la prego di seguirmi, le spiegazioni le verranno date in presidenza-
Mi alzai con la certezza che quel vecchio bacucco del bidello mi avesse riconosciuta, togliendomi ogni via di salvezza.
Seguii la preside verso la presidenza… verso il patibolo più che altro!
Non vedevo vie di uscita.
Alzai lo sguardo per guardare un attimo la preside e vidi Charlotte che usciva dall’aula di arte con un paio di pennelli in mano.
Mi guardò con gli occhi sgranati mentre riuscii a dire con il labiale una sola parola “Aiuto”, prima di venire spinta dalla preside nella sua stanza.
Mi fece cenno di sedermi sulla poltrona, mentre lei prendeva posto di fronte a me.
Incrociò le dita, vi appoggiò la testa e mi lanciò uno sguardo da sopra i suoi occhialetti.
-Stamattina la signorina Evelyn Tomato- (nooo, anche il cognome da verdura aveva!) -ha implorato la mia protezione come testimone oculare della, chiamiamola, birberia che è avvenuta stanotte-
La guardai impossibile.
Ah, quella putroccola si era inventata tutto per non avermi più tra i piedi e inconsciamente aveva preso la persona giusta, in effetti aveva anche detto che mi piaceva Liam e aveva preso anche quello. Wow!
Forse il suo cervello quasi del tutto inutilizzato era in uno stato amorfo in cui riusciva a cogliere qualche impulso del presente.
-Ed io dovrei aiutarla a proteggerla?- chiesi facendo la finta tonta.
-La signorina Tomato – mi veniva quasi da ridere se non fosse stato per quegli occhi a pesce lesso che voleva incenerirmi -mi ha chiesto di essere protetta da lei, perché è stata lei ad introdursi in cucina questa notte-
Feci una faccia da “non ci ho capito niente”.
-Vuole dire che Evelyn ha chiesto la protezione da se stessa perché ha visto se stessa andare in cucina?-
-Quando dico “lei”, voglio dire “voi”-
Di nuovo quella faccia.
-Voi chi? Mi è stato raccontato che è stata una persona sola-
La preside ranocchia stava quasi per strapparsi i capelli dalla disperazione, se continuavo così mi avrebbe detto di tornare in classe pur di non avermi tra i piedi.
-Dato che non volete capire, vi farò spiegare tutto dalla signorina Tomato in persona-
Ma certo signora preside, mi metta tra le mani la persona che mi sta provocando un infarto… con o senza la sua protezione la ridurrò in polpette… no, troppo grandi… in carne macinata è meglio.
-Sì, mi sembra giusto di sentirne la voce- disse la ranocchia alzandosi e andando ad aprire la porta, anche perché altro che voce, sembrava che stesse urlando dentro ad un megafono.
Mi alzai e seguii la preside e sbirciai da sopra la sua spalla.
-Che cattivo che sei Liii!-
Mi sporsi un po' e vidi Liam che la guardava duramente.
Charlotte doveva avergli detto che mi trovavo nei guai e quindi aveva finto di litigare con Evelyn proprio davanti alla presidenza. E doveva dire che era andata benissimo, Evelyn ci guardò spaventata e corse via scalciando.
-Cos’è successo Payne?- chiese la preside, lasciandomi finalmente posto per uscire.
Incontrai gli occhi di Liam che mi fecero di nuovo sentire al sicuro.
-Margaret non c’entra niente con questa storia, signora preside, Evelyn si è inventata tutto per farle espellere dal college, in realtà Meg ieri sera non ha messo piede nella scuola, stata sistemando casa dato che avevamo fatto una sorta di festa-
La preside lo guardò pensierosa battendo un piede a terra e incrociando le braccia.
-E perché l’avrebbe fatto allora?-
-Per gelosia, ultimamente, non ci siamo visti molto e credeva che fosse per colpa di Meg e poi l’ha detto sempre anche lei stessa che non la poteva soffrire. Ma ora…- disse, guardandomi negli occhi facendomi rabbrividire -Tra me ed Evelyn è finita, la prossima volta ci penserà due volte prima di mettere nei guai qualcun altro-
-Attento piuttosto che il prossimo non sia lei, Payne- disse solo la preside per poi rinchiudersi nella sua stanza. Evidentemente aveva creduto alla versione di Liam, dato che non mi riportò dentro trascinandomi come una delinquente.
Il corridoio era vuoto tranne per noi due. Lo guardai per un attimo e riabbassai lo sguardo.
-Non dovresti andare da Evelyn? È sicuramente disperata per la litigata-
Quanto mi faceva male pronunciare quelle parole, sentivo qualcosa farmi male nel petto.
-Come? Non hai sentito? Tra me e Evelyn è finita definitivamente, sono stanco e…e... poi non potrei…-
Alzai di scatto la testa dalla sorpresa. Come? Perché non poteva? Cos’era cambiato?
Mi venne in mente il modo in cui si era avvicinato quella notte e alla sua voce roca quando aveva risposto al telefono. Non era…? No, non ci pensare neanche Meg, non è per quello, come puoi solo sperare che tu sia la causa?
-Tony cosa ha detto?-
Lui scrollò le spalle.
-Non lo so, ma può farmi sostituire da Juan…io ho chiuso-
Cercai di calmarmi dato che mi stava scoppiando il cuore dalla gioia, beh sì, forse qualcosa era andato bene quel giorno.
-Che ne dici di andare in caffetteria? Ormai la lezione sta per finire- proposi avvicinandomi a lui.
Lui sorrise.
-Perché no?-

ECCO UN NUOVO CAPITOLO!!!

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Capitolo 21
*** MI SONO SVEGLIATA ***


-E ho battuto anche questo!- dissi sbattendo un pugno contro l’altro. L’allenatore mi guardò soddisfatto.
-Playcastle, sei l’alunna più promettente del mio corso, se ti organizzassi un incontro contro la Shield lo vinceresti?-
Deglutii.
-La Shield? La scuola di box?-
Lui sorrise.
-Io vengo da lì e devo dire che potresti battere la maggior parte di loro. Certo, è necessario un allenamento intensivo. Ci vediamo tutti i giorni dopo le vacanze natalizie, va bene?-
Annuii entusiasta per poi correre verso le docce. Chissà cosa avrebbe detto Liam!!
Arrossii sorridendo, dopo diciott’anni avevo trovato qualcuno che mi capiva e con cui stavo bene insieme.
Non era impossibile come credevo allora.
Quando entrai in casa improvvisai un balletto.
-Perché così euforica?- mi chiese Liam spuntando all’improvviso fuori dalla cucina.
Gli sorrisi.
-Farò un match contro un boxista professionista, ti rendi conto? Per me è… è quasi un sogno- dissi sdraiandomi sul divano al colmo della felicità.
-E se venissi a vedere la tua vittoria?-
Lo guardai.
-Stai scherzando?-
-No, perché dovrei? Non posso venire a vedere una mia amica che mette al tappeto un avversario che pesa il doppio di lei?-
Mi alzai e mi avvicinai a lui.
-Credi che vincerò?-
-Ne sono sicuro- disse sorridendo -e poi, ehi, basta che fai quello che ti piace come meglio sai fare e vedrai che andrà tutto bene-
Annuii rassicurata e quando sentii la sua mano sulla mia spalla alzai lo sguardo per incontrare il suo. E mi persi di nuovo in quegli occhi grandi e luminosi.
-Grazie Liam, mi fai sentire sempre bene- riuscii a dire.
Beh sì, era una sorta di confessione, ma in quel momento non m’importava, era una delle poche persone che credevano in me e di certo non lo avrei deluso.
Gli diedi velocemente un bacio sulla guancia e poi me ne andai di sopra a stendermi un po'.
-Dove credi di andare Meg?- mi chiamò Liam dal piano di sotto. -Non credi che dovremo iniziare a pensare ai regali?-
Impallidii, per poi precipitarmi fuori dalla porta e giù per le scale.
-Natale è dopodomani… cavolo- dissi mettendomi le mani tra i capelli, tornandomi in mente che avrei mangiato con la famiglia Payne.
-O mio dio, c’è anche tua madre!-
Lui scoppiò a ridere.
-Meg, devi stare tranquilla, mio padre e mia madre si accontentano di un dolce…-
Sbiancai ricordandomi da chi avevo ereditato le mie doti culinarie - … e le mie sorelle di un mazzo di fiori, forse la più piccola verrà anche un giocattolo-
Sbiancai ancora di più.
-Hai una sorella più piccola… di quanto?-
-Ha otto anni, perché?-
Mi schiarii la voce.
-Non sono molto brava con i bambini… i miei fratelli mi odiano e probabilmente anche lei finirà per non sopportarmi-
Feci una smorfia disperata. Mi mise una mano sulla schiena e mi spinse leggermente verso la porta.
-Non preoccuparti, andrà tutto bene ed ora andiamo a comprare questo regalo-
Annuii e mi infilai il cappotto per poi seguirlo fuori casa.
Camminavamo l’uno a fianco all’altro, forse un po' troppo vicini, ma a me sicuramente non dispiaceva e a lui non sembrava dare fastidio.
Inizia a guardarmi un po' in giro ricordandomi di colpo che era Natale anche per Liam e che almeno il regalo dovevo farlo, ma non sapevo assolutamente cosa comprargli e questo mi faceva andare ancora più nel panico.
-Perché così silenziosa?- mi chiese.
-Stavo solo pensando, niente di che-
-Sei stanca?-
Lo guardai per un attimo.
-Per cosa?-
-Beh, la scuola, lo sport e i colpi in cucina… ne sono successe parecchie-
E di certo lui non migliorava, stare sempre con lo stomaco chiuso e stretto in un nodo non è molto rilassante.
-Già- sussurrai abbassando lo sguardo e arrossendo leggermente.
-Ehi, ti va di entrare qui dentro un attimo?-
Era un negozio di animali, stavo per rispondergli, ma lui mi aveva già preso per mano e mi aveva portato dentro.
Mi fermai davanti ad una teca con un’iguana. Però non era male, poteva tornare utile, magari farla trovare nel letto di Evelyn poteva essere piuttosto divertente. No, mi ero cacciata in abbastanza guai da sola figurarsi con un’iguana.
Mi voltai e mi guardai intorno ma Liam era sparito.
Sicuramente doveva essere ancora dentro il negozio, mi misi a cercarlo e alla fine lo trovai nel reparto cuccioli. Aveva un piccolo cagnolino tra le braccia e gli stava sorridendo teneramente mentre quello gli leccava un dito.
Mi avvicinai e grattai delicatamente un orecchio al cucciolo. Incontrai il suo sguardo e come era già successo non lo sfuggì.
-Non sapevo che ti piacessero i cani-
Lui sorrise.
-Mi piacciono davvero tanto- disse rimettendo il cucciolo insieme agli altri.
-E cos’altro ti piace?- gli chiesi.
Lui mi guardò con un sorriso malizioso.
-E perché lo vuoi sapere?- mi chiese avvicinando leggermente il volto al mio.
Il cuore cominciò a battermi all’impazzata: aveva capito tutto?
-Nie-niente, per sapere… in fondo tu sai molte cose su di me, perché non potrei essere curiosa a perne altrettante su di te?-
Mi prese una mano e uscimmo dal negozio salutando il proprietario.
-Mi piace cantare, fare surf, pallanuoto e il cibo cinese-
-E le ragazze?- mi tappai subito la bocca non appena mi accorsi di cosa avevo detto.
Potevo essere così scema?
Lui mi guardò, studiandomi per un attimo.
Sentii la stretta della sua mano stringersi un po'.
-Ho un obiettivo ben preciso-
Annuii cercando di nascondere la tristezza che avrebbe sicuramente trovato nei miei occhi se solo me li avesse guardati.
Sicuramente non ero io il suo obiettivo, io ero più il suo obbligo e si sa ai teenagers non piacciono gli obblighi.
Quel piccolissimo briciolo di sentimento che si chiamava speranza si volatizzò.
No, non sarebbe stato male se l’uomo con cui avrei dovuto passare il resto della mia vita avesse provato qualcosa per me.
-La conosco?- chiesi titubante.
Mi lanciò una rapida occhiata.
-Non aspettare che te lo dica: vederti covare manie omicide contro Evelyn è stato già abbastanza –
Abbassai lo sguardo con il cuore spezzato, interruppi il contatto con la sua mano e mi strinsi le braccia al petto come se avessi avuto freddo.
-Era solo per parlare- dissi.
Manie omicide… non avrei avuto neanche la forza d’animo di farle uno sgambetto, altroché!
È brutto sperare e poi inaspettatamente accorgersi che la dura realtà ti ha preso per il naso per tutto il tempo; sì perché mi ero illusa, mi ero illusa che potessi piacere a qualcuno e quel qualcuno era Liam.


ECCO UN NUOVO CAPITOLO!

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