Will you be my muse?

di The_winter_honey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lacrime. ***
Capitolo 2: *** Ricordi ***
Capitolo 3: *** Instabile ***
Capitolo 4: *** Lezioni di Musica ***
Capitolo 5: *** Problemi ***
Capitolo 6: *** FRAGILE ***
Capitolo 7: *** Parole... ***



Capitolo 1
*** Lacrime. ***


SENZA VITA

 
Aveva gli occhi pieni di lacrime…in quello specchio due occhi arrossati la fissavano
pieni di malinconia e solitudine…                                                                                    
Cercò di piegare le labbra in un sorriso pallido e inutile…non c’era speranza per lei di essere allegra,
almeno sperava di riuscire a fingere. Fissò il proprio volto e capì che era un’attrice nata, nessuno
avrebbe mai potuto capire che stava soffrendo, che dietro quei sorrisi c’erano delle lacrime,
che dietro la sua indifferenza c’era la presenza inesorabile e inevitabile della delusione,
delle occasioni mancate, del fallimento, che dietro quell’allegria momentanea,
c’erano mille grida di dolore..
Grida soffocate, grida silenziose, come pianti sommessi di vittime senza coraggio..
Avrebbe voluto dire che si sentiva persa, che si guardava intorno e si sentiva diversa.
Si sentiva sbagliata.
Di nuovo la vista le si riempì di lacrime, e non sapeva se doveva lasciarle scorrere o ricacciarle indietro...
Avevano senso? Piangere per cosa? Non c’era niente e nessuno ad essere degno di esse…
D'altronde le lacrime erano inutili, stupide, superflue…eppure le scorrevano già lungo il viso,
facendola sentire ancora più male...non si sentiva libera, non si sentiva…non si sentiva bene..
Non riusciva più a sentire se stessa. E non poteva dirlo a nessuno.
Era chiusa nella sua gabbia di bugie..
-Come stai?
Alzò lo sguardo e incrociò quello azzurro del suo migliore amico, non sapeva cosa dire...si era
dimenticata di essere lì...
-Stai male?
Scosse la testa mentre le lacrime  le bagnavano ancora le guance…lui le accarezzò la testa,
chinandosi a baciarle la fronte e lei scoppiò a piangere. L’abbraccio caldo e fraterno che ricevette,
sapeva di tenerezza, di protezione…e d’amore. Perché lui l’amava, e glielo aveva già detto,
perché si era innamorato della sua fragilità e aveva provato a costruirle una corazza intorno,
ma lei non ne era capace.
Lei tornava a soffrire sempre, delusa dalla gente, ferita da sconosciuti o da amici ritenuti da lei  cari..   
Fuori fingeva di essere forte, di avere carattere, di essere sicura delle proprie scelte,
ma dentro era fatta di vetro.                                                                                                                     
-Mi sento male- sentì la sua voce soffiare fuori da quella labbra inondate dalle lacrime,
che le facevano bruciare gli occhi e la gola…aveva un sapore amaro sulla punta della lingua
e le veniva da vomitare…                                                                        
-Ssssh...- mormorò delicatamente, prendendole il viso tra le mani.
Aveva uno sguardo smarrito e velato, le guance arrossate e bagnate, le labbra rosse e gonfie
socchiuse a poca distanza da lui, così vicine che sentiva il suo respiro caldo sulla pelle.
La strinse forte contro il proprio petto: -Ssssh…ci sono qua io. Non ti lascerò…-      
Lei trattenne il fiato per un lungo istante, poi un singhiozzo le sfuggì dalla bocca mentre il ragazzo
la stringeva ancora di più, cercando di cancellare quel vuoto che aveva dentro, quel freddo
che si era attaccato alle sue ossa… Aveva detto che era lì per lei, che non l’avrebbe lasciata…                                
Le voleva bene e anche lei gliene voleva.                                                                                  
Lui ci sarebbe sempre stato.                                     
Sempre.

 
 
 
 
 
 
 








 
 ******ANGOLO AUTRICE******
Salve a tutti! 
Questo è il primo capitolo e spero che piaccia...
Se siete curiose di sapere cos'è successo, sappiate 
che questa storia parte dalla fine, ok? 
Posterò il prossimo capitolo quando saprò che ne pensate 
e se la storia possa interessare a qualcuno...
Grazie per aver letto fino a qui e aver portato pazienza!
Ciao a tutti! 
Un abbraccio J ;)



 

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Capitolo 2
*** Ricordi ***




 RICORDI 

 
 
Fu il rumore della pioggia insistente sui vetri a svegliarla da quel torpore.              
Sopra il suo esile corpo qualcuno aveva posato una robusta coperta di lana color rosso acceso,
con ricami bianchi a spirale, e la sua testa era posata su un grosso cuscino bianco del divano di pelle.
Aveva la schiena intirizzita, i lunghi capelli scuri le ricadevano intorno al viso in modo disordinato
e si sentiva gli occhi secchi, come se avesse pianto troppo. Non pensò subito a cosa fosse successo,
piuttosto si concentrò a ricordare dove fosse e cosa stesse facendo prima…
Prima di cosa?
Si tirò sui gomiti e scrutò la stanza ampia e luminosa. Su un lato la parete era fatta completamente
di vetro e mostrava una terrazza e un giardino verdissimo molto curato.
Una cuccia. Una piscina.
E un ragazzo seduto su un basso muricciolo con un ombrello in mano che le dava le spalle.
Sbatté le palpebre, poi si alzò e cercò il proprio giubbotto, trovandolo per terra accanto a dei
CD coperti di scritte fatte da un pennarello indelebile consumato.
Se lo infilò ed uscì, tirando su il cappuccio.
-Ti sei svegliata?- le chiese con voce sommessa il ragazzo che le dava le spalle ampie.
-Già…scusa per prima...io…
-Va tutto bene- si voltò a guardarla con i suoi occhi di cristallo e sorrise –Eri giù, ora stai bene, vero?-
-Sì- gli rivolse un accenno di sorriso e si riparò sotto al suo stesso ombrello, mentre la pioggia
continuava a bagnare tutto intorno a loro. Il suo migliore  amico le avvolse una spalla con un braccio
e le offrì un auricolare che lei accettò con piacere.
La musica era tutto.. Tutto.
Per loro.
Un rifugio sicuro dove nascondersi.
Un amico affettuoso sempre pronto ad abbracciarli con la semplicità delle sue note.
Chiuse gli occhi e il suono della chitarra elettrica e la voce acuta e graffiante le fece correre
un brivido di piacere lungo la schiena e schiudere le labbra in un sorriso di puro godimento.
Quella era energia pura, una scarica elettrica che percorreva ogni centimetro del suo corpo e
le dava nuova forza, nuovo vigore, nuova vita.                  
Il ragazzo si voltò a guardarla e sorrise, tenendo sempre il ritmo della canzone con il piede
e la sentì canticchiare con voce bassa e sommessa.
Aveva tutti i capelli scompigliati, il trucco leggermente sbavato, ma perfetto per quel viso pallido
e quelle labbra rosee, il giubbotto leggero era aperto a mostrare una maglietta tutta sgualcita
e una collanina con la chiave di violino. Avrebbe voluto sapere perché, cosa fosse successo,
ma sapeva che non gli avrebbe risposto se non ne avesse avuto intenzione…
E lui non era il genere di persona brava ad esprimersi se non aveva in mano la sua chitarra
o qualcosa per suonare. Gira e rigira tutta la loro vita era stata composta da canzoni, musiche,
ritmi e tamburi. Come la pioggia che picchiava leggera sul telo dell’ombrello sopra le loro teste,
producendo un rumore perentorio e, allo stesso tempo, dolce.
E che ricordavano le lacrime che avevano attraversato le guance della sua migliore amica solo
pochi istanti prima… Era tutto così surreale e strano, come se non fossero davvero lì, insieme.
Come se ciò che era successo appartenesse solo a un sogno sbiadito.
-Cosa c’è? Perché mi guardi?- gli chiese la ragazza, improvvisamente sulla difensiva.
Aveva immaginato che tutto ciò che ricordava fosse solo un sogno, nient’altro…
Ma se lui la guardava in quel modo le si toglieva ogni dubbio e capiva. Capiva tutto.
La canzone che fino a quel momento aveva suonato con grinta nelle loro orecchie lasciò spazio
ad un’altra più leggera e lontana. Qualcosa le si mosse nello stomaco, mentre i ricordi riaffioravano,
come nel sogno e tutto…tutto veniva a galla.
Era stata felice, poi aveva pianto ed era stata male, per finire con un sorriso rigato di lacrime.
Non era certa di tutto ciò che ricordava, ma quella canzone era inconfondibile.
Era essa stessa a frugare nella sua memoria e a far riemergere quel ricordo, quell’immagine,
quasi più vivida della realtà…
Era di nuovo lì.
Non c’erano parole che avrebbero potuto descrivere ciò che sentiva, era di nuovo lì,
poteva rivivere sulla propria pelle le proprie scelte e risentire quello che aveva provato…
Forse in quella maniera avrebbe capito…
 -Piccola..-la chiamò in un soffio il suo migliore amico, vedendola chiudere gli occhi.
-Ssssh…- soffiò fuori dalle labbra appena socchiuse.
-Che fai?
-Ricordo…- mormorò, appoggiando la testa sulla sua spalla –Ne ho bisogno…-


Galleggiò nel buio per un’istante poi le tenebre furono squarciate da una luce…

















****ANGOLO AUTRICE****
Salve a tutti!
Sono molto contenta che il primo capitolo vi abbia incuriositi!
Anche questo è ancora un capitolo iniziale, ma mi serve
perché dovrebbe far capire un po' il carattere e le cose importanti 
dei personaggi iniziali! Dal prossimo si movimenterà un po' tutto!
Mi farebbe molto piacere sapere che ne pensate, come con il primo!
Grazie mille a: Gra94, Saretta8 e Respiro_di_Primavera!
E a coloro che seguono la mia storia appena nata!

Grazie!
Un abbraccio J ;)











 

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Capitolo 3
*** Instabile ***



Instabile

 
 
La luce che  le colpì gli occhi all’improvviso la lasciò per un lungo istante disorientata,
persa in un posto a lei sconosciuto. Aveva solo un vuoto incredibile in testa e non
sapeva neppure dove fosse. Sbatté un paio di volte le palpebre prima di mettere
a fuoco la stanza intorno a lei e trattenere il respiro.
Non ci poteva credere.
Si era addormentata nel bel mezzo della lezione di greco, per altro si trovava
al primo banco, con la testa ancora appoggiata pesantemente sul pugno destro
e le labbra socchiuse. Fortuna che non aveva mai e poi mai russato in vita sua,
ma sarebbe stata una tragedia scoprire il contrario proprio in una situazione
delicata come quella…
-Ehi, asciugati la bava..- le sussurrò malignamente la sua compagna di banco,
non ché migliore amica, ghignando in modo buffo e allo stesso tempo tenero.                   
–Isa! – cercò di trattenersi dal sussultare e dalla tentazione di stropicciarsi
gli occhi assonnati. La ragazza la fissò con i suoi occhi verdi scherzosi e scosse la testa.
Ok, non era la prima volta che si addormentava in  classe,
ma non era mai successo durante una lezione così importante!
-Tu mi devi dire cosa combini tutto il giorno con il tuo migliore amico!- sbottò alla fine
la sua migliore amica, osservandola stropicciarsi gli occhi di nascosto. Sembrava non
dormire da giorni! E non era una bella cosa, soprattutto se non sapevi cosa facesse…
-Niente, Isa!- rispose piano –Ascoltiamo musica, lui suona con dei suoi amici
e parliamo…poi ci sono le sue morose..
-Morose? Ma quante ne ha??
-Le cambia molto spesso, ma dai! Mi sembra abbastanza normale a 17 anni, quasi 18…
Ok, ok, no, non  è normale. Lui fa schifo come ragazzo, in senso fidanzato, ma come
amico è meraviglioso! Ci si diverte un sacco e poi io vado a casa sua anche perché c’è Lele..
-E chi è sto qua?
-L’altro mio migliore amico, suo fratello gemello e persona mille volte più responsabile
e più timido…ma è così carino!
-Oh, bene! Ma tu sei messa proprio bene! Ti addormenti a lezione, perché di pomeriggio
combini chissà cosa a casa di DUE RAGAZZI, che per altro sono fratelli e tra cui uno
è un playboy e l’altro è un buon samaritano (che poi alla fine si rivelano i peggiori)!
Ed io devo stare tranquilla! Ovviamente, giusto?
-Sì! - sorrise divertita alla reazione dell’amica -Certo che sì!
Isabella roteò gli occhi in modo teatrale e scosse la testa con disappunto.
-Cos’è che ti da così tanto fastidio, Isabella? Perché non informi anche il resto della classe
del tuo pensiero riguardo lo sviluppo della lingua greca? – si intromise la voce della Perazzo.
La professoressa le stava fissando in modo truce con i suoi occhi neri su quel viso magro
e rugoso dalla pelle olivastra circondato da una massa di ricci ribelli e poco definiti.
Era una donna severa, ma che alla fine della fiera si comportava un po’ da chioccia
con i propri studenti… Per loro fortuna.
-Scusi prof…ma non ho niente da aggiungere…- rispose con un filo di voce la ragazza
dai capelli legati in una coda alta.
-E tu Jessica?
L’altra si limitò a scuotere la testa e a tornare dritta sulla sedia, mentre tutti le guardavano.
Le dava davvero fastidio avere gli occhi di tutti puntati addosso. Ok, si era addormentata,
ok avevano chiacchierato amabilmente mentre la professoressa spiegava qualcosa
di importante (forse, perché lei non sapeva neppure di che si trattasse…) e allora?
Non erano un leone e una tigre di un Circo! Non c’era davvero bisogno di farla tanto lunga…no?
La donna sbuffò prima di proseguire con la spiegazione, graziandole, e loro sospirarono di sollievo.
-Ora i tuoi amici ti mettono nei guai anche qui a scuola!- sibilò Isa, scuotendo la testa
e facendo finta di prendere appunti, mentre in realtà si stava impegnando a riempire
il foglio davanti a lei di scarabocchi.
-Ma dai! Sei tu che sei partita con questa storia!- la ragazza non poté evitare di sorridere
di fronte al disappunto dell’amica –E poi loro non centrano niente! Non frequentano
neppure questa scuola!-
-Che il Cielo sia lodato!- sospirò la morettina, lanciandole un’occhiataccia –Se no chi
ti salvava dal prendere continue note e punizioni?
-Ma la mia migliore amica che ha la media del 9, ovviamente!- Jessica si aprì in un sorriso
a trentadue denti e l’altra scosse la testa.
-Mi arrendo! Sei un caso perso!




 
 

Jessica scese dall’auto al volo, mentre sua madre si preparava a fare un’altra manovra
e tornare di tutta fretta al suo negozio.
-Torno per le otto, prepara la cena, ok?
-Sì, ciao!- levò la mano in un cenno di saluto, ma sua madre aveva già svoltato l’angolo
ed era scomparsa sollevando una scia di polvere dalla stradina asfaltata.
La ragazza strinse le cinghie della cartella e levò lo sguardo studiando la situazione.
Da una parte aveva l’inizio della via dove c’era casa sua, una casa tutta scura e fredda,
una casa dove aleggiava sempre un’ombra di solitudine e trascuratezza…non che non
le piacesse casa sua, ma era anche incredibilmente vuota.
Dai rumori ovattati dal silenzio, dai pomeriggi tutti uguali e con un senso di abbandono.
Guardò dall’altra parte, verso la via di fianco la sua, soleggiata e lontana dal groviglio
del bosco, ordinata, con quella siepe alta e sempreverde.
Infondo a quella via c’era una casa grande, dalla sala fatta di vetrate da cui filtrava
dolce la luce del sole e dove la pioggia scivolava lieve, riempiendola di rumori dolci…
Una casa che risuonava di risate e musica.
Tanta musica.
Musica che inondava la vita di chi vi abitava, che scandiva il loro ritmo,
che impregnava la loro aria, che, semplicemente, faceva fiorire in lei sempre sorrisi
e un calore rassicurante e amorevole nello stomaco.
Una seconda casa.
La sua seconda casa.
La casa su cui la sua migliore amica si faceva tanti film mentali, dove trascorreva
la maggior parte dei suoi pomeriggi, dove la sua vita si dipingeva di colori e note…
Il luogo dove il suo essere instabile era attenuato ed amato da altre persone.
Si mise meglio lo zaino sulle spalle e s’incamminò in quella direzione, prendendo
il cellulare tra le mani e controllando l’ora.
I ragazzi stavano tornando a casa, probabilmente erano ancora per strada.
La ragazza si passò una mano tra i capelli arrivando di fronte a un cancelletto di ferro
battuto incastrato in un arco fatto di mattoni a vista rossi, lasciò che la cartella scivolasse
per terra e vi ci sedette su, infilandosi gli auricolare e sentendo l’abbaiare di Juno,
il pastore tedesco dei suoi amici, dall’altra parte.
Strinse tra le mani il cellulare, ripensando alla giornata scolastica trascorsa, le lezioni
che aveva cercato di ascoltare, ma di cui già non si ricordava…e alle parole di Isabella.
Il playboy e il buon samaritano…
Li aveva definiti inconsciamente con gli aggettivi migliori, identificandoli per quel
poco che sapeva di loro, traendoli dai racconti divertenti e amorevoli dell’amica.
I suoi due ragazzi fantastici, dall’aspetto fisico uguale, eppure così diversi dentro…
-Però…lo so che infondo le stanno simpatici, anche se non gli ha mai visti…
In quel momento l’ondata dei suoi pensieri fu interrotta dal familiare rumore di quattro
paia di ruote sulla strada asfaltata.
Il suo viso si aprì in un sorriso pieno di gioia, alleggerito da tutti i suoi soliti pensieri,
tutte le preoccupazioni della scuola che evaporavano come neve al sole mentre
i due scooter si avvicinavano, uno più velocemente, l’altro rimanendo indietro.
Uno più cauto, l’altro gettato allo sbaraglio.
Il primo rosso frenò sollevando una scia di sassolini e polvere, piazzandosi proprio
di lato alla ragazza, da sotto il casco sgorgò una risata divertita dall'espressione
sconvolta di Jessica, che si era già immaginata sotto alla sua ruota.
L’altro scooter blu si fermò dolcemente, più indietro, il ragazzo scese slacciandosi
subito il casco e guardando male il fratello, con gli occhi chiari infastiditi e rassegnati:
-Te l’hanno già detto che sei un idiota?
-Fammici pensare…mmm…sì, un paio di volte, ma mi hanno definito anche in maniera
peggiore, quindi per sta volta non mi offendo!- rise il primo, per poi cercare la chiave
del portone nella tasca davanti dello zaino.
-Tutto a posto, piccola?
-Sì, tranquillo Lele…- sussurrò Jessica, lanciando un’occhiataccia all’altro che le fece
un sorriso enorme e amicante  –Ho semplicemente visto tutta la mia vita
passarmi davanti, ma va bene così…
-Oh, cazzo, mi spiace!- il primo levò lo sguardo piegando verso il basso le labbra carnose
e fissando i suoi occhi di cristallo in quelli scuri di lei –Insomma, non deve essere stata
una cosa troppo eccitante, visto che sei ancora vergine, no?
-Guglielmo!- intervenne il fratello, alzando gli occhi al cielo.
-Sì, Ismaele?
-Lasciala stare per una volta!
-IO? Che ho detto di male! Deve essere bruttissimo morire vergine!
-Lele, lascia stare, Mr. Simpatia ha solo bisogno della sua dose di attenzioni giornaliere.- sorrise
la ragazza, prendendo per un braccio l’amico, per poi fare un’espressione triste –E tu non mi
hai ancora salutata come si deve...-
Il ragazzo la guardò stranito per un attimo, poi sorrise dolcemente e l’avvolse tra
le sue braccia baciandole una guancia, un po’ impacciato, lei ricambiò la stretta
e sorrise tutta contenta:-Ti voglio bene, Lele!
-Anch'io ti voglio bene, Jess!
-Anch'io mi voglio bene ragazzi!- si intromise l’altro, stringendo entrambi tra
le sue braccia -Che ne dite di entrare e proseguire questo triangolo d’amore in casa,
in un posto più appartato e intimo?
-Gugu! Smettila di fare riferimenti sessuali!
-Io? Ma piccola, cosa stai dicendo? Io riferimenti sessuali? Per chi mi hai preso? Se continui
con questo atteggiamento rischi di offendermi!
Jessica sospirò, lasciandosi sfuggire un sorriso lo stesso e gli baciò una guancia.
-Sei proprio un pirla!
-E tu sei vergine, ma io non te lo rinfaccio tutte le volte!












 
 
 

 


*****ANGOLO AUTRICE*****
Salve a tutti!
Grazie per le recensioni dello scorso capitolo,
e per avermi incoraggiato a continuare questa storia,
per me è davvero molto importante e personale...
E ci tengo molto! GRAZIE A TUTTI!
Qui si fa conoscenza dei nomi dei personaggi principali,
ne verranno altri, ma per ora presento loro.
In seguito li descriverò meglio fisicamente, 
ma in questo capitolo volevo risaltare i loro caratteri!
Mi farebbe davvero molto piacere sapere cosa ne pensate!
A presto e grazie ancora! 
Un abbraccio J :)






 

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Capitolo 4
*** Lezioni di Musica ***



Lezioni di musica


 
-Chi vuole scendere in taverna con il sottoscritto per sentire un po’ di musica buona,
di quella che ti fa pure dimenticare chi sei e ti apre le porte di un’altra dimensione?
Lele si passò una mano sulla fronte, alzando lo sguardo dalle pagine di geometria che
doveva studiare, mentre gli occhiali gli scivolavano sul naso dritto. Jessica rotolò su un lato,
staccando gli occhi da quella dannata versione di greco che proprio non voleva uscire
per puntarli sul viso raggiante del suo migliore amico.
-Domani ho una versione in classe e se non riesco a fare questa di compito, immagina
come potrei farla domani!- si passò le mani tra i lunghi capelli lisci e si massaggiò
le tempie –E ho pure un principio di mal di testa…-
-Tutti buoni motivi per scendere sotto con me, no?
-No…seriamente, Gugu. Lascia perd…- ma non riuscì a finire la frase che il ragazzo
la prese per mano e la trascinò in taverna.
Era una stanza ampia e insonorizzata, dove i ragazzi suonavano, avevano tutti gli strumenti
per farlo e  li sapevano suonare piuttosto bene, anche se Gugu prediligeva la chitarra e il basso,
mentre Lele il piano e la batteria. Entrambi dormivano con le loro chitarre acustiche in camera
e le amavano da quando erano bambini.
Non per niente erano i figli della sua ex insegnante di musica delle medie.
Ogni volta che scendeva in quella stanza le  sembrava di entrare in un nuovo mondo, staccata
da tutto e da tutti. Jessica sorrise, mentre il ragazzo le lasciava la mano e andava verso lo stereo,
cercando tra una marea di cd sparsi da tutte le parti:
-Cosa vuoi ascoltare?
-Non so…Laura Pausini? I Modà? Mi piacciono anche alcune canzoni di Tiziano Ferro e…
-Stop, stooop!- le  tappò la bocca, con una faccia sconvolta –Dimmi che scherzi.-
-Scherzare su cosa?
-Tu ascolti solo musica italiana?
-Non proprio…cioè per la maggior parte sì, ma…sono cresciuta con Bob Marley nello stereo…
-Bob Marley, eh?-  si grattò la testa un pochino più sollevato –Per fortuna…e poi chi ti ha deviato
verso quella robaccia?
-Quale robaccia, scusa?
-Ok, meglio cambiare argomento…cosa sai di Bob?
-Era il cantante preferito di mio padre, faceva reggae, non era solo musica ma una religione. Era
considerato come un profeta, era come un capo, un icona per la gente di colore. Un grande, morto
giovane perché la sua religione non gli permetteva di curare il male che stava crescendo dentro di lui…
-Come infarinatura non è affatto male!- le sorride, facendo luccicare i suoi occhi di cristallo.
-Che vuoi? Ora mi darai lezione di musica?
-Sarebbe un’idea. Ti servirebbe!-  decise, prima di individuare un cd ai piedi del divanetto
e prenderlo tra le mani –America o Inghilterra?
Jessica lo studiò con occhi pensosi, passandosi un dito sulle labbra e iniziando a camminargli intorno
con passo lento e felpato, lasciando che lui la seguisse con lo sguardo.
-Inghilterra!
-Ottima scelta, piccola!- le stampò un bacio in fronte e infilò il cd nello stereo, prendendone
in telecomando.
La prese per la vita, sollevandola per poi buttarla sul divano e sedersi al suo fianco.
La ragazza rise, scuotendo la testa e cercando di tirare indietro come poteva i lunghi capelli che
le erano scivolati davanti a coprirla. Gugu scosse la testa, esasperato per tutti quei capelli
sulla faccia dell’amica.
-Un attimo, biondino!- lo fermò, prima che potesse far partire lo stereo –Cosa ricevo in cambio
delle tue lezioni di musica?
-Cioè io ti do lezioni gratis e tu vuoi pure essere ricompensata per seguirle?-  inorridì, fissandola indignato.
-Mmm…sì!
-Sai che sei un ingrata?- ruggì il ragazzo, saltandole addosso e iniziando a farle il solletico.
Jessica cercò di ripararsi con un cuscino ma fu inutile, perché le mani esperte del ragazzo presero
a torturarle i fianchi  in modo giocoso e lei prese dentro il telecomando, mentre tentava di rotolare
via dal suo attacco, facendo partire la prima canzone del cd.


Well, shake it up baby now
Twist and shout

Come on, come on, come, come on baby now
Come on and work it on out
Well work it on out, honey
You know you look so good
You know you got me goin' now
Just like I know you would


Gugu si ferma e sorride, scuotendo la testa per un attimo, la ragazza sotto di lui lo guarda
interrogativa prima di premergli il cuscino in faccia e ribaltare le posizioni. Ride della faccia
infastidita dell’amico e gli scocca un bacio su una guancia prima che lui le afferri di nuovo
i fianchi e la faccia tornare a ridere.
Strano, gli accenni di mal di testa di prima sono scomparsi appena quelle note vivaci  hanno invaso l’aria.
Jessica non riesce a smettere di ridere mentre Gugu canticchia la canzone che ormai occupa
entrambe le loro teste. Una canzone che li incanta e li fa ridere, facendoli sentire diversi e contenti.
Jessica non aveva mai sospettato che una giusta canzone potesse farle un effetto del genere.
Il ragazzo la stringe tra le braccia, impedendole di lottare ed entrambi prendono fiato, ridendo
ancora e guardandosi tranquilli.
-Che cos’è?
-Sono i Beatles, signorina! E lei in queste lezioni dovrà imparare il più possibile su di loro!
-Beatles…mmm…non sono male, mi piacciono!
-E per fortuna! Se no non ti avrei più fatto entrare in casa mia!
-Esagerato…- sbuffa la ragazza, scostandosi –Tu non stai bene!
-Credo che tu stia sottovalutando il potere della musica!- la ferma per un polso e le sorride –Fortuna
che ci sono io qua a insegnarti!
-Ma io non ho detto che voglio…
-Ti darò qualcosa in cambio!
-Davvero?- ride della faccia supplichevole del ragazzo –Cosa? E non vale “la notte più bella della tua
vita con il sottoscritto
”!
-Uff…ok, diciamo che ti aiuterò con qualcuno
-Con il Leo?- alla ragazza le si accendono gli occhi al solo pensiero.
-Andata!- alza le mani, esasperato –Sono due anni che gli sbavi dietro! Così te lo levi di torno, no?
-GRAZIE!- grida Jessica, buttandosi a peso morto su di lui.
Giornatina fruttuosa, partita male, ma terminata in bellezza!
Lezioni di musica e un aiuto per conquistare il ragazzo che le piace da una vita!
Jessica sorrise, allegra, dimenticandosi completamente della versiono del giorno dopo…



I dream of your first kiss and then
I feel upon my lips again
A taste of honey
A taste of honey
Tasting much sweeter than wine…

 

 















******ANGOLO AUTRICE******
Ciao a tutti!
Spero che questo capitolo piaccia, 
è un capitolo di passaggio, scusa ma
per me non è facile scrivere tutto questo dall'inizo
è una cosa che mi importa veramete tanto, perchè...
Beh, è un progetto che mi serve.
Spero di sapere cosa ne pensate!
Che impressione danno Gugu e Jess in questo stralcio?
Grazie per aver letto fino a qui! 
Un abbraccio J :)







 

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Capitolo 5
*** Problemi ***


Problemi
 

 
Correva.
Correva a perdi fiato, con la cartella che sbatteva lievemente sulle sue spalle e i piedi rapidi che imboccavano
il solito corridoio. Era in ritardo, in uno stramaledettissimo ritardo e la porta della sua classe era già chiusa.
Jess si fermò un attimo a prendere fiato e si piegò sulle ginocchia per calmarsi, passandosi una mano sulla
fronte, mentre con l’altra reggeva l’ombrello.
Fuori il cielo era plumbeo e diluviava ormai da tre giorni.
Non sapeva se fosse un bene o un male.
Da una parte le piaceva la pioggia, lo scrosciare dell’acqua che tintinnava in modo dolce sul vetro e le
imperlava i lunghi capelli scuri  che le ricadevano sciolti lungo la schiena esile. Aveva l’orlo dei jeans lunghi
bagnati e la cartella era zuppa, perciò si ritrovò a pregare in silenzio che i libri al suo interno fossero asciutti.
Sua madre la sgridava ogni mattina, dicendole che era troppo pigra e che per colpa sua arrivava sempre tardi a
lavoro, mentre suo padre le ripeteva che se avesse dovuto prendere il pullman lo avrebbe perso ogni giorno,
ancora prima di aprire gli occhi. Suo padre era un amante della puntualità quanto la ragazza ne era
completamente allergica… Non riusciva a percepire il problema del tempo, non sapeva regolarsi e non aveva
mai la stramaledetta voglia di alzarsi dal letto. Non ce la fa faceva, era più forte di lei.
Cercò di sistemarsi i capelli dietro alle orecchie ma alla fine lasciò perdere e bussò alla porta per poi entrare.
La classe era completamente deserta e a Jess prese un colpo.
Oddio, cos’era successo? C’era una gita di cui non sapeva l’esistenza? Un’uscita a Teatro?
Si sporse a guardare oltre il primo banco e sospirò di sollievo appena i suoi occhi videro uno zaino rosso
buttato lì di fianco alla sedia della sua compagna di banco. Poi si ricordò della conferenza con quel giornalista
di cui  aveva parlato la sua insegnante di italiano il giorno precedente. Posò la propria cartella vicino al suo
banco e si levò il giubbotto completamente fradicio.
-Dannazione…dovevo anche copiare gli esercizi di matematica…- poi scosse la testa, allontanando quel
pensiero con un cenno infastidito della mano –Tanto non controlla mai!
Uscì dalla stanza e si scontrò con un suo compagno.
-Ma che cazzo…?
-Sono appena arrivata!- alzò le mani per scusarsi e il ragazzo lanciò un’occhiata all’orologio.
-Cazzo…oggi sei più in ritardo del solito…traffico, sveglia rotta o gomma bucata?
Sorrise, scuotendo la testa e giocherellando con l’orlo della sua felpa:
-Nah…esami del sangue!
-Davvero? E tua mamma te l’ha firmata?
-Per forza! Le abbiamo usate tutte!- esclamò la ragazza, appoggiandosi allo stipite della porta e sbuffando.
-Magari svegliarti prima, non sarebbe meglio?
-Lo sai che non ce la faccio, Martino!
Il ragazzo dai capelli scuri  rasati sui lati e pettinati in una cresta sorrise, dandole una pacca lieve sulle spalle
per poi superarla e recuperare in classe dei fogli per prendere appunti.
Jess lo aspettò e poi insieme si recarono in Aula Magna, che in realtà non era affatto una stanza ampia come
il suo stesso nome suggeriva, ma era la più grande che avevano a disposizione e la scuola la utilizzava come
tale. Una volta arrivati la ragazza notò che tutti i posti riservati alla sua classe erano stati tutti occupati e che
per questo doveva sedersi in fondo insieme alla classe parallela alla loro.
Non conosceva nessuno, eppure la ragazzo accanto a cui si sedette sembrava simpatica, aveva un viso
familiare…le guance tonde, gli occhi chiari, quella ciocca rossa che gli accarezzava la guancia destra…
Annika.
Dannazione, non era solo vagamente familiare. Era la ex del suo migliore amico.
L’aveva vista in casa dei gemelli (o per meglio dire in brevi momenti in cui non era chiusa in camera con
Guglielmo) e non ci era mai riuscita a parlare più di tanto…poi dopo una settimana era scomparsa. E ora
scopriva che veniva nella sua stessa scuola. Non ci poteva credere…
Jess non aveva mai provato interesso verso le molte ragazze che Gugu si portava a casa, sperando solo che
non si beccasse nessuna malattia venerea o non lasciasse incinta nessuna…ma ora si sentiva un idiota a non
essersene accorta prima. Annika era cambiata molto dall’ultima volta in cui l’aveva vista a casa dei gemelli…
Aveva un’aria più da dura, si era tinta delle ciocche disordinate di capelli e i suoi vestiti color pastello erano
stati sostituiti da jeans scuri e felpe larghe…di certo aver perso Gugu l’aveva sconvolta, ma Jess non
sopportava le  ragazzine che lasciavano che un ragazzo le sconvolgessero la vita.
Perciò si concentrò al massimo sul gesto di prendere appunti e aspettò impazientemente che la campanella
suonasse.
Quando quel suono invase l’aria e troncò di netto una frase di quella donnetta che aveva parlato a raffica per
tutta quella prima e durissima ora, Jessica esultò silenziosamente, alzandosi e aspettando la sua migliore
amica fuori dall’aula.
Qualcuno la prese dentro, facendola cadere a terra e scivolare dalle mani il suo taccuino lungo il corridoio. La
ragazza levò i suoi occhi castani sul viso pallido di quella che aveva identificato poco prima come Annika e
che in quel momento la stava fissando attentamente.
-Tu sei quella ragazzina che gironzola sempre a casa di Guglielmo…vero?
Jessica la guardò chiedendosi dove volesse andare a parare, ma decise di darle conferma.
Non aveva niente da nasconderle, era solo una loro amica, non le aveva mai parlato e certamente non sapeva
per quale motivo l’avesse spinta. La ragazza dalle ciocche rosse la osservò attentamente per un lungo istante
e poi scosse la testa.
-Sta attenta a dove ti vai a cacciare…
Jess seguì la figura scura di Annika con lo sguardo, chiedendosi cosa le avesse voluto dire.
Era come se le avesse detto che molto presto sarebbero arrivati dei guai e la causa dei suoi futuri problemi
sarebbero stati appunto i ragazzi…
 






 
 
La palla continuava a rimbalzare sulla parete con ritmo cadenzale e lo aiutava a concentrarsi.
Quel giorno avrebbe avuto da fare mille cose…
Osservò l’orologio sulla sua scrivania e sbuffò, infastidito dall’ora.
Quel giorno la sua migliore amica era in ritardo, suo fratello si era chiuso a studiare per quella noiosissima
verifica che avrebbero avuto il giorno dopo e lui come al solito stava palleggiando. Decise di alzarsi e di
allenarsi un po’. Avrebbe avuto gli allenamenti di basket quella sera e di studiare non aveva proprio testa.
Era sempre stato bravo negli sport, gli piaceva farsi notare e il modo più facile non era solo mostrare il suo
bel faccino, ma anche tenersi in forma e trovarsi sempre al centro dell’attenzione.
Doveva essere il migliore.
Almeno facendo così avrebbe avuto l’approvazione di qualcuno, la soddisfazione di avere molti amici e le
ragazze…sì, le ragazze non guastavano mai.
Lasciò scivolare per terra il pallone da pallacanestro e raccolse la sua chitarra, strimpellando qualche accordo
di Bob Dylan. Adorava quel cantautore, voce saggia, voce piena di speranza…
Le sue mani accarezzavano dolcemente le corde, mentre i suoi occhi si chiudevano da soli, lasciando che la
musica lo trascinasse via. Adorava quel modo di estraniarsi e avrebbe tanto voluto poter vivere solo di quegli
attimi, di quelle melodie, delle use mani ormai abili e capaci di creare quella meraviglia, come le mani di Bob,
di Jimi…le mani dei più grandi.
Ecco, avrebbe parlato di Bob Dylan a Jess, dopo aver finito con i Beatles…lo sapeva che la cosa era un po’
campata in aria, ma lui agiva sempre d’istinto, anche se non sempre era stata una buona cosa.  
Ma che ci poteva fare? Amava la musica, amava le scelte affrettate, amava le sorprese e…amava divertirsi.
Erano poche le cose che potevano frenare Guglielmo Saporiti e tra queste di certo non c’era la paura di
sbagliare.









 

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Capitolo 6
*** FRAGILE ***


 
 
 FRAGILE 



Se quella mattina una pioggia torrenziale si era abbattuta sui paesi che si affacciavano sul calmo Lago Maggiore, quel
pomeriggio aveva sorpreso tutti con il sole. 
I raggi luminosi non erano certamente caldi come quelli estivi, ma davano una sensazione piacevole sulla pelle e non 
lasciava l’aria umida come la stagione avrebbe dovuto richiedere.
Una ragazza dai lunghi capelli castani stava rimuginando, seduta sull’altalena che tanto tempo prima suo padre aveva fatto
per lei in giardino. I suoi piedi penzolavano nel vuoto con leggeri movimenti che le permettevano di dondolare e le sue
mani tenevano in grembo un libro. Doveva leggerlo per scuola, eppure questa attività che lei solitamente adorava , in quel
momento non la dilettava neanche un poco… Pensava al voto che aveva ottenuto nell’interrogazione di inglese e fremeva
alla reazione di sua madre.  Non era il suo forte parlare, aveva paura di sbagliare e anche se era una paura stupida, nata per
motivi ancora ignoti per lei, non era ancora riuscita a scacciarla.
Jessica chiuse gli occhi e posò la testa sulla corda dell’altalena, ripensando al silenzio che era regnato per quei brevi attimi
nella sua classe prima che l’insegnasse le dicesse di portarle il libretto.  Aveva ancora la sensazione della bocca asciutta e la
gola stretta in una morsa invisibile, le parole che si accartocciavano nella sua mente…
Improvvisamente sentì qualcosa vibrare nella propria tasca ed estrasse il telefono dove lampeggiava l’icona di un
messaggio. In qualche modo sapeva perfettamente chi fosse il mittente e poteva pure immaginare il contenuto. Rimise a
posto il cellulare e tirò indietro il seggiolino, iniziando a oscillare nell’aria.
Amava quel gioco.
Le piaceva il vento che le gonfiava i capelli, la frescura sul viso e la sensazione di leggerezza che sempre le dava.
Il cellulare iniziò a suonare, interrompendo quel magico incanto che si stava impadronendo si lei lentamente.
-Pronto?
-Ehi! Dove sei? Guarda che questa sera ho gli allenamenti!
-Pensavo di restare a casa oggi…
Dall’altra parte il ragazzo sbuffò, poi rimase in silenzio un’istante prima di chiederle con voce seria:-Cos’è successo?
-Niente – la risposta fu troppo rapida per essere credibile e Jess si morse la lingua per questo, dandosi mentalmente della
stupida.
-Allora muovi quel tuo bel culetto e vieni qua!
Incredibile quanto fosse facile passarla liscia con un tipo come lui, però ora non sapeva come tirarsi fuori… Di certo doveva
scartare la possibilità di usare come scusa un eventuale mal di testa, o di non sentirsi bene. Anche se  aveva fatto finta di
rederci, con tutta probabilità non era così per questo insisteva a volere che andasse da lui.
-No, senti Gugu, non mi va proprio…- cercò di protestare, ma fu inutile. Sapeva già che sarebbe stato inutile fin da quando
aveva risposto, se lui si metteva in testa qualcosa la otteneva sempre.
-Se non vieni ti vengo a prendere io!
Ecco, lo sapeva.
Jessica alzò gli occhi al cielo, esasperata, ma alla fine acconsentì.
Poco male, si sarebbe chiusa in camera con Lele a fare i compiti in silenzio, conscia che a differenza del fratello gemello lui
non avrebbe insistito e l’avrebbe aiutata con la scuola. O almeno così aveva cercato di trovare un po’ di conforto.
Ormai convinta prese il proprio zaino e si incamminò verso la casa dei suoi migliori amici. Non vedeva l’ora che venisse
quella sera, era venerdì e anche se il giorno dopo avrebbe avuto scuola c’era il ritrovo in Oratorio per gli animatori quella
stessa sera.
 
 


-Finalmente sei arrivata!- sorrise il mio migliore amico, aprendo la porta di casa e aspettando che entrassi mentre
tratteneva la Cucciola, il suo pastore tedesco che continuava a cercare di saltare addosso alla ragazza –Muoviti, vai in
camera mia che ho già preparato tutto!
Jess sbuffò, capendo che difficilmente sarebbe riuscita a  mettere in pratica le sue buone intenzioni, e si avvicinò al
corridoio su cui si aprivano le varie stanze. Prima di andare in quella di Gugu, bussò alla camera del gemello. Il viso di Lele
fece capolinea di fronte a lei e sii aprì in un sorriso timido, mentre lei gli cingeva le spalle con le braccia stampandogli un
bacio sulla guancia ricambiato.
-Ehi! Credevo non saresti venuta, non dovevi studiare?
La ragazza sospirò al ricordo dell’interrogazione e nascose il viso nell’incavo del collo dell’amico, stringendolo più forte.
Lele le accarezzò i capelli, sorpreso e poi la fece entrare con sé nella propria camera, chiudendole la porta alle spalle.
-Jess…stai…stai bene?- le chiese, esitando e sapendo che non era così.
-Io…io…- la ragazza trattenne il fiato, borbottando qualcos’altro che l’amico non riuscì a udire, essendo le parole soffocate
dalla stoffa.
Lui la prese delicatamente e la fece sedere di fianco a sé sul suo letto, accarezzandole una guancia in un gesto d’affetto un
po’ goffo. Lei sospirò cercando di calmarsi di nuovo, di non pensarci, sempre sotto lo sguardo attento di Lele.
-Ne vuoi parlare?
Lei scosse la testa e mormorò:-Tranquillo, fra poco passa…sono solo stanca…
-Sicura? Lo sai che io non sono mio fratello, con me puoi parlare.
Annuì, sorridendogli e abbracciandolo di nuovo:
-Ho solo…i soliti problemi con la scuola…
-Ah…- rimase pensieroso  a osservare il soffitto per un lungo istante, poi si tirò su gli occhiali con il dito medio e respirò
affondo, accarezzandosi il mento, per poi tornare a guardarla di nuovo. –Se vuoi potrei cercare di darti una mano, se vaia
vanti così…sai…-
-Sì sì, so cosa vuoi dire…- si alzò Jessica, tirandosi indietro i capelli e avvicinandosi alla porta –Meglio che vada prima che
tuo fratello…-
-Non scappare.- le mani del ragazzo le presero dolcemente un braccio e la avvicinò di nuovo a sé, accarezzandole una
guancia -Resta qua e ti darò una mano a studiare, così domani potresti provare a…-
-EHI! Dannazione piccola non dovevi aspettarmi in cam…- Gugu spalancò la porta partendo in quarta, per poi
interrompersi e osservarli con uno sguardo malizioso –Ho interrotto qualcosa?
-Nono, niente!- esclamarono in coro mentre Lele allontanò di scatto le mani da Jess, diventando rosso e facendo arrossire
a sua volta la ragazza, anche se non vi era alcun motivo. Ma era lo stesso sguardo di Gugu a farle quel effetto ogni volta.
-Ah, bene! Perché se no col cavolo che ti aiutavo con un certo spilungone di nostra conoscenza a spezzare il cuore al mio
fratellino!- le fece l’occhiolino e le guance della ragazza divennero ancora più accese, causando la sua risata.
Jess fu trascinata nella stanza di Guglielmo, ritrovandosi di fronte una marea di cartacce che ricoprivano il pavimento di
legno e il tappeto, mentre sul letto era stata abbandonata una chitarra classica e una palla da basket.
Insomma l’ordine regna sovrano in questo posto!” pensò, ridendo fra sé e sé.
-Aaallora! Beatles! Cosa ne pensi di loro?
-Mi piacciono molto, e non mi hanno stufato anche se mi hai fatto sentire canzoni su canzoni a riguardo!- sorrise,
stringendosi nelle spalle.
-Bene, sono soddisfatto…ora ti presenterò uno dei miei tesori…ma prima una storia generale sulla musica, ok?
-Ho bisogno di prendere appunti, prof?- lo prese in giro la ragazza, incrociando le braccia, mentre lui spostava la palla
facendola rimbalzare sulla parete e finire nel cestino vicino alla scrivania, per poi prendere in mano la chitarra. Si sedettero
uno di fianco all’altra e Gugu si inumidì le labbra, saggiando l’accordatura del suo strumento.
-Tranquilla, signorina Camarin, mi presti solo le sue orecchie.- continuò il gioco, sorridendo divertito -E se fa la brava sta
sera farò in modo che il suo aspirante fidanzato rimarrà solo con lei!-
Le fece l’occhiolino, strimpellando qualche accordo prima di iniziare la sua adorata lezione.
 



Arrivarono all’oratorio con Yesterday che suonava dolcemente in tutto l’abitacolo della macchina dei gemelli, mentre Gugu
la canticchiava, muovendo lentamente la testa e Lele faceva lo stesso, ridendo delle stonate della sua amica mentre cercava
di imitare Paul McCartney. Gugu storse la bocca, fulminandola con un’occhiataccia.
-Mi stai rovinando una canzone fantastica!
-Scusa…- si morse il labbro inferiore la ragazza, abbassando lo sguardo, ma poi avvertì la sua mano accarezzarle la testa con
fare affettuoso.
-Non importa…dai, se la canti vuol dire che ti piace proprio! Ne sono contento- il volto dorato del suo migliore amico si aprì
in un dolce sorriso, raro, senza ombra di malizia.
Lele posteggiò la macchina vicino al muricciolo, scendendo velocemente ridendo. Jess gli diede un colpetto ancora seduta
in macchina, abbassando il finestrino, facendo la finta offesa, mentre Gugu scuoteva la testa.
Attraversarono il cancelletto, prendendosi in giro e  rincorrendosi, Jess si voleva vendicare di Lele, ma lui le sfuggì e lo
sguardo di lei  fu catturato da una figura che giocava a calcio insieme a un altro ragazzo.
Quella figura le comparve controluce, più scura, abbagliata dagli ultimi raggi dorati del sole morente, mentre lei rimaneva
abbagliata dagli occhi scuri che incrociavano il suo sguardo e le sorridevano.
Quegli occhi castani, profondi in cui si sarebbe persa mille volte, in cui avrebbe voluto immergersi ogni giorno della sua
vita.
-Leo…- mormorò in un soffio, incantata.

 
 
 
 
 
 
 






*****ANGOLO AUTRICE*****
Ok, non uccidetemi data la mia scomparsa...
Scusate scusate...se c'è qualcuno che segue
ancora la mia storia sarai felicissima se mi lasciasse un commento!

Un abbraccio J 

Ps. Grazie mille per aver letto fino a qui ;) 

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Capitolo 7
*** Parole... ***




 PAROLE 



-Leo...- mormorò la ragazza in un soffio, per poi diventare rossa.
Se avesse guardato di fianco a sè, dietro di qualche passo, avrebbe potuto ammirare l'espressione divertita e
palesemente scherzosa di uno dei suoi migliori amici, con le mani immerse nelle tasche dei jeans e gli occhi che
studiavano la ragazza dai lunghi capelli castani che le ricadevano fin sotto la vita sottile di quel corpo ancora
acerbo di quindicenne. Studiava la sua reazione alla vista del ragazzo che le piaceva da ormai tre anni, ne era curioso.
Egli non era mai stato dietro ad una qualsiasi sua coetanea per così tanto tempo, un po' perchè cedevano subito e un
po' perchè perdevano il loro fascino ancora prima. Credeva di non aver mai guardato una ragazza come la sua amica
faceva con Leo, anzi più che credere, ne era certo. 
Ma non era una novità, avevano due caratteri completamente diversi, due modi di trattare con le persone e di vedere
il mondo. A volte tutto questo lo esasperava.
Come il fatto che non avesse mai trovato il coraggio di parlarci per più di un saluto. 
-Ci siete solo voi?- chiese Lele, osservando l'oratorio con gli occhi chiari indagatori.
-No, dentro ci sono le ragazze. Silvia aveva le chiavi!- rispose un ragazzo basso, alto più o meno come Jess, con le
spalle ampie, il viso leggermente squadrato coperto da una leggera barba nera che faceva risaltare la sua pelle chiara
e gli occhi castani scuri allegri. Aveva preso la palla da calcio tra i piedi e si stava pettinando il ciuffo scuro all'indietro,
prima di abbracciare fraternamente Lele.
-Quindi Simo non è ancora arrivato...che novità!- sorrise sarcastico Guglielmo, prendendo sottobraccio la ragazza -Che
ne dici di entrare con le altre, piccola?
-Ti spiace se rimane qui? Sarebbe carino avere qualcuno che assista e faccia il tifo mentre io e Lele battiamo te e Leo!-
ghignò il piccoletto.
-Non è giusto, lo sai che Gugu non è un granchè a calcio!- rise Leo.
-Se è per questo neppure Lele, ma io valgo per tre!- si gonfiò il petto Roberto, pavoneggiandosi di essere veloce e
scattante mal grado la bassa statura.
-Ah, è una sfida?- ghignò Gugu, dando un colpetto al gemello -Hai sentito, fratello? 
Ismaele scrollò le spalle, pacifico come sempre, ma non potè trattenersi dal sorridere alla facccia strafottente del ragazzo,
mentre Jessica si era messa a spostare il peso da un piede a un altro. Si sentiva a disagio, lì in mezzo ai ragazzi, soprattutto
davanti agli occhi brillanti e caldi di Leo. Il ragazzo era ben più alto di lei, torreggiava su tutti anche se i gemelli erano già
alti rispetto alla media (e anche dal basso punto di vista della ragazza). Gli occhi di lei osservavano timidamente quel viso
dai tratti fini, il naso sottile, la bocca carnosa, con il labbro inferiore leggermente più carnoso di quello superiore, la pelle
ancora sfumata dal sole estivo e le sembrò di vedere qualcosa di magnifico e unico. Indossava una giacca grigia aperta su
jeans stretti e una felpa verde militare, aveva al collo una di quelle catenine da militare con la targhetta che luccicava agli
ultimi raggi di sole.
Un brivido le corse lungo la schiena, quando si accorse che anche Leo la stava guardando. 
Distolse lo sguardo, notando che Gugu le si era allontanato e stava rubando la palla a Roby.
Non sapeva che fare, lo stomaco le si stava contorcendo,era la prima volta che si faceva beccare mentre lo guardava e sperò
di non aver avuto la tipica faccia da bava che pende dalla bocca. Arrossì solo al pensiero, poi notò che le si era avvicinato
sorridendo sinceramente. 
-Ciao Jessica, non farti condizionare da quello che ha detto Roby se vuoi entra con le altre- mi fece l'occhiolino, prima di
raggiungere il piccolette e Gugu, prendendo la palla con facilità. 
Lele sorrise notando l'espressione incantata e rossa dell'amica, le accarezzò una spalla come per farla tornare alla realta,
prima che suo fratello lo chiamasse ad aiutare Roby. La lasciò dandole un buffetto sulla guancia.
La sua amica era proprio cotta.








Avevano appena finito di mangiare la pizza e di parlare, Simo stava facendo un bel lavoro con loro.
Da quando era arrivato nella loro parrocchia, sebbene fosse solo un giovane uomo di 25 anni stava facendo grandi cose
sia per gli adolescenti che per i bambini. Aveva idee nuove, un sorriso sempre disposto ad essere condiviso con chiunque
e l'arte di essere un ottimo oratore. Tutti i ragazzi nutrivano una forte stima per quel piccolo uomo dalla pelle un po' rossa,
la barba scura che gli copriva un po' il volto ma lasciava scoperti quegli occhi stupendi color cioccolato caldi e accoglienti,
che ispiravano a tutti i ragazzi presenti in oratorio un aura di famiglia e amore. 
Simone stava studiando per diventare sacerdote ed era un bel ragazzo, uno di quelli che vedi e ti fanno sorridere,
perchè glielo si leggeva in faccia che amava la vita e amava Dio. 
E mentre era fuori a fumare una sigaretta con Gugu e gli altri che li avevano seguiti per parlare, Jessica insieme a Vale,
Silvia e Kiki stavano sparecchiando e mettendo a posto quella piccola stanza che fungeva come sala riunioni in quelle
serate a base di famiglia e amore. 
Portò in cucina il sacco dell'umodo con dentro tutto quello che era rimasto e lo mise nel bidone, con un sospiro, per poi
mettere a posto ciò che avevano tirato fuori dal frigor e il resto.
-Vuoi una mano?
La ragazza rimase quasi senza fiato quando delle mani le sfilarono un tovagliolo, piegandolo e infilandolo nel relativo
cassetto. Sapeva che quella era la voce del ragazzo che abitava nella sua testa da troppo tempo. si voltò a guardarlo
riordinare le posate e ricevette in cambio un sorriso.
-Piaciuta la pizza? Secondo me era meglio quella che avevamo preso settimana scorsa...- riflettè Leo,con sguardo
pensieroso -Anche se la pizza è la pizza, e buona buona deve esserlo soprattutto quella di Napoli. Tu prendi sempre la
margherita, vero?
Jess annuì, stupita. Non solo le stava parlando, ma le aveva pure fatto presente che aveva notato il tipo di pizza che
prendeva di solito...questo le fece saltare il cuore nel petto.
-Perchè sempre margherita?
-Ecco...ehm...- le parole le sfuggivano improvvisamente dalla mente ecercò di calmarsi -Ecco, quando sono in compagnia
mi si chiude sempre lo stomaco e quindi tendo a mangiare poco e leggero...- "In realtà mi succedo soprattutto se nella
stanza ci sei tu..."
si trattenne dal dire, pensierosa.
-Ah, cavolo, per me è tutto il contrario - rise lui, scrollando le spalle -Anche se a dir il vero ho sempre fame...secondo me è
tutto qui- le si avvicinò e le tocco leggermente la fronte, facendola sussultare -Dovresti stare rilassata, siamo tutti insieme
ed è bello, non devi essere tesa, principessa.-
Jess rimase quasi senza fiato, non sapendo più che fare. Avrebbe voluto ribattere, ma la timidezza le si stava arrampicando
addosso per immobilizzarla, perciò riuscì solo a balbettare:-Principessa?
Il sorriso di Lero si fece ancora più caldo mentre, tornava a sistemare le cose:-Beh sì, principessa. Gugu e Lele ti chiamano
"piccola", io ti chiamerò "principessa"...hai capelli lunghi come Raperonzolo- 
Lo osservò mentre intrecciava una sua ciocca scura sul suo dito e divenne ancora più rossa:-Ehm...già.
-E poi sei...carina.- le fece l'occhiolino.
-Gr...grazie Leo.
Lui scosse le spalle e si chinò a ritirare le ultime cose, mentre lei si muoveva come un automa per tornare nella sala dove
c'erano le altre, visto che Kiki l'aveva chiamata. Si fermò un attimo, ancora non del tutto consapevole di ciò che era
successo.
Solo una volta tornata a casa, sotto le coperte, ripensandoci, le spuntò un sorriso pieno di felicità.
Aveva parlato con Leo, le aveva sorriso e poi...poi...l'aveva chiamata "principessa".
Si addormentò così, con un sorriso sulle labbra donatole da una semplice parola,
che però aveva un peso enorme nel suo cuore.

E suonava così dolce alle sue orecchie innamorate...
















 
***ANGOLO AUTRICE***
Ciao a tutti, finalmente sono riuscita ad aggiornare!
Grazie a tutti quelli che leggeranno  questo nuovo capitolo e 
che non mi hanno ucciso al ritardo del capitolo scorso, mi spiace tantissimo!
Sono stata impegnatissima e spero di aggiornare prima la prossima volta!
Chi vuol può dirmi che ne pensa di questo nuovo capitolo? Ne sarei contentissima!
Un grosso abbraccio J :)






 

 

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