wreckless reloaded

di sarahrose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** eccomi! sono tornata! Ecco a voi i Gnus Fottutissimi Roses... ***
Capitolo 2: *** Welcome to my Nightmare ***
Capitolo 3: *** Purple rain ***
Capitolo 4: *** coma ***
Capitolo 5: *** I'm Fuckin' Innocent ***
Capitolo 6: *** E.R. Emergency Rescue ***
Capitolo 7: *** there's a heaven above you, baby ***
Capitolo 8: *** RAG DOLL livin' in a movie ***
Capitolo 9: *** tanto va' la gatta al lardo ***
Capitolo 10: *** Live?@!Like a Suicide ***
Capitolo 11: *** Hold your breath and count to ten ***
Capitolo 12: *** Gonna keep my baby ***
Capitolo 13: *** 666 the number of the Beast ***
Capitolo 14: *** Get in the ring ***
Capitolo 15: *** In god we trust ***
Capitolo 16: *** All you need is just a little Patience ***
Capitolo 17: *** sympathy for the devil ***
Capitolo 18: *** another one bites the dust ***
Capitolo 19: *** paradise city ***
Capitolo 20: *** break on through (to the other side) ***
Capitolo 21: *** the good Shepherd ***
Capitolo 22: *** if you need a friend ***
Capitolo 23: *** stairway to heaven ***
Capitolo 24: *** I'm your charity case ***
Capitolo 25: *** it's all a gamble when it's just a game ***
Capitolo 26: *** sense of dubt ***
Capitolo 27: *** maybe a Greyhound could be my way ***
Capitolo 28: *** the show must go on ***
Capitolo 29: *** The Magic Mirror Gate ***
Capitolo 30: *** bottoms up! ***
Capitolo 31: *** pretty vacant ***
Capitolo 32: *** half man, half beast ***
Capitolo 33: *** eloi! eloi! lema sabactani? ***
Capitolo 34: *** party animals ***
Capitolo 35: *** SID & NANCY ***
Capitolo 36: *** the fortune and fame ***
Capitolo 37: *** Nice boys don't play Rock N' Roll ***
Capitolo 38: *** something's wrong with my baby ***
Capitolo 39: *** turn around bitch, I got a use for you! ***
Capitolo 40: *** The Lamb of Sacrifice ***
Capitolo 41: *** BAD APPLES ***
Capitolo 42: *** coming to Los Angeles ***



Capitolo 1
*** eccomi! sono tornata! Ecco a voi i Gnus Fottutissimi Roses... ***


1

 

W. Axl Rose

 

 

 

 

 

 

Fanculo il Mojave

 

Ehilà, ragazzi... come butta?

Vi ricordate del vostro vecchio amico Axl Rose e della sua sfigatissima band, vero?

 

Ci eravamo lasciati sotto il sole di cacca del deserto Mojave in panne con la macchina con gli avvoltoi che ci vorticavano intorno in quello che avrebbe dovuto essere il primo cazzo di tour dei neonati Guns N'Roses. Stavamo crepando di caldo e di sete. Insomma, per farla breve e dire pane al pane e vino al vino, eravamo nella merda al cubo.

 

Quando, però, ormai ogni lasciata sembrava persa...

 

Oh, cazzo!” gracchia Duffy Duff, saltando su come un tappo di spumante con le ultime energie residue. “Cazzo, ragazzi!!! Cazzo cazzo cazzo cazzoooooo!!! Guardate là!!!” strilla, agitando le braccia chilometriche come se fossero le pale di un cazzo di mulino a vento. “Ronnie James, ti ringrazio, cazzo!!! Grazie Sid Vicious, grazie!!!”

 

Poi, quando gli torna una voce decente, lo grida a squarciagola:

 

Siamo salvi, cazzo!!! Salviiiiiii!!!”

 

Il gruppo, ormai morente, non lo caga di striscio.

 

Solo quando un gran polverone avanza all'orizzonte, la band che spaccherà il mondo in due per poi rimetterlo insieme con un assolo di Gibson Les Paul, si rimette in piedi.

 

Dove andate, ragazzi?” domanda il nostro futuro salvatore, fermando il camion in mezzo al nulla ocra del Mojave.

Solo allora comprendo.

Solo allora inquadro la realtà.

Dal cassone, capisco che si tratta di un camion frigorifero.

Cosa trasporti, lo illustra chiaramente la fiancata.

 

King Pork

Rib Steaks

 

Dice l'insegna, allietata dal musone rosa e sorridente di un porcello grasso e inquartato da cartone animato. Cioè costate di maiale.

 

A Seattle, Dio volendo!” esclamo, ritrovando la fede e sfoderando la mia cazzo di ugola d'oro da dieci ottave per rispondere, superando il frastuono del motore del mezzo e le grida degli avvoltoi che, maledetti loro e chi li ha scagazzati, non ne vogliono sapere di togliersi dalle palle.

 

Saltate su!” fa il messo divino. “Forza, belli, che qua ci lasciate le penne, cazzo! So io quello che fa per voi...”

 

E noi, senza farcelo ripetere due volte, obbediamo. A rinfrancarci più di ogni altra cosa le calotte craniche crepate dal sole, è l'idea di viaggiare nel cassone refrigerato dopo esserci arrostiti i coglioni per ore.

Sia fatta la tua volontà, Dio del Rock e del whiskey!” ululo in preda ad una delle mie terrificanti crisi mistiche.

 

No, dico... e voi?

Al mio posto cos' avreste fatto, eh?

Me lo dite?

 

Io so una cosa: Dio è buono ma volubile.

 

E quando elargisce, va ringraziato e blandito, se no' poi si offende e sono cazzi da cagare.

 

E com'è che va ringraziato, secondo gli insegnamenti del buon vecchio Reverendo Beetle - che spero affoghi nella sua merda dannandosi l'animaccia?

 

Semplice, miei cari: col sangue.

Col sacrificio.

Colo sacrificio, cazzo. E col sangue.

Il sangue dell'Agnello, che poi sarei io.

 

Non visto, nella confusione generale dell'imbarco sull'Arca della Nuova Alleanza, metto mano alla lametta arrugginita che porto appesa al collo per scrivermi

 

DIO ESISTE

 

sulla pancia e

 

E GUIDA UN CAMION

FRIGORIFERO

 

sul petto reso color porpora dal fatto che io, con i miei capelli rossi, sono praticamente allergico al sole di marzo, figuriamoci a quello del Mojave.

 

Dopo che ho placato e ringraziato Dio sancendo con lui una cazzo di Nuova ed Eterna Alleanza fondata sul Sangue, mi copro le ferite perché nessuno veda il mio supplizio. Sta scritto infatti:

 

DIO, CHE VEDE NEL SEGRETO, TI RICOMPENSERA'

 

Quindi, uno dopo l'altro, ci issiamo a bordo trascinandoci dietro le chitarre e il basso. Purtroppo, però, per la batteria di Popcorn non c'è niente da fare. Tutto ha un prezzo, gente! E la magnanimità improvvisa di Nostro Signore, a quanto pare, non fa eccezione: l'obolo, oltre alla mia pancia cesellata a sangue con una cazzo di lametta da barba, è la batteria a doppia cassa di Steve che Duff ha appena mutilato trasformandola in una più up to dated monocassa.

 

Così, a malincuore, non abbiamo scelta: siamo costretti a lasciarla lì e a farle ciao-ciao con la manina mentre il suo legittimo proprietario, qui, piange e si dispera inutilmente.

E' la vita, gente.

Come se non lo sapessimo, cazzo!

 

L'autista ci chiude nel vano frigo con un paio di bancali di belle costate succose con l'osso surgelate a dovere e, francamente, amici... dopo il sole assassino del Mojave del cazzo, la cella frigorifera, nei primi cinque minuti, ci sembra il Paradiso Adesso. Dopo dieci... beh, ecco... cominciamo ad accusare il colpo.

Duffy Duff starnutisce a raffica e spande germi a tappeto. In un ambiente chiuso ad atmosfera zero come quello in cui siamo capitati, chiaro che per noi non c'è scampo e, in men che non si dica, diventiamo un coro gospel di tosse e di sternuti. E questo è il meno.

Il bello viene adesso, amici miei!

Non ci credete?

Cazzi vostri.

 

Dopo quindici minuti, il sudore ci è congelato addosso creando una sorta di pellicola solidificata che ci inguaina da capo a piedi come dei cazzo di filetti in crosta. Quello che ci manca, è solo la salsa al Madeira, poi siamo a posto.

A parte gli scherzi, ragazzi... e chi scherza, poi?

Me lo dite?

Vorrei vedervi voi, al nostro posto!

E che cazzo!

Un po' di rispetto...

 

Ed ecco, in rapida successione, i primissimi, inquietanti sintomi di ipotermia. Non spaventatevi. Piuttosto, pregate per noi. Ok?

 

Dita violette tendenti prima al melanzana addobbo funebre e poi al nero inferno prossime alla necrosi spontanea.

Tic nervosi multipli e incoercibili.

Macchie ipostatiche di tipo cadaverico su mani e piedi.

Frasi smozzicate a 33 giri o a 75, a seconda del soggetto, totalmente prive di qualsiasi nesso logico.

Cazzate a nastro ai quattro venti.

Funny Jokes del cazzo, cioè barzellette penose made in Duffy Duff – e questo, se permettete, è un brutto segno. Infausto, se posso essere franco.

 

Dopo venti minuti buoni on the road nel cassone-frigo, il nostro Slash, appassionato di dinosauri oltre che di chitarre elettriche, sta tenendo banco con una teoria alquanto bizzarra che, tra i meno setacciati della band – Popcorn in pole position – sta mietendo proseliti: secondo il nostro chitarrista non ancora cilindrato, ci troveremmo nel bel mezzo di una Seconda Era Glaciale con la funzione di Cavalieri dell'Apocalisse.

 

No, dico... ma vi rendete conto?

Va bene sparare cagate, ma adesso mi sa che qui si esagera, cazzo!

Voi cosa ne dite?

E' da ricovero. O no?

 

Io, che di Vangeli,modestamente, ne ho masticati fino alla nausea fino all'altro ieri, cazzo, mi permetto di dissentire.

 

Dio non c'entra niente nelle peripezie dei Guns Fottutissimi Roses, anzi! Figuratevi un po' voi se, con tutto il casino che succede ogni giorno nel mondo tra guerre in Medio Oriente, cazzo, fame nel mondo, malattie, bombe, morti e attentati eccetera eccetera, Dio si mischia con dei brutti ceffi da strada come noi! Anzi. Vi dirò di più. Mentre sono qui a surgelarmi il culo e le palle in mezzo a queste cazzo di costate dure come il ferro con una sete ladra, a mangiare le cazzo di stalattiti che ci pendono sulla capoccia dal soffitto del cassone per ristabilire un minimo di salivazione, resto convinto che, se davvero Apocalyptic Slash, qui, ha ragione... beh, allora... siamo giunti ai titoli di coda della nostra cazzo di avventura ancora prima ancora di cominciare... ad ogni modo, una cosa è certa: questa specie di Armageddon Adesso non è opera divina.

Ci tengo a precisarlo, prima che il Creatore ci strafulmini secchi tutti quanti. No, dico... ma ve l'immaginate?

A Seattle quello apre il cassone e... ci trova qui duri come dei cazzo di stoccafissi... e cazzo fa? Ci vende alla Findus a tranci?

Questa, lo ripeto, non è la fine del mondo.

E se anche lo fosse, non è Dio a volerla ma la sfiga che ci segue passo per passo e che, per i Guns Sfigatissimi Roses, è un morbo congenito che si va cronicizzando. E che, come dico sempre, a dispetto della fortuna che è cieca, mi sa che ci vede fin troppo bene.

 

Intanto, ad ogni gelido miglio di strada che ci avvicina alla nostra prima tappa, il nostro stato di conservazione peggiora.

 

I segni vitali della band si affievoliscono mentre il livello delle stronzate sparate per tenerci caldi il cervello sale alle stelle eben presto, grazie ad alcuni di noi, supera anche quelle.

 

Lo sapete come verrà, secondo me, la fine del mondo?” domanda a bruciapelo un ispirato Popcorn pronto per il forno a microonde.

 

Noi, ormai quasi completamente ibernati come Woody Allen ne Il Dormiglione, scuotiamo la testa all'unisono in un raggelante scricchiolio che, ahimè, non ha proprio più niente di umano.

 

Illuminaci, Popcorn!” esclama un irriconoscibile Jeff Isbell un tempo scolaro incompreso di Lafayette e ora cittadino del globo terracqueo che risponde al nome di Izzy Stradlin. “Tanto lo so che muori dalla voglia...”

 

Eddai, Steve!” gli fa eco Duffy Duff. “Non fare il prezioso!”

 

Avanti, spara!” fa Slash, sputando un chicco di grandine grosso come un limone “prima che il mondo finisca per davvero”.

 

Sarà un elefante” annuncia Steve, sibillino, le dita inchiodate nel naso alla ricerca dell'insondabile mistero della vita. “Un elefante gigante. O un tirannosauro con la diarrea!”

 

E prima che una pioggia di sputi solidificati dal gelo incolli Steve sul posto per l'eternità, accade l'indicibile.

 

Ragazzi, vi prego... non scandalizzatevi.

Non mollateci così...

Siate continenti... voi che potete.

Qui, purtroppo, è un'altra cosa...

 

Un crepitante, insidioso, pestifero peto made in Popcorn suggella la frase ad effetto e fulmina all'istante la band.

 

Dopo la delirante battuta di Steve, la situazione, se possibile, precipita di botto. E mentre noi, isolati dal mondo esterno e dall'estate da 'sto cazzo di Antartide su ruote, cazzo, non sappiamo più dove andiamo e ne' tanto meno, se davvero siamo ancora in viaggio o siamo fermi, la speme, ultima dea, ci abbandona di brutto.

 

Mentre le mie dita dei piedi se ne vanno lentamente a farsi fottere, io mi chiedo: quante cazzo di tappe bucheremo? Tutte quante o solo la prima? E poi: quanti cazzo di giorni è che siamo qua dentro, cazzo? Dieci giorni o dieci minuti?

 

Allora, per non dare di matto, mi butto sul ghiacciolo al Jack Daniels che è cresciuto nella bottiglia mandandola in pezzi e cerco come posso di fottermi il cervello e smetterla di tormentarmi con domande del cazzo a cui, al momento, purtroppo, non posso rispondere.

 

Poi mi dico: Fanculo le tappe. Fanculo il tour. Fanculo il Mojave e fanculo anche la sfiga.

Fanculo tutto. Tranne noi.

I Guns.

Le Pistole e le cazzo di Rose.

Che, se davvero vogliono spaccare, devono restare vivi e vegeti e, se non è chiedere troppo, almeno farsi vedere sul palco, chi cazzo se ne frega in che stato.

 

Cristallizzati. Saponificati. Ibernati. Scongelati. Putrefatti o Ronnie James Dio solo sa come, ma farsi vedere. Punto e basta.

 

La nostra fama, che ci precede come la sfiga, farà il resto. E se poi, addirittura, potremo concederci il lusso di suonare... beh, allora... passatemi il termine, la musica cambia.

Anzi, cambierà per sempre.

Ve lo giuro, cazzo.

 

Voi pensate a pregare che arriviamo a Seattle tutti interi, poi al resto penseremo noi. Ok?

 

E allora sotto, gente!

Fuori i rosari, cazzo!

 

Fuori i Buddha. I tappeti da preghiera. Le Bibbie. I Vangeli. I plettri dei Kiss e dei Led Zeppelin. I testi dei Nazareth e dei cazzo di Lynyrd Skynyrd apocrifi e non.

I pipistrelli azzannati di Ozzy Osbourne e la ghigliottina di Alice Cooper.

 

Fuori i ferri di cavallo e i corni antisfiga più grossi che avete.

Fate e dite quel cazzo che volete, basta che preghiate.

Ok? Pregate e sperate. Sperate e pregate.

Perché qui... marca maluccio...

 

Quello messo peggio è Slash.

Io lo chiamo Eyes without a face come la canzone di Billy Idol. Avete presente?

Occhi senza volto.

No, dico... con quel casco di tronchi surgelati che ha al posto della faccia, non trova più gli occhi e piagnucola “cazzo sono cieco! Non vedo una madosca...” chino sulla spalla di Izzy che gli fa pat-pat sulla schiena da bravo papà. “Come cazzo la suono adesso la chitarra? Eh? Me lo dici, Izzy?” Poi si rianima di botto. “Sai se esistono le tablature in braille?”

 

Giuro. Mi fa morire.

 

Poi c'è Duffy Duff, il novellino.

La sua acconciatura punk sembra scolpita nel granito e lui adesso sembra davvero una specie di Sid Vicious del Similaun, cazzo. Il Jack allo stato solido che gli scorre nelle vene non gli ha fatto niente bene. Almeno a giudicare dal colorito che ha preso e dal fatto che, invece di Eighteen come Alice Cooper, sta canticchiando On my Own meglio di Nikka Costa.

 

Non parliamo di Steve, che è meglio.

La Glaciazione, vi dicevo, l'ha sorpreso con le dita nel naso intento alle pulizie del Quattro Luglio.

Non fa un bel vedere, ma mi sa che dovremo tenercelo così fino al prossimo cazzo di disgelo.

E quando ha cercato di leccarsi via la patina di ghiaccio dalle labbra... la lingua non è più tornata al suo posto ed è rimasta esposta ai rigori del nostro microclima estremo in modo imbarazzante e innaturale.

 

Quanto a me, i bei capelli scalati e cotonati per ore con l'aiuto sacrosanto di Savannah e di Adrianna per il nostro primo tour, sono andati a puttane del tutto.

Ammosciati dal sudore nel Mojave, si sono rappresi col freddo e attualmente si trovano allo stato solido, pietrificati e duri come il marmo in una cazzo di aureola da santo che non mi si addice per niente.

 

Insomma, andiamo bene!

Se il buon giorno si vede dal mattino...

 

L'avevo detto, io, che noi, di iniziare un tour di venerdì 17, non ce lo potevamo permettere, ma... sapete com'è... l'entusiasmo della prima volta... l'adrenalina... le fighe da trombare e tutto il resto... ed eccoci qui.

 

Quindi, amici miei... adesso sta a voi.

Salvateci, vi prego!

Pregateci, vi salvo...

 

Volete sentirli i Guns Fottutissimi e ancora più strafottuti dal vivo, vero ragazzi?

E allora pregate, gente! Pregate!

Fate qualcosa!

Salvateci!

 

Cazzo... fate presto!!!


 

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SARAHROSE

 

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Capitolo 2
*** Welcome to my Nightmare ***


SORPRESA!!! MI CREDAVATE MORTA?
E INVECE SONO TORNATA DOPO UNA VACANZA A L.A. ANCORA PIU' PAZZA DI PRIMA.

GRAZIE A CHI HA ASPETTATO E COMPRESO I MIEI TEMPI.
MYLINKINDAY, ANGIE E LE ALTRE, VI ADORO.
QUESTA STORIA E' TUTTA PER VOI!!!

UN BACIO
SARAH LA ROSSA ROSE


2

 

 

 

 

 

 

ADRIANNA SMITH

Welcome to my nightmare

 

Maledetto gattaccio!

Maledetto! Maledetto! Maledetto! Maledetto!!!

Ci mancava solo lui!

 

No, dico... e poi chi me lo assicura che quello lì è un felino? Sembra un cazzo di pipistrello con la coda, cazzo! Fanculo il vecchio pazzo che ha dato i Natali a quell'altro sbiellato di Popcorn il qualegli ha lasciato in eredità questo gattaccio obbrobrioso senza pelo, anche detto nudo – visto che il defunto padre di Steve, il milionario del cazzo, per l'appunto – durante la sua strafottutissima vita terrena, era allergico al pelo di gatto. Fanculo al quadrato al vecchio balordo, al suo gatto geneticamente modificato e al pappagallo con problemi di personalità multipla che, a quanto pare, ogni tre per due, va in crisi d'identità. Poi vi racconto. Ma soprattutto, fanculo al cubo a me e a quell'altra sciroccata di Savannah che, come me, se l'è fatta mettere nelle reni per colpa dell'Amore con la A maiuscola – quello che noi abbiamo sempre temuto come la morte, anzi! Di più! Come lo stare a rota. Proprio a noi doveva capitare, l'Amore! Che inculata, cazzo, ragazzi! No, dico... ma vi sembra giusto? Noi. Io e Savannah. Due tossiche mondane e festaiole trombatutti bastacherespirino. Due spregiudicate mangiauomini scaltre e disilluse. Due mantidi religiose. Due vedove nere. Tutto il trucco e quel cazzo che volete voioi, insomma. Che abbiamo sempre tenuto alto il nostro vessillo di Stronze Libere ed Evolute con un solo ed unico obiettivo nella testa: trovare il pollo da spennare – preferibilmente decrepito, ricco sfondato, sterile e con un piede nella fossa- tirargli il collo pian pianino per non farlo cantare e vivere di rendita da Mantenute tutto il resto delle nostre porche vite. Noi... ebbene sì... proprio noi, ci siamo innamorate. E quando t'innamori, il cervello va a farsi fottere. Lo sapete bene anche voi questo, vero, amici, che state lì a ridacchiare e a farci la morale mentre vi sbaciucchiate bavosamente con gli apparecchi per i denti incastrati uno nell'altro come le cazzo di tessere di un puzzle. Sfigati! E sfigate siamo anche noi, cazzo. abbiamo accettato, in nome dell'amore, di venire a stare con i nostri due fustacci a casa sua. Il risultato è che adesso, invece di gozzovigliare ai bordi di una cazzo di piscina a forma di cuore o altre cagate simili con un mojito in mano e una bella presa di coca su per il naso, siamo qui in questo cazzo di appartamento devastato a downtown, e dove, guarda caso? In che zona? A Inglewood. No, dico... peggio di così si crepa, gente. Lasciatemelo dire. Peggio di così c'è solo Mauthausen o Bergen Belsen, cazzo! Avete presente i campi di concentramento? Ecco. Steve, aka Popcornino nostro, abita nel buco del culo del ghetto nero che più nero non si può. Crdo che la sua sia l'unica faccia bianca nel raggio di sessanta cazzo di miglia. E mentre i maschietti nostri sono partiti per il primo tour dei Guns n'Roses, la loro cazzo di strafottutamente fantastica band, con il buon vecchio Shame come road manager, io e Savannah, qui, siamo ridotte a fare le cazzo di casalingue in questa topaia piena di blatte germaniche e pure statunitensi. Unica compagnia, cazzo, i due animali alienati e farocchi del defunto, alias Loreto, il parrocchetto, custode inconsapevole del codice segreto, e Sfigatto, il felino calvo che non ha mai sentito parlare di sar Ragazzi e della sua cazzo di Idea Meravigliosa.

 

“Eddài, Loreto” lo supplichiamo a turno, accarezzando il piumaggio verde fastidio e blandendolo con le lusinghe sotto forma di becchime di prima scelta. “Digliela un po', alla tua mammina – che ti dà tutti i viziacci del mondo – qual'è quella bella parolina che apre la cazzo di cassafortina!”

Ma lui, nisba. Ci guarda e non favella.

Fa una specie di ghigno storto alla Braccio di Ferro – Ronnie James Dio solo sa come cazzo fa, con quel rostro che si ritrova in mezzo agli occhi – alza una zampa e, proprio mentre gli accarezzo la lunga coda, mi caga sulla mano.

 

 

E mentre ce la meniamo con i Kiss e gli Aerosmith a palla visto che è finito il valium, accecate e istupidite dalla noia, ci viene un'idea che dire folle è dire poco: per far sputare all'esecrabile pennuto la cazzo di password che permetterebbe a Steve di entrare in possesso del tesoro del suo vecchio, vista la totale non-collaborazione dell'uccello, decidiamo di ricorrere ad una cazzo di porta chimica. L'unica che, a detta della mia amica Savannah, qui, ha una speranza di riuscire ad abbattere il muro del silenzio.

Incazzata a bestia, apro il frigo e... sorpresa! La salvezza è la scatola del burro di Steve. Neve. Tanta, tanta neve, cazzo. Così tanta che mi viene male.

 

Tiro su una bella sniffata che mi spalanca i polmoni e le Porte della Percezione del Buon vecchio Re Lucertola, Ronnie James l'abbia in gloria, cazzo, e mi fiondo in cucina come un missile.

Mi accuccio sotto il trespolo dell'uccellaccio del malaugurio e, approfittando del fatto che il malefico gatto biotto, in calore, è impegnato a strusciarsi le palle sul divano pulcioso di Steve, stringo col terribile pennuto un trattato di pace.

 

“E va bene, Loreto, amore della mamma e gioia della zia” dice la fatina buona che alberga dentro di me, che si è appena trombata il Piccolo Chimico “se fai il bravo, mentre zia Savannah è fuori a fare la spesa, io e te facciamo fifty-fifty senza dire niente a nessuno. Ci stai?”

 

“Lo...reto... ciiiiiiiii sta! Crrrraaack!!! crrrraack!” risponde il pappagallo che, secondo me, dev'essere un tossico peggio del suo recalcitrante padrone.

“No, gioia mia bella!” rettifico, accarezzando la testolina pennuta che, in questo momento, mi è fin quasi simpatica “non è crack, stelassa! Esagerato! Ma per chi mi hai preso? E' solo un po'di robina buona che ti f funzionare meglio la testolina e che, magari, ti scioglie quella cazzo di linguaccia biforcuta da serpe che hai, capito? Digliela, a mamma Adri, la cara formuletta della cazzo di cassaforte del tesoro, gioia! Digliela, che mamma poi ti fa un bel regalone... cosa vuoi? Va bene una bella pappagalla tutta rosso fiamma troiona troiona troiona che te la dà tda noche, mio tesoro? Che ne dici, eh? Ma, mi raccomando: è un nostro segreto, ok? Gli altri non capirebbero... vero che glielo fai, alla tua mamma che ti vuole tanto bene” ho detto liasciandogli quella cosa spennacchiata e masticata dal gatto che, in tempi migliori, era una coda di tutto rispetto “questo piccolo regaluccio, tesoruccio?”

 

Lui, da quel depravato pennuto che è, non se l'è fatto ripetere due volte.

 

Non ci credete?

Lo giuro sulle tette rifatte di Savannah, cazzo!

 

Mi ha guardato senza far motto con una luce assassina negli occhietti luccicanti come astri del male e si è tuffato a capofitto sulla mia spalla mentre io, con la tessera sanitaria, preparavo due piste ordinate da supercampioni, meglio del circuito di Daytona in Florida, cazzo, con una chicanne da paura giusto nel mezzo per godere di più.

 

Ed eccolo lì. Come in un film, cazzo. Rivedo la scena al rallentatore. Loreto becchetta tutto giulivo con quel ben di Dio e s'infarina–per modo di dire-tutto il becco che pare una caricatura. Poi strabuzza gli occhi e cade a capofitto come una pera cotta sul pavimento.

 

Lo vedo tirare un paio di calcetti e giacere immobile con gli occhi sbarrati.

 

Penso a Steve e a Savannah che non sanno ancora niente e mi prende il panico.

 

“Oh, cazzo!” esclamo, strafatta. “Mi sa che ho combinato un bel casino...”

 

Per dirla con l buon vecchio Alice Cooper, cazzo...

 

Welcome to my nightmare!

 

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Capitolo 3
*** Purple rain ***


W.AXL ROSE

Purple rain


 

Che fossi nato sfigato lo sapevo. Che Dio ce l'avesse con me lo sospettavo. Ma che anche la concorrenza mi menasse il bozzo, questo non lo sapevo ancora... cioè...

Raga, giuro.

Non ci crederete.

Dunque. Ho il cuore che mi schizza dalle orecchie, cazzo. Tra un po' si spiaccica su 'sto cazzo di cassone, quindi... prima che tiro gli ultimi, questa ve la devo raccontare. Inutile che vi dica che non ci crederete, perchè tanto so già che, appunto, mi darete del bugiardo, del fregnone e del cacciapalle. Ma io me ne fotto e vuoto il sacco. Poi vedete voi.

Aridunque, cazzo. Appena usciti dal Mojave, accade l'imprevedibile: i nostri eroi, sulla strada per Seattle, stipati nella cella frigorifera, sono presi di mira da una pioggia fetida minuta ma costante che minaccia di farli arrivare a Seattle sotto forma di quarti di manzo andati a male.

Improvvisa come una cagata d'uccello sugli occhiali, una goccia di liquido puzzolente tonfa sul naso di Occhi senza Volto detto Slash, che poi è anche l'unica parte della sua biffa da fulminato cronico a emergere dalla siepe di ricci sfatti del nostro chitarrista prodigio.

“Occazzo!” esclama il nostro fuoriclasse della sei corde, gettando uno sguardo preoccupato al soffitto. “No, raga!” à una manata sulla spalla a Duffone indicando il soffitto che, sopra le loro teste, si perde nella nebbia del gelo artificiale. “Cazzo, guardate su!”

E noi guardiamo.

Cazzo, raga... no, dico io... ma si può essere più sfigati della neonata bend dei Guns Fottutissimi Roses?


 

Quello che appare davanti ai nostri poveri occhi, tremendamente arrossati e provati dal freddo chimico del vano frigo, è una realtà da incubo o, se vogliamo dire pane al pane e vino al vino, da vomito.

Scansarsi è inutile. Scappare impossibile.

Ci tocca, raga.

Che cosa? Ma come, che cosa?

Non ve l'immaginate, vero? E come potreste, coglione che sono!

Insomma, ve l'avevo detto sì o no che questo è un cazzo di camion frigorifero? Sì, giusto? E allora, ammesso che non ci siate mai stati, dentro una di queste cazzo di bare a otto cilindri o quel cazzo che sono, cazzo, prermettete che vi descriva la nostra penosa situazione da girone infernale che neanche quell'invasato di mio pa... ciè del Reverendo Scarrafone, in piena forma, riuscirebbe a rendere con i suoi terrificanti sermoni.

Forse- per un'inutile quanto stupida forma di pudore- non vi ho detto che io e i miei quattro soci della birra, qui, stiamo viaggiando da mezza giornata sepolti vivi in mezzo alle carogne. Cioè. Avete presente Rocky? La scena in cui si allena per battere Apollo boxando coi quarti di bue nella cella frigorifera? Ecco. Stessa cosa. Anzi. Se permettete, noi siamo messi anche peggio, cazzo. Perchè questo cazzone di un coglione di camionista irlandese alcolizzato marcio che sta al volante, con appese addosso, come medaglie al valore che assolutamente non merita, le nostre porche vite, cazzo, a quanto pare, non ha la minima idea di che cosa voglia dire rispettare la catena del freddo. Che, parlando come mangio, vuol dire che non assaggerò mai più carne per tutto il resto della mia cazzo di vita e che diventerò un vegetariano convinto- se non addirittura vegano, seguito a ruota da Duff, Steve, Slash e da tutta la banda Tafferi, qui, il nostro roadie Scemo più Scemo incluso.

Come in un assurdo film dell'orrore di serie zeta, tipo Il mostro di sangue e sguanate varie, dal cazzo di soffitto di questo cazzone di un cassone, sta gocciolando dritto a piombo sulle nostre teste un tempo cotonate un liquido color diarrea da Ebola che, francamente, a giudicare dall'odore, sembra ancora peggio della suddetta cacarella.

“Ommadonna!” dico io non appena la terrificante realtà mi appare in tutto il suo squallore.

“Buhu-hu!” piagnucola Steve, lisciandosi i capelli pieni di viscidume putrido. “Vooooooooooglio la maaaaaaaammaaaaaaaaaaaa!”

“'Sto pezzo di merda!” s'infuria Duffone quando, dalle corna dell'elmo da Vichingo che si è messo in testa a mo' di cuffia per difendersi dal freddo, recuperato Dio sa dove, una goccia di schifo gli impiastriccia una spalla. “Giuro che se arriviamo vivi a Seattle, cazzo, nella mia cazzo di città natale, cazzo, vado a messa tutte le domeniche e faccio pure il chierichetto, cazzo!”

“Seeeeeeeee” rispondo io, tentando invano di accendermi una paglia per far ricircolare il sangue nel mio cervello semibernato. “Come no. Ti ci vedrei anche, Pertica.”

“Cazzo, sì!” s'intromette Slash, cacciandosi giù per la gola un po' di ghiaccioli al Jack Daniels dai frammenti della sua boccia andata in frantumi. “Hai trovato la tua strada, man!”

Mi faccio passare la boccia e mi bagno- si fa per dire- le labbra cianotiche. “E io mi faccio prete, cazzo, e vado a dar man forte a quel bastardo rottinculo del Reverendo Cazzone a Buco di Culo City, cazzo! Lo giuro su Ronnie James Dio!”

“E io invece mi rivolgo alla concorrenza” fa Izzy, cercando di fare scudo col suo corpo come un cazzo di Cavaliere Senza Macchia e Senza Paura della Tavola Rotonda o Quadrata o Dio sa che cazzo, alla chitarra che è ormai diventata, in tutto e per tutto, la sua Ragazza. “Perchè mi sa tanto che il nostro buon Dio di Axl, qui, non ha voglia di sporcarsi le mani.”

“Anch'io! Anch'io!” esclama Scemo più Scemo, saltando come una scimmia idens strafatta di ketamina “anzi” dice, roteando lo sguardo a fissare ognuno di noi- cosa non facile, visto le lunghissime ciocche congelate che gli formano una tenda di capelli puzzolenti davanti alla faccia “sapete cosa facciamo adesso?”

“No” esclamano terrorizzati cinque disperati in coro mentre dal soffitto continua a gocciolare questa cazzo di pioggia sporca che, in omaggio al suo adorato Prince, Duffone ha battezzato Purple Rain. E visto che il ghiaccio sintetico fa una condensa del cazzo, non riusciamo a individuare a fonte di questa cazzo di perdita o di quel cazzo che è. Riguardo all'idea, invece, visto da chi viene, chiaro che noialtri, qui, siamo tutti molto preoccupati. Voglio dire... vorrei vedervi voi, raga, al nostro posto!

E che cazzo, cazzo!

E mentre il camion ci sballotta a destra e a manca a zuccare contro le carogne ricoprendoci di sangue semicongelato che, cazzo, lasciatemelo dire, mi fa venire voglia di vomitare solo a pensarci, noialtri da Scemo ci aspettiamo solo e unicamente il peggio del peggio. E come potrebbe essere diversamente? Scemo non lo chiamiamo così per sport, cazzo. Nossignore. Questo cazzo di nome se l'è guadagnato sul campo.

“Diccelo, Shame, ti prego!” esclama Izzy, schivando un getto marcescente per un soffio, mentre la nostra pioggia assassina, qui, va di male in peggio come la vita urbana descritta nella nostra canzone che, ammesso che usciamo vivi di qui, è destinata a spaccare il mondo, che si chiama Welcome to the jungle. “Diccelo, dài, cazzo. Non lasciarci sulle spine! Sputa il rospo!”

“Volete vendere l'anima al diavolo?” domanda Shame. “Sareste disposti a farlo, per ottenere in cambio fama, successo e...” quel marpione, che dopotutto scemo del tutto non è, ci scruta ad uno ad uno con le sue biglie alla Marty Feldmann da fattone di ero. Poi spara. “E fortuna?”

Fortuna?

No, dico... sfigati come siamo, se ne potrebbe parlare. O no?

Voi cosa ne dite?

“Che ne dite di una seduta spiritica?” domanda Scemo a noialtri poveri derelitti che, annichiliti, piombiamo in un silenzio di tomba.

Poi, accade.

Prima che chiunque di noi possa aprire la ciabatta e darci fiato per sparare una cagata qualsiasi, accade, cazzo.

E' un attimo.

Slash caccia fuori lo zippo per farsi una benedetta Marlboro e il soffitto, sopra le nostre capocce malmesse, s'illumina d'immenso.

Il velo di condensa lascia il posto ad un'immagine nitida che, giuro che, finchè avrò vita, cazzo, sarà impressa nella mia cazzo di mente demente.

Dunque. Quel coglione di un camionista non solo ha stipato le pareti, come da logica, qi carogne sanguinolente di povere bestie. Non contento, per arrotondare, cazzo, ha... riempito anche il cazzo di soffitto.

E' una pioggia di sangue, cazzo.

L'impianto di raffreddamento mi sa tanto che è andato da culo.

Ma aspettate, belli miei, che il meglio, cioè la parte PIU' SUCCOSA viene adesso.

Non ci credete?

Cazzi vostri.

Anche se ormai dovreste averlo capito che il qui presente Axl Rose non è un cacciapalle.

E mentre la nostra tournee di Seattle siallontana invece che avvicinarsi, vedo anche altre cose. Pacchi e pacchettini e pacchettoni scocciati col nastro adesivo stipati l'uno sull'altro che non c'entrano un cazzo con la carne bovina o suina o quel cazzo che è.

Chiaro come il sole che l'impianto di raffreddamento è andato a puttane.

E che questo coglione sbronzo marcio alla guida, cazzo- se io non sono scemo del tutto come il nostro road manager, qui, e noi non siamo i Guns Fottutissimi Roses, cazzo, tutto questo e molto altro e via dicendo- non trasporta solo carne.

Avete capito, raga?

Qui la storia si fa maledettamente seria, cazzo.

Altro che quarti di bue!

Noialtri strabuzziamo gli occhi e ci scannerizziamo a vicenda incapaci di emettere un suono, eppure tutti certi della stessa certezza.

E' quel mammalucco di Popcorn a rompere il silenzio, e lo fa con voce tremante, indicando la parete- udite udite- ripeto, la parete intera di pacchi dall'aria sinistra allestita sul fondo del cassone verso la cabina di guida.

“E quella che cazzo è?”

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Capitolo 4
*** coma ***


SAVANNAH

Coma

Ommadonna, gente!

Che casino! No, dico... ma ve l'immaginate? Io rientro dalla spesuccia con la pappa e tante altre cosine buone per farci una bella seratina noi due, qui, sole solette, e trovo un'ecatombe nucleare.

Io giuro che prima o poi Adrianna l'ammazzo. Giuro. Eccheccazzo, belli! Non ne fa una dritta, 'st'oca imbesuita!

L'avevo lasciata sola un attimo col minizoo di Steve, cazzo, e dicevo: cazzo può succedere? E' in casa coi due rospetti, più di tanto non può combinare, anche se è notoriamente impallata come una foca! Ma mi sbagliavo, cazzo. L'avevo sottovalutata, la mia amica! Giuro sulle mie tette siliconate che le spaccherei quel bel culetto a mandolino, cazzo! Perchè, belloni, voi al posto mio cosa fareste?

Dunque, ricapitolando. Vi và, belle gioie che state lì a spararvi delle raspe da paura invece di drogarvi o di cuccare, di ascoltare i miei deliri?

No, eh?

Lo immaginavo, stronzi.

Ma cazzo me ne frega. Io mi devo sfogare se no' esplodo, sicchè mi sa che non avete voce in capitolo. Capito, coglioni?

Senza offesa, eh?

Non sono cattiva, credetemi... è che ho il marchese, cazzo. Mi sono venuti i calli e mi sono fottuta i capelli. La pioggia di merda si è bevuta la mia tinta viola fatta che fare e... insomma, ho avuto una sacrosanta giornata di merda con la emme maiuscola.

Dunque.

Tanto per cominciare, il gattoratto, qui -come cazzo si chiama- ha finito le crocchette. Provo a dargli i semi di girasole dell'avvoltoio, lì, ma lo stronzetto biotto li schifa e me lsputa in un occhio. In frigo non c'è un cazzo e poi... e poi e poi... comincio a sbavare mentre parlo e a vederci doppio, cazzo. E capisco che il mio corpo da sballo mi sta mandando un SOS: devo trovarla, cazzo. Devo punto e basta. Capito? Sapete di cosa parlo o vi siete fottuti il cervello?

See, come no! Voi queste cose non le fate! Ma per chi mi avete presa?

Il gioco delle bugie lo facciamo dopo...

però io dovevo trovarla, dicevo, se no' vado a rota bestiale e non capisco più un cazzo.

Così sono uscita nella pioggia. E a Los Angeles, cazzo, quando piove piove.

Dunque. Il minivan è andato a puttane, così mi tocca uscire a fette, e non è facile, cazzo, zampettare sui trampoli sotto l'acqua visto che io, porca di quella zoccola rochettara, porto solo stivaletti con le borchie a tacco quindici. E va bene, mi dico, porta pazienza, cazzo, Savannah. Sei una personcina fine ed elegante. Vesti con un certo stile perchè hai una fottutissima facciata da strafica supergotica da mantenere. E di certo un po' d'acqua non ti ammazzerà, cazzo. E quindi esco e mi rassegno ad immolarmi per la causa, visto che il piatto piange e il frigo si dispera e che, soprattutto- che fa anche rima- avrei bisogno di farmi una cazzo di sacrosantissima pera. Mi becco un'acqua del signore Vengo a casa dopo uno sbatti da paura per trovare un paio di cartoncini buoni per la serata e qualche cazzo di grammo di biancaneve- senza sette nani- piena di buste, pacchi e pacchetti come uno stronzo di facchino col pisello sopraffino, apro la cazzo di porta con una forcina dopo che la cazzo di chiave mi è caduta in uno stronzo di tombino- alla faccia della porta blindata, vero Steve? A Inglewood. In culo al ghetto nero più nero di un negro che mastica carbone in una cantina piena di amfetamina... no, cazzo. Non era così. Me la ricordavo un po' diversa, ma boh? Io non ci capisco più un cazzo.

Grondo acqua e tinta viola per capelli, cazzo.

Ho i calli che mi uccidono.

Sto a rota bestiale.

Una busta di carta della spesa era così totalmente fradicia che si è sciolta sulle scale e ho seminato crocchette per gattiratti -o rattigatti, fate voi- per tutta la cazzo di scala. Vi ho detto che Steve abita sul raccordo della bretella che collega Inglewood a duemilacinquecento cazzo di posti in casa della Madonna? No? E allora ve lo dico adesso, cazzo. Una stronza di autostrada a dodici merdosissime corsie che, se non vuoi farti stirare e ammirare, non puoi attraversare se non prendendo una topaia di sottopassaggio pieno di puttane, papponi e piscia di gatto. E visto che il mio pusher non c'era, cazzo, ho dovuto andare sulla fiducia e buonanotte. Inoltre, il Seven Eleven, che è caro ammazzato, cazzo, mi aveva sbancata. Un furto con destrezza, come lo chiamo io. E così ho dovuto pure farmi un cliente senza andare troppo per il sottile... capite cosa intiendo?

Bene. Anzi, male. Fanculo.

Poi arrivo a casa.

Ci mancava solo l'ascensore guasto, cazzo!

Stremata e distrutta mi scarpino quattro piani di scale di merda e arrivo, sudata e bagnata e schifata, in piena rota, sullo stramaleetto pianerottolo di merda del quarto piano davanti alla stronza di porta dell'harem di Steve. Alla faccia della sicurezza, apro con una cazzo di molletta per capelli- per fortuna al primo colpo- e...

Beccatevi la scena.

“C'è nessuno?” ruggisco incazzata nera perchè quella deficiente se n'è stata ad aspettare la pappa pronta come una cazzo di principessina sul pisello e, oltretutto, dopo che mi sono fatta un culo così per lei- è il caso di dirlo- non si è nemmeno degnata di venirmi ad aprire. “Savannah! Cazzo fai, stronza?”trillo gentilmente con voce flautata “dove cazzo sei?”

Nisba.

Mi metto le mani a coppa attorno alla bocca tipo megafono e sparo.

“PRINCIPESSINA DI 'STO CAZZO IN CULO! VIENI A DARMI UNA MANO O VUOI CHE TI VENGA A PRENDERE IO?”

Niente. Nessuna risposta.

Il corridioio buio è una tomba.

Allora capisco che è successo qualcosa e mollo tutto per terra. Spesa. Roba. Whisky. Eccheccazzo! E mi fiondo in salotto.

Adrianna è per terra a piagnucolare come una cazzo di lattante coi capelli blu elettrico che spazzano il pavimento vergine di secchio e scopa.

“Cazzo, Savannah! L'ho ammazzato!”

Io mi sbatto sul divano e lancio via gli stivali contro il muro. Poi mi metto a cucinarmi la mia cazzo di pera perchè sto di schifo e non ce la faccio più ad aspettare, ma soprattutto perchè non mi va di mettermi a sboccare per tutta la sala. Sono una signora, io! Eccheccazzo!

Tiro fuori l'ago e lancio via la spada che và ad atterrare nella cuccia del gattoratto che, al momento, è chino a gnaolare in coro con la mia amica sul tappeto lurido di Steve. Solo allora mi accorgo che la gallina dalle uova d'oro, cioè il maledetto pennuto che è il nostro PASS ALL AREAS per il paradiso, cazzo, manca all'appello. Però sono troppo fatta e sto troppo bene per menarmi il bozzo, e le rispondo solo per pura cortesia. Sono educata, cazzo, io!


 

“Ammazzato chi?”

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Capitolo 5
*** I'm Fuckin' Innocent ***



 

5

 

 

 

I'm fuckin' innocent!

 W.Axl Rose

Quando dicevo che non c'è limite al peggio non scherzavo.

Perchè un conto è la sfiga, cari i miei ribelli senza Causa che consumano un accendino per una ballata rock. Un altro è andarsela proprio a cercare. Giusto? E noi, a quanto pare, ce le cerchiamo col lanternino.

No, dico... vedete un po' voi!

Una broda rossastra sgocciola giù dal soffitto alto come la madocina di questo cazzo di camion frigo, che, purtroppo per noi, si perde nello spazio siderale come una stronza di supernova nera impedendoci di distinguere i dettagli. No, cazzo. Non sono in trip. Sono solo incazzato nero, per restare in tema. Dunque, dicevo, sebbene sopra le nostre teste si estenda una galassia largamente sconosciuta, quel poco che riusciamo a distinguere basta e avanza per farci venire un mezzo infarto -almeno al sottoscritto, il quale, praticamente si caga addosso di peso. E voi non ridete, cazzo, che ce n'è anche per voi!

Non ci credete?

Cazzi vostri.

Ma tanto cosa ve lo dico a fare? Lo sapete già che io le sparo grosse, cazzo! Quello che non sapete, è che la maggior parte delle cagate che butto fuori sono la pura e schietta verità!

Dicevo, Pop Corn caccia fuori un accendino e, cazzarola, gente, alzo la testa e vedo tutto.

Sopra di noi, nell'oscurità fitta e nera come un cazzo di doposbronza da Zio Jack, stanno appesi dei... sì, insomma, dei corpi a testa in giù.

Capito, coglioni?

Non ridete più adesso, eh?

Ho detto corpi, non carcasse.

Corpi umani.


 

Ok, PANICO.

No, dico... cagatemi!

La scena è da urlo.

Scemo+Scemo vola in braccio a PopCorn singhiozzando “voglio la mamma-voglio la mamma-voglio la mamma... sei tu la mia mamma, PopCorn?” facendoci ridere e piangere insieme, dal momento che la sua genitrice, quella vera, per Zio- pace all'anima sua, cazzo- è morta nel discutibile atto di metterlo al mondo.

plic

Slash sprofonda nel suo cilindro nero nuovo di zecca, sigaretta inclusa artigliandosi il cavallo dei calzoni di pelle che -ci ha raccontato- ha scovato in un cassonetto nel ghetto di Compton- e dei quali va inspiegabilmente fierissimo.

«Cazzo, mi piscio sotto!» Si lagna ad ogni cazzo di buca, cunetta o che cazzo ne so che incocciamo. «Mi scoppiano le reni! Se non la faccio subito muoio!»

Se la mena così tanto che, ad un certo punto, nessuno lo sopporta più.

«Che palle, Slasher! Pisciati sotto e non rompere il cazzo!»

il chitarrista, offeso, c'indirizza un dito medio e si chiude in un silenzio ostinato.

Duffone il lampione, invece, non dà più segni di vita. Che si sia trasformato in una cazzo di bottiglia di Zio Jack? E chi lo sa. Ognuno, se permettete, si fa in pace i cazzi suoi.

plic plic

L'unico che conserva un briciolino di testa è il solito buon vecchio Izzy Stradlin aka Jeff Isbell, il mio Jeff, il quale non fa una grinza e si sforza di portare a termine quella che lui stesso ha definito la sua cazzo di mission impossible: qualcuno di voi, per caso, ha mai provato a farsi una pera al buio? No, dico... seeeeee, va bene. Come non detto, cazzo. Il gioco di chi le spara più grosse lo facciamo dopo, ok? Ad ogni modo, i più scafati tra voi hanno capito. Ok, ragazzi. È a voi che parlo. Centrare una cazzo di vena alla luce di un accendino è un'utopia. E il nostro povero chitarrista ritmico, a furia di far cilecca, si è ridotto il braccio a una poltiglia simile a quella che

plic!

plic! plic! plic!

ci sta colando addosso e di cui adesso, cazzo, conosciamo tutti la fonte. Oddio, tutti. Si fa per die, cazzo.

Tutti tranne Izzy al quale, come vi ho già detto, non frega un cazzo di niente e di nessuno'altro che della sua sacrosanta pera.

Tra parentesi, la strada è una merda. Buche. Dossi. Cunette. Di tutto di più. E questo non aiuta, giusto? Chiusa parentesi.

Quando ormai Izzy sembra sull'orlo di una bella crisi di nervi, Scemo+Scemo, che è un mostro di acume tattico e di psicologia, si fa avanti. Il genio del gruppo vuole, anzi pretende, la sua cazzo di fetta di torta. Inutile dire che il nostro buon Izzy, qui- che di quel genere di dolci è molto ma molto goloso – non ha intenzione di dividerla manco per 'sto cazzo. E questo mi dispiace, sapete, perchè anch'io, belli miei, se mi capite, ho urgente bisogno di quel tipo di...zucchero.

Quando si tratta di ero, cazzo, Izzy non ha più amici ne' parenti. Detto tra noi, venderebbe sua madre- o magari la affitterebbe soltanto, ma ci siamo capiti- per un quartino di roba scrausa. E anch'io... beh, ecco... ammetto di non essere molto meglio di lui, cazzo. Nossignore. Sapete? Devo confessarvi una cosuccia. Non ne vado particolarmente fiero, ma tant'è... insomma, tanto va la gatta al lardo... che ci sono rimasto agganciato anch'io, cazzo.

Capito?

E non fate quelle facce, che mi girano le palle.

Capita. Non sono né il primo né l'ultimo, quindi non mi rompete.

Il fatto è che non ce l'ho fatta a fermarmi in tempo, punto e basta.

Duffone ha organizzato tutto col fuoco al culo, è questa la verità, cazzo. Se io l'avessi saputo per tempo, che andavamo in tour così presto, che ne so... avrei fatto qualcosa, cazzo. Avrei fatto in tempo a ingranare la retro., invece di spararmi via questo merdosissimo varo inaugurale come il Titanic. Questa me la paghi, cazzo, Duff. A buon rendere, cazzo. Lui d'altronde non lo sapeva. Quando ha capito la situazione, ormai era tardi. Le date erano fissate e vaffanculo, cazzo.

Sto di schifo. Man mano che i minuti passano, va di male in peggio. E il nostro roadie non è da meno. E, tanto per non fare nomi, anche Eyes Without a Face detto Slash c'è dentro fino al collo. L'unico che si salva, a quanto pare, al momento, è proprio DuffyDuff il Lungo, che però ci dà giù di brutto con lo Zio Jack e la Zia Coca. Noialtri poveri derelitti, dunque, stiamo tutti a rota per bene mentre Izzy, povera stella, cerca di sfruttare la fiammella dell'accendino di Scemo per cucinarsi un pasto completo da consumarsi per via endovenosa.

E conoscendo Izzy, noialtri quattro coglioni, temendo di restare a bocca asciutta, lo marcavamo a uomo. Il tutto, s'intende, compatibilmente con tutte le buche, le curve, i sassi e i cedimenti del manto stradale di Domine Iddio.

Così, tra una cosa e l'altra, tra il mio concittadino e il nostro improbabile roadie, viene fuori una gag assurda.

«Ecchecazzo!» ruggisce Izzy, nevrotizzato a bestia da tutti quegli scossoni. Poi solleva la spada e si mette a studiare l'ago con occhio critico. Noi, col cuore in tumulto e lo stomaco in gola, attendiamo tremando e tossendoci fuori i polmoni.

«L'ago s'è otturato!»

Slash non gli crede. «Cazzate! Se tu che sei un coglione, Izzy!»

«Chiudi quella fogna, Slasher. Tu non sai un cazzo. Ha la punta quadrata. Posso mettertela in culo.»

«Stronzo. Tanto lo so che lo dici apposta. Vuoi tenertela tutta per te, pidocchio!»

«Ripetilo, se hai il coraggio!»

«Pidocchio!»

«Ok, ragazzi. Fate pure» dico io. «Ammazzatevi, se volete, ma non adesso. Non c'è spazio neanche per respirare, cazzo e c'è buio pesto. Cazzo credete di fare, coglioni che non siete altro?»

Mi arriva un calcio in bocca.

Per poco no sputo un paio d'icisivi, cazzo, e quelli niente. Manco mi cagano di striscio.

Dicevo, tutti a cagarsi sotto tranne me, ovviamente. Che -non per tirarmela, eh, ma- sono il più figo del gruppo, punto e basta, cazzo. E così sia. E visto che nessuno fiata se non per sparare cagate e mettere zizzania mandando a puttane il buon feeling così necessario ad una band agli esordi per carburare come si deve, cazzo -vedi alla voce Scemo+Scemo- decido di prendere in mano le redini della situazione. Cazzo, raga... sono o non sono il loro fottutissimo leader? E allora!

Deglutisco a vuoto e...

plic

una cazzo di goccia di sangue mi manca di striscio

Mi caccio in bocca una paglia punteggiata di sangue annacquato dal gelo e raduno la band.

«Ragazzi» annuncio, mentre un groppo mi serra la cazzo di gola. Silenzio assoluto. Tutti gli occhi sono miei tranne quelli di Slash- ma forse non ce li ha, dato che non li ho mai visti. Io ricambio i loro sguardi come Clint Eastwood ne Il cazzo di texano dagli occhi di ghiaccio poi lancio la bomba acca.

«Ho paura che abbiamo un problema.»

«Mi sa anche a me» biascica Izzy al rallentatore, cavandosi la spada dal braccio e ficcandosela nella tasca posteriore dei jeans senza nemmeno tapparla, cazzo. Tra parentesi, raga, come faccia a sedercisi sopra senza infilzarsi una chiappa, dico io, lo sa solo lui. Chiusa parentesi.

«Questo qui ci accoppa tutti, cazzo. Uno per uno. Vedrete un po'se non ho ragione, stronzi!»

E in quel momento di suprema illuminazione, e di speranza per l'immediato futuro, il nostro serial killer di camionaro, qui, prende una cazzo di buca grande più o meno come il fottutissimo Grand Canyon e... patapunfete!Tutti col culo per aria a guardare il pavimento coperto di frattaglie semi congelate dal cazzo di soffitto. Frattaglie che, purtroppo ci ricoprono dalla testa ai piedi, è il caso di dirlo, gelandoci letteralmente il sugo di pomodoro nelle vene. Ma il peggio, credete a me, non è neanche questo. Nossignori. Eccheccazzo! Magari, cavarcela con un po' di intestini, di omasi e di abomasi e il diavolo che li porta a ballare di bue nei capelli. Il fatto è che, a quel punto, ci troviamo addosso i due poveri cristi scannati appesi al soffitto. Basta. Vi lascio immaginare la scena.

Insomma, capitemi. Non per fare il menoso e rompere il cazzo lagnandomi come una femminuccia, ma... vorrei vedervi voi al nostro posto!

Da train de vie terror train.

Poi c'è Slash. Lui e le sue menate. Lui e la sua vescica. Lui e la sua cazzo di ciabatta e tutte le cazzate che spara. Adesso, il poveraccio, con un'altra testa a far compagnia alla sua nel cilindro nuovo di zecca, si dimena come un ossesso.

«Aiutooooo!» strilla con voce strozzata dietro il muro di boccoli sfatti. «Qualcuno mi aiuti, cazzooooo! Soffoco!» poi, ogni due minuti: «cazzo, raga... mi sto pisciando addossooooo!»

Rotoliamo dunque, come già detto, a gambe per aria.

Nel cassone, saccagnato su uno spigolo, si apre uno squarcio che, per noi, significa la luce della conoscenza... il tutto mentre veniamo investiti da una gragnuola di pacchi e pacchetti incellofanati e sigillati col nastro adesivo marrone.

«Ommadonna benedetta dell'Incoroneta!» fa Scemo che, a dispetto del nome, vanta fumose origini pugliesi. «E questa... cazzo è?»

Ve lo dico io che cazzo è. E' la nostra cazzo di fine, è. E sapete perchè?

Perchè il pazzo alla guida inchioda e a Izzy, cazzo, vola di mano la siringa e finisce Zio sa dove conficcata in qualche cazzo di girello, rognone o controfiletto di bue.

La tragedia è servita, gente.

Quello che ancora non sappiamo, è che la nostra prigionia ha vita breve. Molto breve, visto che poco dopo, la cella frigo viene aperta e ci fanno scendere in una pietraia desertica con una cazzo di Uzi come deterrente. Ma... ci arriveremo tra un po'.

Per il momento, noialtri, chiusi nel furgone in un groviglio di carne e frattaglie, sappiamo solo che ci siamo fermati. E che, porca di quella zoccola vacca, abbiamo sprecato la roba e adesso, porca merda, ci tocca ciucciarci tutto il cazzo di tour a rota bestiale.

Capito?

Che vita di merda...


 

«Favorisca i documenti, prego. Avanti, poche storie. Patene e libretto! Muoversi!»

E il nostro camionaro, cagandosi sotto: «ma perchè, amico... io non ho fatto niente!»

«Come no! Hai violato il limite di velocità di questo Stato. Andavi a Centodieci miglia contro il limite di novanta. Cosa trasporti? Carne? Posso dare un'occhiata?»

E poi tutto accade molto ma molto in fretta.

Lo sbirro chiama subito rinforzi.

«Ehi, Phil! Vieni un po' a dare un'occhiata!»

Inutile dire che il suo stronzo di socio, rimasto nella gazzella fino a quel momento, accorre subito come un cazzo di cane da lecco. E... che cane da lecco! Io direi piuttosto un mastino, cazzo!

Basta.

La luce prepotente del sole di Ziosadove irrompe nel cassone svelando a poco a poco i suoi insondabili misteri.

Noi usciamo fuori mani in alto in fila indiana.

Nella testa di tutti, una domanda.

Cazzo sono tutti quei pacchi e pacchetti di cellofan scocciati col nastro adesivo marrone che spuntano da tutte le parti?

Gli sbirri bloccano il camionaro- un messicano sbronzo e strafatto da fare schifo a Scemo+Scemo- e lo scaraventano giù faccia a terra. Poi scattano le manette.

«Alvaro De La Fuente, Sei in arresto per traffico di droga. Phil, chiama un po' la centrale.»

Poi tocca a noi. Inutile dire che, dato il nostro aspetto, più che le vittime, sembriamo i carnefici. Ci fanno passare come il riso, e a me sembra di essere un deportato Ebreo nelle mani delle SS più tecnologiche che io abbia mai visto, dotate di Uzi e tesaser e armate fino ai denti.

Io, da sempre perseguitato dalla giustizia a Lafayette, so il fatto mio. Esco gridando

«I'm fuckin' innocent!»

L'unica nota positiva è che quel rompicoglioni di Slash può finalmente godersi il sollievo di vuotare la vescica. E, gente... credeteci o no, da coglione com'è, riesce a farlo controvento.

Vi lascio immaginare il risultato.

Quanto ai Guns Sfigatissimi Roses, sudati, ghiacciati, lordi di sangue e frattaglie di bue e, per di più, visibilmente a rota bestiale, devo ammettere che... beh, ragazzi... non fanno una gran bella figura.

Vedete un po' voi.

Brutto a dirsi -e peggio a farsi- ci caghiamo un filino addosso.

Dulcis in fundo, il mastino di nome Phil viene a testa bassa verso di noi e ci passa in rassegna ad uno ad uno con una ragliata ferina di scherno.

Ammetto che, a questo punto, la domanda è più che legittima.

«E voi chi cavolo siete?»

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Capitolo 6
*** E.R. Emergency Rescue ***


Capitolo 6

 

 

 

E.R. Emergency Rescue

(Adrianna Smith)


 

Io e Savannah siamo nella merda totale. Siamo perdute. Non sappiamo che pesci pigliare e, per non affogare le tentiamo tutte.

Rianimazione cardio-polmonare.

Gatto-defibrillatore.

Respirazione bocca a becco.

Insomma, ci sbattiamo una cifra perchè il nostro cazzo di Apriti Sesamo, qui, non tiri le cuoia senza avere scucito la parolina magica.

Il salotto buono (per gli scarafaggi) di Steve è un cazzo di palco dopo un concerto dei Sex Pistols e non ci si capisce più una mazza di niente. Il gatto, poverino, si è offeso e, a quanto pare, capita la gravità della situazione, per il comune senso del pudore, è andato di là a infilarsi, quantomeno, un paio di mutande coi formiconi rossi su fondo blu-Cina di Steve. Pessima mossa, visto che il felino, povera stelassa, dopo il giretto mattutino in balcone per i bisognini, era rientrato con la diarrea scagazzando ovunque nel raggio di un chilometro quadrato. E Savannah, che Zio solo sa perchè ha un debole per questo fesso calvo, gli accarezza la testa lucida e rugosa come le palle di un ronzino con la tigna.

«Povero cocco, hai preso freddo al pancino!»

E lo segue a ruota con una vecchia maglietta dei Thin Lizzy di Axl – roba che, giuro, se lo sapesse lui, come minimo le strapperebbe tutti i capelli e li userebbe per pulire il culo del suddetto felino incontinente. Insomma, la casa è un macello. Spruzzi puzzolenti ovunque, pisciate, cagate e chi più ne ha più ne metta in mezzo a pile di calzini sporchi della band, mutande non certo da parata e lenzuola che stanno in piedi da sole. La tv accesa, sintonizzata su un telefilm del cazzo del Dottor Quincy, poi, non la caga nessuno. Funziona solo da appendiabiti parlante, diciamo così, crea un sottofondo che permette a me e Savannah, in crisi di astinenza per il bozzo, di sentirci un po' meno sole e un po' meno sfigate.

Cazzo combineranno quei pazzi furiosi dei Guns N' Roses in questo momento? Li invidio, cazzo. Quanto vorrei essere in tour con loro a bere, fumare e strafarmi invece che stare qui a fare la sguattera per questo cazzo di zoo malriuscito da circo Barnum!

Ed eccolo qui, Nosferatu, Principe della Notte- e della cacca, gatto senile e diarroico che, a quanto pare- maledetto lui e le sue gonadi, si vada a strafottere lui, Mister Water Closed e il diavolo che li porta a ballare.

Ho bisogno di farmi, cazzo.

Sto di schifo e sono qui a fare la rianimazione cardio-polmonare a questo cazzo di aborto verde sbobba invece di rockeggiare e cazzeggiare coi miei idoli. No, dico... Savannah! Ma che razza di groupies siamo, se non siamo on the road con le nostre rockstar?

Butto un occhio al felino e mi viene su anche il tacchino del Ringraziamento, cazzo. Lui e I suoi mutandoni coi formiconi. Alla faccia della diarrea, cazzo. Non vi dico di che colore sono diventati, quei formiconi! Tanto non ci credereste...

La mia vita, un tempo sregolata ed eccitante come quella di Jack Kerouac, si è arenata in una sacca di merda con le palle a penzoloni, visto che ha scalciato via le mutande piene e me le ha sbattute in faccia come un cazzo di trofeo. Insomma, raga, la mia vita fa letteralmente cagare, e devo pure mandar giù il rospo e tacere visto il micio in questione è pure permalosetto, sapete? Morde e graffia e sporca e basta. E il colmo è che Savannah-Tutta-Pannah, invece di spedirlo giù dal sesto piano a calci in culo, lo difende pure! Chiaro come il sole che quella bestiaccia è una virtuale reincarnazione di Satana o del vecchio Signor Gabinetto, non so bene quale dei due, ma una cosa la so per certa, cazzo: quel rottinculo non ci può vedere.

UAAARRGH!

Sulle prime non afferro.

UAAAAARRRRGHH! UAAAAARRRRGHHH!

Poi mi dispero e vado, per la prima volta in vita mia, in crisi mistica.

«Ommadonna Benedetta!»

Mi va la merda al cervello.

«Savannah? Cazzo succede? Dimmi la verità... è... »

Ossignore! O Gesù Cristo! Non riesco neanche a pronunciarlo... e- detto tra noi- non esattamente perchè lo amo alla follia. Lo capite cosa intendo, vero belli?

«E'... è morto?»

«Io non ho aperto bocca.»

«E allora chi è stato che ha gridat...»

E alla fine ci arrivo, cazzo.

«Ma non senti che è il fottutissimo campanello, fulminata! Il cazzo di campanello del cazzo di Rocky Horror Picture Show!» mi fa, accendendosi una canna grossa come un collo di bottiglia.

Molla il joint sul tavolinetto accanto all'orrido divano di velluto a coste color bile di Steve e mi viene a fare un check-up ravvicinato. Manca poco che non mi dica di tirar fuori la lingua, ma per fortuna ha il buon senso di non farlo. Meglio così. Si è risparmaiata uno sputo in faccia fatto col cuore.

Scarmigliata e sporca, col trucco che cola per il sudore accumulato durante la rianimazione del volatile- che adesso, ahinoi, non vola più- si limita a scrutare i recessi arcani dei miei occhi pesti che, come isole nella corrente, vanno alla deriva nell'eyeliner nero.

«Hai una brutta cera, Adry. Tu non stai bene. Cazzo hai fatto? Si può sapere?»

Mi prende la faccia tra le mani e... oh, no! Riecco la sua ossessione da crocerossina! Povera me! Sono perduta, altro che Loreto! No, dico... vista la situazione, voi che ne dite? Vi sembra il caso di metterci qui a giocare al dottore? Ci fosse almeno un bonazzo di mezzo capirei, ma così... che tristezza!

«Cazzo hai fatto, Adry! Parla! Ci sono io, qui con te! Ti sei iniettata il mio smalto per unghie?»

Io scuoto la testa inutilmente, anche per sottrarmi al suo alito fradicio di Zio Jack.

«Hai sniffato i calzini di Steve?»

Nego.

E lei, che si prende un po' troppo sul serio senza speranza, scoppia in lacrime.

«Ma uffi!» singhiozza, facendomi pentire di averle concesso, già al terzo grado della scuola primaria*, di essere la mia compagna di banco e la mia migliore amica.

Io non raccolgo che è meglio. Come sempre quando le parole sono superflue, le lascio a lei e mi defilo con classe limitandomi ad un dito medio.

Allora Savannah si riempie i polmoni bacati che ha con un tirone spaziale, trattiene il fiato e si china sulla sagoma stramazzata del volatile. Quanto a me, aspetto col fiato sospeso che il fato del povero uccello si compia e che le più avanzate tecnologie di rianimazione messe a sua disposizione diano I suoi frutti. Inoltre, Savannah, meglio che me la tenga buona, sapete com'è. La scorta di roba che tenevo nella vaschetta dietro lo scicquone del cesso ormai è storia passata, così pure la coca che quel mentecatto di Steve custodiva nel segreto della sua preziosissima vaschetta del burro, quindi... a buon intenditor, poche parole. Immaginatevi la scena, se potete, Cristo. Loreto in catalessi. Lei che si china su di lui e lo seppelilisce in una nube tossica di fumo di maria. Il gatto Pallealvento che scagazza in ogni dove. La casa ridotta a un puttanaio. E tutt'ad un tratto...

UAAARRGH!

Da dietro la porta, una voce che fa crollare il mondo in un attimo- ammesso che sia ancora in piedi qualcosa là fuori, dopo l'armageddon che sta andando in onda in questa casa.

UAAARRGH! UAAARRGH!

«Forza, aprite!»

Io e Savannah ci trinceriamo nel silenzio assoluto e teniamo il più basso profilo possibile. Anzi, dico io, se avessimo quella cazzo di capsula del tempo di cui farneticava sempre Scemo nel deserto, strafatto di peyote, cazzo, sarebbe il momento giusto per collaudarla.

Il guaio è che Nosferatu- che Dio lo strafulmini secco, cazzo- ha scelto proprio quel momento per piombare sul mobiletto del bagno e buttare per terra con un tonfo lacca, shampo, detergenti, crème per il viso e tutti I cazzo di prodotti di bellezza miei e di Savannah che sono, per così dire, i nostri ferri del mestiere.

«Maledetto bastardo!» sibilo tra i denti accecata da una furia omicida, afferrando il colpevole per il collo e stringendo fin quasi a strozzarlo. «Fallo ancora, se hai il coraggio!»

E dire che, tra parentesi, ho sempre amato e amo tuttora tutti gli animali. Tutti o quasi. Questo qui è l'eccezione che conferma la regola, cazzo.

Per colpa sua, poco dopo, la voce torna alla carica.

«Guardi che non sono mica scemo! lo so che siete in casa!»

Io e Savannah a questo punto ci arrendiamo.

«Ma chi è?»

«Sono l'assistente sociale nominato dal defunto Mr W.C. Coletti. Si ricorda? Devo fare un sopralluogo per controllare che vada tutto bene. E »

OK, PANICO.

Siamo perdute, raga.

Nella mia mente alterata dal bisogno imperioso di Lei, dell'Ero che è tutta la mia fottutissima merdosa vita, scorrono I fotogrammi di un film dell'orrore di serie zeta.

Giù da basso, davanti a casa, c'è una cabina telefonica. O meglio, c'era. L'hanno devastata I Warriors, I Ravens e tutte le altre gang nere che si contendono il territorio. Però il cazzo di telefono c'è ancora anche se nuota nella piscia, e queel bastardo lo userà per chiamare gli sbirri.

UAAARRGH!

UUAAAAAAAAARRRRRGGGHHH!!!

Un urlo spaventoso squarcia il fumo di maria e ci riporta alla tremenda, agghiacciante realtà.

Vedo già la scena.

«Polizia. Aprite o buttiamo giù la porta!»

E noi che finiamo a battere il marciapiede in mezzo alla strada, cazzo.

No, così non va. Devo pensare in fretta, cazzo. Pensare e agire. E fotterlo, quel bastardo.

No, ma dico... tutte a me?

E Savannah, qui cos'è che fa, invece di darmi una mano e cercare di pulire un po' questo merdaio mentre quello schifosissimo campanello con l'urlo non la smette di spappolarmi i fottutissimi timpani?

Piange e si dispera.

No, dico... si fa venire pure una cazzo di crisi di nervi.

No, ma cos'è, uno scherzo?

Ci vuole polso, ecco cosa ci vuole. Polso. Colpo di genio e intuizione. E io, modestamente, ne ho da vendere.

Qui bisogna agire in fretta, cazzo.

Savannah si scioglie in lacrime mentre Nosferatu, di là sul letto mio e di Steve, si scioglie in diarrea.

Apro la porta di botto, pronta a consegnarmi al nemico, e... che ti vedo?

No, raga... ditemelo voi.

Che ti vedo?

'Sto strafigo stellare qui, alto come una cazzo di sequoia del parco Nazionale di Yellowstone, coi capelli lunghi e due spalle larghe come un campo da football che mi sorride tutto beato con una fila di confetti così bianchi che sul momento mi accecano, cazzo.

Confesso che me li mangerei ad uno ad uno, a costo di lasciarlo lì sdentato come il nostro Nosferatu.

E io- che so riconoscere un capolavoro quando lo vedo- me lo rimiro pietrificata lodando Zio e Madre Natura e chiunque altro ci abbia messo lo zampino.

Grazie di esistere, cazzo!

Grazie-grazie-grazie-grazie!

Mi rendo conto di stare sbavando per terra ma non posso frenare il pullulare dei miei ormoni impazziti che gridano sesso.

E lui, quel cazzo di incrocio divino tra Bon Jovi e il buon vecchio Steven Tyler degli Aerosmith, non sembra per niente infastidito dalla cosa. Anzi...

No, dico... più me lo rimiro tutto e più ci resto di sasso, per non dire di cacca.

Cazzo, penso, tastandomi la faccia incredula. E' Ronnie James Dio che ti manda, fratello!

Io non mi capacito. Mi esplodono le tette siliconate dalla gioia.

Che botta di figa!

Poi mi accorgo che mi manca qualcosa.

Merda. Ho perso una ciglia finta!

E con nonchalance, come si dice, metto le mani avanti per controllare e acciuffo la fuggiasca appena prima che mi finisca dritta in bocca.

Giuliva e sorridente mi ravvio alla bell'è meglio I capelli e, furtiva, rispiaccico con lo sputo la ciglia finta al suo posto.

«Prego» gli faccio, allargandomi a più non posso la scollatura dell'abitino stretch da bagascione dono della mia amica Savannah per I miei quindici anni. «Non fare complimenti, tesoro!»

Lui mi rivolge un sorriso siderale che sembra la cazzo di Via Lattea.

«Accomodati pure!»

E mentre il fichissimo bipede dall'aria molto più che materassabile percorre a tentoni il corridioi buio e tenebroso, volo di là e dò una voce alla mia socia.

«Ehi, Savannah! Vieni un po' qua! Corri! Vieni a vedere cosa ci ha portato Babbo Natale!»


 

* corrisponde alla nostra terza elementare

CIAO A TUTTE LE SPLENDIDE RAGAZZE DI EFP <3
GRAZIE A CHI MI SEGUE E MI RECENSISCE E... PREANNUNCIO UN COLPO DI SCENA PROSSIMO VENTURO.
RESTATE SINTONIZZATE! COME SEMPRE, PROMETTO FOLLIE!!!

UN GRAZIE PARTICOLARE A
Mylinkinday
Angie Mars
Mandie
COSA FAREI SENZA DI VOI?
Sarah La Rossa Malpela Rose

 

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Capitolo 7
*** there's a heaven above you, baby ***


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Capitolo 7

 

 

 

There's a heaven above you, baby

W. Axl Rose


 

Perry Mason mi fa una pippa. Cioè, con rispetto parlando, ormai ci ho fatto il callo a difendermi da solo in qualità di avvocato di me stesso. Prima a Baciami-il-Culo-Lafayette e adesso qui. Ma bene! Faccio carriera, faccio! Dunque. Nel cazzo di ufficio dello Sceriffo, durante l'interrogatorio, ho tenuto alto l'onore dei Guns N'Roses come ho potuto nonostante in quei drammatici momenti, la suddetta band coi denti da latte appena spuntati, di onore, non ne avesse manco per uno sputo in faccia.. In fatto di difesa personale, per cause di forza maggiore, so il fatto mio sia coi fatti che con le parole, quindi alla fine non tutto il male viene per nuocere, cazzo. Anzi. E mentre- purtroppo- i miei bandmates si cagano addosso dalla strizza impestando tutto l'ufficio e facendo fare al sottoscritto una pietosa figura di emme maiuscola- io, che sono il loro cazzo di leader oltre che il Vostro Affezionatissimo, mi schiarisco la voce da dieci ottave e prendo la parola.

Tra parentesi, e va bene, ve lo confesso: un po' di cacarella ce l'ho anch'io, ma almeno io strigo le chiappe e me la tengo per buona creanza, loro invece no. Non gliene frega un cazzo, ai Gunners, della creanza e di Monsignor Della Casa. Io, invece, soffro in silenzio e guardo in faccia al nemico a testa alta. Anche perchè, detto tra noi, se non lo faccio io... certo, il fatto che siamo tutti a rota non aiuta manco per un cazzo. E il bello è che quel fottutissimo camion frigorifero, oltre che di carogne mezzo surgelate e mezzo putrefatte e di gocciolanti quarti di cadaveri umani sbudellati alla brutto Zio, era pieno straso di coca. Seeeeee, proprio, cazzo. Ironia della sorte, però, cari amici vicini e lontani, strafatti e babbani- noi siamo rimasti a bocca asciutta per tutto il tragitto. Roba che, a saperlo... ma amen. Ormai è andata così. Che galleggiavamo fino al collo nel walhalla psichedelico l'abbiamo scoperto solo quando ci hanno fatto scendere e, a quel punto, pace. I giochi erano fatti.

Davanti agli sbirri, cazzo facevamo?

Potevamo solo mangiarci le palle e tacere. Che poi, alla fine della fiera, è esamente quel che abbiamo fatto. Per non dire che, per come la vedo io, un tour che inizia di venerdì 17 si commenta da solo. E il nostro Hell Tour rischia di andare a finire esattamente come il varo inaugurale del Titanic se non peggio. Ma amen. Inutile. Mi sono morso la lingua e ho ingioiato il rospo perchè sapete com'è, io sono il cattivo, il quacchero, il dittatore, la primadonna, il negriero, la checca isterica e tutto il resto- anche se, cagate a parte, mi sa che io sono l'unico, qui, a non essere frocio. Sissignore, cazzo! E l'etichetta di boccalone, se permettete, me la risparmio volentieri! Ragion per cui ho tenuto il becco chiuso, dando la mia disastrata band appena uscita dai pannolini in pasto al Fato Avverso e alla Sfiga con la esse maiuscola.

Ma lasciamo stare, va', che è meglio.

Coi rimpianti, volendo, ci potrei lastricare la strada da Los Angeles a Baciami-il-Culo-Lafayette e ritorno, ma piangersi addosso non è un atteggiamento costruttivo, per non dire- pane al pane e vino al vino- che non serve a un cazzo. Molto meglio guardare avanti alle calamità prossime venture che, con Scemo+Scemo come roadie, sono l'unico futuro possibile.

Intanto siamo qui a menarci il bozzo nell'ufficio dello Sceriffo colpevoli solo d'innocenza. Almeno io. Shame, Steven, Piscia-Contro-Vento e Duffo Scaruffo, invece, oltre che di indecenza, sono colpevoli di scemenza. Ma tra parentesi, detto tra noi, perchè se no' vanno subito a frignare sulla spalla di Izzy, sul quale, al momento, visto quel che c'è sempre stato tra noi, mi riservo la prognosi.

Il corridoio è un mercato di carne umana. Avete presente la tratta delle bianche? Ecco, qui è peggio. Molto peggio.

Papponi. Pusher. Scippatori. Ladri. Borseggiatori. Manoleste. Principi delle truffe porta a porta e dei raggiri di strada. Faccendieri e intrallazzatori- come diceva Jim Morrison, welcome to the Soft Parade.

Bagasce in età da fatina dei denti da latte. Povericristi sbronzi da fare schifo. E poi noi. Noi, e ancora noi. Tutti come funamboli su fili sospesi in bilico tra realtà, azzardo e allucinazione. E, in mezzo a questo schifo di sballo in technicolor da trip dell'orrore, come ripeto, ci siamo noi, purtroppo. Noi. Noi e le nostre pare crescenti.

Noi e la rota che avanza spietata come la lama della ghigliottina di Alice Cooper in Welcome to my Nightmare. Solo che qui è tutto vero. E, se volete che ve lo dica, non è divertente manco per un cazzo.

Noi e tutta la merda che ci tiriamo dietro. Insomma, in una parola, noi. I Guns Fottutissimi Roses. La Band di fattoni che voialtri benpensanti e mal razzolanti amate odiare. L'accozzaglia di geni del male che io, personalmente, chiamo il mio Circo Barnum visto che questi poveri scherzi di natura qui sono, in tutto e per tutto, veri fenomeni da baraccone.

«Pazzesco!» fa Izzy, roteando gli occhi come Linda Blair ne L'Esorcista e scrutando la transumanza di fauna subumana che pascola nel corridoio. «Mi sembra di essermi fatto un cartone!»

«Avercelo!» bela Scemo+Scemo=Shame il quale, vista l'anzianità della sua tossicodipendenza rispetto alle nostre ancora in fase di rodaggio, è quello messo peggio di tutti. «Non so voi, ma io darei via il culo per uno schizzetto grosso come uno sputo di mosca tzè tzè, cazzo...»

Ed ecco a voi Slash. Il nostro virtuoso della sei corde. Che si contorce sulla sedia di legno della sala di attesa e, ogni dieci secondi di orologio, scivola sul pavimento coperto di mozziconi di cicche come una cazzo di lumaca senza guscio. Il poveraccio si tiene la pancia e si limita a spazzare discretamente il linoleum mai lavato con la scopa di saggina che un Dio beffardo e dispettoso gli ha fatto al posto dei capelli.

No, dico... beccatevelo.

«Cazzo cazzo cazzo cazzooooooooooo!!!» raglia cercandosi gli occhi inesistenti col truglio quadro che fa BUHUHUHU «mi seeento una meeeeerdaaaaaaa!»

Il disgraziato, detto tra noi, va pure tenuto d'occhio perchè ha delle turbe psichiche mica da ridere. Sissignori! Va sorvegliato a vista! Pensate che si è scritto sul petto col suo plettro degli Aerosmith

GIVE ME A FIX

datemi un buco. Come il buon vecchio Sid Vicious, Zio l'abbia in gloria, cazzo, a Baton Rouge, Louisiana, nel 1978. E sapete dove l'ha fatto? Non nel cesso, com'era logico. Davanti allo Sceriffo. Per protesta. Parole sue. Ma chi si crede di essere, dico io, il Mahatma Gandhi?

Inutile dire che questo non ha deposto a nostro favore... nossignore, cazzo!

E Duffo il Gigante-Puffo?

Mah. Mistero della Fede. Lui, che è l'unico di noialtri strafattoni che fa le corna a Mamma Ero con lo Zio Jack, tremola come una gelatina fradicia e stramaledice 'sto cazzo di Hell Tour da lui stesso concepito piangendo tutte le sue lacrime sulla spalla del buon vecchio Izzy che, almeno, tace, fuma e si dà un contegno come può.

Il tour in questione, invece, ligio al suo nome, si sta trasformando in una cazzo di specie di Inferno preso da un quadro lisergico di Jerhonymous Bosch.

Quanto a me, non sto meglio degli altri, ma, lasciatemelo dire, ho un filo di classe in più. Fumo la mia Luckie con stile e cerco, al contempo, di ingoiare i conati di vomito di sta cazzo di rota assassina. Insomma, parliamoci chiaro: se questo quacchero del cazzo di Sceriffo qui dei miei texani puzzolenti mangia la foglia e vede che siamo tutti fattoni, fa due e due quattro e ci sbatte dentro insieme a questo cazzo di chicano mongolo qui, che si è fatto beccare con le dita nella marmellata come un coglione, e che adesso piva alla Vergine Maria giurando e spergiurando sull'animaccia di sua madre che lui no, per carità di Dio! Lui non ne sapeva niente del carico clandestino, della roba e tantomeno, dei due morti ammazzati surgelati appesi tra I quarti di bue nel cassone. Va ripetendo che è che è tutta colpa nostra, che siamo delinquenti e che, l prossima volta che gli capita a tiro un autostoppista, lo tira sotto col camion e lo spiana come una cazzo di tortillas. Tutte sguanate. Poveraccio, mi fa fin pena. Cagasotto cacciapalle. Le spara grosse, ma, a quanto pare, non se le beve manco lui. Un caso patologico.

Insomma, a quanto pare, io sembro l'unico che ha conservato quel briciolo di sale in zucca che serve a mettere insieme una cazzo di frase con soggetto, verbo e predicato.

Modestia a parte, io ci so fare con le parole, cazzo.

E' il mio talento, se credete nella Bibbia come ci credevo io fino all'altro ieri. Il mio cazzo di dono. Così mi tocca immolare il mio ultimo briciolo d'orgoglio davanti al Sinedrio per il bene della mia band. No, dico... fate un po' voi: restando in termini biblici, esiste un amore più grande di questo?

Sto mentendo, cazzo. Ho paura.

Ho paura e sto di schifo- che non aiuta. Per non parlare delle terrifianti visioni a sfondo escatologico che mi perseguitano anche ad occhi aperti, cazzo.

Vi racconto la meno cruenta:

il film si apre con una panoramica da sballo.

Noi cinque stronzi crocifissi per le palle in culo ai lupi nella Valle della Morte in piena ondata di caldo. Quel bastardo del Reverendo Stephen L.Bailey- possa marcire da vivo e strisciare nei suoi stessi escrementi, cazzo- ci frusta il culo a sangue gridando

PENTITEVI, FIGLI DI SATANA!

IL REGNO DI DIO E' VICINO!

Io lo guardo lottando con tutte le mie forze per non perdere i sensi e lui, sotto le fattezze umane colate giù come cerone sfatto al sole infuocato del deserto, mi mostra finalmente il suo vero volto. Dove rim c'era lasafaccia d merda, adesso c'è questa specie di torta di ciliegie mezza decomposta coperta di larve e di uova di mosca.

Glub!

Con permesso, scusate.

Mi fiondo al cesso a tirar su anche il tacchino del Ringraziamento dell'anno scorso e, intanto che ci sono, vista la situazione, cazzo, prendo due appunti alla mia solita maniera usando il mio corpo come tableau vivant.

Basta. Vi confesso che mi sono scritto i cardini della mia auto-arringa sulla pancia con la mia cazzo di lametta da barba e, merda raga, se mi becco il tetano e ci resto secco, cazzo, sappiate che vi ho voluto bene e che non sarei mai stato niente senza di voi.

No, dico... sto facendo un capolavoro. In pieno stile Reverendo Beetle. Il vecchio cinghiale grufolerebbe di gioia nella sua stessa merda se solo sapesse... Holy Roller Country Penthecostal Church, arrivederci e grazie. Cosa cazzo farei senza di voi?

ECCO

ho vergato a sangue appena sopra l'ombelico.

Due punti e a capo.

IO VI MANDO COME PECORE IN MEZZO AI LUPI

Poi, sopra l'elastico delle mutande

SIATE DUNQUE PRUDENTI COME I SERPENTI

e infine, in area di rigore

E SEMPLICI COME LE COLOMBE

Fatto ciò sono tornato nell'arena e mi sono gettato in pasto al leone.

«Gliel'ho detto, Ispettore. Noi non c'entriamo niente. Nè con la droga nè con questo pazzo assassino. Noi samo una cazzo di band rock, cazzo. Andiamo in tour a Seattle e la macchina, cioè, il furgone, cazzo, ci ha piantati in asso nel deserto, cazzo! Per questo facevamo l'autostop. Mica per sport! No, dico... mi dica lei se non siamo sfigati!»

Ora, so che farei meglio a tenermelo per me, ma quel bastardo cos'è che fa? Mi ride in faccia, da quel gran figlio d'una zoccola troglodita che è, sbuffandomi una zaffata di quel suo cubano di merda dritto sul muso obbligando il sottoscritto a fiondarsi al cesso per non sboccargli addosso.

«Stavamo per morire arrostiti quando Dio, nella sua onnipotenza, ha alitato su di noi lo Spirito Santo e ci ha mandato questo povero coglione qui che ci aveva promesso di darci uno strappo fino a Seattle. Vede, Grande Capo- ops. Sceriffo- il nostro bassista, qui, viene da Seattle e... sì, insomma... sa com'è... noi siamo i Guns N'Roses, anche detti Ganzi e Rozzi. No, dico... è vero che siamo appena nati, cazzo. Che abbiamo ancora la bocca sporca di latte- come direbbe uno che conosco io- ma mi creda sulla parola: modestia a parte, siamo fottutamente grandi, cazzo. Non ci crede?»

A questo punto, quasi a sottolineare le mie parole, I miei valenti musicisti si mettono a singhiozzare tipo valle di lacrime finchè il buon uomo, mosso a compassione di quella specie di Cottolengo Tossico, non fa inversione di marcia regalandoci un'altra cazzo di possibilità.

Cercando di ignorare Scemo che si ruga nel naso e Steve che si gratta dappertutto, ingoio un fiotto amaro di bile che mi sta risalendo a razzo e mi schiarisco la voce. Purtroppo, però, con la coda dell'occhio, intercetto Slash che vomita l'anima nel suo stesso cilindro appena ciullato a un manichino esposto in una cazzo di vetrina di Rodeo Drive- e Duffo che piange e si dispera credendosi un Puffo, e finisce che perdo la guerra con la continenza. Uno schizzo vagabondo investe I calzoni kaki dello Sceriffo pietrificandolo all'istante sul posto in una specie di statua di sale.

Basta. La situazione è grave e devo fare qualcosa.

Libertà o morte, suggerisce il guerriero Sioux dentro di me.

Stringo i denti e continuo. Sono Axl Rose, cazzo. Non sono mica l'ultimo arrivato!

Ma, invece di un sermone, cambio drasticamente rotta. Mi decido per un monologo in stile Guns coi controcazzi. Tanto per mettere i puntini sulle I.

«Mi permetta di dirle, signore, che spaccheremo il mondo e lo rimetteremo insieme con lo sputo. Capito? Sempre se lei ha la compiacenza di lasciarci uscire di qui. Se no', ho paura che questa palla di sterco, con licenza parlando, puzzerà ancora per un bel po'»

Lui mi guarda a bocca aperta e non favella.

Strike, Axl!!!

Bel colpo, old boy!

Scusate la modestia, ma quando ci vuole ci vuole.

Poi passo alla presentazione dei valenti musicisti terminando con Slash il quale, poveraccio, solo per quelle cazzo di mani che ha use a scale blues dritte e rovesce di tutti i tipi, merita la salvezza eterna senza passare dal Purgatorio. Senza vani artifici oratori, lo presento per quello che realmente è. Un mostro. In tutti I sensi, cazzo.

«Mezzo uomo, mezzo bestia. Si muove in un mondo che non ha creato come se l'avesse creato lui di suo pugno. Il suo nome è Slash, cazzo» e faccio per indicarlo con un cenno del capo ma, vistolo a capofitto nel cilinro, decido di lasciar perdere. Pianto le palle degli occhi in quelle dello Sceriffo, tutte arrossate e liquide, che mi spifferano una lunga storia d'amore corrisposto con la bottiglia.

«E, mi creda, Sceriffo: quel povero coglione piscerà lontano!»

In quel momento... magia! Miracolo! Grazia Divina! entra lei.

La Fata.

Perchè le Fate esistono, sapete?

Io non lo sapevo, ma l'ho scoperto adesso.

«Permesso» gorgheggia con una voce flautata ultraterrena.

«Parlate ancora, labbra soavi!» gorgoglia Steve crollando in ginocchio sul pavimento con le biglie fuori dalla testa per l'eccitazione.

Che tempismo, ragazzi! Lasciatemelo dire.

E che pezzo di gnocca!

Una biondona di un metro e ottanta con due cazzo di bombe grosse come quella che ha fottuto Hiroshima e Nagasaki.

Inutile dire che i supplizianti di Hellraiser, accasciati sulle sedie di legno pieghevoli dietro di me con le schiene fradicie di sudore spalmate contro il muro, si ringalluzziscono all'istante. La Fata, a quanto pare, funziona meglio di una pera.

L'emozione, poveretti, nelle loro condizioni, è fatale.

Tra parentesi, raga. Lo sapevate che di gioia si può morire?

I miei musicisti stramazzano al suolo in una riuscita coreografia che, al momento, mi fa venire in mente la scena dei tuffi a catena in un vecchio polpettone di Esther Williams, Bellezze al Bagno.

Avete presente?

Ce li vedrei proprio, 'sti quattro pesci gatti come sincronette. E voi? Che ne dite?

Quanto a me, tocco il cielo con un dito.

Ho un piede nella cacca e l'altro nell'universo degli dèi.

«Prego, signorina!» fa lo Sceriffo producendosi in un ridicolo inchino alla Fred Astaire e facendole salamelecchi di merda del tutto fuori luogo. «Posso sapere con chi ho l'onore...»

La Barbie alta sei cazzo di favolosi piedi sorride e gli porge una candida mano dalle unghie laccate di nero.

«Sono il manager dei Motley Crue» annuncia la tigre bionda, buttandosi indietro I lunghi capelli biondo platino con una scrollata. «Li avrà sentiti nominare di sicuro. Almeno credo. Ad ogni modo, sono stati arrestati ingiustamente e stasera hanno un concerto molto molto importante. Questione di vita o di morte, se mi capisce» spiega la stangona, aggiustandosi una calza autoreggente e trafiggendolo con uno sguardo da gatta perso nell'eyeliner nero.

Basta.

Getto la spugna. Mi arrendo, cazzo.

Al nome Motley sono cinque infarti del miocardio. Me compreso. Quando dice Crew è un ictus ciascuno.

Ci sbattono in cella.

Più tardi, come nelle fiabe a lieto fine, accade l'impossibile: la biondona ci viene a trovare e mi schiaccia l'occhio spedendo le mie gonadi in fiamme nell'iperspazio cosmico. Dice che ha un piano galattico. Io dico, invece, che con quella bocca può dire quel cazzo che vuole. Soprattutto viste quelle gambe lunghe come l'Interstatale 25 e quei due respingenti che si ritrova per davanzale che si ritrova. Così le presento i miei compari e ci mettiamo a confabulare un po' del più e del meno. Alla fine, lei si tira su la cazzo di cintura che ha per gonna e, zampettando sui tacchi a spillo, va a chiamare lo Sceriffo.

Se il suo piano funziona giuro che taglio i coglioni a Scemo+Scemo e mi ci faccio un cazzo di hotdog con senape e ketchup.

Ed eccoli di ritorno.

Il poveraccio strabuzza gli occhi. Deve avere la pressione a paletta, visto com'è paonazzo.

La bonazza si presenta e gli fa l'occhiolino mentre, dallo scollo inguinale del top, straripa una tetta grossa come un'anguria.

«Mi chiamo Vicky Hamilton e sono il manager dei Guns N' Roses.»

«Sce-sce-sce...riffo Livingston. Johnathan B. Livingston» balbetta il Tutore-Della-Legge-E-Dell'Ordine.

«Lei ha qui il futuro, Sceriffo. Il futuro del rock. Capisce? Loro sono la band che spaccherà il mondo. Ma per spaccarlo, deve lasciarli andare. E' stato tutto un qui pro quo» aggiunge Vicky la Vamp, Dio la benedica, cazzo, sedendoglisi in braccio. «E adesso, per piacere, mi dica a quanto ammonta la cauzione.»

Si china a leccargli il lobo pendulo e vizzo dell'orecchio. «Non si preoccupi, Johnny caaaaaarooo. Penso a tutto io.»

A quel punto, noi ci siamo girati dall'altra parte.

No, dico... avete capito?

Questo è quanto.

Tutto il resto è freddo e buio.

Scusate... posso chiedervi una cosa?

Per caso qualcuno ha cazzo di defibrillatore a portata di mano? Non mi sento niente bene...

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Capitolo 8
*** RAG DOLL livin' in a movie ***


Capitolo 8

 

 

Adrianna Smith

Rag Doll livin' in a movie

«Ma prego, cocco mio bello! Ma vieni pure! Dài, su, bellone, non essere timido!» gorgheggio facendo gli onori di casa facendo strategicamente protrudere una candida coscia tornita dal mio abito da Morticia a beneficio del nostro ospite e seccandolo sul colpo. Intanto, la mia amica Savannah Tuttapannah si spreme le meningi nella mission impossible di dare una ripulita nonché un aspetto vagamente umano allo stabbio di porci che Steve chiama appartamento.

«Adrianna! Vieni a darmi una mano invece che te ne stai lì a flirtare dietro la porta, stronza che non sei altro! Dobbiamo far sparire tutto l'ambarabam, lo capisci o no? Quello chiama gli sbirri, cazzo! Gli assistenti sociali, bella roba! No, dico... qui sta per crollare il mondo! E quella cretina imbesuita cos'è che fa? Sta' lì a far l'oca! Ma roba da matti, cazzo... ADRIAAAAANNNAAAAAA!!! TI SPICCI O NO?»

«Vengo! Madonna, come sei suscettibile! Fatti un valium in vena, cazzo! Arrivooooo!!!»

scusate, gente, ma con quella gallina isterica non si può, cazzo. Mai una volta che riesca a tenere i nervi saldi e la testa sul collo quando serve. Mai! Ed eccola passare seminuda, i capelli a penzoloni sul trucco sfatto, con in mano cartine, vasi di marmellata stracolmi di bella maria messicana profumatissima- cazzo, si sente l'odore fino in strada da due isolati!- bustine di coca, verdoni arrotolati per lo sniffo, spade, cucchiai, bottiglie di birra e di buon vecchio Zio Jack e tutte le nostre cazzo di astronavi per metterci in orbita nell'iperspazio cosmico. No, dico... ma beccatevela. Passa correndo scalza, anzi, una scarpa coi tacchi e un piede scalzo, scema di guerra che è, e nel farlo è una specie di fottutissimo tsunami che inciampa, travolge, urta, sbatte e rovescia praticamente tutto quello che ha in mano. E ogni volta, ovviamente, deve ricominciare da capo la sua folle corsa con me che, se tento anche solo di avvicinarmi per darle una mano e dividere i compiti con un minimo di organizzazione, cazzo, rischio di ritrovarmi in pattumiera. Ma si può campare con una così in casa? Ditemi voi... va bene che è la mia migliore amica, ma io non ho mica ammazzato nessuno! O no?

«Muovitiiiii!!! Anzi, da già che ci sei» mi urla in faccia a centodieci decibel, fottendomi un timpano in via permanente «LEVATI DALLE PALLEEEEEE!!!»

Intanto, il campanello urlante di Steve non molla un attimo. Qui è un manicomio, cazzo. Un mattatoio. E mentre il cazzo di campanello mi perfora anche l'altro timpano destinandomi non so bene se ad un cazzo di ellettroshock o alla sordità completa in età adolescenziale, Savannah lavora sui miei nervi e su quel che resta del mio equilibrio mentale sopravvissuto ai Guns N'Roses.

Fortunatamente, ad alleggerire la situazione, ci pensa Nosferatu, il nostro amato felino ignudo e incontinente, il quale, col pannolone che perde fieramente stretto tra i monconi di quelle che, certo, un milione di anni fa, dovevano essere state zanne di tutto rispetto, sta scagazzando per tutta la casa a ruota libera dando vita ad una specie di cloaca a cielo non proprio aperto.

Basta.

Do fuori da matta anch'io e, mentre il nostro visitatore si sbraccia e il cazzo di campanello demente si sgola, perdo anche il mio ultimo residuo d'orgoglio e, disperata, mi metto a raccattare cacca senile a piene mani e ad asciugarmele in quel che mi capita a tiro. Tanto, ormai...

Raccoglier merda squagliata, del resto, era la mia massima aspirazione fin da bambina, quindi... Adrianna, ragazza... di che cazzo ti lamenti?

Dunque. Analizzando la situazione, a me e Savannah Tuttapannah restano quattro possibilità.

Uno. Aprire quella cazzo di porta e consegnarmi al mio destino assieme a tutta la baracca.

Due. Allearmi con Savannah e irretire il messo divino con le nostre malearti e fargli perdere la ragione. Cioè, in parole povere, comprare il malcapitato e poi rivenderlo.

Tre. Offrirgli un bel latte più con qualche droguccia mescalinica all'Arancia Meccanica.

Quattro. Tutte e tre le opzioni di cui sopra più varie ed eventuali.

Una volta approvato il piano all'unanimità, indosso la mia divisa di combattimento e vado ad aprire.

Ragazzi! Dovevate vedere la sua faccia quando ha visto il mio body nero con i teschi! E devo riconoscere che Savannah, povera vecchia, in reggicalze e tacchi a spillo fa ancora la sua porca figura.

«I-i-i-i-i-io... ecco, io...»

No, dico... strike! Bingo!

Il tipo, che è un figaccione da star male per davvero, passa da verde a paonazzo per poi sfiorare il viola addobbo funebre in una frazione di secondo.

«N-n-n-non mi sento molto beneeeeee»

Al che, premurose, lo facciamo stenedere sul cazzo di divano di Steve tutto macchiato dove il gattoratto aveva appena lasciato una traccia indelebile della sua presenza.

Poi mi scappa l'occhio.

Dietro il cuscino che Savannah gli sta sistemando dietro la testa con fare servile e la bava alla bocca tipo boxer in calore, fa capolino il mio cazzo di cucchiaio.

No, cazzo!

Ragazzi, che sfiga lurida!

Vedo la mia vita come un film dell'orrore. Anzi, peggio. Come un fottutissimo snuff-movie. Avete presente?

Il tipo è tutto bordeaux, raga. Con l'affare che tra un po' gli squarcia i pantaloni per quanto è in tiro! No, dico... confesso che la cosa m'intriga non poco, però io non sono una cazzo di necrofila! Io questo voglio trombarmelo da vivo, non da morto, e se va anvanti così, non ci resta per molto, in questa valle di lacrime, questo sosia di Bon Jovi che ci scruta con gli occhi fuori dalla testa come se volesse farci a pezzi con una cazzo di motosega!Questo va a finire che mi schiatta qui come Loreto. Ci resta secco, punto e basta. E dove lo mettiamo? Nel congelatore dei gelati giù in cantina, santa di quella Madonna impasticcata?

Questo qui mi tira le cuoia sul divano e noi andiamo dritte in galera senza passare dal via, cazzo!

Il cucchiaio. Merda. Il cazzo di cucchiaio. Tutto nero. Il che, bimbi miei belli pieni di vizietti e di viziacci, equivale ad una cazzo di condanna senza appello. E adesso dove me lo caccio? Come non detto. Tra l'odore, il casino e il nostro stato di alterazione più che evidente, a chi cazzo crediamo di darla a bere?

Difatti, dopo un primo comprensibile stordimento, il bonazzo si riprende e si drizza a sedere, nuovamente padrone di se'.

Poi accade l'incredibile.

Lui rovescia la testa all'indietro, ride da crepare per tre quarti d'ora e, mentre Nosferatu guizza per la stanza come un cazzo di fuoco fatuo lasciando dietro di se' una scia color cioccolato che, però, ahinoi, proprio svizzero non è, si ricompone come può e lo fa.

Cava di tasca una dose di coca e prepara tre piste nere da brivido. Una ciascuno, dice, non fa male a nessuno. Ne fa una piccola per Nosferatu il quale, ragazzi, non si fa certo pregare e si unisce alle danze.

Poi lui se la spara dritta nel naso.

Si slaccia la patta.

E noi ci slacciamo il reggiseno.

E tutta la stanza si mette a girare...


 

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Capitolo 9
*** tanto va' la gatta al lardo ***


9

 

 

 

Amy Bailey

Tanto va' la gatta al lardo

O adesso o mai più.

Se aspetto che mi venga a prendere lui, posso campare cent'anni. E non per cattiveria, ma perchè, uffa, siamo realisti: prima che lui sfondi e faccia i soldi per potermi aiutare, ho paura che andrò in menopausa. No, dico... notare che ho tredici anni. Tredici, non settanta. Ma non sono mica nata ieri, voglio dire... non sono mica scema del tutto. Voglio farlo adesso pre due fottutissime ragioni- scusate il termine volgare, ma quando ci vuole, ci vuole.

Primo, so che razza di mondo schifoso e perfido come la strega di Biancaneve c'è là fuori, e secondo, se permettete- vista la famiglia in cui sono nata- l'ottimismo non è il mio forte. Quindi, chi prevede provvede, come si dice. E io provvedo.

Stu dorme. Tanto lui non capisce un cazzo. Sta diventando un loffio, sapete? Da quando nostro fratello maggiore, William, ha tagliato la corda, il marmocchio si è messo alla mercè del Potere Nero- vale a dire, se siete così tonti che non vedete oltre il vostro naso, uffa, che il pargolo viziato di casa si è venduto a nostro padre per trenta denari. E' diventato uno spione e uno spergiuro come nostro padre e, giuro che, se cresce come promette, meglio perderlo che lasciarlo. Che poi, detto tra noi, è proprio quello che vorrei fare.

Quanto alla mamma... beh, lo sapete, no? Almeno... immagino che Bill ve ne abbia parlato. Lei peggiora di giorno in giorno. E' sempre imbottita di medicinali che la rendono una zombie, perennemente stravaccata davanti alla tv con un beverone appiccicoso in mano, di quelli che poi ti fanno puzzare il fiato. Di quelli alcolici. Già. Lei non losa che io l'ho scoperto, ma l'ho beccata che beve di nascosto. Di tutto di più. E quanto alla cura della casa e della sua famiglia, Dio solo sa cosa combina, vista la sporcizia che regna sovrana! Il Signore ce ne scampi e liberi! Persino Bill, da sbronzo, era una massaia migliore di lei! Non so se rendo l'idea...

La moquette della sala fa cagare... da quando, una mattina, Bill, che aveva l'influenza, ci ha vomitato sopra la colazione... beh, non è più stata la stessa. Polvere ovunque che si alza in grossi batuffoli neri. Grasso. Lo specchio del bagno schizzato con gli strati di dentifricio che si sovrappongono. La saponetta mezza marcia. Un dito di rudo ovunque. No, dico... meno male che mia mamma fa la casalinga! Giuro che, non appena ne avrò una mia, di casa, la terrò come si deve!

L'idea era questa: adesso che Bill, anzi... Axl, come si fa chiamare mio fratello adesso, ha una band, beh, ecco... voi che ne dite? Non è che per caso gli servirebbe una brava colf tuttofare? Una che pulisce davvero, non che fa finta come mia madre! Io sono convinta di sì. Ragion per cui, sapete cosa faccio?

Faccio su baracca e burattini e... chi s'è visto s'è visto.

Tanto casa mia non la sopporto più.

Non dopo quello che mi ha fatto. Lui, dico.

Sapete di chi parlo.

Non dopo quello che è successo.

Io... Madonna Santissima! Come faccio a spiegarvelo? Come? Con che parole ve lo dico?

Ma tanto ve lo immaginate, vero?

No, dico... tanto va' la gatta al lardo...

che ci lascia lo zampino. Giusto?

Infatti...

E adesso me lo cucco io, lo zampino.

Lui non lo sa neanche, il porco.

Non gliel'ho detto.

Non gliel'ho detto se no' quello mi ammazza. L'alternativa è uno scandalo. Impensabile.

Però è successo.

Poetva pensarci prima, se ci teneva tanto alla facciata! Ecco cos'è che conta per lui: solo le apparenze. E io, se resto, sono una bomba a orologeria.

Quindi?

Qualcuno ha qualche consiglio da darmi?

No, dico... adesso cazzo faccio?

Non ho altra scelta.

Sono nei guai.

Devo scappare o morire.

Ho predisposto tutto. Stamattina ho rubato I soldi delle offerte e ho comprato un biglietto della Greyhound.

Mene vado domattina all'alba.

E dite a quel porco di mio padre che provi a prendermi, se ci riesce!


 


 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Live?@!Like a Suicide ***


10

 

 

 

W. Axl Rose

Live? @! Like a Suicide


 

Allora, ragazzi...

scommetto che non ci credevate più di sentire nostre notizie, vero?

Dopo che avevano messi al gabbio, dico... sapete com'è. Con tutti i nostri viziacci assassini e tutto il resto, giuro che non ci speravo di rivedere la luce del sole non a strisce, e invece, come si dice, a volte la botta di culo, proprio come la merda, capita. E stavolta capita a noi, che, di figa -intesa come buona sorte- siamo digiuni come della suddetta metonimia femminile a tutti noi Gunners- Steve in pole position- tanto cara.

Anyway, Vicky Hamilton la bambolona gonfiabile platinata che para il culo ai Motley Fottutissimi Crew ci ha salvato le chiappe e, con le sue male arti femminili, ha corrotto il mammalucco stellato di Sceriffo di questo buco di culo di città nel cuore del nulla e del mai e ci ha servito la libertà su un piatto d'argento. Ha scommesso su di noi e ci ha messo la faccia, cazzo. No, dico... scusate se è poco. Se ce la giochiamo bene, spacchiamo. La celebrità è a portata di mano. Ma ci pensate, i Crew. Roba da restarci secchi, dico io. Meno male che la fata di turno non si è fatta impressionare dal nostro roadie Scemo + Scemo, anzi! La volete sapere una cosa? I due hanno filato una meraviglia fin da subito, strano ma vero. La Bella e la Bestia, cazzo.

Separarsi è un tal dolore... ma i sogni finiscono all'alba e Vicky, nche lei, ha la sua vita a cui tornare e noi la nostra. Lei ha i Motley e noi il nostro tour. Ve lo ricordate che dobbiamo spaccare il mondo e poi rimetterlo insieme, vero?

Ed eccoci di nuovo in strada, dunque. Anche se non vi ho detto come.

Dunque. Volenti o dolenti, siamo dei fottutissimi fuorilegge. Dei cazzo di delinquenti nati e via dicendo. Gentaglia che vive di espedienti, e quindi... dato che ci serviva un cazzo di mezzo per il nostro nobile fine, che poi è quello di salvare... ehm, spaccare il mondo, beh, ecco... il caro Popcorn in arte Steve ce ne ha... ehm, trovato uno ed è stato per questo decorato sul campo.

Quanto al genere di mezzo, dopo il minivan delle Vedove Nere- che tra parentesi ci mancano da schiattare secchi come uno schizzetto di robina buona- che era diventato la nostra casa di tolleranza su ruote, beccatevi questo: sapete cos'è, amici e compagni di mille avventure?

No, dico... Popcorn è un genio. Anzi, un mostro.

In tutti i sensi. Il nanerottolo irsuto dalla lunga criniera platinata in stile Hanoi Rocks ci sa fare, cazzo. Come ladro... ehm, volevo dire trovarobe è un fenomeno, giuro. Non ve lo immaginerete mai cosa ci ha sgamato per proseguire questo cazzo di tour maledetto da Zio e dai suoi figli ovunque dispersi. Un vecchio autobus Greyhound. Marcio e sfatto, direte voi maligni.

Marcio e sfatto una sega, dico io.

Cioè, insomma... magari la carrozzeria lascerà anche a desiderare, ok, ve lo concedo. Un punto per voi. Però, sotto lo strato di ruggine sedimentata da anni e millenni ed ere geologiche-quel che volete voi- di oblio, batte un cuor di leone, cazzo. Un cuore che spacca. Come la nostra fottutissima band. No, dico... alla fine siamo pappa e ciccia, noi e il nostro tour bus risalente più o meno al Carbonifero Inferiore o al Cambriano (per quelli che, di voi canaglie e ribelli senza causa, da mocciosi erano secchioni e hanno perso i loro giorni migliori sui libri di storia). No, dico... ma ci pensate? I Guns Fottutissimi e sfigatissimi Roses, appena nati e già con una figata stellare di tour bus come le mega rock star strapagate dei nostri sogni di gloria, idolo delle folle e coi conti in banca stratosferici e pieni di fighe cabriolet pronte all'uso. I Guns Fottutissimi Roses e il loro bordello ambulante che li porterà, lungo la strada dei sogni, verso fama, successo e fortuna (e, detto inter nos, da già che ci siamo, magari anche verso un pochettino di Marrone da spararsi in vena per render grazia a nostro Signore, nobilitare i nostri animi grezzi come la cartavetrata e renderci, al contempo, simili alla bestia.)

Per una volta nella mia cazzo di vita on he road voglio essere ottimista, cazzo.

Ci credete?

No, dico... badate bene. Non è da tutti sorridere al futuro con un road manager come Scemo+Scemo in carica a tutela della nostra immagine. In qualità di Vicario Terreno dei Guns Fottutissimi, infatti, è inenarrabile-nel senso che è meglio tacere, non che è un prodigio di acume tattico. Ma questo, del resto, se non siete peggio di lui, a questo punto, lo avete capito anche voi. O no?

No, dài, raga... non fate così, vi prego!

Non mettetevi al suo livello!!! così mi fate preoccupare!!!

Dicevo, ottimismo, cazzo. Un approccio positivo al futuro è la chiave per fama, successo e fortuna. Non ci credete?

Azzi vostri.

Io per una volta ci voglio credere. Voi fate un po' come volete, ma se vi siete messi in mente di tarparmi le ali, vi avverto, cocchi miei belli di mamma e ribelli del Sabato Sera: non ci riuscirete. Nossignore. Non ci è riuscito quel povero coglione di Padre Blatta, là a Lafayette Città dei Morti Viventi e dei Vivi Morenti, Indiana, quindi vi do gratis una dritta da amico: lasciate stare e fate buon viso a cattivo gioco. I Guns non mollano mai, cazzo. I Guns son dei panzer e se ne strafottono della sfiga. Anzi!!! La considerano loro alleata!!! Se la trombano loro, la sfiga troia! Capito? La fortuna è una baldracca con le gambe aperte e noi, se permettete, sappiamo il fatto nostro. Siamo uomini di mondo, eccheccazzo!!! Mica pivellini cagasotto come voi, con rispetto parlando!!!

Abbiamo sempre perso tutto. Siamo nella merda. La sfiga ci perseguita. E noi? Noi niente. Noi non molliamo. Tiriamo dritto come una striscia di biancaneve, forti proprio delle nostre sconfitte e della nostra sorte avversa. Chi perde sempre si fortifica lo spirito e fa di se stesso un guerriero. Chi è abituato ai successi facili, invece, si rammollisce.

Ma noi siamo brutti, sporchi e cattivi. Anzi, se permettete, modestia a parte, neanche poi così brutti. Soprattutto il sottoscritto. Quanto agli altri, resta valido il detto di poc'anzi.

E quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare.

Non ci credete? Non so voi, ma io vedo la band già là sul palco a raccogliere gloria a carrettate, in quel di a Seattle verso folle di fan urlanti e osannanti e groupies che si strappano di dosso i reggiseni e ci trombano sul palco davanti a tutti. Che roba? Dite che corro troppo con la fantasia?

Ma andate a cagare!

Seguiteci e lo vedrete, cazzo!

Ride bene chi ride ultimo, giusto? E allora chiudete il becco, caproni del Sabato Mattina. Nessuno vi ha interrogati. Voglio vedere, io, chi ride ultimo! E guarda un po', scommetto l'ultimo deca di maria rimasta negli stivali puzzolenti di Slash che a ridere, alla fine, non sarete voi!


 

Ed eccoci stravaccati sul nostro autobus sul cui muso, subito sotto il parabrezza, in omaggio ai Sex Pistols, abbiamo incollato col nastro adesivo un cartone con scritto, a caratteri di fuoco,

NOWHERE

cioè DA NESSUNA PARTE ma anche ADESSO QUI.

E' chiaro? Avete afferrato o devo farvi il disegno?

Si discute sul look del bus e su come apportarvi proficue migliorie a fini pubblicitari, cioè per attirare l'occhio sulla band. Insomma, strategie di marketing.

No, dico... beccatevi la scena.

Autobus dei Guns.

Avanti, c'è posto.

Non abbiate paura. Non vi mangiamo mica... anche se non ve lo posso promettere che non vi succederà niente. Dopo, quelli di prima, non li sarete più. Avanti... di cosa avete paura? Saltate a bordo, cazzo... al resto penseremo noi!

Se aguzzate la vista, dentro la cazzo di nube tossica di fumo di tutti i generi, dalla maria alla diossina, forse riuscite a vederci.


 

“OH! CAGATEMI!” salta su Duffo Scaruffo, schizzando in piedi e facendo volare per aria il suo rottame di walkman che svatta London Calling dei vecchi Clash a palla. “Chi di noi si è fatto un mazzo tanto per organizzare 'sta ciofeca di tour?”

“Tu, o Lampione!” rispondiamo tutti in coro, variando sull'epiteto ma salvando la rima, tra Duffone e... un'altra parola che finisce in ONE.

“Se vogliamo spaccare dobbiamo cambiare pelle” sentenzia la Pertica. “Così non andiamo da nessuna parte.”

“Cazzo stai dicendo, Pertica?” fa Scemo al Quadrato. “Non siamo mica sepenti o lucertole!”

“Perchè non ti respiri i tuoi peti, coglione?” risponde Occhi Senza Volto detto Slash dando una sberla in testa al nostro uomo-immagine (che Zio ce la mandi buona!) “chiudi il becco. E prima di parlare, taci sempre!”

E questo dà la stura a ragliate, scherzi villani e cagate varie che mostrano il lato ferino della mia cazzo di band. Lato che, se da un lato non mi spaventa, cazzo, non posso dire, dall'altro, di esserne sempre orgoglioso.

Insomma, segue una serie impressionante di cagate a nastro. Poi è anarchia. Fichè io mi rompo il cazzo.


 

“BASTAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!”


 

Silenzio perfetto.


 

“Duff ha ragione” dico io, godendomi la mia immensa superiorità “dobbiamo cambiare pelle.”

“Ma...”

“Zitto!”

“Ma io...”

“Fermo e zitto! O giuro che quella lingua demente prima te la amputo e poi te la ficco in culo!”

Funziona, cazzo. E quando, finalmente, ho tutti gli occhi per me, colgo lo sguardo implorante del punkettone di Seattle e traduco:

“Troviamo delle latte di vernice, cazzo. Se vogliamo una speranza che qualcuno, lassù, ci caghi di striscio, dobbiamo dipingere il bus.”

 


 

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Capitolo 11
*** Hold your breath and count to ten ***


capitolo 11

 

 

 

Savannah

Hold your breath and count to ten


 

Si muove tutta la stanza

mentre si danza

danza


 

chi è il fattone che la cantava? Sa Zio...

Ad ogni modo, qui siamo tutti alla ricerca di un cazzo di centro di gravità, se non permanente, almeno decente. Incluso il gatto incontinente.

Ehi, ragazzi... no, dico... ma porca di quella... dove diavolo siete finiti?

Ehi! Dico a voi, tossichini con le ali ai piedi e il cervellino in salamoia alcolica... eccheccazzo! Ma dico, io! Ci siete o ci fate?

Ve la ricordate ancora la vostra Savannah Tutta Pannah, vero? Oh, meno male! Anche perchè io, di solito, non sono una che passa inosservata e si dimentica, cazzo... non so se mi spiego.

“Ehi, gioia” dico al bonazzo completamente strafatto stramazzato sul divano di Steve tirando fuori la mia mercanzia migliore in veste da parata “vuoi vedere le mie primizie?”

Lui mi guarda con gli occhioni fuori dalla testa tutti iniettati di sangue mentre Nosferatu il Non-Morto gli zompa addosso, alza la coda da pantegana rosa confetto andato a male e... e. Punto.

No, dico... nella disgrazia, gioie mie belle, poteva andare anche peggio, cazzo. Molto ma molto peggio. Infatti il felino mutante si limita a dardeggiare la coda rattesca come un crotalo che si rispetti farebbe col sonaglio di cui l'ha dotato madre natura. Il guaio è che lui, povera stelassa, non è un crotalo e neppure una volgarissima anguilla. E' un cazzo di gatto-ratto sbagliato e deve ficcarselo in quella testaccia pelata come un uovo sodo tignoso che si ritrova, e come tale, cazzo, dovrebbe comportarsi. Invece nisba. Una potente zaffata sulfurea si leva dai meandri infernali e va a morire dritta sotto il naso del nostro povero strafigo troppo cotto per far motto il quale, poveraccio, ci resta di cacca. Letteralmente.

“VIAAAAAAAAAA!”
Sbraita Adrianna con tutta la forza dei suoi polmoncini da buttare.
“PUSSA VIA, BRUTTA BESTIACCIA SCREANZATA! CHE ZIO TI STRAFULMINI SECCO, TE E QUELL'ALTRO DEMENTE- pace all'animaccia sua porcaccia e dannata- CHE TI HA SCARAVENTATO NELLE NOSTRE SCHIFOSISSIME CAZZO DI VITACCE!”

E prima che la mia socia in affari possa fulminarlo sul serio con qualche strano maleficio voodoo appreso Ronnie James Zio sa dove, agguanto la bestia per la collottola e la scaravento con tutta la dolcezza che il caso richiede verso altri lidi. E quando il mentecatto biotto si ripresenta come una cazzo di metastasi assassina, lo fa in buona compagnia. Ma questa è un'altra storia e, se permettete, ci arriveremo poc'anzi.

Intanto, il salotto si presenta di schifo.

Avete presente un cazzo di porcile dopo un cazzo di droga-party selvaggio come se non ci fosse un domani? Ecco... più o meno... tutta colpa di Adrianna, la quale, ve l'ho già accennato, mi pare, come colf fa proprio cagare. Inoltre, di là, oltre la porta di cartapesta che Steve ha la faccia di culo di chiamare porta a soffietto, se ve lo ricordate, cari i miei tossichini bucaioli che non siete altro, c'è un cazzo di cadavere. Un morto eccellente che, se questo incrocio tra Bon Jovi e Bob Marley rinviene e rinsavisce, potrebbe anche costarci parecchi grattacapi.

Al centro del delirio, il suddetto messo divino e bonazzo da sturbo, è tutto da vedere mentre, povero cocco, si ostina a volersi cavar giù i pantaloni di pelle passando dalla testa. No, dico... ma secondo voi! Uno messo così di merda ce la fa a castigare me e la mia anima gemella Cuor di Pannah? Io non ci credo ma ci spero. E mentre la mia socia, mossa a compassione, tenta di staccargli la testa per far uscire quei cazzo di calzoni e toglierglieli dalle palle- letteralmente- come vi dicevo, una nuvola marrone di gas nervini attraversa il salotto recando sulla sua scia l'orrido felino coi cosiddetti al vento.

Oh cazzo cazzo cazzo cazzo...


 

“Ma quello...”

“Ha... qualcosa...”

“In bocca... Oh-oh”

“N-n-n-non ci c-c-c-credo”

“Credici, cazzo!”


 

In un terrificante flashback da acido fatto in casa con l'acido muriatico e l'antigelo, vediamo tutti insieme- almeno credo- l'agghiacciante verità.


 

Nosferatu ha qualcosa in bocca.

Qualcosa di verde, di rosso e di blu.

Il Messo Divino drizza le antenne.

“Ma quello è...”


 

SSSSMAAACK!!!


 

Fulminea, come una pantera nera, gli salto addosso e gli tappo la bocca con un bacio della morte. E mentre io lo ammazzo di baci letali, Adri lo prepara per il sacrifcio.

Mi viene in mente una citazione scolastica orfana di padre. Chissà Zio perchè mi è rimasta appiccicata in testa, ma scommetto che con questa ci faccio la mia porca figura, raga.

L'Eterno è presente/ per nulla e per sempre*

adesso, per nulla e per sempre. sbatto le ciglia finte lunghe un chilometro e lo aiuto a districarsi dai pantaloni di Re Lucertola mentre lui- che, come diceva mia nonna, non sembra troppo setacciato- si tuffa tra le mie labbra unte di gloss all'amarena selvaggia del colore del sangue rappreso.


 

“Oh cazzo cazzo cazzo cazzo... e adesso?”

Due paia di occhi spalancati dal terrore si puntano su un unico obiettivo.

Colui che potrebbe distruggerci, ora, sa.


 

E quando, finalmente libero dal vincolo borghese dei vestiti e dei suoi ciaffi, l'Uomo si offre a noi due sciantose in reggicalze come magnifica cazzo di preda, con tutte le doti di cui Madre Natura l'ha provvisto ben in vista, il nostro adoratto Nosfe ci spara un colpo alle spalle.

No, cazzo, raga!

Non in quel senso!

Non intendevo... eccheccazzo! Uno non potrà mica sempre fare puzzette al napalm a tutta randa!

Basta.

Mentre la mia anima gemella si lavora di lingua il nuovo venuto come fosse un' Avvocato donna a New York invece di una mezza battona groupie a Los Angeles, il caro Nosfe, dicevo, ci pugnala alle spalle.

Con uno scatto felino che non gli conoscevo o, più probabilmente, posseduto da Zio sa quale entità ultraterrena o aliena, il senescente gatto pelato zompa sul pancino tartarugato del tipo, qui, molla il suo piccolo fardello, gira le chiappe flaccide e rugose e, finalmente, toglie il disturbo. Non prima che io e Adri, però, abbiamo potuto fare giustizia e rendergli pan per focaccia sfruttando il nostro quoziente d'intelligenza comune che- sommati i due singoli- non è cosa da poco!

Non ci credete?

Ma andate a cagare, villani che non siete altro!

Stronzi pipparoli!

E visto che ormai la frittata è in tavola, sviluppare un piano B pare sia l'unica cosa sensata da fare.

Dunque.

Motore... azione.

La scena si svolge in slow motion. Al rallentatore.

Il nostro cosiddetto Uomo del destino, vale la pena ricordarlo, se non lo aveste capito- cosa di cui dubito fortemente, cari i miei piccioncini assatanati di sesso, sporcaccioni come siete!- sta facendosi fare un lavoretto che fa proprio rima con destino. E se la sta godendo tutta, quando, all'improvviso... patapunfete! Vola per aria come se qualcuno avesse minato il divano.

Basta.

La mia povera e maldestra collega, che ha ancora il suo... ehm, il suo grande e grosso schwantztuck infilato in bocca, nella concitazione del momento, non capisce che sarebbe più saggio mollare la preda e questo si ripercuote sulla virilità esposta del Messo Divino il quale, poveraccio anche lui, non è meno impallato della sua zoccola.

Bilancio: uno a uno palla al centro. Per lei dentiera integrale, per lui un destino da eunuco.

Io e Adrianna ci fissiamo nelle palle degli occhi per un lunghissimo istante senza far motto mentre dentro di noi, qualcosa di fragile va in mille pezzi.

Il mio cuore rotola sul tappeto insieme all'orrido trofeo che Nosfe, il nostro psycho-gatto incontinente e indecente, ha deposto come una corona di alloro sulla pancia palestrata a palla della nostra magnifica preda.

Adri si mette a tremare tutta come una porzione di gelatina del cazzo mentre io ho un rospo in gola che, per quanto mi sforzi, non riesco proprio a sputare fuori.


 

Che cos'è il genio, dico io?

Fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione.*

Io e Adrianna- cioè, quel che restava sano di lei, ci guardiamo lasciando che le nostre menti superiori- quando ci vuole ci vuole, cazzo!- si parlino.

Un piccione con una fava.

E sia.

Mors tua vita mea, bestiaccia assassina!

Direi, se sapessi un po' di latino. Ma, visto che non lo mastico per niente, preferisco tenere il becco chiuso.

Oh-oh..”

cinguetta Adrianna a beneficio dell'unico essere di sesso maschile presente, calando come un sipario su ogni singola sillaba le sue ciglia finte lunghe da qui alla luna.

Mi è semblato di vedele un gatto...”

E non appena il nostro aguzzino pettinato come Kojack si ripresenta, io e Adri sferriamo l'attacco... anzi, il contrattacco. In culo!

Per drammatizzare la scena come merita, rovisto nella mia discoteca esoterica e sparo alle stelle un capolavoro di humour nero dei mitici Led Zeppelin, Houses of the Holy. Più sinistra e funerea di quella si schiatta, dico io. E difatti... guardo Loreto e la trovo alquanto appropriata. Come il cacio sui maccheroni, cazzo.

Bella lì!

Modestia a parte sono un genio, cazzo!

E quando il pathos è alle stelle e non può che crollare come un castello di carte uccidendo sul nascere il nostro piano diabolico, cazzo, il colpevole, mangiata la foglia, decolla in verticale come lo Space Shuttle del cazzo.

“L'HA UCCISO LUI, LORETO! QUEL BRUTTO GATTACCIO CATTIVO E VIZIOSO!!!”

Non la daremo mica vinta a quello scherzo di natura a quattro zampe motrici, cazzo! Il quale, in questo momento, stramaledetto lui e chi l'ha cagato, sta marciando a testa alta sul tappeto accanto al cadavere con la faccia da culo che lo contraddistingue, magari sperando pure di beccarsi una cazzo di razione supplementare di Petreet al rognone di coccodrillo o una cazzo di medaglia al valore fatta di crocchette Friskies alla limaccia palustre.

E uno, due... tre, e...

“E' STATO LUI!”

“LUI! LUI! LUI, CAZZO!”

La voce dell'innocenza.

La verità. Nient'altro che la verità.

Basta.

Quando l'Uomo del Destino-che fa rima con pompino- trovata soddisfazione carnale e sensoriale tra sesso droga e rock duro schizzato a palla, rinviene il cadaverino rigido come uno stoccafisso del compianto fu Loreto, il dado è tratto.

Dobbiamo vincere.

E vinceremo!

Rompo gli indugi e mi getto anima e corpo nella mischia sentendomi come Lady Oscar con la spada sguainata.

“NOSFERATU!!! ECCO CHI E' STATO! L'HA AMMAZZATO! L'HA AMMAZZATO! L'HA AMMAZZATO SENZA PIETA'”

“IL MIO POVERO PICCOLO LORIIIIII... buhuhuhu!”

E Adrianna, a questo punto... devo ammetterlo, raga. Si supera, cazzo.

No, dico... un'interpretazione da Oscar.

Quella ragazza ha un futuro.

Lo giuro su Ronnie James Dio!

Fa il truglio quadro e scoppia a piangere.

Chiaro?

Io parlo di lacrime vere. Autentiche. Di quelle bagnate, per intenderci. Di quelle che scorrono a fiumi, inondando il nostro povero Destino senza troppi problemi.

Allora, punto nel virile orgoglio cavalleresco, il Giustiziere della Notte mostra finalmente le palle- in tutti i sensi che Zio ha fatto- e raccoglie il guanto di sfida.

Voi che ne dite, raga?

Io al posto di quel gatto-ratto nudo come un verme me la darei a gambe, cazzo.

E voi?

No, dico... il nostro burattino, ipnotizzato da quella musica lugubre e solenne che spacca, da bravo ragazzo, entra subito nella parte che io e Savannah abbiamo scritto per lui.

(Ma allora l'amico Fritz, qui, alla fine della fiera, non è mica poi così tonno come poteva sembrare...)

La sua voce è un reattore.

Un rombo di tuono.

La fottutissima tromba del Giudizio Universale, cazzo.

“MALEDETTO BASTARDO!!! VIENI QUI, GATTACCIO DEI MIEI TEXANI!!! BESTIA ASSASSINA!”

Con scatto felino e agile mossa, il Vendicatore Telecomandato si scaglia sull'orrido micio arteriosclerotico- il quale, se non fosse che mi sta sul cazzo a palla, riuscirebbe persino a farmi quasi un po' pietà.

L'ira dell'Homo Erectus- visto che gli sta ancora a novanta gradi, cazzo, come lo dovrei chiamare? No, dico... notevole, per uno nella sua situazione! O no?- invece di scemare via, si autoalimenta.

E dite merda?

Dài, che ce l'abbiamo quasi fatta, a liberarci di quel peso morto cagone e piscione e pure rompipalle al cubo paghi uno prendi tre.

“COME HAI OSATO! SPORCO NAZISTA SCHIFOSO!!! AH, MA... SE TI BECCO, GIURO CHE TI PELO VIVO FINO ALLE OSSA!!!”

I due avversari si affrontano in una girandola di senza esclusione di colpi.

Niente leggi.

Niente regole.

Ognuno dà fondo a tutte le sue armi, palesi e segrete, lecite e illecite. Fino all'ultimo sangue.

 

Dunque.

Io non so come la vedete voi, ma per me marca maluccio per il vecchio vampiro sdentato dalla vescica di pasta frolla.

Voi che ne dite?

E del resto... cazzi suoi.

No, dico... se l'è cercata. Il famigerato cazzo di guanto l'ha lanciato lui.

O no?

E che guanto!

Un guanto pennuto, con tanto di becco e di piume sgargianti.

Chi vincerà?

E che cazzo ne so, io!

Non ho mica la sfera di cristallo, cribbio!

Se fate i bravi, però, lo saprete... nella prossima puntata!

 

 

 

 

*1. Celeberrima citazione del Melandri (G.Moschin)

dal film AMICI MIEI ATTO II, di M. Monicelli

*2.  Abraham Cohen de Herrera (1570-1635ca)

filosofo e cabalista religioso

 

GRAZIE DI CUORE A CHI MI SEGUE E RECENSISCE.
Angie, Mylinkynday e Mandie,
SAREI CARTA STRACCIA SENZA DI VOI.

RESTATE SINTONIZZATE, TESTE COTONATE ANNI 80 ALLA MOTLEY CUE!!!
LA PROSSIMA VOLTA VI COLPIRO' AL CUORE!!!

IL MIO CUORE DI METALLO PESANTE VI AMA, LO SAPETE?
ANZI, VI ADORA!!!
SARAH ROSE

 

 

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Capitolo 12
*** Gonna keep my baby ***


 

12


 


 


 

Amanda aka Amy Bailey

GONNA KEEP MY BABY

 

 

Le lacrime lavano via la pioggia.
E allora perché non accade mai il contrario?
Perchè per una volta non può essere la pioggia a sciacquar via il pianto dai miei occhi rossi e gonfi?
Sto dicendo delle cazzate, lo so, ma parlare a vanvera mi aiuta a non pensare. Voglio dire... la mamma lo fa col Ritalin, io con le chiacchiere inutili. A ognuno la sua medicina.
Quindi, vi prego... sopportatemi. Non mandatemi a quel paese... io... ci sono già stata, non ricordate? E' proprio da lì che sto scappando, cazzo- scusate il termine volgare.
Non rimandatemici, ne morirei. Soprattutto adesso... nel mio stato... abbiate pietà! Cosa vi costa?
Io... aiutatemi, vi prego... non vi chiedo di capire. Non vi chiedo di approvare. Io... chiedo soltanto che mi ascoltiate. E' chiedere troppo? Ascoltatemi, vi prego.
Io... non ce la faccio più, mi scoppia la testa.
Ho bisogno di voi come dell'aria che respiro.
Dio... sì, come no. Lui... mi ha tradita. Mollata. Rinnegata.
E se Dio non mi protegge e non mi aiuta... ho pensato che forse Bill... mio fratello Bill... lui...
Sto andando da lui nella Città degli Angeli, ma la strada è tanto lunga e tanto dura. Così... pensavo... non è che magari, lungo il cammino, posso contare su di voi?
Chiedo soltanto il vostro ascolto. Non il vostro affetto. Non la vostra solidarietà. Quelli, credo, non potrò averli mai più da nessuno, dopo quello che mi è capitato. E perchè non hai parlato? Direte voi.
Già, perchè.
Perchè non sarebbe servito a niente.
E ricordatevi che giudicare è facile. E' comprendere che non lo è. Ma io non lo pretendo. E come potrei, del resto?
Ho tredici anni ma lo capisco. So che non potete capire.
Mi basta sapere che ci siete. Ok?
Che magari, se cado, mi prendete per mano.
Solo questo. Sono già contenta.
Grazie, amici miei. Vi porterò nel cuore.

 
Ho riempito la mia cartella di Barbie Superstar con due cambi di vestiti, un vasetto di burro di arachidi e qualche pagnottella da hot-dog fregata in dispensa. Una lattina di Dr Pepper e una di Fanta Strawberry e via. Non è molto, quindi so che devo andarci coi piedi di piombo se non voglio dilapidare subito il mio piccolo gruzzolo. Chissà per quanto tempo mi... ci dovrà bastare!

 
Dunque. Allora?
E' un sì, vero? Voglio dire... vi va' di sentire la mia storia?
Vi spiace se cominciamo dal principio?

 
Mi chiamo Amy Bailey, ho appena compiuto tredici anni e mio padre, Dio lo strafulmini secco sul suo sacrilego altare mentre dice messa- fa il pastore Pentecostale e, a tempo perso, il porco. Cioè, corrompe le ragazzine, ma in mancanza di meglio, quando è in fregola, si fa andar bene anche i maschietti. Io, comunque, che sono la sua secondogenita- dopo William detto Bill e prima di Stuart detto Stu- sono la sua preferita.
Sì, in quel senso. Avete capito bene.
Capito che razza di uomo è, il mio vecchio? Voglio dire... niente male per un ministro del culto di Nostro Signore, no? Voi che ne dite?
I vostri, di padri, come sono?
Facciamo cambio?
Io il mio ve lo regalo. Paghi uno prendi due, vi do anche mia madre, tanto lei non se ne accorgerebbe neppure. E' depressa e si cura con latte, cognac e Ritalin, quindi è sempre rincoglionita totale e non fa altro che sbadigliare tutto il giorno dal letto al divano.
Bella famiglia, eh?
Ma stavolta, mio padre, il Reverendo Beetle, come lo chiamano perchè è davvero uno scarafaggio con la tonaca, in tutti i sensi- e non perchè guida un Maggiolone Wolkswagen, come pensa lui- ha pisciato fuori dal vaso- come direbbe mio fratello Bill se lo sapesse, ma per fortuna, lui, ancora, non ne sa nulla.

 
Ho tredici anni, dicevo.
Compiuti a maggio dello scorso anno. E in agosto mi sono venute le mie cose per la prima volta. E lui... lui lo sapeva. Lui lo sapeva che adesso la musica cambiava, e che doveva starci attento, se voleva continuare a fare quello che, purtroppo, nel segreto neanche troppo ben tenuto della mia cameretta, avveniva quando mia madre era in coma indotto dai sedativi e mio padre ci aveva dato sotto con la bottiglia.
Lui, però, se n'è fregato.
Voglio dire... non ci ha pensato a me, a sua figlia.
Non ci ha pensato, allo scandalo.
Voglio dire... lui è andato liscio, preoccupato unicamente del suo signor culo e di quell'appendice disgustosa che ha davanti. Punto e basta. E mi ha messo nei guai.
Lo capite cosa intendo, vero?
Sono Amy Bailey.
Tredici anni.
E sono incinta.
Avete capito, cazzo?
Incinta.
E indovinate di chi è, il pargolo che aspetto!

 
E adesso?
Lo capite in che razza di guaio mi sono cacciata?
Lo capite che per me, la parola futuro, non ha più significato?

 
Nessuno può aiutarmi.
Nessuno può capirmi.
Non qui, a Lafayette Buco-del-Culo-City, come la chiama mio fratello Bill. Forse però, a Los Angeles... voglio dire... lui... lui è andato lì a cercare fortuna. Ha fatto bene a scappare di casa, non ha avuto scelta. Nostro padre lo ha sempre trattato diversamente da noi, vai a capire il perchè. E Bill alla fine non ha più retto. E io so che mio fratello, se voglio sopravvivere a questa sciagura, è la mia unica speranza.
Mi spiace lasciare Stu, ma non ho scelta.
Sto male solo a pensarci... vi prego, aiutatemi voi... o dovrei dire aiutateci?

 
È successo e basta. E' successo anche se non me lo meritavo.

 
Lui... lui me lo diceva sempre che ero solo una lurida sgualdrina, e adesso... adesso lo sapranno tutti.
E invece no. No, no e no.
Non lo saprà nessuno.
E' per questo che me ne sono andata in piena notte.
Io... io non voglio morire.
Io... io voglio vivere, anche se da stanotte la mia vita... ricomincia da zero.
Ho rubato qualche dollaro dalla borsetta della Morta in Piedi di mia madre, che tanto, lo so già, non se ne accorgerà mai tanto è sempre strafatta di Mandrax e di Ritalin! Vive di latte, cognac, sonniferi e telenovelas. E anche se ormai è quasi l'alba, scommetto quello che volete voi, che ve ne state lì a leggere col culo in caldo pronti a sputare sentenze, che non si è ancora accorta che la sua piccola non è nel suo lettino a fare la bella nanna con la sua stronza di pupattola Cabbage Patch sotto il cuscino!
Dunque, fatemi pensare.
Così come sono, coi codini alla Candy Candy e questi boccoli rossi assurdi da PippiCalzelunghe mi sa tanto che non andrò molto lontano. La mia unica chance è camuffarmi. Rendermi irriconoscibile... o almeno provarci, cazzo- come direbbe mio fratello Bill che, a quest'ora, starà folleggiando a Los Angeles con la sua band.

 
Scatta il piano A: il Seven Eleven è la mia prossima meta.
Sei dollari e cinquanta per una tintura per capelli e un paio di forbici per creare il mio nuovo look da donna vissuta posso anche investirli. Poi me ne vado alla stazione degli autobus Greyhound, m'infilo nel cesso e mi chiudo a chiave per trasformarmi in Wonder Woman e fare giustizia di tutti i torti subiti in una volta sola.
Seeeee, come no!
Domani l'altro!

 
Quello che dico io è... cambiare aspetto è sufficiente per cambiare testa? E non parlo solo del colore dei capelli... capitemi. Voglio dire... lo so che so pasticciando tutto, ma...
secondo voi, basta uno shampoo colorante, magari nero corvino coi riflessi blu, per tingermi l'anima?
E le forbici? Basta davvero un taglio di capelli per farci una croce sopra e accorciare il mio tremendo, imbarazzante, indicibile passato?

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Capitolo 13
*** 666 the number of the Beast ***


capitolo 14

 

 

 

 

666 THE NUMBER OF THE BEAST

Adrianna Smith

 
“L’hai ucciso tu, brutto avanzo di gatto tignoso impastato a cazzo!”
tuona John Bon Jovi, qui, al top dei suoi polmoni lessi.
“Assassino! Feccia! Demonio! Tu hai ucciso quel doooolce dooolce uccellino! Tu, Cottolengo vivente, hai commesso il più atroce dei delitti! Bastardo! Lasciatelo dire: stavolta hai toppato. Hai toppato di brutto. Chiaro?”
Si butta a quattro zampe per abbassarsi al livello dell’avversario il quale, per nulla impressionato, lo scruta coi suoi occhiacci verde ramarro con la cirrosi epatica.
“E io ti punisco…”
Cazzo, ragazzi!!!
Puff! Il salottino di Steve è sparito in una cazzo di dimensione parallela, un universo senz’altro migliore di questo dove un gatto che si rispetti, per lo meno, indossa un paio di mutande di pelo. Un mondo dove i cazzo di sosia di Bon Jovi buoni come il vermiglio di Panama che mi sto strafumando, sanno scoparti per tutta la notte a rotazione finché non sai più nemmeno come ti chiami e finché questa cazzo  di bolla temporale non ti scoppia in faccia come un pallone di Big Babol.
Dicevo, il salottino di Steve è sfumato in una cazzo di arena in una fottutissima Plaza de Toro.
Non siamo più a Los Angeles ma a Madrid.
E’ in corso una corrida.
I due gladiatori, quello umano e quello mutante, si fronteggiano squadrandosi in un silenzio sepolcrale che dà voce a tutti i borborigmi provenienti dalle budella sfatte del gatto-ratto. Imbarazzante, cazzo.
La motilità intestinale eccesiva del fenomeno da baraccone, qui, è davvero un pugno in un occhio.
Rovina tutta la suspence.
Nosferatu, Principe della Notte e dei Pannoloni per Incontinenti,  cerca di gonfiare il pelo che non ha, inghiotte aria e… immaginatevi un po’ voi, cocchi di mamma!
Ci pianta una puzza da far crollare il palazzo alle cazzo di fondamenta.
Io, Savannah e quell’altro povero deficiente qui dell’assistente sessuale… ehm, volevo dire sociale, crolliamo al tappeto in mille pezzi come cazzo di statuette di vetro.  Inutile dire che, a questo punto, nessuno osa più avvicinarsi al gatto ratto dal pestifero olezzo senza una schifa di maschera antigas, ragion per noi umani sventoliamo bandiera bianca e il bastardo nudo e crudo ottiene, finalmente, campo libero.
La corrida è finita.
Ogni resistenza è vinta.
Altro giro, altra corsa. E altra dimensione parallela.
Io ci credo, sapete? E voi?
Come, tutte cazzate?
Stronzate.
Chiudi il becco, tu! Chi ha parlato?
 
Altro universo, dicevo.
Da Madrid a Mauthausen. O Bergen Belsen, se preferite.
Un attimo che cambio il disco. Ok?
Omaggio ai Sex Pistols, cazzo.
 
Belsen Vos a Gassa.
Basta.
Arrivano i Nazisti!!!
E’ la fine, cazzo!!!
Dal campo di sterminio non si scappa, gente!
Altro che fuga da Alcatraz!
Noi qui mi sa tanto che ci lasciamo le penne come il fu Loreto… ma se c’è un Ronnie James professione Dio, lassù, che sta dalla nostra parte, cazzo, quella sottospecie di aborto malcagato di ratto a forma di gatto vivrà per pentirsi di quello che ha fatto!
E mentre io e Savannah, capita l’antifona, indossiamo i nostri straccetti sadomaso e ci prepariamo ad affondare con classe approfittando delle virtù fisiche del nostro muscoloso assistente sociale per l’ultima volta, il nostro carceriere naziskin- è il caso di dirlo- sgancia la bomba H.
E mentre Bon Jovi si slaccia la patta e ci mostra la sua… ugola d’oro, il mondo va in pezzi e noi con esso.
Basta.
La vita sulla Terra è cancellata. Sciolta. Liquefatta. Incenerita in un nanosecondo.
Il fungo di Hiroshima è un cazzo di finferlo, a confronto.
Una vescia. Uno psylocibino neonato.
Io lascio andare la calda e turgida virilità del messo divino a beneficio della mia socia, la quale non se lo fa dire due volte e si mette a cercare di recuperare la pratica che io, per lo spavento, ho lasciato in sospeso.
Poi, lo sapete.
La bomba.
 
Spazza via tutto nel raggio di chilometri.
Una densa nube di gas nervino satura l’appartamento bruciandoci i polmoni.
Adolf Hitler non c’è.
Il marpione è già scappato a rifugiarsi nel bunker.
Io e Savi, invece, non abbiamo scampo.
Il nostro amico capellone, qui, nemmeno.
L’onda d’urto è assurda. Ti spacca.
Risultato: veniamo saponificati all’istante nell’atto di una disperata fellatio post-mortem.
Et vohilà! Il monumento funebre è servito, cazzo.
Sembriamo una stronza di statua greca dedicata al culto di Dioniso. Avete presente? Ecco, noi siamo le Baccanti.
Se sopravvivo, io e Savi mettiamo su una rock band con le tette.
Le Baccanti.
Un nome che spacca, cazzo!
Sempre se sopravviviamo.
Se.
 
Qui i soffitti sprofondano.
Le pareti avanzano.
 
E mentre sono qui intrappolata in questo cazzo di incubo in bianco e nero- più marrone, anzi, che nero- il mio pensiero va ai Guns N’Roses lontani e alla loro vita on-the-road.
Addio, Scemo+Scemo.
Scopati Steve, fallo per me.
E già che ci sei, ciucciami tutto Axl per filo e per segno come un cazzo di lecca-lecca, dalle punta dei capelli carota ai texani. Potresti?
Trombami Occhi Senza Volto, fattelo in tutte le salse senza pietà. Chiaro?
Lavorati Izzy al tappeto. Non ti preoccupare, cocco. Hai carta bianca. Sono ammessi anche i colpi sotto la cintura.
E quanto a Duffo il Punkapuffo, sbizzarrisciti come meglio credi.
Castigali tutti, e dì che lo fai per noi, in vece nostra.
In vece, ho detto, stronzi!
Non in fece.
Capite sempre quel che volete voi, eh?
Bastardi!
 
Il ritorno del gatto-ratto mentecatto ci svela l’ineluttabilità del nostro destino.
Ed ecco che le Scritture si compiono.
No, non il Kamasutra, cazzo.
Ma cosa andate a pensare?
L’Apocalisse di San Giovanni.
Mi sembra di vedere il patrigno di Axl sogghignare.
Dicevo, noi tre peccatori qui presenti, al ritorno dell’Anticristo, vediamo la verità.
Il felino infernale ha il marchio.
Avete presente?
Il numero della bestia.
Axl lo ripeteva sempre, quel verso.
 
Chi ha intelligenza
Calcoli il numero della Bestia.
Esso sottintende un nome d’uomo.
 
Sotto la coda alzata dello spudorato animale, c’è un marchio a fuoco. Un numero, cazzo. Un numero di tre cifre.
Io, Savannah e il nostro bel tenebroso ci scambiamo una serie di occhiate silenziose che dicono più di mille parole.
Cazzo, siamo in trappola.
La nostra ora è suonata.
 
Tale numero è 666

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Capitolo 14
*** Get in the ring ***


13

 

 
GET IN THE RING
W. Axl Rose


 

Portland, Oregon.

Non ci credo ancora, cazzo, ma ci siamo arrivati. Quanto al come, vi dirò che è stata una bella botta di culo di quelle che ti capitano solo una volta nella tua cazzo di vita. Una botta di culo che però, purtroppo, è stata bilanciata da un altro colpo basso della sorte avversa- leggi sfiga.

Volete sapere com'è andata o non ve ne frega un cazzo?

Avanti... tanto lo so che morite dalla voglia...

Ma andate a cagare, cazzo! Cafoni di merda che non siete altro! Io ve la racconto lo stesso, anche solo per farvi schiattare dall'invidia.

Aprite bene le orecchie, checche. Però, prima, raga, mi sa che che devo spiegarvi una cosuccia...

Ve lo ricordate il vecchio Greyhound fottuto... ehm, procurato da Steve da ridipingere da capo a piedi come ci pare e piace? Beh, ecco... non è tutto oro quello che luccica e insomma... nisba. Non si può fare. Niente Greyhound could be my way.

L'affare- chiamiamolo così- è saltato per due cazzo di validissimi motivi.

Uno. Che il mezzo era una cazzo di vasca da bagno con le ruote.

Due. Che quella vasca da bagno era un fottutissimo hotel a cinque stelle per disperati, vagabondi e senzatetto di ogni provenienza, ceto ed estrazione sociale, per lo più accomunati dalla passione per le droghe pesanti e la pratica di furti, scippi, spaccio e rapine a mano armata.

Chiaro?

Inutile dire che, quando Popcorn e quell'altro mentecatto se lo sono ciullato, il loro cazzo di Hilton su ruote, se la sono legata al dito. E sono venuti a batter cassa presso i Vostri poveri- e del tutto ignari- affezionatissimi.

E noi... beh, sapete com'è... noi, non è vero che siamo rissaioli e attacca brighe, cazzo! Voglio dire... non siamo mai noi a cominciare, se ci fate caso! E' che, a volte... sì, insomma... sporcarsi le mani è d'obbligo.

Insomma... ce lo siamo giocato. O meglio. Disputato sul ring. Abbiamo fatto a botte coi barboni e i magnaccia e... e che cazzo! Quelli giocavano in casa! E giocavano sporco.

E così...

Bye-bye Greyhound.

Merda. Dobbiamo modificare la canzone che avevo scritto l'estate scorsa col mio amico West Arkeen su un marciapiede di Buco del Culo City.

Invece di

Maybe a Greyhound/could be my way

canterò

Cause a fuckin' Greyhound/could never be my way


 

No, dico... ma vi rendete conto?

Ehi, dico a voi! Cazzo ridete? Cagatemi!

Quei due coglioni del nostro batterista bacato e del roadie messo- se possibile- ancora peggio, non si sono accorti di un piccolissimo, insignificante dettaglio: che loro erano una ventina- se non di più. E noi, cazzo, eravamo cinque. Sei con Scemo, ma lui non conta. Anzi! E' come avere un uomo in meno, visto che la sua demenza gli e soprattutto ci rema contro.

Quindi, a essere sinceri, loro erano trenta e noi quattro.

Cazzo ridete, bastardi?

Avrei voluto vedervi voi, che adesso fate tanto i grossi, al nostro posto!

Per quelli di voi che, in caso di incidente, accostano e si fermano a guardare avidi di dettagli , ecco la telecronaca in differita del match.

Arbitra l'incontro Scemo+Scemo.

All'angolo destro, con le facce come il culo, la band che spaccherà il mondo con un cazzo di assolo di Gibson Les Paul per poi rimetterlo insieme con un acuto spaccatimpani da sei ottave e quattro fottutissimi semitoni.

Al sinistro, trenta biffe patibolari che tutto a un tratto, per un crudele effetto ottico o che cazzo sa per cosa, si moltiplicano come i pani e i pesci di evangelica memoria e diventano trecento.

Sì, avete capito bene, cazzo.

Ho detto trecento.

Basta.

Popcorn, come crocerossina, ha avuto il suo bel daffare, ve lo dico io!

Vi risparmio i dettagli.

So solo che abbiamo sputato sangue e, alcuni di noi, purtroppo, anche qualche cazzo di incisivo.

Non ci siamo tirati indietro, cazzo! Ci siamo fatti massacrare con onore! Il guaio è che quelli erano dappertutto, cazzo. Dovunque ti giravi te ne spuntava uno davanti. Allucinante!

Così, è stata una disfatta. Un crollo senza precedenti.

Per portare a casa almeno la maggior parte di noi, abbiamo dovuto chinare la testa alla ragione di Stato. Nel senso che loro erano in uno stato molto migliore del nostro e ci hanno suonati come dei cazzo di assoli di Les Paul, per restare in tema.

Il bilancio è k.o. tecnico alla prima ripresa.

Non dico altro.

Più che ganzi e rozzi, adesso siamo ganzi e rotti.

La peggio, raga, è toccata a Scemo, il quale, dopo la cazzuolata di Las Vegas, non è più stato lo stesso. Adesso, la povera bestia ha un sorriso che sembra una fetta di groviera e una dentatura che sembra un cazzo di monumento al massacro di Wounded Knee.

Alla conta dei danni, però, anche il nostro povero chitarrista prossimamente cilindrato, qui- quel cespuglio di rovi antropomorfo che noi chiamiamo Occhi Senza Volto- non se la passa meglio del roadie.

Avete presente il cespo di liane che gli cresce sulla faccia? Ecco, adesso non c'è più.

Al suo posto c'è una specie di cratere rosato che sembra la cazzo di Area 51.

L'animale geme e si dispera inutilmente sul crine versato.

Duff, poverino, straziato dai singhiozzi del nostro povero Joe Perry in erba, gli fa pat-pat sulla schiena e gli accarezza la capoccia depauperata. Una scena strappalacrime, giuro.

Scusate...

E' solo che...

Un minuto di silenzio, cazzo.

Portate rispetto ai Guns Fottutissimi Roses!!!


 

“E su, Slasher!” lo consola Duffo Scaruffo, carezzando le chiazze glabre “fregatene, dài! Ricresceranno, cazzo! E poi, sai una cosa? Non tutto il male viene per nuocere, cazzo! Almeno, adesso, ti si vede in faccia!”

L'altro scuote la testa sconsolato e gl'indirizza un dito medio.

Salta su Popcorn il quale, invece di leccarsi le sue, di ferite, pensa solo a sparare cazzate.

“E questo sarebbe un bene?”

Basta.

Segue una rissa tra i due, che finiscono di conciarsi da sbatter via.

Izzy zoppica verso di me per consolarmi mentre io cerco di alzarmi annaspando nella merda da una cazzo di pozzanghera.

Tutta colpa di un gancio, cazzo. Un fottutissimo gancio sotto la cintura. Un colpo proibito che spero non interferirà troppo con quello che, modestamente parlando, fino ad ora, è stato lo sport preferito del Vostro Illustrissimo Axl Sciupafemmine Rose.

Insomma, raga, la vita fa cagare, cazzo, e adesso che io sono pieno di merda, la metafora è completa.


 

Zio solo sa come, adesso siamo in salvo.

Forse...

Due angeli lisergici ci hanno raccattato dallo sterco.

Non ci credete?

Allora, stronzetti che non siete altro, sappiate che in questo momento, che vi piaccia o no, io e la mia cazzo di band veleggiamo su una nave pirati... cioè... ma, dico io!

Che strani scherzi che fa, la vista, a volte. Mi era parso di stare su una specie di pick-up con due fighe spaziali... diretto come un missile verso la prima fottutissima tappa del nostro cazzo di Hell Tour.

Non ci credete? Azzi vostri.

Tutta invidia.

Giuro, non sto scherzando.

Il guaio è che siamo un filino in ritardo... ah, ma roba da niente. Più o meno... 24 ore.


 

Cazzo cazzo cazzo cazzoooo!!!

Con tutto il rispetto per le strafighe hippy, qui, che fumano erba a rotazione come se non ci fosse un domani, cazzo, per noi il domani è andato in vacca davvero. E con esso, la prima tappa del tour, Portland, Oregon.

Porca puttana, della serie chi ben comincia è a metà dell'opera, cazzo, l'abbiamo bucata alla stragrande.

Non c'è che dire.

Molto Guns N' Roses.

Ok, non dico di no.

Tanto tanto fico.

Però sono incazzato nero, cazzo. Carico come un treno merci. Se ci penso faccio il fumo dal naso.

Perchè il concerto era ieri, merda. Ieri cazzo di sera. Il Garbage Club non sa cosa si è perso, cazzo!!!

Noi, invece, lo sappiamo: cinquanta verdoni a testa.

Ok, magari a voi frocetti figli di papà venut su col culo in caldo non vi cambiano la vita, ma a noialtri sì, cazzo! A noialtri ce la cambiano eccome! Ci mangiavamo da McDonald con quei soldi, cazzo! E invece nisba. E vaffanculo. Zio, non avertene a male... non voglio sembrarti ingrato. Voglio dire...


 

Slash deve sboccare.

Sempre cotto come un capitone di prima mattina.

Ci fermiamo ad una cazzo di stazione di servizio e quello, invece di andare al cesso, nello scendere, ridipinge la portiera del pick-up a modo suo facendo mostra di un gusto, oserei dire... alquanto discutibile.

Duff si scansa appena in tempo.

“Cazzo, Slasher!”

Io, purtroppo, invece, non ho questa fortuna.

Basta.

Vado in crisi mistica e soffro come un cane. Abbiamo rischiato grosso, cazzo, a farcela con quei brutti ceffi! Tutta colpa di Popcorn e della sua linguaccia, cazzo. Come diceva il bacherozzo di Reverendo

la lingua non ha ossa/ma le fa rompere

 

E tutto sommato ci è andata di lusso.

Al cesso mi sciacquo i leggins con le tibie intrisi di vomito di Slash e, gemente e piangente, stacco dalla catena che porto al collo la mia vecchia e mitica lametta da barba.

Un po' di body art rimetterà le cose a posto e mi farà sentire meglio.

FROM THE FRUIT OF A MEN'S MOUTH

HIS STOMACH IS SATISFIED

mi incido sullo stomaco in bella calligrafia.

HE IS SATISFIED BY THE YELD OF HIS LIPS


 

Che, tradotto e parafrasato, significa più o meno, sottinteso

(GRAZIE ASSAI, SIGNORE, PER LE STRAFIGHE!!!)

ANCHE STASERA A LETTO SENZA CENA!!!


 


 


 


 


 


 


 


 


 

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Capitolo 15
*** In god we trust ***


capitolo 15



IN GOD WE TRUST
Amy Bailey

Seven Eleven
Oh, tanks heaven!

Sapete una cosa? Adoro I supermercati. Sissignore, ne vado letteralmente pazza. Li ho sempre amati alla follia, fin dalla prima volta in cui, appena nato mio fratello Stuart, ci sono stata con mia madre. Tra parentesi, era sera, come adesso. Mamma aveva finito i pannolini per Stu e, visto che papà, al solito, era in chiesa a sbrigare i suoi affari, lei è stata costretta a trascinarsi dietro i suoi marmocchi, Bill incluso, il quale- se volete che ve lo dica, toccacciava tutto e tirava giù qualcosa dagli scaffali non appena la mamma si distraeva. Rubava come un falco, Bill. Con la sua faccia d’angelo, fregava tutti tranne papà. Con lui non c’era guerra. Non gli teneva botta nessuno. Forse neanche Dio…
Seven Eleven, io ti adoro.
Dico sul serio.
Non ci credete?
Sbagliate, perché io dico sempre la verità- tranne quando mento- direbbe mio fratello Bill. Dio, quanto mi manca! Sto male dalla voglia di vederlo e di abbracciarlo… anche se so che il mio segreto lo ucciderebbe. Io… semplicemente devo correre il rischio. Bill è forte, ne ha passate tante. Sopravviverà.
Seven Eleven. Un colpo di fulmine. Amore a prima vista.
Non lo dimenticherò mai. Mai e poi mai. Quello è stato il mio primo imprinting, diciamo così, con questo affascinante sottomondo dalle luci al neon dove tutto quello che vuoi, qualsiasi cosa tu abbia bisogno, ce l’hanno. Tu ci metti la grana, ovvio. E loro ti parano il culo, direbbe mio fratello Bill. So di essere blasfema. So che se mi sentisse mio padre mi farebbe fuori con le sue mani, quel bastardo di un porco pervertito, lui e quello che mi… che ci ha fatto, ma già che ci sono, a costo di passare per pazza furiosa, voglio confidarvi un altro segreto. Tanto, ormai… uno più, uno meno. Avete in pugno la mia vita e quella di questo granello di senape che, attimo dopo attimo, sta crescendo dentro di me nutrendosi di me, dei miei pensieri, dei miei sogni e dei miei desideri, e dunque… cos’ho da perdere, mi faccio bandire dalla chiesa e passo per blasfema? Giusto? 
Quindi, bando alle ciance e ve lo dico.
Io non ci credo nel suo Dio. Nossignore!
Non ci credo più da quando ha permesso che quest’innocente mettesse radici nel mio grembo ancora in via di sviluppo. Perché Lui ha infranto a promessa. Non è vero che si occupa di noi. Non di me, almeno. Di me se n’è altamente fregato, altro che balle! Non vi pare? E, dico io, se se n’è fregato di me che ero una santa e vivevo di scuola, casa e chiesa… vedete un po’ voi. Io vi ho avvisati. Forse sbaglio e un giorno, magari troppo lontano, pagherò care queste confidenze che vi faccio e questi miei pensieri impuri, ma non m’importa. Io, nelle mie condizioni, vivo solo il qui e l’adesso. La parola futuro, per me, è stata cancellata dal dizionario. 
Scusate, mi sono persa. Lo dice sempre anche la prof di inglese che vado sempre fuori tema. Già, la McKenzie e le sue tirate. Lei sì che ci va, fuori tema, altro che balle! La scuola. Le prese per il culo da parte dei compagni, tutte per via di quell’invasato di mio padre. Altro problema risolto. Vero, piccolo Andy o Jenny?
Risolto per sempre. Va a finire che gli devo dire pure grazie, al vecchio trombone! 
Scusate ancora. 
Dicevo?

Tutte queste chiacchiere inutili per dirvi che adesso, la mia chiesa, è il Seven Eleven. E che riconosco il volto di dio scritto minuscolo in ogni bene di consumo in bella mostra sui suoi scaffali. E’ solo un dio meno pretenzioso e meno perfetto, ma è pur sempre un dio. E adesso prendetemi pure per scema, ma questo è quello che penso. Un dio che ha quello che serve per me e per il mio bambino in questo momento. Un dio che, a differenza di quello di mio padre-maledetto lui e tutta la sua congrega incestuosa di alienati mentali e di pedofili- mi tirerà fuori dai guai in cambio di una manciata di spiccioli. E quindi, se non siete d’accordo, me ne infischio.
Capito?
Non mi rompete!
E’ quasi mezzanotte. Chissà se la mamma si sarà sveliata, magari a far pipì, notando il mio letto vuoto. Chissà. Forse, strafatta com’è di solito, avrà notato i codini di lana color polpa di zucca della mia Suzy, la bambola Cabbage Patch. A  proposito. Mi manchi, piccola, ma non potevo portarti con me. Non sono più una bambina, sai? Sono una donna in fasce, adesso, e non potevo portarti con me.  Tra poco ne avrò un’altra, di bambola. O un bambolotto- sa dio- che prenderà il tuo posto. Addio, Suzy. Con te se ne va la mia infanzia. Sempre che io ce l’abbia mai avuta, un’infanzia. Ad ogni modo, qualsiasi cosa fosse, adesso non c’è più. 
Addio, Suzy.
Addio.
Consola la mamma per me. 
Già, la mamma.
La volete sapere una cosa? Anche se è sempre sballata totale e in letargo perenne, mi manca.
Senza rancore, Sharon. 
Chissà, magari sarà venuta in camera mia a darmi la buonanotte. Mi sembra di vederla, china sul copriletto di Biancaneve e i Sette Nani dove Bill, una volta, frustato a sangue, se l’era fatta sotto lascando alla strega uno strano alone giallo da santa che mi aveva confuso le idee… dicevo, mi sembra di vederla, mia madre. Talmente piena di Ritalin che si china sulla bambola e la bacia. 
“Buonanotte, tesoro mio” biascica la voce impastata di colei che ha sempre saputo e taciuto. “Dormi bene, bambina. A domani.”
Una lacrima cade tra le labbra di Biancaneve, la quale se a beve avidamente come antidoto al veleno della strega e, per magia, si alza dalla sua bara di cristallo. Sposa il principe, adottano la mia povera piccola Suzy rimasta orfana e, insieme, vivono a lungo felici e contenti.

E’quasi mezzanotte, dicevo. Scusate, ma ho la testa che divaga.  Troppe cose, ho in mente. Troppe. Va a finire che mi scoppia la centralina!
Le luci al neon rendono tutto ancora più vero e nudo e crudo di quello che si vede in tivù. I lunghi cilindri fluorescenti mi spogliano nuda e mi fanno la radiografia. E finalmente ti vedo, piccolo Mickey o Sarah.  Sarah.  Mi piace. Non male. O dovrei chiamarti Suzy? Ti vedo. E anche tu mi vedi.  E io, ancora una volta, ringrazio il mio dio.
Mi piace la gente che vaga tra le corsie e gli scaffali spingendo carrelli carichi di ogni ben di dio, utile o inutile. Gente che è scappata fuori all’ultimo momento buttandosi qualcosa addosso a cercare ciò che aveva dimenticato, guidata dalla fede. Certa che il supermarket avrebbe saputo tamponare la situazione e risolvere brillantemente il problema. 
Vedo una coppietta che compra una scatola di Akuel.
Un gruppo di ragazzi che sembrano delle rockstar che fanno incetta di birre e di superalcolici. 
Un’anziana che compra il giornale.
Un barbone un tramezzino e una sottomarca di birra.
Gente di tutti i tipi per tutti i gusti e tutte le tasche. E tutti qui.
IN GOD WE TRUST.
Già. Appunto. In dio confidiamo.
Ma non in quel Dio. In questo.
E’ quello che dicono tutti. O almeno… se non le loro labbra, per lo meno i loro occhi.
Qui, nella corsia dei cosmetici, c’è una ragazza afro con una chioma grossa come un lampadario. Prende in mano un balsamo. Un altro. Uno shampoo antiforfora. Un altro. Un gel effetto bagnato. Una lacca ecologica alla betulla. Uno shampoo colorante. Si fruga in tasca. Ha pochissimi spiccioli, ma bastano. Un enorme sorriso fatto di confetti bianco latte si allarga nel suo viso color caffèlatte.
Grazie, dio. Grazie di avermi esaudita, leggo sulle sue labbra cariche di gloss. Nel suo carrello prendono posto lo shampoo color Rosso di Sera, la lacca alla betulla, l’antiforfora e il balsamo anticrespo al burro di Karitè, senza dimenticare il tocco finale del gel fissante.
Già, lo shampoo color. Proprio quello che mi serve. Il guaio è che i miei capelli sono già Rosso di Sera di natura! Li ho presi dalla mamma, che li ha carota proprio come me e mio fratello Bill. 
E allora? Cosa scelgo?  
Uffa…
Sullo scaffale, lungo come la fame a perdita d’occhio, una cinquantina di ragazze sorridenti sempre diverse mi mostra l’intera gamma cromatica L’Oreal e Clairol. Giuro, mi sta venendo anche fame. Sono da mangiare, tutti quei capelli freschi di parrucchiere! Già. Io e i miei vizi. In casa lo siamo tutti. Viziosi, voglio dire. Lui più di tutti. Beve e… e niente. Non dico altro. Indovinate. Mia madre beve e si strafa’ di tutto di più purché legale. Azzi suoi. Bill si taglia. Stu fa la pipì a letto. E io mi strappo i capelli o me li mastico, a seconda di come mi gira. 
Dicevo, qui è un casino. 
Dal Nero Inferno al Bruno Bruciato. 
Mmmm! Buono!
Mi sta venendo una voglia, ragazzi! 
Una voglia matta di liquerizia. Di quella dello stecco del Liuk. Avete presente? Sarei capace di magiarmi tre gelati solo per i tre stecchi di liquerizia, giuro!
Non ci credete?
Dalla liquerizia al cioccolato. 
Altro giro, altra voglia.
Tra parentesi, prima di uscire mi faccio scorta di Baby Ruth.
Chiusa parentesi. 
State a sentire. Dal Castano Fondente al Caramello Cremoso. Brutti bastardi, dico io! Lo fate apposta! Volete farmi morire dalla voglia? Devo sbavare da qui all’uscita e trascinarmi sulla mia bava come una cavolo di lumaca senza guscio? E’ questo che volete? Perché se è questo, lo avrete. 
Poi vengono i Frutti di Bosco, maledetti loro. 
Sempre tra le tinte per capelli, beninteso, ma- se volete saperlo me li farei fuori tutti lo stesso.
Adoro quelle scatole coloratissime e vivaci. Così irreali e fantastiche. Promettono sogni in technicolor. Bellezza. Successo e fortuna. Ammoniaca. Resorcina. P-Fenilendiammina. Acqua ossigenata. Mamma mia, quante porcherie la gente si mette in testa! Ma chi se ne frega? Io non ho scelta. E poi, che sappia io, per una tinta non è mai morto nessuno. O sì?
Sciocca d’una ragazzina! Vedrai che andrà tutto bene
A patto che segui scrupolosamente le istruzioni. Sempre se non sei allergica all’ammoniaca! 
Allergia io? Ma cosa vado a pensare? A volte sono proprio la mia peggior nemica. Non trovate anche voi?
Dunque… dal Mirtillo al Lampone passando per il Mogano, ma a me del mogano non me ne frega un’acca perché non è commestibile. 
Andiamo avanti. Non voglio mica metterci tutta la vita! 
Rosso di Sera. Rame Dorato. Biondo Fragola. Biondo Platino.
Aiutatemi voi… 
Che ne dite di un nero Inferno coi rilessi bl… no, merda. Mi ricorda troppo quel brutto bastardo che io, invece, voglio solo dimenticare.
Ragazziiiiii!!!
Ho trovato.
Voglio essere bionda. Anzi, no! Che dico, bionda! Bionda è troppo poco. No mi basta. Io voglio un cambio radicale, dal giorno alla notte. Non voglio diventare bionda. Io voglio di più. Molto di più! Io voglio essere una Superbionda. 
Come Marilyn Monroe. 

Col cuore in tumulto afferro una confezione di Biondo Platino e la porto alla cassa numero 10. Il numero che cambierà la mia vita. 
A questo punto mi faccio dare dalla commessa una forbice bella grossa di quelle da sarta e siamo a cavallo.
“Quanto?”
La ragazza, una bionda fasulla dalle sopracciglia nere come il peccato, spalanca due occhi bovini che grondano Rimmel e matita sbavata. 
Schiaffa i miei acquisti in una busta di plastica
“Sei dollari e cinquantacinque.”
Ok, panico.
Mi frugo ovunque a dispetto del comune senso del pudore. 
Ho solo sei e cinquanta. Mi mancano cinque cents.
E adesso?
“Fa niente” mi fa la cassiera. “Me li porterai.”
Ringrazio dio e scappo fuori coi miei acquisti. 
Adesso devo solo trovare un passaggio per la stazione degli autobus Greyhound, chiudermi in bagno e farmi la tinta.
Ce la farò a far tutto per bene senza farmi beccare?

“Ehi, ragazzina!”
Mi volto trafelata come se mi avesse appena morso un serpente. 
Tutto quello che vedo, è un colletto bianco.
Un colletto bianco da prete.
Ommioddio…
Sto male. Mi gira tutto. Ho la nausea.
Tutto intorno a me s’impasta e si confonde.  I lampioni fibrillano. Il cielo stellato mi crolla addosso e mi schiaccia. Non mi lascia respirare.
Io cado. 
Precipito. 
Aiuto! 
Non ho voce. Niente. Neanche un sussurro. 
Aiutatemi, vi prego!
Sono incinta.
Io… non ho voce.
Mi sta venendo un infarto, lo so! Lo sento!
Maledetto colletto di plastica bianca!
Non sai quanto mi fai schifo, quanto ho imparato a odiarti!!! 
No, non lo sai!
E soprattutto non saprai mai quanto ti ho amato.

Sto male. Mi sento svenire.

Quanto ti ho amato…
papà!

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Capitolo 16
*** All you need is just a little Patience ***


capitolo 16

 

 

ALL YOU NEED IS JUST A LITTLE PATIENCE

W. Axl Rose

 
Hai mai visto Dio?
Un mandala. Un angelo simmetrico.
Jim Morrison
E Dio venne a noi sotto forma di pick up guidato da due fighe hippy belle abbastanza da far crollare il mondo intero senza fare troppi danni.
Sissignori, cazzo!
No, dico… dopo tutta la sfiga che ci ha accompagnato come una fottutissima zecca fino ad ora, una botta di culo ci sta tutta. O NO? Voi che ne dite?
Ma… ci arriveremo tra un po’, ok? Per adesso, per quanto ci concerne, siamo ancora nella merda fino al collo.
Gustatevela tutta, gioie mie belle, ridete, ridete pure dei sottoscritti, ridete finché vi pare perché tra non molto faremo il botto e allora schiatterete secchi d’invidia. Le prime tappe sono volate via come in un incubo di male in peggio. Di fare i turisti, cazzo, non ci è neanche passato per l’anticamera del cervello, né a me, né tantomeno ai miei soci. Il miracolo di cui sopra è ancora in là da venire e, al momento, nonostante la Grazia divina stia per lusingarci mostrandoci la via per la Terra Promessa del Latte e del Miele, i ragazzi, qui, stanno parecchio maluccio.
Indovinate perché.
Risposta esatta!
Uno a zero per voi.
Stanno a rota di brutto come dei cazzo di tacchini.
Stanno a rota, notare, praticamente da Santa Barbara, il che vale a dire da Los Angeles, cazzo. No, dico io… ma si può essere più deficienti di così, cazzo? Inutile dire che la roba al momento è finita e noi con essa. Dico noi perchè, cazzo, qui stiamo tutti sulla stessa barca. Perché, la volete sapere una cosa, cari stronzetti di Ribelli Senza Causa e teppistelli da due soldi scappati di casa?
Dico a voi, figli del Rock e del Metallo Pesante!
A voi, che consumate un accendino in una cazzo di sera per una ballata rock strappa mutande.
I Guns Fottutissimi e ancora più Strafottuti non sono solo un gruppo Rock. No, cazzo. Noi siamo molto ma molto di più. Noi siamo i nuovi Doors, cazzo. Capito?
 
Considerateci dei Politici Erotici
 
diceva il buon vecchio Lizard King
(I can do anything)
spirito a me fottutamente affine. 
I Moschettieri Tossici. Uno per tutto e tutti per uno, cazzo. E questo vale per tutto. Trucco e parrucco. Cibo e vestiario. Vizi e stravizi. E lei, la Marrone, non fa eccezione.
Dividiamo tutto. Donne. Letto. Vino. Whisky. E alla fine lei, la Tossicodipendenza.
Ma sapete una cosa?
Meglio avere una sana e onesta tossicodipendenza* che vivere una vita di merda senza sbocchi.
L’eroina è una droga onesta, perché toglie subito di mezzo l’illusione di uscirne vivi*.
E noi siamo gente molto ma molto ONESTA. E’ chiaro il concetto? E quindi, non ci rompete le palle.
Stiamo tutti di merda. Di schifo. Da vomito. Però teniamo duro e stringiamo i denti, sicuri che da qualche parte, lungo l’interstatale 5 che taglia il grande West come una cazzo di fetta di salame servendoci Seattle, il nostro cazzo di punto B, su un piatto d’asfalto e catrame. Merda.
 
 
La strada rotola via come in sogno, cazzo e noialtre teste di cazzo, qui, stiamo sempre peggio man mano che la meta si avvicina. Sia fisicamente che psicologicamente.
E cose belle bisogna meritarsele, raga, quindi, anche voi,
all you need is just a little patience
some more patience
Ragion per cui, belli miei dai cervellini brufolosi in salamoia nel testosterone, sappiate che, prima di arrivare al passaggio della nostra vita e di assaggiare per la prima volta dopo il minivan delle vedove nere il gusto pieno e proibito della vera cazzo di vita on the road, ci siamo letteralmente cagati sotto.
Dopo l’affare sfumato del vecchio Greyhound
 could never be my way
e il vergognoso pestaggio subito dagli inquilini di quella specie di schifosissimo dormitorio su ruote, per leccarci le ferite del corpo e dell’anima, abbiamo dato fondo alla nostra riserva di  ero. Insomma, ci siamo fatti e strafatti come se non ci fosse un cazzo di domani e adesso, porca puttana, ci mangiamo le mani e ce lo ciucciamo.
Sapete dove siamo?
Ci siamo arenati come cazzo di capodogli col mal di mare su una schifa di strada laterale di merda appena passato Sacramento, in quella che ha tutta l’aria di una zona industriale.  Ed eccoci qui, sulla via dei sogni infranti, a boccheggiare come cetacei spiaggiati nel parcheggio di una vetreria con un sole che spacca le pietre che la pietà non sa neanche dove sta di casa.
Deduco che devono essere circa le cinque del pomeriggio, cazzo, perché ad un certo punto dai casermoni e dai capannoni riarsi dal sole sciamano fuori gli operai che, Dio li benedica, dopo una giornata di merda sul lavoro, portano a casa la cazzo di pagnotta.
 Woodland, Buco del Culo di Ziosolosadove, USA.
No, dico… beccatevi la scena.
Occhi Senza Volto anche detto Vomito Ovunque se ne sta lì, accovacciato sul marciapiede, a sbavare come un tricheco con la gengivite e a tremare mentre, squassato da continui conati di vomito che solo a vederlo, cazzo, ti allargano il cuore, si serve del suo stesso merdosissimo cilindro come di un secchio per sboccarci dentro ogni cinque minuti di orologio tra i commenti di tutti i presenti.
Gli operai ci sciamano attorno schifati.
Le auto ci evitano
Il primo della serie è l’inossidabile Duffo Scaruffo.
“Cazzo, Slasher!”
Deglutisce rumorosamente e si stringe addosso i resti laceri della t-shirt con su Sid Vicious che si fa una pera – beato lui, dico io, cazzo! Daccene un po’anche a noi! – poi si versa in gola il culo caldo come la piscia di una boccia di Zio Jack. Inutile dire che si sbrodola fin nelle mutande. Infine, a suo comodo, con tutta la flemma di cui la sua indole placida è capace, rutta, sputa e scatarra.
“Oxford!”
commento io, lottando per rispedire al mittente un cazzo di fiotto di bile che mi è risalito in gola a razzo.
 “Un vero Lord Inglese!”
Ma Duffo il Mistero Buffo non ha occhi che per Vomito Ovunque, il quale, povera bestia, sta tirando su anche il pancreas.
“Che schifo fai!”
Lancia uno sputo denso e giallo come un tuorlo d’uovo, roba che a momenti do giù di testa.
“Mi fai venir su anche il tacchino del Ringraziamento!”
Il che, cazzo, volente o dolente ti crea un’immagine.
Grazie assai, caro Duff. Un punto per te.
Ma grazie cosa? Grazie al cazzo!
No, dico… io non sono un frocio. Non sono un fighetto e nemmeno un cagasotto. Chiaro? E’ solo che in questo momento, io… io certe cose non le reggo, cazzo!
“Ma vaffanculo, McKagan!” strillo con tutta l’estensione delle mie sei ottave. “Sei tu che lo fai vomitare! L’hai capito?”
Il Lampione Coglione mi indirizza un dito medio fatto col cuore.
Touchè, dico io. E invece mi mordo la lingua e sto zitto. Prendo, incasso e porto a casa.
Poi c’è Scemo+Scemo.
Il Cugino It.
No, dico… si è spogliato nudo per grattarsi anche nel buco del culo a dispetto dei passanti e si sta spulciando le lunghissime chiome sfatte senza farsi troppe seghe mentali. Il tutto a dispetto del fatto che, come vi ho già spiegato, non è che qui siamo esattamente soli.
Anzi!
Con gli operai e le impiegate- e che fighe, cazzo!- in libera uscita a fine turno di lavoro, devo ammettere che, sicuramente, dal loro punto di vista, dobbiamo costituire un bel diversivo alla quotidiana routine del rientro a casa.
Voi che ne dite?
Ed ecco a voi Scemo al Quadrato aka Shannon Hoon, nato a Lafayette Zombie City.
Diciassette anni buttati.
Coi capelli che spazzano terra ha fatto un discreto lavoro di ramazza e devo riconoscere che adesso, il parcheggio, si presenta molto meglio rispetto al nostro arrivo.
E’ lui che si presenta male, cazzo!
Ad ogni modo, io sorrido a tutti.
Belli e brutti.
E, se volete saperlo, me ne strafotto dei loro commenti.
E anche di vostri. Quindi, state schiacciatini. Chiaro?
Vi avverto: oggi ho le palle girate.
 
Sorrido e saluto con la manina, incurante del fatto che la mia faccia d’angelo - che più volte, nella vita, mi ha cacciato nella merda per poi cavarmene fuori più o meno pulito- a giudicare da come mi sento, dev’essere verdognola pancia di rana.
Io non lo cago di striscio, Scemo al Cubo. E soprattutto cerco di non guardare Izzy il quale, povera stella, piange e si dispera come un lattante col buon vecchio Popcorn che gli fa pat-pat sulla schiena e se lo culla canterellandogli una specie di ninna-nanna oscena imparata Zio sa dove.
Io sono troppo occupato a cercare di non vomitare come Slash. A differenza dei miei compagni, qui, io ho ancora un certo aplomb e riesco, nonostante l’evidente sbattimento fisico, a sfoggiare una certa classe.
Loro, invece, nisba.
E mentre mi contorco come un’anguilla col mal di stomaco cercando di tener giù almeno la saliva che ho ingoiato, cazzo, visto che la colazione non l’abbiamo fatta. Quanto al pranzo, bella roba! Era meglio se stavo a digiuno, cazzo!
Stiamo tutti a rota da far schifo. E questa, tra parentesi, non è una novità. Chiusa parentesi.
No, dico… beccatevelo, il mio pranzo. Due banane tutte nere e putrefatte recuperate da un cestino dell’immondizia. Un tozzo di pane secco con l’uvetta pietrificata risalente all’antico Egitto e, per dessert, una manciata di Pringles calpestate, gentilmente offerte dal marciapiede. Eh? Che ne dite, gente? Ce n’è da fare indigestione, cazzo! E agli altri non è andata meglio.
Shame si è dovuto accontentare di una scatoletta di tonno del Giurassico Inferiore.
Izzy, invece- che botta di culo, raga!_ si è sparato via un sacchetto di gelatine gommose mezze masticate e sputate che gli devono aver fatto poco bene al pancino, povero cocco, visto che scappa dietro una cazzo di pianta ogni dieci minuti!
Duffone, invece, è un caso a parte. Frigna e piva in continuazione. Dice che se non mangia la sua cazzo di zuppa d’orzo tira subito le cuoia senza passare dal via. E quando facciamo una specie di colletta alimentare per sfamarlo, ci respinge e mette il broncio.
Steve si sta snocciolando il suo cazzo di notes con su tutte le sue strafighe. Strappa i foglietti, li mastica e li manda giù come se fossero fette di prosciutto. No, dico…
Ad un certo punto non ne ho potuto più di assistere a quello scempio. No, dico… ditemi voi. Che cazzo di leader sarei se non mi preoccupassi della salute e del benessere dei miei sottoposti? Eccheccazzo! Così, con fare paterno, lo prendo da parte e, con discrezione, provo a farlo ragionare.
“Ma sei fuori?” Gli faccio, in un orecchio. “Steve, cazzo! Ma tu ti fai del male!”
“Io?” fa lo scimmiotto. “Axl,cazzo vuoi? Pussa via!”
“Salvarti la vita, cazzone!” Gli strappo di mano il resto del notes. “Ma non lo sai che l’inchiostro lo fanno col piombo, razza di coglione che non sei altro? Cazzo ti dice la testa?”
“Quale testa?” S’intromette Slash.
“Ma vai a cagare!” replica Popcorn, levando alto il dito medio.
Senza speranza, mi fiondo da Izzy. Lui, di solito, con la sua flemma, sa farsi ascoltare. Persino da Steve.
“Se gli va di farlo lascialo fare” vomita il mio chitarrista ritmico, frugandosi nel naso alla ricerca del Santo Graal.
Poi fa una cosa che mi spiazza e ci resto di cacca.
Tira fuori una bustina di zucchero dietetico ciullata Zio sa dove in che cazzo di bar e, con uno scatto felino, se la spara nel naso.
Io deglutisco a vuoto.
Incapace di far motto.
Poi capisco che non ce n’è più e cerco conforto nella fede.
“Metti a bagno il culo, tesoro” continua, pulendosi le dita nella mia maglietta di Sid & Nancy, scosso da improvvisi conati di vomito. “E guardati intorno. Sniffa anche tu, prima che ti venga una crisi!”
Ok, amico. Come non detto, eh?
No, dico…
(ritenta. Sarai più fortunato.)
Poi, prima che io potessi scansarmi o cercare un riparo, arriva la doccia.
“Ehi!” protesto io, facendo un balzo indietro. “Izzy… cazzo fai?”
Lui schizza i resti delle sue gelatine assieme a una litrata di vino sui miei stivali texani prima che io riesca a dire amen.
Tra parentesi, che vino, gente! Quel cazzo di vino da due soldi che noi chiamiamo Nightrain e che prima ti spacca le budella e poi ti manda all’ospedale.
Un bicchiere e stai da dio. Due. Ancora meglio. Tre e sei fuori. Mezzo litro e barcolli. Una bottiglia e ti raccolgono col cucchiaino.
Chiusa parentesi.
“Bastardo!” salta su Vomito Ovunque, schiaffandogli in testa per punizione il suo cilindro bello pieno. “Così impari a fotterti tutto il boccione di vino!”
Basta. Sto male.
Devo aggrapparmi al passato, cazzo, se voglio trovare la forza di costruirmi un futuro!
Sto di schifo ma non demordo.
Barcollo, ma non mollo.
 
il Regno dei Cieli è vicino
 
anche se al momento si sa nascondere bene.
Inoltre io sono la Bibbia Vivente. Il solo verbo vero.
Se cedo io, che sono il Pastore, che ne sarà delle mie pecorelle?
Il Signore è il mio pastore.
Non manco di nulla.
 
(Tranne che di una cosuccia, detto tra noi, ma lasciamo stare, va’, che è meglio!)
Avanti, dico io! Coraggio!
Ce l’avevamo quasi fatta…
Ci siamo lasciati dietro la California, quasi tutta intera. La sfiga, invece, mi sa che ci sta ancora seguendo. E d’altronde, lo dicevo io! A costo di passare per superstizioso, io ve l’avevo detto, cocchi miei belli, che non è stata proprio una genialata iniziare il nostro primo schifosissimo tour (leggi varo inaugurale alla voce Titanic!) di venerdì 17, cazzo!
O no?
Voi che ne dite?
Ma si può essere più deficienti di così?
Duffo il Grande Puffo non è che lo fa apposta, povera stella! E’ che è proprio fatto così, porca di quella puttanaccia! Lui non ci pensa su un secondo alle conseguenze delle sue azioni! No, niente! Lui spara. E chi s’è visto s’è visto. E questi sono i risultati. E noialtri furbi tutti dietro come pecore, cazzo!
A proposito, raga.
(Mi frugo nelle tasche del chiodo. Dunque. Dopo la rissa coi barboni per quel Greyhound di merda, cazzo, non me n’è rimasta una giusta: tutte bucate o stracciate. E perdo di tutto. Paglie. Accendini. Quel poco di fumo e di bella maria che avevo. Rohipnol. E vaffanculo. Ad un certo punto, tutto stropicciato, mi viene in mano un foglietto a fisarmonica che, alla luce del sole, si rivela essere proprio quel che cercavo. La scaletta. Le nostre date, cazzo. E il mio cuore salta un battito.
“Merda” annuncio a beneficio della band, scalciando via una lattina vuota di Dr Pepper che ho solo assaggiato e sputato. “Domani sera abbiamo il Polecat Club, a Portland, Oregon.”
“Seee, col cazzo!” fa Popcorn, pisciando senza pudore davanti a tutti. “Ma hai presente dov’è Portland? Sarà almeno a un giorno di viaggio da qui!”
“Cazzo dici?” interviene il nostro Duffo Scaruffo. “Tutt’al più saranno dieci, undici ore…”
Io non commento che è meglio.
“E chi cazzo ci porta fino a Portland?” domanda Slash, pulendosi la bocca nei capelli a cascata impastati di chewingum del nostro road manager, intento a masticare una gomma fluorescente grattata via dal marciapiede.
Si volta a lanciarmi un’occhiatina sarcastica.
 “Gesù Cristo?”
Inutile dire che la battuta cretina di Shame lo Scemo, dà la stura, da parte della band, ad una serie impressionante di cazzate a nastro che non starò certo a ripetervi.
“E se fosse?” rispondo io, punto sul vivo. “Padre, perdona loro perché non sanno quello che dicono!”
“E gli strumenti, cazzo?” tuona Slash, gelandoci tutti all’istante. “Ammesso e non concesso che ci arriviamo, cazzo, a Portland, mi dite come cazzo facciamo a suonare senza gli strumenti?”
 
Silenzio tombale.
Pianti. Gemiti. Lamenti.
Il marciapiede è una valle di lacrime.
E mentre i crampi della rota mi dilaniano le budella e, mio malgrado, vomito l’anima sui texani di Izzy- della serie chi la fa l’aspetti- sporcandomi anche i capelli, cazzo, e buttando definitivamente da culo la mia bella acconciatura alla Hanoi Rocks, riesumo le ultime tappe della nostra squallida vita on the road.
 San Francisco.
Cazzo. Popcorn ci ha preso la gastroenterite, a San Francisco, con una cazzo di torta alla panna. Come cazzo avrà fatto, lo sa solo lui.
 Fairfield.
Ci abbiamo composto una canzone, una notte, stravaccati su di una panchina sotto la pensilina di un autobus che non potevamo permetterci.
 

PATIENCE

(Axl/Slash/Izzy/Duff /Steve)
 
Shed a tear 'cause I'm missin' you
I'm still alright to smile
Girl, I think about you every day now
Was a time when I wasn't sure
But you set my mind at ease
There is no doubt
You're in my heart now

Said, woman, take it slow
It'll work itself out fine
All we need is just a little patience
Said, sugar, make it slow
And we come together fine
All we need is just a little patience
(patience)
Mm, yeah

I sit here on the stairs
'Cause I'd rather be alone
If I can't have you right now
I'll wait, dear
Sometimes I get so tense
But I can't speed up the time
But you know, love
There's one more thing to consider

Said, woman, take it slow
And things will be just fine
You and I'll just use a little patience
Said, sugar, take the time
'Cause the lights are shining bright
You and I've got what it takes
To make it
We won't fake it,
I'll never break it
'Cause I can't take it

(whistle)
...little patience, mm yeah, mm yeah
Need a little patience, yeah
Just a little patience, yeah
Some more patience, yeah
Need some patience, yeah
Could use some patience, yeah
Gotta have some patience, yeah
All it takes is patience
Just a little patience
Is all you need

I BEEN WALKIN' THE STREETS AT NIGHT
JUST TRYIN' TO GET IT RIGHT
HARD TO SEE WITH SO MANY AROUND
YOU KNOW I DON'T LIKE
BEING STUCK IN THE CROWD
AND THE STREETS DON'T CHANGE
BUT BABY THE NAME
I AIN'T GOT TIME FOR THE GAME
'CAUSE I NEED YOU
YEAH, YEAH, BUT I NEED YOU
OO, I NEED YOU
WHOA, I NEED YOU
OO, ALL THIS TIME
(ah)



 
 
Bakersfield.
Una sbronza da paura. Ho ancora la testa che mi si spacca. E Slash da allora non è più stato lo stesso…
Sacramento.
E qui casca l’asino, cazzo.
A proposito… qualcuno di voi ha un fazzoletto di carta?
Oh, merda. Che sfiga!
Mi sa che mi sono fottuto del tutto gli stivali che avevo appena ripulito.
E non fate quella faccia! Capita!
 
Shame, dall’alto del suo rango, scaccolandosi senza pudore, mi guarda e scuote la criniera con disprezzo.
“Fai schifo, Axl!”
Il buon vecchio Slash, mosso a compassione, mi strappa dai capelli la bandana e la usa per pulirmi i texani.
 
Dicevamo?
Stazione Terminal. Ed eccoci qui a vomitare le budella stramaledendo il giorno in cui siamo venuti in questo mondo di merda.
Sacramento, appunto.
E qui subentro io che, come voi ben sapete, sono una cazzo di Bibbia vivente. Un Sacramento ambulante. Uno che- bene o male- ha ancora un cazzo di filo diretto con Ronnie James Dio.  Non ci credete?
Aspettate e vedrete! Sì, perché forse voi non lo sapete ancora ma, a Sacramento, CA, i miei Guns Fottutissimi sono stati miracolati. Anzi, sacramentati.
 
Dio esiste, ragazzi miei, cazzo!
Eccome se esiste!
Dio vede e provvede.
Ed ecco che si avvicina questo cazzo di pick up a tocchi e bocconi tutto dipinto di fiori, simboli della pace e col logo del festival di Woodstock in bella mostra grosso come una cazzo di casa sul cofano.
Dietro un parabrezza crivellato di collanine e ciaffi vari di cuoio e perline di vetro colorato, due fighe da sballo sepolte vive nei capelli.
Io mi avvicino e srotolo il mio dog-eat-dog-sly-smile, il mio ghigno da bel tenebroso che, belle e brutte, le stende proprio tutte.
“Dove andate?” domando, fumando la mia sigaretta con stile.
“A Portland” rispondono e sventole in una nube di fumo di bella maria. Poi mi fanno una tomografia assiale computerizzata full body dalla bandana ai texani profanati da Izzy e parlottano e ridacchiano tra loro.
Alla fine, il miracolo si compie.
“Allora?”
I Guns Fottutissimi mi aderiscono intorno come ombre per sfruttare il fascino del sottoscritto.
Le ragazze cinguettano. Sicuramente ci stanno prendendo per il culo a palla, viste le poco decorose condizioni dei miei ragazzi. E tuttavia, una fata lisergica si protende verso di noi come il fagiolo magico di Topolino in un mitico albo di quand’ero bambino e ci fa segno di avvicinarci.
“Ehi, ragazzi!” trilla un vocina ultraterrena “che state facendo di bello?”
Noi ci guardiamo l’un l’altro senza far motto.
Di bello?
No, dico, gioia, ma ci hai visti?
Ad ogni modo, noialtri guitti qui, pur messi di schifo come siamo, non ce lo facciamo ripetere due volte.
Questo è il nostro cazzo di treno per la gloria, cazzo!
Si tratta solo di saltarci sopra.
 
Poi la Madonna dell’LSD mi sorride melliflua.
“Tesoro” mi fa, soffiandomi un bacio su ali di tela di ragno e mandandomi tutto su di giri da dio “serve uno strappo?”
* * TRAINSPOTTING, citazione

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Capitolo 17
*** sympathy for the devil ***


capitolo 17

 

 

 

SIMPATHY FOR THE DEVIL

Adrianna Smith

 
Basta.
Ci mancava solo il numero della Bestia, qui!
Comunque, che Nosfy fosse un’entità a parte l’avevamo capito. Che non fosse proprio un cuore d’oro, in tutto questo tempo, c’era balenato, a me e Savi, ma… che fosse pure l’Anticristo in carne flaccida e ossa artrosiche… ad ogni modo, Satana o non Satana, bando alle ciance e veniamo al dunque. Il nostro unico scopo, a questo punto, oltre ad orbitarci intorno alla Terra per non scendere mai più tra i comuni mortali, è trovare quella cazzo di combinazione per quella bastarda di cassaforte.
Sarò anche matta, alienata, demente… tutto quel che volete voi, però vi dico una cosa: mia madre, figli scemi, non ne ha fatti. E io, modestia a parte, sono il suo capolavoro. Ok?
Ehi, belli… ma come vi permettete, cazzo?
Burini rifatti male che non siete altro!
La mamma lo diceva sempre- pace all’anima sua: io ero il suo bastone della vecchiaia. Il suo capolavoro. Il suo orgoglio. Però, detto tra noi, non l’ho mai capito perché si è tagliata le vene! In fondo aveva solo trent’anni!
Ad ogni modo, io non ci credo che il fu mister Gabinetto, ciè, no… voglio dire Water Closed. Uffa! Per carità, non volevo… non mi permetterei mai… com’è che si chiamava? Ah, ecco!  Winston Coletti. Il paparino del nostro mitico Popcorn. Insomma, voglio dire… cos’è che volevo dire, cazzo?
Merda.
Mi sa che ci sono andata giù un po’ troppo pesante, oggi, con la Metz… voi che ne dite?
Insomma, secondo me non è possibile che un uomo di mondo scaltro come Coletti abbia scritto quel cazzo di codice solo addosso ad un cazzo di pennuto che, tra parentesi, comincia pure un pochettino a puzzare.
Mettiamo che un bel giorno il pappagallo, durante le pulizie di primavera, aperta una finestra, cazzo, fosse volato via con il suo preziosissimo codice segreto. Ma ve l’immaginate? Niente di più facile. O no? Secondo voi, cazzo avrebbe fatto mister Water Closed- oltre a tagliarsi le vene, dico.
No, impossibile.  Ci dev’essere un altro cazzo di posto in cui è scritta, la combinazione di quella merda di cassaforte!
Ci sarà pure un modo per entrare in possesso della cazzo di eredità di Steve, cazzo!
E mentre mi arrovello il Gulliver con queste seghe mentali, mi aiuto sciogliendo lentamente sulla lingua un cartone di Super Hoffmann che distorce alternativamente ed intensifica le mie porte della mia percezione. Tanto che, quando la mia coinquilina cretina caccia uno strillo acuto, mi butto sotto il tavolino della sala e assumo, terrorizzata,  in posizione di atterraggio d’emergenza.
Inutile dire che rischio un cazzo di infarto del miocardio. A diciassette anni. Vedete un po’ voi…
 
“ADRIAAAAANNAAAAAAAAAA!!!”
Io salto su come un tappo di champagne, come una cazzo di bomba a orologeria. A confronto, Little Boy, quella che ha polverizzato Hiroshima, era una cazzo di petardo per poppanti.
“Cazzo vuoi?” trillo con voce flautata. “Savannah! M’hai fatto prendere un colpo, cazzo! Ti sei iniettata il cervello sottovena?”
Niente. Come non detto.
Un missile terra-aria verdastro attraversa la stanza alla velocità della luce recando sulla sua scia una nota battona di mia conoscenza a cavallo di una scopa di saggina che, quando non rompe le palle come sta facendo adesso, è la mia migliore amica.
“Bastardo malcagato!” sbraita la mia degna compare calando un fendente sul groppone del felino, lucido come una palla da biliardo. “Cazzo hai fatto sul mio letto, eh? Brutto schifoso! Difenditi, perché sei capace!”
Una ramazzata. E un’altra. E un’altra ancora.
E io, che sono vegetariana e, nonostante tutto, rispetto la vita in ogni sua forma- mi aggradi o meno- decido di intervenire prima che la mia stronza di amica, qui, spiaccichi l’Anticristo fatto ratto- anzi, gatto- sul pavimento, suscitando le ire del suo diretto superiore.
“Savannah!” Grido, strappandole di mano l’arma letale. “Così lo ammazzi, cazzo! Non ti basta un morto in casa? Ne vuoi fare un altro per una cretinata?”
La scema in questione si ravvede e molla l’osso.
“Adri, cazzo! Fuori dalle palle! E’ una faccenda tra me e questo scherzo di natura, chiaro? Non mi serve il tuo cazzo di aiuto, Capito stronza?”
Una vera signora.  Noblesse oblige.
 “Pussa via, ho detto! Sempre con quelle tette sfatte di fuori! Ma non ti vedi cosa sembri? Zoccola! Tra un paio d’anni più che un reggiseno ti ci vorrà una carriola, cazzo!”
“Ha parlato Marilyn Monroe!”
Basta. Vi risparmio il resto.
Su, avanti. Non fate quella faccia.
Cos’ho detto, di male?
E allora…
Io e Savannah abbiamo solo discusso. Non era una lite! Nossignori! Cazzo andate a pensare? Savi è la pupilla dei miei occhi! La mia migliore amica di sempre! La mia cazzo di pusher… sì, insomma… qui lo dico e qui lo nego: non posso vivere senza di lei!
Ecco perché, qualsiasi cosa succeda, facciamo sempre la pace, io e lei.
 
Fra i due litiganti il terzo gode.
Si dice così, vero?
O no?
E se proprio non gode, almeno, se la batte.
Infatti…
Davanti ai nostri occhi allibiti, Nosfy si smaterializza in una nube sulfurea, lasciando dietro di se’ un olezzo di inequivocabile origine diabolica.
Tra parentesi, ecco cos’era quella puzza mefitica che ha sempre accompagnato la perfida creatura! Era odore di zolfo, cazzo! No, dico… roba seria. Roba grossa. Stiamo parlando del Diavolo in persona, qui! Mica di un povero guitto demente che crede di essere Napoleone.
Però, sapete una cosa?
A questo punto mi viene un’idea.
Perché… lo sapete anche voi.
Il Diavolo non è mai brutto come lo si dipinge. O no?
Non potendo combatterlo, ‘sto cazzo di Diavolo… voi cosa fareste al nostro posto? Non tentereste di farvelo amico?
E allora, se permettete, lo so io cosa devo fare!
Mi fiondo in camera mia a rovistare nella libreria dipinta a tempera nera, oro e viola che io stessa, in un guizzo creativo, mi sono fabbricata inchiodando assieme delle vecchie cassette da frutta di legno. Tra parentesi, che ne dite? Belli I colori, vero? Io li trovo molto azzeccati. Sapete com’è… volevo una cosa molto gaia e ridente che avesse classe da vendere come la sottoscritta, e così… ho pensato ad un tocco d’oro. Chiusa parentesi.
Il libro che cerco me l’aveva regalato Savannah per il mio quattordicesimo compleanno. Veniva da un cazzo di mercatino clandestino sulla Lexinghton Ave, ed era una specie di risarcimento per avermi fatto perdere il concerto di Sid Vicious coi suoi Vicious White Kids a New York, al CBGB per colpa della sua cazzo di influenza.
Eccolo qua, il volume che cercavo.
Pieno di polvere e di ragnatele.
Soffio via una nube grigia e tossisco come un cazzo di mantice rotto.
(Cazzo è, a proposito, il mantice? Qualcuno di voi lo sa? E, soprattutto, adesso, cazzo c’entra?)
Copertina pesante, da album di nozze, in cuoio nero  tutto screpolato decorata con specchietti e fregi dorati.  
Fogli ingialliti e ondulati con il taglio convesso nero e lucido come artigli di corvo, direbbe il buon vecchio Re Lucertola.
Un libro unico.
Mai visto.
Un libro del tredicesimo secolo.
Avete mai sentito parlare del Necronomicon?
Ecco. Non l’ha inventato H.P. Lovecraft, cazzo. Nossignori!
Anch’io lo credevo, ma esiste! Esiste davvero!
E l’unica cazzo di copia esistente è proprio qui, belli miei, tra le mie grinfie.
Ma adesso torniamo di là, ok?
 
Giù le tapparelle. Tenebre e mistero.
Candele accese.
Musica. Che ne dite dei Bathory?
No, eh? Troppo esoterici. Troppo di nicchia. Scommetto che li conosciamo solo noi! O sbaglio?
Meglio gli Slayer.  Con Tom Araya  non si sbaglia mai!
Qui ci vuole No mercy.
Appunto.
(Nessuna pietà.)
 
“Saviiiiiii!!! Rompiti le gambe a venire qui, cazzo!”
 
No, dico… secondo voi dov’era?
Al cesso. Quello che lei chiama il suo cazzo di ufficio. La bronco per le spalle e, prima che possa credere di essere piombata in un trip dell’orrore, le spiego tutto per filo e per segno. Il mio piano, denominato SYMPATHY FOR THE DEVIL – avete presente, vero? La canzone degli Stones.
Ah, beh, meno male.
Dicevo, l’operazione di cui sopra, per decollare, ha bisogno dell’intervento della mia assistente. Senza di lei, per quanto a volte possa essere deficiente, so già che farei un buco nell’acqua… nonostante le mie… ehm… chiamiamole… capacità.
Inutile dire che lei ci sta subito, anzi! Si eccita da dio e comincia a saltare per la tutta la stanza come una cazzo di indemoniata.
Tanto che sono costretta a riportare l’ordine.
“Scendi dal mio cazzo di letto, fattucchiera da strapazzo!”
E’una pazza scatenata. Una ciarlatana. Una cazzo di imbonitrice da fiera e, soprattutto, una grandissima zoccola pure figlia d’arte, se per quello, ma io vi dirò una cosa in confidenza: non posso vivere senza di lei e le sue cazzate.
Lei è la mia spalla.
Ok?
Il mio sostegno psicologico.
Il suo ottimismo è contagioso, è generosa, disponibile e vi posso assicurare al cento per cento che, sotto quella scorza dark, batte un cuore d’oro.
Se hai bisogno di un favore va nel fuoco pur di accontentarti.
E poi… niente di quello che faccio avrebbe senso, senza le sue scemenze. Per questo l’adoro.
Infatti è la mia migliore amica.
No, dico… Savannah è un pezzo unico. Dove le fanno quelle come lei? Dove?
Anche quando la scannerei con le mie cazzo di mani. E’ così che vivevamo, prima dei Guns.  Questo non lo sapevate, vero, raga? Almeno, non credo di avervelo mai detto, poi boh. Ne dico di cagate, quando sono strafatta! Tanto che a volte c’infilo dentro anche la verità e poi la confondo con le cazzate.
Leggevamo la mano. Una vita nomade che, a volte, rimpiango. Amen. Non si può avere tutto nella vita, no? Voglio dire… adesso abbiamo i ragazzi. Steve, Axl. Slash e tutta la banda Tafferi. E se volete saperlo ci mancano una cifra, cazzo. Tra parentesi, chissà se anche a loro manchiamo noi… see, certo! Come no! Cambiamo argomento, va’, che è meglio!
 
Tutto è pronto.
Devo dirvi una cosa.
Venite, venite più vicino.
Avanti… non posso parlare più forte.
E’ un segreto, cazzo.
 
Io sono la Porta.
 
Ma uffa!!!
Cazzo avete capito?
No, non la porta blindata! E neanche quella a soffietto, a libro, a doppio battente o quel cazzo che vi pare a voi.
E già che ci siete, vedete di pulirvi dalla bocca quel risolino scemo, che è meglio!
Avete presente Le Porte della Percezione, il libro di Aldous Huxley?
Insomma… avete mai ascoltato un disco dei Doors?
Il nome Jim Morrison vi dice qualcosa?
 
Oh! Zio ti ringrazio.
Ecco, io sono quel genere di Porta.
C’è il conscio e l’inconscio. Quello che conosciamo  e quello che no, e in mezzo c’è una Porta. Che sarei io.
 
Io sono la Porta tra questo mondo e quell’altro.
Vale a dire una stronza di medium.
Capito adesso?
Tutto chiaro?
Benissimo. Ecco, allora… già che ci siete, tenetevelo per voi.
Acqua in bocca, ok?
Non voglio che mi prendano per pazza più di quel che sono veramente, chiaro?
Ci vuole cautela, con queste cose, se non si vuole passare per ciarlatani!
 
Non ci credete?
E allora state a vedere, cazzo!
Sempre se Savannah decide di farsi viva.
Basta. Adesso mi sente.
“SAVAAAAANNAAAHH!? CAZZO STAI FACENDO? SEI MORTA?
“Arrivoooooo!”
“Vieni qui, matta! Avanti”  le preparo la sedia. “Adesso siediti e taci. Dammi le mani. Tutte e due. Coooosì, da brava.  Formiamo la catena.”
Ok, ragazzi. Quelli di voi che sono troppo impressionabili sono pregati di togliersi dalle palle e di andare a nascondersi sotto la sottana della mamma.
Come? Cosa dite?
Volete restare?
Perfetto.
“Savannah, procediamo.”
 
(Dopo però, se vi cagate sotto, non dite che non vi avevo avvertiti!)

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Capitolo 18
*** another one bites the dust ***


capitolo 18

 

 

 

ANOTHER ONE BITES THE DUST

Rev. F.J. Merrill

 
Bontà Divina!
Non è possibile! Non ci credo! Perdonami, Signore, se m’inalbero, ma da un po’ di tempo a questa parte, non vorrei sembrarTi un ingrato, ma capitano tutte a me!
Tu lo sai cosa intendo, non c’è bisogno di parole. O Padre onnisciente, la mia- bada bene- non vuole essere una critica al Tuo operato, quanto piuttosto una supplica, se ciò rientra nei Tuoi disegni per il sottoscritto tuo umile servo, di cambiare registro.
L’anno scorso un ragazzino sull’interstatale 5 mi sviene davanti alla macchina e a momenti lo stendo come una santa ostia- con rispetto parlando, Signore, eh? Senza offesa. Lo soccorro e mi racconta una storia di abusi e di violenze per poi piantarmi in asso davanti ad un nightclub con la macchina in panne.
E va bene.
E adesso questa bamibna qui, perché ragazzina mi sembra un eufemismo. Fuori da un Seven Eleven. Inciampa in me e perde i sensi.
E la volete sapere una cosa, fratelli?
Ha gli stessi capelli rossi di quell’altro di cui sopra!
Come dire, un altro che morde la polvere.
Scusa, eh, Padre, se non è un’espressione consona al tuo servo, ma è una canzone che ho sentito alla radio e che mi ha colpito e, quello che la canta, per quanto deviato, è pur sempre un figlio Tuo. Giusto?
E allora parliamolo, questo linguaggio giovane, se vogliamo stare coi giovani e portarli in chiesa alla Santa Messa!
Due, dicevo.
Io li stendo i giovani, Signore!
Pensa: due adolescenti ai miei piedi.
Due in due anni.
Niente male, no?
Non sapevo di avere quest’ascendente, su di loro! Di avere questo carisma spirituale!
Illuminami, Signore: dove sbaglio?
Dove?
Mostrami la via, te ne prego… non lasciarmi camminare in una valle oscura!
E già che ci Sei, mostrala anche a questi due che- se è vero, con rispetto parlando, che Tu prima li fai e poi li accoppi- sono come minimo fratello e sorella.
No, perché, sai com’è… di questo passo, l’anno prossimo, mi trovo sul groppone  tutta quanta la famiglia! Anche perché- da quello che ho capito- non dev’essere granchè… altrimenti cosa ci farebbero due ragazzini in età scolare fuori a zonzo nel cuore della notte?
Ti prego, Padre Celeste, illuminali tu!
E illumina anche me, che, in questo momento, anche grazie a questo schifo di lampioni vandalizzati e accecati a sassate del parcheggio, brancolo totalmente nel buio.
Ma dico, io! Non sapevo di fare quest’effetto alla gioventù, voglio dire… non sono mica, che ne so, un divo del cinema! Una rockstar!
Signore, ho capito che vuoi testarmi in qualità di Buon Samaritano mandandomi casi pietosi e pazzi furiosi, ma non dovevi disturbarti!

Troppa grazia!

Le vie della santità terrena, con rispetto parlando, sono infinite: lo dici Tu stesso nelle Sacre Scritture, che io come pastore e ministro del culto ho il dovere e l’onore di diffondere tra le Tue pecorelle smarrite in questa Valle di Lacrime. Ma- se posso azzardare modestamente la mia senza attirarmi in testa le Tue ire- proprio perché le tue vie sono infinite, possibile che Tu, o Padre Santo Celeste, abbia già esaurito il repertorio che mi compete?
Mostratemi altre vie, Signore!
Eccco l’umiltà del Tuo servo.
Ma per piacere, allontana da me questo calice!
No, eh?
E va bene, ho capito.
Mi tocca anche stavolta.
E mentre, tra le mie braccia, sotto lo sguardo incuriosito di n capannello di passanti e di clienti del supermarket, questo povero piccolo angelo caduto- nel senso più letterale del termine!- riapre gli occhi e mette a fuoco, o Signore, so di aver perso e che Voi l’avete spuntata ancora una volta. Come d’altronde, è anche giusto che sia.

Leggo il terrore nei suoi occhi spalancati, limpidi e puri come acqua di sorgente.
E va bene, Padre. Me ne prenderò cura io stesso personalmente.
Consideratelo un timbro valido per l’espatrio sul mio passaporto per il Paradiso.

Potreste?

Caro Gesù, la prossima volta- a Te piacendo- sarei immensamente onorato e felice di ricevere le tanto agognate stigmate di cui- se ben ricordi- resto in attesa dallo scorso anno Liturgico.
Intanto, con il Tuo santo aiuto, vediamo di mettere al sicuro questa tua figlia che, adesso come adesso, dipende completamente da me.
Sempre se riesco a ritrovare la macchina.
Santi numi! Non si vede un accidente…
 
Ti prego, Signore, considera la mia richiesta.
Te lo chiedo come una Grazia speciale, come uomo e come sacerdote.

Ascoltami, o Signore!
 
Ma… non sia fatta la mia, ma la Tua volontà.

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Capitolo 19
*** paradise city ***


capitolo 19

 

 

 

PARADISE CITY

Slash

 
Take me down to the Paradise City
where the grass is green
and the girls are pretty
take me home

 
“Ehi, tesoro, come hai detto che ti chiami?”
Lei mi risponde con una voce flautata che viene completamente inghiottita dal rombo del motore di questa specie di catorcio psichedelico. E io, che ho il cervello in salamoia nel testosterone e una barca di thc in circolo, capisco che il Nirvana esiste ed è a portata di mano. Come le cosce tornite della qui presente…

Ops! Scusate un attimo. Ma insomma, com’è che si chiama?

Le dò una palpata di glutei che non lascia niente all’immaginazione come promemoria. Così poi, quando la cosa si fa seria, so esattamente riprendere da dove avevamo interrotto.
“Zuccherino!”
Lei mi sorride lasciva indicandosi il seno generoso.
“Sì tu. Come hai detto che ti chiami?”
“Amanda” cinguetta paziente la mia futura sposa, scoccandomi un’occhiataccia di finto rimprovero che non significa basta ma sì! Dài! Ancora! e scoprendo a mio esclusivo beneficio un’altra generosa porzione di quel suo florido, soave, solido culo da pornostar.
No, dico… meno male che non c’è scritto da nessuna parte
NON STUPRATE L’AUTISTA
Perché io giuro che questa qui, prima di Portland, me la trombo di brutto. Volente o dolente. Rota o non rota. 
Portland.
It’s a fuckin’  long way, guys.
Loro è lì che sono dirette, e a noi va benissimo, anzi, di lusso, visto che- se non lo sapete ve lo dico io, somari che non siete altro- l’abitato di Portland è a circa mezz’ora dalla nostra cazzo di meta, Seattle. E soprattutto, cazzo, visto che stasera, dovremmo suonare al Polecat Club.
- loro è lì che vanno, e a noi va di lusso, visto che è a mezz’ora da Seattle “E tu, carino, ripassa quel joint!” mi fa, riprendendosi la sua astronave per l’iperspazio cosmico. Sbronzo e a rota come sono, inutile dire che accuso il colpo.
Sul sedile posteriore, alle mie spalle, Dietro di me, gli altri, avvolti nella nebbia tossica del dolce oblio,grazie alla dolce compagnia delle fanciulle, qui, che sembrano uscite da un bel pornazzo come si deve, in certi momenti riescono persino quasi a dimenticare che, dopotutto, povere bestie, stanno a rota di brutto.
 “Ti avverto” sta dicendo una bruna da schianto al nostro Pel di Carota dall’ugola di amianto. Gli strappa di mano il boccione di Jack Daniels e di bocca la canna. “Se mi vomiti in macchina,giuro che ti strozzo con le mie mani!”
L’interessato ridacchia per darsi un tono e fa lo gnorri.
Ma come, Axl Rose, futuro straccia cuori castiga femmine che si lascia mettere sotto da una cazzo di sottana? Se lo credete, raga, allora non lo conoscete.
 “Ma chi, io?”
Ghigna spavaldo, pancia in dentro e petto in fuori.
“Io non vomito mai!”
E nel gesticolare con la boccia di Jack in mano, rovescia metà del buon vecchio Zio Jack rimasto sulla capoccia cotonata di Steve il quale, inutile dirlo, non la prende troppo bene.
“Cazzo, Rose!” tuona il batterista, trasformato a vista in una specie di olezzante Popcorn caramellato. Incazzato come un treno merci, ha persino l’ardire di  mollare un cazzotto in testa al suo leader. “Guarda cos’hai fatto!”
Il nostro vocalist non si lascia impressionare e, invece di scusarsi o ignorarlo, stacca la bocca dalla brunetta che stava limonando come una cazzo di centrifuga e strattona il batterista per una ciocca di capelli.
“Sei una checca, Adler!”
“Ha ragione, cazzo!” interviene Duffo Scaruffo “almeno adesso te lo ciucci tutto tu, il buon vecchio Zio Jack!”
“Ehi, ragazzi. Pax” s’intromette una figa, cercando di sedare la lite sul nascere. “Non siamo mica all’asilo!”
Nessuno la caga di striscio. “Oh, ma allora è vero che avete una band?”
Nisba.
“Certo che veniamo a Seattle a vedere il concerto, vero, Ginger?”
L’interessata annuisce.
“Voglio vedere se sono da vomito come dicono.”
“Noi siamo fottutamente grandi!” esclama il cantante. “Capito? Siamo i Guns N’ Roses! Capito, puttana? Mica i Mamas & Papas, cazzo!”
“Come avete detto che vi chiamate?”
Ganzi e Rozzi” risponde la tettona dai capelli rossi accendendo un narghilè grosso come una bombola del gas e passandolo a Duffo il Grande Puffo “o roba del genere. Giusto, gioia? Tu che ne dici?” domanda la rossa ficcando senza tante cerimonie una mano dalle unghie multicolore nella patta dei jeans stracciati del nostro Lampione. “ Me lo merito un premio?”

Il bassista non risponde.
Segnatemi assente, dice la sua faccia, al solito espressiva come un cubo di porfido.

No, dico… niente male, eh?
Voi cosa dite?
Per me è cotto a puntino.
Meglio toglierlo dal fuoco, prima che si bruci.

Se Popcorn e Scemo+Scemo rantolano strafatti, Duff, di solito il più contegnoso del gruppo, a quanto pare, stavolta dà dei cazzo di punti a tutti. Spara cazzate a nastro. Canta On My Own di Nikka Costa rischiando una denuncia da suo padre anche se Don Costa è appena morto e sputa raffiche di  Funny jokes da spararsi nelle palle,potenzialmente letali  per chi le ascolta.
E lo snack che sta consumando, diciamo, non aiuta per niente.
Sapete cosa sta biascicando?
Funghetti magici- non DeoFresh.
Gentilmente offerti dalle fighe, qui. Di quelli che ti fanno vedere gli anelli di Saturno senza bisogno di un telescopio.
E va bene, lo ammetto.
Sono buoni e sono sani. Tanta roba.
Però per reggere lo sballo ci vuole il fisico, cazzo… e io, modestamente…
Il bassista punk di Seattle, invece, mi sa che ce lo siamo giocato. Crede di essere la reincarnazione di Sid Vicious e la rossa che lo sta palpeggiando a vanvera con tredici paia di mani, qui, invece di Ginger o Peggy o Ronnie James Dio sa che cazzo di nome ha, lui la chiama Nancy.
No, dico… non ho parole.
Come disse quel tale,
 
andiamo avanti così:
Facciamoci del male!*
 
La miccia prende fuoco quando Duff fotte la canna di mano a Nancy Spungen o come cazzo si chiama, e fa un tirone da paura seguito da un accesso di tosse da far sfigurare Lady Oscar versione tisica e La Traviata tutte e due insieme.
Alla fine, quando gli passa, caccia uno sputacchio giallo e bello denso che finisce controvento e si va impastare sulla bella acconciatura carota del nostro permalosissimo vocalis, il quale scatta come un cazzo di pupazzo a molla.

“Vaffanculo Duff!” sbraita Axl, facendo un dito medio al nostro Sid Vicious. Sta messo male, ma non è il peggiore in campo.
Escluse le ragazze, che confronto ai nostri Ganzi, nella sublime arte delle intossicazioni voluttuarie sono solo dilettanti, in fondo al barile dello scibile umano troviamo due forme di vita inferiori, anzi, tre.

Chi sono?
Indovinate un po’!
Risposta esatta!


Scemo+Scemo e Popcorn con aggiunta del vocalist spacca-cristalli aka Axl Rose anche detto Attila Re degli Unni per le sue idee democratiche in fatto di leadership. Il quale, nonostante se la tiri un casino, è parecchio su di giri anche lui e, come al solito, quando c’è da far casino o da sballarsi, nonostante predichi bene, razzola maluccio, credete a me! Ve lo dice il vostro Slash, cazzo.

Non date retta alle sue cazzate. Pel di Carota, qui, è uno che, come dice mia nonna Ola, pela la gallina senza farla piangere.
Come dire, un marpione. Un paraculo. Chiamatelo come volete, la sostanza non cambia.
E parlando di sostanze, qui, vi dirò che ci dà sotto parecchio anche lui, altro che palle!
Solo che lui è più figato di noi. Punto. E, tra parentesi, più scassacoglioni.
Soprattutto quand’è sbronzo e ha uno dei suoi attacchi e comincia a farsi la pancia a fettine con la lametta da barba per trasformarsi in una cazzo di Bibbia Vivente.
Chiusa parentesi.


Se non mi sono iniettato in vena il cervello di Shame aka Scemo, parlavamo di lui e di quell’altro pagliaccio cotonato peloso e nano che risponde all’imbarazzante nome di Popcorn. E va bene, lo so!
Ormai non fanno più notizia, d’accordo, ma non prendetevela con me! Cazzo c’entro io?
Ma roba da matti!

Povera bestia, Scemo è molto grave. Ma Popcorn- vale a dire il nostro fottutissimo Asso Pigliatutto- se possibile, è messo anche peggio.

Sissignori!
Non ci credete?
Azzi vostri.
Ma dovreste, conoscendo il soggetto!
Popi, qui, sta male sul serio.
E non ridete, cazzo!
Non ridete!
 
Razza di vipere!
 
Dicevo, Popi mi preoccupa.
Soffre di una brutta, improvvisa recidiva di un male terribile: la famosa Sindrome della Limaccia.

No, dico… si conoscono solo pochi casi al mondo. Si contano sulla punta delle dita.

Gli allora non ancora nati Guns Fottutissimi Roses s
i erano infettati l’anno scorso, lavorando da Tower Record. Come sono certo che ricorderete, il contagio è avvenuto durante il nostro famigerato festino a luci rosse rated xxx, con la proiezione a scopi puramente didattici e professionali di materiale video per adulti, orgoglio del nostro Videodrome. E quando Steve, col cervello in salamoia nel testosterone, aveva inavvertitamente cancellato i pornazzi più quotati della sezione video, il male si era manifestato per la prima volta.

Sintomi: Encefalogramma piatto. Esoftalmo con fuoriuscita dei bulbi oculari.
Espressione idiota scolpita nel granito.
Mimica facciale assente.
Locomozione sulla propria bava a mo’ di lumaca sgusciata.


Diagnosi: overdose muscarinica.
Prognosi: riservata.

La miccia prende fuoco quando Duff fotte la canna di mano a Ginger o come cazzo si chiama, e fa un tirone da paura. Poi ha un accesso di tosse da far impallidire Lady Oscar versione tisica e La Traviata tutte e due insieme e alla fine, quando gli passa, caccia uno sputacchio giallo e bello denso che finisce controvento e si va impastare sulla bella acconciatura carota del nostro permalosissimo vocalist. Il quale scatta come un cazzo di pupazzo a molla

“Vaffanculo Duff!” sbraita il nostro Axl Sciupafemmine Rose, facendo un dito medio al bassista emulo di Sid Vicious. “Sei un fottutissimo coglione!!!”
“Ma vaffanculo tu, Rose! Sei un finocchio, cazzo! Non ti ho neanche toccato!”


Alla fine, acuto e crudele come un assolo di Gibson Les Paul in mi bemolle maggiore del sottoscritto, arriva l’unico fottutissimo  momento di lucidità che ci sbatte tutti quanti- escluse le fighe- col culo per terra.
Inutile dire che sono io quello che, per primo, lascia il Pianeta Proibito e fa rotta verso il  fottutissimo Pianeta Terra.

No, dico… il risveglio è pazzesco. Brutale.

“Come cazzo facciamo a suonare stasera, a Portland, cazzo” dico io, sentendomi la strada mancare sotto le cazzo di ruote del pick up che arranca come un mulo testardo e stracarico sull’Interstatale verso il confine col cazzo di Oregon. “Eh? Me lo dite, cazzo! Oh, dico a voi!” Batto le mani con forza per scuoterli un attimo, ma niente.
Manco per le palle.
Andiamo bene…
Ritenta. Sarai più fortunato.
Ok. Apnea e via.

“SVEEEEGLIAAAAA!”

Saltano su tutti come cazzo di tappi di Nightrain.

“Slasher! Cazzo vuoi?!”
“Ma sei fuori?”
“Ma che cazz…!”
“Azzo dici?!”

Quando finalmente ho l’attenzione del gregge e del Pastore- che poi sarebbe quel pazzo furioso dall’ugola di amianto- lancio la mia cazzo di bomba H.
“Ho detto: cosa cazzo ci suoniamo a Portland? Ditemi voi! Cazzo facciamo? I nostri strumenti sono rimasti nel cazzo di deserto Mojave, in casa della Madonna. Vero che ve lo ricordate? Ditemi di sì…”
Quattro teste cotonate sporche lerce annuiscono in silenzio.

Segue un silenzio di morte.

Persino le fighe non osano fiatare e si sballano in silenzio. Lasciate a se stesse, si mettono persino a fare sesso senz’audio come in un film muto, nel pieno rispetto del nostro dolore.
A onor del vero, devo ammettere che è il rosso il primo a rompere il silenzio.

“Duff!”
No, dico… mamma che impressione!
Voglio dire… quella non è la sua voce. Non la solita, almeno. Quando canta, ti tira giù il soffitto con gli acuti. E va bene. Per parlare,invece, di solito, usa un tono baritonale che dà a ciò che dice un impatto profondo su cui ascolta.
Stavolta, invece, quello che esce dalle sue labbra è un  basso sepolcrale da messa nera.

Se avete visto L’Esorcista in versione integrale sapete cosa intendo, cazzo.

“Duff!”
Ripete, gelando il sangue nelle vene a tutti i presenti, figuriamoci al diretto interessato.
Basta.

Nella mente mi si affaccia di tutto. Sabba. Messe nere. Sacrifici umani. Di tutto di più.

“Duff!”
Ripete per la terza volta.

L’interessato fa un passo avanti, bianco come una cazzo di pista di coca.

“Pensaci tu.”
Ordina il generalissimo comandante in capo.

“Sei di queste parti, giusto?”
Il bassista inghiotte a vuoto.
“Seattle. Non Portland.”
“Mene fotto” replica Rose, inviperito, saltando sulle punte dei texani per arrivare agli occhi del nostro Lampione. “Tu ci hai ficcati in questa merda di tour, tu ci tiri fuori. Ok?”
Prende il povero bassista per gli stracci.

Inutile dire che la sua voce sale di altri venti decibel arrivando a sfiorare i centottanta.
Cazzo, raga… peggio del mio amplificatore, Cazzo!
Gli fa una pippa il mio buon Marshall, a questo qui!

Dicevo, per i non addetti ai lavori, che oltre questo limite, il danno ai timpani è permanente.
Vale a dire, Amplifon fino alla fine dei tempi, cazzo.
Non so se rendo l’idea.
 
Axl Rose è un reattore.
Un rombo di tuono.
I suoi occhi sbiaditi cagano fulmini e saette.

“Mc Kagan, ci sei?”
La criniera gli si affloscia.
“Sei la nostra unica speranza, cazzo. Dipendiamo tutti da te.”
Il ciuffo sparato in aria alla Sid Vicious si liquefa miseramente.
“Sei l’unico che può fare qualcosa. Perché io qui non conosco nessuno. Non siamo mica in Indiana, cazzo! Vero, Izzy? Tu che ne dici?”
“Magari, cazzo!” fa l’interpellato, laconico.
“Io qui ho le mani legate” continua il cantante “tu, invece, se non sbaglio, hai degli agganci. O no? Cazzo mi dici, McKagan?”

Il nostro messia punk annuisce e, mentre lo fa, noialtri sperimentiamo una singolare distorsione percettiva.
La vittima si accorcia di venti centimetri erotti.
 
Poi Attila Re degli Unni si addolcisce e dà persino al Prescelto un buffetto fraterno sulla guancia.
 “ Te la senti di tentare?”  

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Capitolo 20
*** break on through (to the other side) ***


capitolo 20

 

 

 

BREAK ON THROUGH TO THE OTHER SIDE

Adrianna Smith

 
“Spirito di Loreto”
declamo, conficcando le unghie nei palmi di Savannah finchè le tenere ossicine delle sue mani scricchiolano sinistramente strappandole un gemito. Tra parentesi, raga, sento con i miei poteri medianici che vorrebbe vendicarsi dandomi una gomitata nelle costole da farmi sputare le reni, ma l’ho talmente intimidita che la poveretta non osa spezzare la catena e quindi, deve rimandare i suoi poco sportivi propositi.
“Se ci sei, batti un colpo!”
No, dico… non l’avessi mai pronunciata, quella cazzo di frase!
Non appena l’eco delle mie parole si spegne, dal Regno delle Anime dei Trapassati, mi giunge un segnale forte e chiaro. La prova che i miei poteri soprannaturali hanno realmente richiamato in mezzo al nostro cerchio lo spirito del caro estinto mi giunge, manco a dirlo, proprio dal cielo.
“Spirito di Loreto” ripeto, lisciando le penne al trapassato “ti prego, mostrami la cazzo… ops! La combinazione della serratura della cassaforte. Vuoi, caro? Vuoi essere così cortese da aiutarci? Ti prego, Loretino, Loretuccio mio bello, sii buono! Ascolta la nostra supplica! Tu solo puoi salvarci…”
E mentre la presenza si palesa tra noi, ecco l’inatteso materializzarsi della risposta dello Spirito interpellato.
Un possente getto biancastro di guano di provenienza inequivocabile va a spiaccicarsi sulla mia acconciatura leccata e laccata alla John Bon Jovi fagocitandomi la frangia multistrato.
No, dico… modestia a parte, una fottutissima scultura.
Un’opera d’arte contemporanea senza pari (a parte i capelli di Slash) che mi era costata un cazzo di tubo intero di gel a tenuta post-mortem- per restare in tema. Un brevetto ancora in fase sperimentale  ramazzato a qualche cazzo di laboratorio segreto di Culver City durante uno scorso raid a caccia di droghe e allucinogeni coi contro coglioni, di quelli reperibili solo al di fuori dei normali circuiti commerciali, per intenderci.
Ok, panico.
Inutile dire che Re Lucertola aka Jim Morrison, aka Mr Mojo Risin’ aveva, ancora una cazzo di volta, fottutissimamente ragione.
 
Nel corso della seduta
 
Scriveva Jim, credo in NOTES ON VISION, il suo saggio sugli sciamani e sulle visioni chimicamente indotte
Nel corso della seduta spiritica
Lo Sciamano conduceva.
E’ isteria professionale.
Cercano di guarire una malattia.
Di riportare l’armonia nel mondo
 
Diceva. E ancora
E’ la fede della tribù che dà potere allo Sciamano.
 
Appunto.
E purtroppo, cazzo cazzo cazzo e ancora stramaledettamente altre cento volte cazzo, dopo la… ehm… discutibile ma pur perfettamente plausibile modalità con cui lo Spirito da me evocato aveva risposto alla mia chiamata, diciamo che… la fede della tribù, ecco… è andata un filino a puttane.
 
Break on through
To the other side
 
Seeee, come no!
Ma dove vuoi andare con questi cazzo di tre quitti per casa- defunto incluso!
Inutile dire che, in quello che fino a un attimo prima era un cerchio di diligenti e rispettosi spiritisti, dopo il cortese, raffinatissimo dono postumo del nostro stramaledettissimo pennuto- in culo a lui e a chi l’ha scagazzato, cazzo!- l’anarchia è scoppiata come una cazzo di bomba H.
No, dico… ma si può andare avanti così?
Io non lo so, non c’è più rispetto, cazzo!
Fate un po’ voi.
Cazzo fareste, al mio posto?
Risate. Gridolini. Schiamazzi. Prese per il culo.
Savannah, stronza di una troia, questa me la paghi, giuro.
Fanculo l’amicizia.
Fanculo tutto.
Per non parlare del vecchio Nosfy, il quale, offeso a morte per essere stato ingiustamente escluso dalla seduta, troneggia muto e tenebroso sul divano di Steve mollando, di tanto in tanto, zaffate silenziose e sulfuree di indubbia provenienza senza troppi sensi di colpa.
E questo, va da se’,lo capite anche voi che  non mi aiuta.
Nossignori.
Ehi, voialtri, laggiù.
Vi vedo, sapete?
Non sono mica scema, cazzo!
(Anche se, detto tra noi, tentano sempre di farmici passare!)
Cazzo ridete?
Mostrate un po’ di rispetto, segaioli che non siete altro, se no’ giuro che vi do in pasto a Nosfy!
Non ci credete?
Fate male.
Peggio per voi, cazzo.
Lo giuro sulla sua animaccia dannata!
Ok?
Ci siamo capiti?
Bene.
Anzi. Male.
Molto, molto male.
Stavo dicendo che l’atmosfera era pesante già di suo e Belzebù, qui, con i suoi olezzi infernali, di certo, non mi aiutava.
E allora?
Cazzo potevo farci io, se per colpa di uno stupido pennuto viziato fino al buco del culo e maleducato oltre ogni dire, la mia cazzo di seduta era andata a farsi fottere?
Grazie, eh, Loreto?
Vuoi sapere una cosa, pezzo di stronzo?
Ti sta bene.
Ci godo un casino.
Vieni qui, Nosfy, gioia della zia.
E mentre il felino desnudo e impudente, con un rutto di trionfo, mi si accoccola in grembo lacerandomi le cosce con gli artigli affilati come cazzo di falci, una specie di ectoplasma verdastro si materializza dall’impossibile e dall’incredibile recandomi una risatina di scherno che fa più male di dieci, cento, mille docce di guano bollente.
Basta.
Con un urlo selvaggio da gelare il sangue a Linda Blair ne L’Esorcista, ho battuto mestamente in ritirata, obbligata a dare ordine di rompere le file per potermi minimamente ricomporre.
E’ stato in quel momento che è accaduto.
 
Dal soffitto è planato ai miei piedi un foglietto di carta scritto a mano.
Lo raccolgo con mani tremanti e vedo che è scritto a matita con una grafia incerta e sbiadita.
“S-S-S-S-AVAAAAAANNAAAAAAAAAAAAAAHHH!”
Grida una voce che non è la mia non appena mi riprendo quanto basta per chiamare i rinforzi dimenticando ogni passato rancore.
“Cazzo vuoi?”
No, dico… Oxford.
Non si smentisce mai, cazzo.
L’emozione fa brutti scherzi e io comincio a tremare come una foglia di maria.
Mi rendo dolorosamente conto che sto belando come una pecora, ma non posso farci un cazzo di niente.
La voce è questa.
Non riesco a correggere il tiro.
E chissenefotte.
 
“Vieee-vieeee-vieeeee…”
Ma vaffanculo, cazzo.
“Vieeeeeni suuuuubito qui!”

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Capitolo 21
*** the good Shepherd ***


capitolo 21

 

 

 

THE GOOD SHEPHERD

Amy Bailey

 
Posso fidarmi di lui. Lo so. Lo sento. Alla faccia del colletto che indossa. Il quale, poi, fra l’altro, se la memoria delle mie lezioni di catechismo non m’inganna, sta ad indicare che il ministro del culto di Nostro Signore qui presente è Cattolico e non come mio padre- Dio lo stramaledica da qui all’eternità- Pentecostale.
Tra parentesi, gente, indovinate un po’ chi era il mio insegnante di catechismo alla Scuola Domenicale della Country Holy Roller Pentecostal Church della nostra ridente Lafayette? Si fa per dire, ridente.
Non ci arrivate, eh?
O sì?
In ogni modo ve lo dico io: mio fratello Bill.
Che mi manca come la pioggia nel deserto. Duemila volte in più della mia Cabbage Patch Suzy.
Non so se rendo l’idea.
 
Sono sulla sua macchina. Sedile del passeggero.
Siamo ancora fermi nel parcheggio del Seven Eleven.
Il supermercato, a quest’ora, è preso d’assedio da quelle che mio padre chiama anime perse e mio fratello Bill i Guerrieri della Notte.
Avete presente?
Dài, ditemi di sì!
L’avete visto il film, vero?
Che atmosfera! Che fascino!
Ti fa proprio venir voglia di appendere la Bibbia al chiodo per formare una gang. Anche se, come me, sei una ragazza e, purtroppo per te, hai solo tredici anni.
No, dico… ma ve l’immaginate?
Long Island di notte.
Gli scontri tra le gang rivali.
La scena della metropolitana con quella colonna sonora da sballo.
La spiaggia all’alba.
Quelle sono emozioni!
Ad ogni modo, adesso, qui nel parcheggio del supermarket c’è più o meno quella stessa atmosfera notturna e decadente.
Semideserto.
In un angolo buio, lontano dal cono di luce radente di un lampione che fibrilla mezzo cieco sul punto di spegnersi, un gruppetto di gente giovane di colore seduta sullo schienale di una panchina coi piedi sul sedile s’ingozza di birra con un Ghetto blaster- o Boombox, come preferite- che diffonde musica stile break dance a palla. La loro pelle color della terra sparisce. Si perde nel buio. Di loro, tutto quello che vedo, al momento, sono i vestiti.
Jeans a zampa. Tute da ginnastica. Ma anche uno strano connubio tra calzamaglie in lurex stile aerobica, alla Lara Saint Paul, e lustrini alla James Brown. Teste afro cotonate.
Cose da pederasti, direbbe mio padre.
E, stranamente, spolverini e t-shirt del baseball e stracci sfilacciati in stile Motley Crue- quelli del poster di mio fratello che papà ha fatto a pezzi e ha gettato nel camino appena via lui.
 
Più in là uno spacciatore di sogni infranti vende il suo biglietto per quelli che papà chiama i Paradisi Artificiali per i Perdenti. Un biglietto senza ritorno.
Sapete cosa dice mio padre?
Dice che è per questo che Bill se n’è andato.
Perché era un perdente.
E’ convinto al cento per cento che non lo rivedremo mai più, perché è salito su quell’accidenti di treno e sta facendosi un viaggio senza ritorno per l’Inferno.
Io, invece, non ci credo.
Quello che credo io è tutto l’opposto.
Vi spiego.
Bill non se n’è andato via perché è un perdente.
Nossignori!
Al contrario.
Lui è un vincente.
Capito?
Uno che farà un sacco di strada, nella vita, ve lo dico io!
Diventerà una rockstar e, come diceva sempre lui, un giorno o l’altro, quando sarà arrivato in alto, cagherà sul mondo.
Con nostro padre- lo avrete capito anche voi se, con rispetto parlando, non siete proprio scemi del tutto-l’unico modo per farcela era scappare lontano da qui, il più lontano possibile.
E dove?
C’è un solo posto dove tutti quelli che scappano vogliono andare.
Los Angeles.
La Città degli Angeli, dove i sogni diventano realtà.
 
Tanto per cominciare, io sto assaggiando il gusto del proibito e vi dico una cosa: mi piace.
Sissignore!
E credo che, tra non molto, volente o dolente, diventerò una specie di animale notturno. Proprio come mio fratello Bill.
 
Io e questa specie di Angelo Custode un po’ sfigato, qui, che ha delle lenti bifocali spesse come fondi di bottiglia da mezzo gallone, ci studiamo in silenzio in attesa che qualcuno dei  due si decida a fare la prima mossa.
Per via della veste talare, nella luce soffusa dell’abitacolo, lui sembra una specie di blatta mutante reincarnatasi alla meno peggio in un ex nerd che ha preso i voti vergine- di spirito e di corpo.
Beccatevi l’abitacolo della sua piccola e scassa utilitaria. Giuro che ne vale la pena.
Avete mai visto una Unità di Culto Mobile?
Bene.
Io sì.
Fari accesi e puntati su una squillo in età scolare in pieno adescamento.
Croci ovunque. Greche. Romane. Egizie. Sumere. Di tutto di più.
Santini traforati. Angeli. Martiri. Madonne con Bambino. Natività. Crocifissioni. E poi ancora Rosari. Ampolle di acqua benedetta. Mozziconi di candele. Insomma, manca l’altare col tabernacolo per l’Eucarestia e siamo a posto. Sempre che non tenga le ostie consacrate nel cruscotto!
Voi che ne dite?
Che faccio?
Apro e ci guardo?
 
Non so se rendo l’idea. Una chiesa su ruote.
Però almeno, come dicevo prima, questo qui è un prete Cattolico.
Un punto per te, Padre Blatta.
Senza offesa, eh?
E’ solo per via dell’abito che porti.
Meglio Blatta che Beetle, scarafone, come mio padre. O no?
Perché se mi ricordo bene, i Cattolici fondano tutto sul perdono. Sulla possibilità di ravvedersi e ricominciare il gioco. Della serie, altro giro altra corsa. Come in un videogame. Questo era l’esempio che ci aveva fatto Bill illustrandoci i rudimenti del Credo Cattolico. Avevi un numero infinito di vite proprio come in un videogioco. Bastava che ti pentissi.
Per noi, invece, le cose non funzionano così se non in teoria.
La pratica è che se sbagli una volta, sei segnata a dito.
Sei l’anatema.
Una strega da bruciare sul rogo.
Nessun perdono.
Nessuna pietà.
Almeno nella Chiesa di mio padre.
E quindi, gente, mettetevi nei miei panni.
Sarò anche ingenua, non dico di no, ma non sono mica del tutto scema: con un prete Cattolico Romano, per la prima volta dopo anni di tenebre morali e materiali, intravedo una luce.
 Il che, se non altro, mi fa ben sperare.
Devo farmi forza ed essere ottimista. Non ho scelta. Anche perché, a pensarci bene, peggio di così… o no?
Ad ogni modo la mia decisione è presa. Gli parlerò col cuore in mano. Cioè, voglio dire… gli dirò il dicibile.
Voglio che lo sappia che non sono una ragazza facile o, come direbbe quell’altro là, una meretrice! Non sono mica io la meretrice di Babilonia, anche se lui ha fatto di tutto per farmici diventare! Io sono solo una vittima. E’ lui il mostro. Lui, la Bestia da bruciare fuori dalle mura di Babilonia. Lui il capro che, alla fine dei tempi, Nostro Signore- lo spero con tutta me stessa- verrà in gloria per separare dalle pecorelle che erediteranno il suo Regno!
Voi che ne dite?
Faccio bene a confidarmi o sto facendo una cavolata… di proporzioni bibliche- tanto per restare in tema?
 
Mi trema la voce e il cuore mi schizza dalle orecchie, ma me ne frego.
Devo farlo. Devo tentare.
Devo darmi uno straccio di possibilità.
Mando giù un grumo denso che sembra un rospo e mi schiarisco la voce, cercando di farla sembrare un po’ più profonda, un po’ più da adulta.
 
 “Pa…a…a”
Merda.
Più che la Maddalena, dal belato che mi esce di bocca, sembro davvero una pecorella smarrita. Non nel senso biblico, ma in quello darwiniano.
Caspita mi è successo?
La gravidanza mi ha trasformata in un ovino?
Andiamo bene…
Ritenta. Sarai più fortunata.
“Padre”
Dico, scendendo di un’ottava sotto il mio tono di voce colloquiale per darmi un contegno. Uno qualunque. Tutto fa brodo.
“Che lei sappia…”
“Dimmi pure, figliola” fa lui, calandosi gli occhiali sul naso a patata e mettendo a nudo due occhietti topeschi da miope “non aver paura. Sono qui per aiutarti.”
Io lo guardo e annuisco in silenzio.
Involontariamente, le sue parole gentili mi riempiono gli occhi di lacrime. Nonsono abituata ad essere trattata in questo modo. E spero solo che Bill, nel suo difficile cammino verso il successo e la fama, abbia incontrato un servo del bene come quello che in questo momento, in questa specie di cappella motorizzata, sta tendendo una mano amica verso di me. 
Gli faccio un sorriso reso incerto dall’emozione.
“Che lei sappia, c’è molto da qui alla stazione della Greyhound?”
Lui apre il cruscotto rovesciando fuori sul tappetino, ai miei piedi, una quantità indicibile di ceri, candele e forniture da Messa di tutti i tipi.
“Ci guardo”
Quando alla fine mette le mani su una carta stradale di Lafayette spiegazzata e stracciata mi sorge un dubbio.
La domanda, inutile dirlo, nasce spontanea, ma, saggiamente, me la tengo per me.
Povera me! Penso, colta da un attacco di panico improvviso. Adesso sono a posto!
Non posso fare a meno di congratularmi con me stessa a mezza voce.
“Brava, Amy!”
Smozzico tra i denti.
“Complimenti.”
Poi sento come delle dita gelate scendermi lungo la schiena e rabbrividisco.
In che razza di pasticcio ti sei cacciata?

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Capitolo 22
*** if you need a friend ***



EHILA', SPLENDIDE EFP DIPENDENTI!
se questo è il primo capitolo che state leggendo oggi, ne state saltando uno!
Beccate!!!

PER PENITENZA, TORNATE INDIETRO SENZA PASSARE DAL VIA!


capitolo 22

 

 

IF YOU NEED A FRIEND

Duff McKagan

 
“Pronto?”
Cazzo. Niente. Silenzio. Tre. Quattro. Cinque. Addirittura sei squilli.
Ehi, amico… eccheccazzo! Ti prego, rispondi! Non puoi farmi questo…
Sono in una cazzo di cabina telefonica puzzolente a un cazzo di semaforo ad un incrocio nel centro di una città di merda che, prima ancora di averci suonato, mi sta già cordialmente sul cazzo.
Qui dentro c’è una puzza da schiattare secchi.
Giuro che tra un po’ vomito su questo fottutissimo schifo di ricevitore sputacchiato e fetente che continua a squillare libero.
Non si respira, cazzo.
Ma dove sono finito?
E’ una cabina telefonica o un cazzo di pisciatoio? pubblico?
Perché tanfa peggio di una carogna, cazzo.
In più qui dentro ci saranno trecento cazzo di gradi Farenheit e questo, ancora una volta, non mi aiuta.
Il tutto mentre gli stronzi dei miei compagni- il rosso in testa, Zio caro e porco-  se ne stanno là con le balle per aria al sole a ripassarsi le fighe e a sballarsi di tutto di più senza un solo pensiero in testa se non quello di prendere le loro fottutissime precauzioni.
E il sottoscritto che fa?
Sta qui a vomitare l’anima sua e a bestemmiare come un turco in questo buco di culo di cabina-cesso mentre questa merda di cornetta continua a squillare a vuoto mandando a puttane ogni speranza che mi resta di non venire linciato dal resto della band. Almeno avessi un cazzo di goccio di Zio Jack per il morale, e invece nisba.
Che vita patetika!
Me e quando li ho incontrati, cazzo!
Rose, razza di stronzo, questa me la paghi cara!
Giuro, cazzo!
No, dico… ma anche voi… provate un po’ a mettervi nei miei panni, per una cazzo di volta!
Che colpa ne ho io se i nostri strumenti sono stati sacrificati per il bene della causa sull’altare della cazzo di sopravvivenza nuda e cruda? Cazzo di colpa ne ho io se la mia stronza di Celica ci ha fottuti tutti quanti a duecento schifosissime miglia da casa?
No, dico… come dice sempre Rose, non l’ho mica ammazzato io Gesù Cristo!
O sì?
Perché se sì non me lo ricordo.
Sarà stato mentre ero sbronzo o strafatto o che cazzo ne so.
Però anche in quel caso, io non c’entro un cazzo lo stesso.
La mia unica colpa è quella di essere di Seattle e quindi, praticamente, di queste parti. L’unico che ha degli agganci in grado di sbloccare la situazione di stallo in cui ci troviamo, di spezzare l’incantesimo e di toglierci di dosso questa cazzo di maledizione.
Quanto a tutto il resto… vedete un po’ voi!
A volte penso agli alieni.
Non ridete, cazzo!
Io ci credo. Eccome!
Soprattutto da quando conosco Popcorn, il quale, assieme al nostro mitico roadie Shannon Hoon aka Scemo al Cubo, è la prova vivente che gli Ufo esistono e non solo non sono più avanzati di noi. Al contrario! Per me invece sono l’antitesi di quel che si definisce forma di vita intelligente.
Perché, non direte mica che Steve e quell’altro buono là che si sbraccia in mezzo alla strada siano esseri evoluti, vero?
Poveri noi!
Questi sono da bestiario medievale, giuro! Altro che balle!
Sono così patetici, mentre rischiano di farsi stirare dal traffico in ogni momento che Domine Iddio Ronnie James o quel cazzo che volete ha fatto che non mi viene in mente neanche una schifa di funny joke da raccontarvi per ingannare l’attesa.
Che tristezza!
Che vita difficile, cazzo!
 
Pazienza.
Anzi, Patience.
Però se ce la facciamo a suonare, stasera, in quel buco di culo del Puzzola Club, è solo e unicamente merito mio.
E i soldi me li cucco io.
A me il malloppo!
Me lo merito, altro che balle!
Col cazzo che lo divido!
No, dico… non ho ragione?
Guardateli là.
A dare spettacolo in pubblico e a spassarsela un mondo.
Quanto li odio, cazzo!
Ah, ma appena posso gliela metto in mezzo alle reni, a quei figli di buona donna, ve lo giuro su mia madre, cazzo!
 
 “Pronto!”
Dio sia lodato! Ronnie James, sono in debito!
A buon rendere, capo!
“Pronto! Pronto! Pronto!”
“Mick! Grazie al cielo, cazzo! Come stai, amico?”
Silenzio. Pausa ad effetto.
“Chi sei, a quest’ora? Cazzo vuoi?”
La voce all’altro capo del filo mi commuove. Tradisce una gioia indecente, incontenibile. La gioia di risentirmi.
Oh, Mick!!! Ti voglio bene, fratello! Anzi di più, di più, di più: se fossi frocio ci farei un pensiero! Ma siccome non lo sono…
“Coglione che non sei altro! Non sai che ore sono? Sono le quattro del mattino! Pezzo di stronzo! Hai cinque secondi per dirmi chi cazzo sei e che cazzo vuoi, dopodiché ti mando a cagare e ti sbatto il telefono in faccia.”
Io mando giù un groppo amaro.
Oh, cazzo no!
Verde.
Oh, merda.
Questa non ci voleva.
No, dico, ma… tutte a me?
I ragazzi mi suonano, cazzo.
Le fighe si sbracciano.
Mi rivogliono a bordo.
Riesco quasi a sentire gli insulti dei ragazzi.
Stanno fermando il traffico e creando un cazzo di ingorgo stradale per aspettarmi.
Ho cinque secondi per riassumere a Mick il problema e spiegargli quello che voglio dalui.
Allora metto il turbo.
Mica per niente, ma quei ragazzi mi fanno pena, cazzo.
Ormai dipendo da loro esattamente come loro dipendono da me.
Siamo una squadra, cazzo.
I Guns Fottutissimi Roses.
La band che spaccherà il mondo per rimetterlo insieme con un rombo di basso alla Sid Vicious.
 
Cazzo. Cazzo. Cazzoooooooo!
 
Devo sbrigarmi. Non c’è più tempo.
Dieci secondi e verranno linciati dagli altri automobilisti. Fighe da sturbo incluse.
Che faccio?
Torno da loro o li lascio al loro destino?
“Cazzo hai detto che vuoi?”
Io ricapitolo a trecento all’ora.
“ Non ti prometto niente, Duff” mi dice la voce impastata dal whisky. “Intesi?”
“Ok.”
“Ti dico solo una cosa”
Io boccheggio.
Oh, no…
penso, lumando preoccupato fuori e mordendomi entrambe le mani.
Mi sa che sono fottuto da solo!
 
I clacson mi spaccano i timpani.
Fuori è il fine mondo e qua dentro è una cazzo di camera a gas.
Purtroppo, però, io non resisto.
Lo so che la curiosità ha ucciso il gatto, ma non posso farci niente.
Sono fatto così, cazzo!
Che colpa ne ho io?
 
 “Che cosa?”
Domando, impaziente di uscire all’aperto.
 “Sicuro di volerlo sapere, fratello?”
“Sì!”
Grido, disperato.
La voce esita. S’impenna.
“Come hai detto che ti chiami?”
Cazzo, raga.
Mi sa che qui marca male.
Una volta gli ho trombato la sorella, e sapete com’è… io me la sono fatta col mio vero nome, Michael.
“McKagan. Duff McKagan”
 Esplode.
Mi becco una salva di insulti irripetibili persino da un Guns Fottutissimo Roses come il Vostro Affezionatissimo.
Con un timpano in meno, afferro da lontano, in una cacofonia di fischi e scampanellii sinistri- di quelli che, senza ombra di dubbio, indicano una lesione permanente- la formula di saluto.
Che personcina fine!
Che uomo meraviglioso!
No, cazzo… sono commosso.
Datemi un attimo per asciugarmi gli occhi e ricompormi.
 
“McKagan, hai detto?”
 
Cazzo cazzo cazzo!
Questo non è vero che ha la memoria corta.
Ho capito. Temo di averla fatta grossa, raga. Il mio passato mi perseguita, ma io dovevo rischiare. Non credete?
Se permettete, mi frega più della mia cazzo di gig di stasera che di questo stronzo permaloso. O no?
Come si dice, ho rischiato e ho perso.
Poi mi dico che è tutta la mia immaginazione.
E nell’istante infinito che precede il commiato, mi obbligo ad un sano quanto effimero ottimismo.
Andrà tutto bene, Duff, mi dico speranzoso, rimangiandomi le mie stesse parole non appena mi escono di bocca. Eravate ragazzini. Adesso siete uomini. E in fondo siete sempre stati amici. O no?
Credi che lui non sappia che razza di troietta è sempre stata sua sorella? Una carriera iniziata sui banchi della scuola materna. Quel che si dice una bambina prodigio.
 
Un’esplosione.
Un dolore bruciante. Acuto. Perforante.
Ultime parole.
Chiuso.
 
“Ma vai a cagare!”
 

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Capitolo 23
*** stairway to heaven ***


capitolo 23

 

 

 

STAIRWAY TO HEAVEN

Adrianna Smith

 
No, dico. Ma vi rendete conto?
L’aldilà esiste, gente!
Il Paradiso, per quanto mi riguarda, è un foglietto scritto a matita piovuto dritto dall’Empireo.
Dalla Rosa dei Beati dove, ne sono certa, l’anima immortale del Fu Loreto guida i turiboli angelici e dirige gorgheggiando in punta di laringe i cori dei Cherubini.
Santo! Santo! Santo!
Loreto, hai vinto un bonus per l’Eternità.
Santo subito.
Mi pare il minimo.
 
Schiacciate al suolo dalla luce sfolgorante della Grazia Divina, io e Savannah ci genuflettiamo percuotendoci il petto e cospargendoci il capo di cenere.
Riassunto della puntata precedente: pare che Loreto, dal Regno dei Trapassati, si sia degnato di rispondere alla nostra chiamata.
No, dico… avete visto anche voi, giusto?
O no?
Sbaglio o eravate qui con noi?
Quel cazzo di foglietto si è materializzato dal nulla!
E da dove può venire un pezzo di carta caduto dal cielo se non da quel piccolo, dolce, adorabile pennuto- Zio l’abbia in gloria. Santo subito!- che ha voluto salvarci il deretano da lassù?
Io lo sapevo che funzionava.
Ve l’avevo detto che ero una medium, ma voi non mi credevate!
Visto?
C’è vita dopo la morte.
Eccome se c’è, cazzo!
Grazie, Loreto, grazie!
Ti siamo debitrici!
La nostra vita ti appartiene!
Giuro che appena esco di qui ti faccio dire una messa cantata. Ti accendo un cero grosso come un palo del telefono più tutte le candele che trovo da qui a Seattle! Già, Seattle. Gli occhi mi si riempiono di lacrime. Seattle uguale Guns N’Roses. Uguale sesso, droga e Rock n’roll, cazzo. Godetevela, ragazzi. Capito? Fatevi il pieno di vita on the road. Le mie rockstar maledette. I miei eroi. Se solo adesso foste qui…
Ma adesso non ci siete e devo asciugarmi gli occhi.
Loreto, sei un mito. Una leggenda.
Ti faccio un funerale da fare invidia a quello di Rodolfo Valentino e Marilyn Monroe messi insieme, cazzo. Giuro. Pago io. Anzi, no: paga Savannah, visto che è in debito con me.
“Scordatelo!”
Bene. Come vuoi. La prossima volta mi saprò regolare, cocca mia bella!
Grazie, Loreto. Grazie.
Tu sì che mi vuoi bene!
Ma torniamo al famigerato foglietto.
Ed ecco che, dal nulla, si materializza tra noi.
 
La prima che accusa il colpo, manco a dirlo, è Savannah. No, dico. E vi pareva?
“Ohhhhhhh-mmmm-mmmmioddio!”
Si getta a terra e strabuzza gli occhi.
Oh, no, penso io roteando gli occhi al cielo. Ci risiamo. Che tempismo, cazzo.
Un attacco d’asma di quelli come si deve.
La povera crista si artiglia la gola e, per un attimo, si getta platealmente a terra aumentando- caso mai ce ne fosse bisogno- il pathos della scena.
 “Adri, aiuto, muo-o-o-o…”
Inspira a fatica sibilando come una vipera soffiante con l’enfisema, tossisce. Si strozza. Sbava.
Inutile dire che io, che non sono fatta di marmo, resisto alla tentazione di lasciarla al suo destino e, nonostante non lo meriti affatto, mi precipito in suo soccorso.
Il disordine non paga.
Nossignori, cazzo.
Infatti il suo inalatore non si trova.
Mezz’ora e passa di sbatti da paura e poi dov’è che lo becco? Ditemi voi. Anzi, no. Ve lo dico io, tanto non ci arrivereste mai.
Nel congelatore.
Adrianna, non ho parole. Giuro.
Inutile dire che adesso te la ciucci, gioia mia bella, visto che il tuo inalatore adesso non serve più a un cazzo e, se ci tieni, ti dico anche dove te lo puoi mettere.
Dunque.
Per salvare la pellaccia alla mia socia mi sa che bisogna giocare d’astuzia, cazzo.
La sua pelle da albina sta virando al violetto alla velocità della luce e quindi non c’è tempo da perdere. A mali estremi, estremi rimedi.
Qui ci vuole un patto col Maligno.
Più una bella pista di coca. Di quelle fatte col cuore, cazzo.
Modestia a parte, questa qui renderebbe giustizia al decollo di un caccia bombardiere.
Tranquilli, so quello che faccio.
Se permettete sono un’ esperta di rianimazione.
Cazzo ridete?
Loreto è stato un incidente.
L’eccezione che conferma la regola.
Perché, cazzo. Voi non sbagliate mai?
 
D’altra parte, la puntata di stasera non è nuova. E’ una replica. Re Lucertola direbbe
 
Il programma di stasera è un ripasso
L’avete visto e rivisto passo per passo
È la vostra vita, nascita e morte
Ricorderete ogni passo.
Avete avuto un buon mondo morendo?
Abbastanza da farci un film?*
 
Premo il tasto REWIND.
La vita di Savannah è solo un film in bianco e nero.
Vi lascio immaginare il genere.
Poi, all’improvviso, la moritura resuscita e, in un battito di ali di pipistrello, si lancia a capofitto sul foglietto.
La sua ombra tremolante fagocita la carta e io, al solito strafatta di ero, ho la visione di una stronza di stella marina che estroflette lo stomaco e si mangia la cazzo di unica chiave che avevamo- per giunta piovuta LETTERALMENTE dal cielo- per il Paradiso Terrestre. 
(Se preferite, chiamatela Stairway to heaven.)
 
Beccatevela, la miracolata.
Savannah, fai schifo.
Sei senza ritegno.
 
“Grazie, Adri” mi fa Lacrime di Coccodrillo. Mi si getta al collo e per poco non mi strozza, cazzo. “Grazie! Grazie! Grazie! Mi hai salvato la vita.”
Ma vai a cagare!
M’inghiotto la lingua e mi tocca abbozzare.
Tra parentesi, come attrice fa schifo, cazzo. Giuro. La strozzerei con le mie mani.
 
Ad ogni modo, riemersa dal fondo dell’Ade, la mia stronza di socia si alza in piedi e mi mostra il famigerato cartiglio.
Carta canta.
Ed io, che non sono mica scema come crede lei, con scatto felino e agile mossa, glielo strappo di mano.
In questo preciso, fatale istante che potrebbe cambiare per sempre le sorti di tutti noi, la Verità con la vi maiuscola è finalmente in mio possesso.
 
L’attesa è finita, gente.
La Rivelazione è a portata di mano.
 
Squillino le trombe.
Rullino i tamburi.
Siete curiosi, vero?
Cazzo, figuratevi noi!
 
Diventeremo tutti ricchi da fare schifo, lo so.
Fanculo.
Quando lo saprà Steve gli verrà un coccolone!
Basta. Devo sapere. Non posso più aspettare.
E voi?
Mentre decifro questo segno divino apparso dal nulla e planato ai miei piedi in slow motion a mezzo stronzo di fotogramma al secondo, vado in arresto cardiaco.
Solo che io non sto recitando e a Savannah, se ci tiene alla sottoscritta, serve un cazzo di defibrillatore.
A parte gli scherzi, qui dentro è un casino.
C’è un’atmosfera tesa e solenne, da svolta epocale.
La note spegne le sue candele mentre fuori, nel mondo reale, Apollo trascina il carro del Sole recando sulla sua scia un altro giorno.
Un’alba di riscossa che, a San Loreto Vergine e Martire piacendo,  sarà migliore di ieri e, spero, peggiore di domani.
Il mondo mi sorride e io vorrei volare, diceva quel tale.
Io e Savi qui, siamo in bilico tra due mondi.
Come dire che abbiamo un piede nella cacca e l’altro nell’universo degli dèi.
 
Poi, improvviso come un fulmine a ciel sereno, il soffitto ci crolla in testa frantumando in una volta sola tutti quanti i nostri sogni.
 
Il numero è una farsa. Una presa per i fondelli.
Loreto, razza di vipera malefica, come cazzo hai potuto farci questo?
Altro che santo subito!
Col cazzo!
Sei un falso eroe, bello.
Uno scherzo che gli dèi mi hanno fatto.
 
La verità è una bastonata.
(E anche qualcos’altro che finisce in ATA.)
 
Basta. Io e Savi ci arrendiamo.
La nostra è una resa incondizionata.
Crolliamo in ginocchio gementi e piangenti.
 
Sul foglietto c’è solo un insulto.
Una beffa cifrata neanche troppo originale.
 
E sotto, disegnato benissimo, per chi ancora non avesse capito l’antifona, un bel dito medio a novanta gradi.
Basta. Non ho parole.
W.C., eri un vecchio laido e schifoso. Scusa se te lo dico, ma come persona eri un VERO CESSO.
Facevi cagare, cazzo.
Quel che si dice un nome un programma.
Eri sporco dentro e fuori. E, se vuoi saperlo- mi dispiace per Steve, povera bestia, che non ne ha colpa- ma ci godo un casino che hai tirato le cuoia, bastardo!
Hai presente gli antichi Greci?
Il vecchio mito di Prometeo.
Ehi! Ci sei? Mi senti?
No, dico. Sei connesso?
Dico a te, vecchio taccagno infame sia da vivo che da morto.
 Ti auguro di cuore la stessa sorte dell’Eroe Greco che rubò il fuoco a Zeus per donarlo agli uomini.
Una cazzo di aquila robotizzata col becco di acciaio come Jeeg Robot che ti mangi il fegato da qui all’eternità.
 
Come si dice, parli del Diavolo e spuntano le corna.
Improvviso come l’ira Divina, il Male irrompre tra noi gelandoci il poco sangue liquido che ci resta nelle vene.
Una sinistra zaffata sulfurea satura la stanza in un battibaleno recando sulla sua scia il demone incontinente segnato a fuoco col marchio della Bestia.
Ed ecco che, come una pestilenza, il tuo degno vicario terreno, caro mister W.C., si affaccia in anticamera e, a suon di fanfara, con passo marziale, marcia verso di noi guadagnandosi una bella ciabattata.
Merda.
Lo manco e becco in pieno il crocifisso di ceramica appeso sopra la porta a vetri che collega la sala al corridoio.
Vi lascio immaginare la scena.
Il crocifisso si va rompere sul groppone del mefistofelico felino mentre io e Savannah, riavuteci dallo choc, ci segniamo per precauzione.
“Vade retro, Satana!”
Ma quello non arretra di un passo. Anzi! Se ne sta lì a contemplare le rovine leccandosi i baffi tignosi e cascanti come se avesse appena mangiato un cristiano.
Io e Savannah ci scambiamo un’occhiata esterrefatta.
E voi? Ci credete ai presagi?
Altro segno di croce. Altro giro altra corsa.
E alla fine, dopo il danno, la beffa.
 
 
6  -   1 -    0

(Sei Uno Zero)

 
 
 
 
 
*James Douglas Morrison, An American Prayer (The Movie)
 

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Capitolo 24
*** I'm your charity case ***


capitolo 24

 

 

I’M YOUR CHARITY CASE

Amy Bailey

 
La tintura per capelli da supermercato genera mostri.
Non ci credete?
Nemmeno io ci credevo. E invece, a quanto pare, è proprio vero. Purtroppo.
Ma adesso basta, Amy.
Cresci.
Piantala di piangere sul latte… anzi, sul perossido versato. Tra parentesi, spero solo che fenilendiammina, ammoniaca, resorcina e tutte le altre porcherie contenute in quell’abominevole mistura puzzolente non abbiano fatto dei danni al mio bambino. Mamma che puzza!
Ci credete?
Un tanfo letale.
Quando ho mischiato il latte rivelatore col colore si è sprigionata una nube di gas tossico che giuro, mi ha fatta vomitare. E il bello è venuto dopo!
Dovreste vedere come sono messa! Allora sì che ridereste!
Ma io non me la tolgo la cuffia di lana rosa coi glitter di Barbie. So che fa cagare. Che è da bambina. Che è rovinata. Ma non voglio correre rischi. Anche perché se la tolgo è molto peggio. Credete a me! Non esagero.
Ma lasciamo perdere, va’, che è meglio.
Forza, Amy. Fatti coraggio.
Fai un bel respiro e conta fino a dieci.
Tirati su e cerca di vederla dal lato positivo: conciata così, chi caspita ti riconosce?
E’inutile che rompete. Tanto non me la tolgo, la cuffia. Non adesso. Non prima di avervi raccontato per filo e per segno come sono andate le cose. Ok?
Poi si vedrà.
Dunque. Andiamo con ordine. Ne ho talmente tante da dirvi che non so da dove cominciare se non, molto banalmente, dal principio.
Cioè da padre Blatta in arte Merrill e dalla sua sconfinata generosità pari solo alla sua imbranataggine.
L’Angelo del Seven Eleven.
Il Buon Pastore mi ha accompagnata sana e salva a destinazione, vale a dire alla stazione Greyhound appena fuori Lafayette, in una zona che, si sa, essendo periferia povera, di notte è decisamente off-limits. Soprattutto per una minorenne incinta e sprovveduta come la sottoscritta. Ma non solo. Anzi!
Prima mi ha offerto la cena.
Mi ha accompagnata da Mc Donald.
L’anatema alimentare, per mio padre. Nessuno dei suoi figli sano di mente ha osato metterci piede prima dei quattordici anni. Pena la purga. L’olio di fegato di merluzzo che una volta, a colazione, una famigerata domenica, aveva propinato a Bill. E lui gli aveva vomitato sulle scarpe. Ma questa è storia vecchia. Di sicuro mio fratello ve l’avrà già raccontata. Però è emblematica. Siamo cresciuti nel terrore, peggio che sotto le SS. E da McDonald io, in questa vita, non c’ero ancora stata.
Non vi dico quello che ho mangiato perché vi farei schifo. No, anzi. Ve lo dico. Cheeseburger. Patatine. Chicken McNuggets. Muffin al cioccolato bianco e milk shake alla fragola. Poi ho detto basta. Sono incinta. Devo mangiare per due, non per venti!
O no?
Il mio salvatore, invece, si è accontentato di un frugale semplicissimo hamburger senza fronzoli come si conviene ad un Servo di Dio Cattolico.
Risaliti in macchina, siamo partiti per la stazione degli autobus.
La periferia era morta e desolata.
Negozi chiusi. Serrande abbassate.
Bettole di infimo ordine dai muri sporchi e sbrecciati con le luci quasi tutte spente. Gente che butta giù al volo quello che mio padre chiama il bicchiere della staffa e si trascina fuori ruttando e barcollando. Le sedie già ammonticchiate sui tavoli sfrattano gli ultimi nottambuli e si chiude per davvero, contando alla svelta l’incasso della serata.
E’ triste la notte.
Per questo mi attira.
Cani randagi.
Bulli di periferia.
Anime perse.
Asociali.
L’esercito delle tenebre è un branco di lupi.
La gente diurna di Lafayette, invece, è un gregge di pecore.
“Eccoci qui.”
La voce del Buon Pastore rompe la bolla di sapone in cui stavo sospesa. E adesso siamo fermi.
“Tu come ti senti? Stai meglio?”
Annuisco.
“Sì, grazie.” Gli sorrido. “Mi dispiace. Io… non volevo metterla in questa situazione, padre, ma sa… io credevo che…”
Lui mi zittisce prima che io riesca a finire la frase.
“Non ci pensare. A quanto pare, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”
Io faccio la faccia stranita.
Ossignore!
Ma che lingua parla, questo qui?
“Cioè?”
“Così piace al Signore, a quanto pare. Visto che non è la prima volta che raccolgo un ragazzino svenuto dalla strada. Sai? L’anno scorso ho raccolto un ragazzo scappato di casa.”
Inutile dire che il mio cuore ha un tuffo e salta un battito.
E se… e se fosse…
Ommioddio!
E se fosse davvero…
“Com’era questo ragazzo?” domando col cuore che mi esce dalle orecchie. “Saprebbe descrivermelo?”
Non che ce ne sia bisogno.
So com’è fatto mio fratello.
Solo che…
Lui allunga una mano e le sue dita giocherellano per un attimo con una ciocca dei miei ancora lunghissimi boccoli rossi. La luce fredda dei lampioni della stazione dei bus ne trae fuoco e fiamme.
“Stano ma vero” annuncia, dopo un lungo silenzio carico di domande inespresse e, forse, inesprimibili “se vuoi saperlo, aveva i capelli rossi come i tuoi.”
Tremo e balbetto. Balbetto e tremo.
“E’ mio fratello” spiego dopo una vita. “Mio fratello Bill.”
“Ci avrei giurato.  Siete due gocce d’acqua. E credo che niente accada per caso. Non t pare?”
Io annuisco e gli racconto la mia storia.
La parte dicibile, ovvio.
Flipperebbe secco se gli dicessi che sono incinta. E che il padre del pargolo che mi porto in grembo è… un suo… sì, insomma… un suo collega Pentecostale. Ancora una volta, sono felice che questo Buon Pastore sa Cattolico e mi riprometto, dopo aver assaggiato un sufficiente campionario di mondanità e peccati e fatto, come si dice, la mia parte, di prendere in considerazione la fede Cattolica.
Domani mi convertirò penso, maliziosa. Ma non oggi. E’troppo presto. Vorrei prima godermela un po’. No, dico… visto che mio padre mi chiamava sgualdina e meretrice mentre invece ero pura e casta come una colomba- non fosse stato per lui, che mi ha bruciato le ali- adesso voglio sapere che cosa mi sono persa a fare la brava bambina.
La curiosità, in fondo, me l’ha messa addosso lui… assieme a quest’altro innocente fardello di disperazione.
Gli spiattello un paio di aneddoti illuminanti corredandoli con la cupa atmosfera inquisitoria che ha caratterizzato tutta la nostra infanzia e che, come prevedibile, è persino peggiorata con l’adolescenza.
Il fanatismo religioso di mio padre.
Le molestie.
I rituali miracolistici.
Gli spiego che noi Pentecostali crediamo che lo Spirito Santo scenda su di noi elargendoci il carisma delle lingue. Ammetto di aver sentito più volte mio padre cantare in Giapponese fluente pur non conoscendo la lingua, nonché di aver visto un uomo senza occhi leggere le Sacre Scritture. Poi ammetto la mia confusione. Il mio odio per la mia famiglia. La mia voglia di raggiungere Bill a Los Angeles come unica prospettiva immediata di riscatto.
“Possa Iddio Misericordioso aver pietà di loro!” Esclama scandalizzato quando gli racconto di come noi tre ragazzi venissimo sistematicamente puniti e picchiati per delle inezie. Di come mia madre restasse sempre in disparte persa nel suo limbo chimico senza mai avere la forza di correre in aiuto dei suoi figli. Di come nostro padre si servisse di noi per i suoi scopi usandoci senza ritegno e poi gettandoci via. “Mostri la luce a coloro che camminano in una valle oscura!”
Lui allora mi racconta ciò che sa. Ciò che ricorda.
Prima di tutto di averlo quasi investito in strada.
“Non l’ho messo sotto per un pelo” mi spiega. “Lui stava male. Aveva la febbre. Faceva l’autostop sotto la pioggia sull’Interstatale. Me lo ricordo bene. Lo rivedo come se l’avessi davanti” mi fa, pulendosi gli occhiali e  poi inforcandoli di nuovo come per scorgere meglio, nelle nebbie della memoria, il musetto birichino di Bill. “Sai una cosa?”
“Cosa?” dico io, cercando di dominare l’emozione, ma soprattutto la gioia che quell’uomo buono e imbranato mi stava dando. “Tuo fratello era messo malissimo.  Bagnato da capo a piedi come un pulcino. E’svenuto proprio come te. Si vede che è una tradizione di famiglia!”
Spalanco gli occhi.
“Eeeeh?”
Vedo che mi sorride, ed io capisco che il suo era un tentativo di fare una battuta.
Meno male che ha fatto il prete e non il cabarettista, penso, strappandomi un sorriso.
Mi racconta di aver bucato davanti ad un nightclub, Nellie La Gigolette, si chiamava, o roba del genere.
Dice che lì mio fratello l’ha piantato in asso ed è scappato.
“Per carità” conclude. “Non lo giudico. Non è compito mio. Solo Nostro Signore può farlo. “Avrà avuto paura. Chissà. Ad ogni modo, tuo fratello è un buon ragazzo. Intelligente. Bello. Educato. Ha dei doni. E prego il Signore che lo protegga lungo la strada e che alla fine, gli dia ciò che vuole.”
 
Giunge l’ora del commiato.
Il momento che temevo.
E’ tempo di camminare con le mie gambe.
Ho approfittato anche troppo di questo povero Servo del Bene!
O no?
Voi che ne dite?
 
Stazione Greyhound.
Mi guardo intorno e inorridisco all’istante nel vedere che, dopotutto, anche se sono nata sulla sponda sbagliata del fiume Wabash- quella della classe operaia invece di quella dei figli di papà coi soldi- potevo finire molto ma molto peggio.
La stazione è un mondo separato.
Una specie di sole smarrito.
Attorno alla sua orbita, come un pianeta morto alla deriva nello spazio siderale, gravita la città satellite.
Mi sento improvvisamente gelare.
Credo che i sogni e le illusioni della gente di Lafayette Buco del Culo City, come la chiama(va) mio fratello Bill, si arenino tutti qui.
 
Non ho parole.
La zona è miserabile.
Qui gli affitti devono essere ai minimi termini.
Io, per quanto mi riguarda, non ci starei neanche dipinta sul muro, in una di queste casette decrepite dalle pareti di assi di legno intrise di muffe verdastre.
Sembra una bidonville di qualche posto del Terzo Mondo, non la periferia di Lafayette.
Una vergogna.
E noi che ci lamentiamo!
 “Siamo arrivati.”
Io sono riluttante a lasciare il caldo e sicuro utero di quella specie di Chiesa Motorizzata che, fino ad ora, mi ha protetta, salvata e riscaldata da tutti i pericoli della Notte.
Insomma, non riesco a comandare alla mia mano destra di fare scattare la sicura e aprire la portiera. Tanto so che, anche se lo facessi, il mio piede non ne vorrebbe sapere di staccarsi dal pavimento dell’abitacolo per sondare questo suolo sconosciuto.
Così come non volevo salire, adesso non voglio scendere.
Lui, poveraccio, mi guarda e non favella.
Paziente fino in fondo, rispetta i miei tempi e mi sorride.
“So cosa provi, bambina” mi dice, mettendomi una mano sulla spalla. “Credimi. Lo so. Anch’io, tanto tempo fa, ho avuto l tua età”
L’altra mano la usa per frugarsi in tasca.
Tira fuori il portafoglio e lo apre di fronte a me mostrandomi che anche lui, poveraccio, non è che, alla fine della fiera, sia messo poi molto meglio di me.
“Prendili” mi dice, cacciandomi rudemente in mano alcune banconote spiegazzate.
Io esito. Un nodo in gola m’impedisce di aprir bocca.
Sono commossa.
Chi mi ha mai trattata così, fino adesso, nella mia giovane, inutile vita?
Una lacrima mi rotola giù per la guancia prima che possa fermarla. Lui me l’asciuga col pollice, così come viene.
“Coraggio” mi dice, accarezzandomi i capelli. “Non ti preoccupare. Trova tuo fratello e salutalo per me.”
Io prendo i soldi e lo ringrazio con un abbraccio inondandolo di lacrime.
Lui mi respinge con garbo.
“Vai, adesso. Vai, figliola.” Mi impone le mani tracciandomi in fronte un segno di croce con l’Acqua Santa di un’ampollina di plastica a forma di Madonna che ballonzolava appesa allo specchietto retrovisore. “La pace DI Nostro Signore Gesù Cristo sia sempre con te.”
“E con il tuo Spirito” rispondo, segnandomi a mia volta.
Poi noto che il sacerdote abbassa lo sguardo sul mio pancino appena accennato.
“Amen”
Mi fissa per un lungo, lunghissimo istante in silenzio.
“Vai, adesso. Vai.”
Io mi sfilo dalla sua Chiesa Mobilesenza perdere i suoi occhi per un solo istante.
Il suo sguardo mi trapassa come una scarica elettrica.
So che lui sa.
Anche se non sa la parte peggiore.
Le sue labbra si muovono al rallentatore.
 
“ E non peccare più.”
 
 

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Capitolo 25
*** it's all a gamble when it's just a game ***


capitolo 25

 

 

IT’S ALL A GAMBLE WHEN IT’S  JUST A GAME

W.Axl Rose

 
Il nostro uomo, un certo Mick Facciadiculo, si fa desiderare come una cazzo di prima donna troglodita per quasi mezza giornata. All’imbrunire, col favore delle tenebre, vediamo avvicinarsi scoreggiando a tutta randa il relitto di un cazzo di furgone ROSA SOTTOMARINO ROSA tenuto insieme con lo sputo. Alla vista del quale, il nostro Vomito Ovunque ha una crisi di schizofrenia a grappoli- o un terrificante flash-back da acido- vedete un po’ voi.
“Scommetto il tuo culo sfondato che quello è il tuo gancio, McKagan” lo provoca il chitarrista, sferrandogli una gomitata nelle costole “con un cazzo di furgone così da finocchio, del resto, non potrebbe essere altrimenti.”
Il povero bassista, costernato, non ha parole.
Fissa l’imbarazzante oggetto a occhi sbarrati e, per tutta risposta, si limita al gesto dell’ombrello.
“Mi fa venire la nausea” seguita Vomito Ovunque, facendo l’atto di ficcarsi due dita in gola.
Come se  ce ne fosse bisogno, ecco farsi avanti sghignazzando senza ritegno, con la bocca piena di patatine mezze masticate che semina ovunque addosso ai presenti, il buon Popcorn che, tanto per cambiare, non sa resistere alla tentazione di dire la sua.
 “Dice il saggio: ne’ per gioco ne’ per burla…”
Pausa di riflessione. Durante la quale il batterista più fulminato della storia del rock di tutti i tempi mastica, ride, tossisce, si strozza e, a momenti, si rompe l’osso del collo per sbirciare il tizio a bordo del furgone.
 “dietro il culo non voglio nulla!”
Standing ovation.
Dieci minuti di applausi.
Quanto al sottoscritto, invece, cerca di tenere un contegno decente, quantomeno per mostrare la sua classe e ribadire ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, la sua leadership da maschio alfa sul resto della band. Però vi dico questo, ma ve lo dico in un orecchio: non tacciatemi di omofobia. Io non ho niente contro i froci. Tranne che quando canto One in a Million.
Tra parentesi
Immigrants and faggots
They make no sense to me
 
E va bene. Però, omofobo o xenofobo o quel cazzo che volete voi, mi sa che, tanto per restare in tema, l’abbiamo veramente  preso dritto in mezzo alle reni.
Ad ogni modo, il dado è tratto.
I portelloni vengono aperti e noi, che ormai abbiamo la bava alla bocca e il cuore in gola, cazzo, ci tuffiamo su quella che, a rigor di logica, dovrebbe essere la nostra nuova strumentazione.
No, dico. Fate un po’ voi.
Questo povero rottinculo qui è la nostra ultima speranza, quindi non è il caso di andare troppo per il sottile. Non vi pare?
In qualità di capitano di questa cazzo di nave che cola a picco, cazzo, personalmente darei via il culo al diavolo adesso- e lo farei con gioia anche se sono fottutamente etero, voglio essere etero e i culattoni non sono il mio trip- se questo servisse a ritardare anche solo di un’ora il tracollo totale.
Sono le nove. Manca una cazzo di ora allo show e noi siamo ancora qua in questo piazzale di merda che sembra un campo di concentramento, cazzo, ad aspettare. Non abbiamo mangiato nient’altro che un pacchetto di patatine a testa e un paio di birre in tutto il giorno. Ah, no. Scusate. Dimenticavo la bottiglia di Zio Jack con cui abbiamo mandato giù il tutto.
Insomma, la vedo dura.
Anche a voler essere ottimisti, c’è da cagarsi sotto.
Voi cosa ne dite?
Scommetto che, fighe a parte, non ci invidiate per niente.
Lo so. E vi capisco, sapete? Ma fatemi andare avanti, cazzo, che se no’ va a finire che perdo il filo e faccio su un casino mostruoso.
Quando la luce fioca del solito lampione mezzo cieco illumina il baule del furgone rosa mal-di-pancia, io e i miei poveri compagni di sventura, qui, abbiamo un crollo nervoso verticale.
Ci restiamo di sasso- per non dire di cacca.
E devo ammettere che sono contento che le fighe hippy al momento si trovino fuori col pickup a fare un po’di spesa  per la serata, così noialtri maschietti possiamo incassare il colpo senza perdere la faccia davanti a loro.
Imbarazzato fino alla morte, mi schiarisco la voce.
“E quella roba cazzo è?”
No, dico. Non ho parole.
Tutto quello che vediamo è un cumulo di scatoloni di cartone mezzi marci tenuti insieme con lo spago e lo sputo.
“Merda” fa Scemo, strizzandosi le palle per scaramanzia. “Qui finisce male.”
“Molto ma molto ma molto male!” raglia sibillino l’oracolo Popcorn, trivellandosi il naso in cerca di risposte.
La domanda, come diceva quello là, nasce spontanea. Ed è sulla cazzo di bocca di tutti. Sottoscritto compreso che, in qualità di leader, ha il sacrosanto diritto, in simili frangenti, di cagarsi addosso come tutti gli altri.
 “E adesso cazzo facciamo?”
“Cazzo ne so?”
So solo che tra un’ora dovremmo essere su quel palco e invece siamo ancora qui. Bagnati e incazzati neri dopo una vita intera passata a grattarci le palle e ad aspettare questa checca isterica sotto un acquazzone assurdo. Grazie a questo cazzo di temporale, però, devo ammettere che almeno, per la prima volta da quando ci siamo messi in strada, ci siamo dati una bella ripulita. Il che, dico io- che sono il Grande Capo e la so lunga- va a tutto vantaggio della nostra immagine, visto che il primo imprinting col pubblico è a dir poco fondamentale.
Frattanto, il nostro salvatore mascarato è sceso dal furgone e avanza verso di noi fluttuando a mezz’aria. Pazzesco. Più che camminare, sembra che stia danzando sulle punte. Gli manca solo il tutù, magari rosa, in tinta con il furgone. Lo vedrei bene ne La Morte del Cigno, cazzo. Darebbe dei punti a mia sorella Amy.
Tra parentesi, chissà come sta. Quanto mi manchi, sorellina… oh, Amy! Amy! Quanto vorrei che tu adesso fossi qui…
Ma ripensandoci è meglio di no.
Non sarebbe per niente educativo.
Voi che ne dite?
Scommetto che, per una cazzo di volta, siete d’accordo con me!
 “Non so tu, ma io ho una brutta sensazione” dico a Vomito Ovunque squadrando il nuovo venuto da capo a piedi e ricacciandomi in gola un conato di vomito. “Sento puzza di bruciato, cazzo. E se ‘sto stronzo crede di mettercelo in culo” aggiungo, scrocchiando rumorosamente più volte le dita rattrappite dalla lunga attesa e alzando la voce per fargli capire l’antifona  “si sbaglia di grosso, cazzo!”
“Già” approva il chitarrista, incenerendo lo strano essere con un’occhiata assassina. “Ma purtroppo siamo nella merda fino al collo, cazzo. Abbiamo le mani legate. Dimmelo tu: cazzo ci possiamo fare? Una mazza di niente. Punto e basta.”
Si accende una canna grossa come il mio pollice e sputa fuori una nuvole densa di fumo biancastro.
Il tizio da barzelletta fa’ un cenno col capo e si avvicina sorridente  al culo del furgone.
“Non abbiamo altra scelta, Rose. Non so se te ne sei reso conto, cazzo, amico, ma siamo fuori tempo massimo.”
Mi passa il joint. Inutile dire che accetto con gioia.
“Lo so” dico, tossendomi fuori i polmoni. “Se no’ col cazzo che sarei stato qui tutto il giorno ad aspettare i suoi porci comodi” dico rivolto al nostro… ehm… trovarobe di fortuna. “Capito, coglione?”
Ma quello manco mi caga di striscio.
Sta lottando con la cazzo di chiave per aprire il baule del furgone e mostrarci finalmente, prima di essere fatto a pezzi e ridotto in poltiglia fumante dal sottoscritto, la sua mercanzia.
Il pomo d’Adamo gli va su e giù come se si stesse strozzando, poi cerca di fare il duro mentre io lotto con tutto me stesso per resistere alla tentazione di ridergli in faccia.
“Meglio tardi che mai” dice sparando una grassa ragliata ferina. “Prendere o lasciare, bello.”
Io faccio un ghigno storto e lascio rispondere il mio dito medio.
Che faccia da culo, giuro!
Cazzo, ragazzi!
Che pezzo di merda!
 Mai vista una faccia da pirla più miele strazio della sua. Mai e poi mai, cazzo! Neanche da strippato. Giuro su Zio. Una faccia così è una disgrazia, cazzo. Roba che mi fa fin pena, cazzo. Mi fa fin tenerezza.
Anche se non nego che, dal primo cazzo di momento che l’ho visto, questo mammalucco vestito in stile culo-sado-maso che gioca a fare Lemmy dei Motorheads, mi è stato cordialmente sulle palle. Per non dire che mi dà il vomito.
Senza offesa, eh, amico?
Ma stai alla larga da me. Chiaro?
Fuori dai coglioni.
Vengo a sapere da Duffo Scaruffo che il nostro Rudolf Nureyev, qui, è un delinquente abituale. Uno che, anche se non si direbbe guardandolo, cazzo, ha alle spalle una lista di precedenti penali lunga quasi quanto la mia- anche se io, modestamente, non ho rivali.
Che di  mestiere fa il pappa e per diletto la checca.
Inoltre, a quanto pare, per arrotondare, di recente si è riciclato come  pusher.
All’occorrenza, però, visto che, di questi tempi, come dicono i Gipsy superloffissimi Kings, il trasformismo è diventato un’esigenza, il nostro Culo a Salvadanaio, qui, si dà da fare anche come ricettatore.
No, dico. Ammirevole. Da quel lato lì, tanto di cappello, amico.
Per salvare almeno le apparenze, visto che dopotutto non siamo bestie ma gente (in)civile, McKagan si occupa di fare le presentazioni formali.
Noialtri ingoiamo i conati di vomito e ci rassegnamo a stringere la mano a colui che, al momento, date le circostanze, crediamo il nostro salvatore.
Io però lo avviso.
Non si sa mai, penso. Delle volte che volesse fare il furbo.
Meglio prevenire che curare e sguanate varie.
“Ok, amico” dico seccamente, trapassandogli le palle degli occhi con un’occhiata al vetriolo finché il mammalucco non abbassa lo sguardo. “Apri bene le orecchie. Vedi di fregarci e ti rompiamo il culo. Sono stato chiaro?”
Sgancio dall’assortimento di crocifissi e rosari che porto al collo come amuleti contro la sfiga la mia cara lametta da barba tutta bella arrugginita e ancora un po’ sporca di sangue ormai secco sui bordi.
“Capito, coglione?  Se fai lo stronzo con noi hai chiuso.”
La vita è una merda. Lasciatemelo dire. Soprattutto la mia. E, se permettete, c’è una cosa che ho imparato lungo la strada: che come ti giri te lo mettono in culo. E quindi, se appena potete, datemi retta: vedete di non porgere l’altra chiappa. Perché prenderlo in culo fa male. Molto male.
E se non ci credete, chiedetelo al nostro amico, qui.
Il quale spero non abbia buona memoria. Mi spiego.
Questo ce l’ha su con McKagan, cazzo, dai tempi del liceo.  Se non sbaglio, mi pare che il nostro bassista stallone ve l’abbia già accennato. Il guaio è che questo culattone era l’unico aggancio disponibile vista l’urgenza. Della serie, gli amici si vedono nel momento del bisogno. Beh, staremo a vedere. Così ci siamo tutti abbarbicati a lui come cozze. Questo è un momento cruciale della nostra vita. Un frangente da codice rosso, cazzo.
E Duff che fa?
L’unica cosa possibile, povero scemo anche lui.
Affida le nostre cinque cazzo di vite ad una checca che, oltretutto, lo vuole morto per via di una scopata da liceali. No, dico. E’ dura da mandar giù.
Il tutto, poi, prima del nostro esordio.
Nella notte che cambierà per sempre la storia del rock, cazzo.
E lo so anch’io che la Terra, quando ci avrà sentiti, smetterà di girare, cazzo, ma al momento, se permettete (cazzo), come ho già detto poc’anzi, ci stiamo letteralmente cagando addosso.
E noi ci affidiamo a mani nemiche.
Bella lì!
Siamo un mito vivente, cazzo.
Prima ancora di aver mai suonato in faccia al mondo un fottutissimo schifo di riff.
“Ma dove li fanno quelli come te, McKagan?” domando, strapazzando la criniera zebrata del bassista. “Dove?”
“Fottiti, Rose” risponde la pertica al perossido di azoto strappandomi di mano il suo ciuffo. “Molla l’osso. Mi fai male, cazzo.”
Poi si ricompone e mi fa il pollice alzato.
“Tutto sotto controllo. Trust me, man.
Of course. Come no.
I fatti, però, sono contro di lui. Almeno a giudicare dallo stato pietoso dei cazzo di cartoni che contengono- almeno spero- la strumentazione. Ok, è vero che non bisogna mai giudicare un cazzo di libro dalla copertina, ma in questo caso io preferisco guardare in faccia la verità e non farmi troppe illusioni.
Se sarà dura, la chiamerò sfortuna. Maledetta sfortuna.
 No, dico. E l’amplificatore?
Dove cazzo sta?
Io non lo vedo.
Andiamo bene!
Segna un punto per te, McKagan!
Nel senso dei punti del pronto soccorso, cazzo.
E tutto per una scopata tra brufolosi.
“Scommetto che non ti si è neanche rizzato, McKagan” lo stuzzico. “E che lei era una cozza da vomito.”
Risata generale.
E tutti a sfottere il bassista. Il quale, povero coglione, ricambia con sputi in faccia e dito medio a destra e a manca.
E se a questo punto, cazzo, non riuscite a fare due e due quattro, io mi faccio la piscia di Steve e di Scemo + Scemo direttamente in vena senza passare dal via.  
In qualità di leader dei Ganzi, Sfigati e Rozzi, so che affrontare Mick the Faggot, qui, purtroppo, come al solito, è compito mio e io, come ben sapete, non mi tiro mai indietro. Io sono uno che le cose le affronta di petto e così- maledetto me e quando ho voluto lasciar perdere il posto sicuro col culo in caldo alle acciaierie JeegRobot del Cazzo di Lafayette Arsehole City- pancia in dentro e petto in fuori, mi butto nell’arena e affronto il mostro.
Steve, Izzy, Slash e Duff ci accerchiano adattandosi a noi come ombre, pronti e desiderosi di menare un po’ le mani.
 “Ehi, stronzo”
La mia fottutissima estensione vocale da sballo mi permette un registro di basso da far cagare addosso il diavolo in persona. I miei occhi da serpente a sonagli lo fanno a fettine all’istante.
“Chi cazzo credi di prendere per il culo?!”
Sono fuori di me. Non ci vedo più dalla rabbia, cazzo.
Il culorotto mi ride in faccia.
“Ok, amico. Stavolta hai davvero pisciato fuori dal vaso.”
Comincio a spintonarlo, e questo tipo assurdo, campione del mondo dei pesi Zanzara, va a sbattere il muro di questa cazzo di vetreria di merda ingoiandosi entrambe le reni.
Finalmente un ispirato McKagan, al solito sbronzo oltre ogni dire anche per i miei standard, mosso a compassione del sottoscritto, si intromette fra noi e, rudemente, ci divide.
“Io e te ne parliamo dopo, bello” ruggisce alitando in faccia al pappa finocchione alcol denaturato praticamente puro a novanta gradi e stendendolo sul colpo.
 La vittima comincia subito a piagnucolare.
“Ma io… credimi non volevo…”
“Chiudi il becco, lurida checca isterica!”
“Ma non è colpa mia se ho fatto tardi…”
“Chiudi il becco!”
A questo punto entra in gioco la Vera Parte Lesa.
Vale a dire il nostro Vomito Ovunque che, riavutosi dallo choc, si butta nella mischia in cerca del dolce fiele della vendetta.
“Fuori dalle palle, Rose. Anche tu McKagan. Pedala.”
E non c’è niente da fare. Ci spintona via. E Slash non è un fuscello come il sottoscritto. Nossignore, cazzo. Il nostro virtuoso della sei corde è muscoloso e ben piantato. Oserei dire un falso magro, cazzo. Mentre il pappa, qui, è uno stecco rachitico. E Vomito Ovunque, se vuole, con una sberla, lo disfa.
“Questo figlio di una vacca sifilitica è tutto mio.”
Attorno a noi, i ragazzi scalpitano e fremono, carichi come treni merci. L’eccitazione della rissa fa montare il testosterone, ma Occhi Senza Volto ci zittisce rabbiosamente tutti quanti, geloso del suo uomo.
S’inginocchia su di lui, che striscia come un verme, e sputa a terra con disprezzo, sogghignando.
Io faccio scrocchiare le dita pronto a dargli man forte e McKagan è pura follia: sembra Rocky quando si allena frollando i quarti di bue, ma il chitarrista cilindrato ci stoppa entrambi con un gesto che non ammette repliche.
“Lascialo perdere, Rose, cazzo” ci ordina un risoluto Vomito Ovunque. Non l’ho mai visto così, cazzo. Il suo tono non ammette repliche. “E anche tu, McKagan, te l’ho già detto: fuori dalle palle. Non vi sporcate le mani. Non vi conviene, cazzo. Qui basto io. Chiaro?”
L’ometto frigna come un lattante e, giuro su Zio, mi dà il voltastomaco.
 “No, dico, ma l’avete visto?” continua il chitarrista mulatto avanzando come un cobra verso di lui- o dovrei dire lei. “Questo qui se lo guardi due volte lo rompi. Voi statene fuori, cazzo. Io basto e avanzo.”
Fa un cenno del capo eloquente a me e a McKagan tenendo d’occhio col sinistro la band e con l’altro il nostro uomo, che si divincola e piva senza ritegno.
“Tenete alla larga i ragazzi. Popcorn. Scemo. Lo sai anche tu come sono fatti, cazzo, quando si tratta di menar le mani. Sono peggio dei bambini. E se non stiamo in campana, qui finisce che ci scappa il morto.”
Detto questo, Slash si avventa sul malcapitato, ancora gemente e piangente, come un terrificante mamba nero.
“Dì le tue preghiere, bastardo!”
La voce del nero è un sibilo velenoso. E quanto al suo alito, diciamo che non è fatto per rassicurare.
Basta.
Il povero cristo si piscia nelle mutande non appena vede stagliarsi su di se’ l’ombra scura e minacciosa del chitarrista.
 Devo ammettere che è stato grande, cazzo.
Cento per cento Guns N’Roses.
“Bella Slash. Dammi il cinque, fratello.”
A questo punto ispezioniamo il furgone e recuperiamo gli scatoloni con su scritto PEPTO-BISMOL con gli strumenti.
Vomito Ovunque, il nostro eroe, si congratula personalmente con Duffo Scaruffo per la riuscita dell’operazione.
Si premia con un  sorso di Zio Jack e rutta giulivo.
“Forza” rutta giulivo, asciugandosi le labbra da quel damerino impomatato che è “vediamo un po’ che cazzo ci ha portato quel culo sfondato.”
“Attenzione” replica il nostro Sid Vicious con un ghigno storto. “La verità fa male.”
“Molto ma molto ma molto male” gli fa eco il solito Scemo alla Terza.
“Forza, cazzone” lo incita Popcorn prendendo a pugni l’aria immobile “più forte! Di più! Di più! Di più, cazzo! Fallo a pezzi, quel cazzo di cartone!”
Izzy s’infila in bocca una paglia tutta storta senza neanche darsi la pena di raddrizzarla.
Con la sua solita flemma anglosassone, ci lancia un’occhiata obliqua in cui io- che lo conosco da una vita- leggo solo disappunto e pietà.
Si china sul suo compagno di riff assassini.
“Magari prima di Natale, eh, Hudson? ”
Dito medio.
Izzy, cazzo. Stavolta te la sei cercata.
Che coppia, ragazzi! I miei due chitarristi, dico.
Due pezzi da novanta.
Non sto scherzando.
Io non scherzo mai quando parlo di lavoro, cazzo.
La magia che quei due tossici da strada creano insieme suonando è già leggenda. Credete a me. Prendete il botta e risposta delle due chitarre- acustica ed elettrica- di Out ta get me. Aprite bene le orecchie. E e forse, un giorno, capirete di cosa sto parlando.
Ma torniamo al contenuto di quei cazzo di famigerati scatoloni.
A questo punto sarete curiosi anche voi.
O no?
Come, non ve ne frega un cazzo!
E allora andate a cagare.
Quando saremo in alto vi sputerò in testa.
Vedete un po’ voi.
Dunque.
Quanto a ciò che troveremo, nessuno di noi è particolarmente ottimista. Ma, fino a prova contraria, questa roba è tutto quello che passa il convento.
Alla vista della nostra nuova strumentazione- nuova solo nel senso che la vediamo per la primissima volta, cazzo, i Guns Fottutissimi e ancora più Strafottuti Roses, già provati da mille peripezie, crollano come un castello di carte.
Vanno giù di brutto.
Non c’è limite al peggio e qui, tanto per cambiare, mi sa che stiamo raschiando il fondo del barile.
Finalmente faccia a faccia con quella che avrebbe dovuto diventare la sua bambina, cioè quella cosa con cui avrebbe dovuto instaurare una cazzo di simbiosi, un legame carnale- il nostro Vomito Ovunque si sbianca di botto.
Rantola.
Vacilla.
Cade in ginocchio.
Al pensiero di vibrare all’unisono con quella cosa in un interminabile orgasmo melodico, nel selvaggio fluire della sua libido primordiale, il nostro eroe viene colto da una specie di colpo apoplettico.
Popcorn e il nostro roadie accorrono a sostenerlo nello spirito e nel corpo.
“Ehi, man! Cos’hai? Ti senti male?”
Ma il buon chitarrista mezzo uomo e mezzo bestia che un giorno, a Zio piacendo, piscerà lontano, non risponde più.
Il suo cuore ripieno di scale blues di Gibson Les Paul e melodie graffianti come diamanti grezzi non ha retto.
Quando, dopo una cazzo di eternità incolore riapre gli occhi, non è più lo stesso e credo che, se Zio non ci aiuta con una Grazia estemporanea, non lo sarà mai più.
Cazzo, ragazzi!
E adesso?
Chi diavolo ci sale su quel palco? Voi?
 
Permettete che vi spieghi una cosa.
Noi viviamo di sogni e crepiamo di realtà.
 
Perché, fidatevi, cazzo! Voi non lo sapete quanto possa essere brutale, a volte, svegliarsi. Dovevate vedere la faccia di Slash, povera bestia. Allora sì che avreste capito.
Frattanto, il nostro aguzzino è rinvenuto.
Quella faccia da culo me la paga. Giuro. Fosse l’ultima cosa che faccio.
 
“Prendere o lasciare, belli” gorgheggia questo figlio di Sodoma e Gomorra in un agghiacciante registro di secondo soprano. Dopodiché, non contento di quello che ha fatto a Slash, va a rompere il cazzo al nostro bassista.
“Prima il grano, McKagan” cinguetta sculettando e sbattendo le ciglia come se, invece di una caricatura di frocio da Cottolengo, lui fosse Biancaneve e noi i Sette Nani. Ed eccolo concupire senza vergogna il culo altissimo del nostro punk di Seattle il quale, tutto preso com’è nel tentare di aprire un cartone lungo e stretto senza buttarne da culo il contenuto, lo scaccia via con un calcio come farebbe una mucca con la coda con una mosca petulante.
“Pussa via! Aria!”
Stoicamente, stringendo i denti e artigliandosi il petto, il chitarrista mulatto si rianima, alza il culattone per gli stracci e lo solleva da terra.
“Chiudi il becco, checca sfondata” sibila Vomito Ovunque. E giuro che, così alterato, ragazzi! Fa davvero paura. “O te lo chiudo io una volta per tutte. Chiaro?”
L’altro non osa nemmeno più fiatare dal culo, per dirla in modo più fine possibile. “Duff, pensaci tu. Mi raccomando, McKagan. Controlla che sia tutto in ordine.”
“Calma!” esclama il tizio, indicando i cartoni con un cenno del capo. “Tanto non vanno da nessuna parte!”
Il che mi mette la pulce nell’orecchio.
“Loro no, ma noi sì, se permetti” dico io, sputandogli in faccia ogni singola sillaba. “Si da’ il caso che tra meno di un’ora abbiamo un cazzo di concerto.”
Mi chino su di lui e gli faccio il verso sbattendo le ciglia e ammiccando come una puttana, e quello diventa rosso come un peperone, tanto che, per un attimo, temo per la salute delle sue cazzo di coronarie.
“ Sempre se ti togli dalle palle. Senza offesa, eh, gioia?”
Basta.
Credo di avergli spezzato il cuore.
 
Deluso dall’amore, mi butto sui pacchi e comincio a disfare tutto quanto freneticamente. E quello cazzo fa?
“E i miei soldi?” piagnucola la mammoletta tutta tremebonda.
“Calma!” rispondiamo tutti quanti in un soave coro di voci bianche da Cappella Sistina. “Tu mandaci la fattura. Poi ne parliamo. Ok?”
Gli facciamo ciao ciao con la manina per levarcelo dalle palle e lui recepisce e, grazie a Dio, salta sul suo scassone e mette in moto.
 “Ok, amico!” strilla Scemo+Scemo gasandosi a palla. “Dammi il cinque, fratello. Sei un giusto, cazzo.”
Io, invece, che non sono nato oggi e non ho scritto in fronte SALI e TABACCHI, non ci casco.
“Ehi, figlio di puttana!” gli grido dietro, prendendolo a sassate “se ci hai fottuti sei un uomo morto. Capito? Morto e sepolto!”
Ma quello sta già sgommando a tutta birra con una fretta indecente di andarsene via e lasciarci lì nella nostra merda.
Il suo baraccone in testacoda tira su tutta la cazzo di ghiaia del parcheggio e ci ricopre da capo a piedi di polvere.
Cazzo, no.
Non è giusto!
Ci eravamo appena ripuliti!
Impotente, incazzato nero, stringo i denti e non posso far altro che guardare quella merda di furgone allontanarsi nella notte e perdersi nel buio oltre il piazzale.
 E, se volete sapere come la penso, non è un buon segno. Nossignori, cazzo.
Basta.
Ed eccoci finalmente al dunque.
La prima a vedere la luce sfatta del solito lampione è una chitarra. O almeno, diciamo che lo è stata. Un milione di anni fa. Il qui presente esemplare- che Slash sta esaminando incredulo con le biglie fuori dalla testa- nella scala gerarchica delle sue simili è una fuori casta. Nel senso peggiore del termine.
Premetto che non sono certo un esperto di chitarre, anzi. Tra parentesi, lavorando da Tower Record con Slash, Izzy e tutta la banda, qualcuna l’ho anche presa in mano, ma non ne so praticamente un cazzo.
Un manico. Sei corde. Un corpo di donna. Ok. Non lo nego. L’ho magari anche strimpellata e ho sognato ad occhi aperti, lisciando indegnamente con le dita il corpo sinuoso e lubrico col quale un amante esperto e dotato come il nostro povero Vomito Dappertutto- ops! Volevo dire Ovunque- qui, avrebbe generato un capolavoro immortale.
Io però non sono Slash.
Non sono il chitarrista Senza Volto.
Io sono Axl Faccia di Culo Rose.
E magari non avrò un casco di banane marce al posto dei capelli, ma anch’io sono capace di chiudere gli occhi e sognare cullato da un assolo strappa mutande di Gibson Les Paul.
Io come chitarrista faccio cagare. Lo ammetto, cazzo. Però ne so abbastanza di chitarre per capire al volo che, di fronte a questo relitto, anche il più incallito sognatore perderebbe ogni speranza.
 
Cazzo, ragazzi. Merita la pole position.
Lasciate che ve la descriva.
A prima vista pare un terrificante residuato da flamenco puzzolente di naftalina. Un modello economico per principianti negati segnato da anni di abusi. Un fossile vivente della Grande Guerra del ’15-‘18.
Una reliquia marcia con una corda sola, e per di più tutta  storta come una zanzara che si è beccata una cazzo di palettata.
Vomito Ovunque scoppia in singhiozzi sulla mia spalla come un lattante.
 “Vooooooglio la maaaaaaaaammaaaaaa!”
 “No-no-no-no” lo consolo rudemente io “non fare così, piccolino. Non piangere…”
“Dooooooov’èèèè la mia maaaaaammaaaaaaaa?”
“Come non detto, eh, Hudson?”
 
Et voilà!
Sorpresa!
No, ragazzi.
Giuro.
Fanculo il concerto.
Ce ne saranno altri, cazzo.
 (Forse.)
Ma io quello lo inseguo in capo al mondo e lo strozzo con le mie mani, cazzo! Fosse l’ultima cosa che faccio!
Mi arrendo.
Getto la spugna.
Dopo la chitarra, dal bozzolo di cartone fradicio di muffa e di Zio sa cos’altro esce fuori la caricatura di una batteria a doppia cassa.
E Popcorn stramazza secco con una capocciata da paura.
“Ehi, Steve!” lo canzona Izzy Stradlin, facendo mostra di stile e di tatto “finalmente una della tua misura!”
Basta.
Adesso capisco perché quel bastardo rottinculo è scappato come un coniglio. Non ho bisogno di vedere altro per sapere che quel figlio di una zoccola mannara ce l’ha schiaffato dritto in culo a tutti quanti.
No, dico.
E’una farsa.
La batteria è finta.
Steve, povera bestia, frigna e si dispera.
“Un giocaaaattolooooooooo!”
Scemo gli fa pat-pat sulla schiena in silenzio.
“ Un fottutissimo giocaaaaaaattolo per marmooooooocchi1 Buhu! Buhu! Nghè!”
 
Non ho parole.
Sul tamburo frontale, invece del logo di una cazzo di band qualsiasi, c’è una marca.
Un brand specializzato.
Il sangue ci si gela nelle vene a tutti quanti.
 
FISHER PRICE
E sotto, l’insulto finale
Non adatto per bambini di età inferiore a 36 mesi
 
 *cit. da Axl Rose
 

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Capitolo 26
*** sense of dubt ***


capitolo 26

 

 

 

SENSE OF DUBT

Adrianna Smith

 
Dunque. Per riprenderci dopo la beffa finale c’è voluto un bel droga party di quelli che vi lasciano lì come larve a tirare gli ultimi. Non so se mi spiego.
Come dite?
Voi non le fate queste cose, eh?
Bugiardi. Il gioco a chi le spara più grosse lo facciamo dopo.
Anche perché al momento, belli miei, non è che mi senta tanto in forma, per usare un eufemismo. Parlando come mangio, sto di merda, cazzo.
Prima godi. Poi paghi. Si sa. Ci vuole il fisico, cazzo. Ma sapete com’è, a volte ci vuole una botta di vita per riuscire di nuovo a guardare avanti senza vomitare e senza tagliarsi le vene, e così, con la gentile collaborazione di tutto il vicinato, abbiamo magari un pochettino anche esagerato. Non dico di no. Quella cazzo di bottiglia di Southern Confort dopo tutta quella coca magari ha stroppiato, ma io sono sempre convinta che, nella vita, sia meglio abbondare che fare la figura delle pidocchie rifatte.
Così adesso la casa è un macello e la mia testa sta anche peggio, per non parlare del mio cazzo di stomaco.
Quanto a Savannah, in questo momento, sfatta e col trucco della sera prima che cola, sembra una sessantenne mal conservata che ha urgente bisogno di un bravo chirurgo plastico.
I vicini sono venuti, hanno bevuto, fumato e goduto. E’ stata una festa epica. Un party selvaggio.
Avete mai visto ANIMAL HOUSE?
Ecco. Una roba così. Ci mancava solo John Belushi, che è stato costretto a declinare l’invito per impegni di lavoro inderogabili in Nuova Zelanda. Tra parentesi, vi saluta.
La casa è in rovina.
Ho proprio paura che le abbiamo dato il colpo di grazia.
Vero, Savi?
Ad ogni modo, adesso non ci resta che spazzare i resti.
E Nosfy?
Dove diavolo si è ficcato quel rompipalle color enfisema all’ultimo stadio?
“Nooooosfyyyyyyyyyyy!”
Niente.
Silenzio tombale.
“Nosfiiiiiinooooo! Nosfuuuucciooooo!”
Meno ancora.
“Dove sei, amore?”
Seee, due volte. Manco cagata di striscio.
“Vieni che c’è la PAPPA!”
Avete presente una stella cometa?
No. Di più. Di più. Di più.
Un meteorite.
Una supernova si fionda in cucina atterrando su di una ciotola di una terrificante sottomarca da discount di caviale nero tamarro. Una delicatezza made in China finta come le tette di Pamela Anderson che nessuno, nemmeno i meno esigenti, diciamo così- per non dire i più morti di fame di Inglewood, il cazzo di ghetto in cui viviamo, ha avuto lo stomaco di toccare.
Per fortuna, però, il nostro Nosfy, qui, sembra di bocca buona anche perché, in crisi di astinenza dalle sue solite scatolette Petreet alla Carogna, che sono finite ieri, dev’essere più o meno alla canna del gas.
Infatti si strafoca via tutta la ciotola in un battibaleno e se ne va’ disgustato lasciandoci in eredità un soave, inconfondibile olezzo non proprio francese.
Bella Nosfy.
Qua la zampa, amico.
Uno a zero per te.
Dunque. Torniamo a noi, va’, che è meglio, prima che a tornare sia quella sottospecie di cloaca massima ambulante.
Adesso che siamo rimaste ancora una volta sole a leccarci le ferite, io e Savannah, devastate dai postumi della festa nell’anima e nel corpo, continuiamo a tormentarci a vicenda martellandoci con quel cazzo di terno giunto dall’Aldilà durante la seduta con la tavola Ouiya. Una cazzata. Che, per come la vedo io, non fa proprio ridere nessuno.
6          1          0
Ma che fantasia!
“Ma che simpatico, il nostro compianto Mister Gabinetto!”
Osservo piccata, masticando l’ultima patatina rimasta ormai gommosa come una BigBabol ma non altrettanto succosa.
“Delizioso” approva la mia socia. “Che peccato che non sia più tra noi. Non la supererò mai, Adri, la sua perdita. Un vuoto incolmabile. E non solo per noi. Per l’umanità intera!”
Poi, nella testa falcidiata dalla più spaventosa emicrania da dopo sbronza che abbia mai avuto da sobria, si accende un fievole lumicino.
“E se non fosse...”
“Se non fosse cosa?”
“Se non fosse una presa per il culo? Voglio dire… e se fosse che fosse la volta buona?”
“Eeeeeeeeehhhh?”
Savannah fa una piroetta su se’ stessa e abbatte una vetrinetta art-déco piena imballata di cristalli di Murano ereditati dal caro estinto che, sinceramente, strideva con tutto e, per quel che mi riguarda, faceva proprio cagare. Io ripeto la frase con tutta la forza che mi resta nei polmoni.
Ed eccola che accorre con un termometro e mi ricaccia a letto con una tecnica mista a base di minacce e di lusinghe.  Inutile dire che io, nelle mie poco onorevoli condizioni, ci torno volentieri. Se non altro per farmi servire e riverire senza pudore.
 
“Adri, tesoro” mi fa, cacciandomi il termometro in gola. “Apri la boccuccia. Coooosì, da brava.”
Io eseguo con le palle girate.
“Tesoro, tu non stai bene.” Diagnostica la mia infermiera, chiudendomi il becco in una morsa d’acciaio. “Ma non aver paura, c’è qui la tua Savi che, in men che non si dica, ti farà tornare come nuova.”
Io la guardo e non favello anche perché, messa da schifo come sono, cazzo, non posso certo darle torto.
Dunque, ragazzi.
A questo punto ne è successa una bella.
Lasciate che ve la racconti.
Tanto per cominciare, premetto che io non sono perfetta. Anzi. Anche se non sembra, ho tre minuscoli, adorabili difettucci.
Primo.
Sono sbadata.
Ho la testa perennemente tra le nuvole.
Soprattutto da sobria.
(Da strafatta, quindi, posso solo migliorare.)
Secondo.
Non ho un cazzo di memoria.
Non chiedetemi cos’ho mangiato ieri sera a colazione- ci alziamo a mezzogiorno come minimo e quindi di solito mangiamo tardi- perché non so neanche mai come si chiama la mia socia di cognome.
Terzo.
Sparo cazzate a nastro.
Anche in automatico, contro la mia stessa volontà.
Però sono fatta così. Non posso farci niente.
 “E non fosse” azzardo timidamente “una presa per il culo?”
Così dicendo, tutta presa da quell’illuminazione che ho appena avuto gratis dal cielo, dimentico di avere in bocca il termometro.
E mentre Savannah mi fa un gestaccio, io, offesa, reagisco con uno scatto di rabbia.
Serro di botto la mascella e, così facendo, mastico il fragile tubicino di vetro il quale, naturalmente, va in mille pezzi.
Risultato:
mi becco un cazzo di shock tossico e divento tutta nera da capo a piedi facendo cagare addosso la mia socia che, se non fosse che se l’è meritato in pieno, mi farebbe quasi anche pietà.
Terapia:
anestesia fatta col gas alla vecchia maniera.
Dieci erotti punti di sutura eseguiti con un ago da materassaio e del filo forte di infima lega che spero tanto tenga abbastanza da farmi arrivare decorosamente fino a domani.
Basta.
Dopo aver inghiottito l’intera dotazione di mercurio dello strumento ed essermi ridotta la bocca a una maschera di sangue come quella di Sid Vicious a Dallas, ho una sola certezza rimasta.
Rimessa insieme in qualche modo con lo sputo, sono certa di aver trovato la chiave che apre il forziere d’oro del nostro cazzo di faraone Tutankamon.
Getto via le coperte e schizzo fuori dal letto.
Vago quasi un’ora alla infruttuosa ricerca di un cazzo di pezzo di carta per la casa che, devo dire, dopo il party a sorpresa, è ridotta peggio di una discarica abusiva e, se possibile, ancora più puzzolente.
“IIII EEEEE IIII, AAAA IIII!”
esclamo risoluta, rinunciando all’idea di trovare un pezzetto di carta in quel caos apocalittico.
“Fidati, cazzo!”
vorrebbero dire le mie labbra cucite, mentre di bocca mi esce una specie di gorgoglio indistinto.
 “IIII EEEE  IIII OOOO EEEE”
Tra parentesi, VIENI CON ME.
La prendo per mano e, cazzo, ragazzi, questa qui è fuori come un balcone.
La poveraccia si trova ancora in perizoma. Quello con su i teschi che mi fotte tutte le volte che giro l’occhio. E poi la signorina è senza reggiseno, con ancora la scritta in biro
GIVE ME A FIX
in mezzo alle tette  rifatte e strafatte.
Incurante di essere praticamente nuda anch’io, eccetto le calze a rete stracciate e piene di buchi di sigaretta, e il baby doll con la reclame della Morton&Sons Funeral Parlour che sta qui di fronte a noi- la guido al cospetto della cassaforte.
“Guarda e impara, gioia!” cinguetto giuliva barcollando sulle sue ciabattine tacco quindici. E visto che la Savi ha le fette di tre misure più grandi delle mie, per poco non ci pianto un volattone da paura e mi spacco l’osso del collo giù per le scale.
Come se, per oggi, non mi fossi già autodistrutta abbastanza.
Lei mi fissa i piedi con aria molto scocciata.
“Sì, come no” replica, acida.  “Oca! Levati subito le mie sabot! E guarda dove vai, cazzo! Non stai neanche in piedi!”
Io le mostro un bel dito medio che viene su dritto dal cuore.
Poi le srotolo un ghigno malefico.
“Credo di aver trovato il bandolo della matassa.”

 
 

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Capitolo 27
*** maybe a Greyhound could be my way ***


capitolo 27

 

 

MAYBE A GREYHOUND COULD BE MY WAY

Amy Bailey

 
Cento dollari. Ma dico io, vi rendete conto?
Cento dollari solo per me. In regalo. Così. Senza aver fatto niente. Ne’ lavorato ne’- come dice mio padre, il Mostro della Laguna Nera- fatto mercimonio del mio corpo.
Lui si è messo in grande. Il prete cattolico, dico. Voglio dire… mi ha perso sotto la sua ala. Sono diventata il suo caso pietoso. La sua buona azione quotidiana. Si è tuffato su di me come un ghiottone su una leccornia- nel senso buono, ovviamente!
Perché, cos’avevate capito? Sempre maliziosi, eh, voialtri? Sempre pronti a vedere il diavolo dappertutto! Come quell’altro buono là che ho lasciato bollire nel suo brodo laggiù nella città dei Quaccheri e dei Rincoglioniti Senza Speranza, vedi alla voce Lafayette!
Il poveraccio, sicuramente convinto al cento per cento che io sono una sorta di esercizio spirituale mandatogli dal Signore per guadagnare punti validi per la salvezza della sua anima immortale, ha aperto i cordoni della borsa e mi ha scucito questi bei verdoni che io mi sono subito cacciata nel reggiseno.
Ma uffa! Cavolo ridete?
Perché, a tredici anni, secondo voi- che sapete sempre tutto di tutti- io non posso portare un caspita di reggiseno?
E va bene, lo ammetto.
Non è mica mio.
L’ho fregato alla mamma.
Tanto lei ultimamente, con tutti i farmaci che  prende, è ingrassata come una mongolfiera. Giuro. Sembra un pallone. Si sta gonfiando a vista. Colpa del Ritalin, dice l’uomo che, purtroppo, con mia somma vergogna, mi ha dato i natali. Colpa delle telenovele. Dei telefilm. Del whisky e del Prozac. E di tutte le altre porcherie che manda giù a manciate nella speranza di stare, dopo, un po’ meglio di prima.  
Speranza vana, ovviamente.
Lo capirebbe anche un bambino che stordirsi non solo non serve, ma peggiora di brutto le cose.
Tra parentesi, farebbe meglio a tagliare la corda anche lei, come ha fatto Bill e come sto tentando, se Dio mi assiste, di fare io. Ma forse, dopotutto, è proprio quello che fa. A modo suo. O no?
Voi cosa dite?
Drogarsi non è forse fuggire?
E per andare dove, poi?
Da nessuna parte.
Comunque. Cavoli suoi.
Io non ne ho colpa se lei sta nella merda totale fino a questo punto.
Le voglio bene, ma non voglio pagare io per colpe che non ho. Non è giusto. Ma torniamo a noi, che è meglio.
Mia madre, per come la vedo io, a trentatré anni, è un caso irrecuperabile. Senza speranza.
Spreco il fiato per niente. Tanto lei non cambierà mai.
Caspita ne parliamo a fare?
Ad ogni modo, dicevo, sta ingrassando.
E certe cosine carine non se le mette più, tanto quel gran pezzo di merda di suo marito- che poi purtroppo sarebbe mio padre, oltre che il padre della sfortunata creatura che porto in grembo- non la caga più di striscio.
E perché dovrebbe, direte voi, se può avere me?
Carne fresca e di primo pelo?
Ma sto divagando. Io vado sempre fuori tema. Parlo troppo e mi tiro sempre la zappa sui piedi da sola. Fatto sta che mia madre non lo portava più, quel bel balconcino di pizzo nero coppa C e quindi io, tecnicamente, non l’ho neanche rubato. Gli ho solo dato nuova vita, ecco.
Una bella manciata di ovatta qua e là, poi, devo dire che ha aiutato parecchio a colmare i vuoti e le lacune della mia fiorente giovinezza.
E con questa trappola per topi addosso- che mi attira sguardi indiscreti che altrimenti, mio malgrado, non susciterei- non solo sembro più grande dei miei tredici anni, ma mi sento protetta in caso di incontri ravvicinati del terzo tipo con facce note in grado di rispedirmi al mittente senza passare dal via.
Ma torniamo al prete.
Dio esiste ed è un prete cattolico.
Inutile dire che mi sono convertita seduta stante nel suo tempio mobile scassato a quattro cilindri.
No, non si dice tempio. Si dice Chiesa.
Ad ogni modo, un grande.
Un giusto.
Uno fico, direbbe mio fratello Bill.
Altro che il porco di mio padre!
Questo sì che è un uomo del Signore, non quel farabutto predica miele e razzola merda!
Credete a me!
Davanti alla fermata dell’autobus per la Città degli Angeli e delle Occasioni Prendo i cento dollari con le lacrime agli occhi convinta di dover contraccambiare in natura.
Ma lui non mi vuole.
Da come lui, invece di allungare il collo e slacciarsi la patta, si copre le lenti degli occhiali spesse due dita tracciandosi addosso un rapido segno di croce, capisco che lui ha paura.
Di me. Del mio corpo. Del peccato. Della dannazione eterna che io rappresento anche se lui non lo sa.
O lo sa?
Voi cosa dite?
Io non ne parlo, ma lui intuisce.
Lo so.
Lo sento.
Nel mio stato, ho acquisito una sensibilità tutta nuova che mi riveste l’anima come una specie di placenta.
E credo che lui, al di là di quei fondi di bottiglia, veda molto di più di molti altri che ho conosciuto. Forse più di tutti.
Non lo so.
Ad ogni modo, questo Buon Samaritano Buono Per Davvero non mi vuole. Non in quel senso, almeno.
 
Mio padre dice sempre che non si ottiene mai niente per niente e che tutto ha un prezzo ma, stavolta, mi sa che il nostro uccellaccio del malaugurio di professione sciupa figlie meglio se vergini, ha proprio torto marcio.
Questo sant’uomo qui un po’ sfigato mi fa capire che in cambio della sua munifica generosità non pretende niente.
Solo la mia conversione.
La mia anima.
Poveraccio. Che sfiga, amico.
Lo penso ma sto zitta. Me lo tengo per me.
Mi limito a sorridere e ad annuire quando mi chiede di promettergli di pregare e, col Suo Santo aiuto, di fuggire le occasioni prossime del peccato.
“Signore, misericordia, perdonami” dico io facendomi un rapido segno di croce e riflettendo sui casi miei.
Peccato, Signore,
penso mentre mi segno con in faccia un sorriso per metà commosso e per metà di circostanza.
Arrivi tardi. Ormai sono perduta.
Finita. Dannata.
La mia anima è macchiata.
Sono condannata.
Contro la mia volontà- sia ben chiaro – quel farabutto di mio padre, che poi sarebbe il tuo servo peggiore, mi ha promesso alla Concorrenza.
 Per questo, Signore, io non mi posso convertire.
Cambiare vita non mi è concesso.
E’ troppo tardi.
La strada della Redenzione per me è tagliata.
Andrò all’Inferno con un biglietto di sola andata.
E tu, o Dio?
Perché mi hai abbandonata?
Si può sapere dov’eri quando avevo davvero bisogno di Te e del Tuo Santo Aiuto?
Non devo piangere. Lui non lo merita. No deve sapere più di quanto non abbia già letto di straforo nei miei occhi. Lui non lo merita. Lui mi ha solo dato amore e comprensione.
Quell’amore e quella comprensione che nessun altro ha mai saputo darmi e che però, purtroppo per me e per questa sciagurata creatura innocente che mi porto dentro, è sprecata.
Non devo piangere, mi ripeto, mordendomi l’interno delle guance fino a farmi sanguinare.
Anzi, devo sorridere.
Così, nel segreto dolore di ciò che resta della mia anima, stiro meccanicamente le labbra screpolate in una specie di ferita a forma di sorriso.
Mi tuffo di testa tra le sue braccia rovesciandomi addosso un’ampolla di plastica a forma di Madonnina piena rasa di acqua di Lourdes- Dio solo sa perché- rimasta senza tappo. A penzolare dallo specchietto retrovisore.
 
Quando scendo dall’auto, lui mi viene dietro inseguendomi fino sul predellino dell’autobus.
Inutile dire che, da pasticcione imbranato com’è, ha dimenticato di tirare il freno a mano.
Basta.
Non dico altro.
Il resto ve lo lascio immaginare.
Tra le risate e le frecciatine villane e scurrili degli altri passeggeri dell’autobus, sotto la luce cruda dei lampioni, questo povero Servo del Bene mi dà la sua benedizione Urbi et Orbi.
Attorno a noi, in agguato, decine di levrieri color piombo al galoppo verso sogni possibili e impossibili oltre frontiera, Ai Confini della Realtà.
Greyhound.
(Levriero)
La adoro questa parola.
Il mio futuro è un cane da caccia sparato nella notte americana a ottanta miglia orarie.
E mentre le porte automatiche si chiudono all’improvviso sul povero prete tranciandogli quasi di netto la mano destra con tanto di pennellino dell’incenso incorporato, sussurro
“Amen.”
In quello stesso istante, il mio destino si compie.
Il levriero di metallo mi inghiotte per fortuna tutta intera. Poi apre gli occhi e ringhia soddisfatto.
Tutto si allontana.
Le pensiline. Gli altri autobus. Le luci dei lampioni.
Il Buon Samaritano. Tutto quanto scappa via.
No, anzi.
Che scema che sono!
Tutto resta lì.
Sono io che scappo via.
Io, che me ne vado.
Guardo il mio Angelo Custode rimpicciolire fino a sparire inghiottito dalle tenebre.
Quelle del corpo, non quelle dell’anima.
Per un po’ ancora agito la mano, dopo che è scomparso.
Poi mi siedo e guardo avanti. Solo avanti.
Semplicemente avanti.
 Come diceva sempre Bill. La strada è vita.

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Capitolo 28
*** the show must go on ***


capitolo 28

 

 

THE SHOW MUST GO ON

W.Axl Rose

 
Cazzo, raga.
Siamo nella merda al cubo.
Cioè. Senza un cazzo di miracolo dall’Alto, siamo belli e che spacciati. E ci ho provato, credetemi. Cazzo, se ci ho provato, a intercedere presso l’Altissimo. Come, a questo punto, immagino che lo sappiate anche voi.
Alla mia solita maniera. Che poi, volere o volare, è anche l’unica possibile.
Avete presente la solita lametta da barba che porto come pendente di lusso al lobo dell’orecchio sinistro?
Ecco. E’ quella lametta da prenderci il tetano se non anche di peggio- ma tanto io, visto il mio passatempo preferito, e visto e considerato che non sono mica scemo, sono coperto.
Quella cazzo di lametta Bic divenuta ormai fossile vivente è il nostro benedettissmo lasciapassare per il Paradiso Adesso. Vale a dire l’unica stronza di chiave che apre tutte le cazzo di porte possibili e immaginabili- incluse quelle della Percezione di Aldous Huxley e Jim Morrison. Anche se per quelle, fidatevi, funziona molto meglio la chimica anche detta peyote.
Chiusa parentesi.
Ancora una cazzo di volta, quindi, tanto per cambiare, mi sacrifico io solo per il gruppo. Lo faccio volentieri.
E mentre i miei sottoposti si perdono in chiacchiere e schiamazzi del tutto inutili gemendo e piangendo sul latte versato, io alzo la mano e, nel dolore, libo il sangue innocente dell’Agnello per la Nuova ed Eterna Alleanza.
Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo
scrivo, immolando il mio corpo al Divino in veste del tutto permanente.
Stringo i denti e sudo sangue.
Padre
Prego, tremando come una foglia con grande stridore di denti
Allontana da me questo calice
Ma Lui nisba.
Da quell’orecchio si vede proprio che non ci sente. Per non dire- con rispetto parlando, eh, Signore-  che fa orecchi da mercante.
Sudo sangue come Gesù Cristo nell’Orto del Getsèmani.
Inutile.
Tutto inutile.
Con un ghigno sardonico fatto soltanto di lacrime e sangue, cavo stille bollenti di linfa vitale ogni volta che la lametta si tuffa nella carne viva e pulsante del mio petto per ritagliarvi un versetto del Vangelo o un passo delle Sacre Scritture.
Faccio un paio di false partenze che mi fanno sanguinare come un maiale sgozzato suscitando nelle mie povere pecorelle smarrite orrore e raccapriccio ma d’altronde io, che sono il Pastore- e non manco di nulla- devo dare il buon esempio e farmi Verbo Vivo per loro. E, se non è chiedere troppo, Signore, visto che ci sei, segna un punto per la nostra salvezza.
Io sono la Resurrezione e la Vita
 
Mi trema la mano e mi viene di merda. Tutto di sbieco a rovescio sulla pancia. Un lavoraccio frettoloso e mal fatto, cazzo.
La mia cricca di teste di cazzo mi s’incolla addosso con la stessa bramosia morbosa che ha la gente cosiddetta perbene quando, imbattendosi in un incidente, rallenta per vedere meglio i dettagli. Io però non ce li voglio a guastare il mio rinnovato filo diretto con il Motore Immobile di questo cazzo di Atomo Opaco del Male- come diceva un altro buono- e così li scaccio via come mosche.
“Spostatevi, cazzo!”
Gesticolo maldestramente con la lametta e per poco non cavo un occhio a Popi.
“Fatemi respirare!”
Mi rendo conto che ho fatto un disastro, ma non ci posso fare un bel Cristo di niente.
Non so farlo come si deve senza un cazzo di specchio. Non ho mica gli occhi nel culo, io!
Ma fidatevi.
Lo sgorbio sanguinolento che mi deturpa il petto è il prezzo da pagare per la Nuova ed Eterna Allenza.
Un Patto che, se Dio vuole- e io lo spero tanto, se no’ mi sono fottuto il mio bel pancino tartarugato per niente- sarà sancito solennemente stasera su quel palco di merda una volta per tutte.
Cazzo, raga.
Che razza di situazione di merda.
Ma dico io, ogni tanto non potrebbe magari andarcene dritta non dico una, per carità! Sarebbe chiedere troppo. Ma almeno mezza una volta ogni morte di papa!
Poi vedi tu, eh, Signore.
Basta che non t’incazzi proprio stasera, eh?
Poi va tutto bene.
(Si fa per dire)
Però anche Tu…
Insomma.
Quando dico che non ci sono limiti al peggio non è perché io il bicchiere lo vedo sempre mezzo pieno anche quando è soltanto mezzo vuoto. E’ perché stiamo sprofondando in una cazzo di cloaca a cielo aperto e siamo nella merda fino agli occhi.
DUM    DUM    DUM    DUM
Tutto qui.
Il nostro povero Vomito Ovunque non si capacita.
Piange e si dispera.
Si dispera e piange.
Poi si rianima e si mette a sparare cazzate a nastro ai quattro venti.
“Ricordatevi che non è la chitarra che fa il riff” declama, buscandosi una bordata di fischi da stadio “ma la virtù del musicista che la suona.”
Coro di pernacchie e di sputi.
“Allora siamo a posto!” lo canzona Duff The World is not nough. “Hudson, cazzo! Collega il cervello prima di aprir bocca e darci fiato. Ti tiri sempre la zappa sui piedi da solo!”
“Ma vai a cagare!”
Ora.
Il backstage è un inferno puzzolente tratto da un cazzo di girone dantesco.
Dai cessi alla turca mai puliti sale un olezzo pestilenziale.
Piscia e merda. Vomito ovunque, persino sui muri.
Per non parlare degli scarafaggi, cazzo.
Grossi come topi di fogna e lustri come specchi.
Aggiungeteci i circa 102 cazzo di gradi Fahrenheit, cioè trentanove dei vostri centigradi, e il piatto è servito.
Altro che piatto, cazzo.
Un cocktail esplosivo.
Un carburante ad altissimo numero di ottani che rischia di bruciarci la coda a tutti quanti prima ancora di salire su quel fottutissimo palco.
E il bello è che il locale è ancora vuoto.
A parte noi, ovviamente.
I nostri fans- sempre che esistano- latitano.
Non si vede ancora nessuno.
Amen.
Meglio così.
Più tempo per provare ad accordare quell’assurda paccottiglia uscita da un cazzo di cassonetto che, volere o volare, ci tocca pure suonare.
A causa dell’atmosfera surriscaldata, che di certo non ci aiuta, tra i due litiganti rischia di scapparci una rissa che io, in qualità di loro signore e padrone, sedo prontamente sul nascere.
“Cosa ci scommetti, MckAGAN?” ruggisce Vomito Ovunque, ferito nell’orgoglio “le tette di tua sorella Sukie?”
Il bassista non si scompone. “Tu provochi la morte, Hudson!”
L’altro lo ignora volutamente limitandosi ad un ghigno storto da maniaco.
Il poveraccio è gravissimo. Delira.
“Stronzo! Cosa mi dài se ti faccio The Star Spangled Banner con una corda sola?”
 
“Venti gocce di Prozac” rispondo io. “Hey, man. Mi preoccupi. In confidenza, mi sa che ne hai bisogno sul serio.”
Poi capisco cosa vuole fare Slash.
E ammetto che io, come vi ho già detto- di chitarre non ne capisco un bel Cristo di niente. E va bene.
Ma non sono mica nato scemo!
Non ce l’ho scritto in fronte, io, come Scemo+Scemo, qui, SALI E TABACCHI.
Pensate.
Tra parentesi, gente. Lui se l’è addirittura tatuato.
Cazzi suoi.
Però portatemi pure qui Keith Richards, Yngwie Malmsteen, Jimi Hendrix e Joe Satriani. La crema della crema dei superdotati della sei corde. Portatevi un po’ chi cazzo vi pare. Ma cazzo volete che suoni, quel povero morto di sonno, anche con la scimmia di un riff assassino come quello, con una cazzo di corda sola?
“Buhuhuhuuuuuu!”
Singhiozza offeso il nostro sfigatissimo virtuoso dello strumento, strattonando rabbiosamente la… chiamiamola chitarra- anche se, in questo caso, è una parola grossa-  che sta tentando di accordare invano da ore.
Nella sua mente insondabile si fa strada una suggestiva teoria che lo pone di diritto tra gli schizofrenici paranoidi con delirio di persecuzione e di grandezza in qualche modo mescolati insieme.
Un vero caso clinico.
A quanto pare, il nostro Slash è pronto a giurare che lo strumento in suo attuale possesso sia il prodotto malriuscito di una cazzo di ibridazione tra un gamete umanoide e una cazzo di carriola.
“Mano sul fuoco” conclude il nostro Ginepraio Vivente “insomma, avete capito cosa intendo o avete le orecchie piene di pupù liquida?”
Noialtri ci guardiamo negli occhi l’un l’altro incapaci di far motto.
“Ho in mano le prove che non siamo soli nel Cosmo” annuncia Occhi Senza Volto, levando la chitarra fantasma al soffitto tappezzato con una macilenta versione tutta stracciata della Via Lattea.
Scemo al Quadrato non si lascia scappare l’occasione offerta da Slash su un piatto d’argento e, doverosamente, spara la sua cazzata dell’ora.
 “Lo dicevo, io!” strilla con voce rotta dalla commozione, scoppiando in lacrime e spiazzando tutti i presenti. “L’ho sempre saputo che gli Alieni ci guardano!”
Segue un lungo, imbarazzantissimo pianto dirotto.
“Raga, vi prego!”
Singhiozza come un infante.
“Cazzo ridete?”
Silenzio tombale. Povero Cristo.
“Suonate… suonate per loro!”
Frigna pulendosi il naso nella mia cazzo di T-shirt di Topolino.
Io non raccolgo che è meglio.
“Suonate un assolo straccia cuori per le vittime delle Guerre Stellari! Suonate! Suonate Sweet Child O’Mine per Lord Dart Fener e Luke Skywalker! Suonate per le tette rifatte della Principessa Leila!”
E noi?
E noi niente.
Cosa volete che facciamo?
Ci tocca abbozzare.
Quel ragazzo non sta bene, cazzo.
Ha bisogno un dottore.
Anzi. Per come la vedo io, nonostante sia contro ogni forma di coercizione a scopo terapeutico, al nostro roadie deragliato, qui, servirebbe un bell’elettroshock.
E Saul Hudson detto Slash?
Eccolo lì, il nostro genio dalle dita magiche.
A piangere e strepitare abbracciato a quell’altro coglione di roadie e a sbracciarsi indicando le costellazioni di carta mezze marce sulle loro teste quadre.
Uno spettacolo pietoso.
Poveri noi!
Cominciamo bene!
Qui ci vuole polso, cazzo.
Qui serve un leader che prenda in mano la situazione.
E io, in virtù del potere conferitomi dal peyote nel Deserto Mojave, decido che è giunto il momento di intervenire.
Su Scemo non mi pronuncio.
Tanto lo so già. E’una cazzo di battaglia persa.
Ma con Hudson ci voglio tentare.
Chissà Dio.
Magari lui si può ancora salvare.
Con discrezione lo prendo da parte e lo sottraggo ai nefandi influssi di Shannon Hoon.
“Hey, man” dico, assestandogli un paio di pugni sulla schiena. “Cazzo mi combini? Così non ti aiuti per niente, cazzo. Anzi. Ci metti tutti in imbarazzo.”
Nisba.
Manco mi caga.
Anzi.
Si mette a caragnare ancora più forte.
Il locale rimbomba delle sue urla strazianti.
Lo sentite?
Sembra una sirena della polizia, cazzo.
Da sessanta a ottantacinque decibel in un nanosecondo.
Non sarebbe neanche male come vocalist, ma io non dico niente. Non si sa mai.
Sapete una cosa?
A parte gli scherzi, questo qui ha fuso alla grande.
E, detto tra noi, non vorrei proprio che questo tuonato qui con un cazzo di ginepraio al posto della faccia, si mettesse in testa di farmi i texani.
Nossignore.
E voi?
Che ne dite?
Faccio bene a preoccuparmi?
“Hudson!”
Strillo in mi bemolle maggiore, nel tentativo di coprire i suoi strilli da contralto.
“Falla finita, cazzo!”
Lui si ferma trattenendo il fiato fino ad assumere cinquanta sfumature di viola.
Mi osserva.
Poi scatta come un cobra lanciando in aria il cappello a cilindro ancora sporco di vomito da giorni. Mi strizza l’occhiolino e ci va sotto con la testa.
La tuba lo inghiotte in una sorta di buco di culo nero e puzzolente.
Noialtri lo fissiamo in silenzio schifati.
Poi, più che il disgusto, può lo spirito di gruppo.
Dopotutto un cuore ce l’ho anch’io!
O no?
Voi cosa dite?
Non sono mica fatto di pietra, cazzo!
Così ci abbracciamo tutti quanti come una cazzo di squadra di football prima del match per cercare di infonderci quel coraggio succhiato via dalla follia che, al momento, ci difetta di brutto.
E dunque eccoci qui.
Nel cazzo di backstage del Puzzola Puzzolente Club.
Il buco del culo del mondo.
A una sola cazzo di ora dal nostro sfolgorante esordio che cambierà il mondo.
Soli contro l’Ineffabile.
A contemplare in anteprima le rovine dei nostri sogni di gloria.
 
Slash piange tutte le sue lacrime sputandosi fuori i polmoni.
Popi scalcia via la batteria giocattolo della Fisher Price.
Poi fa la voce grossa e prende il nero per gli stracci.
“Hudson, cazzo piangi? Cristo,  guarda me!”
Strepita la Scimmia cotonata.
L’altro non lo caga di striscio.
“Ma l’hai vista, almeno, la mia batteria?”
 “Ma vai a cagare!”
Uno a zero e palla al centro.
Poi tocca a Scemo al Quadrato.
“E su, Slash! Hey, man! Non fare così…”
Il chitarrista lo prende a calci.
Si fa avanti Duffo Siringa e Stantuffo.
“In culo alla balena, eh, amico.”
Il chitarrista, per tutta risposta, si soffia il naso nella maglia dei Sex Pistols del compagno preferito di bisboccia, centrando con diabolica precisione la spilla da balia infilata nel naso di Sua Maestà la Regina.
No, dico.
Che dopotutto abbia ragione lui?
Che la sua chitarra sia davvero nata dalla fusione di due mondi lontani?
No, cazzo.
Non guardatemi così.
Non fate quella faccia.
Non mi sono succhiato il cervello dal culo.
Dico sul serio.
La mia è solo una teoria.
Un’ipotesi.
Chiamatela un po’ come vi pare a voi.
Avete mai visto LA MOSCA?
Un cazzo di cult movie assoluto.
 Avete presente?
Spero di sì. Lo spero per voi, cazzo.
Io non ci parlo con chi non ha visto LA MOSCA nemmeno una volta.
Immaginatevi uno scienziato pazzo. Brundle.
Un acceleratore di particelle o roba del genere.
Un tentativo di ibridazione uomo-macchina mandato a puttane da una cazzo di mosca.
Il risultato non è la disgustosa e patetica creatura ibrida passata alla storia del cinema come Brundle-Fly.
Il prodotto marcio di quell’unione folle è- anzi, sarebbe- quel cazzo di ferrovecchio che il nostro Slash, dopo un iniziale rifiuto, stringe amorevolmente tra braccia.
Intanto il tempo passa e se ne va e noi, invece, restiamo qua.
A vomitare l’anima su questa moquette lurida di colore indefinibile- per non parlare dell’odore-  spiaccicati come sardine fradice in tre metri quadri a fotterci la caffettiera in inutili seghe mentali.
Poi, all’improvviso, avverto una specie di effe cinque a livello intestinale.
Merda.
Nel senso più letterale del termine.
E la strizza da concerto, devo dire, non mi aiuta.
I leggins neri con le tibie che indosso nemmeno.
Mi fiondo al cesso e scopro con orrore crescente che nel locale ce n’è uno solo. A caduta. E che, dulcis in fundo, è pieno fino all’orlo.
Vi lascio immaginare lo schifo.
Ehi, stronzetti. Dico a voi.
Sì, a voi.
Cazzo fareste al mio posto? Me lo dite?
Quanto a me, confesso che mi lascio andare a cattivi pensieri sullo strumento di Slash, che tanto, come chitarra, non vale il vomito di un cocker tubercolotico.
Ehi, voi!
Ci siete ancora?
Ridete. Ridete pure.
Bastardi.
Buoni solo ad ammazzarvi di seghe.
Però già che ci sono voglio darvi un consiglio da amico.
Secondo me non vi conviene prendere per il culo la cazzo di band che spaccherà il cazzo di mondo e poi lo rimetterà insieme.
Nossignori.
Quindi, passi lunghi e ben distesi.
Lo so che le apparenze non depongono a nostro favore.
Però vi prometto una cosa:
noi, su quel cazzo di palco, ci saremo.
Non so con che razza di faccia di culo, ma ci saremo.
Lo giuro sulle palle di Scemo+Scemo.
Tirateci dietro quel che volete.
I Guns sono gente d’onore.
Forse non suoneremo ma ci saremo.
Cascasse il mondo, cazzo.
Succeda quel che succeda.
 
Vi prego, non ridete.
Abbiate pietà di noi!
 

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Capitolo 29
*** The Magic Mirror Gate ***


capitolo 29

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The Magic Mirror Gate

SHARON BAILEY

 
Tutto crolla.
Il mondo va in pezzi. E io con esso.
La nostra famiglia è distrutta. Distrutta. Distrutta.
Prima il mio Billy. Adesso la mia Amy.
Se n’è andata via di notte. Come una ladra. Senza un a lettera. Un biglietto. Niente di niente.
La credevo a letto a dormire e invece non c’era più.
Puff! Svanita. Sparita nel nulla.
Mio Dio, perché ci hai abbandonati?
Lei… lei ha solo tredici anni!
E’ una bambina.
Ma io lo so perché se n’è andata. O meglio. Conosco lui. Quel porco. E, credetemi. Quello è capace di tutto. Anche con la sua stessa figlia. Sangue del suo sangue.  
Scusate. Io…
Mi sento male.
Io…
io non respiro.
Aiuto… soffoco!
Scusate. Datemi un attimo… io… ho bisogno…
ho bisogno delle mie pillole. Oh, Signore benedetto!
Roipnol. Ritalin. Dilaudid.
Qualsiasi cosa. Scusate. Qualsiasi.
Sto male…
Se non prendo subito qualcosa…
io…
sento che muoio.
 
 
Ok. Scusate.
Adesso va un po’meglio.
Almeno riesco di nuovo a respirare e a parlare.
Scusate ancora un attimo.
Vado un secondo in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, vi spiace?
Ho un’arsura…
Sono Sharon Bailey. Ho tre figli minorenni. Due dei quali scappati di casa. E un marito Pastore che predica bene e razzola male. Ho trentadue anni. Ma ne dimostro sessantadue.
Io… l’ho sentita. Amy, dico.
L’altra mattina, prima della scuola. Era pallida. Sudava. Io mi sono preoccupata per lei. Le ho chiesto come stava….
Yaaaawwwwwnnn!
Che sonno!
Scusate.
Sono le pillole.
Forse io… forse… non lo so… magari ne ho prese un po’ troppe. Mi sento strana… mi gira tutto.
Sto gelando.
La bocca mi si riempie di saliva bollente, ma io non devo. Non voglio. Vomitare. Devo resistere. Stringere i denti.
Tenere giù tutto il possibile.
E’ l’unico modo, credetemi.
Tanto non c’è ritorno.
Lo so. E non mi faccio illusioni. Non sono mica scema come credete voi.
Quanto a Amy… io lo so. Lo so perché è scappata via. Qui non respirava. Come adesso non respiro io.
Ho il cuore che mi spacca la cassa toracica. Giuro.
Qui non c’era aria.
No.
Chi voglio prendere per il culo?
Lei era fottuta.
Rovinata.
Inzeppata.
 
Yaaaaawwwwnnn!
 
La sentivo vomitare, certe volte. La mattina.
L’odore delle uova la faceva schizzar via come una pazza, e io avevo fatto due e due quattro. Sapevo ma tacevo.
Solo stamattina ho trovato il coraggio.
Il coraggio di andare al Commissariato.
A parlare con la Polizia. A vuotare finalmente il sacco.
A spifferare ai quattro venti tutta la verità e soltanto la verità sulla vita familiare del Ministro del Cultodella Chiesa Pentecostale Country Holy Roller di Lafayette.
Persona insospettabile.
Di indiscussa levatura e integrità morale.
Lustro ed esempio per i suoi parrocchiani e per la comunità tutta.
 
Addio, Stephen.
Francamente, non credo che mi mancherai troppo.
E non illuderti, cocco.
Prima o poi ti beccano.
 
Yaaaaawwwwnnn!
 
 Ti sbattono dentro e ingoiano la chiave.
Goditela finchè puoi.
Questa è la parte più bella del viaggio.
Tanto prima o poi le pagherai tutte.
 
Io sapevo.
Ho sempre saputo.
Sapevo e tacevo.
Tacevo e speravo.
Che domani non fosse uguale a ieri.
Invece era sempre peggio.
Ma io m’imbottivo di Ritalin e speravo.
 
Yaaaaawwwwnnn!
 
E speravo con tutto il cuore che non fosse come temevo.
Ma adesso è troppo tardi.
 
Sono sola.
Mia madre è andata al mare con una sua amica.
E Stephen… lui non c’è.
Non torna a casa da tre giorni.
 
Capito?
Se ne sono andati via tutti.
In un modo o nell’altro.
Tutti tranne me.
Ma posso ancora rimediare.
 
Yaaaawnnnn!
 
Non credete?
Non è mai troppo tardi.
E conosco un unico modo.
 
Ho timbrato un biglietto di sola andata. La mia vita è finita.
Io… ecco, bene.
Altre cinque. No, anzi. Facciamo sei.
Sapete cosa vi dico? Meglio dieci.
Così almeno mi stendo un po’.
 
 
Lui.
E’ stato lui. Il porco.
Il Bastardo. Quello vero.
Lo so. Non sono mica scema del tutto.
Sarò anche drogata. Rincoglionita.
Tutto quello che volete.
Ma l’ho sempre saputo. 
Sempre.
E’ colpa sua se è andato tutto a puttane.
Il nostro matrimonio.
I nostri figli.
Quello straccio di reputazione che ci eravamo costruiti  con le menzogne e i salamelecchi in questa città di Morti in Piedi- come la chiamava il mio Billy.
In questo schifo di provincia malata.
In questa sottospecie di limbo piccolo borghese senza via di scampo.
Dove i sogni- ammesso che esistano ancora- soccombono alle prime luci dell’alba.
E adesso che anche Amy se n’è andata via e Stu è al campeggio estivo, questa catapecchia è diventata la mia bara.
Sempre che non lo fosse già anche prima.
Ero morta e non lo sapevo.
Cioè, sì. Lo sapevo. Ma non me ne fregava niente.
Il nostro era un equilibrio delicato. Fatto di omissioni. Di silenzi. Di menzogne. E verità taciute. Grandi e piccole.
Billy.
O meglio.
WILLIAM BRUCE BAILEY JR.
Come suo padre.
Quello vero.
Bell’articolo anche quello!
Complimenti, Sharon.
Sei una che la sa.
Sei una cazzo di deficiente. Ecco cosa sei.
Ma adesso è finita.
 
BILLY.
La sua nascita.
La verità sulle sue origini.
Le sue accuse quando ha scoperto la nostra LURIDA CONGIURA DEL SILENZIO, come l’ha chiamata lui.
Il fatto che, per quattordici anni, glielo abbiamo tenuto nascosto.
 
E ho capito che mio figlio aveva ragione. Sempre e comunque. Fin dall’inizio.
E’ lui, Stephen. Mio arito. E’ lui la mela marcia che ha guastato tutte le altre del cesto.
Lafayette, Indiana.
Yaaaaawwwnnnn!
 Stati Uniti d’America.
In Dio confidiamo.
Sì, come no.
Ho visto!
Billy diceva sempre che si sentiva in trappola. Che questa città è un cimitero vivente. Che siamo tutti morti e non lo sappiamo. E che l’unico modo di uscirne vivi è spararsi in bocca o farsi in vena.
Billy era bello. Intelligente. Percettivo. Dotato.
E aveva ragione da vendere.
Fidatevi.
Aveva visto giusto.
Sono io che ho sbagliato tutto.
Io. Che ho mandato a puttane la mia vita e quella dei miei figli, che sono ciò che ho di più caro in questa merda di mondo. Io. Che ho sempre saputo e non ho mai parlato per non far crollare il mondo. E adesso che tutto crolla io… io sono l’unica a dover pagare.
Poi penso a Stuart.
Al suo musetto birichino. Alle finestrelle che una fatina dispettosa ha spalancato nel suo sorriso.
E penso che presto sarà tutto finito.
Non sarò qui quanto i dentini ricresceranno.
Perdonami, Stu.
Perdonami.
 
Yaaaawwwnnnn!
 
Se puoi…
 
Bill e Amy hanno potuto scegliere. E l’hanno fatto.
Tu no.
Tu… pagherai più d’ogni altro.
 
La mano mi trema.
Altre due. Solo altre due.
Per dormire.
 
Ho lo stomaco sottosopra.
La testa mi si spacca.
Ho la vista annebbiata.
Mi gira tutto.
Dio, come sto male.
Mi viene da vomitare. Ma non voglio. Voglio tenermi tutto dentro. E’ l’unico modo.
 
Devi farlo, Sharon.
E’ l’unico modo.
E’ l’unico modo.
E già che ci sono, butto giù un altro paio di Dilaudid.
Lo stempero con un altro po’ di Ritalin.
E poi ci butto sopra un Roipnol.
Mi spiace solo di non avere del Nembutal.
Idrato di cloralio.
Avete presente?
Quello di Marilyn Monroe.
Ci starebbe da Dio.
Ma pazienza… non si può…
Yaaaaaawwwwnnnnnn!
…avere…
Yaaaaaawwwnnnnn!
… tutto…
 
 yaaaawwwnnn!
 
… nella vita!
Non trovo carta e penna.
Merda.
Ho un’idea.
L’ho visto in un film.
Mi fiondo in bagno.
Prendo il rossetto alla ciliegia e scrivo sullo specchio.
Fanculo.
Mi trema la mano.
Non riesco… non riesco a scrivere niente.
 
Yaaaawwwwnnnnnn!
(Madonna che sonno. Non riesco più a tenere gli occhi aperti.)
 
L’acqua che ho bevuto mi risale su per la gola.
La sento strana. Densa. Vischiosa.
Sa… sa come di arancia.
Un sapore atroce. Acido ma in qualche modo anche dolciastro. Chimico. Inghiotto a vuoto. Provo col whisky di Stephen. Per cancellare questa merda di sapore. Ma niente da fare. Il sapore non passa. Anzi. Peggiora.
Mi rivolta lo stomaco.
 
Dio, che nausea.
Devo…
Cerco d’inghiottire ma mi torna su.
Inghiotto ancora.
Disperatamente.
 
Non devo vomitare-non devo vomitare- Non devo vomitare-non devo vomitare- Non devo vomitare-non devo vomitare-
 
Tutta la stanza ondeggia.
No. Sta ferma.
Sono io che ondeggio.
Va fuori fuoco.
 
Yaaaaawwwwwnnnnn!
 
Eccolo qui, il Bianconiglio.
Adesso lo vedo.
Mi aspetta. Sull’orlo…
 
Yaaaaawwwwnnn!
 
Di un pozzo senza fondo.
Prima però devo attraversare lo Specchio Magico.
(Scommetto che questa non la sapevate.)
 
Io sono ALICE.
Con il tutù e le punte.
Saggio di danza classica.
La vedete quella rossina tutta lentiggini?
Sono io. Ho cinque anni.
 
Adesso però devo andare.
Il Bianconiglio…
… il Bianconiglio mi chiama.
 
Niente dura per sempre.
Non siamo fatti per durare.
 
Yaaaaawnnnn!
 
E mentre attraverso lo specchio, semino una manciata di lettere scarlatte.
PE  R D O NA   TE  M I
 
 

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Capitolo 30
*** bottoms up! ***


ATTENZIONE: OGGI HO POSTATO 2 CAPITOLI. SE QUESTO E' IL PRIMO CHE LEGGETE... TORNATE INDIETRO SENZA PASSARE DAL VIA! E NON BARATE... VI VEDO! (NE STATE SALTANDO UNO...)

capitolo 30

 

 

Bottoms up!

ADRIANNA SMITH

 
No, ragazzi, cazzo.
Non ci crederete mai.
Stavolta l’abbiamo imbroccata sul serio.
L’equazione, dico.
Facevo letteralmente cagare in matematica e, se possibile, Savannah era molto peggio di me, eppure ce l’ho fatta lo stesso. Anzi. Ce l’abbiamo fatta. Io e la mia amica, qui.
Abbiamo trovato la pietra filosofale. Il bandolo della carcassa. Chiamatelo come cazzo volete.
L’equazione è semplice ma cambierà il mondo.
Almeno per noi.
La Bestia sta al WC come noi stiamo al Bombo.
Che, tradotto in termini algebrici diventa:
Nosfy sta a W.C. come noi al Tesssssoooooooro.
Vale a dire:
No. Scusate un attimo.
Adesso mi sente.
“Savannah! Cazzo! Abbassa quella cagnara, che non ci capisco più un cazzo!”
La sua voce stridula mi spacca i timpani di rimando, sovrastando persino i bassi da star male dello stereo in camera da letto.
“Cazzo vuoi?”
Ma bene. Anzi, benissimo. Oxford.
“Abbassa quella cazzo di lagna, stronza!”
Niente. Non mi caga di striscio.
Adesso vado di là e spacco tutto. E che cazzo!
Un po’ di rispetto!
Va bene gasarsi a palla e godersela tutta, ok. Ci sto anch’io. Quando e come volete. Ma c’è un limite a tutto. O no?
Voi che ne dite?
Ho esagerato?
“Fottiti, oca!” Mi grida quella mentecatta senza degnarsi di venire a vedere cosa voglio. “Ti sei rincoglionita? Lo stereo è spento da un’ora! Se tu che sei suonata come un campanone. Scema di guerra che non sei altro!”
Ma vai a prendertela in mezzo alle reni, cazzo!
Tu e i tuoi sofismi.
Tu e le tue stronzate.
Io mi sono rotta le palle.
 
Torniamo a noi, va’, che è meglio.
L’equazione, dicevamo.
Mi fiondo in camera da letto di Steve a prendere la combinazione e…
No, cazzo.
Non ci credo.
Quella faccia di culo di un gatto-ratto radioattivo da due soldi me l’ha fatta sotto il naso un’altra volta.
E prima di svenire a capofitto sulla moquette color vomito di ciucco, riesco perlomeno a spalancare la finestra.
L’odore è qualcosa di immondo.
Venefico come il bacio di un mamba nero.
Letale come una cazzo di endovena di cianuro.
Pestifero come una schifa di moffetta marcia e putrefatta.
“Nosfy! Pezzo di sterco di vacca! Vedi di andare a pisciare da un’altra parte! Ti spiace?”
Lo incoraggio con una bella scopata in mezzo alle reni.
Con tutta la dolcezza che posso.
MIIIIEEEEEEEWWWWWWW!!!
(PPPPPRRRRRRRRTT!!!)
Lui sgattaiola via lasciandosi dietro quella sua tipica scia di Chanel numero Cinque che, da sempre, fanno di lui l’oggetto prediletto dei miei sogni proibiti e dei miei desideri.
Oh, Nosfy! Nosfino mio!
Quanto ti mangerei di baci…
Tu sì che riaccendi i miei sensi incantati!
Povera me. Non mi sento niente bene.
Detto tra noi, ho paura che quell’aborto di gatto masticato e sputato da un Dio molto minore sia davvero un’arma letale, sapete?
Il suo alito. Il suo odore. I suoi… sì, insomma. Le sue…
E che cazzo! Ci siamo capiti, no?
Caliamo un velo pietoso.
Vi ricordate l’operazione APRITI SESAMO E RENDICI MILIONARIE?
Ecco. La domanda se siamo soli nel cosmo ha avuto una risposta.
Cioè no.
Cazzo c’entrano gli Ufo, adesso?
L’EQUAZIONE, CAZZO.
 
Nosferatu non era il Diavolo, povera creaturina santa anche lui. Non era lui la bestia.
Il marchio.
Ve lo ricordate?
666
THE NUMBER OF THE BEAST.
Beh, scordatevelo.
Questo rospo castrato da salotto ha un tatuaggio. Non un marchio.
Un numero come tanti. Che sommato ad un altro- magari piovuto dal cielo- da’ la formula magica.
Capito?
L’equazione, quindi, è una SOMMA.
UNA SEMPLICE ADDIZIONE.
 
666(+)610=$$$
 
And the winner is:
 
 
666610
 
E adesso scusatemi.
Ho una bottiglia di champagne e un rullino kodak pieno zeppo di Chinese Rocks che mi aspetta.
(Sempre che quell’oca imbesuita di Savannah riesca a ricordarsi dove l’ha ficcato.)
 

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Capitolo 31
*** pretty vacant ***


capitolo 31

 

 

PRETTY VACANT

Amy Bailey

 
America. La patria delle occasioni.
Eccola che svanisce fuori dal finestrino. E la mia vita con essa. Quella vecchia, almeno.
La stazione Amtrak appena fuori Lafayette e Padre Blatta Germanica- Dio lo benedica, quel Sant’uomo!- sono ormai relegati in un altro tempo e in un universo parallelo che non mi appartiene più. E dico, io: come mi dovrei sentire, sola, in questa notte senza inizio e senza fine, adesso che mi trovo esattamente a cavalcioni su due mondi.
Già, a cavalcioni.
Se posso essere sincera, sapete come mi sento davvero?
In trappola. Eccitata. Spaventata. Col cuore che mi sbocca dalle orecchie e gli occhi fuori dalle orbite. Saliva zero. Mi sa che me l’hanno trattenuta al check-in.
Ok. Lo ammetto.
Lo so che fa un po’ cagare come battuta, ma passatemela. Almeno per stavolta.  Intanto qui succede tutto e non succede niente.
A cavalcioni.
Sì, giusto. Bel paragone.
No, anzi. Pessimo. Mi ricorda mio padre. Lui però, tra parentesi, ci si metteva su di me, a cavalcioni, dopo aver onorato troppo Santa Tequila o Santo Rhum.
Maledetto lui e quello che mi ha fatto. Spero che, se davvero c’è un Dio dal volto umano, lo faccia marcire da vivo come la carogna che è.
 
Prima stazione:
Siamo fermi. C’è un McDonald, volendo, ma io ho mangiato. Così me ne sto qui col libro che ho rubato a Bill. Di Stephen King. CARRIE.
Che figata, ‘sta tipa! Magari ce li avessi anch’io, i suoi poteri!
Ve l’immaginate il Reverendo? Conterei fino a nove. Al dieci sarebbe incenerito dopo un mega show da circo nel numero della Torcia Umana.
Eh, che bella cosa, la fantasia!
Che bello, saper scrivere!
Mi piacerebbe un casino, da grande, fare la scrittrice. E magari disseppellire tutti gli scheletri nell’armadio di chi sapete voi!
Titolo: SORDIDI RETROSCENA DI UNA FAMIGLIA MODELLO
Beh, insomma. Una roba così. Magari un po’ più incisivo. Mi sa che devo ancora lavorarci sopra, eh?
Mi aspetta un viaggio immenso. Enorme. Venticinque ore. E il bello è che non siamo ancora nemmeno a Bakersfield.
Quindi mi metto comoda.
Posso?
Mi sono rotta di stare composta.
Lui lo esigeva sempre. Ma adesso comando io.
Lui è il passato. Come i miei codini rossi.
Io il futuro.
Poi c’è lei. La tinta per capelli. Quella che GENERA MOSTRI.
Tra parentesi, sbagliata o meno, sapete che non mi dispiace?
La nuova Amy, quella coi capelli color gelato alla fragola, non ci sta mai, composta.
Butto giù il sedile e tiro su le gambe come se fossi a casa, a letto. Mi stravolgo tutta e lascio respirare un po’ anche questa piccola vita segreta che ho dentro e che, poverina, è sempre spiaccicata e strizzata ventiquattr’ore su ventiquattro- e- penso io- ne avrà anche pieni i cosiddetti.
Questi sedili sono una figata. Comodissimi. Ci si sta che è una gioia. E spero che queste ventiquattro prime ore della mia nuova vita coi capelli a caschetto rosa fucsia durino da qui all’eternità.
Nei due posti alla mia destra c’è una vecchietta con un musetto di gatto persiano che fa capolino dalla rete di un trasportino. La sua cotonatura azzurrina ondeggia su e giù al placido ritmo del bus. Ci sono due messicani. Marito e moglie.
E dietro di me c’è un ragazzo carino. Un punk. Con la cresta viola e le spille da balia nelle guance.
Anzi, se devo dirla tutta, è proprio uno schianto.
Non pensavo mi piacessero i punk. Quelli che ci sono a scuola fanno a dir poco cagare, ma questo è uscito dritto dal poster di Bill dei Sex Pistols. Ha fascino. Sembra uno che la sa.
Faccio due conti.
LUI VIOLA. IO FUCSIA.
Mica male!
Siamo fatti l’uno per l’altro.
E già che ci sono, vi dico in tutta sincerità che, con l’eco di questo bel pezzone epico nelle orecchie che trapela dal suo walkman, mi viene voglia di riempirmi la faccia di spille da balia e di mettermi un bel lucchettone al collo come quello là.
Ma ve l’immaginate il Reverendo?
Se solo potesse intuire i miei pensieri, mi metterebbe in croce come Gesù Cristo.
Aspettate un attimo.
Caccio di tasca la cipria che ho ciullato alla mamma e lo inquadro nello specchietto piantando in asso un attimo la mia amica CARRIE, qui, che sta facendo sfracelli a tutta randa.
(Beccato!)
Lo sbircio di nascosto.
Ha il walkman nelle orecchie. La musica sparata così a palla che la sento anch’io. E riconosco la cassetta che Jeff- il MIO Jeff, anche se lui NON LO SA- ha regalato a mio fratello Bill per il suo compleanno.
L’avrà suonata almeno trenta volte al giorno a rotazione per una settimana, prima di telare.
PRETTY VACANT
(BELLI VUOTI)
Come me.
No, io no.
Io sono PIENA.
(purtroppo)
Anche troppo. Sono incinta.
Però sarebbe bello, per una volta… voglio dire. Sapere cosa si prova ad essere BELLI E VUOTI.
Lui alza gli occhi.
Sono grigi.
E mi fa un ghigno storto.
(Che figura di merda!)
Mi ha beccata.
Imbosco al brucio la microspia sotto il mio culo e seppellisco la faccia di bronzo che mi contraddistingue nel repellente gallone di sangue di maiale che quegli stronzi dei suoi compagni di classe hanno gettato addosso a CARRIE.
Lui si agita sul sedile. Lo sento dal clangore metallico che proviene da tutta la ferraglia che si porta appresso. Catene. Borchie. Ciondoli. Di tutto di più.
E fuori?
Sempre la notte.
Che scorre e mi rincorre tra scampoli sfilacciati di città e paesi che scappano via senza fermarsi mai.
Il punk ha aperto un pacchetto di patatine. Lo sento sgranocchiare.
(Quasi quasi gli chiedo se me ne dà una…)
All’improvviso, dal mio libro irrompe una mano crivellata di anelli coi teschi e le croci di tutte le fogge.
Io faccio un salto con l’asta alto sei piedi e passa.
(Modestia a parte, Sergej Bubka mi fa una pippa!)  
“Ma che cazz-“
 
(Quando si muove sembra una ferramenta col terremoto.)
“Ne vuoi una?”

 

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Capitolo 32
*** half man, half beast ***


capitolo 32

 

 

HALF MAN, HALF BEAST

W.Axl Rose

 
Onde di braccia frenetiche. Chiome selvagge e fluenti. Riff assassini. Assoli spacca timpani crudeli come iene. Fraseggi da spaccare i muri.
Tossiche combinazioni di rock e di blues.
Rabbia. Furore. Esaltazione. Devastazione.
Questo era quel che volevo.
Che sognavo.
Danni a cose e persone.
Montagnee di lattine di birra. Cataste di mutandine e reggiseni.
Borchie. Catene. Giacche di pelle. Accendini. Sangue. Adrenalina. Sudore.
Questo era il film che andava in onda nella mia mente carica di endorfine mentre, dal pubblico, l’unico feedback che ci arrivava forte e chiaro erano, per l’appunto, FISCHI e SPUTI.
La cosa migliore che ci fosse capitata era, secondo il mio punto di vista, il fatto che il cazzo di palco, di neanche un metro quadro, fosse sospeso nel nulla e nel mai. Nel senso che da lì non vedevamo un’acca- per non dire di peggio.
Oltre il bordo del palco,
(malamente)
 illuminato da una serie di lampadine fulminate
(o in procinto di fulminarsi)
Il mondo finiva nelle tenebre che ricoprivano l’Abisso prima del BIG BANG. Che, tradotto in PARLA-COME-CAZZO-MANGI, significa che brancolavamo nel buio pesto. E quindi, non avevamo la più pallida idea del pubblico in sala. Chi fossero. Che facce avessero. Ma, soprattutto, QUANTI cazzo fossero.
Anche se devo dire che, visto il nostro stato di PARIA
(intoccabili. Fuori casta. Reietti. Chiamateci un po’ come cazzo volete)
Non ci facevamo troppe illusioni nel vano tentativo di indorare una pillola che, comunque, inghiottendola, ci avrebbe quasi certamente STROZZATI.
A parte la batteria giocattolo di STEVE.
La quale, a scanso di equivoci, ha voluto mostrare subito di che pasta era fatta- tanto per togliere di mezzo ogni illusione.
Ragion per cui, a conti fatti, devo ammettere che tale arnese, marca FISHER PRICE
(come dimenticarlo?)
Dopotutto era ONESTA
(nel senso che, al primo colpo di rullante, ha tolto di mezzo ogni residua illusione di salvare, nonostante tutto, almeno la faccia. O, alle brutte, di PORTARE A CASA ALMENO LA PELLACCIA.)
L’intro di NIGHTRAIN, concepita per essere una cazzo di BOMBA H, subì un’imbarazzante metamorfosi in fatto di potenza, intonazione e interpretazione.
Passò, per così dire, da un possente, maschio  JACK DANIEL’S liscio
(di quello che ti scartavetra la gola e ti fa il lifting alle budella, per intenderci)
ad un cocktail ANALCOLICO per fighette represse)
Non so se mi spiego.
Da una cazzuta spremuta di testosterone ad una risciacquatura dolciastra neanche buona per un BARMITZVAH.
Devo dire che però, almeno, eravamo tosti e coraggiosi.
Perché è facile esibirsi con strumentazione di qualità, palco da sballo e fighe a volontà in locali da urlo o, magari
(volando alto con la fantasia)
In stadi da libidine al cubo come cazzo di rockstar arrivate da diecimila copie vendute ricoperte di grana e di fighe. Col pusher di serie appeso ai coglioni e il jet privato in tour da qui all’eternità fino ai cazzo di confini del mondo
(e magari, perché no, anche su Marte)
Voi che ne dite?
Ci vuole una faccia di culo da paura per affrontare un palco nelle nostre condizioni.
Senza contare il CALDO.
L’afa letale che LIQUEFACEVA letteralmente i muri sollevano odori provenienti dai cessi che vi risparmio volentieri
(anche solo per non sboccare qui davanti a voi.)
DUFF stava a rota di brutto e voleva la sua cazzo di zuppa di fagioli alla SCOREGGIONA. Il giusto CARBURANTE- sosteneva- per uno show assassino da calci in culo.
Zuppa che, inoltre, aveva il non trascurabile merito di far RISPARMIARE sulle spese di allestimento scenico
(almeno per quel che riguardava il FUMO SINTETICO)
E IZZY?
Mah. Vi dirò.
Lui tirava come un dannato. Voglio dire.
Sferragliava come una cazzo di locomotiva a vapore.
Prendete IT’S SO EASY.
E’ venuta fuori una cosa quasi decente.
Anche se, detto tra noi, per cantarla ho dovuto non dico sputare, ma quasi PISCIARMI FUORI i cazzo di polmoni.
Cazzo ridete?
Ho la gola da buttar via.
Il microfono era finto come la batteria a doppia cassa di STEVE e funzionava a SINGHIOZZO. Esattamente come le stronze di LAMPADINE a bordo palco.
No, dico.
Roba che il nostro SLASH, qui, per poco non ci lascia la ghirba.
(Se fate i bravi vi racconto com’è andata)
Fatemi bere, cazzo.
(Qualcuno di voi ha una paglia?)
Dunque. Dicevamo.
SLASH.
Cazzo, raga.
Qui il gioco si fa duro sul serio.
A salvare la situazione
(si fa per dire)
Inutile dire che il nostro virtuoso della sei corde, qui, che la Gibson Les Paul se la sognava ancora solo sotto l’effetto dell’eroina, nel creare intorno a noi un nero alone di mistero, faceva egregiamente la sua parte.
Sorvolando sul fatto che la sua terrificante chitarra da flamenco, qui, di corde ne aveva una sola- e pure messa maluccio, nonostante gli accomodamenti e le lusinghe del povero Vomito Ovunque, devo dire che proprio cagare non facevamo.
 
Sbronzo marcio, zompando come una cazzo di cavalletta carica di acido lisergico in equilibrio precario, faceva strage di lampadine spedendo cocci aguzzi a destra e a manca.
E l’ESERCITO DELLE TENEBRE, dove abita il Dio fulminato dei BRUTTI, SPORCHI e CATTIVI
(e, oserei dire, pure PUZZOLENTI)
avanzava mietendo vittime ovunque.
Le prime delle quali, non serve specificarlo, eravamo noi stessi.
Correva a perdifiato.
Fuggiva via sul manico della chitarra.
Telava in cerca, penso io, delle altre quattro corde. Quelle mancanti. Quelle che-
(Cazzo, raga!)
-se ci fossero state- come scriveva quell’altro battone oppiomane di William (guarda caso, eh?) detto SHAKESPEARE, avrebbero magari anche DATO UN (CAZZO DI) SENSO ALLA NOSTRA CAZZUTISSIMA DI GIG.
E nel fare ciò, Occhi Senza Volto, già accecato di suo dalla Selva Oscura che gli cresceva sulla faccia, abbatteva lampadine a cento a cento esponendosi, diciamo così, in prima persona.
E facendo correre anche a me- che non sono noto per la compostezza sul palco- rischi non indifferenti di mettere un cazzo di texano in fallo e spiaccicarmi Zio sa dove nell’oscurità.
Dunque.
Ricapitolando.
Volete sentire come ho presentato il nostro Vomito Ovunque?
Come meritava. Nientepopodimeno.
Facendo leva sui sentimenti. Sulla pietà. Per ingraziarci il pubblico. Quello che, in gergo tecnico, viene chiamato CAPTATIO BENEVOLENTIA
(E che noi, personalmente, definiamo LECCATA DI CULO)
L’ho gridato all’oscurità con tutta la potenza dell’amplificatore che ci aveva fornito quell’assassino di MICK-L’AMICO-DI-DUFF.
(Cioè. DIECI cazzo di hertz)
Avete presente?
Io mi sono spaccato la trachea e ho sputato due pinte di sangue e sudore.
Il risultato è stato qualcosa di vagamente  paragonabile al ronzio di una zanzara anemica.
Anche perché, se da un lato l’ampli non amplificava un bel Cristo di niente, dall’altro sparava SCARICHE, RONZII e tutta una serie di altri disturbi che, per elencarli tutti, ci vorrebbe una cazzo di lista da qui alla Luna.
Zanzara anemica, dicevo, che comunque
(pane al pane e vino al vino)
ci avrebbe letteralmente seppelliti.
 
“HALF MAN. HALF BEAST”
(MEZZO UOMO. MEZZO BESTIA)
E un sacco di altre sguanate varie ed eventuali
“THIS POOR ARSEHOLE’S GOING TO PISS VERY FAR AWAY FORM HERE!”
(QUESTO POVERO COGLIONE PISCERA’ LONTANO!)
Parole sante.
Perché il poveraccio, che sotto quel cazzo di vello da ovino è un tenerone da paura, si è squagliato tutto come  burro rancido al sole.
A quel punto, è successo un guaio.
Non essendo dotato di aria condizionata, Lo Stinking Polecat sopperiva con un’agghiacciante VENTOLA da soffitto con le pale in legno e vimini intrecciato.
La quale, a giudicare dallo stile, risaliva più o meno ai tempi della Grande Depressione.
Alla fine del primo set, QUESTA è ANDATA A PUTTANE.
Inutile dire che la temperatura del locale, già di per se’ (NONOSTANTE la ventol)
oscillante tra la serra e il bagno turco, è decollata in verticale.
Il termometro a forma di croce rovesciata posto come un cappio sulle nostre teste è schizzato in una frazione di secondo da 90 a 120 cazzo di gradi Farenheit.
Disidratandoci fino al midollo e riducendo il sottoscritto a sputare polvere e  sabbia.
Ma la peggio, dicevo, è toccata al nostro chitarrista elettrico, futuro cilindrato.
Il suo cuore di metallo pesante con le coronarie fatte di scale blues e bende toniche e diteggiature da infarto del miocardio
(senza chiave di barrè)
Non ha retto all’emozione.
Per non parlare delle sue gambe.
Dunque.
E’ andata così.
Lui ha fatto un salto in avanti per inchinarsi
(Radendo al suolo le lampadine rimaste)
Allora ci siamo presi per mano e piegati tutti a NOVANTA
(il che, voglio dire, pensando all’inchiappettata che abbiamo appena rifilato al nostro pubblico, completa la metafora)
Ammesso che davvero ce ne sia stato uno, di pubblico.
E, onestamente, devo dire che, al pensiero di CADERE NEL VUOTO, mi CAGAVO LETTERALMENTE SOTTO.
E anche questo, tutto considerato, non aiutava.
 
Basta.
Alla fine della fiera, è successo quel che doveva succedere.
Quello che era nell’aria.
Tanto, non potevamo farci niente.
E, francamente, non me la sento di dare al povero Vomito Ovunque tutta la colpa.
Siamo o non siamo I Guns N’ Roses.
( Tutti per uno, uno per tutti.)
E che cazzo!
Io posso solo parlare per me.
E tutto quello che ho sentito, a parte le scariche e i ronzii spacca timpani dell’amplificatore, erano un paio di FISCHI
(e non di quelli ALL’AMERICANA. Di quelli papali papali che si traducono in un VAFFANCULO)
E PERNACCHIE
(giunte a destinazione FORTI e CHIARE)
 
Il tutto CONDITO da un lancio di ORTAGGI VARI
(roba che, se sapevo, con la fame che abbiamo, portavo l’OLIO e l’ACETO!)
 
Dopodiché, RAGA-
Ho un cazzo di buco in testa. Voglio dire. Un vuoto di memoria.
Insomma.
Tutto quello che ricordo è l’ODORE dei pomodori MARCI spiaccicati ovunque. Il caldo micidiale. La puzza dei cessi.
I fischi. Le pernacchie.
L’INCHINO
(di gruppo)
Poi, il buio.
L’Abisso.
L’OBLIO.
 
E UNA FRATTURA SCOMPOSTA
(DEL SETTO NASALE.)
 

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Capitolo 33
*** eloi! eloi! lema sabactani? ***


capitolo 33

 

 

ELOI! ELOI! LEMA SABACTANI?

Stephen L. Bailey

 
E’ finita.
Mi ha denunciato, la troia.
Mi ha fatto legare.
Accusandomi di tutte le nefandezze del mondo.
Inventandosi che Amy- altra buona anche lei!- se n’è scappata perché il sottoscritto, qui, l’avrebbe INGRAVIDATA.
Non ho parole.
Ma voi ci credete?
Se l’ho fatto, non ero io.
Ero sbronzo. Sognavo. Ero stanco.
(E chi lo sa?)
Ad ogni modo, ero fuori di me.
E se non ero in me, non ero io. Giusto?
(E allora CHI può incolparmi?)

CHI NON HA PECCATO
SCAGLI LA PRIMA PIETRA
dice il Signore.

E dunque, vi credete perfetti voialtri, che state qui a puntare il dito accusatore contro il mio petto in vece dell'Altissimo?

Cosa posso dire?
Mi hanno beccato con le dita nella marmellata
(Dicono.)
Io non mi ricordo niente.
Io mi sono svegliato qui in questo buco di culo puzzolente di cella .

Gli sbirri sostengono di avermi arrestato al NELLIE’S dopo una denuncia, ma io non c'ero.

E se c'ero, ero in MISSIONE PASTORALE.

NON RIDETE!
RAZZA DI VIPERE!

Tanto io non scucio una porca parola.
Mi appello al QUINTO EMENDAMENTO.

Io sono innocente, cazzo. Lo sono fino a prova contraria.
Siamo o non siamo negli Stati Uniti d'America?
Patria del coraggio.
In Dio confidiamo.

Stronzate!

BASTA.
LASCIATEMI STARE!

E' INUTILE CHE CHIEDETE.
TANTO NON OTTERRETE RISPOSTA.
Se permettete, sono cazzi miei.

Quella scema di mia moglie si è farcita la pancia di pillole e ha timbrato un viaggio di sola andata all’Inferno.
E- detto tra noi- spero che ci finisca presto. Per adesso è ancora lì in bilico tra due mondi. Il nostro e quello dei falliti come lei che non hanno gli attributi. Sanno solo fare sceneggiate da primedonne.
Sì, avete capito.
Lei e quei poco di buono dei SUOI figli.
(Tranne forse Stuart. Ma solo perchè ha ancora il moccio al naso)

Voleva suicidarsi, la cocca.
( Seeee, come no. RITENTA. SARAI Più FORTUNATA.)
Tutto quello che è riuscita a buttare in piedi è stata una pagliacciata di messaggio scritto sullo specchio del bagno col rossetto.
AIUTATEMI
Ma vai a cagare!
Quella ha il cervello ripieno di stronzate.
E’ vissuta di TV e ha voluto morire in modo cinematografico.
Brava, Sharon.
Almeno sei coerente.
Me ne compiaccio, moglie.
Me ne compiaccio.
Almeno hai stile.
Un punto per te
(anche se per me potevi applicarti un po’ di più.)
(Hollywood ti fa una pippa!)
Risultato: mia figlia è ricercata.
L’oca è in coma.
E io sono in stato di fermo al commissariato.
Nella cella degli ubriachi in attesa di giudizio.
Stolti!
Non spetta a voi giudicare!
Solo Dio può farlo!
Ad ogni modo, non mi avrete.
(non presero mai vivo Jesse James!)
Quanto a Sharon, non preoccupatevi.
Quella non vale il vomito di un cocker sifilitico.
Tanto non muore.
State tranquilli.
Le erbe grame come lei prosperano sempre.
Cosa ci scommettete?
Se la caverà, vedrete un po’.
Sono io quello che avrà la peggio.
Io, che pagherò più di ogni altro!
No, dico.
Ho quarant’anni.
Una volta aveva una famiglia.
Poi, l’anno scorso, il frutto marcio dei lombi impuri di mia moglie ha mandato tutto a puttane.
Adesso mia figlia puttaneggia Dio sa dove.
Mia moglie è più di là che di qua.
E io sono accusato di avere crocifisso Gesù Cristo.
Questo è quello che succede quando, in una casa, entra Satana.
Nella mia, a portarcelo, è stata quella schifezza di musica Rock.
Non c’è salvezza.
Non c’è perdono.
Ma non solo per me.
Anche per voi.
E non ridete, stolti!
 
Adesso devo andare.
La cinghia.
Dovrebbe bastare.
Appena questi stronzi voltano il culo li fotto alla grande.
Addio, pecorelle smarrite del mio gregge.
Salutatemi i capri.
 
Eccomi, Padre.
( Sia fatta la Tua volontà.)
 
ELOI!
ELOI!
LEMA SABACTANI?*
 
 
 
*Mio Dio! Mio Dio! Perchè mi hai abbandonato?
(ULTIME PAROLE DI CRISTO IN CROCE)

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Capitolo 34
*** party animals ***


capitolo 34

 

 

 

PARTY ANIMALS

Adrianna Smith

 
Povera me!
Che botta, cazzo!
Sono fuori come un balcone.
Non riesco a realizzare un cazzo.
Tutto quello che, al momento, riesco a fare, è contemplare le ROVINE.
Ho un cazzo di martello pneumatico che mi trapana il cervello. Un ratto putrefatto in bocca e il vecchio tictoc, qui, che mi schizza dalla cassa toracica.
Inutile dire che non mi sento niente bene.
E quella stronza della mia socia, di là, se possibile, sta anche peggio di me. Questione di stile, cazzo. Per reggere la botta ci vuole il fisico! E, a quanto pare, lei non ce l’ha! E’andata giù come una pera cotta davanti a tutto il vicinato. Mazza, che figura di merda!
Forse abbiamo un filino esagerato con la generosità. E forse tutta questa grandeur a carrettate alla fine ci si è ritorta contro, ma chi se ne fotte. Ce la siamo spassata. E questo è quel che conta.
O no?
Ad ogni modo, ormai quello che è fatto è fatto.
La casa è una stalla. Un porcile.
Nel senso più letterale del termine.
Ho paura che, per renderla di nuovo abitabile, dovremo rivolgerci ad una cazzo di impresa di pulizia coi contro coglioni. Di quelle specializzate. Professionali. Che ripuliscono le scene dei crimini, per intenderci.
Se no’ mi sa che qui non ci tiriamo fuori le gambe.
Il pavimento è stato inghiottito da strati di detriti di tutti i generi- tutti beni di lusso, s’intende. Roba costosa, cazzo. Di classe. Aragoste. Caviale. Champagne. Calici di cristallo. Argenteria massiccia. E poi il catering. I migliori di Los Angeles, cazzo! E la torta? Non ne parliamo. A forma di cassaforte d’oro piena di mazzette. Per cento persone. Tutta coperta di glassa dorata. Giuro. Un’opera d’arte. Della serie peccato mangiarla.  Sfornata dal miglior pasticcere del paradiso solo e unicamente per le sottoscritte, per la modica cifra di cinquemila verdoni. No problem, gente. Offriamo noi. Consideratelo il nostro cazzo di DEBUTTO IN SOCIETA’.
No, dico. Per certe cose non si bada a spese. Giusto?
Cazzo, che strage.
Quello che doveva essere un party a tema elegante, raffinato e sciccoso, ad un certo punto, a quanto pare, ci è letteralmente scappato di mano. Forse, chissà, propriio per colpa del tema. Un filino azzardato.
IL BACCANALE.
Cioè la festa di Dioniso. Del vino. Dell’orgia. Del sesso e dello sballo.
Insomma, il cazzo di Paradiso Terrestre.
Perché, esiste qualcosa di meglio su questa cazzo di Terra?
Risultato: il caos primordiale.
L’ira di Zeus.
L’inferno scatenato.
Bottiglie vuote. Cocci di vetro. Champagne versato a fiumi. Whisky dappertutto.  Sotto qualsiasi forma. Vomito in tutti gli spigoli. Sulle tende. Sul divano. Nei vasi di fiori.  
Ricordini di Nosfy. Tutti rigorosamente firmati.
Pisciate.
 Vassoi di gusci vuoti di aragoste rovesciati giù per il cesso.
Caviale spalmato ovunque. Sui muri. Per terra. Persino, Zio sa come, sui soffitti.
Questo perché, a differenza della plebaglia che ci circonda, io e quell’altra stronza che ronfa come una sega circolare sbronza e strafatta sul pavimento della sala, siamo due personcine ammodo.
(E non fate quei gestacci, cazzo! Mettetevelo in culo, il dito medio!)
No, dico. Potevamo noi due, buone come il pane e soprattutto, SOLE come due cazzo di gambi di sedano, tenere chiusa la ciabatta e farci i cosiddetti nostri riguardo alla fortuna cieca che, per una volta, dopo tanta merda, ci era piovuta dal cielo? A proposito di merda (vedi alla voce Nosfino, che fa rima con delicato d’intestino) mi sa che il nostro Kojac o come cazzo si dice ha esagerato un filino anche lui.
Vomita verde.
Caga arancione.
E’ scorbutico e schizzato. salta sul soffitto per una cazzata.
Giuro che non ci capisco più dentro niente!
Mi sa che quella sottospecie di felino con le pudenda al vento non ce la racconta giusta. Ad ogni modo, la sa da Dio. Almeno, a giudicare da tutto quel cazzo di ben di dio che gli è rimasta incollata ai baffi. Non vorrei cacciarla grossa, ma mi sa tanto che, a conti fatti, sniffa più lui di Scarface!
Dicevo, l’impresa di pulizie.
Seeeeee. Come no! Qui hanno fatto a pezzi anche i mobili! Pulito o sporco, qui è uguale. La casa è da buttare. E noi, francamente, anche. E’ per questo che, nonostante le svanziche a questo punto non ci manchino, alla fine, costrette dalle circostanze, abbiamo- anzi- viste le poco decorose condizioni della mia socia in affari- HO optato per la cazzo di soluzione più drastica. Ma… ci arriveremo tra un po’. (Non prima che le DIECI cazzo di compresse di EXCEDRIN* che ho inghiottito facciano effetto, se non vi rode.)
Mi dispiace. Giuro. Non volevo.
Io…. Avevo sperato che stavolta le cose sarebbero andate diversamente, e invece… come al solito, abbiamo perso il controllo- soprattutto Savannah, cazzo (tanto per cambiare) ed eccoci qui.
Basta.
Ci abbiamo provato.
Abbiamo fatto di tutto per sistemarci. Per cambiare. Per darci una cazzo di ripulita una volta per tutte.
Però è stato tutto inutile.
Tutto è contro di noi. Tutto.
Soprattutto Savannah, povera bestia.
(Lei non lo sa. Non lo capisce che ci rema contro!)
 Lo ammetto.
Siamo le peggiori nemiche di noi stesse.
Ci fottiamo sempre con le nostre cazzo di mani.
Come casalinghe siamo una merda. Una frana. Un disastro.
Mi si strappa il cuore, cazzo.
Stavolta mi ero innamorata per davvero.
E’ che, sapete com’è… la lontananza, alla fine, non aiuta. Voglio dire… i ragazzi sono in tour e noi qui, ad aspettare e sperare e strafarci struggendoci d’amore.
No, cazzo.
Conoscendomi, alla lunga non avrebbe funzionato.
E poi loro sono delle rockstar adesso.
Possono avere tutte le fighe che vogliono.
Quanto a noi, ci dispiace. Ci stiamo di schifo. Come ho detto, ci si straccia il cuore, ma non abbiamo scelta.
Dopotutto è il nostro mestiere, no?
Siamo donne d’affari.
Non groupies brufolose che lavorano molto, certo, ma solo di lingua. Noi facciamo i FATTI, cazzo.
Quindi, il canto si fa triste. Come dice quella canzone là,
Partire è un po’ morir.
(Strizzatevi le palle, voi che le avete!)
Perché il Valzer delle Candele sarà anche poetico, ma pare che porti una sfiga tremenda. A proposito di sfiga.
 
“Nosfyno! Amore! Dove sei, gioia della mamma?”
Niente.
Frugo a rotta di collo tutto il maniero e, come ultima spiaggia, butto un’occhiata alla sua toilette, gentilmente donata dalla mitica Zia ANGIE, madrina di battesimo del buon vecchio Steve con un debole per i gatti marziani come il nostro.
Oh, cazzo.
No, giuro. Non ci credo.
Adri, stai calma. Respira, cazzo. Respira.
Uno-due…
E’ solo un flashback di acido.
Sbatto le palpebre duecento volte.
Niente da fare.
(No che non lo è, cazzo!)
Per tutte le cazzo di scale blues da qui all’inferno del buon Ronnie James detto Dio!
Nosfy.
Mi sa che ce lo siamo giocato.
Non vi dico cosa sta facendo con la CAGNETTA di quella sciacquetta morta di sonno del sesto piano perché tanto non ci credereste.
E va bene. Visto che non c’è limite al peggio, cosa devo dire?
Goditela, amico!
(Finchè puoi!)
Allora addio, Nosfyno mio BELLO.
(si fa per dire!)
Stai lontano dai guai.
Addio, ragazzi.
Addio Steve.
Shannon, mi mancherai, scemo.
Mi mancherete tutti, cazzo. Come la pioggia nel deserto.
Adesso la sveglio e facciamo quel che dobbiamo fare.
E’ stato bello, lo so.
(Soprattutto per VOI.)
 
Ma adesso abbiamo tutto quel che ci serve per fare le signore da qui all’eternità. E sono certa che i Ganzi e Grezzi, alla fine, capiranno.  Cazzo gliene fotte, a quelli, di DUE MISERI MILIONI DI VERDONI?
Se io e quella scema che ronfa di là stesa per terra abbiamo visto giusto, e non mandano tutto a strafottersi in ERO e MIGNOTTE e via dicendo, ne faranno almeno il doppio!
Ve l’ho detto, è il nostro mestiere.
Fottere la gente alla grande e poi sgommare.
Trovare i polli giusti da spennare.
Solo questo sappiamo fare. E, modestia a parte,  lo facciamo bene.
Cioè. Stavolta abbiamo rischiato di mandare tutto in vacca per tanto così. E tutto perché ci siamo lasciate soggiogare dai sentimenti. Ah, ma giuro che abbiamo imparato la lezione. Almeno per quel che mi riguarda. Su quella povera deficiente della mia socia, la mano sul fuoco, se permettete, non ce la metto.
Però so una cosa.
Non accadrà più.
Voglio dire.
Mai unire l’utile al dilettevole!
Ci siamo capiti?
E adesso basta.
La vado a svegliare.
Addio, bella gente.
Qui abbiamo fatto terra bruciata.
Popcorn. 
Addio, piccolo grande uomo. Questa è per te.
Pel di Carota.
E’stato un piacere. In TUTTI i sensi, gioia. Prima di incontrare te, non credevo che il Principe Azzurro esistesse davvero. Ma sbagliavo.
Vomito Ovunque.
Ciao, Tigre. Mi mancherai. (Tu sai perché.) E chi ti dimentica più?
Duffone.
Stammi bene, stallone. Tieni a bada il FACOCERO, eh?
Izzyno.
Ehi, bel Tenebroso! Tiratela di meno! Tanto lo so che sotto quel chiodo pieno di borchie  batte un cuore di panna!
Scemo+Scemo
Tu eri speciale. Nel bene e nel male. Addio, amore. Ti lascio il mio cuore.
Nosfy
Che dire? Eri il migliore, cazzo. Il più dritto di tutti. Goditela, fratello! Te lo meriti.
 
Basta se no’ mi metto a frignare come una lattante.
Sono un anima sensibile, è vero, però ho pur sempre un certo stile, cazzo!
Ok. Sveglio la mia amica. Con la dolcezza si ottiene tutto, dicono.
Vediamo un po’ se è vero.
 “Savannaaaahhhh! Muoviti, cazzo! Alza le chiappe o giuro che ti sbatto di sotto, letto e tutto!”
 
Una vita e mezzo dopo, siamo pronte per il decollo.
Bella mossa, quella di fare aggiustare il furgone appena messe le grinfie sul tesoro del caro estinto! Adesso la nostra vecchia mitica BATMOBILE è un gioiello. Mai stata meglio in vita sua!
E adesso bando le ciance.
 
Eeeeeeee… VIAAAAAAAAAA!
Verso nuove avventure!
 
 

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*EXCEDRIN
potente aspirina americana. Particolarmente indicata per i dopo sbronza peggiori (infatti è la panacea di JACK TORRANCE nel capolavoro di STEPHEN KING,  SHINING)

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Capitolo 35
*** SID & NANCY ***


capitolo 35

 

 

SID & NANCY

Amy Bailey

 
Amarillo, TEXAS.
Quanto vorrei che il tempo si fermasse congelandomi in  questo momento per sempre!!!
A volte vorrei non arrivare mai e che Los Angeles, invece che avvicinarsi, si allontanasse sempre più.
Da qualche parte ho letto che è il viaggio che conta, non la meta. Perché è carico di aspettative. La vita, poi, dicono, non dà mai quello che promette.
La vita è una puttana con un tacco rotto*
Bill lo ripete sempre.  
VADO!
VADO DAVVERO!!
Urla una vocina giubilante dentro di me, mentre il levriero bianco ruggente, sulla fiancata celeste del bus, si mangia una bella fettina d’America.
E mentre il veltro ansante mastica l’asfalto lucido, io mi sento DONNA per la prima volta in vita mia.
Il mio viaggio verso la LUCE-QUELLA-VERA-CHE-ABBAGLIA, tempo previsto un giorno e sette ore, si svolge in una sacca temporale.
Sto vivendo un’esperienza paranormale. Mi sto sdoppiando.
La piccola, sciocca Amy di Lafayette, Città dei Bifolchi e dei Bigotti di Merda, osserva dall’alto, con distacco e superiorità, la nuova e intrepida Amy. Che poi non è nemmeno più Amy, perché, da un certo punto in poi, lungo la Strada, ha assunto un’altra identità. Come si dice. Un nickname.
E la nuova Creatura, nata da Amy che però NON E’ AFFATTO QUELLA ROMPIPALLE PETULANTE DI AMY- vive un altro tempo e un altro luogo.
Questa DONNA DI MONDO CHE SA AMARE LA VITA non ha un passato, però ha un futuro e, soprattutto, ha un PRESENTE.
AMY BAILEY E’ MORTA AD OKLAHOMA CITY e giace nella tazza del WC di una stronza di STAZIONE DI SERVIZIO.
Ma… ci arriveremo tra un po’.
A questo punto, devo mettere indietro l’orologio di qualche ora.
Springfield, MISSOURI.
Da quando quel bonazzo da infarto del miocardio mi ha offerto quella benedetta Dorito al Chili, una parte di me si è liquefatta sul posto e non è esistita più se non come un prolungamento, una specie di appendice dell’altra.
Dico sul serio.
Forse mi serve uno strizza. Di quelli buoni.
(Amy Bailey…)
Scuoto i capelli sperando di resettare anche il cervello.
(Quanto sei scema!)
AMY.
Certo.
Perché allora, ovviamente, ero ancora Miss Rinnegata Bailey.
Ribelle. Ferita.
Cacasotto.
Imbranata.
(E incazzata nera.)
 
Mentre l’autobus fila via nella notte come in sogno, grattando via dai miei occhi tutto ciò che ho ormai lasciato e perduto, mi avventuro con la mente alla scoperta del mio prossimo futuro.
Almeno, però, adesso, io e il piccolo Owen o Aubrey o come diavolo si chiamerà il figlio innocente della vergogna con la Vi maiuscola che porto in grembo- non siamo più soli.
(Almeno credo.)
Adesso c’è Sidney, qui vicino a noi.
E sapete cosa vi dico?
Che i punk mi piacciono parecchio.
Sono forti, ti fanno sentire al sicuro.
E poi sono così stramaledettamente sexy…
Basta.
Appena arriviamo a Los Angeles, voglio comprarmi un po’ di vestiti giusti e diventare punk anch’io. I capelli rosa ce li ho già, quindi…
“Io sono Sidney”
Mi ha detto il bel fustacchione, facendo una VI con l’indice e il medio come se fosse un gestaccio.
“Sidney Taylor, gioia.”
Ghigno storto alla Sid Vicious, come nel poster dei Sex Pistols in camera di Bill.
(Oh, Bill…)
Mi ha fatto la radiografia con una faccia che non prometteva niente di buono, ma pazienza. Ormai ci sono abituata. Colpa di queste tette da sedicenne.
(Se sapesse che ne ho ancora solo tredici…)
“ Ma tu puoi chiamarmi SID”
A me viene subito in mente la felpa di Bill. La sua preferita. Sempre lercia e a pezzi eppure, in qualche modo, sempre in pista.
“Ciao, Sid”
Gli faccio, raschiandomi in gola la nota più bassa che trovo “piacere di conoscerti, SID.”
Non ci ho neanche provato a fare quella specie di dito medio fatto con due dita invece di una. Ho sempre invidiato le persone disinvolte come Laura Moore, la mia migliore amica delle elementari. Sempre pronta a intonarsi con tutto e con tutti. Disinvolta e percettiva. Dio, quanto la invidio! Vorrei tanto essere come lei! Io sono goffa e imbranata. Urto. Rompo. Rovescio. Quindi, alla fine, le mani, le tengo al loro posto.
Ad ogni modo, sono pronta. Quando mi chiede il mio nome, non ho dubbi.
Lo sparo fuori con tutta la spocchia che ho, cercando di storcere la bocca di lato come la rockstar di cui lui porta il nome.
 “NANCY”
 “Nooooooooo, giura!”
“Giuro”
Croce sul cuore.
(Tanto io ci vado già di mio, all’Inferno! Sono una DONNA PERDUTA. Quindi, a questo punto, che differenza fa?)
“Ma allora è proprio un segno del destino! Voglio dire… no, non ci credo. Noi siamo SID e NANCY. Che pacchia, gioia!”
Mi ha stropicciato i capelli rosa con impeto.
“Noi siamo il ROCK, bimba! Noi SPACCHIAMO!”
Si fionda su di me e mi strizza in un abbraccio autodistruttivo che, ancora una volta, sa di LOVE KILLS e di PRETTY VACANT lontano un miglio.
Mi racconta che, inutile dirlo, fa il bassista in una punk band, i ROTTEN TEETH. Dice che ha diciassette anni e una “fottutissima paura di crescere” perché “il mondo degli adulti fa cagare”. Parole sue. Ed io, che di quel mondo ne ho assaggiato abbastanza da ritrovarmi nella merda fino al collo, come ben sapete, amici miei, non posso certo dargli torto.
Anch’io voglio la mia fetta di torta.
Anch’io! Voglio viere come una rock star che se ne frega di tutto e di tutti- tranne lui.
La merda l’ho già avuta.
Adesso voglio vivere.
Cioè. Come una meteora. E andarmene, un giorno, in una vampata di gloria.
Con nessuno da odiare
E solo LUI da amare.
Sì, certo. Come no.
Belle parole!
(E il BAMBINO?)
Dove caspita lo metto, il bambino?
Tra parentesi, non gliel’ho ancora detto che sono incinta. Sempre che, a questo punto, non se ne sia già accorto lui. Lo vedrà pure che, tranne la pancia, sono una scopa con un po’ di tette!
 
WELCOME TO TULSA
 OKLAHOMA
Pop. 271,310
Culla della mitica ROUTE 66
 
Costeggiamo  un antico villaggio Indiano.
E visto che, da bambina, i Pellerosse erano la mia passione, ci resto di stucco. Dire che sono senza fiato è dir poco.
Affascinata, a bocca spalancata per lo stupore, i miei occhi incollati al finestrino, credono di riconoscere la Ho-Chee-Nee-Prayer Chapel e la Cherokee Hall of Fame.
Inoltre pare che negli anni Venti la città fosse chiamata la CAPITALE DEL PETROLIO e che ad essa debba i natali un famoso pistolero, Will Rogers.
Ecco. Vi ho detto tutto quello che sapevo di Tulsa.
Adesso non mi resta che aguzzare la vista.
E’ notte e, sul bus, le luci sono accese.
La mia sagoma e quella del mio vicino, riflessa nel finestrino, rende quasi impossibile distinguere le cose fuori dal finestrino con chiarezza.  
Da un certo punto in poi, vedo solo palazzi e grattacieli. Sagome nere illuminate e sfavillanti. E oltre di essi, nel buio denso di periferia, spazi aperti. Prati verdi. Campi di grano.
Dev’essere una città incantevole e, da qualche parte, ho letto che è una delle più vivibili d’America.
Che sfiga, passarci di notte! Io qui ci verrei a vivere, altro che balle!
Appena oltre il fiume, oltre la zona industriale, coi capannoni grigi tutti uguali e le brutte ciminiere che segano il cielo e appestano l’aria, c’imbattiamo in una specie di città fantasma uscita da una specie di incubo metropolitano.
Un intero quartiere lasciato andare in malora e rosicchiato vivo dagli agenti atmosferici e dall’indifferenza del progresso che guarda sempre e solo avanti senza mai voltarsi indietro. Proprio come il levriero della Greyhound.
Poco dopo, riecco la campagna mentre il centro residenziale è una specie di perla racchiusa in un’ostrica tenera e verde.
Campi coltivati. Quartieri residenziali. Casette bianche prefabbricate coi cancelli tirati a calce e i bei giardini ben curati. Odore. Colore. Sapore di classe media.
Su tutto si leva imperiosa la voce dell’autista che- almeno a giudicare dal catarro- dev’essere un forte fumatore.
“Prossima fermata: OKLAHOMA CITY.”
Ed ecco le luci della stazione di servizio.
Per tutto il viaggio, SID si è dimostrato un galantuomo.
Lo sapete che mi ha offerto la cena?
Wow!
Voglio dire. Per me è una novità assoluta! Un invito a cena da parte di un ragazzo, dico. Io e lui soli.
Il cuore mi schizzava letteralmente dalle orecchie.
Lo so che sono una sfigata.
Ridete pure. Non me ne frega niente. Lui però non rideva. Anzi. Credo di piacergli, anche se non capisco cosa ci trovi in una come me. Però ho intenzione di scoprirlo.
Lui è uno strafigo da star male.
E’ salito a San Louis, Missouri e… da quel momento, io non sono stata più io.
Punto e basta.
Solo a guardarlo, col suo cavolo di walkman nelle orecchie, mi fa ribollire tutta come una pentola a pressione. E quando mi guarda di traverso, con quegli occhi alla Clint Eastwood, mi  va la merda al cervello e non capisco più un cazzo di niente.
E che caspita!
Scherzi degli ormoni.
Ho letto da qualche parte che è normale, nel mio stato.
Le donne incinte vanno su di giri facilmente… e a quanto pare, le teenagers inzeppate non fanno eccezione.
(Tutt’altro…)
Almeno per quanto mi riguarda.
 
Sid è risalito sulla corriera carico come un mulo. con tutta una serie impressionante di roba: sacchetti di carta. Bicchieri di cartone da fastfood. Pacchetti di patatine. La mia bibita preferitissima, la Fanta fragola. Arachidi tostate e salate. Popcorn caramellati. Di tutto di più.
“Questi ce li spariamo subito”
Fa piazzandomi in grembo due cheeseburger affogati nella salsa BBQ.
“mangialo caldo” dice scartocciandomi il sandwich. “Sei palliduccia. Ne hai bisogno.”
Io scoppio in lacrime come una lattante.
“Ehi… “
Lui molla il suo sandwich e io affogo tra le sue braccia.
Nessuno in vita mia mi aveva mai trattata così…
(tranne Bill)
 Ma Bill è mio fratello! Non vale.
Ad ogni modo, credo di avere capito. Penso di sapere, finalmente, cosa vuol dire sentirsi…
“Vieni qui.”
(AMATI)
Tutto ciò di cui finora la vita mi ha privato, me lo sta dando stanotte questo punk dall’aria truce e la cresta fluorescente.
(Anche volendo, come potrei non innamorarmi di LUI?)
Siamo due reietti. Rinnegati e senza Dio.
Lui dice che sul Sistema ci caga sopra. Parole sue.
E io, invece, cago su quelle che lui definisce ISTITUZIONI. Prima tra cui, la famiglia.
(SOPRATTTUTTO LA MIA!)
Per un po’ ci siamo ingozzati di ogni ben di Dio come le locuste del Vecchio Testamento, poi, finalmente sazi, abbiamo tirato il fiato.
No, dico. Non sapevo che esistessero simili sfumature di pura lussuria per il palato!
Giuro.
Ignoravo che l’estasi, quella vera- non quella cazzata che tentava di darci a bere il nostro vecchio, Dio lo strafulmini e, già che c’è,  lo strafotta- passasse per le papille gustative!
E meno male che lo chiamano CIBO SPAZZATURA! Col cazzo, dico io!
(Spazzatura è quella che la mamma, quand’è strafatta- cioè sempre- infila ancora imbustato nel microonde. Non questo GIARDINO DELLE DELIZIE del palato!)
Rase al suolo le provviste, SID mi si è sdraiato con la testa in grembo. Così. Da scazzato. Come se fossimo insieme da una vita anziché da due ore. E’ stato allora che ho notato le occhiaie. Scure. Profonde. Due fori passanti.
A quest’ora devo averle anch’io, penso compiaciuta. Dopo ventiquattro ore che non dormo, finalmente, sto gradualmente  perdendo la mia faccia insulsa da bambina innocente per una, ben più sensata, da DONNA VISSUTA. La vedo dalle ombre spuntate come ragnatele tra i miei lineamenti. Il finestrino, dopotutto, non mente.
Cosa saremmo, dunque, io e SID?
Anime gemelle?
E’ questo che la gente chiama Colpo di fulmine?
Sa Dio.
Qualsiasi cosa sia, mi sta succedendo adesso.
(Anche se ancora non ci posso credere!)
SID non perde occasione per toccarmi. E lo fa in modo aggraziato. Timido. E’carezzevole. Non invasivo come… lasciamo perdere, va’, che è meglio.
La trovo un’attitudine, in realtà, nient’affatto punk. Voglio dire. Dov’è la strafottenza. La misoginia. La rabbia cieca dei punk?
Però, a me, va benissimo. E quindi, tengo il becco chiuso e lo lascio fare. Il fatto è che io, alla dolcezza, non ci sono abituata. E quindi, che ne so, alla fine, se mi piace sì o no?
Forse io ho bisogno della violenza.
Del dolore.
O forse no?
Giuro che non lo so.
Ad ogni modo, lo scoprirò presto.
 
Amarillo, TEXAS.
Qualcosa non va.
Mi sento strana. Ho la nausea.
(E ti credo! Con tutto quello che mi sono strafogata!)
Cerco di concentrarmi su di lui. Sul paesaggio. Sulla strada che scorre via come un film in FAST FORWARD.
Merda. Non funziona.
 “Tu mi piaci, Nancy”
(Sapessi tu…)
“Cazzo, se mi piaci!”
“Non sei niente male neanche tu.”
All’improvviso, dentro di me, il vuoto.
Nella mia pancia, un mostro di ALIEN squarcia le carni per uscire alla luce e divorarmi in un sol boccone.
Un buco nero spedisce fitte acute di dolore nel punto esatto in cui, l’anno passato, mi hanno tolto l’appendice.
Omm-mmiod-diooo…
Inghiotto a vuoto cercando invano di riprendere fiato mentre, dentro di me, tutto si fonde in un’immensa piaga aperta e sanguinante.
Dentro di me qualcosa si espande a velocità folle. Poi si contrae.
Collassa.
(Cazzo mi sta…)
Da un’incommensurabile lontananza, smorzata dal lento rollio delle ruote della corriera, mi giunge la sua voce di basso profondo.
(… succedendo?)
Io la ricevo a tratti. Come in sogno.
Allentata.  Bruciata viva nello strazio delle mie viscere  in fiamme.
Lui non si è accorto di nulla.
Il suo sguardo, sempre un po’ assente e stralunato, si perde nelle tenebre oltre il finestrino.
“Pensavo.”
La sua voce mi arriva a ondate mentre, stretta in una morsa di fuoco, lotto piegata in due per respirare.
“Visto che anch’io sto andando a Los Angeles in cerca di fortuna… che ne dici. Ti farebbe proprio schifo essere la mia ragazza?”
Io non ho la forza di rispondere.
Sta succedendomi qualcosa.
Qualcosa di grave.
Lo sento.
Dentro di me, il mondo si straccia. Va in pezzi.
Un’ondata di nausea improvvisa spazza via ogni residua particella del mio essere.
“Ehi, NANCY!”
Lui si volta.
Mi vede.
“Ma che hai?”
Si china su di me. Il suo corpo è un guscio pieno d’amore.
Lentamente, a fatica, riesce a ricompormi sul sedile. Mi bacia. Mi accarezza. Mi sussurra dolcemente.
E io. Io…
Non riesco neanche a dirgli GRAZIE.
Sono coperta di sudore gelato.
Non respiro.
(Affogo!)
“NANCY, amore!”
Si tuffa su di me e cerca di scuotermi come può.
“Stai male?”

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Capitolo 36
*** the fortune and fame ***


capitolo 36


THE FORTUNE AND FAME
W.Axl Rose

Che botta di vita, gente!
 Anzi. Siamo onesti. Diciamola tutta, va’, che è meglio. 
Che BOTTA. Punto e basta. 
Bilancio: UNO A UNO, PALLA AL CENTRO. Diagnosticato al pronto soccorso come una FRATTURA DEL SETTO NASALE per Slash contro un bel TRAUMA CRANICO per il sottoscritto.
No, dico. A volte penso che io e Slash, più che due stronzi che si sfondano di tutto di più e che, sul palco, filano che è una meraviglia, siamo una volubile, rissosa coppia di sposini in luna di miele.
No, cazzo. Non fraintendete come al solito.
Non è che, tutto in una notte, il Vostro Affezionatissimo è diventato frocio. E tantomeno, se permettete, ci è diventato il Chitarrista Senza Faccia e senza sbavatura.
Ma cazzo parlo a fare?
Se non siete musicisti e non avete mai suonato con la vostra band, fosse solo in un cazzo di garage decorato con il vomito come i sottoscritti prima di stasera, ho paura che non capirete mai di cosa sto parlando,. E, soprattutto, ignorerete per sempre che cazzo vi siete persi. 
E’ solo che io e lui, questo scherzo di natura da circo Barnum con un cazzo di burqua integrale di boccoli a coprirgli la faccia, insieme, caghiamo dei riff da paura. Di quelli che non cambiano il mondo, certo che no, ma lo fanno esplodere di brutto.
Io sono la miccia.
Slash il fuoco.
La sua finta Gibson Les Paul decrepita e tamarra è la chiave di tutto. Basta un riff assassino per scendere a patti con Dio e col Diavolo. Nelle sue mani stregate, la vita e la morte.
E poi c’è Izzy. Lui è la benzina.
E’ lui a propagare le fiamme. Lui. A dare vita a un fottutissimo incendio.  
Duff è un rombo di tuono. Giuro. Altro che la Tromba del Giudizio Universale! Per come la vedo io, la Fine sarà annunciata da un giro  di basso duro come un cazzo di muro in otto tempi.
Ultimo ma non ultimo, Popcorn detto Steven.
Che picchia giù come un dente cariato. Che ti promette il paradiso poi ti porta all’inferno.
Modestia a parte, credo che la nostra strepitosa gig di stasera l’ha definitivamente provato.
E non me ne frega un cazzo se abbiamo fatto cagare. Suonare con una batteria FISHER PRICE, del resto, non è mica una passeggiata di salute. O no?
Però si è visto che abbiamo del POTENZIALE.
La band ha SPACCATO.
Nel vero senso della parola, purtroppo. Vedi alla voce SFIGA. Frattura del setto nasale a trauma cranico. Uno a  uno. Palla al centro. Però, dicevo, non ho la minima idea di quanti fossero i cazzo di spettatori paganti in quel buco di culo puzzolente, a fottersi il cervello a 104 gradi Fahrenheit. Però, a giudicare dagli sputi e dalle pernacchie, visto e considerato che

L’oltraggio, per noi

Citando il buon vecchio Johnny Rotten dei miei immensi Sex Pistols

E’ motivo di orgoglio

Credo proprio che valga una cazzo di standing ovation.
Intanto, però, il locale ci ha citati per danni. Ma… ci arriveremo  tra un po’.
Tutta colpa di Steve, ovviamente.
(Chi altri?)
No, dico. Non per essere sempre il solito che se la mena, ma devo ammettere che il nostro batterista, qui, è un genio.
Einstein. Veramente. Non ho parole, cazzo.
Lo sapete cos’ha fatto?
Almeno a detta del gestore. Perché l’interessato, ovviamente, NEGA.
Ha pisciato nell’impianto di condizionamento del locale mandandolo a puttane. E questo, sempre secondo l’esercente, è un atto vandalico bello e buono e, come tale, va trattato. Quindi, in parole povere, niente paga. 
Così, non solo le speranze della band di mettere le mani sulle famose cinquanta svanziche a cranio pattutite da Duff tramite il suo gancio, sono definitivamente sfumate .
Ma c’è dell’altro. 
La stronza di multa.

Bilancio finale:
UN ESORDIO COL BOTTO.
Due feriti. Niente paga.
(E una multa da cinquecento schifosissimi verdoni.)

E che cazzo. 

Qualcuno sa dirmi dove sono finite la FORTUNA e la FAMA?

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Capitolo 37
*** Nice boys don't play Rock N' Roll ***


 capitolo 37

 

NICE BOYS DON’T PLAY ROCK N’ROLL

Paul Stanley (KISS)

 
Tossici. Grezzi. Cazzuti. Violenti. Strafottenti. Nuovi. Vincenti.
Non saprei come altro definire questo cocktail assassino ad alto numero di ottani che ti spacca giù per il midollo spinale come una cazzo di scossa elettrica.
Il cantante è uno schizzato totale. Un alienato. Uno psicopatico capace di smettere di cantare e di prendere il pubblico a sediate o di colpirlo con l’asta del microfono SENZA PERDERE UNA SOLA CAZZO DI NOTA. Una specie di elfo metropolitano capace di tirar giù il soffitto a furia di acuti. Meglio di BON SCOTT degli AC/DC. Meglio anche di DAN MC CAFFERTY dei NAZARETH.
Il pivellino ha presenza scenica da vendere e carisma a carrettate.
Non so perché ma sono convinto che, come carattere, debba essere uno STRONZO. E questo mi piace. Completa il quadro.

E il chitarrista Senza Faccia?
Un genio. Un virtuoso. JOE PERRY degli AEROSMITH più JIMI HENDRIX con uno schizzetto di  YNGWIE MALMSTEEN.
E gli altri membri della band non sfigurano di certo.
Soprattutto il bassista punk alla SID VICIOUS.
Avete presente un nervo scoperto?
Ecco.
Questi picchiano duro.
Questi non vi faranno più dormire, cazzo.
Certo.
 Non sono l’ultima bambola BARBIE. E nemmeno i nuovi bonazzi del POP.
Si vestono da Glamsters, ma non ingannano nessuno.
O meglio. Non ingannano ME.
(Che ho l’occhio lungo e non son mica nato ieri)
C.C. DE VILLE dei POISON e compagnia bella a parte, questi sono GREZZI e GENUINI. Senza additivi.
Dovrebbero funzionare, cazzo.

Dopo quasi una decade di disco-dance e metallo di plastica- vedi alla voce BON JOVI- mi sa che adesso, finalmente, grazie a gente vera come questi quattro guitti qui mezzi eroinomani, forse, si sia finalmente sul punto di CAMBIARE DISCO.
Mi sono spiegato?
Io credo di sì.
Poi va a gusti.

Ma… che avete capito? Gli HEADLINERS?
Cazzo me ne fotte a me, di quelle checche lagnose e leccate? Solita merda. Me ne fotto se il batterista è imparentato con John Wayne.  Fanno cagare. Punto e basta. Paragonati agli ESORDIENTI sono delle merde con su lo zucchero- come diceva mia nonna- Dio l’abbia in gloria, quell’anima santa.
Io parlo del GRUPPO DI SPALLA.

 Venuto da Los Angeles in autostop, a quanto si vocifera.
Sono loro le star, cazzo! Loro! Altro che quei fighetti invertiti!
E va bene. Lo ammetto. Non erano proprio di bucato, ma cosa volete farci… dopo un viaggio del genere, li perdoniamo. O no?
Chiaro. Per puzzare puzzavano, cazzo.
Però… ragazzi! Che roba!
Mi hanno fatto sballare.
Mai visto niente di simile dai SEX PISTOLS al 100 Club a Londra, nel 1977. Giuro. Mai. Mai e poi mai. Punto e basta.
Questi qui sono tosti, cazzo.
Hanno fame.
Talento da vendere e voglia di spaccare il mondo.
E va bene. Lo ammetto. Hanno suonato di merda. Conciati da schifo. Con un look da vomito. Tutto quello che volete voi.
Però hanno spaccato, cazzo.
A dispetto della batteria FISHER PRICE!
Tra parentesi, l’ho riconosciuta. Come no.
(Anche se avevano tentato di imboscare il logo dietro una pinta di birra da mezzo gallone.) 
Ne ho appena regalata una a mio figlio Neal, che ha due anni e mezzo e, sinceramente, è una chiavica totale. Tanto che il moccioso me l’ha tirata sul muso facendomi pure il dito medio!
Però, CHICCO o FISHER PRICE o LINES HUGGIES a parte, il talento non è acqua, cazzo.
No, dico.
Passavo per caso da Seattle sulla mia Corvette viola nuova di zecca con la mia bella bambolona e… e niente. Sapete come succede.
Ho bucato. Di cambiare la gomma, col mio completo sartoriale color panna acida, SCORDATEVELO. Mi è costato più di ottocento sacchi! Figuratevi se ho voglia di buttarlo da culo!
Poi ho sentito la MUSICA.
La LORO.

(Scusate, Qualcuno di voi sa come cazzo si chiamavano?)
No, perché, mi piacerebbe far loro un discorsetto.

GANZI E GREZZI?
GANZI E ROZZI?
Sa Dio!
Voi che ne dite? Al loro posto, cosa fareste?
Mi vorreste come PRODUTTORE?

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Capitolo 38
*** something's wrong with my baby ***


capitolo 38

 

SOMETHING’S WRONG WITH MY BABY

Nancy (Amy Bailey)

 
AMARILLO (TEXAS).
L’ho sentito quando è successo.
Dicono che te ne accorgi, e così è stato.
Un lungo brivido gelido come l’alito stesso della morte. Il soffio della strega. Come volete voi.
La morte è dolorosa. La morte. Lei… dietro di se’ non lascia indifferenza. Te ne accorgi se ti sfiora con la sua ala letale.
E’ successo tutto all’improvviso.
Dopo mangiato. Alla stazione di servizio.
Nausea. Crampi come lame di coltello roventi. Vomito. Sangue.
Sangue ovunque. Tra le cosce. I miei jeans erano inzuppati. Sul sedile. E Sid.
La sua voce mi arrivava a ondate. Era una sensazione strana. Mai provata prima d’ora. Era come se fossi finita dentro una bollea di sapone.
Il mondo intorno a me c’era ancora, ma velato.
Lo vedevo. Lo sentivo. Ma tutto era lontano. Attutito. Distorto. Come… come quando, da bambina, mi hanno operato di appendicite. Non la dimenticherò mai, quella sensazione. Avevo sei anni, ma quell’immagine del mondo che sfuma al nero come in una dissolvenza cinematografica – credo si chiami così – dentro di me ha messo radici profonde e mi ha mostrato, per la prima volta in vita mia, cosa succede quando GLI ALTRI hanno in pugno, anche solo per pochi minuti, la MIA piccola, stupida vita.
 Mi dicevano di contare fino a dieci. Io lo facevo, la voce sempre più impastata e appesantita dal gas anestetico che mi portava via, in un mondo nel quale non ero mai stata e che mi faceva paura.
Un SALTO NEL BUIO.
Oggi come allora, ho contato fino a dieci.
Sperando di dissolvere i fumi del cloroformio, protossido o di quel cavolo che era e di rompere la bolla di sapone in cui ero prigioniera, ma non ci riuscivo.
Le pareti erano scivolose, elastiche. Infrangibili come le finestre negl’incubi, quelli che faceva mio fratello Bill da bambino. Così realistici che, a volte, cadeva giù dal letto a castello e si faceva un male boia.
“AL FUOCO!”
Gridava. E poi, da sveglio, tutto scarmigliato, mi diceva che lui ci aveva provato a salvarci, me e Stu. Solo che… i vetri. Le finestre avevano i vetri infrangibili. E noi morivamo arsi vivi nel rogo.
(AL FUOCO!)
Ma stavolta non è casa nostra che brucia.
Sono IO.
Le mie viscere.
Il frutto innocente della colpa e dell’infamia. E’ lui che va a fuoco. Che arrostisce tra le fiamme della mia disperazione per non poter porre fine al suo
(al MIO)
SUPPLIZIO.
E stavolta non c’è l’anestesia a riparare il mio universo di bambina dal dolore della carne e dello spirito.
Stavolta sono sola.
SIAMO soli.
SID e io.
Nella nostra bolla di sapone che, invece di scoppiare, ci si stringe addosso fino a soffocarci.
Gli avevo detto tutto. Cioè. Quello che potevo dire. Senza far crollare il mondo. Gli avevo taciuto solo l’indicibile. Quello che, del resto, io stessa faticavo a credere.
Poi è successo tutto troppo in fretta perché i miei occhi potessero andare a fuoco nell’agonia della mia carne straziata come quella di un’ape che, per pungere, si sventra.
(E’ SOLO UN FILM, AMY!)
 Grida una voce nella mia testa.
(DOMANI TI SENTIRAI MEGLIO, CON LA LUCE DELL’ALBA)
Domani.
(CHI CAZZO SE NE FREGA DI DOMANI, SE NON SUPERO STANOTTE?)
 
Il gabinetto lurido della stazione di servizio.
Scritte. Graffiti osceni. Sporcizia. Squallore.
Puzza di merda. Di piscia. Di vomito.
E poi QUELL’ODORE.
Disinfettante al limone. Di quello in uso negli ospizi e negli ospedali.
E’ quello l’odore dell’incubo. Non potrò mai più annusarlo senza SENTIRE… ma soprattutto, senza VEDERE…
…vedere la SUA
(LA MIA)
 carne
CHE MUORE.
Se la morte ti tocca, congeli.
Adesso lo so.
Sono stravaccata sul WC. Spingo forte.
Le cosce spalancate quel tanto che i jeans a fisarmonica, rotolati a terra tra le mie caviglie, mi permettono.
La testa di SID.
La sua faccia sconvolta eppure piena d’amore che cerca come può di dissimulare l’orrore con l’amore.
Le sue guance trafitte da spille da balia infilate attraverso la bocca tra le mie gambe come se lui fosse nato da me.
“LO VEDO!”
Grida.
“SPINGILO FUORI!”

 Mi arrendo.
Ho perso.

Non posso far altro che dare il mio consenso.
Perché tutto è già accaduto e io, io non posso farci niente.
Posso solo liberarmi dalle colpe che non ho.

E’ PER QUESTO CHE SPINGO FORTE.
NON C’E’ POSTO PER LA MORTE, NELLA VITA.
IL MIO GREMBO LO SPUTA FUORI CON RABBIA.

Tutto il mio corpo lo espelle con forza, quel frutto acerbo che non vedrà mai il cielo.
IL MIO GREMBO. LE MIE COSCE.
AL COSPETTO DELLA MORTE, LA VITA S’IRRIGIDISCE E SI RITRAE.

Vomito. Sanguino. Grido. Piango.
Io non esisto. Io mi sto guardando morire. E' mio quel corpo che, nel dolore e nell'agonia, si schiude.
Sono mie le cosce che si scostano per far passare LEI. (LA MORTE.)
AMORE E MORTE. Lui che mi ripulisce. Piange. Mi abbraccia. Tampona via il sangue.

"Dobbiamo andare in ospedale, Nancy! Stai perdendo troppo sangue!"

“NO, SID! ASCOLTAMI! TI PREGO-TI PREGO-TI PREGO, FALLO PER ME! NON CHIEDERE AIUTO. NON VOGLIO NESSUNO. CAPITO? NESSUNO. NIENTE DOTTORI. OSPEDALI. SONO RICERCATA. MI RIMANDEREBBERO A CASA, CAPITO? RESTA QUI VICINO A ME… TIENIMI… LA MANO… E GIA’ CHE CI SEI… PIANGI CON ME…”
Io non ho reagito.
Non potevo.
Ogni reazione comporta ACCETTAZIONE.
(Come potevo, io, accettare tutto questo?)
“CORAGGIO, NANCY!”
La voce di SID. Del MIO SID.
“DEVI ESSERE FORTE, NANCY! SPINGILO FUORI!  LUI NON FA PIU’ PARTE DI TE. AVANTI! SPINGI! ANCORA! PIU’ FORTE! E’ MORTO, NANCY! NON PUOI FARE Più NIENTE PER LUI! E ADESSO… LASCIALO… LASCIALA ANDARE!”
Lacrime roventi mi bruciano l’anima.
(una bambina! Una FEMMINUCCIA!)
Solo allora le ho detto addio.
Sussurrando il nome che avevo scelto.
Una volta sola. Col cuore che mi si strappava.

“SUSY”

Poi ho spinto.

Impassibile.
Senza piangere.
Senza gemere.
Senza gridare.
Immobile.

Mentre la MORTE attraversava il mio corpo. 

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Capitolo 39
*** turn around bitch, I got a use for you! ***


capitolo 39

 

TURN AROUND BITCH I GOT A USE FOR YOU

W.Axl Rose

 

Fanculo Steve, cazzo.

Quello prima o poi ci farà sbattere tutti quanti in galera.

Lui e le sue stronzate da bambino di due anni, ve lo dico io, che non l’ho mai potuto reggere fin dal primo giorno, ‘sto cialtrone, prima o poi ci costeranno molto cari. Vedrete un po’ se non mi sbaglio.

Intanto, quella faccia di culo ce l’ha fatta ancora una volta.

No, dico.

Ci mancavano solo i danni a quel cazzo di buco di culo fetente di club che ha visto l’esordio dei leggendari GUNS Fottutissimi e ancora più Strafottuti Roses, aka la cazzo di BAND che spaccherà il CAZZO DI MONDO.

Solo una mente perversa e insondabile come quella del nostro Giullare del Re, qui, poteva partorire una cazzata come quella che ci è costata una multa salatissima:

PISCIARE SUL CAZZO DI IMPIANTO DI CONDIZIONAMENTO DEL LOCALE MANDANDOLO IN VACCA.

Non ho parole.

E sapete com’è che si è giustificato quel mentecatto buono a nulla?

“Ma uffa! Cazzo potevo fare? Mi pisciavo sotto e il cesso era impraticabile, voglio dire, ma ve lo siete beccato? Cammini sugli scarafaggi, cazzo. E c’è una puzza che stende una capra. Insomma, solo all’idea di tirarlo fuori per pisciare mi veniva da sboccare…”

Madonna santissima dei Metallari Strafatti e Rintronati!

Io non ce lo facevo così delicatino, Popi.

Voglio dire. Ma lui non è mica venuto su nel GHETTO?

E’o non è un cazzo di gatto randagio di Inglewood, questo coglione cotonato e ossigenato di batterista da fustino del detersivo?
Io non lo so. Non ci capisco più un cazzo. E d’altronde, ormai lo sapete anche voi: dove c’è lui, la logica sgomma via di brutto. Anzi. Di più. Si scioglie come neve al sole. Eroina in acido ascorbico. Quel cazzo che volete voi. Ed eccoci qui.
Condannati a morte per una cazzata di Popi.
Va bene la MULTA, ma c’è di peggio. Voglio dire. I soldi vanno e vengono. Anzi. Per ora vanno e basta
(da qualche altra parte)
COSì, NON POTENDO PAGARE IN DENARO, SI PAGA IN NATURA.

Ci sono cose peggiori della MORTE.
ADESSO LO SO.
Rivedo la mia vita come un film. Specialmente gli ultimi intensissimi mesi. E il mio pensiero corre a casa di Steve e ai bei momenti felici con le nostre due passerotte darkettone con quel cazzo di gatto-ratto incontinente. Chissà, tra parentesi, da quanti si sono fatte sbattere, sempre che non siano già fuggite con la cassa.
Chiusa parentesi.
Per colpa di Popi, quel pervertito del proprietario di quel cesso di nightclub ci ha dato non due, non tre, ma quattro alternative. Una peggio dell’altra.
“Ecco come mi pagherete!”
Ha ghignato quel brutto figlio di Sodoma e Gomorra.
“Aprite bene le orecchie, bellezze!”
La verità fa male, cazzo. La verità uccide.
Altro che la cazzo di sedia elettrica!
“DOVETE BALLARE PER ME!”
Ha detto, frantumando l’ultimo residuo del mio orgoglio.
E che cazzo!
Dignità. Orgoglio. Istinto di autoconservazione. Chiamatelo come volete.
Era tutto ciò che ci rimaneva. FINORA. Perché adesso, per colpa di Popi, se n’è andato a puttane anche quello.
“Co-co-co-come BALLARE PER TE? MA CHE CAZZO...”
Ma già lo sapevo.

“OK”
Ho detto, dopo un lungo quanto inutile silenzio di riflessione, inghiottendo bile nel tentativo
(vano)
di rispedire al mittente un sorso di Zio Jack tornato su a razzo che non ne voleva sapere di restare giù.
“NON C’E’ PROBLEMA, AMICO.”
Niente da fare.
Il whisky mi risale su per la gola.

(Nondevovomitarenondevovomitarenondevovomitareaddossoaquestoabortosenzapallelamiacazzodicolazione…)

Visto come butta, tento per lo meno di fare il duro.
Se non con i fatti, quantomeno a PAROLE
(che, in qualità di LYRICIST del gruppo, sono sempre state il mio forte)

Dunque.
PRIMO.
ROCK ATTITUDE.
Un ghigno da bastardo cane-mangia-cane- e una paglia di sbieco che mi pende di bocca.
Capelli cascanti a coprrmi la faccia per nascondere il pallore mortale di chi, come me, in realtà, si sta CAGANDO sotto.

DUE.
FACCIA DI CULO.
“MA HO PAURA CHE, PRIMA, DOVRAI UCCIDERMI!”
Lui mi ha riso in faccia.
“OK, ZUCCHERINO.”
Una zaffata di birraccia mi ha fatto venr su anche il tacchino del Ringraziamento e, purtroppo, la peggio l’ha avuta il povero Slash che, da bravo scudiero del sottoscritto, si era fatto avanti per immolarsi per il suo Don Chisciotte e bere, con la sua MOLLY, il sangue del nemico.
“COME VUOI”
Ha detto quel porco, mettendomi senza tante cerimonie una cazzo di manaccia da muratore- senza offesa per la categoria- nelle mutande.
“ MA PRIMA  TI SCOPO.”
No, dico.
Ragazzi, ma che cazzo di storia è questa?
 
“VOLTATI, CAGNA!”
(Ma che roba? Il sesso non era nei patti, cazzo!)
“SO IO COSA FARE, CON TE!”

TRE.
FUGA PER LA VITTORIA.
Ma vengo ripreso per i capelli dai due scimmioni della SECURITY e schiaffato a PANCIA SOTTO su una merda di divano puzzolente che, almeno a giudicare dall'olezzo, ne ha già viste di tutti i colori.

Inutile dire che la mia ciurma non è stata lì a guardare e, nonostante il vomito, la puzza e il disgusto- e il fatto che, tanto per cambiare, stiamo tutti quanti a rota di brutto- diciamo che ci siamo fatti onore.
Almeno dal punto di vista MORALE.
Per quel che riguarda quello CARNALE …

Beh, sentite.
Ma un po’ di cazzi vostri ogni tanto, NO?
Al momento, la peggio l’ha avuta il nostro virtuoso della Sei Corde.
Il Chitarrista Senza Faccia, Re delle Scale Blues e delle fughe impazzite sul manico della sua cazzo di Gibson Les Paul.
Bruttissimo a dirsi ma non siamo riusciti a salvarlo.
Il nostro eroe si è immolato per la causa.
Ha donato la sua VIRTU’ fiammante con ardore e con coraggio anche se, devo dire che, più che di sua volontà, è stato… ehm… diciamo… PIEGATO
(A NOVANTA GRADI)
Dagli EVENTI.
BASTA.
Trattandosi di un cazzo di locale GAY, dire che non avevo un bel presentimento era come dire che quel coglione di Steve era da sculacciare sul culetto e mandare a nanna senza cena.
Mi sono spiegato?
Insomma, QUI MARCA MALUCCIO.
Riusciranno i nostri eroi, aka i buoni vecchi Guns Fottutissimi e Mille Volte Ancora Più Strafottuti
(stavolta LETTERALMENTE!)
A portare a casa la pelle
(visto che per la VIRTU’ ormai è un pelino troppo tardi?)
E io cazzo ne so?
So solo che, al momento, vista la situazione, non me la sento di abbassare la guardia.
“EHI, BOSS!”
Mi fa quel cazzone di Popi, che oltretutto, è la causa di tutti i nostri mali, per non dire che si è pure sparato di nascosto tutta la merda che il povero fido Izzy aveva scovato da un pusher tremendamente sinistro che batte la zona rischiando, ancora una volta, il culo per noi tutti.
(Giuro che se lo becco gli rompo la sua grancassa sulla capoccia e poi gliela infilo in un orecchio.
“GUARDATI LE SPALLE!”
Poi, come negli incubi che facevo da bambino quando andavo a letto senza cena e col culo pieno di frustate di quell’altro buono là – Dio lo strafotta da qui all’eternità- l’indicibile, l’impensabile, ACCADE.
In un terribile istante sospeso nel tempo e nello spazio siderale di una cazzo di Sodoma e Gomorra del ventesimo secolo, una folata di sudore di ascelle vecchio di mesi mi spedisce nel limbo del nulla e del mai come quando, da bambino, mi hanno tolto le tonsille.
SIGNORE, PIETA’…
CRISTO, PIETA’…
a testa bassa, il mio carnefice, non pago di ciò che ha appena fatto al povero UCCELLI DI ROVO, si avventa su quello che resta di me.
E mentre il mio corpo sfuma al nero a diecimila miglia da me, la mia carne straziata partorisce un riff di proporzioni epiche. Turn around bitch/I got a use for u Besides/ u ain't got anything better ta do/and I'm bored...

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Capitolo 40
*** The Lamb of Sacrifice ***


Capitolo 40
 
 
 
 
THE LAMB OF SACRIFICE
(Amy Bailey)
HO la febbre. Sto di schifo. Non respiro. Il mondo brucia. Anzi no. Non è il mondo che va a fuoco. Nossignore. Sono io.
Io… io sto bruciando. Gelando.
Ogni giuntura. Ogni tendine. Ogni nervo del mio corpo crepita e si lamenta come un ramo secco sotto una bufera.
Sanguino.
L’autobus rolla. Vibra. Trema all’unisono col mio corpo straziato per strapparmi l’anima.
E mentre, fuori, da qualche parte, in mezzo al nulla al mai e al poi spunta un cartello con scritto
WELCOME TO CALIFORNIA
Follow the Street of Dreams
Io sudo. Tremo. Piango.
Niente strada dei sogni per me. Il mio è moto su un autobus Greyhound per L.A.
Niente cinema. Niente stars.
Il mio arrivo in California me l’ero figurato diversamente.
Cento. Mille. Diecimila volte, nella mia mente, ero sbarcata a Hollywood come in un film, con il futuro davanti e in mente, ben piantata, un’illusione.
E invece niente.
Tutto perduto. Finito.
Scivolato via nella tazza del cesso di una cazzo di stazione di servizio.
Quello che resta di me, è un guscio vuoto.
Una muta.
Solo che il bruco-Amy non è diventato la farfalla-Nancy.
Ha solo perso l’anima.
A me è rimasto un involucro vuoto e grinzoso che, da solo, non sta in piedi.
“Starai meglio” dice Sid, accarezzando la mia testa inerte sulla sua cintura tempestata di borchie che mi trafiggono il capo “domattina, con la luce del sole. Vedrai”.
Ma io sto peggio.
Non sarà certo l’alba ad asciugare le mie lacrime.
“Sid, ti prego, aiutami…”
“Sono qui, amore. Sono qui. Non vado da nessuna parte. Sono qui. Non ti lascio…”
La sua cintura da punk mi stigmatizza il cranio ma non me ne frega niente. Mi piace, questo piccolo dolore. Mi fa bene. Mi dà forza e mi sostiene. Mi fa sentire viva nel mio assurdo cammino verso la gloria che non avrò mai.
Precipito. Affogo.
Deliro.
Poi, ad un tratto, VEDO.
FINALMENTE, VEDO.
E ALL’IMPROVVISO, E’ TUTTO CHIARO come acqua di sorgente.
La cintura di SID.
(Ommioddio!!!)
Perdonami, Padre, perché ho peccato…
La cintura di SID è la mia CORONA DI SPINE.
ECCO L’AGNELLO DI DIO, pensavo, spingendo fuori quel povero piccolo grumo di vita negata dal mio corpo in fiamme.
ACCETTALO, PADRE.
FALLO TUO in remissione del mio peccato, lavato nel sangue innocente di questo Agnello Maledetto Senza Colpe Figlio della Vergogna.
Mentre vi parlo, lui/lei non c’è più.
Vive ormai soltanto nei miei ricordi, chiuso a chiave in un ripostiglio che, a Dio piacendo, non aprirò mai più.
Voglio buttare via la chiave.
Ho pagato con il sangue più innocente e vergognoso che ci sia.
Adesso voglio solo vivere.
Voglio farmi trafiggere dalla corona di spine. Calcarmela in testa fino a sanguinare. Espiare ancora gli ultimi stralci della colpa che quell’Essere Immondo aveva instillato in me con IL SEME DELLA VERGOGNA.
E poi, finalmente, vivere.
Con SID.
DA SOLA.
IN CALIFORNIA.
TRA LE STELLE.
IN MEZZO ALLA POLVERE.
DA SERVA.
DA PADRONA.
CHISSENEFREGA.
MA VIVERE.
Perché io NASCO ADESSO mentre questa povera creatura MUORE.
Solo ADESSO.
Sono già morta una volta.
Mi hanno già uccisa.
Non lo faranno di nuovo.
Mai piu’.
Mai piu’.
Sid, che legge nei  miei pensieri come in un libro, si chiude a riccio sul mio corpo steso e, lentamente, getta su di me il greve mantello dell’ombra frastagliata della sua chioma a spillo.  
“Non succederà”
Sussurra una voce direttamente dentro la mia anima straziata.
“Nessuno ti farà del male. IO non lo permetterò.”
 

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Capitolo 41
*** BAD APPLES ***


HI GUNNERS GIRLS! VI RICORDATE ANCORA DELLA POVERA VECCHIA SARAH ROSE DI WRECKLESS, DI NIGHTRAIN E DI RELOADED? SONO STATA VIA. UN CICLONE HA ATTRAVERSATO LA MIA VITA. MA SONO QUI. SONO VIVA. E SONO TORNATA PER VOI! (SEMPRE CHE MI VOGLIATE ANCORA!) ZIA ANGIE, PIU’ DI OGNI ALTRA GRAZIE PER AVERMI SEMPRE SEGUITA. QUESTO E’ PER TE FUCKIN’ ENJOY 
 
 
 
capitolo 41




BAD APPLES
Paul Stanley dei Kiss

Mah. Io non lo so. Non ci capisco più niente. 
Forse quella stronza di Linda ha ragione. Forse mi sono fottuto il cervello.
Non lo nego.
A che servirebbe?

I fatti sono questi. Ho fatto alla band più sporca e strafatta del millennio dopo i Sex Pistols la mia proposta indecente (nel senso che è indecente che una rock star arrivata e, lasciatemelo dire, cazzuta come me si abbassi a produrre l'EP di un'accozzaglia di emeriti sconosciuti come questi pezzi di merda) e cosa ci ho guadagnato?
IL RIDICOLO.
No, dico. 
Il danno e la beffa.

Ho preso un  bel due di picche.
Sarà stato il caldo. Quel cesso schifoso che hanno la faccia di culo di spacciare per club. La puzza. Gli sputi. Il sudore. Vomito solo a ripensarci.
Mia moglie Linda ci ha rimesso la pelliccia di volpe linciata appena comprata coi proventi dell’ultimo singolo, e io ci ho quasi perso la faccia, ma va bene lo stesso.
Perché se non mi fossi calato in quella specie di buco di culo fetente come una cazzo di supposta, non avrei mai visto questa band in azione.
Tanta roba, raga.
Ve lo dico io, che per gli affari ho naso.
Questi spaccano davvero il mondo e lo rimettono insieme con lo sputo e col vomito, cazzo!
A cominciare da quel brutto figlio di zoccola del chitarrista mulatto, quello SPLASH o SLASH o come cazzo si chiama. Il quale, da grezzo figlio di vacca qual è, si è presentato su quella specie di pedana di legno grossa come un fazzoletto pieno di moccio che chiamano palco sbronzo da fare schifo. Così putrefatto che, ogni cinque cazzo di minuti, doveva girarsi per vomitare dietro l’amplificatore.
No, dico.
Non ho parole.
Il tutto con un aplomb (leggi FACCIA DI CULO) incredibile.
Dire che non invidio quel povero cristo in croce di Jason, il suo nuovo tecnico del suono, è dir poco.
A guardarlo, si sarebbe detto che il poveraccio aveva il Ballo di San Vito. Sembrava indemoniato.
E d’altronde, povero coglione anche lui, cos’altro poteva fare se non cercare di evitare di essere ridipinto dalla testa ai piedi dal suddetto virtuoso della sei corde marca Gibson Les Paul?
Che scandalo!
E che vergogna! Cosa m’è venuto in mente di portarci Linda! Ho proprio toppato questa volta. 
Scommetto che non serve che vi dica che la peggio l’ha avuta la sua pelliccia, giusto?
Il mio completo di panna di Armani è da buttare.
Le sue scarpe di Prada peggio che andar di notte.
Devo dire però che lei, Linda, da sportiva qual è, la triste fine della sua volpe linciata l’avrebbe anche presa bene. Dico AVREBBE. Se non fosse che la sua borsetta di Prada, costosamente coordinata ai sandaletti nudi a tacco a spillo, è passata da una sofisticata nuance avorio antico ad un… ehm… inedita fantasia animalier MACULATA dopo la CURA DI SLASH.
Risultato?
Mia moglie ha chiesto il divorzio.
Adesso parliamo solo tramite avvocati.
E sapete cos’ha fatto quella zoccola?
Si è messa col suddetto CHITARRISTA MULATTO.
Non ho parole.
Anche se, tecnicamente, come musicista, il tizio in questione va lasciato stare. Ha i coglioni, quel topo di fogna rotto in culo. Niente da dire. Ma tutta la band, vomito, sputi e cagate varie a parte, picchia giù duro.
Voglio dire. Fanculo gli schizzi di vomito e le sedie lanciate a destra e a manca da quel mentecatto del vocalist, ma i Guns N’Roses, per come la vedo io, faranno parlare di se’. 
Cioè. SE – e sottolineo SE- sopravvivete ad una loro gig, amici, avrete qualcosa da raccontare a figli e nipoti. Capite cosa intendo?
Quelli sono VERI, cazzo.
VERI.
Quelli hanno FAME.
Sono come eravamo noi quando abbiamo cominciato.
Sono quello che noi siamo stati e che adesso non siamo più (per fortuna) anche se ci sono giorni- e soprattutto NOTTI – in cui darei tutti i diamanti e le pellicce di quella troia della mia ormai ex moglie- per tornare ad essere per un solo istante.
LA MAGIA.
E’ questo che hanno, quei ratti radioattivi che sembrano scampati ad una guerra nucleare del cazzo.
LA MAGIA.
L’ISPIRAZIONE.
Bel colpo, ragazzi!
Ammetto che siete stati l’unica cazzo di VERA EMOZIONE  FORTE degna di questo nome da quando il buon vecchio Re Lucertola, nel ’71, ha tirato le cuoia e da STAIRWAY TO HEAVEN degli Zeppelin.
Io li invidio.
Loro saliranno in alto. Molto in alto. Forse, un giorno, anche molto più in alto degli stessi Kiss.
Chi può dirlo.
So solo una cosa.
Io quei cinque stronzi li voglio sotto contratto per fare un disco decente, orecchiabile e commerciale, insomma, molto KISS, ma con QUELLA LORO FOTTUTISSIMA ENERGIA. CON QUEL FUOCO DISTRUTTORE CHE LI FA SEMBRARE IL DITO DI DIO.
Mi gioco tutto.
Reputazione. Patrimonio. Credibilità. Persino la faccia. 
Correggetemi se sbaglio, ma credo di aver trovato l’ORO.
Quello vero.
Adesso si tratta solo di convincerli a firmare per me.
Un gioco da ragazzi. O no? Voi che ne dite? In fondo sono dei pezzenti. Dei barboni alcolizzati e tossici all’ultimo stadio col fegato in pappa ad un passo dalla cirrosi.
E qui subentro io.
Li prendo. Li schiaffo in una bella clinica di lusso finché non li hanno ripuliti da cima a fondo. Un bell’assegnino a sei zeri et voilà! Il gioco è fatto.
Li voglio, cazzo.
Capito?
LI VOGLIO LI VOGLIO LI VOGLIO LI VOGLIO LI VOGLIO LI VOGLIO
Come non ho mai voluto niente al mondo.
Nemmeno la Cadillac Sedan De Ville che mi sono fatto quando la troia se n'è andata con SLASH sulla mia stronza di Corvette viola.
Loro mi hanno riso in faccia.
Quei figli di una cagna mi hanno dato il due di picche, ma non me ne frega un cazzo.
Non accetto un no come risposta.
Chiaro?
Non esiste aver perso.
Li voglio e li avrò.
Punto e basta.
Con le dolcezza si ottiene tutto.
Voi che ne dite?

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Capitolo 42
*** coming to Los Angeles ***


Capitolo 42
 
 



 
COMING TO LOS ANGELES
(Sid Vicious)

Sssssssst!
Fate silenzio, vi prego. Ascoltate.
Se volete che vi racconti com’è andata, dovete stare ziti. Io parlo piano. Mi dispiace. Davvero, non posso… non posso parlare più forte.
Adesso dorme. Nancy, dico.
Ma è stata dura. Molto. Molto dura.
Abbiamo lottato. E anche la Morte ha sudato sette camicie per prendersi il suo obolo. La sua rivincita sul peccato di innocenza. E vi giuro che, per quanto io sia tosto e anche Nancy, qui, nel suo piccolo, povera bambina, non sia una tenera, la Morte, quando è passata, ha lasciato il segno.
Attraversando il suo corpo, ha fatto terra bruciata.
Sangue e sudore.
Febbre e dolore.
Nancy adesso dorme, dicevo. Stremata dalla fatica e dallo strazio. Il cuore infranto. Sventrata come un’apre che ha piantato inutilmente il pungiglione in una preda più forte di lei lacerandosi tutta.
Devo portarla in ospedale.
E subito, se voglio che sopravviva.
 Ma adesso è ancora notte e la Morte aleggia ancora attorno a noi. Domani. Aspettiamo domani.
Fa troppo freddo.
Piove e tira vento.
Almeno qui dentro, nella stazione degli autobus Greyhound, siamo al sicuro.
Voglio dire. C’è gente poco raccomandabile, qui, di notte, a popolare la stazione degli autobus. Davvero un bel campionario di vergogne della razza umana.
Così, a prima vista, quest’anteprima di Los Angeles fa veramente cagare, lasciatemelo dire.
Uno che arriva si trova nella merda fino al collo.
Basta guardarsi intorno e c’è di che stringere il culo, ve lo dico io! Qui come ti volti di spalle te lo ficcano in culo!
Vi piacciono i film splatter?
Avete mai visto IL TUNNEL DELL’ORRORE, di Tobe Hooper?
 
PAGARE PER ENTRARE
PREGARE PER USCIRE
 
Ecco, appunto.
Ci siamo capiti, credo.
Questa cazzo di STAZIONE TERMINAL, per come la vedo io, è forse ancora peggio.
Ci sono pusher. Maniaci. Guardoni. Relitti umani di tutte le razze e di tutti i credo religiosi arrapati in cerca di carne fresca da macello. Marchettari. Tossici. Ruffiani.
(Serve altro?)
 
LOS ANGELES.
Fine corsa.
Non è così che me l’ero immaginata. Voglio dire.
Per me la Città degli Angeli è lo Strip del Whisky a Go Go, del Viper Room e del Rainbow.
Il Sunset delle rockstar ribelli senza causa coi Ramones e i New York Dolls, i Motley Crue e gli Hanoy Rocks e compagnia bella a paletta nelle orecchie.
La cazzo di CITTA’ DEL PARADISO degli artisti incompresi.
Non la STAZIONE TERMINAL di tutti i sogni infranti.
Capito?
La Via della Perdizione, come la chiamerebbe quell’invasato del padre di Nancy- la quale, cazzo, ragazzi! ha vuotato il sacco e vi giuro che mi ha fatto venire il vomito, mi ha fatto!
Los Angeles, dicevo.
Finalmente ci siamo.
(Ad ogni modo, comunque vada.)
Abbiamo fatto castelli in aria per tutto il cazzo di corpo bagnato e puzzolente della fottutissima America e guardate in che razza di incubo ad occhi aperti siamo capitati!
(Questa me la paghi, Los Angeles! Aveva ragione Jim Morrison, sei una puttana. E già che ci sono, te lo dico col cuore in mano: meriti tutta la merda che hai raccolto!)
Più nella merda di così… cazzo devo fare?
Nancy si agita nel sonno.
La scuoto dolcemente.
Scotta. Ha la febbre.
(Merda!)
Quell’altro stinco di santo del mio vecchio è medico, e io non sono mica nato ieri. Lo so anch’io cosa significa, la febbre, dopo un aborto.
Nancy sta rischiando di brutto.
Setticemia uguale infezione uguale
CAZZO, LA MIA NANCY RISCHIA DI RIMETTERCI LA PELLE.
Accasciata su di me, con la testa abbandonata sul mio grembo. Povera piccola. La strada da Portland a Los Angeles è ricoperta di sangue. Del suo sangue. Del sangue innocente del Frutto della Colpa.
Che ha pagato le colpe del Falso Profeta, come lo chiama lei, la mia Nancy.
(Dio, ma perché permetti certe cose? Come diavolo puoi lasciare che un padre faccia ciò che le ha fatto il suo e la passi liscia? Come cazzo puoi? Spero che quel brutto figlio di una vacca con la sifilide, che si definisce PESCATORE DI ANIME, s’impicchi con la sua stessa cazzo di LENZA e penzoli tra le fiamme dell’inferno appeso per le palle da qui all’eternità.)
L’altra gente ci guarda straniti per via delle creste colorate e delle spille da balia infilate nelle guance attraverso la bocca. Strano. Mi fanno ridere. La trovo un’attitudine provinciale. Voglio dire. Cazzo, raga. Questa qui è la Città degli Angeli Malati, dei Rockettari Punkettoni e dei Tossici Felici. Non delle educande del Sacro Cuore.
E che cazzo!!!
E guardano noi!
Anche quel barbone laggiù in fondo, spiaggiato sull’ultima panca in isolamento
(SE CI FOSSE QUEL VECCHIO FANATICO NAZISTA DI MIO PADRE, DIREBBE CHE PER RIPULIRLO, QUEL TIZIO, CI VUOLE IL NAPALM!)
Lo vedete?
Quello stronzo sbronzo marcio rovesciato nel proprio vomito.
Cazzo.
Tanfa come una distilleria.
Da far sboccare una capra. Eppure… non ci ha mai tolto gli occhi di dosso, a me e Nancy.
Fottiti, stronzo!
(E lavati il culo!)
E quel vecchio baldraccone qui, che zampetta sui trampoli coi coscioni al vento piegato a novanta da un’ora in attesa che il distributore automatico di snack partorisca una cazzo di lattina di Dr Pepper? Crederà mica per caso di essere meglio di noi!
“Sssss-sid!”
(Merda. S’è svegliata.)
“Amore… come va’?”
“Ho freddo, Sid… Tanto… tanto freddo…”
(Dio, come scotta! La febbre sta salendo! Merda! Merda! Merda! E adesso? Cazzo facciamo?)
La cullo e, con una botta di culo, riesco a farle richiudere gli occhi e ripiombare nel brodo rappreso e torbido del suo oblio.
Siamo minorenni.
Non siamo coperti senza la firma dei genitori. L’assicurazione, dico. Paese di merda! L’America. In Dio confidiamo. Sì, come no! Ti lasciano schiattare in mezzo alla strada come un cane se sei minorenne e non hai un cazzo di tutore che firmi per te! Quelli chiamano gli sbirri i quali la impacchettano e la rispediscono a quel porco infoiato del Reverendo Blatta senza passare dal cazzo di VIA! Altro che palle!
Fanculo. Devo pensare in fretta.
Il troione tronfio di prima s’incazza di brutto e prende a calci la macchinetta delle bibite.
Nel farlo, vola via una ciabatta tacco dodici da granatiere.
Poco dopo, però, la vecchia zoccola se ne va trionfante colla sua brava lattina.
Troia.
Quelle come lei la sfangano sempre.
Un culo così. Giuro.
Mi fa una rabbia…
Io prima ci avrò provato venti volte e niente. Un cazzo.
Io e la mia donna dobbiamo tenerci la sete e accontentarsi dell’acqua del cesso. Bello.
 
“Sid…”
“Cosa, amore.”
“Ho sete… tanta… tanta sete…”
Allora non ci vedo più.
Mi va la merda al cervello.
E me la prendo con la macchinetta.
Calci. Pugni. Pedate.
Di tutto di più.
Nessuno fiata.
Tutti mi guardano ipnotizzati.
No, dico.
Almeno adesso mi fissano per un motivo.
E va bene, stronzi.
L’avete voluto voi.
Facce di culo.
Voi e tutti quelli come voi.
 
No, non è vero. Sono io. Io, che l’ho voluto.
Siamo noi.
E mentre piango e grido e stringo i pugni e bestemmio con tutto il fiato della disperazione che mi strazia la gola, quella stronza di macchinetta si vendica di me e mi scarica addosso, come una mitragliatrice, tutti i suoi proiettili.
 
Fa male, cazzo.
Molto. Molto male.
Ridono tutti, ma nessuno mi aiuta.
Ne’ il barbone ne’ la mignotta e, tantomeno, i bravi borghesucci genere vorrei-ma-non-posso che stanno appesi qui alla stazione degli autobus per fottersi i piccoli marchettari che si fanno di eroina.
Lo so che mi sono reso ridicolo. Ma sapete una cosa? Fanculo tutto e tutti! Non me ne frega un cazzo!

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