Hokuto's project

di Korin no Ronin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Challenge ***
Capitolo 2: *** Prologue ***
Capitolo 3: *** Park ***
Capitolo 4: *** Confessions ***
Capitolo 5: *** Dream ***
Capitolo 6: *** Tomoe ***
Capitolo 7: *** Reflections ***
Capitolo 8: *** Rising ***
Capitolo 9: *** Pause ***
Capitolo 10: *** Cathedral ***
Capitolo 11: *** Dangerous game ***
Capitolo 12: *** After: Subaru ***
Capitolo 13: *** After: Seishiro ***
Capitolo 14: *** Mirror ***
Capitolo 15: *** Remarks. Mistake. Escape. ***
Capitolo 16: *** The last time ***
Capitolo 17: *** Rainbow Bridge ***
Capitolo 18: *** The last farewell ***
Capitolo 19: *** The desire's net ***
Capitolo 20: *** Subaru's chastisement ***
Capitolo 21: *** Sakurazukamori's way ***
Capitolo 22: *** At the end ***



Capitolo 1
*** Challenge ***




Titolo: Hokuto’s project:Challenge
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo. Ma la soddisfazione di fare quello che voglio con i loro personaggi non ha prezzo ;P
 
 
Challenge
 
 
Era una nottata splendida, limpida e gelida, una di quelle notti invernali in cui il desiderio di passeggiare nel silenzio ispirato della luna diventava molto più di un semplice capriccio.
Subaru appoggiò i gomiti sull’elegante parapetto di ferro battuto, soffermandosi per un attimo ad osservare la tremula striscia argentea che illuminava l’acqua. e infine lasciò errare lo sguardo sul vago panorama notturno.
Dalla riva opposta del lago ammiccavano le luci ordinate delle strade e degli sciami luminosi aggrappati ai fianchi delle alture, disegnando un bizzarro mosaico che tremolava a causa del vento leggero. Ancora più lontano, i profili delle montagne rilucevano debolmente illuminati dalla luce fredda che si rifletteva sulla neve.
Sospirò profondamente. Non riusciva a trarre conforto nemmeno dalla bellezza di quella notte, anzi nel silenzio rotto appena dall’infrangersi delle onde gli parve che i suoi pensieri gridassero ancora più  forte.
Alzò lo sguardo sulla luna. In momenti come quello il dolore per la morte di Hokuto sapeva ripresentarsi con la stessa violenza del momento in cui ne aveva preso coscienza.
Si morse il labbro inferiore. La sua adorata sorella era la persona che gli era stata più vicina in assoluto e che era riuscita a comprendere cose che nemmeno lui stesso si era accorto di pensare.
O desiderare.
Aveva creduto per anni che Hokuto fosse l’altra metà del suo spirito e ciò non dipendeva dal fatto che fossero identici. Era forte, determinata e frizzante, tutte doti che le aveva invidiato profondamente. Aveva fatto affidamento sul fatto che ci sarebbero sempre stati, sia lei che l’uomo meraviglioso che allora riusciva a lenire il suo perenne senso di inadeguatezza. Per il breve arco di tempo in cui aveva avuto entrambi, la sua vita finalmente gli era parsa utile e importante, ma dopo averli persi, uno dopo l’altro, non gli era rimasto altro che il dolore e quel lacerante senso di incompletezza che non lo avrebbe abbandonato per il resto dei suoi giorni; insieme alla colpa di non sapere strangolare quell’amore maledetto che lo stava spingendo lungo una via senza ritorno. Nascose il viso in una mano, sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime che già gli bruciavano gli occhi.
-Seishiro.- bisbigliò.
 
*******
 
L’assassino piegò all’insù un angolo della bocca, tuttavia non abbandonò le ombre notturne che lo nascondevano. La sua preda, così persa nei suoi pensieri cupi e dolorosi, non aveva nemmeno avuto cura di assicurarsi di essere sola.
Il ghigno si trasformò in un sorrisino crudele.
Seguirlo, coglierlo di sorpresa, in poche parole cacciarlo, erano piaceri di cui avrebbe sentito la mancanza, ma nemmeno quello avrebbe cambiato la sostanza delle cose. Subaru era suo, di lui gli apparteneva tutto, e il fatto che inseguirlo e provocarlo riuscisse a scacciare la noia non lo rendeva diverso da tutti gli altri suoi trofei; anche se, innegabilmente, provava per lui un certo e non trascurabile trasporto. Pura e semplice attrazione fisica, non aveva mai avuto ragione di dubitare che fosse qualcosa di diverso; l’avvenenza di Subaru era straordinaria, e lui aveva sempre apprezzato le cose belle.
Fece qualche passo avanti, lentamente, senza abbassare la blanda barriera che aveva eretto intorno a sé. Si fermò ancora qualche attimo ad osservare le spalle curve del Drago del Cielo e ad assaporare il senso di afflizione che trasmettevano. Con un gesto meccanico si sistemò il nodo della cravatta.
Era il momento giusto per cominciare a giocare.
 
*******
 
Un suono lieve, eppure acuto e fastidioso tagliò l’aria, indicandogli il lento aprirsi di una crepa nel sottile scudo che lui erigeva come esclusiva difesa personale.
Subaru strinse le labbra e tornò a fissare lo sguardo sul panorama. Tentare di andarsene era inutile: quando si lasciava notare era già troppo tardi per sfuggirgli.
Sentì i muscoli del viso tendersi in un’espressione dura. Lo odiava, dal profondo dell’anima, ma ancora di più detestava il sottile senso di sollievo che gli offriva la sua presenza, perché desiderava la sua compagnia, disperatamente, tanto quanto desiderava strapparsi dal cuore quello che provava per lui.
I passi di Seishiro risuonarono sul selciato. Avanzava lentamente, con le mani affondate nelle tasche dell’impermeabile scuro e un sorriso ironico sul viso. Ormai non si dava più nemmeno la pena di mostrare la gentilezza che non possedeva. In silenzio fece scivolare una mano lungo le spalle della sua preda.
Il cuore del suo avversario accelerò bruscamente. Seishiro sorrise di nuovo. Era un cacciatore, poteva percepire senza difficoltà l’odore dell’ adrenalina che scorreva nel sangue, e non c’era nulla che potesse inebriarlo di più.
Il Drago del Cielo tuttavia continuò a guardare di fronte a sé. L’assassino arcuò un angolo della bocca, divertito dal proposito di ignorarlo e con la mano sinistra, lentamente, gli carezzò la pelle della gola.
Subaru si morse l’interno della bocca. Quelle dita sembravano scottare come il fuoco dell’inferno che sapeva di meritare e in preda all’odio, all’amore, alla collera contro se stesso per non riuscire a dominarsi, cominciò a tremare leggermente.
Il Drago della Terra invece socchiuse gli occhi, vagamente contrariato. Quello che percepiva non era l’odore della paura, e questo non era previsto.
Con un gesto brusco lo tirò contro di sé, stringendogli le spalle con un braccio, poi chiuse le dita della mano destra sul suo mento e lo costrinse a riversare indietro la testa, contro la sua spalla. Il viso di Subaru rimase impassibile, gli occhi persi nel vuoto anche se persino alla fioca luce dei lampioni era facile accorgersi del loro lucentezza.
La lieve contrarietà dell’assassino si trasformò in irritazione.
Un atteggiamento tanto remissivo rovinava completamente il suo divertimento; così, per porre rimedio a quella situazione fastidiosa, si chinò e chiuse i denti sulla sua gola, ottenendo finalmente un gemito soffocato.
Un angolo della sua mente gli suggerì che sarebbe stato interessante aumentare la pressione fino a lacerare la pelle, poi l’arteria che pulsava contro le sue labbra e infine annegare i sensi nel sapore del sangue. Era una prospettiva allettante, ma da tempo aveva deciso di rinunciarvi: sarebbe finito tutto troppo in fretta.
Con un gesto rapido circondò con il braccio destro la vita del suo opposto e lo schiacciò contro di sé.
-Tu sei mio.- gli sussurrò -Lo sai vero?-
-Sì.-
-E ti lascerò vivere solo fino a che ne avrò voglia.-
-So anche questo.-
La voce si Subaru era bassa, poco più di un sussurro e priva di qualsiasi inflessione. L’assassino storse le labbra in una smorfia di disappunto. Quel modo di fare, distaccato e indifferente, aveva in qualche modo il potere di urtarlo. Voleva una reazione da parte, sua ma la sua preda era tornata a guardare lontano, continuando a rimanere inerte contro di lui.
Lentamente sul viso di Seishiro si disegnò lo stesso ghigno soddisfatto e malevolo del giorno in cui aveva stipulato unilateralmente il loro accordo.
Gli sfiorò le labbra con la punta delle dita.
-Costringimi. - propose in un sussurro.
Finalmente il Drago del Cielo girò appena la testa verso di lui.
-Assoggettami e io ti porterò rispetto. -continuò.
L’assassino lo liberò dalla stretta scostandosi appena, quasi a ricordargli ancora quanto la sua esistenza dipendesse da un suo capriccio; strinse le dita intorno ai suoi avambracci, e non appena riconobbe i punti in cui le ossa erano state fratturate non seppe resistere alla tentazione di insinuarvi il suo potere, e si compiacque nell’udirlo gemere per la sorpresa e il dolore
-Fammi provare riverenza e timore nei tuoi confronti. - disse in tono calmo, poi posò dolcemente le labbra dietro il suo orecchio- Scommetti con me ancora una volta.-
Con delicatezza abbassò le mani ad intrecciare le proprie dita a quelle del suo opposto.
-Se vincerai ti darò la mia vita, o pronuncerò per te un nuovo giuramento e allora potrai avermi. Incondizionatamente. -
Scandì lentamente l’ultimo termine e poi tacque, solo una breve pausa perché le sue parole potessero acquistare la giusta importanza.
-In caso contrario io ti ucciderò.-concluse.
Subaru socchiuse gli occhi. Gli stava proponendo un patto paradossalmente conforme sia al suo dovere che ai suoi desideri. Era crudele. Qualsiasi strada avesse scelto non si sarebbe mai liberato dal senso di colpa e dalla solitudine e questo il suo opposto lo sapeva bene, come sapeva anche che il desiderio di proteggere Kamui dal suo stesso destino gli avrebbe impedito di lasciarsi uccidere inutilmente. Soffocò un sospiro. Era stanco delle sue provocazioni, del suo modo di fare, dell’arrogante certezza di conoscerlo così bene da potersi permettere qualsiasi sfida senza rischiare nulla. Forse.
-Stai attento, potrei anche decidere di accettare.-
Il piglio sicuro, venato di sfrontatezza, con cui le parole gli sfuggirono dalle labbra riuscì a sorprendere perfino lui stesso ma tutto ciò che gli fu dato di udire fu una risata che vibrò contro il suo collo. Lieve, discreta, vuota. 
-Allora dimostramelo.- si sentì sussurrare.
L’assassino sciolse le dita dalle sue e lo lasciò voltare perché lo guardasse. Gli afferrò il mento con una mano e si chinò su di lui, le labbra piegate in un sorrisino provocatorio.
-Dimostramelo. - ripeté, sussurrando a un soffio dalle sue labbra.
Subaru arretrò bruscamente, liberandosi con un gesto improvviso. Il suo opposto invece ridacchiò, apparentemente divertito poi gli diede le spalle e si allontanò con calma, senza più voltarsi.
Di nuovo solo, il Drago del Cielo tornò ad appoggiarsi al parapetto.
Si sfiorò la gola e sentì ancora sotto le dita i piccoli incavi che i denti gli avevano impresso nella pelle. Aveva voluto lasciargli un altro marchio, come se quelli che vedeva continuamente non fossero stati sufficienti a ricordargli quanto era accaduto.
Un giorno gli avrebbe restituito il favore.
Ridacchiò nervosamente. Simili pensieri non erano da lui. O forse non era vero, forse era semplicemente stato troppo preso a dare di sé un’immagine distorta, rassicurante e conforme a quanto ci si aspettava da lui per soffermarsi realmente a riflettere su quale sarebbe stato il suo comportamento se fosse stato libero dalle costrizioni che il suo ruolo, la sua educazione e la sua famiglia gli avevano imposto.
Era orribilmente ironico che la visita di un Sakurazukamori riuscisse a farlo riflettere a quel modo.
Si strinse nell’impermeabile, accorgendosi all’improvviso del freddo pungente. Affondò le mani nelle tasche e le trovò vuote. Probabilmente si era dimenticato le sigarette da qualche parte; ultimamente era distratto, preoccupato da pensieri che non riusciva a sentire come propri e da sogni che non riusciva a ricordare; inoltre, mai come in quel periodo, si era soffermato a pensare al suo tormentato rapporto con Seishiro.
Sospirò di nuovo, profondamente, e si incamminò lungo il marciapiede. Avrebbe potuto continuare a riflettere e torturarsi fino all’alba e non sarebbe comunque venuto a capo di nulla. Aveva passato decine di notti a quel modo e la conclusione era sempre stata la stessa: lo amava, irrimediabilmente, con la stessa intensità con cui l’odio gli avvelenava l’anima. Era una contraddizione che non gli lasciava scampo, con cui avrebbe dovuto vivere fino alla fine dei suoi giorni.
Si fermò all’improvviso, maledicendo il sobbalzo del suo cuore: Seishiro era ancora lì, appoggiato alla balaustra, sotto il cono di luce azzurrina di un lampione. Gli gettò appena un’occhiata, con un’espressione vagamente compiaciuta poi, mentre gli si avvicinava, accese con la propria una seconda  sigaretta; non una Mild Seven ma un’altra delle sue e con gesto di estrema familiarità la fece scivolare fra le labbra del suo nemico. Con un lieve cenno del capo, infine, lo invitò a passeggiare lungo la sponda del lago.
Subaru gli gettò un’occhiata sospettosa, valutandolo con attenzione, ottenendo il lieve sorriso che l’assassino utilizzava quando decideva di sancire una sospensione delle loro ostilità. Scosse la testa, rimproverando aspramente la propria debolezza; infine si avviò in silenzio al suo fianco, soffocando domande che comunque non avrebbero avuto risposta, e mettendo a tacere il suo orgoglio.
L’indomani forse lo avrebbe ucciso, ma per una notte ancora voleva concedersi il peccato di illudersi che forse persino il loro futuro non era stato ancora deciso.*
 
 
*******
 
*  Ho arbitrariamente deciso che la rivelazione di Kotori sia di pubblico dominio
 
 
 

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Capitolo 2
*** Prologue ***


 
Titolo: Prologue
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
 
Prologue
 
Seishiro spostò la testa di pochi millimetri e il bicchiere gli sfiorò appena la tempia, finendo per frantumarsi sulla parete alle sue spalle.
Un piccolo gesto di stizza, una sorta di rito che gli annunciava la presenza un’ospite ormai nota. L’assassino chiuse la porta, con un ghigno leggero che gli deformava le labbra; si sfilò le scarpe e poi con noncuranza appese l’impermeabile nell’ingresso. Mentre si dirigeva verso il bagno si limitò solo  ad allentare il nodo della cravatta. Si levò i guanti solo dopo aver riposto con cura il resto dei suoi abiti, poggiandoli accanto agli altri puliti già preparati per lui. Scrollò le spalle, e si infilò sotto il getto d’acqua calda. Alzò il viso, godendosi la sensazione dell’acqua che vi picchiettava dolcemente e per pochi minuti si concesse il piacere di liberare la mente da ogni pensiero.
Ormai aveva smesso di chiedersi perché ricevesse così spesso quel tipo di visite; era conscio del fatto che avrebbe dovuto interrogarsi molto più seriamente a riguardo,  ma visto che in fondo non gli causavano un gran fastidio aveva soprasseduto sulla questione.
Senza esitazioni chiuse il rubinetto e cominciò ad asciugarsi. A volte si era chiesto come avrebbe reagito se si fosse presentato vestito solo dell’asciugamano, ma non era tanto certo di voler ascoltare cosa avrebbe avuto da dirgli.
Ridacchiò. No, la verità era che sapeva cosa gli avrebbe detto e lui non aveva intenzione di provocare deliberatamente uno dei suoi deliranti discorsi.
Rivestitosi, si ravviò i capelli ancora bagnati e si diresse in soggiorno. Attraversò con passo calmo la stanza e andò a sedersi sul divano, di fronte all’elegante teiera che era da sempre stata la sua preferita. Poggiò il mento nel palmo della mano destra poi sorrise, con cortesia, eppure senza nascondersi dietro la maschera che indossava di fronte a tutti gli altri.
-Hokuto-chan . E’ un piacere rivederti qui.-
 La ragazza stava in piedi di fronte a lui, dall’altra parte del tavolino, fluttuando a pochi centimetri da terra, gli occhi verdi pieni di rimprovero. Il suo aspetto non era cambiato, sarebbe rimasta legata a quella forma fino a che non avesse deciso di andarsene. Avvolta nell’ampio abito immacolato era perfettamente identica al suo gemello, e Seishiro non poté fare a meno di lasciare che il suo sguardo si fermasse su di lei più del dovuto; poi ,mentre versava con attenzione il tè, finse di ignorarla.
-Non essere così arrabbiata. Sono un assassino, lo sai. -
Hokuto rimase in silenzio, senza cambiare espressione.
-Però quello che mi lascia, oserei dire, perplesso, è il fatto che tu venga a trovare me, ignorando deliberatamente lui.-
Sul volto della ragazza si disegnò quell’espressione furba, di sfida, che ben conosceva.
- Come fai ad esserne tanto sicuro ?-insinuò.
La sua voce era squillante, gli occhi animati da una luce vivace che sembrava avere preso il posto della rabbia e le labbra erano già piegate in un sorrisino malizioso.
- Se ti avesse rivista non avrebbe quell’aria perennemente afflitta.-
-Ohhh. Vedo che continui a non togliergli gli occhi di dosso.- commentò lei.
Seishiro scrollò le spalle .
-E’ la mia preda - ribatté con leggerezza.
Hokuto invece annuì gravemente.
-Pensa bene a quello che hai detto.-
-Cosa?-
-A te non importa nulla di quelli che uccidi, non provi nemmeno piacere nel farlo, li prendi e basta; ai tuoi occhi però ognuno di loro è sempre stato una preda, invece consideri Subaru la tua preda, non ti sembra strano?-
-Perché? Mi appartiene di diritto, come tutti gli altri.-
-Se lo dici tu…-
L’assassino alzò di scatto gli occhi su di lei, allarmato da qualcosa di indefinibile che fu certo di udire nella sua voce; cercò di leggere sul suo viso la risposta che cercava, ma non trovò nulla.  
Lo spirito allora sorrise in modo provocatorio.
-In verità anch’ io ti ho osservato, sai, e abbastanza da poter fare ipotesi con una certa sicurezza.-
-Davvero? Sembrerebbe interessante…-
Negli occhi della sua ospite si affacciò una certa irritazione e dentro di sé l’assassino si sentì piacevolmente soddisfatto. Non li comprendeva, tuttavia gli piaceva osservare, perfino provocare, i repentini mutamenti dell’animo umano, soprattutto in una persona imprevedibile come Hokuto.
La conversazione in fondo avrebbe potuto diventare addirittura stimolante.
La ragazza sbuffò spazientita e partì all’attacco.
-Sei-chan la verità è che sei un dannato bastardo che non ha rispetto per niente e nessuno, e che riesce a essere indifferente a tutto, quindi non hai mai provato questo desiderio di possesso, sbaglio?-
Fissò lo sguardo nei suoi occhi, riprendendo a parlare senza lasciargli il tempo di ribattere.
-Vuoi Subaru per te, assolutamente, e non nel modo in cui ti prendi il resto perché sei un perfezionista e troveresti a dir poco volgare trattare un gioiellino come lui allo stesso modo in cui hai trattato tutti gli altri; sarebbe banale e il risultato prevedibile e insoddisfacente, perché se lo legassi al Sakura dovresti dividerlo con l’Albero stesso e con gli altri prigionieri. Lo lasci vivere e rinnovi la sua sofferenza, perché finché continuerai a farlo sarai il suo unico pensier, e potrai continuare a possedere la sua anima. Fa differenza che viva o muoia, sei ancora sicuro di avere vinto la tua scommessa?-
Il Drago della Terra non si scompose, ma inclinò di lato la testa come un gatto incuriosito.
-E’ una teoria davvero originale. -commentò, in tono ammirato.
Le labbra di Hokuto si piegarono in un ghigno.
-Ah sì? Perché non mi dimostri che ho torto?-
Gli occhi di Seishiro si fecero gelidi, penetranti. Il fatto che qualcuno avesse da ridire sul suo comportamento era forse l’unica cosa, escludendo il recente comportamento di Subaru, che aveva il potere di fargli sfiorare l’irritazione.
-Non ne vedo la necessità. - ribatté, asciutto.
-Aaah...d’accordo.-
L’assassino non cambiò espressione, anzi il suo sguardo si fece, se possibile, ancora più tagliente. Forse stava valutando le sue insinuazioni, forse no, tuttavia i suoi occhi si spostarono per lunghi secondi su un punto inesistente dietro di lei, come se la sua presenza potesse in qualche modo turbare il corso dei suoi pensieri.
All’improvviso Hokuto si sporse in avanti, ad un soffio dal suo naso, con lo stesso sguardo indagatore e lo stesso sorriso con cui amava mettere in imbarazzo il fratello.
-Di’ un po’ Sei-chan…- attaccò, maliziosamente -se si fosse innamorato di te prima e ti si fosse concesso senza riserve, cosa avresti fatto di lui?-
Seishiro socchiuse gli occhi, piegando all’insù un angolo della bocca.
-Sarebbe stato davvero interessante, credo che ci saremmo divertiti molto entrambi, almeno per un po’.- si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle cosce -Però quello che avrei fatto allora non sarà diverso da ciò che farò in futuro. Sono un assassino, Hokuto-chan, non c’è nulla che potrà mai cambiare questo stato di cose; il tuo adorato fratellino non rappresenta per me che un gioco con cui scaccio la noia che a volte mi procura il fatto di non sapere provare davvero delle emozioni. Non ho bisogno di sapere di essere il centro dei suoi pensieri, positivi o negativi che siano. Non ho bisogno di lui, né di nessun altro.-
Hokuto si tirò indietro e lasciò che le braccia le cadessero lungo i fianchi.
-Per quanto tu faccia rimarrai sempre un essere umano, sono solo i Santi a non avere bisogno della compagnia dei propri simili. E questo non è sempre vero nemmeno per loro.-
Il Drago della Terra si concesse una risata lieve.
-Sono un Sakurazukamori, non un essere umano.- la corresse.
Lo spirito finse di non percepire la virtuale, inconscia, amarezza nascosta nella sua voce e si limitò a scuotere la testa, con un sospiro che riuscì a far apparire di sconfitta.
-Sarà… però il modo in cui lo guardi a me lascia intendere che sei umano quel tanto che basta.- borbottò.
Impercettibilmente il viso di Seishiro si rilassò. Tornò a portarsi la tazza alle labbra, guardando di sottecchi la sua espressione.
-Il tuo tè è sempre ottimo.- commentò.
-Certo! Non c’è nulla di migliore al mondo del famoso milk royal tea preparato dalla sottoscritta!-
rise a voce alta, come sempre fatto quando era in vita -Bene, è ora che me ne vada; non preoccuparti, Sei-chan, mi rivedrai molto prima di quanto tu non voglia!-
Gli strizzò un occhio e sparì in un pulviscolo luminoso che aleggiò nell’aria solo qualche istante prima di spegnersi e svanire. Teatrale e spettacoloso: era proprio da lei.
Seishiro si concesse un profondo sospiro e quasi senza volerlo si trovò a fissare la tazza che aveva appena appoggiato. Rimase ad osservarla come se ne vedesse una per la prima volta, dopodiché si chinò in avanti e poggiò la fronte nel palmo di una mano, mordendosi il labbro inferiore.
Conosceva l’acutezza dell’intuito di Hokuto, l’aveva sempre apprezzata, e ora si scoprì a chiedersi se non dovesse cominciare a temerla. Le sue parole avevano deliberatamente messo tutto sotto una luce diversa, un modo nuovo e molto pericoloso di interpretare il suo rapporto con Subaru. L’assassino che aveva bisogno della sua vittima; era una prospettiva raccapricciante. Inconsciamente, affondò i denti fino a tagliarsi il labbro inferiore quando si accorse che qualcosa tentava di emergere dal piatto deserto che era la sua emotività.
Lo analizzò con freddezza e si lasciò sfuggire un sospiro rabbioso quando riuscì a identificarlo: turbamento.
Era inammissibile possedere anche solo lo spettro di una simile emozione perciò, con facilità ed eleganza la uccise, dopodiché tornò ad analizzare le affermazioni di Hokuto.
Bisogno. Dipendenza.
Che sciocchezza.
Subaru era solo un grazioso cucciolo con cui passare il tempo, speciale solo per il fatto di portare da anni il suo marchio, e che continuava a vivere solo perché lui trovava stuzzicante l’idea di portarlo a raggiungere il limite della sua esasperazione, così, per gioco, per vedere cosa ne sarebbe derivato. Era in qualche modo affascinato dal modo in cui la sua preda riusciva ancora a mantenere una sorta di equilibrio tra le emozioni violente e contrastanti che scuotevano il suo animo, e spezzarlo era una sfida troppo eccitante perché potesse ignorarla, nulla più di questo.
 Lasciava vivere Subaru solo per divertirsi un po’. Non aveva bisogno di lui.
Hokuto si era semplicemente illusa, accecata dalla convinzione che anche in lui dovesse nascondersi qualcosa di umano.
Ridacchiò.
I Sakurazukamori erano predatori di uomini, era uno tra i primi insegnamenti impartiti ad ogni sciamano, di qualsiasi grado o casta, e il fatto che proprio una Sumeragi potesse nutrire simili speranze anche dopo che l’aveva uccisa era a dir poco ridicolo.
Piegò le labbra in un ghigno ripensando alla triste e sofferente anima che era il Drago del Cielo suo opposto. Era una preda magnifica nella sua bellezza e afflizione, nulla più di questo; la sua vita gli apparteneva e un giorno se la sarebbe presa, ma come e quando erano comunque cose che spettava solo a lui decidere.
 

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Capitolo 3
*** Park ***


Titolo: Park
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.

La formattazione fa i capricci...

 
Park
 

Il cielo era grigio, coperto da una coltre di nubi color piombo, eppure l’aria era tiepida e il brontolio sordo dei tuoni ancora troppo lontano perché qualcuno si preoccupasse della pioggia. Era una giornata piacevole, tranquilla, coi bambini che giocavano nel parco e rari uccelli che becchettavano ai piedi delle panchine.

Una lieve fitta alle tempie lo mise in allarme, costringendolo a fermarsi e a gettare un’occhiata apparentemente disinteressata su tutto il parco giochi.
Poco lontano, nascosto dietro un giornale, era seduto un uomo con le mani coperte da guanti di pelle nera e un impermeabile scuro accuratamente ripiegato accanto a sé.
Un brivido gli percorse la spina dorsale, il corpo intero, trasformandosi in uno sgradevole formicolio nel momento in cui realizzò l’unico motivo che potesse giustificare la sua presenza: era a caccia.
Gli si avvicinò con lentezza e prudenza, aspettandosi da un momento all’altro di vedere saettare il suo sguardo sopra il bordo del giornale e invece l’altro continuò a leggere, limitandosi ad alzare gli occhi solo quando vide la sua ombra calare su di sé. Nascose la propria sorpresa sorridendo amabilmente, poi ripiegò l’ampio foglio di carta, invitandolo a sedersi con un lieve cenno del capo. Subaru accavallò le gambe snelle e incrociò le braccia sul petto.
-Sei a caccia ?-
La sua voce risultò dura, fredda, carica d’ira. Meravigliosa.
-Sì.-
-Sono solo bambini.-
Seishiro sorrise.
-Uomini, donne, bambini, giovani, vecchi…lo sai, per me non fa alcuna differenza.- si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle dita intrecciate -Ora però guarda quel giovane uomo laggiù, e dimmi cosa vedi.-
Ammiccò in direzione di un ragazzo che, con aria apertamente seccata, cercava di accontentare la bambina a cui stava badando. Il suo atteggiamento suggeriva solo una comprensibile ribellione adolescenziale al ruolo di baby-sitter, ma Subaru aveva imparato a proprie spese che le apparenze potevano essere solo pericolose illusioni.
Cautamente cambiò il proprio livello di coscienza quindi, con un sospiro carico di rassegnazione, tornò ad appoggiarsi allo schienale. Su di lui gravava il peso della condanna ad una morte violenta, come punizione per un crimine passato o a causa di una maledizione, però, qualunque fosse il motivo, a lui non sarebbe stato dato il potere di cambiare le cose.
Pur sapendo quanto fosse sbagliato ed inutile non poté fare a meno di rammaricarsene.
-Vedi?-continuò l’assassino, con leggerezza -Sono loro stessi a chiamarmi.-
Finalmente gli gettò un’occhiata per osservare l’effetto della sua piccola rivelazione.
Nulla.
Un autocontrollo davvero ammirevole.
-Beh, non sempre, ovvio. -aggiunse, sorridendo.
Subaru sembrò non averlo nemmeno ascoltato. Guardava ancora il giovane, e la pena che sentiva per lui solleticò la spina dorsale dell’assassino con un leggero brivido di piacere.
Socchiuse appena gli occhi per assaporarlo appieno.
Informarlo dell’ineluttabilità del destino di quel ragazzo forse era stata un’imprudenza, ma ferirlo a quel modo, procurandogli un dolore che non sarebbe mai stato dimenticato, gli donava un piacere così intenso e sottile che trovava davvero difficile rinunciarvi. Si sarebbe concesso addirittura una lieve risata, se l’atteggiamento del suo opposto non avesse avuto perfino potere di distrarlo dal suo compiacimento: il Drago del Cielo stava costringendo il viso in un’espressione vuota, indifferente, tuttavia i suoi occhi erano così tristi da essere affascinanti come il fondo di un abisso.
Era di una bellezza incomparabile.
E le parole di Hokuto si ripresentarono all’improvviso, come se non avesse mai fatto nulla per scacciarle.
 
 […] Lo lasci vivere e rinnovi e la sua sofferenza perché finché continuerai a farlo sarai il suo unico pensiero e potrai continuare a possedere la sua anima []
 
Scosse la testa per cacciare quel pensiero insulso e tornò a rivolgersi al suo vicino, che, invece, sembrava volerlo ignorare a favore di alcuni bambini che giocavano sulle altalene.
-C’è una cosa che voglio chiederti da parecchio, sei disposto a rispondermi sinceramente?-chiese all’improvviso Subaru, senza guardarlo.
-Giuro che ti ho mentito solo durante il nostro anno di fidanzamento!- attaccò con gaiezza l’altro.
Il capo dei Sumeragi ignorò completamente quella piccola provocazione.
-Hai sigillato altre cose nella mia memoria?-
-Sì. -
La risposta laconica, fredda, lo colpì come uno schiaffo.
-Potrei sapere cosa, di grazia? -chiese, irritato.
Seishiro si tirò indietro, ridacchiando, e si appoggiò allo schienale, dedicandogli uno sguardo malizioso.
-Tu cosa sei disposto a darmi per saperlo?-
Nonostante il fare allusivo a Subaru non sfuggì il suo tono piuttosto spento; decise di ignorarlo e scosse la testa, gettandogli solo un’occhiata stanca.
-Ti prego…oggi non ho voglia di giocare.-
Seishiro rise di nuovo, ma afferrò l’impermeabile, invitandolo con un lieve cenno ad accompagnarlo.
Subaru lo seguì controvoglia. Non era dell’umore adatto per una passeggiata, inoltre la vicinanza del suo insolitamente poco aggressivo nemico quel giorno riusciva a renderlo meno vigile del solito, come se mancasse qualcosa da cui era da tempo abituato a difendersi.
Ci arrivò solo dopo aver vagliato più volte ciò che lo circondava: l’aura fredda e tagliente che gli apparteneva era completamente assente, come se l’assassino fosse troppo immerso in altri pensieri per avere cura di ampliarla intorno a sé come arma o come difesa.
-Prima non ti sei nemmeno accorto di me.-constatò con una certa, contenuta sorpresa.
Il suo nemico scrollò le spalle, sorridendo.
-In questi giorni sono un po’ distratto. -ammise.
Subaru sentì il suo corpo irrigidirsi. Un Sakurazukamori aveva l’istinto di un animale selvatico, era sempre all’erta e sempre pronto ad attaccare, se qualcosa aveva il potere di turbarlo doveva essere un fatto di una gravità sconvolgente.
All’improvviso le dita forti di Seishiro scivolarono sulla sua nuca, facendolo sussultare per la sorpresa.
-Devo aprire lo studio .-gli sussurrò all’orecchio, poi si chinò a baciargli il viso come era sempre solito fare per provocarlo -Perciò continueremo un’altra volta.-
Subaru lasciò che si allontanasse poi, meccanicamente, si toccò la guancia.
Non lo aveva fatto.
Quando lo toccava, il suo opposto faceva sempre in modo di colpirlo, più o meno direttamente, con il suo potere, per il semplice gusto di fargli sentire quanto poco la sua vicinanza contasse per lui.
Ora si era semplicemente limitato a seguire un comportamento abituale, come per dimostrargli che qualunque cosa stesse accadendo le cose tra loro non sarebbero comunque cambiate.
Soprapensiero fece scorrere le dita sulla pelle, senza osare dare le spalle al vialetto ormai deserto.
 

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Capitolo 4
*** Confessions ***


Titolo: Confessions
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo ( tendente arancio)
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
Confessions
 
Qualche giorno dopo, mostrando un certo imbarazzo, un giovane dagli occhi verdi varcò la soglia dello studio dell’apprezzatissimo veterinario Sakurazuka.
La sala d’aspetto era affollata quasi esclusivamente da ragazze imbellettate, e i cui animali sembravano godere di ottima salute.
Subaru si trovò a sorridere tra sé. Il suo nemico sapeva essere bravo nel lavoro che si era scelt, ma sicuramente il fascino che esercitava sapeva attirare le clienti più della sua professionalità.  
Salutò garbatamente e andò a sedersi il più in disparte possibile, fingendo di non accorgersi delle occhiate curiose che gli venivano lanciate, soprattutto da una graziosa ragazza ai cui piedi dormiva un enorme cane dalle orecchie pendule. All’improvviso si accorse di essere arrossito sotto quello sguardo malizioso e per nascondere il suo disagio si nascose dietro una rivista raccolta a caso; la tentazione però era troppo forte e già pochi istanti dopo cominciò  guardarsi intorno di sottecchi.
La sala d’aspetto non era cambiata. Luminosa, pulita, arricchita da piante e da uno splendido vaso di cristallo traboccante di fiori freschi, evidente omaggio alla clientela femminile, dava certamente un’ottima impressione del professionista che la gestiva.
Soffocò un sospiro, mordendosi l’interno della bocca, e costrinse all’obbedienza i ricordi che tentavano prepotentemente di riemergere.
La porta dello studio si aprì in silenzio e ne uscirono il veterinario, che reggeva tra le braccia un vecchio cane, e una donna che sorrideva riconoscente mentre lo seguiva fino al parcheggio. Probabilmente una delle poche che quel giorno avesse davvero avuto bisogno di lui.
Quando rientrò, il Drago della Terra esitò una frazione di secondo prima di chiudere la porta e il suo sguardo si fece per un attimo tagliente dietro le sottili lenti affumicate che portava quando esercitava la sua professione.
-Oh, buongiorno. -disse allegramente.
Subaru lo salutò con un cenno della testa e un leggero sorriso, piuttosto forzato, che riuscì comunque convincente agli occhi dei presenti.
La piccola folla si diradò, per ovvi motivi, in un tempo incredibilmente breve e finalmente il veterinario andò a chiudere la porta del suo studio. Con un gesto fiacco si ravviò i capelli, poi andò a sedersi accanto al suo ospite.
-Non mi sono accorto di te per la seconda volta.- constatò -E’ davvero imperdonabile.-
Si liberò degli occhiali, poggiandoli sul tavolino.
-Perché sei qui?- chiese, rivolgendogli un’occhiata curiosa.
 L’altro scrollò le spalle.
-Autolesionismo, non c’e altra spiegazione.- rispose senza esitazione, con la voce alterata da un’ironia amara, poi chinò la testa e gli sfuggì una risatina nervosa.-No, non lo so. - ammise, abbassando il tono -E’ un’assurdità, ma mi è sembrato assolutamente necessario venire qui; davvero, non lo so. -
Seishiro mascherò con difficoltà il disagio che gli causarono quelle parole, pronunciate di fretta come una confessione scomoda.
-Forse - continuò il suo visitatore -il tuo atteggiamento mi ha un po’… sorpreso.-
Questa volta fu l’assassino a ridere, a denti stretti, nulla più di un semplice sfogo nervoso.
-Non solo te. -confessò a bassa voce -E non mi piace, puoi starne certo.-
Si voltò a guardare il suo opposto e accennò un sorriso, alzando lievemente le spalle. Qualcosa di indefinibile balenò nel suo sguardo qualche istante, ma abbastanza a lungo perché il suo opposto riuscisse a scorgerlo. Senza riflettere Subaru tese una mano e sfiorargli il viso. Seishiro non si sottrasse; attese solo qualche istante, poi coprì con la propria la mano elegante che premeva lievemente sulla sua pelle. Si scrutarono a lungo, in silenzio, cercando di indovinare i reciproci pensieri come su un campo di battaglia, poi inaspettatamente l’assassino sorrise di nuovo, piegando appena le labbra, senza ironia, e con grazia si chinò a poggiare la testa sulle sue ginocchia.
Subaru osservò i suoi movimenti con un misto di ansia e repulsione. Si irrigidì, eppure la mano che aveva alzato istintivamente finì per poggiarsi sulla spalla ancora coperta dal camice. Non voleva consolarlo, né essere gentile, eppure non seppe rinunciare a quel gesto. Per quanto si sforzasse non riusciva ad essere aggressivo nei suoi confronti se prima il suo nemico non faceva qualcosa per provocarlo.
Inspiegabilmente, sotto il tocco delle sue dita, i muscoli dell’assassino parvero rilassarsi.
Seishiro lasciò che la sua attenzione fosse attratta per qualche istante dalla luce dorata del tardo pomeriggio che filtrava dalle tende chiare e che allungava sulle pareti le ombre degli alberi del viale; dopodiché chiuse gli occhi, ignorando tutto ciò che lo circondava.
Ora, alla luce di quanto stava accadendo anche in quel momento, cosa restava dei suoi propositi? Aveva ignorato deliberatamente il disagio che le parole di Hokuto avevano insinuato in lui e ora si rendeva conto di avere commesso un errore, perché, innegabile, restava il fatto che il suo opposto viveva ancora e, soprattutto, che lui non rimpiangeva la scelta che aveva fatto, benché fosse conscio del fatto che avrebbe dovuto almeno avvertire il senso di fastidio causato da un dovere non compiuto.
Sconfitto, trovò il coraggio di confessare a se stesso di non avere più il pieno controllo dei suoi pensieri. 
-Risponderesti tu ad una mia domanda?- chiese
-Mh.-
-Dimmi come ci riesci.-
-A fare cosa?-
L’assassino esitò, non solo per le vivaci proteste del suo orgoglio.
-A controllare una cosa tanto irrazionale come l’emotività.-
Subaru seppe nascondere magistralmente la sua sorpresa: non avrebbe mai nemmeno immaginato che uno come lui potesse porsi simili problemi. Fu tentato di non rispondere; fu tentato dal profondo e non lo fece, perché conosceva troppo bene il peso dei propri sentimenti. Non ci sarebbe stato nulla di rischioso a condividere quella consapevolezza.
Si concesse ancora un po’ di indecisione, poi strinse le dita, lievemente, strappando un brivido all’assassino nel momento in cui le sentì affondare nella pelle.
-Perché non ascolti, prima di parlare?-
Seishiro corrugò la fronte, cercando di comprendere cosa volesse dirgli, poi sorrise appena e con cautela cambiò il proprio livello di coscienza così da poter udire il brusio dei suoi pensieri. Assordante.
Insopportabile.
Se ne isolò in fretta, eppure non riuscì a far tacere il razionale bisbiglio della sua mente: dominare una simile, informe, attività richiedeva forza e decisione; allora forse Subaru era molto più forte di quanto credesse, forse il suo sciogliersi in pianto era solo un modo per impedire che quelle emozioni troppo violente esplodessero, devastandogli la mente.
Allontanò quell’ipotesi con una forza inusuale, quasi la trovasse pericolosa; eppure non lo era più del suo atteggiamento.
Si rendeva conto di quanto fosse urgente scuotersi da quello stato di torpore e tornare a comportarsi come sempre, però quel giorno Subaru era una tentazione troppo forte perfino per lui, e il calore del suo corpo inebriante quanto il sole primaverile.
Tacque ancora a lungo, sforzandosi di ignorare l’allarmante senso di benessere che gli dava la certezza che sarebbe stato ascoltato, qualunque cosa avesse avuto da dire.
Infine, con una certa riluttanza, tornò a parlare, rompendo il silenzio che sembrava avere cristallizzato il tempo intorno a loro.
-Mi hanno detto che sono talmente abituato a soffocare le mie emozioni da essermi convinto di non possederne per nulla -disse pacatamente - e che ti lascio vivere solo perché ho bisogno di sapere di essere il fulcro attorno a cui ruota tutta la tua vita.-
Subaru fu colto di nuovo di sorpresa da quella confidenza, pronunciata con un tono piatto solo per sminuirne l’importanza, tuttavia si ritrovò a ridere con garbo, a bassa voce.
-Chiunque sia non ti conosce per nulla. -mormorò.
 
…O lo conosce ancora meglio di te ?…
 
Quello strano pensiero, poco più di un sussurro, svanì non appena cercò di focalizzare la sua attenzione su di esso. Rinunciando a comprendere lasciò che la sua mano scorresse lungo il braccio dell’altro, facendolo di nuovo rabbrividire impercettibilmente.
-E probabilmente non è sopravvissuto a questo affronto.- concluse con voce spenta e incolore.
Seishiro si regalò ancora qualche istante, poi si impose di abbandonare la sua inusuale posizione. Si era già concesso troppo e l’incomprensibile reazione dei suoi nervi cominciava ad infastidirlo.
Ad agitarlo.
Un remoto angolo della mente lo corresse apostrofandolo con severità.
Storse le labbra in una smorfia di disappunto.
Che sciocchezza.
Con un gesto lento chiuse le dita intorno alla gola del suo ospite, dandogli tutto il tempo di sottrarsi ma Subaru lo lasciò fare. Ormai sapeva distinguere chiaramente una provocazione da un’aggressione vera e propria.
Avvertire sotto le dita il battito appena accelerato fu sufficiente a distogliere l’assassino da qualsiasi altro pensiero, eppure, mentre lo spingeva gentilmente contro l’angolo del divano si accorse di non riuscire a piegare le labbra nel sorriso ironico con cui lo feriva abitualmente.
Gli sfuggì un sospiro stanco.
-Lo sai? A volte mi rendo conto che forse ho perso la capacità di capire ciò che pensi; o ciò che puoi essere diventato.-una lieve risata gli morì sulle labbra- Hai perfino imparato a fingere freddezza dicendo cose che in realtà ti fanno inorridire.-
Subaru socchiuse lievemente gli occhi e scrollò piano le spalle.
-Si chiama rassegnazione.-
Alzò una mano per liberarsi la gola, senza che l’altro provasse a fermarlo
-Non posso essere diverso da ciò che sono, tu nemmeno, cos’altro mi resta?-
La sua voce era rimasta pacata, senza traccia di incrinature ma nemmeno per Seishiro fu difficile capire a quanta forza di volontà avesse dovuto far ricorso per parlare con un simile distacco.
Un fremito familiare gli percorse la spina dorsale: quella singolare, piacevole eccitazione che lo coglieva quando capiva che il suo opposto stava raggiungendo il limite della sua capacità di controllo. Piegò le labbra in un ghigno. Cominciava a trovare divertente l’indifferenza dietro cui il suo cucciolo aveva imparato a nascondersi; era fragile, come una bolla di vetro soffiato, sarebbe bastato stringere solo un po’ le dita per sentirla incrinarsi.
Gli fece scivolare la mano sulla spalla, facendosi più vicino.
-Costringermi. -suggerì.
Subaru  si sforzò di non mutare espressione, cercando nel frattempo di capire dove volesse arrivare con quella provocazione. 
-Dovrei diventare uguale a te. Più forte di te. Sei sicuro di volerlo? -
Per un solo, insignificante, istante Seishiro ebbe l’impressione di avere di fronte un estraneo: il modo in cui aveva parlato e la luce nei suoi occhi non erano quelli che conosceva.
Sbatté le palpebre, in preda ad una momentanea confusione, poi tornò a prestargli attenzione.
Fino a poche ore prima avrebbe risposto senza incertezze a quella domanda ora, invece, una strana, impalpabile nebbia sembrava impastoiare i suoi pensieri, impedendogli perfino di essere coerente con se stesso. Scelse una risposta priva di senso, ma che non lo facesse sfigurare.
-Hm. Chi può dirlo? Posso anche decidere di essere volubile a riguardo.-
Il Drago del Cielo parve irritato dalle sue parole, ma la luce dorata del tardo pomeriggio addolciva ancora di più i suoi lineamenti, smussando la durezza della sua espressione.
Subaru scosse la testa, sospirando spazientito.
- Stai sempre attento a quello che desideri.- lo ammonì.
Seishiro invece sorrise, apertamente, con lo sguardo già illuminato dall’euforia della caccia.
-Perché finirei per ottenerlo, vero?-concluse.
Ridacchiò di fronte alla sua espressione contrariata; con un movimento rapido poggiò le labbra sul suo collo, risalendo poi fino all’orecchio, con lentezza, per sentirlo finalmente rabbrividire.
-Però - sussurrò -lo stesso vale anche per te.-
-Non ho bisogno che sia tu a ricordarmelo. -ribatté Subaru, con una certa acredine.
Il Drago del Cielo si morse il labbro inferiore. Stava cominciando ad agitarsi e questo era rischioso, troppo, soprattutto ora che l’altro sembrava essere tornato al suo abituale modo di comportarsi. Afferrò le spalle del suo nemico e lo spinse indietro, finendo per incrociare il suo sguardo: era tornato quello di sempre.
Senza porre tempo in mezzo Seishiro lo spinse brutalmente in basso e lo tenne fermo con il peso del proprio corpo.
-Eppure c’è un’altra cosa che voglio e che potrei prendermi anche adesso.-sibilò.
Per pochi, infiniti istanti Subaru fu cosciente solo del panico che gli irrigidiva i muscoli e gli toglieva il respiro più del peso che gravava su di lui. Non aveva mai creduto che tutte le sue provocazioni potessero essere davvero qualcosa più di un modo per umiliare il sentimento maledetto che gli si annidava nell’anima. La consapevolezza della sua vulnerabilità, allora, lo colpì come qualcosa di fisico, e gli fece inumidire gli occhi per la rabbia. Usare i suoi poteri avrebbe significato coinvolgere l’intero quartiere, e lui in quel momento non avrebbe di certo raggiunto la concentrazione necessaria per erigere una barriera; uno scontro puramente fisico d’altro canto era impensabile a priori. Uno spasmo involontario gli percorse il corpo intero quando sentì i denti del suo nemico chiudersi sul suo collo.
Seishiro assaggiò la sua pelle provando un piacere del tutto nuovo; era sordo ai suoi pensieri, tuttavia poteva percepire la sua angoscia, il suo senso di impotenza e li trovò straordinariamente deliziosi, appaganti. La sua preda tentò di divincolarsi, riuscendo solo a strappargli una lieve risata. Questa volta non l’avrebbe lasciato andare.
Con lentezza calcolata percorse fedelmente il profilo della mandibola del suo opposto, beandosi della contrazione allettante e febbrile che faceva tendere i muscoli del corpo sotto il suo. Il Drago del Cielo era troppo preso a pensare al bene altrui per cercare di opporgli una resistenza che fosse davvero valida.
Subaru soffocò un gemito di frustrazione, mordendosi quasi a sangue il labbro inferiore.
Maledisse se stesso, la sua debolezza, poi il violento e  assurdo bisogno di chiedere spiegazioni per capire cosa stesse accadendo; infine, con tutta la forza che gli restava, condannò il desiderio di abbandonarsi e farla finita una volta per tutte, pur sapendo quanto sarebbe stato sbagliato ed egoista.
All’improvviso, una singolare consapevolezza, che non riuscì a sentire propria, si fece largo tra i suoi pensieri contrastanti, mostrandogli una sola, insospettabile, via d’uscita.
Il corpo sotto il suo divenne all’improvviso cedevole, come se non fosse più in grado di reggere la tensione, eppure Seishiro non avvertì il consueto piacere della vittoria.  
Il Drago del Cielo trasse un respiro profondo.
-Lasciami.-
L’assassino rise, piano.
-Perché? -
Silenzio. Seishiro si sollevò un poco per guardarlo in volto, sbilanciandosi leggermente. Senza curarsi della remota possibilità che il suo prigioniero potesse ribellarsi, chinò il viso sul suo.
Sorrise con accondiscendenza.
-Non mi rispondi?-
Troppo vicino. Subaru si sentì mancare l’aria quando il suo nemico si chinò a mormorare a pochi millimetri dalle sue labbra, tuttavia si costrinse ad ignorare lo scorrere tumultuoso del suo sangue, aggrappandosi all’evidenza che la ferita peggiore che avrebbe potuto procurarsi sarebbe stata una gelida risata di scherno.
-Non voglio. -scandì, lentamente, senza che nessuna emozione gli alterasse la voce -E non è nemmeno quello che vuoi tu. -
Una singolare, indecifrabile espressione si disegnò sul viso dell’assassino e non era divertimento.
Un istante di distrazione; il tempo sufficiente perché Subaru, con una mossa inaspettata e decisa, potesse spingerlo indietro approfittando del suo equilibrio precario.
Prima che Seishiro riuscisse a capire come, la sua preda era in piedi di fronte a lui, col viso in fiamme e il fiato corto. Mostrando solo una leggera disapprovazione, si limitò ad aggiustare il nodo della cravatta.
-Non è quello che voglio? - chiese, con ironica incredulità.
Subaru lisciò con gesti nervosi l’impermeabile stropicciato, cercando di radunare le idee. Gli doveva una risposta e, se voleva uscire da lì, doveva essere convincente.
Abbassò le braccia lungo i fianchi. 
-Un corpo lo puoi avere quando vuoi, la resa incondizionata di un Sumeragi invece no. -parlò ancora con lentezza, scrutando attentamente le sue reazioni -L’uno senza l’altra per te non ha valore,  e io non sono disposto a darti nessuno dei due tanto facilmente.-
Seishiro gli gettò una lunga occhiata.
- Se fosse facile non sarebbe nemmeno divertente. -
Rise piano, poi gli gettò le chiavi e lo congedò con un leggero cenno del capo, sorridendo come se non fosse successo assolutamente nulla; tuttavia, quando fu certo di essere solo, si lasciò cadere sui cuscini, abbandonandosi ad una risatina metallica, di scherno verso se stesso.
Lo aveva lasciato andare, un’altra volta.
Sbuffando si soffermò a fissare il soffitto chiaro.
Lo aveva fatto benché non gli importasse nulla di ciò che il suo cucciolo volesse; certo la sua collaborazione avrebbe potuto rendere le cose più divertenti, ma non era mai stato nulla che avesse giudicato davvero necessario. Sapeva che il suo desiderio di avvilirlo ed esasperarlo era legato a doppio filo a quello di possederlo, ma non aveva mai considerato l’aspetto più sottile, legato alla lotta fra i loro clan. Eppure quel ragionamento era acuto e pericoloso, ed era certo che fosse insostenibile per una persona come Subaru, troppo facile allo sconforto per analizzare con tanta freddezza il suo comportamento.
Dunque doveva esserci qualcuno che manovrava i fatti a proprio piacimento.
Si massaggiò la fronte con la punta delle dita, aggrottando le sopracciglia. I suoi pensieri si erano fatti di nuovo confusi e incoerenti.
Con un sospiro stanco si alzò, si liberò del camice e chiuse lo studio. Camminare fino a casa forse lo avrebbe aiutato a riordinare le idee ma sapeva già che non sarebbe stato così semplice.
Doveva riflettere, con calma e metodo.
Sarebbe stata un’altra lunga notte.
 
 

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Capitolo 5
*** Dream ***


Titolo: Dream
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
Dream
 
Subaru si mosse infastidito, serrando le palpebre, e si strinse le braccia intorno al corpo per scacciare il brivido che gli percorreva la spina dorsale nonostante il sole che inondava la terrazza.
Si coprì gli occhi con una mano per ripararli dalla luce, respirando profondamente per calmare il battito furioso del cuore. Era entrato nel sogno di un’altra persona, con una facilità che non avrebbe dovuto competergli. Nemmeno con Hokuto aveva mai avuto un contatto tanto profondo.
Sospirò, senza riuscire a scacciare l’immagine che occupava ancora i suoi pensieri: un giardino fiorito e una donna dalla bellezza straordinaria, vestita con un suntuoso kimono blu e un unico ornamento d’ambra tra i capelli corvini. Aveva un’espressione dolce e le labbra increspate da un sorriso gentile, eppure quella visione era la causa della leggera angoscia che gli stringeva la gola. Esitò qualche istante poi riabbassò la mano, sospirò contrariato e si accomodò meglio sui cuscini. Da qualche parte il sogno continuava, ma non era cosa che dovesse riguardarlo.
 
*******
 
-…iro!-
All’improvviso avvertì una lieve pressione su una spalla e la voce divertita che risuonò un po’ troppo acuta alle sue orecchie lo irritò. Aprì appena un occhio, svogliatamente e la prima cosa che inquadrò fu una piccola cascata di perle d’ambra che oscillavano dolcemente. Si raddrizzò di scatto.
-Madre! -
Una risata allegra, quasi infantile, gli riempì le orecchie. Seishiro fissò lo sguardo sull’eterea figura che sedeva composta di fronte a lui. Così bella e giovane, a volte perfino lui stesso stentava a credere che quella fosse veramente sua madre.
-Sei un irresponsabile. -disse lei, divertita.
Le piaceva prendersi gioco di lui, coglierlo di sorpresa per dimostrargli quanto fosse ancora inesperto. Sorrideva sempre, ma sapeva umiliarlo in modo bruciante.
-E io che ero venuta qui per parlarti. -continuò, imbronciando il viso delicato.
Seishiro non cambiò posizione, ignorando di proposito qualsiasi etichetta; anche a lui piaceva provocarla, entro i limiti che gli erano concessi.
-A che proposito?-
-Voglio raccontarti una storia.-
-Sono un po’ troppo grande per le favole. -ribatté il ragazzo, in tono canzonatorio
-Sai essere davvero irriverente, Seishiro.-
Il viso del ragazzo assunse immediatamente un’espressione fredda e attenta.
Sua madre sapeva comunicare anche senza parole: nonostante il tono accondiscendente, quasi divertito, il movimento leggermente più brusco del suo capo era stato il segnale per ricordargli che era ora di tornare al suo posto.
La donna alzò lo sguardo sull’innocua chioma rosata che ornava il giardino e tacque a lungo, come se non trovasse le parole adatte, poi tornò a prestargli attenzione.
-Noi Sakurazukamori viviamo come demoni perché è il nostro destino, il ruolo che è stato scelto per noi affinché venga rispettato l’equilibrio duale di questo mondo.  In questo universo però non esiste nulla di assoluto. e poiché anche noi ne facciamo parte. non ci stato concesso di dimenticarci completamente del fatto che siamo esseri umani.-
L’espressione concentrata e perplessa del figlio quindicenne le strappò una risata divertita.
-Non pretendo che tu mi capisca, ora non potresti comunque.- alzò ancora una volta gli occhi sul ciliegio -Esiste un demone creato per noi.  E’ molto più forte di te, di me e di qualsiasi Sakurazukamori che sia mai esistito, si dice che possa esserlo perfino più del Sakura. Tutti coloro che ci hanno preceduti  lo hanno legato a sè  indissolubilmente con l’odio, con un giuramento o perfino con i legami di sangue. E’  l’unico a cui sia concesso di prendersi la nostra vita. -accennò un sorriso -E’ il nostro amante segreto, maledetto quanto noi.-
Seishiro inclinò di lato la testa, con la bocca deformata da un ghigno di sfida.
-E voi, madre? L’avete trovato il vostro innamorato?-
La donna rise, per una volta divertita dalla sua impertinenza.
-Sì.-
 
********
 
 
Seishiro si svegliò di soprassalto. Trasse un profondo respiro e poi si strinse le braccia intorno al corpo, sprofondando nei cuscini del divano. Sentiva sulla pelle la carezza dolce del sole e del vento leggero, ma le finestre erano chiuse e le tende tirate; e lui non si era nemmeno reso conto di essersi addormentato.
Sbatté le palpebre, cercando di catturare i fuggevoli brandelli della sua visione, poi, ridacchiando, si stiracchiò pigramente.
Conosceva perfettamente i termini della sua condanna, non li aveva mai dimenticati; tuttavia sarebbe stato incauto pensare che quel ricordo fosse riaffiorato solo per un capriccio del caso. Avrebbe dovuto cominciare a riflettere seriamente sui piccoli avvenimenti che si stavano susseguendo attorno a lui.
Emise un suono gutturale, di disappunto, e con la punta delle dita si massaggiò la fronte per cacciare la caligine che gli aveva improvvisamente impastoiato i pensieri.
Sospirò fiaccamente, di nuovo stringendo le braccia intorno al corpo per ritrovare quella sensazione di calore e vi si lasciò sprofondare.
Qualunque cosa quella visione significasse, come tutto il resto, non aveva la minima importanza. 

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Capitolo 6
*** Tomoe ***


Titolo: Tomoe
Pair: Seishiro x Subaru, nuovo personaggio
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo
 
Tomoe
 
Subaru tirò un sospiro di sollievo quando vide il ragazzo che, seccato e insofferente come al solito, era alle prese con due bambini.Vagamente percepì la presenza del suo opposto, velata al punto tale che sarebbe sfuggita facilmente a qualunque degli altri Sigilli.
Aggrottò le sopracciglia.
Negli ultimi tempi la sua sensibilità si era accresciuta notevolmente, e non era più tanto certo che fosse una cosa positiva.
Un colpetto leggero su una spalla lo distrasse dalle sue riflessioni. Il Drago della Terra gli sorrise amabilmente e gli augurò il buongiorno con gentilezza, ma ottenne solo un’occhiata in tralice.
-Sei ancora arrabbiato con me ?-
Subaru scrollò le spalle.
-Solo con me stesso perché ti ho permesso di farlo.- ribatté con finta noncuranza, quindi ammiccò in direzione del ragazzo -Quanto tempo gli resta ?-
-Hmm… giorni direi. Perché me lo chiedi? Lo vedi anche tu.-
-Volevo solo sapere se avresti aspettato fino alla fine.-
La risata lieve dell’assassino morì inaspettatamente.
Si voltò verso la strada, all’erta come un animale selvatico, poi si tolse gli occhiali e li infilò nel taschino della giacca.
-Nasconditi.-
-Cosa?-
-Da onmiouji, nasconditi. -ripeté, pazientemente.
L’altro non replicò, anzi si affrettò ad ubbidire, allarmato dalla sua improvvisa serietà.
Mormorò una formula di protezione che non affievolisse le sue percezioni e tornò a guardare la strada di fronte a sé. Seishiro gli parve stranamente inquieto.
La dimensione che era la dimora del Sakura li inghiottì senza preavviso, cogliendolo completamente alla sprovvista. Gettò un’occhiata tagliente al suo nemico e ottenne solo un sorriso teso.
-C’è un imprevisto. - disse questi, freddamente, con le mani affondate nelle tasche dell’impermeabile  -Perciò cerca di adeguarti senza fare tante storie.-
Subaru aprì la bocca per ribattere ma tutto quello che uscì dalle sue labbra fu un gemito soffocato. Si piegò in due, raggelato dall’energia negativa che lentamente scivolava su di lui e che gli faceva dolere i pentacoli impressi sulle mani.
Seishiro lo osservava con gli occhi socchiusi e un leggero sorriso, compiaciuto forse dal fatto di non incontrare nessuna resistenza che gli avrebbe solo fatto perdere tempo.
Il Drago del Cielo, ansimando appena, raddrizzò la schiena e osservò con distacco il risultato dell’incantesimo: era completamente nascosto dall’oscurità che permeava quel luogo, come se si fosse trovato dietro uno specchio; chiunque stesse arrivando, non avrebbe visto in lui nulla più di un semplice essere umano trascinato là con la forza. Sotto il suo sguardo curioso e perplesso l’assassino si limitò a scrollare le spalle, poi si voltò leggermente a sinistra, scrutando il buio.
Il suo opposto lo imitò e, mentre osservava con poco interesse la caduta dei petali, si rese finalmente conto del silenzio innaturale che lo circondava. Alzò gli occhi sulla chioma rosata, ma subito dopo uno scalpiccio attutito attirò la sua attenzione: una donna, fasciata da un elegante tailleur rosso scuro, avanzava verso di loro con tranquillità, incurante dei petali che le turbinavano intorno rabbiosamente. Quando fu abbastanza vicina si inchinò leggermente.
-Buona giornata, Sakurazukamori-san.-
-A te, Tomoe. A cosa devo l’onore ?-
Subaru riuscì a contenere il suo stupore in un rapido battito delle ciglia: non aveva mai sentito la voce di Seishiro risuonare tanto falsa; così abile nel non mostrare agli altri ciò che era, in quel momento faticava a contenere quella che, a tutti gli effetti, sembrava essere stizza.
La donna gettò una rapida occhiata all’inconsueto visitatore, quindi i suoi occhi tornarono a fissarsi in quelli dell’assassino.
-E’ davvero una bella bambola.- commentò, aspra.
Era infuriata, gli occhi scuri sembravano ardere come braci.
- Ma cosa può offrirti  lui, oltre a quel corpo attraente?-
Seishiro sorrise amabilmente, col solo scopo di irritarla di più. Afferrò il polso sinistro del suo cucciolo e lo tirò di fronte a sé, poi lo costrinse a sollevare le mani in modo da mostrarle i marchi che portava. Tomoe piegò le labbra in una smorfia rabbiosa: il ragazzo che aveva di fronte era di proprietà dell’assassino, avrebbe dovuto usare molta cautela nel trattare con lui.
-Capisco. -ringhiò.
Seishiro sorrise di nuovo, con aria compiaciuta e circondò con le braccia le spalle del suo ospite.
Il Drago del Cielo si costrinse a rilassare i muscoli, cosciente che quella stretta fin troppo forte era un pericoloso segno di nervosismo. Cominciava ad intuire cosa stava accadendo, anche se stentava ancora a crederci, e quali forze avrebbe potuto scatenare una sua reazione inopportuna, perciò rimase immobile, costringendo il viso in un’espressione indecifrabile.
Tomoe si morse il labbro inferiore con rabbia. Era certa che gli nascondessero qualcosa, il suo istinto non aveva mai fallito; inoltre sapeva bene che un Sakurazukamori non si accontentava mai tanto facilmente.
Il prigioniero si tirò indietro quando vide la sua mano alzarsi, tuttavia lei sorrise, incurante, e gli strinse le dita intorno al mento. Con gentilezza gli girò il viso da un alto, poi dall’altro, valutandolo con la freddezza con cui si decide il prezzo di un oggetto di pregio. Socchiuse gli occhi. Il senso di sospetto si era fatto più forte, eppure quel ragazzo continuava a fissarla con l’espressività di un manichino, come se tutto quello che stava accadendo non lo riguardasse.
Studiò con attenzione i suoi lineamenti, il corpo snello, e si compiacque nel constatare che, in fondo, per ottenere ciò che voleva il prezzo non sarebbe stato affatto alto.
-Certamente posso capire perché te lo voglia tenere stretto…- cominciò.
Qualcosa di indefinitamente sgradevole si irradiò dalla punta delle sue dita, costringendo Subaru ad un movimento tanto brusco, quanto inutile, per liberarsi. La donna sogghignò. Il passatempo del Sakurazukamori era dotato di una sensibilità quantomeno fuori dal comune: giocare con lui sarebbe stato un vero piacere.
-A quanto pare non piaccio nemmeno a te.-commentò, poi tese le labbra in un ghigno -Ma questo non ha alcuna importanza.- alzò gli occhi sull’assassino  -Facciamo un patto tra noi, Sakurazukamori-san. - propose in tono fermo.
Seishiro sentì un leggero tremito percorrere la sua preda; anche lui aveva usato parole simili, tanto tempo prima, ma oltre a questo ciò che senza dubbio aveva turbato il suo cucciolo era l’evidenza che quella proposta coinvolgeva anche lui, che il suo opposto avrebbe anche potuto accettare e che contro due sciamani alleati non avrebbe avuto alcuna possibilità.
Sorridendo tra sé finse di riflettere, mentre Tomoe attendeva con sempre minor pazienza che lui si degnasse di prestarle un po’ d’attenzione.
-Quale?- chiese infine.
La donna socchiuse gli occhi e il suo sguardo si fece penetrante come quello di un felino in caccia.
-Non ti sto chiedendo di rinunciare al tuo giocattolo, ovviamente.-
Piegò le labbra in un sorrisetto cattivo, concentrando ancora una volta una parte del suo potere nella punta delle dita. Subaru si irrigidì. Se avesse potuto sarebbe arretrato  tale era la nausea che gli causava quel tocco, ma dietro di lui Seishiro rimase immobile.
-Cosa mi offri ?-
La donna  assunse un’irritante aria di sfida, e tornò a rivolgersi a Subaru.
-I triangoli sono sempre molto eccitanti, non trovi?-gli sussurrò, con fare allusivo.
Senza porre altro tempo in mezzo, incurante della sua resistenza, si sporse in avanti per baciargli le labbra ma le dita dell’assassino si poggiarono, fulminee, alla base della sua gola.
-Tomoe. -ringhiò.
Lei si tirò indietro, di nuovo infuriata.
-E’ l’offerta migliore che riceverai!- sbottò -Non potrai continuare a fare sempre ciò che vuoi! -
Imperturbabile, Seishiro sorrise.
Le labbra della donna tremarono.
-Non provocarmi. - ringhiò.
Il Drago della Terra piegò all’insù un angolo della bocca.
-Arrivederci, Tomoe.-
La donna si irrigidì visibilmente, intimorita dalla minaccia che serpeggiava nella sua voce bassa, poi la rabbia tornò a deformarle la bocca.
-Arrivederci, Seishiro. -ringhiò.
Si inchinò appena e arretrò solo di un paio di passi prima di attraversare il sottile confine che la divideva dal resto del mondo.
La stretta intorno alle sue spalle si fece meno violenta e Subaru poté udire chiaramente un lievissimo sospiro. Si appoggiò a lui, anche se sapeva benissimo che non avrebbe dovuto permettersi di farlo e levò gli occhi sulla maestosa chioma rosata. Nell’aria di quel mondo invisibile ora si poteva udire il lieve suono del vento, eppure i prigionieri dell’albero continuavano a tacere, o forse a lui non era dato di udirli.
Si morse il labbro inferiore.
Il suo nemico non aveva mai accennato a Hokuto; di tutti i modi che conosceva per ferirlo quello sarebbe certamente stato il più doloroso, eppure non ne aveva mai fatto parola, come se la cosa avesse in qualche modo potuto metterlo in difficoltà.
Chiuse gli occhi, soffocando un sospiro. A volte i suoi pensieri si ostinavano a soffermarsi su ipotesi assurde.
Seishiro avvertì un’insolita vibrazione provenire dall’Albero. Desiderio, e anche odio. Non aveva mai percepito nulla di simile. Si accorse di avere piegato le labbra in un sorriso maligno, invaso da un piacere tanto sottile quanto profondo. Si chinò a baciare il collo del suo ospite e finalmente allentò la presa, liberandolo.
Il capo dei Sumeragi si allontanò solo di un passo prima di voltarsi e gettargli un’occhiata significativa. L’assassino ridacchiò. Sbatté le palpebre, alterando appena il respiro per destabilizzare i labili confini dimensionali e la tumultuosa, indifferente umanità tornò a circondarli.
Subaru si coprì gli occhi con una mano, in preda ad un lieve capogiro. Nonostante le sue percezioni fossero state alterate, affievolite, aveva chiaramente avvertito un’ostilità profonda provenire dal Sakura, un’enorme quantità di energia negativa che era comunque riuscita a penetrare attraverso il potente scudo da cui era in qualche modo protetto.
Protetto: era una strana parola se messa in relazione ad un Sakurazukamori.
Seishiro gli circondò le spalle con un braccio e lo trascinò con sé mentre si addentrava nel parco.
Il Drago del Cielo lo seguì docilmente, valutando con una certa apprensione l’intensità di
un’emozione che non avrebbe mai pensato potesse affiorare nel suo nemico.
Forse da qualche parte c’era qualcosa di umano perfino in lui.
Sospirò piano, di nuovo. Se non fosse stato tanto stanco avrebbe perfino trovato divertente un’ipotesi come quella.
Di fronte ad una pozza traboccante di foglie di loto, finalmente il suo opposto lo lasciò libero e non ci volle molto perché le persone che passeggiavano nei dintorni si allontanassero, in fretta, in preda ad un forte senso di disagio e paura.
Subaru si staccò un poco da lui, il tanto che bastava per andare ad appoggiarsi all’artistica balaustra che delimitava lo specchio d’acqua.
Incrociò le caviglie e allargò le braccia, facendo scorrere le mani sul legno liscio.
L’assassino continuò a mostrargli il suo profilo, irrigidito, senza l’apparente intenzione di parlare o di andarsene. Ad un tratto si voltò, con la bocca deformata da un ghigno che tradiva una rabbia non ancora completamente sopita.
-Beh, non hai niente da chiedermi ?-chiese con leggerezza.
L’altro sorrise, scrollando le spalle.
-Tanto non mi risponderesti.- ribatté, in tono altrettanto leggero.
Il viso del suo nemico si rilassò quasi impercettibilmente, in preda ad un effimero stupore, tuttavia l’abituale maschera che indossava di fronte a tutti riplasmò subito la sua espressione.
-Chissà.- ribatté, sorridendo.
Subaru ricambiò il sorriso, accennandolo appena per fargli capire che era proprio il tipo di risposta che si aspettava.
Seishiro parve esitare poi gli si avvicinò, poggiò le mani ambo i lati del suo corpo e chinò la testa. Era un’inammissibile debolezza, ne era perfettamente conscio, eppure desiderava parlare di nuovo con lui. L’unico vero comandamento del clan recitava che un Sakurazukamori bastava a se stesso, qualunque cosa avesse desiderato avrebbe dovuto sempre essere pensata in relazione ad esso; volerlo ignorare era un pericoloso segnale di decadenza. Inconsciamente si morse l’interno della bocca. Ma era nato assassino, non ci sarebbe mai stato nulla in grado di cambiare la sua natura, infrangere una stupida regola non avrebbe fatto alcuna differenza, non finché non avesse preso la sua decisione.
Di nuovo irritato per quelle fastidiose incertezze ordinò che i suoi pensieri facessero silenzio e si chinò a poggiare la fronte sulla spalla sinistra della sua preda, assaporando il tepore del suo corpo.
-Non sono ancora venuti a dirti che è arrivato il momento di fare il tuo dovere nei confronti del clan?- chiese pacatamente.
Un sorriso amaro si disegnò sulle labbra di Subaru.
-Certo.-
Senza esitazioni alzò la mano sinistra e la fece scorrere sulla nuca dell’assassino, quindi si chinò appena poggiando la guancia sui suoi capelli.
-E la vuoi sapere una cosa ?- gli bisbigliò all’orecchio -Non ho la minima intenzione di ubbidire.-
 Per un solo, interminabile istante Seishiro si dimenticò di respirare e poi, inspiegabilmente, si ritrovò a ridere, a denti stretti, pervaso da un sollievo che non aveva ragione di esistere, e che un angolo della sua mente gli ordinò inutilmente di soffocare.
 

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Capitolo 7
*** Reflections ***


Titolo: Reflections
Pair: Seishiro x Subaru, Hokuto
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
Reflections
 
 
Dalla sua posizione privilegiata, al di là dei limiti delle loro percezioni, Hokuto osservava soddisfatta la scena bizzarra che si stava svolgendo sotto i suoi occhi.
Non avrebbe mai pensato che una donna come Tomoe potesse comportarsi in un modo tanto stupido. Ridacchiò. Una simile scenata di gelosia era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata da lei.
La reazione di Seishiro invece era stata fin troppo contenuta, ovviamente per non mostrare a Subaru più dello stretto necessario.
 
[…]-E comunque non potrai continuare a fare sempre ciò che vuoi! –[…]
 
La ragazza scosse la testa e rise ancora, con discrezione. Tomoe doveva essere fuori di sé per dire una sciocchezza simile.
D’un tratto si sporse in avanti, le dita intrecciate dietro la schiena, piacevolmente incuriosita.
Ormai conosceva Seishiro tanto bene da poterne prevedere quasi ogni mossa, perciò non si stupì, né si preoccupò, quando lo vide trascinare con sé il fratello, tuttavia la piega delle sue labbra si velò di tristezza quando il Sakurazukamori abbandonò ogni prudenza avvicinandosi a Subaru
 
[…]-Non sono ancora venuti a dirti che è arrivato il momento di fare il tuo dovere nei confronti del clan?-[]
 
Si lasciò sfuggire un sospiro. C’era un che di profondamente ironico nel fatto che due come loro, così diversi, si trovassero ad affrontare gli stessi problemi e a prendere la stessa decisione.
Le motivazioni di Subaru erano chiare, avrebbe preferito morire piuttosto che sacrificare un’altra vita all’altare dell’onore di famiglia. Gli avevano rubato l’infanzia, l’adolescenza e tutti i suoi sogni; nonostante la nemmeno troppo velata delusione con cui sua nonna la guardava, e il senso di inadeguatezza che aveva provato per anni, Hokuto si era sempre resa conto di godere di libertà che Subaru avrebbe solo potuto sognare.
Seishiro, invece, preferiva mostrarsi indifferente ai problemi della successione, anche se l’innata avversione per Tomoe sembrava dimostrare il contrario.
Piegò all’insù un angolo della bocca quando lo vide poggiare la fronte sulla spalla del fratello.
Era così umano in quel momento, più insicuro di quanto lui stesso non avrebbe mai voluto ammettere, e indifeso di fronte alla consapevolezza che cominciava timidamente ad insinuarsi nella parte più profonda dei suoi pensieri.
-Bravo.-sussurrò, quando vide il suo gemello carezzargli la nuca con una familiarità tanto insolita.
Se avesse potuto sapere ciò che lei vedeva con tanta facilità, gli sarebbero bastati solo pochi istanti per mutare il destino di quell’immensa, fragilissima, e crudelmente effimera dedizione che altrimenti sarebbe stata l’amore di Seishiro.
Si morse il labbro inferiore.
Il modo di amare di un Sakurazukamori era qualcosa che andava al di là di qualsiasi comprensione umana: un misto di sacrificio, egoismo e ribellione.
Un raffinato, atroce modo di suicidarsi.
Sarebbe stato così facile in quel momento: se Subaru avesse osato fare ciò che desiderava da sempre, se avesse poggiato le labbra sul suo viso, sulla sua bocca, le pareti nere dietro cui il Drago della Terra aveva sempre confinato il nucleo più profondo di sé si sarebbero irrimediabilmente crepate.
Il dubbio era il peggior nemico dei sicari del Ciliegio, come anche la percezione di essere umani, quella consapevolezza che si poteva nascondere da qualche parte nella coscienza, ma che non c’era modo di estirpare o di nascondere all’infinito. Nessun Sakurazukamori era sopravvissuto tanto quanto Seishiro, nessuno era stato tanto forte da sopportare così a lungo la solitudine, e il rimorso che l’Albero era così abile a cancellare ma che era lì, sempre in agguato.
Tornò a guardare i due uomini più importanti della sua vita, così vicini eppure separati da un abisso fatto di paura, timidezza e incomprensione, eppure destinati l’uno all’altro da sempre; e questo il Sakura lo aveva realizzato già da tanto tempo, e ne era spaventato al punto da sussurrare continuamente nella mente del suo servitore ogni volta che i due nemici si incontravano.
La corda, però, era diventata troppo corta per Seishiro e ormai anche l’epoca in cui vivevano stava giungendo al termine;  le forze opposte che reggevano il mondo si sarebbero scontrate, fuse, annientate e poi sarebbero rinate in forma diversa e, così, qualcun altro avrebbe assunto il ruolo dei Sumeragi, così come anche l’Albero avrebbe dovuto eleggere una nuova famiglia su cui esercitare il suo dominio. Questo lo irritava, addirittura intimoriva, perché il suo ultimo servitore poteva perfino essere tanto forte da sfuggire alla sua influenza.
La risata nervosa di Seishiro attraversò l’aria e lei avvertì chiaramente il mormorio strisciante del Sakura che gli ordinava di sottrarsi a quell’ombra di emozione che gli aveva pervaso la coscienza. Ridacchiò. Ogni giorno la sua influenza su di lui si faceva più debole eppure, nonostante possedesse ogni ricordo di Seishiro, non l’aveva ancora trovata tra di essi.
Piegò all’insù un angolo della bocca: il Destino sapeva essere beffardo perfino con i demoni come lei.
 
 

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Capitolo 8
*** Rising ***


Titolo: Rising
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
Le parti in corsivo sono tratte direttamente da Tokyo Babylon
 
Rising
 
 
Seishiro si concesse di assaporare il calore che emanava dal suo opposto ancora per una manciata di secondi prima di raddrizzare la schiena e indossare il suo solito sorriso ironico.
-Sei diventato un ribelle, Sumeragi-san?-
L’altro scrollò le spalle.
-Non più di te.-
-Però io sono un assassino, infrangere le regole è il modo di vivere.-
Mentiva, e lo sapevano entrambi. Un capoclan era soggetto a quelle regole millenarie più dell’ultimo dei servitori, e Subaru non poté fare a meno di chiedersi chi potesse essere tanto folle da volerlo costringere all’obbedienza. Strinse le dita sul legno, innervosito.
Il sicario invece si morse l’interno della bocca, a disagio, distogliendo per un istante lo sguardo da quello della sua preda; soprapensiero fece scorrere la punta dell’indice sul naso, per accomodare inesistenti occhiali scuri, poi scrollò le spalle e tornò a sorridere come sempre.
-Una volta mi hai chiesto se ho sigillato altre cose nella tua memoria.-
La sua voce si modello in un tono forzatamente leggero, eppure era priva del tono canzonatorio con cui si riferiva al loro passato.
-Hm.-
-Vuoi ancora sapere quali ? -
Subaru reclinò di lato la testa, con la stessa espressione accattivante di un gatto incuriosito e sogghignò.
-Senza darti nulla in cambio? Potrebbe essere un affare.-
-Non ho mai detto che sarebbe stato gratis.-
-Allora ne farò a meno.-
Seishiro ridacchiò, le mani di nuovo affondate nelle tasche. Socchiuse gli occhi e il mondo del Sakura li inghiottì così in fretta da non dare al suo avversario nemmeno il tempo di reagire, eppure il suo cucciolo rimase tranquillamente appoggiato alla balaustra che ora delimitava solo uno spazio vuoto. Nessuna accelerazione del battito cardiaco, nessuna tensione che percorresse i suoi muscoli, solo una leggera inquietudine che traspariva dallo sguardo che sosteneva fermamente il suo. Nell’incredibile silenzio che li circondava gli tese una mano. Subaru si lasciò sfuggire un sospiro stanco e poi avanzò di qualche passo, concedendosi a quell’abbraccio che gli procurava repulsione e ad al tempo stesso uno spasmodico, e maledetto, desiderio di abbandonarvisi.
-Allora, posso cominciare?-
Il suo opposto si limitò ad annuire in silenzio, incurante del tono che aveva usato, quasi lo stesse invitando a prestare attenzione ad uno spettacolo teatrale.
-Bene.-
L’aria di fronte a loro cominciò a vibrare, a diventare lattiginosa e poi a prendere forma. Subaru si costrinse a non lasciare che i suoi muscoli si contraessero al ricordo della prima, e unica, volta in cui aveva assistito a quel fenomeno. La stretta intorno al suo corpo si rafforzò appena e il suo cacciatore si chinò leggermente su di lui.
-Sta’ tranquillo. - gli sussurrò -Oggi sei mio ospite.-
Nello spazio di fronte a loro gli spettri creati dal potere del Sakurazukamori cominciarono a muoversi, e il suo amabile prigioniero si concentrò solo sulle immagini che stava creando per lui. Involontariamente Subaru si appoggiò al suo petto, già preda dello sconforto.
Ricordava ancora quelle tre ragazze che avevano provato a giocare con cose  più grandi e potenti di loro, e non aveva mai avuto dubbi sul fatto che aveva fallito a causa della sua incapacità, condannandole alla follia per il resto dei loro giorni.
-Ah.- sussurrò.
 
…Seishiro adagiò amorevolmente Hokuto sul divano, quindi, con eleganza, strappò la barriera che circondava il giovane capo dei Sumeragi, mostrando per la prima volta la sua vera natura.
-[…], ma avete fatto del male a Subaru. E questo non ve lo perdono.-…

 
Subaru non riuscì a controllare il lieve tremito che gli attraversò il corpo non appena capì cosa lo aveva spinto ad agire. Era intervenuto perché trovava oltraggioso che qualcun altro provasse a privarlo del diritto che avanzava su di lui, perciò non riuscì a zittire il pensiero che gli ricordava quanto la forza di volontà di un sicario del Sakura potesse condizionarne le azioni, e quanto persino un giuramento estorto avrebbe potuto cambiare la sua vita.
-Hey, Sumeragi-san.-
Il Drago del Cielo rabbrividì, però continuò a guardare di fronte a sé.
Seishiro non seppe trattenere una risata leggera. Gli fece scivolare una mano lungo il collo, sfiorandolo appena, infine chiuse le dita sul suo mento.
-Cerca di non distrarti.-
Lo spasmo che percorse ancora una volta il corpo del suo cucciolo lo deliziò.
-Ti ricordi della maestra Kumiko?-
-Sei stato tu?-
-Sì.-
Subaru osservò con un distacco che non avrebbe mai saputo spiegare il suo improvviso scoppio di ira, le sue parole dure e di condanna, l’arrivo del suo nemico e quello che ne era derivato.
 
…-Guarda un po’. Il mio operato si incrocia di nuovo con il tuo…[…]Pare proprio che la nostra scommessa l’abbia vinta io…-…
 
Il Drago del Cielo si morse l’interno della bocca, maledicendo le lacrime che gli pungevano gli occhi, quando, in modo indefinitamente perverso, vide il suo nemico accingersi a sfilargli un guanto. Paradossalmente se lo avesse visto spogliarlo avrebbe sentito meno dolore. Si sforzò di ignorare le parole che seguirono, il modo virtualmente violento con cui il suo opposto gli sfiorava la gola e il viso, e alla rapacità che brillava nei suoi occhi.
L’assassino piegò le labbra in una smorfia contrariata a si chinò a posare un bacio leggero sul suo collo, per distrarlo dalle cupe considerazioni in cui si era certamente calato.
 
Seishiro passeggiava intorno al tavolo operatorio su cui giaceva la sua preda, parlando con leggerezza di cose terribili.
…-Ti definirei…il tipo del martire.-

 
Subaru gli avrebbe volentieri riso in faccia; era un debole, non un martire.
Un sussurro sottile, insistente, si insinuò allora tra i suoi pensieri, ricordandogli quanto fosse egoistico il voler essere indifferente alla sorte del mondo, quanto fosse sbagliato e abominevole il sentimento radicato dentro di lui. Era un guardiano senza volontà, un peso per il pianeta che avrebbe dovuto tutelare e per i suoi compagni, costantemente turbati dal suo comportamento così riservato e freddo. Non si fidavano di lui. A loro, come al clan, interessava solo che compisse il suo dovere, il resto non aveva alcuna importanza. Vivere a quel modo, ingannando se stesso e gli altri, trascinando un’esistenza tanto infelice non aveva senso, era inutile, così come era stata tutta la sua vita.
 
Con un gesto lento, abile, l’assassino disegnò sottili strisce cremisi sulla gola esposta del ragazzo che stringeva tra le braccia.
…-Su…ti accompagno a casa.
Mio amato Subaru Sumeragi.-…
 
Mio amato.
Subaru trasse un profondo sospiro e alzò gli occhi sulla splendida massa di petali sopra di loro. Il Sakura frusciava dolcemente, invitante; una prigione dalla bellezza incomparabile, l’inferno che meritava per ciò che desiderava, per la sua indifferenza e per la sua volontà tanto debole. Era vero, continuare a vivere a quel modo non aveva senso.
L’onmiouji chiuse gli occhi.
Non fece nulla per sfuggire al potere dell’Albero che lo stava privando di ogni forza e di ogni pensiero razionale. Era meglio finire in quel posto, senza coinvolgere tutti gli altri, in silenzio, avendo come ultimo ricordo quell’abbraccio e il calore del suo corpo contro il proprio.
-Subaru?-
Seishiro si chinò, accompagnandolo lentamente mentre scivolava a terra e poi continuò a sostenerlo, stringendolo con una forza che in qualsiasi altra occasione avrebbe giudicato eccessiva.
Il suolo sotto i suoi piedi vibrò leggermente e l’aria si riempì del suono strisciante delle radici che emergevano dallo strato di petali che copriva quel terreno illusorio, del lamento dei prigionieri, del vibrare dei sottili rami che si protendevano verso il capo dei Sumeragi.
Rapidamente.
Troppo.
Il Drago della Terra socchiuse gli occhi e il legno esplose a pochi centimetri da loro, spezzandosi con un suono secco.
-Chiariamo una cosa. -ringhiò l’assassino- Lui è mio e sarò solo io a decidere quando e se lo dividerò con te.-
Il Sakura si ritrasse, velocemente e parve piegarsi su se stesso, come un animale pronto ad attaccare, i petali scossi da un mormorio furioso. Seishiro gli gettò un’occhiata sprezzante. Quel giorno non aveva intenzione di comportarsi come un cagnolino obbediente.
-Non mi importa nulla di quello che vuoi.- sibilò.
Con disinteresse si caricò sulle spalle il corpo esanime del suo opposto.
Il Sakura ringhiò più forte, ma il Drago della Terra non se ne curò.
Subaru era un suo diritto e non avrebbe permesso a nessuno di usurparglielo.

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Capitolo 9
*** Pause ***


Titolo: Pause
Pair: Seishiro x Subaru, Hokuto
Rating: arancio
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo
 
Pause
 
 
Seishiro tirò le tende chiare con un gesto deciso, perfino brusco.
Era rimasto più di un’ora immobile, appoggiato alla ringhiera del terrazzo, a guardare il cielo come se potesse trovarvi la spiegazione al suo comportamento.
Aveva preso immediatamente coscienza della gravità del suo gesto, però aveva preferito rimandare qualsiasi riflessione fino a che non fosse arrivato a casa. Lasciò che un sospiro stanco gli sfuggisse dalle labbra. Aveva fatto una cosa incredibilmente stupida; si era lasciato trascinare da qualcosa di molto simile all’ira e alla gelosia, un’ondata emotiva che non avrebbe nemmeno dovuto avvertire. Poggiò la fronte contro la stoffa chiara.
Non amava Subaru, ne era assolutamente certo, se lo avesse fatto molte cose sarebbero state diverse; eppure ora il capo dei Sumeragi giaceva nel suo letto, dopo che lo aveva sottratto al destino che egli stesso aveva scritto per lui. Si morse l’interno della bocca. In momenti come quello aveva l’impressione di non avere più il controllo della sua vita, e quella sensazione sgradevole ultimamente tendeva a presentarsi troppo spesso.
Un sospiro lieve alle sue spalle bastò a fargli abbandonare tutte quelle riflessioni sterili.
Arretrò di un passo e, con gli occhi chiusi,  lasciò che il suo potere gli scivolasse lungo il corpo. La sfera di cui era il centro si allargò con la velocità e la violenza di un’onda d’urto, creando intorno all’appartamento un’invisibile difesa di cui quelle stanze erano l’immobile centro.
 
…come l’occhio di un ciclone…
 
Sua madre aveva usato quell’espressione il giorno in cui gli aveva insegnato a stendere attorno a sé quella protezione, di cui un Sakurazukamori non faceva mai a meno nel momento in cui si vedeva costretto ad abbassare la guardia.
Dormire, purtroppo, era un male necessario anche per uno come lui.
Si voltò di tre quarti, lentamente, per guardare la figura snella adagiata sul letto.
Subaru invece si dimenticava troppo spesso di riposare e nutrirsi, una cattiva abitudine che probabilmente non avrebbe mai perso.
Gli fu vicino con pochi passi. Fece scivolare un braccio sotto la sua schiena, sollevandolo e gli sfilò l’impermeabile chiaro, quindi si dedicò a quelle ineleganti, goffe strutture di velcro e lacci che si ostinavano a definire scarpe. Infine si sedette sul bordo del letto e si chinò su di lui.
-Lo sai in che razza di guaio ti sei cacciato, eh Subaru?-gli sussurrò.
Con la punta delle dita ridisegnò i lineamenti cesellati del suo viso pallido, sfiorandogli le guance curiosamente cedevoli, ora che i muscoli non erano contratti nell’espressione dura a cui li costringeva quando lo incontrava. Quel volto perfetto aveva sempre esercitato un fascino insolito su di lui, fin dalla prima volta, e anche ora non poteva fare a meno di trovare straordinario il modo in cui la sua bellezza si era raffinata col passare del tempo.
-E ora come pensi di uscirne?-
Gli sollevò una mano e ripercorse con l’indice destro le linee del marchio che vi aveva impresso. Lo vide corrugare la fronte e stringersi nelle spalle, come se volesse ritrarsi inconsciamente; allora, con un leggero sorriso, si chinò a baciare il pentacolo. Subaru riversò indietro la testa, scoprendo la gola mentre gemeva lievemente per il dolore.
Delizioso.
Eppure il ghigno di Seishiro scomparve,  sostituito da un leggero sospiro contrariato. Non era dell’umore adatto per certe cose.
Svogliatamente raccolse scarpe ed impermeabile, li depositò all’ingresso e si diresse in cucina. Aveva bisogno di distrarsi, di cacciare il nervosismo crescente che gli procurava la presenza del suo opposto. Mentre si slacciava la giacca rise piano. Con Subaru aveva sempre avuto intenzione di impegnare il tempo in modo decisamente diverso, altro che cucinare!
Costringendosi a liberare la mente da altri pensieri, cominciò a preparare i vari utensili con la noncuranza di chi è abituato a farlo da sempre, ma poco più tardi, mentre le pietanze cuocevano a regola d’arte, dovette riconoscere che quell’espediente non era servito a nulla.
Sbuffò ancora, poi, dopo una breve riflessione, sogghignò gettando un’occhiata sospettosa ai coperchi.
Forse non avrebbe avuto un solo visitatore quella sera.
Incrociò le braccia sul petto e alzò il viso verso il soffitto, tanto per guardare da qualche parte.
 -Hey, Hokuto-chan, che fai?  -disse ad alta voce, in tono di sfida- Non vieni a vegliare sulla virtù del tuo adorato fratellino?-
Socchiuse gli occhi: gli era comparsa alle spalle. Seishiro poté avvertire chiaramente la vibrazione che le mani sulle sue spalle provocarono nel livello più esterno della sua aura.
-Oggi nemmeno tu saresti tanto bastardo.-
L’assassino ridacchiò.
-Secondo me sei troppo ottimista .-ribatté allegramente.
Hokuto ricomparve sul bancone della cucina.
-Comunque te lo impedirei.-
-Ah davvero?-
-Sì.-
Sogghignò, con espressione sicura e sguardo tagliente, e infilò la mano nell’ampia manica sinistra. L’assassino si irrigidì, richiamando alla mente solo blande formule di difesa.
-Non te lo permetterò…-all’improvviso la voce salì di tono-…non finché non sarete regolarmente sposati!- urlò, levando al cielo un mestolo d’acciaio.
Un fulmine violetto concluse la sua corsa sulla lucida superficie curva dell’utensile e il contenuto delle pentole schizzò verso l’alto, come dei getti di fontana, mentre la risata volutamente sguaiata della ragazza rimbalzava sui muri della cucina.
L’assassino sbatté le palpebre, sentendosi gelare all’idea delle pulizie che avrebbe dovuto fare, alle pareti da ritinteggiare e alla cena da preparare daccapo; ma la sua vivace ospite si mostrò indulgente e il cibo tornò al suo posto senza fare danni.
-Ma naturalmente, se lui sarà d’accordo nel soddisfarti non potrò fare a meno di darvi la mia benedizione. -concluse, annuendo gravemente.
L’uomo si limitò a tendere la mano, palmo in su. Lo spirito sbuffò.
-Con te non c’è proprio nessun divertimento. - borbottò, rendendogli il mestolo.
-Mi conosci meglio di molti altri, signorina Sumeragi, sai già cosa aspettarti da me. -
-E tu, sai cosa spettarti da te stesso?-
Seishiro finse di ignorare l’improvvisa serietà della sua voce, e per scacciare il disagio tornò a dedicarsi ai fornelli. Hokuto rimase in silenzio per qualche minuto, ma senza l’intenzione di lasciare cadere il discorso.
-Io credo, Sei-chan, - disse, ad un tratto, seria -che oggi ti ubriacherai con un vino troppo dolce e forte per te.-
L’altro rise lievemente, gettandole un’occhiata significativa.
-Può darsi.-
La ragazza invece piegò all’insù un angolo della bocca, ridacchiando.
-Certo, signor mio, sto parlando di tentazione, ma non mi riferisco alla cosa più ovvia. -
L’uomo per un attimo parve vagamente incuriosito, poi si sfilò il grembiule e lo piegò in qualche modo, abbandonandolo sul ripiano del bancone.
-Beh, io vado a tenere compagnia al tuo fratellino; che fai, vuoi partecipare anche tu?-
-Ah, non credo che avrai bisogno anche di me.-ribatté sorridendo, con un’espressione indefinibile, poi gli strizzò un occhio -Alla prossima!-
Seishiro sospirò profondamente e si massaggiò per qualche secondo la fronte con la punta delle dita, quindi si avvicinò al divano, recuperando un libro che vi giaceva abbandonato, e avanzò con decisione verso la sua stanza.
Arrivato ai piedi del letto, però, non poté fare a meno di fermarsi ad osservare il suo inusuale visitatore.
Subaru giaceva in posizione fetale, con le coperte strette intorno al corpo e tirate fin sopra la testa, come…
 
…Come un pulcino nel suo uovo… 
 
Rise di se stesso. Non erano da lui espressioni così tenere.
Si stese su un fianco, accanto alla sua preda e aprì il libro con serie intenzioni, tuttavia l’interesse per la lettura scemò rapidamente e tornò a guardare la figura semisepolta dalle coperte.
Il suo ospite gemette sommessamente, aggrottando le sopracciglia.
Incubi, senza ombra di dubbio.
C’era una forte ironia nel fatto che il Sumeragi più potente in assoluto fosse di animo tanto fragile. L’assassino tese la mano sinistra per scostargli i capelli dalla fronte in un gesto di vaga gentilezza, poi piegò all’insù un angolo della bocca.
In fondo non aveva nulla da perdere.
Gli poggiò la mano sulla guancia, facendo forza sotto la mandibola per sollevargli il viso dal petto. Bellissimo e indifeso. Almeno non avrebbe rischiato di venire morso a sangue.
Toccò le sue labbra con le proprie, cautamente e quindi con più fermezza fino a violare con decisione calcolata la sua bocca.
Un curioso spasmo gli percorse lo stomaco e il ventre, facendogli involontariamente piegare le labbra in un sorta di sorriso. Chiuse gli occhi un istante e si tirò indietro, soffocando un leggero sospiro contrariato. Abbandonò la testa sul cuscino.
Era inconcepibile.
La preda che inseguiva da anni, per cui provava un’innegabile attrazione fisica era a sua completa disposizione, e lui non riusciva nemmeno a desiderarla.
Si massaggiò di nuovo la fronte, nell’inutile tentativo di diradare la nebbia che gli confondeva di nuovo i pensieri. Gettò ancora un’occhiata al morbido profilo del corpo che giaceva accanto al suo e rise piano.
Se non altro nessuno avrebbe più potuto più potuto dire che non aveva avuto un Sumeragi nel suo letto.
Ridendo ancora riprese a leggere, e solo quando fu troppo buio per continuare si decise a sdraiarsi, poggiando la testa sul braccio destro. Il suo cucciolo era rimasto immobile tutto il tempo, lasciandosi sfuggire solo qualche gemito soffocato, le coperte sempre più strette attorno al corpo. Seishiro socchiuse gli occhi.
Aveva bisogno di dormire, ma era ancora indeciso se lasciare al suo avversario un simile vantaggio. Gli era parso di avvertire un cambiamento nel suo modo di fare, un delizioso, attraente, pericoloso mutamento che non era ancora riuscito ad identificare, ma di cui era assolutamente certo.
Chiuse gli occhi, sospirando profondamente. In verità non avrebbe dovuto avere timore di nulla. Conosceva il senso dell’onore di Subaru meglio di chiunque altro, e anche se non avesse potuto fare affidamento su quello, la sua indole mite gli avrebbe impedito anche solo di pensare di aggredirlo nel sonno.
Nascose il viso contro il braccio. Non c’era nulla di cui preoccuparsi.

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Capitolo 10
*** Cathedral ***


Titolo: Cathedral
Pair: Seishiro x Subaru, Hokuto
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo

 
Chathedral
 
Regnava un silenzio irreale, talmente perfetto e profondo che poteva udire chiaramente i battiti del suo cuore. La consapevolezza che la sua presenza in quel luogo equivaleva ad un sacrilegio lo colpì immediatamente, eppure non riuscì a sorprenderlo, né a turbarlo.
I suoi passi risuonarono con un’eco aliena ed innaturale, mentre avanzava verso il centro della sala circolare dalla slanciata architettura gotica, al punto che si scoprì a gettare occhiate inquiete ai gargoyles di pietra scura aggrappati alle colonne; demoni dalle ali di drago e corpi snelli, scattanti, con musi feroci ma non grotteschi, semplicemente perfetti: sembrava che la vita fosse scivolata via da loro solo pochi istanti prima.
Girò su se stesso, con la sensazione di qualcuno alle sue spalle, ma vide solo scaffali arcuati che seguivano fedelmente il movimento delle pareti, traboccanti di libri dalle rilegature eleganti e illuminati da enormi vetrate rosso sangue che alleggerivano la possanza della costruzione.
-Ciao!-
Hokuto gli sorrise, appollaiata su una scala da biblioteca, avvolta nell’ampio abito bianco.
Subaru ricambiò il sorriso con affetto, poi corrugò la fronte. Aveva l’impressione di avere scordato qualcosa di importante che riguardava lui, Seishiro e sua sorella.
La ragazza saltò a terra e corse ad abbracciarlo, distraendolo da quei pensieri, poi si allontanò di un passo e, incrociate le dita dietro la schiena, fece un giro su se stessa, con il viso rivolto verso il soffitto.
-E’ bellissimo, vero?-
-Sì. -
Quella sala emanava una misteriosa sacralità, quasi fosse una cappella.
-Sai dove siamo? -
Il Drago del Cielo scosse la testa, anche se aveva l’impressione che quel luogo dovesse essergli molto familiare.
La sua gemella allargò le braccia, abbracciando con quel gesto parte della stanza.
-Questo è Seishiro. -annunciò, sorridendo-O meglio, questo è il modo in cui io percepisco il suo mondo interiore.-
Subaru annuì lentamente, come se la cosa non lo sorprendesse per nulla.
-Ma non potremmo essere qui… -mormorò, poi si voltò a guardarla -Non dovremmo…-
-No, infatti.-
Il tono della ragazza era serio come gli era capitato di udirlo ben poche volte.
 -Ma è ora che tu cominci seriamente a mettere ordine nei tuoi sentimenti, e non c’è luogo migliore di questo per iniziare a farlo.-
Il ricordo del sofferto sentimento per Seishiro riemerse all’improvviso. Chinò la testa, confuso. Qualcosa ancora si ostinava a sfuggire alla sua memoria, qualcosa di terribile e doloroso che non riusciva a far affiorare dalla foschia che avvolgeva i suoi pensieri.
-Ordine dici.- mormorò, con amarezza- Io lo amo e lui no, non mi odia nemmeno, gli sono completamente indifferente. Il problema sono solo io. -
-Non esserne così sicuro.- tagliò corto Hokuto.
Alzò le mani e intrecciò le dita dietro la nuca del fratello.
-Se gli fossi indifferente come dici, toccarti non gli procurerebbe il minimo piacere; ma le cose non stanno così. - gli strizzò un occhio, maliziosa, tornando però ad incupirsi un attimo dopo - Per questo motivo il Ciliegio ti odia e ti desidera con una violenza che non conosce da molto tempo.-
-Non capisco.-
-Non importa.-
Si staccò da lui, e con un altro ampio gesto indicò gli enormi scaffali.
-Guarda. In questo luogo sono custodite tutte le sue conoscenze, e anche i suoi ricordi. –sorrise, divertita-E noi ne occupiamo una parte tutto sommato ingente. Pensa a noi più di quanto non sembri e a me in particolare più di quanto non vorrebbe. Forse un giorno ti parlerà di me, oppure no, chi può dirlo?.-
Di nuovo, seria, tornò a fissare il suo sguardo negli occhi del fratello.
-Ora pensa attentamente prima di rispondermi: ti sei mai chiesto cosa voglia davvero da te? -
-Uccidermi. -ribatté Subaru, senza esitazione-Dopo avere finito di strappare quello che resta della mia anima. Cosa potrebbe volere altrimenti? -
-Può darsi che non lo sappia -
La gravità sconosciuta che udì nella voce della sorella cancellò immediatamente il sospetto che si stesse prendendo gioco di lui.
-A Sei-chan piace molto sfidarti; quando lo farà di nuovo, dovrai sforzarti di cercare la verità che nasconde dietro alle sue parole, senza lasciarti distrarre dall’amarezza.-
Il Drago del Cielo annuì, di nuovo confuso, con gli occhi già velati. Si portò una mano alla fronte.
-Sì. -mormorò, obbediente.
Hokuto lo circondò con le braccia e lo strinse con dolcezza.
-Sei stanco.- gli sussurrò -Torna a dormire.-
Il suo adorato gemello si chinò su di lei, con un sospiro appena udibile e l’abbracciò. Fu invaso da una profonda afflizione, come se stesse per perderla, e istintivamente la strinse con più forza. Per un attimo, un pensiero sfuggito al controllo della sua guida lo indusse a chiedersi perché lei non fosse cresciuta e indossasse l’abito che sarebbe spettato a lui.
-Non ti lascerò mai solo, finché avrai bisogno di me. -
Subaru emise un suono di assenso, aveva la mente troppo annebbiata per parlare, tuttavia le sue parole avevano qualcosa di sbagliato che non riusciva ad identificare. Lei gli era accanto ogni giorno, non c’era motivo per cui le cose dovessero cambiare. Forse lo stava solo prendendo in giro, in fondo le era sempre piaciuto scherzate. La consapevolezza di stare pensando a lei al passato lo confuse ancora di più. Cercò inutilmente di concentrarsi sulle domande che gli affollavano la mente, ma non aveva la forza di pensare, voleva solo perdersi nel calore delle sue braccia e dimenticare ogni altra cosa.
Hokuto si lasciò stringere, mentre, lentamente, riconduceva il fratello oltre i confini del mondo interiore dell’assassino.
Abbassò le braccia ormai vuote e tornò ad appollaiarsi sulla scala.
Non le piaceva il modo in cui si stava comportando, ma manipolare la coscienza di Subaru era più semplice e immediato che infastidire un Sakurazukamori. Sbuffò, stiracchiandosi. Certo aveva indebolito le sue convinzioni, ma Seishiro era un uomo talmente volitivo e testardo che le avrebbe ricostruite a qualunque costo, e se lo avesse lasciato fare lui avrebbe seguito fedelmente i suoi propositi e la tradizione del clan; e non era quello che lei aveva previsto nel suo piano.
 
 

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Capitolo 11
*** Dangerous game ***


Titolo: Dangerous game
Pair: Seishiro, Subaru, Hokuto
Rating:  giallo ( tendente arancio)
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.

 
Dangerous game
 
Subaru si liberò lentamente dal velluto delle tenebre, riprendendo coscienza del proprio corpo fibra dopo fibra, rassicurato man mano dal familiare peso delle coperte. Si sentiva spossato, confuso e con l’angosciante sensazione di avere scordato ancora una volta qualcosa di importante. Cercò nei ricordi più recenti, ma la fitta caligine che li avvolgeva lo fece desistere dal proseguire oltre. Sospirò pigramente. Quel giorno c’era un che di straordinario nello starsene così raggomitolati nel letto, forse dipendeva dal fatto che lo faceva troppo di rado; di solito si limitava a gettarsi a peso morto sul divano, tirandosi sulle spalle una coperta vecchia e trascurata. Ad occhi chiusi, assaporando con gratitudine il tepore che scacciava il freddo della stanchezza dal suo corpo, per gioco tastò la consistenza della stoffa tra le sue dita. Non si era mai accorto che conservassero tanto a lungo l’odore di sapone.
Mentre si lasciava scivolare di nuovo nell’incoscienza qualcosa lo mise in allarme. C’era anche un profumo aspro, appena percepibile, così familiare da togliergli il respiro: acqua di colonia.
In un istante ogni suo muscolo si tese fino allo spasimo, prima ancora che il ricordo di quanto era accaduto si ripresentasse bruscamente alla sua memoria. Con estrema cautela, millimetro dopo millimetro, scostò le coltri dalla testa e allora avvertì un respiro lieve e regolare. Si morse l’interno della bocca, serrando gli occhi con forza prima di aprirli, il cuore che batteva tanto furiosamente da assordarlo.
L’uomo accanto a lui sembrava dormire profondamente, il viso seminascosto dal braccio destro e la mano sinistra appoggiata ancora sulle pagine di un libro.
 
scaffali arcuati che seguivano fedelmente il movimento delle pareti, traboccanti di libri dalle rilegature eleganti…
 
Subaru corrugò la fronte nel tentativo di afferrare quel brandello di visione, ma tutto si disfece prima che potesse catturarlo. Lo sguardo allora scivolò di nuovo sulla persona al suo fianco.
Un movimento in più sarebbe stato sufficiente a svegliarlo, ma questo non toglieva il fatto il suo nemico si era deliberatamente affidato a lui; perché pensava di conoscerlo tanto bene da prevedere ogni sua azione, mentre lui non aveva la minima idea di cosa si agitasse davvero dietro l’espressione che Seishiro indossava continuamente.
Si accorse di tremare. Si era di nuovo messo in trappola, e forse questa volta non ne sarebbe più uscito.
Socchiuse gli occhi, senza distoglierli dall’assassino e dalle labbra gli sfuggì un sospiro carico di rassegnazione.
 
…Né con te, né senza di te, trovano i miei mali rimedio; con te, perché mi uccidi, e senza di te, perché muoio … (1)
 
Aveva letto quella frase tanto tempo prima, in un libro che Hokuto gli aveva messo tra le mani per scacciare la noia di un giorno di pioggia, e quelle parole struggenti gli avevano subito lasciato addosso una strana inquietudine, come se una sconosciuta parte di sé già avesse previsto quanto sarebbe accaduto in seguito.
Trasse un respiro profondo per calmarsi e cacciare il tremore che lo avrebbe reso ancora più vulnerabile. Rimase immobile, concedendosi qualche istante della tristezza nostalgica che la figura al suo fianco gli suggeriva, dopodiché, senza più curarsi di non fare rumore, stese finalmente le gambe indolenzite.
Il corpo dell’assassino fu percorso da una tensione istantanea e i suoi occhi si aprirono solo a metà, due fessure brillanti di ferocia, eppure, appena mise a fuoco l’immagine davanti a sé, quel brillio si spense, sostituito da qualcosa di indefinibile e sconosciuto.
Seishiro gli sorrise con sfacciata amabilità, ricacciando nel profondo di sé la leggera angoscia che gli stringeva la gola.
Si sentiva strano, in qualche modo … deglutì velocemente … violato; era un termine eccessivo, carico di significati sentimentali e patetici, eppure gli parve l’unico in grado di rendere pienamente quella sensazione.
D’un tratto tutto gli fu chiaro: si era addormentato accanto ad uno sciamano dalle sue stesse potenzialità, senza alzare una seppur minima difesa, e la possibilità di essere toccato dal potere di un Sumeragi era una cosa che avrebbe dovuto considerare con maggiore serietà.
Rapidamente cercò sul viso e negli occhi del suo ospite la conferma ai suoi sospetti ma non trovò assolutamente nulla; se anche Subaru era arrivato tanto vicino al suo spirito, ora non sembrava serbarne ricordo e questo bastò a tranquillizzarlo, insieme alla consapevolezza di avere ancora il potere di condurre il gioco.
-Ciao.- sussurrò
Il suo cucciolo accennò appena un sorriso.
-Va meglio? -
-Ha qualche importanza? -ribatté debolmente Subaru.
-No.-
Il capo dei Sumeragi piegò all’insù un angolo della bocca: non si era aspettato niente di diverso.
-E ora, che ne farai di me?-
Seishiro rise piano. Si fece più vicino e gli poggiò la mano sinistra sulla guancia e le labbra sulla fronte.
-Chissà?-sussurrò -Che ne farò di te?-
Contrariamente a quanto si era aspettato nessuna tensione irrigidì il Drago del Cielo, tuttavia quando scese a percorrere con le labbra la linea morbida del suo profilo avvertì sul petto la leggera pressione delle sue mani. Più divertito che contrariato da quella debole resistenza, l’assassino si tirò indietro per incrociare il suo sguardo.
 -Cos’è cambiato?- chiese il Drago del Cielo.
Seishiro sbatté le palpebre, sorpreso.
-Come?-
La bocca di Subaru tornò a prendere una piega amara, eppure in qualche modo allarmante.
-Hai sempre detto che per te sono niente, baciarmi o ferirmi ti coinvolge allo stesso modo, no?-
-Certo, è quello che ho detto. E’ la verità.-
Nonostante la sicurezza con cui aveva pronunciato quelle parole, un remoto angolo della mente suggerì inutilmente all’assassino che si stava avventurando lungo una strada pericolosa, infida quanto il ghiaccio sottile.
-Allora, in nome del Cielo, perché adesso mi vuoi?-
L’assassino sbatté di nuovo le ciglia. Nessuna esitazione, nessuna incrinatura nella voce; non si sarebbe mai spettato una domanda così diretta da una persona tanto schiva e riservata.
-C’è bisogno di domandarlo?-chiese con leggerezza, sorridendo malizioso -Guardati allo specchio e avrai la tua risposta.-
Subaru non cambiò espressione, ma il suo sguardo divenne severo, carico di rimprovero.
- Se tutto si riducesse a questo, l’ultima volta non mi avresti lasciato andare.-
Seishiro cominciò a sentirsi piuttosto infastidito. Erano verità scomode e ingombranti, e che riuscivano a procurargli una fastidiosa irritazione, tuttavia erano state sue scelte perciò non avrebbe avuto altri con cui prendersela se non se stesso. Nascose il suo malumore ridacchiando con malignità.
-Quello che faccio non ti riguarda.- piegò le labbra in un ghigno perverso -Potrei anche decidere di prendermi ora quello che ho tralasciato fino ad oggi, ci hai pensato Sumeragi-san?-
-Sì.-
Il Drago del Cielo parlò con una freddezza tale da sorprenderlo di nuovo, eppure in fondo al suo sguardo si agitavano selvagge l’ira e la frustrazione che viveva da anni. Uno spettacolo tale da togliere il respiro.
-E, come sempre, tu non mi stai rispondendo.-
La voce del capo dei Sumeragi si era indurita come il suo sguardo, in cui le passioni che vi avevano danzato avevano ceduto il posto a quella che avrebbe dovuto essere rassegnazione, e che invece era qualcosa di così alieno che Seishiro non riuscì a comprenderne la natura.
-A te piace sputare la verità in faccia alla gente, lo fai appena ne hai occasione; però lo fai con tutti tranne che con me.-
Seishiro si alzò a sedere di scatto, senza nemmeno curarsi di nascondere il proprio nervosismo.
-Se hai la forza di dire tutte queste idiozie vuol dire che stai meglio di quanto pensassi.-disse, in tono aspro.
Gli diede la schiena e scese dal letto, senza dimenticare, una volta in piedi, di passare le mani con un gesto meccanico, e ormai inutile, sui pantaloni sgualciti.
Subaru si alzò a sedere, ignorando un capogiro. Si appoggiò alla testiera del letto, tirando le ginocchia al petto e circondandole con le braccia.
Udì Seishiro ridere sommessamente. Stava ridendo di se stesso, ma questo lui non lo avrebbe mai saputo.
-Oggi sei davvero bravo a farmi perdere la pazienza.-disse, guardandolo da sopra una spalla.
-Voglio solo delle risposte.-
-Non è che detto che io sia disposto a dartele.-
Uscì dalla stanza senza aggiungere altro e tornò pochi minuti dopo, con due eleganti bicchieri. Si sedette accanto al suo ospite gliene porse uno. Il Drago del Cielo accettò l’invito senza troppi timori. Un Sakurazukamori non si sarebbe mai abbassato ad usare del veleno.
-Cos’è ?-
Seishiro scrollò le spalle, pallido quasi quanto il suo opposto.
-Acqua e zucchero.- toccò con il proprio il bicchiere del suo ospite -Salute!-
Subaru si costrinse a berne un paio di sorsi. Nauseato, si coprì la bocca con una mano per soffocare un conato. Al suo fianco Seishiro tossì, alle prese con lo stesso problema. Il capo dei Sumeragi gli gettò una rapida occhiata di sottecchi, incrociando il suo sguardo vagamente imbarazzato.
-Hai bisticciato col tuo Sakura?-
L’asprezza e il sarcasmo con cui pronunciò la frase stupirono entrambi, ma in quel momento nessuno dei due lo avrebbe mai mostrato all’altro. Seishiro alzò di nuovo le spalle.
-I demoni femminili a volte sono volubili quanto le donne umane.- ribatté con leggerezza.
Subaru rise piano, poi incurante del pericolo abbassò la fronte sulle ginocchia. La verità era che il pallore dell’assassino lo aveva allarmato oltre misura, e che si sarebbe fatto scorticare piuttosto di ammetterlo anche con se stesso. Le dita forti del suo nemico gli sfilarono dalla mano il bicchiere, poggiandolo sul comodino a fianco del letto.
 -Tutto questo è surreale, non credi?- mormorò l’assassino.
-Sì.- il ragazzo si passò nervosamente una mano tra i capelli -Ma è quanto sta accadendo e non possiamo permetterci di ignorarlo.-
Accennò un sorriso e si stupì nel vedere sul viso del suo opposto la sua stessa mestizia. Si morse piano il labbro inferiore, indeciso se lasciare libero corso alle sue parole, quindi sospirò appena.
-Vuoi sapere cosa penso, Sakurazukamori-san? Che siamo stanchi tutti e due di questo gioco, che il tuo demone lo è ancora più di noi, e che prima di quanto pensiamo finirò come gli animali del retro.-
Seishiro ridacchiò, ad occhi socchiusi. Di nuovo il suo cucciolo parlava con un’indifferenza che prima non aveva mai posseduto. Tese una mano a sfiorargli le labbra con la punta delle dita.
-Bada, stai parlando di nuovo come me.-
L’altro piegò all’insù un angolo della bocca, quasi divertito.
-A volte riesci a essere così cieco…-
-Ah sì?-
Seishiro si girò di tre quarti verso di lui, poggiando il polpaccio sul bordo del letto e sporgendosi lievemente in avanti.
-Riguardo a te?-
-Tu cosa pensi?-
L’assassino chinò la testa e rise di nuovo, senza allegria.
-Mi piace il modo in cui hai imparato a reggere le conversazioni con me, tuttavia- fissò lo sguardo nel suo -ora sono a io a chiedertelo: cosa è cambiato?-
Subaru scosse piano la testa, le labbra appena piegate in un sorriso mesto.
-Nulla. Ragiona, qual è la prima cosa che ci insegnano sulla natura di questo mondo?-
-Che è duale e che non c’è niente di assoluto, né in bene né in male.-
-E allora perché ti stupisci?-chinò gli occhi -Ho anch’io la mia parte di tenebre dentro di me, come tutti.-
-Ma in me non c’è nessuna luce, e questo discorso si sta rivelando completamente privo di senso.-
L’assassino afferrò i bicchieri e si alzò in piedi.
-E adesso alzati; non ho intenzione di portarti la cena a letto.-
Una volta solo Subaru sospirò profondamente. Gettò un’occhiata all’orologio sul comodino. Erano quasi le tre del mattino.
 Si appoggiò ancora alla testiera. A quell’ora avrebbe già dovuto essere morto, o morente, tra rami di una bellezza incomparabile. Chiuse gli occhi. Non capiva, aveva la netta impressione che tutto quello che aveva sempre pensato del suo nemico fosse sbagliato, ma d’altro canto nessuno avrebbe mai potuto affermare di conoscere fino in fondo un sicario del Ciliegio.
Con un gesto deciso buttò indietro le coperte e poggiò i piedi a terra. Raggiunse la cucina e si appollaiò su uno degli sgabelli di fronte al bancone.
Seishiro gli mise davanti un piatto fumante poi si allontanò.
Tenendo il piatto sospeso con la mano sinistra si appoggiò al lavandino, lasciando vedere al suo ospite solo il profilo del suo viso.
Subaru giocherellò con la forchetta, infine si decise ad ignorare le ingiustificate proteste del suo stomaco.
Il padrone di casa gli gettò un’occhiata di sottecchi, poi tornò a masticare svogliatamente, lo sguardo fisso su un inesistente punto di fronte a lui. Ad un tratto poggiò il piatto e incrociò le braccia sul petto.
-Che tipo è?-
Il suo ospite alzò la testa.
-Chi?-
-La donna che hanno scelto per te.-
Subaru fu colto alla sprovvista, sorpreso dal tono della sua voce, rigida come quando si era rivolto a Tomoe.
-Oh. Mite, obbediente, graziosa… una bambola perfetta per il mio rango.-
Il Drago del Cielo articolò le parole con lentezza, quasi gli costassero fatica, le ciglia che ombreggiavano gli occhi socchiusi. Di nuovo la sua bellezza colpì l’assassino più di quanto avrebbe dovuto. Seishiro avvertì un leggero aumento dei battiti cardiaci, quando il suo cucciolo alzò di nuovo gli occhi su di lui.
- Non è certo vivace come Tomoe.-
Il sicario chinò la testa, ridendo.
-Poche donne lo sono, per fortuna.-
Si passò una mano fra i capelli, le labbra piegate in un sorriso divertito.
-Coraggio, chiedimelo.-
Il capo dei Sumeragi  unì le punte delle dita davanti al viso.
-Chiederti cosa?-
Si scambiarono una breve occhiata, carica di una complicità che non avevano sperimentato nemmeno durante il loro anno insieme.
-C’è qualcosa che mi sfugge.- ammise Subaru -Ho sempre saputo che i Sakurazukamori si muovono da soli, tu stesso me lo hai detto: nessuno ha diritto di importi qualcosa; quindi non capisco come Tomoe, col suo modo di fare, possa essere ancora viva.-
Seishiro annuì.
-I Sakurazukamori hanno i loro servitori a cui rendere conto riguardo a certe questioni.- sbuffò rumorosamente, cambiando all’improvviso espressione e tono di voce -Non ti sembra una gran fregatura? Ho diritto di uccidere chi voglio tranne i miei servitori, perché agiscono sempre in funzione della sopravvivenza del clan, quindi visto che Tomoe è stata scelta da loro devo agire di conseguenza. Bah!-
Subaru maledisse il tuffo del suo cuore: era da troppo tempo che non lo sentiva parlare con quella vivacità.
-Allora accontentala. Sappiamo entrambi come non avere figli; certamente lo saprà anche lei, ma almeno starà tranquilla per un po’.-
Seishiro lo guardò incredulo. Una proposta simile se la sarebbe aspettata da Hokuto, non dal suo timidissimo fratello, che riusciva a guardarlo con mestizia anche in quel momento, senza che nessun rossore gli colorasse il viso esangue.
-Potrei dire lo stesso di te.-
Il suo ospite rise. Una risata secca, metallica, nulla più di uno sfogo nervoso.
-E’ una bambina. -sibilò -Ha quasi dieci anni meno di me.-
L’assassino socchiuse gli occhi. Possibile che la sua “nonnina” che si era presa tanto disturbo per salvarlo adesso avesse il coraggio di fare anche a lui una cosa simile? Procuragli una sposa  e pretendere dei discendenti, pur sapendo come la pensava e conoscendo cosa stava accadendo al mondo? Il suo viso si atteggiò in un’espressione che non avrebbe voluto mostrare e piegò le labbra in un ghigno amaro.
-Le donne sono sempre chiamate prima di noi a compiere i loro doveri.-mormorò.
Subaru si sentì percorrere da un brivido. Immaginò che si stesse riferendo alla madre, eppure aveva la certezza che ci fosse dell’altro.
Seishiro scrollò le spalle.
-E’ solo una constatazione generale.- concluse.
Il Drago del Cielo ammirò ancora con una certa invidia la bravura con cui l’assassino sapeva mutare l’espressione del viso per raggirare chi gli stava di fronte, ma quel giorno non si sarebbe lasciato ingannare.
-Stai mentendo.- affermò, con decisione.
Seishiro assunse l’espressione buffa che la sua preda aveva imparato a conoscere quand’era ragazzo e si indicò il viso.
-Io? Via, che brutta opinione hai di me!-
La sua giovialità ben costruita morì pochi istanti dopo, incapace di sopravvivere di fronte alla consapevolezza di stare percorrendo una strada ancora più pericolosa di prima.
Seishiro scosse la testa, fingendosi annoiato. Non voleva parlare di quello, non voleva parlare affatto, ma le parole sembravano uscirgli di bocca senza che riuscisse a controllarle. Il desiderio di comunicare, di confrontare delle idee era qualcosa di troppo umano perché non gli incutesse timore.
-Non ho voglia di discuterne.-
-Perché?-
L’assassino sentì montare una certa irritazione. La maledisse, pur sapendo che era la stanchezza a renderlo tanto nervoso.
-Perché sono un gran figlio di puttana e ti risponderò solo quando e se ne avrò voglia.-
Il Drago del Cielo non parve affatto toccato dalle sue parole, anzi piegò all’insù un angolo della bocca, come a chiedergli se avesse finito di dire sciocchezze.
L’assassino avvertì un certo imbarazzo. Perdere il controllo per qualche provocazione era a dir poco vergognoso, tuttavia se Sumeragi-san aveva voglia di giocare un po’ non c’era motivo di deluderlo. Appoggiò le mani sul piano del bancone e si sporse in avanti, abbassandosi fino a trovarsi a un soffio dalle sue dita.
-Se la cosa ti interessa tanto, puoi sempre provare a costringermi.-
Subaru sostenne il suo sguardo, senza cambiare espressione, eppure il suo cacciatore si sentì percorrere da un brivido, come se avesse improvvisamente preso consapevolezza di cosa quella provocazione ,che si ostinava a sfuggirgli dalle labbra, avrebbe potuto scatenare nel suo opposto.
-Si tratta di Hokuto, vero?-
Seishiro fu travolto da un violento disagio. Era sempre stato convinto di conoscere ogni recondito angolo dell’animo del suo cucciolo e invece negli ultimi tempi tutto sembrava dimostrargli l’esatto contrario. Non si sarebbe mai aspettato una simile freddezza nel parlare di lei.
Istintivamente si allontanò e tornò ad appoggiarsi al lavandino. Aveva tenuto per sé la confidenza che la ragazza gli aveva fatto un giorno in cui non poteva più sopportarne il peso, e aveva sempre pensato di usarla come arma, ma, con un certo rammarico, riconobbe che ormai quel rasoio non era più affilato a sufficienza.
-Via, Subaru, perfino io riesco a capire perché non vuoi figli. Hokuto avrebbe fatto di tutto per sollevarti da un simile dovere. -scrollò le spalle -Non possedeva i tuoi poteri, certo, ma era la tua gemella, la creatura più vicina a te in assoluto e non ci sarebbe stata una grande differenza tra un erede generato da te o partorito da lei.- incrociò le braccia sul petto -I figli dei potenti sono sempre stati un’ottima merce di scambio, lo sai. -socchiuse gli occhi -Non ti sarebbe piaciuto vederla condurre quel genere di vita.-
Il capo dei Sumeragi annuì in silenzio. Non voleva mostrarsi turbato dalle sue parole.
- E dire che perfino tu agisci indipendentemente dai tuoi scopi personali.- fu scosso da una breve risata, ancor più amara delle sue parole -Tranne che con me, credo.-
-Con te mi diverto, è diverso - l’assassino gli sorrise sfacciatamente -Adesso svuota quel piatto e leva le tende, sono stanco di averti tra i piedi.-
Subaru si limitò a ingoiare un altro paio di bocconi, poi appoggiò la forchetta e si alzò.
-La tua cucina è addirittura migliorata. -commentò a bassa voce.
-Devo pur prendermi cura di me stesso.- con un gesto rapido strinse le dita sul mento del suo cucciolo -Anche tu per rispetto a Hokuto dovresti farlo.- sogghignò -Almeno per il tempo che ti resta.-
L’altro sciamano scrollò le spalle, librandosi poi con un lieve cenno del capo e lo aspettò per dirigersi verso l’ingresso. Cominciava a sentire una certa inquietudine a causa dell’atteggiamento del sicario. Troppo umano, troppo imprevedibile, addirittura incoerente; non sapeva più come comportarsi, cosa aspettarsi da lui e soprattutto da se stesso.
Con gesti misurati Seishiro lo aiutò a infilarsi l’impermeabile, dopo avere pazientemente aspettato che le sue dita ancora intorpidite smettessero di litigare con i lacci delle scarpe.
Subaru lo ringraziò con un lieve cenno del capo e si affrettò a raggiungere la porta. Voleva andarsene il più in fretta possibile, prima che la situazione gli sfuggisse di mano e soprattutto perché era suo dovere farlo. Quella constatazione lo amareggiò ulteriormente. Ormai era così abituato ad agire in funzione del suo ruolo che spesso non era più capace di distinguere ciò che voleva da ciò che gli era imposto, o forse, più semplicemente, non aveva il coraggio di farlo.
Strinse le dita intorno alla maniglia di ottone.
Al di là di quella soglia c’era la guerra che esacerbava il suo conflitto interiore, i nuovi compagni e anche Kamui; però era il mondo che conosceva e riusciva ad apparirgli meno insidioso e pericoloso di quello che stava volontariamente lasciando dietro di sé.
Si irrigidì. Stava dando le spalle al suo nemico; non avrebbe mai dovuto concedergli tanta fiducia, a maggior ragione ora. A conferma di ciò la mano destra di Seishiro si strinse dolcemente intorno alla sua gola. Sospirò. Non avrebbe dovuto esitare così tanto ad andarsene.
-Pensavo volessi lasciarmi andare.- lo apostrofò.
L’altro non gli rispose, né allentò la stretta. Subaru si voltò, liberandosi senza fatica e appoggiò la schiena alla porta, sconcertato dalla luce che vide balenare per un istante nell’ambra dell’occhio che lo guardava.
- Insomma, cosa vuoi da me?- mormorò, stanco.
Seishiro piegò le labbra accennando un sorriso, cacciando le insinuazioni di Hokuto prima ancora che gli si ripresentassero alla mente.
-Tutto.- disse, pacatamente -Tutto quello che potrò avere.-
Con un movimento lento si piegò in avanti, fino a poggiare l’avambraccio sulla superficie verticale della porta, sopra la sua testa, come aveva fatto tanto tempo prima sulla Torre, quando Subaru era un ragazzino gracile che a malapena gli arrivava al petto. Il suo cucciolo abbassò la testa, rifiutandosi, con poco successo, di cedere a quei ricordi.
L’assassino sorrise. Gli parve di farlo come sempre, piegare le labbra in quel modo ironico era tra le cose che sapeva fare con maggiore bravura, ma se l’altro lo avesse guardato, in quel momento avrebbe potuto vedere almeno una parte di ciò che lui non avrebbe mai ammesso neanche con se stesso.
-Hey, Subaru.-
-Cosa? - chiese stancamente lo sciamano.
-Davvero non mi trovi sexy?- (2)
Il Drago del Cielo si lasciò andare a una risatina nervosa, sempre a testa china.
-Allora sei davvero ottuso.- mormorò.
Inaspettatamente alzò il viso, fissando lo sguardo in quello del suo nemico.
L’assassino avvertì con la coda dell’occhio il movimento lento delle sue mani e se le trovò appoggiate sul petto, le dita aperte, come se volesse allontanarlo da sé; o gettare un ponte su un baratro di una profondità inimmaginabile.
-Quando ti renderai conto del fatto che sono cresciuto? Non sono un santo asceta. Credi davvero che io non abbia certi desideri?-
Per pochi, lunghissimi secondi l’assassino lasciò che un genuina sorpresa animasse il suo viso, poi
si diede dell’idiota e riprese il controllo di sé. In fondo non aveva nulla di cui stupirsi; sapeva benissimo che ormai Subaru non era più un ragazzino; eppure le parole che aveva appena udito gli avevano lasciato addosso la una sensazione bizzarra, come quella si prova di fronte ad una nuova scoperta. 
-Cominciavo a dubitarne.-disse invece, nel modo più provocante in cui riuscì a modulare la voce.
Con un movimento fluido affondò il viso nel collo del suo opposto. Non voleva più pensare, né parlare: era molto più facile e sicuro comportarsi come sempre, nascondersi dietro lo scudo della sua indifferenza e continuare il gioco che aveva tanto imprudentemente cominciato. Risalì fino al suo orecchio.
-Arrenditi.-sussurrò.
-No.-
Seishiro suo malgrado rise con discrezione: la resistenza che il suo opposto sapeva mostrargli lo aveva sempre divertito, in qualche modo.
 -Non potrai sfuggirmi per sempre, e io non smetterò di darti la caccia: lasciati andare ora, senza lottare e soffrire ancora inutilmente. Riuscirò ad averti, è solo questione di tempo.- poggiò la mano destra contro la sua spalla e lo spinse indietro -Ti strapperò fino all’ultimo brandello di dignità e orgoglio, finirò di fare a pezzi la tua anima e mi prenderò il tuo corpo. Puoi evitare tutto questo.- la sua voce si addolcì -Abbandonati.-
 -No.-
L’assassino rabbrividì di piacere. Non avrebbe nemmeno avuto bisogno del lieve tocco sulla spalla del suo cucciolo per percepire le deboli variazioni del campo elettrico dei suoi muscoli; per quanto la sua voce fosse stata ferma un irrefrenabile, impercettibile, eccitante, tremito stava percorrendo il suo corpo.
-Davvero?- soffiò al suo orecchio.
La voce di Subaru si spezzò, insieme al suo respiro, nel momento in cui Seishiro cominciò a percorrere con le labbra la morbida curva della sua mandibola. Girò la testa per sottrarsi, pur sapendo che così non faceva altro che peggiorare le cose. Sentì le dita del suo cacciatore stringergli le spalle, in una presa forte ma non ancora dolorosa mentre allontanava il suo viso da lui. Nell’irreale istante di immobilità e silenzio che seguì il Drago del Cielo non trovò quasi il coraggio di respirare, sopraffatto dal peso di un’angoscia troppo profonda.
Seishiro percepì la sua mente chiudersi su se stessa nel momento in cui lo spinse con il proprio corpo contro la porta. Il suo opposto era ancora troppo debole per riuscire a costruire una barriera, o per riuscire a divincolarsi e offrirgli una resistenza degna di questo nome. Quella era l’unica reazione di difesa che gli restava.
L’assassino sogghignò. Ormai aveva la certezza che avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa e che il suo opposto non avrebbe pianto, né si sarebbe lamentato; Subaru era certamente cambiato in meglio, qualunque potesse esserne la ragione.
Con disinteresse allontanò quel pensiero. Non era il momento di distrarsi.
Con estrema cautela ampliò le proprie percezioni.
Il guscio che proteggeva la parte più profonda di Subaru era impenetrabile anche per lui, ma non era perfetto come le barriere che il capo dei Sumeragi sapeva erigere con tanta perizia e, anche se con difficoltà, poteva vedere cosa si agitava al suo interno. Vagamente si ricordò di qualcuno che aveva affermato che se si guardava nell’abisso anche l’abisso faceva altrettanto, però in quel momento gli parve troppo insensato preoccuparsene e si sporse a guardare oltre il bordo del baratro.
Si allontanò quel tanto che bastava per poter affondare le dita nelle spalle del suo opposto. Non voleva che gli sfuggisse ancora a causa di una semplice disattenzione.
Subaru rimase immobile, senza sapere cosa aspettarsi.
L’assassino strinse le labbra: quello che voleva fare era azzardato anche per lui.
D’un tratto sogghignò; in fondo non aveva nulla da perdere.
Strinse con forza le spalle del suo nemico e tornò a toccare con le labbra i suoi tratti delicati, sfiorandogli appena la bocca serrata con  ostinazione, e si beò del suono stridulo che sentì provenire dalle profondità della sua mente e che riverberava oltre il corpo fisico, intorbidendo la sua aura.
Era una sensazione inebriante, eccitante come camminare sull’orlo di un precipizio.
E lui era un ottimo equilibrista, non avrebbe mai corso il rischio di precipitarvi.
Perso nelle sue constatazioni, non si accorse dell’impercettibile cambiamento che riplasmò l’espressione del suo prigioniero.
Subaru strinse i pugni. Aveva finalmente avvertito il tocco cauto dell’assassino e insieme ad esso la fredda, arida distesa che era…
 
…un’elegante sala circolare, vigilata da demoni, protetta da ogni attacco esterno solo da vetrate sanguigne che ormai vibravano anche solo per una brezza leggera…
 
la sua anima.
Buio, gelo, nessuna luce che baluginasse nemmeno nelle distanze più remote, e un silenzio così profondo da metterti voglia di urlare solo per convincerti della tua stessa esistenza;  nulla di umano avrebbe potuto sopravvivervi, eppure, paradossalmente, proprio l’irrazionalità che Seishiro aveva bandito da ogni sua azione era riuscita a spingere quell’ammasso di tenebre a tornare sulle sue decisioni, a trattenerlo, e ad esporsi in un modo tanto pericoloso.
Era una contraddizione che non riusciva a spiegarsi.
Spinse la schiena contro la porta nell’inutile tentativo di arretrare  nel momento in cui avvertì una mano insinuarsi tra le sue gambe.
Si morse l’interno della bocca per soffocare un suono simile a un singhiozzo: l’intrusione nella sua mente si era fatta bruscamente più profonda;  una violenza fisica non avrebbe mai potuto eguagliare la sofferenza e la frustrazione di quel momento.
Fece forza contro il corpo del sicario, benché fosse inutile.
Seishiro rise appena.
-Sei così adorabile.- gli sussurrò.
Subaru trattenne il respiro; percepì, bruciante, il piacere che il suo cacciatore aveva provato nell’udire il lamento del suo spirito. E venne preso da una rabbia profonda quasi quanto quella che aveva provato per la morte di Hokuto.
Al diavolo.
Se Seishiro trovava così interessanti le suggestioni della mente allora che le provasse sulla sua pelle.
L’assassino udì un suono improvviso, penetrante come l’infrangersi di decine di lastre di cristallo e si sentì soffocare un gemito nel momento in cui fu travolto dalle emozioni di Subaru. Contrasse le dita, affondando le unghie nelle sue spalle, sconvolto dai segnali violenti e scoordinati che provenivano da ogni parte del suo corpo e dallo stridio dei suoi pensieri.
Per un tempo che gli sarebbe poi parso inimmaginabile fu cosciente solo del rumore sordo del suo sangue che scorreva impazzito e dell’angoscia e della sofferenza, che non seppe riconoscere, ma che gli facevano martellare il cuore nel petto.
Quando riprese almeno in parte il controllo di sé, si accorse di stare ansimando e di avere le guance bagnate. Non ancora completamente lucido rialzò la testa.
-Allora, ti è piaciuto?-
Seishiro venne catturato dal suo sguardo. Gli occhi della sua preda brillavano di ira, disperazione e della stessa meravigliosa ferocia di un animale in trappola.
L’assassino accennò un lieve sorriso che si trasformò in una risata soffocata, poi inspiegabilmente gli occhi ricominciarono a lacrimare e il respiro divenne irregolare, scuotendolo con violenti singhiozzi. Più confuso di prima cercò inutilmente di convincere il proprio corpo a riprendere un contegno perlomeno dignitoso.
Subaru, furente, gli afferrò il mento e con un gesto brusco gli sfregò gli occhi con la manica dell’ impermeabile.
-Respira, idiota! Cosa c’è, non avevi mai pianto in vita tua?!-
No. Evidentemente no.
L’occhiata carica di imbarazzo che l’altro gli rivolse valeva più di un intero discorso.
Il Drago del Cielo sospirò profondamente, e la rassegnazione sostituì almeno in apparenza la rabbia che lo divorava.
-A volte mi chiedo davvero se tu sia un essere umano.-
Seishiro si schiarì la voce. Non era ancora sicuro di avere riacquistato il pieno controllo del suo corpo, ma non voleva nemmeno rischiare di farsi vedere scosso più di quanto gli aveva già mostrato.
-Se lo fossi non sarei ciò che sono .-scrollò le spalle -Anche se mi è stato rinfacciato che con te lo sono quel tanto che basta.-
Subaru si concesse un lieve sorriso, intriso di tristezza ,e tornò a chinare la testa.
Lo sguardo così umanamente smarrito del suo opposto, che contrastava con l’espressione beffarda dietro cui si era nuovamente nascosto, era troppo difficile da sopportare, soprattutto ora che entrambi avevano visto cose che ognuno di loro avrebbe preferito tenere per sé.
Voleva andarsene, subito, prima di perdere il poco controllo che gli era rimasto.
-Lasciarmi andare, Seishiro.-
L’altro rise sommessamente.
-Sì, per oggi è meglio; per entrambi.-
Il Drago del Cielo alzò la testa, sorpreso.
L’assassino gli circondò il viso con le mani e gli baciò la fronte.
-Vai.- sussurrò, poi, sulla sua bocca -Ma sappi che questa è l’ultima volta che ti lascio andare.-
Subaru si trovò a piegare le labbra in un ghigno e, per troppe volte in una sola giornata, tornò a sostenere lo sguardo del suo nemico.
-Questa è l’ultima volta che mi faccio prendere.- rettificò.
Seishiro non si curò di nascondere la propria incredulità; poi, ridendo sommessamente, si allontanò per salutarlo con un inchino profondo. Rialzò la testa solo quando sentì la porta tornare a chiudersi.
 
****
(1)  l’autore è anonimo
(2) -Sarà…ma il modo in cui lo guardi a me lascia intendere che sei umano quel tanto che basta…-
da cap.2 –Prologue ; ringraziamo Hokuto per la sua sfacciataggine

 
 

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Capitolo 12
*** After: Subaru ***


Titolo: After: Subaru
Pair: Seishiro x Subaru, nuovo personaggio
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
After: Subaru
 
 
Subaru esitò qualche istante prima di lasciare la maniglia, infine si avviò lungo il corridoio, verso l’ascensore. Appoggiò la schiena contro una delle pareti ricoperte di legno e lentamente si lasciò scivolare a terra, fino a poggiare la fronte contro le ginocchia e circondare gli stinchi con le braccia. Tremava, in realtà più per ciò che aveva fatto che non per quello che aveva subito. Aveva colpito il suo nemico con tutta la sua forza e aveva provato piacere nel farlo, pur sapendo che l’altro non sarebbe stato in grado di gestire un’onda emozionale tanto forte.
Si morse le labbra, soffocando un singhiozzo.
Seishiro non avrebbe potuto spingersi oltre lo strato più superficiale del suo spirito, e anche se avesse potuto non sarebbe stato tanto sciocco e arrogante da farlo davvero, e le mani, le labbra, quel corpo contro il suo non erano stati altro che diversivi per distrarlo da ciò che stava cercando, qualunque cosa fosse.
Subaru lo aveva capito e lo aveva volutamente ignorato; perché era stanco di essere ciò che era ai suoi occhi; perché era caduto in trappola e aveva accettato la sua sfida. Facendo ricorso a tutta la volontà che gli rimaneva si alzò e si diresse verso l’ingresso del palazzo, un passo dopo l’altro, maledicendo l’impulso che gli urlava di tornare indietro, aprire quella dannata porta e finire quello che aveva cominciato.
Tese una mano, ma le dita si poggiarono lievi sul vetro freddo della porta.
Se fosse tornato indietro in quel momento avrebbe potuto piegarlo e averlo per sé fino alla fine; eppure prenderlo a quel modo sarebbe stato… socchiuse gli occhi, non trovando nemmeno un termine che potesse descrivere la vacuità di un rapporto costruito a quel modo.
Spinse la porta con un sospiro stanco, rassegnato; aveva avuto un’opportunità eccezionale e ne avrebbe anche approfittato, se non avesse avuto la certezza che ridurre una creatura fiera come un Sakurazukamori a una sorta di animale domestico lo avrebbe disgustato più dell’idea stessa di farlo. Respirò profondamente l’aria notturna poi chinò la testa e ridacchiò, le mani affondate nelle tasche dell’impermeabile. Negli ultimi tempi si trovava a fare i conti con aspetti del suo carattere che non aveva nemmeno sospettato di avere, soffocati per anni da un’educazione rigida e dalla sua inguaribile timidezza.
Chissà, se Seishiro lo avesse conosciuto bene come credeva forse si sarebbe stancato di lui.
Cominciò a camminare lungo il marciapiede, soprapensiero fino a che fu distratto da un movimento al suo fianco. Un enorme cane dalle orecchie pendule gli chiese sfacciatamente un po’ d’attenzione poi tornò ai piedi della padrona, seduta su una panchina sotto un lampione.
La ragazza gli regalò un largo sorriso, incurante dell’espressione gentile ma fredda che si era affrettato ad indossare non appena aveva compreso chi fosse.
-Pensavo che la tua padrona avesse capito che deve ignorarmi.-
Lei sorrise divertita, per nulla sorpresa, né infastidita, dal suo tono asciutto.
- Infatti! Io tengo d’occhio solo lui, tu sei un, come potrei dire, incidente di percorso.- ridacchiò, vivace, gli occhi illuminati da un lampo di furbizia -Ma se facciamo quattro chiacchiere nessuno dei due avrà da ridire, non credi?-
Subaru scrollò le spalle, sconfitto. Non aveva voglia di conversare, tuttavia non voleva nemmeno mettere nei guai una ragazzina; Tomoe non sembrava una padrona indulgente.
-Quindi non mi libererò di te. - constatò pacato.
La ragazza rise e si alzò, per poi inchinarsi rispettosamente.
-Mi chiamo Yukiyo, piacere!- sorrise -Ma immagino che non mi dirai nemmeno il tuo nome.-
-No, infatti.-
Il Drago del Cielo passò oltre e la ragazza gli si affiancò dopo pochi passi. Lo avrebbe volentieri preso sottobraccio per provocarlo un po’, ma non le parve dell’umore adatto per quello scherzo sciocco.
-Allora?- sbottò il ragazzo.
Yukiyo incrociò le dita dietro la schiena e rise di nuovo, guardando davanti a sé.
- Non ci casco, sai; fare lo scontroso non ti servirà a niente, tanto ho capito che tipo sei.-
Subaru si fermò, corrugando la fronte. In effetti quella ragazza aveva un’aria familiare, eppure non riusciva a ricordare dove l’avesse vista (1). Si coprì gli occhi con una mano, impallidendo. La ragazza lo tirò dolcemente verso una panchina, facendolo sedere.
- Che diavolo avete combinato, eh?-
Subaru le gettò una strana occhiata, poi si coprì la bocca con una mano e cominciò a ridere.
La ragazza socchiuse gli occhi, attenta alle sfumature di quella risata bassa e nervosa.
Il Drago del Cielo sospirò per calmarsi, dopodiché tornò a guardarla con fare interrogativo.
Yukiyo gli si sedette accanto, poggiando le mani in grembo, con un piglio un poco più grave.
-Il fatto è che la mia padrona è molto, come dire, contrariata; non che le importi di chi Sakurazukamori-san porti nel suo letto, figuriamoci…-
-Non sono mai entrato nel suo letto.- ribatté lapidario Subaru, con un tono privo di inflessioni.
Gli occhi della ragazza si sgranarono, tondi come due tazzine da caffè.
-Oh?! Stai dicendo che preferite cose più esotiche?-
Il capo dei Sumeragi alzò una mano per zittirla, sorridendo appena, a testa china.
-Seishiro apprezzerebbe il tuo senso spirito.- constatò mesto.
-Sakurazukamori-san  apprezza il mio senso dell’umorismo, sarei già morta, altrimenti.-rettificò lei, quindi divenne seria e sospirò profondamente -Adesso basta, però. Vedi, la padrona...-
Subaru la zittì di nuovo, con un semplice cenno della mano.
-Lascia parlare me.- disse pacato, la voce carica di amarezza - Chiariamolo una volta per tutte: io per lui sono poco più di un passatempo; quando si sarà stancato di me, mi ucciderà e questo è tutto.-
Yukiyo storse la bocca in una piccola smorfia.
-Sakurazukamori-san mi ha detto la stessa cosa.-
-Perché è la verità.-
La ragazza si passò una mano fra i capelli scuri.
-No, non lo è; come ti dicevo la padrona è irritata dal fatto che ti preferisca a lei,  ma anche perché Sakurazukamori-san gioca con te da davvero tanto tempo; sono passati anni, me lo ha detto lui stesso.-
-E’ una questione molto più complicata di quanto non sembri; per il tuo bene non entrarci più del dovuto.-
 -Voi dite le stesse cose, con la stessa cortesia gelida.-
Si alzò in piedi e intrecciò le dita dietro la schiena.
-Non capisco.- sospirò - E per stasera è chiaro che è inutile che continui a importunarti.-
-Cosa dirai alla tua padrona?-
 -Quello che ho visto: Sakurazukamori-san che è tornato con il suo amante sulle spalle, la barriera, e tu che sei uscito da quel palazzo con l’aria di uno che torna dall’inferno.-
-Hm.-
La ragazza socchiuse gli occhi, un angolo della bocca piegato all’insù.
-Non ho alcun potere spirituale, riesco a malapena a percepire un kekkai di difesa potente come il suo; è per questo che sopporta la mia presenza, per lui non rappresento nemmeno un fastidio.- chinò la testa -Altrimenti mi avrebbe già fatta a pezzi, come tutti quelli prima di me.-
Il Drago del Cielo trasse un respiro profondo, stanco.
-Così non otterrà nulla. Seishiro non può ucciderla, per ora, ma questo non la metterà al sicuro per sempre; se continua ad irritarlo si metterà in una situazione senza uscita. Un Sakurazukamori non può appartenere a nessuno, dille di impararlo in fretta.-
Subaru si alzò in piedi e affondò le mani nelle tasche dell’impermeabile.
-Buonanotte.-
Yukiyo si inchinò, mormorando un saluto, poi lo guardò allontanarsi, misurando con attenzione ogni suo movimento. Piegò le labbra in un sorriso malizioso. Il presunto amante di Sakurazukamori-san era davvero bellissimo, non gli si poteva certo rimproverare la preferenza che gli accordava.
 Sbuffò, e si voltò a guardare il palazzo. Le finestre dell’appartamento erano ancora illuminate ma ormai l’ora era troppo tarda perché l’assassino uscisse di nuovo e a giudicare dallo stato dell’ “amante” non ne avrebbe nemmeno avuto la voglia; il ragazzo era sfinito, tuttavia non aveva addosso l’odore  dell’assassino, tranne un lieve sentore di colonia sugli abiti e si stava allontanando camminando con movimenti fluidi e consueti; il servitore del Sakura non poteva essere un amante delicato, forse davvero tra quei due il sesso non ricopriva tutta l’importanza che invece gli attribuiva Tomoe. D’altro canto era anche vero che per sopravvivere anni alle attenzioni dell’assassino, quel ragazzo doveva avere dato qualcosa di prezioso in cambio, e il suo corpo e la sua bellezza non erano certo una merce di poco conto; inoltre tra loro c’era sicuramente un rapporto intimo, visto che lo chiamava per nome con tanta naturalezza.
Sbuffò di nuovo.
Non capiva che razza di rapporto potesse esistere tra quei due, c’erano troppi punti oscuri, da cui entrambi le avevano suggerito di stare alla larga. Restava il fatto che se avesse dato loro retta, Tomoe avrebbe provveduto a ricordarle anche troppo bene da chi prendeva gli ordini. Camminò avanti e indietro alcuni minuti, indecisa, e infine si avviò verso il palazzo.
 
*****
(1) Yukiyo compare in -Confessions- e si diverte a mettere un poco in imbarazzo Subaru  

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Capitolo 13
*** After: Seishiro ***


Titolo: After: Seishiro
Pair: Seishiro x Subaru,Hokuto, nuovo personaggio
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
After: Seishiro
 
 
Seishiro aspettò che il suo ospite fosse abbastanza lontano, oltre l’invisibile confine che lo divideva dal mondo esterno e finalmente si lasciò cadere sulle ginocchia. Cominciò a tremare, piegato in avanti, con le braccia strette intorno al proprio corpo e il respiro di nuovo incontrollato. Vagamente, si ricordò che il freddo e l’arsura che sentiva erano i primi segni di un violento shock e la novità in qualche modo riuscì perfino a divertirlo. Lentamente riuscì a riconquistare il controllo del respiro, ma gli occhi gli si inumidirono di nuovo, e solo un violento conato ebbe il potere di farlo alzare e rinchiudersi in bagno. Quando ne uscì, pallido, e senza l’usuale grazia dei suoi movimenti, si lasciò cadere il più compostamente possibile sul divano.
Chiuse gli occhi, la testa lievemente riversa all’indietro; trasse un respiro profondo poi, inaspettatamente, piegò le labbra in un sorriso compiaciuto.
La sua bellissima preda lo aveva colpito, con tutta la forza che possedeva, per la prima volta con l’intenzione di ferirlo per davvero.  Sentì le mani ricominciare a tremare, tuttavia non se ne curò. Subaru aveva finalmente abbandonato la sua eterna posizione di difesa; gli aveva fatto male e ne aveva tratto sicuramente soddisfazione, e ora che aveva travalicato il limite che gli aveva sempre impedito quel genere di azioni, nulla sarebbe stato più come prima.
Sorrise, di nuovo.
Dopo così tanto tempo era riuscito a strappare il tessuto serico che era lo spirito del suo opposto, era una sensazione appagante, in un certo senso persino meglio del piacere fisico. Riuscire a macchiare l’anima dell’ultimo capo dei Sumeragi si era rivelata un’impresa difficile persino per lui: nemmeno l’omicidio di Hokuto era riuscito a far fiorire in lui un odio vero, che sapesse soffocare l’assurdo e curioso sentimento che sopravviveva nell’anima di Subaru; adesso però aveva avuto la conferma che qualcosa era già cambiato, prima di quella notte,  e questo rendeva il gioco della sua caccia esaltante come mai era accaduto.
Una violenta fitta al capo lo colse all’improvviso facendolo mugugnare sommessamente, distraendolo dal suo compiacimento. In quel momento l’assassino non poté fare a meno di chiedersi ancora una volta come il suo opposto riuscisse a non impazzire travolto da quel caos chimico che la gente comune chiamava emozioni. Con un sospiro lieve si sdraiò sul divano, poggiando il dorso di una mano sulla fronte. Piegò le labbra in un sorriso insolito, involontario e chiuse gli occhi, lasciandosi andare a quella strana sorta di sollievo che ultimamente gli causava la vicinanza di Subaru.
 
*******
 
Seishiro si guardò intorno incuriosito, sorpreso solo in parte. Camminò senza apprensione fino al centro dell’immensa sala circolare e guardò verso l’alto. Gargoyles agili ed adombrati lo stavano fissando con i loro occhi vuoti ad ali spiegate, aggrappati alle colonne e alle volte.
-Cosa ti avevo detto?-
Il sussurro divertito al suo orecchio lo colse di sorpresa. Hokuto gli sorrise, fluttuando a mezz’aria a pochi centimetri da lui.
L’assassino scrollò le spalle.
-E’ stata un’esperienza interessante.- convenne, con noncuranza
Lo spirito piegò all’insù un angolo della bocca, in un sorriso malizioso.
-Che termine riduttivo…-
L’assassino aggrottò le sopracciglia.
-Non ho intenzione di discuterne.- abbracciò con un gesto elegante la sala -Dimmi dove siamo.-
La ragazza sorrise, raddrizzando la schiena.
-Dentro di te, nel modo in cui io ti percepisco.-
L’uomo sollevò un sopracciglio, valutando le sue parole poi sorrise, con leggerezza.
-Una cappella gotica. E’ affascinante, questa tua idea.-
La sua voce risuonò tranquilla a dispetto della rapida occhiata guardinga che gettò attorno a sé; si passò una mano tra i capelli e la guardò, fermando la mano appena oltre la fronte.
-Perché mi hai portato qui? Non certo per mostrarmi questa tua fantasia.-
Parlò senza fretta, il tono leggermente seccato, tuttavia il fatto che la ragazza avesse saputo trascinarlo così lontano dal suo normale stato di coscienza cominciava ad inquietarlo. Aveva sempre pensato che avesse dato fondo a tutto il suo potere il giorno in cui era morta, ma forse sarebbe stato saggio cominciare a dubitarne.
Hokuto divenne seria e si strinse le braccia attorno alla vita, afferrandosi i gomiti.
-Perché forse ora sei abbastanza scosso per essere sincero.-
-Sincero? Non ho mai mentito, se trascuriamo il piccolo particolare della mia scommessa con Subaru, ovviamente.-
La ragazza sbuffò: detestava quel tono strafottente.
-Dobbiamo parlare, Sei-chan, seriamente. -
L’assassino piegò le labbra in un sorriso arrogante.
-Di cosa?-
-Di te, di lui e di quanto è appena successo.-
-Non è accaduto assolutamente nulla; ho tirato un po’ troppo la corda e il mio cucciolo ha provato a mordere.-
-Il tuo cucciolo ha affondato i denti per bene.- lo interruppe la ragazza, infastidita -Sono stanca di fingere di credere alle storie che mi racconti.-
-Racconto solo quello che è. - ribatté, freddo, l’altro.
Le diede le spalle e andò a sedersi su una sedia dall’alto schienale foderato di rosso. Accavallò le gambe e unì le punte delle dita davanti al viso.
-I Sakurazukamori non mentono, non ne hanno motivo.- disse lapidario.
Aggrottò le sopracciglia, trapassandola con un’occhiata tagliente.
-Ma tu sapevi che sarebbe successo; voglio sapere perché.-
Hokuto scrollò le spalle.
-Lascia che te lo dica in assoluta sincerità: sei prevedibile quando si tratta di lui.-
-Ah, davvero.-
L’uomo piegò all’insù un angolo della bocca, in un’espressione vagamente minacciosa.
-Perché ho l’impressione che quanto sta accadendo sia opera tua?-
-Non lo è.-
-Chi c’era nello studio quella volta, tu o lui?- tagliò corto l’assassino -Subaru non si sarebbe mai azzardato a venirmi cercare per scambiare con me delle chiacchiere inutili.-
Lo spirito arricciò le labbra in una piccola smorfia, come un bambino scoperto a combinare qualche guaio.
-Lui…ed io.- rispose, con tranquillità -Ma non nel modo in cui credi.-
-Sarebbe a dire?-
-Non l’ho mai posseduto.-
Di fronte all’espressione poco convinta dell’uomo la ragazza scrollò le spalle, stanca.
-Pensa quello che vuoi, se ti fa piacere.-
-Non mi interessa quello che mi fa piacere.-
-Allora comincia a credermi.- ringhiò lei -Non ho il potere di fare una cosa del genere, lo sai benissimo.-
Seishiro aggrottò un poco le sopracciglia; non l’aveva mai vista arrabbiarsi sul serio, ma ora appariva davvero furente, anche se sembrava saper controllare le sue emozioni meglio del fratello.
-Ti ascolto.-
Hokuto trasse un respiro profondo.
Il Sakurazukamori si trattenne dal sogghignare: era divertente vedere come i fantasmi conservassero gli atteggiamenti che avevano avuto in vita, quando ancora animavano un corpo.
-Non l’ ho posseduto -ripeté - ma a volte gli ho parlato attraverso sogni che non gli ho mai permesso di ricordare coscientemente. Ho solo cercato di convincerlo di cose che lui non oserebbe nemmeno immaginare; lo sai come è fatto, sottovaluta sempre se stesso e le sue qualità.-
-E queste “cose” quali sarebbero?-
La ragazza piegò all’insù un angolo della bocca.
-Hai bisogno di chiederlo?-
L’assassino indurì la curva delle labbra in un‘espressione contrariata. Aveva trovato quasi sempre piacevole ascoltare le sue stupidaggini, ma ora quella perdita di tempo stava diventano irritante.
Hokuto sogghignò di nuovo, le dita intrecciate dietro la schiena.
-Andiamo… hai avuto Subaru nel tuo letto  e non ne hai approfittato, senza contare che avresti avuto decine di altre occasioni per fare di lui quello che volevi.-
-Voglio solo divertirmi ancora un po’; quando sarà così disperato da non avere più la forza di opporsi, e dargli la caccia diventerà noioso come con gli altri, allora mi prenderò il suo corpo e la sua vita.-
Con una frazione di secondo di ritardo si accorse di aver dato conferma di quanto Subaru gli aveva detto nello studio, ma non si curò di imbastire una rettifica credibile  Non avrebbe avuto senso.
Hokuto sorrise, con una malizia che non aveva più nulla di innocente.
-Chi vuoi prendere in giro? Daresti l’anima per sentire le sue unghie graffiarti la schiena.- avvicinò il viso al suo, gli occhi verdi socchiusi -O forse tu per graffiare tu la sua?-
Per un attimo il volto dell’uomo lasciò trasparire quella sorpresa che solo i gemelli Sumeragi avevano avuto il potere di risvegliare nel suo spirito, quindi scrollò le spalle, un angolo della bocca piegato all’insù.
-Non ho il carattere adatto per fare... come usa dire tra le ragazze? Uke?-
-Ohhhh vedo che ti tieni aggiornato!- esclamò la ragazza, sgranando gli occhi -Avere una clientela giovane e modaiola può essere davvero vantaggioso!- concluse annuendo con gravità, ma poi piegò le labbra in un sorriso quasi maligno e avvicinò di nuovo il proprio viso al suo -Nella vita non c’è mai nulla di certo Seishiro Sakurazukamori, nemmeno per uno come te.-
L’assassino sbatté le palpebre e si rilassò un poco.
-Se c’è qualcosa di certo nella vita di un Sakurazukamori, quello è proprio il suo destino.-
Hokuto sorrise, uno strano ghigno, che si sarebbe potuto dire felino, se i gatti potessero sorridere.
-Allora perché hai portato via Subaru al Sakura? Se lui non è la persona che ami, perché lo hai salvato?-
Seishiro si irrigidì di nuovo e il suo sguardo tradì una certa sorpresa. La ragazza rise piano.
-Si scoprono molte cose nel mondo in cui mi trovo, e a questo punto dovresti prendertela solo con te stesso, visto che sei tu che mi hai dato questa possibilità.-
L’assassino aggrottò le sopracciglia. Non aveva mai saputo come Hokuto fosse sfuggita al Sakura e non poteva sapere con certezza quanto vi fosse rimasta prigioniera e cosa avesse visto; e soprattutto quanto ricordasse davvero.
 -Perché lui è mio. Non sei ancora stanca di sentirtelo ripetere?- rispose, con tranquillità -E poi voglio vedere come si concluderà la nostra nuova scommessa.-
Lo spirito scosse piano la testa.
-Però oggi ti ha fatto male, pensi ancora che sia il caso di continuare questo gioco?-
L’uomo scrollò le spalle.
-Non ho niente di meglio da fare.- appoggiò le mani sui braccioli e la guardò negli occhi -Draghi del Cielo, Draghi della Terra… questa storia non mi interessa, ne sono coinvolto solo perché sono implicati anche i Sumeragi, avrei fatto volentieri a meno di questa seccatura.-
Hokuto chinò il capo, mesta.
-Non ti interessa del mondo, non ti interessa nemmeno del volere del Sakura, eppure continui a dire che lui ti appartiene: non pensi che sia un controsenso?-
-Può darsi.- ribatté l’assassino, senza esitazione -D’altro canto siamo alla fine di un’era e quello che è stato valido e logico fino ad ora non è detto che lo sia ancora.-
La ragazza alzò lo sguardo. Incrociò le dita dietro la schiena e lo guardò ad occhi socchiusi.
-Ricorda che sei stato tu a dirlo.-
Seishiro si alzò, lisciò i pantaloni con le mani, quindi raddrizzò la schiena.
-Non ho motivo per dimenticarmene. Ora, se non ti dispiace, sono stanco di questa conversazione.-
Hokuto non ribatté, semplicemente lo lasciò andare, quindi sospirò.
Incrinare le convinzioni di Seishiro si stava rivelando più arduo di quanto avesse immaginato, e ormai non rimaneva più tanto tempo. Seishiro poteva convincere se stesso del fatto che Subaru per lui non era nulla, ma loro due vedevano nella sua anima con chiarezza, ed entrambe erano spaventate, seppur per motivi diversi, da ciò che vi avevano scorto.
-Idiota.- sussurrò.
Cominciava a temere che tutto quello che stava facendo fosse inutile: si erano avvicinati l’uno all’altro ma i loro desideri più profondi, quelli di cui non erano quasi coscienti, non erano cambiati minimamente; solo questo avrebbe fatto la differenza tra il destino che l’indovino aveva sognato e quello che invece lei desiderava costruire per loro.
 
*******
 
Seishiro respirò profondamente a socchiuse appena gli occhi. Si strinse le braccia attorno al corpo per scaldarsi un poco. Il suo viso assunse un’espressione grave e tetra. La strana sensazione che aveva provato al risveglio era tornata ad infastidirlo.
Sbatté le palpebre.
Il suo opposto era troppo lontano perché potesse toccarlo anche inavvertitamente con tutta quella forza, e Hokuto non ne sarebbe mai stata in grado. Aveva usato tutto il suo potere il giorno in cui gli aveva imposto quella costrizione ridicola e inutile, perché per uccidere Subaru sarebbe bastato lasciarlo ai rami del Sakura a fare di lui ciò che voleva mentre la sua vita scivolava via lentamente. Senza quasi accorgersene si inumidì le labbra e poi rise tra sé e sé. Se c’era una cosa di cui doveva rendere merito a Subaru, era quella di essere l’unico a riuscire a scatenare in lui un desiderio sessuale autentico, che non servisse solo a sfogare l’eccitazione della caccia.
-Sakurazukamori-san? Posso entrare?-
Seishiro gettò un’occhiata in direzione dell’ingresso, e la invitò, senza nemmeno curarsi di assumere un contegno dignitoso. Rimase semisdraiato, con il colletto slacciato e la cravatta lenta.
La ragazza si fermò attonita sulla soglia, quindi aggrottò le sopracciglia.
-Sta bene?-
L’uomo scrollò le spalle.
Yukiyo si avvicinò con circospezione. Quando si trovava vicino a lui temeva in continuazione di finire in pasto al Sakura, a dispetto della sicurezza e della vivacità che ostentava.
-Cosa ci fai ancora in giro a quest’ora?-
-Quello che faccio sempre.-
-Hm-
L’assassino si alzò a sedere, e le fece cenno di fare altrettanto indicandole la poltrona di fronte sé.
-Mi chiedo come sia possibile che tu abbia più paura della tua padrona che di me.-
Yukiyo arrossì e chinò gli occhi.
-La padrona mi farebbe morire molto più lentamente se disobbedissi.- sussurrò.
L’uomo socchiuse appena gli occhi.
-Lo hai incontrato?- esordì con tranquillità.
-Sì, abbiamo fatto un pezzo di strada insieme.- alzò lo sguardo, timidamente, e scoprì che sul viso dell’assassino non c’era traccia di emozione.
-Cosa ti ha detto?-
-Esattamente quello che mi dice lei. In più mi ha detto di riferire alla padrona che se non smetterà di importunarla, lei la ucciderà non appena ne avrà l’occasione.-
Seishiro rise piano. Accavallò le gambe e incrociò le braccia sul petto, assumendo finalmente il suo solito contegno.
-Gli hai detto chi sei?-
-Non ne ho avuto bisogno.-
Una risata, di nuovo. Yukiyo non aveva mai sentito due volte in così poco tempo quel suono lieve e terrificante. Deglutì a vuoto.
-Riferiscile quello che hai visto, per me non ha alcuna importanza.-
-Sì, ma... che cosa ho visto?-
Il sicario aggrottò un poco le sopracciglia, e un sorrisetto cattivo gli piegò le labbra.
-Tu cosa pensi?-
-Quello che credo io non importa, quello che conta è come stanno davvero le cose.- proruppe la ragazza, non riuscendo a nascondere una nota stridula nella voce.
 
… Non mi importa quello che mi fa piacere …
 
Seishiro udì distintamente la propria voce pronunciare quelle parole, e la lieve eco che le aveva seguite. L’inquietante immagine di una cappella si materializzò per un istante davanti ai suoi occhi. Il suo istinto lo mise in allarme, tuttavia continuò a fingere con maestria che nulla potesse turbarlo.
-Da quanto tempo eri appostata là fuori?- chiese, con voce grave
-Da oggi pomeriggio presto; l’ho vista uscire e poi rientrare portandolo sulle spalle.-
L’uomo piegò le labbra in un sorriso indecifrabile e scrollò piano le spalle.
-Subaru va convinto con argomentazioni decise.- disse con leggerezza, quindi sogghignò -Ma come vedi, una volta che si mette d’impegno e che lo si lascia fare a modo suo, ottiene risultati strabilianti.-
Yukiyo avvampò, letteralmente, e decise di ingoiare tutte le sue supposizioni; per sopravvivere bastava non riferire nulla più di quanto le veniva detto, non importava che ci credesse o meno. Seishiro si appoggiò allo schienale, ormai rilassato.
-Ma è un amante ritroso. Mi evita, mi respinge… quello che voglio me lo devo prendere.- sogghignò -Il più delle volte.-
-Per questo è ancora vivo?-
L’assassino sollevò ancora un angolo della bocca, vagamente feroce.
-E’ vivo perché mi diverte il voto di resistenza che ha fatto verso di me. Questo è tutto quello che devi riferire.- socchiuse gli occhi - Non tornare più, altrimenti ti ucciderò.-
Yukiyo rabbrividì.
-Se non torno, mi ucciderà lei.- sussurrò.
-Se lo farà ucciderò chi verrà dopo di te, e lo stesso farò con lei, sono stanco della sua invadenza. Le regole del clan non hanno più valore per me.-
La ragazza si alzò e si inchinò profondamente.
-Allora, addio Sakurazukamori-san.-
Non attese risposta e si affrettò verso l’ingresso.
Seishiro respirò profondamente, poi unì le punte delle dita di fronte al viso e il suo sguardo si fece tagliente.
Le parole che aveva udito solo nella sua mente e quell’ immagine fuggevole erano un déja vu, non poteva sbagliarsi; era stato da qualche altra parte, con qualcuno che forse era la causa dell’improvviso ingarbugliarsi del filo del destino.
Appoggiò le dita sulla fronte, mugugnando contrariato. C’era qualcosa di importante su cui stava riflettendo, ma d’improvviso i pensieri si erano confusi. Sospirò piano. Non riusciva a ricordare e alla fine rinunciò a cercare nella memoria: se era una cosa importante se ne sarebbe ricordato al momento opportuno.
Gettò un’occhiata all’orologio: erano quasi le cinque. Rise sommessamente, a denti stretti. L’ultima ora a mezza era stata interessante, ma tra poco avrebbe dovuto aprire lo studio e gli occorreva un po’ di riposo. Camminando in modo piuttosto scomposto si trascinò fino alla camera da letto. Senza spogliarsi si sdraiò sotto le coperte, come sempre al centro del letto. Tese la mano verso destra ma ormai il calore del corpo di Subaru si era completamente dissipato. Sorrise appena. Non era un gran danno, presto di lui avrebbe preso ogni cosa.
 

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Capitolo 14
*** Mirror ***


Titolo: Mirror
Pair: Seishiro x Subaru, Kamui
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
Mi sono accorta che i rapporti conflittuali che legano le coppie Subaru- Seishiro e Fuuma-Kamui hanno dei punti in comune: il cambiamento di personalità, seppur per motivi diversi, di Seishiro e Fuuma; l’uccisione di una figura femminile importante per gli altri due protagonisti, seguite delle rispettive e personali fughe dalla realtà; e infine il modo disperato in cui sia Subaru che Kamui hanno continuato ad amare le rispettive controparti.
 
 
Mirror
 
 
Subaru camminava lentamente lungo il marciapiede, con le braccia strette attorno al corpo e i denti tanto serrati da avere ormai indolenzito i muscoli del viso. Il pensiero di avere perso l’unica vera occasione per avere Seishiro continuava a sussurrargli maligno nella mente, scontrandosi con il senso di colpa che esso stesso scatenava.
D’un tratto si fermò, serrando gli occhi un istante. Era stata la prima volta che il suo cacciatore gli aveva baciato le labbra; le aveva solo sfiorate, con la stessa leggerezza che aveva dedicato al resto del suo viso, tuttavia mai prima di allora si era concesso un gesto tanto intimo.
Avrebbe voluto ridere di un sentimentalismo tanto puerile e invece non riusciva a farlo.
Istintivamente si morse il labbro inferiore, concentrandosi per cercare di afferrare un brandello di pensiero comparso all’improvviso. Aggrottò le sopracciglia, indurendo la piega della bocca, fino a che la consapevolezza di quanto stava accadendo non lo colpì, strappandogli un’esclamazione soffocata: Seishiro stava prendendo tempo.
D’un tratto i lunghi dialoghi, le strane confidenze che si erano scambiati, assunsero una connotazione diversa; sembrava che il Sakurazukamori stesse studiando la situazione per decidere sul da farsi.
Forse lo stavano facendo entrambi.
 
… Non mi interessa ciò che vuoi, lui è mio e sarò solo io decidere se e quando dividerlo con te
 
Il tono rabbioso di quella voce calda e familiare gli risuonò nelle orecchie, strisciando dalle profondità dei suoi ricordi inconsci. Sgranò gli occhi, dimenticandosi un attimo di respirare.
L’assassino aveva rifiutato al Sakura il sacrificio che gli doveva.
Aveva disobbedito.
Aveva tradito.
Il Drago del Cielo espirò rapidamente, scosso.
Aveva creduto che  il Sakura lo avesse lasciato in vita per soddisfare il capriccio del suo servitore, come un padrone indulgente che lasci ad un cucciolo il suo giocattolo preferito; nemmeno nelle sue fantasie più folli avrebbe immaginato di essere arrivato  tanto vicino alla verità insinuando l’esistenza di una spaccatura tra un Sakurazukamori e il suo demone.
Si piegò su se stesso per una contrazione violenta dello stomaco e lasciò, incurante, che il suo contenuto si spargesse sul marciapiede.
Non aveva senso.
Non c’era più nulla che avesse senso nel suo rapporto con Seishiro; se mai ce ne fosse stato uno.
Respirando con affanno chiuse ancora gli occhi. Davanti alle palpebre abbassate si materializzò per un istante l’immagine di una sala circolare gotica dalle vetrate sanguigne incrinate, deformate, come se qualcosa stesse premendo dall’esterno, minacciando di devastare ogni cosa.
Appoggiò le mani sulle ginocchia cercando di calmare il battito del cuore. Rimase qualche minuto con la schiena curva, indifferente e, al contempo conscio, del fatto di essere completamente vulnerabile.
Dopo qualche tempo riprese a camminare, con una mano premuta sullo stomaco e strascicando i piedi. Aveva un disperato bisogno di stare solo.
Vagò qualche tempo senza meta lungo le strade deserte e infine decise di tornare a casa.
Non c’era parola che potesse esprimere meglio la sensazione che ancora gli procuravano le stanze che aveva condiviso con la sorella. Aveva lasciato intatta ogni cosa da che lei era scomparsa, benché ogni oggetto portasse con sé anche il ricordo del suo assassinio.
Si fermò qualche istante ad osservare le linee sobrie del palazzo che avevano abitato quindi frugò nelle tasche, ma insieme alle chiavi trovò dell’altro. Estrasse il pacchetto nuovo di Mild Seven e  rimase ad osservarlo senza alcuna espressione sul viso, fino a che si trovò ad emettere una live risata nervosa.
-Idiota.- sussurrò.
Un ultimo moto di orgoglio gli suggerì di liberarsene ma l’onmiouji non lo degnò di attenzione. Ripose il pacchetto in tasca, forse con troppa cura.
Senza troppo rammarico si appoggiò di peso alla porta, in quel momento troppo pesante perché riuscisse a spingerla. Il fatto che fosse riuscito ad arrivare fin lì aveva già un che di miracoloso; quando, con la vista un poco annebbiata dalla stanchezza,  infilò la chiave nella serratura , emise suo malgrado un gemito flebile, riversando leggermente indietro la testa.
Kamui.
Senza staccare le dita dalle chiavi rimase a lungo immobile, indeciso sul da farsi.
Non voleva incontrarlo. Non aveva la forza per sopportare anche la sua disperazione.
Abbandonò le mani lungo i fianchi: fuggire sarebbe stato un atto da vigliacchi.
Spinse la porta con un sospiro rassegnato; si levò scarpe ed impermeabile, lasciandoli abbandonati in modo scomposto nell’ingresso, quindi avanzò con cautela nella penombra.
Scorse sul divano la figura esile del ragazzo che, con le ginocchia strette al petto, si dondolava lentamente, come se volesse cullarsi. Appena avvertì la sua presenza, Kamui voltò il viso, cercando di dedicargli un sorriso che inevitabilmente si ridusse ad una smorfia.
-Scusa… non sapevo dove andare.-
Subaru scrollò appena le spalle, senza nemmeno chiedersi come avesse fatto a trovare l’appartamento. Si inginocchiò di fronte a lui.
-Sei ferito?-
Il ragazzo scosse la testa.
-Non è niente che una notte di sonno non possa guarire.-
-Lasciami controllare.-
Kamui si irrigidì. La voce dell’onmiouji non ammetteva repliche.
-Sì.- mormorò ubbidiente.
Il capo dei Sumeragi aggrottò le sopracciglia, disturbato dalla luce artificiale.
Si massaggiò un poco gli occhi, consapevole d’un tratto di quanto probabilmente apparisse esangue. Il ragazzo lo studiò qualche istante, osservandolo da sopra le ginocchia, poi, con le guance improvvisamente arrossate sciolse le braccia e appoggiò i piedi a terra. Con una certa esitazione si slacciò la camicia, quindi abbassò gli occhi. S
ubaru gli tastò con gentilezza le costole, fingendo di ignorare i graffi sulla sua schiena e gli inequivocabili piccoli lividi e i segni di denti alla base del collo e sulle spalle. Non si preoccupò di chiedergli nulla: Fuuma si comportava quasi come Seishiro, se avesse deciso di possederlo sarebbe stato solo per ucciderlo qualche istante dopo.
-Avevo bisogno di stare da solo.- confessò il Drago del Cielo, mentre si allacciava i bottoni - Mi ero schermato, non avrebbe dovuto trovarmi.-
-Le cose sono cambiate, ciò di cui siamo sempre stati convintiti sembra non avere più valore; non possiamo più sorprenderci di nulla.-
Il ragazzo annuì.
-Sanno che sei qui?-
Kamui levò su di lui uno sguardo quasi sorpreso. Evidentemente era stato l’ultimo dei suoi pensieri.
Qualche istante dopo, gli strepiti furibondi di Sorata risuonarono perfino lì, in salotto, ma la voce pacata del padrone di casa lo zittì in pochi istanti.
Lo sciamano rientrò nella stanza, senza più curarsi di fingere una forza che non possedeva, e si sedette accanto al ragazzo, abbandonandosi contro lo schienale.
-Mi dispiace darti tutto questo disturbo.-
-Non importa.-
Kamui gli gettò un’occhiata di sottecchi quindi si morse il labbro inferiore..
-Ti ho visto, oggi.- confessò.
Subaru posò su di lui uno sguardo stanco.
-Nel parco; ho temuto che ti uccidesse. -
-Un giorno accadrà di sicuro.-
Il ragazzo sospirò pesantemente.
-Sono così stanco; non comprendo il motivo di tutto questo e ogni cosa che faccio ferisce qualcuno…- mormorò.
-O forse salva qualcun altro; la realtà ha molte facce, non possiamo conoscere cosa seguirà ad ogni nostra azione, né prevedere come reagiranno altre persone nei nostri confronti; è un gioco di cui nessuno conosce le regole.- ribatté l’altro, concedendosi una vena di rassegnazione nella voce.
Kamui si morse il labbro inferiore.
-La realtà delle cose, dici; però possiamo dire di averla vista fino ad ora?- chiese, con voce insicura.
Irrigidì i muscoli del viso qualche istante, quindi espirò profondamente.
-Mia madre mi ha sempre detto che il comportamento di una persona è dettato più dalle regole e dalle convenzioni che dalla sua vera natura; ho imparato che aveva ragione, e quindi adesso continuo a domandarmi se il mio Fuuma non fosse altro che un’immagine illusoria e quale sia la sua vera natura, o se ne abbia mai posseduta una propria;  pensando a questo,  mi chiedo se anche quella persona sia come si mostra, o se sta recitando una parte che è stata scritta per lei.-
Subaru aggrottò le sopracciglia un istante. Non si era mai soffermato a considerare i rapporti tra i vari Draghi della Terra, tuttavia ora si trovò a domandarsi se tra loro esistesse una relazione simile a quella esistente tra lui e il Kamui che gli sedeva accanto.
-Le sue azioni, o la sua natura, non dipendono da te.- disse infine.
-Non credo sia vero; se io avessi scelto diversamente allora…-
-Allora tu avresti ucciso Kotori e ora ci sarebbe Fuuma qui, a parlare con me.- espirò, secco, ormai troppo stanco per curarsi di apparire gentile -La persona che conoscevi è morta, è inutile chiedersi se avresti potuto evitarlo.-
Kamui scrollò le spalle. Non era ferito dal tono stizzoso dello sciamano, riusciva comprendere anche troppo bene quanto fosse esausto.
- Sinceramente mi chiedo se sia mai esistita.-
Subaru piegò le labbra in una smorfia amara, pentito del suo moto d’ira.
- La risposta te la può dare solo lui. E, quale che sia, ti causerà comunque dolore.-
Espirò lentamente, chiudendo gli occhi qualche istante.
-Potremo discuterne per giorni e in ogni caso non avremmo risposta, possiamo solo affrontare le cose di volta in volta.-
Kamui annuì in modo meccanico, senza guardarlo. Era di nuovo pallido, sembrava stesse per crollare da un momento all’altro.
Il capo dei Sumeragi gli gettò appena un’occhiata, quindi si alzò in piedi.
-Abbiamo bisogno di riposare, tutti e due.- affermò, con un tono che non ammetteva obiezioni.
Il ragazzo accolse docilmente quelle parole, non avrebbe comunque avuto la forza di fare qualcosa di diverso, tuttavia prima di muoversi gli afferrò la manica della camicia. Gli tremava la mano.
-Ho un messaggio per te… da parte di Fuuma.-
Subaru si irrigidì
-Sì.- sussurrò
-Riferiscigli che può smettere di darsi tanta pena, penserò io ad esaudire il suo desiderio.-
C’era qualcosa di sottilmente minaccioso in quelle parole, ma così indefinito che non seppe afferrarlo. Sorrise al suo ospite, comprensivo.
-Qualunque cosa significhi non ha senso passare il resto della notte a domandarsi cosa sia.- tese la mano a sfiorargli il viso -Non sei responsabile delle sue azioni, cerca di fartene una ragione.-
Il ragazzo annuì ancora e finalmente si decise ad alzarsi. Poco dopo dormiva profondamente, esausto, aggrappato all’altro come un cucciolo alla madre.
Subaru  invece non dormiva. Non glielo permettevano quanto era accaduto in quella giornata e le parole di Fuma.
Il capo dei Sumeragi aveva ascoltato spesso i suoi desideri, aveva imparato a  conoscerli e ad accettare come propri anche quelli di cui non poteva dirsi fiero, restava da comprendere a quale il Drago della Terra si riferisse.
 

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Capitolo 15
*** Remarks. Mistake. Escape. ***


Titolo: Remarks.Mistake.Escape
Pair: Seishiro x Subaru;Fuuma, Hokuto, Kakyoh
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
Remarks. Mistake. Escape
 
Qualche ora prima
 
Il vento si insinuò nella stanza, muovendo le tende chiare.
-Bah!-
Fuuma spinse la porta finestra senza troppa delicatezza e Kakyoh, adagiato quasi inerte su una poltrona, voltò la testa verso di lui. Il ragazzo sbuffò, gettando con noncuranza la giacca su una sedia.
-Dormono!- esclamò, irritato -Con tutto il casino che è successo oggi, loro cosa fanno? Dividono lo stesso letto e  dormono!-
Il veggente scrollò appena le spalle, vagamente divertito.
 -Non dovresti essere così irritato per le loro decisioni.-
Fuuma emise uno strano suono, simile ad un sibilo secco.
-Io conosco i loro desideri. E trovo spaventosamente stupido che li rinneghino fino allo sfinimento.-
L'altro espirò lentamente, ridendo piano.
-Quindi ti disturba che non facciano quello che vuoi tu.-
-Mi infastidisce che non facciano quello che vorrebbero, in nome di cose in cui non credono nemmeno.- sbottò il Drago della Terra.
-E' difficile abbandonare ciò che si è sempre stati. Richiede coraggio, o disperazione.-
-O un grande amore.- concluse il ragazzo.
-Sì.- mormorò mesto l'altro giovane.
Fuuma si spostò con cautela, incuriosito da un familiare lembo di stoffa adagiato sul pavimento. Sollevò un sopracciglio. Nataku stava dormendo, inginocchiato a terra, con una guancia sulla coscia del veggente e le dita strette sulla sua veste. Il Sognatore gli carezzò lievemente la schiena.
-Aspettava il tuo ritorno quando è stato preso dal suo sonno senza sogni.-
-Perché è qui?-
Il tono della voce del ragazzo moro si era improvvisamente abbassato, come se temesse di svegliarlo, benché sapesse che Nataku era troppo lontano da lì per percepire alcunché.
-Perché sa che è con me che vieni a parlare, quando accadono fatti degni di nota.- mosse leggermente le spalle -Sarebbe stato difficile non accorgersi di quanto è accaduto oggi-
Fuuma scrollò le spalle.
-Sei preoccupato per quel Sumeragi?-
-Nel suo destino non cambierà comunque nulla.-
L'altro Kamui piegò all'insù un angolo della bocca.
-Significa che non ti tocca nemmeno dover collaborare con l'assassino di quella ragazza?-
Kakyok espirò profondamente.
-Era cosa scritta, non c'è nulla che avrei mai potuto fare, per quanto lo abbia desiderato.- chinò il capo -Del resto Seishiro ha fatto ciò per cui è nato, non posso condannarlo. A me è concesso solo osservare senza poter cambiare nulla di quanto vedo.- sospirò - Quindi capisci quale condanna sia tutto questo.-
-E' per questo che comprendo il tuo desiderio.-
Dopo solo pochi istanti il ragazzo moro arcuò di nuovo le labbra.
-Non ti interessa sapere cosa è davvero successo oggi?-
Kakyoh lo guardò sorpreso, senza comprendere.
L’altro ragazzo afferrò una sedia e vi si mise cavalcioni, poggiandosi sullo schienale con i gomiti.
-Oggi un Sakurazukamori ha tradito il suo voto e ha negato un sacrifico al suo demone, non trovi che sia una cosa quantomeno interessante?-
Il veggente raddrizzò la schiena.
-Ha tradito il Sakura?- sussurrò, incredulo.
Fuuma sogghignò, socchiudendo gli occhi.
-A quanto pare, sì.- ridacchiò -Seishiro ha portato via al Sakura il suo amore e l'ha lasciato giacere senza toccarlo nel proprio letto. Avevi previsto anche questo?-
Kakyo scrollò le spalle.
-Io vedo solo il fluire principale degli eventi. -
L’altro Kamui rise sommessamente, come se non ne fosse convinto.
Il veggente storse leggermente le labbra.
 -Il destino non può mutare. Mai.- concluse lapidario -Un Sakurazukamori morirà per lasciare il suo posto ad un altro, quanto è accaduto oggi non è rilevante.-
-Ne sembri davvero convinto.-
Il Sognatore sospirò.
-Io non posso sbagliare, nemmeno volendolo.-
Il Drago della Terra emise un lieve suono che non lasciava comprendere se stesse assentendo o meno.
 
*******
 
… Non mi importa nulla di quello che vuoi…
 
Non avrebbe mai creduto che proprio lui riuscisse anche solo a pensare una cosa simile.
 
non mi importa nulla dei tuoi desideri …
 
-Siamo pensierose?-
Hokuto comparve aleggiando lieve, a meno di due metri dalla nuvola di petali rosa.
-Tu…-
Lentamente, l’Albero materializzò tra i rami la forma umana che indossava quando accoglieva nel suo inferno quelli che erano stati i suoi servitori.
-Maledetta cagna Sumeragi!- strillò
La ragazza ridacchiò.
-Puoi insultarmi quanto vuoi, ma resta il fatto, tesoro, che il tuo protetto oggi ti ha scaricata.-
-Non è il mio protetto, è solo un servitore!- sibilò il Ciliegio.
-Un servitore senza cui tu non puoi nutrirti, ma che senza di te può vivere benissimo.-
Il demone strinse i pugni sulla seta dell'abito.
-Non è vero! I Sakurazulamori non hanno senso senza di me!-
Il viso di Hokuto si indurì.
-Se fosse così non avresti bisogno di scegliere altri servitori alla fine di ogni era.- incrociò le braccia sul petto -Sei una patetica creatura dipendente da qualcun altro, esattamente come gli esseri  che disprezzi e di cui ti nutri.-
Il viso da ragazzina del demone si deformò per la rabbia.
-Loro sono colpevoli delle ferite inferte a questo pianeta, non meritano considerazione, né pietà;  non permetterti di paragonarli a me.- ansimò.
L'ospite scrollò le spalle.
-Sta di fatto che Seishiro ti ha negato quello che ti sarebbe spettato. Questa era è alla fine, tu non avrai maggiore possibilità di scelta di tutti gli altri.-
Lo spirito del Ciliegio chinò il capo, espirando rabbioso.
-Non eri tu che dovevi essermi offerta. Sei stata tu la causa di tutto questo.- sibilò, con le labbra che tremavano -Se avessi potuto divorare tuo fratello, lui non avrebbe mai saputo di amarlo.-
-Lo sapeva benissimo invece.- sentenziò la ragazza -Non avrebbe giocato con lui così tanto tempo, in attesa di qualcuno che gli impedisse di ucciderlo. Tu lo sai da sempre, lo hai visto in prima persona.- intrecciò le dita fra loro -Hai perso il tuo schiavo.- serrò un istante le labbra - Ma io non permetterò che Subaru ne prenda il posto, anche se lui per te sarebbe un padrone e non un servo.-
Il demone serrò i denti.
-Qualunque cosa accada lui non sarà mai il mio padrone. - affermò, testarda -Nessuno può esserlo.-
Hokuto piegò all'insù un angolo della bocca.
-Sembra che anche gli spiriti vogliano scordare ciò che non fa loro piacere.- constatò, ma poi il suo viso divenne mortalmente serio - Subaru non diventerà un assassino. Mai-
Il demone invece rise, sguaiatamente e il suo sguardo si fece tagliente.
-Avremo modo di scoprirlo presto.- ribatté - E se tu ne fossi tanto convinta non avresti legato Seishiro con il tuo incantesimo.- aggrottò le sopracciglia e guardò la sua ospite da sotto in su -O meglio, forse gli hai fatto una grande favore…- rise, stridula -I miei servitori non si suicidano e se anche fosse vero che il tuo caro fratellino non avrebbe mai avuto il coraggio di eliminarlo, tu  hai dato a Seishiro la possibilità di essere ucciso da lui. Un Sakurazukamori non aspetta altro che bagnare del proprio sangue le mani di chi ama. Subaru Sumeragi non ha nessuna possibilità di scelta a riguardo, lui proverà a prendersi la sua vita solo per offrirgli la propria, perché è il suo desiderio e non ha altra via per esaudirlo.-
Il demone inclinò la testa, facendo oscillare gli ornamenti disposti fra i capelli dai vaghi riflessi rosati.
-E' un peccato che tu abbia potuto riflettere su certe cose solo dopo la tua morte.- constatò, in tono di scherno -Hai sbagliato a pensare che Seishiro sia così attaccato alla sua vita, nessuno dei miei servitori lo è mai stato, per quanto nessuno prima di lui abbia vissuto tanto a lungo.-
Hokuto si irrigidì, immobilizzata dall'ansia improvvisa e dal senso impotenza che si era fatto strada dentro di lei. Sperò con tutte le sue forze che l'incantesimo con cui aveva vincolato Seishiro non si rivelasse davvero un'arma a doppio taglio. Non si sarebbe mai perdonata un simile errore.
 
*******
 
Fuuma si accese una sigaretta e si stiracchiò pigramente, godendosi la vista notturna sulla città morente da un terrazzo panoramico, lussureggiante quanto una foresta. Il destino non sarebbe cambiato, tuttavia la via che percorreva sembrava poter deviare leggermente e offrire degli interessanti eventi non previsti. Seishiro e il suo amante erano sicuramente il più degno di nota. Soffiò il fumo, osservando per un istante le volute disperdersi nell'aria, quindi si rivolse senza troppa sorpresa ad un punto indefinito di fronte a sé.
-Chi sei?-
L'aria si fece lattiginosa, vestendo di una nebbia vaga le sagome dei palazzi  e lo spettro comparve, per nulla sorpreso di essere stato scoperto.
Il ragazzo la osservò con un discreto interesse.
-Hokuto Sumeragi.- constatò -Colei che occupa costantemente i pensieri del nostro Sognatore.-
Hokuto gli sorrise, strizzandogli un occhio.
-Ovvio, chi mi conosce non può fare a meno di pensare a me.-
Il Drago della Terra scrollò le spalle.
-Non sembri troppo colpita dalla tua situazione.- commentò.
Lo spirito sollevò le spalle a sua volta, con aria indifferente.
-Sono morta, essere seria non mi riporterà indietro.-
-Ottima osservazione.- concluse il ragazzo, quindi espirò un'altra boccata di fumo -E visto che non sei qui attratta dal mio fascino, posso sapere cosa vuoi da me?-
Hokuto nascose le mani nella ampie maniche bianche del vestito, assumendo il contegno altero che in vita le era mancato.
-E' semplice, Kamui dei Draghi della Terra: ho un desiderio da esaudire.-
Il giovane sollevò un sopracciglio, rise e gettò la sigaretta.  Accavallò le gambe e allargò le braccia lungo il bordo dello schienale della panchina.
-Un desiderio da parte di uno spettro è davvero una cosa curiosa.-commentò, quindi piegò le labbra in un ghigno pericoloso -Non è certo il mio genere, ma potrebbe essere divertente; sentiamo, cosa potrei mai fare per te?-
 

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Capitolo 16
*** The last time ***


Titolo: The last time
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  arancio
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
The last time
 
Subaru sospirò, profondamente, e si sedette sulla panchina di fronte alle altalene.
Un piccolo mazzo di fiori era stato legato ad uno dei sostegni. Il ragazzo irritabile, che sbuffava mentre badava ai bambini, aveva seguito il suo destino, ma ormai l’onmiouji non aveva più nemmeno la forza per sentirsene turbato; di lì a poco sarebbe arrivato anche Seishiro, era certo che non avrebbe rinunciato a vantarsi della sua impresa e a raccontargli degli ultimi, terrificanti, attimi di vita della sua preda. La natura di un Sakurazukamori non poteva cambiare, sarebbe stato come pretendere che le pioggia salisse verso il cielo, o che i fiumi scorressero al contrario.
E lui continuava ad amarlo nonostante questo. Sospirò.
Nulla sarebbe mai cambiato fino alla fine del mondo.
-Ah, sei venuto.-
Seishiro gli arrivò alle spalle e gli si sedette subito accanto, appoggiandosi allo schienale e accavallando le gambe. Non sembrava soddisfatto dell’accaduto. Forse la caccia non gli aveva dato abbastanza soddisfazione, o forse nel frattempo era accaduto qualcosa che lo aveva irritato. Qualunque cosa fosse, in quel momento non sembrava provare alcun orgoglio per la sua impresa.
-E’ davvero imbarazzante.- commentò, d’un tratto.
Subaru gli gettò un’occhiata perplessa. Per propria esperienza era stato quasi certo che quella parola non facesse parte del suo vocabolario.
-Non sono stato io.-
Seishiro si godette l’espressione incredula dell’altro, era da parecchio che non la vedeva sul suo viso. Gli bruciava dover ammettere di aver avuto quel contrattempo, però i mutamenti di espressione del suo rivale valevano anche quella confessione scomoda.
-Sembra che le nostre regole abbiano davvero perso tutto il loro valore. La mia vittima uccisa dalla cattiveria dei suo stessi compagni di scuola, è davvero irritante.- continuò.
-E loro? Che fine hanno fatto?-
Subaru non aveva cambiato posizione, aveva perfino smesso di guardarlo.
-Oh, loro. Come ti dicevo, sembra che ogni regola abbia perso valore.-
Il Drago del Cielo sospirò piano. Il Sakura doveva aver avuto un lauto tributo con cui banchettare, chissà se era bastato a lenire tutta la sua irritazione per la disobbedienza del suo servitore.
-Ti va di bere qualcosa?- chiese l’assassino, con voce piatta.
Subaru gli gettò un’occhiata perplessa. Non riusciva davvero più a comprendere cosa gli passasse per la testa. Paradossalmente, prima le cose erano molto più semplici.
- Non ti preoccupi di come reagirà il Sakura?-
L’assassino per tutta risposta si accese una sigaretta, e poi con fare noncurante la passò al suo vicino. Subaru l’accettò senza commenti e l’altro non vi badò; nessuno dei due era dell’umore adatto per uno scambio di battute.
-In verità non mi interessa un granché. La servirò come devo, e accontenterò i suoi capricci, perché è il mio compito, per il resto può borbottare quanto le pare.- sogghignò -Come io non posso fare del male ai miei servitori, lei non può farne a me. Tutto sommato non esistono solo svantaggi.-
Tese la mano destra e con un gesto misurato toccò la guancia dell’altro con il dorso delle dita.
-Non ti dividerò con lei. Non finché sarai vivo, almeno.-
Subaru ridacchiò nervoso.
-Immagino che dovrei sentirmene onorato.- fece cadere a terra la cenere della sigaretta - Ma nemmeno io ti dividerò con qualcun altro.-
Il Drago della Terra rise piano e alzò gli occhi al cielo qualche istante.
-E’ davvero un piacere sentirtelo dire.- commentò.
Non era divertito, non lo era per niente. Da che aveva scioccamente superato il limite con Subaru non era stato più capace di gestire con sicurezza la situazione in cui si trovavano, né quello che sentiva agitarsi dentro di sé quando era in sua presenza. Non gli era mai successo prima, e non sapeva se fosse ancora una conseguenza della sua stupidità, o se qualcosa che dal suo opposto si fosse radicato dentro di lui. In ogni caso era fastidiosa, e lo distraeva a sufficienza da renderlo irritabile.
Subaru si alzò e si lisciò l’impermeabile. Non avvertiva tensione né pericolo, non sapeva più cosa pensare. Era perfettamente cosciente dell’ineluttabilità del loro destino, e di quello del mondo, ma in quel momento non poteva dirsi preoccupato per nessuna delle due cose.
O forse era così rassegnato da non riuscire a provare più nulla a riguardo.
-Andiamo?-
Seishiro lo seguì senza fiatare, fingendo di sapere perché gli avesse fatto un’offerta tanto assurda. Forse stava solo cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Se avesse studiato con ancora maggior attenzione la creatura sfuggente che era la sua preda, magari avrebbe ottenuto qualche risposta.
Erano passati anni dall’ultima volta che si erano mischiati a quel modo tra la gente e ora, mentre scorreva con aria assorta la lista della caffetteria, Subaru gli parve perfino rilassato. Non lo era più stato in sua presenza da che Hokuto era morta.
Ed era maledettamente bello senza la perenne tensione che gli irrigidiva i tratti del viso. L’ultima volta che lo aveva visto così era stato quando lo aveva avuto nel suo letto, ma allora le cose erano diverse, se gli fosse capitato ora non si sarebbe tirato indietro, ne era assolutamente certo.
La cameriera arrivò sollecita con le loro ordinazioni, e si defilò non appena incrociò lo sguardo dell’assassino. C’erano persone che sapevano per istinto quanto fosse pericoloso stargli vicino. Subaru non lo aveva ancora capito, invece, e lui non era mai riuscito a capacitarsi del fatto che la sua testardaggine riuscisse a reprimere qualcosa di tanto potente come l’istinto di sopravvivenza.
Seishiro non aveva mai provato nulla del genere, a lui non era concesso, ma lo conosceva dalla resistenza disperata che facevano le sue vittime.
Sorseggiò il suo caffè in silenzio, facendo scorrere lo sguardo sul profilo del suo opposto, intento a guardare qualcosa fuori dalla vetrata.
Probabilmente nemmeno lui sapeva perché si trovasse lì, seduto allo stesso tavolo in compagnia del suo peggior nemico e del suo più grande amore.
-Che fine ha fatto Yukyo?- chiese d’un tratto.
Seishiro sollevò appena le spalle.
-Non è più tornata.- sollevò un angolo della bocca- Era rimasta parecchio impressionata da te. Soprattutto dal modo in cui pensava che potessimo trascorrere il tempo insieme.-
Subaru socchiuse gli occhi.
-Soprattutto perché tu non avrai fatto nulla per dissuaderla a riguardo.-
Seishiro rise piano.
-Che figura avrei fatto a lasciarle credere il contrario?- si sporse in avanti -Ho una certa fama da mantenere, non è accettabile che qualcuno esca sano e salvo dal mio letto.-
-Io non sono qualcuno.- ribatté l’altro, con serietà.
L’assassino piegò le labbra in un sorrisetto cattivo: per quanto potesse infastidirlo era la pura verità. Subaru non era mai stato uno come gli altri, a partire dal suo aspetto prima ancora che dalle sue origini. Era stato attirato da lui fin dal primo momento, e non solo perché avrebbe potuto arrecare un danno mortale ad un clan antagonista.
-E’ vero. Contrariamente agli altri, tu sei mio.-
Subaru scrollò le spalle come se non gli importasse.
Il suo cuore sussultava ogni volta, perché sapeva che Seishiro non aveva mai pronunciato quelle parole con l’intenzione di mentirgli. Erano la sua condanna a morte, ma era comunque il massimo grado di attenzione che avrebbe potuto ricevere da lui.
-Invece tu non lo sarai mai.- ribatté, con amarezza.
Seishiro sorrise di nuovo, in un modo che Subaru non seppe decifrare, ebbe l’impressione di aver pronunciato qualcosa che secondo l’assassino non corrispondeva ad un’esatta verità.
-E’ vero.-
Seishiro sussurrò quelle parole con il trasporto di un amante. Voleva che si rammentasse ancora una volta che un Sakurazukamori non doveva nulla a nessuno, se non a se stesso.
Subaru si chiese di nuovo cosa stesse facendo lì, con i gomiti poggiati sul tavolo e una tazza vuota davanti a sé.
L’assassino se ne accorse. Gli sarebbe dispiaciuto concludere così presto quel gioco. Gli piaceva la situazione surreale in cui aveva costretto la sua vittima. Soprattutto perché, contrariamente alla volta precedente, era lui a dettare le regole del gioco.
-Facciamo due passi.- propose.
Il suo opposto sollevò lo sguardo su di lui. Era indeciso se accettare o meno, ma se avesse voluto ucciderlo non si sarebbe comunque fatto scrupolo della gente che avevano intorno. Raccolse il suo impermeabile e lo seguì.
Seishiro lo osservò di soppiatto mentre camminavano lungo il marciapiede. Subaru gli camminava accanto con espressione rassegnata e le mani affondate nelle tasche. Teneva le spalle leggermente curve. Era un atteggiamento che negli ultimi tempi aveva cercato di evitare, ma le intenzioni apparentemente non bellicose del suo nemico non gli davano motivo per ostentare un’indifferenza fasulla.
Seishiro lo afferrò con delicatezza per un braccio e lo trascinò fuori dal flusso della folla. Non aveva più voglia di condividere il suo trofeo con altri, e ormai era infastidito da tutto quel rumore; tuttavia non aveva intenzione di lasciarlo andare. Quasi sicuramente quella era l’ultima volta che avrebbe potuto godersi in pace la sua presenza, e tutta la sofferenza che riusciva a percepire in lui. Non sembrava esserci più la stessa disperazione, ma si sarebbe accontentato.
Subaru aggrottò appena le sopracciglia nel tentativo di valutare le sue intenzioni, poi sospirò appena e si limitò a lasciarsi trascinare lontano da lì, su uno degli innumerevoli tetti dei palazzi della città.
Seishiro scelse un tetto panoramico traboccante di fiori di oleandro. Doveva appartenere ad un albergo, ma data l’ora tarda ormai le sue finestre erano buie.
L’assassino sembrava a suo agio, non era certo la prima volta che lo visitava. Si accese una sigaretta e si appoggiò con i gomiti al parapetto.
-Guardala bene, questa è una delle ultime volte che vedrai così Tokyo.-
Subaru si avvicinò alla balaustra, con le mani affondate nelle tasche e l’espressione dolente.
-Lo so.- ammise, poi gli gettò un’occhiata -Non ti facevo sentimentale.-
Seishiro si godette il tono della sua voce. Leggermente tagliente, come un’unghia di gatto che graffi senza incidere la pelle.
-Non sono io a esserlo, infatti.- piegò all’insù un angolo della bocca -Mi piace l’espressione che hai quando pensi al destino ineluttabile di questa città:-
-Non cominciano a piacerti troppe cose di me, Sakurazukamori-san?-
L’altro rise piano e soffiò il fumo con noncuranza.
-Sumeragi-san, mi piace tutto di te, dal tuo corpo alla tua ostinazione. E’ per questo che mi diverto a darti la caccia da così tanto tempo. Se fossi una preda così facile da conquistare saresti già morto.-
-Ce ne sono comunque di migliori.-
Seishiro gli gettò un’occhiata sorniona.
-Per un assassino non esiste preda migliore di quella che si è scelto.- 
-Mi hai marchiato quando ero un bambino, che avresti fatto se ti fossi accorto di aver fatto male i tuoi calcoli?-
L’assassino spense la sigaretta nella terra di un vaso. Si appoggiò alla balaustra dando le spalle alla città.
-Un Sakurazukamori non sbaglia mai.- sollevò un angolo della bocca -Ma certo, allora, non potevo immaginare che saresti arrivato a farmi desiderare di spezzarti per prendermi quello che voglio. Non sarai tu ad arrenderti, sarò io a non lasciarti altre alternative.-
-Finora non me ne hai lasciate poi molte.-
Seishiro si staccò dal parapetto. Gli poggiò al mano destra sulla nuca e si avvicinò a lui come aveva sempre fatto fino a quel momento.
-Ti ho lasciato vivere, il resto viene da sé.-
Negli occhi dell’altro non vide quasi nulla di ciò che già conosceva .Non seppe se esserne compiaciuto o sorpreso. In fondo aveva sempre desiderato di riuscire a incancrenire l’animo del suo avversario.
-Allora pagane le conseguenze.- si sentì dire, con acredine.
L’uomo avrebbe avuto una risposta pronta per quella provocazione, ma le sue parole morirono sulle labbra del suo avversario. Aggrottò appena le sopracciglia, non era previsto che la sua vittima prendesse per prima quello che voleva.
Subaru nel frattempo era leggermente arretrato, e stava valutando la sua reazione in un modo che somigliava davvero ad una fredda analisi. Seishiro avvertì qualcosa, forse soddisfazione, cercare di farsi strada nei suoi pensieri. Non era abituato a quella sensazione, benchè l’unico che gliel’avesse fatta provare fosse proprio Subaru. Strinse appena le dita sulla nuca del suo avversario.
-E’ un prezzo piuttosto misero.- sussurrò.
Non si rese conto che la sua voce si era arrochita, aveva le orecchie troppo piene del rumore del suo sangue, non ricordava che gli fosse mai accaduto nulla del genere prima.
Chiuse le labbra su quelle di Subaru e non vi trovò nulla della resistenza che gli avevano sempre offerto. Sentì le dita dell’altro stringersi sulle maniche dell’impermeabile.
Nemmeno quello era previsto.
Seishiro si prese il tempo di chiedersi perché stesse baciando con tanto garbo la sua vittima e poi lasciò che quel pensiero languisse da qualche parte. Era più sensato godersi quello che stava accadendo che preoccuparsi del perché, visto che non avrebbe trovato una risposta soddisfacente. Non c’era quasi più nulla che funzionasse nel modo che aveva fatto fino a quel momento.
Poggiò la fronte su quella del suo avversario giusto per guadagnare qualche istante.
Subaru non si mosse, né allentò la presa sulle sue braccia. Era teso, e conscio quanto l’altro della follia che si stavano concedendo.
O forse, in quel mondo sull’orlo del nulla, non lo era nemmeno più.
-E io che l’ultima volta ho creduto mentissi.- azzardò l’assassino.
-Non avevo motivo di farlo, proprio come tu non ne hai per farlo con me.-
Seishiro gli fece scivolare la mano sinistra su fianco, appena sopra la vita. Non lo stava stringendo, la sua vittima avrebbe potuto liberarsi con facilità se lo avesse voluto. Rimasero immobili a sfidarsi con lo sguardo per qualche istante. Ormai era chiaro ad entrambi che non avevano trascorso quel tempo insieme solo per arrivare a combattersi, non quella sera almeno.
-E’ l’ultima volta che sarò gentile con te. Sarebbe saggio approfittarne, non credi?-
Subaru sollevò un angolo della bocca. Nessuno dei due aveva intenzione di rinfacciarsi che la volta precedente avrebbe dovuto essere l’ultima.
-Perché no?- ribatté invece.
Seishiro non era abituato a tutto quello, alla resa che invece era una sfida e all’improvvisa ondata di adrenalina che sentì avvelenargli il sangue. Non era quella la sensazione che aveva sempre provato mentre prendeva dalla sue vittime tutto quello che avrebbe potuto soddisfarlo. Non aveva previsto, né immaginato, che sentire di nuovo le labbra di Subaru sulle sue potesse alterargli tanto il respiro e la lucidità dei pensieri. Non avrebbe mai saputo se ciò che lo scuoteva tanto fosse qualcosa di suo, o il retaggio che gli aveva lasciato il suo avversario.
Subaru non oppose troppa resistenza alle sue blande insistenze e gli si concedette senza rimorsi, avvicinandosi in modo quasi impercettibile. Seishiro non aveva previsto nemmeno quello, tantomeno il fatto che il suo opposto potesse pretendere una controparte adeguata. Era un gioco in cui non aveva mai avuto un avversario degno di questo nome. Accantonò anche quel pensiero.
Il fatto che le regole fossero cambiate, davvero, non aveva solo svantaggi.
 
********
 
Fuuma soffiò il fumo della sua sigaretta e lasciò cadere la cenere nel vuoto
-Ah, finalmente.- brontolò.
Era leggermente contrariato dal fatto che quello che stessero soddisfacendo non fosse il loro più grande desiderio, ma qualcosa era sempre meglio di niente. Almeno avrebbe dovuto faticare meno nel prossimo futuro.
 

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Capitolo 17
*** Rainbow Bridge ***


Titolo: Rainbow Bridge
Pair: Seishiro x Subaru
Rating: arancione tendente rosso
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
Le parti tra le parentesi quadre sono citate direttamente da X1999
 
Rainbow Bridge
                                                                                                  
Polvere.
Rumore .
Il mondo sembrava avere definitivamente intenzione  di collassare su se stesso.
Subaru ricordava di aver assistito anni addietro allo spettacolo di un numero infinito di tessere da domino che cadevano lungo un percorso stabilito, distruggendo il vecchio disegno per crearne uno nuovo. In quel momento ebbe la netta impressione che le ultime tessere di quel percorso personale, comunemente detto destino, fossero ormai pronte per cadere.
-La magnificenza della distruzione ha la stessa sacralità divina di una nuova creazione, non trovi?-
L’assassino era in piedi poco lontano, in equilibrio su ciò che rimaneva di un pezzo di pavimentazione stradale. L'impermeabile gli svolazzava attorno in modo aggraziato, intonso come se stesse passeggiando in una via elegante.
Attorno a lui l'aria vibrò, si fece lattescente fino a che parve condensare in petali serici.
Subaru non sarebbe sfuggito mai all'incanto del suo Ciliegio.
-Non c'è bisogno che usi queste illusioni.- affermò il Drago del Cielo, senza esitazioni nella voce.
Non ebbe tempo di vedere cosa si celasse dietro lo sguardo dell’uomo, non lo avrebbe comunque compreso. Ognuno di loro stava inseguendo il proprio desiderio, questo era sufficiente ad annebbiare le percezioni che potevano avere l'uno dell'altro; con la differenza che un Sakurazukamori sapeva sempre come realizzare il proprio.
A Seishiro non importava della disperazione che avrebbe lasciato dietro di sé: il modo di amare di un servitore del Sakura non poteva concepire nulla che andasse oltre l'indescrivibile abbandonarsi alla morte tra le braccia di chi si amava. Lui aveva già conosciuto la loro delicatezza e la loro forza, aveva perfino potuto giocare con le labbra sulla pelle della sua preda, ma sapeva che il piacere che ne aveva tratto gli sarebbe parso ben poca cosa in quegli ultimi istanti; perciò decise di continuare a provocare la persona che amava per portarla al limite della sua capacità di sopportazione, per trascinarla con sé in quel momento fatale in cui lo avrebbe spogliato delle ultime reticenze, e strapparle il cuore per il soddisfacimento del suo vero e unico desiderio. Allora lo avrebbe posseduto davvero, completamente, per un istante infinito quanto l'eternità.
Piegò all'insù un angolo della bocca, mentre valutava con attenzione dove colpire per ottenere abbastanza polvere da disorientare completamente il suo avversario.
Il pensiero di Hokuto gli attraversò la mente. L'evidenza dei fatti non l’aveva mai fatta desistere, ma ultimamente aveva smesso di apparigli; forse si stava solo rifiutando di assistere a quanto stava accadendo per non dover assaporare l'amarezza di essersi illusa per tanto tempo.
In ogni caso gli aveva fatto un dono meraviglioso, anche se dal suo punto di vista era il solo ed estremo tentativo di salvare suo fratello.
L’assassino invocò il proprio potere, la particolare vibrazione con cui aveva ucciso Hokuto, e lo avvertì rivoltarglisi contro, bruciante, e scivolandogli sulla pelle.
Sospirò.
In quel momento tutto quanto era accaduto tra lui e il suo opposto gli parve inconsistente come un sogno.
Sollevò la mano e attaccò.
 
*******
 
Seishiro non aveva mai nemmeno immaginato di possedere una simile virtù nell'usare la sua arte.
O forse con Hokuto era stato più gentile di quanto avesse creduto: le dita aggraziate di Subaru avevano attraversato il suo petto con la facilità di una lama, così affilate da impedirgli persino di sentire dolore, e lasciandogli solo la consapevolezza che il sangue che le imbrattava era il suo e che non avrebbe potuto scorrere in eterno.
Il meraviglioso sguardo asimmetrico di Subaru lo sovrastava, sconvolto ed incredulo.
Quello di sua madre invece gli era apparso sereno come la superficie immobile di un lago, perfettamente e completamente appagato.
Forse era stato identico a quello che aveva lui ora.
 
[…] -Perchè sei...così dolce...- […]
 
Era necessario che lo dicesse, che per una volta gli confessasse quanto aveva amato quel suo aspetto così caparbiamente intenzionato a non scomparire.
La dolcezza non era cosa per un assassino.
L'aveva usata certo, con una raffinatezza tale che aveva convinto chiunque del fatto che essa facesse parte della sua anima, ma non era mai stato nulla più che un ammantarsene, come usare uno specchio per attirare le allodole.
In Subaru invece era un tratto caratteristico, così poco adatto al dovere che doveva compiere che più di una volta aveva temuto che potesse farlo cedere prima che potesse esaudire il suo desiderio.
Ma ora non aveva più motivo di tacere.
Un Sakurazukamori non aveva mai reticenze nel dire la verità quando lo riteneva opportuno, né con le parole né con il corpo.
Si aggrappò a Subaru, per sollevarsi quel tanto che bastava per sussurrargli nell'orecchio un’ultima volta.
-Io... ti... ringrazio.-
L'ultimo piccolo, innocuo, sfregio alla sua anima.
Dirgli che lo amava sarebbe stato terribilmente banale, se paragonato alla grandezza di quel momento.
Subaru lo avrebbe capito a tempo debito e avrebbe pianto, si sarebbe disperato per non averlo compreso subito e lo avrebbe amato con la disperazione che lo avrebbe costretto a continuare a vivere. Non c'era nulla che avrebbe potuto soddisfarlo più di questo, perciò senza rimpianti abbandonò il proprio corpo e l'amato che lo stava piangendo.
Da qualche parte, in un mondo senza tempo e spazio, le vetrate sanguigne di una cattedrale gotica si infransero, e i preziosi volumi che conteneva si disfecero perdendo le loro pagine nel vento, al di là delle intelaiature divelte.
 

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Capitolo 18
*** The last farewell ***


Titolo: The last farewell
Pair: Subaru, Fuuma
Rating:  arancio
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.

Siamo così vicini alla fine ormai...ancora quattro capitoli e si concluderà anche questa avventura^^
 
The last farewell
 
 
Pioveva. Violentemente, da giorni; da qualche parte era stata eretta una barriera, eppure nulla aveva più importanza.
In giardino il ciliegio e la camelia risplendevano dei loro fiori, incuranti della pioggia che avrebbe dovuto appesantire i petali e farli marcire.
Subaru era indifferente quanto loro, abbandonato a corpo morto nel letto che era stato del precedente Sakurazukamori.
Accettando il suo potere si era all'improvviso trovato sulle spalle il peso del suo clan; era stato vagamente divertente osservare lo sgomento sui volti dei suoi nuovi sottoposti quando aveva annunciato di non avere nessuna intenzione di uniformarsi alle loro regole.
Lui stesso era l'incarnazione dell'anticonformismo di Seishiro, che nonostante tutto aveva lasciato che proprio un Sumeragi prendesse il suo posto.
Alla fine si era ritrovato sospeso tra due mondi, visto che comunque non avrebbe potuto smettere di fare parte del proprio clan. In ogni caso ormai aveva perso le persone che amava, non ci sarebbe più stato un posto da chiamare casa.
La porta finestra scivolò di lato senza rumore e Fuuma entrò nella stanza con la sua solita espressione, tra l'indecifrabile e lo strafottente.
-Sei ancora vivo?- lo apostrofò, mentre girava attorno al letto.
Subaru spostò solo gli occhi.
-Te l'ho detto: se morissi morirebbe anche il suo occhio.-
L'altro scrollò le spalle.
-Non ti avrei dato più di due settimane prima di vederti tentare il suicidio.- sollevò un angolo della bocca -Ma sembra che Seishiro ti abbia addestrato bene.-
Ridacchiò di fronte alla sua mancanza di reazione e concentrò la sua attenzione sul ramo di ciliegio che sorgeva dal nulla in un angolo della stanza, carico di fiori splendidi, quasi luminescenti. Tese le dita per sfiorarli per poi ritrarle di scatto, insanguinate. Ne leccò la punta con aria voluttuosa.
-Non le hai ancora dato qualcosa da mangiare?-
-Non ho intenzione di nutrila. E' un demone, non morirà per questo.-
-No, ma il suo umore peggiorerà di certo.-
Si sedette sul bordo del letto, sporgendosi su di lui.
-Hai ancora intenzione di stare a guardare cosa accadrà?-
-Sì.-
Fuuma sollevò un angolo della bocca e in un attimo gli fu sopra, con le mani ben affondate ai lati delle sue spalle e le ginocchia altrettanto salde ai lati delle sue. Subaru gli dedicò uno sguardo vacuo.
-Non ti scomponi più per nulla.- arcuò le labbra -Pensi di non avere più desideri, vero? - si abbassò, fin quasi a sfiorargli le labbra con le proprie, nel modo sfacciato in cui lo faceva anche Seishiro -Altrimenti non mi permetteresti di provocarti fino a questo punto.-
-Sei libero di pensare quello che vuoi.-
-Gli uomini non possono fare a meno di desiderare. Nemmeno dopo che sono morti, tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.-
Subaru avvertì un dolore sordo che si faceva strada nel petto. Quel modo di fare era troppo simile a quello dell’ assassino perché potesse lasciarlo indifferente. Chiuse gli occhi.
-Lasciami in pace.-
-Tu non vuoi che lo faccia; perché sono la persona che più ti ricorda lui.-
Seguì con le labbra la curva morbida della sua mandibola, assecondato dal movimento di rifiuto che man mano la scopriva.
-E adesso che non puoi avere la morte, - gli sussurrò -desideri almeno il dolore, affinché ti salvi dai tuoi pensieri.-
Gli strinse le dita sul mento e poi fece forza per spingergli indietro la testa.
-Dimmi Subaru, se volessi accontentarti mi lasceresti carta bianca?- gli fece sentire la punta della lingua sotto al mento -Nemmeno lui era cosciente di quanto desiderasse sentire la tua voce rotta solo dal piacere.-
Con lentezza deliberata gli fece scivolare la mano sinistra lungo il fianco, fino ad infilarla con altrettanta maestria tra le sue gambe .
-Ma non gli sarebbe bastato, e ha aspettato di cogliere il piacere più grande che tu potessi dargli.- strinse appena le dita -Però questo per me non vale.- tornò di nuovo a sfiorargli il viso con le labbra -Allora Sumeragi-san, quanto sei ancora intenzionato a soffrire per il suo ricordo?-
Il Drago del Cielo chiuse gli occhi e non si mosse.
Fuuma lo carezzò con fare esperto.
-Lo sai? Una volta ha mormorato il tuo nome mentre passavamo il tempo… insieme... per così dire.-
L’onmiouji  strinse le labbra. Si stava comportando esattamente come Seishiro. Era insopportabile.
-Allora? Non sei curioso?-
Subaru abbandonò ogni resistenza.
-Fa' quello che vuoi.- disse, con voce atona.
L’altro Kamui ridacchiò.
-Una risposta degna di un Sakurazukamori.- commentò e poi si raddrizzò sulle ginocchia -Hai imparato le sue lezioni alla perfezione, mi fai perfino fatto perdere la voglia di accontentarti.-
Subaru puntò lo sguardo su di lui. Era vero, quasi senza accorgersene aveva acquisito la stessa indifferenza di Seishiro. O forse era stato solo prosciugato dalla disperazione di averlo perso.
Fuuma piegò all'insù un angolo della bocca.
-Vi siete inseguiti a vicenda fino alla fine, lui in un modo e tu in un altro, seguendo le vostre rispettive nature ma, visto che era il vostro desiderio, io non ho potuto fare altro che stare a guardare. Mi avete irritato ogni oltre dire.-
-Buon per te, ora non ne avrai più motivo.-
Il Drago della Terra rise in modo sguaiato. Non era la prima volta che si sentiva dire una cosa del genere.
-Tu continuerai ad avere desideri e io tornerò ogni volta per ricordartelo. E’ passato il tempo in cui potevi ancora permetterti il lusso di rinnegare la tua natura.-
Subaru chiuse gli occhi qualche istante.
-Io non credo di avere mai saputo cosa volessi.-
-E’ il motivo per cui gli esseri umani passano da un desiderio all’altro. Seishiro invece era sicuro di sapere cosa volesse e così ha trascinato per anni il vostro rapporto. Ne sei cosciente quanto me, ciò che ha fatto era il solo modo in cui sapesse dimostrarti il suo amore, benché non avesse alcuna intenzione di prenderne atto. Tu non sei un Sakurazukamori perciò, che ti piaccia o meno, lui ha fatto in modo che tu non fossi mai preda dell’indifferenza della sua stirpe, perché altrimenti il tuo spirito sarebbe morto e lui avrebbe perso la sua occasione di continuare a farti vivere come essere completo in tutte le sue parti.-
L’altro giovane mosse appena la testa. Ormai sapeva come ragionava una sicario del Sakura e la cosa lo confondeva ancora di più. Seishiro era stato un assassino che aveva seguito solo le proprie regole, fingendo di piegarsi a quelle del suo clan. Non aveva mai obbedito per davvero nemmeno al suo padrone.
-Sì.- ammise debolmente.
Fuuma aggrottò appena le sopracciglia poi stirò le labbra in un sorriso privo di scherno.
-Gli piaceva la tua capacità di osservare in profondità le cose, dico davvero. Lui non era in grado di comprendere fin dove spingersi con te, ha navigato a vista per tutto questo tempo usando le tue reazioni come metro di misura per poter fare la sua mossa successiva. Ma, a quanto so, ultimamente non era stato più in grado di fare nemmeno questo.-
Il Drago del Cielo non si curò di sentirsi in imbarazzo per le sue parole. Accennò appena un sorriso solo per dimostrargli di avere capito.
Kamui si chinò di nuovo su di lui, serio.
-Chiudi gli occhi Sumeragi-san, perché finalmente, dopo tutto questo, io possa portarti il saluto che avrebbe voluto darti davvero.-
Subaru strinse le labbra e si prese qualche istante. Il Drago della Terra attese che decidesse sul da farsi, almeno in quello non aveva alcun diritto di forzarlo. Non gli pesava il compito che Seishiro non si era curato di lasciargli, tuttavia nemmeno lui era mai stato in grado di nascondergli qualcosa, ed era stato facile capire cosa volesse oltre alle richieste esplicite che gli aveva fatto.
-Sia quel che sia.- sussurrò il Drago del Cielo.
L’altro piegò all’insù un angolo della bocca. Non aveva avuto dubbi sul fatto che avrebbe ceduto. Appoggiò il peso sui gomiti, senza fretta.
Subaru affondò leggermente la testa nel cuscino. Non si era propriamente ritratto, ma non erano necessarie chissà quali doti per capirne il motivo.
-Fai quello che avresti fatto con lui.- gli disse Kamui, con gentilezza –E’ il motivo per cui sono qui.-
Subaru riuscì a piegare leggermente un angolo della bocca Non riusciva nemmeno più a sentirsi a disagio. Poggiò con leggerezza le mani sulla schiena dell’altro: un tocco appena percettibile che fece comprendere all’altro Drago perché Seishiro si ostinasse a provocare il suo avversario principalmente attraverso un contatto fisico che riusciva a far apparire carico di distacco; dava a al suo avversario quello che avrebbe ricevuto da lui e, sicuramente, non se n’era mai reso conto, tanto era l’abitudine che aveva sviluppato a quel genere di approccio. Sapeva solo che era un ottimo modo per ferirlo, non si era mai soffermato sul perché. 
Il Drago della Terra gli si avvicinò con cautela, non voleva dargli motivo di sentirsi minacciato.
Subaru gli si abbandonò dopo qualche istante. Dolce, cedevole e al contempo conscio dei propri diritti: Fuuma non aveva mai baciato una persona simile, né con quella sorta di trasporto che sentiva stringergli lo stomaco.
Ora poteva capire alla perfezione perché Seishiro aveva perduto se stesso così tanti anni addietro;
se si fosse trattato unicamente della sua bellezza, il sicario avrebbe provveduto ad eliminarla anche solo per evitarsi il fastidio di esserne in qualche modo distratto.
Si concesse il lusso e il piacere di sentirsi soddisfatto della sua missione,
-Sei davvero un uomo pericoloso, Sumeragi-san.- gli sussurrò.
Chiuse di nuovo le labbra sulle sue e un attimo dopo era già accanto alla finestra aperta.
-Ho un’ultima cosa da dirti.- disse in tono solenne -Gli esseri umani vengono vincolati anche dai desideri altrui, e né tu né Seishiro avete mai fatto eccezione.- 
Una volta solo, Subaru si raggomitolò su se stesso e si concesse qualche singhiozzo.
L’ultima cosa che l’amante gli aveva lasciato era stata la sua resa. Ora sapeva per certo che lo aveva avuto incondizionatamente fin dall’inizio di tutti gli eventi che li avevano portati fino a quel giorno.
Nel suo angolo di stanza il Sakura parve rattrappirsi come un animale rabbioso.
Alla fine aveva perso anche l’ultimo dei suoi servitori.
Maledisse Seishiro, la sua follia e tutti i vincoli che le avrebbero per sempre impedito di vendicarsi di un simile affronto.
 

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Capitolo 19
*** The desire's net ***


Titolo: The desire’s net
Pair:, Fuuma
Rating: giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.

 
The desire’s net
 
Fuuma lo sapeva: il desiderio era davvero una cosa bizzarra; dominava da sempre le vite degli uomini e in funzione del suo soddisfacimento erano state distribuiti in ogni dove dolore, sofferenza e ogni altro abbietto prodotto del lato oscuro dell’umanità.
A volte capitava che ci fossero desideri formulati per il bene e la felicità altrui ma quasi sempre anch’essi erano inquinati dell’egoismo umano, poiché gli uomini li formulavano solo per vedere soddisfatte le proprie aspettative riguardo una cosa oppure un’altra.
Poi, casi più unici che rari, esistevano desideri disinteressati, espressi solo per garantire un po’ di serenità agli altri.
Fuuma aveva passato qualche tempo a chiedersi a che categoria appartenesse quello della sorella di Subaru.
Conosceva Hokuto attraverso le parole del suo veggente, ma non vi aveva prestato una fede assoluta: Kakyoh aveva ancora il cuore riempito dall’amore che provava per lei, non poteva considerarsi affidabile.
Quando gli era comparsa davanti era stato tentato di scacciarla, ma la curiosità aveva avuto il sopravvento, e aveva deciso di ascoltarla. Non aveva nemmeno immaginato che uno spirito potesse arrivare a chiedergli qualcosa, tantomeno che quella richiesta potesse essere formulata con estrema attenzione, in modo da limitare il più possibile la sua capacità di interpretazione.
Hokuto non si fidava di lui, era perfettamente cosciente che qualsiasi parola interpretabile in modo ambiguo avrebbe potuto stuzzicare la sua voglia di rigirare le cose a suo piacimento.
Aveva cercato di farlo in effetti, però l’essere costretto tra le richieste dello spettro e quelle di Seishiro aveva inaspettatamente ridotto il suo spazio di azione.
Senza contare il desiderio inespresso del suo veggente.
Kakyoh stava cercando di convincersi di non aver più alcuna speranza né aspettativa, però aveva sperato in più di un’occasione che uno dei Sumeragi potesse trovare un po’ di gioia, almeno per non rendere vano il sacrificio di Hokuto.
Il Drago della Terra si levò la sigaretta dalle labbra e ed espirò il fumo.
I desideri erano pericolosi, a volte, potevano costruire una rete con delle maglie così strette da ridurlo a qualcosa di simile all’obbedienza. Aveva pensato che fosse solo una potenzialità remota, e invece si era trovato invischiato in una successione di eventi che non gli avevano lasciato scelta, benché avesse cercato una scappatoia ben più di una volta.
Ridacchiò.
Quella situazione lo innervosiva ancora, tuttavia aveva deciso di farsene una ragione, visto che ormai si era quasi giunti alla conclusione degli eventi.
In ogni caso, tutto quello che ne sarebbe seguito, non avrebbe più interessato la lotta tra Cielo e Terra quindi non avrebbe più avuto motivo di intromettersi.
 

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Capitolo 20
*** Subaru's chastisement ***


Titolo: Subaru’s chastisement
Pair:Seishiro x Subaru,
Rating:  arancio
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.

 
Subaru’s chastisement
 
Subaru aveva iniziato ad avvertire qualcosa di diverso nell’atmosfera della casa. Non si era ancora così abituato all’ambiente per poter dire di esserne certo, tuttavia aveva cominciato a provare una sorta di nuova tranquillità quando si fermava ad ammirare la camelia eternamente fiorita che cresceva in giardino.
Insieme all’occhio aveva ereditato anche tutte le memorie del clan che un sicario decideva di passare all’altro, quindi ormai sapeva quale ruolo avesse avuto la madre di Seishiro nella formazione, per così dire, del figlio. Aveva rivissuto molto dell’esperienza del suo amato a riguardo, inclusa la conversazione in cui lei gli aveva spiegato quale destino aspettasse ogni assassino. Era rimasto colpito dalla dolcezza del suo viso da ragazzina e dalla serenità con cui si apprestava a vivere fino in fondo il suo ruolo. Seishiro invece non aveva provato nulla a interpretare il proprio, ma quello era inevitabile, perché un Sakurazukamori poteva amare una sola persona in tutta la propria esistenza.
Il Drago del Cielo tese le dita e sfiorò uno dei fiori.
Tutti i predecessori di Seishiro avevano trascorso le loro esistenze assassinando sistematicamente le loro emozioni, così come facevano con le loro vittime; non era esatto dire che un sicario
non aveva emozioni, ma era corretto dire che sapeva soffocarle così bene da renderle quasi inesistenti; l’unica possibilità di riappropriarsene, di tornare umani in qualche modo, era rappresentata dal loro amante perfetto, che avrebbero condannato al loro stesso destino. Lui si era trovato a rappresentare il culmine e la fine di quella tradizione.
Subaru sospirò e tornò in casa, lontano dalla luce che lo infastidiva. Non aveva la forza per fare nulla quindi tornò a ributtarsi sul letto. Si raggomitolò su se stesso e in poco tempo si addormentò. Gli capitava spesso da che era lì, veniva preso da un sonno profondo che avrebbe dovuto essere popolato dal suo demone e dagli spettri delle sue vittime, e che invece era perfettamente vuoto.
Il Sakura in verità aveva tentato di prendere il sopravvento mentre lui vagava in quello spazio oscuro, ma dopo i primi tentativi aveva dovuto arrendersi. Il suo nuovo servitore aveva avuto delle reazioni così rabbiose da convincerla a non tentare più nulla. Subaru sapeva bene come trattare quelli come lei; poteva essere diventato un Sakurazukamori, ma non aveva dimenticato di essere anche un Sumeragi, e questo lo rendeva potenzialmente letale.
Subaru si svegliò sul far del tramonto; sulla soglia della finestra trovò Fuuma che osservava con fare meditabondo le nuvole colorate dal tramonto.
-Buonasera.-
L’altro si alzò a sedere e lo squadrò con fare interrogativo. Il ragazzo scrollò le spalle.
-Il nostro veggente si inquieta per te, e per poterci utile deve essere tranquillo; così sono venuto a vedere come stai, anche se non mi ha chiesto nulla,-
- Perché il vostro indovino dovrebbe interessarsi di me?-
-Perché è ancora innamorato di tua sorella.-
Subaru impiegò qualche istante a realizzare il significato delle sue parole, quindi scosse la testa.
-Francamente non capisco come sia possibile.-
Kamui si sedette di fronte a lui, senza l’espressione strafottente che l’altro gli aveva visto sul viso quasi ogni volta.
-Si incontravano nel mondo dei sogni, lontano da qualsiasi interferenza umana. Kakyoh era già prigioniero del suo ruolo e dei suoi poteri, l’unico mondo che conosceva era la stanza in cui lo tenevano rinchiuso. Hokuto è comparsa nel suo altro mondo di punto in bianco, era l’unica che fosse riuscita a travalicarne i confini.- piegò all’insù un angolo della bocca -Deduco che tu non lo sapessi.-
Subaru scosse la testa. Hokuto gli raccontava solo ciò che poteva renderlo un po’ più sereno o allegro.
-Lei possedeva poco potere spirituale; poteva chiudere qualche sigillo e alterare leggermente la percezione della realtà, ma non pensavo potesse riuscire a superare le difese di un veggente.-
-Non poteva infatti. Hanno condiviso lo stesso spazio onirico, non è frequente ma nemmeno impossibile. Ora che ti sei fatto carico di tutto quello che comportava il tuo legame con Seishiro non può che preoccuparsi per te.-
-Lui sapeva che sarebbe finita così, immagino.-
-Lo sapevo anch’io, non serve essere un indovino. Quello che doveva restarne all’oscuro eri tu, e adesso hai tutte le informazione per sapere perché.-
-Di’ al tuo veggente che non ho intenzione di lasciarmi morire, sia per Seishiro che per Hokuto.-
 -Sembri deciso.-
-Lo sono.-
-Allora non avrò molti altri motivi per farti visita.-
 -Dovresti?-
Il Drago della Terra rise senza troppa foga, poi si porse verso di lui.
-Francamente cominciavo a sperare che avresti gradito maggiormente la mia presenza.-
Subaru scrollò le spalle, con un sorriso leggero che gli piegava le labbra.
-Non ho ereditato anche quell’aspetto de suo carattere. Mi dispiace.-
-Non mi sono mai fatto illusioni a riguardo.- ribatté l’altro, in tono leggero -Sei un tipo fedele. Anche Seishiro, a modo suo. Un Sakurazukamori può andare a letto con chiunque, però l’unica persona per cui provi davvero desiderio rimane il suo amante. Non ti ho mentito quando ho detto che gli è sfuggito il tuo nome.-
-Lo so.-
Fuuma rise piano.
-Non dirlo come se non ti importasse.-
-Ho imparato a farmi una ragione di molte cose.-
Kamui sollevò un angolo della bocca.
-Ricordatene per il futuro.-
Subaru chiuse gli occhi qualche istante. Nella sua mente si materializzarono decine di immagini, una più devastante dell’altra. Una serie di eventi su cui lui non aveva comunque potere di azione.
-Non ho altre scelte.-
-Sai, Subaru, perfino gli indovini possono essere presi contropiede.- disse, mentre si alzava -Gli eventi a volte mutano senza chiedere il permesso a nessuno, il desiderio di una sola persona può avere effetti incalcolabili.-
-Non certo il mio.-
Fuma rise, con le dita già poggiate sulla finestra.
-Ci sono combinazioni imprevedibili, uniche e irripetibili. Servono conoscenza, perseveranza e molta fortuna, ma chi le sa cogliere può avere un potere incalcolabile.- scrollò le spalle -Detto questo, Sumeagi-san, credo che non ti disturberò per un po’.-
Subaru lo salutò con un leggero cenno del capo quindi si sdraiò di nuovo. Non aveva compreso appieno quello che Fuuma aveva voluto dirgli, francamente non comprendeva l’utilità di tutto il discorso che gli aveva fatto. In ogni caso se ne era andato soddisfatto e questo gli sarebbe dovuto bastare. Si girò su un fianco sinistro e lasciò che i suoi pensieri annebbiati si perdessero nel sonno.
 
*******
 
Si svegliò in piena notte, dolcemente. Sbattè le palpebre per mettere a fuoco a camera, appena illuminata dalla luci della via che filtravano attraverso le tende chiare. Si rigirò nel letto godendosi appieno il piacere delle lenzuola di lino pregiato. Aveva l’impressione di avere fatto un bel sogno, uno di quelli che ogni tanto venivano a rasserenare le sue notti prima che Seishiro gli lasciasse il proprio destino. Il fatto che non li avesse mai ricordati non toglieva nulla al senso di sollievo che riuscivano a dargli.
Emise appena un brontolio e si raggomitolò. Si sentiva rasserenato come non gli capitava da tempo. Gli parve che quegli istanti rasentassero la perfezione, allora non oppose alcuna resistenza nel momento in cui il sonno ricominciò ad annebbiargli i pensieri.
Quando il sole cominciò ad entrare dalla finestra Subaru aprì di nuovo gli occhi. La sensazione di benessere non lo aveva ancora abbandonato, così si concesse un brontolio soddisfatto mentre stiracchiava la schiena. Era da che era ragazzo che non si sentiva più così, da quando Hokuto aveva smesso di dormire con lui quando lo vedeva abbattuto, e da che non era più accaduto che si addormentasse sulla spalla di Seishiro. Doveva riconoscere che l’assassino si era impegnato seriamente nell’essere gentile con lui; nonostante fingesse doveva avere forzato molto spesso la sua natura. Sospirò piano e decise di abbandonare il tepore confortevole del letto.
Seduto sul bordo gettò un’occhiata al di là dei vetri. Aggrottò le sopracciglia: le tende non erano dove le aveva viste durante la notte. Scrollò le spalle. Non era nuovo a cose del genere, aveva visto decine di volte oggetti che si spostavano per conto proprio.
Si stiracchiò di nuovo, aprì la finestra e usci a godersi l’aria mattutina.
Si accese una sigaretta e rimase a naso in su, con gli occhi persi nella chioma rosa del ciliegio. Nessuno si accorgeva della sua fioritura perenne, la barriera che la proteggeva dagli sguardi della gente comune si abbassava solo in primavera e lo stesso accadeva in inverno per la camelia. Si era chiesto più volte se quell’espediente fosse una tattica di caccia o se fosse soltanto il modo in cui Seishiro fingeva una normalità di per sé inesistente. Nonostante i muri alti e il giardino ampio, la sua casa effettiva sorgeva in mezzo a tutte le altre, probabilmente era anche riuscito a sembrare un vicino cortese e discreto.
Lui invece si era ben guardato dall’instaurare qualsiasi rapporto con gli altri.
D’un tratto notò della cenere ai piedi del ciliegio. Forse l’aveva lasciata Fuuma, benché non ricordasse di averlo mia visto fumare in quel posto.
Si appoggiò con la schiena al tronco.
Non c’era dolore nel suo animo quel mattino, solo un senso struggente di nostalgia, come se Seishiro si fosse semplicemente allontanato per un po’. Del resto non era una considerazione così distante dalla verità: prima o poi anche lui sarebbe morto. Il fatto di essere diventato un servitore del Sakura non era certo sufficiente a renderlo immortale. Non avrebbe sopportato una simile condanna.
Aggrottò le sopracciglia e si spostò nel punto in cui aveva notato la cenere. Da quell’angolazione era possibile guardare nella camera da letto. Non si vedeva nulla se non l’ultima anta dell’armadio, ma indubbiamente era una posizione ottima per tenere d’occhio chiunque potesse abitarvi. Forse era stato Fuuma per davvero; non si era mai preoccupato del fatto che potesse controllarlo, magari lo aveva fatto più volte di quanto aveva pensato.
Probabilmente avrebbe dovuto sentirsi lusingato da tanta attenzione. Il Drago della Terra poteva conoscere, di ogni persona, anche i segreti di cui essa non era cosciente, mentre lui non avrebbe saputo dire cosa potesse nascondersi nell’animo di Seishiro, nemmeno ora che possedeva una parte dei suoi ricordi.
Lasciò cadere la cenere della sigaretta a terra, con noncuranza , e tornò nella stanza da letto.
Aveva un lavoro da compiere quel giorno. Era ancora un Sumeragi, dopotutto.
 
*******
 
Subaru rientrò a sera inoltrata. Aveva un urgente bisogno di un po’ di tranquillità quindi non fece altro che liberarsi del soprabito e delle scarpe, abbandonarli all’ingresso e buttarsi a corpo morto sul letto. Il suo sonno insolitamente profondo lo isolò dal mondo in pochi istanti. I lampioni proiettavano fin nella stanza l’ombra del tronco del ciliegio; sarebbe stato comunque impossibile accorgersi che, nascosta la suo interno, si trovava un’altra ombra.
 
*******
 
Subaru si svegliò di nuovo a mattina inoltrata, ancora cullato da quella bizzarra sensazione di benessere. Si rigirò nel letto stringendosi addosso le lenzuola. Rimase così qualche minuto fino a che, all’improvviso, si rese conto che non avrebbe dovuto essere adagiato sotto lenzuola e coperte. Si tirò a sedere gettandosi attorno un’occhiata sospettosa. Dubitava che Fuuma si fosse preso la briga di metterlo a letto, tuttavia trovava anche improbabile che potesse averlo fatto uno spirito.
Si alzò e andò alla finestra. Il cielo era nuvoloso , con qualche sprazzo di azzurro tra le nuvole. Aggrottò le sopracciglia. Sul pavimento di legno al di là del vetro, una piccola traccia di cenere si stava disfacendo a causa del vento mattutino.
D’un tratto ogni stranezza che aveva notato prese posto nel disegno più grande che fino a quel momento gli era sfuggito. Si morse il labbro inferiore e si avviò verso l’ingresso, certo di cosa avrebbe trovato.
Emise un gemito sommesso quando vi giunse: il suo impermeabile era stato appeso e le scarpe sistemate con la punta verso l’ingresso.
Subaru si sedette, poggiò i gomiti sulle ginocchia e rimase a fissare la porta senza nemmeno vederla. Avrebbe dovuto immaginarlo. Anzi avrebbe dovuto esserne certo.
Chinò la testa e rise sommessamente. Ora non gli restava altro da fare che riuscire a non perdere la ragione.
 
*******
 
L’ombra si mosse in silenzio e senza alcuna cautela: sapeva di essere attesa. Aprì la finestra e senza far rumore si sistemò davanti al letto, con le braccia conserte e un sorrisetto beffardo a piegargli le labbra.
Dall’altro lato della stanza Subaru sedeva con la schiena appoggiata alla testiera del letto e le ginocchia tirate al petto. Chiuse gli occhi qualche istante, nel tentativo di non perdere il controllo poi, determinato, fissò lo sguardo sull’uomo di fronte a lui.
-Sei la mia punizione.- constatò, con voce atona.
La sofferenza nella sua voce era tangibile come le mura della stanza, ma l’altro si limitò a scrollare le spalle.
-Si può dire così .-confermò.
Subaru appoggiò la fronte sulla ginocchia. Era davvero troppo. La creatura che gli stava di fronte aveva perfino lo stesso timbro di voce di Seishiro.
Lo spirito, o demone, o qualunque cosa fosse, si avvicinò con calma e si sedette sul bordo del letto, così vicino che Subaru riuscì a sentire il calore del suo corpo. Sollevò gli occhi. La creatura piegò appena un angolo della bocca senza dire nulla.
Subaru si lasciò sfuggire un sospiro e infine lasciò cadere indietro la testa, ad occhi chiusi. La copia che aveva di fronte a sé aveva lo sguardo che Seishiro possedeva prima che cercasse di ucciderlo la prima volta, gli occhi dorati che lui aveva amato fino a desiderare di perdere uno dei suoi.
Era la sua condanna.
Aveva tradito il mondo intero, non avrebbe potuto aspettarsi nulla di diverso che quel tormento. Si costrinse a guardarlo in viso e reggere il suo sguardo.
-Sei il mio demone.- disse, e la voce gli tremò.
-Sì.-
La creatura gli fece scivolare le dita dietro la nuca e lo tirò verso di sé, senza incontrare la resistenza che si sarebbe aspettato.
-Sono il tuo demone.- confermò.
Poggiò le labbra su quelle di Subaru e allora sentì l’altro cercare di ritrarsi; ma il nuovo custode del Sakura era troppo preso dalla certezza della sua condanna per farlo con vera convinzione.
Lo sconosciuto si concesse qualche istante per assaporare il suo sguardo e l’espressione del suo viso. Vi lesse molte cose, alcune non sarebbe nemmeno stato in grado di riconoscerle, tuttavia nessuna di queste era indifferenza. Allentò la presa e allargò le dita dietro la sua testa.
-Sono il tuo demone .- ripeté - Purché tu mi voglia ancora, ovviamente.-
Il Drago del Cielo impiegò qualche istante a comprendere il significato delle sue parole. Tentò di articolare qualcosa, ma le labbra dell’altro furono di nuovo sulle sue.
Subaru si ritrasse e fece forza sulle sue spalle nel tentativo di allontanarlo.
-Se…- ansimò, incredulo.
Per tutta risposta l’altro gli poggiò le labbra su una guancia , per poi seguire il profilo della mandibola fino alla bocca.
-No.- gli sussurrò.
Subaru non seppe comprendere il significato di quella negazione, se stesse dicendo che non era Seishiro o se gli stesse dicendo di stare zitto. Tentò di riprendere fiato per quanto potessero concederglielo le labbra che stavano carezzandogli la gola quindi spinse l’altro indietro.
-No.-
L’uomo arcuò le labbra. Gli aveva dato un ordine, e non se ne era accorto. O forse era vero il contrario, ne aveva coscienza e non aveva più intenzione di sentirsi in colpa per essersi fatto valere.
In ogni caso la sua voce perentoria era accattivante come, fino ad allora, lo era stata poche volte.
-No?- ripeté.
Lo stava deliberatamente prendendo in giro, voleva sapere fino a quanto ora poteva tirare la corda con lui.
-No.-
Subaru gli strinse le dita sul mento, con poca grazia, per puntare lo sguardo nel suo. L’altro non si oppose, anzi per lunghi istanti si godette lo spettacolo di quelle adorabili lame puntate su di lui.
-Perché?- chiese in tono leggero.
Subaru non gli rispose. Stava cercando febbrilmente di rimettere ordine nei suoi pensieri e nelle parole che avrebbe voluto usare. L’altro gli poggiò le mani sulla schiena, senza fare forza.
-Non è il momento delle domande.- disse, con gentilezza -Sono troppe, e tutte inopportune.-
Subaru chiuse gli occhi qualche istante e quando li riaprì scosse piano la testa. Ora la pressione sulla sua schiena era aumentata, ma non aveva più intenzione di opporle alcuna resistenza. Fece scivolare le mani sulle spalle dell’altro e si lasciò stringere.
Seishiro stavolta non lo forzò, gli lasciò il tempo per decidere e accettò il tocco leggero delle sue labbra sulle proprie. Non comprendeva bene, però sapeva che quel contatto così delicato per lui era importante, più di qualsiasi forma di passione in cui avrebbe potuto essere trascinato.
O trascinare qualcun altro.
Seishiro avvertì lo stomaco contrarsi quando si arrese e si offrì a lui. Non aveva mai ceduto prima di allora, ma in fondo non ne aveva mai avuto motivo.
Tornò a considerare ciò che lo circondava solo quando Subaru scostò appena il viso dal suo per riprendere fiato. Non ne aveva davvero bisogno, Seishiro immaginò che stesse solo cercando di riprendere il filo dei suoi pensieri. Avrebbe dovuto provarci anche lui, forse, tuttavia accantonò quella  riflessione in pochi istanti. Sarebbe stato sciocco perdersi in elucubrazioni e sprecare una simile accondiscendenza.
 
*******
 
Seishiro non aveva mai sperimentato prima la bizzarra situazione di immobilità in cui trovava.
Subaru era steso su di lui, con le gambe intrecciate alle sue e una guancia premuta sul suo petto, per ascoltare il cuore che vi batteva di nuovo. Non aveva detto più nulla; aveva chiuso gli occhi e si era completamente abbandonato sul suo corpo.
L’assassino aveva trovato insolita tanta intraprendenza, in effetti aveva sperato in altro, però quella strana quiete non era spiacevole, e gli dava comunque la possibilità di saggiare la schiena del suo amante con carezze leggere; in un altro momento si sarebbe sentito eccitato per quel contatto così intimo, ma qualcosa dentro di lui sembrava ignorare volutamente qualsiasi implicazione fisica.
Subaru finalmente si mosse. Si sollevò quel tanto che bastava per guardalo in viso e poi chiuse le labbra sulle sue, prima di tornare quasi nell’identica posizione.
-Dimmi cos’è successo.-
Seishiro lo strinse.
-Fuuma si è preso la briga di ripescarmi dalla baia e di affidarmi alla stessa èquipe che si occupa di Nataku. Quando gli ho chiesto perché, mi ha tenuto una lezione saccente sui vincoli costituiti dai desideri.-
-Sì, credo di conoscerla.-
Subaru chiuse ancora gli occhi qualche istante, poi si mosse, lentamente, per sdraiarsi su un fianco, accanto a lui. L’uomo lo imitò: trovava piacevole ritrovarsi in quella situazione; ed era comodo per baciarlo, non appena ne avesse avuto il desiderio.
-E tu? Come hai fatto ad addomesticarla?-
-Riesci ancora a vederla?-
-I miei poteri son legati a me, non a questo corpo. Tu hai preso solo il mio posto, e quello che avevo deciso di lasciarti.-
Si sporse a poggiare le labbra su uno zigomo pallido, appena sotto l’occhio che gli era appartenuto.
-Immagino che tu non l’abbia mai nutrita.-
-Può farne a meno.- sorrise appena -Ci sono aspetti del mio carattere che non ti piaceranno.-
L’uomo rise, sommessamente.
-Non ci sarà mai niente di te che non possa piacermi.- gli prese una mano e la poggiò sul proprio petto -Dopo questo.-
Di fronte all’espressione confusa e addolorata dell’altro sorrise ancora, e gli sfiorò le dita con le labbra.
- Per quelli come me non esiste momento più estatico che quello in cui finalmente il nostro amante si prende quello che vogliamo offrirgli davvero. Lo sai, ma mi rendo conto che non potrai mai capirlo, nemmeno dopo averlo saputo attraverso me. Non ho idea di quello che è successo dopo, so solo che non me ne sono potuto andare.-
Subaru sollevò un angolo della bocca.
-Dubito che Fuuma ci dirà qualcosa a riguardo.-
-Ti interessa?-
-No.-
Seishiro ridacchiò. Non avrebbe saputo dire se quella risposta fosse dovuta all’eredità che gli aveva lasciato o ad altro, ma quel suo disinteresse avrebbe sicuramente facilitato le cose.
-Cosa farai col tuo clan, adesso?-
-E’ il tuo, ormai; il fatto che io sia tornato non ha alcun valore. Quel che è certo, spero, è che si estinguerà con te.-
Subaru avrebbe voluto rispondere con una battuta a quella piccola provocazione, invece sospirò e si strinse ancora a lui.
Non era previsto che l’amante di un assassino potesse innamorarsi di lui a sua volta, e nemmeno che il sicario precedente potesse sopravvivere; questo, almeno, nel consueto dipanarsi degli eventi. Poteva, però, accadere alla fine di un’era, e qualsiasi cedimento nello spirito di un Sakurazukamori ne era un segnale inequivocabile. Per quanto avesse potuto lottare, perfino lo spirito del Ciliegio non avrebbe potuto impedire che questa calamità accadesse.
 
 

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Capitolo 21
*** Sakurazukamori's way ***


Titolo: Sakurazukamori’s way
Pair: Seishiro x Subaru;

Rating: ROSSO
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
Sakurazukamori’s way
 
 
Seishiro era un uomo abituato a consumare la sua passione immerso nel sangue e nei lamenti delle sue vittime, non aveva mai sperimentato niente di diverso, salvo le occasioni che si erano presentate da che Fuuma aveva deciso di dividere il suo letto con lui. Kamui, però, non aveva mai perso la sua deliziosa aggressività, perciò i loro incontri si erano consumati sempre in modo movimentato, senza che nessuno dei due rinunciasse a combattere per avere la propria quantità di potere sull’altro. E poi c’erano state le stuzzicanti opportunità che gli aveva dato Yuuto, quando si era offerto, senza troppa discrezione, di condividere con lui le sue conoscenze sui vantaggi di essere eclettici, e disposti a sperimentare, quando si trattava di piacere dato, e ottenuto, giocando ad armi pari; l’assassino riconosceva ancora che, oggettivamente, non aveva mai avuto motivo di lamentarsi di alcunché, a riguardo.
Sembrava che fossero passati secoli; da che era tornato, il suo desiderio si era in qualche modo addolcito, non comprendeva dove fosse finita tutta la bramosia che lo aveva deliziato per anni solo al pensiero di sfilare i guanti scuri dalle dita tremanti del suo amante.
Subaru li indossava ancora quando usciva, ma non abbassava più lo sguardo quando ne era privo.
Non lo faceva nemmeno in quel momento, mentre gliene sfilava uno lui stesso solo per il piacere di poggiare le labbra sul pentacolo che lo aveva legato a lui per anni. Non aveva immaginato un’eventualità del genere nemmeno nei suoi sogni più sfrenati; del resto, non si era mai preoccupato di chiedersi che cosa avrebbe potuto accadere tra loro in circostanze diverse da quelle che avevano vissuto fino ad allora.
Sentì un leggero tremito sotto le sue labbra, ma le dita affusolate che stringeva non tentarono di sfuggire alla sua presa. Non era dolore quello che adesso scatenava attraverso quel simbolo. A Subaru non sempre faceva piacere essere provocato a quel modo, ma aveva imparato anche quando poteva permettersi di prendersi quel genere di libertà. E cosa ne sarebbe seguito.
Tra le cose che erano cambiate, indubbiamente in meglio, l’atteggiamento del suo amato restava la più accattivante. Riusciva ancora a ritrovare tutto quello che aveva conosciuto di lui, tuttavia il ruolo che aveva assunto lo aveva costretto a risvegliare tutta la fredda noncuranza che competeva al suo rango; di solito la usava solo con il Sakura, ma le ricadute sulla vita di tutti i giorni si stavano rivelando più vantaggiose di quanto avesse immaginato. Subaru stava finalmente apprendendo l’arte del comando e aveva imparato a usarla anche con lui.
Seishiro rise piano nel sentire la stretta delle dita sottili sulla sue spalle; si abbandonò senza tensioni contro i cuscini del divano e attese che l’ombra dell’altro calasse su di lui, quindi gli appoggiò le mani sulla vita e gli gettò uno sguardo carico di sfida. Non durò a lungo: rovesciò leggermente all’indietro la testa, oltre il bordo dello schienale, e si arrese per primo. Giocare alla pari non era mai stato così delizioso. Eppure non era solo quello, c’era qualcosa che andava oltre ogni cosa che avesse mai conosciuto, una sorta di abbandono che, per quanto lo compiacesse, lo faceva sentire a disagio. Si trovava in un territorio completamente sconosciuto, e si era ripromesso, per pareggiare i conti, che sarebbe riuscito a portare Subaru in uno in cui invece lui si trovava a perfetto agio. Fece scivolare le mani sui fianchi dell’altro e si staccò leggermente da lui.
-Lasciami fare.- gli sussurrò.
Non era la prima volta che tentava quel genere di approccio ma la resistenza del suo amante lo aveva sempre fatte desistere. Non era nulla di cui Subaru fosse cosciente, oggettivamente non lo aveva mai respinto, ma un assassino restava tale tutta la vita, e Seishiro era perfettamente in grado di avvertire la tensione che non abbandonava mai i muscoli dell’altro; forse non aveva idee chiare su molte cose, ma dalle sue esperienze con gli altri Draghi della Terra aveva imparato a leggere chiaramente il comportamento di un corpo del tutto compiacente.
Subaru strinse le labbra, di nuovo irrigidito.
Per tutta risposta l’altro lo attirò a sé,
-Abbandonati.- gli sussurrò.
Aveva scelto con cura quella parola, solo per il gusto di vedere come avrebbe reagito, adesso che non c’era più nulla che potesse mettersi fra loro.
-Ah…e se fossi io a chiederlo a te?- si sentì soffiare all’orecchio.
Seishiro non fece nulla per controllare il brivido di piacere che gli percorse la schiena, poi rise e prese tra le dita il mento del giovane.
-Ma tu lo farai, perché un Sakurazukamori non accondiscende mai a nulla, se non per avere in cambio qualcosa che sia almeno di pari valore.- gli disse, serio, fissandolo negli occhi, poi piegò le labbra in un sorrisetto malizioso - E, per la prima volta in questa epoca, lo siamo entrambi.-
Sentì le mani di Subaru sulla nuca, e il suo corpo farsi più vicino.
-Non sono più la persona che conoscevi.- disse, grave.
-Lo so.-
- E davvero cederesti con me?-
L’assassino sollevò un angolo della bocca; forse aveva pensato che lo stesse prendendo in giro, non era ancora abituato al fatto che non gli avrebbe più mentito.
-Non sottovalutare quello che mi lega a te. Tu sei la persona che amo, sei l’unico a cui non mentirò mai e a cui obbedirò sempre.-
-Non voglio che tu mi obbedisca.-
-Ma è quello che voglio io.- scrollò le spalle, con una risatina -Devi capirlo, Subaru… quelli come me non possono vivere come gli altri, non hanno nemmeno idea di come si faccia. Nessuno di noi si è mai preoccupato di pianificare la propria esistenza, non avrebbe avuto senso; l’unico pensiero che ci ha assillato per generazioni è stato trovare il modo per lasciarci uccidere dai nostri innamorati. Quando parlo di obbedienza non mi riferisco a nulla che tu possa conoscere e comprendere. Non ho più vincoli con il Sakura, non dovrei averne nemmeno con te, perché non è previsto che un amante ami un assassino, eppure siamo qui, in barba al destino che avremmo dovuto avere.- gli poggiò le dita su una guancia, con gentilezza - Può darsi che nemmeno io sia più la persona che conoscevi.-
L’altro annuì appena, senza distogliere lo sguardo.
-La differenza sostanziale è che ora puoi fidarti di me.- concluse l’uomo.
Subaru chiuse gli occhi, stavolta, e si appoggiò a lui, stringendolo piano.
-Forse è un bene non essere più gli stessi.- mormorò.
Seishiro non rispose, preferì godersi il piacere del suo corpo contro il proprio. Subaru avrebbe continuato a cadere in quei momenti di sconforto comunque, era un aspetto troppo radicato nella sua natura e lui avrebbe dovuto imparare ad adeguarvisi. Gli poggiò le labbra sulla curva morbida della mandibola e lo allontanò leggemente da sé; avrebbe voluto dire qualcosa di provocatorio per distrarlo e vi rinunciò non appena incrociò il suo sguardo. Era vero, non c’era più tutta la disperazione che aveva imparato a leggervi.
Subaru se ne accorse e sollevò un angolo della bocca.
-C’è poco di quello che ti ricordavi.-
L’assassino ridacchiò.
-Trovo che sia molto meglio.- commentò, poi la stretta delle sue braccia tornò a farsi più forte e le sue labbra di nuovo esigenti -Stavolta però non ti lascerò scappare.- gli sussurrò -Che intendi fare?-
Subaru rise piano.
-Che alternative mi rimangono?-
Seishiro non faticò a leggere il nervosismo nascosto nella sua voce; non si era aspettato una resa senza qualche difficoltà. Lui stesso aveva contribuito a rendere spinosa quella questione, e a fare in modo che quella che era stata la sua vittima non si lasciasse mai toccare da nessuno.
Nemmeno da lui, a ben vedere.
-Nessuna.- ribatté, serenamente.
-Sei tu quello che ha detto che mi avrebbe ubbidito.-
L’assassino sospirò piano e decise di smettere di scherzare, benché avesse lasciato che si allontanasse.
-Davvero vuoi che ti lasci andare?-
Subaru strinse le labbra, mordendosi quello inferiore. Si era di nuovo irrigidito.
- No. - scrollò le spalle, nervoso -Non è così facile… per me.- aggiunse.
-Lo so. -
L’uomo gli fece scivolare le dita fra i capelli e lo tirò ancora verso di sé. Era tempo di smetterla con i pensieri cupi, non avrebbero cambiato la loro situazione in ogni caso.
-Ti manca solo un po’ di pratica.- affermò con leggerezza, poi arcuò le labbra in un sorrisetto malizioso -Non sei stato forse tu a dirmi di non essere un santo asceta?-
Sotto le dita, finalmente, avvertì la tensione allentarsi e udì una risata appena accennata. Non ne aveva udita mai una simile, prima.
-Non lo sono, infatti.-
Seishiro sollevò un angolo della bocca, in quel particolare modo che lo faceva somigliare ad un predatore che avesse messo all’angolo la sua preda. Lasciò perdere le parole, non era certo che ne avrebbe trovate di adatte a rendere un po’ più frizzante quella situazione. Trattare con Subaru per certi versi era come avere a che fare con un animale selvatico, era fin troppo facile innervosirlo e metterlo in allarme. Con lentezza fece scivolare una mano lungo la sua schiena, scorrendo agevolmente oltre il lieve ostacolo della cintura.
-Davvero?-
-Davvero.-
-Bene.-
Lo tirò a sé per prendersi il pegno delle sue labbra e poi, senza movimenti bruschi, giù, sul pavimento, allontanando senza troppi intoppi il tavolino. L’arredamento europeo gli era sempre piaciuto per quella sua particolarità di creare tanto facilmente angoli ritirati. Non aveva avuto ogni volta vittime da condividere con il Sakura per allietare le sue giornate.
Subaru si lasciò condurre docilmente benché il modo in cui serrava le dita sulle maniche dell’altro lasciasse trapelare tutta la sua inquietudine. Seishiro decise che non aveva alcun senso avere fretta, il suo amante non avrebbe più perso quel delizioso modo di abbandonarsi a lui, sarebbe stato davvero sciocco non trarre il massimo vantaggio da quella situazione.
Si chinò di lui e le sue labbra non vennero rifiutate, come non vennero respinte le sue mani che si avventurarono alla scoperta di quanto era protetto dagli abiti. Eppure, nonostante i lievi lamenti, non c’era l’abbandono che avrebbe dovuto sciogliere tutte le sue resistenze.
Seishiro constatò, con una punta di irritazione, di essere stato anche troppo bravo a rendere così difficile qualsiasi relazione tra loro. Come in altre occasioni, tuttavia, non avrebbe potuto prendesela con altri se non con se stesso.
Con cautela spinse le mani a carezzare le cosce ormai scoperte dell’altro. Subaru si tese, spingendo la schiena contro il pavimento.
Così non andava.
Seishiro non aveva avuto occasione di usare la gentilezza in frangenti simili, non ne aveva mai avuto bisogno, nemmeno con quelli che se ne erano andati sulle proprie gambe. Si allentò il nodo della cravatta per prendere un po’ di tempo, giusto quello che servì a Subaru per sollevarsi sui gomiti e gettargli un’occhiata carica di imbarazzo.
L’assassino rise piano.
-Ti sei una meravigliosa, complicata creatura, mio amato Subaru Sumeragi.-
La sua voce risuonò leggermente arrochita. Si slacciò i polsini poi cominciò a dedicarsi ai bottoni che restavano.
-Ma questo è un altro degli aspetti che amo di te.- sogghignò, mentre appoggiava la camicia sui cuscini -Non è facile mettermi con le spalle al muro in queste cose.-
L’altro arcuò leggermente le labbra.
-Vuoi che me ne senta orgoglioso?- azzardò.
La sua voce era insicura, ma non era la paura a farla tremare.
Seishiro sorrise di nuovo, in modo ferino.
-Dovresti.- disse in tono provocante, mentre anche la fibbia della sua cintura si apriva senza resistenze.
Seishiro ripensò vagamente alle provocazioni di Hokuto quando avvertì le dita premere sulla sua schiena. Forse lei aveva avuto una visione molto più ampia delle cose fin da subito, prima ancora che decidesse di morire per il bene di suo fratello. Forse lo aveva conosciuto meglio di quanto lui avesse potuto conoscere se stesso.
Subaru soffiò un lamento contro la sua pelle, riportandolo a quella che era decisamente una priorità di maggiore importanza. Sarebbe stato molto attento a far sì che dalla sua voce non trapelasse altro che piacere, perciò per ora gli avrebbe solo fatto sentire il peso e la forza del suo corpo, senza fare nulla che potesse farlo retrocedere dalle sue decisioni. Non gli importava di avere Subaru in quel modo edulcorato, avrebbe avuto il tempo di educarlo a tutto quello che conosceva. Era davvero incredibile come, cambiando prospettiva, anche l’appagamento che ben conosceva potesse rivelarsi così piacevolmente nuovo.
 
*******
 
Seishiro spinse la porta con un borbottio leggero, irritato per l’acquazzone improvviso che gli aveva infradiciato il bordo dell’impermeabile. Fortunatamente nel suo studio non erano mai mancati gli ombrelli dimenticati. Si liberò dell’indumento e si avviò lungo il corridoio.
Da che Subaru aveva preso il controllo della situazione la casa era sempre avvolta nel silenzio, la voce del Sakura non riusciva più a superare i limiti oltre cui sarebbe stato costretto ad udirla; anche l’immagine eterea della sua chioma, con cui aveva tentato di disturbare la loro quiete, ormai non compariva più.
Si allentò il nodo della cravatta prima di sedersi sul bordo del letto. Era piacevole ritrovarsi in quella stanza da solo, circondato da un silenzio che non gli costava alcuno sforzo. Si lasciò cadere all’indietro, senza staccare i piedi nudi da terra.
Subaru rientrò sbuffando piano, con l’impermeabile che gocciolava e i pantaloni zuppi fin quasi al ginocchio. Arcuò le labbra in un sorriso mentre si ravviava i capelli bagnati. Trovare il veterinario già a casa lo pervadeva di un sollievo profondo, e gli ricordava che quello che stava accadendo non era frutto di un sogno delirante.
I primi giorni erano stati una dura sfida per i suoi nervi, non tanto perché Seishiro era ricomparso a quel modo, quanto per il fatto che il suo comportamento non aveva più nulla a che fare con quello che conosceva. Era stato difficile abituarsi al fatto che non avrebbe avuto più nulla da temere da lui. Ed era stato in qualche modo divertente scoprire di avere la capacità di sorprenderlo alle spalle, come una persona qualunque. Gli piaceva appoggiarsi alla sua schiena. Sentirlo vivo e caldo tra le sue braccia era una privilegio così insperato che a volte aveva l’impressione di esserne stordito.
Certo, lo era stato molto di più da quello che era successo sul pavimento del salotto. Si sentiva ancora mancare l’aria a pensarci.
Non era il modo in cui si era immaginato di fare quel genere di esperienza. Coercizione, dolore e infine morte, quello era il modo di procedere di un Sakurazukamori a caccia, non comprendeva certo tutta l’attenzione che aveva dedicato a non spaventarlo. Seishiro probabilmente non aveva chiaro che non era l’aspetto fisico di per sé a innervosirlo, il problema era quello che si era mosso attorno a loro in quegli anni. Il dovere, l’odio, l’amore, il rancore e tutto il resto, erano un universo di cui un assassino semplicemente non poteva avere coscienza, e non era facile farsene una ragione. Aveva anche evitato di proposito di chiedere certe cose, ad esempio come fosse possibile che lui, un Sumeragi, avesse potuto ucciderlo usando una tecnica che non gli era propria. O che cosa fosse successo ad Hokuto.
Si portò una mano alla fronte a causa di una fitta fastidiosa. Qualunque cosa stesse pensando sembrava essersi improvvisamente dissolta.
Sbuffò appena e sbirciò oltre lo stipite della camera. Si avvicinò al letto e sollevò un angolo della bocca.
Caricò il peso su un ginocchio e poi sulle mani, accanto alle spalle dell’altro. Seishiro gli poggiò le mani sulla schiena,
-Sei fradicio.- commentò, in tono di rimprovero, prima che le labbra dell’altro toccassero le sue.
-Ne ho passate di peggio.-
L’assassino rise piano e gli toccò il viso: anche quella era una verità.
Non aveva immaginato di poter vedere con i proprio occhi il dono che gli aveva lasciato, benché non gli avesse fatto alcun particolare effetto ritrovarlo sul suo viso.
-Stai inumidendo le coperte.-
Subaru piegò le labbra in una smorfia di disappunto, però si rimise in piedi. Non poteva negare l’evidenza, a tutti gli effetti.
Seishiro nel frattempo si era messo seduto e lo stava scrutando con aria critica; probabilmente aveva intenzione di rimproverarlo per l’abitudine a trascurare se stesso, eppure qualcosa di appena percettibile nell’arco delle sue sopracciglia sembrava suggerire il contrario.
In silenzio gli circondò le gambe con le braccia e lo tirò a sé, poggiandogli la guancia contro il ventre.
A volte aveva l’impressione di stringere lo stesso ragazzino che aveva conosciuto anni prima, tanto gli sembrava esile la sua corporatura. Non lo era più, tuttavia la sua nuova vita gli aveva fatto scoprire che le impressioni del passato erano incredibilmente difficili da cancellare.
Subaru lasciò scivolare le mani fra i suoi capelli e poi lo costrinse a sollevare il capo; si chinò a baciargli la fronte, scese lungo il naso, come l’altro aveva fatto con lui decine di volte, e infine gli toccò di nuovo le labbra con le proprie.
Seishiro non era abituato alla tenerezza, non sapeva mai come gestire quelle situazioni e il suo amante se ne accorgeva sempre; a volte aveva l’impressione che provasse un certo divertimento a metterlo a disagio. Udì una risata lieve, dolce, a conferma delle sue supposizioni. Non c’era suono che amasse di più, doveva ammetterlo, almeno con se stesso.
Poggiò le dita sulla nuca del giovane e con gentilezza lo tirò sulle sue labbra, senza insistenza. Non ne aveva bisogno, ormai. Eppure tutta l’accondiscendenza dell’altro all’improvviso mutò in intraprendenza, e stavolta fu lui a non negarsi; un rapporto tra pari aveva dei vantaggi davvero insperati.
Seishiro lasciò scivolare le mani sulla schiena dell’amante e finalmente abbandonò le sue labbra per dedicarsi al profilo della mandibola e poi al collo, scendendo piano, fino al limite impostogli dal colletto della camicia. Slacciò il primo bottone, e non incontrò nessuna resistenza. Proseguì senza fretta, fino all’ultimo, e infine sollevò gli occhi.
Subaru incrociò il suo sguardo, serio, poi arcuò leggermente le labbra.
L’uomo aggrottò appena le sopracciglia poi si alzò in piedi, lentamente, senza distogliere lo sguardo dal suo: non aveva bisogno di parole per comprendere cosa significava quel sorriso nervoso.
-Vuoi fare sul serio, Sumeragi-san?- chiese, infine.
-Sì.-
Seishiro si mosse con cautela, senza fretta, e gli carezzò la schiena per far cadere la camicia. In un momento del genere era davvero vantaggioso che il suo compagno si ostinasse a non allacciarsi i polsini.
-Hai idea di quello che ti aspetta, vero?- azzardò, in tono leggero.
Il giovane sollevò appena un sopracciglio e poi scosse la testa, ridendo piano. Tese le dita per slacciargli il nodo della cravatta.
-Non crederai davvero che alla mia età non sappia come funzionano certe cose.-
Seishiro gli prese le mani.
-Con te non so mai cosa credere. La verità è che non ti conosco, se non per quello che c’è stato fino ad ora. Non era certo questo il modo in cui avevo immaginato un momento simile.-
L’altro sollevò un angolo della bocca.
-Lo avevi immaginato?-
L’uomo borbottò qualcosa, a disagio e con un gesto un po’ brusco lo strattonò per la cintura.
-Sì.- sibilò, in tono rancoroso.
Subaru rise ancora e senza apparente difficoltà si dedicò ai bottoni della sua camicia. Le sua dita sembravano sicure, ma si fermarono quando avvertì quelle dell’altro slacciargli senza intoppi la fibbia della cintura. Chiuse gli occhi mentre la stoffa dei pantaloni, e tutto il resto, scivolavano lungo le gambe. Non avrebbe dovuto sentirsi tanto imbarazzato, ma la sua decisione aveva un peso molto maggiore di quella che aveva preso quando si era abbandonato sul pavimento del salotto.
Respirò a fondo e andò a sedersi, appoggiando la schiena alla testiera e tirandosi le gambe al petto. Il suo sguardo era troppo serio perché Seishiro si azzardasse a fare qualche battuta quindi, in silenzio, ma concedendosi un fare ammiccante, finì di spogliarsi e andò a sedersi accanto a lui.
-Allora, che hai intenzione di fare?- chiese, dopo qualche istante.
Il giovane gli gettò un’occhiata in tralice, e l’uomo rise.
-Sei solo nervoso… e arrivati a questo punto posso permettermi di pensare che non dipenda dal fatto che siamo su questo letto.-
Subaru sospirò profondamente.
-E’ difficile fingere che non sia successo nulla, prima di questo.-
-E’ vero. E per me invece è estremamente complicato pensare che ci sia questo“dopo”, quando sarebbe dovuto finire tutto su quel ponte. Quelli come me non sono abituati ad avere un attaccamento alla vita, e nemmeno a pensare di stare insieme a quelli che amiamo.- voltò la testa, per incrociare il suo sguardo -Per me è inconcepibile averti qui, accanto a me, in questo modo.- gli poggiò le dita su una guancia - Soprattutto lo è il fatto che tu voglia avermi ancora con te, nonostante tutto. Non ho difficoltà a immaginare che cosa tu possa pensare quando mi guardi.-
Il giovane chiuse gli occhi qualche istante. Non aveva nemmeno immaginato di poter essere compreso con tanta profondità. Si lasciò condurre docilmente dalle mani dell’altro, fino a ritrovarsi a cavalcioni sulle sue gambe, con lo sguardo fermo nel suo.
-Io non so come si provino certe cose, ma non sono cieco a riguardo. Questa è un’altra cosa a cui dovrai abituarti.-
Subaru sorrise lievemente.
-Cercherò di ricordarmelo.-
Seishiro lasciò che le mani scivolassero dalle sue spalle fino alle scapole. Sorrise amabilmente.
-Molto bene, Sumeragi-san… chiarito questo, che intenzioni pensi di avere adesso?-
-Cercherò di godermi questo momento.-
L’uomo sorrise, in un modo che lasciava ben intendere che anche lui non desiderava altro che quello.
Decise di lasciar perdere le battutine provocanti che aveva in mente, e optò per attirare l’altro sulle sue labbra. C’era ancora una lieve resistenza, l’avvertiva nei muscoli della schiena, ma non era destinata a durare a lungo.
-Mi lascerai fare?- gli sussurrò.
Subaru si concesse una risatina.
-Hai paura che adesso possa dirti di no?-
L’uomo ridacchiò e decise di lasciar perdere del tutto le parole. Non avrebbe potuto spiegargli cosa gli agitasse tanto i pensieri, era qualcosa che probabilmente aveva sperimentato solo l’ultimo sicario della precedente epoca, sempre che anche allora si fosse verificato un evento del genere; in ogni caso non sarebbe mai stato in una situazione di debolezza, perciò aveva deciso di non recedere dalla decisione che aveva assunto solo con se stesso.
Subaru si abbandonò con un sospiro lieve sul cuscino e chiuse gli occhi al primo tocco della bocca dell’altro sulla propria. Si era ripromesso di evitare di pensare al passato, e non dovette fare poi molta fatica per concentrarsi su altro. Non era realmente preparato a quel tipo di sensazioni, la volta precedente Seishiro si era trattenuto, mentre ora attingeva largamente a tutta la sua esperienza, senza nessuna fretta. Non oppose alcuna resistenza alle sue mani, ovunque esse si spingessero, e forse, vagamente sorpreso di sé, non riuscì nemmeno a sentirsi turbato dal soffio caldo che avvertì sulle spalle e infine sul collo.
-Lasciati andare.-
Quel sussurro gli parve provenire da un estraneo, tanto la voce del suo amante si era arrochita e, davvero, stentò a riconoscere la propria nel momento in cui Seishiro si prese ciò che gli stava offrendo.
Ciò che gli travolse la mente e il corpo eliminò qualsiasi pensiero, tuttavia non gli impedì di riempirsi le orecchie del respiro alterato dell’altro.
Fino a che, d’un tratto, quella sorta di incantesimo nebbioso si spezzò senza ragione apparente.
Subaru tirò qualche respiro profondo, ancora confuso, fino a che riuscì a sollevare lo sguardo; le domande che aveva morirono sulle sue labbra.
L’uomo sollevò un angolo della bocca e con fermezza gli poggiò la mano sulla nuca. La sua espressione era indecifrabile, non era nulla che il giovane avesse mai visto.
-Qualcosa di uguale valore, Sakurazukamori-san.- disse, in tono incredibilmente fermo -E’ ora che tu impari davvero le regole del comando.-
Subaru impiegò qualche istante a comprendere il significato delle sue parole; riuscì ad arcuare le labbra, socchiudendo gli occhi come un gatto. Lasciò che l’altro lo attirasse sé solo per il piacere che accadesse e poi si decise a giocare secondo le regole del proprio rango.
Seishiro si compiacque nello scoprire in prima persona che era stato un ingenuo a credere che l’altro gli avesse mentito. Nei suoi gesti c’era inesperienza, e ancora un certo imbarazzo, ma decisamente il suo amante aveva le idee ben chiare su quali strategie adottare. Abbandonarsi completamente a quel piacere, lasciando i pensieri a giacere da qualche parte, era una cosa del tutto nuova per lui. Non aveva mai potuto fidarsi così completamente di nessuno. Strinse le dita sulle spalle dell’altro, incurante della voce che a tratti gli sfuggiva dalla gola insieme al respiro.
E poi sentì qualcosa, che andava oltre ogni livello fisico possibile. Il tocco, stavolta prudente, che aveva sperimentato quando aveva voluto oltrepassare il limite con quello che allora pensava fosse solo un piacevole passatempo. Immaginò che l’impressione che stava ricevendo Subaru fosse molto diversa dalla quella che lui aveva avuto, certamente la sua mente non aveva la limpidezza e la fragilità del vetro, ma alla fine non era una cosa che potesse avere importanza. Gli piaceva l’idea che potesse provare a esercitare la sua autorità anche a un livello così profondo. E non glielo impedì minimamente, poiché avrebbe ricevuto in cambio la stessa cosa.
Quando avvertì sotto le dita la particolare tensione che avrebbe posto fine a tutto tirò l’altro a sé, per baciarlo come non aveva mai fatto con nessuno prima di allora. Il gioco gli riuscì alla perfezione, tuttavia ne fu soddisfatto per poco, perché Subaru si prese la propria vendetta, costringendolo a serrargli le spalle per poggiargli la fronte sulla curva morbida del collo. D’un tratto si ricordò delle parole profetiche di Hokuto, ma le avrebbe tenute per sé; Subaru non avrebbe mai fatto nulla per vedere qualcosa che lui non avrebbe voluto mostrargli, e i ricordi che riguardavano sua sorella sarebbero stati gli unici a cui non gli avrebbe mai permesso di accedere.
Si lasciò cadere sul cuscino, con le braccia discoste dal corpo, poi ridacchiò.
-Ben fatto, Sakurazukamori-san.- proferì, tra un respiro e l’altro.
Subaru riuscì a sorridergli, ma era ancora troppo impegnato a riprendere fiato per cercare di rispondere a quella piccola provocazione; invece seguì l’invito delle sue mani a stendersi accanto a lui.
Ripreso fiato, Seishiro si sollevò su un gomito e gli poggiò una mano sul petto. Il giovane intrecciò le dita alle sue.
-Tu non smetterai mai di sorprendermi.- commentò l’uomo.
-Non avrai motivo di annoiarti, allora.-
-Probabilmente no.- sorrise appena -Vuoi un caffè?-
-Sì.-
L’altro gli strinse le dita. Si alzò e raccolse su un braccio i vestiti, rigorosamente senza pieghe indesiderate.
-Ti aspetto in cucina.- disse semplicemente.
Subaru emise appena un suono di assenso. Quando avvertì il rumore della doccia provò ad alzarsi. Il suo corpo non gli diede particolari segni di disagio, nonostante fosse appena uscito da una delle esperienze più forti che avesse vissuto. Il giovane arrossì. I marchi che aveva addosso erano ben più di due, ora; sperò che Seishiro avesse avuto il buonsenso di non fare nulla che fosse visibile oltre il bordo del colletto. Infine si trascinò in piedi, recuperò un cambio d’abito e poté a sua volta concedersi il piacere di una doccia calda. Ammise con se stesso di non sentirsi così bene da anni.
Trovò Seishiro già seduto al tavolo, il viso poggiato su una mano e le tazze di fronte a sé. Compito e perfetto, come se, solo poco prima, non fosse accaduto nulla di insolito. Il sorriso che gli arcuò appena le labbra, però, parlò a sufficienza per lui.
Subaru si prese il tempo di pensare a quanto fosse bizzarro il loro destino; c’erano domande per cui probabilmente non avrebbe mai avuto risposte, e avrebbe dovuto farsene una ragione, eppure altre avrebbero potuto averne e non era sicuro che non avrebbe cercato di forzare la mano a Seishiro per ottenerle.
Sbatté le palpebre, in preda ad una leggera confusione. Forse stava pensando a cose meno importanti dell’uomo che, seduto di fronte a lui, lo guardava con un’intensità che fino ad allora gli era stata completamente sconosciuta. Tese le dita perché le intrecciasse alle sue.
I Sakurazulamori amavano una sola persona fino alla fine della propria vita. Forse il loro si sarebbe rivelato un destino meno triste di quello che avrebbe travolto tutti gli altri.
 

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Capitolo 22
*** At the end ***


Titolo: At the end
Pair: Fuuma, Hokuto,
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.


Grazie a tutti voi che avete avuto la volontà e la pazienza di arrivare fino a questo punto; vi sono molto grata per avere apprezzato quello che ho scritto.
 
At the end
 
 
Fuuma si stiracchiò pigramente, poi si accomodò su una delle panchine in ferro battuto che ornavano il giardino; aveva deciso di godersi un po’ di pace su una delle terrazze panoramiche più belle della città; gli piaceva l’idea che sopra dei tetti si potessero ricostruire angoli di natura così graziosi. Certo era tutto troppo perfetto, nessuna erbaccia, nessun animale, ma era sempre meglio della tristezza dei parchi cittadini. Si accese una sigaretta e si concesse il piacere di godersi la brezza leggera, almeno per un po’.
-Allora, signorina Sumeragi, sei soddisfatta, ora?- chiese all’improvviso.
-Sì.-
Lo spettro gli comparve al fianco, seduta sulla panchina.
Il Drago soffiò il fumo con noncuranza.
-Mi hai fregato per bene, non c’era riuscito nessuno fino ad ora.-
Hokuto ridacchiò.
-Quando si è morti si ha un sacco di tempo per riflettere.-
-Il tempo serve a poco se non hai abbastanza intelligenza.-
-Oh! Mi stai facendo un complimento?-
Il ragazzo scrollò le spalle.
-E’ una constatazione.- le gettò un’occhiata -Levami una curiosità, piuttosto. Mi hai costretto a fare tutto quello che volevi, in fondo me lo devi.-
-Cosa vuoi sapere?-
-Come hai fatto a sfuggire al Sakura?-
Lo spirito scrollò le spalle.
-Oh, è una storia davvero buffa sai? Quando sono morta ho scoperto all’improvviso che il potere spirituale era limitato proprio dal mio corpo; ho vincolato Seishiro usando tutta la forza che avevo in quel momento, è stato dopo che mi sono accorta di quello che potevo fare; non mi sarei lasciata imprigionare in eterno da un demone, così, quando ho provato a difendermi, mi sono resa conto di quanta forza possedessi. Il Sakura non è riuscito a trattenermi, e dopo la prima volta non ci ha più provato.-
Fuuma scosse la cenere della sigaretta.
-Voi Sumeragi riservate sempre delle sorprese. Eppure sei riuscita ad entrare nei sogni di Kakyoh anche da viva.-
Hokuto ridacchiò.
-Era stata un bella sorpresa.-
-Perché non torni da lui?-
-Non voglio che passi il tempo a desiderare la morte a causa mia.-
-Lo sta già facendo.-
-Lo ha sempre fatto, ma non deve farlo per me.- sollevò un angolo della bocca -E poi ci rivedremo in ogni caso.-
-Cosa vuoi fare? Passare il tempo a fare l’angelo custode di quei due?-
-Sì.- si alzò in piedi -Non voglio che parlino di me, né che mi pensino più dello stretto necessario. Avranno già abbastanza problemi con la guerra; anche se ormai non vi parteciperanno più non ci sarà posto al mondo in cui essere al sicuro.- infilò le mani nelle maniche e lo guardò negli occhi -Li proteggerò dal peso dei loro ricordi, perché voglio che almeno adesso vivano qualche attimo di pace.-
-Ah, ma guarda, allora hai anche un desiderio tuo?-
Hokuto gli gettò un’occhiata furba.
-Non ho intenzione di richiedere i tuoi servigi, per questo.- sollevò un angolo della bocca -O forse hai pensato che io abbia fatto tutto questo solo per loro?-
Fuuma scrollò le spalle.
-I desideri hanno sempre un fondo di egoismo, perfino quello con cui mi hai legato . Alla fine eri tu a volerli meno infelici, però, in parte questo rispecchiava anche quello che volevano loro. Per un Sakurazukamori essere meno infelice è la certezza che il loro amante li ucciderà; è accaduto, perciò da lì in poi con Seishiro hai avuto campo libero. E lo stesso valeva per tuo fratello. In verità non mi sorprende il fatto che tu voglia continuare a stare con loro.- rise, piano -Il Sakura avrà vita dura, eh.-
-Siamo alla fine di un’epoca, non poteva aspettarsi di meglio.-
Fuuma rise.
-Credo che nessun assassino, prima di oggi, sia mai riuscito a mettere un demone in una situazione tanto imbarazzante. E’ davvero divertente.-
Hokuto scrollò le spalle.
-Dimmi cosa hai intenzione di fare.-
Il ragazzo tornò serio.
-Con loro? Non sono più Draghi, per quel che mi riguarda. Probabilmente Kamui cercherà il consiglio di Subaru, ma la cosa non mi preoccupa; tuo fratello ha deciso di abbandonare la guerra, e adesso ha un motivo in più per starne lontano.- sogghignò -Ho anche l’impressione che intromettermi nelle loro vite sarebbe parecchio controproducente, per me.-
-Hai ragione.- lo sguardo dello spirito divenne tagliente – E io li difenderò fino a che avranno vita, e non mancherò alla mia promessa.-
-Non mi permetterei di dubitare di una cosa del genere.-
Il ragazzo gettò con noncuranza il mozzicone a terra e si alzò in piedi.
-Se c’è una cosa che ho imparato, è che voi Sumeragi andate trattati con tutte le cautele del caso. Non mi intrometterò, non voglio altri guai.-
-Bene.-
Fuuma s’incamminò verso il parapetto, quando si voltò per l’ultima volta verso di lei, vi era già salito.
-Questo non significa che non gli ronzerò attorno in qualche modo, sono davvero curioso di vedere cosa faranno delle loro vite, adesso.- disse, prima di sparire oltre la barriera di ferro battuto.
Hokuto ridacchiò. Non poteva impedirgli di fare loro visita, ma dubitava che avrebbe ricevuto un’accoglienza così calorosa da spingerlo a tornare troppo spesso. In ogni caso, lei sarebbe rimasta lì a vegliare, appena oltre il limite delle loro percezioni.
Alzò lo sguardo verso la luna, a malapena visibile. Non aveva idea di quanto sarebbe ancora durato il loro mondo, né di come sarebbe stato dopo, per il momento le interessava solo che le persone che amava potessero scrollarsi dalle spalle almeno parte della sofferenza che aveva avvelenato costantemente il loro rapporto e le loro vite.
Gettò un’occhiata la mozzicone, ormai spento, che occhieggiava tra i fili d’erba. Con un certo disappunto lo sollevò e lo fece ricomparire all’interno di uno dei posacenere seminascosti dai cespugli.
Aveva a che fare con un ragazzino davvero ribelle, sarebbe stato divertente stuzzicarlo, di tanto in tanto.
Allungò le braccia e si stiracchiò la schiena. Non ne aveva bisogno, era solo un gesto dettato dalle vecchie abitudini. Si lisciò l’abito e quindi scomparve. Doveva tenere a bada il Sakura, e impedire che suo fratello e Seishiro indugiassero in pensieri pericolosi; la seconda parte sarebbe stata la più impegnativa.
Davvero, da quel momento non avrebbe mai più corso il rischio di restare con le mani in mano.
 
 

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